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Facoltà di Teologia di Lugano

Anno accademico 2022-2023

La maternità spirituale di Maria


secondo le Catechesi mariane
di Giovanni Paolo II
Tesi di Licenza in Teologia dogmatica

Studente Relatore
Maciej Grądzki Prof. Dr. Manfred Hauke
1
SOMMARIO

1. INTRODUZIONE .............................................................................................. 4
2. FONDAMENTI BIBLICI DELLA MATERNITÀ SPIRITUALE DI MARIA ........... 12
2.1. Antico Testamento ........................................................................................ 12
2.1.1. Protovangelo........................................................................................... 12
2.1.2. Sante donne ............................................................................................. 14
2.1.3. Annuncio della maternità messianica ..................................................... 15
2.2. Nuovo Testamento ........................................................................................ 18
2.2.1. Annunciazione (Maria come nuova Eva, Il valore del concepimento
verginale di Gesù)................................................................................................... 18
2.2.2. Visitazione (col cantico Magnificat) ....................................................... 21
2.2.3. La nascita di Gesù .................................................................................. 23
2.2.4. Presentazione nel Tempio (con la profezia di Simeone)......................... 23
2.2.5. Gesù ritrovato nel Tempio ...................................................................... 26
2.2.6. Maria, educatrice del Figlio di Dio. La vita nascosta............................ 27
2.2.7. Maria nelle nozze di Cana ...................................................................... 29
2.2.8. Maria nella vita pubblica di Gesù .......................................................... 32
2.2.9. Maria sotto la croce................................................................................ 33
2.2.10. Il ruolo di Maria nella chiesa nascente .................................................. 38
2.2.10.1. Maria e la risurrezione di Cristo .................................................... 38
2.2.10.2. Maria e il dono dello Spirito Santo ................................................ 39
3. DESCRIZIONE DELLA FEDE DELLA CHIESA IN MARIA COME MADRE
SPIRITUALE .......................................................................................................... 42
3.1. Dogmi mariani .............................................................................................. 42
3.1.1. Maria madre di Dio ................................................................................ 42
3.1.2. Maria madre verginale ........................................................................... 44
3.1.3. Immacolata Concezione, perfetta santità di Maria ................................ 48
3.1.4. L’Assunzione di Maria ............................................................................ 52
3.2. Il legame di Maria con la Trinità ................................................................ 57
3.3. Il legame tra la maternità di Maria e la redenzione .................................. 58
4. IL RUOLO DI MARIA COME MADRE SPIRITUALE NELLA VITA DELLA
CHIESA E DI OGNI FEDELE .................................................................................. 61
4.1. Maria, madre della Chiesa ........................................................................... 62
4.1.1. Maria, tipo e modello della Chiesa ........................................................ 63
4.1.2. Maria, modello della maternità della Chiesa ......................................... 64
4.1.3. Maria, modello della verginità della Chiesa .......................................... 66

2
4.1.4. Maria, modello della santità della Chiesa ............................................. 68
4.1.5. Maria, modello della Chiesa nel culto divino......................................... 69
4.2. L’intercessione celeste della madre della divina grazia ............................ 70
4.3. Maria, l’esempio delle virtù ......................................................................... 74
4.3.1. Maria, educatrice della fede ................................................................... 74
4.3.2. Maria, educatrice della speranza ........................................................... 77
4.3.3. Maria, educatrice della carità ................................................................ 78
4.4. Importanza della dottrina mariana per la donna ...................................... 82
5. IL CULTO MARIANO ..................................................................................... 85
5.1. Natura del culto mariano ............................................................................. 85
5.2. La preghiera e la devozione mariana .......................................................... 87
6. CONCLUSIONE ............................................................................................. 90
BIBLIOGRAFIA ..................................................................................................... 94

3
1. INTRODUZIONE

Dal 1995 fino al 19971 san Giovanni Paolo II durante le udienze generali del mercoledì
ha dedicato settanta catechesi alla Santissima Vergine Maria. All’inizio della prima
catechesi avvertiva sul grande bisogno dell’approfondimento del Suo ruolo nell’opera
della salvezza2. Già alcuni anni prima, nell’enciclica Redemptoris Mater, pubblicata il 25
marzo 1987 il papa sottolineava che nell’opera di salvezza Maria occupa un posto ben
preciso ed unico3.

La singolare devozione mariana di Giovanni Paolo II

La profonda devozione e l’amore di san Giovanni Paolo II, al secolo Karol Wojtyła verso
la Madre di Dio sono senza dubbio ben noti a quanti conoscono la storia del suo
pontificato e anche la sua storia personale.

Il papa stesso racconta che la venerazione alla Madre di Dio nella forma tradizionale gli
è stata insegnata in famiglia e nella parrocchia di Wadowice, la sua città natale. A un certo
momento della vita, il suo modo di comprendere il culto della Vergine Maria subì un certo
cambiamento4. Nel suo libro “Dono e mistero” il papa ricorda così questo periodo:

Ero già convinto che Maria ci conduce a Cristo, ma in quel periodo cominciai a capire che
anche Cristo ci conduce a sua Madre. Ci fu un momento in cui misi in qualche modo in
discussione il mio culto per Maria ritenendo che esso, dilatandosi eccessivamente, finisse per
compromettere la supremazia del culto dovuto a Cristo. Mi venne allora in aiuto il libro di San
Luigi Maria Grignion de Monfort che porta il titolo “Trattato della vera devozione alla Santa
Vergine”5.

In un’altra occasione il papa spiegava che proprio il libro di questo santo lo aiutò a
comprendere che «la vera devozione alla Madre di Dio è invece proprio cristocentrica,
anzi è profondissimamente radicata nel Mistero trinitario di Dio, e nei misteri
dell’Incarnazione e della Redenzione»6.

1
Le Catechesi mariane sono date da Giovanni Paolo II dal 6 settembre 1995 fino al 12 novembre 1997.
2
Catechesi mariana 1: Presenza di Maria all’origine della Chiesa, 6 settembre 1995, in Insegnamenti, vol.
XVIII/2, pp. 304-307, n. 1 (d’ora in poi sarà abbreviato con CM; si veda comunque l’elenco delle Catechesi
mariane alla fine del lavoro).
3
Cfr. GIOVANNI PAOLO II, Lettera Enciclica Redemptoris mater, 25 marzo 1987, in AAS 79 (1987), n. 1.
4
Cfr. GIOVANNI PAOLO II, Dono e mistero, Libreria Editrice Vaticana, Città del Vaticano 1996, p. 37.
5
Ibidem, p. 38.
6
GIOVANNI PAOLO II - V. MESSORI, Varcare la soglia della speranza, Arnoldo Mondatori Editore, Milano
1994, p. 231.

4
È notevole la lettera “M” nello stemma episcopale del papa sotto un braccio della croce.
“M” indica senza dubbio la Madonna che rimane fedele e persevera accanto a suo Figlio
anche nel momento della crocifissione. La lettera non si trova però alla destra, come
d’abitudine nella iconografia, ma alla sinistra, luogo che di solito corrisponde a San
Giovanni. Nello spostamento del simbolo indicante Maria si può forse vedere l’intenzione
di dimostrare che Maria è vicina ai discepoli del Signore nel momento della sofferenza7.

Anche il motto del suo pontificato Totus Tuus proviene quindi da San Luigi Maria
Grignion de Montfort ed è l’abbreviazione della consacrazione alla Madre di Dio: «Totus
Tuus ego sum et omnia mea Tua sunt. Accipio Te in mea omnia. Praebe mihi cor Tuum,
Maria» (Sono tutto tuo e tutto ciò che è mio è tuo, Ti prendo per ogni mio bene. Dammi
il tuo Cuore, o Maria )8. Il motto Totus Tuus non ha quindi, come chiarisce il papa, soltanto
un carattere pietistico e non è una semplice espressione di devozione, ma qualcosa di
molto di più9. Il papa spiega:

Riguardo alla devozione mariana, ciascuno di noi deve aver chiaro che non si tratta soltanto di
un bisogno del cuore, di un’inclinazione sentimentale, ma che corrisponde anche alla verità
oggettiva sulla Madre di Dio. Maria è la Nuova Eva, che Dio pone di fronte al nuovo Adamo-
Cristo, cominciando dall’Annunciazione, attraverso la notte della nascita a Betlemme, il
convito nuziale a Cana di Galilea, la croce sul Golgota, fino al cenacolo della Pentecoste: la
Madre di Cristo Redentore è Madre della Chiesa10.

Con queste parole il papa sottolinea il ruolo che Maria svolge nell’opera di salvezza.
Essendo la Madre di Dio, Maria è la Madre della Chiesa e quindi la Madre di ogni
credente. Come madre Maria svolge quindi un ruolo indispensabile nella vita dei credenti:

Gesù, che aveva sperimentato e apprezzato l’amore materno di Maria nella propria vita, ha
voluto che anche i suoi discepoli potessero a loro volta godere di questo amore materno come
componente del rapporto con lui in tutto lo sviluppo della loro vita spirituale. Si tratta di sentire
Maria come madre e di trattarla come madre, consentendole di formarci alla vera docilità verso
Dio, alla vera unione con Cristo, alla vera carità verso il prossimo11.

7
Cfr. A. GALLITELLI, Le settanta catechesi mariane di Giovanni Paolo II (1995-1997). Per una mariologia
biblico-sapienziale sulla Madre di Dio, Aracne Editrice, Canterano 2018, p. 259.
8
GIOVANNI PAOLO II, Dono e mistero, pp. 38-39.
9
Cfr. GIOVANNI PAOLO II - V. MESSORI, Varcare la soglia della speranza, p. 231.
10
Ibidem
11
GIOVANNI PAOLO II, Udienza generale: Le ultime parole di Cristo sulla croce: «Ecco la tua madre», 23
novembre 1988, in Insegnamenti vol. XI/4, pp. 1634-1642, n. 6.

5
Anche il cardinale Joseph Ratzinger nell’omelia della messa esequiale del pontefice del
8 aprile 2005 ha confermato che durante la sua vita Giovanni Paolo II ha vissuto con
Maria un tenero e filiale rapporto, amandola e accogliendola come Madre nel proprio
cuore12:

Il Santo Padre ha trovato il riflesso più puro della misericordia di Dio nella Madre di Dio. Lui,
che aveva perso in tenera età la mamma, tanto più ha amato la Madre divina. He sentito le
parole del Signore crocifisso come dette a lui personalmente: «Ecco tua madre»! Ed ha fatto
come il discepolo prediletto: l’ha accolto nell’intimo del suo essere (eis tà ídia: Gv 19,27) –
Totus Tuus. E dalla madre ha imparato a conformarsi a Cristo13.

La maternità spirituale di Maria nel magistero

Può sembrare sorprendente, ma la prima allusione all’intercessione attuale svolta di Maria


come madre, nell’insegnamento del magistero compare solo alla fine del XIV secolo, con
papa Bonifacio IX (+1404). Più tardi papa Benedetto XIV (+1758) si esprimerà su questo
tema in una bolla per le congregazioni mariane dell’anno 1748. Nell’anno 1854 il papa
Pio IX (+1878) con la bolla Ineffabilis Deus per la definizione del dogma dell’Immacolata
Concezione afferma che i cristiani possono trovare in Maria l’indispensabile aiuto in tutte
le vicende della loro vita. Durante i pontificati di Leone XIII (+1903), Pio X (+1914),
Benedetto XV (+1922), Pio XI (+1939) e Pio XII (+1958) l’insegnamento pontificio
sull’intercessione di Maria e la sua maternità diventa sempre più presente.

Anche il Concilio Vaticano II, convocato dal papa Giovanni XXIII (+1963) e concluso
da Paolo VI (+1978), riprende questa tematica, soprattutto nell’ottavo capitolo della

12
S. PERRELLA, Ecco tua Madre (Gv 19,27). La Madre di Gesù nel magistero di Giovanni Paolo II e
nell’oggi della Chiesa e del mondo, Edizioni San Paolo, Milano 2007, pp. 25-26.
13
J. RATZINGER, Omelia durante la messa esequiale per il defunto romano pontefice Giovanni Paolo II di
8 aprile 2005, L’Osservatore Romano, 9 aprile 2005, p. 3.

6
costituzione dogmatica sulla chiesa Lumen Gentium14. Dopo la conclusione del concilio
papa Paolo VI nell’esortazione apostolica Signum magnum dell’anno 1967 sottolinea che
la maternità spirituale di Maria è una verità piena di consolazione. Lo stesso papa nel
Credo del popolo di Dio, pubblicato l’anno dopo, afferma che Maria «continua in cielo il
suo officio materno riguardo ai membri di Cristo, cooperando alla nascita e allo sviluppo
della vita divina nelle anime dei redenti»15. Si può anche nominare papa Giovanni Paolo
I (+1978) che durante l’omelia della messa dell’inizio del ministero petrino dopo aver
chiamato Maria “Mater Ecclesiae” ha riportato una esperienza personale di sapere di
essere stato guidato «con delicata tenerezza» durante tutta la sua vita da Maria16. Si può
affermare che l’insegnamento dei papi sul Maria come madre degli uomini dimostra la
piena conformità. Per di più il magistero esprime una forte intenzione di rendere questa
verità conosciuta e comprensibile, oggetto di fede e di prassi17.

Giovanni Paolo II riprendendo il magistero del concilio e dei suoi predecessori e senza
dubbio con un intento di interpretarlo autorevolmente lo completa e consolida. Il suo
insegnamento mariano abbraccia tutto l’arco del pontificato, è contenuto in testi di ogni
genere e deve essere considerato come del tutto speciale nella storia del magistero
cattolico18.

14
Come riporta R. SKRZYPCZAK, Karol Wojtyła na Soborze Watykańskim II. Zbiór wystąpień, AA s.c.,
Kraków 2020, pp. 201-202, Karol Wojtyła come vescovo, prendendo parte al Concilio Vaticano II ha svolto
un ruolo attivo nella preparazione della costituzione Lumen Gentium, soprattutto quando si tratta del
capitolo sulla Vergine Maria. Nel novembre 1963, durante la prima sessione del concilio il vescovo Wojtyła
ha preparato un discorso, che per motivi sconosciuti non è stato pronunciato. Così vescovo Wojtyła scriveva
in quel tempo sulla maternità di Maria e la sua relazione con la Chiesa: «Allo schema sulla Chiesa dovrebbe
essere collegato lo schema sulla Santa Vergine Maria. Il significato di questa connessione sembra essere il
seguente. Ebbene, nel fatto che la Beata Maria è nella Chiesa - Corpo Mistico di Cristo - insieme Madre
del Capo e Madre di tutte le membra e cellule del Corpo, si manifesta al tempo stesso la maternità della
Chiesa stessa, che nello schema ci è stata presentata come maestra (società che dà un insegnamento)
piuttosto che come madre. La Chiesa si deve credere e confessare come madre spirituale di tutte le anime.
La maternità della Chiesa è racchiusa soprattutto nelle mani e nel cuore della Beata Vergine, perché è
profondamente legata al suo ruolo di Mediatrice. Pertanto, crediamo che Maria sia la Madre di tutta la
Chiesa come comunità, specialmente dei suoi membri più sofferenti. Questi sono quelli che hanno più
bisogno delle sue cure materne. Crediamo che Ella è la Madre di ogni anima umana e di ogni persona, e
questa maternità consiste nel completare la somiglianza con Cristo - Figlio di Dio e insieme suo Figlio
Primogenito. Dopotutto, una madre vuole partorire e avere figli simili a lei. Così, attraverso la maternità
universale della Beata Vergine, gli uomini e le donne nella Chiesa sono uniti in modo speciale come una
cosa sola. E così la sua maternità stabilisce un legame profondo nel Corpo mistico di Cristo».
15
Cfr. R. COGGI, Trattato di Mariologia. I misteri della fede in Maria, Edizioni Studio Domenicano,
Bologna 2011, pp. 223-227.
16
Cfr. GIOVANNI PAOLO I, Omelia durante la messa dell’inaugurazione del pontificato: Iniziamo il nostro
servizio sostenuti dalle vostre preghiere, 3 settembre 1978, in Insegnamenti, p. 43.
17
Cfr. T. F. OSSANNA, Madre nostra III. La fede della Chiesa in Maria madre nostra, in S. DE FIORES - S.
MEO (edd.), Nuovo dizionario di Mariologia, Edizioni Paoline, Milano 1988, p. 836.
18
Cfr. G. GHIO, La sposa di Dio. La maternità spirituale di Maria come chiave ermeneutica dell’economia
divina, Gregorian & Biblical Press, Roma 2015, p. 222.

7
Il presente lavoro è un tentativo di approfondimento sulla maternità spirituale di Maria
secondo le settanta Catechesi mariane di Giovanni Paolo II.

Come vedremo in seguito nelle sue Catechesi mariane il papa si riferisce spesso all’ottavo
capitolo della costituzione dogmatica sulla Chiesa del Vaticano II, Lumen Gentium
intitolato: “La beata Vergine Maria Madre di Dio nel mistero di Cristo e della Chiesa” ed
anche alla sua enciclica Redemptoris Mater.

Le settanta Catechesi mariane sono suddivise in tre parti. La prima parte di 9 catechesi
tratta della presenza di Maria nella storia della Chiesa. La seconda parte, più lunga di 46
catechesi tratta della fede della Chiesa su Maria. Nella terza parte di 14 catechesi il papa
parla del ruolo di Maria nella Chiesa19.

Si cercherà prima di esaminare i fondamenti biblici della maternità spirituale di Maria,


sia nell’Antico come nel Nuovo Testamento. In seguito, verranno descritte le principali
questioni riguardanti la fede della Chiesa su Maria come madre spirituale e il ruolo che
Maria come madre spirituale svolge nella vita della intera Chiesa e di ogni credente
individualmente. Infine, si approfondirà la questione del culto mariano e quindi dei doveri
dei credenti verso la loro Madre.

La definizione di maternità

Il mistero di Maria, madre di Dio e madre degli uomini è una fondamentale affermazione
di fede20. Bisogna però tenere presente che l’estensione della maternità di Maria nei
confronti degli uomini è un allargamento del dato biblico fondamentale, che presenta
Maria come la “madre di Gesù” (Gv 2,1; Gv 2,3; At 1,14) o “madre del mio signore” (Lc
1,43)21. Le catechesi di Giovanni Paolo II aiuteranno a capire e riscoprire il senso di
questo ampliamento.

Prima di tutto bisogna sottolineare che il concetto della maternità espone una relazione
tra madre e il figlio, quindi tra chi genera e chi è generato. La madre, con la sua libera
volontà, accettando di dare la vita al figlio da inizio ad una relazione che resta viva per
sempre in lei e il figlio. Questa relazione crea un legame di amore e dono da cui nascono

19
Cfr. S. PERRELLA (2007), p. 233. L’autore fa riferimento al volume: GIOVANNI PAOLO II, Maria nel
mistero di Cristo e della Chiesa. Catechesi sul Credo, vol. 5.
20
Cfr. T. F. OSSANNA, Madre nostra I. Chiarificazione dei termini e impostazione del problema, in S. DE
FIORES - S. MEO (edd.), Nuovo dizionario di Mariologia, Edizioni Paoline, Milano 1988, p. 831.
21
Cfr. S. CIPRIANI, Madre nostra II. Fondamento biblico, in S. DE FIORES - S. MEO (edd.), Nuovo dizionario
di Mariologia, Edizioni Paoline, Milano 1988, p. 831.

8
i diritti e doveri da tutte le due parti. Il dono primario per il figlio è la vita, ma certamente
anche la madre stessa. Dall’altra parte anche il figlio è un dono per la madre, la sua vita
viene affidata a lei. Tutti gli atti della madre sono quindi espressione di questa relazione
amore-dono, e così devono essere anche gli atti del figlio22.

Maria è “madre nostra” con tutto ciò che è e tutto ciò che ha, non solo con le sue azioni o
parole, lo è non solo quando genera, ma sempre. Nella sua maternità porta agli uomini la
particolare relazione con il Padre, il Figlio e lo Spirito Santo, porta la sua dignità di essere
la madre di Dio e la sua pienezza di grazia. Alla domanda: chi sono i figli di Maria,
bisogna rispondere che si tratta di una maternità universale, quindi una maternità verso
tutti gli uomini. «Tutti sono chiamati alla salvezza, Cristo è il Salvatore di tutti, Dio
chiama tutti a Cristo e dove c’è Cristo li c’è Maria». È ovvio che bisogna anche
distinguere i gradi di attuazione di questa maternità. La consapevolezza deve essere più
viva nei battezzati, i membri della Chiesa, che credono e mettono la loro fede in prattica.
«È ovvio, inoltre, che l’universalità non toglie la singolarità, per cui “nostra madre” è
anche “mia madre”»23.

La credenza su Maria come Madre degli uomini ha in se anche un elemento culturale che
occorre conoscere per capire il senso esatto dell’affermazione. Nel corso del tempo la
maternità è stata vista con accentuazioni diverse. Anche se più spesso si riconoscevano
in essa gli aspetti positivi, a volte si mettevano in luce anche gli aspetti negativi che la
maternità secondo alcuni potrebbe avere. Fra gli esempi del cattivo influsso della
maternità si nomina il legame di dipendenza dall’uomo che sottometteva la donna ed
anche il possibile impedimento nella maturazione dei figli24. Oggi la maternità viene
anche spesso vista come un impedimento all’autorealizzazione della donna.

Cercando di scoprire il senso e il valore della maternità nel vangelo, occorre sapere che
ci si trova dentro una cultura che aveva una grande stima per la maternità.

Se fuori d'Israele c'è la dea madre, e la terra è la genitrice e le capitali sono chiamate città madri
('metropoli'), in Israele si leggono elogi alla madre che Dio vuole onorata (Es 20,12). Nel vangelo Gesù
incontra le madri, le ammira, le consola, chiede loro collaborazione; ma nello stesso tempo pone in

22
Cfr. T. F. OSSANNA, Madre nostra IV. Riflessioni teologiche, in S. DE FIORES - S. MEO (edd.), Nuovo
dizionario di Mariologia, Edizioni Paoline, Milano 1988, p. 838.
23
Ibidem
24
Cfr. T. F. OSSANNA, Madre nostra I, p. 831.

9
evidenza la superiorità di Dio e del regno sull'affetto materno (Le 18,29; Mc 10,29) anche quando parla
a sua madre (Lc 2,49) e di sua madre (Lc 8,21)25.

Dall’analisi dell’etimologia e l’uso della parola “madre” o “donna” nell’ebraico


dell’Antico Testamento e poi nel greco del Nuovo Testamento risulta la diversità di
significato dei termini. A volte le parole “madre” o “donna” vengono unite con i verbi:
concepire, essere incinta, partorire, generare, allattare. In questi casi sono quindi usate in
senso fisico di “genitrice”. In altri casi i termini hanno un senso indiretto e indicano inizio
di generazione, quindi la madre può essere anche la nonna o l’ava. Nella Bibbia troviamo
anche un senso traslato, perché la madre può essere il popolo di Israele (Os 2,4-7) o
addirittura Dio stesso (Is 66,13)26.

Nella Bibbia la madre è anche «simbolo d’amore e tenerezza (Is 66,13; Sal 25,6; Lc
13,34) che l'espressione "viscere materne" esprime bene; è legata alla saggezza (Prv 8,22),
alla forza di affrontare il sacrificio, le doglie del parto; diviene fonte di vita, di alimento,
di storia (Gn 24,60); è protetta da Dio, collaboratrice di Dio (Gn 4,1), portatrice di
gioia»27. In questo modo risulta chiaro che per scoprire in modo profondo il significato
della maternità di Maria riguardo gli uomini, quindi la maternità universale o spirituale è
necessario andare oltre la parola “madre” in se stessa28. Le Catechesi mariane di Giovanni
Paolo II possono servire come l’aiuto per giungere a questo fine.

Occorre anche all’inizio di questo lavoro chiarire in modo breve il termine della maternità
spirituale. «Per maternità naturale si intende la capacità di generare un essere vivente
della stessa specie in dipendenza da un intervento esterno (fecondazione) il cui apporto è
indispensabile all’avvio del processo»29. Il concetto di maternità si estende anche alle fasi
dello sviluppo prenatale del concepito nel grembo materno e la prestazione delle cure
necessarie alla crescita da partire della nascita30.

A partire dalla realtà della maternità naturale come capacità di generare un essere vivente della
stessa specie in dipendenza da un intervento esterno, per maternità spirituale si intende una
funzione materna riconosciuta, per via analogica, nell’ambito della vita spirituale, ossia di
quella relazione sostanziale con Dio che è espressione della partecipazione ontologica della

25
Ibidem
26
Ibidem
27
Ibidem
Come riferisce l’autore, queste conclusioni risultano dall’analisi di 220 volte in cui nella Bibbia compare
la parola “madre” e 781 volte in cui compare la parola “donna”.
28
Ibidem
29
G. GHIO (2015), p. 35.
30
Ibidem

10
natura divina. Questa partecipazione consiste non in un'esperienza meramente soggettiva,
attinente soltanto al piano morale umano della virtù di religione e quindi comune alle altre
esperienze religiose, ma in una realtà oggettiva, sebbene invisibile, che supera la vita naturale,
sia pur presupponendola. Per tale motivo si parlerà di vita soprannaturale, cioè di un modo di
esistenza appartenente ad un ordine superiore e distinto - ma non assolutamente separato - dal
modo di esistenza nell'ordine naturale, quello della vita fisica che si svolge nello spazio e nel
tempo entro i limiti dell'essere finito. La vita soprannaturale è quella propria dell'Essere
infinito, partecipata alla creatura umana mediante la fede battesimale nel Figlio di Dio
incarnato, morto e risuscitato (cfr. Gal 3,26-27)31.

L’analogia fra la maternità naturale e la maternità spirituale, quindi detto con altre parole,
l’analogia fra la generazione naturale e la rigenerazione spirituale conduce a vedere che
anche in questa seconda il ruolo materno è indispensabile32. Trattando della maternità
spirituale di Maria potremmo quindi forse scoprire che si tratta del suo ruolo
indispensabile nell’opera della salvezza dell’uomo.

31
Ibidem, p. 59.
32
Ibidem, p. 61.

11
2. FONDAMENTI BIBLICI DELLA MATERNITÀ SPIRITUALE DI MARIA

2.1. Antico Testamento

2.1.1. Protovangelo

Nella catechesi intitolata “Maria nel protovangelo” il papa cita costituzione dogmatica
del Vaticano II Lumen Gentium che nel numero 55 ricorda che

i libri dell’Antico Testamento descrivono la storia della salvezza, nella quale lentamente viene
preparandosi la venuta di Cristo nel mondo. Questi primi documenti […] passo passo mettono
sempre più chiaramente in luce la figura di una donna: la madre del Redentore33.

Il papa sottolinea quindi, seguendo l’insegnamento del Vaticano II, che la figura di Maria
si stava delineando fin dagli inizi della storia della salvezza34.

È soprattutto la frase del Genesi 3,15 detto Protovangelo «Io porrò inimicizia tra te e la
donna, tra la tua stirpe e la sua stirpe; questa ti schiaccerà la testa e tu le insidierai il
calcagno» a venir vista come il preannuncio della Madre del Redentore. Il papa mette in
risalto che Dio mostra il suo grande amore e infinita generosità anche verso l’uomo che
lo aveva offeso. La risposta di Dio al peccato dell’uomo non è quindi soltanto la
punizione, ma anche e soprattutto l’apertura della prospettiva della salvezza che stabilisce
per l’uomo il fondamento della speranza nonostante la sofferenza futura. Di conseguenza
il Protovangelo mostra la volontà salvifica di Dio sin dalle origini dell’umanità come pure
la sua volontà di coinvolgere l’uomo attivamente nell’opera redentrice. Nello svolgersi
della storia della salvezza diventa chiaro che Maria è proprio la donna che ha cooperato
in modo attivo, libero e cosciente alla salvezza (cfr. CM 12,2).

Giovanni Paolo II afferma anche che le parole del Protovangelo svelano proprio la
straordinarietà del destino della donna, la quale è caduta prima dell’uomo nella tentazione
del serpente, ma adesso diventa, in virtù del piano divino, la prima alleata di Dio. Egli
stesso farà della donna la nemica del serpente, capovolgendo la situazione precedente.
Eva è colei che, alleata con il serpente, ha trascinato l’uomo nel peccato; nel futuro

33
CONCILIO ECUMENICO VATICANO II, Costituzione dogmatica sulla Chiesa Lumen Gentium, 21 novembre
1964, in AAS 57 (1965), n. 55.
34
Cfr. Catechesi mariana 12: Maria nel protovangelo, 24 gennaio 1996, in Insegnamenti, vol. XIX/1, pp.
115-117, n. 1.

12
profetizzato ci sarà una donna alleata di Dio per portare l’uomo alla salvezza (cfr. CM
12,2)35.

Giovanni Paolo II sottolinea che anche se il testo della Genesi, secondo l’originale ebraico
non attribuisce l’azione contro il serpente direttamente alla donna, ma alla stirpe di lei, il
suo ruolo viene comunque posto il risalto. La donna svolgerà un ruolo del tutto singolare
nella lotta contro il serpente, il vincitore sarà il suo figlio (cfr. CM 12,3)36.

Il testo della Genesi dimostra quindi una donna eletta per collaborare attivamente alla
trasformazione del destino dell’uomo che con il peccato ha perso il paradiso. Questa
donna eletta collaborerà quindi mediante la sua missione materna alla vittoria divina su
satana e in conseguenza restaurerà il ruolo e la dignità della donna. È quindi una donna
nuova, voluta e chiamata da Dio per sanare la colpa di Eva (cfr. CM 12,3). Il papa ricorda
che:

Alla luce del Nuovo Testamento e della tradizione della Chiesa, sappiamo che la donna nuova
annunciata dal Protovangelo è Maria, e riconosciamo nella sua stirpe, il figlio, Gesù,
trionfatore nel mistero della Pasqua sul potere di satana (CM 12,4).

Il papa osserva inoltre che l’inimicizia che Dio ha posto tra il serpente e la donna si
realizza in Maria in duplice modo. Il primo momento è nell’immacolato concepimento,
quando Maria viene plasmata dalla grazia dello Spirito Santo e preservata da ogni
peccato37. Lei è quindi la perfetta alleata di Dio e la nemica del diavolo, completamente
sottratta al suo dominio. Per di più, collaborando nel modo del tutto particolare e unico
all’opera salvifica del suo Figlio, Maria è stata pienamente coinvolta nella lotta contro il
demonio. Così l’opposizione irriducibile fra il serpente e Maria, la nuova Eva, viene
manifestata con i titoli di Immacolata Concezione e Cooperatrice del Redentore (cfr. CM
12,4).

35
Si nota la somiglianza con il libro di J. GALOT, Maria. La donna nell’opera di salvezza, Roma 2005, p.
34: «Secondo il racconto della caduta, la donna era stata la prima a cedere al tentatore, a comportarsi cioè
da amica del serpente e da nemica di Dio. Ed ecco che è destinata a diventare la prima nemica del serpente,
la prima amica di Dio».
36
Si nota la somiglianza con J. GALOT (2005) p. 190: «La donna viene definita nemica del serpente, ma è
la sua stirpe che riporta vittoria».
37
In questo senso anche J. GALOT (2005) pp. 190-191: «Perché la donna sia realmente nemica del serpente,
bisogna che possegga una santità al riparo da ogni peccato. […], affinché questa ostilità sia assoluta, occorre
che sia sempre esistita in Maria, fin dal primo momento della sua esistenza. Maria dunque ha dovuto essere,
fin dal suo concepimento, interamente sottratta al potere soggiogante di Satana».

13
2.1.2. Sante donne

Nell’Antico Testamento troviamo delle figure che possono essere viste come
prefigurazioni di Maria come madre spirituale dei membri del nuovo popolo di Dio38. In
queste figure nelle quali possiamo vedere i miracoli operati dalla potenza divina si
intravede colei che sarà la donna più grande: Maria, la madre di Dio39.

L’Antico Testamento racconta quindi spesso di alcune donne eccezionali che sotto
l’influsso dello Spirito Santo cooperano alla salvezza del popolo di Israele40. La
tradizione veterotestamentaria come anche tutta la tradizione ebraica sono pieni di
ammirazione per la eccellenza morale della donna, che si dimostra soprattutto in un
atteggiamento di fiducia verso il Signore, nella preghiera per ottenere il dono della
maternità, nella supplica a Dio per la salvezza d’Israele dagli assalti dei suoi nemici (cfr.
CM 16,1). La presenza di queste donne straordinarie nella vita del popolo non è senza
dubbio marginale, né passiva. Molto spesso sono proprio loro le protagoniste della storia
della salvezza (cfr. CM 15,1).

Il primo significativo esempio è Maria, la profetessa, sorella di Aronne (Es 15,20) la quale
dopo il passaggio del mar Rosso, inaugura la celebrazione festosa di questo evento
decisivo. Questo testo ispirato che fa menzione della iniziativa femminile in un contesto
di una particolarmente gioiosa celebrazione mette in evidenza non solo il valore del ruolo
della donna, ma anche la sua speciale attitudine a lodare e ringraziare Dio (cfr. CM 15,1).

L’altro esempio citato dal papa è la profetessa Debora. Il libro dei Giudici racconta come
essa, dopo aver consigliato il capo dell’esercito, con la sua presenza assicura il successo
di Israele ed annuncia che un'altra donna, Giaele, ucciderà il capo dei nemici (cfr. CM
15,2).

Anche i libri di Giuditta e di Ester, in un contesto di violenza, presentano due figure di


donne che procurano vittoria e salvezza agli Israeliti.

38
J. GALOT (2005) p. 37-35: nomina Giuditta e Ester, le descrizioni sono simili.
39
Catechesi mariana 16: Nobiltà morale della donna, 10 aprile 1996, in Insegnamenti, vol. XIX/1, pp. 952-
954, n. 4.
J. GALOT (2005) p. 41 afferma: «Non si può contrastare l’importanza di queste testimonianze, ma si deve
osservare che questi sparsi non hanno determinato alcun cambiamento profondo nella mentalità giudaica,
per la quale la donna aveva solo un ruolo inferiore e secondario nella religione. Erano gli uomini che
guidavano il destino religioso del popolo; pertanto, era con essi che si stabiliva l’alleanza. L’alleanza
conclusa con Maria era dunque una novità, una rottura con il passato».
40
Cfr. Catechesi mariana 15: Donne impegnate nella salvezza del popolo, 27 marzo 1996, in Insegnamenti,
vol. XIX/1, pp. 851-854, n. 15.

