Sei sulla pagina 1di 215

Maria Di Pasquale Barbanti

MACROBIO

ETICA E PSICOLOGIA
NEl ccCOMMENTARII IN SOMNIUM SCIPIONIS•

C.U.E.C.M.
In copertina: Tramonto, di Max Ernst .

Proprietà letteraria riservata

© Catania 1988 - Cooperativa Universitaria Editrice Catanese di Magistero


Via Etnea, 390 - 95128 Catania � Telefono (095) 316737 - c.c.p. 10181956

Stampato col contributo parziale del Ministero della Pubblica Istruzione.

«Tipolitografia E. Leone snc» - Via Firenze, 12 - Catania - Tel . (095) 387020


{. ] animae, dum corpore utitur,
. .

haec est perjecta sapientia ut, unde


orta sit, de quo fonte venerit, reco­
gnoscat.

(Macrobio, In Somn. , l, 9, l)
MACROBIO: ETICA E PSICOLOGIA
NEI «COMMENT ARII IN SOMNIUM SCIPIONIS»
PREFAZIONE
Macrobio appartiene a quel gruppo di enciclopedisti che
sintetizzano le dottrine più interessanti della speculazione greca
e le presentano all'Occidente in una forma alquanto semplifica­
ta. Per lo più questi enciclopedisti rimangono alla superficie
del pensiero classico, e spesso non riescono a comprenderlo
nella sua pienezza per il fatto che le fonti alle quali si riferisco­
no sono lontane dai classici originali . In molti casi la distanza
fra l'autore classico e il compilatore o commentatore del IV, V
o VI secolo è tale da presupporre anche diverse fonti interme­
die. Tuttavia grazie a questi polimati ed enciclopedisti la cultu­
ra occidentale riesce a mettersi in contatto per quasi un millen­
nio con la cultura greca, ed in quest'ambito l'opera di Macro­
bio svolge un ruolo fondamentale, specie per quanto concerne
la trasmissione della filosofia platonica e neoplatonica in Occi­
dente. L'interesse degli studiosi nei confronti di Macrobio si
spiega, infatti, soprattutto per questo ruolo, assolto in gran
parte dai Comme�:�tarii in Somnium Scipionis.
Ma quest'opera che indubbiamente costituisce una tappa
importante nella storia del pensiero occidentale dell'età tardo­
antica, dopo aver avuto una notevole fortuna nel Medioevo 1, è

l A questo riguardo è significativo lo studio di Ph. M. Schedler, Die Phi­


/o.sophie des Macrobius und ihr Eirifluss auf die Wissenscluift des christlichen
Mitte/alters, in «Beitrage zur Geschichte der Philosophie des Mittelalters», 1 3 ,
l , MOnster in W . , 1 9 1 6. Cfr. anche M . Silvestre, Note sur la survie de Macrobe
au moyen 8ge, in «Classica et Mediaevalia», 24 (1963), pp. 1 70-1 80.

11
stata tenuta per lungo tempo ai margini dell'interesse critico e
storiografico. Una maggiore attenzione nei suoi riguardi è stata
manifestata in tempi più recenti 2 , in cui ogni tassello del mosai­
co che rappresenta la cultura della tarda antichità assume una
sua precisa collocazione. È infatti all'interno di questo conte­
sto che si pongono i contributi di F. Cumont 3 , di P. Henry 4, di

2 Al secolo scorso risalgono due edizioni critiche delle opere di Ma­


crobio, una a cura di L. von Jan (Macrobius opera quae supersunt, voll.
2, Leipzig und Quendlinburg, 1 848- 1 852) e l'altra a cura di F. Eyssenhardt
(Leipzig, 1 868) ritenuta inferiore alla prima (cfr. a questo proposito l'in­
troduzione di L. Scarpa a Macrobii A mbrosii Theodosii, Commentario­
rum in Somnium Scipionis libri duo, Padova, 1 98 1 , p. 60, e J. Flamant,
Macrobe et le Néoplatonisme latin à la fin du IV" si�cle, Leiden, 1 977, p.
1 ) . Più vicini a noi sono due importanti contributi alla critica del testo di
Macrobio di A. La Penna: Le Parisinus Latinus 6370 et le texte des Com­
mentarii de Macrobe, in « Revue de Philologie », 4 ( 1 950), pp. 1 77- 1 87 , e
Note sul testo dei « Commentarii » di Macrobio, in « Annali della Scuola
Normale Superiore di Pisa, Classe di Lettere e Filosofia », s. 2, 20 ( 1 95 1 ),
pp. 239-254.
Nel 1 963 è stata pubblicata per Teubner l'edizione critica delle opere
di Macrobio a cura di J. H. Willis, voli. 2, Leipzig, 1 963 , la quale è stata
molto discussa (vedi a questo. proposito le recensioni di A. La Penna, in
« Rivista di Filologia e di Istruzione Classica », 92 ( 1 964), pp. 452-46 1 ; di
S. Timpanaro, in « Gnomon », 36 ( 1 964), pp. 784-792; di N. Marinone, in
« Bollettino di Studi Latini >>, l ( 1 97 1 ), pp. 488-496. In particolare viene
rimproverato a Willis di non avere utilizzat o i due studi di La Penna. Re­
lativamente ai Commentarii esistono una traduzione in lingua inglese a cu­
ra di W. H. Stahl (New York-London, 1 952) e due recentissime traduzioni
italiane con testo e commento, la prima a cura di L. Scarpa (Padova,
1 98 1 ) , utilizzata nel presente lavoro accanto all'edizione di Willis, e la se­
conda, attualmente limitata al solo libro I (il Il è in corso di stampa), a
cura di M. Regali (Pisa, 1 983).
3 Comment Plotin détourna Porphyre du suicide, in « Revue des Étu­
des Grecques », 32 ( 1 9 1 9), pp. 1 1 3- 1 20; Les religions orienta/es dans le Pa­
ganisme romain, Paris, 1 929; Recherches sur le symbolisme funéraire des
Romains, Paris, 1 942; Lux Perpetua, Paris, 1 949.
4 Plotin et I'Occident, Firmicus Maternus, Marius Victorinus, Saint

A ugustin et Macrobe, Louvain, 1 934.

12
P. Courcelle 5 e quelli più specifici di H. Linke 6 , di K. Mras 7 ,
di A. Cameron 8 , di M. A. Elferink 9 , fino allo studio d'insieme
di J. Flamant 1 0•
L'avere considerato Macrobio come uno strumento utile
per farci conoscere alcune dottrine dell'antichità ha, però, fat­
to si che ci si orientasse prevalentemente verso la ricerca delle
fonti delle sue opere nel tentativo di ricostruire scritti perduti di
filosofi come Numenio, Giamblico e Porfirio. A questo propo­
sito condivido l'opinione di quegli studiosi che ritengono que­
sta impostazione poco produttiva 1 1 perché può fare correre il
rischio di perdere di vista quanto appartiene veramente a Ma­
crobio. Pertanto ritengo che convenga studiare l'opera di Ma-

5 Les lettres grecques en Occident de Macrobe à Cassiodore, 2• ed . , Pa­


ris, 1 948; La postlritl ch�tienne du Songe de Scipion, in « Revue des Etudes
Latines », 36 (1958), pp. 205-234; Tradition platonicienne et traditions chré­
tiennes du corp-prison, in « Revue des Etudes Latines >>, 43 (1965), pp. 406443 .
6 Ueber Macrobius' Kommentar zu Ciceros Somnium Scipionis, Philolo­
gus, Abhandlungen Martin Hertz zum 70. Geburtstage dargebracht, Berlin,
1 880, pp. 240-256.
7 Macrobius' Kommentar zu Ciceros Somnium, Ein Beitrag zur Geiste­
sgeschichte des 5. Jahrunderts n. Chr. , in « Sitzungsberichte der Preussischen
Akademie der Wissenschaften, Phil. hist. Klasse », ( 1 933), pp. 232-288.
8 The Date and Jdentity of Macrobius, in « Joumal of Roman Studies »,
1 6 (1 966) , pp. 25-38; Paganism and Literature in Late Fourth Century Rome,
in Christionisme etjormes littlraires de I'A ntiquitl tardive en Occident, Entre­
tiens sur l'Antiquité classique, 23, Vandoeuvres-Genève, 1 976, pp. 1-30.
9 La descente de 1 '8me d'après Macrobe, Leiden, 1968.
1o Macrobe et le Nloplatonisme latin cit.

u Cfr. , per esempio, P. Henry (Piotin et /'Occident, pp. 147-148), il qua­

le da una parte sostiene che tutte le fonti alle quali si riferisce Macrobio, ad ec­
cezione delle Enneadi, sono andate perdute, per cui la ricerca intorno ad esse ri­
sulta molto difficile, e dall'altra ritiene di dovere attribuire alle Enneadi stesse
maggiore importanza di quanto non avessero fatto altri studiosi; cfr. pure J.
Flamant (Macrobe et le Nloplatonisme latin cit . , p. 8 sgg.), il quale, piuttosto
che muovere dallo studio delle fonti di Macrobio, preferisce entrare nel vivo
delle sue opere, senza per questo perdere di vista le fonti, ma avvicinandosi ad
esse di volta in volta.

13
crobio dall'interno, pur nella consapevolezza dei debiti che il
nostro autore ha nei confronti delle sue fonti. Ciò non significa
sottovalutare il problema delle fonti, ma semplicemente evitare
di risolvere in esso il significato del contributo storico-culturale
di Macrobio, il quale riesce a ricostruire personalmente e, in un
certo senso, originalmente la dottrina neoplatonica.
Il testo dei suoi Commentarii è il Sogno di Scipione, che egli
sceglie per due ragioni di base: per la sua devozione nei con­
fronti di Cicerone, che considera il Platone latino, e per le so­
miglianze esistenti fra questo testo e il mito finale della Repub­
blica di Platone. La fusione di queste due motivazioni conferi­
sce ai Commentarii una duplice dimensione: neoplatonica nelle
tematiche e nei contenuti e tuttavia romana per certi aspetti che
esprimono le istanze della cultura alla quale Macrobio appar­
tiene.
La maggior parte degli storiografi, infatti, colloca Macro­
bio ali 'interno di una cerchia di aristocratici pagani che rinne­
gano il nuovo cristianesimo e oppongono ad esso una religione
il cui oggetto è Roma e la sua tradizione, per cui la filosofia e la
saggezza greche diventano funzionali al recupero e alla restau­
razione delle virtù romane.
In questo lavoro, che non può prescindere dal toccare pro­
blemi relativi alla personalità di Macrobio, alle sue opere e al
carattere generale dei Commentarii, esaminerò in particolare
due aspetti di quest' opera che mi sembrano strettamente legati
fra loro: l'etica e la psicologia. Ciò perché, nonostante l'enci­
clopedismo, a volte un po' superficiale ed eclettico, che in ge­
nere caratterizza le opere di Macrobio, questi due aspetti costi­
tuiscono il filo conduttore dei Commentarii e conferiscono ad
essi una fisionomia netta e ben delineata: è infatti attraverso la
trattazione intorno alle virtù e intorno all'essenza e al destino
dell'anima che Macrobio manifesta la sua matrice neoplatoni­
ca pur mantenendosi nell 'ambito della cultura e della mentalità
latine.

14
l.

MACROBIO NEL SUO TEMPO


1 . 1 . Problemi biografici e cronologici

Se si guarda agli studi macrobiani sia lontani che recenti, si


ricava l'impressione che le problematiche che hanno interessa­
to maggiormente gli studiosi sono quelle relative alla biografia,
alla non facile identificazione storica del personaggio e alla
cronologia: si discute sul nome vero di Macrobio, sulla sua
provenienza e sulla sua probabile identificazione con uomini
politici del tempo che rispondono allo stesso nome.
Sul nome di Macrobio la stessa tradizione dei manoscritti,
nel fornirci i dati, ci pone alcune difficoltà. Nei manoscritti più
antichi dei Commentarii, infatti, si trova Macrobius Ambro­
sius Theodosius, vir clariss imus et illustris; in altri manoscritti
talvolta varia l'ordine dei nomi, talvolta manca Ambrosius o
Theodosius; però pare che sin dall'inizio del Medioevo - forse
con la sola eccezione di Boezio e di Cassiodoro che lo citano
come Macrobius Theodosius 1 - il nostro autore venisse chia­
mato semplicemente Macrobio 2 , e su questo nome tutti gli stu­
3
diosi sono stati d'accordo finché S. Mazzarino (e dopo di lui

l Cfr. Boezio, In Porphyrii Isagogen, l, 10, e Cassiodoro, Expositio


Psalmorum, 10, 7 .
2 Cfr. W. H . Stahl, Macrobius. A Commentary o n the Dream of Sci­
pion, New York-London, 1952, Introduzione, p. 3.
3
La politica religiosa di Stilicone, in « Rendiconti dell' Istituto Lombar-

17
�ameron" seguito anche da Marinone ' ) non fece notare che il
nostro Macrobio doveva essere più conosciuto dai contempo­
ranei col nome di Teodosio 6 •
Flamant, che si è occupato recentemente della questione,
osserva però che, benché l'ordine dei nomi che compaiono nei
manoscritti delle due opere di Macrobio non sia sempre identi­
co (Macrobius Ambrosius Theodosius è più frequente nei ma­
noscritti dei Commentarii e Ambrosius Theodosius Macrobius
in quelli dei Saturnalia), il nome Macrobius non è mai omesso,
mentre qualche volta non si riscontra il nome Theodosius e
molto spesso è omesso il nome Ambrosius. Per questa ragione
e per un'altra, altrettanto valida, fondata sul fatto che il nome
Macrobius non muore con il nostro autore, ma ricompare nei
suoi discendenti e precisamente nel nipote Macrobio Plotino
Eudosso, Flamant ritorna alla posizione che precedeva gli studi
sopra citati e che era stata inaugurata da H. Georgii 7 e conti­
nuata da Stahl8, secondo la quale il nome ufficiale del nostro
autore doveva essere proprio Macrobio 9•
Un'altra questione riguarda la patria di Macrobio, sulla
quale si sono fatte molte congetture. Al riguardo esiste una va­
ga indicazione nei Saturnalia 10, là dove Macrobio chiede indul­
genza al lettore per la poca perizia e la scarsa eleganza nell 'uso
della lingua latina e si giustifica dicendo di essere nato altrove

do di Scienze e Lettere, Classe di Scienze morali », 7 1 ( 1 938), pp. 255-258.


4 The Date and Jdentity of Macrobius cit . , pp. 26-27.

' Introduzione alla traduzione dei Saturnalia, 2• ed. , Torino, 1 977, p.


1 4 sgg.
6 A. Cameron ( The Date and ldentity of Macrobius cit., p. 26) osserva
che in età tardo-imperiale si era conosciuti con l'ultimo dei nomi; e l'ultimo
dei nomi del nostro autore sarebbe, secondo Cameron, proprio Teodosio.
7 Zur Bestimmung der Zeit des Servius, in « Philologus », 71 ( 1 9 1 2), pp.
5 1 8-526.
s Macrobius ci t., p. 4.

9 Cfr. J . Flamant, Macrobe et le Néoplatonisme latin cit. , p. 91 sgg.


IO Prej. 1 1 - 1 2.

18
(sub a/io ortos caelo). Ad alcuni studiosi è sembrato che questa
frase potesse indicare il luogo di origine di Macrobio.
Sandys 1 1 , ad esempio, muovendo da essa afferma che la patria
2
di Macrobio doveva essere la Grecia, e Whittaker 1 pensa a
qualche provincia orientale dove si parlava il greco. La mag­
gior parte degli studiosi è però di avviso diverso e ritiene che la
patria di Macrobio debba essere stata qualche provincia del­
l' Impero occidentale, anche se lontana da Roma, come la Sici­
lia, la Spagna o, con maggiore probabilità, l'Africa. Già Jan,
nella sua edizione delle opere di Macrobio 1 3 , sosteneva che
questi era oriundo dell'Africa per varie ragioni : in primo luogo
perché in quel periodo l'Africa diede i natali a molti autori che
conoscevano sia la lingua latina che quella greca; in secondo
luogo perché gli sembrava più probabile che un africano - e
non un greco vero e proprio - avesse preferito scrivere in lati­
no a Roma pur conoscendo la lingua greca; e infine perché
l 'Africa era una provincia sufficientemente lontana da Roma
per adattarsi alle parole sub a/io ortos caelo. Dello stesso avvi­
so sono Schanz 1 \ Wessner u, Wissowa 1 6 e Mras 1 1 , il quale so­
stiene che la lingua madre di Macrobio doveva essere il latino
sia perché questi cita spesso autori latini, sia perché, per quan-

Il Cfr. J. E. Sandys, A History of Classica/ Scholarschip, Cambridge,


1 908 , l, p. 238.
1 2 Cfr. Th . Whittaker, Macrobius or Philosophy, Science and Letters in
the year 400, Cambridge, 1 923 , p. I l .
1 3 Macrobius cit . , l , p. VII.
1 4 Cfr. M . Schanz, Geschichte der riimischen Litteratur, MUnchen,
1 904, vol. IV, parte 2•, p. 1 9 1 .
u P. Wessner, Macrobius, in « P . W . », l4, 1 ( 1 928), coll . 1 70- 1 82.

1 6 G . Wissowa (De Macrobii Saturnaliorum fontibus capita tria, Diss.


Breslau, 1 880, p. 1 5) rileva che la lingua greca non poteva essere la lingua ma­
dre di Macrobio, sia per l'entusiasmo che questi dimostra nei confronti di
Virgilio e di Cicerone, sia per le numerose traduzioni errate dei passi greci.
1 1 Cfr. K. Mras, Macrobius ' Kommentar zu Ciceros Somnium cit . , p.
285 .

19
to riguarda le citazioni degli autori greci, utilizza traduzioni la­
tine. D'altra parte - rileva Stahl, che condivide questa tesi -
tanto dalla lettura dei Commentarii quanto dall'indice dei no­
mi predisposto da Jan si ricava la netta impressione che Macro-
/
bio doveva avere con la letteratura latina una familiarità mag-
giore che non con quella greca 1 1• Su questa linea si pone anche
Flamant 19•
Un problema ancora più complesso è quello dell'eventuale
identificazione di Macrobio con uno dei personaggi politici
dell'epoca. Stabilire quale dei personaggi di nome Macrobio di
cui si hanno notizie storiche possa identificarsi con l'autore dei
Commentarii non è certamente facile, anche perché tale identi­
ficazione è legata strettamente alla cronologia delle opere, alle
notizie che da queste si ricavano, alla questione dell 'incompati­
bilità delle cariche e alle presumibili inclinazioni religiose di
Macrobio .
Il Codice teodosiano accenna ad un Macrobio vicario di
Spagna nel 399-400 20, ad un Macrobio proconsole d'Africa nel
4102 1 , ed ancora ad un Macrobio che avrebbe occupato la cari­
ca di praepositus sacri cubiculi d 'Oriente a Costantinopoli nel
422 22 • In quest'ultimo decreto il M acrobio nominato praeposi­
tus sacri cubiculi è chiamato vir illustris, gli viene dunque attri­
buito uno dei titoli che si riscontrano in alcuni manoscritti dei
Commentarii. Per questa ragione si potrebbe essere indotti ad
identificare l'autore dei Commentarii con questo personaggio,
ma questa identificazione è resa problematica dal fatto che la
scelta del praepositus sacri cubiculi di Costantinopoli da parte
dell'imperatore Teodosio Il non poteva che cadere su un cri-

1 8 Cfr. W. H. Stahl, Macrobius ci t. , p. 4.

19 Cfr. J. Flamant, Macrobe et le Néoplatonisme /atin cit. , p. 95.


20 Codex Theod. , XVI, X, 15; VIII, V, 61.
21 Codex Theod. , Xl, XXVIII, 6.
22 Codex Theod. , VI, VIII, l.

20
stiano, mentre gli elementi a nostra disposizione ci fanno pen­
sare, piuttosto, che il nostro autore sia stato pagano.
Questa identificazione potrebbe essere possibile solo ipotiz­
zando che Macrobio si sia convertito al cristianesimo dopo
23
aver scritto i Commentarii e i Satumalia • Tale ipotesi però è
2'
stata respinta da Cameron 24 , da Stein e recentemente da
26
Flamant • Quest'ultimo - oltre a ritenere impossibile che
l'imperatore di Costantinopoli potesse avere nominato per un
posto di così alto rango un uomo con un passato chiaramente
favorevole al paganesimo - ritiene poco probabile che la fami­
glia di Macrobio si sia trasferita prima a Costantinopoli e sia ri­
tornata poi in Occidente, come risulta dalla presenza del figlio
sessantenne alla corte di Ravenna. Inoltre - aggiunge Flamant
- la carica di praepositus sacri cubiculi era riservata agli eunu­
27
chi e Macrobio non poteva esserlo perché aveva un figlio •
Nulla vieterebbe l'identificazione del nostro Macrobio col vica­
rio di Spagna del 399-400 ; però, se si ferma la carriera di Ma­
crobio al vicariato, non si giustifica il titolo di illustre che si ri­
scontra nella maggior parte dei manoscritti . Questa difficoltà
può essere superata se si identifica il Macrobio dei Satumalia e
dei Commentarii non solo con il vicario di Spagna del 399-400 ,
ma anche con il proconsole d'Africa del 410. Ma tale via non è
praticabile perché le cariche di vicario e di proconsole sembra
che fossero incompatibili 28 e, ammesso pure che non lo fosse-

23 Cosi pensano P. Wessner (Macrobius cit . , col. 1 70), P. Henry (Piotin


et I'Occident cit . , pp. 146-147) e altri.
24 Cfr. The Date·and /dentity of Macrobius cit . , p. 25 .
2s Cfr. E. Stein, Histoire du Bas Empire, trad. francese, Paris, 1 959, I ,
p. 5 3 3 , n. 1 42.
26
Cfr. Macrobe et le N�oplatonisme latin cit. , p. 1 25 .
27 Ibidem.
28 Cfr. A. Chastagnol, Les Espagnols dans l'aristocratie gouvernemen­
tale à /'�poque de Th�odose, in Empereurs Romains d'Espagne, (Colloques
intemationaux du C.N.R.S.), C.N.R. S . , 1965, p. 1 25 .

21
ro, è difficile pensare che Macrobio Massiminiano, vicario di
Spagna, caduto in disgrazia nel 400 , possa essere stato promos­
29
so proconsole dieci anni dopo •
A questo punto - sempre se si vuole cercare il nostro Ma­
crobio tra quelli del Codice teodosiano - l 'identificazione che
pone meno problemi e contraddizioni rimane quella col pro­
console d'Africa del 41 O. Questa è la posizione di Flamant 30 , il
quale, sotto questo rispetto, si scosta da Cameron che identifi­
31
ca Macrobio con Teodosio, prefetto di Roma nel 431 • Gli
studiosi dunque si pongono su posizioni diverse riguardo ali 'i­
dentificazione di Macrobio, lasciando aperta una questione che
è difficile dirimere poiché le soluzioni proposte potrebbero es­
sere tutte più o meno valide, non esistendo dati certi che ne per­
32
mettono la smentita •
Un discorso a parte merita il problema della cronologia ma­
33
crobiana, la quale, dopo l'articolo di Georgii che stabilisce al-

29 Cfr. J. Flamant, Macrobe et le Néoplatonisme latin cit . , p. 1 25 .


30
Macrobe et le Néoplatonisme latin cit . , p. 122. A questo proposito,
Flamant osserva che la carica di proconsole d'Africa che sarebbe stata tenuta
da Macrobio dal 24 novembre 408 all'8 agosto 410 poteva essere attribuita ad
un pagano, perché il periodo storico lo consentiva. In questo periodo, infatti,
era stato emesso dall'imperatore Onorio un editto orale che permetteva tolle­
ranza per tutte le sette religiose. Macrobio, dunque, anche se pagano, poteva
essere stato mandato in Africa per mettere pace tra donatisti e cattolici e assi­
curare cosi la fedeltà dell'Africa all' Impero e quindi il rifornimento di grano
da cui dipendeva in parte la sopravvivenza di Roma.
31
Cfr. A. Cameron, The Date and Identity of Macrobius cit . , p. 27 .
32
Alcuni, infatti, come Th. Whittaker (Macrobius ci t . , p. I l) e K. Mras
(Macrobius ' Kommentar zu Ciceros Somnium cit . , p. 232), non si pongono il
problema e parlano di Macrobio come di un ufficiale di alto rango senza
identificarlo con i personaggi del Codice teodosiano. Altri, al contrario, co­
me M. Schanz (Geschichte der romischen Litteratur cit . , p. 1 9 1 ) , W. H. Stahl
(Macrobius cit. , p. 5) e A. C. Pallu De Lessert (Fastes des provinces ajrica­
nes, Paris, 1 901, vol. 2°, pp. 121- 1 22), accettano l'identificazione con tutti i
Macrobio del Codice.
33
Zur Bestimmung der Zeit des Servius cit.

22
cune date, non è stata più messa in discussione fino alla pubbli­
caiione dell'articolo di Cameron 34• Tanto Georgii che Came­
ron, nel determinare la loro cronologia, seguono criteri esterni,
si fondano, cioè, principalmente sugli event� politici del tempo.
Secondo la cronologia di Georgii Macrobio sarebbe nato
intorno al 360, avrebbe pubblicato i Saturnalia prima del 399 e
i Commentarii tra il 395 e il410. La data di pubblicazione dei
Saturnalia per Georgii non può essere più bassa per motivi reli­
giosi: trattandosi infatti di un'opera pagana, non può pensarsi
che sia stata scritta molto tempo dopo il 394, data della prescri­
zione definitiva del paganesimo. Né Georgii solleva il problema
dell'identificazione di Macrobio con uno o più dei tre perso­
naggi che con tale nome compaiono nel Codice teodosiano,
perché probabilmente il nostro autore può essere per lui identi­
ficabile con tutti e tre.
Cameron invece, con una serie di argomentazioni, arriva a
conclusioni del tutto diverse da quelle di Georgii. E mentre da
una parte rifiuta, come si è visto, l'identificazione di Macrobio
con tutti i personaggi del Codice teodosiano e, partendo
dall'assunto già di S. Mazzarino che il nome ufficiale di Ma­
crobio era Teodosio, propone di identificarlo con il Theodo­
sius praefectus praetorio ltaliae 11/yrici et Africae del 430;
dall'altra sposta la datazione delle opere di Macrobio molto
più avanti e pone i Saturnalia intorno al 431, dopo i Commen­
tarii. L'argomento decisivo, secondo Cameron, viene suggerito
dalla situazione sociale, politica e religiosa del tempo e precisa­
mente dalla figura di Nicomaco Flaviano che nei Saturnalia
viene presentata positivamente. Ora questa presentazione, per
Cameron, si giustifica soltanto se i Saturnalia vengono pubbli­
cati dopo la riabilitazione di Flaviano, promossa e voluta dal
3�
figlio Flaviano il giovane nel 431 .

34
The Date and Identity of Macrobius cit.
3�
Cfr. A. Cameron, The Date and Identity of Macrobius cit. , p. 36.

23
Anche Flamant, muovendo dall'analisi dei personaggi dei
Satumalia, perviene a delle conclusioni molto simili a quelle di
Cameron e pertanto respinge la datazione alta proposta da
36
Georgii e accettata da Stahl •
Tuttavia la questione non può considerarsi risolta per l'in­
trecciarsi di problemi storici, sociali e politici che rimandano a
37
problemi ancora più ampi. In uno studio recente, L. Lenaz
dimostra, ad esempio, che il personaggio contro cui è indirizza­
to il Carmen contra paganos o Carmen contra F/avianum non è
Nicomaco Flaviano e che il Carmen non fu scritto subito dopo
la battaglia del Frigido nel 394. Ciò renderebbe più problemati­
ca la delineazione della figura di Nicomaco Flaviano sulla qua­
le si incentrano la soluzione di Cameron e in parte quella di
Flamant. La soluzione di Cameron è stata inoltre confutata,
38
sempre in tempi recenti, da S. DOpp , il quale, fondandosi
sull'argomento ex silentio, sostiene una datazione ancora di­
versa. Secondo DOpp i Satumalia hanno come termine post
quem il 402, anno della morte di Simmaco, e come termine an­
te quem la data di pubblicazione del Commentario all'Eneide

36
Cfr. J . Flarnant, Macrobe et le Nloplatonisme latin cit. , p. 136 sgg.
La datazione bassa è stata inoltre confermata da una recente scoperta epigra­
fica di S. Panciera, Iscrizioni senatorie di Roma e dintorni, 38, in AA. VV. ,
Epigrafia e ordine senatorio, Atti del CoUoquio Internazionale AIEGL (Ro­
ma, 14-20 maggio 198 1 ) , l, Roma, 1 984, pp. 658-680. Il Panciera, dopo avere
ricomposto due frammenti di una base marmorea, conservati nel Lapidario
Forense, relativi a Macrobio-Plotino-Eustazio, ritiene che si tratti del figlio
del nostro autore, già identificato da Carneron ( The Date and ldentity ofMa­
crobius cit. ) con il Plotinus Eustathius, vir clarissimus, urbis praefectus di al­
cune tavolette di bronzo di provenienza sconosciuta, databili tra il 457 e il
472, o meglio tra il 461 e il 465 . Pertanto conclude che l'iscrizione da lui ri­
composta rafforza la tesi di Carneron secondo la quale il floruit di Macrobio
dovrebbe essere abbassato al 430.
37
A nnotazioni sul « Carmen contra Paganos » , in « Studia Patavina » ,
2 5 ( 1 978), 3 , pp. 541 -572.
38
Zur Datierung von Macrobius « Saturnalia », in « Hermes », 1 96
(1978), pp. 6 1 9-632, nn. 3 1 e 32.

24
di Servio; pubblicazione, sempre secondo il DOpp, anteriore al
410, per il fatto che manifesta un certo distacco nei confronti
della crudeltà dei Goti, cosa impossibile dopo il410. Infatti, os­
serva DOpp, se Simmaco fosse stato ancora in vita dopo la pub­
blicazione dei Saturnalia, nel suo Epistolario avrebbe accennato
a Macrobio, che nella sua opera maggiore gli dedica tanto spa­
zio; e se Servio avesse scritto il suo Commentario prima della
pubblicazione dei Saturnalia, Macrobio ne avrebbe fatto cenno.
Appare chiaro a questo punto che non si è ancora giunti ad
una soluzione definitiva; la complessità della questione, tutta­
via, ci dà la misura delle difficoltà che comporta la ricostruzio­
ne storica della figura di Macrobio. Di essa è stato dato qui sol­
tanto un excursus per grandi linee, dato che l'intento proposto­
mi è quello di analizzare, sia pure in un contesto più generale,
alcuni temi dei Commentarii, per cercare di individuare in essi,
assieme alla matrice neoplatonica, l'apporto di Macrobio.

1 . 2. A ttività letterario-filosofica

Di Macrobio ci sono pervenute tre opere: un trattato gram­


maticale a carattere tecnico dal titolo De differentiis et societa­
tibus graeci latinique verbi, i Commentarii in Somnium Scipio­
nis a carattere filosofico e i Saturnalia, opera varia e composi­
ta, costruita secondo lo stile del Simposio, in cui si toccano te­
matiche scientifiche, religiose, ecc. Di queste opere possediamo
interamente soltanto i Commentarii. Dei Saturnalia mancano
la fine del secondo libro, l'inizio del terzo libro, la seconda me­
tà del quarto libro e la fine dell'ottavo libro, ossia dell'ultimo.
Il trattato De differentiis et societatibus graeci latinique verbi è
andato perduto; di esso possediamo soltanto un sunto di età
39
medioevale attribuito con incertezza a G. Scoto Eriugena •

39
Cfr. a tale proposito W . H. Stahl, Macrobius cit. , p. 3.

25
Ora la cultura di Macrobio si presenta strettamente coniu­
gata con la forma letteraria sotto la quale si manifesta; per po­
tere dunque entrare nel merito di tale cultura occorre dare uno
sguardo ai generi letterari scelti da Macrobio e all'uso che di
questi generi viene fatto. I contenuti che di volta in ·volta ven­
gono trattati hanno infatti dei legami con il genere letterario
adottato. Cosi nei Commentarii in Somnium Scipionis il genere
del commentario offre a Macrobio l'occasione per affrontare
tutte le questioni cosmologiche e psicologiche che discendono
dal Timeo di Platone e che erano state argomento dei commen­
tatori precedenti quali Porfirio e Calcidio 40 e nei Saturnalia il
genere simposiaco si presta ai suoi intenti pedagogici ed enci­
clopedici. Macrobio, infatti, in quest'opera raccoglie notizie,
cognizioni e argomenti i più disparati, desunti dagli autori greci
e latini degni di nota, operando una sintesi di tutte le tradizioni
culturali pagane.
I Commentarii in Somnium Scipionis, dedicati al figlio Eu­
stachio, è un'opera in due libri, che per Macrobio forse costi­
tuivano due commentari distinti a giudicare dal titolo apposto
da lui stesso. In effetti - come sostiene Scarpa che giustamen­
te mantiene il plurale - qualche differenza di contenuto tra i
due libri esiste al di là della pura e semplice scansione di como­
41
do costituita dalla fine del rotolo ; e ciò, oltre ad essere detto
42
chiaramente ali'inizio del libro secondo , si evince dal conte­
sto: il primo libro tratta delle realtà che stanno tra la terra e il
cielo, il secondo libro tratta delle realtà celesti. Il testo che Ma­
crobio commenta è tratto dal sesto libro del De re publica di
Cicerone; in realtà, però, esso costituisce semplicemente l'occa-

40 Cfr. J. Flamant, Macrobe et le Néoplatonisme latin cit. , p. 147 .


41
Cfr. L. Scarpa, Introduzione a Macrobii Ambrosii Theodosii cit . , p. 1 9 .
42
In Somn. , Il, l , l: Superiore commentario, Eustathi luce mihi dilec-
tior fili, usque ad stelliferae sphaerae cursum et subiectarum septem sermo
processerai: nunc iam de musica earum modulatione disputetur.

26
sione per esporre i contenuti dei commentari porfiriani alla Re­
pubblica e al Timeo di Platone, nonché le dottrine filosofiche
che Macrobio condivide.
La forma dei Commentarii in Somnium Scipionis è quella
del commentario filosofico in cui non vengono analizzate paro­
le o gruppi di parole, ma interi passi o addirittura interi para­
grafi; in cui, piuttosto che esplicare i termini, come era prassi
fare nel commentario grammaticale, si guarda ai contenuti. Il
procedimento macrobiano, inoltre, pur somigliando a quello di
tutti· gli altri commentatori, non è omogeneo, ma libero, perché
libero è il genere del commentario filosofico, che consente, a
partire da una frase, sia di parafrasare il testo senza ulteriori
spiegazioni, sia di allargare il discorso con dissertazioni di vario
genere: cosi a volte Macrobio cita uno o due passi del testo e
dedica ad essi un ampio commento, a volte invece cita lunghi
periodi e di questi commenta soltanto alcune frasi, tanto che il
43
commento al passo risulta più breve del passo stesso •
Una delle caratteristiche più salienti dei Commentarii di
Macrobio è senza dubbio l'eterogeneità e l'enciclopedismo dei
temi trattati, i quali si possono ricondurre a tre delle quattro
scienze del quadrivio: aritmetica, musica e astronomia 44, a cui
bisogna aggiungere la geografia e tutta la problematica relativa
all'anima, alla sua origine e al suo destino, ossia la filosofia, la
quale implica anche una trattazione intorno all'etica. Macro­
bio, dunque, da una parte segue il testo di Cicerone e ne fa il
commento restando sulla linea narrativa del Sogno; dall'altra
costruisce un'enciclopedia in cui trovano spazio le più svariate
discipline. Discipline che vengono raggruppate da lui stesso in

3
4 Cfr. J . Flamant, Macrobe et le Néoplatonisme latin cit . , p. 164, e /n
Somn. , l , 4, 2-3 , dove si dedicano quattro righe di commento ad un testo di
sette righe.
44 Cfr. a tale proposito J. Flamant, Macrobe et le Néoplatonisme latin
cit. p . 167 .
'

27
tre generi di filosofia: la naturale, al cui interno vanno colloca­
te tutte le scienze della natura; la razionale, da identificare con
la dottrina dell'anima; la morale, da identificare con la dottri­
na delle virtù, svolta nell'ottavo capitolo del primo libro 4' . Da
ciò si evince che alla base dei Commentarii risiede la curiosità
di Macrobio di entrare in tutti i campi del sapere oltre ad una
particolare tensione morale e spirituale ispirata dalle letture
neoplatoniche. Il raffronto tra Platone e Cicerone, che si esten­
de al raffronto tra la diade Platone-Omero e Cicerone-Virgilio,
gli inevitabili riferimenti allo stesso Virgilio e la frequente uti­
lizzazione delle fonti greche conferiscono ai Commentarii
un'impronta che da una parte è romana e dall'altra risente for­
temente dell'influenza dei filosofi neoplatonici greci e princi­
palmente di Plotino e di Porfirio. Dall'esame dei Commentarii
si ricava infatti la doppia figura del «neoplatonico», preoccu­
pato di conservare la tradizione dei filosofi del passato, e del
«romano», preoccupato di valorizzare le figure di Cicerone e
di Virgilio di fronte a quelle di Omero, di Platone e dei platonici.
Anche i Saturnalia, che Macrobio dedica ancora al figlio
Eustachio, è un'opera improntata alla classicità. Nella forma
essa ricalca i dialoghi di Platone e nel contenuto non è altro che
una raccolta di argomenti classici riguardanti la scienza, la filo­
sofia e la religione. In essa Macrobio, mentre illustra la società
letteraria del suo tempo, dimostra di essere attento cultore
dell'antichità oltre che appassionato di scienza e pagano con­
vinto46. Grazie al suo culto dell'antichità, nei Saturnalia è stata
conservata una notevole quantità di frammenti di poeti antichi
47
che altrimenti sarebbero andati perduti • La parte centrale del-

4
' Cfr. , In Somn. , II, 1 7 , 1 5 - 1 6.
46 Cfr. J . Flamant, Macrobe et le Néoplatonisme latin cit . , p. 68 1 .
47 J . Flamant (Macrobe et le Néoplatonisme latin, loc. cit.) osserva che
quello di Macrobio è un conservatorismo politico, ma è anche un conservato­
rismo culturale e spirituale.

28
l'opera, che va dal libro terzo al libro sesto, ed alcuni capitoli
del primo libro sono dedicati in gran parte alle opere di Virgilio
che viene rivalutato non solo come poeta ma anche come mae­
stro di scienza, di retorica e di saggezza filosofica al pari di
Omero e - come dice Stahl - viene considerato da Macrobio
«an authority of prodigious wisdom and learning, omniscient
ad infallible»48• Tanto Cicerone nei Commentarii quanto Vir­
gilio nei Saturnalia rappresentano per Macrobio la sintesi di
tutto il sapere antico che viene da lui raccolto e trasmesso alla
posterità.
Dai Saturnalia si evince l'importanza della città eterna, an­
cora anima e forza dell'Impero, luogo dei saturnali e luogo del
simposio che fa da cornice al dialogo macrobiano; nei Saturna­
lia si colgono le tracce di quella interessante simbiosi, propria
di questo periodo49, fra il culto dell'antichità romana e la filo­
sofia neoplatonica. Quest'opera costituisce lo specchio dell'età
di Macrobio e in essa, benché non si osservi una cronologia ri­
gorosa, vengono tuttavia descritti an�iticamente il carattere, la
cultura e l'atteggiamento verso la grecità di tutti i personaggi
che partecipano al dialogo 50•

48 W. H. Stahl, Macrobius cit . , pp. 3-4.


49 A tale proposito cfr. P. Hadot, Porphyre et Victorinus, Paris 1 968 ,
vol. l , p. 8 2 e p. 84. L o stesso Hadot, i n Marius Victorinus. Recherches sur sa
vie et ses Q!uvres, Paris, 1 97 1 , pp. 42-43 , fa il punto sulle pratiche religiose
dei Romani di questo periodo e sulla simbiosi che viene a determinarsi tra pa­
ganesimo e cristianesimo, tra feste pagane e feste cristiane e tra culti orientali
e culti pagani.
50 Riguardo alla grecità di Macrobio, cfr. P . Courcelle, Les lettres grec­
ques ci t . , p. 8 sgg . , dove è sottolineata la cultura ellenistica del nostro autore.
G. Wissowa (De Macrobii Saturnaliorum fontibus cit . , p. 3 e n. l) osserva
che l'erudizione greca di Macrobio non è di prima mano ma dipende da Aulo
Gellio anche se, insieme a H. Linke (Quaestiones de Macrobii Saturnaliorum
fontibus, Breslau, 1 880, pp. 46-5 1 ) , pensa che nei Saturnalia Macrobio segua
passo passo le Quaestiones conviva/es di Plutarco. Courcelle invece (Les /et­
tres grecques cit . , p. 1 6) crede che non possa negarsi che Macrobio mutua dai
Greci sia la sua filosofia che la sua religione, entrambe intrise di neoplatoni-

29
Tutti i personaggi dei Saturnalia sono veramente esistiti e
pertanto esprimono la realtà storico-politica del periodo. Essi
rappresentano due categorie sociali: gli aristocratici, apparte­
nenti alla classe senatoriale, e gli intellettuali, cultori di una di­
51
sciplina o di una scienza. Tutti sono pagani , alcuni tradizio­
nalisti come Simmaco, altri vicini ai culti orientali e alla nuova
religiosità come Pretestato e Nicomaco. Fra tutti emerge Pre­
testato per anzianità e per prestigio, ma anche perché a lui va,
oltre che a Nicomaco, il consenso ideologico di Macrobio. Pre­
testato è un uomo di Stato e un uomo di culto, nonché un eru­
dito con una spiccata preferenza per la religione pagana misti­
ca, ed è ovvio che Macrobio lo prediliga e gli metta in bocca
dottrine religiose che non fa mai esporre a Simmaco perché

smo. Il lungo discorso sui nomi degli dei e sulla loro identificazione col sole
che Macrobio fa tenere a Pretestato (Sat. , l, 1 7-23) deriva - secondo Cour­
celle (op. cit. , p. 1 7) - da un teologo greco che, attraverso il metodo allegori­
co, pretendeva di giustificare i diversi nomi degli dei e di provare la loro unità
fondamentale. Wissowa (op. cit. , pp. 35-43) ha identificato questo teologo
con Giamblico, il cui nr-:pì 9r-:ci>V sarebbe stato noto a Macrobio tramite Ma­
rio Vittorino che a sua volta avrebbe contaminato le teorie di Giamblico con
quelle di Cornelio Labeone. Si è pensato anche (cfr. L. Traube, Varia liba­
menta critica, Milnchen, 1 883 , pp. 23-27) al n&pì àyaì..f.l.titrov di Porfirio me­
diato dal n&pì àyaì.. �ttitcov di Giamblico e da quello di Fronteio. Occorre ag­
giungere tuttavia che tutte queste ipotesi relative ad una fonte intermedia tro­
vano la loro spiegazione nell'ottica secondo cui Macrobio sarebbe stato inca­
pace di operare egli stesso una contaminazione tra elementi greci ed elementi
latini. Ottica questa che Courcelle (op. cit. , p. 1 8) ritiene superata dopo gli
studi di Mras e di Henry. Per questa ragione, egli pensa che la fonte di Ma­
crobio a questo proposito sia Porfirio e precisamente un trattato porfiriano
sul sole sconosciuto ma da lui identificato con quello menzionato dalla Suda
dal titolo n&pi 9&irov ÒVOilclT(OV (cfr. J. Bidez, Vie de Porphyre, le philoso­
phe néoplatonicien, Gand, 1 9 1 3 (rist. , Olms, 1 964), p. 52).
51
J. Flamant (Macrobe et le Néoplatonisme latin cit . , p. 86) osserva al
riguardo che la presenza di questi personaggi tutti pagani e l'assenza di cri­
stiani conferiscono alla riunione conviviale una dimensione chiaramente filo­
pagana.

30
52
non ne condivide lo spirito reazionario e conservatore •
Da questo quadro si ricava l'impressione che nel IV secolo
l'aristocrazia romana non doveva essere interamente corrotta dai
vizi - come scrive Ammiano Marcellino - ma che doveva esser­
vi ancora un'élite pagana consapevole del ruolo e della missione
che incombevano su di essa: difendere l'idea romana e il culto de­
53
gli dei • Di fronte alla Roma cristiana che era rappresentata da
Costantinopoli e di fronte agli imperatori che avevano abbraccia­
to la nuova fede, questa élite doveva proteggere le istituzioni degli
anziani, i diritti del sacro e i destini eterni della Patria.

1 . 3 . Orientamento religioso

Si è visto che le opere di Macrobio non sono apertamente


polemiche nei confronti del cristianesimo, ma che tuttavia
esprimono concetti e valori che sono profondamente pagani.
Inoltre nei Saturnalia Macrobio fa rivivere i personaggi più no­
ti del paganesimo che alla fine del IV secolo si pone apertamen­
te contro l'impero cristiano 54. Si tratta di quei personaggi che

52
Questo fatto dimostra - secondo J. Flamant (Macrobe et /e Nlopla­
tonisme latin cit . , p. 26 sgg.) - che Macrobio simpatizzava per il neopagane­
simo ad orientamento neoplatonico.
53
Cfr. P. Hadot, Marius Victorinus ci t . , p. 38.
S4 P. Hadot (Marius Victorinus cit. , pp. 44-46) distingue nel IV secolo
due periodi per quanto riguarda la storia dei rapporti tra imperatori cristiani
e Roma pagana. Un primo periodo, che va dal 3 1 8 al 356, in cui le misure an­
tipagane non toccano profondamente Roma, in quanto si avverte una certa
tolleranza e domina una sorta di sincretismo tra le due tendenze religiose; un
secondo periodo (356-39 1 ) in cui la tensione diventa più aspra fino ad appro­
dare alle leggi di Teodosio del 391 e del 394. Dopo il 358, dunque, si determi­
na - secondo Hadot - un'intensificazione della propaganda pagana e da
parte cristiana si risponde con misure antipagane più severe applicate da Gra­
ziano e da Teodosio (cfr. anche A. Chastagnol, La prefecture urbaine à Ro­
me sous le Bas Empire, Paris, 1 960, pp. 1 44- 1 45 e pp. 400-426).

31
in questo periodo si adoperano per la rinascita pagana; fra essi
c'è infatti Nicomaco Flaviano, che fu a capo della reazione pa­
gana in Italia prima di darsi la morte nella battaglia del Frigido
(6 settembre 394), data che segna la fine del culto pagano. La
presenza di questi personaggi, nemici dichiarati del cristianesi­
mo, e il contenuto dei Saturnalia hanno contribuito al formarsi
della concezione di un Macrobio pagano e attivamente impe­
gnato nella lotta contro il cristianesimo. Per questa ragione
Macrobio spesso è stato posto dagli studiosi ali'interno della
questione che caratterizza la fine del secolo IV e l'inizio del V e
che è definita come reazione pagana alla prorompente espan­
sione del cristianesimo.
In realtà, dato che Macrobio non polemizza mai apertamen­
te contro la religione cristiana ma tace, per delinearne la vera fi­
sionomia e per stabilire l'entità della sua cosiddetta reazione pa­
gana bisognerebbe da una parte interpretare questo silenzio e
dall'altra esaminare le sue proposte religiose alternative.
Cosa significa il silenzio di Macrobio nei riguardi del cristia­
nesimo? Indica disprezzo assoluto per una religione che non me­
rita di essere menzionata'' ? È soltanto un espediente finalizzato
ad evitare fastidi e dettato quindi dall'opportunismo? Denota
l'atteggiamento mentale di chi vuole restare al di sopra delle par­
ti in conflitto e si vuole occupare soltanto di scienza? Oppure si­
gnifica che Macrobio si inserisce in quel movimento che riguar­
da la metamorfosi della religione pagana, la quale si è trasfor­
mata in senso mistico per avere recepito alcune idee neoplatoni­
che �, e pertanto va collocato in quello spazio di indagine e di di­
battito che non è necessariamente ed acutamente polarizzato tra
il cristianesimo da una parte e il paganesimo dall'altra?

55
G. Boissier (La fin du paganisme, Paris, 1 89 1 , Il, p. 209) aveva già
sottolineato che in quel periodo il silenzio rappresentava l'ultima protesta del
culto vietato.
6
' Cfr. P. Hadot, Marius Victorinus cit. , p. 46.

32
L'interpretazione del silenzio di Macrobio è d'altra parte le­
gata alla sua immagine storica e alla cronologia dei suoi scritti,
sui quali - come si è visto- gli studiosi non si trovano d'ac­
cordo . Infatti, l'idea di intendere questo silenzio come un se­
gno di ostilità nei confronti della nuova religione da parte di un
pagano militante sembra essere in conflitto con l 'immagine sto­
rica di Macrobio, alto funzionario dell' Impero, definito vir
c/arissimus et illustris, titoli questi che indicano rispettivamente
l 'appartenenza all'ordine senatoriale e la partecipazione alle
più elevate funzioni, come praefectus praetorio, praefectus ur­
bi, magister militum, preafectus sacri cubiculi, ecc . , che diffi­
cilmente erano affidate ad un pagano". Inoltre, mentre la cro­
nologia alta consente di dividere in due settori la carriera di
Macrobio, supponendo che questi abbia in un primo tempo, da
pagano, scritto le sue opere e in un secondo tempo, da cristia­
no, si sia dedicato alla vita politica; la cronologia bassa, su cui
la maggior parte degli studiosi recenti concorda, non consente
più questa distinzione e pertanto suggerisce una lettura diversa
dell'opera di Macrobio e tale da ridimensionare la sua posizio­
ne all'interno del conflitto tra paganesimo e cristianesimo.
A proposito del silenzio di Macrobio nei confronti della re­
ligione cristiana e del manifestato interesse verso le antichità
pagane, Stahl sostiene che non bisogna intenderli come una
pregiudiziale per l'eventuale riconoscimento del suo cristianesi­
mo anche per quanto riguarda il periodo della pubblicazione
58
dei Saturnalia e dei Commentarii • Il IV secolo - egli dice -

" Cfr. M . Cb. Guittard, Une tentative de conciliation des valeurs chré­
tiennes et pai�nnes à travers l'muvre de Macrobe: syncrétisme et philosophie
à lafin du l� sikle, Ass. G. Budé, Actes du IXc Congrès (Roma, 1 3 - 1 8 apri­
le 1 973), Paris, 1 975, t. 2, p. 1 020, n. 3 .
8
5 D'altronde, osserva Stahl (Macrobius cit, pp. 7-8), i l silenzio d i Ma­
crobio non è un fatto isolato, perché altri autori vicini alla religione cristiana,
come per esempio Boezio, nelle loro opere non fanno menzione del cristiane­
simo.

33
segna un « revival >> di scuole e di insegnamenti che discendono
dali' esigenza di conservare e di trasmettere la cultura antica e il
pensiero pagano . Si insegnano la mitologia e la storia pagana,
si ripetono le massime dei filosofi pagani, si insegna la retorica
nello stile degli scrittori classici. Gli stessi maestri cristiani nei
loro corsi utilizzano testi pagani, per cui non è sorprendente
che gli scrittori laici da adulti riflettano il paganesimo della loro
59

educazione infantile
Anche Guittard sostiene che Macrobio poteva non essere
lontano dal cristianesimo 60, e, piuttosto che interpretare il suo
silenzio come un segno infallibile di ostilità verso questa reli­
gione, pensa che in esso si potrebbe intravedere il risultato di
un'educazione esclusivamente pagana che lascia il segno anche
in quegli spiriti che in un secondo momento della loro vita si
avvicinano al cristianesimo . Pertanto ipotizza che Macrobio
possa essere stato anche cristiano convinto e tuttavia possa ave­
re scritto i Saturna/ia e i Commentarii, destinati d'altronde
all'educazione del figlio, a cui occorreva trasmettere quella cul­
tura pagana che egli stesso non rinnegava e che anzi cercava di
integrare c�n la nuova cultura, come è attestato dal fatto che
molte dottrine dei Commentarii sono compatibilissime con
6 1•
quelle cristiane
Ora io penso che come non è possibile ignorare il titolo di
vir clarissimus et illustris che troviamo nei manoscritti accanto
al nome di Macrobio - titolo che ci mette in difficoltà di fron­
te al fatto che il detentore di un rango cosi elevato durante gli
ultimi anni del regno di Onorio difficilmente poteva non essere
un cristiano - cosi non è possibile giudicare l 'orientamento re-·
ligioso di Macrobio senza tener conto del contenuto delle sue

5
9 Cfr. W. H. Stahl, Macrobius cit., p. 8 .
60 Cfr. M. Cb. Guittard, Une tentative de conciliation cit . , p p . 102 1-
1 022.
61 Cfr. M. Cb. Guittard, Une tentative de conciliation cit . , p. 1023 .

34
opere e senza valutare la portata delle idee religiose che in esse
vengono proposte. D'altra parte, se è vero che molte dottrine
contenute nei Commentarii non sono lontane dalle dottrine
62
cristiane (la concezione neoplatonica d eli ' immortalità
dell'anima, ad esempio, a parte alcune sottili differenze, si
adatta molto bene al cristianesimo), bisogna pure riconoscere
che queste somiglianze non depongono tout-court a favore del­
la tesi del cristianesimo di Macrobio o della sua conversione
tardiva al cristianesimo. Nei testi della tarda antichità sono cosi
numerose le dottrine neoplatoniche vicine al cristianesimo che
la loro presenza non può costituire un criterio valido per stabi­
lire se si tratta di adattamenti operati da pensatori cristiani che
attingono alla cultura pagana o, viceversa, se si tratta di teorie
da attribuire a pensatori pagani che rimangono tali pur diffon­
dendo dottrine (neoplatoniche in particolare) che ben si accor­
dano col cristianesimo.
In effetti, quando mancano indicazioni precise nelle opere,
la questione diventa più difficile e spesso si rimane nel campo
delle congetture. Inoltre la tesi sostenuta da Guittard - secondo
la quale non solo i Commentarli, il cui contenuto è compatibile
con le dottrine cristiane, ma anche i Saturnalia, che sono per­
vasi di paganesimo, ci mostrerebbero che la coscienza storica

62 P. Courcelle ha messo bene in evidenza le somiglianze tra alcune dot­


trine di Macrobio e quelle di S. Ambrogio e di S. Geronimo. Cfr. P. Courcel­
le, Nouveaux aspects du platonisme chez Saint Ambroise, in << Revue des Etu­
des Latines )), 34 ( 1 956), pp. 232-239 (A mbroise, lecteur de Macrobe) e La
post�rité chretienne du Songe de Scipion, id. , 36 ( 1 958), pp. 2 1 4-2 1 5 (Saint
J�riJme et le Commentaire de Macrobe). In quest'ultimo studio (pp. 21 5-223)
Courcelle estende l'influenza di Macrobio anche alla Consolatio philoso­
phiae di Boezio. D'altra parte, già M . Schedler (Die Philosophie des Macro­
bius cit . , p. 1 04) aveva dimostrato che Boezio si era servito dei Commentarii
di Macrobio per la sua opera Sulle lsagoge di Porfirio. Cfr. anche M. E.
Jeauneau, Macrobe source du platonisme chartrain, in << Studi medievali )), 3 •
serie, l ( 1 960), pp. 3-24.

35
e religiosa di Macrobio è lontana dall'ortodossia pagana, e se­
condo la quale la lunga esposizione della teologia solare che
Macrobio mette in bocca a Pretestato, piuttosto che una difesa
dell'antico culto, sarebbe l'analisi di uno storico che espone il
processo di formazione delle varie religioni e getta le basi della
63
moderna mitologia comparata presuppone il totale distac­
-

co di Macrobio da qualsiasi forma di religione e quindi la pos­


sibilità di trattare di entrambe le religioni del suo tempo (la pa­
gana in via di estinzione e la cristiana in ascesa) con la medesi­
ma indifferenza e obiettività storica. Presupposto questo che in
realtà non si verifica, perché se da una parte è vero che Macro­
bio non attacca mai il cristianesimo e non lo considera respon­
sabile della decadenza della grandezza di Roma, come erano
soliti fare i pagani più accesi 64 , dall'altra è altrettanto vero che
egli mostra nei confronti della nuova religione un distacco ec­
cessivo, troppo voluto, dal momento che ne ignora l'esistenza,
mentre illustra diffusamente tanto la religione quanto la filoso­
65
fia pagane; e quando nel terzo libro dei Saturnalia parla del
progresso dei costumi che si sarebbe determinato a Roma e del­
la differenza fra gli antichi romani e quelli del IV secolo, più
che individuare le cause di questo progresso nel cambiamento
religioso, sembra individuarle nello sviluppo della filosofia e
precisamente nella presenza a Roma della filosofia neoplatoni­
ca, come si evince da un altro passo dei Saturnalia 66 , dove
Avieno paragona il banchetto dei saturnali al banchetto di
Agatone, cornice del Simposio platonico.

