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INTRODUZIONE

ALL’AUTOMATICA
Dario Masucci
Dario Masucci “Introduzione all’Automatica”

Indice

1. COS’È L’AUTOMATICA ............................................................... 3

2. IL SISTEMA MOTOCICLETTA .................................................. 7

3. BREVI CENNI STORICI ............................................................ 11

4. SISTEMI DI CONTROLLO INDUSTRIALI ............................ 16

BIBLIOGRAFIA ................................................................................. 19

Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è


coperto da copyright. Ne è severamente vietata la riproduzione o il riutilizzo anche
parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore (L. 22.04.1941/n.
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1. COS’È L’AUTOMATICA
Per automatica si definisce quella disciplina che studia le
modalità attraverso le quali una sequenza di eventi desiderati
avviene in maniera autonoma e senza l'intervento umano.
L'automatica si basa su due discipline principali:
 La teoria dei sistemi:
prevede lo studio delle proprietà di un sistema, come ad
esempio un motore o un forno, nella sua interezza.
Quindi, partendo da un modello matematico, ossia un insieme
di equazioni che descrivono il comportamento del sistema, si
studiano le proprietà che lo caratterizzano.
 La teoria del controllo:
si occupa della definizione di algoritmi di controllo che
consentano di modificare il comportamento del sistema, per
garantire delle specifiche desiderate.
In generale, è possibile definire un sistema come l’insieme di
oggetti, sia enti materiali che campi di forze, di cui si vogliono
analizzare le proprietà ed eventualmente l’evoluzione nel tempo per
capirne il comportamento.
La procedura sequenziale da seguire che viene solitamente
utilizzata per l’analisi dei sistemi è la seguente:
 Analizzare e descrivere il sistema fisico tramite una
decomposizione gerarchica dei suoi elementi;
 Capire il comportamento del sistema e la sua evoluzione nel
tempo attraverso una decomposizione funzionale dei suoi
elementi;
 Esplorare la struttura del sistema per definire le relazioni
esistenti tra gli elementi che lo compongono;

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 Modificare il comportamento del sistema agendo sugli


elementi su cui è possibile intervenire.

A questo punto è possibile introdurre l’approccio sistemistico


usato in automatica per lo studio e l’analisi dei sistemi.
Questi sono descritti tramite l’utilizzo di blocchi strutturali
legati tra loro da relazioni di causa-effetto, in cui:
 All’interno del blocco si osservano i parametri, ossia quelle
grandezze costanti che appaiono nel modello del sistema.
 Input al blocco:
o Ingressi, elementi che è possibile imporre;
o Disturbi, elementi che agiscono indipendentemente
sul sistema tramite la propria legge fisica.

 Output dal blocco:


o Uscite, elementi di interesse per effettuare il
controllo;
o Misure, grandezze derivate da alcune delle
grandezze del sistema.

Figura 1 - Blocco strutturale di un sistema

Una prima importante distinzione tra i sistemi può essere fatta


tenendo in considerazione il tipo di dipendenza che le uscite del
sistema hanno con gli ingressi ad esso. Infatti, si possono avere:

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 Sistemi statici, in cui le uscite ad un istante di tempo 𝑡0


dipendono esclusivamente dagli ingressi attuali, ossia gli
ingressi all’istante 𝑡0

Figura 2 - Rappresentazione di un sistema statico

 Sistemi dinamici, in cui le uscite del sistema ad un istante


di tempo 𝑡0 dipendono non solo dagli ingressi attuali, ossia
gli ingressi all’istante 𝑡0 , ma anche dagli ingressi passati,
ossia gli ingressi agli istanti 𝑡−1 , 𝑡−2 , … .

Figura 3 - Rappresentazione di un sistema dinamico

Il processo di analisi e controllo di un sistema dinamico risulta


essere, nella maggior parte dei casi, abbastanza complesso, perciò e
opportuno seguire delle fasi procedurali che accompagnino il processo
nelle varie attività di sintesi.
Le linee guida generali prevedono:
 una fase di modellazione del sistema per ottenere:
o una rappresentazione matematica basata sulle
leggi fisiche che lo regolano;
o una rappresentazione funzionale tramite schemi a
blocchi.