14
La storia di Giuditta dimostra ancora una volta come Dio si serve della debolezza per
trionfare sulla forza. Di fronte al pericolo del temibile esercito inviato da Nabucodonosor
a conquistare Israele, tutta la popolazione della città Betulia, inclusi gli anziani perde la
fiducia e vuole arrendersi al nemico. In questa situazione, in apparenza senza alcuna
fondata speranza Giuditta rimprovera gli anziani della loro mancanza di fede e professa
la sua piena fiducia nella salvezza che viene dal Signore. Dopo una lunga preghiera si
reca da Oloferne, il capo dell’esercito dei nemici e lo uccide, e così merita la lode del
Sommo Sacerdote, degli anziani e del tutto il popolo. Giuditta è quindi uno straordinario
simbolo della fedeltà del Signore, dell’umile preghiera e della volontà di mantenersi casta
(cfr. CM 15,3).

Anche Ester rischia la propria vita per intercedere per il proprio popolo. Quando nel regno
di Persia viene decretato lo sterminio degli Ebrei, Ester, che vive nel palazzo del re,
avendo il rango di regina, dopo che gli altri ebrei le hanno richiesto di intercedere per loro
si presenta al re. Venendo dal re senza essere convocata agisce contro la legge e quindi
rischia la pena di morte, ma ottiene alla fine la revoca del decreto di sterminio (cfr. CM
15,4).

Il primo libro di Samuele racconta fra altro la vicenda di Abigail, alla quale viene inoltre
attribuita la funzione di intercessione. Essa chiedendo il perdono a Davide per le colpe
del suo marito Nabal, salva la sua famiglia dalla morte imminente (cfr. CM 15,5).

Anche la letteratura sapienziale vede nella donna un tesoro nascosto e un prezioso dono
del Signore. Come vertice delle sue possibilità e fonte più grande di ammirazione viene
indicata la fedeltà della donna all’alleanza divina (cfr. CM 16,3).

Il libro dei Maccabei presenta l’esempio più degno di ammirazione nel racconto della
madre dei sette figli martirizzati a causa della loro fedeltà alla legge divina. La madre,
vedendo la morte dei suoi figli e quindi subendo il martirio nel cuore ha dato la
testimonianza di un coraggio eroico a causa della sua fede incrollabile ed una speranza
senza limiti dalla quale veniva la fiducia che Dio che ha creato tutto dal nulla è anche in
grado di risuscitare i morti (cfr. CM 16,4).

2.1.3. Annuncio della maternità messianica

La Sacra Scrittura testimonia chiaramente che la maternità è un dono di Dio. Con le parole
di Eva che dopo aver partorito il suo figlio primogenito Caino, dice che lo ha ricevuto da

15
Dio, il libro della Genesi indica la prima maternità della storia come una grazia e gioia,
che hanno come fonte la bontà di Dio41.

Come un dono straordinario e inaspettato viene anche presentata la nascita di Isacco, il


figlio di Abramo e Sara. Abramo, non avendo figli ed essendo già in età avanzata accoglie
con fede e fiducia la promessa di una discendenza. L’evento della nascita di Isacco,
apparentemente impossibile, dimostra che la maternità di Sara è soprattutto frutto della
misericordia di Dio, il quale dona la vita in un modo che supera le aspettative dell’uomo
(cfr. CM 14,2). Nel racconto della visita ad Abramo di tre personaggi già i padri della
chiesa hanno visto la prefigurazione della Trinità. Nel momento difficile della prova
quando la promessa sembra non compiersi essa viene ripetuta e dopo un anno Sarà dà alla
luce il figlio. L’evento dimostra l’effetto dell’intervento di Dio, che permette all’unione
dell’uomo e della donna, che era rimasta sterile fino a quel momento di dare il frutto.
Abramo diventa padre contro ogni speranza, ed anche padre nella fede, perché dalla sua
fede scaturisce la fede del futuro popolo di Israele (cfr. CM 14,3).

Successivamente nella storia del popolo eletto troviamo anche altri esempi di guarigione
dalla sterilità e rallegrate da Dio con il dono della maternità. Si tratta spesso di situazioni
di disperazione trasformate in gioia da Dio, che è generoso con chi umanamente è privo
della speranza. Si può qui evocare l’esempio di Rachele, la moglie di Giacobbe, che dopo
un lungo tempo partorisce Giuseppe, che avrà un ruolo importante nella storia del popolo
di Israele dopo il suo trasferimento in Egitto (cfr. CM 14,4). In modo simile si svolge la
storia della nascita di Sansone. La sua inaspettata nascita segnala le grandi opere che Dio
compirà per mezzo di lui (cfr. CM 14,5). Il caso di Anna, madre di Samuele mostra la
forza della preghiera. Nonostante la grande sofferenza per la sterilità Anna non perde la
speranza, ma si fida nel Signore. Chiedendo il Signore il dono del figlio, Anna promette
di offrirlo al Suo servizio. Dio ascolta la sua preghiera e dopo la nascita di Samuele Anna
compie il suo voto. La grazia della maternità concessa ad Anna causa in lei una grande
gratitudine e una nuova generosità. Alla generosità di Dio Anna risponde offrendo il suo
così tanto atteso figlio (cfr. CM 15,6).

Basandosi sugli esempi sopra nominati si può affermare che la Bibbia assegna alle madri
un ruolo importante nella missione dei loro figli. Inoltre, dal messaggio biblico appare
chiaramente che la maternità è un dono divino. Il caso delle donne sterili mette in luce in

41
Cfr. Catechesi mariana 14: La maternità viene da Dio, 6 marzo 1996, in Insegnamenti, vol. XIX/1, pp.
502-505, n. 1.

16
modo particolare la dimensione della gratuità e l’alleanza speciale di Dio con la donna.
Allo stesso tempo azione di Dio che nei momenti cruciali e spesso difficili rende feconde
alcune donne sterili «prepara la fede nell’intervento di Dio, che nella pienezza dei tempi,
renderà feconda una Vergine per l’incarnazione del suo Figlio» (CM 14,6).

Giovanni Paolo II ricorda che parlando della figura di Maria nell’Antico Testamento la
costituzione Lumen Gentium del Vaticano II evoca il noto testo di Isaia 7,14: «Ecco, la
vergine concepirà e partorirà un figlio, che chiamerà Emmanuele»42.

Il papa spiega che la profezia scritta in lingua ebraica, non indica esplicitamente la nascita
verginale dell’Emmanuele. La parola usata almah indica una giovane donna, non
necessariamente una vergine. Nella traduzione in greco la parola ebrea almah viene resa
con parthenos, cioè vergine. Il papa sostiene che quel fatto può a prima vista sembrare
solo una semplice particolarità della traduzione, ma in verità qui si deve riconoscere un
misterioso intervento dello Spirito Santo, che dà alle parole di Isaia un senso che permette
e aiuta di comprendere in modo giusto la nascita straordinaria del Messia. L’uso del
termine “vergine” nella traduzione può essere giustificato col fatto che Isaia annuncia il
concepimento del bambino in modo molto solenne e lo presenta come un segno che viene
da Dio. Questo fa quindi aspettare qualcosa di speciale e del tutto unico. Il fatto che una
giovane donna concepisca un figlio dopo essersi unita al marito, non costituisce invece
niente di straordinario, per di più l’oracolo non accenna per niente al marito. Una tale
interpretazione rimanda quindi all’interpretazione data nella traduzione greca (cfr. CM
13,2).

L’annuncio della nascita dell’Emmanuele, il Dio con noi, costituisce la promessa della
presenza di Dio attiva e piena di amore nella storia della umanità. Questa promessa verrà
compiuta nell’incarnazione del Verbo. Il fatto che l’annuncio della venuta al mondo
dell’Emmanuele parli di una donna indica il desiderio di unire il destino della madre a
quello del figlio. Questa intenzione permette di riconoscere il particolare piano divino, il
quale dà una grande importanza al ruolo della donna. Si tratta infatti di unire la madre al
destino del figlio, che il profeta chiama: «consigliere ammirabile, Dio potente, Padre per
sempre, Principe della Pace» (Is 9,5), che istaurerà il regno messianico. Quindi non solo

42
Cfr. Catechesi mariana 13: Annuncio della maternità messianica, 31 gennaio 1996, in Insegnamenti, vol.
XIX/1, pp. 164-167, n. 1.

17
il bambino è un segno, ma anche il suo concepimento meraviglioso, che a sua volta di
nuovo sottolinea l’importanza della madre (cfr. CM 13,4).

Seguendo Lumen Gentium il papa ricorda che la maternità verginale di Maria è stata
preparata in senso più ampio dalla grazia concessa da Dio ai poveri ed umili. Sono infatti
loro, che ponendo tutta la loro fiducia e speranza in Dio lasciano vedere il profondo senso
della verginità di Maria, la quale ha sacrificato la ricchezza della maternità umana per
avere Dio come unica fonte di fecondità della sua vita.

Giovanni Paolo II afferma quindi che nell’Antico Testamento non si trova un annuncio
formale della maternità verginale di Maria, che viene rivelata in pienezza nel Nuovo
Testamento43.

Tuttavia, l’oracolo di Isaia (7,14) prepara la rivelazione di questo mistero ed è stato precisato
in questo senso nella traduzione greca dell’Antico Testamento. Citando l’oracolo così tradotto,
il Vangelo di Matteo ne proclama il perfetto adempimento per mezzo del concepimento di
Gesù nel grembo verginale di Maria (CM 13,7).

2.2. Nuovo Testamento

2.2.1. Annunciazione (Maria come nuova Eva, Il valore del concepimento


verginale di Gesù)

Trattando dell’Annunciazione Giovanni Paolo II ricorda di nuovo le parole di Lumen


Gentium: «Volle il Padre delle misericordie, che l’accettazione di colei che era
predestinata ad essere la madre precedesse l’Incarnazione, perché così, come una donna
aveva contribuito a dare la morte, una donna contribuisse a dare la vita»44.

Maria può quindi essere chiamata la nuova Eva, perché porta al mondo Cristo, cioè colui
che è la fonte della vita immortale. Per descrivere meglio la diversità fra Maria ed Eva,
nella sua catechesi il papa cita sant’Ireneo:

Come quella - cioè Eva - era stata sedotta dal discorso di un angelo, in modo da sottrarsi a Dio
trasgredendo la sua parola, così questa - cioè Maria - ricevette la buona novella da un discorso

43
L’opinione del papa corrisponde a J. GALOT (2005) p. 124: «La profezia della nascita dell’Emmanuele,
in Isaia 7,14, è citata nel racconto di Matteo: “Ecco: la vergine concepirà e partorirà un figlio, che chiamerà
Emmanuele” (Mt 1,23). […] quando evangelista cita questo testo, gli attribuisce il senso di un
concepimento verginale, ma lo fa a partire da ciò che si verifica per Maria. Non è l’Antico Testamento che
fornisce un tema al Nuovo, ma è il Nuovo che getta una nuova luce su un antico testo e lo reinterpreta».
44
Lumen Gentium, n. 56.
Cfr. Catechesi mariana 33: Maria «nuova Eva», 18 settembre 1996, in Insegnamenti, vol. XIX/2, pp. 372-
374, n. 1.

18
di un angelo, in modo da portare Dio, obbedendo alla sua parola; e come quella era stata sedotta
in modo da disobbedire a Dio, questa si lasciò persuadere a obbedire a Dio, e perciò della
vergine Eva la Vergine Maria divenne l’avvocata. E come il genere umano era stato
assoggettato alla morte da una vergine, ne fu liberato da una Vergine; così la disobbedienza di
una vergine è stata controbilanciata dall’obbedienza di una Vergine . . . (Sant'Ireneo, Adv.
Haer., 5,19.1) (CM 33,1)45.

La risposta di Maria all’annuncio dell’angelo: «Eccomi, sono la serva del Signore,


avvenga di me quello che hai detto» (Lc 1,38) dimostrano da parte sua un comportamento
tipico della spiritualità ebraica. L’Antico Testamento chiama servi coloro che sono eletti
a compiere una missione per il bene del popolo di Israele. Come esempi si possono
nominare Abramo, (Gen 26,24), Isacco (Gen 24,14), Giacobbe (Es 32,13; Ez 37,25),
Giosuè (Gs 24,29), Davide (2 Sam 7,8, ecc.), i profeti e sacerdoti, ad anche alcune donne
come la regina Ester, la quale intercedendo per il popolo, nella sua preghiera chiama sé
stessa la serva del Signore (Est 4,17). All’inizio della Nuova Alleanza Maria risponde a
Dio con un atteggiamento di umile e libera obbedienza e docilità e si affida
consapevolmente e totalmente alla Sua volontà. È quindi disponibile, come proprio lo
esprime a diventare la «serva del Signore». Il suo atto di offrirsi al servizio divino si può
paragonare con l’atteggiamento di Mose, il quale agli inizi dell’Antica Alleanza
rispondendo alla elezione da parte di Dio professa di essere suo servo (cfr. Es 4,10;
14,31)46.

Il papa sottolinea che nel dare il suo “si” al piano di Dio, Maria è totalmente libera davanti
a Lui, ma d’altra parte si sente anche personalmente responsabile di fronte all’umanità, il
cui futuro dipende dalla sua risposta. Come dice Giovanni Paolo II: «Dio consegna nelle
mani di una giovane donna il destino di tutti» (CM 33,2). Il “si” di Maria può quindi
essere considerato il presupposto e la base affinché si possa compiere il piano, che Dio
nella sua misericordia e benevolenza ha preparato per la redenzione dell’uomo (cfr. CM

45
La citazione di sant’Ireneo si trova anche in J. GALOT (2005) p. 88.
46
Cfr. Catechesi mariana 32: La serva obbediente del Signore, 4 settembre 1996, in Insegnamenti, vol.
XIX/2, pp. 271-273, n. 1.

19
33,1)47. Il papa cita ancora il Catechismo nel quale viene detto che Maria dando il suo fiat
in nome di tutta l’umanità è diventata la nuova Eva, madre dei viventi (cfr. CCC n. 511),
(cfr. CM 33,2). Con la sua piena sottomissione ed obbedienza alla volontà di Dio, Maria
è disposta ad accettare e per di più fare con gioia tutto quello che Dio la chiederà durante
tutta la sua vita (cfr. CM 32,2). Chiamandosi la «serva del Signore» Maria ha intenzione
di dedicarsi a compiere personalmente in modo ideale il servizio che Dio aspetta da tutto
il suo popolo (cfr. CM 32,1). Giovanni Paolo II dice che le parole: «Eccomi, sono la serva
del Signore» preannunciano Colui che dirà di se stesso: «Il Figlio dell’uomo non è venuto
per essere servito, ma per servire e dare la propria vita in riscatto per molti» (Mc 10,45;
Mt 20,28) (cfr. CM 32,2)48. In questo modo, già prima della nascita di Gesù lo Spirito
Santo realizza una perfetta somiglianza delle disposizioni interiori fra Maria e il suo figlio
(cfr. CM 32,2). Senza dubbio Maria offrendo la sua vita al servizio del Signore intende
anche nello stesso tempo metterla al servizio del prossimo (cfr. CM 32,3).

Lo stesso concepimento verginale deve essere visto come una realtà di fondamentale
significato. La decisione di Dio il quale ha voluto che il suo Figlio nascesse da una vergine
implica un intimo legame tra la verginità di Maria e l’Incarnazione del Verbo. Seguendo
il Catechismo il papa insegna che la fede dimostra ai credenti le ragioni per le quali Dio
ha voluto che il suo Figlio nascesse da una vergine. Queste ragioni devono riguardare sia
la persona e la missione di Cristo, sia il consenso di tale missione da parte di Maria per il
bene di tutti gli uomini (cfr. CCC n.502)49. Il papa dice nella sua catechesi:

Il concepimento verginale, escludendo una paternità umana, afferma che il solo padre di Gesù
è il Padre celeste e che nella generazione temporale del Figlio si riflette la generazione eterna:
il Padre, che aveva generato il Figlio nell’eternità, lo genera anche nel tempo come uomo (CM
28,1). […] Colui che nasce da Maria è già, in virtù della generazione eterna, Figlio di Dio; la
sua generazione verginale, operata per intervento dell’Altissimo, manifesta che, anche nella
sua umanità, egli è il Figlio di Dio (CM 28,2).

47
In questo senso anche J. GALOT (2005) p. 86: «Dobbiamo ammettere che se Maria non avesse
acconsentito alla proposta, il mistero dell’Incarnazione non avrebbe potuto compiersi come l’aveva
concretamente progettato il Padre. Per la sua realizzazione il progetto divino dipendeva veramente
dall’accettazione della vergine di Nazaret. Quello che non possiamo escludere, in caso di rifiuto, è che Dio
poteva avere un altro progetto per la salvezza dell’umanità; ogni discussione su quello che Dio avrebbe
potuto fare di fronte ad ipotesi immaginarie, resta vana, perché mediante la rivelazione noi conosciamo solo
il progetto divino come effettivamente si è realizzato. Al compimento di questo progetto il consenso di
Maria era necessario».
48
J. GALOT (2005) p. 87 vede qui la preformazione della docilità di Gesù alla volontà di Dio Padre.
49
Cfr. Catechesi mariana 28: Valore del concepimento verginale di Gesù, 31 luglio 1996, n. 1.

20
Giovanni Paolo II spiega anche l’importanza del ruolo dello Spirito Santo. Lo Spirito
Santo, la terza persona della Santissima Trinità è in particolare colui che elargisce agli
uomini i doni divini e comunica loro la vita di Dio. Lo Spirito Santo è quindi nel mistero
trinitario colui che è l’unita del Padre e del Figlio. In conseguenza lo Spirito Santo
realizzando la generazione verginale di Gesù, unisce l’umanità a Dio (cfr. CM 28,3)50.

Il mistero dell’incarnazione dimostra anche la irrepetibile grandezza della maternità


verginale di Maria (cfr. CM 28,3). Giovanni Paolo II dice nella sua catechesi:

Nel piano divino della salvezza, il concepimento verginale è pertanto annunzio della nuova
creazione: per opera dello Spirito Santo, in Maria è generato colui che sarà l’uomo nuovo.
Come afferma il Catechismo della Chiesa Cattolica, «Gesù è concepito per opera dello Spirito
Santo nel seno della Vergine Maria, perché egli è il nuovo Adamo che inaugura la nuova
creazione» (n. 504). Nel mistero di tale creazione risplende il ruolo della verginale maternità
di Maria. Chiamando Cristo “primogenito della Vergine” (Adv. Haer., 3,16,4), sant’Ireneo
ricorda che, dopo Gesù, molti altri nascono dalla Vergine, nel senso che ricevono la vita nuova
di Cristo. «Gesù è l’unico Figlio di Maria. Ma la maternità spirituale di Maria si estende a tutti
gli uomini che egli è venuto a salvare: Ella ha dato alla luce un Figlio che Dio ha fatto “il
primogenito di una moltitudine di fratelli” (Rm 8,29), cioè dei fedeli, e alla cui nascita e
formazione ella coopera con amore di madre» (CCC n.501) (CM 28,3).

2.2.2. Visitazione (col cantico Magnificat)

Un altro evento significativo è la visitazione. Giovanni Paolo II osserva che nel suo
vangelo Luca descrive come la grazia dell’Incarnazione, subito dopo aver inondato
Maria, porta salvezza e gioia alla casa di Elisabetta. Il papa nota che non può essere una
cosa insignificante il fatto che riferendo la partenza di Maria per la Giudea lo scrittore del
vangelo usa il verbo anistemi, che significa “alzarsi” o “mettersi in movimento”. Si deve
tenere presente che tale verbo viene usato nei vangeli per indicare la risurrezione di Gesù
(Mc 8,31; 9,9.31; Lc 24,7.46) o azioni fisiche che comportano uno slancio spirituale (Lc
5,27-28; 15,18.20). Quel fatto fa supporre, secondo il papa, che l’evangelista Luca vuole

50
Secondo J. GALOT (2005) p. 85 Maria avendo ricevuto lo Spirito Santo è anche impegnata nel destino
spirituale del Messia: «Lo Spirito Santo scende prima sulla madre di Gesù in vista di scendere in seguito
sullo stesso Gesù: Maria appare così impegnata, con il concepimento del bambino, non soltanto nella
formazione fisica del neonato, ma nel destino spirituale del Messia».

21
sottolineare, con questa espressione, lo slancio vigoroso che porta Maria, sempre sotto
l’ispirazione dello Spirito Santo, a portare e far conoscere agli uomini il loro Salvatore51.

Giovanni Paolo II nota anche che il testo evangelico ci riferisce che Maria compie il suo
viaggio in fretta, e sottolinea che anche la notazione “verso la montagna” nel contesto del
vangelo di Luca deve significare molto di più che solo una indicazione tipografica. Questo
cenno apparentemente semplice deve ricordare ad un lettore attento il testo del profeta
Isaia sul messaggero della buona notizia: «Come sono belli sui monti i piedi del
messaggero di lieti annunzi che annunzia la pace, messaggero di bene che annunzia la
salvezza, che dice a Sion: regna il tuo Dio» (Is 52,7). Il papa sostiene che come San Paolo
vede la realizzazione di queste parole nell’annuncio del Vangelo, così anche san Luca
sembra invitare a vedere in Maria la prima evangelista, che porta la buona novella, e dà
in questo modo inizio ai viaggi missionari di Gesù. Per di più la direzione di suo viaggio,
dalla Galilea alla Giudea è la stessa direzione del futuro cammino missionario di Gesù.
Con la sua visita a Elisabetta Maria realizza il preludio della missione di Gesù (cfr. CM
34,2).

Con il Magnificat Maria loda Dio per tutti i prodigi compiuti da Lui in lei e attraverso di
lei per gli altri52. Il Magnificat è un cantico veramente teologico, perché descrive
esperienza dell’incontro con Dio fatto da Maria. Dio si è fatto conoscere non solo come
l’onnipotente, al quale tutto è possibile, ma anche misericordioso, cioè pieno di amore e
fedele ad ogni uomo (cfr. CM 35,4). Riconoscendo l’inimmaginabile grandezza di Dio
Maria esprime il sentimento della propria piccolezza. Lei, essendo una creatura povera e
senza influsso nella storia ha fatto esperienza personale dello sguardo benevolo rivolto da
Dio a lei, e da qui nasce la sua gioia e gratitudine (cfr. CM 35,1). Commentando il versetto
«Ha spiegato la potenza del suo braccio, ha disperso i superbi nei pensieri del loro cuore;
ha rovesciato i potenti dai troni, ha innalzato gli umili; ha ricolmato di beni gli affamati,
ha rimandato i ricchi a mani vuote» (Lc 1,51-52). Giovanni Paolo II dice:

Con la sua lettura sapienziale della storia, Maria ci introduce a scoprire i criteri del misterioso
agire di Dio. Egli, capovolgendo i giudizi del mondo, viene in soccorso dei poveri e dei piccoli,

51
Cfr. Catechesi mariana 34: Nel mistero della Visitazione il preludio della missione del Salvatore, 2
ottobre 1996, in Insegnamenti, vol. XIX/2, pp. 489-492, n. 1.
52
Cfr. Catechesi mariana 35: Nel «Magnificat» Maria celebra l'opera mirabile di Dio, 6 novembre 1996,
in Insegnamenti, vol. XIX/2, pp. 639-641, n. 1.

22
a scapito dei ricchi e dei potenti e, in modo sorprendente, colma di beni gli umili, che gli
affidano la loro esistenza (CM 35,4)53.

Nella sua conclusione il Magnificat loda Dio per la realizzazione delle promesse e la sua
fedeltà. Maria non si limita alla sua persona, ma capisce che tutti gli doni di quali è stata
colmata da Dio sono una dimostrazione della Sua benevolenza e misericordia per tutto il
popolo (cfr. CM 35,5). Il compimento delle promesse supera l’attese e le speranze del
popolo eletto e anche i più nobili desideri dell’anima umana (cfr. CM 35,1).

Al termine del suo commento del Magnificat Giovanni Paolo II dice:

Ispirato all’Antico Testamento ed alla spiritualità della figlia di Sion, il Magnificat supera i
testi profetici che sono alla sua origine, rivelando nella “piena di grazia” l’inizio di un
intervento divino che va ben oltre le speranze messianiche d’Israele: il mistero santo
dell’Incarnazione del Verbo (CM 35,5).

2.2.3. La nascita di Gesù

Nella descrizione dell’evento del parto l’evangelista Luca in una forma semplice mostra
Maria, come dice Giovanni Paolo II, intensamente partecipe a ciò che si compie in lei:
«Diede alla luce il suo figlio primogenito, lo avvolse in fasce e lo depose in una
mangiatoia» (Lc 2,7). Il suo agire dimostra e conferma la piena disponibilità a cooperare
al piano divino, lo che già era manifestato da lei nel momento dell’Annunciazione54.

Il parto si compie in una condizione di totale povertà (cfr. CM 36,2). L’Evangelista annota
che «non c’era posto per loro nell’albergo» (Lc 2,7). Si può dire che questa annotazione
predice già i numerosi rifiuti che Gesù subirà nella sua vita terrena. Come dice il papa
l’espressione “per loro” accomuna in tale rifiuto il Figlio e la Madre e mostra come Maria
sia già associata al destino di sofferenza del Figlio e resa partecipe della sua missione
redentrice (cfr. CM 36,3).

2.2.4. Presentazione nel Tempio (con la profezia di Simeone)

Di grande importanza è anche l’evento della presentazione di Gesù nel tempio. Come
afferma il papa a partire della profezia di Simeone pronunciata in quella occasione Maria

53
Cfr. Redemptoris Mater, n. 37.
54
Cfr. Catechesi mariana 36: Maria nella nascita di Gesù, 20 novembre 1996, in Insegnamenti, vol. XIX/2,
pp. 722-724, n. 2.

23
unisce in modo ancora più intenso tutta la sua esistenza alla dolorosa missione di Cristo.
Diventa quindi la fedele cooperatrice del suo Figlio per la redenzione dell’umanità55.

Giovanni Paolo II annota che lo scopo dell’evangelista nel raccontare l’episodio della
presentazione è di sottolineare il destino messianico di Gesù. Portando Gesù al tempio i
suoi genitori manifestano la ferma volontà di compiere la prescrizione della legge e quindi
il loro proposito di obbedire sempre fedelmente alla volontà di Dio. Il portare il figlio al
tempio significa consacrarlo a Dio. Come osserva il papa, con il suo gesto di offrire tortore
o colombi Maria anticipa quanto era prefigurato nelle offerte rituali dell’Antica Legge,
perché dona in realtà il vero Agnello che dovrà redimere l’umanità56.

Nel tempio Giuseppe e Maria con il bambino incontrano Simeone, come lo descrive san
Luca, «uomo giusto e timorato da Dio, che aspettava il conforto di Israele» (Lc 2,25). Per
di più evangelista aggiunge che, «lo Spirito Santo era sopra di lui» e che questo stesso
Spirito «gli aveva preannunziato che non avrebbe visto la morte senza prima aver veduto
il Messia del Signore» (Lc 2,26). La promessa si compie, Simeone incontra il Messia a
lungo aspettato e sente di aver raggiunto lo scopo della sua esistenza, può quindi
domandare a Dio di accoglierlo nell’aldilà. Il papa sottolinea che in questo incontro si
può vedere un segno profetico dell’incontro dell’uomo con Cristo. Giovanni Paolo II
aggiunge ancora che non si può sottovalutare il ruolo di Maria in questo incontro, è lei
che consegna il Bambino a Simeone. Secondo la volontà di Dio è la madre che dona Gesù
agli uomini bisognosi di salvezza (cfr. CM 39,3).

Tenendo il bambino Gesù nelle braccia Simeone benedice Dio, vede in Gesù la salvezza
per tutti i popoli, luce che li illumina ed è gloria del popolo di Israele (Lc 2,30-32), quindi
pone accento sull’universalismo della missione di Gesù. Come racconta il vangelo i
genitori di Gesù si stupiscono delle cose che sentono sul loro bambino, ma Giovanni
Paolo II afferma che attraverso questa esperienza capiscono più chiaramente il significato
e l’importanza della loro offerta. La loro offerta ha un valore e senso universale, essendo
Gesù la gloria del popolo di Israele e per di più la salvezza di ogni uomo (cfr. CM 39,4).

Dopo aver pronunciato la glorificazione di Gesù, Simeone predice a Maria la grande


prova e sofferenza che dovrà subire il Messia e le rivela la sua partecipazione a tale

55
Cfr. Catechesi mariana 40: La profezia di Simeone associa Maria al destino doloroso del Figlio, 18
dicembre 1996, in Insegnamenti, vol. XIX/2, pp. 1046-1048, n. 4.
56
Cfr. Catechesi mariana 39: La presentazione di Gesù al Tempio, 11 dicembre 1996, in Insegnamenti, vol.
XIX/2, pp. 956-958, n. 1.

24
destino doloroso (cfr. CM 40,1). A causa di questo riferimento al sacrificio che porta la
salvezza che non è presente nell’Annunciazione si può, secondo il papa, considerare
l’oracolo di Simeone quasi come un secondo annuncio57. Questa profezia, la quale in un
modo così chiaro rivela il destino di Gesù, porterà Maria alla più profonda comprensione
del mistero e della missione del suo Figlio. Simeone, ispirato dallo Spirito Santo, e
rivolgendosi per prima volta soltanto a Maria dice: «Egli è qui per la rovina e la
risurrezione di molti in Israele, segno di contraddizione - e anche a te una spada trafiggerà
l’anima - perché siano svelati i pensieri di molti cuori» (Lc 2,34-35) (cfr. CM 40,1).

Con la visione dell’anima di Maria trafitta dalla spada, Simeone affianca alla sofferenza
di Cristo la sofferenza di sua madre. Cristo sarà infatti il “segno di contraddizione”, ma il
rifiuto che dovrà subire durante la sua vita si rifletterà anche sul cuore di Maria. Maria si
unirà al suo Figlio anche nel sacrificio redentore sulla croce e in quel momento la sua
materna sofferenza raggiungerà il culmine (cfr. CM 40,2).

Nella sua profezia sul futuro di Gesù, Simeone fa riferimento alla profezia del “Servo di
Jahwe” inviato al mondo per redimere le sue colpe (cfr. CM 39,4). Il papa aggiunge che
si può notare come la profezia di Simeone mostra nella futura sofferenza di Maria una
unica somiglianza con la sorte dolorosa del Servo (cfr. CM 40,2).

Come ultimo racconto dell’infanzia san Luca narra l’episodio del pellegrinaggio di Gesù
dodicenne al Tempio di Gerusalemme. Gesù dimostra la sua forte coscienza della
missione affidatagli dal Padre celeste. Il suo “primo ingresso nella casa del Padre” durante
la presentazione nel Tempio conteneva già una chiara espressione della sua totale
dedizione al Padre. Durante il suo “secondo ingresso nella casa del Padre” Gesù
consapevolmente esprime la stessa intenzione.

Come osserva Giovanni Paolo II il racconto sembra contraddire l’annotazione


dell’evangelista, il quale presenta Gesù sottomesso ai suoi genitori. Si può dire, secondo
il papa, che attraverso il suo comportamento Gesù dichiara che come norma del suo agire
prenderà solo la sua appartenenza al Padre celeste, e non i legami familiari. In modo
consapevole e voluto Gesù pare mettersi in antitesi con la sua normale condizione di figlio
e inaspettatamente si separa da Maria e Giuseppe58. Il papa continua spiegando che
attraverso questo episodio Gesù prepara la sua Madre al mistero della Redenzione che si

57
Cfr. Redemptoris Mater, n. 16.
58
Cfr. Catechesi mariana 42: Gesù perduto e ritrovato nel Tempio, 15 gennaio 1997, in Insegnamenti, vol.
XX/1, pp. 99-102, n. 1.

25
compirà durante la passione. In futuro, dopo la sua morte, Gesù sarà tre giorni nella
tomba. Durante quei tre giorni angoscianti, quando Gesù si trova nel tempio senza che i
suoi genitori lo sappiano, Maria vive l’anticipazione del triduo della passione, morte e
finalmente risurrezione di suo figlio. Gesù quindi, non informando Maria del suo piano
di rimanere nel tempio la introduce nel mistero della sofferenza che si trasforma nella
gioia (cfr. CM 42,2).

2.2.5. Gesù ritrovato nel Tempio

Dopo aver trovato Gesù, Maria pone la domanda perché aveva loro fatto questo. Gesù
risponde in forma interrogativa (cfr. CM 42,3): «Perché mi cercavate? Non sapevate che
io devo occuparmi delle cose del Padre mio?» (Lc 2,49). Tale risposta è secondo il papa
piena di significato: «Con tale espressione Egli, in modo inatteso e imprevisto, schiude a
Maria e Giuseppe il mistero della sua Persona, invitandoli a oltrepassare le apparenze ed
aprendo loro prospettive nuove sul suo futuro» (CM 42,3). Gesù vuole quindi affermare
che soltanto la volontà del Padre è per lui la norma che vincola la sua obbedienza.

San Luca annota che «essi non compresero le sue parole» (Lc 2,50), ma Maria «serbava
tutte queste cose nel suo cuore» (Lc 2,51). Come spiega li papa, con questo
comportamento Gesù vuole rivelare i profondi aspetti della sua intima relazione con il
Padre celeste. Senza dubbio Maria intuisce questi aspetti senza però saperli collegare con
la prova che stava sperimentando (cfr. CM 42,4). Il papa continua nel suo commento:

La Madre di Gesù collega gli eventi al mistero del Figlio, rivelatore nell’Annunciazione, e li
approfondisce nel silenzio della contemplazione, offrendo la sua collaborazione nello spirito
di un rinnovato “fiat”. Inizia così il primo anello di una catena di eventi che porterà Maria a
superare progressivamente il ruolo naturale, che le deriva dalla maternità, per porsi al servizio
della missione del suo divin Figlio. Nel Tempio di Gerusalemme, in questo preludio della sua
missione salvifica, Gesù associa a sé sua Madre; Ella non sarà più soltanto Colei che lo ha
generato, ma la Donna che, con la propria obbedienza al Disegno del Padre, potrà collaborare
al mistero della Redenzione. E così Maria, conservando nel suo cuore un evento così carico di

26
significato, giunge ad una nuova dimensione della sua cooperazione alla salvezza (CM
42,4)59.

