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Luca Sabatini
September 8, 2022
1 Introduzione ed esempi
Il concetto di Spazio Vettoriale è stato introdotto già nelle prime pagine, si tratta di una
delle strutture principali dell’intera matematica, senza di essi essa sarebbe molto povera.
Ricordiamo che uno
Definizione 1.1 Sazio Vettoriale è un insieme non vuoto di elementi, detti vettori
nel quale sono definite due operazioni, una interna, la somma tra vettori, ed indicata
col simbolo + , per la quale l’insieme risulta un gruppo commutativo, ed una esterna, la
moltiplicazione per uno scalare, detta anche operazione esterna, indicata col simbolo · che
comunque in moti casi viene omesso, che gode delle proporietà di distributiva sia per la
somma dei vettori che per la somma degli scalari, la associatività del prodotto degli scalari
e di unitarietà dell’elemento 1; esse sono riportate qui sotto per completezza
(k + h) · v = k · v + h · v
k · (v + w) = k · v + k · w
k · (h · v) = (k · h) · v
• Unitarietà dell’elemento 1:
1·v =v
1
L’insieme delle coppie ordinate, terne ordinate, delle matrici, con le operazioni naturali
di somma e prodotto per uno scalare, che sono stati già incontrati, sono esempli classici di
spazi vettoriali, altri esempi sono
Esempio 1.4 L’insieme C 0 (R) delle funzioni continue in tutto l’asse reale è uno
spazio vettoriale, cosı̀ come l’insieme C 0 (E) delle funzioni continue in un intervallo
E e l’insieme CE 0 (E) delle funzioni continue definite in E e che assumono il
valore 0 agli estremi dell’intervallo sono tutti insiemi di spazi vettoriali, tuttavia
l’insieme delle funzioni continue definite in tutto R che assumono un valore assegnato
non nullo in un punto preciso x0 , i.e. f (x0 ) = l 6= 0 non è uno spazio vettoriale in
quanto (f1 + f2 )(x0 ) = f1 (x0 ) + f2 (x0 ) = l + l = 2l 6= l e quindi non è chiuso rispetto alla
somma.
2 Generatori e basi
Le operazioni di somma di vettori e di moltiplicazione per uno scalare possono essere rac-
colte in un’unica operazione detta combinazione lineare, indicata con Lin(v1 , v, · · · , vk ) ,
realizzata sommando k vettori ciascuno moltiplicato per uno scalare:
k
X
Lin(v1 , v, · · · , vk ) = a i vi
i
2
Pk La combinazione lineare di k vettori genera ovviamente un vettore, scrivendo w =
i ai vi indichiamo che il vettore w è combinazione lineare dei k vettori vi .
Una delle conseguenze della definizione di dipendenza lineare è il fatto che se un sistema
di vettori contiene il vettore nullo, allora questo sistema di vettori è linearmente dipendente,
basta prendere infatti tutti i coefficienti uguali a zero tranne quello relativo al vettore nullo
pari ad uno, si ottiene quindi una combinazione lineare di vettori con coefficienti non tutti
nulli che restituisce il vettore nullo.
Proposizione 2.2 Se k vettori sono tra loro linearmente dipendenti, allora è possibile
scriverne almeno uno di essi come combinazione lineare degli altri k–1.
Uno spazio vettoriale quindi può essere costruito partendo da un insieme di vettori
e facendone di essi una combinazione lineare, tali vettori sono quindi detti generatori
dello spazio vettoriale; tali generatori possono essere tra loro linearmente dipendenti o
indipendenti. Ad un sistema S di generatori può essere volta per volta aggiunto un altro
vettore dando luogo ad un altro sistema S 0 di generatori che può generare a sua volta o lo
stesso spazio vettoriale V o un altro spazio vettoriale V 0 a seconda che il nuovo generatore
sia linearmente dipendente da quelli di S o da essi indipendente, si ha la seguente
Proposizione 2.3 Sia S un sistema di generatori di uno spazio vettoriale V e sia w un
vettore, allora lo spazio W generato da S e w è tale che V ⊆ W , il simbolo di uguaglianza
sussiste se e solo solo se w è linearmente dipendente dai vettori di S .
