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2 TRATTATO DI ALCHIMIA DELLE EMOZIONI – NIGREDO

© Copyright OM EDIZIONI 2019

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quest’opera. Qualsiasi copia o riproduzione effettuata con qualsiasi procedimento (fotografia, microfilm,

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marzo 1957 dei diritti d’autore.

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Gianpaolo Giacomini

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Ai miei figli Joshua, Joyce e Nicolas


e a tutti i bambini del mondo,
affinchè possano, un giorno,
esprimere la loro verità.
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10 Prefazione dell’autore

SEZIONE PRIMA

NIGREDO
LA GENESI DELLE
FERITE EMOZIONALI

16 Introduzione
18 L’inizio
22 Le Ferite Emozionali: un cammino che riguarda tutti noi
25 Le Ferite Emozionali: tra massa ed energia
36 La Ferita: un campo di disturbo
40 Solve et Coagula – L’Universo quantico: credere o sapere
46 La Grande Opera: uno strumento per la conoscenza del sé
50 Caos Deterministico e cambiamento di paradigma
54 L’Arte di separare il vero dal falso
60 La storia insegna (se contestualizzata)
70 I fondamenti dell’Arte
74 Le Tre Sostanze degli Alchimisti
81 I Quattro Elementi: le Forze della Vita
95 Da Energia a Materia: il processo incarnatorio
106 Lo Zodiaco: maestro di Archetipi
111 La visione quantica
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126 L’incontro con gli archetipi planetari: lo Spirito nell’Olimpo


dei Talenti
131 L’incontro con i pianeti: la genesi della Ferita
134 Le sei cuciture
142 Il ruolo di Gaia: l’archetipo della Grande Madre
144 La Via Crucis: un percorso iniziatico

SEZIONE SECONDA

RUBEDO
LA GUARIGIONE
DELLE FERITE EMOZIONALI

158 La Ferita: una profonda separazione


160 Portare la conoscenza nella quotidianità
167 l’Alchimia delle emozioni
175 Le Ferite: agenti trasformanti
179 Il teatro della Vita
185 L’emozione: maestra di Vita
189 La via delle emozioni: sistema limbico,
ippocampo e amigdala
195 Le emozioni: messaggere della Vita
198 La Ferita e il Talento
203 Le fasi di guarigione della Ferita
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SEZIONE TERZA

ALBEDO
LE FERITE
EMOZIONALI E IL
RISVEGLIO DEI TALENTI

212 Ferita di Rifiuto – Mercurio


230 Il Talento di Mercurio: l’Incarnazione
234 Ferita di Abbandono – Venere
252 Il Talento di Venere: la Connessione
256 Ferita di Tradimento – Marte
259 Il DNA: le due serpenti degli alchimisti
278 Il Talento di Marte: la Comprensione
282 Ferita di Ingiustizia – Giove
294 Il Talento di Giove: la Fede
298 Ferita di Umiliazione – Saturno
322 Il Talento di Saturno: la Saggezza
326 La Sesta Ferita – il Logos Solare
338 Il Talento del Logos Solare: la Reminiscenza
342 La Settima Ferita – Gaia
354 Il Talento di Gaia: la Gratitudine
356 Guarire le proprie Ferite con la consapevolezza
376 Le Sette Chiavi della realizzazione interiore

382 Ringraziamenti
DianaElenaOM EDIZIONI SNC11/24/2022 12:34:11 PM
10 TRATTATO DI ALCHIMIA DELLE EMOZIONI

PREFAZIONE DELL’AUTORE

Quando ho iniziato a scrivere questo testo, non pensavo certo ad uno


studio approfondito sulle Ferite Emozionali, ma ad un semplice manuale
1
ad uso degli allievi dell’Accademia che, durante i corsi, mi chiedevano
di poter disporre di un testo sul quale studiare gli argomenti trattati.
Pur avendo già esaminato varie volte l’argomento durante i miei studi
di Medicina, non avevo certo intenzione di cimentarmi nella redazione
di un libro vero e proprio, impresa che ritenevo superiore alle mie forze.
Tra l’altro, mi sono spesso ritrovato concorde con il pensiero socratico
riguardo alla descrizione della verità attraverso un testo scritto. Secondo
il filosofo, tutto muta nel corso della vita e ciò che è stato scritto oggi
come una verità può non esserlo più domani. Così anche questo testo,
frutto di una ricerca personale e di un lavoro di vari anni, tuttora con-
tinua ad essere rielaborato, perché, man mano che scrivo, mi ritrovo a
dover modificare quelli che potevano sembrare solo piccoli dettagli e
particolari. Così, aggiungendo continuamente nuove informazioni, mi
rendevo sempre più conto che un argomento, apparentemente mono-
tematico, quale quello dei Talenti e delle Ferite Emozionali, richiedeva,
per essere veramente compreso nella sua essenza, il possesso di una mole
di informazioni più vasta, tale da permettere la conoscenza della visione
particolare che dell’essere umano aveva l’antica Medicina. Così mi sono
ritrovato a lavorare su un testo che presentava più argomenti, articolati e
concatenati in modo tale da poterlo definire un piccolo trattato.
Questo è utile e necessario per le persone che, al fine di poter svilup-
pare un Talento attraverso la guarigione di una Ferita Emozionale, devo-
no conoscere profondamente non solo il funzionamento della vita, ma

1 L’Accademia Sufìa (Accademia di Scienze Umanistiche e Filosofiche Applicate) di cui fa parte la Scuola di
NeoAlchimia, ha sede a Bologna ed è attiva dal 2008 nella formazione di operatori olistici specializzati in tecniche
NeoAlchemiche.
11

anche del corpo, dell’energia e dell’Anima, così come era per gli antichi
aO n Alchimisti. Così, la sezione dedicata alle Ferite Emozionali ed ai relativi
Ele a Talenti che scaturiscono dalla loro trascendenza è stata preceduta da
n
Dia
quella dedicata alla visione del mondo e dell’uomo da parte degli antichi
alchimisti. Far conoscere il significato, la filosofia e la visione di questa
antichissima forma di “medicina” conosciuta come Grande Opera o Al-
chimia, è stato ed è, per me, un imperativo morale e scientifico. Ho cerca-
to, per quanto possibile, di attualizzare i concetti sostenuti dagli antichi
alchimisti dando loro un valore scientifico, rischiando altrimenti di essere
considerati deliri visionari di una scienza pseudo–magica. Il libro ha pre-
so così la forma di un trattato suddiviso in tre sezioni. La prima introdut-
tiva e storica, la seconda dedicata alla visione che gli alchimisti avevano
dell’uomo e della vita, la terza dedicata ai Talenti e alle Ferite Emozionali.
I lettori più “esigenti” spero mi perdoneranno per l’aver, alle volte,
semplificato molto i concetti ben più complessi legati alla Tradizione
Alchemica, alla Chimica e alla Fisica. I lettori più legati alla quotidia-
nità potranno trovare nella sezione dedicata alle Ferite Emozionali ed ai
Talenti veloci risposte alle loro problematiche interiori. Il libro può così
essere letto tutto, dall’inizio alla fine, come essere sfogliato alla stregua di
un manuale. Lungi dal voler redarre un trattato esaustivo riguardo una
materia così vasta e profonda quale è la “conoscenza alchemica”, per la
quale io stesso rappresento un umile “adepto”, spero, almeno, di poter
muovere nel lettore una feconda curiosità a riguardo, particolarmente in
colui che crede che l’Alchimia sia solamente una pratica occulta, propria
di visionari che cercavano di trasformare il Piombo in Oro.
Allo stesso tempo, così come questa ricerca è tuttora per me fonte di
stimolo e arricchimento interiore, mi auguro che le mie parole possano
smuovere un profondo lavoro di autocritica, autoanalisi e siano ricche
di spunti di riflessione.
Provo, infine, un sentimento di enorme riconoscenza nei confronti di
quei personaggi storici, ai più sconosciuti, che hanno dedicato la loro vita
intera all’Arte della Cura, al prezzo di pesanti angherie subìte da parte
dell’Inquisizione arrivando anche al punto di porre termine
alla loro vita condannati al rogo.
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TRATTATO DI
ALCHIMIA DELLE
EMOZIONI
IL RISVEGLIO DEI TALENTI
ATTRAVERSO LA
GUARIGIONE
DELLE
FERITE
EMOZIONALI

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14 TRATTATO DI ALCHIMIA DELLE EMOZIONI

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SEZIONE PRIMA

NIGREDO
LA GENESI
DELLE FERITE EMOZIONALI

La pulizia diventa più importante,


4: quando la spiritualità è lontana.
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12: (P. J. O’Rourke)
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16 TRATTATO DI ALCHIMIA DELLE EMOZIONI – NIGREDO

INTRODUZIONE

La stesura di questo trattato, frutto come sopra accennato, della IONI SNC11
a O M E DIZpas-
sione e di un duro lavoro di ricerca, studio Elen
Dianeasperimentazioni, è stata fon-
damentalmente intrapresa, per contingente necessità, quando, all’età di
sedici anni, ho iniziato a farmi delle domande riguardo la mia precaria
condizione di salute, fisica e psichica. Non sono mancati momenti di
dubbio, sconforto e rassegnazione nel corso degli anni dedicati allo stu-
dio della Medicina, intesa come Scienza Suprema dell’Essere Umano che
cerca, smarrito tra malattia e ignoranza, una risposta al proprio Esistere.

La Medicina è un’Arte che unifica le varie scienze, senza imbrigliarle,


in nome di un unico obiettivo, che è il “rispetto” della natura umana, sia
essa sana quanto malata, di ogni razza e credo. La Vera Medicina non ha
protocolli, né regole fisse né tantomeno confini, è fatta da uomini che,
con amore ed umiltà, cercano soluzioni intelligenti ai problemi dell’uo-
mo in questo mondo. Il mio sogno è veder realizzata l’integrazione tra
le varie discipline mediche, scientifiche ed umanistiche, al fine di ripro-
porre il cammino verso la pace del Corpo, dell’Anima e dello Spirito
dell’essere umano, percorso dagli “anziani saggi”, siano essi taoisti, ara-
bi, occidentali, europei, americani o africani, “sciamani” o “guaritori”.
Se oggi può apparire superata una tal visione, a fronte degli enormi passi
avanti compiuti dalla scienza e dalla tecnologia, non possiamo non con-
siderare il fatto che viviamo in un pianeta dalle risorse in via di estin-
zione, inquinato, con una enorme fetta della popolazione che vive an-
cora in condizioni assai degradate. Le nuove generazioni si troveranno a
dover affrontare questi problemi senza una scienza “unificata”, incapace
di risolvere realmente ed efficacemente i problemi come dovrebbe essere
proprio di un corpus scientifico illuminato.
i
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17

Dobbiamo avere una visione d’insieme, batterci per la fusione dei


saperi così come sostenere la ricerca in comunione. Deve rinascere il
concetto di lab–oro, inteso come inscindibilità tra lavoro produttivo e
preghiera, quest’ultima intesa come visione spirituale del tutto.

Se fino ad oggi molti scienziati si sono dedicati meramente alla difesa


del loro piccolo e, relativamente, perfetto giardino, ora debbono abbat-
tere le barriere mentali, i blocchi dell’Ego, della Presunzione e dell’Orgo-
glio ed offrire i propri servigi e saperi ad un Bene comune, universale, per
noi stessi, i nostri figli ed i figli dei loro figli, per questo pianeta che ancora
ci ospita e ci sostiene, e per tutti coloro che, in passato, hanno dato la pro-
pria vita per una scienza unica, finalizzata alla ricerca del benessere dello
Spirito umano, più che al tornaconto economico.
Questo, almeno a loro,
lo dobbiamo.
18 TRATTATO DI ALCHIMIA DELLE EMOZIONI – NIGREDO

L’INIZIO

Le porte scorrevoli si chiudono alle mie spalle, ed io rimango nuo-


vamente solo. Solo come quando mi portarono in sala operatoria per
una tonsillectomia a 12 anni. Solo, in una stanza dall’odore asettico di
disinfettante, penetrante e nauseante. Ho voglia di sedermi, bisogno di
distendermi; non riesco più a rimanere in piedi e la testa mi gira. L’aria
condizionata è al massimo, fa freddo, o perlomeno, io ho freddo. Fuori,
ci sono circa 35 gradi, qui, in questa stanza, forse 21, nella mia testa pro-
1 babilmente 41.
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202 4/ 2 Pensieri incessanti scorrono nella mia mente da un capo all’altro delle
11/mie sinapsi, oramai provate. Mi chiedo, “e adesso..., che ne sarà di me?”.
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All’improvviso, un ragazzo che sembra appena uscito da una palestra di
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body building, vestito di una divisa blu, entra dalla porta antistante a me.
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Mi fa cenno di sedermi, e si siede di fronte a me. Penna in mano, mi chie-
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de cosa ci faccio lì. Io rispondo: “Non lo so… so solo che sono 4 notti che
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non dormo, sono in viaggio da 4 giorni, ho preso 2 aerei, percorso cir-
n
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ca cinquanta chilometri in bicicletta senza mangiare e questa sera dovrò
prendere un altro volo di nove ore. Vorrei solo dormire, spegnere tutto e
risvegliarmi a casa o, forse, non risvegliarmi affatto”.
Lo stomaco mi si stringe, ho fame ma non riesco a mangiare; gli arti mi
tremano dalla stanchezza, sono confuso e non riesco a pensare ad altro se
non che potrei essere sul punto di morire. “Vorrei un ansiolitico, un ip-
notico per dormire”, rispondo. “Sono un medico italiano ma non riesco
ad avere dei farmaci di questo tipo qui.” La mia laurea non è riconosciu-
ta in questo paese! Sono lontano da casa: per essere preciso, mi trovo al
Monte Sinai. Mount Sinai General Hospital, Miami, pronto soccorso.
Ancora non capisco se sto sognando o se ciò che sto vivendo è reale.
n
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Sono partito per un viaggio “alchemico”, da Milano a San Paolo del


Brasile via New York toccando la Florida, per incontrare un amico alchi-
mista che per anni è stato il mio maestro. Perlomeno questa era la mia
intenzione, ma il mio cammino si è fermato qui, in questo paradiso di
sole e mare per me ora divenuto un incubo.
Da quando siamo partiti, io e il mio compagno di viaggio Andrea, che
ora è in sala di attesa ad aspettarmi, tutto è precipitato. Il caos si è impa-
dronito, ora dopo ora, della mia mente, dei miei pensieri ed il mio corpo è
andato letteralmente “in tilt”. Non ho dormito per quattro notti; ora, la
sola idea di dover passare un’altra notte sveglio sul volo per San Paolo mi
angoscia al punto da supplicare la grazia di un ansiolitico. Inconcepibile,
non è da me! Perché io sono il ragazzo che a 16 anni si curava solamente
con le medicine naturali, che da quando lavora come terapeuta e medico
non ha mai prescritto un farmaco allopatico a nessuno, risolvendo innu-
merevoli situazioni solamente con il buon senso, la buona pratica medica
ed i rimedi naturali! Ed ora quel medico terapeuta starebbe supplicando
la grazia di un farmaco ipnotico! Percepisco una ferita a livello del mio
stomaco che brucia e duole come se fosse carne viva.
Dopo due ore di attesa, disteso in una barella parcheggiata in un cor-
ridoio tra altri malati angosciati, tra cui un vigile del fuoco ustionato ed
un poliziotto ferito, penso veramente di essere in un film. Una specie
di “The Truman Show”... e sorrido per non piangere! (anche se sarebbe
più terapeutico il pianto, in questa situazione). Non credo ai miei oc-
chi quando appare una dottoressa orientale, tutta vestita di rosa, che si
prende cura di me come se fossi un suo nipote. Prima di lei, mentre stavo
disteso in barella, un giovanissimo studente in medicina mi aveva tenuto
compagnia, dicendomi che quello era il suo ruolo per imparare a fare il
medico. In America funziona così: “Hi, I’m a student, can I help you?”.
Qui è proprio come si vede nei film. Nei rari attimi di lucidità mi godo
questa interessante esperienza da paziente.
Esami e analisi, tutto a posto. Febbre assente. Pressione normale. Esito
della visita: nessuna patologia in atto. Chiedo alla gentile collega di con-
trollarmi la tiroide – penso – potrei magari avere una tiroidite acuta
in atto, visto che da mesi soffro di tachicardie parossistiche che spesso
20 TRATTATO DI ALCHIMIA DELLE EMOZIONI – NIGREDO

durano ore e che mi svegliano la notte assieme agli attacchi d’ansia. Niente,
tutto nella norma. La diagnosi è pronta e fatta: attacco d’ansia acuto da jet
leg. Stress da carenza di sonno; forse qualche attacco di panico, ma niente
di organico. La dottoressa orientale vestita di rosa mi dice che è normale,
ne soffrono tutti! Qualche pastiglia di ansiolitico e tutto ritornerà a po-
sto. Rimango ancora più confuso: cosa vuol dire ne soffrono tutti? Così
vengo dimesso: seicento dollari da pagare prima di lasciare l’ospedale e la
prescrizione per otto compresse di Lorazepam, – diciotto dollari. Non ci
posso credere, tutto qui? Non posso non avere nulla! Io sto malissimo!
La diagnosi non mi aveva convinto, non poteva essere semplicemente
uno stato di ansia generato dal fuso orario e dalla mancanza di sonno!
Ho viaggiato spesso da solo senza problemi. In Cina non ho mangiato
e dormito per diverse notti, ho attraversato gli Stati Uniti viaggiando in
autobus ed in treno per un mese; sono stato più volte in Brasile per se-
guire le lezioni di Alchimia del mio maestro.
Da studente ho trascorso notti intere senza dormire, magari operando
da volontario in ospedale, e mai mi sono trovato in una situazione come
questa! Qualcosa in me era cambiato o, forse, proprio “non cambia-
to”. Qualcosa mi diceva che quella “nuova” sensazione di angoscia che
provavo era già conosciuta dal mio inconscio. Cominciavo a percepire
che quello stato di malessere non era emerso improvvisamente, scatenato
da una situazione esterna ma, come un amico che non si incontra dai Di
tempi dell’asilo e del quale si ha ormai dimenticato il viso e il nome, era an
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qualcosa di già conosciuto che riaffiorava dai miei ricordi di bambino o
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forse anche prima. aO
Quella notte presi una compressa di Lorazepam e così feci per altre
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otto notti. Salii sul volo per San Paolo, riuscii a dormire tutto il viaggio,
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ma ormai ero certo che qualcosa di lì a poco sarebbe cambiato radical-
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mente nella mia vita. Così avvenne. SN
Mi ci vollero venti giorni per riprendermi da quel viaggio, e dei mesi,
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forse un anno o più, per riprendermi del tutto. Questa esperienza, però,
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si è poi rivelata fondamentale nel mio cammino nel mondo dell’Alchimia
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e, cosa più importante, ha fatto di me un terapeuta migliore, in quanto,
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per la prima volta, avevo fatto veramente un’esperienza consapevole delle
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L’INIZIO 21

Ferite Emozionali che si annodavano in me come serpi pronte ad avvele-


narmi non appena avessi distolto per un attimo l’attenzione.
Il sipario si era chiuso: le mie maschere erano improvvisamente preci-
pitate; anni e anni di pratica di arti marziali e di lavoro introspettivo era-
no risultati del tutto inutili di fronte a quell’attacco. Mi sentivo come
un bambino indifeso, senza barriere; forse, per la prima volta dopo tanti
DianaE
anni, era venuto alla luce quello che ero veramente io! Forse, dopo aver
per anni nascosto a me stesso le mie debolezze con una serie di maschere
create ad hoc per non voler ammettere di avere problematiche irrisolte,
l

era giunto il momento di liberarmene per essere veramente me stesso, nel


e n

bene e nel male. Mi sentivo protagonista di un incubo fatto da maschere


a O

mostruose, che adombravano il mio Io stesso, e dal quale sarei potuto


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svegliarmi solamente attraverso una profonda rivalutazione delle mie


“credenze” interiori.
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Anche se non minimamente paragonabile con quello vissuto dal


grande Maestro Gesù, mi sentivo su un Calvario, come fosse la mia Via
Crucis personale, al termine della quale mi ero ritrovato crocefisso dalle
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mie stesse maschere. Cominciavo a dubitare e a non essere più sicuro di


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quell’Io che fino a quel momento avevo definito “il mio Io”, ma, proprio
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in quel momento, nel dolore più totale e accompagnato dalla caduta dei
1 1

miei ideali, ho affermato a me stesso che sarei arrivato, costasse quel che
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costasse, alla fine di questa esperienza.


L’esperienza diretta delle Ferite Emozionali, il cui peso mi aveva quasi
022

schiacciato e spinto a mettere in discussione un percorso evolutivo per


me sofferto (anche se ad un livello mentale), mi ha permesso di affrontare
1 2

l’argomento trattato in questo libro con più oggettività, poiché vissuto


: 3

di persona. Questa esperienza ha inoltre permesso una analisi più appro-


4 :

fondita grazie alla sperimentazione diretta.


11 PM3

Le strade che portano alla crescita personale sono spesso tortuose e


richiedono uno sforzo oltre la normalità. Se questo però deve essere il
cammino che il mio Spirito ha scelto per la sua realizzazione,
58355

è bene perseguirlo con tutte le


energie possibili.
22 TRATTATO DI ALCHIMIA DELLE EMOZIONI – NIGREDO

LE FERITE
EMOZIONALI
UN CAMMINO CHE RIGUARDA
TUTTI NOI

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Lo studio sulle Ferite emozionali è stato la conseguenza quasi ca-
suale di una mia personale esperienza. Ha trovato terreno adatto al

PM3
suo sviluppo nella mia personale predisposizione a indagare e com-
prendere quale potrebbe essere la natura, l’origine mentale e/o spiri-

1 1
tuale del problema che mi è stato esposto da una persona. Abbiamo

4 :
accettato per anni che la religione si prende cura dell’Anima. “Carte-

: 3
sianamente” parlando, abbiamo separato la scienza da tutto quello che

21 2
è religio, collegamento col Divino e questo, inevitabilmente, ci impe-
disce una visione d’insieme. Nella pratica della cura e relazione d’aiu-

02
to agli altri, trovo opportuno unire la parte densa, fisica e materiale con
la parte sottile e spirituale di un essere vivente. La separazione analitica è 11/24/2
senz’altro utile, ma è altrettanto fondamentale poi poter riunire il tutto.
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Un grande errore che la scienza moderna ha fatto e continua a fare


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è quello di separare senza poi riunire. Questo ha dato origine alle va-
I

rie forme della scienza ma, il settorialismo, privo di un filo conduttore


IO N

che unisca le varie discipline, risulta sterile e privo di frutti. Sarebbe


DIZ

come voler far maturare le parti costitutive di una pianta separatamente,


pretendendo poi di coglierne i frutti. Impossibile! La separazione ana-
aOM E

litica è certamente utile nell’analisi di un problema, di una patologia che


ci affligge. Così osserviamo come sta il corpo, sondiamo lo stato della
mente, percepiamo il movimento dell’anima e infine tiriamo le somme:
n

1+1+1=3. Ma è questa sommatoria che oggi manca!


