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COLAZIONE SULLA LUNA

Il menù sulla luna


La navicella dell’Apollo 11 parte con 81 pasti, studiati appositamente per ognuno degli astronauti negli
Space Food System Laboratories della NASA in base a gusti personali e contenuto nutrizionale. Si tratta per
la maggior parte di cibo liofilizzato (il processo di liofilizzazione vero e proprio inizia con il congelamento
degli alimenti tritati, che vengono portati ad una temperatura compresa tra i -30 ed i -50 °C. Questa prima
tappa si rende necessaria per bloccare i processi degenerativi dell'alimento. Successivamente si procede
con l'essiccazione sotto vuoto spinto. L'intero processo, che sfrutta le proprietà fisico chimiche dell'acqua,
avviene in ambienti controllati e prende il nome di crioessiccamento. Le confezioni vengono poi sigillate
ermeticamente, in modo da mantenere il grado di secchezza raggiunto (inferiore all'uno, massimo 2% di
umidità), facilmente conservabile e di altrettanto semplice preparazione.

In questi otto giorni di missione, dal 16 al 24 luglio, gli astronauti sono stati i primi a poter utilizzare un
nuovo macchinario per la preparazione del cibo con l’acqua calda, il che ha migliorato il gusto del cibo,
rendendolo più appetibile: le apposite buste contenenti il cibo vengono collegate al dispositivo che si
occupa di reidratare e scaldare le porzioni. Un’altra novità è stato anche lo “spoon bowl”, cioè un
contenitore di plastica che può essere aperto e il cui contenuto può essere mangiato con un cucchiaio.

Per la missione Apollo 11, agli astronauti è stata messa a disposizione una sorta di dispensa da cui scegliere
le pietanze in base ai propri gusti e necessità. Sebbene pare che il primo alimento consumato dagli
astronauti sia stato il bacon, il piatto diventato storico è l’insalata di prosciutto, ovvero strisce di prosciutto
condite con una salsa reidratata e racchiuse in foglie di insalata. Un altro fatto curioso dell’Apollo 11
riguarda il caffè: ne sono state inviate 15 porzioni per ogni astronauta. Caffè leggero per Neil Armstrong,
caffè nero per Buzz Aldrin e caffè zuccherato per Michael Collins.

Tra i diversi cibi “lunari”, sono presenti alcuni dessert reidratabili come il budino alla banana, alle mele o al
cioccolato. Oppure prodotti per la colazione come pesche, macedonia di frutta, pancetta, corn flakes,
cubetti di fragola o albicocca. Senza dimenticare vari tipi di insalate, carni e persino un cocktail di gamberi. I
cibi vengono proposti in diversi menù: uno, ad esempio, prevede quadratini di pancetta, pesche, cubetti di
biscotto zuccherato, succo di frutta all’ananas e al pompelmo oltre che caffè. Un altro, invece, propone
stufato di manzo, crema di zuppa di pollo, torta di frutta e succo d’arancia. In questi menu sono inclusi
anche alcuni snack, in particolare frutta secca e caramelle, insieme ad altre bevande supplementari.

Oltre al gusto e all’equilibrio fra nutrienti, la scelta del cibo da mandare nello spazio è legata anche a molti
altri fattori. L’assenza di gravità, infatti, rende le briciole particolarmente pericolose: pane, crackers,
patatine spezzettate possono causare guasti tecnici oppure essere inalati dagli astronauti, causando
problemi respiratori e sono banditi, a meno che non si riescano a mangiare in un solo boccone. Per questo,
i cibi più indicati e graditi sono i famosissimi maccheroni con il formaggio, creme di funghi o verdure e
risotti. Nessun problema anche per i condimenti come ketchup o maionese, tranne che per sale e pepe,
utilizzati in formato denso liquido. Infatti, non è possibile aggiungerli ai piatti come faremmo normalmente
in quanto la polvere volerebbe via rischiando di intasare i condotti d’aria, contaminare l’equipaggiamento o
addirittura finire negli occhi o nel naso degli astronauti.
Per finire in dolcezza, composta di mele in tubetto e gelato liofilizzato con un brindisi al sidro di mele,
limonata o latte, tutti rigorosamente da bere con un’apposita cannuccia.

Inoltre, c’è da sapere che la dieta degli astronauti è seguita con attenzione e scrupolo da un team di
nutrizionisti professionisti, che assicurano il corretto apporto di vitamine e minerali ad ogni viaggiatore
celestiale, mantenendo l’equilibrio tra leggerezza, flessibilità ed elevato valore nutrizionale. Ogni menù
viene studiato appositamente su misura, ad esempio sarà di 3200 calorie al giorno per un uomo di taglia
large, mentre per una donna small saranno sufficienti 1900 calorie.

Cibo degli astronauti: 10 piatti che si mangiano in orbita

1) Mac and cheese da reidratare.


