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DANIELA GUARNORI

Il Progetto Einaudi per la letteratura infantile

1. Le collane “per l’infanzia e la gioventù”


I “Libri per l’infanzia e la gioventù” sono la prima collana Einaudi dedicata alla let-
teratura infantile. Nata nel 1942 e chiusa lo stesso anno, dà alla luce quattro tito-
li: Le bellissime avventure di Caterì della trecciolina della “fantasiosa”1 Elsa Moran-
te, Caccia grossa fra le erbe di Mario Sturani, «divulgatore scientifico», Abecedario
e Le macchine di Bruno Munari, uno dei più grandi illustratori italiani nonché
«originale interprete del [...] mondo meccanizzato e complicato». Commentando
la breve vita di questa raccolta, il Catalogo generale del 1956 sottolinea la sporadi-
cità e l’eccezionalità di tali “sortite”, fermandosi però anche a riflettere sulla rile-
vanza della letteratura infantile. Posto che il “campo” in questione è “importan-
tissimo” e poco considerato dall’Einaudi, il paragrafo chiude con un possibilista
«partita chiusa, con questi quattro libri? Non è ancora detta l’ultima parola».
Il silenzio della Casa sulla letteratura infantile è decennale. Solo nel 1952 via
Biancamano attiva un’altra collana dedicata al pubblico più giovane, la “Nuova Atlan-
tide”. La collana, che deve il nome nientemeno che alla Nova Atlantis di Bacone
(1621), non è però dedicata alla narrativa ma alla scienza. Sebbene poi questi vo-
lumi illustrati siano indirizzati «soprattutto ai giovani, a quell’età in cui ogni fa-
coltà è rivolta alla scoperta avventurosa del mondo», il loro pubblico potenziale è
individuato in tutti coloro che, anche adulti, abbiano voglia di scoprire «nuovi
mondi» e di «frugare i misteri grandi e piccoli dell’universo».2 L’incrocio dei due
trafiletti del Catalogo 1956 dedicati ai “Libri per l’infanzia e la gioventù” e alla
“Nuova Atlantide” tratteggia il profilo di un’Einaudi che pur essendo solo margi-

1
Per questa e le seguenti citazioni si veda il Catalogo generale delle edizioni Einaudi dalla fon-
dazione della Casa editrice al 1° gennaio 1956, Torino, Einaudi, 1956, p. 183 (da ora in poi Cata-
logo 1956).
2
Ibidem, pp. 181-82. Tra il 1953 e il 1954 escono nella collana quattro titoli: L’avventura sot-
tomarina di Philippe Diolé, Gli eroi del Chomolungma di Massimo Mila e Tensing Norkey, Spirit of
St. Louis di Charles A. Lindbergh e L’esplorazione dello spazio di Arthur C. Clarke.
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nalmente interessata al pubblico giovane non trascura di dedicargli opere di ecce-


zione, o per i loro argomenti (“Nuova Atlantide”) o per i loro autori (“Libri per
l’infanzia e la gioventù”).
La “Nuova Atlantide” chiude i battenti nel 1954 dopo due soli anni di vita,
e per un lustro l’Einaudi torna a disinteressarsi completamente del pubblico più
giovane. Solo nel 1959 vengono attivati i “Libri per ragazzi”, che pubblicano “rac-
conti, fiabe o poesie di autori italiani per lo più appositamente scritti per” i gio-
vani. La raccolta ospita, già tra i primi volumi, alcuni dei titoli del catalogo Einaudi
del dopoguerra, come per esempio Il sergente nella neve di Mario Rigoni Stern
(“Gettoni”, 1954; “Letture per ragazzi”, 1962) e La banda di Dhören di Pietro Sis-
sa (“Gettoni”, 1951; “Letture per ragazzi”, 1965).
Nel 1963, la collana ospita la prima edizione in volume di quello che diven-
terà uno dei suoi titoli per antonomasia, ossia Marcovaldo ovvero le stagioni in cit-
tà di Italo Calvino. Tornando al cappello introduttivo del catalogo storico Einau-
di dedicato a questa raccolta, pare legittimo chiedersi quale sia la posizione di que-
sto volume rispetto alla diade libro nato per un pubblico giovane o a esso adatta-
to. A dispetto della collocazione riservata al testo nel catalogo einaudiano, che lo
inserisce direttamente in una collana per ragazzi, più di una volta, interrogato a tal
proposito, l’autore ribadisce l’origine meticcia di questo titolo. Nonostante i pri-
mi racconti del libro abbiano avuto una destinazione “adulta” (a partire dagli ul-
timi mesi del 1952 appaiono infatti su “L’Unità”), in più di un’occasione Calvino
afferma di aver pensato sin da subito a Marcovaldo come a una «specie di libro per
bambini».3 Nell’introduzione all’edizione scolastica di Marcovaldo (“Letture per la
scuola media”, 1966), Calvino stesso rilancerà la questione domandandosi, alla fi-
ne di una disquisizione sui significati e le interpretazioni del testo:
libro per bambini? Libro per ragazzi? Libro per grandi? O piuttosto libro in cui l’Au-
tore attraverso lo schermo di strutture semplicissime, esprime il proprio rapporto, per-
plesso e interrogativo col mondo? Forse anche questo.4
Nel 1965, Einaudi si lancia nel campo dell’editoria scolastica con le “Lettu-
re per la scuola media”, collana composta in gran parte da libri originariamente
destinati agli adulti, spesso titoli storici del catalogo in alcuni casi parzialmente
adattati ai più giovani.5 Questi volumi sono infatti dotati di un’introduzione e di
un apparato di note, spesso a opera dell’autore, volti ad aiutare il piccolo lettore
nella comprensione del testo. Occasionalmente poi si registra la presenza di va-
rianti testuali, anch’esse sovente di mano autoriale, il cui scopo è quello di ren-
dere il racconto il più adatto possibile a un pubblico in età scolare. I criteri che
guidano la Casa nell’introduzione di questi cambiamenti nelle edizioni destina-
te al pubblico più giovane (quello delle edizioni “per la scuola media”, ma anche

