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Rinormalizzazione in Spazio Reale per Sistemi Disordinati

Facoltà di Scienze Matematiche, Fisiche e Naturali


Corso di laurea in Fisica

Candidato
Fabrizio Antenucci
matricola 1102040

Relatore
Prof. Andrea Crisanti
Relatore esterno
Dott. Luca Leuzzi

A/A 2009/2010
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INDICE

INTRODUZIONE...............................................................................................................................5
CAPITOLO 1 – Il gruppo di rinormalizzazione....................................................................................7
1.1 Introduzione............................................................................................................................7
1.2 L'idea del gruppo di rinormalizzazione......................................................................................8
1.2.1 Trasformazioni in blocchi di spin......................................................................................9
1.3 Teoria generale.....................................................................................................................10
1.3.1 Classe di universalità di Ising a corta portata...................................................................12
1.3.2 Autovalori irrilevanti.......................................................................................................14
1.3.3 Scaling per le funzioni di correlazione............................................................................14
1.4 Modello di Blume – Capel ..................................................................................................16
1.5 Tecniche di rinormalizzazione in spazio reale...........................................................................19
1.5.1 Decimazione..................................................................................................................19
1.5.2 Approssimazione di Migdal – Kadanoff ........................................................................22
1.5.3 Espansione in cumulanti e approssimazione su cluster.....................................................24
1.5.4 Reticoli gerarchici...........................................................................................................25
CAPITOLO 2 – Analisi del modello BEG.........................................................................................31
2.1 Il modello di Blume – Emery – Griffiths...............................................................................31
2.1.1 Informazioni esatte sul modello BEG..............................................................................31
2.2 Trasformazione del gruppo di rinormalizzazione.......................................................................33
2.2.1 Scelta della matrice di proiezione...................................................................................34
2.2.2 Tecniche di approssimazione..........................................................................................35
2.2.3 Analisi tramite il gruppo di rinormalizzazione...................................................................36
2.3 Risultati.................................................................................................................................39
2.3.1 Analisi del comportamento critico...................................................................................41
2.3.2 Transizione a tre stati di Potts........................................................................................42
CAPITOLO 3 – Rinormalizzazione per sistemi disordinati...................................................................45
3.1 Introduzione..........................................................................................................................45
3.1.1 Criterio di Harris ..........................................................................................................47
3.2 Rinormalizzazione in spazio reale per sistemi disordinati...........................................................48

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3.3 Effetti del disordine sulle transizioni del primo ordine ............................................................51
3.3.1 Argomento dal punto di vista del gruppo di rinormalizzazione.........................................53
3.4 Teoria di gauge dei vetri di spin............................................................................................55
3.4.1 Distribuzione dell'energia locale......................................................................................57
3.4.2 Funzioni di correlazione.................................................................................................58
3.4.3 Entropia di frustrazione..................................................................................................60
3.4.4 Congettura di Nishimori.................................................................................................62
3.4.5 Perfezionamento della congettura sui reticoli gerarchici....................................................65
3.4.6 Congettura per reticoli regolari........................................................................................67
CAPITOLO 4 – Risultati sui sistemi disordinati..................................................................................69
4.1 Dettagli sul calcolo................................................................................................................69
4.2 Ising bimodale – approssimazione su cluster...........................................................................71
4.2.1 Caso bidimensionale......................................................................................................72
4.2.2 Caso tridimensionale .....................................................................................................76
4.3 Ising bimodale – calcolo su reticolo gerarchico.......................................................................78
4.3.1 Caso bidimensionale......................................................................................................78
4.3.2 Caso tridimensionale......................................................................................................83
4.4 Modello di Ising con legami diluiti .......................................................................................86
4.5 Modello Blume – Emery – Griffiths bimodale........................................................................89
4.5.1 Approssimazione sul cluster............................................................................................90
CONCLUSIONI................................................................................................................................95
BIBLIOGRAFIA................................................................................................................................99

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INTRODUZIONE

In questo lavoro vogliamo passare in rassegna i metodi classici del gruppo di rinormalizzazione in
spazio reale per lo studio delle transizioni di fase in sistemi omogenei ed analizzare criticamente i
possibili modi in cui possono essere estesi per lo studio dei sistemi disordinati.
Il concetto di transizione di fase è ben noto a chiunque abbia tenuto in mano un cubetto di
ghiaccio. Dopo poco tempo il ghiaccio fonderà e diventerà liquido. Questa osservazione, spesso
presa per ovvia, mostra delle conseguenze notevoli: primo che uno stesso sistema può presentare
proprietà completamente dissimili; secondo, e ancora più notevole, che una tale trasformazione
può avvenire con un semplice variazione nella temperatura. Lo studio dei fenomeni critici può
essere pensato come lo studio della trasformazione di un tipo di materia in un'altra.
Fino a tempi recenti, lo studio teorico delle transizioni di fase è stato limitato a sistemi classici e
omogenei come il modello di Ising del magnetismo. In questo campo uno sviluppo decisivo si è
avuto con l'approccio del gruppo di rinormalizzazione, che ha permesso di formulare in maniera
corretta il fenomeno dell'universalità. Nel capitolo 1 introduciamo le idee del gruppo di
rinormalizzazione e esponiamo alcuni dei metodi che sono stati sviluppati per ottenere valori
quantitativi tramite questo approccio. Nel capitolo 2 applichiamo uno di questi metodi,
l'approssimazione su cluster, per determinare il diagramma di fase del modello di Blume-Emery-
Griffiths [12], composto da ben 13 punti fissi fra cui un punto tricritico, riproducendo i risultati
ottenuti da Berker e Wortis [13].
Sebbene i semplici modelli alla Ising riproducano molte delle proprietà fisiche di sistemi ben più
complessi, essi trascurano molti effetti che possono drasticamente influenzare le loro predizioni
teoriche. Per spiegare correttamente le proprietà di materiali reali, nuovi modelli devono essere
creati. Nel risolvere questi nuovi modelli, non solo otteniamo una nuova comprensione delle
transizioni di fase che già conosciamo, ma anche nuove predizioni teoriche che sono alla base
della ricerca attuale.
In questo ampio campo di ricerca siamo in particolare interessati ad introdurre un effetto presente
nei sistemi reali: il disordine quenched. Esso è in genere presente nella forma di difetti, impurità,
o nella struttura intrinseca di certi materiali. Lo scopo è quindi vedere come sia possibile
incorporare questi effetti e studiare come la loro presenza influenzi il comportamento critico di
questi sistemi.

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Nel capitolo 3 diamo degli argomenti di carattere generale utili per valutare il modo in cui
l'introduzione del disordine quenched può modificare il diagramma di fase di un sistema puro;
inoltre esponiamo i concetti di base della teoria di gauge dei vetri di spin, che permette di
ottenere delle informazioni esatte sul diagramma di fase di questi sistemi.
Nel capitolo 4 vediamo in che modo il gruppo di rinormalizzazione in spazio reale possa essere
adattato per studiare sistemi disordinati quenched ed esponiamo la particolare tecnica che abbiamo
utilizzato per effettuare le analisi in questa tesi; applichiamo quindi questo metodo per lo studio
di alcuni sistemi di particolare interesse utilizzando sia il calcolo su reticoli gerarchici, riproducendo
risultati presenti in letteratura, sia un'estensione originale al caso disordinato dell'approssimazione
su cluster.
Il percorso su cui ci poniamo è lo sviluppo di una tecnica di rinormalizzazione in spazio reale per
sistemi disordinati su reticoli regolari. In letteratura infatti tale approccio è sviluppato solo tramite
un'approssimazione su reticolo gerarchico, ma non è del tutto chiaro quanto quest'ultimo possa
fornire una buona approssimazione di un sistema frustrato su reticolo regolare. Ad esempio,
recenti simulazioni per il modello di Blume-Capel bimodale [36] hanno mostrato la presenza di
una transizione del primo ordine fra le fasi di vetro di spin e paramagnete, transizione assente
nello studio su reticoli gerarchici [32]. Lo sviluppo di una tecnica di rinormalizzazione che
approssimi meglio i reticoli regolari potrebbe aiutare a risolvere questo punto, oltre a fornire in
generale un ulteriore metodo di confronto, particolarmente utile in un campo nel quale i risultati
esatti sono pochi.

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CAPITOLO 1

Il gruppo di rinormalizzazione

In questo capitolo presentiamo i concetti di base del moderno approccio al comportamento critico
di equilibrio, convenzionalmente messi insieme sotto il nome di “il gruppo di rinormalizzazione”.
Vediamo come questo approccio permetta di ottenere una profonda descrizione qualitativa dei
fenomeni critici. Successivamente esponiamo i metodi di approssimazione che sono stati sviluppati
per ottenere anche dei risultati quantitativi.

1.1 Introduzione
Prendiamo un pezzo di materiale e misuriamo le sue proprietà macroscopiche. Dividiamolo quindi
in due pezzi uguali, mantenendo le variabili esterne costanti. Le proprietà macroscopiche di ogni
pezzo saranno le stesse del pezzo intero. Lo stesso se il processo viene ripetuto. Ma sicuramente
ad un certo punto, dopo molte iterazioni, deve accadere qualcosa di diverso, perché sappiamo che
la materia è fatta di atomi, le cui proprietà individuali sono abbastanza differenti da quelle della
materia che costituiscono.
La scala di lunghezza alla quale le proprietà del pezzo risultano diverse da quelle originali dà una
misura della lunghezza di correlazione del materiale. Essa è la distanza sotto la quale le
fluttuazioni dei gradi di libertà microscopici sono significativamente correlate.
Di solito tale lunghezza è dell'ordine di poche distanze interatomiche. Tuttavia essa dipende dallo
stato del sistema, che varia con le condizioni esterne come pressione e temperatura. È noto che
in opportune situazioni variando di poco le condizioni esterne il sistema può cambiare
repentinamente il suo comportamento macroscopico. I punti in cui questo accade sono detti punti
critici, ed essi in genere costituiscono una transizione di fase da uno stato della materia ad un
altro.
Ci sono sostanzialmente due modi in cui una transizione di fase può avvenire.
Nel primo scenario, i due stati su ogni lato del punto critico coesistono esattamente al punto
critico. Tuttavia essi hanno differenti proprietà macroscopiche. In questo caso ci aspettiamo di

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trovare un comportamento discontinuo passando attraverso il punto critico. Tali transizioni sono
quindi dette discontinue o del primo ordine. La lunghezza di correlazione in tali punti è
generalmente finita.
La situazione è differente in una transizione continua, dove la lunghezza di correlazione diviene
effettivamente infinita. Le fluttuazioni sono correlate su tutte le scale di lunghezza e quindi
forzano l'intero sistema ad essere in un'unica fase, per cui le differenze nelle varie quantità
termodinamiche tra le fasi concorrenti vanno a zero al punto critico in maniera regolare.
La correlazione fra un grande numero di gradi di libertà rende lo studio delle transizioni continue
intrinsecamente difficile. La loro stessa natura rende di solito questi fenomeni non trattabili con gli
usuali metodi perturbativi. Per questo è stato necessario sviluppare metodi analitici alternativi, che
vanno sotto il nome di gruppo di rinormalizzazione, che costituiscono un nuovo modo di pensare
questi fenomeni.
Sebbene sistemi con grande lunghezza di correlazione possano apparire molto complessi, essi
esibiscono anche alcune positive semplificazioni. Una di queste è il fenomeno dell'universalità.
Molte proprietà di un sistema vicino ad una transizione di fase continua risultano indipendenti dai
dettagli microscopici, dividendosi in relativamente poche classi differenti, ognuna caratterizzata da
caratteristiche globali.
Tipicamente, le grandezze termodinamiche vicino al punto critico esibiscono dipendenze a potenza
dai parametri che determinano la distanza dal punto critico. Queste potenze, o esponenti critici,
sono numeri puri che dipendono dalla classe di universalità. Lo scopo di base della teoria è
quindi spiegare come tali potenze compaiano e predire il loro reale valore. Vedremo in che modo
e con quali limiti l'analisi basata sul gruppo di rinormalizzazione riesca in tale intento.

1.2 L'idea del gruppo di rinormalizzazione


Sotto il nome di “il gruppo di rinormalizzazione” vanno una serie di metodi che hanno un'idea di
base in comune: riesprimere i parametri che definiscono il problema in termini di un altro insieme,
mentre vengono tenuti invariati gli aspetti fisici del problema che sono di interesse.
Quindi, qualsiasi sia l'approccio seguito, questi metodi forniscono equazioni che descrivono i flussi
dei parametri rinormalizzati. Dallo studio di questi flussi otteniamo tutto quello che il metodo ci
può dire circa il problema fisico di interesse.
Nel contesto del comportamento critico di equilibrio il metodo della rinormalizzazione in spazio
reale è l'approccio più semplice e diretto. Per contro i metodi in spazio reale che sono stati
sviluppati hanno il difetto di essere difficili da controllare in modo quantitativo.

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1.2.1 Trasformazioni in blocchi di spin
Abbiamo detto che la lunghezza di correlazione al punto critico è infinita. Quindi le fluttuazioni
avvengono in maniera simile su ogni scala di lunghezza. Questo suggerisce la possibilità di
eliminare i gradi di libertà a breve distanza, tramite un'operazione di coarse – graining, senza
cambiare le proprietà critiche del sistema, poiché ciò corrisponde semplicemente ad un
cambiamento di scala di lunghezza.
Kadanoff [2] per primo introdusse questa idea in termini di trasformazione in blocchi di spin nei
modelli di Ising. L'idea è espressa concretamente dalla figura 1.1 nel caso bidimensionale: gli
spin del reticolo sono raccolti in gruppi quadrati di 3x3 spin. Ad ogni blocco viene quindi
assegnata una nuova variabile s'=±1 il cui valore indica se gli spin nel blocco sono
prevalentemente +1 o -1. L'intero sistema è riscalato quindi di un fattore b=3.
La statistica del sistema originale impone una statistica nel sistema riscalato, che possiamo pensare
determinata da una nuova hamiltoniana H 's '. In generale quest'ultima includerà interazioni
tra blocchi di spin arbitrariamente distanti. Un'assunzione di base del gruppo di rinormalizzazione
è che le interazioni dominanti restino sempre a corto range.

Figura 1.1: Trasformazione di Kadanoff in blocchi di spin.

Vediamo come ottenere H 's ' esplicitamente. Consideriamo un sistema di Ising la cui funzione
di partizione sia
Z =∑ e−H  s .
{s}

Nel seguito inglobiamo il fattore β nella definizione dei parametri dell'hamiltoniana, definendo la
cosiddetta hamiltoniana ridotta.

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Inseriamo ora sotto la traccia un operatore di proiezione sulle variabili s ' dei blocchi di spin, ad
esempio la legge di maggioranza:

{
P s ' ; s 1, ... , s 9= 1, se s ' ∑ i s i0 ; .
0, altrimenti.
La nuova hamiltoniana sarà quindi definita da
e−H ' s '≡∑ ∏ P s ' ; si e−H  s .
{s} blocchi

In particolare, dal momento che ∑s ' P s ' ; s i =1 tale trasformazione conserva la funzione di
partizione del sistema. Inoltre ovviamente tutte le distribuzioni di probabilità di quantità che
dipendono solo dagli spin a più alti livelli di raggruppamento in blocchi sono lasciate invariate, e
quindi tutta la fisica a grandi distanze è lasciata invariata.
Se ci poniamo nello spazio di tutti gli accoppiamenti possibili fra gli spin del sistema
{K }≡ K 1, K 2, ... la trasformazione del gruppo di rinormalizzazione agisce in modo che
{K '}=R {K }.
Nel caso del modello di Ising possiamo dividere lo spazio {K } nel sottospazio delle interazioni
pari, che moltiplicano termini invarianti per s r  −s r  , e in quello delle interazioni dispari.
Tali sottospazi sono invarianti sotto le trasformazioni del gruppo di rinormalizzazione. Nel caso di
una più generale simmetria ogni sottospazio invariante corrisponde a quelle interazioni che si
trasformano secondo una rappresentazione irriducibile della simmetria.
Sfortunatamente le somme necessarie per eseguire la traccia su s per ottenere H 's ' sono in
genere intrattabili, ed è necessario sfruttare qualche approssimazione per procedere ulteriormente.
Nondimeno è possibile estrarre una profonda descrizione qualitativa da questo approccio, anche
senza portare a termine il calcolo. Nel prossimo paragrafo vedremo in che modo si possa
ottenere.

1.3 Teoria generale


Esaminiamo come nel contesto del gruppo di rinormalizzazione si ottengano conseguenze
interessanti dall'assunzione molto generale che esista un punto fisso della trasformazione nello
spazio di tutti i possibili accoppiamenti.
La trasformazione avrà la forma {K ' }=R {K }, dove R dipenderà dalla specifica trasformazione
scelta e in particolare dal valore del parametro di riscalamento b. Supponiamo che il punto fisso
sia in {K }={K ∗ } e che R sia differenziabile in K ∗ .

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Avremo così che le equazioni del flusso vicino al punto fisso saranno esprimibili come
K ' a−K ∗a ≈∑ T ab K b−K b∗  ,
b

dove T ab=∂ K ' a /∂ K b ∣K=K . Indichiamo con i gli autovalori della matrice T , e con

{ i } i suoi autovettori sinistri, così che

∑ ia T ab=i ib .


a

Notiamo che a priori non ci sono ragioni per supporre che T sia simmetrica.
Definiamo le variabili di scaling ui≡∑a a  K a−K a  , tali che
i ∗

i i i i i
u ' i≡∑  a  K ' a−K a =∑  a T ab  K b −K b =∑b  b K b−K b = ui .
∗ ∗ ∗

a a ,b

È conveniente inoltre definire gli autovalori della trasformazione del gruppo di rinormalizzazione
y i tali che i=b y . i

Abbiamo quindi tre casi:


• se y i0 , ui è detto rilevante: applicazioni ripetute della trasformazione lo allontanano dal
valore che ha nel punto fisso;
• se y i0 , ui è detto irrilevante: se partiamo abbastanza vicini al punto fisso, le iterazioni
portano ui verso zero;
• se y i=0 , ui è detto marginale. In questo caso l'equazione linearizzata non è sufficiente per
dirci quale sarà l'evoluzione di ui .
Consideriamo un punto fisso che ha k autovalori rilevanti. Per convenienza consideriamo che lo
spazio totale abbia d dimensioni e non ci siano direzioni marginali. Ci saranno quindi d−k
autovalori irrilevanti, e avremo che in vicinanza del punto fisso ci sarà una ipersuperficie a d−k
dimensioni i cui punti sono attratti nel punto fisso. Dal momento che le proprietà a lunga
distanza dei punti su questa superficie sono controllate dal punto fisso (dove la lunghezza di
correlazione è infinita) tale superficie è detta superficie critica.
Le costanti di accoppiamento K dipenderanno in un modo complicato dai parametri fisici come
la temperatura, pressione o campo magnetico che possono essere variati sperimentalmente. Per
finire sopra la superficie critica devono quindi esserci almeno k parametri fisici da poter
aggiustare.
Tale approccio quindi fornisce una spiegazione semplice dell'universalità: tutti i modelli tali che
variando i parametri fisici finiscono sulla stessa superficie critica appartengono alla stessa classe di
universalità, poiché il loro comportamento critico è descritto dallo stesso punto fisso.
Per capire quali proprietà sono universali abbiamo quindi bisogno di capire quali informazioni
fornisce un punto fisso circa le proprietà critiche.

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1.3.1 Classe di universalità di Ising a corta portata
Per concretezza, consideriamo la classe di universalità del modello di Ising a corta portata. Avremo
una variabile di scaling rilevante ut pari (rispetto alla simmetria up-down) associata alla
temperatura, e una variabile rilevante uh dispari associata al campo magnetico. In aggiunta ci
saranno un infinito numero di variabili irrilevanti. Il punto critico del modello che ci interessa si
troverà nello spazio degli accoppiamenti sulla superficie critica ad una distanza finita dal punto
fisso. Tuttavia con un numero finito di iterazioni ci possiamo portare nelle vicinanze del punto
fisso, dove è valida la versione linearizzata delle equazioni del gruppo di rinormalizzazione. I valori
ui dei campi di scaling dipenderanno quindi analiticamente dagli scarti t , h della teoria
originale dal suo punto critico. Le variabili rilevanti ut , uh  si devono annullare quando
t=h=0 , così che per simmetria devono avere la forma
ut =t /t 0O t 2 , h2 
uh =h/h0 Oth ,
dove t 0 e h0 sono costanti non universali.
Ricordiamo ora che il gruppo di rinormalizzazione preserva la funzione di partizione:
Z =∑ s e−H  s=∑ s ' e−H '  s ' .

Consideriamo quindi l'energia libera ridotta per sito, f {K }≡−N −1 ln Z , come funzione degli
accoppiamenti {K }. Sotto rinormalizzazione gli accoppiamenti seguiranno il flusso del gruppo,
ma in aggiunta comparirà un termine costante nell'energia libera. Quindi
−Nf {K} −Ng{K }−N ' f { K ' }
e =e ,
dove N '=b−d N è il numero totale di blocchi. Questo fornisce la legge di trasformazione:
−d
f {K }=g{K }b f {K '} .
Se vogliamo estrarre solo il comportamento singolare possiamo ignorare il termine non omogeneo
g{K } . Fisicamente questo perché esso proviene dalla somma sui gradi di libertà (finiti)
all'interno di ogni blocco. Quindi per la parte singolare dell'energia libera abbiamo
−d
f s {K }=b f s {K ' }.
Vicino al punto fisso possiamo riscriverla in termini delle variabili di scaling
−d yt yh −nd ny t ny h
f s ut , uh =b f s b ut , b uh =b f s b u t , b u h ,
dove per ora abbiamo ignorato le variabili irrilevanti e nell'ultima espressione abbiamo iterato la
trasformazione n volte. Naturalmente n non può essere troppo grande, altrimenti
l'approssimazione lineare non sarebbe più valida.

