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Tempo di Quaresima – I

Ufficio delle Letture


LETTURE PATRISTICHE

Settimana delle Ceneri


e
Prima Settimana di Quaresima
Settimana delle Ceneri
IL VERO DIGIUNO

MERCOLEDÌ DELLE CENERI


La misericordia e l'amore sono le ali del digiuno

Dai Discorsi di Pietro Crisologo (Discorsi 8,2-4)


Fratelli, il digiuno che non si nutre del cibo dell'amore è
affamato, e il digiuno che non è irrigato dalla bevanda della
misericordia è assetato. È intirizzito e viene meno quel
digiuno che non è protetto dal vello dell'elemosina, che non
è coperto dalla veste della compassione. Fratelli, la
misericordia è per il digiuno ciò che è la primavera per la
terra: come la brezza primaverile fa fiorire tutte le gemme
dei campi, così la misericordia fa crescere fino al fiore tutti i
semi del digiuno, fa fruttificare tutta la virtù del digiuno in
messe celeste.
Quello che è l'olio per la lucerna, l'amore lo è per il digiuno:
come il grasso dell'olio accende il lume della lucerna e, con
un modesto rifornimento, fa sì che essa risplenda per dare
conforto a tutta la notte, così l'amore fa sì che il digiuno
risplenda e, diffondendo i suoi raggi, renda completamente
luminosa la continenza.
Ciò che il sole è per il giorno, allo stesso modo percepiamo
che l'elemosina è per il digiuno: come lo splendore del sole
rende il giorno più luminoso e disperde tutta l'oscurità delle
nubi, così l'elemosina santifica la santità del digiuno, e con la
luce dell'amore elimina completamente la morte della
cupidigia.
In breve: pensiamo che la generosità sia per il digiuno ciò
che l'anima è per il corpo: come infatti l'anima, quando si
allontana dal corpo lo fa morire, così per il digiuno l'assenza
di generosità è morte.

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Il digiuno, indubbiamente, è morte per i vizi, vita per le
virtù. Il digiuno è pace per il corpo, decoro per le membra,
ornamento della vita. Il digiuno è forza delle menti, vigore
delle anime. Il digiuno è baluardo di carità, bastione della
pudicizia, città della santità. Il digiuno è scuola di vita,
magistero del magistero, disciplina delle discipline. Il digiuno
è viatico salutare per la vita della chiesa, è l'invitto comando
della milizia cristiana.
Ma in tutte queste virtù il digiuno, quando combatte sotto la
guida della misericordia, allora ha forza, allora è vincitore,
allora trionfa. Le ali del digiuno sono la misericordia e
l'amore, dalle quali esso è preso e portato fino al cielo, e
senza le quali rimane in basso e si avvoltola in terra. Il
digiuno senza misericordia è il ritratto della fame, e in
nessun modo esso è immagine della santità. Senza l'amore il
digiuno è occasione di avarizia, non proposito di sobrietà.
Del tutto vana è quella sobrietà che, quanto fa dimagrire il
corpo, altrettanto fa gonfiare la borsa. Il digiuno senza
misericordia non è verità, ma apparenza. Dove invece c'è la
misericordia, lì c'è anche la verità, come attesta il profeta
quando dice: Misericordia e verità si incontreranno (Sal 84,11). Il
digiuno senza misericordia non è virtù, ma ipocrisia, come
dice il Signore: Voi, poi, quando digiunate, non fate come gli
ipocriti, che si sfigurano la faccia per far vedere agli uomini che
digiunano (Mt 6,16).
Colui che non digiuna per il povero simula davanti a Dio.
Chi digiunando non dona il suo pranzo, ma lo mette da
parte, dà prova di digiunare per l'avidità, non per Cristo.
Digiunando, dunque, fratelli, riponiamo il nostro pranzo
nella mano del povero, affinché la mano del povero conservi
per noi ciò che il nostro ventre ha rinunciato a possedere. La
mano del povero è il seno di Abramo (cf. Lc 16,22), dove il
povero ripone subito tutto ciò che ha ricevuto. La mano del
povero è il tesoro del cielo (cf. Mt 6,2o): egli infatti ripone in
cielo tutto ciò che riceve, perché non vada perduto sulla
terra. Accumulate - dice - per voi tesori in cielo (Mt 6,2o). La

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mano del povero è il tesoro di Cristo, poiché Cristo accoglie
tutto ciò che il povero riceve. Dona, dunque, o uomo, la
terra al povero, per ricevere il cielo; dona il denaro, per
ricevere il regno; dona una briciola, per ricevere tutto. Dona
al povero, perché egli dia a te, e tutto ciò che avrai donato al
povero tu lo possederai, mentre ciò che non avrai donato al
povero diventerà possesso di un altro.

