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C.I.R.

corrispondenze informazioni
rurali n. 19
a cura dei “Selvatici”.

Proclamazione delle quattro cose sacre

La Terra e’ un corpo vivo e cosciente. Come tante altre civiltà di tempi e luoghi diversi dal
nostro, proclamiamo sacre queste cose: Aria, Fuoco, Acqua e Terra.
Indipendentemente dal vederle come respiro, energia, sangue e corpo della Madre Terra,
oppure come doni all’ umanità fatti da un creatore, o come simboli dei sistemi
interconnessi che reggono la vita sul pianeta sappiamo che nulla può vivere senza di
esse. Chiamare Sacre queste cose e’ come dire che hanno valore in sé, al di la della loro
importanza per l’uomo, e che esse stesse assurgono a valori su cui misurare le nostre
azioni, la nostra economia, le nostre leggi e le finalità da noi perseguite. Nessuno ha il
diritto d’impadronirsene o di sfruttarle egoisticamente. Qualsiasi governo che non sappia
proteggerle diviene per se stesso illegittimo.
Ogni persona, ogni essere vivente sono una parte della vita della Terra, e perciò sono
sacri. Nessuno di noi e’ superiore o inferiore a un altro. Solo la giustizia può assicurare
l’equilibrio, solo l’equilibrio ecologico può mantenere la libertà.
Solo nella Liberta,’ La Quinta Cosa Sacra che chiamiamo spirito puo’ fiorire fino a
raggiungere la sua più ampia diversificazione.

Onorare ciò che e’ sacro consiste nel ricreare le condizioni in cui prosperino nutrimento,
sostegno, habitat, conoscenza, libertà e bellezza. Onorare il sacro consiste nel rendere
possibile l’amore.
A questo ci impegnamo a dedicare la nostra curiosità, la nostra volontà, il nostro
coraggio, il nostro silenzio e la nostra voce. A questo dedichiamo la nostra vita.

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Star Hawwk

Ritorno ai beni comuni: l’uso civico della terra.

“a proposito della legge sugli usi civici”.

di Mario Cecchi

Nel marasma della politica che ha inquinato e sta inquinando gli usi civici, è bene che
anche gli utenti, “il popolo minuto”, faccia sentire la propria voce.

Non è con i cavilli o con le questioni di principio che si risolvono i problemi connessi agli
usi civici, al diritto, all’ambiente, non è con le prese di posizioni plateali o con i paroloni che
si sciolgono i nodi dell’interpretazione delle leggi. E’ fin troppo ovvio che è una materia
scottante e pregna di attualità e di importanza per cui viene sempre dibattuta, sulla quale
ci si dà un gran da fare per nasconderne la rilevanza e gli abusi che sono stati commessi
ma, signori, che della politica ne avete fatto un mestiere, gli usi civici non vi permetteremo
di usurparli ulteriormente poichè adesso c’è la consapevolezza di un popolo che ritorna,
dopo un periodo di vacanza, ai propri averi, per custodirli e preservarli per le generazioni
future.

Essi sono un bene imprescrittibile ed inalienabile, che appartiene ,da che memoria
riconosce, alla comunità locale e nessuno ha il diritto di interferire se non il commissario
ad acta in caso di contenzioso, ma al quale si rivolge qualche “cives” che si ritiene leso nel
suo diritto.

La comunità locale stabilisce le proprie regole con una modalità partecipata, aperta a tutti i
membri di quella comunità ove “ il diritto di ognuno è pari al diritto di tutti i partecipanti, tutti
hanno il massimo del potere su tutto, ma non vi è da parte di nessuno il potere di alienarli
”. Che le Regioni non rispettino gli usi civici è un chiaro abuso di potere,che li abbiano
accorpati ai beni dei comuni non con l’intento di custodirli bensì magari di venderli, è una
chiara sopraffazione, ma ancor’oggi è possibile intraprendere la strada del reintegro
facendo causa dal commissario ad acta….Certo ci vorrebbe un’indagine storico-
amministrativa per vedere ove c’erano tali diritti, poi ci vorrebbe ovviamente il popolo, la

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comunità locale che ne fa uso, ma anche laddove non c’è, nessuno ha il diritto di usurparli,
perché esistono per legge e per legge i locali o i loro eredi che godevano di tale diritto
possono sempre ritornare. E’ chiaro che lo Stato, le Regioni ed i Comuni non hanno
interesse a riconoscerli perché non è loro proprietà e lì non possono fare nulla, nè
strade,nè villaggi, nè piste da sci, nè altre speculazioni, ma non vi è un modo moderno di
utilizzarli, se non un attività agro-silvo-partorale perché a tale scopo erano stati concepiti e
tutt’oggi vale quel vincolo; cambiarne la destinazione di uso è un puro abuso.

D'altronde, quale migliore utilizzo per la terra, visto che l’agricoltura industriale è fonte di
avvelenamento da pesticidi e concimi chimici, l’urbanizzazione è arrivata ovunque e poco
resta di ambiente naturale, le foreste che sono il polmone della terra, vengono tagliate
ogni giorno per la cupidigia umana? Compito della comunità locale è quello di usare quei
terreni, quel territorio, ma anche di preservarlo integro per le generazioni future poiché il
vincolo è finalizzato alla loro trasmissione. Ma poco resta nella mentalità comune della
concezione del patrimonio collettivo poiché da tempo è in voga la mentalità
dell’accaparramento, della speculazione individuale ed ognuno pensa a sè, al proprio
tornaconto. Mentre gli usi civici erano e sono un chiaro esempio di gestione collettiva ove
l’utilizzo del bene era ed è discusso, deciso in una assemblea con la partecipazione di
tutta la comunità beneficiaria che ne stabiliva-stabilisce l’utilizzo a rotazione o di insieme
unendo il bestiame durante i mesi estivi, per poi ridividerlo durante l’inverno che va
accudito nella stalla, con un maggior utile per chi gli stava dietro durante il periodo della
transumanza. Oggi è quasi impensabile che si abbia una tale fiducia del vicino da potergli
lasciare in gestione qualcosa, anche perché manca il popolo contadino, ma vediamo quali
sono le conseguenze dell’abbandono del territorio, della mancata regimentazione delle
acque, della mancata cura del bosco, delle fonti, dei sentieri etc. etc.! Le comunità
montane ed i comuni che hanno la funzione di gestirlo per conto della regione hanno
funzionato finchè c’era ciccia da mangiare, hanno pulito fasce di territorio e sentieri dove
c’era un interesse per il turismo, hanno rimpiantato alberi ma con un enorme dispendio del
denaro pubblico o coi finanziamenti della CEE.

Il popolo minuto o i nuovi agricoltori che ritornano alla terra anche con la poca esperienza
che hanno, vanno aiutati e, col tempo, imparano l’arte di osservare e “leggere” il territorio
in funzione della loro stessa sopravvivenza, altrimenti se ne ritorneranno a valle a fare gli
operai dipendenti.

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Non è facile fare i contadini ma, di fronte alla crisi dei valori, energetica, ambientale e in
tutti i campi della vita sociale dove alberga l’insoddisfazione, l’alienazione, la solitudine, il
degrado, l’individualismo esasperato, la povertà; ritornare alla terra è la soluzione più
consona ed ecologicamente sostenibile per i nostri tempi. Ritornarci potendo utilizzare le
terre civiche e demaniali è un passo alla portata di tutti, poiché il bene primario, che
altrimenti costa un’enorme investimento per comprarlo, già c’è, è disponibile, basta tornare
residenti, insediarvici e essere disposti a condividerlo con la comunità locale, ossia
stabilire delle regole partecipate. In Italia sono dai 3 ai 6 milioni di ettari, manca una loro
mappatura, poiché le indagini storico-amministrative sono una cosa lunga ed i comuni
hanno preferito trascurarle e dimenticarsene piuttosto che tenerle in vita e valorizzarle. Ma
è ora che questa conoscenza divenga patrimonio comune, gli amministratori e i politici si
devono prendere la loro responsabilità, gli usi civici devono ritornare a vivere come
esempio di gestione collettiva del bene comune che è l’unica soluzione perché vi sia un
futuro dell’umanità (l’accaparramento delle terre e la proprietà privata, abbiamo visto cosa
ha prodotto). Quindi una legge per il riordino degli usi civici, dovrebbe prevedere
l’oppurtunità per l’insediamento di nuovi soggetti che siano disposti a prenderne tutela
nello spirito fino ad ora esposto tenendo conto che: sono beni ove il diritto di ognuno è
uguale al diritto di tutti, sono inalienabili, imprescrittibili, vanno stabilite delle regole
partecipate in autonomia organizzativa e di gestione del territorio rispettando il vincolo
agro-silvo-pastorale (e il vincolo idrogeologico della legge nr. 3267 del 30/12/1923). La
nuova legge non può far altro che prendere atto di ciò ed anzi direi che dovrebbe
sbloccare il meccanismo per cui non è possibile farne altri poichè dovrebbe esserci la
libertà del proprietario di un bene immobile di lasciarlo in uso come proprietà collettiva alla
generazioni future, in deroga alla legge Serpieri del 1827 che ne ha impedito la
rifondazione.