63 Cfr. M. Ch. Guittard, Une lenlalive de concilialion cit . , p. 1026.


64 Come risulta da Arnobio, Adversus naliones, I, l ; da Tertulliano, A d
naliones, I , 9; d a Cipriano, Ad Demelrianum, I I .
65 Sal. III, 1 3- 1 7 .
66 Sal. I I , 1 -2: Noslrum hoc convivium [ . . . ] Agalhonis convivis ve/ posi
magniloquenliam Plalonis non componere lanlum sed nec praejerre dubila­
verim.

36
A questo punto mi pare possibile sostenere che Macrobio,
pagano ed educato alla filosofia neoplatonica, abbia voluto
mantenersi non tanto al di sopra delle parti ma piuttosto al di
fuori dell'aperta polemica anticristiana e che tuttavia si sia pro­
digato per riassumere nei Saturnalia tutte le espressioni della
cultura pagana, comprese quelle religiose, per costruire un
compendio utile alle generazioni future. Tutto ciò Macrobio
non lo fa da semplice storico - come vorrebbe Guittard 67 -
ma da uomo di parte che però vive il suo paganesimo critica­
mente confrontandolo con le nuove istanze filosofiche e reli­
giose, come dimostra il discorso sulla dignità degli schiavi del
primo libro dei Saturnalia 68 •
Questa tesi sembra suffragata dal contenuto dei Commen­
tarii in Somnium Scipionis che - come vedremo - dipende in
massima parte, specie per ciò che concerne la concezione
metafisico-religiosa, dalla filosofia neoplatonica. Dai Com­
mentarii emergono l'interiorità e l'autenticità della religiosità
di Macrobio, che si può definire cosmica, in quanto appare ca­
ratterizzata da una sorta di slancio mistico verso una divinità
unica e indivisibile.
Ora è chiaro che questo tipo di religiosità non è perfetta­
mente assimilabile alla religione pagana istituzionalizzata, i cui
dèi nei confronti della divinità di cui parla Macrobio sembrano
essere semplicemente dei simboli utilizzati nelle allegorie fisiche
e morali 69 , e tuttavia va collocata ali'interno della religione pa­
gana e rimane pertanto anticristiana. La mancanza di alcune
concezioni essenziali della religione cristiana, come quella di un
Dio mediatore o della grazia che salva, d'altronde, depone a
favore del paganesimo di Macrobio; paganesimo che si presen-

67 Cfr. M. Ch . Guittard, Une tentative de conciliation cit. , p. 1 028 .


68 Sat. , l, 1 1 .
69 Cfr. In Somn. , l , 1 2, 8 ; l, 1 7 , 1 4- 1 5 e l , 20, 10.

37
ta in un modo nei Commentarli e in un altro nei Satumalia, per
il fatto che i Commentarii esprimono lo spirito religioso di Ma­
crobio nella sua dimensione filosofica, mentre i Satumalia
esprimono la religione delle divinità celesti che si riferiscono al
culto tradizionale e che spesso sono rappresentate dagli astri .
Ma persino la teologia « solare » dei Satumalia ha un suo carat­
tere particolare: essa si ferma al livello della conoscenza, in
quanto è priva della forza mistica che si trova, per esempio, nel
discorso di Giuliano al Re Sole, in cui la religione solare rap­
presenta una via di salvezza; in essa « manca », come dice Fla­
mant, « una terapeutica: [ . . . ] , gli dèi non servono praticamente
a nulla una volta svolte le loro funzioni di forze naturali , il sole
non è un mediatore, un intercessore; in nessun momento Ma­
crobio dice come il suo culto possa condurre l'uomo alla sal­
vezza » 70 • La religione dei Satumalia è dunque una religione di
Stato che non supera lo stadio del culto pubbli(;:o: mancano in
essa i misteri , le iniziazioni, le pratiche che aiutano l'anima a
purificarsi , manca la teurgia. La via della salvezza, invece, vie­
ne indicata nei Commentarii, dove viene descritto il cammino
che conduce l'anima alla contemplazione del divino attraverso
la pratica delle virtù, sia quelle politiche che quelle catartiche.

70 J. Flamant, Macrobe et le Néop/atonisme latin cit. , p. 678.

38
2.

I «COMMENTARl i IN SOMNIUM SCIPIONIS»


2.1 . Caratteri e struttura dei «Commentarii»

Il metodo seguito da Macrobio nella stesura dei suoi Com­


mentarii è simile a quello dei commentatori neoplatonici greci
quali Giamblico, Siriano, Proclo e a quello di Calcidio fra i
commentatori neoplatonici latini; anzi nei Commentarii di Ma­
crobio si riscontrano tutti i caratteri del commentario greco
giunto ormai al suo stadio più maturo con Siriano e poi con
Proclo, il quale si avvale dei risultati conseguiti da Giamblico e
degli schemi da questo fissati . Infatti - sebbene, raffrontando
l'opera di Macrobio con i commentari procliani, in questi ulti­
mi si noti una maggiore attenzione per il dettaglio - il modo di
procedere di Macrobio richiama da vicino quello di Proclo:
ogni capitolo dei Commentarii ha inizio con un passo tratto dal
Somnium Scipionis e prosegue con il commento del passo stes­
so, un commento più filosofico che filologico 1 ; all'inizio dei
capitoli quarto e quinto e poi spesso nel corso dell'opera, Ma-

l Che quello di Macrobio sia un commentario filosofico lo si deduce an­


che dal fatto che alcuni passi del testo di acerone non sono né citati né com­
mentati perché ritenuti di secondaria importanza per l'esplicazione aritmologi­
ca, astronomica, musicale e principalmente filosofica del testo. Altri passi inve­
ce sono commentati ampiamente, tanto che, se si considerano la mole del testo

e quella del commentario, quest'ultima risulta trenta volte più grande della pri­
ma (cfr. J. Flamant, Macrobe et le N�platonisme latin cit . , pp. 1 65-1 66).

41
crobio, come Proclo, riprende in sintesi quanto ha detto prece­
dentemente, ricapitola i punti cardine trattati e introduce il te­
2
ma seguente ; la parte iniziale dei Commentarii è costituita, co­
me nei commentari procliani , da un prologo molto ampio in
cui viene presentato il soggetto dell'opera, che viene assimilato
a quello trattato da Platone nella Repubblica, viene esposta e
confutata la critica epicurea sull 'uso dei miti in fllo sofia, viene
determinato lo a Kox6c; del Somnium Scipionis e vengono pre­
sentati i personaggi e le circostanze del « sogno » stesso.
Questa somiglianza riguarda anche il contenuto, che d'al­
tronde ha le sue lontane radici in Platone. Lo stesso Macrobio
all 'inizio dei suoi
Commentarli sottolinea l'esatta rispondenza
tra il Somnium Scipionis che costituisce l'ultima parte del De re
publica di Cicerone e il mito di Er del decimo libro della Re­
pubblica di Platone e fissa il carattere escatologico delle forme
di Stato che entrambi propongono
1 • Sia nell'uno che nell'al­
tro, infatti , dopo che è stata dimostrata la necessità della giusti­
zia per lo Stato e per ogni comunità di uomini, si procede alla
dimostrazione dell'immortalità dell'anima e alla descrizione
del luogo beato dove le anime virtuose giungono dopo essersi
liberate dai legami del corpo.
Lo stile di Macrobio , come si è già detto, è vario: a volte
egli si ferm� su una frase oscura o su qualche nozione difficile
e cerca di chiarirle alla maniera dei commentatori grammati­
cali ; a volte affronta questioni più complesse e si diffonde in
lunghe dissertazioni restando quasi indipendente nei confron­
ti del testo da cui è partito; a volte, influenzato più da vici­
no dalle sue fonti , si cimenta in dimostrazioni logiche e rigoro­
se come, per esempio, a proposito dell'immortalità dell'ani-

2 A questo proposito, J. Flamant (Macrobe et le Nloplatonisme /atin


cit . , p. 1 56) osserva che in Macrobio emergono il gusto scolastico per la divi­
sione bene articolata e schematizzata e le qualità pedagogico-didattiche.
l In Somn. , l, l , 9.

42
ma 4 ; spesso va oltre il significato dei passi commentati e, pur
seguendo l'ordine in cui questi sono disposti nel testo di Cice­
rone, aggiunge frequenti divagazioni che riguardano principal­
mente l'aritmetica pitagorica, l'armonia delle sfere, l'astrono­
mia, la geografia e la dottrina relativa all' immortalità dell'ani­
ma, argomenti, questi , che coprono quasi la totalità dei Com­
mentarii.
Questo materiale fa dei Commentarii in Somnium Scipionis
un' opera erudita, in cui Macrobio, tra l'altro, dimostra di co­
noscere da vicino il pensiero neoplatonico, tanto che il Cicero­
ne platonizzante ai suoi occhi diventa un perfetto neoplatoni­
co, né egli avverte l'anacronismo di questa posizione ' , poiché
quello che più lo interessa è porre la filosofia latina sullo stesso
livello di quella greca e Cicerone sullo stesso piano di Platone.
Questi d'altronde arriva a Macrobio filtrato attraverso la pro­
spettiva ciceroniana, almeno sotto il profilo politico, e vi arriva
caricato di significati che appartengono a Cicerone, il quale
traccia lo sviluppo della Repubblica romana e discute dello Sta­
to tenendo presente l'esempio di Roma, a differenza di Platone
che tratta semplicemente di una repubblica ideale '. Per quanto
riguarda più strettamente la filosofia, invece Platone arriva a

4 In Somn II, 1 3- 1 6.
.•

' Cfr. a questo proposito W. H. Stahl, Macrobius cit . , p. 1 1 .


' P. Boyancé (Etudes sur le Songe de Scipion. Essai d'histoire et de psy­
chologie religieuse, Paris, 1 936, p. 49) osserva che fra il Somnium Scipionis e
il mito di Er esiste una differenza che riguarda tanto l'idea dominante quanto
il ruolo dei due personaggi. L'idea che sostiene entrambe le finzioni è quella
della giustizia, ma la giustizia a cui si riferisce Platone ha un carattere più uni­
versale di quella a cui si riferisce Cicerone, la quale in fondo non è altro che la
ricompensa che spetta all'uomo di Stato che ha praticato le virtù. E questa se­
conda idea - aggiunge Boyan� - è strettamente legata al personaggio di
Scipione in quanto politico militante, ma se si vuole andare fino in fondo nel­
la psicologia di Cicerone è in stretto rapporto con la sua stessa persona che
spesso riaffiora in quella del suo eroe.

43
Macrobio mediato dal pensiero neoplatonico, oltre che da quel­
7
lo di Cicerone •
La tematica centrale dei Commentarii è quella relativa al
8
destino dell'anima , la quale è straniera su questa terra, viene
dall'alto e la sua entrata nel corpo rassomiglia alla caduta in una
tomba o in una prigione. Per questa ragione ciò che noi chiamia­
mo vita non è altro che morte 9 e per la stessa ragione il destino
delle anime è quello di lasciare il corpo per tornare alla loro
patria 10 • Tutto ciò viene espresso nei termini della spiegazione
del «sogno oracolare» comune all'epoca classica 1 1 • Il sogno,
che costituisce l'espediente linguistico di Cicerone prima e di
Macrobio poi, serve ad esprimere la stessa tematica che Plato­
ne aveva espresso attraverso il mito e svolge la medesima fun­
zione; esso non è altro che una favola, un elemento fantastico
che nasconde delle verità filosofiche, ed ha pertanto le stesse
caratteristiche del mito. Per questa ragione Macrobio nel se­
condo capitolo del primo libro dei suoi Commentarii difende
l'uso di alcuni miti da parte dei filosofi contro l'obiezione
dell'epicureo Colote 1 2 • Quindi nel terzo capitolo tratta dei vari

7 Le idee di Cicerone intorno all'immortalità dell'anima - che sono


un'eccezione in un tempo in cui Epicurei , Scettici e Accademici affermano il
contrario - sono certamente di ispirazione platonica anche se - come osser­
va Boyancé (Etude sur le Songe de Scipion cit . , pp. 37-55) - sono mediate
dalle teorie dell'Accademia e da quelle neopitagoriche. Per queste ragioni so­
no interessanti agli occhi di Macrobio, il quale vive in un tempo in cui a causa
dell'influsso delle dottrine orientali, del ritorno della religione dei misteri , del
rinnovamento neoplatonico del pensiero di Platone, non è difficile essere sen­
sibili a certe sollecitazioni.
8
Cfr. In Somn. , l, l , 7-8 e Il, 1 7 , 16.
9
In Somn. , l, 10, 6.
IO In Somn. , II, 1 7 , 14: [ . . . ] quae corpus tamquam peregrinae incolunt
cito post corpus velut ad patriam revertuntur.
I l Vedi a questo proposito A. J. Festugière, Les Thèmes du Songe de
Scipion, in « Eranos » , ( 1 945), pp. 370-388.
1 2 Lo stesso procedimento si trova in Proclo, In Rem. , l, 84, 25-26.

44
tipi di sogno e ne fa una classificazione che ebbe molta fortuna
nel Medioevo e valse ai Commentarii la fama di uno dei più im­
portanti testi sui sogni 1 3 •
L'oggetto del Somnium Scipionis, e quindi anche quello dei
Commentarii, viene determinato da Macrobio nel quarto capi­
tolo quando viene indicato lo aKox6ç del lavoro che - come si
è detto - consiste nella descrizione della felicità eterna che si
consegue tramite le virtù. Nel quinto capitolo Macrobio illustra
il suo metodo e annunzia l'intenzione di esaminare solo quei
passi del Somnium che sono degni di essere presi in considera­
zione. Questi passi, in effetti, diventano pretesti per lunghe dis­
sertazioni suggerite dalle più svariate occasioni . Cosi, per
esempio, il riferimento agli anni della vita di Scipione costitui­
sce l'occasione per una discussione intorno alla matematica che
copre due capitoli (quinto e sesto) del primo libro e che a sua
volta viene completata a scopo didattico dalla teoria geometri­
ca tridimensionale 1 4 e dalla teoria dei numeri con tutte le impli­
cazioni metafisiche proprie della filosofia neoplatonica 1 5 • Ciò
secondo il costume degli enciclopedisti dell'epoca, che include­
vano sempre nelle loro trattazioni una discussione sull'aritmeti­
ca pitagorica 16 ; a questo riguardo, infatti, il testo di Macrobio
ha molto in comune con le opere di Teone di Smirne, Nicomaco,

1 3 Th . Whittaker (Macrobius cit . , p. 59) rileva che la classificazione dei


sogni operata da Macrobio presenta un certo interesse e dal punto di vista
della fisiologia e da quello della psicologia associazionistica.
1 4 In Somn. , l, 5, 9.
" «La prima perfezione dell 'incorporeo si trova nel numero » (In
Somn. , l, 5 , 1 3); « l'unità (J.lOVaç) non è un numero, ma jons et origo nume­
rum (In Somn. , l, 6, 7). E poi ancora Macrobio dice che dalla Monade proce­
de la mente (In Somn. , l, 6, 8) e successivamente, nell'ordine dell'emanazio­
ne, viene l'anima che è una ed immateriale e mentre anima l'immensità
dell'universo non subisce alcuna divisione della sua unità: Vides ut haec mo­
nas, orta a prima rerum causa, usque ad animam, ubique integra et semper
individua, continuationem potestatis obtineat (In Somn. , l , 6, 9).
16 Cfr. W. H. Stahl, Macrobius cit . , p. 1 3 .

45
Filone, Aulo Gellio, Calcidio, Marziano Capella e altri 1 7 •
Nell'ottavo capitolo Macrobio tratta delle virtù e cerca di
adattare l'insegnamento neoplatonico alla mentalità romana,
mentre i capitoli che vanno dal nono al quattordicesimo vengo­
no da lui dedicati alla dottrina relativa all 'origine, alla discesa e
al destino delle anime: fra le anime che discendono dalla dimo­
ra celeste nei corpi, quelle che non perdono mai di vista la loro
origine divina e che non si lasciano contaminare dalle . bassure
del corpo ritornano alla loro patria; quelle che' invece ·cedono
alle lusinghe della carne o rimangono legate ai corpi in cui sono
vissute oppure entrano in altri corpi , umani o animali , a secon­
da del grado della loro depravazione. In questo contesto i miti
tradizionali sulle punizioni infernali diventano allegorie e im­
magini che rappresentano l'angoscia dei miserabili e degli infe­
lici . Nel quattordicesimo capitolo Macrobio trae spunto dal
platonismo di Cicerone 1 8 e dall'analisi del termine animus per
esporre una delle dottrine basilari del neoplatonismo : la dottri­
na delle ipostasi , e quindi della processione di tutte le realtà
dall 'Uno, nonché della continuità delle potenze intelligenti e
vitali e di tutte le cose, legate tra loro dalla « catena aurea » di
cui parlava Omero, la quale si estende dalle cause supreme fino
19
all'uomo, dal cielo fino alla terra •

1 7 Ibidem.
1 8 Macrobio sottolinea che Cicerone giustamente ha definito l'universo
tempio di Dio, per evitare che si potesse pensare che Dio non sia altro che il
cielo visibile: Bene autem universus mundus dei templum vocatur propter il­
/os qui aestimant nihil esse aliud deum nisi caelum ipsum et caelestia ista quae
cernimus (In Somn. , l, 14, 2).
1 9 In Somn. , l , 14, 1 5 : [ . . . ] cumque omnia continuis successionibus se
sequantur degenerantia per ordinem ad imum meandi, invenietur pressius in­
tuendi a summo deo usque ad ultimam rerum faecem, una mutuis se vinculis
re/igans et nusquam interrupta conexio. Et haec est Homeri catena aurea,
quam pendere de caelo in terras deum iussises commemorai. La presenza di
questa immagine desunta da Omero (Iliade, VIII, 1 7-27) non è rara nei testi

46
I capitoli che vanno dal quindicesimo del primo libro al no­
no del secondo, e che costituiscono un vero e proprio tratta­
to di cosmografia 210 , spesso in passato sono stati considerati
separatamente 21 • Ad essi fu accordata un'importanza parti­
colare nel Medioevo, specie intorno al XII secolo, periodo in

antichi li dove si vuole indicare il legame che unisce gli esseri dell'universo.
Essa è usata come allegoria cosmologica dagli Orfici (cfr. O. Kem, Orphico­
rum fragmenta, pp. 1 98- 1 99), come allegoria del sole da Platone ( Teeteto,
1 S3 c - d) e come allegoria dell'&tllaPiltVTJ , ossia della catena necessaria e fa­
tale delle cause che costituiscono l'universo, dagli Stoici (cfr. Aetio, Plac. , l,
28, 4). L'immagine della « catena aurea » viene usata ancora per indicare
l'unione dell'uomo con le potenze superiori e l'influenza divina sull'uomo .
Proprio nella speculazione tardo-neoplatonica si sviluppa l'idea che ogni uo­
mo è legato ad un dio particolare con una catena attraverso la quale si mani­
festa l'influenza divina (cfr. Proclo, In A ie. , l, 1 87- 1 88 e In Tim. , Il, 294, l ,
3 1 ) . Attraverso Macrobio questa immagine fu trasmessa al Medioevo e a pro­
posito di questo testo macrobiano H. F. Stewart, in Cambr. Med. Hist., l, p.
S73 , osserva che probabilmente costituisce la sintesi più efficace delle dottrine
neoplatoniche che ci sia in lingua latina.
210 Macrobio tratta di astronomia con la pretesa di esporre soltanto la ve­
rità scientifica (In Somn. , l, l S , 3: De hoc Lacteo multi inter se diversa sense­
runt cau.sosque eius a/iifabulosas, natura/es a/ii protulerunt sed nos, fabulosa
reticentes, ea tantum quae ad naturam eius visa sunt pertinere, dicemus) e
con la consapevolezza che la scienza speculativa solleva l'uomo al di sopra
della propria natura (In Somn. , l, 16, 9: Nam quando homo, nisi quem doc­
trina philosophioe supra hominem, immo vere hominem fecit, suspicari po­
test stellam unam omni Terra esse maiorem, cum vulgo singulae vix facis
unius flammam aequare posse videantur?).
21 W. H. Stahl (Macrobius cit . , p. 1 6) dice che sono stati conservati nu­
merosi manoscritti che constano solo di questa parte, mentre alcuni mano­
scritti dei Commentarii portano annotazioni a margine o segni che indicano
dove inizia e dove termina la sezione sull'astronomia. Ora - aggiunge Stahl ­
nessun altro argomento è stato trattato in questo modo nei manoscritti; il che
indica l'enorme interesse che esso doveva avere per i lettori medioevali . Forse
l ' interesse di questi lettori superava persino quello dello stesso Macrobio, il
quale - come osserva Flamant (Macrobe et le Nloplatonisme latin cit . , p.
1 32) - malgrado avesse dedicato tanto spazio all'astronomia, non doveva at­
tribuirle molta importanza, almeno per quanto riguardava dogmi che lo la­
sciavano indifferente, se non addirittura scettico.

47
cui Macrobio era considerato una delle più eminenti autorità in
astronomia e in geografia.
Per quanto riguarda la cosmologia Macrobio si scosta da
Platone più di quanto non avesse fatto lo stesso Cicerone e si
avvicina a Plotino solo per quanto viene detto in Enn. • Il, 3 Et
xou:i tà ciatpa in riferimento alla tesi secondo la quale se da
una parte è vero che l'azione degli astri non ha alcuna influenza
sul destino umano, dall 'altra, poiché tutte le cose dell 'universo
stanno tra loro in un rapporto di simpatia, tale simpatia viene
ad instaurarsi anche fra le stelle e il carattere degli uomini , sen­
za tuttavia comprometterne la libertà 22 • Per il resto si aggancia
a tutta la tradizione di studi cosmologici e astronomici che lo
precedono 23 • La descrizione dell 'universo e della terra che vie­
ne fatta da Macrobio richiama infatti quella di Vitruvio, Gemi­
no, Cleomede, Teone di Smime, Calcidio, Marziano Capella e
lsidoro di Siviglia :u .
Tuttavia queste rassomiglianze non ci dicono nulla sulle
fonti di Macrobio a questo proposito, sono piuttosto soltanto
un esempio del largo uso dei prestiti che caratterizzano le com­
pilazioni degli enciclopedisti antichi
25 • Macrobio ritiene che la
terra abbia una forma sferica e sia posta al centro dell 'universo
(ventiduesimo capitolo del primo libro), la considera circonda­
ta da sette sfere planetarie che ruotano da ovest verso est e dal­
la sfera celeste che ruota da est verso ovest . Il percorso di ogni
pianeta viene limitato dallo zodiaco, il quale è uno degli undici
cerchi che circondano la sfera celeste; gli altri sono la via lattea,

22 In Somn. , I, 1 9, 27 .
23 Macrobio (In Somn. , l, 1 8 , 1 2) definisce caldaico l'ordine in cui Cice­
rone enumera e dispone le sfere planetarie e dice che quest'ordine sarebbe
stato quello di Archimede e di alcuni pitagorici. In In Somn. , Il, 3-1 3 , cita
ancora Archimede.
:u W. H. Stahl, Macrobius cit . , p. 16.
2.5 Ibidem.

48
l'artico, l'antartico, i due tropici, l'equatore, i due coluri, il
meridiano e l'orizzonte 26 •
Il secondo libro dei Commentarii inizia con una disquisizio­
ne sulle relazioni numeriche delle armonie musicali fondamen­
tali e fa riferimento alle scoperte di Pitagora; su questo punto il
discorso di Macrobio è simile a quello di Nicomaco, di Giam­
blico e di Boezio 27 • Alla musica vengono dedicati i primi quat­
tro capitoli, essa viene vista in rapporto alla creazione del mon­
do, all ' armonia dell ' anima umana che deriva da quella
dell'anima del mondo e all'armonia delle sfere celesti che il no­
stro orecchio non riesce a percepire. Sono chiari a questo pro­
posito i riferimenti a Pitagora e a Platone: al primo per avere
scoperto gli intervalli musicali, al secondo per avere espresso
nel Timeo come l'anima del mondo sia stata composta sulla ba­
se delle proporzioni musicali e debba quindi esprimersi attra­
verso movimenti che determinano una musica udibile 28 • I cin­
que capitoli che seguono sono dedicati alla geografia, alla de-

26 Th . Whittaker (Macrobius cit. , p. 72) osserva che quello che si evince


dalle disquisizioni astronomiche di Macrobio è un certo attaccamento alla fi­
sica aristotelica: la distinzione delle due regioni sopra e sublunare; l'ordine
necessario dei quattro elementi; la tendenza dei corpi pesanti verso il bass o ,
ossia verso la terra; la figura rotonda della terra e l'esistenza degli antipodi
fanno, infatti, pensare ad Aristotele. W. H. Stahl (Macrobius cit. , p. 1 7) �i
contrappone all'interpretazione tradizionale secondo la quale Macrobio era
considerato il quarto eraclideo insieme a Vitruvio, Calcidio e Marziano Ca­
pella; e, più che seguace di Eraclide Pontico, ritiene Macrobio seguace di Pla­
tone per il fatto che adotta per i pianeti un ordine fisso come Platone e i suoi
fedeli seguaci.
27 Cfr. W. H. Stahl, Macrobius cit . , p. 19.
28 Cfr. In Somn. , II, 2, 1 9 e II, 3 , 2, dove Macrobio interpreta le sirene
del mito di Er come le dee alle quali vengono affidate le note delle sfere. Cfr.
anche In Somn. , II, 3 , I l , dove Macrobio tesse le lodi della musica che è in­
nata persino nell'animo dei barbari perché è di origine celeste: [ . . ] iure igitur
.

musica capitur omne quod vivit, quia caelestis anima, qua animatur universi­
las, originem sumpsit ex musica.

49
scrizione della terra e alla divisione di essa in quattro grandi
continenti separati da un oceano equatoriale e meridionale
29 •
La discussione geografica si chiude con l'affermazione che
la terra in rapporto al cielo non è altro che un puntino e che la
parte che noi conosciamo è soltanto una piccola parte di questo
puntino . Questa affermazione d'altra parte giustifica l'argo­
mento dei capitoli decimo e undicesimo secondo cui non ha
senso che l'uomo lotti per raggiungere la gloria su questa terra,
perché la gloria terrena è limitata nello spazio, in quanto non si
estende su un vasto territorio, ed è destinata ad essere limitata
nel tempo da una delle alterne inondazioni o conflagrazioni che
di tanto in tanto distruggono la terra. La teoria dei diluvi e del­
le conflagrazioni che determinano i cicli di progresso e di civil­
tà, per cui ogni ciclo appare nuovo rispetto al precedente, del
quale viene cancellato ogni ricordo, consente a Macrobio di ri­
solvere l' aporia relativa all'eternità del mondo . Infatti, la man­
canza di storia sugli avvenimenti che risalgono ai tempi preisto­
rici porterebbe alla deduzione che il mondo abbia avuto un
inizio 30 ; la differenza di progresso tra una nazione e l'altra por­
terebbe alla stessa deduzione; ma - aggiunge Macrobio - è la
storia registrata che va indietro soltanto per duemila anni 3 1 e fa
si che la civiltà ci appaia giovane 32 , il mondo invece è sempre

29 Si tratta della teoria di Crates di Mallus, in vigore sin dal II secolo a.


C . , che Macrobio trasmette al Medioevo diventando una delle maggiori auto­
rità del settore. Le mappe dell'emisfero orientale che si accompagnano ai ma­
noscritti dei Commentarii, infatti, divennero la base per uno dei principali ti­
pi di cartografia diffusi nel Medioevo: le cosiddette mappe zonali (cfr. W. H .
Stahl, Macrobius c it . , p. 20) .
30 In Somn. , II, 10, 7-8.
3 1 In Somn. , II, 10, 7.
32 In Somn. , Il, 10, 9. La soluzione di Macrobio è che gli alterni diluvi e
le alterne conflagrazioni non colpiscono la terra intera né distruggono l'intera
razza umana (In Somn. , Il, 10, 14), per cui la vita umana non inizia ex novo
di volta in volta, ma alcune parti del mondo sopravvivono sempre e costitui­
scono come un semenzaio per il nuovo mondo.

50
esistito in quanto è stato si creato da Dio , ma non ex tempo­
re 33 ; la gloria umana tuttavia non può durare neppure un sin­
golo anno 34 •
Questi concetti consentono a Macrobio di ritornare al tema
centrale dei Commentarii, che è quello relativo all' origine e al
destino dell'anima, cosicché nei capitoli che seguono egli dimo­
stra, contro le tesi aristoteliche, l'immortalità dell'anima par­
tendo dal presupposto della sua automotricità. Le ultime pagi­
ne dei Commentarii, infine, riassumono in breve quanto è stato
detto prima sul come ritornare al luogo dal quale si è partiti e
sul perché viene raccomandato a Scipione di esercitare la virtù
nell 'amministrare lo Stato.

2.2. Le fonti

Da quanto è stato sinteticamente anticipato emerge un dato


rilevante che concerne i contenuti dei Commentarii: questi si ri­
feriscono ai campi più disparati del sapere (dall'astronomia al­
la filosofia, dalla scienza alla cronologia) e sono improntati alle
più svariate dottrine antiche desunte da Pitagora, Eraclito, Se­
nofane, Platone, Aristotele, Cleante, Epicuro, Plotino, non­
ché da Omero , da Esiodo e dai tragici greci, e ancora dai poeti
latini arcaici e poi da Lucrezio, da Virgilio e da Giovenale; da
lpparco e da Tolomeo fra gli astronomi, da Cornelio Labeone

33 In Somn. , Il, 10, 9: Sed mundum quidem fuisse semper philosophia


auctor est. conditore quidem deo sed non ex tempore. A questo proposito
Macrobio prende le distanze da Cicerone che fa descrivere a Scipione il vec­
chio il mondo come « parzialmente-mortale » e si rivolge all'autorità di Plati­
no per il quale nessuna parte del mondo è mortale quando viene considerata
nei suoi singoli elementi (In Somn. , Il, 12, 1 2).
34 Nei Commentarii il singolo anno non è altro che l'anno cosmico o
grande anno, che nella stima di Macrobio dovrebbe essere di quindicimila an­
ni solari (In Somn. , Il, 1 1 , 1 1 ).

51
e da Apollodoro tra i mitografi . Presso i compilatori latini era
molto diffusa la prassi secondo la quale si attingeva a piene
mani da opere recenti mentre si citavano come fonti gli autori
35
classici ; e questo è un elemento che costituisce motivo di dif­
ficoltà per gli studiosi , in quanto rende problematico il rinveni­
mento delle fonti dirette e difficile la possibilità di tracciare un
quadro esauriente circa la formazione culturale dei personaggi .
Il fatto che Macrobio non cita quasi mai la sua fonte diretta
ha infatti indotto alcuni studiosi del secolo scorso e dei primi
decenni di questo secolo a supporre che egli avesse utilizzato
delle compilazioni a lui vicine cronologicamente, le quali
avrebbero fatto da mediazione tra la sua opera e la fonte greca
o latina corrispondente 36 • La radicalizzazione di questa posi-

Js Cfr. W. H. Stahl, Macrobius cit . , p. 23 sgg . , e J . Flamant, Macrobe


et le Néoplatonisme latin ci t . , p. 3 .
J6 Cfr. a questo proposito G. Wissowa, De Maerobii Satumaliorum fonti­

bus capita trio cit . , e principlamente H. Linke, Ueber Macrobius' Kommentar


zu Ciceros Somnium Scipionis cit . , il quale può considerarsi l'iniziatore della
questione delle fonti macrobiane. Ma la sua tesi, che ebbe molta influenza per
lungo tempo, adesso non viene più tenuta in considerazione. Il Linke sosteneva
che la fonte più lontana dei Commentarii di Macrobio era il Commentario al
Timeo di Porfirio, andato perduto, e che la fonte diretta era un commentario
latino al Sogno di Scipione forse di Mario Vittorino, a sua volta fondato sul
commentario di Porfirio e su un commentario all'Eneide di Virgilio (cfr. op.
cit. , pp. 240-256). Più tardi venne avanzata una seconda ipotesi, rimasta isola­
ta, da parte di G. Borghorst (De Anatolii fontibus, Berlin, 1905), secondo la
quale la fonte di Macrobio sarebbe stata un Commentario al Timeo di Giambli­
co. Nel l91 1 Bitsch riprese la tesi di Linke e sostenne che le fonti dirette di Ma­
crobio erano un commentario latino del Sogno di Scipione desunto principal­
mente dal Commentario al Timeo di Porfirio e un commentario a Virgilio com­
posto da Mario Vittorino e anch'esso dipendente in larga misura da Porfirio
(cfr. F. Bitsch, De Platonicorum quaestionibus quibusdam Vergi/iani, Berlin,
191 1 , pp. 21 -52). Anche Schedler, nel suo fondamentale studio su Macrobio
(Die Philosophie des Macrobius cit.), segue nelle linee generali la teoria di
Linke che completa con l'individuazione di nuovi paralleli tra l'opera di Ma­
crobio e alcuni passi di Porfirio. Partendo da ciò, egli infatti sostiene che la
vera fonte di Macrobio è Porfirio anche nei casi in cui viene citato espressa­
mente Plotino (cfr. Schedler, Die Philosophie des Macrobius cit . , p. 4). Fino

52
zione ha portato a conclusioni paradossali secondo le quali in
Macrobio non vi sarebbe alcuna originalità essendosi egli limi­
tato a ripetere dottrine antiche dopo averle desunte da una sola
ipotetica fonte 37 • Né si
è tentato di capire le motivazioni per cui
la scelta di Macrobio cade su alcuni filosofi anziché su altri 38 o
le ragioni per cui alla fine del IV secolo un erudito occidentale
riprende la filosofia neoplatonica. Questa preoccupazione è
emersa in tempi più recenti quando è stata abbandonata l 'ipo­
tesi della fonte unica; quando ha perso ogni credibilità la teoria
della fonte, non solo unica, ma necessariamente latina, che
avrebbe fatto da mediazione tra Macrobio e Porfirio, anche
perché non esiste alcun motivo per dubitare del fatto che Ma­
crobio conoscesse la lingua greca quasi quanto quella latina;
quando sono state individuate le fonti privilegiate da Macrobio
in Plotino e in Porfirio e si è cercato di riconoscere ali ' opera
macrobiana una certa originalità. A questo punto ha comincia­
to a farsi strada l ' opinione che Macrobio avesse usato il testo di
Cicerone come un canovaccio su cui tessere le dottrine neopla­
toniche da lui recepite attraverso la lettura diretta dei testi 39 •

al l 9 1 6 dunque si pensava che la fonte di Macrobio dovesse essere una sola,


anche perché non si credeva che Macrobio potesse avere attinto a più fonti e
potesse averle amalgamate personalmente.
37 Si è pensato all'esistenza di altri commenti al Sogno di Scipione, ma
noi conosciamo soltanto quello di Favonio Elogio che peraltro si limita agli
elementi aritmetici e musicali ed è un s émplice commentario grammaticale,
mentre quello di Macrobio è - come si è detto - un commentario filosofico
(cfr. J. Flamant, Macrobe et le Néop/atonisme latin cit . , pp. 1 57- 1 58). In ef­
fetti, Macrobio in In Somn. , l, 7, l accenna al dubbio circa la corretta inter­
pretazione del passo che ha fra le mani da parte di altri . A questo proposito
W. H. Stahl, (Macrobius cit . , pp. 38-39), pur riconoscendo di non avere pro­
ve, pensa all'eventualità che Macrobio possa avere consultato qualche com­
mentario latino al Sogno.
38 Una messa a punto della critica tedesca sulle fonti di Macrobio si tro­
va in P. Wessner, Macrobius cit .
39 Certamente il testo di Cicerone esprime essenzialmente concetti plato­
nici ; anzi in esso si riscontrano i grandi temi della filosofia di Platone ri-

53
Questa via però si presenta irta di difficoltà almeno per due
ragioni: in primo luogo perché Macrobio c1ta spesso Plotino e -
come si è detto - raramente Por{irio, per cui si sarebbe tentati
di prendere per buone tutte le sue citazioni e di concludere che
la fonte privilegiata è Plotino e non Porfirio, il che è molto
controverso, come vedremo 40 ; in secondo luogo perché, essen­
dosi perduta la maggior parte delle opere di Porfirio, la ricerca
di questa fonte è dovuta passare attraverso i voluminosi com­
mentari di Proclo e attraverso le opere di altri autori sia greci
che latini che avevano avuto Porfirio come fonte.
Il primo a porsi in questa nuova prosp�ttiva, senza tuttavia
scostarsi molto dalla teoria della fonte unica, è stato Cumont,
il quale, in un articolo apparso nel 1 9 1 9 41 riguardante la dottri­
na del suicidio in Plotino, ha avanzato l 'ipotesi che Macrobio,
neli' esporre la sua teoria sul suicidio 42, pur citando le Enneadi
e il Pedone, non aveva consultato direttamente queste due ope­
re, ma aveva desunto le idee di Platone e di Plotino dal De re-

presi dalla nuova accademia ridiventata dogmatica (cfr. a questo proposito


P. Boyancé, Etudes sur le Songe de Scipion cit. , p. 1 76). Questi temi però in
Cicerone sono soltanto accennati e in una forma nuda e schematica, nei
Commentarii invece sono più ricchi e complessi grazie alla mediazione neo­
platonica.
40 A meno che non si pensi - come è stato pensato dai più - che Ma­
crobio, piuttosto che citare quelle dirette, cita le fonti che ritiene più autore­
voli nei vari campi del sapere e quando due autorità sono d'accordo cita quel­
la che gli sembra più importante. Cosi ad esempio per le questioni relative
all'anima che sono di carattere squisitamente filosofico Macrobio riconosce
tre autorità: Platone, Cicerone e Plotino (In Somn. , l, 8, 5), ma preferisce ci­
tare Plotino. Per ciò che riguarda la musica, ritiene un'autorità Porfirio e lo
cita (/n Somn. , II, 3, 1 5); per l'astrologia cita Tolomeo (In Somn. , l, 1 9-20) e
precisamente l'opera Harmonica anche se conosce Tolomeo tramite Porfirio;
per le rivelazioni misteriche cita Numenio (In Somn., l , 2, 1 9) e cosi via (cfr .
J. Flamant, Macrobe et le Néoplatonisme /atin cit . , p. 64 5 sgg .).
41 F. Cumont, Comment Plotin détourna Porphyre du suicide cit . , pp.
1 1 3- 1 20.
42 In Somn. , l, 1 3 .

54
gressu animae di Porfirio 43 • Per Cumont, d'altronde, questa
era una caratteristica comune degli ultimi compilatori latini, i
quali, come si è già detto, accennavano rapidamente alle opere
dalle quali prendevano il materiale e si riferivano invece diret­
tamente alle autorità che trovavano citate nel testo che consul­
tavano, le quali, pertanto, diventavano le loro autorità 44 •
Dopo Cumont, che ritiene ancora Porfirio l'unica fonte di
Macrobio, Mras, Henry e Courcelle hanno dato dei contributi
veramente illuminanti sulla questione; contributi che, benché
pongano altri problemi, conferiscono alla figura di Macrobio
un interesse che prima non aveva e spingono gli studiosi alla ve­
rifica della validità di certe interpretazioni.
Mras nel suo studio sui Commentarii che risale al 1 933 so­
stiene che, oltre a Porfirio, Macrobio lesse direttamente Ploti­
no, e ciò è a suo avviso confermato dal fatto che egli dimostra
di conoscere perfettamente i titoli dei trattati delle Enneadi,
tanto che ne dà l'esatta traduzione in lingua latina; dal fatto
che formula giudizi sullo stile di Plotino, il che era possibile so­
lo se ne aveva letto le opere; e dal fatto che sottolinea certe di­
vergenze tra Porfirio e Plotino e prende posizione a favore del­
l'uno o dell'altro, come nel nono capitolo del primo libro do­
ve, a proposito della metempsicosi e precisamente della possi­
bilità che l'anima umana passi nel corpo degli animali, segue
l'insegnamento di Plotino e, contro Porfirio, sostiene che ciò
avviene 45 • Mras dunque smentisce la teoria della fonte unica
sostenuta da Linke, da Schedler e in qualchè misura da Cumont

43 Lo stesso De regressu sarebbe, per Cumont (Les re/igions orienta/es


dans le Paganisme romain cit . , p. 301 , n. 28), la fonte diretta di Macrobio, In
Somn. , l , 1 0 , 9, in cui vengono riferite dottrine numeniane conosciute sem­
pre attraverso Porfirio.
44 Cfr. F. Cumont, Comment Plotin détourna Porphyre du suicide cit . ,
pp. 1 1 3- 1 20.
45 Cfr. Mras, Macrobius ' Kommentar zu Ciceros Somnium cit . , pp.
28 1 -282.

55
e attribuisce una certa originalità al modo di procedere di
Macrobio 46 in quanto è per lui evidente che Macrobio ebbe fra le
mani non una, ma diverse opere di Porfrrio 47 , cosi come è evi­
dente che lesse direttamente le opere di Plotino 41 e che rielaborò
le dottrine dei due filosofi neoplatonici in maniera personale co­
me risulta dall'In Somn. , l, 8, dove, trattando delle virtù, egli,
da buon ufficiale romano, accorda alle virtù politiche uno spa­
zio maggiore di quanto non gliene avessero dato le sue fonti.
Indipendentemente da Mras, P . Henry nel suo Plotin e
I'Occident perviene a delle conclusioni che non sono molto lon­
tane da quelle di Mras . Lo scopo di Henry è quello di sottoli­
neare l'incidenza di Plotino sul neoplatonismo occidentale, in­
cidenza sottovalutata dagli studiosi preeedenti. Il suo metodo è
fondato sul confronto dei passi paralleli, ed è proprio sulla ba­
se di questo confronto che egli dimostra che Macrobio era uno
studioso attento delle Enneadi. Ovviamente Henry dà per
scontata la conoscenza di Porfirio da parte di Macrobio anche
per quanto riguarda quei passi che egli ritiene improntati a Pio-

46 Che Macrobio non fosse un semplice imitatore, ma uno studioso che


utilizzava fonti diverse ed era capace di amalgamarle personalmente, risulta
anche dal fatto che egli spesso introduce nel suo discorso riferimenti a fatti a
lui contemporanei, come per esempio in In Somn. , I l , 4, 5 .
47 Fra queste gli appare determinante i l Commentario al Timeo, specie
per quanto riguarda l'ordine dette sfere celesti dove viene data come platoni­
ca la successione Mercurio-Venere anziché quella Venere-Mercurio (In
Somn. , l , 9) (cfr. Mras, Macrobius' Kommentar zu Ciceros Somnium cit . ,
pp. 276-278). Inoltre Mras, nell'osservare che l e formule che Macrobio attri­
buisce ad Aristotele in In Somn. , Il, 1 3 , sono uno schema tardivo delle teorie
aristoteliche, indica quale fonte di Macrobio a questo proposito il nEpì
\II UXfl c; 1tpòc; J36TJ9ov di Porfirio, di cui ci sono stati conservati pochi fram­
menti da Eusebio. Questi frammenti appaiono a Mras molto importanti e al­
meno uno gli sembra oggetto di parafrasi testuale da parte di Macrobio (Por­
fino, nEpì \II UXfl c; in Eusebio, Praep. evang. , XV, 1 1 , e Macroio, In Somn. ,
I l , 1 5 , 6).
41 K. Mras (Macrobius ' Kommentar zu Ciceros Somnium cit . , p. 277)
raffronta a ragione In Somn. , Il, 16, 23 , e Enn. , I I I , 8, 10.

56
tino e che gli studiosi precedenti facevano risalire soltanto · a
Porfirio; solo che, oltre alla lettura dei testi d i Porfirio, che do­
vevano essere familiari a Macrobio, egli gli attribuisce anche
quella dei testi di Plotino 49 • Tra i passi che Henry prende in
esame vi sono quelli dell'ottavo capitolo del primo libro relativi
alla dissertazione sulle virtù e quello del tredicesimo capitolo
sempre del primo libro che riguarda la posizione di Macrobio
circa il suicidio '0 • Per quanto riguarda l'ottavo capitolo Henry
propone di considerare come fonti Plotino (Enn. , l, l , 2) ac­
canto a Porfrrio (Sentenza 32); per quanto riguarda il tredicesi­
mo capitolo indica quali fonti dirette Platone (Fedone) e Ploti­
no (Enn. , l, 9) . Anche in quest'ultimo caso, però, non esclude
che Macrobio possa avere letto il De regressu di Porfirio; re­
·
spinge invece la tesi di Cumont secondo la quale Porfirio da so­
lo avrebbe trasmesso a Macrobio tanto la dottrina platonica
quanto quella plotiniana ' 1 •
Un altro tentativo di individuare le fonti di Macrobio è sta­
to quello di Courcelle '2, il quale recentemente ha avuto un se­
guito con Flamant '3 • Courcelle ricostruisce lo sfondo erudito
di Macrobio all'interno di uno studio relativo all'influenza de­
gli scrittori greci sugli scrittori latini occidentali dei secoli V e
VI; scrittori nei quali egli nota una certa rinascita della cultura
greca per l'intrecciarsi dei rapporti tra letteratura greca e lette­
ratura latina e tra insegnamento latino e cultura greca '4 • Per

49 Cfr. P. Henry, Ploiin et /'Occident cit . , pp. 1 9 1 sgg.


so Questi passi, insieme ad altri, saranno presi in considerazione nel cor-
so del lavoro perché pertinenti alle tematiche che andremo affrontando.
,. Cfr. P. Henry, Plotin et I'Occident cit . , pp. 1 73- 1 80.
n P. Courcelle, Les /ettres grecques cit .
' 3 J . Flarnant, Macrobe et le Néoplatonisme latin cit.
'4 Nonostante la mancanza di documenti certi che possono aiutarci a
stabilire in che modo la cultura greca sia penetrata in Occidente, se diretta­
mente o attraverso traduzioni o adattamenti, Courcelle (Les lettres grecques
cit . , p . IX sgg. ) sottolinea che esiste molto materiale che consente di rintrac­
ciare la sopravvivenza del pensiero greco in Occidente. Questo problema

57
quanto riguarda l'individuazione delle fonti di Macrobio, an­
che Courcelle pone l'accento su uno dei tratti comuni agli ulti­
mi enciclopedisti latini, rappresentato dall'abitudine di utiliz­
zare i commenti più recenti e di dare ai lettori l'impressione di
ss
attingere direttamente alle fonti classiche , e perviene alla con­
clusione che Porfirio e non Plotino fu la vera guida del neopla­
tonismo occidentale S6. Ciononostante Courcelle non nega che
Plotino veniva letto e pure apprezzato da questi enciclopedisti,
anzi, per quanto riguarda Macrobio, riconosce l'influenza di­
retta di Plotino su alcuni capitoli dei Commentarii e spesso si
trova d'accordo con Mras e con Henry. Ad esempio ritiene ­
come Henry - che Plotino sia la fonte di In Somn. , l, 14, 5-7 e

d'altronde è stato affrontato da diversi studiosi e con metodi diversi . W .


Theiler (Porphyrios und A ugustin, i n « Schriften der KOnigsberger Gelehrten­
Gesellschaft geistevswissenschv.ftliche Klasse, 1 0, l , Halle, 1 943), per esem­
pio, seguendo il metodo del confronto dottrinale di alcuni passi neoplatonici
con un'opera di Agostino presa a titolo di esempio, ha dimostrato che questi,
piuttosto che attraverso Platino, si accostò al neoplatonismo attraverso Por­
fino e, data la mancanza della quasi totalità delle opere di Porfirio, ha dimo­
strato tale tesi con l'aiuto dei testi neoplatonici greci tardivi, in cui si riscon­
trano dottrine presenti in Agostino. P. Henry (Piotin et l'Occident cit.) ha in­
vece dimostrato attraverso il confronto filologico e letterario dei testi che, più
di Porfirio, Platino ha esercitato un'influenza profonda in Occidente. P .
Courcelle (Les lettres grecques cit . , pp. XIV-XV) ritiene più sicuro quest'ulti­
mo metodo, e io credo che abbia ragione per il fatto che il confronto dottri­
nale non sempre riesce a provare l'influenza di un autore su un altro in quan­
to è probabile che fra i due esistano mediazioni di discepoli che seguono in
tutto i loro maestri .
5 S Cfr. P. Courcelle, Les lettres grecques cit. , p. 393 .
6
5 P. Courcelle, Les /ettres grecques ci t. , pp. 394-395 : « Une seui e philo­
sophie subsiste, la néo-platonicienne; le maitre des esprits est Porphyre, le
grand ennemi des chrétiens [ . . . ] Ce ne sont ni la haute métaphysique de Plo­
tin, quoiqu'il fOt encore lu et apprécié, ni les élucubrations mystiques de
Jamblique ou de Julien, dont les reuvres semblent @tre restées presque incon­
nues en Occident, qui ont conquis le Ames romaines. Elles sont beaucoup
plus accessibles à la doctrine porphyrienne, qui est à la fois philosophie et re-
·

ligion » .

58
l, 1 9, 27; come Mras e come Henry pensa che Plotino sia la
fonte di In Somn. , l, 1 7 , 8- 1 1 ; II, 12, 7- 1 0 e 1 4- 1 5 e II, 1 3 , 7 57 •
Per quanto riguarda le fonti dei capitoli ottavo e tredicesimo
del primo libro, che sono fra i più discussi dei Commentarii,
Courcelle ritiene che la fonte dell'ottavo capitolo sia la Senten­
za 32 di Porfirio e quella del tredicesimo capitolo il De regressu
animae dello stesso Porfirio. Egli propende per il De regressu
anche perché individua in un passo di Agostino ", improntato
a quest' opera, alcuni riscontri testuali con Macrobio 59 ; pertan­
to conclude che, sebbene con scopi diversi (Macrobio utilizza
Porfirio per condannare il suicidio, Agostino per provare la
grazia), i due filosofi si rifanno alla stessa pagina del De re­
gressu 60 • Anche a questo proposito, però, Courcelle non esclu­
de che Macrobio possa avere letto direttamente il capitolo di
Plotino sul suicidio e che nello stesso tempo possa avere utiliz­
zato la dottrina porfiriana per interpretarlo.
Questa posizione, in sostanza, non sembra molto lontana
da quella di Henry, il quale, nel ritenere Plotino il diretto ispi­
ratore della teoria di Macrobio, pensa che questi abbia tenuto
presente anche il De regressu . Per quanto riguarda il riferimen­
to di Macrobio al Pedone (67e - 80e), invece, Courcelle prende
le distanze da Henry e non ritiene che Macrobio possa avere
letto direttamente il dialogo platonico, piuttosto pensa che le
teorie di Platone intorno al suicidio siano arrivate a lui o trami­
te il Commentario al Pedone di Porfirio andato perduto oppu­
re tramite lo stesso De regressu , dove peraltro sono presenti
lunghi passi del Pedone 61 • Courcelle dunque sostiene che Ma-

s1 Per un confronto fra le tre posizioni, vedi W. H. Stahl, Macrobius


cit . , pp. 34-35.
sa De civitate Dei, X, 29, l.
S9 In Somn. , l, 13, 1 5 .
60 Cfr. P . Courcelle, L es lettres grecques cit. , p. 26 sgg .
61 Cfr. P. Courcelle, Les /ettres grecques cit . , p. 28 .

59
crobio lesse diverse opere di Porfirio e pertanto rifiuta la tesi di
Cumont secondo la quale il De regressu avrebbe costituito non
soltanto la fonte del capitolo sul suicidio, ma anche quella dei
capitoli relativi alla discesa dell'anima 62 ; limita quindi l'influs­
so del De regressu a /n Somn. , l, 1 3 e aggiunge che, per quanto
riguarda la dottrina della discesa dell'anima, Macrobio si ispira
al Titpi l:nry6ç63 , oltre che, per altri passi, al De antro
nympharum 64 , al Commentario alla Repubblica 65 , al Com­
mentario al Timeo 66 e al Commentario al Fedone 67 • Il Titpì
l:ttry6ç viene chiamato in causa da Courcelle anche a proposi­
to della teoria della metempsicosi, riguardo alla quale pare che
Macrobio si rifaccia direttamente a Plotino e non a Porfirio,
poiché quest'ultimo, secondo la testimoni anza di Agostino 68 ,
non credeva che l'anima umana potesse incarnarsi nei corpi de­
gli animali . Ora - osserva Courcelle - ciò è vero se si suppone
che Macrobio abbia letto solo il De regressu , che è l'opera che
ha presente Agostino; ma si può pensare che Macrobio abbia
utilizzato il Titpì l:-ruy6ç dove invece Porfirio segue la teoria
plotiniana della metempsicosi anche come passaggio dell'ani­
ma umana nei corpi degli animali 69 •

62 In Somn. , l, 1 0- 1 2 .
63 L a ragione per l a quale Courcelle (Les /ettres grecques cit . , p. 29) pen­
sa al nEpi I:tuy6c; risiede nel riscontro di alcune somiglianze tra un passo di
quest'opera di Porfirio in Stobeo, Ecl. l, 4 1 , 50, e l'In Somn. , l, I O, 9- 1 1 , do­
ve Macrobio dà un'interpretazione naturalistica dei miti infernali anteriori al
neoplatonismo.
64 V d. In Somn. , l, 12, 1 -2, e De antro nympharum, 28; anche K. Mras
(Macrobius ' Kommentar zu Ciceros Somnium cit . , p. 255) ritiene che la fonte
di questo passo dell'In Somn. sia il De antro.
65 V d. In Somn. , l, 12, 3, e Proclo, In Rem. , I l , 1 29, 25 , il quale attri­
buisce la teoria a Numenio, probabilmente tramite la mediazione di Porfirio.
66 Vd. In Soinn. , l, 1 2, 14, e Proclo, In Tim. , I I I , 355, 14; cosi crede an-
che K. Mras, Macrobius' Kommentar zu Ciceros Somnium cit . , p. 256.
67 Vd . /n Somn. , l, 12, 7, e Olimpiodoro, /n Phaed. , 62b .
68 Cfr. De Civitate Dei, X, 30.
69 Cfr. P. Courcelle, Les lettres grecques cit . , pp. 22-23 .

60
Risulta chiara a questo punto la posizione di Courcelle ri­
guardo alla questione delle fonti dei Commentarii macrobia­
ni: la fonte privilegiata da Macrobio è Porfirio, il grande ne­
mico del cristianesimo, il quale è, per Courcelle, l'ispiratore di­
retto del neoplatonismo occidentale70 • Courcelle non esclu­
de che Macrobio possa avere letto Plotino, ma è convinto che
la fonte che egli segue fedelmente è Porfirio e « non par inertie
de compilateur, mais avec la vénération d'un adepte » 7 1 • In ef­
fetti è stato recentemente osservato che le interpretazioni ome­
riche che si riscontrano nell'In Somnium risalgono per la mag­
gior parte a Porfirio e vengono finalizzate da Macrobio alla let­
tura neoplatonica di Virgilio. Si tratta infatti di un Omero già
interpretato dai neoplatonici, del quale Porfirio nel De antro,
36, aveva lodato la profondità di pensiero, la perfezione in tutti
i campi e la capacità di nascondere sotto la finzione del mito
immagini delle realtà divine (ElK6vaç trov 9Etottpcov) 72 •
La presenza massiccia di Porfirio nei Commentarii di
Macrobio è sottolineata anche da J. Pepin, il quale indica
nel De antro una delle fonti da tenere in considerazione 73 •
Macrobio - osserva Pepin - conosceva la descrizione ome­
rica dell'antro delle ninfe, infatti nei Saturnalia, V, 3 , 1 8- 1 9,
cita i versi 96- 1 04 del XIII canto dell' Odissea e li considera
come modello di Eneide, l, 1 59- 1 69, e sicuramente conosceva
Porfirio: la congiunzione di questi due dati, aggiunge Pepin,
non può non farci pensare che Macrobio si sia rivolto al De

70 Cfr. P . Courcelle, Les lettres grecques cit . , pp. 394-395 .


7 1 P. Courcelle, Les lettres grecques cit . , p. 3 3 .
72 Cfr. a questo riguardo A. Setaioli, L 'esegesi america del Commento
di Macrobio al « Somnium Scipionis », in « Studi Italiani di Filologia classi­
ca » , ( 1 966) , pp. 1 7 1 - 1 72.
7 3 Cfr. J . Pepin , La fortune du « De antro nympharun » de Porphyre en
Occident, Atti del Convegno Internazionale sul tema « Plotino e il Neoplato­
nismo in Oriente e in Occidente », (Roma 5-9 ottobre 1 970), Roma, Accade­
mia dei Lincei, 1 974, pp. 527-536.

