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SOLO

BUSINESS FELICI

55 LEZIONI DA 1 MINUTO
per vivere bene
e lavorare meglio!

di Paolo Borzacchiello

edizioni PB Group
INDICE

Introduzione
Manifesto
Lezioni 1- 55
1. MA TU CE L’ HAI UN BUSINESS FELICE?
2. CHARLES DARWIN E L’ESTINZIONE DEI COMPETITORS
3. GANDHI, LO ZUCCHERO E I VENDITORI DA 2 SOLDI
4. LA SCRIVANIA DEL PAPA’ DI AMAZON
5. VENDITA: WOLF OF WALL STREET VS DOCTOR SPOCK
6. PENSA IN GRANDE, DICE DONALD TRUMP
7. LA SCELTA DI KISSINGER PER VENDERE MEGLIO
8. LIE TO ME, MEHRABIAN E GLI STUDI ( SBAGLIATI ) SULLA
COMUNICAZIONE NON VERBALE
9. FORREST GUMP E IL SEGRETO DEL SUCCESSO
10. HARRY POTTER, I MOLLICCI E I BUSINESS FELICI
11. BATMAN, TRAGEDIE E FORMAZIONE
12. TAFAZZI E IL MODELLO DI BUSINESS MASOCHISTICO
13. SORRIDERE FA GUADAGNARE DI PIÙ ( PAROLA DI JOKER )
14. NIKE, YODA E I VERBI DELLE PERSONE DI SUCCESSO
15. MR. WOLF LE BUFALE DEL COACHING E DELLA FORMAZIONE
16. TERMINATOR, I VENDITORI TUTTOFARE E L’IMMENSA BALLA
DEL MULTITASKING
17. AGASSI, DJOKOVIC E IL SEGRETO DEI BUSINESS FELICI
18. HARVEY MACKAY E LA RICETTA MAGICA PER I BUSINESS
FELICI
19. IL PARADOSSO DEL VENDITORE E LA RICETTA PER DIVENTARE
UN VENDITORE SHIBUMI
20. QUELLI CHE ANCORA ETICHETTANO I CLIENTI
21. 9 SEGRETI DELLA COMUNICAZIONE IN 1 MINUTO E 59 SECONDI
22. 10 FORMATORI CHE POSSONO RENDERE LA TUA VITA
ECCEZIONALE. FORSE
23. COME ROVINARSI EFFICACEMENTE LA VITA IN 10 MOSSE
( E IN MENO DI UN MINUTO )
24. L’ATTEGGIAMENTO DEL VERO VINCENTE
25. SEI UN KAMIKAZE? OVVERO: TI DARANNO QUEL CHE CREDI DI
MERITARE
26. ROCKY BALBOA E I VENDITORI DI SUCCESSO
27. BUDDHA, COACHING E BUSINESS FELICI
28. IL VENDITORE È MORTO
29. GET SHIT DONE!
30. APPLE E LA SFIDA DELLA NOVITÀ
31. VENDITA: QUEL CHE DEVI SAPERE DAVVERO
32. VENDERE DI PIÙ? CAFFÈ CALDO, SCARPE NERE E LE PAROLE
GIUSTE
33. TUTTO QUELLO CHE SAI SULLA CNV È ( PROBABILMENTE )
FALSO
34. I 5 TIPI DI VENDITORE CHE DEVI EVITARE COME LA PESTE
35. A FAR LO SCONTO SON CAPACI TUTTI
36. IL PROBLEMA DEI DETERSIVI, DARWIN E LA FORMAZIONE
AZIENDALE
37. FORMAZIONE AZIENDALE: LA TUA UNICA VIA DI SALVEZZA ( SE
FATTA BENE)
38. STAI ZITTO E VENDI
39. 5 LEZIONI DI BUSINESS CHE NON TI ASPETTI
40. C’È CRISI O SEI IN CRISI?
41. SOLO BUSINESS ( E VITE ) FELICI
42. È DAVVERO POSSIBILE MANIPOLARE I PENSIERI DEL TUO
CLIENTE?
43. 5 IDEE PER VENDERE SPUDORATAMENTE
44. NELLA VITA, A VOLTE VINCI. LE ALTRE VOLTE IMPARI
45. 7 REGOLE PER UN BUSINESS FELICE ( ovvero: come ripensare la
FORMAZIONE AZIENDALE )
46. ESSERE FELICI CONVIENE
47. SUCCESSO E ALTRUISMO
48. I CLIENTI NON SANNO QUELLO CHE VOGLIONO
49. LA REGOLE ESSENZIALE PER IL SUCCESSO
50. WIKIPEDIA, EXPO E LE PECORE
51. ERBA, VENTO E ( FORSE ) UN LEONE: ECCO PERCHÈ CI
ROVINIAMO LA VITA
52. SE PAGHI NOCCIOLINE, LAVORI CON LE SCIMMIE
53. LE TECNICHE NON FUNZIONANO
54. ( ALCUNE ) PAROLE PER I TUOI BUSINESS FELICI
55. QUEL CHE TI SERVE DAVVERO


Ringraziamenti
INTRODUZIONE, 13 novembre 2015

A settembre 2014 ho iniziato la mia avventura di blogger, aprendo il blog
“solobusinessfelici” (tutto attaccato). È stato l’inizio di un percorso bellissimo: il
blog è molto seguito e, mi dicono, ha ispirato e ispira moltissime persone.
Per questo, ho deciso, a distanza di un anno, di fare il punto della situazione e di
rendere ancor più divulgabile il messaggio che amo diffondere, dai social, in
azienda, in aula. Ovvero: il successo (qualsiasi cosa tu intenda per successo) è
sempre e solo il frutto di una potente alchimia fra la crescita personale e
l’apprendimento di nuove tecniche e abilità. Testa, mani e cuore, insomma.
Privilegiare un aspetto sugli altri porta solo disarmonia: troppa testa senza cuore,
non va bene. Troppo cuore senza mani che fanno, idem. Troppo fare senza testa
e senza cuore, è sterile. E così via.
Quindi, che cosa ho fatto?
Ho ripreso i post che hanno riscosso più successo, li ho sistemati per farli
diventare lezioni da un minuto e li ho sistemati dividendoli in aree tematiche.
Puoi leggere questo libro come ti pare: una lezione al giorno o tutte le lezioni
che vuoi, nell’ordine che preferisci, seguendo la numerazione proposta o
spiluccando qua e là in base alla tua ispirazione.
Ricorda solo, quale che sia il tuo approccio alla lettura, che fra il sapere e il saper
fare c’è una bella differenza, così come c’è una bella differenza fra testa e mani.
Le cose, o le fai o guardi gli altri mentre le fanno.

Buona lettura, buona vita e buon business!
Paolo
MANIFESTO DI SBF

Dopo quasi vent’anni trascorsi tra aula e azienda, posso dire che la maggior parte
delle persone che incontro, all’inizio, ha una serie di preconcetti sul mondo del
business e di convinzioni assolutamente limitanti, che impediscono la loro
crescita personale e professionale e il loro benessere, sia come individui sia
come membri della collettività.

Ecco l’elenco delle principali convinzioni limitanti e preconcetti di cui sento
spesso parlare:

1. Per avere successo devi fare una fatica immensa, o svolgere un lavoro
durissimo;

2. Esser bravissimi nella vendita, nella comunicazione o nel business significa
diventare un cinico bastardo senza scrupoli;

3. Il lavoro è lavoro e la vita privata è la vita privata.

Ebbene, si tratta di convinzioni limitanti e, soprattutto, false. Ogni giorno, in
azienda e in aula, promuovo a ogni livello (dai dipendenti ai dirigenti), attraverso
formazione e coaching, una nuova cultura, essenziale all’insegnamento di nuove
abilità. Senza queste convinzioni e senza questa cultura, l’apprendimento di
tecniche, metodi e strategie è praticamente inutile.

Ecco, invece, le convinzioni potenzianti alla base dell’idea di solobusinessfelici:

1. Per avere successo, devi divertirti un sacco. Sennò, non è vero successo. Il
successo pieno è solo quando, oltre ai numeri positivi di bilancio, hai anche il
cuore felice;

2. Puoi essere un mago della vendita, della comunicazione efficace e della
strategia senza diventare una carogna. Anzi: puoi usare le tue abilità per
migliorare la tua vita e quella degli altri.

3. Non c’è soluzione di continuità fra lavoro e vita: se il lavoro va male, andrà
male anche la tua vita privata. E viceversa. La storia dei “problemi fuori dalla
porta non funziona, nel lungo periodo.

Ecco dunque, per me, la necessità, dopo tutti questi anni, di dare una spinta
sull’acceleratore e di promuovere con ancora più vigore queste idee, a mio
avviso essenziali a uno sviluppo pieno e armonico dei business e delle persone
che ne fanno parte. E queste idee riguardano imprenditori, liberi professionisti,
dipendenti, impiegati, studenti, tutti.

Perché, dunque, solobusinessfelici?

1. Perché la vita è breve e il tempo che dedichi al lavoro deve essere di qualità;

2. Perché se non ti diverti, non ne vale la pena;

3. Perché la vita lavorativa non finisce mai e, se non stai bene, tutti ne
pagheranno il prezzo.

Quali idee in solobusinessfelici?

1. Puoi avere un successo straordinario, senza sacrificare la salute;

2. Puoi fare un sacco di soldi senza diventare una cattiva persona;

3. Puoi lavorare tutti i giorni, senza lavorare un solo giorno della tua vita.

Prima di andare avanti, però, come direbbe il mio adorato Steve Jobs, “one more
thing”.Un altro paio di idee, insomma. Anzi, tre (che è il numero perfetto):

1. I soldi fanno la felicità. Rendono la vita migliore. Dipende da come li usi, e
con chi.
2. A parte i figli, tutti gli altri sono estranei trovati per la strada: se il tuo gruppo
dei pari ti va stretto, cambia.
3. Puoi fare qualsiasi cosa, se vuoi. Tutto il resto (la crisi, la sicurezza, il
momento buono, i soldi, il tempo...) sono cazzate. Immense. E lo sai
perfettamente anche tu.
1

MA TU CE L’HAI UN BUSINESS FELICE?



Prima di iniziare questo interessante, divertente e utile percorso nel mondo di
solobusinessfelici, è importante che tu faccia il punto della situazione, proprio
per scoprire se tu hai davvero un business felice oppure no.

Ecco alcuni importanti e sottili indizi che potrebbero farti capire che il tuo
business non è felice:

1. Desiderio, costante o saltuario, di dare fuoco alle persone che incontri;

2. Sensazione, costante o saltuaria, di essere sull’orlo dell’ isteria conclamata;

3. Sensazione persistente di nausea e/o vomito e/o rigetto e/o orticaria ogni volta
che senti la parola “cliente”;

4. Sogni, lucidi o notturni, in cui tu, armato di ascia, meni fendenti a chiunque ti
parla;

5. Difficoltà oggettiva ad articolare pensieri razionali e ad esprimerli attraverso
la favella.

Se hai una o più delle caratteristiche di cui sopra, probabilmente il tuo business è
poco o nulla felice.
Vediamo invece, adesso, gli indizi da cui puoi capire che il tuo business è felice:

1. Ti diverti , nonostante sia quasi Natale;

2. Hai ancora voglia di parlare con le persone, nonostante le persone con cui
parli si esprimano come Fedez;

3. Hai una visione del mondo ottimista , nonostante il fatto che Barbara D’Urso
conduca programmi televisivi;

4. In cuor tuo speri ancora che, se sarai abbastanza bravo, forse Babbo Natale si
ricorderà di te;

5. Hai ancora l’idea in testa che dal primo gennaio tutto cambierà , che ti
metterai a dieta (o smetterai di fumare) e che finalmente inizierai quel progetto
cui tenevi tanto.

In un caso o nell’altro, prima che tu inizi questo percorso, voglio farti i miei
auguri. In particolare, voglio augurarti queste cose:

1. Che tu, guardandoti allo specchio ogni mattina, possa avere la sensazione di
essere nel posto giusto, al momento giusto;

2. Che tu, prima di addormentarti, ogni sera, possa avere la sensazione di aver
fatto qualcosa di bello, pulito, importante;

3. Che tu, ogni istante della tua vita, ti possa ricordare che sei destinato
all’eccellenza, e che nulla di meno è accettabile;

4. Che tu, in ogni respiro, senta amore;

5. Che tu, ora, abbia il coraggio di prendere carta e penna, tirare un bel respiro e
tracciare una linea fra quel che è stato e quel che vuoi che sia, da qui a sempre.







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CHARLES DARWIN E L’ESTINZIONE DEI

COMPETITORS

Se vuoi sapere come andrà il tuo business, pensa a Darwin.

Se vuoi evitare il rischio di estinguerti, pensa a Darwin.

Se vuoi avere sempre #solobusinessfelici, pensa a Darwin.

Viviamo in un mondo frenetico, in cui oggi è già ieri, in cui i prodotti diventano
vecchi dopo un paio di settimane e le idee vengono copiate prima ancora di esser
brevettate. La chiave di volta per il successo, ora più che mai, è data dalla
capacità di adeguare sestessi e il proprio business al mondo che abbiamo intorno.
Molti imprenditori o liberi professionisti, che hanno raggiunto traguardi
importanti o che godono, al momento, di una posizione di prestigio , si siedono
sugli allori e si godono i frutti della meritata fatica. E fanno pure bene, da certi
punti di vista. Ma dovrebbero ricordarsi di Darwin e riflettere su questo fatto,
tanto semplice quanto eclatante: anche se sei il numero uno, sei il numero uno …
oggi . Anche se il tuo prodotto è il migliore, è il migliore … oggi. Anche se
domini il mercato, domini il mercato … oggi.

Pensaa Blockbuster , il colosso delle videocassette che aveva fagocitato i piccoli
distributori. Oggi, dov’è?

E Nokia , leader assoluto nel mondo dei telefoni fino ai primi anni del 2000,
oggi dov’è?

E che mi dici di Kodak , giusto per fare altri esempi di aziende che, assunta una
posizione di leadership, si sono dimenticate di innovare ed evolversi?

Una delle più clamorose falsità che circola nel mondo del business è che vince il
più forte, che l’evoluzione premia il più grande e grosso. Falso. L’evoluzione
premia il più flessibile , altrimenti avremmo per le strade i T-Rex. E invece
abbiamo ancora le farfalle, che si sono sorbite la bellezza di 10.000 anni di
evoluzione stando al passo coi tempi.

Charles Darwin, e ti conviene ricordarlo bene, provvede alla pulizia del sistema:
via il vecchio, avanti il nuovo. Tu devi semplicemente decidere da che parte
della scala evolutiva vuoi stare.
Ecco una breve ricetta per te, per evitare di diventare un’altra vittima della storia
evolutiva e per continuare a trionfare nel mondo che avanza.

1. Studia: leggi più libri che puoi, frequenta più corsi che puoi. Tieni la mente
aperta.

2. Frequenta persone più in gamba di te, c’è sempre da imparare.

3. Poniti quotidianamente questa domanda: “cos’altro posso fare?”

4. Studia: leggi più libri che puoi, frequenta più corsi che puoi. Tieni la mente
aperta.

5. Studia: leggi più libri che puoi, frequenta più corsi che puoi. Tieni la mente
aperta.

(I punti 1, 4 e 5 sono ripetuti volutamente, non si tratta di un refuso. E’ semplice
insistenza mia: sai come si dice, fidarsi è bene …)








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GANDHI, LO ZUCCHERO E I VENDITORI DA 2

SOLDI


Si racconta che un giorno una mamma portò suo figlio da Gandhi, per ricevere
aiuto.
“Mio figlio è diabetico ma continua a mangiare zucchero, aiutalo a smettere”,
implorò la mamma.
“Torna tra un mese”, le rispose Gandhi.
La mamma tornò con suo figlio esattamente il mese dopo e ripeté a Gandhi la
sua supplica.
“Smetti di mangiare zucchero”, disse Gandhi al ragazzo, e li congedò.
La mamma tornò a trovare Gandhi dopo un altro mese.
“Mio figlio ha smesso davvero di mangiare zucchero”, lo ringraziò. E poi
aggiunse: “Ma non potevi dirgli di smettere di mangiare zucchero addirittura la
prima volta che siamo venuti da te?”
“No”, rispose Gandhi, “perché la prima volta che siete venuti da me, io ancora
mangiavo zucchero”.

Questo incredibile racconto mi porta a considerare uno dei principali problemi
delle aziende italiane con cui lavoro: i venditori. Ne parlo da venditore, perché lo
sono stato e lo sono. Da venditore con il cuore in mano, innamorato di quel che
vende e profondamente convinto che senza coerenza non si va da nessuna parte.

Quando faccio sales training in azienda, quasi inevitabilmente resto amareggiato
dall’astio e dall’ostilità che alcuni venditori con cui lavoro manifestano verso la
loro azienda, la stessa azienda che, nel bene e nel male, paga loro stipendi e
provvigioni con i quali mangiano e vivono. Ci sono le eccezioni virtuose,
naturalmente: commerciali innamorati del prodotto dell’azienda, professionisti
disposti a sputar sangue e a lottare con i denti per ciò in cui credono. Ma la realtà
è che la figura del venditore, in molti casi, si sta sprofessionalizzando e
soprattuto si sta diluendo in quella del dipendente che timbra il cartellino, seduto
sugli allori del compenso fisso o della base provvigionale.

Quando assisto a questo sfogo di lagnanze, che vanno dalle già citate lamentele
sui cataloghi, passando inevitabilmente per quelle sul prezzo, sulla concorrenza
che ha prodotti migliori, su questo e su quello, resisto poco più di cinque minuti,
poi inizio a menar fendenti, richiamando all’ordine questo esercito di
mezzuomini e stimolando in loro un minimo di senso di responsabilità e
orgoglio.

Come è possibile che i clienti comprino il tuo prodotto o utilizzino il servizio che
offri, se a te non brillano gli occhi, se tu per primo sei ostile all’azienda che
rappresenti?

Come è possibile che tu riesca a fare business se sei corroso dal livore o vittima
della frustrazione?

Con quale dignità accetti il bonifico di fine mese che l’azienda ti gira, dopo
averne parlato così male?

Mi è capitato più di una volta di mettere alle strette commerciali troppo
disfattisti: o aderisci alla filosofia dell’azienda per cui lavori, o vai a lavorare da
qualche altra parte. Punto, senza storie. Io stesso, quando mi rendo conto di non
essere allineato con il mio cliente, passo la palla a qualcuno dei miei
collaboratori o semplicemente declino l’invito.

E’ ora di finirla con le vittime, i critici a oltranza, i mangia pane a tradimento: o
sposi l’idea e la porti avanti con tutto te stesso, o lascia stare.

I venditori che cerco, quelli che mi piace addestrare, sono quelli che si
lamentano poco e che fanno la loro parte, sono quelli che pongono all’azienda
per cui lavorano proposte costruttive e, soprattutto, sono quelli che parlano e
avanzano eventuali lamentele (legittime, in alcuni casi) solo dopo aver portato a
casa budget e fatturato.

Il venditore eccellente, prima ama e poi vende.

Per vendere, serve coerenza, come quella di Gandhi. Prima, ama il tuo prodotto,
poi esci a venderlo.

Sennò, vai a vendere qualcos’altro. O cambia mestiere.
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LA SCRIVANIA DEL PAPA’ DI AMAZON




Ad oggi, Jeff Bezos, il papà di Amazon e uno degli imprenditori più innovativi e
influenti al mondo, uno di quelli che ha rivoluzionato il mondo, ha una scrivania
realizzata con una porta in legno, e tanto di maniglia. E’ la porta della sua
cantina, quella che ha utilizzato quando ha deciso di mollare il suo redditizio
lavoro per realizzare il suo sogno: creare il più importante e ricco negozio online
al mondo (cosa che, per inciso, ha fatto, nonostante i debiti, i problemi, le
difficoltà e le mille batoste).

Mi piace parlare di Bezos ai venditori che frequentano i miei corsi, in aula e in
azienda, che si lamentano perché l’azienda fornisce loro pochi gadget da dare ai
clienti, cataloghi troppo brutti, biglietti da visita anonimi. Questi venditori danno
la colpa delle loro scarse vendite al (presunto) poco supporto marketing che
l’azienda fornisce loro. Come se da questo dipendessero le loro cattive
performances.

La verità è che i venditori che si lamentano perché l’azienda non li mette in
condizione di vendere, sono venditori scarsi, demotivati e/o incapaci, buoni solo
a lagnarsi, e che farebbero bene a lasciare il loro posto di lavoro a qualcun altro.
Punto.

E’ ora di smetterla di dar la colpa all’azienda, o al catalogo vecchio, o al fatto
che venditori di altre ditte hanno biglietti da visita più luccicanti. Cavolate belle
e buone, scuse da incapaci. Dobbiamo davvero ricordarci di Jobs che ha creato
Apple in un garage, di Bezos che ha fondato Amazon in cantina e di Branson che
ora è uno degli uomini più ricchi del pianeta e ha iniziato stampando riviste in
camera sua?

Io stesso, lo ammetto, all’inizio della mia carriera, ho speso cifre imbarazzanti
per avere il biglietto da visita più cool e lussuoso e la penna di gran marca: ora
ho i biglietti da visita delle mie tre società, ma solitamente li dimentico in ufficio
e mi capita di scrivere il mio numero su tovaglioli di carta o fogli strappati di
blocchi per appunti. Vendo lo stesso. E faccio firmare i contratti con la mia Bic.
Se vuoi vendere, vendi.

Se ti brillano gli occhi, vendi .

Se credi in quello che fai, vendi.

Sono sempre molto severo con i venditori che si lamentano delle loro scarse
vendite e danno la colpa all’azienda che non li mette in condizione di vendere, e
a questi venditori dico senza mezze misure:

1. Se vendessero solo i venditori con i cataloghi più belli, ci sarebbe al mondo
solo un’azienda per prodotto, e non è così.

2. Se vendessero solo le aziende con il prezzo più basso, idem. Non è così.

3. Se fosse solo una questione di biglietti e cataloghi, i venditori potrebbero
starsene a casa e l’azienda potrebbe mandare ai clienti una bella mail con
allegato pdf (e in molti casi, l’azienda avrebbe di certo più successo).

Ricordati: sei un venditore, non un distributore di pdf.




VENDITA: WOLF OF WALL STREET VS

DOCTOR SPOCK

Sei un venditore alla Jordan Belfort o sei un venditore alla dottor Spock?

Se pensi di vendere numeri, sei sulla cattiva strada. La razionalità non paga. Il
calcolo, quello che Aristotele – parlando delle leggi della retorica – chiamava
“logos”, è utile solo se preceduto dall’emozione, il “pathos”. Jordan Belfort, al di
là della sua condotta poco etica, era un venditore eccezionale e puntava tutto
sulla pancia del cliente e dei suoi collaboratori: qualche numero ma soprattutto
emozioni, desideri, sogni. Il dottor Spock, invece, con la sua razionalità, restava
sempre di sasso di fronte alle manifestazioni emotive dei suoi compagni di
viaggio: sarebbe stato un pessimo venditore.

Per molto tempo ho insistito, durante i corsi di addestramento, affinché i
venditori con cui lavoravo trovassero la loro USP, Unique Selling Proposition,
ovvero l’argomentazione di vendita unica e perfetta. Oggi, pur ribadendo
l’importanza della USP, dedico molto più tempo alla elaborazione della ESP ,
ovvero la Emotional Selling Proposition . Cioè chiedo, e mi chiedo: in che modo
posso vendere il mio prodotto dal punto di vista emotivo?

Se vuoi fare una grande vendita, prima di affrontare il cliente dovresti aver
risposto in modo esauriente a queste domande:

1) Quale vantaggio concreto e pratico il mio prodotto fornirà al mio cliente?

2) Qual è l’aspetto divertente, emozionante, suggestivo legato all’acquisto del
mio prodotto?*

3) In che modo il mio prodotto migliorerà, in concreto, la vita di chi lo acquista?

Se hai pensato: “ma io vendo tubi di ferro, non ci sono aspetti divertenti nel
vendere un tubo di ferro!”, stai guardando dalla parte sbagliata. Forse non è
divertente acquistare tubi di ferro, di certo è divertente passare più tempo con la
propria famiglia, dopo che i tuoi tubi di ferro hanno reso la vita di chi li compra
più semplice e redditizia.

In questo, le ricerche condotte nel campo della PNL e del Neuromarketing,
confortano assai: se vendo un prodotto dicendo che è UTILE E BELLO e se
vendo lo stesso prodotto dicendo che è BELLO E UTILE, oltre l’80% dei
consumatori preferisce la versione “bello e utile”. E, invece, mi trovo
quotidianamente a dover lavorare su presentazioni aziendali e commerciali che
altro non sono se non un elenco lunghissimo di benefici, di plus, di features. Se
basi la tua presentazione commerciale e la tua vendita sull’elenco di features del
tuo prodotto, stai attento: domani potrebbe arrivare un competitor con un plus in
più, cancellandoti dal mercato. Ma se basi, viceversa, la tua presentazione
commerciale e la tua vendita sulle emozioni suscitate nel tuo cliente, allora
nessun numero – e nessun prezzo – ti sconfiggerà.

Ricorda che non ci sono prodotti cari, ma venditori che non riescono a farne
percepire il valore , ossessionati dal prezzo o da altre quisquiglie terrene. Con
questo in testa, farai grandi cose.

Come diceva il guru del marketing, Philip Kotler: “La gente non compra punte
di trapano, ma buchi nel muro per appendere le foto dei figli”.
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PENSA IN GRANDE, DICE DONALD TRUMP




Donald Trump è certamente un esempio, nel mondo del business, da molteplici
punti di vista. Piaccia o meno, nessuno può contestare gli incredibili numeri che
ha prodotto e produce (al momento, novembre 2015, sta correndo per la
presidenza degli Stati Uniti e sta ottenendo risultati nei sondaggi stupefacenti).
Protagonista di uno dei più clamorosi fallimenti al mondo (il suo conto corrente
era precipitato all’improvviso all’imbarazzante saldo di “meo 6.000.000.000” –
sei miliardi – di dollari) e di una delle più strepitose rimonte della storia (è uno
degli uomini più ricchi al mondo, come possono anche agevolmente testimoniare
le sue consorti, attuali ed ex), è celebre anche per il suo atteggiamento sfrontato
e per la sua tenacia.

