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di pavia
Borknagar – Neonato Gangrel
L'odore
di
sangue
nell'aria
è
forte,
sia
io
che
il
mio
avversario
non
siamo
messi
bene.
Certo
lui
sta
peggio
di
me,
devo
avergli
piantato
i
miei
artigli
almeno
tre
o
quattro
volte
a
fondo
nella
carne.
La
vista
di
lui
che
sanguina
copiosamente
e
a
fatica
si
regge
in
piede
mi
eccita,
in
lui
non
vedo
altro
che
una
bestia,
l'odio
che
provo
verso
di
lui
mi
raggiunge
ad
ondate
e
minaccia
di
sommergermi
facendomi
perdere
il
controllo.
Devo
restare
lucido,
la
mia
padrona
vuole
che
io
faccia
divertire
gli
spettatori
non
voglio
essere
punito
un'altra
volta,
attendo
che
sia
lui
a
fare
una
mossa
per
incitarlo
fingo
che
mi
abbia
colpito
più
duramente
di
quel
che
realmente
abbia
fatto,
crollo
su
un
ginocchio
abbassando
lo
sguardo,
i
miei
sensi
sono
focalizzati
su
di
lui
e
lo
sento
balzare
in
avanti,
come
un
animale
sicuro
della
sua
vittoria.
Appena
è
a
un
paio
di
passi
da
me
mi
rialzo
di
scatto
con
gli
artigli
tesi
verso
la
sua
testa,
lo
colpisco,
la
forza
impressa
nel
colpo
è
così
forte
che
per
poco
non
gli
strappo
con
una
sola
artigliata
tutto
il
collo,
crolla
a
terra
senza
forze,
nemmeno
mi
accorgo
delle
urla
di
eccitazione
della
gente;
la
mia
attenzione
è
tutta
su
quel
corpo
steso
a
terra
e
sul
delizioso
nettare
che
ne
scorre
fuori.
L'impulso
di
avvicinarmi
e
di
prosciugarlo
completamente
è
forte,
ma
la
vedo,
è
li
tra
la
folla
mi
fissa
con
il
suo
sguardo
malizioso
in
attesa
che
io
lo
beva,
lo
so
che
è
quello
che
vuole
io
faccia,
la
odio
più
di
ogni
altra
cosa
ed
è
proprio
per
questo
che
mi
ritiro
ed
esco
dalla
“fossa”.
Mentre
me
ne
vado
getto
uno
sguardo
su
di
lei,
il
suo
bel
viso
è
stravolto
dalla
rabbia,
un'altra
notte
di
dolore
mi
attende.
Vorrei
scappare,
ma
lei
è
troppo
forte
ed
una
cacciatrice
troppo
abile.
Ho
già
provato
a
scappare,
ma
lei
mi
ha
sempre
ritrovato
e
il
il
dolore
che
ne
è
conseguito
è
stato
atroce.
Almeno
mi
avesse
distrutto
per
sempre,
ma
perché
mai
dovrebbe
privarsi
del
suo
cucciolo
preferito?!
Due
energumeni,
forse
Brujah,
mi
scortano
in
catene
nella
celle
in
cui
rimarrò
insieme
agli
altri
fino
a
che
i
nostri
padroni
non
verranno
a
prenderci.
Questa
sera
nella
cella
di
fronte
alla
mia
c'è
un
altro
poveraccio,
sicuramente
carne
da
macello
a
giudicare
dal
suo
aspetto;
quello
che
stona
con
il
contesto
è
il
suo
sguardo,
due
occhi
di
ghiaccio,
occhi
di
un
predatore
non
quelli
di
una
preda,
mi
fissa
mentre
percorro
lo
stretto
corridoio
che
mi
conduce
alla
mia
gabbia.
Le
guardie,
dopo
avermi
gettato
senza
troppi
complimenti
nella
mia
gabbia,
ci
lasciano
soli.
Sento
gli
occhi
del
tizio
piantati
nella
schiena,
non
appena
mi
volto
per
intimargli
di
lasciarmi
in
pace
mi
fissa
ed
inizia
a
parlare:
<<Tu
devi
essere
Borknagar
l'animale
prediletto
di
Anastasia,
questa
è
un
ottima
occasione
per
conoscerci,
parlami
un
po'
di
te
da
dove
vieni
e
chi
sei!>>
Stranamente
mi
sento
bendisposto
verso
questo
tizio,
e
senza
neanche
rendermene
conto
inizio
a
raccontargli
la
mia
storia.
<<Mi
chiamano
Borknagar,
sono
nato
come
uomo
ormai
molto
tempo
fa,
all'alba
del
1919,
nella
mia
vita
non
sono
mai
stato
nessuno
di
particolare,
ho
sempre
provveduto
a
me
stesso
e
basta.
Non
ho
mai
avuto
la
necessità
di
avere
una
famiglia!
Quelli
erano
tempi
duri
in
Europa,
la
Grande
Guerra
aveva
da
poco
finito
di
mettere
in
ginocchio
tutto
il
continente.