2.2.6. Maria, educatrice del Figlio di Dio. La vita nascosta

Nonostante il fatto che i vangeli offrano poche informazioni sulla vita della Santa
Famiglia a Nazaret, vi possiamo trovare delle indicazioni piene di significato. San Matteo
nomina la decisione di Giuseppe di andare a vivere in Nazaret dopo il tempo trascorso in
Egitto e aggiunge che Giuseppe era un carpentiere (Mt 2,22-23). L’Evangelista Luca offre
due indizi sugli anni della infanzia di Gesù, prima e dopo il pellegrinaggio al Tempio: «Il
bambino cresceva e si fortificava, pieno di sapienza, e la grazia di Dio era sopra di lui»
(Lc 2,40) e anche «Gesù cresceva in sapienza, età e grazia davanti a Dio e agli uomini»
(Lc 2,52). Il papa ipotizza che l’evangelista offrendoci queste due brevi osservazioni
riferisce probabilmente i ricordi di Maria60.

Il papa osserva che si potrebbe pensare che Gesù, essendo Dio, non avrebbe bisogno di
educatori. Ma d’altra parte il mistero dell’incarnazione, sottolinea il papa, ci rivela che il
Figlio di Dio è venuto nel mondo in una condizione umana del tutto simile a quella di
tutti gli uomini, eccetto il peccato, come anche a sua volta afferma la lettera agli Ebrei
4,15: «Infatti non abbiamo un sommo sacerdote che non possa simpatizzare con noi nelle
nostre debolezze, poiché egli è stato tentato come noi in ogni cosa, senza commettere
peccato». Quindi, afferma il papa come nel caso di ogni uomo, anche la crescita di Gesù,
dall’inizio della sua vita, fino alla età adulta necessitava dell’agire educativo dei
genitori61. Il già prima citato versetto del vangelo di Luca, dove è detto che Gesù era
sottomesso ai suoi genitori mostra Gesù nella disposizione di ricevere, aperto alla

59
Come annota H. SOLOFOARIMANANA, La médiation de la Vierge Marie en rapport avec l’œuvre
salvifique du Christ selon Jean Galot (1919-2008). Analyse historique et systématique de sa pensée
théologique (Collana di Mariologia 16), Eupress FTL - Cantagalli, Lugano - Siena 2021, p. 363, anche qui
le opinioni di papa e J. GALOT coincidono. L'annuncio del sacrificio con questo episodio deriva dalla
similitudine con il dramma del Calvario: Maria è in preda al dolore per tre giorni, a seguito della scomparsa
di suo figlio, sottratto al suo affetto perché si trovava nella casa del Padre. J. GALOT (2005) p. 261 scrive:
«Con questo avvenimento prefigurativo del mistero pasquale, Gesù ha impegnato sua madre più
concretamente nella sofferenza del sacrificio redentore; le fa vivere già la sua collaborazione a questo
sacrificio».
60
Cfr. Catechesi mariana 43: Maria nella vita nascosta di Gesù, 29 gennaio 1997, in Insegnamenti, vol.
XX/1, pp. 187-190, n. 1.
61
Cfr. Catechesi mariana 38: Educatrice del Figlio di Dio, 4 dicembre 1996, in Insegnamenti, vol. XIX/2,
pp. 875-877, n. 2.

27
educazione da parte da Maria e Giuseppe62. I genitori, quindi, possono eseguire il loro
compito anche in virtù della docilità manifestata sempre da parte di Gesù (cfr. CM 38,2).

Gli speciali doni, che Maria ha ricevuto da Dio, soprattutto il dono dell’Immacolata
Concezione per il quale era preservata del peccato originale e anche in conseguenza di
tutti i peccati personali la rendevano perfettamente idonea a esercitare il compito di madre
e quindi educatrice. Durante il tempo della sua crescita Gesù poteva trovare in lei un
perfetto esempio di amore per Dio e il prossimo (cfr. CM 38,3). Maria, insieme a
Giuseppe ha quindi aiutato il suo figlio Gesù a crescere «in sapienza, età e grazia» (Lc
2,52) e a formarsi alla sua missione (cfr. CM 38,5). L’amore di Dio che durante la sua
missione Cristo desiderava far conoscere agli uomini s’accende ed arde prima di tutto nel
cuore della sua madre. Come dice Giovanni Paolo II, è proprio nell’ambiente famigliare
dove si prepara l’annuncio del Vangelo dell’amore divino (cfr. CM 38,4).

Le poche informazioni sull’infanzia di Gesù che il Vangelo ci presenta, non rendono


possibile conoscere dettagliatamente il modo di agire educativo di Maria, ma certamente,
come dice il papa, è stata lei, insieme a Giuseppe ad insegnare a Gesù la storia del popolo
eletto centrata sull’esodo di Egitto, ad insegnargli a pregare Dio usando i salmi e ad
introdurlo nei riti e prescrizioni della legge di Mose. Dai suoi genitori Gesù ha imparato
ad andare in sinagoga e fare l’annuale pellegrinaggio a Gerusalemme per la Pasqua. I
risultati, che in seguito possiamo osservare nella vita pubblica di Gesù, ci dimostrano che
l’opera educativa di Maria era molto profonda e ha portato i frutti che in seguito hanno
servito, si può dire, alla salvezza di umanità (cfr. CM 38,4)63.

I racconti dell’infanzia di Gesù riportati dall’evangelista Luca sono, come suppone il


papa, probabilmente i ricordi di Maria. Questi ricordi sono legati ad un periodo di
profonda intimità con suo Figlio (cfr. CM 43,1). Il papa dice ancora:

L’unione tra Gesù e la piena di grazia supera di gran lunga quella che normalmente esiste tra
madre e il figlio, perché è radicata in una particolare condizione soprannaturale ed è rafforzata
dalla speciale conformità di entrambi alla divina volontà (CM 43,1).

Giovanni Paolo II ricorda anche le parole di Lumen Gentium 58: «La comunione di vita
con Gesù, nella casa di Nazaret, portò Maria non solo ad avanzare nella peregrinazione

62
J. GALOT (2005) p. 107 su questo punto sostiene che «la perfezione di questa sottomissione ci porta ad
ammettere che nessuna madre ha mai avuto tanto influsso su suo figlio».
63
J. GALOT (2005) p. 108 nomina anche la lavanda dei piedi, che Gesù doveva imparare da Maria.

28
della fede»64, ma, aggiunge il papa, anche nella speranza. Questa virtù venne esercitata in
modo speciale durante i trent’anni di silenzio e nascondimento a Nazaret. Maria, come
Abramo (Rm 4,18) spera contro ogni speranza che Dio sarà fedele e compirà le sue
promesse (cfr. CM 43,4).

Si deve per di più aggiungere che già durante la vita nascosta in Nazaret Maria diviene
da maestra del suo Figlio la Sua umile discepola (cfr. CM 38,5), soprattutto dopo
l’episodio del Suo ritrovamento nel tempio, dove Lui stesso rivela la consapevolezza di
essere il Figlio di Dio, inviato nel mondo per salvarlo facendo solo la volontà del suo
Padre celeste.

2.2.7. Maria nelle nozze di Cana

Commentando l’evento delle nozze di Cana Giovanni Paolo II ricorda le parole del Lumen
Gentium 58: «Alle nozze di Cana di Galilea, mossa a compassione, Maria indusse con la
sua intercessione Gesù Messia a dare inizio ai miracoli»65. Il concilio fa quindi notare il
ruolo discreto, ma influente ed efficace di Maria66. Lo stesso evangelista Giovanni
narrando l’evento sottolinea che alle nozze «c’era la madre di Gesù» (Gv 2,1) ed aggiunge
dopo «fu invitato anche Gesù con i suoi discepoli» (Gv 2,2). Come avverte il papa, queste
due frasi sembrano suggerire che era proprio la presenza di Maria che stava all’origine
dell’invito rivolto allo stesso Gesù ed i suoi discepoli67. Con queste osservazioni, dice il
papa, l’evangelista sembra voler indicare, che come nell’evento di incarnazione, anche a
Cana è Maria che introduce il Salvatore. Maria, come attenta madre di famiglia si accorge
immediatamente e interviene quando alle nozze comincia a mancare vino. Lei non vuole
che venga meno la gioia dei presenti, e prima di tutto vuole venire in aiuto agli sposi. Il
significato e il ruolo che assume la presenza di Maria si manifesta proprio in questo
momento. Esprimendo la sua preoccupazione, e attendendo l’aiuto da Gesù, Maria si
rivolge a Lui con le parole: «Non hanno più vino» (Gv 2,3)68. Come annota il papa, Maria
potrebbe cercare di procurare altrove il vino necessario, ma scegliendo di rivolgersi
direttamente a Gesù manifesta il coraggio della sua fede. Si deve per di più ricordare,
come sottolinea il papa, che fino a quel momento Gesù non aveva ancora operato alcun

64
Lumen Gentium, n. 58.
65
Lumen Gentium, n. 58.
66
Cfr. Catechesi mariana 45: A Cana Maria induce Gesù a compiere il primo miracolo, 5 marzo 1997, in
Insegnamenti, vol. XX/1, pp. 383-385, n. 1.
67
Cfr. Redemptoris Mater, n. 21.
68
Cfr. Catechesi mariana 44: Maria alle nozze di Cana, 26 febbraio 1997, in Insegnamenti, vol. XX/1, pp.
336-338, n. 1.

29
miracolo (cfr. CM 44,2). Il papa annota che, secondo alcuni esegeti, Maria doveva proprio
aspettarsi da Gesù un segno straordinario, dal momento che Gesù non poteva avere con
sé del vino a disposizione (cfr. CM 44,1). La sua iniziativa appare ancora più
sorprendente, se si considera la condizione d’inferiorità della donna nella società giudaica
di quel tempo (cfr. CM 45,1).

A Cana Maria dà di nuovo una prova della sua costante fiducia in Dio. Giovanni Paolo II
osserva che nell’Annunciazione Maria credeva a Gesù prima di vederlo e così aveva
cooperato al miracolo del concepimento verginale. Alle nozze di Cana di nuovo si fida
del potere non ancora svelato di Gesù e lo induce a compiere il primo segno. Quel segno,
come annota l’evangelista ha risvegliato la fede nei discepoli: «Gesù manifestò la sua
gloria e i suoi discepoli credettero in lui» (Gv 2,11). Maria crede già prima del miracolo,
e quindi ottenendo quel segno prodigioso offre ai discepoli qualcosa che risveglia la loro
fede (cfr. CM 44,2). Si può perciò dire che a Cana Maria inizia il cammino della fede
della Chiesa. Lo fa, come già è stato detto, precedendo i discepoli ed anche orientando
l’attenzione dei servi a Cristo (cfr. CM 45,4)69.

Come annota il papa, la risposta di Gesù alle parole di Maria: «Che ho da fare con te, o
donna? Non è ancora giunta la mia ora» (Gv 2,4), mette quasi la fede di Maria alla prova,
esprimendo un apparente rifiuto. Secondo alcune interpretazioni, dal momento dell’inizio
della sua missione Gesù mette in discussione il rapporto naturale del figlio con la madre.
Infatti, questa frase nel linguaggio familiare contemporaneo segna una distanza fra le
persone, con l’esclusione della comunione di vita. Il termine “donna” con il quale Gesù
si rivolge alla Madre ritornerà più tardi nei suoi dialoghi in contesti che manifestano un
rapporto positivo di Gesù con i suoi interlocutori, quindi con la Cananea (Mt 15,28), con
la Samaritana (Gv 4,21), con l’adultera (Gv 8,10) e con Maria Maddalena (Gv 20,13).
Giovanni Paolo II afferma che con l’espressione: «Che ho da fare con te, o donna?», Gesù
vuole portare la cooperazione di Maria al piano della salvezza, che chiede da lei il
superamento del suo ruolo naturale di madre. In questa cooperazione sono impegnate la
sua fede e la sua speranza (cfr. CM 44,3). Per di più, come ricorda il papa, secondo alcuni,
il titolo donna presenta Maria come la nuova Eva, madre nella fede di tutti i credenti. Si

69
Si nota la somiglianza con J. GALOT (2005) p. 67: «La fede dei discepoli subentra al miracolo suscitato
dalla fede di Maria. Maria ha dunque esercitato un influsso sulla formazione della fede dei discepoli: la sua
fede è stata primordiale e decisiva. Essa non possiede semplicemente una priorità cronologica, ma
contribuisce a suscitare gli avvenimenti che sono all’origine della fede dei cristiani».

30
può già qui ricordare che questo termine sarà usato da Gesù anche ai piedi della croce
(cfr. CM 45,1).

Senza dubbio anche la motivazione di Gesù: «Non è ancora giunta la mia ora» ha una
importanza significativa. Tale “ora”, annota il papa, secondo alcuni che seguono
l’interpretazione di San Agostino viene identificata con l’ora della Passione. Secondo altri
essa si riferisce al primo miracolo in cui si sarebbe mostrato il potere del messia. Ancora
alti ritengono che la frase sia interrogativa e prolunghi la domanda precedente. Il papa
afferma che con la sua risposta Gesù fa intendere a Maria che lui stesso deve prendere
iniziativa per compiere l’opera del Padre, perché non può più essere dipendente da lei.
Maria non insiste, ma si rivolge ai servi chiedendo loro di essere obbedienti a Gesù70. La
sua fiducia viene premiata, Gesù compie il miracolo con cui procura vino in abbondanza,
e in quel modo riconosce anche il coraggio e la docilità di sua madre (cfr. CM 44,4). Per
di più si deve dire, che accogliendo la richiesta di sua Madre, Gesù già all’inizio della sua
missione offre la possibilità di essere partecipe all’opera messianica (cfr. CM 45,1).

Il papa aggiunge che bisogna anche prestare attenzione all’espressione del vangelo di
Giovanni usata dall’evangelista per annotare il primo miracolo di Gesù: «Questo a Cana
di Galilea, fu l’inizio dei segni compiuti da Gesù» (Gv 2,11). Il papa annota che il termine
greco archè, tradotto con “il principio” è usato dall’evangelista Giovanni anche nel
prologo del suo vangelo: «In principio era il Verbo» (Gv 1,1) (cfr. CM 45,2). Questa
concordanza permette di osservare «un parallelo tra la prima origine della gloria di Cristo
nell’eternità e la prima manifestazione della stessa gloria nella sua missione terrena» (CM
45,2). Dando importanza al ruolo di Maria nel primo miracolo e in seguito riferendo la
sua presenza sotto la croce il vangelo di Giovanni aiuta a capire come la cooperazione di
Maria si estende a tutta l’opera di Cristo. Appare quindi necessario secondo il papa di
confermare che la richiesta di Maria si colloca all’interno del disegno divino di salvezza
(cfr. CM 45,2)71.

70
Come annota S. CIPRIANI, Madre nostra II. Fondamento biblico, p. 832 «Nelle parole di Maria “Fate
qualunque cosa egli vi dira” (Gv 2,5) c’è un doppio aspetto della maternità: l’interessamento per la
situazione di bisogno materiale degli sposi e la premura spirituale per rendere disponibili i servi a qualsiasi
parola del Figlio».
71
Come annota H. SOLOFOARIMANANA (2021) p. 364 nella sua catechesi Giovanni Paolo II dimostra che a
Cana la cooperazione di Maria consiste nel presentare il suo Figlio alla missione salvifica della umanità.
Questa opinione corrisponde con J. GALOT (2005) p. 262: «Chiedendo a Gesù un miracolo, Maria interviene
nello sviluppo dell'opera messianica. Quello che vuole ottenere è la rivelazione della potenza del Salvatore.
Si tratta dunque di una cooperazione alla redenzione oggettiva, e di una cooperazione diretta, immediata,
che va al di là del semplice compito materno di Maria e che concerne la missione di salvezza che Cristo
deve adempiere».

31
2.2.8. Maria nella vita pubblica di Gesù

L’inizio della missione di Gesù ha anche sicuramente causato il distacco dalla Madre e
gli altri affetti famigliari. Gesù ha scelto questa separazione in modo libero, come si può
anche capire dalle condizioni che pone a quelli che chiama per seguirlo e ad annunciare,
come Lui stesso fa, il Regno di Dio. Maria, quindi, non ha seguito sempre il suo figlio
durante i suoi viaggi missionari, ma, come dice il papa, ha ascoltato talvolta la sua
predicazione72. Nella sua catechesi il papa ricorda le parole di Lumen Gentium 58:

Durante la predicazione di Lui raccolse le parole, con le quali il Figlio, esaltando il Regno al
di sopra dei rapporti e dei vincoli della carne e del sangue, proclamo beati quelli che ascoltano
e custodiscono la Parola di Dio come essa fedelmente faceva (CM 46,1)73.

Si può quindi supporre, continua il papa, che Maria fosse presente nella sinagoga di
Nazaret dove Gesù legge il testo del profeta Isaia. Gli ascoltatori rimangono stupiti,
perché applica a sé il contenuto del testo che parla dell’annunzio della buona notizia ai
poveri, liberazione dei prigionieri e guarigione dei ciechi. Maria ha senza dubbio
condiviso lo stupore degli altri ascoltatori, ma subito dopo ha sperimentato una grande
sofferenza per il rifiuto che Gesù ha dovuto subire da parte dei suoi concittadini, i quali
tentarono perfino di ucciderlo. Come dice il papa, dopo quell’evento Maria capi che tutta
la missione del suo figlio sarà piena di rifiuto da parte degli uomini. Il fatto che il suo
amato figlio verrà rifiutato causerà sofferenza anche in lei e la metterà alla prova, ma
anche di fronte a questo Maria conferma di nuovo la sua perfetta adesione alla volontà di
Dio e offre a Lui la sua sofferenza e la sua solitudine (cfr. CM 46,1).

Riflettendo su diversi passaggi dei vangeli possiamo essere sicuri che Maria ha ascoltato
Gesù anche in altri momenti. Sicuramente questo era il caso a Cafàrnao, dove - come
leggiamo - Gesù va dopo le nozze di Cana, ed anche in altri momenti. Secondo il papa, è
anche molto probabile che Maria abbia seguito Gesù a Gerusalemme in occasione della
festa di Pasqua. Sappiamo con sicurezza a causa del riferimento di san Luca, che Maria
si trovava nella folla e ha sentito la sua risposta a qualcuno che li ha indicato la presenza
di lei e dei parenti. L’evangelista ci riporta le seguenti parole di Gesù: «Mia madre e i
miei fratelli sono coloro che ascoltano la Parola di Dio e la mettono in pratica» (Lc 8,21).
Queste parole senza dubbio relativizzano i legami familiari e anzi potrebbero sembrare

72
Cfr. Catechesi mariana 46: La partecipazione di Maria alla vita pubblica di Gesù, 12 marzo 1997, in
Insegnamenti, vol. XX/1, pp. 422-424, n. 1.
73
Lumen Gentium, n. 58.

32
addirittura essere una espressione di rifiuto. In realtà però Cristo rivolge un grande elogio
alla sua Madre e afferma così una relazione ancora più profonda con lei. Lei è infatti
quella che durante tutta la sua vita ascolta e mette in pratica la parola di Dio. Si può anche
suppore, secondo il papa, che Maria era informata sull’attività missionaria del Figlio. La
lontananza fisica non significa che Maria non fosse vicina a Cristo nel suo cuore. La
separazione, quindi, non la ostacolava nel seguire l’insegnamento del Figlio in modo
spirituale. Già prima, durante la vita nascosta del Figlio Maria conservava e meditava nel
suo cuore i diversi eventi e la parola di Dio, e possiamo essere sicuri che lo faceva anche
riguardo l’agire e le parole di Cristo. Come sottolinea Giovanni Paolo II la sua fede del
tutto unica e aperta all’agire divino le permetteva di capire e seguire le parole di Cristo
prima e in modo più perfetto dei discepoli. Sappiamo dai vangeli che essi non
comprendevano soprattutto gli annunci della Passione (Mt 16,21-23; Mc 9,32; Lc 9,45) e
questo sicuramente non era il caso di Maria (cfr. CM 46,2).

Per di più Maria ha sicuramente sentito le critiche, insulti e minacce rivolte a suo Figlio,
anche a Nazaret è stata testimone del rifiuto e dei tentativi di strumentalizzare Gesù (Gv
7,2-5) o di fermare la sua missione (Mc 3,21) e ha dovuto osservare la crescente inimicizia
verso Gesù da parte dei capi del popolo. Essendo unita nel cuore al suo Figlio e
sopportando tutte queste sofferenze con grande dignità, in nascondimento e non
ribellandosi Maria condivide, si può dire, con suo Figlio il cammino verso la Passione.
Così sempre di più si unisce a Lui nella fede, nella speranza e nell’amore e già durante la
vita terrena di Cristo coopera alla salvezza (cfr. CM 46,3).

2.2.9. Maria sotto la croce

La presenza di Maria sotto la croce e, come vedremmo in seguito, soprattutto le parole


rivolte a lei da Gesù Cristo crocifisso fanno parte dei fatti più rilevanti per comprendere
il ruolo della Vergine nell’economia della salvezza74.

Come racconta il vangelo di Giovanni nei giorni della passione di Cristo Maria si trovava
a Gerusalemme, probabilmente per la celebrazione della Pasqua. Al momento della
passione e morte di Cristo l’unione della Vergine alla missione del suo Figlio raggiunge
il culmine. Come sappiamo, la sua partecipazione alla missione è continuata durante tutta
la vita pubblica di Gesù e anche prima, durante la vita nascosta. Il suo coinvolgimento al

74
Cfr. Catechesi mariana 49: «Donna, ecco il tuo Figlio!», 23 aprile 1997, in Insegnamenti, vol. XX/1, pp.
749-751, n. 1.

33
dramma della redenzione cominciò quando Maria, accettando l’annuncio dell’angelo
Gabriele che sarebbe diventata madre del Messia si è resa pienamente disponibile per fare
la volontà di Dio e quindi collaborare alla salvezza. Nel momento della crocifissione e
morte si realizzava ciò che le aveva predetto Simeone pochi giorni dopo la nascita di suo
figlio e quello che Maria aveva pregustato durante lo smarrimento del dodicenne Gesù75.

L’adesione di Maria alla passione di Gesù si compie nella partecipazione alla sua
sofferenza. Per la compassione di Maria nel suo cuore risuona tutto ciò che Cristo soffre
nell’anima e il corpo. Giovanni Paolo II ricorda le parole di Lumen Gentium che
sottolinea che ai piedi della croce Maria «soffri profondamente col suo Unigenito e si
associò con animo materno al sacrificio di Lui, amorosamente consenziente
all’immolazione della vittima da Lei generata»76. Commentando queste parole il papa
nota che il consenso dato da Maria al sacrificio di Gesù non costituisce una passiva
accettazione, ma un autentico atto di amore. Maria ha una ferma volontà di partecipare al
sacrificio redentore e di unire la propria sofferenza materna all’offerta del suo Figlio. Lei
stessa offre suo figlio come “vittima” di espiazione per i peccati dell’intera l’umanità (cfr.
CM 47,2).

Il papa cita anche un certo monaco del medioevo, Arnaldo di Chartres, amico di san
Bernardo di Chiaravalle, che distingue nella Croce «due altari: uno nel cuore di Maria,
l’altro nel corpo di Cristo. Il Cristo immolava la sua carne, Maria la sua anima»77. Maria
quindi si immola spiritualmente in profonda comunione con Cristo pregando e offrendo
la sua sofferenza per la salvezza del mondo (cfr. CM 3,2).

L’evangelista Giovanni riporta che sotto la croce «stavano sua madre, la sorella di sua
madre, Maria di Cleofa e Maria di Magdala» (Gv 19,25). Giovanni Paolo II richiama
l’attenzione al verbo stare, che letteralmente significa “stare in piedi”, “stare ritta”.
Secondo il papa con tale verbo l’evangelista voleva probabilmente sottolineare la dignità
e la forza interiore che Maria mostrava nella sofferenza. Anche qui si possono ricordare
le parole di Lumen Gentium 58: «la Beata Vergine avanzò nel commino della fede e serbò
fedelmente la sua unione con Figlio sino alla croce»78. La forza che la sosteneva nel

75
Cfr. Catechesi mariana 47: Presso la Croce, Maria è partecipe del dramma della Redenzione, 2 aprile
1997, in Insegnamenti, vol. XX/1, pp. 571-573, n. 1.
76
Lumen Gentium, n. 58.
77
Catechesi mariana 3: Il volto della Madre del Redentore, 25 ottobre 1995, in Insegnamenti, vol. XVIII/2,
pp. 934-937, n. 2.
78
Lumen Gentium, n. 58.

34
momento della prova era quindi la virtù della fede, rafforzata nel corso della sua vita e
soprattutto durante la vita pubblica di Gesù (cfr. CM 47,3).

Giovanni Paolo II aggiunge che la reazione di Maria ai colpi e ai violenti insulti rivolti a
Cristo è identica alla sua. Maria risponde con l’indulgenza e il perdono e quindi si unisce
alla supplica: «Padre, perdonali, perché non sanno quello che fanno» (Lc 23,34). Maria è
quindi sotto la croce teologalmente e teologicamente istruita e conformata al suo
«Maestro-Signore-Figlio»79. A tutta la sofferenza per la redenzione Maria offre il
consenso d’amore (cfr. CM 47,3).

Giovanni Paolo II dice inoltre che di fronte a questo sacrificio redentore, in Maria nasce
la speranza della Chiesa e dell’umanità nuova. Come già è stato notato prima, Maria
intendeva per prima e molto meglio le parole che Cristo rivolgeva ai suoi ascoltatori. Le
parole dell’annuncio della risurrezione nel terzo giorno dopo la morte dovevano quindi
risuonare nel suo cuore nel momento di un così grande dolore. In Maria risplendeva la
speranza, che racchiude una luce più forte di ogni oscurità. A causa di questa speranza e
la fiducia nell’amore di Dio Maria era in grado di ripetere fino all’ultimo momento il suo
“si” alla divina volontà (cfr. CM 47,4).

Dopo aver notato la presenza di Maria e di altre donne sotto la croce l’evangelista
racconta: «Gesù allora, vedendo la madre e li accanto e lei il discepolo che egli amava,
disse alla madre: Donna, ecco il tuo figlio!» (Gv 19,26-27). Come già menzionato prima
la frase che il redentore pronuncia a sua madre dalla croce è una delle più rilevanti per
comprendere il ruolo della Vergine nell’opera della redenzione. Giovanni Paolo II dice:
«Queste parole, particolarmente commoventi, costituiscono una “scena di rivelazione”:
riportano i profondi sentimenti del Cristo morente e racchiudono una grande ricchezza di
significati per la fede e la spiritualità cristiana» (cfr. CM 49,1). Come afferma il papa
questa frase ha un significato molto più profondo che solo il venir incontro ad un
problema familiare, cioè la sorte della vedova, dopo la morte dell’unico figlio. Le sue
parole non sono causate di un naturale e semplice sentimento di affetto e preoccupazione
filiale. Cristo crocifisso crea una relazione nuova di amore tra Maria e i suoi discepoli.
Le parole di Cristo morente, il quale non si rivolge prima al discepolo affidandogli sua
madre, mostrano che la sua prima e più importante intenzione non era quella di
consegnare la madre al discepolo, ma il discepolo a Maria. In questo modo Cristo assegna

79
S. PERRELLA (2007), p. 255.

35
a sua madre una nuova missione materna80. Incontriamo di nuovo la parola “donna” con
la quale Cristo, come già abbiamo visto si era rivolto a Maria durante le nozze di Cana.
Il titolo “donna” viene usato per portare Maria ad una nuova dimensione del suo essere
Madre (cfr. CM 49,1)81.

Dopo di essersi rivolto a sua madre, come narra il vangelo, Gesù dice al discepolo: «Ecco
la tua madre» (Gv 19,26-27). Il papa commenta:

Con questa espressione, Egli rivela a Maria il vertice della sua maternità: in quanto madre del
Salvatore, Ella è la madre anche dei redenti, di tutte le membra del Corpo Mistico del Figlio.
La Vergine accoglie nel silenzio l’elevazione a questo massimo grado della sua maternità di
grazia, avendo già dato una risposta di fede con il suo “si” nell’Annunciazione82.

Gesù quindi per primo chiede al discepolo di riconoscere Maria come la propria madre,
e anche di prendersi con amore cura di lei.

Il vangelo continua: «Da quell’ora il discepolo l’accolse tra i suoi beni». (Gv 19,27).
Come annota il papa l’espressione “tra i suoi beni” sembra confermare non solo la sua
volontà di accogliere Maria nella sua casa, ma soprattutto di vivere la vita spirituale in
comunione con Lei. L’immediatezza dell’agire dell’apostolo Giovanni mostra la sua

80
Come annota H. SOLOFOARIMANANA (2021) p. 369: «Cette parole confère à Marie une nouvelle
maternité, une maternité spirituelle dans l'ordre de la grâce, vis-à-vis du disciple bien-aimé. Dans ce
disciple, le Pape voit le type de tous les disciples aimés par le Seigneur. Ainsi, la maternité spirituelle de
Marie a une portée universelle, elle embrasse toute l'humanité». Anche questo corrisponde al J. GALOT,
Marie, Mère et Corédemptrice, p. 192: «Questo è ciò che Gesù chiarisce con le parole “Ecco tuo figlio”,
chiedendo anzitutto a Maria di completare il suo sacrificio materno accettando la perdita del suo unico
Figlio. (...) Allo stesso tempo, Gesù assegna a Maria una nuova maternità. Egli non pretende con ciò di
compensare ciò che il suo affetto materno va perdendo, ma le mostra la fecondità che la sua offerta di
sacrificio acquista nell'opera della salvezza».
81
In questo senso anche J. GALOT (2005) p. 359: «La qualifica di Donna, invece di Madre, conferma che
Gesù voleva porsi al di sopra delle relazioni familiari e considerare Maria come la donna impegnata
nell’opera della salvezza».
Come annota H. SOLOFOARIMANANA (2021) p. 275, le parole di Cristo fanno di Maria realmente la madre
del discepolo, non sono quindi soltanto una indicazione del compito che deve prendere su di se, ma causano
in lei una nuova qualità, uno nuovo stato di vita: essere madre spirituale. Si potrebbe dire che queste parole
di Cristo hanno un carattere di una azione sacramentale perché operano cioè che significano. Questa
annotazione segue J. GALOT, Marie dans l’evangelie, pp. 166-167.
82
Catechesi mariana 50: «Ecco la tua Madre!», 7 maggio 1997, in Insegnamenti, vol. XX/1, pp. 902-904,
n. 1.

36
docilità alla parola di Cristo, suo amato maestro. In quel momento per tutta la vita,
Giovanni diventa il custode e soprattutto figlio della Vergine Maria (cfr. CM 50,3)83.

Giovanni Paolo II ricorda ancora che Sant’Agostino nel suo commento al vangelo scrive
che Giovanni non possedeva nulla di proprio. Questa semplice annotazione ci aiuta a
capire il più profondo significato della frase del vangelo “l’accolse tra i suoi beni”. Il papa
spiega che l’espressione greca “tra i suoi beni” letteralmente tradotta non indica tanto i
beni materiali, quanto piuttosto i beni spirituali o doni ricevuti da Cristo. Fra questi doni
si devono nominare: le grazie (Gv 1,16), la Parola (Gv 12,48; 17,8), lo Spirito (Gv 7,39;
14,17), l’Eucaristia (Gv 6,32-58). Tutti questi doni sono doni dell’amore di Cristo. Dal
suo amore il discepolo riceve anche Maria come madre e comincia di vivere in una
profonda comunione con lei (cfr. CM 50,3)84. Il momento nel quale il discepolo accoglie
Maria come madre è l’ora del compimento dell’opera della salvezza. Come afferma il
papa in questo momento ha inizio la maternità spirituale di Maria. Per concludere questo
argomento riportiamo ancora le parole del papa:

La realtà messa in atto dalle parole di Gesù, cioè la nuova maternità di Maria nei confronti del
Discepolo, costituisce un ulteriore segno del grande amore che ha condotto Gesù ad offrire la
vita per tutti gli uomini. Sul Calvario tale amore si manifesta nel donare una madre, la sua, che
diventa così anche nostra madre. Occorre ricordare che, secondo la tradizione, Giovanni è
colui che, di fatto, la Vergine ha riconosciuto come suo figlio, ma tale privilegio è stato
interpretato dal popolo cristiano, sin dall'inizio, come segno di una generazione spirituale
riguardante l'intera umanità. La maternità universale di Maria, la “Donna” delle nozze di Cana
e del Calvario, ricorda Eva, “madre di tutti i viventi” (Gn 3, 20). Tuttavia, mentre costei aveva
contribuito all'entrata del peccato nel mondo, la nuova Eva, Maria, coopera all'evento salvifico
della Redenzione. Così nella Vergine, la figura della “donna” viene riabilitata e la maternità

83
In questo pare interessante l’osservazione di H. SOLOFOARIMANANA (2021) p. 276 che riporta la
riflessione di J. GALOT, Marie dans l’evangelie, p. 168 che in questo modo spiega la scelta di apostolo
Giovanni: «La scelta ha lo scopo di farci comprendere meglio il senso di questa maternità. In primo luogo,
negativamente, è illuminante il fatto che non sia stato Pietro, capo degli apostoli, ad essere designato figlio
di Maria: la maternità di Maria non è istituita da Cristo come grado superiore nella gerarchia della sua
Chiesa. Questa maternità si colloca non nell'ordine gerarchico di cui Pietro era rappresentante, ma
nell'ordine dell'intimità della vita con Cristo, o della comunicazione della vita di Cristo. Positivamente, in
effetti, Giovanni possiede le seguenti caratteristiche: è il discepolo che Gesù ama particolarmente, il
discepolo che si posò sul petto del Maestro durante l'Ultima Cena e che perciò ricevette con lui uno speciale
privilegio di intimità, e subito dopo essere stato dichiarato figlio di Maria».
84
Su questo argomento S. CIPRIANI, Madre nostra II. Fondamento biblico, p. 833 scrive: «Maria diventa
così una eredita preziosa del discepolo prediletto. È molto di più che una ospitalità quella che Giovanni
dona alla madre di Gesù: è piuttosto una ricchezza che egli riceve in deposito, proprio per realizzarsi come
autentico discepolo di Cristo. […] Si deve dire che Maria è un dono fatto da Cristo alla sua Chiesa: non
come ornamento, sia pure bellissimo, ma come una presenza attiva e permanente, proprio nella sua funzione
di maternità universalizzata, messa a servizio di tutti i credenti».