Ne parlo qui perché, a quanto dice lui nei suoi numerosi e utili libri, è un
imprenditore felice, avendo trovato il modo di lavorare facendo quello che ama.
Naturalmente, gli è occorsa una tenacia fuori dal comune: è storico il suo
impegno per realizzare un immenso campo da golf in un’area geograficamente
protetta, in Scozia. In uno dei suoi libri, Trump racconta di aver dovuto
affrontare difficoltà incredibili, compresa una battaglia con il WWF, e di aver
risolto brillantemente la questione trovando compromessi con il WWF e
facendosi addirittura eleggere cittadino onorario dal paese che lo aveva prima
ostacolato in tutti i modi. E poi, ti basta fare un giro alla Trump Tower in 5th Av.
a New York per respirare il profumo di successo di un uomo incredibile.

Il segreto, dice Trump, è quello di continuare a crederci, fino in fondo. E per
farlo, devi amare profondamente quello che fai. Se non ami quello che fai, ogni
cosa sarà faticosa e ogni sfida diventerà una dura montagna da scalare, che
metterà a dura prova la tua pazienza e la tua energia.

Per sapere se quello che fai è davvero ciò che ami, basta che tu ti chieda: lo farei,
gratis?

Io, sì. Io, con un conto corrente abbastanza pingue da poter provvedere alle
necessità mie e di tutti i miei cari (e ai miei numerosi vizi, naturalmente), andrei
in aula senza farmi pagare. E scriverei libri lo stesso. Perché quando insegno o
quando scrivo, la verità è che mi diverto un sacco, e l’ultima cosa cui penso è il
fatturato (che poi, per inciso, arriva come naturale conseguenza del mio
benessere).

Se non sei felice del tuo lavoro, se non provi soddisfazione, se svolgere la tua
attività rappresenta un peso, allora cambia. So che sembra difficile, a volte, ma è
l’unico modo.

L’unica via è seguire quel che dice il cuore. Il modo, poi, lo trovi.

PS: consiglio caldamente a tutti i lettori di leggere uno o più libri di Donald
Trump. E’ vero, come dicono alcuni, che i libri di Trump sono tutti uguali, che
cambia solo la foto in copertina. E’ la stessa cosa per i libri di Raffaele Morelli,
ma almeno quelli di Trump sono utili.
















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LA SCELTA DI KISSINGER PER VENDERE

MEGLIO


Una delle tecniche di vendita che preferisco è la cosiddetta “scelta di
Kissinger”.

Puoi applicarla quando vendi beni o servizi e quando hai 3 opzioni diverse da
proporre al tuo cliente. Se hai più o meno di 3 opzioni, puoi ridurle a 3, proporne
solo 3 o, semplicemente, applicare altre tecniche. Puoi applicarla non solo in
vendita, ma anche durante riunioni commerciali con i tuoi collaboratori o
colleghi. E, se te lo stai chiedendo, sì: anche a casa, quando devi convincere
figli, mariti, mogli.

Funziona così:

1. Prima, proponi il prodotto o il servizio più costoso e aspetti che il cliente
decida (o l’opzione più impegnativa, in riunione). Se obietta o se inizia a
discutere di dettagli, lascia perdere gli altri due punti e concentrati su questa
opzione. Chi obietta, compra. Vuole solo esser convinto da te o vuol solo
dimostrarti che anche lui è bravo a gestire le cose. Se, invece, la tua prima
proposta è davvero fuori della sua portata, passa ai punti 2 e 3.

2. Proponi, a questo punto, la proposta peggiore, e denigrala. Devi esser tu a
parlarne male. In questo modo, il cliente si sentirà impossibilitato a sceglierla.
Dovrebbe ammettere a te e a se stesso di voler comprare qualcosa di scarso. E’
essenziale che tu ne parli male.

3. Proponi, infine, la via di mezzo: il tuo cliente sceglierà questa.

Esempio 1: voglio vendere una casa.

1. Mostro prima la casa magnifica, che il cliente non può permettersi;

2. Mostro poi la casa degli orrori, dicendo che in effetti è brutta e cade a pezzi;

3. Mostro la via di mezzo e vendo questa.

Esempio 2: voglio vendere un mio servizio di consulenza.

1. “Se vuoi, puoi fare tutti i miei corsi e prenotare due giornate al mese, al costo
di € xxxxxx”;

2. “Certo, volendo puoi anche fare un paio di incontri da mezza giornata… ma ti
dico subito che non ti servono a molto, che sono praticamente inutili…”;

3. “Oppure, fai così: ti prenoti un bel corso e poi ci vediamo una volta al mese
fino a fine anno, così raggiungi i risultati che desideri!”

Esempio 3: voglio vendere una macchina per il pane.

1. “Il modello top di gamma è questo… costa € xxxx”;

2. “Altrimenti c’è questo, ma non è granché… si rompe facilmente…”;

3. “Oppure, abbiamo questa: bellissima, e davvero funzionale!”

Allenati bene con questa tecnica e… buone vendite!

Ps:
per rendere questa tecnica naturale e per riuscire ad applicarla con facilità, ti
suggerisco di scriverti numerosi esempi e di recitarli allo specchio. Hai capito
bene: davanti allo specchio. Le negoziazioni si preparano lontano dal tavolo
negoziale, con carta, penne e specchi.
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LIE TO ME, MEHRABIAN E GLI STUDI

(SBAGLIATI) SULLA COMUNICAZIONE NON

VERBALE


In PNL si parla spesso di 3 livelli di comunicazione . Il primo è il livello
VERBALE (le parole che dici), il secondo è il livello PARAVERBALE (tono di
voce, volume, velocità del parlato, pause) e il terzo è il livello NON VERBALE
(i gesti e il linguaggio del corpo).

A questo proposito, voglio subito sgomberare il campo da un equivoco, legato a
un celebre studio, condotto negli anni ’70 dallo psicologo Albert Mehrabian,
secondo il quale la comunicazione non verbale, durante una comunicazione, ha
un’influenza del 55%, la comunicazione paraverbale del 38% e la
comunicazione verbale del 7%. Molte persone si sono basate (e, purtroppo,
ancora si basano) su queste ricerche proclamando a gran voce che “non conta
quello che dici ma conta come lo dici”. Io stesso, a inizio carriera, ci ero cascato
come un pollo e avevo preso per oro colato tutto quello che leggevo su alcuni
libri, senza ragionarci con il giusto spirito critico.

Si tratta di un grossolano errore.

Primo, perché lo stesso Meharabian aveva specificato che questi risultati delle
sue ricerche erano relativi solo a uno specifico contesto, ovvero l’espressione di
sentimenti e atteggiamenti (puoi trovare on line numerose sue testimonianze
scritte al riguardo). Cioè: se tu dici di essere arrabbiato mentre sorridi, chi ti
ascolta crederà più al sorriso che alle tue parole (ovviamente, del resto).
Secondo, perché la recente ricerca, basata su studi di neuroimaging, ha
dimostrato senza ombra di dubbio come le parole abbiano un potere immenso sul
cervello di chi le riceve. Ci sono parole che hanno il potere di far rilasciare al
cervello dopamina (ad esempio: “saldi”) e ci sono verbi, cosiddetti “di azione”
che accendono nel cervello le stesse aree che si accendono quando la persona
compie realmente l’azione descritta dal verbo. Ad esempio, se io ti dico di
“afferrare” il concetto, nel tuo cervello si accendono le stesse aree cerebrali che
si accendono quando tu, concretamente, afferri un oggetto.

Quindi, così come spesso viene citato, lo studio di Mehrabian è non solo
fuorviante, ma potenzialmente dannoso, perché mette in condizione chi lo
applica alla lettera di trascurare aspetti importantissimi della comunicazione, le
parole in primis. Ogni parola, invece, rappresenta un prezioso tesoro che va
utilizzato al meglio.

Io, che tengo corsi di intelligenza linguistica e di comunicazione non verbale,
promuovo con forza l’idea di abbandonare quelle vecchie e limitanti percentuali,
per abbracciare il principio di coerenza completa, di totale congruenza. Ovvero:
quando comunichi, il tuo obiettivo è quello di essere sempre coerente, al 100%,
sui tre livelli della comunicazione, concentrandoti allo stesso modo su tutti e tre.

Ogni parola, cioè, deve essere scelta con cura. Pronunciata con il tono adeguato
e sottolineata dal gesto perfetto.

Difficile? All’inizio, forse. Ma talmente utile da valere l’impegno.













9

FORREST GUMP E IL SEGRETO DEL SUCCESSO




Una delle scene più divertenti del film Forrest Gump è, secondo me, quella in
cui Forrest, durante l’addestramento nell’esercito, ottiene risultati incredibili e
viene tacciato dal suo sergente istruttore di essere un “fottuto genio”, perché
riesce a montare la sua arma più velocemente degli altri.

Mi sono chiesto molte volte in che modo una sequenza del genere potesse
ispirare chi viene in aula con me, e la risposta è arrivata da un partecipante,
durante un corso. Quando, descrivendo i suoi grandi risultati nel campo della
vendita, gli è stato chiesto come avesse fatto ad imparare, lui ha risposto:
“facendo tantissimo allenamento, senza pensarci troppo”.

Uno dei segreti del successo è questo: fare, fino al risultato desiderato.

Che cosa impedisce alle persone comuni di ottenere, dunque, un grande
successo, visto e considerato che basta “fare” le cose abbastanza volte per avere
risultati? Il mancato senso di auto-efficacia, ovvero la convinzione che quello
che stai facendo sia inutile, che “tanto tu non ce la farai”.

Il cervello umano, infatti, è progettato per imparare. Quando impari abitudini
nuove, ti basta fare, non devi per forza esserne convinto. Ma la convinzione che
tutto sia inutile , quella ti bloccherà e ti farà desistere dal tuo intento. Al tuo
cervello basta ripetere le cose o i comportamenti per sviluppare abitudini. E se il
cervello smette di pensare, allora può davvero fare miracoli. Sembra una
provocazione, ma non lo è. Le convinzioni che hai possono, infatti, rallentarti
enormemente nel tuo processo di apprendimento e nel tuo percorso verso il
successo. Fare le cose pensandoci troppo, mentre stai acquisendo abitudini
nuove, può pregiudicare lo sviluppo delle abitudini stesse.

Le tecniche di PNL (Programmazione Neurolinguistica) sono fruibili da
chiunque, a prescindere dal contesto socio culturale di provenienza, dagli studi
fatti, dalle credenze politiche o religiose. Chiunque può raggiungere risultati,
volendo. Quando le tecniche di PNL non funzionano, il motivo è molto
semplice: chi le applica non le ha fatte funzionare. O perché le ha applicate per
troppo poco tempo, o perché le ha applicate male.

Che si tratti di tecniche legate al tuo benessere personale o che si tratti di
tecniche di comunicazione, “la ripetizione genera il successo” (dice Richard
Bandler, co-creatore della PNL). Quando ho voluto imparare la tecnica della
gestione del mio stato emotivo, ho ripetuto l’esercizio almeno cento volte di fila,
fino a che è diventato automatico passare da uno stato emotivo all’altro. Quando
preparo e scrivo tecniche linguistiche persuasive, prima le scrivo e poi le ripeto
allo sfinimento davanti allo specchio, finché per il cervello diventano naturali.

Nel business come nella vita, perde chi si arrende. O chi crede che le cose, per
lui, siano diverse e non funzionino. La verità è che noi esseri umani, per quanto
singolarmente unici e speciali, siamo davvero molto simili per quanto riguarda
l’apprendimento: basta fare, a oltranza e senza pensarci troppo.

Il che non implica, ovviamente, la mancanza di riflessione e di ragionamento,
alla base del successo duraturo e consolidato: implica solo l’azione pura, senza
convinzioni limitanti, quando si tratta di fare o sperimentare cose nuove o nuove
abilità.

Il successo è davvero a prova di Forrest Gump!







10

HARRY POTTER, I MOLLICCI E I BUSINESS

FELICI

In una celebre sequenza del film “Harry Potter e il prigioniero di Azkaban”, il
celebre maghetto si trova a dover affrontare i mollicci, creature magiche che
hanno il macabro potere di assumere la forma di ciò che la persona teme di più.
Il professor Lupin suggerisce agli studenti di utilizzare l’incantesimo
“riddiculus”, che funziona a patto che chi lo usa pensi a qualcosa di
sinceramente divertente.

Ed è cosa risaputa, del resto: quando hai un problema e riesci a riderci sopra, hai
già fatto la gran parte del lavoro. Saper prendere alla leggera i problemi che,
quasi inevitabilmente, il business comporta è un’attitudine che alcuni
imprenditori sembrano possedere in modo naturale ma che, in ogni caso, si può
imparare. Saper prendere alla leggera i problemi non significa in alcun modo
sottostimarli o sottovalutarne l’importanza: significa solo affrontarli con uno
spirito orientato alla soluzione e con la convinzione che una soluzione sia
sempre possibile.

C’è un motivo molto pratico (e molto scientifico) per cui questo atteggiamento è
utile: se stai male, il tuo corpo si riempie di sostanza tossiche che, letteralmente,
ottenebrano la tua capacità di giudizio (e che indeboliscono il tuo organismo, ma
questo è un altro capitolo) e ti fanno prendere decisioni sbagliate. Se, invece, stai
bene o in qualche modo riesci a modificare il tuo umore, allora il tuo corpo si
riempie di sostanze decisamente più utili e riesci a vedere, pensare e fare cose
che nemmeno ti aspetti.

La questione dell’umore e della capacità di reagire rapidamente di fronte a
situazioni stressanti o potenzialmente negative è troppo spesso trascurata, sia a
livello aziendale, sia a livello individuale. Ed è, invece, un aspetto determinante.
Quando sei carico, quando l’umore è a mille, affronti situazioni e persone con lo
spirito vincente di chi sa il fatto suo. Quando sei concentrato e convinto di
potercela farle, nessuna cosa sembra impossibile. Ragiona su questo. E ragiona
sul fatto che non ti puoi permettere, se vuoi fare del gran business e, soprattutto,
se vuoi fare solobusinessfelici, di sperare di star bene. Tu hai il preciso obiettivo
e l’ancor più preciso dovere di stare benissimo, punto.

Ci sono persone che sperano di alzarsi con il piede giusto, la mattina. E ci sono
persone che decidono con quale piede alzarsi.

TU che tipo di persona sei?

Per questo motivo, in aula e in azienda, insegno sempre tecniche di PNL utili per
la gestione del proprio stato emotivo. Come dico sempre, è inutile padroneggiare
le più raffinate tecniche di vendita o persuasione, se poi si sta male e non si
riesce ad applicarle!

Ricorda sempre, però: le tecniche che vanno messe in pratica.

Sapere le cose è un conto. Saperle fare, è un altro conto. Se vuoi star bene, star
bene davvero, e se vuoi liberare la tua testa da tutti quei pensieri che possono
rallentarti o farti stare poco bene, devi essere metodico e disciplinato. Devi
dedicare, ogni giorno, alcuni minuti a te e al tuo benessere.

Disciplina quotidiana, nessuna altra via è permessa!












11

BATMAN, TRAGEDIE E FORMAZIONE



C’è una frase, tratta da uno dei miei fumetti preferiti, che amo moltissimo:

“Non sono tanto le tragedie a definire le nostre esistenze, quanto le scelte che
facciamo per affrontarle.”(Bruce Wayne, Batman)

Quando parlo di questa idea, sui social o in aula, ci sono sempre molti
commenti, naturalmente. I soliti disfattisti, i soliti entusiasti, quelli che “dipende
dalla tragedia”, quelli che “il mio caso è diverso da quello degli altri”, quelli che
ringraziano e quelli che aggiungono sempre un pezzo, a voler specificare chissà
cosa. Mi ha colpito, fra le tante, una replica scritta sulla mia pagina Facebook, a
commento di un mio post che, appunto, citava questa frase, da parte di un cliente
che ho visto spesso in aula e che mi segue attentamente. Marco scrive: “E la
nostra risposta ad esse dipende in larga misura dalle risorse che abbiamo
effettivamente a nostra disposizione in quel momento per affrontarle…”

Marco sottolinea un concetto estremamente importante, quello delle risorse che
abbiamo effettivamente a disposizione. Questo pensiero mi porta a parlare di
atteggiamento mentale, di pensiero sistemico, di prevenzione. Molte persone
vivono, sia per quanto riguarda la vita privata sia per quanto riguarda il business,
come se non ci fosse un domani. Sono incuranti della loro persona, studiano
poco, vivono nella logica del giorno per giorno. Io pure, dopo anni di studi sulle
filosofie orientali, amo e apprezzo lo “straordinario momento presente”,
propugnato a partire dal Buddha fino a Eckhart Tolle dei giorni nostri. Allo
stesso tempo, ho ben chiara la consapevolezza che non posso sapere quel che la
vita mi riserva e, per questo, lavoro e studio quotidianamente per rendere me
stesso migliore rispetto al giorno prima. Non rispetto agli altri, non è una gara:
semplicemente, migliore rispetto al me stesso del giorno prima. Contento di me,
giorno dopo giorno, e sempre in evoluzione.

La questione è che la quantità di risorse che abbiamo a disposizione di cui parla
Marco è una nostra responsabilità. E non si parla, evidentemente, di soldi.

E’ nostra responsabilità, ogni giorno, aggiungere un pezzo alla nostra vita, un
tassello che renda più forte la nostra anima. E’ nostra responsabilità, ogni giorno,
circondarci di persone che ci arricchiscano (anche nel più aspro confronto) e che
siano al nostro fianco: perché se di fronte a una tragedia non ho accanto persone
che mi aiutano, la responsabilità è mia e delle mie scelte precedenti. Se di fronte
a un momento complesso mi trovo spiazzato e non ho la forza d’animo per
reagire ed evitare di restarne annichilito, la responsabilità è mia e di quel che non
ho fatto prima. Già, perché anche la forza d’animo è una virtù che si può
sviluppare, accrescere, praticare.

Quindi, e grazie Marco per avermi stimolato questa riflessione, la questione non
è tanto “quante risorse ho effettivamente disponibili in quel momento” ma,
piuttosto, “come posso fare per avere disponibili tutte le risorse di cui potrei
avere bisogno”.

















12

TAFAZZI E IL MODELLO DI BUSINESS

MASOCHISTICO


Ti ricordi del grandissimo Tafazzi, storico personaggio di Mai Dire Goal? Era
celebre perché si autoinfliggeva punizioni corporali dolorose ed è diventato
presto il simbolo di tutti quelli che, in un modo o nell’altro, mettono in campo
comportamenti auto lesionisti, nella vita e nel business.

Sarò impopolare, ma la verità è questa: se permetti a chi ti circonda di trattarti
male, oppure se permetti ai tuoi collaboratori di avere comportamenti dannosi
per il tuo business o per la tua azienda, si vede che ti piace. Già. Nel divertente
film “Una notte al museo”, con Ben Stiller, il direttore del Museo in cui
l’imbranato Stiller lavora, dopo che questi ha combinato un gran pasticcio, lo
perdona senza erogare alcuna sanzione disciplinare. Stiller è stupito: si aspettava
una lavata di capo, e invece nulla. Il direttore, a quel punto, gli dice che, tuttavia,
al prossimo sbaglio sarà licenziato: “perché se sbagli una volta”, aggiunge, “è
colpa tua. Se sbagli due volte, è colpa mia”.

La verità è che spesso viviamo la nostra vita e il nostro business con alcune
convinzioni limitanti come “magari le cose cambiano”, oppure “magari se ne
rende conto e cambia comportamento”, oppure “forse un giorno capirà”,
rivolgendo il pensiero a tutte quelle persone che non fanno quel che dovrebbero,
o non lo fanno come dovrebbero.

È il momento di dire basta, è il momento di rendersi conto che le persone che
abbiamo intorno si comportano inevitabilmente come noi permettiamo loro di
comportarsi, entro spazi e confini che noi concediamo. Solo attraverso questa
presa di coscienza possiamo sperare di modificare lo status quo e di provocare
nelle persone in questione i comportamenti e i cambiamenti richiesti. Invece,
troppo spesso siamo vittime di eccessivo buonismo, di eccessiva comprensione,
della paura di prendere una posizione dettata dal sano egoismo.

È il momento in cui ciascuno si deve assumere la responsabilità delle proprie
azioni e dei risultati che porta, nelle vita e in azienda. Basta con le mille
occasioni sprecate, basta con il chiudere un occhio, basta con i vari “vediamo
come va a finire”: il momento storico richiede grinta, responsabilità, azione.
Nessun posto è fisso, nessuna posizione immutabile. Dura lex, sed lex.

Come ripeto sempre alle persone con cui lavoro, durante il coaching in azienda,
quando distribuisco incarichi e compiti: o risultati, o scuse. Non voglio sentir
ragioni: o risultati, o scuse.

E ricorda: una seconda occasione la puoi concedere a chiunque. Ma se concedi
una terza occasione, si vede che – tutto sommato – ti piace.




















13

SORRIDERE FA GUADAGNARE DI PIÙ (PAROLA

DI JOKER)

Lo sa bene il Joker: stamparsi in faccia un bel sorriso ha il suo perché.

Una ricerca pubblicata di recente su Harvard Business Review conferma,
casomai ce ne fosse bisogno, che stare bene migliora (nettamente) le
performance sul lavoro. Annie McKee, nel suo articolo, dice una cosa che
davvero vale la pena di sottolineare: “è ora di finirla con il mito secondo il quale
le emozioni non funzionano sul lavoro”. “La scienza”, prosegue, “lo conferma”.

Ed è esattamente così: quando stai bene, il tuo corpo ha un’energia differente e,
soprattutto, una composizione chimica differente, grazie alle sostanze rilasciate
dal cervello e che ti permettono di essere più concentrato, di avere più idee, di
reagire meglio agli imprevisti.

Aggiungo che sorridere (sorridere davvero, i sorrisi simulati vengono intercettati
dall’amigdala del nostro interlocutore e catalogati immediatamente come tali)
aiuta anche – e molto – nel processo di vendita.

Ti spiego quel che succede quando sorridi e il motivo per cui puoi, sorridendo,
aumentare il tuo fatturato.

Quando sorridi in modo sincero, la tua espressione facciale innesca nel tuo
cervello una serie di reazioni chimiche grazie alle quali inizi a produrre
dopamina (sì, proprio la sostanza dopante) e serotonina, ormone del benessere.
Questi ormoni, senza che tu ne sia consapevole, influenzano il tuo linguaggio del
corpo e già questo fatto ti aiuta a migliorare la tua performance professionale.

A questo punto, succede un vero e proprio miracolo: quando sorridi per un
tempo sufficientemente lungo (basta qualche minuto), i neuroni specchio del tuo
cliente (sono neuroni che hanno lo scopo di rispecchiare il nostro interlocutore,
come ha scoperto grazie alle sue ricerche lo scienziato italiano Damasio) si
attivano e, dopo poco, lo “costringono” a sorridere: grazie al tuo sorriso, dunque,
influenzi il tuo cliente e lo fai sorridere a sua volta.

Quando il cliente sorride, ecco che anche il suo cervello inizia a produrre le
identiche sostanze prodotte dal tuo: dopamina e serotonina. Che, guarda caso,
sono chiamati gli ormoni dell’acquisto: sono ormoni in presenza dei quali le
persone comprano di più e con minor resistenza. Sono gli ormoni che
produciamo quando guardiamo gli spot con personaggi simpatici o con
dolcissimi cuccioli: sono gli ormoni responsabili dei nostri acquisti d’impulso.

Arrivo a dire che un sorriso di cuore funziona più di molte tecniche di vendita,
perciò ragiona molto bene su queste ricerche e su questi dati e chiediti:

Quando vai dal tuo cliente, sei sempre dell’umore giusto?

Ti prendi il tempo necessario per entrare nello stato d’animo più utile alla
vendita o all’appuntamento d’affari?

Sorridi abbastanza o ti presenti con l’espressione corrucciata?

Hai mai pensato che la tua espressione corrucciata, per lo stesso principio, farà
imbronciare il tuo cliente e ti farà perdere l’affare?

Più sorridi, quindi, e più fatturi. Semplice, sano, divertente.

14

NIKE, YODA E I VERBI DELLE PERSONE DI

SUCCESSO

Che cosa hanno in comune la celebre azienda americana Nike e
l’indimenticabile maestro Yoda del film Guerre Stellari? Di certo non le scarpe.
Hanno in comune la filosofia del fare. Lo slogan della Nike lo conosci: just do it,
fallo e basta. E il motto di Yoda, pure: “Fare! Non esiste provare!”

Ebbene, questa semplice filosofia è alla base dei comportamenti delle persone di
successo e di coloro che ottengono risultati.

Nella vita così come nel business, ci sono due tipi di persone.

Ci sono le persone “PROVARE” e ci sono le persone “FARE“.

Le persone “provare” sono quelle che parlano in questo modo: “vedremo,
faremo, magari prenderemo in considerazione…”, oppure che si perdono in frasi
come “…e se facessimo? Potremmo fare… e se andassimo…? Proviamo…”.
Chi usa queste parole e queste frasi è destinato a combinare ben poco, perciò
inizia subito a fare un’analisi del tuo linguaggio, scritto e parlato, prendendo in
considerazione sia il tuo usuale modo di esporre i concetti, sia il modo in cui
scrivi documenti e mail. Se scopri di usare troppi condizionali, congiuntivi o
futuri, allora devi immediatamente agire e ristrutturare il tuo linguaggio. E se
scopri di usare troppo spesso il verbo provare, smetti immediatamente: provare =
fallire! Le cose si fanno o non si fanno, punto. Se “provi”, ti stai regalando
(senza saperlo) la possibilità di sbagliare e dai al tuo cervello un comando
confuso, che rischia di allontanarti dal tuo risultato. La stessa cosa vale quando
parli con gli altri: se vuoi essere seguito e se vuoi che le persone seguano più
facilmente le tue indicazioni, dì loro – semplicemente – quel che vuoi che
facciano, senza l’inutile e dannoso verbo “provare”.

Poi ci sono le persone “fare”, quelle che si muovono velocemente e compiono
subito azioni precise in direzione del loro obiettivo. Ascoltale, quando parlano:
“facciamo, andiamo, cominciamo”. Punto.