3
ITALO CALVINO, Lettere 1940-1985 a cura di LUCA BARANELLI, Milano, Mondadori, 2000,
pp. 589; pp. 901-903; pp. 1279-283; pp. 1309-312.
4
CALVINO, “Prefazione” 1966 all’edizione scolastica di “Marcovaldo”, in IDEM, Romanzi e rac-
conti, a cura di MARIO BARENGHI - BRUNO FALCETTO, Milano, Mondadori, 1991, p. 1239.
5
Le edizioni Einaudi negli anni 1933-2003, Torino, Einaudi, 2004, p. 1045.
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delle “Letture per ragazzi”) sono in parte descritti nella Prefazione al quarto vo-
lume della serie, Il barone rampante di Calvino, firmata dall’autore stesso con lo
pseudonimo di Tonio Cavilla.6 Dopo aver specificato che il Barone non nasce
«espressamente per un pubblico di giovanissimi» ma che a essi si rivolge quasi
naturalmente, Calvino/Cavilla appunta una serie di distinzioni tra l’editio maior,
il “Corallo” del 1957, la minor, cioè quella pubblicata nelle “Letture per ragazzi”
del 1959, e quella “per la scuola media” (1965), che nasce per venire incontro al-
le necessità delle “molte classi delle scuole medie” che nel corso del tempo han-
no adottato il testo.
Dopo aver dichiarato l’autografia dei rimaneggiamenti («un minimo lavoro
di tagli e di raccordi») che avevano portato all’edizione “per ragazzi” del 1959,
Calvino/Cavilla si addentra in un breve raffronto tra quell’edizione e la più re-
cente.
Come l’edizione «per ragazzi», questa, segue nella sua quasi integrità i primi diciot-
to capitoli dell’editio maior, cioè la fanciullezza e adolescenza del protagonista, mentre il
seguito della vita di Cosimo è rappresentato da una scelta di capitoli. Date le speciali esi-
genze della scuola, la presente edizione dà qualcosa in più e qualcosa in meno dell’edizio-
ne «per ragazzi». Alcuni passaggi descrittivi, dalla prosa più complessa, specialmente dei pri-
mi capitoli, che nell’edizione «per ragazzi» erano stati eliminati pensando all’impazienza
dei giovani lettori, qui sono stati ripristinati, tenendo conto che la lettura sarà guidata dal-
l’insegnante e che sarebbe stato un peccato perdere pagine tra le migliori come fattura sti-
listica. Lo stesso si dica per alcune allusioni storiche o culturali che sono state ripristinate
come nell’editio major, dato che il corredo di note appiana le difficoltà. Nello stesso tem-
po, specie nella selezione dell’ultima parte, si è tralasciato qualche episodio dove l’affabu-
lazione si fa più artificiosamente meccanica, come in un «disegno animato», per sconfinare
nella «fumisteria» letteraria.7
Interesse della storia narrata, capacità di concentrazione e di comprensione au-
tonoma delle vicende da parte del giovane lettore sono i criteri seguiti da Calvino
nell’elaborare la versione “per ragazzi” del Barone, la cui caratteristica principale do-
veva essere la leggibilità. L’edizione per la “scuola media” può invece permettersi
di mantenere un certo grado di complessità, dal momento che l’approccio del gio-
vane lettore al libro non sarà del tutto indipendente, ma mediato dall’intervento
dell’insegnante, cui si demanda la responsabilità di spiegare le parti e i riferimen-
ti più complicati.
Il reperimento dell’edizione “per ragazzi” del Sergente nella neve di Mario Ri-
goni Stern (1962) e di quella “per la scuola media” del medesimo titolo (1965),8
nonché dell’edizione “per la scuola media” della Tregua di Primo Levi (1965),9

