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Diario I - L'inizio

"Ce l'ho fatta. Sono finalmente riuscito a comprendere...

Il sangue. Il sangue è la chiave per sconfiggerli.

Il prezzo è alto, la ragione viene sopraffatta e la nostra umanità si frammenta


come vetro, ma le vite dei nostri cari vale tutto questo.

Cominciò tutto dopo l'ennesimo giro di perlustrazione, niente che a Samsara fosse
nuovo. I demoni avevano lasciato la vallata e si erano spinti troppo oltre,
mettendo a repentaglio l'avamposto che io e i miei uomini eravamo incaricati di
proteggere con la vita. Dopo una brusca carica e numerose perdite, eravamo riusciti
a distruggerli, ma il prezzo fu caro.

Ormai la bieca apatia aveva preso il posto della rabbia, eravamo abituati a
perderne così tanti, così giovani. Troppe volte avevamo richiesto ai regni di
Hammerheim, Amon e persino agli Elfi di inviarci contingenti che potessero
sostenerci nella nostra causa, ma non venimmo mai ascoltati. Dovevamo cavarcela da
soli, a qualunque costo.

Fu dopo l'ennesima ricorrenza funebre che il vecchio Manfred mi si avvicinò con


un'espressione torva, come se si vergognasse di propormi ciò che di lì a poco
avrebbe sconvolto la mia vita.

Aveva una soluzione.

Il vecchio Manfred era un rinomato alchimista e cerusico del nostro gruppo, un


vecchio a cui era sempre importato catalogare i demoni e istruire le reclute su
come ucciderli nel minor tempo possibile, magari senza perdere un arto nel farlo.
Aveva più spesso analizzato i corpi tumefatti o smembrati dei nostri nemici, aveva
dissezionato centinaia di mongbat e ne aveva studiato le proprietà venefiche del
sangue, miscelandolo persino nelle sue misture nel tentativo di deballarlo, trovare
una tossina capace di sterminare questa razza ultraterrena.
Ma nelle sue infinite ricerche, ricerche che quasi gli erano costate la dicitura di
eretico, il vecchio Cromita scoprì qualcosa che credevo impossibile: aveva composto
una mistura con il sangue di un demone maggiore.

Ero confuso, incredulo e quasi mi chiesi se non stesse scherzando, sfidando la mia
rabbia a risalire nei suoi confronti. Era tutto tranne che questo.
Mi spiegò che la mistura, se assunta da determinati soggetti, era in grado di
modificare la struttura corporea, renderli agili e forti tanto quanto gli stessi
demoni, persino rendendoli capaci di percepire la loro magia perniciosa.
In altre parole, le fiale che aveva preparato erano capaci di renderci pari nella
forza e nell'astuzia ai nostri temibili nemici.

Quando gli chiesi cosa intendesse con determinati soggetti, mi confessò il suo più
grande peccato: aveva già testato le proprietà di questa mistura sui moribondi che
avevamo riportato al campo... e nessuno di loro era sopravvissuto abbastanza.
Prima che potessi bollarlo come assassino, mi confessò che i loro corpi reagivano
in maniera differente; c'era chi moriva tra gli spasmi e le convulsioni; chi invece
sentiva le vene ribollire in corpo fino a esplodere sotto pelle; mi disse che un
paio sembrarono essere in grado di resistere, ma le loro menti erano talmente
traviate dalle allucinazioni che lo stesso Manfred fu costretto ad abbattere.

Terrorizzato e furioso per la confessione, aggredii l'uomo che ritenevo un amico e


gli portai la spada alla gola, pronto a mettere la parola fine a quella barbaria
eretica. Manfred era certo avrei reagito così, ma giurò su tutto ciò che gli era
caro che questa volta la formula avrebbe funzionato, che il sangue avrebbe scelto
la persona giusta. Manfred si confessò a me perché ritenne che il prescelto ero io.

Lasciata la presa, riflettendo su cosa mi stesse dicendo, osservai la fiala di


mistura nera e la presi tra le mani, non riuscendo a smettere di pensare che tutto
questo fosse sbagliato e incredibile al tempo stesso. Ero certo che tutto quello mi
stesse dicendo Manfred era soltanto un disperato stratagemma per salvarsi, non
potevo assecondare le richieste di un pazzo simile.
Fu forse questa mia esitazione a rendere tutto possibile, a darmi piena
consapevolezza non soltanto che Manfred fosse impazzito, ma che avesse davvero
ragione.

In un attimo di distrazione, Manfred afferrò una siringa precedentemente preparata


e mi infilzò il collo, iniettandomi la mistura in corpo. Uno spasmo incontrollabile
me lo fece scrollare di dosso, ma fu talmente violento e inatteso che Manfred cadde
all'indietro e batté la testa. Il mio vecchio amico morì di lì a poco, lasciandomi
in balia degli spasmi e di visioni d'indicibile perfidia. Potevo sentire le loro
risate stonate, i loro desideri più malsani... la loro pura perfidia.

Dopo ore di incubi e dolori lancinanti, mi risvegliai in un giaciglio organizzato


dai miei sottoposti. Dicevano di avermi trovato in preda alle convulsioni, che
Manfred era morto e che gli esploratori avevano da poco segnalato un'altra avanzata
dei demoni.
Non fu tanto questo a spaventarmi, quanto il fatto che, mentre lo dicevano, io
potevo percepire la loro presenza a chilometri di distanza. I miei uomini fissarono
sbalorditi i miei occhi vitrei tendenti al nero, erano preoccupati per la mia
salute, ma la cosa assurda è che non mi ero mai sentito così dannatamente vivo.

Rialzatomi dal giaciglio e preparato a dovere, ci preparammo a difendere


l'avamposto di Samsara come avevamo sempre fatto, affrontando ogni demone si
sarebbe posto davanti. Non mi ero mai sentito così forte, così veloce e così
invincibile in tutta la mia vita. Potevo, in quella malsana danza di spade e
sangue, sentire il terrore provenire dai demoni. Era una sensazione magnifica, che
alimentava in me il desiderio di volerne ancora... e ancora.

Eravamo riusciti a metterli in fuga, per la prima volta da quando eravamo lì non
avevamo subito perdite e... i miei uomini mi guardavano come se stessero ammirando
Crom in persona. Il mio corpo stava cambiando, ma in cuor mio sapevo che avevamo
trovato l'arma definitiva per affrontare i demoni e debellarli tutti: dovevamo
diventare come loro.

Pensai che la morte di Manfred potesse essere la fine di quel potere, che sarei
stato l'unico a poter affrontare i demoni con una tale foga, ma sembrò quasi che il
vecchio si fosse preparato a un tale epilogo. La formula per la mistura era stata
custodita in un piccolo cofanetto, con annessa una lettera che mi spiegava che
questa non sarebbe stata l'unica via, ma solo una delle tante che ci avrebbero
permesso di affrontare i nostri nemici, perché questo era il volere di Crom.

Sicuro di ciò, ordinai all'assistente di Manfred di preparare la mistura e


selezionai con attenzione gli uomini a cui avrei fatto somministrare la nostra
nuova arma.

Avevamo smesso di essere una becera compagnia mercenaria, per la prima volta il
simbolo della mia famiglia sarebbe stato riconosciuto in tutto il mondo: il grifone
d'argento, il blasone di Lord Kailar Du Mont"

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