Riconosci le due diverse tipologie di persone anche in ambiente non
professionale: ci sono quelli che, per decidere dove andare a cena, ci mettono
mezz’ora quando va bene (“e se andassimo…?”, “potremmo andare…”, “e se
provassimo…?”) e ci sono quelli che prendono in mano la situazione e guidano
senza indugi tutti gli altri (“ragazzi, andiamo…!” o, i più sottili e furbi, “ragazzi,
che ne dite? Andiamo là!”, che fanno finta di chiedere e poi decidono prima di
tutti gli altri).

Nel business come nella vita, chi è più deciso e chi prende l’iniziativa prima
degli altri ha molte più probabilità di raggiungere i risultati desiderati e di avere
successo. E tutto passa dal linguaggio, perché le parole sono lo strumento con il
quale tu, letteralmente, programmi il tuo cervello ad agire e a compiere azioni.

Un linguaggio potente, quindi, si traduce in azioni potenti. E un linguaggio
debole, al contrario, si traduce in azioni deboli e di scarso successo. Come ripeto
sempre in aula e in azienda: cambia le tue parole, cambia la tua vita.













15

MR. WOLF LE BUFALE DEL COACHING E

DELLA FORMAZIONE


ATTENZIONE: questo post è solo per gente coraggiosa. Per Coach e Formatori
che si vogliono mettere in gioco e per Clienti che sono disposti a fare cose
diverse.

È finita l’epoca in cui si poteva perdere tempo ed è in corso (iniziata da un bel
pezzo) in cui l’unico metro di misura è il risultato. Nel Coaching e nella
Formazione in azienda, soprattutto, i clienti chiedono concretezza, risultati
tangibili, strategie e strumenti da poter applicare subito.

I miei interventi, che una volta erano calibrati in versione annuale, ora sono per
lo più di spin doctoring, alla maniera di Mr. Wolf (il celeberrimo personaggio
creato da Quentin Tarantino in Pulp Fiction che pronuncia la celebre battuta
“sono Mr. Wolf, risolvo problemi”): vengo chiamato in azienda per risolvere
situazioni problematiche e di stallo e l’efficacia del mio lavoro viene misurata di
volta in volta. Duro, ma stimolante e utile (se hai capacità e palle per poterlo
fare. Dicono che io sia dotato di entrambe in generosa misura).

Il Cliente vuole risultati, vuole strumenti che funzionano, vuole un approccio
rivoluzionario e risolutivo. Basta con i cappelli colorati in testa, basta con le gite
nei campi a spararsi addosso, basta con le serate goliardiche: non c’è tempo e
non ci sono soldi per giocare a fare business.

C’è da fare business davvero.

Quando vai, come capita a me quasi quotidianamente, in una mega azienda
blasonata, se solo ti azzardi a parlargli di “outdoor training” o di “brainstorming
creativi” o di “team bulding esperienziale”, sei fuori. L’amministratore delegato
o chi per lui ti guarda con occhi che sprizzano fulmini.

Gli devi parlare di come farai guadagnare di più, subito, la sua azienda.

Di come renderai i suoi uomini più produttivi, a partire dal pomeriggio.

Gli devi dire come gli garantirai prosperi successi, nel giro di trenta minuti.

Questo vogliono, questo gli devi dare.

Ecco quindi un tanto breve quanto efficace elenco di verità scomode e
rivoluzionarie. Non piacerà a tutti, immagino. Ma poco importa. Del resto,
diceva Steve Jobs, “sono pagato non per essere simpatico, ma per far funzionare
le persone”. Pronti?

1. Outdoor training significa, di fatto, fare una scampagnata e spararsi addosso o
costruire ponti di legno. Non migliorerà la produttività aziendale, solo l’ego di
chi organizza queste gite nei prati. A meno che l’azienda abbia come core
business quello di spararsi con pallini di gomma nei corridoi.

2. Il brainstorming creativo è una immensa… ecco. Di solito, si tratta di due ore
in cui ai partecipanti viene concessa la licenza di sparare qualsiasi boiata senza
senso gli passi per la testa. Il tasso di conversione fra idee emerse in queste
riunioni e azioni concrete di successo è vicino allo zero. La scienza ha
ampiamente dimostrato che da soli si pensa molto meglio e si produce molto di
più (lo so che questa è tosta, ma è così: dura lex, sed lex).

3. Team building esperienziale significa: giocare ai soldatini per un giorno e
tornare tutti bambini. #sapevatelo.

4. Gli obiettivi scritti non funzionano come dicono . Non c’è alcuna correlazione
fra lo scrivere un obiettivo e il raggiungimento dello stesso. Aiuta scrivere
qualcosa, ma senza perderci le giornate. La storia che gli studenti che scrivevano
gli obiettivi avevano poi più successo è, semplicemente, opera di fantasia e mai
dimostrata. Potete risparmiare tempo.

5. Visualizzare situazioni positive peggiora il business. Il pensiero positivo
comunemente inteso abbassa i risultati e la produttività, perché porta a
sottostimare la portata delle sfide da superare (e tonnellate di studi pubblicati in
tal senso dimostrano che un po’ di sano pessimismo migliora voti a scuola e
rendite sul lavoro). Oggi la vera sfida è il bi-pensiero, mica il pensiero positivo.

16

TERMINATOR, I VENDITORI TUTTOFARE E

L’IMMENSA BALLA DEL MULTITASKING



Hai presente Terminator, nel primo film della serie? Il robot che viene dal futuro
è stato programmato da Skynet per cercare e uccidere John Connor: quando
arriva nel nostro tempo, si mette a cercarlo e continua a cercarlo fino a che non
lo ha trovato. Persino quando Terminator viene colpito e mezzo distrutto, va
avanti, con gli ultimi circuiti che girano, verso il compimento della sua missione.
Hai mai visto Terminator fare altro? Manco dorme, quello. Sempre e solo una
cosa in testa, il suo John Connor.

Ecco, il tuo cervello funziona esattamente alla stessa maniera: è progettato per
concentrare la sua attenzione solo su poche cose alla volta (non crederai ancora
alla immensa palla del multitasking, vero?) e continua a concentrarsi su quelle
cose fino a che non viene distratto da qualcosa d’altro o programmato a fare
diversamente.

Quando lavoro con i commerciali di un’azienda, dico loro di usare la modalità
Terminator che consiste in questo:

1. Fissare appuntamento con il cliente;

2. Andare dal cliente;

3. Vendere.

Nessuna altra opzione deve essere considerata e, soprattutto, niente altro deve
essere fatto. Perché la verità è che se vai dal tuo cliente con l’idea di vendere (il
tuo prodotto, il tuo servizio, la tua professionalità), allora venderai. È
matematico ed è scientifico. Perché se nel tuo cervello brilla la convinzione di
potercela fare e l’assoluta certezza di riuscire, ogni fibra di te vibrerà di una
forza particolare e nuova. Il tuo corpo trasmetterà messaggi di certezza e fiducia
e il tuo cervello ti permetterà di attingere a risorse inesplorate per ottenere il
risultato che si è prefissato. Non solo: se hai in testa l’idea di andare a vendere e
cominci a fare altro, dal bighellonare su Facebook al pensare a cose che non ti
competono, perdi mordente. E se perdi mordente, perdi il cliente.

I venditori sono venditori, quindi devono fare i venditori.

Invece, ci sono venditori che si mettono a fare consulenza a quelli del marketing,
spiegando a quelli del marketing come devono fare il loro lavoro.

Oppure, ci sono i venditori che fanno i consulenti aziendali al loro datore di
lavoro, spiegandogli come deve gestire l’azienda.

Infine, ci sono i venditori che fanno i pr: migliaia di twitter o di post, e nessun
prodotto venduto.

Io voglio che i venditori che addestro siano dei Terminator (con la mimica
facciale più espressiva, naturalmente, e con un sacco di sorrisi in più!), che
programmino nel dettaglio la loro attività e che compiano poi le azioni
necessarie per concretizzare i progetti fatti a tavolino. La programmazione è
tutto: così come Terminator ha in testa un obiettivo molto specifico e definito
(non deve far fuori un ragazzino qualsiasi, ma John Connor, solo lui e niente
altro che lui), tu devi avere ben chiaro in testa quello che vuoi dalla vita e dal
lavoro, senza tanti fronzoli, la verità precisa, nuda e cruda.

Lascia stare i vorrei, i potrei, i magari, i se fosse. Lascia stare il multitasking,
non ce l’hai e non ce l’avrai mai: chi ti dice il contrario, sta solo cercando di
venderti qualche corso inutile. Metti a fuoco il bersaglio. Metti a fioco il
bersaglio e lascia stare tutto il resto.

Fai il tuo mestiere, quelli del marketing faranno il loro, l’imprenditore gestirà la
sua azienda e Zuckeberg camperà anche se pubblichi qualche post in meno.

Quale che sia il tuo business, quale che sia il tuo obiettivo, concentrati sul
risultato finale e basta.

Puoi fare solo una cosa alla volta. Falla bene. Senza dubbi, senza tentennamenti.



17

AGASSI, DJOKOVIC E IL SEGRETO DEI

BUSINESS FELICI


Non sono propriamente quel che si dice uno sportivo, ma quando c’è da
imparare sono sempre pronto ad ascoltare tutte le voci. E così, pur non
praticando né seguendo il tennis, ho divorato due libri molto interessanti:
“Open”, di Andrè Agassi e “Il punto vincente”, di Novak Djokovic. Due libri
molto diversi, due tennisti molto diversi, entrambi campioni indiscussi, entrambi
autori di performance meravigliose che hanno fatto e fanno la storia di questo
sport.

Mi ha colpito, e non me l’aspettavo, la storia di Agassi, questo ragazzino
subissato da un padre violento e maniacale, costretto ad allenarsi in un modo
inumano, portato a vincere tutto quel che c’era da vincere fino a odiare il tennis e
ridursi fisicamente a pezzi. Un uomo ferito, dolorante, piagato dall’esser stato
costretto a fare qualcosa che, racconta, non avrebbe voluto fare. Vincente, ma
distrutto.

Dall’altra parte, invece, ecco un ragazzino che, sotto le bombe della guerra in
Serbia, trova comunque il modo per allenarsi e godersi lo sport che ama più di
ogni altra cosa al mondo. Un uomo allegro, oggi, in perfetta salute, innamorato
del suo tennis come il primo giorno. Vincente e felice.

Ed eccoci al punto. Sia Agassi sia Djokovic sono tennisti vincenti: fama,
successo, soldi. Ma uno dei due ha vissuto un business felice, l’altro no. Nella
vita come nel business, non possiamo misurare la bontà del nostro business solo
dalla quantità di fatture che emettiamo a fine mese, né da quanti clienti abbiamo,
né da quanti prodotti vendiamo. Io stesso ho venduto prodotti di cui non ero
convinto o che non mi sentivo “addosso”: i risultati sono sempre arrivati, perché
quando c’è da fare io faccio. Ma la mattina, ricordo bene, era uno strazio: non
avevo voglia di andare a lavorare. Le ore del giorno non passavano mai. E la
sera, peggio che mai: sospiri e sbuffi pensando al giorno dopo.

Fatturavo, certo. Ma a che prezzo?

Come uomini di business, come venditori o come professionisti, dovremmo
sempre ragionare in termini di prezzo: non solo e non tanto in riferimento a
quello che ci pagherà il cliente, quanto piuttosto in riferimento a quello che
paghiamo noi, giorno dopo giorno, svolgendo il nostro lavoro.

Se il lavoro che portiamo avanti è il nostro lavoro, allora il prezzo pagato sarà
esiguo e a fine mese il nostro bilancio emotivo sarà in attivo. E, in termini
prospettici, ciò significa avere una vita ricca, piena, felice.

Se il lavoro, invece, non ci appartiene o ci costa eccessiva fatica, allora il
bilancio a fine mese sarà negativo e, presto o tardi, pagheremo il conto.

La morale è che non basta fare il budget mensile, per avere un business felice.

Non si vive di soli soldi o di classifiche scalate.

Come dice un detto che circola in rete, le uniche cose che contano sono quelle
che non si possono contare.













18

HARVEY MACKAY E LA RICETTA MAGICA

PER I BUSINESS FELICI



Harvey Mackay, tra i più importanti formatori e scrittori del nostro tempo, vero
guru del business ed esperto di successo, ha una ricetta molto semplice per il
successo: “ fa ciò che ami, ama ciò che fai, mantieni più di quel che hai
promesso ”.

Questa ricetta è certamente alla base di un business felice e la violazione di uno
qualsiasi di questi tre ingredienti ti conduce verso strade che sanno di
frustrazione, mancati risultati, business poco ecologico.

1. Fa’ ciò che ami: quando fai quello che ti piace, tutto ti riesce meglio. Ogni
cosa sembra più semplice e le difficoltà che per altri paiono insormontabili per te
sono solo tappe di percorso. Fare quel che si ama è come nuotare in mare aperto
seguendo la corrente: tu ci metti la tua energia e la tua forza di volontà, il mare
fa il resto. Se fai quello che ami, non ci sono orari, non ci sono week end,
proprio come non ci sono orari quando ti diverti, quando fai le cose che davvero
ti fanno brillare gli occhi.

2. Ama ciò che fai: ogni azione che compi deve essere fatta con amore, con
l’unico e preciso scopo di farla bene, di generare valore, di realizzare qualcosa di
significativo e speciale. Che sia una presentazione commerciale, un
appuntamento al telefono o la preparazione di un progetto, dovresti sempre
metterci passione e amore. Come suggerisco ai miei clienti, durante la
formazione o il coaching, se non te la senti, passa: piuttosto che fare qualcosa
(qualsiasi cosa) senza amore, lascia perdere, tanto la faresti male comunque.
Piuttosto chiediti, se ti capita spesso di dover fare cose e di renderti conto di non
metterci amore, se il punto 1) è rispettato.

3. Mantieni più di quel che hai promesso: uno dei fenomeni che più sconvolge
l’essere umano è la frustrazione delle aspettative, la delusione rispetto a quel che
si attende. Se vuoi trionfare nel tuo business, se vuoi che i clienti si ricordino di
te, se vuoi davvero emergere in modo duraturo rispetto ai tuoi concorrenti,
ricorda e applica ogni giorno questo importante principio. Già il fare quel che hai
promesso è una pratica virtuosa (mica tutti lo fanno, del resto): fare
sistematicamente più di quel che hai promesso, invece, è pratica eccezionale. Le
persone si ricorderanno di te, parleranno bene di te, torneranno da te. È il miglior
marketing che esista: la sorpresa di un cliente che, entusiasta, parla di te con un
altro potenziale cliente. Nessuna strategia di marketing è altrettanto potente.

Come vedi, si tratta di tre principi piuttosto semplice da seguire e da applicare.

E, come vedi, tutto parte dal cuore, come sempre: se vuoi fare un business felice,
tu devi essere felice.

E se vuoi essere felice, devi fare cose che ti fanno brillare gli occhi.

E devi continuare a cercare fino a che non le avrai trovate, senza arrenderti,
animato dalla ferma convinzione che volere è potere.

E che quando dai un incarico a qualcuno, o a te stesso, quel che ottieni è sempre
un risultato o una scusa.












19

IL PARADOSSO DEL VENDITORE E LA

RICETTA PER DIVENTARE UN VENDITORE

SHIBUMI


Esiste una differenza profonda tra sapere e saper fare. Nel campo della PNL e
della Vendita, ti accorgi subito di chi sa le cose e di chi le sa fare. Chi le sa e
basta è artefatto, manieristico, fa le domande che trova scritte sul manuale e
muove le mani come gli hanno insegnato a scuola. Quando applica le tecniche,
te ne accorgi mezz’ora prima, perché tutto in lui è fasullo, costruito, falso. Chi le
sa fare, invece, ha un altro stile: pulito, elegante, discreto nei modi. Non usa la
tecnica per farti fare qualcosa, è semplicemente diverso nel modo di comunicare
con te e percepisci il reale desiderio, da parte sua, di perseguire un vantaggio
reciproco.

Per descrivere questo genere di stile, quello di chi le cose le sa fare, esiste una
parola giapponese: Shibumi. Nelle parole di Trevanian, scrittore: “Shibumi
allude a una grande raffinatezza sotto apparenze comuni. È un’affermazione così
precisa che non ha bisogno di essere ardita, così acuta che non dev’essere bella,
così vera che non deve essere reale. Shibumi è comprensione più che
conoscenza. Nel modo di comportarsi, è modestia senza pruderie. Come si
raggiunge questo Shibumi? Non lo si raggiunge, lo si… scopre. E solo pochi
uomini d’infinita raffinatezza arrivano a scoprirlo. Bisogna passare attraverso la
sapienza e arrivare alla semplicità.”

Quando vedo venditori o sedicenti esperti di PNL che applicano in modo
sfacciato le tecniche, inevitabilmente penso a Shibumi e al paradosso del
venditore.

Di che cosa si tratta? Semplice: il paradosso del venditore è legato al fatto che
una delle attività preferite dell’essere umano occidentale è fare acquisti. E una
delle figure professionali che il cittadino occidentale ha più invise è quella del
venditore. Come mai? Come mai le persone adorano comprare e non sopportano
i venditori? Perché troppo spesso i venditori sono solo motivati dal loro interesse
personale e si riducono a una sterile applicazione di tecniche acquisite leggendo
libri (da strapazzo) o frequentando corsi (da strapazzo pure quelli) in cui ti
insegnano la vendita aggressiva, l’atteggiamento da squalo, le tecniche da
fanatico, oltre al fatto che in questi corsi ti parlano male di tutti gli altri (cosa
assai poco Shibumi).

Come fai a diventare un venditore Shibumi? Sono necessari tre ingredienti.

1. Cuore: desiderio sincero di svolgere il tuo lavoro non solo per il tuo profitto
personale ma anche per un onesto vantaggio per chi si rivolge a te;

2. Disponibilità ad imparare: umiltà nell’apprendere da nuovi modelli, umiltà
nell’essere sempre disposto a migliorare te stesso;

3. Pratica: solo attraverso la costante e continua pratica puoi raggiungere quella
finezza dei tratti e dei modi che contraddistingue un venditore (un
professionista) Shibumi.

Sei pronto?













20

QUELLI CHE ANCORA ETICHETTANO I

CLIENTI

Sei sempre dello stesso umore o, ogni tanto, cambia? La stessa cosa vale per il
tuo cliente.

Decidi sempre nello stesso modo? Beh, nemmeno il tuo cliente.

Tu sei un cliente verde? Rosso? Blu? Fucsia?

Esiste ancora l’idea, nel campo della PNL e nel campo della formazione in
generale, che i clienti possano essere etichettati. In PNL, molti parlando di
clienti “visivi”, “auditivi” e “cinestesici”, applicando dunque una etichetta al
loro interlocutore. In realtà, durante il processo di vendita, quel che conta non è
tanto la preferenza sensoriale del tuo cliente, ma la sua strategia di acquisto in
quel preciso istante, cioè la sequenza di pensieri che il tuo cliente mette in atto
per arrivare alla decisione finale. Le preferenze sensoriali esistono, ma si tratta di
preferenze e vanno calibrate volta per volta. Lo stesso Bandler, nel suo ultimo
libro “Viaggio nella PNL”, scrive: “questa è un’interpretazione fallace di ciò che
abbiamo scoperto in PNL…gli esseri umani adorano attribuire etichette a se
stessi e agli altri… ciascuna di queste etichette confina la nostra mente in uno
spazio ristretto”.

La stessa cosa (anzi, questa è pure peggio) riguarda l’idea retrograda e malsana
di dividere i clienti in categorie di colore a seconda dei loro tratti
comportamentali. Ci sono dunque clienti blu, verdi, rossi e così via. I primi sono
irruenti, i secondi più riflessivi (vado a caso, ho rimosso quel genere di
informazioni limitanti) e via dicendo. L’idea di dividere i clienti a seconda del
colore presenta più di un problema. Anzitutto, il cliente può avere tratti e
manifestare comportamenti diversi a seconda del momento e del contesto. Se tu
lo collochi, nel tuo archivio mentale, come cliente di un certo colore, rischi di
trattarlo sempre nello stesso modo, senza prenderti la briga di osservarlo con
attenzione volta per volta. Poi, e questa riflessione secondo me è ancora più
importante, se si parla di cliente “riflessivo”, a me vien da chiedere: secondo
chi? Io posso essere giudicato riflessivo da qualcuno e poco riflessivo da altri.
Insomma, l’etichetta è negli occhi di chi guarda. Ricordo di aver assistito a un
corso in cui il formatore spiegava questa storiella dei colori e, alla fine della
spiegazione, aveva impersonato un cliente, chiedendo poi ai presenti (oltre una
cinquantina) di che colore fosse il cliente impersonato. Circa un terzo dei
presenti aveva detto un colore, un terzo aveva detto un altro colore, un terzo un
altro colore ancora. Il che significa, a livello empirico, che il formatore ha
fornito uno strumento inutile, uno strumento che ti mette in condizione di
sbagliare due volte su tre.

La verità è che i clienti non sono visivi, gialli, auditivi, verdi o chissà cos’altro:
ogni volta ti offrono uno spaccato del loro stato emotivo e comportamentale, da
contestualizzare in quel preciso istante, e sul quale lavorare, con tutti gli
strumenti a disposizione e con tutta la flessibilità di cui si è capaci.

Basta con le etichette, vanno bene per le marmellate, non per le persone.

E i clienti sono persone, non barattoli.













21

9 SEGRETI DELLA COMUNICAZIONE IN 1

MINUTO E 59 SECONDI


Voglio svelarti alcuni tra i più importanti segreti della comunicazione efficace,
della vendita, della persuasione. Sono 9 principi straordinari, che coprono il
corso dei secoli, da Aristotele a Steve Jobs e sono, ora, anche a tua disposizione.
Dacci dentro e… Enjoy :-)

1. Esprimi le informazioni a pezzi di 3 , numero magico e davvero accattivante
per il cervello inconscio. Lo dice Aristotele (la sua retorica, composta da Ethos,
Pathos e Logos), lo dice la Bibbia (Padre, Figlio e Spirito Santo) e lo dice
Obama: yes, you can. Lo dicono anche molti altri, ma tre è il numero perfetto,
quindi mi fermo qui.

2. Evita le domande “attira no” : sono domande chiuse che possono far dire “no”
a chi ti parla. Ad esempio: “le piace”? Molto meglio un più suggestivo: “che ne
pensa?”. Sei d’accordo? Anzi… che ne pensi? :-)

3. Usa le domande “attira sì” : quando dici qualcosa di piuttosto ovvio, chiudi
con una domanda che faccia dire o pensare “sì” al cliente. Ad esempio: è molto
utile imparare questi segreti, giusto? Saper comunicare in modo efficace è
importante, non è vero?

4. Ricorda che chi ti parla è egoista e gli interessa solo quel che porta vantaggio
a lui. Perciò, usa il meno possibile il pronome “io” e traduci sempre quel che dici
in qualcosa di concreto per il cliente. Questo TI aiuterà a sviluppare una
comunicazione efficace e TI permetterà di avere successo con i TUOI
interlocutori. Chiaro?

5. Prediligi, con gentilezza, imperativi e indicativi al tempo presente. Nike, lo
fa. Amazon, lo fa. Apple, lo fa. Che dici, vale la pena pensarci, giusto? Riflettici,
e poi applica questo principio al tuo business (sorridendo mentre lo fai).

6. Evita di scusarti se non serve. Ogni volta che dici “scusa”, ti esponi a
disparità psicologica. Se vuoi esser gentile, va bene. Ma senza tirarti la zappa sui
piedi. Puoi dire “per favore”, invece di “scusa”. Fallo, per favore.

7. Prima di iniziare a parlare, di qualsiasi cosa, chiedi. Fai domande . Ascolta.
Perché, come dice Beau Toskich, fare domande ti evita di vendere vitello ai
vegetariani.

8. Prima di rispondere a una domanda, chiedi . Si chiama tecnica del rimbalzo e,
usata con intelligenza, fa miracoli. Se il cliente ti chiede: “voi vi occupate anche
di questo?”, prima di rispondere chiedi: “per lei è importante?”. Se il cliente ti
chiede: “mi può fare questo tipo di trattamento?”, prima di rispondere chiedi: “è
questa l’unica cosa che le interessa?”. E così via. Se uno ti chiede un consiglio
su un libro da leggere, prima chiedigli: “di che genere?”. E via dicendo.

9. Ultimo, e più importante: stai zitto . Taci. Respira. Fai qualsiasi cosa, ma parla
il meno possibile. Le persone detestano i vuoti e i silenzi, quindi se tu impari a
star zitto, il tuo interlocutore parlerà, ti darà informazioni preziose, risolverà da
solo tutti i suoi dubbi. Zitto, zitto, zitto.

Finito: ora studia bene questi principi, fai pratica, divertiti. La tua vita, privata e
professionale, ne trarrà incredibili vantaggi.







22

10 FORMATORI CHE POSSONO RENDERE LA

TUA VITA ECCEZIONALE. FORSE



Ormai mi occupo di formazione da oltre 15 anni, prima in un campo, poi in un
altro. Ad oggi, quindi, posso affermare con certezza di aver conosciuto davvero
tanti colleghi che fanno, chi meglio chi peggio, certamente tutti al meglio delle
rispettive capacità, il loro mestiere. Tanti clienti mi chiedono cosa penso di
questo o di quello, anche perché un business felice lo fai (anche) se frequenti
corsi e formatori di qualità. Così, ho deciso di creare questo vademecum
(ironico) in cui, invece di parlar bene o male dei colleghi, traccio una serie di
profili: a te, lettore e discente, il piacere di scoprire se tra le tue conoscenze
annoveri una o più di queste tipologie.

Avvertenza 1

Io pure faccio parte della categoria… e ho più difetti di quanti riesca a contarne.
Come tutti, faccio del mio meglio.

Avvertenza 2

Un formatore (o trainer) può far contemporaneamente parte di più categorie,
anche di tutte. So che sembra difficile, ma conosco personalmente qualcuno/a
che riesce nell’impresa.

Avvertenza 3

Questo decalogo nulla toglie alle strepitose capacità che tutti i miei colleghi
possiedono. Insomma, è un articolo ironico :-).
Nella lettura, un briciolo di auto ironia può aiutare.