Il popolo Elfico l’ha chiesto espressamente nel proprio statuto fin dal 1987 all’atto della
fondazione e siamo tuttora in attesa. Questo per noi significa essere comunisti, l’altro
comunismo, quello di facciata, non ci interessa.

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Non ho....

Quello che non ho


è quel che non mi manca..
Fabrizio De Andrè

Non ho un cellulare,
un orologio,
un televisore,
un telecomando,
un ferro da stiro,
non ho una pentola a pressione,
un’auto grande e sportelli e finestrini elettrici. non ho un fermacarte.
Non ho un dvd,
una macchina fotografica,
una telecamera,
un videogame,
un campanello elettrico,
un letto con la rete.
Non ho una laurea,
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una coppa,
un nome famoso.
Non ho vinto premi “importanti”, ho vinto
un salame alla lotteria.
Non ho un conto corrente,
carte di credito,
soldi in banca,
bancomat,
azioni in borsa.
Non ho gioielli,
orecchini,
buchi nelle orecchie,
piercing,
capelli “fatti” dalla parrucchiera,
tacchi a spillo,
vestiti comperati, me li regalano
di seconda mano nuovi.
Non ho cosmetici,
rossetto,
smalto per unghie,
profumi,
deodoranti,
pelliccia,
barche,
case al mare o in montagna,
non ho gli sci.
Non ho peli sulla lingua, grilli per la testa, mani bucate
Non ho una valigia, ma una borsa ed uno zaino.
Non ho fumo,
non ho verruche,
non ho un sito Internet,
non ho una pistola.
Non ho un impianto a metano o a gasolio,
non ho un riscaldamento centralizzato,
non ho porte e finestre senza spifferi.
Non ho un lavoro fisso,
non ho un datore di lavoro fisso,
non ho sottoposti,
non ho un’impresa commerciale,
non ho una ditta.
Non ho le vacanze, ho viaggi.
Non ho più torto che ragione,
non ho consigli utili,
non ho gente a cena questa sera,
Non ho parole…non lo posso dire.
Non ho fame, sete, freddo.
Non ho mancanza di amicizie, allegria, amore, piacere e solidarietà.
E siccome ho ancora troppa roba, troppi impicci inutili,
mi sto impegnando su cosa non avrò domani.

Francesca Mengoni, Maremma

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Le “Radici e le Ali”
Di Pontiroli Renato

Questo brani sono tratti dal libro “Da Piazza Navona agli Appennini, dagli Appennini a
Piazza Navona”- cronaca, storia, documentazione, testimonianza, immagino della
dantesca valle dell’Acquacheta a cura del collettivo “Zappatori senza padroni G.
Winstanley” della cui lettura devo ringraziare Marcello Baraghini, mitico editore di Stampa
Alternativa per averlo editato nel 1980 e per avermi fornito la fotocopia.
Spesso siamo portati cercare le “radici” del nostro sentire e del nostro vivere in epoche e
luoghi distanti e lontani, in un altro-quando emozionale e intuitivo.
A metà degli anni 60 la contro-cultura americana (underground, beat generation, hippies)
divenne il punto di riferimento che permise la nascita di un movimento controculturale in
Italia. Sono i poeti beat (Ginsberg, Kerouac, e i poeti-studiosi Gary Snyder e Alan Watts), i
musicisti d’avanguardia (John Cage), l’arte americana dal quaranta al cinquanta (Gottlieb,
Still, Kline, ecc.), la generazione hippie, lo stimolo per un differente immaginario che verrà
in seguito arricchito dalla conoscenza delle culture dei popoli nativi (in modo particolare
quella degli Indiani d’ America)e dai Viaggi On the Road.
Dal 68, con la nascita dei gruppi extraparlamentari a forte componente ideologica, l’area
controculturale, fantasiosa e immaginifica si disperde per vie carsiche per poi riapparire a
metà degli anni 70. Dal “movimento del 77” viene l’intuizione e la domanda: “quale
sviluppo per quale futuro” a cui la classe politica e culturale non seppe rispondere.
In quell’anno iniziò l’esodo invisibile e dimenticato verso i luoghi abbandonati dal moderno,
del ritorno alla pratica di uno stile di vita, di un rapporto con la Terra che oggi, con
differenti nomi, stà alla radice delle nostra convinzioni e visioni. Nasce in quell’anno, al
Convegno contro la Repressione a Bologna, il coordinamento “Alimentazione naturale-
Controinformazione-Vita in campagna” che darà vita al bollettino TAM(Terra,
Alimentazione, Medicina) che nell’82’ diventerà AAM Terra Nuova … poi i campi
Bioregionali e P. Berg in Italia.
I giovani dell’Acquacheta si chiamavano “Zappatori” ovvero Diggers, dal movimento
comunitario inglese del 1600, Diggers era anche il movimento comunitario e
controculturale in cui militava P. Berg negli anni 60’…
Di quegli anni c’è stata una rimozione generalizzata e devastante, e questo mi ha spinto
ad iniziare un lavoro di recupero di quei “fiori di Guttemberg”, dei racconti orali, delle
immagini di quel periodo.

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Diario:
1977, Aprile. Arrivano Rino e Gianbardo a visitare Pian Baruzzoli. Le case sono circondate
sino alle soglie da sterpi, ortiche e rovi. All’interno, al primo piano, qualcuno si è portato via
un intero camino. I tetti sono disastrati, le tracce di umido denotano infiltrazioni di acqua.
Una delle poche stanze abitabili è completamente nera di fumo; è stata usata per far
seccare le castagne. La sorgente ed il relativo serbatoio (il “pozzo”) è otturato ed
all’interno si trova una pecora morta (…)

(Zappatori a Montalto di Castro)


Maggio. Arrivano Jerri, Vitalino e Massimo reduci dall’ennesimo tentativo di comune
agricola vicino a Modigliana. Ci si da fare per allargare lo spazio abitabile, si raccoglie
legna secca, si inizia a costruire uno steccato intorno ai due orti in quanto Jerri porta con
se la capra “Cipollina”, che sin da piccola lo segue come un cagnolino. Si accelerano i
tempi e pur in ritardo si semina tutto il possibile. Il lavoro è duro, la terra è bassa; e si deve
anche fare dell’artigianato per rimediare i soldi necessari per l’alimentazione e le zappe. Si
progetta di costruire letti di legno e nel frattempo si portano sù per l’Arrabbiata alcuni
materassi. L’entusiasmo è grande, come quando ci si mette a dissodare terre vergini(…)
Giugno-Luglio. Arrivano Ulisse, Adria no, Maurizio e Franchino da una comune vicino
Vercelli (…)
Agosto. Verso la Sicilia a far tappeto e qualche lavoro nero. Ci si ferma a Montalto di
Castro dove è in corso la manifestazione contro la centrale nucleare. L’arrivo è una vera
festa, si inizia a preparare minestroni vegetali per tutti a pagamento o no. Si fanno infusi di
cavoli e fumi per gli ammalati della “Casa dei pidocchi”, si canta e si balia sulle terre dove
dovrebbe sorgere la centrale. La sera prima della manifestazione si dipinge a colori
psichedelici un carrettino e la mattina dopo alla manifestazione lo si trascina sotto la
pioggia tutti dipinti ed armati di pannochie insieme a Tony, Aria e le sue erbe…