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Abbiamo la figura medica che cura lo stomaco, così come c’è la figura

n e
che cura il polmone; a volte facciamo fatica a relazionare un problema di

El
stomaco con un problema di respirazione, perché nella medicina e nel-

na
ia
la scienza moderna è difficile che ci si metta a fare una somma aritme-

D
tica o addirittura una moltiplicazione. Non sempre, infatti, la nostra
natura si manifesta come somma, ma può manifestarsi secondo tutte le
varianti aritmetiche: somma, sottrazione, moltiplicazione e divisione. Se
soffro di un problema allo stomaco e, contemporaneamente, ai bronchi,
non è detto che la risultante di questi problemi sia 1+1; potrebbe in-
vece essere 1x1, oppure 1–1 o ancora 1/1. Tutto ciò dà un valore diffe-
rente al nostro vissuto del problema, ed è questo vissuto a fare la differen-
za tra una persona ed un’altra, tra un problema ed un altro.

Nel prendersi cura degli altri, che tu sia medico, naturopata, psicolo-
go o terapeuta olistico, dovrebbero essere imprescindibili conoscenza,
attenzione, coscienza, consapevolezza e responsabilità. Al di là della basi-
lare conoscenza tecnica della materia, sarebbero altresì necessarie una se-
rie di capacità e virtù che trascendono dall’analisi scientifica e fanno parte,
invece, dell’umano “sentire”.

Ho lavorato per anni cercando di separare e ricollegare, ma, ad un cer-


to punto, nel relazionarmi con le persone mi sono reso conto che c’era
qualcosa che non andava bene. Spesso, nonostante i rimedi utilizzati, la
dieta prescritta, le terapie mediche allopatiche – a volte fin troppo inva-
sive – le terapie vibrazionali o l’agopuntura, c’era un qualcosa che faceva
sì che la persona non andasse oltre un certo livello, ma anzi regredisse, te-
rapeuticamente parlando, come bloccata da una sorta di limite invisibile.

Questo fenomeno avveniva sopratutto con chi si era sottoposto alle


terapie tradizionali, complicate talora anche dagli effetti collaterali, oltre
al fatto che, spesso, queste non davano risultati positivi. Trattavano sì
i sintomi, ma il problema di fondo permaneva. Era come se il nocciolo
del problema non fosse stato risolto, nemmeno dalle terapie più dolci e
sottili quali la floriterapia e/o l’agopuntura.
24 TRATTATO DI ALCHIMIA DELLE EMOZIONI – NIGREDO

La radice del problema non era stata estirpata e nemmeno trasmutata.


Tutto si trovava come in uno stato di ipnosi vigile, e il paziente, pur aven-
do preso coscienza del suo problema, non riusciva ad uscire da alcuni
schemi di pensiero che tendevano a bloccare il suo cammino verso la tras-
formazione e la guarigione.

La medicina del domani dovrebbe andare alla ricerca della radice dei
problemi piuttosto che “accanirsi” nel voler trattare un sintomo a tutti
i costi. Gestire un sintomo quando è in pericolo la vita è un’ottima op- 3 55
portunità, ma non riconoscere le cause primarie di uno squilibro, soppri- 8
35
mendo un sintomo, è una forte limitazione alle possibilità
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che l’essere ha di conoscersi,
: 11
capirsi, cambiare. 34 :
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LE FERITE
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EMOZIONALI
TRA MASSA ED ENERGIA
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022 12:

Non so come il mondo potrà giudicarmi


11/24/2

ma a me sembra soltanto di essere un bambino


che gioca sulla spiaggia, e di essermi divertito
a trovare ogni tanto un sasso o una conchiglia
più bella del solito...
NI SNC

mentre l’oceano della verità


giaceva insondato davanti a me.
(Isaac Newton)
EDIZIO

È bello scoprire come un grande scienziato, quale Newton, sia giunto


lenaOM

alla conclusione che la cosa più importante è entrare nel flusso della vita,
per poterla comprendere e fare della vita stessa un’esperienza consape-
vole. La vita è qualcosa che riguarda tutti e a cui tutti dobbiamo parteci-
DianaE

pare, perché tutti dobbiamo entrare nel suo flusso se vogliamo affermare
di essere vivi. Se osserviamo una pianta oggi, tra un mese essa sarà cam-
biata, perché la vita non si ferma, segue una sua propria legge evolutiva;
il che non vuol dire necessariamente andare avanti, ma può anche signifi-
care retrocedere, muoversi a destra, a sinistra e comunque non vi è alcuna
immobilità.
Nel lavoro sulle Ferite Emozionali il concetto di movimento ha un
ruolo fondamentale. Quando ci feriamo, ad esempio, la prima azione che
facciamo è non muovere la parte interessata, primariamente per evitare il
dolore. Il corpo sa cosa deve fare, perché se c’è movimento la ferita non si
rimargina né si chiude.
26 TRATTATO DI ALCHIMIA DELLE EMOZIONI – NIGREDO

Ogni ferita crea immobilità, localizzata o generale, sia essa una ferita
fisica, emozionale o sentimentale. In particolar modo, quando ci rife-
riamo ad una Ferita Emozionale, ci ricolleghiamo a quel grande lavoro
(Grande Opera) che qualsiasi essere vivente compie tutti i giorni per se-
guire il proprio flusso evolutivo.

L’Universo, di cui tutti noi facciamo parte, conosce una legge fonda-
mentale: quella del disordine, ovvero del Caos, che in fisica si definisce
Entropia. L’Entropia è una forma di movimento dell’energia che tende
al caos. Possiamo dire che l’Universo tende, per sua natura, al movimen-
to caotico, all’espansione e, quindi, alla perdita di coerenza, sinonimo di
disordine.
Tutto ciò che è vivo e deve mantenere dei confini stabiliti per poter
affermare, ad esempio, “io sono una pianta” deve, invece, seguire la legge

M
:11 P
contraria al caos, che è l’ordine. Ordine ed Entropia sono due variabili
che determinano quanto il mio essere sia più o meno vivo. Essere vivo
non vuol dire niente di per sé. Non possiamo dire che l’Universo non

12:34
sia vivo, ma solo che ha una sua forma di vita che noi non concepiamo
perché non è organica, non è strutturata. La nostra, come quella di una

/2022
pianta, è strutturata, così possiamo scegliere se seguire la legge del caos o
quella dell’ordine.
L’energia libera, una forma particolare di energia presente nell’Uni-
verso sconfinato, segue la legge del caos. Consideriamo l’energia lumino- 11/24
sa, ad esempio. Possiamo dire che la luce si trova in un luogo piuttosto
I SNC

che in un altro? Dov’è la luce? È ovunque. Invero possiamo definire luo-


go, tempo e spazio di una massa. Dov’è quella persona? È seduta su una
sedia quindi è chiaro dov’è quella persona!
IZION

Mentre l’energia può trovarsi ovunque, è ben chiara, invece, la po-


sizione della massa. L’energia libera è indefinibile, tanto è vero che nei
D

testi taoisti si afferma:


OM E

Del Tao non si può parlare ed il Tao


non si può definire; tanto è vero che nel momento
Elena

in cui lo definisci non è più il Tao.


Diana
LE FERITE EMOZIONALI: TRA MASSA ED ENERGIA 27

In fisica, questo tipo di energia si chiama energia libera, e l’energia


libera tende sempre a dissiparsi nell’ambiente circostante, disperdendosi
attraverso un movimento caotico.
Esiste un altro tipo di energia, che non è “libera”, sia per la fisica che
per la nostra realtà. Quella tal persona, le piante, i cristalli, quell’animale,
hanno una energia, e questa energia ha una definizione ben precisa, occu-
pa uno spazio e si esprime in un tempo. All’interno di una massa avven-
gono reazioni chimiche che richiedono energia; già nel legame atomico
c’è energia e noi siamo fatti di atomi.

L’energia libera può “scegliere” di non essere più libera: “incarnando-


si” e quindi fissando la sua vibrazione in una struttura molecolare, in un
legame atomico. In questo caso nasce un altro tipo di energia che è de-
scritta dalla nota formula di Einstein: E = m·c²; la formula della relatività.
Abbiamo quindi due tipi di energia:
1. l’energia libera che nel suo movimento dispersivo tende al disordine
(Entropia), espandendosi e andando sempre più lontano dal suo punto
di origine; è la forma di energia più comune dell’Universo, che attual-
mente si espande sempre di più. Non esiste movimento di contrazione
nel nostro Universo, solamente quello di espansione: le galassie si stanno
allontanando e tutte le parti dell’Universo si stanno allontanando tra di
loro ad una velocità vorticosa.
2. La forma dell’energia descritta invece dalla formula della relativi-
tà, ci dice che velocizzando la massa al quadrato della velocità della luce,
detta massa diventa energia. L’energia che non è libera ha “scelto” di fare
DianaE
un’esperienza legata alla massa, dove la massa è costruita ad immagine
lenaO
e somiglianza dell’energia: tale è l’energia, tale la rappresentazione della
M EDI
ZIONI
SN massa e viceversa.
A questo punto sorge un problema: la formula della relatività vale
solo relativamente ad uno spazio e ad un tempo. Io posso definire questa
energia solo se ho la percezione o meglio la consapevolezza dello spazio
e del tempo. Ho bisogno di due secondi per dire che quella persona
è seduta al suo posto; ho bisogno di tempo per prendere coscienza di
questa realtà. Senza questa percezione dello scorrere del tempo, io vedrei
28 TRATTATO DI ALCHIMIA DELLE EMOZIONI – NIGREDO

semplicemente energia e non saprei definire se si tratta dell’energia di


quella persona o della pianta che si trova in giardino, perché si tratterebbe
di un’energia fusa con l’energia cosmica, che appunto è l’energia del caos.
La chimica chiama lo stato della materia in cui si manifesta il caos pla-
sma. Esso è uno stato particolare dell’atomo, che normalmente è formato
da un nucleo con un protone a carica positiva, un neutrone, che è neutro,
ed un elettrone caricato negativamente che gira attorno al nucleo.
Questa non è una rappresentazione veritiera perché, in realtà, l’elet-
trone non è una particella ma appare come una nube di “possibilità” di
trovare una particella attorno al nucleo; infatti l’elettrone è molto vicino
alla definizione di energia libera, pur essendo legato all’atomo dalla forza
gravitazionale. È libero di essere dove vuole e quando vuole, ma la sua
esistenza molecolare non è retta dal disordine. Nello stato di plasma tutte
le particelle costitutive dell’atomo sono separate, non vi è un nucleo, non
vi è nube elettronica. Protoni, neutroni ed elettroni esistono come par-
ticelle, ma non sono tra loro legate e coordinate a formare l’atomo quale
struttura a se stante.

Per studiare e comprendere le Ferite Emozionali, dobbiamo compren-


dere quali sono le ferite che si manifestano nell’energia, nel lato sottile,
emozionale dell’essere, e quali sono invece le ferite che si manifestano nel-
la massa, quindi a livello di memoria delle nostre cellule. Quando soffria-
mo una Ferita Emozionale, tutto il nostro corpo la percepisce: scariche
di adrenalina, aumento dei battiti del cuore, sudorazione e salivazione in
aumento: tutto il corpo fa un’esperienza totale della ferita e del trauma
Dia

che sto subendo.


na

Non è possibile studiare una Ferita Emozionale senza comprendere


Ele

come essa si insinui nel corpo e come possa poi essere memorizzata non
na

solo nella psiche e nel campo energetico, ma anche nei muscoli, nelle fa-
OM

sce muscolari, nelle cellule e, quindi, in tutto il corpo. Ciascuna cellu-


la che compone il “mosaico” del corpo è infatti depositaria di una sua
ED

memoria e possiede una sua identità, e sono proprio le cellule che colla-
IZI

borano affinché possiamo mantenere il nostro corpo vivo per incarnare


ON

questa grande energia.


IS
NC
11
/2
LE FERITE EMOZIONALI: TRA MASSA ED ENERGIA 29

Alla luce di questa rappresentazione è importantissimo comprendere


i movimenti e le leggi della materia, che rappresenta il lato fisico di tutte
le nostre esperienze sottili. È fondamentale comprendere l’elettrone,
ovvero quella nube psichica alla quale siamo legati chiamata intelletto;
comprendere come funziona il corpo, che è la parte più densa – rappre-
sentabile con il nucleo di un atomo – e capire anche che, nel corpo, c’è
una parte meno densa del protone ma più materiale dell’elettrone, il neu-
trone, che rappresenta in realtà la nostra parte sentimentale ed emozio-
nale, il nostro “sentire”.
L’elettrone dell’atomo corrisponde al nostro intelletto e può rappre-
sentare le modalità con cui razionalizziamo un trauma. Ad esempio, il
bambino che viene portato all’asilo per la prima volta può vivere questa
esperienza come un abbandono. La maestra gli spiega che il papà e la
Dian mamma torneranno a prenderlo e lo invita a giocare: in realtà, facendo
aEle
questo,nstaaOstimolando
M ED il suo “elettrone” il quale essendo una nube di
possibilità, può facilmente
IZIOcondizionare l’intelletto del bambino. Posso-
N S psichico perché l’elettrone non ha
no manipolarci come vogliono Ia livello
NC1
1/2e4uno stimolo esterno può
massa, ha solo carica, è una nube di possibilità /202
facilmente condizionarlo. Ciò che invece non è facilmente
2 12condiziona-
:34:1
bile attraverso uno stimolo intellettuale è il nucleo dell’atomo che è rap-1 PM
3583
presentato dalla nostra memoria cellulare.Nel caso del bambino portato 55
all’asilo, la memoria del trauma di abbandono rimarrà condensata a livel-
lo fisico e potrà trovare espressione anche in tempi futuri attraverso una
serie di sintomi e manifestazioni fisiche.
Un altro esempio eclatante è quello di quanto accadde ad una mia
paziente. Una sera mentre lei si trovava in casa all’improvviso venne a
mancare la corrente. Sentendo dei rumori provenire dal secondo piano
dell’abitazione, iniziò a preoccuparsi. Il terrore si era presto impadronito
di lei, ritenendo che fosse troppo presto per il rientro a casa del mari-
to, pensò fossero dei ladri. Presa dal panico, iniziò a strillare fino a che il
marito, rientrato in anticipo dal lavoro e salito a farsi la doccia, la chia-
mò. Quando sentì la voce del marito, al momento si tranquillizzò. Il suo
“elettrone”, il suo lato psichico, aveva velocemente accettato la spiega-
zione, calmandosi. Contemporaneamente però, il suo “nucleo”, ovvero
30 TRATTATO DI ALCHIMIA DELLE EMOZIONI – NIGREDO

il suo corpo, non aveva ancora recepito e metabolizzato l’informazione,


continuando a causarle tachicardia ed agitazione. Dovette recarsi al Pron-
to Soccorso dove le venne somministrato un ansiolitico per calmarsi. Si
era calmata a livello intellettuale, perché aveva compreso che non c’era
una situazione di pericolo, ma il suo corpo ha impiegato molto tempo
per uscire dal “binario” in cui si era inserito. E questo è l’effetto del pro-
tone. Il protone non si cambia attraverso l’intelletto; il protone si cambia
quando i meccanismi corporei determinano una modifica dello stato in
cui il corpo si trova, di solito uno stato complesso che dipende stretta-
mente dall’influenza del sistema endocrino, del sistema nervoso, del siste-
ma psichico emozionale e condiziona anche tutto il sistema immunitario.
ian D

Nella mia pratica terapeutica vedo persone con patologie legate alla
E a

guerra che hanno vissuto negli anni ’40 – ’45 e, pur comprendendo con
len

l’intelletto che sono in un momento di pace, il loro corpo continua a


OM a

manifestare sintomi che avevano durante il periodo della guerra. Molte


ipertensioni nell’anziano d’oggi sono legate a ipertensioni che ha vissuto
DI E

molti anni prima, quando il corpo ha creato una ferita enorme e l’uni-
Z

co modo per superare quegli eventi catastrofici era proprio aumentare la


O I

pressione sanguigna. Tale risposta si è cristallizzata negli anni come atteg-


N I

giamento corporeo di risposta ad un trauma emotivo.


S N

È difficile modificare la chimica del corpo, tanto è vero che la medicina


11 C

ha dovuto utilizzare le “droghe” (nel mondo anglosassone il termine far-


/ 2

maco si traduce con drugs), per ottenere queste modificazioni, e l’unica


4/
2

terapia riconosciuta per l’ipertensione comprende droghe che servono a


022

dilatare i vasi, a rallentare il battito del cuore, a scaricare acqua. Sono far-
12

maci che non vanno a modificare la causa dell’ipertensione ma solamente


:3

ad eliminarne i sintomi.
4:
11

Questi argomenti possono sembrare difficili, ma vi consiglio di pre-


stare attenzione perché sono la chiave per capire bene ciò di cui parlere-
mo più avanti. Ci sono situazioni, molto più frequenti di quanto imma-
giniamo, dove risulta difficile riconoscere una causa lontana che sottende
a un sintomo fisico attuale. È molto difficile, infatti, collegare il sintomo
fisico all’esperienza emozionale remota.
LE FERITE EMOZIONALI: TRA MASSA ED ENERGIA 31

Senza questo tipo di collegamento, senza lavorare sulla memoria cellu-


lare, non andremo da nessuna parte.
Parlo non a caso di memoria cellulare, perché non significa nulla
parlare di memoria corporea: il corpo è fatto di cellule e noi dobbiamo
andare all’origine dell’informazione. In osteopatia si afferma, ad esem-
pio, che la memoria dei traumi si fissa nelle fasce e nel tessuto muscolare.
Niente di più vero, ma il muscolo in se stesso è composto da una struttura
di cellule! La memoria è in una struttura vivente che ha esperito, e quelle
cellule le portiamo con noi da una vita, perché non esiste un turn–over
delle cellule muscolari: esse possono morire, ipertrofizzarsi, trasformarsi
in tessuto cicatriziale, ma le portiamo dalla nascita fino alla morte. È in
Dia

quelle cellule che si fissa il trauma e, non potendo certo rimuovere il mu-
scolo dal corpo, devo riuscire, in qualche modo, ad interagire con loro.
naE

Devo riuscire a comunicare alle mie cellule questo messaggio: “È vero


lena

che ti sei sentito abbandonato all’asilo quando avevi 3 anni, ma adesso


hai quarant’anni, cinque figli, un lavoro e non puoi continuare a rimane-
OM

re contratto come quando avevi tre anni!”


Nella mia pratica di terapeuta incontro facilmente persone che a 90
EDI

anni vivono ancora con il senso di abbandono o di tradimento, relati-


ZIO

vamente a ferite che risalgono alla loro infanzia. Questo è inconcepibile


ai fini dello sviluppo delle potenzialità umane ed “evolutivamente par-
NI S

lando”, perché queste situazioni rappresentano una forza francamente


involutiva. Se la vita è un percorso evolutivo verso un sistema sempre
NC

più coerente, sempre meno caotico, sempre più consapevole, è assurdo


11/2

che noi facciamo di tutto per essere felici e poi tralasciamo di risolvere
quelle poche situazioni che ci distolgono dalla felicità, che ci portano ver-
4/20

so il caos. La ferita è fondamentalmente una lacerazione di un tessuto e,


parallelamente, è una separazione di una nostra parte interiore. Quando
22 1

mi ferisco, vedo dividersi in due ciò che è unitario; se la ferita è molto


grande, posso veramente sentirmi tagliato a metà, separato, ma anche se
2
:34:

essa è piccola non è da sottovalutare, perché, comunque, si sono separate


due strutture che prima stavano assieme e la separazione porta, inevita-
11 P

bilmente, a seguire la legge del caos; induce il mio stato fisico al disordine,
ovvero verso l’involuzione.
M35
835
5
32 TRATTATO DI ALCHIMIA DELLE EMOZIONI – NIGREDO

Quando Dio disse: “Sia la luce...” si creò il primo atomo e quindi si


creò l’unione di ciò che era separato in qualcosa di unico: dallo stato di
plasma allo stato di atomo, cioè di massa. La luce è un fenomeno che
esiste solo se esiste l’atomo, in quanto l’emissione dell’onda elettroma-
gnetica luminosa è un fenomeno rigorosamente legato all’atomo.

Interessante! Ma come si crea la luce? Essa è un’energia che, passando


attraverso un conduttore, ad esempio un filo di rame o di ottone, ac-
cende la lampadina. La luce è un’onda che ha una sua frequenza e una
sua lunghezza, per cui è quantificabile. Ma come si crea un’onda? Si ori-
gina quando si viene a perturbare una situazione che, normalmente, è
statica: se getto un sasso in uno stagno creo un’onda, se sul mare soffia il
vento l’acqua si muove creando delle onde; se ad una persona seduta chie-
do di andare a prendere un bicchiere d’acqua, questo crea un’onda, un
movimento, ordinato e coerente. L’onda è un movimento misurabile: la
frequenza è il numero di picchi e di valli nell’unità di tempo. La lunghez-
za è la misurazione della distanza esistente tra un picco ed il successivo,
quindi una misurazione dello spazio. Tutto ciò che è ordinato, inclusa
l’onda luminosa, segue le leggi dello spazio–tempo, e solo attraverso le
leggi dello spazio–tempo si possono comprendere questi fenomeni.
Quando si stimola un atomo perché si determini una perturbazione
nel suo campo di ordine, si verifica la doppia possibilità: dare o togliere
energia. Io posso “iniettare” nell’atomo dell’energia, oppure posso farla
scorrere come nel filo di una lampadina, stimolando gli atomi di quel
filo. Perché anche quel filo D è fatto di atomi e tutto ciò che esiste sulla
ia che vibrano dando origine a delle onde.
faccia della Terra è fatto di atomi n
Se queste onde avranno una dataafrequenza
El e una data lunghezza, io le
potrò vedere sotto forma di luce. Quando e na Dio disse: “Sia la luce!”, vuol
dire che, in quel momento, è nato il primoOatomo,
M perché solo da questa
struttura nasce l’onda luminosa. Qual è il primo EDatomo frutto del creati-
vo? È quello più semplice, l’Idrogeno monoatomico, IZ composto da un
protone, un elettrone e nessun neutrone. QuandoIO due atomi di Idro-
N
geno vengono accoppiati, allora si forma l’Idrogeno biatomicoI S (H2), è
composto da 2 protoni, 2 elettroni e questa volta anche da 2Nneutroni.
C
11
/2
4/
20
22
LE FERITE EMOZIONALI: TRA MASSA ED ENERGIA 33

Ancora una volta le sacre scritture ci parlano di questo. Gesù disse:

Dove sono due o tre riuniti nel mio nome,


io sono in mezzo a loro.
(Mt 18,20)

I 2 neutroni entrano nella struttura atomica solo quando dall’unità si


passa alla dualità. Il neutrone, infatti, rappresenta la forza dell’amore: è
Dia

la particella che media tutti i conflitti tra il più e il meno, tra la luce ed il
buio, tra il maschile ed il femminile. Quando ben otto atomi di Idrogeno
a n

si fondono tra loro, allora vediamo nascere l’atomo di Ossigeno, strut-


turalmente identico a quello di Idrogeno; l’unica differenza è nel numero
di particelle atomiche di cui sono composti: un protone, un neutrone e
un elettrone per l’atomo di Idrogeno; otto protoni, otto neutroni e otto
2
elettroni per l’atomo di Ossigeno. Uno e otto, unità e infinito . Idrogeno
ed Ossigeno che, quando impegnati in un legame chimico, danno origi-
ne all’acqua (H2O).

3
Ermete Trismegisto, nella Tavola di Smeraldo , una tavola leggendaria,
trovata in una tomba, dove in pochissime righe era sintetizzata tutta la
sintesi della conoscenza esoterica degli antichi egizi e babilonesi, scrive:

È vero certo e verissimo,


ciò che è in alto è come ciò che è in basso,
e ciò che è in basso è come ciò che è in alto (...)