Ho
vissuto
tutta
la
mia
vita
da
umano
in
Norvegia
facendo
l'agricoltore…
ti
starai
chiedendo:
“cosa
avrà
mai
potuto
vedere
in
me
Anastasia?!”
Ebbene,
il
destino
ha
voluto
che
l'unica
volta
nella
mia
vita
in
cui
io
abbia
deciso
di
dedicarmi
a
qualcos'altro
che
non
fosse
me
stesso,
io
abbia
pagato
cara
la
mia
bontà!
Con
l'invasione
di
Norvegia
e
Danimarca
decisi
di
rendermi
utile,
e
non
volendo
combattere
in
alcun
modo
decisi
di
aggregandomi
alla
Croce
Rossa,
dove
avrei
potuto
dare
una
mano
senza
per
forza
dover
uccidere
un
altro
essere
umano.
Il
primo
incarico
fu
in
un
campo
profughi
proprio
in
Norvegia,
durante
l'inverno
del
1940.
Con
l’accentuarsi
del
conflitto,
il
numero
di
vittime
cominciava
ad
aumentare
e
così
anche
gli
effetti
di
tanti
malati
ammassati
in
un
solo
posto;
i
casi
d'epidemia
si
sussegguirono
fino
a
che
i
militari
decisero
di
mettere
il
campo
in
quarantena.
Pochi
giorni
dopo
l'inizio
della
quarantena
iniziarono
le
prime
sparizioni.
Sulle
prime
tutti
pensammo
che
gli
scomparsi
fossero
semplicemente
scappati
per
sottrarsi
ai
blocchi
imposti
dai
militari,
ma
quando
il
loro
numero
continuò
a
salire
capimmo
che
qualcosa
non
andava.
Anche
i
militari
si
tenevano
lontani
dal
campo,
così
decidemmo
che
alcuni
di
noi
avrebbero
fatto
allontanare
quelli
che
potevano
camminare
mentre
gli
altri
sarebbero
rimasti
al
campo
con
i
malati
più
gravi.
Decidemmo
di
affidarci
alla
sorte
per
vedere
chi
sarebbe
rimasto.
La
sfortuna
volle
che
estraessi
la
pagliuzza
più
corta,
e
così
fui
uno
di
quelli
lasciati
indietro.
La
notte
stessa
della
fuga
qualcosa
o
qualcuno
penetrò
nel
campo
ed
iniziò
quello
che
potrei
definire
solo
come
massacro.
Diverse
figure,
alcune
più
simili
a
bestie
che
a
uomini,
sbucarono
dai
margini
del
campo
e
si
gettarono
letteralmente
addosso
alle
persone
che
incontravano,
per
mangiarle…
O
almeno
questo
era
quello
che
credevo
all'inizio.
Ed
è
proprio
qui
che
entra
in
gioco
Anastasia,
mentre
tentavo
di
fuggire
e
di
portare
in
salvo
con
me
due
bambine,
mi
imbattei
in
quella
che
sembrava
una
madre
rannicchiata
a
terra,
che
cullava
e
piangeva
la
figlia
morta,
ma
la
realtà
dei
fatti
era
ben
diversa!
Non
appena
mi
avvicinai
a
lei
per
farla
rialzare
e
fuggire
il
più
in
fretta
possibile,
vidi
il
suo
viso
completamente
imbrattato
di
sangue
e
la
sua
bocca
saldamente
piantata
nella
giugulare
della
bambina.
Con
un
movimento
fulmineo
la
donna
si
tirò
in
piedi
e
mi
attaccò,
il
mio
primo
istinto
fu
quello
di
mettermi
tra
lei
e
le
bambine,
ma
nel
giro
di
pochi
secondi
mi
atterrò
ferendomi
in
maniera
grave.
Ormai
rassegnato
a
morire,
iniziai
a
pregare,
domandando
una
seconda
possibilità!
In
risposta
lei
mi
disse:
<<Non
preoccuparti,
stasera
non
morirai!
Subirai
molto
peggio!>>
le
ultime
cose
che
ricordo
sono
lei
che
uccide
in
maniera
brutale
insieme
coloro
che
io
avevo
inutilmente
tentato
di
proteggere.
Luogo
Sconosciuto,
1940.
Mi
risveglio
in
quello
che
sembra
un
capannone,
le
mie
ferite
pulsano
e
fanno
un
male
cane.
Non
appena
riesco
a
recuperare
un
pò
di
lucidità,
mi
accorgo
di
essere
in
un
buco
nel
centro
del
capannone
in
compagnia
di
un
altro
tizio.
Ai
bordi
della
fossa,
almeno
due
metri
sopra
di
me
la
vedo,
lei
mi
squadra.
