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VI DOMENICA DI PASQUA

Atti degli Apostoli 8, 5-8.14-17; 1 Pietro 3,15-18;


Giovanni 14,15-21

I.
«Gli Apostoli a Gerusalemme seppero che la Samaria aveva accolto la parola di Dio e vi inviarono Pietro e Giovanni. Essi
discesero e pregarono per loro perché ricevessero lo Spirito Santo; non era ancora sceso sopra nessuno di loro, ma erano solo stati
battezzati nel nome del Signore Gesù. Allora imponevano loro le mani e ricevevano lo Spirito Santo» (At 8).
«Gesù disse ai suoi discepoli: Io pregherò il Padre ed egli vi darà un altro Consolatore perché rimanga con voi per sempre, lo
Spirito di verità, che il mondo non può ricevere, perché non lo vede e non lo conosce. Voi lo conoscete perché egli dimora presso di
voi e sarà in voi» (Gv 14).

La presenza dello Spirito Santo accomuna la prima e la terza lettura biblica di oggi. Iniziamo la nostra riflessione
partendo dal brano evangelico tratto dai discorsi dell'Ultima Cena, quel monumentale testamento che Giovanni rac-
coglie dalle labbra di Gesù e rielabora secondo il suo linguaggio e secondo un procedimento molto ramificato che gli
studiosi definiscono «ad ondate». I temi, infatti, ritornano e si rincorrono come le onde sul litorale del mare. Così, la
presentazione dello Spirito Santo è ripetuta per ben cinque volte: oggi noi leggiamo il primo annunzio dello Spirito
«Consolatore». Come è noto, l'originale greco parla di Paraclito, un termine desunto dall'ambito forense ove significa
«avvocato difensore». Per comprendere questo aspetto a prima vista strano bisogna evocare un dato suggestivo del
quarto Vangelo. Giovanni vede la vicenda del Cristo e della Chiesa come un grande dibattimento processuale. Sul piano
storico e umano lo sbocco è drammatico: il Cristo è crocifisso, la Chiesa è perseguitata, l'accusatore (il mondo peccatore
e Satana) sono vincitori. In realtà sul piano soprannaturale la morte in croce di Cristo e della Chiesa è pro prio l'inizio
della salvezza e quindi del trionfo sul male.
In questo processo Cristo non è solo perché ha sempre con sé il Padre. La Chiesa non sarà mai sola perché avrà
accanto sempre, come avvocato difensore, lo Spirito che sarà, perciò, il suo Consolatore. Certo, per «riceverlo, vederlo
e conoscerlo» non bastano le mani, gli occhi e l'intelligenza, è necessaria la fede. Lo Spirito, quindi, appare nella fede e
genera la speranza. La prima - ma non l'unica - funzione dello Spirito è quella di sostenere il fedele nel suo aspro
confronto col male, aiutandolo a decifrare il senso profondo e glorioso della storia nonostante le appa renze sconcertanti.
Il documento conciliare dedicato al rapporto tra Chiesa e mondo, la Gaudium et Spes ha una frase illuminante per
descrivere questa missione dello Spirito: «La Chiesa è composta di uomini, i quali, riuniti insieme in Cri sto, sono
guidati dallo Spirito Santo nel loro pellegrinaggio verso il regno del Padre, e hanno un messaggio di salvezza da
proporre a tutti».
Lo Spirito promesso quella sera dal Cristo è ora effuso nella Chiesa. Il breve racconto tratto dagli Atti degli Apostoli
ne è una delle tante testimonianze. Curiosa, però, èla Chiesa destinataria, quella di Samaria. Questa città agli occhi degli
ebrei era per eccellenza «l'eretica» perché abitata da una razza mista nata in seguito al crollo di questa regione sotto il
potere assiro nel 721 a. C. Un sapiente biblico, il Siracide, nel 180 a.C. scriveva: «Sono irritato contro un popolo che
non è neppure popolo, lo stolto popolo che abita a Samaria» (50, 25-26). E Giovanni, descrivendo il sorprendente
incontro di Gesù con una donna di Samaria, annotava: «I giudei non hanno buone relazioni coi samaritani» (4,9).
Ma lo Spirito non conosce frontiere razziali o culturali. Attraverso il rito dell'imposizione delle mani gli apostoli Pie -
tro e Giovanni comunicano ai samaritani battezzati dal diacono Filippo lo Spirito Santo. La tradizione ecclesiale ha
visto in questo atto il sacramento della Confermazione; altri l'hanno considerato un completamento del battesimo. È
indiscutibile, però, che per l'autore degli Atti, Luca, questa liturgia è come una Pentecoste in miniatura che suggella la
fondazione della Chiesa di Samaria. Lo Spirito è ancora una volta alla radice della Chiesa, generandola, animandola e
sostenendola. Ed allora - come ammoniva lo scrittore cristiano Origene (m sec.) - «tu che segui Cristo e lo imiti, tu che
vivi nella Parola di Dio, tu che mediti sulla sua Legge giorno e notte, vivi sempre avvolto dal suo Santo Spirito e mai te
ne allontanare!».

II.
«Se mi amate, osserverete i miei comandamenti. Io pregherò il Padre ed egli vi darà un altro Consolatore perché
rimanga con voi per sempre, lo Spirito di verità che il mondo non può ricevere, perché non lo vede e non lo conosce.
Voi lo conoscete, perché egli dimora presso di voi e sarà in voi.
Non vi lascerò orfani, ritornerò da voi. Ancora un poco e il mondo non mi vedrà più; voi invece mi vedrete, perché io
vivo e voi vivrete» (Gv 14).