(l’energia è la massa e la massa è uguale all’energia – E = m·c²),

2 “C’è un concetto che corrompe e altera tutti gli altri. Non parlo del Male, il cui limitato impero è l’etica; parlo
dell’Infinito” (Jorge Luis Borges). L’infinito (dal latino finitus, cioè “limitato” con prefisso negativo in–, e solita-
mente denotato dal simbolo , talvolta detto lemniscata) in filosofia è la qualità di ciò che non ha limiti o che non
può avere una conclusione.
3 La Tavola di Smeraldo o Smeraldina (in latino tabula smaragdina) è un testo sapienziale che secondo la leg-
genda sarebbe stato ritrovato in Egitto, prima dell’era cristiana. Il testo era inciso su una lastra di smeraldo ed è stato
tradotto dall’arabo al latino nel 1250. Esso rappresenta il documento più celebre degli scritti ermetici ed è attribuito
allo stesso Ermete Trismegisto. La tradizione vuole che Ermete avesse inciso le parole della Tavola su una lastra verde
di smeraldo con la punta di un diamante.
34 TRATTATO DI ALCHIMIA DELLE EMOZIONI – NIGREDO

(...)
tutto questo per compiere i miracoli
di una cosa sola;
da questa unica cosa
tutto il mondo nasce per adattamento.

Un atomo di Idrogeno, un altro atomo di Idrogeno, un altro atomo di


Idrogeno, un altro atomo di Idrogeno ed ecco apparire l’atomo di Ossi-
geno. Così è per tutta la tavola periodica degli elementi, nella quale sono
classificati tutti gli atomi presenti nel nostro Universo.

Ermete Trismegisto, personaggio leggendario considerato il padre


dell’Alchimia, è molto chiaro riguardo a questo “arcano”. Egli fa presen-
te quanto sia inutile che ci perdiamo a studiare la complessità, quando
la complessità è conoscibile semplicemente attraverso le sue parti costi-
tuenti! Non siamo forse composti anche noi da atomi? Cos’è un atomo?
DianaElenaOM EDIZIO

Un’energia che si manifesta in una massa. Benissimo! Allora vado a ve-


dere come sta l’energia di questi atomi per comprendere come sta la mas-
sa, oppure vado a vedere la massa per comprendere come sta l’energia:
“come in alto così in basso e come in basso così in alto”.

Paracelso (1493–1541), grande medico e alchimista del VI secolo, nei


suoi scritti sostiene che tutto ciò che esiste sulla faccia della Terra è mol-
to semplice da capire, perché è originato dall’unione di “Tre Sostanze”.
Tali affermazioni incontrarono subito l’opposizione di tutti, compresi i
colleghi di università, per cui dovette lasciare parecchie cattedre impor-
NI SNC11/24/20

tanti, fuggendo per mezza Europa. Ripeteva sempre a tutti che tutto ciò
che esiste era composto di soli tre aspetti.
Come vedremo nel capitolo appositamente dedicato all’Alchimia,
oggi questo è dimostrabile, perché tutto ciò che esiste è fatto di atomi e
gli atomi sono fatti di protoni, neutroni ed elettroni. C’è differenza tra gli
atomi che compongono i capelli e gli atomi che compongono gli occhi?
Nessuna! In realtà qual è la differenza? È nel modo in cui gli atomi si
mescolano, si sommano e formano strutture e sostanze diverse.
22 12:34:1
M EDIZI aO
DianaElen LE FERITE EMOZIONALI: TRA MASSA ED ENERGIA 35

Se riusciamo a separare in qualche modo l’illusione data da questi ag-


gregati atomici e a rivelare l’intima essenza della massa, noi vedremo che
la persona non è altro che Tre Sostanze unite. È per questo motivo che
Paracelso sosteneva che la conoscenza dell’essere umano, la conoscenza
della vita, sono un processo semplice.

Attraverso la massa, che non è altro che Tre Sostanze, io posso cono-
scere l’energia fatta a sua immagine e somiglianza, la quale, nel processo
della vita, “anima” letteralmente la massa.
È possibile pertanto conoscere sia l’energia che vivifica la massa,
sia la massa che sta accogliendo
quell’energia.
36 TRATTATO DI ALCHIMIA DELLE EMOZIONI – NIGREDO

LAUNFERITA
CAMPO DI
DISTURBO
:
12
22
/ 20
4
1 /2
Analizziamo ora più profondamente il concetto di Ferita Emozionale. C 1
Anzitutto dobbiamo comprendere che, spesso, è necessario che una
I SN fe-
rita, se grave, sia subito tamponata, disinfettata, coagulata edNeventual-
O
mente suturata per salvaguardare la vita della persona; questo I ZI è il primo
intervento da fare, diciamo un pronto soccorso. ED
Il corpo stesso però sarebbe in grado di fare questo, M essendo dotato di
O
e na
strutture cellulari, proteiche e tissutali che favoriscono la chiusura della
l
ferita attraverso la cicatrice, l’emostasi attraverso
E le piastrine e i fattori del-
a
la coagulazione e la difesa dai batteri attraverso l’attivazione massiva del
i an
sistema immunitario, dimostrandoci D così facendo che noi siamo soggetti
alla legge dell’ordine, all’interno dell’Universo in cui vige la legge del di-
sordine. È un meccanismo innato in ogni essere vivente quello che porta,
una volta feriti, alla guarigione.

Ma il vero lavoro che “identifica” l’essere “umano” inizia invece quan-


do mi chiedo: per quale motivo mi sono ferito? Quale può essere stato il
motivo per cui ho avuto bisogno di sperimentare il caos nel mio sistema,
in particolare attraverso una ferita? Questo è un lavoro non innato del
corpo, ma che scaturisce dalla nostra natura più intima che ricerca la con-
sapevolezza.
Quando cerchiamo, ad esempio, di risolvere una Ferita Emozionale
mettendo da parte il trauma che l’ha provocata, rimuovendolo per “co-
prirne” le tracce, mi chiedo sempre se abbiamo veramente sanato la ferita
o al contrario l’abbiamo semplicemente chiusa superficialmente perché
non abbiamo idea di cosa accada all’interno di essa, in profondità.
37

In medicina la sutura di una ferita senza la sua disinfezione profonda


può portare, facilmente, ad una suppurazione, e questo è all’origine di
infezioni secondarie anche gravi, localizzate o sistemiche.
Tale evento infettivo localizzato nella profondità della ferita può
causare la riapertura della ferita stessa e la formazione successiva di un
tessuto cicatriziale anti estetico e spesso non funzionale. Mai un medico
suturerebbe una ferita sapendo che, all’interno di essa, esiste la possibilità
di formazione di pus e materiale potenzialmente infettivo. Allo stesso
modo, noi dobbiamo imparare a trattare una Ferita Emozionale con al-
trettanta cura: aver dimenticato o rimosso un trauma non significa essere
guariti; al contrario, può esporci al pericolo di una gravissima setticemia
di residui emozionali non metabolizzati: questo evento, per la nostra sa-
lute, sarebbe disastroso.

Secondo la teoria neuralterapica, una ferita, sia essa localizzata in un


organo (e quindi tipicamente chirurgica, quale la cicatrice da tonsillecto-
mia, colecistectomia, appendicectomia o altro) o nei tessuti superficiali,
siano essi cutanei, subcutanei, muscolari o connettivali, provoca, quasi
sempre, un “campo di disturbo” che produce alterazioni nella normale
funzione fisiologica del tessuto stesso. Il nostro corpo infatti, e in parti-
colare il sistema nervoso, è attraversato da un continuo flusso di infor-
Dia

mazioni. Informazioni errate o eccessive possono disturbare o bloccare


naE

il corretto funzionamento degli organi. Vediamo come questo avviene.


Dobbiamo sapere che le nostre cellule vivono e compiono il loro la-
len

voro grazie a fenomeni elettrici: sono infatti costantemente “polarizza-


aO

te”, vale a dire che si comportano come piccole batterie sempre cariche,
ME

con una differenza di potenziale di circa 90 mVolts. Ogni tipo di stimolo


provoca una “scarica” della cellula (depolarizzazione), a cui segue una im-
DIZ

mediata “ricarica” (ripolarizzazione), grazie all’energia fornita dal meta-


bolismo cellulare. Fin qui tutto bene.
ION
I SN

Può succedere però che, di fronte a stimoli troppo forti o troppo ripe-
tuti (chimici, fisici, traumatici, immunitari o anche psichici) alcune cellu-
C1

le non riescano più a ripolarizzarsi spontaneamente.


1/2
4/20
22
83
35
PM
38

:11
TRATTATO DI ALCHIMIA DELLE EMOZIONI – NIGREDO

:34
Queste cellule non sono più in grado di integrarsi con il tessuto cir-

12
costante, quindi non funzionano più correttamente (stabilizzandosi in
una condizione di permanente “scarica”) in quanto privi del potenziale

22
elettrico. Con il loro squilibrio elettrico queste cellule però costitui-

/20
scono un cosiddetto campo di disturbo, una zona, cioè, di interferenza

/24
nei riguardi del resto del corpo. Semplificando il discorso, è come se ge-

11
nerassero continuamente “rumore”, una sorta di ronzio di fondo elettri-

NC
co, con effetti disturbanti su altri organi anche a distanza. Questa teo-

S
ria neuralterapica è “sovrapponibile” alle considerazioni della Medicina

NI
IO
Tradizionale Cinese che ha individuato quelli che sono i blocchi di flus-

IZ
so nei meridiani energetici del corpo (volgarmente definiti meridiani di

ED
agopuntura), per cui inserendo vari tipi di aghi in punti definiti (i punti
M
di agopuntura appunto) si crea una risposta neurovegetativa centrale che
aO
tende a ripolarizzare le cellule e a ripristinare il flusso lungo i “meridiani”.
len
aE

Il nostro organismo si comporta praticamente come un sofisticatissi-


an

mo computer, nei cui circuiti però possono, per vari motivi, inserirsi dei
Di

segnali anomali. Tutto ciò, alla fine, può tradursi in dolori e disturbi di
ogni genere, in zone del corpo che, in apparenza, nulla hanno a che fare
con il problema di origine.
La Neuralterapia, ad esempio, agisce ripolarizzando e stabilizzando
il campo di disturbo, ripristinando il normale potenziale di membrana.
Ciò fa sì che il Sistema Nervoso Autonomo (Ortosimpatico e Parasimpa-
tico) possa correttamente funzionare secondo ritmi di salute, permetten-
do la guarigione dell’organo bloccato a valle della catena di interferenza.
Studiando e trattando la Ferita Emozionale come un medico tratterebbe
una ferita fisica, avendo l’accortezza di ripulirla, disinfettarla, drenarla e
solo successivamente, quando certo di aver eliminato ogni residuo con-
taminante, ricucirla, non incorreremo mai nei gravi problemi sopra citati.

Non dobbiamo dimenticare, come vedremo in seguito nel dettaglio,


che ogni ferita fisica è causa di una massiva attivazione neurovegetativa,
immunitaria, endocrina e psichica che rappresentano la reazione fisico–
corporea–sistemica al trauma localizzato.
LA FERITA: UN CAMPO DI DISTURBO 39

Ogni ferita psichica o emozionale o comunque verificatasi sul piano


del pensiero e delle esperienze, è altrettanto causa di una fortissima at-
tivazione neurovegetativa, endocrina, immunitaria che si ripercuote “in
toto” sul delicato equilibrio biologico funzionale di tutte le cellule del
corpo. Di fronte ad una ferita psichica o emozionale, il corpo reagisce
come se avesse ricevuto una ferita fisica e può creare, anche a livello tis-
sutale, la memoria dell’avvenuto trauma. Analogamente è valido il di-
scorso appena fatto riguardo la visione neuralterapica: ogni ferita o trau-
ma emozionale genera una sorta di “cicatrice” che può essere fonte, anche
a distanza di anni, di problematici campi di disturbo.

È per questo motivo che è necessario che ciascuno di noi “risolva” le


proprie ferite emotive, liberandosi quindi dei campi di disturbo generati
da queste lacerazioni, le quali, anche se apparentemente non più attive,
possono causare nel tempo e a distanza, tutti i problemi
che andremo ad analizzare nei
capitoli successivi.

Di
an
aE
len
aO
M
ED
IZ
IO
NI
SN
C1
1/2
4/2
02
21
2:3
4:1
1
40 TRATTATO DI ALCHIMIA DELLE EMOZIONI – NIGREDO

Di
SOLVE

an
aE
ET COAGULA

le
na
O
L’UNIVERSO QUANTICO:

M
ED
CREDERE O SAPERE

IZI
O
NI
SN
C11
/2
Per comprendere appieno il significato che le “ferite” rivestono nella

4/
nostra vita, dobbiamo assolutamente partire dalla base, dall’origine della

20
filosofia, perché questa studia la Vita come un tutto. Il cammino della

22
consapevolezza umana ha inizio quindi con la filosofia, “amore per il sa-

12
:3
pere”, poichè è impossibile comprendere un moto interiore e altrettan-

4:
to un evento esterno, senza conoscere veramente quali siano le forze, le

11
regole e le dinamiche che reggono la vita e i suoi processi.

PM
La famosa domanda del bambino “… ma perchè?” riassume millenni di

35
evoluzione; senza la ricerca dei “perchè”, l’uomo non sarebbe definibile

8
tale. La conoscenza è il nostro potere che, se ben utilizzato, ci può far rag-
giungere consapevolezze elevate; può essere, bensì, anche la nostra rovi-
na, se perdiamo i limiti dell’umano buon senso nell’applicare le nostre
manipolazioni mentali, cominciando a credere invece che a conoscere. La
credenza infatti, ben diversa dalla conoscenza, non si basa sull’esperienza
diretta, sul verificare che semplicemente ciò che è lo è perchè è così.
La credenza può portare ad accettare teorie meravigliose ma mirabo-
lanti, spesso smentite nel corso degli anni, riviste o addirittura accusate
di aver provocato disastri su larga scala. È superfluo sottolineare come,
spesso, la mente “menta”, e così per sostenere teorie fantascientifiche as-
sistiamo a vere “acrobazie” da parte degli scienziati. Il metodo scientifico,
così tanto sostenuto oggi, è semplicemente una delle tante teorie che si
sono susseguite nel corso della storia con lo scopo di spiegare fatti, alle
volte, inspiegabili, perlomeno secondo gli schemi di giudizio attuali.
M P
11
4:
41

: 3
12
È il giudizio, infatti, che segue sempre al tentativo di conoscenza: spe-

2
rimento, cerco di comprendere, penso di conoscere, quindi giudico.

02
Accadde la medesima cosa ai nostri “antenati” Adamo ed Eva, quando

/ 2
/24
mangiarono la mela dell’Albero della Conoscenza del Bene e del Male;
una volta provato il gusto della conoscenza, si giudicarono nasconden-

11
NC
dosi, vergognandosi della loro nudità. Ciò che non avevano compreso
era che la conoscenza non è un qualcosa di cui ci si può cibare in un sol

S I
boccone, non è rappresentabile in un frutto proibito, perché è un pro-

ON
cesso in continuo divenire che nasce dall’osservazione attenta e costante
ZI
dei fenomeni. Il mangiare la mela ha solo rappresentato la scelta di voler
I
ED
conoscere, andando oltre gli schemi delle credenze. Una volta superati-
M
li, rimane l’esperienza che hanno iniziato a vivere dal momento in cui si
O
sono “osservati veramente” per la prima volta, e si sono visti nudi.
na le E
na a
Di

Giudizio
42 TRATTATO DI ALCHIMIA DELLE EMOZIONI – NIGREDO

Il loro vedersi nudi è stato il risveglio della coscienza accortasi che, fino
a quel momento, la mente aveva mentito e controllato ogni azione. Ciò
aveva provocato la loro vergogna, ma aveva permesso anche a chi desi-
derava ardentemente questa loro presa di posizione di lasciare agire nelle
loro vite il vero libero arbitrio della coscienza spirituale. Trovo molto in-

355
teressante la lettura dei testi sacri, in particolare della Bibbia, andando al

PM358
di là degli schemi mentali imposti: come ogni libro antico riserva sempre
molte lezioni di vita. Ogniqualvolta noi pensiamo di conoscere, giudi-
chiamo ciò che pensiamo di conoscere, e ci denudiamo di fronte alla ve-
rità; il dubbio è, in questo frangente, automatico.
:34:11
Cogito ergo sum
022 12

diceva Cartesio. “Cogito ergo dubito”, correggerei io. Ma sono solo opi-
nioni. Siamo semplicemente due menti differenti e ciascuno di noi mente
1/24/2

a se stesso come più preferisce. D’altronde, l’Universo olografico, l’Uni-


verso quantistico, ha verità per tutti quanti noi. Come disse Voltaire,
SNC1

Gli uomini discutono, la natura agisce.

Quante volte ci siamo meravigliati di fronte alla bellezza di un tramon-


ZIONI

to, alla “potenza” di una cascata, all’immensità del mare. Quante volte
abbiamo osservato il sorgere del Sole, assistito all’arrivo della primavera,
visto spuntare un germoglio dalla terra, e… quale stupore e meraviglia nel
M EDI

veder nascere una nuova vita? Tutto questo non ha bisogno di spiegazio-
ni per essere, semplicemente è. La Natura agisce. L’uomo potrà anche
lenaO

chiedersi come e perché tutto ciò avviene, ma indipendentemente da


questo, possiamo solamente giungere alla semplice verità che questo è e
sarà così per sempre. È sufficiente osservare l’andamento delle stagioni, il
DianaE

susseguirsi di eventi costanti e ripetitivi scanditi dal tempo, quali il ritmo


sonno–veglia, l’alternarsi del giorno e della notte, il danzare giornaliero
dei valori pressori, glicemici ed ormonali, il ripetersi costante nelle nostre
vite di eventi ed esperienze, per rendersi conto che c’è ben poco da di-
mostrare scientificamente: così è.
IL SOLVE ET COAGULA – L’UNIVERSO QUANTICO: CREDERE O SAPERE 43

Il metodo scientifico, e ancor di più il metodo scientifico applicato


alla medicina, è un metodo probabilistico, in cui si cerca, per avere con-
ferma scientifica di una teoria, quante più probabilità si hanno che un
evento si manifesti o meno. Vi è una qualche probabilità scientifica che
domani non sorga il sole? Ovvero, dato che il moto apparente del sole è
in realtà determinato dalla rotazione della terra sul suo asse verticale, vi è
una qualche probabilità che la Terra cessi il suo movimento di rotazione?
Potrebbe esserci un modo migliore di comprendere eD studiare
iana la natura,
Elen un
se non attraverso l’osservazione della natura stessa? Potrebbe esserci aOM
modo migliore di studiare la natura minerale, vegetale, animale e umana EDIZ
ION
se non attraverso l’osservazione dei naturali moti intrinseci della vita?

La vita è un libro aperto, occorre solamente un briciolo di umiltà,


ascolto, sensibilità e attenzione per comprenderlo. Il nostro stato di non–
osservazione, è uno stato ipnotico inerziale in cui ci siamo abituati ad
esistere: giornate tutte uguali, routinarie, nessun cambiamento. Atten-
diamo il weekend per uscire dalla noia della routine quotidiana imposta-
ci dal sistema che noi stessi abbiamo creato, che sosteniamo e alimentia-
mo ma del quale più o meno inconsciamente vorremmo liberarci.

La nostra percezione del movimento è ridotta ai pochi spostamenti


che effettuiamo giorno dopo giorno per andare da casa al lavoro, portare
i figli a scuola, andare al centro commerciale a fare la spesa, raggiungere
la palestra per esprimere la nostra energia repressa attraverso erculei sol-
levamenti di pesi; c’è chi invece si accontenta della passeggiata ristoratrice
che facciamo fare al cane dopo la cena. Conduciamo la nostra vita così,
tra doveri e imposizioni, credendo nei falsi piaceri. Magari facciamo un
viaggio ogni tanto, per tranquillizzare la nostra coscienza mentale e dire
che ci siamo mossi un pochino dal “solito”; che dire, la Terra è rotonda,
e, anche senza volerlo, più crediamo di allontanarci, più in realtà ritor-
niamo inevitabilmente al punto di partenza. Solo viaggiando in una
“quarta dimensione”, quella della consapevolezza e della coscienza, po-
tremmo davvero allontanarci dal nostro punto di partenza e andare
lontano. Solamente risolvendo le nostre Ferite Emozionali, che sono
44 TRATTATO DI ALCHIMIA DELLE EMOZIONI – NIGREDO

all’origine delle nostre maschere e dei nostri atteggiamenti quotidiani,


potremmo iniziare a muoverci davvero realizzando pienamente il no-
stro proposito di vita. Come ho già detto, le ferite provocano immobi-
lità o limitazione dei movimenti e, se vogliamo veramente esprimere il
Dia
na nostro libero arbitrio e sentirci liberi di essere, dobbiamo risolvere questi
conflitti. È normale per molte persone sentirsi “ferme” in momenti del-
Ele
na
O la loro vita che rappresentano ostacoli insormontabili: addirittura molti
credono che la fermezza, il radicamento ad un luogo, credo o visione sia
la “via” da percorrere nella loro vita. Ricordiamo però quanto segue: la
Terra ruota attorno al proprio asse in circa 24 ore. Considerando che il
raggio equatoriale è 6378 km, un punto sull’equatore compie un intero
giro in 24 ore e questo corrisponde a 1670 km/h.
La velocità di rotazione terrestre rappresenta comunque il valore
meno cospicuo, visto che la Terra, tutta quanta, ruota attorno al Sole.
In un anno compie una ellisse di raggio pari a 150 milioni di km. Fatti
i conti si tratta di una velocità più di 60 volte superiore all’altra, media-
mente pari a 29.8 km/s. Ed anche questo non è il movimento più consi-
stente. La Terra, trascinata dal Sole, partecipa del moto dell’intero Siste-
ma Solare intorno alla Galassia. Si stima che la velocità sia di circa 220
km/s. Pertanto un uomo sulla Terra, quando sta fermo, è sottoposto ai
tre moti sopra menzionati, che sommandosi vettorialmente possono far-
gli sfiorare anche i 250 km/s.
A voler essere ancora più generali dovremmo anche aggiungere il
moto della Galassia nell’Ammasso Locale ed infine il moto di recessione
reciproco dell’Ammasso Locale rispetto agli altri. In tutto questo “eppur
si muove”, viene da chiedersi come sia possibile che un essere vivente, in
particolare un uomo, possa accettare la routine, l’immobilità e l’inerzia
nella sua vita. Il concetto di “movimento” non può più essere escluso
dalla vita di un essere umano e il movimento verso piani più elevati di
consapevolezza deve iniziare a far parte sempre di più dell’ideale di vita
di ciascuno di noi. Il moto in queste tre direzioni primarie, che rappre-
sentano la nostra tridimensionalità (larghezza, altezza e profondità) deve
essere affiancato dal moto nella quarta dimensione, che ne rappresenta
un vero e proprio salto quantico: il salto verso una maggior coscienza.
IL SOLVE ET COAGULA – L’UNIVERSO QUANTICO: CREDERE O SAPERE 45

Una domanda interessante è: com’è possibile che non avvertiamo


nessuno di questi moti? La ragione è da ricercarsi in una legge della fisica,
Diana
OM E detta principio d’inerzia: “un corpo non sottoposto a forze permane nel
Elena
D proprio stato di quiete o di moto rettilineo uniforme finché non inter-
viene una forza esterna ad interromperlo”. Ripeto: un corpo (quindi una
massa) se non sottoposto a forze esterne (o interne, nel caso considerassi-
mo la coscienza come una forza) tende a rimanere così com’è.
Possiamo sostituire il termine inerzia con ignoranza, o, meglio, con
mancanza di conoscenza e consapevolezza. Come fa il corpo di un bambi-
no a crescere, senza alcuna forza che agisca su di esso? Impossibile. Come
farebbe un germoglio a sviluppare una pianta, senza alcuna forza agente
su di esso? La vita, attraverso la natura, agisce sempre attraverso forze.
Vedremo nei capitoli successivi come queste forze vitali, insite in ogni
essere vivente, si esprimono per imprimere ai “corpi” il movimento.