37
assume il compito di diffondere tra gli uomini la vita nuova in Cristo. In vista di tale missione,
alla Madre è chiesto il sacrificio, per Lei molto doloroso, di accettare la morte del suo
Unigenito. L'espressione di Gesù: “Donna, ecco il tuo figlio”, permette a Maria di intuire il
nuovo rapporto materno che avrebbe prolungato ed ampliato il precedente. Il suo “sì” a tale
progetto costituisce, quindi, un assenso al sacrificio di Cristo, che Ella generosamente accetta
nell'adesione alla divina volontà. Anche se nel disegno di Dio la maternità di Maria era
destinata fin dall'inizio ad estendersi a tutta l'umanità, soltanto sul Calvario, in virtù del
sacrificio di Cristo, essa si manifesta nella sua dimensione universale. Le parole di Gesù:
“Ecco il tuo figlio”, realizzano ciò che esprimono, costituendo Maria madre di Giovanni e di
tutti i discepoli destinati a ricevere il dono della Grazia divina (CM 49,3).

2.2.10. Il ruolo di Maria nella chiesa nascente

2.2.10.1. Maria e la risurrezione di Cristo

Come ben noto i vangeli non riferiscono nessuna apparizione di Cristo risorto a Maria.
Secondo Giovanni Paolo II questo silenzio non ci deve far pensare che Cristo dopo la sua
risurrezione non abbia incontrato la sua Madre. Secondo il papa uno dei motivi per il
quale gli evangelisti hanno scelto di non riportare quell’incontro potrebbe essere che agli
apostoli, quindi “testimoni prescelti da Dio” è già affidato tutto ciò che è necessario per
la salvezza dei uomini. Gli Apostoli a loro volta hanno reso una grande testimonianza
della risurrezione di Cristo. Il papa spiega in seguito che l’annotazione dell’incontro di
Gesù risorto con la sua Madre potrebbe sembrare troppo interessata a coloro che negavano
la risurrezione. Sappiamo però con sicurezza dai vangeli che Cristo è apparso ad alcune
donne. Questo è successo a motivo della loro funzione ecclesiale, esse, come chiedeva
Cristo dovevano annunziare la risurrezione agli stessi apostoli85. Leggendo gli altri passi
del Nuovo Testamento possiamo intuire che i vangeli riportano sono alcune apparizioni
di Cristo dopo la sua risurrezione. San Paolo, per esempio, nella prima lettera ai Corinzi
racconta di una apparizione «a più di cinquecento fratelli in una sola volta» (1 Cor 15,6).
Quindi, si domanda il papa, come potrebbe essere che Maria rimanesse esclusa dal
numero di quelli che hanno visto Cristo dopo la sua risurrezione (cfr. CM 51,2)?

Come durante il morire di Gesù, anche dopo la sua sepoltura Maria non perde la fede e si
affida a Dio, e ricorda le parole del Figlio che aveva predetto la risurrezione. Anche qui

85
Cfr. Catechesi mariana 51: Maria e la risurrezione di Cristo, 21 maggio 1997, in Insegnamenti, vol.
XX/1, pp. 1223-1225, n. 1.

38
Maria spera nella realizzazione delle promesse. Il tempo di attesa costituisce uno dei
momenti più alti della fede della Vergine (cfr. CM 51,1).

È quindi giustificato pensare che Maria sia stata addirittura la prima persona che ha visto
Gesù risorto. Anche l’assenza di Maria fra le donne che al mattino sono andate al sepolcro
potrebbe essere, secondo il papa, una indicazione che Lei lo aveva già incontrato prima.
Lo potrebbe anche confermare il fatto che secondo il volere di Cristo le prime testimoni
della risurrezione erano le donne che sono rimaste sotto la croce, salde nella fede. A Maria
Maddalena, per esempio è stato chiesto da Gesù di trasmettere il messaggio della
risurrezione agli apostoli (Gv 20,17-18). Maria è rimasta la più fedele a Cristo durante
tutta la sua vita e anche sotto la croce. Anche questo fatto permette di pensare, che sia
stata proprio lei la prima testimone della risurrezione. Per di più anche il carattere unico
della unione di Maria con Cristo, durante tutta la vita e soprattutto nella sofferenza della
croce, sembrano poter anche postulare una sua unica partecipazione alla risurrezione.
Maria che dal momento della annunciazione era la via per cui Cristo è entrato nel mondo
era anche adesso eletta per annunciare il suo ritorno e vittoria sulla morte (cfr. CM 51,3).
Come sappiamo dal Nuovo Testamento Maria è stata presente in tutti i momenti decisivi
del mistero pasquale, sul Calvario nel Venerdì Santo e nel cenacolo a Pentecoste, doveva
quindi anche essere testimone privilegiata della risurrezione. Come conclude il papa:
«Accogliendo Gesù risorto, Maria è inoltre segno e anticipazione dell’umanità, che spera
nel raggiungimento della sua piena realizzazione mediante la risurrezione dai morti» (CM
51,4).

2.2.10.2. Maria e il dono dello Spirito Santo

Anche la presenza di Maria nel cenacolo nel giorno di Pentecoste ha un grande significato
in vista della sua maternità spirituale.

Giovanni Paolo II anche qui ricorda le parole di Lumen Gentium, dove è detto che nel
giorno di Pentecoste Maria insieme agli apostoli implorava il dono dello Spirito Santo,
che lei stessa aveva già ricevuto nell’Annunciazione86. Come annota il papa era giusto
che il primo dono dello Spirito Santo per il quale Maria diviene la Madre di Dio fosse
stato rinnovato e rafforzato. Infatti, ai piedi della croce, ricorda il papa, Maria era stata
impegnata di una nuova maternità. Il nuovo dono dello Spirito era quindi necessario e

86
Cfr. Catechesi mariana 52: Maria e il dono dello Spirito, 28 maggio 1997, in Insegnamenti, vol. XX/1,
pp. 1279-1281, n. 1.

39
voluto da lei in vista della fecondità della sua maternità spirituale (cfr. CM 52,3). Nell
momento di Pentecoste tutto si compie in funzione della Chiesa (cfr. CM 52,3).
«Nell’incarnazione lo Spirito Santo aveva formato nel suo grembo verginale il corpo
fisico di Cristo, così ora nel cenacolo lo stesso Spirito scende ad animare il Corpo
Mistico» (CM 52,4)87. Possiamo quindi vedere chiaramente che la preghiera di Maria ha
una straordinaria importanza. Per il fatto che Maria aveva già sperimentato la potenza del
dono dello Spirito Santo era in grado di comprendere meglio l’importanza di tale dono e
anche di desiderarlo più ardentemente (cfr. CM 52,2). Questa singolare esperienza la
spingeva anche a incoraggiare e sostenere nella fede e così predisporre al ricevimento di
quel dono tutti coloro che le stavano accanto (cfr. CM 52,1). La venuta dello Spirito
Santo, come afferma il papa, è anche il frutto della preghiera di Maria. Questa preghiera
è stata accolta con un singolare favore, perché è il frutto del suo materno amore verso i
discepoli di Cristo (cfr. CM 52,4).

La venuta dello Spirito opera una profonda trasformazione di tutti i presenti. La


trasformazione viene compiuta in vista dell’evangelizzazione e quindi la crescita della
Chiesa. A Maria viene concessa una nuova forza e un nuovo dinamismo per la diffusione
della Buona Notizia. Specificando, continua il papa, il dono dello Spirito conduce Maria
ad esercitare la sua maternità spirituale in modo singolare. Maria lo farà quindi da quel
momento soprattutto attraverso la sua presenza piena di carità e con la testimonianza della
sua fede (cfr. CM 52,5)88. I vangeli, ne il resto del Nuovo Testamento non ci riportano
alcuna informazione sull’attività di Maria nella chiesa nascente. Ma, come dice il papa, è
giustificato di supporre che anche dopo la Pentecoste «ella consegna ai discepoli, quale
estimabile tesoro, i suoi ricordi sull’Incarnazione, sull’infanzia, sulla vita nascosta e sulla
missione del divin Figlio, contribuendo a farlo conoscere e a rafforzare la fede dei

87
In modo seguente si esprime su questo J. GALOT (2005) p. 361: «Avendo operato prima con il concorso
materno di Maria, alla Pentecoste lo Spirito Santo opera nello stesso modo».
88
Come annota H. SOLOFOARIMANANA (2021) p. 278: «Si nous voulons chercher un lien de la maternité
de Marie avec l'établissement de la communauté ecclésiale, nous passons au-delà du récit de saint Jean.
Marie est établie mère du disciple pour communiquer la vie du Christ à chacun d'eux, et vis-versa, comme
tous les disciples ont Marie comme mère, ils sont appelés à l'unité».
Questo pensiero segue J. GALOT, Marie dans l’evangelie, pp. 171-171: «La maternità di Maria contribuisce
quindi da parte sua all'edificazione della comunità della Chiesa, ed è facile intuire che il fatto per i cristiani
di avere una sola madre pone tra loro un legame in più e contribuisce all'unità della Chiesa. Per chiarire
ancora di più, diciamo che la maternità universale di Maria è prima di tutto frutto dell'unità di Cristo e della
vita che Egli comunica ai suoi discepoli: tutti ricevono come madre la madre di Cristo perché tutti
condividono la vita di Cristo. Ma poi, questa maternità universale ha la funzione di favorire e consolidare
l'unificazione dei discepoli in Cristo. Maria aiuta ad avvicinare i cristiani. La sua maternità è dunque
insieme effetto e strumento dell'unità di Cristo; è espressione dell'unica vita di Cristo che circola nei membri
della Chiesa, ma anche agente della costituzione di una comunità unita».

40
credenti» (CM 52,5), quindi «continua a vivere un’esistenza nascosta e discreta, vigile ed
efficace» (CM 52,5). Come madre occupa quindi un posto importantissimo nella chiesa
primitiva ed esercita un profondo influsso sui discepoli portando li sempre più vicino a
Cristo (cfr. CM 52,5).

41
3. DESCRIZIONE DELLA FEDE DELLA CHIESA IN MARIA COME MADRE
SPIRITUALE

Nel capitolo precedente abbiamo prima analizzato i preannunci veterotestamentari della


figura di Maria e in seguito ci siamo soffermati sui passi del Nuovo Testamento che
parlano di lei. Abbiamo quindi potuto vedere, per così dire, come Maria è stata preparata
per la sua missione di universale e spirituale maternità, come ha ricevuto questa missione
durante la crocifissione di suo Figlio e infine come l’ha svolta all’inizio della Chiesa.

Adesso ci vogliamo soffermare sulla fede della chiesa in Maria come madre spirituale.
Maria svolge questo ruolo perché è madre di Dio, madre verginale e anche a causa della
grazia dell’Immacolata Concezione. Vogliamo quindi approfondire, anche se in modo
limitato, i dogmi mariani, che ci possono aiutare a comprendere meglio la sua funzione,
e per di più mostrano come questa funzione è addirittura possibile e anche necessaria per
la nostra salvezza.

3.1. Dogmi mariani

3.1.1. Maria madre di Dio

Giovanni Paolo II sottolinea che la fede nella divina maternità di Maria è presente nel
pensiero cristiano sin dal principio.

Nel Nuovo Testamento Maria è chiamata col titolo di “Madre di Gesù”. Così la indicano
gli evangelisti Matteo (13,55) e Marco (6,3) e anche Luca negli Atti degli Apostoli
(1,14)89. Abbiamo già prima analizzato il ruolo di Maria nella chiesa nascente. Come dice
il papa, agli occhi degli apostoli il titolo di “Madre di Gesù” assume un significato
speciale. Tutta la comunità della chiesa primitiva doveva quindi riconoscere in Maria una
persona unica. Maria ha avuto la grazia di portare alla luce il Salvatore, era unita a Lui
durante la vita e anche nel momento della morte, subita per espiare i peccati. Infine, sul
Calvario è stata chiamata a esercitare una nuova maternità nei confronti del discepolo
prediletto e attraverso lui, di tutta la Chiesa. Con questo titolo i cristiani vogliono
confermare che riferendosi all’origine di Gesù non si può dimenticare il ruolo della donna

89
Cfr. Catechesi mariana 2: Il volto materno di Maria nei primi secoli, 13 settembre 1995, in Insegnamenti,
vol. XVIII/2, pp. 362-365, n. 1.

42
che lo ha generato secondo la natura umana attraverso l’opera dello Spirito Santo (cfr.
CM 2,2).

L’ammirazione e approfondimento del mistero della nascita di Cristo ha condotto il


popolo cristiano non solo a chiamare Maria Madre di Gesù, ma anche a riconoscerla la
Madre di Dio90. Lei è infatti la madre del Verbo incarnato, il quale è, come afferma il
Simbolo niceno-costantinopolitano «Dio da Dio… Dio vero da Dio vero». Come ricorda
il papa il titolo di Madre di Dio, era già testimoniato dall’evangelista Matteo nella
denominazione equivalente di Madre dell’Emmanuele (Mt 1,23), ma è stato attribuito
esplicitamente a Maria solo dopo circa due secoli. Infine, il concilio di Efeso, nell’anno
431, attribuendo a Maria il titolo Theotokos definisce il dogma della divina maternità di
Maria (cfr. CM 2,5). Il papa spiega: «Maria appare nella vera dimensione della sua
maternità: è Madre del Figlio di Dio, che ha generato verginalmente secondo la natura
umana e con il suo amore materno ha educato, contribuendo alla crescita umana della
persona divina, venuta a trasformare il destino dell’umanità» (CM 2,4). Proprio il titolo
madre di Dio manifesta che la maternità di Maria appartiene intimamente al mistero
dell’Incarnazione (cfr. CM 2,5)91.

Portando alla luce Gesù, Figlio di Dio, Maria partecipa in un unico modo all’opera di
redenzione. La sua cooperazione si compie sotto la croce, ma comincia già nel mistero
dell’Incarnazione. Con la partecipazione di Maria all’opera redentrice di Cristo, viene
anche riconosciuta la maternità spirituale ed universale di Maria (cfr. CM 3,4), come dice
Lumen Gentium 61: «Maria è per noi madre nell’ordine della grazia» (cfr. CM 3,6)92.

Concludendo possiamo quindi affermare che Maria, essendo la madre di Dio, può e
realmente è anche la madre di tutti gli uomini chiamati alla figliolanza divina attraverso
l’opera redentrice del suo Figlio Gesù Cristo. Per i suoi meriti e la sua intercessione Maria

90
Cfr. Catechesi mariana 37: Il titolo di Maria madre di Dio, 27 novembre 1996, in Insegnamenti, vol.
XIX/2, pp. 762-764, n. 1.
91
In J. GALOT (2005) pp. 104-105 questo tema viene descritto più ampiamente, vengono nominate le ragioni
di convenienza della maternità di Maria.
92
Lumen Gentium, n. 61; S. MANELLI, Mariologia biblica, Casa Mariana Editrice, Frigento 2005, pp. 418-
419 spiega in modo seguente appena citata l’espressione del Concilio: «La Maternità universale di Maria
non è metaforica o soltanto giuridica; non è fisica o soltanto morale, ma è spirituale. Maria non ci ha generati
nell'ordine fisico ma nell'ordine della grazia. È questa la formula sintetica e completa adoperata dal Concilio
Vaticano II: Maria è per noi “madre nell'ordine della grazia” (LG 61). Ciò significa che ella, come ha
generato Gesù nell'ordine fisico, così ha generato noi nell'ordine della grazia. E anzi, proprio generando
nell'ordine fisico Colui che è “il primogenito fra molti fratelli” (Rm 8,29), ella ha generato noi nell'ordine
della grazia, noi che formiamo il Corpo Mistico di Cristo Capo».

43
contribuisce alla nostra nascita spirituale e allo sviluppo della vita della grazia in noi (cfr.
CM 3,5). Giovanni Paolo II spiega:

Per questo motivo Maria viene chiamata “Madre della grazia” “Madre della vita”. Il titolo
“Madre della vita” usato già da Gregorio Nisseno, è stato spiegato così da Guerrico d’Igny,
morto nel 1157: “Ella è la Madre della Vita, di cui vivono tutti gli uomini: generando da se
stessa questa vita, in un certo modo ha rigenerato tutti quelli che l’avrebbero vissuta. Uno solo
fu generato, ma noi tutti fummo rigenerati” (In Assumpt. I, 2, PL 185, 188). Un testo del
tredicesimo secolo, il “Mariale”, usando un’immagine ardita, attribuisce questa rigenerazione
al “parto doloroso” del Calvario, con il quale «è diventata madre spirituale di tutto il genere
umano»; infatti «nelle sue caste viscere ella concepì, per compassione, i figli della Chiesa»
(Q. 29, par. 3)93.

3.1.2. Maria madre verginale

Come ricorda il papa, la chiesa ha sin dall’inizio riconosciuto a Maria la maternità


Verginale. Maria è quindi unica Vergine che sia anche Madre (cfr. CM 2,3).

La chiesa ha sempre accolto e approfondito la testimonianza dei Vangeli di Luca, di


Matteo, e come vedremo più avanti forse anche di Giovanni94. È senza dubbio la stessa
vergine Maria che con i suoi ricordi sta all’origine della rivelazione circa il misterioso
concepimento verginale ad opera di Spirito Santo (cfr. CM 2,3).

Nel suo racconto dell’Annunziazione l’evangelista Luca chiama Maria vergine. In questo
modo riporta sia la sua intenzione di rimanere vergine come anche il piano divino che in
modo misterioso concilia questo proposito con la maternità. L’evangelista Luca riferisce
il concepimento verginale ad opera dello Spirito Santo. Come afferma il papa, la struttura
del testo lucano resiste ad ogni interpretazione riduttiva, esclude quindi ogni ipotesi di
partenogenesi naturale e rigetta i tentativi di spiegare il racconto come derivante da
mitologia pagana o come esplicitazione di un tema giudaico (cfr. CM 26,1).

L’evangelista Matteo afferma pure il concepimento verginale operato dallo Spirito Santo,
riferendo l’annuncio dell’angelo a Giuseppe. Giuseppe è chiamato ad accettare il suo
ruolo di sposo della Vergine e la missione paterna nei riguardi di bambino. Non si tratta
per lui di un invito a dare un assenso previo al concepimento. Infine, il vangelo di Mateo

93
Catechesi mariana 5: Maria nell'esperienza spirituale della Chiesa, 15 novembre 1995, in Insegnamenti,
vol. XVIII/2, pp. 1122-1125, n. 5.
94
Cfr. Catechesi mariana 26: La verginità di Maria, verità di fede, 10 luglio 1996, in Insegnamenti, vol.
XIX/2, pp. 75-78, n. 1.

44
vede il concepimento di Gesù, come la realizzazione della profezia di Isaia: «Ecco, la
vergine concepirà e partorirà un figlio che sarà chiamato Emmanuele, che significa Dio
con noi» (Mt 1,23; Is 7,14). Quel fatto dimostra che già la chiesa degli inizi comprendeva
il concepimento verginale come conforme al divino piano di salvezza e che anche
riconosceva in Gesù l’Emmanuele “Dio con noi” (cfr. CM 26,2).

Anche i dati riportati dal vangelo di Marco sono in armonia con la fede nel mistero del
concepimento verginale di Gesù. Anche se il vangelo di Marco non parla del
concepimento e della nascita di Gesù, chiama sempre Maria la sua madre e non menziona
mai Giuseppe, sposo di Maria. Gesù è chiamato il figlio di Maria o pure il figlio di Dio
(Mc 1,1.11; 3,11; 5,7; 9,7; 14,61-62; 15,39) (cfr. CM 26,3)95.

Trattando del vangelo di Giovanni il papa menziona una riscoperta esegetica, secondo la
quale il versetto 13 del prologo (Gv 1,13) potrebbe essere riportato al singolare, quindi:
«Lui, che non da sangue ne da volere di carne, ne da volere di uomo, ma da Dio fu
generato». Questa lezione non al plurale, presentata anche da alcune voci antiche, come
Ireneo e Tertulliano, farebbe dal prologo di Giovanni una importante attestazione del
concepimento verginale (cfr. CM 26,3)96.

Come afferma il papa la fede nel concepimento verginale è saldamente presente in diversi
ambienti della chiesa antica. Questo fatto è uno dei motivi importanti che confermano che
si tratta della concezione in senso biologico o fisico, e non solo simbolico o metaforico.
Non sono anche giustificate opinioni di alcuni, secondo cui il concepimento verginale
sarebbe un theologoumenon, cioè un modo di esprimere una dottrina teologica, quella
della filiazione divina, o sarebbe una rappresentazione mitologica (cfr. CM 26,3).

Nella tradizione successiva la fede nel concepimento verginale viene confermata senza
interruzioni. Fra i primi autori cristiani il papa nomina Giustino, Ireneo, Tertulliano e
Ignazio d’Antiochia. Anche le definizioni di fede dei concili ecumenici e del magistero
confermano questa verità. Fra i concili si può nominare il Concilio di Calcedonia, il II e
III Concilio di Costantinopoli, Lateranense IV e Lionese II. Tali affermazioni sono anche
riprese più recentemente dal Vaticano II (cfr. CM 26,4).

Per di più la tradizione presenta Maria, mediante una formula sintetica «vergine prima
del parto, nel parto, dopo il parto» come colei che non ha mai cessato di essere vergine.

95
Si nota la somiglianza con J. GALOT (2005) p. 129.
96
Anche J. GALOT (2005) p. 127 vede Giovanni 1,13 come affermazione del concepimento verginale.

45
La Chiesa crede che Gesù, il primogenito figlio di Maria «non diminuì la sua verginale
integrità, ma la consacro»97. Come sottolinea il papa non ci sono neanche i motivi di
pensare che la volontà di Maria di rimanere vergine sia mutata dopo il parto98.

Giovanni Paolo II parla anche del proposito della verginità fatto da Maria. All’annuncio
del concepimento di Gesù, Maria risponde con una domanda: «Come avverrà questo?
Non conosco uomo» (Lc 1,34). La sua risposta potrebbe sembrare soltanto una conferma
dell’attuale stato di verginità, ma come spiega il papa, il contesto nel quale viene posta la
sua domanda e pronunciata in seguito l’affermazione confermano sia l’attuale stato di
verginità come anche la volontà di rimanere in questo stato. La permanenza e la continuità
sono dimostrate dalla forma verbale al presente usata nella sua espressione99.

In caso di Maria non si tratta, come nella maggioranza dei racconti riportati dalla Bibbia,
di un annunzio di maternità fatto ad una donna meritata e sterile. Maria per libera scelta
vuole rimanere vergine. Questo proposito sembra quindi essere un impedimento per la
maternità annunciata (cfr. CM 27,1). Maria non vuole opporsi alla volontà divina, ma
presenta soltanto la difficoltà. In realtà il suo proposito la disponeva meglio all’accogliere
il volere divino, perché era una espressione di dedicare totalmente la sua vita a Dio (cfr.
CM 27,2)100.

Per il fatto che l’ideale di vita verginale non era apprezzato nell’ambiente giudaico, tale
proposito di Maria ad alcuni non sembra probabile (cfr. CM 27,2). Come sottolinea il
papa un certo orientamento positivo verso la verginità ha però cominciato mostrarsi
proprio nel tempo precedente l’inizio della cristianità. Qui si possono nominare per
esempio gli Esseni, ed anche una comunità di donne in Egitto chiamata le terapeute.
Secondo il papa non sembra probabile che Maria sia entrata in conoscenza di questi
gruppi, ma il suo proposito è sicuramente possibile in un nuovo contesto culturale e
religioso (cfr. CM 27,3). Il papa, però spiega ancora, che il proposito di Maria non deve
essere legato alla mentalità dell’ambiente. Maria aveva infatti ricevuto dall’inizio della

97
Lumen Gentium, n. 57.
98
Cfr. Catechesi mariana 68: Devozione mariana e culto delle immagini, 29 ottobre 1997, in Insegnamenti,
vol. XX/2, pp. 659-698, n. 2.
99
Cfr. Catechesi mariana 27: Il proposito di verginità, 24 luglio 1996, in Insegnamenti, vol. XIX/2, pp.
103-106, n. 1.
100
Cfr. Redemptoris Mater, n. 13.
J. GALOT (2005) p. 139 descrive questa questione più ampiamente: «La verginità ha il senso profondo non
di rinchiudersi in se stessa preservandosi, ma di aprirsi nel modo più diretto e più completo a Dio. È ricerca
del contatto più intimo col Signore. Si deve riconoscere in essa il suo valore positivo di sposalizio con un
Dio personale».

46
sua vita una grazia unica, riconosciuta anche dall’angelo al momento dell’annunciazione,
Lei è la “piena di grazia” (Lc 1,28). Il privilegio di Immacolata Concezione ha influenzato
tutta la vita di Maria, si deve quindi ritenere che era lo stesso Spirito Santo che ha ispirato
in Maria il desiderio di rimanere vergine, per essere perfettamente consacrata a Dio101.
Per di più, continua il papa:

L’aspirazione alla vita verginale era in armonia con quella “povertà” dinanzi a Dio, a cui
l’Antico Testamento attribuisce un grande valore. Impegnandosi pienamente in questa via,
Maria rinuncia anche alla maternità, ricchezza personale della donna, tanto apprezzata in
Israele. In tal modo “Ella primeggia tra gli uomini e i poveri del Signore, i quali con fiducia
attendono e ricevono da lui la salvezza” (LG 55). Ma, presentandosi a Dio come povera, e
mirando ad una fecondità solo spirituale, frutto dell’amore divino, al momento
dell’Annunciazione Maria scopre che la sua povertà è trasformata dal Signore in ricchezza:
Ella sarà la Madre Vergine del Figlio dell’Altissimo. Più tardi scoprirà anche che la sua
maternità è destinata ad estendersi a tutti gli uomini che il Figlio è venuto a salvare (cfr. CCC
n. 501) (CM 27,4).

Il seguito il papa sottolinea il valore del concepimento verginale. Il papa afferma, citando
il Catechismo, che la fede illumina le ragioni per le quali Dio ha voluto che il suo Figlio
nascesse da una vergine. Queste ragioni riguardano sia Cristo e la sua missione come
anche l’accettazione del volere divino da parte di Maria in favore di tutti gli uomini (cfr.
CM 28,1). In questo modo la verginità di Maria assume un singolare significato, perché
illumina il mistero della filiazione di Gesù e conferma il suo essere Dio (cfr. CM 2,3)102.

Anche il prologo del vangelo di Giovanni suggerisce che nella generazione verginale si
rivela la generazione eterna. La manifestazione del Dio invisibile ad opera
“dell’Unigenito che è nel seno del Padre” viene messa in relazione con la sua venuta nella
carne.

I vangeli di Matteo e Luca sottolineano anche il ruolo dello Spirito Santo. Dio Padre, che
è unico padre di Gesù, attraverso lo Spirito genera il Verbo nella natura umana.
Nell’annunciazione lo Spirito viene chiamato la potenza di Dio, adesso questa potenza,
che nella vita trinitaria è Amore, ha il compito di donare al mondo il Verbo incarnato (cfr.
CM 28,2).

Giovanni Paolo II conclude:

101
Si nota la somiglianza con J. GALOT (2005) p. 147.
102
Si nota la somiglianza con J. GALOT (2005) p. 130.

47
Lo Spirito Santo, in particolare, è la persona che comunica le divine ricchezze agli uomini e
partecipa loro la vita di Dio. Egli, che nel mistero trinitario è l’unità del Padre e del Figlio,
operando la generazione verginale di Gesù, unisce l’umanità a Dio. Il mistero
dell’Incarnazione mette in luce anche l’incomparabile grandezza della maternità verginale di
Maria: il concepimento di Gesù è frutto della sua generosa cooperazione all’azione dello
Spirito d’Amore, fonte di ogni fecondità. Nel piano divino della salvezza, il concepimento
verginale è pertanto annunzio della nuova creazione: per opera dello Spirito Santo, in Maria è
generato colui che sarà l’uomo nuovo. Come afferma il Catechismo della Chiesa Cattolica,
«Gesù è concepito per opera dello Spirito Santo nel seno della Vergine Maria, perché egli è il
nuovo Adamo che inaugura la nuova creazione» (n. 504). Nel mistero di tale nuova creazione
risplende il ruolo della verginale maternità di Maria. Chiamando Cristo “primogenito della
Vergine” (Adv. Haer., 3,16,4) 103, sant’Ireneo ricorda che, dopo Gesù, molti altri nascono dalla
Vergine, nel senso che ricevono la vita nuova di Cristo. «Gesù è l’unico Figlio di Maria. Ma
la maternità spirituale di Maria si estende a tutti gli uomini che egli è venuto a salvare: Ella ha
dato alla luce un Figlio che Dio ha fatto “il primogenito di una moltitudine di fratelli” (Rm 8,
29), cioè dei fedeli, e alla cui nascita e formazione ella coopera con amore di madre» (CCC n.
501). La comunicazione della vita nuova è trasmissione della figliolanza divina104. Possiamo
qui ricordare la prospettiva aperta da Giovanni nel Prologo del suo Vangelo: colui che da Dio
è stato generato dà ai credenti il potere di diventare figli di Dio (cfr. Gv 1,12-13). La
generazione verginale consente l’estensione della paternità divina: gli uomini sono resi figli
adottivi di Dio in Colui che è Figlio della Vergine e del Padre. La contemplazione del mistero
della generazione verginale ci fa dunque intuire che Dio ha scelto per suo Figlio una Madre
Vergine, per offrire più ampiamente all’umanità il suo amore di Padre (CM 28,3-4).

3.1.3. Immacolata Concezione, perfetta santità di Maria

La divina maternità di Maria e la sua verginità sono intimamente legate alla sua perfetta
santità (cfr. CM 26,5).

Nel racconto dell’Annunciazione l’angelo Gabriele dopo aver invitato Maria alla gioia
con il saluto chaire, la chiama kecharitoméne, tradotto usualmente con “piena di

103
Si nota la somiglianza con J. GALOT (2005) p. 135, anche lui cita sant’Ireneo che chiama Cristo
«primogenito della vergine».
104
J. GALOT (2005) p. 136 vede qui anche una connessione fra la nascita verginale e la risurrezione: «La
novità della nascita verginale apre la via alla novità della risurrezione. I due misteri, della nascita umana e
della morte sono gli avvenimenti decisive in cui Dio ha trasformato la nascita e la morte dell’uomo, ossia
l’insieme del destino umano. Essi indicano una nuova era, il periodo escatologico, perché secondo
l’affermazione d’Ireneo la nascita verginale ha avuto luogo alla fine dei tempi, rispondendo all’inizio di
Adamo».

48
grazia”105. Il saluto chaire è stato tradotto in latino con ave, una semplice espressione di
saluto. Come sottolinea il papa, non si può dimenticare che l’angelo Gabriele era di sicuro
cosciente del fatto che l’annuncio che doveva fare aveva un significato unico nella storia
di tutta l’umanità. Per questo anche se chaire era una formula di saluto dei greci, un
semplice saluto non sembra corrispondere pienamente alle intenzioni del messaggero. Un
saluto semplice e usuale sarebbe in queste circostanze fuori luogo. Più adatto sarebbe il
riferimento all’originario significato dell’espressione chaire, che è rallegrati. Come
confermano diversi oracoli profetici l’invito alla gioia conviene particolarmente
all’annuncio della venuta del Messia106.

Riguardo il termine kecharitoméne, il papa afferma che non lo si dovrebbe tradurre


semplicemente “piena di grazia”, bensì “resa piena di grazia” oppure “colmata di grazia”.
Il termine, nella forma di participio perfetto, accredita l’immagine di una grazia perfetta
e duratura che implica pienezza, si tratta di un dono fatto da Dio alla Vergine.
Kecharitoméne appare quindi come una qualifica propria della donna destinata a
diventare la madre di Gesù (cfr. CM 19,2)107. In questo modo saluto angelico diventa
anche una manifestazione del piano salvifico di Dio nei riguardi di Maria (cfr. CM 19,2).

Come osserva il papa lo stesso verbo, nel significato di “dotare di grazia”, è usato nella
lettera agli Efesini per indicare l’abbondanza di grazie, concessa all’uomo da Dio nel suo
Figlio (Ef 1,6)108. «Maria la riceve come primizia della redenzione» (CM 19,2)109.

Il papa annota anche che l’elezione di Maria da parte di Dio può sembrare sorprendente.
Maria non possiede nessun titolo umano, è soltanto una giovane donna senza influsso
nella società, per di più proveniente dal villaggio Nazaret, mai nominato nell’Antico
Testamento e non godente di buona fama (Gv 1,46). L’Evangelista Luca non fa nessun
cenno al comportamento di Maria, come aveva fatto in caso di Zaccaria ed Elisabetta, che
vengono da lui descritti come modelli dei giusti dell’Antico Testamento. In questo modo

105
Cfr. Catechesi mariana 19: La «Piena di grazia», 8 maggio 1996, in Insegnamenti, vol. XIX/1, pp. 1191-
1193, n. 1.
106
Cfr. Catechesi mariana 18: La nuova figlia di Sion, 1 maggio 1996, in Insegnamenti, vol. XIX/1, pp.
1120-1123, n. 1.
107
Cfr. Redemptoris Mater, n. 9.
Queste annotazioni corrispondono con J. GALOT (2005) p. 195 e per di più viene aggiunto: «Kecharitoméne
è stato rivolto dall’angelo a Maria come se, agli occhi di Dio, fosse il suo vero nome; dunque, si tratta di
una qualità annessa alla sua persona, che la distingue da tutte le altre. E costituisce un titolo unico: è
l’equivalente di quello che la bolla Ineffabilis Deus intende per “singolare privilegio”».
108
Si nota la somiglianza con J. GALOT (2005) p. 194.
109
Cfr. Redemptoris Mater, n. 10.

49
san Luca evidenzia che in Maria tutto deriva da una grazia sovrana, non da qualche merito
proprio, ma da libera e gratuita elezione divina (cfr. CM 19,3).

