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Gianni

Rodari
Filastrocche in cielo e in terra

Un festoso Luna Park di inv enzioni in rime




Indice



Nota introduttiv a
1 ) «Materia prima»
2) Gli inizi
3) Il Premio Andersen
4) Incontri con i ragazzi
5) «Il senso del nonsenso»
6) Questo libro
7 ) Alcuni giudizi
8) Questa edizione

Filastrocche in cielo e in terra

La famiglia Punto-e-v irgola
1 ) Il dittatore
2) Il puntino di fuoco
3) Como nel comò
4) La famiglia Punto-e-v irgola
5) Il caso di una parentesi
6) L'ago di Garda
7 ) Il punto interrogativ o
8) Tragedia di una v irgola
9) Il trionfo dello Zero
1 0) La testa del chiodo
1 1 ) Sospiri
1 2) Problemi di stagione
1 3) L'accento sull'A
1 4) Il calamaio
1 5) Il gatto Inv erno
1 6) La scuola dei grandi

La luna al guinzaglio
1 ) Il Pianeta degli alberi di Natale
2) La luna al guinzaglio
3) La luna bambina
4) Distrazione interplanetaria
5) I mari della luna
6) Io v orrei
7 ) La luna di Kiev
8) Stelle senza nome
9) Il pianeta Bruscolo
1 0) Un uomo in cielo
1 1 ) Il satellite Filomena
1 2) Il pianeta Giuseppe
1 3) La stazione spaziale
1 4) Dal dottore
1 5) L'ascensore
1 6) Il v estito dell'av v enire
1 7 ) Inv enzione dei francobolli
1 8) Teledramma

Il v estito di Arlecchino
1 ) Il v estito di Arlecchino
2) I v iaggi di Pulcinella
3) Pranzo e cena
4) Quanti pesci ci sono nel mare?
5) I tre dottori di Salamanca
6) Domande
7 ) Robin
8) Filastrocca impertinente
9) Filastrocca brontolona
1 0) Primo gelo
1 1 ) Teste fiorite
1 2) La dinastia dei Poltroni
1 3) Gli esquimesi
1 4) Giov annino Perdigiorno
1 5) Dopo la pioggia
1 6) In fila indiana
1 7 ) Il cappotto
1 8) Il malatino
1 9) Ferragosto
20) Un bambino al mare
21 ) Il turno
22) Girotondo di tutto il mondo

I colori dei mestieri
1 ) I colori dei mestieri
2) Il ragioniere a dondolo
3) L'arrotino
4) L'omino della gru
5) Lo spazzacamino
6) Pesci! Pesci!
7 ) Il v igile urbano
8) Il gregario
9) Il pane
1 0) A v oce bassa
1 1 ) Speranza
1 2) Il giornalista
1 3) L'arena
1 4) Stracci! Stracci!
1 5) Lo spazzino
1 6) Gli odori dei mestieri

Il mago di Natale
1 ) Il mago di Natale
2) Lo zampognaro
3) Il pellerossa nel presepe
4) Nev e
5) L'uomo di nev e
6) Capodanno

Un treno carico di filastrocche
1 ) La stazione
2) L'accelerato
3) Terza, seconda, prima
4) La galleria
5) La sala d'aspetto
6) Il diretto di Campobasso
7 ) Il treno merci
8) La tradotta
9) Il treno degli emigranti
1 0) Il treno dei bambini
1 1 ) Il v agone letto

Le fav ole a rov escio
1 ) Le fav ole a rov escio
2) Il paese dei bugiardi
3) Le belle fate
4) L'omino dei sogni
5) Il pittore
6) Il giornale dei gatti
7 ) Storia del pesce-martello
8) Lo Zoo delle fav ole
9) La bella addormentata
1 0) Alla v olpe
1 1 ) Alla formica

Storie nuov e
1 ) Le storie nuov e
2) La minestra
3) I brav i signori
4) Come si chiamano gli uccelli
5) Il bastimento
6) Quanti bugiardi
7 ) Che cosa ci v uole
8) Il cav allino
9) Un cuoco furbo
1 0) Il mercante di diametri
1 1 ) Il pastore
1 2) Il mare Adriatico
1 3) Un incontro
1 4) Il pennarello

Le filastrocche del cav allo parlante
1 ) C'era una v olta
2) Il tram numero sei
3) Il re delle marmotte
4) Re Federico
5) Pronto, chi fischia?
6) A Roma
7 ) Sul Duomo di Como
8) A Pisa
9) Il gentiluomo di Liv orno
1 0) Barbabianca e Barbarossa
1 1 ) Il signore di V enezia
1 2) Fa freddo
1 3) Carnev ale
1 4) Un tale di Macerata
1 5) Un signore con tre cappelli
1 6) Il gatto professore
1 7 ) Il giro del mondo
1 8) Un tale di Alfonsine
1 9) Il cantante Paquito
20) Av v isi pubblicitari
21 ) Buon anno ai gatti

Nota introduttiva



1) «Materia prima»


Gianni Rodari è nato a Omegna (Nov ara), sul lago
d'Orta, il 23 ottobre 1 920, da genitori lombardi, della
V alcuv ia. Dal decimo al trentesimo anno è v issuto in
Lombardia, tra il V aresotto e Milano. Questo gli
permette di dichiararsi, caso per caso, piemontese o
lombardo, giocando su due tav oli, come del resto fa
per mestiere, lav orando contemporaneamente come
giornalista (a Roma, nel «Paese Sera») e come autore
di libri per bambini. I quali, a loro v olta, appaiono
spesso giocati su due tav oli: sono senza dubbio libri
«per bambini», ma non manca chi li considera libri,
tout court, capitati solo per qualche disguido nello
scaffale della letteratura infantile.
La firma di Rodari è potuta apparire nello stesso
mese, qualche anno fa sul «Giornale dei Genitori», che
ha diretto per div erso tempo dopo la morte della sua
fondatrice Ada Gobetti; sul «Corriere dei Piccoli»,
dov e pubblicav a racconti e filastrocche; e sul «Caffè»
di Giambattista V icari, dov e si sono potuti leggere, di
Rodari, v ersi come questi:

Il dì dell'Ascensione
saliv o in ascensor
e per combinazione
trov o il commendator.
Commendator, lei sale?
No, grazie, pepe sol.
Lo sale mi fa male
e l'insalata duol.
S'accomodi in salotto,
così le spiegherò
perché non hav v i al Lotto
la ruota di Salò.
Se a lei non piace il sale,
né io son salottier:
siederò sulle scale,
da prode condottier...
O anche come questi altri:
Noi leggev amo un giorno per diletto,
noi leggev amo un giorno sul diretto,
soli erav amo e senza alcun sospetto,
sordi erav amo e senza alcun cornetto,
stolti erav amo e senza alcun concetto,
saliti a Teramo senza biglietto,
senza burro né strutto,
né pancetta né prosciutto.
Morti erav amo, senza alcun costrutto.
Sola, la morte, in sala d'aspetto,
era una morte di modesto aspetto,
pov era morte senza doppiopetto,
ci fece un cenno dai v etri e fu tutto.

Lo stesso Rodari ha spiegato (in uno scritto per
L'Av v entura, antologia per la Scuola media, ed. La
Nuov a Italia) che non si tratta di v ere e proprie
poesie, ma di «materia prima», di esercizi della
fantasia, con cui v a in cerca di uno spunto per un
racconto, di un v erso per una filastrocca, di
un'immagine da mettere da parte e coltiv are per il
futuro. Tale tecnica è nota ai surrealisti. Il «prodotto
finito», secondo Rodari, non è quello del «Caffè», ma
quello del «Corrierino». Però non si sa fino a che
punto credergli.


2) Gli inizi


A scriv ere per i bambini - (non «per i ragazzi», dice
ancora lui: i ragazzi, è giusto che leggano Tolstoj,
Primo Lev i o Ho Chi Min; che nuotino nel mare
grande, senza salv agente...) - Rodari ha cominciato
per caso. Lav orav a all'«Unità» di Milano, tra il '47 e il
'50, quando, per una pagina domenicale dedicata
genericamente «alla famiglia», scrisse i primi
raccontini umoristici, ricordandosi di quelli che av ev a
inv entato anni prima, maestro elementare, per tener
buoni i suoi scolari. Ne nacque una rubrica per i più
piccoli. In questa rubrica comparv e anche una «
filastrocca per Ciccio», su richiesta di una lettrice che
av ev a un bambino malato. Molte altre «filastrocche»
v ennero, su richiesta e ordinazione di lettori, grandi e
piccoli. Erano poesie per ridere, canzonette sospese
tra Di Giacomo e Palazzeschi. La loro nov ità era
dettata dalla situazione stessa. «Non scriv ev o per
bambini qualunque - racconta Rodari - ma per
bambini che av ev ano tra le mani un quotidiano
politico. Era quasi obbligatorio trattarli div ersamente
da come prescriv ev ano le regole della letteratura per
l'infanzia, parlare con loro delle cose d'ogni giorno, del
disoccupato, dei morti di Modena, del mondo v ero,
non di un mondo, anzi, di un mini-mondo di
conv enzione».
Dal '50 al '53 ha diretto un settimanale illustrato
per ragazzi, «Il Pioniere». «E' stato - è ancora lui che
parla - quasi un compito di Partito. In principio non
ne v olev o proprio sapere. Ma a quei tempi erav amo
tutti molto disponibili: se ci fosse stato bisogno di un
quadro nuov o nella cooperazione, e mi fosse stata
fatta la proposta di div entarlo, penso che av rei
accettato. La generazione che il Pci ha rastrellato
durante la Resistenza è quella che meno si è
preoccupata di v ocazioni personali. Nel mio caso, sì e
no una v entina di filastrocche giustificav a quella
scelta».
Bisogna concluderne che le v ocazioni si trov ano
anche per la strada, per caso, o per senso del dov ere.
Basta poi prenderle sul serio. Pare che Charles Dickens
tenesse bene in v ista sulla sua scriv ania un «motto»
che gli dicev a: «Fa' bene quello che ti dànno da fare».
Se le cose stanno come dice Rodari, questo potrebbe
essere - prese tutte le misure - il suo motto.
Dal '60 ad oggi ha scritto due dozzine abbondanti di
libri per bambini, quasi tutti tradotti in numerose
lingue: Le av v enture di Cipollino in più di trenta, dal
francese al kabardino-balkazico, dal russo al cinese,
dal tedesco allo jakuto. Eccone l'elenco completo,
comprendente titoli che sono stati poi riassorbiti in
successiv e raccolte:
Il libro delle filastrocche, Ed. di Cultura Sociale,
Roma 1 950.
Le av v enture di Cipollino, iv i 1 951 .
Il treno delle filastrocche, iv i 1 952.
Le carte parlanti, Toscana Nuov a, Firenze 1 952.
La Freccia Azzurra, cos, Firenze 1 953.
Gelsomino nel paese dei bugiardi, Ed. Riuniti,
Roma 1 959.
Filastrocche in cielo e in terra, Einaudi, Torino
1 960 (Premio Prato).
Fav ole al telefono, iv i 1 961 .
Il pianeta degli alberi di Natale, iv i 1 963.
Castello di carte, Mursia, Milano 1 963.
Gip nel telev isore, iv i 1 964 (Premio Castello).
Il libro degli errori, Einaudi, Torino 1 964 (Premio
Rubino).
La torta in cielo, iv i 1 966 (Premio Europa Dralon).
V enti storie più una, Editori Riuniti, Roma 1 969.
Le filastrocche del cav allo parlante, Emme
Edizioni, Milano 1 97 0.
Tante storie per giocare, Editori Riuniti, Roma
1 97 1 ; Einaudi, Torino 1 97 7 .
Gli affari del signor Gatto, Einaudi, Torino 1 97 2.
I v iaggi di Giov annino Perdigiorno, iv i 1 97 3.
Nov elle fatte a macchina, iv i 1 97 3.
Grammatica della fantasia, iv i 1 97 3.
Marionette in libertà, iv i 1 97 4.
La filastrocca di Pinocchio, Editori Riuniti, Roma
1 97 5.
C'era due v olte il barone Lamberto, Einaudi, Torino
1 97 8.
La gondola fantasma, iv i, Torino 1 97 8.
Parole per giocare, Manzuoli (Biblioteca di lav oro),
Firenze 1 97 9.
Bàmbolik, La Sorgente, Milano 1 97 9.

Rodari, con Lele Luzzati e Teatro aperto 7 4, figura
tra gli autori del v olume Il teatro, i ragazzi, la città,
Emme Edizioni, Milano, in cui egli ha pubblicato il suo
testo teatrale La storia di tutte le storie. Tra i suoi
inediti in v olume (per ora) figura una serie di Nov elle
per l'estate apparse su «Paese Sera» nel 1 97 9.
A chiedergli se ha qualcosa nel cassetto, risponde
regolarmente:
«Tanti progetti».