GIOVEDÌ DOPO LE CENERI


Voglio misericordia

Dai Discorsi di Pietro Crisologo (Discorsi 8,5-6)


Dio proclama: Voglio misericordia (Os 6,6). Chi nega a Dio ciò
che Dio vuole, vuole che Dio gli neghi ciò che lui desidera.
Voglio misericordia. Uomo, Dio chiede, ma per te, non per sé.
Voglio misericordia. Dio chiede la misericordia umana, per
poter donare quella divina. La misericordia è nei cieli, e a
essa si giunge attraverso la misericordia che si esercita sulla
terra. Sta scritto: Signore, in cielo è la tua misericordia (Sal 35,6).
Quando dovrai rendere conto nel giudizio di Dio, prendi
come difensore la misericordia, attraverso la quale tu possa
essere liberato. Chi è certo della difesa della misericordia è
sicuro del perdono, non avrà alcun dubbio sulla propria
assoluzione. La misericordia non solo previene il processo e
arriva prima dell'inquisitore, ma revoca anche la sentenza e
assolve completamente i condannati. Lo provano i niniviti:
essi giacevano già sotto la sentenza, erano stati consegnati
alla pena, stavano per essere colpiti ed erano ormai
consegnati alla morte, ma la misericordia li rapì, li tenne, li
prevenne in modo tale che Dio preferì accantonare la
sentenza piuttosto che negare qualcosa alla misericordia (cf.
Gio 3,5-10).
Anche allora il digiuno si ergeva a favore della loro causa,
spargeva le ceneri, stendeva il cilicio, mandava gemiti,
effondeva lacrime, e ciò che non poteva scusare con le

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parole lo attenuava mediante le afflizioni. Ma esso non
sarebbe stato capace di annullare la sentenza se in suo aiuto
non fosse venuta, intercedendo, la misericordia.
La misericordia libera i peccatori e li rende santi. Infatti, se
non fosse sopraggiunta la misericordia, anche David,
quando commise adulterio, avrebbe perduto la sua capacità
di profezia; e Pietro, quando rinnegò, avrebbe perduto il suo
primato nella comunità degli apostoli; e Paolo, quando
bestemmiava, sarebbe rimasto un persecutore. Lo confessa
Paolo stesso, quando dice: Io, infatti, ero un bestemmiatore,
persecutore e ingiurioso, ma ho ottenuto misericordia (1Tm 1, 13) .
Fratelli, cerchiamo di ottenere misericordia esercitando la
misericordia nei confronti dei poveri, affinché possiamo
essere liberi dalla pena e sicuri della salvezza. Beati - dice - i
misericordiosi, perché otterranno misericordia (Mt 5,7). Invano spera
misericordia lassù colui che quaggiù non avrà usato
misericordia. Colui che usa misericordia corre verso il
premio; colui che non usa misericordia precipita verso la
rovina.

VENERDÌ DOPO LE CENERI


Possederai solo ciò che avrai donato al povero

Dai Discorsi di Pietro Crisologo (Discorsi 41,3-4)


L'astinenza è per l'uomo la prima medicina, ma per una cura
completa essa richiede la generosità della misericordia.
L'astinenza estingue la febbre; ma le membra, inaridite
dall'incendio di una lunga febbre, non possono ritornare alla
piena salute se non vengono spalmate con un abbondante
unguento, se non vengono bagnate con soavissimi balsami,
se non ricevono l'aiuto delle spese necessarie per le
medicine.
Così il digiuno, sebbene scacci i germi dei vizi, amputi le
passioni della carne, respinga ogni origine delle colpe,
tuttavia, senza l'unguento della misericordia, senza il ruscello

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della compassione, senza la spesa dell'elemosina, non
restituisce agli animi una perfetta salute. Il digiuno guarisce
le ferite dei peccati, ma senza la misericordia non purifica
dalle cicatrici delle ferite. Ascolta il Signore che dice: Date in
elemosina, e per voi tutto sarà puro (Lc 11,41) ...
Il digiuno è offerta di santità, sacrificio di castità, ma senza
l'incenso della misericordia esso non può salire fino alla
soavità del profumo divino.
Sappiamo che la misericordia è per il digiuno ciò che l'anima
è per il corpo. Quando il digiuno vive grazie alla
misericordia, allora vivifica colui che digiuna. Il digiuno,
nave delle virtù, porta il guadagno della vita, trasporta il
profitto della salvezza. Ma colui che entra nei mari della
carne, che solca i flutti dei vizi, che passa attraverso gli scogli
delle colpe e che costeggia i litorali delle passioni, se non
entra rapidamente nel porto della compassione, non può
praticare le virtù, non può avere il guadagno delle virtù.
Chi sa stare in piedi nella condizione sdrucciolevole di
questa vita, chi comprende di passare strisciando sulla via
della carne, chi percepisce di essere vittima degli assalti
dell'ignoranza e delle cadute della negligenza, osservi il
digiuno in maniera tale da non trascurare la misericordia. Il
digiuno ci apre il cielo, il digiuno ci apre l'ingresso presso
Dio. Ma se allora non ci assisterà la misericordia, avvocata
delle nostre cause, noi, che non possiamo essere certi della
nostra innocenza, non saremo sicuri del perdono, come dice
il Signore: Il giudizio sarà senza misericordia per colui che non avrà
usato misericordia (Gc 2,13).
Il giorno è gradito, ma sarà ancora più gradito se sarà sereno.
Perciò il nostro digiuno sarà più luminoso se lo splendore
della misericordia ci rende sereni i giorni della Quaresima.
Dio proclama: Voglio misericordia (Os 6,6). Uomo, da' a Dio
ciò che egli vuole, se vuoi che ti sia dato da Dio ciò che tu
vuoi. Voglio misericordia: è la voce di Dio, Dio chiede da noi la
misericordia. E se gliela daremo cosa dirà? Quello che oggi
abbiamo letto: Avevo fame e mi avete dato da mangiare; avevo sete e

