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Di Mario Rotigni
Parliamo un po’ della strumentazione di base, non dal punto di vista teorico ma privilegiando
consigli e tecniche di uso comune nei laboratori. Purtroppo raramente queste considerazioni sono
presenti nei libri di testo. Questo articolo vuole anche essere il seme di un quaderno di appunti da
costruire insieme online, chiamando i frequentatori del sito a contribuire, commentare, arricchire,
magari aggiungendo commenti agli strumenti proposti o introducendo altri strumenti. Cenni
sull’autocostruzione di alcuni strumenti sono introdotti, strada facendo.
A proposito di Misure
Alcuni consigli preliminari sono d’obbligo. Il primo è passare un po’ di tempo su un testo di misure
elettriche o elettroniche. Un testo per Licei Tecnologici, gli ex Istituti Tecnici Industriali, può essere
sufficiente, senza disturbare testi universitari. Certamente non si tratta della più eccitante tra le
letture immaginabili ma il valore formativo è notevole. Il rigore nella definizione del processo di
misura e l’introduzione dei concetti di errore e confidenza costruiscono un buon bagaglio tecnico,
utile in particolare a chi si occuperà di misure in ambito lavorativo. La seconda raccomandazione
fondamentale è farsi sempre un’idea del valore della grandezza sotto misura, prima di collegare gli
strumenti. Quest’atteggiamento mentale anzitutto protegge da rischi, aiuta nella scelta dello
strumento e della portata opportuni e sviluppa un senso critico verso la strumentazione ed i metodi
di misura che aiuta a prevenire e correggere possibili errori. Parte di questo senso critico è la
consapevolezza dell’interazione strumento-oggetto in misura. Le caratteristiche di ingresso dello
strumento, in particolare la sua impedenza e banda passante, non sono neutrali rispetto al risultato
della misura, come vedremo in maggior dettaglio. Possiamo dire che lo strumento diventa parte del
circuito sotto esame. Un caso particolarmente significativo è la misura di cadute di tensione su
circuiti a bassa impedenza/resistenza. La caduta di tensione sulle connessioni può facilmente essere
dello stesso ordine di grandezza del valore da misurare, quindi è importante tenerne conto (vedi
misura a quattro fili, connessione Kelvin). Generalizzando, possiamo dire che la precisione e
confidenza della misura dipendono da tutta la catena di misura, non solo dallo strumento, per
quanto sofisticato e costoso. Vedremo qualche esempio particolarmente interessante parlando di
oscilloscopi. Il terzo consiglio è conoscere meglio possibile la strumentazione a disposizione.
Passare del tempo sui manuali e studiare gli schemi elettrici e le caratteristiche dello strumento è
un buon investimento. Dopotutto, questi sono i nostri occhi nel circuito.
A proposito di Laboratorio
E’ prassi comune per i frequentatori di laboratori tenere un quaderno di appunti, oggi
eventualmente un file, dove annotare le misure eseguite, la configurazione del dispositivo oggetto
delle stesse, problemi o spunti interessanti. Lo scopo è rivedere i passi compiuti con sicurezza ed
essere in grado di ripetere le stesse misure, nelle stesse condizioni al bisogno. Mantenere questa
buona abitudine è caldamente raccomandato ogni volta che si debbano rilevare le caratteristiche di
funzionamento o eseguire misure non banali o occasionali, quali la verifica di continuità di un cavo
o simili. In ambito professionale un rapporto è comunemente generato in seguito ad una campagna
di misure ed avere quindi una traccia costruita a “mente fresca” è fondamentale. In ambito
hobbistico la cosa è meno stringente ma egualmente raccomandabile, pur con l’opportuno fattore di
scala. Naturalmente il tempo dedicato è sottratto alla parte più divertente e interessante ma lo
sforzo vale bene la spesa. Gli appunti consentono di ripartire da dove ci si era interrotti la volta
precedente, cosa molto utile quando al nostro hobby si possono dedicare solo ritagli di tempo,
magari con importanti intervalli tra uno e l’altro. Non è necessario scrivere un trattato, poche note
possono essere
sufficienti. Qui ciascuno probabilmente trova il miglior compromesso per se stesso tra quantità
d’informazione registrata e tempo dedicato alla documentazione.