Capiremo come queste forze, che chiameremo i Quattro Elementi,


che spesso destabilizzano il nostro stato di inerzia apparente creandoci
sfide e problemi, siano ben rappresentabili dalle Ferite Emozionali che
l’essere subìsce nel corso della propria esistenza. Sono proprio tali ferite,
dolenti e pertanto moventi verso la ricerca della guarigione, che ci porta-
no a vivere le esperienze che arricchiscono e rendono unica la nostra vita.
Allo stesso modo, però, sono sempre queste ferite che ci limitano ad una
vita relegata nell’immobilità per la paura di percepire il dolore e spesso,
a causa dell’ignoranza nei confronti del nostro potenziale innato di cura,
a ritenere impossibile la loro
guarigione.
46 TRATTATO DI ALCHIMIA DELLE EMOZIONI – NIGREDO

LA GRANDE
OPERA
UNO STRUMENTO
PER LA CONOSCENZA DEL SÉ
DianaElenaOM EDIZIO

Nei secoli passati, la filosofia che studiava i moti umani relazionati


alla vita, vòlti al miglioramento dell’essere, era definita Magnus Opus o
Grande Opera. Altro termine con cui era designata tale ricerca era Ars
Regia o Arte Regale. Nel mondo arabo veniva utilizzato il termine Al–
chimia per designare questa propensione dell’essere umano alla ricerca
dell’auto–miglioramento, sia attraverso lo studio dei fenomeni naturali,
NI SNC11/24/2022 12

sia attraverso pratiche mediche o di laboratorio, rivolte alla produzione


di rimedi che favorissero il risveglio della coscienza umana.

Alchimia è solamente una parola che descrive una piccolissima


parte del processo trasformativo di una sostanza, quale ad esem-
pio la coscienza umana. Questa parola è formata da due termini: Al e
Kmeia il cui significato più plausibile è “il nero del bruciato”. Il con-
cetto, infatti, che per assistere ad una trasformazione fosse necessa-
rio il passaggio attraverso la fase del “nero”, – del “bruciato” – del Nigre-
do come direbbe un alchimista, ci riporta alla teoria fisica del “caos”.
:34:11 PM358355

Tale teoria, infatti, che non ha nulla a che vedere con lo stato caoti-
co che caratterizza l’energia libera, sostiene che l’evoluzione di un evento
segue leggi del tutto, almeno in apparenza, dettate dal caso, il cui punto
di partenza è determinato da una piccolissima forza attivante, che viene
anche definita effetto farfalla in quanto gli eventi successivi che si pro-
ducono seguono un’apertura esponenziale. Considerando che origina-
riamente la parola chaos non aveva l’attuale connotazione di “disordine”
DianaElenaOM EDIZIONI SNC11/24/2022
47

– parola che è stata ampiamente utilizzata nei capitoli precedenti per


definire appunto il disordine – il termine greco antico Chaos viene reso
come “Spazio beante”, “Spazio aperto”, dove indica, etimologicamente,
“fenditura, apertura”.

Quando si opera un cambiamento di stato della materia, per esempio


attraverso la combustione – che determina, come primo effetto, la car-
bonizzazione ovvero la trasformazione in “nero” della materia – si otten-
gono sempre effetti stocastici (casuali) quali il movimento della fiamma e
del successivo fumo. Tali fenomeni seguono un andamento difficilmente
prevedibile: fiamma e fumo rappresentano un movimento dinamico
caotico. L’effetto della forza del fuoco su di una massa qualsiasi è la genesi
del caos della stessa ovvero un’apertura del suo stato materiale che porta,
inevitabilmente, al dissolvimento della forma se appunto lasciata agire
imperturbata. Ciò che invece rimane ben calcolabile è la successione di
eventi che andranno a verificarsi su scala macroscopica: la carbonizza-
zione – il nero – la rubificazione – la fiamma rossa – e, infine, lo sbianca-
mento e la produzione di cenere che rappresenta il residuo della materia
e la tappa finale di ogni trasformazione operata dal calore e dal fuoco.
Il processo di separazione giunge così al suo punto finale. È possibile,
applicando una forza, separare la materia, fino ad ottenerne cenere, che
rappresenta la sua intima natura materiale costituente: i sali minerali.
Il processo di apertura – ovvero la manifestazione del caos – segue un
percorso limitato ad uno spazio e ad un tempo, quindi ad una geometria
e ad una frequenza particolare. La forma, infatti, è funzione dello spazio
e della frequenza del tempo. La teoria del caos definisce questi “vincoli”
di sviluppo come attrattori.
Un attrattore è un insieme verso il quale evolve un sistema dinamico
– quale quello caotico – dopo un tempo sufficientemente lungo. Occorre
però che le traiettorie che arrivano ad essere sufficientemente vicine ad esso
rimangano vicine, anche se leggermente perturbate. La descrizione degli
attrattori dei sistemi dinamici caotici è stata uno dei successi della teoria
del caos. La traiettoria di un sistema dinamico su un attrattore non deve
soddisfare nessuna proprietà particolare, salvo rimanere sull’attrattore.
NI S IZIO
M ED 48 TRATTATO DI ALCHIMIA DELLE EMOZIONI – NIGREDO
lenaO E
Diana
Le traiettorie possono essere periodiche, caotiche o di qualunque al-
tro tipo. La Ferita Emozionale, quale evento che è in grado di incenerire
letteralmente la personalità di un essere umano, rappresenta l’evento at-
tivante tale combustione che avviene a livello psichico, fisico e mentale.
Al pari del fuoco, la ferita è in grado di creare una separazione nella
nostra massa (e nella nostra energia) tale da far perdere coerenza alla no-
stra vita, iniziando a collocarci all’interno di un movimento caotico dove
la ferita stessa rappresenta l’attrattore verso il caos.
Come è enunciato dalla teoria del caos, le conseguenze che deriva-
no da un evento innescante il processo di separazione (quale una Ferita
Emozionale) a volte apparentemente insignificante, seguono un anda-
mento esponenziale nella loro evoluzione, e ciò che osserviamo infatti è
che, una volta iniziato questo processo, imbriglia sempre di più la perso-
na nei problemi che l’affliggono. Mano a mano che gli anni passano e il
conflitto rimane irrisolto, la situazione peggiora.

Trasmutare una Ferita Emozionale in un talento significa operare un


cambio di attrattore nel movimento apparentemente caotico della no-
stra vita e iniziare così a scorgere un senso di ordine in tutto ciò che ci
accade. Per ottenere questo, è però necessario riconoscere in noi le va-
rie Ferite Emozionali, osservare come siano queste a muovere le nostre
scelte inconsce verso il caos e iniziare un lavoro che coinvolga tutti i piani
dell’essere – fisico/mentale/spirituale – e porti al superamento della fe-
rita. Solo in questo modo, attraverso un cambio di paradigma mentale,
è possibile liberarsi dal gioco caotico delle ferite
e ritrovare la propria unità,
unicità e verità.
/ 24/2
C11
LA GRANDE OPERA: UNO STRUMENTO PER LA CONOSCENZA DEL SÉ 49

SN
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TENSIONE TRA I POLI
DIFFERENZA

DI POTENZIALE

LUNA

Femminile
BUIO
50 TRATTATO DI ALCHIMIA DELLE EMOZIONI – NIGREDO

CAOS
DETERMINISTICO
E CAMBIAMENTO DI PARADIGMA

Il termine Caos Deterministico, in campo scientifico, è riferito ad al-


cuni sistemi dinamici non lineari (sistemi caotici) che pur essendo im-
prevedibili e apparentemente incomprensibili per la loro complessità,
nascondono un ordine interno che può essere rivelato con un approccio
molto diverso da quello utilizzato nella scienza lineare, ovvero attraverso
una visione quadridimensionale nella sua valutazione intrinseca. Tutto
ciò equivale a dire che la vita, in quanto dinamica caotica ma determi-
nistica, può essere compresa solamente attraverso l’utilizzo della dimen-
sionalità della coscienza. Una coscienza superiore che, determinando in
qualche modo le condizioni ideali di partenza del fenomeno, continua,
sottilmente e occultamente, a dirigerne lo sviluppo. DianaElenaO
In effetti, secondo la teoria del caos, nei sistemi caotici, quali ad esem-
pio la vita o lo sviluppo di un individuo, vi sono due paradossi fonda-
mentali. Il primo è che i sistemi caotici, pur essendo impredicibili e non
lineari nel loro sviluppo, sono, in realtà, ordinati. Possiamo, ad esempio,
conoscere le condizioni iniziali dello sviluppo psico–fisico di una creatu-
ra, quali ad esempio la costituzione genetica (genotipo), la costituzione di
“terreno” e le sue predisposizioni (diatesi), le influenze psico–ambientali
del suo ambiente di crescita e sviluppo e l’influenza alimentare. Sappia-
mo che non potremmo mai predire con assoluta certezza come un essere
si svilupperà, ma sappiamo che tutte queste influenze imprimeranno un
movimento ordinato rivolto alla crescita. Questo paradigma può essere
collocato tra i sistemi lineari ed i sistemi randomici (mancanza totale di
correlazione tra due campioni successivi).
51

Il secondo paradosso è l’uso dell’aggettivo deterministico per sotto-


lineare il fatto che la mancanza di predicibilità di questi sistemi non è
dovuta a forze o rumori esterni al sistema (interferenze esterne al sistema,
inclusi i così detti “imprevisti” o incidenti di percorso a torto considerati
dettati dal caso e dalla sfortuna o fortuna), ma alla caratteristica intrinse-
ca del sistema stesso: la elevata sensibilità alle condizioni iniziali.

Le condizioni iniziali, come per un seme, sono la base dello sviluppo in


questo sistema caotico ma deterministico. Potremmo chiamarlo sistema
di straordinaria follia predeterminata. È come se, ad un dato momento,
in un particolare luogo, ad una particolare ora, in particolari condizioni,
un sistema pre–determini il suo destino, indipendentemente da ciò che
potrà succedere poi, semplicemente decidendo di svilupparsi con quelle
– e non altre – condizioni iniziali. Sono queste, secondo la teoria del caos,
Di
an
le uniche variabili rivelatrici del destino di un sistema. Sono la dinamica e len
aE
la realtà che hanno dato inizio ad un sistema in sviluppo caotico che de- aO
termineranno il destino del sistema stesso. In altre parole, se fino ad ora
ED
M
abbiamo detto che nel corso dello sviluppo della vita umana ci possono
IZI
essere dei fattori (ad esempio le Ferite Emozionali) che modificano e di-
ON
storcono il cammino dell’essere, secondo la teoria del caos in realtà questi
IS
NC
fattori si dovrebbero già ritrovare nel momento di nascita della vita stes-
11
sa. Noi dovremmo nascere portando già delle Ferite Emozionali dentro
/24
/20
di noi, o, perlomeno, nel momento in cui nasciamo dovremmo subire
22
tutte queste ferite, in quanto la nostra nascita rappresenta la genesi del
12
nostro sviluppo secondo un sistema caotico. La teoria del caos sostiene
:34
:11
che nello sviluppo di un sistema caotico nessun fattore esterno in realtà
PM
possa modificare lo sviluppo del sistema stesso, e che è nella particolare
35
modalità di origine del fenomeno che si determina l’andamento nel tem-
83
55
po di quel fenomeno.

E se noi quindi nel momento del nostro concepimento e poi della


nascita sperimentassimo già tutte le Ferite Emozionali e questo incontro
determinasse il nostro sviluppo deterministico? Ma come sarebbe possi-
bile sperimentare tali ferite ancora in epoca pre–uterina?
aEle
52 TRATTATO DI ALCHIMIA DELLE EMOZIONI – NIGREDO Dian
O magari al momento del parto, della nostra nascita? Abbiamo già visto
come ci sia bisogno di una forza attivante per rompere il muro di iner-
zia in cui la materia tende a stratificare, fermando il suo moto: in effetti,
abbiamo un bisogno estremo di forze che mantengano in movimento
costante la nostra massa.

E se queste forze potessero anche determinare delle ferite? E se queste


forze vitali in realtà fossero anche in grado – come per l’effetto del fuo-
co nella combustione – di provocare una separazione, una lacerazione,
che ha proprio l’obiettivo di far sì che nulla nella mia vita possa adagiarsi
nell’inerzia? È possibile che un essere, in procinto di nascere, in qualche
modo debba preoccuparsi di attivare in lui delle forze che assicurino il
movimento, la crescita e il cammino a scapito dell’inerzia?

Tutto ciò potrà apparire un rompicapo, ma cercherò di spiegare come


ciò avvenga. Rimanendo in tema di sistemi caotici, è interessante e molto
curioso il fatto che, ad esempio, l’Astrologia abbia la pretesa di studiare
l’andamento di un sistema, quale ad esempio quello umano, studian-
done le condizioni iniziali: “Luogo, data e ora di nascita, per cortesia, e ti
dirò chi sei!” Ovviamente, per essere completa, una analisi di questo tipo
dovrebbe preoccuparsi anche delle condizioni ambientali, meteorolo-
giche, stagionali, psichiche ed emozionali in cui tale mappa del cielo (così
è nella realtà lo studio astrologico, una mappa del cielo nel momento
della nascita) è stata “congelata” all’interno dell’essere quale fase iniziale
del suo sviluppo: il momento del taglio del cordone ombelicale, quando
è divenuto individuo indipendente dal sistema materno ed ha manife-
stato la sua energia. Tutto ciò significa che nei sistemi caotici, cambian-
do anche di poco le condizioni iniziali, l’evoluzione della dinamica del
sistema cambia notevolmente nel tempo. Gli antichi filosofi chiamava-
no la fase iniziale di un qualsiasi processo Momentum, il “Momento”.
Poiché le condizioni iniziali non possono, in pratica, essere conosciute
con precisione infinita, questo significa che anche possedendo un mo-
dello esatto del sistema, nella grande maggioranza dei casi non sia possi-
bile prevedere l’evoluzione di un sistema per un tempo lungo.
Di
an
53
aE
CAOS DETERMINISTICO E CAMBIAMENTO DI PARADIGMA
len
In alcuni semplici sistemi caotici si può addirittura mostrare che la me-
aO
M
moria delle condizioni iniziali viene inesorabilmente persa nel tempo. In
ED
poche parole il futuro non è determinato o determinabile; il caos nasconde
IO
IZ
strutture ordinate; il determinismo non significa di per sé predicibilità.
NI
SN
C1
E noi desideriamo vivere la nostra vita come un lancio di una moneta,
1/2
in un sistema caotico dove la memoria delle condizioni iniziali è andata
4/2
perduta, oppure vogliamo dare coerenza al nostro sistema risvegliando
21
02
2:3 la consapevolezza di chi siamo, dove vogliamo
4:1 andare e perchè siamo nati?
1P
M3
54 TRATTATO DI ALCHIMIA DELLE EMOZIONI – NIGREDO

Ele
Dian
a
L’ARTE
DI ILSEPARARE
VERO DAL FALSO

L’Alchimia è una filosofia che basa primariamente tutte le sue teorie


sulla già citata Tabula Smaragdina, un testo che pare essere stato scritto
dalla figura leggendaria di Ermete Trismegisto, dal quale deriverebbe poi
il termine ermetico.
La Tavola di Smeraldo, o Tavola Smeraldina, è un testo sapienziale
che, secondo la leggenda, sarebbe stato ritrovato in Egitto, prima dell’era
cristiana. Il testo era inciso su una lastra di smeraldo ed è stato tradotto
dall’arabo al latino nel 1250 d.C. Esso rappresenta il documento più ce-
lebre degli scritti ermetici ed è attribuito allo stesso Ermete Trismegisto.
Tale testo apparve per la prima volta in versione stampata nel De Alche-
mia di Johannes Patricius (1541). Ermete Trismegisto è un personaggio
leggendario dell’età ellenistica, venerato come maestro di sapienza e rite-
nuto l’autore del Corpus hermeticum. A lui è attribuita la fondazione di
quella corrente filosofica nota come Ermetismo.
Ermete Trismegisto significa letteralmente “Hermes il tre volte gran-
dissimo”. Con questo nome si voleva assimilare Ermete, dio greco del
logos e della comunicazione, a Thot, dio egizio delle lettere, dei numeri e
della geometria. Essendo costume degli egizi iterare l’aggettivo “grande”
davanti al nome delle divinità, Ermete era quindi appunto indicato come
il “grandissimo” per tre volte (tris–megisto). La tradizione vuole che
Ermete avesse inciso le parole della Tavola su una lastra verde di smeraldo
con la punta di un diamante e che Sara, moglie di Abramo, la rinvenne
nella sua tomba. Al di là delle origini misteriose di questo manufatto an-
tico, risulta molto interessante ciò che vi è scritto.
M3
11 P
55

:3 4 :
Apparentemente in forma oracolare, vi sono contenute alcune con-

2 12
siderazioni basilari che alle luci della scienza moderna, iniziano a trovare
un fondamento scientifico.
202
/24/
Questo è il testo di cui parliamo:
C11

È vero, certo e verissimo senza menzogna,


che ciò che è in alto è come ciò che è in basso,
I SN

e ciò che è in basso è come ciò che è in alto,


per compiere i miracoli della cosa una.
ION

E poiché tutte le cose sono e provengono da una,


DIZ

attraverso la mediazione di una, così tutte le cose sono


nate da questa cosa unica mediante adattamento.
ME

Il Sole è suo padre, la Luna è sua madre,


naO

il Vento l’ha portata nel suo grembo,


la Terra è la sua nutrice e ricettacolo.
aEle

Il padre di tutto, il fine di tutto il mondo è qui.


La sua forza o potenza è intera
Dian

se essa è convertita in Terra.


Separerai la Terra dal Fuoco, il sottile dallo spesso
dolcemente e con grande industria.
Sale dalla Terra al Cielo e nuovamente discende in
Terra e riceve la forza delle cose superiori e inferiori.
Con questo mezzo avrai la gloria di tutto il mondo
e per mezzo di ciò l’oscurità fuggirà da te.
È la forza forte di ogni forza: perché vincerà ogni cosa
sottile e penetrerà ogni cosa solida.
Così è stato creato il mondo.
Da ciò saranno e deriveranno meravigliosi
adattamenti, il cui metodo è qui descritto.
È perciò che sono stato chiamato Ermete Trismegisto,
avendo le tre parti della filosofia di tutto il mondo.
Completo è quello che ho detto
dell’operazione del Sole.
56 TRATTATO DI ALCHIMIA DELLE EMOZIONI – NIGREDO

1/24/2022 12:34:11 PM358355


DianaElenaOM EDIZIONI SNC1

Acqua Aria

MERC.

SAL SULP.

Fuoco Terra
3
PM
:11
:34
L’ARTE DI SEPARARE IL VERO DAL FALSO 5712

0 22
Vediamo di analizzare nel dettaglio la prima parte di questo testo. /2 Ciò
che è in alto è come ciò che si trova in basso e viceversa. Ciò 2 4
1 1/ che si tro-
va all’interno è come ciò che si trova all’esterno. È unaCrelazione non di
uguaglianza, ma di somiglianza. Equivale a dire: I“Dio SN fece l’uomo a sua
immagine e somiglianza”. Questa relazione tra
I ON
le parti che compongono
Z
il tutto è alla base della teoria dei frattali,Iovvero dei sistemi e dei sotto-
D
E essendo parte dell’insieme stes-
sistemi che rappresentano l’insieme pur
so. È l’antica teoria dei sottosistemi
M
n aO antropomorfici della Medicina Tradi-
zionale Cinese, nella quale lsi e sostiene che le varie parti del corpo espri-
E
mono nella loro unicità
i a nail corpo intero. È così nella riflessologia plantare,
della mano, nella fisiognomica
D del viso, nell’analisi della lingua e dei polsi.
Studiando una particolare zona del corpo, si può studiare il corpo intero.
L’addominopuntura, l’auricolopuntura, la riflessoterapia del piede e del-
la mano si ispirano a questo assioma.

Pertanto, nel considerare le Ferite Emozionali, terremo sempre pre-


sente questo dettaglio: la ferita che ci viene inferta o che subiamo deve
sempre essere considerata “come in alto, così in basso”, ovvero “come
dentro così fuori”. Una ferita fisica sarà lo specchio di una ferita interio-
re, una Ferita Emozionale potrà allo stesso modo esprimersi anche attra-
verso il corpo.

La moderna branca della medicina chiamata PNEI (Psico Neuro En-


docrino Immunologia) ci insegna che la realtà interiore del corpo, in par-
ticolare cellulare, è strettamente connessa con la realtà dei macrosistemi
organici quali l’immunitario, l’endocrino e il nervoso.

Non esiste cellula nel corpo che non sia in contatto con i vari sistemi
coordinanti delle funzioni organiche. Tale connessione vale anche per
la sfera psichica: un’immagine mentale, un’esperienza psichica o un vis-
suto emozionale si riflettono in maniera evidente e pesante su tutte le
strutture organiche, cellulari e biologiche del corpo. In questo modo, ad
un vissuto psichico si associa sempre un vissuto nervoso, una reazione
immunitaria, una attivazione endocrina e, quindi, una risposta cellulare.
58 TRATTATO DI ALCHIMIA DELLE EMOZIONI – NIGREDO

Pensiamo ad un’esperienza emozionalmente provante: questa espe-


rienza ci colpisce a livello emotivo, ci condiziona a livello psichico, fa
nascere una risposta fisica alla situazione vissuta e ogni risposta fisica in
realtà è prodotta alla base da una risposta cellulare. La cellula, quale no-
stra unità fondamentale e strutturante la coscienza dell’organismo cor-
poreo, reagisce ad uno stimolo che proviene dall’esterno e che si riflette
Diana

in questa serie di eventi sistemici che portano proprio all’attivazione della


cellula stessa. La catena di eventi che porta il sistema nervoso centrale,
El

periferico e vegetativo ad attivare tutti gli altri sistemi per terminare poi
ena

in una risposta cellulare è complessa quanto lo è la vita intera. I mecca-


nismi di controllo di queste reazioni organiche sono così finemente con-
O

trollati e veloci che il loro studio dettagliato potrebbe risultare quasi in-
M

finito. Esse infatti avvengono a velocità e a complessità tali da poter essere


E DIZI

studiate solo in via teorica e con complessi sistemi di calcolo. In “vivo” è


solamente possibile fare esperienza degli effetti, in quanto la risposta ad
ONI S

uno stimolo già rappresenta la tappa finale di questa cascata di eventi che,
analizzata nei minimi dettagli, porterebbe al paradosso di una sequenza
apparentemente infinita di eventi. La realtà fisica, biologica, psichica ed
emozionale di una “ferita” è rappresentata da questa serie di fenomeni.
La ferita è probabilmente uno degli eventi più ricorrenti nella storia
della vita. Una ferita, ovvero l’interruzione dei tessuti causata da agenti
esterni, è più che sicuramente l’evento patologico – o non fisiologico –
più frequente nella storia evolutiva di tutti gli esseri viventi, ed essa in-
teressa tutti i regni della natura. Pensiamo al mondo minerale, dove per
un evento esterno si può determinare la rottura–frattura di un cristallo;
pensiamo al regno vegetale, dove per varie cause si ha la rottura di una o
più parti di una pianta; pensiamo al regno animale, nella lotta tra prede e
predatori. Possiamo ben considerare il fatto che più vi è movimento, più
vi è la possibilità di procurarsi una ferita. Una pianta, un cristallo, sono
immobili o quasi vittime degli eventi esterni: non hanno possibilità di
fuggire, spostarsi o considerare alternative. Già il mondo animale, anche
microscopico, può permettersi la fuga da una situazione in cui il perico-
lo di ferirsi è molto alto. Considerando la ferita in termini più filosofici,
possiamo fare delle considerazioni molto interessanti.
L’ARTE DI SEPARARE IL VERO DAL FALSO 59

L’Universo è un sistema che tende al disordine – Entropia – e i sistemi

55
viventi hanno la caratteristica di potersi opporre a questa forza che tende

3583
a separare. La vita è un eterno tentativo di opporsi alla legge del disor-
dine, e la peculiarità dei sistemi viventi è proprio l’ordine. Tutta l’energia

1 PM
necessaria ad un sistema vivente affinchè possa essere definito tale è im-
piegata per opporsi alla forza separatrice dell’Universo.

