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RINASCIMENTO DIGITALE

INTRODUZIONE

Peter Burke definisce Rinascimento una parola potente ma ambigua. Ambigua perché
racchiude in essa la difficoltà di mettere insieme tanti significati differenti (un evento
eccezionale, un periodo storico o un movimento culturale) e potente poiché, seppure
storicamente collocato, è un modello molto vicino alla nostra contemporaneità , tanto da
generare un vero e proprio “bisogno” di Rinascimento, dal momento in cui è capace di ispirare
ancora oggi grazie alla sua idea di rinascita.
Già a partire dal ‘700 cominciano ad affiorare idee su come migliorare e mutare l’aspetto
politico, sociale, ecc. e si guarda verso il Rinascimento, visto come archetipo del moderno.
Non bisogna dimenticarsi della capacità dei nuovi media che permettono di rendere digitali
tutte le iniziative volte a promuovere il Rinascimento, in modo tale da attirare più
piacevolmente il pubblico che avrebbe mostrato altrimenti un certo grado di resistenza verso
una lettura “tradizionale”. Il Rinascimento è dunque sbarcato online, grazie anche al covid che
ha agevolato ancora di più questo approdo, potenziando modelli di digitalizzazione capaci di
produrre valore anche attraverso la fruizione a distanza.
Se questo nuovo ecosistema digitale ha permesso di rileggere e rappresentare il Rinascimento
in forme che possono incrementare la conoscenza, resta tuttavia il nodo, divenuto ormai
decisivo per le Digital Humanities, della trasmissione del sapere ereditato: come restituire
spessore storico al“presente permanente” in cui è immersa la generazione degli iperconnessi?
Una soluzione è che la transizione digitale in atto anche nei contesti educativi richieda
un’inversione di prospettiva: il riconoscimento del diritto all’accesso di internet e all’uso delle
tecnologie, che il covid ha reso obbligatorio, non è la soluzione ma, appunto, solo un
prerequisito. Ciò che occorre è infatti la ricerca di idee e pratiche che si adattino ai modelli
cognitivi plasmati da questo nuovo mondo digitale e che siano in grado di evitare che il
problema pedagogico dell’alfabetizzazione digitale oscuri la necessità di salvaguardare i
vecchi modelli di comprensione, come la lettura profonda e interiorizzata, di comprensione e
valutazione critica dei testi.
L’apporto del digitale coinvolge non soltanto la capacità di fornire adeguate rappresentazioni
del Rinascimento nell’infosfera, in un’epoca in cui le tecnologie dell’informazione stanno
«riontologizzando il mondo» (ovvero dargli un nuovo significato), ma la possibilità di
perfezionare tecniche antiche per la tutela del patrimonio e per incrementare le possibilità di
servizio al pubblico.
CAPITOLO 1
Il Rinascimento nasce come termine nell’800 per indicare il periodo della cultura italiana tra il
1400 e il 1500. Ora la riflessione sul Rinascimento ha portato a diverse letture, a seconda dei
contesti e delle discipline (uno per gli storici dell’arte, uno per i letterati e uno per i filosofi,
ecc). Il termine, dunque, è stato in più occasioni declinato al plurale: tanti Rinascimenti.
Questo è dovuto soprattutto al fatto che è un periodo di ricchezza culturale senza precedenti
che ha come conseguenza il rafforzamento della similitudine tra Rinascimento ed età
moderna.
Per le numerose iniziative volte a promuovere il Rinascimento si è partiti dai vari contatti
epistolari tra i diversi luoghi geografici e tra i diversi protagonisti di quella cultura perché
sono un modo efficace per avere ben chiaro il suo contesto storico e le sue caratteristiche.
A livello italiano abbiamo come principale fonte l’Istituto Nazionale di Studi sul Rinascimento
(1937) ma abbiamo una grande varietà di progetti anche a livello internazionale.

Ovviamente, il trasporre tutto a livello digitale ha permesso alla tecnologia di maneggiare