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 una fase di esplorazione per approfondire e ricercare


relazioni tra la struttura del sistema e il suo
comportamento;
 una fase di ricerca delle metodologie da utilizzare per
modificare, e quindi controllare, il comportamento del
sistema.
Si riportano di seguito alcune definizioni per introdurre il
concetto di sistema di controllo:
 L’azione necessaria ad ottenere un predeterminato
comportamento di un sistema viene detta azione di
controllo. Questa può essere manuale oppure automatica
nel caso in cui vi sia intervento ridotto o nullo da parte
dell’uomo;
 La strategia utilizzata per assicurare la migliore
performance di un sistema nel rispetto dei suoi limiti
viene detta algoritmo di controllo. Questo può essere
manuale oppure automatico;
 Un sistema di controllo è il risultato del connubio tra
strategia e tecnologia necessarie affinché il sistema svolga
il suo compito.

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2. IL SISTEMA MOTOCICLETTA
Attraverso un esempio si può comprendere meglio il concetto di
sistema e definire gli aspetti generali del controllo di un processo.
Si consideri, quindi, una qualsiasi motocicletta a carburazione e
si tenga ben presente la procedura sequenziale appena introdotta.
È evidente che una motocicletta è un sistema fisico in quanto
risulta costituita da un numero elevato di componenti che, tra loro,
presentano legami e interdipendenze.
È possibile averne la conferma ricostruendo analiticamente la
decomposizione gerarchica che evidenzia i suoi elementi.

Figura 4 - Decomposizione gerarchica del sistema motocicletta

Tramite questa decomposizione si ha una conoscenza limitata


del sistema in quanto vengono riportati gli elementi senza però
definire come l’intero sistema possa funzionare.

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A tal proposito, una volta identificati gli elementi, è opportuno


elaborare una decomposizione funzionale del sistema per evidenziare
le relazioni di causa-effetto necessarie a capire fino in fondo il suo
funzionamento.

Figura 5 - Decomposizione funzionale del sisema motocicletta

Nell’esempio in questione si ha:


 la posizione angolare della manopola risulta essere un
input per il blocco funzionale acceleratore che in output
determina il grado di apertura della valvola del
carburatore;
 il grado di apertura della valvola è in input al blocco
funzionale carburatore che determina in output la
quantità di combustibile da erogare;
 in base alla quantità di combustibile in ingresso alla
camera di combustione si può definire la coppia motrice
del motore;
 grazie al blocco trasmissione e rapporti, il motore è in
grado di amplificare la coppia motrice che deve essere
trasferita alle ruote;
 a valle del blocco funzionale ruote è quindi definita la
forza che sposta la motocicletta;

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 ovviamente la motocicletta presenta una massa


grossomodo costante, perciò è immediato poterne calcolare
la velocità;
 la velocità viene passata come input al blocco funzionale
tachimetro che riporta la posizione angolare che è
possibile leggere attraverso le lancette sul cruscotto.
A valle di queste considerazioni, si può rappresentare il sistema
di controllo manuale della velocità aggiungendo gli elementi propri
del controllo, ossia:
o Acquisizione della misura in uscita dal tachimetro;
o Elaborazione dell’azione da intraprendere;
o Attuazione del comando agendo sulla posizione angolare
della manopola.

Figura 6 - Sistema di controllo manuale della velocità

Volendo adottare una rappresentazione tramite schemi a


blocchi che sia il più possibile conforme con gli standard utilizzati in
automatica, si può introdurre il ramo di controreazione e riscrivere lo
schema del controllo manuale di velocità come segue.

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Figura 7 - Controllo di velocità con retroazione

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3. BREVI CENNI STORICI


Verranno ora ripercorsi brevemente gli sviluppi salienti dei
sistemi di controllo, a partire dai primi esempi documentati fino a
quelli odierni.
I primi meccanismi di controllo in retroazione documentati
riguardano una tecnica utilizzata nell’orologio ad acqua di Ctesibio
(320 a.C.), basata sul controllo del livello dell’acqua. Il controllo
consisteva nel regolare automaticamente il flusso d’acqua e la
frequenza delle gocce.