:34:1
La ferita, in quanto separazione di tessuti, rappresenta, in questo
senso, un percorso rivolto al Caos, una piccola parentesi involutiva in
un organismo che cerca, al contrario, di evolvere con tutte le sue forze.
2 12
Evoluzione è uguale al mantenimento di un ordine, e, se possibile, al mi-
/202
glioramento dello stato di omeostasi dinamica. Involuzione è uguale al
processo di disordine, alla perdita dell’omeostasi dinamica e alla cristalliz-
1/24

zazione immobile delle parti costituenti un organismo.


Tutte queste considerazioni sono applicabili sia alle ferite fisiche
NC1

quanto alle ferite psichiche o emozionali: non vi è differenza nel princi-


pio e nell’archetipo di tale evento, ma solamente modalità di manifesta-
NI S

zione ed espressione diverse, a seconda della sostanza–materia in cui tale


archetipo viene ad esprimersi. Questo è ciò che si dice
IZIO

come è in alto, è in basso;


M ED

come è in basso, così è in alto,


per compiere i miracoli di una cosa sola
naO

ovvero, l’archetipo – la forma prototipa o energia –


aEle

che poi si “incarna” in


una massa.
Dian
60 TRATTATO DI ALCHIMIA DELLE EMOZIONI – NIGREDO

LA STORIA
INSEGNA
SE CONTESTUALIZZATA

In qualità di uomo di scienza, di padre di famiglia e di uomo, una


domanda mi pongo da molti anni: potremmo, forse, noi, con la nostra
scienza e tecnologia, sostituirci mai alla luce vivificante e fecondante del
Sole, all’aria, all’acqua e alla terra che ci dona i suoi frutti? Sarà in grado la
nostra tecnologia, visti i problemi purtroppo oramai attuali di gestione
di risorse primarie di compensare in futuro l’avanzare della nostra indu-
stria? Sarà in grado la scienza, secondo la visione attuale, di risolvere i
flagelli che minacciano da millenni l’umanità?
La risposta che mi do è sempre la stessa: la visione antropocentrica è Diana
destinata a fallire, se non c’è rispetto e umiltà nei confronti della vita. La
visione illuminista, promotrice del progresso scientifico, può essere con-
siderata una “via” da percorrere per la nostra evoluzione, ma non esclude
la strada del buon senso e del rispetto. Cito nuovamente Voltaire:

gli uomini discutono, la natura agisce,

e quando agisce (lo abbiamo visto più e più volte) non chiede il permesso
a nessuno. Fin dai tempi più antichi, l’uomo, mosso da una sete innata
di conoscenza e spesso da pura ammirazione verso i fenomeni naturali,
si è impegnato nella ricerca delle cause e delle modalità attraverso cui la
natura si esprime. Ciò che noi oggi chiamiamo filosofia, un tempo era
considerata qualsiasi attività rivolta alla conoscenza dei fenomeni na-
turali, cosmici ed umani. L’Alchimia si inserisce come un denominatore
comune in tutte queste correnti di pensiero dell’antichità. Conosciuta
61

come Grande Opera – Magnus Opus – o semplicemente Arte, ha accom-


pagnato per millenni l’umanità in tutte le culture della terra.
Il termine alchimia, come ho già anticipato, deriva dall’arabo al–ki-
miyah, al–kimiyà o al–khimiyah, composto dell’articolo al– e della pa-

D
a i
rola kimiyà che significa “pietra filosofale”, che, a sua volta, sembrerebbe

naE
discendere dal termine greco khymeia (χυμεία) che significa “fondere”,
le
“colare insieme”, “saldare”, “coagulare”. Un’altra etimologia la fa deri-
a n
O

vare dalla parola Al Kemi, che significa “l’arte egizia”; gli antichi Egiziani
M

chiamavano la loro terra Kemi (“il paese nero”, con riferimento al nero
ED

che si produce all’inizio dell’opera di combustione) ed erano considerati


IZ
IO

potenti maghi in tutto il mondo antico. Le scuole antiche erano intera-


N
I

mente strutturate sulla logica di un pensiero universale, in quanto l’uo-


S N

mo non tendeva a separare i fenomeni, quanto a riunirli in un corpus


C
11

che esprimeva la totalità del creato. Ben note sono le scuole greche, dai
/2

presocratici Anassagora ed Eraclito, a Pitagora fino a Socrate e Platone.


/ 4
20

Nota è l’attività medica e filosofica di Ippocrate, il quale, per primo, pra-


2

ticò e descrisse le principali forme di cura delle patologie, in primis una


2

buona condotta alimentare e l’igiene. Meno note, forse, sono le scuole


di pensiero egiziane, sumere e mesopotamiche, ricche di elementi tra il
misticismo e l’osservazione scientifica. In queste realtà era praticata una
forma rudimentale di chirurgia; si estraevano da piante e fiori oli essen-
ziali attraverso la distillazione, si producevano bevande derivanti dalla
fermentazione (il vino e la birra), si curavano le ferite in modo efficace
con l’ausilio del miele e dei prodotti dell’alveare. Erano tempi in cui si
affrontava il mare seguendo le direzioni dei punti cardinali, il moto del-
le stelle e dei pianeti, si seminava in accordo con i ritmi di Sole e Luna.
Successivamente, queste conoscenze derivanti dalla mezzaluna fertile del
medio oriente si integrarono con l’ambiente della fervente filosofia greca.
I Greci si appropriarono delle dottrine ermetiche degli Egiziani, in-
tegrandole nell’ambiente della cultura alessandrina con le filosofie del
pitagorismo, della scuola ionica e, successivamente, dello gnosticismo. I
filosofi pitagorici ritenevano che i numeri governassero l’essenza di tutte
le cose, dal suono alle forme. Il pensiero della scuola ionica era mirato alla
ricerca di un principio unico e originario per tutti i fenomeni naturali.
62 TRATTATO DI ALCHIMIA DELLE EMOZIONI – NIGREDO

Queste correnti di pensiero, i cui esponenti principali furono Talete,


Parmenide, Anassimandro ed Eraclito, furono poi sviluppate da Platone
ed Aristotele. Alla base della nuova scienza, si delineava l’affermazione di
pensiero che la materia prima che aveva formato l’Universo poteva essere
spiegata solamente attraverso attente esplorazioni filosofiche. Un concet-
to molto importante, introdotto da Empedocle, affermava che tutte le
cose nell’Universo sono formate solamente da quattro elementi: Terra,
Aria, Acqua e Fuoco. A questi elementi Aristotele aggiunge l’Etere, la
materia di cui sono formati i cieli, denominata quintessenza. Un’ultima
fase, che ha caratterizzato il pensiero greco antico, si differenzia dalle
precedenti di speculazione filosofica per assumere le caratteristiche di
una religione esoterica, abbondante di rituali misteriosi.
Nel II secolo sarebbero stati scritti anche gli Oracoli caldaici, dei quali
sono pervenuti solo frammenti, che presentano molte analogie con gli
scritti ermetici. In tale momento storico, quindi, si sarebbe operata una
fusione tra il patrimonio filosofico greco e la gnosi ermetica, nella quale la
Grande Opera assume connotati di tecnica tesa alla realizzazione dell’es-
sere umano in senso interiore e cosmico.
Spostandoci in oriente, troviamo la cultura indiana, detta vedica e, an-
cora più ad est, c’è la culla della filosofia cinese, il Taoismo. Testi antichis-
355 simi di Medicina Tradizionale Cinese, tra i quali il più noto è il Huangdi
58
Neijing, che pare scritto duemila anni prima di Cristo, descrivono i moti
PM3
naturali relazionati all’essere umano. Lo studio dei bioritmi annuali, del-
11
: 3 4:
2
le stagioni, dei bioritmi circadiani è tanto complesso e raffinato quanto lo
1 22
/ 2 4 /20
potrebbe essere oggi un testo di anatomia comparata.
11
Per non far torto a nessuno, ma non dover citare tutte le culture che
NC IS
ION
si sono susseguite nel corso della storia e che hanno spesso convissuto in
Z DI
medesime epoche ma in luoghi differenti, ricordiamo quella sudameri-
ME aO
cana, inca e maya, delle quali sappiamo ancora molto poco, quella nord n a E len
americana, le varie culture tribali dell’Africa, quella aborigena australiana Dia
e le varie culture dei popoli abitanti le isole della Polinesia, Micronesia e
del Pacifico. Ultima, ma non per importanza, quella araba, che richiede
una descrizione più approfondita per i risvolti storici che essa ha avuto
con la nostra cultura europea.
LA STORIA INSEGNA (SE CONTESTUALIZZATA) 63

La distruzione dei templi di culto pagano e della Biblioteca di Ales-


sandria segnò la fine del centro culturale greco, spostando il processo
dello sviluppo alchemico verso il Vicino Oriente. L’alchimia islamica è
molto più conosciuta perché meglio documentata e molti dei testi anti-
chi giunti sino a noi si sono preservati come traduzioni islamiche.
Filosofi islamici come al–Razî (in latino Rasis o Rhazes) diedero un
contributo fondamentale alle scoperte chimiche, come la tecnica della
distillazione, e ai loro esperimenti si devono l’acido muriatico (l’antico
nome dell’acido cloridrico), l’acido solforico e l’acido nitrico, oltre alla
soda (al–natrun) e potassio (al–qali), da cui derivano i nomi interna-
zionali di sodio e potassio, Natrium e Kalium. L’apporto di nomenclatura
alchimistica a tutta la posteriore cultura occidentale è di origine araba:
termini arabi sono infatti alchimia, atanor (fornace), azoth (forma cor-
rotta da al–zawq, “mercurio”), alcool (da al–kohl), elisir (da al–iksīr, “pie-
tra” filosofale) e al–ambicco. La scoperta che l’acqua regia, un com-
posto di acido nitrico e muriatico, potesse dissolvere il metallo nobile
– l’oro – accese l’immaginazione degli alchimisti per il millennio a ve-
nire. I filosofi islamici diedero anche grandi contributi all’ermetismo
alchemico. Al riguardo la più grande e influente figura è probabilmente
Jâbir ibn Hayyân (il Geber o Geberus dei Latini). Questo importante al-
chimista, nato agli inizi dell’VIII secolo, fu il primo, a quanto sembra,
ad aver analizzato gli elementi secondo le quattro qualità base di caldo,
freddo, secco e umido. Jâbir ipotizzò che, siccome in ogni metallo due di
Di
an

queste qualità erano interne e due esterne, mescolando le qualità di un


aE

metallo, si sarebbe ottenuto un altro metallo. La grande serie di scritti


le

che gli vengono attribuiti esercitò una enorme influenza sulle correnti
na

alchimistiche europee.
O
M

Dopo essere cadute alquanto in disuso in Occidente durante l’alto Me-


ED

4
dioevo , la pratica e la cultura alchemica rifioriscono attraverso gli Arabi.
IZ
IO
NI

4 Il Medioevo è una delle quattro grandi epoche (antica, medievale, moderna e contemporanea) in cui viene
SN

tradizionalmente suddivisa la storia dell’Europa. Comprende il periodo dal V secolo al XV secolo. Segue la Caduta
dell’Impero romano d’Occidente nel 476 e precede l’Età moderna. Il termine Medioevo compare per la prima volta
C1

nel XV secolo in latino e riflette l’opinione dei contemporanei per cui tale periodo avrebbe rappresentato una devia-
1/

zione dalla cultura classica, in opposizione al Rinascimento.


24
/2
02
2
12
:3
64 TRATTATO DI ALCHIMIA DELLE EMOZIONI – NIGREDO

L’incontro tra la cultura alchemica araba ed il mondo latino avviene


5
per la prima volta in Spagna , probabilmente ad opera di Gerberto di Au-
rillac, che più tardi divenne Papa Silvestro II (morto nel 1003). Nel XII
secolo va ricordata la figura del più importante dei traduttori di opere
arabe, Gerardo da Cremona, che interpretò Averroè, tradusse l’Almagesto
e, forse, alcune opere di Razes e Geberus. Il rientro vero e proprio dell’Al-
chimia in Europa viene, in genere, fatto risalire al 1144, quando Roberto
di Chester tradusse dall’arabo il Liber de compositione alchimiae, un li-
bro dai forti connotati iniziatici, mistici e esoterici, nel quale un saggio, Dia
Morieno, erede del sapere di Ermete Trismegisto, insegna al Re Calid la
na
Ele
conoscenza alchemica. OM
na
ED 6
La dominazione araba del sud dell’Europa , in particolare della Spa-
IZI
ON
gna e della Sicilia, riportò l’Alchimia, unitamente alle altre conoscenze
IS
trasmesse dagli arabi (ne sono un esempio l’agricoltura, i numeri definiti
11
NC
“arabi” e l’arte pasticciera) ad essere parte integrante della cultura europea
/24
fino a divenire, con gli anni, una realtà molto ricercata e praticata. La cul-
/20
22
:34
12 tura araba non aveva nulla da invidiare a quella latina dello stesso perio-
:11 do. Nelle scuole superiori di Cordova s’insegnavano non solo teologia e
PM diritto, ma anche filosofia, matematica, astronomia, fisica, medicina, e vi
si recavano a studiare allievi provenienti da molte parti d’Europa e d’Asia.

5 L’espansione islamica si verificò a partire dal VII secolo ad opera dei seguaci dell’Islam (dapprima arabi, poi an-
che Persiani, Turchi e Berberi) che riuscirono a conquistare un vastissimo impero, che proseguì nella sua espansione
fino al XVIII secolo grazie all’Impero ottomano e all’Impero Moghul. L’espansione vera e propria viene in genere
datata a partire dalla morte del profeta maometto nel 632 D.C., e avvenne nei tre continenti dell’Asia, dell’Africa e
dell’Europa.
6 Dopo la caduta del regno visigoto, la Spagna fu incorporata nel califfato arabo di Damasco e se gli arabi non
fossero stati fermati da Carlo Martello a Poitiers nel 732, lo sarebbe stata anche la Gallia. La penetrazione araba in
Sicilia ebbe inizio nell’827. Dopo la caduta di Palermo, avvenuta nell’anno 831, sorse un emirato siciliano. Mediante
una lenta penetrazione prolungatasi per tutto il secolo e completata nel 902 con la caduta di Taormina, gli Arabo–
Berberi si insediarono stabilmente sull’isola, sostenuti da una consistente immigrazione dal Nord Africa e da una
riuscita opera di islamizzazione delle popolazioni isolane, Nel resto del Meridione, ad eccezione dell’emirato di Bari
e di quello di Taranto, la presenza araba in Puglia e in Campania ebbe fondamentalmente vocazione predatoria.
Per questo i musulmani talora dettero vita a insediamenti stabili che potessero fungere da basi per sostenere le loro
azioni militari nell’entroterra e sui mari. La dominazione araba sulla Sicilia ebbe termine tra il 1061 e il 1091, nei
trent’anni che i Normanni impiegarono a riconquistare l’isola. Essa ebbe comunque influssi positivi sull’isola sia in
campo economico (l’introduzione di più avanzate tecniche di coltivazione e l’eliminazione del latifondo, portarono
a una maggiore produttività e contribuirono a dare un forte impulso ai già attivi commerci), sia in quello culturale.
Palermo, ad esempio, conobbe una splendida fioritura artistica e fu ricordata come la principale città islamica del
Maghreb, dopo Cordova, per l’alto numero di moschee, bagni pubblici (hammām) e istituzioni scolastiche.
LA STORIA INSEGNA (SE CONTESTUALIZZATA) 65

Nella biblioteca del califfo Hakam II (961–976) si traducevano anche


opere scientifiche dal greco antico, e nell’XI secolo queste stesse opere
furono ritradotte dall’arabo al latino.
: 2
21 2 Se da un lato, infatti, personalità di spicco quali i filosofi greci, pre
e post socratici, post platonici poi, aristotelici, romani repubblicani e
0
4/2 /2 imperiali, post cristiani e medioevali possedevano già delle conoscenze
1
C1
in chiave alchemica ed erano alquanto profondamente impegnati nella
N
ricerca della così detta Pietra dei Filosofi da secoli e secoli, gli arabi per-
S
NI
misero, attraverso le loro conoscenze molto più sofisticate in quanto a
O ZI
DI
pratica di laboratorio, la fusione di due culture sostanzialmente opposte:
E
l’europea e l’araba. OM a n
Ele
Gli “europei”, impegnati nella ricerca e nella speculazione filoso-
a
fico–mistico–religiosa e volti alle evoluzioni logiche e mentali, avvolte
i an
D
più o meno dal misticismo; gli arabi, pragmatici e pratici, devoti all’arte
del “fare”, alla pratica concreta e alla ricerca delle “estrazioni” distillate
dalla materia vivente. È in questo frangente di incontri che nasce la pa-
rola Lab–Oratorio, che sintetizza la feconda unione tra queste opposte
culture: l’una oratoria, speculativa, mentale e religiosa, l’altra, pratica,
7
operosa e laboriosa . È anche in questo periodo che vengono introdotti
in Europa termini quali alambicco, alcale, alcool e Alchimia. Il materiale
alchimistico dei testi arabi verrà rielaborato durante tutto il XIII secolo.

Alberto Magno (1193–1280) affronta la tematica alchemica nel De


mirabilibus mundi e nel Liber de Alchemia di incerta attribuzione.
8
A Tommaso d’Aquino (1225–1274) vengono attribuiti alcuni
opuscoli alchemici, nei quali è dichiarata la possibilità della produzione
dell’oro e dell’argento.

7 Lab–Oratorio, da Labor, lavoro e Oratorio, luogo di preghiera.


8 Tommaso d’Aquino (Roccasecca, 1225 – Fossanova, 7 marzo 1274) fu un frate domenicano, esponente della
Scolastica. È venerato come santo dalla Chiesa cattolica. Tommaso rappresenta uno dei principali pilastri teologici
e filosofici della Chiesa cattolica: egli è anche il punto di raccordo fra la cristianità e la filosofia classica, che ha i suoi
fondamenti e maestri in Socrate, Platone e Aristotele. Fu allievo di sant’Alberto Magno.
66 TRATTATO DI ALCHIMIA DELLE EMOZIONI – NIGREDO

Il primo vero alchimista dell’Europa medievale deve essere consi-


derato Roger Bacon (1241–1294), un Francescano che esplorò i campi
dell’ottica e della linguistica oltre agli studi alchemici. Le sue opere, il
Breve Breviarium, il Tractatus trium verborum e lo Speculum Alchimiae,
oltre ai numerosi pseudo–epigrafi a lui attribuiti, furono utilizzate dagli
alchimisti dal XV al XIX secolo. Alla fine del XIII secolo l’Alchimia si
sviluppò in un sistema strutturato di credenze, grazie anche all’opera di
9
Arnaldo da Villanova con il suo Rosarium Philosophorum, e soprattutto
10
con Raimondo Lullo (1235–1315), che divenne presto una leggenda
per la sua presunta abilità alchemica.
Nel XIV secolo l’alchimia ebbe una flessione a causa dell’editto di
11
Papa Giovanni XXII , che vietava la pratica alchemica, fatto che scorag-
giò gli alchimisti appartenenti alla Chiesa dal continuare gli esperimenti.
Questo fatto, se da un lato iniziò a determinare la fase di declino della dif-
fusione dell’Alchimia, da un altro ci permette di comprendere quanto si
fosse diffusa tale pratica, tanto da dover obbligare il Papa a prendere una
posizione estrema in merito. L’Alchimia fu comunque tenuta viva da uo-
mini come Nicolas Flamel, il quale è degno di nota perché fu uno dei po-
chi alchimisti a scrivere in questi tempi travagliati. Flamel visse dal 1330
al 1419 e sarebbe servito da archetipo per la fase successiva della pratica
alchemica. Il suo unico interesse per l’alchimia ruotava intorno alla ricer-
ca della “pietra filosofale”; in anni di paziente lavoro riuscì a tradurre il
mitico Libro di Abramo l’ebreo, che avrebbe acquistato nel 1357, e che
D
gli avrebbe rivelato i segretiiaper
12
n la costruzione della pietra dei filosofi .
aEl
ena
OM
ED
IZIO
9 Arnaldo da Villanova (València?, 1240 – Genova, 1312 o 1313) è stato un medico e scrittore di opere a tema

NI S
religioso in catalano. Culturalmente molto vicino al francescanesimo spirituale, fu un personaggio influente nelle
corti europee all’inizio del XIV secolo, consigliere del re d’Aragona, del papa e del re di Sicilia. Subito dopo la sua
morte, la sua personalità e studi gli conferirono fama di alchimista e mago.
NC
11/
10 Raimondo Lullo ( Palma di Maiorca, 1233 – 1316) fu un filosofo, scrittore, teologo, logico, mistico e mis-
24/
sionario spagnolo di lingua e cultura catalana, tra i più celebri dell’Europa del tempo.
11 Giovanni XXII, nato Jacques Duèze o d’Euse (Cahors, 1249 – Avignone, 4 dicembre 1334), 196º Papa della
202
21
Chiesa cattolica dal 7 agosto 1316 alla morte. La sua amministrazione fu caratterizzata prevalentemente da politiche
economiche tanto da attribuirgli l’appellativo di “Papa banchiere”.
2
12 Nicolas Flamel visse a Parigi nel XIV e XV secolo. Condusse due negozi come scrivano e sposò una vedova di
nome Perenelle. I due avevano diverse proprietà ed effettuavano cospicue donazioni alla Chiesa, comprese le commis-
sioni di diverse sculture. Una delle abitazioni appartenute a Flamel è ancora esistente, al 51 di rue de Montmorency.
È considerata la più antica casa in pietra di Parigi.
LA STORIA INSEGNA (SE CONTESTUALIZZATA) 67

Nell’alto Medioevo gli alchimisti si concentrarono nella ricerca dell’eli-


sir della giovinezza e della pietra filosofale, credendo che fossero entità
separate. In quel periodo molti di loro interpretavano la purificazione
dell’Anima in connessione con la trasmutazione del piombo in oro (nella
quale credevano che il mercurio giocasse un ruolo cruciale). Questi indi-
vidui, visti come maghi e incantatori da molti, furono spesso perseguitati
per le loro pratiche.