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Scegliamo di fermarci quando ∣b ny ut∣=ut0 , con un ut0 opportuno. Quindi abbiamo che
t

f s ut , uh =∣u t / ut0∣d / y f s ±ut0 , uh∣ut /u t0∣− y / y .


t h t

Ritornando alle variabili fisiche t e h e incorporando ut0 nella definizione di t 0 abbiamo


quindi

f s t , h=∣t/t 0∣
d / yt

 h/h0
∣t /t 0∣y / y
h t
 ,

dove  è una funzione di scaling. Tale funzione è universale, la sola dipendenza dal particolare
sistema è attraverso i fattori di scala t 0 e h0 .
Dalla legge di scala della parte singolare dell'energia libera seguono tutti gli esponenti
termodinamici:
2 2 d / y −2
• Calore specifico ∂ f /∂t ∣h=0 ∝ ∣t∣ , da cui ponendo C ∝ A∣t∣− abbiamo
t

=2−d / y t

• Magnetizzazione spontanea ∂ f /∂ h∣h=0 ∝ −t  d− y / y , h t


da cui ponendo

lim H  0 M ∝−t si ha

d − yh
=
yt
2 2 d −2y h / y t
• Suscettibilità ∂ f /∂h ∣h=0 ∝ ∣t∣ , da cui ponendo ∝∣t∣− si ha
2 y h−d
=
yt
• Considerando infine che si ha

M=
∂f
∂h
=∣t /t 0∣ d− y  / y  '
h/h0
h t

∣t/ t 0∣y / y
,
 h t

affinché M abbia un limite finito per t  0,  '  x deve comportarsi come x d / y −1 per h

x  ∞ . Quindi a t=0, M ∝h
d / yh −1
, e quindi definendo M ∝∣h∣ abbiamo che
1 /

yh
= .
d − yh
Vediamo che i quattro esponenti dipendono solo da y t e y h , quindi devono esistere relazioni
di scaling fra loro. Ad esempio si vede facilmente che
2 =2,
1=2 .
Vediamo quindi che i vari esponenti termodinamici sono legati agli autovalori b y della matrice i

T ab delle derivate della trasformazione del gruppo di rinormalizzazione al punto fisso.

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Dal momento che b entra esplicitamente nel calcolo ci possiamo chiedere se ha un ruolo nel
valore finale degli esponenti. La risposta è ovviamente che non lo può avere se la trasformazione è
effettuata in maniera esatta, e nei pochi casi in cui è possibile farlo questo può essere verificato.
Diverso il discorso nel caso in cui la trasformazione viene effettuata in maniera approssimata, in cui si
ottiene in genere una leggera dipendenza da b.

1.3.2 Autovalori irrilevanti


Supponiamo di avere una variabile di scaling irrilevante u3 con autovalore y 30. Se si trova
nel sottospazio pari (cioè moltiplica un termine invariante per s r −s r   possiamo
assumere che il suo valore iniziale dipenda analiticamente da t e h , e quindi sarà della forma
0 2
u3=u 3at bh ... ,
dove a differenza del caso rilevante possiamo non assumere che u03=0. Vicino al punto critico

possiamo ignorare i termini di ordine superiore e porre u3=u 03 . Per l'energia libera avremo
quindi
f s t , h~∣t∣d / y   h∣t∣−y / y , u03∣t∣∣y ∣/ y  .
t h t 3 t

Dal momento che u03∣t∣∣y ∣/ y è piccolo per t  0, se assumiamo che  sia analitica nelle
3 t

variabili irrilevanti, possiamo espandere in serie di Taylor, e quindi, ponendo per chiarezza h=0,
avremo
f s=∣t∣d / y  A1 A 2 u30∣t∣∣y ∣/ y ...  ,
t 3 t

dove A1, A2, ... sono costanti non universali. Vediamo quindi che l'effetto più importante delle
variabili irrilevanti è fornire correzioni ai termini di scaling. Dal momento che in sistemi reali il
coefficiente di questi termini può essere anche molto grande, potrebbe essere difficile osservare il
vero coefficiente asintotico. In tali casi un fit dei dati che non includa queste correzioni, e a volte
anche quelle che vengono dai termini di ordine superiore in t e h , potrebbe portare
erroneamente alla conclusione che gli esponenti estratti in questo modo non siano universali.

1.3.3 Scaling per le funzioni di correlazione


Sappiamo che il gruppo di rinormalizzazione, oltre a conservare la funzione di partizione, conserva
l'intera distribuzione di probabilità dei gradi di libertà a grande distanza. Consideriamo in
particolare il caso della funzione di correlazione a due punti, definita da

Gr 1−r 2, H ≡〈 sr 1 s r 2 〉 H −〈 s r 1〉 H 〈 s r 2〉 H = ∂2 ln Z {H }∣h r =0 ,


∂ hr 1 ∂ hr 2 
dove per ottenere l'ultima espressione abbiamo aggiunto all'hamiltoniana un campo magnetico

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non uniforme: H  H−∑r h r s r .
Supponiamo ora che h r vari in maniera significativa solo su distanze molto maggiori delle
dimensioni b⋅a dei blocchi, così che nella trasformazione possiamo considerare che esso si
trasformi come un campo uniforme h=hr 1 . Quindi l'hamiltoniana rinormalizzata sarà della
stessa forma
H ' s ' −∑ h ' r ' s ' r ' ,
r'

dove h ' r '=b hr . Dal momento che la funzione di partizione è conservata si ha tuttavia
yh

∂ 2 ln Z ' h '  ∂ 2 ln Z h


= .
∂h ' r ' 1 ∂h ' r ' 2  ∂h ' r ' 1 ∂ h' r ' 2 
Il membro sinistro corrisponde a Gr 1−r 2 /b , H ' . Per capire il significato del membro destro
consideriamo che un cambiamento locale infinitesimo h ' r ' 1 h ' r ' 1 h ' r ' 1  all'interno
del blocco 1 corrisponderà a cambiare tutti i campi hr i agenti sugli spin nel blocco di una

quantità  hr i  b−y  h' r ' 1 .


h
Quindi il membro destro è

b−2y 〈 s11s12 ...s2  2


1 s2 ...〉∣H ,
h

dove gli spin nel blocco 1 e 2 sono etichettati con s 1i  e s 2i  rispettivamente. Dal momento
che ci sono b d spin in ogni blocco otterremo una somma di b2d correlazioni a due punti. Se
∣r 1−r 2∣ è molto maggiore di b queste funzioni saranno numericamente quasi identiche.
Quindi la legge di trasformazione della funzione di correlazione sarà
Gr 1−r 2 /b , H ' =b 2 d − y  Gr 1−r 2, H .
h

Se ora prendiamo h=0 abbiamo ovviamente


−2 d − yh  yt
Gr , t=b G r /b , b t .
Iteriamo questa n volte, come nel caso dell'energia libera, e fermiamoci quando b ny t /t 0=1. t

Segue che la funzione di correlazione ha la forma


Gr , t=∣t / t 0∣2 d − y / y  r /∣t /t 0∣−1 / y  .
h t t

Da cui abbiamo quindi che ∝∣t∣−1 / y . Definendo  tale che ∝∣t∣− abbiamo ottenuto che
t

=1/ y t .
Al punto critico t=0 dovremo invece iterare la trasformazione della funzione di correlazione
finché r /b n=Or 0  , dove r 0 è una distanza fissata molto più grande di a , così che le
approssimazioni fatte siano ancora valide. Quindi otteniamo in questo caso che
−2d− y h 
Gr ∝r .

15
Quindi se definiamo  di modo che al punto critico si abbia Gr ∝ r 2−d− abbiamo che
=d2−2y h .
Anche in questo caso gli esponenti dipendono solo dagli autovalori y t e y h e quindi esistono
relazioni che gli legano agli altri esponenti, in particolare
=2−d 
=2− .
Questa discussione può essere generalizzata ad una funzione di correlazione arbitraria.
Consideriamo che ogni ampiezza K a si accoppia ad un unico operatore di interazione S a
nell'hamiltoniana. Ogni S a si può esprimere in termini dei gradi di libertà fondamentali del
problema, nel modello di Ising gli spin s r . Dato un insieme completo di operatori S a
possiamo formare opportune combinazioni i , operatori di scaling, accoppiati ai campi di
scaling ui , così che

∑ ui i =∑  K a−K a∗  S a .
i a

Generalizzando gli argomenti precedenti si può mostrare che, per ∣r 1−r 2∣ ∞ ,

〈 i r 1  i r 2〉∝∣r 1−r 2∣−2x , dove


i

x i=d− yi .
Quest'ultima si comprende facilmente se assumiamo che sia possibile prendere il limite continuo
dell'hamiltoniana così che si abbia
dd r
∑ ui ∑ i r  ∑ u i∫ i r  ad .
i r i

Quindi considerando che sotto le trasformazioni del gruppo a  ba e ui  b y ui , affinché la i

funzione di partizione sia invariante dobbiamo appunto richiedere che i r b x  i r . i

Infine notiamo che il concetto di dimensione di scaling non è valido solo per la funzione a due
punti. Se consideriamo una funzione di correlazione a N punti lo stesso tipo di argomento che
abbiamo usato in precedenza ora implica che questa sia tale che
〈1 r 1  2 r 2 ... N r N 〉=R−x ...−x 〈1 r 1 /R 2 r 2 / R... N r N /R〉 ,
1 N

sebbene, a differenza del caso N=2, questa proprietà non sia sufficiente a fissare la sua reale
forma.

1.4 Modello di Blume – Capel


Il modello ferromagnetico di Ising fornisce un esempio semplice di un diagramma di fase con un
punto fisso non banale. Tuttavia sistemi più realistici hanno spesso diagrammi di fase più

16
complessi, e quindi una struttura più ricca dal punto di vista dei punti fissi.
In questo paragrafo vediamo l'esempio del modello di Blume – Capel e mostriamo come, anche
solo con una descrizione qualitativa dei flussi del gruppo di rinormalizzazione, sia possibile
comprendere il diagramma di fase dal punto di vista delle trasformazioni del gruppo.
1.4.1 Modello di Ising con lacune
Il modello di Blume – Capel [3] è definito con variabili di spin s r  che possono prendere il
valore 0 oltre a ±1 . L'hamiltoniana ridotta è
1
J r −r '  s r s r ' ∑ s r 2−h ∑ s r .
2∑
H=−
r ,r ' r r

Il nuovo parametro  è il potenziale chimico per le lacune. Per la maggior parte della
discussione considereremo il caso h=0.
Quando  −∞ , le configurazioni con s r =0 sono completamente soppresse e riotteniamo
il modello di Ising.
Quando T =0 il sistema si trova congelato nel minimo di H. poiché l'interazione è
ferromagnetica lo stato fondamentale ha s r  indipendente da r. Gli stati ordinati con

s=±1 hanno energia per sito −J , dove J =∑r J r  , mentre lo stato con s=0 ha
energia zero. Quindi quest'ultimo è lo stato fondamentale per J , e abbiamo una transizione
ad uno stato ordinato per =J.
Questa è una transizione del primo ordine, nel senso che ci saranno discontinuità nella
magnetizzazione e nelle derivate di  . Anche la lunghezza di correlazione sarà zero, dal
momento che non ci sono fluttuazioni.
Quindi se consideriamo il bordo fra la fase ordinata e disordinata, visto che per  −∞
diventerà Ising, in qualche punto la transizione cambia da una del primo ordine ad una del
secondo ordine. Questo punto è detto punto tricritico.
Analizziamo la forma aspettata per i flussi del gruppo di rinormalizzazione in questo modello.
Sebbene questi avvengono in uno spazio infinito – dimensionale possiamo limitarci a studiare le
proiezioni nel piano J −1 , / J .
Come usuale ci saranno punti fissi stabili che sono i bacini di attrazione per ognuna delle possibili
fasi. Ci sarà un punto fisso con le proprietà del modello critico di Ising ad un valore finito di
J −1 e un grande valore negativo di  . Come sappiamo questo punto fisso ha un solo
autovalore rilevante termico.

17
Figura 1.2: Diagramma di fase schematico del
modello di Blume - Capel.

La transizione a temperatura zero dovrebbe invece essere descritta da un punto fisso con −J
come variabile rilevante. Se denotiamo il suo autovalore con y , gli stessi argomenti usati in
precedenza mostrano che la singolarità nell'energia libera dovrebbe essere della forma
∣−J∣d / y . Confrontando con il risultato esatto di cui sopra concludiamo che y=d , che
implica quindi anche una discontinuità nella derivata prima. In modo alternativo, lo stesso risultato
segue dall'osservazione che le funzioni di correlazione della densità di energia al punto fisso sono
banali (dal momento che siamo a temperatura zero), così la corrispondente dimensione di scaling
x=d− y deve essere nulla. Questa è una proprietà molto generale dei punti fissi che
descrivono transizioni del primo ordine, ed è il motivo per cui sono detti punti fissi di
discontinuità.
Al punto fisso di discontinuità la temperatura è irrilevante. Questo perché a temperatura
abbastanza bassa gli spin tenderanno ad essere paralleli e quindi ad esempio l'intensità
dell'interazione a primi vicini evolverà come
K '~b d−1 K , per K ∞ ,
e in maniera analoga le altre interazioni ferromagnetiche. Quindi nel caso ferromagnetico ci
aspettiamo che per d1 i punti fissi a T =0 siano sempre stabili. Questo argomento
suggerisce quindi che in tali punti fissi T abbia autovalore 1−d.

18
Quindi vediamo che sulla superficie critica ci sono due punti fissi attrattivi, quindi fra loro deve
esserci un punto fisso totalmente instabile, il punto fisso tricritico.
Il punto fisso tricritico avrà quindi due autovalori termici rilevanti, y t1 e y t2 . Uno dei due
campi di scaling determinerà il flusso verso uno dei due punti fissi sulla superficie critica e il
corrispondente autovalore determinerà il tasso di divergenza della lunghezza di correlazione, che è
finita lungo il bordo di fase del primo ordine, avvicinandosi al punto tricritico.

1.5 Tecniche di rinormalizzazione in spazio reale


La rinormalizzazione fornisce una struttura teorica per i fenomeni critici, ma non è un completo
metodo di calcolo. Il problema è che in genere i calcoli necessari non possono essere portati a
termine in maniera esatta.
In precedenza abbiamo visto come le idee del gruppo di rinormalizzazione rendono possibile
collegare il comportamento critico di molte differenti quantità fisiche. Tuttavia senza uno specifico
calcolo la teoria fornisce solo relazioni e non fornisce alcun valore per un indice critico. Per avere
un concreto metodo di calcolo dobbiamo specificare quali approssimazioni utilizziamo per ottenere
risultati quantitativi, e a seconda dell'approssimazione scelta otteniamo diverse regole di
rinormalizzazione.
Sono stati sviluppati una larga varietà di differenti metodi per svolgere i calcoli della
rinormalizzazione. Diversi metodi usano le tecniche dell'espansione diagrammatica utilizzati già dalla
teoria dei campi.
In questa tesi invece siamo interessati ad un insieme di metodi che va sotto il nome di gruppo di
rinormalizzazione in spazio reale. Queste tecniche hanno il vantaggio di essere relativamente
semplici e dirette. Il loro svantaggio è che esse utilizzano approssimazioni fisicamente motivate, ma
matematicamente incontrollate.

1.5.1 Decimazione
Per impostare il problema analizziamo un sistema di Ising unidimensionale, con funzione di
partizione
Z= ∑ exp
{∑ [K S S i i1
}
h Si ] .
{S i=±1 } i

Dal momento che la funzione di partizione per problemi unidimensionali a primi vicini può essere
calcolata esattamente, non è sorprendente che in questo caso sia possibile effettuare calcoli del
gruppo di rinormalizzazione in maniera esatta.

19
La tecnica della decimazione è molto semplice. Sommiamo su tutte le variabili sui siti pari mentre
lasciamo invariate quelle sui siti dispari. Questa trasformazione preserva la funzione di partizione,
mentre produce nuovi valori per le costanti di accoppiamento. Allo stesso tempo essa dimezza i
gradi di libertà e raddoppia le distanze fra i siti, quindi corrisponde ad un fattore b=2.
Vediamo come funziona in pratica. Per comodità poniamo
1
w i, j=K  i  j h i  j ,
2
così che
− H =∑ w i, i1.
i

Effettuando la decimazione avremo


1
 , j= h  i j ln ∑ exp K  i  k K  k  jh  k =
wi
2 { =±1}k

1
= h i jln 2lncosh [K  i jh]≈
2
1
≈ h  i j ln 2ln cosh [K  i j ]h tanh[ K  i j ],
2
dove j=k1=i2 e l'ultima espressione è valida per piccoli campi.
Notiamo ora che dal momento che  2i =1 qualsiasi funzione degli spin può essere al massimo
lineare, infatti si vede facilmente che si ha
1 1 1
w i, j =  i  j lncosh 2K h[1tanh2K] i j ln2 ln cosh 2K
2 2 2
1
≡K '  i  j h '  i j ,
2
da cui abbiamo che gli accoppiamenti rinormalizzati sono dati da
1
K'= ln cosh 2K ,
2
h ' = h [1tanh 2K]Oh2 .
Da questo risultato è evidente che non esistono punti fissi non banali, dal momento che
ln cosh 2K2K per 0K∞ . Quindi la costante di accoppiamento diminuisce sotto
iterazioni della trasformazione. Concludiamo che esiste un'unica fase corrispondente a K ∗ =0 ,
cioè T =∞ , che non può che essere la fase paramagnetica.
Questo metodo non può essere ingenuamente esteso al caso bidimensionale [5].
Consideriamo il modello di Ising bidimensionale
W =− H=∑ [ K 0K nn  j ,k  j1,k  j , k1 ] .
j,k

Adesso sommiamo su tutte le  j ,k per le quali jk è dispari. Le rimanenti variabili verranno
solamente rinominate in .

20
La somma di base da fare è una somma su uno spin  accoppiato a quattro spin
1, 2, 3, 4. Se all'inizio abbiamo N spin  la nuova funzione di partizione sarà un
prodotto di N /2 termini del tipo
1
z 1, 2, 3, 4 = ∑ exp [ 2K0 K nn  1 234 ] =
=−1
=2 exp2K0  cosh K nn 1234 .
Notiamo ora che l'espressione è simmetrica sotto il cambiamento di segno di tutti gli spin e lo
scambio degli spin fra loro e che =±1. Quindi abbiamo solo tre espressioni indipendenti:
S 0=1, S2 =1 21 31 4 2 32 4 3 4 , S4 =1 2 3 4 .
Quindi z deve essere della forma
z 1,  2, 3, 4 =exp [L 0 S0 L2 S2L 4 S 4 ].
Confrontando le due espressioni otteniamo
1 1
L0=2K 0ln2 ln cosh 4 K nn  ln cosh 2 K nn ,
8 2
1
L2= lncosh 4 K nn ,
8
1 1
L4 = ln cosh  4 K nn− ln cosh 2 K nn.
8 2
Quindi vediamo che la decimazione ha generato un nuovo accoppiamento a primi vicini e un
nuovo termine costante, dati da
K 'nn=2 L2,
K '0=L0.
In aggiunta però la somma ha generato due nuovi tipi di accoppiamento, un'interazione a quattro
spin
K '4=L 4,
e un'interazione a secondi vicini
K 'nnn =L2 .
Ora siamo di fronte ad un problema sostanziale. Siamo partiti con un tipo di accoppiamento e
alla fine ce ne troviamo di diversi altri tipi. Ma noi vogliamo applicare la trasformazione del
gruppo in maniera ricorsiva. Dobbiamo quindi decidere come trattare gli accoppiamenti di nuovo
tipo generati.
In letteratura esistono principalmente due tipi di approccio a questo problema:
(a) approssimare la somma così da non generare termini non voluti. Il metodo più importante fra
questi è la cosiddetta approssimazione di Migdal – Kadanoff;
(b) fare un'espansione nei nuovi tipi di accoppiamento, quindi provare a risolvere il problema
approssimato con il maggior numero di accoppiamenti possibile.

21
1.5.2 Approssimazione di Migdal – Kadanoff
Il metodo fu introdotto per primo da Migdal [6] nell'ambito delle teorie di gauge su reticolo, e
poi reinterpretato e sviluppato da Kadanoff [7]. Quest'ultima formulazione è basata sulla tecnica
dello spostamento dei legami, di modo che la rinormalizzazione non generi interazioni
indesiderate.
Infatti il successo della decimazione nel caso unidimensionale dipende dal fatto che il sistema può
essere suddiviso in due sotto – reticoli A e B e che non ci sono accoppiamenti fra spin diversi in
A. Quindi possiamo facilmente sommare sopra tutti gli spin nel sottoinsieme A. Nel caso di
dimensione maggiore ciò non è più possibile.
Infatti dalla figura 1.3 vediamo che gli accoppiamenti verticali si dividono in due tipi: quelli fra gli
spin che vogliamo sommare, che ci impediscono di risolvere esattamente il problema, e gli altri,
che sono inoffensivi. Se nel calcolo dell'energia libera diminuiamo i primi di una quantità  e
aumentiamo i secondi della stessa quantità, la variazione nell'energia libera sarà del secondo
ordine o maggiore.

Figura 1.3: Decimazione in Ising bidimensionale.

Consideriamo in generale di avere una funzione di partizione Z =Tr expW  , dove W è


un'azione che ha una qualche simmetria. Sia V una perturbazione antisimmetrica rispetto a tale
simmetria, così che Tr V exp W =0. Definiamo ora
Z =Tr e W V .
L'energia libera esatta sarà quindi Z 0. Per simmetria la derivata prima di Z rispetto a  è
zero a =0. La derivata seconda è
d2 2
2
ln Z =〈V −〈V 〉   〉 .
d
La media è positiva, da cui segue che
Z ≥Z 0.

22
Lo spostamento dei legami ha quindi l'effetto di aumentare il valore della funzione di partizione.
Questo permette di confrontare diverse approssimazioni, essendo la migliore quella con la più alta
energia libera. Inoltre questa espressione è la garanzia che gli errori nell'energia libera sono
funzioni quadratiche degli errori di approssimazione.
L'approssimazione di Migdal – Kadanoff porta questo processo di spostamento di legami
all'estremo. La somma è effettuata spostando interamente i legami indesiderati. Il risultato è
mostrato in figura 1.4.

Figura 1.4: Reticolo dopo lo spostamento dei legami.

Dopo lo spostamento il nuovo accoppiamento nella direzione verticale è il doppio del vecchio:
K ' y =2 K y .
Ora il processo di somma è lo stesso del caso unidimensionale, quindi troviamo
1
K 'x = ln cosh 2 K x  .
2
Per completare il processo di ricorsione scambiamo x e y e sommiamo ancora, ottenendo
infine
K ''x =2 K 'x =ln cosh 2 K x ,
1 1
K '' y = ln cosh 2 K ' y = ln cosh 4 K y  .
2 2
Infine le rimanenti variabili di spin  non sommate verranno solamente rinominate in .
Le relazioni per gli accoppiamenti sono quindi diverse nelle due direzioni. In particolare al punto
fisso ha K ∗x =2 K ∗y .
Numericamente si ottiene K ∗x =0.61, K ∗y =0.31.
L'indice critico associato alla temperatura sarà dato da
∂ K ''x
∂ Kx ∣
K x =K

x
=2 tanh 2 K ∗x =2 x ,
T

che fornisce il risultato numerico di circa 0.75. Questo va confrontato con il valore di x T =1

23
fornito dalla soluzione esatta di Onsager del modello di Ising bidimensionale.
Considerando la semplicità della trasformazione utilizzata è un risultato interessante.
Notiamo infine che per quanto il metodo possa essere affinato, cercando di aumentare l'energia
libera, l'approssimazione possiede dei limiti intrinsechi. Infatti per la funzione di correlazione a due
punti si ha
〈 r 1  r 2〉 H =〈 r 1 r 2 〉 H ' .
Al punto fisso H '=H quindi la funzione di correlazione rimane invariata da un cambiamento di
scala di lunghezza. Siccome sappiamo che essa scala con l'indice critico /, questo implica che
/=0 .
Quindi il metodo può portare a risultati ragionevoli solo per sistemi per i quali questo indice è
piccolo.