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1979, Febbraio. Con la neve viene data la prima vangata a “Trefossi … Arriva la Stefania,
conosciuta da poco a Bologna, vola sulla montagna con una gamba sola, e propone di
acquistare una mucca (…)
Maggio. Il comune di San Benedetto ha terminato un sentiero che corre lungo
l’Acquacheta. L’afflusso dei turisti è continuo, capita spesso di fare da guida. Combattiamo
ormai su più fronti, verso l’esterno per realizzare il parco e fermare la strada della forestale
che avanza ignorando la nostra esistenza e distruggendo montagne, alberi rari e
mulattiere (la Luna entrerà ufficialmente in pensione), all’interno per autoregolarci con il
“nudismo”, la pulizia e le discussioni. Si va a vangare anche alle “Cortecce”. La cucina “B”
ha riaperto per i nuovi arrivati. Il 4 maggio grande sbornia dei trafossiani a Ravenna all’
osteria dei “I Milner” (i mugnai) poi dal notaio a fare la coop. lavarsi i capelli, fare il bagno e
fregare scatoline (sempre dal notaio). La coop. è formalizzata, unico oppositore è Bobo
che dopo Ravenna, dorme alla “cabenzica” giù dall’Arrabbiata, poi parte per il mondo.

Estate. Inaugurazione ufficiale di “Tra fossi” con gli “Area” che si portano gli strumenti in
spalla su per l’arrabbiata. Ci si reca al festival dei Poeti a Castelporziano a fare tappeto. I
raccolti sono abbondanti, l’afflusso dei turisti nella valle è continuo e riceviamo
scolaresche, cacciatori, colonie, pescatori, preti, boy-scouts e naturisti. Intanto la strada
della Forestale avanza con l’intento di riempire la valle di rumori, trattori e di mucche (ne
vogliono mettere duemila quando tutti si rendono conto che le 150 presenti so no anche
troppe). Le nostre proteste per la costruzione e della strada si fanno più accese, a Bologna
raccogliamo centinaia di firme alla festa dei naturisti e presentiamo insieme ad altre forze
un progetto per il parco a “misura d’uomo”. Andiamo al festival del teatro a Santarcangelo
di Romagna dove naturalmente diamo spettacolo (come sempre) e ci godiamo la scena
della gente che va a vede re Dario Fo dove non è. Dipak Das parte per l’ennesima volta
per l’India

Autunno. Si vanga in gruppo con chi tarre e vino, sia a Pian Baruccioli, sia ai Trafossi, sia
alle Cortecce. Le capre sono ormai una decina. Alcuni proprietari ci denunciano per
“associazione a delinquere, danneggia- mento, furto e occupazione di proprietà privata a
scopo di lucro”, hanno fatto pressione anche su chi non intendeva denunciarci. Periodi di
pioggia per continuare a vangare e zappare, periodi bagnati per la legna e freddi per via
della neve. Autunni magici con le montagne intorno piene di colori che cambiano ogni
giorno, da mattina a sera. Nuvole cariche di pioggia, che si formano salendo dal fiume in
uno spettacolo fantastico che convinse il Dante a vederle in formazione come le fiamme
dell’inferno, e la cascata in mezzo, tra un girone e l’altro. La pioggia che cade e noi tutti
chiusi in casa, nella cucina, al caldo, usciamo solo per dare da mangiare agli animali.
Intanto si mettono sotto vaso i prodotti dei campi per l’inverno, si sgranocchiano
pannocchie, si cuce, si balIa, si canta. Fuori la pioggia cade e formando ruscelli che vanno
verso la valle portando la terra con se. i canali nei campi sono stati fatti. Intanto alle
Cortecce arrivano i carabinieri e prima diffide poi fogli di via. Si ricomincia, si cercano
avvocati a Firenze e non si trovano, si fanno comunicati stampa, si cerca di rendere
pubblico il fatto

Inverno. Per le Cortecce tempi duri, si corre alle radio libere, si cerca di fare articoli sui
giornali, si fa lavoro nero e artigianato per avere di che mangiare. Ci si aiuta tutti, ... A
Trafossi si deve acquistare il fieno per la mucca. Poi a Bologna e Firenze a far tappeto.
Inverno lungo, in solitudine ma mai soli, con la neve alta, il freddo, gli abiti fradici di

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pioggia. Inverno come momento di raccoglimento interiore intorno al fuoco. Inverno di
lavoro, a fare artigianato, a spalar neve dai tetti, a creare un sentiero che conduca a San
Bene detto, a portare su per la montagna la crusca per gli animali. Intanto che la terra
riposa per rifiorire in primavera.

1980, primavera. Si ricomincia a zappare e a seminare …. Intanto si è calcolato che nelle


3 comunità passano circa duemila persone ogni anno e si deve anche cercare di dare da
mangia re a tutti. Nasce Martino, il figlio della Luna (…)

L'APPRENDIMENTO SPONTANEO NEL BAMBINO

Clara Scropetta

Sono una donna che, da bambina, ha frequentato una scuola materna gestita da suore e
poi ha continuato tutto il percorso scolastico fina alla laurea, con notevole profitto.
Apparentemente non ho avuto un'esperienza traumatica, o almeno così mi è parso per
lungo tempo. I miei risultati mi garantivano l'ammirazione e la lode. Con il tempo però ho
cominciato a riconoscere che avevo fatto tutto questo proprio per guadagnarmi il
riconoscimento, soprattutto da parte dei miei genitori e della famiglia. Mi è diventato
sempre più chiaro che non avevo affatto seguito le mie inclinazioni e aspirazioni e che ero
stata privata di esperienze importanti. Ora, che ho cominciato a rieducarmi alla
trasmissione orale, all'apprendimento istintivo per imitazione, all'ascolto delle mie
percezioni e a camminare a piedi nudi sulla terra nuda, ho considerato la possibilità di
offrire ai miei figli altri terreni e altri confronti.

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L'educazione è un concetto molto ampio, che comincia già a partire dal momento del
concepimento, e forse anche prima. Il contesto in cui è concepito un bambino entra a far
parte del suo bagaglio personale; più è intriso d'amore e di unione, più il bambino potrà
disporre della forza di questi valori. L'educazione continua nella gravidanza; le emozioni,
le sensazioni, il benessere della madre, la situazione di coppia hanno un ruolo
fondamentale, prima ancora che il bambino nasca. Poi, al momento della nascita, il
bambino si attende si essere accolto nella piena soddisfazione delle sue esigenze
primarie. Se ciò accade, il rispetto (è quello che gli viene dimostrato), la fiducia (si può
fidare di quello che incontra), l'amore (è quello che sta ricevendo), l'unione (è quello che
gli sta succedendo) andranno a far parte della sua educazione. Inoltre il valore del suo
sentire sarà rinsaldato. In seguito, nell'infanzia, man mano che il bambino cresce, giorno
per giorno, incessantemente raccoglie dati utili alla sua educazione, in particolare presso i
suoi genitori, anche se essi non trascorrono molto tempo con lui. Per questo è molto
importante ritrovare integrità morale e coerenza interiore nonché essere sinceri con il
bambino, anche quando ci si trova in difficoltà. I genitori sono fortemente implicati come
educatori perché essi, nel bene e nel male, fungono da primo esempio: nessuno può
sostituirsi davvero a loro nell'educazione dei figli. L'educazione è quindi l'insieme di valori
profondi trasmessi con tutto il cuore al bambino che sta crescendo, che lui assorbe e
assimila secondo il suo senso di fiducia, più o meno intaccato dalle esperienze cui viene
esposto. L'adulto che lo accudisce è la sua figura di riferimento ed essa continua a
restarlo, sicura e affidabile, finché si comporta come dice, dice con esattezza quello che fa
e se non è stato così lo ammette. In tutti questi casi resterà una figura che il bambino
seguirà spontaneamente.