Nel contesto delle idee del Cinquecento è impossibile delimitare una


disciplina scientifica dall’altra, come anche tracciare molte linee di sepa-
razione tra il complesso delle scienze da un lato e la riflessione speculativa
e magico–astrologica dall’altro. In questo periodo, magia e medicina, Al-
chimia e scienze naturali e addirittura astrologia e astronomia operano in
una sorta di simbiosi, legate le une alle altre in modo spesso inestricabile.
Agli inizi del XVI secolo uno dei maggiori interpreti di questo “coacer-
vo” di discipline scientifiche fu il medico, astrologo, filosofo e alchimista
Heinrich Cornelius Agrippa von Nettesheim, 1486–1535. Costui cre-
deva di essere un mago e di essere capace di evocare gli spiriti. La sua
influenza fu di modesta entità, ma come Flamel, produsse opere, fra le
quali il De occulta philosophia, alle quali fecero riferimento tutti gli alchi-
misti posteriori.

13
Il nome più importante di questo periodo è, senza dubbio, Paracelso ,
il quale diede una nuova forma all’alchimia, spazzando via un certo oc-
cultismo che si era accumulato negli anni e promuovendo l’utilizzo di os-
Di
servazioni empiriche ed esperimenti tesi a comprendere a il corpo umano. na
El
en
aO
13 Philippus Aureolus Theophrastus Bombastus von Hohenheim detto Paracelsus o Paracelso (Einsiedeln, 14

M
novembre 1493 – Salisburgo, 24 settembre 1541) è stato un medico, alchimista e astrologo svizzero. Paracelso è una
delle figure più rappresentative del Rinascimento. Egli è anche noto per aver battezzato lo zinco, chiamandolo zin-
cum, ed è considerato come il primo botanico sistematico. Si laureò all’Università di Ferrara, più o meno negli stessiED
anni in cui si laureò Niccolò Copernico. Fino al 1500 la composizione e i mutamenti della materia erano spiegati IZ
sulla base della dottrina dei quattro elementi di Aristotele: acqua, aria, terra e fuoco. Paracelso, per la prima volta,
aggiunse ad essa una teoria che contemplava tre nuovi principi della materia (sale, zolfo e mercurio), contrassegnata
IO
dalla presenza di spiriti della natura responsabili delle sue trasformazioni e cambiamenti. Egli inoltre rifiutò l’insegna-
NI
mento tradizionale della medicina, dando vita a una nuova disciplina, la iatrochimica, basata sulla cura delle malattie SN
attraverso l’uso di sostanze minerali.
C1
1/
2
68 TRATTATO DI ALCHIMIA DELLE EMOZIONI – NIGREDO

Rigettò le tradizioni gnostiche e le teorie magiche, pur mantenendo


molto delle filosofie ermetiche, neoplatoniche e pitagoriche. Per Paracelso
l’alchimia era “l’Arte di separare il vero dal falso” e di perfezionare i corpi
naturali per mezzo dell’ingegno umano e della “scienza”. Egli introduce
per la prima volta la scienza della trasformazione dei metalli reperibili in
natura per produrre composti utili per l’umanità, anticipando il concet-
to di “diluizione” (dose facit venenum cit. Paracelso) e di dinamizzazione.

La iatrochimica di Paracelso era basata sulla teoria che il corpo umano


fosse un sistema chimico nel quale giocano un ruolo fondamentale i due
tradizionali principi degli alchimisti, e cioè lo Zolfo ed il Mercurio, ai
quali lo scienziato ne aggiunse un terzo: il Sale. Paracelso era convinto che
l’origine delle malattie fosse da ricercare nello squilibrio di questi princì-
pi chimici e non dalla disarmonia degli umori, come pensavano i galenici.

Nel suo libro Paragranum, definisce chiaramente le colonne portanti


Diana
della Medicina, in netto contrasto con i colleghi contemporanei, delinean-
OM E
Elena
do in questo i concetti di Filosofia, Alchimia, Astrologia e Chimica quali
DIZIO
strumenti utili alla cura. La teoria di Paracelso riguardante la costituzione
NI SN
C11/2
4/ dei corpi secondo la trinità di Zolfo, Sale e Mercurio è alla base della no-
stra trattazione e verrà abbondantemente discussa nei capitoli successivi.

Anche molti artisti, come per esempio il Parmigianino, e persino per-


sonalità politiche del periodo si interessarono all’Alchimia. Tra quest’ul-
timi: Caterina Sforza, Francesco I de’ Medici, nel cui studiolo di Palazzo
Vecchio fece dipingere allegorie alchimistiche da Giovanni Stradano.

In Inghilterra, l’alchimia nel XVI secolo è spesso associata al dottor


John Dee (1527–1608), meglio conosciuto per il suo ruolo di astrologo,
crittografo ed in generale “consulente scientifico” della regina Elisabetta I
d’Inghilterra. Dee si interessò anche di alchimia tanto da scrivere un libro
sull’argomento (Monas Hieroglyphica, 1564) influenzato dalla Cabala.
Il declino dell’alchimia in Occidente fu causato dalla nascita della scienza
moderna con i suoi richiami a rigorose sperimentazioni scientifiche.
LA STORIA INSEGNA (SE CONTESTUALIZZATA)
Di 69
an
Nel XVII secolo Robert Boyle (1627–1691) diede l’avvio al meto-
aE
do scientifico nelle investigazioni chimiche, alla base di un nuovo ap-
na
le
proccio alla comprensione della trasformazione della materia che, di
O
fatto, rivelò la futilità delle ricerche alchemiche della pietra filosofale.
M
ED
Anche gli enormi passi avanti compiuti dalla medicina nel periodo se-
IZ
guente la iatrochimica di Paracelso, supportati dagli sviluppi paralleli
IO
NI
SN della chimica organica, diedero un duro colpo alle speranze dell’alchi-
C1 mia di reperire elisir miracolosi, mostrando l’inefficacia se non la tossicità
1/ dei suoi rimedi. Ridotta ad arcano sistema filosofico, scarsamente con-
24
/2 nesso al mondo materiale, l’Ars Regia subì il fato comune di altre disci-
pline esoteriche quali l’astrologia e la cabala: esclusa dagli studi universi-
tari e ostracizzata dagli scienziati, si cominciò a guardare ad essa come ad
una forma di superstizione.

A livello popolare, tuttavia, l’alchimista era ancora considerato come


il depositario di grandi saperi arcani. Facendo leva sulla credulità popo-
lare, molti imbroglioni si attribuirono titoli di guaritore e per dimostrare
effettive capacità produssero manuali manoscritti che imitavano, nel ger-
go e nelle illustrazioni, i trattati di famosi autori alchemici (in tal modo,
nacquero anche i cosiddetti “erbari dei falsi alchimisti” che solo di recen-
te hanno iniziato ad essere analizzati in modo attento dagli studiosi).
Tali personalità, ritenuti impostori e, in seguito, “ciarlatani”, erano
definiti dagli alchimisti soffiatori di carbone, in quanto, molto spesso,
erano quegli aiutanti degli alchimisti che avevano il compito di man-
tenere il fuoco vivo nel laboratorio e, tentando di copiare il lavoro del
“maestro”, avevano fatto loro alcune manipolazioni alchemiche senza
però comprenderne il significato profondo. Dopo aver goduto per più di
duemila anni di un grande prestigio intellettuale e materiale, l’Alchimia
uscì in tal modo dal pensiero occidentale, salvo ricomparire nelle opere
di studiosi a cavallo tra scienza, filosofia ed esoterismo,
quali lo psicanalista Carl Gustav Jung
e il pensatore Julius Evola.
70 TRATTATO DI ALCHIMIA DELLE EMOZIONI – NIGREDO
02

I FONDAMENTI
2
24/
/
11

DELL’ARTE
C
SN
I
N
I O
IZ
ED
M

Come abbiamo già visto, la parola araba per definire l’Ars Regia o più
a O

comunemente l’Arte, era Al–Kemia, un’arte tecnologicamente avanzata


n e

in vari i settori (come l’agricoltura, l’arte medica e la farmaceutica) le cui


El a

conoscenze sono state messe a disposizione anche dei popoli europei.


a n
i
D

Così la maggior parte degli ortaggi provengono da loro come il car-


ciofo, la melanzana, l’albicocca, la pesca, tutti ortaggi che, pare, gli arabi
avessero a loro volta importato dall’Estremo Oriente. Le loro conoscenze
erano molto più avanzate di quelle europee; a titolo d’esempio, i Roma-
ni, per curarsi dopo le battaglie, mangiavano foglie di rosmarino intere,
pianta dall’effetto antibiotico, tonico del cuore e ricostituente. Mastica-
vano le foglie di salvia per beneficiare dell’effetto antisettico, immergeva-
no scudi e spade nell’acqua per poi bersi l’acqua ferrosa con lo scopo di
ricostituire il sangue perduto durante le battaglie.

Nello stesso periodo storico, gli arabi già conoscevano le tecniche di


distillazione, creavano essenze – oli essenziali raffinatissimi e preziosi –
e da millenni ormai producevano birra, vino e ogni sorta di distillato.

La chimica “occidentale”, in quanto arte di manipolare la materia e le


sostanze chimiche, non era molto sviluppata; lo erano invece molto di più
il pensiero e la filosofia; gli arabi, così come gli orientali – in particolare i
cinesi – avevano una filosofia relativamente poco complessa, ma moltis-
sime capacità tecniche. Gli occidentali, europei in senso lato, hanno una
tradizione filosofica profonda, con la quale si tende a ricercare la “verità”
(l’Essenza delle cose) prevalentemente attraverso il pensiero e la logica.
71

Nella cultura medio orientale e orientale, l’Essenza viene per lo più


ricercata e sperimentata attraverso la manipolazione della materia e il la-
voro fisico e corporeo: fine ultimo della ricerca orientale non è tanto la
“verità” in sé, quanto le sue molteplici manifestazioni nel mondo quo-
tidiano. Entrambe queste due visioni e culture, definite N I
tecnicamente
IO S
la N C 11/24/20
M EDIZ
aOcammini
ianaEleindue
via secca e la via umida, sonoDconsiderati fondamentali
dell’intera ricerca alchemica. Entrambi portano al medesimo risultato: la
comprensione e la conoscenza dell’Essenza delle cose, la realizzazione del
volere dell’Essenza nella carne e, in generale, alla Vita. Fortunatamente, o
per un caso “necessario”, dopo che gli arabi ebbero portato l’Alchimia in
Europa si verificò, nel corso dei secoli a venire, una fusione del pensiero
medio orientale con il pensiero occidentale: così è nata l’Alchimia come
la conosciamo oggi, ovvero come dovrebbe essere conosciuta, dato che
la sua immagine è stata, nel corso degli ultimi secoli, distorta al punto di
paragonare, erroneamente, un alchimista ad uno stregone impostore che
utilizza arti oscure per acquisire potere e ricchezze.

Nella cultura nata da questa fusione, particolarmente in epoca post


medievale, si sono formati i personaggi già citati e che meriterebbero,
per le loro gesta, una trattazione specifica degna di un trattato di storia
dell’Alchimia.

L’Alchimia è esistita per secoli come una espressione sublime di “me-


dicina” che univa, in un corpus unico, filosofia, chimica, fisica, matema-
tica, astronomia, astrologia, religione, letteratura e retorica. Il suo grande
obiettivo è sempre stato quello di conoscere e curare l’Essenza che si trova
incarnata all’interno della Massa.

Gli alchimisti hanno sempre cercato, una volta “separate”, studiate,


sperimentate e comprese le parti costitutive dell’essere – Corpo, Ani-
ma/Psiche e Spirito – di riunirle alla luce della coscienza di ciascun indi-
viduo. È questo il grande lavoro pratico dell’Arte alchemica: far espri-
mere, attraverso la materia grezza di cui siamo composti, l’Essenza che in
essa è contenuta.
72 TRATTATO DI ALCHIMIA DELLE EMOZIONI – NIGREDO

In altre parole, l’essenza del lavoro dell’Artista è quello di rivelare l’es-


sere contenuto all’interno della materia, come farebbe lo scultore con un
4
blocco di marmo. In questo lavoro – un “grande” lavoro – si inseriscono
12:3
le sfide poste dalle Ferite Emozionali; al pari dei nodi contenuti nel legno
4 / 2 022
da scolpire o di parti della struttura marmorea non omogenei, /2 im-
11esse
N C
pediscono la manifestazione, sul piano materiale, O N IS
dell’Essenza completa
I Z I
ED deve sapere interpretare, at-
dell’individuo. È a questo punto che l’artista
M
O
enaSpirito o Essenza.
traverso la materia, i volerildello
aE
Dian
Vedremo nei capitoli successivi come sia l’Essenza stessa a determinare
i suoi “nodi”, per far si che la futura statua, manifestazione dell’essere in
vivo, sia propriamente “a immagine e somiglianza” di colui che contiene
e manifesta. Una statua o una scultura di legno può essere valorizzata dai
suoi “nodi”, se questi sono ben integrati nel tutto.

Le domande che gli alchimisti si ponevano riguardavano questi


molteplici aspetti della realtà della vita: da una parte la filosofia studia-
va l’Essenza, da un’altra la chimica primordiale studiava la materia e da
un’altra ancora la religione spiegava i moti dello Spirito.

La grandezza dell’Arte alchemica sta, di fatto, nell’avere sempre studia-


to questi aspetti trinitari in un unico corpus dove Essenza, Corpo e Spiri-
to si fondevano nell’essere vivente. Come possiamo vedere, la già analiz-
zata formula dimostrata da Einstein per spiegare la realtà fisica della vita,
è molto più antica di quanto si possa credere:

E = m·c².

L’energia è uguale alla Massa, qualora questa viene “accelerata” ad


una velocità che è il quadrato di quella della luce. Ciò significa, semplice-
mente, che massa (m) ed energia (E) si equivalgono (=), relativamente ad
uno spazio e ad un tempo. Il concetto di velocità (c²), infatti, è stretta-
mente legato al concetto di spazio e di tempo. Meno tempo impiego per
percorrere un certo spazio, più vado veloce.
I FONDAMENTI DELL’ARTE 73

Più la massa è veloce, ovvero si muove in un tempo limitato compien-


do molto spazio, più questa si manifesta non più come massa, ma come
energia. Grandi spazi percorsi in un tempo infinitamente piccolo ricor-
dano il sogno di tutti gli esseri umani: essere e trovarsi dove il pensiero
porta, istantaneamente.

È, questo, uno dei grandi arcani


della Pietra Filosofale.

NI S EDIZIO
aE le n a O M
Dian
74 TRATTATO DI ALCHIMIA DELLE EMOZIONI – NIGREDO

LE TRE
SOSTANZE
DEGLI ALCHIMISTI

Cosa studia e di cosa si occupa realmente l’Alchimia? Qual è la sua


visione peculiare della vita?
Avvicinando un foglio di carta alla fiamma di una candela, fino al punto
in cui il fuoco inizia ad interagire con la massa del foglio di carta, vediamo
susseguirsi una serie di eventi che hanno a che vedere con le trasmutazio-
ni alchemiche. Vedremo, infatti, comparire prima il colore nero, indice
che qualcosa sta entrando in combustione, poi la brace rossa e infine la
fiamma accesa allorché il fuoco si è trasferito nel foglio di carta e ha libe-
rato l’energia contenuta in quella massa. Infine, vedremo questo proces-
so culminare nel colore bianco, la cenere, che è il residuo del processo di
combustione e di trasmutazione alchemico.
Qualsiasi cosa, massa o sostanza che esista sulla faccia della Terra, at-
traverso lo stimolo del fuoco, entrando quindi in combustione, diventerà
prima nera, poi rossa e infine bianca. Proviamo con un capello, un pezzo
di legno, una trave di ferro… ad una data temperatura, la materia si separa
liberando la sua energia sotto forma di fuoco o di calore, e, dopo essere
passata attraverso le tre fasi di nero, brace rossa e cenere bianca, scompare.

Abbiamo così verificato che utilizzando il Fuoco, un elemento primor-


diale, dei più potenti che esistono nell’Universo (il quale è un elemento
che determina moti caotici) possiamo dividere la massa e la materia nei
suoi elementi costitutivi. In questo modo è possibile vedere chiaramente
che la massa non è altro composta che da tre sostanze, tre parti fonda-
Dia

mentali che costituiscono tutta la materia.


naE
l e naO
M
75

Gli alchimisti chiamavano Tre Sostanze questa trinità costituente la


materia. Qualsiasi massa o materia io vada a separare con il fuoco, sco-
prirò sempre che la materia è fatta di sole Tre Sostanze, di diverso com-
portamento e natura, ma costituenti la materia, così come noi la cono-
sciamo quando riunite. Paracelso aveva ragione.

È possibile utilizzare anche gli altri Elementi per compiere questa


dissoluzione della materia, con tempi diversi rispetto al Fuoco ma con
uguale effetto. Posso utilizzare la Terra, che è in grado di triturare, posso
utilizzare l’Aria, che ad altissima velocità separa e taglia al pari di una lama
e infine l’Acqua, che ha il potere di macerare e dissolvere. In ogni caso,
quale che sia l’Elemento che utilizzo, nel momento in cui separo la mate-
ria la verità affiora: la materia è solo un’illusione. In realtà ciò che esiste è
una “danza” sincronizzata tra le Tre Sostanze che, mescolandosi Di tra loro
in varie combinazioni, creano la materia. Quando la chimica an moderna
aE
afferma che la materia è composta da atomi, sta decisamente sostenendo le
l’antica tesi degli alchimisti. Tutto questo è molto interessante. na
O
Ma come è possibile che gli alchimisti avessero “scoperto” la struttura M
dell’atomo migliaia di anni fa quando le prime teorie scientifiche relative ED
al mondo atomico risalgono agli inizi del 1900? È veramente un fatto cu- IZ
IO
rioso, scientificamente paradossale, che alchimisti vissuti migliaia di anni NI
fa sostenessero che tutto ciò che esiste sulla faccia della terra era molto SN
semplice da comprendere e manipolare, perché altro non era che solo
tre elementi basici: essi chiamavano questi elementi basici costituenti la
materia le Tre Sostanze.
Ed è ancora più entusiasmante scoprire come agli inizi del 1900 alcuni
eminenti fisici, tra cui Thomson, Rhutherford, Bohr e Chadwick siano
riusciti a dimostrare scientificamente l’esistenza delle particelle sub–ato-
miche, ovvero le particelle che costituiscono l’atomo.
È veramente emozionante conoscere la storia di questi illustri studiosi
riguardo le loro ricerche sull’atomo ma lo è ancor di più il rendersi conto
che, dopo anni di ricerche, sono arrivati alla conclusione che la materia
era realmente composta da atomi, e quest’ultimi erano composti da tre
particelle fondamentali: protone, neutrone ed elettrone.
76 TRATTATO DI ALCHIMIA DELLE EMOZIONI – NIGREDO

La teoria… degli antichi alchimisti!


La materia è composta da sole Tre Sostanze, le quali, integrandosi tra
loro attraverso una serie di adattamenti e miscelazioni, danno origine a
tutta la materia vivente. Tre Sostanze: protone, neutrone ed elettrone!

Le sorprese non finiscono qui.


Se andiamo ad analizzare nel dettaglio la teoria delle Tre Sostanze in par-
ticolare negli studi di Paracelso, ci rendiamo conto di quanto scientifica
potesse essere la visione degli antichi alchimisti.

Gli alchimisti definivano con dei nomi simbolici le Tre Sostanze:


:11 Zolfo, Sale e Mercurio. Non si tratta certo dello Zolfo, né tantomeno del
0 2 2 1 Mercurio, in quanto atomo, né del Sale come fusione di cloro e sodio,
2:34
quanto di appellativi per esprimere un concetto legato all’archetipo della
4/2
C 1 1/2
N
parola. Dicevano, ad esempio, che lo Zolfo è la sostanza che si contrae,
IS ION DIZ
che è fissa e stabile, radicata, va in profondità nelle viscere della Terra ed
OM E lena
è legata all’attività eruttiva vulcanica ed ignea. Mercurio è la sostanza che
Diana
E
si espande ed è, al contrario dello Zolfo, molto mobile, volatile, priva di
radici e risiede non nella Terra ma nel Cielo. Il Sale è quella sostanza che
equilibra il movimento tra Zolfo e Mercurio, e che riesce a far convivere
nature di segno opposto; la sua espressione è nell’integrazione.

Lo Zolfo è il nostro corpo che è fisso, lento, contratto, legato indissol-


ubilmente alle dimensioni terrene e alle reazioni chimiche.
Mercurio è la nostra mente, in grado di viaggiare in ogni luogo
e spazio. Se chiudete gli occhi e pensate di essere distesi a riposare nel
vostro letto mentre siete altrove, magari al lavoro, Mercurio vi ci porta at-
traverso l’immaginazione, ma non lo Zolfo: anche se pensate e desidera-
te ardentemente essere in un posto differente da quello in cui vi trovate,
il corpo, la vostra massa, rimane nello spazio e nel tempo reale. Non vi è
modo di spostare lo Zolfo senza percorrere uno spazio e far trascorrere
un certo tempo; il Mercurio invece può già trovarsi in un luogo e in uno
stato differente. Il Sale rappresenta infine proprio ciò che ci permette di
percepire il nostro pensiero (il Mercurio) e di radicarlo nel corpo (Zolfo).
LE TRE SOSTANZE DEGLI ALCHIMISTI 77

Dian
aEle
e–

naO
SPIRITO

Yang

M
atomo

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Yin Yin/Yang

CORPO ANIMA

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p+ MERC. n

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1/24
sost.

SULP. SAL

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2 12
:34:1
1 PM
3583

Acqua Aria
55

4
elem.

Fuoco Terra
78 TRATTATO DI ALCHIMIA DELLE EMOZIONI – NIGREDO

Posso sognare e immaginare di essere in un determinato luogo mentre


il corpo è statico e fermo in un punto. È la mente (Mercurio) a dare al
corpo (Zolfo) la consapevolezza di essere in un luogo, ma può fare questo
solo attraverso il Sale: le sensazioni, la percezione dello spazio attorno a
me, il “feeling”, sono tutte funzioni legate al lato emotivo–sentimentale
percettivo sottile, funzioni che sono proprie del neutrone, del Sale.
Il Sale esprime sempre un movimento di integrazione tra gli opposti,
Zolfo e Mercurio.

Nel mondo orientale esiste una filosofia molto conosciuta che espri-
me questo concetto: il Taoismo. Nel Taoismo si crede nell’esistenza di
tre forze fondamentali nel mondo che, fondendosi vicendevolmente
tra loro, determinano tutte le forme viventi conosciute: lo Yin, forza
femminile legata alla Terra, lo Yang, forza maschile legata al Cielo e il
Tao, che è in realtà la risultante della convivenza tra Yin e Yang. Nella
rappresentazione taoista c’è tutta la sintesi delle forme viventi in natura,
IO

al pari della rappresentazione dei colleghi alchimisti occidentali. Il fat-


IZ
ED

to più interessante, direi quasi meraviglioso, è che tutte queste forme


di pensiero filosofico che risalgono ad epoche lontane vengono ad al-
M

linearsi con le più moderne teorie scientifiche quali quella atomica mo-
aO

derna. Per questo motivo molti matematici, fisici, chimici e scienziati


len

dei secoli passati furono attratti dalle teorie filosofiche orientali e della
aE

tradizione alchemica occidentale. Il caso emblematico è quello del mate-


n

matico e filosofo Leibniz, il primo a far conoscere in Europa l’antico testo


Dia

taoista cinese I Ching con la sua pubblicazione del 1697 Novissima sinica
14
(Ultime notizie dalla Cina) .
Si dice che tra il dire e il fare c’è di mezzo il… Sale. Il mare è un sale, è
una massa d’acqua che connette tutte le terre emerse ed è, casualmente,
una fonte enorme di sale. L’atomo è composto da un nucleo, il quale a
sua volta è costituito da due particelle elementari, il protone, che è dotato
di carica positiva, e il neutrone, di carica neutra.

