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MACROBIO
ETICA E PSICOLOGIA
NEl ccCOMMENTARII IN SOMNIUM SCIPIONIS•
C.U.E.C.M.
In copertina: Tramonto, di Max Ernst .
(Macrobio, In Somn. , l, 9, l)
MACROBIO: ETICA E PSICOLOGIA
NEI «COMMENT ARII IN SOMNIUM SCIPIONIS»
PREFAZIONE
Macrobio appartiene a quel gruppo di enciclopedisti che
sintetizzano le dottrine più interessanti della speculazione greca
e le presentano all'Occidente in una forma alquanto semplifica
ta. Per lo più questi enciclopedisti rimangono alla superficie
del pensiero classico, e spesso non riescono a comprenderlo
nella sua pienezza per il fatto che le fonti alle quali si riferisco
no sono lontane dai classici originali . In molti casi la distanza
fra l'autore classico e il compilatore o commentatore del IV, V
o VI secolo è tale da presupporre anche diverse fonti interme
die. Tuttavia grazie a questi polimati ed enciclopedisti la cultu
ra occidentale riesce a mettersi in contatto per quasi un millen
nio con la cultura greca, ed in quest'ambito l'opera di Macro
bio svolge un ruolo fondamentale, specie per quanto concerne
la trasmissione della filosofia platonica e neoplatonica in Occi
dente. L'interesse degli studiosi nei confronti di Macrobio si
spiega, infatti, soprattutto per questo ruolo, assolto in gran
parte dai Comme�:�tarii in Somnium Scipionis.
Ma quest'opera che indubbiamente costituisce una tappa
importante nella storia del pensiero occidentale dell'età tardo
antica, dopo aver avuto una notevole fortuna nel Medioevo 1, è
11
stata tenuta per lungo tempo ai margini dell'interesse critico e
storiografico. Una maggiore attenzione nei suoi riguardi è stata
manifestata in tempi più recenti 2 , in cui ogni tassello del mosai
co che rappresenta la cultura della tarda antichità assume una
sua precisa collocazione. È infatti all'interno di questo conte
sto che si pongono i contributi di F. Cumont 3 , di P. Henry 4, di
12
P. Courcelle 5 e quelli più specifici di H. Linke 6 , di K. Mras 7 ,
di A. Cameron 8 , di M. A. Elferink 9 , fino allo studio d'insieme
di J. Flamant 1 0•
L'avere considerato Macrobio come uno strumento utile
per farci conoscere alcune dottrine dell'antichità ha, però, fat
to si che ci si orientasse prevalentemente verso la ricerca delle
fonti delle sue opere nel tentativo di ricostruire scritti perduti di
filosofi come Numenio, Giamblico e Porfirio. A questo propo
sito condivido l'opinione di quegli studiosi che ritengono que
sta impostazione poco produttiva 1 1 perché può fare correre il
rischio di perdere di vista quanto appartiene veramente a Ma
crobio. Pertanto ritengo che convenga studiare l'opera di Ma-
le da una parte sostiene che tutte le fonti alle quali si riferisce Macrobio, ad ec
cezione delle Enneadi, sono andate perdute, per cui la ricerca intorno ad esse ri
sulta molto difficile, e dall'altra ritiene di dovere attribuire alle Enneadi stesse
maggiore importanza di quanto non avessero fatto altri studiosi; cfr. pure J.
Flamant (Macrobe et le Nloplatonisme latin cit . , p. 8 sgg.), il quale, piuttosto
che muovere dallo studio delle fonti di Macrobio, preferisce entrare nel vivo
delle sue opere, senza per questo perdere di vista le fonti, ma avvicinandosi ad
esse di volta in volta.
13
crobio dall'interno, pur nella consapevolezza dei debiti che il
nostro autore ha nei confronti delle sue fonti. Ciò non significa
sottovalutare il problema delle fonti, ma semplicemente evitare
di risolvere in esso il significato del contributo storico-culturale
di Macrobio, il quale riesce a ricostruire personalmente e, in un
certo senso, originalmente la dottrina neoplatonica.
Il testo dei suoi Commentarii è il Sogno di Scipione, che egli
sceglie per due ragioni di base: per la sua devozione nei con
fronti di Cicerone, che considera il Platone latino, e per le so
miglianze esistenti fra questo testo e il mito finale della Repub
blica di Platone. La fusione di queste due motivazioni conferi
sce ai Commentarii una duplice dimensione: neoplatonica nelle
tematiche e nei contenuti e tuttavia romana per certi aspetti che
esprimono le istanze della cultura alla quale Macrobio appar
tiene.
La maggior parte degli storiografi, infatti, colloca Macro
bio ali 'interno di una cerchia di aristocratici pagani che rinne
gano il nuovo cristianesimo e oppongono ad esso una religione
il cui oggetto è Roma e la sua tradizione, per cui la filosofia e la
saggezza greche diventano funzionali al recupero e alla restau
razione delle virtù romane.
In questo lavoro, che non può prescindere dal toccare pro
blemi relativi alla personalità di Macrobio, alle sue opere e al
carattere generale dei Commentarii, esaminerò in particolare
due aspetti di quest' opera che mi sembrano strettamente legati
fra loro: l'etica e la psicologia. Ciò perché, nonostante l'enci
clopedismo, a volte un po' superficiale ed eclettico, che in ge
nere caratterizza le opere di Macrobio, questi due aspetti costi
tuiscono il filo conduttore dei Commentarii e conferiscono ad
essi una fisionomia netta e ben delineata: è infatti attraverso la
trattazione intorno alle virtù e intorno all'essenza e al destino
dell'anima che Macrobio manifesta la sua matrice neoplatoni
ca pur mantenendosi nell 'ambito della cultura e della mentalità
latine.
14
l.
17
�ameron" seguito anche da Marinone ' ) non fece notare che il
nostro Macrobio doveva essere più conosciuto dai contempo
ranei col nome di Teodosio 6 •
Flamant, che si è occupato recentemente della questione,
osserva però che, benché l'ordine dei nomi che compaiono nei
manoscritti delle due opere di Macrobio non sia sempre identi
co (Macrobius Ambrosius Theodosius è più frequente nei ma
noscritti dei Commentarii e Ambrosius Theodosius Macrobius
in quelli dei Saturnalia), il nome Macrobius non è mai omesso,
mentre qualche volta non si riscontra il nome Theodosius e
molto spesso è omesso il nome Ambrosius. Per questa ragione
e per un'altra, altrettanto valida, fondata sul fatto che il nome
Macrobius non muore con il nostro autore, ma ricompare nei
suoi discendenti e precisamente nel nipote Macrobio Plotino
Eudosso, Flamant ritorna alla posizione che precedeva gli studi
sopra citati e che era stata inaugurata da H. Georgii 7 e conti
nuata da Stahl8, secondo la quale il nome ufficiale del nostro
autore doveva essere proprio Macrobio 9•
Un'altra questione riguarda la patria di Macrobio, sulla
quale si sono fatte molte congetture. Al riguardo esiste una va
ga indicazione nei Saturnalia 10, là dove Macrobio chiede indul
genza al lettore per la poca perizia e la scarsa eleganza nell 'uso
della lingua latina e si giustifica dicendo di essere nato altrove
18
(sub a/io ortos caelo). Ad alcuni studiosi è sembrato che questa
frase potesse indicare il luogo di origine di Macrobio.
Sandys 1 1 , ad esempio, muovendo da essa afferma che la patria
2
di Macrobio doveva essere la Grecia, e Whittaker 1 pensa a
qualche provincia orientale dove si parlava il greco. La mag
gior parte degli studiosi è però di avviso diverso e ritiene che la
patria di Macrobio debba essere stata qualche provincia del
l' Impero occidentale, anche se lontana da Roma, come la Sici
lia, la Spagna o, con maggiore probabilità, l'Africa. Già Jan,
nella sua edizione delle opere di Macrobio 1 3 , sosteneva che
questi era oriundo dell'Africa per varie ragioni : in primo luogo
perché in quel periodo l'Africa diede i natali a molti autori che
conoscevano sia la lingua latina che quella greca; in secondo
luogo perché gli sembrava più probabile che un africano - e
non un greco vero e proprio - avesse preferito scrivere in lati
no a Roma pur conoscendo la lingua greca; e infine perché
l 'Africa era una provincia sufficientemente lontana da Roma
per adattarsi alle parole sub a/io ortos caelo. Dello stesso avvi
so sono Schanz 1 \ Wessner u, Wissowa 1 6 e Mras 1 1 , il quale so
stiene che la lingua madre di Macrobio doveva essere il latino
sia perché questi cita spesso autori latini, sia perché, per quan-
19
to riguarda le citazioni degli autori greci, utilizza traduzioni la
tine. D'altra parte - rileva Stahl, che condivide questa tesi -
tanto dalla lettura dei Commentarii quanto dall'indice dei no
mi predisposto da Jan si ricava la netta impressione che Macro-
/
bio doveva avere con la letteratura latina una familiarità mag-
giore che non con quella greca 1 1• Su questa linea si pone anche
Flamant 19•
Un problema ancora più complesso è quello dell'eventuale
identificazione di Macrobio con uno dei personaggi politici
dell'epoca. Stabilire quale dei personaggi di nome Macrobio di
cui si hanno notizie storiche possa identificarsi con l'autore dei
Commentarii non è certamente facile, anche perché tale identi
ficazione è legata strettamente alla cronologia delle opere, alle
notizie che da queste si ricavano, alla questione dell 'incompati
bilità delle cariche e alle presumibili inclinazioni religiose di
Macrobio .
Il Codice teodosiano accenna ad un Macrobio vicario di
Spagna nel 399-400 20, ad un Macrobio proconsole d'Africa nel
4102 1 , ed ancora ad un Macrobio che avrebbe occupato la cari
ca di praepositus sacri cubiculi d 'Oriente a Costantinopoli nel
422 22 • In quest'ultimo decreto il M acrobio nominato praeposi
tus sacri cubiculi è chiamato vir illustris, gli viene dunque attri
buito uno dei titoli che si riscontrano in alcuni manoscritti dei
Commentarii. Per questa ragione si potrebbe essere indotti ad
identificare l'autore dei Commentarii con questo personaggio,
ma questa identificazione è resa problematica dal fatto che la
scelta del praepositus sacri cubiculi di Costantinopoli da parte
dell'imperatore Teodosio Il non poteva che cadere su un cri-
20
stiano, mentre gli elementi a nostra disposizione ci fanno pen
sare, piuttosto, che il nostro autore sia stato pagano.
Questa identificazione potrebbe essere possibile solo ipotiz
zando che Macrobio si sia convertito al cristianesimo dopo
23
aver scritto i Commentarii e i Satumalia • Tale ipotesi però è
2'
stata respinta da Cameron 24 , da Stein e recentemente da
26
Flamant • Quest'ultimo - oltre a ritenere impossibile che
l'imperatore di Costantinopoli potesse avere nominato per un
posto di così alto rango un uomo con un passato chiaramente
favorevole al paganesimo - ritiene poco probabile che la fami
glia di Macrobio si sia trasferita prima a Costantinopoli e sia ri
tornata poi in Occidente, come risulta dalla presenza del figlio
sessantenne alla corte di Ravenna. Inoltre - aggiunge Flamant
- la carica di praepositus sacri cubiculi era riservata agli eunu
27
chi e Macrobio non poteva esserlo perché aveva un figlio •
Nulla vieterebbe l'identificazione del nostro Macrobio col vica
rio di Spagna del 399-400 ; però, se si ferma la carriera di Ma
crobio al vicariato, non si giustifica il titolo di illustre che si ri
scontra nella maggior parte dei manoscritti . Questa difficoltà
può essere superata se si identifica il Macrobio dei Satumalia e
dei Commentarii non solo con il vicario di Spagna del 399-400 ,
ma anche con il proconsole d'Africa del 410. Ma tale via non è
praticabile perché le cariche di vicario e di proconsole sembra
che fossero incompatibili 28 e, ammesso pure che non lo fosse-
21
ro, è difficile pensare che Macrobio Massiminiano, vicario di
Spagna, caduto in disgrazia nel 400 , possa essere stato promos
29
so proconsole dieci anni dopo •
A questo punto - sempre se si vuole cercare il nostro Ma
crobio tra quelli del Codice teodosiano - l 'identificazione che
pone meno problemi e contraddizioni rimane quella col pro
console d'Africa del 41 O. Questa è la posizione di Flamant 30 , il
quale, sotto questo rispetto, si scosta da Cameron che identifi
31
ca Macrobio con Teodosio, prefetto di Roma nel 431 • Gli
studiosi dunque si pongono su posizioni diverse riguardo ali 'i
dentificazione di Macrobio, lasciando aperta una questione che
è difficile dirimere poiché le soluzioni proposte potrebbero es
sere tutte più o meno valide, non esistendo dati certi che ne per
32
mettono la smentita •
Un discorso a parte merita il problema della cronologia ma
33
crobiana, la quale, dopo l'articolo di Georgii che stabilisce al-
22
cune date, non è stata più messa in discussione fino alla pubbli
caiione dell'articolo di Cameron 34• Tanto Georgii che Came
ron, nel determinare la loro cronologia, seguono criteri esterni,
si fondano, cioè, principalmente sugli event� politici del tempo.
Secondo la cronologia di Georgii Macrobio sarebbe nato
intorno al 360, avrebbe pubblicato i Saturnalia prima del 399 e
i Commentarii tra il 395 e il410. La data di pubblicazione dei
Saturnalia per Georgii non può essere più bassa per motivi reli
giosi: trattandosi infatti di un'opera pagana, non può pensarsi
che sia stata scritta molto tempo dopo il 394, data della prescri
zione definitiva del paganesimo. Né Georgii solleva il problema
dell'identificazione di Macrobio con uno o più dei tre perso
naggi che con tale nome compaiono nel Codice teodosiano,
perché probabilmente il nostro autore può essere per lui identi
ficabile con tutti e tre.
Cameron invece, con una serie di argomentazioni, arriva a
conclusioni del tutto diverse da quelle di Georgii. E mentre da
una parte rifiuta, come si è visto, l'identificazione di Macrobio
con tutti i personaggi del Codice teodosiano e, partendo
dall'assunto già di S. Mazzarino che il nome ufficiale di Ma
crobio era Teodosio, propone di identificarlo con il Theodo
sius praefectus praetorio ltaliae 11/yrici et Africae del 430;
dall'altra sposta la datazione delle opere di Macrobio molto
più avanti e pone i Saturnalia intorno al 431, dopo i Commen
tarii. L'argomento decisivo, secondo Cameron, viene suggerito
dalla situazione sociale, politica e religiosa del tempo e precisa
mente dalla figura di Nicomaco Flaviano che nei Saturnalia
viene presentata positivamente. Ora questa presentazione, per
Cameron, si giustifica soltanto se i Saturnalia vengono pubbli
cati dopo la riabilitazione di Flaviano, promossa e voluta dal
3�
figlio Flaviano il giovane nel 431 .
34
The Date and Identity of Macrobius cit.
3�
Cfr. A. Cameron, The Date and Identity of Macrobius cit. , p. 36.
23
Anche Flamant, muovendo dall'analisi dei personaggi dei
Satumalia, perviene a delle conclusioni molto simili a quelle di
Cameron e pertanto respinge la datazione alta proposta da
36
Georgii e accettata da Stahl •
Tuttavia la questione non può considerarsi risolta per l'in
trecciarsi di problemi storici, sociali e politici che rimandano a
37
problemi ancora più ampi. In uno studio recente, L. Lenaz
dimostra, ad esempio, che il personaggio contro cui è indirizza
to il Carmen contra paganos o Carmen contra F/avianum non è
Nicomaco Flaviano e che il Carmen non fu scritto subito dopo
la battaglia del Frigido nel 394. Ciò renderebbe più problemati
ca la delineazione della figura di Nicomaco Flaviano sulla qua
le si incentrano la soluzione di Cameron e in parte quella di
Flamant. La soluzione di Cameron è stata inoltre confutata,
38
sempre in tempi recenti, da S. DOpp , il quale, fondandosi
sull'argomento ex silentio, sostiene una datazione ancora di
versa. Secondo DOpp i Satumalia hanno come termine post
quem il 402, anno della morte di Simmaco, e come termine an
te quem la data di pubblicazione del Commentario all'Eneide
36
Cfr. J . Flarnant, Macrobe et le Nloplatonisme latin cit. , p. 136 sgg.
La datazione bassa è stata inoltre confermata da una recente scoperta epigra
fica di S. Panciera, Iscrizioni senatorie di Roma e dintorni, 38, in AA. VV. ,
Epigrafia e ordine senatorio, Atti del CoUoquio Internazionale AIEGL (Ro
ma, 14-20 maggio 198 1 ) , l, Roma, 1 984, pp. 658-680. Il Panciera, dopo avere
ricomposto due frammenti di una base marmorea, conservati nel Lapidario
Forense, relativi a Macrobio-Plotino-Eustazio, ritiene che si tratti del figlio
del nostro autore, già identificato da Carneron ( The Date and ldentity ofMa
crobius cit. ) con il Plotinus Eustathius, vir clarissimus, urbis praefectus di al
cune tavolette di bronzo di provenienza sconosciuta, databili tra il 457 e il
472, o meglio tra il 461 e il 465 . Pertanto conclude che l'iscrizione da lui ri
composta rafforza la tesi di Carneron secondo la quale il floruit di Macrobio
dovrebbe essere abbassato al 430.
37
A nnotazioni sul « Carmen contra Paganos » , in « Studia Patavina » ,
2 5 ( 1 978), 3 , pp. 541 -572.
38
Zur Datierung von Macrobius « Saturnalia », in « Hermes », 1 96
(1978), pp. 6 1 9-632, nn. 3 1 e 32.
24
di Servio; pubblicazione, sempre secondo il DOpp, anteriore al
410, per il fatto che manifesta un certo distacco nei confronti
della crudeltà dei Goti, cosa impossibile dopo il410. Infatti, os
serva DOpp, se Simmaco fosse stato ancora in vita dopo la pub
blicazione dei Saturnalia, nel suo Epistolario avrebbe accennato
a Macrobio, che nella sua opera maggiore gli dedica tanto spa
zio; e se Servio avesse scritto il suo Commentario prima della
pubblicazione dei Saturnalia, Macrobio ne avrebbe fatto cenno.
Appare chiaro a questo punto che non si è ancora giunti ad
una soluzione definitiva; la complessità della questione, tutta
via, ci dà la misura delle difficoltà che comporta la ricostruzio
ne storica della figura di Macrobio. Di essa è stato dato qui sol
tanto un excursus per grandi linee, dato che l'intento proposto
mi è quello di analizzare, sia pure in un contesto più generale,
alcuni temi dei Commentarii, per cercare di individuare in essi,
assieme alla matrice neoplatonica, l'apporto di Macrobio.
1 . 2. A ttività letterario-filosofica
39
Cfr. a tale proposito W . H. Stahl, Macrobius cit. , p. 3.
25
Ora la cultura di Macrobio si presenta strettamente coniu
gata con la forma letteraria sotto la quale si manifesta; per po
tere dunque entrare nel merito di tale cultura occorre dare uno
sguardo ai generi letterari scelti da Macrobio e all'uso che di
questi generi viene fatto. I contenuti che di volta in ·volta ven
gono trattati hanno infatti dei legami con il genere letterario
adottato. Cosi nei Commentarii in Somnium Scipionis il genere
del commentario offre a Macrobio l'occasione per affrontare
tutte le questioni cosmologiche e psicologiche che discendono
dal Timeo di Platone e che erano state argomento dei commen
tatori precedenti quali Porfirio e Calcidio 40 e nei Saturnalia il
genere simposiaco si presta ai suoi intenti pedagogici ed enci
clopedici. Macrobio, infatti, in quest'opera raccoglie notizie,
cognizioni e argomenti i più disparati, desunti dagli autori greci
e latini degni di nota, operando una sintesi di tutte le tradizioni
culturali pagane.
I Commentarii in Somnium Scipionis, dedicati al figlio Eu
stachio, è un'opera in due libri, che per Macrobio forse costi
tuivano due commentari distinti a giudicare dal titolo apposto
da lui stesso. In effetti - come sostiene Scarpa che giustamen
te mantiene il plurale - qualche differenza di contenuto tra i
due libri esiste al di là della pura e semplice scansione di como
41
do costituita dalla fine del rotolo ; e ciò, oltre ad essere detto
42
chiaramente ali'inizio del libro secondo , si evince dal conte
sto: il primo libro tratta delle realtà che stanno tra la terra e il
cielo, il secondo libro tratta delle realtà celesti. Il testo che Ma
crobio commenta è tratto dal sesto libro del De re publica di
Cicerone; in realtà, però, esso costituisce semplicemente l'occa-
26
sione per esporre i contenuti dei commentari porfiriani alla Re
pubblica e al Timeo di Platone, nonché le dottrine filosofiche
che Macrobio condivide.
La forma dei Commentarii in Somnium Scipionis è quella
del commentario filosofico in cui non vengono analizzate paro
le o gruppi di parole, ma interi passi o addirittura interi para
grafi; in cui, piuttosto che esplicare i termini, come era prassi
fare nel commentario grammaticale, si guarda ai contenuti. Il
procedimento macrobiano, inoltre, pur somigliando a quello di
tutti· gli altri commentatori, non è omogeneo, ma libero, perché
libero è il genere del commentario filosofico, che consente, a
partire da una frase, sia di parafrasare il testo senza ulteriori
spiegazioni, sia di allargare il discorso con dissertazioni di vario
genere: cosi a volte Macrobio cita uno o due passi del testo e
dedica ad essi un ampio commento, a volte invece cita lunghi
periodi e di questi commenta soltanto alcune frasi, tanto che il
43
commento al passo risulta più breve del passo stesso •
Una delle caratteristiche più salienti dei Commentarii di
Macrobio è senza dubbio l'eterogeneità e l'enciclopedismo dei
temi trattati, i quali si possono ricondurre a tre delle quattro
scienze del quadrivio: aritmetica, musica e astronomia 44, a cui
bisogna aggiungere la geografia e tutta la problematica relativa
all'anima, alla sua origine e al suo destino, ossia la filosofia, la
quale implica anche una trattazione intorno all'etica. Macro
bio, dunque, da una parte segue il testo di Cicerone e ne fa il
commento restando sulla linea narrativa del Sogno; dall'altra
costruisce un'enciclopedia in cui trovano spazio le più svariate
discipline. Discipline che vengono raggruppate da lui stesso in
3
4 Cfr. J . Flamant, Macrobe et le Néoplatonisme latin cit . , p. 164, e /n
Somn. , l , 4, 2-3 , dove si dedicano quattro righe di commento ad un testo di
sette righe.
44 Cfr. a tale proposito J. Flamant, Macrobe et le Néoplatonisme latin
cit. p . 167 .
'
27
tre generi di filosofia: la naturale, al cui interno vanno colloca
te tutte le scienze della natura; la razionale, da identificare con
la dottrina dell'anima; la morale, da identificare con la dottri
na delle virtù, svolta nell'ottavo capitolo del primo libro 4' . Da
ciò si evince che alla base dei Commentarii risiede la curiosità
di Macrobio di entrare in tutti i campi del sapere oltre ad una
particolare tensione morale e spirituale ispirata dalle letture
neoplatoniche. Il raffronto tra Platone e Cicerone, che si esten
de al raffronto tra la diade Platone-Omero e Cicerone-Virgilio,
gli inevitabili riferimenti allo stesso Virgilio e la frequente uti
lizzazione delle fonti greche conferiscono ai Commentarii
un'impronta che da una parte è romana e dall'altra risente for
temente dell'influenza dei filosofi neoplatonici greci e princi
palmente di Plotino e di Porfirio. Dall'esame dei Commentarii
si ricava infatti la doppia figura del «neoplatonico», preoccu
pato di conservare la tradizione dei filosofi del passato, e del
«romano», preoccupato di valorizzare le figure di Cicerone e
di Virgilio di fronte a quelle di Omero, di Platone e dei platonici.
Anche i Saturnalia, che Macrobio dedica ancora al figlio
Eustachio, è un'opera improntata alla classicità. Nella forma
essa ricalca i dialoghi di Platone e nel contenuto non è altro che
una raccolta di argomenti classici riguardanti la scienza, la filo
sofia e la religione. In essa Macrobio, mentre illustra la società
letteraria del suo tempo, dimostra di essere attento cultore
dell'antichità oltre che appassionato di scienza e pagano con
vinto46. Grazie al suo culto dell'antichità, nei Saturnalia è stata
conservata una notevole quantità di frammenti di poeti antichi
47
che altrimenti sarebbero andati perduti • La parte centrale del-
4
' Cfr. , In Somn. , II, 1 7 , 1 5 - 1 6.
46 Cfr. J . Flamant, Macrobe et le Néoplatonisme latin cit . , p. 68 1 .
47 J . Flamant (Macrobe et le Néoplatonisme latin, loc. cit.) osserva che
quello di Macrobio è un conservatorismo politico, ma è anche un conservato
rismo culturale e spirituale.
28
l'opera, che va dal libro terzo al libro sesto, ed alcuni capitoli
del primo libro sono dedicati in gran parte alle opere di Virgilio
che viene rivalutato non solo come poeta ma anche come mae
stro di scienza, di retorica e di saggezza filosofica al pari di
Omero e - come dice Stahl - viene considerato da Macrobio
«an authority of prodigious wisdom and learning, omniscient
ad infallible»48• Tanto Cicerone nei Commentarii quanto Vir
gilio nei Saturnalia rappresentano per Macrobio la sintesi di
tutto il sapere antico che viene da lui raccolto e trasmesso alla
posterità.
Dai Saturnalia si evince l'importanza della città eterna, an
cora anima e forza dell'Impero, luogo dei saturnali e luogo del
simposio che fa da cornice al dialogo macrobiano; nei Saturna
lia si colgono le tracce di quella interessante simbiosi, propria
di questo periodo49, fra il culto dell'antichità romana e la filo
sofia neoplatonica. Quest'opera costituisce lo specchio dell'età
di Macrobio e in essa, benché non si osservi una cronologia ri
gorosa, vengono tuttavia descritti an�iticamente il carattere, la
cultura e l'atteggiamento verso la grecità di tutti i personaggi
che partecipano al dialogo 50•
29
Tutti i personaggi dei Saturnalia sono veramente esistiti e
pertanto esprimono la realtà storico-politica del periodo. Essi
rappresentano due categorie sociali: gli aristocratici, apparte
nenti alla classe senatoriale, e gli intellettuali, cultori di una di
51
sciplina o di una scienza. Tutti sono pagani , alcuni tradizio
nalisti come Simmaco, altri vicini ai culti orientali e alla nuova
religiosità come Pretestato e Nicomaco. Fra tutti emerge Pre
testato per anzianità e per prestigio, ma anche perché a lui va,
oltre che a Nicomaco, il consenso ideologico di Macrobio. Pre
testato è un uomo di Stato e un uomo di culto, nonché un eru
dito con una spiccata preferenza per la religione pagana misti
ca, ed è ovvio che Macrobio lo prediliga e gli metta in bocca
dottrine religiose che non fa mai esporre a Simmaco perché
smo. Il lungo discorso sui nomi degli dei e sulla loro identificazione col sole
che Macrobio fa tenere a Pretestato (Sat. , l, 1 7-23) deriva - secondo Cour
celle (op. cit. , p. 1 7) - da un teologo greco che, attraverso il metodo allegori
co, pretendeva di giustificare i diversi nomi degli dei e di provare la loro unità
fondamentale. Wissowa (op. cit. , pp. 35-43) ha identificato questo teologo
con Giamblico, il cui nr-:pì 9r-:ci>V sarebbe stato noto a Macrobio tramite Ma
rio Vittorino che a sua volta avrebbe contaminato le teorie di Giamblico con
quelle di Cornelio Labeone. Si è pensato anche (cfr. L. Traube, Varia liba
menta critica, Milnchen, 1 883 , pp. 23-27) al n&pì àyaì..f.l.titrov di Porfirio me
diato dal n&pì àyaì.. �ttitcov di Giamblico e da quello di Fronteio. Occorre ag
giungere tuttavia che tutte queste ipotesi relative ad una fonte intermedia tro
vano la loro spiegazione nell'ottica secondo cui Macrobio sarebbe stato inca
pace di operare egli stesso una contaminazione tra elementi greci ed elementi
latini. Ottica questa che Courcelle (op. cit. , p. 1 8) ritiene superata dopo gli
studi di Mras e di Henry. Per questa ragione, egli pensa che la fonte di Ma
crobio a questo proposito sia Porfirio e precisamente un trattato porfiriano
sul sole sconosciuto ma da lui identificato con quello menzionato dalla Suda
dal titolo n&pi 9&irov ÒVOilclT(OV (cfr. J. Bidez, Vie de Porphyre, le philoso
phe néoplatonicien, Gand, 1 9 1 3 (rist. , Olms, 1 964), p. 52).
51
J. Flamant (Macrobe et le Néoplatonisme latin cit . , p. 86) osserva al
riguardo che la presenza di questi personaggi tutti pagani e l'assenza di cri
stiani conferiscono alla riunione conviviale una dimensione chiaramente filo
pagana.
30
52
non ne condivide lo spirito reazionario e conservatore •
Da questo quadro si ricava l'impressione che nel IV secolo
l'aristocrazia romana non doveva essere interamente corrotta dai
vizi - come scrive Ammiano Marcellino - ma che doveva esser
vi ancora un'élite pagana consapevole del ruolo e della missione
che incombevano su di essa: difendere l'idea romana e il culto de
53
gli dei • Di fronte alla Roma cristiana che era rappresentata da
Costantinopoli e di fronte agli imperatori che avevano abbraccia
to la nuova fede, questa élite doveva proteggere le istituzioni degli
anziani, i diritti del sacro e i destini eterni della Patria.
1 . 3 . Orientamento religioso
52
Questo fatto dimostra - secondo J. Flamant (Macrobe et /e Nlopla
tonisme latin cit . , p. 26 sgg.) - che Macrobio simpatizzava per il neopagane
simo ad orientamento neoplatonico.
53
Cfr. P. Hadot, Marius Victorinus ci t . , p. 38.
S4 P. Hadot (Marius Victorinus cit. , pp. 44-46) distingue nel IV secolo
due periodi per quanto riguarda la storia dei rapporti tra imperatori cristiani
e Roma pagana. Un primo periodo, che va dal 3 1 8 al 356, in cui le misure an
tipagane non toccano profondamente Roma, in quanto si avverte una certa
tolleranza e domina una sorta di sincretismo tra le due tendenze religiose; un
secondo periodo (356-39 1 ) in cui la tensione diventa più aspra fino ad appro
dare alle leggi di Teodosio del 391 e del 394. Dopo il 358, dunque, si determi
na - secondo Hadot - un'intensificazione della propaganda pagana e da
parte cristiana si risponde con misure antipagane più severe applicate da Gra
ziano e da Teodosio (cfr. anche A. Chastagnol, La prefecture urbaine à Ro
me sous le Bas Empire, Paris, 1 960, pp. 1 44- 1 45 e pp. 400-426).
31
in questo periodo si adoperano per la rinascita pagana; fra essi
c'è infatti Nicomaco Flaviano, che fu a capo della reazione pa
gana in Italia prima di darsi la morte nella battaglia del Frigido
(6 settembre 394), data che segna la fine del culto pagano. La
presenza di questi personaggi, nemici dichiarati del cristianesi
mo, e il contenuto dei Saturnalia hanno contribuito al formarsi
della concezione di un Macrobio pagano e attivamente impe
gnato nella lotta contro il cristianesimo. Per questa ragione
Macrobio spesso è stato posto dagli studiosi ali'interno della
questione che caratterizza la fine del secolo IV e l'inizio del V e
che è definita come reazione pagana alla prorompente espan
sione del cristianesimo.
In realtà, dato che Macrobio non polemizza mai apertamen
te contro la religione cristiana ma tace, per delinearne la vera fi
sionomia e per stabilire l'entità della sua cosiddetta reazione pa
gana bisognerebbe da una parte interpretare questo silenzio e
dall'altra esaminare le sue proposte religiose alternative.
Cosa significa il silenzio di Macrobio nei riguardi del cristia
nesimo? Indica disprezzo assoluto per una religione che non me
rita di essere menzionata'' ? È soltanto un espediente finalizzato
ad evitare fastidi e dettato quindi dall'opportunismo? Denota
l'atteggiamento mentale di chi vuole restare al di sopra delle par
ti in conflitto e si vuole occupare soltanto di scienza? Oppure si
gnifica che Macrobio si inserisce in quel movimento che riguar
da la metamorfosi della religione pagana, la quale si è trasfor
mata in senso mistico per avere recepito alcune idee neoplatoni
che �, e pertanto va collocato in quello spazio di indagine e di di
battito che non è necessariamente ed acutamente polarizzato tra
il cristianesimo da una parte e il paganesimo dall'altra?
55
G. Boissier (La fin du paganisme, Paris, 1 89 1 , Il, p. 209) aveva già
sottolineato che in quel periodo il silenzio rappresentava l'ultima protesta del
culto vietato.
6
' Cfr. P. Hadot, Marius Victorinus cit. , p. 46.
32
L'interpretazione del silenzio di Macrobio è d'altra parte le
gata alla sua immagine storica e alla cronologia dei suoi scritti,
sui quali - come si è visto- gli studiosi non si trovano d'ac
cordo . Infatti, l'idea di intendere questo silenzio come un se
gno di ostilità nei confronti della nuova religione da parte di un
pagano militante sembra essere in conflitto con l 'immagine sto
rica di Macrobio, alto funzionario dell' Impero, definito vir
c/arissimus et illustris, titoli questi che indicano rispettivamente
l 'appartenenza all'ordine senatoriale e la partecipazione alle
più elevate funzioni, come praefectus praetorio, praefectus ur
bi, magister militum, preafectus sacri cubiculi, ecc . , che diffi
cilmente erano affidate ad un pagano". Inoltre, mentre la cro
nologia alta consente di dividere in due settori la carriera di
Macrobio, supponendo che questi abbia in un primo tempo, da
pagano, scritto le sue opere e in un secondo tempo, da cristia
no, si sia dedicato alla vita politica; la cronologia bassa, su cui
la maggior parte degli studiosi recenti concorda, non consente
più questa distinzione e pertanto suggerisce una lettura diversa
dell'opera di Macrobio e tale da ridimensionare la sua posizio
ne all'interno del conflitto tra paganesimo e cristianesimo.
A proposito del silenzio di Macrobio nei confronti della re
ligione cristiana e del manifestato interesse verso le antichità
pagane, Stahl sostiene che non bisogna intenderli come una
pregiudiziale per l'eventuale riconoscimento del suo cristianesi
mo anche per quanto riguarda il periodo della pubblicazione
58
dei Saturnalia e dei Commentarii • Il IV secolo - egli dice -
" Cfr. M . Cb. Guittard, Une tentative de conciliation des valeurs chré
tiennes et pai�nnes à travers l'muvre de Macrobe: syncrétisme et philosophie
à lafin du l� sikle, Ass. G. Budé, Actes du IXc Congrès (Roma, 1 3 - 1 8 apri
le 1 973), Paris, 1 975, t. 2, p. 1 020, n. 3 .
8
5 D'altronde, osserva Stahl (Macrobius cit, pp. 7-8), i l silenzio d i Ma
crobio non è un fatto isolato, perché altri autori vicini alla religione cristiana,
come per esempio Boezio, nelle loro opere non fanno menzione del cristiane
simo.