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mi avete dato da bere (Mt 25,35). E quindi? Venite, benedetti del
Padre mio, ricevete il regno preparato per voi dall'origine del mondo
(Mt 25,34). Chi avrà dato un pane all'affamato, si darà il
regno; chi avrà negato a un assetato un bicchiere d'acqua, si
negherà la fonte della vita. Per l'amore verso il povero Dio
vende il suo regno e, perché ogni uomo possa comprarlo,
stabilisce come prezzo un pezzettino di pane. Vuole infatti
che l'abbiano tutti, egli che chiede solo un prezzo che sa che
gli uomini possono pagare. Dio vende il suo regno per un
pezzetto di pane: chi potrà scusare uno che non lo compra e
che viene accusato da un prezzo così basso? Fratelli, il
nostro pranzo sia la cena del povero, affinché la tavola di
Cristo sia preparata per il nostro pranzo, come egli promette
quando dice: "Mangerete alla mia tavola e nel mio regno"
(cf. Lc 22,3o). Fratelli, i nostri digiuni siano le delizie del
povero, affinché il nostro digiuno nel tempo possa essere
mutato per noi in delizie eterne. Uomo, donando al povero
tu dai a te stesso, poiché ciò che non avrai dato al povero lo
avrà un altro, mentre tu possederai solo ciò che avrai donato
al povero.

SABATO DOPO LE CENERI


Il digiuno sia fatto senza ipocrisia

Dai Discorsi di Pietro Crisologo (Discorsi 7,1-2)


Dice l'evangelista: Non mostratevi tristi come gli ipocriti. In
verità vi dico: hanno già ricevuto la loro ricompensa (Mt
6,16). L'ipocrisia è un male sottile, una pozione nascosta, un
veleno latente, una finzione della virtù, una tignola della
santità. Tutte le avversità mettono in opera le loro forze,
combattono con le loro armi e assalgono apertamente, per
cui possiamo guardarcene con la stessa facilità con cui le
vediamo. L'ipocrisia, invece, simula standosene al sicuro,
inganna mostrandosi favorevole, mente fingendosi
interessata, e con arte crudele tronca le virtù con la spada

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delle virtù: manda in rovina il digiuno con il digiuno, vanifica
la preghiera con la preghiera, abbatte la misericordia con la
compassione. L'ipocrisia, parente della febbre, somministra
ardore con una bevanda fredda. Ciò che è l'idropisia per i
corpi, questo è l'ipocrisia per le anime: l'idropico, pur
bevendo, ha sete; e anche l'ipocrisia, pur ebbra, ha sete.
Non mostratevi tristi come gli ipocriti, che si sfigurano la
faccia per far vedere agli uomini che digiunano (Mt 6,16).
L'ipocrisia, mentre brama di catturare l'attenzione, mediante
l'attenzione [che essa cerca] diventa essa stessa prigioniera. Si
sfigurano la faccia; e se la faccia viene sfigurata, quale
ornamento del corpo rimarrà ? Veramente, come dice il
Signore: Se la luce che è in te è tenebra, quanto grande sarà
la tenebra? (Mt 6,23). Ipocrita, sia pure incolto il tuo volto,
trascurata la tua pelle, triste la tua faccia, sfigurato il tuo
aspetto: quaggiù hai trovato lode dagli uomini, ma da Dio
hai perduto il frutto del digiuno. Ipocrita, ti sei affaticato sì
nei digiuni, ma in maniera tale che la fatica del digiuno non ti
giovasse. Ipocrita, sei entrato nei flutti dell'astinenza, sei
salpato in mezzo alle onde della continenza, hai attraversato
a nuoto i mari del digiuno, e hai fatto naufragio nel porto
stesso del digiuno, poiché non ti sei prepara to un
guadagno, ma hai comperato vanità, tu che del credito di
Dio hai fatto un commercio umano. Perciò dovrai rendere
conto a Dio, tu che hai ricevuto dagli uomini l'interesse di
una miserevole frode.
Fratelli, bisogna fuggire questa pozione, bisogna guardarsi da
questa pestilenza che crea le malattie a partire dai farmaci,
provoca la debolezza a partire dalla medicina, trasforma la
santità in colpa, rende reato la conciliazione, genera ostilità
dalla benevolenza.
Chi fugge l'ipocrisia, vince; chi le va incontro, non se ne
libera. Fuggiamo l'ipocrisia, fratelli, fuggiamola! Il nostro sia
il digiuno della semplicità; quanto all'innocenza, sia santo;
quanto alla purezza, puro; quanto alla sincerità, sincero. Sia
nascosto agli uomini, sconosciuto al diavolo, noto a Dio. Chi