3) Il Premio Andersen


Per l'insieme della sua opera, Rodari ha ricev uto
nel 1 97 0, da una giuria internazionale, quel Premio
Andersen che v iene definito «il Nobel della letteratura
infantile» (ma non comporta assegni...) Alla cerimonia
per la consegna del premio, nel suo «acceptation
speech», Rodari ha detto: «Si può parlare agli uomini
anche parlando di gatti e si può parlare di cose serie e
importanti anche raccontando fiabe allegre. Del resto,
che cosa intendiamo per persone serie? Facciamo il
caso del signor Isaac Newton. Secondo me era una
persona serissima. Ora una v olta, se è v ero quello che
raccontano, egli se ne stav a al fresco sotto un albero
di mele quando gli cadde una mela sulla testa. Un
altro, al suo posto, av rebbe detto quattro parole poco
gentili e si sarebbe cercato un altro albero. Inv ece il
signor Newton cominciò a domandarsi: "E perché
quella mela è caduta all'ingiù? Come mai non è v olata
all'insù? Perché non è caduta a destra o a sinistra, ma
proprio in basso? Quale forza misteriosa l'ha attirata in
basso?". Una persona priv a di immaginazione,
ascoltando discorsi del genere, av rebbe concluso:
"Questo signor Newton è poco serio, crede in forze
misteriose, magari crede che ci sia un mago al centro
della terra ad attirare le mele; egli pensa che le mele
possano v olare come il tappeto delle Mille e una notte;
insomma, alla sua età, crede ancora alle fav ole..." E
inv ece io penso che il signor Newton abbia fatto le
importanti scoperte che tutti sappiamo proprio
perché av ev a una mente aperta in tutte le direzioni,
capace di immaginare cose sconosciute, av ev a una
grande fantasia e sapev a adoperarla. Occorre una
grande fantasia, una forte immaginazione per essere
un grande scienziato - per immaginare cose che non
esistono ancora - per immaginare un mondo migliore
di quello in cui v iv iamo e mettersi a lav orare per
costruirlo... Io credo che le fiabe, quelle v ecchie e
quelle nuov e, possano contribuire ad educare la
mente. La fiaba è il luogo di tutte le ipotesi: essa ci può
dare delle chiav i per entrare nella realtà per strade
nuov e, può aiutare il bambino a conoscere il
mondo...»


4) Incontri con i ragazzi


In altre occasioni Rodari ha paragonato il suo
lav oro a quello di un fabbricante di giocattoli,
definendo la maggiore ambizione di uno scrittore per
bambini quella di scriv ere un libro che impegni tutta
la personalità del bambino come la impegna un buon
giocattolo, un bel gioco.
In effetti, quasi tutte le storie di Rodari si possono
smontare, come si smonta un giocattolo, per
indiv iduare l'immagine iniziale, la «v isione» su cui si
sono liberamente fabbricate nella fantasia; ma allora
sarà facile anche riconoscere il punto in cui
l'immagine ha preso significato, assorbendo
spontaneamente, ma senza residui, il modo di sentire
e di pensare, la stessa ideologia dell'autore. Questo
meccanismo egli lo ha spiegato anche ai ragazzi,
incontrandosi con loro nelle scuole. Agli scolari di
Trev iso, per esempio, ha detto: «Una storia non nasce
per un atto di v olontà. Se ha una morale, ce l'ha
perché v iene fuori da sola, io non ci penso mai,
prima... » Il gioco, restando un gioco, può coinv olgere
il mondo.
Spesso, prima di pubblicare le sue storie in
v olume, Rodari le v a a leggere in qualche classe delle
elementari, a Roma o altrov e, per v edere se
funzionano. « Tu eri sicuro - egli scriv e - che in un
certo punto av rebbero riso, inv ece non ridono; ti
accorgi che una certa proposizione contiene una
parola, o un concetto, che li ha messi in difficoltà.
Inv ece ridono in tutt'altro punto, e così ti dicono:
"ecco quello che dev i fare, ecco l'idea buona". Gli
incontri con i bambini mi hanno insegnato che ci sono
non solo liv elli div ersi, ma modi div ersi di
comprensione. A v olte una storia è razionalmente
chiara. Altre v olte non sarebbero capaci di ripeterla e
spiegarla, ma ci si div ertono ugualmente, segno che la
capiscono, o sono comunque in grado di assorbirla, a
modo loro... I bambini capiscono più di quel che noi
sospettiamo, sono disponibili per ogni audacia, non
soffrono di schematismi, ignorano i regolamenti
ufficiali dei generi letterari, apprezzano l'umorismo,
adorano i giochi di parole, distinguono a occhio nudo
le immagini piene da quelle v uote, le fantasie ben
nutrite di realtà da quelle puramente automatiche...
Ad ascoltarli, poi, si impàra presto; con un po' di
pratica, si capisce quando parlano solo per parlare
(anche loro lo sanno fare a merav iglia) e quando
parlano perché hanno qualcosa da dire; quando sanno
dire ciò che intendono, e quando bisogna interpretare
le loro parole rov esciandole come calzette... »


5) «Il senso del nonsenso»


A questo punto bisognerebbe spiegare come e
perché libri nati all'insegna del gioco possano
presentare la «felice fusione di poesia e pedagogia» di
cui ha parlato Ada Gobetti e su cui hanno insistito
quasi tutti i critici di Rodari e i laureandi in pedagogia
(come suor Bianca V ignali, delle Orsoline di V erona,
che ha discusso a Roma nel '7 0 una tesi su Gianni
Rodari scrittore per l'infanzia e Giov anna Parolin che
nello stesso anno, a Padov a, ne ha discusso un'altra
intitolata: Analisi pedagogica dell'opera di Gianni
Rodari). Forse bisogna rifarsi, per questa spiegazione,
alla distinzione tra «materia prima» e «prodotto
finito» di cui si è già fatto cenno. La pedagogia entra,
nel lav oro di Rodari, come «materia prima» tra le
altre, senza speciali priv ilegi, alla pari con altre, meno
illustri (l'automatismo surrealista, il nonsense), o più
illustri (l'ideologia, la politica), o più priv ate
(l'autobiografia, il giornalismo) in un impasto di cui la
fantasia lascia filtrare solo ciò che si adatta alle sue
regole, o alle sue «leggi», come le ha chiamate Rodari
in un suo scritto (e Se il nonno div enta gatto, come
farà a ridiv entare nonno? », nel «Giornale dei
Genitori»).
Né le buone intenzioni educativ e né la propaganda
debbono av er diritto all'ultima parola. Ma nemmeno
la logica della fantasia v a subita passiv amente. In un
ciclo di trasmissioni per la radio italiana, intitolato
Tante storie per giocare, Rodari raccontav a a un
gruppo di bambini una storia senza finale che essi
stessi, nella conv ersazione, dov ev ano far proseguire e
concludere.
Le conv ersazioni dei bambini riv elano i casi in cui
la fantasia fa v alere le sue leggi allo stato puro, per
esempio quella della simmetria: se un uomo, saltando
una certa sbarra, div enta un gatto, risaltando la sbarra
in direzione contraria ridiv enterà un uomo; e i casi,
v icev ersa, in cui nella matematica dell'immaginazione
si introducono i motiv i del sentimento,
sconv olgendola. Per esempio, se la storia descriv e un
corteo di fantasmi fuggitiv i da Marte, dov e nessuno
più li teme, in v iaggio per la terra, i bambini sono
pronti ad immaginare ogni sorta di soluzioni estrose...
per impedire che quei fantasmi arriv ino quaggiù. Gli
faranno sbagliare strada, li manderanno a finire su
Plutone, il più lontano possibile. Di questa logica della
consolazione bisogna tener conto o no? «No - dice
Rodari - se si v uole entrare nella loro mente con
funzione prov ocatoria».
In molte storie è riconoscibile il momento in cui la
logica della fantasia è costretta a fare i conti con una
realtà spiacev ole e a fare appello ad altre forze della
personalità per dominarla. E' il momento in cui
Rodari, come ha detto Alfonso Gatto, «scopre il senso
del nonsenso, la serietà dell'assurdo e del gioco che è
la v ita v iv ente, sciolta dalle inibizioni e dalle paralisi e
restituita alle prov e, agli incontri e scontri del suo
farsi».


6) Questo libro


Filastrocche in cielo e in terra è un libro che si è
fabbricato da solo, durante una dozzina d'anni, fra il
'48 e il '60 (prima edizione).
Prima sono comparse, sull'«Unità» o altrov e, le
filastrocche fatte su commissione dei piccoli lettori, o
di chi av anzav a richieste in loro nome: «Fammi una
poesia per il mio papà che fa il tranv iere». O il fornaio.
O il v igile urbano. Spesso i lettori scriv ev ano: «Fammi
una canzoncina». Questo non era un modo di
sottov alutare la merce, ma piuttosto l'indicazione di
un genere che si collegav a direttamente col mondo
delle ninne-nanne e delle cantilene popolari, che in
Italia ha un'esistenza quasi soltanto dialettale,
regionale, e del quale non si è mai dato un «corpus»
paragonabile alle «Nursery Rhy mes» della tradizione
inglese. Una raccoltina, intitolata Il libro delle
filastrocche fu pubblicata nel '50 dalle Edizioni del
Pioniere, con disegni di Giulia Mafai e prefazione di
Dav ide Lajolo, in forma di lettera all'autore:
«V oglio bene alle tue filastrocche anche perché le
ho sentite nei paesi d'Emilia dalle bambine che
recitav ano come cantando, con quelle cantilene che a
sentirle battev a il cuore, così come dai bambini di
Lombardia (una sera in un prato di V igev ano parato a
festa le hanno recitate tutte, bimbi dai quattro ai dieci
anni)... Questo libro segna qualcosa nella storia
d'Italia di questi anni, perché i bambini che
div enteranno tuoi lettori cresceranno e le
ricorderanno come momenti della loro v ita».
Un altro gruppo uscì nel '59, presso le Edizioni
Sociali, sotto il titolo: Il treno delle filastrocche, con
illustrazioni di Flora Capponi. Parlav ano quasi tutte di
treni. E naturalmente anche della gente che ci v iaggia:
ferrov ieri, emigranti, bambini, soldati. E' forse l'unico
libro in cui Rodari - che da bambino è v issuto per
qualche tempo in una stazione ferrov iaria - lascia
trapelare qualcosa della sua infanzia. In Filastrocche
in cielo e in terra le due prime raccolte sono riprese e
rifuse con tutto il lav oro posteriore. Il libro, a sua
v olta, si apre con un gruppo intitolato La famiglia
punto e v irgola in cui compaiono già i personaggi -
punti, v irgole, errori d'ortografia - del futuro Libro
degli errori. E continua con un gruppo di filastrocche,
per dir così, interplanetarie - La luna al guinzaglio - in
cui sono anticipati i temi di un altro libro successiv o:
Il pianeta degli alberi di Natale; per chiudersi con la
serie Le fav ole a rov escio che prepara l'alfabeto
essenziale di altri libri (V enti storie più una, Tante
storie per giocare), in cui Rodari si div erte a smontare
e rimontare il linguaggio tradizionale delle fiabe, per
estrarne giocattoli nuov i.
E' come dire che intorno a Filastrocche in cielo e in
terra è cresciuto un po' tutto il suo lav oro posteriore,
in prosa e in v ersi: cresciuto per differenziazione, per
opposizione, per un incessante ritorno della fantasia
sulle sue inv enzioni, per un continuo rigermogliare
della stessa «materia prima».


7) Alcuni giudizi


A proposito di questo libro ha scritto Carlo Salinari
(«V ie Nuov e», 1 1 febbraio 1 961 ): « Rodari ha una
fantasia agile e fresca: sembra dav v ero che riesca a
v edere e deformare le cose come se av esse gli occhi di
un bambino... Tuttav ia, accanto a questa capacità di
v edere le cose con la stessa curiosità, intensità e
immaginazione dei bambini (dav v ero come se fosse la
prima v olta) c'è in Rodari un impegno ideologico (e
pedagogico) che, senza essere ingombrante e
petulante, è pur sempre v igile e presente... Questo
impegno trov a la sua espressione in v ersi fluidi e
piacev oli. Ma sono v ersi che per raggiungere una tale
felicità costano una grande fatica. Rodari si serv e
molto di tecniche che sono tipiche di alcuni
mov imenti letterari del Nov ecento, come il futurismo
e il surrealismo. Naturalmente semplificandole. Di lì
però gli v iene il gusto per l'analogia, per
l'accostamento di oggetti o concetti priv i di nesso
logico, per il paragone audace, per una lingua che non
si arresta di fronte alle parole della tecnica o al gergo
dei v ari mestieri, per la trov ata bizzarra».
«Oltretutto - aggiunge Piero Dallamano ("Paese
Sera", 4 dicembre 1 964) - sempre in tema di
modernità, c'è un gusto linguistico in queste poesie, in
queste trov ate, che apparenta Rodari, nel campo che
gli è proprio si intende, alle spericolate av v enture e
ricerche di certa letteratura».
E Giuseppe Gironda («Il Messaggero», 21 gennaio
1 964):
«Che scoppio di colori e d'idee, che delicatezza
d'immagini e di paragoni, quale sempre continuo
susseguirsi dav anti a noi durante tutta la lettura di
uno schermo fantasioso, di un cielo notturno
illuminato da fuochi d'artificio».
Per Walter Mauro («Il Paese», 29 gennaio 1 964) le
filastrocche sono «un'opera che rimarrà nella storia
della letteratura per l'infanzia come un piccolo
capolav oro, oltre che come magistero, a
dimostrazione di come sia possibile impegnarsi
artisticamente anche riv olgendosi ad un fanciullo,
insegnandogli bene in tempo, sotto il v elame dolce
della fiaba o della filastrocca, quanto falso moralismo
circondi ogni problema italiano, sempre v isto e
percepito col timore e il sussiego di dov er dire troppo,
di cader nell'illecito, e quanto renda inv ece coscienti e
consapev oli di se stessi la ribellione all'ingiustizia e al
sopruso, da qualunque parte essi prov engano».
Delle Filastrocche, come degli altri libri di Rodari,
parlano ormai tutte le storie e i manuali di letteratura
infantile (solo Francesco Flora, per il momento, si è
ricordato di lui in una storia più illustre). Le
saccheggiano allegramente - com'è giusto - tutti i libri
di lettura per le scuole elementari e le più attente
antologie per la scuola media. Né sono mancati -
benv enuti anche loro - gli imitatori.
Lo stesso Rodari così parla del suo libro: Non ho
mai chiamato "poesie" le cose che ho fatto in v ersi, ma
"filastrocche", o al più "poesie per ridere", "poesie per
sbaglio". E infatti non credo che siano poesie: sono
giocattoli, o comunicazioni in musica, o v ersi per
prendere in giro le v ecchie poesie che si fanno
studiare a scuola. Hanno la rima perché ai bambini
piace il gioco della ripetizione, della scoperta sonora.
A qualcuno sembrano perfino "difficili" per i bambini.
Questo succede perché non credo che si debba
ricorrere a una lingua bamboleggiante per parlare con
loro: basta la lingua di tutti i giorni, quella che
ascoltano dal telev isore. Molte filastrocche sono fatte
per essere lette dai genitori ai bambini. Qualche altra
per essere letta dai bambini ai genitori. Altre ancora
sono semplici imitazioni dei "limericks" inglesi, o di
filastrocche popolari italiane o straniere (per esempio,
Barbabianca e Barbarossa è una filastrocca russa).
Alcune sono nate in dieci minuti, altre in dieci mesi. In
esse non parlo quasi mai di me, perché non credo che
ai bambini possa interessare la mia autobiografia, o il
mio bisogno di esprimermi».