Ad
un
certo
punto
si
gira
verso
l'altro
tizio:
<<Fai
di
lui
ciò
che
vuoi,
basta
che
tu
mi
faccia
divertire!>>
Il
tizio,
il
cui
nome
in
seguito
scoprì
essere
Gustav,
mi
studiò
brevemente
e
poi
si
avventò
su
di
me,
non
feci
in
tempo
nemmeno
a
muovermi
i
suoi
movimenti
erano
innaturalmente
veloci,
sentì
che
mi
trafiggevano
con
quelli
che
pensai
fossero
dei
coltelli
e
contemporaneamente
mi
azzannò
al
collo
e
iniziò
a
farmi
dissanguare,
sperai
subito
di
morire
in
fretta
e
così
fu
dopo
poco
non
sentii
più
nulla,
vidi
solo
Anastasia
che
saltava
giù
nel
buco
e
poi
nulla.
Geiranger,
1940.
Ovviamente
quella
non
fu
l'ultima
notte
della
mia
esistenza,
con
mio
sommo
dolore
e
rammarico,
poche
notti
dopo
mi
risvegliai
completamente
al
buio.
Percepivo
attorno
a
me
qualcosa,
la
cosa
che
mi
stupì
fu
che
pian
piano
i
miei
occhi
si
stavano
abituando
alla
completa
oscurità
e
io
riuscivo
a
vedere
sempre
più
nitidamente
quello
che
mi
stava
attorno.
Ero
chiuso
in
una
gabbia!
Nello
stesso
ambiente
vi
erano
anche
altre
gabbie,
con
persone
riverse
al
loro
interno,
alcune
che
stavano
iniziando
a
risvegliarsi,
altre
come
morte.
Dopo
qualche
ora,
quando
ormai
quasi
tutti
si
erano
ripresi,
arrivò
il
tizio
che
mi
aveva
aggredito,
portando
con
sé
un
uomo
mezzo
morto,
che
stava
in
piedi
a
fatica.
Entrò
nella
cella,
spinse
verso
di
me
l'uomo
e
mi
disse:
<<Avrai
fame,
Mangia!>>
lo
fissai
senza
capire.
<<Sei
proprio
inutile,
non
hai
neanche
capito
cosa
ti
è
successo,
vero?
Io
ti
ho
ucciso,
e
la
Padrona
ti
ha
risvegliato,
tu
sei
morto!>>
In
preda
alla
rabbia
mi
scagliai
contro
Gustav,
volevo
vendicarmi
e
restituire
parte
del
dolore
che
mi
aveva
provocato.
<<Non
mi
credi,
vero?
Ti
farò
cambiare
idea>>.
Mentre
mi
scagliavo
contro
di
lui
vidi
nitidamente
spuntargli
degli
artigli
dalle
mani,
che
mi
conficcò
violentemente
nella
pancia,
pensai
subito
“
è
la
fine”
eppure
se
debole
non
sentivo
nulla,
le
mie
forze
erano
diminuite
ma
non
sentivo
giungere
quella
sensazione
di
freddo
e
distacco
che
nei
giorni
di
lotte
e
dolore
precedenti
mi
aveva
accompagnato,
e
allora
capii
ero
veramente
già
morto.
<<Ti
devo
insegnare
molte
cose,
dovrai
imparare
molte
cose
nel
prossimo
futuro,
ti
insegnerò
ad
usare
i
tuoi
poteri,
a
nutrirti...
da
adesso
sei
proprietà
della
Padrona,
dovrai
far
divertire
lei
e
i
suoi
ospiti,
da
adesso
sei
un
animale
da
combattimento>>
Geiranger,
1950.
Negli
anni
successivi
al
mio
risveglio
le
uniche
cose
che
si
susseguirono
sono
interminabili
scontri
nelle
fosse
da
cui
per
fortuna
o
per
bravura
ne
sono
sempre
uscito,
la
cosa
peggiore
però
sono
sicuramente
state
le
torture
di
Anastasia.
Ha
sempre
voluto
e
cercato
di
farmi
bere
il
mio
avversario
sconfitto,
cosa
che
non
ho
mai
voluto
fare
dato
che
l'ordine
arrivava
da
lei,
certo
ho
sempre
dovuto
pagare
i
miei
rifiuti
con
molto
dolore
fisico
che
lei
adorava
infliggermi.
Cercai
anche
innumerevoli
volte
di
scappare,
questo
eccitava
Anastasia
ancora
di
più,
adorava
il
gusto
della
caccia
e
se
la
preda
era
alla
sua
altezza
tanto
meglio,
come
si
può
ben
immaginare
i
miei
tentativi
andarono
a
vuoto.
Geiranger,
1951.
Ed
eccoci
arrivati
ad
oggi,
ed
eccomi
qui
a
parlare
con
te.
Il
tipo
mi
sorride
si
alza
dicendomi
<<
Avrai
un
altra
occasione
stanotte,
sfruttala
al
meglio
perderti
sarà
la
punizione
peggiore
per
Anastasia>>.
Si
avvicinò
alla
porta
e,
senza
apparente
sforzo,
piegò
le
sbarre
della
sua
cella
e
poi
anche
della
mia,
senza
neanche
voltarsi
né
dire
niente
si
avviò
verso
l'ingresso
alle
zone
di
combattimento.