14 Leibniz vide nel simbolismo dell’I–Ching (linea spezzata=0; linea unita=1) un perfetto esempio di numera-
zione binaria come illustrò nel suo saggio del 1705, Spiegazione dell’aritmetica binaria.
LE TRE SOSTANZE DEGLI ALCHIMISTI 79
Di
an Il protone ha la tendenza naturale a contrarsi e compattarsi nel nu-
cleo: ha il potere della contrazione. L’elettrone è, invece, una particella di
massa praticamente nulla e carica esattamente opposta a quella del pro-
tone; il suo movimento è di espansione, contrario a quello del protone.
Il neutrone è la particella che media il movimento di contrazione del pro-
tone e di espansione dell’elettrone.

Questa è la materia.
La materia è fatta di tre sostanze perchè tutto quello che esiste è fatto di
atomi, e la differenza che esiste tra atomo ed atomo risiede solamente nel
numero di protoni, elettroni e neutroni.
La Tavola di Ermete Trimegistro recita:

è vero, certo e verissimo, senza menzogna,

(non vi è dubbio)

che ciò che è in alto è come ciò che è in basso


(...)
e tutte le cose nascono da una cosa unica

(atomo di idrogeno – H, l’atomo più semplice dell’Universo intero, per-


ché ha un protone, un elettrone e un neutrone)

e per adattamento da questa cosa unica


si è creato il tutto.

Se fondo due atomi di Idrogeno, nasce un atomo di Elio: se fondo


8 atomi di Idrogeno, nasce 1 atomo di Ossigeno; se unisco ottantadue
atomi di Idrogeno, ottengo il Piombo e se da questo sottraggo tre atomi
di Idrogeno ottengo l’Oro! Dalla “cosa unica”, per adattamento, posso
costruire tutta la materia vivente, e la “cosa unica” (ovvero l’atomo di
Idrogeno primordiale) è composto dalle Tre Sostanze degli alchimisti:
Zolfo, Sale e Mercurio; Protone, Neutrone ed Elettrone.
80 TRATTATO DI ALCHIMIA DELLE EMOZIONI – NIGREDO

La materia, così come la conosciamo noi, è solo un’illusione: in realtà


essa nella sua semplicità è solamente una Trinità che esprime l’energia
potenziale che attraverso questa semplice formula trina diviene “atto”.
Il fatto che l’Energia (E) occupi necessariamente una massa (m) nel mo-
mento in cui si “incarna” per compiere un’esperienza nel mondo ma-
teriale, e questa massa sia possibilmente ad “immagine e somiglianza”
dell’energia che l’ha creata, ha delle implicazioni importanti nel processo
di guarigione delle Ferite Emozionali e caratterizza molto il “lavoro” che
è necessario svolgere per far nascere, da queste ferite, i nostri Talenti.
Questa corrispondenza, infatti, che lega indissolubilmente l’Energia
alla Massa, indica la assoluta necessità di lavorare sul piano sottile–ener-
getico–psichico contemporaneamente a quello corporeo. Solamente nel
momento in cui si inizia un lavoro di guarigione delle Ferite Emozionali
“olistico”, che quindi coinvolga mente e corpo (Mercurio e Zolfo) pos-
sono emergere, dal profondo della nostra Anima (il Sale) i Talenti più
Diana
profondi della nostra vita.
OM E
Elena
DIZIO
È fondamentale conoscere le leggi che sottendono alla massa, per
NI SN
C11/
24/ fare un buon lavoro di risveglio interiore che coinvolga anche l’Energia.
D’altronde, la realizzazione personale, qui, in questa esperienza terrena,
si manifesta attraverso la carne, il corpo; la prova finale della dimostra-
zione della nostra felicità e pace interiore si manifesta nei nostri atti,
nelle nostre – anche piccole – conquiste personali e, prima di tutto,
nella capacità che abbiamo in questa vita di realizzare
concretamente i nostri sogni
più intimi.
81

I QUATTRO
ELEMENTI
LE FORZE DELLA VITA

Grazie alle più recenti scoperte scientifiche oggi sappiamo che l’atomo
si muove, “è vivo”. Un atomo privo di movimento si definisce in uno sta-
to di plasma, ovvero uno stato particolare della materia in cui le particelle
costituenti dell’atomo stesso si trovano in una condizione di separazione
che determina lo stato di caos. Protone, elettrone e neutrone esistono,
ma non vi è alcuna forza che ne determina il coordinamento reciproco.
Affinché un atomo assuma la configurazione tipica e definita con nucleo
e nube di elettroni attorno, è necessario che intervengano delle “forze”
o interazioni che mettano in moto sincronico tra loro le Tre Sostanze.
In pratica, la materia, una volta che si è formata in quanto manifesta-
zione fisica dell’energia, rimane immobile, soggetta alla legge dell’iner-
zia, il cui principio fu scoperto da Galileo Galilei e dettagliatamente de-
scritto in due sue opere, rispettivamente nel 1632 con il Dialogo sopra i
due massimi sistemi del mondo e nel 1638 con Discorsi e dimostrazioni
matematiche intorno a due nuove scienze attenenti alla meccanica e i
movimenti locali.
La sua prima enunciazione formale però è di Isaac Newton (Philoso-
phiae Naturalis Principia Mathematica) che afferma:

La vis insita, o forza innata della materia,


è il potere di resistere attraverso il quale ogni corpo,
in qualunque condizione si trovi,
si sforza di perseverare nel suo stato corrente,
sia esso di quiete o di moto lungo una linea retta.
Diana
Elena
OM E
DIZIO
NI S
82 TRATTATO DI ALCHIMIA DELLE EMOZIONI – NIGREDO

Ciò vuol dire che le Tre Sostanze dell’Alchimia – ovvero le particelle ele-
mentari della materia – protone, neutrone ed elettrone – nel momento
in cui non vengono sottoposte ad alcun tipo di forza, rimangono inerti.
Osservando il mondo, però, questo concetto appare paradossale, con-
siderando che, come già spiegato, dalla Terra che ruota attorno al Sole,
alle Galassie in via di espansione fino alle gesta compiute dall’uomo, tut-
to “scorre”, come sosteneva la scuola di Eraclito di Efeso, filosofo greco
pre–socratico. Egli diceva:

Non ascoltando me, ma il Logos, è saggio intuire


che tutte le cose sono Uno e che l’Uno è tutte le cose

che è un’altra forma per esprimere il concetto presente nella Tabula di


Ermete Trismegisto. Tutto è in movimento e il movimento nasce quan-
do una forza imprime la sua potenza ad una massa. È fondamentale,
pertanto, per comprendere i moti del nostro corpo e della nostra psiche,
analizzare le forze che in qualche modo danno “anima” alla materia che
si troverebbe altrimenti in uno stato di inerzia.

Ancora una volta, per comprendere quanto semplice sia la visione


alchemica, è sufficiente guardarsi attorno per scoprire di quali forze stia-
mo parlando. Il Sole, ad esempio, con il suo calore produce l’evaporazio-
ne delle acque presenti sulla superficie terrestre, provocando un movi-
mento atmosferico di aria caldo–umida verso l’alto. Il calore è una for-
za, in quanto determina movimento. L’aria, una volta salita in quota,
Di
an

raffreddandosi – in quanto si allontana dalla superficie terrestre che è


aE

calda perché irraggiata dal calore ricevuto dal Sole – produce un succes-
len

sivo movimento verso il basso. Aria calda che sale, aria fredda che scende
a

determinano attraverso una serie di moti detti convettivi, al pari di una


OM

pentola in ebollizione, la genesi dei venti. La differenza di temperatura


ED

– e, quindi, di pressione – è alla base dell’origine dei moti dell’aria, altresì


IZ

conosciuti come venti. Questi soffiano sulla Terra, determinando in par-


IO

ticolare i moti delle masse d’acqua, come ad esempio i moti ondosi ed il


NI

migrare delle perturbazioni nuvolose che, con la pioggia, determinano il


SN
C 11
/2
4/
20
2
I QUATTRO ELEMENTI: LE FORZE DELLA VITA 83

movimento di caduta dell’acqua precedentemente formatasi nell’atmo-


sfera attraverso l’evaporazione causata dal calore prodotto dai raggi solari.
L’acqua, cadendo poi al suolo, determina i moti all’interno della super-
ficie terrestre: dalle falde acquifere alle sorgenti, modificando profonda-
mente l’orografia e lo stato altrimenti stazionario della massa terrestre.
La Terra, che è il luogo in cui tutto ciò avviene, attraverso i suoi moti
di rotazione e rivoluzione, determina, rispettivamente, il susseguirsi del
giorno e della notte e delle quattro stagioni, producendo delle profonde
modificazioni in tutti i fenomeni sopra descritti, in particolare quelli at-
mosferici, determinando i vari climi: freddi e piovosi in inverno, caldi
e secchi d’estate. Le forze del calore, del freddo, dell’umidità e tellurica
sono all’origine di tutti i moti presenti nel pianeta Terra. Da questo ri-
caviamo semplicemente la seguente regola: i Quattro Elementi rappre-
sentano le forze innate della natura che fanno sì che i corpi (in quanto
masse) entrino in movimento. Fuoco, Terra, Aria e Acqua, attraverso le
loro rispettive nature – calda, secca, umida e fredda – incarnano le quat-
tro forze fondamentali della natura, meglio ancora dell’Universo. Questa
è ciò che in Alchimia si definisce la Legge del Quattro.

Fondamentalmente, l’essenza materiale di tutti i corpi di cui possiamo


sperimentare la concretezza, si riassume in queste semplici questioni: la
massa, alla cui base vi sono le Tre Sostanze (gli atomi, a loro volta tutti
composti da protoni, neutroni ed elettroni) ed i Quattro Elementi, che
sono le forze che danno movimento alle Tre Sostanze e a queste sono
indissolubilmente legati. Poiché noi siamo esseri umani, incarnati in un
corpo fisico, che è a tutti gli effetti una massa, siamo pertanto composti
da materia (le Tre Sostanze) e soggetti alle leggi dei Quattro Elementi.
Diana

Quattro più tre dà come risultato sette, valore numerico che esprime
la totalità delle possibili relazioni esperienziali dell’energia incarnata in
El

una massa. Percepiamo i sette colori, udiamo le sette note musicali, vi-
ena

briamo in sette frequenze differenti (i così detti sette livelli vibratori che
corrispondono ai sette chakras), abbiamo sette orifizi nel nostro corpo,
OM

sette sono gli astri del nostro sistema solare che si trovano all’interno del-
la cintura di asteroidi presenti dopo il pianeta Saturno, organizziamo la
E DIZION
IS
DIZIO aOM E
ia n a E le n
D

84 TRATTATO DI ALCHIMIA DELLE EMOZIONI – NIGREDO

nostra vita in settimane e la gravidanza stessa, che altro non è che il pro-
cesso di costruzione della massa in cui il nostro Spirito andrà ad “abi-
tare”, si calcola in settimane.
La Legge del Sette è un’altra delle regole fondamentali nella co-
noscenza alchemica, assieme alla legge del Tre e del Quattro. Abbia-
mo quindi visto che l’atomo è una “forma vivente” composta da pro-
toni, elettroni e neutroni. Il movimento delle particelle costituenti
l’atomo è legato alle quattro forze basilari che muovono la massa, i
Quattro Elementi. La materia tende alla stabilità e, come abbiamo vi-
sto, in assenza di forze, la massa ritorna al suo stato originario secondo
il principio di inerzia. Nel momento in cui in un atomo interviene una
forza producendo un cambiamento di moto di un elettrone che ruota
attorno al nucleo, l’atomo si viene a trovare in uno stato detto eccitato.
Così è anche per noi: quando una forza, un evento, una persona,
un libro o una conoscenza intervengono nella nostra vita in qualche
modo ci “eccitano”, determinando in noi un moto rivolto ad un pro-
cesso o evolutivo o involutivo. La tendenza, però, nel momento in cui
la forza cessa, è il ritorno ad uno stato di quiete, precedente e staziona-
rio. Nel momento in cui l’elettrone di un atomo ritorna al suo stato sta-
zionario originale in seguito al cessare della forza che ha prodotto l’ecci-
tazione, emette una radiazione luminosa, definita fotone. Parliamo pro-
prio di luce, perché un’onda luminosa si diparte dall’atomo quando un
elettrone ritorna al suo stato primordiale, dopo essere stato “eccitato”.
Essendo lo spettro luminoso composto da sette frequenze fondamen-
tali – che noi percepiamo e vediamo nei sette colori – è presto dimostrato
come dall’interazione del tre (le Tre Sostanze) e il quattro (i Quattro Ele-
menti) nasca il Sette: quando il Tre viene stimolato dal Quattro, nasce il
Sette, la luce visibile, composta da sette frequenze principali.
I Quattro Elementi sono, quindi, quattro forze presenti nel cosmo,
non sono sostanze. Le sostanze sono massa e gli Elementi permettono
il movimento di questa massa. Possiamo osservare i Quattro Elementi
interagire nella struttura dell’atomo attraverso le così dette interazioni
atomiche. Queste interazioni, definite anche forze, sono quattro forme di
espressione dell’energia legate all’atomo.
I QUATTRO ELEMENTI: LE FORZE DELLA VITA 85

La forza nucleare forte, associata all’elemento Terra. La forza nuclea-


re debole, associata all’elemento Acqua. La forza gravitazionale, asso-
ciata al Fuoco e, infine, la forza elettromagnetica, associata all’Aria.
Ogni atomo esistente sulla faccia dell’Universo vive queste quattro inte-
razioni (quattro forze) che determinano le proprietà stesse dell’atomo e
ne permettono la vita.

Riassumendo: la massa inerte (le Tre Sostanze) è sempre messa in


movimento da forze, e le forze che imprimono un movimento alla massa
sono solamente quattro: i Quattro Elementi.
Una penna ad esempio è una massa: io stimolo un elemento, il Fuoco.
Il Fuoco mi da l’impulso, la volontà di prendere la penna, la capacità di
interagire con essa (la forza gravitazionale) e di iniziare a scrivere. Si atti-
va così l’interazione gravitazionale, che permette che ci sia una relazione
1

tra oggetti. La forza dell’elemento Terra mi dà la capacità di contrarre i


C

miei muscoli per prendere la penna, in quanto il movimento della Ter-


SN

ra è di contrazione e concretezza. In questo modo si attiva la forza nu-


I N

cleare forte, che permette alle mie idee e azioni di svolgersi nel mondo
ZIO

fisico. L’Aria mi dà la capacità di pensare e di muovermi in modo coor-


I

dinato per poter scrivere correttamente e, soprattutto, pensieri sensati


ED

e comprensibili. Si attiva così la forza elettromagnetica, che permette


M

non solo al mio sistema nervoso periferico di percepire la realtà esterna,


O
na

ma anche al mio corpo di percepire gli stimoli provenienti dal mio Sè


Ele

superiore. L’elemento Acqua, infine, fa sì che io possa muovermi nello


spazio adattandomi ad esso come l’acqua si adatta a tutti i recipienti e mi
n a

riempie di emozioni nel momento in cui scrivo. Con l’elemento Acqua


Dia

si attiva infine la forza nucleare debole, un’altra forza che permette l’inte-
razione tra l’essere e l’ambiente circostante.

Il Fuoco rappresenta la Volontà, la volontà primordiale che il Creatore


manifestò dicendo “Sia la luce!”. Nel momento in cui “… e luce fu…”,
nacque l’elemento Terra, perché la luce si era concretizzata. L’elemento
Terra infatti ha la capacità di concretizzare, rendere solido ciò che è in
stato potenziale. È sulla Terra, infatti, che noi ci incarniamo.
86 TRATTATO DI ALCHIMIA DELLE EMOZIONI – NIGREDO

Abbiamo visto poco fa come la luce sia un fenomeno legato al moto


degli elettroni attorno al nucleo dell’atomo, pertanto nel momento in cui
D
“… e luce fu”…, è sottinteso che il primo atomo,ial’atomo
na primordiale, era
stato creato: la storia della massa e della materia era appena
El iniziata!
L’elemento Terra rappresenta quindi la Realizzazione.
en Una volta rea-
aO
lizzata la luce, Dio “… si chiese se era cosa buona…” vedendoMnascere in
ED
questa riflessione l’elemento Aria, con la sua natura fredda e calcolatrice.
L’elemento Aria rappresenta la capacità di Discernimento che ci per-
IZ
IO
mette di vivere in equilibrio con il mondo. NI
SN
Infine il suo Spirito “… si librava sopra alle acque”. L’elemento Acqua C1
è l’ultimo in termini di creazione: è l’elemento più completo nel senso 1/
che contiene tutti gli altri tre (è noto che l’acqua ha anche in sè un certo
2
calore residuo) ed è solamente in presenza di questo elemento che la vita
si organizza. Essa rappresenta l’Adattamento, la capacità di adattarci, ade-
guarci e plasmarci a seconda delle situazioni che ci si presentano.

Gli Alchimisti trasmettevano sempre le loro conoscenze secondo ar-


chetipi e per similitudini: la sequenza di eventi della creazione così come
il susseguirsi delle fasi che hanno portato la vita nel nostro pianeta han-
no sempre a che vedere con i Quattro Elementi. Il Sole è una stella che
nel corso della sua storia ha subìto delle esplosioni. In una di queste si
staccò una massa incandescente (Fuoco) che ha iniziato a gravitare at-
torno al Sole stesso. Nel corso del tempo, nello spazio vuoto, la massa
proveniente dal Sole ha iniziato a raffreddarsi, cominciando a solidificare
sulla superficie quella che poi sarebbe diventata la crosta terrestre (Ter-
ra). La formazione di una crosta superficiale e il continuo calore genera-
to dal nucleo, diede origine a moti convettivi che, partendo dal nucleo,
andavano verso la superficie, determinando una pressione sulla crosta
dall’interno. Nei punti di minor resistenza della crosta, sorsero i primi
grandi vulcani del pianeta Terra: enormi fratture sulla crosta generate
dall’enorme pressione proveniente dal nucleo della massa incandescente
interna. L’esplosione di enormi quantità di magma ad altissima tempera-
tura ha dato origine a emissioni gassose densissime, che hanno iniziato
a stratificarsi a ridosso della crosta per effetto della forza gravitazionale.
I QUATTRO ELEMENTI: LE FORZE DELLA VITA 87

È sorto così il primordiale elemento Aria, composto da gas velenosissimi.


Nel corso del tempo, placatisi i moti vulcanici impetuosi e sedimentatisi i
gas in quella atmosfera primordiale (etimologicamente dal greco àthmos
“vapore” e sphàira “sfera”), gli atomi gassosi hanno iniziato a creare dei
legami chimici, dando origine alle prime molecole della storia della vita
sulla Terra. Erano composti molecolari inorganici e a causa dell’intensa
attività vulcanica, l’atmosfera terrestre era molto più ricca di zolfo, CO2
e metano con un effetto serra molto superiore all’attuale. Col diminuire
dell’attività vulcanica, hanno iniziato a preponderare elementi quali
l’Ossigeno e l’Idrogeno, i quali hanno dato origine alle prime molecole

Di
d’acqua, in particolare sotto forma di vapore acqueo che, con il raffred-

an
damento progressivo dell’atmosfera, iniziarono a condensare e quindi a

aE
precipitare dando origine all’era delle piogge: i mari e le acque presenti

len
sulla terra hanno iniziato a formarsi. Ecco sorgere l’elemento Acqua, ele-

aO
mento dell’adattamento, la cui presenza sul pianeta Terra è legata alla na-

M
scita delle primissime forme di vita.

ED
Questa è, per gli alchimisti, la Genesi degli Elementi.

IZ
IO
In tutti questi eventi troviamo delle coincidenze e dei parallelismi
incredibili riguardo le Ferite Emozionali. Quando ci feriamo, il primo
evento che osserviamo dopo la separazione dei lembi di tessuto è la fuo-
riuscita di sangue, al quale segue il rossore e il rigonfiamento dell’area.
L’elemento Fuoco compare sempre per primo, tanto è vero che il primo
sintomo della ferita è un grande bruciore. Immediatamente le piastrine
presenti nel sangue tentano di fermare l’emorragia richiudendo i vasi le-
sionati, iniziando a formare la crosta (Terra). L’elemento Aria si manife-
sta sempre sotto forma molto impalpabile, in particolare a livello nervoso
e neurovegetativo: è il discernimento che mi protegge dall’apertura acci-
dentale della ferita, costringendomi all’immobilità della parte lesa, dan-
domi l’accortezza di non toccare e proteggere la ferita e innescando tutte
le risposte neurovegetative e nervose.
Infine l’elemento Acqua, che è ben visibile dall’edema (rigonfiamen-
to) che si forma attorno all’area lesionata, con il fine di isolare la zona,
trasportare in loco sostanze utili alla rimarginazione, cellule immunitarie
SN
NI
IO
IZ
88 TRATTATO DI ALCHIMIA DELLE EMOZIONI – NIGREDO

ED
e molecole difensive, nonchè del delicato compito di rimuovere eventuali

M
O
residui derivanti dal danno subìto dalle cellule. Fuoco, Terra, Aria e Ac-

na
qua, questo è il processo attraverso cui una ferita guarisce! Ogni volta che

Ele
nel corpo si produce una separazione, ogni volta che l’ordine cede al caos,

a n a
una nuova genesi ha inizio.

Di
Così è in alto, così è in basso.

Quando mi ferisco, il caos domina sull’ordine della materia: “in prin-


cipio era il caos”, esce il sangue e il “Sale” viene perduto. Il Sale è tutto
ciò che connette le parti del corpo, tanto è vero che il sangue in termi-
ni biologici viene definito un tessuto connettivo. La funzione del Sale
è di connettere il corpo con la mente, e così quella del sangue. Tutto ciò
che pensiamo, tutto ciò che sperimentiamo, mangiamo e tutte le nostre
emozioni si riversano nel nostro sangue.

Come ha fatto Dio a ricreare l’ordine? Da una ferita! In principio era il


caos (la ferita, perdita di integrità di un tessuto), il Sale (sangue) si disper-
de, Zolfo e Mercurio si separano ed è in questo momento che devo affer-
mare “sia la luce!”, “sia di nuovo ordine!” (la luce è ordine, perchè la luce
nasce dall’atomo, quindi l’atomo è ordine e la luce non è altro che la coa-
gulazione delle frequenze luminose in luce bianca). A questo punto si
crea un tappo tra i due lembi di cute lesionata, e la fuoriuscita di sangue
termina. La fase successiva è caratterizzata da un grande discernimento,
altrimenti la rimarginazione della ferita può perdere i suoi confini e cau-
sare una invasione di tessuto cicatriziale nei tessuti circostanti sani. Per
ultimo l’elemento Acqua: se non c’è acqua nella ferita, se non c’è idrata-
zione, la ferita e i tessuti si seccano impedendone la corretta rimarginazio-
ne e impedendo, attraverso l’edema, l’isolamento dell’area da ricostruire.

