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Il mo ndo de lle Info r maz io ni 83

OSINT INVESTIGATIVA
Tecnologie ed analisi delle informazioni

DOSSIER INTELLIGENCE
F
Giovanni Nacci 1
ino a qualche tempo fa il leit motif dei dibattiti politici sul tema
della sicurezza, sembrava essere incentrato sulla teoria — bi-
partisan — secondo la quale per un più efficace contrasto alle
criminalità e ai terrorismi che assillano la società odierna, sarebbe stato
necessario “fare più intelligence”. Detta così, sembra essere una tesi
realmente difficile da confutare; ma proprio perché presentata in modo
così generale, diventa una teorizzazione inutile. Quasi mai, dopo questo
proclama, la questione è stata approfondita in modo serio ed organico e
fatta seguire da proposte chiare, precise, materialmente attuabili. Così
facendo si rischia di abusare in modo eccessivo delle immagini che la
percezione attuale dell’intelligence tende ad evocare nella gente.
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È fin troppo facile e comodo far passare l’intelligence come la


“soluzione finale” alle inquietudini che altri — pur legittimi e legali —
strumenti di controllo, prevenzione ed investigazione (previsti dall’or-
dinamento democratico) possono evocare dell’immaginario collettivo.
Pensare all’intelligence come a qualcosa che sostituisca ogni altra
funzione, procedura o istituzione demandata alla sicurezza è un errore
culturale prima ancora che strategico; peggio ancora se lo si fa contando
su una suo presunto impatto emotivo a basso profilo.
Fare più intelligence non implica in alcun modo la riduzione delle
altre attività di sicurezza. Anzi — e non è un paradosso — più intelli-
gence si fa, maggiore e più incisiva dovrà essere l’opera di tutte le altre
istituzioni variamente impegnate nella tutela dell’ordine pubblico e nel-
la protezione del cittadino. L’intelligence non può sostituirsi all’azione
investigativa delle forze dell’ordine o alla loro presenza materiale e vi-
sibile sul territorio (controlli, perquisizioni, fermi,
arresti, fino anche alla sorveglianza marittima,

… l’intelli-
ecc.) né rendere questa presenza meno necessari.
L’intelligence non può essere usato come me-
gence non può todo “buono”, politically correct, quasi omeopa-
mettere d’ac- tico, per mettere d’accordo tutti su problemi che
cordo tutti… poi ognuno affronta (quando lo fa...) poi in modo
diametralmente opposto. La strumentalizzazione
(più o meno politica) dell’intelligence 2 è quanto
di più dannoso possa capitare ad una nazione de-
mocratica.
In altri contesti invece — in particolare certi ambienti accademici, in
un certo senso al riparo dal rumore di fondo troppo spesso generato da
una politica eccessivamente autoreferenziale — continuano ad essere
in piena forma le attività di ricerca e confronto sul tema delle possibili
analogie e potenziali punti di contatto tra la investigazione e l’intel-
ligence. La convinzione che sia necessario giungere ad una qualche
migliore forma di integrazione tra i due strumenti, assai diversi tra loro
eppure certamente complementari, sprona studiosi e ricercatori.
Certo compiti d’istituto, attività, prassi operative e finalità — per
molti e ben conosciuti motivi — continueranno a rimanere ben distinti
tra loro, ma intelligence e investigazione — ancor prima che funzioni
istituzionali dello Stato — sono discipline scientifiche che, in quanto
tali, si informano a metodi scientifici.
Non v’è quindi alcun motivo che scoraggi dall’auspicare vicendevo-
li versamenti di saperi ed esperienze, quantomeno nei campi metodolo-
gico e tecnologico.
Se dimentichiamo per qualche istante il concetto di intelligence in-
teso come funzione governativa o come insieme di organismi ed attività
istituzionali genericamente riconducibili ad un concetto di sicurezza
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dello Stato, possiamo concentrarci sull’intelligence come disciplina