Come in seguito sottolinea il papa, l’evangelista facendo così, non intendeva di sicuro
diminuire il valore della persona di Maria, ma mostrarla come frutto dell’amore e
benevolenza di Dio. Come dice il papa, è esattamente la grazia che costituisce la nascosta
ricchezza spirituale di Maria (cfr. CM 19,4).

La chiesa quindi riconosce in Maria, come afferma la costituzione Lumen Gentium citata
dal papa «la tutta santa e immune da ogni macchia di peccato», «adornata fin dal primo
istante della sua concezione dagli splendori di una santità del tutto singolare»110. Come
ricorda Giovanni Paolo II questo riconoscimento ha avuto un lungo commino di
riflessione dottrinale, ma alla fine ha portato alla proclamazione del dogma della
Immacolata Concezione dal papa Pio XI nell’anno 1854 con la bolla Ineffabilis Deus. Il
dogma afferma che Maria nel primo istante del suo concepimento è stata preservata da
ogni macchia di colpa originale. Questo comporta l’immunità da ogni peccato. In
conseguenza Maria è immune anche dalla concupiscenza, tendenza disordinata che, come
spiega il Concilio di Trento, viene dal peccato e inclina al peccato (cfr. CM 19,2).

La vergine ha ricevuto la singolare grazia dell’immacolato concepimento in


considerazione dei meriti di Gesù Cristo111. Maria non è una eccezione alla redenzione,
ma è redenta per preservazione. Secondo il concetto di redenzione preservatrice,
introdotto in teologia da Duns Scoto, monaco scozzese nel secolo XII Maria è stata
redenta in modo ancora più sublime di tutti gli altri uomini, non per via di liberazione del
peccato, ma per via di preservazione del peccato112.

Prima della proclamazione del dogma la dottrina dell’immacolato concepimento ha


trovato qualche resistenza in considerazione della affermazione di san Paolo sul peccato
originale e sulla universalità del peccato (cfr. CM 22,1). Paolo dichiara nella lettera ai
Romani che, a seguito della colpa di Adamo «tutti hanno peccato», e che «per la colpa di
uno solo si è riversata su tutti gli uomini la condanna» (Rm 5,12.18). Secondo
l’insegnamento della Chiesa il peccato originale intacca la natura umana, che in
conseguenza si trova in una condizione decaduta. Il peccato viene trasmesso per

110
Lumen Gentium, n. 56.
111
Cfr. Catechesi mariana 23: Immacolata: la definizione dogmatica del privilegio, 12 giugno 1996, in
Insegnamenti, vol. XIX/1, pp. 1496-1498, n. 3.
112
Cfr. Catechesi mariana 22: Immacolata: redenta per preservazione, 5 giugno 1996, in Insegnamenti,
vol. XIX/1, pp. 1453-1455, n. 3.

50
propagazione a tutta l’umanità. La natura umana viene trasmessa nello stato di privazione
della santità e giustizia originali. Cristo è l’eccezione di questa legge universale, come
ammette anche lo stesso Paolo113. In seguito, il papa spiega:

Queste affermazioni non portano necessariamente a concludere che Maria è coinvolta


nell’umanità peccatrice. Il parallelo, istituito da Paolo fra Adamo e Cristo, è completato da
quello fra Eva e Maria: il ruolo della donna, rilevante nel dramma del peccato, lo è altresì nella
redenzione dell’umanità. Sant’Ireneo presenta Maria come la nuova Eva che, con la sua fede
e la sua obbedienza, ha controbilanciato l’incredulità e la disobbedienza di Eva. Un tale ruolo
nell’economia della salvezza richiede l’assenza di peccato. Era conveniente che come Cristo,
nuovo Adamo, anche Maria, nuova Eva, non conoscesse il peccato e fosse così più atta a
cooperare alla redenzione. Il peccato, che quale torrente travolge l’umanità, s’arresta dinanzi
al Redentore e alla sua fedele Collaboratrice. Con una sostanziale differenza: Cristo è tutto
santo in virtù della grazia che nella sua umanità deriva dalla persona divina; Maria è tutta santa
in virtù della grazia ricevuta per i meriti del Salvatore (CM 21,4)114.

Come fonti scritturali per l’Immacolata Concezione la tradizione e il magistero accanto


al racconto dell’Annunciazione hanno indicato il cosiddetto Protovangelo (Gn 3,15) (cfr.
CM 21,1). Come testimonianza biblica si indica anche spesso il capitolo XII
dell’Apocalisse nel quale si parla della «donna vestita del sole» (Ap 12,1). Come annota
il papa l’esegesi vede spesso in tale donna la comunità della Chiesa, che partorisce il
Messia, ma il testo può anche suggerire una interpretazione individuale parlando di una
donna che «partorirà un figlio maschio, destinato a governare le nazioni» (Ap 12,5).
Come afferma il papa, con il riferimento al parto è possibile una identificazione della
donna vestita di sole con Maria, quindi la donna che ha concepito il messia. L’annotazione
di Apocalisse 12,2 «la donna era incinta e gridava per il travaglio del parto» rimanda a
Maria sotto la croce, che unendosi alla sofferenza di Cristo partecipa al travaglio del parto
della comunità dei discepoli. Come dice il papa, questa immagine non indica direttamente
il privilegio dell’Immacolata Concezione, ma può essere vista come un invito di
riconoscere di più la dimensione ecclesiale della personalità di Maria (cfr. CM 21,3): «la
donna vestita di sole rappresenta la santità della Chiesa, che si realizza pienamente nella
Santa Vergine, in virtù di una grazia singolare» (CM 21,3)115.

113
Cfr. Catechesi mariana 21: L'Immacolata Concezione, 29 maggio 1996, in Insegnamenti, vol. XIX/1,
pp. 1389-1393, n. 4.
114
Si nota la somiglianza con J. GALOT (2005) p. 198.
115
Questa descrizione corrisponde con J. GALOT (2005) pp. 195-197.

51
Il dogma dell’Immacolata Concezione parla in modo diretto del primo momento
dell’esistenza di Maria nel quale è stata preservata dal peccato originale e non definisce
la sua santità permanente. Come sottolinea il papa, tale verità fa già parte del sentire
comune del popolo cristiano. La santità iniziale è stata concessa a Maria per riempire la
sua intera esistenza, e così Maria è stata preservata da ogni peccato attuale116.

Il favore divino di Immacolata Concezione è stato concesso a Maria in vista della sua
divina maternità117, e senza dubbio si può anche dire, in vista della maternità spirituale
riguardante tutti gli uomini118. Per questo Maria, come madre, è per i credenti la guida
perfetta e sicura verso la santità (cfr. CM 24,5).

3.1.4. L’Assunzione di Maria

Infine, vogliamo trattare del dogma sull’Assunzione della Vergine Maria, proclamato dal
papa Pio XII nell’anno 1950 con la bolla Munificentissimus Deus.

Abbiamo già prima parlato della compassione di Maria verso gli uomini bisognosi di
salvezza. Questa compassione si manifesta soprattutto nel momento della crocifissione di
Gesù, quando Maria con un atto volontario si unisce al sacrificio del suo Figlio per la
redenzione dell’umanità. Questa compassione di Maria, madre spirituale di tutti i credenti
si manifesterà lungo la storia anche nella compassione ai sofferenti. Per il fatto che la
morte è per ogni uomo una realtà inevitabile e forse la più minacciosa sofferenza anche

116
Cfr. Catechesi mariana 24: Santa durante tutta la vita, 19 giugno 1996, in Insegnamenti, vol. XIX/1, pp.
1528-1531, n. 1.
117
Cfr. Catechesi mariana 20: La perfetta santità di Maria, 15 maggio 1996, in Insegnamenti, vol. XIX/1,
pp. 1252-1254, n. 1.
J. GALOT (2005) p. 215 argomenta in questo modo: «Destinata a diventare la madre di Cristo, Maria doveva
possedere la santità più perfetta che possa avere una creatura. Non si può tuttavia affermare uno stretto
legame di necessita: non sarebbe stato impossibile a Dio di realizzare l’Incarnazione con il concorso di
Maria, anche se avesse contratto la macchia originale e ne fosse stata purificata prima dell’Annunciazione.
Ma se non vi è necessità, vi è convenienza: Maria era più atta a adempiere perfettamente la sua missione di
madre del Cristo se fosse stata preservata, fin dall’origine, dal peccato originale. […] La maternità di Maria
è destinate a portare il riflesso della paternità del Padre. La generazione temporale del Verbo si doveva
produrre ad immagine della sua generazione esterna, ed esprimere nella carne la santità della sua filiazione
divina. Conveniva dunque che Maria avesse una santità che fosse l’immagine più perfetta della santità
assoluta del Padre».
118
J. GALOT (2005) pp. 220-223 sostiene che il privilegio dell’Immacolata Concezione è richiesto dalla
maternità spirituale e nomina gli seguenti argomenti: «Nella sua vita spirituale, non è senza importanza che
il Cristiano sia assicurato dalla presenza di una madre perfetta; Immacolata Concezione è richiesta dalla
funzione essenziale della maternità spirituale, la collaborazione allo sviluppo della grazia nella Chiesa e in
ogni Cristiano, Maria non poteva svolgere il suo ruolo nel ‘rifacimento’ dell’umanità se non fosse stata la
prima ad essere perfettamente rifatta; la sua purezza immacolata rende la sua intercessione più efficace;
Maria può cosi adempiere la sua missione educativa, può essere la perfetta educatrice degli uomini, come
lo è stato per Gesù; la sua purezza immacolata la pone in grado di simpatizzare in maniera vera e più
efficace con le miserie di coloro che sono schiavi del male».

52
la questione di dormizione di Maria e la sua l’assunzione in cielo deve avere rilevanza
per il nostro tema.

Giovanni Paolo II ricorda nella sua catechesi che il Concilio riprendendo i termini della
bolla Munificentissimus Deus di definizione del dogma dell’Assunzione proclamato da
papa Pio XII nell’anno 1950 afferma, come lo riassume il Vaticano II: «L’immacolata
vergine, preservata immune da ogni macchia di colpa originale, finito il corso della sua
vita terrena, fu assunta alla celeste gloria in corpo e anima»119. Come osserva il papa, né
la definizione del dogma, né la costituzione Lumen Gentium definiscono la questione
della morte di Maria. Giovanni Paolo II ammette che secondo alcuni Maria era stata
preservata dalla morte, ma ricorda che questa opinione è rimasta sconosciuta fino al
secolo XVII120. In realtà, come dice il papa, esiste una tradizione ben diffusa il quale vede
nella morte la introduzione di Maria alla vita nel regno celeste121.

Il Nuovo Testamento non dà nessuna informazione sulla morte di Maria. Secondo il papa,
questo silenzio ci può far pensare che la morte sia avvenuta in modo normale, senza
particolari che si dovrebbe far conoscere. Se non era così, si domanda il papa, come
avrebbe potuto questa notizia restare nascosta a tutti i contemporanei e non giungere
anche fino ai nostri tempi (cfr. CM 53,4)? Il papa avverte che non sembrano probabili le
opinioni che vorrebbero escludere per la morte di Maria le cause naturali. Giovanni Paolo
II sottolinea quindi l’importanza dell’atteggiamento spirituale della Vergine al momento
della sua dipartita di questo mondo. Pare opportuno a questo punto menzionare san
Francesco di Sales, che riteneva che la morte di Maria sia avvenuta come conseguenza di
un trasporto di amore. Maria muore secondo di lui «nell’amore, a causa dell’amore e per
amore» e quindi giunge ad affermare che Maria morì d’amore per suo Figlio. Trattando
di Maria, si può dire, che mai come in quel caso la morte poté essere concepita come una
dormizione, perché qualunque sia stato il fatto organico e biologico che causò sotto
l’aspetto fisico la cessazione della vita del corpo, si può dire che il passaggio da questa
all’altra vita fu per Maria una maturazione della grazia nella gloria (cfr. CM 53,4).

119
Lumen Gentium, n. 59.
120
Questa affermazione storica, presa da libro Maria. La donna nell’opera della salvezza di J. GALOT
(2005) p. 334 è scorretta. Vedi qui M. HAUKE, Introduzione alla Mariologia, pp. 240-241. La prima
testimonianza a favore dell’immortalità è di Timoteo di Gerusalemme, probabilmente del sec. VII.
121
Cfr. Catechesi mariana 53: La dormizione della Madre di Dio, 25 giugno 1997, in Insegnamenti, vol.
XX/1, pp. 1608-1610, n. 1.

53
Giovanni Paolo II riporta anche un altro argomento: per il fatto che Cristo è morto sarebbe
difficile sostenere il contrario per la Madre122. Questa era anche la comune opinione dei
Padri della Chiesa (cfr. CM 53,2). Da altra parte si potrebbe anche argomentare che nella
rivelazione la morte viene presentata come il castigo per il peccato e Maria per la grazia
dell’Immacolata Concezione era stata liberata dal peccato originale e di tutti i peccati
personali e perciò non dovrebbe subire la morte123. Come afferma il papa, la singolare
grazia dell’Immacolata Concezione non può portare a concludere che Maria abbia
ricevuto anche l’immortalità corporale. Maria non è superiore a Cristo, che ha assunto la
morte dandole nuovo significato e trasformandola in strumento di salvezza. Sembra
decisivo l’argomento che Maria essendo associata all’offerta salvatrice di Cristo e quindi
essendo in un modo unico coinvolta all’opera redentrice ha potuto condividere la
sofferenza e la morte in vista della redenzione dell’umanità124. Maria ha anche dovuto
subire la morte per poter essere partecipe della risurrezione (cfr. CM 53,3). Giovanni
Paolo II ricorda anche che presso alcuni Padri della Chiesa incontriamo il racconto
secondo cui Gesù stesso viene a prendere la madre nel momento della morte per portarla
al cielo. Così la morte può essere vista come un avvenimento pieno di amore, di
unificazione della Madre con il Figlio nella vita immortale (cfr. CM 53,5). Il papa
conclude:

Alla fine della sua esistenza terrena, Ella avrà sperimentato, come Paolo e più di lui, il
desiderio di essere sciolta dal corpo per essere con Cristo per sempre (Fil 1,23). L’esperienza
della morte ha arricchito la persona della Vergine: passando per la comune sorte degli uomini,
Ella è in grado di esercitare con più efficacia la sia maternità spirituale verso coloro che
giungono all’ora suprema della vita (CM 53,5).

Trattando dell’assunzione di Maria al cielo Giovanni Paolo II spiega che con


l’espressione che Maria è stata assunta al cielo in anima e corpo, il magistero vuole
sottolineare che la Madre di Dio, a differenza degli altri cristiani che muoiono in grazia
di Dio, è stata assunta alla gloria del Paradiso anche con il suo corpo125. Il papa ribadisce

122
Anche J. GALOT (2005) p. 330 nomina questo argomento.
123
Nel suo libro J. GALOT (2005) p. 330 afferma: «Il privilegio dell’Immacolata Concezione non fonda il
diritto all’immortalità. Questo privilegio esenta Maria dal peccato originale solo per introdurla più
profondamente nell’opera redentrice. Lungi dal preservarla dalla sofferenza, l’impegna in modo più totale
e la destina pure alla morte: questa morte deve permetterle di compiere la sua cooperazione alla redenzione
e, con Cristo, di vincere la morte con la morte».
124
Secondo J. GALOT (2005) p. 331: «La morte è stata richiesta a titolo di partecipazione alla redenzione
soggettiva».
125
Cfr. Catechesi mariana 54: L'Assunzione di Maria, verità di fede, 2 luglio 1997, in Insegnamenti, vol.
XX/2, pp. 1-3, n. 1.

54
che anche se il Nuovo Testamento non parla esplicitamente dell’assunzione di Maria ne
possiamo trovare il solido fondamento. Il papa vede questo fondamento nella perfetta
unione di Maria con il destino del suo Figlio Gesù. Il Nuovo Testamento descrive questa
unione e per questo lì possiamo trovare il fondamento per l’assunzione. Questa unione si
manifesta nel concepimento di Gesù, nella partecipazione di Maria alla missione di Gesù
e soprattutto nel coinvolgimento al sacrificio di croce; quindi, durante tutta la vita e per
questo non può essere fermata con la morte. Unita a Cristo nella vita, Maria condivide
anche il suo destino celeste nell’anima e corpo (cfr. CM 54,3).

Maria ha impiegato il suo generoso amore nella redenzione dell’umanità; quindi,


l’assunzione può essere vista come il frutto della sua partecipazione alla vittoria di Cristo
sulla morte e quindi il punto d’arrivo della lotta della vita terrena (cfr. CM 54,4).
Nell’assunzione Maria dimostra lo scopo della vita di ogni cristiano, e quindi anche qui
esercita la sua maternità spirituale. In fine il papa afferma:

Guardando al mistero dell’Assunzione della Vergine è possibile comprendere il piano della


Provvidenza divina relativo all’umanità: dopo Cristo, Verbo Incarnato, Maria è la creatura
umana che realizza per prima l’ideale escatologico, anticipando la pienezza della felicita,
promessa agli eletti mediante la risurrezione dei corpi126.

Dopo aver parlato dell’Assunzione di Maria, seguendo la scia del Concilio Giovanni
Paolo II ricorda anche che la devozione popolare invoca Maria come Regina. Questo
titolo Le viene attribuito già a partire del V secolo, quindi quasi nello stesso periodo in
cui viene solennemente proclamata Madre di Dio dal Concilio di Efeso (cfr. CM 56,1)127.

Il papa annota che il testo della costituzione Lumen Gentium affermando che dopo
l’Assunzione Maria fu «dal Signore esaltata quale Regina dell’universo, perché fosse più
pienamente conformata col Figlio suo»128 (cfr. CM 56,1) fa riferimento all’enciclica Ad
Coeli Reginam di papa Pio XII. Come fondamenti della regalità di Maria vengono indicati
la sua maternità e la cooperazione alla redenzione. La presenza di Maria sotto la croce
permette di stabilire un’analogia tra Maria e Gesù Cristo. Così come Cristo è re

126
Catechesi mariana 55: L'Assunzione di Maria nella tradizione della Chiesa, 9 luglio 1997, in
Insegnamenti, vol. XX/2, pp. 33-35, n. 4.
Si nota la somiglianza con J. GALOT (2005) p. 322: «Nella sua Assunzione Maria rappresenta lo stesso
ideale di Cristo: in lei si è realizzata fin da quel momento, per un anticipo eccezionale, la totalità della
felicita celeste come apparterrà agli eletti dopo la fine del mondo».
127
Cfr. Catechesi mariana 56: Maria, la Regina dell’universo, 23 luglio 1997, in Insegnamenti, vol. XX/2,
pp. 55-57, n. 1.
128
Lumen Gentium, n. 59.

55
dell’universo perché è Figlio di Dio e anche Redentore, così anche Maria è regina perché
è Madre di Dio ed anche singolare cooperatrice alla redenzione (cfr. CM 56,2).

Come sottolinea il papa, il titolo di Regina non prende il posto di quello di Madre, ma
piuttosto lo mette in risalto. La regalità esprime il potere che è stato concesso a Maria per
svolgere la sua missione di Madre. Il titolo di Regina deve quindi essere visto come un
corollario della sua singolare missione materna (cfr. CM 56,3).

Giovanni Paolo II ricorda che il vangelo di Marco afferma che dopo la sua Ascensione
Gesù «sedette alla destra di Dio» (Mc 16,19). Come spiega il papa:

Nel linguaggio biblico “sedere alla destra di Dio” significa condividerne il potere sovrano.
Sedendo “alla destra del Padre”, Gesù instaura il suo regno, il Regno di Dio. Assunta in cielo,
Maria viene associata al potere di suo Figlio e si dedica all’estensione del Regno, partecipando
alla diffusione della grazia divina nel mondo. Guardando all’analogia fra l’Ascensione di
Cristo e l’Assunzione di Maria, possiamo concludere che, in dipendenza da Cristo, Maria è la
regina che possiede ed esercita sull’universo una sovranità donatale dallo stesso suo Figlio
(CM 56,2).

A causa dello stato glorioso conseguente all’Assunzione la cura di Maria regina e madre
per gli uomini può essere perfettamente efficace (cfr. CM 56,4). Dopo la sua Assunzione
Maria è perfettamente unita a suo Figlio. In questo modo viene anche rafforzata la sua
unione con ogni uomo. Come dice il papa: «Ella è accanto a noi, perché il suo stato
glorioso le permette di seguirci nel nostro quotidiano itinerario terreno» (CM 56,5).
Questo stato non crea quindi distanza, come potrebbe sembrare ad alcuni a prima vista,
ma al contrario causa una intima, continua e premurosa vicinanza (cfr. CM 56,5). Il papa
conclude:

Ella conosce tutto ciò che accade nella nostra esistenza e ci sostiene con amore materno nelle
prove della vita. Assunta alla gloria celeste, Maria si dedica totalmente all'opera della salvezza
per comunicare ad ogni vivente la felicità che le è stata concessa. È una Regina che dà tutto
ciò che possiede, partecipando soprattutto la vita e l'amore di Cristo (CM 56,5).

Il titolo di Regina dell’Universo riferito a Maria non deve quindi essere considerato come
una minaccia al rapporto di vicinanza dei fedeli con la loro Madre celeste, ma deve
piuttosto essere visto come un invito di rafforzare ed esaltare ancora di più il loro
abbandono figliale verso la Regina Madre (cfr. CM 56,4).

56
3.2. Il legame di Maria con la Trinità

Trattando del legame di Maria con la Trinità Giovanni Paolo II comincia citando la Lumen
Gentium 52: «Volendo Dio misericordioso e sapientissimo compiere la redenzione del
mondo, quando viene la pienezza del tempo, mandò il suo Figlio, nato da donna affinché
ricevessimo l’adozione in figliuoli (Gal 4,4-5)»129. La venuta nel mondo del Figlio eterno
di Dio, cioè Gesù Cristo ha avuto luogo quando egli è nato dalla Vergine Maria. Maria
che ha introdotto Cristo nel mondo non può quindi mai essere separata da Lui130. Abbiamo
già visto che Maria è stata unita a suo figlio durante tutta la vita. Con questa intima unione
che ha raggiunto il suo culmine durante la passione, Maria ha in un modo irrepetibile
collaborato alla salvezza del tutto il genere umano. Maria è unita a Cristo come sua madre
e per questo motivo contribuisce ad orientare verso di lui i cuori dei credenti (cfr. CM
11,1).

Vivendo in perfetta comunione con Cristo Maria vive anche durante tutta la sua vita in
una perfetta comunione con Dio Padre. Essendo la madre dell’Unigenito Figlio di Dio
Maria è la prediletta figlia del Padre (cfr. CM 11,4). Come afferma il papa: «Maria ci
aiuta a scoprire, all’origine di tutta l’opera della salvezza, l’azione sovrana del Padre che
chiama gli uomini a diventare figli nell’unico Figlio» (CM 11,2). Il papa nota che il
Concilio nel testo appena citato, riferendosi alla lettera agli Efesini, descrive Dio come
misericordioso e sapientissimo. Il segno della misericordia di Dio che vuole salvare il
mondo dalla perdizione è soprattutto il Figlio. Maria essendo sua madre deve quindi
essere chiamata “la Madre della misericordia”.

Il papa sottolinea che esiste anche uno stretto legame fra Maria e la sapienza divina.
Questa sapienza divina si manifesta fra altro nella volontà divina della maternità di una
vergine (cfr. CM 11,2). L’opera redentrice voluta da Dio Padre e compiuta attraverso il
Figlio consiste nella restaurazione della vita soprannaturale nelle anime131. La
restaurazione della vita soprannaturale porta gli uomini a diventare figli adottivi di Dio.
Il papa ribadisce in conseguenza che la generazione verginale rende possibile l’estensione
della paternità divina e fa capire ai credenti che Dio ha voluto per il suo Figlio una madre

129
Lumen Gentium, n. 52.
130
Cfr. Catechesi mariana 11: Maria in prospettiva trinitaria, 10 gennaio 1996, in Insegnamenti, vol.
XIX/1, pp. 46-49, n. 1.
131
Cfr. Catechesi mariana 9: Presenza di Maria nel Concilio Vaticano II, 13 dicembre 1995, in
Insegnamenti, vol. XVIII/2, pp. 1367-1370, n. 4.
Cfr. Lumen Gentium, n. 61.

57
vergine per offrire ancora di più al mondo il suo amore del Padre (cfr. CM 28,4). La sua
maternità possiede una somiglianza del tutto speciale con la paternità divina (cfr. CM
11,4)132.

Infine, Giovanni Paolo II sottolinea anche il legame di Maria con lo Spirito Santo per
opera del quale Cristo è stato concepito nel suo seno. L’opera della salvezza viene dalla
volontà del Padre e si compie nell’Incarnazione del Verbo operata dallo Spirito Santo, ma
con l’indispensabile partecipazione di una donna, la Vergine Maria. In questo modo,
come annota il papa, «Maria è entrata ad essere parte integrante nella economia della
comunicazione della Trinità al genere umano» (CM 11,3). Secondo l’espressione di San
Paolo ogni cristiano è “Tempio dello Spirito Santo” (1 Cor 6,19). Nell’annunciazione
Maria, accogliendo il Verbo nel suo seno diventa la sposa dello Spirito133. L’affermazione
di Paolo assume in Maria un significato unico a causa della dimensione sponsale della
sua relazione con lo Spirito Santo (cfr. CM 11,4).

Concludendo il papa ricorda che tutti gli privilegi concessi a Maria e la sua relazione
unica con la Trinità hanno lo scopo di renderla adatta a cooperare alla salvezza degli
uomini come loro madre (cfr. CM 11,5).

3.3. Il legame tra la maternità di Maria e la redenzione

Nella prima lettera ai Corinzi San Paolo dicendo che i credenti sono “collaboratori di
Dio” (1 Cor 3,9) afferma una reale possibilità per l’uomo di cooperare con Dio per la
salvezza del mondo. Questa cooperazione si attua soprattutto con l’annunzio della buona
notizia e col personale contributo allo stabilire di questa notizia nei cuori degli uomini134.
Nel caso degli uomini che collaborano con Dio per la salvezza si esclude ovviamente la
loro uguaglianza con Cristo, unico redentore. La chiesa, come ricorda il papa, ha anche
sempre insegnato la differenza tra la Madre e Cristo. Maria è la cooperatrice dell’unico
Redentore, quindi subordinata a Lui nell’opera della salvezza. Si deve però tenere

132
J. GALOT (2005) p. 378 descrive la questione in modo seguente: «Se ci si chiede perché la maternità di
Maria è stata stabilita per lo sviluppo di ogni cristiano, importa riconoscere in essa un segno,
particolarmente accessibile alla psicologia umana, della paternità divina. Ad immagine della propria
paternità e per meglio farla comprendere, il Padre ha instaurato un volto materno nella comunicazione della
grazia. Gli uomini conoscono, per esperienza, la dedizione assoluta e la bontà indulgente della madre.
Guardando Maria, essi si sentono, nella loro vita spirituale, guidati e protetti da un amore pieno di simpatia.
È così che sono portati a scoprire la più profonda realtà della grazia, la misericordiosa bontà di Dio che si
china su di essi per farli accedere alla felicita della vita divina».
133
Cfr. Redemptoris Mater, n. 26.
134
Cfr. Catechesi mariana 48: Maria, singolare cooperatrice della Redenzione, 9 aprile 1997, in
Insegnamenti, vol. XX/1, pp. 621-623, n. 1.

58
presente che la sua partecipazione alla redenzione dell’umanità rappresenta un fatto unico
e irrepetibile (cfr. CM 48,2). Giovanni Paolo II esplica nel modo seguente il termine
“cooperatrice” applicato a Maria135:

La collaborazione dei cristiani alla salvezza si attua dopo l'evento del Calvario, del quale essi
si impegnano a diffondere i frutti mediante la preghiera e il sacrificio. Il concorso di Maria,
invece, si è attuato durante l'evento stesso e a titolo di madre; si estende quindi alla totalità
dell'opera salvifica di Cristo. Solamente Lei è stata associata in questo modo all'offerta
redentrice che ha meritato la salvezza di tutti gli uomini. In unione con Cristo e sottomessa a
Lui, Ella ha collaborato per ottenere la grazia della salvezza all'intera umanità. Il particolare
ruolo di cooperatrice svolto dalla Vergine ha come fondamento la sua divina maternità.
Partorendo Colui che era destinato a realizzare la redenzione dell'uomo, nutrendolo,
presentandolo al tempio, soffrendo con Lui morente in Croce “cooperò in modo tutto speciale
all'opera del Salvatore” (CM 48,2)136.

Il significato specifico di questa unica e irrepetibile cooperazione di Maria deve essere


cercato in una speciale intenzione di Dio in confronto di lei. Abbiamo già prima analizzato
i due eventi in cui Cristo ha chiamato Maria col titolo di “donna”. Questo è accaduto
durante le nozze di Cana, all’inizio della vita pubblica di Cristo e alla fine della sua vita
terrena, cioè durante la crocifissione. Come sottolinea il papa, Maria è resa partecipe
dell’opera della salvezza proprio come donna. Qui arriviamo al titolo “Nuova Eva”.
Cristo è il “Nuovo Adamo”, perché con la sua opera ha dato inizio alla nuova creazione.
Dio, che ha creato l’uomo e la donna anche nella Redenzione che comporta la nuova
creazione vuole affiancare all’uomo nuovo, Cristo il “Nuovo Adamo”, la donna nuova,
Maria “Nuova Eva”. Il Figlio di Dio con la collaborazione della Madre ridà all’uomo la
possibilità della partecipazione alla vita divina, in opposizione alla coppia dei progenitori

135
J. GALOT (2005) pp. 239-247 attribuisce a Maria il titolo di “Corredentrice”. Come annota M. HAUKE,
Introduzione alla Mariologia, p. 268, il titolo di “Corredentrice” si ritrova in alcuni discorsi di Giovanni
Paolo II, ma non nei documenti più rilevanti come l’enciclica Redemptoris Mater. Il titolo di
“Corredentrice” attribuito a Maria troviamo nei seguenti discorsi di Giovanni Paolo II: Udienza generale:
Rapporto tra la sacramentalità della Chiesa e il sacramento più antico: il matrimonio, 8 settembre 1982,
in Insegnamenti vol. V/3, p. 404; prima della recita dell’Angelus: Dimensione Mariana nell’opera del
riformatore lungimirante, 4 novembre 1984, in Insegnamenti vol. VII/2, p. 1151, n. 2; Omelia nel santuario
di Nostra Signora de la Alborada in Ecuador: Maria è la prima luce che annuncia il giorno, 31 gennaio
1985, in Insegnamenti vol. VIII/1, p. 319, n. 6; dopo la recita dell’Angelus a piazza Farnese: L’amore per
Maria fu il segreto della testimonianza di Santa Brigida, 6 ottobre 1991, in Insegnamenti vol. XIV/2, p.
756, n. 2. Come annota M. HAUKE, Introduzione alla Mariologia, p. 268, B. Gherardini nel suo libro “La
Corredentrice nel mistero di Cristo e della Chiesa” (1998) pp. 53s riferisce che nella catechesi mariana del
9 settembre 1997 Giovanni Paolo II aveva pronunciato il titolo corredentrice, ma nell’Osservatore Romano
del giorno dopo il titolo “corredentrice” era convertito in “singolare cooperatrice”.
136
Cfr. Lumen Gentium, n. 61.

59
che prendendo la via della disobbedienza hanno causato la “morte dell’anima” (cfr. CM
48,3). «Maria, Nuova Eva sotto la croce rappresenta l’umanità redenta, che bisognosa di
salvezza, è resa capace di offrire un contributo allo sviluppo dell’opera salvifica» (CM
48,3) e diventa in questo modo «icona perfetta della chiesa» (CM 48,3). In conseguenza,
come ricorda il papa seguendo l’insegnamento della Lumen Gentium, Maria contribuisce
all’opera della salvezza durante la storia nella Chiesa, il corpo mistico di Cristo. Il sommo
frutto di questa collaborazione è la maternità universale. Maria è per gli uomini «la madre
nell’ordine della grazia» (cfr. CM 48,4)137.

137
Lumen Gentium, n. 53.
Su questo punto J. GALOT (2005) p. 276 sostiene che «la maternità spirituale di Maria deve risultare dalla
corredenzione; con ciò acquista tutto il suo valore».

60
4. IL RUOLO DI MARIA COME MADRE SPIRITUALE NELLA VITA DELLA
CHIESA E DI OGNI FEDELE

Seguendo l’insegnamento del Vaticano II e quindi anche di Giovanni Paolo II bisogna


prima di tutto sottolineare che Maria, anche se diversa di tutti gli altri fedeli a motivo dei
doni singolari ricevuti da Dio, è membro della Chiesa a pieno titolo138. Questa dottrina
trova un solido fondamento nella Sacra Scrittura. Negli Atti degli Apostoli leggiamo che
dopo la risurrezione di Gesù Maria partecipava alla vita della chiesa nascente. Insieme
con gli apostoli e alcune donne in atteggiamento di fiduciosa preghiera aspettava il dono
dello Spirito e dopo di averlo ricevuto sicuramente prendeva parte alla “frazione del pane”
(At 2,42), cioè la celebrazione eucaristica. Maria durante tutta la vita terrena del suo Figlio
viveva in una intima comunione con Lui e dopo la sua risurrezione e ascensione al cielo
vive questa comunione nella comunità della chiesa durante l’Eucaristia (cfr. CM 57,2).
Maria quindi già all’inizio della Chiesa svolge un ruolo fondamentale animando la vita
ecclesiale con la sua presenza materna. La sua solidarietà con tutti i discepoli di Cristo
deriva dalla sua necessità, come tutti gli altri, di essere salvata (cfr. CM 57,3)139. Nella
chiesa Maria ha quindi dal primo momento cooperato alla salvezza e lo fa lungo i secoli
(cfr. CM 48,4).

Come già menzionato prima, il frutto sublime di questa collaborazione è la sua maternità
spirituale (cfr. CM 48,4) estesa da Cristo sul Calvario su tutta la Chiesa e ogni credente
individualmente (cfr. CM 49,3). Maria è quindi per la chiesa, modello, tipo e madre (cfr.
CM 52,3).

In questo capitolo vogliamo cercare la risposta alla domanda in che modo si realizza la
maternità spirituale di Maria nella vita della Chiesa nel suo insieme e nella vita di ogni
credente.