33
segna un « revival >> di scuole e di insegnamenti che discendono
dali' esigenza di conservare e di trasmettere la cultura antica e il
pensiero pagano . Si insegnano la mitologia e la storia pagana,
si ripetono le massime dei filosofi pagani, si insegna la retorica
nello stile degli scrittori classici. Gli stessi maestri cristiani nei
loro corsi utilizzano testi pagani, per cui non è sorprendente
che gli scrittori laici da adulti riflettano il paganesimo della loro
59
•
educazione infantile
Anche Guittard sostiene che Macrobio poteva non essere
lontano dal cristianesimo 60, e, piuttosto che interpretare il suo
silenzio come un segno infallibile di ostilità verso questa reli
gione, pensa che in esso si potrebbe intravedere il risultato di
un'educazione esclusivamente pagana che lascia il segno anche
in quegli spiriti che in un secondo momento della loro vita si
avvicinano al cristianesimo . Pertanto ipotizza che Macrobio
possa essere stato anche cristiano convinto e tuttavia possa ave
re scritto i Saturna/ia e i Commentarii, destinati d'altronde
all'educazione del figlio, a cui occorreva trasmettere quella cul
tura pagana che egli stesso non rinnegava e che anzi cercava di
integrare c�n la nuova cultura, come è attestato dal fatto che
molte dottrine dei Commentarii sono compatibilissime con
6 1•
quelle cristiane
Ora io penso che come non è possibile ignorare il titolo di
vir clarissimus et illustris che troviamo nei manoscritti accanto
al nome di Macrobio - titolo che ci mette in difficoltà di fron
te al fatto che il detentore di un rango cosi elevato durante gli
ultimi anni del regno di Onorio difficilmente poteva non essere
un cristiano - cosi non è possibile giudicare l 'orientamento re-·
ligioso di Macrobio senza tener conto del contenuto delle sue
5
9 Cfr. W. H. Stahl, Macrobius cit., p. 8 .
60 Cfr. M. Cb. Guittard, Une tentative de conciliation cit . , p p . 102 1-
1 022.
61 Cfr. M. Cb. Guittard, Une tentative de conciliation cit . , p. 1023 .
34
opere e senza valutare la portata delle idee religiose che in esse
vengono proposte. D'altra parte, se è vero che molte dottrine
contenute nei Commentarii non sono lontane dalle dottrine
62
cristiane (la concezione neoplatonica d eli ' immortalità
dell'anima, ad esempio, a parte alcune sottili differenze, si
adatta molto bene al cristianesimo), bisogna pure riconoscere
che queste somiglianze non depongono tout-court a favore del
la tesi del cristianesimo di Macrobio o della sua conversione
tardiva al cristianesimo. Nei testi della tarda antichità sono cosi
numerose le dottrine neoplatoniche vicine al cristianesimo che
la loro presenza non può costituire un criterio valido per stabi
lire se si tratta di adattamenti operati da pensatori cristiani che
attingono alla cultura pagana o, viceversa, se si tratta di teorie
da attribuire a pensatori pagani che rimangono tali pur diffon
dendo dottrine (neoplatoniche in particolare) che ben si accor
dano col cristianesimo.
In effetti, quando mancano indicazioni precise nelle opere,
la questione diventa più difficile e spesso si rimane nel campo
delle congetture. Inoltre la tesi sostenuta da Guittard - secondo
la quale non solo i Commentarli, il cui contenuto è compatibile
con le dottrine cristiane, ma anche i Saturnalia, che sono per
vasi di paganesimo, ci mostrerebbero che la coscienza storica
35
e religiosa di Macrobio è lontana dall'ortodossia pagana, e se
condo la quale la lunga esposizione della teologia solare che
Macrobio mette in bocca a Pretestato, piuttosto che una difesa
dell'antico culto, sarebbe l'analisi di uno storico che espone il
processo di formazione delle varie religioni e getta le basi della
63
moderna mitologia comparata presuppone il totale distac
-
36
A questo punto mi pare possibile sostenere che Macrobio,
pagano ed educato alla filosofia neoplatonica, abbia voluto
mantenersi non tanto al di sopra delle parti ma piuttosto al di
fuori dell'aperta polemica anticristiana e che tuttavia si sia pro
digato per riassumere nei Saturnalia tutte le espressioni della
cultura pagana, comprese quelle religiose, per costruire un
compendio utile alle generazioni future. Tutto ciò Macrobio
non lo fa da semplice storico - come vorrebbe Guittard 67 -
ma da uomo di parte che però vive il suo paganesimo critica
mente confrontandolo con le nuove istanze filosofiche e reli
giose, come dimostra il discorso sulla dignità degli schiavi del
primo libro dei Saturnalia 68 •
Questa tesi sembra suffragata dal contenuto dei Commen
tarii in Somnium Scipionis che - come vedremo - dipende in
massima parte, specie per ciò che concerne la concezione
metafisico-religiosa, dalla filosofia neoplatonica. Dai Com
mentarii emergono l'interiorità e l'autenticità della religiosità
di Macrobio, che si può definire cosmica, in quanto appare ca
ratterizzata da una sorta di slancio mistico verso una divinità
unica e indivisibile.
Ora è chiaro che questo tipo di religiosità non è perfetta
mente assimilabile alla religione pagana istituzionalizzata, i cui
dèi nei confronti della divinità di cui parla Macrobio sembrano
essere semplicemente dei simboli utilizzati nelle allegorie fisiche
e morali 69 , e tuttavia va collocata ali'interno della religione pa
gana e rimane pertanto anticristiana. La mancanza di alcune
concezioni essenziali della religione cristiana, come quella di un
Dio mediatore o della grazia che salva, d'altronde, depone a
favore del paganesimo di Macrobio; paganesimo che si presen-
37
ta in un modo nei Commentarli e in un altro nei Satumalia, per
il fatto che i Commentarii esprimono lo spirito religioso di Ma
crobio nella sua dimensione filosofica, mentre i Satumalia
esprimono la religione delle divinità celesti che si riferiscono al
culto tradizionale e che spesso sono rappresentate dagli astri .
Ma persino la teologia « solare » dei Satumalia ha un suo carat
tere particolare: essa si ferma al livello della conoscenza, in
quanto è priva della forza mistica che si trova, per esempio, nel
discorso di Giuliano al Re Sole, in cui la religione solare rap
presenta una via di salvezza; in essa « manca », come dice Fla
mant, « una terapeutica: [ . . . ] , gli dèi non servono praticamente
a nulla una volta svolte le loro funzioni di forze naturali , il sole
non è un mediatore, un intercessore; in nessun momento Ma
crobio dice come il suo culto possa condurre l'uomo alla sal
vezza » 70 • La religione dei Satumalia è dunque una religione di
Stato che non supera lo stadio del culto pubbli(;:o: mancano in
essa i misteri , le iniziazioni, le pratiche che aiutano l'anima a
purificarsi , manca la teurgia. La via della salvezza, invece, vie
ne indicata nei Commentarii, dove viene descritto il cammino
che conduce l'anima alla contemplazione del divino attraverso
la pratica delle virtù, sia quelle politiche che quelle catartiche.
38
2.
e quella del commentario, quest'ultima risulta trenta volte più grande della pri
ma (cfr. J. Flamant, Macrobe et le N�platonisme latin cit . , pp. 1 65-1 66).
41
crobio, come Proclo, riprende in sintesi quanto ha detto prece
dentemente, ricapitola i punti cardine trattati e introduce il te
2
ma seguente ; la parte iniziale dei Commentarii è costituita, co
me nei commentari procliani , da un prologo molto ampio in
cui viene presentato il soggetto dell'opera, che viene assimilato
a quello trattato da Platone nella Repubblica, viene esposta e
confutata la critica epicurea sull 'uso dei miti in fllo sofia, viene
determinato lo a Kox6c; del Somnium Scipionis e vengono pre
sentati i personaggi e le circostanze del « sogno » stesso.
Questa somiglianza riguarda anche il contenuto, che d'al
tronde ha le sue lontane radici in Platone. Lo stesso Macrobio
all 'inizio dei suoi
Commentarli sottolinea l'esatta rispondenza
tra il Somnium Scipionis che costituisce l'ultima parte del De re
publica di Cicerone e il mito di Er del decimo libro della Re
pubblica di Platone e fissa il carattere escatologico delle forme
di Stato che entrambi propongono
1 • Sia nell'uno che nell'al
tro, infatti , dopo che è stata dimostrata la necessità della giusti
zia per lo Stato e per ogni comunità di uomini, si procede alla
dimostrazione dell'immortalità dell'anima e alla descrizione
del luogo beato dove le anime virtuose giungono dopo essersi
liberate dai legami del corpo.
Lo stile di Macrobio , come si è già detto, è vario: a volte
egli si ferm� su una frase oscura o su qualche nozione difficile
e cerca di chiarirle alla maniera dei commentatori grammati
cali ; a volte affronta questioni più complesse e si diffonde in
lunghe dissertazioni restando quasi indipendente nei confron
ti del testo da cui è partito; a volte, influenzato più da vici
no dalle sue fonti , si cimenta in dimostrazioni logiche e rigoro
se come, per esempio, a proposito dell'immortalità dell'ani-
42
ma 4 ; spesso va oltre il significato dei passi commentati e, pur
seguendo l'ordine in cui questi sono disposti nel testo di Cice
rone, aggiunge frequenti divagazioni che riguardano principal
mente l'aritmetica pitagorica, l'armonia delle sfere, l'astrono
mia, la geografia e la dottrina relativa all' immortalità dell'ani
ma, argomenti, questi , che coprono quasi la totalità dei Com
mentarii.
Questo materiale fa dei Commentarii in Somnium Scipionis
un' opera erudita, in cui Macrobio, tra l'altro, dimostra di co
noscere da vicino il pensiero neoplatonico, tanto che il Cicero
ne platonizzante ai suoi occhi diventa un perfetto neoplatoni
co, né egli avverte l'anacronismo di questa posizione ' , poiché
quello che più lo interessa è porre la filosofia latina sullo stesso
livello di quella greca e Cicerone sullo stesso piano di Platone.
Questi d'altronde arriva a Macrobio filtrato attraverso la pro
spettiva ciceroniana, almeno sotto il profilo politico, e vi arriva
caricato di significati che appartengono a Cicerone, il quale
traccia lo sviluppo della Repubblica romana e discute dello Sta
to tenendo presente l'esempio di Roma, a differenza di Platone
che tratta semplicemente di una repubblica ideale '. Per quanto
riguarda più strettamente la filosofia, invece Platone arriva a
4 In Somn II, 1 3- 1 6.
.•
43
Macrobio mediato dal pensiero neoplatonico, oltre che da quel
7
lo di Cicerone •
La tematica centrale dei Commentarii è quella relativa al
8
destino dell'anima , la quale è straniera su questa terra, viene
dall'alto e la sua entrata nel corpo rassomiglia alla caduta in una
tomba o in una prigione. Per questa ragione ciò che noi chiamia
mo vita non è altro che morte 9 e per la stessa ragione il destino
delle anime è quello di lasciare il corpo per tornare alla loro
patria 10 • Tutto ciò viene espresso nei termini della spiegazione
del «sogno oracolare» comune all'epoca classica 1 1 • Il sogno,
che costituisce l'espediente linguistico di Cicerone prima e di
Macrobio poi, serve ad esprimere la stessa tematica che Plato
ne aveva espresso attraverso il mito e svolge la medesima fun
zione; esso non è altro che una favola, un elemento fantastico
che nasconde delle verità filosofiche, ed ha pertanto le stesse
caratteristiche del mito. Per questa ragione Macrobio nel se
condo capitolo del primo libro dei suoi Commentarii difende
l'uso di alcuni miti da parte dei filosofi contro l'obiezione
dell'epicureo Colote 1 2 • Quindi nel terzo capitolo tratta dei vari
44
tipi di sogno e ne fa una classificazione che ebbe molta fortuna
nel Medioevo e valse ai Commentarii la fama di uno dei più im
portanti testi sui sogni 1 3 •
L'oggetto del Somnium Scipionis, e quindi anche quello dei
Commentarii, viene determinato da Macrobio nel quarto capi
tolo quando viene indicato lo aKox6ç del lavoro che - come si
è detto - consiste nella descrizione della felicità eterna che si
consegue tramite le virtù. Nel quinto capitolo Macrobio illustra
il suo metodo e annunzia l'intenzione di esaminare solo quei
passi del Somnium che sono degni di essere presi in considera
zione. Questi passi, in effetti, diventano pretesti per lunghe dis
sertazioni suggerite dalle più svariate occasioni . Cosi, per
esempio, il riferimento agli anni della vita di Scipione costitui
sce l'occasione per una discussione intorno alla matematica che
copre due capitoli (quinto e sesto) del primo libro e che a sua
volta viene completata a scopo didattico dalla teoria geometri
ca tridimensionale 1 4 e dalla teoria dei numeri con tutte le impli
cazioni metafisiche proprie della filosofia neoplatonica 1 5 • Ciò
secondo il costume degli enciclopedisti dell'epoca, che include
vano sempre nelle loro trattazioni una discussione sull'aritmeti
ca pitagorica 16 ; a questo riguardo, infatti, il testo di Macrobio
ha molto in comune con le opere di Teone di Smirne, Nicomaco,
45
Filone, Aulo Gellio, Calcidio, Marziano Capella e altri 1 7 •
Nell'ottavo capitolo Macrobio tratta delle virtù e cerca di
adattare l'insegnamento neoplatonico alla mentalità romana,
mentre i capitoli che vanno dal nono al quattordicesimo vengo
no da lui dedicati alla dottrina relativa all 'origine, alla discesa e
al destino delle anime: fra le anime che discendono dalla dimo
ra celeste nei corpi, quelle che non perdono mai di vista la loro
origine divina e che non si lasciano contaminare dalle . bassure
del corpo ritornano alla loro patria; quelle che' invece ·cedono
alle lusinghe della carne o rimangono legate ai corpi in cui sono
vissute oppure entrano in altri corpi , umani o animali , a secon
da del grado della loro depravazione. In questo contesto i miti
tradizionali sulle punizioni infernali diventano allegorie e im
magini che rappresentano l'angoscia dei miserabili e degli infe
lici . Nel quattordicesimo capitolo Macrobio trae spunto dal
platonismo di Cicerone 1 8 e dall'analisi del termine animus per
esporre una delle dottrine basilari del neoplatonismo : la dottri
na delle ipostasi , e quindi della processione di tutte le realtà
dall 'Uno, nonché della continuità delle potenze intelligenti e
vitali e di tutte le cose, legate tra loro dalla « catena aurea » di
cui parlava Omero, la quale si estende dalle cause supreme fino
19
all'uomo, dal cielo fino alla terra •
1 7 Ibidem.
1 8 Macrobio sottolinea che Cicerone giustamente ha definito l'universo
tempio di Dio, per evitare che si potesse pensare che Dio non sia altro che il
cielo visibile: Bene autem universus mundus dei templum vocatur propter il
/os qui aestimant nihil esse aliud deum nisi caelum ipsum et caelestia ista quae
cernimus (In Somn. , l, 14, 2).
1 9 In Somn. , l , 14, 1 5 : [ . . . ] cumque omnia continuis successionibus se
sequantur degenerantia per ordinem ad imum meandi, invenietur pressius in
tuendi a summo deo usque ad ultimam rerum faecem, una mutuis se vinculis
re/igans et nusquam interrupta conexio. Et haec est Homeri catena aurea,
quam pendere de caelo in terras deum iussises commemorai. La presenza di
questa immagine desunta da Omero (Iliade, VIII, 1 7-27) non è rara nei testi
46
I capitoli che vanno dal quindicesimo del primo libro al no
no del secondo, e che costituiscono un vero e proprio tratta
to di cosmografia 210 , spesso in passato sono stati considerati
separatamente 21 • Ad essi fu accordata un'importanza parti
colare nel Medioevo, specie intorno al XII secolo, periodo in
antichi li dove si vuole indicare il legame che unisce gli esseri dell'universo.
Essa è usata come allegoria cosmologica dagli Orfici (cfr. O. Kem, Orphico
rum fragmenta, pp. 1 98- 1 99), come allegoria del sole da Platone ( Teeteto,
1 S3 c - d) e come allegoria dell'&tllaPiltVTJ , ossia della catena necessaria e fa
tale delle cause che costituiscono l'universo, dagli Stoici (cfr. Aetio, Plac. , l,
28, 4). L'immagine della « catena aurea » viene usata ancora per indicare
l'unione dell'uomo con le potenze superiori e l'influenza divina sull'uomo .
Proprio nella speculazione tardo-neoplatonica si sviluppa l'idea che ogni uo
mo è legato ad un dio particolare con una catena attraverso la quale si mani
festa l'influenza divina (cfr. Proclo, In A ie. , l, 1 87- 1 88 e In Tim. , Il, 294, l ,
3 1 ) . Attraverso Macrobio questa immagine fu trasmessa al Medioevo e a pro
posito di questo testo macrobiano H. F. Stewart, in Cambr. Med. Hist., l, p.
S73 , osserva che probabilmente costituisce la sintesi più efficace delle dottrine
neoplatoniche che ci sia in lingua latina.
210 Macrobio tratta di astronomia con la pretesa di esporre soltanto la ve
rità scientifica (In Somn. , l, l S , 3: De hoc Lacteo multi inter se diversa sense
runt cau.sosque eius a/iifabulosas, natura/es a/ii protulerunt sed nos, fabulosa
reticentes, ea tantum quae ad naturam eius visa sunt pertinere, dicemus) e
con la consapevolezza che la scienza speculativa solleva l'uomo al di sopra
della propria natura (In Somn. , l, 16, 9: Nam quando homo, nisi quem doc
trina philosophioe supra hominem, immo vere hominem fecit, suspicari po
test stellam unam omni Terra esse maiorem, cum vulgo singulae vix facis
unius flammam aequare posse videantur?).
21 W. H. Stahl (Macrobius cit . , p. 1 6) dice che sono stati conservati nu
merosi manoscritti che constano solo di questa parte, mentre alcuni mano
scritti dei Commentarii portano annotazioni a margine o segni che indicano
dove inizia e dove termina la sezione sull'astronomia. Ora - aggiunge Stahl
nessun altro argomento è stato trattato in questo modo nei manoscritti; il che
indica l'enorme interesse che esso doveva avere per i lettori medioevali . Forse
l ' interesse di questi lettori superava persino quello dello stesso Macrobio, il
quale - come osserva Flamant (Macrobe et le Nloplatonisme latin cit . , p.
1 32) - malgrado avesse dedicato tanto spazio all'astronomia, non doveva at
tribuirle molta importanza, almeno per quanto riguardava dogmi che lo la
sciavano indifferente, se non addirittura scettico.
47
cui Macrobio era considerato una delle più eminenti autorità in
astronomia e in geografia.
Per quanto riguarda la cosmologia Macrobio si scosta da
Platone più di quanto non avesse fatto lo stesso Cicerone e si
avvicina a Plotino solo per quanto viene detto in Enn. • Il, 3 Et
xou:i tà ciatpa in riferimento alla tesi secondo la quale se da
una parte è vero che l'azione degli astri non ha alcuna influenza
sul destino umano, dall 'altra, poiché tutte le cose dell 'universo
stanno tra loro in un rapporto di simpatia, tale simpatia viene
ad instaurarsi anche fra le stelle e il carattere degli uomini , sen
za tuttavia comprometterne la libertà 22 • Per il resto si aggancia
a tutta la tradizione di studi cosmologici e astronomici che lo
precedono 23 • La descrizione dell 'universo e della terra che vie
ne fatta da Macrobio richiama infatti quella di Vitruvio, Gemi
no, Cleomede, Teone di Smime, Calcidio, Marziano Capella e
lsidoro di Siviglia :u .
Tuttavia queste rassomiglianze non ci dicono nulla sulle
fonti di Macrobio a questo proposito, sono piuttosto soltanto
un esempio del largo uso dei prestiti che caratterizzano le com
pilazioni degli enciclopedisti antichi
25 • Macrobio ritiene che la
terra abbia una forma sferica e sia posta al centro dell 'universo
(ventiduesimo capitolo del primo libro), la considera circonda
ta da sette sfere planetarie che ruotano da ovest verso est e dal
la sfera celeste che ruota da est verso ovest . Il percorso di ogni
pianeta viene limitato dallo zodiaco, il quale è uno degli undici
cerchi che circondano la sfera celeste; gli altri sono la via lattea,
22 In Somn. , I, 1 9, 27 .
23 Macrobio (In Somn. , l, 1 8 , 1 2) definisce caldaico l'ordine in cui Cice
rone enumera e dispone le sfere planetarie e dice che quest'ordine sarebbe
stato quello di Archimede e di alcuni pitagorici. In In Somn. , Il, 3-1 3 , cita
ancora Archimede.
:u W. H. Stahl, Macrobius cit . , p. 16.
2.5 Ibidem.
48
l'artico, l'antartico, i due tropici, l'equatore, i due coluri, il
meridiano e l'orizzonte 26 •
Il secondo libro dei Commentarii inizia con una disquisizio
ne sulle relazioni numeriche delle armonie musicali fondamen
tali e fa riferimento alle scoperte di Pitagora; su questo punto il
discorso di Macrobio è simile a quello di Nicomaco, di Giam
blico e di Boezio 27 • Alla musica vengono dedicati i primi quat
tro capitoli, essa viene vista in rapporto alla creazione del mon
do, all ' armonia dell ' anima umana che deriva da quella
dell'anima del mondo e all'armonia delle sfere celesti che il no
stro orecchio non riesce a percepire. Sono chiari a questo pro
posito i riferimenti a Pitagora e a Platone: al primo per avere
scoperto gli intervalli musicali, al secondo per avere espresso
nel Timeo come l'anima del mondo sia stata composta sulla ba
se delle proporzioni musicali e debba quindi esprimersi attra
verso movimenti che determinano una musica udibile 28 • I cin
que capitoli che seguono sono dedicati alla geografia, alla de-
musica capitur omne quod vivit, quia caelestis anima, qua animatur universi
las, originem sumpsit ex musica.
49
scrizione della terra e alla divisione di essa in quattro grandi
continenti separati da un oceano equatoriale e meridionale
29 •
La discussione geografica si chiude con l'affermazione che
la terra in rapporto al cielo non è altro che un puntino e che la
parte che noi conosciamo è soltanto una piccola parte di questo
puntino . Questa affermazione d'altra parte giustifica l'argo
mento dei capitoli decimo e undicesimo secondo cui non ha
senso che l'uomo lotti per raggiungere la gloria su questa terra,
perché la gloria terrena è limitata nello spazio, in quanto non si
estende su un vasto territorio, ed è destinata ad essere limitata
nel tempo da una delle alterne inondazioni o conflagrazioni che
di tanto in tanto distruggono la terra. La teoria dei diluvi e del
le conflagrazioni che determinano i cicli di progresso e di civil
tà, per cui ogni ciclo appare nuovo rispetto al precedente, del
quale viene cancellato ogni ricordo, consente a Macrobio di ri
solvere l' aporia relativa all'eternità del mondo . Infatti, la man
canza di storia sugli avvenimenti che risalgono ai tempi preisto
rici porterebbe alla deduzione che il mondo abbia avuto un
inizio 30 ; la differenza di progresso tra una nazione e l'altra por
terebbe alla stessa deduzione; ma - aggiunge Macrobio - è la
storia registrata che va indietro soltanto per duemila anni 3 1 e fa
si che la civiltà ci appaia giovane 32 , il mondo invece è sempre
50
esistito in quanto è stato si creato da Dio , ma non ex tempo
re 33 ; la gloria umana tuttavia non può durare neppure un sin
golo anno 34 •
Questi concetti consentono a Macrobio di ritornare al tema
centrale dei Commentarii, che è quello relativo all' origine e al
destino dell'anima, cosicché nei capitoli che seguono egli dimo
stra, contro le tesi aristoteliche, l'immortalità dell'anima par
tendo dal presupposto della sua automotricità. Le ultime pagi
ne dei Commentarii, infine, riassumono in breve quanto è stato
detto prima sul come ritornare al luogo dal quale si è partiti e
sul perché viene raccomandato a Scipione di esercitare la virtù
nell 'amministrare lo Stato.
2.2. Le fonti
51
e da Apollodoro tra i mitografi . Presso i compilatori latini era
molto diffusa la prassi secondo la quale si attingeva a piene
mani da opere recenti mentre si citavano come fonti gli autori
35
classici ; e questo è un elemento che costituisce motivo di dif
ficoltà per gli studiosi , in quanto rende problematico il rinveni
mento delle fonti dirette e difficile la possibilità di tracciare un
quadro esauriente circa la formazione culturale dei personaggi .
Il fatto che Macrobio non cita quasi mai la sua fonte diretta
ha infatti indotto alcuni studiosi del secolo scorso e dei primi
decenni di questo secolo a supporre che egli avesse utilizzato
delle compilazioni a lui vicine cronologicamente, le quali
avrebbero fatto da mediazione tra la sua opera e la fonte greca
o latina corrispondente 36 • La radicalizzazione di questa posi-
52
zione ha portato a conclusioni paradossali secondo le quali in
Macrobio non vi sarebbe alcuna originalità essendosi egli limi
tato a ripetere dottrine antiche dopo averle desunte da una sola
ipotetica fonte 37 • Né si
è tentato di capire le motivazioni per cui
la scelta di Macrobio cade su alcuni filosofi anziché su altri 38 o
le ragioni per cui alla fine del IV secolo un erudito occidentale
riprende la filosofia neoplatonica. Questa preoccupazione è
emersa in tempi più recenti quando è stata abbandonata l 'ipo
tesi della fonte unica; quando ha perso ogni credibilità la teoria
della fonte, non solo unica, ma necessariamente latina, che
avrebbe fatto da mediazione tra Macrobio e Porfirio, anche
perché non esiste alcun motivo per dubitare del fatto che Ma
crobio conoscesse la lingua greca quasi quanto quella latina;
quando sono state individuate le fonti privilegiate da Macrobio
in Plotino e in Porfirio e si è cercato di riconoscere ali ' opera
macrobiana una certa originalità. A questo punto ha comincia
to a farsi strada l ' opinione che Macrobio avesse usato il testo di
Cicerone come un canovaccio su cui tessere le dottrine neopla
toniche da lui recepite attraverso la lettura diretta dei testi 39 •
53
Questa via però si presenta irta di difficoltà almeno per due
ragioni: in primo luogo perché Macrobio c1ta spesso Plotino e -
come si è detto - raramente Por{irio, per cui si sarebbe tentati
di prendere per buone tutte le sue citazioni e di concludere che
la fonte privilegiata è Plotino e non Porfirio, il che è molto
controverso, come vedremo 40 ; in secondo luogo perché, essen
dosi perduta la maggior parte delle opere di Porfirio, la ricerca
di questa fonte è dovuta passare attraverso i voluminosi com
mentari di Proclo e attraverso le opere di altri autori sia greci
che latini che avevano avuto Porfirio come fonte.
Il primo a porsi in questa nuova prosp�ttiva, senza tuttavia
scostarsi molto dalla teoria della fonte unica, è stato Cumont,
il quale, in un articolo apparso nel 1 9 1 9 41 riguardante la dottri
na del suicidio in Plotino, ha avanzato l 'ipotesi che Macrobio,
neli' esporre la sua teoria sul suicidio 42, pur citando le Enneadi
e il Pedone, non aveva consultato direttamente queste due ope
re, ma aveva desunto le idee di Platone e di Plotino dal De re-
54
gressu animae di Porfirio 43 • Per Cumont, d'altronde, questa
era una caratteristica comune degli ultimi compilatori latini, i
quali, come si è già detto, accennavano rapidamente alle opere
dalle quali prendevano il materiale e si riferivano invece diret
tamente alle autorità che trovavano citate nel testo che consul
tavano, le quali, pertanto, diventavano le loro autorità 44 •
Dopo Cumont, che ritiene ancora Porfirio l'unica fonte di
Macrobio, Mras, Henry e Courcelle hanno dato dei contributi
veramente illuminanti sulla questione; contributi che, benché
pongano altri problemi, conferiscono alla figura di Macrobio
un interesse che prima non aveva e spingono gli studiosi alla ve
rifica della validità di certe interpretazioni.
Mras nel suo studio sui Commentarii che risale al 1 933 so
stiene che, oltre a Porfirio, Macrobio lesse direttamente Ploti
no, e ciò è a suo avviso confermato dal fatto che egli dimostra
di conoscere perfettamente i titoli dei trattati delle Enneadi,
tanto che ne dà l'esatta traduzione in lingua latina; dal fatto
che formula giudizi sullo stile di Plotino, il che era possibile so
lo se ne aveva letto le opere; e dal fatto che sottolinea certe di
vergenze tra Porfirio e Plotino e prende posizione a favore del
l'uno o dell'altro, come nel nono capitolo del primo libro do
ve, a proposito della metempsicosi e precisamente della possi
bilità che l'anima umana passi nel corpo degli animali, segue
l'insegnamento di Plotino e, contro Porfirio, sostiene che ciò
avviene 45 • Mras dunque smentisce la teoria della fonte unica
sostenuta da Linke, da Schedler e in qualchè misura da Cumont
55
e attribuisce una certa originalità al modo di procedere di
Macrobio 46 in quanto è per lui evidente che Macrobio ebbe fra le
mani non una, ma diverse opere di Porfrrio 47 , cosi come è evi
dente che lesse direttamente le opere di Plotino 41 e che rielaborò
le dottrine dei due filosofi neoplatonici in maniera personale co
me risulta dall'In Somn. , l, 8, dove, trattando delle virtù, egli,
da buon ufficiale romano, accorda alle virtù politiche uno spa
zio maggiore di quanto non gliene avessero dato le sue fonti.
Indipendentemente da Mras, P . Henry nel suo Plotin e
I'Occident perviene a delle conclusioni che non sono molto lon
tane da quelle di Mras . Lo scopo di Henry è quello di sottoli
neare l'incidenza di Plotino sul neoplatonismo occidentale, in
cidenza sottovalutata dagli studiosi preeedenti. Il suo metodo è
fondato sul confronto dei passi paralleli, ed è proprio sulla ba
se di questo confronto che egli dimostra che Macrobio era uno
studioso attento delle Enneadi. Ovviamente Henry dà per
scontata la conoscenza di Porfirio da parte di Macrobio anche
per quanto riguarda quei passi che egli ritiene improntati a Pio-
56
tino e che gli studiosi precedenti facevano risalire soltanto · a
Porfirio; solo che, oltre alla lettura dei testi d i Porfirio, che do
vevano essere familiari a Macrobio, egli gli attribuisce anche
quella dei testi di Plotino 49 • Tra i passi che Henry prende in
esame vi sono quelli dell'ottavo capitolo del primo libro relativi
alla dissertazione sulle virtù e quello del tredicesimo capitolo
sempre del primo libro che riguarda la posizione di Macrobio
circa il suicidio '0 • Per quanto riguarda l'ottavo capitolo Henry
propone di considerare come fonti Plotino (Enn. , l, l , 2) ac
canto a Porfrrio (Sentenza 32); per quanto riguarda il tredicesi
mo capitolo indica quali fonti dirette Platone (Fedone) e Ploti
no (Enn. , l, 9) . Anche in quest'ultimo caso, però, non esclude
che Macrobio possa avere letto il De regressu di Porfirio; re
·
spinge invece la tesi di Cumont secondo la quale Porfirio da so
lo avrebbe trasmesso a Macrobio tanto la dottrina platonica
quanto quella plotiniana ' 1 •
Un altro tentativo di individuare le fonti di Macrobio è sta
to quello di Courcelle '2, il quale recentemente ha avuto un se
guito con Flamant '3 • Courcelle ricostruisce lo sfondo erudito
di Macrobio all'interno di uno studio relativo all'influenza de
gli scrittori greci sugli scrittori latini occidentali dei secoli V e
VI; scrittori nei quali egli nota una certa rinascita della cultura
greca per l'intrecciarsi dei rapporti tra letteratura greca e lette
ratura latina e tra insegnamento latino e cultura greca '4 • Per
57
quanto riguarda l'individuazione delle fonti di Macrobio, an
che Courcelle pone l'accento su uno dei tratti comuni agli ulti
mi enciclopedisti latini, rappresentato dall'abitudine di utiliz
zare i commenti più recenti e di dare ai lettori l'impressione di
ss
attingere direttamente alle fonti classiche , e perviene alla con
clusione che Porfirio e non Plotino fu la vera guida del neopla
tonismo occidentale S6. Ciononostante Courcelle non nega che
Plotino veniva letto e pure apprezzato da questi enciclopedisti,
anzi, per quanto riguarda Macrobio, riconosce l'influenza di
retta di Plotino su alcuni capitoli dei Commentarii e spesso si
trova d'accordo con Mras e con Henry. Ad esempio ritiene
come Henry - che Plotino sia la fonte di In Somn. , l, 14, 5-7 e
ligion » .
58
l, 1 9, 27; come Mras e come Henry pensa che Plotino sia la
fonte di In Somn. , l, 1 7 , 8- 1 1 ; II, 12, 7- 1 0 e 1 4- 1 5 e II, 1 3 , 7 57 •
Per quanto riguarda le fonti dei capitoli ottavo e tredicesimo
del primo libro, che sono fra i più discussi dei Commentarii,
Courcelle ritiene che la fonte dell'ottavo capitolo sia la Senten
za 32 di Porfirio e quella del tredicesimo capitolo il De regressu
animae dello stesso Porfirio. Egli propende per il De regressu
anche perché individua in un passo di Agostino ", improntato
a quest' opera, alcuni riscontri testuali con Macrobio 59 ; pertan
to conclude che, sebbene con scopi diversi (Macrobio utilizza
Porfirio per condannare il suicidio, Agostino per provare la
grazia), i due filosofi si rifanno alla stessa pagina del De re
gressu 60 • Anche a questo proposito, però, Courcelle non esclu
de che Macrobio possa avere letto direttamente il capitolo di
Plotino sul suicidio e che nello stesso tempo possa avere utiliz
zato la dottrina porfiriana per interpretarlo.
Questa posizione, in sostanza, non sembra molto lontana
da quella di Henry, il quale, nel ritenere Plotino il diretto ispi
ratore della teoria di Macrobio, pensa che questi abbia tenuto
presente anche il De regressu . Per quanto riguarda il riferimen
to di Macrobio al Pedone (67e - 80e), invece, Courcelle prende
le distanze da Henry e non ritiene che Macrobio possa avere
letto direttamente il dialogo platonico, piuttosto pensa che le
teorie di Platone intorno al suicidio siano arrivate a lui o trami
te il Commentario al Pedone di Porfirio andato perduto oppu
re tramite lo stesso De regressu , dove peraltro sono presenti
lunghi passi del Pedone 61 • Courcelle dunque sostiene che Ma-
59
crobio lesse diverse opere di Porfirio e pertanto rifiuta la tesi di
Cumont secondo la quale il De regressu avrebbe costituito non
soltanto la fonte del capitolo sul suicidio, ma anche quella dei
capitoli relativi alla discesa dell'anima 62 ; limita quindi l'influs
so del De regressu a /n Somn. , l, 1 3 e aggiunge che, per quanto
riguarda la dottrina della discesa dell'anima, Macrobio si ispira
al Titpi l:nry6ç63 , oltre che, per altri passi, al De antro
nympharum 64 , al Commentario alla Repubblica 65 , al Com
mentario al Timeo 66 e al Commentario al Fedone 67 • Il Titpì
l:ttry6ç viene chiamato in causa da Courcelle anche a proposi
to della teoria della metempsicosi, riguardo alla quale pare che
Macrobio si rifaccia direttamente a Plotino e non a Porfirio,
poiché quest'ultimo, secondo la testimoni anza di Agostino 68 ,
non credeva che l'anima umana potesse incarnarsi nei corpi de
gli animali . Ora - osserva Courcelle - ciò è vero se si suppone
che Macrobio abbia letto solo il De regressu , che è l'opera che
ha presente Agostino; ma si può pensare che Macrobio abbia
utilizzato il Titpì l:-ruy6ç dove invece Porfirio segue la teoria
plotiniana della metempsicosi anche come passaggio dell'ani
ma umana nei corpi degli animali 69 •
62 In Somn. , l, 1 0- 1 2 .
63 L a ragione per l a quale Courcelle (Les /ettres grecques cit . , p. 29) pen
sa al nEpi I:tuy6c; risiede nel riscontro di alcune somiglianze tra un passo di
quest'opera di Porfirio in Stobeo, Ecl. l, 4 1 , 50, e l'In Somn. , l, I O, 9- 1 1 , do
ve Macrobio dà un'interpretazione naturalistica dei miti infernali anteriori al
neoplatonismo.
64 V d. In Somn. , l, 12, 1 -2, e De antro nympharum, 28; anche K. Mras
(Macrobius ' Kommentar zu Ciceros Somnium cit . , p. 255) ritiene che la fonte
di questo passo dell'In Somn. sia il De antro.
