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Giuseppe Parini

(Bosisio 1729 – Milano 1799)

G. Leopardi, Il Parini ovvero della gloria (Operette morali, 1827)


capitolo primo.
Giuseppe Parini fu alla nostra memoria uno dei pochissimi italiani che all’eccellenza nelle lettere congiunsero la
profondità dei pensieri, e molta notizia ed uso della filosofia presente: cose oramai sì necessarie alle lettere amene,
che non si comprenderebbe come queste se ne potessero scompagnare, se di ciò non si vedessero in Italia infiniti
esempi. Fu eziandio, come è noto, di singolare innocenza, pietà verso gl’infelici e verso la patria, fede verso gli
amici, nobiltà d’animo, e costanza contro le avversità della natura e della fortuna, che travagliarono tutta la sua vita
misera ed umile, finché la morte lo trasse dall’oscurità. Ebbe parecchi discepoli: ai quali insegnava prima a
conoscere gli uomini e le cose loro, e quindi a dilettarli coll’eloquenza e colla poesia.

F. De Sanctis, Storia della letteratura italiana, 1870


Nel carme Dei sepolcri, scritto nel 1806, Ugo Foscolo ricorda che il Parini ora giace ingiustamente senza tomba; le
ossa del grande poeta si trovano nella desolata campagna, forse mescolate a quelle di un ladro che ha scontato i
suoi crimini sul patibolo.
«[o bella Musa]
Forse tu fra plebei tumuli guardi
vagolando, ove dorma il sacro capo
del tuo Parini? A lui non ombre pose
tra le sue mura la città, lasciva
d'evirati cantori allettatrice,
non pietra, non parola; e forse l'ossa
col mozzo capo gl'insanguina il ladro
che lasciò sul patibolo i delitti.
Senti raspar fra le macerie e i bronchi
la derelitta cagna ramingando
su le fosse e famelica ululando;
e uscir del teschio, ove fuggia la luna,
l'úpupa, e svolazzar su per le croci
sparse per la funerëa campagna
e l'immonda accusar col luttüoso
singulto i rai di che son pie le stelle
alle obblïate sepolture. Indarno
sul tuo poeta, o Dea, preghi rugiade
dalla squallida notte. Ahi! su gli estinti
non sorge fiore, ove non sia d'umane
lodi onorato e d'amoroso pianto.»

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