Dopo
pochi
minuti
sentii
giungere
al
posto
che
le
solite
urla
di
eccitazione
dei
presenti,
urla
di
terrore
e
rumore
di
gente
che
cerca
di
fuggire
da
qualcosa.
É
il
mio
momento,
sfrutto
l'occasione
per
scappare
sperando
che
il
tipo
avesse
ragione
e
questa
fosse
la
volta
buona
Zagreb,
1985.
Ormai
sono
in
continua
fuga
da
30
anni.
Il
primo
periodo
fu
abbastanza
facile:
decisi
di
stabilirmi
ai
confini
di
un
territorio
di
quelli
che
imparai
ad
essere
vampiri
anarchici,
imparai
da
loro
la
presenza
dei
blocchi
di
potere
all'interno
dei
vampiri
e
decisi
di
tenermi
lontano
da
tutti,
vivevo
isolato
dagli
altri
sfruttando
quelle
cittadine
di
montagna
isolate
e
nutrendomi
prevalentemente
di
animali.
Ogni
tanto
compravo
sacche
di
sangue
da
altri
vampiri
così
da
rimanere
il
più
possibile
nei
luoghi
dove
mi
insediavo.
Una
notte
al
ritorno
dai
miei
giri
di
perlustrazione
rientrando
nel
mio
rifugio
trovai
un
messaggio
inciso
sulla
parete:
LA
CACCIA
RICOMICIA
La
notte
seguente
abbandonai
frettolosamente
tutto
e
mi
rimisi
a
scappare,
decisi
che
era
più
sicuro
spostarmi
in
tutti
quei
luoghi
in
cui
era
in
corso
un
qualche
tipo
di
rivolta
civile
o
guerra,
con
tutta
quella
confusione
avrebbero
fatto
meno
caso
a
me
e
sarebbe
stato
più
facile
nascondersi.
Ormai
mi
sento
continuamente
braccato,
magari
per
lunghi
periodi
non
noto
nessun
segno
della
presenza
della
mia
cacciatrici,
poi
inevitabilmente
qualcosa
mi
fa
capire
che
lei
sia
ancora
li
fuori
e
sento
i
suoi
occhi
puntati
su
di
me.
Patrasso,
1994.
Sono
stabile
in
questi
territori
da
ormai
circa
un
mese,
i
segni
della
mia
inseguitrice
non
si
vedono.
Le
mie
notti
sono
continue
ronde
alla
ricerca
di
indizi
e
segni
di
qualcosa
o
qualcuno,
quando
una
carovana
di
zingari
attira
la
mia
attenzione.
Scortano
sicuramente
un
vampiro
-‐
metodo
furbo,
questo
-‐
gli
permettono
di
muoversi
sia
di
giorno
che
di
notte.
Potrei
chiedergli
aiuto
o
se
è
qui
per
me
potrei
farlo
fuori
e
prendermi
i
suoi
uomini.
Sfruttando
i
miei
poteri
faccio
irruzione
nella
sua
roulotte
minacciandolo
e
interrogandolo,
la
sua
storia
mi
convince
il
suo
nome
è
Tibor
dice
di
essere
in
fuga
come
me,
lui
da
uno
Tzimisce
a
cui
ha
sottratto
qualcosa,
non
mi
fido
molto
di
lui,
non
sono
abituato
a
stare
così
vicino
ad
altri
vampiri,
ma
d'altro
canto
è
l'unico
modo
che
ho
per
muovermi
più
velocemente
e
magari
spostarmi
anche
in
un
altra
zona
dell'Europa,
gli
propongo
di
andare
con
lui
e
ce
ne
fosse
bisogno
di
difenderlo.
Sarajevo,
1995.
La
mia
situazione
è
peggiorata,
ora
oltre
ad
essere
in
fuga
dalla
mia
Sire,
scappiamo
anche
da
uno
Tzimisce.
Ho
pensato
più
volte
di
abbandonare
Tibor
al
suo
destino
e
riprendere
la
mia
fuga
solitaria,
ma
sono
stanco
di
stare
da
solo.
Tibor
mi
aggiorna
sulla
situazione
del
mondo
dei
vampiri,
mi
spiega
cosa
siano
la
Camarilla
e
il
Sabbat
e
le
tradizioni
della
sua
setta;
forse
entrare
in
questa
Camarilla
potrebbe
aiutarmi
a
eliminare
Anastasia,
se
si
dovesse
presentare
l'occasione
dovrò
farci
un
pensiero…
Non
apprezzo
molto
tutte
quelle
regole
e
tradizioni,
ma
è
un
giusto
prezzo
da
pagare
se
verrò
finalmente
liberato.
A
Sarajevo
veniamo
attaccati
e
il
mio
trasporto
sicuro
va
in
fumo,
ora
è
troppo
tardi
per
separarsi.
Ora
lo
Tzimisce
cerca
anche
me.
Tibor
chiede
aiuto
a
dei
suoi
contatti,
iniziamo
ad
essere
una
folla
e
non
mi
piace
molto
l'idea,
ma
non
ho
altra
scelta:
da
solo
morirei
sicuramente.
Colonia,
1996.