L'istruzione è l'acquisizione di competenze e nozioni. Ci sono competenze che senza


dubbio il bambino possiede d'istinto o acquisisce in modo autonomo - per esempio
succhiare il seno fin dalla nascita, andare carponi, camminare... Il bambino aumenta la
sua abilità con l'esperienza diretta e affina le sue competenze continuamente, a patto che
venga lasciato fare e che abbia il giusto esempio, ovvero che viva tra i suoi simili. Il
bambino è in grado di esplorare e apprendere per conto suo una quantità enorme di
informazioni, creandosi da solo un notevole bagaglio culturale. Per ogni essere umano è
essenziale sapere cos'è la vita, conoscere le piante, gli animali, il cambiamento del tempo,
la posizione del sole e della luna, e ognuno assimila queste conoscenze basilari in
maniera intuitiva, vivendole. Altre competenze sono invece più ancorate all'ambiente e alla
società in cui il bambino cresce, piuttosto che essere universali. Anch'esse tuttavia
possono venire apprese in modo autonomo, semplicemente per imitazione. Si tratta tra
l'altro delle nozioni che nel nostro contesto vengono insegnate a scuola. Si può supporre
che la scuola sia stata istituita per questo, anche se sappiamo che tutte le popolazioni
native tradizionalmente non conoscevano un “apprendimento organizzato” e che la
scolarizzazione di massa è un fenomeno recente, che accompagna la rivoluzione
industriale. Comunque non tutte queste nozioni sono di specifica competenza scolastica. Il
sapere relativo all'alimentazione e alla preparazione del cibo, per esempio, fortemente
ancorato alla cultura, viene di solito acquisito in ambiente domestico. Lo stesso vale per la
cura e l'igiene personale, l'abbigliamento, le decorazioni e le acconciature. Anche molte
canzoni, storie e leggende vengono apprese nell'ambiente familiare. Di fatto la famiglia e
la comunità in cui il bambino cresce si assumono e soddisfano gran parte della sua
educazione e della sua istruzione, quasi senza accorgersene perché il bambino impara da
solo.

Ma torniamo al processo dell'apprendimento e in particolare al suo carattere spontaneo. Il


bambino come abbiamo già visto impara ed assimila tutto quello che lo circonda in modo

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assolutamente istintivo per emulazione, specialmente ciò che è importante nel suo
ambiente sociale e culturale, o che lo interessa maggiormente in quel momento. Il
meccanismo è il medesimo anche per la lettura, la scrittura, la matematica e le altre
nozioni: il bambino guarda che posto ha nella vita normale quotidiana una determinata
competenza, ne estrapola la sua importanza, viene invogliato ad acquisirla e la imparerà a
tempo debito, quando la sua curiosità è sveglia per quel tipo di informazione.

Dalla mia esperienza deduco che non c'è motivo di dubitare che, anche senza seguire un
programma e cercare di insegnare delle nozioni, il bambino comunque apprende tutto
quello che gli serve. Quando si ritroverà a voler superare l'esame di terza media all'età di
tredici anni, sarà in grado di occuparsi da solo delle materie da preparare e di rivolgersi al
genitore se gli serve una mano. Tutto fa pensare che l'insegnamento così come è praticato
oggigiorno sia quantomeno superfluo e che ci siano molteplici vantaggi a voler occuparsi
personalmente dell'istruzione del figlio. Vi sono diverse possibilità di farlo e ognuno è
libero di optare per la soluzione più congeniale e conveniente, senza timore di non essere
all'altezza. La scuola a casa infatti può svolgersi esattamente come nella scuola classica,
con banco e lavagna, seguendo un programma e un orario delle lezioni, ma anche come
“scuola libera”, completamente in mano all'iniziativa del bambino, passando per tutte le
varianti intermedie.

Tuttavia ho cominciato a notare come insegnare, ossia stimolare, guidare, dire cosa
imparare e quando, non è solo inutile ma potenzialmente dannoso. Infatti è incompatibile
con il rispetto dell'impulso momentaneo del bambino e lo costringe ad adattarsi a ritmi e
programmi che non gli sono propri, con un dispendio di energie e una diminuzione della
soddisfazione ragguardevoli.

Aneddoti

Gli aneddoti hanno il merito di illustrare quanto esposto finora con immediatezza. Vi
racconto la storia di mio figlio Ephrem con la bicicletta. Quando aveva circa due anni,
pedalava come un matto su di una bicicletta con le rotelline molto instabili e il contropedale
(poteva frenare pedalando all'indietro). Poi ci siamo trasferiti e siamo rimasti a lungo senza
bicicletta. Quando finalmente ne abbiamo comprata una, abbiamo assecondato la sua
richiesta di montare le rotelline, con il risultato che a 5 anni andava raramente in bici e
sosteneva di non esserne capace. Mi sembrava che avevamo fatto un errore madornale a
metterle, quelle benedette rotelline, ed ero preoccupata che mio figlio non avrebbe mai più
imparato ad andare in bicicletta. Con grande sollievo mi sono dovuta ricredere - gli è
bastato veder sfrecciare sotto il naso un ragazzino di 8 anni per inforcare una bici più alta,
senza rotelline, e nel giro di mezz'ora saperci andare. Ho dovuto ammettere che si trattava
di una paura irrazionale, quella che non avrebbe mai più imparato, mentre è ovvio che lo
avrebbe fatto quando gli sarebbe interessato o servito. Mi è stato d'un tratto chiaro che
questo principio vale per tutte le cose nella vita.

Ma passiamo a qualcosa di prettamente scolastico, le sottrazioni. Chiesi a Ephrem, 4 anni


al tempo, di andare in pollaio a prendere le uova, nel cestino c'erano ancora quelle del
giorno prima. Quando è tornato gli ho chiesto quante ne avesse trovate. Prontamente mi
rispose: “Ora ce ne sono 11, prima ce n'erano 5 quindi oggi ne ho prese 6.” Pochi giorni fa
Luna, 4 anni, mi ha detto: “Adesso Ephrem ha 6 anni e io ne ho 4, quando ne avrà 10 io
ne avrò 8, perché ho sempre due anni meno di lui”. A prima vista sembrano esempi banali,
ma ricordiamoci che per raggiungere questo risultato delle volte gli insegnanti hanno

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bisogno di un anno intero di scuola. Ho sentito dire addirittura che fare le operazioni a
mente è un'astrazione e richiede del tempo.

Ho osservato lo stesso con la scrittura e il disegno. Io e Ephrem eravamo tutti e due


impegnati a preparare due biglietti di auguri per il compleanno di suo padre. Lui disegnava
raramente, un paio di volte l'anno, ma ogni volta emergevano cambiamenti colossali,
indice di una grande maturazione, come se in fin dei conti non fosse importante esercitarsi
in continuazione bensì lo sviluppo intercorso di per se stesso. Tutto preso da una bella
foga, ha disegnato l'Australia, dentro tutta rossa, sulla superficie alberi molto alti con delle
figure marroni aggrappate. Gli chiedo cosa fosse e mi spiega: “L'Australia, non vedi c'è la
terra rossa!” Obietto:”Ma è tutta piena di alberi...” e lui ribatte:”Certo questo era molto
molto tempo fa, quando era ricoperta da una foresta altissima”. Chiedo se le figure fossero
gli aborigeni. No, mi risponde deciso, sono koala, perché era mezzo milione di anni fa e
non c'erano ancora gli aborigeni, loro sono arrivati solo 50.000 anni fa. A quel tempo
Ephrem aveva quasi 6 anni. La quantità di informazioni e di rielaborazioni in questo
disegno per me è enorme. Nella stessa occasione osservai anche la prima collaborazione
creativa tra lui e la sorella Luna di 3 anni. Mia madre aveva regalato a Ephrem un
pallottoliere. Un giorno vengono a chiedermi la colla e noto una certa frenesia e una luce
negli occhi, erano tutti e due indaffaratissimi. Dopo un paio di ore di lavoro mi presentano il
pallottoliere rivisitato – era stato aperto e le due pareti laterali erano diventate lo scafo di
una nave, i bastoncini per le palline gli alberi e da una stoffa avevano ricavato le vele.
L'avevano dipinta di tutti i colori dell'arcobaleno perché era un veliero della flotta di
Greenpeace. Mi sembrò una costruzione bellissima ed ero entusiasta del loro primo
lavoro d'equipe, nato da una loro iniziativa, progettato e eseguito interamente da loro. Il
valore di questi ultimi aspetti viene spesso sottovalutato ed emerge lampante se si
esaminano i disegni di bambini non scolarizzati e non istruiti – la spontaneità e la sincerità
dei temi e delle tecniche salta agli occhi anche se, certo, manca la “perfezione” adulta.