1. IL FORMATORE XEROX

È fantastico. Prende il nome dalla famosa aziende di macchine fotocopiatrici. Il
suo modus operandi è semplice: prende un tuo libro, copia i titoli e poi ci fa un
corso. Oppure, prende il programma di un tuo corso, fa copia e incolla, e poi lo
replica. Oppure, prende uno dei tuoi corsi introduttivi e lo fa uguale. Se ti è mai
capitato di notare su internet alcuni format che sembrano simili, è perché sono
copiati. A volte ha la gentilezza di cambiare il nome, a volte no. Se ti accorgi di
avere a che fare con un formatore Xerox, vai direttamente dall’originale. Una
copia, per quanto ben fatta, è pur sempre una copia.

2. IL FORMATORE MARCHESE DEL GRILLO

È quello che “io sono io e voi non siete un c***o”, per citare la famosa battuta
del Marchese del Grillo. Lo riconosci subito da come parla e da quel che scrive:
ha inventato il miglior metodo, la sua è l’unica strategia che funziona, come lui
non c’è proprio nessuno. Quando annusi, senti odore di divinità. Questa sua
sicurezza di solito si traduce in mascella volitiva e sguardo strabuzzato. A volte,
alza molto il tono della voce. Spesso, la stretta di mano è stritolante (perché uno
sicuro di se stesso strizza forte nocche e falangi, si sa). Ama circondarsi di
invasati, quindi stai attento a contraddirlo, rischi il linciaggio.

3. IL FORMATORE PDF

Piuttosto pericoloso, a dire il vero: fa quel che fa un pdf, ovvero snocciola i dati
leggendo, senza la minima inflessione. Il che va bene se il corso dura un paio di
minuti, va malissimo se devi farti 8 ore filate. Va benissimo se vuoi favorire stati
di sonno o curare l’insonnia, ma ci sono medicine molto più economiche, se
quello è il tuo scopo principale.

4. IL FORMATORE UOVO DI PASQUA

È come le uova di pasqua ben incartate: ti aspetti sempre un gran regalo e poi
resti inevitabilmente deluso. Ti accorgi subito, quando lo incontri, perché se fai
domande si inalbera e le evita (perché non sa di che parla). Oppure, perché ripete
sempre le stesse cose, a oltranza, senza posa. Si vende un gran bene, sembra il
tuo miglior amico da sempre e poi, quando ti giri, semplicemente non c’è. Se lo
fai uscire dal seminato, se la prende e, come minimo, ti segna sul libro nero. Hai
presente il detto americano che parla di “over promise”? Ecco.

5. IL FORMATORE DEI VIP

Idolo incontrastato della folla, basa il suo cv non su quel che ha fatto o studiato
mai sui vip che ha incontrato. Faccia di plastica pura. Spesso, quando si
presenta, ti snocciola i brand o i personaggi celebri con cui ha lavorato. Può darti
gran valore o può essere come il formatore uovo di Pasqua, dipende dai casi.
Ecco, per sicurezza tu valuta con quali VIP ha lavorato, anche perché aver
lavorato (giusto a titolo di esempio) con Barbara D’Urso non è che ti rende poi
questo gran genio.

6. IL FORMATORE PALADINO

È un vero e proprio paladino di valori, etica e giustizia. È quello che basa la sua
carriera sulla demolizione degli altri. La sua vera missione (dichiarata o meno) è
quella di salvarti, ma non dai mali del mondo… no: dagli altri formatori che, va
da sé, sono tutti subdoli, perniciosi, truffaldini. Si schiera contro praticamente
ogni metodo, si fa iconoclasta a prescindere. È “anti”, comunque e sempre. Ne
esiste versione più becera, chiamata “Formatore alla canna del gas”, che è quello
che piglia per i fondelli gli altri e parla male a prescindere dei colleghi. Che
quando uno arriva a questo stadio, è davvero alla canna (professionalmente
parlando) del gas.

7. IL FORMATORE PR

È un PR che tiene corsi, in cui spesso parla di etica, valori e rispetto. Poi, usa la
strategia dei PR da strada, di quelli aggressivi che ti piazzano in mano il biglietto
della “loro” disco e ti dicono che da nessuna parte si balla meglio che lì. Lo
riconosci subito perché ti chiama al telefono, spesso di persona (o ti fa contattare
da uno del suo staff) e ti dice di fare i corsi con lui, perché gli altri non sono
abbastanza bravi. Ti dà subito del tu, usa a volte diminutivi non richiesti e
sembra essere il tuo migliore amico da sempre. Come i PR, appunto. Quando è
in vena, hai la consumazione gratuita se frequenti il corso, e il venerdì sera le
ragazze entrano gratis. Se gli rispondi che già fai corsi con qualcuno, ti dice: “sì,
ma falli con me che i miei sono migliori e dalle altre parti non te la insegnano
bene”. Insomma, vuol fottere i clienti ai colleghi. Bassezza infinita.


8. IL FORMATORE DISCO DANCE

È il più bello da vedere, se ami il genere discoteca: ti dà un sacco di pacche sulle
spalle, batte il cinque appena può, quando è in vena usa frasi come “uè raga” e,
inevitabilmente, prima di ogni corso salta e balla (e guai se anche tu non salti e
balli con lui, ti guarda stranissimo e ci resta male). Sostiene che un balletto
prima di iniziare il corso aiuta e ti rende migliore l’apprendimento. Quando è in
vena, balla “Mamma mia” degli Abba sui carboni ardenti, che fa fichissimo.
Spesso, lo trovi a casa sua che salta sul barbecue, giusto per avere lo stato di
flow quando fa la griglia.

9. IL FORMATORE POSSEDUTO

Fantastico. È il tipo che ci crede di più, perennemente sulla linea di confine fra
neurodeliri ed esorcista. Come lo riconosci? Facile. Anzitutto, ha quasi sempre il
pollice alzato. Alza il pollice sempre, come Fonzie. In aula, in cassa
all’Esselunga, dal calzolaio. Quando gli parli, lui alza il pollice. Poi, sorride
sempre, in una plastica espressione di cera che neanche Berlusconi dopo il suo
peggior lifting. I gesti, infine: ogni volta che dice “sì” (anche al ristorante, ad
esempio, se il cameriere gli chiede se vuole un caffè), lui si alza, chiude i pugni e
li scuote con forza, urlando “Sìììììì!!!!!”. Salta spesso sui tavoli, a prescindere. Ti
motiva sempre e comunque. Se, ad esempio, gli dici che nel pomeriggio devi
andare a trovare tua madre, lui ti guarda fisso negli occhi, chiude i pungi, li agita
e poi ti dice: “dai che ce la fai”. Poi sorride e alza il pollice. Delirio purissimo.

10. IL FORMATORE IPNOTICO

Favoloso. Tu gli parli e lui comincia ad annuire e a strizzare gli occhi, per
sedurti con il suo sguardo magnetico. Quando è in vena, muove con perizia uno
o più sopraccigli, sempre per mandarti qualche messaggio ipnotico nel profondo.
Usa gesti molto ipnotici, a volte parla lentamente e soprattutto ha una costante
parvenza da spiritato. Spesso fa segni strani con le mani, perché sta lavorando
con il tuo inconscio, anche se tu non lo sai. A volte, quando davvero è motivato,
ti prende una mano e ti provoca una catalessi del braccio (che, a dirla tutta,
nessuno ha ancora ben capito a cosa serva. Dio, sarebbe carino farla in un ufficio
postale, all’impiegato che non si muove… ma il rischio ricovero è alto). Lo fa
così, per sfizio: ti sbatte in trance con noncuranza e se ne va. Se non capisci
quello che dice, strizza gli occhi e ti risponde che comunque il tuo inconscio ha
capito. Adorabile.

Ed ecco quali sono, invece, le principali caratteristiche che devi cercare in un
formatore, sempre che non ami il genere di cui sopra. In tal caso, uè raga, batti
cinque, balla e zitto, che io so’ er mejo e con un ingresso al corso hai la
consumazione in omaggio.

CITA I COLLEGHI: Quando presenta il lavoro di altri colleghi, li cita.

PARLA BENE DEGLI ALTRI O STA ZITTO: Diffida sempre di quelli che
parlano male degli altri. Lo faranno anche di te, appena ti giri.

SE NON SA QUALCOSA, LO DICE: E spesso ti consiglia qualche collega
che ne sa più di lui.

SA QUANDO TIRARSI INDIETRO: Se gli dici che stai già facendo corsi con
qualcuno, si complimenta per la tua scelta e ti augura in bocca al lupo.

QUANDO GLI PARLI, SEMBRA NORMALE: Non canta, non balla, non
sorride per forza e sempre, non usa un tono di voce sistematicamente più alto del
dovuto, non strizza gli occhi in tristi tentativi ipnotico seduttivi, non usa gesti
delle mani in ancor più tristi tentativi di controllo della mente. Insomma, sembra
una persona normale. E non ti piazza una catalessi del braccio così, per dispetto.













23

COME ROVINARSI EFFICACEMENTE LA VITA

IN 10 MOSSE

(E IN MENO DI UN MINUTO)


Per rovinarsi la vita, ci vuole metodo. Per rovinare una relazione professionale o
per pregiudicare in modo quasi irrimediabile il rapporto con il cliente, ci vuole
altrettanta disciplina. Mica la disintegri così, come se niente fosse, la tua
possibilità di avere successo: devi fare un sacco di cose, e devi farle bene.

Vediamo insieme, in sintesi, quali sono le principali 10 strategie che puoi
utilizzare per rovinare la tua figura professionale, perdere vendite e clienti,
ottenere un centesimo rispetto all’impegno che ci metti.

Più di queste cose fai, più le tue possibilità di successo calano in modo rovinoso,
quindi: attento!

Andare a un primo appuntamento ed esordire con “grazie per avermi concesso il
suo tempo” o “grazie per avermi ricevuto”. È un cliente, non è il Papa .
Dedicare i primi 12 minuti alla presentazione della tua azienda : quando è nata,
chi è il fondatore, come si è sviluppata, quanti prodotti vendete e bla e bla. La
soglia di attenzione del tuo cliente è di circa 7 minuti (se è uno scienziato e/o un
genio). Altrimenti, dopo circa 30 secondi, lui è già in trance e tu starai parlando
da solo.
Usare uno o più di queste frasi : “io al suo posto farei”, “io farei”, “se fossi in
lei”. Non sei al suo posto. Non sei lui. Lascia perdere.
Arrivare mezz’ora prima agli appuntamenti : le persone, nel caso tu non lo
sapessi, hanno anche altre cose da fare nella vita. E poi, venire prima non è mai
una buona idea.
Usare i diminutivi : una cosina, un regalino, un pensierino. Ricorda che i
pensierini si fanno nei cervellini.
Chiudere le mail (o le conversazioni) con la formula : resto in attesa di un suo
cortese riscontro. È il peggior modo che puoi usare. Se mandi una mail, lui ti
deve rispondere. E tu nel frattempo hai altro da fare.
Contestare il cliente : qualsiasi cosa dica, ha ragione, anche se non ha ragione.
Fatti furbo e usa le parole giuste: con le parole giuste, puoi fare qualsiasi cosa.
Applicare le tecniche di vendita, comunicazione o PNL senza garbo e senza
stile: hai presente quei venditori che ti stringono la mano, sguardo fisso negli
occhi, voce alta? Quelli che ti chiedi di che cosa si sono fatti, e quante sostanze
hanno assunte? Ecco.
Usare la frase: come lei ben sa . Ti svelo un segreto: la gente lo odia. Sa di presa
per i fondelli (perché, di solito, lo è).

Come vedi, è facile. E tu, volendo, puoi fare le cose in modo diverso.





















24

L’ATTEGGIAMENTO DEL VERO VINCENTE




Nell’ultima settimana (maggio 2015, ndr), ho ricevuto numerose segnalazioni,
da parte di amici e clienti, su comportamenti scorretti da parte di presunti
“concorrenti”.

Un tizio ha preso in giro il mio prossimo libro (senza averlo letto), un altro ha
pubblicato miei post (senza citarmi), spacciandoli per suoi, un altro ancora
attribuisce giudizi pochi lusinghieri al mio lavoro, lo scienziato di turno copia
persino i titoli dei capitoli del mio libro sulle parole, ci fa le slide e dice che si
tratta di coincidenze, un altro premio nobel invece declama di aver inventato
l’unico e vero metodo vincente per far successo … insomma, la solita quantità di
immondizia che la rete, inevitabilmente, porta alla luce. Si chiama “rete”, del
resto: proprio come le reti dei pescatori, oltre ai pesci, raccolgono anche i rifiuti
che trovano rimestando sul fondo, anche la rete del mondo social fa lo stesso.
Porta alla luce preziose risorse ed è uno strumento assai pregevole per crescere,
divulgare, conoscere … e porta alla luce anche tutto quel che è inutile scarto.

Anzitutto, a tutti i colleghi e amici che mi avvisano, dico: grazie, mi fa davvero
piacere avere intorno così tante persone che si preoccupano per me e prendono le
mie difese.

Poi, sempre a loro, dico: lasciate stare. Ognuno fa quel che può, con gli
strumenti che ha. C’è chi crea, c’è chi innova e ogni giorno studia per produrre
nuovo valore (a volte sbagliando, a volte tirando fuori dal cilindro qualcosa di
buono, ma sempre lavorando con il miglior intento possibile) e c’è chi spulcia le
pagine altrui per copiare due righe, chi si fotocopia i libri, chi dileggia non
avendo – evidentemente – niente altro di meglio di fare. La cosa buffa, poi, è che
tutte queste persone, in aula, predicano rispetto, coerenza, valori morali altissimi.
Si rendono ridicoli senza saperlo.

Ciò detto, penso che alla base di un business felice ci sia, anzitutto, una persona
felice. Quale che sia la definizione che puoi dare alla felicità (e ce ne sono
molte), un dato è certo: quando una persona è felice e soddisfatta del proprio
lavoro, quando una persona è in equilibri con se stessa e contenta di quel che è e
di quel che fa, pensa a tutto, fuorché a parlar male delle altre persone,
concorrenti o meno. Lo dice la filosofia, lo dicono praticamente tutte le dottrine
religiose, lo dice la psicologia e lo dice persino il buon senso: parlar male degli
altri o del lavoro altrui indica insicurezza, debolezza personale, frustrazione
personale, insoddisfazione. Se sei felice, manco ti viene in mente di gettar fango
su quelli che hai intorno: sei così inebriato da sostanze chimiche benefiche che il
marcio nemmeno lo vedi.

Uno dei metri di giudizio per comprendere se anche tu hai un business felice è
proprio questo: se ti rendi conto che sei troppo concentrato sul lavoro degli altri,
se ti rendi conto di covare rancore o invidia, se ti rendi conto che il successo
delle altre persone ti provoca fastidio, ciò significa che qualcosa dentro di te sta
girando storto. L’atteggiamento davvero vincente è quello di chi promuove le
proprie qualità senza denigrare gli altri, di chi parla bene di se stesso senza parlar
male di quello degli altri, di chi crea valore senza voler distruggere a tutti costi,
senza voler dire male, senza pretendere di essere dalla parte del giusto sempre e
comunque.

Ricorda: il business felice è quello fatto da persone felici. E le persone felici
pensano a godersi la loro felicità. Ogni mala parola o ogni cattivo pensiero
rivolto agli altri è solo l’indice della tua frustrazione. Pensa a come risolvere
quella, pensa a come stare bene: non è della demolizione degli altri che troverai
la gioia, perché sulle macerie si costruiscono solo palazzi destinati a crollare.






25

SEI UN KAMIKAZE? OVVERO:

TI DARANNO QUEL CHE CREDI DI MERITARE




Esiste una categoria molto particolare di professionista, nel campo della vendita
e del business in generale: il kamikaze.

Che tu sia un commercialista, un responsabile d’area, un coach, un venditore, un
agente o chicchessia, puoi scoprire rapidamente, grazie a una serie di punti
salienti che ho codificato, se anche tu fai parte di questa fatidica categoria.
Vediamo insieme di che si tratta.

Sei un professionista kamikaze se vivi una o più di queste situazioni:

1. Spesso hai la sensazione che i clienti e i collaboratori tengano poco conto
delle tue indicazioni;

2. Credi che quel che tu fai per gli altri sia decisamente più di quel che gli altri
fanno per te;

3. Le persone attribuiscono poco o scarso valore alle tue azioni;

4. Ripeti spesso la frase: “io per gli altri ci sono sempre e poi quando tocca a
me…”;

5. Ripeti spesso la frase: “nessuno capisce il mio valore (o il valore del mio
prodotto)”.

Voglio svelarti un segreto, tanto potente quanto sconvolgente: le persone, i
colleghi, i clienti, tutti… ti attribuiscono il valore che tu credi di meritare. E hai,
nella vita come nel business, esattamente quel che ti meriti.

So che questa pare una provocazione, ma è la pura verità: quel che otteniamo
dagli altri è lo specchio preciso di quel che noi crediamo di valere, magari non a
livello conscio ma nella parte profonda del nostro “io” ed è quel che emerge,
senza che ce ne rendiamo conto, dai nostri gesti e dalle nostre parole. La buona
notizia è che puoi diventare consapevole di questi gesti e di queste parole e
modificarli, così da modificare – in modo automatico – la percezione che hai di
te stesso e, di conseguenza, la percezione che gli altri avranno di te.

Vediamo dunque quali sono le caratteristiche principali di un professionista
kamikaze.

1. Quando chiede la parcella o dice quanto costa un prodotto, abbassa lo sguardo
(basta anche mezzo secondo!);

2. Quando fa qualcosa di buono e riceve un encomio, risponde più o meno: “oh,
nulla di che”;

3. Tende a usare diminutivi come “cosina”, “momentino”, “regalino”.

4. Tende a rovinare drammaticamente ogni cosa che fa. Ad esempio, fa un regalo
e dice che “è solo una sciocchezza”.

5. Tende a svilire il valore delle proprie azioni. Ad esempio, quando qualcuno lo
ringrazia, dice orribili cose del tipo: “di niente”, “dovere” o, la mia preferita,
“grazie a te”.

6. Si affida a presunti guru/giullari d’aula o del web ed esegue alla lettera ogni
loro indicazione senza discernimento;

7. Sperimenta un senso di vergogna o imbarazzo quando qualcuno gli chiede di
parlare di sé o del suo prodotto;

8. Usa in modo strepitosamente eccessivo i condizionali: “potrebbe”, “magari
potremmo”, “che ne direbbe” et similia;

9. Negozia pochissimo: quando il cliente chiede, inizia a rispondere prima di
aver verificato la contropartita;

10. È convinto che, tutto sommato, sia sempre colpa degli altri.

Naturalmente, questo è solo un elenco ridotto: sono certo che, tuttavia, può
esserti utile per iniziare a renderti conto della tua situazione.

Ricorda, nel business come nella vita: non è mai una questione di prezzo. È
sempre e solo una questione di valore, e il valore è una cosa che riguarda te,
quello che fai, quello che dici, come lo dici.

Fai attenzione, e rendi onore.














26

ROCKY BALBOA E I VENDITORI DI SUCCESSO



Una delle cose che ci insegna il film Rocky (in una qualsiasi delle sue versione,
tanto sono tutte uguali) è che l’incontro si vince anzitutto con la testa, poi con le
botte. Il famoso pugile ci ha dimostrato che con grinta, determinazione e
soprattutto pensieri di qualità si possono ottenere i risultati desiderati e che con
pensieri poco felici, invece, si prendono un sacco di cazzotti (vedi soprattutto
Rocky III, dove il nostro eroe, senza gli “occhi della tigre”, le busca di santa
ragione da Mr. T).

Nella vendita, è la stessa cosa.

Io credo poco alle tecniche di vendita in salsa americana, quelle che ti accorgi
subito quando qualcuno le sta applicando. Credo più nello stile personale, nella
assoluta padronanza del linguaggio, nella approfondita conoscenza del prodotto
e, naturalmente, nel livello di convinzioni del venditore.

Circa lo stile personale, in questo periodo ne ravviso una gran carenza,
soprattutto da parte dei formatori clown che intasano il mondo social e che
vanno bene giusto per il manipolo di invasati che li segue: tutti a battersi le mani,
a proclamare che il loro metodo è il più fico di tutti gli altri, tutti gasati a mille. I
venditori che seguono questi giullari li riconosci subito: strette di mano
fortissime, sguardo penetrante (possibilmente iniettato di sangue), tono di voce
alto e deciso, grinta estrema, modalità schiaccia sassi. Sono quelli che, dopo
pochi secondi, non sai se piangere o se chiamare la neurodeliri. Tu, sii shibumi
(leggi la lezione sul tema, se vuoi) e tutto il resto seguirà.

Circa la padronanza del linguaggio e la conoscenza del prodotto, servono
professionalità, tempo, studio, pratica: con questi ingredienti, i risultati arrivano
inevitabilmente.

Circa il livello di convinzioni, infine, devi stare attento a quel che pensi, non
solo durante la vendita ma anche prima.

Anzitutto, prima di andare a vendere, devi valutare il tuo livello di convinzioni,
perché da questo dipenderà in gran parte l’esito della trattativa: sei convinto che
il tuo prodotto sia troppo caro o che valga ogni centesimo? Sei convinto che la
tua azienda sia davvero competitiva o, sotto sotto, pensi che i concorrenti
lavorino meglio? Sappi che questi pensieri, in un modo o nell’altro,
traspariranno. E poi ci sono le convinzioni che riguardano te: ti senti pronto o
temi la disfatta? Hai un vero e poderoso senso di certezza rispetto alle tue
capacità o hai paura che il cliente ti metta in difficoltà? Guarda che è proprio
come a scuola, quando avevi paura di esser beccato e poi la profe interrogava
proprio te: quando hai convinzioni limitanti o potenzianti, il tuo corpo e ogni tuo
respiro lo dichiarano, quindi stai bene attento.

Per prepararti, ricorda Rocky: parla a te stesso con dialoghi di qualità, riempi la
tua testa di parole che producano effetti positivi, cancella le frasi e le parole che
possono condurti sulla via della disfatta. Piuttosto, rimanda l’appuntamento. Se
vai da un cliente con il cervello pieno di cattivi pensieri, perderai non solo la
vendita, ma anche il cliente. Se rimandi, invece, al limite perdi una vendita ma
guadagni la possibilità di lavorare ancora con quel cliente.

Sii attento a quel che pensi, sii consapevole del tuo stato d’animo e lavora
affinché sia coerente con i risultati che desideri: occhi della tigre, amico. Occhi
della tigre.









27

BUDDHA, COACHING E BUSINESS FELICI




Come sai, sono un convinto assertore dell’idea che i business felici sono fatti da
persone felici e che nessuna tecnica (di comunicazione, pnl o vendita) può
funzionare se la persona che la applica non ha una chiara percezione del sé e una
congruenza di fondo che gli permetta di muoversi con sicurezza ed equilibrio.

Uno dei principi che più amo della filosofia buddista è quello del “qui e ora”: la
consapevolezza del momento presente è essenziale per poter apprezzare a pieno
ogni dettaglio della nostra vita, così ricca di sfumature (non di grigio, per carità)
e sfaccettature che la sua stessa contemplazione dovrebbe esser sufficiente a
farci rendere conto di quanto abbiamo.

D’altro canto, io sono un Coach: insegno alle persone e alle aziende a ragionare
in termini di obiettivi, scadenze, timeline.

Come si concilia l’idea di un obiettivo ben formato con l’idea del “qui e ora”? E
in che modo questa sinergia di visioni può farti avere un business felice?

Semplice.

Parti dal presupposto che il raggiungimento dei tuoi obiettivi futuri dipende delle
scelte che prendi adesso, di quel che fai ora. I traguardi si raggiungono passo
dopo passo. E se ogni passo è ricco, pieno e consapevole, allora anche il tragitto
lo sarà. E raggiungerai gli obiettivi con il necessario impegno ma senza fatica,
con la giusta determinazione ma senza ossessione, con l’inevitabile sforzo ma
senza pregiudizio per te, gli altri, il sistema.

Essere consapevole del qui e ora in nessun modo ti impedisce di sognare,
progettare, pianificare: anzi. Proprio la consapevolezza del “qui e ora” ti
permette di sognare più in grande, di creare con la tua mente progetti
meravigliosi e di realizzare concretamente quel che desideri.

Troppo spesso, soprattutto nel mondo del business più “spinto”, ci si perde per
strada, si dimentica di celebrare adeguatamente il successo raggiunto perché si è
già protesi verso il prossimo obiettivo, in una corsa senza fine e a fiato corto.
Ricordati semplicemente di respirare, ogni tanto. Di essere grato per quel che sei
e per quel che hai, e di calmare la mente, perché la bramosia e la bulimia di
obiettivi e budget non ti porteranno molto lontano. O, almeno, non ti ci
porteranno in salute.

Goditi la giornata, goditi questo minuto e respira forte.

Alla prossima.

















28

IL VENDITORE È MORTO

Qualche tempo fa ho pubblicato un post in cui parlavo del “paradosso della
vendita”, che è questo: fra le attività preferite degli esseri umani c’è lo shopping
e fra le figure professionali più detestate c’è il venditore. Un paradosso, appunto:
le persone amano comprare, eppure odiano i venditori.

Le ricerche in campo psicologico e sociologico, nonché da ultime le ricerche in
campo linguistico, sono molto chiaro: alla parole “venditore” le persone
associano concetti per lo più negativi come “stress”, “fastidio”, “costringere”,
“fregatura”, “disturbo”, “sbruffone”, “arroganza” (che sono poi i concetti che
pure io associo ad alcuni profili di Facebook o Linkdln, quando leggo alcuni
post).

La responsabilità di questo scempio è sicuramente di certi formatori
sbruffoncelli che, con fastidiosa arroganza, sono abbarbicati su posizioni ormai
(per fortuna) superate, che strabuzzano gli occhi, agitano le mani e fanno, come
si dice a Roma, i “draghi”. Dei piccoli Fonzie, insomma, tutti impettiti con il
loro seguito di pecorelle senza spina dorsale, bisognose di carica motivazionale e
di iniezioni testosteroniche. I tipi che spaccano tutto a prescindere, insomma, e
che con la vendita c’entrano come i cavoli a merenda. Non insegnano vendita,
ma avanspettacolo da pochi spiccioli.