e come metodo, il cui scopo principale è quello di fornire il migliore

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supporto informativo alle attività decisionali.
Chiunque sia chiamato a prendere decisioni (più o meno complesse,
più o meno critiche) può utilmente avvantaggiarsi di un approccio me-
todologico improntato sui metodi e sistemi dell’intelligence, sia che si
tratti di viticultura sia che si tratti di brevetti ad alta tecnologia.
In altre parole, laddove la decisione debba scaturire da un’analisi
situazionale effettuata su un contesto informativo eccezionalmente va-
sto, o particolarmente complesso, o comunque in tutte quelle situazioni
dove le informazioni a disposizione si dimostrino inadeguate sotto il
profilo qualitativo e quantitativo, i metodi e i sistemi dell’intelligence 3
possono fare la differenza tra una decisione fondata su una mera intui-
zione o scelta casuale e una decisione presa con la massima consapevo-
lezza degli effetti e delle conseguenze che porterà una volta applicata al
contesto specifico.
L’attitudine alla decisione e le capacità intuitive, sono certo qualità
irrinunciabili per tanto per l’investigatore quanto per l’operatore di
intelligence 4, ma diventano fattori strategici solo se sono supportate e
— diremmo noi — “amplificate e fortificate” da una sovrastruttura me-
todologica atta ad infondere alle decisioni qualità come “persistenza” e
“concretezza”. Senza il metodo scientifico le decisioni azzeccate si ri-
durrebbero (nel migliore dei casi) a sporadici episodi statistici, che pre-
sto o tardi finirebbero per assomigliare troppo a ragionamenti predittivi
non scientifici o — peggio — di natura squisitamente cabalistica.
All’intelligence, in particolar modo l’intelligence da fonti aperte, è
possibile attingere per implementare, anche nelle attività convenzionali
di investigazione, quei metodi, sistemi e tecnologie che permettono
all’investigatore:

1. da un lato di fornire una rappresentazione chiara, dinamica e


dettagliata di ogni elemento informativo e delle relazioni intercorrenti
fra elementi informativi, con lo scopo del raggiungimento del massimo
livello di consapevolezza possibile della conoscenza a disposizione su
un argomento specifico (in altre parole, all’insieme di informazioni che
— sebbene sottoposte ad un regime di riservatezza o ad una classifica
di sicurezza — costituiscono fonti informative a lui pienamente dispo-
nibili e — pertanto — fonti aperte 5);
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2. dall’altro lato di esercitare — quando necessario — una più in-


cisiva ed efficace attività di scoperta, acquisizione e recupero di quelle
informazioni che non gli sono ancora disponibili, ma delle quali se ne
sia evidenziata la necessità o l’utilità.
Riguardo al punto 1), infatti, c’è da dire che la quantità di informa-
zioni, dati, documenti, rapporti che vengono man mano collazionati
durante ogni fase investigativa (anzi dal momento del sopralluogo fino
all’ultimo atto del giudizio) è spesso impressionante. Purtroppo non
altrettanto impressionante è la qualità della conoscenza che scaturisce
da quelle informazioni. Ciò paradossalmente non avviene tanto a cau-
sa della qualità endogena di ogni singola informazione, piuttosto dal
“disordine informativo” in cui — per un verso o per un altro — quelle
informazioni si trovano ad essere posizionate, in altre parole da una
limitata “percezione” del contesto informativo. Intendiamoci, non che
operatori, investigatori e pubblici ministeri siano
disordinati.