Ecco
finalmente
il
mio
aggancio
per
la
Camarilla,
il
sire
di
Tibor,
Leopold,
lo
richiama
in
patria
per
affidargli
una
missione,
pare
che
il
fatto
che
adesso
giri
con
me
e
gli
altri
due
non
sia
una
cosa
buona
per
lui
né
per
noi,
vuole
sicuramente
sfruttarci
per
fare
qualcosa
di
pericoloso,
non
ci
denuncerà
se
gli
riporteremo
quello
che
Tibor
si
è
perso,
forse
se
la
missione
riuscirà
potrò
chiedergli
di
farmi
giurare
fedeltà.
Varsavia,
1997.
Seguiamo
le
tracce
dello
Tzimisce
fino
a
Varsavia,
lì
possiede
una
galleria
d'arte
dove
custodisce
con
ogni
probabilità
l'oggetto
per
cui
siamo
giunti
lì.
Non
ho
la
mia
idea
di
come
poter
entrare
lì
dentro
se
non
con
la
forza
bruta,
e
anche
gli
altri
paiono
appoggiare
la
mia
idea,
si
entra
in
azione.
Mossa
stupida:
ci
aspettavano
forse,
siamo
costretti
a
scappare
e
a
dividerci,
per
fortuna
avevamo
deciso
un
luogo
in
cui
ritrovarci
se
fosse
andato
tutto
storto.
Siamo
tutti
vivi,
incredibile!
Dobbiamo
tornare
però
a
mani
vuote,
la
mia
occasione
è
sfumata.
Colonia,
1997.
Leopold
come
pensavo
ci
ha
solo
sfruttato,
non
solo
la
missione
era
molto
pericolosa,
ma
ci
ha
anche
usati
come
diversivo.
Quando
torniamo
ci
comunica
che
il
manufatto
è
già
in
mano
sua,
nonostante
il
fallimento
decide
di
concederci
la
possibilità
di
giurare
fedeltà,
ci
vorrà
sicuramente
sfruttare
in
qualche
altro
modo.
Accetto;
qui,
Anastasia
sicuramente
non
potrà
raggiungermi.
Il
nostro
gruppo
può
finalmente
dividersi
non
è
più
necessario
rimanere
con
loro,
posso
tornare
alla
mia
indipendenza.
Colonia,
2010.
Ho
solo
cambiato
padrone,
ora
sono
al
servizio
del
sire
di
Tibor.
Nessuno
dei
miei
vecchi
compagni
lo
sa,
resto
nascosto,
non
partecipo
mai
ad
alcun
eliseo,
il
mio
nuovo
padrone
mi
da
sempre
incarichi
da
svolgere,
ho
potuto
visitare
diversi
Principati
camarillici
in
Europa,
le
cose
sono
uguali
ovunque.
Nel
Sud
ci
sono
segni
di
cambiamento,
il
Sabbat
avanza,
la
Camarilla
non
ha
più
una
stretta
così
salda
sui
suoi
territori.
Ricevo
un
messaggio:
“Sei
stato
intelligente,
ti
sei
nascosto
bene,
ma
tu
sei
il
mio
animale,
non
mi
puoi
sfuggire!
Arriverà
presto
il
giorno
in
cui
i
tuoi
nuovi
amici
non
potranno
più
proteggerti,
non
vedo
l'ora
di
rincontrarti
per
farti
vedere
quanto
mi
sei
mancato.”
Il
messaggio
scritto
con
il
sangue
non
è
firmato,
non
c'è
n’è
bisogno.
So
da
chi
arriva,
presto
dovremo
affrontarci.
Per
mesi
ho
la
sensazione
di
essere
osservato,
a
dispetto
dei
miei
poteri
cainiti
che
mi
rendono
invisibile.
Ogni
notte
potrebbe
essere
quella
decisiva,
ma
il
fatidico
incontro
continua
a
essere
rimandato,
finché
Leopold
mi
impartisce
nuovi
ordini
che
mi
strappano
bruscamente
dalla
città
di
Colonia,
dove
ormai
riuscivo
quasi
a
sentirmi
a
casa.
Leopold
deve
inviare
Tibor
in
un
luogo
assai
pericoloso,
l’isola
italiana
chiamata
Sardegna.
Confesso
che
ho
dovuto
cercare
su
una
cartina.
Laggiù,
un
potente
cardinale
del
Sabbat,
un
certo
Monçada
detto
leone
nero,
cercava
di
conquistare
uno
storico
territorio
del
clan,
nel
quale
era
detto
riposare
il
matusalemme
Sardus.
Le
competenze
occulte
di
Tibor,
inusuali
all’interno
del
clan,
sarebbero
state
preziose
per
localizzare
il
rifugio
di
Sardus
per
trarlo
in
salvo
prima
dell’arrivo
del
Lasombra.
Leopold
sa
bene
quanto
me
che
Tibor
è
un
inetto
nel
combattimento,
e
vorrebbe
qualcuno
a
guardargli
le
spalle…
ed
eccomi
qua.