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non nasconde un tesoro, lo mette in mostra, e le virtù
ostentate sono destinate a non durare. Le virtù, come
abbandonano coloro che le ostentano, così vigilano per
custodire coloro che le custodiscono. Perciò il digiuno, che è
la prima virtù contro i vizi, sia collocato nel rifugio del
nostro intimo, poiché se esso presiede alla nostra interiorità,
i vizi non riusciranno a scuoterci dall'esterno.

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Prima settimana
L'ASCOLTO DELLA PAROLA DI DIO.
DIO È VENUTO A CERCARCI PER AMORE.

DOMENICA
L’aiuto della sacra Scrittura

Dai Discorsi di Pietro Comestore (Discorsi 12)


Colui che abita nell'aiuto dell'Altissimo dimorerà nella protezione del
Dio del cielo (Sal 90,1). L'Altissimo piegò i cieli e discese (Sal
17,10), ed è disceso a tal punto che è diventato simile agli uomini
ed è stato trovato in aspetto d'uomo (Fil 2,7). A tal punto è
disceso, che si è umiliato fino a essere battezzato per mano
di un servo. Per questo il Battista tremò quando vide che
sotto le sue mani piegava il suo capo (cf. Mt 3,14) colui che i
re devono temere e le potestà adorare. A tal punto egli si è
umiliato che, quando digiunò ed ebbe fame, osò avvicinarsi a
lui il tentatore (cf. Mt 4,2-3), per trafiggerlo con gli stessi
dardi con cui aveva lasciato mezze morto (cf. Lc 10,30) il
primo uomo che aveva ferito. Ma egli ha vinto il tentatore,
l'Altissimo lo ha vinto. Ma di quale aiuto si è servito
l'Altissimo per vincerlo? Si è forse servito dell'aiuto della
propria potenza? Nient'affatto! Egli, infatti, avrebbe potuto
subito schiacciare Satana sotto i suoi piedi, ma non lo fece,
anche se sta scritto: Camminerai sull'aspide e sul basilisco,
calpesterai il leone e il drago (Sal 90,1). Si è forse servito
dell'aiuto della propria giustizia? Nient'affatto! Avrebbe
potuto, infatti, a buon diritto dire: Vattene Satana (Mt 4,10),
nel fuoco eterno, preparato per il diavolo e per i suoi angeli
(Mt 25,41). Si è forse servito dell'aiuto degli angeli?
Nient'affatto, poiché si legge che gli angeli stavano lontano a
contemplare la lotta del loro Signore. Quale fu dunque
l'aiuto dell'Altissimo? Fu la sacra Scrittura con le sue
autorevoli testimonianze, ed egli vinse. Ricorriamo anche noi
a questo aiuto dell'Altissimo, e soprattutto in questo tempo,

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delimitato e breve, di quaranta giorni, poiché ora il tentatore
infierisce più aspramente, ora egli architetta più intense lotte!
Ma voi direte: beati sono allora coloro che sono eruditi, che
hanno subito disponibile la sacra Scrittura, che hanno subito
pronte le autorevoli citazioni di entrambi i Testamenti e
possono con esse estinguere i dardi infuocati del nemico (cf.
Ef 6, i6)! Se fosse così, veramente beati! Ma non è affatto
così, poiché non tutti coloro che pure sono eruditi abitano
nell'aiuto dell'Altissimo. Infatti, vi sono alcuni che temono la
sacra Scrittura, altri che la disprezzano, altri che passano
attraverso di essa, e infine altri che abitano in essa. Coloro
che la temono sono pigri, coloro che la irridono sono
superbi, coloro che la distruggono sono eretici, coloro che la
disprezzano sono falsi fratelli, coloro che la attraversano
ospiti e coloro che abitano in essa cittadini... Abitiamo,
dunque in questo aiuto dell'Altissimo! Non andiamo fino in
Egitto, ma passiamo fino a Betlemme, per vedere questa
Parola che lì si è compiuta (Lc 2,15), anzi, seguiamo essa che
ci precede. Come infatti essa alla nascita abitò a Betlemme
[nome che significa "casa del pane"], nel suo percorso fu il
Nazareno e nella morte si trovò a Gerusalemme [nome che
significa "visione di pace"], così anche noi saziamoci delle
Scritture come nella "casa del pane"; nel cammino siamo
nazareni, cioè "germinanti", vale a dire portiamo frutti a
partire dalle parole che abbiamo ascoltato; e infine, nella
morte, siamo coloro che vedono la pace che sorpassa ogni
conoscenza (Fil 4,7), e a essa ci conduca colui che ha reso
prigioniera la stessa prigionia (Ef 4,8 Vulg.), Gesù Cristo,
nostro Signore.