Multimetro digitale
La disponibilità di circuiti integrati monolitici che comprendono quasi tutte le funzioni necessarie ha
reso relativamente semplice la costruzione di multimetri digitali da molti anni. Possiamo ricordare
l’introduzione dei componenti Intersil ICL7106/7107/7135 (prodotti anche da Renesas, Maxim) o
RCA 3161/3162 (Harris, Renesas). Punti critici dell’autocostruzione sono rimasti la necessità di
commutatori di buona qualità per la selezione di funzioni e portate e connettori dei puntali.
Alimentatore
L’esigenza di alimentare con una sorgente affidabile il proprio prototipo è comune a tutti i makers e
sperimentatori. La grande disponibilità di adattatori ac/dc può indurre a ritenere inutili i veri e
propri alimentatori da laboratorio, quali gli strumenti visibili in Figura 2 e Figura 3. Si tratta di
strumenti di grande flessibilità, con tre canali indipendenti. Nell’uso pratico, due canali possono
generare tensioni bilanciate verso massa per alimentare amplificatori operazionali, il terzo canale
può essere dedicato ai circuiti logici. Tipicamente quindi potremmo avere +/-12V e 5V. In questi
strumenti normalmente due canali sono regolabili, ad esempio tra 0V e 20V, e la terza uscita è fissa
a 5V, come nel caso dell’esempio di Figura 2.
Figura 2: Alimentatore da laboratorio a 2 uscite regolabili e una fissa a 5V.
Lo strumento in Figura 3 è già più sofisticato, rendendo regolabile anche il terzo canale, sia pur
meno agevolmente.
Oscilloscopio
La necessità di avere o no un oscilloscopio tra le dotazioni di un laboratorio amatoriale è popolare
argomento di dibattito da decenni. Come spesso accade nel dialogo tecnico, la risposta è “dipende”.
Dipende dal campo che si è scelto e dalla sofisticazione che si intende raggiungere. Certamente, se
pur spesso non indispensabile, un oscilloscopio è molto utile, permettendo di vedere l’evoluzione
dei segnali nel tempo. Questo consente verifica e debug accurati e rapidi. Anche da un punto di vista
didattico è di notevole aiuto, visualizzando l’effetto di modifiche ed esperimenti. Certamente si
tratta di un investimento spesso rilevante, anche se strumentazione di buon livello inizia ad essere
disponibile a costi accessibili, almeno per gamme di frequenza ridotte.
Normalmente tensione e frequenza del segnale campione sono riportati sul pannello, aiutando
nell’impostazione della scala verticale ed orizzontale.
Altra utile operazione preliminare è la connessione del terminale caldo della sonda a massa in
modo da visualizzare la linea di riferimento e portarla in basso sullo schermo per avere la massima
dinamica disponibile per il nostro segnale. Impostiamo ora l’ampiezza verticale al massimo valore
disponibile (in V/divisione) e l’ampiezza orizzontale al valore minimo disponibile (in ns/divisione).
Collegando il segnale da misurare dovremmo avere una traccia visibile sullo schermo,
probabilmente di ampiezza troppo piccola perché sia ben leggibile.
Riduciamo progressivamente la scala verticale fino a riempire bene lo schermo. Aumentiamo poi
eventualmente la scala orizzontale fino ad avere almeno due/tre cicli completi del segnale sullo
schermo.
Ora è possibile studiare in dettaglio il segnale, misurandone ampiezza, tempi di salita, duty-cycle
eccetera. Partire con la minima risoluzione temporale permette di evitare gli errori di alias, cioè
ricostruzione di segnali errati dovuti alla frequenza di campionamento insufficiente.
Nella Figura 6, il grafico spiega il concetto meglio di molte parole.
Figura 6: Esempio di errore di alias, con visualizzazione di falso segnale con f=1/10 di f reale.
L’uso della funzione ‘autoscale’ disponibile in molti strumenti, può essere utile nella ricerca del
segnale. L’impostazione manuale delle scale è comunque raccomandato, magari una volta
inquadrato il segnale con autoscale.