Figura 8 - Orologio ad acqua di Ctesibio

La struttura dell’orologio consisteva in un contenitore con un


piccolo foro sul fondo che veniva progressivamente riempito di acqua
dando un'idea del tempo trascorso.
La tecnica utilizzata fu quella di rendere costante la pressione
presente al foro di uscita lasciando defluire l'acqua da un recipiente in
cui il livello dell'acqua era mantenuto costante. Il deflusso d'acqua,
che dipende dalla pressione, diveniva così anch'esso costante.

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A partire dall’avvento della Rivoluzione Industriale il problema


del controllo della velocità assunse una importanza rilevante, prima
per le applicazioni in ambito di mulini a vento, poi per la macchina a
vapore.
Il dispositivo più famoso è il regolatore progettato da Watt nel
1778, e applicato al controllo della velocità di un motore a vapore.
Questo "governor" era in grado di far accelerare la macchina se
rallentava per il troppo carico o la faceva rallentare dopo una
accelerazione dovuta a diminuzione di carico. Reagiva quini ai
disturbi o le fluttuazioni esterne mantenendo il motore ad una
velocità costante.

Figura 9 - Regolatore di Watt

Il dispositivo era composto da due sferette metalliche che


ruotavano attorno ad una valvola in maniera più o meno veloce a
seconda della velocità del motore.
Il regolatore sfruttava lo spostamento di due masse, dovuto
all’effetto centrifugo, per azionare la valvola che regola l’afflusso del
vapore al motore, in modo che a un aumento di velocità
corrispondesse una riduzione del flusso e viceversa.

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Quindi, ad un aumento della velocità dell’asse, le masse erano


spinte ad allargarsi dalla forza centrifuga e la valvola veniva chiusa
riducendo l’alimentazione del motore e conseguentemente diminuendo
la velocità dell’asse.

Altre due importanti applicazioni che sfruttavano il concetto di


sistema di controllo furono:
 il regolatore di temperatura della fornace, costruito da
Drebbel.
Lo scopo del regolatore era di mantenere costante la
temperatura all’interno di una fornace per favorire il processo di
trasformazione dei metalli in oro;
 il sistema automatico di puntamento per i mulini a vento.
Per mantenere automaticamente il mulino sempre in direzione
del vento veniva montato un rotore di coda sul retro del mulino. Le
pale di questo rotore erano direzionate perpendicolarmente rispetto
alle pale del mulino principale.
Quindi, in base alla direzione che assumeva il vento, il mulino
di coda azionava un meccanismo di rotazione del mulino principale
per mantenerlo costantemente ben direzionato.

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Figura 10 - Sistema automatico di puntamento di mulini a


vento

Fu proprio in questo periodo che furono formalizzate le prime


analisi matematiche sul funzionamento dei sistemi di controllo da
parte di Maxwell e dall’astronomo Airy, che nel 1840 costruì un
sistema di puntamento per un telescopio all’osservatorio di
Greenwich.
Il telescopio era dotato di un controllo di velocità che serviva a
compensare la rotazione terrestre con lo scopo di aumentare il tempo
di osservazione dei corpi celesti.
Nel corso di questa realizzazione Airy notò che in determinate
condizioni il sistema risultava instabile, presentando oscillazioni
permanenti indesiderate che si traducevano immediatamente in
malfunzionamenti del dispositivo.
Questo problema fu affrontato e documentato pochi anni dopo
da Maxwell, che realizzò una dettagliata analisi sul funzionamento di
questi dispositivi, incluso il regolatore di Watt, e dimostrò che per
ottenerne la stabilità occorreva che i coefficienti dell’equazione del
sistema soddisfacessero determinate relazioni.
Nell’era post rivoluzione industriale, con le due guerre
mondiali, tra gli anni 1910 e 1945, continuò senza sosta il
miglioramento e lo sviluppo dei sistemi di controllo attraverso lo
studio dei sistemi di pilotaggio automatico, dei dispositivi per le
comunicazioni di massa, sistemi di puntamento d’arma automatici.
In quegli anni il problema non era più la semplice regolazione
del dispositivo, ma anche l’inseguimento, ad esempio, dell’obiettivo

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nemico. Nacquero quindi i metodi di natura empirica con i sistemi di


controllo PID (Proporzionale-Integrale-Derivativo).