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LUNEDÌ
Il cibo della parola di Dio

Dall’Omelia per la domenica prima dell'inizio della


Quaresima di Fausto di Ricz (4-5)
Il nostro pensiero sia più intento al cibo del cuore che non a
quello del corpo, poiché è dentro di noi, nell'uomo interiore,
che siamo fatti a immagine di Dio, mentre per ciò che
concerne la nostra carne siamo formati dal fango della terra.
E considerate, fratelli, se è giusto che la carne, fatta di terra,
talvolta prenda cibo due volte al giorno, e l'anima, che è
immagine di Dio, a stento riceva la parola di Dio solo dopo
alcuni giorni. E questo nonostante sia bene per noi onorare
di più l'immagine di Dio che è in noi che non la nostra
carne.
Quanto alle letture divine, ascoltatele volentieri, come siete
soliti fare, in chiesa, e rileggetele nelle vostre case. Se
qualcuno è talmente occupato che prima del pasto non può
dedicarsi alla divina Scrittura, non si vergogni di leggere
qualcosa delle divine Scritture durante il suo piccolo pasto,
in modo che, come la carne si nutre di cibo, così l'anima sia
ristorata dalla parola di Dio. E questo affinché tutto l'uomo,
esteriore e interiore, si alzi saziato dal santo e salutare
banchetto. Infatti, se solo la carne riceve cibo e l'anima non
viene nutrita dalla parola di Dio, viene saziata la serva e la
padrona si contorce dalla fame, e la vostra santità non può
ignorare quanto questo sia ingiusto. Perciò, come ho già
detto, dovete leggere e ascoltare le letture divine con un tale
desiderio che mediante esse possiate, sia nelle vostre case sia
in qualunque altro posto voi siate, parlare e ammaestrare
altri; e ruminando, come animali puri, la parola di Dio,
possiate sia attingere per voi, sia, con l'aiuto di Dio, offrire
agli altri un utile succo, vale a dire il senso spirituale. In tale
modo in voi si compirà ciò che sta scritto: Quanto è
meraviglioso il tuo calice inebriante! (Sal 22,5), e realizzerete ciò a
cui il beato Apostolo esorta quando dice: Sia che mangiate, sia

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che beviate, sia che facciate qualsiasi altra cosa, fate tutto per la gloria
di Dio (1Cor 10,31).
Se la debolezza non ve lo impedisce, digiunate ogni giorno e
alzatevi con alacre e ardente fervore per vegliare, a motivo di
ciò che sta scritto: Di notte il mio spirito rimane sveglio per te, o
Dio (Is 26,9 VL); e ancora: Io ti pregherò, Signore, e tu ascolterai la
mia voce (Sai 5,4); e di nuovo: Signore, nel mezzo della notte mi
alzerò per confessare il tuo nome (Sal 118,62). A questo ci esorta e
ci ammonisce anche il nostro Signore e Salvatore nel
vangelo, quando dice: Vegliate e pregate, per non entrare in
tentazione (Mt 26,41). Cosa che egli stesso si degni di
concederci, lui, al quale è l'onore e la potenza con il Padre e
lo Spirito santo per i secoli dei secoli. Amen.

MARTEDÌ
Le viscere di misericordia del Padre

Dal Discorso per il sabato della seconda settimana di


Quaresima di Guerrico d'Igny (1-2)
O felice umiltà di coloro che si convertono, o beata speranza
di quanti confessano [i loro peccati]! Quanto sei potente
presso l'Onnipotente, quanto facilmente vinci l'Invincibile,
quanto rapidamente fai mutare il tremendo Giudice in un
tenerissimo Padre! Questo figlio prodigo, di cui oggi
abbiamo udito, per nostra grande edificazione, il travagliato
peregrinare, le lacrime di pentimento e la gloriosa
accoglienza [che gli è stata riservata], questo figlio prodigo,
dico, così gravemente colpevole, non aveva ancora
confessato, ma soltanto aveva deciso di confessare; non
aveva ancora riparato alla colpa, sebbene avesse disposto
l'animo a tale riparazione (cf. Lc 15,11-32). E anche se aveva
solo un accenno di proposito di un'umiltà appena abbozzata,
egli ottenne subito quel perdono che noi cerchiamo a lungo
con grande desiderio, che imploriamo con lacrime, che
perseguiamo con sottomissione. Il ladrone sulla croce fu
perdonato per la sua semplice confessione (cf. Lc 23,42-43);