enormi quantità di dati (la proiezione su web dei cataloghi di musei e biblioteche, scansione di
opere d’arte e manoscritti, ecc.) e proprio questa enorme quantità di dati permette di fare
riflessioni sia positive che negative.
 Rischio di semplificare e appiattire i dati, con un approccio quantitativo che rischia di
oscurare l’aspetto qualitativo.
 Eccessiva attualizzazione dei materiali, producendo anacronismi e prospettive distorte
(rischio di semplificare il passato, visto soltanto in chiave di una valorizzazione del
presente).
 Il maneggiare un’enorme quantità di dati ha permesso di metterle insieme in modo
sconnesso e irregolare. Di riflesso, è maturata una spinta opposta verso la
riorganizzazione e il coordinamento proprio per contrastare l’eccessiva
parcellizzazione e la possibile deperibilità dei materiali.
Esistono molti esempi, sia a livello nazionale che internazionale, diversi ma che appaiono
concordi nello spirito di partenza, ovvero nella scelta di collegare insieme progetti nati in
forma autonoma; esprimono dunque bene la necessità di un superamento della
frammentazione. E tutto ciò può essere positivo per quanto riguarda la diffusione delle
conoscenze poiché si mettono a disposizione un’enorme quantità di materiale disponibile e
accuratamente organizzato (lo scarto quantitativo potrebbe preludere a uno scarto
qualitativo determinano la nascita di ambienti digitali nei quali l’integrazione dei dati si possa
accompagnare con la diffusione di nuove conoscenze).
A legittimare una visione appunto costruttiva come quella qui proposta si aggiungono alcune
esperienze entro le quali la relazione tra tecnologia e studi umanistici ha consentito
l’elaborazione di strumenti informatici tali da non appiattire la complessità dei dati ma
piuttosto da valorizzarla.
Es.: In codice Ratio è un progetto che mette insieme l’AI e studi umanistici con l’obiettivo di
sviluppare tecnologie per la trascrizione automatica di fonti manoscritte. // Epistulae è un
progetto che raccoglie e descrive epistole, manoscritti e stampe antiche e moderne ed è un
efficace pratica tecnologia di filologia che prelude ad un’edizione critica: ogni elemento può
essere integrato con altri testimoni e allo stesso tempo può essere allargato dagli utenti e
permette di visionare le lettere di un autore al resto della sua produzione letteraria.
Grazie a questi progetti è quindi possibile rendere gli ambienti digitali allo stesso tempo
strumento di ricerca, delle vere e proprie biblioteche digitali.
Una proposta interessante è quella fatta da Lino Leonardi in un convegno bolognese nel 2020,
ovvero una piattaforma per l’elaborazione e la pubblicazione di edizioni e di materiali ad esse
collegati, dalle sezioni introduttive ai commenti, dagli apparati filologici ai lessici. Tuttavia,
nonostante sia una proposta ottima ma di difficile riuscita, sembra che l’edizione o lo studio
qualitativo di questi testi (uno dei nodi che rimangono problematici tra pratiche tradizionali
della ricerca umanistica e digital humanities) possa andare oltre la dicotomia tra permanenza
e superamento della forma del libro (tra chi vuole uno studio fisico/tradizionale sul libro e le
nuove opportunità digitali). In realtà questa dicotomia potrebbe essere un’occasione per una
piena integrazione tra i due contendenti, con la prospettiva di vedere esito cartaceo ed esito
digitale non come alternative ma come soluzioni complementari.

Tutti questi progetti suggeriscono come stiamo procedendo verso una fase più concreta di
relazione tra studi umanistici e cultura digitale, e oltre appunto il rischio dell’appiattimento
sul dato quantitativo. Immaginare sviluppi di queste dinamiche nei prossimi anni nel campo
degli studi sul rinascimento è comunque complicato e dipende da varie cose tra cui 2 in
particolare:
- impostazione interdisciplinare; un Rinascimento che sia oggetto di studio integrato ad
ambiti disciplinari diversi, accostando ad esempio storia, filosofia, letteratura, arte, ecc.
- integrare i contenuti; le cose sul Rinascimento sul web sono scarne e tale granularità
dell’informazione è proprio un punto debole tra l’approfondimento dei contenuti sul
rinascimento e la sua resa in ambienti digitali. Se il web offre naturalmente enormi possibilità
di una presentazione completa e accessibile di dati, meno semplice è la resa online di modelli
concettuali complessi che risultano semplificati.
A questo punto, se appare semplice la realizzazione di un’Enciclopedia del Rinascimento, assai
più difficile è la sua resa online. Le reti rinascimentali che ci si può augurare nascano in futuro
dovrebbero essere caratterizzate da architetture complesse, capaci di raccordare orizzontalità
e verticalità dei percorsi, schede concettuali e di approfondimento; essere tali, cioè, da
consentire una navigazione libera nell’oceano dei dati raccolti, e insieme un solido
approfondimento storico, con l’obiettivo di rendere sempre più evidente il ruolo di
Rinascimento nelle sue varie sfaccettature.
CAPITOLO 2
Per capire il passaggio al digitale dobbiamo fare un paragone con l’invenzione della stampa: la
situazione che hanno affrontato autori, editori e lettori nel primo secolo dell’invenzione della stampa è
per certi aspetti analoga a quella che hanno dovuto affrontare autori, editori e lettori nel primo secolo
della cultura digitale; in entrambi casi un mutamento tecnologico ha implicato un’alterazione
delle modalità di lettura e scrittura, e contemporaneamente delle dinamiche di percezione,
pensiero e creazione. Ogni tecnologia di scrittura definisce infatti un diverso “spazio dello scrivere”,
sia esso su carta o uno schermo di un computer; e ogni differente spazio influenza il modo in cui autori
e lettori percepiscono il testo e influenza i processi di elaborazione, acquisizione e conservazione del
sapere.
Nel Rinascimento la stampa aveva creato una divario tra ciò che veniva ricordato nella mente e ciò che,
venendo trascritto, preludeva all’attività di memorizzazione mentale perché ormai già impressa su un
supporto fisico. Nel medioevo invece non c’era questa discrepanza perché si scriveva a mano poi
memorizzava e si trasmetteva oralmente. Oggi il digitale ha spostato l’attenzione proprio su cosa
merita di essere conservato sul web e cosa no perché bisogna sempre fare una selezione a causa della
poca memoria disponibile.