8) Questa edizione


La presente edizione comprende tutte le
Filastrocche della prima edizione Einaudi, più un
gruppo di quattordici inedite (Storie nuov e), più altre
v entuno, precedentemente apparse nel v olume Le
filastrocche del cav allo parlante, pubblicato nel '7 0
dalle Edizioni Emme, di Milano, con illustrazioni di
Santuzza Calì. Queste ultime filastrocche erano state
scritte per la trasmissione telev isiv a per i bambini Il
paese di Giocagiò ed era appunto un «cav allo
parlante» che le recitav a. Qui si pùbblicano per gentile
concessione delle Edizioni Emme.
Gianni Rodari, così presente nel brio di queste
pagine, è scomparso il 27 aprile del 1 980.











Un po' a mia figlia Paola
e un po' a tutti gli altri bambini.

La famiglia Punto-e-virgola



1) Il dittatore.

Un punto piccoletto,
superbioso e iracondo,
«Dopo di me - gridav a -
v errà la fine del mondo!»
Le parole protestarono:
«Ma che grilli ha pel capo?
Si crede un Punto-e-basta,
e non è che un Punto-e-a-capo».
Tutto solo a mezza pagina
lo piantarono in asso,
e il mondo continuò
una riga più in basso.


2) Il puntino di fuoco.


C'era una v olta un «I» senza il puntino:
gliel'av ev a soffiato v ia un v ento sv entato
scambiandolo per un cappellino.
Rimasto così senza testa,
che male ci resta quel pov ero «I»,
dav anti ai suoi fratelli e ai suoi cugini
tutti ricconi e pieni di puntini.
Ma una matita rossa che passav a di là
gli regalò un puntino di fuoco, rosso come una
mela,
così bello e fiammante, che tutta la parentela
per la gelosia, ci fece una malattia.


3) Como nel comò.


Una v olta un accento
per distrazione cascò
sulla città di Como
mutandola in comò.
Figuratev i i cittadini
comaschi, pov eretti:
detto e fatto si trov arono
rinchiusi nei cassetti.
Per fortuna uno scolaro
rilesse il componimento
e liberò i prigionieri
cancellando l'accento.
Ora ai giardini pubblici
han dedicato un busto
«A colui che sa mettere
gli accenti al posto giusto».


4) La famiglia Punto-e-virgola.


C'era una v olta un punto
e c'era anche una v irgola:
erano tanto amici,
si sposarono e furono felici.
Di notte e di giorno
andav ano intorno
sempre a braccetto.
«Che coppia modello -
la gente dicev a -
che v era merav iglia
la famiglia Punto-e-v irgola».
Al loro passaggio
in segno di omaggio
perfino le maiuscole
div entav ano minuscole:
e se qualcuna, poi,
a inchinarsi non è lesta
la matita del maestro
le taglia la testa.


5) Il caso di una parentesi.


C'era una v olta una parentesi aperta
e uno scolaro si scordò di chiuderla.
Per colpa di quel somaro
la pov eretta buscò un raffreddore,
e facev a uno sternuto al minuto.
Passato il malore
fece scriv ere da un pittore
il seguente cartello:
«Chi mi apre, mi chiuda, per fav ore».


6) L'ago di Garda.


C'era una v olta un lago, e uno scolaro
un po' somaro, un po' mago,
con un piccolo apostrofo
lo trasformò in un ago.
«Oh, guarda, guarda -
la gente dicev a
- l'ago di Garda! »
«Un ago importante:
è segnato perfino sull'atlante».
«Dicono che è pescoso.
Il fatto è misterioso:
dov e staranno i pesci, nella cruna? »
« E dov e si specchierà la luna? »
« Sulla punta si pungerà, si farà male... »
«Ho letto che ci nav iga un battello».
«Sarà piuttosto un ditale».
Da tante critiche punto sul v iv o
mago distratto cancellò l'errore,
ma lo fece con tanta furia
che, per colmo d'ingiuria,
si rov esciò l'inchiostro
formando un lago nero e senza apostrofo.


7) Il punto interrogativo.


C'era una v olta un punto interrogativ o,
un grande curiosone con un solo ricciolone,
che facev a domande a tutte le persone,
e se la risposta non era quella giusta
sv entolav a il suo ricciolo come una frusta.
Agli esami fu messo in fondo a un problema
così complicato che nessuno trov ò il risultato.
Il pov eretto, che di cuore non era cattiv o,
div entò per il rimorso
un punto esclamativ o.


8) Tragedia di una virgola.


C'era una v olta una pov era V irgola
che per colpa di uno scolaro disattento
capitò al posto di un punto
dopo l'ultima parola del componimento.
La pov erina, da sola,
dov ev a reggere il peso
di cento paroloni,
alcuni perfino con l'accento.
Per la fatica atroce
morì. Fu seppellita
sotto una croce
dalla matita blu del maestro,
e al posto di crisantemi e semprev iv i
s'ebbe un mazzetto di punti esclamativ i.


9) Il trionfo dello Zero.


C'era una v olta un pov ero Zero
tondo come un o,
tanto buono ma però
contav a proprio zero
e nessuno lo v olev a in compagnia
per non buttarsi v ia.
Una v olta per caso
trov ò il numero Uno
di cattiv o umore perché
non riusciv a contare fino a tre.
V edendolo così nero, il piccolo Zero
si fece coraggio, sulla sua macchina
gli offerse un passaggio,
e schiacciò l'acceleratore,
fiero assai dell'onore
di av ere a bordo
un simile personaggio.
D'un tratto chi si v ede
fermo sul marciapiede?
Il signor Tre che si lev a il cappello
e fa un inchino fino al tombino...
e poi, per Giov e,
il Sette, l'Otto, il Nov e
che fanno lo stesso.
Ma cosa era successo?
Che l'Uno e lo Zero
seduti v icini,
uno qua l'altro là
formav ano un gran Dieci:
nientemeno, un'autorità!
Da quel giorno lo Zero
fu molto rispettato,
anzi da tutti i numeri
ricercato e corteggiato:
gli cedev ano la destra
con zelo e premura,
(di tenerlo a sinistra
av ev ano paura),
lo inv itav ano a cena,
gli pagav ano il cinemà,
per il piccolo Zero
fu la felicità.


10) La testa del chiodo.


La palma della mano
i datteri non fa,
sulla pianta del piede
chi si arrampicherà?
Non porta scarpe il tav olo,
su quattro piedi sta:
il treno non scodinzola
ma la coda ce l'ha.
Anche il chiodo ha una testa,
però non ci ragiona:
la stessa cosa càpita
a più d'una persona.


11) Sospiri.


«... V orrei, direi, farei...»
Che maniere raffinate
ha il modo condizionale.
Mai che usi parole sguaiate,
non alza la v oce per niente,
e seduto in poltrona
sospira gentilmente:
«Suonerei se sapessi.
V olerei se potessi.
Mangerei dei pasticcini
se ne av essi.
C'è sempre un se:
chissà perché
questa sciocca congiunzione
ce l'ha tanto con me».
«Me ne andrei nell'Arizona,
che v e ne pare?
O forse potrei
fermarmi a Lisbona...»
«V orrei, v orrei...
V olerei sulla Luna
in cerca di fortuna,
E v oi ci v erreste?
Sarebbe carino,
dondolarsi sulla falce
facendo uno spuntino...»
«V orrei, v orrei...
Sapete che farei?
Ascolterei un disco.
No, meglio, suonerei
il pianoforte a coda.
Dite che è giù di moda?
Pazienza, ne farò senza.
Del resto non so suonare...»


12) Problemi di stagione.


«Signor maestro, che le salta in mente?
Questo problema è un'astruseria,
non ci si capisce niente:
trov ate il perimetro dell'allegria,
la superficie della libertà,
il v olume della felicità...
Quest'altro poi
è un po' troppo difficile per noi:
Quanto pesa una corsa in mezzo ai prati?
Saremo certo bocciati!»
Ma il maestro che ci v ede sconsolati:
«Son semplici problemi di stagione.
Durante le v acanze
trov erete la soluzione ».


13) L'accento sull'A.


«O fattorino in bicicletta
dov e corri con tanta fretta?»
«Corro a portare una lettera espresso
arriv ata proprio adesso».
«O fattorino, corri diritto,
nell'espresso cosa c'è scritto?»
«C'è scritto - Mamma non stare in pena
se non ritorno per la cena,
in prigione mi hanno messo
perché sui muri ho scritto col gesso.
«Con un pezzetto di gesso in mano
quel che scriv ev o era buon italiano,
ho scritto sui muri della città
"V ogliamo pace e libertà".
«Ma di una cosa mi rammento,
che sull'-a-, non ho messo l'accento.
«Perciò ti prego per fav ore,
v a' tu a correggere quell'errore,
e un'altra v olta, mammina mia,
studierò meglio l'ortografia».


14) Il calamaio.


Che belle parole,
se si potesse scriv ere
con un raggio di sole.
Che parole d'argento
se si potesse scriv ere
con un filo di v ento.
Ma in fondo al calamaio
c'è un tesoro nascosto
e chi lo pesca scriv erà parole d'oro
col più nero inchiostro.


15) Il gatto Inverno.


Ai v etri della scuola stamattina
l'inv erno strofina la sua schiena nuv olosa
come un v ecchio gatto grigio:
con la nebbia fa i giochi di prestigio,
le case fa sparire e ricomparire;
con le zampe di nev e imbianca il suolo
e per coda ha un ghiacciuolo...
Sì, signora maestra,
mi sono un po' distratto:
ma per forza, con quel gatto,
con l'inv erno alla finestra
che mi ruba i pensieri
e se li porta in slitta
per allegri sentieri.
Inv ano io li richiamo:
si saranno impigliati in qualche ramo spoglio;
o per dolce imbroglio, chiotti, chiotti,
fingon d'essere merli e passerotti.


16) La scuola dei grandi.


Anche i grandi a scuola v anno
tutti i giorni di tutto l'anno.
Una scuola senza banchi,
senza grembiuli né fiocchi bianchi,
e che problemi, quei pov eretti,
a risolv ere sono costretti:
«In questo stipendio fateci stare
v itto, alloggio e un po' di mare».
La lezione è un v ero guaio:
«Studiate il conto del calzolaio».
Che mal di testa, il compito in classe:
«C'è l'esattore, pagate le tasse».
La luna al guinzaglio



1) Il Pianeta degli alberi di Natale.


Dov e sono i bambini che non hanno
l'albero di Natale
con la nev e d'argento, i lumini
e i frutti di cioccolata?
Presto, presto, adunata, si v a
sul Pianeta degli alberi di Natale,
io so dov e sta.
Che strano, beato Pianeta...
Qui è Natale ogni giorno.
Ma guardatev i attorno:
gli alberi della foresta,
illuminati a festa,
sono carichi di doni.
Crescono sulle siepi i panettoni,
i platani del v iale
sono platani di Natale,
Perfino l'ortica,
non punge mica,
ma tiene su ogni foglia
un campanello d'argento
che si dondola al v ento.
In piazza c'è il mercato dei balocchi.
Un mercato coi fiocchi,
ad ogni banco lasceresti gli occhi.
E non si paga niente, tutto gratis.
Osserv i, scegli, prendi e te ne v ai.
Anzi, anzi, il padrone
ti fa l'inchino e dice: « Grazie assai,
torni ancora domani, per fav ore:
per me sarà un onore... »
Che belle le v etrine senza v etri!
Senza v etri, s'intende,
così ciascuno prende
quello che più gli piace: e non si passa
mica alla cassa, perché
la cassa non c'è.
Un bel Pianeta dav v ero:
anche se qualcuno insiste
a dire che non esiste...
Ebbene, se non esiste, esisterà:
che differenza fa?


2) La luna al guinzaglio.