La responsabilità è sicuramente anche di certi libri che ancora popolano gli
scaffali: un autore da alcuni celebrato, Joe Girard, che un secolo fa è entrato nel
Guiness per aver venduto un numero esorbitante di auto (la sua società ha chiuso
da decenni, ma lui ancora professa i suoi metodi, per la cronaca), esorta
esplicitamente i suoi lettori a mentire al cliente e racconta di tecniche di
approccio basate su raggiro, menzogna, truffa. Ad esempio: “perché ovunque
quel tizio sia andato, ci sono andato anch’io, anche se non ho mai sentito parlare
di quel posto. Migliaia di individui hanno comprato da me, perché pensano che
io sia stato in quel parco, o in quel posto”. In pratica, Girard esorta a mentire, a
dire qualsiasi cosa pur di vendere, a fare telefonate a freddo ingannando chi
risponde. Osceno, ed è ancora in libreria. Roba da galera, per mio conto.

La responsabilità, infine, è di tutti coloro che vogliono diventare venditori solo
per guadagnare soldi (presunti) facili, per essere liberi di fare quello che
vogliono o perché, tristemente, non riescono a fare altro e sperano che per
vendere basti andare in giro a parlar di prodotti.

D’altro canto, se pur il venditore è morto, la vendita è viva e vegeta, anzi non è
mai stata così in salute: chiunque vende e chiunque deve sapersi vendere,
compresi quei professionisti che fanno certamente altro (penso ai coach, ai
consulenti, ai liberi professionisti in genere) ma che, per farlo, devono pur
vendersi. Un coach, per quanto bravo, senza la capacità di vendersi, resterà un
bravo coach con l’agenda vuota.

La vendita, per come la intendo io, è un processo raffinato attraverso il quale due
parti si incontrano, entrambe con esigenze ed entrambe con la possibilità di
soddisfarle. Il cliente vuole qualcosa, ha bisogni da compensare e desideri da
soddisfare. Il venditore (chiamiamolo ancora così, per ora) ha budget da
raggiungere, fatture da fare, soddisfazioni da prendersi. Solo quando il
professionista della vendita inizia a pensare alla vendita come a un processo
bilaterale, nel quale entrambe le parti devono trovare soddisfazione, solo allora
tutto funziona a meraviglia, per tutti. Nelle parole di Spencer Johnson,
professionista di grande levatura nel campo della vendita: “mi diverto di più e ho
un maggior successo quando smetto di cercare di ottenere quel che voglio io e
comincio ad aiutare gli altri a ottenere quel che vogliono loro”. Se c’è una
speranza che la percezione nel cliente della figura del venditore cambi, è solo
attraverso questa strada: meno arroganza, meno fuffa, meno vendite a tutti i
costi.

È ora di affermare con orgoglio il senso di una professione stupenda, studiano le
persone prima che le tecniche, perché le tecniche applicate senza profonda
comprensione dell’essere umano altro non sono se non sterile manifestazione
esteriore di una pochezza d’animo che non la lascia scampo.

È ora di smetterla con i fuochi di artificio e le sbruffonate, perché le persone –
per fortuna – ne sanno sempre di più, e sempre di più prendono le distanze da
queste esasperazioni prive di senso (tanto che questi venditori “gasati”, di solito,
se la suonano e se la cantano fra di loro, senza far molto altro).

E’ ora di superare persino lo storico (paleolitico) ABC, ovvero “Always Be
Closing”, “chiudere sempre”, perché non funziona più: io propendo per la
comprensione di se stessi e degli altri, per lo studio dell’intelligenza emotiva, per
un lavoro di crescita personale che permetta, solo dopo la conquistata coerenza
interna, l’applicazione di preziosi strumenti utili per migliorare la vita di chi li
sua e di chi ne entra in contatto. Perché se per chiudere io devo violare i miei
principi o “riflare” qualcosa che non serve a chi non lo vuole, allora io non
chiuderò. Potrei farlo? Sì. Voglio farlo? No.

Il venditore, è morto.

Il professionista della vendita, invece, è vivo, vegeto, e con prospettive
straordinarie.

Tu, di che genere sei?










29

GET SHIT DONE!




Uno dei miei motti preferiti è “Get Shit Done”, di difficile traduzione ma di
grande impatto. Più o meno, significa “fai subito le cose di m…”, oppure,
“sistema subito le str….e”. Insomma, questo mantra esorta chi lo legge a evitare
i sospesi e a risolvere subito le varie incombenze che occorrono nella vita di tutti
i giorni.

Ho scoperto che si tratta di molto più che di un efficace slogan: GET SHIT
DONE sintetizza quello che gli psicologi chiamano “effetto Zeigarnik” (dalla
psicologa Bljuma Zeigarnik che lo ha studiato e lo ha codificato) e che si
concretizza in questo: il cervello umano si ricorda molto più facilmente dei
compiti interrotti e che non ha completato (il che non è un bene come potrebbe
sembrare a prima vista).

Quando non completi un compito o hai una attività in sospeso, di fatto lasci il
tuo cervello in uno stato di tensione, dovuta a un bisogno non soddisfatto.
Questa costante tensione, che permane fino a che il compito non è stato
completato, influisce sui tuoi comportamenti, sulla tua serenità, sulle tue azioni
seguenti.

Uno dei principi che ispirano la filosofia di solobusinessfelici è proprio “vivere
bene per lavorare meglio”. E puoi vivere bene se il tuo cervello è sereno,
tranquillo, privo di tensioni.

Quando hai cose da fare, falle: che si tratti di incombenze domestiche o di una
mail che non hai voglia di spedire, per il cervello è lo stesso, si crea comunque
una tensione che ti accompagnerà fino alla sua risoluzione. Ora pensa a che
livelli di tensione puoi raggiungere quando i compiti interrotti sono 10, o 100!
Potrà sembrarti strano, ma una delle principali fonti di stress del professionista
moderno è proprio questa.

Prendi l’abitudine di far subito quello che devi fare, anche se non ne hai voglia:
la tua vita e il tuo business ne trarranno grandi vantaggi.

E se proprio non ce la fai, puoi ricordarti anche lo slogan della Nike: JUST DO
IT, fallo e basta. Senza dilungarmi troppo sull’argomento, ti basti sapere che i
tuoi comportamenti sono profondamente influenzati dai tuoi pensieri. E, credimi,
se ti metti a urlarti in testa “fallo! fallo! fallo!”, il tuo cervello – come per magia
– stimolerà una risposta adeguata e aumenterà il tuo livello di motivazione.

Ora, se vuoi davvero mettere a frutto questo post, fai un elenco delle cose che
hai in sospeso (compresa la chiamata alla banca o all’idraulico) e … fai subito
qualcosa. Ogni cosa fatta, un po’ di stress in meno.



















30

APPLE E LA SFIDA DELLA NOVITÀ




Chi fa business, e chi vende in modo particolare, si trova ogni giorno a dover
affrontare una sfida importante: conciliare due istanze del cervello umano in
apparenza inconciliabili. Da un lato, il cervello umano si eccita con le novità.
D’altro lato, il cervello umano è terrorizzato dalle novità, perché fare qualcosa di
nuovo o scoprire qualcosa di nuovo è esperienza faticosa e potenzialmente
pericolosa (parlo di cervello rettile, quello che ci portiamo dietro dall’epoca delle
caverne).

Siamo affezionati al nostro rasoio, ci stuzzica il nuovo ma, allo stesso tempo,
non siamo certi che potrebbe fare al caso nostro.

Vogliamo la lavatrice nuova con mille funzioni ma, allo stesso tempo, abbiamo
l’ansia di non essere capaci a usarla.

E il nuovo sistema operativo è davvero cool, ma chissà se sapremo utilizzarlo
come quello che è già in nostro possesso.

Per i venditori e i commerciali in genere, dunque, puntare tutto sulla novità non è
poi così un grande affare: le ricerche di Neuromarketing (cfr. Martin Lindstrom,
ad esempio), dimostrano che la morìa dei nuovi prodotti è impressionante. 9
nuovi prodotti su 10 muoiono entro sei mesi dal lancio.

Quindi, che cosa puoi fare per avere capra e cavoli, botte piena e moglie
ubriaca?

Apple ha risolto da anni, in modo straordinariamente efficace, questo problema
usando una tecnica che in PNL si chiama “ricalco e guida”. Prima di parlarti
della novità, ti parlano di qualcosa che tu già conosci, che sai usare, che hai già
imparato ad amare. Ad esempio, quando Steve Jobs parla dei dischi fissi del
nuovo MacBook Air, dice che sono gli stessi che hanno già animato gli iPod.
Quando Apple ha presentato il nuovo sistema operativo per Mac, il Lion, aveva
esordito con: “abbiamo preso le cose che amate di iPad e le abbiamo messe su
Mac”. La stessa cosa ha fatto per l’ultimissima versione: “siamo partiti da quello
che conosci e lo abbiamo migliorato… e abbiamo aggiunto…”.

Insomma, quando vendi parti sempre da quel che il cliente conosce.

Ho affrontato questo problema con una importante catena di vendita di
elettrodomestici: i commessi non riuscivano a “piazzare” i nuovi modelli di
lavatrice, perché si lanciavano nella descrizione entusiasta di tutte le nuove
funzioni. Le acquirenti erano terrorizzate. Dopo aver studiato il caso, abbiamo
impostato il colloquio di vendita in modo diverso. Il commesso, prima di iniziare
a parlare della nuova lavatrice, chiede quale modello già possieda la signora e
come si trovi con quel modello. Se la risposta è positiva, lui risponde: “Bene!
Questo modello, proprio come il suo… fa questo e questo … e in più fa ….”.

Ricalco, appunto. E guida.

Prima, quello che conosci, poi quello che io voglio tu sappia. Nel business, e
nella vita.











31

VENDITA: QUEL CHE DEVI SAPERE DAVVERO



La maggior parte delle decisioni di acquisto sono irrazionali (tutte?). Eppure, è
possibile prevederle, grazie alle più recenti ricerche e agli studi effettuati da
scienziati, esperti di marketing e… medici. Sì: il campo della vendita è davvero
affascinante, e ti permette di scoprire trucchi e segreti che renderanno il tuo
business ancor più convincente. Ti avviso: non è roba da venditori, questa. È
materia solo per veri professionisti della vendita. Iniziamo con la prima lezione!

1. PAGARE PRODUCE DOLORE: VENDI TUTTO INCLUSO. La prima
cosa da sapere è che pagare il conto per quel che acquisti attiva le aree cerebrali
del dolore. Pagare, fa male. Per questo, per aumentare le vendite, prepara offerte
“tutto compreso”. Ogni volta che aggiungi qualcosa al prodotto di base, infatti,
nel tuo cliente aumenta la tensione, perché mentalmente inizia a sommare i costi
e questo produce dolore. Usa, se puoi, il modello “all you can eat”. O il modello
“auto modello chiavi in mano, tutto di serie!”.

2. IL CERVELLO SI ANCORA AI PREZZI. Il cervello si lascia influenzare
dalle prime cose che sente… o legge. Clienti a cui è stato fatto pensare a un
numero compreso fra 90 e 99 sono disposti a pagare un prodotto fino a $ 55,00.
Clienti a cui, invece, è stato fatto pensare a un numero compreso fra 0 e 19 sono
disposti a pagare lo stesso prodotto solo fino a $ 16,00! Se io, ad esempio, ti
parlo di un prodotto che costa € 10.000, quando poi ti parlo del mio che ne costa
solo € 7.000, la tua percezione è che sia economico. Se ti avessi parlato subito di
un prodotto da € 7.000, la tua reazione sarebbe stata diversa. Questo principio è
applicato alla grande nella vendita di case: il bravo venditore parte sempre con la
casa più cara, così che ogni altra casa sembri conveniente! Quando io, in aula,
chiedo se una mela pesa più o meno di 50 grammi, la risposta media è “pesa di
più”. E quando chiedo quanto pesi, la risposta si attesta su una media di 70-80
grammi. Quando, invece, chiedo se una mela pesi più o meno di 200 grammi, la
risposta media è “pesa di meno”. E quando chiedo il peso, la risposta è, in
media, 120 grammi. Quasi il doppio di prima. Potere delle ancore!

3. IL POTERE DEL PLACEBO. Inutile negarlo: tutti ci caschiamo. Quando il
consumatore beve una bottiglia che crede costi € 50 è molto più felice di quando
ne beve una da € 5, anche se il vino è lo stesso. E valuta il primo, ovviamente,
molto più buono. Persino le bevande energetiche sono vittime della stessa
trappola mentale: quelle che costano di più sono giudicate più efficaci e più
stimolanti (anche se si tratta della stessa bevanda). E le medicine placebo
funzionano solo se il loro prezzo supera una certa soglia. Insomma: va bene aver
prezzi competitivi, ma attento agli sconti eccessivi. E se il cliente ti dice che il
tuo prodotto è caro, lavora sulla percezione che ha del valore del tuo prodotto. E
se non sai come fare, vieni a frequentare un corso con me, che t’insegno!

4. CI PIACCIONO I COMPROMESSI. Quando ti è possibile, struttura le tue
offerte commerciali su base 3. Ovvero: un’offerta top (il prodotto più costoso, o
la somma di una serie di servizi particolari), un’offerta minima (sulla quale,
possibilmente, tu stesso dovresti dimostrarti scettico) e un’offerta di mezzo che,
guarda caso, è quella preferita dalla maggior parte delle persone. Come accade
con gli iPhone, per esempio: il taglio di “giga” più venduto è proprio la via di
mezzo. Apple, in questo, è magnifica! La stessa cosa vale al ristorante: se sul
listino metti solo una bottiglia da € 100, farai fatica a venderla. Ma se ne metti
una da € 100, una da € 50 e una da € 10, vedrai lievitare le vendite di quella da €
50.

5. DETESTIAMO SCEGLIERE. Già, anche se ci piace ammettere il contrario,
i dati dimostrano che tanto più è ampia la scelta fra i prodotti, tanto più le
vendite calano. Perciò, taglia le opzioni e proponi poche soluzioni al tuo cliente:
aumenterai le vendite. Questo principio contrasta, in apparenza, con la regola di
marketing che parla dell’importanza di avere un grande assortimento. Puoi avere
(in alcuni casi, devi) un grande assortimento: sta a te accompagnare il cliente
attraverso preselezioni operate in base ai suoi gusti e alle sue richieste e guidarlo
verso una decisione più semplice. Prendi Amazon: hanno il più grande
assortimento del mondo, eppure ti conducono attraverso suggerimenti e consigli
attraverso il processo, facendoti acquistare in modo sereno.

6. SE PUOI, USA TUTTI I SENSI. Che profumo usi? Che profumo è collegato
al tuo brand? Considera che l’olfatto è responsabile della maggior parte dei
processi di acquisto. E la vista, da sola, non basta. Ovviamente, devi valutare in
funzione di quel che vendi: allo stesso tempo, anche solo rendere il tuo ambiente
di lavoro profumato e caratteristico può migliorare le attività che si svolgono in
quell’ufficio… e indurre i tuoi clienti a firmare contratti più sostanziosi. Nike, ad
esempio, ha verificato che il gradimento delle sue scarpe cambia a seconda della
miscela di profumo presente nei negozi. Anche Abercrombie e Hollister lo sanno
bene. E, infatti, funzionano.
32

VENDERE DI PIÙ? CAFFÈ CALDO, SCARPE

NERE

E LE PAROLE GIUSTE


Il cervello umano è davvero bizzarro: basta poco per guidarlo verso direzioni che
nemmeno si aspetta. E basta davvero poco per suggestionarlo e per fargli
“vedere” e “sentire” proprio quel che vuoi. Basta pochissimo, poi, per
influenzarlo. Per questo, da sempre sostengo che le vere tecniche di vendita si
studiano sui libri di antropologia e di neuroscienze: oggi, per nostra fortuna, la
scienza ci fornisce risposte certe e precise che spiegano comportamenti che fino
a poco tempo fa erano misteriosi.

Ecco alcuni esempi per te, che puoi studiare e utilizzare nel tuo business. Si
tratta di strategie potentissime, che funzionano sempre e a prescindere da quel
che tu credi sia vero o meno. Altro che tecniche di vendita dell’anteguerra: qui
parliamo di come influenzare il tuo interlocutore in modo radicale e profondo,
senza che ne abbia la minima consapevolezza.

1. COGNIZIONE INCARNATA: UN CAFFÈ AUMENTA LE VENDITE.

La cognizione incarnata è la branca della psicologia cognitiva che studia come
gli eventi esterni influenzino il nostro modo di pensare e percepire. Risulta dalle
ricerche, ad esempio, che quando una persona tiene in mano una tazza di
bevanda calda, tende a migliorare il suo umore, a valutare più positivamente il
suo interlocutore, a usare addirittura aggettivi diversi rispetto al prodotto che gli
viene presentato. Al contrario, le bevande fredde sortiscono l’effetto opposto.
Caldo = buono, insomma. Stai già pensando di sistemare un thermos di caffè
caldo in ufficio, per i clienti? Fai benissimo: puoi vendere fino al 30% in più, a
parità di altre condizioni!

2. L’ABITO FA IL MONACO: SOLO SCARPE NERE PER FAR SOLDI

Che piaccia o meno, l’abito fa il monaco. Le ricerche dimostrano che le persone
in abito scuro e cravatta sono percepite più importanti, più potenti… e persino
più alte (guadagnano, nella stima dei soggetti dell’esperimento, fino a 2 cm di
altezza rispetto a quando sono vestite casual). E il dress code non sempre va
d’accordo con la persuasione: se vuoi vendere e guadagnare più credibilità, un
solo colore per le tue scarpe: il nero. Poco importa se l’etichetta dice che la
mattina è meglio il marrone e che il nero va bene per la sera. Se vuoi vendere,
scarpe nere, con laccio. Niente moda. Scarpe nere. Chiaro? E sei donna, lascia
perdere le orripilanti Hogan: oltre a sembrare la cugina di Frankestein, venderai
di meno. Ci vuole il tacco. Punto.

3. LE PAROLE GIUSTE, COME SEMRPE

Sempre insisto sulle parole, che sono le tue etichette. Il cervello, quando ascolta
o legge, presuppone un sacco di cose. Ad esempio, se sull’etichetta di una
bottiglia di acqua tu scrivi che contiene “solo” lo 0,2% di sodio, chi legge
crederà che questo sia un valore basso. Non lo è. Decine di altre acque ne hanno
di meno, e costano meno. Se su un the freddo scrivi che “contiene polifenoli”,
chi legge pensa che ne contenga abbastanza e che ciò sia cosa buona. Ne
contiene talmente pochi che la quantità è risibile. Eppure. Se scrivi “nessuno
lava più bianco”, chi legge pensa che quel detersivo sia il top. Non lo è: lava
come tutti gli altri, ma le parole ti hanno fatto credere il contrario. E così tu:
basta che dici “fortunatamente” per far pensare al tuo cliente che tutto quel che
segue è cosa buona e giusta.







33

TUTTO QUELLO CHE SAI SULLA CNV È

(PROBABILMENTE) FALSO


Anzitutto: CNV sta per comunicazione non verbale (linguaggio del corpo) ed è
salita alla ribalta grazie all’ottima serie televisiva “Lie to me”, interpretata da un
fantastico Tom Roth. Di CNV se ne fa un gran parlare. Il che non sarebbe male
se quel che si dice fosse vero. Ecco a te, quindi, una serie di informazioni a
proposito di diffusi (ed errati) luoghi comuni che ti saranno senza dubbio molto
utili nel tuo business.

1. L’impatto della tua comunicazione non verbale “pesa” il 93% (compreso il
paraverbale), contro un misero 7% delle parole: FALSO. Ci ho già scritto un
post, puoi andare a recuperarlo (anche in questo libro!) e approfondire
l’argomento. Chi ti dice il contrario, non sa di che parla.

2. Le braccia incrociate al petto sono una posizione di chiusura: FALSO. Le
braccia incrociate al petto possono anche esprimere una posizione di chiusura
nei confronti dell’interlocutore, in particolari contesti e dopo una attenta
calibrazione. La maggior parte delle volte sono comodità, freddo, gioia. Sì,
gioia: le persone che in PNL definiamo prevalentemente cinestesiche, quando
sperimentano forti emozioni, anche positive, tendono a chiudere le braccia o ad
abbracciarsi. Vero è che sempre meglio parlare con un cliente con postura
aperta, ma è bene sapere queste cose per evitare di farsi inutili paturnie mentali.

3. Occhi bassi indicano menzogna o timidezza: FALSO. Occhi bassi o non
direttamente sull’interlocutore possono esprimere qualsiasi cosa: il modo di fare
di una persona cinestesica o auditiva, un’immagina sfocata comparsa nella testa
di chi ti parla, un modo di fare. Anche in questo caso, evita di trarre conclusioni
affrettate e calibra.

4. Se una donna si massaggia il collo in tua presenza, ti sta dando il “via libera”:
FALSO. E farei arrestare i cialtroni che vanno in giro dicendo il contrario, o che
ti insegnano a sedurre una “femmina” (cito) alzando il sopracciglio (cito). Può
essere certamente un segnale di apprezzamento ma potrebbe essere anche
cervicale infiammata. E se anche fosse apprezzamento, non implica il “via
libera”: puoi piacerle per come parli, per quel che dici o per come ti vesti.
Nessuna autorizzazione, dunque, a farti avanti.

5. Puoi controllare la tua comunicazione non verbale per ingannare il tuo
interlocutore: FALSO. Puoi esercitare un controllo razionale per potenziare
l’impatto della tua comunicazione, ad esempio usando gesti appropriati per
sottolineare i concetti importanti o evitando gesti per te abituali o innocui (come
grattarti il naso o sistemarti il colletto della camicia) che, a livello inconscio,
trasmettono tuttavia un cattivo messaggio al tuo interlocutore. Ma non puoi
fingere. Puoi tenere ferme le mani e fissare il tuo cliente con occhi da pesce
lesso, ma la sua amigdala è più furba di te e se non stai bene e se sei nervoso, lei
lo capirà: micro oscillazioni (incontrollabili), micro espressioni automatiche
(incontrollabili), sudorazione (che se anche non la senti a livello logico, a livello
di recettori nasali la senti eccome!). Quindi, ti conviene dedicare più tempo a
gestire il tuo stato, che a controllare i gesti. Se stai bene, il corpo seguirà.











34

I 5 TIPI DI VENDITORE CHE DEVI EVITARE

COME LA PESTE

Sai come la penso: il venditore è morto. Il mondo della formazione aziendale,
con particolare riferimento alla formazione per venditori è ancora intriso di quel
vecchio approccio fatto di sterili tecniche, di sorrisi ad ogni costo, del
complimento stucchevole fatto tanto per fare, perché ti insegnano che prima di
iniziare a vendere devi fare almeno 2 minuti (due minuti misurati) di “small
talk”.

Beh.

Dopo 20 anni di esperienza nel campo della formazione aziendale e della
formazione per venditori, ho identificato alcune tipologie di venditore che

1. se sei cliente, devi evitare come la peste e

2. se sei un venditore e vuoi diventare un professionista della vendita, devi star
molto attento a non diventare.

Ecco dunque alcuni tipi di venditore che puoi incontrare sulla tua strada.

1. IL PDF PARLANTE: è fantastico. Si siede davanti a te, ti saluta e il gioco è
fatto. Inizia a dirti in che anno è nata la sua azienda, quello che produce, quanto
sono fighi e quanto sono bravi. Possono passare anche 20 minuti prima che tu
riesca a dirgli qualcosa.

2. IL MENTALISTA: questo è micidiale. Lo riconosci subito, perché ti dice
frasi come “lei si vede che è uno che se ne intende”, “lei ha la faccia di uno
esperto”, “sono certo che si sta chiedendo” e così via. Probabilmente, si è anche
iscritto a qualche corso per venditori, ma deve aver trovato chiuso. Da buttare
direttamente dalla finestra.

3. IL POSSEDUTO: lo amo. È quello dalla mentalità vincente. Quello che
frequenta i corsi per diventare vincente. Quello vincente e punto. Stringe forte la
mano, ti fissa negli occhi e … niente, tu ignoralo. Tornerà a casa, si riguarderà
un video corso e domani andrà a esprimersi altrove.

4. IL DEMOTIVATO: eh, poverino. Questo proprio non ci crede. Tu vuoi
anche acquistare, ma lui inizia a inondarti di obiezioni (che, in linea di principio,
dovresti fare tu) come: “se però è troppo caro troviamo altre soluzioni”, oppure
“se non le piace può sempre cambiarlo” o, la mia preferita, “non so, veda lei,
magari ci vuole pensare ancora un po?”.

5. L’IDIOTA: a questo non c’è speranza. Tu parli, e lui risponde altro. Usa il
linguaggio più tecnico che puoi immaginare, non ascolta e va avanti a recitare la
poesia, qualsiasi cosa accada. Tu gli dici che non è questione di prezzo e lui ti
propone un nuovo sconto. Tu gli dici (è successo a me!) che non vedi i colori
perché sei daltonico e lui ti invita a scegliere il colore. Tu gli dici che il prodotto
che ti ha venduto non funziona e lui ti risponde, in ordine: “strano”, “è sicuro” e
… “si vede che è toccato a lei il nostro unico prodotto difettoso”. Se non fosse
da estinguere, quasi quasi sarebbe persino divertente.














35

A FAR LO SCONTO SON CAPACI TUTTI



A vendere, sono capaci tutti.

A creare valore, a ispirare persone, a fidelizzare, pochissimi.

Quello che devi fare, dunque, è imparare a vendere bene e per “vendere bene”
intendo suscitare nel cliente sensazioni e sentimenti che lo inducano non solo ad
acquistare, ma a parlare bene di te e del tuo prodotto.

La cosa sulla quale insisto sempre è che vendi comunque, anche se il cliente non
acquista. Infatti, un cliente può anche non acquistare il prodotto ma se tu hai
venduto bene parlerà di te, ti farà pubblicità, sarà la tua miglior referenza.