E a proposito di memoria, esso è un concetto strettamente collegato al computer digitale per vari
motivi:
 Condividono entrambi il dualismo di mente-corpo:
- hardware = percezione e memorizzazione di un dato
- software = ricordo e memoria del dato
 storage, uno spazio virtuale nella quale contenere la memoria dei dati = commonplace books
rinascimentali che stoccavano gli oggetti che avevano elementi in comune in elenchi
sistematici.
 Il termine tedesco Speicher (magazzino) utilizzato per indicare la memorizzazione digitale.
 Banca dati = l’antico Thesaurus (contenitore di un bene e il bene contenuto).
 Cache memory, una memoria del computer che conserva le informazioni più cliccate
dall’utente.
 La parola browser è l’acronimo di qualcosa che SELEZIONA
 I termini “sovrascrivere i dati”, “leggere i dati”, “chiavi di memoria” rinviano tutti al campo
metaforico della memoria, rispettivamente alla conservazione e alla scrittura.
 In inglese, il verbo “masterizzare” è “to burn” (incendiare) e anche in letteratura con verbi
analoghi si indica l’idea di rendere indelebile qualcosa nella mente di qualcuno attraverso
un’impressione a fuoco. (il contrario: I buchi della memoria di Orwell).
Intorno all’immagine del fuoco sembra dunque palesarsi nuovamente l’indissolubile nesso tra
memoria e oblio che in ambito informatico si traduce nella problematica tra volontà di conservazione
dei dati e la necessità di sempre più spazio di archiviazione. In tal senso, l’archiviazione dei dati su un
supporto esterno al computer costituisce nello stesso tempo un atto utile a conservare i dati e un
modo per liberare memoria su un computer: un atto di oblio, dunque, che ha una profonda ricaduta
sulla memoria. Una forma di memoria che sembra realizzarsi proprio grazie alla sua negazione:
attraverso un atto di uscita. Forse è proprio questo il particolare determinante: il mutamento del
concetto tradizionale di memoria che da individuale, analitica e unidimensionale (la scrittura
tradizionale su carta) diventa plurale, collettiva, condivisa e multisensoriale (la scrittura elettronica).
Esempio di collezione digitale: Galassia Ariosto  un programma di ricerca volto a rintracciare e
presentare in modo sistematico gli elementi attraverso il quale “L’Orlando Furioso” ha ispirato e funto
da modello nei secoli a venire l’ambito letterario, tanto dal punto di vista letterario tanto da quello
editoriale poiché era illustrato ed era una grande novità , soprattutto per quanto riguarda la percezione
poiché con le immagini la comprensione di una scena era più immediata.
CAPITOLO 3

I progetti di innovazione tecnologica per quanto riguarda il patrimonio artistico del