61
antro porfiriano 74 oltre che ad altre opere di Porfrrio.
Da quanto è stato detto risulta che, sebbene gli studiosi
concordino quasi unanimemente nel sostenere l'influenza di­
retta di Porfirio sui Commentarli di Macrobio, permangono
incertezze e divergenze di opinione. Divergenze che sono in
parte giustificate dal fatto che la maggior parte delle opere di
Porfirio è andata perduta, per cui si è costretti a fondare le va­
rie ipotesi su citazioni conservate da altri autori greci o latini
più recenti, e anche dal fatto che Porfrrio riprese più volte e in
opere diverse le stesse dottrine, e in questo caso è difficile indi­
viduare l'opera utilizzata da Macrobio . A questo punto, però,
rimane una questione ancora aperta che potrebbe formalizzarsi

74 J. Pepin (La fortune du « De antro nympharum » de Porphyre en Oc­


cident cit . , pp. 528-530) a proposito di alcune concezioni cosmologiche rile­
va che tutto quello che si trova nei Commentarii e che si trova pure nel De an­
tro Macrobio lo ha desunto da quest'opera: le considerazioni intorno al Can­
cro e al Capricorno, il richiamo a Pitagora sulla relazione tra l'alimentazio­
ne lattea dei neonati e la via lattea come punto di partenza della discesa delle
anime sono concetti contenuti nel De antro, 2 1 -23 e 28-29. L'interpretazione
di Leemans (Studie over den Vijsgeer Numenius von Apamea met Uitgave
der Fragmente, Bruxelles, 1 937, pp. 45-48), secondo la quale Macrobio
avrebbe avuto come fonte il Commentario alla Repubblica di Porfrrio e non
il De antro per il fatto che Porfirio in questo commentario avrebbe ripreso le
considerazioni del De antro a proposito del mito di Er e si sarebbe rifatto a
Numenio come risulta da Proclo (In Rem . , Il, 1 28, p. 25 sgg. Numenio, te­
=

stim. 42, p. 100, 7-102, 8), lascia perplesso Pepin. Probabilmente - dice lo
studioso - Proclo, che non aveva letto direttamente Numenio e non aveva
avuto fra le mani il De antro di Porfirio, utilizzò il commentario omonimo di
Porfirio del quale ci trasmette la sostanza; ma questa ipotesi non può darci
alcuna conferma sulla fonte di Macrobio anche perché non è prudente invo­
care come fonte di Macrobio un'ipotesi quando si possiede il testo del De an­
tro che è chiaramente fonte. Questo fatto tuttavia non esclude che Macrobio,
accanto al De antro, abbia utilizzat o altre opere di Porfirio come il Commen­
tario al Timeo, tesi questa sostenuta da H. De Ley (Le traité sur l'emplace­
ment des Enjers chez Macrobe, in « L'Antiquité classique », 37 ( 1 967), pp.
207-208) e da M. A. Elferink (La descente de l'Ome d'après Macrobe cit . , pp.
3, 7, 33, 40).

62
in questi termini : data per scontata la tesi secondo la quale Por­
flrio è una fonte a cui Macrobio ricorre come ad un manuale di
facile consultazione. si può. per questo. sottovalutare il diretto
influsso che sul nostro autore esercitò Plotino? Io penso che si
possa sostenere con sufficiente ragionevolezza che Macrobio
conobbe direttamente le opere di Plotino. e non mi pare che
questa conoscenza possa ridursi soltanto a qualche trattato del­
le Enneadi come afferma Flamant 7 5 • secondo il quale Macra­
bio. come tutti i neoplatonici occidentali. segue Porflrio e non
legge Plotino se non in maniera saltuaria. enucleando qui e lì
qualche tema e inserendolo nel suo discorso. Per Flamant. in­
fatti. che in questo caso segue Cumont 76 e in parte Courcelle 77•
lo stile denso e spesso oscuro di Plotino non consentiva a Ma­
crobio una lettura attenta e completa delle Enneadi.
Ora. pur apprezzando le sottigliezze anche r.Iologiche delle

75 Cfr. J. Flamant, Macrobe et le Néoplatonisme latin cit . , pp. S71 -S73 .


Flamant - nel sostenere che le citazioni plotiniane di Macrobio potrebbero
derivare da una fonte intermedia, e principalmente da Porfirio - osserva che
Macrobio si limitò a leggere la Vita di Platino scritta da Porfirio e forse le
prime parti delle prime due Enneadi, delle quali cita i primi due trattati della
prima e i primi tre della seconda. Il fatto che Macrobio cita anche il nono
trattato della prima Enneade si può spiegare, per Flamant, con la posizione
occupata da questo trattato che, essendo l'ultimo della prima Enneade, pre­
cede immediatamente il primo trattato della seconda; ragione per cui diventa
possibile che Macrobio lo abbia guardato prima di leggere quest'ultimo.
76 F. Cumont (Comment Plotin détourna Porphyre du suicide cit . , pp.
1 14- 1 1 7) muove dal presupposto secondo il quale Macrobio non sarebbe sta­
to in grado di apprezzare e di comprendere gli scritti di Plotino: « Il apparait
ainsi clairement que Macrobe n'a pas sous les yeux, le texte m@me de Plotin,
dont la concision obscure l'eOte rebuté, mais un commentaire rédigé par un
philosophe capable de penser par lui-m@me », e ancora: « Il parait donc cer­
tain que, Macrobe a utilisé, non le texte condensé des Ennéades, qu'il eut pei­
ne à comprendre, mai le commentaire qu'en avait donné Porphyre » .
77 P . Courcelle (Les lettres grecques c it . , p. 227) arriva alle medesime
conclusioni di Cumont, specie per quanto riguarda la fonte di In Somn. , l ,
I l , 1 1 , anche attraverso un parallelo tra Agostino e Claudiano Mamerto, il
quale utilizza il De regressu di Porfirio.

63
tesi sostenute da questi studiosi , io non riesco facilmente a tro­
vare la ragione per cui si debba escludere che Macrobio, oltre a
tenere presenti le opere di Porfirio, abbia potuto avere la curio­
sità (magari sospinto dalle stesse citazioni porfiriane) di leggere
direttamente gli scritti di coloro che egli riteneva i sommi filo­
sofi : Platone e principalmente Plotino.
D'altra parte le argomentazioni di Mras e le tesi sostenute
da Henry, suffragate da puntuali riscontri testuali, mi sembra­
no abbastanza convincenti, specie per quanto riguarda alcuni
passi dei Commentarii che analizzerò nel corso del lavoro insie­
me ad altri che - a mio avviso - dipendono direttamente da
Plotino, come spero di dimostrare. Solo che i presupposti da
cui muove Henry sono del tutto diversi da quelli da cui muovo­
no Cumont, Courcelle e poi Flamant . Henry tiene Macrobio in
una considerazione più elevata di quanto non facciano gli stu­
diosi anzidetti : egli lo ritiene capace di riflessioni personali e di
rielaborazioni originali nei confronti di dottrine anche difficili,
dense e oscure, come quelle di Plotino 78 , capace di passare da
un trattato all'altro delle Enneadi con un semplice a/io in
loco 79 , dimostrando una conoscenza immediata e diretta di tut­
ta l'opera plotiniana e del contesto esatto entro il quale si inse­
risce il passo che egli prende in considerazione; e io penso di
potere condividere questo presupposto, poiché non mi pare più
possibile sostenere la tesi di un Macrobio plagiario o tutt'al più
semplice compilatore, in quanto fra le righe dei suoi Commen­
tarii non è difficile rintracciare i capisaldi della dottrina neopla­
tonica che egli esprime da filosofo, se non originale, sicura­
mente attento e intelligente.

78 P. Henry (Piotin et I'Occident cit . , p. 1 54) ritiene che i giudizi che


Macrobio esprime sullo stile conciso e breve di Platino non possono che esse­
re il frutto di una lettura diretta: « il nous donne l'impression », dice Henry,
« d 'un contact intime e prolongé avec le texte originai ».
79 In Somn. , II, 12, 14.

64
Pertanto mi sembra ragionevole concludere che, per quanto
riguarda le fonti di alcuni capitoli dei Commentarli, come l, 8; l,
13 e altri che vedremo, sia più opportuno seguire la strada più
agevole, in quanto fondata su dati certi, anziché quella fondata
su ipotesi (data la mancanza dei testi porfiriani), e nello stesso
tempo più complessa in quanto esterna allo stesso testo di Ma­
crobio : il fatto che Claudiano Mamerto - come rileva Cour­
celle - abbia utilizzato il De regressu di Porfirio e si sia espres­
so come Macrobio senza conoscere Macrobio 80, se da una par­
te conferma l ' ipotesi dell 'utilizzazione del De regressu da parte
di Macrobio (ma questo nessuno lo nega) , dall' altra non esclu­
de che Macrobio abbia letto pure Plotino o almeno quei tratta­
ti plotiniani che si riferivano alle dottrine che egli andava pren­
dendo in considerazione nei Commentarii in Somnium Scipio­
nis. Macrobio considerava Plotino un maestro e si può ritenere
probabile che egli gli attribuisse con vera convinzione e non
« per prassi consolidata » molte delle dottrine che trovava in
Porfirio, poiché gli scritti di Porfirio gli si mostravano come
l 'esempli ficazione del pensiero ben più denso e profondo del
maestro . Forse si può avanzare l 'ipotesi che Macrobio preferi­
va utilizzare più di frequente Porfirio perché i Commentarii
avevano una finalità pedagogico-didascalica e dovevano pre­
sentarsi in termini semplici e chiari : Porfirio in effetti si presta­
va meglio a questo scopo . Ma a mio avviso tutto ciò, piuttosto
che escludere, convalida la tesi secondo la quale Macrobio co­
nosceva Plotino e, oltre che dalle opere di Porfirio, attingeva
direttamente e non raramente anche dalle Enneadi.

80 Cfr. P . Courcelle, Les lettres grecques cit . , p. 227 .

65
3.
I L SOGNO COME MITO
3 . 1 . Il mito (In Somn., l, 2)

Dopo avere sottolineato l'affinità tra Platone e Cicerone, le


somiglianze tra le forme fabulose da essi adottate e la funzione
che tali forme svolgono all'interno del discorso comune ai due
filosofi, in quanto incentrato da entrambi sul concetto di giu­
stizia e sulla ricompensa riservata ai giusti dopo la morte, Ma­
crobio distingue il mito utilizzato da Platone dall'espediente al
quale ricorre Cicerone: Platone fa rivivere un soldato perché
racconti al genere umano quicquid emensis inter utramque vi­
tam diebus egerat videratve, tamquam publicum professus
indicium 1 ; Cicerone, quasi per evitare di dire cose che poteva­
no essere messe in ridicolo da chi non poteva capire, perché
ignorante (ab indoctis), excitari narraturum quam reviviscere
maluit 2 •
A questo punto Macrobio ritiene opportuno riferire al let­
tore le critiche subite dal mito platonico, non senza interpretare
a titolo personale il pensiero di Cicerone, il quale - a suo avvi­
so - alludendo agli autori di tali critiche, non avrebbe voluto
indicare il volgo ignorante e indotto, ma, piuttosto, i falsi dot­
ti, coloro che ostentavano una dottrina soltanto apparente che

l /n Somn. , l, l , 9.
2 /n Somn. , l, l , 9.

69
nella realtà nascondeva l'ignoranza della verità: gli epicurei .
Fra gli epicurei Macrobio sceglie Colote 3 , uno dei primi disce­
poli di Epicuro, il quale avrebbe lasciato tracce scritte delle sue
critiche, cosa che risulta anche dalle risposte confutatorie che
prima Porfirio e poi Proclo gli indirizzan o 4 • Macrobio cita te­
stualmente le accuse di Colote ' e le respinge puntualmente. Il
suo procedimento trova riscontro in quello di Proclo, il quale
riassume e gli argomenti di Colote 6 e la replica di Porfirio 7 , il
filosofo neoplatonico al quale Proclo riconosce il merito di es­
sere il più perfetto esegeta delle verità nascoste nel mito 1• Il
Commentario alla Repubblica di Porfirio sarebbe allora la fon­
te comune per Proclo e per Macrobio 9 in quanto è abbastanza

3 Su Colote vedi H. von Arnim, Kolotes, in cc P . W . )) 1 1 , l ( 1 92 1 ) , coD.


1 1 20- 1 1 22. Sull'antiplatonismo di Colote cfr. anche F. Romano, Porfirio di
Tiro, Catania, 1 979, p. 1 70.
4 Cfr. Proclo, In Rem. , Il, I OS- 1 07 .
' In Somn. , I , 2, 4: 'Cur enim ', inquit, 'si rerum caelestium notionem, si
habitum nos animarum docere voluisti, non simplici et absoluta hoc insinua­
tione curatum est sed quaesita persona casusque excogitata novitas et compo­
sita advocati scaena figmenti ipsam quaerendi veri ianuam mendacio pol/ue­
runt? '.
6
/n Rem. , I l , lOS , 24-27.
7 /n Rem. , I l , 106, 24-28 ; 107, 1 -S .
• In Rem. , I l , 96 , 1 3-14.

9 Questo è quanto sostiene K. Mras (Macrobius ' Kommentar zu Ciceros


Somnium cit . , pp. 23S-237) il quale indica i passi paralleli presenti in Proclo e
in Macrobio che qui saranno presi in considerazione e, come fonte immediata
di Macrobio, pone, accanto al Commentario alla Repubblica, anche le Quae­
stiones Homericae dello stesso Porfirio. Su queste fonti concorda anche P .
Courcelle (Les lettres grecques cit . , p. 24, n.2). Per quanto riguarda Proclo,
cfr. /n Rem. , I l , 96, 1 3- I S , dove Proclo attesta la sua dipendenza da Porfirio;
pertanto mi sembra ragionevole considerare Porfirio (Commentario alla Re­
pubblica) come fonte di questo capitolo di Macrobio. Cosi pensa pure A. R.
Sedano (Porfirio commentatore di Platone, in Porphyre, Entretiens sur
l' Antiquité classique, 12, Vandreuvres-Genève, 1 96S , pp. 203-2 1 0), il quale si
serve proprio di Macrobio e di Proclo per risalire all'esatto pensiero porfiria­
no, e anche per risalire, per certi versi, al testo porfiriano o quanto meno a
« relitti lessicali autentici >> (ibidem, p. 204).

70
credibile che da questo commentario Macrobio desume tanto
gli attacchi di Colote quanto le risposte di Porfirio, come d'al­
tra parte fa Proclo .
Proclo introduce il discorso di Colote con un primo argo­
10
mento di ordine generale che suona negli stessi termini in Ma­
crobio :
Ait a philosopho fabulam non oportuisse confingi quo­
niam nullum figmenti genus veri projessoribus convenirei 1 1 •
Poi riferisce altre due argomentazioni di Colote secondo le
quali questi in primo luogo avrebbe accusato Platone di con­
traddizione tra le sue affermazioni sulla poesia mitica (che ave­
va considerato dannosa e diseducativa) e l'uso ricorrente del
racconto mitico nei suoi scritti; in secondo luogo avrebbe affer­
mato l 'inutilità dei miti sia per il volgo che non può capirli, sia
per gli uomini superiori che non ne hanno bisogno 1 2 • Macrobio
introduce il suo discorso alla stessa maniera di Proclo, ma poi
- come si è visto - cita testualmente Colote, esplicitando in
tal modo quanto aveva anticipato nell'introduzione 1 3 • Quindi
torna sul suo argomento e, data l'affinità del Sogno di Scipione
col mito di Er (peraltro evidenziata in precedenza), ritiene di
poter trasferire la critica di Colote avverso a Platone al Sogno
di Cicerone e procede pertanto a confutarla.
Nel riferire gli attacchi di Colote, Proclo è più esaustivo di
Macrobio; Macrobio invece è più puntuale, ma più povero .
D'altronde le tre risposte di Macrobio, che trovano riscontro in

1o In Rem. , Il, 105, 24-27 .


I l In Somn. , l, 2, 4.
t z In Rem., Il, 106, 1 - 1 4.

1 3 In Somn. , l, 2, 4: << Dato che hai voluto », dice Colote a Platone, « che
noi insegnassimo la conoscenza delle cose celesti e la condizione delle anime,
per quale ragione non hai trattato questo argomento in maniera semplice e
spoglia di immagini e hai cercato piuttosto un personaggio, escogitando un
inaudito espediente, prodotto una meschina imitazione del teatro comico,
con tutto questo lordando di menzogna la soglia stessa che conduce alla ricer­
ca della verità?».

71
quelle di Porfirio riportate da Proclo 14, vanno oltre l'accusa di
Colote riferita da Macrobio stesso e ben si adattano invece alle
argomentazioni riferite da Proclo. Macrobio infatti si limita a
riferire la prima obiezione di Colote, ma poi riporta tutte e tre
le risposte di Porfirio u . In effetti la citazione delle prima obie­
zione di Colote potrebbe essere sufficiente ai fini dello svolgi­
mento della tesi di Macrobio a favore dell 'uso del mito da parte
di Platone e di Cicerone, perché è proprio la prima obiezione di
Colote che oppone il mito alla filosofia, la favola alla scienza,
ed è questa opinione che Macrobio intende confutare, anche se
nel corso della confutazione, poi , utilizza tutte le argomenta­
zioni di Porfirio, a sua volta fatte proprie anche da Proclo, il
che è indicativo dell 'atteggiamento di ostilità, comune alla filo­
sofia neoplatonica della tarda antichità, nei confronti della fi­
losofia epicurea 1 6 • La prima risposta di Macrobio, dunque « la
filosofia non è aliena da tutte le favole e non di tutte
si contenta » 1 7 , trova riscontro nella seconda risposta di
1
Porfirio 8 ed è seguita da una classificazione dei racconti favo-

14 In Rem. , II, 1 06 , 1 5-28 e 1 07 , 1 - 1 4 .


15 A. R. Sodano (Porfirio commentatore di Platone cit . , pp. 209-2 1 1 ) a
questo riguardo si chiede se bisogna considerare il discorso di Proclo uno svi­
luppo della fonte porfiriana oppure quello di Macrobio una riduzione della
stessa fonte. Visto però che le risposte di Porfirio a Colote sono presenti sia in
Proclo che in Macrobio, avanza l'ipotesi che in Porfirio doveva trovarsi tutto
quello che è presente sia in Proclo che in Macrobio, solo che la struttura del
passo di Proclo è più organica e coerente e, pertanto, più aderente alla fonte;
quella del passo di Macrobio più disorganica, almeno rispetto a quella del pas­
so di Proclo.

1 6 Cfr. a tale proposito A. Setaioli, L 'esegesi america del Commento di Ma­


crobio al « Somnium Scipionis)), cit. , p. 1 54, e J. Pepin, Mythe et alllgorie. Les
origines grecques et les contestations judéo-chrétiennes, Paris, 1 958, pp. 1 32- 1 38 .
1 7 In Somn. , l , 2, 6: Nec omnibus fabulis philosophia repugnat nec omni­
bus adquiescit.
18 In Rem. , II, 1 06 , 24-28 e 1 07 , 1 -5 : « Platone non ha bandito ogni specie
di mitologia, ma solamente quella che si serve di finzioni vergognose e immora­
li, quali quelle di Omero e di Esiodo [ . . . ] » .

72
l osi e dell'uso che di questi viene fatto da parte dei filosofi .
Macrobio espone anche alcuni principi teorici intorno a
questa classificazione che non comprende soltanto i miti speci­
ficamente filosofici , ma anche _ i racconti dei poeti che si presta­
no ad essere interpretati filosoficamente. Egli non segue mec­
canicamente la sua fonte, ma « la elabora sapientemente »
19 •
Distingue le favole create unicamente per procurare piacere da
quelle create per esortare all ' onestà della vita (adhortationis
quoque in bonamfrugem gratia) 20 e ritiene adatte ai filosofi so­
lo queste ultime, fra le quali opera ancora una distinzione tra
quelle che affrontano argomenti fantastici e procedono per fin­
zioni e, pertanto, non sono adatte ai filosofi (le favole di Eso­
po, ad esempio) e quelle che hanno per oggetto la verità che pe­
rò viene espressa con mezzi fantastici (i riti sacri , i racconti di
Esiodo e di Orfeo e i racconti delle mistiche esperienze dei pitago-
rici). Fra queste ultime opera ancora una distinzione che riguar­
da il mezzo fantastico: questo può essere costituito da fatti in­
degni attribuiti alle divinità, oppure da fatti degni che nascon­
dono le cose sacre sotto il velo dell 'allegoria ed « è questo l ' uni­
co genere di finzione che può essere ammesso dal rispetto per le
cose divine, che è proprio di chi fa professione di filosofia » 2 1 ,
in quanto in esso si trovano riuniti il valore dell 'esortazione,
la verità del contenuto e la decenza della forma 22 • Ora, data

1 9 A. R. Sodano, Porfirio commentatore di Platone cit . , p. 210: « Con­


sapevole di avere ascoltatori o lettori non espertissimi della problematica, ob­
bedendo anche allo scopo didattico del suo commentario, si lascia andare ad
una casistica della favola [ . . . ] nella quale egli inserisce la menzione di Menan­
dro, Petronio, Apuleio a proposito della favola che mira a mulcere auditum,
o quella di Esopo, discorrendo di quelle fictiones nelle quali per mendacia ip­
se relationis ordo contexitur » .
20 In Somn. , l, 2, 7.
2 1 In Somn. , l , 2, 1 1 - 1 2 : [ . ]hoc est solum figmenti genus quod cautio
. .

de divinis rebus phi/osophantis admittit.


22 Cfr. J. Pepin, Mythe et al/égorie cit . , p. 2 1 2 .

73
la rispondenza tra la risposta di Porfuio in Proclo e quella di
Macrobio, si può affermare senza molte perplessità che Porfi­
rio in questo caso è la fonte comune di MacrobiQ e di Proclo 23 •
Se si riscontrano delle differenze, queste, a mio avviso, sono da
addebitare alla diversa mentalità di Macrobio rispetto a Porfi­
rio e principalmente rispetto a Proclo: Macrobio sintetizza
l'opinione di Colote e ne riferisce solo il nucleo, però poi si dif­
fonde a lungo sulle risposte che, da una parte, mutua dalla sua
fonte neoplatonica e, dall'altra, arricchisce, per i suoi fmi dida­
scalici, con le sue conoscenze relative alla cultura latina.
La seconda risposta di Macrobio: « Si deve tuttavia sapere
che i fllosofi non ammettono elementi favolosi in ogni tratta­
zione, per quanto leciti essi siano, ma sono soliti ricorrervi
quando parlano dell'anima o delle potestà aeree ed eteree o di
tutti gli altri dei » 24 trova qualche riscontro nella prima risposta
di Porfuio riportata da Proclo 15 ; tuttavia anche in questo caso
Macrobio, ammesso che utilizzi Porfuio, va oltre il discorso di
Porfuio con una riflessione che riguarda la differenza tra mito
vero e proprio da una parte e similitudine e metafora dall'altra:
« Invece, quando la trattazione osa sollevarsi al dio sommo e
capo di tutti - i Greci lo chiamano 'tàya86v, x pii) T ov atnov
- o alla mente - i Greci la chiamano voùc; - e contiene le
specie originali delle cose, chiamate ll)tat, nata e proveniente
d� sommo dio : quando, dico, parlano di questi argomenti, il
sommo dio e la mente, non spingono per nulla fino in fondo
l'elemento fittizio ma, se tentano di esprimere qualcosa su tali
temi che trascendono non soltanto il linguaggio ma persino il
pensiero umano,· ripiegano su similitudini ed esempi. Per esem-

23 Di questo avviso è K. Mras, il quale (Macrobius ' Kommentar zu Cice­


ros Somnium cit. , pp. 235-237) raccoglie i passi paralleli di Macrobio e di
Proclo.
l4 In Somn. , l, 2, 1 3 .

15 In Rem. , Il, 1 06 , 1 8-23 .

74
pio Platone aveva intenzione di parlare dell 'àya06v ma non
osò parlare della sua essenza, perché, di esso, sapeva solo che
non è possibile all 'uomo sapere la sua essenza, e la sola cosa,
tra quelle visibili, che trovò pienamente somigliante a esso fu il
Sole e con questo paragone apri la strada al suo discorso per
elevarsi fino all'incomprensibile. Perciò l'antichità non ha
creato per esso nessuna statua, mentre per altri dei se ne face­
vano, e la ragione è che il sommo dio e l'intelletto nato da lui
trascendono l'anima e anche la natura, e non è per nulla lecito
giungervi facendo uso di favole » 26 •
La differenza operata da Macrobio tra la funzione del mito e
quella delle altre figure simboliche non mi sembra priva di inte­
resse : Macrobio ritiene il mito un espediente utile per illustrare
concetti relativi all'anima o agli dei inferiori, ma non lo ritiene
un mezzo sufficiente per illustrare concetti relativi all'Uno e al

vouç. Il mito è quindi inferiore alla similitudine e alla metafora


che costituiscono i mezzi più idonei a rendere in modo visibile le
realtà più alte, in quanto sono immagini tratte dalla realtà sensi­
bile, che, per analogia, richiamano alla mente la realtà intellegi­
bile. Per esprimere le realtà inesprimibili è dunque necessario ri­
correre alle similitudini e agli esempi; per esprimere le realtà che
sono si divine, ma in qualche modo esprimibili, si ricorre al mito.
Ma perché proprio al mito? Anche a questo proposito Ma­
crobio segue la sua fonte e precisamente la terza risposta di
Porfirio riportata da Proclo e la utilizza nella sua terza risposta
alle obiezioni di Colote. Il ricorso al mito - egli dice - non
avviene per diletto, ma perché l'esposizione di certe dottrine
nude e crude è contro natura 27 • Porfirio a questo riguardo dice

26 In Somn. , l, 2, 1 4- 1 6 .
27 In Somn. , l , 2, 1 7 : De dis autem, ut dixi, ceteris e t de anima non fru­
stra se nec ut oblectent adfabulosa convertunt sed, quia sciunt inimicam esse
naturae apertam nudamque expositionem sui quae, sicut vulgaribus homi­
num sensibus intellectum sui vario rerum tegmine operimentoque subtraxit,
ita a prudentibus arcana sua voluit per fabulosa tractari.

75
semplicemente che il mito come rivestimento fittizio è confor­
me alla natura delle cose, perché « la Natura ama nascondersi,
come dice Eraclito » (Fr. 1 23 D-Kr) 28 • Macrobio oltrepassa
Porfirio e aggiunge che come la natura « ha sottratto la com­
prensione di sé ai sensi degli uomini volgari ricoprendosi e ce­
landosi sotto varie finzioni , cosi ha voluto che i suoi arcani sia­
no trattati dai saggi per mezzo della favola. Perciò, proprio i
misteri sono velati da arcane rappresentazioni » 29 • Secondo
Macrobio, infatti, la natura dei misteri non si offre chiara nep­
pure agli iniziati, ma soltanto agli uomini eccelsi; tutti gli altri
devono accontentarsi « di venerare il mistero, mentre i simboli
(mitici) difendono il segreto dai pericoli della profanazione » 30•
Sebbene anche il riferimento ai misteri sia desunto dalla ter­
za risposta di Porfirio a Colote, mi sembra opportuno puntua­
lizzare che - mentre Porfirio sottolinea l'azione dei simboli
misterici presso gli iniziati , i quali tramite immagini dotate di
forma vedono ciò che non ha forma e attraverso le figure sco­
prono le verità nascoste, evidenziando cosi la funzione rivela­
trice del mito che agisce proprio per ciò che in esso c'è di
segreto 3 1 - Macrobio, ritenendo che la verità dei misteri sia
appannaggio di pochi , considera il simbolo mitico principal­
mente e per lo più un mezzo protettivo del segreto misterico ,
u n mezzo d i conoscenza velata e perciò inferim:e: « proprio i
misteri sono velati da arcane rappresentazioni » 32 • E, a confer-

28 In Rem. , Il, 1 07 , 6.
29 In Somn. , l, 2, 1 7- 1 8. Questa componente della segretezza è anche in
Proclo, In Rem. , Il, 1 08 , 20.
3o In Somn. , l , 2, 1 8- 1 9.
3 1 In Rem. , Il, 1 07 , 1 0- 1 5.
32 In Somn. , l, 2, 1 8. Anche Proclo (In Rem. , Il, 1 08 , 20) dice che le ini­
ziazioni si servono dei miti per chiudere nel segreto la verità sugli dei, per pro­
teggere le verità filosofiche dalla conoscenza dei profani (In Rem . , l, 73, 28
sgg . ) ; ma in Proclo è privilegiata la dimensione mistica e iniziatica del mito
inteso come causa di unione col divino, tanto che egli dice: « Fra gli iniziati al-

76
ma del fatto che gli dei hanno sempre desiderato di essere cono­
sciuti e adorati nelle forme mitiche, adduce l'esempio di Nume­
Dio, il quale, per essere stato curioso di conoscere le verità na­
scoste e per avere divulgato con la sua interpretazione i misteri
eleusini , ebbe in sogno la rivelazione dell'offesa fatta agli dei :
Numenio denique, inter philosophos occultorum curiosiori,
offensam numinum, quod Eleusinia sacra interpretando vulga­
verit, somnia prodiderunt, viso sibi ipsas Eleusinias deas habi­
tu meretricio ante apertum lupanar videre prostantes, admiran­
tique et causas non convenientis numinibus turpitudinis consu­
lenti respondisse iratas ab ipso se de adyto pudicitiae suae vi
abstractas et passim adeuntibus prostitutas 33 •
Da quanto precede credo che si possa evincere che Macro­
bio introduce nel discorso sui miti almeno due elementi nuovi :
l . inserisce una casistica delle favole e poi, all 'interno di
questa, seleziona le favole filosofiche perché educative da quel­
le non filosofiche;
2. fa una distinzione fra i diversi livelli della realtà e colloca
la conoscenza mitica nel dominio della natura con la quale so­
no in rapporto i demoni e gli dei inferiori, mentre applica la co­
noscenza per analogia (ad similitudines et exempla) 34 , che è in
effetti una delle vie tradizionali della teologia negativa, al do­
minio del soprannaturale costituito dall 'Uno e dal voùç.
Per quanto riguarda il primo punto, Macrobio, nel classifi­
care le favole e nel distinguere quelle non pedagogiche da quel­
le pedagogico-didascaliche (che poi sono quelle utilizzate da
Platone e nel suo caso da Cicerone), opera un'interessante di­
stinzione all'interno del gruppo di favole che esprimono conte-

cuni rimangono colpiti da stupore riempiti come sono di terrori soprannatu­


rali , alcuni entrano in comunione di disposizione con i simboli sacri e uscen­
do fuori da se stessi si uniscono col divino » .
33 /n Somn. , l , 2, 1 9-20.
34 /n Somn. , l, 2, 14.

77
nuti reali con mezzi fantastici : esiste la narrazione per turpia et
indigna numinibus (è chiaro a questo punto il riferimento ai
miti omerici) 3 5 , che i filosofi preferiscono ignorare, e c'è un
modo di esporre sacrarum rerum notio sub pio figmentorum
36
velamine , che è proprio di chi fa professione di filosofia.
Ora questa distinzione pone un problema di carattere erme­
neutico che si presenta sotto forma di dilemma, specie se visto
alla luce della tendenza storiografica che vede neli' esegesi di
Omero da parte dei neoplatonici una forte componente teolo­
gica. Il problema si può riassumere in questi termini : Macrobio
rifiuta i miti empi e scandalosi di Omero perché inferiori alla fi­
losofia e cioè indegni dei filosofi; oppure li rifiuta perché li ri­
tiene estranei alla filosofia 37 e tuttavia li vede finalizzati alle ini­
ziazioni teurgiche in quanto li ritiene capaci di esprimere, seb­
bene per opposizione, verità divine e ineffabili che solo pochi
iniziati possono comprendere 38, e, in questo caso, anche Ma­
crobio sarebbe da collocare ali 'interno di quel filone interpre­
tativo dei poemi omerici che F. Buffière definisce esegesi teo­
logica 39 , secondo la quale Omero sarebbe un poeta ispirato e i
suoi miti sarebbero tv9taa'ttKcl>-rt:pot 40? In effetti, quando dice

35 In Somn. , l, 2, 1 1 : « [ . . . ] come interventi divini e prodigi, per esempio


gli dei adulteri, Saturno che taglia i genitali del padre Celo e poi viene gettato
in catene dal figlio impadronitosi del regno >>.
36 In Somn. , l , 2, 1 1 .
37 In Somn. , l , 2, 1 1 : « Tutto questo genere di narrazioni i filosofi prefe­
riscono ignorarlo (nescire malunt) ».
38 Questa è la posizione di Proclo (In Rem. , l, 77, 1 3-28 e 8S, 1 6-25)
espressa molto bene da J. Trouillard (Les fondaments du mythe selon Pro­
clos, in AA . VV . , Le mythe et le symbole de la connaissance figurative de
Dieu, Paris, 1 970, p. 36).
39 Cfr. F. Buffière, Les mythes d'Homero et la pensée grecque, Paris,
1 956, pp. 2-3 , e J. Pepin, Mythe et alllgorie cit . , p. 47S sgg.
40 Proclo (In Rem. , l, 79, S) definisce i miti platonici cpV..o oocpcbn:pol e
quelli omerici èv9&aoTlKOOT&pOl in quanto i primi rivelano verità filosofiche,
gli altri introducono alla teurgia, sono più appropriati all'arte ieratica; cosic-

78
che non tutte le favole si adattano alla filosofia, Macrobio con­
danna, alla stessa maniera di Platone 4 1 , i miti empi e scandalo­
si, quali quelli di Omero e di Esiodo, per il fatto che, a causa
del loro significato letterale sconveniente, corrompono i giova­
ni , incapaci di distinguere fra ciò che è allegoria e ciò che non
lo è; li condanna quindi come non pedagogici e pertanto nocivi
all 'educazione dei giovani . Ma questo fatto potrebbe non
escludere che Macrobio, sulla scia della tradizione esegetica dei
miti omerici, possa avere colto ugualmente nell'assurdità e
nell'empietà apparente dei miti il segno di un significato ripo­
sto e possa quindi avere accettato e giustificato i miti sconve­
nienti, attribuendo ad essi funzioni diverse da quelle semplice­
mente educative. Bisogna considerare però che la condanna dei
miti scandalosi da parte di Macrobio poggia sull 'autorità di
Porfirio attestata da Proclo 42 e che la posizione di Macrobio a
questo riguardo sembra derivare direttamente da Porfirio, il
quale, stando a quanto gli attribuisce Proclo, non pare collo­
carsi su questa linea, a meno che non gli si vogliano attribuire
anche le parole di Proclo secondo le quali Platone rigettava le
rappresentazioni dei miti dei poeti perché dannose per i non
iniziati 43 • Se cosi fosse, si potrebbe supporre con qualche ragio­
ne che Porfirio non condanna i miti di Omero e di Esiodo in as­
soluto, ma solo perché possono essere pericolosi per i non ini­
ziati che, non riuscendo a coglierne il significato riposto, reste­
rebbero influenzati negativamente dal contenuto assurdo e
scandaloso; e la stessa supposizione potrebbe avanzarsi nei ri-

ché gli uni, in quanto educativi, sono rivolti ai giovani, gli altri a coloro che
hanno già ricevuto l'educazione in tutte le sue parti e che aspirano a fissare
l 'intelletto dell 'anima, come una sorta di organo mistico, negli insegnamenti
che danno tali miti.
4 1 Repubblica 378d-e.
,

42 In Rem. , Il, 106, 25-26.


43 In Rem. , II, 108, 1 4- 1 6. Questa è la tesi di W. Theiler (Der Mythos
und die Gotter Griechenlands, Bema, 1 960, p. 19 e pp. 32-33, nn. 30-36).

79
guardi di Macrobio, il quale, seguendo Porfirio, non disdegne­
rebbe i miti di Omero e di Esiodo se non per la loro pericolosità
nei confronti dei giovani 44• Cosicché per Macrobio la narratio
per turpia et indigna numinibus esprimerebbe anch 'essa velata­
mente verità nascoste, così come le altre narrazioni espongono
la verità sub pio figmentorum velamine, solo che la prima, non
svolgendo alcuna funzione didascalica, è estranea ai filosofi,
mentre le altre vengono utilizzate proprio da costoro .
Tuttavia a me pare difficile poter sostenere un'ipotesi di
questo tipo per il fatto che in Macrobio non si trova nulla di
esplicito a questo proposito, tranne che la distinzione tra mito
filosofico e mito non filosofico all 'interno di uno stesso genere
mitico che nasconde delle « verità ». Per sostenere l'ipotesi so­
pra avanzata, io credo che si dovrebbe poter distinguere nelle
parole di Macrobio tra mito filosofico, che esprime alcune veri­
tà intorno alle realtà divine (anime, dei , demoni), ma vuole sol­
tanto insegnare tramite l'allegoria, e mito mistico o iniziatico,
che esprime le stesse verità ma, tramite la sua mostruosità, tra­
mite ciò che esso ha di sconcertante, è capace di eccitare l 'uo­
mo e spingerlo all 'unione arcana col divino . Ora questa distin­
zione in Macrobio non c'è, anche quando Macrobio parla dei
misteri che sono velati da arcane rappresentazioni non allude
affatto ai miti sconvenienti, e non accenna alla funzione teurgi­
ca dei miti misterici , ma - come è stato già rilevato in prece­
denza - dice semplicemente che le verità devono essere velate
dalle rappresentazioni arcane per evitare la profanazione del
mistero da parte di coloro che non sono capaci di penetrare
nella profondità del mistero stesso 45 • Tanto Macrobio quanto
la sua fonte, in questo caso, mi sembrano lontani dalla teurgia

44 Così pensa A. Setaioli (L 'esegesi omerica del Commento di Maerobio

al « Somnium Scipionis >> cit . , p. 1 62).


45 In Somn. , l, 2, 1 8 : « Perciò, proprio i misteri sono velati da arcane
rappresentazioni e lo scopo è che la natura di tali realtà non si offra scoperta

80
e nelle funzioni da loro attribuiti ai miti non mi pare possibile
andare oltre il livello pedagogico-didascalico, ossia conosciti­
vo 46 • Le cose vanno in maniera diversa per quel filone neopla­
tonico più aperto alla teurgia, dove si colloca Proclo, in cui i
miti, anche quelli empi e scandalosi, risultano collocati a livelli
più alti e assumono pertanto un valore mistagogico o inizia­
tico 47 .
Per quanto riguarda il secondo punto - ossia la distinzione
tra il mito e le altre figure simboliche e la loro utilizzazione in
campi diversi, per il fatto che il mito svolge funzioni conosciti­
ve ma non ha capacità analogiche e non può essere quindi uti­
lizzato per esprimere le realtà più alte - il discorso si fa più
complesso. Una tale distinzione, infatti, si presenta come una
novità di Macrobio in quanto non sembra riscontrarsi in Por­
fino 48 poiché non si trova in Proclo che, come si è visto, fa da
discriminante nei confronti della fonte diretta di Macrobio. Se
poi, nonostante l'impossibilità di provarlo attraverso Proclo,
essa dovesse risalire ugualmente a Porfirio, si deve concludere
che su questo punto Porfirio si allontana da Plotino, dove il

neppure agli iniziati ma soltanto agli uomini sommi, edotti per mezzo della
sapienza interpretatrice sulla verità arcana, e gli altri siano contenti di venera­
re il mistero meptre i simboli difendono il segreto dai pericoli della profana­
zione )).
46 J . Pepin (Porphyre exlg�te d'Hom�re. in Porphyre, Entretiens sur
l' Antiquité classique, 12, cit . , p. 261 ) sostiene che il principio porfiriano se­
condo cui l'espressione allegorica ha per fine di introdurre alla ricerca infor­
ma tutta la tradizione esegetica greca e - mi pare di potere aggiungere - an­
che latina.
47 Sulla funzione mistagogica del simbolo mitico in Proclo, cfr. J .
Trouillard, L es jondaments du mythe selon Proclos cit. e L a Mystagogie de
Proc/os, Paris, 1 982. Cfr. anche L. Cardullo, l/ linguaggio del simbolo in
Proclo, Catania, 1 98S, pp. 94-9S e pp. 2 1 1 -2 1 2 .
48 Porflrio giustifica l'uso del mito per ciò che riguarda i l destino
dell'anima (Proclo, In Rem., II, 106, 16 sgg.), però non chiude il mito entro
questi limiti, non esclude quindi altre possibilità.

81
mito è utilizzato anche per illustrare concetti relativi all'Uno e
al vof>ç 49, in quanto è anch'esso considerato un procedimento
analogico e non uno strumento diretto di conoscenza 50 •
Macrobio, dunque, pur tenendo presente l'architettura plo­
tiniana delle ipostasi, si allontana da Plotino, che pensava di
potere esprimere allegoricamente anche le realtà superiori 51 ,
per il fatto che - io ritengo - non possiede la consapevolezza
del rapporto di identità-differenza che sussite tra il mito e la
metafora, ossia tra il mito e le figure simboliche. Questi, infat­
ti, differiscono fra loro più per il contenuto che per la struttura
formale 52 , in quanto sia la costruzione mitica che l'immagine
metaforica sono determinate dalla stessa motivazione psicolo­
gica ed hanno , quindi, una medesima radice, ciò che Cassirer
definisce « pensare metaforico » 53 • Tra mondo mitico e mondo
metaforico vi sono, dunque, una certa identità di struttura e
una certa differenza di contenuto: l'oggetto fantastico nel mi­
to, il dato dell'esperienza concreta nell'immagine metaforica 54 •
Ora Macrobio coglie l a differenza di contenuto, m a non riesce

49 Cfr. a questo proposito J. Pepin, Mythe et alllgorie cit . , p. 2 1 3 .


50 Non m i sento d i condividere la tesi di A. Setaioli (L 'esegesi america
del Commento di Macrobio al « Somnium Scipionis» cit . , p. 1 .58, n. 1 ) , se­
condo la quale dalle risposte di Porfrrio fatte proprie da Macrobio si evince­
rebbe che il mito « contiene affermazioni oggettivamente vere >> per cui si può
« collocare Porfirio tra i filosofi che accettavano il senso letterale del mito di
Er, come Plotino (Enn. , III, 4, 2), Numenio, Crono e altri citati da Enea di
Gaza », per il fatto che a me pare che Porfrrio e principalmente Plotino accet­
tano il senso letterale del mito solo come momento di transizione che consen­
te di oltrepassare la stessa lettera per cogliere la verità che questa cela, non
perché il mito contiene affermazioni oggettivamente vere; tali affermazioni -
a mio avviso - sono vere nella misura in cui sono capaci di svelare, velando­
la, la verità che nascondono.
5 1 Enn. , V, l , 4; V, l , 7; V, 8, 1 3 .
52 Cfr. J . Pepin, Mythe et alllgorie cit . , p. 2 1 3 .
53 E. Cassirer, Linguaggio e mito, Milano, I l Saggiatore, 1 968 , p. 94 .
54 Cfr. a questo riguardo M . D i Pasquale Barbanti, L a metqfora in Pio­
tino, Catania, Bonanno, 1 98 1 , p . .5 1 sgg.

82
a cogliere l'identità strutturale dei due processi esemplificativi e
quindi a valutare la possibilità di poter passare dall'uno all'al.,
tro e viceversa 55 ; per questa ragione traccia una linea di demar­
cazione fra i campi di applicabilità delle due forme simboliche
e attribuisce alle similitudini e alle metafore la funzione di
« aprirci » la strada per spingerei fino all'incomprensibile 56 , al
mito semplicemente quella di illustrare il destino dell'anima.
Certamente nel mito il processo di assimilazione fra i due
oggetti (favola da una parte e realtà dall'altra) è più concreto 57
di quanto non lo sia nella metafora, la quale, presentandosi co­
me traslato che suggerisce per identità concetti nuovi, determi­
na un processo astrattivo più complesso . Ma sembra che Ma­
crobio non si renda pienamente conto delle implicazioni filoso­
fiche del suo discorso, il quale, pertanto, rimane superficiale e
limitato all a distinzione di due piani e di due funzioni: cosicché
il mito viene collocato sul piano della natura e viene utilizzato
per illustrare realtà divine ma inferiori; la metafora viene collo­
cata sul piano della sovranatura e viene utilizzata per esprimere
l'Uno e il voùc;. Plotino, al contrario, consapevole della dialet­
tica esistente tra mito e metafora, lega più strettamente i due
processi simbolici e nell'esprimere i concetti relativi alle realtà
più alte passa spesso dal mito alla metafora, considerando la
metafora un risultato del mito 58 •

55 Possibilità presente in Plotino, dove il mito si trova spesso utilizzato


come momento di introduzione alla metafora, cosi come la metafora spesso
trova la sua esplicazione nel mito (vd. M. Di Pasquale Barbanti, La metafora
in Plotino cit . , pp. 56-58 .
56 In Somn. , I, 2, 1 5- 1 6.

57 E. Cassirer (Linguaggio e mito cit . , p. 1 05) osserva a questo riguardo


che il mito è « immediata e genuina identità ».
58 I n Enn. , III, S , 9 Plotino rileva le insufficienze del mito rispetto alla
comprensione della realtà intellegibile dove non esiste la successione tempo­
rale propria del mito e tuttavia non sottovaluta la funzione introduttiva di es­
so: «< miti, poi, se devono rispondere al loro nome, sono costretti a frantu-

83
A questo punto sorge un interrogativo a cui, forse, gli ele­
menti a disposizione non consentono di rispondere definitiva­
mente e che tuttavia mi pare opportuno esprimere: si deve pen­
sare che è Porfirio che non riesce a penetrare nel vero e profon­
do pensiero di Plotino e che costituisce la fonte della distinzio­
ne operata da Macrobio, oppure si deve pensare ad una rifles­
sione personale di Macrobio o, ancora, all 'influenza di qualche
altra fonte? Questa ultima ipotesi, unita alla seconda, non mi
sembra del tutto improbabile anche perché nel capitolo che se­
gue, relativo al sogno (la forma mitica adottata da Cicerone),
Macrobio si riferisce anche a fonti diverse da quelle neoplato­
niche, come Virgilio, Artemidoro, Posidonio e altri .

3 .2 . Il sogno (In Somn . • l, 3)

Uno degli aspetti ricorrenti nel modo di procedere di Ma­


crobio sembra essere proprio l 'esigenza della classificazione,
della definizione e conseguentemente della selezione. Abbiamo
appena esaminato la classificazione relativa ai miti e ci trovia­
mo subito dinnanzi ad un'ulteriore classificazione, quella dei
sogni, che Macrobio dice (genericamente) di desumere dagli
antichi : [ . . . ] quae passim quiescentibus ingeruntur, sub defini­
tionem ac regulam vetustas mitteret 59 •
Esistono cinque generi di sogno: quello che i greci chiama­
no c5vetpoc; e che dai latini viene detto somnium; quello che i
greci definiscono c5paJla e che « giustamente » viene chiamato

mare in vari momenti il contenuto della loro narrazione e staccare così, l 'una
dall'altra, tante cose che in realtà esistono solo simultaneamente, e sono di­
stinte, invece, per ordine o per importanza [ . . . ] i miti , dunque, dopo avere
dato come meglio sanno il loro insegnamento non vietano certo di riunire
oramai i loro sparsi elementi » .
S9 In Somn. , l , 3 , l .

84
dai latini visio (quod visio recte appellatur); il XPTI J.l«ttaJ,l6ç
che corrisponde a ciò che i latini chiamano oraculum; l 'twxvtov,
quod insomnium dicitur, e il q>avtaaJ,la che Cicerone visum
vocavit 60 •
Macrobio non attribuisce alcun rilievo agli ultimi due gene­
ri di sogno per il fatto che non possiedono significato profetico
e non sono pertanto funzionali alla conoscenza del futuro. Gli
insomnia, infatti, durano quanto dura il sogno stesso, in quan­
to si limitano ad arrecare turbamento al sonno e non lasciano
traccia alcuna della loro importanza e del loro significato 61 , so­
no dunque fallaci ; i q>avtaaJ,lata non sono altro che appari­
zioni vaganti e mostruose che sconvolgono chi è ancora nella

60 In Somn. , l, 3, 2. Ritengo opportuno soffermarmi sul significato che


Macrobio attribuisce al termine <'\pa11a, che egli stesso traduce visio riferen­
dosi all'uso comune e retto del termine (quod visio recte appellatur), e al ter­
mine q>civtao�ta che Macrobio, richiamandosi a Cicerone, traduce visum,
anche perché nella traduzione italiana da me seguita non mi pare che sia chia­
ra la distinzione tra visio e visum in quanto una prima volta visio corrispon­
dente ad <'\pa11a viene tradotto con « apparizione » e visum corrispondente a
q>civtao�ta con « visione » (/n Somn. , l, 3 , 2-3); successivamente visum corri­
spondente a q>civtao �ta viene tradotto con « apparizione » (/n Somn. , l, 3, 7)
e visio corrispondente ad <'\pa11a con « visione » (In Somn. , l, 3, 9 e l, 3, 1 2).
Ora a me non pare che i termini « apparizione » e « visione » si possano usare
indifferentemente e siano quindi interscambiabili perché Macrobio distingue
nettamente i significati di visio e di visum. Il termine visio è infatti usato per
indicare una visione vera, diretta ed esatta del futuro : Visio est autem cum id
quis videt quod eodem modo quo apparuerat eveniet (In Somn. , l , 3 , 9), co­
me dice Macrobio anche a proposito del carattere di visio del sogno di Scipio­
ne: [ . . . ] est visio quia foca ipsa in quibus post corpus ve/ qualis futurus esset
aspexit (In Somn. , l, 3, 1 2); il termine visum invece è usato per indicare l'ap­
parizione confusa e incerta che si ha tra la veglia e il sonno « quando si crede
di essere ancora svegli mentre si è appena cominciato a dormire » (In Somn. ,
l, 3, 7) e aspicere videtur forme che vagano e che determinano in noi piacere
o turbamento. Il visum, infatti, per Macrobio non è un sogno vero e proprio
e tanto meno è un sogno profetico; la visio, invece, si colloca fra i sogni pro­
felici e quindi veri .
61 In Somn. , l, 3, 4-5 .

85
soglia del sonno (adhuc se vigilare aestimans qui dormire vix
coepit) 62 • Ritiene degni di considerazione e di analisi invece i
primi tre generi : il somniurn, la visio e l'oraculum, proprio per
la loro pregnanza profetica 63 •
I l sogno d i Scipione rientra in questi tre generi : è u n « ora­
colo » perché rivela il futuro; è una « visione » diretta ed esatta
dei luoghi riservati a Scipione dopo la morte; è un « sogno » ve­
ro e proprio perché vela profunditate prudentiae 64 la realtà ce­
leste, la quale per essere compresa necessita dell'aiuto della
scienza dell'interpretazione: non potest nobis nisi scientia in­
terpretationis aperiri 65 • Inoltre il sogno di Scipione ha tutte le
caratteristiche del somnium vero e proprio, di quello, cioè, che
i greci chiamavano �VEtpoç: è infatti proprium perché Scipione
viene a conoscere personalmente il suo destino; è a/ienum per­
ché tratta anche della sorte toccata ad altri; è commune perché
il destino di Scipione si può estendere a tutti coloro che acqui­
stano gli stessi suoi meriti ; è pub/icum perché mostra vicende
pubbliche come la vittoria della Patria, la fine di Cartagine,
ecc . ; è generale perché offre una visione universale del cosmo
celeste e terrestre 66 •
Questa classificazione è stata accostata da molti studiosi a
quella di Artemidoro di Daldi, scrittore del II secolo d.C. , au­
tore di un testo sull 'interpretazione dei sogni 67 • Ma dopo lo

62 /n Somn. , l, 3, 7.
63 Il rapporto tra rivelazione e sogno è molto stretto sia nel Somnium
che nell'In Somnium.
64 In Somn. , l , 3 , 1 2 .
65 Per scienza dell 'interpretazione i o penso che s i debba intendere scien­
za dell'interpretazione dei simboli, anche perché poco prima Macrobio ha co­
si definito il carattere proprio del somnium: Somnium proprie vocatur quod
tegit figuris et velai ambagibus non nisi interpretatione intellegendam signifi­
cationem rei quae demonstratur (In Somn. , l , 3 , I O) .
66 In Somn. , l , 3 , 1 3 .
67 Artemidoro Daldiani, Onirocriticon libri V, ed . Roger A. Pack, Leip­
zig, 1 963 .

86
studio di C. Blum, che ha rilevato alcune differenze tra il testo
di Macrobio e quello di Artemidoro 61 ed ha ipotizzato l'esi­
stenza di una fonte più antica comune ad entrambi (probabil­
mente Posidonio ), anche Kessels 69 e Flamant 70 pensano che
tanto Macrobio quanto Artemidoro abbiano potuto trarre il
loro materiale da una stessa fonte (Posidonio?) ed escludono
un'influenza diretta di Artemidoro su Macrobio.
Ora è vero che ad un primo raffronto del testo di Macrobio
con quello di Artemidoro sembra di notare alcune differen­
ze nella classificazione dei sogni; ma, entrando nei dettagli, si
vede che tutte le distinzioni operate da Macrobio si trovano
in Artemidoro. Questi opera una distinzione principale tra
1 ' 6VE1p o ç (il somnium di Macrobio) e l ' tvuxv1ov (l ' in­
somnium) 71 ; quindi opera una sottodistinzione all'interno
dell'6VE1pOç tra sogni 9EOPTIJ.1at\KO{ e sogni C'tÀ.ÀT)yOp1K0{ 72,
aggiungendo che il sogno teorematico è quello che ci mostra
esattamente cosa accadrà nel futuro e si distingue ancora in
6pa1.1a (la visio di Macrobio) e XPTJ IJ.a'tlatJ.6ç (l'oraculum) e
che il sogno allegorico ci predice il futuro per mezzo dei
simboli 73 • Inoltre, ali 'interno dell 'twxVlov, Artemidoro intro­
duce una sottospecie di sogno che è il cpavtaa1.1a (il visum di
Macrobio) 74 •
Torniamo adesso alla classificazione di Macrobio, il quale -

61 Cfr. C. Blum, Studies in the Dream-Book of A rtemidorus, Uppsala,


1 936, pp. S3-SS . Fra l'altro, Blum sostiene di non riscontrare in Artemidoro
le definizioni di visum, oracu/um e visio.
69 Cfr. A. H. M. Kessels, A ncient System of Dream-classification, in
« Mnemosyne », 22 ( 1 969), pp. 41 1 -4 1 4.
70 Cfr. J. Flamant, Macrobe et le Nlop/atonisme latin cit . , p. 162.
·

71 Onirocriticon, l, l, 3 .
72 Onirocriticon, l, 2, 4: ·Em tci>v òve!prov o! �tv &lm 9&COPTI �«ttKoì o!
l5t QÀÀ.TIYOPlKOf.
7 3 Onirocriticon, l, 2, S.
74 Onirocriticon, l, 2, 6.

87
come abbiamo visto - enumera cinque generi di sogno e, di
questi, tre li ritiene profetici : il somnium, la visio e l'oraculum,
e due non profetici : l'insomnium e il visum, e inoltre considera
il somnium, ossia il primo genere di sogno profetico, come so­
gno allegorico poiché copre con immagini e con simboli il signi­
ficato della cosa che appare " .
A questo punto non si può non riconoscere che le differenze
tra le due classificazioni sono semplicemente formali e non so­
stanziali, in quanto in entrambe si riscontrano le stesse distinzio­
ni con i medesimi significati, le medesime motivazioni e i mede­
simi risultati: la ragione che induce Macrobio a distinguere i pri­
mi tre generi di sogno dagli ultimi due è data dal fatto che i primi
sono profetici e gli altri no, e questa è la stessa ragione che so­
stiene la prima distinzione di Artemidoro tra 6vEtpoç e
tvl>xvtov 76 ; così come la caratteristica dell'tvl>xvtov, rappresen­
tata da Artemidoro con la fugacità del sogno che svanisce quan­
do si è svegli 77, la si trova nell'insomnium di Macrobio.
È vero d'altra parte che nel testo di Macrobio non è palese
la distinzione tra sogni teorematici e sogni allegorici, ma è al­
trettanto vero che tale distinzione si può evincere facilmente
dal contesto, in cui è chiaro che le caratteristiche attribuite da
Artemidoro ai sogni teorematici sono da Macrobio attribuite
alla visio e all'oraculum e quelle che Artemidoro attribuisce ai
sogni allegorici Macrobio le attribuisce al somnium proprie. A
mio avviso, dunque, non ci sono elementi validi per escludere
che il testo di Macrobio possa essere una rielaborazione perso­
nale dello schema proposto da Artemidoro, dove non solo so­
no presenti - contrariamente a quanto sostiene Blum 78 - le

1s In Somn. , l, 3, 1 0.
76 Onirocriticon, I, l , 3 .
77 Onirocriticon, l , l , 3 .
78 Cfr. C . Blum, Studies in the Dream-Book of A rtemidorus cit . , pp.
52-5 3 .