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Prova: Sia V = Lin(v1 , . . . , vk ) lo spazio vettoriale generato dal sistema di k vettori
S = S(v1 , . . . , vk ) , P
allora ogni vettore v ∈ V è scritto come combinazione lineare dei
vettori di S : v = ki=1 ai vi . Consideriamo ora un vettore generato per combinazione
lineare dai vettori di S e da w, del tipo v+w. Se w è linearmente dipendente daiP vettori di
S allora può essere espresso combinazione lineare dei vettori vi nella forma w = ki=1 bi vi
allora si ha
k
X k
X k
X k
X
Lin(vi ) + w = ai vi + bi vi = (ai + bi )vi = ci vi = Lin(vi )
i=1 i=1 i=1 i=1
Esempio 2.4 L’insieme dei polinomi di grado qualsiasi in una indeterminata è uno spazio
vettoriale non finitamente generato in quanto è sempre possibile ottenere un polinomio di
grado più alto aggiungendo ad un polinomio di grado k un polinomio di grado k+1. Al
contrario l’insieme dei polinomi di grado minore o uguale ad un numero fissato k è uno
spazio vettoriale finitamente generatoPin quanto un polinomio di grado k è generato al
massimo da k+1 polinomi: pk (x) = ki=0 ai xi , prendendo ad esempio come generatore
i–esimo il polinomio pi (x) = xi .
Quindi nella generazione di uno spazio vettoriale è possibile limitarsi considerando insiemi
di generatori che però siano tra loro linearmente indipendenti dato che ogni ulteriore gener-
atore linearmente dipendente dagli altri non aggiunge nulla di nuovo a quanto già ottenuto.
Lin(v1 , v2 , v3 ) = a1 v1 + a2 v2 + a3 v3 = a1 v1 + a2 v2 + a3 (k1 v1 + k2 v2 )
= (a1 + a3 k1 )v1 + (a2 + a3 k2 )v2 = b1 v1 + b2 v2 = Lin(v1 , v2 )
per cui l’informazione data da v3 è ridondante e può essere eliminata.
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Si dà quindi la seguente
Definizione 2.6 Si definisce base di uno spazio vettoriale un insieme di generatori che
siano tra loro linearmente indipendenti.
Nota 2.7 Una volta fissata una base di uno spazio vettoriale, il vettore nullo è sempre
rappresentato da una combinazione lineare di vettori a coefficienti tutti nulli, in virtù della
indipendenza lineare di tali vettori.
Teorema 2.8 di esistenza di una base Sia V uno spazio vettoriale finitamente gener-
ato, allora esso almeno una base.
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Proposizione 2.10 Sia una base B in uno spazio vettoriale, allora ogni vettore di esso
può essere scritto in una sola maniera come combinazione lineare dei vettori della base, i
coefficienti di tale combinazione lineare sono dette coordinate di tale vettore rispetto alla
base fissata.
Prova: Sia w un vettore, supponiamo che esistano due diverse combinazioni lineari dei
vettori della base che lo esprimano:
k
X k
X
w= ai vi w= bi vi ai 6= bi ∀i
i=1 i=1
si ha
k
X k
X k
X
0=w−w = a i vi − bi vi = (ai − bi )vk
i=1 i=1 i=1
ma per quanto detto in precedenza circa lo sviluppo del vettore nullo deve esse ai − bi = 0
ovvero ai = bi per ogni i, che però contraddice quanto assunto.
Dati quindi due diversi sistemi di vettori generatori, valgono le seguenti proprietà:
x1 w1 + x2 w2 + · · · + xp wp = 0 (2)
questa è verificata per xi = 0 per tutti gli indici i . Sostituendo in (2) le relazioni espresse
da (1) si ottiene
6
+x3 (a31 v1 + a32 v2 + · · · + a3n vn ) + · · · + xp (ap1 v1 + ap2 v2 + · · · + apn vn ) = 0 .
Teorema 2.12 Siano B e B 0 due basi di uno spazio vettoriale V , allora le due basi hanno
lo stesso numero di vettori.
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Un sottoinsieme W ⊆ V è detto sottospazio vettoriale se è chiuso rispetto alle stesse
operazioni definite in V , un esempio è dato dalle coppie ordinate di numeri reali soluzioni
di un’equazione lineare omogenea che è un sosttospazio delle coppie ordinate di numeri
reali. I sottoinsiemi diversi dall’insieme vuoto e dall’insieme stesso che sono sottospazi
vettoriali di un dato spazio vettoriale sono detti sottospazi propri.
3 Il Teorema di Isomorfismo
Abbiamo visto che esistono molteplici esempi di spazi vettoriali molto diversi tra di loro,
tuttavia esiste un teorema che permette di ridurre tutti gli spazi vettoriali della stessa
dimensione e sullo stesso campo ad un unico rappresentante che li descrive in maniera
semplice. Prima di procedere alla dimostrazione dello stesso è però necessario introdurre
una definizione molto importante.
Sia Φ : V → W un’applicazione tra due spazi vettoriali sullo stesso campo; tale appli-
cazione è detta isomorfismo se
1. è biunivoca ed
2. è compatibile con le operazioni definite nei due spazi, cioè se per ogni v, u ∈ V e
per ogni k ∈ K si ha
Teorema 3.1 Tutti gli spazi vettoriali della stessa dimensione n sul campo dei reali sono
isomorfi a Rn che ne è quindi il rappresentante.