Rinascimento si sono concentrati principalmente in due macro aree: biblioteche virtuali e
musei con realtà aumentata. Per quanto riguarda invece il patrimonio letterario si è
semplicemente passati dallo spazio fisico al digitale in modo da aumentare l’accessibilità da
remoto dei testi (e la conseguente ricerca di citazioni, apparati critici, collegamenti
ipertestuali, ecc.).
Nelle digital humanities, il patrimonio letterario è stato un po’ smosso dalle scienze cognitive,
in particolare al concetto di «cervello che legge in un mondo digitale» e che quindi sostiene
la potenzialità delle app per ciò che concerne l’apprendimento e le abilità linguistiche.
Molti insegnanti però sono ancora diffidenti verso queste nuove pratiche digitali di
apprendimento ma il covid ha sicuramente dato una marcia in più nella loro diffusione perché
era obbligatoria la didattica a distanza e per rendere il tutto più funzionale si è cercato di
formare anche i docenti per effettuare delle attività didattiche digitali efficaci.
[Es: molti docenti sono stati formati da Indire, un progetto che permetteva agli studenti di
creare un avatar e imparare l’inglese in un’ambientazione virtuale // Aula365: una
piattaforma che permetteva agli studenti di fare domande a dei virtual teachers che
rispondevano entro 48 ore.]
Da ricordare è anche l’educazione tramite il gioco, il serio ludere, che era una pratica già
utilizzata ai tempi di Platone, ripresa nel Rinascimento (Marsilio Ficino nel proemio al
Parmenides di Platone) e riproposta nel 900 (analisi del gioco come fenomeno culturale).
[Es: per le digital humanities il progetto ERC ha l’obiettvo di intrattenere educando // educare
attraverso i videogiochi (Minecraft Education)].
L’uso di giochi immersivi ha però avuto maggiore spazio in ambito scientifico e linguistico
mentre nel panorama letterario ci sono ancora poche iniziative (Pottermore o il gioco sulla
Divina Commedia).
Nelle scuole esiste il canone (le opere che sono ritenute necessarie di essere insegnate) e la
vera sfida consiste ancora nell’adoperarlo per invogliare, attraverso strumenti digitali, alla
lettura non solo funzionale (quella atta ad uno scopo) ma ricreativa (quella nata per il
piacere in sé del leggere, al di là della dimensione dell’apprendimento).

Se nella smart school l’apprendimento digitale passa in sopravvento rispetto al tradizionale


metodo docente che spiega il testo, è facile pensare che nell’insegnamento di letteratura
verranno privilegiati quei testi che sono facilmente reperibili online. Il rischio sarebbe che si
studierebbero solo dei frammenti di un testo perché magari sono disponibili solo quello e non
più uno studio metodico fatto dal libro di testo (partire dal contesto, all’autore e al testo).

PROGETTO FURIOSE INTERAZIONI:


L’Orlando Furioso ha goduto di un’enorme fortuna popolare nel corso dei secoli. Nelle scuole
di solito si studiano le caratteristiche stilistiche e tematiche principali del testo rendendo il
tutto piuttosto noioso e per questo il progetto Furiose Interazioni è servito proprio a rendere
più piacevole, interattivo e innovativo lo studio del Furioso, attraverso attività ludiche e
percorsi immersivi sia fisici (allestimenti a Reggio Emilia) sia online.
Il progetto prevede 6 “stazioni” per la quale è stato strutturata l’esperienza del poema:
1) Percorrere l’intreccio e le varie vicende della storia attraverso la selezione degli
oggetti e voci fuori campo che descrivono la scena scelta: il Furioso segue la
tecnica narrativa dell’entrelacement, la quale consiste nel rendere la narrazione
continuamente sospesa e poi ripresa in più storie legate tra loro che avvengono in
contemporanea. Quindi le vicende, o immagini-nodi, possono anche essere letti in
modo autonomo e non seguendo un filo logico di continuità . La trasposizione digitale di
queste immagini-nodi risulterebbe pertanto utile ad evidenziare la strutturale
predisposizione del Furioso a una lettura policentrica, con vicende che si diramano in
ogni direzione e intrecciano tra loro continuamente. La lettura digitale del poema è
ispirata all’esperienza ludica del gioco di Tesauro nel Cannocchiale Aristotelico (1654)
e chiamata Labirinto dell’Ariosto: egli descrive una sorta di gioco dell’oca nella quale
ogni giocatore sceglie un personaggio del poema e ogni casella su cui poggia è una
vicenda di tale personaggio seguita attraverso istruzioni ricavate proprio dal testo. La
stessa cosa propone il progetto Furiose Interazioni propone la stessa cosa ma in
ambito digitale, dove si possono utilizzare vari oggetti combinandoli tra loro e dando
vita alle vicende dei personaggi, narrate con una voce fuori campo che parafrasa il
testo o ne riprende citazioni. Bisogna precisare che le animazioni digitali sono costruite
partendo dai ricchi apparati iconografici delle edizioni cinquecentesche e sette-
ottocentesche.
2) Scelta del personaggio attraverso il Libro degli Incantesimi e conseguente
verosimiglianza del personaggio all’utente attraverso l’uso della webcam:
attraverso un software di riconoscimento facciale il volto dell’utente viene applicato
all’eroe o eroina scelto attraverso un Libro degli Incantesimi (ispirato al medesimo
libro del mago Atlante) nella quale c’è la lista dei paladini e una volta selezionato uno
se ne ascolta la storia.
3) Ripercorrere lo spazio: Italo Calvino, maggiore divulgatore novecentesco del poema,
affermava che il Furioso è un “poema dello spazio” e se si utilizza una mappa
dell’Europa si potrebbe tracciare il percorso dei vari personaggi e il loro intreccio. Il
modello del labirinto è proprio quello prediletto per il progetto online; infatti, l’utente
può scegliere uno dei tanti percorsi proposti e le varie tappe illustrate dai versi
ariosteschi saranno consultabili.
4) La guerra vista sottoforma di duello: il progetto offre una visione del tema della
guerra sottoforma di gioco letterario: viene proposto un verso ariostesco e chiede di
rispondere una frase che finisca in rima, realizzando così un’alternanza tra poema
originale e nuovi versi realizzati dall’utente. Questo coinvolge creativamente l’utente
che però allo stesso tempo rilegge e ripercorre dei versi del poema.
5) Follia
6) Senno
CAPITOLO 4
Il covid ha sicuramente cambiato ogni aspetto della nostra vita e anche i musei sono stati
colpiti da questi cambiamenti. Si è avuto un repentino incremento del digitale per quanto
riguarda la comunicazione, la condivisione e l’utilizzo in rete di contenuti museali e nel
prossimo futuro, definito come “nuova normalità ” le tecnologie digitali sono destinate ad
assumere un ruolo ancora più rilevante.
Il processo di riforma del 2014 che ha interessato i musei statali italiani ha determinato le
condizioni per una maggiore autonomia dei direttori e una maggiore diffusione di alcune
pratiche manageriali in ambito museale. Infatti, grazie a questa riforma viene elargito un
Piano Strategico (PS), un documento di programmazione che accoglie e illustra le scelte che
la Direzione del museo intende compiere in uno specifico periodo. Lo scopo è, in poche parole,
di illustrare la mission del museo e i conseguenti obiettivi economici attraverso
obiettivi strategici per il loro conseguimento.
Fondamentale è l’esempio del MANN che per conseguire l’obiettivo strategico di attrarre un
pubblico sempre più variegato, ha realizzato un videogioco (Father & Son) che ha funzionato
alla grande ma è stato comunque rischioso; in ogni caso, esso ha sottolineato l’autonomia
creativa che oggi posseggono i direttori museali. Questo videogioco è stato una vera e propria
sfida perché nessun museo internazionale aveva mai realizzato una cosa del genere.
F&S predilige la dimensione esperienziale rispetto a quella ludica. Esso è non solo una
forma di storytelling delle collezioni del MANN ma anche un vero e proprio storydoing nel
quale le vicende da osservare nelle varie sale dipendono tutte dalle scelte del giocatore. E
proprio questa dimensione esperienziale crea un forte legame tra giocatore e museo.
F&S ha consentito al museo di raggiungere diversi obiettivi:
- Solitamente le app realizzate per i musei servono a dotare i visitatori di ulteriori
informazioni utili durante la visita; mentre il gioco F&S serve, al contrario, anche ai non
visitatori perché li coinvolge ovunque, indipendentemente dalla visita. Non fornisce
solo informazioni ma mette in gioco anche i sentimenti e l’empatia tra il giocatore e il
museo.
- Immagine  i musei vengono spesso percepiti come luoghi statici; un museo che
produce un videogioco restituisce invece un’immagine molto più dinamica
- Visibilità  L’enorme quantità di articoli dedicati a F&S ha accresciuto la sua
popolarità
- Accessibilità  superare ostacoli cognitivi e digitali che ne limiterebbero l’accessibilità
- Capacità attrattiva  Desiderio di molti utenti di visitare i luoghi e le ambientazioni
nei quali si sviluppa una narrazione che nel gioco li ha colpiti.
- Legame emozionale  Coinvolgimento emotivo dei giocatori che crea un forte legame
tra loro e il museo.

Le risorse digitali del museo (immagini, testi, disegni) costituiscono una componente sempre
più importante per la relazione tra museo e visitatore/utente e contribuiscono a ridefinire
l’esperienza di fruizione e il rapporto, anche a distanza, con il museo.
Nel nuovo PS del MANN vi è proposto una strategia digitale, ovvero un approfondimento
sull’impatto del digitale su tutti gli obiettivi strategici che intendono perseguire per il museo:
Gli utenti digitali del museo si dividono infatti in due categorie: - on-site
- on- line
Questa strategia prevede quindi che il museo si attrezzi in modo adeguato al fine di
aumentare progressivamente la propria offerta di risorse informative digitali, realizzando
materiali sempre più ricchi e variegati, in modo da massimizzare il loro valore d’uso nonché di
rafforzarne il legame con il museo. Le risorse digitali prodotte dal MANN e indirizzate ai
propri visitatori/utenti dovranno pertanto rispettare alcuni requisiti:
- Essere facilmente accessibili e comprensibili, stimolando l’interesse e la curiosità .
- Essere facilmente condivisibili, attraverso la partecipazione attiva degli utenti.
- Essere fruibili su dispositivi differenti.
- Favorire comunità di utenti con interessi comuni nel quale confrontarsi e dialogare.