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questi per la sola volontà di confessare. Egli dice: Ho detto:
Confesserò contro di me la mia ingiustizia al Signore, e tu hai rimesso
la malvagità del mio peccato (Sal 31,5).
Sempre la misericordia previene (cf. Sal 58,11 Vulg.): essa
aveva prevenuto la sua stessa volontà di confessione,
ispirandola; e previene anche le parole della sua confessione,
donandogli ciò che doveva dire.
Dice il vangelo: Mentre era ancora lontano, suo padre lo vide e fu
mosso da misericordia, e, correndogli incontro, gli cadde al collo e lo
baciò (Lc 15,2o). Stando a ciò che tali parole fanno risuonare,
sembra che avesse più fretta il padre di concedere il perdono
di quanta ne avesse il figlio di riceverlo. Da come si
affrettava ad assolvere il colpevole dal tormento della
propria coscienza, sembra che la compassione per il misero
torturasse il misericordioso più di quanto il misero stesso
fosse torturato dalla propria sofferenza ...
Considera, poi, come dove ha abbondato il peccato sovrabbondi la
grazia (Rm 5,20). Il colpevole poteva a stento sperare nel
perdono, ed ecco che il Giudice, anzi, non più il Giudice, ma
l'Avvocato, fa crescere a dismisura la grazia, e dice: Svelti,
portate il vestito più bello e rivestitelo, mettetegli l'anello nella mano e i
calzari ai piedi, portate il vitello grasso e uccidetelo, mangiamo e fac-
ciamo festa, poiché questo mio figlio era morto ed è tornato in vita (Lc
15,22-24) ...
Quell'abbraccio e quel bacio della compassione del padre
che cosa non possiede di grazia e di dolcezza, di felicissima
gioia, di santissimo e ardente piacere? Dice: Gli cadde al collo e
lo baciò. Quando riversava su di lui il suo amore, cosa faceva,
abbracciandolo e baciandolo, se non far penetrare lui in sé e
sé in lui, e insufflare il proprio respiro in lui, in modo che
egli, aderendo a lui, diventasse con lui un solo spirito (cf.
1Cor 6,17)? Poco era, per quella somma misericordia, non
chiudere nei confronti dei miseri le proprie viscere di
compassione. Essa li attira nelle proprie viscere e li rende sue
membra. Non poteva stringerci più strettamente, non poteva
renderci a sé più intimi se non attraverso questo incorporarci

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a sé e questo unirci, come con amore così con forza
ineffabile, non solo al corpo che essa aveva assunto, ma
anche al suo stesso spirito.
E se così grande è la grazia di coloro che si convertono,
quale sarà la gloria di coloro che regneranno? Se queste sono
le consolazioni dei miseri, quali saranno le gioie dei beati ? E
colui che ci elargisce in antico questo durante il cammino,
cosa ci riserva in patria? Senz'altro ciò che mai è salito al
cuore di uomo (1Cor 2,9): che noi siamo simili a lui (1Gv
3,2) e che Dio sia tutto in tutti (1Cor 15,28).

MERCOLEDÌ
Gesù mangia con i pubblicani e i peccatori

Dai Discorsi di Pietro Crisologo (Discorsi 30,3)


E mentre egli era a tavola nella casa, ecco pubblicani e peccatori,
venendo, si mettevano a tavola con lui e con i suoi discepoli. Vedendo
ciò, i farisei dicevano ai suoi discepoli: “Perché il vostro maestro mangia
con i pubblicani e i peccatori?” (Mt 9 ,10-I I). Dio è rimproverato
perché si china sull’uomo, perché giace accanto al peccatore,
perché è affamato del penitente, perché ha sete del ritorno
dei peccatori, perché accetta le vivande della misericordia e
beve la bevanda della compassione.
Fratelli, Cristo viene al pranzo, la Vita viene al banchetto,
per far vivere insieme a sé quelli che stavano per morire;
giacque la Resurrezione, perché coloro che giacevano
risorgessero dai sepolcri; si è sdraiata in basso l’Indulgenza
per sollevare i peccatori al perdono. La Divinità è venuta
presso l’umanità perché l’umanità venisse alla Divinità. Il
Giudice è venuto al pranzo dei colpevoli perché il colpevole
ottenesse una sentenza clemente. Il Medico è venuto presso
i malati (cf. Mt 9,12), per ristorare, mangiando con loro,
coloro che erano sfiniti. Il Pastore buono (Gv 10,11) ha
piegato le sue spalle per riportare all’ovile della salvezza la
pecora perduta (cf. Mt 18,12-14 e par.).

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Ma il fariseo detesta ciò, perché pensa che il pranzo del
Signore sia non per la virtù, ma per il ventre; non per lo
spirito, ma per la carne; un pranzo non della bontà divina,
ma di una volontà umana; segno non della grazia celeste, ma
di un lusso terreno. Così, così vede se stesso colui che non
vede Dio. Chi mai critica il medico che sta sdraiato insieme a
coloro che giacciono malati se non chi è nemico della salute
umana? Chi rimprovera il pastore che prende su di sé un
animale stanco se non colui che ignora l’amore per un
gregge guadagnato? Chi giudica il giudice per la sua
compassione se non colui che è disperato ? Chi disprezza la
comunione con Dio se non un sacrilego? Chi, infine, ha in
orrore l’indulgenza se non il crudele?