Mio figlio è in grado di disegnare con buona approssimazione la mappa della terra,
conosce bene la cultura di diverse popoli nativi (in particolare Nordamerica, Artico,
Amazzonia), sa fare il pane con la pasta madre, è in grado di raccogliere diverse erbe
selvatiche commestibili, è appassionato di vulcani, si interessa alla vita del mare e alla
navigazione a vela, improvvisa deliziosamente canzoni ancestrali “inventate” da lui che
ricordano quelle del popolo Sami o dei nativi americani. Naturalmente se la cava in tutti i
lavoretti domestici e sa prendersi cura di se stesso. È capace di cercare la legna adatta e
di accendere un fuoco (ha ancora bisogno di fiammiferi o accendino, ma non mi stupirei se
prima o poi ci riuscisse con sistemi primitivi). Grande passione sono le costruzioni di tutti i
tipi, per cui si procaccia il necessario. Partecipa volentieri ad attività adulte, per esempio
alcuni giorni fa ad un convegno internazionale sulla nascita ha passato ore seduto in sala
tra il pubblico ad ascoltare gli interventi, attento. Sta imparando piano a scrivere e leggere,
e intanto mentre io procedevo con la revisione della traduzione di un libro assieme
all'autore, lui costruiva anche un libro dedicato alle balene, con testo e immagini, pinzato
lateralmente e con pagine numerate.

Parlo di lui soprattutto perché con gli anni ho raccolto tantissima esperienza ma posso
assicurare che le sue sorelle sono sulla stessa strada con variazioni personali. Luna
guarda di meno i libri ma disegna di più, e così via.

Vi sono altri aspetti dell'educazione che ci danno un'idea precisa di cosa significhi avere in
chiaro per davvero cosa desideriamo trasmettere ai nostri figli. Per esempio l'educazione
sessuale. Io vivo in una comunità e un giorno, mentre passavo con la legna, ho scorto con

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la coda dell'occhio mio figlio Ephrem assieme a tre uomini che stavano segando un grosso
tronco. Li osservava interessato, tutto nudo. Sento uno di loro dirgli: “Ma cosa fai? Vuoi
mostrarci per bene come ci si scappella il pene?” Agghiacciata, mi fermai con la
sensazione di dover intervenire, ma per fortuna non ho fatto nulla, probabilmente proprio
perché ero un po' in imbarazzo su questo terreno. Fu così che potei ascoltare mio figlio
ribattere, con un gran sorriso:”Già, lo sai che mio padre non lo può fare? Quando era
piccolo gli hanno tagliato un pezzettino qui, lo hanno circonciso.” L'uomo che lo aveva
canzonato prima era sbiancato e ammise:”Si, anch'io sono circonciso”. Una bella lezione
vedere fino a che punto ci si lasci trascinare dalla sofferenza interiore e si rovescino
frustrazioni e inibizioni anche su bambini innocenti. Non c'è nulla di male a toccare una
parte del nostro corpo.

Un altro episodio emblematico riguarda il ciclo femminile. Non uso più assorbenti usa e
getta per le mestruazioni, bensì delle pezzuole di flanella, questo significa che una volta al
mese compare nei pressi della nostra stanza una bacinella per metterle in ammollo. Pochi
giorni fa, inosservata, ho potuto gustarmi la conversazione tra mia figlia Luna e un altro
bambino di 5 anni, mentre contemplavano la bacinella. Con il viso pieno d'orgoglio mia
figlia disse:”La mia mamma ha il sangue.” Di fronte allo stupore dell'amico, gli spiega:”Una
volta al mese, perché non ha il bambino nella pancia, le viene il sangue. È molto buono
sai, pieno di sostanze nutrienti. L'acqua rossa poi la dai alle piante per farle crescere
meglio.” Mi sono resa conto d'un tratto di averci messo 35 anni per arrivare a questa
consapevolezza, mentre mia figlia a soli 4 anni è orgogliosa del sangue mestruale, le
piace, lo può guardare, annusare.

Ricordo con emozione quando Ephrem, durante un ritiro di donne a cui era voluto
assolutamente restare, nonostante l'alternativa fosse andare con il suo papà da cari amici
a raccogliere ciliege, si è aggregato a noi un pomeriggio per modellare l'argilla. Ha creato
delle statuine stupende, tutte rappresentanti la maternità: una mamma con il bambino
nella pancia, una mamma che partorisce, una mamma che allatta, una mamma che tiene
in braccio il bambino mentre dorme e poi un bambino molto plastico (sembrava davvero
dotato di movimento proprio), che tendeva le braccia in alto, con un grande sorriso,
trasudante gioia da tutti i pori - era lui quando è arrivato tra noi!

Ancora su cultura generale (ecofuturista?) vi riporto una conversazione tra Ephrem e un


adulto, che si informava:”Ma voi dove vivete avete un bagno?” “Certo, facciamo i nostri
bisogni all'aperto e li doniamo alla terra”. L'adulto, inorridito:”Come, li date alla terra? Ma
puzza!” Mio figlio risponde deciso:”No che non puzza! Puzza se la lasci lì, se fai un buco e
la copri allora i vermi della terra, altri animaletti e i microorganismi se la mangiano e si
trasforma in compost, humus. Le piante se ne nutrono e diventano più forti.” ”Capisco, ma
non potete mica andare sempre a scavare in giro, è scomodo.” Ephrem:”Dove viviamo
facciamo così perché ci piace. È bello andare sotto gli ulivi o nel bosco, ma altrimenti puoi
costruirti un compost toilet. Devi fare una piccola baracchetta...” e giù a spiegargli per filo e
per segno come fare, incluse varie possibilità (secchio, maturazione il loco, uso di paglia,
segatura ect.). Quell'uomo è nato in campagna dove si usava la latrina, che effettivamente
puzza. Mi sembrò proprio che in quel momento fosse davvero interessato e ascoltasse un
bambino di 5 anni spiegargli come si costruisce un compost toilet.

Quando Letizia, una deliziosa ragazza brasiliana, è stata a casa nostra per aiutarci dopo la
nascita di Taro, Ephrem le diceva:”Dai, andiamo a scuola!” e la portava nell'orto, dove
seduti a terra e guardandosi intorno, le raccontava delle piante e di quello che esse gli
avevano insegnato.

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Una volta incontrai una donna francese, madre di 5 figli, tutti educati e istruiti in casa
secondo il principio del no-schooling (niente programma). La maggiore aveva 19 anni,
l'ultimo nato di tre anni e mezzo lo allattava mentre parlava con me. Una testimonianza
illuminante. Mi raccontò:”La curiosità del bambino è lì, proprio quando arriva da te con una
domanda. Se desideri occuparti dell'istruzione di tuo figlio, impegnati a essere presente in
quel momento. Non puoi posticipare, puoi chiedere di aspettare 5 minuti ma non di più. Se
puoi garantire questa presenza, allora sei perfettamente in grado di occuparti anche della
sua istruzione senza bisogno di seguire un programma. Rispondi prontamente alle sue
domande e vedrai che raramente avrai bisogno di ripetere. Quando un'informazione o un
insegnamento arriva nel momento in cui la finestra di curiosità è aperta, si impara per tutta
la vita. Senza fatica e con gusto.” L'esempio portato da questa donna va a toccare, dal
mio punto di vista, il nocciolo della questione – rispettare l'inclinazione naturale vuol dire
anche preservare la gioia e l'entusiasmo. La figlia maggiore mi ha raccontato che a sedici
anni, dopo aver superato l'esame francese equivalente della media inferiore italiana, stava
coltivando i suoi interessi ma, improvvisamente, ha avuto paura di non essere all'altezza
della scuola superiore. Decise di iscriversi e alla fine del primo quadrimestre, avendo
ricevuto buoni voti, ha smesso di frequentare perché si annoiava da morire.