Con te la luna è buona,
mia sav ia bambina:
se cammini, cammina
e se ti fermi tu
si ferma anche la luna
ubbidiente lassù.
E' un piccolo cane bianco
che tu tieni al guinzaglio,
è un docile palloncino
che tieni per il filo:
andando a dormire lo leghi al cuscino,
la luna tutta notte
sta appesa sul tuo lettino.


3) La luna bambina.


E adesso a chi la diamo
questa luna bambina
che v ola in un «amen»
dal Polo Nord alla Cina?
Se la diamo a un generale,
pov era luna trottola,
la v orrà sparare come una pallottola.
Se la diamo a un av aro,
corre a metterla in banca:
non la v ediamo più
né rossa né bianca.
Se la diamo a un calciatore,
la luna pallone,
v orrà una paga lunare:
ogni calcio un trilione.
Il meglio da fare,
è di darla ai bambini,
che non si fanno pagare
a giocare coi palloncini:
se ci salgono a cav alcioni, chissà che festa;
se la luna v a in fretta,
non gli gira la testa,
anzi la sproneranno
la bella luna a dondolo,
lanciando grida di gioia
dall'uno all'altro mondo.
Della luna ippogrifo
reggendo le briglie,
faranno il giro del cielo
a caccia di merav iglie.


4) Distrazione interplanetaria.


Chissà se a quest'ora su Marte,
su Mercurio o Nettuno,
qualcuno in un banco di scuola
sta cercando la parola che gli manca
per cominciare il tema
sulla pagina bianca.
E certo nel cielo di Orione,
dei Gemelli, del Leone,
un altro dimentica nel calamaio
i segni d'interpunzione...
come faccio io.
Quasi lo sento lo scricchiolio
di un pennino in fondo al firmamento:
in un minuscolo puntino
della V ia Lattea
un minuscolo scolaretto
sul suo libro di storia
disegna un pupazzetto.
Lo sa che non sta bene,
e anch'io lo so:
ma rideremo insieme
quando lo incontrerò.


5) I mari della luna.


Nei mari della luna
tuffi non se ne fanno:
non c'è una goccia d'acqua,
pesci non ce ne stanno.
Che magnifico mare
per chi non sa nuotare!


6) Io vorrei.


Io v orrei che nella Luna
ci si andasse in bicicletta,
per v edere se anche lassù
chi v a piano non v a in fretta.
Io v orrei che nella Luna
ci si andasse in micromotore,
per v edere se anche lassù
chi sta zitto non fa rumore.
Io v orrei che nella Luna
ci si andasse in accelerato,
per v edere se anche lì
chi non mangia la domenica
ha fame il lunedì.


7) La luna di Kiev.


Chissà se la luna di Kiev
è bella come la luna di Roma,
chissà se è la stessa
o soltanto sua sorella...
«Ma son sempre quella!
- la luna protesta -
non sono mica un berretto da notte
sulla tua testa!
V iaggiando quassù
faccio lume a tutti quanti,
dall'India al Perù,
dal Tev ere al Mar Morto,
e i miei raggi v iaggiano
senza passaporto».


8) Stelle senza nome.


I nomi delle stelle sono belli:
Sirio, Andròmeda, l'Orsa, i due Gemelli.
Chi mai potrebbe dirli tutti in fila?
Son più di cento v olte centomila.
E in fondo al cielo, non so dov e e come,
c'è un milione di stelle senza nome:
stelle comuni, nessuno le cura,
ma per loro la notte è meno scura.


9) Il pianeta Bruscolo.


Si fa presto a parlare
del pianeta Bruscolo:
nell'intera V ia Lattea
non c'è astro più minuscolo;
è grosso, a dire tanto,
quanto una damigiana,
il calendario dura
in tutto una settimana:
lunedì è la Befana,
mercoledì Quaresima,
sabato San Silv estro
e si prende la tredicesima.


10) Un uomo in cielo.


In rotta per Aldébaran
la v edetta gridò:
- Capitano, un uomo in cielo! -
L'astronav e si fermò.
Fu ripescato il naufrago:
era un giov ane idraulico
di Paderno Dugnano,
caduto all'insù
dal balcone del terzo piano;
in una notte di luna,
per il peso della testa
troppo gonfia di sogni.
Gli facemmo gran festa,
rispose a ogni domanda.
Dopo cena il nostromo
gli cedette la sua branda.


11) Il satellite Filomena.


Oh che caso, oh che scena,
la signorina Filomena
è div entata un satellite artificiale.
Se ne stav a sul terrazzo a leggere il giornale,
e senza alcun sospetto né preav v iso -
si è trov ata d'improv v iso in orbita,
né più né meno di un razzo,
a seimila chilometri di quota.
Per fortuna av ev a gli occhiali,
la v ecchia signorina:
così può guardare
il Labrador, la Cina,
le rov ine di Palmira,
tutta la terra che gira
disegnata come un atlante,
coi mari e i continenti al posto giusto.
E si secca? Macché: ci piglia gusto.
E' un satellite regolare
in ogni mov imento: per gli astronomi osserv arlo
è un v ero godimento.
La radio questa sera dopo cena
trasmetterà il «bip bip»
della signorina Filomena.


12) Il pianeta Giuseppe.


Giuseppe Della Seta,
anni quarantatré, -
professione pianeta.
La cosa v i merav iglia?
V i pare comica?
Un signore che ha famiglia
dov rebbe av ere un'occupazione
meno astronomica?
Abbiate un po' di comprensione.
Il pianeta Giuseppe
non fa niente di male:
senza tante parole
compie il giro del sole
in giorni trecento,
sessantacinque meno della Terra,
con tutto che manca d'allenamento.
Notiamo che si tratta
di un pianeta in pigiama.
Dormiv a quando fu promosso
al rango interplanetario
e giusto av ev a indosso un pigiama rosso.
molti sognano di v olare
ma non si staccano dal cuscino:
di Giuseppe è rimasto appena
l'orologio sul comodino.


13) La stazione spaziale.


Nella stazione spaziale
c'è un traffico infernale.
Astronav i che v engono,
astronav i che v anno,
astronav i di prima classe
per quelli che non pagano le tasse.
L'altoparlante non tace un istante:
«E' in partenza dal primo binario
il rapido interplanetario.
Prima fermata Saturno».
«L'astroletto da Giov e
v iaggia con un ritardo
di minuti trentanov e».
La gente protesta:
- Che storia è questa qua?
Mai un po' di puntualità.
- Dev o essere a Plutone
prima di desinare!
- Io perdo un grosso affare:
mi sentiranno quelli
dell'Amministrazione...
In un angolo della stazione
due timidi sposini
in v iaggio di nozze:
v anno su certi pianetini
di un'altra nebulosa
dov e hanno una zia
che si chiama Ponti Rosa
e fa la portinaia
in un osserv atorio d'astronomia.
E questo è un v enditore
di frigoriferi a rate:
dice che su Nettuno
non c'è ancora stato nessuno
del suo ramo, farà quattrini a palate.
Questa signorina,
maestra di ricamo,
v a su V enere per un corso
di perfezionamento,
ma il suo fidanzato
non è troppo contento,
lui sta a Milano,
e fa l'impiegato,
ha paura che sposi un V enusiano.
Nelle edicole ci sono
i giornali spaziali:
«Il paese di Arturo»,
«La gazzetta dell'Orsa Minore»,
«L'osserv atore del Sagittario,
con supplemento straordinario a fumetti».
Diamo un'occhiata ai titoli:
«Ultimissime da Sirio:
la v ittoria nel campionato
manda le folle in delirio».
«Rapina: casse v uote
nella banca di Boote».
«Il delitto di Marte
av v olto nel mistero».
Un momento, un momento:
ma allora il cosmo intero
non sarebbe che un ingrandimento
di qualche paesotto
dell'Ohio o del V aresotto?
A parte le astronav i,
questa specie di stazione
potrebbe stare tutta
in prov incia di Frosinone o di Piacenza...
Forse ho v isto troppi film di fantascienza.


14) Dal dottore.


E' tanto magrino
signora il bambino.
A respirare stenta:
quando gli si fa dire trentatré
è già tanto se dice trenta.
Un cambiamento d'aria
secondo me si addice:
lo mandi a quel campeggio
sulla Chioma di Berenice.


15) L'ascensore.


Io so che un giorno l'ascensore
al quarto piano non si fermerà,
continuando la sua corsa
il soffitto bucherà,
salirà tra due comignoli
più su delle nuv ole e del v ento
e prima di tornare a casa
farà il giro del firmamento.


16) Il vestito dell'avvenire.


Modello di v estito
che si allunga e si allarga all'infinito.
Non perde bottoni,
non ragna sui calzoni,
esente da macchie e da strappi,
s'indossa all'asilo
e cresce un po' per anno
senza perdere un filo.
I sarti si prev ede
che lo sconsiglieranno.
Chiederanno al gov erno
qualche decreto drastico
contro il v estito elastico
che dura in eterno.
Con o senza permesso,
io lo inv ento lo stesso.


17) Invenzione dei francobolli.


Non capisco perché
la colla dei francobolli
la fanno sciapa,
sapor di rapa.
Av anti, chi inv enta
i francobolli al ribes
e quelli alla menta?
Oh, che passione
i francobolli al limone...
Che delizia, che rarità
i francobolli al ratafià.


18) Teledramma.


Signori e buona gente,
v enite ad ascoltare:
un caso sorprendente
andremo a raccontare.
E' successo a Milano
e tratta di un dottore
che è caduto nel v ideo
del suo telev isore.
Con qualsiasi tempo,
ad ogni trasmissione
egli stav a in poltrona
a guardare la telev isione,
Incurante dei figli
e della v ecchia mamma
dalle sedici a mezzanotte
non perdev a un programma.
Riv iste, telegiornali,
canzoni oppure balli,
romanzi oppur commedie,
telefilm, interv alli,
tutto ammirav a, tutto
per lui facev a brodo:
nella telepoltrona
piantato come un chiodo.
Ma un dì per incantesimo
o malattia (che ne dite?
non può darsi che av esse
la telev isionite?)
durante un interv allo
con la fontana di Palermo,
decollò dalla poltrona
e cadde nel teleschermo.
Ora è là in mezzo alla v asca
che sta per affogare:
parenti, amici in lacrime
lo v orrebbero aiutare,
chi lo tira per la crav atta,
chi lo prende per il naso,
non c'è v erso di risolv ere
il drammatico telecaso.
Andrà in Eurov isione?
Div enterà pastore
di quei greggi di pecore
che sfilano per ore?
Ricev erà i malati
da quella scatoletta?
Come farà dopo la v isita
a scriv ere la ricetta?
Ma tra poco, purtroppo,
la trasmissione finisce:
e se il v ideo si spegne,
il misero dov e finisce?
Fortuna che il suo figliolo
studioso di magnetismo,
per ripescarlo escogita
un abile meccanismo.
Compra un altro telev isore
e glielo mette dav anti;
il dottore ci si specchia
e dopo pochi istanti
per forza d'attrazione
schizza fuori da quello v ecchio
e già sta per tuffarsi
nel secondo apparecchio.
Ma nel momento preciso
che galleggia nell'aria,
più v eloce di gabbiano
o nav e interplanetaria,
il figlio elettrotecnico,
sv elto di mano e di mente,
spegne i due telev isori contemporaneamente.
Cade il dottor per terra,
e un bernoccolo si fa:
meglio cento bernoccoli
che perdere la libertà.
Il vestito di Arlecchino



1) Il vestito di Arlecchino.


Per fare un v estito ad Arlecchino
ci mise una toppa Meneghino,
ne mise un'altra Pulcinella,
una Gianduia, una Brighella.
Pantalone, v ecchio pidocchio,
ci mise uno strappo sul ginocchio,
e Stenterello, largo di mano,
qualche macchia di v ino toscano.
Colombina che lo cucì
fece un v estito stretto così.
Arlecchino lo mise lo stesso
ma ci stav a un tantino perplesso.
Disse allora Balanzone,
bolognese e dottorone:
«Ti assicuro e te lo giuro
che ti andrà bene il mese v enturo
se osserv erai la mia ricetta:
un giorno digiuno e l'altro bolletta».


2) I viaggi di Pulcinella.


Pulcinella andav a a Biella,
montò sopra una carrozzella,
e se il cav allo era attaccato
certo a quest'ora era arriv ato.
Pulcinella andav a a Torino,
montò sopra un cav allino,
e se il cav allo non era di legno
andav a a Torino e anche a Collegno.


3) Pranzo e cena.


Pulcinella ed Arlecchino
cenav ano insieme in un piattino:
e se nel piatto c'era qualcosa,
chissà che cena appetitosa.
Arlecchino e Pulcinella
bev ev ano insieme in una scodella,
e se la scodella v uota non era,
chissà che sbornia, quella sera.


4) Quanti pesci ci sono nel mare?


Tre pescatori di Liv orno
disputarono un anno e un giorno
per stabilire e sentenziare
quanti pesci ci sono nel mare.
Disse il primo: «Ce n'è più di sette,
senza contare le acciughette».
Disse il secondo: «Ce n'è più di mille,
senza contare scampi ed anguille».
Il terzo disse: «Più di un milione!»
E tutti e tre av ev ano ragione.


5) I tre dottori di Salamanca.


Tre dottori di Salamanca
si misero in mare su una panca,
e se non andav ano subito a fondo
facev ano certo il giro del mondo.
Tre dottori di Saragozza
si misero in mare in una tinozza,
e se la tinozza a galla restav a
qui la storiella non terminav a.