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Prova: Sia V uno spazio vettoriale di dimensione n e B = {u1 , u2 , · · · , un } una sua
base; sia v ∈ V , nella base B il vettore v si rappresenta univocamente come
v = x1 u1 + x2 u2 + · · · xn un .
Sia Φ : V → Rn definita da
Φ(v) = (x1 , x2 , · · · , xn )
l’applicazione che ad ogni vettore associa le sue coordinate come n−pla ordinata di Rn ;
tale applicazione è biunivoca perché ad ogni vettore è associata univocamente una n−pla
ordinata e viceversa ad ogni n−pla ordinata di Rn corrispondono le coordinate di un vettore
v di V. Tale applicazione è compatibile con le operazioni dei due spazi, infatti se w è un
secondo vettore di V , con
w = y1 u1 + y2 u2 + · · · yn un .
v + w = (x1 u1 + x2 u2 + · · · xn un ) + (y1 u1 + y2 u2 + · · · yn un ) =
Dato che tale isomorfismo dipende dalla base scelta, ovvero cambiando base mutano le
coordinate del vettore e quindi la sua n−pla in Rn , si dice che esso non è canonico.
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a b
Φ = (a, b, c, d)
c d
Nota 3.3 Dato quindi uno spazio vettoriale reale qualsiasi V ed un suo vettore v, una
volta fissata una sua base B sono univocamente individuate le sue coordinate rispetto a
tale base e quindi la sua n-upla ordinata di numeri reali indicata con X, ovvero la sua
rappresentazione come elemento di Rn . Pertanto, un vettore che di per sé è un ente
astratto, una volta fissata una base ottiene una sua rappresentazione come n-upla ordinata
di Rn , ovvero una matrice riga o colonna. A volte le due cose si confondono nel senso che
si considera il vettore come la sa rappresentazione.
Nota 3.4 Per comodità identificheremo le n−ple ordinate di numeri reali con matrici
colonna ad n−righe mantenendo lo stesso ordinamento.
4 Sottospazi Vettoriali
Definizione 4.1 Si definisce sottospazio vettoriale W di uno spazio vettoriale V un
suo sottoinsieme non vuoto che è a sua volta spazio vettoriale rispetto alle stesse operazioni
definite nello spazio vettoriale che lo contiene.
Una condizione necessari affincé un sottoinsieme di uno spazio vettoriale sia un sot-
tospazio vettoriale è che esso contiene il vettore nullo. Tale condizione è necessaria, nel
senso che se un sottoinseme non contiene il vettore nullo esso sicuramente non è spazio
vettoriale, tuttavia tale condizione non è sufficiente dato che ci possono essere sottoinsiemi
che contengono il vettore nullo ma che non sono a loro volta spazi vettoriali, ad esempio
in R2 il sottoinsieme A = x = (x1 , x2 )T ∈ R2 t.c. x21 − x22 = 0 contiene il vettore nullo
Ci sono due modi per definire un sottospazio vettoriale e sono stati entrambi visti nei
paragrafi precedenti:
1. la combinazione lineare dei suoi generatori e
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Pertanto il sistema lineare omogeneo AX = B fornisce P le equazioni cartesiane dello spazio
vettoriale V , le sue soluzioni scritte nella forma X = i ti Xi forniscono quindi le equazioni
parametriche dello stesso. Ricordando che per il Teorema di Rouché Capelli un sistema
lineare omogeneo ammette ∞n−rkA soluzioni, possiamo concludere che
Osservazione 4.2 dato uno spazio vettoriale V , la sua dimenesione è uguale a n − rkA
se esso è definito mediante equazioni cartesiane AX = 0 mentre è uguale al numero
dei generatori linearmente indipendenti se è definito mediante equazioni parametriche, tali
generatori sono anche i vettori di una base del sottospazio se essi sono tutti linearmente
indipendenti.
dim V + codim V = n
Dati due sottospazi V e W di uno spazio vettoriale U , che, per il Teorema di Isomor-
fismo visto precedentemente, può sempre essere identificato con Rn , è possibile costruire
due nuovi sottospazi:
1. il sottospazio intersezione V ∩ W ed
2. il sottospazio somma V + W .