I discorsi di Gesù nell'ultima sera della sua vita terrena, riferiti da Giovanni, sono stati comparati da alcuni studio si
alle onde della risacca che corrono lungo il litorale per riprendere poi la via del mare: il loro movimento è appa-
rentemente monotono e ripetitivo eppure non e mai identico come il disegno dei flutti non è mai uguale. Nelle parole
del Cristo, pronunziate in quella sera decisiva, si intravedono infatti movimenti costanti, si intuiscono tracciati identici,
si odono fili musicali ripetuti, eppure tutti hanno qualcosa di inedito. Tipico è il caso delle cinque promesse dello Spirito
Santo di cui la liturgia odierna ci offre il primo esempio: la presenza dello Spirito è costante ma diversa èla funzione che
deve espletare nei confronti della comunità cristiana.
Noi oggi ci fermeremo proprio su questa figura divina che Gesù chiama con due termini, Consolatore e Spirito di
verità. Se esaminiamo il testo originale greco ci accorgiamo che «Consolatore» è espresso con la parola «Paraclito», un
vocabolo che solo Giovanni usa per quattro volte nel suo Vangelo riferendolo allo Spirito Santo ed una volta nella sua
prima lettera (2, 1) applicandolo al Cristo stesso. Non per nulla nel passo evangelico odierno si parla di «un altro
Paraclito-Consolatore», sottolineando così che il Figlio e lo Spirito hanno per certi aspetti una comune missione nella
Chiesa. Ora, già tre o quattro secoli prima di Giovanni questo vocabolo era usato nel mondo greco dei tribunali ove
aveva il significato di «avvocato difensore»: la sua traduzione latina letterale è appunto advocatus, «chiamato» in
difesa. Il significato si era allargato anche a «intercessore, soccorritore» e, più liberamente, a «consolatore».
Ora, è noto che Giovanni costruisce il suo Vangelo su uno schema di tipo processuale che vede al centro il Cristo
condannato e crocifisso. Questa vicenda si ripercuote anche all'interno della Chiesa ove il credente è perseguitato e umi -
liato. Ebbene, come il Cristo ha proprio nella sua morte la sua grandiosa glorificazione, così anche il cristiano supe rerà
l'oscurità della prova e gli assalti del male perché avrà accanto un Paraclito, cioè un difensore che lo sosterrà, lo
consolerà, lo fortificherà. E questo avvocato difensore è promesso da Gesù stesso prima di partire da questo mondo:
lo Spirito, infatti, è per eccellenza il dono pasquale del Cristo. «La sera dello stesso giorno di Pasqua... Gesù si fermò
in mezzo a loro, e disse: Pace a voi! Come il Padre ha mandato me, anch'io mando voi... Ricevete lo Spirito Santo!»
(Gv 20, 19-22).
Da quel momento in avanti il cristiano avrà accanto questa presenza viva e misteriosa che lo difenderà e guiderà in
tutto il groviglio della storia: «Quando vi consegneranno nelle loro mani, non preoccupatevi di come o di che cosa
dovrete dire: non siete infatti voi a parlare, ma è lo Spirito del Padre vostro che parla in voi» (Mt 10, 19-20). Lo Spirito
Santo sarà anche il nostro intercessore presso il tribunale di Dio, quando saremo caduti nel peccato. Egli, infatti, espleta
la stessa funzione del primo «Paraclito», cioè il Cristo stesso: «Se qualcuno ha peccato, abbiamo un Paraclito presso Il
Padre, Gesù Cristo giusto» (1 Gv 2, 1). La promessa di Gesù in quella sera anticipatrice della tragedia del Calvario e
della gloria della Pasqua penetra fino al cuore delle nostre paure, dei nostri dubbi, del nostro male e porta il soffio
liberatore dello Spirito.
Gesù, però, definisce lo Spirito Santo con un'altra locuzione, «Spirito di verità». Anche qui dobbiamo essere attenti al
linguaggio di Giovanni per cogliere il vero significato di questo nome. La «verità» nel quarto Vangelo non è generica e
astratta ma si identifica con la rivelazione del Cristo stesso, col suo Vangelo. Lo Spirito, allora, ha la missione di
illuminarci sulla parola rivelata, ha il compito di «guidarci alla verità tutta intera... perché egli prenderà del mio - dice
Gesù - e ve l'annunzierà» (16, 13-14). È lo Spirito che ci conduce nel mondo infinito della verità divina, svelandoci
sempre più altra luce, riscaldando la nostra freddezza, correggendo la nostra distrazione. Anche in questo caso egli
continua nella storia della Chiesa una funzione che era tipica dello stesso Cristo.
Infatti, quando i due discepoli di Emmaus scoprono di aver viaggiato con Gesù e non con un viandante qualsiasi,
esclamano: «Non ci ardeva forse il cuore nel petto mentre conversava con noi lungo il cammino, quando ci spiegava le
Scritture?» (Lc 24, 32).
Tra due settimane celebreremo la Pentecoste, la festa dello Spirito Santo. Ma già in questa liturgia lo Spirito appare
all'orizzonte e noi lo invochiamo perché, come suggeriva Paolo ai Corinzi, ci aiuti a trasformare la «lettera» del Van-
gelo in «spirito che dà la vita». Lo invochiamo perché ci sostenga ed anche nella disperazione ci difenda e liberi, come
scriveva il mistico tedesco Angelo Silesio (1624-1677) nel suo stupendo Pellegrino cherubico: «Dio è la mia linfa: da
me verdeggia in fiore il suo Spirito Santo che dà vita al germoglio» (Ed. Paoline 1990, p. 123).

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