6
CALVINO, Il barone rampante, Torino, Einaudi, 1965, “Letture per la scuola media”.
7
TONIO CAVILLA [= ITALO CALVINO], “Prefazione” 1965 all’edizione scolastica del “Barone ram-
pante”, in CALVINO, Romanzi e racconti, pp. 1230-232.
8
MARIO RIGONI STERN, Il sergente nella neve, 1962, “Letture per ragazzi” (da qui in poi Ser-
gente 1962); Il Sergente nella neve, 1965, «Letture per la scuola media» (da qui in poi Sergente 1965).
9
PRIMO LEVI, La tregua, 1965, “Letture per la scuola media” (da qui in poi indicato sempli-
cemente con La tregua 1965). La prima edizione di questo romanzo risale al 1963 e compare nei
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tutte con presentazione e note a cura dell’autore, e la collazione delle varie edizioni
per giovani con gli originali, hanno permesso non solo di riscontrare che i criteri
enunciati da Calvino relativamente al Barone guidarono anche la rassettatura di al-
tri titoli delle due collane, ma anche di precisare ulteriormente i criteri stessi.
In generale, dal confronto del Sergente 1965 e della Tregua con l’edizione ori-
ginale si rileva che nel primo caso l’opera è stata sottoposta a una lieve revisione
linguistica, nel secondo (forse anche per la durezza delle vicende raccontate) a se-
rie di interventi di portata maggiore, che hanno compreso anche l’abolizione del-
le parti più crude.10 Posto che la prima regola della revisione sia stata la semplifi-
cazione dei termini o dei concetti più complessi,11 va rilevato che nonostante al-
cune varianti sfuggano ai principi che andremo a elencare,12 le correzioni lessica-
li colpiscono soprattutto i termini più popolareschi. Per esempio, nella versione sco-
lastica del Sergente il termine «bestemmiare», che nei momenti che descrivono le
maggiori difficoltà ricorre abbastanza spesso, viene quasi sempre sostituito con i
meno negativamente connotati «brontolare» (p. 21), «inveire» (p. 75) «impreca-
re» (p. 23); a volte gli alpini si limitano genericamente a «urlare» (p. 57) o, quan-
do «bestemmino sotto voce», a «borbottare» (p. 68). Si può anche ricorrere al-
l’omissione: «Che facciamo qui? >E bestemmia<» (p. 91); «Adunata, – grida >e be-
stemmia<» (p. 113); «Antonelli >bestemmia< e mi dice» (p. 125). Si registrano
anche soluzioni più fantasiose, come il cambiamento di «neanche tirava il fiato
per bestemmiare» in «neanche tirava il fiato per la filastrocca» (p. 23), oppure di
«Antonelli bestemmia» con «Antonelli è allegro» (p. 97). Il vocabolo viene man-
tenuto in rarissimi casi, e sempre quando si riferisca a persone sconosciute, mai ai

“Coralli”. Nell’impossibilità di reperire la prima edizione, l’edizione “originale” per adulti cui si fa
riferimento è quella del 2001 uscita nell’“Einaudi Tascabili” (da qui in poi indicato semplicemen-
te con La tregua 2001).
10
Da questo punto in poi, al fine di rendere la lettura più scorrevole, nelle esemplificazioni si
fa uso del simbolo > per “diventa” e delle parentesi uncinate opposte (> <) per indicare le cassatu-
re. Nei confronti, il primo termine fa riferimento all’edizione originale, il secondo a quella scola-
stica. Il numero di pagina riportato a fianco della citazione fa riferimento all’edizione scolastica. In
particolare, non vengono messe a testo, perché non necessariamente dovute a una presa di posizio-
ne del revisore, alcune varianti della versione scolastica del Sergente, siano esse formali («perché stia-
mo lì come i muli» > «perché siamo lì come i muli», p. 81; «sapere che cosa c’è scritto» > «sapere
cosa c’è scritto», p. 65; e «vi manderò io ad avvisare» > «vi manderò ad avvisare», p. 67); ortografi-
che («auto-reparto» > «autoreparto», p. 81); o nell’uso della punteggiatura («E allora, nella notte» >
«E allora nella notte», p. 56).
11
Nel Sergente 1965 vanno interpretate in questo senso la specificazione «mitragliatrice pesante»
(p. 18), per «pesante», la prima volta che questo termine tecnico del linguaggio militare appare nel
testo, e «le carte topografiche» in luogo delle semplici «carte» che gli ufficiali consultano durante la
ritirata (p. 144).
12
Si fa qui riferimento in particolare alla sostituzione sistematica, nel Sergente 1965, di «pe-
cora» con «capra» in «D’un tratto si sentì belare [...] Bodei e io avevamo lasciato» (p. 136), che for-
se omologa questo fatto al successivo banchetto in compagnia di alcuni ufficiali (pag. 161), effetti-
vamente a base di capra. Il cambiamento in questione potrebbe però anche derivare dal fatto che
nell’immaginario collettivo la pecora, in particolare l’agnello è associato a un’immagine di mitezza,
purezza, e colui che fa del male all’animale, lo mangia, rappresenta l’antagonista, il cattivo (i ri-
mandi più immediati sembrano quelli alla Bibbia e alla favola di Esopo sul Lupo e l’agnello).
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protagonisti del libro. Sulla stessa scia le bestemmie o vengono omesse, come ac-
cade in «cessati i brontolii, >le bestemmie<, i passi affrettati» (p. 60); oppure di-
ventano «improperi» (p. 23); le «parole sconce» sono «parole balorde» (p. 22).
Il censore interviene anche sulle frasi in dialetto, di norma tradotte, e maga-
ri edulcorate: «Ciavhad de Brexa» > «All’erta, bresciano» (p. 22); «Enculet ciavad»
> «Va’ al diavolo» (p. 90); «Inculet > Non ci sono più capitani!» (p. 93, che nel con-
testo dà una certa connotazione melodrammatica alla risposta, decisamente as-
sente nell’originale).
Anche l’edizione scolastica della Tregua è depurata delle espressioni troppo
volgari, come accade in: «Mostrare i piedi, carogne! Di nuovo sporco, tu, >sacco
di m...<: fai attenzione, io non scherzo» (p. 170); «abbia in qualche modo so-
pravvalutato le mie qualità di “débrouillard >et demedard”, come elegantemente
allora si soleva dire<. Quanto a me» (p. 179); «avevamo visto a Žmerinka una del-
le latrine della stazione con le pareti costellate di marchi tedeschi >puntigliosa-
mente appiccicati al muro a uno a uno con materiale innominabile<» (p. 175).
In entrambi i volumi si registra anche la modificazione delle parti troppo
cruente o impressionanti. Nel Sergente la descrizione dell’agonia di un soldato rus-
so ferito viene smorzata: «>Si contorceva e< Si trascinò» (p. 59). Anche il ritratto
dell’ufficiale ubriaco che durante la marcia verso Njkolaiewka si aggira per il con-
tingente urlando che non c’è scampo dai russi viene eliminato nell’edizione sco-
lastica.13 Alle stesse motivazioni può essere ricondotta l’eliminazione del riferi-
mento agli imboscati, nei discorsi con Giuanin;14 o la sostituzione di «lingere»,
gergale per «teppista, malavitoso» con «tipi» nella descrizione dei componenti di
un plotone che affianca quello di Rigoni al caposaldo sul Don. Invece di utilizza-
re il primo termine e di spiegare in nota che nel contesto esso assume una conno-
tazione ammirativa nei confronti del coraggio di quegli uomini che si buttano nel
pericolo senza esitare, si è preferito sostituirlo con uno semanticamente più neu-
tro e comprensibile. Da rilevare infine che la locuzione «che tipo» è del linguag-
gio comune per significare una «persona originale o bizzarra».15
Nella Tregua si registra invece la cassatura delle righe sulle latrine del campo
di raccolta di Sluzk (p. 163):
Sotto il sole ardente della calda estate russa, questo appariva costellato di dormienti,
di gente intenta a spidocchiarsi, a rammendarsi gli abiti, a cucinare su fuochi di fortuna;
e animato da gruppi più vitali, che giocavano al pallone o ai birilli. >Al centro, dominava
una enorme baracca di legno, bassa, quadrata, con tre ingressi tutti sullo stesso lato. Sui
tre architravi, in grossi caratteri cirillici tracciati col minio da mano incerta, stavano scrit-
te tre parole: “Mužkaja”, “Ženskaja”, “Ofitseraskaja”, vale a dire “Per uomini”, “Per don-
ne”, “Per ufficiali”. Era la latrina del campo, e insieme la sua caratteristica più saliente. Al-