Ecco la testimonianza di una famiglia tedesca che vive in Australia invece, con esperienza
di no-schooling integrata da un minimo di programma ministeriale. All'inizio aveva iscritto il
figlio a una scuola steineriana che frequentò soltanto per pochi mesi. Sia il figlio che la
madre non erano contenti e lo standard non corrispondeva ai valori secondo cui vivevano
(per esempio in un teatrino il bene e il male rappresentato da marionette bianche e nere).
Questo ragazzino a dieci anni non amava ancora leggere e scrivere, in compenso era
talmente abile nei lavori manuali che poteva costruirsi una radiolina a transistor. Ricordo
che avevamo un problema con il portapacchi del camper, e il mio compagno non era
riuscito a risolverlo neanche dopo aver chiesto a numerose altre persone, ma lui ha avuto
subito un'idea geniale per ripararlo e lo ha fatto in un baleno. Era stato messo in guardia
dall'ispettore scolastico, che pur apprezzava e appoggiava la sua istruzione in casa: a
undici anni avrebbe dovuto raggiungere gli standard previsti dal programma per lettura e
scrittura. Quando è giunto il momento di affrontare l'esame se ne è occupato e si è
preparato di sua volontà, perché intendeva proseguire gli studi. Ora, a 14 anni, segue un
liceo per corrispondenza e lavora già da alcuni anni come istruttore di vela per bambini.

La tradizione orale

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Anche per mio figlio di 7 anni la lettura e la scrittura non sono ancora del tutto attuali.
Adora ascoltare storie e se le ricorda molto bene, questo fin da quando era piccolissimo.
Sta cominciando a esercitarsi nella scrittura, soprattutto perché sente una certa pressione
sociale. Ho riflettuto molto su questo aspetto e ne ho concluso che non appena
padroneggiamo abbastanza la lettura e la scrittura abbandoniamo quasi completamente la
dimensione della trasmissione orale e perdiamo una ricchezza incommensurabile di
memoria e di capacità di rielaborazione, nonché la fiducia in noi stessi e in quello che
riteniamo dentro di noi.

Alcuni giorni fa i bambini della comunità hanno preparato e inscenato un teatrino con
marionette costruite da loro. Si sono arrangiati per conto loro, ispirati magari dalla
marionetta costruita da mio figlio ad un mercatino biologico in cui c'era un laboratorio
gratuito. Hanno scelto la storia di Vassilissa la Saggia e l'hanno recitata a mente,
cantando, in particolare Ephrem e Chiaraluna, che frequenta la seconda elementare. Era
così bello che il giorno dopo abbiamo chiesto una replica, in cui hanno inscenato un'altra
storia, quella avevo letto loro la sera precedente, anch'essa una bella storia iniziatica
sempre attinta dalla tradizione slava. Ebbene, sarà un caso, ma era Ephrem a ricordarsi
tutto e non perdere il filo, anzi a suggerirlo in continuazione, mentre Chiaraluna tendeva a
dimenticarsi come proseguiva la storia. Tutti e due l'avevano ascoltata una volta sola la
sera prima. Mi chiedo se non abbia a che vedere con l'alfabetizzazione (precoce?). Mi ha
naturalmente colpito la ricchezza di particolari con cui Ephrem si ricordava di una storia,
lunga e complessa, ascoltata una volta soltanto.

C'è da dire che tende a pendere dalle labbra di personaggi, che incontriamo o
frequentiamo, che amano raccontare e hanno anche cose interessanti da dire...

Per concludere...

A mio avviso, il successo nell'accompagnare un bambino durante la sua crescita senza


inibire le naturali curiosità e creatività, senza castrare le sue inclinazioni naturali non
dipende tanto dalla scelta specifica tra scuola pubblica e privata o dal metodo scelto per la
scuola in casa, quanto dal fatto che siano garantiti i tempi e gli spazi idonei affinché lui
possa esprimersi ed esplorare autonomamente. Per tempi intendo almeno alcune ore al
giorno di libertà e copiose vacanze, per spazi un ambiente ricco di stimoli naturali e umani,
“selvatici e coltivati”, di incontri e di attività. I risultati per quel che riguarda la capacità di
discernimento e la coerenza nello stile di vita del bambino dipendono invece
principalmente dall'integrità morale dei suoi genitori che si rispecchia inesorabilmente nella
loro autorità naturale (e non coatta!).

Per concludere in bellezza eccovi ora un aneddoto significativo sul concetto di esame,
ricco anche di risonanze psicogenealogiche. Già da tempo Ephrem aveva manifestato più
volte il desiderio di incontrare un mio zio, il cui figlio era morto pochi giorni prima che lui
nascesse. Lo zio abita nei pressi dei miei genitori, lontano da noi e inoltre è a casa solo il
sabato pomeriggio e la domenica mattina. Quest'estate arrivammo in zona il sabato sera
tardi, la domenica mattina ricordai a Ephrem che saremmo potuti andare a trovarlo e lui mi
assicurò con entusiasmo di volerlo fare. Telefonai alla zia per annunciarci e ai miei genitori
per avvertirli che ci saremmo visti solo in serata, perché Ephrem voleva conoscere lo zio. Il
giorno seguente mia madre chiede a Ephrem:”Perché siete andati dallo zio?” Ephrem non
risponde, ma dopo un po' di insistenza con uno sguardo vacuo biascica un non lo so. Mia
madre incalza:”Chi voleva andarlo a trovare?” e lui con aria di sfida “Mia mamma” (di solito
mi chiama per nome!). Ephrem era vicino a me quando al telefono con mia madre le

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avevo spiegato la situazione, quindi sapeva con esattezza che era ben informata. Perché
glielo stava chiedendo? Non si fidava? Mi chiedo cosa sarebbe successo se la domanda,
genuina, fosse stata piuttosto:”Ephrem, perché volevi tanto conoscere lo zio?”

Per quel che mi riguarda, mi sento di affermare che un sistema di apprendimento basato
sugli esami ferisce la dignità umana e denigra l'individuo.

I genitori, se si creano le condizioni per potersi dedicare ogni giorno un po' a loro figlio,
sono sicuramente in grado di trasmettere anche le nozioni che vengono apprese a scuola.

Preghiera degli animali alla terra per ogni cucciolo d'uomo

Fa’ che non si facci uomo per intero, ma

che poi si inficca ne lo stretto del pensiero

e si assepara dalle zanne e dai peli e

dalle nostre tane di silenzio.


Non dargli voce, ma’, fa’ che non parla

fa’ che non costruisce le città


fa’ che non da i nomi a tutte cose,

che sennò perde il regno.


Fa’ che i suoi piedi parlano a la terra

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e le sue mani a l’aria
e nel sonno fatti maestra ancora

con la tua voce vento


tua musicata voce, ma.
Fa’ che non s’addimentica il tuo ridere,

tuo fiorire, tuo scorrere, tuo


far notte, tuo corpo stellato e corpo

nuvolato e minerale corpo duro

e vegetale sconosciuto corpo.