88
definizioni di visum, di oraculum e di visio, come si è visto 79 ,
ma sono anche presenti i caratteri corrispondenti alle specie del
somnium proprie di Macrobio. Artemidoro infatti attribuisce
ai sogni allegorici Ali stessi caratteri che Macrobio attribuisce al
somnium (personale, riguardante un altro, sociale, pubblico e
universale) 80• A questo proposito si ha l'impressione che Ma­
crobio riassuma Artemidoro, anzi lo ricalchi in sintesi ma con
una certa fedeltà, anche se lo segue fino ad un certo punto per­
ché immediatamente passa al suo tema specifico e cerca di indi­
viduare nel sogno di Scipione i tre generi di sogno validi in
quanto profetici e tutte le caratteristiche del sogno vero e pro­
prio. Mi sembra infine di potere riscontrare un ulteriore riferi­
mento di Macrobio ad Artemidoro a proposito dell'attendibili­
tà del sogno di Scipione, fondata sulla statura morale della per­
sonalità di un uomo che, pur non essendo ancora console o ca­
po dell'esercito, è in grado di riferire un sogno che ha carattere
pubblico e universale 81 •
Macrobio si ferma qui e tralascia le altre distinzioni di Arte­
midoro tra sogni generici e sogni specifici 82 , tra sogni chiesti
agli dei e sogni inviati senza alcuna richiesta, �c. 13 • D'altra
parte Artemidoro dice che, con queste ultime distinzioni, in­
tende completare il suo discorso con argomentazioni che sono
state espresse insufficientemente dagli antichi 84 •

79 Onirocriticon, l, 2, 6.
so Onirocriticon, l , 2, 7.
81 In Somn. , I , 3 , 14. I n questo passo Macrobio tende a fugare ogni dub­
bio sul valore di verità da attribuire al sogno di Scipione, proprio perché si di­
ce (aiunt enim) che l'attendibilità del sogno è legata al prestigio del sognatore

come nel caso di Agamennone. A proposito del sogno di Agamennone (//. ,


I l , 80-82) vengono citate le stesse parole che cita Artemidoro (Onirocriticon,
l , 2, p. I O).
12 Onirocriticon, l , 4-S , 1 2- I S .
83 Onirocriticon, l , 6, I S- 1 6.
84 Onirocriticon, l, 3, 1 2 : Taùta �1F.v ouv r.l ç à v a n Àfl p(l)(n v tciJV \mò
t ciJ V na >.. a uilv tlif.cilç r.lpTIJU�vctlv hm vcilç r.ipTJ T a t .

89
Cosa pensare allora? Si potrebbe ipotizzare, in accordo con
Blum, Kessels e Flamant, che Macrobio non seguendo Artemi­
doro fino alla fine, non ne abbia conosciuto direttamente il te­
sto e si sia quindi servito di una fonte più antica, probabilmen­
te la stessa fonte di Artemidoro. Tuttavia� sulla base delle so­
miglianze sopra riscontrate, nulla ci vieta di supporre che Ma­
crobio abbia avuto fra le mani il testo di Artemidoro e si sia li­
mitato a desumere da questo semplicemente ciò che veniva at­
tribuito agli antichi .
Questa ipotesi potrebbe essere suffragata dal fatto che Ma­
crobio introduce con aiunt enim il discorso che troviamo in Ar­
temidoro sull'attendibilità dei sogni cosmici e politici. Artemi­
doro invece riferisce questo discorso in prima persona senza at­
tribuirlo agli antichi ma, nel porsi il problema di come un so­
gno che ha carattere pubblico possa essere attribuito ad una so­
la persona, invoca l'autorità di Omero (//., II, 80-82) il quale dà
valore al sogno di Agamennone perché raccontato da un re 15 •
Questo modo di procedere di Artemidoro potrebbe giustificare
l'aiunt enim di Macrobio. O Artemidoro, dunque, o, al limite,
qualche altro testo sconosciuto che precede quello di Artemi­
doro sembrano essere le fonti principali di questo capitolo dei
Commentarii; il che sta ancora una volta a dimostrare che Ma­
crobio doveva avere conoscenze più vaste di quelle che gli sono
state riconosciute dalla maggior parte degli storiografi, che -
come si è visto - tende a ridurre al minimo le fonti di Macro­
bio e tutt'al più gli attribuisce la sola conoscenza di Porfirio .
Courcelle, per esempio, partendo dal presupposto che il sogno
di Agamennone a cui si riferisce Macrobio è presente in Proclo
(In Rem, l, 1 1 5) che ha per fonte Porfirio, sostiene che non so­
lo il passo relativo al sogno di Agamennone ma tutto il capitolo
(classi ficazione dei sogni compresa) risale al Commen-

s� Onirocriticon, l , 2, 9- 10.

90
tario alla Repubblica di Porfirio 86 ; allo stesso Porfirio, ma ad
altre opere, pensano anche Schedler 17 e Mras 11 •
Ora i o credo che Macrobio utilizzi Porfirio pe r questioni
più strettamente filosofiche " - le Quaestiones Homericae, in­
fatti, vengono da lui richiamate per interpretare Virgilio in sen-

86 Cfr. P. Courcelle, Les lettres grecques cit . , p. 24, n. 2.


17 Ph. M. Schedler (Die Philosophie des Macrobius cit. , p. 8!5, n. 6) so­
stiene che la fonte della classificazione dei sogni potrebbe essere il Commen­
tario al Timeo di Porfirio.
Il K. Mras (Macrobius' Kommentar zu Ciceros Somnium cit. , p. 238, n.
3) pensa alle Quaestiones Homericae, che sia per lui che per Courcelle costi­
tuiscono la fonte della descrizione delle due porte del sogno. Che Porfirio ab­
bia trattato dei sogni sia nel Commentario alla Repubblica che nelle Quae­
stiones Homericae può essere supposto - secondo P . Courcelle (Les lettres
grecques cit. , p. 24, n. 2) - sulla base di due passi di Servio: In A en. , VI, 284
e /n A en . , VI, 893 .
89 Porfirio del Commentario alla Repubblica può essere la fonte di In
Somn. , l, 7, dove si tratta dell'ambiguità contenuta nella predizione dell'età
della morte di Scipione e precisamente nelle parole: sed si evaseris insidias
propinquorum (In Somn. , l , 6, 83). L'ambiguità è infatti per Macrobio una
costante delle predizioni: « i pronostici annunciano o minacciano o mettono
in guardia oblique » (In Somn. , l, 7, l). A questo riguardo Macrobio inter­
preta Virgilio (Aen, III, 379: prohibent nam cetera Parcae scire) in chiave
neoplatonica utilizzando un topos che - come osserva Setaioli (L 'esegesi
omerica del Commento di Macrobio al « Somnium Scipionis » cit. p. l !57) -
è di derivazione porfiriana, tanto che si trova anche in Proclo (In Rem. , l ,
l l S , 1 3·27), dove viene commentato i l sogno d i Agamennone, i l quale non sa­
rebbe stato ingannato dal Dio, ma, semplicemente, non avrebbe compreso
esattamente la profezia. Proclo attribuisce questa interpretazione alla mag­
gior parte degli esegeti e quindi - si può immaginare - anche a Porfirio, al
quale si sarebbe rifatto anche Macrobio. Tanto in Macrobio quanto in Pro­
cio si trovano infatti le medesime argomentazioni sull'oracolo che esortava
Agamennone a schierare in campo tutto l'esercito e sul fatto che Agamenno­
ne, avendo colto soltanto l'esortazione a combattere, non si sarebbe reso
conto (non vidit) del significato delle parole << condurre in campo tutto l'eser­
cito », condurre quindi anche Achille. Secondo Setaioli (art. cit. , p. 1 78), Ma­
crobio aggiunge una sfumatura che non esiste in Proclo: sembra giustificare
Agamennone, il quale sarebbe stato spinto dalla necessità a non capire bene il
sogno, in quanto cosi era stato deciso dai fati.

91
so neoplatonico, come vedremo - ma per il resto penso che
mutui il suo materiale da fonti diverse. Pertanto, se Porfirio
delle Quaestiones è la fonte di In Somn. , l, 3, 1 7-20, non mi pa­
re che possa esserlo per la parte relativa alla classificazione dei
sogni , anche perché noi sappiamo da Calcidio, che utilizza
Porfirio come fonte, che la classificazione dei sogni operata da
Porfirio era più filosofica di quella di Artemidoro e di quella di
Macrobio che appaiono più pratiche 90 •
In /n Somn. , l , 3 , 1 7-20, invece, a proposito della distinzio­
ne tra sogni veri e sogni falsi o fallaci 9 1 , Macrobio riferisce al­
cuni versi di Virgilio tratti dalla descrizione delle due porte del
sogno, e a Virgilio ritorna ancora verso la fine del capitolo 92 ,
dove, per chiarire e interpretare le di lui parole, invoca Porfi­
rio: [ . . . ] instruetur auctore Porphyrio. qui in commentariis suis
haec in eundum locum dicit ab Homero sub eadem divisione
descriptum: latet. inquit. omne verum. Hoc tamen anima. cum
ab officiis corporis somno eius pau/ulum libera est. interdum
aspicit. nonnumquam tendit aciem nec tamen pervenit. et. cum
aspicit. tamen non libero et directo lumine videt sed interiecto
velamine quod nexus naturae caligantis obducit 93 •
Ora, se questo interiecto velamine è di materia trasparen­
te, ossia di corno, permette all'anima di giungere alla verità; se

90 Cfr. J. A. Waszink, Die sogemnante Funfteilung der TraUme bei


Chalcidius und ihre Quellen, in « Mnemosyne », 3 , 9 ( 1 94 1 ) , pp. 84-85, e Por­
phyrios und Numenios, in Porphyre, Entretiens sur l ' Antiquité classique, 1 2,
Vanda:uvres-Genève, 1 965 , p. 53 .
9 1 In Somn. , l , 3 , 6.
92 In Somn. , l , 3 , 1 7 .
93 In Somn. , l , 3 , 1 8 . Porfirio viene citato solo due volte nei Commenta­
rii: in questo luogo e in In So mn. , II, 3, l 5 a proposito della musica. Secondo
K. Mras (Macrobius ' Kommentar zu Ciceros Somnium cit . , p. 238), la fonte
del passo sopra citato è costituita dalle Quaestiones Homericae (libro XIX
dell'Odissea), dove Porfirio stabilisce la differenza tra ciò che è fatto di como
e ciò che è fatto di avorio e ne dà alcune spiegazioni filosofiche.

92
invece è di materiale più pesante e più denso, ossia di avorio,
oscura la verità e allontana da essa 94 •
Appare chiaro che le due porte sono utilizzate da Macrobio
come metafore del velo che copre la verità e che, a sua volta, il
velo di corno, in quanto trasparente, è metafora di « simbolo »,
o, meglio, è usato al posto di « simbolo » o di « immagine », da­
to che il somnium proprie « copre con immagini e vela con stra­
ni simboli il significato della cosa che appare » 9'. Da ciò emerge
la radice neoplatonica della posizione di Macrobio: l'espresso
richiamo a Porfirio e la citazione delle sue parole finalizzata al­
la chiarificazione del passo virgiliano ci introducono sulla via
delle interpretazioni neoplatoniche dei miti omerici e della sim­
bologia ad essi connessa. La metafora del velo trasparente che
lascia intravedere la verità, la quale, pertanto, viene colta per
via indiretta, attraverso un velo che ne nasconde la « trama del­
la natura misteriosa », significa che la verità rivelata in sogno è
una verità simbolica che per essere compresa deve essere inter­
pretata: non nisi interpretatione intellegendam 96 • L' esposizio­
ne della verità nuda, senza veli, è infatti contro natura in quan­
to « la natura ama nascondersi » 97 • Da qui la funzione pedago-

94 In Somn. , l, 3, 20.
" In Somn . , l, 3, 10: [ . . . ] tegit figuris et velat ambagibus non nisi inter­
pretatione intellegendam significationem rei quae demonstratur.
96 In Somn. , l, 3 , 10.
97 In Somn. , l , 2, 1 7 . La dimensione simbolica è - come vedremo ­
una costante dei Commentarii. Già a partire dai capitoli quinto e sesto del
primo libro, dedicati ai numeri, essa emerge in tutta la sua pregnanza, tanto
che si può parlare di una simbologia dei numeri che si fa più complessa nel ca­
pitolo sesto a proposito dei numeri che compongono il 7. Non essendo possi­
bile in questa sede seguire Macrobio in tutte le sue disquisizioni su tale simbo­
logia, mi limito ad un cenno sul significato simbolico della monade per l'im­
portanza che essa ha nella filosofia neoplatonica e per il fatto che la simbolo­
gia della monade è finalizzata da Macrobio alla dimostrazione di una delle tesi
più rilevanti della dottrina neoplatonica: quella dell 'unità dell'universo intel­
legibile che serra in sé l'Uno, l'intelletto e l'anima. La monade è infatti per

93
gica e conoscitiva che Macrobio attribuisce al sogno, il quale
come il mito, anzi , in quanto mito, diviene strumento di cono­
scenza e viene finalizzato alla chiarificazione di ciò che « per
natura » è velato.

Macrobio simbolo dell 'Uno poiché, come l'Uno, è inizio e fine di tutte le co­
se (initium finisque omnium), ma coincide anche con la mente e con l'anima;
realtà che, pur implicando la molteplicità, sono indivisibili (In Somn. , l, 6,
1 8). Essa non è numero, ma fonte e origine dei numeri in quanto è contempo­
raneamente maschio e femmina, pari e impari; da una parte si riferisce al
sommo Dio, alla mente e all'anima e dall'altra separa l'intelletto di Dio dalle
realtà successive (/n Somn. , l, 6, 8): dalla mente, che « benché non sia misu­
rabile di per se stessa, crea da sé e in sé contiene innumerevoli specie di gene­
ri » (In Somn. , l, 6, 8), e dall'anima che, pur non producendo alcuna divisio­
ne nella sua unità, è presente in tutte le cose per animarle. Cosi la monade,
nata dall'Uno che è la causa prima delle cose, mantiene un potere continuo
fino all'anima e resta intera e indivisibile (E. Robbins - The tradition oj
Greek A rithmology, in « Ciassical Philology » 6 ( 1 92 1 ), pp. 1 20- 1 23 - rileva
che tutto il passo, di chiara derivazione neoplatonica, è vicino a Calcidio,
39).

94
4.

ETICA E PSICOLOGIA
4. 1 . La dottrina delle virtù

4. 1 . 1 . Classificazione delle virtù (In Somn., l, 8)

Il capitolo ottavo del primo libro dei Commentarii è dedica­


to alle virtù e alla loro classificazione e, tanto per il contenuto
quanto per la struttura formale, si presenta come uno dei capi­
toli più neoplatonici, anche se in esso il pensiero neoplatonico
subisce il suo più pieno adattamento alla mentalità e alla cultu­
ra latine. La matrice neoplatonica si manifesta in apertura ed
emerge dal raffronto tra gli intenti espressi nel passo di Cicero­
ne preso in esame da Macrobio e quelli espressi nel successivo
commento. Cosi Cicerone: Sed quo sis, Africane, a/acrior ad
tutandam rem publicam, sic habeto: omnibus qui patriam con­
servaverint adiuverint auxerint, certum esse in caelo ac defini­
tum locum ubi beati aevo sempitemo fruantur. Nihil est enim il/i
principi deo qui omnem mundum regit, quod quidem in terris
flDt, acceptius quam concilia coetusque hominum iure sociati,
quae civitates appellantur. Harum rectores et servatores hinc
profecti, huc revertuntur 1 ; così Macrobio: Bene et opportune,
postquam de morte praedixit, mox praemia bonis post obitum
sperando subiecit: quibus adeo a metu praedicti interitus cogi-

1 Somn., III, l .

97
tatio viventis erepta est ut ad moriendi desiderium ultro anima­
retur maiestate promissae beatitudinis et caelestis habitaculi.
Sed de beatitate quae debetur conservatoribus patriae pauca
dicenda sunt ut postea locum omnem, quem hic tractandum re­
cepimus, revolvamus 2 •
Appare evidente che Cicerone intende sottolineare, da una
parte, la finalità a cui è rivolta la profezia dell'avo: il bene dello
Stato (sed quo sis, Africane, alacrior ad tutandam rem publi­
cam); dall'altra la reale importanza dello Stato in quanto ag­
gregazione di uomini uniti insieme dal diritto (concilia coe­
tusque hominum iure sociati, quae civitates appellantur), quin­
di l'importanza della legge quale elemento di coesione di una
società civile. Nulla, infatti, secondo Cicerone, risulta più gra­
dito a « Colui » che governa l'intero universo di quelle società
giuste, perché rette dal vincolo giuridico. Macrobio, per con­
tro, all'inizio del suo commento al passo sembra privilegiare la
componente escatologica; su questa infatti si sofferma, seppu­
re brevemente 3 , rinviando ad altro luogo per una discussione
più completa e più approfondita 4 • In questo capitolo ritiene
opportuno intrattenersi sulla classificazione delle virtù che fan­
no da presupposto all'alta ricompensa dovuta agli uomini di
Stato e la giustificano.
Il metodo classificatorio relativo alle virtù compare abba­
stanza tardi nella tradizione della filosofia greca; e, a giudicare
dalle prime classificazioni, sembra che la nozione di virtù puri­
ficatrice sia emersa per prima 5 • Platone presenta la purificazio-

2 In Somn. , l , 8, 2.
3 In Somn. , l , 8 , 2: Bene et opportune, postquam de morte praedixit,
mox praemia bonis posi obitum speranda subiecit.
4 In Somn. , l, 8, 2: Ut postea locum omnem, quem hic tractandum rece­
pimus, revolvamus.
5 Cfr. J . Pepin, Théologie cosmique et théologie chrétienne, Paris,
1 964, p. 380.

98
ne dalle passioni attraverso la scienza e la filosofia come virtù
per eccellenza di cui le virtù particolari (temperanza , giustizia,
coraggio) non sono altro che degli aspetti 6 • In Platone non è
ancora chiara la formula di tea9apttKft àpEtft , ma c'è già l'ini­
zio della teoria che poi troviamo in Plotino 7 , nella cui opera è
possibile individuare una certa classificazione delle virtù, seb­
bene non chiaramente esplicitata. Una vera e propria classifica­
zione delle virtù poste in ordine crescente si trova invece in
Porfirio 8 , il quale indica quattro livelli di virtù : àpEtai 7tOÀ.t tt­
Kai. tea9apttteai. 9ECOPTlttKai. 7tapa5Et'YIJ.Utiteat, e ne defini­
sce le relative finalizzazioni, per cui le virtù politiche servono a
moderare le passioni e a vivere bene in società; le virtù catarti­
che separano l'anima dal corpo; le virtù contemplative avvici­
nano l'anima all'intelletto; le virtù paradigmatiche sono pro­
prie dell' intelletto e costituiscono i modelli delle altre virtù che
ne sono copie.
La classificazione porfiriana si impone notevolmente pres­
so i posteri e lo stesso Macrobio, pur affermando di ispirarsi al
trattato di Plotino intorno alle virtù 9 , di fatto ripropone lette­
ralmente la classificazione di Porfirio 1 0 e distingue le virtù in
virtutes politicae, purgatoriae, animi iam purgati ed exempla­
res 1 1 •
Premesso che solo la virtù in tutte le sue espressioni può
rendere felici, Macrobio polemizza contro coloro che privile­
giano le virtù contemplative e intendono le quattro virtù cardi-

6 Fedone, 69b-c.
7 Enn., l, 14, 1 0 e l, 2, 3-7 (Cfr. J. Pepin, Théologie cosmique et théo-
logie chrétienne cit . , p. 380).
8 Sentenza 32.
9 Enn., l , 2.
1 o In effetti Plotino non opera alcuna distinzione tra il terzo e il quarto

grado di virtù, distinzione che invece si trova nella sentenza porfiriana e poi
in Macrobio.
Il In Somn. , l, 8, 6.

99
nali (prudenza, fortezza, temperanza e giustizia) come disprez­
zo del corpo e distacco da ciò che è terreno, per cui solo i filo­
sofi, in quanto capaci di contemplare le realtà superiori , po­
trebbero dirsi beati : « Essi chiamano propriamente sapienza la
conoscenza delle realtà divine e dicono che davvero sapienti so­
no coloro che scrutano con occhio superiore, comprendono
con saggi scrupoli di ricerca e imitano ciò che rivela loro la
cniara visione da essi posseduta della vita: secondo loro, solo in
questo si esercita la virtù e a essa attribuiscono le seguenti fun­
zioni . È proprio della prudenza disprezzare questo mondo e
tutto ciò che c'è nel mondo, attraverso la contemplazione delle
realtà divine; la temperanza consiste nel trascurare, in quanto
lo consente la natura, tutto ciò che il corpo esige; la fortezza
consiste nel fatto che l'anima non si spaventa quando, in qual­
che modo condotta dalla filosofia, si allontana dal corpo e non
si sgomenta di fronte all ' ascesa alle realtà arcane; la giustizia
consente di accettare l'unica via a questo stile di vita, e cioè
l'ottemperanza a ciascuna virtù » 1 2 •
Questa concezione appare a Macrobio brusca, rigida e tale
da non consentire agli uomini di Stato di essere felici 1 3 ; pertan­
to egli procede alla .difesa delle virtù politiche e attribuisce loro
un posto di privilegio. Pur affermando di desumere la sua clas­
sificazione da Plotino 1 4 e pur ricalcando Porfrrio, Macrobio in
realtà muove dalle affermazioni di Cicerone sulle virtù dei capi
di Stato per conseguire il suo scopo: illustrare la dottrina neo-

12 In Somn. , l, 8, 3-4.
1 3In Somn. , l , 8, 3.
1 4 In Somn. , l , 8, 5 : Sed Plotinus, inter philosophiae projesso res cum

Platone princeps, libro De virtutibus gradus earum vera et naturali divisionis


ratione compositos, per ordinem digerit. Mi pare opportuno soffermarmi sul
sed avversativo che Macrobio pone in apertura al passo in quanto fa sorgere
un interrogativo: a chi attribuisce Macrobio la definizione delle virtù catarti­
che fondate sul distacco dal corpo se pone Plotino e la di lui concezione della
virtù a fondamento della sua classificazione?

1 00
platonica delle virtù e adattarla quanto più possibile alla men­
talità latina; la sua preoccupazione, infatti, è quella di non es­
sere in contrasto né con Cicerone 1 ' , né con Platone, né con il
neoplatonismo.
Ora in Plotino si possono riscontrare entrambe le concezio­
ni prospettate nell'ottavo capitolo del primo libro dei Com­
mentarii: quella che Macrobio critica perché riduttiva, secondo
la quale al saggio viene indicata una via di purificazione fonda­
ta sul distacco dalle attività inferiori e sull'esclusiva contempla­
zione di ciò che è intellegibile 16 ; e quella che Macrobio condivi­
de e che riguarda le virtù civili, le quali anche da Plotino sono
viste positivamente 1 7 almeno per il fatto che introducono ordì­
le e misura nel campo dei rapporti sociali oltre che nel campo
:iella sensibilità. Quest'ultima concezione, però, in Macrobio
assume dei' caratteri peculiari, in quanto viene caricata di' sigru-·
ficati che sono funzionali alla dimostrazione della possibilità
dell'uomo politico di conseguire la felicità. In Plotino le virtù
civili servono all'uomo per vivere moralmente nella sua città o
nel suo Stato e non svolgono alcuna funzione di elevazione ver­
so il bene, al quale conducono soltanto le virtù catartiche 18 ; le
virtù civili pertanto, da sole, non danno la felicità. Macrobio
invece conclude la sua classificazione proprio con l'affermazio­
ne contraria: igitur et politicis efficiuntur beati 1 9 • Egli enumera
alla maniera plotiniana tutti i vantaggi legati alla pratica 'tlelle

., L'enumerazione delle qualità inerenti a ciascuna delle virtù politiche


trova riscontro in Cicerone TuSc. , 3, 16; così come a Cicerone, De off. , l ,
•. .

14, 42; De fin. , V, 23 , 65 , s i può ricondurre l a parte relativa alla giustizia.


1 6 Enn. , l, 2, 7.
1 7 Enn. , l , 2, 2.
18 Nella prospettiva plotiniana il concetto dominante è quello per cui le
virtù rendono simili a Dio che pure non possiede alcuna virtù. E Plotino de­
sume da Platone la concezione secondo la quale la somiglianza con Dio non �
fondata sulle virtù civili, ma piuttosto sul distacco dal corpo (Enn. , l, 2, 3).
1 9 In Somn., l , 8, 12.

101
virtù civili : his boni viri rei publicae consulunt, urbes tuentur;
his parentes venerantur, liberos amant, proximos diligunt,· his
civium sa/utem gubernant,· his socios circumspecta providentia
protegunt, iusta liberalitate devinciunt; hisque [ . . . ] sui memo­
res alios fecere merenda :zo; ne puntualizza le finalità generali,
che consistono appunto nel rendere proficui e sereni i rapporti
sociali . fra gli individui di uno Stato; specifica i caratteri delle
quattro virtù nel contesto della vita politica 21 e infine sostiene
che la pratica di queste virtù consente ali 'uomo di Stato di con­
seguire la piena felicità: /ure ergo Tullius de rerum publicarum
rectoribus dixit: ubi beati aevo sempiterno fruantur, qui, ut
ostenderet alios otiosis, alios negotiosis virtutibus fieri beatos,
non dixit abso/ute nihil esse il/i principi deo acceptius quam ci­
vitates sed adiecit: quod quidem in terris fiat, ut eos qui ab ipsis
cae/estibus incipiunt, discernerei a rectoribus civitatum, quibus
per terrenos actus iter paratur ad caelum 22 •
A questo punto Macrobio accenna alle virtù del secondo
livello (quas purgatorias vocant) che, sotto il profilo critico,
sono state analizzate precedentemente: Harum quid singulae
velint, superitJS expressimus cum de virtutibus philosophan­
tium diceremus, quas solas quidem aestimaverunt esse virtu-

20 In Somn. , l , 8, 6.
2 1 In Somn. , l, 8, 7-8 : Et est politici prudentiae ad rationis normam
quae cogitai quaeque agit universo dirigere ac nihil praeter rectum ve/le ve/
facere humanisque actibus tamquam divinis arbitris providere; prudentiae in­
suni ratio, intellectus, circumspectio, providentio, docilitas, cautio; jortitudi­
nis animum supra periculi metum agere nihi/ que nisi turpia timere, tolerare
jortiter ve/ adversa ve/ prospera; jortitudo praestat magnanimitatem, fidu­
ciam, securitatem, magnificentiam, constantiam, tolerantiam, firmitatem;
temperantiae nihil adpetere paenitendum, in nullo legem moderationis exce­
dere, sub iugum rationis cupiditatem domare: temperantiam sequuntur mo­
destia, verecundia, abstinentia, castitas, honestas, moderatio, parcitas, so­
brietas, pudicitia; iustitiae servare inicuique quod suum est: de iustitia ve­
niunt innocentia, amicitia, concordia, pietas, religio, tiffectus, humanitas.
22 In Somn. , l, 8 , 1 2 .

1 02
tes 23 • Quindi tratta delle virtù che riguardano l'animo già puri­
ficato (tertiae sunt purgati iam defaecatique animi et ab omni
mundi huius aspergine presse pureque deters1) 24 , le quali consi­
stono nel possesso della conoscenza di ciò che è superiore per
quanto riguarda la prudenza; nell'oblio delle passioni per
quanto riguarda la temperanza ; nell'assoluta mancanza di pas­
sioni per quanto riguarda la fortezza; nella perfetta unione con
la mente divina per quanto riguarda la giustizia 23 • Al vertice
della sua classificazione Macrobio colloca le virtù esemplari,
quelle che egli stesso definisce, adottando una terminologia
platonico-plotiniana, virtutum ideae, le quali vengono a coinci­
dere con la stessa mente divina: Illic prudentia est mens ipsa di­
vina. temperantia quod in se perpetua intentione conversa est,
fortitudo quod semper idem est nec aliquando mutatur, iustitia
quod perenni lege a sempitema operis sui continuatione non
flectitur u .

4. 1 �2.Le fonti di In Som n . • I, 8

Le opere a cui dobbiamo guardare se vogliamo tentare di


individuare le fonti di questo capitolo dei Commentarii e se vo­
gliamo comprendere la maniera in cui queste vengono utilizza­
te sono dunque la Sentenza 32 di Porfirio e il secondo trattato
della prima Enneade di Plotino. Abbiamo visto che, a proposi­
to della classificazione delle virtù, Macrobio cita espressamente
Plotino 27 e non fa menzione di Porfrrio, ma sappiamo che que-

23 In Somn. , l, 8, 9. Mi sorprende la traduzione di Scarpa di harum quid


singulae ve/in t con « abbiamo detto già prima che cosa significa società civi­
le )) . In effetti non risponde né alla lettera, né al contenuto del testo di Macra­
bio, né tanto meno si spiega dal punto di vista logico.
24 In Somn. , l, 8, 9.
23 In Somn. , l , 8 , 9.
u In Somn. , l , 8, IO.
27 In Somn. , l, 8, S .

1 03
sto fatto non è indicativo, né tanto meno risolutivo, perché è
ormai assodato che tra due o più autorità Macrobio preferisce
citare quella più prestigiosa anche se utilizza quella che lo è
meno 28 • Pertanto credo che il metodo da seguire sia quello fon­
dato sull'accostamento dei testi di Macrobio, di Porfirio e di
Plotino 29 , per cogliere le identità e principalmente per indivi­
duare i caratteri che li distinguono.
Plotino esamina successivamente le quattro virtù cardinali
nei diversi livelli di perfezione e le inserisce nelle varie tappe
ascensive della vita dello spirito, ossia le pone all'interno delle
virtù civili , delle virtù catartiche, di quelle dell 'anima già puri­
ficata e di quelle esemplari ; in particolare Plotino nell'enume­
rare le quattro virtù segue un ordine sempre diverso a seconda
che si tratti di virtù civili, catartiche e cosi via. Dunque, sebbe­
ne non chiaramente schematizzata, la distinzione fra i quattro
gradi di virtù in realtà esiste nel trattato plotiniano: in Enn. , l,
2, 1 -2 vengono definite l e virtù civili ; i n Enn., l , 2, 3 le virtù ca-

28 La fonte di questo capitolo è, infatti, per la maggior parte degli studio­


si, Porfirio. Cosi H. Linke (Ueber Macrobius' Kommentar zu Cicero Somnium
Scipionis cit . , pp. 245-246), P h. M. Schedler (Die Philosophie des Macrobius
ci t . , p. 88), K. Mras (Macrobius' Kommentar zu Ciceros Somnium cit . , p.
25 1 ), P . Henry (Piotin et i'Occident eit. , p. l 6 1 e p. l 9 1 ), P . Courcelle (� let
­

tres grecques cit . , p. 22), J. Flamant (Macrobe et le Néoplatonisme latin cit . ,


p . 604). Alcuni d i questi, però, come Mras ed Henry, non escludono che Ma­
crobio possa avere letto e utilizzato anche il trattato plotiniano .
29 Questo è quanto è stato fatto da P. Henry (Piotin et l'Deciden t cit . , p.
1 54 sgg.) il quale non ha dubbi sulla dipendenza di questo capitolo di Macro­
bio da Porfirio, per la presenza di « troppi dettagli >> comuni all ' In Somnium,
e alla Sentenza porfiriana ed estranei alle Enneadi. Tali dettagli, secondo
Henry sono: l) la riflessione di Macrobio sulle virtù inferiori che sono dette
« politiche » perché l'uomo è un animale sociale (In Somn. , l, 8, 6) , riflessio­
ne che non si trova in Plotino; 2) la frase: ad rationis normam quae cogitai
quaeque agii universo dirigere, espressa da Macrobio (/n Somn. , l, 8, 7), che
si trova in Porfirio e non in Plotino; 3) la presenza in Macrobio della frase:
prudentia est mens ipsa divina, che rende il greco di Porfirio ed in particolare
il termine voùc; assente in Plotino .

104
tartiche; in Enn. , l , 2, 4-S si tratta delle virtù dell'anima già pu­
rificata; in pnn., l, 2, 6 si tratta degli esemplari delle virtù che,
in quanto tali, non possono dirsi virtù, ma solo archetipi esi­
stenti nello Spirito. Solo che Plotino tratta delle virtù in un
contesto ascetico-mistico, dove la pratica delle virtù è ritenuta
l'unica via che ci libera dai mali, ci rende simili a Dio e ci con­
duce alla visione estatica; per questa ragione alla classificazione
vera e propria egli preferisce la forma discorsiva.
Porfirio, a sua volta, sistematizza il discorso di Plotino e ci
fornisce una classificazione e una gerarchizzazione delle virtù
che, nella sostanza e spesso anche nell'ordine, rispettano il mo­
do di procedere di Plotino: segue Plotino per quan.to riguarda
l'ordine in cui questo dispone le quattro virtù all'interno dei
vari livelli di perfezione; come Plotino opera la classificazione
delle virtù in rapporto a colui che le possiede, pertanto le di­
stingue in virtù del politico (toù 7tOÀ.tttKoù), virtù di chi si eleva
alla contemplazione (toù 1tpòç 9eropiav ltvt6vtoç), virtù di chi
è perfetto contemplativo (toù [ . . . ] tEÀ.E{ou teropnttKoù), virtù
dello spirito (toù voù) che in seguito vengono chiamate
7tapaoEiyJJ.ata in quanto modelli delle virtù dell'anima. A par­
te la schematizzazi one formale, dunque, Porfirio risulta fedele
a Plotino tanto nei contenuti quanto nell'uso dei termini 30 •
Macrobio riprende quasi letteralmente la classificazione

30 Non mi sento di condividere a questo proposito l'opinione di A.R.


Sodano espressa nel commento alla Sentenza 32 di Porftrio (Introduzione
agli intellegibili, traduzione, commento e note a cura di A. R. Sodano, Napo­
li, 1 978, p. 36), secondo la quale « il presupposto della finalità, la moderazio­
ne delle passioni, e il mezzo, l'obsequium officii, riportano Porfirio ad altro
ambito di idee: peripatetiche per la ll&TptoJta9&ta (un termine non impiegato
mai da Plotino) - [ . . . ] - stoiche per il 7ta9f1 Kov (un termine, anche questo
ignorato da Plotino) » . Io credo che tanto la �t&Tpl07ta9&ta quanto il
Jta9f1 Kov sono facilmente riscontrabili nel passo di Enneade, l, 2, 2 (6piçou­
oat Kai ll&Tpoùoat Tàc; &7tt9u�tiac; Kai 6Àroc; Tà 1ta9T! Kai ljl&ul>&ic; Ml;ac; à­
q>atpoùoat) anche se con un costrutto diverso.

1 05
di Porfirio, per cui si può affermare che la fonte che egli utiliz­
za direttamente è proprio la Sentenza 32; tuttavia modifica e
adatta alle sue intenzioni e alle sue fmalità tanto la sua fonte di­
retta quanto quella indiretta, che, per certi aspetti, può consi­
derarsi anch 'essa diretta, e che è l'Ehneade, l, 2. Egli tace un
particolare plotiniano e anche porfiriano secondo il quale solo
chi possiede le virtù maggiori possiede anche le minori , ma non
viceversa 3 1 ; questa affermazione, infatti, non gli consentirebbe
di sostenere la tesi che chi possiede le sole virtù politiche può
dirsi beato; nella sua lunga disquisizione sulle virtù politiche
non dà i.mport anza al concetto di misura, concetto che in Ploti­
no e in Porfirio è invece portante; inoltre sostituisce alla defini­
zione della giustizia di Plotino 32 e di Porfirio 33 - definizione
prettamente platonica e squisitamente filosofica: « la giustizia è
la retta funzione propria di ciascuna di queste facoltà ad un
tempo, sia riguardo al comandare che all'obbedire » - la con­
cezione di Cicerone, il quale intende la giustizia come « disposi­
zione dell ' animo mantenuta nell'interesse comune, che attri­
buisce a ciascuno il suo valore » 34 e si esprime in questi termini :
iustitiae servare unicuique quod suum est 35 • Per quanto riguar­
da l ' ordine delle virtù e la loro disposizione all'interno delle
virtù politiche e delle virtù catartiche, Macrobio segue Porfirio
e quindi Plotino, ma poi - contrariamente alle sue fonti -
continua a mantenere la stessa disposizione anche riguardo alle
virtù degli altri due gradi 36•

3 1 Enn. , l , 2, 7 e Sentenza 32.


32 Enn. , l , 2, I : [ . . . ] 6tKatoauVT'Iv 6t n'lv tKciatou toutrov ÒJ.lOÙ oiK&to-
7tpayiav àpxflç 7tÉPt Kai toù dpx&a9at.
33 Sentenza 32: [ . , . ] 6tKatOaUV11 lit fl tKciatrov tOUtrov 611o0 olK&to-
7tpayia àpxflç 7tÉpt Kai toù dpx&a9at.
34 De ojj. , l, 14, 42; De fin. , V, 23 , 65 ; De nat. deor. , III, I S , 38, ecc.
35 In Somn. , l , 8 , 7.
36 A questo riguardo, P . Henry (Plotin e t I'Occident cit . , p. 1 60) osserva

1 06
Ciononostante io penso di poter sostenere che, per quanto
riguarda le virtù cosiddette supeÌiori, Macrobio si mantiene sulla
linea plotiniana e porfiriana; per quanto riguarda invece le virtù
civili , legge e interpreta le sue fonti in maniera molto personale e
non si limita a proporre la classificazione delle quattro virtù car­
dinali, ma aggiunge elementi nuovi, come quello già evidenziato
sulla giustizia o come la considerazione relativa all'uomo virtuo­
so che per essere tale diventa capo di uno Stato 37 . Infine Macro­
bio sacrifica la funzione propedeutica che Plotino e anche Porfi­
rio attribuiscono alle virtù civili e dimentica che queste, sia per
Plotino che per Porfirio, costituiscono semplicemente la prima
tappa del processo catartico e non il fine.
Sulla base di questa analisi , la linea Plotino-Porfirio-Ma­
crobio potrebbe essere cosi tracciata: in Plotino si trova già tut­
ta la sostanza della sentenza di Porfirio, ma collocata in un
contesto più ampio e connotato dall'afflato mistico che carat­
terizza il pensiero plotiniano . Porfirio, quindi , rimane fedele a
Plotino, solo che a volte fa delle semplici parafrasi , a volte
commenta più liberamente e spesso schematizza il pensiero plo­
tiniano, semplificandolo . Né credo che si possa sostenere che la
classe delle virtù paradigmatiche sia un'invenzione di Porfi­
rio3 8 , forse si tratta piuttosto di una trasposizione arbitraria, o
forse di un tentativo di chiarificazione del reale pensiero di Pio­
tino, oppure di una semplificazione. In effetti Porfirio defini­
sce virtù esemplari quelle che Plotino non considera propria­
mente virtù , ma semplicemente esemplari 39 , poiché le virtù « in

che Macrobio (( entend écrire en latin et soigner l ' ordonnence et la clarté de


ses reuvres ! » .
37 In Somn. , l , 8 , 8 : His virtutibus vir bonus primum su i atque inde rei
publicae rector ejficitur, iuste ac provide gubernans, humana non deserens.
38 Cosi pensa A. J . Festugière (L 'ordre de lecture des dialogues de Pia­
ton aux v� e VI� siècles, in (( Museum Helveticum » 26 ( 1 969), p. 294) . ·

39 Enn. , l , 2, 6.

1 07
quanto derivate, come sono, di lassù , entrano m un soggetto
diverso » 40• Lo stesso Plotino, però, nonostante avesse affer­
mato che gli attributi dell 'intelletto non possono essere definiti
virtù ma modeiH , dice infine che questi modeiH al limite posso­
no essere considerati come virtù 4 1 ; lascia intendere, dunque,
che i na palir.iy lt n T a vengono definiti impropriamente virtù,
mentre Porfirio dice che lo sono propriamente: la differenza
tra Porfirio e Plotino sta solo in questo, per il resto - lo abbia­
mo già visto - il senso che Porfirio attribuisce a tutte le virtù e
a tutti i livelli di perfezione rimane quello plotiniano. Macrobio
segue Porfirio per quanto riguarda la classificazione delle vir­
tù; ma, per quanto riguarda il discorso intorno alle virtù catar­
tiche e superiori , oltre a seguire Porfirio, mi pare probabile che
tenga presente anche Plotino. D'altra parte nel testo di Macro­
bio non si riscontra la casistica di Porfirio secondo la quale
« chi agisce secondo le virtù politiche è un uomo saggio, chi se­
condo le virtù catartiche è un uomo demonico o anche un de­
mone buono, chi secondo le sole virtù che mirano all 'intelletto
è un Dio, chi secondo le virtù paradigmatiche è padre degli
dei » 42 ; casistica questa che non si trova neppure in Plotino, il
che induce ad ipotizzare che Macrobio segue Porfirio finché
questi rimane fedele a Plotino, ipotesi che dimostrerebbe la di­
retta conoscenza dell' opera di Plotino da parte di Macrobio .
A proposito delle virtù civili e politiche, però, Macrobio si

40 Enn. , l , 2, 6: « Si vuoi dire che non sono virtù né la giustizia in sé, né


ciascun'altra virtù, ma ne sono soltanto, per cosi esprimerci, gli esemplari ;
ciò che da esse sorgendo risiede poi nell 'anima è virtù, quella virtù che, ap­
punto per ciò, si appart iene a qualcuno, mentre quel singolo intellegibile cor­
rispondente è predicabile solo a se stesso e non già a qualche altro )) .
4 1 Enn. , l . 2, 7: « Si vuoi dire, cioè, che l ' atto di pensiero , lassù è scienza
e sapienza ; il volgersi a se stesso è temperànza; ! " 'atto proprio" si è l'adempi­
mento del proprio compito (giustizia); ciò che potrebbe dirsi fortezza si è
�'identità a quel suo perseverare in se stesso )) .
42 Sentenza 32.

1 08
allontana dalle sue fonti e, mentre Porflrio e Plotino distinguo­
no tra fmalità legate alle virtù politiche e fmalità legate alle vir­
tù catartiche, dice che il conseguimento della felicità eterna co­
stituisce il fme comune di tutte le virtù, estendendo questo fme
anche alle virtù politiche. Ora il conseguimento della felicità,
che è una componente soggettiva del processo catartico insito
nella pratica delle virtù, risulta funzionale semplicemente al di­
scorso politico di Macrobio; Plotino e Porfirio, infatti, non ne
trattano e fmalizzano la pratica delle virtù al conseguimento
della stessa virtù, tanto che Porflrio conclude la Sentenza con
alcuni giudizi di merito intorno alle singole virtù: « Per queste
ragioni le virtù "politiche" , poiché liberano l'anima da uno so­
lo dei due mali O'unirsi con cose inferiori e con un eccesso di
passione), sono giudicate virtù e sono pregevoli, ma più prege­
voli sono le virtù catartiche (al St Ka9ap't1Ka.ì 'tlJ.u.ciln:pat.) poi­
ché la liberano dal male in quanto anima » 43 • Macrobio invece
conclude il suo discorso sottolineando il risultato che raggiunge
l 'individuo che pratica la virtù e ferma la sua attenzione sulla
felicità che viene riservata all'uomo virtuoso : « Se dunque que­
sto è l'ufficio e l'effetto della virtù : rendere felici, e si . sa che
anche quelle politiche sono virtù, dunque anche con le virtù
politiche si raggiunge la felicità » 44 • Ciò sta a significare che
Macrobio, il quale certamente segue Porflrio e conosce Ploti­
no, amplia i testi, asciutti e stringati, dei due maestri neoplato­
nici per adattarli a Cicerone e ancora di più alla mentalità e alla
cultura latine.
Nel complesso, dunque, l'ottavo capitolo del primo libro
dei Commentarii in Somnium Scipionis presenta caratteri di
derivazione neoplatonica, ma nei dettagli esso esprime concetti
che risultano estranei all o spirito e alla lettera del neoplatoni-

43 Sentenza 32.
44 In Somn. , l, 8 , 1 2 .

109
smo . La stessa classificazione delle virtù, operata secondo uno
schema che risale direttamente a Porfrrio, ma che - come si è
visto - affonda le radici in Plotino e lontanamente anche in
Platone, risente della formazione e della cultura proprie del cit­
tadino romano che spesso prende il sopravvento sull'erudito
neoplatonico 45 : tra i quattro livelli di virtù in cui si possono
esercitare la prudenza, la fortezza, la temperanza e la giustizia,
ossia tra il livello politico, il livello catartico, quello purificato e
quello esemplare, Macrobio rivolge maggiore interesse al pri­
mo, a quello che si riferisce all'uomo in quanto essere sociale, e
ciò secondo la tradizione del realismo politico romano 46 •
Non è possibile stabilire se a questo proposito Macrobio ab­
bia subito l'influenza di qualche altro fùosofo, tuttavia si può
affermare che egli si inserisce nel movimento generale del V se­
colo, nel quale anche tra i fùosofi comincia a delinearsi un at­
teggiamento nuovo, almeno rispetto a Plotino e a Porfrrio, ri­
guardo ai problemi socio-politici 47 • Certamente la concezione
che delle virtù ha Macrobio presuppone la netta distinzione tra
virtù pratiche e virtù teoretiche e risulta più frammentaria di

45 Cfr. C. Zintzen, RiJmisches und Neuplatonisches bei Macrobius, in


Politeia und Res Publica, in « Beitrlge zum Verstandnis von Politik , Recht
und Staat in der Antike, dem Andenken R. Starks gewidmet, hg. von. P .
Steinmetz » , Palingenesia I V , Wiesbaden, 1 969, p . 368.
46 Che in Macrobio esista una valorizzazione delle virtù politiche è stato
sottolineato, oltre che da Zintzen, anche da Ph. M . Schedler (Die Philoso­
phie des Macrobius cit . , p. 88) e da K. Mras (Macrobius ' Kommentar zu Ci­
ceros Somnium cit. , pp. 25 1 -252) .
47 Giamblico è già meno distaccato e più attento ed esauriente del suo
maestro Porfirio intorno a ciò che riguarda l'impegno politico. Nel suo Pro­
trettico si possono individuare brani tratti da un sermone etico e da un tratta­
to di un democratico ateniese del V secolo a. C. (cfr. Th. Whittaker, Macro­
bius cit. , p. 62). Lo stesso Proclo, nel medesimo periodo di Macrobio, dimo­
stra diversi segni di rinnovato interesse per le attività pubbliche (cfr . Marino,
Vita Procli, 1 5 , e M . Di Pasquale Barbanti, Proclo trafilosofiO e teurgia, Ca­
tania, 1 983 , pp. 39-40).

1 10
quella delle sue fonti, caratterizzata dalla categoria della totali­
tà, per il fatto che - molto di più in Plotino, ma anche in Por­
fuio - sin dall ' inizio del processo ascensivo lo sguardo si volge
all'apice del processo stesso. Inoltre, con questa distinzione,
Macrobio dimostra di avere colto soltanto l' aspetto superficia­
le della dottrina plotiniana delle virtù, per cui, sotto questo ri­
spetto, la sua adesione al neoplatonismo rimane esteriore ed
epidermica. Ciò si evince tanto dal quadro generale relativo al­
la classificazione delle virtù, quanto dalle definizioni di ciascun
livello di virtù .
Nel classificare le virtù, infatti, Macrobio ritiene che « alcu­

ni sono resi felici dalle virtù contemplative e altri dalle virtù at­

tive » 48 e aggiunge che questi ultimi sono proprio i capi di Stato


per i quali « l'ascesa al cielo ha la sua premessa in azioni com­
piute sulla terra » 49 , mentre i primi « traggono le mosse dalle
realtà celesti » 50 • Plotino invece, dopo aver collocato le virtù
contemplative su un livello superiore rispetto a quello in cui so­
no poste le virtù civili, ripone la vera saggezza solo nelle prime;
piuttosto che al cittadino, egli si rivolge all 'individuo e, pur at­
tribuendo un certo peso alle virtù civili, non ritiene che la felici­
tà possa essere perseguita senza il possesso delle virtù superiori .
Per quanto riguarda la definizione delle varie virtù, infine,
notiamo che in Macrobio scompare gran parte del misticismo
di cui è permeato tutto il trattato plotiniano sulle virtù e di cui
si sente l'eco nella Sentenza 32 di Porfirio; e mentre le virtù ci­
vili o politiche vengono caricate di significati mutuati dalla cul­
tura latina e di luoghi comuni appartenenti alla retorica ' 1 , le
virtù catartiche, contemplative ed esemplari perdono la dimen­
sione ascetica che costituisce il carattere peculiare deli' etica

48 /n Somn. , l, 8, 1 2 .
49 /n Somn. , l , 8, }2.
50 In Somn. , l , 8, 1 2 .
'l Vd. , pe r esempio, In Somn. , l , 8, 6.

111
neoplatonica. Pumondimeno non si può non osservare che
l 'interesse di Macrobio per la vita politica coesiste accanto agli
elementi provenienti dal neoplatonismo e che questo interesse
non gli impedisce di attribuire una certa considerazione anche
alle virtù contemplative ed esemplari alle quali· l' anima si eleva
staccandosi dalla sensibilità 52 • In effetti Macrobio tenta di con­
ciliare la tesi neoplatonica con quella di Cicerone e di trovare
un giusto ed equilibrato rapporto tra la fllosofia neoplatonica e
l 'attività politica, ancora importante, per un pagano romano
del IV-V secolo 5 3 •

4.2. La dottrina dell'anima

4.2. 1 . Vita e morte dell'anima (In Somn., /, 9-10)

Si è già detto che fra le tematiche dei Commentarii quella


relativa all 'anima è centrale e dominante, non solo per l'impor­
tanza che le viene attribuita, ma anche per lo spazio che ad essa
viene dedicato, quasi un terzo di tutta l ' opera. La dissertazione

5 2 La componente neoplatonica emerge anche in quei passi in cui Ma­


crobio sembra scostarsi dal neoplatonismo, per rispondere ad esigenze che
provengono dalla mentalità e dalla cultura romane. Al paragrafo 6, per esem­
pio, proprio dove tratta delle virtù politiche, cita un verso di Virgilio (Aen . ,
V I , 664): su i memores alios fecere merendo. Questo verso proviene da un
contesto in cui, oltre a trattarsi di coloro che si sono procurati la salvezza at­
traverso la vita attiva, si parla di quelli che hanno praticato le virtù catarti­
che. Si è già detto dell'ispirazione neoplatonica di alcune interpretazioni del
testo di Virgilio e in questo caso specifico - osserva K. Mras (Macrobius '
Kommentar zu Ciceros Somnium cit . , p. 284) - il contesto in cui Macrobio
inserisce il verso di Virgilio è improntato alle Quaestiones Homericae di Por­
frrio. A questo riguardo cfr. anche M. Regali, La quadrlpartizione delle virtù
nei « Commentarli» di Macrobio, in « Atene e Roma » , 25 ( 1 980), p. 1 68 .
53 Cfr. M . Regali, L a quadrlpartizione delle virtù nei « Commentarli» di
Macrobio cit . , p. 1 70.

1 12
relativa all'anima viene iniziata da Macrobio nel nono capitolo
del primo libro e prende l'avvio dal lemma di Cicerone in cui si
afferma che le anime dei governanti provengono dalla via lat­
tea e i vi ritornano 54 • Cicerone si riferisce alla sorte delle anime
dei governanti, Macrobio estende il punto di vista di Cicerone a
tutte le anime che ne sono degne e procede alla descrizione del­
la natura dell'anima, della sua origine e del suo destino cosmi­
co: l'anima è, per Macrobio, peregrina su questa terra, poiché
proviene dal cielo e al cielo deve ritornare 55 •
Questa concezione, che mostra immediatamente la sua ma­
trice neoplatonica, implica e presuppone un itinerario di sal­
vezza che trae inizio dal distacco dalla materia e dalla conver­
sione dell'anima in se stessa, da quel processo di introspezione
che, per i neoplatonici, costituisce il punto chiave dell'intero
processo catartico dell ' anima e che consiste nel yvéi>Ot
creaut6v 56 • Il significato del « conosci te stesso » emerge chiara­
mente e dal contesto concettuale e dal contesto linguistico nei
quali è inserito: la saggezza dell'anima - dice Macrobio -
dum corpore utitur, è perfetta se l'anima è in grado di ricono­
scere unde orta sit e de quo fonte venerit 51 • Mi pare opportuno
fermare l'attenzione sulla concezione prettamente neoplatoni­
ca e specificamente plotiniana del corpo considerato come stru-

54 Somn. , 3, 2: Harum rectores et servatores hinc profecti huc revertun-


tur.
55 Tale descrizione occupa i capitoli dal nono al quattordicesimo del pri­
mo libro - nei quali Macrobio tratta il tema relativo al rapporto anima­
corpo e considera il corpo come la prigione dell'anima, secondo la concezio­
ne dei misteri e secondo la posizione dei vari gruppi di platonici; affronta la
questione della discesa dell' anima, quella della possibilità di darsi la morte
volontariamente e quella del rapporto tra l'anima degli astri e l'anima umana ­
e poi occupa i capitoli dal dodicesimo al diciassettesimo del secondo libro,
dedicati alla dimostrazione dell'immortalità dell'anima.
56 In Somn. , l, 9, 2.
51 In Somn. , l , 9, l .

1 13
mento temporaneo dell'anima e sulla definizione, anch 'essa
neoplatonica, relativa alla vera saggezza, la quale risiede nella
capacità dell 'anima di riconoscere il suo luogo di origine e di
prendere coscienza della sua matrice e della sua essenza
divina 58 • Anche Plotino, nel descrivere il legame temporaneo
ed estrinseco dell 'anima col corpo, parla di utilizzazione del
corpo da parte dell'anima e paragona il corpo ad uno strumen­
to: « Frattanto, poniamo pure l ' anima nel corpo - ella esiste,
invece, sia anteriormente a questo sia in questo - poiché quel
complesso che risulta dal corpo e dall 'anima trasse il nome di
vivente. Ora, l'uso di un corpo come di uno strumento (ola
òpyavq>) non comporta, di necessità, ch'ella abbia accolto , per
tramite del corpo , i suoi modi di sentire [ . . . ] » "" . E ancora, a
proposito del yvéi>81 aEau-r6v, Plotino sostiene che alla base dei
mali umani risiede l'inadeguata conoscenza che l'anima ha di
se stessa e che, se la maggior parte degli uomini vive una vita
bassa e indegna, ciò accade perché le anime non hanno coscien­
za della loro vera natura, perché ignorano « sé stesse e la loro
origine » 60 •
Come Plotino 61 , dunque, Macrobio sostiene che l' anima
acquista le virtù catartiche proprio attraverso la conoscenza di
se stessa e attraverso la consapevolezza della propria nobiltà,
consapevolezza che le dà l 'impressione di continuare a possede­
re il cielo anche su questa terra, grazie all a facoltà di ricordare
e di pensare . Cosi gli uomini di Stato e tutti gli altri sapienti
continuano ad abitare il cielo anche quando sono imprigionati

�� A questo proposito cfr. P. Portio, Christionisme et culture philoso­


phique au V• siècle. La querelle de l'Ome humaine en Occident, Paris, 1 959,
p. 97 sgg.
�9 Enn. , l, l , 3 .
60 Enn., V , l , l .
61 Vd . Enn. , IV, 7- 1 0; V, l , 3 e V , l , 1 2 , dove Plotino indica all ' anima la
via per scoprire il suo vero valore e la sua essenza divina e immortale.