13
«Era ubriaco di cognac e gridava: “La mia compagnia è tutta prigioniera, siamo tutti circondati,
è inutile combattere”. Ma era ubriaco e nessuno gli badava» (MARIO RIGONI STERN, Il sergente nel-
la neve, Torino, Einaudi, 1954, p. 90).
14
Vedi: «sposato la sua ragazza. >Qualche volta gli dicevo che doveva stare attento agli imbo-
scati<. Si appollaiava» (Sergente 1965, p. 29).
15
TULLIO DE MAURO, Grande dizionario della lingua italiana, Torino, UTET, 1996., s.v.
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l’interno, c’era solo un piancito di tavole sconnesse, e cento buchi quadrati, dieci per die-
ci, come una gigantesca e rabelesiana tavola pitagorica. Non esistevano suddivisioni fra gli
scompartimenti destinati ai tre sessi, o se ce n’erano state, erano scomparse.<
L’amministrazione russa non si curava assolutamente del campo.
Più avanti si assiste alla soppressione di un altro pezzo dedicato ai gabinetti:
In sette giorni, vuotammo tutti i pozzi; esaurimmo le scorte di legna, e arrecammo
gravi ingiurie a tutto quanto la stazione conteneva di combustibile >; delle latrine della sta-
zione stessa è meglio non parlare<. Provocammo un pauroso aumento nei prezzi (p. 252).
Si registra poi la modificazione di tutti i richiami alla nudità e alla sensuali-
tà. Mentre nel caso del Sergente si tratta per lo più di interventi puntuali e circo-
scritti e non sempre motivati,16 la Tregua si vede privata anche di interi episodi. Per
esempio nell’edizione per la scuola la “simpatia ambigua” che le due ragazze po-
lacche provano per Henek, che nel testo originale «presto divenne desiderio aper-
to»,17 si ferma al primo stadio (p. 30).
Poco più avanti, quando viene presentato Kleine Kiepura, il protetto dodicenne
del Lager-Kapo, dopo aver sottolineato la stranezza di questa presenza infantile in
un lager «dove di norma i bambini non entravano vivi», il taglio di parte dell’os-
servazione che «nessuno sapeva come e perché vi fosse stato ammesso, >e a un
tempo tutti lo sapevano fin troppo<» (p. 32) elimina il carico di sottintesi che es-
sa introduceva.
Nella presentazione di Jadzia, una delle due infermiere polacche, viene ri-
dotto l’intero paragrafo:
aveva voglia, bisogno, necessità impellente di un uomo, di un uomo qualsiasi, subi-
to, di tutti gli uomini. Ogni maschio che passasse nel suo campo la attirava: la attirava ma-
terialmente, pesantemente, come la calamita attira il ferro. Jadzia lo fissava con occhi in-
cantati e attoniti, si alzava dal suo angolo, avanzava verso di lui con un passo incerto da
sonnambula, ne cercava il contatto; se l’uomo si allontanava, Jadzia lo avvolgeva, lo in-
corporava, ne prendeva possesso, con i movimenti ciechi, muti, tremuli, lenti, ma sicuri,
che le amebe manifestano sotto il microscopio
e sublimato in poche parole:
Aveva desiderio, anzi, disperato bisogno dell’affetto dei suoi simili (p. 35).
Il corrispondente maschile di Jadzia è Noah, «giovanissimo pantagruele, for-
te come un cavallo, vorace e salace. >Come Jadzia voleva tutti gli uomini, così
Noah voleva tutte le donne< [...] Noah si aggirava per le camerate >femminili< co-