… impossibi-
Il problema sta nel fatto che qualsiasi ordine si
tenti di dare manualmente (meglio sarebbe forse
le ordinare dire umanamente) ad una massa informativa di
manualmente così elevate dimensioni, ebbene quello sarà sicu-
troppi dati… ramente un ordine inefficiente.
Qualsiasi intelligenza umana (per quanto ven-
ga organizzata in staff di intelligenze umane) tro-
verà enormi difficoltà nella classificazione e nella
categorizzazione delle decine di faldoni, centinaia
di cartelle, migliaia di documenti e altrettanti “concetti” espressi in for-
ma testuale 6 nella documentazione cartacea del più semplice dei casi
investigativi. Certo con una buona analisi umana è possibile identifica-
re i concetti e gli elementi più importanti, metterli in relazione palese
fra loro, collegare fatti e persone agli eventi più evidenti e su quella base
avviare le relative attività investigative. L’analisi umana però non è in
grado di considerare tutte le possibili relazioni latenti potenzialmente
rintracciabili da un incrocio sistematico di ogni dato, di ogni informa-
zione di ogni concetto, magari espresso in modo non ortodosso 7. La
migliore approssimazione che l’investigatore può avere del contesto
informativo e documentale con cui si trova ad avere a che fare, è diretta-
mente proporzionale alle sue capacità e a quelle dei suoi collaboratori.
Ma rimane pur sempre — appunto — una approssimazione.
È scientificamente provato che il cervello umano non riesce a visua-
lizzare mentalmente 8 concetti ed idee che si riferiscono a elementi di
numero superiore alle 10 unità. Questo vuol dire che abbiamo una im-
magine mentale ben chiara di quello che sono dieci matite, dieci mele,
finanche dieci atomi, ma non sappiamo in alcun modo visualizzare
mentalmente concetti come settantotto gradini, o settantotto cetrioli, o
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settantotto informazioni relative a settantotto casi investigativi diversi.


Una delle qualità della mente umana, oltre al fatto di adattarsi, sta

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però proprio nella sua capacità di cercare — spessissimo inventare —
soluzioni che la possano aiutare nei suoi ardui compiti, tra i quali anche
quello di ragionare e di decidere. Ecco quindi l’avvento di strumenti di
supporto quali il linguaggio, la scrittura, fino ad arrivare — per quel che
ci interessa più da vicino sotto l’aspetto meramente investigativo — alla
diagrammazione visuale, alle inferenze, agli schemi di collegamento,
alle matrici di associazione e a quelle di frequenza.
Tutti strumenti questi assai ben conosciuti da ogni investigatore e
impiegati ormai quasi in ogni fase della azione investigativa. Rimane
però sempre il problema dei settantotto cetrioli: abbiamo innalzato il
livello delle nostre capacità percettive e rappresentative del mondo
che ci circonda ma, in questa nostra attuale società così articolata,
complessa ed eterogenea, caratterizzata da un flusso di informazioni
inarrestabile, questo non basta più. È vero, forse ormai siamo in grado
di gestire l’information overload inteso come fenomeno “bloccante”,
evitando di rimanere immobilizzati sotto una montagna di informazioni
(che sia cartacea o in forma di sequenze di bit… poco importa) ma non
riusciamo più a farci qualcosa, con quella montagna. La vediamo, ne
percepiamo l’esistenza, ne apprezziamo la mole ed il valore strategico
intrinseco. Ma non ci è utile, non riusciamo ad affrontarla, a sondarla,
ad estrarne valore.
Ci limitiamo a spazzolarne la superficie. Superficie che però — in
quanto facilmente raggiungibile — è ovviamente spazzolata da tanti, da
tutti forse, e pertanto raramente riserverà elementi realmente significa-
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tivi o vantaggiosi. Il vantaggio — come all’epoca dei primi cercatori