1 14
nel corpo: Civitatum vero rectores ceterique sapientes caelum
respectu. ve/ cum adhuc corpore tenentur. habitantes, facile
post corpus cae/estem. quam paene non reliquerant. sedem
reposcunt 62 • E come conseguenza di ciò le anime di coloro che
hanno acquisito le virtù ritornano al luogo di origine, al quale
sono rimaste legate; mentre le anime di coloro che sono rimasti
attaccati al corpo e alla materialità vengono private della possi­
bilità di risalire il percorso della discesa e sono pertanto desti­
nate a reincamarsi in altri corpi: [ . . . ] aut novi corporis ambit
habitaculum. non h umani tantummodo sed ferini quoque e/ec­
to genere moribus congruo quos in homine libenter exercuit 63 •

62 In Somn. , l, 9, 6.
63 In Somn. , l, 9, 5. Per quanto riguarda questo passo, Scarpa propone
una traduzione che comporta un'interpretazione diversa da quella tradizio­
nale: « [ . . . ] o aspira ad abitare un nuovo corpo perché ha scelto un genere di vi­
ta adatto agli usi non tanto di un uomo ma di una bestia, usi che volentieri ha
seguito dentro l' uomo » . Questa traduzione, se accolta, potrebbe sminuire la
portata della questione posta da Linke ( Ueber Macrobius' Kommentar zu Ci­
ceros Somnium Scipionis cit . , p. 247), da Schedler (Die Philosophie des Ma­
crobius cit . , p . 67), da Mras (Macrobius ' Kommentar zu Ciceros Somnium
cit . , p. 253), da Courcelle (Le lettres grecques cit . , p. 22) e poi ripresa da Fla­
mant (Macrobe et le Néoplatonisme latin cit . , p. 620), che riguarda appunto
la fonte del passo stesso. Secondo Linke, Schedler e Mras, infatti, la fonte di
questo passo sarebbe Plotino e non Porfrrio, poiché Plotino (Enn. , Il, 4, 2;
IV, 3, 1 2 ; VI, 7, 6) come Platone (Repubblica, 6 1 8a-620 sgg; Fedone, 8 1 e; Ti­
meo, 49e, 92b) ritiene possibile la metempsicosi animale che invece Porfirio,
stando a quanto dice Agostino (De civitate Dei, X, 30), nega, almeno nel De
regressu . Courcelle, basandosi su Stobeo (Ecl. , l, 4 1 , 60), sostiene che se Por­
firio nel De regressu nega il passaggio dell'anima umana nel corpo degli ani­
mali e quindi si allontana da Plotino, nel flEpi I:tuy6ç riprende la teoria plo­
tiniana, per cui non ci sarebbe motivo di dubitare dell'influsso di Porfirio su
Macrobio, solo che si deve pensare al Porfrrio del fl&pi I:tuy6ç e non a quello
del De regressu . Flamant è invece più cauto e mentre da una parte afferma
che nessuno dei passi delle Enneadi sulla metempsicosi può essere fonte diret­
ta di Macrobio, dall'altra, tra il passo di Macrobio e il fl&p{ I:tuy6ç riscontra
delle analogie solo apparenti, pertanto non esclude che Macrobio possa avere
subito l'influenza di qualche intermediario latino più vicino alla posizione

1 15
Da queste premesse si evince già che la dottrina dell' anima
proposta da Macrobio va oltre il testo di Cicerone e porta chia­
ri i segni dell 'influsso delle fonti utilizzat e: in primo luogo
Porfrrio 64 , in gran parte Plotino (sebbene Macrobio non citi
nessuno dei nove trattati plotiniani sull' anima che costituisco­
no la quarta Enneade) e poi tutti i trattati sull' anima che fiori­
scono in questo periodo e che ruotano intorno ai quattro temi
fondamentali già chiaramente individuati da Festugière: la na­
tura dell'anima, l ' origine dell' anima, il rapporto anima-corpo,
il destino dell' anima 65 •
I l capitolo decimo del primo libro dei Commentarii è forse
quello che esprime, più degli altri, tematiche neoplatoniche. In
esso Macrobio introduce il discorso relativo al destino riservato

platonica corrente, il che è poi quanto è stato sostenuto da F. Bitsch (De Pla­
tonicarum quaestionibus quibusdam Vergilianis cit . , p . 7 1 ). Ora, se si legge
Macrobio nel modo proposto da Scarpa, se, cioè, per ciò che non è solo uma­
no ma anche animale non si intende il nuovo corpo ma un genere di vita che è
consono ai costumi non solo (del corpo) umano ma anche animale (genere
che gli stolti hanno scelto e seguito durante la vita precedente) - lettura, que­
sta, un po' forzata, forse, ma tuttavia possibile - la posizione di Macrobio
circa la metempsicosi animale (che d'altronde si mostra solo in questo passo)
viene ad essere molto sfumata (addirittura, non emerge) e la questione relati­
va alle fonti ne risulta semplificata, in quanto Macrobio si collocherebbe sul­
la linea del Porfirio più noto, quello del De regressu .
64 Purtroppo d i Porfrrio non possediamo alcun testo intorno all'anima
sufficientemente ampio da poter essere considerato fonte immediata di Ma­
crobio. Possiamo procedere solo per congetture e sulla base di ciò che ci è ri­
masto . Da quanto risulta dal catalogo di Bidez, Porfrrio scrisse sei opere di
psicologia (nn. 33-38 Bidez) andate perdute, fra le quali l'Adversus Boethum
de anima di cui si trova qualche frammento in Eusebio. Ci sono però altre
opere nelle quali il tema dell'anima viene affrontato e delle quali ci rimane
qualcosa: il De antro nympharum, l'A d Marcellam, le Sententiae, qualche
frammento del De regressu animae e del llt:pi r:nry6ç, i l:UIJIJlKTa ZTIT{JIJa­
Ta e poi i Commentari al Timeo e alla Repubblica di Platone, dei quali si tro­
va qualche passo nei commentatori posteriori .
6' A. J . Festugière, La Révélation d'Hermès Trismégiste, Paris, 1 949-
1 954, vol. III, p. 3 sgg.

1 16
all' anima dopo la morte del corpo e cerca di penetrare il senso
di ciò che per l'anima è vera vita e di ciò che invece è morte,
muovendo dal breve ma denso lemma di Cicerone che è ricco di
spunti platonici: lmmo vero, inquit, hi vivunt qui e corporum
vinclis tamquam e carcere evo/averunt; vestra vero quae dicitur
esse vita mors est 66 • Una volta stabilito che la vera vita dell'ani­
ma è quella anteriore alla sua discesa nel corpo e ha luogo nella
sede celeste e che la morte consiste nella discesa dell'anima nei
luoghi inferiori 67 , Macrobio si sofferma sulla descrizione di
questi luoghi, per meglio chiarire, sulla scorta delle antiche
dottrine, come il contatto dell'anima con essi ne determini la
morte e il distacco da essi la vita.
Durante la discesa dell'anima la vita si mescola alla morte, e
ciò accade perché l'anima si dirige verso gli inferi, ossia verso la
vita terrestre che, per Macrobio, è vita infernale: gli inferi, in­
fatti, non sono altro che i corpi dentro cui le anime sono impri­
gionate e da cui vengono indebolite e oscurate: [ . ] aliud esse . .

in/eros negaverunt quam ipsa corpora quibus inclusae animae


carceremfoedum tenebris, horridum sordibus et cruore patiun­
tur 68 . Da qui l'interpretazione allegorica dei fiumi infernali, la
metaforizzazi one del corpo che viene assimilato ad un carcere e
ad un sepolcro e la dottrina escatologica che ne consegue.
L'identificazione degli inferi con i corpi e dei quattro fiumi in­
fernali con le passioni è senz'altro frutto dell'interpretazione
macrobiana degli antichi miti infernali in chiave morale; si trat­
ta in effetti di un'allegoria morale che probabilmente - come
pensano alcuni studiosi che si sono posti il problema delle fon-

66 In Somn. , l, 10, 6 e Somn. , I l , 2. Macrobio va oltre il testo di Cicero­


ne, nel quale la vita terrena viene detta morte dell'anima e, viceversa, la vita
ultraterrena viene considerata vita, e fa coincidere la morte dell'anima con la
caduta negli inferi e la vita con la liberazione dagli inferi.
67 /n Somn. , I, 1 0, 7.
68 /n Somn. , l , 1 0, 9.

1 17
ti di questo passo è da attribuire direttamente a Macrobio 69 •
-

Io credo che questa ipotesi possa essere ragionevolmente


sostenuta specie se si ferma l 'attenzione sul passo che precede
l'allegoria, nel quale Macrobio afferma di avere desunto da
tutte le dottrine antiche solo alcuni elementi che lo possono
aiutare a risolvere la questione 70• Pertanto penso che si debba
riconoscere a Macrobio non solo la capacità di enucleare ex
omnibus aliqua, ma anche la capacità di interpretare le dottrine
antiche alla luce di quelle recenti e quindi di rielaborare e di ar­
ricchire le concezioni del passato con nuove riflessioni. In que-

69 In effetti la questione delle fonti di questo capitolo può considerarsi


ancora senza soluzione, in primo luogo per il fatto che Macrobio stesso si ri­
ferisce genericamente agli antichi teologi senza indicarne nessuno in partico­
lare, il che fa pensare ad una sua rielaborazione personale di elementi sparsi
nelle varie allegorie antiche; in secondo luogo perché le soluzioni finora pro­
spettate appaiono fondate su semplici congetture . E. Dodds (Numenius and
A mmonius, in Les sources de Plotin, Entretiens sur l' Antiquité classique,
1 960, pp. 1 -62) ipotizza che la fonte di questo passo di Macrobio possa essere
stato Numenio; P. Courcelle (Les lettres grecques ci t. , p. 28) pensa a Porri­
rio ; in Les �res de I'Eglise devant /es E'lfers virgiliens, in « Archives d'Hi­
stoire doctrinale et littéraire du Moyen Age » , 22 ( 1 9SS), pp. S-74, invece, ri­
tiene insieme ad Hadot (Marius Victorinus, cit. ) che Macrobio si possa essere
servito di un commentario a Virgilio di Mario Vittorino andato perduto , co­
me d ' altra parte aveva supposto Bitsch (De Platonicarum quaestionibus qui­
busdam Vergilianis cit . , p. 7 1 ) . H. De Ley, invece (Le traité sur l'emplace­
ment des Enfers cit . , p. 1 94 sgg . ) , esclude sia l'ipotesi di Dodds, per il fatto
che Macrobio, attribuendo i miti agli antichi e volendo cercare in essi il signi­
ficato razionale, presuppone uno sviluppo del pensiero estraneo a Numenio;
sia l'ipotesi di Courcelle perché, a suo avviso, l'esegesi di Macrobio non ha i
caratteri della discontinuità e della contraddittorietà di quella di Porfirio .
Pertanto ritiene originale tutto il passo di Macrobio ed in questa interpreta­
zione è seguito da Flamant (Macrobe et le Néoplatonisme latin cit. , p. S77
sgg . ) .
1o In Somn. , I
, 10, 8-9: Et quia totum tractatum, quem veterum sapien­
tia de investigatione huius quaestionis agitavit, in hac latentem verborum
paucitate reperies, ex omnibus aliqua, quibus nos de rei quam quaerimus ab­
solutione sufficiet admoneri, amore brevitatis excerpsimus.

1 18
sto caso Macrobio opera la trasposizione filosofica di alcuni
miti non filosofici 7 1 e riesce a racchiudere in una pagina che a
me appare fra le più profonde dei Commentarii la maggior par­
te dei concetti morali di matrice platonica e neoplatonica im­
prontati ad un tipo di morale interioristica che egli dimostra di
avere perfettamente assimilato. Cosi il fiume Leté simboleggia
l'oblio dell'anima, ciò che causa nell 'anima la dimenticanza
della dignità della sua origine e la credenza che l 'unica vita sia
quella terrena; Flegetonte diventa il simbolo dell'ira e del desi­
derio e cosi via. I dolori, le sofferenze, le angosce e le paure
che, secondo gli antichi miti, avevano luogo negli inferi vengo­
no quindi trasportati all'interno dell'uomo 72 la cui coscienza
diventa norma e giudice della propria condotta: [ ] vu/turem . . .

iecur immortale tondentem nihil aliud inte//egi volentes quam


tormenta conscientiae, abnoxia f/agitio viscera interior11 riman­
tis et ipsa vitalia indefessa admissi sce/eris admonitione /anian­
tis semperque curas, si requiescere forte temptaverint, excitan­
tis tamquam fibris renascentibus inhaerendo, nec u//a sibi mi­
seratione parcentis /ege hac qua se iudice nemo nocens absolvi­
tur nec de se suam potest vitare sententiam 73 •
A questo punto Macrobio aggiunge che « non hanno avuto

7 1 Occorre sottolineare che il mito, che è collocato cronologicamente


prima della speculazione filosofica ed è considerato quindi un fenomeno pre­
logico, già negli antichi aveva - secondo Macrobio - una certa valenza filo­
sofica. I fondatori delle sacre cerimonie, infatti, hanno tentato di dire come
nessu no può sfuggire alla legge interiore, secondo la quale « nessun colpevole
che giudichi se stesso si assolve » - se iudice nemo nocens absolvitur (In
Somn. , l , 1 0, 1 2). Emerge da questo passo la sensibilità di Macrobio nei con­
fronti della legge naturale, sensibilità che egli trova in Cicerone (De re pub/i­
ca, III, 22, 23 , oltre che nel Somnium), ma che affonda le sue radici nello
stoicismo e nel platonismo.
72 /n Somn. , l , 1 0, 10: [ . . ] et omnia quae illic esse credidit fabu/osa per­
.

suasio, in nobismet ipsis et in ipsis humanis corporibus adsignare conati sunt.


7 3 In Somn. , l, 10, 1 2 .

1 19
torto i teologi a supporre ciò » 74 e inevitabilmente suscita nel
lettore la domanda sull'identificazione di questi teologi, che da
una parte sembrano essere collocati alle origini della civiltà e
anteriormente alla speculazione filosofica " e dall' altra vengo­
no ritenuti capaci di interpretare all egoricamente e sotto il pro­
filo morale gli antichi miti con una maturità che presuppone la
speculazione filosofica 76 • Io credo di poter desumere dal conte­
sto che Macrobio si riferisce in primo luogo all 'interpretazione
dei miti antichi da parte degli iniziati ai sacri misteri suoi
contemporanei 77, e in secondo luogo a tutti i teologi, anche a
quelli delle religioni misteriche del II secolo d . C . i cui risultati
giungono fino alla sua età 78 •

4.2.2. Il corpo carcere e tomba dell'anima (In Somn . • /, 1 1)

Ma torniamo al concetto chiave dell 'argomentazione di


Macrobio secondo cui ciò che la maggior parte degli uomini ri­
tiene morte è in realtà vita. Concetto da cui discende la distin­
zione che Macrobio attribuisce ai pitagorici e ai platonici tra
morte dell'anima e morte dell'animale 79 : la prima determinata
dall'incarnazione dell' anima e pertanto nota solo ai filosofi; la
seconda dovuta alla dissoluzione del corpo e al distacco dell' a­
nima da questo e quindi riconosciuta da tutti 80• Tutti infatti

74 In Somn. , l, 10, 16.


1s In Somn. , l , 1 0, 9: A ntequam studium philosophiae circa naturae in­

quisitionem ad tantum vigoris adolesceret, qui per diversas gentes auctores


constituendis sacris caerimoniarum fuerunt.
76 Questa contraddizione è stata evidenziata da H . De Ley (Le traité sur
l'emplacement des Enfers cit . , p. 204 sgg . ) .
77 /n Somn. , l , 1 0, 9.
78 /n Somn. , l , 10, 16. Cfr. a questo proposito M . Regali , Macrobio,
Commento al Somnium Scipionis, libro l , Pisa, 1 983, p. 3 1 1 .
79 In Somn. , l , 1 1 , l .
so In Somn l , 1 1 , 2 . Non sfugge a Macrobio i l terzo genere d i morte : la
.•

1 20
chiamano morte la separazione dell'anima dal corpo, pochi pe­
rò ritengono che la morte dell' anima consiste nella sua discesa
nel corpo, il quale per questa ragione è detto carcere e tomba
dell' anima 8 1 •
Il motivo secondo cui vivere è morire e morire è vivere è di
origine dionisiaco-pitagorica e lo troviamo espresso chiara­
mente in Platone, dove Socrate si richiama proprio alla meta­
fora del corpo-tomba (aéòj.J.a-af\ IJ.a) con l'espressione: « noi,
attualmente siamo morti e nostra tomba (Of\ IJ.a) è il corpo
( aéò!la) » 82 • In questo passo Platone si limita ad affermare che
il corpo è tomba dell'anima, esprimendo in tal modo lo stato di
morte di quest'ultima: altrove riprende la medesima metafora
e, unendola a quella del carcere, la utilizza in contesti diversi e
con intendimenti diversi. Nel Crati/o, ad esempio, ne dà una
spiegazione linguistica, oltre che filosofica e religiosa: « Dicono
alcuni che il corpo è af\ IJ.a (segno, tomba) dell' anima, quasi
che ella vi sia sepolta durante la vita presente; e ancora, per il
fatto che con esso l'anima CJ11 1J.a{vet (significa) ciò che CJ11 1J.a{V1J
(significhi), anche per questo è stato detto giustamente af\ IJ.a.

morte ascetica (vera vita dell 'anima), quella del filosofo che h a scelto d i vive­
re come se il corpo non esistesse (In Somn. , l, 1 3) .
81 In Somn. , l , 1 1 , 3 : Nam, ut constet animai, necesse es t ut in corpore
anima vinciatur; ideo corpus Jé,.,aç, hoc est vinculum, nuncupatur et uw!Ja,
quasi quoddam uf1Jla, id est animae sepu/crum: unde Cicero, pariter utrum­
que significans, corpus esse vincu/um, corpus esse sepu/crum, quod carcer est
sepo/torum, ait: qui e corporum vinc/is tamquam e carcere evolaverunt?
L'opinione secondo cui l'anima muore quando discende nel corpo è platoni­
ca, e platonica è pure l'immagine del corpo-prigione e sepolcro (Fedone, 8 1 e,
82e, 83e, 84e, 1 1 4b-c; Crati/o, 400c) , anche se si tratta di un'immagine che af­
fonda le sue radici in Empedocle e addirittura in Omero. D'altra parte il mito
della caverna o carcere viene assunto - come dice H. Blumemberg (Paradig­
mi per una metaforologia, Bologna, Il Mulino, 1 969, p . 109 sgg.) - come
« metafora assoluta » dal neoplatonismo che in parte si riallaccia ad Empedo­
cle, in parte a Platone e in parte all' omerica grotta delle ninfe.
82 Gorgia, 492e-493a: « [ . . . ] e davvero può darsi che noi in realtà siamo
morti ».

121
Però mi sembra assai più probabile che questo nome lo abbia­
no posto i seguaci di Orfeo, come a dire che l'anima paghi la
pena delle colpe che deve pagare, e perciò abbia intorno a sé,
affmché aci>l;11Ta1 ( si conservi, si salvi, sia custodita), questa
cintura corporea a immagine di una prigione, e cosi il corpo,
come il nome stesso significa, è aéòJ,J.a (custodia) dell'anima
finché essa non abbia pagato completamente ciò che deve pa­
gare » 83 • In un altro luogo del Gorgia Platone non parla di tom­
ba e utilizza la metafora del carcere semplicemente in relazione
alla sorte che toccherà alle anime dopo la morte: le anime che
hanno condotto una vita disordinata e malvagia saranno giudi­
cate e condannate e, pertanto, saranno mandate in prigione per
pagare il fio 114• Qui il corpo-prigione è visto da Platone come
luogo di castigo e di espiazione in quanto si vuole esprimere un
concetto escatologico, legato alle colpe che l'anima deve espia­
re per conseguire la salvezza. Questa stessa concezione del cor­
po-prigione viene espressa nel Fedone, dove in riferimento ai
misteri si dice che « noi uomini siamo come in una specie di car­
cere » 85 e dove l 'unione col corpo è vis ta come una conseguenza
del destino dei malvagi, insaziabili di ciò che è corporeo 16 •
A questo punto mi pare utile soffermarmi sui vari significa­
ti della metafora in questione or ora riscontrati in Pl ato ne, per
tentare di vedere poi in che modo questa metafora sia stata re­
cepita o trasformata dal neoplatonismo e quali di questi signifi­
cati siano stati privilegiati dai vari neoplatonici e da Macrobio
in particolare.
Nel primo passo sopra citato (Gorgia 492e-493a), il corpo è
definito semplicemente tomba dell ' anima, viene dunque privi­
legiato un significato metaforico che implica una concezione

83 Crati/o, 400c .
114 Gorgia, 525a.
85 Fedone, 62b .

86 Fedone, 8 1 e.

122
negativa del corpo, in quanto viene evidenziata, in un contesto
etico, la condizione di morte dell'anima, equivalente allo stato
esistenziale di chi conduce una vita dissoluta. Nel Gorgia 525a
e nel Pedone 62b e 8 1 c, il corpo è detto soltanto carcere perché
il contesto è fortemente caratterizzato dalla componente misti­
co-religiosa più che da quella etico-filosofica: il corpo è infatti
assimilato al carcere perché è considerato come un luogo di pe­
na e di espiazione. Nel passo del Crati/o il corpo è definito, co­
me in Gorgia 493a, tomba (oéi>J,La = ofi J,La: Kai yap ofi J.La
nvtç q>amv aù'tò Elvat 'tfl ç \lfuxft ç), ma Platone attribuisce due
significati al termine ofi J.La; quello di tomba e quello di segno (da­
to che tramite il corpo l'anima si esprime); inoltre in questo pas­
so la metafora della tomba viene associata - come si è visto -
a quella del carcere. Dunque nel Crati/o il corpo è tomba, car-
cere e segno. È tomba perché l'anima chiusa in esso perde la vi­
ta; è carcere perché svolge una funzione che è, nello stesso tem­
po, di castigo e di custodia; è segno perché costituisce lo stru­
mento attraverso cui l' anima si manifesta.
Ora l'assimilazione del corpo col segno sembra essere uni­
camente di Platone ed è priva di valenze negative; piuttosto si
spiega e si giustifica nel contesto linguistico del dialogo, secon­
do cui il nome è uno strumento di conoscenza che consente di
penetrare all'interno delle cose, in quanto è tale per natura e
non per convenzione; questa metafora, dunque, si pone sem­
plicemente ad un livello linguistico-conoscitivo ed esprime una
concezione positiva del corpo. Le altre due metafore, invece,
quella della tomba e quella del carcere, che risalgono a tradi­
zioni più antiche 87 e che spesso in Platone si intrecciano e si so-

87 P. Courcelle (Le corp-tombeau, in « Revue des Etudes anciennes », 68


( 1 966) , p. 1 02, e Tradition p/atonicienne et traditions chrétiennes du corp-pri­
son cit . , pp. 4 1 2-4 1 3); E . R. Dodds, ( The Greeks and the lrrational, Berke­
ley, 1 95 1 , p. 1 69, n. 85); A . L. Moulinier, (Orphée et l'orphisme à l'époque
c/assique, Paris, 1 955, pp. 24-26) pensano che la dottrina del corpo-tomba

1 23
vrappongono per identità di significati , esprimono una conce­
zione negativa del corpo. Ma, mentre la metafora della tomba
sta ad indicare semplicemente che l ' anima dentro il corpo è co­
me morta ed il corpo è il suo sepolcro (ovviamente si tratta di
un sepolcro provvisorio, limitato all 'esperienza terrena e dal
quale l'anima può emergere o con l'esercizio della filosofia
mentre il corpo vive o, infine, con la liberazione totale a causa
della dissoluzione del corpo), la metafora del carcere è più
complessa o per lo meno ambivalente in quanto da una parte
indica il luogo di pena, di castigo e di espiazione dell ' anima e
dall 'altra il luogo della sua purificazione : l ' anima, chiusa nel
corpo , sconta la sua pena, come in una prigione, ma nello stes­
so tempo è custodita nel corpo , finché non si sia completamen­
te puri ficata dalle colpe passate .
Dopo Platone il corpo verrà spesso denominato tomba e
carcere insieme. Pagani e cristiani utilizzan o la stessa metafora,
anche se in contesti diversi , ma sempre per indicare la condizio­
ne dell 'anima chiusa nel corpo e schiava degli istinti e delle
passioni 88• Con questi stessi significati la metafora della tomba

non sia di origine orfica ma di origine pitagorica (Filolao, Fr. 14, in Clemente
Alessandrino, Stromata, I I I , 1 7 : « Attestano anche gli antichi teologi e indo­
vini che l'anima è congiunta al corpo per scontare qualche pena; e in esso
quasi in tomba è sepolto »); mentre di origine or fica sarebbe quella del corpo­
prigione (doveva trovarsi in un canne orfico o in un verso dei misteri orfici).
Tuttavia le due tradizioni vengono presto associate e sicuramente questa as­
sociazione - osserva Courcelle (Le corp-tombeau, p. 1 02) - è opera di Pla­
tone. Platone però nel Crati/o 400c - pur mettendo insieme le due metafore,
pur riconducendo la metafora del sepolcro a quella del carcere tramite la me­
diazione di aroçn tat - attribuisce agli orfici questa trasposizione e quindi fa
risalire all'orfismo la stessa connotazione escatologica della metafora. Sulle
interpretazioni del termine aroj.la presenti nel Crati/o platonico cfr. anche R.
Ferwerda, The Meaning of the Word 1X1MA in Plato 's Cratylus, in « Her­
mes », 1 1 3 ( 1 985), pp. 266-279.
88 Il corpo e il mondo sono chiamati prigione dai cristiani dei primi seco­

li (cfr . Ireneo, A dversus haeresias, l, 29, 1 -2; Tertulliano, De anima, LIII, 5 ;


Apologeticum, XVI I , 4-5 e Ad martyras, 2 ; cfr. pure Clemente Alessandrino,

1 24
e del carcere è presente nel medioplatonismo 89 , la troviamo ne­
gli scritti gnostici ed ermetici 90 e in Filone 9 1 , il quale la utilizza
anche nell'esegesi biblica 92 •
I neoplatonici riprendono in tutte le sue sfumature la me­
tafora del corpo-tomba, la quale unita a quella del corpo-pri­
gione sta a significare la negatività del corpo e della materia 93 •
Plotino utilizza la metafora del carcere e del sepolcro per in­
dicare la condizione dell'anima caduta, la quale, per avere per­
so di vista l'unità totale e per essersi rivolta solo agli esseri par­
ziali, ha smesso di contemplare il voùç 94 ; quindi attribuisce ad
essa una marcata connotazione etica e, mi pare, non fortemen­
te negativa, se l'unione col corpo non è tanto condizionante da
impedire all'anima di volgersi verso lo Spirito mentre è anco-

Stromata, VI , 45 , 4, dove è citato il passo del Fedone, e Origene, De princi­


piis, l, 7, 5), i quali però spesso polemizzan o contro questa metafora perché
in contrasto con la concezione secondo la quale il corpo è tempio di Dio (cfr.
Clemente Alessandrino, Stromata, III, I l , 77, 3).
89 Cfr. Massimo di Tiro, Philosophumena, XI, 1 2c; VII, Sa e XXXVI ,
4b-d.
90 Cfr. a tale proposito Cb. Puech, La phenoménologie de la gnose, in
« Annuaire du Collége de France », vol. LV ( 1 955), p. 1 7 1 , e P. Courcelle,
Tradition p/atonicienne et traditions chrétiennes du corp-prison cit. , p. 4 1 6;
vedi anche Corpus Hermeticum, VII, l e XIII, 7 .
9 1 De ebrietate, XXVI , 1 0 1 ; Quis rerum divinarum heres sit, XXI I , 1 09 ,
in cui s i afferma che l'anima è prigioniera delle passioni, e De somniis, l , 1 3 8 .
92 Cfr . , pe r esempio, Gen. , XXXIX, 20-2 1 .

93 Cfr. Plotino, Enn. , IV, 8 , l e IV, 8 , 3 , e 4 , e Porftrio, Sentenza 40 e for­


se anche De regressu animae come ci attesta Agostino, Sermo CCXLI, 77 .
94 Enn., IV, 8, 4: « <n questa fase le occorre quel che si esprime così : le
"cadder le ali" e "cadde nei ceppi del corpo" ; poi ch'ella si giocò la propria
inviolabilità [ . . . ] . Ond'è ch'ella è caduta, è imprigionata e regge la sua catena
[ . . . ] cosi ella è, come si dice, nel " sepolcro" e nella "caverna " ; ma se si volge
al pensare, ella è sciolta dalla catena, e risale, appena abbia preso dalla remi­
niscenza lo scatto iniziale alla contemplazione dell'Essere verace; poiché ella
serba qualcosa, sempre: qualcosa che, nonostante tutto, resta pur sempre in
alto » .

1 25
ra su questa terra " . Tuttavia Plotino - sulla scia di Platone -
non trova contrastante con questa sua concezione, semplice­
mente etico-fùosofica, l'altra, più religiosa, secondo la quale la
caduta dell'anima è un castigo conseguente ad una colpa 96 •
Porfirio invece colloca la metafora del carcere i n u n contesto
che mi pare esclusivamente etico-filosofico 97 • E gli tratta
dell' essere eterno ed infmito, ed ha come fonte il quinto tratta­
to della sesta Enneade di Plotino: L 'essere, pur essendo uno e
identico, � per intero, a un tempo, dappertutto; quindi affron­
ta il problema della conoscenza di questo essere da parte
dell'uomo, il quale tanto più si avvicina ad esso quanto più rie­
sce a rientrare in se stesso e a conoscersi, mentre se si allontana
da se stesso e si volge alle cose esteriori, si allontana anche dalla
fonte universale ed inesauribile della realtà e, dimentico della
sua origine, rimane prigioniero del non essere. La metafora del
carcere dunque indica proprio la condizione di lontananza 98
dali' essere e dal bene in cui viene a trovarsi l 'uomo corrotto che
vive « una vita servite ed empia e per questa ragione lontana da
Dio e dalla giustizia » 99 ; pertanto essa non sembra avere alcun
significato che oltrepassi la sfera etico-fùosofica per assumere
valenze mistico-religiose, e la stessa considerazione credo che
vada fatta per la metafora del sepolcro, utilizzata da Porfirio

9s Questo distacco morale dell'anima dal corpo, che è poi la possibilità


dell'ascesi filosofica, è già presente in Platone, Fedone, 8 l c.
96 Enn. , IV, 8, S . P. Courcelle ( Tradition platonicienne et traditions

chrétiennes du corp-prison cit . , p. 420) a tale proposito sostiene che l'esegesi


plotiniana riguardo al corpo-carcere non è altro che l'interpretazione del Fe­
done 62b alla luce del Crati/o, 400c e della Repubblica, 5 14a.
97 Sentenza 40.

98 Sentenza 40: « E perciò a ragione si è detto che l'uomo è stato di ne­


cessità imprigionato in una specie di carcere, perché fugge dal cielo; e che ten­
ta di liberarsi dai ceppi, ché rivolto alle cose di quaggiù ha abbandonato se
stesso e si è allontanato dalla sua origine divina ».
99 Sentenza 40.

1 26
00
in altro luogo 1 , ma sempre per indicare la condizione dell'ani­
ma chiusa nel corpo e schiava delle passioni che provengono
dalla sensibilità.
Da questa breve rassegna si evince che alla metafora del
carcere e del sepolcro sono stati attribuiti significati diversi e
connotazioni diverse a seconda del periodo storico degli autori
che l'hanno utilizzata e della loro posizione fllo sofico-religio­
sa: gli antichi teologi ai quali fa riferimento Macrobio concepi­
vano il corpo-carcere come un luogo di espiazione, attribuendo
alla metafora un significato più religioso che fllosofico; e cosi
Filolao e, in un certo senso, anche Platone, nei quali sussistono
sia il significato etico-fllosofico che quello religioso. Il signifi­
cato religioso, che - sebbene ad un livello secondario - si tro­
va anche in Plotino, non si riscontra invece in Porfirio e, a mio
avviso, non emerge nemmeno dai Commentarii di Macrobio.
Ciò - credo - perché Macrobio, da una parte, mutua la me­
tafora del carcere da Cicerone, il quale intende il corpo-carcere
semplicemente come catena e come custodia, e non come luogo
di castigo o tanto meno di espiazione 1 0 1 ; dall'altra perché nel

1oo Cfr. Vita Platini, XXII, 45 , dove Apollo, consultato da Amelio sul
destino dell'anima del suo maestro e sul luogo in cui questa era andata, pro­
nuncia tra l' altro queste parole oracolari : « Ma ora che hai spezzato l'in volu­
cro ed hai abbandonato la tomba dell'anima demoniaca, tu segui ormai, la
schiera dei demoni, ove aleggiano aure fragranti )) .
1 0 1 Cfr. a questo riguardo Tusculanae, l , 30; l , 4 9 e Il, 20; De amicitia,
IV, 1 4 è principalmente Somnium Scipionis, III, 1 3 , il passo che Macrobio ci­
ta testualmente: [ . ] hi vivunt qui e corporum vinclis tamquam e carcere evo­
. .

laverunt, e III, 1 5 Nel Somnium Cicerone traduce la q>poupa del Fedone tal­
.

volta col termine carcere (III, 3) e talvolta col termine custodia (III, 4) e, pro­
babilmente, con queste metafore intende paragonare il corpo con un luogo
dal quale l'uomo non può uscire senza il volere della divinità. Cfr. a questo
proposito R. Harder, Ueber Ciceros « Somnium Scipionis », in « Schriften
der KOnigsberger Gelehrten-Geselschaft, geisteswissenschaftliche Klasse )), 6,
3 ( 1 929) n. 5-7, il quale sottolinea che in Cicerone il corpo-prigione non è in­
teso come un luogo di punizione, ma piuttosto come un luogo dal quale non è

1 27
commentare il passo ciceroniano lo interpreta e lo integra uti­
lizzando elementi neoplatonici di matrice porfrriana: « [ . . . ]
quindi Cicerone indica insieme l'uno e l'altro concetto: che il
corpo è una catena e che il corpo è un sepolcro perché è un car­
cere di sepolti » 1 02 •
Pertanto, nel leggere la metafora del carcere e del sepolcro
tramandata dalla tradizione, Macrobio trascura la dimensione
religiosa; persino quando fa riferimento alle teorie degli antichi
sacerdoti intorno all'identificazione degli inferi coi corpi si li­
mita a trasporre all'interno dei corpi tutte le sofferenze che si
pensava si soffrissero negli inferi, senza cogliere in queste sof­
ferenze l'idea dell'espiazione, bensi soltanto quella della puni­
zione, del castigo . Nella metafora del carcere e del sepolcro di
Macrobio manca - a mio avviso - la connotazione salvifica
legata al concetto di espiazione, mentre mi pare di potervi indi­
viduare la connotazione etico-filosofica con il conseguente
concetto della purificazione che si attua attraverso la pratica
delle virtù.

4 . 2. 3 . La discesa dell'anima (In Somn. , l, 12)

Dopo aver ricondotto all a tradizione platonica il pensiero


di Cicerone intorno alla vita e alla morte dell'anima, Macrobio
tratta della dottrina secondo la quale gli inferi non sarebbero i
corpi , ma il mondo materiale in genere, e attribuisce tale dottri­
na ai platonici che distingue in tre gruppi : il primo è quello dei
medioplatonici aristotelici, Albino e Posidonio 103 ; il secondo

possibile uscire (cfr. anche P. Courcelle, Tradition platonicienne et traditions


chrétiennes du corp-prison ci t . , p. 406).
102 In Somn. , l , 1 1 , 3 .
1 o3 Cosi M . A . Elferink (La descent de l'Ome d'après Macrobe cit . , p .
39), K. Mras (Macrobius' Kommentar zu Ciceros Somnium cit . , p . 254) e J .

1 28
quello dei platonici neopitagorici; il terzo quello dei neoplato­
nici. Il primo divide l'universo in due parti, una attiva e immu­
tabile e l'altra, che deriva dalla prima, passiva e sottoposta a
mutamento; la prima parte va dalla sfera Ò.7tì.. a vflc; alla luna, la
seconda dalla luna alla terra, cosicché la luna costituisce il con­
fine tra la vita e la morte 1 04 • Il secondo gruppo divide l 'univer­
so in tre strati successivi nei qu_ali si trovano sempre i quattro
elementi, ma visti in maniera diversa 105 • Il terzo gruppo divide
il mondo in due parti : una celeste, detta Ò.7tÌ.. a vfl c;, e una infe­
riore che comprende le sette sfere planetarie, ciò che sta tra i
pianeti e la terra e la stessa terra 106 • Secondo quest'ultima dot-

Flamant (Macrobe et le Néoplatonisme latin ci t . , p. 540 sgg. , e Eléments gno­


stique dans /'reuvre de Macrobe, in « Studies in gnosticism and Hellenistic re­
ligions presented to Gilles Quispel » , Leiden Brill, 1 98 1 , p. 1 37 sgg . ) . Cfr. an­
che K. Reinhardt, Poseidonios, MOnchen, 1 92 1 , e Albino, Didaskalikos, 1 5 ,
1 7 1 , 1 7- 1 8 .
1 04 In Somn. , l, 1 1 , 5-7. Questa concezione in effetti appare fortemente
intrisa di aristotelismo, in quanto il mondo celeste viene concepito come un co­
smo divino e armonico, dove i movimenti dei pianeti sono una continuazione
dei movimenti circolari perfetti, e il mondo sublunare come il regno della gene­
razione e della corruzione. Cosi l'incorruttibilità degli astri è garantita dall'eter­
nità dei loro movimenti ed è la testimonianza della loro divinità (cfr. J. Fla­
mant, Eléments gnostiques dans l'reuvre de Macrobe cit . , p. 1 38 sgg.).
105 In Somn. , l, 1 1 , 8-9. In basso i quattro elementi esistono come ac­
qua, aria, terra e fuoco; al centro si trovano i corrispondenti celesti di essi (la
luna che corrisponde alla terra, Mercurio che corrisponde all'acqua, Venere
all'aria e Sole al fuoco); in alto si trova la terza serie degli elementi disposti
nell 'ordine inverso, cosicché Marte equivale al fuoco, Giove all 'aria, Saturno
all'acqua e infine la sfera delle stelle fisse alla terra (Proclo, In Tim. , I l, 48,
1 5-25 attribuisce questa dottrina ai pitagorici).
106 In Somn. , l, 1 1 , 1 0- 1 2. Questo gruppo esclude che i pianeti possano
appartenere alla parte superiore, alla quale invece appartiene solo la sfera
delle stelle fisse, e ritiene che l'anima cominci a vestirsi di corporeità sin da
quando discende attraverso le sfere planetarie dove comincia a morire. La
concezione secondo la quale gli inferi non stanno ad indicare solamente
un'inferiorità topografica, ma piuttosto un luogo di morte per le anime in­
carnate, è presente in Poimandres, l, 25-26; in Proclo, In Tim. , l, 1 48 , 1 -6 e

1 29
trina, che è quella seguita da Macrobio, fmché le anime abitano
la sfera celeste sono ab omni cuiuscumque contagiane corporis
liberae 107 ; quando invece cominciano a nutrire il desiderio del
corpo e della vita terrena abbandonano questa sede e scivolano
paulatim (a poco a poco) verso il basso attraverso le sfere plane­
tarie dove acquistano le varie qualità, si rivestono gradualmente
di materia e cominciano a subire il contatto del male; [ ] in sin­ . . .

gu/is enim sphaeris, quae caelo subiectae suni, aetheria abvo/u­


tione vestitur ut per eas gradatim societati huius indumenti testei
concilietur et ideo, totidem mortibus quot sphaeras transit, ad
hanc pervenit quae in terris vita vocitatur 1 08 •

III, 355, 1 3 - 1 5 , e in Servio, Ad A en. , VI, 1 27 , I l , 5 1 (cfr. J . Flamant, Elé­


ments gnostiques dans l'muvre de Macrobe cit . , p. 1 37 sgg.).
1 07 In Somn. , l , I l , I l e l , 17, 9. Macrobio non si preoccupa eccessiva­
mente di dimostrare l'incorporeità dell 'anima, la dà quasi per scontata; infat­
ti alla fine del quattordicesimo capitolo del primo libro riporta una dossogra­
fia nella quale elenca senza ordine di scuola né or.dine cronologico le varie
opinioni sulla sostanza dell 'anima e conclude con l' affermare che l' opinione
prevalente è quella dell 'incorporeità e dell 'immortalità dell 'anima.
1 08 In Somn. , l, I l , 1 2 . Mras (Macrobius ' Kommentar zu Ciceros So­
mnium cit . , p. 254), sulla base del confronto di questo passo di Macrobio con
il passo del Commentario al Timeo di Proclo , III, 234, 1 8-30, ritiene che la
fonte di questa terza dottrina possa essere il Commentario al Timeo di PorCi­
rio. Proclo infatti attribuisce la teoria secondo la quale le sfere dei pianeti ap­
partengono al mondo della generazione e l'anima si riveste dell'6"X.11 11a e ac­
quista le varie facoltà psichiche discendendo in esse a o{ 7ttpl. nop�pup10u,
espressione che - secondo Mras - parrebbe usata da Proclo per indicare
proprio Porfirio. La medesima interpretazione di o{ 7ttpl. Oop<pup\Ou viene
data da Festuigière, La Révélation cit . , III, p. 236, n.2. Anche Efernink (La de­
scente de l'lime d'après Macrobe cit . , pp. 46-49) pensa che Porfirio del Com­
mentario al Timeo sia la fonte comune di Macrobio e di Proclo ; tale posizio­
ne però non è condivisa da Flamant (Macrobe et le Néop/atonisme latin cit . ,
p. 5 40 sgg .). A m e pare abbastanza sostenibile la tesi d i chi indica i n Porfrrio
la fonte di Macrobio, anche perché la dottrina dell '6"X.11 11 a , di origine caldaica
(cfr. E. Des Places, Oracles Cha/daiques avec un choix de commentaires an­
ciens, Paris, 1 97 1 , p. 14 sgg . , e H. Lewy, Chaldean Oracles and Theurgy, Il
Cairo, 1 956, p. 1 82, n. 26) ma anche gnostica (lreneo, A dversus haeresias, 1 ,

1 30
Il capitolo dodicesino dei Commentarii, che costituisce la
sezione più studiata dalla critica, è dedicato alla discesa
dell' anima attraverso queste sfere, alla causa di questa discesa,
alla trasformazione dell'anima da monade in diade o, sotto
l'aspetto geometrico, da punto in cono 1 09 e alla sua incarnazio­
ne. Le anime partono dalla via lattea 1 1 0 e, passando dalla porta
del Cancro in cui la galattica interseca lo zodiaco 1 1 1 , scendono
fino al segno del Leone dove sunt rudimenta nascendi m. In
questa discesa perdono la forma rotonda e assumono quella
conica, come « dal punto nasce la linea e si estende in lunghezza
a partire da un inizio indivisibile e cosi dal suo punto che è la
monade, giunge a formare la diade, che è il primo prolunga­
mento » 1 1 3 •

7, 2) ed ermetica (Poimandres, 25-26) - che Proclo (In Tim. , III, 234, 26) at­
tribuisce a Porfirio - si trova in diversi luoghi porfrriani come la Sentenza 29 e
presso Stobeo, Ecl. , II, 1 7 1 , 2 sgg. (cfr. A. R. Sodano, traduzione e commento
della Sentenza 29, in Porfirio, Introduzione agli intellegibili cit. , pp. 30-32.
1 09 In Somn. , l, 1 2 , 6. Altra caratteristica attribuita da Macrobio all'ani­
ma � quella della sua unità e insieme della sua divisibilità, il che ha fatto pensare
che l'anima per Macrobio abbia un'essenza matematica. Questo problema era
stato posto da Plotino nel terzo e nel nono trattato della quarta Enneade ed era
stato risolto con l'affermazione secondo la quale le anime, anche se distinte, so­
no ÒIJO&ili&\ç (della stessa natura) e che la loro divisione in parti non distrugge
la loro unità (Enn. , II, 3, 2). Plotino però distingue un'anima universale che sta
sempre vicina allo Spirito, un'anima del mondo e le anime individuali; Porfrrio
non sembra distinguere l'anima universale dall'anima del mondo e cosi pure
Macrobio (In Somn. , l, 6, 20). È tuttavia certo che per Macrobio, come per
Plotino e per Porfrrio, le anime sono ÒIJO&ili&lç.
1 1 o Secondo P. Boyance (Etudes sur le Songe de Scipion cit . , p. 1 37), il
riferimento a Pitagora di In Somn. , l, 1 2, 3 ci induce a intendere la dottrina
della via lattea simbolicamente, più come una dottrina misteriosa che come
un mito, come una dottrina in tutto analoga, nella sua presentazione, alle
formule del « catechismo degli acusmatici » . (Su ciò cfr. A. Delatte, Etudes
sur la litterature pythagoricienne, Paris, 1 9 1 5 , p. 27 1 sgg.).
1 1 1 In Somn. , l , 1 2, 1 -3 .
1 1 2 In Somn. , l , 1 2 , 4 .
m In Somn. , l , 1 2 , 5-6.

131
L'inizio di questo capitolo è indicativo dell'uso che Macro­
bio fa delle sue fonti e, in questo caso particolare, della fonte
omerica, fùtrata attraverso Porflrio 1 14 • Nell'esporre la teoria
del De antro porflriano - secondo la quale l'anima discende
attraverso la porta del Cancro e risale attraverso quella del Ca­
pricorno - Macrobio opera una contaminazione dei capitoli
ventiduesimo e ventottesimo dell' opera di Porfirio, contamina­
zione che gli consente di unificare due simboli distinti e indi­
pendenti tanto in Omero quanto in Porfirio 1 1 5 • Infatti Porflrio
nei capitoli dal ventesimo al ventitreesimo interpreta i due in­
gressi della spelonca di Itaca - uno dei quali è riservato agli
uomini e l'altro agli dei - in senso simbolico, nel senso, cioè,
che il primo ingresso indica la costellazione del Cancro, attra­
verso cui le anime scendono, e il secondo la costellazione del
Capricorno, attraverso cui le anime purificate ritornano alla
loro sede; nel ventottesimo capitolo, invece, interpreta un altro
luogo omerico (v. 1 1 2) e afferma che « le porte del sole » altro
non sono che il Cancro e il Capricorno, ossia i limiti estremi
dell' eclittica. Macrobio apre il capitolo con un'osservazione di
ordine astronomico in cui identifica le porte del sole con il Can­
cro e il Capricorno e poi immediatamente attribuisce a queste
porte il simbolismo che Porfirio aveva attribuito alle omeriche
porte della spelonca di Itaca 1 1 6 • In effetti Macrobio da una par-

1 1 4 Cfr. De antro nympharum, dove Porfirio commenta i vv. V, 1 02- 1 1 2

dell' Odmea. A tale proposito cfr. anche K. Mras (Macrobius ' Kommentar
zu Ciceros Somnium cit. , pp . 26-27) e P. Courcelle (Les lettres grecques cit. ,
p. 30 e n. l ) , il quale però ritiene che nei tratti principali la dottrina della di ­
scesa dell'anima contenuta nei Commentarii dipende dal nepi Etuy6ç di
Porfirio e per quanto riguarda la fonte di questo passo non esclude che possa
trattarsi anche del Commentario alla Repubblica dello stesso Porfirio.
n ' Cfr. A Setaioli, L 'esegesi omerica del Commento di Macrobio al

« Somnium Scipionis » cit . , pp. 178- 1 79.


1 1 6 In Somn. , l , 1 2 , 1 -3 : « Il circolo Galattico, con la sua corsa lungo

un'orbita obliqua, gira attorno e abbraccia lo zodiaco, in modo da interseca-

1 32
te vuole illustrare la discesa dell'anima attraverso le sfere cele­
sti, secondo la tradizione del simbolismo neoplatonico; dall'al­
tra, sospinto dali 'interesse enciclopedico, intende dare una le­
zione di astronomia; pertanto lega la filosofia neoplatonica
sulla discesa dell'anima alle teorie astronomiche del tempo, e
non si limita ali ' esegesi neoplatonica di passi presi qua e là (in
questo caso Omero e Porfirio o Porfirio che commenta Ome­
ro ), ma fa piuttosto un compendio di interpretazioni che unisce
abilmente per dare corpo ad un discorso che nella sostanza filo­
sofica è neoplatonico, ma che vuole essere anche il resoconto
delle dottrine scientifiche e filosofiche che costituiscono il suo
bagaglio culturale 1 1 7 •
Ora, per quanto riguarda In Somn. , l, 1 2 , 1 - 3 1 1 8 sembra

re i due cosiddetti segni del tropico, cioè il Capricorno e il Cancro. I fisici li


hanno chiamati " porte del sole " perché, all 'arri vo del solstizio nell' uno e
nell' altro, viene impedito l'ulteriore cammino del sole e si produce il suo ri­
torno alla via dell 'eclittica (o cintura), i cui confini il Sole non lascia mai . At­
traverso queste porte, si crede, le anime vanno dal Cielo alla Terra e dalla
Terra al Cielo. Perciò una è chiamata " porta degli uomini " e l'altra " porta
degli dei " : quella degli uomini è il Cancro, perché attraverso essa avviene la
discesa alle regioni inferiori ; quella degli dei è il Capricorno, perché attraver­
so essa le anime ritornano alla sede della propria immortalità e alla dimora
degli dei . Questo intende dire la divina sapienza di Omero con la descrizione
della spelonca di Itaca >> .
1 1 7 A. Setaioli (L 'esegesi omerica del Commento di Maerobio al « So­
mnium Scipionis » cit . , p. 1 90) rileva a questo proposito che Macrobio cerca
di adattare alle esigenze della filosofia neoplatonica anche interpretazioni di
passi omerici che già erano state precedentemente avanzate. Il contributo di
Macrobio consiste, secondo Setaioli, « nell'avere collegato molti di questi
passi omerici a corrispondenti luoghi virgiliani da lui interpretati alla stessa
maniera » .
1 1 8 Tali passi e la loro ipotetica fonte sono stati discussi da Ph. M. Sche­
dler (Die Philosophie des Macrobius cit . , pp. 1 6-S2), da K. Mras (Macrobius'
Kommentar zu Ciceros Somnium cit . , p. 2SS sgg.), da E. A. Leemans (Studie
over den Vijsgeer Numenius von Apamea met Uitgave der Fragmente cit . , p.
43 sgg. e pp. 1 47-1 S2), da P . Courcelle (Les lettres grecques cit . , pp. 23-24 e

1 33
fuor di dubbio che la fonte primaria sia Numenio, anche per­
ché la stessa dottrina viene attribuita a Numenio espressamente
da Porfirio 1 1 9 e da Proclo 1 l0; Leemans 1 2 1 , addirittura, fa risali­
re tutto il capitolo dodicesimo a Numenio e cosi pure De
Ley 1 22 , Dodds 1 23 e Flamant I 2A . Al contrario, sia Des P laces,
nella sua edizione dei frammenti di Numenio m , sia Beutler 1 26

pp. 28-3 1), da F. Cumont (Comment Plotin détouf7Ul Porphyre du suicide cit . ,
pp. 1 1 9- 1 20; Les religions orienta/es cit . , p . 301 , n . 28; Recherches sur le Sym­
bolisme funéraire des Romains cit . , p. 1 4 1 ); da R. Beutler (ree. a E. A. Lee­
mans, Studie over den Vijsgeer Numenius von Apamea mel Uitgave der Frag­
mente cit . , in « Gnomon », ( 1 940), p. 1 1 3 sgg. e Numenius, in « P . W . » , suppl.
VII, 1940, coli. 676-677), da M. A. Elferink (La descende de l'Ome d'apm Ma­
crobe cit . , pp. 8-28), da E . Dodds (Numenius and A mmonius cit . , pp. 8- 10), da
H. De Ley (Macrobius and Numenius cit . , pp. 27-SO).
1 1 9 De antro nympharum, c. 28 .
I lO In Rem. , Il, 1 28, 26 e 1 29, 1 -2S . La fonte diretta di questo passo di
Macrobio pertanto non può che essere la stessa di quella di Proclo, e cioè Porti­
rio. K. Mras e, fra gli italiani, A. Setaioli pensano - come si è visto - al De
antro; P. Courcelle (Les lettres grecques cit . , p. 24 e n. l ), H. De Ley (Mac�
bius and Numenius cit . , pp. 1 2-2!5), J . Flamant (Macrobe et le Néoplatonisme
latin cit . , pp.SSO-SS2) e E. A. Leemans (Studie over den Vijsgeer Numenius
von Apamea met Uitgave der Fragmente cit . , p. 43) ritengono invece che Ma­
crobio si sia ispirato al Commentario alla Repubblica dello stesso Porfrrio. M.
A. Elferink, che ha dedicato a questo tema un intero studio, sulla base del fatto
che nel testo di Macrobio la dottrina di Numenio sulle due porte del cielo è �
guita da un'allusione alla descrizione della creazione dell'anima del Timeo,
3Sa, ipotizza che la fonte di Macrobio potrebbe essere il Commentario al Ti­
meo di Porfrrio dal quale Macrobio avrebbe tratto anche le sue conoscenze
astronomiche; infatti - secondo Elferink (La descente de l'Ome d'apm Ma­
crobe cit . , p. 7 sgg. e pp. 40-4 1 ) - Macrobio si limita a riferire la concezione
della discesa dell'anima attraverso i segni zodiacali senza farla propria, perché
risulterebbe in contrasto con la sua teoria della discesa dell'anima attraverso i
pianeti.
1 2 1 Studie over den Vijsgeer Numenius von Apamea met Uitgave der
Fragmente cit . , pp. 48-S S .
1 22 Macrobius and Numenius cit . , p p . 1 2-2S .
123 Numenius and A mmonius cit, pp. 8-10.
12A Macrobe et le Néoplatonisme la tin ci t., p. S46 sgg.
m Fr. 34 e pp. 84-8S .

1 26 Ree. a Leemans, cit . , e Numenius cit .

1 34
restringono l' influenza di Numenio a /n Somn. , l, 12, 1 -3 per il
fatto che notano un allontanamento da Numenio da parte di
Macrobio li dove Macrobio attribuisce all 'anima una for­
ma geometrica, mentre Numenio concepiva l'anima come nu­
mero 1 27 • Anche Elferink, partendo dal fatto che alcuni plato­
nici - sulla base del Timeo, 35a, in cui l ' anima è descritta co­
me un misto di essenza divisibile e di essenza indivisibile -
concepiscono l'anima in termini geometrici e pertanto si distac­
'
cano dalla concezione di anima-numero di Numenio, ritie­
ne che la dottrina di Macrobio su questo punto si allontani da
quella di Numenio e si ispiri a quella di Severo 1 28 , il quale con­
cepisce l 'anima proprio come una figura geometrica costitui­
ta dal punto (indivisibile) e dalla linea (divisibile). Dodds, ri­
prendendo la tesi di Leemans, ritiene invece che la figura geo­
metrica usata da Macrobio sia una metafora, per nulla incom­
patibile con la concezione aritmetica dell'anima di Numenio 129 •

1 27 In particolare R. Beutler (Numenius cit.) si fonda su Proclo, In Tim. ,


I S 3 , 1 8-2S , dove viene operata una distinzione fra coloro che avevano fatto
dell'anima un'entità numerica (Aristande e Numenio) e coloro che ne aveva­
no fatto un'essenza geometrica (Severo), e ritiene che Macrobio, quando af­
ferma che l'anima perde la forma rotonda e in conum defluendo producitur,
fa, appunto, dell 'anima un 'entità geometrica.
1 28 M. A. Elferink (La descent de l'Ome d'apm Macrobe cit . , pp. 8-9)
pensa infatti che la fonte di questo passo di Macrobio sia Severo, sempre me­
diato da Porfirio. Questa posizione viene condivisa anche da A. J. Festugière
(La Révélation ci t . , pp. 42-43) e da J. A. Waszink (Studien zur Timaioskom­
mentar des Calcidius, Leiden, 1964, p. 1 3 , n. 1 ) . Festugière (op. cit. , p. 42, n .
2 ) rileva una seconda discordanza tra Macrobio e Numenio, relativa alla dot­
trina della « aetheria obvolutione » (In Somn. , l, I l , 1 2), ossia alla dottrina
dell'6X111J a che non è presente in Numenio e che presuppone una concezione
spaziale dell'anima. Questo fatto induce Festugière a concludere che Macra­
bio avrebbe trovato già in Porfirio l'escatologia di Numenio, ma unita ad al­
tre dottrine.
129 Cfr. E. Dodds, Numenius and A mmonius cit . , pp. 8- 10. La stessa te­
si è sostenuta da H . De Ley, Macrobius and Numenius cit . , pp. 27-SO.