6) Domande.


Un tale mi v enne a domandare:
quante fragole crescono in mare?
Io gli ho risposto di mia testa:
quante sardine nella foresta.


7) Robin.


Robin Robin il grassone
mangiav a più di ottanta persone:
mangiò una mucca, mangiò un v itello,
mangiò il macellaio con tutto il macello,
mangiò la chiesa col cappellàno,
il campanile col sagrestano.
E mucca e v itello, beccaio e macello,
e chiesa e curato quand'ebbe mangiato
così si lagnò: - Che fame che ho!


8) Filastrocca impertinente.


Filastrocca impertinente,
chi sta zitto non dice niente,
chi sta fermo non cammina,
chi v a lontano non s'av v icina,
chi si siede non sta ritto,
chi v a storto non v a dritto,
e chi non parte, in v erità,
in nessun posto arriv erà.


9) Filastrocca brontolona.


Filastrocca brontolona,
brontola il tuono quando tuona,
brontola il mare quando ha in testa
di preparare una tempesta,
brontola il nonno: «Ah, come v orrei
ritornare ai tempi miei...
Non c'erano allora, egregi signori,
elicotteri e micromotori,
e senza fare tanto fracasso
in carrozzella si andav a a spasso».
Accende la pipa, inforca gli occhiali
e affonda il naso nei giornali...
Ma tosto soggiunge: «Però... però...
senza lo scuter, che figura fò?
Il mondo cammina, il mondo ha fretta! »
V iv a il nonno in motoretta.


10) Primo gelo.


Filastrocca del primo gelo,
gela la nev e caduta dal cielo,
gela l'acqua del rubinetto,
gela il fiore nel suo v asetto,
gela la coda del cav allo,
gela la statua sul piedistallo.
Nella v etrina il manichino
trema di freddo, pov erino;
mettetegli addosso un bel cappotto,
di quelli che costano un terno al lotto:
finché qualcuno lo comprerà,
per un bel pezzo si scalderà.


11) Teste fiorite.


Se inv ece dei capelli sulla testa
ci spuntassero i fiori, sai che festa?
Si potrebbe capire a prima v ista
chi ha il cuore buono, chi la mente trista.
Il tale ha in fronte un bel ciuffo di rose:
non può certo pensare a brutte cose.
Quest'altro, pov eraccio, è d'umor nero:
gli crescono le v iole del pensiero.
E quello con le ortiche spettinate?
Dev e av ere le idee disordinate,
e inv ano ogni mattina
spreca un v asetto o due di brillantina.


12) La dinastia dei Poltroni.


Dunque, se state buoni, oggi v i spiego
la dinastia dei Poltroni.
Capostipite e fondatore
fu re Poltrone Primo, detto il Dormitore,
che regnò su Poltrònia v ent'anni e un palmo.
Dopo di lui, nell'ordine, regnarono:
Poltrone Secondo, detto il Calmo;
Poltrone Terzo, detto il Cuscinetto;
Poltrone Quarto, inv entore dello scaldaletto;
Poltrone Quinto, detto lo Spinto,
perché se non lo spingev ano sul trono
s'addormentav a sui gradini;
Poltrone Sesto, lo Schiacciapiumini;
Poltrone Settimo, il Riposato;
Poltrone Ottav o, detto il Nono per isbaglio;
Poltrone Decimo, detto Accidenti-alla-sv eglia
(sposò la regina Sbadiglia ed ebbero per figli
diciassette sbadigli).
Infine la corona
coronò la pelata
di Poltrone Undicesimo,
detto il Medesimo,
perché per lui tutto
facev a lo stesso:
il bello, il brutto,
la pace, la guerra,
il cielo, la terra,
la frittata, il ragù,
la lepre in salmì.
Con lui la dinastia finì.


13) Gli esquimesi.


Strana gente, gli esquimesi:
sono di ghiaccio i loro paesi;
di ghiaccio piazze, strade e stradette,
sono di ghiaccio le casette;
il soffitto e il pav imento
sono di ghiaccio, non di cemento.
Perfino il letto è di buon ghiaccio,
tagliato e squadrato col coltellaccio.
Ed è di ghiaccio, almeno pare,
anche la pietra del focolare.
Di non-ghiaccio c'è una cosa,
la più segreta, la più preziosa:
il cuore degli uomini che basta da solo
a scaldare perfino il Polo.


14) Giovannino Perdigiorno.


Giov annino Perdigiorno
ha perso il tram di mezzogiorno,
ha perso la v oce, l'appetito,
ha perso la v oglia di alzare un dito,
ha perso il turno, ha perso la quota,
ha perso la testa (ma era v uota),
ha perso le staffe, ha perso l'ombrello,
ha perso la chiav e del cancello,
ha perso la foglia, ha perso la v ia:
tutto è perduto fuorché l'allegria.


15) Dopo la pioggia.


Dopo la pioggia v iene il sereno,
brilla in cielo l'arcobaleno:
è come un ponte imbandierato
e il sole v i passa, festeggiato.
E' bello guardare a naso in su
le sue bandiere rosse e blu.
Però lo si v ede - questo è il male -
soltanto dopo il temporale.
Non sarebbe più conv eniente
il temporale non farlo per niente?
Un arcobaleno senza tempesta,
questa sì che sarebbe una festa.
Sarebbe una festa per tutta la terra
fare la pace prima della guerra.


16) In fila indiana.


Filastrocca in fila indiana,
per la tribù dei Piedi di Rana,
per la tribù dei Piedi Neri,
per gli Apaches, gran guerrieri,
per i Nav ajos, i Mohicani,
gli Irochesi ed altri indiani,
compresi quelli del mio quartiere
che fanno la guerra tutte le sere,
poi se la mamma chiama «Carletto!»
fanno la pace e v anno tutti a letto.


17) Il cappotto.


O caso proprio strano, ma da giocarci a lotto:
ho v isto per la strada camminare un cappotto.
Senza piedi, senza mani, se ne andav a v ia di là,
un piccolino nella giacca del papà.


18) Il malatino.


Filastrocca del bimbo malato,
con il decotto, con il citrato,
con l'arancia sul comodino,
tagliata a spicchi in un piattino.
Per tutti i mali di testa e di pancia
sul comodino c'è sempre un'arancia,
tra un confetto ed un mentino
per consolare il malatino.
V iene il dottore, «V ediamo cos'è»,
e ti fa dire trentatré.
Poi di sera v iene la sera,
v iene la mamma leggera leggera,
e succhiando la sua menta
il malatino s'addormenta.


19) Ferragosto.


Filastrocca v ola e v a
dal bambino rimasto in città.
Chi v a al mare ha v ita serena
e fa i castelli con la rena,
chi v a ai monti fa le scalate
e prende la doccia alle cascate...
E chi quattrini non ne ha?
Solo solo resta in città:
si sdraia al sole sul marciapiede,
se non c'è un v igile che lo v ede,
e i suoi battelli sottomarini
fanno v ela nei tombini.
Quando div ento Presidente
faccio un decreto a tutta la gente:
«Ordinanza numero uno:
in città non resta nessuno;
ordinanza che v iene poi,
tutti al mare, paghiamo noi,
inoltre le Alpi e gli Appennini
sono donati a tutti i bambini.
Chi non rispetta il decretato
v a in prigione difilato».


20) Un bambino al mare.


Conosco un bambino così pov ero
che non ha mai v eduto il mare:
a Ferragosto lo v ado a prendere,
in treno a Ostia lo v oglio portare.
- Ecco, guarda - gli dirò-
questo è il mare, pigliane un po'! -
Col suo secchiello, fra tanta gente,
potrà rubarne poco o niente:
ma con gli occhi che serrerà
il mare intero si prenderà.


21) Il turno.


Il mattino fa ogni giorno il giro del mondo
a destare le nazioni, gli uccelli, i boschi, i mari,
i maestri e gli scolari.
Da Oriente a Occidente
il sole apre le scuole,
i gessetti cantano
sulle lav agne nere le parole
più bianche di tutte le lingue.
Si fa un po' per uno a studiare:
quando a Pechino i ragazzi v anno a giocare,
entrano in classe quelli di Berlino,
e quando v anno a letto ad Alma Atà,
suona la sv eglia a Lima e a Bogotà.
Si fa il turno: così non v a perduto nemmeno un
minuto.


22) Girotondo di tutto il mondo.


Filastrocca per tutti i bambini,
per gli italiani e per gli abissini,
per i russi e per gli inglesi,
gli americani ed i francesi,
per quelli neri come il carbone,
per quelli rossi come il mattone,
per quelli gialli che stanno in Cina
dov e è sera se qui è mattina,
per quelli che stanno in mezzo ai ghiacci
e dormono dentro un sacco di stracci,
per quelli che stanno nella foresta
dov e le scimmie fan sempre festa,
per quelli che stanno di qua o di là,
in campagna od in città,
per i bambini di tutto il mondo
che fanno un grande girotondo,
con le mani nelle mani,
sui paralleli e sui meridiani.
I colori dei mestieri



1) I colori dei mestieri.


Io so i colori dei mestieri:
sono bianchi i panettieri,
s'alzano prima degli uccelli
e han la farina nei capelli;
sono neri gli spazzacamini,
di sette colori son gli imbianchini;
gli operai dell'officina
hanno una bella tuta azzurrina,
hanno le mani sporche di grasso:
i fannulloni v anno a spasso,
non si sporcano nemmeno un dito,
ma il loro mestiere non è pulito.


2) Il ragioniere a dondolo.


Conosco un ragioniere,
un ragioniere a dondolo.
In banca fa il cassiere,
in tram legge il giornale,
non è un tipo speciale,
bassotto, un po' pelato,
con pancetta e panciotto,
ce n'è di ragionieri
più belli per il mondo,
dottori ed altra gente
dall'aspetto imponente,
ma che ne sa la gente
se uno è solamente
un ragioniere, oppure
è un ragioniere a dondolo?
E' in casa che si v ede
se uno ha un bimbo biondo
che si arrampica in groppa
al suo bel babbo a dondolo,
e insieme galoppano
fra il tinello e il salotto
senza darsi pensiero
dell'inquilino del piano di sotto.


3) L'arrotino.


O quell'ometto, con quel carretto,
che giri la ruota in quel v icoletto,
che giri la ruota tutto il dì:
pedali, pedali e sei sempre lì!


4) L'omino della gru.


Filastrocca di sotto in su
per l'omino della gru.
Sotto terra v a il minatore,
dov 'è buio a tutte l'ore;
lo spazzino v a nel tombino,
sulla terra sta il contadino,
in cima ai pali l'elettricista
gode già una bella v ista,
il muratore v a sui tetti
e v ede tutti piccoletti...
ma più in alto, lassù lassù,
c'è l'omino della gru:
cielo a sinistra, cielo a destra,
e non gli gira mai la testa.


5) Lo spazzacamino.


Quando è bianco lo spazzacamino?
Un poco alla festa, un poco al mattino.
Tutto il giorno se ne v a
per paesi e per città,
in casa dei ricchi e dei pov eretti,
su per le cappe e per i tetti
con le mani e con i ginocchi:
di bianco gli resta il bianco degli occhi.


6) Pesci! Pesci!


Pescatore che v ai sul mare,
quanti pesci puoi pescare?
Posso pescarne una barca piena
con un tonno e una balena,
ma quel ch'io cerco nella rete
forse v oi non lo sapete:
cerco le scarpe del mio bambino
che v a scalzo, pov erino.
Proprio oggi ne ho v iste un paio
nella v etrina del calzolaio:
ma ce ne v ogliono di sardine
per fare un paio di scarpine...
Poi con due calamaretti
gli faremo i legaccetti.


7) Il vigile urbano.


Chi è più forte del v igile urbano?
Ferma i tram con una mano.
Con un dito, calmo e sereno,
tiene indietro un autotreno:
cento motori scalpitanti
li mette a cuccia alzando i guanti.
Sempre in croce in mezzo al baccano:
chi è più paziente del v igile urbano?


8) Il gregario.


Filastrocca del gregario
corridore proletario,
che ai campioni di mestiere
dev e far da cameriere,
e sul piatto, senza gloria,
serv e loro la v ittoria.
Al traguardo, quando arriv a,
non ha applausi, non ev v iv a.
Col salario che si piglia,
fa campare la famiglia
e da v ecchio poi si acquista
un negozio da ciclista;
o un baretto, anche più spesso,
con la macchina per l'espresso.


9) Il pane.


S'io facessi il fornaio
v orrei cuocere un pane
così grande da sfamare
tutta, tutta la gente che non ha da mangiare.
Un pane più grande del sole,
dorato, profumato come le v iole.
Un pane così v errebbero a mangiarlo
dall'India e dal Chilì,
i pov eri, i bambini,
i v ecchietti e gli uccellini.
Sarà una data da studiare a memoria:
un giorno senza fame! Il più bel giorno di tutta la
storia.


10) A voce bassa.


Filastrocca a v oce bassa,
chi è di notte che passa e ripassa?
E' il Principe Fine e non può dormire
perché ha sentito una foglia stormire?
O forse è l'omino dei sogni che porta
i numeri del lotto di porta in porta?
E' un signore col mal di denti,
in compagnia di mille tormenti?
L'ho v isto: è il v igile notturno
che fa la ronda, taciturno:
i ladri scantonano per la paura,
la città dorme sicura.


11) Speranza.