E tuo ombroso stare addistesa

tuo gonfiore ne le maree, tuo

cascare con acqua e foglia

tuo salire in acqua e in stella

e in fiamma abbruciare

(da Parsifal, Mariangela Gualtieri)

Alla scoperta della tua bioregione, come progettare e disegnare una mappa del
proprio “posto di vita”

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Tratto da “ LA TERRA RACCONTA”
A cura della Rete Bioregionale Italiana
ed. AAM Terra Nuova

Un modo efficace per cominciare ad acquisire il senso della tua bioregione è quello di
costruirti una semplice mappa che indichi alcune caratteristiche naturali del luogo dove
vivi. Il processo di realizzazione della mappa costituirà un’esplorazione avvincente, ma
sarà anche un arricchimento personale, poiché esso descrive una zona vicina dove
mettere in pratica il ri-abitare ed il divenire nativo nel tuo posto vita. Questa mappa
mostrerà un territorio mai disegnato prima con simili caratteristiche, dato che essa
rappresenta il tuo punto di vista per sonale.
Hai solo bisogno di un foglio di carta bianco abbastanza grande e di penne o matite di
almeno 6 colori diversi. Fai una X in mezzo al foglio, per rappresentare la tua residenza
attuale, che potrà essere: una città, una casa o un appartamento, a seconda della scala di
grandezza che avrai scelto per la mappa
In alto a destra, nell’angolo del foglio, scrivi la lettera “N” che simboleggia la direzione del
nord. Se non sai quale sia la direzione del nord, prova a ricordare dove nasce il sole (est)
e da quel punto visualizza ciò che si trova a 90 gradi, oppure gira la testa di un quarto,
verso sinistra. Puoi rintracciare il nord anche pensando a dove tramonta il sole (ovest) e
da quella direzione sposta poi lo sguardo di 90 gradi verso destra.
Conoscere i punti cardinali è importante per la determinazione delle caratteristiche
principali del posto in cui vivi. Per esempio, vorrai sapere quale direzione è più esposta al
sole, perciò più calda, poiché le piante e gli animali reagiscono in modi diversi a questo
fenomeno. Essa sarà anche un’informazione essenziale per posizionare una nuova casa,
affinché quest’ultima possa assorbire maggior calore durante i brevi giorni invernali,
quando l’arco del sole si abbassa sempre più sull’orizzonte, a seconda della tua distanza
rispetto all’equatore.
I punti cardinali sono necessari anche per costruirti un fede le archivio di informazioni sul
tuo posto vita. Usando la lettera “N” come orientamento, disegna qualche freccia sul foglio
per indicare le direzioni da cui provengono, di solito, il vento e la pioggia.
Potrebbe trattarsi di più luoghi a seconda del periodo dell’anno o ti un luogo determinato
per ogni stagione.
Suggerimento: se in precedenza non hai mai fatto caso a questo e non conosci tali
direzioni, prova a ricordare quale soglia di casa si bagna di più quando c’è un temporale.
quale davanzale interno diventa umido o quali finestre sbattono quando soffia il vento.
Poi disegna il corpo idrico più vicino alla X che simboleggia il posto dove vivi. Può essere
un torrente, un fiume, un lago, uno stagno o persino una palude o un acquitrino. In certi
casi può essere il mare. A questo punto diventerà evidente la scala della tua mappa: se
hai una conoscenza discreta di un’area ampia attorno al posto che hai segnato con la X,
avrai rappresentato un grosso corpo idrico, come un fiume principale, un grande lago o
una baia marina; se invece non hai dimestichezza con una scala tanto grande, potrai
cominciare cor un torrente o uno stagno vicino che conosci. Se è possibile, mostra come
si collega ad un fiume o ad una palude. Nelle città la maggior parte del terreno è stata
coperta con strade e costruzioni, così. se sei un cittadino, indica il fiume, il lago o il
ruscello che si trova in un parco vicino.

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Indizio: la direzione che segue la pioggia nei fossi può indicarti dove si trova un corpo
idrico. utilizza per questo un colore particolare come il blu, così che risalti chiaramente il
sistema d’acqua ed usa altri colori perle parti della mappa ancora da disegnare.

Il corpo d’acqua che hai tracciato è circondato da territori più alti che, con la forza di
gravità, vi fanno fluire l’acqua piovana o di sorgente. Queste terre più alte possono essere
colline, se la tua mappa è fatta in piccola scala, oppure catene montuose. se la scala è
molto grande.Da alle alture l’acqua si riversa a valle, per questo si usa il termine d bacino
idrografico” per descrivere tutto il territorio che circonda un particolare corpo idrico,
disegna le colline o le montagne che creano il bacino idrografico in cui vivi.
Indizio: i bacini idrografici possono essere estesi come quello del fiume Mississippi con le
Montagne Rocciose da una parte ed i Monti Appalachi/Allegheni dall’altra (In Italia si può
citare il bacino del fiume Po, con le Alpi da una parte eg li Appennini dall’altra) o piccoli
come un’altura che separa due torrenti o le collinette attorno ad uno stagno in un parco
cittadino. Usa un colore diverso dal precedente che rappresentava acqua.
L’elemento successivo da inserire nella mappa è il suolo. Prova a pensare alle escursioni
che hai fatto nelle diverse zone della tua bioregione, così da riuscire a disegnare i tipi di
suolo: sabbioso, argilloso, roccioso, ecc.; in genere i territori d’altitudine sono più rocciosi
di quelli situati in basso, poiché il terreno più soffice viene dilavato dalle piogge o asportato
dal vento. Se ricordi di aver notato affioramenti rocciosi in cima alle colline, disegnali. Il
terreno pi soffice(dilavato o trasportato dal vento) si deposita nelle valli o in luoghi meno
elevati, che si trovano solitamente vicino a corpi idrici. Prova a pensare a dove può
essersi depositato questo tipo di terreno ed evidenzialo sulla mappa.
Indizio: potrai trovare questo suolo laddove hai osservato campi e fattorie, dato che gli
agricoltori preferiscono un substrato ricco di sostanze nutritive. C’è del terreno sabbioso,
oppure argilloso dove vivi ? Per disegnare questi suoli usa uno o pi colori diversi. Vedi poi
di aggiungere ogni altra caratteristica geologica peculiare della tua bioregione, come lave,
pareti di granito, grotte, depositi salini.
Ora raffigura alcuni esempi di piante ed animali nativi del luogo in cui vivi. “Nativi” significa
animali selvatici, anziché domestici come cani, gatti o cavalli e vacche. Significa anche
piante indigene, piu tosto che le piante coltivate per scopi alimentari o che sono state
introdotte da altri luoghi per altri motivi. Ad esempio. le querce sono native del Nord
America ma non lo sono gli alberi di mele (In Italia si possono sostituire gli alberi di mele,
da noi nativi, con piante esotiche come il kiwi). Suggerimento: gli esempi di animali vanno
dagli insetti ai pesci, dagli uccelli ai mammiferi. Le piante comprendono le graminacee, le
erbe officinali, gli arbusti, gli alberi.
Finora in questa mappa non vi sono segni relativi all’uomo. di solito questi segni sono così
numerosi nei luoghi abitati che quasi non sarebbero appropriati per la mappa. Per intonare
la mappa alla situazione attuale,traccia due aspetti opposti al rapporto che l’uomo ha con
le caratteristiche che hai gìà descritto. Il primosarà la rappresentazione delle cose peggiori
che stà facendo la gente.
Suggerimento: per esempio la produzione di rifiuti che minacciano di inquinare l’acqua,
oppure le pratiche agricole non corrette che erodono il terreno, le attività di estrazione
mineraria che creano pericolose scariche o le dighe che impediscono la risalita dei pesci in
un fiume.
Come secondo aspetto, cerca di raffigurare le cose migliori che sta facendo l’uomo per
vivere in armonia con gli elementi naturali della mappa.