138
Cfr. Catechesi mariana 57: Maria, membro sovreminente della Chiesa, 30 luglio 1997, in Insegnamenti,
vol. XX/2, pp. 73-75, n. 1.
139
Anche J. GALOT (2005) nomina questi argomenti. Maria prendeva parte attiva della vita della prima
comunità della chiesa. Il secondo argomento e che lei appartiene alla chiesa, perché appartiene alla
comunità dei riscattati, cioè coloro che hanno bisogno di salvezza, pp. 338-339. Per di più, riconoscendo in
Maria un membro della Chiesa, si deve specificare che lo è fondamentalmente, essendo inizio della Chiesa,
e a questo titolo è anche modello della Chiesa e madre della Chiesa, p. 339.

61
4.1. Maria, madre della Chiesa

Nella Lumen Gentium leggiamo che la Chiesa venera Maria come «madre
amantissima»140. Giovanni Paolo II nota che il concilio non chiama Maria esplicitamente
Madre della Chiesa, però secondo il papa se ne riconosce il contenuto del titolo
riprendendo una espressione di papa Benedetto XIV del 1748141. Si può dire che già
Benedetto XIV indirettamente ha attribuito a Maria il titolo di Madre della Chiesa dicendo
che la chiesa sente di essere la sua figlia e la venera come madre142.

Il papa spiega che i fedeli hanno invocato Maria prima di tutto come “Madre di Dio”,
“Madre dei fedeli” o “Madre nostra”. Il titolo di Madre della Chiesa è stato piuttosto raro,
ma col tempo grazie alla maggiore attenzione per il mistero della Chiesa stessa ed alle
relazioni di Maria con essa si è cominciato diffondere (cfr. CM 63,2)143.

Giovanni Paolo II sottolinea che la relazione materna di Maria verso la Chiesa si può
riconoscere leggendo il Nuovo Testamento. Abbiamo già cercato di approfondire l’evento
dell’Annunciazione, l’intercessione di Maria alle nozze di Cana e la sua partecipazione
alla passione. Si deve anche ricordare il ruolo che Maria svolgeva nella Chiesa nascente.
Questo ruolo materno verso la prima comunità dei credenti può essere visto in analogia
con quello da Lei avuto nella nascita del Redentore, «la dimensione materna diviene così
elemento fondamentale della relazione di Maria verso il popolo dei redenti» (CM 63,2).

Il papa conclude:

Il titolo “Madre della Chiesa” riflette, pertanto, la profonda convinzione dei fedeli cristiani,
che vedono in Maria non solo la madre della persona del Cristo, ma anche dei fedeli. Colei
che è riconosciuta come madre della salvezza, della vita e della grazia, madre dei salvati e
madre dei viventi, a buon diritto è proclamata Madre della Chiesa (CM 63,5).

140
Lumen Gentium, n. 53.
141
Questo esempio viene nominato anche da J. GALOT (2005) p. 353.
142
Cfr. Catechesi mariana 63: Maria, Madre della Chiesa, 17 settembre 1997, in Insegnamenti, vol. XX/2,
pp. 330-332, n. 1.
143
Il riconoscimento di Maria come Madre della Chiesa può essere argomentato in modo seguente: «Maria
è la madre di Cristo. Se però egli non fu un uomo privato che gradualmente scoprì la sua missione per
l'umanità, bensì colui che fu designato e inviato da Dio come Redentore e capo della Chiesa, la madre del
capo si trova sempre anche in un riferimento alla Chiesa. Poiché Cristo e Chiesa non possono essere
separati, anche la maternità di Maria in riferimento a Cristo e alla Chiesa si coappartengono». A.
ZIEGENAUS, Maria nella storia salvifica. Mariologia (Dogmatica Cattolica, vol. 5), Lateran University
Press, Città del Vaticano 2020, p. 169.

62
Come Madre della Chiesa Maria è anche il suo tipo e modello. Inoltre, è per la Chiesa
anche modello della maternità, della verginità, santità e del culto divino.

4.1.1. Maria, tipo e modello della Chiesa

Il papa sottolinea che il Vaticano II dopo aver riconosciuto che Maria è «sovreminente e
del tutto singolare membro della Chiesa» la dichiara «sua immagine ed eccellentissimo
modello»144. Come spiega il papa viene quindi attribuita a Maria la funzione di “tipo”,
cioè di figura della Chiesa per la santità immacolata, la verginità, la sponsalità e la
maternità.

Per spiegare il significato dell’espressione “tipo” Giovanni Paolo II usa l’esempio delle
lettere di San Paolo, che utilizza questo vocabolo per indicare la figura sensibile di una
realtà spirituale. L’apostolo Paolo vede, per esempio, nel passaggio del popolo d’Israele
attraverso il Mar Rosso un “tipo” o immagine del battesimo cristiano, nella manna e
nell’acqua che scorge dalla roccia, un “tipo” del cibo e bevanda eucaristica. In Maria
come tipo della Chiesa si può quindi vedere la figura visibile della realtà spirituale della
Chiesa (cfr. CM 58,1). Si deve però sottolineare che, a differenza dei tipi dell’Antico
Testamento, in Maria la realtà spirituale è già presente in modo perfetto. La storia del
popolo d’Israele descritta nel libro d’Esodo è senza dubbio piena di opere meravigliose
di Jahwe che agisce per liberare il suo popolo e provvedere nelle sue necessità, ma queste
opere non costituiscono la redenzione spirituale e definitiva, che sarà compiuta da Cristo
nel Mistero Pasquale (cfr. CM 58,2).

Affermazione che Maria è il tipo della chiesa non significa che venga messa allo stesso
livello delle figure dell’Antico Testamento, che sono prefigurazioni imperfette delle
realtà future. La Vergine Maria è “tipo” o immagine della Chiesa in quanto pienezza
spirituale, perché in lei la realtà spirituale annunciata e rappresentata è compiuta in modo
perfetto. Il piano divino secondo cui esiste uno stretto legame fra Maria e la Chiesa è il
fondamento dello speciale rapporto che esiste qui tra immagine e realtà rappresentata. Ciò
significa che Maria vive durante tutta la sua vita ciò che dopo si realizzerà nella Chiesa.
Si può dire che la perfezione donata da Dio a Maria è il preannuncio della vita divina
nella Chiesa (cfr. CM 58,3).

144
Lumen Gentium, n. 53.
Cfr. Catechesi mariana 58: Maria, tipo e modello della Chiesa, 6 agosto 1997, in Insegnamenti, vol. XX/2,
pp. 97-99, n. 1.

63
Per questa ragione Maria è anche “modello” della chiesa, quindi esempio di perfezione
da seguire e imitare, perché la sua propria perfezione supera quella di tutti altri membri
della Chiesa. Seguendo l’insegnamento del Concilio il papa sottolinea che non si deve di
certo dimenticare che Cristo è il primo modello, ma proprio nel modello compiuto in
Maria ci sono disposizioni proprie che portano il cristiano ad una relazione più profonda
con Cristo. Maria “tipo e modello della Chiesa”, come Madre educa il credente a vivere
in comunione con il Signore, quindi essere unito con Lui nella fede, riporre in Lui la
speranza e amarlo con tutto l’essere. Così diventa chiaro che le funzioni di “tipo e modello
della Chiesa” fanno riferimento alla maternità di Maria e quindi di nuovo mettono in luce
il suo unico e indispensabile ruolo nell’opera della salvezza, che Lei compie proprio come
Madre (cfr. CM 58,4).

4.1.2. Maria, modello della maternità della Chiesa

Maria deve anche essere riconosciuta come modello della maternità della Chiesa. Nella
costituzione Lumen Gentium leggiamo: «Infatti, nel mistero della Chiesa, la quale pure è
giustamente chiamata madre e vergine, la beata Vergine Maria è andata innanzi,
presentandosi in modo eminente e singolare quale vergine e quale madre»145.

Il papa spiega che la maternità di Maria viene descritta come eminente e singolare,

poiché costituisce un fatto unico e irrepetibile: Maria, infatti, prima di esercitare la sua
funzione materna verso gli uomini, è la Madre dell'unigenito Figlio di Dio fatto uomo. La
Chiesa, invece, è madre in quanto genera spiritualmente Cristo nei fedeli, ed esercita quindi la
sua maternità nei confronti delle membra del Corpo Mistico. La Vergine costituisce così per
la Chiesa un modello superiore, a motivo proprio dell'unicità della sua prerogativa di Madre
di Dio146.

Come, in seguito, nota il papa, la costituzione Lumen Gentium parlando della maternità
di Maria, afferma che essa si è realizzata anche nella disposizione di un’anima fedele a
Dio: «Per la sua fede e la sua obbedienza Ella generò sulla terra lo stesso Figlio del Padre,
senza conoscere uomo, ma sotto l’ombra dello Spirito Santo, come una Eva novella
credendo non all’antico serpente, ma al messaggero di Dio, con una fede che non era
alterata da nessun dubbio»147. Come sottolinea il papa, la fede e obbedienza di Maria sono

145
Lumen Gentium, n. 63.
146
Cfr. Catechesi mariana 59: Maria, modello della maternità della Chiesa, 13 agosto 1997, in
Insegnamenti, vol. XX/2, pp. 112-114, n. 1.
147
Lumen Gentium, n. 63.

64
quindi l’esempio che la Chiesa è chiamata a seguire. Secondo il papa si può anche dire
che la fede e obbedienza nel momento dell’Annunciazione costituiscono l’inizio
dell’itinerario materno di Maria, che si realizza nel suo servizio agli uomini chiamati alla
salvezza. Questa verità viene anche riconosciuta dal concilio: «Ella ha dato alla luce un
Figlio, che Dio ha fatto il primogenito di una moltitudine di fratelli (Rm 8,29), cioè dei
fedeli, e alla cui nascita e formazione ella coopera con amore di madre»148 (cfr. CM 59,2).
Giovanni Paolo II afferma che anche solo prendendo modello da Maria, la Chiesa stessa
diventa madre149. Come leggiamo in Lumen Gentium, la Chiesa contemplando e cercando
di imitare la santità di Maria per compiere fedelmente la volontà del Padre, attraverso
l’annuncio della parola di Dio e il battessimo fa nascere gli uomini alla vita immortale
(cfr. CM 59,4). Il papa spiega:

Analizzando questa descrizione dell’opera materna della Chiesa, possiamo notare come la
nascita del cristiano viene qui legata in un certo modo alla nascita di Gesù, quasi un riflesso di
essa: i cristiani sono “concepiti ad opera dello Spirito Santo” e la loro generazione, frutto della
predicazione e del battesimo, assomiglia così a quella del Salvatore150. Inoltre, la Chiesa,
contemplando Maria, ne imita la carità, la fedele accoglienza della Parola di Dio e la docilità
nell’adempimento della volontà del Padre. Realizza, seguendo l’esempio della Vergine, una
feconda maternità spirituale (CM 59,3).

Concludendo, Giovanni Paolo II assicura che «le due madri: la Chiesa e Maria, sono
ambedue essenziali alla vita cristiana» (CM 59,5). Si tratta, secondo il papa, di due
maternità che non possono essere separate, perché tutte e due hanno lo stesso scopo, cioè
l’intenzione di comunicare agli uomini l’amore di Dio. Dio, come Padre pieno di amore,
desidera che il suo amore sia conosciuto, quindi le due maternità sono il suo dono.
Giovanni Paolo II aggiunge ancora che la Chiesa esercita una maternità più oggettiva, e
Maria più interiore. La chiesa infatti esercita la sua maternità attraverso l’annuncio della
buona notizia e l’amministrazione del battesimo, la celebrazione dell’eucaristia e il
perdono dei peccati, quindi attraverso i sacramenti. «La maternità di Maria si esprime in

148
Lumen Gentium, n. 63.
149
Così argomenta J. GALOT (2005) p. 341: «Senza la maternità di Maria non potremmo apprezzare fino a
che punto la Chiesa sia veramente nostra madre. Nel volto della Vergine vediamo delinearsi il volto della
Chiesa».
J. GALOT (2005) p. 342 sostiene anche che la maternità di Maria è superiore di questa della Chiesa, perché
la maternità di Maria è una maternità nei riguardi del Cristo stesso.
150
Secondo J. GALOT (2005) p. 377: «Al battesimo colui che diventa figlio del Padre, diventa anche Figlio
di Maria».

65
tutti i campi della diffusione della grazia, particolarmente nel quadro delle relazioni
personali» (CM 59,5).

4.1.3. Maria, modello della verginità della Chiesa

Maria deve essere anche vista come modello della verginità della Chiesa. Come Maria,
anche la Chiesa è madre e vergine151. Come ricorda il papa, il concilio spiega il significato
del titolo vergine attribuito alla Chiesa in questo modo: «Essa pure è la vergine che
custodisce integra e pura la fede data allo Sposo, e ad imitazione della madre del suo
Signore, con la virtù dello Spirito santo, conserva verginalmente integra la fede, solida la
speranza, sincera la carità»152.

Come nota il papa, secondo il piano della divina provvidenza la condizione della vita
della gran maggioranza dei fedeli è la via del matrimonio. Solo alcuni fedeli scelgono la
via della verginità essendo chiamati ad una particolare missione all’interno della
communita. Visto questo si deve specificare che la verginità non appartiene alla Chiesa
in senso stretto, perché la Chiesa non è vergine nel corpo di tutti i suoi membri, ma è
vergine in senso spirituale153. La verginità dello Spirito significa la verginale
conservazione della fede, della speranza e della carità, come leggiamo nel sopracitato
testo di Lumen Gentium (cfr. CM 60,1).

Maria è quindi vergine in senso sia spirituale che fisico. Abbiamo già parlato prima del
valore del concepimento verginale di Cristo, il quale escludendo la paternità umana,
afferma che l’unico padre di Gesù è il Padre celeste, quindi manifesta la sua divinità (cfr.
CM 28,1). Per di più il concepimento verginale è l’annuncio della nuova creazione. In
Maria, per opera dello Spirito Santo è concepito Gesù Cristo, colui che sarà l’uomo
nuovo. Cristo dando agli uomini la possibilità di diventare figli di Dio, è «il primogenito
di una moltitudine di molti fratelli» (Rm 8,29). Ciò significa che dopo di Cristo molti altri
nascono dalla Vergine Maria, nel senso che ricevono la vita nuova di Cristo. Maria come
madre coopera alla nascita e alla formazione (cfr. CM 28,3).

151
Cfr. Catechesi mariana 60: Maria, modello della verginità della Chiesa, 20 agosto 1997, in
Insegnamenti, vol. XX/2, pp. 138-140, n. 1.
152
Lumen Gentium, n. 64.
153
Si nota la somiglianza con J. GALOT (2005) p. 346: «Non si può attribuire alla Chiesa una verginità
corporale simile a quella riconosciuta a Maria. Nella Chiesa, vi sono certo delle vergini consacrate al
Signore, ma vi è anche il sacramento del matrimonio, che traccia una via di santità agli sposi cristiani. Come
proprietà generale della chiesa, la verginità deve essere intesa in un senso spirituale».

66
L’intenzione di Maria di essere vergine nel corpo e nel cuore, quindi di vivere in una
profonda intimità con Dio si manifesta al momento dell’Annunciazione (cfr. CM 60,2).
Come sappiamo dal racconto dell’evangelista Luca, l’angelo Gabriele non chiede a Maria
di rimanere vergine, ma è lei stessa che rivela questo desiderio154. All’annuncio del
concepimento di Gesù Maria risponde domandando come potrà avvenire questo, perché
lei non conosce l’uomo (Lc 1,34) (cfr. CM 29,1). Indubbiamente Maria non vuole opporsi
alla volontà divina, ma piuttosto dedicarsi totalmente al servizio a Dio e per questo
intende di rimanere vergine per tutta la vita (cfr. CM 27,2). All’origine di ogni vocazione
e di ogni desiderio buono c’è l’iniziativa di Dio, Maria con il suo proposito di verginità
risponde quindi all’ispirazione dello Spirito Santo (cfr. CM 29,1).

Come afferma Giovanni Paolo II, il proposito di verginità di Maria viene considerato
l’inizio e l’evento ispiratore della verginità cristiana nella Chiesa155. È lo stesso Spirito
Santo che illumina il valore di questo dono di se stessi, chiama ad esso e da la forza
necessaria per seguire la sua chiamata (cfr. CM 29,1). Durante tutta la storia della Chiesa
Maria ha ispirato coloro che si sono dedicati in modo radicale ed esclusivo al Signore
nelle varie forme della vita consacrata. Come abbiamo visto la verginità di Maria ha
svolto un ruolo indispensabile per l’Incarnazione, ma possiamo anche vedere che la sua
verginità rimane di grande importanza durante tutta la seguente storia della Chiesa (cfr.
CM 60,2).

La Chiesa nella sua totalità e anche ogni fedele individualmente, sono invitati a guardare
e impegnarsi a seguire l’esempio di Maria. Uno dei compiti della Chiesa è conservare
l’integrità della fede. Questa conservazione esige una costante vigilanza, anche a costo di
sacrifici e di lotte, a volte fino al martirio. Come sottolinea il papa, la fede della Chiesa è
spesso messa in pericolo non solo da coloro che negano o contradicono il messaggio di
Cristo, ma anche da coloro che rifiutano alcune parti di esso e accolgono sono quelle che
appaiono attraenti. La tentazione di un’interpretazione della Parola di Dio ristretta e
personale conforme alla mentalità dominante e ai desideri individuali è sempre presente.
Maria con la sua fede “verginalmente integra”, quindi con sua totale adesione alla volontà
divina, la sua perseveranza e la disponibilità di soffrire a causa di essa per il bene degli

154
Cfr. Catechesi mariana 29: Maria, modello di verginità, 7 agosto 1996, in Insegnamenti, vol. XIX/2, pp.
150-153, n. 1.
155
J. GALOT (2005) p. 82 sostiene per di più che «la decisione di rimanere vergine, così poco in armonia
con le idee dominanti della tradizione giudaica, costituisce una novità che prelude a quella del celibato
volontario inaugurato da Gesù».

67
altri costituisce quindi un indispensabile modello di verginità per la Chiesa di tutti i tempi
(cfr. CM 60,4)156.

4.1.4. Maria, modello della santità della Chiesa

Maria è la tutta santa157. Come ricorda il papa il Concilio di Trento nel suo decreto sulla
giustificazione insegna che nessun uomo può evitare nella sua vita intera tutti i peccati.
A causa del peccato originale la fragilità e la debolezza sono sempre presenti nella vita
dell’uomo. Da questa condizione fa eccezione la Vergine Maria. Mentre i fedeli ricevono
la santità per mezzo del battesimo, Maria, per la singolare grazie dell’Immacolata
Concezione, che non è stata mai concessa a nessun altro essere umano è stata preservata
dal peccato originale e in conseguenza da tutti i peccati personali, quindi salvata
anticipatamente da Cristo (cfr. CM 61,1).

Per mostrare il rapporto sponsale e quindi la santità della Chiesa Giovanni Paolo II cita
la lettera di San Paolo agli Efesini: «Cristo ha amato la Chiesa e ha dato se stesso per lei,
per renderla santa, purificandola per mezzo del lavacro dell’acqua accompagnato dalla
parola, al fine di farsi comparire davanti la sua Chiesa tutta gloriosa, senza macchia ne
ruga o alcunché di simile, ma santa e immacolata» (Ef 5,25-27) 158. Nella Lumen Gentium
leggiamo che «la Chiesa ha già raggiunto nella Beatissima Vergine la perfezione», mentre
«i fedeli si sforzano ancora di crescere nella santità debellando il peccato» (cfr. CM
61,1)159. La chiesa pellegrinante è quindi una comunità di uomini chiamati alla santità,
secondo le parole di Cristo: «Siate voi dunque perfetti come è perfetto il Padre vostro
celeste» (Mt 5,48). È quindi un dovere dei credenti di impegnarsi ogni giorno per poterla
raggiungere. In questo difficile cammino la Chiesa e tutti i fedeli possono guardare Maria
e sentirsi incoraggiati da lei. In Maria la santità ha raggiunto il culmine, per questo lei è

156
J. GALOT (2005) p. 349 nomina l’esempio di sant’Agostino che con la verginità dello Spirito intende
l’integrità della fede, la fermezza della speranza, la sincerità della carità e rievoca LG 64: «La Chiesa pure
è vergine, che custodisce integra e pura la fede data allo Spirito, e ad imitazione della madre del suo Signore,
con la virtù dello Spirito Santo, conserva verginalmente integra la fede, solida la speranza, sincera la carità».
Secondo J. Galot il Vaticano II in questo modo spiega l’imitazione di Maria da parte della Chiesa.
157
Cfr. Catechesi mariana 61: Maria, modello della santità della Chiesa, 3 settembre 1997, in
Insegnamenti, vol. XX/2, pp. 242-243, n. 2.
158
Anche J. GALOT (2005) p. 350 cita la lettera agli Efesini 5,27 e spiega: «Volentieri si riconosce in essa
un parallelo con la santità immacolata di Maria. La superiorità di Maria risulta nondimeno manifesta. Nella
descrizione di San Paolo, la purezza immacolata della Chiesa è dovuta al battesimo. Maria non ha avuto
bisogno del battesimo, essendo stata riscattata in maniera più nobile, con la preservazione dalla macchia
originale».
159
Lumen Gentium, n. 63.

68
per la Chiesa il modello di santità o modello di virtù (cfr. CM 61,2). La santità consiste
anzitutto nell’assimilazione a Cristo, l’uomo nuovo. Giovani Paolo II dice:

La vita terrena della Madre di Dio è infatti caratterizzata dalla perfetta sintonia con la persona
del Figlio e dalla totale dedizione all’opera redentrice da Lui compiuta. Volgendo lo sguardo
alla materna intimità sviluppatasi nel silenzio della vita di Nazaret e perfezionatasi nell’ora del
sacrificio, la Chiesa si impegna ad imitarla nel suo quotidiano cammino. In tal modo, essa si
conforma sempre più col suo Sposo. Unita come Maria alla croce del Redentore, la Chiesa,
attraverso le difficoltà, le contraddizioni e le persecuzioni che rinnovano nella sua vita il
mistero della Passione del suo Signore, si pone nella costante ricerca della piena
configurazione con Lui (CM 61,2).

4.1.5. Maria, modello della Chiesa nel culto divino

Maria deve anche essere considerata il modello della Chiesa nell’esercizio del culto. Si
può dire che questa affermazione è una conseguenza della verità che indica Maria come
il modello della santità per la Chiesa. La Chiesa ha il compito di invocare e rendere culto
a Dio nello spirito della fede, della carità e unita con Cristo160. Maria è il modello della
Chiesa in tutti questi campi e quindi in conseguenza è anche modello nel culto divino161.

L’atteggiamento di Maria fa intendere alla Chiesa dove si trova l’essenza del culto.
Durante tutta la sua vita Maria ha dimostrato la disponibilità per adempiere la volontà
divina e anche docilità nell’ascolto della sua Parola. Come sottolinea il papa, il culto
cristiano non consiste prima di tutto nell’esprimere i pensieri e i sentimenti dell’uomo,
ma nell’ascolto della parola di Dio, per conoscerla, approfondirla e agire secondo di essa.
Approfondendo gli eventi della vita di Maria, abbiamo visto che Lei durante tutta la sua
vita ha reso culto a Dio in questo modo (cfr. CM 62,2).

Maria è anche il supremo modello della partecipazione ai divini misteri. Il vangelo di


Luca riporta che Maria di fronte ai diversi eventi «conservava tutte queste cose nel suo
cuore» (Lc 2,19). Si tratta degli eventi più importanti per la salvezza, come il
concepimento, la nascita, la predicazione e infine morte e risurrezione del suo Figlio.
Maria non si limitava ad essere solo presente, ma cercava di cogliere il significato
profondo e unirsi al suo Figlio. Il suo comportamento dimostra il senso profondo della
celebrazione liturgica della Chiesa. Il papa spiega: «Ogni celebrazione liturgica è

160
Cfr. PAOLO VI, Esortazione apostolica Marialis Cultus, 2 febbraio 1974, in AAS 66 (1974), n. 16.
161
Cfr. Catechesi mariana 62: Maria, modello della Chiesa nel culto divino, 10 settembre 1997, in
Insegnamenti, vol. XX/2, pp. 295-297, n. 1.

69
memoriale del mistero di Cristo nella sua azione salvifica per l’intera umanità, e intende
promuovere la partecipazione personale dei fedeli al Mistero pasquale riespresso ed
attualizzato nei gesti e nelle parole del rito» (CM 62,3). Maria è stata partecipe di questi
eventi nel loro svolgersi storico, li viveva in unione con Cristo quindi in modo perfetto e
per questo è un modello supremo di partecipazione personale ai divini misteri. Il papa
conclude: «Ella guida la Chiesa nella meditazione del mistero celebrato e nella
partecipazione all’evento di salvezza, promuovendo nei fedeli il desiderio di un intimo
coinvolgimento personale con Cristo per cooperare con il dono della propria vita alla
salvezza universale» (CM 62,3).

Inoltre, Maria è il modello della preghiera della Chiesa. Giovanni Paolo II dice che si può
essere certi che Maria era immersa in preghiera quando l’angelo Gabriele è venuto da Lei
per annunziare il concepimento di Cristo. Era quindi la preghiera che ha aiutato Maria a
rispondere con generosità alle parole del divino messaggero. Più tardi la materna
intercessione di Maria durante le nozze di Cana e nel Cenacolo prima della venuta dello
Spirito Santo aiutano a comprendere che la preghiera di supplica è una forma
fondamentale e necessaria di collaborazione all’opera salvifica nel mondo. Maria insegna
alla Chiesa come rivolgersi a Dio per chiedere il sostegno nei vari eventi della vita. Maria
insegna per di più la perseveranza nella preghiera e anche dimostra che cosa soprattutto
bisogna chiedere, cioè il dono dello Spirito Santo (cfr. CM 62,4).

4.2. L’intercessione celeste della madre della divina grazia

Come ben noto, durante la sua vita terrena Maria ha esercitato la sua maternità spirituale
verso la Chiesa per un tempo molto breve. Dopo la sua Assunzione Maria continua a
svolgere questa funzione e lo farà sino alla fine del mondo162. Giovanni Paolo II ricorda
l’insegnamento di Lumen Gentium su questa questione: «Questa maternità di Maria
nell’economia della grazia perdura senza soste dal momento del consenso prestato nella
fede al tempo dell’Annunciazione e mantenuto senza esitazione sotto la croce, fino al
perpetuo coronamento di tutti gli eletti»163.

Maria è quindi la Madre dell’umanità nell’ordine della Grazia. Questo ruolo di Maria,
come già abbiamo visto, è connesso con la sua unica cooperazione alla salvezza compiuta

162
Cfr. Catechesi mariana 64: L'intercessione celeste della Madre della divina grazia, 24 settembre 1997,
in Insegnamenti, vol. XX/2, pp. 380-383, n. 1.
163
Lumen Gentium, n. 62.

70
da Cristo. Dal momento del concepimento verginale di Cristo fino alla sua morte sulla
croce Maria ha liberamente cooperato alla salvezza in perfetta unione con Lui (cfr. CM
64,2).

Questa cooperazione piena di sacrificio Maria la compiva nell’atteggiamento


dell’evangelica obbedienza, fede, speranza e carità, sotto l’influsso dello Spirito Santo,
che dal primo istante della sua esistenza la ha colmata dei suoi doni. Ricordiamo ancora
una volta che la sua maternità spirituale e universale deriva da questa cooperazione
all’opera della Redenzione svolta da Cristo. Opera della redenzione significa la rinascita
alla vita nuova dei figli di Dio, per questo Maria essendo la madre di Cristo è anche la
madre degli uomini chiamati alla salvezza. La frase pronunciata da Gesù sul Calvario:
«Donna, ecco il tuo Figlio» non deve essere interpretata in senso restrittivo come se la
maternità dovesse essere limitata solo al discepolo. Come afferma Giovanni Paolo II, il
discepolo prediletto, indicato come nuovo figlio di Maria, è una figura tipologica con un
valore universale. Cristo, quindi, intendeva offrire sua madre a tutta l’umanità. Si deve
anche sottolineare che Maria ha cooperato alla salvezza universale, offerta quindi da
Cristo a tutti gli uomini, in conseguenza la sua maternità non può essere limitata ad un
numero ristretto di persone. L’amore materno di Maria si deve rivolgere ad ogni cristiano,
e come afferma il papa, anzi ad ogni creatura umana (cfr. CM 64,2).

Come già detto, durante la sua vita terrena Maria ha esercitato la sua maternità per un
tempo molto breve, però comunque ha svolto un ruolo fondamentale nel processo della
nascita della Chiesa. Dopo la sua Assunzione, quando è entrata nel Regno di Dio è ancora
più vicina al suo Figlio e in conseguenza a tutti gli uomini. Essendo unita a Dio, Maria
può esercitare nello Spirito la sua funzione di materna intercessione in maniera ancora
più efficace. Secondo il piano della divina provvidenza all’intercessione sacerdotale del
Cristo Redentore Dio Padre ha unito quella materna di Maria (cfr. CM 64,4). Il papa cita
Lumen Gentium dove leggiamo:

Maria, nella sua materna carità si prende cura dei fratelli del Figlio suo ancora pellegrinanti e
posti in mezzo a pericoli e affanni, fino a che non siano condotti alla patria beata. Per questo
la Beata Vergine è invocata nella Chiesa con i titoli di avvocata, ausiliatrice, soccorritrice,
mediatrice164 (cfr. CM 64,4).

164
Lumen Gentium, n. 62.

71
Come aggiunge il papa, questi titoli aiutano a meglio comprendere la natura
dell’intervento di Maria nella vita della Chiesa e dei singoli fedeli (cfr. CM 64,4). Col suo
impegno, che si traduce in atteggiamento di premurosa e pronta diligenza e
nell’interessamento costante e affettuoso, Maria conduce la vita della Chiesa verso una
accoglienza sempre più profonda della parola di Dio, sostiene la speranza e carità,
protegge la comunione fraterna e incoraggia nell’evangelizzazione (cfr. CM 64,2). Ella
esercita quindi la sua maternità per il bene di tutti che sono in pericolo e hanno bisogno
di beneficio temporale e soprattutto della salvezza eterna (cfr. CM 64,4).

Parlando dell’episodio delle Nozze di Cana, il concilio afferma che Maria «mossa a
compassione, indusse con la sua intercessione Gesù Messia a dare inizio ai miracoli»165.
Possiamo dire che questa intercessione di Maria presso il suo Figlio continua durante tutta
la storia della Chiesa. Come dice Giovanni Paolo II, ad alcuni la domanda di Maria appare
sproporzionata, perché subordina ad un atto di pietà il primo miracolo. Con il suo assenso
alla richiesta della Madre Gesù stesso ha dato la risposta a questa opinione. Il suo assenso
difatti mostra la generosità con cui il Signore risponde alle umane attese, e manifesta
quanto e in grado di giungere l’amore della Madre (cfr. CM 45,1).

Come già detto prima, il papa ricorda, seguendo la Lumen Gentium che la Chiesa invoca
Maria, fra altro, con i titoli di avvocata, ausiliatrice, soccorritrice, e mediatrice. Il titolo
di Avvocata proviene da sant’Ireneo, che ritiene che per la sua obbedienza durante
l’Annunziazione Maria divenga la avvocata di Eva. La disobbedienza di Eva ha causato
la morte, l’obbedienza di Maria ha portato la vita, quindi pronunciando il suo “si” Maria
libera Eva dalle conseguenze della sua disobbedienza. Per di più Maria svolge il suo ruolo
come avvocata collaborando sia con lo Spirito Santo Paraclito, sia con Cristo «nostro
avvocato presso il Padre» (1 Gv 2,1). Così come ha liberato Eva dalle conseguenze cattive
del suo peccato, così anche protegge i credenti contro i danni causati dalle loro colpe (cfr.
CM 64,5). Come afferma il papa: «nella sua intercessione presso il Figlio, Maria chiede
la grazia dell’unita del genere umano, in vista della costruzione della civiltà dell’amore,
superando le tendenze alla divisione, le tentazioni della vendetta e dell’odio, e il fascino
perverso della violenza»166.

165
Lumen Gentium, n. 58.
166
Cfr. Catechesi mariana 6: Influsso di Maria nella vita della Chiesa, 22 novembre 1995, in Insegnamenti,
vol. XVIII/2, pp. 1181-1184, n. 7.

72
Il titolo Ausiliatrice mette in evidenza l’amore materno di Maria che vede i bisogni dei
suoi figli ed è disposta ad aiutarli, soprattutto quando si tratta della salvezza eterna (cfr.
CM 64,5).

Il titolo di Soccorritrice proviene dall’esperienza della vicinanza di Maria a coloro che


soffrono e si trovano nei pericoli, senza poter difendersi da soli (cfr. CM 64,5). Avendo
provato molta sofferenza partecipando alla Passione del suo Figlio, Maria sente una
profonda compassione per le sofferenze degli uomini. Come dice il papa, «tale
compassione non consiste soltanto in una partecipazione affettiva, ma si traduce in un
aiuto efficace e concreto di fronte alle miserie materiali e morali dell’umanità» (CM 6,6).

Il titolo di Mediatrice sembra avere una particolare importanza. Giovanni Paolo II


afferma: «Come materna mediatrice, Maria presenta a Cristo i nostri desideri, le nostre
suppliche e ci trasmette i doni divini, intercedendo continuamente in nostro favore» (cfr.
CM 64,5). Come ricorda il papa, il concilio nominando questo titolo, ha anche riferito il
suo contenuto: «con la sua molteplice intercessione Maria continua a ottenerci i doni della
salvezza eterna»167. Giovanni Paolo II aggiunge ancora che lo stesso concilio ha risposto
alle difficoltà di alcuni circa questo titolo affermando che Maria è «per noi madre
nell’ordine della grazia»168. Si deve quindi tenere presente che la mediazione di Maria è
legata e qualificata fondamentalmente dalla sua divina maternità169. Il papa sostiene per
di più che anche l’espressione “Madre nostra” implica l’approvazione del ruolo di
mediatrice di Maria, giustamente perché sottolinea la sua maternità170.