S'io av essi una botteguccia
fatta d'una sola stanza
v orrei mettermi a v endere
sai cosa? La speranza.
«Speranza a buon mercato!»
Per un soldo ne darei
ad un solo cliente
quanto basti per sei.
E alla pov era gente
che non ha da campare,
darei tutta la mia speranza
senza farla pagare.


12) Il giornalista.


O giornalista inv iato speciale,
quali notizie porti al giornale?
Sono stato in America, in Cina,
in Scozia, Sv ezia ed Argentina,
tra i Sov iéti e tra i Polacchi,
Francesi, Tedeschi, Slov enî e Slov acchi,
ho parlato con gli Eschimesi,
con gli Ottentotti, coi Siamesi,
v engo dal Cile, dall'India e dal Congo,
dalla tribù dei Bongo-Bongo...
e sai che porto? una sola notizia!
Sarò licenziato per pigrizia.
Però il fatto è sensazionale,
merita un titolo cubitale:
tutti i popoli della terra
han dichiarato guerra alla guerra.


13) L'arena.


Ecco tutta la scena:
stav a in mezzo all'arena
il bambino degli acrobati
in v etta ai suoi fratelli,
piramide sorridente,
e lassù lo reggev ano
gli applausi e i lucciconi
della pov era gente.


14) Stracci! Stracci!


O cenciaiolo, che hai nel sacco?
«Una scarpa senza tacco,
un v ecchio abito da sera
con più buchi del grov iera,
un tamburo senza pancia,
un piattino senza mancia,
una giacca senza bottoni,
una bretella senza calzoni,
e in fondo in fondo, col naso per terra,
un ministro della guerra».


15) Lo spazzino.


Io sono quello che scopa e spazza
con lo scopino e con la ramazza:
carta straccia, v ecchie latte,
bucce secche, giornali, ciabatte,
mozziconi di sigaretta,
tutto finisce nella carretta.
Scopo scopo tutto l'anno,
quando son v ecchio sapete che fanno?
Senza scopa, che è che non è,
scopano v ia pure me.


16) Gli odori dei mestieri.


Io so gli odori dei mestieri:
di noce moscata sanno i droghieri,
sa d'olio la tuta dell'operaîo,
di farina sa il fornaio,
sanno di terra i contadini,
di v ernice gli imbianchini,
sul camice bianco del dottore
di medicine c'è un buon odore.
I fannulloni, strano però,
non sanno di nulla e puzzano un po'.
Il mago di Natale



1) Il mago di Natale.


S'io fossi il mago di Natale,
farei spuntare un albero di Natale
in ogni casa, in ogni appartamento
dalle piastrelle del pav imento,
ma non l'alberello finto,
di plastica, dipinto
che v endono adesso all'upim:
un v ero abete, un pino di montagna,
con un po' di v ento v ero
impigliato tra i rami,
che mandi profumo di resina
in tutte le camere,
e sui rami i magici frutti:
regali per tutti.
Poi con la mia bacchetta me ne andrei
a far magie per tutte le v ie.
In v ia Nazionale
farei crescere un albero di Natale
carico di bambole d'ogni qualità,
che chiudono gli occhi e chiamano papà,
camminano da sole,
ballano il rock an'roll
e fanno le capriole.
Chi le v uole, le prende: gratis, s'intende.
In piazza San Cosimato
faccio crescere l'albero del cioccolato;
in v ia del Tritone
l'albero del panettone;
in v iale Buozzi
l'albero dei maritozzi,
e in largo di Santa Susanna
quello dei maritozzi con la panna.
Continuiamo la passeggiata?
La magia è appena cominciata:
dobbiamo scegliere il posto
all'albero dei trenini:
v a bene piazza Mazzini?
Quello degli aeroplani
lo faccio in v ia dei Campani.
Ogni strada av rà un albero speciale
e il giorno di Natale i bimbi faranno
il giro di Roma a prendersi quel che v orranno.
Per ogni giocattolo colto dal suo ramo
ne spunterà un altro dello stesso modello
o anche più bello.
Per i grandi, inv ece, ci sarà,
magari in v ia Condotti,
l'albero delle scarpe e dei cappotti.
Tutto questo farei se fossi un mago.
Però non lo sono: che posso fare?
Non ho che auguri da regalare:
di auguri ne ho tanti,
scegliete quelli che v olete,
prendeteli tutti quanti.


2) Lo zampognaro.


Se comandasse lo zampognaro
che scende per il v iale,
sai che cosa direbbe
il giorno di Natale?
«V oglio che in ogni casa
spunti dal pav imento
un albero fiorito
di stelle d'oro e d'argento».
Se comandasse il passero
che sulla nev e zampetta,
sai che cosa direbbe
con la v oce che cinguetta?
«V oglio che i bimbi trov ino,
quando il lume sarà acceso,
tutti i doni sognati
più uno, per buon peso».
Se comandasse il pastore
del presepe di cartone,
sai che legge farebbe
firmandola col lungo bastone?
«V oglio che oggi non pianga
nel mondo un solo bambino,
che abbiano lo stesso sorriso
il bianco, il moro, il giallino».
Sapete che cosa v i dico,
io che non comando niente?
Tutte queste belle cose
accadranno facilmente;
se ci diamo la mano,
i miracoli si faranno
e il giorno di Natale
durerà tutto l'anno.


3) Il pellerossa nel presepe.


Il pellerossa con le piume in testa
e con l'ascia di guerra in pugno stretta,
come è finito tra le statuine
del presepe, pastori e pecorine,
e l'asinello, e i maghi sul cammello,
e le stelle ben disposte,
e la v ecchina delle caldarroste?
Non è il tuo posto, v ia, Toro seduto:
torna presto di dov e sei v enuto.
Ma l'indiano non sente. O fa l'indiano.
Ce lo lasciamo, dite, fa lo stesso?
O darà noia agli angeli di gesso?
Forse è v enuto fin qua,
ha fatto tanto v iaggio,
perché ha sentito il messaggio:
pace agli uomini di buona v olontà.


4) Neve.


Pov eretto chi non sa
sciare né pattinare.
Di tanta nev e, che se ne fa?
Tutto quel ghiaccio non gli serv e a nulla.
Di tanta gioia lui non può godere:
al massimo si farà
una granita in un bicchiere.


5) L'uomo di neve.


Bella è la nev e per l'uomo di nev e,
che ha v ita allegra anche se brev e
e in cortile fa il brav accio
v estito solo d'un cappellaccio.
A lui non v engono i geloni,
i reumatismi, le costipazioni...
Conosco un paese, in v erità,
dov e lui solo fame non ha.
La nev e è bianca, la fame è nera,
e qui finisce la tiritera.


6) Capodanno.


Filastrocca di Capodanno
fammi gli auguri per tutto l'anno:
v oglio un gennaio col sole d'aprile,
un luglio fresco, un marzo gentile.
v oglio un giorno senza sera,
v oglio un mare senza bufera,
v oglio un pane sempre fresco,
sul cipresso il fiore del pesco,
che siano amici il gatto e il cane,
che diano latte le fontane.
Se v oglio troppo non darmi niente,
dammi una faccia allegra solamente.
Un treno carico di filastrocche



1) La stazione.


O che stazione molto importante:
udite la v oce dell'altoparlante?
«Dal marciapiede numero nov e
parte il rapido per Ognidov e».
O che stazione di riguardo,
ti chiede scusa se c'è ritardo:
«L'accelerato, sbuffando e fischiando,
arriv erà alle Non-si-sa-quando».
E come infine è giunto il treno,
lei si presenta senza meno:
«Mi chiamo stazione Così-e-così,
tutti quanti scendono qui».


2) L'accelerato.


L'accelerato è un treno di buon cuore,
incapace di negare un fav ore:
si ferma, sapete, a certe stazioncine,
appena più grandìne di un casello,
senza nemmeno il passaggio a liv ello.
A v olte, av rebbe fretta...
C'è una nebbia maledetta...
L'accelerato è in ritardo.
Ma quella stazioncina abbandonata,
che se ne sta a guardare
i rapidi schizzar v ia
senza darle un'occhiata,
oh signore che malinconia!
«Fermatev i un pochino;
ce l'ho anch'io il capo col fischietto,
con tre righe sul berretto,
e c'è un v iaggiatore, perfino,
nella sala d'aspetto».
«Non posso, non posso,
ho molta premura»
sbuffa l'accelerato;
e fa la grinta dura.
Però div enta rosso...
Eh! eh! che v i dicev o? S'è fermato.
Ha ceduto.
«Starò qui solo un minuto...»
La stazioncina gli fa una festa!
V ien fuori il capo col berretto in testa,
v ien fuori il bigliettario
consultando l'orario...
Il v iaggiatore sale
con un piglio da generale
ed il facchino mette su una boria
che starebbe benissimo nel libro di storia.


3) Terza, seconda, prima.


Terza classe, sulle panchine
ci sono operai, soldati, v ecchine,
c'è una furba contadinella
che nel cestino ha una gallinella,
una gallina ed un galletto
che v iaggiano senza biglietto...
Seconda classe, c'è un signore,
un commesso v iaggiatore,
che ai compagni di v iaggio
fa la reclame del suo formaggio...
Prima classe, il passeggero
è un miliardario forestiero:
- Italia bella, io comperare.
Quanti dollari costare? -
Ma il ferrov iere, pronto e cortese:
- Noi non v endiamo il nostro Paese. -


4) La galleria.


La galleria è una notte per gioco,
è corta corta e dura poco.
Che piccola notte scura scura!
Non si fa in tempo ad av ere paura.


5) La sala d'aspetto.


Chi non ha casa e non ha letto
si rifugia in sala d'aspetto.
di una panca si contenta,
tra due fagotti s'addormenta.
Il controllore pensa: «Chissà
quel v iaggiatore dov e anderà?»
Ma lui v iaggia solo di giorno,
sempre a piedi se ne v a attorno:
cammina, cammina, eh, sono guai,
la sua stazione non trov a mai!
Non trov a lav oro, non ha tetto,
di sera torna in sala d'aspetto:
e aspetta, aspetta, ma sono guai,
il suo treno non parte mai.
Se un fischio echeggia di prima mattina,
lui sogna d'essere all'officina.
Controllore non lo sv egliare:
un poco ancora lascialo sognare.


6) Il diretto di Campobasso.


Sul diretto di Campobasso
ho v isto un signore grasso grasso,
tutti in piedi, e lui seduto
su un cuscino di v elluto,
e cov av a il suo cuscino
come un uov o d'oro zecchino.


7) Il treno merci.


Dal primo all'ultimo v agone
è tutto nero di carbone,
ma affacciato a uno sportellino
c'è il muso bianco di un v itellino.


8) La tradotta.


Cosa canta il soldato, soldatino,
dondolando, dondolando gli scarponi,
seduto con le gambe ciondoloni
sulla tradotta che parte da Torino?
«Macchinista del v apore,
metti l'olio agli stantuffi,
della guerra siamo stufi
e a casa nostra v ogliamo andà».
Soldatino, canta canta:
cav alli otto, uomini quaranta.


9) Il treno degli emigranti.


Non è grossa, non è pesante
la v aligia dell'emigrante...
C'è un po' di terra del mio v illaggio,
per non restare solo in v iaggio...
un v estito, un pane, un frutto,
e questo è tutto.
Ma il cuore no, non l'ho portato:
nella v aligia non c'è entrato.
Troppa pena av ev a a partire,
oltre il mare non v uol v enire.
Lui resta, fedele come un cane,
nella terra che non mi dà pane:
un piccolo campo, proprio lassù...
Ma il treno corre: non si v ede più.


10) Il treno dei bambini.


C'è un paese dov e i bambini
hanno per loro tanti trenini,
ma treni v eri, che questa stanza
per farli andare non è abbastanza,
treni lunghi da qui in là,
che attrav ersano la città.
Il capostazione è un ragazzetto
appena più grande del fischietto,
il capotreno è una bambina
allegra come la sua trombettina;
sono bambini il controllore,
il macchinista, il frenatore.
Tutti i posti sui v agoncini
sono v icini ai finestrini.
E il biglîettario sul suo sportello
ha attaccato questo cartello:
«I signori genitori,
se hanno v oglia di v iaggiare
debbono farsi accompagnare».


11) Il vagone letto.


Ah, s'io fossi il padrone del treno,
certe sere quando è pieno,
certe sere piov ose e grige,
che i bimbi dormono sulle v alige,
e tu v edi solo un fagotto
ma è un piccolino nel suo cappotto,
e un marinaio sul pav imento
dorme e sogna il suo bastimento...
io, biglietto o non biglietto,
li manderei tutti in v agone letto.
Darei loro una bella cabina,
con la cuccia pulita e caldina,
e a cullarli ci penseranno
le ruote che v anno, che v anno, che v anno...
Le favole a rovescio



1) Le favole a rovescio.


C'era una v olta un pov ero lupacchiotto,
che portav a alla nonna la cena in un fagotto.
E in mezzo al bosco dov 'è più fosco,
incappò nel terribile Cappuccetto Rosso,
armato di trombone, come il brigante Gasparone...
Quel che successe poi, indov inatelo v oi.
Qualche v olta le fav ole succedono all'incontrario
e allora è un disastro:
Biancanev e bastona sulla testa i nani della foresta,
la Bella Addormentata non si addormenta,
il Principe sposa una brutta sorellastra,
la matrigna tutta contenta,
e la pov era Cenerentola
resta zitella e fa la guardia alla pentola.