Si deve alla comunità scientifica di quel periodo la


formalizzazione e l’analisi dei sistemi di controllo lineari proponendo
e utilizzando un approccio in frequenza (Nyquist, nel 1932, Bode nel
1938, Nicholas nel 1947) e studiando la stabilità dei sistemi non
lineari (Lypanov nel 1892, ma riscoperto nel 1960).
Lo studio ed il perfezionamento dei sistemi di controllo sono
proseguiti inesorabili fino ai giorni nostri, in cui vi è larga diffusione
di questi dispositivi sia in ambito residenziale, che in ambito
industriale e militare.

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4. SISTEMI DI CONTROLLO INDUSTRIALI


I sistemi di controllo presentano una larga diffusione in ambito
industriale, venendo utilizzati per il monitoraggio e il controllo
infrastrutturale oppure di processi industriali. Grazie alle tecnologie
attuali vengono quindi realizzati dei dispositivi altamente
performanti in grado di:
 Ottenere informazioni sullo stato del processo;
 Elaborare le informazioni per ottenere azioni di controllo;
 Interagire con il processo.
Quindi, basandosi sull’acquisizione di stimoli esterni tramite i
sensori, il controllore deve essere in grado di agire sul processo per
mantenerlo conforme alle specifiche richieste.
Il processo di acquisizione delle informazioni e di interazione
con il processo è affidato a due importanti tipologie di elementi dei
sistemi di controllo, ossia i sensori e gli attuatori. Di seguito sono
riportate le definizioni formali e gli aspetti principali che
caratterizzano questi due elementi.
 Sensore:
“Dispositivo in grado di rilevare una grandezza, interagendo
con essa, ricevendone energia e modificando il proprio stato, cioè
variando una sua proprietà (la sua lunghezza, la sua resistenza
elettrica ecc.)”.
Quindi un sensore acquisisce una grandezza in ingresso e
fornisce in uscita una grandezza di natura diversa legata alla prima
da una precisa legge. Per questo viene spesso chiamato anche
trasduttore. La grandezza in uscita viene inviata al sistema di
controllo automatico.

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Esistono molte classificazioni per i sensori, quelle di interesse


particolare sono:
o In base alla grandezza acquisita (chimica, fisica,
immagine);
o In base alla natura della grandezza fornita
(meccanica, acustica, elettrica, ottica);
o In base al segnale fornito in uscita (analogico,
digitale).
 Attuatore:
E’ il dispositivo che ha il compito di realizzare il comando
fornito dal sistema di controllo, attraverso il quale si interviene sul
processo da controllare muovendo elementi meccanici o controllando
le funzioni di una macchina.
Gli attuatori possono essere classificati in base alla natura
dell’attuazione che forniscono, in elettrici, idraulici, pneumatici.

I dispositivi che realizzano i sistemi di controllo industriale


possono essere principalmente di due tipi in base alla possibilità di
essere riutilizzati e/o riprogrammati.
Si possono quindi distinguere:
 Dispositivi special purpose
sistemi elettronici progettati appositamente per una
determinata applicazione o tipo di controllo. Questi dispositivi sono
direttamente integrati nel sistema che controllano garantiscono tutte
le funzionalità richieste, ma non sono programmabili dall’utente per
altri scopi.
I sistemi di controllo di questo tipo vengono chiamati anche
embedded system, in cui l’hardware viene solitamente ridotto al

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minimo riducendo l’ingombro fisico, i tempi di elaborazione e i costi di


fabbricazione.
 Dispositivi general purpose
strumenti o meccanismi caratterizzati da una certa versatilità,
adatti a molti impieghi nel controllo e non specializzati per particolari
esigenze. Dispositivi di questo tipo molto utilizzati in ambito
industriale sono i PLC (Programmable Logic Controller) e i sistemi
SCADA (Supervisory Control And Data Acquisition).
Questi dispositivi, molto affidabili, sono in grado di gestire un
numero elevato di input e output e presentano una struttura
modulare e scalabile che li rende adattabili per diversi scopi di
controllo.

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BIBLIOGRAFIA
 Chiacchio, P., Basile, F., 2004. Tecnologie informatiche per
l’automazione. McGraw-Hill.
 Petternella, M., Vitelli, R., 2016. Fondamenti di automatica,
Edizioni Efesto. Edizioni Efesto.

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