GIOVEDÌ
Entriamo nella casa della misericordia!

Dai Discorsi di Pietro Crisologo (Discorsi 30,4-5)


[I farisei dicevano ai discepoli di Gesù:] Perché il vostro maestro
mangia con i pubblicani e i peccatori? (Mt 9,11). E chi è peccatore
se non chi nega di essere peccatore? Egli è ancora di più
peccatore e, per dire la verità, colui che non si considera più
un peccatore è ormai diventato peccato. E chi è ingiusto se
non colui che si considera giusto? Hai letto, fariseo: Nessun
vivente sarà giustificato davanti a te (Sal 142,2). Finché siamo in
questo corpo mortale (Rm 6,12) e la fragilità domina in noi,
anche se nelle azioni vinciamo il peccato, non possiamo
vincere i peccati dei pensieri e fuggire le ingiustizie. Anche se
possiamo evitarli con il corpo e se siamo in grado di
debellarli con il rimorso della coscienza, tuttavia come
possiamo eliminare le colpe dovute alla negligenza e i peccati
di ignoranza?
Fariseo, confessa il peccato, perché tu possa venire alla
tavola di Cristo; perché Cristo sia per te pane, e lo stesso
pane sia spezzato per il perdono dei tuoi peccati; perché
Cristo sia per te bevanda, che viene effusa per la remissione

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dei tuoi peccati (cf. Mt 26,28). Fariseo, pranza con i
peccatori, perché tu possa pranzare con Cristo. Riconosciti
peccatore, perché Cristo pranzi con te. Entra con i peccatori
al banchetto del tuo Signore, perché tu possa non essere
peccatore. Entra nella casa della misericordia con il perdono
di Cristo, perché non avvenga che con la tua giustizia tu sia
punito e rimanga chiuso fuori dalla casa della misericordia.
Riconosci Cristo, ascolta Cristo, ascolta il tuo Signore,
ascolta il medico celeste che confuta perentoriamente le tue
calunnie: Non hanno bisogno del medico i sani, ma i malati (Mt
9,12). Se vuoi la cura, riconosci la malattia. Non sono venuto a
chiamare i giusti, ma i peccatori (Mt 9,13). Se brami la
misericordia, confessa il peccato.
Gesù disse: Andate e imparate che cosa significa: Voglio misericordia
e non sacrificio (Mt 9,13). Cristo vuole la misericordia e non il
sacrificio. Perché dovrebbe cercare il sacrificio colui che, per
cercarti, è diventato egli stesso sacrificio? Non sono venuto
a chiamare i giusti, ma i peccatori. Dicendo così non
respinge i giusti, ma dice così perché ha trovato tutti
peccatori. Ascolta il salmista: Il Signore dal cielo guarda sulla
terra i figli dell'uomo, per vedere se ce n'è uno che comprenda e che
cerchi Dio. Tutti sono traviati, e nello stesso tempo sono diventati
inutili; non c'è chi faccia il bene, nemmeno uno solo (Sal 13,2-3).
Fratelli, confessiamo di essere, sì, di essere peccatori, in
modo da non essere più peccatori grazie al perdono di
Cristo.

VENERDÌ
Il Pastore compassionevole

Dai Discorsi di Isacco della Stella (Discorsi 35,4-5.13)


Quando venne il tempo della misericordia (cf. Sal 101,14) il
Pastore compassionevole discese da presso il Padre. Egli,
con misericordia, fu mandato nel tempo per cercare l'unica
pecora che si era perduta (cf. Mt 18,12-13 e par.), lui che,

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nella parola della predestinazione eterna, parola nella quale
Dio ha pronunciato tutto in un solo momento e in una sola
volta, era stato promesso dall'eternità. Per questa pecora
perduta è stato mandato nel tempo, per essa è stato
promesso dall'eternità, per essa è nato, per essa è stato
donato, per essa è stato predestinato dall'eternità.
Questa pecora è una sola, tratta sia dai giudei che dalle genti,
composta sia dai giudei che dalle genti. È una da tutte le
genti e una in tutte le genti. Una nel mistero, molteplice nelle
persone. È molteplice quanto alla natura secondo la carne, è
una spiritualmente, secondo la grazia. In breve, questa
pecora è una e molteplice.
Poiché egli è venuto a cercare l'unica pecora che si era
perduta, è stato mandato alle pecore perdute della casa di Israele
(Mt 15,24) ... È stato mandato come verità per coloro che si
ingannavano, come via per coloro che andavano errando,
come vita per i morti, come sapienza per gli stolti, come
medicina per i malati, come liberazione per i prigionieri,
come cibo per gli affamati. In tutto ciò è stato mandato alle
pecore perdute della casa di Israele, affinché non perissero.
Infine, egli è stato mandato come anima in un corpo morto,
affinché per la sua venuta le membra, riacquistando calore,
rivivessero, e nelle vecchie membra scorresse una vita
nuova, nelle membra carnali una vita spirituale, vale a dire la
prima resurrezione (Ap 20,5). Per questo sta scritto: In verità,
in verità vi dico, viene l'ora, ed è questa, in cui i morti udranno la voce
del Figlio di Dio, e coloro che l'avranno ascoltata vivranno (Gv 5,25).
Per questo, inoltre, sta scritto riguardo alle pecore: Esse
ascolteranno la mia voce (Gv 10,16) e non seguiranno un estraneo
(Gv 10,5)
Il Pastore compassionevole, dunque, è stato mandato per
consolidare ciò che era spezzato, per rafforzare ciò che era
debole. Spezzato e debole era il libero arbitrio dell'uomo.
Esso aveva cercato di elevarsi al di sopra di sé, ma era
precipitato al di sotto di sé e - incapace di portare se stesso -
aveva, da se stesso e in se stesso, oppresso e spezzato se