1.5.3 Espansione in cumulanti e approssimazione su cluster


L'altro approccio possibile per portare a termine i calcoli previsti dal gruppo di rinormalizzazione è
fare una qualche espansione nei nuovi tipi di accoppiamento. Questo tipo di approccio fu
sviluppato per la prima volta da Niemeijer e van Leeuwen [8] per il modello di Ising su reticolo
triangolare con due metodi alternativi: l'espansione in cumulanti e l'approssimazione su cluster.
Nell'approssimazione a cumulanti dividiamo l'hamiltoniana in H=H 0 V , dove H 0 contiene
solo le interazioni interne alla cella e V contiene l'interazione fra le diverse celle. La prima
coinvolge un numero finito di spin, e quindi può essere trattata esattamente.
Quindi l'hamiltoniana rinormalizzata sarà data esattamente da
exp H ' S '=
 ∑ exp H S ' ,  〈exp V 〉 ,
{}
0 0

dove
∑ expV S ',  exp H 0 S ' ,
〈exp V 〉 0= ,
∑ exp H 0 S ' ,
quest'espressione è quindi valutata perturbativamente sostituendo a 〈 exp V 〉0 l'espansione in
cumulanti

[
〈 exp V 〉0 =exp 〈 V 〉 0
1
2
 〈V 2 〉0 −〈V 〉20  ... .]
Al primo ordine abbiamo quindi solamente interazione a primi vicini fra le celle, ad esempio per il
reticolo triangolare abbiamo
〈 V 〉0 =2K ∑ 〈 1 〉 0 〈  2 〉 0 ,
 i  j

〈ij〉

mentre al secondo ordine compaiono interazioni a secondo e terzo vicino.

24
Nonostante la semplicità del metodo si ottengono buoni risultati già ai primi ordini, come
mostrato in tabella 1.1.

Reticolo triangolare Reticolo quadrato


Parametri yT yh K∗ yT yh K∗
Primo ordine perturbativo 1,6340 3,0360 0,3356 2,7689 8,4566 0,4697
Secondo ordine perturbativo - - - 3,0068 7,9271 0,4302
Valore esatto 1,7321 2,8009 0,2747 3 7,8450 0,4407
Tabella 1.1: Valori ottenuti con espansione in cumulanti [8,9].

L'approssimazione su cluster invece utilizza il fatto che le trasformazioni di rinormalizzazione


possono essere studiate in ogni dettaglio su un sistema finito. In questo caso l'approssimazione di
base è dovuta al fatto che vengono generati solo i tipi di interazione che si adattano alla figura
scelta. I risultati per il reticolo triangolare per varie scelte di cluster sono mostrati in tabella 1.2.

cluster yT yh K∗ cluster yT yh K∗

1,544 3,036 0,365 1,782 3,186 0,281

1,501 2,501 0,255 1,7590 2,8024 0,2742

1,567 2,497 0,253 valori esatti 1,73205 2,80092 0,27465

Tabella 1.2: Valori ottenuti con approssimazione su cluster per reticolo triangolare [8].

1.5.4 Reticoli gerarchici


Un aspetto interessante di alcuni schemi di rinormalizzazione nello spazio reale, in particolare del
metodo di Migdal – Kadanoff, è che essi possono risultare approssimazioni “realizzabili” [10].
Infatti mentre non sono ben giustificati su reticoli regolari essi possono fornire la soluzione esatta
su una classe speciale di reticoli detta gerarchica, che corrisponde a una dimensione spaziale
frattale [11].

25
Un esempio di reticolo gerarchico è mostrato in figura 1.5.
Questa figura può essere interpretata in due modi. Il primo, detto “aggregazione”, è che cinque
dei legami di ordine zero in 1(a) sono assemblati per formare l'unità mostrata in 1(b), un legame
di ordine 1. Quindi i cinque legami di ordine 1 sono assemblati in modo analogo per formare
un legame di ordine 2, mostrato in 1(c). Il processo può quindi essere iterato un numero
arbitrario di volte.
L'interpretazione alternativa è detta “miniaturizzazione”: quello che appare in 1(a) è in realtà un
legame di ordine N, ma il disegno mostra solo i siti di superficie, e non la sa struttura interna.
Questa inizia ad apparire in 1(b), dove vediamo che il legame originale è in realtà composto di
cinque legami di ordine N-1. Per ottenere 1(c) quindi espandiamo analogamente ognuno dei
legami di ordine N-1, e così via.

Figura 1.5: Costruzione del reticolo gerarchico a


diamante.

Notiamo che il reticolo contiene siti con differente numero di coordinazione,


3 x 2n , n=0, 1, 2, ... .
Consideriamo un sistema di Ising su un tale reticolo. Sia  i=±1 la variabile di spin associata al
sito i – esimo. L'interazione associata con il legame primitivo da i a j è
H 0  i ,  j =K 0  i  j ,
e l'hamiltoniana totale è la somma di H 0 su tutti i legami primitivi. La funzione di partizione è
ottenuta per successive decimazioni: e H è prima sommata sugli spin in cluster con numero di
coordinazione 3, producendo un'interazione effettiva H 1 tra spin fra coppie di siti adiacenti ad
ogni cluster. La somma successiva è sugli spin con numero di coordinazione 6, quindi 12, e così
via.

26
Con “disposizione gerarchica dei siti” si intende che ad ogni passo di decimazione gli spin
eliminati appartengono a un cluster finito che interagisce con un numero finito di vicini fuori dal
cluster (ma non con spin all'interno di altri cluster). Il termine “gerarchico” si denotano reticoli tali
che i due numeri finiti suddetti sono limitati, indipendentemente dal cluster e dal passo di
decimazione.
Ad esempio nel caso semplice di figura 1.5 questi numeri sono costanti: ogni spin eliminato in
un passo di decimazione appartiene ad un cluster formato da 2 spin ed interagisce con 2 spin
fuori dal cluster, indipendentemente dal passo di decimazione.
In letteratura sono presenti innumerevoli istruzioni di aggregazione per costruire reticoli gerarchici.
In particolare è possibile considerare la presenza di diversi tipi di legami, sia legami non iterativi
(come mostrato in figura 1.6), quindi legami che nell'interpretazione di “miniaturizzazione” non
hanno struttura interna, sia legami iterativi di diverso tipo (come mostrato in figura 1.7), quindi
legami che nell'interpretazione di “miniaturizzazione” hanno una diversa struttura.

Figura 1.6: Reticolo che presenta un legame


non iterativo.

Figura 1.7: Reticolo che presenta legami con due leggi di


ricorsione diverse.

27
Inoltre non c'è ragione alcuna per cui gli oggetti che sono “aggregati” (o “miniaturizzati”)
debbano essere i legami. Possiamo anche utilizzare unità composte da 3,4,... siti. La figura 1.8
mostra un esempio di questo tipo in cui dobbiamo immaginare due triangoli separati connessi ad
ognuno dei tre vertici interni.

Figura 1.8: Reticolo gerarchico in cui ad ogni passo


viene iterata l'intera struttura contenuta all'interno della
parentesi graffa.

In tutti i casi è utile definire il numero di aggregazione B come il numero di unità che sono
assemblate ad ogni passo per formare l'unità dell'ordine successivo. La quantità B è
fondamentale perché è la scala importante per lo scopo di discutere le proprietà critiche del
sistema.
A titolo di esempio notiamo che B vale 5, 2, 5 e 2 rispettivamente per i reticoli di figura 1.5,
figura 1.6, figura 1.7 e figura 1.8. Notiamo che i legami non iterativi non sono contati in B.
Per un generico reticolo di Bravais di dimensione d si ha che B=b d , dove b è il solito
fattore di decremento della lunghezza ad ogni passo. Quindi quando il calcolo su reticolo
gerarchico è considerato come un'approssimazione del calcolo su un reticolo di Bravais dobbiamo
avere che, oltre a possedere le stesse regole di ricorsione, valga B=b d con gli stessi valori di
b e d del reticolo originale. In particolare notiamo che l'approssimazione su cluster in genere
sarebbe “realizzabile”, salvo che le equazioni di ricorsione violano la relazione B=b d .
Dal punto di vista del gruppo di rinormalizzazione è interessante conoscere che un metodo di
approssimazione è “realizzabile”, nel senso che è esatto su un opportuno reticolo gerarchico,
perché ciò garantisce che esso conduce a proprietà termodinamiche sensate, ad esempio se esiste
un limite termodinamico per l'energia libera questo avrà le giuste proprietà di convessità. Inoltre
nel caso in cui si ottengano risultati inaspettati, un'ispezione del corrispondente reticolo gerarchico
può fornire qualche suggerimento circa l'origine della difficoltà.

28
Per concludere notiamo che lo studio dei reticoli gerarchici è il terreno ideale per testare
congetture di carattere generale, dal momento che questi sono dei casi unici in cui abbiamo una
grande varietà di scelta dei parametri del sistema mentre i calcoli possono essere portati a termine
in maniera esatta.

29
30
CAPITOLO 2

Analisi del modello BEG

In questo capitolo applichiamo i metodi del gruppo di rinormalizzazione in spazio reale per
analizzare un modello non disordinato, ma con un diagramma di fase complesso. In particolare
studieremo il modello di Blume – Emery – Griffiths [12] utilizzando un'estensione
dell'approssimazione su cluster di Niemeijer e van Leeuwen [8].
Questo è un primo passo per testare i metodi di rinormalizzazione in spazio reale in vista della
loro estensione a sistemi disordinati.

2.1 Il modello di Blume – Emery – Griffiths


Il modello di Blume – Emery – Griffiths (BEG) è definito dall'hamiltoniana
H  J , K , ; {s }=J ∑ si s j K ∑ s i s j − ∑ s i ,
2 2 2

〈ij〉 〈ij〉 i

dove s i=0,±1. L'usuale fattore −1 /k B T è stato assorbito nella definizione dell'hamiltoniana.


Blume, Emery e Griffiths hanno introdotto questo modello per descrivere la separazione di fase
nelle misture di He3 – He4 [12]. In seguito il modello è stato reinterpretato per descrivere le
transizioni fase in fluidi semplici e multicomponenti [12a], sistemi solido – liquido – gas [12b],
microemulsioni [12c], leghe di semiconduttori [12d], sistemi conduzione elettronica [12e].
Berker e Wortis [13] per primi hanno calcolato il diagramma di fase di questo modello tramite
un'analisi basata sul gruppo di rinormalizzazione, risultato che vogliamo riprodurre in questo
capitolo.
In particolare considereremo il modello su un reticolo quadrato bidimensionale e restringeremo lo
studio a valori positivi di J e K .

2.1.1 Informazioni esatte sul modello BEG


Il modello BEG ha due parametri d'ordine, cioè la magnetizzazione M e parametro d'ordine di
quadrupolo Q :
2
M J , K , =〈 s i 〉 , Q J , K ,=〈 si 〉 .

31
Da considerazioni di carattere generale è possibile estrarre diverse informazioni esatte che sono
riassunte in figura 2.1, in particolare ci sono tre regioni in cui la soluzione è particolarmente
semplice.
A) Regione ≪−1
A ≪−1 le configurazioni {s i=±1} dominano l'ensamble. L'hamiltoniana quindi si riduce a
H  J ; {s}=J ∑ s i s j
〈ij〉

con s i=±1, che descrive il sistema di Ising in due dimensioni. Quindi ci aspettiamo una
1
transizione di fase a J =J 1 /2 = 2 ln1 2 il cui parametro d'ordine è M , mentre Q=1 .

B) Regione 2 J K≈≫1
In questa regione si passa da una situazione in cui l'ensamble è dominato dalla configurazione
{s i=0} a una in cui le configurazioni dominanti sono quelle descritte da {s i=s j=...=±1}.
Le energie di queste due configurazioni sono rispettivamente
H  {s i=0}=0,
H  {s i=s j =...=±1} =N [ 2 J K − ] , N  ∞ .
Quindi a 2 J K− la configurazione dominante cambia in maniera brusca; abbiamo cioè
una transizione di fase del primo ordine tra una fase paramagnetica  M =Q=0 per
2 J K , a due fasi ferromagnetiche coesistenti  M =±1, Q=1 per 2 J K.
C) Piano J =0.
In questo caso l'hamiltoniana è simmetrica per s i −s i , quindi M =0.
Definendo una nuova variabile in ogni sito del reticolo come
2
t i≡2si −1 ,
l'hamiltoniana in questo sottospazio si può scrivere come
H t J t , H t ; {t }=J t ∑ t i t jH t ∑ t i , t i=±1 ,
〈ij 〉 i

dove il legame con le vecchie costanti di interazione è dato da


1
Jt = K,
4
1
H t =K ln2−.
2
Abbiamo quindi ancora un sistema di Ising, questa volta con un campo magnetico H t .
La transizione critica di Onsager avviene quindi nel punto G:
J G=0, K G =4 J 1/ 2 , G =8 J 1/ 2ln2 .

Per KK G abbiamo una transizione del primo ordine fra due fasi paramagnetiche

32
 M≡〈s i 〉=0 con Q1 /2 per H t 0, Q1/2 per H t 0.
Questa mappa esatta tra la regione ≪−1 e la linea J =0, =2Kln2 è detta simmetria
di Griffiths e deve essere conservata dalla trasformazione del gruppo di rinormalizzazione.

Figura 2.1: Informazioni esatte sul modello BEG.

2.2 Trasformazione del gruppo di rinormalizzazione


Come visto in precedenza, una trasformazione del gruppo di rinormalizzazione in spazio reale
consiste in
(i) raggruppare siti vicini in celle;
(ii) associare ad ogni cella una nuova variabile di spin che rifletta una proprietà collettiva dei siti
interni;
(iii) sommare su tutti i gradi di libertà ortogonali agli spin delle celle.
Nell'ultimo passo in genere è necessario utilizzare tecniche di approssimazione per controllare le
interazioni fra siti lontani e fra molti siti che altrimenti vengono generate.
La scelta della trasformazione deve essere guidata da considerazioni sulle simmetrie del problema.
Nel caso del modello BEG le simmetrie note sono:
(a) simmetria di Griffiths: il modello si riduce a un sistema di Ising in due distinte regioni:
≪−1 o J =0. Dobbiamo quindi assicurarci che la trasformazione agisca in maniera
identica su questi due modelli di Ising;
(b) simmetria up-down: la trasformazione non deve discriminare fra le due direzioni per lo spin.

33
2.2.1 Scelta della matrice di proiezione
Effettuiamo il passo (i) raggruppando i siti in celle quadrate 2x2, questa è la scelta più semplice
per mantenere la forma del reticolo invariata.
Le richieste (a) e (b) vengono soddisfatte al passo (ii). Questo consiste nel suddividere le 34
configurazioni possibili per gli spin interni fra le tre configurazioni dello spin della cella
s ' i=0,±1.
Consideriamo prima il caso di una variabile t i=±1 .
La matrice di proiezione sugli stati della cella è definita da
exp [H 't ']=∑
{t }  ∏ M t ' ; t  exp[ H t ],
i'
i' i' a

La conservazione della funzione di partizione richiede che si abbia


∑ M t ' ; ta =M 1 ; ta M −1; t a =1 .
t'

La più generale matrice di questo tipo che rispetti la simmetria up – down e la simmetria del
quadrato, tratti cioè in maniera simmetrica tutti gli spin nella cella, è data da
1
M p ,q t ' ; t a= {1t '[ pt 1t 2t 3 t 4 q t 1 t 2 t 3t 1 t 2 t 4t 1 t 3 t 4 t 2 t 3 t 4 ]}.
2
Una scelta fisicamente allettante è p=3 /8, q=−1/8 , per i quali otteniamo la legge di
maggioranza
1
M 3/ 8,−1 /8 t ' ; t a =
2[1t ' sgn
∑ t  ]≡M t ' ; t  ,
a
a 0 a  LM1

dove

{
1, x0
sgn  x = 0, x=0 .
−1, x0
Consideriamo ora la variabile s a=0,±1 del modello in esame.
Per rispettare la simmetria di Griffiths procediamo in due passi: primo, applichiamo la regola di
maggioranza  LM1 per la variabile t i=2 s 2i −1, dividendo le configurazioni in magnetiche
s i=±1 e non magnetiche s i=0 ; secondo, riapplichiamo la regola di maggioranza
 LM1 alla variabile s i=±1 sulle configurazioni magnetiche.
L'intero processo è descritto dalla matrice di proiezione di doppia maggioranza
P0  s ' ; s a =M 0 t ' ; t a  [ 1−s ' 2 s ' 2 M 0 s ' ; s a ] ,
a cui ci riferiremo come PSRG(v=0) (Position Space Renormalization Group). Questa è la scelta
più naturale. Dal momento che abbiamo informazioni esatte sul diagramma di fase è interessante
considerare anche un'altra possibilità. In particolare consideriamo una matrice di proiezione con

34
tutte le simmetrie della precedente, ma anche con un singolo parametro libero v.
Implementiamo questa possibilità effettuando una leggera modifica alla legge di maggioranza
ponendo
M v t ' ; t a ≡M 3/ 8−v /2, v/ 2−1 /8 t ' ; t a .
Questa matrice assegna le configurazioni unanimi (cioè
{t a }={1,1 ,1,1}, {t a }={−1,−1,−1,−1} ) e quelle ugualmente divise {1,1 ,−1,−1} e
permutazioni come in precedenza, mentre
M v 1 ; {1,1 ,1 ,−1} = 1−v = M v −1 ; {−1,−1,−1,1} ,
M v −1; {1,1 ,1,−1} = v = M v 1; {−1,−1,−1,1},
e analoghe per ogni permutazione dei valori degli spin dei siti.
La matrice di proiezione per spin 1 si ottiene quindi sostituendo M v a M 0 per tutte le
configurazioni a spin ½, ottenendo
Pv  s ' ; sa =M v t ' ; t a  {1−s ' s ' [1−s 1 s2 s 3 s 4  M 0 s ' ; s as1 s 2 s 3 s 4 M v s ' ; s a ] } ,
2 2 2 2 2 2 2 2 2 2

a cui ci riferiremo come PSRG(v≠0). Il parametro v verrà fissato richiedendo che esso fornisca la

corretta interazione critica di Onsager J 1 /2= 12 ln1 2.

2.2.2 Tecniche di approssimazione


Come noto l'approccio delineato finora non può essere portato a termine esattamente. Per
svolgere i calcoli adattiamo l'approssimazione su cluster di Niemeijer e van Leeuwen [8]: le
relazioni di ricorsione sono ottenute effettuando le trasformazioni del gruppo su un reticolo finito,
in questo caso semplicemente due celle. Tuttavia in questo caso il numero di primi vicini per sito
sarebbe 1.25, mentre esso è 2 per un reticolo infinito. Questo numero incide direttamente
sull'energia delle configurazioni completamente allineate, e quindi sulla posizione della transizione
del primo ordine asintotica.
Un modo per ottenere il giusto comportamento nel regime di forte accoppiamento è modificare
l'approssimazione di Niemeijer e van Leeuwen introducendo condizioni periodiche al bordo, come
mostrato da Berker e Wortis [13]. Le relazioni di ricorsione saranno quindi ottenute sul reticolo
finito mostrato in figura 2.2, in cui il numero di primi vicini per sito è 2 come nel reticolo
infinito.
Grazie al carattere a due celle della nostra trasformazione le interazioni rimangono a primi vicini e
non abbiamo bisogno di considerare altri tipi di interazione oltre a quelli già presenti
nell'hamiltoniana.

35
Figura 2.2: Cluster di due celle con condizioni periodiche.

2.2.3 Analisi tramite il gruppo di rinormalizzazione


Il diagramma di fase è derivato dallo studio dei flussi nello spazio delle hamiltoniane, che sono
governati dai punti fissi. I punti fissi completamente stabili sono determinati semplicemente
seguendo una traiettoria del bacino di attrazione. Per i punti fissi instabili sfruttiamo la continuità
della trasformazione, per la quale più siamo vicini ad un punto fisso minore è il salto effettuato
applicando le regole di trasformazione. Alcuni esempi di flussi uscenti da punti fissi instabili sono
mostrati in figura 2.3 e figura 2.4: è evidente come i flussi si allontanino dai punti fissi instabili
sempre più rapidamente ad ogni passo.
Quindi, dopo aver esplorato il diagramma di fase e aver determinato la possibile presenza di un
punto fisso instabile, per determinare la sua esatta locazione procediamo in maniera iterativa
cercando punti con uno spostamento minore sotto la trasformazione del gruppo.
Per studiare i punti fissi all'infinito facciamo un cambio di variabile, di modo che nella nuova
variabile il punto si trovi a distanza finita. In particolare per studiare un punto fisso con
consideriamo la variabile e−K , invece per un punto fisso con K=−∞


K=∞ 

consideriamo e K , dove con K indichiamo uno qualsiasi dei tre parametri del sistema

J , K , .
I punti fissi possono essere classificati in base al loro dominio di attrazione come segue:
(a) punti fissi del primo ordine: il dominio di attrazione è luogo delle transizioni di fase del
primo ordine;
(b) punti fissi di ordine superiore: il dominio di attrazione è il luogo delle transizioni di ordine
superiore;
(c) punti fissi banali: il dominio di attrazione può essere o un'intera fase termodinamica, oppure
la continuazione liscia di una fase termodinamica in un'altra.

36
Figura 2.3: Esempio di flussi uscenti dai punti fissi instabili G, P, T.

Figura 2.4: Esempio di flusso uscente dal punto instabile P.

Nella nostra analisi avremo l'opportunità di illustrare ognuno di questi tipi.