16
Dal Sergente 1965: «In uno c’erano tre gatti >che facevano all’amore e< che, seccati» (p.
20); «Chissà che bella ragazza era, e morbida» > «Chissà che bella ragazza era, e profumata» (p. 56);
«no, Baroni? >Loro hanno le Katiusce e le Maruske e la Vodka e i campi di girasole; e noi le Marie
e le Terese, vino e boschi di abete.< Ridevo» (p. 57); «lasciare le ragazze delle isbe» > «lasciare il cal-
do delle isbe» (p. 87); «altare. >Una donna è nuda sulla neve, più bianca della neve, e vicino la ne-
ve è rossa< Non voglio guardare» (p. 95) «sulla sabbia tutto nudo > sulla sabbia tutto solo» (p. 136);
«spogliarmi, >nudo<, senza scarpe» (p. 135).
17
La tregua 2001, p. 167.
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me un principe d’Oriente [...] vedeva splendere l’arcobaleno >, e il mondo era


suo, da ripopolare<» (p. 36).
Anche l’avventura amorosa di un amico del protagonista, Carlo, con una ra-
gazza polacca che tra le sue varie qualità «>era pure molto navigata<» subisce dei
tagli o delle variazioni. Nulla si dice del fatto che «>lui – Carlo – aveva in mente
un programma ben preciso<. Perciò che gli facessi il santo piacere di non fare del-
l’ostruzionismo» (p. 111), e vengono taciute pure le difficoltà linguistiche cui lui
e Levi, in quanto suo interprete dal tedesco, lingua che probabilmente la ragazza
conosceva, vanno incontro.
Cesare sopravvalutava le mie conoscenze linguistiche. >Le cose che voleva sapere da
me non si insegnano in alcun corso di tedesco, e tanto meno avevo avuto occasione di im-
pararle in Auschwitz; d’altronde, erano questioni sottili e peculiari, tanto che sussiste in me
il sospetto che esse non esistano in alcun’altra lingua oltre all’italiano e al francese<. Gli espo-
si questi miei dubbi (p. 111).
E ancora, poco più avanti, a proposito del vocabolario italiano-tedesco com-
prato da Cesare proprio allo scopo di aiutare l’amico nella traduzione delle sue
frasi amorose: «mancava anzi proprio l’essenziale >, quello che una misteriosa con-
venzione espunge dall’universo della carta stampata<; quattrini sprecati» (p. 112).
Anche i rapporti poco chiari di un altro dei protagonisti del racconto, Cra-
vero, con la donna che lo ospita durante il suo soggiorno a Berlino dove si era mi-
metizzato “sul fondo della malavita locale” vengono totalmente omessi; come pu-
re le parti dedicate alle “ragazze del bosco”, alla prostituta di Buna che il protago-
nista incontra a Staryie Doroghi, alle soldatesse russe e alla ragazzina di Vienna.18
Probabilmente, oltre a eliminare i riferimenti alla prostituzione, l’introduzione di
simili varianti ha lo scopo di purificare il testo dalle parti che più duramente de-
scrivono l’abbassamento umano cui i protagonisti della storia furono condotti dal-
le circostanze vissute. L’eliminazione dei riferimenti alla nudità nella descrizione
delle procedure per la doccia in un campo di raccolta: «ci si spogliava, si affidava-
no gli abiti alla disinfezione, e ci si metteva in fila >completamente nudi< davan-
ti al tavolo di Irina» (p. 196) colpisce un elemento potenzialmente in grado di di-
strarre i giovani lettori (soprattutto in vista di una lettura, poniamo, in classe) dal-
la drammaticità dell’evento descritto. La stessa preoccupazione coinvolge in generale
i riferimenti più o meno direttamente riconducibili alla sfera sessuale.19
Tornando all’analisi del Catalogo Einaudi, sarà utile notare che, una volta
lanciate le due collane di cui si è parlato, tra il 1972 e il 1978 prende vita “Tanti-
bambini”, una raccolta per i più piccoli curata da Bruno Munari, la cui caratteri-

18
Per questi tagli si vedano rispettivamente La tregua 2001, p. 231 > La tregua 1965, p. 131;
La tregua 2001, pp. 251-52 > La tregua 1965, p. 161; La tregua 2001, pp. 271-72 > La tregua 1965,
p. 191; La tregua 2001, pp. 283-85 > La tregua 1965, p. 208; La tregua 2001, pp. 311-12 > La tre-
gua 1965, pp. 249-59; La tregua 2001, p. 316 > La tregua 1965, p. 257.
19
Si vedano in questo senso la trasformazione del «trattato di ostetricia» (La tregua 2001, p.
254 e p. 256) in «trattato di medicina» (La tregua 1965, p. 164 e 165) e l’eliminazione dei riferi-
menti alla «blenorragia» (La tregua 2001, p. 183 > La tregua 1965, p. 54).
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stica saliente è la cura delle illustrazioni.20 Nel 1975 parte “Einaudi Biblioteca
Giovani”, curata da Giulio Bollati, destinata a ricostruire «la storia delle civiltà e
delle società umane» partendo da «altrettanti capolavori della letteratura», indi-
rizzata però a un pubblico decisamente più cresciuto.21