La frase della prima lettera di Paolo a Timoteo: «uno solo, infatti è Dio e uno solo il
Mediatore fra Dio e gli uomini, l’uomo Cristo Gesù, che ha dato se stesso in riscatto per
tutti» (1 Tm 2,5-6) esclude ogni altra mediazione parallela, ma non una mediazione
subordinata. Per di più la mediazione di Cristo, come afferma il papa, è destinata a
promuovere altre mediazioni, come per esempio ogni preghiera a Dio. L’esistenza di altre
mediazioni subordinate a quella di Cristo è un segno dell’amore di Dio, che vuole
condividere tutto ciò che è possibile (cfr. CM 65,4). Come viene anche affermato dalla
Lumen Gentium, «la funzione materna di Maria verso gli uomini in nessun modo oscura

167
Lumen Gentium, n. 62.
168
Lumen Gentium, n. 61.
169
Cfr. Redemptoris Mater, n. 38.
170
Cfr. Catechesi mariana 65: Maria Mediatrice, 1 ottobre 1997, in Insegnamenti, vol. XX/2, pp. 459-462,
n. 2.

73
o diminuisce questa unica mediazione di Cristo, ma ne mostra l’efficacia»171. Maria,
quindi, mette piuttosto in evidenza la fecondità della mediazione di Cristo (cfr. CM 64,3).
Il valore della mediazione di Maria risale dalla mediazione di Cristo (cfr. CM 65,4). Per
il fatto che Maria vive sempre nella perfetta unione con Cristo la sua mediazione non
impedisce l’avvicinamento dei fedeli a Cristo, ma lo facilita. Avvicinandosi a Maria, il
fedele nello stesso tempo si avvicina a Cristo (cfr. CM 65,5)172.

Maria quindi porta gli uomini a Cristo e Cristo agli uomini, come si vede già poco dopo
il concepimento nell’evento della Visitazione. Visitando Elisabetta Maria vi porta Cristo
che effonde lo Spirito Santo. Le parole pronunciate da Elisabetta: «Ecco, appena la voce
del tuo saluto è giunta ai miei orecchi, il bambino ha esultato di gioia nel mio grembo»
(Lc 1,44) descrivono bene il ruolo di mediatrice di Maria e invitano ad apprezzare tutto
ciò che la presenza della Vergine reca in dono alla vita di ogni credente (cfr. CM 34,4).
La mediazione di Maria deve essere vista dai fedeli come un dono di amore di Dio Padre
(cfr. CM 65,6).

4.3. Maria, l’esempio delle virtù

La vergine Maria essendo la madre della Chiesa e di ogni credente comunica a tutti di
persona con il suo esempio una immensa ricchezza spirituale (cfr. CM 6,1). Come può
essere chiamata l’educatrice del Figlio di Dio, così anche è l’educatrice di ogni discepolo
del Signore, quindi dell’ogni membro della Chiesa. È possibile nominare molti aspetti
della personalità di Maria, che emergono dai racconti evangelici, che possono aiutare ogni
credente a trovare sempre nella vita la via giusta, cioè vivere all’altezza della sua
vocazione alla santità. L’esempio di Maria offre a ciascun cristiano delle indicazioni
preziose e lo sostiene nelle lotte della vita (cfr. CM 6,1).

4.3.1. Maria, educatrice della fede

Per prima cosa Maria è esempio della fede. Ella precede la comunità della Chiesa nel
cammino della fede e quindi la educa a vivere la fede giustamente come un cammino
impegnativo e coinvolgente, che in tutte le età e le situazioni della vita richiede audacia e
perseveranza costante (cfr. CM 6,1).

171
Lumen Gentium, n. 60.
172
Si nota la somiglianza con J. GALOT (2005) p. 278.

74
Nel racconto della Visitazione Elisabetta salutando Maria proclama: «Beata colei che ha
creduto nell’adempimento delle parole del Signore» (Lc 1,45). Maria viene descritta
come colei che con la sua fede precede la Chiesa nella realizzazione dello spirito delle
beatitudini. L’eccellenza della fede di Maria emerge fin dall’evento dell’Annunciazione
(cfr. CM 25,2). Credendo all’annuncio dell’angelo Maria accoglie in modo perfetto il
mistero dell’Incarnazione (cfr. CM 6,1). La grandezza della sua fede diventa ancora più
visibile paragonando la sua reazione alle parole dell’angelo con quella di Zaccaria, marito
di Elisabetta e futuro padre di Giovanni Battista. Come dice il papa, le risposte di tutti
due potrebbero sembrare a prima vista simili173. Rispondendo all’annuncio della nascita
del figlio Zaccaria domanda: «Come posso conoscere questo? Io sono vecchio e mia
moglie è avanzata negli anni» (Lc 1,18) ed anche Maria in risposta all’angelo pone una
domanda: «Come avverrà questo? Non conosco uomo» (Lc 1,34). Come afferma il papa,
con le seguenti risposte all’angelo diventa visibile una grande differenza tra le
disposizioni intime dei due protagonisti. L’Angelo rimprovera Zaccaria per la sua
incredulità e offre immediatamente una risposta a Maria. Maria crede nella possibilità
dell’adempimento della parola dell’angelo e domanda sul modo della realizzazione
dell’annunzio per meglio adempiere la volontà di Dio. Come anche abbiamo visto prima,
Maria fa presente il suo proposito di verginità, con il quale voleva dedicarsi totalmente a
Dio.

Vediamo anche che l’annunzio a Zaccaria accade in una situazione che sembra più
favorevole per un evento importante. Zaccaria si trova nel tempio di Gerusalemme, sta
offrendo l’incenso quindi svolge una funzione sacerdotale, e inoltre la decisione divina
gli viene comunicata in una visione. Tutte queste circostanze dovrebbero facilitare a
credere nella veracità del messaggio e incoraggiare ad accoglierlo con prontezza.
L’annuncio a Maria avviene in un contesto semplice e più comune, senza elementi di
sacralità. Nel vangelo non viene indicato né tempo, né luogo preciso. Viene detto che
Maria si trovava a Nazaret, un villaggio mai nominato nell’Antico Testamento e che non
godeva buona fama. Le circostanze dell’evento esigono da Maria una profonda fiducia ed
una fede pura. L’assenso di Maria alla parola dell’angelo è motivato solo dal suo amore
per Dio. La grandezza della sua fede emerge anche dal confronto con la tendenza a

173
Si nota la somiglianza con J. GALOT (2005) p. 50.

75
chiedere segni sensibili per credere, una tendenza presente negli uomini di tutti i tempi
(cfr. CM 25,2).

Per ultimo bisogna anche considerare che a Maria è richiesto di credere ed accogliere un
annunzio molto più sorprendente che quello a Zaccaria. Gli interventi di Dio che rende
feconda un’unione matrimoniale sterile sono descritti nell’Antico Testamento diverse
volte. A Maria è richiesto di credere ad una verità mai prima enunciata, ed
apparentemente impossibile, la maternità verginale. Maria crede con animo semplice e
audace, in piena fiducia a Dio (cfr. CM 25,3)174.

Maria per i fedeli è anche l’esempio di docilità alla volontà divina. Accettando la divina
richiesta manifestata nel momento dell’Annunciazione Maria è disposta a cominciare un
cammino per lei sconosciuto e senza dubbio non facile. Nonostante tutta l’insicurezza
Maria dimostra la sua fiducia alla Parola del Signore e gli affida tutta la sua vita (cfr. CM
6,2). Più tardi già dopo la nascita di Gesù, durante la presentazione nel tempio, l’anziano
Simeone nella sua profezia annuncia a Maria il doloroso destino del Messia, il suo Figlio
e con le parole: «anche a te una spada trafiggerà l’anima» (Lc 2,35) la associa a tale
destino. L’annunzio dell’angelo non parlava del sacrificio redentore e per questo la
profezia di Simeone può essere considerata quasi un «secondo annuncio» (cfr. CM
40,1)175. Maria non dice nulla in risposta a queste parole, ma le accoglie in silenzio, senza
nessuna traccia di ribellione. In questo modo, dice il papa:

con il suo comportamento, Maria ricorda a ciascuno di noi la grave responsabilità di accogliere
il progetto divino sulla nostra vita. Obbedendo senza riserve alla volontà salvifica di Dio,
manifestata nella parola dell’angelo, ella si pone come modello per coloro che il Signore
proclama beati, perché «ascoltano la Parola di Dio e la osservano» (Lc 11,28) (CM 33,3).

Maria quindi «incoraggia i cristiani a mettersi ogni giorno in ascolto della Parola del
Signore, per comprendere nelle diverse vicende quotidiane il disegno di amore,
cooperando fedelmente alla sua realizzazione» (CM 6,2). Maria è quindi per i fedeli
l’esempio della partecipazione generosa al sacrificio. Durante tutta la vita, e soprattutto
sotto la croce, Maria offre se stessa e si unisce alle sofferenze di Cristo per la salvezza
dell’umanità. In questo modo rivela ai credenti il senso del proprio sacrificio per il bene

174
Si nota la somiglianza con J. GALOT (2005) pp. 53-55.
175
Cfr. Redemptoris Mater, n. 16.

76
degli altri e li incoraggia a seguire il cammino del suo Figlio, che attraverso la morte porta
alla risurrezione (cfr. CM 62,5)176.

Docilità e fiducia nella parola di Dio mostrano anche il valore del silenzio. San Luca
riferisce che «Maria, da parte sua costudiva tutte queste cose, meditandole nel suo cuore»
(Lc 2,19). Il silenzio di Maria deve essere visto come «una capacità sapienziale di fare
memoria e di raccogliere in uno sguardo di fede il mistero del Verbo fatto uomo e gli
eventi della sua esistenza terrena» (CM 6,4). Non si tratta quindi solo di una sobrietà nel
parlare, ma di abilità di meditare profondamente sul mistero di Dio e della sua
provvidenza. Maria educa il popolo cristiano ad un silenzio spirituale e in questo modo
promuove lo spirito contemplativo ed umile (cfr. CM 6,4). La sapienza di Maria viene
manifestata nel Cantico del Magnificat. Con la sua interpretazione della storia,
riconoscendo sempre le opere di Dio, Maria introduce a scoprire i criteri misteriosi del
Suo agire. Maria insegna ai credenti che l’agire di Dio capovolge i giudizi del mondo e
colma di beni gli umili che si affidano a lui e non hanno l’altra sicurezza. Maria con le
sue parole e soprattutto con il suo comportamento dimostra a tutta la Chiesa che è prima
di tutto l’umiltà del cuore che attrae la benevolenza di Dio (cfr. CM 35,4). Infine, nel suo
cantico esaltando il compimento delle promesse e la fedeltà di Dio Maria invita tutti i
credenti alla gratitudine verso Dio per il suo gratuito amore (cfr. CM 35,5).

4.3.2. Maria, educatrice della speranza

Maria è per la Chiesa anche l’esempio della speranza (cfr. CM 61,3). Nel momento
dell’Annunciazione l’angelo Gabriele aveva promesso a Maria che il suo Figlio «sarà
grande e verrà chiamato Figlio dell’Altissimo; il Signore Dio gli darà il trono di Davide
suo padre e regnerà per sempre sulla casa di Giacobbe e il suo regno non avrà fine» (Lc
1,32-33). Questa annunciazione del messaggero divino significava un pronto compimento
della promessa della venuta del Messia. Come sostiene il papa, qualcuno potrebbe pensare
che per Maria fosse più facile di sperare nella realizzazione di questa promessa perché ha
vissuto quotidianamente con Gesù. Come sottolinea il papa, bisogna però tener presente
che durante trenta anni a Nazaret Gesù viveva una vita simile a tutti. Anche se il suo
comportamento era esemplare, durante tutto questo tempo gli aspetti singolari della sua
personalità restavano nascosti. Gesù non compiva miracoli, e quindi non svelava le sue
qualità soprannaturali (cfr. CM 43,3). Maria non perde la speranza nonostante la

176
Cfr. PAOLO VI, Marialis Cultus, n. 20.

77
mancanza dei segni che la potrebbero alimentare (cfr. CM 43,4). Dopo l’episodio dello
smarrimento di Gesù nel Tempio fu di sicuro oggetto della sua meditazione la frase
pronunciata da Gesù in quel momento: «Non sapevate che io devo occuparmi delle cose
del Padre mio?» (Lc 2,49). Durante tutti gli anni trascorsi in vicinanza di Gesù Maria
cerca di comprendere meglio il significato della figliolanza divina di Gesù e quello della
sua maternità e «si impegna a scorgere nel comportamento del Figlio, i tratti rivelatori
della sua somiglianza con Colui che Egli chiamava “mio Padre”» (cfr. CM 43,3) e in
questo modo cresce sempre nella comunione con Cristo e Dio stesso. Giovanni Paolo II
dice:

La comunione di vita con Gesù, nella casa di Nazaret, portò Maria non solo ad avanzare “nella
peregrinazione della fede” (Lumen Gentium 58), ma anche nella speranza. Tale virtù,
alimentata e sostenuta dal ricordo dell’Annunciazione e delle parole di Simeone, abbraccia
tutto l’arco della sua esistenza terrena, ma si esercita particolarmente nei trent’anni di silenzio
e nascondimento trascorsi a Nazaret. Tra le pareti domestiche la Vergine vive la speranza in
forma eccelsa; sa di non rimanere delusa, anche se non conosce i tempi e i modi con cui Dio
realizzerà la sua promessa. Nell’oscurità della fede e in assenza di segni straordinari, che
annuncino l’inizio del compito messianico del Figlio, Ella spera, oltre ogni evidenza,
attendendo da Dio il compimento della promessa (CM 43,4).

Più tardi, la sua speranza non l’ha fatta vacillare neanche sotto la croce nel momento della
morte del Figlio. Maria conservava sempre la fiducia nella realizzazione della promessa
della risurrezione il terzo giorno, fatta da Gesù (cfr. CM 6,3). Il papa conclude:

Maria educa in tal modo la comunità dei credenti a guardare verso il futuro con pieno
abbandono in Dio. […] Nel suo faticoso incedere nella storia, tra il “già” della salvezza
ricevuta e il “non ancora” della sua piena realizzazione, la comunità dei credenti sa di poter
contare sull’aiuto della “Madre della speranza” che avendo sperimentato la vittoria di Cristo
sulle potenze della morte, le comunica una capacità sempre nuova di attesa del futuro di Dio
e di abbandono alle promesse del Signore (CM 6,3).

4.3.3. Maria, educatrice della carità

La fede e la speranza di Maria si esprimono nella carità, per questo Maria è per i credenti
anche sublime esempio ed educatrice di questa virtù.

Maria, nella sua vita realizza perfettamente i comandamenti indicati da Gesù come i più
grandi: «Amerai il Signore tuo Dio con tutto il tuo cuore e con tutta la tua anima, con tutta
la tua mente e con tutta la tua forza. Il secondo è questo: Amerai il tuo prossimo come te

78
stesso. Non c’è altro commendamento più grande di questi» (Mc 12,30-31 e cfr. Mt 22,37-
39; Lc 10,25-28). Nell’agire di Maria e in tutto il suo modo di vivere possiamo
riconoscere un particolare amore per ogni persona della Santissima Trinità. Maria
accoglie la volontà di Dio Padre e si affida alla sua provvidenza. Come già abbiamo visto,
nel Cantico del Magnificat troviamo l’esempio della sua riconoscenza dell’amore di Dio.
Riconoscendo il divino amore per Lei e per tutto il popolo, Maria con le sue azioni cerca
di rispondere ad amore con amore. Compiendo la volontà del Padre accoglie nel suo
grembo il Suo Figlio, lo porta alla luce, lo custodisce, educa e nel momento della sua
morte si unisce alle sue sofferenze. Maria è anche chiamata la Sposa dello Spirito Santo.
Attraverso di Lui il Figlio di Dio è stato concepito nel suo grembo. Maria riconosceva lo
Spirito Santo come il supremo dono che Dio può fare all’uomo, prima di Pentecoste
supplicava la sua venuta per sé stessa e per tutta la comunità (cfr. CM 52,2). Come dice
il papa, riflettendo sulla prima comunità cristiana, possiamo scoprire che la comunione
dei cuori, manifestata nella comune preghiera durante l’attesa dello Spirito Santo deve
essere associata alla presenza della Madre Vergine (cfr. CM 61,3). L’amore che Cristo ha
effuso nel mondo ardeva già prima nel cuore della sua Madre (cfr. CM 43,4), e grazie a
questo amore è possibile conservare all’interno della Chiesa fraterna concordia (cfr. CM
61,3). Maria dimostra così a tutta la Chiesa la necessità di cercare sempre la comunione
dentro la comunità stessa ed anche con tutti gli uomini della buona volontà (cfr. CM 6,7).

Essendo vicina al suo Figlio durante la passione Maria condivide le sue intime
disposizioni, e si associa alla sua preghiera: «Padre perdonali, perché non sanno quello
che fanno» (Lc 23,34). Agli insulti e alle ferite, Ella, così come Cristo oppone indulgenza
e il perdono (cfr. CM 47,3), e quindi compie la nuova legge dell’amore secondo la quale
il cristiano è chiamato ad amare i suoi nemici (Mt 5,44; Lc 6,35). In questo modo Maria
invita i fedeli a perdonare e a cercare sempre la riconciliazione (cfr. CM 6,7). Per di più
ella è anche l’esempio della partecipazione generosa al sacrificio. Durante tutta la sua vita
e soprattutto sotto la croce Maria compie il dono di sé unendosi come Madre alle
sofferenze del Salvatore, e in questo modo invita i cristiani di tutti i tempi di «offrire
sacrifici spirituali graditi a Dio, per mezzo di Gesù Cristo» (1 Pt 2,5) (cfr. CM 62,5).

Maria con la sua testimonianza indica ai fedeli il valore di una vita pura e piena di
tenerezza per tutti gli uomini. Sappiamo dal vangelo di Luca che dopo aver concepito
Gesù si reca «in fretta» (Lc 1,39) a casa di sua cugina Elisabetta per servirla. Per di più,
come sostiene il papa, possiamo vedere in Lei la «prima evangelista, che diffonde la

79
buona notizia, dando inizio ai viaggi missionari del divin Figlio» (CM 34,2). In questo
modo Maria mostra ai fedeli l’urgenza dell’impegno missionario e diventa l’esempio per
tutti coloro che offrono la loro vita per portare la luce e la gioia del Vangelo di Cristo in
tutto il mondo (cfr. CM 34,2).

Lo zelo di Maria per servire a Elisabetta e il suo desiderio di partecipare la gioia ricevuta
da Dio dimostra la sua compassione per i bisogni degli altri. Questa materna compassione
di Maria deve stimolare i cristiani ad assumere un identico atteggiamento verso i poveri
e tutti gli uomini bisognosi dell’aiuto sia spirituale che materiale (cfr. CM 6,6). Infine,
come sostiene il papa:

Il sorriso materno della vergine […] manifesta una pienezza di grazia e di pace che vuole
comunicarsi. Tale manifestazione di serenità dello spirito contribuisce efficacemente a
conferire un volto gioioso alla Chiesa. […] Il popolo cristiano, invocandola “causa nostrae
laetitiae”, scopre in lei la capacità di comunicare la gioia che nasce dalla speranza, anche in
mezzo alle prove della vita, e di guidare chi a lei si affida alla letizia che non avrà fine (CM
6,8).

Durante i trenta anni della vita nascosta a Nazaret i semplici ed umili lavori di ogni giorno
svolti da Maria assumevano nei suoi occhi un singolare valore, perché erano vissuti da
Lei come servizio alla missione di Cristo. Maria vedeva il profondo senso della sua vita
nella fedele realizzazione di un compito affidatole da Dio. Come sottolinea il papa:

L’esempio di Maria illumina ed incoraggia l’esperienza di tante donne che svolgono il loro
lavoro quotidiano esclusivamente tra le pareti domestiche. Si tratta di un impegno umile,
nascosto, ripetitivo e, spesso, non sufficientemente apprezzato. Tuttavia, i lunghi anni,
trascorsi da Maria nella casa di Nazaret, ne rivelano le enormi potenzialità di amore autentico
e quindi di salvezza. Infatti, la semplicità della vita di tante casalinghe, sentita come missione
di servizio e di amore, racchiude un valore straordinario agli occhi del Signore (CM 43,2).

Maria è per tutti i fedeli esempio di umiltà e disponibilità per il servizio. Ella non desidera
gli onori e i vantaggi di una posizione privilegiata, ma conduce una vita del tutto concorde
con il piano salvifico di Dio. Nella volontà di Dio trova la sua gioia e la propria
realizzazione (cfr. CM 6,4). Si può dire anche in questo caso, che Maria nella sua vita
realizza ciò che Cristo dirà dopo: «Chi tra voi è più grande, sarà il vostro servo» (Mt
23,11). Giovanni Paolo II afferma: «A quanti non di rado sentono il peso di un’esistenza
apparentemente insignificante, Maria svela quanto possa essere preziosa la vita, se vissuta
per amore di Cristo e dei fratelli» (CM 6,4).

80
Maria essendo vergine nel corpo e nello spirito è anche modello ed esempio della perfetta
castità. Come ricorda il papa il primo modello della vita casta è sicuramente Cristo,
tuttavia Maria è uno speciale esempio di castità vissuta per amore a Lui. Maria, attraverso
il suo modo di vivere mostra il valore del corpo umano, come realtà che insieme all’anima
costituisce la totalità della persona. Indicando la nobiltà e la santità del corpo Maria educa
i fedeli al rispetto verso il proprio corpo e verso le altre persone. La Santa Vergine
ammonisce tutti i fedeli di vivere la castità secondo il proprio stato, li aiuta a dominare le
passioni e superare le tentazioni (cfr. CM 60,3). Come ricorda il papa, il proposito di
verginità di Maria è stato considerato l’inizio e l‘evento ispiratore della verginità cristiana
nella Chiesa. La sua decisione di rimanere vergine è il segno del desiderio di offrire tutta
la sua esistenza a Dio ed essere sua fedele sposa. In questo modo Maria diventa l’esempio
per tutti coloro che si sentono chiamati come Lei di offrire a Dio la propria vita e servirli
con il cuore indiviso nella verginità (cfr. CM 29,2). Come ancora sottolinea il papa: «Il
carattere verginale della sua maternità le concede di testimoniare lo straordinario apporto
al bene della Chiesa offerto da chi, rinunciando alla fecondità umana per docilità allo
Spirito Santo, pone se stesso completamente al servizio del Regno di Dio» (CM 57,4).
Anche per i cristiani che scelgono la via del matrimonio la verginità e castità di Maria
sono un forte stimolo a vivere nella reciproca fedeltà ed evitare sempre tutti i pericoli che
minacciano la comunione coniugale (cfr. CM 60,3).

Maria può anche essere vista come esempio per tutti i genitori cristiani. Come già
menzionato e come di nuovo afferma il papa:

il mistero dell’Incarnazione esigeva una nascita verginale che mettesse in risalto la filiazione
divina e, al tempo stesso, una famiglia che potesse assicurare il normale sviluppo della
personalità del Bambino. Proprio in vista del loro contributo al mistero dell’Incarnazione del
Verbo, Giuseppe e Maria hanno ricevuto la grazia di vivere insieme il carisma della verginità
e il dono del matrimonio (cfr. CM 30,2)177.

177
Cfr. GIOVANNI PAOLO II, Esortazione apostolica Redemptoris custos, 15 agosto 1989, in AAS 82 (1990),
n. 7. J. GALOT (2005) p. 141 descrive la questione riguardante il matrimonio e la verginità consacrata più
ampiamente: «Il mistero della verginità non è opposto al matrimonio: per questo ultimo è fonte
d’orientamento superiore e invito a riflettere maggiormente le nozze dell’umanità con Dio. Nemmeno la
procreazione umana è minacciata da queste nozze, poiché vede aprirsi la via ad una fecondità superiore. In
Maria la fecondità ha assunto un’ampiezza incomparabile, - poiché la vergine è diventata Madre di Dio.
Questa fecondità annuncia i frutti spirituali della verginità nella Chiesa, perché questa verginità è
accompagnata da paternità o maternità spirituale. Essa tende ad elevare lo stesso matrimonio nel senso di
una responsabilità spirituale di paternità e di maternità per la formazione di giovani vite cristiane. Quindi,
con la maternità verginale di Maria, il matrimonio non è stato abbassato, ma elevato ad un livello superiore,
più soprannaturale».

81
Giuseppe e Maria esercitavano nei confronti di Gesù il ruolo dei genitori, avevano quindi
il compito non solo di curarlo e proteggerlo, ma anche di educarlo. In questo modo Maria
ha donato un contributo importantissimo alla crescita umana e allo sviluppo di Gesù (cfr.
CM 38,1). Come per Gesù che poteva trovare in Lei un modello da imitare e seguire, così
anche tutti i genitori e anche gli educatori possono ispirarsi dall’esempio della Vergine
Madre (cfr. CM 38,3).

4.4. Importanza della dottrina mariana per la donna

La dottrina mariana ha una grande importanza per la comprensione del ruolo della donna
nella comunità cristiana e nella società.

Giovanni Paolo II riferisce che durante la storia la situazione sociale era spesso
caratterizzata da una mancanza di apprezzamento per il valore della donna. Le donne
erano spesso costrette ad un ruolo di secondo piano o addirittura marginale. Questo
disprezzo e ingiusti pregiudizi non hanno permesso alle donne di esprimere pienamente
le ricchezze di intelligenza e di saggezza che racchiude la femminilità (cfr. CM 7,3). Negli
ultimi decenni il ruolo e la dignità della donna sono stati rivendicati dal movimento
femminista. Esso ha reagito contro tutto ciò che ostacolava la valorizzazione, il pieno
sviluppo e anche la partecipazione della donna alla vita sociale e politica. Come afferma
il papa, la Chiesa ha mostrato attenzione a questi movimenti, essendo cosciente che la
figura di Maria, letta alla luce del vangelo «costituisce una valida risposta al desiderio di
emancipazione della donna: Maria è l’unica persona umana che realizza in maniera
eminente il progetto d’amore divino riguardo all’umanità» (CM 7,1).

Il libro della Genesi nel racconto della creazione presenta la prima coppia creata ad
immagine e somiglianza di Dio. La donna, quindi, così come l’uomo porta in sé la
somiglianza di Dio, non è inferiore nella dignità, ma la sua diversità costituisce un
elemento di novità che arricchisce il disegno divino. Il papa continua:

Eppure, l’intento divino va ben al di là di quello che rivela il Libro della Genesi. In Maria,
infatti, Dio ha fatto sorgere una personalità femminile che supera di molto la condizione
ordinaria della donna, così come emerge nella creazione di Eva. L’eccellenza unica di Maria
nel mondo della grazia e la sua perfezione sono frutti della particolare benevolenza divina che
vuole elevare tutti, uomini e donne, alla perfezione morale ed alla santità proprie dei figli
adottivi di Dio. Maria è la “benedetta fra tutte le donne”; tuttavia, della sua sublime dignità
nel piano divino partecipa, in qualche modo, ogni donna (CM 7,2).

82
In conseguenza dobbiamo costatare che il dono di Dio a Maria, fatto in vista della sua
maternità divina e anche quella spirituale testimonia, come dice il papa, «il rispetto di Dio
per la donna». Per di più diventa chiaro che nel piano divino per la storia dell’umanità la
donna riveste un ruolo insostituibile (cfr. CM 7,3).

Il papa sostiene che «la figura di Maria manifesta una tale stima di Dio per la donna da
privare di fondamento teoretico ogni forma di discriminazione» (CM 7,4) e quindi «le
donne hanno bisogno di scoprire questa stima divina per prendere sempre più coscienza
della loro elevata dignità» (CM 7,4). Maria è quindi l’esempio per tutte le donne che le
aiuta a comprendere meglio la loro dignità e l’importanza della loro missione all’interno
della Chiesa e del mondo.

Come ricorda il papa, in alcune correnti femministe la figura di Maria era stata svalutata
e presentata come il simbolo della personalità femminile racchiusa in un ambiente
domestico. Questa chiusura sarebbe l’ostacolo della propria realizzazione. In verità, la
considerazione di Maria, così come viene presentata nei Vangeli dimostra un eccelso
esempio di realizzazione della vocazione di una donna. Maria, nonostante tutti i limiti
sociali ha esercitato un grande influsso sul destino dell’umanità e sulla trasformazione
della società (cfr. CM 7,4). Come afferma il papa, «la figura di Maria mostra come solo
nel donarsi e nel dimenticarsi per gli altri è possibile raggiungere la realizzazione
autentica del progetto divino sulla propria vita» (CM 8,4).

In conseguenza si deve anche tenere presente che il modello costituito da Maria mostra
ciò che è specifico della personalità femminile. Questo aspetto è molto importante, come
sottolinea il papa, soprattutto di fronte alle tendenze dei movimenti che cercando
l’emancipazione di donna hanno mirato di assimilarla in tutto all’uomo. Il papa ricorda
che l’intento divino manifestato nella creazione afferma la diversità e la specificità della
donna, confermando ovviamente uguaglianza nella dignità. A causa della pienezza della
grazia ricevuta da Dio, in Maria la peculiarità della personalità femminile ha raggiunto il
pieno sviluppo. Il papa spiega:

Il ruolo di Maria nell’opera della salvezza è totalmente dipendente da quello di Cristo. Si tratta
di una funzione unica, richiesta dal compimento del mistero della Incarnazione: la maternità
di Maria era necessaria per dare al mondo il Salvatore, vero Figlio di Dio, ma anche
perfettamente uomo. L’importanza della cooperazione della donna alla venuta di Cristo viene
posta in evidenza nell’iniziativa di Dio che, mediante l’angelo, comunica alla Vergine di
Nazaret il suo disegno di salvezza, affinché essa vi possa cooperare in modo consapevole e

83
libero, esprimendo il proprio consenso generoso. Si realizza qui il modello più alto della
collaborazione responsabile della donna alla redenzione dell’uomo - di tutto l’uomo -, che
costituisce il riferimento trascendente per ogni affermazione sul ruolo e la funzione della
donna nella storia (CM 8,1).

Maria coopera alla redenzione attraverso la sua maternità divina e più tardi quella
spirituale e in questo modo ricorda alle donne il valore della maternità. Come ribadisce il
papa, nel mondo di oggi la maternità non viene sempre stimata così come merita. A volte
a causa di un concetto sbagliato della libertà, la maternità viene vista come un ostacolo
all’autonomia e l’autorealizzazione della donna. In casi opposti la generazione biologica
diventa talmente importante che le altre possibilità che la donna possiede per esprimere
la sua innata vocazione ad essere madre, vengono messe in ombra. Giovanni Paolo II
conclude:

In Maria, ci è dato di capire il vero significato della maternità che, all’interno del disegno
divino di salvezza, raggiunge la sua dimensione più alta. Per lei l’essere madre non solo dona
alla personalità femminile, fondamentalmente orientata verso il dono della vita, il suo pieno
sviluppo, ma costituisce, altresì, una risposta di fede alla vocazione propria della donna, che
assume il suo valore più vero solo alla luce dell’alleanza con Dio (CM 8,3)178.

Maria, essendo madre vergine, rivela anche l’alto significato della verginità vissuta per il
Regno dei Cieli alle donne chiamate alla castità verginale. Si può dire che la vita di Maria
è la prova della fecondità spirituale, «una maternità di ordine superiore, una maternità
secondo lo Spirito» (CM 8,4)179.

178
Cfr. GIOVANNI PAOLO II, Lettera apostolica Mulieris dignitatem, 15 agosto 1988, in AAS 80 (1988), n.
19.
179
Cfr. Mulieris Dignitatem, n. 21.

84
5. IL CULTO MARIANO

5.1. Natura del culto mariano

Il culto della Beata Vergine proviene dall’inseparabile legame dell’identità umana del
Figlio di Dio ad una donna, Maria di Nazaret. La cooperazione del tutto singolare di Maria
all’opera della salvezza risveglia nei credenti un atteggiamento di lode e gratitudine.
Maria è quindi venerata dalla Chiesa a causa della sua maternità divina ed anche della
maternità universale. Gesù, donando Maria come madre ai credenti di ogni tempo poneva
così le premesse del loro filiale affetto per Lei. I cristiani, accogliendo Maria nella propria
vita come Madre, sono quindi invitati di prolungare con il culto l’amore che Cristo aveva
per Lei (cfr. CM 66,1).

Seguendo la Lumen Gentium il papa chiarisce che il culto di Maria differisce dal culto di
adorazione rivolto alle persone della Santissima Trinità, ma è comunque del tutto
singolare180. La Chiesa venerando Maria come Madre di Dio riconosce in Lei la più
grande dignità conferita ad una creatura. Perciò il culto alla vergine è superiore del culto
a tutti altri i santi, ma inferiore al culto e all’adorazione riservati a Dio. Come spiega il
papa in conseguenza, «l’amore che i credenti nutrono per Maria differisce da quello che
essi devono a Dio: mentre il Signore va amato sopra ogni cosa con tutto il cuore, con tutta
l’anima e con tutta la mente (Mt 22,37), il sentimento che unisce i cristiani alla Vergine
ripropone sul piano spirituale l’affetto dei figli verso la madre» (CM 67,1).

Tra il culto mariano e quello reso a Dio esiste però una chiara continuità. La venerazione
di Maria promuove e conduce all’adorazione della Trinità. Come ricorda il papa in
prospettiva cristologica la Lumen Gentium sottolinea che:

Le varie forme di devozione verso la Madre di Dio, che la Chiesa ha approvato entro i limiti
di una dottrina sana e ortodossa, secondo le circostanze di tempo e di luogo e l’indole la
mentalità dei fedeli, fanno si, che mentre è onorata la Madre, il Figlio per il quale esistono
tutte le cose (Col 1,15-16) e nel quale “piacque all’eterno Padre di far risiedere tutta la
pienezza” (Col 1,19) sia debitamente conosciuto, amato, glorificato, e siano osservati i suoi
comandamenti181.

Venerare la vergine Maria significa quindi affermare la divinità di Cristo e riconoscere la


sua opera di salvezza. In conseguenza il culto Mariano deve essere considerato come

180
Cfr. Lumen Gentium, n. 66.
181
Lumen Gentium, n. 66.

85
particolarmente idoneo a promuovere l’adesione a Cristo (cfr. CM 67,2). Per di più la
riconoscenza del materno amore di Maria aiuta ai credenti conoscere ancora di più
l’amore della paternità di Dio (cfr. CM 67,3). Infatti, come sottolinea il papa, dando Maria
come madre a tutta l’umanità, il Padre Celeste «ha voluto rivelare per così dire la
dimensione materna della sua divina tenerezza e della sua sollecitudine per gli uomini di
tutte le epoche» (CM 66,1). In questo modo il culto mariano favorisce l’adorazione ed
amore verso Dio.