Gli esponenti critici sono ottenuti linearizzando le relazioni di ricorsione nei punti fissi.
Nel nostro caso la trasformazione che agisce sui parametri dell'hamiltoniana
H  J , K , ; {s }=J ∑ si s jK ∑ si2 s2j− ∑ s2i ,
〈ij〉 〈ij 〉 i

sarà della forma


[J ' , K ',  ']=F[ J , K , ],

37
e quindi le relazioni linearizzate saranno del tipo
J '−J ∗ =T JJ  J −J ∗ T JK K −K ∗ T J  − ∗ ,
e così via, dove con T JK indichiamo ∂ J '/ ∂ K valutata al punto fisso.
Gli autovalori l di questa matrice di ricorsione saranno
l = b y ,
l
l = 2, 4, 6,
dove il fattore di riscalamento b è 2 nel nostro caso.
Una analoga linearizzazione nel sottospazio dispari è necessaria per ottenere gli autovalori
y1 , y3 .
Le interazioni dispari possibili sul nostro cluster sono:
h ∑ siL ∑ s i s2js 2i s j .
i 〈ij〉

Quindi studiando la matrice delle relazioni linearizzate al punto fisso


h '−h ∗ =T hh h−h ∗ T hL  L−L∗  ,
L'−L ∗ =T Lh h−h ∗ T L L  L−L ∗  .
troviamo gli altri due autovalori mancanti.
Lo studio delle relazioni di ricorsione linearizzate permette anche di determinare in maniera precisa
le superfici critiche del sistema.

Figura 2.5: Alcuni bacini di attrazione di punti fissi parzialmente stabili,


ottenuti seguendo gli autovettori con autovalori negativi. In particolare sono
visibili la linea PT0, la linea PG, parte della superficie CT 0L e parte della
superficie PGF2L (vedi figura 2.6).

38
Infatti il modo usuale per determinare numericamente la superficie critica è approssimarla trovando
delle serie di coppie di punti vicini che tendono a punti fissi diversi: fra i punti di ogni coppia
deve quindi esserci una superficie critica. Ma studiando le relazioni di ricorsione linearizzate
possiamo utilizzare anche un altro metodo più preciso e veloce: partendo da un punto fisso che
abbia almeno una direzione stabile possiamo ricostruire il suo bacino di attrazione procedendo
iterativamente nella direzione dei suoi autovettori con autovalore y negativo. In figura 2.5 è
mostrata una porzione del diagramma di fase ottenuta in questo modo.

2.3 Risultati
Il diagramma di fase ottenuto con la regola di doppia maggioranza PSRG(v=0) è mostrato in
figura 2.6.
Il volume dei due quadranti J , K ≥0 sotto studio è diviso dalle superfici di transizione in tre
regioni. Due di queste sono paramagnetiche  M ≡〈 s i 〉=0: una (indicata con “Para+”) ha

Q≡〈 s2i 〉1/ 2, l'altra (indicata con “Para–”) ha Q1/2. Nel rimanente volume (“Ferro”)
coesistono due fasi ferromagnetiche  M 0, M 0. Quindi in realtà questa regione è luogo di
una transizione di fase del primo ordine tra la magnetizzazione up e down, cosa chiaramente
visibile aggiungendo una interazione dispari h o L al diagramma di fase.
Le due fasi “Para+” e “Para–” sono separate da una superficie di transizione del primo ordine
“F2GPL”, ma si fondono alla linea critica isolata “GP”. “Para –” e “Ferro” sono separate dalla
superficie di transizione del primo ordine “F 3T0PL” (dove coesistono tre fasi). “Para+” e “Ferro”
sono separate dalla superficie critica “CT 0PL”. La linea “T0P” è una linea tricritica ordinaria. La
linea “PL” è una linea di fine criticità, dove transizioni critiche e del primo ordine si incontrano
senza che intervenga una transizione di ordine superiore. Le tre linee “GP”, “T 0P”, “PL” si
incontrano nel punto tricritico speciale “P”, corrispondente alla transizione del modello a tre stati di
Potts (come vedremo nel paragrafo 2.3.2).
Le informazioni esatte sul modello ricavate in precedenza e mostrate in figura 2.1 sono
soddisfatte da questo diagramma di fase.
Tredici punti fissi sono alla base del diagramma di fase di figura 2.6. La loro connettività è
mostrata in figura 2.7: ogni freccia che unisce due punti fissi rappresenta una superficie critica, il
cui tipo è indicato dal tipo di linea, e il verso della freccia indica il verso dei flussi, e quindi quale
punto fisso è stabile e quale instabile nella data direzione; i punti fissi “Fe”, “Pa +” e “Pa–“ sono
totalmente stabili nel piano J , K ,  e quindi non sono connessi ad alcuna superficie critica.

39
Figura 2.6: Diagramma di fase del modello BEG ottenuto con PSRG(v=0).
Le transizioni critiche e del primo ordine sono indicate rispettivamente con
linee continue e punteggiate. “TP0” è una linea tricritica ordinaria
(triangoli), “PL” è una linea di fine criticità (trattino-punto), “P” è il
punto tricritico corrispondente alla transizione di Potts. Sull'asse di Potts
“0A”, la croce segna la posizione esatta di questa transizione, mentre il
quadrato segna quella prevista dalla teoria di campo medio.

Figura 2.7: Connettività globale dei 13 punti fissi alla base del
diagramma di fase in figura 2.6. I flussi attraverso transizioni di
fase critiche e del primo ordine sono disegnate, rispettivamente,
con una linea continua e una punteggiata; i flussi attraverso la
linea tricritica ordinaria e la linea di fine criticità con linee
triangolate e punto-trattino, rispettivamente.

40
Le posizioni dei 13 punti fissi che abbiamo ottenuto con PSRG(v=0), riproducendo i risultati di
Berker e Wortis [13], sono esposte nella tabella 2.1.

Punto fisso Tipo J* K* ∆* Dominio di attrazione


1. Punti fissi di ordine superiore
C* Critico 0.52751 -0.16176 -∞ Superficie CT0PL
G* Critico 0 2.1100 4.9132 Linea GP
L* Fine criticità 0.52751 +∞ 2K*+1.11 Linea PL
T* Tricritico ordinario 1.1390 0.99437 4.2449 Linea T0P
P* Tricritico speciale 0.58223 1.7562 4.6779 Punto P
2. Punti fissi del primo ordine
Fe* Discontinuità M +∞ 0.403-J* -∞ Volume Ferro
FJ* Discontinuità M, Q +∞ +∞ 2(J*+K*) Porzione di superficie F3T0PL
A* Discontinuità M, Q +∞ 3J* 2(J*+K*) Linea sulla superficie F3T0PL
FK* Discontinuità M, Q +∞ +∞ 2(J*+K*) Resto della superficie F3T0PL
F2* Discontinuità Q 0 +∞ 2K*+0.69 Superficie F2GPL
3. Punti fissi banali
Pa+* Fase M=0, Q>½ 0 0 -∞ Volume Para+
Pa-* Fase M=0, Q<½ 0 0 +∞ Volume Para-
Continuazione
S* 0 0 0.69315 Superficie SGPT0
liscia Pa+* e Pa-*
Tabella 2.1: Classificazione e posizione dei 13 punti fissi alla base del diagramma
di figura 2.6, ottenuti con la regola di doppia maggioranza.

2.3.1 Analisi del comportamento critico


I punti fissi “C*” e “G*” attraggono rispettivamente la superficie critica “CT 0PL” e la linea critica
isolata “GP”. Le loro posizioni sono legate dalla simmetria di Griffiths:
K G∗ =4 J C∗ , G∗ =8 J C∗ln2 .
Sappiamo che l'interazione di transizione di Ising J 1 /2 è equivalente a J C∗ , che nel caso della
regola di doppia maggioranza è trovata a 0.5275, circa il 20% in più del suo valore esatto
1
2
ln 1  2≈0.4407 . Il parametro v in PSRG(v≠0) è quindi scelto di modo che
J C∗ =J 1/ 2 , e quindi “G*” si sposti nella sua posizione esatta

0, 2ln 1 2, 4ln1 2ln2 .


Troviamo che il valore adatto allo scopo per PSRG(v≠0) è v =−0.06453, stesso valore utilizzato
anche da Berker e Wortis.

41
Gli autovalori dei due punti critici “C*” e “G*” sono dati in tabella 2.2. L'autovalore termico è
spostato del -27% in PSRG(v=0) e del -6% in PSRG(v≠0), quello magnetico del +4% in
PSRG(v=0) e dello -0.3% in PSRG(v≠0).

G* C* L*
PSRG(v=0) PSRG(v≠0) Esatto PSRG(v=0) Esatto PSRG(v=0)
y2 0.72667 0.94193 1 0.72667 1 0.72667
y4 1.9416 1.8697 1.875 -1.0492 2
y6 -1.8338 -1.6375 -∞ -∞
y1 0.57485 0.66279 1.9416 1.875 1.9416
y3 -0.73268 -0.67311 0.37919 0.23545

Tabella 2.2: Autovalori critici. y2C=y2G=y2L e y4G=y1C=y1L sono gli autovalori critici
della transizione di Onsager. Gli autovalori infiniti negativi y 6C e y6L appartengono
∗ ∗

alle deviazioni da e  e e−K .


C L

Cinque punti fissi nella tabella 2.1 forniscono le transizioni del primo ordine del diagramma di
figura 2.6. Questi sono tali che il più grande autovalore il cui autocampo si accoppia al
parametro d'ordine discontinuo è uguale al fattore di riscalamento che nel nostro caso vale 2, così
da soddisfare la condizione per avere una transizione del primo ordine. Infatti il più grande
autovalore nel sottospazio dispari è 2 per “Fe*”, “F J*”, “A*”, “FK*”, fornendo la discontinuità nella
magnetizzazione, il più grande autovalore nel sottospazio pari è 2 per “F J*”, “A*”, “FK*”, “F2*”,
fornendo la discontinuità nel parametro d'ordine di quadrupolo. Tutti gli altri autovalori sono
minori di 2.
La linea “PL” bacino di attrazione del punto fisso “L*”, è la giunzione una superficie critica e di
due superfici del primo ordine. In corrispondenza “L*” è instabile verso “C*”, “F 2*”, “FK*”.
Come mostrato in tabella 2.2, “L*” ha esattamente gli stessi autovalori rilevanti di “C*”, cioè
quelli di Onsager. Inoltre “L*” ha anche un altro autovalore rilevante y 4L=2=d , come ci
aspettiamo per la transizione del primo ordine. Questo è la situazione appropriata per il
comportamento di fine criticità, dal momento che “L*” appare come un ibrido dei punti fissi
critico e del primo ordine fra cui è interposto.

2.3.2 Transizione a tre stati di Potts


L'intera hamiltoniana del modello BEG con sia le interazioni pari che dispari si legge
H  J , K , , h , L; {s }=J ∑ si s j K ∑ s 2i s2j− ∑ s 2i h ∑ s iL ∑  si s 2js2i s j  , si=0,±1 .
〈ij〉 〈ij〉 i i 〈ij〉

42
In seguito alla simmetria up-down abbiamo che
Z  J , K ,  , h , L =Z  J , K ,  ,−h ,−L  ,
come segue dallo scambio s i −s i in ogni sito, cioè uno scambio fra i nomi degli stati di spin
+1 e -1. Questa è parte di una simmetria più generale che segue dal rietichettare gli stati di spin
con arbitrarie permutazioni di s i=0,±1, detta quindi simmetria di permutazione a tre stati.
Consideriamo quindi lo scambio 0 ⇔1 definendo una nuova variabile
ui≡1 1 s i− 3 si .
2
2 2

Sostituendo nell'hamiltoniana otteniamo la seguente relazione


Z  J , K ,  , h , L =Z  J , K  , h , L  ,
 ,
dove
J =1 J K −2L ,
4
 1 9JK6L ,
K=
4
 1 3zJzK −3h4 zL ,
= 2
h =12  zJ −zK h,
L =14 −3JK 2L ,

dove z è il numero di primi vicini di un sito, cioè quattro nel nostro caso.
L'unico caso in cui la simmetria è fra punti nello spazio delle interazioni pari è sulla linea “0A” in
figura 2.6:
K=3J , =2zJ =8J , h=L=0,
sulla quale ogni punto è mappato in sé stesso. In una rinormalizzazione esatta che consideri
questa simmetria ciò implica che se c'è una transizione di ordine superiore su questa linea, allora
ogni autovalore dispari y2n+1 dovrebbe anche presentarsi come autovalore pari.
L'hamiltoniana sulla linea “0A” si riduce al modello di Potts a tre stati
H=R ∑ s s −1 , i j
〈ij 〉

dove per J ≥0 si ha che

R=
 2
37
J 2K 2 21/ 2

misura la distanza lungo la linea partendo dall'origine.


La transizione esatta di questo modello è situata in [14]
Resatta =ln1 3≈1.0051,
ed è una transizione di ordine superiore.

43
Nel nostro caso la transizione del modello di Potts a tre stati corrisponde al punto fisso di ordine
superiore “P*”, in cui si uniscono la linea tricritica ordinaria, la linea critica ordinaria, e la linea di
fine criticità.
La trasformazione che abbiamo utilizzato non incorpora la completa simmetria per permutazione
dei tre stati: sebbene contenga la simmetria up-down, essa non contiene la simmetria per lo
scambio 0 ⇔1.
In generale in un calcolo esatto la fisica risultante dalla trasformazione dovrebbe ancora contenere
le simmetrie della funzione di partizione, anche se non inglobate nelle leggi di ricorsione.
Possiamo quindi sfruttare questa violazione usandola come una misura degli errori dovuti
all'approssimazione sul cluster.
La posizione di “P*” fornisce per l'interazione di transizione R i valori
R0=1.1696 i n PSRG  v=0,
R v =1.001535 in PSRG v≠0 ,
da confrontare con
Resatto =1.005053.
Quindi per R0 abbiamo un errore del +16%, mentre per Rv solo del -0.3%. È da notare
inoltre che a causa della violazione della simmetria “P*” non si trova esattamente sull'asse “0A”:
in PSRG(v=0) esso è distante dall'asse lo 0.6% della sua distanza dall'origine, in PSRG(v≠0)
l'1.0%.
Gli autovalori del punto “P*” sono dati in tabella 2.3. A causa della simmetria per la
permutazione dei tre stati ognuno degli autovalori dispari dovrebbe essere degenere con un
autovalore pari. Infatti y2P e y1P, y6P e y3P differiscono rispettivamente del +0.3%, +17% in
PSRG(v=0), del +0.06%, -1% in PSRG(v≠0).

y2P y4P y6P y1P y3P


PSRG(v=0) 1.9416 0.83274 0.46445 1.9362 0.38465
PSRG(v≠0) 1.8704 1.1063 0.52476 1.8692 0.53042

Tabella 2.3: Valore degli autovalori per il punto tricritico speciale “P*”.

44
CAPITOLO 3

Rinormalizzazione per sistemi disordinati

In questo capitolo introduciamo i sistemi disordinati e i metodi con cui in genere vengono trattati.
Vediamo in che modo l'introduzione di disordine quenched può cambiare il diagramma di fase
del sistema puro, e quando un tale disordine è rilevante per il comportamento critico.
Infine effettuiamo una breve panoramica sulla teoria di gauge dei vetri di spin, che permette di
ottenere informazioni esatte sul diagramma di fase di sistemi disordinati in dimensioni finite.

3.1 Introduzione
I sistemi discussi finora sono stati assunti omogenei. Un sistema reale contiene inevitabilmente
impurità. Nella maggior parte delle circostanze si cerca di eliminarle, ma può anche essere
interessante analizzare il loro effetto sul comportamento critico. In generale ci si può aspettare che
ogni tipo di disomogeneità casuale tende a rendere il sistema più disordinato, e quindi ad
abbassare la temperatura critica. Infatti sotto certe circostanze, la casualità può completamente
eliminare la fase ordinata. Sotto altre condizioni, è ancora possibile la fase ordinata, ma può
essere modificata la classe di universalità del comportamento critico.
Il primo punto da sottolineare è l'importante distinzione fra disordine annealed e quenched.
Come esempio concreto consideriamo l'introduzione di ioni non magnetici in un reticolo di ioni
magnetici. Il modo in cui possiamo farlo è mescolare una frazione di impurità nel sistema
liquefatto, quindi cristallizzarlo raffreddandolo. Se questo accade molto lentamente, le impurità e
gli ioni magnetici rimarranno in equilibrio termico, e la distribuzione di impurità risultante sarà una
distribuzione di Gibbs governata dalla temperatura finale e dalle varie interazioni tra i diversi tipi di
atomi. Tale distribuzione di impurità è detta annealed. Se studiamo la termodinamica del sistema
su scale di tempo molto lunghe, nella funzione di partizione dovremmo sommare non solo
sull'orientazione degli spin magnetici, ma anche sulla posizione delle impurità. Tuttavia in un
solido la mobilità delle impurità è così bassa che la scala di tempo necessaria per raggiungere
l'equilibrio è in genere astronomica.

45
Un caso più fisico corrisponde a considerare le posizioni delle impurità come fissate, e calcolare la
funzione di partizione sommando solo sui gradi di libertà magnetici, che è il caso quenched.
Questo rende la trattazione più complessa, dal momento che il sistema non è più invariante per
traslazioni.
Tuttavia nel limite termodinamico siamo salvati dalla cosiddetta proprietà del selfaveraging. Dato
un sistema macroscopico possiamo infatti immaginare di suddividerlo in molti sottosistemi ancora
macroscopici. Ogni sottosistema avrà una differente distribuzione di impurità, che possiamo
immaginare come estratte da un qualche ensamble, con distribuzione di probabilità P{m}.
L'energia libera totale sarà, a parte termini di superficie che possiamo trascurare per interazioni a
corto raggio, la somma delle energie libere dei sottosistemi. Quindi, nel limite termodinamico,
l'energia libera per sito di ogni sistema sarà uguale, con probabilità uno, all'energia libera mediata
sull'ensamble:
 =Tr m P  {m} F  {m} .
F
Questa è detta la media quenched dell'energia libera. Come usuale, ci aspettiamo che le
fluttuazioni da questo valore per un particolare sistema vadano come V −1/ 2 , dove V è il
volume del sistema.
Il vantaggio di essere capaci di mediare l'energia libera e quantità simili è che questo ripristina
l'invarianza traslazionale del problema. Tuttavia anche questo approccio presenta delle difficoltà,
dal momento che dobbiamo mediare sulle impurità nell'energia libera invece che nella funzione di
partizione, e questo in genere è un'operazione tutt'altro che ovvia. Il modo in cui in genere viene
trattato il problema è attraverso lo stratagemma del metodo delle repliche. Questo è basato
sull'osservazione che
Zn −1
ln Z=lim .
n0 n
L'idea è quindi di mediare su Z , che è in genere più semplice di mediare su ln Z , e poi
n

prendere il limite n 0 alla fine del calcolo. Il primo passo può essere effettuato, per n intero
positivo, immaginando n repliche del sistema, nel quale i gradi di libertà degli spin s a r  sono
etichettati con l'ulteriore indice di replica a , con 1≤a≤n , ma ognuno ha la stessa
configurazione di impurità. Quindi
− ∑a H {sa}, {m }
Z {m}n=Tr s e a
,
così che
−∑a H  {sa },{m }
Z n =Tr m Tr s P {m} e
a
.
Questo processo quindi produce un'hamiltoniana effettiva a corto raggio per i gradi di libertà
replicati, nella quale le repliche sono accoppiate insieme.

46
Questo è il prezzo da pagare per ripristinare l'invarianza traslazionale del problema.

3.1.1 Criterio di Harris


Un interrogativo importante è se l'introduzione di un lieve disordine cambia la classe di
universalità di una transizione, o nel linguaggio del gruppo di rinormalizzazione, se le impurità
sono rilevanti al punto critico di un sistema puro. Consideriamo il caso in cui la variabile casuale
si accoppia alla densità di energia locale, quindi l'hamiltoniana ha la forma
H=H ∗ ∑r mr Er  ,

dove H ∗ è l'hamiltoniana del punto fisso puro. Questo include il modello descritto in
precedenza di impurità nei siti, ma anche modelli con legami casuali, dove l'interazione di scambio
J r −r ' è casuale (almeno finché essa è in maniera predominante ferromagnetica).
La media quenched della funzione di partizione sarà


Z n =Tr m Tr s P {m}exp −∑a H ∗a −∑a ∑r mr  E a r 
a 
e la media quenched può essere presa utilizzando l'espansione in cumulanti


Tr m P{m}exp −∑ a ∑ r mr  E a r  = 

=exp −m ∑a ∑ r
Ea r  1
2
∑ab ∑r r '  mr mr '−m2  E a r  Eb r '...  .
Il primo termine nell'esponente è proporzionale alla densità di energia locale, ed è quindi
responsabile di uno spostamento del valore della temperatura critica proporzionalmente alla densità
di impurità. Dal momento che le correlazioni fra le impurità sono a corto raggio, possiamo
utilizzare l'operator product expansion della teoria dei campi per esprimere Ea r Eb r ' come
somma di termini locali. Quando a=b , il termine dominante è la stessa densità di energia, che
semplicemente comporta uno spostamento di ordine superiore per T c . Per a≠b tuttavia si

genera il nuovo termine importante ∑a≠b E a r  E b r . Per capire se è rilevante calcoliamo la


sua dimensione di scaling tramite la sua funzione a due punti
2 2n n−1
〈∑ a ≠b 〉
Ea r  E b r  ∑ a' ≠b ' E a' r ' Eb ' r ' =2n n−1 〈 Ea r  E a r '  〉 ~
∣r−r '∣
4x
E
.

L'operatore di perturbazione ha quindi due volte la dimensione di scaling dell'operatore energia al


punto fisso puro, che vale x E =d− y E=d−1/ . Quindi la perturbazione dominante dovuta
all'introduzione della casualità ha l'autovalore
y=d−2x E =2/−d .
I termini di ordine più alto che vengono generati nell'espansione in cumulanti forniranno gli stessi
termini già discussi, o altri meno rilevanti.

47
Quindi un disordine lieve e localmente correlato che si accoppia all'energia locale è irrilevante se
y0 , cioè se
d 2
dove va ricordato che l'esponente si riferisce al punto fisso puro. Questo è noto come criterio di
Harris [32]. Quando il sistema soddisfa la relazione di hyperscaling =2−d  , il criterio è
equivalente a 0. Per la maggior parte dei sistemi in tre dimensioni questa è soddisfatta, ad
esempio per il modello di Heisenberg classico si ha ≃0.711, ≃−0.133 , quindi ci
aspettiamo che un disordine lieve non abbia effetti sugli esponenti critici, sebbene causerà uno
spostamento della temperatura critica. Per il modello di Ising in tre dimensioni tuttavia
≃0.630, ≃0.110, e tale perturbazione è rilevante.