65 V d. In Somn. , l, 12, 3, e Proclo, In Rem. , I l , 1 29, 25 , il quale attri
buisce la teoria a Numenio, probabilmente tramite la mediazione di Porfirio.
66 Vd. In Soinn. , l, 1 2, 14, e Proclo, In Tim. , I I I , 355, 14; cosi crede an-
che K. Mras, Macrobius' Kommentar zu Ciceros Somnium cit . , p. 256.
67 Vd . /n Somn. , l, 12, 7, e Olimpiodoro, /n Phaed. , 62b .
68 Cfr. De Civitate Dei, X, 30.
69 Cfr. P. Courcelle, Les lettres grecques cit . , pp. 22-23 .
60
Risulta chiara a questo punto la posizione di Courcelle ri
guardo alla questione delle fonti dei Commentarii macrobia
ni: la fonte privilegiata da Macrobio è Porfirio, il grande ne
mico del cristianesimo, il quale è, per Courcelle, l'ispiratore di
retto del neoplatonismo occidentale70 • Courcelle non esclu
de che Macrobio possa avere letto Plotino, ma è convinto che
la fonte che egli segue fedelmente è Porfirio e « non par inertie
de compilateur, mais avec la vénération d'un adepte » 7 1 • In ef
fetti è stato recentemente osservato che le interpretazioni ome
riche che si riscontrano nell'In Somnium risalgono per la mag
gior parte a Porfirio e vengono finalizzate da Macrobio alla let
tura neoplatonica di Virgilio. Si tratta infatti di un Omero già
interpretato dai neoplatonici, del quale Porfirio nel De antro,
36, aveva lodato la profondità di pensiero, la perfezione in tutti
i campi e la capacità di nascondere sotto la finzione del mito
immagini delle realtà divine (ElK6vaç trov 9Etottpcov) 72 •
La presenza massiccia di Porfirio nei Commentarii di
Macrobio è sottolineata anche da J. Pepin, il quale indica
nel De antro una delle fonti da tenere in considerazione 73 •
Macrobio - osserva Pepin - conosceva la descrizione ome
rica dell'antro delle ninfe, infatti nei Saturnalia, V, 3 , 1 8- 1 9,
cita i versi 96- 1 04 del XIII canto dell' Odissea e li considera
come modello di Eneide, l, 1 59- 1 69, e sicuramente conosceva
Porfirio: la congiunzione di questi due dati, aggiunge Pepin,
non può non farci pensare che Macrobio si sia rivolto al De
61
antro porfiriano 74 oltre che ad altre opere di Porfrrio.
Da quanto è stato detto risulta che, sebbene gli studiosi
concordino quasi unanimemente nel sostenere l'influenza di
retta di Porfirio sui Commentarli di Macrobio, permangono
incertezze e divergenze di opinione. Divergenze che sono in
parte giustificate dal fatto che la maggior parte delle opere di
Porfirio è andata perduta, per cui si è costretti a fondare le va
rie ipotesi su citazioni conservate da altri autori greci o latini
più recenti, e anche dal fatto che Porfrrio riprese più volte e in
opere diverse le stesse dottrine, e in questo caso è difficile indi
viduare l'opera utilizzata da Macrobio . A questo punto, però,
rimane una questione ancora aperta che potrebbe formalizzarsi
stim. 42, p. 100, 7-102, 8), lascia perplesso Pepin. Probabilmente - dice lo
studioso - Proclo, che non aveva letto direttamente Numenio e non aveva
avuto fra le mani il De antro di Porfirio, utilizzò il commentario omonimo di
Porfirio del quale ci trasmette la sostanza; ma questa ipotesi non può darci
alcuna conferma sulla fonte di Macrobio anche perché non è prudente invo
care come fonte di Macrobio un'ipotesi quando si possiede il testo del De an
tro che è chiaramente fonte. Questo fatto tuttavia non esclude che Macrobio,
accanto al De antro, abbia utilizzat o altre opere di Porfirio come il Commen
tario al Timeo, tesi questa sostenuta da H. De Ley (Le traité sur l'emplace
ment des Enjers chez Macrobe, in « L'Antiquité classique », 37 ( 1 967), pp.
207-208) e da M. A. Elferink (La descente de l'Ome d'après Macrobe cit . , pp.
3, 7, 33, 40).
62
in questi termini : data per scontata la tesi secondo la quale Por
flrio è una fonte a cui Macrobio ricorre come ad un manuale di
facile consultazione. si può. per questo. sottovalutare il diretto
influsso che sul nostro autore esercitò Plotino? Io penso che si
possa sostenere con sufficiente ragionevolezza che Macrobio
conobbe direttamente le opere di Plotino. e non mi pare che
questa conoscenza possa ridursi soltanto a qualche trattato del
le Enneadi come afferma Flamant 7 5 • secondo il quale Macra
bio. come tutti i neoplatonici occidentali. segue Porflrio e non
legge Plotino se non in maniera saltuaria. enucleando qui e lì
qualche tema e inserendolo nel suo discorso. Per Flamant. in
fatti. che in questo caso segue Cumont 76 e in parte Courcelle 77•
lo stile denso e spesso oscuro di Plotino non consentiva a Ma
crobio una lettura attenta e completa delle Enneadi.
Ora. pur apprezzando le sottigliezze anche r.Iologiche delle
63
tesi sostenute da questi studiosi , io non riesco facilmente a tro
vare la ragione per cui si debba escludere che Macrobio, oltre a
tenere presenti le opere di Porfirio, abbia potuto avere la curio
sità (magari sospinto dalle stesse citazioni porfiriane) di leggere
direttamente gli scritti di coloro che egli riteneva i sommi filo
sofi : Platone e principalmente Plotino.
D'altra parte le argomentazioni di Mras e le tesi sostenute
da Henry, suffragate da puntuali riscontri testuali, mi sembra
no abbastanza convincenti, specie per quanto riguarda alcuni
passi dei Commentarii che analizzerò nel corso del lavoro insie
me ad altri che - a mio avviso - dipendono direttamente da
Plotino, come spero di dimostrare. Solo che i presupposti da
cui muove Henry sono del tutto diversi da quelli da cui muovo
no Cumont, Courcelle e poi Flamant . Henry tiene Macrobio in
una considerazione più elevata di quanto non facciano gli stu
diosi anzidetti : egli lo ritiene capace di riflessioni personali e di
rielaborazioni originali nei confronti di dottrine anche difficili,
dense e oscure, come quelle di Plotino 78 , capace di passare da
un trattato all'altro delle Enneadi con un semplice a/io in
loco 79 , dimostrando una conoscenza immediata e diretta di tut
ta l'opera plotiniana e del contesto esatto entro il quale si inse
risce il passo che egli prende in considerazione; e io penso di
potere condividere questo presupposto, poiché non mi pare più
possibile sostenere la tesi di un Macrobio plagiario o tutt'al più
semplice compilatore, in quanto fra le righe dei suoi Commen
tarii non è difficile rintracciare i capisaldi della dottrina neopla
tonica che egli esprime da filosofo, se non originale, sicura
mente attento e intelligente.
64
Pertanto mi sembra ragionevole concludere che, per quanto
riguarda le fonti di alcuni capitoli dei Commentarli, come l, 8; l,
13 e altri che vedremo, sia più opportuno seguire la strada più
agevole, in quanto fondata su dati certi, anziché quella fondata
su ipotesi (data la mancanza dei testi porfiriani), e nello stesso
tempo più complessa in quanto esterna allo stesso testo di Ma
crobio : il fatto che Claudiano Mamerto - come rileva Cour
celle - abbia utilizzato il De regressu di Porfirio e si sia espres
so come Macrobio senza conoscere Macrobio 80, se da una par
te conferma l ' ipotesi dell 'utilizzazione del De regressu da parte
di Macrobio (ma questo nessuno lo nega) , dall' altra non esclu
de che Macrobio abbia letto pure Plotino o almeno quei tratta
ti plotiniani che si riferivano alle dottrine che egli andava pren
dendo in considerazione nei Commentarii in Somnium Scipio
nis. Macrobio considerava Plotino un maestro e si può ritenere
probabile che egli gli attribuisse con vera convinzione e non
« per prassi consolidata » molte delle dottrine che trovava in
Porfirio, poiché gli scritti di Porfirio gli si mostravano come
l 'esempli ficazione del pensiero ben più denso e profondo del
maestro . Forse si può avanzare l 'ipotesi che Macrobio preferi
va utilizzare più di frequente Porfirio perché i Commentarii
avevano una finalità pedagogico-didascalica e dovevano pre
sentarsi in termini semplici e chiari : Porfirio in effetti si presta
va meglio a questo scopo . Ma a mio avviso tutto ciò, piuttosto
che escludere, convalida la tesi secondo la quale Macrobio co
nosceva Plotino e, oltre che dalle opere di Porfirio, attingeva
direttamente e non raramente anche dalle Enneadi.
65
3.
I L SOGNO COME MITO
3 . 1 . Il mito (In Somn., l, 2)
l /n Somn. , l, l , 9.
2 /n Somn. , l, l , 9.
69
nella realtà nascondeva l'ignoranza della verità: gli epicurei .
Fra gli epicurei Macrobio sceglie Colote 3 , uno dei primi disce
poli di Epicuro, il quale avrebbe lasciato tracce scritte delle sue
critiche, cosa che risulta anche dalle risposte confutatorie che
prima Porfirio e poi Proclo gli indirizzan o 4 • Macrobio cita te
stualmente le accuse di Colote ' e le respinge puntualmente. Il
suo procedimento trova riscontro in quello di Proclo, il quale
riassume e gli argomenti di Colote 6 e la replica di Porfirio 7 , il
filosofo neoplatonico al quale Proclo riconosce il merito di es
sere il più perfetto esegeta delle verità nascoste nel mito 1• Il
Commentario alla Repubblica di Porfirio sarebbe allora la fon
te comune per Proclo e per Macrobio 9 in quanto è abbastanza
70
credibile che da questo commentario Macrobio desume tanto
gli attacchi di Colote quanto le risposte di Porfirio, come d'al
tra parte fa Proclo .
Proclo introduce il discorso di Colote con un primo argo
10
mento di ordine generale che suona negli stessi termini in Ma
crobio :
Ait a philosopho fabulam non oportuisse confingi quo
niam nullum figmenti genus veri projessoribus convenirei 1 1 •
Poi riferisce altre due argomentazioni di Colote secondo le
quali questi in primo luogo avrebbe accusato Platone di con
traddizione tra le sue affermazioni sulla poesia mitica (che ave
va considerato dannosa e diseducativa) e l'uso ricorrente del
racconto mitico nei suoi scritti; in secondo luogo avrebbe affer
mato l 'inutilità dei miti sia per il volgo che non può capirli, sia
per gli uomini superiori che non ne hanno bisogno 1 2 • Macrobio
introduce il suo discorso alla stessa maniera di Proclo, ma poi
- come si è visto - cita testualmente Colote, esplicitando in
tal modo quanto aveva anticipato nell'introduzione 1 3 • Quindi
torna sul suo argomento e, data l'affinità del Sogno di Scipione
col mito di Er (peraltro evidenziata in precedenza), ritiene di
poter trasferire la critica di Colote avverso a Platone al Sogno
di Cicerone e procede pertanto a confutarla.
Nel riferire gli attacchi di Colote, Proclo è più esaustivo di
Macrobio; Macrobio invece è più puntuale, ma più povero .
D'altronde le tre risposte di Macrobio, che trovano riscontro in
1 3 In Somn. , l, 2, 4: << Dato che hai voluto », dice Colote a Platone, « che
noi insegnassimo la conoscenza delle cose celesti e la condizione delle anime,
per quale ragione non hai trattato questo argomento in maniera semplice e
spoglia di immagini e hai cercato piuttosto un personaggio, escogitando un
inaudito espediente, prodotto una meschina imitazione del teatro comico,
con tutto questo lordando di menzogna la soglia stessa che conduce alla ricer
ca della verità?».
71
quelle di Porfirio riportate da Proclo 14, vanno oltre l'accusa di
Colote riferita da Macrobio stesso e ben si adattano invece alle
argomentazioni riferite da Proclo. Macrobio infatti si limita a
riferire la prima obiezione di Colote, ma poi riporta tutte e tre
le risposte di Porfirio u . In effetti la citazione delle prima obie
zione di Colote potrebbe essere sufficiente ai fini dello svolgi
mento della tesi di Macrobio a favore dell 'uso del mito da parte
di Platone e di Cicerone, perché è proprio la prima obiezione di
Colote che oppone il mito alla filosofia, la favola alla scienza,
ed è questa opinione che Macrobio intende confutare, anche se
nel corso della confutazione, poi , utilizza tutte le argomenta
zioni di Porfirio, a sua volta fatte proprie anche da Proclo, il
che è indicativo dell 'atteggiamento di ostilità, comune alla filo
sofia neoplatonica della tarda antichità, nei confronti della fi
losofia epicurea 1 6 • La prima risposta di Macrobio, dunque « la
filosofia non è aliena da tutte le favole e non di tutte
si contenta » 1 7 , trova riscontro nella seconda risposta di
1
Porfirio 8 ed è seguita da una classificazione dei racconti favo-
72
l osi e dell'uso che di questi viene fatto da parte dei filosofi .
Macrobio espone anche alcuni principi teorici intorno a
questa classificazione che non comprende soltanto i miti speci
ficamente filosofici , ma anche _ i racconti dei poeti che si presta
no ad essere interpretati filosoficamente. Egli non segue mec
canicamente la sua fonte, ma « la elabora sapientemente »
19 •
Distingue le favole create unicamente per procurare piacere da
quelle create per esortare all ' onestà della vita (adhortationis
quoque in bonamfrugem gratia) 20 e ritiene adatte ai filosofi so
lo queste ultime, fra le quali opera ancora una distinzione tra
quelle che affrontano argomenti fantastici e procedono per fin
zioni e, pertanto, non sono adatte ai filosofi (le favole di Eso
po, ad esempio) e quelle che hanno per oggetto la verità che pe
rò viene espressa con mezzi fantastici (i riti sacri , i racconti di
Esiodo e di Orfeo e i racconti delle mistiche esperienze dei pitago-
rici). Fra queste ultime opera ancora una distinzione che riguar
da il mezzo fantastico: questo può essere costituito da fatti in
degni attribuiti alle divinità, oppure da fatti degni che nascon
dono le cose sacre sotto il velo dell 'allegoria ed « è questo l ' uni
co genere di finzione che può essere ammesso dal rispetto per le
cose divine, che è proprio di chi fa professione di filosofia » 2 1 ,
in quanto in esso si trovano riuniti il valore dell 'esortazione,
la verità del contenuto e la decenza della forma 22 • Ora, data
73
la rispondenza tra la risposta di Porfuio in Proclo e quella di
Macrobio, si può affermare senza molte perplessità che Porfi
rio in questo caso è la fonte comune di MacrobiQ e di Proclo 23 •
Se si riscontrano delle differenze, queste, a mio avviso, sono da
addebitare alla diversa mentalità di Macrobio rispetto a Porfi
rio e principalmente rispetto a Proclo: Macrobio sintetizza
l'opinione di Colote e ne riferisce solo il nucleo, però poi si dif
fonde a lungo sulle risposte che, da una parte, mutua dalla sua
fonte neoplatonica e, dall'altra, arricchisce, per i suoi fmi dida
scalici, con le sue conoscenze relative alla cultura latina.
La seconda risposta di Macrobio: « Si deve tuttavia sapere
che i fllosofi non ammettono elementi favolosi in ogni tratta
zione, per quanto leciti essi siano, ma sono soliti ricorrervi
quando parlano dell'anima o delle potestà aeree ed eteree o di
tutti gli altri dei » 24 trova qualche riscontro nella prima risposta
di Porfuio riportata da Proclo 15 ; tuttavia anche in questo caso
Macrobio, ammesso che utilizzi Porfuio, va oltre il discorso di
Porfuio con una riflessione che riguarda la differenza tra mito
vero e proprio da una parte e similitudine e metafora dall'altra:
« Invece, quando la trattazione osa sollevarsi al dio sommo e
capo di tutti - i Greci lo chiamano 'tàya86v, x pii) T ov atnov
- o alla mente - i Greci la chiamano voùc; - e contiene le
specie originali delle cose, chiamate ll)tat, nata e proveniente
d� sommo dio : quando, dico, parlano di questi argomenti, il
sommo dio e la mente, non spingono per nulla fino in fondo
l'elemento fittizio ma, se tentano di esprimere qualcosa su tali
temi che trascendono non soltanto il linguaggio ma persino il
pensiero umano,· ripiegano su similitudini ed esempi. Per esem-
74
pio Platone aveva intenzione di parlare dell 'àya06v ma non
osò parlare della sua essenza, perché, di esso, sapeva solo che
non è possibile all 'uomo sapere la sua essenza, e la sola cosa,
tra quelle visibili, che trovò pienamente somigliante a esso fu il
Sole e con questo paragone apri la strada al suo discorso per
elevarsi fino all'incomprensibile. Perciò l'antichità non ha
creato per esso nessuna statua, mentre per altri dei se ne face
vano, e la ragione è che il sommo dio e l'intelletto nato da lui
trascendono l'anima e anche la natura, e non è per nulla lecito
giungervi facendo uso di favole » 26 •
La differenza operata da Macrobio tra la funzione del mito e
quella delle altre figure simboliche non mi sembra priva di inte
resse : Macrobio ritiene il mito un espediente utile per illustrare
concetti relativi all'anima o agli dei inferiori, ma non lo ritiene
un mezzo sufficiente per illustrare concetti relativi all'Uno e al
26 In Somn. , l, 2, 1 4- 1 6 .
27 In Somn. , l , 2, 1 7 : De dis autem, ut dixi, ceteris e t de anima non fru
stra se nec ut oblectent adfabulosa convertunt sed, quia sciunt inimicam esse
naturae apertam nudamque expositionem sui quae, sicut vulgaribus homi
num sensibus intellectum sui vario rerum tegmine operimentoque subtraxit,
ita a prudentibus arcana sua voluit per fabulosa tractari.
75
semplicemente che il mito come rivestimento fittizio è confor
me alla natura delle cose, perché « la Natura ama nascondersi,
come dice Eraclito » (Fr. 1 23 D-Kr) 28 • Macrobio oltrepassa
Porfirio e aggiunge che come la natura « ha sottratto la com
prensione di sé ai sensi degli uomini volgari ricoprendosi e ce
landosi sotto varie finzioni , cosi ha voluto che i suoi arcani sia
no trattati dai saggi per mezzo della favola. Perciò, proprio i
misteri sono velati da arcane rappresentazioni » 29 • Secondo
Macrobio, infatti, la natura dei misteri non si offre chiara nep
pure agli iniziati, ma soltanto agli uomini eccelsi; tutti gli altri
devono accontentarsi « di venerare il mistero, mentre i simboli
(mitici) difendono il segreto dai pericoli della profanazione » 30•
Sebbene anche il riferimento ai misteri sia desunto dalla ter
za risposta di Porfirio a Colote, mi sembra opportuno puntua
lizzare che - mentre Porfirio sottolinea l'azione dei simboli
misterici presso gli iniziati , i quali tramite immagini dotate di
forma vedono ciò che non ha forma e attraverso le figure sco
prono le verità nascoste, evidenziando cosi la funzione rivela
trice del mito che agisce proprio per ciò che in esso c'è di
segreto 3 1 - Macrobio, ritenendo che la verità dei misteri sia
appannaggio di pochi , considera il simbolo mitico principal
mente e per lo più un mezzo protettivo del segreto misterico ,
u n mezzo d i conoscenza velata e perciò inferim:e: « proprio i
misteri sono velati da arcane rappresentazioni » 32 • E, a confer-
28 In Rem. , Il, 1 07 , 6.
29 In Somn. , l, 2, 1 7- 1 8. Questa componente della segretezza è anche in
Proclo, In Rem. , Il, 1 08 , 20.
3o In Somn. , l , 2, 1 8- 1 9.
3 1 In Rem. , Il, 1 07 , 1 0- 1 5.
32 In Somn. , l, 2, 1 8. Anche Proclo (In Rem. , Il, 1 08 , 20) dice che le ini
ziazioni si servono dei miti per chiudere nel segreto la verità sugli dei, per pro
teggere le verità filosofiche dalla conoscenza dei profani (In Rem . , l, 73, 28
sgg . ) ; ma in Proclo è privilegiata la dimensione mistica e iniziatica del mito
inteso come causa di unione col divino, tanto che egli dice: « Fra gli iniziati al-
76
ma del fatto che gli dei hanno sempre desiderato di essere cono
sciuti e adorati nelle forme mitiche, adduce l'esempio di Nume
Dio, il quale, per essere stato curioso di conoscere le verità na
scoste e per avere divulgato con la sua interpretazione i misteri
eleusini , ebbe in sogno la rivelazione dell'offesa fatta agli dei :
Numenio denique, inter philosophos occultorum curiosiori,
offensam numinum, quod Eleusinia sacra interpretando vulga
verit, somnia prodiderunt, viso sibi ipsas Eleusinias deas habi
tu meretricio ante apertum lupanar videre prostantes, admiran
tique et causas non convenientis numinibus turpitudinis consu
lenti respondisse iratas ab ipso se de adyto pudicitiae suae vi
abstractas et passim adeuntibus prostitutas 33 •
Da quanto precede credo che si possa evincere che Macro
bio introduce nel discorso sui miti almeno due elementi nuovi :
l . inserisce una casistica delle favole e poi, all 'interno di
questa, seleziona le favole filosofiche perché educative da quel
le non filosofiche;
2. fa una distinzione fra i diversi livelli della realtà e colloca
la conoscenza mitica nel dominio della natura con la quale so
no in rapporto i demoni e gli dei inferiori, mentre applica la co
noscenza per analogia (ad similitudines et exempla) 34 , che è in
effetti una delle vie tradizionali della teologia negativa, al do
minio del soprannaturale costituito dall 'Uno e dal voùç.
Per quanto riguarda il primo punto, Macrobio, nel classifi
care le favole e nel distinguere quelle non pedagogiche da quel
le pedagogico-didascaliche (che poi sono quelle utilizzate da
Platone e nel suo caso da Cicerone), opera un'interessante di
stinzione all'interno del gruppo di favole che esprimono conte-
77
nuti reali con mezzi fantastici : esiste la narrazione per turpia et
indigna numinibus (è chiaro a questo punto il riferimento ai
miti omerici) 3 5 , che i filosofi preferiscono ignorare, e c'è un
modo di esporre sacrarum rerum notio sub pio figmentorum
36
velamine , che è proprio di chi fa professione di filosofia.
Ora questa distinzione pone un problema di carattere erme
neutico che si presenta sotto forma di dilemma, specie se visto
alla luce della tendenza storiografica che vede neli' esegesi di
Omero da parte dei neoplatonici una forte componente teolo
gica. Il problema si può riassumere in questi termini : Macrobio
rifiuta i miti empi e scandalosi di Omero perché inferiori alla fi
losofia e cioè indegni dei filosofi; oppure li rifiuta perché li ri
tiene estranei alla filosofia 37 e tuttavia li vede finalizzati alle ini
ziazioni teurgiche in quanto li ritiene capaci di esprimere, seb
bene per opposizione, verità divine e ineffabili che solo pochi
iniziati possono comprendere 38, e, in questo caso, anche Ma
crobio sarebbe da collocare ali 'interno di quel filone interpre
tativo dei poemi omerici che F. Buffière definisce esegesi teo
logica 39 , secondo la quale Omero sarebbe un poeta ispirato e i
suoi miti sarebbero tv9taa'ttKcl>-rt:pot 40? In effetti, quando dice
78
che non tutte le favole si adattano alla filosofia, Macrobio con
danna, alla stessa maniera di Platone 4 1 , i miti empi e scandalo
si, quali quelli di Omero e di Esiodo, per il fatto che, a causa
del loro significato letterale sconveniente, corrompono i giova
ni , incapaci di distinguere fra ciò che è allegoria e ciò che non
lo è; li condanna quindi come non pedagogici e pertanto nocivi
all 'educazione dei giovani . Ma questo fatto potrebbe non
escludere che Macrobio, sulla scia della tradizione esegetica dei
miti omerici, possa avere colto ugualmente nell'assurdità e
nell'empietà apparente dei miti il segno di un significato ripo
sto e possa quindi avere accettato e giustificato i miti sconve
nienti, attribuendo ad essi funzioni diverse da quelle semplice
mente educative. Bisogna considerare però che la condanna dei
miti scandalosi da parte di Macrobio poggia sull 'autorità di
Porfirio attestata da Proclo 42 e che la posizione di Macrobio a
questo riguardo sembra derivare direttamente da Porfirio, il
quale, stando a quanto gli attribuisce Proclo, non pare collo
carsi su questa linea, a meno che non gli si vogliano attribuire
anche le parole di Proclo secondo le quali Platone rigettava le
rappresentazioni dei miti dei poeti perché dannose per i non
iniziati 43 • Se cosi fosse, si potrebbe supporre con qualche ragio
ne che Porfirio non condanna i miti di Omero e di Esiodo in as
soluto, ma solo perché possono essere pericolosi per i non ini
ziati che, non riuscendo a coglierne il significato riposto, reste
rebbero influenzati negativamente dal contenuto assurdo e
scandaloso; e la stessa supposizione potrebbe avanzarsi nei ri-
ché gli uni, in quanto educativi, sono rivolti ai giovani, gli altri a coloro che
hanno già ricevuto l'educazione in tutte le sue parti e che aspirano a fissare
l 'intelletto dell 'anima, come una sorta di organo mistico, negli insegnamenti
che danno tali miti.
4 1 Repubblica 378d-e.
,
79
guardi di Macrobio, il quale, seguendo Porfirio, non disdegne
rebbe i miti di Omero e di Esiodo se non per la loro pericolosità
nei confronti dei giovani 44• Cosicché per Macrobio la narratio
per turpia et indigna numinibus esprimerebbe anch 'essa velata
mente verità nascoste, così come le altre narrazioni espongono
la verità sub pio figmentorum velamine, solo che la prima, non
svolgendo alcuna funzione didascalica, è estranea ai filosofi,
mentre le altre vengono utilizzate proprio da costoro .
Tuttavia a me pare difficile poter sostenere un'ipotesi di
questo tipo per il fatto che in Macrobio non si trova nulla di
esplicito a questo proposito, tranne che la distinzione tra mito
filosofico e mito non filosofico all 'interno di uno stesso genere
mitico che nasconde delle « verità ». Per sostenere l'ipotesi so
pra avanzata, io credo che si dovrebbe poter distinguere nelle
parole di Macrobio tra mito filosofico, che esprime alcune veri
tà intorno alle realtà divine (anime, dei , demoni), ma vuole sol
tanto insegnare tramite l'allegoria, e mito mistico o iniziatico,
che esprime le stesse verità ma, tramite la sua mostruosità, tra
mite ciò che esso ha di sconcertante, è capace di eccitare l 'uo
mo e spingerlo all 'unione arcana col divino . Ora questa distin
zione in Macrobio non c'è, anche quando Macrobio parla dei
misteri che sono velati da arcane rappresentazioni non allude
affatto ai miti sconvenienti, e non accenna alla funzione teurgi
ca dei miti misterici , ma - come è stato già rilevato in prece
denza - dice semplicemente che le verità devono essere velate
dalle rappresentazioni arcane per evitare la profanazione del
mistero da parte di coloro che non sono capaci di penetrare
nella profondità del mistero stesso 45 • Tanto Macrobio quanto
la sua fonte, in questo caso, mi sembrano lontani dalla teurgia
80
e nelle funzioni da loro attribuiti ai miti non mi pare possibile
andare oltre il livello pedagogico-didascalico, ossia conosciti
vo 46 • Le cose vanno in maniera diversa per quel filone neopla
tonico più aperto alla teurgia, dove si colloca Proclo, in cui i
miti, anche quelli empi e scandalosi, risultano collocati a livelli
più alti e assumono pertanto un valore mistagogico o inizia
tico 47 .
Per quanto riguarda il secondo punto - ossia la distinzione
tra il mito e le altre figure simboliche e la loro utilizzazione in
campi diversi, per il fatto che il mito svolge funzioni conosciti
ve ma non ha capacità analogiche e non può essere quindi uti
lizzato per esprimere le realtà più alte - il discorso si fa più
complesso. Una tale distinzione, infatti, si presenta come una
novità di Macrobio in quanto non sembra riscontrarsi in Por
fino 48 poiché non si trova in Proclo che, come si è visto, fa da
discriminante nei confronti della fonte diretta di Macrobio. Se
poi, nonostante l'impossibilità di provarlo attraverso Proclo,
essa dovesse risalire ugualmente a Porfirio, si deve concludere
che su questo punto Porfirio si allontana da Plotino, dove il
neppure agli iniziati ma soltanto agli uomini sommi, edotti per mezzo della
sapienza interpretatrice sulla verità arcana, e gli altri siano contenti di venera
re il mistero meptre i simboli difendono il segreto dai pericoli della profana
zione )).
46 J . Pepin (Porphyre exlg�te d'Hom�re. in Porphyre, Entretiens sur
l' Antiquité classique, 12, cit . , p. 261 ) sostiene che il principio porfiriano se
condo cui l'espressione allegorica ha per fine di introdurre alla ricerca infor
ma tutta la tradizione esegetica greca e - mi pare di potere aggiungere - an
che latina.
47 Sulla funzione mistagogica del simbolo mitico in Proclo, cfr. J .
Trouillard, L es jondaments du mythe selon Proclos cit. e L a Mystagogie de
Proc/os, Paris, 1 982. Cfr. anche L. Cardullo, l/ linguaggio del simbolo in
Proclo, Catania, 1 98S, pp. 94-9S e pp. 2 1 1 -2 1 2 .
48 Porflrio giustifica l'uso del mito per ciò che riguarda i l destino
dell'anima (Proclo, In Rem., II, 106, 16 sgg.), però non chiude il mito entro
questi limiti, non esclude quindi altre possibilità.
81
mito è utilizzato anche per illustrare concetti relativi all'Uno e
al vof>ç 49, in quanto è anch'esso considerato un procedimento
analogico e non uno strumento diretto di conoscenza 50 •
Macrobio, dunque, pur tenendo presente l'architettura plo
tiniana delle ipostasi, si allontana da Plotino, che pensava di
potere esprimere allegoricamente anche le realtà superiori 51 ,
per il fatto che - io ritengo - non possiede la consapevolezza
del rapporto di identità-differenza che sussite tra il mito e la
metafora, ossia tra il mito e le figure simboliche. Questi, infat
ti, differiscono fra loro più per il contenuto che per la struttura
formale 52 , in quanto sia la costruzione mitica che l'immagine
metaforica sono determinate dalla stessa motivazione psicolo
gica ed hanno , quindi, una medesima radice, ciò che Cassirer
definisce « pensare metaforico » 53 • Tra mondo mitico e mondo
metaforico vi sono, dunque, una certa identità di struttura e
una certa differenza di contenuto: l'oggetto fantastico nel mi
to, il dato dell'esperienza concreta nell'immagine metaforica 54 •
Ora Macrobio coglie l a differenza di contenuto, m a non riesce
82
a cogliere l'identità strutturale dei due processi esemplificativi e
quindi a valutare la possibilità di poter passare dall'uno all'al.,
tro e viceversa 55 ; per questa ragione traccia una linea di demar
cazione fra i campi di applicabilità delle due forme simboliche
e attribuisce alle similitudini e alle metafore la funzione di
« aprirci » la strada per spingerei fino all'incomprensibile 56 , al
mito semplicemente quella di illustrare il destino dell'anima.
Certamente nel mito il processo di assimilazione fra i due
oggetti (favola da una parte e realtà dall'altra) è più concreto 57
di quanto non lo sia nella metafora, la quale, presentandosi co
me traslato che suggerisce per identità concetti nuovi, determi
na un processo astrattivo più complesso . Ma sembra che Ma
crobio non si renda pienamente conto delle implicazioni filoso
fiche del suo discorso, il quale, pertanto, rimane superficiale e
limitato all a distinzione di due piani e di due funzioni: cosicché
il mito viene collocato sul piano della natura e viene utilizzato
per illustrare realtà divine ma inferiori; la metafora viene collo
cata sul piano della sovranatura e viene utilizzata per esprimere
l'Uno e il voùc;. Plotino, al contrario, consapevole della dialet
tica esistente tra mito e metafora, lega più strettamente i due
processi simbolici e nell'esprimere i concetti relativi alle realtà
più alte passa spesso dal mito alla metafora, considerando la
metafora un risultato del mito 58 •
83
A questo punto sorge un interrogativo a cui, forse, gli ele
menti a disposizione non consentono di rispondere definitiva
mente e che tuttavia mi pare opportuno esprimere: si deve pen
sare che è Porfirio che non riesce a penetrare nel vero e profon
do pensiero di Plotino e che costituisce la fonte della distinzio
ne operata da Macrobio, oppure si deve pensare ad una rifles
sione personale di Macrobio o, ancora, all 'influenza di qualche
altra fonte? Questa ultima ipotesi, unita alla seconda, non mi
sembra del tutto improbabile anche perché nel capitolo che se
gue, relativo al sogno (la forma mitica adottata da Cicerone),
Macrobio si riferisce anche a fonti diverse da quelle neoplato
niche, come Virgilio, Artemidoro, Posidonio e altri .
mare in vari momenti il contenuto della loro narrazione e staccare così, l 'una
dall'altra, tante cose che in realtà esistono solo simultaneamente, e sono di
stinte, invece, per ordine o per importanza [ . . . ] i miti , dunque, dopo avere
dato come meglio sanno il loro insegnamento non vietano certo di riunire
oramai i loro sparsi elementi » .
S9 In Somn. , l , 3 , l .
84
dai latini visio (quod visio recte appellatur); il XPTI J.l«ttaJ,l6ç
che corrisponde a ciò che i latini chiamano oraculum; l 'twxvtov,
quod insomnium dicitur, e il q>avtaaJ,la che Cicerone visum
vocavit 60 •
Macrobio non attribuisce alcun rilievo agli ultimi due gene
ri di sogno per il fatto che non possiedono significato profetico
e non sono pertanto funzionali alla conoscenza del futuro. Gli
insomnia, infatti, durano quanto dura il sogno stesso, in quan
to si limitano ad arrecare turbamento al sonno e non lasciano
traccia alcuna della loro importanza e del loro significato 61 , so
no dunque fallaci ; i q>avtaaJ,lata non sono altro che appari
zioni vaganti e mostruose che sconvolgono chi è ancora nella
85
soglia del sonno (adhuc se vigilare aestimans qui dormire vix
coepit) 62 • Ritiene degni di considerazione e di analisi invece i
primi tre generi : il somniurn, la visio e l'oraculum, proprio per
la loro pregnanza profetica 63 •
I l sogno d i Scipione rientra in questi tre generi : è u n « ora
colo » perché rivela il futuro; è una « visione » diretta ed esatta
dei luoghi riservati a Scipione dopo la morte; è un « sogno » ve
ro e proprio perché vela profunditate prudentiae 64 la realtà ce
leste, la quale per essere compresa necessita dell'aiuto della
scienza dell'interpretazione: non potest nobis nisi scientia in
terpretationis aperiri 65 • Inoltre il sogno di Scipione ha tutte le
caratteristiche del somnium vero e proprio, di quello, cioè, che
i greci chiamavano �VEtpoç: è infatti proprium perché Scipione
viene a conoscere personalmente il suo destino; è a/ienum per
ché tratta anche della sorte toccata ad altri; è commune perché
il destino di Scipione si può estendere a tutti coloro che acqui
stano gli stessi suoi meriti ; è pub/icum perché mostra vicende
pubbliche come la vittoria della Patria, la fine di Cartagine,
ecc . ; è generale perché offre una visione universale del cosmo
celeste e terrestre 66 •
Questa classificazione è stata accostata da molti studiosi a
quella di Artemidoro di Daldi, scrittore del II secolo d.C. , au
tore di un testo sull 'interpretazione dei sogni 67 • Ma dopo lo
62 /n Somn. , l, 3, 7.
63 Il rapporto tra rivelazione e sogno è molto stretto sia nel Somnium
che nell'In Somnium.
