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La violenza fisica e verbale.

La violenza fisica. Casi in cui l’aggredito riporta ferite o lesioni.

Trauma ek pronoias. Chi colpisce e ferisce la sua vittima con un oggetto idoneo: spada, bastone, sasso,
coccio. Cfr. contro Simone Lisia. Cfr. orazione 4 plegè e non trauma Lisia. In caso di condanna esilio e
confisca dei beni.

Ferimento volontario o tentato omicidio?

Le dichiarazioni nelle orazioni che abbiamo alludono al tentato omicidio (contro Simone e numero 4). Chi,
come Philips, non accoglie questa interpretazione dice: è una considerazione personale di chi parla. Non è
citata una legge specifica.

Molti elementi fanno invece pensare al tentato omicidio. 1 alcuni testi parlano del t.e.p. come di una
tipologia di omicidio. È giudicato nell’areopago. Pena: esilio e confisca. Prodikasiai. Diomosiai. Discorso +
δευτερολογια. Quindi tentato omicidio.

La natura dell’azione: esiste sia la dìke sia la graphè.

Contro Simone - difesa

L’ostilità tra le due parti durava da tanto tempo.

Una notte di molti anni prima Simone si reca a casa dell’imputato che è con Teodoto. Lancio di pietre. Illesi,
l’imputato e Teodoto fuggono fuori Atene.

Quando ritornano ad Atene riprendono le ostilità. Teodoto è da Lisimaco. Simone compie un agguato, si
spaccano reciprocamente la testa.

(Teodoto è di Platea ma escludiamo che fosse compreso nelle liste degli ateniesi. Non nasconde il suo
mestiere di prostituto. Schiavo? Cenno alla tortura. In realtà il contratto di esclusiva di 300 drakme è fatto
con lui e non con un padrone. Meteco: ammessa tortura, prostituzione, libero ma non cittadino)

L’azione giudiziaria era stata promossa da Simone, quattro anni dopo la rissa. L’imputato era in una
situazione di problemi giudiziari. L’imputato afferma che l’accusa è inconsistente, era stato Simone ad aver
dato avvio alla rissa. Simone non aveva testimoni di aver pagato l’esclusiva a Teodoto. Simone insegue
Teodoto per più di quattro stadi: ma non era in fin di vita? Teodoto getta il mantello e fugge: di solito fugge
l’aggredito e non l’aggressore.

Nella breve sezione in cui l’imputato si difende dall’accusa di essersi recato a casa di Simone con un
ostrakon, una pietra, oggetto contundente, smonta l’accusa con il solo argomento della verosomiglianza.
Non afferma e non nega di essersi recato a casa di Simone con un oggetto contundente.

“penso che non vi sia alcuna intenzione di ferimento in chi uccide senza intenzione di uccidere”, una rissa,
un fatto bagatellare. Inoltre richiamato per il processo molti anni dopo l’accaduto. Ritorsione? L’imputato
vittima e non aggressore.

Orazione 4 del corpus di Lisia difesa

Ancora una volta ultimo atto di una lunga rivalità. Oggetto del contendere una schiava o una ex schiava.

Poco prima del processo diokon e feugon erano stati coinvolti in una procedura di antidosis.

L’accusatore probabilmente aveva chiesto l’antidosis per tenere tutta per sé la donna contesa. Lo scambio
già iniziato si interrompe per una sopravvenuta riconciliazione tra le parti. L’accusato afferma che la donna
appartiene ad entrambi, l’accusatore ne rivendica il possesso esclusivo e procede con la manomissione. A
quel punto l’accusato si reca dal rivale, lo aggredisce e lo ferisce.

Nell’orazione manca una parte descrittiva. Esercitazione? No, deuterologia. (i traumi ek pronoias come
omicidi).

Inverosimiglianza dell’esistenza di prònoia: l’imputato si è recato dall’accusatore privo di un oggetto idoneo


a causare la morte. L’accusatore stesso afferma di essere stato colpito con un ostrakon, che l’imputato, dal
canto suo, afferma di aver trovato per terra. E che probabilmente aveva causato solo una plegè e non un
trauma. Il ritrovamento casuale del sasso prova l’assenza di pronoia.

L’imputato richiede la tortura – bàsanos della donna, di condizione servile. Avrebbe potuto sciogliere dei
nodi cruciali del processo. Ma viene rifiutata dall’accusatore che afferma di aver liberato la donna.

Non sappiamo come il processo si sia concluso, sicuramente: non chiarisce la dinamica del ferimento,
sminuisce il fatto: una lite per una prostituta.

Se manca l’elemento dell’elemento soggettivo - volontà di uccidere – colui che è oggetto di semplici
percosse ha 2 strumenti processuali per convenire in tribunale l’autore della violenza: dìke aikèias e graphè
ubreos.