3.2 Rinormalizzazione in spazio reale per sistemi


disordinati
Sappiamo che le proprietà di un sistema vicino il suo punto critico sono determinate dalla
meccanica statistica delle fluttuazioni che avvengono a tutte le scale di lunghezza, e quindi
possono essere ottenute dall'analisi di un'hamiltoniana che è invariante sotto trasformazioni di
riscalamento. Questa è ovviamente il punto fisso della trasformazione del gruppo di
rinormalizzazione. Se è presente disordine quenched e influisce su fluttuazioni a lungo raggio, ci
aspettiamo che la nuova criticità sia determinata da una forma del disordine quenched invariante
di scala. Questa è una distribuzione fissa.
Il criterio di Harris costituisce un importante progresso nello studio della criticità sotto legami
casuali, ma ovviamente non ci dice cosa accade quando il disordine è rilevante. Un modo per
ottenere delle risposte quantitative è utilizzare anche in questo caso il gruppo di rinormalizzazione
in spazio reale. Vediamo quale è l'approccio standard del metodo nel caso dei sistemi disordinati.
In un modello generale di legami casuali quenched, le ampiezze dei legami K r sono congelate
in una configurazione {K }. L'ensamble di tali configurazioni è descritto da una distribuzione di
probabilità P{K }. Lo studio dal punto di vista del gruppo di rinormalizzazione è effettuato
seguendo l'effetto della trasformazione su questa distribuzione di probabilità [16]
P '{K ' }=∫  ∏ dK ∏
r r r' 
 K ' r ' −Rr ' {K } P {K },

dove {R {K }} sono le relazioni di ricorsione per una specifica distribuzione di legami {K }.
Quando si ottengono nuovi tipi di comportamento critico legati alla causalità avremo una
distribuzione fissa P ∗ {K } , di larghezza finita e sulla quale collassano tutti i sistemi con la
nuova criticità.

48
In particolare siamo interessati ai casi in cui la distribuzione di probabilità si fattorizza in
distribuzioni del singolo legame
P{K }=∏ r p K r .
Questa restrizione assume che la trasformazione non genera correlazioni quenched apprezzabili tra
le probabilità di distinti legami rinormalizzati. Questa limitazione è analoga alla condizione che
nessuna interazione a lungo raggio apprezzabile sia generata nella trattazione attraverso il gruppo
di rinormalizzazione di un sistema puro. Quindi l'equazione di rinormalizzazione si riduce a
p ' K 'r ' =∫ [ ∏ dK
r r ]
p K r    K 'r '−Rr ' {K }B , ∀r '.

Notiamo che nel limite termodinamico per ogni legame K 'r ' ci sono B=b d legami originali
Kr .
Consideriamo una distribuzione fissa, p K = p ∗ K  , con media
∗1 ≡〈 K 〉=∫ dK p ∗  K  K ,
e varianza
∗2 ≡〈 K −1∗ 2 〉=∫ dK p ∗ K  K −1∗ 2 .
Per analizzare il comportamento critico consideriamo una piccola deviazione da p ∗  K : ogni
legame del sistema è soggetto a un piccolo scarto  K secondo la distribuzione  p  K ,
simmetrica intorno alla media 1 e con varianza 2 tali che 1 , 2≪ ∗2 . L'intera
distribuzione dell'ampiezza dei legami è la convoluzione
p K =∫ dx p ∗  K −x p x 
∗ dp ∗  K  2 d 2 p ∗  K 
≈ p  K −1  ,
dK 2 dK 2
al primo ordine in 1,2 . Gli scarti nei momenti di p K  sono
 1 ≡1−1∗ =1 ,
 2 ≡2−2∗ =2 ,
dove abbiamo usato che p ∗  K ±∞=0 .
L'effetto del riscalamento sarà dato al primo ordine da [16]:

 
 ' 1 =
 ' 2 2
〈∂1 R 〉
2
〈∂ 2 R 〉  1 ,
〈∂ 1 R 〉−2〈 R〉 〈∂ 1 R 〉 〈∂ 2 R 〉−2〈 R〉 〈∂ 2 R 〉  2  
dove
B
1 ∂ n R {K }
∂ n R≡ ∑
n i=1 ∂ K ni
,

B=b d , e 〈...〉 indica la media rispetto a p  K .


49
Una verifica immediata è considerare il caso speciale di una distribuzione fissa

p ∗  K =  K−K ∗  , cioè un sistema puro. In questo caso 〈 R 〉=K ∗ e 〈 ∂1 R〉=b . Un


y T

autovalore della matrice di ricorsione è 1=b y , y 1= yT , con autovettore nella direzione  1 .


1

L'altro autovalore è 2=b y , y 2=2yT −d , il cui autovettore ha componenti in entrambe le


2

direzioni  1 e  2 . Dal momento che =2−d / y 1 e l'esponente di cross-over


= y 2 / y 1 ritroviamo l'uguaglianza = valida per la criticità di sistemi puri.
Mostriamo ora come avviene la determinazione numerica di una distribuzione fissa p ∗  K .
Una distribuzione fissa corrispondente a una transizione di fase ha una direzione instabile dei
flussi sotto rinormalizzazione, così che è difficile ottenerla da un'ovvia iterazione della
trasformazione. L'approccio standard, quando praticabile, è di limitare le condizioni iniziali su un
bordo della fase, seguire il flusso fino alle vicinanze di p ∗  K  e usare un algoritmo di Newton-
Raphson per determinare p ∗  K  per successive rappresentazioni numeriche più precise. Il
campo di variabilità di K è diviso in M intervalli, e la distribuzione è approssimata da
M
p M  K=∑ p i i K  ,
i=1

dove i  K  è uguale a 1 se K cade nell'i-esimo intervallo, zero altrimenti. L'i-esimo intervallo


è centrato in K i e ha larghezza k i . I successivi raffinamenti numerici sono realizzati
aumentando M , che è presa con l'accuratezza desiderata.
Le relazioni di ricorsione possono ora essere espresse come proiezioni tra probabilità di istogrammi,
M M m

i ∑ ... ∑ i  R K l , .... , K l  ∏ k l pl .
p' i=k−1 1 m j j
l1=1 lm=1 j=1

Un cutoff K u può essere implementato semplicemente contando tutte le RK u nell'ultimo

istogramma prima di K u . Imponendo la condizione di punto fisso pi '= pi≡ p∗i , ∀ i , e

ricordando la condizione di normalizzazione ∑i pi k i=1 , otteniamo M −1 equazioni


accoppiate da risolvere, e a questo punto l'algoritmo di Newton-Raphson è utilizzato per successivi
valori di M.
Nel capitolo 4 descriveremo una tecnica più precisa per effettuare la convoluzione delle
distribuzioni di probabilità, che poi verrà utilizzata per ottenere i risultati numerici.

50
3.3 Effetti del disordine sulle transizioni del primo ordine
In sistemi che possiedono transizioni di fase, l'introduzione di campi disordinati quenched può
eliminare la transizione di fase e inoltre, per transizioni del secondo ordine, cambia essenzialmente
sempre la classe di universalità della criticità. Più precisamente per legami disordinati quenched
sappiamo che quando  è negativo la classe di universalità di una transizione del secondo
ordine non cambia. Al contrario l'introduzione di legami disordinati può avere un effetto drastico
sulle transizioni di fase del primo ordine determinate dalla temperatura. Esiste una predizione
generale sul fatto che se la transizione del primo ordine implica una rottura di simmetria essa è
convertita in una transizione del secondo ordine, altrimenti è eliminata [17]. Nel primo caso
quindi le transizioni ottenute dovrebbero appartenere a nuove classi di universalità di criticità. La
generalità di questi risultati è chiarita considerando le seguenti definizioni dei termini che abbiamo
usato: un legame, nel suo significato generale, è qualsiasi interazione che è invariante sotto la
simmetria che è rotta nella fase ordinata del sistema; un campo è ogni interazione che non è
invariante sotto la stessa simmetria. Una transizione di fase determinata dalla temperatura è una
transizione che si verifica quando una combinazione delle intensità dei legami è variata.
Questa predizione è supportata da una dimostrazione rigorosa di Aizenman e Wehr [18] secondo
la quale in d≤2 dimensioni la presenza di disordine quenched in parametri strutturali
dell'hamiltoniana ha come conseguenza la soppressione delle transizioni di fase del primo ordine
associate a discontinuità nelle densità coniugate ai parametri disordinati. Le discontinuità legate a
rotture di simmetria continue, come nel modello di Heisenberg, sono eliminate da un disordine
quenched arbitrariamente piccolo anche in dimensioni più alte: d≤4.
I risultati generali menzionati possono essere compresi sulla base di un argomento di creazione di
domini. Consideriamo un sistema che cambiando temperatura attraversa una transizione di fase del
primo ordine tra una fase ordinata e una disordinata. Al punto critico avremo che coesistono la
fase disordinata e le differenti fasi ordinate, risultanti dai diversi modi di rompere la simmetria
della fase disordinata. Subito dopo l'introduzione di legami disordinati quenched ci saranno regioni
del sistema nelle quali potrebbe essere vantaggioso formare domini di una fase ordinata all'interno
della fase disordinata. Da un lato, la formazione di un tale dominio potrebbe abbassare l'energia
libera di una quantità d'ordine Ld /2 , dove L è la dimensione lineare del dominio. D'altro
canto verrebbe introdotto un aumento di energia libera all'interfaccia di ordine Ld−1 se il sistema
ha n=1 componenti delle variabili di spin, un aumento di ordine Ld−2 se invece il sistema ha
n≥2 componenti delle variabili di spin.
Le stesse considerazioni si applicano circa la formazione di domini disordinati all'interno della fase
ordinata.

51
La conclusione è che per sistemi con d≤2 e con n=1, oppure con d≤4 e n≥2 , la
formazione di domini a grandi scale di lunghezza è favorita, quindi la distinzione fra fase ordinata
e disordinata scompare. In altre parole, scompare la coesistenza ordine-disordine. Questo è un
adattamento a sistemi con legami disordinati dell'argomento di Imry e Ma sui sistemi con campi
disordinati [19].
Quindi in quella che era una transizione di fase del primo ordine una volta introdotti legami
disordinati quenched in d≤2 n=1 e d≤4 n≥2 le differenti fasi ordinate diventano
indistinguibili, dal momento che ognuna diviene indistinguibile dalla fase disordinata.
Tuttavia, consideriamo ora un punto dalla parte ordinata del confine fra le fasi. L'introduzione dei
legami disordinati quenched non favorirà la formazione di domini di una fase ordinata all'interno
di un'altra diversa fase ordinata, perché le interazioni date dai legami sono, per la definizione data
all'inizio del paragrafo, invarianti sotto la simmetria che trasforma una fase ordinata in un'altra fase
ordinata. Quindi il solo cambiamento di energia libera dovuto al dominio potrebbe essere una
variazione sfavorevole dell'energia libera all'interfaccia. Pertanto la distinzione tra le differenti fasi
ordinate, cioè la loro coesistenza, è mantenuta. L'ordine (che rompe la simmetria) resta anche in
presenza di legami debolmente disordinati quenched, ma alla transizione di fase le differenti fasi
ordinate diventano indistinguibili l'una dall'altra e dalla fase disordinata. Questo significa che la
transizione di fase che era del primo ordine è divenuta del secondo ordine.
Il precedente argomento vale per legami disordinati quenched infinitesimi. Sopra le dimensioni
d=2 n=1 e d=4 n≥2 , è atteso che la coesistenza tra le fasi ordinata e disordinata
scompaia quando è presente un disordine nei legami al di sopra di una particolare soglia [17].
Dalla parte ordinata della transizione di fase, persino un disordine finito nei legami non porta alla
formazione di domini di una fase ordinata all'interno di un'altra diversa, dal momento che, come
in precedenza, queste interazioni non distinguono tra le differenti fasi ordinate. Quindi per
d2 n=1 e d4 n≥2 , è atteso che una transizione del primo ordine sia trasformata, in
genere tramite un punto tricritico, in una del secondo ordine se il disordine quenched nei legami
supera una data soglia.
Una transizione di fase determinata dalla temperatura che sia del primo ordine, ma non comporti
una rottura di simmetria, per d≤2 n=1 e d≤4 n≥2 , è semplicemente eliminata dal
disordine nei legami. Infatti non c'è ragione di aspettarsi che una singolarità termodinamica
sostituisca la transizione del primo ordine eliminata, come da argomento precedente.
In modo analogo per d2 n=1 , d4 n≥2 , una transizione determinata dalla temperatura
che sia del primo ordine ma non comporti una rottura di simmetria semplicemente termina, in
genere tramite un punto critico isolato, ad una soglia finita di disordine quenched dei legami.

52
Come prima infatti non c'è ragione di aspettarsi che una singolarità termodinamica sostituisca la
transizione del primo ordine eliminata.

3.3.1 Argomento dal punto di vista del gruppo di


rinormalizzazione
È interessante analizzare il risultato precedente dal punto di vista del gruppo di rinormalizzazione.
La figura 3.1a mostra il meccanismo all'interno del gruppo di rinormalizzazione con il quale si
ottiene una transizione di fase del primo ordine in un sistema puro, nella quale abbiamo indicato
con J 1 e J 2 le intensità adimensionali dei legami nel sistema, cioè J 1=K 1 /kT , essendo
K 1 la costante di accoppiamento del sottostante sistema fisico, così che J −1
1 è proporzionale
alla temperatura T e J 2 /J 1 è indipendente dalla temperatura.
L'intensità J 2 potrebbe essere zero prima dell'applicazione della trasformazione del gruppo di
rinormalizzazione. In generale ci saranno più tipi di legami iniziali o generati dalla trasformazione,
e la discussione successiva andrà ripetuta simile per flussi in più dimensioni.

Figura 3.1: (a) Meccanismo del gruppo di rinormalizzazione per


transizioni di fase del primo ordine in sistemi puri: il punto A viene
mappato dalle trasformazioni del gruppo sul punto fisso F*. F* ha
autovalore pari alla dimensionalità, y=d , lungo la sua direzione di
instabilità. (b) Il sistema con legami disordinati quenched distribuiti
sul volume A viene mappato dalle trasformazioni di rinormalizzazione
sul volume B. La linea tratteggiata mostra la superficie di fase, fornita
dai flussi delle interazioni medie.

Sotto le trasformazioni del gruppo un sistema iniziale A alla transizione di fase si sposta verso il
punto fisso F*. Questo si trova a temperatura nulla, quindi la lunghezza di correlazione  è
zero, mentre si avrà 0∞ sulle traiettorie che puntano verso F*, compreso il punto A.
La topologia della figura 3.1a è necessaria per una transizione di fase del primo ordine poiché, al
contrario, in un punto fisso posizionato ad una temperatura finita (diversa da zero) si avrà

53
=∞ , indicando quindi un comportamento critico di ordine superiore.
In maniera simile, un sistema con legami disordinati quenched con distribuzione {J 1}
dell'intensità dei legami data dal volume A in figura 3.1b viene mappata, sotto trasformazioni del
gruppo, sopra il volume B. Notiamo che nell'intorno di F* il campo B esibisce, a basse
temperature, disordine trasverso a quello che era la superficie del primo ordine. Dunque abbiamo
effettivamente una situazione a campi disordinati quenched a cui si applica l'argomento originale
di Imry e Ma [19]. Quindi avremo che l'introduzione di campi disordinati che distinguono fra le
fasi coesistenti, anche in una quantità infinitesima, distrugge la coesistenza in d≤2 per n=1 e
in d≤4 per n≥2. Pertanto in questo caso caso la coesistenza delle fasi su cui si estende B è
rimossa.
Di conseguenza, il disordine nei legami originali {J 1}, anche in quantità infinitesima, rimuove la
transizione in d≤2 per n=1 e in d≤4 per n≥2 , dal momento che la rimozione della
coesistenza nel sistema rinormalizzato implica lo stesso per il sistema originale. In figura 3.1a, la
fase ordinata comporta una rottura di simmetria rispetto alla fase disordinata. Poiché non vengono
generati campi disordinati quenched che distinguono fra le differenti fasi ordinate, i legami
disordinati {J 1} non rimuovono questa rottura di simmetria, né la indurranno nella fase
disordinata. Quindi continuerà ad esistere una superficie di singolarità termodinamica tra le due
fasi. Questa non può essere del primo ordine, dal momento che abbiamo escluso la coesistenza,
e quindi deve essere del secondo ordine.
Al contrario, se non c'è rottura di simmetria attraverso la transizione del primo ordine la
transizione dovrebbe essere eliminata dal disordine.
In dimensioni maggiori, d2 n=1 e d4 n≥2 , l'argomento di Imry e Ma indica
coesistenza del primo ordine in presenza di campi disordinati infinitesimi. È atteso che ad una
particolare soglia d'intensità per il disordine quenched la coesistenza scompaia [17]. Nelle
considerazioni presenti ciò è equivalente ad una soglia per l'estensione di B in figura 3.1b, che a
sua volta richiede una soglia per l'estensione di A. Di conseguenza nei regimi di alte dimensioni è
richiesta una certa soglia di disordine per i legami per convertire una transizione del primo ordine
determinata dalla temperatura in una del secondo ordine, in genere tramite un punto tricritico, se
è coinvolta una rottura di simmetria (o per eliminarla, in genere tramite un punto critico isolato,
se non c'è rottura di simmetria).
Per concludere sottolineiamo che mentre la predizione in d≤2 per n=1 e in d≤4 per
n≥2 è ben compresa [18], lo scenario che abbiamo descritto nel caso d2 n=1 e
d4 n≥2 è ancora dibattuto.
È stato dimostrato sperimentalmente che la transizione isotropo-nematico del cristallo liquido nCB

54
diventa del secondo ordine per un disordine sufficientemente forte [34]. Inoltre ci sono risultati
numerici basati sul gruppo di rinormalizzazione su reticoli gerarchici per il modello BEG bimodale
[32] e sul metodo Montecarlo microcanonico per il modello di Potts con Q=4 a siti diluiti
[35] che in tre dimensioni effettivamente trovano, ad una soglia finita del disordine quenched, un
punto tricritico che separa la transizione del primo ordine da una del secondo ordine ad una
particolare soglia di disordine quenched. In un caso invece nel modello di Blume-Capel bimodale
è trovata tramite il metodo del Parallel Tempering una transizione del primo ordine anche per la
massima soglia di disordine [36].
Lo sviluppo di un metodo di rinormalizzazione in spazio reale che approssimi meglio i reticoli
regolari rispetto ai calcoli su reticoli gerarchici potrebbe aiutare a chiarire la questione.

3.4 Teoria di gauge dei vetri di spin


Qualsiasi risultato esatto sui vetri di spin è importante, oltre che per il risultato in sé, anche
perché la maggior parte degli approcci al problema sono basati su approssimazioni, quindi è
fondamentale avere qualche risultato analitico per verificare i risultati che vengono di volta in volta
ottenuti. La teoria di gauge sfrutta una simmetria del problema per porre forti vincoli alla
possibile struttura del diagramma di fase.
Consideriamo il modello di Ising bimodale (modello di Edwards-Anderson)
H=−∑ J ij S i S j ,
〈ij〉

dove la distribuzione di probabilità dei legami è data da


P J ij =p  J ij −J 1− p J ij J .
Definiamo una trasformazione di gauge di questo sistema come segue:
S i  Si  i , J ij  J ij  i  j ,
dove  i è una variabile di spin in ogni sito i con valore 1 o -1 indipendentemente da S i .
Questa trasformazione è effettuata in ogni sito, così che l'hamiltoniana diviene
H −∑ J ij  i  j⋅S i  i⋅S j  j=H ,
〈ij〉

che mostra che l'hamiltoniana è gauge invariante.


Per vedere come cambia la distribuzione di probabilità delle J ij riscriviamo la distribuzione come
exp  K p ij 
P J ij = ,
2 cosh K p
dove K p è definita da
p
e2 K =
p
,
1− p
e ij è il segno di J ij , di modo che J ij =J ij .

55
Vediamo ora che la distribuzione di probabilità sotto la trasformazione di gauge diviene
exp K p  ij  i  j 
P J ij  .
2 cosh K p
Quindi la distribuzione non è gauge invariante.
Consideriamo l'energia interna del sistema

   
exp K p ∑〈ij〉 ij Tr S −J ∑〈ij〉 ij Si S j exp K ∑〈ij〉 ij Si S j 
[E ]=
[ Tr S H e− H
− H
Tr S e ] =∑
 2 cosh K p
N
⋅ B

Tr S exp K ∑〈ij 〉 ij S i S j
,

dove Tr S indica la somma su S={S i=±1}, K≡ J e N B è il numero totale di legami,
N B =∣B∣.
Effettuiamo ora la trasformazione di gauge. Essa cambia solo l'ordine delle somme in Tr S e in

∑ . Ad esempio, la somma su S i=±1 nell'ordine “prima +1 e poi -1” è cambiata

nell'ordine “prima -1 e poi +1”, se  i=−1 . Quindi il valore l'energia interna è invariante di
gauge.
Quindi abbiamo
exp  K p ∑  ij  i  j  Tr S  −J ∑ ij S i S j  exp  K ∑ ij S i S j 
[E ]=∑ N
⋅ ,
 2 cosh K p  B
Tr S exp  K ∑ ij S i S j 
dove abbiamo usato l'invarianza di gauge dell'hamiltoniana. Notiamo che quanto fatto non
dipende dalla scelta delle variabili ≡{ i }. Questo implica che il risultato resta invariato se
sommiamo l'equazione precedente su tutti i possibili valori di  e dividiamo il risultato per
2 , il numero delle possibili configurazioni delle variabili di gauge:
N

1 Tr S −J ∑ ij Si S j  exp  K ∑ ij Si S j 


[E ]= N N ∑ Tr  exp  K p ∑  ij i  j ⋅ .
2 2 cosh K p B
 Tr S exp  K ∑  ij S i S j 
Osserviamo ora che se K=K p la somma su S nel denominatore cancella la somma su 
ottenuta dalla trasformazione di gauge della distribuzione di probabilità. Quindi otteniamo
1
[E ]=
2 2 cosh K N
N B

  〈ij〉 
Tr S −J ∑ ij S i S j exp  K ∑ ij S i S j  .

La somma su  e S può essere effettuata come segue


J ∂
[E ]=− N ∑
Tr S exp  K ∑ ij Si S j 
N
2 2 cosh K   ∂K B

J ∂ Tr
=− N
2 2cosh K 
N

∏ ∑ exp  K  ij S i S j 
K S 〈ij〉  =±1 B
 ij

=−N B J tanh K .
Questa quindi è la soluzione esatta per l'energia interna sotto la condizione che K=K p .