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Suggerimento: fattorie a produzioni biologiche o che attuano la permacultura e perciò
mantengono il terreno in salute, oppure progetti di riciclaggio che riducono i rifiuti. Altre
attività che apportano benefici potrebbero essere: progetti di energia rinnovabile, il
ripristino di fiumi o foreste ed altri tentativi per migliorare l’equilibrio fra le necessità umane
e quelle dei sistemi naturali, gruppi di acquisto locale, mercatini biologici e artigianali,
associazioni, incontri ecc. Naturalmente, questo dipender dalla tua opinione personale del
momento, ma sarà un passo importante per conoscere come percepisci il posto in cui vivi.
La mappa che hai fatto è un prospetto della tua bioregione ed anche una sorta di bandiera
del posto. Essa mostra la tua dimora, per mezzo degli elementi naturali che localmente
sostengono la vita. Questi elementi hanno bisogno di essere ripristinati laddove sono stati
danneggiati e preservati dove sono ancora intatti. Alcuni di essi sono vere sorgenti per i
basilari bisogni umani, come cibo, acqua, energia e materiali, e questo sarà possibile
finché vi saranno metodi sostenibili, sia per la gente, che per le altre forme di vita.
Un senso del posto bioregionale può diventare la base per la tua idea di comunità. E’facile
intuire che molti problemi della comunità trarrebbero beneficio da questo. Tra questi, l’uso
della terra e le scelte di sviluppo, l’approvvigionamento idrico ed il trattamento delle acque
di fogna, l’educazione e la sanità e persino la messa in scena di celebrazioni locali, per
salutare eventi naturali unici: fioriture di stagione, la fruttificazione di piante native e la
comparsa di animali selvatici. Anche i problemi locali hanno un aspetto bioregionale, dalla
disoccupazione ed indigenza, ai trasporti e servizi pubblici. In parte essi possono essere
risolti con progetti di conversione energetica, affinché veicoli ed abitazioni usino fonti di
energia rinnovabile, con progetti che promuovano una certa autoproduzione di cibo, che
riciclino materiali ed acqua o ripristinino ecosistemi danneggiati.
Con una prospettiva bioregionale avrai un quadro ecologico più completo del posto in cui
vivi, ma essa può anche aiutare a giungere a mestieri utili e ad una professione futura. Le
località rurali e suburbane possono avviarsi verso un determinato ripristino ecologico, sia
con i rimboschimenti,il recupero delle popolazioni faunistiche, la ricostituzione del suolo, il
miglioramento dei corsi d’acqua danneggiati, che con altri progetti in grande e piccola
scala, Attualmente, gli ambienti delle città non sono ecologicamente sostenibili e sarà
necessario un arduo lavoro per arrivare a ciò. Ci sono molte opportunità per giungere a
tale traguardo: ricostruzione di edifici, sviluppo di alternative al trasporto automobilistico
privato, orticoltura comunitaria, ricostituzione dell’habitat selvatico urbano, riciclaggio,
rivitalizzazione dei quartieri e pro grammi sociali, come l’impiego dei giovani nei vari
aspetti della sostenibilità
Chi pratica il vivere nel posto, possiede una qualità personale non raggiungibile altrimenti.

Diventare ri-abitatore ti renderà un membro autentico della tua comunità di vita. La tua
mappa mostra un territorio che ha bisogno di sostegno e di difesa. Eventualmente, puoi
unirti ad altra gente che vive nella bioregione, per scoprire altre cose su di essa ed
esplorare modi di viverci che saranno appropriati per conservare una parte unica della
terra.

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Buone Nuove

Incontro della Rete Bioregionale Italiana


30/31-5 e 1/6, Torino di Sangro. in provincia di Chieti ( Abruzzo). La casa ha una
trentina di posti al coperto, senza però letti e materassini a sufficienza, sarà oppurtuno,
quindi, dotarsi del necessario.
Per quanto riguarda il mangiare, chi può portare qualcosa lo porti, avvertendo prima,
cosicchè poi il gruppo organizzatore procurerà il resto. Alla fine si farà il conto di tutto e si
dividerà fra i partecipanti.
Francesco, Barbara e Alice hanno già messo assieme un programma di massima che
prevede, oltre al Cerchio di discussione, un momento collettivo di lavoro per preparare un
orto sinergico e una raccolta semi per una semina con palline di argilla.
Hanno pure dato all'incontro un tema:
"Rinverdire zone aride con palline di argilla e semi".
Per info: morettig@iol.it

E’ stata costituita l'associazione Rete Semi Rurali

Scandicci (FI): domenica 11 novembre 2007 è stata costituita la Rete Semi Rurali: 8 Associazioni si
sono riunite per formalizzare un patto di impegno comune. Dopo 7 anni di attività informale, viene
formalizzata la Rete Semi Rurali, i cui soci fondatori sono l'Associazione Rurale Italiana (ARI),
l'Associazione per la Solidarietà della Campagna Italiana (ASCI), Archeologia Arborea,
l'Associazione Italiana per l'Agricoltura Biologica, Civiltà Contadina, il Consorzio della Quarantina,
il Coordinamento Toscano Produttori Biologici (CTPB) e il Centro Internazionale Crocevia. Si
tratta di un momento importante per il mondo dell'associazionismo agricolo italiano, che mettendosi
insieme vuole ricordare a tutti che la biodiversità agricola va conservata, valorizzata e sviluppata
nelle campagne dagli agricoltori, prima di tutto .La Rete si da uno statuto per sostenere, facilitare e
promuovere il contatto, il dialogo, lo scambio e la condivisione di informazioni e iniziative tra
coloro che difendono i valori della biodiversità e dell'agricoltura contadina e si oppongono a ciò che
genera erosione e perdita della diversità, all'agricoltura mineraria basata sulla monocoltura intensiva

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e/o sulle colture geneticamente modificate.
I fondatori della Rete riconoscono che il recupero delle varietà tradizionali e contadine deve
diventare un'attività produttiva - non museale o collezionistica - incentivando la
commercializzazione, lo scambio e il consumo locale delle varietà più interessanti dal punto di vista
alimentare, gastronomico, economico, ambientale e sociale, evitando di cadere nel clamore
superficiale ed erosivo generato dal marketing della tipicità.
Tra i suoi obiettivi principali ci sono il sostegno a recupero, coltivazione, allevamento,
conservazione, scambio, sviluppo e diffusione di varietà e razze tradizionali e contadine di interesse
agricolo; la promozione dell'innovazione rurale, anche attraverso la ricerca partecipativa, e lo
scambio di conoscenze e saperi tra agricoltori; la valorizzazione della cultura rurale, dell'agricoltura
contadina, dei saperi popolari, delle pratiche locali, delle titolarità collettive, dei luoghi comunitari,
degli usi tramandati e delle consuetudini condivise; Per far questo è importante aver chiaro a quale
modello agricolo la Rete si rivolge e a quali sono gli agricoltori di riferimento. Parlare di sementi
adatte al territorio, vuol dire, infatti, parlare di agricoltura contadina e familiare, realizzata spesso in
quelle zone marginali, come, ad esempio, le tante montagne e colline che compongono l'ossatura
del nostro paese o economicamente marginalizzata dal modello industrialista. In questo humus
culturale vuole lavorare la Rete, diventando un tessuto connettivo di supporto e sostegno delle le
diverse realtà locali e nazionali già da tempo attive.
Per informazioni: Riccardo Bocci – 328.3876663 – info@semirurali.net

(alcuni dei fondatori del CIR, S.M. in Rio 1998)

Dieci anni di C.I.R.

Sono passati dieci anni dall’ incontro di S. Martino In Rio e per il Piccolo Popolo sono stati
anni di incontri, relazioni, esperienze e lavoro comune, progetti, speranze e fatiche ma
anche incomprensioni, abbandoni e ritorni. Comunque sia Buon Cammino a tutti

Renato y Manù “Selvatici”

Ragazzi, Siate Ambiziosi!

“Terra del Fuoco…


Polo Sud…

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Monte Everest…
La Luna…
Marte…
Sirio…
Settimo Cielo…
E poi?
Ragazzi, prima pulire la cucina, per favore”.

Nanao Sakaki

Prossimo incontro del C.I.R.


Borgo Cerri, Erli (SV) 9-10-11 Maggio 2008
Info:Renato tel. 3404933825 e-mail avambardo@inventati.org
Pontiroli Renato, Borgo Cerri 17030 Erli (SV)
Portare tenda, sacco a pelo, ciotola, posate, cibi biologici, buona energia,
canzoni e racconti.( chi vuole dare una mano a preparare l’incontro può
contattarci)
Tema dell’incontro: 10 anni per coltivare, sognare , comunicare.
Per arrivare con i mezzi pubblici: linea ferroviaria Genova-Ventimiglia
scendere ad Alberga, usciti dalla stazione a sinistra prendere il pulman
destinazione Erli Cerisol a(partenze 10.00 - 12.50 – 13.30 – 18.50 ) e
scendere a Gazzo, dove trovate un strada sulla sinistra e il cartello indica
Borgo Cerri …1500 mt. e siete arrivati!
Per arrivare in auto: autostrada o statale Torino- Savona…uscire a Cevae
prendere la statale per Colle di Nava-Imperiapoi arrivati a Garessio
prendere la statale 582 per Alberga finoalla frazione Gazzo e a sinistra strada
per Borgo Cerri
Autostrada o statale Genova- Ventimiglia uscita Alberga e prendere la statale
582 per Garessio, arrivati nel comune di Erli proseguire fino a Gazzo e a
sinistra strada per Borgo Cerri.

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