2. Daniele Ponchiroli e il questionario sui libri per ragazzi


La preponderanza, anche tra le collane per bambini, di testi nati per un pubblico
maturo, sembrerebbe sintomo di una certa mancanza di interesse dell’Einaudi per
una precisa differenziazione dei titoli secondo il criterio dell’età. I materiali con-
servati presso l’archivio Einaudi permettono però forse una diversa interpretazio-
ne dei fatti.22 In particolare, il faldone che raccoglie i materiali appartenuti a Da-
niele Ponchiroli (che per quantità di pareri di lettura inerenti alla letteratura in-
fantile sembra essere uno dei referenti di questo genere all’interno della casa edi-
trice)23 contiene alcune pagine che paiono utili alla definizione delle caratteristi-
che della letteratura per ragazzi promossa dallo Struzzo. Si tratta di un elenco di
domande, anonimo e di cui non sembra possibile ricostruire la provenienza, sugli
scopi e le finalità delle collane per giovani. Non datato, il dattiloscritto è stato spe-
dito a Ponchiroli insieme a una non meglio specificata “lettera fiorita” da Clara,
verosimilmente la sua segretaria.24
Le risposte di Ponchiroli sono introdotte da una breve Premessa in cui si elen-
cano le collane einaudiane per bambini allora attive, utile per questo alla datazio-
ne del testo. Vi si citano come esistenti sia “Letture per ragazzi”, attiva dal 1959
al 1990, sia “Letture per la scuola media”, attiva dal 1965 al 1989, sia “Tanti-
bambini” la cui tiratura copre solo il periodo 1972-78, che pertanto è quello del
questionario.
Delle nove domande che compongono il questionario solo alcune, cioè la pri-
ma, la seconda e la sesta sono rilevanti ai nostri fini.25 Al primo interrogativo su

20
Si veda in questo senso il parere di lettura su I tarocchi col porcello (1974) firmato da Bru-
no Munari (parere di lettura n. 157).
21
Le edizioni Einaudi, cit., p. 1089.
22
Si fa qui riferimento al fondo Einaudi ora conservato presso l’Archivio di Stato di Torino
(da ora in poi, AE).
23
Sulla figura di Daniele Ponchiroli si veda Daniele Ponchiroli un uomo di Viadana, MuVi
Galleria Civica d’Arte Contemporanea - Viadana, 12 novembre 2006 - 11 febbraio 2007, Viadana, Ar-
ti Grafiche Castello di Viadana, 2006.
24
AE, inc. Ponchiroli Daniele, ff. 641-644.
25
Le domande numero tre, quattro e cinque riguardano le eventuali ricerche di mercato fat-
te dalla Casa per individuare “i gusti e le esigenze” del pubblico (scolare e non). Alla ricerca di mar-
keting vera e propria, risponde Ponchiroli, l’Einaudi preferisce il contatto diretto, il dialogo non
solo con i «docenti più avanzati nel campo delle scuole», ma anche con le «idee e le voci nuove del-
la pedagogia più aggiornata». L’ottavo quesito indaga la posizione dello Struzzo rispetto alla proposta
di sostituire i libri di testo con libri di lettura. Pur salutando con interesse questa idea, Ponchiroli
sottolinea come questi nuovi volumi non debbano essere considerati «semplici contributi a un al-
largamento delle nozioni, ma come strumenti critico-problematici e interdisciplinari». All’ultima do-
manda sull’esistenza di istituzioni straniere preposte allo studio della letteratura per l’infanzia capaci
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quali siano le motivazioni e gli intendimenti delle collane per ragazzi, Ponchiroli
risponde ribadendo il piano culturale dell’Einaudi, cui partecipano tutte le colla-
ne. Anche le raccolte destinate ai più giovani, infatti, si propongono la promo-
zione dell’autonomia di pensiero dalle categorie della cultura dominante.
Alla seconda questione, che pone il problema delle finalità pedagogiche dei
libri scelti, Ponchiroli risponde in modo articolato. Innanzitutto egli sottolinea
che l’unico effettivo intento pedagogico delle collane di Einaudi è quello di «sol-
lecitare la fantasia dei giovani lettori» contro l’appiattimento proposto da una men-
talità livellatrice, che tende ad annullare l’inventiva dei giovani in favore di un
conformismo intellettuale puramente nozionistico. Ovviamente i mezzi per rag-
giungere lo scopo in questione sono diversificati in base all’età dei lettori. Mentre
nelle “Letture per la scuola media” sono ammessi, oltre ai libri di fantasia, libri
con contenuti formativi anche da un punto di vista morale e civile, in “Tanti-
bambini”, destinata a un pubblico di infanti, la carica antiautoritaria e stimolan-
te è veicolata dalle immagini. L’importanza della fantasia come strumento per sfug-
gire all’appiattimento intellettuale dei burocrati che basano il loro agire sulle sem-
plici conoscenze promosso dalla cultura dominante è ribadito anche nella settima
risposta sull’utilità educativa di fumetti ed enciclopedie.26
Alla sesta domanda, che indaga sul rapporto scrittori per bambini-casa edi-
trice e che pone il problema di una distinzione tra autori per adulti e per piccoli,
Ponchiroli risponde negando l’esistenza di questa distinzione. Le sue parole sono
molto chiare: salvo poche eccezioni, non esistono autori per bambini. Lo scritto-
re per bambini nasce quando i giovani o l’editore si rendono conto che un volu-
me è leggibile anche da loro. I classici dell’infanzia, Collodi, Verne, Salgari, Mark
Twain, Lewis Carroll, London Dickens, Dumas sono proprio questo, libri amati
sia dai grandi che dai piccini.
Proclamando l’inesistenza della figura dell’autore di letteratura infantile, Pon-
chiroli dà una stoccata a tutta quella produzione assolutamente focalizzata sul pub-
blico giovane caratterizzata dall’uso di diminutivi, vezzeggiativi, bamboleggiamenti
e boutades pedagogiche che non solo appesantiscono il testo e annoiano il giova-
ne lettore, ma sono tipiche della letteratura borghese del XIX secolo (e non solo).
La specificazione del ruolo dell’editore, insieme al pubblico, nel riconosci-
mento di uno scrittore adatto anche ai bambini, inoltre, è particolarmente inte-
ressante, perché non ribadisce solo il peso delle case editrici nella formazione del-
la cultura, ma afferma la fiducia nelle capacità di giudizio dei lettori più giovani.
Nel 1962, nella nota Ai miei giovani lettori sulla quarta di copertina del Ser-