56
I calcoli fatti valgono per qualsiasi tipo di reticolo, le cui proprietà entrano solo nel valore di
N B , numero totale di legami.
Vediamo ora quali conseguenze ha il risultato ottenuto sul diagramma di fase del modello.
La condizione K=K p mette in relazione la temperatura T =J / K e la probabilità
p=tanh K p 1/2, che definisce una curva nel diagramma di fase T − p , detta linea di
Nishimori. L'energia interna esatta su questa linea non ha singolarità come funzione della
temperatura. D'altronde la linea di Nishimori si estende dallo stato fondamentale ferromagnetico in
T =0, p=1 al limite di alte temperature T =∞ , p=1/2, come mostrato in figura 3.2.
Essa quindi attraversa inevitabilmente una superficie di transizione di fase. Può quindi sembrare
strano che l'energia interna non sia singolare quando la linea attraversa la superficie in un punto
di transizione. Dobbiamo tuttavia accettare questi due risultati apparentemente contraddittori dal
momento che provengono dalla soluzione esatta. Una possibilità è che la parte singolare
dell'energia interna si annulla sulla linea di Nishimori. Questa sarà probabilmente una caratteristica
solo dell'energia interna, mentre le altre quantità fisiche possono avere singolarità al punto di
transizione.

Figura 3.2: Linea di Nishimori nel diagramma di fase p vs T.

3.4.1 Distribuzione dell'energia locale


Con lo stesso metodo utilizzato sopra possiamo calcolare la funzione di distribuzione dell'energia di
una singolo legame J ij Si S j
P E=[〈  E−J ij S i S j〉 ].

57
Dal momento che  E−J ij Si S j  è invariante di gauge, procedendo come in precedenza
abbiamo che per K=K p
1
P E= ∑ Tr S   E−J ij S i S j  exp  K ∑ lm Sl S m  .
2 2 cosh K N
N B

La somma sulle variabili su legami diversi da ij può quindi essere effettuata. Il risultato
compensa il corrispondente fattore nel denominatore. Il problema si riduce quindi alla somma
sulle tre variabili ij , S i , S j che può essere facilmente effettuata fornendo infine
P E= p  E−J 1−p  EJ .
Analogamente è possibile mostrare che la distribuzione di due differenti legami è disaccoppiata
nel prodotto di distribuzioni di singoli legami quando K=K p
P2  E1 , E 2=[〈  E1−J ij S i S j  E2−J kl S k S l〉 ]=P E 1 P  E2 .
E lo stesso vale per più di due legami.
La conclusione è interessante anche perché questa è un'approssimazione di solito utilizzata negli
approcci basati sul gruppo di rinormalizzazione, quindi il risultato ci assicura che almeno sulla linea
di Nishimori tale posizione è lecita.

3.4.2 Funzioni di correlazione


Consideriamo la funzione di correlazione a due punti del modello ±J , definita da

[ 〈S 0 S r 〉 K ]=[ Tr S S0 S r e− H
Tr S e − H
] =∑

exp K p ∑ ij  Tr S S0 Sr exp K ∑  ij S i S j 
2 cosh K p N
⋅B
Tr S exp K ∑ ij S i S j
.

Una trasformazione di gauge trasforma quest'espressione in


1 Tr S S0 S r exp  K ∑  ij S i S j 
[ 〈 S 0 S r 〉K ]=
2 2 cosh K p N
N B
∑ Tr   0  r exp K p ∑  ij i  j ⋅ Tr S exp K ∑ ij S i S j
.

Notiamo che in questo caso non si presenta una cancellazione del numeratore e denominatore
anche quando K=K p , a causa del fattore  0  r uscito dalla trasformazione di gauge di
S0 Sr .
Tuttavia se inseriamo la funzione di partizione a numeratore e denominatore otteniamo
1
[ 〈 S 0 S r 〉K ]= ∑ {Tr  exp K p ∑ ij  i  j  }⋅
2 2 cosh K p N
N B


 Tr  0  r exp K p ∑ ij  i  j 
Tr  exp K p ∑  ij  i  j  

Tr S S 0 Sr exp  K ∑ ij Si S j 
Tr S exp  K ∑ ij Si S j   ,

dove gli ultimi due fattori rappresentano le funzioni di correlazione 〈  0  r 〉 K p


e 〈 S 0 Sr 〉 K con
intensità dell'interazione K p e K rispettivamente.

58
L'espressione ottenuta risulta equivalente alla media del prodotto di queste due funzioni di
correlazione
[ 〈S 0 S r 〉 K ]=[ 〈 0  r 〉 K p
〈 S 0 Sr 〉 K ] .
Per vederlo, scriviamo la definizione del membro di destra come
1
[〈  0  r 〉 K 〈 S0 S r 〉 K ]=
p
2 cosh K p N 
∑ exp K p ∑ ij 
B

Tr S S0 S r exp  K p ∑ ij Si S j  Tr S S 0 Sr exp  K ∑ ij Si S j 


⋅ ⋅ ,
Tr S exp K p ∑ ij S i S j  Tr S exp K ∑ ij S i S j 
dove abbiamo usato la variabile S al posto di  , sostituzione permessa essendo una variabile
muta.
Il prodotto delle due funzioni di correlazione nell'espressione ultima è chiaramente gauge
invariante. Quindi, dopo una trasformazione di gauge, si vede che l'espressione di

[ 〈 0 r 〉K 〈S 0 S r 〉K ]
p
è identica a quella ottenuta per [ 〈 S 0 S r 〉 K ] .
Prendendo il limite per r  ∞ di quest'uguaglianza con K=K p , il sito 0 dovrebbe divenire
indipendente dal sito r così che il membro di sinistra diviene [〈 S0 〉 K ][〈 S r 〉 K ], cioè il quadrato
del parametro d'ordine ferromagnetico. Il membro di destra d'altronde diviene
[〈  0 〉 K 〈 S0 〉 K ][〈  r 〉 K 〈 Sr 〉 K ], il quadrato del parametro d'ordine del vetro di spin. Quindi sulla
linea di Nishimori abbiamo m=q. Dal momento che per definizione nella fase di spin glass
abbiamo m=0 e q0 concludiamo che la linea di Nishimori non può entrare nella fase di
spin glass (se c'è).
Se prendiamo il modulo dell'identità in questione otteniamo la disuguaglianza fondamentale
∣[〈 S0 S r 〉 K ]∣ =∣[〈  0  r 〉 K 〈 S 0 S r 〉 K ]∣ ≤ [∣〈  0  r 〉 K ∣⋅∣〈 S 0 S r 〉 K∣] ≤ [∣〈  0  r 〉 K ∣].
p p p

Il membro di destra rappresenta una funzione di correlazione sulla linea di Nishimori K=K p .
Essa non decade velocemente con r se gli spin sono congelati in ogni sito come nella fase
ferromagnetica o di spin glass. Il membro di sinistra d'altro canto nel limite r ∞ si riduce al
quadrato del parametro d'ordine ferromagnetico, e quindi è zero nelle fasi paramagnetica e spin
glass. Il membro di destra si annulla per r ∞ se il punto corrispondente ad un dato p sulla
linea di Nishimori si trova nella fase paramagnetica. Quindi il membro di sinistra si deve annullare
indipendentemente da K , implicando l'assenza di una fase ferromagnetica. Questo fatto può
essere interpretato come segue.
Definiamo un punto A all'intersezione fra una linea L a p costante e la linea di Nishimori,
come mostrato in figura 3.3. Se A si trova in una fase paramagnetica, nessun punto su L
può essere nella fase ferromagnetica. Quindi concludiamo che la superficie di transizione tra le
fasi ferromagnetica e di spin glass (o paramagnetica, nel caso la fase di spin glass sia assente)

59
non si può estendere sotto la fase di spin glass come C1 . Il bordo deve essere o verticale come
C 2 o rientrante come C3 dove la fase di spin glass (o paramagnetica) si trova sotto quella
ferromagnetica. Ciò può anche essere visto come il fatto che non può esserci una fase
ferromagnetica a sinistra del punto M di intersezione fra la linea di Nishimori e la superficie
critica tra una fase ferromagnetica e una non ferromagnetica. Un'ipotesi naturale è che questo
punto corrisponda a un punto multicritico, dove le fasi paramagnetica, ferromagnetica e di spin
glass si fondono insieme.

Figura 3.3: C 2 e C3 mostrano la struttura di


un diagramma di fase compatibile con la
disuguaglianza di correlazione. C1 invece non è
permesso.

3.4.3 Entropia di frustrazione


Mostriamo un argomento per il quale la superficie di transizione nel modello ±J sotto la linea
di Nishimori è attesa essere verticale, come C 2 in figura 3.3.
Partendo dalla definizione della media sulle configurazioni dell'energia libera,
exp K p ∑ ij 
−[F ]=∑ ⋅log Tr S exp  K ∑ ij S i S j  ,
 2cosh K p N B

60
possiamo derivare la seguente espressione per mezzo di una trasformazione di gauge per
K=K p :
1
−[F ]=
2 2 cosh K N
N B


Tr  exp K ∑ ij  i  j ⋅logTr S exp  K ∑  ij S i S j 

1
≡ N N ∑ Z  K  log Z  K .
2 2 cosh K  B

Sottolineiamo che Z K  davanti a log Z K  è stato ottenuto dalla trasformazione di gauge


di P J ij  e dalla somma sulle variabili di gauge. Dal momento che la trasformazione di gauge

non cambia il prodotto di legami f c =∏c J ij su un arbitrario cammino chiuso c , abbiamo

che f c è una quantità gauge invariante, che chiamiamo frustrazione (in genere è detta tale
solo se minore di zero). La somma di tutte le configurazioni dei legami con la stessa distribuzione
di frustrazione {f c } fornisce Z K p (a parte un fattore di normalizzazione). Questo Z K p è
quindi identificato con la probabilità della distribuzione di frustrazione. Quindi l'equazione
precedente può essere vista come la media del logaritmo della probabilità della distribuzione di
frustrazione sulla linea di Nishimori, che non è altro che l'entropia della distribuzione di
frustrazione. Quindi possiamo interpretare l'energia libera sulla linea di Nishimori come l'entropia
della distribuzione di frustrazione.
Notiamo che la distribuzione di frustrazione è determinata solo dalla configurazione dei legami
J ed è indipendente dalla temperatura. Inoltre ci aspettiamo che l'energia libera sia singolare
nel punto M , nel quale la linea di Nishimori attraversa la superficie di separazione fra le fasi
ferromagnetica e non ferromagnetica, producendo una singolarità nella distribuzione di
frustrazione.
Queste osservazioni indicano che la singolarità nell'energia libera in M è causata da un
repentino cambiamento della distribuzione di frustrazione, che è di natura geometrica.
In altre parole, ci aspettiamo che la distribuzione di frustrazione sia singolare nello stesso
p  =p c  del punto M se variamo p ad una temperatura fissata. Questa singolarità si
dovrebbe riflettere in singolarità in quantità fisiche in p= p c . La conclusione è che ci sia una
linea verticale di separazione di fase per lo stesso p di M. Mentre per le singolarità a
temperature più alte di quella di M , esse saranno in realtà cancellate da grandi fluttuazioni
termiche.
Le singolarità nella distribuzione di frustrazione sono puramente di natura geometrica indipendenti
dalle variabili di spin. Ci aspettiamo quindi che la posizione della linea verticale sia universale per
tutti i modelli che condividono lo stesso reticolo.

61
Infine notiamo che essendo l'energia libera sulla linea di Nishimori uguale all'entropia della
distribuzione di frustrazione, ed essendo la frustrazione alla base di molti aspetti degli spin glass,
ci possiamo aspettare che la base di fondamento di un approccio sistematico agli spin glass possa
essere trovata proprio nella simmetria di gauge.

3.4.4 Congettura di Nishimori


Un problema aperto riguarda la struttura del diagramma di fase di uno spin glass, e in particolare
la posizione del punto multicritico. Utilizzando la dualità, la simmetria di gauge e il metodo delle
repliche è possibile derivare un risultato analitico per reticoli finito-dimensionali, c'è tuttavia un
passaggio che non è stato ancora giustificato rigorosamente, e quindi al momento il risultato è
solo una congettura [21].
Spieghiamo prima il concetto di dualità per un sistema puro. Consideriamo un reticolo d-
dimensionale e assegniamo gli spin, che denoteremo con S x , su elementi x di dimensione
r−1 sul reticolo.
Consideriamo un modello sul reticolo la cui hamiltoniana è data da
H=−J ∑ ∏ Sx ,
C x ∈∂C

dove C è un elemento r-dimensionale sul reticolo e ∂C è il suo bordo di dimensione


r−1.
Siano u±1 i fattori di Boltzmann per un elemento C ,

u±1≡e±K , per ∏ S x =±1 ,


x ∈∂C

dove K≡ J. Per il caso dell'usuale modello di Ising r=1 , u 1 K  è il fattore di Boltzmann
per spin paralleli ad entrambe le estremità del legame e u−1  K  quello per spin antiparalleli.
Quindi la funzione di partizione Z è una funzione di u±1 ; Z=Z {u1  K  ,u−1 K }.
Il modello duale è definito sul reticolo duale [22]. Il fattore di Boltzmann duale per l'elemento
duale C∗ è definito dalla trasformazione di Fourier discreta a due componenti di u±1 ,
∗ u1  K ±u−1  K  e K ±e−K
u  K ≡
±1 = .
2 2
Quindi nel nostro caso l'hamiltoniana duale è data da
H ∗=−J ∑ ∏ S x,
C

x∈∂ C

che è della stessa forma dell'originale. C∗ l'elemento duale di C e ha dimensione d−r .


Nel seguito deriviamo l'espressione duale della funzione di partizione per coppie duali generiche.

62
La funzione di partizione come una funzione di u ha la seguente proprietà:
a ∗ ∗
Z orig {u1  K  ,u−1  K }=2 Z dual {u1  K , u−1  K },
dove a è una costante determinata dal numero di elementi del reticolo.
Notiamo che casi molto interessanti sono self-dual, come ad esempio il modello di Ising
bidimensionale su reticolo quadrato d=2, r =1 . In questi casi Z orig e Z dual sono la stessa
funzione e il fattore 2a diviene una costante banale che è trascurabile nel limite termodinamico,
e quindi sarà omessa nel seguito. Quindi nel caso self-dual la relazione fra le funzioni di
partizione implica che
a ∗ ∗
Z {u1  K , u−1  K }=2 Z {u1  K , u−1  K },
dove Z indica indifferentemente Z orig , Z dual . Da questa espressione si vede che Z è

invariante sotto lo scambio u1  K  u∗1 K  e u−1  K  u−1



 K , che implica la self-duality
della funzione di partizione. Il punto critico di un modello self-dual è ottenuto, se unico, dalla
condizione di punto fisso per i fattori di Boltzmann, u±1  K c =u±1

 K c , che fornisce

K c = 1 ln 1 2, che infatti è lo stesso risultato di Onsager.


2

Introduciamo ora il disordine. Consideriamo il sistema con spin di Ising e disordine bimodale dato
dall'hamiltoniana
H=−J ∑ C ∏ Sx ,
C x ∈∂C

dove C è una variabile casuale quenched su ogni elemento C che prende il valore 1 con
probabilità p e −1 con probabilità 1− p .
Per trattare i sistemi disordinati utilizziamo il metodo delle repliche. Consideriamo quindi il sistema
replicato n volte e definiamo i fattori di Boltzmann x k per un elemento C , che corrisponde

alla configurazione ∏x∈ ∂C S x=1 in n−k repliche e −1 in k repliche. La sua forma


esplicita è
x k  p , K = p⋅exp [ n−2k  K ] 1− p⋅exp [ −n−2k K ] .
La funzione di partizione replicata n volte sarà, dopo una media sul disordine, una funzione di
questi fattori di Boltzmann,
n
[Z ]≡Z n {x 0  p , K  , x1  p , K , ... , x n  p , K }.
Definiamo anche i fattori di Boltzmann duali x∗k  p , K  sul reticolo duale. La forma esplicita sarà
ottenuta dalla trasformazione di Fourier discreta
x∗2k  p , K =2−n/ 2 e K e−K n−2k e K −e− K 2k ,
x∗2k1  p , K =2−n /2 2p−1e K e−K n−2k−1 e K −e−K 2k1 ,

63
dove k è un intero non negativo 0≤2k2k1≤n. La funzione di partizione soddisferà una
relazione che è la generalizzazione del caso non random
a ∗ ∗ ∗
Z n , orig {x 0 , x1, ... , xn }=2 Z n , dual {x 0 , x 1 , ... , x n },
dove a è un'appropriata costante. Ora ci restringiamo al caso in cui il sistema è self-dual
quando non è presente il disordine, ad esempio il modello di Ising bidimensionale su reticolo
quadrato con legami ±J . Usando l'equazione precedente possiamo esprimere la self-duality
della funzione di partizione replicata n volte come
Z n {x0 , x 1, ... , x n }=Z n {x ∗0 , x ∗1 , ..., x ∗n },
dove la costante globale è stata trascurata. Quindi la self-duality implica che Z n sia invariante

per lo scambio x k  p , K   x ∗k  p , K  per tutti i k contemporaneamente.


In generale è impossibile identificare il punto di transizione dalla condizione di punto fisso della
relazione di dualità, poiché a differenza del caso non disordinato le condizioni di punto fisso di
tutte le variabili x 0=x ∗0 , x 1=x∗1 ,... , x n=x ∗n non sono soddisfatte simultaneamente.
La congettura di Nishimori consiste nell'assumere che la condizione di punto fisso sia data da

x 0  pc , K c =x 0  pc , K c  ,
che è la più plausibile candidata per fornire il punto di transizione esatto del sistema disordinato
almeno sulla linea di Nishimori. Questa predizione è esatta nel caso n=1, 2, ∞ mentre nel
limite n 0 può essere verificata solo numericamente. Nello spirito del metodo delle repliche ci
aspettiamo tuttavia che la relazione sia valida anche nel limite. Il valore previsto dalla congettura è
pc =0.889972... , come ottenuto dalla soluzione della formula x 0=x ∗0 nel limite n  0 sulla
linea di Nishimori:
1
−p log 2 p−1− p log 2 1− p = .
2
Notiamo che una delle previsioni non banali di questa congettura è anche che i punti multicritici
di tutti i sistemi self-dual sono localizzati nello stesso punto nel piano p-K.
Vediamo come la congettura si può adattare a sistemi non self-dual.
Discutiamo prima il caso non disordinato. Consideriamo il prodotto delle funzioni di partizione del
modello originale e del duale con temperature inverse K 1 e K 2 rispettivamente. Dalla relazione
ricavata in precedenza fra le due otteniamo che
∗ ∗ ∗ ∗
Z orig {u1  K 1 , u−1  K 1 }Z dual {u1  K 2 , u−1  K 2 }=Z orig {u 1  K 2 , u−1  K 2 }Z dual {u1  K 1 , u−1  K 1} ,
che indica che in questo caso il prodotto delle due è invariante per lo scambio

u±1  K 1  u±1  K 2 e u±1  K 2 u±1  K 1 .


∗ ∗

Quindi, se c'è un unico punto di transizione K 1c  K 2c  nel modello originale (duale), la

64
relazione fra i due punti critici sarà data da
∗ ∗
u±1  K 1c u±1  K 2c =u±1  K 1c u±1 K 2c ,
che è invariante sotto la trasformazione precedente. Questa è equivalente a
exp −2 K 2c =tanh K 1c , che fornisce la corretta relazione fra i due punti di transizione.
Torniamo quindi al caso disordinato. In questo caso possiamo esprimere la relazione di dualità tra
i due modelli come segue
Z n , orig {x 0  p 1, K 1  ,... , x n  p 1, K 1} Z n , dual {x 0  p 2 , K 2 , ... , x n  p2 , K 2}=
∗ ∗ ∗ ∗
=Z n , orig {x 0  p2, K 2 , ... , x n  p 2, K 2} Z n , dual {x 0  p1 , K 1  ,... , x n  p1 , K 1 } ,
dove p1 , p2 e K 1 , K 2 denotano la probabilità di interazione positiva e la temperatura inversa
per i modelli originale e duale rispettivamente. Quindi il prodotto delle funzioni di partizione è
invariante sotto lo scambio x k  p1 , K 1  x∗k  p2 , K 2  e x k  p2 , K 2  x∗k  p1 , K 1  per tutti i
k insieme.
L'argomento sviluppato finora naturalmente suggerisce che la relazione tra i punti critici del
modello originale e duale è data dalla condizione di punto fisso dei fattori di Boltzmann principali
almeno sulla linea di Nishimori. Esplicitamente abbiamo quindi
∗ ∗
x 0  p1c , K 1c  x 0  p2c , K 2c =x 0  p 1c , K 1c  x 0  p2c , K 2c  ,
insieme alle condizioni per la linea di Nishimori
1− p1 1− p2
exp −2K1 = , exp −2K 2= .
p1 p2
Queste equazioni scritte in termini di p1c e p2c divengono
n1 n1 n1 n1 −n
 p 1c 1− p1c    p2c 1− p2c  =2 .
Se quindi prendiamo il limite n 0 questa relazione fornisce
H  p1c H  p 2c =1,
dove
H  p≡−p log 2 p−1− p log 2 1− p.
Questa equazione è il principale risultato della congettura per sistemi non self-dual.

3.4.5 Perfezionamento della congettura sui reticoli gerarchici


Per la prima volta Hinczewski e Berker [23] hanno trovato deviazioni significative dalle
conseguenze della congettura di Nishimori: H  p1 H  p2 =1.0172, 0.9829, 0.9911 per tre
coppie di reticoli gerarchici mutualmente duali. I risultati sono corretti ai punti decimali mostrati
sopra, dal momento che, come mostrato in precedenza, sui reticoli gerarchici le equazioni di
rinormalizzazione si possono effettuare in maniera esatta. Quindi la congettura in questa caso
fornisce una buona approssimazione ma non il risultato esatto, almeno per i reticoli gerarchici.

65
Di conseguenza è stata proposto un miglioramento della congettura, che dovrebbe fornire il
risultato esatto su reticoli gerarchici [24].
Il gruppo di rinormalizzazione ci fornisce un punto di vista utile per sviluppare la congettura,
specialmente su sistemi gerarchici. Ricordiamo le seguenti caratteristiche del gruppo di
rinormalizzazione: (i) il punto critico è attratto verso il punto fisso instabile, e (ii) la funzione di
partizione non cambia la sua forma funzionale per rinormalizzazione su reticoli gerarchici; variano
solo i valori degli argomenti. Quindi il sistema rinormalizzato può essere rappresentato nello stesso
spazio di quello originale da u1  K , u2  K , ... , un  K . Sotto rinormalizzazione quindi il flusso

dal punto critico pc raggiunge il punto fisso C , u∞


1  K , u2  K , ... , un  K  , dove l'apice
∞ ∞ 

indice il numero di passi di rinormalizzazione. Esiste inoltre un punto d c collegato a pc dalla


dualità, che ci aspettiamo raggiunga lo stesso punto fisso C dal momento che pc e d c
rappresentano lo stesso punto critico, dato che ad esempio per sistemi self-dual si ha
∗ ∗ ∗
Z n {x0 , x 1, ... , x n }=Z n {x 0 , x 1 , ..., x n }.
Considerando le proprietà del gruppo di rinormalizzazione e della dualità, troviamo quindi che la
dualità collega le due traiettorie del gruppo di rinormalizzazione da pc e d c , come mostrato in
figura 3.4. Lo stesso si applica ad ogni valore della temperatura nei due casi, mostrati in figura
3.4 con la linea tratteggiata e la linea sottile. In altre parole, dopo un numero sufficiente di passi
del gruppo di rinormalizzazione, la linea sottile che rappresenta il sistema originale e la linea
tratteggiata che rappresenta il sistema duale si avvicinano al comune sistema rinormalizzato,
mostrato con la linea marcata in figura 3.4, che passa attraverso il punto fisso C.