Molti venditori che conosco si concentrano sulla pratica della gestione delle
obiezioni. E la loro unica preoccupazione è il prezzo: quanto costa il prodotto,
che tipo di sconto posso fare, quali fantastiche promozioni ho nel mio arsenale.
E si lamentano se l’azienda per cui lavorano non ha il prezzo basso come loro
vorrebbero che fosse. Se la tua unica preoccupazione è il prezzo, allora non sei
un professionista della vendita, ma un pdf. E la tua azienda farebbe bene a
spedire il catalogo per mail, con relativo listino, invece che investire soldi su di
te e pagarti provvigioni e stipendio.

Se la vendita fosse una questione di sconti e prezzi, tu saresti inutile: basterebbe
un buon pdf, non trovi?

Nel suo ottimo libro “Partire dal perché”, Simon Sinek espone una grande verità:
ogni prezzo ha un costo.

E la manipolazione del prezzo genera solo transazioni, non fedeltà. Può darti la
sensazione di aver migliorato le cose, ma non è così. Se non lavori sulla
creazione di valore, se non ispiri e fidelizzi il cliente, l’azienda che domattina
proporrà un prezzo più basso ti porterà via tutti i clienti.

Ecco, quindi, alcuni semplici consigli per te. Un po’ duri, forse, ma senza dubbio
utili (se ci ragioni sopra).

1. Se la tua unica preoccupazione è il prezzo del tuo prodotto, puoi anche stare a
casa e mandare al cliente un pdf. Una segretaria qualsiasi potrà, con una
calcolatrice, fare sconti e promozioni al cliente.

2. Se ti lamenti sempre del prodotto o del prezzo che la tua azienda ti offre, puoi
serenamente cambiare azienda. O lavoro, che forse è meglio.

3. Se la prima cosa che cerchi in un libro o in un corso è il metodo per gestire le
obiezioni, hai un problema. Bello grosso, per inciso. Non è leggendo un altro
libro o frequentando un altro corso che avrai meno obiezioni. Avrai meno
obiezioni amando quello che fai e quello che vendi.

Vendi di più quando sei innamorato, quando sai quello che stai facendo e quando
credi completamente nella tua missione.

Non sono i corsi, non sono i libri, non sono le tecniche: certo, tutto serve.

Ma il professionista della vendita pensa al prezzo e alla provvigione solo alla
fine, forse.

Se il primo pensiero che hai è “prezzo/sconto/provvigione”, forse non sei un
professionista, ma un pdf parlante.

Buona vita, e buon lavoro!



36

IL PROBLEMA DEI DETERSIVI, DARWIN

E LA FORMAZIONE AZIENDALE


Io mi occupo di formazione aziendale, formazione ai venditori e coaching. Come
ti ho già raccontato (leggi qui), io ho un commerciale davvero in gamba: mi fa
avere un sacco di clienti, annichilisce i miei competitor e, soprattutto, non
pretende provvigioni: si chiama Charles Darwin e si occupa dell’evoluzione
della specie. Lascia in vita solo le aziende e i professionisti che sanno adattarsi
all’ambiente. Si è già occupato efficacemente di aziende come Blockbuster,
Kodak e Nokia, hai presente? Ecco: per evitare la fine di queste aziende e per
guadagnare ogni giorno punti di vantaggio sulla concorrenza, l’unica risposta
possibile è nella formazione aziendale, quella seria, quella fatta bene, mica
quella degli adrenalici salterini sui carboni ardenti.

Perché insisto?

Perché una volta il marketing si faceva in eleganti uffici, oggi si fa in ospedale,
con apparecchiature mediche che misurano le reazioni del cervello. E perché se
ci si fida dello status quo si rischia l’ecatombe.

Ti faccio un esempio: quando c’è stato (io ero piccolo) il boom dei detersivi, le
migliori agenzie di marketing hanno organizzato focus group e hanno chiesto ai
clienti quali fossero le cose che chiedevano a un detersivo. Le risposte sono
state: capi bianchi, capi puliti, colori accesi. E così, per un ventennio, le agenzie
di marketing si sono concentrate su “più bianco non si può”, “colori vivaci”,
“pulito splendente”. Ma nessuno ha mai veramente trionfato sui competitor:
perciò, la guerra si è combattuta su strategie di manipolazione sul prezzo. Due al
prezzo di uno, super offerta, e così via. La questione è che se ti metti a far la
guerra dei prezzi, prima o poi perderai, perché troverai una soglia oltre la quale
non puoi andare.

Un bel giorno, qualcuno si è deciso a scoprire che cosa facesse davvero la
differenza: e ha scoperto che la prima cosa che fa una donna quando finisce una
lavatrice è… annusare i capi. Già. Mica li guarda, li annusa. E ha scoperto,
creando di fatto un nuovo modo di far marketing (e garantendo ai primi che si
sono mossi in questa direzione), profitti altissimi. Quel che conta, dunque, non è
“il pulito”, ma “la sensazione del pulito”. Prima, nessuno lo sapeva.

La domanda è: hai anche tu il problema dei detersivi? Segui anche tu le regole
del mercato o ti stai preoccupando di fare le cose in modo diverso? Ricordati di
Darwin, e inizia a pensare in modo diverso.

Quando faccio formazione aziendale e formazione ai venditori, lotto quasi ogni
giorno con leggi di marketing e stereotipi che andavano bene, a esser generosi,
dieci anni fa. Ora, le regole sono cambiate. Ora, se vuoi vendere, devi sapere
come funziona una risonanza magnetica. E devi sapere come funzionano gli
ormoni. E un sacco di altre cose. Altrimenti, rischi di entrare in quello che
chiamo il paradosso del venditore (ovvero: la gente vuole comprare il tuo
prodotto, ma non vuole te: leggi qui l’articolo dedicato).

Esempi di formazione vecchio stampo che rischiano di farti estinguere?

La strategia della penalizzazione, ad esempio: penalizza il cliente, fagli venire
mal di pancia e lui comprerà! Sbagliato. Comprerà una volta, spinto dalla paura,
e poi comprerà da qualcun altro. Ricorda che a vendere son buoni tutti. A creare
relazioni durature con il cliente, molti meno.

La strategia dell’arcobaleno, ad esempio: passi il tuo tempo a stabilire di che
colore è il tuo cliente? Nel frattempo, qualcun altro sta vendendo. Ricorda che la
bellezza è negli occhi di chi guarda. E mentre a te un cliente sembra irruento
(colore rosso!), a un tuo collega sembra tranquillo (colore verde!). E a me,
invece, sembra un essere umano da conoscere, volta per volta.

La strategia dell’adrenalina, ad esempio: i clienti si sono stufati dei venditori
adrenalici ed esaltati, aggressivi e ipertrofici. Vogliono persone vere, con cui
parlare un linguaggio vero, con cui avere la sensazione di essere a casa. Ecco, tu
puoi continuare a frequentare i corsi che motivano venditori vincenti. Oppure,
puoi ricordarti che l’unico metodo che funziona è studiare la teoria e poi metterci
il cuore.

Ricorda: la formazione aziendale è molto più che un optional. È l’unica strada
che ti permette di evitare l’estinzione e di sviluppare un magnifico e virtuoso
business felice!


















37

FORMAZIONE AZIENDALE: LA TUA UNICA VIA

DI SALVEZZA

( SE FATTA BENE )


La formazione aziendale può essere la tua miglior strategia, o il modo per
rovinare la tua vita e quella di chi lavora con te.

Molti imprenditori che ho conosciuto sono avversi alla formazione aziendale e la
ritengono un inutile costo da tagliare ogni volta che si debbano prendere
decisioni mirate al risparmio. Da formatore, quando percepisco questo
atteggiamento ostile, ovviamente mi sento punto sul vivo. D’altro canto, se mi
immedesimo nei panni di quegli imprenditori e ragiono per un attimo adottando
il loro punto di vista, devo ammettere che, in fondo, hanno ragione.

Ho già preso posizione, a proposito della formazione aziendale, sulla figura del
formatore e su tutte le sue declinazioni: qui ripeto che uno dei motivi che
allontanano gli imprenditori dalla formazione aziendale è proprio il gap che
spesso si crea tra chi vuole assumere una risorsa (l’imprenditore) e la risorsa
stessa (il formatore), troppo spesso abbarbicata ai suoi due corsi e priva di reale
comprensione per un mondo complesso, che ha bisogno di risposte pratiche, che
ha bisogno di risultati tangibili.

Come formatore e come coach, non posso prendermela con l’imprenditore, se è
diffidente e se ha una serie di pregiudizi, perché guardandomi intorno vedo molti
colleghi che si improvvisano, leggo ancora articoli che mi fanno venire la pelle
d’oca, sento ancora di persone che portano in aziende idee e teorie superate e,
anche, false (ad esempio: leggi “le bufale della formazione).

Ecco, in sintesi, le legittime perplessità che l’imprenditore vive di solito quando
gli si parla di formazione aziendale:

1. Fare corsi è un costo e non mi cambierà la vita;

2. Le cose che insegnano durante i corsi sono una cosa, la vita vera è un’altra;

3. Nessuna formazione: i miei sono pagati per lavorare e ci manca anche che gli
pago i corsi!

Queste perplessità sono legittime. Perché è vero:

1. la maggior parte dei corsi che ho frequentato quando ero in azienda o a cui ho
assistito non mi hanno cambiato la vita;

2. la maggior parte dei formatori mi ha spiegato cose astratte che non tenevano
conto della vita vera;

3. le persone dovrebbero produrre risultato a prescindere dalla formazione, sono
pagate per questo.

D’altro canto, è vero anche che:

1. alcuni corsi cui ho assistito hanno profondamente rivoluzionato la mia
esistenza e la mia carriera;

2. alcuni colleghi mi hanno fornito strumenti pratici di concretezza estrema;

3. le persone magari fanno del loro meglio, ma questo meglio non è abbastanza
rispetto al contesto.

Pensiamo ai corsi di formazione aziendale per venditori: molti di coloro che li
tengono non hanno venduto nulla, in vita loro. Oppure, insegnano metodi definiti
(da loro) vincenti che poi si traducono in comportamenti stucchevoli e
manieristici che fanno sembrare alieni posseduti dal demonio quelli che li
applicano. Quando inizio in azienda un percorso di formazione aziendale per
venditori, mi assicuro di fornire a queste persone strumenti pratici che cambino
il loro approccio alla vita e al business, prima delle tecniche da applicare.
Quando dico che il venditore è morto (leggi qui), è questo che intendo: la
formazione aziendale dovrebbe servire non tanto per imparare la tecnica
presunta segreta, ma per imparare qualcosa in più su se stessi e sul mondo che ci
circonda.

Ecco alcuni consigli pratici che, da formatore, mi sento perciò di rivolgere a tutti
quegli imprenditori che ancora sono titubanti o hanno perplessità circa la
formazione aziendale:

1. Chiedi al tuo possibile fornitore che tipo di materie vuole insegnare e in che
modo (chiediglielo bene: “in che modo”) potranno determinare cambiamenti in
chi frequenterà i corsi;

2. Verifica che il tuo possibile fornitore abbia, di persona, applicato e svolto
quello di cui parla;

3. Analizza la figura del tuo possibile fornitore e, se rientra in uno degli
stereotipi di cui parlavo prima, passa oltre;

4. Chiedigli sempre un esempio pratico di qualcosa che insegna: digli che vuoi
vedere come funziona;

5. Lavora sull’idea che i tuoi preconcetti sono legittimi, ma potrebbero essere
limitanti per te e il tuo business.

Perché la formazione è davvero l’unica via di salvezza, se fatta bene. Perché
quello che andava bene l’anno scorso non andrà necessariamente bene anche
quest’anno. Perché quelli che una volta erano i numeri uno, ora non lo sono più
(pensa a Blockuster, Nokia, Kodak). Perché le persone fanno del loro meglio,
con gli strumenti che hanno.

E perché, se vuoi davvero stare al passo con i tempi, devi differenziarti
concretamente dagli altri.











38

STAI ZITTO E VENDI




La più importante abilità che deve possedere un professionista della vendita?
Saper stare zitto.

La cosa più difficile da fare per un professionista della vendita? Saper stare zitto.

Il segreto della comunicazione efficace? Saper stare zitto.

Già: l’abilità del gestire il silenzio è una fra le più importanti per chi voglia
comunicare in modo efficace e, senza dubbio, una delle più complesse da
conquistare. Ed è, per inciso, una strada che non finisce mai: ancora oggi, per me
rappresenta un’azione sulla quale devo concentrarmi, perché d’istinto mi
comporterei esattamente come facevo vent’anni fa. L’eccessiva parlantina e
l’incapacità di star zitto sono un vero e proprio morbo che, se ti colpisce, può far
declinare paurosamente le tue vendite e l’efficacia della tua comunicazione.

Ecco quali sono i sintomi dai quali puoi capire se sei afflitto da questo terribile
morbo.

1. Quando il cliente parla, inizi a parlare prima ancora che abbia finito.

2. Quando il cliente chiede, la tua risposta comincia prima che lui abbia
respirato.

3. Correggi le parole al tuo interlocutore, o gliele cambi se non sono come quelle
che avresti usato tu.

4. Quando il tuo cliente o interlocutore fa fatica a trovar la parola adatta, tu
completi la frase per lui.

5. Nelle tue frasi mancano del tutto o quasi i punti di domanda.

Ecco perché è fondamentale che tu debelli questo malefico morbo:

1. Il tuo interlocutore è egocentrico (come te, del resto): parlare, lo renderà
felice.

2. Il tuo interlocutore è egoista (come te, del resto): parlare, soddisfa il suo ego.

3. Il tuo interlocutore crede di essere più intelligente di te (e tu credi la stessa
cosa rispetto a me e a lui): ascoltare il suono delle sue parole lo renderà assai
felice.

4. Il tuo interlocutore ha la sua “mappa” (come te, del resto): ogni parola, per lui,
significa qualcosa di speciale.

5. Il tuo interlocutore odia le interruzioni (come te, del resto): lasciarlo parlare lo
farà star molto bene.

Ed ecco quali sono i vantaggi che otterrai quando te ne liberi:

1. Dai l’impressione di essere concretamente interessato (e devi esserlo, del
resto) a quel che dice.

2. Comunichi davvero.

3. Vendi di più.

4. Vendi di più.

5. Vendi di più.

39

5 LEZIONI DI BUSINESS CHE NON TI ASPETTI




Ho divorato e letto, nel corso negli anni, centinaia di libri dedicati alla
comunicazione, al coaching, alla pnl, alla vendita. Fra le varie librerie sparse fra
case e uffici, ho una raccolta di oltre 3.000 volumi, che spaziano dalla narrativa
alla saggistica. Dai libri di comunicazione e vendita ho imparato davvero un
sacco. Ma ho imparato moltissimo, forse anche di più, da libri che – in
apparenza – con la vendita e il business c’entrano poco o nulla. Alcuni clienti si
stupiscono quando durante i corsi di vendita parlo di buddismo o alchimia, forse
ancora vittime del pregiudizio secondo il quale il venditore di successo deve
essere uno squalo aggressivo che batte il cinque e strabuzza gli occhi, come
ancora alcuni ragazzini insistono a ribadire. Io insisto sul contrario: avere le
palle fumanti in nessun modo implica avere un cuore di pietra o il cervello
spento.

Pensando a questo, oggi voglio condividere con te 5 importanti lezioni che sono
state determinanti nella mia crescita personale e professionale (sempre in
quest’ordine: prima personale, poi professionale). Con tutto il cuore, mi auguro
che siano utili anche a te.

1. POSSIAMO RISPLENDERE SOLO QUANDO C’È BUIO . Secondo la
Kabbalah (e molte altre filosofie, a dire il vero), il Buio è semplicemente il
mezzo attraverso il quale noi possiamo risplendere. Le sfide e le avversità della
vita (dal problema a casa al cliente difficile) sono l’occasione per crescere, per
diventare più forti, per imparare qualcosa di nuovo.

2. OGNI OCCASIONE È SPECIALE, SE LO VUOI . Nel bellissimo
romanzo (da cui hanno anche tratto il film) Sideways, il protagonista dice alla
sua amica appassionata di vini: “Sai, ho in cantina una bottiglia di Chablys del
52”. E lei, entusiasta: “E che cosa aspetti ad aprirla?”. E lui: “Un’occasione
speciale”. E lei: “Aprire una bottiglia di Chablys dle 52 È un’occasione
speciale”. Ecco: per tutti quelli che campano di aspettative e si dimenticano di
vivere, nel frattempo. Oggi, è il tuo giorno speciale.

3. L’ESSENZIALE È INVISIBILE AGLI OCCHI . Impossibile evitare la
citazione al Piccolo Principe, mai abbastanza letto. Il business felice lo fai
quando hai il cuore leggero, non quando hai il conto corrente pieno. Se poi hai
entrambe le cose, meglio :-)

4. HAI IL DIRITTO DI NON LEGGERE . Daniel Pennac, con il suo saggio
“Come un romanzo” mi ha salvato la vita: ho il diritto di non leggere, di lasciare
i libri a metà, di sospendere la frequentazione di un corso se non mi piace.
Anche tu ce l’hai. La vita è troppo breve per finire libri brutti.

5. TUTTO PASSA, CHE TI SCALDI A FARE? Pilastro del buddismo: ogni
cosa è impermanente, quindi lascia correre e vai oltre. Vai oltre. Vai sempre
oltre.


















40

C’È CRISI O SEI IN CRISI?




Il titolo di questo post è una frase del mio amico Gianfranco Del Barba,
imprenditore di successo, eclettico uomo d’ingegno e persona dal cuore d’oro.

Il mio lavoro di Coach mi porta a raccogliere ogni genere di esperienza e il
minimo comun denominatore è, da qualche anno in qua, la lamentela sulla crisi:
ogni cosa che capita, è colpa della crisi. Non per tutti, per fortuna: conosco
numerose aziende che in questi anni hanno mantenuto e migliorato la loro
posizione sul mercato, traendo grande energia dal momento contingente.
Conosco anche moltissime altre persone, però, che di fronte a questi discorsi
fuggono dietro il solito “è solo aria fritta”, “il mio caso è diverso”, “fate presto
voi a parlare” (per voi intendono io e tutti quelli che come me lavorano con
spirito costruttivo, compreso Gianfranco, che della filosofia del guardare avanti è
strenuo promotore).

Ecco, pensando a Gianfranco, con tutto il cuore, mi vien da dire: “no, non fa
presto lui a parlare”.

Ho conosciuto Gianfranco quando era a capo di un’azienda di successo nel
campo della carpenteria: emozioni in acciaio e vetro era il suo motto. A
quell’epoca, suo figlio Mattia era poco più che un ragazzino. Quando la Crisi si è
abbattuta sul mondo dell’edilizia, lui ha deciso – invece di lamentarsi – di fare le
cose in modo diverso e ha puntato tutto sul servizio personalizzato, sulla
creatività, sull’innovazione. Ad un certo punto, visto le opere d’arte che creava
per i clienti, facevo persino fatica a definirla azienda di carpenteria, mi sembrava
riduttivo! Questo gli ha permesso di mantenere attiva l’azienda e di conservare
tutti i posti di lavoro per i suoi ragazzi.

Poi, due anni fa (ora che scrivo è novembre 2015, ndr), una terribile tragedia
avvenuta sul luogo di lavoro lo ha letteralmente messo in ginocchio: ha dovuto
smantellare buona parte di quel che aveva costruito e si è trovato con le spalle al
muro. Insisto: letteralmente. Il mondo roseo in cui viveva e il futuro che aveva
progettato per lui e la sua famiglia erano spariti in un istante.

Vi racconterà lui, quando lo incontrerete durante uno dei corsi che organizza e
frequenta, la sua storia. A me basta darvi un paio di informazioni:

1. negli Usa, adesso, è partito un progetto per una catena di piadinerie che
esporta la qualità italiana. Il locale si chiama “Piadamore” ed è già un successo.
A breve, apriranno altri locali. Alla faccia di Expo, che per promuovere la nostra
nazione invita Coca-Cola e Mc Donald’s. Alla faccia di quell’Italia che fa il
possibile per impedire a persone con idee e coraggio di fare quello che sanno
fare.

2. A maggio, dal 7 al 10, nello showroom Sanbonet, a New York, in Quinta
Strada (la strada più famosa del mondo!) saranno esposte opere della linea
Siderio, complementi d’arredo realizzati, guarda caso, in acciaio, grazie alla
creatività di Gianfranco e al lavoro strepitoso di Mattia Del Barba, che nel
frattempo è diventato un product manager con una grinta e un’audacia da far
invidia ai più navigati manager.

Che c’entrano un locale di piadine e una linea di arredo con la carpenteria?
Niente.

C’entrano tutto, invece, con idee come coraggio, capacità di affrontare le
difficoltà, umiltà nel reinventarsi quando le cose non vanno come te lo aspetti,
decisione netta di non usare scuse.

Mattia ha passato mesi, giorno e notte, a cercare – da solo e senza società di
consulenza di immagine – occasioni e possibilità per la linea di arredo: ha scritto
diecimila mail, ha mandato diecimila progetti. Da solo, senza che nessuno gli
insegnasse nulla. E ha preso la sua valigia per andare in America a cercare
investitori per il progetto Piadamore. Da solo, con due parole di inglese, e senza
raccomandazioni. Porta a porta, letteralmente. Ora, dagli States arrivano foto del
locale pieno, cercate su internet e lustratevi gli occhi. Strepitoso.

Gianfranco, sconvolto per la tragedia e con il cuore afflitto per l’improvviso e
immeritato cambio di rotta, si è asciugato le lacrime e tirato su le maniche. E ha
risposto alla domanda che pure io lancio di tanto in tanto su social e in aula: e
ora, cos’altro posso fare?

Questa storia ci insegna alcune cose:

1. Chi vuole scuse, trova scuse. Gli altri, alzano il culo dalla poltrona e vanno a
creare opportunità.

2. Quando le cose non vanno come te lo aspetti, puoi sempre fare qualcos’altro.
E partire da zero.

3. La paura è la vera crisi. Le scuse sono la vera crisi. Il piangersi addosso è la
vera crisi. Forse, non è colpa della crisi. Forse, sei tu a essere in crisi.

Quindi, grazie Gianfranco e grazie Mattia per lo splendido esempio di rinascita,
intraprendenza, coraggio. Avete reso un gran servizio a quelli che, come me,
insistono sul fatto che nella crisi può nascondersi la tua occasione e che, se
cancelli dalla tua vita paure e scuse, puoi davvero fare miracoli. Gianfranco si è
messo a studiare inglese a quasi cinquant’anni, e Mattia si è inventato un lavoro
che nessuno gli aveva insegnato. Punto.

Ora, ci saranno i soliti che “il mio caso è diverso”, “io non posso”, “io non lo so
fare”.

Andate avanti così, amici.

Si vede che vi piace.
41

SOLO BUSINESS ( E VITE ) FELICI




Molte persone rinunciano ai cambiamenti importanti (per loro stessi e per il
mondo in cui vivono) perché spaventati dalla mole delle azioni richieste: perdere
10 chili, aumentare la propria produttività sul lavoro, contribuire alla
salvaguardia del Pianeta, rendere il mondo un posto migliore. Grandi problemi,
pensano, richiedono grandi sforzi: è la cosiddetta “euristica dello sforzo”, una
trappola mentale per cui a grandi problemi corrispondono soluzioni molto
difficili. Altre persone, invece, magari cominciano a fare qualcosa, salvo poi
tirarsi indietro o mollare la presa, perché non vedono un immediato nesso “causa
– effetto” fra le loro azioni e gli effetti sperati.

Per ovviare a questi tipici errori del cervello umano, esiste quella che io chiamo
la “strategia del cucchiaino da caffè”, promossa con altri nomi da più parti (aiuto
aiuto, psicologia cognitiva, coaching e così via).

Immagina di dover perdere peso per rimetterti in forma. Immagina di dover
perdere 7 chili. Puoi fare un sacco di cose al riguardo, ma ragiona anche su
questo: 1 cucchiaino da caffè contiene circa 20 grammi di zucchero. Immagina
di togliere dalla tua alimentazione un paio di cucchiaini al giorno (una tazza di
the o un paio di caffè): si tratta di 14 cucchiaini alla settimana, di 56 al mese, di
730 al mese. Per 20 grammi, fa 14.600 grammi di zucchero in un anno. Quasi
quindici chili di zucchero. Un chilo di zucchero contiene circa 4.000 calorie.
Quindici chili, 60.000 calorie. Se consideri che per perdere un chilogrammo di
grasso devi perdere circa 7.000 calorie, riducendo di 2 cucchiaini al giorno la
quantità di zucchero assunta, significa che in un anno perderai 9 chili di peso,
facendo tutte le cose che facevi prima, solo eliminando due cucchiaini di
zucchero al giorno. Mica male, eh? Quasi un chilo al mese, senza far fatica.

In Italia, ci sono 60 milioni di abitanti. Immagina che uno su 10 decida di dare
una mano alla collettività e di privarsi di 1 euro alla settimana (hai letto bene, 1
euro alla settimana!) per una buona causa. Si tratta di un accumulo di 24 milioni
di euro al mese, circa 300 milioni di euro in un anno. Se solo una persona su
dieci mettesse 1 euro alla settimana, questo sarebbe il risultato.

A livello più globale, puoi pensare a questo: rinunciando a 1 bistecca alla
settimana per un anno, salvi 910mq di foresta, 390kg di cereali, 403.000 litri
d’acqua, 936kg di C02. Se 1 persona su dieci facesse lo stesso, solo in Italia
avremmo salvato tonnellate e tonnellate di cerali e milioni di litri di acqua (e
dato da mangiare a migliaia di persone che hanno fame).

Ora applica questi principi al tuo business: che cosa puoi fare di più, o di meno,
o di diverso, per trovarti fra un anno in condizioni diverse da quelle attuali?
Quali sono i “cucchiaini da caffè” di cui puoi fare a meno?

20 minuti al giorno in meno di Facebook, ad esempio, significano 560 minuti in
meno al mese, ovvero 6.720 minuti in un anno, ovvero 112 ore. Come dire,
calcolando 8 ore di sonno al giorno, oltre 7 giorni, una settimana di ferie.

3 pagine di libro al giorno dedicate alla formazione, per ogni giorno dell’anno, fa
1.095 pagine. Che si traduce in 5 libri da oltre 200 pagine cadauno.


1 chiamata gentile al giorno, a un cliente che non se l’aspetta e senza alcun
motivo, sono (tolte le feste), 200 chiamate all’anno, ovvero 200 clienti che si
ricorderanno di te e ti faranno pubblicità per questo, marketing gratuito della
miglior qualità.