Nei discorsi analizzati l’autore di una dike aikeias cerca di dimostrare che ci sarebbero stati gli estremi per
una graphè ubreos.

TRAMITE LA CONTRO MIDIA ABBIAMO IL TESTO DELLA GRAPHE’ UBREOS. (molto generico, del tipo: se una
persona commette hybris nei confronti di un’altra persona, chiunque dei cittadini sporga una graphè
ubreos.

Retorica Aristotele. Stato mentale. Parlare o agire male non per ottenere un determinato vantaggio, ma per
piacere nell’umiliare la vittima.

Contro Conone – dike aikeias scritta da Demostene per l’attore, un tale Aristone.

1. Durante una spedizione militare a Panatto i figli di Conone ubriachi aggrediscono Aristone
2. Conone, i figli, alcuni amici aggrediscono Conone (che era stato visto da uno dei figli)
apparentemente senza un perché.

Lo derubano della tunica, lo gettano nel fango, iniziano a percuoterlo con violenza immane tanto da
lasciarlo in fin di vita. Il medico a cui si affida dubita delle sue possibilità di sopravvivenza. Mentre giace a
terra il gruppo inizia a parlare in modo blasfemo e a imitare i galli.

Avrebbe potuto subire azioni legali molto pesanti, oltre alla graphè ubreos, lìapagogè per furto di vesti. E se
il malcapitato fosse morto per le percosse addirittura una dike phonou.

Eppure gli era stata intentata soltanto una dike aikeias, un’azione per percosse. La pena massima era una
sanzione pecuniaria. È meno rischiosa. Dice di essere giovane e inesperto per intentare una causa così
impegnativa. Di dimostrare atteggiamento pacifico. La dike aikeias inoltre non comporta spese giudiziarie.

Cfr. contro Lochite Demostene. + è difficile dimostrare l’hybris dal momento che è uno state of mind.

La diffamazione: loidorìa (contesto pubblico) kakegorìa (contesto privato). Cfr Plutarco vita di Solone: parlar
male dei morti. Parlar male in certi luoghi. Cfr. demostene Contro Midia se uno insulta un magistrato atimia
Per il Soldato Lisia

Polieno torna dopo una spedizione militare. Dopo 2 mesi arruolato nuovamente come oplita. Inspiegabile.
Dallo stratego non ottiene spiegazioni convincenti. Conversando con un amico si lascia sfuggire parole
ingiuriose. Lo stratego venendolo a sapere gli infligge una sanzione pecuniaria (EPIBOLE’). Il pagamento non
viene richiesto ma per qualche tempo, prima che venga ritirato il suo nome rimane sulla lista dei debitori
pubblici. In questo lasso di tempo gli viene intentata un graphè. Viene denunciato di essere insolvente
verso lo stato: la pena era severe, confisca ed esilio.

Nella difesa non nega di aver offeso, ma dice di averlo fatto in un luogo dove non è prevista sanzione. Ha
offeso un pubblico magistrato? Probabilmente la legge si riferiva solo agli arconti. E non a tutti i pubblici
ufficiali.

Lisia orazioni 10 e 11 (contro Teomnesto)

Teomnesto era stato accusato da Lisiteo di aver parlato in pubblico nonostante non ne avesse la facoltà,
dato che aveva abbandonato lo scudo in battaglia. (era un illecito punito con atimia, a patto che fosse
perseguito con la graphè deilias (vigliaccheria). Probabilmente l’accusa di Lisiteo era basata su un fatto
risaputo e non su una condanna. Nel corso del processo l’oratore anonimo di quest’orazione era stato
infamato da Teomnesto: gli aveva detto che non aveva detto che non poteva parlare perché aveva “ucciso il
padre”. Teomnesto afferma per difendersi di non aver pronunciato l’ aporrhema “andròphonos” uccisore
del padre. E di averlo detto in preda all’ira.

L’accusatore ribatte che il fatto che fosse in preda all’ira è irrilevante. E che ciò che conta è il significato e
non la parola in sé. Una lunga sezione dell’orazione è impegnata a dimostrare che la legge sugli aporreta va
interpretata in modo estennsivo e non letterale. (teomnesto stesso aveva intentato una dike kakegorias a
uno che lo aveva accusato di aver gettato lo scudo senza pronunciare l’aporrhema ma un sinonimo)

L’interpretazione della legge proposta dall’attore è nuova e inconsueta. Occupa infatti una parte
sostanziosa della narrazione. Probabilmente i giudici erano restii ad accogliere questa interpretazione della
legge. Se è vero che la legge sugli aporreta APORRHETA aveva un significato magico-sacrale. L’attore cita
l’arbitrato pubblico ma non il verdetto. Evidentemente non deve essere stato positivo.

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