64 In Somn. , l , 3 , 1 2 .
65 Per scienza dell 'interpretazione i o penso che s i debba intendere scien
za dell'interpretazione dei simboli, anche perché poco prima Macrobio ha co
si definito il carattere proprio del somnium: Somnium proprie vocatur quod
tegit figuris et velai ambagibus non nisi interpretatione intellegendam signifi
cationem rei quae demonstratur (In Somn. , l , 3 , I O) .
66 In Somn. , l , 3 , 1 3 .
67 Artemidoro Daldiani, Onirocriticon libri V, ed . Roger A. Pack, Leip
zig, 1 963 .
86
studio di C. Blum, che ha rilevato alcune differenze tra il testo
di Macrobio e quello di Artemidoro 61 ed ha ipotizzato l'esi
stenza di una fonte più antica comune ad entrambi (probabil
mente Posidonio ), anche Kessels 69 e Flamant 70 pensano che
tanto Macrobio quanto Artemidoro abbiano potuto trarre il
loro materiale da una stessa fonte (Posidonio?) ed escludono
un'influenza diretta di Artemidoro su Macrobio.
Ora è vero che ad un primo raffronto del testo di Macrobio
con quello di Artemidoro sembra di notare alcune differen
ze nella classificazione dei sogni; ma, entrando nei dettagli, si
vede che tutte le distinzioni operate da Macrobio si trovano
in Artemidoro. Questi opera una distinzione principale tra
1 ' 6VE1p o ç (il somnium di Macrobio) e l ' tvuxv1ov (l ' in
somnium) 71 ; quindi opera una sottodistinzione all'interno
dell'6VE1pOç tra sogni 9EOPTIJ.1at\KO{ e sogni C'tÀ.ÀT)yOp1K0{ 72,
aggiungendo che il sogno teorematico è quello che ci mostra
esattamente cosa accadrà nel futuro e si distingue ancora in
6pa1.1a (la visio di Macrobio) e XPTJ IJ.a'tlatJ.6ç (l'oraculum) e
che il sogno allegorico ci predice il futuro per mezzo dei
simboli 73 • Inoltre, ali 'interno dell 'twxVlov, Artemidoro intro
duce una sottospecie di sogno che è il cpavtaa1.1a (il visum di
Macrobio) 74 •
Torniamo adesso alla classificazione di Macrobio, il quale -
71 Onirocriticon, l, l, 3 .
72 Onirocriticon, l, 2, 4: ·Em tci>v òve!prov o! �tv &lm 9&COPTI �«ttKoì o!
l5t QÀÀ.TIYOPlKOf.
7 3 Onirocriticon, l, 2, S.
74 Onirocriticon, l, 2, 6.
87
come abbiamo visto - enumera cinque generi di sogno e, di
questi, tre li ritiene profetici : il somnium, la visio e l'oraculum,
e due non profetici : l'insomnium e il visum, e inoltre considera
il somnium, ossia il primo genere di sogno profetico, come so
gno allegorico poiché copre con immagini e con simboli il signi
ficato della cosa che appare " .
A questo punto non si può non riconoscere che le differenze
tra le due classificazioni sono semplicemente formali e non so
stanziali, in quanto in entrambe si riscontrano le stesse distinzio
ni con i medesimi significati, le medesime motivazioni e i mede
simi risultati: la ragione che induce Macrobio a distinguere i pri
mi tre generi di sogno dagli ultimi due è data dal fatto che i primi
sono profetici e gli altri no, e questa è la stessa ragione che so
stiene la prima distinzione di Artemidoro tra 6vEtpoç e
tvl>xvtov 76 ; così come la caratteristica dell'tvl>xvtov, rappresen
tata da Artemidoro con la fugacità del sogno che svanisce quan
do si è svegli 77, la si trova nell'insomnium di Macrobio.
È vero d'altra parte che nel testo di Macrobio non è palese
la distinzione tra sogni teorematici e sogni allegorici, ma è al
trettanto vero che tale distinzione si può evincere facilmente
dal contesto, in cui è chiaro che le caratteristiche attribuite da
Artemidoro ai sogni teorematici sono da Macrobio attribuite
alla visio e all'oraculum e quelle che Artemidoro attribuisce ai
sogni allegorici Macrobio le attribuisce al somnium proprie. A
mio avviso, dunque, non ci sono elementi validi per escludere
che il testo di Macrobio possa essere una rielaborazione perso
nale dello schema proposto da Artemidoro, dove non solo so
no presenti - contrariamente a quanto sostiene Blum 78 - le
1s In Somn. , l, 3, 1 0.
76 Onirocriticon, I, l , 3 .
77 Onirocriticon, l , l , 3 .
78 Cfr. C . Blum, Studies in the Dream-Book of A rtemidorus cit . , pp.
52-5 3 .
88
definizioni di visum, di oraculum e di visio, come si è visto 79 ,
ma sono anche presenti i caratteri corrispondenti alle specie del
somnium proprie di Macrobio. Artemidoro infatti attribuisce
ai sogni allegorici Ali stessi caratteri che Macrobio attribuisce al
somnium (personale, riguardante un altro, sociale, pubblico e
universale) 80• A questo proposito si ha l'impressione che Ma
crobio riassuma Artemidoro, anzi lo ricalchi in sintesi ma con
una certa fedeltà, anche se lo segue fino ad un certo punto per
ché immediatamente passa al suo tema specifico e cerca di indi
viduare nel sogno di Scipione i tre generi di sogno validi in
quanto profetici e tutte le caratteristiche del sogno vero e pro
prio. Mi sembra infine di potere riscontrare un ulteriore riferi
mento di Macrobio ad Artemidoro a proposito dell'attendibili
tà del sogno di Scipione, fondata sulla statura morale della per
sonalità di un uomo che, pur non essendo ancora console o ca
po dell'esercito, è in grado di riferire un sogno che ha carattere
pubblico e universale 81 •
Macrobio si ferma qui e tralascia le altre distinzioni di Arte
midoro tra sogni generici e sogni specifici 82 , tra sogni chiesti
agli dei e sogni inviati senza alcuna richiesta, �c. 13 • D'altra
parte Artemidoro dice che, con queste ultime distinzioni, in
tende completare il suo discorso con argomentazioni che sono
state espresse insufficientemente dagli antichi 84 •
79 Onirocriticon, l, 2, 6.
so Onirocriticon, l , 2, 7.
81 In Somn. , I , 3 , 14. I n questo passo Macrobio tende a fugare ogni dub
bio sul valore di verità da attribuire al sogno di Scipione, proprio perché si di
ce (aiunt enim) che l'attendibilità del sogno è legata al prestigio del sognatore
89
Cosa pensare allora? Si potrebbe ipotizzare, in accordo con
Blum, Kessels e Flamant, che Macrobio non seguendo Artemi
doro fino alla fine, non ne abbia conosciuto direttamente il te
sto e si sia quindi servito di una fonte più antica, probabilmen
te la stessa fonte di Artemidoro. Tuttavia� sulla base delle so
miglianze sopra riscontrate, nulla ci vieta di supporre che Ma
crobio abbia avuto fra le mani il testo di Artemidoro e si sia li
mitato a desumere da questo semplicemente ciò che veniva at
tribuito agli antichi .
Questa ipotesi potrebbe essere suffragata dal fatto che Ma
crobio introduce con aiunt enim il discorso che troviamo in Ar
temidoro sull'attendibilità dei sogni cosmici e politici. Artemi
doro invece riferisce questo discorso in prima persona senza at
tribuirlo agli antichi ma, nel porsi il problema di come un so
gno che ha carattere pubblico possa essere attribuito ad una so
la persona, invoca l'autorità di Omero (//., II, 80-82) il quale dà
valore al sogno di Agamennone perché raccontato da un re 15 •
Questo modo di procedere di Artemidoro potrebbe giustificare
l'aiunt enim di Macrobio. O Artemidoro, dunque, o, al limite,
qualche altro testo sconosciuto che precede quello di Artemi
doro sembrano essere le fonti principali di questo capitolo dei
Commentarii; il che sta ancora una volta a dimostrare che Ma
crobio doveva avere conoscenze più vaste di quelle che gli sono
state riconosciute dalla maggior parte degli storiografi, che -
come si è visto - tende a ridurre al minimo le fonti di Macro
bio e tutt'al più gli attribuisce la sola conoscenza di Porfirio .
Courcelle, per esempio, partendo dal presupposto che il sogno
di Agamennone a cui si riferisce Macrobio è presente in Proclo
(In Rem, l, 1 1 5) che ha per fonte Porfirio, sostiene che non so
lo il passo relativo al sogno di Agamennone ma tutto il capitolo
(classi ficazione dei sogni compresa) risale al Commen-
s� Onirocriticon, l , 2, 9- 10.
90
tario alla Repubblica di Porfirio 86 ; allo stesso Porfirio, ma ad
altre opere, pensano anche Schedler 17 e Mras 11 •
Ora i o credo che Macrobio utilizzi Porfirio pe r questioni
più strettamente filosofiche " - le Quaestiones Homericae, in
fatti, vengono da lui richiamate per interpretare Virgilio in sen-
91
so neoplatonico, come vedremo - ma per il resto penso che
mutui il suo materiale da fonti diverse. Pertanto, se Porfirio
delle Quaestiones è la fonte di In Somn. , l, 3, 1 7-20, non mi pa
re che possa esserlo per la parte relativa alla classificazione dei
sogni , anche perché noi sappiamo da Calcidio, che utilizza
Porfirio come fonte, che la classificazione dei sogni operata da
Porfirio era più filosofica di quella di Artemidoro e di quella di
Macrobio che appaiono più pratiche 90 •
In /n Somn. , l , 3 , 1 7-20, invece, a proposito della distinzio
ne tra sogni veri e sogni falsi o fallaci 9 1 , Macrobio riferisce al
cuni versi di Virgilio tratti dalla descrizione delle due porte del
sogno, e a Virgilio ritorna ancora verso la fine del capitolo 92 ,
dove, per chiarire e interpretare le di lui parole, invoca Porfi
rio: [ . . . ] instruetur auctore Porphyrio. qui in commentariis suis
haec in eundum locum dicit ab Homero sub eadem divisione
descriptum: latet. inquit. omne verum. Hoc tamen anima. cum
ab officiis corporis somno eius pau/ulum libera est. interdum
aspicit. nonnumquam tendit aciem nec tamen pervenit. et. cum
aspicit. tamen non libero et directo lumine videt sed interiecto
velamine quod nexus naturae caligantis obducit 93 •
Ora, se questo interiecto velamine è di materia trasparen
te, ossia di corno, permette all'anima di giungere alla verità; se
92
invece è di materiale più pesante e più denso, ossia di avorio,
oscura la verità e allontana da essa 94 •
Appare chiaro che le due porte sono utilizzate da Macrobio
come metafore del velo che copre la verità e che, a sua volta, il
velo di corno, in quanto trasparente, è metafora di « simbolo »,
o, meglio, è usato al posto di « simbolo » o di « immagine », da
to che il somnium proprie « copre con immagini e vela con stra
ni simboli il significato della cosa che appare » 9'. Da ciò emerge
la radice neoplatonica della posizione di Macrobio: l'espresso
richiamo a Porfirio e la citazione delle sue parole finalizzata al
la chiarificazione del passo virgiliano ci introducono sulla via
delle interpretazioni neoplatoniche dei miti omerici e della sim
bologia ad essi connessa. La metafora del velo trasparente che
lascia intravedere la verità, la quale, pertanto, viene colta per
via indiretta, attraverso un velo che ne nasconde la « trama del
la natura misteriosa », significa che la verità rivelata in sogno è
una verità simbolica che per essere compresa deve essere inter
pretata: non nisi interpretatione intellegendam 96 • L' esposizio
ne della verità nuda, senza veli, è infatti contro natura in quan
to « la natura ama nascondersi » 97 • Da qui la funzione pedago-
94 In Somn. , l, 3, 20.
" In Somn . , l, 3, 10: [ . . . ] tegit figuris et velat ambagibus non nisi inter
pretatione intellegendam significationem rei quae demonstratur.
96 In Somn. , l, 3 , 10.
97 In Somn. , l , 2, 1 7 . La dimensione simbolica è - come vedremo
una costante dei Commentarii. Già a partire dai capitoli quinto e sesto del
primo libro, dedicati ai numeri, essa emerge in tutta la sua pregnanza, tanto
che si può parlare di una simbologia dei numeri che si fa più complessa nel ca
pitolo sesto a proposito dei numeri che compongono il 7. Non essendo possi
bile in questa sede seguire Macrobio in tutte le sue disquisizioni su tale simbo
logia, mi limito ad un cenno sul significato simbolico della monade per l'im
portanza che essa ha nella filosofia neoplatonica e per il fatto che la simbolo
gia della monade è finalizzata da Macrobio alla dimostrazione di una delle tesi
più rilevanti della dottrina neoplatonica: quella dell 'unità dell'universo intel
legibile che serra in sé l'Uno, l'intelletto e l'anima. La monade è infatti per
93
gica e conoscitiva che Macrobio attribuisce al sogno, il quale
come il mito, anzi , in quanto mito, diviene strumento di cono
scenza e viene finalizzato alla chiarificazione di ciò che « per
natura » è velato.
Macrobio simbolo dell 'Uno poiché, come l'Uno, è inizio e fine di tutte le co
se (initium finisque omnium), ma coincide anche con la mente e con l'anima;
realtà che, pur implicando la molteplicità, sono indivisibili (In Somn. , l, 6,
1 8). Essa non è numero, ma fonte e origine dei numeri in quanto è contempo
raneamente maschio e femmina, pari e impari; da una parte si riferisce al
sommo Dio, alla mente e all'anima e dall'altra separa l'intelletto di Dio dalle
realtà successive (/n Somn. , l, 6, 8): dalla mente, che « benché non sia misu
rabile di per se stessa, crea da sé e in sé contiene innumerevoli specie di gene
ri » (In Somn. , l, 6, 8), e dall'anima che, pur non producendo alcuna divisio
ne nella sua unità, è presente in tutte le cose per animarle. Cosi la monade,
nata dall'Uno che è la causa prima delle cose, mantiene un potere continuo
fino all'anima e resta intera e indivisibile (E. Robbins - The tradition oj
Greek A rithmology, in « Ciassical Philology » 6 ( 1 92 1 ), pp. 1 20- 1 23 - rileva
che tutto il passo, di chiara derivazione neoplatonica, è vicino a Calcidio,
39).
94
4.
ETICA E PSICOLOGIA
4. 1 . La dottrina delle virtù
1 Somn., III, l .
97
tatio viventis erepta est ut ad moriendi desiderium ultro anima
retur maiestate promissae beatitudinis et caelestis habitaculi.
Sed de beatitate quae debetur conservatoribus patriae pauca
dicenda sunt ut postea locum omnem, quem hic tractandum re
cepimus, revolvamus 2 •
Appare evidente che Cicerone intende sottolineare, da una
parte, la finalità a cui è rivolta la profezia dell'avo: il bene dello
Stato (sed quo sis, Africane, alacrior ad tutandam rem publi
cam); dall'altra la reale importanza dello Stato in quanto ag
gregazione di uomini uniti insieme dal diritto (concilia coe
tusque hominum iure sociati, quae civitates appellantur), quin
di l'importanza della legge quale elemento di coesione di una
società civile. Nulla, infatti, secondo Cicerone, risulta più gra
dito a « Colui » che governa l'intero universo di quelle società
giuste, perché rette dal vincolo giuridico. Macrobio, per con
tro, all'inizio del suo commento al passo sembra privilegiare la
componente escatologica; su questa infatti si sofferma, seppu
re brevemente 3 , rinviando ad altro luogo per una discussione
più completa e più approfondita 4 • In questo capitolo ritiene
opportuno intrattenersi sulla classificazione delle virtù che fan
no da presupposto all'alta ricompensa dovuta agli uomini di
Stato e la giustificano.
Il metodo classificatorio relativo alle virtù compare abba
stanza tardi nella tradizione della filosofia greca; e, a giudicare
dalle prime classificazioni, sembra che la nozione di virtù puri
ficatrice sia emersa per prima 5 • Platone presenta la purificazio-
2 In Somn. , l , 8, 2.
3 In Somn. , l , 8 , 2: Bene et opportune, postquam de morte praedixit,
mox praemia bonis posi obitum speranda subiecit.
4 In Somn. , l, 8, 2: Ut postea locum omnem, quem hic tractandum rece
pimus, revolvamus.
5 Cfr. J . Pepin, Théologie cosmique et théologie chrétienne, Paris,
1 964, p. 380.
98
ne dalle passioni attraverso la scienza e la filosofia come virtù
per eccellenza di cui le virtù particolari (temperanza , giustizia,
coraggio) non sono altro che degli aspetti 6 • In Platone non è
ancora chiara la formula di tea9apttKft àpEtft , ma c'è già l'ini
zio della teoria che poi troviamo in Plotino 7 , nella cui opera è
possibile individuare una certa classificazione delle virtù, seb
bene non chiaramente esplicitata. Una vera e propria classifica
zione delle virtù poste in ordine crescente si trova invece in
Porfirio 8 , il quale indica quattro livelli di virtù : àpEtai 7tOÀ.t tt
Kai. tea9apttteai. 9ECOPTlttKai. 7tapa5Et'YIJ.Utiteat, e ne defini
sce le relative finalizzazioni, per cui le virtù politiche servono a
moderare le passioni e a vivere bene in società; le virtù catarti
che separano l'anima dal corpo; le virtù contemplative avvici
nano l'anima all'intelletto; le virtù paradigmatiche sono pro
prie dell' intelletto e costituiscono i modelli delle altre virtù che
ne sono copie.
La classificazione porfiriana si impone notevolmente pres
so i posteri e lo stesso Macrobio, pur affermando di ispirarsi al
trattato di Plotino intorno alle virtù 9 , di fatto ripropone lette
ralmente la classificazione di Porfirio 1 0 e distingue le virtù in
virtutes politicae, purgatoriae, animi iam purgati ed exempla
res 1 1 •
Premesso che solo la virtù in tutte le sue espressioni può
rendere felici, Macrobio polemizza contro coloro che privile
giano le virtù contemplative e intendono le quattro virtù cardi-
6 Fedone, 69b-c.
7 Enn., l, 14, 1 0 e l, 2, 3-7 (Cfr. J. Pepin, Théologie cosmique et théo-
logie chrétienne cit . , p. 380).
8 Sentenza 32.
9 Enn., l , 2.
1 o In effetti Plotino non opera alcuna distinzione tra il terzo e il quarto
grado di virtù, distinzione che invece si trova nella sentenza porfiriana e poi
in Macrobio.
Il In Somn. , l, 8, 6.
99
nali (prudenza, fortezza, temperanza e giustizia) come disprez
zo del corpo e distacco da ciò che è terreno, per cui solo i filo
sofi, in quanto capaci di contemplare le realtà superiori , po
trebbero dirsi beati : « Essi chiamano propriamente sapienza la
conoscenza delle realtà divine e dicono che davvero sapienti so
no coloro che scrutano con occhio superiore, comprendono
con saggi scrupoli di ricerca e imitano ciò che rivela loro la
cniara visione da essi posseduta della vita: secondo loro, solo in
questo si esercita la virtù e a essa attribuiscono le seguenti fun
zioni . È proprio della prudenza disprezzare questo mondo e
tutto ciò che c'è nel mondo, attraverso la contemplazione delle
realtà divine; la temperanza consiste nel trascurare, in quanto
lo consente la natura, tutto ciò che il corpo esige; la fortezza
consiste nel fatto che l'anima non si spaventa quando, in qual
che modo condotta dalla filosofia, si allontana dal corpo e non
si sgomenta di fronte all ' ascesa alle realtà arcane; la giustizia
consente di accettare l'unica via a questo stile di vita, e cioè
l'ottemperanza a ciascuna virtù » 1 2 •
Questa concezione appare a Macrobio brusca, rigida e tale
da non consentire agli uomini di Stato di essere felici 1 3 ; pertan
to egli procede alla .difesa delle virtù politiche e attribuisce loro
un posto di privilegio. Pur affermando di desumere la sua clas
sificazione da Plotino 1 4 e pur ricalcando Porfrrio, Macrobio in
realtà muove dalle affermazioni di Cicerone sulle virtù dei capi
di Stato per conseguire il suo scopo: illustrare la dottrina neo-
12 In Somn. , l, 8, 3-4.
1 3In Somn. , l , 8, 3.
1 4 In Somn. , l , 8, 5 : Sed Plotinus, inter philosophiae projesso res cum
1 00
platonica delle virtù e adattarla quanto più possibile alla men
talità latina; la sua preoccupazione, infatti, è quella di non es
sere in contrasto né con Cicerone 1 ' , né con Platone, né con il
neoplatonismo.
Ora in Plotino si possono riscontrare entrambe le concezio
ni prospettate nell'ottavo capitolo del primo libro dei Com
mentarii: quella che Macrobio critica perché riduttiva, secondo
la quale al saggio viene indicata una via di purificazione fonda
ta sul distacco dalle attività inferiori e sull'esclusiva contempla
zione di ciò che è intellegibile 16 ; e quella che Macrobio condivi
de e che riguarda le virtù civili, le quali anche da Plotino sono
viste positivamente 1 7 almeno per il fatto che introducono ordì
le e misura nel campo dei rapporti sociali oltre che nel campo
:iella sensibilità. Quest'ultima concezione, però, in Macrobio
assume dei' caratteri peculiari, in quanto viene caricata di' sigru-·
ficati che sono funzionali alla dimostrazione della possibilità
dell'uomo politico di conseguire la felicità. In Plotino le virtù
civili servono all'uomo per vivere moralmente nella sua città o
nel suo Stato e non svolgono alcuna funzione di elevazione ver
so il bene, al quale conducono soltanto le virtù catartiche 18 ; le
virtù civili pertanto, da sole, non danno la felicità. Macrobio
invece conclude la sua classificazione proprio con l'affermazio
ne contraria: igitur et politicis efficiuntur beati 1 9 • Egli enumera
alla maniera plotiniana tutti i vantaggi legati alla pratica 'tlelle
101
virtù civili : his boni viri rei publicae consulunt, urbes tuentur;
his parentes venerantur, liberos amant, proximos diligunt,· his
civium sa/utem gubernant,· his socios circumspecta providentia
protegunt, iusta liberalitate devinciunt; hisque [ . . . ] sui memo
res alios fecere merenda :zo; ne puntualizza le finalità generali,
che consistono appunto nel rendere proficui e sereni i rapporti
sociali . fra gli individui di uno Stato; specifica i caratteri delle
quattro virtù nel contesto della vita politica 21 e infine sostiene
che la pratica di queste virtù consente ali 'uomo di Stato di con
seguire la piena felicità: /ure ergo Tullius de rerum publicarum
rectoribus dixit: ubi beati aevo sempiterno fruantur, qui, ut
ostenderet alios otiosis, alios negotiosis virtutibus fieri beatos,
non dixit abso/ute nihil esse il/i principi deo acceptius quam ci
vitates sed adiecit: quod quidem in terris fiat, ut eos qui ab ipsis
cae/estibus incipiunt, discernerei a rectoribus civitatum, quibus
per terrenos actus iter paratur ad caelum 22 •
A questo punto Macrobio accenna alle virtù del secondo
livello (quas purgatorias vocant) che, sotto il profilo critico,
sono state analizzate precedentemente: Harum quid singulae
velint, superitJS expressimus cum de virtutibus philosophan
tium diceremus, quas solas quidem aestimaverunt esse virtu-
20 In Somn. , l , 8, 6.
2 1 In Somn. , l, 8, 7-8 : Et est politici prudentiae ad rationis normam
quae cogitai quaeque agit universo dirigere ac nihil praeter rectum ve/le ve/
facere humanisque actibus tamquam divinis arbitris providere; prudentiae in
suni ratio, intellectus, circumspectio, providentio, docilitas, cautio; jortitudi
nis animum supra periculi metum agere nihi/ que nisi turpia timere, tolerare
jortiter ve/ adversa ve/ prospera; jortitudo praestat magnanimitatem, fidu
ciam, securitatem, magnificentiam, constantiam, tolerantiam, firmitatem;
temperantiae nihil adpetere paenitendum, in nullo legem moderationis exce
dere, sub iugum rationis cupiditatem domare: temperantiam sequuntur mo
destia, verecundia, abstinentia, castitas, honestas, moderatio, parcitas, so
brietas, pudicitia; iustitiae servare inicuique quod suum est: de iustitia ve
niunt innocentia, amicitia, concordia, pietas, religio, tiffectus, humanitas.
22 In Somn. , l, 8 , 1 2 .
1 02
tes 23 • Quindi tratta delle virtù che riguardano l'animo già puri
ficato (tertiae sunt purgati iam defaecatique animi et ab omni
mundi huius aspergine presse pureque deters1) 24 , le quali consi
stono nel possesso della conoscenza di ciò che è superiore per
quanto riguarda la prudenza; nell'oblio delle passioni per
quanto riguarda la temperanza ; nell'assoluta mancanza di pas
sioni per quanto riguarda la fortezza; nella perfetta unione con
la mente divina per quanto riguarda la giustizia 23 • Al vertice
della sua classificazione Macrobio colloca le virtù esemplari,
quelle che egli stesso definisce, adottando una terminologia
platonico-plotiniana, virtutum ideae, le quali vengono a coinci
dere con la stessa mente divina: Illic prudentia est mens ipsa di
vina. temperantia quod in se perpetua intentione conversa est,
fortitudo quod semper idem est nec aliquando mutatur, iustitia
quod perenni lege a sempitema operis sui continuatione non
flectitur u .
1 03
sto fatto non è indicativo, né tanto meno risolutivo, perché è
ormai assodato che tra due o più autorità Macrobio preferisce
citare quella più prestigiosa anche se utilizza quella che lo è
meno 28 • Pertanto credo che il metodo da seguire sia quello fon
dato sull'accostamento dei testi di Macrobio, di Porfirio e di
Plotino 29 , per cogliere le identità e principalmente per indivi
duare i caratteri che li distinguono.
Plotino esamina successivamente le quattro virtù cardinali
nei diversi livelli di perfezione e le inserisce nelle varie tappe
ascensive della vita dello spirito, ossia le pone all'interno delle
virtù civili , delle virtù catartiche, di quelle dell 'anima già puri
ficata e di quelle esemplari ; in particolare Plotino nell'enume
rare le quattro virtù segue un ordine sempre diverso a seconda
che si tratti di virtù civili, catartiche e cosi via. Dunque, sebbe
ne non chiaramente schematizzata, la distinzione fra i quattro
gradi di virtù in realtà esiste nel trattato plotiniano: in Enn. , l,
2, 1 -2 vengono definite l e virtù civili ; i n Enn., l , 2, 3 le virtù ca-
104
tartiche; in Enn. , l , 2, 4-S si tratta delle virtù dell'anima già pu
rificata; in pnn., l, 2, 6 si tratta degli esemplari delle virtù che,
in quanto tali, non possono dirsi virtù, ma solo archetipi esi
stenti nello Spirito. Solo che Plotino tratta delle virtù in un
contesto ascetico-mistico, dove la pratica delle virtù è ritenuta
l'unica via che ci libera dai mali, ci rende simili a Dio e ci con
duce alla visione estatica; per questa ragione alla classificazione
vera e propria egli preferisce la forma discorsiva.
Porfirio, a sua volta, sistematizza il discorso di Plotino e ci
fornisce una classificazione e una gerarchizzazione delle virtù
che, nella sostanza e spesso anche nell'ordine, rispettano il mo
do di procedere di Plotino: segue Plotino per quan.to riguarda
l'ordine in cui questo dispone le quattro virtù all'interno dei
vari livelli di perfezione; come Plotino opera la classificazione
delle virtù in rapporto a colui che le possiede, pertanto le di
stingue in virtù del politico (toù 7tOÀ.tttKoù), virtù di chi si eleva
alla contemplazione (toù 1tpòç 9eropiav ltvt6vtoç), virtù di chi
è perfetto contemplativo (toù [ . . . ] tEÀ.E{ou teropnttKoù), virtù
dello spirito (toù voù) che in seguito vengono chiamate
7tapaoEiyJJ.ata in quanto modelli delle virtù dell'anima. A par
te la schematizzazi one formale, dunque, Porfirio risulta fedele
a Plotino tanto nei contenuti quanto nell'uso dei termini 30 •
Macrobio riprende quasi letteralmente la classificazione
1 05
di Porfirio, per cui si può affermare che la fonte che egli utiliz
za direttamente è proprio la Sentenza 32; tuttavia modifica e
adatta alle sue intenzioni e alle sue fmalità tanto la sua fonte di
retta quanto quella indiretta, che, per certi aspetti, può consi
derarsi anch 'essa diretta, e che è l'Ehneade, l, 2. Egli tace un
particolare plotiniano e anche porfiriano secondo il quale solo
chi possiede le virtù maggiori possiede anche le minori , ma non
viceversa 3 1 ; questa affermazione, infatti, non gli consentirebbe
di sostenere la tesi che chi possiede le sole virtù politiche può
dirsi beato; nella sua lunga disquisizione sulle virtù politiche
non dà i.mport anza al concetto di misura, concetto che in Ploti
no e in Porfirio è invece portante; inoltre sostituisce alla defini
zione della giustizia di Plotino 32 e di Porfirio 33 - definizione
prettamente platonica e squisitamente filosofica: « la giustizia è
la retta funzione propria di ciascuna di queste facoltà ad un
tempo, sia riguardo al comandare che all'obbedire » - la con
cezione di Cicerone, il quale intende la giustizia come « disposi
zione dell ' animo mantenuta nell'interesse comune, che attri
buisce a ciascuno il suo valore » 34 e si esprime in questi termini :
iustitiae servare unicuique quod suum est 35 • Per quanto riguar
da l ' ordine delle virtù e la loro disposizione all'interno delle
virtù politiche e delle virtù catartiche, Macrobio segue Porfirio
e quindi Plotino, ma poi - contrariamente alle sue fonti -
continua a mantenere la stessa disposizione anche riguardo alle
virtù degli altri due gradi 36•
1 06
Ciononostante io penso di poter sostenere che, per quanto
riguarda le virtù cosiddette supeÌiori, Macrobio si mantiene sulla
linea plotiniana e porfiriana; per quanto riguarda invece le virtù
civili , legge e interpreta le sue fonti in maniera molto personale e
non si limita a proporre la classificazione delle quattro virtù car
dinali, ma aggiunge elementi nuovi, come quello già evidenziato
sulla giustizia o come la considerazione relativa all'uomo virtuo
so che per essere tale diventa capo di uno Stato 37 . Infine Macro
bio sacrifica la funzione propedeutica che Plotino e anche Porfi
rio attribuiscono alle virtù civili e dimentica che queste, sia per
Plotino che per Porfirio, costituiscono semplicemente la prima
tappa del processo catartico e non il fine.
Sulla base di questa analisi , la linea Plotino-Porfirio-Ma
crobio potrebbe essere cosi tracciata: in Plotino si trova già tut
ta la sostanza della sentenza di Porfirio, ma collocata in un
contesto più ampio e connotato dall'afflato mistico che carat
terizza il pensiero plotiniano . Porfirio, quindi , rimane fedele a
Plotino, solo che a volte fa delle semplici parafrasi , a volte
commenta più liberamente e spesso schematizza il pensiero plo
tiniano, semplificandolo . Né credo che si possa sostenere che la
classe delle virtù paradigmatiche sia un'invenzione di Porfi
rio3 8 , forse si tratta piuttosto di una trasposizione arbitraria, o
forse di un tentativo di chiarificazione del reale pensiero di Pio
tino, oppure di una semplificazione. In effetti Porfirio defini
sce virtù esemplari quelle che Plotino non considera propria
mente virtù , ma semplicemente esemplari 39 , poiché le virtù « in
39 Enn. , l , 2, 6.
1 07
quanto derivate, come sono, di lassù , entrano m un soggetto
diverso » 40• Lo stesso Plotino, però, nonostante avesse affer
mato che gli attributi dell 'intelletto non possono essere definiti
virtù ma modeiH , dice infine che questi modeiH al limite posso
no essere considerati come virtù 4 1 ; lascia intendere, dunque,
che i na palir.iy lt n T a vengono definiti impropriamente virtù,
mentre Porfirio dice che lo sono propriamente: la differenza
tra Porfirio e Plotino sta solo in questo, per il resto - lo abbia
mo già visto - il senso che Porfirio attribuisce a tutte le virtù e
a tutti i livelli di perfezione rimane quello plotiniano. Macrobio
segue Porfirio per quanto riguarda la classificazione delle vir
tù; ma, per quanto riguarda il discorso intorno alle virtù catar
tiche e superiori , oltre a seguire Porfirio, mi pare probabile che
tenga presente anche Plotino. D'altra parte nel testo di Macro
bio non si riscontra la casistica di Porfirio secondo la quale
« chi agisce secondo le virtù politiche è un uomo saggio, chi se
condo le virtù catartiche è un uomo demonico o anche un de
mone buono, chi secondo le sole virtù che mirano all 'intelletto
è un Dio, chi secondo le virtù paradigmatiche è padre degli
dei » 42 ; casistica questa che non si trova neppure in Plotino, il
che induce ad ipotizzare che Macrobio segue Porfirio finché
questi rimane fedele a Plotino, ipotesi che dimostrerebbe la di
retta conoscenza dell' opera di Plotino da parte di Macrobio .
A proposito delle virtù civili e politiche, però, Macrobio si
1 08
allontana dalle sue fonti e, mentre Porflrio e Plotino distinguo
no tra fmalità legate alle virtù politiche e fmalità legate alle vir
tù catartiche, dice che il conseguimento della felicità eterna co
stituisce il fme comune di tutte le virtù, estendendo questo fme
anche alle virtù politiche. Ora il conseguimento della felicità,
che è una componente soggettiva del processo catartico insito
nella pratica delle virtù, risulta funzionale semplicemente al di
scorso politico di Macrobio; Plotino e Porfirio, infatti, non ne
trattano e fmalizzano la pratica delle virtù al conseguimento
della stessa virtù, tanto che Porflrio conclude la Sentenza con
alcuni giudizi di merito intorno alle singole virtù: « Per queste
ragioni le virtù "politiche" , poiché liberano l'anima da uno so
lo dei due mali O'unirsi con cose inferiori e con un eccesso di
passione), sono giudicate virtù e sono pregevoli, ma più prege
voli sono le virtù catartiche (al St Ka9ap't1Ka.ì 'tlJ.u.ciln:pat.) poi
ché la liberano dal male in quanto anima » 43 • Macrobio invece
conclude il suo discorso sottolineando il risultato che raggiunge
l 'individuo che pratica la virtù e ferma la sua attenzione sulla
felicità che viene riservata all'uomo virtuoso : « Se dunque que
sto è l'ufficio e l'effetto della virtù : rendere felici, e si . sa che
anche quelle politiche sono virtù, dunque anche con le virtù
politiche si raggiunge la felicità » 44 • Ciò sta a significare che
Macrobio, il quale certamente segue Porflrio e conosce Ploti
no, amplia i testi, asciutti e stringati, dei due maestri neoplato
nici per adattarli a Cicerone e ancora di più alla mentalità e alla
cultura latine.