Il problema più grosso è nel pensiero ricorrente che spesso mi viene riferito:
cosa può contare il mio euro, la mia bistecca, il mio cucchiaino, quale che sia?
La questione è che se tutti ragionassero così, nessuno farebbe mai nulla. Il che è
inaccettabile, per te, per il tuo business, per il mondo in cui vivi. Uno dei miei
personaggi contemporanei preferiti è Nathan Sawaya, ex avvocato, diventato lo
scultore di Lego più famoso al mondo. Il suo motto è “one brick at time“, un
mattoncino alla volta. Un mattoncino dopo l’altro, ha riempito di statue Times
Square a New York. Se farai la stessa piccola cosa per un anno, avrai cambiato
te stesso e avrai profondamente inciso sul tuo business. E se una persona su 10
farà lo stesso, allora avrai contribuito anche a cambiare il mondo. È solo
questione di cominciare e andare poi avanti, sfidando pregiudizi e convenzioni.
Perché se vuoi un business felice, allora devi avere una vita felice e puoi avere
quest’utima se tutto gira per il verso giusto e se, soprattutto, ti ricordi che sei tu
che puoi far girare le cose per il verso giusto. Oppure no, come sempre.
Rispondi per iscritto a queste domande e scegli il tuo “cucchiaino da caffè”: la
prossima volta che tornerai su questo blog, avrai già fatto la differenza.

1. Che cosa posso fare di meno, da domani?

2. Che cosa posso fare di più, da domani?

3. Che cosa posso fare di nuovo, iniziando ORA?
















42

È DAVVERO POSSIBILE MANIPOLARE I

PENSIERI DEL TUO CLIENTE?




Sì.

Il titolo di questo post è provocatorio, anche perché – di fatto – tu in ogni caso
influenzi chi ti ascolta, che ti piaccia o meno (leggi qui per saperne di più). Alla
base della formazione aziendale e della formazione dei venditori, ci deve sempre
essere questa precisa consapevolezza, altrimenti son guai.

Lascia ora che ti presenti un mio amico.

È timido e chiuso. Sempre disponibile, ha però scarso interesse per le persone o
il mondo della realtà. Anima mite e precisa, ha bisogno di ordine e struttura e ha
una vera e propria passione per i dettagli.

È più probabile, secondo te, che sia un bibliotecario o un agricoltore? Se
rispondi come la maggior parte delle persone, ti sei lasciato influenzare dallo
stereotipo descritto dalle mie parole e hai risposto “bibliotecario”, senza tener
conto che il rapporto agricoltori/bibliotecari è di 20:1 e che, quindi, è molto, ma
molto, più probabile che questo mio amico sia un agricoltore.

Nel mio libro “Parole per vendere” cito altre importanti ricerche che dimostrano
quanto, con le parole, tu possa influenzare la percezione di chi ti ascolta. Ad
esempio, a un gruppo di persone viene mostrato un filmato in cui due auto hanno
un incidente. Ad alcune di queste persone viene chiesto a quale velocità
andassero le auto quando si sono urtate: risposta media, 54 km/h. Ad altre
persone viene chiesto a quale velocità andassero quando si sono scontrate:
risposta media, 66 km/h. Quando la domanda era, invece, “entrare in collisione”,
la risposta media era 50 km/h, oltre il 20% in meno rispetto a “scontrate”.

Se si trattasse di un prodotto, ciò significa che hai il potere, attraverso le parole,
di modificare la percezione del valore percepito di oltre il 20%, solo scegliendo
verbi diversi. Insomma, mica male. Altro che brochure.

Per questo, come ripeto sempre, le presentazioni efficaci di vendita si preparano
lontano dal tavolo negoziale, ovvero si studiano con attenzione prima di andare
dal cliente, per studiare con attenzione le parole che poi, davanti al cliente, userai
per descrivere il tuo prodotto o servizio.

Una tecnica molto potente per applicare questi principi riguarda il “priming”,
ovvero, letteralmente, l’imprinting che tu puoi dare al cliente. Considera questi
dati:

1. È possibile suscitare immagini particolari senza necessariamente parlare
dell’argomento specifico di cui vuoi parlare: se ti parlo di ago, filo e vestiti, nella
tua mente inizia a formarsi un quadro preciso, con un protagonista preciso.

2. Alcuni verbi (chiamati verbi di azione), accendono nel cervello le stesse aree
che si attivano quando la persona effettivamente compie il movimento descritto.
Ad esempio, dire “afferrare” suscita in chi ti ascolta la stessa reazione
neurologica che si innesca quando la persona, realmente, “afferra” qualcosa.

3. In numerosi e diversi esperimenti, ad alcune persone vengono fatti leggere
documenti contenenti, in un caso, parole come “lento, vecchio, malato, dolore,
ruggine, peso” e così via e, nel secondo caso, parole come “scatto, veloce, agile,
leggero”. Le persone che leggono la prima serie di parole, nei test fisici che
seguono la lettura, risultano in media (a seconda dello studio e del tipo di test
condotto) molto più lente e molto meno performanti delle persone che leggono la
seconda serie di parole. Il che significa che leggere o ascoltare determinate
parole influenza anche il nostro comportamento, senza che ne siamo
consapevoli.

Detto questo, ecco la tecnica (da applicare, ripeto, prima delle tue presentazioni):

1. Pensa al tuo prodotto e scrivi tutti i concetti che vuoi esprimere al riguardo e
che vuoi restino “impressi” nella mente del tuo cliente. Ad esempio, che è un
prodotto efficace, che ti fornisce risposte rapide e sicure, che ti garantisce la
certezza del risultato.

2. Fai un abbondante elenco di parole e concetti che possono essere direttamente
collegati all’idea che vuoi “imprimere”. Ad esempio, riferendomi alle
caratteristiche elencate prima: soluzione, veloce, missile, garanzia, certificato,
testato, risultato, genio, Einstein, esperienza, soddisfazione e così via.

3. Prepara esempi, frasi e storie che contengano queste parole. Possono essere
storie di qualsiasi tipo: puoi dire che, nell’ultimo ristorante in cui hai cenato, sei
rimasto colpito dalla rapidità ed efficacia del servizio. Puoi dire che il treno con
cui hai viaggiato era davvero molto veloce. E puoi raccontare della volta in cui
un esperto ti ha fornito la soluzione sicura per le tue esigenze. Nota bene: ogni
parola che pronunci deve essere vera, perciò attingi dalla tua vera esperienza
personale.

4. Leggi con attenzione le frasi e le parole che hai scelto, così che il tuo cervello
familiarizzi.

5. Ripeti, ripeti, ripeti: studio e pratica sono ingredienti tanto essenziali quanto
indissolubili per raggiungere i risultati che desideri.

Buon lavoro!





43

5 IDEE PER VENDERE SPUDORATAMENTE




Ti ho già parlato del venditore pdf, una figura davvero bizzarra che ammorba i
suoi clienti con lunghe e noiose presentazioni di se stesso e della sua azienda
(leggi qui per saperne di più): quando svolgo corsi di formazione aziendale e di
formazione per i venditori, la prima cosa che faccio è eliminare con precisione
da cecchino questi personaggi che rovinano l’immagine a tutti i professionisti
del settore.

Oggi ti parlo di 5 idee da mettere subito in campo per distinguere ancor di più la
tua figura professionale e per vendere le tue idee o i tuoi prodotti o i tuoi servizi
in modo… spudorato :-)

1. PREPARA LA TUA USP (UNIQUE SELLING PROPOSITION). Anche
se la tua azienda non te l’ha fornita, pensaci tu: la Unique Selling Proposition è
la proposta centrata sul carattere di unicità del tuo prodotto o servizio. In che
cosa sei unico? In che cosa sei diverso dagli altri? Deve essere facile, semplice e
concreta. Apple, per esempio, al lancio del primo MacBook Air, centrò tutta la
presentazione sulla frase “il portatile più sottile del mondo”. Tu pensa a cosa sei
(o puoi essere) unico. E se non trovi risposta, ripensa a te stesso o al tuo prodotto
in questa chiave: devi trovare qualcosa che lo renda unica, o sei perduto.

2.RISPONDI A “PERCHÈ PROPRIO TE”. Sembra facile, ma non lo è.
Avere le idee chiare e la risposta pronta alla possibile domanda del cliente
“perché devo scegliere proprio te” può fare la differenza fra restar muto come un
pesce o vendere alla grande. Allenati a trovare la risposta giusta, ripetila a voce
alta cento volte e verifica che sia coerente con quello in cui credi davvero. Per
rispondere, lascia perdere la modestia e mettici un po’ di faccia tosta (senza
esagerare ma con grinta).

3. STUDIA UN “ELEVATOR PITCH”. Saper raccontare il tuo prodotto (o te
stesso) in due ore non implica di saperlo fare in tre minuti. Saperlo fare in tre
minuti, piuttosto, è cosa da pochi. Essere zen e senza fronzoli, saper andare al
sodo, mirare dritto al cuore del tuo cliente con argomentazioni nette, precise ed
efficaci: ecco quello che devi saper fare. Il pitch deve essere vivace, snello,
accattivante. Niente dati, niente presentazioni personali, niente supercazzole
sulla magnificenza del tuo prodotto. Parla di vantaggi per il cliente, di strategie,
di cosa ti differenzia dagli altri e di come questa differenza si tradurrà in utilità
per chi ti ascolta.

4. FATTI BRILLARE GLI OCCHI. Prima di aprire bocca, devi avere gli
occhi lucidi di entusiasmo. Devi brillare. Devi vibrare di energia positiva. Perché
comprano te, non il prodotto che vendi. Quindi, prima di cominciare le danze,
prenditi il tempo per pensare a tutte le caratteristiche EEE (eccitanti,
emozionanti ed entusiasmanti) del tuo prodotto o del tuo servizio. Lascia che
scorrano dentro di te. Devi trasudare eccitazione, perdinci!

5. STUDIA. Come sempre dico, conoscere le tecniche di vendita o di PNL o
aver letto diecimila libri sull’argomento non basta, se non hai una conoscenza
profonda del tuo prodotto. Mi capita spesso, in azienda, durante lo svolgimento
di simulazioni di vendita, che persone dell’ufficio tecnico svolgano le
simulazioni molto meglio dei loro colleghi commerciali. Un venditore preparato
fa sempre la differenza. E puntare tutto sulla parlantina o sulle tue abilità di
persuasione può esserti utile (posto che lo sia) solo nel breve termine. Per il
successo duraturo, servono tecniche e studio.







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NELLA VITA, A VOLTE VINCI. LE ALTRE

VOLTE IMPARI

C’è questo modo di dire che mi fa impazzire: “nella vita, a volte vinci. Le altre
volte impari”.

Kathy Ireland, modella e imprenditrice, afferma anche: “se non hai mai fallito,
significa che non ci hai mai provato abbastanza intensamente”.

Ed è esattamente così: al business felice ci arrivi a suon di porte in faccia, cadute
e tentativi andati a vuoto. Su questo concetto sono state scritte migliaia di
pagine, tutte ispirate alla celebre battuta di Thomas Edison che, al giornalista che
lo aveva punzecchiato sui suoi 10.000 tentativi andati a vuoto, aveva risposto:
“Ho solo scoperto 10.000 modi in cui la lampadina non funziona”.

Voglio, perciò, affrontare la cosa da un punto di vista diverso: il gruppo dei pari,
ovvero il gruppo delle persone che più ti sono vicine, con le quali hai più spesso
occasione di confrontarti, per scelta (vita) o per obbligo (lavoro).

Da queste persone sei più influenzato di quanto ti piacerebbe (o vorresti)
credere.

Le tue reazioni agli eventi sono strettamente correlate al tipo di feedback che,
giorno dopo giorno, ricevi da queste persone.

La conclusione è semplice: il tuo successo (qualsiasi cosa tu intenda per
successo) è legato anche alla visione condivisa dal tuo gruppo dei pari. Perché,
lo sai, la caduta è inevitabile: nella vita inciampi, cadi, a volte ti fermi. E la vita,
più spesso di quanto ci piacerebbe, fa il possibile per metterti i bastoni fra le
ruote. Mi piace credere che tutto quel che accade sia utile per imparare qualcosa
di nuovo ma ciò non toglie che la vita faccia davvero il possibile per testare la
nostra resistenza.

Per questo, stai attento.

Scegli con cura il tuo gruppo dei pari, sul lavoro e nella vita.

Mi rendo conto che è complesso, perciò ecco a te un piccolo vademecum per
affrontare la situazione con gli strumenti giusti.

1. Evita chi si lamenta del fatto che le cose non cambiano. E, se non puoi
evitarlo, ascolta in silenzio e poi rispondi come faccio io: “ah ah”, con tono
abbastanza scazzato, in modo da fargli capire che non sei interessato al discorso.

2. Evita chi, quando parli di crescita e cambiamento, si inasprisce e inizia a
sbraitare che il suo caso è diverso. Rispondi che ha ragione, che il suo caso è
diverso.

3. Evita chi, quando intraprendi un nuovo percorso di formazione aziendale o
formazione personale, ti esprime il suo dissenso senza aver prima fatto di
persona la stessa cosa. Ringrazia per l’interessamento. E poi chiudi con “ah ah”.

4. Circondati di chi ci crede. A prescindere. Gli inguaribili ottimisti sono quelli
che, quando scivolerai, ti aiuteranno a riprendere in fretta la strada.

5. Scegli di stare con persone felici.

6. Frequenta persone che ottengono risultati, che cambiano quando serve, che
affrontano le difficoltà facendo cose. Moltissime persone si lamentano del fatto
che le cose non vanno. E poi vanno avanti a far sempre le stesse cose. Ecco, tu
frequenta quelli che fanno cose diverse.

7. Decidi da che parte stare. Se vuoi un business felice, devi vivere una vita in
cui quello che fai è coerente con quello che ti fa battere il cuore. Tutto qui.

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7 REGOLE PER UN BUSINESS FELICE

ovvero: come ripensare la FORMAZIONE

AZIENDALE


Nel campo della FORMAZIONE AZIENDALE e nel campo della
FORMAZIONE VENDITORI se ne vedono e se ne sentono di tutti i colori. Al
di là dell’approccio scelto dal singolo formatore e dal suo stile personale, quel
che noto è che, da un lato, spesso e volentieri si insegnano in aula materie e
concetti da epoca mesozoica (hai presente lo schema dei quattro colori di cui
sempre parlo? Ecco). D’altro lato, si trascurano materie di basilare importanza,
destinate alla crescita e alla evoluzione dell’Uomo, prima che del professionista.

Ecco dunque un breve vademecum, 7 regole semplici semplici che vanno
studiate, approfondite, applicate. E la cui pratica, a mio modestissimo parere,
andrebbe inserita in qualsiasi programma di formazione aziendale, declinato a
qualsiasi livello. Non solo, dunque, durante la formazione ai venditori ma, per
l’appunto, durante la formazione di tutti coloro che animano la vita d’azienda.

1. PARLA BENE. Le parole sono tutto. Al di là della bufala sul 7% che,
auspico, prima o poi scomparirà, le parole sono davvero tutto. Parlare bene
significa scegliere con cura le parole che usi, sia per comunicare a te stesso sia
per comunicare a chi ti ascolta. Parlare bene significa avere piena
consapevolezza del fatto che la parola detta o pensate produce sempre e
inevitabilmente una reazione (conscia o meno) nel tuo cervello o in quello di chi
ascolta. E ricordare il fatto che questa reazione si traduce in chimica, in stati
d’animo, in pensieri che diventano comportamenti. Così, una parola dopo l’altra,
tu hai il potere di creare la realtà che preferisci, le emozioni che vuoi, i risultati
che desideri.

2. COMPORTATI BENE. Con i clienti, con i collaboratori, con i colleghi, con
chiunque. Sii gentile, comunque. Parlar male di chi è assente, screditare il lavoro
altrui o malignare alle spalle di chi non si può difendere sono azioni da deboli,
da persone prive di spina dorsale. Le azioni virtuose, invece, dichiarano potenza
d’animo e grande integrità. E alla fine, l’integrità premia. Lo sai come la penso:
alla fine, i buoni vincono sempre.

3. USA LA COMUNICAZIONE NON VERBALE. Non tanto e non solo per
interpretare i pensieri di chi ti parla (cosa, peraltro, assai utile e dilettevole) ma,
soprattutto, per migliorare il tuo livello energetico e il tuo stato emotivo. La
postura è fondamentale… e se vuoi saperne di più, cerca su internet o sui miei
profili social la famosa vignetta di Charlie Brown dedicata a questo tema!

4. SFRUTTA LA POTENZA DEL RESPIRO. Quando, durante i corsi di
vendita, insegno pratiche di respirazione consapevole, le persone spesso mi
guardano in modo strano. Che c’entra? si chiedono. C’entra, c’entra. C’entra
perché se sai respirare sei sempre rilassato e concentrato (sul pezzo, come si
dice) e perché se sai respirare sai gestire le situazioni con serenità ed efficacia.
Parlo di “saper respirare”, mica di tirar dentro aria: quello, sono capaci tutti.

5. MANGIA BENE. Hai presente “mens sana in corpore sano”? Ecco, parlo di
questo. Alcool, grassi, zuccheri, carne in eccesso, carboidrati raffinati, sigarette:
ogni volta che inserisci queste cose nel tuo corpo, riduci le tue possibilità di
successo (attento: se per “successo” riduci tutto a “fatturato”, hai un problema di
convinzioni limitanti, oltre che di alimentazione!). Un corpo in salute, grazie
anche a un’alimentazione consapevole e sana, è il miglior strumento per
raggiungere i tuoi business felici! Dovrebbero dunque inserire corsi anche di
questo, nei programmi di formazione aziendale? Io lo faccio. Dunque, perché
no?

6. PRENDITI CURA DI TE. Hai bisogno di spazio, di tempo, di aria. Ci sono
mille modi per prenderti cura di te, e mille risposte alle mille scuse che di solito
mi vengono a raccontare. “Non ho tempo”, mi dicono. Appunto per questo
dovresti prenderlo. Scegli le coccole che preferisci (stando attento a evitare il
contrasto con il punto numero 5) e goditi la vita, senza sensi di colpa. Se non
riesci, inserisci questo tema nei tuoi prossimi obiettivi. Ricorda: le persone non
comprano prodotti, comprano persone felici che vendono prodotti.

7. STUDIA. Questo riguarda te, in primis. Senza aspettare che l’azienda ti
organizzi il corso, tu fai quel che devi: aggiornati, leggi, impara più che puoi.
Leggi tutto quel che riesci, di qualsiasi genere. Amo ricordare, su questo tema,
l’immenso Jim Rohn: tu sei la somma dei libri che hai letto e dei corsi che hai
fatto. E quando credi di saperne abbastanza, è proprio quello il momento in cui
fare ancora un passo avanti.


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ESSERE FELICI CONVIENE




Da tempo, ormai, i miei corsi di formazione aziendale e i miei corsi di
formazione ai venditori si sono arricchiti di lezioni dedicate al benessere e allo
sviluppo personale: una miscela stellare di pnl, persuasione, alchimia, filosofia
orientale, antropologia preparata per mettere in condizione chi se ne giova di
trarre il massimo da se stesso e dalle circostanze che incontra.

Tutto questo perché la felicità personale è il vero, grande segreto: e nessuna
tecnica può competere.

Oggi voglio condividere con te alcuni preziosi spunti di riflessione e spiegarti
perché essere felici conviene.

1. ESSERE FELICI CONVIENE: la felicità, come forse già sai, è la
traduzione linguistica di una precisa condizione chimica. Quando sei felice, il
tuo corpo è intriso di sostanze benefiche, come la serotonina e le endorfine.
Queste sostanze sono avvertite, senza che ne sia consapevole, dal tuo cliente che,
letteralmente, le respira. Respirandole, il suo umore cambia. Diventa più sereno
e rilassato. E, naturalmente, più propenso all’acquisto. Quando stai bene, in
pratica, vendi di più.

2. LA TUA FELICITÀ SI TRADUCE IN LINGUAGGIO DEL CORPO:
quindi stai attento. Senza che tu ne sia consapevole, quando stai bene e sei pieno
di energia, il tuo corpo lo dice. La tua mimica facciale lo dice. Il cervello del tuo
cliente decodifica tutti questi messaggi e, attraverso un sistema complesso e
affascinante che coinvolge anche i neuroni specchio, li trasforma in reazioni
chimiche. Ovvero: se sei felice, sorridi. E se sorridi, fai sorridere chi ti parla.
(Ovviamente, vale anche il contrario: se sei triste o giù di corda… ecco,
insomma: hai capito).

3. LE PAROLE DETERMINANO IL TUO STATO: quando parli, influenzi
te stesso. So bene che la tentazione di lamentarsi dei mali del mondo è molto
forte… ma, allo stesso tempo, rifletti su questo: quando parli di cose spiacevoli e
quando ti lamenti, anche solo per scherzare, il cervello traduce le tue parole in
immagini e chimica. Il che ci riporta al punto 1. Bada alle tue parole, insomma, e
rifuggi alla tentazione del lamento.

4. I CLIENTI VOGLIONO SOLO STAR BENE: checché se ne dica,
chiunque vuole star bene e raggiungere il benessere. L’approccio che fa leva
sulle paure, sullo stress o sulla penalizzazione è solo una strategia che lascia il
tempo che trova. Tu pensa a star bene: i clienti ti seguiranno, animati dall’idea
recondita di poter stare come te.

5. PUOI MANIPOLARE. O PUOI ISPIRARE: puoi manipolare i
comportamenti del tuo cliente attraverso l’ultima tecnica che hai trovato nelle
merendine del Mulino Bianco o attraverso l’ennesimo sconto. Oppure, puoi
ispirare i tuoi clienti attraverso il tuo atteggiamento, il tuo umore, le tue parole.
Come dice l’eccelso Simon Sinek, la manipolazione produce transazioni.
L’ispirazione produce fidelizzazione. Scegli tu.













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SUCCESSO E ALTRUISMO


… e non parlo necessariamente di dedicarti a una Onlus o di fare beneficenza
(anche se, a onor del vero, gli uomini di successo più grandi sono quelli che
dedicano parte del loro tempo e delle loro risorse a promuovere il benessere
altrui, da Bill Gates a Richard Branson, giusto per fare un paio di esempi).

Parlo del fatto che se vuoi avere successo devi pensare agli altri.

Se vuoi vendere di più, devi metterti nei panni del cliente, vivere empaticamente
la sua situazione e chiederti: di che cosa potrei aver bisogno? Quali potrebbero
essere i miei dubbi sull’acquisto di questo prodotto? Perché dovrei volerlo
comprare proprio da lui? Quali sono i vantaggi che otterrò? Cosa me ne verrà in
tasca, davvero?

Se vuoi che la tua azienda proliferi, devi porti le stesse domande riguardo a
colleghi e collaboratori, evitando di cadere nella trappola del “dovrebbero
arrivarci” o “dovrebbero pensarla come me”. Mettiti nei panni di un tuo
collaboratore e chiediti: quali sono le mie necessità e le mie aspirazioni? Come
mi piacerebbe essere trattato? Perché dovrei fare le cose che mi chiedono, oltre
al fatto che vengo pagato?

Per altruismo intendo mettersi nei panni degli altri e ragionare con la prospettiva
di chi ti parla.

Quando un cliente mi dice che diffida dei corsi di vendita, gli dico che fa bene e
che ha ragione: mi metto nei panni di una persona che naviga in internet o che
cerca in Facebook e che trova qualsiasi genere di cosa. Fossi in lui, sarei
diffidente pure io. Voglio dire: ci sono colleghi che ancora propongono in aula lo
schema dei 4 colori, non so se mi spiego!

Quando un cliente mi dice che non crede nell’efficacia della formazione, gli dico
che fa bene: ci sono ancora formatori che passano il loro tempo a ballare, battere
cinque e menar gran pacche sulle spalle, manco fossimo al Cocoricò (ops). Fossi
in lui, avrei più di una diffidenza.

La verità è che quando le persone, i clienti, sentono che tu sei sinceramente
interessato a loro e ti sei messo, almeno per un minuto, nei loro panni, le cose
sono molto più facili.

Il 90% dei venditori che conosco propongono il loro prodotto secondo il loro
punto di vista: chiedono poco, ascoltano pochissimo, fanno scarso o nullo lavoro
di empatia con chi si trovano di fronte.

Un semplice esercizio per te:

La prossima volta, prima di parlare con un collaboratore o cliente, chiediti: W I I
F Y?

Ovvero: che cosa c’è di buono, qui, per te?

E poi rispondi, almeno 3 risposte sensate.

E parti da quelle.

Lascia stare chi sei, da dove vieni, quante stelline hai sul tuo curriculum.

Parti da quelle 3 risposte. E vedrai che differenza!





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I CLIENTI NON SANNO QUELLO CHE

VOGLIONO


Lo sapeva benissimo Steve Jobs che, grazie a questo principio, ha potuto creare i
meravigliosi oggetti che tutti noi conosciamo e che hanno cambiato il mondo.
“Non puoi solo chiedere ai clienti che cosa vogliono e poi provare a darglielo.
Per quando l’avrai costruito, vorranno qualcosa di nuovo”, diceva.

E lo sapeva benissimo Henry Ford: “Se avessi chiesto ai miei clienti che cosa
desiderassero, mi avrebbero chiesto carrozze con più cavalli”.

Moltissimi investimenti sono stati fatti (e sono fatti) dalle aziende sui cosiddetti
Focus Group, ovvero gruppi di persone che dovrebbero – sottolineo dovrebbero
– dare alle aziende indicazioni sul miglior prodotto da produrre. L’evidenza
scientifica è che questi Focus Group non funzionano. Lo sa benissimo Howard
Moskowitz, responsabile, grazie alle sue intuizioni, di alcuni dei più clamorosi
successi commerciali di tutti i tempi, dalla Pepsi con aspartame alla famosa salsa
a pezzettoni della Heinz. Il concetto su cui Moskowitz ha basato la sua ricerca è
che è impossibile accontentare tutti, prima di tutto perché le persone si dividono
in categorie con gusti simili e poi, soprattutto, perché le persone non sanno quel
che vogliono finché non glielo fai assaggiare.