Conclusioni:
La pandemia ha reso molto fragili i musei perché un museo chiuso è un museo morto, funge
solo a scopo conservativo. Tuttavia, l’azzeramento forzato dei flussi di visitatori ha anche
dimostrato l’enorme potenziale digitale degli stessi musei, attraverso il quale è possibile
attivare nuove forme di relazione e interazione. Grazie al digitale emergono dunque peri
musei nuove possibilità di ascolto e di dialogo, nuovi modi di propagazione e diffusione delle
conoscenze, nuove forme di relazione, anche di tipo emozionale, sia con i territori di
appartenenza che con quelli distanti, moltiplicando all’infinito il raggio di azione del museo.
Ma la novità è che quando si tornerà alla normalità questa “finestra digitale” rimarrà ancora
aperta; sarà un modo attraverso il quale sperimentare nuove modalità di coinvolgimento del
pubblico e nuove modalità di stimolare la crescita culturale della collettività .
In questo modo viene nettamente superata quella sfiducia nell’accostare la tecnologia ad un
museo dedicato all’antichità .
CAPITOLO 5

I musei del Bargello, le Cappelle Medicee e il Complesso Monumentale di Orsanmichele


conservano la più importante collezione di scultura rinascimentale italiana al mondo e molte
delle sculture presenti in questi musei sono state, nel corso dei secoli, protagonisti di
innumerevoli copie al vero. Solo da poco si è passati alla tecnologia di scansione 3D, la quale
non solo permette di tutelare l’opera originale (prima si faceva un calco) ma permette anche
di rilevare elementi fondamentali di un’opera che erano sfuggiti in passato. Un esempio è una
copia 3D di una divinità fluviale di Michelangelo, il cui restauro in 3D ha permesso di capire la
corretta posizione del corpo della figura e ricollocandola nella sua posizione originaria, ha
condotto a nuove ipotesi sull’originario progetto di decorazione scultorea delle tombe
medicee.

Una delle collezioni più ampie e suggestive di calchi è quella del Victoria and Albert Hall
realizzata nel 1873. Essa ospita capolavori esemplari di periodi e di culture diverse con
tantissime riproduzioni di sculture rinascimentali, tra cui quelle di Donatello del Bargello.

Il San Giorgio marmoreo di Donatello fu trasferito al Bargello dall’esterno della chiesa di


Orsanmichele nel 1891 e venne sistemato nel Salone di Donatello per motivi conservativi. In
occasione di questo spostamento, furono fatti i calchi di diverse altre opere di Donatello, tra
cui quello del monumento equestre per il Gattamelata per dare vita ad una grande esposizione
di opere originali e copie che miravano ad offrire un percorso monografico esaustivo delle
opere dell’artista.

La spettacolarizzazione museale dei calchi in dimensioni al vero accanto a sculture originali


aveva avuto grande fama poiché permetteva agli studenti e a chi non poteva permettersi di
viaggiare di poter fruire dei più grandi capolavori d’arte al mondo. Infatti ci fu una copiosa
produzione seriale non solo di statue ma anche di templi, facciate di chiese ed edifici ecc.

Un caso singolarissimo di coesistenza tra originali e riproduzioni al vero è rappresentato dal


restauro delle statue all’esterno del complesso di Orsanmichele. Le 14 statue realizzate tra XIV
e XVII secolo costituiscono uno dei più importanti cicli di statuaria monumentale del
Rinascimento italiano. Le statue, fatta eccezione per il San Giorgio trasferito al Bargello,
restarono sulla facciata del complesso monumentale fino alla fine degli anni 70, quando si
avviò una serie di importanti restauri e indagini diagnostiche. Le statue originali vennero
rimosse e si decise di non rimetterle all’esterno per una questione conservativa e per loro fu
allestito un museo al primo piano aperto al pubblico nel 96, mentre all’esterno furono
collocate le copie.
Queste copie sono state fatte in modo impeccabile solo che, per la scelta dei materiali non
sempre eccelsa, richiedono costante manutenzione.
Da questo punto di vista il rapido cammino delle tecnologie di scansione e di riproduzione
digitale che consente repliche esatte, senza contatto con l’originale e ottenendo risultati di
grande pregio, sarà sicuramente la tecnica più utilizzata per la copia di opere ma, data
l’esperienza di Orsanmichele, deve essere fatto bene anche il giusto utilizzo dei materiali al
fine di garantire similitudine con l’originale ma anche durabilità .