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stesso. Spezzatosi da solo, e per questo indebolitosi in sé,
non poteva alzarsi con le proprie forze. Esso, però, è stato
consolidato e rafforzato grazie alla fede e alla carità dello
stesso Cristo, e da esse fecondato. Non essendo però antera
robusto e vigoroso, finché non sarà collocato in pingui
pascoli insieme alle altre novantanove pecore, viene
portato sulle spalle, come sta scritto: Eleverà sul suo seno gli
agnelli, porterà egli stesso le pecore madri (Is 4o, I i).

SABATO
Fece ciò che si addiceva alla compassione

Dai Discorsi di Isacco della Stella (Discorsi 33,4-7)


Per poterci liberare, il Figlio di Dio venne, libero, nella
condizione del servo (Fil 2,7) e nella somiglianza con la carne di
peccato (Rm 8,3), ma non nella schiavitù e nella vera
condizione della carne di peccato. Venne presso i peccatori,
ma non entrò nel peccato. Venne presso la pena, ma non
giunse fino alla colpa: venne il Salvatore, quanto alla prima
condizione dell'uomo, libero dal peccato; quanto alla
seconda, debole a causa del peccato; quanto alla terza, forte
contro il peccato.
Se dunque qualcuno, schiavo sotto il peccato, malato per il
peccato, debole contro il peccato, desidera essere salvato da
lui, esca dal proprio peccato con la conversione, gli corra
incontro con la fede, gli gridi dietro con la preghiera (cf. Mt
15,22). Cammina sempre, infatti, colui che non indugia sulla via
dei peccatori (Sal 1,1).
Venga il prigioniero da colui che è libero, e che perciò lo
può liberare; venga il malato da colui che, per ciò che ha
patito nella debolezza, sa compatire (cf. Eb 4,15); venga il
debole da colui che, compiendo la purificazione dei peccati
per mezzo della sua parola potente (Eb 1,3), può salvare per
l'eternità (Eb 7,25 Vulg.).

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Esca dunque la donna cananea dai propri confini interiori, e
corra incontro, fuori dal proprio paese, al medico che, uscito
dai propri confini, viene spontaneamente e con misericordia
presso i suoi; corra verso colui che in territori altrui si fa
incontro benevolmente al malato, il quale non avrebbe
potuto avvicinarsi a lui se questi fosse rimasto nei propri
territori.
Egli infatti, quale Dio beato, giusto e forte, dimorava
nell'alto dei cieli, là dove non era lecito all'uomo, infelice,
salire; né là l'ingiusto poteva presentarsi sicuro davanti al
Giusto; né nessuno poteva mandare un altro presso la
dimora della Potenza, poiché non c'era nessuno che non
fosse malato. E così egli, compassionevole, fece ciò che si
addiceva alla compassione: giunse fino ai peccatori, senza
dover né poter giungere fino ai peccati. Venne presso gli
avari, ma non fino all'avarizia; presso i cupidi, ma non fino
alla cupidigia; presso i lussuriosi, ma non fino alla lussuria.
Infine, venne con misericordia presso i viziosi, ma non
giunse miserevolmente fino ai vizi.
Usciamo dunque fratelli, usciamo ciascuno dal proprio luogo
di iniquità! Usciamo di mezzo a Babilonia (Ger 50,8) e
corriamo incontro al nostro Dio e Salvatore all'interno dei
suoi confini, come esorta il profeta: Sii pronto, Israele, ad
andare incontro al Signore, poiché egli viene (cf. Am 4,12).
Usciamo dalla fossa del peccato verso la somiglianza con la
carne di peccato (Rm 8,3), usciamo dalla volontà di compiere i
peccati verso la conversione dal peccato! Lì, infatti,
troveremo Cristo, il quale fece penitenza per il peccato 1 pur
non avendo commesso alcun peccato!

COMUNITÀ DI CAMALDOLI

1 Si tratta di un riferimento implicito al fatto che Gesù si sottopose al


battesimo di Giovani Battista.

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