2) Il paese dei bugiardi.


C'era una v olta, là
dalle parti di Chissà,
il paese dei bugiardi.
In quel paese nessuno dicev a la v erità,
non chiamav ano col suo nome nemmeno la
cicoria:
la bugia era obbligatoria.
Quando spuntav a il sole,
c'era subito uno pronto
a dire: «Che bel tramonto!»
Di sera, se la luna facev a più chiaro di un faro,
si lagnav a la gente:
«Ohibò, che notte bruna,
non ci si v ede niente».
Se ridev i ti compativ ano:
«Pov eraccio, peccato,
che gli sarà mai capitato di male?»
Se piangev i: «Che tipo originale,
sempre allegro, sempre in festa.
Dev e av ere i milioni nella testa».
Chiamav ano acqua il v ino,
seggiola il tav olino
e tutte le parole le rov esciav ano per benino.
Fare div erso non era permesso,
ma c'erano tanto abituati
che si capiv ano lo stesso.
Un giorno in quel paese
capitò un pov ero ometto
che il codice dei bugiardi
non l'av ev a mai letto,
e senza tanti riguardi
se ne andav a intorno
chiamando giorno il giorno
e pera la pera,
e non dicev a una parola
che non fosse v era.
Dall'oggi al domani
lo fecero pigliare
dall'acchiappacani
e chiudere al manicomio.
«E' matto da legare:
dice sempre la v erità».
«Ma no, ma v ia, ma v a'...»
«Parola d'onore:
è un caso interessante,
v erranno da distante
cinquecento e un professore
per studiargli il cerv ello...»
La strana malattia
fu descritta in trentatré puntate
sulla «Gazzetta della bugia».
Infine per contentare
la curiosità popolare
l'Uomo-che-dicev a-la-v erità
fu esposto a pagamento
nel «giardino zoo-illogico»
(anche quel nome av ev ano rov esciato...)
in una gabbia di cemento armato.
Figurarsi la ressa.
Ma questo non interessa.
Cosa più sbalorditiv a,
la malattia si riv elò infettiv a,
e un po' alla v olta in tutta la città
si diffuse il bacillo della v erità.
Dottori, poliziotti, autorità
tentarono il possibile
per frenare l'epidemia.
Macché, niente da fare.
Dal più v ecchio al più piccolino
la gente ormai dicev a
pane al pane, v ino al v ino,
bianco al bianco, nero al nero:
liberò il prigioniero,
lo elesse presidente,
e chi non mi crede, non ha capito niente.


3) Le belle fate.


Le belle fate, dov e saranno andate?
Non se ne sente più parlare.
Io dico che sono scappate:
si nascondono in fondo al mare,
oppure sono in v iaggio per la luna,
in cerca di fortuna.
Ma cosa potev ano fare?
Erano disoccupate!
Nessuno le v olev a ascoltare.
Tutto il giorno se ne stav ano imbronciate
nel castello diroccato ad aspettare
che qualcuno le mandasse a chiamare.
Girav a il mondo per loro, in cerca di lav oro
una streghina piccina picciò,
col naso a becco, magra come uno stecco,
che tremav a di freddo, perché era senza paltò.
E appena la v edev ano tornare
si facev ano tutte a domandare:
«Ebbene: com'è andata?
Av remo un impiego?»
«Lasciatemi, v i prego,
lasciatemi respirare,
sono tutta affannata...»
«Ma com'è andata?»
«Male! C'è una crisi generale.
Ho salito tutte le scale,
bussato a tutti i portoni,
mendicato sui bastioni,
e dappertutto mi hanno risposto
che per v oi non c'è posto.
V i dico, una cosa seria,
altro che storie!
Fame, freddo, miseria...
La gente ha un sacco di guai:
i debiti, le tasse, la pigione,
la bolletta del gas,
i nonni aspettano la pensione
che non arriv a mai...
Chi v olete che pensi a noi?
E poi, e poi,
c'è sempre per aria la guerra:
ho v isto certi generaloni,
con certi speroni,
con certi galloni,
con certi cannoni
dalla bocca spalancata...
Figuratev i come sono scappata.
Per noi su questa terra non c'è posto.
Ci v ogliono cacciare ad ogni costo.
V oi, se non mi credete,
fate come v olete.
Io per me, faccio il bagaglio e me la squaglio».
E le pov ere fate, v e le immaginate
a fare le v alige?
Per l'emozione, le trecce della fata turchina
son div entate grige.
Il mago nella fretta
si scorda la bacchetta
e Cappuccetto perde la berretta.
Che spav ento! Biancanev e ha uno sv enimento.
Il castello si v uota in un momento.
A bordo di una nuv ola
la compagnia se ne v a...
Dov e, nessuno lo sa.
Forse in qualche paese
dov e si sentono sicure,
dov e anche i generali
v ogliono bene alle fate
e le circondano di premure,
perché sono cosi delicate.
Ed ora io mi domando:
Torneranno? Ma quando?
Nella selv a incantata
ci crescono le ortiche,
sul naso della Bella Addormentata
ci passeggiano le formiche,
la porta del Castello è sempre chiusa
e quando i bimbi chiedono una storia,
i nonni trov ano la scusa
che hanno perso la memoria...
Ma allora torneranno?
Io dico di sì.
Sapete che si fa?
Si v a dai generali con gli stiv ali,
incapricciati di fare la guerra
e si dice così:
«Signori, per cortesia
andatev ene v ia da questa terra,
andate sulla luna
o anche più lontano
in un posto fuori mano,
dov e potrete sparare a tutto spiàno
e non si sentirà il baccano.
Il mattino v i farete sv egliare
con un bombardamento
o un cannoneggiamento,
a v ostro piacimento
e ogni sera direte la preghiera
con la mitragliatrice.
La gente sarà più felice.
Si potrà stare in pace
tutti i giorni di tutto l'anno,
e di certo così le fate torneranno».


4) L'omino dei sogni.


L'omino dei sogni,
che buffo tipetto!
Mentre tu dormi senza sospetto
ti si mette accanto al letto
- e ti sussurra una parola:
«V ola!»
E tu non domandi nemmeno:
«con che?»
Uno, due, tre:
sei nell'arcobaleno,
aggrappato ad un ombrello,
e sciv oli bel bello
dal v erde al rosso al giallo,
e a cav allo del blu,
scendi giù, giù, giù...
Ecco il mare: Finirai con l'affogare!
Ma l'omino è lì apposta,
all'orecchio ti si accosta,
e ti sussurra: «Presto!
Ecco i banditi! Scappa lesto lesto!»
O cielo, i banditi, di nero v estiti,
con la maschera sul v iso
e un satanico sorriso
tra quei baffoni...
Ti puntano i tromboni
e pum! fanno pum! pum! pum!
Tu scappi, sei ferito
al naso oppure al dito,
e già ti manca il cuore,
sei preso, che orrore!
Macché! Non succederà nulla,
perché l'omino dei sogni
ti salv a con una parola.
Ecco, ti trov i a scuola
e non sai la lezione.
Una nuov a emozione!
Eppure l'hai studiata alla perfezione!
Possibile che già l'abbia scordata?
E' colpa dell'ometto
bizzarro e malignetto
che mentre dormi si arrampica sul tuo letto
e si div erte a farti sognare,
v olare, scappare, disperare...
Fin che la mamma v iene a scrollarti per bene,
a sv egliarti, ch'è tardi...
E tu ti sv egli, guardi dappertutto, però
l'omino dei sogni non lo v edi:
forse di giorno sta sotto il comò!


5) Il pittore.


Una v olta c'era un pittore pov ero in canna:
non av ev a nemmeno un colore,
e per fare i pennelli
si era strappati i capelli.
Andò dal padrone del Blu
e gli disse: «Per fav ore, dammi tu un po' di colore
per dipingere un cielo. Ma mica tanto, un soffio, un
v elo».
«V attene, v attene, fannullone, pezzo di accattone,
se non v uoi che ti lisci il groppone col bastone!»
Andò dal padrone del Giallo e gli disse così:
«Prestami qualche av anzo di colore, un ritaglio,
abbastanza per fare un girasole».
Ma quello lo aggredì con un torrente di male
parole:
«Pezzente, delinquente, la finisci di seccare la
gente!»
Andò dal padrone del V erde,
andò dal padrone del Bruno,
ma non gli dav a retta nessuno.
Infine pensò: «Il Rosso ce l'ho!»
Detto fatto, un dito si tagliò.
E il Rosso gocciò sulla tela:
era una lagrima appena,
una perla di sangue,
ma tinse in un istante
la tela intiera,
rossa come un falò di primav era,
rossa come una bandiera,
come un milione di rose.
E il pov ero pittore,
adesso che av ev a un colore,
si sentì ricco più di un imperatore.


6) Il giornale dei gatti.


I gatti hanno un giornale
con tutte le nov ità
e sull'ultima pagina
la «Piccola Pubblicità».
«Cercasi casa comoda
con poltrone fuori moda:
non si accettano bambini,
perché tirano la coda».
«Cerco v ecchia signora
a scopo compagnia.
Precisare referenze
e conto in macelleria».
«Premiato cacciatore
cerca impiego in granaio».
«V egetariano, scapolo,
cerca ricco lattaio».
I gatti senza casa,
la domenica dopopranzo,
leggono questi av v isi,
più belli di un romanzo:
per un'oretta o due
sognano ad occhi aperti,
poi v anno a prepararsi
per i loro concerti.


7) Storia del pesce-martello.


Il pesce-martello è disperato:
un pesce-incudine non ha trov ato;
non ha trov ato in alcun modo
né un pesce-muro né un pesce-chiodo;
non una v olta gli succede
di schiacciare un pesce-piede
e nemmeno si è mai sentito
che abbia ammaccato un pesce-dito.
Perciò si lamenta: «Che ci sto a fare
se non ho niente da martellare?
Av ev o una scarpa, proprio una sola,
mi div ertiv o a batter la suola.
Un pescatore me la pescò.
Che dov rei dirgli? Buon pranzo, buon pro».


8) Lo Zoo delle favole.


Signori e signore:
v enite a v isitare
lo Zoo delle fav ole
con le bestie più rare.
Ammirate in questa gabbia
il Gatto con gli stiv ali,
mentre con crema e spazzola
si lucida i gambali.
Al Grillo Parlante
qui riv olgete l'occhio:
è zoppo da tre zampe,
per colpa di Pinocchio.
Il Pesciolino d'oro,
nuota in questo laghetto:
la zuppa di pepite
è il suo piatto prediletto.
Il Coniglio di Alice
abita qui v icino:
ha un orologio sv izzero
in ogni taschino.
V edete da questa parte
il Corv o poco saggio,
che apre il becco a cantare
e perde il suo formaggio:
non ha ancora imparato
l'antica lezione:
ci costa ogni mattina
tre etti di prov olone.


9) La bella addormentata.


Le fav ole dov e stanno?
Ce n'è una in ogni cosa:
nel legno del tav olino,
nel bicchiere, nella rosa.
La fav ola sta lì dentro
da tanto tempo, e non parla:
è una bella addormentata
e bisogna sv egliarla.
Ma se un principe, o un poeta,
a baciarla non v errà,
un bimbo la sua fav ola
inv ano aspetterà.


10) Alla volpe.


Questo è quel pergolato
e questa è quell'uv a,
che la v olpe della fav ola
giudicò poco matura,
perché stav a troppo in alto.
Fate un salto,
fatene un altro.
Se non ci arriv ate,
riprov ate domattina,
v edrete che ogni giorno
un poco si av v icina
il dolce frutto;
l'allenamento è tutto.


11) Alla formica.


Chiedo scusa alla fav ola antica,
se non mi piace l'av ara formica.
Io sto dalla parte della cicala,
che il più bel canto non v ende, regala.
Storie nuove



1) Le storie nuove.


Ho conosciuto un tale
di San Donà di Piav e,
che v olev a raccontare
la storia di... BIANCANAV E.
Cacciato con v ergogna,
scappò fino a Terontola
e cominciò a narrare
la storia di... CENERONTOLA.
Di là fuggì in Sardegna,
si fermò a Bortigali
e cominciò la storia
del... MATTO CON GLI STIV ALI.
Girò tutta l'Italia,
la Francia e l'Ungheria,
sempre a sbagliare storie
e a farsi cacciar v ia.
E ancora gira e spera
ancora di trov are,
qualcuno che abbia v oglia
di starlo ad ascoltare,
qualcuno che capisca
che sbagliando, per prov a,
con una storia v ecchia
si può fare una storia nuov a.


2) La minestra.


Un po' per la mamma,
un po' per il papà,
un po' per la nonna di Santhià,
un po' per la zia
che sta in Francia...
Fu così che al bambino
v enne il mal di pancia.


3) I bravi signori.


Un signore di Scandicci,
buttav a le castagne e mangiav a i ricci.
Un suo amico di Lastra a Signa,
buttav a i pinoli e mangiav a la pigna.
Un suo cugino di Prato,
mangiav a la carta stagnola
e buttav a il cioccolato.
Tanta gente non lo sa
e dunque non se ne cruccia:
la v ita la butta v ia
e mangia soltanto la buccia.


4) Come si chiamano gli uccelli.


Codone, marangone,
mestolone, fischione,
moriglione;
ghiandaia, beccaccino,
balestruccio, topino,
migliarino;
merlo, fringuello, luì,
beccapesci, cutrettola, colibrì:
gli uccelli si chiamano così.


5) Il bastimento.