Il
mio
padrone
preferisce
che
i
nostri
stretti
legami
rimangano
sconosciuti
alla
sua
progenie;
sarà
lui
stesso
a
suggire
a
Tibor
di
contattare
qualcuno
dei
suoi
vecchi
compagni
per
aiutarlo,
e
io
sarò
l’unico
nei
paraggi.
Come
previsto
dal
suo
sire,
Tibor
mi
chiede
di
scortarlo
nella
sua
avventura
italiana.
Sardegna,
2011.
Nuoro
fu
la
nostra
base
operativa
principale
per
l’inverno
e
la
primavera.
Setacciavamo
grotte
e
anfratti
persi
nel
nulla,
talvolta
siti
archeologici
abbandonati,
alla
ricerca
del
mausoleo
di
Sardus.
Tibor
faceva
le
sue
ricerche
e
io
gli
stavo
appresso,
invisibile
angelo
custode,
e
gli
salvai
la
pelle
in
un
paio
di
occasioni.
Incontrammo
nuovamente
Yuri,
stranamente
senza
il
fratello,
anche
lui
coinvolto
in
questa
sorta
di
“crociata
Gangrel”.
Le
forze
agli
ordini
del
leone
nero
erano
chiaramente
soverchianti,
e
con
l’aiuto
dei
malefici
del
suo
vizier
sembrava
inarrestabile.
Agli
albori
dell’estate,
Monçada
in
persona
prese
il
campo
contro
la
Camarilla,
e
Pelusu
(l’anziano
Gangrel
duca
di
Sassari,
scacciato
dal
suo
dominio
dagli
invasori
della
Spada)
fu
distrutto.
Il
vizier
di
Monçada,
il
Kyasid
Van
Blundt,
riuscì
a
rintracciare
molti
dei
nostri
combattenti
in
rotta
grazie
alle
sue
arti
occulte.
Il
duca
di
Cagliari
Bucciano
Sanna,
un
altro
anziano
Gangrel,
non
intendeva
arrendersi
e
continuò
la
tattica
della
guerriglia,
riuscendo
ancora
una
volta
a
intralciare
i
piani
di
Van
Blundt:
grazie
a
un
“informatore”
nel
Sabbat,
la
Camarilla
riuscì
a
distruggere
la
coterie
dei
suoi
migliori
ricercatori.
Grazie
a
quella
mossa,
Tibor
e
i
pochi
altri
sciamani
che
cercavano
Sardus
riuscirono
a
battere
sul
tempo
Van
Blundt,
localizzando
finalmente
il
sito
nel
sud
dell’isola.
Questo
diede
il
tempo
di
organizzare
la
difesa;
Sanna
dispose
una
serie
di
guarnigioni
in
siti
fasulli,
sacrificando
dei
neonati
per
depistare
gli
agenti
della
Spada
di
Caino.
Purtroppo,
nell’attuare
questa
strategia
il
duca
di
Cagliari
è
costretto
a
scoprire
Cagliari
stessa.
Monçada
colpirà
di
sopresa
la
città,
diablerizzando
personalmente
Sanna.
Cagliari
cade
nell’aprile
2012.
Senza
più
il
controllo
di
una
città
degna
di
questo
nome,
la
resistenza
della
Camarilla
era
diventata
impossibile.
Altro
discorso
era
per
i
Gangrel.
In
estate,
Ariel
si
stabilì
in
Sardegna
e
assunse
il
comando
di
una
controffensiva
“di
clan”.
L’anziano
si
comportava
esattamente
come
un
predatore:
chi
era
in
grado
di
trasformarsi
in
pipistrello
viveva
insieme
a
lui,
fuori
dalle
città,
calando
su
di
essere
solo
per
eliminare
i
sabbatici
che
si
allontanavano
troppo
dal
proprio
branco;
quindi
sparivano
nuovamente,
nelle
terre
ostili
a
tutti
gli
altri
cainiti.
Non
ero
abbastanza
abile
in
Proteiforme
per
attaccare
insieme
ad
Ariel,
ma
le
mie
peculiari
capacità
mi
consentirono
di
agire
in
appoggio
ai
loro
assalti.
L’anziano
sembrava
sapere
esattamente
cosa
fossi,
ma
la
cosa
non
gli
importava;
nell’osservare
la
sua
ferocia
durante
gli
scontri
con
il
Sabbat,
ho
constatato
che
padroneggia
sia
le
discipline
tradizionali
dei
Gangrel
che
quelle
della
mia
branca
del
clan.
Mi
domando
se
sia
tanto
vecchio
da
provenire
dal
tempo
in
cui
i
Gangrel
possedevano
tutte
queste
discipline…
In
questo
periodo
saltò
fuori
Ivan,
con
sorpresa
dello
stesso
Yuri
impegnato
nelle
operazioni
sarde.
I
due
fratelli
sembravano
aver
litigato,
ma
in
qualche
modo
si
riappacificarono
e
finimmo
per
formare
nuovamente
la
vecchia
coterie,
ciascuno
con
i
suoi
nuovi
segreti.