Parallelamente alla tutela, altri aspetti fondamentali della conservazione e fruizione delle
collezioni sono la catalogazione e l’accessibilità dei dati, che in Italia sono ancora lacunosi.
Lo spirito di catalogazione, distintivo dell’Ottocento, portò all’indomani dell’Unità d’Italia alla
creazione nel 1875 dell’ICCD – Istituto Centrale del Catalogo e la Documentazione – che
serviva proprio a censire il patrimonio nazionale italiano.
Prima la catalogazione avveniva su carta, ora tramite l’immissione dei dati in un sistema di
schedatura informatico. Purtroppo, non sempre questi cataloghi vengono aggiornati o
vengono addirittura dispersi.
Per ciò che concerne l’accessibilità , l’utilizzo di schermi o tablet approfonditivi accanto alle
opere non è sempre stato ottimo poiché non sempre funzionavano allora, come ha fatto il
museo del Bargello, si è pensato di utilizzare i QR code con contenuti aggiuntivi sia per
approfondire da vicino informazioni sull’opera, sia da remoto per suscitare interesse a chi
ancora deve visitare il museo.

Dunque, I musei del Bargello nella loro articolazione in cinque sedi e soprattutto grazie alla
loro straordinaria collezione di scultura rinascimentale raccontano in modo esemplare
l’ingegnosità di artigiani e artisti nella creazione dell’opera, nella volontà di riprodurla in
copie attraverso i secoli, fino alle più moderne tecniche di scansione digitale utilizzate per lo
studio, la tutela, la fruizione e l’arricchimento dell’esperienza, con l’aggiunta di QR code nel
percorso espositivo.

Le digital humanities sono strumento prezioso per preservare, senza necessità di contatto,
preziose opere d’arte, per creare copie e per creare un veicolo di conoscenza, attraverso la
raccolta e l’accessibilità dei dati. Il loro utilizzo non allontanerà dalla visita e dalla fruizione
diretta dell’opera d’arte e dei musei, ma aumenterà l’esperienza del visitatore, perché ne
arricchirà la singolarità , proprio in virtù dell’accessibilità delle informazioni digitali ad essa
collegata.
CAPITOLO 6
Le rivoluzioni tecnologiche che abbiamo avuto nel corso del tempo hanno sempre cambiato
radicalmente ogni aspetto della nostra vita. Anche oggi stiamo vivendo una rivoluzione
digitale che ha cambiato radicalmente l’assetto sociale, economico, politico e anche il modo di
studiare e diffondere la cultura.
Con l’avvento del web l’informatica umanistica è diventata fondamentale per gli studi;
l’accesso quasi illimitato a fonti e documenti d’archivio è una risorsa importantissima che
offre potenzialità straordinarie sia per chi studia, sia per chi contribuisce ad arricchire il
patrimonio. Le biblioteche digitali e i database relazionali offrono un potenziale che
nessun’epoca ha mai avuto a disposizione e che non sia solo nel reperimento facilitato delle
fonti ma anche nell’elaborazione di nuovi approcci metodologici.
Soffermiamoci sulla storia della scienza. Gli studiosi di quest’ultima hanno sempre utilizzato,
oltre al testo, anche le immagini per meglio comprendere ciò che bisognava studiare (ad es.
una tavola anatomica o astronomica). Questo aspetto della comunicazione scientifica per
immagini è oggi ulteriormente amplificato dalla tecnologia digitale che ci consente di andare
oltre la bidimensionalità del disegno, offrendoci animazioni utili e precise per capire i concetti
studiati.
In particolare, parliamo del caso dell’app Galileo e Leonardo:
1. Il Museo Galileo ha un sito web che permette la visita del museo da remoto e possiede una
grandissima collezione di materiale online fruibile gratuitamente.
L’app Galileo-Theka è un archivio di risorse galileiane formato da testi, immagini, documenti
ecc. Il sito è strutturato per archivi divisi in varie categorie:
- Manoscritti
- Cronologia  registra tutti gli eventi importanti relativi alla vita di Galileo
- Biografie  raccoglie tutte le biografie su Galileo
- Bibliografia Galileiana  raccoglie le sue opere e i contributi su di lui dal 500 a oggi
- Biblioteca di Galileo  raccoglie tutte le opere della sua biblioteca
- Indice dei nomi e delle cose notabili
- Museo Virtuale  illustra virtualmente tutti gli strumenti da lui creati
- Luoghi  luoghi che ha vissuto
- Iconografia  riproduce in formato digitale il contenuto di Iconografia Galileiana
- Mito e Fortuna  consente di esplorare e misurare la fortuna di Galileo secondo
diverse prospettive e diversi ambiti di studio
- Indici-Carteggio-Lessico  raccoglie l’indice dell’Edizione Nazionale delle Opere di
Galileo, l’intero suo carteggio e del lessico di tutte le sue opere.
Attraverso la ricerca integrata l’utente può studiare un concetto in modo trasversale
attraversando tutti gli archivi, ad esempio scrive la parola “pianeta” e gli usciranno tutte le
voci con questa parola, facente parte di ogni singolo archivio. Questa funzionalità della ricerca
integrata permette di superare i confini naturali imposti dal mondo analogico e di accedere
simultaneamente a materiali eterogenei, ma tra loro legati sul piano del significato, ubicati in
luoghi diversi.
2. Simile è l’app Leonardo-theka, una sorta di biblioteca digitale che permette di consultare i
codici di Leonardo e i relativi apparati critici attraverso molteplici criteri di accesso:
dimensioni, tecniche di scrittura e disegno, lacune, datazioni, luoghi ecc.
3. Il planisfero di Waldseemü ller (oggi negli USA) è una mappa di grandi dimensioni ricca di
informazioni geografiche e cosmografiche. E’ conosciuta come il “certificato di nascita”
dell’America perché in essa compare per la prima volta il nome America, coniato in onore
di Amerigo Vespucci, il primo che seppe riconoscere le terre scoperte come nuove.
L’edizione digitale di questo planisfero permette di approfondire e immergersi nelle
informazioni politiche, storiche e commerciali contenute nella mappa, decifrarne la
struttura e i simboli grafici, e comprenderne il contesto storico e culturale che ne vide
l’esecuzione. E’ una complessità di dati che solo il digitale permette di offrire.
4. Mappamondo di Fra Mauro, una delle più complete rappresentazioni dell’imago mundi di
metà Quattrocento. Anche qui il sito rende possibile esplorare nei dettagli la ricchissima
informazione testuale e grafica del mappamondo, evidenziare strade, fiumi e percorsi.