Nel complesso, dunque, l'ottavo capitolo del primo libro
dei Commentarii in Somnium Scipionis presenta caratteri di
derivazione neoplatonica, ma nei dettagli esso esprime concetti
che risultano estranei all o spirito e alla lettera del neoplatoni-
43 Sentenza 32.
44 In Somn. , l, 8 , 1 2 .
109
smo . La stessa classificazione delle virtù, operata secondo uno
schema che risale direttamente a Porfrrio, ma che - come si è
visto - affonda le radici in Plotino e lontanamente anche in
Platone, risente della formazione e della cultura proprie del cit
tadino romano che spesso prende il sopravvento sull'erudito
neoplatonico 45 : tra i quattro livelli di virtù in cui si possono
esercitare la prudenza, la fortezza, la temperanza e la giustizia,
ossia tra il livello politico, il livello catartico, quello purificato e
quello esemplare, Macrobio rivolge maggiore interesse al pri
mo, a quello che si riferisce all'uomo in quanto essere sociale, e
ciò secondo la tradizione del realismo politico romano 46 •
Non è possibile stabilire se a questo proposito Macrobio ab
bia subito l'influenza di qualche altro fùosofo, tuttavia si può
affermare che egli si inserisce nel movimento generale del V se
colo, nel quale anche tra i fùosofi comincia a delinearsi un at
teggiamento nuovo, almeno rispetto a Plotino e a Porfrrio, ri
guardo ai problemi socio-politici 47 • Certamente la concezione
che delle virtù ha Macrobio presuppone la netta distinzione tra
virtù pratiche e virtù teoretiche e risulta più frammentaria di
1 10
quella delle sue fonti, caratterizzata dalla categoria della totali
tà, per il fatto che - molto di più in Plotino, ma anche in Por
fuio - sin dall ' inizio del processo ascensivo lo sguardo si volge
all'apice del processo stesso. Inoltre, con questa distinzione,
Macrobio dimostra di avere colto soltanto l' aspetto superficia
le della dottrina plotiniana delle virtù, per cui, sotto questo ri
spetto, la sua adesione al neoplatonismo rimane esteriore ed
epidermica. Ciò si evince tanto dal quadro generale relativo al
la classificazione delle virtù, quanto dalle definizioni di ciascun
livello di virtù .
Nel classificare le virtù, infatti, Macrobio ritiene che « alcu
ni sono resi felici dalle virtù contemplative e altri dalle virtù at
48 /n Somn. , l, 8, 1 2 .
49 /n Somn. , l , 8, }2.
50 In Somn. , l , 8, 1 2 .
'l Vd. , pe r esempio, In Somn. , l , 8, 6.
111
neoplatonica. Pumondimeno non si può non osservare che
l 'interesse di Macrobio per la vita politica coesiste accanto agli
elementi provenienti dal neoplatonismo e che questo interesse
non gli impedisce di attribuire una certa considerazione anche
alle virtù contemplative ed esemplari alle quali· l' anima si eleva
staccandosi dalla sensibilità 52 • In effetti Macrobio tenta di con
ciliare la tesi neoplatonica con quella di Cicerone e di trovare
un giusto ed equilibrato rapporto tra la fllosofia neoplatonica e
l 'attività politica, ancora importante, per un pagano romano
del IV-V secolo 5 3 •
1 12
relativa all'anima viene iniziata da Macrobio nel nono capitolo
del primo libro e prende l'avvio dal lemma di Cicerone in cui si
afferma che le anime dei governanti provengono dalla via lat
tea e i vi ritornano 54 • Cicerone si riferisce alla sorte delle anime
dei governanti, Macrobio estende il punto di vista di Cicerone a
tutte le anime che ne sono degne e procede alla descrizione del
la natura dell'anima, della sua origine e del suo destino cosmi
co: l'anima è, per Macrobio, peregrina su questa terra, poiché
proviene dal cielo e al cielo deve ritornare 55 •
Questa concezione, che mostra immediatamente la sua ma
trice neoplatonica, implica e presuppone un itinerario di sal
vezza che trae inizio dal distacco dalla materia e dalla conver
sione dell'anima in se stessa, da quel processo di introspezione
che, per i neoplatonici, costituisce il punto chiave dell'intero
processo catartico dell ' anima e che consiste nel yvéi>Ot
creaut6v 56 • Il significato del « conosci te stesso » emerge chiara
mente e dal contesto concettuale e dal contesto linguistico nei
quali è inserito: la saggezza dell'anima - dice Macrobio -
dum corpore utitur, è perfetta se l'anima è in grado di ricono
scere unde orta sit e de quo fonte venerit 51 • Mi pare opportuno
fermare l'attenzione sulla concezione prettamente neoplatoni
ca e specificamente plotiniana del corpo considerato come stru-
1 13
mento temporaneo dell'anima e sulla definizione, anch 'essa
neoplatonica, relativa alla vera saggezza, la quale risiede nella
capacità dell 'anima di riconoscere il suo luogo di origine e di
prendere coscienza della sua matrice e della sua essenza
divina 58 • Anche Plotino, nel descrivere il legame temporaneo
ed estrinseco dell 'anima col corpo, parla di utilizzazione del
corpo da parte dell'anima e paragona il corpo ad uno strumen
to: « Frattanto, poniamo pure l ' anima nel corpo - ella esiste,
invece, sia anteriormente a questo sia in questo - poiché quel
complesso che risulta dal corpo e dall 'anima trasse il nome di
vivente. Ora, l'uso di un corpo come di uno strumento (ola
òpyavq>) non comporta, di necessità, ch'ella abbia accolto , per
tramite del corpo , i suoi modi di sentire [ . . . ] » "" . E ancora, a
proposito del yvéi>81 aEau-r6v, Plotino sostiene che alla base dei
mali umani risiede l'inadeguata conoscenza che l'anima ha di
se stessa e che, se la maggior parte degli uomini vive una vita
bassa e indegna, ciò accade perché le anime non hanno coscien
za della loro vera natura, perché ignorano « sé stesse e la loro
origine » 60 •
Come Plotino 61 , dunque, Macrobio sostiene che l' anima
acquista le virtù catartiche proprio attraverso la conoscenza di
se stessa e attraverso la consapevolezza della propria nobiltà,
consapevolezza che le dà l 'impressione di continuare a possede
re il cielo anche su questa terra, grazie all a facoltà di ricordare
e di pensare . Cosi gli uomini di Stato e tutti gli altri sapienti
continuano ad abitare il cielo anche quando sono imprigionati
1 14
nel corpo: Civitatum vero rectores ceterique sapientes caelum
respectu. ve/ cum adhuc corpore tenentur. habitantes, facile
post corpus cae/estem. quam paene non reliquerant. sedem
reposcunt 62 • E come conseguenza di ciò le anime di coloro che
hanno acquisito le virtù ritornano al luogo di origine, al quale
sono rimaste legate; mentre le anime di coloro che sono rimasti
attaccati al corpo e alla materialità vengono private della possi
bilità di risalire il percorso della discesa e sono pertanto desti
nate a reincamarsi in altri corpi: [ . . . ] aut novi corporis ambit
habitaculum. non h umani tantummodo sed ferini quoque e/ec
to genere moribus congruo quos in homine libenter exercuit 63 •
62 In Somn. , l, 9, 6.
63 In Somn. , l, 9, 5. Per quanto riguarda questo passo, Scarpa propone
una traduzione che comporta un'interpretazione diversa da quella tradizio
nale: « [ . . . ] o aspira ad abitare un nuovo corpo perché ha scelto un genere di vi
ta adatto agli usi non tanto di un uomo ma di una bestia, usi che volentieri ha
seguito dentro l' uomo » . Questa traduzione, se accolta, potrebbe sminuire la
portata della questione posta da Linke ( Ueber Macrobius' Kommentar zu Ci
ceros Somnium Scipionis cit . , p. 247), da Schedler (Die Philosophie des Ma
crobius cit . , p . 67), da Mras (Macrobius ' Kommentar zu Ciceros Somnium
cit . , p. 253), da Courcelle (Le lettres grecques cit . , p. 22) e poi ripresa da Fla
mant (Macrobe et le Néoplatonisme latin cit . , p. 620), che riguarda appunto
la fonte del passo stesso. Secondo Linke, Schedler e Mras, infatti, la fonte di
questo passo sarebbe Plotino e non Porfrrio, poiché Plotino (Enn. , Il, 4, 2;
IV, 3, 1 2 ; VI, 7, 6) come Platone (Repubblica, 6 1 8a-620 sgg; Fedone, 8 1 e; Ti
meo, 49e, 92b) ritiene possibile la metempsicosi animale che invece Porfirio,
stando a quanto dice Agostino (De civitate Dei, X, 30), nega, almeno nel De
regressu . Courcelle, basandosi su Stobeo (Ecl. , l, 4 1 , 60), sostiene che se Por
firio nel De regressu nega il passaggio dell'anima umana nel corpo degli ani
mali e quindi si allontana da Plotino, nel flEpi I:tuy6ç riprende la teoria plo
tiniana, per cui non ci sarebbe motivo di dubitare dell'influsso di Porfirio su
Macrobio, solo che si deve pensare al Porfrrio del fl&pi I:tuy6ç e non a quello
del De regressu . Flamant è invece più cauto e mentre da una parte afferma
che nessuno dei passi delle Enneadi sulla metempsicosi può essere fonte diret
ta di Macrobio, dall'altra, tra il passo di Macrobio e il fl&p{ I:tuy6ç riscontra
delle analogie solo apparenti, pertanto non esclude che Macrobio possa avere
subito l'influenza di qualche intermediario latino più vicino alla posizione
1 15
Da queste premesse si evince già che la dottrina dell' anima
proposta da Macrobio va oltre il testo di Cicerone e porta chia
ri i segni dell 'influsso delle fonti utilizzat e: in primo luogo
Porfrrio 64 , in gran parte Plotino (sebbene Macrobio non citi
nessuno dei nove trattati plotiniani sull' anima che costituisco
no la quarta Enneade) e poi tutti i trattati sull' anima che fiori
scono in questo periodo e che ruotano intorno ai quattro temi
fondamentali già chiaramente individuati da Festugière: la na
tura dell'anima, l ' origine dell' anima, il rapporto anima-corpo,
il destino dell' anima 65 •
I l capitolo decimo del primo libro dei Commentarii è forse
quello che esprime, più degli altri, tematiche neoplatoniche. In
esso Macrobio introduce il discorso relativo al destino riservato
platonica corrente, il che è poi quanto è stato sostenuto da F. Bitsch (De Pla
tonicarum quaestionibus quibusdam Vergilianis cit . , p . 7 1 ). Ora, se si legge
Macrobio nel modo proposto da Scarpa, se, cioè, per ciò che non è solo uma
no ma anche animale non si intende il nuovo corpo ma un genere di vita che è
consono ai costumi non solo (del corpo) umano ma anche animale (genere
che gli stolti hanno scelto e seguito durante la vita precedente) - lettura, que
sta, un po' forzata, forse, ma tuttavia possibile - la posizione di Macrobio
circa la metempsicosi animale (che d'altronde si mostra solo in questo passo)
viene ad essere molto sfumata (addirittura, non emerge) e la questione relati
va alle fonti ne risulta semplificata, in quanto Macrobio si collocherebbe sul
la linea del Porfirio più noto, quello del De regressu .
64 Purtroppo d i Porfrrio non possediamo alcun testo intorno all'anima
sufficientemente ampio da poter essere considerato fonte immediata di Ma
crobio. Possiamo procedere solo per congetture e sulla base di ciò che ci è ri
masto . Da quanto risulta dal catalogo di Bidez, Porfrrio scrisse sei opere di
psicologia (nn. 33-38 Bidez) andate perdute, fra le quali l'Adversus Boethum
de anima di cui si trova qualche frammento in Eusebio. Ci sono però altre
opere nelle quali il tema dell'anima viene affrontato e delle quali ci rimane
qualcosa: il De antro nympharum, l'A d Marcellam, le Sententiae, qualche
frammento del De regressu animae e del llt:pi r:nry6ç, i l:UIJIJlKTa ZTIT{JIJa
Ta e poi i Commentari al Timeo e alla Repubblica di Platone, dei quali si tro
va qualche passo nei commentatori posteriori .
6' A. J . Festugière, La Révélation d'Hermès Trismégiste, Paris, 1 949-
1 954, vol. III, p. 3 sgg.
1 16
all' anima dopo la morte del corpo e cerca di penetrare il senso
di ciò che per l'anima è vera vita e di ciò che invece è morte,
muovendo dal breve ma denso lemma di Cicerone che è ricco di
spunti platonici: lmmo vero, inquit, hi vivunt qui e corporum
vinclis tamquam e carcere evo/averunt; vestra vero quae dicitur
esse vita mors est 66 • Una volta stabilito che la vera vita dell'ani
ma è quella anteriore alla sua discesa nel corpo e ha luogo nella
sede celeste e che la morte consiste nella discesa dell'anima nei
luoghi inferiori 67 , Macrobio si sofferma sulla descrizione di
questi luoghi, per meglio chiarire, sulla scorta delle antiche
dottrine, come il contatto dell'anima con essi ne determini la
morte e il distacco da essi la vita.
Durante la discesa dell'anima la vita si mescola alla morte, e
ciò accade perché l'anima si dirige verso gli inferi, ossia verso la
vita terrestre che, per Macrobio, è vita infernale: gli inferi, in
fatti, non sono altro che i corpi dentro cui le anime sono impri
gionate e da cui vengono indebolite e oscurate: [ . ] aliud esse . .
1 17
ti di questo passo è da attribuire direttamente a Macrobio 69 •
-
1 18
sto caso Macrobio opera la trasposizione filosofica di alcuni
miti non filosofici 7 1 e riesce a racchiudere in una pagina che a
me appare fra le più profonde dei Commentarii la maggior par
te dei concetti morali di matrice platonica e neoplatonica im
prontati ad un tipo di morale interioristica che egli dimostra di
avere perfettamente assimilato. Cosi il fiume Leté simboleggia
l'oblio dell'anima, ciò che causa nell 'anima la dimenticanza
della dignità della sua origine e la credenza che l 'unica vita sia
quella terrena; Flegetonte diventa il simbolo dell'ira e del desi
derio e cosi via. I dolori, le sofferenze, le angosce e le paure
che, secondo gli antichi miti, avevano luogo negli inferi vengo
no quindi trasportati all'interno dell'uomo 72 la cui coscienza
diventa norma e giudice della propria condotta: [ ] vu/turem . . .
1 19
torto i teologi a supporre ciò » 74 e inevitabilmente suscita nel
lettore la domanda sull'identificazione di questi teologi, che da
una parte sembrano essere collocati alle origini della civiltà e
anteriormente alla speculazione filosofica " e dall' altra vengo
no ritenuti capaci di interpretare all egoricamente e sotto il pro
filo morale gli antichi miti con una maturità che presuppone la
speculazione filosofica 76 • Io credo di poter desumere dal conte
sto che Macrobio si riferisce in primo luogo all 'interpretazione
dei miti antichi da parte degli iniziati ai sacri misteri suoi
contemporanei 77, e in secondo luogo a tutti i teologi, anche a
quelli delle religioni misteriche del II secolo d . C . i cui risultati
giungono fino alla sua età 78 •
1 20
chiamano morte la separazione dell'anima dal corpo, pochi pe
rò ritengono che la morte dell' anima consiste nella sua discesa
nel corpo, il quale per questa ragione è detto carcere e tomba
dell' anima 8 1 •
Il motivo secondo cui vivere è morire e morire è vivere è di
origine dionisiaco-pitagorica e lo troviamo espresso chiara
mente in Platone, dove Socrate si richiama proprio alla meta
fora del corpo-tomba (aéòj.J.a-af\ IJ.a) con l'espressione: « noi,
attualmente siamo morti e nostra tomba (Of\ IJ.a) è il corpo
( aéò!la) » 82 • In questo passo Platone si limita ad affermare che
il corpo è tomba dell'anima, esprimendo in tal modo lo stato di
morte di quest'ultima: altrove riprende la medesima metafora
e, unendola a quella del carcere, la utilizza in contesti diversi e
con intendimenti diversi. Nel Crati/o, ad esempio, ne dà una
spiegazione linguistica, oltre che filosofica e religiosa: « Dicono
alcuni che il corpo è af\ IJ.a (segno, tomba) dell' anima, quasi
che ella vi sia sepolta durante la vita presente; e ancora, per il
fatto che con esso l'anima CJ11 1J.a{vet (significa) ciò che CJ11 1J.a{V1J
(significhi), anche per questo è stato detto giustamente af\ IJ.a.
morte ascetica (vera vita dell 'anima), quella del filosofo che h a scelto d i vive
re come se il corpo non esistesse (In Somn. , l, 1 3) .
81 In Somn. , l , 1 1 , 3 : Nam, ut constet animai, necesse es t ut in corpore
anima vinciatur; ideo corpus Jé,.,aç, hoc est vinculum, nuncupatur et uw!Ja,
quasi quoddam uf1Jla, id est animae sepu/crum: unde Cicero, pariter utrum
que significans, corpus esse vincu/um, corpus esse sepu/crum, quod carcer est
sepo/torum, ait: qui e corporum vinc/is tamquam e carcere evolaverunt?
L'opinione secondo cui l'anima muore quando discende nel corpo è platoni
ca, e platonica è pure l'immagine del corpo-prigione e sepolcro (Fedone, 8 1 e,
82e, 83e, 84e, 1 1 4b-c; Crati/o, 400c) , anche se si tratta di un'immagine che af
fonda le sue radici in Empedocle e addirittura in Omero. D'altra parte il mito
della caverna o carcere viene assunto - come dice H. Blumemberg (Paradig
mi per una metaforologia, Bologna, Il Mulino, 1 969, p . 109 sgg.) - come
« metafora assoluta » dal neoplatonismo che in parte si riallaccia ad Empedo
cle, in parte a Platone e in parte all' omerica grotta delle ninfe.
82 Gorgia, 492e-493a: « [ . . . ] e davvero può darsi che noi in realtà siamo
morti ».
121
Però mi sembra assai più probabile che questo nome lo abbia
no posto i seguaci di Orfeo, come a dire che l'anima paghi la
pena delle colpe che deve pagare, e perciò abbia intorno a sé,
affmché aci>l;11Ta1 ( si conservi, si salvi, sia custodita), questa
cintura corporea a immagine di una prigione, e cosi il corpo,
come il nome stesso significa, è aéòJ,J.a (custodia) dell'anima
finché essa non abbia pagato completamente ciò che deve pa
gare » 83 • In un altro luogo del Gorgia Platone non parla di tom
ba e utilizza la metafora del carcere semplicemente in relazione
alla sorte che toccherà alle anime dopo la morte: le anime che
hanno condotto una vita disordinata e malvagia saranno giudi
cate e condannate e, pertanto, saranno mandate in prigione per
pagare il fio 114• Qui il corpo-prigione è visto da Platone come
luogo di castigo e di espiazione in quanto si vuole esprimere un
concetto escatologico, legato alle colpe che l'anima deve espia
re per conseguire la salvezza. Questa stessa concezione del cor
po-prigione viene espressa nel Fedone, dove in riferimento ai
misteri si dice che « noi uomini siamo come in una specie di car
cere » 85 e dove l 'unione col corpo è vis ta come una conseguenza
del destino dei malvagi, insaziabili di ciò che è corporeo 16 •
A questo punto mi pare utile soffermarmi sui vari significa
ti della metafora in questione or ora riscontrati in Pl ato ne, per
tentare di vedere poi in che modo questa metafora sia stata re
cepita o trasformata dal neoplatonismo e quali di questi signifi
cati siano stati privilegiati dai vari neoplatonici e da Macrobio
in particolare.
Nel primo passo sopra citato (Gorgia 492e-493a), il corpo è
definito semplicemente tomba dell ' anima, viene dunque privi
legiato un significato metaforico che implica una concezione
83 Crati/o, 400c .
114 Gorgia, 525a.
85 Fedone, 62b .
86 Fedone, 8 1 e.
122
negativa del corpo, in quanto viene evidenziata, in un contesto
etico, la condizione di morte dell'anima, equivalente allo stato
esistenziale di chi conduce una vita dissoluta. Nel Gorgia 525a
e nel Pedone 62b e 8 1 c, il corpo è detto soltanto carcere perché
il contesto è fortemente caratterizzato dalla componente misti
co-religiosa più che da quella etico-filosofica: il corpo è infatti
assimilato al carcere perché è considerato come un luogo di pe
na e di espiazione. Nel passo del Crati/o il corpo è definito, co
me in Gorgia 493a, tomba (oéi>J,La = ofi J,La: Kai yap ofi J.La
nvtç q>amv aù'tò Elvat 'tfl ç \lfuxft ç), ma Platone attribuisce due
significati al termine ofi J.La; quello di tomba e quello di segno (da
to che tramite il corpo l'anima si esprime); inoltre in questo pas
so la metafora della tomba viene associata - come si è visto -
a quella del carcere. Dunque nel Crati/o il corpo è tomba, car-
cere e segno. È tomba perché l'anima chiusa in esso perde la vi
ta; è carcere perché svolge una funzione che è, nello stesso tem
po, di castigo e di custodia; è segno perché costituisce lo stru
mento attraverso cui l' anima si manifesta.
Ora l'assimilazione del corpo col segno sembra essere uni
camente di Platone ed è priva di valenze negative; piuttosto si
spiega e si giustifica nel contesto linguistico del dialogo, secon
do cui il nome è uno strumento di conoscenza che consente di
penetrare all'interno delle cose, in quanto è tale per natura e
non per convenzione; questa metafora, dunque, si pone sem
plicemente ad un livello linguistico-conoscitivo ed esprime una
concezione positiva del corpo. Le altre due metafore, invece,
quella della tomba e quella del carcere, che risalgono a tradi
zioni più antiche 87 e che spesso in Platone si intrecciano e si so-
1 23
vrappongono per identità di significati , esprimono una conce
zione negativa del corpo. Ma, mentre la metafora della tomba
sta ad indicare semplicemente che l ' anima dentro il corpo è co
me morta ed il corpo è il suo sepolcro (ovviamente si tratta di
un sepolcro provvisorio, limitato all 'esperienza terrena e dal
quale l'anima può emergere o con l'esercizio della filosofia
mentre il corpo vive o, infine, con la liberazione totale a causa
della dissoluzione del corpo), la metafora del carcere è più
complessa o per lo meno ambivalente in quanto da una parte
indica il luogo di pena, di castigo e di espiazione dell ' anima e
dall 'altra il luogo della sua purificazione : l ' anima, chiusa nel
corpo , sconta la sua pena, come in una prigione, ma nello stes
so tempo è custodita nel corpo , finché non si sia completamen
te puri ficata dalle colpe passate .
Dopo Platone il corpo verrà spesso denominato tomba e
carcere insieme. Pagani e cristiani utilizzan o la stessa metafora,
anche se in contesti diversi , ma sempre per indicare la condizio
ne dell 'anima chiusa nel corpo e schiava degli istinti e delle
passioni 88• Con questi stessi significati la metafora della tomba
non sia di origine orfica ma di origine pitagorica (Filolao, Fr. 14, in Clemente
Alessandrino, Stromata, I I I , 1 7 : « Attestano anche gli antichi teologi e indo
vini che l'anima è congiunta al corpo per scontare qualche pena; e in esso
quasi in tomba è sepolto »); mentre di origine or fica sarebbe quella del corpo
prigione (doveva trovarsi in un canne orfico o in un verso dei misteri orfici).
Tuttavia le due tradizioni vengono presto associate e sicuramente questa as
sociazione - osserva Courcelle (Le corp-tombeau, p. 1 02) - è opera di Pla
tone. Platone però nel Crati/o 400c - pur mettendo insieme le due metafore,
pur riconducendo la metafora del sepolcro a quella del carcere tramite la me
diazione di aroçn tat - attribuisce agli orfici questa trasposizione e quindi fa
risalire all'orfismo la stessa connotazione escatologica della metafora. Sulle
interpretazioni del termine aroj.la presenti nel Crati/o platonico cfr. anche R.
Ferwerda, The Meaning of the Word 1X1MA in Plato 's Cratylus, in « Her
mes », 1 1 3 ( 1 985), pp. 266-279.
88 Il corpo e il mondo sono chiamati prigione dai cristiani dei primi seco
1 24
e del carcere è presente nel medioplatonismo 89 , la troviamo ne
gli scritti gnostici ed ermetici 90 e in Filone 9 1 , il quale la utilizza
anche nell'esegesi biblica 92 •
I neoplatonici riprendono in tutte le sue sfumature la me
tafora del corpo-tomba, la quale unita a quella del corpo-pri
gione sta a significare la negatività del corpo e della materia 93 •
Plotino utilizza la metafora del carcere e del sepolcro per in
dicare la condizione dell'anima caduta, la quale, per avere per
so di vista l'unità totale e per essersi rivolta solo agli esseri par
ziali, ha smesso di contemplare il voùç 94 ; quindi attribuisce ad
essa una marcata connotazione etica e, mi pare, non fortemen
te negativa, se l'unione col corpo non è tanto condizionante da
impedire all'anima di volgersi verso lo Spirito mentre è anco-
1 25
ra su questa terra " . Tuttavia Plotino - sulla scia di Platone -
non trova contrastante con questa sua concezione, semplice
mente etico-fùosofica, l'altra, più religiosa, secondo la quale la
caduta dell'anima è un castigo conseguente ad una colpa 96 •
Porfirio invece colloca la metafora del carcere i n u n contesto
che mi pare esclusivamente etico-filosofico 97 • E gli tratta
dell' essere eterno ed infmito, ed ha come fonte il quinto tratta
to della sesta Enneade di Plotino: L 'essere, pur essendo uno e
identico, � per intero, a un tempo, dappertutto; quindi affron
ta il problema della conoscenza di questo essere da parte
dell'uomo, il quale tanto più si avvicina ad esso quanto più rie
sce a rientrare in se stesso e a conoscersi, mentre se si allontana
da se stesso e si volge alle cose esteriori, si allontana anche dalla
fonte universale ed inesauribile della realtà e, dimentico della
sua origine, rimane prigioniero del non essere. La metafora del
carcere dunque indica proprio la condizione di lontananza 98
dali' essere e dal bene in cui viene a trovarsi l 'uomo corrotto che
vive « una vita servite ed empia e per questa ragione lontana da
Dio e dalla giustizia » 99 ; pertanto essa non sembra avere alcun
significato che oltrepassi la sfera etico-fùosofica per assumere
valenze mistico-religiose, e la stessa considerazione credo che
vada fatta per la metafora del sepolcro, utilizzata da Porfirio
1 26
00
in altro luogo 1 , ma sempre per indicare la condizione dell'ani
ma chiusa nel corpo e schiava delle passioni che provengono
dalla sensibilità.
Da questa breve rassegna si evince che alla metafora del
carcere e del sepolcro sono stati attribuiti significati diversi e
connotazioni diverse a seconda del periodo storico degli autori
che l'hanno utilizzata e della loro posizione fllo sofico-religio
sa: gli antichi teologi ai quali fa riferimento Macrobio concepi
vano il corpo-carcere come un luogo di espiazione, attribuendo
alla metafora un significato più religioso che fllosofico; e cosi
Filolao e, in un certo senso, anche Platone, nei quali sussistono
sia il significato etico-fllosofico che quello religioso. Il signifi
cato religioso, che - sebbene ad un livello secondario - si tro
va anche in Plotino, non si riscontra invece in Porfirio e, a mio
avviso, non emerge nemmeno dai Commentarii di Macrobio.
Ciò - credo - perché Macrobio, da una parte, mutua la me
tafora del carcere da Cicerone, il quale intende il corpo-carcere
semplicemente come catena e come custodia, e non come luogo
di castigo o tanto meno di espiazione 1 0 1 ; dall'altra perché nel
1oo Cfr. Vita Platini, XXII, 45 , dove Apollo, consultato da Amelio sul
destino dell'anima del suo maestro e sul luogo in cui questa era andata, pro
nuncia tra l' altro queste parole oracolari : « Ma ora che hai spezzato l'in volu
cro ed hai abbandonato la tomba dell'anima demoniaca, tu segui ormai, la
schiera dei demoni, ove aleggiano aure fragranti )) .
1 0 1 Cfr. a questo riguardo Tusculanae, l , 30; l , 4 9 e Il, 20; De amicitia,
IV, 1 4 è principalmente Somnium Scipionis, III, 1 3 , il passo che Macrobio ci
ta testualmente: [ . ] hi vivunt qui e corporum vinclis tamquam e carcere evo
. .
laverunt, e III, 1 5 Nel Somnium Cicerone traduce la q>poupa del Fedone tal
.
volta col termine carcere (III, 3) e talvolta col termine custodia (III, 4) e, pro
babilmente, con queste metafore intende paragonare il corpo con un luogo
dal quale l'uomo non può uscire senza il volere della divinità. Cfr. a questo
proposito R. Harder, Ueber Ciceros « Somnium Scipionis », in « Schriften
der KOnigsberger Gelehrten-Geselschaft, geisteswissenschaftliche Klasse )), 6,
3 ( 1 929) n. 5-7, il quale sottolinea che in Cicerone il corpo-prigione non è in
teso come un luogo di punizione, ma piuttosto come un luogo dal quale non è
1 27
commentare il passo ciceroniano lo interpreta e lo integra uti
lizzando elementi neoplatonici di matrice porfrriana: « [ . . . ]
quindi Cicerone indica insieme l'uno e l'altro concetto: che il
corpo è una catena e che il corpo è un sepolcro perché è un car
cere di sepolti » 1 02 •
Pertanto, nel leggere la metafora del carcere e del sepolcro
tramandata dalla tradizione, Macrobio trascura la dimensione
religiosa; persino quando fa riferimento alle teorie degli antichi
sacerdoti intorno all'identificazione degli inferi coi corpi si li
mita a trasporre all'interno dei corpi tutte le sofferenze che si
pensava si soffrissero negli inferi, senza cogliere in queste sof
ferenze l'idea dell'espiazione, bensi soltanto quella della puni
zione, del castigo . Nella metafora del carcere e del sepolcro di
Macrobio manca - a mio avviso - la connotazione salvifica
legata al concetto di espiazione, mentre mi pare di potervi indi
viduare la connotazione etico-filosofica con il conseguente
concetto della purificazione che si attua attraverso la pratica
delle virtù.
1 28
quello dei platonici neopitagorici; il terzo quello dei neoplato
nici. Il primo divide l'universo in due parti, una attiva e immu
tabile e l'altra, che deriva dalla prima, passiva e sottoposta a
mutamento; la prima parte va dalla sfera Ò.7tì.. a vflc; alla luna, la
seconda dalla luna alla terra, cosicché la luna costituisce il con
fine tra la vita e la morte 1 04 • Il secondo gruppo divide l 'univer
so in tre strati successivi nei qu_ali si trovano sempre i quattro
elementi, ma visti in maniera diversa 105 • Il terzo gruppo divide
il mondo in due parti : una celeste, detta Ò.7tÌ.. a vfl c;, e una infe
riore che comprende le sette sfere planetarie, ciò che sta tra i
pianeti e la terra e la stessa terra 106 • Secondo quest'ultima dot-
1 29
trina, che è quella seguita da Macrobio, fmché le anime abitano
la sfera celeste sono ab omni cuiuscumque contagiane corporis
liberae 107 ; quando invece cominciano a nutrire il desiderio del
corpo e della vita terrena abbandonano questa sede e scivolano
paulatim (a poco a poco) verso il basso attraverso le sfere plane
tarie dove acquistano le varie qualità, si rivestono gradualmente
di materia e cominciano a subire il contatto del male; [ ] in sin . . .
1 30
Il capitolo dodicesino dei Commentarii, che costituisce la
sezione più studiata dalla critica, è dedicato alla discesa
dell' anima attraverso queste sfere, alla causa di questa discesa,
alla trasformazione dell'anima da monade in diade o, sotto
l'aspetto geometrico, da punto in cono 1 09 e alla sua incarnazio
ne. Le anime partono dalla via lattea 1 1 0 e, passando dalla porta
del Cancro in cui la galattica interseca lo zodiaco 1 1 1 , scendono
fino al segno del Leone dove sunt rudimenta nascendi m. In
questa discesa perdono la forma rotonda e assumono quella
conica, come « dal punto nasce la linea e si estende in lunghezza
a partire da un inizio indivisibile e cosi dal suo punto che è la
monade, giunge a formare la diade, che è il primo prolunga
mento » 1 1 3 •
7, 2) ed ermetica (Poimandres, 25-26) - che Proclo (In Tim. , III, 234, 26) at
tribuisce a Porfirio - si trova in diversi luoghi porfrriani come la Sentenza 29 e
presso Stobeo, Ecl. , II, 1 7 1 , 2 sgg. (cfr. A. R. Sodano, traduzione e commento
della Sentenza 29, in Porfirio, Introduzione agli intellegibili cit. , pp. 30-32.
1 09 In Somn. , l, 1 2 , 6. Altra caratteristica attribuita da Macrobio all'ani
ma � quella della sua unità e insieme della sua divisibilità, il che ha fatto pensare
che l'anima per Macrobio abbia un'essenza matematica. Questo problema era
stato posto da Plotino nel terzo e nel nono trattato della quarta Enneade ed era
stato risolto con l'affermazione secondo la quale le anime, anche se distinte, so
no ÒIJO&ili&\ç (della stessa natura) e che la loro divisione in parti non distrugge
la loro unità (Enn. , II, 3, 2). Plotino però distingue un'anima universale che sta
sempre vicina allo Spirito, un'anima del mondo e le anime individuali; Porfrrio
non sembra distinguere l'anima universale dall'anima del mondo e cosi pure
Macrobio (In Somn. , l, 6, 20). È tuttavia certo che per Macrobio, come per
Plotino e per Porfrrio, le anime sono ÒIJO&ili&lç.
1 1 o Secondo P. Boyance (Etudes sur le Songe de Scipion cit . , p. 1 37), il
riferimento a Pitagora di In Somn. , l, 1 2, 3 ci induce a intendere la dottrina
della via lattea simbolicamente, più come una dottrina misteriosa che come
un mito, come una dottrina in tutto analoga, nella sua presentazione, alle
formule del « catechismo degli acusmatici » . (Su ciò cfr. A. Delatte, Etudes
sur la litterature pythagoricienne, Paris, 1 9 1 5 , p. 27 1 sgg.).
1 1 1 In Somn. , l , 1 2, 1 -3 .
1 1 2 In Somn. , l , 1 2 , 4 .
m In Somn. , l , 1 2 , 5-6.
131
L'inizio di questo capitolo è indicativo dell'uso che Macro
bio fa delle sue fonti e, in questo caso particolare, della fonte
omerica, fùtrata attraverso Porflrio 1 14 • Nell'esporre la teoria
del De antro porflriano - secondo la quale l'anima discende
attraverso la porta del Cancro e risale attraverso quella del Ca
pricorno - Macrobio opera una contaminazione dei capitoli
ventiduesimo e ventottesimo dell' opera di Porfirio, contamina
zione che gli consente di unificare due simboli distinti e indi
pendenti tanto in Omero quanto in Porfirio 1 1 5 • Infatti Porflrio
nei capitoli dal ventesimo al ventitreesimo interpreta i due in
gressi della spelonca di Itaca - uno dei quali è riservato agli
uomini e l'altro agli dei - in senso simbolico, nel senso, cioè,
che il primo ingresso indica la costellazione del Cancro, attra
verso cui le anime scendono, e il secondo la costellazione del
Capricorno, attraverso cui le anime purificate ritornano alla
loro sede; nel ventottesimo capitolo, invece, interpreta un altro
luogo omerico (v. 1 1 2) e afferma che « le porte del sole » altro
non sono che il Cancro e il Capricorno, ossia i limiti estremi
dell' eclittica. Macrobio apre il capitolo con un'osservazione di
ordine astronomico in cui identifica le porte del sole con il Can
cro e il Capricorno e poi immediatamente attribuisce a queste
porte il simbolismo che Porfirio aveva attribuito alle omeriche
porte della spelonca di Itaca 1 1 6 • In effetti Macrobio da una par-
dell' Odmea. A tale proposito cfr. anche K. Mras (Macrobius ' Kommentar
zu Ciceros Somnium cit. , pp . 26-27) e P. Courcelle (Les lettres grecques cit. ,
p. 30 e n. l ) , il quale però ritiene che nei tratti principali la dottrina della di
scesa dell'anima contenuta nei Commentarii dipende dal nepi Etuy6ç di
Porfirio e per quanto riguarda la fonte di questo passo non esclude che possa
trattarsi anche del Commentario alla Repubblica dello stesso Porfirio.
n ' Cfr. A Setaioli, L 'esegesi omerica del Commento di Macrobio al
1 32
te vuole illustrare la discesa dell'anima attraverso le sfere cele
sti, secondo la tradizione del simbolismo neoplatonico; dall'al
tra, sospinto dali 'interesse enciclopedico, intende dare una le
zione di astronomia; pertanto lega la filosofia neoplatonica
sulla discesa dell'anima alle teorie astronomiche del tempo, e
non si limita ali ' esegesi neoplatonica di passi presi qua e là (in
questo caso Omero e Porfirio o Porfirio che commenta Ome
ro ), ma fa piuttosto un compendio di interpretazioni che unisce
abilmente per dare corpo ad un discorso che nella sostanza filo
sofica è neoplatonico, ma che vuole essere anche il resoconto
delle dottrine scientifiche e filosofiche che costituiscono il suo
bagaglio culturale 1 1 7 •
Ora, per quanto riguarda In Somn. , l, 1 2 , 1 - 3 1 1 8 sembra
1 33
fuor di dubbio che la fonte primaria sia Numenio, anche per
ché la stessa dottrina viene attribuita a Numenio espressamente
da Porfirio 1 1 9 e da Proclo 1 l0; Leemans 1 2 1 , addirittura, fa risali
re tutto il capitolo dodicesimo a Numenio e cosi pure De
Ley 1 22 , Dodds 1 23 e Flamant I 2A . Al contrario, sia Des P laces,
nella sua edizione dei frammenti di Numenio m , sia Beutler 1 26
pp. 28-3 1), da F. Cumont (Comment Plotin détouf7Ul Porphyre du suicide cit . ,
pp. 1 1 9- 1 20; Les religions orienta/es cit . , p . 301 , n . 28; Recherches sur le Sym
bolisme funéraire des Romains cit . , p. 1 4 1 ); da R. Beutler (ree. a E. A. Lee
mans, Studie over den Vijsgeer Numenius von Apamea mel Uitgave der Frag
mente cit . , in « Gnomon », ( 1 940), p. 1 1 3 sgg. e Numenius, in « P . W . » , suppl.