Io
tenevo
sempre
aggiornato
Leopold,
come
mi
aveva
chiesto.
Il
tempo
della
Camarilla
sull’isola
era
agli
sgoccioli,
ma
anche
l’interesse
del
Sabbat
era
vicino
ad
essere
soddisfatto.
Van
Blundt
cominciava
ormai
a
ronzare
insistentemente
nella
zona
corretta,
dunque
il
luogo
non
era
più
segreto.
Stando
alle
scoperte
di
Tibor,
alla
necropoli
si
poteva
accedere
da
una
piccola
grotta,
ma
era
necessario
il
sangue
di
un
discendente
mortale
di
Sardus
per
aprire
un
varco.
Un
prodigio
arduo
da
superare,
ma
non
imbattibile
per
Van
Blundt
e
il
suo
signore.
Tibor
fu
incaricato
di
studiare
il
punto
di
accesso
e
scoprire
se
le
difese
della
necropoli
potessero
essere
di
qualche
aiuto
contro
il
Sabbat.
Nel
mentre,
Ariel
e
la
sua
coterie
Gangrel
continuavano
le
azioni
di
disturbo,
guadagnando
quanto
più
tempo
possibile,
e
gli
ultimi
rinforzi
giunsero
da
Trapani.
C’era
aria
di
resa
dei
conti,
e
presto
le
legioni
del
leone
nero
circondarono
gli
ultimi
Gangrel
leali
alla
Camarilla.
Una
ventina
di
fratelli
furono
schierati
a
difesa
del
rifugio
di
Sardus.
La
Spada
attaccò
solo
dopo
tre
notti,
ma
durante
l’attesa
io
e
Tibor
fummo
testimoni
di
un
evento
difficile
da
spiegare.
Ci
stavamo
dirigendo
alla
grotta
per
fare
alcuni
esperimenti,
quando
notammo
una
delle
sentinelle
(un
certo
Falco)
ingaggiare
battaglia
contro
un
Lasombra.
Temendo
che
si
trattasse
di
Monçada
non
ci
arrischiammo
a
intervenire,
ma
avvisammo
Ariel
dell’avvenuto,
e
l’anziano
si
precipitò
sul
posto
con
i
suoi.
Successivamente
l’anziano
affermò
che
l’intruso
era
stato
neutralizzato
senza
danno,
ma
l’accesso
alla
necropoli
era
ormai
aperto.
Tibor
fece
del
suo
meglio
nelle
due
notti
seguenti
per
trovare
un
modo
di
chiuderlo,
ma
non
ne
fu
capace.
Quando
l’assalto
arrivò,
ci
accorgemmo
con
sgomento
che
Ariel
e
i
guerrieri
più
forti
non
erano
al
nostro
fianco
in
battaglia.
Eravamo
quindici
al
tramonto
di
quella
notte
di
sangue
e
zanne,
e
all’alba
eravamo
scampati
alla
morte
ultima
in
una
manciata.
Scoprimmo
in
seguito
che
Ariel
e
i
suoi
ci
avevano
sfruttato
come
diversivo
per
colpire
alle
spalle
le
forze
nemiche,
eliminando
Van
Blundt.
I
superstiti
potevano
solo
sperare
che
all’interno
sussistessero
altre
difese,
e
che
la
perdita
del
Kyasid
impedisse
al
Sabbat
di
mettere
Sardus
sotto
i
denti.
Ariel
ci
ricompensò
liberandoci
dalle
nostre
rispettive
obbligazioni,
e
concedendoci
addirittura
una
parte
dei
suoi
territori
a
ridosso
di
Parigi
come
dimora.
La
proposta
allettò
il
gruppo,
e
fu
così
che
approdai
con
i
miei
compagni
in
una
delle
più
grandi
e
prestigiose
corti
cainite
del
mondo.
Parigi,
2014.
Gestire
un
piccolo
territorio
nei
pressi
di
Parigi
si
rivelò
un
incubo.
La
politica
alla
corte
di
Françoise
Villion
era
veramente
spietata,
e
nel
giro
di
un
paio
d’anni
i
miei
compagni
si
trovarono
coperti
di
condanne
e
debiti
per
aver
infranto
le
più
disparate
regole
protocollari
del
luogo.
Per
mia
fortuna
io
mi
tenni
abbastanza
lontano
dalla
vita
della
città,
continuando
a
svolgere
segretamente
incarichi
per
Leopold,
che
si
fecero
via
via
più
sporchi.
Nell’ottobre
2013
mi
chiese
per
la
prima
volta
di
eliminare
un
camarillico
ad
Amburgo,
un
Malkavian
che
aveva
ficcanasato
una
volta
di
troppo.
Non
mi
feci
scrupoli,
e
feci
un
lavoro
pulito.
Leopold
fu
molto
compiaciuto,
e
a
quel
primo
assassinio
ne
seguirono
presto
altri.
Cominciai
però
a
sentire
nuovamente
quella
sensazione
strangolante,
come
di
essere
pedinato,
come
se
Anastasia
fosse
nuovamente
sulle
mie
tracce.