Figura 3.4: Rappresentazione schematica del


flusso originale e del flusso duale.

66
Ci aspettiamo quindi che la funzione di partizione divenga funzione di una sola variabile lungo la
linea marcata. Questo fatto ci permette di migliorare il metodo del precedente paragrafo così che
la posizione esatta del punto multicritico sia ottenuta asintoticamente, richiedendo che si abbia
x0s ∞  K =x∗0  s  ∞  K  .
Se consideriamo x 0  K =x∗0  K  come un'approssimazione di ordine zero per la posizione del

punto multicritico, ci aspettiamo che x01  K =x ∗0 1  K  sia l'approssimazione di ordine uno e
dia risultati migliori. I risultati numerici ottenuti in [24] confermano questa ipotesi.

3.4.6 Congettura per reticoli regolari


Se proviamo ad estendere il metodo per i reticoli gerarchici ai reticoli regolari abbiamo il problema
che la proprietà (i) del gruppo di rinormalizzazione non è più valida in questo caso, cioè in
generale la funzione di partizione cambia la sua forma funzionale, poiché vengono generati altri
tipi di interazione dopo ogni passo della trasformazione del gruppo. È tuttavia possibile
generalizzare il metodo anche a reticoli regolari in maniera approssimata [24,26].
Notiamo intanto che nel caso gerarchico si ottengono risultati soddisfacenti già al primo passo di
rinormalizzazione. Quindi sommiamo sui siti interni solo in una singola unità di ogni reticolo
gerarchico.
Quindi possiamo vedere i fattori principali di Boltzmann come la funzione di partizione definita su
una singola cella del reticolo gerarchico sotto il vincolo che gli spin alle estremità siano entrambi
1.
Questo procedimento può essere effettuato anche su reticoli regolari: invece di iterare la
trasformazione, sommiamo parzialmente sui siti del reticolo, dopodiché possiamo interpretare la
funzione di partizione su quest'area come il fattore di Boltzmann principale, purché la somma sui
siti interni sia stata effettuata con condizioni al bordo fissate. Possiamo quindi costruire questa
tecnica senza trascurare le interazioni a molti siti che emergono dalla rinormalizzazione.
Facciamo alcune osservazioni riguardo l'applicabilità di questa tecnica. Anche se sommiamo
parzialmente sui gradi di libertà del reticolo regolare, è necessario utilizzare uno spazio infinito-
dimensionale per esprimere la generazione di nuove interazioni. In questo spazio infinito-
dimensionale, assumiamo che ci siano due flussi del gruppo di rinormalizzazione che tendono
uniformemente al punto fisso instabile, in modo simile con quanto avviene nel caso gerarchico.
Ma non è possibile esaminare tale comportamento dei flussi nello spazio infinito-dimensionale, e
quest'assunzione non può essere verificata. Quindi mentre nel caso gerarchico abbiamo la certezza
che il procedimento fornisca asintoticamente la risposta esatta, in questo caso i risultati vanno
presi con più cautela.

67
Si possono considerare dei miglioramenti anche per i reticoli regolari. Sui reticoli gerarchici,
sufficienti rinormalizzazioni ci permettono di ottenere la soluzione esatta. Sui reticoli regolari, dove
non possiamo effettuare più di un passo della trasformazione, l'analogo risultato si può ottenere
aumentando l'area del cluster. Infatti il numero di gradi di libertà parzialmente sommati sul
reticolo regolare corrisponderà al passo di rinormalizzazione sul reticolo gerarchico. Ad esempio per
reticoli quadrati, riferendoci alla figura 3.5, il cluster 2 dovrebbe fornire un risultato migliore del
cluster 1. Recenti indagini numeriche con altri metodi [30] hanno ottenuto per il reticolo
quadrato i valori pc =0.890817 e pc =0.89083 3 . I risultati numerici sembrano quindi
confermare l'approccio seguito: infatti con il cluster 1 si ottiene pc =0.890725 , mentre con il
cluster 2 pc =0.890822.

Figura 3.5: Esempi di cluster di base da usare su reticolo quadrato. Gli spin neri sono quelli
sommati.

68
CAPITOLO 4

Risultati sui sistemi disordinati

In questo capitolo esponiamo i risultati che abbiamo ottenuto per alcuni modelli di sistemi con
legami disordinati quenched, confrontando i metodi di Migdal-Kadanoff e dell'espansione su
cluster.

4.1 Dettagli sul calcolo


Nel capitolo 3 abbiamo visto che in un modello generale con legami casuali quenched l'analisi
tramite il gruppo di rinormalizzazione è effettuata seguendo l'effetto della trasformazione sulla
distribuzione di probabilità dei legami. In particolare, nel caso in cui abbiamo un solo tipo di
interazione, abbiamo che le intensità dei legami in ogni punto del reticolo sono distribuite
secondo una distribuzione P{K } che si trasforma quindi secondo la legge
P '{K '}=∫ ∏ r
dK r  ∏ r' 
 K 'r '−R r ' {K } P{K },

dove {R {K }} sono le relazioni di ricorsione per una specifica configurazione di legami {K }.
Siamo interessati al caso in cui la probabilità sia fattorizzabile
P{K }=∏r p K r ,
e quindi abbiamo che l'equazione di rinormalizzazione si riduce a
p ' K 'r ' =∫ [ ∏ dK
r r ]
p K r    K 'r '−Rr ' {K }B .

Anche partendo con la più semplice distribuzione, dopo poche applicazioni della trasformazione si
ottiene una distribuzione complessa. Quindi il livello di approssimazione è definito dal livello di
dettaglio della forma nella quale la distribuzione rinormalizzata è forzata.
Dopo molta sperimentazione abbiamo trovato che la tecnica delle celle fornisce il modo più
accurato ed efficiente di rappresentare le distribuzioni di probabilità. Questa tecnica, per due tipi
di interazione, è rappresentata in figura 4.1, ma è banale generalizzarla a più tipi di interazione.

69
La distribuzione di probabilità viene rappresentata da una griglia di celle, ognuna delle quali
contiene due tipi di valori: la probabilità associata alla cella; il valore medio, secondo la
distribuzione, delle interazioni che cadono all'interno della cella. L'intera larghezza della griglia
viene calcolata di volta in volta richiedendo che la probabilità rimasta fuori sia minore di una
soglia piccola fissata inizialmente. Infine tutti i punti che cadono fuori dalla griglia sono combinati
in celle addizionali, una per ogni lato della griglia.

Figura 4.1: Tecnica delle celle utilizzata per


rappresentare la distribuzione di probabilità nel caso di
distribuzione bidimensionale.

La caratteristica essenziale di questa tecnica è la larghezza di condivisione a , che controlla la


regolarità delle relazioni di ricorsione. Infatti se tale lunghezza vale zero, le relazioni di ricorsione
non sono più regolari. Consideriamo infatti la seguente situazione: un singolo punto con una
probabilità finita è molto vicino ad una linea della griglia. Variando leggermente le condizioni
iniziali, questo punto può essere mosso dall'altro lato della linea, quindi causando un
cambiamento finito nella distribuzione di probabilità in qualche fase delle relazioni di ricorsione.
Un cambiamento infinitesimo nelle condizioni iniziali risulta quindi in una variazione finita nel
risultato finale. Per evitare risultati falsificati introduciamo quindi la larghezza di condivisione a.

70
Come un punto si avvicina al bordo di una cella, la larghezza di condivisione determina il
contributo di quel punto alle celle vicine. La larghezza è definita in maniera tale che un punto
esattamente sul bordo contribuisce in maniera equa ad entrambe le celle adiacenti.
Un valore troppo alto per a sarebbe tuttavia sconveniente, poiché rende il nostro metodo meno
preciso. Comunque nelle nostre prove le distribuzioni tendono ad essere indipendenti dall'esatto
valore utilizzato, almeno finché a0.04. La maggior parte dei calcoli sono stati svolti con
0.1≤a≤0.3 .
Un'assunzione di base che viene fatta in genere in questi calcoli è che il punto cruciale del
problema del disordine quenched giaccia nell'equazione di convoluzione in sé, cioè che gli effetti
dovuti alla presenza del disordine derivino da un opportuno trattamento dell'integrazione, piuttosto
che dalla precisa forma delle relazioni di ricorsione locali [27]. Questo è un punto che vorremmo
verificare confrontando i risultati ottenuti con le relazioni di Migdal-Kadanoff e con il metodo
dell'approssimazione su cluster.
Tutti gli aspetti dei diagrammi di fase, inclusa la caratterizzazione delle varie fasi, le proprietà
critiche dei punti fissi, e l'ordine della transizione possono essere determinati studiando le densità
termodinamiche a partire dalla regola a catena
〈i ' j ' 〉
1 ∂ K 'i ' j '
n=
M
∑ ∂∂lnKZ = M1 ∑ ∂∂Kln' Z ⋅∑ ∂ K ij
,
〈ij 〉 ij 〈i' j '〉 i' j' 〈ij 〉

dove M è il numero di coppie di primi vicini e Z è la funzione di partizione. L'ultima somma


è su le b d coppie 〈ij〉 che contribuiscono alla coppia rinormalizzata 〈 i' j '〉 . Questa somma è
sostituita, come approssimazione, dal suo valor medio

[ ]
〈i ' j '〉 〈i' j '〉 〈i ' j ' 〉
∂ K 'i' j ' ∂ K 'i ' j ' ∂ K '
∑ ∂ K ij
≃∫ ∏ d K ij P K ij  ∑ ∂ K ij

∂K
,
〈ij〉 〈ij〉 〈ij〉

che fornisce la semplice relazione di ricorsione per le densità n≃b−d n'⋅∂ K '/∂ K . Ripetute
applicazioni di questa relazione di ricorsione connettono le densità termodinamiche della traiettoria
di un punto iniziale con quelle del punto fisso che la attrae, permettendo la valutazione delle
prime.

4.2 Ising bimodale – approssimazione su cluster


Il modello di Ising bimodale è definito dall'hamiltoniana
− H =∑ J ij si s j ,
〈ij〉

dove s i=±1 in ogni sito i , 〈 ij〉 denota la somma su tutte le coppie di siti primi vicini e le
intensità dei legami J ij valgono J con probabilità 1− p e −J con probabilità p.

71
Quindi i limiti p=0 e p=1 corrispondono ai casi puramente ferromagnetico e
antiferromagnetico rispettivamente.
A dispetto della sua semplicità e la mancanza di una fase di spin glass, il modello in due
dimensioni è interessante perché spesso utilizzato come banco di prova della convergenza in studi
numerici di sistemi disordinati [28] e perché è il modello più trattabile in cui testare congetture
su sistemi disordinati [23-26]. In quest'ultimo caso è utilizzato in genere il metodo di
rinormalizzazione in spazio reale tramite l'applicazione del metodo di Migdal-Kadanoff a reticoli
gerarchici, dal momento che su questi reticoli il metodo è esatto.

4.2.1 Caso bidimensionale


In questo caso nell'equazione di rinormalizzazione
p ' J ' i ' j ' =∫
[∏ dJ
〈ij〉
ij
]
p J ij   J ' i' j' −R {J }16 

la legge di ricorsione locale R{K }16 è ottenuta dal calcolo sul cluster introdotto nel capitolo 2,
riproposto per comodità in figura 4.2. In questo caso la legge di ricorsione coinvolge tutti i
legami non rinormalizzati contemporaneamente, quindi non è fattorizzabile. Quindi dobbiamo
considerare la convoluzione di 16 distribuzioni di probabilità contemporaneamente, obiettivo che
non può essere portato a termine in maniera esatta.
Per avanzare procediamo in maniera statistica, come in parte già fatto in alcuni casi per il metodo
di Migdal-Kadanoff [29]: estraiamo 16 legami non rinormalizzati secondo la distribuzione
p J ij , calcoliamo legame rinormalizzato associato R{J ij }, ripetiamo l'operazione N volte;
alla fine costruiamo la nuova distribuzione associando i punti ottenuti tramite la tecnica delle celle,
descritta nel paragrafo precedente.

Figura 4. 2: Cluster a due celle periodico bidimensionale.

72
I possibili errori vengono stimati analizzando i risultati per vari valori di N. Comunque, come ci
aspettiamo, per N abbastanza grande i risultati che abbiamo trovato sono sempre indipendenti dal
valore di N.
Notiamo che essendo il cluster a sole due celle non può trattare correttamente il caso
antiferromagnetico. È tuttavia lecito aspettarsi che per piccoli valori di p , quanto piccoli lo
vedremo, questo semplice sistema possa fornire risultati soddisfacenti.
Nella nostra analisi abbiamo determinato due diverse fasi, una paramagnetica la cui distribuzione
fissa ha media in zero e varianza nulla, e una ferromagnetica, la cui distribuzione fissa ha media
infinita e varianza nulla. In figura 4.3 e figura 4.4 mostriamo due esempi di distribuzioni che
tendono alle distribuzioni fisse rispettivamente paramagnetica e ferromagnetica. Come previsto
invece, a causa dell'approssimazione a due celle, non troviamo nessuna distribuzione fissa
antiferromagnetica: i punti con p≥0.5 tendono tutti alla distribuzione fissa paramagnetica.
In figura 4.5 mostriamo i valori della temperatura critica della transizione ferromagnete-
paramagnete al variare di p. Prima di tutto notiamo che la transizione per il modello puramente
ferromagnetico si trova per T =1.8957 , confrontando con il risultato esatto di Onsager
T =2/ln 1 2≃2.2692 abbiamo un errore di circa il 16%. Come verifica notiamo che
questo risultato coincide con la locazione del punto fisso “C*” (tabella 2.1) trovata nel caso del
modello BEG nel capitolo 2, dal momento che per  −∞ il modello BEG si riduce al
modello di Ising.

Figura 4.3: Flusso verso la distribuzione fissa paramagnetica. Valori iniziali: J =0.5, p=0.1.

73
Figura 4.4: Flusso verso la distribuzione fissa ferromagnetica. Valori iniziali: J =1.0, p=0.1.

Vediamo che anche dopo il punto di Nishimori continua ad esistere una fase ferromagnetica,
questo vuol dire che già con una densità di legami antiferromagnetici p0.1 il cluster a due
celle non è sufficiente per descrivere adeguatamente il sistema.
Il punto di Nishimori si trova per pc =0.134 4 , significativamente diverso dai valori presenti in
letteratura pc =0.109 2 ottenuti con altri metodi [30], ottenendo un errore di circa il 23%.
Di conseguenza la congettura di Nishimori in due dimensioni è abbondantemente disattesa: si ha
2H pc =1.1388≠1 .
Un test in genere utilizzato per valutare la bontà dell'approssimazione è lo spostamento della
temperatura critica dovuto al disordine nel limite di poco disordine. In particolare dalla figura 4.6
otteniamo per il valore della pendenza della superficie critica

≡
1 dT
T c dp ∣
p0
≃−2.64 1.

Con il metodo del Pfaffiano [28] si ottiene ≃−3.26 1 , quindi abbiamo un'errore di circa il
19%.
Come ci aspettiamo il metodo sembra funzionare meglio per piccoli valori di p , mentre quando
la densità di legami antiferromagnetici diviene significativa il metodo sembra fallire vistosamente.

74
Figura 4.5: Temperatura critica della transizione ferromagnete-paramagnete al variare di p per
PSRG(v=0) nel caso di Ising bimodale bidimensionale.

Figura 4.6: Fit della temperatura critica nel limite di poco disordine per PSRG(v=0).

75
È interessante vedere cosa cambia utilizzando la matrice di proiezione sugli stati di spin. In
particolare se la fissiamo come fatto nel capitolo 2 a v =−0.06453, in modo da ottenere la
corretta temperatura critica per p=0, otteniamo il diagramma di fase mostrato in figura 4.7.
Notiamo che oltre ad uno spostamento dei valori critici avviene anche un cambiamento nella
forma del diagramma: in questo caso presso la linea di Nishimori la pendenza della superficie
aumenta bruscamente e la fase ferromagnetica scompare molto prima rispetto a PSRG(v=0).

Figura 4.7: Temperatura critica della transizione ferromagnete-paramagnete al variare di p per


PSRG(v≠0) nel caso di Ising bimodale bidimensionale.

Questo è un miglioramento molto positivo, dal momento che sappiamo che dopo il punto di
Nishimori non deve più esserci la fase ferromagnetica.
Nonostante ciò i riscontri quantitativi non sono molto migliori: il punto di Nishimori si trova in
pc =0.163 3, con un errore di circa il 50%, mentre la pendenza della superficie critica per
poco disordine vale =2.8 2 con un errore di circa il 13%.

4.2.2 Caso tridimensionale


Utilizziamo l'estensione al caso tridimensionale del cluster a due celle, come mostrato in figura
4.8.
Questo caso diventa molto più impegnativo dal punto di vista computazionale: in ogni passo della
regola di ricorsione locale vengono coinvolti 48 legami non rinormalizzati e dobbiamo considerare

76
le configurazioni di 16 spin.
Rispetto al caso bidimensionale in questo caso è prevista la presenza anche di una fase di spin
glass, dal momento che la dimensione critica inferiore è proprio 2 [39]. Per quest'aspetto
l'approssimazione mostra quindi conseguenze ancora più drastiche che nel caso bidimensionale:
troviamo infatti solo le fasi paramagnetica e ferromagnetica, mentre la fase di spin glass non
viene rilevata.
Ciò non è troppo sorprendente considerando che, come in precedenza, ci possiamo aspettare che
il cluster a due celle non tratti correttamente i legami antiferromagnetici: la fase di spin glass
infatti dovrebbe comparire solo per valori relativamente alti di p e in essa il ruolo dei legami
antiferromagnetici è determinante.

Figura 4.8: Cluster a due celle periodico tridimensionale.

Il diagramma di fase ottenuto è mostrato in figura 4.9.


La transizione per p=0 è ottenuta per T 0=4.018 3, il risultato ottenuto con altri metodi è
T 0=4.51 1 , quindi abbiamo un errore del 11%, minore che nel caso bidimensionale.
Il punto di Nishimori è ottenuto per pc =0.2318 , in ottimo accordo con quanto ottenuto con
altri metodi [31] pc =0.23179 6. È possibile che tale accordo sia solo casuale, ma esiste
anche la possibilità che l'approssimazione migliori aumentando la dimensione del reticolo, almeno
per p≤ pc . Per avere una conferma di questo punto è necessario studiare il caso in quattro
dimensioni.

77
Figura 4.9: Temperatura critica della transizione ferromagnete-paramagnete al variare di p per
PSRG(v=0) nel caso di Ising bimodale tridimensionale.

4.3 Ising bimodale – calcolo su reticolo gerarchico

4.3.1 Caso bidimensionale


Sviluppiamo il calcolo sul reticolo di figura 4.10, che corrisponde all'applicazione
dell'approssimazione di Migdal-Kadanoff ad un reticolo quadrato bidimensionale con fattore di
riscalamento b=3, solo che in questo caso il risultato è esatto.
In questo caso nell'equazione di rinormalizzazione
p '  J ' i ' j ' =∫
[∏ dJ
〈ij〉
ij
]
p J ij   J ' i ' j ' −R {J }9 

la legge di ricorsione locale R{J }9 coinvolge la convoluzione di 9 legami non rinormalizzati.
Ma in questo caso, a differenza del calcolo sul cluster, è possibile ottenere un peso
computazionale molto minore fattorizzando l'equazione di rinormalizzazione in un'equivalente serie
di convoluzioni che interessano solo due distribuzioni alla volta, utilizzando un'appropriata funzione
di ricorsione locale R ' {J }.

78
I tipi di convoluzione necessari sono la convoluzione per lo spostamento dei legami, che sarà data
semplicemente da
Rsl  J 1 , J 2=J 1 J 2 ,
e la convoluzione di decimazione, data da
1
Rdc J 1 , J 2 = ln
2 
cosh  J 1J 2
cosh  J 1−J 2
,
che è semplicemente la trasformazione di decimazione standard per un segmento di Ising con due
legami.

Figura 4.10: Reticolo gerarchico sul quale le relazioni di Migdal-Kadanoff con b=3,
d=2 sono esatte.

In particolare nel caso di figura 4.10, se Pini è la distribuzione iniziale di probabilità dei legami,
una serie di convoluzioni a coppia che fornisce lo stesso risultato della convoluzione totale consiste
in
i. una convoluzione di spostamento dei legami di Pini con se stessa, ottenendo P1 ;
ii. una convoluzione di spostamento dei legami fra P1 e Pini , ottenendo P2 ;
iii. una convoluzione di decimazione di P2 con se stessa, ottenendo P3 ;
iv. una convoluzione di decimazione fra P3 e P2 , ottenendo Pfin .
La convoluzione fra due sole distribuzioni è molto più semplice dal punto di vista computazionale
e può essere portata a termine in maniera esatta, cioè sommando su tutte le configurazioni dei
legami possibili, senza bisogno di fare un'evoluzione statistica necessaria nel caso
dell'approssimazione su cluster.
Nel diagramma di fase ottenuto si identificano una fase paramagnetica, con distribuzione fissa con
media nulla e varianza nulla, e una fase ferromagnetica, con media infinita e varianza infinita.
Notiamo che invece nel caso dell'approssimazione su cluster la distribuzione fissa della fase
ferromagnetica era caratterizzata da media infinita ma varianza nulla.
Inoltre ora l'analisi è totalmente simmetrica nello scambio p 1− p . Ciò è evidente analizzando
le equazioni di ricorsione: scambiando p 1− p si ottiene
Pini −Pini , P1 −P 1, P 2 −P2 , P3  P3, Pfin −Pfin .

79
In particolare quindi otteniamo una distribuzione fissa antiferromagnetica analoga a quella
ferromagnetica, con media che tende a più infinito e varianza che tende a infinito, come mostrato
in figura 4.11 e figura 4.12.

Figura 4.11: Flusso verso la distribuzione fissa ferromagnetica. Valori iniziali:


J =1.0, p=0.1.