VII, 1940, coli. 676-677), da M. A. Elferink (La descende de l'Ome d'apm Ma
crobe cit . , pp. 8-28), da E . Dodds (Numenius and A mmonius cit . , pp. 8- 10), da
H. De Ley (Macrobius and Numenius cit . , pp. 27-SO).
1 1 9 De antro nympharum, c. 28 .
I lO In Rem. , Il, 1 28, 26 e 1 29, 1 -2S . La fonte diretta di questo passo di
Macrobio pertanto non può che essere la stessa di quella di Proclo, e cioè Porti
rio. K. Mras e, fra gli italiani, A. Setaioli pensano - come si è visto - al De
antro; P. Courcelle (Les lettres grecques cit . , p. 24 e n. l ), H. De Ley (Mac�
bius and Numenius cit . , pp. 1 2-2!5), J . Flamant (Macrobe et le Néoplatonisme
latin cit . , pp.SSO-SS2) e E. A. Leemans (Studie over den Vijsgeer Numenius
von Apamea met Uitgave der Fragmente cit . , p. 43) ritengono invece che Ma
crobio si sia ispirato al Commentario alla Repubblica dello stesso Porfrrio. M.
A. Elferink, che ha dedicato a questo tema un intero studio, sulla base del fatto
che nel testo di Macrobio la dottrina di Numenio sulle due porte del cielo è �
guita da un'allusione alla descrizione della creazione dell'anima del Timeo,
3Sa, ipotizza che la fonte di Macrobio potrebbe essere il Commentario al Ti
meo di Porfrrio dal quale Macrobio avrebbe tratto anche le sue conoscenze
astronomiche; infatti - secondo Elferink (La descente de l'Ome d'apm Ma
crobe cit . , p. 7 sgg. e pp. 40-4 1 ) - Macrobio si limita a riferire la concezione
della discesa dell'anima attraverso i segni zodiacali senza farla propria, perché
risulterebbe in contrasto con la sua teoria della discesa dell'anima attraverso i
pianeti.
1 2 1 Studie over den Vijsgeer Numenius von Apamea met Uitgave der
Fragmente cit . , pp. 48-S S .
1 22 Macrobius and Numenius cit . , p p . 1 2-2S .
123 Numenius and A mmonius cit, pp. 8-10.
12A Macrobe et le Néoplatonisme la tin ci t., p. S46 sgg.
m Fr. 34 e pp. 84-8S .
1 34
restringono l' influenza di Numenio a /n Somn. , l, 12, 1 -3 per il
fatto che notano un allontanamento da Numenio da parte di
Macrobio li dove Macrobio attribuisce all 'anima una for
ma geometrica, mentre Numenio concepiva l'anima come nu
mero 1 27 • Anche Elferink, partendo dal fatto che alcuni plato
nici - sulla base del Timeo, 35a, in cui l ' anima è descritta co
me un misto di essenza divisibile e di essenza indivisibile -
concepiscono l'anima in termini geometrici e pertanto si distac
'
cano dalla concezione di anima-numero di Numenio, ritie
ne che la dottrina di Macrobio su questo punto si allontani da
quella di Numenio e si ispiri a quella di Severo 1 28 , il quale con
cepisce l 'anima proprio come una figura geometrica costitui
ta dal punto (indivisibile) e dalla linea (divisibile). Dodds, ri
prendendo la tesi di Leemans, ritiene invece che la figura geo
metrica usata da Macrobio sia una metafora, per nulla incom
patibile con la concezione aritmetica dell'anima di Numenio 129 •
1 35
Ora io penso che in questo caso Macrobio - che si ispira
direttamente a Porfirio e, attraverso Porfrrio, a Numenio e
forse anche ad altri platonici - utilizza la sua fonte molto libe
ramente. Pertanto non credo che la forma rotonda e quella co
nica, che il punto e la linea di cui egli parla possano intendersi
come semplici metafore geometriche della dottrina aritmetica
di Numenio, in quanto Macrobio non utilizza il linguaggio geo
metrico in modo esclusivamente metaforico come, per esem
pio, accade a Plotino a proposito della discesa dell'anima 1 30 •
Ma se non si può parlare di metafora tout-court non si può
neanche parlare di assunzione di una vera e propria forma geo
metrico-stereometrica da parte dell 'anima, poiché l ' anima per
Macrobio ha soltanto una struttura geometrica essenziale che
le consente di unirsi ai corpi solidi 1 3 1 • Macrobio in sostanza
vuole dimostrare il carattere intermediario dell'anima, la quale
sta tra il mondo intellegibile e il mondo sensibile; e poiché que
sto carattere è legato alla struttura tridimensionale dell 'anima
stessa, le attribuisce tale struttura, che individua nella progres
sione dei numeri . Cosi l'anima da una parte assume l'essenza
della tridimensionalità propria dei corpi geometrici, dall'altra
non perde l 'essenza dell 'intellegibilità propria dei numeri; e,
mentre partecipa dei corpi, mantiene la sua caratteristica di in
corporeità 1 32 •
1 36
Quindi attraverso il parallelo tra le figure geometriche e i
numeri - che d'altronde è una costante del platonismo - Ma
crobio esprime il concetto della divisibilità e dell'indivisibilità
dell'anima e ripropone la concezione espressa da Platone nel
Timeo, 35a. Infatti utilizza le immagini della sfera e del cono,
tratte dal campo geometrico, e quelle del punto e della linea,
mutuate ancora una volta dalla geometria, per indicare il pas
saggio dall'unità alla molteplicità: [ . . . ] anima descendens a te
reti, quae sola forma divina est, in conum defluendo produci
tur, sicut a puncto nascitur linea et in longum ex individuo pro
cedit 1 33 ; ma sottolinea il fatto che il punto e la linea corrispon
dono ai concetti matematici di monade e di diade 1 34, i quali
esprimono rispettivamente i concetti dell 'indivisibilità e sempli
cità dell'anima, come essenza divina, e della divisibilità e mol
teplicità della stessa anima, attratta dal corpo e pertanto este
sa, divisa e molteplice, e si identificano l'una con la �oç OOaia e l'altra
con la IJ.Epta'tlÌ oùa{a del Timeo, 35a.
A questo punto mi pare che possa essere superata la querel
le intorno alla fonte dei paragrafi 5-7 del capitolo dodicesimo
dei Commentarii se si accorda a Macrobio una certa autono
mia nei confronti delle sue fonti e una certa capacità di rielabo
rare personalmente il materiale a sua disposizione e se si pre
scinde dalla distinzione di fondo tra essenza aritmetica ed es
senza geometrica dell'anima, la prima propria della concezione
numeniana, come si evince da Proclo m , la seconda attribuibile
ad altri medioplatonici come Severo . Macrobio, in effetti, se
gue l'una e l'altra concezione e le amalgama in maniera perso
nale tenendo presente il Timeo di Platone come egli stesso dice
espressamente: « Questa è l'essenza che Platone, parlando della
In Somn. , l, 1 2 , 5 .
1 33
1 34In Somn. , l , 1 2 , 5-6: [ . . ] ibique a puncto suo, quod est monas, venit
.
1 37
creazione dell'anima cosmica, ha definito nel Timeo ' ' indivisi
bile e divisibile insieme ' ' perché le anime, tanto quella del mon
do come quella di un uomo, come sarà possibile constatare, so
no immuni da divisione se si riflette alla semplicità della natura
divina, e insieme vi sono soggette: ciò avviene quando l'anima
del cosmo si diffonde per le membra del mondo e quella umana
per le membra dell'uomo. Dunque l'anima, quando viene at
tratta verso il corpo, in questa sua prima estensione comincia a
sperimentare il selvaggio disordine, la fiÀll , che rifluisce verso
di essa. Platone lo ha sottolineato nel Pedone, dove dice che
l'anima viene attratta verso il corpo in uno stato di trepidazio
ne a causa della sconosciuta ebbrezza: voleva cosi intendere il
mai provato contatto con la sordidezza della materia, che tra
scina via l'anima impregnandola e appesantendola » 1 36 •
Questo passo, oltre ad essere - come si è visto - un com
mento al Timeo, 35a, che troviamo pressappoco negli stessi ter
mini in Porfirio 1 37 e in Plotino 1 31, è anche un commento al Pe
done, 79c.
Con esso Macrobio si riallaccia ad un altro tema ricorrente
nel platonismo, quello secondo cui l'anima nel « diffondersi
per le membra del mondo e per le membra dell'uomo » si assog
getta alla divisione e alla dispersione del molteplice 1 39 e viene a
trovarsi in uno stato di disordine e di oblio causato dal soprag-
138
giungere della i>ì.:n 1 40 • L'anima discende proprio perché è at
tratta dalla materia di cui nutre un desiderio malsano e segre
to 1 4 1 e, gradualmente, si cinge di vari rivestimenti materiali che
vanno dall'6XTt J.1a al corpo fangoso, per cui assume quella con
dizione che in terris vita vocitatur 1 42 • In questa discesa, però,
essa acquista le varie qualità o funzioni che dovrà esercitare
sulla terra; nel cerchio di Satumo acquista il raziocinio e l'intel
ligenza (À.O"ftCJttK6v e 9&roprrnK6v), nel cerchio di Giove la for
za di agire (xpaKttK6v), in quello di Marte l'ardore del corag
gio (9UJ.LtK6v), in quello del Sole la capacità di sentire e di pen
sare (alo9TtTtK6v e cpavTaottK6v), in quello di Venere il movi
mento del desiderio (È7tt9UJ.LTtttK6v), nel cerchio di Mercurio la
facoltà del dire e dell'interpretare ciò che sente (ÈPJ.11lVEU'ttK6v),
nel globo della luna la capacità di generare e di accrescere i cor
pi (cputtK6v) 1 43 • Pertanto la discesa dell' anima, con la conse-
1 42 In Somn. , l , I l , 1 2 .
rame d 'apm Macrobe cit. , p. 33), questo passo potrebbe essere improntato,
come gli altri, al Commentario al Timeo di Porfirio, anche perché Macrobio
allu de all'acquisizione delle qualità in un altro passo relativo all 'astronomia
(In Somn. , l, 1 9, 23) che come fonte ha sempre il Commentario al Timeo. J .
Flamant (Macrobe e t le Néoplatonisme latin cit . , p. 5 5 7 sgg. ) osserva che
questa dottrina risente delle teorie orientali: è infatti presente negli Oracoli
Caldaici, nei quali l'astronomia appare più rudimentale (si tratta di tre sfere);
ricompare poi, maggiormente articolata, nei neoplatonici; ma doveva essere
presente nei viri novi attaccati da Amobio (Adversus nationes, 2, 1 6) e discepoli
1 39
guente acquisizione delle qualità e delle funzioni , non è del tut
to malefica, ma ha una parte di positività 1 44, per cui credo pos
sa affermarsi che Macrobio, pur ereditando d a Numenio una
visione cosmologica di tipo gnostico, non ne recepisce lo spirito
secondo il quale nelle sfere planetarie esisterebbe un potere ma
lefico .
Come i neoplatonici e contro gli gnostici, dei quali tutta
via pare desumere la topografia celeste, Macrobio ritiene che
il mondo sia bello e armonioso e che gli astri siano divini 1 45 ;
e , quando affronta i l problema della funzione dell 'anima co
smica in rapporto al mondo, si adegua agli schemi plotinia
ni 1 46, secondo i quali l'anima ha una funzione creativa e vivifi
catrice 1 47 • Occorre sottolineare, però, che per quanto riguar
da la discesa delle anime individuali egli si scosta da Plotino,
per il fatto che considera sempre un male tale discesa laddove
Plotino sembra distinguere la discesa delle anime (necessaria e
di Numenio e di Crono . Allora egli pensa che la fonte potrebbe essere sempre
Numenio filtrata attraverso Porfirio del Commentario alla Repubblica. Nu
menio, infatti , sostiene che l'anima comincia ad essere toccata dal male pri
ma di entrare nei corpi, al suo primo contatto col mondo, e che le sfere plane
tarie giocano la loro parte nell'adattamento delle anime ai corpi.
1 44 Macrobio non riflette certamente il pessimismo dei Poimandres o di
Servio, secondo cui le anime scendendo nelle varie sfere non acquistano qua
lità, ma vizi e difetti. A questo proposito J . Flamant (Eiéments gnostiques
dans l'reuvre de Macrobe cit . , pp. 1 39- 1 42) osserva che Macrobio rispecchia
il miglior platonismo, quello plotiniano, ed « esorcizza il demone gnostico » ,
ossia i l pensiero gnostico.
1 45 I n In Somn. , l, 1 9, 20 Macrobio afferma che non possono esistere
astri benefici e astri malefici e in In Somn. , l, 19, 2 1 -26 e l, 19, 27 utilizza
Plotino (Enn. , I l , 3) e Tolomeo (Harmonica) non tanto per analizzare i rap
porti numerici che reggono le posizioni degli astri e permettono la conoscenza
del futuro, come in Tolomeo , o per salvare l 'unità della volontà divina al di là
dei capricci apparenti degli astri, come in Plotino; ma principalmente per sal
vare la divinità di tutti i pianeti, per negare la malvagità degli astri .
146 Cfr. Enn. , V, 2.
147 Cfr. In Somn. , l , 14, 5.
1 40
utile) 1 48 dalla caduta di queste (volontaria e colpevole) 1 49 • In
Macrobio, dunque, coesistono due visioni: una cosmologica
ottimistica e una antropologica pessimistica 1 50 , due visioni che
probabilmente sono il risultato della contaminazione, che si ri
scontra già nella sua fonte immediata - in questo caso Porfi
rio - tra il plotinismo da una parte e le religioni orientali, se
gnate dal pessimismo gnostico, dall'altra.
141
razione dell'anima dal corpo, e la morte filosofica, ossia il di
stacco dell'anima da tutto ciò che è legato alla corporeità, trami
te l' ascesi eticCK:atartica: [ . . . ] duas adserit mortes quorum unam
natura, virtutes alteram praestant. Homo enim moritur cum ani
ma corpus relinquit solutum /ege naturae; mori etiam dicitur
cum anima, adhuc in corpore constituta, corporeas inlecebras
philosophia docente contemnit et cupiditatum dulces insidias re
liquasque omnes exuitur passiones m . Ora, poiché il saggio non
può porre fine alla propria vita procurandosi volontariamente il
primo tipo di morte m, in attesa che questa arrivi naturalmente,
non ha altra possibilità che quella di scegliere la morte filosofica
uccidendo le passioni. Questo è, in sintesi, quanto Macrobio re
cepisce da Platone e, più direttamente, da Plotino e da Porfrrio,
e questo è l'espresso contenuto della risposta che Cicerone mette
in bocca a Paolo l'emiliano, interrogato dal figlio circa la possi
bilità di darsi volontariamente la morte m .
M a mentre Cicerone condanna i l suicidio i n nome della leg
ge che presiede alla generazione degli uomini u• i quali, in
quanto sottoposti a questa legge, sono destinati ad abitare nel
« carcere del corpo » finché Dio non li liberi, per non sfuggire
alla missione loro affidata m; Macrobio - sempre nell'intento
di conciliare Cicerone col platonismo - dà un respiro più am-
petendam, illam vero quam omnibus natura constituit cogi ve/ in/erri ve/ ac
cersiri vetat.
I SJ In Somn. , I, 1 3 , 34, e Somn. , III, 3 .
I S4 Somn. , I I I , 4: Homines enim sunt hac lege generati qui tuerentur il
lum globum, quem in hoc tempio medium vides, quae Te"a dicitur.
1 ss Somn. , III, S : Quare et tibi, Publi, et piis omnibus retinendus animus
est in custodia corporis nec iniussu eius a quo il/e est vobis datus, ex hominum
vita migrandum est ne munus humanum adsignatum a deo defugisse videomini.
1 42
pio al suo discorso, che arricchisce raccogliendo a piene mani
materiale dalla sapienza platonica e neoplatonica. Così in pri
mo luogo si richiama al Pedone, dal quale trae lo spunto per
operare la distinzione tra morte naturale e morte filosofica e
per sottolineare che la morte ascetica o filosofica, l'unica che
deve essere perseguita dai sapienti, avviene ex secundo virtu
tum ordine, quae solis philosophantibus aptae sunt; in secondo
luogo si richiama al nono trattato della prima Enneade di Pio
tino, del quale recepisce le linee generali e i concetti fondamen
tali senza però seguirne l'ordine.
Plotino nel corso del capitolo tredicesimo dei Commentarii
viene chiamato in causa espressamente ben cinque volte. Il pri
mo argomento plotiniano contro il suicidio riferito da Macro
bio è quello secondo il quale il saggio, che dovrebbe essere libe
ro e puro da qualsiasi passione, nel momento in cui si dà la
morte diventa schiavo della passione, poiché il suicidio altro
S6
non è che la conseguenza di una passione I .
Questo argomento, che nel trattato plotiniano viene collo
cato in seconda linea, viene utilizzato prioritariamente da Ma
crobio; mentre l'argomento che Plotino pone all'inizio del suo
trattato viene collocato da Macrobio al secondo posto ed è
quello secondo il quale la morte violenta, anziché liberare l'ani
ma dal corpo, la costringe a trascinarsi dietro qualcosa di
corporeo 157 • Macrobio inoltre aggiunge all'argomento plotinia
no, che non va oltre i termini sopra esposti, una riflessione per
sonale secondo la quale le anime dei suicidi vagherebbero in-
1 43
tomo al corpo e alla sua sepoltura 1 58 • Il terzo argomento di
Plotino - che è posto in stretto rapporto col precedente, in
quanto costituisce il presupposto della totale liberazione
dell'anima, e che si fonda sulla necessità che sia il corpo ad ab
bandonare l'anima e non viceversa - in Macrobio diventa un
argomento a sé, fondato piuttosto sul rapporto numerico che
lega le anime ai corpi : « Finché sussistono questi numeri il cor
po continua a essere vivo, ma quando vengono a mancare subi
to si dissolve la forza arcana su cui si fondava quella associa
zione di corpo e di anima » 1 59 • Infine il quarto argomento, che
anche Plotino tratta per ultimo, è quello secondo cui il saggio,
con la morte violenta, oltre a compromettere la propria purifi
cazione a causa della passione che lo spinge al suicidio, pone un
limite alla stessa possibilità di purificarsi; il che è certamente un
male dal momento che la ricompensa celeste è corrispondente
al grado di perfezione raggiunto sulla terra 1 60 • A questo riguar
do Macrobio fa una precisazione e allude al De regressu di Por
fino, precisamente là dove Porfirio afferma che il prolunga
mento della vita è un dono di Dio finalizzato al conseguimento
della perfetta purificazione dell'anima 1 6 1 •
Le maggiori autorità invocate da Macrobio per quanto ri-
15 8 In Somn. , l , 1 3 , IO: Et re vera ideo sic extortae animae diu circa cor
pus eiusve sepolturam vel /ocum in quo iniecta manus est pervagantur.
159 In Somn. , l, 1 3 , l l - 1 2. Plotino in Enn. , l, 9 si limita a parlare dell' ar
monia attraverso la quale il corpo trattiene l'anima: Tflç ap�toviaç aÙTOU
oùKtTl oGTll ç, flv fxov Elx11 Tt'Jv wux'flv. F. Cumont (Comment Plotin détour
na Porphyre du suicide cit . , p. 1 1 8) sottolinea l 'influenza del pitagorismo sul
la dottrina del suicidio sia di Plotino e di Porfirio che di Macrobio.
1 60 In Somn. , l, 1 3 , 1 5 : Cum constet, inquit, remunerationem animis il
/ic esse tribuendam pro modo perfectionis ad quam in hac vita unaquaeque
pervenit, non est praecipitandus vitae finis eu m adhuc proficiendi esse possit
accessio.
1 6 1 Cfr. J . Bidez, Vie de Porphyre cit . , pp. l 58- l 62 e pp. 27-44 , dove vie
ne ricostruito il trattato porfiriano sulla base della citazione del De civitate
Dei, X, 29-30.
1 44
guarda la condanna del suicidio sono, dunque, Platone e Ploti
no, il cui pensiero viene riferito quasi per intero - tranne che
per l'unica possibilità di suicidio ammessa dall'autore delle En
neadi, per quella forma di suicidio posta tra gli eventi inelutta
bili (tv toic; àvayKaimc;) ossia « tra le cose che vanno decise in
seguito a determinate circostanze e non tra le cose di semplice
scelta » 1 62 ; alla fine viene richiamato pure Porfirio con l'espres
sione: in arcanis de animae reditu disputationibus, che sembra
essere la traduzione diretta del titolo originale greco dell'ope
retta porfiriana sul ritorno dell'anima 1 63 • Tuttavia la questione
relativa alle fonti di questo capitoletto dell'In Somnium è stata
molto discussa, sempre a causa dell'abitudine comune agli eru
diti romani di quel tempo di non menzionare le opere che con
sultavano, ma piuttosto gli autori in queste citati. Questo fatto
ha indotto gli studiosi ad andare oltre quello che afferma Ma
crobio intorno alle sue fonti e a tentare di individuare queste
per altre vie 1 64 •
Per quanto concerne il riferimento al Pedone, 62b e 67e,
Cumont avanza delle riserve sulla possibilità che Macrobio ab
bia letto direttamente il dialogo di Platone, per il fatto che nel
l'opera macrobiana sono presenti l'espressione « morte fisica »
e la distinzione di questa dalla morte filosofica, che non si ri
scontrano in Platone cosi come non si riscontrano in Plotino,
mentre sono tipicamente porfiriane 1 65 • Per Platone - argo
menta Cumont - le virtù che liberano dalle passioni non con-
1 62 Enn. , l, 9.
1 63 In Somn. , l , 1 3 , 1 6.
1 64 H. Linke ( Ueber Macrobius' Kommentar zu Cicero Somnium Sci
pionis cit. , p. 246) e Ph. Schedler (Die Philosophie des Macrobius cit . , p. 97)
furono i primi a dubitare dell'utilizzazio ne diretta di Plotino da parte di Ma
crobio e misero in evidenza che, nonostante i riferimenti espliciti a Plotino, in
effetti Macrobio utilizza Porfirio.
1 65 F. Cumont, Comment Plotin détourna Porphyre du suicide cit . , pp.
1 1 3 - 1 20 e Lux Perpetua cit . , p. 338.
1 45
ducono ad una morte anticipata, ma preparano alla morte fisi
ca attraverso la purificazione; Platino non giunge nemmeno al
la specifica distinzione delle due morti; Porfuio invece dice
espressamente che « c'è una duplice morte: l'una generalmente
conosciuta, quando il corpo si separa dall'anima; l'altra pro
pria dei ftlosofi, quando l'anima si libera dal corpo. Questa
non è affatto la conseguenza di quella » 1 66 • Per questa ragione
Cumont e, insieme a lui, Courcelle ritengono che la fonte diret
ta del passo di Macrobio che si riferisce al Fedone potrebbe es
sere il Commentario al Fedone di Porfirio citato da Olimpio
doro 1 67, oppure il De regressu che, probabilmente, conteneva
questi passi del Fedone, come risulta a Courcelle da un parall e
lo fra Agostino e Claudiano Mamerto, il quale sicuramente
non conosceva Macrobio 168 •
P . Henry, al contrario, pensa che Macrobio abbia letto diret
tamente il Fedone e prova che le riserve espresse da Cumont e le
sue conclusioni non trovano supporto se si confronta testual
mente Macrobio con Porfrrio. Attraverso tale riscontro testuale
Henry dimostra che nel passo di Macrobio manca la distinzione,
prettamente porfrriana, tra la morte che comporta la separazio
ne del corpo dall ' anima (morte fisica) e quella che comporta la
separazione dell'anima dal corpo (morte ftlosofica) 1 69 •
In verità questa distinzione - sebbene manchi, come giu
stamente rileva Henry, nel passo in cui Macrobio si riferisce al
Fedone - è in parte presente nel passo seguente 1 70 , il quale è
1 46
da considerare come un commento di Macrobio alla genuina
dottrina di Platone, commento mediato, con ogni verosimi
glianza, dal pensiero di Porfirio. Ciononostante non pare che
Macrobio segua testualmente Porfirio, certamente lo tiene pre
sente ma non si accontenta soltanto di lui; forse si può affer
mare che muove da Porfrrio per risalire a Platone e principal
mente a Plotino, che - come abbiamo visto - ricalca quasi in
tegralmente, pur invertendone l'ordine delle argomentazioni,
pur ampliandone alcuni passi, pur tacendo quello che non gli
appare perfettamente conforme alle sue posizioni di fondo,
manifestando quindi col silenzio il suo dissenso nei confronti di
ciò che potrebbe contraddire la sua teoria di totale condanna
del suicidio.
Ora, a proposito del lungo riferimento di Macrobio a Ploti
no, Cumont, nel rilevare le differenze esistenti tra il breve trat
tato plotiniano sul suicidio e il testo di Macrobio, fa il punto
proprio sull'intransigenza di Macrobio nei confronti del suici
dio, che è in contrasto con l'ammissione di esso - sebbene li
mitato a pochissimi casi e subordinato a certe condizioni - che
si riscontra in Plotino 1 7 1 • E poiché egli ritiene Porfirio più sen
sibile di Plotino rispetto alle credenze religiose del tempo che
vietavano il suicidio 1 72 , individua in Porfirio la fonte diretta di
giunge che naturale è solo la morte per cui è il corpo che abbandona l'anima e
non l ' anima il corpo ». Macrobio però, piuttosto che commentarla, passa im
mediatamente al commento del concetto plotiniano di armonia: « È noto che
le anime sono associate ai corpi in base a una sicura e determinata razionalità
numerica. Finché sussistono questi numeri , il corpo continua a essere vivo,
ma quando vengono a mancare, subito si dissolve la forza arcana su cui si
fondava quella associazione di corpo e anima >> .
1 7 1 Cfr. E . Cumont, Comment Plotin détourna Porphyre du suicide cit . ,
p. 1 1 6.
172 Non solo le credenze giudaico-romane e cristiane, ma anche quelle
147
Macrobio e pensa o al De regressu o ad un eventuale commento
porfuiano al n&pi tl;ayroyftç di Plotino. Dello stesso avviso è
Courcelle, il quale osserva che nulla vieta di pensare che Porfi
rio, oltre a riportare nel De regressu alcuni passi del Pedone, ab
bia potuto riportare citazioni del trattato sul suicidio di Plotino,
al quale avrebbe attinto Macrobio 173• Henry, invece, attraverso
il confronto tra il testo di Macrobio e il trattato di Plotino, di
mostra la diretta derivazione di Macrobio da Plotino e afferma
che tutte le idee essenziali espresse nel n&pi tl;ayroyftç tranne
una (quella dell'ineluttabilità di certe circostanze che rendereb
1 14•
bero lecito il suicidio) sono presenti nell' opera di Macrobio
D'altra parte Henry esclude che Macrobio possa avere seguito un
commento di Porflrio al n&pi tl;ayroyftç plotiniano, per il fatto
che dubita fortemente dell'esistenza di un siffatto commento 1 75 •
In effetti non pare che si possa escludere che Macrobio ab
bia conosciuto direttamente il n&pi tl;ay� ç plotiniano, an
che se in un caso tralascia qualche passo e in un altro caso -
come si è visto - completa il discorso di Plotino con sviluppi
che risultano estranei al suo genuino pensiero 1 76 • D ' altra parte
m Cfr. P. Courcelle, Les lettres grecques cit. , pp. 25-28, il quale tra l'al
sophistarum, p. 6), il quale d'altronde ci dà delle notizie false sui rapporti tra
Plotino e Porfirio specie per quanto riguarda il soggiorno di Porfirio in Sici
lia, dove Plotino - secondo Eunapio - lo avrebbe raggiunto per dissuaderlo
dal proposito di suicidarsi . Cosa che, a giudicare dall a Vita Plotini di Porfi
rio, non risulta vera (cfr. Porfirio, Vita Plotini, Xl). Sulla questione cfr . P.
Henry, Plotin et I'Occident cit . , p. 164.
1 76 Vd . sopra, pp. 1 25- 1 26.
1 48
la non perfetta aderenza al testo plotiniano, piuttosto che spin
gerei ad escludere il contatto diretto di Macrobio con le Ennea
di ed orientarci verso fonti diverse, dovrebbe condurci verso
una seconda soluzione che ho già anticipato e che è quella di un
allargamento delle fonti di Macrobio.
Secondo questa prospettiva si può sostenere con sufficiente
ragionevolezza che Macrobio legge Porfirio e legge anche Pio
tino, anzi spesso si serve di Porfirio per meglio interpretare
Plotino che ritiene la sua fonte principale. Plotino, infatti, vie
ne chiamato direttamente in causa esplicitamente ed implicita
mente e il suo pensiero viene introdotto con termini come in
quit, ait, addit, adicit, sempre in relazione a passi che Macro
bio dimostra di conoscere direttamente. Inoltre, quando Ma
crobio va oltre il pensiero plotiniano e aggiunge riflessioni per
sonali, usa espressioni tipiche come et re vera 177 quasi per sot
tolineare il suo personale intervento nel testo che gli fa da fon
te, intervento che ha fine quando Macrobio ritorna a Plotino
con et ideo significai 1 7 8 • Tutto ciò mi sembra emblematico del
modo di porsi di Macrobio di fronte alle sue fonti e indicativo
delle capacità che Macrobio esprime nel comprendere e riela
borare il materiale proveniente da fonti diverse.
149
capitolo sulla dimensione metafisica dell 'affermazione di Cice
rone e inizia col chiarire il concetto di Dio sia per indicare che
alla concezione dell' onnipotenza di Dio - inaccessibile allo
sguardo umano e concepibile soltanto dalla mente - si arriva
mediante le cose da lui create, sia per significare che gli uomini
che abitano in questo tempio partecipano della divinità in
quanto partecipano dell ' anima celeste: [ . . . ]
humano generi di
vinitatem inesse testatur ut universos siderei animi cognatione
nobilitet 1 80• Quindi, dopo una precisazione sul significato del
termine animus - utilizzato da Cicerone a volte per indicare la
mente, altre volte per indicare l ' anima 181 -, Macrobio tratta
dell 'essenza dell ' anima, riassumendo la dottrina neoplatonica
delle ipostasi e facendone un 'esposizione che è stata considera
ta fra le migliori esistenti in lingua latina.
Ora tale dottrina, che Macrobio attribuisce genericamente
« ai teologi » (secundum theologos) 182 , nel contenuto è chiara-
1 80 In Somn. , l, 14, 2.
181 Cfr . In Somn. , l , 14, 3-4, dove Macrobio distingue anima da animus
poiché nella lingua latina ai due termini corrispondono due concetti differen
ti di anima: anima indica il concetto di funzione vitale (soffio vitale), ossia vi
ta; animus indica, invece, ciò che distingue l'uomo dall'animale, ossia la fun
zione intellettiva, per cui è più vicino a mens voùç. Ora Macrobio dice che
=
ciascuno di questi due termini può essere inteso o in senso ristretto (proprie) o
in senso lato (abusive). Cfr . a tale proposito M . Van Den Bruwaen, 'lfVXtf et
voùç dans le « Somnium Scipionis » de Ciceron, in « L' Antiquité classique » ,
8 ( 1 939) , pp. 1 27-1 52, e P . Boyancé, Etudes sur le Songe de Scipion cit . , pp.
26-28). A nimus viene usato da Cicerone in senso lato e viene usato molto più
frequentemente di anima (nel Somnium anima è usato una sola volta) e con
animus Cicerone intende ora III UXil ora voùç (ciò si verifica anche nelle Tuscu
lanae) . Macrobio allora, sotto l'influenza della dottrina delle ipostasi neopla
toniche nella quale l'intelletto non può essere confuso con l ' anima perché le
sta al di sopra, tutte le volte che incontra animus usato da Cicerone per indi
care l ' anima e non l' intelletto, lo trasforma in anima (cfr. In Somn. , l, 14,
3-4; l , l, 1 6; l , 2, 14; l , 14, 1 4); infatti per Macrobio animus indica la seconda
ipostasi, anima la terza.
182 In Somn. , l, 1 4, 5. P. Henry (Piotin et I'Occident cit . , p. 227) sostie-
1 50
mente plotiniana, in quanto è priva di tutte le complicazioni e
di tutte le mediazioni che si riscontrano nei neoplatonici poste
riori : le ipostasi di cui parla Macrobio sono infatti soltanto tre
e non si riscontra in esse né alcuna suddivisione né alcuna mol
tiplicazione. Inoltre quasi tutti i concetti espressi da Macrobio
a questo riguardo risalgono alla dottrina di Plotino: l'unità e la
causalità universale del principio, il quale crea l 'ipostasi succes
siva per sovrabbondanza : Hic superabundanti maiestatis fe
cunditate de se mentem creavit 1 83 ; la contemplazione creatrice
del vouç, il quale da una parte guarda all'Uno e con esso si
identifica, e dall'altra crea l'anima 1 84 ; la contemplazione del
vouç da parte dell'anima, la quale, guardando verso il vouç, si
riempie di lui (induitur) 1 8' ; il volgersi dell'anima verso le cose
corporee, espresso da Macrobio con degenerai 1 86 e la capacità
di questa di generare le facoltà inferiori: l' aia9tlnK6v e il qm
't1K6v 1 87 •
Sulla diretta derivazione di questi concetti da Plotino, tut
tavia, gli studiosi non sono concordi. E ssa è stata sostenuta da
Henry ed è stata dimostrata attraverso una serie di riscontri te
stuali tra il passo di Macrobio e l'Enneade, V, 2, 1 188 , nella
ne che dietro questo plurale, che appartiene al genere delle citazioni anonime,
si nasconde semplicemente Plotino, data la rispondenza quasi letterale - che
Henry stesso riscontra (pp. 1 88- 1 90) - tra il passo di Macrobio e alcuni passi
di Enn. , V, 2, l .
183 In Somn. , l , 14, 6.
1 84 In Somn. , l , 14, 6.
m In Somn. , l , 14, 7 . Il termine induitur - che Scarpa traduce con « si
riveste di esso » e Regali con « assume i suoi tratti >> - a mio avviso ricalca il
senso di 7tÀTJ pou<at di Enn. , V, 2, l e potrebbe tradursi , come Cilento tradu
ce questo termine con « Si riempie di Spirito » .
1 86 In Somn. , l , 14, 7 . P . Henry (Piotin e t l'Occident cit . , p. 270) rile
va che degenerai probabilmente riprende 7tpo9uJ1{a <où x&ipovoc; di Enn. , V,
2, l .
1 87 In Somn. , l , 14, 7 .