I
miei
compagni
si
erano
talmente
inguaiati
durante
la
mia
latitanza
da
essere
finiti
in
balia
del
siniscalco
di
Parigi
Hugh
Davenant
(anziano
Toreador).
Davenant
intendeva
offrirli
in
dono
a
Pavia,
un
buco
d’inferno
in
mezzo
alla
pianura
lombarda,
accerchiato
da
Sabbat
e
Giovanni
incazzati.
Ancora
una
volta
Leopold,
tradendo
un
attaccamento
a
mio
avviso
eccessivo
per
la
sua
progenie,
mi
chiese
di
seguirlo
e
vigilare
su
di
lui,
fingendomi
a
mia
volta
indebitato.
Cominciavo
a
scocciarmi
di
fare
da
balia
a
Tibor,
ma
Leopold
mi
disse
che
a
Pavia
risiedeva
anche
Ariel,
e
quell’anziano
era
molto
interessante
per
me.
Avrebbe
potuto
farmi
da
mentore
nello
sviluppo
delle
mie
discipline,
che
il
sire
di
Tibor
invece
ignorava.
Ci
aggreghiamo
a
una
delegazione
in
partenza
nella
seconda
metà
di
Gennaio.
Raggiungeremo
Pavia
la
notte
del
25,
in
occasione
della
promozione
di
un’ancilla
locale
–
tale
Dorothea
Von
Lieven,
che
si
dice
essere
nelle
grazie
di
Villion
in
persona
-‐
allo
status
di
anziana.
Viaggio
verso
l’Italia
con
l’ormai
consueta
determinazione,
ma
una
parte
di
me
si
domanda
insistentemente
per
quanto
ancora
sarà
rimandato
l’incontro
fatale
con
Anastasia…
Personaggi noti
Ludovica
Baggi-‐Sisini
(neonata
Ventrue)
è
l’ambasciatrice
ufficiale
di
Villon.
Avete
il
compito
di
proteggerla
durante
il
viaggio.
Sose
(anziano
Nosferatu)
si
aggiunto
alla
combriccola
all’ultimo
momento.
Viaggiare
in
compagnia
di
un
anziano
della
Maschera
ti
fa
sentire
incredibilmente
al
sicuro.
Davide
Janowitz
(neonato
Toreador).
E’
arrivato
a
Parigi
da
poco,
proprio
da
Pavia.
Quando
tu
e
i
tuoi
compagni
avete
scoperto
la
vostra
prossima
meta,
vi
siete
rivolti
a
lui
per
avere
qualche
informazione
sul
dominio.
A
quanto
pare,
Pavia
è
una
terra
dalle
mille
opportunità:
Janowitz
è
vampiro
da
poco
più
di
un
anno
e
ha
già
ricoperto
cariche
prestigiose.
Il
principe
è
un’ancilla
Tremere
chiamata
Laerte
Rovonero,
ma
nella
città
risiedono
molti
personaggi
illustri
(conoscete
per
nome
e
clan
gli
anziani,
Ombrosi,
Borbone).
Leopoldo
di
Borbone
(neonato
Ventrue).
E’
stato
siniscalco
di
Pavia,
ora
è
Maestro
delle
Arpie.
Davenant
ne
parla
come
di
un
suo
alleato.
Nathan
“il
Falco”
(neonato
Gangrel).
Pensavi
che
fosse
stato
distrutto
nella
notte
in
cui
la
necropoli
di
Sardus
è
stata
violata,
ma
secondo
Janowitz
è
a
Pavia.
Amjad
l’assamita.
Uno
degli
esotici
ospiti
della
corte
di
Villon,
che
accoglie
persino
un
primogenito
del
clan
(conosci
la
situazione).
Se
togli
il
colore
della
pelle,
lui
è
Yuri
sono
quasi
due
gocce
d’acqua!
Incredibile,
no?
Natura:
Sopravvissuto.
Qualsiasi
cosa
ti
capiti,
ti
dai
da
fare
per
sopravvivere.
Puoi
sopportare
quasi
tutte
le
situazioni,
perdurando
e
superandole.
Quando
le
cose
si
mettono
male
e
gli
altri
abbandonano,
tu
continui.
Non
lasci
e
non
lascerai
mai
perdere.
Niente
ti
fa
andare
più
in
collera
di
qualcuno
che
non
lotta
per
migliorare
le
cose
o
che
abbandona
di
fronte
alle
forze
senza
nome
dell’universo
senza
cercare
di
imporre
la
sua
volontà.
Disprezzi
le
persone
che
si
danno
per
vinte.
Tratto
della
Bestia:
Terrore
dei
ceppi
(RAB).
Non
sopporti
di
essere
incatenato,
legato
o
simili;
hai
già
patito
troppo
per
mano
della
tua
sire.
Se
qualcuno
cerca
di
ammanettarti
(o
peggio)
la
tua
paura
si
trasforma
in
ferocia,
e
ti
scagli
su
di
lui
per
distruggerlo,
in
preda
alla
frenesia.