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1.

Guerra

In una storia lunga centinaia di migliaia di anni dove la sopraffazione di una specie egoista
ha fatto da caporale a ogni memoria, la letteratura ne ha fatto “tesoro” in infiniti momenti.
Parto con Omero che indiscutibilmente detiene i maggiori meriti riguardo a ogni ispirazione
di narrativa. La guerra rappresenta il cardine dei suoi poemi congiunto anche con l’unione
eros-thanatos, elemento che ci ha fatto appassionare fino ai nostri giorni.
Nel testo in considerazione, Voltaire illustra il suo pensiero sull’argomento. Nello scritto in
questione, viene mostrato con un tocco ridicolizzante come lavora la mente di un nobile
guerrafondaio. La maestria dell’autore settecentesco di riferimento opera in una maniera
assai interessante, a mio avviso. Quest’ultimo, infatti, prende ogni procedura riguardo
all’organizzazione del singolo atto bellico e le spoglia di ogni autorevolezza, una ad una. Il
risultato finale non rimane che una ridicola storia di un uomo che, dal nulla, impone a un
luogo lontanissimo la sua sottomissione totale, lasciando come altra opzione lo sterminio,
naturalmente. Il tutto per il semplice motivo che un’ignota casata di tempi remoti pretese
quel territorio. Per puro caso, uno studioso di genealogie scopre un patto di famiglia
avvenuto tre o quattro centinaia di anni prima tra chissà chi e ora dei sottoposti pronti al
peggio si ritrovano a combattere in un posto di cui non sapevano manco l’esistenza. L’autore
descrive brillantemente il ridicolo delle situazioni in cui più persone arrivano a uccidersi l’un
l’altro a vicenda senza neppur sapere il motivo di tanta violenza. Semplicemente passano di
qua e là notizie di denaro in cambio di prestazione militare e il gioco è fatto. Infine, Voltaire
presenta tutto il suo disprezzo verso le varie lodi di Dio legate ai successi guerreschi,
sottolineando la mancanza più o meno graduata di conoscenze linguistiche che portano i
soldati a non capire neanche il significato dei canti. Infatti, le opere liturgiche vengono, in
conclusione, eseguite con miscele di barbarismi mal estrinsecati con l’originale.

2. Riflessione sull’odiernità e sul concetto di “religione estremista”

Il mio giudizio riguardo un possibile confronto modernità-passato non potrebbe che far
ribadire gli stessi concetti appena analizzati. L’ignoranza palesata come causa principale di
queste piaghe rimarrà per sempre un must. Ancor oggi infiniti insiemi di uomini si radunano
per imporre la propria mano sul prossimo per giustizia in nome dei propri pensieri cresciuti
da menti incomptetenti. Questi ultimi rendono legge le proprie idee usando la prepotenza
con la stessa imposizione che mostra un lattante in necessità di nutrimento.
Riguardo poi al discorso dell’estremismo religioso e alla differenziazione tra chi fa guerra in
nome di Dio e chi usa i fedeli per i propri scopi, la penso in una certa maniera. Innanzitutto,
per me, tra chi opera tragici epiloghi in nome del proprio idolo e chi in nome del Dio Denaro
non vi è alcuna differenza in quanto entrambi stanno causando le peggio sofferenze sempre
e solo per motivi egoistici. Infatti in ambedue i casi, si sta impondendo la propria volontà per
i propri interessi. Ciò non rende importante la differenziazione dei due a livello morale e né a
una possibile sensibilizzazione riguardo l’uno o l’altro. Nel caso un soggetto si dimostri
disposto a uccidermi, che questo accada per il volere di una chissà quale legge religiosa o
per interessi finanziari, il problema lo noto in altro. Le problematiche nascono dal momento
che qualcuno presuma che uno di questi motivi, qualunque sia, possa portare
tranquillamente alla mia sentenza di morte. Anche sul concetto di quando una religione
passi da moderata ad estrema, qualcosina da dire l’avrei. Innanzitutto, un individuo, in
ognuna di queste situazioni, deve rinunciare a parte della propria ragione per accettare
come verità assoluta certi concetti precisi che, per quanto, in certi contesti, possano
ampliarsi in quanto interpretazione individuale, partono con una base ben intesa.
Quest’ultimo abbandono totale alla mente di altri pensatori, di qualunque epoca siano,
rappresenta per me un irrequietissimo modo di pensare che probabilmente, più di ogni altra
cosa, può portare la mente umana alle cosiddette situazioni estreme.
Spostandoci di più verso una vista generale sulla situazione contemporanea, mi reputo
assai pessimista riguardo il futuro e questo sicuramente lo possono provare ugualmente
molte delle mie conoscenze. Mi giunge ora in mente l’apatia di un mio caro amico come
possibile effetto spesso comune della mia generazione. La mancanza di speranza riguardo
al domani ne è sicuramente un fattore di fondamento.

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