188 Cfr . P . Henry, Plotin et I'Occident cit . , p p . 1 87- 1 90.
151
quale Henry ha individuato puntualmente la matrice della dot
trina delle ipostasi di Macrobio ad eccezione della concezione
relativa alla facoltà razionale, al ÀO"f\K6v, che - secondo Ma
crobio - l'anima mutua dal vouç e che non si trova espressa
mente nel secondo trattato della quinta Enneade. Ma Henry
osserva che Plotino chiude il primo capitolo di questo trattato
con un riferimento a quanto nell'anima vi è di superiore, a ciò
che rimane legato allo Spirito e consente che nell'anima stessa
permanga lo Spirito : tnd Kat Tò npò TouTou Tò voù
tçTJ pTTJ IJ.ÉVOV IJ.ÉVE\V TÒV VOUV ècp'èaUTOU èQ.; pertanto COnclu
de che, se nel trattato plotiniano manca il termine ÀO"f\K6v, è
certamente presente il concetto corrispondente. Courcelle con
divide l'opinione di Henry per quanto riguarda la dottrina in
generale, ma per quanto riguarda i concetti di ÀO"f\K6v, ala9n
TtK6v e cpuTtK6v, pensa che Macrobio abbia utilizzato Enn. ,
III, 4, 2-3 1 89 •
Di avviso diverso è P . Hadot, il quale pensa che la fonte di
retta di Macrobio sia Porfirio, per il fatto che in Macrobio ci
sarebbero elementi porfiriani, presenti anche in Calcidio e mu
tuati da Numenio (Fr. 1 1 - 1 2 Des Places), che non si riscontra
no nel pensiero di Plotino o almeno nel breve trattato della
quinta Enneade alla quale, secondo Henry, si sarebbe riferito
Macrobio 1 90 • Hadot si trova d'accordo con Henry nel rilevare
alcune somiglianze tra Macrobio e Plotino per quanto attiene
all'emanazione dell 'anima dall'intelletto, alla produzione per
sovrabbondanza , alla conservazione del carattere unitario di
ogni ipostati in virtù della contemplazione; tuttavia ritiene che
1 52
in Macrobio ci siano concetti che non esistono in Plotino, co
me quello del doppio sguardo, che tanto lo Spirito quanto
l'anima rivolgono a ciò che precede e a ciò che segue, e quello
della somigli anza dell'anima con lo Spirito legata alla contem
plazione dello spirito da parte dell'anima 1 9 1 • Inoltre, secondo
Hadot - che sottolinea, come d'altronde aveva fatto Henry, la
mancanza di À.O"f1.K6v in Enn. , V, 2, l e la presenza dello stesso
termine in Enn. , III, l , 2 - è poco verosimile che Macrobio
abbia potuto operare la sintesi dei due trattati di Plotino 1 92 •
Data allora questa differenza tra il passo di Macrobio e il testo
di Plotino, data la presenza di un passo parallelo in Calcidio
per il quale Waszink suppone l'influsso di Porfirio 1 93 , data la
somigli anza tra Macrobio e Calcidio per quanto riguarda il
« doppio sguardo » dello Spirito (dottrina propriamente nume
Diana), Hadot conclude che la fonte primaria di Macrobio po
trebbe essere Numenio e che la fonte diretta è Porfirio e preci
samente il Commentario al Timeo, che costituisce anche la fon
te di Calcidio. Anche Flamant ritiene che la fonte diretta di
Macrobio a questo riguardo sia Porfirio, ma pensa ad un com
mento di Porfirio al secondo trattato della quinta Enneade 1 94 •
Si tratta ovviamente di supposizioni , alcune delle quali fon
date sulla poca fiducia degli studiosi nelle possibilità interpre
tative di Macrobio, al quale non viene riconosciuta la capacità
di assimilare e rielaborare la dottrina di Plotino, tenendo conto
di concetti diversi , collocati in luoghi diversi delle Enneadi. Al
contrario, io credo che si possa sostenere ancora una volta con
qualche ragione la diretta derivazione di Macrobio dal testo di
1 53
Plotino, almeno per quanto riguarda alcuni trattati. Li dove il
lustra il concetto dell 'unità nella successione di tutte le realtà,
per esempio, Macrobio utilizza immagini e concetti plotiniani ;
e dopo aver analizzat o alla maniera aristotelica e in un certo
senso anche plotiniana 1" le varie facoltà dell'anima e averle lo
calizzate nelle varie specie di viventi (la vegetativa nelle piante;
la vegetativa e la sensitiva negli animali; la vegetativa, la sensi
tiva e la razionale negli uomini) cosi si esprime: « In base a que
sti concetti dunque, e tenuto conto che la mente procede dal
sommo Dio e l'anima dalla mente, e l'anima poi crea e riempie
di vita tutto ciò che segue e quest 'unico fulgore, illumina tutto
e appare in tutte le cose come un solo volto appare in molti
specchi posti in fila uno dietro l'altro; e poiché tutte le cose
senza soluzione di continuità si susseguono l'una all'altra dege
nerando via via fino all 'ultima emanazione, si troverà, osser
vando le cose più da vicino a partire dal sommo Dio fmo all'ul
tima feccia della materia, un'unica connessione, che si tiene le
gata con mutui vincoli e non si interrompe in nessun punto » 196 •
Questo passo, a cui è stata riservata un 'attenzione limitata,
è molto significativo sia perché riproduce fedelmente alcuni
concetti chiave del neoplatonismo plotiniano, sia perché dimo
stra che Macrobio è capace di mettere insieme concetti e imma
gini situati in più trattati delle Enneadi o, quanto meno, in luo
ghi diversi di uno stesso trattato, in questo caso del nono trat
tato della seconda Enneade: il concetto relativo alla processio
ne della mente dall'Uno e dell 'anima dalla mente (cum ex sum
mo deo mens, ex mente animafit) ricalca Plotino (Enn. , Il, 9,
l ) (eh a vouv JJ.ET 'atrtò . . . eh a \II U'Xflv JJ.E'tà vouv); il concetto
che illustra la funzione creatrice e vivificatrice dell'anima e che è
connesso alla metafora della luce e alla metafora dello specchio
1 54
(anima vero et condat et vita compleat omnia quae sequuntur
cunctaque hic unus fulgor illuminet et in universis appareat, ut
in multis specu/is per ordinem positis vu/tus unus) è rintraccia
bile in Enn. , I I , 9, 2 e I I , 9, 3 , dove viene illustrato il concetto
della vivificazione delle realtà inferiori da parte dell'anima che
come la luce illumina tutto (5{5rom 'tQl I.U:'t 'aùT'ftv: Kaì O>axEp
tU.a!J.xouaa àEì tU•. 6.1J.7tE'ta1) 1 97 ; sempre Plotino dell'ultimo
trattato della seconda Enneade può essere, a mio avviso, la
fonte del concetto secondo cui tutta la realtà procede dall'Uno
e tutte le cose senza soluzione di continuità sono legate fra loro
da mutui vincoli 1 98 e del concetto della degradazione delle varie
realtà, che quanto più si allontanano dall'Uno tanto più sono
inferiori 1 99 , cosicché il processo discensivo comincia dal som-
1 55
mo Dio e giunge rmo alla feccia delle cose: [. . .} cumque omnia
continuis successionibus se sequantur degenerantio per ordi
nem ad imum meandi, invenietur pressius intuenti, a summo
deo usque ad ultimam rerum faecem, una mutuis se vinculis re
ligans et nusquam interrupta conexio DI; il passo di Enn. , l, l , 8
(EIOO>À.a ()t aùTf\ç 6t6ouaa , 6'>a7tEP 1tp6aro1tov tv 7tOÀ.À.oiç
KaT67tT pOlç) inoltre sembra essere fonte diretta della metafora
dello specchio, utilizzata da Macrobio in un contesto identico a
quello di questo luogo plotiniano :IDI ; e che Macrobio conosca
direttamente il primo trattato della prima Enneade non sembra
potersi mettere in dubbio dato che ha già utilizzato altrove con
cetti presenti in esso come quello relativo alla divisibilità e indi
visibilità dell'anima 202 •
Per questa ragione credo che si possa sostenere che Macro
bio, non soddisfatto della laconicità di Porrrrio 203, risale alla
fonte primaria, che utilizza per ben due volte: nel capitolo do
dicesimo a proposito della discesa dell'anima e nel capitolo
quattordicesimo a proposito delle funzioni dell'anima. I n
quest'ultimo cas o Macrobio coglie anche i dettagli del pensiero
plotiniano e fra questi proprio la metafora dello specchio che
Plotino usa più volte, ora per indicare la somigli anza tra il
quella plotiniana che va dall'Uno alla materia, non dall'Uno alla terra, come
dice Stahl (Macrobius cit . , p. 46) . La rerum faecem a me sembra richiamare
la materia di cui parla Plotino, che non si identifica con le cose fisiche, ma
con ciò che nelle cose c'è di negativo. Plotino infatti considera la materia il
termine estremo della processione che, proprio perché ultimo, è l'asso luto ne
gativo, l'assoluto squallore, (JJiiU.ov l)t 7tEvia), l'assoluto male (7tUVTTJ
Ka K6v), l'assoluta turpitudine (7tci.VTTI alaxp6v) (Enn. , Il, 4, 1 6).
:IDI Plotino utilizza la metafora dello specchio anche altrove, ma in con
testi diversi e con intendimenti diversi (cfr. a tale proposito M. Di Pasquale
Barbanti, La metqfora in Platino cit . , pp. 1 73 - 1 78 e p. 1 9 1 ).
202 In Somn. , l, 1 2 .
1 56
mondo intellegibile e quello sensibile 204 , ora per indicare la ne
gatività della realtà sensibile e principalmente della materia 205•
I n Enn. , l , l , 8 l a metafora dello specchio h a una funzione po
sitiva in quanto ci introduce nell' ambito concettuale di una
realtà intellegibile e riesce a darci l'idea dell 'irraggiamento
dell 'anima (una) nei corpi (molti) ; e Macrobio ne fa lo stesso
uso, non solo, ma, nell'avvicinarsi a Plotino, egli si allonta
na da Porfirio, il quale, nell 'utilizzare la metafora dello spec
chio 206 che desume da Plotino 'liTI , ne coglie soltanto la connota
zione negativa; infatti con essa indica la vacuità della materia.
Ora, a parte la somiglianza testuale sopra rilevata, il fatto che
la metafora dello specchio venga utilizzata da Macrobio in un
contesto simile a quello di Plotino e che non trova il suo corri
spondente in Porfirio, il quale utilizza la stessa metafora in un
contesto sempre plotiniano ma diverso e non preso in conside
razione da Macrobio, dimostra - a mio avviso - una certa
autonomia di Macrobio nei confronti della sua fonte privilegia
ta, Porfirio .
Concluso il discorso sulle ipostasi, Macrobio fornisce una
rapidissima rassegna dossografica intorno alle definizioni di
anima risalenti ad alcuni filosofi antichi, senza preoccuparsi di
seguime la cronologia e senza operare alcuna distinzione di in
dirizzo fra coloro che hanno teorizzato l 'incorporeità dell 'ani
ma e coloro che invece hanno considerato questa corporea 208•
Ciò che qui c i interessa maggiormente è la conclusione di que-
l08 Cfr. Ph. M . Schedler, Die Philosophie des Macrobius eit . , p . 39, il
quale però ravvisa un certo ordine in questa dossografia in quanto prima sa
rebbero posti gli autori che hanno considerato l'anima immateriale e poi
quelli che l 'hanno identificata con qualcosa di materiale.
1 57
sta rassegna che potrebbe suscitare qualche perplessità per il
fatto che Macrobio afferma: Obtinuit tamen non minus de in
corporalitate eius quam de immortalitate sententia 209• Perso
nalmente non trovo alcuna difficoltà ad interpretare questa
0,
conclusione nel senso indicato da Scarpa 2 1 e cioè nel senso
che Macrobio si riferisce non tanto alle opinioni dei più quan
to, piuttosto, alle opinioni che si sono affermate di più, che so
no prevalse nel tempo e che egli stesso condivide. Sull'incorpo
reità e sull'immortalità dell' anima, infatti, egli tornerà negli ul
timi capitoli del secondo libro dei Commentarii (capitoli che
costituiranno ancora oggetto di questo studio) dopo un'ampia
discussione sull'astronomia, la musica e la geografia, che occu
pa i capitoli dal quindicesimo al ventunesimo del primo libro e i
primi undici capitoli del secondo libro.
4. 3 . L 'immortalità dell'anima
1 58
ma alla luce della dottrina neoplatonica, come egli stesso affer
ma ri ferendosi espressamente a Plotino: Et quia Tullio mos est
projundam rerum scientiam sub brevitate tegere verborum,
nunc quoque miro compendio tantum includit arcanum quod
Plotinus, magis quam quisquam verborum parcus, libro inte
gro disseruit, cuius inscriptio est Quid animai, quid homo 21 1 •
La caduta dell'anima nei corpi, determinata da una specie
di desiderio malsano e segreto della materia 212 , ha causato
nell 'anima la dimenticanza della sua natura 2 1 3 ; per questa ra
gione la salvezza non può che dipendere dalla conoscenza da
parte dell' anima della sua origine 2 1 4 e della sua essenza
divina 2 1 5 • Questo è il significato delle parole di Scipione: Deum
1 59
te igitur scito esse 2 1 6 , le quali nel commento di Macrobio ven
gono cosi integrate: Et haec sit praesentis operis consummatio
ut animam non solum immortalem sed deum esse clarescat 2 1 7 •
L ' anima - afferma Macrobio - è stata definita dio tanto da
1
gli antichi fllosofi quanto da Cicerone 2 1 per il fatto che essa
governa e dà la vita al corpo ad imitazione di Dio che regge
l 'universo (in imitationem dei mundum regentis) 2 1 9 ; ma se
l ' anima è divina - aggiunge Macrobio - è anche immortale.
A questa conclusione conduce la stessa dottrina di Plotino che
Macrobio fa coincidere con quella di Cicerone, il quale - a
suo avviso - espone miro compendio « il grande mistero che
Plotino, più di ogni altro parco di parole, ha trattato in un inte
ro libro dal titolo Natura dell'animale e dell'uomo » 220• Macro
bio fa riferimento alla parte di questo trattato relativa alle
passioni 22 1 e si affretta a concludere che l 'uomo è un composto
1 60
di anima e di corpo, per affermare che il vero uomo è l'anima
dall a quale il corpo è governato: Ergo qui videtur non ipse ve
rus homo est. sed verus il/e est a quo regitur quod videtur 222 •
Ora dovrebbe essere fuor di dubbio che il trattato di Plotino
(Enn. , l, l) a cui Macrobio si riferisce espressamente costituisce
la fonte diretta di questo capitolo. Macrobio ha già utilizzato
l'ottavo capitolo di questo trattato nel quattordicesimo capitolo
del primo libro a proposito del rapporto dell'anima con le realtà
successive, e adesso, nel trattare del rapporto anima-corpo, uti
lizza i primi sette capitoli facendone una sintesi stringata ed es
senziale. Henry ha messo in evidenza la corrispondenza di alcuni
passi di Macrobio con il testo di Plotino 223, Mras ha rilevato al
tre corrispondenze testuali 224; ma a me pare che, oltre alla pre
senza di queste corrispondenze, bisognerebbe fare attenzione al
la caratteristica tendenza di Macrobio di riassumere in poche
battute quanto in Plotino occupa interi capitoli; tendenza che
può ingenerare l'impressione che Macrobio si distacchi da Plati
no o che lo legga in maniera filtrata e mediata.
Il capitoletto che stiamo esaminando costituisce un esempio
di questo modo di procedere. In esso Macrobio enumera tanto
le passioni che provengono dalla mescol anza dell'anima col
corpo quanto le attività proprie dell' anima distinguendole con
un semplice postremo, il che sta ad indicare che egli sintetizza
161
le teorie esposte da Plotino nelle varie parti del suo trattato e
nelle varie parti di un solo capitolo :w . Anche Plotino si pone le
stesse domande sulla provenienza delle passioni, ma segue un
procedimento più articolato : in un primo tempo si interroga in
tomo alle passioni 226 , in un secondo momento indaga sulla ri
flessione e sull'opinione 227; infine tratta dell'intelligenza 228 •
Macrobio dunque - a mio avviso - unifica tre domande che
in Plotino sono distinte e le distingue semplicemente con po
stremo; d'altronde egli accenna al fatto che Plotino dedica
all'argomento una lunga trattazione sulla quale ritiene oppor
tuno non soffermarsi per non recare fastidio al lettore 229 e si di
rebbe che egli stesso non riesce a nascondere un certo disagio di
fronte al serrante incalzare delle argomentazioni plotiniane,
tanto che perviene direi quasi bruscamente alla conclusione :
[ . . ] hoc postremo pronuntiat, anima/ esse corpus animatum 230•
.
1 62
Macrobio dunque muove da Cicerone, passa attraverso
Plotino e - utilizzando la similitudine tra l'uomo e il cosmo,
peraltro diffusa nell 'antichità - conclude in prima persona
che l'anima è divina ed è immortale. Plotiniana è la definizione
dell'unione dell'anima col corpo come di una via societatis 233 in
cui le passioni vengono attribuite al corpo e le attività superiori
all'anima; plotiniano è certamente il concetto di governo
dell'anima sul corpo 234 , il quale costituisce il presupposto della
dimostrazione centrale di Macrobio, in quanto è funzionale al
la concezione del rapporto anima-corpo come rapporto fra due
essenze che sono in società ma che sono anche indipendenti,
per cui chi governa è immortale e chi è governato perisce: Sic
cum morte animalis discesserit animatio, cadit corpus regente
viduatum: et hoc est quod videtur in homine mortale; anima
autem. qui verus homo est, ab omni condicione mortalitatis
aliena est adeo ut in imitationem dei mundum regentis regat et
ipsa corpus dum a se animatur 23s . Questo concetto, inoltre, sta
alla base della similitudine microcosmo-macrocosmo, secondo
la quale l ' anima non solo è immortale, perché è principio di vi
ta e perché regge e governa l'essere vivente, ma è addirittura
Dio, poiché, grazie alla funzione di governo, somiglia al « pri
migenio dio » che governa e regge l'universo 236 •
A proposito dell'universo mi pare interessante la presa di
posizione di Macrobio a favore dell'eternità di questo, almeno
a parte post, per cui la corruzione degli enti non sarebbe che
1 63
morte apparente, poiché nella realtà si tratterebbe soltanto di
un mutamento di forma: [ . . . ] sed eorum quae interire viden
tur solam mutari speciem. et illud in originem suam atque in
ipsa elemento remeare. quod tale quale fuit esse desierit 237 •
Già nel decimo capitolo di questo secondo libro dei Commen
tarli Macrobio aveva affermato che, pur essendo stato creato
da Dio, il mondo è eterno perché è stato creato fuori dal tem
Po. e che sono le vicissitudini umane che, creando delle frat
ture nel processo di civilizzarione, obbligano l'umanità a ri
partire dall'inizio e determinano la perdita del ricordo delle
civiltà passate 231 •
Secondo Mras 239 Macrobio avrebbe mutuato questa con
cezione di eternità - che tuttavia non esclude la tesi creazio
nistica - da Porfrrio , il quale a sua volta l 'avrebbe desunta
da Posi doni o l40; Flamant invece ritiene che questa posizione,
che esprime il tentativo di conciliare la tesi creazionistica del
Timeo con l 'ipotesi aristotelica di un mondo eterno, sia pro
pria del medio e del neoplatonismo :w l ; Henry - partendo dal
fatto che Macrobio fa dipendere tale posizione direttamente
da Plotino :Denique et Plotinus a/io in loco. cum de corpo
rum absumptione dissereret et hoc dissolvi posse pronuntiaret
quicquid effluii, obiecit sibi: cur ergo elemento quorum flu-
1 64
xus in aperto est, non similiter aliquando solvuntur? et breviter
tantae obiectioni valideque respondit, ideo elemento, licet
fluant, numquam tamen so/vi quia non foras effluunt 242 os -
serva che una citazione siffatta non può non essere di prima
mano, sia per l'uso di a/io in loco, che si giustifica solo se Ma
crobio leggeva direttamente Plotino, sia per la corrispondenza
testuale che egli rileva fra Enn. , II, l , l , 4- 1 0, e le parole di Ma
crobio, che anche in questo caso non sono altro che la sintesi
del testo di Plotino 243 •
Io condivido il punto di vista di Henry a questo proposito,
anzi ritengo opportuno sottolineare ancora che Macrobio di
mostra di conoscere direttamente il primo trattato della secon
da Enneade; di esso, infatti, riferisce il tema generale (cum de
corporum absumptione dissereret) e ricalca sia il procedimento
dialogico, che è tipicamente plotiniano 244 , sia il costrutto for
male (obiecit sibz) nel quale si inserisce l 'affermazione di Ploti
no. In questo capitolo, più che altrove, Macrobio dimostra di
dipendere da Plotino e, più che altrove, tenta di conciliare Ci
cerone con Platone, nonostante le differenze. Infatti le affer
mazioni di Cicerone che risultano essere in contrasto con la
dottrina neoplatonica vengono da lui corrette o svuotate di si
gnificato scientifico: Sed quod ait eum quadam parte morta
lem, ad communem, ut diximus, opinionem paululum inclinare
se voluit 24' ; mentre l'accento viene spostato su ciò che è in sin
tonia con le dottrine neoplatoniche: [ . . . ] infine autem validissi
mum immortalitatis animae argumentum ponit quia ipsa cor
pori praestat agitatum 246 •
1 65
4 . 3 .2. Platonici e aristotelici sull'immortalità dell'anima (In
Somn. , Il, 13-16)
:U7 24Sc-e.
248 K. Mras (Macrobius ' Kommentar zu Ciceros Somnium cit . , p. 247)
definisce questo procedimento una disposizione brillante di tipo oratorio,
frequente tra i poeti .
249 In Somn. , Il, 1 3 , l .
2.50 à&lK{VTJtov è la lezione dei manoscritti del Fedro, dei commentatori
antichi, dei grammatici e anche di alcuni traduttori come Cicerone (Somn. ,
IV, e Tuscul. , l , 53). La lezione del papiro di Ossirinco 1 0 1 7 è invece
aùtoK{VTJ tOv ed è accolta da numerosi studiosi , perché ritenuta più « corri
spondente alle esigenze della logica », e anche da L. Scarpa (commento a Ma
crobii A mbrosii Theodosii cit . , p. 494), il quale osserva che « Cicerone leggeva
il testo platonico secondo una traduzione non sempre corretta come dimostra
Nam quod semper movetur che dovrà corrispondere ad à&lKiVTJtOv dei codici
e di Calcidio, mentre la lezione del papiro di Ossirinco 1017, aùtOK{VTJtov, è
1 66
(à.EtKivrrr o v) ed aeternum est - rilevata da Scarpa - mi sem
bra soltanto apparente , in quanto l ' oggetto della dimostrazio
ne è l ' immortalità dell ' anima, immortalità che risulta fondata
sul movimento perenne dell 'anima, ossia sul fatto che l ' anima
semper movetur. E poiché si muove sempre (à.EtKivrrr o v) solo
ciò che si muove da sé (à.u'ToKivrrr o v) , se è vero che l 'anima si
muove da sé sarà vero che si muove sempre e sarà quindi vera
la sua immortalita. L ' à.EtKiVTJ'TOV di Platone e, di conseguenza,
il semper movetur di Cicerone e di Macrobio allora si giustifi
cano pienamente e, piuttosto che essere tautologici rispetto a
aeternum est, costituiscono un passaggio obbligato della dimo
strazione dell ' eternità dell ' anima. Inoltre, a mio avviso , l 'ini
zio del lemma non è centrato - come afferma Scarpa -
sull ' opposizione tra ciò che ha in sé il principio del proprio mo
vimento (ed è quindi eterno) e ciò che è mosso da altro (ed è
soggetto a morire una volta che viene a mancare il movimento
esterno); ma sull ' opposizione fra ciò che è Ò.EtKiVTJ 'TOV e ciò che
non è tale; solo in seguito viene esplicitato che l ' essere che non
è Ò.EtKiVTJ 'TOV è quello che non ha in sé il principio del movimen
to, mentre l ' essere Ò.EtKiVTJ'TOV è quello che ha il movimento
dentro di sé, ragione per cui l 'essere che è aù'ToKiVTJ'TOV è anche
Ò.ElKlVTJ 'T OV .
Esistono in effetti due possibilità di movimento : il movi
mento continuo e il movimento che ha un termine: il primo è
relativo a ciò che si muove da sé, il secondo a ciò che è mosso
da altro; il primo è proprio degli esseri immortali , il secondo
dei mortali . Entrambe queste possibilità sono espresse chiara
mente da Platone nel Fedro e sono letteralmente riprese da Ci
cerone sebbene senza la premessa: « l ' anima è immortale » . La
1 67
dimostrazione platonica-ciceroniana-macrobiana, dunque,
credo che possa essere cosi schematizzata:
l . quod semper movetur (àEtKiVTitov) aetemum est
(à9civatov);
2. solo quod se ipsum movet (aùtoKiVT'Itov) semper move
tur (àEtKiVTitov);
3. quod se ipsum movet dunque aetemum est.
Risulta chiaro da questo schema che il movimento perpetuo
dell'anima costituisce la mediazione tra la sua automotricità e
la sua immortalità. Pertanto il concetto di àetKfVll t Ov appare
determinante sia in Platone, sia in Cicerone, sia in Macrobio,
perché costituisce il termine medio del sillogismo, la ragione
per la quale l'anima è immortale. Per questo io credo che la le
zione più giusta del Fedro 245c sia àetKiVTitov, infatti se Plato
ne avesse usato aùtoKiVTitov anziché àEtKfVll t Ov, non sarebbe
stata chiara la ragione per cui ciò che si muove da sé debba es
sere eterno. D'altronde il movimento perpetuo dell'anima co
stituisce la conclusione del primo sillogismo dei seguaci di
Platone m ed è su questa che viene fondata la certezza del se
condo sillogismo la cui conclusione è l'immortalità dell'anima:
Secundus ita, qui nascitur ex prioris fine: anima semper move
tur, quod autem semper movetur immortale est, igitur anima
immortalis est 252 •
Il nodo della questione tuttavia sta nel riconoscere l'auto
movimento dell 'anima. Gli altri platonici, infatti, quelli che
a dire di Macrobio - dimostrano l'immortalità dell'anima con
tre ragionamenti o addirittura con uno solo che non è altro che
la sintesi o il risultato degli altri tre, muovono proprio da que
sto presupposto : A /ii vero omnem ratiocinationem suam in
unius syllogismi compendium redegerunt: anima ex se move-
2s 1 In Somn. , Il, 1 3 , 1 0 .
2s2 In Somn. , II, 13, 10.
1 68
tur; quod ex se movetur principium motus est; quod princi
pium motus est natum non est,· quod natum non est immortale
est: igitur anima immortalis est m .
Ma è questo presupposto che viene confutato da Aristotele
con una serie di argomentazioni che Macrobio riferisce nel
quattordicesimo capitolo. L 'argomentazione centrale che Ma
crobio attribuisce ad Aristotele è quella secondo la quale il
principio del movimento non si muove, per cui se l'anima è il
principio del movimento ne consegue che l'anima non si muo
ve 254 • Questa argomentazione è seguita da altre sette obiezioni
che si possono rintracciare in varie opere di Aristotele m , quali
il De anima 136 , la Fisica VIII , il De cae/o l, la MetafiSica Xl, e
che Macrobio elenca per poi confutarle puntualmente m . Ora,
poiché riesce difficile pensare che Macrobio in prima persona
abbia tratto queste obiezioni dalle varie opere di Aristotele e le
abbia poi raggruppate, è stata avanzata l'ipotesi secondo la
quale tale raccolta sarebbe stata opera di un peripatetico del I
secolo e sarebbe stata tramandata da un platonico (probabil-
1 69
mente Porflrio lSI) intento a confutare la teoria peri patetica, il
quale avrebbe offerto a Macrobio tanto il materiale aristotelico
quanto quello platonico già strutturato 2!19 •
A questo punto bisogna osservare però che, per quanto ri
guarda il quattordicesimo capitolo, Macrobio utilizza con peri
zia il materiale desunto da questa ipotetica fonte e lo elabora in
maniera originale, non mancando di inserirsi nel discorso fra
un argomento e l'altro con riflessioni personali e riserve criti
che come dimostra il passo seguente: « In base a ciò, nessuno
obietta o rifiuta la conclusione che c'è qualcosa di immobile: è
un'affermazione sillogistica vera e anche non ripugna alla setta
platonica ma, seppure qualcosa di immobile esiste, non ne se
gue che questo sia l'anima e se ci si dice che l'anima si muove
per se stessa non si afferma per questo che si muovono tutte le
cose ma si precisa il modo in cui si muove l'anima; se poi c'è
qualcos'altro di immobile, questo non riguarderà per nulla i ra
gionamenti che si fanno sull 'anima. Anche lo stesso Aristotele
si avvedeva di ciò e quindi , dopo avere insegnato che qualcosa
di immobile esiste, vuole insegnare che si tratta dell 'anima e co
mincia con l'affermare che non esiste nulla che possa muoversi
per se stesso ma che tutte le cose in movimento sono mosse da
qualcos ' altro » 260 •
1 70
Per quanto riguarda poi i capitoli quindicesimo e sedicesi
mo sarei più propensa ad attribuire alle affermazioni di Macro
bio 26 1 un credito maggiore di quanto non abbiano fatto altri
studiosi . Tali affermazioni , infatti, sembrano scaturire da
un 'esigenza, avvertita fortemente da Macrobio, di unificare i
vari argomenti dei platonici rivolti contro le tesi di Aristotele
allo scopo di confutare definitivamente quest 'ultimo . D'altra
parte quando Macrobio dice: [ . . . ] ut quisque magnorum viro
rum qui se Platonicos [. . .] ad ostentationem suorum operum
reliquerunt 262 , allude all 'orgoglio di quei platonici che, ad
ostentationem suorum operum, si erano limitati a riferire sol
tanto singoli o, al massimo, doppi argomenti ; mentre occorre
va mettere insieme tutti gli argomenti in un unico corpo, in mo
do che questo fosse più funzionale alla difesa.
Per questa ragione mi sembra possibile supporre che sia sta
to lo stesso Macrobio l'autore della raccolta e dell'organizza
zione degli argomenti aristotelici e delle controdeduzioni plato
niche; e ciò si evince, oltre che dalle sue stesse parole, dall 'abili
tà che egli dimostra nel padroneggiare la materia del suo di
scorso e dall'ordine in cui lo dispone. Questa ipotesi , tuttavia,
non impedisce di pensare che Macrobio abbia tratto il suo ma
teriale dalle opere dei « platonici » che costituivano oggetto del
le sue letture, piuttosto che dalle opere dello stesso Aristotele o
di Platone, e ciò anche sulla base del fatto che le posizioni che
26 1 In Somn. , Il, 1 5 , 1 -2: Contra has tam subtiles et argutas et veri simi
171
esprime appaiono più vicine a quelle dei peripatetici e dei neo
platonici .
I capitoli quindicesimo e sedicesimo sono fra i più « costrui
ti » dei Commentarli. Macrobio raccoglie in essi tutto il mate
riale di cui dispone e lo distribuisce abilmente nel suo discorso,
stabilendo una corrispondenza strettamente simmetrica fra le
obiezioni di Aristotele e le controdeduzioni platoniche che egli
fa sue. Ne viene fuori una trattazione che esprime la vera fisio
nomia di Macrobio, più filosofo che semplice compilatore, in
quanto tale trattazione presuppone da parte di Macrobio la co
noscenza, l'assimilazione e la rielaborazione della filosofia pla
tonica e principalmente neoplatonica. Ma cerchiamo di coglie
re i tratti più significativi del - procedimento di Macrobio nel
tentativo di dare un sostegno alla tesi suddetta.
All'inizio del capitolo quindicesimo Macrobio· ripresenta in
sintesi la posizione di Aristotele, espone il suo piano di difesa,
dimostra la falsità dell 'affermazione aristotelica secondo la
quale tutte le cose, anche quelle che traggono il movimento da
se stesse, in realtà il movimento lo ricevono dall ' esterno e chia
risce il vero significato di aùtoldVll t Ov . A tale scopo utilizza gli
esempi del fuoco la cui essenza è il caldo, della neve la cui es
senza è il freddo, del miele la cui essenza è il dolce; e poi del fer
ro che può diventare caldo, del sasso che può diventare freddo,
del vino che può diventare dolce, chiarendo che cosa è l'essere
per sé e che cosa è il diventare tale o tal altra cosa per un inter
vento esterno 263 • Quindi riconduce l'esemplificazione del fuo
co, che trae da Plotino 264 , al passo del Fedro da cui era partito
per dimostrare che le cose che si muovono secondo la propria
essenza, quelle, cioè, per le quali idem est et esse et moveri, non
smettono mai di muoversi 26' , alla stessa maniera in cui il fuoco ,
1 72
che è caldo per essenza, non cessa mai di essere caldo 266 •
Ancora Plotino 21>7 potrebbe essere la fonte alla quale Macro
bio implicitamente si riferisce nel confutare l'obiezione di Ari
stotele secondo la quale nell'ente che si muove da sé ci sarebbe
qualcosa che muove e qualcosa che è mosso 268 • A questo riguar
do Macrobio fa delle considerazioni di ordine linguistico 269 che
non pare possibile ricondurre ad alcuna fonte, ma che rientra
no nel suo modo di procedere, secondo il quale spesso egli trae
spunto da varie occasioni per trattare argomenti anche non
strettamente pertinenti al tema che ha sottomano. Dopo questa
divagazione, riprende la polemica contro Aristotele, del quale
mostra di non ignorare la statura intellettuale, ma del quale di
ce di respingere le sottigliezze capziose(Sed videtur mihi vir
tantus nihil ignorare potuisse. sed in exercitio argutiarum ta
lium coniventem sibi operam sponte /usisse 270}, e conclude che
ciò che si muove da sé non può essere mosso da altro, né può
essere mosso da se stesso, poiché non è possibile supporre in es
so un principio che muove e qualcosa che viene mosso : Aperte
ergo constitit quia non omne quod movetur ab a/io movetur.
Ergo avroKfvrrrov potest n.on ab a/io moveri sed ne a se quidem
sic movetur ut in ipso aliud sit quod movet, aliud quod move
tur. nec ex toto nec pro parte. ut il/e proponit, sed hoc solum se
ipsum movere dicitur ne ab a/io moveri existimetur n • . Allo
scopo di rinforzare questa tesi vengono invocati ancora Platone
e la di lui classificazione dei vari tipi di movimento : « ogni moto
o muove se stesso e altre cose, o è mosso da altro e muove altre
cose » m , il primo dei quali riguarda l'anima, il secondo i corpi .
266 In Somn. , I l , 1 5 , 9.
267 Enn. , VI, 2, 16.
268 In Somn. , I l , 15, 12.
269 In Somn. , I l , 1 5 , 1 3- 1 7 .
no In Somn. , Il, 1 5 , 1 9.
nt In Somn. , I l , 1 5 , 22.
m In Somn. , Il, 1 5 , 25 , e Platone, Leggi 894b , 895e e 896a-b .
1 73
Cosi la forza della dottrina platonica e quella dei platonici ,
riunite in una sola forza, hanno consentito a Macrobio di de
molire il sillogismo aristotelico e di dimostrare che qualcosa
può muoversi senza che qualche altra la muova. Rimane ora da
dimostrare che ciò è appunto l ' anima. A questo punto Macro
bio distoglie la sua attenzione dali ' incalzare delle obiezioni ari
stoteliche, apre una delle sue tante parentesi e prova a dimo
strare , per esclusione delle altre possibilità, che nell 'uomo il
principio del movimento è proprio l'anima: Homini motum
aut anima praestat aut corpus aut de utroque permixtio. Et
quia tria suni de quibus inquisitio ista procedit, cum neque a
corpore neque a permixtione praestari hoc posse constiterit, re
sta t ut ab anima moveri hominem nulla dubitatio sit 273 • Emerge
senza difficoltà la matrice plotiniana 274 di questa dimostrazio
ne che Macrobio fa propria, dando prova di avere assimilato
più di quanto non si sia creduto la dottrina plotiniana e di avere
la capacità di rielaborarla e di adattarla all e proprie fmalità.