Figura 4.12: Flusso verso la distribuzione fissa antiferromagnetica. Valori iniziali:


J =1.0, p=0.9.

80
In figura 4.13 mostriamo i valori della temperatura critica della transizione ferromagnete-
paramagnete al variare di p. Notiamo che la transizione per il modello puramente
ferromagnetico si trova per T =4.156 2, quindi il calcolo su questo reticolo gerarchico è una
pessima approssimazione del reticolo quadrato bidimensionale, nel quale ricordiamo che la
transizione di Onsager si trova per T =2/ln 1 2≃2.2692.

Figura 4.13: Temperatura critica della transizione ferromagnete-paramagnete al variare di p


per il reticolo gerarchico di figura 4.10 .

Notiamo che, come corretto, la fase ferromagnetica scompare per p maggiore di quello del
punto di Nishimori. Il punto di Nishimori è ottenuto per p1c=0.1735 , in perfetto accordo
con quanto ottenuto in [23,25] per lo stesso reticolo. Questo è importante perché ci assicura che
il metodo delle celle esposto nel paragrafo 4.1, che utilizziamo per trattare le distribuzioni di
probabilità, è valido e non produce errori sistematici significativi.
Per testare la congettura di Nishimori abbiamo bisogno di studiare anche il sistema duale. Il
reticolo duale a quello di figura 4.10 è mostrato in figura 4.14. La serie di convoluzioni binarie
necessarie per risolvere il reticolo duale si ottengono rispetto al reticolo originale scambiando le
operazioni di spostamento dei legami con quelle di decimazione, e viceversa. Il diagramma di fase
ottenuto è mostrato in figura 4.15.

81
Figura 4.14: Reticolo gerarchico sul quale le relazioni di Migdal-
Kadanoff con b=3, d=2 sono esatte, duale a quello di figura 4.10.

Figura 4.15: Temperatura critica della transizione ferromagnete-paramagnete al variare di p


per il reticolo gerarchico di figura 4.14 .

Notiamo che anche in questo caso la fase ferromagnetica scompare per p maggiore di quello
del punto di Nishimori. Il punto di Nishimori è ottenuto per p2c =0.06627. Quindi otteniamo
H  p1c H  p 2c ≡−p1c log 2 p1c −1− p 1c log 2 1−p 1c 
− p2c log 2 p2c −1− p 2c log 2 1−p 2c =1.017.
Abbiamo quindi che la congettura di Nishimori H  p1c H  p 2c =1 è una buona
approssimazione, ma non è il risultato esatto. La congettura migliorata [25] al primo ordine
fornisce in questo caso H  p1c H  p 2c =1.0027, che risulta quindi migliore della

82
congettura originale, anche se con una precisione non ancora sufficiente.

4.3.2 Caso tridimensionale


Sviluppiamo il calcolo sul reticolo di figura 4.16, che corrisponde all'applicazione
dell'approssimazione di Migdal-Kadanoff ad un reticolo quadrato tridimensionale con fattore di
riscalamento b=3, in maniera analoga a quanto esposto nel paragrafo precedente.

Figura 4.16: Reticolo gerarchico sul quale le relazioni di Migdal-


Kadanoff con d=3, b=3 sono esatte.

In questo caso la sequenza di convoluzioni di distribuzioni a coppie che è equivalente alla


convoluzione totale fatta in simultanea sui 27 legami consiste delle seguenti operazioni:
i. una convoluzione di spostamento dei legami di Pini con se stessa, ottenendo P1 ;
ii. una convoluzione di decimazione di P1 con se stessa, ottenendo P2 ;
iii. una convoluzione di decimazione fra P2 e P1, ottenendo P3 ;
iv. una convoluzione di spostamento dei legami di P3 con se stessa, ottenendo P4 ;
v. una convoluzione di spostamento di legami di P4 con se stessa, ottenendo P5 ;
vi. una convoluzione di decimazione di Pini con se stessa, ottenendo P6 ;
vii. una convoluzione di decimazione fra P6 e Pini , ottenendo P7 ;
viii. una convoluzione di spostamento dei legami fra P7 e P5 , ottenendo Pfin .
Quindi rispetto al caso bidimensionale le operazioni da eseguire ad ogni passo sono maggiori, ma
il peso computazionale di ognuna è identico.
Nel diagramma di fase in questo caso oltre alla fase paramagnetica, con distribuzione fissa a
media nulla e varianza nulla, e (anti)ferromagnetica, con distribuzione fissa con media infinita e
varianza infinita, troviamo anche una fase di spin glass, la cui distribuzione fissa è caratterizzata da
una media nulla e varianza infinita, come mostrato in figura 4.17.
In figura 4.18 mostriamo i valori della temperatura critica della transizione ferromagnete –
paramagnete e della transizione paramagnete – spin glass al variare di p. Notiamo che la
transizione per il modello puramente ferromagnetico si trova per T =5.3832.

83
Figura 4.17: Flusso verso la distribuzione fissa di spin glass. Valori iniziali: J =1.5, p=0.5.

Figura 4.18: Temperatura critica della transizione ferromagnete – paramagnete e paramagnete –


spin glass al variare di p per il reticolo gerarchico di figura 4.14.

84
Questo è uno dei reticoli gerarchici che meglio approssima il modello di Ising tridimensionale
[23], tuttavia in quest'ultimo la transizione del modello puro si trova per T =4.51 1 , quindi
otteniamo che c'è un errore di circa il 19%, risultato che non può essere considerato del tutto
soddisfacente ed è comunque peggiore dell'analogo calcolo con l'approssimazione su cluster, con
la quale otteniamo un'errore dell'11%.
Notiamo che correttamente anche in questo caso la fase paramagnetica scompare dopo il punto
di Nishimori e la linea di Nishimori non entra nella fase di spin glass. Il punto multicritico è
trovato per p=0.247 3. Per testare la congettura di Nishimori dobbiamo analizzare anche il
reticolo duale, mostrato in figura 4.19. Su questo reticolo le relazioni di Migdal-Kadanoff con
d=1.5, b=9 sono esatte, e la serie di convoluzioni binarie necessarie per risolvere il reticolo
duale si ottengono rispetto al reticolo originale scambiando le operazioni di spostamento dei
legami con quelle di decimazione, e viceversa, come visto già in precedenza. Il diagramma di fase
ottenuto è mostrato in figura 4.20.

Figura 4.19: Reticolo gerarchico duale a quello di figura 4.16.


Su questo reticolo le relazioni di Migdal-Kadanoff con b=9,
d=1.5 sono esatte.

Il punto di Nishimori per il reticolo duale è ottenuto per p2c =0.0280. Quindi si ha
H  p1c H  p 2c ≡−p1c log 2 p1c −1− p 1c log 2 1−p 1c 
− p2c log 2 p2c −1− p 2c log 2 1−p 2c =0.991.
Anche in questo caso abbiamo quindi che la congettura di Nishimori H  p1c H  p2c =1 è
una buona approssimazione, ma non è il risultato esatto, in accordo con risultati precedenti [23].
La congettura migliorata [25] al primo ordine fornisce in questo caso
H  p1c H  p 2c =0.9939 , che risulta quindi in questo caso molto migliore della congettura
originale.

85
Figura 4.20: Temperatura critica della transizione ferromagnete – paramagnete al variare di p
per il reticolo gerarchico di figura 4.19.

4.4 Modello di Ising con legami diluiti


Il modello di Ising con legami diluiti è definito dall'hamiltoniana
− H =∑ J ij si s j ,
〈ij〉

dove s i=±1 in ogni sito i , 〈ij〉 denota una somma su coppie di siti primi vicini e le intensità
dei legami J ij valgono J con probabilità 1− p e 0 con probabilità p. Il modello è
meno interessante del precedente poiché ovviamente non c'è possibilità di frustrazione, ma per lo
stesso motivo ci permette di confrontare l'approssimazione sul cluster di due celle e il calcolo sul
reticolo gerarchico evitando il problema di trattare i legami antiferromagnetici.
La sequenza delle temperature di transizione al variare di p nel caso dell'approssimazione sul
cluster di due celle per PSRG(v=0), PSRG(v≠0) e per il reticolo gerarchico di figura 4.10 sono
mostrati rispettivamente in figura 4.21, figura 4.22 in figura 4.23.
Notiamo subito che in questo caso i diagrammi hanno andamenti qualitativi molto più simili.

86
Da un punto di vista più quantitativo notiamo che, nonostante le notevoli differenze nella
temperatura critica per p=0 , la fase ferromagnetica scompare per valori prossimi di p nei tre
casi:
pff =0.693 , PSRG  v=0;
pff =0.624 , PSRG v≠0;
pff =0.682, reticolo gerarchico 4.10 ;
quindi la differenza di PSRG(v=0) e PSRG(v≠0) con il reticolo gerarchico è rispettivamente di
circa l' 1.6% e 8.2%, mentre nel caso bimodale per la stessa quantità abbiamo una differenza
rispettivamente del 41% e 19%.
Un altro test interessante è lo spostamento della temperatura critica dovuto al disordine nel limite
di poco disordine. Considerando la variabile

≡
1 dT
T c dp ∣
p 0

otteniamo nei tre casi


=1.30 3, PSRG v=0;
=1.23 1 , PSRG v≠0 ;
=1.19 0, reticolo gerarchico 4.10 ;
da confrontare con il risultato esatto =1.329 [37]. Notiamo che con l'approssimazione
PSRG(v=0) otteniamo il risultato migliore. Le differenza relativa fra PSRG(v=0) e PSRG(v≠0) e il
calcolo su reticolo gerarchico è rispettivamente del 9.5% e 3.4%. Nel caso bimodale per le
analoghe quantità otteniamo una differenza relativa del 6.5% e 0.1%.
Osserviamo quindi che si ottiene un netto miglioramento dell'approssimazione su cluster del
modello di Ising a legami diluiti rispetto all'approssimazione del modello bimodale soprattutto per
valori alti di p.
Questo quindi concorda con la tesi della non corretta applicabilità di legami antiferromagnetici
all'approssimazione sul cluster a due celle. Inoltre notiamo come, in questo caso, la legge di
ricorsione locale utilizzata nella trasformazione di rinormalizzazione per il sistema disordinato sembri
avere poca importanza per la determinazione della struttura del diagramma di fase. Tuttavia per
avere una piena conferma di questa ipotesi è necessario studiare modelli con diagrammi di fase
più complessi.

87
Figura 4.21: Temperatura critica della transizione ferromagnete – paramagnete al variare di p
per l'approssimazione sul cluster di due celle PSRG(v=0) per il modello di Ising con legami diluiti.

Figura 4.22: Temperatura critica della transizione ferromagnete – paramagnete al variare di p


per l'approssimazione sul cluster di due celle PSRG(v≠0) per il modello di Ising con legami diluiti.

88
Figura 4.23: Temperatura critica della transizione ferromagnete – paramagnete al variare di p
sul reticolo di figura 4.10 per il modello di Ising con legami diluiti.

4.5 Modello Blume – Emery – Griffiths bimodale


Come si è mostrato nel capitolo 2 il modello di Blume – Emery – Griffiths (BEG) è un modello
semplice ma con un diagramma di fase molto interessante, per la presenza di ben 13 punti fissi
fra cui un punto tricritico. Dal momento il modello BEG è il modello di riferimento per il
comportamento tricritico è atteso che l'effetto del disordine quenched su questo modello sia
condiviso in maniera abbastanza generale.
Un aspetto di particolare interesse viene dallo studio del modello in tre dimensioni, in particolare
la possibilità di analizzare l'effetto del disordine sulla transizione del primo ordine presente nel
caso puro e testare la generale previsione [17] che in dimensione d≥2 tale transizione diventi
del secondo ordine ad una particolare soglia del disordine. Lo studio di questo modello tramite il
gruppo di rinormalizzazione su reticoli gerarchici [32] mostra che a p=0.18 la transizione del
primo ordine scompare completamente e viene sostituita da una del secondo ordine.
Invece un'analisi basata sul metodo del Parallel Tempering del modello di Blume-Capel, al quale
il BEG si riduce per K=0, mostra a p=0.5 la persistenza di una transizione del primo ordine,
che oltretutto costituisce una transizione inversa [36].

89
Lo sviluppo di una tecnica basata su un gruppo di rinormalizzazione che approssimi il reticolo
regolare meglio di quanto si ottenga con l'approssimazione su reticoli gerarchici può forse aiutare
a chiarire la questione. Questo è il percorso su cui si inserisce il lavoro di questa tesi.
Per fissare la notazione ricordiamo che il modello BEG è definito da
− H =∑ [ J ij si s jK s i s j − si s j  ] ,
2 2 2 2
s i=0,±1 ,
〈ij〉

e come detto siamo interessati in particolare al caso in cui è definito su un reticolo


tridimensionale.
L'introduzione del disordine sui legami avviene considerando che J ij è ferromagnetico con valore
J con probabilità 1− p e antiferromagnetico con valore −J con probabilità p . Sotto le
trasformazioni del gruppo di rinormalizzazione tutte le interazioni rinormalizzate divengono
disordinate e deve essere considerata l'hamiltoniana più generale
− H =∑ [ J ij si s jK ij s2i s 2j −ij  s2i s 2j − ij  s2i −s 2j  ] .
〈ij〉

I flussi del gruppo di rinormalizzazione sono in termini della distribuzione di probabilità congiunta

P J ij , K ij , ij , ij  che è rinormalizzata secondo la solita regola di convoluzione


∫ [∏ d K ]
i ' j'
P ' K 'i ' j ' = ij P K r   K ' i' j '−R{K ij }B  ,
ij

dove K ij ≡J ij , K ij , ij , ij .

4.5.1 Approssimazione sul cluster


In questo caso utilizziamo il cluster utilizzato anche per Ising tridimensionale mostrato in figura
4.8. La tecnica è la stessa, ma molto più impegnativa dal punto di vista computazionale: per
ogni calcolo della legge di ricorsione locale dobbiamo estrarre 192 legami e, soprattutto, per ogni
configurazione degli spin l'hamiltoniana da calcolare è ben più complicata. Oltretutto il numero di
celle necessarie per rappresentare adeguatamente la distribuzione quadridimensionale è molto
maggiore di quello per una distribuzione unidimensionale, e quindi è necessaria una maggiore
statistica. Per tutto questo il problema nel modello BEG è molto delicato e richiede la massima
ottimizzazione del codice.
Nella nostra analisi abbiamo determinato solo due fasi, paramagnetica e ferromagnetica.
La distribuzione fissa paramagnetica è caratterizzata dalla media di J pari a zero e una varianza
della proiezione in J pari a zero, la media di K tende a ∞ con varianza nulla, la media di
 che tende a ∞ con varianza nulla, la media di   pari a zero con varianza nulla.
Un esempio di distribuzione che tende alla distribuzione paramagnetica è mostrata in figura 4.24
e figura 4.25.

90
Figura 4. 24: Flusso verso la distribuzione fissa del paramagnete. La distribuzione mostrata è
integrata nelle direzioni  e   . Valori iniziali: J =1.0, K =0, =0.8,   =0, p=0.4 .

Figura 4. 25: Flusso verso la distribuzione fissa del paramagnete. La distribuzione mostrata è
integrata nelle direzioni J e K . Valori iniziali: J =1.0, K =0, =0.8,   =0, p=0.4 .

91
La distribuzione fissa ferromagnetica è caratterizzata dalla media di J pari a ∞ e una
varianza della proiezione in J pari a zero, mentre la media di K tende a −∞ con varianza
nulla, la media di  che tende a ∞ con varianza nulla, la media di   pari a zero con
varianza nulla.
Un esempio di distribuzione che tende alla distribuzione ferromagnetica è mostrata in figura 4.26
e figura 4.27.
Come ci aspettiamo anche in questo caso non esiste una distribuzione fissa antiferromagnetica e i
punti con p≥0.5 tendono tutti alla distribuzione paramagnetica, in maniera analoga a quanto
visto nel modello di Ising sul cluster.
In figura 4.28 mostriamo i valori della temperatura critica della transizione ferromagnete-
paramagnete al variare di p e del rapporto / J per K=0. Notiamo che per p=0
riotteniamo gli stessi risultati esposti nel capitolo 2.

Figura 4.26: Flusso verso la distribuzione fissa del ferromagnete. La distribuzione mostrata è
integrata nelle direzioni  e   . Valori iniziali: J =1.0, K =0, =0.3,   =0, p=0.1.

92
Figura 4.27: Flusso verso la distribuzione fissa del ferromagnete. La distribuzione mostrata è
integrata nelle direzioni J e K . Valori iniziali: J =1.0, K =0, =0.3,   =0, p=0.1.

Figura 4.28: Superficie di transizione ferromagnete-paramagnete per K=0.

93
94
CONCLUSIONI

In questa tesi abbiamo valutato la possibilità di estendere i classici metodi di rinormalizzazione in


spazio reale a sistemi disordinati quenched.
Abbiamo quindi esposto i metodi basati sul gruppo di rinormalizzazione in spazio reale per sistemi
puri, testandone la validità in un sistema con un diagramma di fase complesso come il modello di
Blume-Emery-Griffiths [12]. I risultati ottenuti riproducono quelli presenti in letteratura [13] e
confermano l'ottima accuratezza di questo metodo nel descrivere sistemi puri.
Nell'estensione a sistemi disordinati quenched abbiamo sviluppato la tecnica delle celle per trattare
le distribuzioni di probabilità delle intensità dei legami. Questa tecnica è particolarmente valida
perché, oltre a consentire un'ottima approssimazione numerica, mantiene la regolarità delle regole
di trasformazione.
Abbiamo quindi utilizzato la tecnica delle celle per studiare sistemi in due e tre dimensioni con
l'approssimazione su reticolo gerarchico e con l'approssimazione su cluster.
Lo studio dei sistemi che abbiamo effettuato tramite il calcolo su reticoli gerarchici riproduce i
risultati presenti in letteratura [23,25]. In particolare abbiamo verificato che la congettura di
Nishimori è una buona approssimazione per la locazione del punto multicritico, ma non è la
soluzione esatta; inoltre nei casi che abbiamo analizzato abbiamo trovato che la congettura
migliorata [24] fornisce un'approssimazione migliore. La corrispondenza di questi risultati ci
rassicura circa la correttezza della tecnica delle celle che abbiamo utilizzato per trattare le
distribuzioni di probabilità.
I calcoli del gruppo di rinormalizzazione su reticoli gerarchici sono particolarmente interessanti
poiché possono essere portati a termine in maniera esatta, e quindi sono il terreno ideale per
testare congetture di carattere generale, come abbiamo visto. Non è però del tutto chiaro quanto
il calcolo su reticolo gerarchico permetta di approssimare sistemi frustrati su reticoli regolari. Ad
esempio, recenti simulazioni per il modello di Blume-Capel bimodale [36] hanno mostrato la
presenza di una transizione del primo ordine fra le fasi di vetro di spin e paramagnete, transizione
assente nello studio su reticoli gerarchici [32]. È quindi di particolare interesse lo sviluppo di una
tecnica di rinormalizzazione che approssimi meglio i reticoli regolari. In questa tesi in particolare
abbiamo tentato di estendere l'approssimazione su cluster a sistemi disordinati.

95
L'approssimazione su cluster presenta notevoli difficoltà computazionali rispetto all'analogo calcolo
su reticoli gerarchici. In particolare le equazioni di trasformazione non sono in questo caso
fattorizzabili in serie di convoluzioni fra coppie di distribuzioni, rendendo impossibile portare a
termine il calcolo esattamente. Abbiamo quindi proceduto in maniera statistica, l'attendibilità del
risultato essendo garantita dall'indipendenza dalla dimensione del campione statistico al di là di
una soglia minima. Tutti i risultati esposti in questa tesi soddisfano questa condizione.
Purtroppo i risultati ottenuti con i calcoli effettuati con l'approssimazione su cluster si sono rilevati
deludenti: l'approssimazione su un cluster periodico di due celle che abbiamo utilizzato non tratta
in maniera adeguata i legami antiferromagnetici, e quindi oltre una certa soglia di disordine, che
si è rilevata essere piuttosto bassa, non otteniamo risultati corretti su sistemi frustrati, in particolare
non troviamo nessuna fase di vetro di spin.
Notiamo comunque che, in tutti i casi in cui i legami antiferromagnetici non hanno un ruolo
rilevante, otteniamo risultati migliori con l'approssimazione su cluster rispetto a quella su reticoli
gerarchici. Questo vale sia per i valori delle temperature di transizione per i sistemi puri, sia per
l'andamento della superficie critica ricavato per il modello di Ising a legami diluiti. È da
sottolineare inoltre che con l'approssimazione su cluster otteniamo sempre delle temperature
critiche minori di quelle esatte, mentre con il calcolo su reticolo gerarchico accade l'opposto.
Questo in generale costituisce un ulteriore vantaggio dell'approssimazione su cluster, dal momento
che ci garantisce che ogni transizione che determiniamo esisterà anche nel modello esatto ad una
temperatura finita diversa da zero.
Per ottenere una corretta trattazione anche con legami antiferromagnetici il modo più ovvio
sarebbe quello di effettuare il calcolo su un cluster più grande: quattro celle per sistemi
bidimensionali [34], otto celle per quelli tridimensionali. La difficoltà in questo caso è l'aumento
esponenziale del tempo di computazione, che non rende al momento praticabile questa strada nel
caso tridimensionale.
Una soluzione meno ovvia potrebbe essere quella di utilizzare una matrice di proiezione sugli stati
degli spin delle celle che tenga conto anche del tipo di legame presente fra i siti non
rinormalizzati. Abbiamo fatto dei tentativi in questa direzione, ma finora con risultati non
soddisfacenti.
Un'altra possibile strada interessante sarebbe quella di utilizzare un'approssimazione diversa da
quella su cluster, come ad esempio l'espansione in cumulanti.
Ulteriori analisi sono necessarie per valutare queste diverse possibilità.

96
Riassumendo in questa tesi abbiamo calcolato:
• il diagramma di fase del modello di Blume-Emery-Griffiths puro in due dimensioni,
riproducendo i risultati in [13];
• la superficie critica del il modello di Ising bimodale in due e tre dimensioni con le
trasformazioni del gruppo di rinormalizzazione con approssimazione su cluster;
• la superficie critica del modello di Ising bimodale in due e tre dimensioni con le
trasformazioni del gruppo di rinormalizzazione su reticoli gerarchici, riproducendo i risultati in
[23-25];
• la superficie critica del modello di Ising a legami diluiti in due dimensioni con
approssimazione su cluster e approssimazione su reticolo gerarchico;
• la superficie critica del modello di Blume-Emery-Griffiths bimodale in tre dimensioni con le
trasformazioni del gruppo di rinormalizzazione con approssimazione su cluster.

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