d’oro e di petrolio — starebbe nella capacità di scavare sotto la super-
ficie, riuscire a vedere ciò che c’è sotto, nella capacità di sondare 9 ed
estrarre da quella montagna l’informazione rilevante: la pepita che ci
assicura un vantaggio competitivo sugli altri. Non è un caso che uno dei
principali strumenti tecnologici (e metodologici) che più caratterizza i
metodi dell’Open Source Intelligence sia il Text Mining.
Il Text Mining, ossia l’analisi e la comprensione automatica dei testi,
è di validissimo aiuto ad ogni attività investigativa in quanto permette
— insieme ad altre importantissime features — la categorizzazione
dei concetti espressi all’interno dei testi e pertanto l’indicizzazione
automatica di argomenti, fatti, luoghi ed individui in essi citati. Una
volta fatto, una mappa visuale pesata 10 delle relazioni intercorrenti fra
tutti questi elementi, anch’esse indicizzate e clusterizzate all’interno
di insiemi uniformi e coerenti, illustra in modo
dinamico all’operatore l’immagine in evoluzione

… Osint per
dinamica del contesto informatico a sua disposi-
zione. Questa mappa può infine essere navigata
la sicurezza, in forma grafica oppure — grazie alla capacità
un fenomeno di comprensione del linguaggio fornite dal text
italiano… mining — interrogata non già tramite stringhe di
comandi informatici, ma semplicemente ponendo
quesiti in linguaggio assolutamente naturale.
L’Italia con i suoi esperti, i suoi ricercatori, le
sue aziende e le sue tecnologie è ai vertici mondia-
li in questo campo. Sarà per il genio italico, o forse più probabilmente
per la nostra antichissima tradizione culturale nel campo della lingua
e della linguistica, che tra le migliori implementazioni di sistemi per
l’Open Source Intelligence orientato alla sicurezza ci siano proprio so-
luzioni italiane, a tecnologia italiana.
Soluzioni e tecnologie che — per chi nutrisse ancora qualche per-
plessità — sono apprezzatissime e premiate anche all’estero. Se è vero
— come è vero — che siamo un popolo tendenzialmente esterofilo,
rifacciamoci almeno gli occhi con un progetto di “Osint investigati-
vo” che è pienamente operativo già da qualche tempo e che è il primo
esempio tangibile di come prassi investigative e metodi di intelligence
possano fondersi insieme e con risultati lodevoli.
Il 15 febbraio 2006 il Ministero degli Interni ha lanciato un pro-
gramma innovativo creando il primo sistema al mondo di “Stazione di
Polizia on line” 11. Il commissariatodips.it non è quello che può sem-
brare un semplice e banale sito internet informativo. Quella sul web
è solo l’interfaccia utente di una applicazione assai più complessa ed
estesa, facente parte di un più ampio programma contenuto nelle “linee
guida per la digitalizzazione della pubblica amministrazione” 12. Questo
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progetto, per la sua portata tecnologica ed innovativa, è stato votato


come “Most inspiring good practice for creative solution to common

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challenges” nel corso dell’edizione 2007 del European e Governament
Awards. Non è questa la sede per approfondire le tante caratteristiche
innovative del progetto 13 commissariatodips.it e perciò ci occuperemo
solo di quelle funzionalità che sono più direttamente riconducibili ad un
concetto di intelligence da fonte aperta.
Parte strategica del programma commissariatodips.it è infatti pro-
prio un componente che si basta sulla tecnologie del text mining per
fornire funzionalità di ricerca e classificazione dinamica di una vasta
gamma di informazioni collazionate dalle fonti più diverse 14. Il motore
di text mining opera sui grandi moli di dati grezzi (denunce e segnala-
zioni presentate on line da cittadini, richieste di informazioni via mail,
fino al materiale più prettamente investigativo disponibile in forma