La devozione mariana, come sostiene il papa, dando attenzione alla dimensione umana
dell’Incarnazione, fa anche meglio scoprire «il volto di un Dio che condivide le gioie e le
sofferenze dell’umanità, il “Dio con noi”, che Maria ha concepito come uomo nel suo
seno purissimo, generato, assistito e seguito con ineffabile amore dai giorni di Nazaret e
di Betlemme a quelli della Croce e della Risurrezione» (CM 69,4)182.

Lo stesso possiamo affermare riguardo il riconoscere la presenza dello Spirito Santo e


delle sue opere. Nell’esistenza di Maria le opere della terza Persona della Trinità sono
molto bene riconoscibili. Si può dire che i titoli di Consolatrice, Avvocata, Ausiliatrice
attribuiti a Maria esaltano l’azione dello Spirito Consolatore e invitano i credenti a
supplicare la sua venuta (cfr. CM 67,2).

Infine, come già menzionato prima, il culto mariano è differente dal culto dei santi.
Venerando Maria si venera infatti una persona unica per la sua perfezione personale e per
la sua missione. Come di nuovo sottolinea il papa, «del tutto eccezionali sono i doni
conferiti a Maria dall’amore divino, come la santità immacolata, la maternità divina,
l’associazione all’opera redentrice e soprattutto al sacrificio della Croce» (CM 67,2).

Come afferma Giovanni Paolo II già i testi evangelici confermano la presenza del culto
mariano sin dagli inizi della Chiesa. L’inizio del vangelo di Luca racconta gli eventi
precedenti alla nascita di Gesù dalla prospettiva di Maria. Questo fatto può essere visto
come la conferma della particolare attenzione della comunità giudeo-cristiana per la
Madre di Gesù. Per di più già nelle dichiarazioni di Elisabetta troviamo le espressioni
iniziali e le motivazioni del culto mariano: «Benedetta tu fra le donne… Beata colei che
ha creduto nell’adempimento delle parole del Signore» (Lc 1,42.45). Anche nel cantico

182
Cfr. T. F. OSSANNA, Madre nostra VI. Difficoltà, in S. DE FIORES - S. MEO (edd.), Nuovo dizionario di
Mariologia, Edizioni Paoline, Milano 1988, p. 840 richiama il possibile pericolo dell’accentuazione della
maternità di Maria verso gli uomini, senza la giusta accentuazione della sua maternità verso Cristo. La
maternità di Maria nei confronti degli uomini deriva da quella versi Cristo, in conseguenza affermazione
della maternità di Maria verso gli uomini non può negare la maternità divina.

86
del Magnificat possiamo trovare i segni di una venerazione già diffusa nella prima
comunità cristiana. Come sostiene il papa, «ponendo sulla bocca di Maria l’espressione
“Tutte le generazioni mi chiameranno beata” (Lc 1,48) i cristiani le riconoscevano una
grandezza unica, che sarebbe stata proclamata sino alla fine del mondo» (CM 66,2). Come
già abbiamo visto, il vangelo di Giovanni attesta la presenza di Maria all’inizio e alla fine
della vita pubblica di Cristo. Questo fatto, secondo il papa afferma la consapevolezza dei
primi cristiani del ruolo di Maria nell’opera di salvezza (cfr. CM 66,2)183.

5.2. La preghiera e la devozione mariana

La Chiesa dopo aver pregato con Maria nel cenacolo, nel corso del tempo, crescendo ed
estendendosi ha sentito il bisogno di pregare Maria184. I cristiani venerano Maria come
Madre di Dio e loro madre. La preghiera a Maria costituisce quindi uno degli elementi
fondamentali della devozione cristiana ed un indispensabile aiuto in tutte le vicende della
vita. Come afferma Giovanni Paolo II: «A Maria, divenuta la madre della Chiesa e madre
dell’umanità, ricorre il popolo cristiano, animato da filiale confidenza, per sollecitare la
sua materna intercessione ed ottenere i beni necessari alla vita terrena in vista dell’eterna
beatitudine» (CM 67,3).

Durante la storia della Chiesa la devozione mariana e la preghiera rivolta a Lei sono
sempre state approvate e incoraggiate dal Magistero della Chiesa (cfr. CM 69,1). Come
ricorda Giovanni Paolo II il concilio Vaticano II «esorta tutti i figli della Chiesa, perché
generosamente promuovono il culto, specialmente liturgico, della Beata Vergine, abbiano
in grande stima le pratiche e gli esercizi di pietà verso di Lei, raccomandati lungo i secoli
dal Magistero» (CM 68,1)185. Anche la costituzione sulla sacra liturgia Sacrosanctum
concilium nel numero 103 sottolinea che Maria deve essere venerata in modo speciale
durante l’anno liturgico186.

La prima invocazione di Maria «Sotto la tua protezione cerchiamo rifugio, santa Madre
di Dio», risale al terzo secolo. Ciò nonostante, dal secolo XIV l’Ave Maria diventa la
preghiera a Maria più comune tra i cristiani. La parola Ave è la traduzione della parola

183
Cfr. T. F. OSSANNA, Madre nostra VI, p. 841 avvisa sul pericolo dell’accentuazione della maternità di
Maria verso gli uomini senza la giusta relazione con la Chiesa. Per un cristiano non è possibile di accogliere
Maria come Madre nel senso giusto separando si dalla realtà ecclesiale, famiglia di Maria.
184
Cfr. T. F. OSSANNA, Madre nostra III, p. 834.
185
Cfr. Lumen Gentium, n. 67.
186
Cfr. J. HENDRIKS, Maria. Inleiding tot de katholieke leer over de moeder van de Verlosser, Van Gorcum,
Assen 2008, p. 119.

87
greca chaire, che potrebbe essere anche resa con “rallegrati”. In questo modo anche i
fedeli sono invitati alla gioia. L’invocazione, iniziando con le parole dell’annunzio
dell’angelo (Lc 1,28), invita i fedeli alla contemplazione del mistero dell’Incarnazione.
Maria viene chiamata “piena di grazia” e così viene riconosciuta la sua perfetta santità.
L’espressione “Il Signore è con te” conferma la relazione di Dio con Maria, nella quale
sono coinvolti tutti gli uomini. L’attestazione “Benedetta fra le donne e benedetto il frutto
del tuo seno Gesù” ricorda l’attuazione del disegno divino nel corpo verginale di Maria.
«Invocando “Santa Maria, Madre di Dio”, i cristiani chiedono a Colei che per singolare
privilegio è l’immacolata Madre del Signore: “Prega per noi peccatori”, e si affidano a
Lei nell’ora presente e in quella suprema della morte» (CM 69,1).

La preghiera dell’Angelus, come afferma il papa, invita il cristiano a considerare Maria


come punto di riferimento nei diversi momenti della giornata e sforzarsi di imitare il suo
modo di vivere e così collaborare alla salvezza. Anche il Rosario che con la ripetizione
di Ave Maria porta alla contemplazione dei misteri della fede, tiene un posto importante
fra le preghiere a Maria (cfr. CM 69,2).

I cristiani ricorrono a Maria sapendo di essere suoi figli ed essendo quindi profondamente
sicuri del suo materno amore. Giovanni Paolo II chiarisce:

Avendo ricevuto da Cristo la salvezza e la grazia, la Vergine è chiamata a svolgere un ruolo


rilevante nella redenzione dell'umanità. Con la devozione mariana i cristiani riconoscono il
valore della presenza di Maria nel cammino verso la salvezza, ricorrendo a Lei per ottenere
ogni genere di grazie. Essi sanno soprattutto di poter contare sulla sua materna intercessione
per ricevere dal Signore quanto è necessario allo sviluppo della vita divina e al conseguimento
della salvezza eterna. Come attestano i numerosi titoli attribuiti alla Vergine e i pellegrinaggi
ininterrotti ai santuari mariani, la fiducia dei fedeli verso la Madre di Gesù li spinge ad
invocarla nelle quotidiane necessità. Essi sono certi che il suo cuore materno non può rimanere
insensibile alle miserie materiali e spirituali dei suoi figli. Così la devozione alla Madre di Dio,
incoraggiando alla fiducia ed alla spontaneità, contribuisce a rasserenare il clima della vita
spirituale e fa progredire i fedeli sulla via esigente delle beatitudini (CM 69,3).

Come sottolinea il papa la preghiera e la devozione mariana devono anche esercitare un


influsso sulla vita morale dei credenti, che aderiscono a lei. Maria precede la chiesa nella
fede e santità e per questo i fedeli venerandola devono cercare di ritradurre questa
venerazione in atteggiamenti evangelici e in questo modo seguire la loro Madre (cfr. CM
10,2). «La venerazione a Maria non ha altro valore che quello di mostrare come si cresce

88
nel proprio essere in Cristo. Non si tratta quindi solo di pregare Maria, ma pregare come
Maria e con Maria rivolti verso il Padre per Cristo nello Spirito»187. Così, come ricorda
Giovanni Paolo II nella sua catechesi, si esprime anche il Vaticano II: «I fedeli a loro
volta si ricordino che la vera devozione non consiste né in uno sterile e passeggero
sentimento, né in una vana credulità, bensì procede dalla fede vera, dalla quale siamo
portati a riconoscere la preminenza della Madre di Dio, e siamo spinti a un amore filiale
verso la Madre nostra e all’imitazione delle sue virtù» (CM 68,6)188. Insieme con il
Concilio il papa avvisa quindi sul pericolo dell’interpretazione spirituale e solo cultuale
della funzione materna di Maria senza coerenza di vita e impegno personale. Esiste anche
il pericolo dell’interpretazione protettiva a causa di una disequilibrata fiducia in Lei o per
una esagerata sfiducia dell’uomo in se stesso. La maternità di Maria, essendo una vera
maternità non toglie la responsabilità e non impedisce la propria azione189. Affinché la
fede nella maternità spirituale e universale di Maria diventi feconda il cristiano deve
quindi per primo coscientemente e con fermezza accoglierla come Madre. Da questa
abilità dipende la fecondità della maternità di Maria nella vita del credente190. Il secondo
aspetto che deve essere ricordato è che Maria entra nella vita dell’uomo come Madre per
realizzare una determinata missione. L’uomo può con il suo agire facilitare, ma anche
impedire questo suo l’agire. Maria, dunque, coopera nella sua azione con lo Spirito Santo
per la salvezza dell’uomo, ma coopera anche con la volontà umana. Ogni credente ha
quindi una grande responsabilità nella quale è invitato di cooperare con Maria. Per di più,
come già detto prima, il cristiano è chiamato a rispondere all’amore di Maria con il
proprio amore191. «Maria va amata, tanto più quanto è conosciuta […]. L’amore qui non
è dovere, ma bisogno; l’amore si fa ammirazione e rispetto, l’amore fa nascere la fiducia,
dà sicurezza, porta la gioia. Amando si capisce meglio, si collabora senza fatica, si cresce
gioiosamente insieme. Occorre curare l’amore perché Maria sia madre»192. In questo
modo la maternità di Maria dona al credente una nuova visione della vita. Il modo di
vivere proprio della persona che vuole essere il figlio di Maria comporta il cambiamento
del modo di pensare e di agire e conduce a diventare sempre più simile alla Madre193.

187
S. PERRELLA (2007), p. 268.
188
Lumen Gentium, n. 67.
189
Cfr. T. F. OSSANNA, Madre nostra VI, p. 841.
190
Cfr. T. F. OSSANNA, Madre nostra V. Applicazioni pastorali, in S. DE FIORES - S. MEO (edd.), Nuovo
dizionario di Mariologia, Edizioni Paoline, Milano 1988, p. 839.
191
Ibidem, p. 840.
192
Ibidem
193
Ibidem

89
6. CONCLUSIONE

Dopo di aver approfondito le settanta Catechesi mariane di Giovanni Paolo II possiamo,


senza dubbio concludere che Maria viene in esse presentata, per così dire, non solo come
la Madre di Gesù, quindi Madre di Dio, ma anche come madre di tutti i credenti, e anzi
tutti gli uomini.
Per di più, sembra che dalle Catechesi mariane si possa concludere che Maria abbia
ricevuto l’abbondanza della grazia, certamente in vista della sua maternità divina, ma
anche in vista della sua maternità spirituale verso tutti gli uomini chiamati alla salvezza.
Il contributo più specifico del papa per il tema della maternità spirituale di Maria è forse
proprio questo, cioè di aver dimostrato che il ruolo materno di Maria verso gli uomini
deve essere considerato come indispensabile nell’opera della salvezza.
Si può dire che il papa nelle sue catechesi dimostra che essere la madre perfetta e piena
di amore verso tutti gli uomini emerge da tutta la persona di Maria, da tutta la sua esistenza
e tutto il suo agire.
Nelle catechesi di Giovanni Paolo II Maria viene presentata come colei che insieme a
Cristo, sebbene in un rapporto di dipendenza e subordinazione, compie l’unica e
medesima operazione di trasmissione della vita soprannaturale. Per questo la maternità
spirituale della vergine «può essere legittimamente considerata, in analogia con la
maternità naturale, concausa dell’elevazione umana alla vita divina»194.
Sembra quindi che si può confermare che secondo Giovanni Paolo II l’appellativo di
“Madre” è il più appropriato per Maria195.
Pare anche che non sarebbe sbagliato dire che uno degli scopi del papa quando
pronunciava queste catechesi, era di dare alla Chiesa e a tutti gli uomini di buona volontà
la notizia piena di consolazione e speranza della maternità di Maria. Tutti i credenti
devono essere sicuri che avendo Dio come Padre, hanno anche Maria come Madre. La
maternità di Maria deve quindi essere vista come un dono dell’amore di Dio Padre per
l’umanità. Possiamo forse dire che Giovanni Paolo II desiderava effondere nei cuori degli
uomini la sicurezza di essere amati da Maria. Questo messaggio, anche se pronunciato

194
G. GHIO (2015), p. 478.
195
Se è così, l’opinione corrisponderebbe a quella di J. GALOT come annota H. SOLOFOARIMANANA (2021)
p. 286. Secondo J. Galot il titolo di “mediatrice” è troppo vago, perché può comprendere qualsiasi forma
di intervento intrapreso dalla persona che svolge il ruolo di intermediario. D'altra parte, il titolo di “madre”
espresso nella maternità spirituale è un vocabolario concreto, di facile comprensione per tutti perché tutti
hanno sperimentato la tenerezza dell'amore materno. Vedi J. GALOT, Maria, mediatrice o Madre universale,
p. 241.

90
più di venticinque anni fa, rimane sempre attuale e valido, perché costituisce una risposta
al profondo desiderio dell’uomo di essere amato e in conseguenza di non sentirsi mai solo
di fronte alle sfide della vita nel suo cammino verso la patria celeste.
Le catechesi possono quindi essere considerate come un invito e anzi un forte appello ai
credenti di rivolgersi alla loro Madre in tutte le circostanze della vita e cercare di seguire
il suo esempio.
In questo elaborato si è cercato prima di analizzare i preannunci veterotestamentari della
figura di Maria e da qui è emerso in modo chiaro che la Sua figura si stava delineando fin
dagli inizi della storia della salvezza.

In seguito, ci siamo soffermati sui passi del Nuovo Testamento che parlano di Maria.
Abbiamo quindi potuto vedere, per così dire, come Maria è stata preparata per la sua
missione di maternità universale e spirituale, come ha ricevuto questa missione durante
la crocifissione di suo Figlio e infine come l’ha svolta all’inizio della Chiesa.

Abbiamo anche dedicato spazio per una breve descrizione della fede della Chiesa su
Maria come madre spirituale. Abbiamo quindi potuto vedere che Maria svolge questo
ruolo perché è madre di Dio, madre verginale e anche a causa della grazia
dell’Immacolata Concezione. Questi dogmi mariani ci hanno quindi aiutato a
comprendere meglio la sua funzione, e per di più hanno mostrato come questa funzione
è addirittura possibile e anche necessaria per la salvezza dell’uomo.

Dalle Catechesi mariane emerge anche con chiarezza che Maria come madre svolge un
ruolo indispensabile nella vita della Chiesa e di ogni credente. La Chiesa avendo Maria
come madre ha in lei anche il modello della maternità, verginità, santità e di culto che è
chiamata a rendere a Dio.

Giovanni Paolo II, avendo sottolineato il ruolo che Maria ha svolto nella vita di Gesù
come Sua educatrice ha mostrato anche come Lei continua questa missione educando gli
uomini, i suoi figli spirituali. Maria, come madre è quindi l’educatrice è l’esempio delle
virtù teologali (fede, speranza e carità) e in conseguenza di molte altre virtù.

Infine, abbiamo potuto vedere che i credenti riconoscendo e venerando Maria come madre
hanno anche il grande compito di cercare di seguire il suo esempio nella loro vita e così
dare testimonianza di una vita conforme alla loro chiamata alla santità.

In questo elaborato si è anche cercato di confrontare, anche se in modo limitato,


l’insegnamento del papa con gli scritti del teologo Jean Galot (1919-2008), chiamato a

91
volte il “mariologo di Wojtyła”196. Si può confermare che le catechesi del papa
dimostrano molte somiglianze con i lavori del teologo belga.

Per concludere tutto l’elaborato sembra utile citare ancora una volta san Giovanni Paolo
II, che dopo solo tre mesi dall’inizio del suo lungo pontificato ha parlato in questo modo
della maternità di Maria:

Nel momento dell’annunciazione Maria ha avuto questo colloquio con l’Annunziatore: «Come
è possibile? Non conosco uomo» (Lc 1,34); risposta: «Lo Spirito Santo scenderà su di te, su
te stenderà la sua ombra la potenza dell’Altissimo. Colui che nascerà sarà dunque santo e
chiamato Figlio di Dio» (Lc 1,35). Contemporaneamente con la maternità fisica (“quoad
corpus”) è incominciata la sua maternità spirituale (“quoad spiritum”). Questa maternità ha
riempito così i nove mesi dell’attesa del momento della nascita, come i trenta anni passati fra
Betlemme, Egitto e Nazaret, come pure gli ulteriori anni durante i quali Gesù, dopo aver
lasciato la casa di Nazaret, ha insegnato il Vangelo del Regno, gli anni che sono terminati con
gli avvenimenti del Calvario e con la Croce. Lì la maternità “spirituale” è arrivata in un certo
senso al suo momento chiave. «Gesù allora vedendo la Madre e lì accanto a lei il discepolo
che egli amava, disse alla madre: “Ecco il tuo figlio”» (Gv 19,26).

Così, in maniera nuova, ha legato lei, la propria Madre, all’uomo: all’uomo, al quale ha
trasmesso il Vangelo. L’ha legata ad ogni uomo. L’ha legata alla Chiesa nel giorno della sua
nascita storica, il giorno della Pentecoste. Da quel giorno tutta la Chiesa l’ha come Madre. E
tutti gli uomini l’hanno come Madre. Essi comprendono le parole pronunziate dall’alto della
Croce come rivolte a ciascuno. Madre di tutti gli uomini. La maternità spirituale non conosce
limiti. Si estende nel tempo e nello spazio. Raggiunge tanti cuori umani. Raggiunge le intere
nazioni. La maternità costituisce un argomento prediletto e forse il più frequente della
creatività dello spirito umano. È un elemento costitutivo della vita interiore di tanti uomini. È
una chiave di volta della cultura umana. Maternità: grande, splendida, fondamentale realtà
umana, dall’inizio chiamata con il proprio nome dal Creatore. Di nuovo riaccettata nel Mistero
della nascita di Dio nel tempo. In esso, in questo Mistero, racchiusa. Con esso
inseparabilmente unita197.

Ovviamente, l’appena citato discorso del papa è stato pronunciato diversi anni prima delle
Catechesi mariane, ma si può forse dire che queste parole rinchiudono in sé l’essenza del
suo insegnamento sulla maternità spirituale di Maria che emergerà più tardi dalle

196
H. SOLOFOARIMANANA (2021) p. 358 annota che nel giornale Avvenire in occasione del decimo
anniversario della morte di Jean Galot è apparso un articolo dedicato a lui: F. RIZZI, Gesuita. Jean Galot, il
mariologo di Wojtyła, 18 aprile 2018, in https://www.avvenire.it (cons. 29.11.2022).
197
GIOVANNI PAOLO II, Udienza generale: Il significato della maternità per la società e la famiglia, 10
gennaio 1979, in Insegnamenti, vol. II/1, pp. 31-34, n. 3.

92
catechesi. Come già detto in precedenza, questo insegnamento, di fronte alle diverse sfide
che affronta l’umanità, è oggi forse ancora più attuale e valido che mai.

93
BIBLIOGRAFIA

FONTI

1. Le 70 “Catechesi mariane” di Giovanni Paolo II (1995-1997)

Catechesi mariana 1: Presenza di Maria all’origine della Chiesa, 6 settembre 1995, in


Insegnamenti, vol. XVIII/2, pp. 304-307.

Catechesi mariana 2: Il volto materno di Maria nei primi secoli, 13 settembre 1995, in
Insegnamenti, vol. XVIII/2, pp. 362-365.

Catechesi mariana 3: Il volto della Madre del Redentore, 25 ottobre 1995, in


Insegnamenti, vol. XVIII/2, pp. 934-937.

Catechesi mariana 4: Maria nella Sacra Scrittura e nella riflessione teologica, 8


novembre I995, in Insegnamenti, vol. XVIII/2, pp. 1040-1043.

Catechesi mariana 5: Maria nell'esperienza spirituale della Chiesa, 15 novembre 1995,


in Insegnamenti, vol. XVIII/2, pp. 1122-1125.

Catechesi mariana 6: Influsso di Maria nella vita della Chiesa, 22 novembre 1995, in
Insegnamenti, vol. XVIII/2, pp. 1181-1184.

Catechesi mariana 7: Maria e il valore della donna, 29 novembre 1995, in Insegnamenti,


vol. XVIII/2, pp. 1276-1279.

Catechesi mariana 8: Ruolo della donna alla luce di Maria, 6 dicembre 1995, in
Insegnamenti, vol. XVIII/2, pp. 1318-1321.

Catechesi mariana 9: Presenza di Maria nel Concilio Vaticano II, 13 dicembre 1995, in
Insegnamenti, vol. XVIII/2, pp. 1367-1370.

Catechesi mariana 10: Scopo e metodo dell’esposizione della dottrina mariana, 3 gennaio
1996, in Insegnamenti, vol. XIX/1, pp. 9-12.

Catechesi mariana 11: Maria in prospettiva trinitaria, 10 gennaio 1996, in Insegnamenti,


vol. XIX/1, pp. 46-49.

Catechesi mariana 12: Maria nel protovangelo, 24 gennaio 1996, in Insegnamenti, vol.
XIX/1, pp. 115-117.

Catechesi mariana 13: Annuncio della maternità messianica, 31 gennaio 1996, in


Insegnamenti, vol. XIX/1, pp. 164-167.

Catechesi mariana 14: La maternità viene da Dio, 6 marzo 1996, in Insegnamenti, vol.
XIX/1, pp. 502-505.

94
Catechesi mariana 15: Donne impegnate nella salvezza del popolo, 27 marzo 1996, in
Insegnamenti, vol. XIX/1, pp. 851-854.

Catechesi mariana 16: Nobiltà morale della donna, 10 aprile 1996, in Insegnamenti, vol.
XIX/1, pp. 952-954.

Catechesi mariana 17: La figlia di Sion, 24 aprile 1996, in Insegnamenti, vol. XIX/1, pp.
1070-1073.

Catechesi mariana 18: La nuova figlia di Sion, 1 maggio 1996, in Insegnamenti, vol.
XIX/1, pp. 1120-1123.

Catechesi mariana 19: La «Piena di grazia», 8 maggio 1996, in Insegnamenti, vol. XIX/1,
pp. 1191-1193.

Catechesi mariana 20: La perfetta santità di Maria, 15 maggio 1996, in Insegnamenti,


vol. XIX/1, pp. 1252-1254.

Catechesi mariana 21: L'Immacolata Concezione, 29 maggio 1996, in Insegnamenti, vol.


XIX/1, pp. 1389-1393.

Catechesi mariana 22: Immacolata: redenta per preservazione, 5 giugno 1996, in


Insegnamenti, vol. XIX/1, pp. 1453-1455.

Catechesi mariana 23: Immacolata: la definizione dogmatica del privilegio, 12 giugno


1996, in Insegnamenti, vol. XIX/1, pp. 1496-1498.

Catechesi mariana 24: Santa durante tutta la vita, 19 giugno 1996, in Insegnamenti, vol.
XIX/1, pp. 1528-1531.

Catechesi mariana 25: Colei che ha creduto, 3 luglio 1996, in Insegnamenti, vol. XIX/2,
pp. 16-19.

Catechesi mariana 26: La verginità di Maria, verità di fede, 10 luglio 1996, in


Insegnamenti, vol. XIX/2, pp. 75-78.

Catechesi mariana 27: Il proposito di verginità, 24 luglio 1996, in Insegnamenti, vol.


XIX/2, pp. 103-106.

Catechesi mariana 28: Valore del concepimento verginale di Gesù, 31 luglio 1996198.

Catechesi mariana 29: Maria, modello di verginità, 7 agosto 1996, in Insegnamenti, vol.
XIX/2, pp. 150-153.

Catechesi mariana 30: L'unione verginale di Maria e Giuseppe, 21 agosto 1996, in


Insegnamenti, vol. XIX/2, pp. 214-216.

198
Questa catechesi non risulta nei volumi degli Insegnamenti di Giovanni Paolo II ma è riportata nella
raccolta in volume unico: Catechesi sul credo. Vol. 5: Maria nel mistero di Cristo e della Chiesa, Libreria
Editrice Vaticana, Città del Vaticano 1998, pp. 103-105.

95
Catechesi mariana 31: Maria sempre vergine («aeiparthenos»), 28 agosto 1996, in
Insegnamenti, vol. XIX/2, pp. 241-216.

Catechesi mariana 32: La serva obbediente del Signore, 4 settembre 1996, in


Insegnamenti, vol. XIX/2, pp. 271-273.

Catechesi mariana 33: Maria «nuova Eva», 18 settembre 1996, in Insegnamenti, vol.
XIX/2, pp. 372-374.

Catechesi mariana 34: Nel mistero della Visitazione il preludio della missione del
Salvatore, 2 ottobre 1996, in Insegnamenti, vol. XIX/2, pp. 489-492.

Catechesi mariana 35: Nel «Magnificat» Maria celebra l'opera mirabile di Dio, 6
novembre 1996, in Insegnamenti, vol. XIX/2, pp. 639-641.

Catechesi mariana 36: Maria nella nascita di Gesù, 20 novembre 1996, in Insegnamenti,
vol. XIX/2, pp. 722-724.

Catechesi mariana 37: Il titolo di Maria madre di Dio, 27 novembre 1996, in


Insegnamenti, vol. XIX/2, pp. 762-764.

Catechesi mariana 38: Educatrice del Figlio di Dio, 4 dicembre 1996, in Insegnamenti,
vol. XIX/2, pp. 875-877.

Catechesi mariana 39: La presentazione di Gesù al Tempio, 11 dicembre 1996, in


Insegnamenti, vol. XIX/2, pp. 956-958.

Catechesi mariana 40: La profezia di Simeone associa Maria al destino doloroso del
Figlio, 18 dicembre 1996, in Insegnamenti, vol. XIX/2, pp. 1046-1048.

Catechesi mariana 41: Nella Presentazione di Gesù al Tempio viene rivelata la


cooperazione della «donna» alla Redenzione, 8 gennaio 1997, in Insegnamenti, vol.
XX/1, pp. 29-32.

Catechesi mariana 42: Gesù perduto e ritrovato nel Tempio, 15 gennaio 1997, in
Insegnamenti, vol. XX/1, pp. 99-102.

Catechesi mariana 43: Maria nella vita nascosta di Gesù, 29 gennaio 1997, in
Insegnamenti, vol. XX/1, pp. 187-190.

Catechesi mariana 44: Maria alle nozze di Cana, 26 febbraio 1997, in Insegnamenti, vol.
XX/1, pp. 336-338.

Catechesi mariana 45: A Cana Maria induce Gesù a compiere il primo miracolo, 5 marzo
1997, in Insegnamenti, vol. XX/1, pp. 383-385.

Catechesi mariana 46: La partecipazione di Maria alla vita pubblica di Gesù, 12 marzo
1997, in Insegnamenti, vol. XX/1, pp. 422-424.

96
Catechesi mariana 47: Presso la Croce, Maria è partecipe del dramma della Redenzione,
2 aprile 1997, in Insegnamenti, vol. XX/1, pp. 571-573.

Catechesi mariana 48: Maria, singolare cooperatrice della Redenzione, 9 aprile 1997, in
Insegnamenti, vol. XX/1, pp. 621-623.

Catechesi mariana 49: «Donna, ecco il tuo Figlio!», 23 aprile 1997, in Insegnamenti, vol.
XX/1, pp. 749-751.

Catechesi mariana 50: «Ecco la tua Madre!», 7 maggio 1997, in Insegnamenti, vol. XX/1,
pp. 902-904.

Catechesi mariana 51: Maria e la risurrezione di Cristo, 21 maggio 1997, in


Insegnamenti, vol. XX/1, pp. 1223-1225.

Catechesi mariana 52: Maria e il dono dello Spirito, 28 maggio 1997, in Insegnamenti,
vol. XX/1, pp. 1279-1281.

Catechesi mariana 53: La dormizione della Madre di Dio, 25 giugno 1997, in


Insegnamenti, vol. XX/1, pp. 1608-1610.

Catechesi mariana 54: L'Assunzione di Maria, verità di fede, 2 luglio 1997, in


Insegnamenti, vol. XX/2, pp. 1-3.

Catechesi mariana 55: L'Assunzione di Maria nella tradizione della Chiesa, 9 luglio 1997,
in Insegnamenti, vol. XX/2, pp. 33-35.

Catechesi mariana 56: Maria, la Regina dell’universo, 23 luglio 1997, in Insegnamenti,


vol. XX/2, pp. 55-57.

Catechesi mariana 57: Maria, membro sovreminente della Chiesa, 30 luglio 1997, in
Insegnamenti, vol. XX/2, pp. 73-75.

Catechesi mariana 58: Maria, tipo e modello della Chiesa, 6 agosto 1997, in
Insegnamenti, vol. XX/2, pp. 97-99.

Catechesi mariana 59: Maria, modello della maternità della Chiesa, 13 agosto 1997, in
Insegnamenti, vol. XX/2, pp. 112-114.

Catechesi mariana 60: Maria, modello della verginità della Chiesa, 20 agosto 1997, in
Insegnamenti, vol. XX/2, pp. 138-140.

Catechesi mariana 61: Maria, modello della santità della Chiesa, 3 settembre 1997, in
Insegnamenti, vol. XX/2, pp. 24-243.

Catechesi mariana 62: Maria, modello della Chiesa nel culto divino, 10 settembre 1997,
in Insegnamenti, vol. XX/2, pp. 295-297.

Catechesi mariana 63: Maria, Madre della Chiesa, 17 settembre 1997, in Insegnamenti,
vol. XX/2, pp. 330-332.

97
Catechesi mariana 64: L'intercessione celeste della Madre della divina grazia, 24
settembre 1997, in Insegnamenti, vol. XX/2, pp. 380-383.

Catechesi mariana 65: Maria Mediatrice, 1 ottobre 1997, in Insegnamenti, vol. XX/2, pp.
459-462.

Catechesi mariana 66: Il culto della Beata Vergine, 15 ottobre 1997, in Insegnamenti, vol.
XX/2, pp. 563-566.

Catechesi mariana 67: Natura del culto mariano, 22 ottobre 1997, in Insegnamenti, vol.
XX/2, pp. 647-649.

Catechesi mariana 68: Devozione mariana e culto delle immagini, 29 ottobre 1997, in
Insegnamenti, vol. XX/2, pp. 659-698.

Catechesi mariana 69: La preghiera a Maria, 5 novembre 1997, in Insegnamenti, vol.


XX/2, pp. 737-739.

Catechesi mariana 70: Maria: la Madre dell’unità e della speranza, 12 novembre 1997,
in Insegnamenti, vol. XX/2, pp. 791-793.

2. Altri testi del Magistero di Giovanni Paolo II

GIOVANNI PAOLO II, Lettera Enciclica Redemptoris mater, 25 marzo 1987, in AAS 79
(1987), pp. 361-433.

GIOVANNI PAOLO II, Lettera apostolica Mulieris dignitatem, 15 agosto 1988, in AAS 80
(1988), pp. 1653-1729.

GIOVANNI PAOLO II, Esortazione apostolica Redemptoris custos, 15 agosto 1989, in AAS
82 (1990), pp. 5-34.

GIOVANNI PAOLO II, Udienza generale: Il significato della maternità per la società e la
famiglia, 10 gennaio 1979, in Insegnamenti, vol. II/1, pp. 31-34.

GIOVANNI PAOLO II, Udienza generale: Le ultime parole di Cristo sulla croce: «Ecco la
tua madre», 23 novembre 1988, in Insegnamenti, vol. XI/4, pp. 1634-1642.

98
3. Testimonianze personali di Giovanni Paolo II

GIOVANNI PAOLO II, Dono e mistero, Libreria Editrice Vaticana, Città del Vaticano 1996.

GIOVANNI PAOLO II - MESSORI V., Varcare la soglia della speranza, Arnoldo Mondatori
Editore, Milano 1994.

4. Altri documenti del magistero

CONCILIO ECUMENICO VATICANO II, Costituzione dogmatica sulla Chiesa Lumen


Gentium, 21 novembre 1964, in AAS 57 (1965), pp. 5-71.

PAOLO VI, Esortazione apostolica Marialis Cultus, 2 febbraio 1974, in AAS 66 (1974),
pp. 113-168.

GIOVANNI PAOLO I, Omelia durante la messa dell’inaugurazione del pontificato: Iniziamo


il nostro servizio sostenuti dalle vostre preghiere, 3 settembre 1978, in Insegnamenti, pp.
40-44.

RATZINGER J., Omelia durante la messa esequiale per il defunto romano pontefice
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LETTERATURA CRITICA

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