1 35
Ora io penso che in questo caso Macrobio - che si ispira
direttamente a Porfirio e, attraverso Porfrrio, a Numenio e
forse anche ad altri platonici - utilizza la sua fonte molto libe­
ramente. Pertanto non credo che la forma rotonda e quella co­
nica, che il punto e la linea di cui egli parla possano intendersi
come semplici metafore geometriche della dottrina aritmetica
di Numenio, in quanto Macrobio non utilizza il linguaggio geo­
metrico in modo esclusivamente metaforico come, per esem­
pio, accade a Plotino a proposito della discesa dell'anima 1 30 •
Ma se non si può parlare di metafora tout-court non si può
neanche parlare di assunzione di una vera e propria forma geo­
metrico-stereometrica da parte dell 'anima, poiché l ' anima per
Macrobio ha soltanto una struttura geometrica essenziale che
le consente di unirsi ai corpi solidi 1 3 1 • Macrobio in sostanza
vuole dimostrare il carattere intermediario dell'anima, la quale
sta tra il mondo intellegibile e il mondo sensibile; e poiché que­
sto carattere è legato alla struttura tridimensionale dell 'anima
stessa, le attribuisce tale struttura, che individua nella progres­
sione dei numeri . Cosi l'anima da una parte assume l'essenza
della tridimensionalità propria dei corpi geometrici, dall'altra
non perde l 'essenza dell 'intellegibilità propria dei numeri; e,
mentre partecipa dei corpi, mantiene la sua caratteristica di in­
corporeità 1 32 •

1 30 In Enn. , IV, 3- 1 5 Plotino paragona la discesa dell ' anima al movi­


mento del punto che produce la linea . Questa metafora peraltro ricorre spes­
so in Plotino , per esempio in Enn. , IV, 2, l , dove l ' indivisibile è paragonato
al centro del cerchio da cui promanano i raggi . P h . M. Schedler (Die Philoso­
phie des Macrobius ci t . , p . 50, n. 3) a questo proposito ha operato il confron­
to tra Plotino e Macrobio .
1 3 1 In In Somn. , I I , 2, 1 4 egli dice che l ' anima è numero e partecipa dei
corpi per il fatto che nella sua struttura implica i numeri cubi.
t 32 Sulle eventuali fonti indirette di questa posizione di Macrobio (Seve­
ro e Adrasto) , cfr. A. R. Sodano, Per una edizione critica dei frammenti del
commento di Porflrio al " Timeo " di Platone, in « Atti dell'Accademia Pon­
taniana », Napoli, 1 963 , Nuova serie, 1 2, pp. 34-35 e p . 39 sgg .

1 36
Quindi attraverso il parallelo tra le figure geometriche e i
numeri - che d'altronde è una costante del platonismo - Ma­
crobio esprime il concetto della divisibilità e dell'indivisibilità
dell'anima e ripropone la concezione espressa da Platone nel
Timeo, 35a. Infatti utilizza le immagini della sfera e del cono,
tratte dal campo geometrico, e quelle del punto e della linea,
mutuate ancora una volta dalla geometria, per indicare il pas­
saggio dall'unità alla molteplicità: [ . . . ] anima descendens a te­
reti, quae sola forma divina est, in conum defluendo produci­
tur, sicut a puncto nascitur linea et in longum ex individuo pro­
cedit 1 33 ; ma sottolinea il fatto che il punto e la linea corrispon­
dono ai concetti matematici di monade e di diade 1 34, i quali
esprimono rispettivamente i concetti dell 'indivisibilità e sempli­
cità dell'anima, come essenza divina, e della divisibilità e mol­
teplicità della stessa anima, attratta dal corpo e pertanto este­
sa, divisa e molteplice, e si identificano l'una con la �oç OOaia e l'altra
con la IJ.Epta'tlÌ oùa{a del Timeo, 35a.
A questo punto mi pare che possa essere superata la querel­
le intorno alla fonte dei paragrafi 5-7 del capitolo dodicesimo
dei Commentarii se si accorda a Macrobio una certa autono­
mia nei confronti delle sue fonti e una certa capacità di rielabo­
rare personalmente il materiale a sua disposizione e se si pre­
scinde dalla distinzione di fondo tra essenza aritmetica ed es­
senza geometrica dell'anima, la prima propria della concezione
numeniana, come si evince da Proclo m , la seconda attribuibile
ad altri medioplatonici come Severo . Macrobio, in effetti, se­
gue l'una e l'altra concezione e le amalgama in maniera perso­
nale tenendo presente il Timeo di Platone come egli stesso dice
espressamente: « Questa è l'essenza che Platone, parlando della

In Somn. , l, 1 2 , 5 .
1 33
1 34In Somn. , l , 1 2 , 5-6: [ . . ] ibique a puncto suo, quod est monas, venit
.

in dyadem, quae est prima protractio.


m In Tim. , I l , 1 53 , 1 8-25 .

1 37
creazione dell'anima cosmica, ha definito nel Timeo ' ' indivisi­
bile e divisibile insieme ' ' perché le anime, tanto quella del mon­
do come quella di un uomo, come sarà possibile constatare, so­
no immuni da divisione se si riflette alla semplicità della natura
divina, e insieme vi sono soggette: ciò avviene quando l'anima
del cosmo si diffonde per le membra del mondo e quella umana
per le membra dell'uomo. Dunque l'anima, quando viene at­
tratta verso il corpo, in questa sua prima estensione comincia a
sperimentare il selvaggio disordine, la fiÀll , che rifluisce verso
di essa. Platone lo ha sottolineato nel Pedone, dove dice che
l'anima viene attratta verso il corpo in uno stato di trepidazio­
ne a causa della sconosciuta ebbrezza: voleva cosi intendere il
mai provato contatto con la sordidezza della materia, che tra­
scina via l'anima impregnandola e appesantendola » 1 36 •
Questo passo, oltre ad essere - come si è visto - un com­
mento al Timeo, 35a, che troviamo pressappoco negli stessi ter­
mini in Porfirio 1 37 e in Plotino 1 31, è anche un commento al Pe­
done, 79c.
Con esso Macrobio si riallaccia ad un altro tema ricorrente
nel platonismo, quello secondo cui l'anima nel « diffondersi
per le membra del mondo e per le membra dell'uomo » si assog­
getta alla divisione e alla dispersione del molteplice 1 39 e viene a
trovarsi in uno stato di disordine e di oblio causato dal soprag-

1 36 In Somn. , l, 12, 6-7 .


1 37 Sentenza 5 .
1 38 Enn. , l , l , 8 e I V , 2, l .
1 39 Il mito orfico che raffigura Dioniso smembrato dai Titani (In Somn. ,
l, 1 2, 1 2) indica la divisione del voùç uÀ.tK6ç nei corpi e la sua successiva riu­
nificazione: « Perciò nei loro misteri si tramanda che, fatto a pezzi dal furore
di Titano e sepolti i suoi resti , riemerse dalla terra integralmente riunito, per­
ché il voùç che, come abbiamo detto, è chiamato mente offrendosi alla divi­
sione da indivisibile che era, e poi, di nuovo, da essere diviso ritornando indi­
viso, adempie alle sue funzioni nel cosmo e non abbandona la sua misteriosa
natura » . Su questo mito e sul suo rapporto col passo del Timeo, 35a, cfr. E.
Rohde, Psyche, New York , 1 925 , 2 • , p. 1 1 6 sgg .

138
giungere della i>ì.:n 1 40 • L'anima discende proprio perché è at­
tratta dalla materia di cui nutre un desiderio malsano e segre­
to 1 4 1 e, gradualmente, si cinge di vari rivestimenti materiali che
vanno dall'6XTt J.1a al corpo fangoso, per cui assume quella con­
dizione che in terris vita vocitatur 1 42 • In questa discesa, però,
essa acquista le varie qualità o funzioni che dovrà esercitare
sulla terra; nel cerchio di Satumo acquista il raziocinio e l'intel­
ligenza (À.O"ftCJttK6v e 9&roprrnK6v), nel cerchio di Giove la for­
za di agire (xpaKttK6v), in quello di Marte l'ardore del corag­
gio (9UJ.LtK6v), in quello del Sole la capacità di sentire e di pen­
sare (alo9TtTtK6v e cpavTaottK6v), in quello di Venere il movi­
mento del desiderio (È7tt9UJ.LTtttK6v), nel cerchio di Mercurio la
facoltà del dire e dell'interpretare ciò che sente (ÈPJ.11lVEU'ttK6v),
nel globo della luna la capacità di generare e di accrescere i cor­
pi (cputtK6v) 1 43 • Pertanto la discesa dell' anima, con la conse-

1 40 P. Courcelle (Les lettres grecques ci t . , p. 30 e n. 4) pensa che tanto la

dottrina dell'oblio quanto il mito di Dioniso derivano dal Commentario al


Fedone di Porfirio (cfr. Olimpiodoro, In Phaed. , 84, 21 sgg.). Elferink (La
descente de rame d'apm Macrobe cit . , pp. 3Q-32) ritiene probabile invece
che la fonte di Macrobio sia ancora il Commentario al Timeo di Porfirio, do­
ve Porfirio avrebbe citato la dottrina dell'oblio e dell'ebbrezza dell'anima del
Fedone e avrebbe riportato il mito di Dioniso, come risulta da un parallelo
fatto da K. Mras (Macrobius ' Kommentar zu Ciceros Somnium cit . , p. 256)
tra il passo di Macrobio e un passo di Proclo, In Tim. , Il, 146, 3- 1 8 .
1 4 1 In Somn. , l , I l , I l .

1 42 In Somn. , l , I l , 1 2 .

1 43 In Somn. , l , 12, 1 3-14. Secondo M . A . Elferink (La descente de

rame d 'apm Macrobe cit. , p. 33), questo passo potrebbe essere improntato,
come gli altri, al Commentario al Timeo di Porfirio, anche perché Macrobio
allu de all'acquisizione delle qualità in un altro passo relativo all 'astronomia
(In Somn. , l, 1 9, 23) che come fonte ha sempre il Commentario al Timeo. J .
Flamant (Macrobe e t le Néoplatonisme latin cit . , p. 5 5 7 sgg. ) osserva che
questa dottrina risente delle teorie orientali: è infatti presente negli Oracoli
Caldaici, nei quali l'astronomia appare più rudimentale (si tratta di tre sfere);
ricompare poi, maggiormente articolata, nei neoplatonici; ma doveva essere
presente nei viri novi attaccati da Amobio (Adversus nationes, 2, 1 6) e discepoli

1 39
guente acquisizione delle qualità e delle funzioni , non è del tut­
to malefica, ma ha una parte di positività 1 44, per cui credo pos ­
sa affermarsi che Macrobio, pur ereditando d a Numenio una
visione cosmologica di tipo gnostico, non ne recepisce lo spirito
secondo il quale nelle sfere planetarie esisterebbe un potere ma­
lefico .
Come i neoplatonici e contro gli gnostici, dei quali tutta­
via pare desumere la topografia celeste, Macrobio ritiene che
il mondo sia bello e armonioso e che gli astri siano divini 1 45 ;
e , quando affronta i l problema della funzione dell 'anima co­
smica in rapporto al mondo, si adegua agli schemi plotinia­
ni 1 46, secondo i quali l'anima ha una funzione creativa e vivifi­
catrice 1 47 • Occorre sottolineare, però, che per quanto riguar­
da la discesa delle anime individuali egli si scosta da Plotino,
per il fatto che considera sempre un male tale discesa laddove
Plotino sembra distinguere la discesa delle anime (necessaria e

di Numenio e di Crono . Allora egli pensa che la fonte potrebbe essere sempre
Numenio filtrata attraverso Porfirio del Commentario alla Repubblica. Nu­
menio, infatti , sostiene che l'anima comincia ad essere toccata dal male pri­
ma di entrare nei corpi, al suo primo contatto col mondo, e che le sfere plane­
tarie giocano la loro parte nell'adattamento delle anime ai corpi.
1 44 Macrobio non riflette certamente il pessimismo dei Poimandres o di
Servio, secondo cui le anime scendendo nelle varie sfere non acquistano qua­
lità, ma vizi e difetti. A questo proposito J . Flamant (Eiéments gnostiques
dans l'reuvre de Macrobe cit . , pp. 1 39- 1 42) osserva che Macrobio rispecchia
il miglior platonismo, quello plotiniano, ed « esorcizza il demone gnostico » ,
ossia i l pensiero gnostico.
1 45 I n In Somn. , l, 1 9, 20 Macrobio afferma che non possono esistere
astri benefici e astri malefici e in In Somn. , l, 19, 2 1 -26 e l, 19, 27 utilizza
Plotino (Enn. , I l , 3) e Tolomeo (Harmonica) non tanto per analizzare i rap­
porti numerici che reggono le posizioni degli astri e permettono la conoscenza
del futuro, come in Tolomeo , o per salvare l 'unità della volontà divina al di là
dei capricci apparenti degli astri, come in Plotino; ma principalmente per sal­
vare la divinità di tutti i pianeti, per negare la malvagità degli astri .
146 Cfr. Enn. , V, 2.
147 Cfr. In Somn. , l , 14, 5.

1 40
utile) 1 48 dalla caduta di queste (volontaria e colpevole) 1 49 • In
Macrobio, dunque, coesistono due visioni: una cosmologica
ottimistica e una antropologica pessimistica 1 50 , due visioni che
probabilmente sono il risultato della contaminazione, che si ri­
scontra già nella sua fonte immediata - in questo caso Porfi­
rio - tra il plotinismo da una parte e le religioni orientali, se­
gnate dal pessimismo gnostico, dall'altra.

4.2.4. La liberazione dal corpo: morte naturale e morte violenta


(In Somn., l, 13)

Esistono due alternative che consentono all'anima di libe­


rarsi dalla condizione negativa nella quale viene a trovarsi a
causa della discesa nel corpo : la morte naturale, ossia la sepa-

1 48 Enn. , IV , 3, 1 3 : « Quando l'ora scocca, non occorre che la ponga sul­


la via o la guidi giù [ . . . ] ma sovrastando automaticamente, per cosi dire, ella
discende ed entra nel corpo dovuto ».
149 Enn. , IV, 3 , 1 2 e Enn. , V, l, l, dove si legge fra l'altro : « Cosi ebbre
visibilmente, di quella loro autodeterminazione, poi che ebbero fatto il più
largo uso di quel loro spontaneo movimento [ . . . ], finirono alfine per ignorare
se stesse e la loro origine [ . . . ] . Le anime, dunque, non scorgendo più né Lui
né se stesse, disistimandosi, per ignoranza della loro stirpe, ed apprezzando
invece le altre cose [ . . . ] , si strapparono a tutto potere, dalle cose donde ave­
vano già volto le spalle, sprezzantemente » . Cfr. a tale proposito M. Di Pa­
squale Barbanti, A ntropologia e mistica nella filosofia di Plotino, Catania,
1 978, pp. 64-69. Cfr. anche E. Bréhier, La philosophie de Plotin, 2• ed. , Pa­
ris, 1 96 1 , p. 50 sgg; A. J. Festugière, La Révélation cit . , III, pp. 95-96; W .
Eborowicz, L a contemplation selon Plotin, i n « Giornale d i metafisica », 1 3
( 1 958), p . 48 ; J . Moreau , Plotin ou la gioire de la philosophie antique, Paris,
1 970, p. 1 49.
1 50 Cfr. In Somn. , l , 12, 7- 1 1 . Porfirio - secondo Flamant (Eiéments
gnostiques dans l 'a!uvre de Macrobe cit . , pp. 1 39- 1 42) - starebbe alla base
del pessimismo di Macrobio di In Somn. , l, 12 col Commentario alla Repub­
blica in cui utilizza Numenio, e starebbe alla base dell'ottimismo di In
Somn. , l , 14, S col commento al trattato plotiniano Sulla generazione e l'or­
dine delle cose che vengono dopo il primo (Enn. , V, 2).

141
razione dell'anima dal corpo, e la morte filosofica, ossia il di­
stacco dell'anima da tutto ciò che è legato alla corporeità, trami­
te l' ascesi eticCK:atartica: [ . . . ] duas adserit mortes quorum unam
natura, virtutes alteram praestant. Homo enim moritur cum ani­
ma corpus relinquit solutum /ege naturae; mori etiam dicitur
cum anima, adhuc in corpore constituta, corporeas inlecebras
philosophia docente contemnit et cupiditatum dulces insidias re­
liquasque omnes exuitur passiones m . Ora, poiché il saggio non
può porre fine alla propria vita procurandosi volontariamente il
primo tipo di morte m, in attesa che questa arrivi naturalmente,
non ha altra possibilità che quella di scegliere la morte filosofica
uccidendo le passioni. Questo è, in sintesi, quanto Macrobio re­
cepisce da Platone e, più direttamente, da Plotino e da Porfrrio,
e questo è l'espresso contenuto della risposta che Cicerone mette
in bocca a Paolo l'emiliano, interrogato dal figlio circa la possi­
bilità di darsi volontariamente la morte m .
M a mentre Cicerone condanna i l suicidio i n nome della leg­
ge che presiede alla generazione degli uomini u• i quali, in
quanto sottoposti a questa legge, sono destinati ad abitare nel
« carcere del corpo » finché Dio non li liberi, per non sfuggire
alla missione loro affidata m; Macrobio - sempre nell'intento
di conciliare Cicerone col platonismo - dà un respiro più am-

l S I In Somn. , l, 1 3 , 6. Macrobio qui si riferisce espressamente al Fedone


platonico del quale traduce « liberamente ma fedelmente » - come dice J .
Flamant (Macrobe e t le Nloplatonisme latin cit . , p. S87) - tre passi (64d,
67a e 62c).
1 s2 In Somn. , l , 1 3 , 6: Hanc ergo mortem dicit Plato sapientibus esse ad­

petendam, illam vero quam omnibus natura constituit cogi ve/ in/erri ve/ ac­
cersiri vetat.
I SJ In Somn. , I, 1 3 , 34, e Somn. , III, 3 .
I S4 Somn. , I I I , 4: Homines enim sunt hac lege generati qui tuerentur il­
lum globum, quem in hoc tempio medium vides, quae Te"a dicitur.
1 ss Somn. , III, S : Quare et tibi, Publi, et piis omnibus retinendus animus

est in custodia corporis nec iniussu eius a quo il/e est vobis datus, ex hominum
vita migrandum est ne munus humanum adsignatum a deo defugisse videomini.

1 42
pio al suo discorso, che arricchisce raccogliendo a piene mani
materiale dalla sapienza platonica e neoplatonica. Così in pri­
mo luogo si richiama al Pedone, dal quale trae lo spunto per
operare la distinzione tra morte naturale e morte filosofica e
per sottolineare che la morte ascetica o filosofica, l'unica che
deve essere perseguita dai sapienti, avviene ex secundo virtu­
tum ordine, quae solis philosophantibus aptae sunt; in secondo
luogo si richiama al nono trattato della prima Enneade di Pio­
tino, del quale recepisce le linee generali e i concetti fondamen­
tali senza però seguirne l'ordine.
Plotino nel corso del capitolo tredicesimo dei Commentarii
viene chiamato in causa espressamente ben cinque volte. Il pri­
mo argomento plotiniano contro il suicidio riferito da Macro­
bio è quello secondo il quale il saggio, che dovrebbe essere libe­
ro e puro da qualsiasi passione, nel momento in cui si dà la
morte diventa schiavo della passione, poiché il suicidio altro
S6
non è che la conseguenza di una passione I .
Questo argomento, che nel trattato plotiniano viene collo­
cato in seconda linea, viene utilizzato prioritariamente da Ma­
crobio; mentre l'argomento che Plotino pone all'inizio del suo
trattato viene collocato da Macrobio al secondo posto ed è
quello secondo il quale la morte violenta, anziché liberare l'ani­
ma dal corpo, la costringe a trascinarsi dietro qualcosa di
corporeo 157 • Macrobio inoltre aggiunge all'argomento plotinia­
no, che non va oltre i termini sopra esposti, una riflessione per­
sonale secondo la quale le anime dei suicidi vagherebbero in-

I S6 In Somn. , l, 1 3 , 9: Oportet, inquit, animam post hominem liberam


corporeis passionibus inveniri: quam qui de corpore violenter extrudit, libe­
ram esse non patitur; qui enim sibi sua sponte necem comparai, aut pertaesus
necessitatis aut metu cuiusquam ad hoc descendit aut odio, quae omnia inter
passiones habentur; ergo, etsi ante fuit his sordibus pura, hoc ipso tamen
quod exit extorta, sordescit.
1 57 In Somn. , l , 1 3 , 10: [ . . ] exitu autem coacto animam circa corpus
.

magis magisque vinciri.

1 43
tomo al corpo e alla sua sepoltura 1 58 • Il terzo argomento di
Plotino - che è posto in stretto rapporto col precedente, in
quanto costituisce il presupposto della totale liberazione
dell'anima, e che si fonda sulla necessità che sia il corpo ad ab­
bandonare l'anima e non viceversa - in Macrobio diventa un
argomento a sé, fondato piuttosto sul rapporto numerico che
lega le anime ai corpi : « Finché sussistono questi numeri il cor­
po continua a essere vivo, ma quando vengono a mancare subi­
to si dissolve la forza arcana su cui si fondava quella associa­
zione di corpo e di anima » 1 59 • Infine il quarto argomento, che
anche Plotino tratta per ultimo, è quello secondo cui il saggio,
con la morte violenta, oltre a compromettere la propria purifi­
cazione a causa della passione che lo spinge al suicidio, pone un
limite alla stessa possibilità di purificarsi; il che è certamente un
male dal momento che la ricompensa celeste è corrispondente
al grado di perfezione raggiunto sulla terra 1 60 • A questo riguar­
do Macrobio fa una precisazione e allude al De regressu di Por­
fino, precisamente là dove Porfirio afferma che il prolunga­
mento della vita è un dono di Dio finalizzato al conseguimento
della perfetta purificazione dell'anima 1 6 1 •
Le maggiori autorità invocate da Macrobio per quanto ri-

15 8 In Somn. , l , 1 3 , IO: Et re vera ideo sic extortae animae diu circa cor­
pus eiusve sepolturam vel /ocum in quo iniecta manus est pervagantur.
159 In Somn. , l, 1 3 , l l - 1 2. Plotino in Enn. , l, 9 si limita a parlare dell' ar­
monia attraverso la quale il corpo trattiene l'anima: Tflç ap�toviaç aÙTOU
oùKtTl oGTll ç, flv fxov Elx11 Tt'Jv wux'flv. F. Cumont (Comment Plotin détour­
na Porphyre du suicide cit . , p. 1 1 8) sottolinea l 'influenza del pitagorismo sul­
la dottrina del suicidio sia di Plotino e di Porfirio che di Macrobio.
1 60 In Somn. , l, 1 3 , 1 5 : Cum constet, inquit, remunerationem animis il­
/ic esse tribuendam pro modo perfectionis ad quam in hac vita unaquaeque
pervenit, non est praecipitandus vitae finis eu m adhuc proficiendi esse possit
accessio.
1 6 1 Cfr. J . Bidez, Vie de Porphyre cit . , pp. l 58- l 62 e pp. 27-44 , dove vie­
ne ricostruito il trattato porfiriano sulla base della citazione del De civitate
Dei, X, 29-30.

1 44
guarda la condanna del suicidio sono, dunque, Platone e Ploti­
no, il cui pensiero viene riferito quasi per intero - tranne che
per l'unica possibilità di suicidio ammessa dall'autore delle En­
neadi, per quella forma di suicidio posta tra gli eventi inelutta­
bili (tv toic; àvayKaimc;) ossia « tra le cose che vanno decise in
seguito a determinate circostanze e non tra le cose di semplice
scelta » 1 62 ; alla fine viene richiamato pure Porfirio con l'espres­
sione: in arcanis de animae reditu disputationibus, che sembra
essere la traduzione diretta del titolo originale greco dell'ope­
retta porfiriana sul ritorno dell'anima 1 63 • Tuttavia la questione
relativa alle fonti di questo capitoletto dell'In Somnium è stata
molto discussa, sempre a causa dell'abitudine comune agli eru­
diti romani di quel tempo di non menzionare le opere che con­
sultavano, ma piuttosto gli autori in queste citati. Questo fatto
ha indotto gli studiosi ad andare oltre quello che afferma Ma­
crobio intorno alle sue fonti e a tentare di individuare queste
per altre vie 1 64 •
Per quanto concerne il riferimento al Pedone, 62b e 67e,
Cumont avanza delle riserve sulla possibilità che Macrobio ab­
bia letto direttamente il dialogo di Platone, per il fatto che nel­
l'opera macrobiana sono presenti l'espressione « morte fisica »
e la distinzione di questa dalla morte filosofica, che non si ri­
scontrano in Platone cosi come non si riscontrano in Plotino,
mentre sono tipicamente porfiriane 1 65 • Per Platone - argo­
menta Cumont - le virtù che liberano dalle passioni non con-

1 62 Enn. , l, 9.
1 63 In Somn. , l , 1 3 , 1 6.
1 64 H. Linke ( Ueber Macrobius' Kommentar zu Cicero Somnium Sci­
pionis cit. , p. 246) e Ph. Schedler (Die Philosophie des Macrobius cit . , p. 97)
furono i primi a dubitare dell'utilizzazio ne diretta di Plotino da parte di Ma­
crobio e misero in evidenza che, nonostante i riferimenti espliciti a Plotino, in
effetti Macrobio utilizza Porfirio.
1 65 F. Cumont, Comment Plotin détourna Porphyre du suicide cit . , pp.
1 1 3 - 1 20 e Lux Perpetua cit . , p. 338.

1 45
ducono ad una morte anticipata, ma preparano alla morte fisi­
ca attraverso la purificazione; Platino non giunge nemmeno al­
la specifica distinzione delle due morti; Porfuio invece dice
espressamente che « c'è una duplice morte: l'una generalmente
conosciuta, quando il corpo si separa dall'anima; l'altra pro­
pria dei ftlosofi, quando l'anima si libera dal corpo. Questa
non è affatto la conseguenza di quella » 1 66 • Per questa ragione
Cumont e, insieme a lui, Courcelle ritengono che la fonte diret­
ta del passo di Macrobio che si riferisce al Fedone potrebbe es­
sere il Commentario al Fedone di Porfirio citato da Olimpio­
doro 1 67, oppure il De regressu che, probabilmente, conteneva
questi passi del Fedone, come risulta a Courcelle da un parall e­
lo fra Agostino e Claudiano Mamerto, il quale sicuramente
non conosceva Macrobio 168 •
P . Henry, al contrario, pensa che Macrobio abbia letto diret­
tamente il Fedone e prova che le riserve espresse da Cumont e le
sue conclusioni non trovano supporto se si confronta testual­
mente Macrobio con Porfrrio. Attraverso tale riscontro testuale
Henry dimostra che nel passo di Macrobio manca la distinzione,
prettamente porfrriana, tra la morte che comporta la separazio­
ne del corpo dall ' anima (morte fisica) e quella che comporta la
separazione dell'anima dal corpo (morte ftlosofica) 1 69 •
In verità questa distinzione - sebbene manchi, come giu­
stamente rileva Henry, nel passo in cui Macrobio si riferisce al
Fedone - è in parte presente nel passo seguente 1 70 , il quale è

1 66 Sentenza 9 e F. Cumont, Comment Plotin détourna Porphyre du sui­


cide cit . , pp. 1 1 3- 1 20.
167 Cfr. F. Cumont, Comment Plotin détourna Porphyre du suicide ci t . ,
pp. 1 1 3- 1 20 e P . Courcelle, L es /ettres grecques cit. , pp. 25-28 .
168 La stessa tesi è sostenuta da Flamant (Macrobe et le Néoplatonism
latin cit . , pp. 588-599).
169 Cfr. P . Henry, Plotin et /'Occident cit . , pp. 1 70- 1 73 .
1 1o In Somn. , l , 1 3 , 5 , 7 . Più in là invece, al paragrafo 1 1 , la distinzione
è riferita negli stessi termini di Porfirio ed è attribuita a Plotino: « Plotino ag-

1 46
da considerare come un commento di Macrobio alla genuina
dottrina di Platone, commento mediato, con ogni verosimi­
glianza, dal pensiero di Porfirio. Ciononostante non pare che
Macrobio segua testualmente Porfirio, certamente lo tiene pre­
sente ma non si accontenta soltanto di lui; forse si può affer­
mare che muove da Porfrrio per risalire a Platone e principal­
mente a Plotino, che - come abbiamo visto - ricalca quasi in­
tegralmente, pur invertendone l'ordine delle argomentazioni,
pur ampliandone alcuni passi, pur tacendo quello che non gli
appare perfettamente conforme alle sue posizioni di fondo,
manifestando quindi col silenzio il suo dissenso nei confronti di
ciò che potrebbe contraddire la sua teoria di totale condanna
del suicidio.
Ora, a proposito del lungo riferimento di Macrobio a Ploti­
no, Cumont, nel rilevare le differenze esistenti tra il breve trat­
tato plotiniano sul suicidio e il testo di Macrobio, fa il punto
proprio sull'intransigenza di Macrobio nei confronti del suici­
dio, che è in contrasto con l'ammissione di esso - sebbene li­
mitato a pochissimi casi e subordinato a certe condizioni - che
si riscontra in Plotino 1 7 1 • E poiché egli ritiene Porfirio più sen­
sibile di Plotino rispetto alle credenze religiose del tempo che
vietavano il suicidio 1 72 , individua in Porfirio la fonte diretta di

giunge che naturale è solo la morte per cui è il corpo che abbandona l'anima e
non l ' anima il corpo ». Macrobio però, piuttosto che commentarla, passa im­
mediatamente al commento del concetto plotiniano di armonia: « È noto che
le anime sono associate ai corpi in base a una sicura e determinata razionalità
numerica. Finché sussistono questi numeri , il corpo continua a essere vivo,
ma quando vengono a mancare, subito si dissolve la forza arcana su cui si
fondava quella associazione di corpo e anima >> .
1 7 1 Cfr. E . Cumont, Comment Plotin détourna Porphyre du suicide cit . ,
p. 1 1 6.
172 Non solo le credenze giudaico-romane e cristiane, ma anche quelle

pagane della Siria (cfr. F. Cumont , Comment Plotin détourna Porphyre du


suicide cit . , p. 1 1 6.

147
Macrobio e pensa o al De regressu o ad un eventuale commento
porfuiano al n&pi tl;ayroyftç di Plotino. Dello stesso avviso è
Courcelle, il quale osserva che nulla vieta di pensare che Porfi­
rio, oltre a riportare nel De regressu alcuni passi del Pedone, ab­
bia potuto riportare citazioni del trattato sul suicidio di Plotino,
al quale avrebbe attinto Macrobio 173• Henry, invece, attraverso
il confronto tra il testo di Macrobio e il trattato di Plotino, di­
mostra la diretta derivazione di Macrobio da Plotino e afferma
che tutte le idee essenziali espresse nel n&pi tl;ayroyftç tranne
una (quella dell'ineluttabilità di certe circostanze che rendereb­
1 14•
bero lecito il suicidio) sono presenti nell' opera di Macrobio
D'altra parte Henry esclude che Macrobio possa avere seguito un
commento di Porflrio al n&pi tl;ayroyftç plotiniano, per il fatto
che dubita fortemente dell'esistenza di un siffatto commento 1 75 •
In effetti non pare che si possa escludere che Macrobio ab­
bia conosciuto direttamente il n&pi tl;ay� ç plotiniano, an­
che se in un caso tralascia qualche passo e in un altro caso -
come si è visto - completa il discorso di Plotino con sviluppi
che risultano estranei al suo genuino pensiero 1 76 • D ' altra parte

m Cfr. P. Courcelle, Les lettres grecques cit. , pp. 25-28, il quale tra l'al­

tro osserva che un parallelo testuale tra In Somn. , l, 1 3 , 5, e il De civitate


Dei, X, 29, l , conferma l' ipotesi di Cumont; poiché da esso si evince che sia
Macrobio che Agostino si riferiscono al De regressu in cui la vita è considera­
ta un dono di Dio che ci consente la purificazione perfetta. Anche J. Flamant
(Macrobe et le Néoplatonisme latin cit . , p. 589) è dell'avviso che se Macrobio
conosce il trattato sul suicidio di Plotino, lo conosce tramite Porfrrio.
1 74 Cfr. P. Henry, Plotin et / 'Occident cit . , pp. 1 73 - 1 75 .
m D i questo commento non s i hanno notizie s e non d a Eunapio ( Vitae

sophistarum, p. 6), il quale d'altronde ci dà delle notizie false sui rapporti tra
Plotino e Porfirio specie per quanto riguarda il soggiorno di Porfirio in Sici­
lia, dove Plotino - secondo Eunapio - lo avrebbe raggiunto per dissuaderlo
dal proposito di suicidarsi . Cosa che, a giudicare dall a Vita Plotini di Porfi­
rio, non risulta vera (cfr. Porfirio, Vita Plotini, Xl). Sulla questione cfr . P.
Henry, Plotin et I'Occident cit . , p. 164.
1 76 Vd . sopra, pp. 1 25- 1 26.

1 48
la non perfetta aderenza al testo plotiniano, piuttosto che spin­
gerei ad escludere il contatto diretto di Macrobio con le Ennea­
di ed orientarci verso fonti diverse, dovrebbe condurci verso
una seconda soluzione che ho già anticipato e che è quella di un
allargamento delle fonti di Macrobio.
Secondo questa prospettiva si può sostenere con sufficiente
ragionevolezza che Macrobio legge Porfirio e legge anche Pio­
tino, anzi spesso si serve di Porfirio per meglio interpretare
Plotino che ritiene la sua fonte principale. Plotino, infatti, vie­
ne chiamato direttamente in causa esplicitamente ed implicita­
mente e il suo pensiero viene introdotto con termini come in­
quit, ait, addit, adicit, sempre in relazione a passi che Macro­
bio dimostra di conoscere direttamente. Inoltre, quando Ma­
crobio va oltre il pensiero plotiniano e aggiunge riflessioni per­
sonali, usa espressioni tipiche come et re vera 177 quasi per sot­
tolineare il suo personale intervento nel testo che gli fa da fon­
te, intervento che ha fine quando Macrobio ritorna a Plotino
con et ideo significai 1 7 8 • Tutto ciò mi sembra emblematico del
modo di porsi di Macrobio di fronte alle sue fonti e indicativo
delle capacità che Macrobio esprime nel comprendere e riela­
borare il materiale proveniente da fonti diverse.

4.2. 5 . L 'anima come ipostasi (In Somn., /, 14)

Il capitolo quattordicesimo dei Commentarii trae inizio dal


l emma di Cicerone in cui l 'universo è definito tempio (di Dio) e
la terra è considerata centro di questo tempio, oltre che dimora
degli uomini 1 79 • Macrobio rinvia ad altro luogo il discorso geo­
grafico e cosmografico intorno alla terra e alla posizione cen­
trale di essa nel contesto del cosmo per soffermarsi in questo

177 In Somn. , l, 1 3 , 10.


1 78 In Somn. , l , 13, 10.
1 79 Somn. , III, 3.

149
capitolo sulla dimensione metafisica dell 'affermazione di Cice­
rone e inizia col chiarire il concetto di Dio sia per indicare che
alla concezione dell' onnipotenza di Dio - inaccessibile allo
sguardo umano e concepibile soltanto dalla mente - si arriva
mediante le cose da lui create, sia per significare che gli uomini
che abitano in questo tempio partecipano della divinità in
quanto partecipano dell ' anima celeste: [ . . . ]
humano generi di­
vinitatem inesse testatur ut universos siderei animi cognatione
nobilitet 1 80• Quindi, dopo una precisazione sul significato del
termine animus - utilizzato da Cicerone a volte per indicare la
mente, altre volte per indicare l ' anima 181 -, Macrobio tratta
dell 'essenza dell ' anima, riassumendo la dottrina neoplatonica
delle ipostasi e facendone un 'esposizione che è stata considera­
ta fra le migliori esistenti in lingua latina.
Ora tale dottrina, che Macrobio attribuisce genericamente
« ai teologi » (secundum theologos) 182 , nel contenuto è chiara-

1 80 In Somn. , l, 14, 2.
181 Cfr . In Somn. , l , 14, 3-4, dove Macrobio distingue anima da animus
poiché nella lingua latina ai due termini corrispondono due concetti differen­
ti di anima: anima indica il concetto di funzione vitale (soffio vitale), ossia vi­
ta; animus indica, invece, ciò che distingue l'uomo dall'animale, ossia la fun­
zione intellettiva, per cui è più vicino a mens voùç. Ora Macrobio dice che
=

ciascuno di questi due termini può essere inteso o in senso ristretto (proprie) o
in senso lato (abusive). Cfr . a tale proposito M . Van Den Bruwaen, 'lfVXtf et
voùç dans le « Somnium Scipionis » de Ciceron, in « L' Antiquité classique » ,
8 ( 1 939) , pp. 1 27-1 52, e P . Boyancé, Etudes sur le Songe de Scipion cit . , pp.
26-28). A nimus viene usato da Cicerone in senso lato e viene usato molto più
frequentemente di anima (nel Somnium anima è usato una sola volta) e con
animus Cicerone intende ora III UXil ora voùç (ciò si verifica anche nelle Tuscu­
lanae) . Macrobio allora, sotto l'influenza della dottrina delle ipostasi neopla­
toniche nella quale l'intelletto non può essere confuso con l ' anima perché le
sta al di sopra, tutte le volte che incontra animus usato da Cicerone per indi­
care l ' anima e non l' intelletto, lo trasforma in anima (cfr. In Somn. , l, 14,
3-4; l , l, 1 6; l , 2, 14; l , 14, 1 4); infatti per Macrobio animus indica la seconda
ipostasi, anima la terza.
182 In Somn. , l, 1 4, 5. P. Henry (Piotin et I'Occident cit . , p. 227) sostie-

1 50
mente plotiniana, in quanto è priva di tutte le complicazioni e
di tutte le mediazioni che si riscontrano nei neoplatonici poste­
riori : le ipostasi di cui parla Macrobio sono infatti soltanto tre
e non si riscontra in esse né alcuna suddivisione né alcuna mol­
tiplicazione. Inoltre quasi tutti i concetti espressi da Macrobio
a questo riguardo risalgono alla dottrina di Plotino: l'unità e la
causalità universale del principio, il quale crea l 'ipostasi succes­
siva per sovrabbondanza : Hic superabundanti maiestatis fe­
cunditate de se mentem creavit 1 83 ; la contemplazione creatrice
del vouç, il quale da una parte guarda all'Uno e con esso si
identifica, e dall'altra crea l'anima 1 84 ; la contemplazione del
vouç da parte dell'anima, la quale, guardando verso il vouç, si
riempie di lui (induitur) 1 8' ; il volgersi dell'anima verso le cose
corporee, espresso da Macrobio con degenerai 1 86 e la capacità
di questa di generare le facoltà inferiori: l' aia9tlnK6v e il qm­
't1K6v 1 87 •
Sulla diretta derivazione di questi concetti da Plotino, tut­
tavia, gli studiosi non sono concordi. E ssa è stata sostenuta da
Henry ed è stata dimostrata attraverso una serie di riscontri te­
stuali tra il passo di Macrobio e l'Enneade, V, 2, 1 188 , nella

ne che dietro questo plurale, che appartiene al genere delle citazioni anonime,
si nasconde semplicemente Plotino, data la rispondenza quasi letterale - che
Henry stesso riscontra (pp. 1 88- 1 90) - tra il passo di Macrobio e alcuni passi
di Enn. , V, 2, l .
183 In Somn. , l , 14, 6.
1 84 In Somn. , l , 14, 6.
m In Somn. , l , 14, 7 . Il termine induitur - che Scarpa traduce con « si

riveste di esso » e Regali con « assume i suoi tratti >> - a mio avviso ricalca il
senso di 7tÀTJ pou<at di Enn. , V, 2, l e potrebbe tradursi , come Cilento tradu­
ce questo termine con « Si riempie di Spirito » .
1 86 In Somn. , l , 14, 7 . P . Henry (Piotin e t l'Occident cit . , p. 270) rile­
va che degenerai probabilmente riprende 7tpo9uJ1{a <où x&ipovoc; di Enn. , V,
2, l .
1 87 In Somn. , l , 14, 7 .
188 Cfr . P . Henry, Plotin et I'Occident cit . , p p . 1 87- 1 90.

151
quale Henry ha individuato puntualmente la matrice della dot­
trina delle ipostasi di Macrobio ad eccezione della concezione
relativa alla facoltà razionale, al ÀO"f\K6v, che - secondo Ma­
crobio - l'anima mutua dal vouç e che non si trova espressa­
mente nel secondo trattato della quinta Enneade. Ma Henry
osserva che Plotino chiude il primo capitolo di questo trattato
con un riferimento a quanto nell'anima vi è di superiore, a ciò
che rimane legato allo Spirito e consente che nell'anima stessa
permanga lo Spirito : tnd Kat Tò npò TouTou Tò voù
tçTJ pTTJ IJ.ÉVOV IJ.ÉVE\V TÒV VOUV ècp'èaUTOU èQ.; pertanto COnclu­
de che, se nel trattato plotiniano manca il termine ÀO"f\K6v, è
certamente presente il concetto corrispondente. Courcelle con­
divide l'opinione di Henry per quanto riguarda la dottrina in
generale, ma per quanto riguarda i concetti di ÀO"f\K6v, ala9n ­
TtK6v e cpuTtK6v, pensa che Macrobio abbia utilizzato Enn. ,
III, 4, 2-3 1 89 •
Di avviso diverso è P . Hadot, il quale pensa che la fonte di­
retta di Macrobio sia Porfirio, per il fatto che in Macrobio ci
sarebbero elementi porfiriani, presenti anche in Calcidio e mu­
tuati da Numenio (Fr. 1 1 - 1 2 Des Places), che non si riscontra­
no nel pensiero di Plotino o almeno nel breve trattato della
quinta Enneade alla quale, secondo Henry, si sarebbe riferito
Macrobio 1 90 • Hadot si trova d'accordo con Henry nel rilevare
alcune somiglianze tra Macrobio e Plotino per quanto attiene
all'emanazione dell 'anima dall'intelletto, alla produzione per
sovrabbondanza , alla conservazione del carattere unitario di
ogni ipostati in virtù della contemplazione; tuttavia ritiene che

189 Cfr. P. Courcelle, Les lettres grecques cit . , p. 22.


1 90 Cfr. P. Hadot, Porphyre et Victorinus cit . , t. l, pp. 459-460, n. 2. La
stessa tesi è sostenuta da W. Theiler (Porphyrios und A ugustin cit . , p. 3 3 , e
A mmonios und Porphyrios, in Porphyre, Entretiens sur l' Antiquité classi­
que, 1 2 , Vandreuvres-Genève, 1 965 , p p . 97- 1 00) e da R. Beutler (Porphy­
rios, in « P . W . )) , 22, l , 1 95 3 , col . 303).

1 52
in Macrobio ci siano concetti che non esistono in Plotino, co­
me quello del doppio sguardo, che tanto lo Spirito quanto
l'anima rivolgono a ciò che precede e a ciò che segue, e quello
della somigli anza dell'anima con lo Spirito legata alla contem­
plazione dello spirito da parte dell'anima 1 9 1 • Inoltre, secondo
Hadot - che sottolinea, come d'altronde aveva fatto Henry, la
mancanza di À.O"f1.K6v in Enn. , V, 2, l e la presenza dello stesso
termine in Enn. , III, l , 2 - è poco verosimile che Macrobio
abbia potuto operare la sintesi dei due trattati di Plotino 1 92 •
Data allora questa differenza tra il passo di Macrobio e il testo
di Plotino, data la presenza di un passo parallelo in Calcidio
per il quale Waszink suppone l'influsso di Porfirio 1 93 , data la
somigli anza tra Macrobio e Calcidio per quanto riguarda il
« doppio sguardo » dello Spirito (dottrina propriamente nume­
Diana), Hadot conclude che la fonte primaria di Macrobio po­
trebbe essere Numenio e che la fonte diretta è Porfirio e preci­
samente il Commentario al Timeo, che costituisce anche la fon­
te di Calcidio. Anche Flamant ritiene che la fonte diretta di
Macrobio a questo riguardo sia Porfirio, ma pensa ad un com­
mento di Porfirio al secondo trattato della quinta Enneade 1 94 •
Si tratta ovviamente di supposizioni , alcune delle quali fon­
date sulla poca fiducia degli studiosi nelle possibilità interpre­
tative di Macrobio, al quale non viene riconosciuta la capacità
di assimilare e rielaborare la dottrina di Plotino, tenendo conto
di concetti diversi , collocati in luoghi diversi delle Enneadi. Al
contrario, io credo che si possa sostenere ancora una volta con
qualche ragione la diretta derivazione di Macrobio dal testo di

191 Cfr. P. Hadot, Porphyre et Victorinus cit. , p. 4S9.


1 92 P . Hadot, Porphyre et Victorinus cit . , p. 4S9. Anche questa posizio­
ne mi pare dettata dal presupposto secondo cui Macrobio non avrebbe avuto
alcuna capacità di sintesi e di rielaborazione delle fonti a sua disposizione.
1 93 Cfr. J. A. Waszink, Porphyrios und Numenios cit . , p. 20.
1 94 Cfr. J. Flamant, Macrobe et le Nloplatonisme latin cit . , pp . 498-SOS .

1 53
Plotino, almeno per quanto riguarda alcuni trattati. Li dove il­
lustra il concetto dell 'unità nella successione di tutte le realtà,
per esempio, Macrobio utilizza immagini e concetti plotiniani ;
e dopo aver analizzat o alla maniera aristotelica e in un certo
senso anche plotiniana 1" le varie facoltà dell'anima e averle lo­
calizzate nelle varie specie di viventi (la vegetativa nelle piante;
la vegetativa e la sensitiva negli animali; la vegetativa, la sensi­
tiva e la razionale negli uomini) cosi si esprime: « In base a que­
sti concetti dunque, e tenuto conto che la mente procede dal
sommo Dio e l'anima dalla mente, e l'anima poi crea e riempie
di vita tutto ciò che segue e quest 'unico fulgore, illumina tutto
e appare in tutte le cose come un solo volto appare in molti
specchi posti in fila uno dietro l'altro; e poiché tutte le cose
senza soluzione di continuità si susseguono l'una all'altra dege­
nerando via via fino all 'ultima emanazione, si troverà, osser­
vando le cose più da vicino a partire dal sommo Dio fmo all'ul­
tima feccia della materia, un'unica connessione, che si tiene le­
gata con mutui vincoli e non si interrompe in nessun punto » 196 •
Questo passo, a cui è stata riservata un 'attenzione limitata,
è molto significativo sia perché riproduce fedelmente alcuni
concetti chiave del neoplatonismo plotiniano, sia perché dimo­
stra che Macrobio è capace di mettere insieme concetti e imma­
gini situati in più trattati delle Enneadi o, quanto meno, in luo­
ghi diversi di uno stesso trattato, in questo caso del nono trat­
tato della seconda Enneade: il concetto relativo alla processio­
ne della mente dall'Uno e dell 'anima dalla mente (cum ex sum ­
mo deo mens, ex mente animafit) ricalca Plotino (Enn. , Il, 9,
l ) (eh a vouv JJ.ET 'atrtò . . . eh a \II U'Xflv JJ.E'tà vouv); il concetto
che illustra la funzione creatrice e vivificatrice dell'anima e che è
connesso alla metafora della luce e alla metafora dello specchio

1 9S Cfr. Enn. , III, 4, 2.


196 In Somn. , l, 14, 1 5 .

1 54
(anima vero et condat et vita compleat omnia quae sequuntur
cunctaque hic unus fulgor illuminet et in universis appareat, ut
in multis specu/is per ordinem positis vu/tus unus) è rintraccia­
bile in Enn. , I I , 9, 2 e I I , 9, 3 , dove viene illustrato il concetto
della vivificazione delle realtà inferiori da parte dell'anima che
come la luce illumina tutto (5{5rom 'tQl I.U:'t 'aùT'ftv: Kaì O>axEp
tU.a!J.xouaa àEì tU•. 6.1J.7tE'ta1) 1 97 ; sempre Plotino dell'ultimo
trattato della seconda Enneade può essere, a mio avviso, la
fonte del concetto secondo cui tutta la realtà procede dall'Uno
e tutte le cose senza soluzione di continuità sono legate fra loro
da mutui vincoli 1 98 e del concetto della degradazione delle varie
realtà, che quanto più si allontanano dall'Uno tanto più sono
inferiori 1 99 , cosicché il processo discensivo comincia dal som-

1 97 In Enn. , Il, 9, 3 lo stesso concetto è cosi espresso da Plotino: 'AEi


oùv èU.aJ,uto�ÉVIl Kai StTJVEKÈç fxouoa -rò q>é.òç Si&lotv Eic; -rà èq>Eçfj ç .
1 98 Plotino, i n Enn., Il, 9, 3 , sottolineando i concetti d i successione, di
degradazione e insieme di continuità, dice: 'Ava:yKTJ -ro(vuv èq>Eçfjç dvat
7tc1VTa àì.. M ì.. 0 1ç Kaì àEi (necessariamente dunque tuttte le cose sono in mu­
tua, sempitema successione) e aggiunge: YEVTITà St -rà fTEpa Téj> 7tap 'ciU.rov
dva1 (e appunto perché derivano da altre realtà esse sono generate diverse) .
Macrobio rafforza il suo discorso con un riferimento alla catena aurea di
Omero (Iliade, VIII, 1 9) che probabilmente desume da Porfirio, Quaestiones
Homericae (tale ipotesi però non può essere verificata per il fatto che i passi
delle Quaestiones che si riferiscono a questi versi di Omero sono andati per­
duti) (cfr. F. Buffière, Les mythes d'Homère cit . , p. 1 1 6 sgg, e P. Lévèque,
A urea catena Homeri, Paris, 1 949, p. 46 sgg. ) . A Setaioli (L 'esegesi omerica
del Commento di Macrobio al « Somnium Scipionis » cit . , p. 1 80) sottolinea il
carattere prettamente neoplatonico dell'interpretazione macrobiana della ca­
tena aurea di Omero; secondo Macrobio, infatti, la catena aurea è il simbolo
del legame che unisce fra loro le potenze spirituali dell'universo e poi queste
potenze con l'uomo.
1 99 Il parallelo tra processione e degradazione si riscontra anche in Enn. ,
III, 2, 2 e V, 2, 2, dove Plotino dice: « Il processo si svolge pertanto, dal pri­
mo all 'ultimo termine, mentre, da una parte, ciascun termine è fatto rimane­
re nella sua propria sede e, dall ' altra, il prodotto della generazione occupa un
altrO posto : quello inferiore (T'l'IV 'X.ElPOVa).

1 55
mo Dio e giunge rmo alla feccia delle cose: [. . .} cumque omnia
continuis successionibus se sequantur degenerantio per ordi­
nem ad imum meandi, invenietur pressius intuenti, a summo
deo usque ad ultimam rerum faecem, una mutuis se vinculis re­
ligans et nusquam interrupta conexio DI; il passo di Enn. , l, l , 8
(EIOO>À.a ()t aùTf\ç 6t6ouaa , 6'>a7tEP 1tp6aro1tov tv 7tOÀ.À.oiç
KaT67tT pOlç) inoltre sembra essere fonte diretta della metafora
dello specchio, utilizzata da Macrobio in un contesto identico a
quello di questo luogo plotiniano :IDI ; e che Macrobio conosca
direttamente il primo trattato della prima Enneade non sembra
potersi mettere in dubbio dato che ha già utilizzato altrove con­
cetti presenti in esso come quello relativo alla divisibilità e indi­
visibilità dell'anima 202 •
Per questa ragione credo che si possa sostenere che Macro­
bio, non soddisfatto della laconicità di Porrrrio 203, risale alla
fonte primaria, che utilizza per ben due volte: nel capitolo do­
dicesimo a proposito della discesa dell'anima e nel capitolo
quattordicesimo a proposito delle funzioni dell'anima. I n
quest'ultimo cas o Macrobio coglie anche i dettagli del pensiero
plotiniano e fra questi proprio la metafora dello specchio che
Plotino usa più volte, ora per indicare la somigli anza tra il

DI In Somn. , l , 1 4, I S . È evidente che questa process i one rispecchia

quella plotiniana che va dall'Uno alla materia, non dall'Uno alla terra, come
dice Stahl (Macrobius cit . , p. 46) . La rerum faecem a me sembra richiamare
la materia di cui parla Plotino, che non si identifica con le cose fisiche, ma
con ciò che nelle cose c'è di negativo. Plotino infatti considera la materia il
termine estremo della processione che, proprio perché ultimo, è l'asso luto ne­
gativo, l'assoluto squallore, (JJiiU.ov l)t 7tEvia), l'assoluto male (7tUVTTJ
Ka K6v), l'assoluta turpitudine (7tci.VTTI alaxp6v) (Enn. , Il, 4, 1 6).
:IDI Plotino utilizza la metafora dello specchio anche altrove, ma in con­
testi diversi e con intendimenti diversi (cfr. a tale proposito M. Di Pasquale
Barbanti, La metqfora in Platino cit . , pp. 1 73 - 1 78 e p. 1 9 1 ).
202 In Somn. , l, 1 2 .

203 Sentenza S , a proposito della divisibilità e dell'indivisibilità dell'a­


nima.

1 56
mondo intellegibile e quello sensibile 204 , ora per indicare la ne­
gatività della realtà sensibile e principalmente della materia 205•
I n Enn. , l , l , 8 l a metafora dello specchio h a una funzione po­
sitiva in quanto ci introduce nell' ambito concettuale di una
realtà intellegibile e riesce a darci l'idea dell 'irraggiamento
dell 'anima (una) nei corpi (molti) ; e Macrobio ne fa lo stesso
uso, non solo, ma, nell'avvicinarsi a Plotino, egli si allonta­
na da Porfirio, il quale, nell 'utilizzare la metafora dello spec­
chio 206 che desume da Plotino 'liTI , ne coglie soltanto la connota­
zione negativa; infatti con essa indica la vacuità della materia.
Ora, a parte la somiglianza testuale sopra rilevata, il fatto che
la metafora dello specchio venga utilizzata da Macrobio in un
contesto simile a quello di Plotino e che non trova il suo corri­
spondente in Porfirio, il quale utilizza la stessa metafora in un
contesto sempre plotiniano ma diverso e non preso in conside­
razione da Macrobio, dimostra - a mio avviso - una certa
autonomia di Macrobio nei confronti della sua fonte privilegia­
ta, Porfirio .
Concluso il discorso sulle ipostasi, Macrobio fornisce una
rapidissima rassegna dossografica intorno alle definizioni di
anima risalenti ad alcuni filosofi antichi, senza preoccuparsi di
seguime la cronologia e senza operare alcuna distinzione di in­
dirizzo fra coloro che hanno teorizzato l 'incorporeità dell 'ani­
ma e coloro che invece hanno considerato questa corporea 208•
Ciò che qui c i interessa maggiormente è la conclusione di que-

204 Enn. , l, l , 8 ; l, 4, 1 0; IV, 3, 1 1 .


:zm Enn., l , 6, 8 ; III, 6, 7 ; III, 6, 1 3 .
206 Sentenza 20.

'liTI Enn. , III, 6, 7.

l08 Cfr. Ph. M . Schedler, Die Philosophie des Macrobius eit . , p . 39, il
quale però ravvisa un certo ordine in questa dossografia in quanto prima sa­
rebbero posti gli autori che hanno considerato l'anima immateriale e poi
quelli che l 'hanno identificata con qualcosa di materiale.

1 57
sta rassegna che potrebbe suscitare qualche perplessità per il
fatto che Macrobio afferma: Obtinuit tamen non minus de in­
corporalitate eius quam de immortalitate sententia 209• Perso­
nalmente non trovo alcuna difficoltà ad interpretare questa
0,
conclusione nel senso indicato da Scarpa 2 1 e cioè nel senso
che Macrobio si riferisce non tanto alle opinioni dei più quan­
to, piuttosto, alle opinioni che si sono affermate di più, che so­
no prevalse nel tempo e che egli stesso condivide. Sull'incorpo­
reità e sull'immortalità dell' anima, infatti, egli tornerà negli ul­
timi capitoli del secondo libro dei Commentarii (capitoli che
costituiranno ancora oggetto di questo studio) dopo un'ampia
discussione sull'astronomia, la musica e la geografia, che occu­
pa i capitoli dal quindicesimo al ventunesimo del primo libro e i
primi undici capitoli del secondo libro.