Dunque queste app sono concepite come un contenitore di documenti che da mera biblioteca
(semplice consultazione dei testi) diventano strumenti di esplorazione, conoscenza e
pubblicazione dei risultati della ricerca. Il libro non è semplicemente consultabile in formato
digitale ma è esplorabile in tutti i suoi aspetti (iconografico, testuale, di contesto culturale e
relazione con documenti analoghi) al fine di fornire all’utente un’edizione digitale a 360°.
Mostrano, inoltre, le potenzialità della tecnologia digitale nella ricerca storico-scientifica.
CAPITOLO 7

Sistemi informativi geografici (GIS), realtà aumentata, realtà virtuale, risorse, dati e file sonori:
questo è il linguaggio del mestiere del rinascimento informatico della nostra epoca.
L’IDEA (Isabella d’Este Archive) è un gruppo di studiosi provenienti da tutto il mondo che
mette insieme immagini di lettere, file musicali, documenti, fino ad una rappresentazione 3D
dello studiolo di Isabella d’Este.
La realizzazione di progetti digitali richiede innanzitutto lavoro di squadra per essere
realizzati (per la facile deperibilità dei dati messi sul web) e per il rinascimento sono di
diverso tipo e principalmente sono questi:
- Dizionari digitali
- Database (sono i discendenti tecnologici di strumenti predigitali quali l’indice analitico,
le concordanze e la tavola genealogica).
- Progetti online soffermati su un unico autore (Dante, Boccaccio, Galileo, Leonardo…)
- Digitalizzazione delle opere (attirano più visitatori e rendono maggiore la fruizione)
- Mappe digitali
- Machine learning  si procede verso l’apprendimento automatico per analizzare e
confrontare l’enorme quantità di dati in un archivio/database per creare una mappa
generale di informazioni
- Progetti di realtà virtuale immersiva

La domanda finale è quindi in che direzione si stanno dirigendo gli studi sul
Rinascimento nel contesto delle digital humanities? La risposta è che ci avviamo verso
sempre più numerosi progetti digitali, assieme a un’espansione degli approcci critici allo
studio del Rinascimento. L’informatica sta modificando il modo in cui leggiamo, scriviamo,
collaboriamo e usufruiamo dei nostri oggetti di studio.

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