Perché questo discorso? Perché durante i corsi di formazione aziendale e
formazione ai venditori, sento spesso ripetere la lamentela legata al fatto che “il
cliente vuole questo e vuole quello” o che l’azienda “non dà ai clienti quello che
vogliono”. A volte, concedo il beneficio del dubbio, questo può essere vero. Ma
la maggior parte delle volte si tratta di scuse belle e buone fornite da chi, per
mestiere, invece di lamentarsi dovrebbe trovare soluzioni.

È proprio il Professionista della Vendita che deve valorizzare il proprio prodotto
e metterlo in una luce tale per cui il cliente possa scoprire di volere qualcosa di
cui prima nemmeno era consapevole. Altrimenti, mi chiedo e chiedo alle persone
che frequentano i corsi, i Professionisti che ci stanno a fare? Se fosse solo una
questione di prezzo e vantaggi, basterebbe un pdf.

Se speri di poter accontentare tutti, difficilmente avrai un business felice.
Lavora, piuttosto, su quel che ancora non c’è. Chiediti in che altro modo puoi
offrire i tuoi prodotti o i tuoi servizi.

E, soprattutto e come sempre, ascolta il tuo cuore invece delle voci di mercato.

Perché se ascolti il cuore, ci credi abbastanza e possiedi un minimo di
perseveranza, allora davvero sei sulla strada buona per i tuoi business felici.

Buona vita!



















49

LA REGOLE ESSENZIALE PER IL SUCCESSO



Diciamocelo: avere lo stato d'animo adeguato è di grandissimo aiuto, quando si
tratta di fare qualcosa. Vendere, lavorare, scrivere: se sei di ottimo umore, le
cose senza dubbio ti vengono meglio e con maggior facilità.

Ma, attenzione, uno degli errori principali (veicolato anche in alcuni corsi di
formazione aziendale) che può allontanarti dal successo è proprio quello di
lavorare sul tuo stato d'animo in funzione di quello che devi fare.

Voglio dire: se sei particolarmente abile a metterti "in stato" prima di svolgere
un compito, è perfetto: nei corsi di formazione aziendale, io insegno questo.
Prima, lavora sul tuo stato. Poi, affronta il compito. Nello stato adeguato, ottieni
risultati più soddisfacenti.

Allo stesso tempo, molte persone di grandissimo successo hanno costruito la loro
Fortuna sulla base di un presupposto diverso, quello del "fare a prescindere".
Fare, comunque.

Anche se l'umore non è dei migliori. Fare, comunque.

Molte persone, invece, colgono il pretesto, più o meno consciamente, dell'avere
la motivazione o la voglia, per rimandare quel che dovrebbero fare.

Invece, il successo si costruisce con le azioni, non con la voglia di compiere
queste azioni.

Chi lo dice che per fare qualcosa dobbiamo necessariamente averne voglia?
Possiamo fare, e dobbiamo, a volte, fare le cose anche senza averne voglia,
perché poi la voglia arriva comunque. Vai a leggerti le biografie di alcuni grandi
personaggi, da Charles Darwin a Donald Trump, da Stephen King a Richard
Branson, da Jeff Bezos a John Grisham: scoprirai che il loro segreto è la routine.

Quasi nessuno parla di motivazione, di ispirazione o di stati d'animo particolari.

Tutti, invece, ti parlano di quello che fanno, a prescindere dalla motivazione,
ogni mattina. King scrive tre ore al giorno, tutti i giorni salvo il suo compleanno.
Trump, ogni mattina ha i suoi riti: ogni mattina. E così via.

Come dice un artista di fama mondiale, Chuck Close: "L'ispirazione è per i
dilettanti. Tutti gli altri si mettono al lavoro e basta".






















50

WIKIPEDIA, EXPO E LE PECORE



In questi giorni (ottobre 2015, ndr) mi sono trovato faccia a faccia con due
strepitosi esempi di “riprova sociale”, legge di persuasione che afferma, dati alla
mano, che noi tendiamo a uniformare il nostro comportamento a quello della
maggioranza delle persone. La qual cosa sembra abbastanza intuitiva, in effetti,
ma ha ripercussioni considerevoli nel campo della vita privata e, va da sé, nel
campo del business.

A nessuno piace pensare di se stesso di essere una “pecora”, dal punto di vista
sociale e decisionale: eppure, per questioni biologiche ineliminabili, una parte
del nostro cervello limbico, prima di decidere qualsiasi cosa, si guarda intorno e
valuta la scelta in relazione di quel che altri hanno già scelto, nel bene e nel
male.

Ecco i due esempi di riprova sociale.

Il primo l’ha offerto Wikipedia, l’enciclopedia libera, che per raccogliere fondi
ha pubblicato il seguente annuncio: 450.000.000 di lettori, MA meno dell’1% ci
sostiene. (sulla mia pagina Facebook ho pubblicato le foto dell'annuncio)

Anzitutto, una nota linguistica: il “ma” cancella dal cervello di chi legge o
ascolta tutto quel che precede. Quindi, l’attenzione del lettore va dritta al
messaggio “meno dell’1% ci sostiene”. Che, di per sé, non è una bella cosa.
Leggendo questo, il cervello limbico del lettore si chiede “perché dovrei farlo
proprio io, visto che nessun altro lo fa?”.

Robert Cialdini, esperto di persuasione, ha affrontato un caso simile quando una
catena di alberghi gli ha posto un problema: nessuno o quasi degli ospiti aderiva
alla campagna per il risparmio dell’acqua e nessuno o quasi riciclava gli
asciugamani. Il messaggio era molto simile a quello di Wikipedia: “nessuno lo
fa”. Cambiando la comunicazione (più o meno: “gli ospiti che, come te, hanno
dormito in questa stanza, hanno riciclato gli asciugamani”), la catena di alberghi
ha ottenuto risultati strepitosi.

Ricorda, la legge di riprova sociale funziona nel bene e nel male: se lo fanno
tutti, lo faccio anche io. Se non lo fa nessuno, nemmeno io. Cosa avrebbero
potuto scrivere? Qualsiasi altra cosa. Ad esempio: le persone che, come te,
amano Wikipedia e che leggono le cose che scriviamo hanno già donato… Puoi
divertiti anche tu, per esercitarti, a creare un annuncio alternativo!

Il secondo esempio è quello del padiglione Giappone in Expo 2015. Ho condotto
un sondaggio fra i social e le mie conoscenze: il feedback, a padiglione visitato,
è pressoché unanime. Carino, dicono. Giochi un po’ con una applicazione su un
tablet e vedi un paio di composizioni fiche. Ma, dicono i più, in nessun caso
l’attrazione vale le ore di attesa. Dieci ore, di recente. Ovvero, il tempo in cui
puoi arrivare a Parigi, stare un paio di ore nel Musée d’Orsay e tornare indietro.
Come mai, dunque? Perché qualcuno ha iniziato a promuovere massicciamente
il messaggio “ore e ore di coda per il Giappone”. La cosa affascinate è che più di
una persona mi ha detto che sapeva che cosa avrebbe trovato all’interno… ma
che è andata comunque perché, cito, se ci vanno così tante persone… il desiderio
di andarci è irresistibile. Io ci sono stato, all’inizio (mezz’ora di attesa) e quando
sono uscito ho pensato: caruccio, mi hanno fatto giocare sul tablet e ordinare un
pranzo per finta. Potere della massa, dunque.

Detto questo, la domanda è: come puoi usare queste informazioni per rendere il
tuo business ancora più felice?

Divertiti a rispondere e tieni conto che già oltre centomila persone hanno letto e
condiviso questo post :-)))))!





51

ERBA, VENTO E ( FORSE ) UN LEONE:

ECCO PERCHÈ CI ROVINIAMO LA VITA



Immagina di essere nella Savana, diciamo 10.000 anni fa. Senti il rumore di erba
alta frusciante. Potrebbe essere il vento. Ma, forse, no. Forse, potrebbe essere un
leone che sta per attaccarti e fare di te una gustosa cena.

Se hai creduto che fosse un leone e, invece, era solo il vento, hai commesso un
errore cognitivo di Tipo I (detto falso positivo): credere reale qualcosa che non
lo è.

Se hai creduto che fosse solo il vento e, invece, era un leone, hai commesso un
errore cognitivo di Tipo II (detto falso negativo): credere irreale qualcosa che,
invece, lo è.

Hai appena sperimentato come funziona lo schemismo, ovvero la tendenza del
cervello umano a creare schemi anche quando non ce ne sono. E, dato che a
livello evolutivo è molto più conveniente per la tua sopravvivenza commettere
errori di Tipo I, ecco che di default la tendenza è credere che tutti gli schemi
siano reali.

A che cosa ti servono queste informazioni per il tuo business felice (e la tua vita
felice)? A una serie di cose, tutte molto importanti. Ad esempio:

Letture del pensiero inutili. Molte persone, invece di chiedere, suppongono. Se
vuoi fare un business felice e avere una vita serena, supporre è la peggior cosa
che puoi fare. Non sai che cosa pensa il tuo interlocutore? Chiediglielo. Stai
immaginando che il comportamento del tuo interlocutore implichi qualcosa di
specifico? Nel dubbio, chiedi. Leggere il pensiero è un tipico atteggiamento
schemista: tizio fa questo, QUINDI vuol dire quest'altro. No. Nel dubbio, chiedi.
Istinti a volte fuorvianti. Fidarsi dell'istinto va bene, è cosa buona e giusta. Ma
solo se stai bene e se le tue condizioni psico fisiche sono ottimali. Altrimenti,
rischi di vedere solo quel che vuoi vedere (o quel che temi di vedere). In una
ricerca degli anni '60, ad esempio, soggetti affamati riconoscevano forme di cibo
nelle celebri immagini ambigue che tutti abbiamo visto nei film in proporzione
tripla rispetto a soggetti che avevano appena mangiato.
Schemi distruttivi. Il fatto che un cliente (o un amico) ti abbia detto di no un paio
di volte, in nessun modo implica che ti dirà "no" la terza volta. Ogni volta è a sé,
ogni volta si ricomincia da capo. Invece, spesso ci limitiamo o ci condizioniamo
perché, cito, "tanto sappiamo già come andrà a finire". No, non lo sai e non lo
puoi sapere. O meglio, lo "sai" nel senso che - tendenzialmente - otterrai proprio
il risultato che ti aspetti.
Lo schemismo andava benissimo nella Savana: se i nostri progenitori non
avessero avuto questa passione per il falso positivo, io non sarei qui a scrivere e
tu non saresti qui a leggere. Nella vita, e nel business, ti conviene sapere che le
cose potrebbero essere diverse da come te le aspetti. E che il modo in cui stai
determina il modo in cui ti aspetti che vadano le cose (e il modo in cui poi le
cose vanno davvero).

Ecco perché la prima regola, nel business e nella vita, è: stare bene e divertirsi
un sacco.

Altrimenti, vivrai i tuoi giorni scappando da leoni che non ci sono.

Come recita un antico detto Zen: è difficile riconoscere un gatto nero in una
stanza buia. Soprattutto quando il gatto nero non c’è.







52

SE PAGHI NOCCIOLINE, LAVORI CON LE

SCIMMIE

Se paghi noccioline, lavori con le scimmie.

La recentissima indagine (oggi è 11/11/2015) su alcune aziende italiane
sospettate di aver venduto olio extravergine senza che fosse poi così
extravergine (fra i nomi illustri, Bertolli e Carapelli: ecco il link) mi porta a far -
di nuovo - alcune considerazioni, visto che mi occupo anche di vendita e di corsi
di formazione aziendale dedicata ai venditori.

Chi porta la questione sul prezzo, non ha capito nulla. Cioè: che il cliente chieda
condizioni di favore o chieda uno sconto, ci sta. Lo faccio anche io. Anche a me
piace avere un po' di sconto. Ma so che, se voglio un certo tipo di prodotto o di
servizio, oltre una certa soglia non posso andare. Cioè: se voglio lavorare
sull'ultimo modello di MacBook Pro, so che una certa cifra la dovrò investire. Se
voglio vestirmi con tessuti di un certo tipo e indossare un abito disegnato per me,
so che il mio sarto una determinata cifra me la chiederà. Se voglio una
consulenza che produca un risultato determinante, so che dovrò - anche in questo
caso - investire una somma particolare. Tutto qui, punto.

Certo, capisco che spesso la concorrenza è motivata e che, altrettanto spesso,
sembra che la battaglia quotidiana si combatta sul campo del prezzo. Non è così,
e lo sai. Vai a mangiare sempre e solo nel ristorante in cui spendi di meno? Usi
solo scarpe da ginnastica che costano pochissimo? Hai ancora il vecchio e
indistruttibile Nokia o possiedi uno Smartphone? Guardi Sky? Cambi operatore
telefonico ogni due giorni? La camicia che indossi oggi è proprio la meno
costosa al mondo? Dai, siamo seri.

Io dico, a costo di attirarmi le antipatie di qualcuno (ma il Dottor House dice: "se
nessuno ti odia, vuol dire che stai facendo qualcosa di sbagliato", quindi...), che i
venditori che si lagnano del problema del prezzo sono, semplicemente, incapaci
a far bene il loro mestiere.

Primo: se tu per primo non sei innamorato di quello che fai e di quello che vendi,
difficilmente riuscirai a emozionare e ispirare il tuo cliente.

Secondo: se il tuo prodotto è davvero più caro, sposta l'attenzione del cliente su
qualche cosa d'altro. Valore, risparmio futuro, servizi accessori, tua personale
disponibilità... insomma, qualsiasi altra cosa.

Terzo: se non trovi il "qualsiasi altra cosa" di cui al punto precedente, cambia
mestiere. Ci sono moltissime opportunità nel settore impiegatizio. Anche perché,
altrimenti, non vedo proprio a cosa servi: se il tuo compito è solo quello di
elencare quantità e prezzi, basta spedire un pdf per mail.

La questione non è quanto costi. La questione è: li vali?

















53

LE TECNICHE NON FUNZIONANO



Le tecniche di vendita non funzionano.

Le tecniche di PNL non funzionano.

Le tecniche di Coaching non funzionano.

I professionisti della vendita, della PNL e del Coaching fanno funzionare le
tecniche.

Sono le persone a far funzionare le tecniche: è inutile che tu vada a frequentare
l'ultimo straordinario corso, se poi non utilizzi al meglio le tue risorse per
metterne a frutto gli insegnamenti appresi. Troppe volte ho assistito a scene
davvero imbarazzanti, in cui la tecnica (peraltro, magari, davvero funzionale di
per sé) era svilita dall'incapacità o dalla mancanza di stato adeguato di chi la
metteva in pratica. Troppe volte ho visto imbonitori da circo far mercimonio di
principi importanti e di altissimo valore, a causa della loro imperizia o della loro
arroganza.

Quali sono, dunque, gli ingredienti di cui devi tener conto per fare in modo che
le tecniche funzionino? Che tu sia un Professionista della vendita (se sei un
venditore, questo blog forse non fa per te), un esperto in PNL o un Coach, le
idee che seguono valgono a 360°.

Ho individuato tre elementi essenziali che ti permetteranno di mettere a frutto
con soddisfazione e successo tutte le tecniche apprese sui libri e
(preferibilmente) in aula.

Retta intenzione. Prendo in prestito dal Dharma buddista questo principio: la
cosa principale è che tu sia ben intenzionato, ovvero che tu voglia utilizzare la
tecnica per creare valore, sia per te sia per il destinatario del tuo messaggio. Se
usi le tecniche solo per vantaggio personale, in qualche modo il tuo interlocutore
se ne accorgerà, magari non a livello cosciente ma di certo se ne accorgerà.
Abbiamo un gran sistema di software biologico che dovrebbe proteggerci da chi
tenta di fregarci: semplicemente, a volte non lo ascoltiamo.
Stato di grazia. È facile da capire e davvero molto intuitivo: se stai poco bene,
nessuna cosa ti esce bene. Se stai bene, ogni cosa è più facile. Anche in questo
caso, vale il principio di cui sopra. Non puoi fingere di star bene, perché il
cervello inconscio del tuo interlocutore se ne accorgerà in un secondo, magari
dall'analisi del tuo volto in relazione alle parole che pronunci (sì, l'amigdala è
capace anche di far questo). Al di là del fatto che fingere è comunque cosa poco
etica, farlo è sconveniente anche da un punto di vista pratico: se stai bene, le
tecniche che applichi funzionano, se fai finta di star bene farai solo pasticci.
Piuttosto, se hai difficoltà a gestire lo stato (a parte l'obbligo di lavorarci a partire
da adesso!), rimanda.
Eleganza. I venditori di pentole da quattro soldi non piacciono a nessuno. E
quelli che "si vede che fanno finta" o che "si vede che non sono naturali"
piacciono ancor meno. All'eleganza del gesto arrivi solo attraverso una pratica
costante e disciplinata: ripeti diecimila volte una tecnica, una domanda, una frase
e solo allora riuscirai a esporla o praticarla in modo naturale e con eleganze. Una
ricerca di qualche anno fa aveva dimostrato che per diventare eccellenti in una
materia devi dedicarci tempo tutti i giorni, per dieci anni di fila. Concordo. Ma
aggiungo che per diventare eleganti nell'applicazione di una tecnica, fisica o
linguistica, basta molto meno: dipende da quanta pratica fai.
Tutto qui, tutto molto semplice: ricordati sempre e solo che nessuna tecnica può
funzionare, se tu non la fai funzionare. La responsabiltà, come sempre, è tua.

Buona vita e buoni business felici (in quest’ordine)!





54

(ALCUNE) PAROLE PER I TUOI BUSINESS

FELICI

Il filosofo Ludwing Wittgenstein diceva: "i limiti del mio linguaggio sono i
limiti del mio mondo". E ho sempre trovato questa considerazione
semplicemente sublime.

Così, quando faccio formazione o coaching, sto particolarmente attento non solo
al linguaggio dei miei clienti ma anche e soprattutto agli effetti che alcune parole
suscitano in chi le pronuncia.

E, oggi, voglio coinvolgerti in alcune considerazioni emerse di recente durante
una sessione di coaching aziendale che ho svolto con alcuni consulenti
finanziari. Ecco, dunque, tre parole che possiedono strani poteri.

PROCRASTINARE
Rimandare. Molte persone, quando sentono anche solo il suono di questo verbo,
si sentono accapponare la pelle, come se "rimandare" fosse il peggiore di tutti i
mali. È un vero spauracchio, lo spettro agitato da tutti coloro che si occupano di
formazione e di motivazione! Procrastinare? Guai a te! Io credo che questo
verbo meriti almeno un briciolo di attenzione in più, visto che - se ben ci pensi -
alcune cose le rimandi e altre no. Procrastinare, nella vita, lo fai di solito solo
sulle cose che non hai voglia di fare. Mica sempre! Quando qualcosa ti piace, ti
eccita o ti diverte, tendi a rimandarla o a farla ogni volta che puoi, appena puoi?
Rimandi solo le cose che non hai voglia di fare, quelle che ti tolgono energia o
che vivi come una seccatura. Quindi, prima di demonizzare questo verbo,
dovresti far due conti: se le cose che tendi a rimandare sono troppe, significa che
l'impianto stesso del tuo business è difettoso o, almeno, da riconsiderare. Quel
che credi essere un difetto, in realtà, potrebbe essere la tua naturale (e sana)
tendenza a evitarti rotture di scatole. Forse sei sano, dopo tutto.

PERFETTO
Ecco una parola molto pericolosa, soprattutto per coloro che la usano su loro
stessi in continuazione: quelli che vogliono essere perfetti, quelli che pretendono
che il loro lavoro sia perfetto, quelli che "perfetto o niente". In realtà, lungi
dall'essere uno sprone verso incredibili risultati, la parola "perfetto"è un
incantesimo che ti condanna all’immobilità o alla perenne frustrazione, visto che
a questa parole possono essere attribuiti così tanti significati che potrei scriverci
due libri.
"Perfetto" secondo chi? Secondo quali criteri e in quale momento storico? E poi:
"perfetto" da quale punto di vista? E in attesa della perfezione, che succede?
Per essere perfetto, ti privi della libertà di pensiero, di agire come ritieni giusto
per te in un particolare momento e in precise circostanze.
È una parola che incatena, che t’impedisce la libertà, anche quando le cose
vanno benissimo. Perché potrebbero andar meglio. Allora, io suggerisco "fatto".
Molto meglio una cosa fatta, passibile di feedback e di essere migliorata, di una
cosa perfetta che resta nel cassetto.



VENDITA
Se ne parla spesso, di questa parola, tanto che voglio aggiungere solo un paio di
considerazioni alla mole di inchiostro già versata sull'argomento. È una parola
strana, perché rimanda a concetti a volte fuorvianti. La maggior parte delle
persone pensa alla vendita come a un processo in cui un prodotto o un servizio
passa da una mano all'altra mentre del denaro compie il viaggio inverso. Ed in
effetti, questa è l'etimologia della parola: "dare merce in cambio di soldi
(venum)". Peccato che questo concetto sia connotato di sensazioni a volte poco
positive. A me piace parlare di vendita in tutti i contesti, anche quando un
manager vuole convincere i suoi collaboratori a compiere determinate azioni. Se
ci riesce, "ha venduto", altrimenti no. Oppure, parlo di vendita quando un
imprenditore descrive la sua azienda a possibili clienti o investitori: non sta
fisicamente vendendo nulla, eppure "vende". Si tratta di un processo che
chiunque mette in pratica almeno una volta al giorno, quando tenta di ottenere
qualcosa da qualcuno. Ed è un processo che può essere piacevole, divertente e
utile per tutti. Le connotazioni negative sono a carico di chi ce le mette, su
questa beata parola.






55

QUEL CHE TI SERVE DAVVERO



Mi chiedono spesso: per avere successo e per avere business felici, cosa ti serve
davvero? La domanda nasce dal fatto che, al momento, siamo letteralmente
inondati dalla pubblicità di corsi, strategie, metodi. Tutti con la pretesa di essere
i migliori, i più funzionali, i più risolutivi. Io che mi occupo di formazione da
quasi vent’anni (ho iniziato che ne avevo 23, ora viaggio verso i 42), ho visto
transitare nel panorama formativo tanti di quegli approcci “rivoluzionari” che
non basterebbe un libro per descriverli tutti. La maggior parte delle volte si tratta
di novità tirate per i capelli o di rivisitazioni, più o meno felici, dei grandi
classici. Ti basti sapere che durante i miei corsi mi avvalgo delle ultime ricerche
in campo neuro scientifico per offrire a chi mi segue le informazioni più
fresche… e spiego Aristotele che, con la sua retorica, ancora resta fra i formatori
più attuali.

Ci sono, tuttavia, abilità che vanno oltre la storia e il tempo, la cui padronanza ti
garantisce (o quasi) un business felice (felice per te, felice per tutti). Quali sono
queste abilità?

Uno . Anzitutto, la capacità di gestire il tuo stato d’animo . La gestione dello
stato è tutto, perché se permetti alle emozioni di decidere per la tua vita,
trascorrerai i tuoi giorni sperando che tutto vada bene, senza essere mai
realmente padrone delle tue decisioni. In uno stato cattivo si prendono pessime
decisioni, lo sai. E quando sei “fuori stato” nessuna delle tue altre abilità potrà
trovare efficace espressione. Un po’ come a scuola, del resto: essere preparato
serve a pochissimo, se poi ti agiti e resti muto come un pesce. Personalmente, ho
trovato grandissima utilità nella pratica della meditazione e del respiro
consapevole: puoi studiare qualche testo orientale o qualcosa sulla più
occidentale mindfulness. Quel che conta è che tu sia consapevole di quanto è
fondamentale saper gestire la propria mente.
Due . La capacità di vendere è un’altra delle abilità fondamentali da possedere,
quale che sia il tuo settore professionale. Vendersi bene , è tutto. Anche se non
“vendi” prodotti, questa abilità ti è indispensabile come l’ossigeno. Che tu sia un
life coach, un consulente, un personal trainer, un imprenditore: se nessuno si
accorge di te, se nessuno ti assume, tutte le tue abilità ti saranno inutili. Quindi,
dacci dentro come letture, pratica e corsi: sapersi vendere determina il tuo
successo. Si chiamano “business felici”, dopo tutto. Sennò, si chiamerebbero
“stare a casa a girarsi i pollici felici”.

Tre. Sincero intento di creare valore per tutti. Un business è davvero felice se
rende felici tutte le parti che ne sono coinvolte. Se davvero crea valore per tutti,
naturalmente te compreso, e se davvero aggiunge qualcosa alla vita di chi ci
partecipa. Per essere certo di avere questo intento devi chiederti in base a quale
motivazione stai agendo: se è solo per il compenso, la parcella o il profitto, non è
business felice. Se è solo per soddisfazione personale, nemmeno: non è business,
ma qualcosa d’altro (beneficenza, magari). La questione fondamentale, come
spesso ripeto, è dunque quella del valore: invece di chiederti se il tuo prezzo è
giusto, chiediti se li vali.

Con queste tre abilità acquisite, puoi fare tutti i corsi che vuoi e ne trarrai
incredibile valore. Senza queste abilità, avrai solo imparato una tecnica alla
moda in più.













RINGRAZIAMENTI

Il primo pensiero va a tutte le persone che da oltre un anno seguono il mio blog,
sostenendo le mie iniziative e rendendo onore alla filosofia alla base dei business
felici: senza voi, il blog non esisterebbe e nemmeno questo libro - raccolta.
Grazie grazie grazie.

Fra i miei più ferventi sostenitori, senza dubbio, i miei amici Gianfranco e Luca:
siete speciali, grazie.

Grazie di cuore a Paola Vergati, responsabile dell’editing e della parte grafica di
questo libro: il tuo lavoro è stato fondamentale!

Un pensiero magico a Luciana Landolfi.

Un super mega grazie alla mia meravigliosa figlia Aurora.

E un grazie speciale alla ragazzina sull’altalena, che mi ricorda tutti i giorni
quanto sia importante metterci il cuore.

La realizzazione di questo libro è stata possibile anche grazie alla società di
fatturazione elettronica “Fai Fatture”: visita il sito www.faifatture.com e
divertiti!

RIFERIMENTI

Puoi contattare Paolo Borzacchiello per informazioni, formazione e consulenza
direttamente dal suo sito internet www.paoloborzacchiello.com

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