Tutti gli astronauti statunitensi ritroveranno il comfort food preferito mentre orbitano verso Marte
con questa confezione accuratamente sigillata dei classici maccheroni al formaggio. La pasta è
reidratata direttamente prima del consumo e mangiata immediatamente, come quando
riscaldiamo al microonde i resti di una pasta al forno avanzata la settimana prima. Nelle navi
spaziali si diventa veri esperti di reidratazione, perché nelle confezioni ermetiche la Nasa trasporta
anche gamberetti, creme a base di funghi e verdure, zuppe varie, latte e risotti.

2) Tonno termo stabilizzato


Già solo pronunciarlo farebbe sentire chiunque un gagliardo ingegnere: in realtà si tratta di alimenti
non troppo lontani dal nostro tonno in scatola. I pesci, prima di viaggiare verso la luna, sono infatti
sottoposti a trattamento termico, per sconfiggere ogni tipo di microrganismo pericoloso.

3) Bevande in polvere.
In una prestigiosa confezione in laminato d’alluminio l’astronauta può disinvoltamente trovare le
sue polveri preferite e trasformarle in succose bevande. Il menu comprende succo d’arancia, caffè,
tè, sidro di mele, limonata, da sorseggiare esclusivamente con una cannuccia.
4) Alimenti irradiati.
Se siete abituati a considerare come orrendamente negativo tutto ciò che riguardi le radiazioni, vi
ricrederete in viaggio attorno al globo, quando vi spiegheranno che irradiare alcuni alimenti
aumenta notevolmente la loro resistenza. Così, maiale, tacchino, manzo, alcuni frutti, persino
alcune spezie assumono questo connotato fantascientifico per sconfiggere ogni data di scadenza.

5) Tortillas.
A leggerla così pare l’unico cibo immediatamente riconoscibile: una classica tortilla. A stupire è la
sua funzione: dovrebbe sulle navicelle costituire l’involucro per tutti gli altri alimenti. Quanti mani
servirebbero infatti per recuperare come un giocoliere tutte le parti di un panino in volo? La tortilla
può facilmente diventare l’argine con cui vincolare ogni ripieno e portarlo serenamente alla bocca.

6) Composta di mele in tubetto.


Già succhiare la composta di mele a secco deve far inorridire ogni amante della pasticceria, ma
pensate a farlo direttamente dal tubetto; il dessert per gli astronauti equivale spesso a quegli
attacchi di fame bulimica in cui ci attacchiamo al paté di salmone senza nemmeno la forza di
scongelare una fetta di pane.

7) Insalata di prosciutto.
Il piatto è ormai diventato storico perché si tratta della prima portata servita sulla luna. Niente di
romantico: le strisce di prosciutto sono condite con pastose salse da reidratare e avvolte in grandi
foglie d’insalata che dovrebbero costituirne il contenitore.

8) Cocktail di gamberetti.
Chi pensava che fosse ormai relegato ai soli ristoranti di provincia che non cambiano il menu dagli
anni ’80 può tranquillamente essere smentito: il cocktail di gamberetti è il pasto del futuro.
L’antipasto che va per la maggiore nella Stazione Spaziale Internazionale pare proprio essere un
misto di gamberetti liofilizzati e polvere di salsa di rafano.

9) Sale e pepe liquidi.


La versione granulata volerebbe senza mai raggiungere il cibo; per questo, affinché i condimenti
possano davvero insaporire i piatti, sale e pepe si versano dalle bottiglie, in una versione liquida.

10) Gelato liofilizzato.


Questo è il dolce per i palati spaziali più esigenti, quelli che non si accontentano della mela in
tubetto. La consistenza e l’aspetto sono più vicini a un tofu che a un fiordilatte e chi l’ha assaggiato
cita tra i sapori gesso e chewingum. Ma in orbita è quanto di più vicino a un gelato si possa
concepire.
COLAZIONE DEI LOTTATORI DI SUMO

In genere, i lottatori di sumo saltano la colazione e sono soliti fare due pasti al giorno, a mezzogiorno e la
sera. Ma non tutti rispettano le stesse regole, c’è chi la colazione la fa e il pasto principale dei lottatori di
sumo è il Chanko-nabe, che viene consumato sia a colazione, sia a pranzo e sia a cena.