V ∩ W = {u ∈ U tali che u ∈ V e u ∈ W}
Il sottospazio somma V + W è definito come l’insieme dei vettori che possono essere
scritti come combinazione lineare di un vettore appartenente al primo sottospazio ed uno
al secondo sottospazio; Proviano che è chiuso rispetto alla combinazione lineare, siano
u1 , u2 ∈ V + W , quindi
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• u1 = a1 v1 + b1 w1 essendo esso esprimibile come combinazione lineare di un vettore
appartenente al primo sottospazio ed uno appartenente al secondo, appartiene al
sottospazio somma V + W .
k1 u1 + k2 u2 = k1 (a1 v1 + b1 w1 ) + k2 (a2 v2 + b2 w2 ) = k1 a1 v1 + k1 b1 w1 + k2 a2 v2 + k2 b2 w2
= k1 a1 v1 + k2 a2 v2 + k1 b1 w1 + k2 b2 w2 = (k1 a1 v1 + k2 a2 v2 ) + (k1 b1 w1 + k2 b2 w2 ) = v + w
essendo quindi esprimibile come la somma di un vettore del primo sottospazio e di uno del
secondo, appartiene alla loro somma.
Siano V e W due sottospazi vettoriali di uno spazio vettoriale U , per essi vale la
Relazione di Grassman:
a1 u1 + · · · + ar ur + b1 v1 + · · · + bs us + c1 w1 + · · · + ct wt , (4)
dà luogo al vettore nullo per valori tutti nulli dei coefficienti della combinazione lineare;
supponendo che tale combinazione lineare dia il vettore nullo si ha;
a1 u1 + · · · + ar ur + b1 v1 + · · · + bs vs = −c1 w1 − · · · + ct wt , (5)
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si noti che il primo membro, essendo combinazione lineare dei vettori della base di V ,
appartiene a V mentre il secondo membro, essendo combinazione lineare dei vettori della
base di W , appartiene a W , tale vettore quindi appartenendo ad entrambi i sottospazi
appartiene alla loro intersezione ed è qundi esprimibile come combinazione lineare dei
vettore della prescelta base di BV∩W nella forma
d1 u1 + · · · + dr ur ,
a1 u1 + · · · + ar ur + c1 w1 + · · · + ct wt = 0 ,
Se dim(V ∩ W) = 0 e dimV + dimW = n si dice che i due sottospazi sono tra loro
in somma diretta che viene indicata col simbolo ⊕ , se due sottospazi sono in somma
diretta, la loro somma genera tutto lo spazio di cui V e W sono sottospazi, per cui ogni
vettore u ∈ U si decompone in un unico modo come somma di un elemento appartenete
al primo ed un elemento appartenente al secondo sottospazio, questo perché come vettori
della base si possono utilizzare i vettori della base BV e quelli dalla base BW e tali basi
non hanno nessun elemento in comune. Qualora i due sottospazi non fossero in somma
diretta, tale decomposizione non sarebbe più unica, infatti se 0 6= t ∈ V ∩ W e se v ∈ V
e w ∈ W si ha, per ogni u ∈ U
u = v + w = (u + t) + (−t + w) = (u − t) + (w + t) .
5 Cambiamenti di base
Siano B = {u1 , u2 , . . . , un } e B 0 = {u01 , u02 , . . . , u0n } due distinte basi di uno spazio vetto-
riale V di dimensione n e sia v ∈ V un vettore; ci si propone di stabilire come cambiano le
coordinate di v al variare della base. Per definizione di coordinate di un vettore rispetto
ad una base si ha:
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v = x1 u1 + x2 u2 + · · · + xn un e v = x01 u01 + x02 u02 + · · · + x0n u0n . (6)
Ciascun vettore della base B 0 può essere espresso come combinazione lineare dei vettori
della base B nella forma
Indicando con
• P la matrice quadrata che ha per colonne le coordinate dei vettori della base B 0
nella base B , tale matrice è non singolare in quanto le sue colonne sono linearmente
indipendenti.
le due uguaglianze espresse dalla relazione (6) si traducono nella relazione matriciale
X = P · X0 .
Infatti, sostituendo quanto espresso dalla relazione (7) in (6) si ha, esplicitamente
Quindi le coordinate di v rispetto alla base B 0 i cui vettori hanno coordinate espresse dalla
matrice colonna Pi una volta note le loro coordinate rispetto ad una base B sono date
dalla relazione
X0 = P−1 · X (8)
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Tale relazione che può sembrare astrusa e poco chiara in realtà è nota sin dalle prime
ore di lezione in quanto, considerato il sistema lineare
2x1 − 3x2 = 7
(9)
−3x1 + 5x2 = −4
questo può essere scritto come
2 −3 7
· x1 + · x2 = (10)
−3 5 −4
7
Possiamo interpretare la coppia come le coordinate di un vettore rispetto ad
−4
2 −3
una base, i.e. quella canonica, e e come le coordinate di due vettori
−3 5
indipendenti sempre rispetto alla base canonica. Risolvere il sistema (9) significa anche
7
risolverlo nella forma (10) cioè calcolare le coordinate del vettore rispetto alla
−4
2 −3
base formata da e . Dato che gli ultimi due vettori sono indipendenti,
−3 5
essi formano una base di R2 , quindi il sistema scritto nella forma
2 −3 x1 7
=
−3 5 x2 −4
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