Nel discorso che segue e che copre l 'intero sedicesimo capi
tolo, Macrobio affina le sue armi dialettiche per neutralizzare
le altre obiezioni di Aristotele. Pertanto, riprende le obiezioni
già riferite nel quattordicesimo capitolo e ne dà le relative spie
gazioni rispettando l'ordine già seguito : [ . . . ]
eadem enim hic sol
vendo repetemus quae supra in ordinem obiecta digessimus 275 •
Questo modo di procedere è indicativo della competenza con
cui Macrobio legge e utilizza le teorie aristoteliche : nel quattor
dicesimo capitolo egli si limita ad esporre le obiezioni di Aristo
tele ed utilizza alcuni passi delle sue opere, nel sedicesimo capi
tolo riprende le stesse obiezioni e le spiega con l'appoggio di
passi diversi . Come esempio di questo procedimento mi pare
sufficiente riportare la seconda obiezione e la relativa spiega-
27 3 In Somn. , I l , 1 5 , 2 8 .
274 Enn. , IV, 5 , 7.
m In Somn. , I I , 1 6 , l .
1 74
zione circa l'impossibilità del movimento dell 'anima considera
ta come principio di movimento : se l'anima è principio di mo
vimento - dice Aristotele - non può muoversi perché non
può essere uguale a ciò di cui è principio. Ora questa obiezione
viene così presentata da Macrobio : Nullum, inquit, initium
idem potest esse ei cuius est initium. Nam apud geometras prin
cipium lineae punctum dicitur esse, non linea,· apud arithmeti
cos principium numeri non est numerus. Item causa nascendi
ipsa non nascitur e ipsa ergo motus causa ve/ initium non mo
vetur: ergo anima, quae initium motus est, non movetur 216 ; e
viene cosi spiegata: Non possunt, inquit, eadem initiis suis esse
quae inde nascuntur, et ideo animam, quae initium motus est,
non moveri, ne idem sit initium et quod de initio nascitur, id est
ne motus ex m o tu processisse videatur 277 •
Tanto la risposta a questa obiezione quanto le risposte che
seguono alle altre obiezioni aristoteliche mi sembrano degne di
rilievo, in quanto esprimono la misura della forza argomentati
va di Macrobio; pertanto mi pare opportuno trattarne, sia pure
sinteticamente.
Rispondendo all 'obiezione sopra riferita, Macrobio osserva
che se il principio e ciò che da questo proviene fossero total
mente diversi , tali da essere contrari , dovremmo chiamare nero
l'inizio del bianco, umido l'inizio del secco, male l'inizio del
bene e cosi via; ma non è cosi , perché, sebbene il principio non
sia uguale a ciò di cui è principio , non può essere neppure del
tutto contrario. Nel caso dell 'anima, dunque, la quale si muove
come si muovono le cose che essa stessa muove, la differenza
sta nel fatto che l' anima si muove di moto autonomo mentre le
27
altre cose si muovono perché mosse 8 •
1 75
La terza obiezione di Aristotele - quella che nega il movi
mento dell 'anima sulla base del principio di non contraddizio
ne, secondo il quale non può accadere che, riguardo ad una so
la e medesima cosa in uno stesso tempo, si verifichino degli av
venimenti contrari (in questo caso il muoversi dell 'anima e l ' es
sere mosso) - viene dissolta da Macrobio col rifiuto dell 'ipote
si aristotelica dell 'esistenza di due movimenti diversi nel movi
mento dell 'anima, dato che questo movimento altro non è che
l' essenza stessa dell 'anima (quippe cum ipse motus animae sit
279
essentia) •
Alla quarta obiezione , secondo la quale se l ' essenza
dell 'anima fosse il movimento, questa non cesserebbe mai di
muoversi , come invece accade quando il corpo sta fermo, Ma
crobio risponde che, contrariamente a quanto possa apparire e
a quanto pensa Aristotele, l ' anima non si ferma mai , poiché il
corpo si muove anche quando sembra immobile 280•
Per quanto riguarda la quinta obiezione di Aristotele (che
per Macrobio è piuttosto una pseudo-obiezione) - per la quale
l'anima, causa di movimento per le altre cose, non può esserlo
per se stessa, perché non esiste nulla « che sia causa di una stes
sa cosa tanto per sé quanto per altro » - Macrobio concede ad
Aristotele che potrebbe anche essere vero in generale (sebbene
molti casi lo neghino) , ma aggiunge che non è questo il caso
dell 'anima, la quale è causa di movimento per le altre cose ma
non è la causa del suo stesso movimento , nel senso che non dà
a se stessa la facoltà del movimento, essendo il movimento la
1
sua stessa essenza (sed essentiae suae est quod movetur) 28 •
Questa risposta serve a Macrobio per confutare anche la se
sta obiezione di Aristotele, secondo la quale, poiché ogni movi-
279 In Somn. , I I , 1 6, S .
280 In Somn. , I I , 1 6, 6-9.
28 1 In Somn. , I I , 1 6, 1 0- 1 3 .
1 76
mento per avere luogo ha bisogno di uno strumento , anche
l ' anima, per muovere se stessa, deve servirsi di uno stru
mento 28 2 • Alla luce della precedente risposta, infatti, questa
obiezione appare risibile, dato che il movimento dell ' anima è
insito nella sua stessa essenza e non ha alcun bisogno di mezzi
esterni per effettuarsi 28 3 •
La settima obiezione viene considerata da Macrobio estre
mamente sottile e capziosa, e il suo autore - per altri aspetti
vir tantus et alias ultra ceteros serius 284 in questo caso viene
-
5
definito similis cavillanti 28 • Aristotele fonda questa obiezione
sul movimento di locazione, secondo il quale l ' anima, muoven
dosi , dovrebbe ora entrare, ora uscire dal corpo, e conclude
che, poiché l ' anima non attua questo tipo di movimento , ne
consegue che non si muove 286 • Macrobio confuta tale ragiona
mento con un esempio tratto dalla natura, col quale ritorce
l 'argomento aristotelico contro lo stesso Aristotele: gli alberi
- egli dice - ai quali Aristotele non nega il movimento, non si
muovono da un luogo all 'altro ; sulla base dell ' obiezione aristo
telica, dunque, si dovrebbe concludere che non si muovono ;
oppure, se si conclude che si muovono pur non spostandosi da
un luogo all ' altro , si deve anche concludere che non tutte le co
se che si muovono attuano un movimento di locazione e che
ogni ente si muove di un movimento conveniente alla propria
natura 287 •
Rimane, infine , da confutare l'ultima obiezione di Aristote
le, che, per certi versi , ricalca la precedente, poiché è fondata
285 In Somn. , I l , 1 6 , 1 5 .
286 In Somn. , I l , 1 6 , 1 5 .
287 In Somn. , I I , 1 6, 1 6- 1 8 .
1 77
sul fatto che, supposto il movimento dell ' anima, questo deve
essere concepito o secondo il luogo o secondo la sostanza o se
condo la quantità 211 • Ma ciò - osserva Macrobio - sorge da
una questione di fondo mal posta, sorge dalla supposta distin
zione nell 'anima tra ciò che muove e ciò che è mosso , distinzio
ne che in realtà non esiste, per cui non è possibile pensare che il
movimento dell'anima si attui secondo i modi indicati da Ari
stotele. L'anima è, infatti , il principio e la fonte del movimen
to: [ . . ]
quin etiam ceteris quae moventur hic fons, hoc princi
.
1 78
dettagli, se si vuole anche un po' prolissa, dell'espressione plo
tiniana: « Pensa, cioè, ad un'unica fonte che non abbia altro
principio che se stessa » 293 , con la quale Plotino dice molto di
più di quanto non riesca a dire Macrobio attraverso un 'intera
pagina. Plotino, infatti, nello stesso momento in cui utilizza
l 'immagine della fonte, supera dialetticamente ciò che in essa
c'è di sensibile per cogliere il significato traslato ; dalla sua
espressione traspare che tra il significato proprio e il significato
traslato del termine metaforico si è determinata la « tensione
della copula », dell'essere e del non essere nello stesso tempo,
dell'essere come 294 • Nel passo di Macrobio, invece, tanto la
tensione dialettica quanto lo scarto semantico tra il significato
proprio del termine fonte e il significato traslato di esso vengo
no neutralizzati e diluiti per perdersi del tutto nella similitudine
che segue e che esplica il contenuto implicito nella metafora 295 •
Peraltro questo contenuto viene subito orientato verso la fina
lità morale della quale sono pervasi i Commentarii: fin qui in
fatti è stato dimostrato che l'anima si muove da sé ed è princi
pio di movimento per tutte le cose che seguono; adesso si dimo
stra che l ' anima è pure il principio delle emozioni e delle pas
sioni umane 296 • E ancora una volta - a mio avviso - è Plotino
dei corpi, divini o terreni , ne vuoi per caso ricercare l'autore, anche la tua
mente dovrà risalire all'anima come a una fonte )) .
296 In Somn. , Il, 1 6, 25 : Nam motus eius est boni malique discretio, vir
tutum amor, cupido vitiorum, ex quibus effluunt omnes inde nascentium re
rum meatus,· motus eius est quicquid irascimur et in fervorem mutuae colli
sionis armamur, unde pau/atim procedens rabies fluctuat proeliorum; motus
eius est quod in desiderio rapimur, quod cupiditatibus alligamur.
1 79
che offre a Macrobio i concetti base di questo argomento m .
I n conclusione Macrobio afferma che tutti i movimenti che
agitano l'uomo traggono origine dall 'anima, ma se essi « sono
governati dalla ragione proveniunt salutares, se ne sono privi in
praeceps et rapiuntur et rapiunt » 291• Questo richiamo alla ra
gione fa da proemio all 'ultimo capitoletto dell ' opera, nel quale
all 'Africano virtuoso viene annunziata la salvezza eterna: [ . ] . .
1 80
CONCLUSIONI
l In Somn. , Il, 1 7 , 8 .
2 In Somn. , Il, 1 7 , 8.
181
tuoso, da una parte è dedito alle virtù politiche, in quanto uo
mo di Stato il cui scopo è la salvezza della patria; dall'altra si
dedica alla pura contemplazione, in quanto filosofo: Quoniam
igitur Africanus noster, quem modo avus praeceptor instituit,
ex ilio genere est quod et de doctrina vivendi regu/am mutuatur
et statum publicum virtutibus fulcit, ideo ei perfectionis gemi
nae praecepta mandantur 3 •
Queste ultime considerazioni mi sembrano funzionali alla
caratterizzazione della fisionomia culturale di Macrobio, in
quanto mi pare di leggervi una certa predilezione per coloro
che alle virtù attive associano le contemplative, e quindi il ten
tativo di innestare nella cultura romana, tendenzialmente prati
ca, l' ideale greco della contemplazione, che Macrobio mutua
direttamente dalla filosofia platonica e neoplatonica. Di chiara
derivazione neoplatonica sono infatti e la proposta ascetica e la
riflessione escatologica che seguono : « Questi sono gli insegna
menti di quella dottrina secondo la quale chi fa professione di
filosofia deve desiderare la morte e per la quale quelli che sono
ancora dentro il corpo possono riguardare a esso come a un pe
so a loro estraneo che durerà il tempo ammesso dalla natura; e
con facilità e con senso dell 'opportunità fa opera di persuasio
ne alla virtù , dopo avere manifestato la grandezza e il carattere
divino dei premi riservati alle virtù . Ma poiché una legge si dice
imperfetta se non vi è sancita alcuna pena per chi devia da essa,
alla fine dell' opera sancisce che per coloro che vivono al di fuo
ri di quei comandamenti la pena è quel luogo che l'Er di Plato
ne ha abbondantemente descritto, enumerando gli infiniti se
coli durante i quali le anime dei malvagi, dopo essere più volte
ritorte sotto i medesimi castighi, solo alla fine possono emerge
re . dal tartaro e così ritornare, ottenuta finalmente la purifica
zione, al principio della loro natura, che è il cielo. È destino che
3 In Somn. , I l , 1 7 , 9 .
182
ogni anima ritorni alla sua sede originaria, ma quelle che abita
no nel corpo come straniere ben presto, dopo il corpo, ritorna
no a quella che è come la loro patria, mentre quelle che riman
gono invischiate nelle lusinghe del corpo come se fosse la loro
vera dimora, quanto più violentemente si separano da esso,
tanto più tardi ritornano alle sfere supreme » 4 •
ICommentarii si chiudono, secondo la prassi, con un giudi
zio positivo sul Somnium di Cicerone, che viene definito un' o
pera perfetta nella quale universa philosophiae continetur inte
gritas 5 : Cicerone in essa - osserva Macrobio - non ha trascu
rato nessuna delle tre parti della filosofia in quanto ha trattato
di morale quando ha esortato Scipione alle virtù , all 'amore per
la patria e al disprezzo della gloria terrena; ha trattato di filoso
fia naturale quando si è occupato di astronomia e di geografia
e ha trattato di filosofia razionale a proposito dell' anima, della
sua essenza e dalla sua immortalità 6 •
Appare chiaro che lo stile del nostro autore è simile a quello
di tanti commentatori ed epitomatoci più o meno noti del suo
tempo, tuttavia credo che sarebbe troppo riduttivo relegare
Macrobio - come è stato fatto dai più - fra gli eruditi occi
dentali dell'età tardo-antica, preziosi per certi versi 7 , ma privi
di qualsiasi originalità; e ciò perché dalla lettura delle sue ope
re, e particolarmente dalla lettura dei Commentarii, emerge
un' immagine più ricca e interessante.
Nel corso di questo lavoro è stato fatto il punto più volte
sull'aspetto ermeneutico dell 'opera di Macrobio ed è stata evi
denziata la di lui capacità di comprendere, assimilare, integrare
4 In Somn. , I l , 1 7 , 1 2- 1 4.
5 In Somn. , I l , 1 7 , 1 7 .
6 In Somn. , I I , 1 7 , 1 5- 1 6.
7 W . H . Stahl (Macrobius ci t . , p. IX) a questo proposito sottolinea il
merito di Macrobio di avere conservato testimonianze spesso preziose e addi
rittura interi testi.
1 83
e spesso semplificare teorie difficili sia nella forma che nella
sostanza. Si è visto inoltre che se i Commentarli in Somnium
Scipionis non possono collocarsi fra le opere filosofiche si
stematiche, hanno senz'altro il valore di un commento luci
do, bene articolato e anche personale, nel quale l ' autore,
mentre le ripropone, adatta le dottrine dei filosofi del passa
to a lui congeniali alla mentalità scolastica dei suoi interlocu
tori . Il suo messaggio è rivolto all ' intellighenzia romana del
V secolo, notevolmente sensibile nei riguardi della filosofia
neopitagorica e neoplatonica 8 che si è già sovrapposta all a
cultura latina ed è stata recepita nei suoi valori morali , intel
lettuali ed estetici .
Gli aspetti del neoplatonismo che, mescolati alle teorie
neopitagoriche, si sono diffusi maggiormente a Roma sono
l'aspirazione all 'immortalità e alla perfezione che si realizza
al di fuori del corpo, l ' orientamento escatologico della spe
culazione, il senso della trascendenza dell 'essere, l'interesse
per le scienze cosmologiche, matematiche ed astronomiche .
Macrobio riesce ad unificare tutte queste componenti dottri
nali e a fornire all 'Occidente latino gli elementi fondamentali
per la conoscenza del platonismo . Pertanto, insieme a Calci
dio e a Mario Vittorino, egli è da annoverare tra i più attenti
cultori del neoplatonismo; e se è vero che l 'astronomia, la
matematica, l a geografia sono l e scienze più trattate nei
Commentarii, è anche vero che la scienza che attraversa
l 'opera per intero è la teologia e precisamente la teologia
neoplatonica che, tramite Macrobio, giungerà alle « scuole »
del Medioevo . Il merito fondamentale, attribuito a Macrobio
da parte di tutti gli studiosi della sua opera, è infatti proprio
quello di essere stato uno degli anelli della catena di trasmis-
1 84
sione della cultura classica al Medioevo 9 e quindi al mondo
moderno.
Macrobio, in effetti, ha contribuito a mantenere in vita il
pensiero pagano nei secoli dell'avanzata del cristianesimo sen
za, per questo, aggredire la nuova religione. Al riguardo sono
significative la sua totale reticenza sulle questioni dibattute tra i
pagani e i cristiani e la ricerca dell'espediente didascalico, en
trambe funzionali a coprire l'esigenza di esporre un corpo or
ganico di scienza e di critica nonché una precisa dottrina filoso
fica. Cosi egli è riuscito a conservare quella parte del patrimo
nio culturale della tarda antichità costituita dalla filosofia neo
platonica in una versione diversa da quella di Agostino o di
Mario Vittorino . Questi ci rivelano solamente la trasformazio
ne cristiana del neoplatonismo latino 1 0 , Macrobio riprende il
neoplatonismo pagano dall'interno, con lo scopo di trovame la
piena rispondenza nelle parole di Cicerone.
Occorre tuttavia ribadire che quello di Macrobio è un neo- •
1 85
anche l'autore dei Satu17Ullill ; pertanto, pur avendo capito in
profondità il sistema neoplatonico, non lo segue fino ai limiti
più estremi. Infatti, mentre da una parte cerca di correggere Ci
cerone, ll dove sembra che la sfera più esterna del mondo venga
descritta come il Dio più alto e, al fme di escludere ogni inter
pretazione panteistica, afferma - ricalcando sentieri neoplato
nici - che il Dio più alto non è né il mondo né una parte di es
so, ma è la causa dell ' intelletto da cui poi procede l ' anima che
11
costruisce il corpo dell ' universo ; dall' altra non defmisce mai
l ' Uno btéKE\Va t"'ç où o ia ç alla maniera di Plotino, né parla
della « pura materia » intesa come semplice possibilità del cor
poreo, ovvero della materia come semplice negatività, in quan
to per lui la serie della realtà ha inizio con Dio e discende, attra
verso l'intelletto e l'anima, fino ai corpi visibili che compongo
no l'universo.
Sotto questo rispetto si potrebbe affermare che in Macro
bio manchi la categoria dell' ineffabile, e ciò perché accanto
ali ' interesse per la cultura greca esiste in lui il senso della roma
nità che emerge visibilmente sia dalla forma che dal contenuto
dei Commentarii. Il De re publica era un testo molto letto
11,
nell' ambiente di Macrobio pertanto sceglierne una parte per
fame l ' oggetto di un commentario costituiva una professione
di fede verso una tradizione che, pur aprendosi ai valori cultu
rali greci , era orientata al servizio della città eterna. D ' altron
de, fin dali 'inizio del suo commento - nel sottolineare ciò che
distingue il testo di Cicerone dalla Tioì..tt E ia di Platone: [ . . ] . al-
1 86
ter qua/is esse deberet. alter qualis esset a maioribus instituta
disseruit 1 3 - Macrobio, sebbene fra le righe, esprime questa
sua posizione, che si rivela pienamente nel capitolo ottavo del
primo libro, dove, pur accettando la gerarchia plotiniana delle
virtù , il nostro autore prende le distanze da essa e - come si è
visto - rimane in linea con la tradizione del realismo politico
romano.
13 In Somn. , l , l, l.
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202
INDICI
INDICE DEI NOMI ANTICHI •
« Macrobio » .
205
1 42, 1 49, 1 50 e n . , 1 5 8 , 1 60, Giovenale, 5 1 .
1 63 , 1 65 , 1 66 e n . , l 67 , 1 68 , Giuliano , 3 8 .
1 78 , 1 85 , 1 88 . Graziano , 3 1 n .
Cipriano, 36 n .
Claudiano Mamerto, 63 n . , 65 , Ireneo , 1 24 n . , 1 30 n .
146. Ipparco, 5 1 .
Cleante, 5 l . lsidoro (di Siviglia) , 48 , 1 87 .
Clemente Alessand rino, 1 24 n . ,
1 25 n . Licurgo, 1 83 .
Cleomede , 48 . Lucrezio , 5 l .
Colote, 44, 70 e n . , 7 1 e n . , 7 2 e
n . , 74, 75 , 76. Macrobio, Plotino , Eudosso ,
Cornelio Labeone, 3 0 n . , 5 1 . 18.
Crates (di Mallus) , 50 n . Macrobio , Plotino, Eustazio ,
Crono, 8 2 n . , 1 40 n .. 24 n .
Marino , 1 1 0 n .
Empedocle, 1 2 1 n . Mario Vittorino, 3 0 n . , 52 n . ,
Enea (di Gaza) , 8 2 n . 1 1 8 n . , 1 86, 1 87 .
Epicuro , 5 l , 70. Marziano Capella, 46 , 48 , 49 n . ,
Eraclide Pontico, 49 n . 1 87 .
Eraclito, 5 l, 76. Massimo (di Tiro) , 1 25 n .
Esiodo, 5 1 , 72 n . , 73 , 79, 80. Menandro , 73 n .
Esopo , 73 e n.
Eunapio, 1 48 n . Nicomaco , 45 , 49.
Eusebio, 56 n . , 1 1 6 n . , 1 70 n . Nicomaco Flaviano, 23 , 24, 30,
Eustachio , 26, 28 . 32.
Numa Pompilio, 1 8 3 .
Favonio Elogio, 53 n . Numenio, 1 3 , 54 n . , 60 n. , 62 n . ,
Filolao , 1 24 n . , 1 27 . 77, 8 2 n . , 1 1 8 n . , 1 34 e n . ,
Filone, 46 , 1 25 . 1 3 5 e n . , 1 36, 1 40 e n . , 1 4 1
Flaviano (il giovane) , 23 . n . , 1 52, 1 53 .
Fronteio , 30 n .
Olimpiodoro , ' 60 n . , 1 39 n .
Gemino, 48 . Omero, 28 , 29, 46 en . , 5 1 , 6 1 ,
Geronimo (San), 35 n . 72 n . , 78, 79, 80, 90, 1 2 1 n . ,
Giamblico , 1 3 , 30 n . , 4 1 , 49, 52 1 32, 1 33 e n . , 1 55 n .
n., I lO n. Onori o, 2 2 n . , 34.
206
Orfeo , 73 , 1 22 . 6 1 , 62 e n . , 63 e n . , 64, 65 , 70
Origene, 1 25 n . e n. , 7 1 , 72 e n . , 74, 75 , 76,
79, 80, 81 e n . , 82 n . , 84, 90,
Paolo (l 'emiliano), 1 42 . 9 1 e n . , 92 e n . , 93 , 99, 1 00 ,
Petronio, 73 n . 1 03 , 1 04 e n . , 1 05 e n . , 1 06 ,
Pitagora, 49, 5 1 , 1 3 1 n . , 1 83 . 1 07 , 1 08 , 1 09 , 1 1 0 e n . , 1 1 1 ,
Platone, 1 4 , 26, 27 , 28, 42, 43 e 1 1 2 n . , 1 1 5 n . , 1 1 6 e n. , 1 1 8
n . , 44 e n . , 47 n . , 48 , 49 e n . , 1 25 n . , 1 26, 1 27 , 1 30 n . ,
n . , 5 1 , 53 n . , 54 e n . , 5 7 , 59 1 3 1 n . , 1 32 e n . , 1 3 3 , 1 34 e
64, 71 e n . , 72 e n . , 7 5 , 77, n. , 1 3 5 n. , 1 36, 1 3 8 , 1 39 n . ,
79, 98 , 99, 100 n . , 101 e n . , 1 40 n . , 1 4 1 e n . , 1 42 , 1 44 e
1 1 0, 1 1 5 n . , 1 2 1 e n . , 1 22 , ·
n . , 1 45 e n . , 1 46 e n . , 1 47 ,
1 23 , 1 24 e n . , 1 26 e n . , 1 27 , 1 48 e n . , 1 49, 1 52, 1 5 3 , 1 5 5
1 37 , 1 3 8 , 1 42, 1 45 , 1 47 , 1 60 n . , 1 56, 1 57 , 1 6 1 n . , 1 64 e
n . , 1 64 n . , 1 65 , 1 66 , 1 68 , n . , 1 70 e n .
1 7 1 , 1 73 e n . , 1 78 , 1 84 . Posidonio , 84, 8 7 , 1 28 , 1 60 n . ,
Plotino, 28 , 48 , 5 1 e n . , 52 n . , 1 64 .
5 3 , 54 e n . , 5 5 , 56, 57, 58 e Pretestato, 3 0 e n . , 3 5 .
n . , 59, 60, 6 1 , 63 e n . , 64 e Proclo, 4 1 , 42 , 44 n . , 47 n . , 54,
n . , 65 , 8 1 , 82 e n . , 83 e n . , 60 n . , 62 n . , 70 e n . , 7 1 , 72
84, 99 e n . , 1 00 e n . , 1 0 1 e e n . , 74 e n . , 75, 76 n . , 78 n . ,
n . , 1 03 , 1 04 e n . , 1 05 e n . , 79, 8 1 e n . , 90, 9 1 n . , 1 1 0
1 06 , 1 07 , 1 08 , 1 09 , 1 1 0, 1 1 1 ' n . , 1 29 n . , · 1 30 n . , 1 3 1 n . ,
1 1 4 e n . , 1 1 5 n . , 1 1 6, 1 25 e 1 34 e n . , 1 3 5 n . , 1 37 , 1 39 n .
n . , 1 26, 1 27 , 1 3 1 n . , 1 36 e n . ,
1 3 8 , 1 40 e n . , 1 42 , 1 43 , 1 44 Romolo , 1 83 .
e n . , 1 45 e n . , 1 46 e n . , 1 47 ,
1 48 e n . , 1 49 , 1 5 1 e n . , 1 52, Scipione, 43 n . , 45 , 5 1 e n . , 85
1 53 , 1 54, 1 5 5 e n . , 1 56 e n . , n . , 86, 89 e n . , 9 1 n . , 1 59 e
1 57 , 1 59 e n . , 1 60 e n . , 1 6 1 e n . , 1 83 , 1 85 .
n . , 1 62 , 1 63 e n . , 1 64 , 1 65 , Scoto Eriugena G . , 25 , 1 87 .
1 72, 1 73 , 1 78 e n . , 1 79 e n. , Senofane, 5 1 .
1 88 . Servio, 25 , 9 1 n . , 1 30 n . , 1 40 n .
Plutarco , 29 n . Severo , 1 3 5 e n . , 1 36 n . , 1 37 .
Porfirio, 1 3 , 26, 28, 3 0 n . , 3 5 n . , Simmaco , 24, 2 5 , 30.
5 2 n . , 5 3 , 5 4 e n . , 5 5 e n . , 56 Siriano , 4 1 .
e n . , 5 7 , 5 8 e n . , 59, 60 e n . , Socrate, 1 2 1 .
207
Solone, 1 83 . Tolomeo , S I , S4 n . , 1 40 n.
Stobeo , 60 n. , I I S n . • 131 n. Tommaso (San), 1 87 .
208
INDICE DEGLI AUTORI MODERNI
Armin (von) H . , 70 n. n . , 1 28 n . , 1 32 n. , 1 33 n . ,
1 34 n, 1 39 n . , 1 46 e n . , 1 48
Baron R. , 1 87 n. e n . , 1 52 e n . , 1 6 1 n . , 1 70
Beutler R. , l 34 e n. , l 3 S n. , I S2 n. n . , 1 87 .
Bidez J . , 30 n . , 1 1 6 n. , 1 70 n. Cumont F . , 1 2 , 5 4 e n . , S S e n . ,
Bitsch F. , 52 n. , 1 1 6 n. , 1 1 8 n. 57, 60 , 63 e n . , 64 , 1 34 n . ,
Blum C., 87 e n., 88 e n., 90. 1 44 n . , 145 e n . , 1 46 e n . ,
Blumemberg H . , 1 2 1 n. 1 47 e n . , 1 48 n .
Boissier G., 32 n .
Delatte A . , 1 3 1 n .
Borghorst G. , 52 n.
De Ley H . , 62 n . , 1 1 8 n . , 1 20 n . ,
Boyancé P., 43 n., 44 n. , 54 n . ,
1 34 e n. , 1 35 n .
1 3 1 n . , I SO n .
Des Places E . , 1 30 n . , 1 34, 1 52.
Bréhier E . , 1 4 1 n.
Di Pasquale Barbanti M., 82 n . ,
Buffière E., 78 e n. , 1 5 5 n .
8 3 n . , I l O n . , 1 4 1 n. , 1 56 n . ,
1 65 n .
Cameron A . , 1 3 , 1 8 e n. , 2 1 , 22 Dodds E . , 1 1 8 n . , 1 23 n . , 1 34 e
e n . , 23 e n . , 24 e n .
n. , 1 3 5 e n.
Cardullo L . , 8 1 n.
DOpp S . , 24, 25 .
Cassirer E., 82 e n., 83 n.
Duhem P . , 1 87 n.
Chastagnol A. , 2 1 n., 31 n.
Cilento V., 1 5 1 n. Eborowicz W . , 141 n .
Courcelle P., 1 3 , 29 n., 30 n . , Elferink M . A. , 1 3 , 6 2 n. , 1 28
35 n . , S S , 57 e n . , 58 e n . , n . , 1 30 n . , 1 34 n . , 1 35 e n . ,
5 9 e n . , 60 e n. , 6 1 e n . , 63 e 1 39 n .
n . , 64, 65 e n . , 70 n . , 90, 9 1 Eyssenhardt F. , 1 2 n .
n . , 1 04 n . , 1 1 5 n . , 1 1 8 n . ,
1 23 n . , 1 24 n . , 1 25 n . , 1 26 Ferwerda R. , 1 24 n.
209
Festugib'e A. J . , 44 n . , 1 07 n . , Leemans E . A . , 62 n . , 1 3 3 n . ,
1 1 6 e n . , 1 30 n . , 1 3 5 n . , 1 4 1 1 34 e n . , 1 35 e n .
n . , 1 86 n . Lenaz L . , 24.
Flamant J . , 1 2 n . , 1 3 e n . , 1 8 e Uv�ue P . , 1 S S n.
n . , 20 e n . , 2 1 , 22 e n . , 24 e Lewy H . , 1 30 n.
n . , 26 n . , 27 n . , 28 n . , 30 n . , Linke H . , 1 3 , 29 n . , 52 n . , S S ,
3 1 n . , 3 8 e n . , 4 1 n . , 42 n . , 1 04 n . , 1 1 5 n . , 1 45 n .
47 n . , 5 2 n . , 5 3 n . , 5 4 n . , 51
e n . , 63 e n . , 64, 87 e n . , 90, Marinone N. , 1 2 n . , 1 8 .
104 n . , 1 1 5 n . , 1 1 8 n . , 1 29 Mazzari n o S . , 1 7 , 23 .
n . , 1 30 n . , 1 34 e n . , 1 39 n . , Moreau J . , 1 4 1 n .
1 40 n . , 1 4 1 n . , 1 42 n . , 1 48 Moulinier A. L . , 1 23 n .
n . , 1 5 3 n . , 1 60 n . , 1 6 1 n . , Mras K . , 1 3 , 1 9 e n . , 2 2 n . , 30
1 64 e n . , 1 70 n . , 1 87 . n . , 5 5 e n . , 56 e n . , S8, 59,
Fortin P . , 1 1 4 n . , 1 60 n . 60 n . , 64, 70 n . , 74 n . , 9 1 e
n . , 92 n . , 1 04 n . , 1 1 0 n . , 1 1 2
Georgii H . , 1 8 , 22, 23 . n . , 1 1 5 n . , 1 28 n . , 1 30 n . ,
Guittard M . Ch . , 33 n . , 34 e n . , 1 32 n . , 1 3 3 n . , 1 34 n . , 1 39
35, 36 n., 37 e n. n . , 1 60 n . , 1 6 1 e n . , 1 64 e
n . , 1 66 n . , 1 70 n .
Hadot P . , 29 n . , 3 1 n . , 3 2 n . ,
1 1 8 n . , 1 52 e n . , 1 5 3 e n .
Pallu D e Lessert A. C . , 2 2 n .
Harder R . , 1 27 n .
Panciera S . , 24 n .
Henry P . , 1 2 , 1 3 n . , 3 0 n . , 5 5 ,
Pepin J . , 6 1 e n . , 6 2 n . , 7 2 n . ,
56, 5 1 e n . , S 8 e n . , 59, 64 e
7 3 n . , 7 8 n . , 8 1 n . , 82 n . , 98
n . , 1 04 n . , 1 06 n . , 1 46 e n . ,
n . , 99 n . , 164 n . , 1 69 n .
1 48 e n . , I SO n . , 1 5 1 e n . ,
Puech Ch . , 1 25 n .
1 52, 1 5 3 , 1 6 1 e n . , 1 62 e n . ,
1 64 , 1 6S e n .
Regali M . , 1 2 n . , 1 1 2 n . , 1 20 n . ,
Jan (von) L . , 1 2 n . , 1 9, 20. 1 5 1 n.
Jeauneau M. E . , 35 n . , 1 87 . Reinhardt K . , 1 29 n .
Robbins E . , 94 n .
Kem 0 . , 4 7 n . Rohde E . , 1 38 n .
Kessels A. H . M . , 8 7 e n . , 90. Romano, F . , 7 0 n .
Sandys J . E . , 1 9 e n .
L a Penna A. , 1 2 n . Scarpa L . , 1 2 n . , 2 6 e n . , 1 03 n . ,
210
1 1 5 n . , 1 1 6 n., 1 5 1 n., 1 58, Stein E . , 2 1 e n .
1 66 n . , 1 67 . Stewart H . F. , 47 n.
Schanz M . , 1 9 e n . , 22 n .
Schedler P h . M . , 1 1 n . , 3 5 n . , Theiler W . , 5 8 n . , 79 n . , 1 52 n .
5 2 n . , S S , 9 1 e n . , 1 04 n . , Timpanaro S . , 1 2 n .
1 1 0 n . , 1 1 5 n . , 1 3 3 n . , 1 36 Traube L . , 30 n .
n . , 1 45 n . , 1 57 n . , 1 69 n . , Trouillard J . , 78 n . , 8 1 n .
1 70 n . , 1 87 .
Setaioli A . , 6 1 n . , 7 2 n . , 80 n . ,
Van Den Bruwaen M . , 1 50 n .
82 n . , 9 1 n . , 1 32 n . , 1 3 3 n . ,
1 34 n . , 1 S S n .
Waszink J . A. , 9 2 n . , 1 3 5 n . , 1 5 3
Silvestre M . , 1 1 n . , 1 87 .
e n.
Sodano A . R . , 7 0 n . , 7 2 n . , 7 3
Wessner P . , 1 9 e n . , 5 3 n .
n . , 1 05 n . , 1 3 1 n . , 1 36 n .
Willis H . , . 1 2 n .
Solmsen F . , 1 88 .
Wissowa G . 1 9 e n . , 29 n . , 30 n . ,
Stahl W . H . , 1 2 n . , 1 7 n . , 1 8 , 20
52 n .
e n . , 22 n . , 25 n . , 29 e n . , 3 3
Whittaker Th . , 1 9 e n . , 2 2 n . ,
n . , 34 n . , 4 3 n . , 4 5 n . , 47 n . ,
45 n . , 45 n . , 49 n . , 1 1 0 n .
48 n . , 49 n . , SO n . , 52 n . , 5 3
n . , 59 n . , 1 56 n . , 1 69 n . ,
1 85 n .
21 1
INDICE GENERALE
Prefazione p. 9
213
4 . 3 . L'immortalità dell 'anima p. 1 S8
4. 3 . 1 . Immortalit1 dell 'anima ed eternità del
mondo (In Somn. , I l , 1 2) )) 1S8
4 . 3 . 2 . Platonici e aristotelici sull 'immortalit1
dell'anima (In Somn. , I l , 1 3- 1 6) )) 1 66
Conclusioni )) 181
Bibliografia )) 1 89
Fonti )) 191
Studi )) 1 9S
Indici )) 203
Indice dei nomi antichi )) 20S
Indice degli autori moderni )) 209
Indice generale )) 213
214
F I N ITO DI STAMPARE
NEllA "TIPOLITOG RAFIA E. LEONE S.N.C. »
IN CATA N I A - V I A FIRENZE, 1 2 - TEL 3 8 70 20
P E R CONTO DEllA
COOPERATIVA U N I VE R S ITA R I A EDITR ICE
CATANESE DI MAG I STERO
NEL MESE D I GENN A IO 1 988