Figura 1. Una videata del software Online Police Station, a cutting edge service
against cybercrime, (Synthema, Pisa): presentato al 9° Data Mining, Protection,
Detection and other Security Technologies, Cadiz, Spagna, 26–28 maggio 2008

digitale, ecc.) operando un’analisi linguistica automatica — basata su


criteri morfo—sintattici, funzionali e statistici — di frasi, periodi, docu-
menti, pagine web ed altre fonti 15 estraendone concetti e relazioni signi-
ficative, che successivamente vengono classificate in cluster tematici e
rappresentati graficamente attraverso una mappa concettuale interattiva
e dinamica (figura sopra).
Questo permette all’operatore l’esplorazione profonda di enormi
moli di informazioni documentali operando un tipo di ricerca, che è
sempre language indipendent 16, basata sul ruolo funzionale di ogni
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singolo concetto, relazione semantica o lemma e non già — come ac-


cade negli attuali motori di ricerca si Internet — solo attraverso la mera
corrispondenza di vocaboli o keyword.
L’esempio canonico in questi casi è quello della seguente frase:
«ti piace la pesca?»
Ebbene il sistema riesce a individuare soggetti e oggetti, disambi-
guare concetti ed anche di interpretare se la frase è interrogativa o affer-
mativa, riconducendola nei quattro casi ontologicamente puri 17:

1. domanda[gradimento[pesca[frutto del pesco]]]


2. domanda[gradimento[pesca[l’attività del pescare]]]
3. domanda[gradimento[pesca[quantità di pesce pescato]]]
4. domanda[gradimento[pesca[tipo di lotteria]]]

Questo permette una notevole efficienza ed


affidabilità nella categorizzazione e nel clustering

… riconoscere
delle informazioni, oltre una incrementata capaci-
tà dell’operatore di sondare gli aspetti meno palesi
testi, oggetti, delle informazioni a sua disposizione, permetten-
persone, luo- do di identificare relazioni tra oggetti che diversa-
ghi, eventi… mente sarebbero rimaste latenti.
La capacità di interpretare i testi e di rico-
noscere e rappresentare i concetti (quindi anche
persone, oggetti, eventi, luoghi, eccetera) e le re-
lazioni presenti su una base di dati, è un ausilio di
assoluta rilevanza per l’investigatore, sempre alle prese con la necessità
di scoprire, capire e dare un senso logico alle famose cinque “W”: who,
when, what, where, why.
Nell’ottica dell’investigazione di polizia, uno strumento del gene-
re serve — come detto — ad incrementare la percezione dell’aspetto
qualitativo e prestazionale delle informazioni che l’operatore ha a sua
disposizione. Maggiore consapevolezza si ha del quadro di conoscenze
a disposizione, meglio si potranno usare le informazioni per prendere
decisioni. In un ottica invece puramente intelligence (ma sempre orien-
tata alla investigazione) è importante sottolineare la possibilità che que-
ste tecnologie danno di accedere ad una quantità inesauribile di fonti
spontanee e cooperative: gli individui.
Il progetto del Ministero dell’Interno così strutturato, incardina il
cittadino al centro dell’istituzione, qualificandolo sia come fruitore
di servizi (assistenza, denunce on line, informazioni, ecc.) sia — cosa
assai più importante dal punto di vista strategico — come fornitore di
informazioni o, in altre parole, come fonte privilegiata.
Basti pensare al valore di quella incredibile base di conoscenze che
andrà costruendosi grazie alle denunce che giornalmente il cittadino
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presenta on line e di quanto sia importante per l’investigatore — specie


in presenza di particolare fattispecie di reato — poter accedere a tutte

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quelle informazioni con le capacità analitiche degli strumenti di cui si
è parlato 18.
La trasformazione del ruolo del cittadino da semplice fruitore di
sicurezza a soggetto proattiva integrato nel sistema informativo di sicu-
rezza, rappresenta forse la più grande innovazione di questi ultimi anni.
Già da anni gli esperti si interrogano — in piena ottica Open Source
— su cosa potrà essere o diventare il concetto di Citizen Intelligence,
di come ed in che misura il cittadino potrà in qualche modo diventare
erogatore di sicurezza per sé, per la sua famiglia, per il suo quartiere,
per il suo paese anche e di come questo potrà inquadrarsi in un concetto
più esteso di e–Democracy 19.
L’esempio del commissariatodips.it è emblematico. È il primo passo
verso una integrazione collaborativa di metodi e sistemi che si spera
sempre maggiore, nell’interesse massimo del cittadino. Questa volta
l’Italia è sicuramente prima, in Europa certamente e probabilmente an-
che nel mondo. A chiara dimostrazione che di casi di assoluta eccellen-
za in Italia ne esistono — nelle istituzioni come nelle aziende — anche
in questo settore.
C’è da esserne fieri. E da perseverare.