Il chankonabe è uno stufato giapponese comunemente mangiato in gran quantità da lottatori di sumo
come parte di una dieta di accumulo di peso: il piatto contiene dashi (brodo di pesce) o brodo di pollo con
sake (Il sakè, dal giapponese "bevanda alcolica") è una bevanda alcolica tipicamente giapponese ottenuta
da un processo di fermentazione che coinvolge riso e acqua . Per quanto venga spesso chiamato "vino di
riso", il processo di produzione è più simile a quello della birra che a quello del vino, e si tratta a tutti gli
effetti di una bevanda alcolica ottenuta per fermentazione) o mirin per insaporire (il mirin è una sorta di
sakè dolce giapponese da cucina. Le materie prime sono rappresentate dal riso glutinoso cotto a vapore e il
liquore di riso).
Il piatto non ha una ricetta fissa e spesso contiene quello che è disponibile dal cuoco, anche se, nella
maggior parte dei casi, la ricetta è composta di grandi quantità di fonti proteiche, come pollo (un quarto,
con la pelle), pesce (fritto e a palline), tofu e talvolta manzo con verdure (daikon, bok choy, etc.).
Sebbene sia considerato un piatto salutare di per sé, chankonabe è molto ricco di proteine e solitamente
servito in grandi quantità, con riso e birra, per aumentare il consumo calorico. Il brodo di chankonabe
avanzato può anche essere usato come brodo per noodle sōmen o udon.
Il chankonabe tradizionalmente viene servito a seconda dell'esperienza. I lottatori più esperti o gli ospiti
della palestra ricevono la prima scelta, mentre quelli più giovani ricevono il resto.

Infatti nabe significa “pentola” mentre il termine chanko è formata dall’unione di due parole chan, ovvero
“padre/maestro”, e ko, ovvero “figlio/allievo”. Un termine che rimarca l’antica tradizione, ancora oggi in
vigore, del maestro che consuma i pasti sedendo allo stesso tavolo dei suoi allievi.
Dopo aver mangiato per garantire una lenta assimilazione delle notevoli risorse energetiche acquisite in
seguito all’abbondante pasto, i lottatori riposano. Il sonnellino pomeridiano dura circa dalle due alle tre ore.
Molti di loro indossano maschere di ossigeno che aiutano a mantenere regolare la respirazione durante il
sonno. Purtroppo questo è uno dei tanti problemi che i sumotori devono affrontare a causa della loro grave
obesità.

Tante sono le patologie che possono insorgere a causa del sovrappeso. Apnee notturne, difficoltà
respiratorie, dolori articolari, difficile deambulazione e problemi cardiovascolari. Per esempio: un grave
affaticamento del cuore a causa dell’eccessivo peso corporeo, occlusione di vene oppure di arterie per una
alimentazione ricca di grassi. Purtroppo le statistiche sulla vita media dei sumotori non sono positive e casi
di longevità sono rari. Molti lottatori sono colti da una morte prematura.

LA GIORNATA DI UN LOTTATORE
Il torneo di Sumo nasce per la prima volta nell’VI secolo e tutt’oggi viene organizzato in sei incontri nel
corso dell’anno che si tengono in città diverse: Tokyo, Osaka, Nagoya e Fukuoka.

La routine giornaliera di un sumotori è scandita da rigide regole dettate non solo dalla tradizione ma anche
da un ordine gerarchico che si stabilisce automaticamente tra i ragazzi in base al grado conquistato sul ring.
I più privilegiati sono i lottatori che sono stati promossi ai ranghi più elevati. Per i giovani apprendisti la
sveglia suona alle quattro di mattina, mentre gli atleti più esperti possono riposare un’ora in più. La giornata
inizia con le faccende domestiche, piccoli compiti di manutenzione per mantenere la scuola funzionante ed
infine i giovani atleti portano a termine delle commissioni che gli atleti di rango maggiore gli assegnano.
L’allenamento mattutino: il keiko. Poiché un pasto abbondante non va molto d’accordo con lo sforzo fisico,
l’allenamento mattutino chiamato keiko viene compiuto senza fare colazione.
Si tratta di un insieme di esercizi a corpo libero mirati al potenziamento delle gambe e delle braccia. Poi si
passa al miglioramento delle tecniche di combattimento e delle varie prese regolamentari, come per
esempio il sollevamento oppure le prese di trascinamento. Infine ci sono gli esercizi per lo stretching degli
arti inferiori.
L’allenamento è mirato alla crescita della potenza fisica e della massa muscolare. Infatti al di sotto di un
consistente strato di adipe sottocutaneo, utile per ammortizzare cadute ed urti durante il combattimento, il
peso corporeo di un lottatore di sumo è determinato anche da una buona percentuale di massa muscolare,
allenata a sollevare oltre 100 kg di peso! Sembra incredibile, ma la percentuale di grasso in un giovane
lottatore di livello è solo dell’11% . Verso mezzogiorno l’allenamento si conclude ed arriva il momento del
pranzo cucinato quotidianamente dagli atleti più giovani. Per gli apprendisti infatti l’allenamento giornaliero
termina prima degli altri proprio perché hanno l’obbligo di portare a termine le faccende domestiche. Sia
dopo pranzo che dopo cena, i giovani preparano i letti di tutti i loro compagni e, mentre questi riposano,
senza fare eccessivo rumore, ripuliscono la mensa e si organizzano per preparare i pasti del giorno
successivo.

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