di indirizzare la Casa nelle sue scelte, Ponchiroli risponde sottolineando che la peculiarità di ogni
paese in questo campo rende inutile il ricorso a questo tipo di agenzie che si fanno promotrici di
un’internazionalità che ha il sapore del «più vieto conformismo».
26
Mentre i fumetti, o per lo meno, alcuni di essi, hanno almeno il merito di fortificare l’im-
maginazione, elemento a parere di Ponchiroli fondamentale perché, a suo dire, «l’intelligenza sprov-
vista di fantasia crea al massimo dei buoni burocrati», le enciclopedie, esclusa Io e gli altri (novissi-
ma enciclopedia del ragazzo, Genova, La ruota, 1970) vengono considerate in toto «strumenti edu-
cativi autoritari e limitativi».
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gente, Rigoni proclamava queste verità specificando che il suo libro «era stato scrit-
to solo per i grandi e per ricordare i suoi “amici” alpini e i suoi “nemici” russi ma»
che «grazie all’Editore», ora «pensa sia utile anche» ai ragazzi «per capire che oltre
agli odi imposti e alla bestialità ci sono gli affetti e la dignità di tutti gli uomini».
Quindi, rilevanza dell’editore nella scelta e nella rivalutazione dell’utilità e del de-
stinatario di uno scritto agli occhi anche dello scrittore; ma anche certezza nella ca-
pacità di discernimento del lettore, anche giovane, capace di interpretare in ma-
niera corretta contenuti complessi.
L’ammissione «del bambino [...] tra i grandi su un piede di parità» diventa, a
partire dagli anni ’60, una sorta di motto rispetto alla letteratura per l’infanzia, co-
me dimostra lo spoglio dei pareri di lettura.
La profondità di questa convinzione trova un riscontro anche a partire dal
più recente Catalogo storico della Casa, dove la frase citata commenta la prima
collana einaudiana “per l’infanzia e la gioventù”.27 Il fatto che il bambino non ne-
cessiti di una produzione specificamente destinata a lui, ma che anzi sia in grado
di interpretare correttamente i messaggi veicolati dai testi per adulti, condanna
non solo la letteratura pedagogica, ma anche l’abuso di apparati esplicativi trop-
po pesanti e invadenti.28
È probabilmente questo il motivo per cui Calvino, nella più volte citata Pre-
fazione al Barone rampante, specifica che nonostante tutti gli adattamenti, il testo
non nasce come libro per ragazzi. Forse a questo background va fatto risalire an-
che l’anatema lanciato da Natalia Ginzburg contro l’eccessivo numero di note e il
tentativo di classificazione linguistica e stilistica proposti dalla prima curatrice del-
l’edizione “per la scuola media” di Lessico famigliare. Dinanzi a chi sottolineava la
necessità di rendere il più comprensibile e adatto possibile il romanzo a un ambiente
e a un pubblico scolastico, infatti, la Ginzburg non si stanca di ripetere che il Les-
sico non nasce come libro scolastico, motivo per cui gli insegnanti che decidano
di adottarlo devono prenderlo «così com’è».29
L’eccessivo pedagogismo, la costante presenza di buoni sentimenti, lo svolgi-
mento dell’azione in base a situazioni da manuale di buone maniere del tipo “in
questa occasione si agisce così” e di massime moraleggianti, una lingua troppo ric-
ca di puntini di sospensione, di diminutivi, vezzeggiativi, insomma l’atmosfera
troppo zuccherosa in cui sono immersi molti romanzi per bambini sono alla ba-

27
Le edizioni Einaudi, p. 948.
28
Questa peculiarità dei testi destinati ai giovani mi è stata confermata in sedi diverse sia da
Roberto Cerati che da Carlo Minoia curatore per Einaudi di diversi titoli poi apparsi nelle “Lettu-
re per la scuola media”.
29
Secondo la documentazione inviata a Ponchiroli dalla prima curatrice, che poi abbandona
l’incarico, la Ginzburg si sarebbe opposta a un apparato di note troppo fitto, reo, a suo dire, di sof-
fermarsi anche su quelle che lei considerava ovvietà come, per esempio, le biografie di Dante e al-
tri autori. Vale la pena di sottolineare la forza con cui Natalia si oppone alla nota sul «buco del chi-
lo del mulo» perché, a suo dire, è ora che gli insegnanti inizino a utilizzare anche tra le aule di scuo-
la, quando strettamente necessario, i termini del linguaggio parlato di cui è fatto il suo libro. (AE,
inc. Ginzburg Natalia, ff. 816-821). La versione scolastica del Lessico uscirà nel 1972 con note di
Dora Cimara.
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se del rifiuto di molti manoscritti da parte di casa Einaudi.30 L’antimodello per