4. 3 . L 'immortalità dell'anima

4 . 3 . 1 . Immortalità dell'anima ed eternità del mondo (In Somn. ,


l/, 12)

Nel dodicesimo capitolo del secondo libro dei Commentarii


viene ripresa la tematica relativa all'anima, alla sua incorporei­
là e alla sua immortalità. Macrobio ha già dedicato parecchio
spazio al rapporto dell 'anima col corpo, che ha considerato co­
me due entità eterogenee, le quali, pur nell'unione, conservano
ognuna la propria peculiarità sostanziale; il passo del capitolo
ottavo del Somnium di Cicerone, dove si afferma la distinzione
tra il vero uomo e il suo corpo, gli offre ora l'occasione per svi­
luppare alcuni concetti sull'essenza e sull'immortalità dell'ani-

209 In Somn. , I, 14, 20.


2 IO Commento a Macrobii A mbrosii Theodosii cit . , p p . 432-43 3 .

1 58
ma alla luce della dottrina neoplatonica, come egli stesso affer­
ma ri ferendosi espressamente a Plotino: Et quia Tullio mos est
projundam rerum scientiam sub brevitate tegere verborum,
nunc quoque miro compendio tantum includit arcanum quod
Plotinus, magis quam quisquam verborum parcus, libro inte­
gro disseruit, cuius inscriptio est Quid animai, quid homo 21 1 •
La caduta dell'anima nei corpi, determinata da una specie
di desiderio malsano e segreto della materia 212 , ha causato
nell 'anima la dimenticanza della sua natura 2 1 3 ; per questa ra­
gione la salvezza non può che dipendere dalla conoscenza da
parte dell' anima della sua origine 2 1 4 e della sua essenza
divina 2 1 5 • Questo è il significato delle parole di Scipione: Deum

2 1 1 In Somn. , Il, 1 2 , 7. È interessante notare che qui Macrobio riporta


esattamente il titolo del primo trattato della prima Enneade ed evidenzia una
caratteristica dello stile di Plotino: la concisione e la densità nel trattare argo­
menti grandi e profondi .
2 1 2 /n Somn. , l, I l , I l : [ . . . ] quae vero appetentiam corporis e t huius
quam in terris vitam vocamus ab il/a specula altissima et perpetua luce despi­
ciens desiderio latenti cogitaverit, pondere ipso terrenae cogitationis paulatim
in inferiora delabitur.
2 1 3 In Somn. , l, 1 2, 7-8 : Anima ergo cum trahitur ad corpus, in hac prima
sui productione silvestrem tumultum, id est ÙÀ.17v, itifluentem sibi incipit experi­
ri [ . . . ] ebrietatem illic primum descensuris animis evenire si/va influente signifi­
cans, unde et, comes ebrietatis, oblivio illic animis incipit iam latenter obrepere.
2 1 4 In Somn. , l , 9, 1 -3 : [ . . . ] et animae, dum corpore utitur, haec est per­
fecta sapientia ut, unde orta sit, de quo fonte venerit, recognoscat [ . . . ] Homi­
ni autem, ut diximus, una est agnitio sui si originis natalisque principii exor­
dia prima respexerit.
2 1 5 Lo scopo delle descrizioni astronomiche e geografiche a cui Macro­
bio ha dedicato gran parte della sua opera, è stato infatti quello di elevare la
mente di Scipione, introducendolo alla conoscenza della natura, del movi­
mento e dell'armonia del cielo e delle stelle, per poi fargli guardare la terra,
rivolgergli l'invito a trascurare la gloria terrena e ad allontanare ogni basso
pensiero per avere la consapevolezza della divinità della sua anima. La catarsi
di Scipione avviene cosi attraverso la conoscenza delle realtà terrene e celesti
e trova il suo culmine nel riconoscimento dei veri caratteri dell'anima: l'im­
mortalità e la divinità.

1 59
te igitur scito esse 2 1 6 , le quali nel commento di Macrobio ven­
gono cosi integrate: Et haec sit praesentis operis consummatio
ut animam non solum immortalem sed deum esse clarescat 2 1 7 •
L ' anima - afferma Macrobio - è stata definita dio tanto da­
1
gli antichi fllosofi quanto da Cicerone 2 1 per il fatto che essa
governa e dà la vita al corpo ad imitazione di Dio che regge
l 'universo (in imitationem dei mundum regentis) 2 1 9 ; ma se
l ' anima è divina - aggiunge Macrobio - è anche immortale.
A questa conclusione conduce la stessa dottrina di Plotino che
Macrobio fa coincidere con quella di Cicerone, il quale - a
suo avviso - espone miro compendio « il grande mistero che
Plotino, più di ogni altro parco di parole, ha trattato in un inte­
ro libro dal titolo Natura dell'animale e dell'uomo » 220• Macro­
bio fa riferimento alla parte di questo trattato relativa alle
passioni 22 1 e si affretta a concludere che l 'uomo è un composto

216 Somn., VIII, 2.


m In Somn. , Il, 1 2, S-6. Qui Macrobio sembra andare al di là del pen­
siero di Platone e di Plotino, i quali si limitano ad attribuire all'anima il ca­
rattere della divinità senza per questo identificarla con Dio. Secondo J . Fla­
mant (Eiiments gnostiques dans I'Cl!uvre de Macrobe cit . , pp. 1 34- 1 39), sotto
questo rispetto Macrobio, pur restando nell'ambito del neoplatonismo, usa
un linguaggio che si colora di tinte gnostiche .
21s In Somn. , Il, 1 2, 1 1 .
219 In Somn. , II, 1 2, 1 1 . Quella dell 'ass imilazione dell'uomo al cosmo,
per cui l'uomo non è altro che un mondo in piccolo, è una teoria che risale
agli inizi del pensiero filosofico . Si trova in Anass i mene (Fr. 1 38), e poi in
Platone ( Timeo, 27 sgg. , 44-47 e Filebo, 30) e in Aristotele (Fisica, VIII, 2,
2S2b). Si diffonde di più con lo Stoicismo e si ritrova nei neoplatonici che
forse la desumono da Posidonio (cfr . a questo proposito K. Mras, Macro­
bius ' Kommentar zu Ciceros Somnium cit . , pp. 273-274; J . Flamant, Macro­
be et le Nioplatonisme latin cit . , p. 573 , che ne sottolinea la matrice stoica;
P. Fortin, Christianisme et culture philosophique au V• sièc/e cit . , pp. 1 38-
1 4 1 , che ne studia la presenza nei neoplatonici).
220 In Somn. , Il, 1 2, 7.
22 1 In Somn. , Il, 12, 8: In hoc ergo libro Plotinus quaerit cuius sint in
nobis voluptates, maerores metusque ac desiderio et animositas ve/ do/ores,
postremo cogitationes et intellectus [ . . . ] .

1 60
di anima e di corpo, per affermare che il vero uomo è l'anima
dall a quale il corpo è governato: Ergo qui videtur non ipse ve­
rus homo est. sed verus il/e est a quo regitur quod videtur 222 •
Ora dovrebbe essere fuor di dubbio che il trattato di Plotino
(Enn. , l, l) a cui Macrobio si riferisce espressamente costituisce
la fonte diretta di questo capitolo. Macrobio ha già utilizzato
l'ottavo capitolo di questo trattato nel quattordicesimo capitolo
del primo libro a proposito del rapporto dell'anima con le realtà
successive, e adesso, nel trattare del rapporto anima-corpo, uti­
lizza i primi sette capitoli facendone una sintesi stringata ed es­
senziale. Henry ha messo in evidenza la corrispondenza di alcuni
passi di Macrobio con il testo di Plotino 223, Mras ha rilevato al­
tre corrispondenze testuali 224; ma a me pare che, oltre alla pre­
senza di queste corrispondenze, bisognerebbe fare attenzione al­
la caratteristica tendenza di Macrobio di riassumere in poche
battute quanto in Plotino occupa interi capitoli; tendenza che
può ingenerare l'impressione che Macrobio si distacchi da Plati­
no o che lo legga in maniera filtrata e mediata.
Il capitoletto che stiamo esaminando costituisce un esempio
di questo modo di procedere. In esso Macrobio enumera tanto
le passioni che provengono dalla mescol anza dell'anima col
corpo quanto le attività proprie dell' anima distinguendole con
un semplice postremo, il che sta ad indicare che egli sintetizza

m In Somn. , Il, 12, 9.


223 Cfr. P . Henry, Plotin et /'Occident cit . , pp. 1 50- 1 52.
22<1 Cfr. K. Mras, Macrobius' Kommentar zu Ciceros Somnium cit . , pp.

273-274. Anche P . Courcelle propende per la stessa tesi; J. Aarnant (Macrobe


et le Néoplatonisme /atin cit . , p. 569) invece avanza delle riserve, sottolinea al­
cune sviste o incomprensioni di Macrobio nei confronti del testo plotiniano e
afferma che Macrobio « utilizza goffamente » solo qualche tema del primo trat­
tato della prima Enneade e vi aggiunge un'osservazione tratta dalla Vita Plotini
di Porflrio, secondo la quale Plotino sarebbe stato parco di parole. Questa os­
servazione peraltro - osserva Aarnant - risulta in contrasto con l'opera di
Plotino, ma dato che si trova in Porflrio, Macrobio la fa propria.

161
le teorie esposte da Plotino nelle varie parti del suo trattato e
nelle varie parti di un solo capitolo :w . Anche Plotino si pone le
stesse domande sulla provenienza delle passioni, ma segue un
procedimento più articolato : in un primo tempo si interroga in­
tomo alle passioni 226 , in un secondo momento indaga sulla ri­
flessione e sull'opinione 227; infine tratta dell'intelligenza 228 •
Macrobio dunque - a mio avviso - unifica tre domande che
in Plotino sono distinte e le distingue semplicemente con po­
stremo; d'altronde egli accenna al fatto che Plotino dedica
all'argomento una lunga trattazione sulla quale ritiene oppor­
tuno non soffermarsi per non recare fastidio al lettore 229 e si di­
rebbe che egli stesso non riesce a nascondere un certo disagio di
fronte al serrante incalzare delle argomentazioni plotiniane,
tanto che perviene direi quasi bruscamente alla conclusione :
[ . . ] hoc postremo pronuntiat, anima/ esse corpus animatum 230•
.

Questa conclusione, che Henry pensa di potere individuare


in Enn. , I, l , S 231 , a mio avviso non trova esatto riscontro in al­
cun passo del primo trattato della prima Enneade; piuttosto mi
sembra una considerazione personale di Macrobio desunta dal­
le reiterate affermazioni di Plotino circa il rapporto dell' anima
col corpo come di due entità che da una parte costituiscono un
insieme e dall 'altra rimangono distinte, poiché l'anima funge
da principio usante e il corpo da strumento 232 •

22 s Cfr. In Somn. , I l , 12, 8. D'altra parte l'espressione in hoc ergo libro


lascia intendere che Macrobio voglia riassumere il contenuto dell'intero trattato.
226 Enn. , l , l , l : 'Hoovai Kaì À.u7tat cp68ot tE Kaì 8app11 tm8u11iat tE

Kai à7toat pocpaì K aì tò àÀ.yEiv [ . . . ] .


221 Enn. , l , l , l : Kaì otavota Kai 06!;a [ . . ] .
.

228 Enn. , l , l , l : Kai tàç vofJaEtç .

229 In Somn. , I l , 1 2, 8: [ . . ] quae nunc nobis ob hoc solum praetereunda


.

sunt ne usque ad fastidii necessitatem volumen extendant.


230 In Somn. , Il, 12, 8-9.
m Cfr. P. Henry, Plotin et I'Occident cit . , p. 1 52.
232 Enn., l , l , 3 .

1 62
Macrobio dunque muove da Cicerone, passa attraverso
Plotino e - utilizzando la similitudine tra l'uomo e il cosmo,
peraltro diffusa nell 'antichità - conclude in prima persona
che l'anima è divina ed è immortale. Plotiniana è la definizione
dell'unione dell'anima col corpo come di una via societatis 233 in
cui le passioni vengono attribuite al corpo e le attività superiori
all'anima; plotiniano è certamente il concetto di governo
dell'anima sul corpo 234 , il quale costituisce il presupposto della
dimostrazione centrale di Macrobio, in quanto è funzionale al­
la concezione del rapporto anima-corpo come rapporto fra due
essenze che sono in società ma che sono anche indipendenti,
per cui chi governa è immortale e chi è governato perisce: Sic
cum morte animalis discesserit animatio, cadit corpus regente
viduatum: et hoc est quod videtur in homine mortale; anima
autem. qui verus homo est, ab omni condicione mortalitatis
aliena est adeo ut in imitationem dei mundum regentis regat et
ipsa corpus dum a se animatur 23s . Questo concetto, inoltre, sta
alla base della similitudine microcosmo-macrocosmo, secondo
la quale l ' anima non solo è immortale, perché è principio di vi­
ta e perché regge e governa l'essere vivente, ma è addirittura
Dio, poiché, grazie alla funzione di governo, somiglia al « pri­
migenio dio » che governa e regge l'universo 236 •
A proposito dell'universo mi pare interessante la presa di
posizione di Macrobio a favore dell'eternità di questo, almeno
a parte post, per cui la corruzione degli enti non sarebbe che

233 I n Enn. , I, l , 5 Platino definisce l'unione dell' anima col corpo tò


auvaJ.up6u:pov e a questo insieme attribuisce la vita, cosi come fa Macrobio
in In Somn. , Il, 1 2 , 9.
23-4 I n Enn. , l, l , 7 Platino esprime chiaramente questo concetto ponen­

do l'anima su un livello superiore: tnu:'iç 5t tò tvn:u9Ev dvro èq>Eatll K6tEç


tQ> z�.
23 S In Somn. , Il, 12, 10.
236 In Somn. , Il, 12, I l .

1 63
morte apparente, poiché nella realtà si tratterebbe soltanto di
un mutamento di forma: [ . . . ] sed eorum quae interire viden­
tur solam mutari speciem. et illud in originem suam atque in
ipsa elemento remeare. quod tale quale fuit esse desierit 237 •
Già nel decimo capitolo di questo secondo libro dei Commen­
tarli Macrobio aveva affermato che, pur essendo stato creato
da Dio, il mondo è eterno perché è stato creato fuori dal tem­
Po. e che sono le vicissitudini umane che, creando delle frat­
ture nel processo di civilizzarione, obbligano l'umanità a ri­
partire dall'inizio e determinano la perdita del ricordo delle
civiltà passate 231 •
Secondo Mras 239 Macrobio avrebbe mutuato questa con­
cezione di eternità - che tuttavia non esclude la tesi creazio­
nistica - da Porfrrio , il quale a sua volta l 'avrebbe desunta
da Posi doni o l40; Flamant invece ritiene che questa posizione,
che esprime il tentativo di conciliare la tesi creazionistica del
Timeo con l 'ipotesi aristotelica di un mondo eterno, sia pro­
pria del medio e del neoplatonismo :w l ; Henry - partendo dal
fatto che Macrobio fa dipendere tale posizione direttamente
da Plotino :Denique et Plotinus a/io in loco. cum de corpo­
rum absumptione dissereret et hoc dissolvi posse pronuntiaret
quicquid effluii, obiecit sibi: cur ergo elemento quorum flu-

237 /n Somn. , I I , 12, 1 3 .


23 8 In Somn. , I l , 1 0, 9.
239 Cfr. K. Mras, Macrobius ' Kommentar zu Ciceros Somnium cit . , pp.
269-27 1 .
l40 La lontana matrice di questa teoria - osserva Mras (Macrobius '
Kommentar zu Ciceros Somnium cit . , pp. 269-27 1 ) - si trova nel De philo­
sophia di Aristotele. Anche J . Pepin ( Théologie cosmique et théologie chré­
tienne, Paris, 1 964, pp. 48 1 -482) pensa che la posizione del giovane Aristotele
su questo argomento non doveva essere molto lontana da quella che gli esege­
ti neoplatonici attribuivano a Platone .
:u 1 Cfr. J . Flamant, Macrobe et /e Néop/atonisme latin cit . , pp. 630-635,

e Porfirio, Contra Christianos, Fr. 34.

1 64
xus in aperto est, non similiter aliquando solvuntur? et breviter
tantae obiectioni valideque respondit, ideo elemento, licet
fluant, numquam tamen so/vi quia non foras effluunt 242 os­ -

serva che una citazione siffatta non può non essere di prima
mano, sia per l'uso di a/io in loco, che si giustifica solo se Ma­
crobio leggeva direttamente Plotino, sia per la corrispondenza
testuale che egli rileva fra Enn. , II, l , l , 4- 1 0, e le parole di Ma­
crobio, che anche in questo caso non sono altro che la sintesi
del testo di Plotino 243 •
Io condivido il punto di vista di Henry a questo proposito,
anzi ritengo opportuno sottolineare ancora che Macrobio di­
mostra di conoscere direttamente il primo trattato della secon­
da Enneade; di esso, infatti, riferisce il tema generale (cum de
corporum absumptione dissereret) e ricalca sia il procedimento
dialogico, che è tipicamente plotiniano 244 , sia il costrutto for­
male (obiecit sibz) nel quale si inserisce l 'affermazione di Ploti­
no. In questo capitolo, più che altrove, Macrobio dimostra di
dipendere da Plotino e, più che altrove, tenta di conciliare Ci­
cerone con Platone, nonostante le differenze. Infatti le affer­
mazioni di Cicerone che risultano essere in contrasto con la
dottrina neoplatonica vengono da lui corrette o svuotate di si­
gnificato scientifico: Sed quod ait eum quadam parte morta­
lem, ad communem, ut diximus, opinionem paululum inclinare
se voluit 24' ; mentre l'accento viene spostato su ciò che è in sin­
tonia con le dottrine neoplatoniche: [ . . . ] infine autem validissi­
mum immortalitatis animae argumentum ponit quia ipsa cor­
pori praestat agitatum 246 •

242 In Somn. , Il, 12, 14.


243 Cfr . P . Henry, Plotin et /'Occident cit . , p. 1 5 1 .
244 Cfr. M . Di Pasquale Barbanti, Antropologia e mistica nella filosofia
di P/olino cit . , p. 1 5 .
24' In Somn. , Il, 1 2 , 16.
246 In Somn. , I I , 12, 16.

1 65
4 . 3 .2. Platonici e aristotelici sull'immortalità dell'anima (In
Somn. , Il, 13-16)

Giunto alla fine del suo lavoro, Macrobio si sofferma a lun­


go sul commento del lemma di Cicerone relativo ali ' immortali­
tà dell' anima desunto integralmente dal Fedro platonico :u7 •
Questo commento consta di tre sillogismi che si sviluppano al­
ternativamente : due positivi , che provano l ' immortalità
dell 'anima in quanto ente aùToKivrrro v , e uno negativo, che di­
mostra la tesi opposta. I sillogismi positivi esprimono la posi­
zione dei platonici e fanno da cornice al ragionamento negativo
che esprime le obiezioni di Aristotele 248 •
I l primo ragionamento s i fonda sull'equazione o identità
tra ciò che si muove sempre e ciò che si muove da sé; sul fatto ,
cioè, che ciò che è aùT o tdVll T Ov è anche àE\K{Vll T Ov . Per quan­
to riguarda la premessa iniziale di questo sillogismo : Nam
quod semper movetur, aeternum est :u9 - che Cicerone ripren­
de letteralmente da Platone - credo che si possa accettare la
traduzione, proposta da Cicerone e condivisa da Macrobio ,
semper movetur che corrisponde nel testo d i Platone alla lezio­
ne àE1KtVT'ITOV :oo , perché la tautologia tra semper movetur

:U7 24Sc-e.
248 K. Mras (Macrobius ' Kommentar zu Ciceros Somnium cit . , p. 247)
definisce questo procedimento una disposizione brillante di tipo oratorio,
frequente tra i poeti .
249 In Somn. , Il, 1 3 , l .
2.50 à&lK{VTJtov è la lezione dei manoscritti del Fedro, dei commentatori
antichi, dei grammatici e anche di alcuni traduttori come Cicerone (Somn. ,
IV, e Tuscul. , l , 53). La lezione del papiro di Ossirinco 1 0 1 7 è invece
aùtoK{VTJ tOv ed è accolta da numerosi studiosi , perché ritenuta più « corri­
spondente alle esigenze della logica », e anche da L. Scarpa (commento a Ma­
crobii A mbrosii Theodosii cit . , p. 494), il quale osserva che « Cicerone leggeva
il testo platonico secondo una traduzione non sempre corretta come dimostra
Nam quod semper movetur che dovrà corrispondere ad à&lKiVTJtOv dei codici
e di Calcidio, mentre la lezione del papiro di Ossirinco 1017, aùtOK{VTJtov, è

1 66
(à.EtKivrrr o v) ed aeternum est - rilevata da Scarpa - mi sem­
bra soltanto apparente , in quanto l ' oggetto della dimostrazio­
ne è l ' immortalità dell ' anima, immortalità che risulta fondata
sul movimento perenne dell 'anima, ossia sul fatto che l ' anima
semper movetur. E poiché si muove sempre (à.EtKivrrr o v) solo
ciò che si muove da sé (à.u'ToKivrrr o v) , se è vero che l 'anima si
muove da sé sarà vero che si muove sempre e sarà quindi vera
la sua immortalita. L ' à.EtKiVTJ'TOV di Platone e, di conseguenza,
il semper movetur di Cicerone e di Macrobio allora si giustifi­
cano pienamente e, piuttosto che essere tautologici rispetto a
aeternum est, costituiscono un passaggio obbligato della dimo­
strazione dell ' eternità dell ' anima. Inoltre, a mio avviso , l 'ini­
zio del lemma non è centrato - come afferma Scarpa -
sull ' opposizione tra ciò che ha in sé il principio del proprio mo­
vimento (ed è quindi eterno) e ciò che è mosso da altro (ed è
soggetto a morire una volta che viene a mancare il movimento
esterno); ma sull ' opposizione fra ciò che è Ò.EtKiVTJ 'TOV e ciò che
non è tale; solo in seguito viene esplicitato che l ' essere che non
è Ò.EtKiVTJ 'TOV è quello che non ha in sé il principio del movimen­
to, mentre l ' essere Ò.EtKiVTJ'TOV è quello che ha il movimento
dentro di sé, ragione per cui l 'essere che è aù'ToKiVTJ'TOV è anche
Ò.ElKlVTJ 'T OV .
Esistono in effetti due possibilità di movimento : il movi­
mento continuo e il movimento che ha un termine: il primo è
relativo a ciò che si muove da sé, il secondo a ciò che è mosso
da altro; il primo è proprio degli esseri immortali , il secondo
dei mortali . Entrambe queste possibilità sono espresse chiara­
mente da Platone nel Fedro e sono letteralmente riprese da Ci­
cerone sebbene senza la premessa: « l ' anima è immortale » . La

preferibile e accettata dagli editori perché semper movetur (llEtKiVTitov) è


tautologico rispetto ad aeternum est e perché viene a cadere l' opposizione
con agitatur aliunde = ò7t'{'J) . ')...ou KtVO{IJ.EVov.
..

1 67
dimostrazione platonica-ciceroniana-macrobiana, dunque,
credo che possa essere cosi schematizzata:
l . quod semper movetur (àEtKiVTitov) aetemum est
(à9civatov);
2. solo quod se ipsum movet (aùtoKiVT'Itov) semper move­
tur (àEtKiVTitov);
3. quod se ipsum movet dunque aetemum est.
Risulta chiaro da questo schema che il movimento perpetuo
dell'anima costituisce la mediazione tra la sua automotricità e
la sua immortalità. Pertanto il concetto di àetKfVll t Ov appare
determinante sia in Platone, sia in Cicerone, sia in Macrobio,
perché costituisce il termine medio del sillogismo, la ragione
per la quale l'anima è immortale. Per questo io credo che la le­
zione più giusta del Fedro 245c sia àetKiVTitov, infatti se Plato­
ne avesse usato aùtoKiVTitov anziché àEtKfVll t Ov, non sarebbe
stata chiara la ragione per cui ciò che si muove da sé debba es­
sere eterno. D'altronde il movimento perpetuo dell'anima co­
stituisce la conclusione del primo sillogismo dei seguaci di
Platone m ed è su questa che viene fondata la certezza del se­
condo sillogismo la cui conclusione è l'immortalità dell'anima:
Secundus ita, qui nascitur ex prioris fine: anima semper move­
tur, quod autem semper movetur immortale est, igitur anima
immortalis est 252 •
Il nodo della questione tuttavia sta nel riconoscere l'auto­
movimento dell 'anima. Gli altri platonici, infatti, quelli che ­
a dire di Macrobio - dimostrano l'immortalità dell'anima con
tre ragionamenti o addirittura con uno solo che non è altro che
la sintesi o il risultato degli altri tre, muovono proprio da que­
sto presupposto : A /ii vero omnem ratiocinationem suam in
unius syllogismi compendium redegerunt: anima ex se move-

2s 1 In Somn. , Il, 1 3 , 1 0 .
2s2 In Somn. , II, 13, 10.

1 68
tur; quod ex se movetur principium motus est; quod princi­
pium motus est natum non est,· quod natum non est immortale
est: igitur anima immortalis est m .
Ma è questo presupposto che viene confutato da Aristotele
con una serie di argomentazioni che Macrobio riferisce nel
quattordicesimo capitolo. L 'argomentazione centrale che Ma­
crobio attribuisce ad Aristotele è quella secondo la quale il
principio del movimento non si muove, per cui se l'anima è il
principio del movimento ne consegue che l'anima non si muo­
ve 254 • Questa argomentazione è seguita da altre sette obiezioni
che si possono rintracciare in varie opere di Aristotele m , quali
il De anima 136 , la Fisica VIII , il De cae/o l, la MetafiSica Xl, e
che Macrobio elenca per poi confutarle puntualmente m . Ora,
poiché riesce difficile pensare che Macrobio in prima persona
abbia tratto queste obiezioni dalle varie opere di Aristotele e le
abbia poi raggruppate, è stata avanzata l'ipotesi secondo la
quale tale raccolta sarebbe stata opera di un peripatetico del I
secolo e sarebbe stata tramandata da un platonico (probabil-

m In Somn., II, 1 3 , 12.


254 In Somn. , II, 14, 3 .
m Questo lavoro è stato fatto d a P h . M . Schedler (Die Philosophie des

Macrobius cit . , p . SO sgg . ) .


2S6 L e tesi sostenute d a Aristotele nel De anima, l , 2, 404a, 2 1 -25 e 29-

30; l , 3 , 406b, 26-28 ; l , 3, 40Sb, 3 1 e 406a, 2 contro l 'automovimento dell 'a­


nima riguardano tanto l'anima cosmica quanto l'anima umana. J . Pepin
( Théologie cosmique et théologie chretienne cit . , p. 1 98, n. S) a questo riguar­
do osserva che nei primi capitoli del De anima i due aspetti non sono separati
per il fatto che la critica di Aristotele al Timeo riguarda tutte le specie di ani­
me, anche quella cosmica, supposto che esista (De anima, I l , l , 4 1 2b , 4-S).
m W. H. Stahl (Macrobius cit . , p . 22) sostiene che gli argomenti cne

Macrobio presenta sono i « clichés » dei platonici e degli aristotelici logorati


attraverso diversi secoli di dispute, in quanto ritiene che le citazioni del quat­
tordicesimo capitolo non sono altro che delle affermazioni eccessivamente
semplificate delle dottrine aristoteliche desunte principalmente dalla Fisica e
dal De anima, tolte dal loro contesto e dalla loro sequenza ed ordinate in mo­
do tale da essere vulnerabili agli attacchi di Macrobio.

1 69
mente Porflrio lSI) intento a confutare la teoria peri patetica, il
quale avrebbe offerto a Macrobio tanto il materiale aristotelico
quanto quello platonico già strutturato 2!19 •
A questo punto bisogna osservare però che, per quanto ri­
guarda il quattordicesimo capitolo, Macrobio utilizza con peri­
zia il materiale desunto da questa ipotetica fonte e lo elabora in
maniera originale, non mancando di inserirsi nel discorso fra
un argomento e l'altro con riflessioni personali e riserve criti­
che come dimostra il passo seguente: « In base a ciò, nessuno
obietta o rifiuta la conclusione che c'è qualcosa di immobile: è
un'affermazione sillogistica vera e anche non ripugna alla setta
platonica ma, seppure qualcosa di immobile esiste, non ne se­
gue che questo sia l'anima e se ci si dice che l'anima si muove
per se stessa non si afferma per questo che si muovono tutte le
cose ma si precisa il modo in cui si muove l'anima; se poi c'è
qualcos'altro di immobile, questo non riguarderà per nulla i ra­
gionamenti che si fanno sull 'anima. Anche lo stesso Aristotele
si avvedeva di ciò e quindi , dopo avere insegnato che qualcosa
di immobile esiste, vuole insegnare che si tratta dell 'anima e co­
mincia con l'affermare che non esiste nulla che possa muoversi
per se stesso ma che tutte le cose in movimento sono mosse da
qualcos ' altro » 260 •

2!18 Cosi pensano K. Mras (Macrobius ' Kommentar zu Ciceros Somnium


cit , pp. 277-278) e P. Courcelle (Le lettres grecques cit . , pp. 3 1 -32). Cfr. an­
che Ph. M . Schedler, Die Philosophie des Macrobius cit . , p. 61 sgg . , e J. Fla­
mant, Macrobe et /e Néoplatonisme latin cit . , p. 640 sgg .
2!19 Il peripatetico potrebbe essere Boeto e il platonico potrebbe essere
Porfirio del n&pi III U 'X.fl <; x pOç B6TJ9ov n. 34 del Cat . Bidez, citato da Eusebio
(Praep. Evang., XI, 28; XIV, I O, 3; XV, 1 1 - 1 6). Purtroppo però i framme nti
di questa opera citati da Eusebio non si riferiscono al nostro argomento, per
cui questa ipotesi non poggia su alcun fondamento . Si potrebbe pensare ad
un'altra fonte, e dato che il punto di partenza di tutta la discussione di Ma­
crobio è il Fedro, questa potrebbe essere un commento al Fedro, ma tale ipotesi
non è verificabile. La questione pertanto rimane aperta ad ogni congettura.
260 In Somn. , II, 14, 6-7 .

1 70
Per quanto riguarda poi i capitoli quindicesimo e sedicesi­
mo sarei più propensa ad attribuire alle affermazioni di Macro­
bio 26 1 un credito maggiore di quanto non abbiano fatto altri
studiosi . Tali affermazioni , infatti, sembrano scaturire da
un 'esigenza, avvertita fortemente da Macrobio, di unificare i
vari argomenti dei platonici rivolti contro le tesi di Aristotele
allo scopo di confutare definitivamente quest 'ultimo . D'altra
parte quando Macrobio dice: [ . . . ] ut quisque magnorum viro­
rum qui se Platonicos [. . .] ad ostentationem suorum operum
reliquerunt 262 , allude all 'orgoglio di quei platonici che, ad
ostentationem suorum operum, si erano limitati a riferire sol­
tanto singoli o, al massimo, doppi argomenti ; mentre occorre­
va mettere insieme tutti gli argomenti in un unico corpo, in mo­
do che questo fosse più funzionale alla difesa.
Per questa ragione mi sembra possibile supporre che sia sta­
to lo stesso Macrobio l'autore della raccolta e dell'organizza­
zione degli argomenti aristotelici e delle controdeduzioni plato­
niche; e ciò si evince, oltre che dalle sue stesse parole, dall 'abili­
tà che egli dimostra nel padroneggiare la materia del suo di­
scorso e dall'ordine in cui lo dispone. Questa ipotesi , tuttavia,
non impedisce di pensare che Macrobio abbia tratto il suo ma­
teriale dalle opere dei « platonici » che costituivano oggetto del­
le sue letture, piuttosto che dalle opere dello stesso Aristotele o
di Platone, e ciò anche sulla base del fatto che le posizioni che

26 1 In Somn. , Il, 1 5 , 1 -2: Contra has tam subtiles et argutas et veri simi­

les argumentationes accingendum est secundum sectatores Platonis cui incep­


tum quo Aristoteles tam veram tamque validam definitionem magistri saucia­
re temptaverat, subruerunt. Neque vero tam immemor mei aut ita male ani­
matus sum ut ex ingenio meo ve/ A ristoteli resistam ve/ adsim P/atoni, sed, ut
quisque magnorum virorum qui se Platonicos dici gloriabantur aut singula
aut bina defensa ad ostentationem suorum operum reliquerunt, collecta haec
in unum continuae defensionis corpus coacervavi, adiecto siquid post il/os
aut sentire fas erat aut audere in intellectum licebat.
262 In Somn. , II, 1 5 , 1 -2.

171
esprime appaiono più vicine a quelle dei peripatetici e dei neo­
platonici .
I capitoli quindicesimo e sedicesimo sono fra i più « costrui­
ti » dei Commentarli. Macrobio raccoglie in essi tutto il mate­
riale di cui dispone e lo distribuisce abilmente nel suo discorso,
stabilendo una corrispondenza strettamente simmetrica fra le
obiezioni di Aristotele e le controdeduzioni platoniche che egli
fa sue. Ne viene fuori una trattazione che esprime la vera fisio­
nomia di Macrobio, più filosofo che semplice compilatore, in
quanto tale trattazione presuppone da parte di Macrobio la co­
noscenza, l'assimilazione e la rielaborazione della filosofia pla­
tonica e principalmente neoplatonica. Ma cerchiamo di coglie­
re i tratti più significativi del - procedimento di Macrobio nel
tentativo di dare un sostegno alla tesi suddetta.
All'inizio del capitolo quindicesimo Macrobio· ripresenta in
sintesi la posizione di Aristotele, espone il suo piano di difesa,
dimostra la falsità dell 'affermazione aristotelica secondo la
quale tutte le cose, anche quelle che traggono il movimento da
se stesse, in realtà il movimento lo ricevono dall ' esterno e chia­
risce il vero significato di aùtoldVll t Ov . A tale scopo utilizza gli
esempi del fuoco la cui essenza è il caldo, della neve la cui es­
senza è il freddo, del miele la cui essenza è il dolce; e poi del fer­
ro che può diventare caldo, del sasso che può diventare freddo,
del vino che può diventare dolce, chiarendo che cosa è l'essere
per sé e che cosa è il diventare tale o tal altra cosa per un inter­
vento esterno 263 • Quindi riconduce l'esemplificazione del fuo­
co, che trae da Plotino 264 , al passo del Fedro da cui era partito
per dimostrare che le cose che si muovono secondo la propria
essenza, quelle, cioè, per le quali idem est et esse et moveri, non
smettono mai di muoversi 26' , alla stessa maniera in cui il fuoco ,

263 In Somn. , I l , 1 5 , 7-8 .

264 Enn. , I l , 6, 3 ; VI, l , I O e V I , 4, 1 0 .


w In Somn. , I I , 15, 9.

1 72
che è caldo per essenza, non cessa mai di essere caldo 266 •
Ancora Plotino 21>7 potrebbe essere la fonte alla quale Macro­
bio implicitamente si riferisce nel confutare l'obiezione di Ari­
stotele secondo la quale nell'ente che si muove da sé ci sarebbe
qualcosa che muove e qualcosa che è mosso 268 • A questo riguar­
do Macrobio fa delle considerazioni di ordine linguistico 269 che
non pare possibile ricondurre ad alcuna fonte, ma che rientra­
no nel suo modo di procedere, secondo il quale spesso egli trae
spunto da varie occasioni per trattare argomenti anche non
strettamente pertinenti al tema che ha sottomano. Dopo questa
divagazione, riprende la polemica contro Aristotele, del quale
mostra di non ignorare la statura intellettuale, ma del quale di­
ce di respingere le sottigliezze capziose(Sed videtur mihi vir
tantus nihil ignorare potuisse. sed in exercitio argutiarum ta­
lium coniventem sibi operam sponte /usisse 270}, e conclude che
ciò che si muove da sé non può essere mosso da altro, né può
essere mosso da se stesso, poiché non è possibile supporre in es­
so un principio che muove e qualcosa che viene mosso : Aperte
ergo constitit quia non omne quod movetur ab a/io movetur.
Ergo avroKfvrrrov potest n.on ab a/io moveri sed ne a se quidem
sic movetur ut in ipso aliud sit quod movet, aliud quod move­
tur. nec ex toto nec pro parte. ut il/e proponit, sed hoc solum se
ipsum movere dicitur ne ab a/io moveri existimetur n • . Allo
scopo di rinforzare questa tesi vengono invocati ancora Platone
e la di lui classificazione dei vari tipi di movimento : « ogni moto
o muove se stesso e altre cose, o è mosso da altro e muove altre
cose » m , il primo dei quali riguarda l'anima, il secondo i corpi .

266 In Somn. , I l , 1 5 , 9.
267 Enn. , VI, 2, 16.
268 In Somn. , I l , 15, 12.
269 In Somn. , I l , 1 5 , 1 3- 1 7 .
no In Somn. , Il, 1 5 , 1 9.
nt In Somn. , I l , 1 5 , 22.
m In Somn. , Il, 1 5 , 25 , e Platone, Leggi 894b , 895e e 896a-b .

1 73
Cosi la forza della dottrina platonica e quella dei platonici ,
riunite in una sola forza, hanno consentito a Macrobio di de­
molire il sillogismo aristotelico e di dimostrare che qualcosa
può muoversi senza che qualche altra la muova. Rimane ora da
dimostrare che ciò è appunto l ' anima. A questo punto Macro­
bio distoglie la sua attenzione dali ' incalzare delle obiezioni ari­
stoteliche, apre una delle sue tante parentesi e prova a dimo­
strare , per esclusione delle altre possibilità, che nell 'uomo il
principio del movimento è proprio l'anima: Homini motum
aut anima praestat aut corpus aut de utroque permixtio. Et
quia tria suni de quibus inquisitio ista procedit, cum neque a
corpore neque a permixtione praestari hoc posse constiterit, re­
sta t ut ab anima moveri hominem nulla dubitatio sit 273 • Emerge
senza difficoltà la matrice plotiniana 274 di questa dimostrazio­
ne che Macrobio fa propria, dando prova di avere assimilato
più di quanto non si sia creduto la dottrina plotiniana e di avere
la capacità di rielaborarla e di adattarla all e proprie fmalità.
Nel discorso che segue e che copre l 'intero sedicesimo capi­
tolo, Macrobio affina le sue armi dialettiche per neutralizzare
le altre obiezioni di Aristotele. Pertanto, riprende le obiezioni
già riferite nel quattordicesimo capitolo e ne dà le relative spie­
gazioni rispettando l'ordine già seguito : [ . . . ]
eadem enim hic sol­
vendo repetemus quae supra in ordinem obiecta digessimus 275 •
Questo modo di procedere è indicativo della competenza con
cui Macrobio legge e utilizza le teorie aristoteliche : nel quattor­
dicesimo capitolo egli si limita ad esporre le obiezioni di Aristo­
tele ed utilizza alcuni passi delle sue opere, nel sedicesimo capi­
tolo riprende le stesse obiezioni e le spiega con l'appoggio di
passi diversi . Come esempio di questo procedimento mi pare
sufficiente riportare la seconda obiezione e la relativa spiega-

27 3 In Somn. , I l , 1 5 , 2 8 .
274 Enn. , IV, 5 , 7.
m In Somn. , I I , 1 6 , l .

1 74
zione circa l'impossibilità del movimento dell 'anima considera­
ta come principio di movimento : se l'anima è principio di mo­
vimento - dice Aristotele - non può muoversi perché non
può essere uguale a ciò di cui è principio. Ora questa obiezione
viene così presentata da Macrobio : Nullum, inquit, initium
idem potest esse ei cuius est initium. Nam apud geometras prin­
cipium lineae punctum dicitur esse, non linea,· apud arithmeti­
cos principium numeri non est numerus. Item causa nascendi
ipsa non nascitur e ipsa ergo motus causa ve/ initium non mo­
vetur: ergo anima, quae initium motus est, non movetur 216 ; e
viene cosi spiegata: Non possunt, inquit, eadem initiis suis esse
quae inde nascuntur, et ideo animam, quae initium motus est,
non moveri, ne idem sit initium et quod de initio nascitur, id est
ne motus ex m o tu processisse videatur 277 •
Tanto la risposta a questa obiezione quanto le risposte che
seguono alle altre obiezioni aristoteliche mi sembrano degne di
rilievo, in quanto esprimono la misura della forza argomentati­
va di Macrobio; pertanto mi pare opportuno trattarne, sia pure
sinteticamente.
Rispondendo all 'obiezione sopra riferita, Macrobio osserva
che se il principio e ciò che da questo proviene fossero total­
mente diversi , tali da essere contrari , dovremmo chiamare nero
l'inizio del bianco, umido l'inizio del secco, male l'inizio del
bene e cosi via; ma non è cosi , perché, sebbene il principio non
sia uguale a ciò di cui è principio , non può essere neppure del
tutto contrario. Nel caso dell 'anima, dunque, la quale si muove
come si muovono le cose che essa stessa muove, la differenza
sta nel fatto che l' anima si muove di moto autonomo mentre le
27
altre cose si muovono perché mosse 8 •

276 In Somn. , I I , 14, 24, e Aristotele, MetajtSica, V, 6, l 0 1 6b, 26; IX, l ,


l 052b , 23 ; Xl, 4, l 070b , 1 5 ; e Fisica, IV, I l , 220a, l l .
277 In Somn. , I I , 1 6, l , e Aristotele, Fisica, VIII, 5 , 256b, 23-27 .
27 8 In Somn. , Il, 16, 3-4.

1 75
La terza obiezione di Aristotele - quella che nega il movi­
mento dell 'anima sulla base del principio di non contraddizio­
ne, secondo il quale non può accadere che, riguardo ad una so­
la e medesima cosa in uno stesso tempo, si verifichino degli av­
venimenti contrari (in questo caso il muoversi dell 'anima e l ' es­
sere mosso) - viene dissolta da Macrobio col rifiuto dell 'ipote­
si aristotelica dell 'esistenza di due movimenti diversi nel movi­
mento dell 'anima, dato che questo movimento altro non è che
l' essenza stessa dell 'anima (quippe cum ipse motus animae sit
279
essentia) •
Alla quarta obiezione , secondo la quale se l ' essenza
dell 'anima fosse il movimento, questa non cesserebbe mai di
muoversi , come invece accade quando il corpo sta fermo, Ma­
crobio risponde che, contrariamente a quanto possa apparire e
a quanto pensa Aristotele, l ' anima non si ferma mai , poiché il
corpo si muove anche quando sembra immobile 280•
Per quanto riguarda la quinta obiezione di Aristotele (che
per Macrobio è piuttosto una pseudo-obiezione) - per la quale
l'anima, causa di movimento per le altre cose, non può esserlo
per se stessa, perché non esiste nulla « che sia causa di una stes­
sa cosa tanto per sé quanto per altro » - Macrobio concede ad
Aristotele che potrebbe anche essere vero in generale (sebbene
molti casi lo neghino) , ma aggiunge che non è questo il caso
dell 'anima, la quale è causa di movimento per le altre cose ma
non è la causa del suo stesso movimento , nel senso che non dà
a se stessa la facoltà del movimento, essendo il movimento la
1
sua stessa essenza (sed essentiae suae est quod movetur) 28 •
Questa risposta serve a Macrobio per confutare anche la se­
sta obiezione di Aristotele, secondo la quale, poiché ogni movi-

279 In Somn. , I I , 1 6, S .
280 In Somn. , I I , 1 6, 6-9.
28 1 In Somn. , I I , 1 6, 1 0- 1 3 .

1 76
mento per avere luogo ha bisogno di uno strumento , anche
l ' anima, per muovere se stessa, deve servirsi di uno stru­
mento 28 2 • Alla luce della precedente risposta, infatti, questa
obiezione appare risibile, dato che il movimento dell ' anima è
insito nella sua stessa essenza e non ha alcun bisogno di mezzi
esterni per effettuarsi 28 3 •
La settima obiezione viene considerata da Macrobio estre­
mamente sottile e capziosa, e il suo autore - per altri aspetti
vir tantus et alias ultra ceteros serius 284 in questo caso viene
-

5
definito similis cavillanti 28 • Aristotele fonda questa obiezione
sul movimento di locazione, secondo il quale l ' anima, muoven­
dosi , dovrebbe ora entrare, ora uscire dal corpo, e conclude
che, poiché l ' anima non attua questo tipo di movimento , ne
consegue che non si muove 286 • Macrobio confuta tale ragiona­
mento con un esempio tratto dalla natura, col quale ritorce
l 'argomento aristotelico contro lo stesso Aristotele: gli alberi
- egli dice - ai quali Aristotele non nega il movimento, non si
muovono da un luogo all 'altro ; sulla base dell ' obiezione aristo­
telica, dunque, si dovrebbe concludere che non si muovono ;
oppure, se si conclude che si muovono pur non spostandosi da
un luogo all ' altro , si deve anche concludere che non tutte le co­
se che si muovono attuano un movimento di locazione e che
ogni ente si muove di un movimento conveniente alla propria
natura 287 •
Rimane, infine , da confutare l'ultima obiezione di Aristote­
le, che, per certi versi , ricalca la precedente, poiché è fondata

2 a2Cfr. In Somn. , I I , 14, 28 , in quanto nel capitolo sedicesimo l'obie-


zione non viene ripresa.
283 In Somn. , I l , 16, 14.
284 In Somn. , I I , 16, 1 5 .

285 In Somn. , I l , 1 6 , 1 5 .
286 In Somn. , I l , 1 6 , 1 5 .
287 In Somn. , I I , 1 6, 1 6- 1 8 .

1 77
sul fatto che, supposto il movimento dell ' anima, questo deve
essere concepito o secondo il luogo o secondo la sostanza o se­
condo la quantità 211 • Ma ciò - osserva Macrobio - sorge da
una questione di fondo mal posta, sorge dalla supposta distin­
zione nell 'anima tra ciò che muove e ciò che è mosso , distinzio­
ne che in realtà non esiste, per cui non è possibile pensare che il
movimento dell'anima si attui secondo i modi indicati da Ari­
stotele. L'anima è, infatti , il principio e la fonte del movimen­
to: [ . . ]
quin etiam ceteris quae moventur hic fons, hoc princi­
.

pium est movendi '1;19 .


L' immagine della fonte che Macrobio dice di desumere da
Platone e da Cicerone 290 richiama - a mio avviso - più da vi­
cino Plotino, il quale più volte la utilizza per esprimere il con­
cetto dell 'Uno trascendente e principio di vita e di attività 29 1 •
Macrobio descrive persino il processo mentale che soggiace all a
scelta di questa immagine e a questo proposito utilizza proprio
Plotino : « Il grado di pregnanza contenuto in questa espressio­
ne, dove l' anima è definita fonte del movimento, potrai ap­
prezzarlo facilmente se immaginerai col pensiero il movimento
di una cosa invisibile senza autore e perciò tale che procede sen­
za inizio e senza fine e muove tutte le altre cose e alla quale non
si potrà, tra quelle visibili , trovare nessuna cosa che le assomi­
gli più di una fonte : essa è il principio dell ' acqua e cosi genera
da sé fiumi e laghi e non si dice che nasce da qualcosa, perché
se nascesse da qualcos' altro non sarebbe essa il principio » 292•
Questo passo a m e non sembra altro che l a spiegazione nei

288 In Somn. , II, 16, 20.


289 In Somn. , II, 16, 22-23 .
290 In Somn. , II, 16, 22.

29 1 Enn. , VI, 7, 12; VI , 8 , 14. In Enn. , III, 8, I O, Plotino dice espressa­


mente: « Ma ciò che è al di sopra della vita è causa di vita: poiché non è già
l'attività della vita - cioè la totalità degli esseri che è prima, no, ma essa è
proprio come se (oiov) sgorgasse da una fonte ».
292 In Somn. , Il, 1 6, 23 .

1 78
dettagli, se si vuole anche un po' prolissa, dell'espressione plo­
tiniana: « Pensa, cioè, ad un'unica fonte che non abbia altro
principio che se stessa » 293 , con la quale Plotino dice molto di
più di quanto non riesca a dire Macrobio attraverso un 'intera
pagina. Plotino, infatti, nello stesso momento in cui utilizza
l 'immagine della fonte, supera dialetticamente ciò che in essa
c'è di sensibile per cogliere il significato traslato ; dalla sua
espressione traspare che tra il significato proprio e il significato
traslato del termine metaforico si è determinata la « tensione
della copula », dell'essere e del non essere nello stesso tempo,
dell'essere come 294 • Nel passo di Macrobio, invece, tanto la
tensione dialettica quanto lo scarto semantico tra il significato
proprio del termine fonte e il significato traslato di esso vengo­
no neutralizzati e diluiti per perdersi del tutto nella similitudine
che segue e che esplica il contenuto implicito nella metafora 295 •
Peraltro questo contenuto viene subito orientato verso la fina­
lità morale della quale sono pervasi i Commentarii: fin qui in­
fatti è stato dimostrato che l'anima si muove da sé ed è princi­
pio di movimento per tutte le cose che seguono; adesso si dimo­
stra che l ' anima è pure il principio delle emozioni e delle pas­
sioni umane 296 • E ancora una volta - a mio avviso - è Plotino

293 Enn. , I I , 8, 10.


294 La sorgente-principio a cui rimanda l'immagine sensibile della fonte
è simile alla sorgente dei fiumi ma è anche diversa e Plotino ne evidenzia le
caratteristiche: « [ . . ] la quale però dia di se stessa a tutti i fiumi , senza la­
.

sciarsi esaurire mai da questi fiumi , ma persevera in sé tranquillamente ))


(Enn. , III, 8 , 1 0) .
295 In Somn. , Il, 1 6, 24: « [ . . ] allo stesso modo se, considerando i l moto
.

dei corpi, divini o terreni , ne vuoi per caso ricercare l'autore, anche la tua
mente dovrà risalire all'anima come a una fonte )) .
296 In Somn. , Il, 1 6, 25 : Nam motus eius est boni malique discretio, vir­
tutum amor, cupido vitiorum, ex quibus effluunt omnes inde nascentium re­
rum meatus,· motus eius est quicquid irascimur et in fervorem mutuae colli­
sionis armamur, unde pau/atim procedens rabies fluctuat proeliorum; motus
eius est quod in desiderio rapimur, quod cupiditatibus alligamur.

1 79
che offre a Macrobio i concetti base di questo argomento m .
I n conclusione Macrobio afferma che tutti i movimenti che
agitano l'uomo traggono origine dall 'anima, ma se essi « sono
governati dalla ragione proveniunt salutares, se ne sono privi in
praeceps et rapiuntur et rapiunt » 291• Questo richiamo alla ra­
gione fa da proemio all 'ultimo capitoletto dell ' opera, nel quale
all 'Africano virtuoso viene annunziata la salvezza eterna: [ . ] . .

sunt autem optmae curae de salute patriae, quibus agitatus et


exercitatus animus ve/ocius in hanc sedem et domum suam per­
vo/abit,· idque ocius faciet si, iam tum cum erit inclusus in cor­
pore, eminebit foras et, ea quae extra erunt contemplans,
quam maxime se a corpore abstrahet 299 •

2<n Enn. , I I I , 6, 3 : « Ma le propulsioni e le avversioni [ . ] . E certo, se noi


. .

diciamo ch 'ella si muove, ha brame, ragionamenti, rappresentazioni, noi non


riteniamo affatto ch'ella, ciò facendo, sia scossa, ma che tali movimenti trag­
gano solo da essa il punto di partenza.
298 In Somn. , I l , 16, 25-26.

299 In Somn. , Il, 1 7 , 2.

1 80
CONCLUSIONI

Nell'ultimo capitolo dei Commentarii Macrobio completa


il discorso intorno alle virtù lasciato aperto al capitolo ottavo
del primo libro ed esprime chiaramente l'esigenza di volere
comporre due ideali di vita diversi : quello greco e quello latino .
Nel capitolo sulle virtù aveva privilegiato le virtù politiche
in rapporto a quelle contemplative, lasciando trasparire la ma­
trice romana della sua posizione; qui sembra volere conciliare i
due diversi punti di vista, nel tentativo di adattare l' ideale neo­
platonico alla forma mentis romana. Pertanto afferma che sia
le virtù contemplative, proprie dei filosofi , sia le virtù attive,
proprie dei reggitori dello Stato, rendono beati coloro che le
praticano . Può darsi il caso che qualcuno le possegga entram­
be, cosi come può accadere che se ne possegga solo una: Ro­
molo, per esempio, è da annoverare fra coloro che esercitarono
solo le virtù attive, Pitagora fra coloro che esercitarono solo le
virtù contemplative 1 • Tra coloro che esercitarono tanto le virtù
attive quanto quelle contemplative Macrobio annovera greci
(Licurgo e Solone) e romani (Numa e i due Catone), ma ag­
giunge che, mentre fra i greci molti si dedicarono soltanto alle
virtù contemplative, fra i romani nessuno : [ . . . ]so/i enim sa­
pientiae otio deditos ut abunde Graecia tulit, ita Roma
nescivit 2 • Lo stesso Scipione, che incarna l 'ideale di uomo vir-

l In Somn. , Il, 1 7 , 8 .
2 In Somn. , Il, 1 7 , 8.

181
tuoso, da una parte è dedito alle virtù politiche, in quanto uo­
mo di Stato il cui scopo è la salvezza della patria; dall'altra si
dedica alla pura contemplazione, in quanto filosofo: Quoniam
igitur Africanus noster, quem modo avus praeceptor instituit,
ex ilio genere est quod et de doctrina vivendi regu/am mutuatur
et statum publicum virtutibus fulcit, ideo ei perfectionis gemi­
nae praecepta mandantur 3 •
Queste ultime considerazioni mi sembrano funzionali alla
caratterizzazione della fisionomia culturale di Macrobio, in
quanto mi pare di leggervi una certa predilezione per coloro
che alle virtù attive associano le contemplative, e quindi il ten­
tativo di innestare nella cultura romana, tendenzialmente prati­
ca, l' ideale greco della contemplazione, che Macrobio mutua
direttamente dalla filosofia platonica e neoplatonica. Di chiara
derivazione neoplatonica sono infatti e la proposta ascetica e la
riflessione escatologica che seguono : « Questi sono gli insegna­
menti di quella dottrina secondo la quale chi fa professione di
filosofia deve desiderare la morte e per la quale quelli che sono
ancora dentro il corpo possono riguardare a esso come a un pe­
so a loro estraneo che durerà il tempo ammesso dalla natura; e
con facilità e con senso dell 'opportunità fa opera di persuasio­
ne alla virtù , dopo avere manifestato la grandezza e il carattere
divino dei premi riservati alle virtù . Ma poiché una legge si dice
imperfetta se non vi è sancita alcuna pena per chi devia da essa,
alla fine dell' opera sancisce che per coloro che vivono al di fuo­
ri di quei comandamenti la pena è quel luogo che l'Er di Plato­
ne ha abbondantemente descritto, enumerando gli infiniti se­
coli durante i quali le anime dei malvagi, dopo essere più volte
ritorte sotto i medesimi castighi, solo alla fine possono emerge­
re . dal tartaro e così ritornare, ottenuta finalmente la purifica­
zione, al principio della loro natura, che è il cielo. È destino che

3 In Somn. , I l , 1 7 , 9 .

182
ogni anima ritorni alla sua sede originaria, ma quelle che abita­
no nel corpo come straniere ben presto, dopo il corpo, ritorna­
no a quella che è come la loro patria, mentre quelle che riman­
gono invischiate nelle lusinghe del corpo come se fosse la loro
vera dimora, quanto più violentemente si separano da esso,
tanto più tardi ritornano alle sfere supreme » 4 •
ICommentarii si chiudono, secondo la prassi, con un giudi­
zio positivo sul Somnium di Cicerone, che viene definito un' o­
pera perfetta nella quale universa philosophiae continetur inte­
gritas 5 : Cicerone in essa - osserva Macrobio - non ha trascu­
rato nessuna delle tre parti della filosofia in quanto ha trattato
di morale quando ha esortato Scipione alle virtù , all 'amore per
la patria e al disprezzo della gloria terrena; ha trattato di filoso­
fia naturale quando si è occupato di astronomia e di geografia
e ha trattato di filosofia razionale a proposito dell' anima, della
sua essenza e dalla sua immortalità 6 •
Appare chiaro che lo stile del nostro autore è simile a quello
di tanti commentatori ed epitomatoci più o meno noti del suo
tempo, tuttavia credo che sarebbe troppo riduttivo relegare
Macrobio - come è stato fatto dai più - fra gli eruditi occi­
dentali dell'età tardo-antica, preziosi per certi versi 7 , ma privi
di qualsiasi originalità; e ciò perché dalla lettura delle sue ope­
re, e particolarmente dalla lettura dei Commentarii, emerge
un' immagine più ricca e interessante.
Nel corso di questo lavoro è stato fatto il punto più volte
sull'aspetto ermeneutico dell 'opera di Macrobio ed è stata evi­
denziata la di lui capacità di comprendere, assimilare, integrare

4 In Somn. , I l , 1 7 , 1 2- 1 4.
5 In Somn. , I l , 1 7 , 1 7 .
6 In Somn. , I I , 1 7 , 1 5- 1 6.
7 W . H . Stahl (Macrobius ci t . , p. IX) a questo proposito sottolinea il
merito di Macrobio di avere conservato testimonianze spesso preziose e addi­
rittura interi testi.