Note

1. Ufficiale in congedo della Marina Militare, proveniente dal V Reparto


Cooperazione Internazionale e Infrastrutture NATO dell’Ufficio Centrale del Bi-
lancio del Ministero della Difesa, attualmente consulente direzionale in Metodi,
Sistemi e Tecnologie per l’Open Source Intelligence per le attività di program-
mazione e impiego strategico delle informazioni, con particolare riferimento
alle attività di formazione ed indottrinamento nel settore dell’Open Source
Intelligence. Direttore e fondatore di Intus Legere (www.intuslegere.it), network
culturale per l’integrazione delle risorse nella intelligence community italiana e
di Intuslegere.EU, risorsa culturale per la diffusione del pensiero di intelligence
italiano ed il confronto con l’estero.
2. Spesso collegata all’altra formula magicamente risolutiva, quella de
“occorre fare più prevenzione”.
3. Nel caso specifico soprattutto quelli dell’intelligence da fonte aperta.
4. Ma si potrebbe dire lo stesso per il manager, per il dirigente d’azienda,
per il chirurgo e via dicendo.
5. “dal momento che viene acquisita la documentazione di una fonte,
anche riservata, quella stessa informazione viene utilizzata come se fosse
un’Osint”, Prof. Marco Giaconi (CeMiSS) corrispondenza privata.
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6. Magari anche in forma di semplici appunti presi “al volo” da qualche


operatore.
7. L’espressione “quest’auto è una bomba” vuol sempre dire che si sta par-
lando di una “autobomba”?
8. O almeno non riesce a farlo in modo efficiente.
9. In termini minerari si parlerebbe di “carotaggio”ossia il «...prelievo di
un campione di roccia dal sottosuolo, allo scopo di analizzarne le caratteristiche
chimiche e fisiche...» dizionario on line De Mauro Paravia.
10. In cui è in vario modo esplicitato il “peso”, la rilevanza, l’importanza, di
entità e relazioni.
11. www.commissariatodps.it.
12. Le Linee guida per la digitalizzazione della Pubblica Amministrazione
approvate dal Comitato dei Ministri per la società dell’informazione nella seduta
del 13 febbraio 2002.
13. Chi vuole può farlo partendo da questo indirizzo internet:
www.epractice.cu/cases/olps.
14. Il sistema è implementato da Sytnema Text Mining Solutions di Pisa.
www.synthema.it.
15. Ad esempio database, chat, forum, blog, mailing list, email o documenti
testuali derivanti da funzioni di speech to text della lingua parlata, ecc.
16. Cioè indipendente dalla lingua in cui il documento o l’informazione è
espressa.
17. L’esempio è stato realizzato utilizzando la versione italiana di
Wordnet, reperibile a questo indirizzo www.ilc.cnr.it/iwndb/iwndb_php/
wnit.php?word=pesca.
18. Specie quando si tratti — ad esempio — di indagini relativi a reati rela-
tivi alla pedopornografia, alle truffe in Internet, al riciclaggio ed al cybercrime più
in generale.
19. Per approfondimenti sulla tematica specifica: “L’Intelligence, le reti e...
l’e–Democracy” di Giovanni Nacci, in RDGNT, Rivista di Diritto, Economia e
Gestione delle Nuove Tecnologie”, anno III, n° 2 – Aprile ~ Giugno 2007, Editore
Nyberg – www.nyberg.it.

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