eccellenza è Edmondo de Amicis,31 campione di quella letteratura infantile ricca
di contenuti positivi ma anche socialmente connotata, strettamente legata ai va-
lori borghesi e rinascimentali. Non è un caso che contro questo tipo di letteratu-
ra ancora in voga nella seconda metà del ’900 Ponchiroli proponga di pubblicare
nelle “Letture per la scuola media” La trovatella di Milano di Carolina Inverni-
zio.32
Complicata storia in cui si intrecciano amori, intrighi e agnizioni familiari, se-
condo il gusto del feuilleton ottocentesco, il testo viene proposto da Ponchiroli per
la scolastica non solo per i suoi meriti nella costruzione del racconto, ma anche in
senso polemico nei confronti di una letteratura tradizionalmente considerata edu-
cativa (quella del De Amicis). Una riedizione di un’opera della Invernizio, che ne-
gli anni ’30 e ’40 aveva conosciuto il macero perché bollata come “diseducativa”,
sarebbe utile al percorso di revisione critica della letteratura infantile iniziato dal-
l’Einaudi nel primo biennio degli anni ’70 con la riedizione di Amore e ginnastica
e del libro Cuore, “storicizzati” dai testi introduttivi rispettivamente di Calvino e
di Tamburini, al fine di sottolinearne per converso le caratteristiche autoritarie e
di sentimentalismo liquoroso.33
Le caratteristiche tipiche della letteratura per l’infanzia diventano agli occhi
degli einaudiani beghe da evitarsi nei testi contemporanei dove tematiche attuali
e innovative vengono spesso viziate da tendenze stilistiche ormai anacronistiche.
La vocazione moralizzante della letteratura infantile tradizionale è così forte
da andare a inficiare anche testi incentrati su vicende contemporanee come la re-
sistenza. Di tutti i manoscritti sull’argomento giunti in casa editrice, rimane il pa-
rere di lettura di Ponchiroli dedicato a Io, da grande, mi sposo un partigiano di Bian-
ca Fo Garambois (“Letture per ragazzi”, 1976). Commentando il manoscritto del-
la sorella di Dario e Fulvio Fo, Ponchiroli ne mette in luce il carattere documen-
tario e la capacità di rendere la storia dell’infanzia dell’autrice (si tratta di un Bil-
dungsroman narrato in prima persona), sino alla Liberazione, in un periodo par-
ticolarmente difficile della storia italiana senza per questo cadere in toni troppo in-
fantili o al contrario troppo sdolcinati. Anche l’aria malinconica e nostalgica, che
pure vela le vicende, non solo non ne falsifica i contenuti, ma rifugge anche dalla
loro fissazione in un quadro troppo lirico e poetico che nuocerebbe alla realtà del-
la narrazione.34
L’antiautoritarismo che caratterizza il pensiero di casa Einaudi, oltre a evita-
re le schematizzazioni etico-morali troppo esplicite di tanta letteratura per l’in-
30
Si vedano per esempio alcuni pareri di lettura: AE, inc. Gobetti Mascherini Prospero Ada,
f. 135; inc. Jemolo Arturo Carlo ff. 261-263; 270-271); inc. Ponchiroli Daniele, ff. 440-441; 608-
609; 719-720; inc. Martini Luciana, ff. 10-11).
31
AE, inc. Gobetti Mascherini Prospero Ada, f. 135.
32
CAROLINA INVERNIZIO, La trovatella di Milano, Milano, Carlo Barbini, 1889.
33
Amore e ginnastica esce nel 1971 in “Centopagine” con un’introduzione di Italo Calvino e
una nota bibliografica di Luciano Tamburini che fu anche il curatore di Cuore, pubblicato nel 1972
nella “Nuova universale Einaudi”.
34
Inc. Ponchiroli Daniele, ff. 389-391.
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fanzia, si oppone però anche alla prassi di «mettersi i calzoni corti e camuffarsi da
fratelli e da compagni» dei giovani, comune a una certa quantità di scrittori. Gli
einaudiani, Ponchiroli e Natalia Ginzburg in primis, sono invece convinti del-
l’imprescindibilità dello scontro generazionale per una crescita serena che avviene
anche attraverso il dialogo, il dibattito, il confronto-scontro con i genitori. D’al-
tra parte, sempre secondo gli einaudiani, gli adulti devono fuggire anche la tenta-
zione di eliminare ogni difficoltà dalla vita dei più piccoli, che devono invece im-
parare ad affrontare da soli i problemi, pena la crescita di generazioni incapaci di
gestire anche il più piccolo problema.35
Questa ultima annotazione è utile a completare il quadro sul rapporto Ei-
naudi-letteratura infantile, perché specifica come la più volte proclamata indiffe-
renziazione tra adulti e ragazzi del Catalogo non si traduca in una mancanza di at-
tenzione per l’educazione dei più giovani. La volontà di trattare il pubblico più gio-
vane alla stregua di quello standard della Casa sottoponendogli i medesimi testi,
le medesime novità, non si basa su un tentativo di omologazione e di appiatti-
mento delle differenze, ma è un modo non solo per accentuarle, ma anche per fa-
cilitare ai ragazzi un confronto diretto con i propri padri e quindi per favorirne la
maturazione.

35
Lettera di Daniele Ponchiroli a Luciana Martini datata 18 aprile 1975 (AE, inc. Martini Lu-
ciana, ff. 10-11).

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