E' arriv ato un bastimento
carico di «a»:
aranci, av v ocati,
ananassi, antenati,
artigiani, accattoni,
aquile, aquiloni,
accendini, armistizi,
alabarde, av v entizi,
arazzi, armonie,
con altre astruserie
e molte amenità,
quel brav o bastimento
tutto carico di «a».


6) Quanti bugiardi.


Ci sono delle cose
che fanno finta
di essere altre cose.
Un rotolo di corda
se ne sta lì tutto arrotolato
e finge di essere un pitone addormentato.
Una nuv ola finge di essere un castello,
una balena, un cammello.
Ieri uno specchio ha finto
di essere la mia faccia
e mi mostrav a i denti.
Con tanti bugiardi in giro,
bisogna stare attenti.


7) Che cosa ci vuole.


Per fare un tav olo
ci v uole il legno,
per fare il legno
ci v uole l'albero,
per fare l'albero
ci v uole il seme,
per fare il seme
ci v uole il frutto,
per fare il frutto
ci v uole il fiore:
per fare un tav olo
ci v uole un fiore.


8) Il cavallino.


C'era una v olta un cav allino,
più piccolo di un gatto.
Stav a in mano a un bambino.
Era proprio soddisfatto.
Era un cav allo di gomma
e av ev a un solo pensiero:
- Mi fanno tirare il carro,
se div ento un cav allo v ero... -
Il bambino inv ece pensav a:
- Io piccolo non ci resto.
Se v oglio un v ero cav allo,
dev o crescere al più presto.


9) Un cuoco furbo.


Un abile cuoco di nome Dionigi,
andav a a comprare le uov a a Parigi,
così inv ece di semplici frittate,
facev a «omelettes» molto raffinate:
quel furbo cuoco chiamato Dionigi.


10) Il mercante di diametri.


Un cerchio ragionò:
con tanti diametri che ho,
perché non ne v endo un po'?
Così si fece mercante
e andav a per i mercati,
a v endere diametri sigillati.
A chi ne comprav a tre,
dav a in omaggio un raggio.
Tutto questo succedev a
in un paese nebbioso,
dov e anche un raggio di cerchio
sembra tanto luminoso.


11) Il pastore.


Un pastore pascolav a
un gregge di motociclette,
le portav a nei prati
a brucar fiori ed erbette.
Latte non ne facev ano,
lana non ne dav ano,
e con gli scappamenti,
non poco schiamazzav ano.
- Che le pascolo a fare? -
borbottav a il pastore.
- Basta così! E al diav olo
le pecore a motore!


12) Il mare Adriatico.


Ho conosciuto un tale,
un tale di Cesenatico,
che v olev a comprare
il mare Adriatico.
Lo v olev a tutto suo,
da Trieste in giù,
quel bellissimo mare
più v erde che blu.
- Pagherò quello che costa,
e mettete pure nel conto
V enezia, Ancona, Bari
e San Benedetto del Tronto,
V oglio essere il proprietario
ed unico padrone
del mare, delle spiagge,
dei pesci, delle persone.
- Ma cosa ne v uol fare?
- gli domandav a la gente...
- Il mare, se ci fa un tuffo,
è tutto suo, per niente.
Lo può guardare gratis
da Brindisi, da Porto Corsini...
E poi, dov e li mette
i bastimenti, i delfini?
- Farò fare una cassaforte
così grande che basterà
per il mare e le sue barche,
i paesi e le città.
Non av ete capito
che tipo sono io?
A me il mondo non piace
se non posso dire: è mio -.
Era un tipo così,
quel tale che v i ho detto.
Soldi ne av ev a a montagne,
ma in fondo era un pov eretto...
Non sapev a che il mondo
non costa nemmeno un quattrino:
può av erlo tutto gratis
se v uole, anche un bambino.


13) Un incontro.


Un melone andav a a Frosinone.
Incontrò una pera che andav a a V oghéra.
Si dissero buongiorno?
No, perché era sera.


14) Il pennarello.


Un pennarello capriccioso
si div ertiv a tanto
a disegnare dal v ero
cambiandolo però alquanto.
Se disegnav a un cane,
fingendosi distratto,
gli facev a la barba da capra
e la coda da gatto.
Sulle piante ci mettev a,
inv ece dei soliti frutti,
paste, orologi sv izzeri,
salami e prosciutti.
I soggetti così strapazzati
borbottav ano: - Che strav aganza!
Nei nostri ritratti non c'è
la minima somiglianza -.
Il pennarello rispose:
- Ma su, un po' d'immaginazione.
Ora v i farò un topo
con la criniera da leone... -
Le cose che esistono già,
non c'è bisogno di disegnarle.
Io ne disegno delle nuov e
e mi div erto a guardarle.
Le filastrocche del cavallo parlante



1) C'era una volta.


C'era una v olta un gatto
che andav a nel Canadà,
e questa è la metà.
Portav a un cartoccetto
di pane col prosciutto,
e questo è tutto.


2) Il tram numero sei.


C'era una v olta un tram,
era il tram numero Sei,
andav a da piazza Roma
a v ia dei Tolomei.
Quante corse, in tanti anni!
Ma poco ci ha guadagnato:
era il Sei, è rimasto il Sei,
manco Sette è div entato...


3) Il re delle marmotte.


Il re delle marmotte
comanda a mezzanotte.
Comanda di dormire
fino al primo di aprile.
Il primo che si sv eglia
farà la penitenza:
andrà su una gamba sola
da Udine a Potenza.


4) Re Federico.


C'era un re di nome Federico
che andò in guerra e cercav a il nemico.
Ma il nemico era andato
a comprare il gelato
infischiandosene del re Federico.
- Nemico, nemico, v ieni fuori che ti aspetto!
- Adesso no, finisco il sorbetto.
- V ieni fuori che ti aspetto con la spada e con la
lancia!
- Adesso no, perché ho il mal di pancia -.
Re Federico per la disperazione
buttò la corona e andò in pensione.


5) Pronto, chi fischia?


Pronto, chi fischia?
L'arbitro, il merlo,
il v aporetto che v a a Ischia...
Pronto, chi fischia?
Sono io. Perché?
Ho fatto uno sbaglio
e mi fischio da me,


6) A Roma.


A Roma c'è il Colosseo.
In mezzo al Colosseo
c'è un gatto che fa: Maramèo!


7) Sul Duomo di Como.


Un signore molto piccolo di Como,
una v olta salì in cima al Duomo.
E quando fu in cima, era alto come prima,
quel signore tanto piccolo di Como.


8) A Pisa.


A Pisa c'è una torre pendente.
Sul prato c'è sempre un sacco di gente
ad aspettare che v enga giù.
- Allora, caschi? - Ma casca un po' tu!


9) Il gentiluomo di Livorno.


Un perfetto gentiluomo di Liv orno,
ogni v olta che si v edev a nello specchio,
si dicev a: buongiorno.
Lo specchio, da v ero maleducato,
gli facev a le boccacce appena era passato.
Un giorno quel signore si v oltò:
lo specchio gli stav a mostrando la lingua
e per la confusione se la mangiò.


10) Barbabianca e Barbarossa.


Barbabianca, andando a Canossa,
si incontrò con Barbarossa.
E gli disse: - O senza cerv ello,
perché ti sei tinto barba e capello?
- Non mi son tinto, come dici tu:
ho dormito al sole con la barba in su.


11) Il signore di Venezia.


A V enezia un signore, è div entato un pesce.
Un altro signore prov a, però non gli riesce.
- Su, guardi com'è facile,
è utile, è di moda:
basta farsi crescere
due pinne e la coda... -
Quel signore v a nuotando,
per canali e canaletti
e saluta i conoscenti,
che passano sui v aporetti.
Qualcuno dice: - Strano... -
Qualche altro dice: - Bello,
v edere un pesce che si lev a il cappello.


12) Fa freddo.


Italia sotto zero.
Lo stiv ale è ghiacciato.
Sta la nev e sui monti,
come panna sul gelato.
I gatti del Colosseo,
a Roma, battono i denti.
Si pattina sul Po
e i suoi maggiori affluenti.
E' gelata la coda
di un asino a Potenza.
Le gondole di V enezia
sono a letto con l'influenza.
Un pietoso alpinista
è partito da Torino,
per mettere un berretto
sulla cima del Cerv ino.
Ma dov 'è, dov 'è il mago
con la fiaccola fatata,
per portare in tutte le case
una calda fiammata?


13) Carnevale.


C'era una v olta un cappello senza testa.
Passeggiav a sul corso in un giorno di festa.
Oltre che senza testa era anche senza pancia.
Senza piedi e senza mani, passeggiav a in corso
Francia.
La gente lo chiacchierav a: - E' scappato dalla
v etrina!
- Certo, è un cappello ladro! - Portatelo in
guardina!
- Calma, - disse il cappello, - oggi ogni scherzo v ale.
Molta gente v a in giro senza testa
anche quando non è carnev ale.


14) Un tale di Macerata.


Ho conosciuto un tale, un tale di Macerata,
che insegnav a ai coccodrilli a mangiare la
marmellata.
Le Marche, però, sono posti tranquilli:
marmellata ce n'è tanta, ma niente coccodrilli.
Quel tale girav a per il monte e per la pianura,
in cerca di coccodrilli per mostrare la sua brav ura.
Andò a Milano, a Como, a Lucca, ad
Acquapendente:
tutti posti bellissimi, ma coccodrilli niente.
E' ancora lì che gira, un impiego non l'ha trov ato:
sa un bellissimo mestiere, ma è sempre
disoccupato.


15) Un signore con tre cappelli.


Ho conosciuto un tale, un tale di V ignola,
che av ev a tre cappelli e una testa sola.
E girav a, girav a per il monte e per il piano,
con un cappello in testa: gli altri due, uno per
mano.
Un giorno che piov ev a, incontrò un pov eretto
che in testa non portav a né cappello né berretto.
- Ecco, - disse quel tale, - il mondo è tutto
sbagliato:
a me tre cappelli, a lui il capo bagnato... -
E andando per la sua strada,
mentre fischiav a il v ento,
quel signore con tre cappelli
era molto malcontento.


16) Il gatto professore.


Un gatto di nome V alentino,
v olev a insegnare l'inglese a un topolino.
Preparò la grammatica,
il formaggio nella trappola,
e si mise ad aspettare
che il topo ci v enisse a cascare.
E intanto che aspettav a,
cantav a e ricantav a:
- Topolino, corri in fretta,
la lingua inglese è qui che ti aspetta -.
Il topolino squittì e rispose così:
- Non posso v enire, parola d'onore.
Mi piace la lingua, ma non il professore -.


17) Il giro del mondo.


Filastrocca per un tale,
un tale chiamato Tommaso,
che un bel giorno partì per fare
il giro del mondo con il naso.
Tutti gli amici lo sconsigliav ano,
gli dicev ano: - Non è possibile!
Prendi piuttosto la macchina, il treno,
prendi la nav e, il dirigibile! -
Ma Tommaso era tanto ostinato.
Partì col naso, come av ev a detto:
partì col naso in mezzo alla faccia;
partì con il naso e con l'av iogetto.


18) Un tale di Alfonsine.


Ho conosciuto un tale, un tale di Alfonsine,
che inv ece di andare al cinema andav a sempre al
cine.
Se si mettev a in v iaggio per far v isita agli amici,
inv ece della bicicletta lui prendev a la bici.
V olev a un frigorifero e al negoziante spiegò:
- Mi dia soltanto un frigo, qualcosina risparmierò...
-
E rimase merav igliato, anzi, restò di gesso,
perché il frigo e il frigorifero costav ano lo stesso.


19) Il cantante Paquito.


C'era un cantante di nome Paquito,
che a metà di ogni canzone lanciav a un nitrito.
Un cav allo che passav a di lì,
preso dall'emozione, decise così:
- Se i cantanti nitriscono, mi pare
giusto che noi cav alli ci mettiamo a cantare -.
Dopo av er preso questa decisione,
aprì la bocca e intonò una canzone.
Era una canzone molto commov ente,
che facev a piangere tutta la gente...
Parlav a di un cantante di nome Paquito,
che a metà di ogni canzone lanciav a un nitrito.
Un cav allo che passav a di lì...
(Eccetera, sempre così).


20) Avvisi pubblicitari.


Incolore, inodore, insapore,
lav a a tutte le ore:
v iv a l'acqua!
Preferite il sole,
l'amico del mattino!
Chi lo prende con cura,
ricev e i buoni premio
per una bella abbronzatura.
Gratis v i offriamo il firmamento:
stelle garantite al cento per cento.
Se av ete in casa i topi,
non v i serv e un cammello:
prendete un gatto,
che è anche più bello.


21) Buon anno ai gatti.


Ho conosciuto un tale,
di V oghèra o di Scanno,
che v olev a fare ai gatti
gli auguri di Capodanno.
Andando per la strada
da Modena al Circéo,
appena incontrav a un micio
gli facev a: - Maramèo! -
Il felino, non conoscendo
l'usanza degli auguri,
inv ece di rispondere
scappav a su per i muri.
La gente si stupiv a
e borbottav a alquanto:
- Ma dia il Buon anno a noi!
che le diremo: Altrettanto! -
No, quel brav o signore
di Nov ara o di Patti
si ostinav a: - Niente affatto,
lo v oglio dare ai gatti.
V oglio andare con pazienza
da Siracusa a Belluno,
per fare gli auguri a quelli
cui non li fa nessuno.

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