1 83
e spesso semplificare teorie difficili sia nella forma che nella
sostanza. Si è visto inoltre che se i Commentarli in Somnium
Scipionis non possono collocarsi fra le opere filosofiche si­
stematiche, hanno senz'altro il valore di un commento luci­
do, bene articolato e anche personale, nel quale l ' autore,
mentre le ripropone, adatta le dottrine dei filosofi del passa­
to a lui congeniali alla mentalità scolastica dei suoi interlocu­
tori . Il suo messaggio è rivolto all ' intellighenzia romana del
V secolo, notevolmente sensibile nei riguardi della filosofia
neopitagorica e neoplatonica 8 che si è già sovrapposta all a
cultura latina ed è stata recepita nei suoi valori morali , intel­
lettuali ed estetici .
Gli aspetti del neoplatonismo che, mescolati alle teorie
neopitagoriche, si sono diffusi maggiormente a Roma sono
l'aspirazione all 'immortalità e alla perfezione che si realizza
al di fuori del corpo, l ' orientamento escatologico della spe­
culazione, il senso della trascendenza dell 'essere, l'interesse
per le scienze cosmologiche, matematiche ed astronomiche .
Macrobio riesce ad unificare tutte queste componenti dottri­
nali e a fornire all 'Occidente latino gli elementi fondamentali
per la conoscenza del platonismo . Pertanto, insieme a Calci­
dio e a Mario Vittorino, egli è da annoverare tra i più attenti
cultori del neoplatonismo; e se è vero che l 'astronomia, la
matematica, l a geografia sono l e scienze più trattate nei
Commentarii, è anche vero che la scienza che attraversa
l 'opera per intero è la teologia e precisamente la teologia
neoplatonica che, tramite Macrobio, giungerà alle « scuole »
del Medioevo . Il merito fondamentale, attribuito a Macrobio
da parte di tutti gli studiosi della sua opera, è infatti proprio
quello di essere stato uno degli anelli della catena di trasmis-

s Cfr. a questo riguardo A. J. Festugière, La doctrine des viri novi


sur l'origine et le sort des times, in « Memoria! Lagrange », pp . 97- 1 32, e
ripreso in Hermetisme et Mystique paienne, Paris, 1 967, pp. 261 -3 1 2 .

1 84
sione della cultura classica al Medioevo 9 e quindi al mondo
moderno.
Macrobio, in effetti, ha contribuito a mantenere in vita il
pensiero pagano nei secoli dell'avanzata del cristianesimo sen­
za, per questo, aggredire la nuova religione. Al riguardo sono
significative la sua totale reticenza sulle questioni dibattute tra i
pagani e i cristiani e la ricerca dell'espediente didascalico, en­
trambe funzionali a coprire l'esigenza di esporre un corpo or­
ganico di scienza e di critica nonché una precisa dottrina filoso­
fica. Cosi egli è riuscito a conservare quella parte del patrimo­
nio culturale della tarda antichità costituita dalla filosofia neo­
platonica in una versione diversa da quella di Agostino o di
Mario Vittorino . Questi ci rivelano solamente la trasformazio­
ne cristiana del neoplatonismo latino 1 0 , Macrobio riprende il
neoplatonismo pagano dall'interno, con lo scopo di trovame la
piena rispondenza nelle parole di Cicerone.
Occorre tuttavia ribadire che quello di Macrobio è un neo- •

platonismo rivissuto da un rappresentante della cultura pagana


romana, il quale, oltre ad essere l'autore dei Commentarii, è

9 L'influenza di Macrobio sui pensatori medioevali si estende da Boezio


a Cassiodoro, da Isidoro di Siviglia a Beda il Venerabile e a G. Scoto Eriuge­
na, tutti fruitori dei Commentarii. Per i mistici della Scuola di Chartres, Ma­
crobio, assieme a Calcidio, Boezio e Marziano Capella, è fra i maestri del pla­
tonismo, e persino Abelardo, S. Bonaventura, Alberto Magno e S. Tommaso
lo utilizza no come un'autorità. Cfr. Ph. M. Schedler, Die Philosophie des
Macrobius ci t . ; P . Duhem, Le sistème du monde. Histoire des doctrines co­
smologiques de Platon à Copernic, Paris, 3 voli. 1 9 1 3- 1 9 1 7 ; R . Baron, A pro­
pos des ramifications des vertus au XII� siècle, in « Recherches de théologie
ancienne et médiévale » , 1 3 ( 1 956), pp. 1 9-39; P. Courcelle, La postiriti chré­
tienne du « Songe de Scipion » cit . ; E. Jeauneau, Macrobe, source du platoni­
sme chartrain, in « Studi medievali » , 3 • serie, l ( 1 960), pp. 3-24; H. Silvestre,
Note sur la sourvie de Macrobe au moyen 4ge, in « Classica et Mediaevalia » ,
24 ( 1 963).
1 o Cfr. a tale proposito J . Flamant, Macrobe et le Nioplatonisme latin,
p. 688 sgg .

1 85
anche l'autore dei Satu17Ullill ; pertanto, pur avendo capito in
profondità il sistema neoplatonico, non lo segue fino ai limiti
più estremi. Infatti, mentre da una parte cerca di correggere Ci­
cerone, ll dove sembra che la sfera più esterna del mondo venga
descritta come il Dio più alto e, al fme di escludere ogni inter­
pretazione panteistica, afferma - ricalcando sentieri neoplato­
nici - che il Dio più alto non è né il mondo né una parte di es­
so, ma è la causa dell ' intelletto da cui poi procede l ' anima che
11
costruisce il corpo dell ' universo ; dall' altra non defmisce mai
l ' Uno btéKE\Va t"'ç où o ia ç alla maniera di Plotino, né parla
della « pura materia » intesa come semplice possibilità del cor­
poreo, ovvero della materia come semplice negatività, in quan­
to per lui la serie della realtà ha inizio con Dio e discende, attra­
verso l'intelletto e l'anima, fino ai corpi visibili che compongo­
no l'universo.
Sotto questo rispetto si potrebbe affermare che in Macro­
bio manchi la categoria dell' ineffabile, e ciò perché accanto
ali ' interesse per la cultura greca esiste in lui il senso della roma­
nità che emerge visibilmente sia dalla forma che dal contenuto
dei Commentarii. Il De re publica era un testo molto letto
11,
nell' ambiente di Macrobio pertanto sceglierne una parte per
fame l ' oggetto di un commentario costituiva una professione
di fede verso una tradizione che, pur aprendosi ai valori cultu­
rali greci , era orientata al servizio della città eterna. D ' altron­
de, fin dali 'inizio del suo commento - nel sottolineare ciò che
distingue il testo di Cicerone dalla Tioì..tt E ia di Platone: [ . . ] . al-

1 1 In Somn. , l , 1 7 , 1 2 : Quod autem hunc istum extimum globum, qui ita


vo/vitur, summum deum vocavit, non ita accipiendum est ut ipse prima causa
et deus il/e omnipotentissimus aestimetur: cum globus ipse, quod caelum est,
animae sit fabrica, anima ex mente processerit, mens ex deo, qui vere sum­
mus est, procreata sit.
12
Cfr. a tale proposito F. Solmsen , Neg/ected evidence for Cicero 's De
re publica, in « Museum Helveticum », 1 3 ( 1 9.56), pp. 38-.5 3 .

1 86
ter qua/is esse deberet. alter qualis esset a maioribus instituta
disseruit 1 3 - Macrobio, sebbene fra le righe, esprime questa
sua posizione, che si rivela pienamente nel capitolo ottavo del
primo libro, dove, pur accettando la gerarchia plotiniana delle
virtù , il nostro autore prende le distanze da essa e - come si è
visto - rimane in linea con la tradizione del realismo politico
romano.

13 In Somn. , l , l, l.

1 87
BIBLIOGRAFIA
FONTI

Aetio, Placita, ed. H . Diels, Berlin, 1 9583•


Agostino, De civitate Dei, ed . G . Bardy - G . Combès, Paris, 1959-60.
Albino, Didascalicus, ed . P . Louis, Paris, 1 945 .
Anassimene, Die Fragmente der Vorsokratiker, ed. H . Diels - W .
Kranz, Berlin , 1 95 l .
Aristotele, De anima, ed . A . Jannone - E . Barbotin, Paris, 1 966 .
Aristotele, De caelo, ed . P . Moraux, Paris, 1 965 .
Aristotele, De genera tione et corruptione, ed. Ch. Mugler, Paris ,
1 966 .
Aristotele, Metaphysica, ed. W . D. Ross, Oxford, 1 974.
Aristotele, Physica, ed. H. Carteron, Paris, 196e.
Amobio, Adversus nationes, ed . C . Marchesi, Torino, 1 9532•
Artemidoro di Daldi, Onirocriticon libri V, ed . R. A. Pack, Leipzig,
1 963 .
Calcidio, Timaeus a Calcidio translatus Commentarioque instructus,
ed. J . H . Waszink, in « Corpus Platonicum Medii Aevi, Plato
Latinus », vol . IV, Leiden, 1 962.
Cicerone, De amicitia, ed . R. Combès, Paris, 1 97 1 .
Cicerone, De finibus, ed. J . Martha, Paris, 1 928-30.
Cicerone, De natura deorum, ed . A . S . Pease, 2 voll . , Cambridge,
1 955-58.
Cicerone, De ojjiciis, ed . M . Testard, Paris, 1 970.
Cicerone, De re publica, ed. K. Ziegler, Leipzig, 1 9697•
Cicerone, Somnium Scipionis, ed. A. Ronconi, Firenze, 19672•
Cicerone, Tusculanae disputationes, ed . G . Fohlen - J . Humbert, Pa-
ris, 1 93 1 .
Cipriano, A d Demetrianum , ed . E . Gallicet, Torino, 1 976.

191
Clemente Alessandrino, Stromata, ed. O . von Sthahlin , « Die grie-
chischen christlichen Schriftsteller », Berlin, 1 98 5 .
Codex Theodosianum, ed . Th . Mommsen, Berlin, 1 905 .
Corpus Hermeticum, ed . A.D. Nock - A. J . Festugière, Paris , 1 946 sgg.
Diogene Laerzio, Vitae philosophorum , ed . H . S . Long , Oxford,
1 964 .
Empedocle, Die Fragmente der Vorsokratiker, ed . H . Diels - W .
Kranz, Berlin , 1 95 1 .
Eunapio, Vitae sophistarum, ed . l . Giangrande, Roma, 1 956 .
Eusebio, Praeparatio Evangelica, ed . K . Mras , in « Die griechischen
christlichen Schrifsteller » 43 t. l, Berlin , 1 954, e t. I l , Berlin ,
1 956.
Favonio Elogio, Disputatio de somnio Scipionis, ed . L. Scarpa, Pa­
dova, 1 974.
Filone Alessandrino, Opera quae supersunt, ed . L . Cohn - P . W en­
dland , 7 voli. , Berlin, 1 896- 1 930.
Filopono Giovanni , De aeternitate mundi contra Proclum, ed . H .
Rabe, Leipzig, 1 899 (rist . , Olms, 1 963 ) .
Ireneo , A dversus haeresias, ed . A. Rousseau , Paris, 1 965 .
Macrobio, Commentarii in Somnium Scipionis, ed . J . W illis , Leip­
zig, 1 963 .
Macrobio, Saturnalia, ed . J . W illis, Leipzig, 1 963 .
Mario Vittorino, A dversus A rium , ed. A . Locher , Opera theologica,
Leipzig, 1 976.
Marino, Vita Procli, ed . J. F. Boissonade, Leipzig , 1 8 1 4 , (rist . , Am­
sterdam , 1 966) .
Marziano Capella, D e nuptiis Philo/ogiae e t Mercurii, ed . A . Dick ,
2
Leipzig, 1 978 •
Massimo di Tiro , Philosophumena, ed . H . Hobein, Leipzig, 1 9 1 0 .
Numenio, Fragmento, ed . E . Des Places , Paris , 1 973 .
Olimpiodoro, In Platonis Phaedonem commentario, ed . W . Norvin,
Leipzig , 1 9 1 3 (rist . , Olms , 1 968) .
Origene, De principiis, ed . H . Crouzel e M . Simonetti, in « Sources
Chrétiennes », Paris, 1 978 .
3
Orphicorum Fragmento, ed . O . Kern , Berlin, 1 972 •
Platone , Cratylus, ed. L . Méridier, Paris, 1 96 e .
7
Platone, Gorgias, ed . A. Croiset - L . Bodio, Paris , 1 960 •

192
Platone, Phaedo , ed . L. Robin , Paris, 1 965 .
3
Platone, Phaedrus, ed . L . Robin, Paris, 1 96 1 •
Platone, Respublica, ed . E . Chambry, Paris, 1 965 .
Platone , Theaetetus, ed . A . Diès , Paris , 1 963 .
Platone, Timaeus, ed . A . Rivaud, Paris, 1 963 .
Plotino, Enneades, ed . P . Henry - H . R . Schwyzer, Paris-Bruxelles ,
1 95 1 - 1 97 3 .
Porfirio, A dversus Boethum de anima, (presso Eusebio, Praep.
Evang. , ed . cit . , 1 1 , 28, l).
Porfirio, Contra Christianos, ed . V . Harnack, i n « Philosophische
und historische Abhandlungen der kOniglichen Akademie der
Wissenschaften zu Berlin » , Berlin, 1 9 1 6 .
Porfirio, De abstinentia, ed . J . Bouffartigue - M . Patillon , Paris,
1 977- 1 979.
Porfirio, De antro nympharum , ed . A . Nauck , Leipzig, 1 886 (rist .
·

Olms , 1 963 ) .
Porfirio , De regressu animae, ed . J . Bidez, Vie de Porphyre, le phi­
/osophe néoplatonicien , Gand , 1 9 1 3 , pp . 27-44 (rist . , Olms,
1 964) .
Porfirio, In Platonis Timaeum commen tariorum fragmenta, ed . A .
R . Sodano, Napoli , 1 964 .
Porfirio, Quaestionum Homericarum liber l, ed . A . R . Sodano, Na­
poli , 1 970.
Porfirio, Sententiae ad intelligibilia ducentes, ed . E. Lamberz, Leip­
zig, 1 975 .
Porfirio, Vita Plotini, in Plotino, Enneades, ed. cit .
Proclo, In Platonis A lcibiadem commentarii, ed . L. G . Westerink,
Amsterdam , 1 954.
Proclo , In Platonis Rempublicam commentarii, ed . G . Kroll , 2 voli . ,
Leipzig, 1 899- 1 90 1 .
Proclo, In Platonis Timaeum commentario, ed . E . Diehl , 3 voli . ,
Leipzig, 1 903 - 1 906.
Servio, In Vergili carmina commentarii, ed . G . Thilo - H. Hagen, 5
voli . , Leipzig-Berlin, 1 88 1 - 1 902 .
Stobeo , Eclogae physicae e t ethicae, ed . C . Wachsmuth , Berlin ,
2
1 95 8 •
Tertulliano, A d nationes, ed . A. Schneider ( 1 . 1 ) , NeuchAtel , 1 968 .

1 93
Tertulliano , Ad martyras, ed . A. Quacquarelli , Roma-Parigi , 1 963 .
Tertulliano, Apologeticum , ed . P . Frassinetti , Torino, 1 965 .
Tert ul l iano, De anima, ed . J . H . Waszink, Amsterdam , 1 947 .
2
Virgilio, Opera, ed . R. A. B. Mynors, Oxford , 1 972 •

1 94
STUDI

Annin (von), H . , Kolotes, in « P . W . » , 1 1 , l ( 1 92 l ), coll. 1 1 20- 1 1 22 .


Baron, R . , A propos des ramifications des vertus au XII� siècle, in
« Recherches de théologie ancienne et médiévale » , 1 3 ( 1 956), pp .
1 9-39.
Beutler , R . , ree. a E . H. Leemans , Studies, in « Gnomon » , 16 ( 1 940) ,
pp. 1 1 1 - 1 1 5 .
Beutler , R . , Numenius, in « P . W . » , sup . 7 , 1 940, coli . 664-678 .
Beutler, R . , Porphyrios, in « P . W . » , 22, l , 1 95 3 , coli . 1 75-3 1 3 .
Bidez, J . , Vie de Porphyre, le philosophe néoplatonicien , Gand ,
1 9 1 3 (rist . , Olms , 1 964).
Bitsch , F . , De Platonicorum quaestionibus quibusdam Vergilianis,
Diss . , Berlin, 1 9 1 1 .
Blum, C . , Studies in the Dream-Book oj A rtemidorus, Uppsala, 1 936.
Blumemberg, H . , Paradigmi per una metajorologia, Bologna, 1 969 .
Boissier, G . , La fin du paganisme, Paris , 1 89 1 .
Borghorst , G . , De A natolii jontibus, Diss . Berlin , 1 905 .
Boyancé, P . , Etudes sur le « Songe de Scipion », Essai d'histoire et de
psychologie ri!ligieuse, Paris, 1 936.
Buffière, F., Les mythes d'Homère et la pensée grecque, Paris , 1 956.
Cameron, A . , The Date and /dentity oj Macrobius, in « Journal of
Roman Studies » , 16 ( 1 966), pp . 25-3 8 .
Cameron, A. , Macrobius, A vienus and A vianus, in « Classical Quarter­
ly », 1 7 , 2 ( 1 967), pp. 385-399.
Cameron , A. , Paganism and Literature in Late Fourth Century Ro­
me, in Christianisme et jormes littéraires de I'A ntiquité tardive
en Occident, Entretiens sur l ' Antiquité classique, 23 , Vandoeu­
vres-Genève, 1 976, pp. 1 -30.

1 95
Cardullo L . , l/ linguaggio del simbolo in Proclo. Catania, 1 985 .
Cassirer E . , Linguaggio e mito. Milano, 1 968 .
Chastagnol , A. , L a Préjecture urbaine d Rome sous le Bas Empire,
Paris , 1 962 .
Chastagnol, A. , L es Fastes de la Préjecture de Rome au Bas Empire,
Paris , 1 962 .
Chastagnol , A. , L es Espagno/s dans l 'aristocratie gouvemamentale d
l 'époque de Théodose. in Empereurs Romains d'Espagne. Paris,
1 965 .
Courcelle, P . , Les lettres grecques en Occident de Macrobe d Cassio­
dare, Paris , 1 948 .
Courcelle , P . , L es Péres de I'Eglise devant /es Enjers virgiliens, in
« Archives d 'Histoire doctrinale et litteraire du Moyen Age » , 22,
( 1 955), pp. 5-74 .
Courcelle , P . , Nouveaux aspects du platonisme chez Saint A mbroise,
in « Revue des Etudes Latines » , 34 ( 1 956) , pp . 220-239.
Courcelle, P . , La postérité chrétienne du « Songe de Scipion », in
« Revue des Etudes Latines » , 36 ( 1 958), pp. 205-234.
Courcelle, P . , Tradition p/atonicienne et traditions chrétiennes du
corp-prison, in « Revue des Etudes Latines », 43 ( 1 965), pp. 406-
443 .
Courcelle, P . , Le corp-tombeau, in « Revue d es Etudes anciennes » ,
6 8 ( 1 966) , p p . 1 0 1 - 1 22 .
Culliano, J . P . , Ordine e disordine delle sfere. Macr. In Somnium
Scip. , in « Aevum », 55 ( 1 98 1 ) , pp . 96- 1 1 0.
Cumont , F., Comment Plotin détouma Porphyre du suicide, in « Re­
vue des Etudes Grecques » , 32 ( 1 9 1 9), pp . 1 1 3 - 1 20 .
Cumont , F . , Les religions orienta/es dans le Paganisme romain. Pa­
ris, 1 929.
Cumont , F . , Recherches sur le symbolisme junéraire des Romains,
Paris, 1 942 .
Cumont , F . , Lux Perpetua, Paris, 1 949 .
Davies P . V . , Macrobius, The Satumalia. translated with an intro­
duction and notes, New York-London, 1 969 .
Delatte, A. , Etudes sur la Letterature pythagoricienne, P ari s , 1 9 1 5 .
De Ley, H . , L e traité sur l'emp/acement des Enjers, i n « L 'Antiquité
classique » , 37 ( 1 967), pp . 1 90-208 .

1 96
De Ley, H . , Macrobius and Numenius, A study of Macrobius In
Somn. l, c. J2, Collection Latomus, 1 2S , Bruxelles , 1 972.
Den Bruwaene, M . , V . , 'l'vxtl et vovç dans le « Somnium Scipio­
nis » de Ciceron , in « L 'Antiquité classique » , 8 ( 1 939), pp. 1 2S-
1 S2 .
D i Pasquale Barbanti , M . , A ntropologia e mistica nella filosofia di
Platino, Catania, 1 97 8 .
Di Pasquale Barbanti, M . , La metafora in Platino, Catania, 1 98 1 .
Di Pasquale Barbanti, M . , Proclo tra filosofia e teurgia, Catania,
1 983 .
Dodds , E . , Numenius and A mmonius, in Les sources de Plotin, En­
tretiens sur l' Antiquité classique, S, Vandoeuvres-Genève, 1 960 ,
pp. 1 -62 .
DOpp, S . , Zur Datierung von Macrobius « Saturnalia », in « Her­
mes » , 96 ( 1 978), pp. 6 1 9-632.
Dorrie, H . , Kontroversen um die Seelen wanderung im Kaiserzeitli­
chen Platonismus, in « Hermes » , 8S ( 1 957) , pp. 4 1 4-43 5 .
DOrrie, H . , Die Lehre von der Seele, i n Porphyre, Entretiens sur
l' Antiquité classique, 1 2 , Vandoeuvres-Genève, 1 965 , pp . 1 68-
191 .
Duhem , P . , Le Système du Monde, Histoire des doctrines cosmologi­
ques de Platon à Copernic, 3 voli . , Paris, 1 9 1 3- 1 9 1 7 (rist . 1 95 8 ) .
Elferink, M . , A. , La descent le l'Ome d'après Macrobe, Leiden, 1 968 .
Ferwerda, R . , The Meaning of the Word IDMA in Plato 's Cratylus,
in « H ermes » , 1 1 3 ( 1 985), pp. 266-279.
Festugière, A . , J ., Les Théme du « Songe de Scipion » , in « Eramos »,
( 1 946) , pp. 370-388.
Festugière, A . , J . , La Révélation d'Hermès Trismégiste, 4 voli . , Pa­
ris , 1 949- 1 954.
Festugière, A . , J . , La doctrine des viri novi sur l 'origine et le sort des
Omes, in « Mémorial Lagrange » , pp. 97- 1 3 2 ; ripreso in Hermeti­
sme et Mystique paienne, Paris, 1 967 , pp . 26 1 -3 1 2 .
Festugière, A . , J . , L 'ordre de lecture des dialogues de Pia ton aux v�
e VI� siècle, in « Museum Helveticum », 26 ( 1 969) , pp. 28 1 -296.
Flamant, J . , Macrobe et le Néoplatonisme latin à la fin du. IV� siècle,
Leiden, 1 977.
Flamant, J . , Eléments gnostiques dans l 'reuvres de Macrobe, in

1 97
« Studies in gnosticism and Hellenistic religions presented to Gil­
les Quispeh> , Leiden , 1 98 1 , pp. 1 3 1 - 1 42 .
Fiocchi , L . , Progetto di analisi della tradi�ione indiretta in Macro­
bio, in « La cultura in Italia fra tardo-antico e Alto medioevo » ,
Roma, 1 98 1 , p p . 423 -432.
Fontaine, J . , lsidore de �ville et la culture classique dans I'Espagne
Wisigothique, 2 voli . , Paris , 1 9S9.
Forti n , P . , Christianisme et culture philosophique au v� sièc/e, La
querelle de /'8me humaine en Occident, Paris, 1 9S9.
Georgii, H . , Zur Bestimmung der Zeit des Servius, in « Philologus »,
71 ( 1 9 1 2) , pp. S 1 8-S26 .
Guittard , Ch . , Une tentative de conciliation des valeurs chrétiennes
et paiennes à travers l 'reuvre de Macrobe: syncretisme et philo­
sophie à la fin du IV� siècle, Ass . G. Budé, Actes du IXe Congrès
(Roma, 1 3 - 1 8 aprile 1 973), Paris, 1 97 S , t. 2, pp. 1 0 1 9- 1 030.
Hadot , P . , Porphyre et Victorinus, 2 voli . , Paris, 1 968 .
Hadot , P . , Marius Victorinus. Recherches sur sa vie et ses reuvres,
Paris, 1 97 1 .
Harder , R . , Ueber Ciceros Somnium Scipionis, « Schriften der KO­
nigsberger Gelehrten-Gesellshaft, geisteswissenschaftliche klas­
se », 6, 3, 1 929.
Henry , P . , P/o tin et I'Occident, Firmicus Maternus, Marius Victori­
nus, Saint A ugustin et Macrobe, Louvain, 1 934.
Jeauneau , E . , Macrobe, sources du Platonisme chartrain, in « Studi
medievali » , 3 • serie, 1 ( 1 960) , pp. 3 -24 .
Jeauneau , E . , La /ecture des auteurs classiques à l'Eco/e de
Chartres duran t la première moitié du XII� siècle. Un témoin pri­
vilégiè: /es « Glosae super Macrobium » de Guil/aume de Con­
ches in Classical lnf/uences on European Culture A . D. 500-1500,
Cambridge , 1 97 1 , pp. 9S - 1 02 .
Jeauneau , E . , L 'héritage de la philosophie antique durant le haut
moyen 8ge, in La cultura antica nell 'Occidente latino dal VII al
Xl secolo, Settimane di Studio del Centro italiano di Studi sul­
l ' Alto Medioevo , 1 8-24 aprile 1 97 S , Spoleto, 1 97 S , vol . l, pp. 1 7-
S4.
Kessels , A . , H . , M . , A ncient System of Dream-classification, in
« Mnemosyne », 22, ( 1 969), pp. 398-424.

1 98
Labriolle, P . , de, La réaction paienne. Etude sur la polémique an­
tichrétienne, Paris, 1 934.
La Penna, A . , Le Parisinus Latinus 63 70 et le texte des Commentarii
de Macrobe, in « Revue de Philologie » , 4 ( 1 950) , pp. 1 77- 1 87 .
La Penna, A . , Note sul testo dei « Commentarii » di Maerobio », in
« An nali della Scuola Normale Superiore di Pisa, Classe di Lette­
re e Filosofia » , s. 2, 20 ( 1 95 1 ) , pp. 239-254.
La Penna, A . , ree. all ' ed . Willis di Macrobio, in « Rivista di Filologia
e di Istruzione classica » , 92 ( 1 964), pp. 452-46 1 .
Leemans , E . , A . , Studie over den Vijsgeer Numenius von Apamea
met Uitgave der Fragmente, Bruxelles, 1 93 7 .
Lenaz, L . , A nnotazioni sul « Carmen contra Paganos », in « Studia
Patavina » , 25 ( 1 978), 3, pp. 54 1 -572 .
Lévéque, P . , A urea catena Homeri, Paris, 1 959.
Lewy, H . , Chaldean Oracles and Theurgy, Il Cairo , 1 956.
Ligota, C . , R . , L 'influence de Macrobe pendant la. Reinassance, in
Le Soleil à la Renaissance, Sciences et mythes, Bruxelles-Paris ,
1 965 , pp. 463-482.
Linke, H . , Quaestiones de Macrobii Satumaliorum jontibus, Diss.
Breslau , 1 880.
Linke, H . , Ueber Macrobius ' Kommentar zu Ciceros Somnium Sci­
pionis, Philologus, Abhandlungen Martin Hertz zum 70. Ge­
burtstage dargebracht , Berlin, 1 880, pp. 240-256.
Marinone, N . , Per la cronologia di Servio, in « Atti dell 'Accademia
delle Scienze di Torino, Classe di Scienze morali, storiche e filo­
logiche » , 1 04 ( 1 970) , pp. 1 8 1 -2 1 1 .
Marinone, N . , ree. alla seconda ed . W illis di Macrobio, in « Bolletti­
no di Studi Latini » , l ( 1 97 1 ) , pp . 488-496 .
M arinone, N . , Cicerone e Macrobio, Torino, 1 973 .
Marinone, N . , I « Satumali » di Maerobio Teodosio, Introduzione,
2
testo , traduzione e note, Torino, 1 977 •
Mazzari n o, S . , La politica religiosa di Stilicone, in « Rendiconti
dell ' Istituto lombardo di Scienze e Lettere, Classe di Scienze mo­
rali » , 7 1 ( 1 938), pp. 235-262 .
Mazzari n o, S . , Stilicone, La crisi imperiale dopo Teodosio, Roma,
1 942 .
Moreau, J . , Plotin ou la gioire de la philosophie antique, Paris , 1 970.

1 99
Moulinier, A . , L . , Orphée et l 'orphisme à l 'époque c/assique, Pari s ,
1 9S S .
Mras , K . , Macrobius ' Kommentar zu Ciceros Somnium. Ein Beitrag
zur Geistesgeschichte des 5. Jahrhunderts n. Chr. , in « Sitzung­
sberichte der Preussischen Akademie der W issenschaften, Phil,
hist , Klasse » , 1 93 3 , pp. 232-28 8 .
Pallu D e Lessert , A . , Fastes des provinces ajricaines, vol . 2 ° , Pari s ,
1 90 1 .
Panciera, S . , Iscrizioni senatoriali di Roma e dintorni, 3 8 , in AA.
VV ., Epigrafia e ordine senatorio, Atti del Colloquio internazio­
nale A . I . E . G . L . , (Roma, 1 4-20 maggio 1 98 1 ), Roma, 1 984, pp.
6S8-680.
Pepin, J . , Mythe et al/égorie, /es origines grecques et /es contesta­
tions judeo-chrétiennes, Paris, 1 9S 8 .
Pepin , J . , Théologie cosmique et théo/ogie chrétienne, Pari s , 1 964.
Pepin , J . , Porphyre, exégète d'Homère, in Porphyre, Entretiens sur
l'Antiquité classique, 1 2 , Vandoeuvres-Gèneve, 1 96S , pp. 23 1 -
266.
Pepin , J . , La fortune du « De A ntro Nympharum de Porphyre en
Occident, Atti del Convegno internazionale sul tema "Plotino e
il Neoplatonismo in Oriente e in Occidente " , (Roma S-9 ottobre
1 970) , Roma, 1 974, pp. S27-S 36.
Pieri , A. , Lucrezio in Maerobio, in « Bollettino di Studi latini » , 7
( 1 977), pp. 3 6 1 -362 .
Regali , M . , La quadripartizione delle virtù nei «Commentarli» di
Macrobio, in « Atene e Roma » , 2S ( 1 980) , pp . 1 66- 1 72 .
Regali, M . , Macrobio. Commento al Somnium Scipionis libro l. In­
troduzione, testo, traduzione e commento , Pisa, 1 983 .
Reinhardt , K . , Poseidonios, MUnchen , 1 92 1 .
Robbins , E . , The tradition of Greek A rithmology, in « Classical Phi-
lology » , ( 1 92 1 ) , pp. 97- 1 23 .
Romano, F . , Porjirio di Tiro, Catania, 1 979.
Sandys , J . , E., A History o/ Classica/ Scho/arschip, Cambridge, 1 908 .
Scarpa, L . , Macrobii A mbrosii Theodosii, Commentariorum in
Somnium Scipionis, libri duo. Introduzione, testo , traduzione e
note, Padova, 1 98 1 .
Schanz, M , Geschichte der rtJmischen Litteratur, MUnchen , 1 904 .

200
Schedler, Ph . , M . , Die Philosophie des Macrobius und ihr Einfluss auf
die Wissenschqft des christlichen Mitte/alters, in « Beitrlge zur Ge­
schichte der Philosophie des Mittelalters », 1 3 , l , Munster in W . 1 9 1 6.
Setaioli, A. , L 'esegesi omerica del Commento di Macrobio al « Somnium
Scipionis >>, in « Studi Italiani di Filologia classica » , 38 ( 1 966) ,
pp. 1 54- 1 98 .
Silvestre, H . , Note sur la survie de Macro be au moyen dge, i n « Clas­
sica et Mediaevalia » , 24 ( 1 963), pp . 1 70- 1 80 .
Sinclair, B . , W . , Vergil's sacrum poema in Macrobius ' Saturnalia, i n
« Maia » , 34 ( 1 982), p p . 26 1 -263 .
Sodano, A . , R . , I Frammenti dei Commentari di Porfirio al « Ti­
meo » di Platone nel «De A eternitate Mundi>> di Giovanni Filo­
pono, in « Rendiconti dell 'Ac . Arch . Lett . e Belle Arti » , Napoli,
37 ( 1 962), pp . 95- 1 2 5 .
Sodano, A . , R . , Quid Macrobius de mundi aeternitate senserit qui­
busque fontibus usus sit, in « L ' Antiquité t:lassique », 32 ( 1 963),
pp. 48-62 .
Sodano, A . , R . , Per una edizione critica dei/rammenti del commen­
to di Porjirio al « Timeo >> di Platone, in « Atti dell 'Accademia
Pontaniana » , Nuova serie, 1 2 ( 1 963), pp. 1 -48 .
Sodano, A. , R . , Porfirio commentatore di Platone, in Porphyre, En­
tretiens sur l' Antiquité classique, 12, Vandoeuvres-Gèneve,
1 965 , pp. 1 95 -223 .
Solmsen , F . , Neglected évidence for Cicero •s De re publica, in « Mu­
seum Helveticum » , 1 3 ( 1 956), pp. 38-5 3 .
Stahl, W . , H . , Astronomy and geography in Macrobius, i n « Tran­
sactions and Proceedings of the American Philological Associa­
tion » , 73 ( 1 942) , pp . 232-258 .
Stahl, W . , H . , La scienza dei Romani, trad . it . , Roma-Bari , 1 974.
Stahl, W . , H . , Macrobius. A Commentary on the Dream of Scipion,
New York-London, 1 95 2 .
Stettner , W . , Die Seelenwanderung bei Griechen und RlJmern, i n
« TUbinger Beitra.ge zur Altertumswissenschaft » , 22 , Stuttgart­
Berlin , 1 934.
Theiler, W . , Porphyrios und A ugustin , in «Schriften der KOnigsber­
ger Gelehrten-Gesellschaft, geisteswissenschaftliche klasse », l O,
l, Halle, 1 943 .

20 1
Theiler , W . , Der Mythos unti die GiJtter Griechenlands, Bema, 1 960.
Theiler, W . , A mmonios unti Porphyrios, in Porphyre, Entretiens sur
l'Antiquit� classique, 1 2 , Vandoeuvres-Gbleve, 1 96S , pp . 87-
1 23 .
Timpanaro, S . , ree. all a 2 • ed . W illis di Macrobio , in « Gnomon » ,
36 ( 1 964), p p . 784-792.
Trouillard , J . , Les jondaments du mythe selon Proclos, in AA. VV . ,
Le mythe et le symplole de la connai.ssance figurative de Dieu,
Paris , 1 970.
Trouillard, J . , La Mystagogie de Proclos, Paris, 1 982.
W aszink J . , A. , Studien zum Timaios Kommentar des Calcidius, l.
Die erste HIJI/te des Kommentars (mit A usnahme der Kapitel
aber die Weltseele), Leiden , 1 964.
Waszink J . , A . , Porphyrios und Numenios, in Porphyre, Entretiens
sur l ' Antiquit� classique, 1 2 , V andoeuvres-Gèneve, 1 96S , pp. 3 3 -
83 .
W essner, P . , Macrobius, in « P . W . », 1 928, coli. 1 70- 1 82 .
W issova, G . , De Macrobii Sotumaliorum fontibus capita tria, Diss .
Breslau , 1 880.
W hittaker , Th . , Macrobius, or Philosophy, Science and Letters in
the year 400, Cambridge, 1 923 .
Zintzen , C . , R oin isches und Neuplato,isches bei Macrobius, in Poli­
teia und Res Pub/ica, Beitrlge zum Verstandnis von Politi k ,
Recht und Staat i n der Antike, dem Andenken R . Starks gewid­
met , hg. von P. Steinmetz, « Palingenesia » IV, Wiesbaden ,
1 969, pp. 3S7-376.

202
INDICI
INDICE DEI NOMI ANTICHI •

Abelardo , 1 87 . Artemidorb (di Daldi), 84, 86 e


Achille, 9 1 n . n . , 87 e n . , 88, 89 e n . , 90,
Adrasto , 1 36 n . 92 .
Aetio , 4 7 n . Aulo Gellio, 29 n . , 46.
Agamennone, 8 9 n . , 90, 9 1 n . Avieno, 36.
Agatone, 36.
Agostino (Santo), S8 n . , S9, 60, Beda (il Venerabile), 1 87 .
63 n . , l l S n . , 1 2S n . , 146, Boeto, 1 70 n .
1 48 n . , 1 87 . Boezio , 1 7 e n . , 3 3 n , 3 S n . , 49,
Alberto Magno, 1 87 . 1 87 .
Albino, 1 28 , 1 29 n . Bonaventura (San), 1 87 .
Ambrogio (Santo) , 3 S n .
Amelio , 1 27 n . Calcidio, 26, 4 1 , 46, 48 , 49 n . ,
Ammiano Marcellino , 3 1 . 92, 94 n . , 1 S2 , 1 S3 , 1 66 n . ,
Anassimene, 1 60 n . 1 86, 1 87 .
Apollodoro , S I . Cassiodoro, 1 7 e n . , 1 87 .
Apuleio, 73 n . Catone, 1 83 .
Archimede, 4 8 n . Cicerone, 1 4 , 1 9 n . , 26, 27 , 28,
Aristande, 1 3 S n . 29, 4 1 , 42, 43 e n., 44 e n . ,
Aristotele, 49 n . , S I , S 6 n . , 1 60 n . 46 e n . , 4 8 e n . , S O n . , S 3 e
1 64 n . , 1 66 , 1 69 e n . , 1 7 1 , n . , S4 n . , 69, 7 1 , 72, 77, 84,
1 72, 1 73 , 1 74, 1 7S , 1 76, 1 77, 8S e n . , 97 , 98, 100, 1 0 1 e
1 78 . n . , 1 06 , 1 09 , 1 1 2 , 1 1 3 , 1 1 6,
Arnobio, 3 6 n . , 1 39. 1 1 7 e n. , 1 1 9 n. , l 27 e n. , l 28 ,

• Non sono riportati i nomi che compaiono solo nella bibliografia e

« Macrobio » .

205
1 42, 1 49, 1 50 e n . , 1 5 8 , 1 60, Giovenale, 5 1 .
1 63 , 1 65 , 1 66 e n . , l 67 , 1 68 , Giuliano , 3 8 .
1 78 , 1 85 , 1 88 . Graziano , 3 1 n .
Cipriano, 36 n .
Claudiano Mamerto, 63 n . , 65 , Ireneo , 1 24 n . , 1 30 n .
146. Ipparco, 5 1 .
Cleante, 5 l . lsidoro (di Siviglia) , 48 , 1 87 .
Clemente Alessand rino, 1 24 n . ,
1 25 n . Licurgo, 1 83 .
Cleomede , 48 . Lucrezio , 5 l .
Colote, 44, 70 e n . , 7 1 e n . , 7 2 e
n . , 74, 75 , 76. Macrobio, Plotino , Eudosso ,
Cornelio Labeone, 3 0 n . , 5 1 . 18.
Crates (di Mallus) , 50 n . Macrobio , Plotino, Eustazio ,
Crono, 8 2 n . , 1 40 n .. 24 n .
Marino , 1 1 0 n .
Empedocle, 1 2 1 n . Mario Vittorino, 3 0 n . , 52 n . ,
Enea (di Gaza) , 8 2 n . 1 1 8 n . , 1 86, 1 87 .
Epicuro , 5 l , 70. Marziano Capella, 46 , 48 , 49 n . ,
Eraclide Pontico, 49 n . 1 87 .
Eraclito, 5 l, 76. Massimo (di Tiro) , 1 25 n .
Esiodo, 5 1 , 72 n . , 73 , 79, 80. Menandro , 73 n .
Esopo , 73 e n.
Eunapio, 1 48 n . Nicomaco , 45 , 49.
Eusebio, 56 n . , 1 1 6 n . , 1 70 n . Nicomaco Flaviano, 23 , 24, 30,
Eustachio , 26, 28 . 32.
Numa Pompilio, 1 8 3 .
Favonio Elogio, 53 n . Numenio, 1 3 , 54 n . , 60 n. , 62 n . ,
Filolao , 1 24 n . , 1 27 . 77, 8 2 n . , 1 1 8 n . , 1 34 e n . ,
Filone, 46 , 1 25 . 1 3 5 e n . , 1 36, 1 40 e n . , 1 4 1
Flaviano (il giovane) , 23 . n . , 1 52, 1 53 .
Fronteio , 30 n .
Olimpiodoro , ' 60 n . , 1 39 n .
Gemino, 48 . Omero, 28 , 29, 46 en . , 5 1 , 6 1 ,
Geronimo (San), 35 n . 72 n . , 78, 79, 80, 90, 1 2 1 n . ,
Giamblico , 1 3 , 30 n . , 4 1 , 49, 52 1 32, 1 33 e n . , 1 55 n .
n., I lO n. Onori o, 2 2 n . , 34.

206
Orfeo , 73 , 1 22 . 6 1 , 62 e n . , 63 e n . , 64, 65 , 70
Origene, 1 25 n . e n. , 7 1 , 72 e n . , 74, 75 , 76,
79, 80, 81 e n . , 82 n . , 84, 90,
Paolo (l 'emiliano), 1 42 . 9 1 e n . , 92 e n . , 93 , 99, 1 00 ,
Petronio, 73 n . 1 03 , 1 04 e n . , 1 05 e n . , 1 06 ,
Pitagora, 49, 5 1 , 1 3 1 n . , 1 83 . 1 07 , 1 08 , 1 09 , 1 1 0 e n . , 1 1 1 ,
Platone, 1 4 , 26, 27 , 28, 42, 43 e 1 1 2 n . , 1 1 5 n . , 1 1 6 e n. , 1 1 8
n . , 44 e n . , 47 n . , 48 , 49 e n . , 1 25 n . , 1 26, 1 27 , 1 30 n . ,
n . , 5 1 , 53 n . , 54 e n . , 5 7 , 59 1 3 1 n . , 1 32 e n . , 1 3 3 , 1 34 e
64, 71 e n . , 72 e n . , 7 5 , 77, n. , 1 3 5 n. , 1 36, 1 3 8 , 1 39 n . ,
79, 98 , 99, 100 n . , 101 e n . , 1 40 n . , 1 4 1 e n . , 1 42 , 1 44 e
1 1 0, 1 1 5 n . , 1 2 1 e n . , 1 22 , ·
n . , 1 45 e n . , 1 46 e n . , 1 47 ,
1 23 , 1 24 e n . , 1 26 e n . , 1 27 , 1 48 e n . , 1 49, 1 52, 1 5 3 , 1 5 5
1 37 , 1 3 8 , 1 42, 1 45 , 1 47 , 1 60 n . , 1 56, 1 57 , 1 6 1 n . , 1 64 e
n . , 1 64 n . , 1 65 , 1 66 , 1 68 , n . , 1 70 e n .
1 7 1 , 1 73 e n . , 1 78 , 1 84 . Posidonio , 84, 8 7 , 1 28 , 1 60 n . ,
Plotino, 28 , 48 , 5 1 e n . , 52 n . , 1 64 .
5 3 , 54 e n . , 5 5 , 56, 57, 58 e Pretestato, 3 0 e n . , 3 5 .
n . , 59, 60, 6 1 , 63 e n . , 64 e Proclo, 4 1 , 42 , 44 n . , 47 n . , 54,
n . , 65 , 8 1 , 82 e n . , 83 e n . , 60 n . , 62 n . , 70 e n . , 7 1 , 72
84, 99 e n . , 1 00 e n . , 1 0 1 e e n . , 74 e n . , 75, 76 n . , 78 n . ,
n . , 1 03 , 1 04 e n . , 1 05 e n . , 79, 8 1 e n . , 90, 9 1 n . , 1 1 0
1 06 , 1 07 , 1 08 , 1 09 , 1 1 0, 1 1 1 ' n . , 1 29 n . , · 1 30 n . , 1 3 1 n . ,
1 1 4 e n . , 1 1 5 n . , 1 1 6, 1 25 e 1 34 e n . , 1 3 5 n . , 1 37 , 1 39 n .
n . , 1 26, 1 27 , 1 3 1 n . , 1 36 e n . ,
1 3 8 , 1 40 e n . , 1 42 , 1 43 , 1 44 Romolo , 1 83 .
e n . , 1 45 e n . , 1 46 e n . , 1 47 ,
1 48 e n . , 1 49 , 1 5 1 e n . , 1 52, Scipione, 43 n . , 45 , 5 1 e n . , 85
1 53 , 1 54, 1 5 5 e n . , 1 56 e n . , n . , 86, 89 e n . , 9 1 n . , 1 59 e
1 57 , 1 59 e n . , 1 60 e n . , 1 6 1 e n . , 1 83 , 1 85 .
n . , 1 62 , 1 63 e n . , 1 64 , 1 65 , Scoto Eriugena G . , 25 , 1 87 .
1 72, 1 73 , 1 78 e n . , 1 79 e n. , Senofane, 5 1 .
1 88 . Servio, 25 , 9 1 n . , 1 30 n . , 1 40 n .
Plutarco , 29 n . Severo , 1 3 5 e n . , 1 36 n . , 1 37 .
Porfirio, 1 3 , 26, 28, 3 0 n . , 3 5 n . , Simmaco , 24, 2 5 , 30.
5 2 n . , 5 3 , 5 4 e n . , 5 5 e n . , 56 Siriano , 4 1 .
e n . , 5 7 , 5 8 e n . , 59, 60 e n . , Socrate, 1 2 1 .

207
Solone, 1 83 . Tolomeo , S I , S4 n . , 1 40 n.
Stobeo , 60 n. , I I S n . • 131 n. Tommaso (San), 1 87 .

Teodosio, 1 8 e n . , 22, 23 . Virgilio, 1 9 n . , 28, 29. S I , 52 n. ,


Teodosio II (Imperatore), 20, 6 1 , 84, 9 1 e n . , 92, 1 1 2 n.,
3 1 n. 1 18 n.
Teone (di Smirne), 45 , 48 . Vitruvio, 48 , 49 n .
Tertulliano, 3 6 n . , 1 24 n .

208
INDICE DEGLI AUTORI MODERNI

Armin (von) H . , 70 n. n . , 1 28 n . , 1 32 n. , 1 33 n . ,
1 34 n, 1 39 n . , 1 46 e n . , 1 48
Baron R. , 1 87 n. e n . , 1 52 e n . , 1 6 1 n . , 1 70
Beutler R. , l 34 e n. , l 3 S n. , I S2 n. n . , 1 87 .
Bidez J . , 30 n . , 1 1 6 n. , 1 70 n. Cumont F . , 1 2 , 5 4 e n . , S S e n . ,
Bitsch F. , 52 n. , 1 1 6 n. , 1 1 8 n. 57, 60 , 63 e n . , 64 , 1 34 n . ,
Blum C., 87 e n., 88 e n., 90. 1 44 n . , 145 e n . , 1 46 e n . ,
Blumemberg H . , 1 2 1 n. 1 47 e n . , 1 48 n .
Boissier G., 32 n .
Delatte A . , 1 3 1 n .
Borghorst G. , 52 n.
De Ley H . , 62 n . , 1 1 8 n . , 1 20 n . ,
Boyancé P., 43 n., 44 n. , 54 n . ,
1 34 e n. , 1 35 n .
1 3 1 n . , I SO n .
Des Places E . , 1 30 n . , 1 34, 1 52.
Bréhier E . , 1 4 1 n.
Di Pasquale Barbanti M., 82 n . ,
Buffière E., 78 e n. , 1 5 5 n .
8 3 n . , I l O n . , 1 4 1 n. , 1 56 n . ,
1 65 n .
Cameron A . , 1 3 , 1 8 e n. , 2 1 , 22 Dodds E . , 1 1 8 n . , 1 23 n . , 1 34 e
e n . , 23 e n . , 24 e n .
n. , 1 3 5 e n.
Cardullo L . , 8 1 n.
DOpp S . , 24, 25 .
Cassirer E., 82 e n., 83 n.
Duhem P . , 1 87 n.
Chastagnol A. , 2 1 n., 31 n.
Cilento V., 1 5 1 n. Eborowicz W . , 141 n .
Courcelle P., 1 3 , 29 n., 30 n . , Elferink M . A. , 1 3 , 6 2 n. , 1 28
35 n . , S S , 57 e n . , 58 e n . , n . , 1 30 n . , 1 34 n . , 1 35 e n . ,
5 9 e n . , 60 e n. , 6 1 e n . , 63 e 1 39 n .
n . , 64, 65 e n . , 70 n . , 90, 9 1 Eyssenhardt F. , 1 2 n .
n . , 1 04 n . , 1 1 5 n . , 1 1 8 n . ,
1 23 n . , 1 24 n . , 1 25 n . , 1 26 Ferwerda R. , 1 24 n.

209
Festugib'e A. J . , 44 n . , 1 07 n . , Leemans E . A . , 62 n . , 1 3 3 n . ,
1 1 6 e n . , 1 30 n . , 1 3 5 n . , 1 4 1 1 34 e n . , 1 35 e n .
n . , 1 86 n . Lenaz L . , 24.
Flamant J . , 1 2 n . , 1 3 e n . , 1 8 e Uv�ue P . , 1 S S n.
n . , 20 e n . , 2 1 , 22 e n . , 24 e Lewy H . , 1 30 n.
n . , 26 n . , 27 n . , 28 n . , 30 n . , Linke H . , 1 3 , 29 n . , 52 n . , S S ,
3 1 n . , 3 8 e n . , 4 1 n . , 42 n . , 1 04 n . , 1 1 5 n . , 1 45 n .
47 n . , 5 2 n . , 5 3 n . , 5 4 n . , 51
e n . , 63 e n . , 64, 87 e n . , 90, Marinone N. , 1 2 n . , 1 8 .
104 n . , 1 1 5 n . , 1 1 8 n . , 1 29 Mazzari n o S . , 1 7 , 23 .
n . , 1 30 n . , 1 34 e n . , 1 39 n . , Moreau J . , 1 4 1 n .
1 40 n . , 1 4 1 n . , 1 42 n . , 1 48 Moulinier A. L . , 1 23 n .
n . , 1 5 3 n . , 1 60 n . , 1 6 1 n . , Mras K . , 1 3 , 1 9 e n . , 2 2 n . , 30
1 64 e n . , 1 70 n . , 1 87 . n . , 5 5 e n . , 56 e n . , S8, 59,
Fortin P . , 1 1 4 n . , 1 60 n . 60 n . , 64, 70 n . , 74 n . , 9 1 e
n . , 92 n . , 1 04 n . , 1 1 0 n . , 1 1 2
Georgii H . , 1 8 , 22, 23 . n . , 1 1 5 n . , 1 28 n . , 1 30 n . ,
Guittard M . Ch . , 33 n . , 34 e n . , 1 32 n . , 1 3 3 n . , 1 34 n . , 1 39
35, 36 n., 37 e n. n . , 1 60 n . , 1 6 1 e n . , 1 64 e
n . , 1 66 n . , 1 70 n .
Hadot P . , 29 n . , 3 1 n . , 3 2 n . ,
1 1 8 n . , 1 52 e n . , 1 5 3 e n .
Pallu D e Lessert A. C . , 2 2 n .
Harder R . , 1 27 n .
Panciera S . , 24 n .
Henry P . , 1 2 , 1 3 n . , 3 0 n . , 5 5 ,
Pepin J . , 6 1 e n . , 6 2 n . , 7 2 n . ,
56, 5 1 e n . , S 8 e n . , 59, 64 e
7 3 n . , 7 8 n . , 8 1 n . , 82 n . , 98
n . , 1 04 n . , 1 06 n . , 1 46 e n . ,
n . , 99 n . , 164 n . , 1 69 n .
1 48 e n . , I SO n . , 1 5 1 e n . ,
Puech Ch . , 1 25 n .
1 52, 1 5 3 , 1 6 1 e n . , 1 62 e n . ,
1 64 , 1 6S e n .
Regali M . , 1 2 n . , 1 1 2 n . , 1 20 n . ,
Jan (von) L . , 1 2 n . , 1 9, 20. 1 5 1 n.
Jeauneau M. E . , 35 n . , 1 87 . Reinhardt K . , 1 29 n .
Robbins E . , 94 n .
Kem 0 . , 4 7 n . Rohde E . , 1 38 n .
Kessels A. H . M . , 8 7 e n . , 90. Romano, F . , 7 0 n .
Sandys J . E . , 1 9 e n .
L a Penna A. , 1 2 n . Scarpa L . , 1 2 n . , 2 6 e n . , 1 03 n . ,

210
1 1 5 n . , 1 1 6 n., 1 5 1 n., 1 58, Stein E . , 2 1 e n .
1 66 n . , 1 67 . Stewart H . F. , 47 n.
Schanz M . , 1 9 e n . , 22 n .
Schedler P h . M . , 1 1 n . , 3 5 n . , Theiler W . , 5 8 n . , 79 n . , 1 52 n .
5 2 n . , S S , 9 1 e n . , 1 04 n . , Timpanaro S . , 1 2 n .
1 1 0 n . , 1 1 5 n . , 1 3 3 n . , 1 36 Traube L . , 30 n .
n . , 1 45 n . , 1 57 n . , 1 69 n . , Trouillard J . , 78 n . , 8 1 n .
1 70 n . , 1 87 .
Setaioli A . , 6 1 n . , 7 2 n . , 80 n . ,
Van Den Bruwaen M . , 1 50 n .
82 n . , 9 1 n . , 1 32 n . , 1 3 3 n . ,
1 34 n . , 1 S S n .
Waszink J . A. , 9 2 n . , 1 3 5 n . , 1 5 3
Silvestre M . , 1 1 n . , 1 87 .
e n.
Sodano A . R . , 7 0 n . , 7 2 n . , 7 3
Wessner P . , 1 9 e n . , 5 3 n .
n . , 1 05 n . , 1 3 1 n . , 1 36 n .
Willis H . , . 1 2 n .
Solmsen F . , 1 88 .
Wissowa G . 1 9 e n . , 29 n . , 30 n . ,
Stahl W . H . , 1 2 n . , 1 7 n . , 1 8 , 20
52 n .
e n . , 22 n . , 25 n . , 29 e n . , 3 3
Whittaker Th . , 1 9 e n . , 2 2 n . ,
n . , 34 n . , 4 3 n . , 4 5 n . , 47 n . ,
45 n . , 45 n . , 49 n . , 1 1 0 n .
48 n . , 49 n . , SO n . , 52 n . , 5 3
n . , 59 n . , 1 56 n . , 1 69 n . ,
1 85 n .

21 1
INDICE GENERALE

Prefazione p. 9

l . Macrobio nel suo tempo )) 1S


1 . 1 . Problemi biografici e cronologici )) 17
1 .2 . Attività letterario-filosofica )) 2S
1 . 3 . Orientamento religioso )) 31

2. l «Commentarli in Somnium Scipionis» )) 39


2 . 1 . Caratteri e struttura dei «Commentarli» )) 41
2 . 2 . L e fonti )) S1

3 . Il sogno come mito )) 67


3 . 1 . Il mito (In Somn. , l , 2) )) 69
3 . 2. Il sogno (/n Somn . • l , 3) )) 84
4. Etica e psicologia )) 9S
4 . 1 . La dottrina delle virtù )) 96
4 . 1 . 1 . Classificazione delle virtù (/n Somn. ,
l , 8) )) 96
4 . 1 .2. Le fonti di In Somn. , l , 8 )) 1 03
4 . 2 . La dottrina dell 'anima )) 1 12
4.2. 1 . Vita e morte dell 'anima (/n Somn. , l ,
9- 1 0) )) 1 12
4 . 2 . 2 . Il corpo carcere e tomba dell'anima
(In Somn. , 1, 1 1) )) 1 20
4. 2 . 3 . La discesa dell 'anima (/n Somn . • l , 1 2) )) 1 28
4.2.4. La liberazione del corpo : morte natu-
rale e morte violenta (/n Somn. , l, 1 3) )) 141
4.2 . S . L ' anima come ipostasi (In Somn. , l ,
1 4) )) 1 49

213
4 . 3 . L'immortalità dell 'anima p. 1 S8
4. 3 . 1 . Immortalit1 dell 'anima ed eternità del
mondo (In Somn. , I l , 1 2) )) 1S8
4 . 3 . 2 . Platonici e aristotelici sull 'immortalit1
dell'anima (In Somn. , I l , 1 3- 1 6) )) 1 66

Conclusioni )) 181
Bibliografia )) 1 89
Fonti )) 191
Studi )) 1 9S

Indici )) 203
Indice dei nomi antichi )) 20S
Indice degli autori moderni )) 209
Indice generale )) 213

214
F I N ITO DI STAMPARE
NEllA "TIPOLITOG RAFIA E. LEONE S.N.C. »
IN CATA N I A - V I A FIRENZE, 1 2 - TEL 3 8 70 20
P E R CONTO DEllA
COOPERATIVA U N I VE R S ITA R I A EDITR ICE
CATANESE DI MAG I STERO
NEL MESE D I GENN A IO 1 988

Potrebbero piacerti anche