Questa visione riguardo un evento quale una ferita fisica è altrettan-


to valida riguardo una Ferita Emotiva. È necessaria molta volontà (Fuo-
co), capacità di realizzare (Terra), discernimento (Aria) e adattamento
(Acqua) per risolvere le nostre Ferite Emotive.
I QUATTRO ELEMENTI: LE FORZE DELLA VITA 89

Prima di tutto devo volerlo con tutto me stesso; probabilmente devo


arrivare al limite della sofferenza per prendere questa decisione, come
capita in molti casi. L’elemento Fuoco deve essere stimolato al suo mas-
simo grado, tanto è vero che molto spesso, dopo una forte emozione o
shock, sopraggiunge la febbre. La risposta febbrile, infatti, rappresenta
l’attivazione massiva dell’elemento Fuoco nel corpo: è il risveglio della
nostra Volontà e del potere rigenerativo custodito in ciascuna delle no-
stre cellule. Successivamente è necessario stimolare molto l’elemento Terra;
la capacità di concretizzare e di vivere quotidianamente gli atteggiamenti
– nei fatti – che possono portarmi a risolvere il trauma subìto.

L’elemento Terra è forse il più importante nella nostra vita, visto che
rappresenta anche il grande organismo che ci ospita, ci nutre e ci proteg-
ge, che gli antichi impersonificavano nella figura di Gaia: la Terra appun-
to. È stato per questo motivo che, giunto ad un certo punto della mia
ricerca rivolta al trattamento delle Ferite Emozionali, ho sentito la neces-
sità impellente di creare un Kit di Essenze Floreali che avesse la capacità di
lavorare anche “fisicamente” su queste ferite. Non potevo più accettare
l’idea di poter risolvere delle situazioni emotive, ma ben radicate e soma-
tizzate nel corpo fisico, solamente attraverso l’analisi mentale e psichica.
L’esperienza vissuta durante il viaggio che tanto mi aveva segnato mi ave-
va mostrato che il corpo è dotato di una memoria: la memoria corporea,
fisica e cellulare della ferita. D’altronde, era proprio nel fisico, nella sof-
ferenza cellulare e nel corpo che la ferita, alla fine di tutto il suo proces-
so, andava a creare il suo massimo squilibrio. Allo stesso tempo, però, se
non vi è consapevolezza e discernimento (Elemento Aria), è altrettanto
Dia
na
improbabile che si possa risolvere veramente una situazione traumatica. Ele
Il discernimento e la riflessione portano a porsi domande fondamentali,
na
OM
quali ad esempio: “Per quale motivo ho subìto questa ferita?”, “Perché ED
sto vivendo proprio questa esperienza?”, “Quale è l’intenzione della mia
essenza, la mia voce interiore, attraverso questo vissuto così traumatico?”.
Attraverso un evento esteriore, sia esso un trauma, una Ferita Emo-
zionale o un’esperienza forte, in qualche modo il mio inconscio sta co-
municando con me: è mio compito vitale comprenderlo e rielaborarlo,
90 TRATTATO DI ALCHIMIA DELLE EMOZIONI – NIGREDO

affinché io possa sempre rispondere coerentemente al mio progetto di


vita attuando in me quei cambiamenti che mi portano alla realizzazione
interiore. Infine, l’Elemento Acqua permette alle informazioni prece-
denti di integrarsi in tutto il corpo, Anima e Spirito.

L’elemento Acqua dona fluidità alla nostra vita, permettendo di rin-


novarci dopo l’esperienza vissuta, digerita e metabolizzata. Senza questo
elemento non avremmo la fluidità e la possibilità di far scorrere le espe-
rienze all’interno della nostra intera esistenza.

La Morte non è altro che la separazione


dei due termini di un’equazione,
dove si libera non più l’Anima,
perché l’Anima era ciò che dava vita al corpo,
ma qualcos’altro, mentre il corpo si disgrega.

Diciamo che l’Anima che animava quel corpo,


da quel momento si chiama Spirito,
il quale è un’Anima liberata dalla sua massa.

Pertanto, secondo l’Alchimia, l’Anima esiste


nel momento in cui esiste questa formula;
in altre parole,
noi abbiamo un’Anima solo quando siamo vivi
e uno Spirito quando siamo vivi in un’altra forma.
Dia
È di fondamentale importanza comprendere come in noi tutto fun-
naE
zioni grazie al bioritmo dei Quattro Elementi: inizialmente percepiamo
lena
OM
EDI la voglia di fare qualcosa (Fuoco), realizziamo quella cosa (Terra), pen-
ZIO
N siamo se è “cosa buona” (Aria) e infine permettiamo a quella cosa che
abbiamo creato e giudicato positiva di fluire nella nostra vita (Acqua).
Viviamo, purtroppo, in una struttura sociale e culturale in cui siamo
indotti a pensare prima di fare, a giudicare prima di sperimentare, antepo-
nendo l’elemento Aria (giudizio, discernimento) alla Terra (realizzazione).
ZI
EDI
aOM
I QUATTRO ELEMENTI: LE FORZE DELLA VITA
E le91n
a
D ian

1. Uno

2. Masc. Fem.

MERC. SULP.

3.

SAL
VOLONTÀ
Caldo – F. Gravitaz.
Bruciore

Fuoco REALIZZAZIONE
Secco – F. Nucl. forte
Crosta

4. Terra Aria
DISCERNIMENTO
Freddo – F. Elettromag.
Acqua Protezione

ADATTAMENTO
Umido – F. Nucl. debole
Edema

7. Manifestazione
a
an
Di
92 TRATTATO DI ALCHIMIA DELLE EMOZIONI – NIGREDO

Come è possibile valutare un atto, un qualcosa, senza averlo pri-


ma sperimentato? Il bioritmo naturale dei Quattro Elementi ci sug-
gerisce che dovremmo agire dopo averne sentito la spinta della vo-
lontà (la volontà vera, proveniente dalla voce del nostro inconscio e
non della nostra mente), e pensare (discernere) solamente dopo aver
agito, per far si che tutto scorra in modo naturale. È questa la “via”
dei bambini! Desiderano; fanno; comprendono e quindi imparano.
Cosa ci è stato insegnato invece? “Prima di fare pensa!” Siamo tal-
mente bloccati nelle nostre vite da questa grande ferita di separazione
tra l’elemento Fuoco (il desiderio) e la Terra (il realizzarlo) che vivia-
mo immersi in un mondo di dubbi dove la frase consueta è “Mi pia-
cerebbe tanto… ma… e se…?” E nessuno così fa più niente, a tutti i livelli.
La maggior parte delle persone che ha realizzato i propri sogni è perché
li ha fatti carne, non perché li ha pensati! Ci deve essere sempre una rela-
zione diretta tra elemento Fuoco ed elemento Terra, tra il “dire” e il
“fare”. L’elemento Aria, il discernimento, viene dopo.
Parallelamente, anche a livello del nostro sistema nervoso centrale,
si determinano le stesse dinamiche che riguardano il bioritmo naturale
dei Quattro Elementi. Vediamo come ciò avviene. Quando “si accende”
una “luce” nel nostro cervello (la famosa lampadina di Archimede – Fuo-
co), che fisiologicamente è una scarica neuronale, essa scorre attraverso
un nervo e diviene poi un neuro trasmettitore (una molecola, Terra).
Ancora una volta, da energia/luce si è creata massa. A sua volta il neuro
trasmettitore, a livello delle sinapsi, stimolerà nuovamente una scarica
neuronale, con il risultato di produrre altra luce e campi elettromagneti-
ci tra loro strettamente integrati (Aria). Successivamente, queste onde
elettromagnetiche ritroveranno una realizzazione fisica nella formazione
di un altro neuro ormone (principalmente all’interno di una ghiandola
situata nel cervello chiamata Ipotalamo), il quale questa volta determi-
nerà effetti sistemici diffondendosi in tutto il corpo (elemento Acqua –
in questo frangente riconducibile alla ghiandola Ipofisi).
Se per un qualsiasi motivo nel nostro cervello da una “luce” si dovesse
creare ancora luce e non una massa, potrebbe nascere la possibilità che si
verifichi una vera e propria crisi epilettica.
I QUATTRO ELEMENTI: LE FORZE DELLA VITA 93

Il cervello non può funzionare se non con questo codice: 1,0,1,0,…


che è chiamato codice binario. Tutti i calcolatori funzionano così.
Dal pensiero alla massa, dalla massa al pensiero. Qualora questo naturale
bioritmo tra energia e materia venisse alterato, si creerebbe una “ferita”
dovuta proprio alla separazione di questi archetipi energetici opposti.
Più e meno, primavera ed autunno, estate ed inverno, Fuoco e Terra: la
vita funziona esclusivamente grazie all’alternanza di bioritmi opposti: la
matematica del codice binario.

Tra i Quattro Elementi, il più sublime e legato alla nostra vita materia-
le è l’Acqua: essa è l’elemento del fluire, della coesione. Di acqua noi ne
abbiamo tanta: costituisce l’80 per cento della nostra massa corporea, e
qualora togliessimo l’acqua dal nostro corpo, rimarrebbe solamente un
mucchietto di polvere. Essa è l’elemento che ci lega alla vita: direttamente,
in quanto tutto ciò che si muove dentro di noi è mosso dai fluidi cor-
porei, e indirettamente, in quanto il ciclo dell’acqua sul pianeta Terra è
quanto di più sublime possa esistere in una struttura complessa quale
un pianeta. Basti pensare che, ogni qualvolta si cerca un pianeta remoto
Diana nel cosmo che possa ospitare la vita, si cercano tracce d’acqua. L’acqua ci
fa percepire l’essere parte di un flusso, di un grande oceano dove le varie
particelle d’acqua sono solo apparentemente separate tra loro.

Quando ci feriamo, la prima sostanza che fuoriesce dal corpo è l’ac-


qua, un fluido: che sia rosso (sangue) o bianco (plasma) il primo mov-
imento della separazione è sempre legato all’acqua. Sopraggiunge poi il
gonfiore, l’edema, l’area si gonfia a causa dell’imbibizione dei tessuti da
parte dei fluidi. Di fronte ad una ferita, sia essa fisica o emozionale, abbia-
mo sempre una attivazione immediata dell’elemento Acqua.
Pensiamo anche qual è la prima cosa che fa un bambino quando subì-
sce una trauma o vive un’emozione sgradevole: piange. Pensiamo qual è la
prima reazione in noi quando subiamo una ferita, in particolare emozio-
nale: piangiamo. Anche se a volte non lo facciamo, principalmente a cau-
sa di tabù indotti dalla società e dalla cultura, la prima reazione sarebbe il
pianto, che rappresenta l’apertura dei “canali dell’acqua”.
94 TRATTATO DI ALCHIMIA DELLE EMOZIONI – NIGREDO

Dall’acqua, elemento che fa parte dei nostri archetipi più profondi


legati al mondo emotivo, non si può fuggire: a differenza dei terremoti,
incendi, e uragani, la sua avanzata è inesorabile, perché essa si muove in
tutte le direzioni e riempie tutti gli spazi vuoti. Di fronte a lei siamo im-
potenti, poiché la sua forza si espande in tutte le direzioni raggiungendo
ogni angolo del mondo. Pensiamo agli effetti devastanti degli Tsunami;
si tratta spesso di un’onda la cui altezza raggiunge i due, tre metri, ma
la cui potenza fa si che possa entrare nell’entroterra anche per decine di
chilometri, spazzando via tutto ciò che incontra. L’acqua è inoltre l’ele-
mento che ci permette di relazionarci con gli altri, costituendo una sorta
di “ponte” sia fisico che chimico.
Pensiamo solo a cosa accade se inseriamo le dita nella presa della cor-
rente mentre siamo a contatto del bagnato e a piedi nudi! L’acqua è un
grande conduttore e, in quanto solvente, permette che le reazioni chimi-
che del nostro corpo avvengano in modo coerente. Per questo motivo è
considerata, a ragione, la fonte della vita; solamente in essa avvengono
reazioni chimico–fisiche che non avverrebbero in nessun altro fluido.
Di Per questo motivo tutti gli esseri viventi sono prevalentemente composti
da acqua. La nostra struttura fisica è basata sull’acqua e sulla geometria,
perché in tutte le nostre strutture cellulari, dalle ossa, alle mucose fino al
tessuto muscolare, le cellule non sono disposte a caso ma in forme geo-
metriche spesso incredibilmente complesse e perfette.

La vita si organizza a partire dai Quattro Elementi, attraverso la con-


cretezza delle Tre Sostanze e la chimica degli Elementi della vita si mani-
festa primariamente nell’Acqua, e tutte le strutture organiche ed inorga-
niche tendono ad assumere forme strutturali geometriche. Vedremo nel
capitolo successivo quanto la geometria sia alla base di tutti i processi
che coinvolgono un’energia che si tramuta
in carne, in massa.
Di
an
aE
95

len
DA ENERGIA A MATERIA

aO
IL PROCESSO

M
ED
INCARNATORIO

IZ
IO
N IS
NC
11/
Allora Gesù chiamò a sé un bambino,

24
lo pose in mezzo a loro e disse:

/2
«In verità vi dico: se non vi convertirete

02
e non diventerete come i bambini,

2
12
non entrerete nel regno dei cieli.

:3
4:
11
Perciò chiunque diventerà piccolo

PM
come questo bambino,
sarà il più grande nel regno dei cieli.

35
83
(Matteo 18)

55
Come abbiamo già visto, gli esseri viventi sono fondamentalmente
una massa che contiene energia, la quale, per non perdere il contatto con
il suo potenziale, deve “registrare” in quella massa una memoria.
Chi sono? Da dove vengo? Dove voglio andare? Quali sono le mie
potenzialità? Quali le mie sfide? L’Energia deve impregnare la massa
di queste informazioni vitali; per questo motivo tutta la parte mate-
riale organica è costituita da strutture il cui ruolo primario è il conte-
nere informazioni sotto forma di memoria chimica ed elettromagneti-
ca. Nell’antica tradizione medica cinese, così come in quella egiziana e
indiana, si credeva che gli organi fossero depositari delle memorie lega-
te al mondo dell’energia ed avessero, pertanto, oltre alla funzione fisio-
logica naturalmente legata alle funzioni organiche, anche una funzio-
ne energetica. Si pensava, ad esempio, che il rene fosse il depositario
ED
O M
le na
96 n aE
Di a
TRATTATO DI ALCHIMIA DELLE EMOZIONI – NIGREDO

della memoria di specie e dell’energia del concepimento, che il fegato


contenesse il coraggio ed il lato guerriero dello Spirito, che il polmone
fosse la sede dell’anima animale e desse all’uomo la capacità di ra-
gionare e di separare, che la milza avesse il dono di gestire la connes-
sione con la terra, il nostro legame con la materia e che il cuore fosse la
sede dello Spirito.

Ogni struttura del corpo non è altro che un microchip fatto appo-
sta per memorizzare delle frequenze che risiedono nell’energia che ci ha
dato forma. L’energia libera, quando “sceglie” di vivere un’esperienza
materiale, si “incarna” nella formula: E = m·c². Questa formula rappre-
senta l’energia incarnata in una massa, relativamente ad uno spazio e ad
un tempo. Affinché possa dar vita ad una massa che sia ad immagine e
somiglianza di se stessa, bisogna che la stessa energia sia causa di se stessa,
altrimenti non avremo mai una relazione che si conformi all’uguaglianza.

A questo punto è necessario chiedersi: “Come è possibile che l’Ener-


gia dia forma e vita ad una massa che sia a sua immagine e somiglianza?
Come questa energia informa la massa?”
La risposta si trova, ancora una volta, nel mondo dell’atomo. L’energia
“libera”, divenendo energia di legame e dando vita al mondo dell’atomo,
riesce a manifestarsi materialmente come movimento delle Tre Sostanze
che compongono la materia stessa. L’energia si manifesta sempre nel
mondo materiale attraverso le quattro interazioni – o forze – atomiche,
che per l’Alchimia, come abbiamo visto, sono rappresentabili attraverso
i Quattro Elementi.

L’energia incarnata può manifestarsi sempre e solo in due modi: sot-


to forma di onda o di pacchetto d’onda, anche conosciuto come fotone.
La manifestazione duplice dell’energia è un concetto noto agli antichi,
dimostrato successivamente da Newton con la scoperta della duplice na-
tura dell’onda luminosa. Come sostengono i Cinesi nei testi classici del
Taoismo, dal vuoto primordiale (il Wu Ji), nacquero le prime manife-
stazioni dell’energia ordinata, lo Yang e lo Yin.
DA ENERGIA A MATERIA: IL PROCESSO INCARNATORIO 97

Da questi due Princìpi, che simboleggiano le forze della luce e del buio
– ovvero del maschile e del femminile, lo Zolfo e il Mercurio, Adamo
ed Eva, il protone e l’elettrone, ecc... – nacque la vita come oggi la cono-
sciamo. Senza l’ordinazione dell’energia in questi due principi primor-
diali, che simboleggiano anche il bene ed il male, e la scelta che l’energia
deve operare per esistere nel piano materiale, la vita sarebbe impossibile.

Ma come fa l’onda, o il pacchetto d’onda, ad informare l’atomo di sé?


Semplicemente, entra nell’atomo dando vita all’atomo stesso, in quan-
to diventa energia di legame tra protone, elettrone e neutrone. L’energia
atomica, fondamentalmente riassunta nelle quattro interazioni o forze
atomiche, non è altro che l’energia “libera”, ordinata e condensatasi nella
massa atomica relativamente ad uno spazio e ad un tempo. Essa differisce
dalla sua forma originaria solamente per il fatto che essa inizia a vibrare
ad un livello più prossimo alla vibrazione di manifestazione materiale:
tutto ciò avviene pur mantenendo le sue caratteristiche peculiari.

Gli antichi alchimisti chiamarono questa forma di energia che definia-


a
mo “libera” con il termine di Spirito, e la forma di energia incarnata nel Di
mondo della materia con il termine Anima. Poiché l’energia “libera”
(l’energia Spirituale, quindi) relativa ad un essere umano è immensa, è
necessario per la sua materializzazione un numero immenso di atomi per
fondere ed incarnare tutta questa energia nella massa. Sarebbe un grosso
problema se la mia energia sfuggisse ai legami molecolari e si disperdesse
nell’Universo! Basti pensare a cosa succede quando in una centrale nu-
cleare si perde il controllo sul processo di fusione e l’energia comincia
a disperdersi. L’energia contenuta nei nostri legami atomici è enorme; è
sufficiente considerare la formula E = m·c²: anche con una piccolissima
quantità di massa, l’effetto della moltiplicazione per la velocità della luce
(300.000 Km/s al quadrato), darebbe una quantità di energia altissima.

È fondamentale comprendere che noi siamo energia incarnata in una


massa: un’energia “libera” che ha accettato una sorta di “contratto” nei
confronti della materia per poter vivere l’esperienza della dualità.
98 TRATTATO DI ALCHIMIA DELLE EMOZIONI – NIGREDO

Lo Spirito ha estrema necessità della massa per poter esprimere il suo


potenziale. Non dimentichiamo che solamente in una relazione tra pro-
tone ed elettrone si inserisce il neutrone; solamente così la materia let-
teralmente prende vita, si “anima”.

Una domanda, però, sorge spontanea: come ha potuto questa energia


fondere la sua immensa essenza ed intelligenza in una massa tanto piccola
e ristretta quale quella di un atomo? Lo studio di questo processo è parte
DianaElenaO

di una grande ricerca alchemica detta processo incarnatorio.


In passato, nelle antiche scuole misteriche, era questo uno studio ri-
servato solamente agli allievi più avanzati nel processo di apprendimen-
to. Il processo incarnatorio racchiude l’Arcano dell’energia (“il Verbo”)
che si fa carne (Massa) attraverso una serie di passaggi ed eventi di cui
daremo descrizione. Una volta incarnata in una massa, l’energia inizia la
M ED

sua esperienza materiale. Tutte le esperienze della nostra vita non sono
altro che il percorso che l’energia compie attraverso il conduttore rap-
IZIONI

presentato dal nostro corpo. Metaforicamente, quindi, la nostra energia


scorre dalla sua centrale di origine, passando dall’interruttore alla lampa-
dina, con l’intento primario che questa possa accendersi ed illuminare ciò
che prima era buio e caotico.
SNC

L’energia “libera” è ovunque, in ogni luogo ed in ogni tempo. Essa è an-


1 1

che definita come il Mercurio degli Alchimisti o Mercurio Filosofico. Ad


/2

un certo punto della sua esistenza, essa vuole fare l’esperienza di andare
4 /2

da un punto ad un altro, di essere definita in un tempo ed in uno spazio:


0

questo percorso si chiama Evoluzione. Tutto questo non è facile: imma-


2 2

ginate una goccia dell’oceano che vuol fare l’esperienza di essere una goc-
12:34:11

cia rimanendo però inserita nel contesto oceanico!

Per fare questo percorso–esperienza, l’energia libera deve per forza in-
dicare un punto di partenza e un punto di arrivo: essa però non può an-
PM358355

dare da un punto ad un altro perché si trova già nel punto e nell’altro allo
stesso tempo, essendo ubiquitaria. Quanto tempo impiego per andare
da qui a lì? E quanto è lungo questo spazio? Tutto questo è misurabile.
DA ENERGIA A MATERIA: IL PROCESSO INCARNATORIO 99

Questa esperienza, che noi chiamiamo vita, è un cammino che con-


duce l’energia da un punto ad un altro attraverso un conduttore, che può
essere un filo di rame, un filo di ottone o un corpo fondamentalmente aEle
Dian
composto da acqua e sali minerali, metalli che in natura hanno la proprie- naO
tà di condurre l’energia.
ME
DIZI
ONI
SNC
Noi siamo fatti per l’80% di acqua e per il 20% di Sali minerali, che
11/2
sono la polvere che rimane quando veniamo ridotti in cenere, calcinati,
4/20
22 1
:11 attraverso l’Elemento Fuoco. L’acqua è il più grande conduttore che esi-
2:34
PM3 sta; i minerali sono, invece, utilizzati nei microchip come conduttori e
5
semiconduttori, quindi in grado anche di trattenere e memorizzare dati
ed informazioni.

Possiamo affermare, quindi, che siamo nati per essere dei conduttori.
E cosa conduciamo? Noi stessi! Dove? Da un punto ad un altro, durante
la nostra esperienza di consapevolezza. Ma, come avviene questo proces-
so apparentemente così complesso? Primariamente, se parto da un pun-
to per andare verso un altro punto dovrò necessariamente avere qualcosa
che stimola in me questo movimento. O il percorso è in salita, e quindi
qualcosa viene verso di me, o è in discesa e quindi io vado verso qualco-
sa; oppure ci deve essere qualcosa che mi spinge. Se il percorso è pianeg-
giante e non c’è nulla a spingermi, io non avrò la forza per muovermi da
un punto ad un altro. In fisica questo stato di squilibrio esistente tra due
15
punti in un determinato spazio si chiama differenza di potenziale .

Se vi è una differenza di potenziale, questa mi muove. Nella nostra


vita ci deve essere una differenza di potenziale affinché esista un movi-
mento. È necessario che io nasca più “ignorante” rispetto al livello di co-
noscenza/coscienza con cui morirò.

15 La differenza di potenziale tra due punti immersi in un campo vettoriale conservativo corrisponde al la-
voro necessario per spostare un elemento di valore unitario dal punto potenziale più basso al punto con maggior
potenziale. In ambito elettrico, la differenza di potenziale è chiamata comunemente tensione o, più raramente (ed
impropriamente), voltaggio. Il prodotto del flusso e della differenza di potenziale è la potenza, che è il rapporto tra la
quantità di energia prodotta ed il tempo.
100 TRATTATO DI ALCHIMIA DELLE EMOZIONI – NIGREDO

Cos’è che fa sì che nella mia vita io abbia un motore acceso che mi
porta da un punto ad un altro? Non è certo ciò che già posseggo a stimo-
larmi, quanto quello che mi manca, che mi spinge a muovermi! Chi non
ha stimolo non cammina; generalmente, infatti, sono proprio le persone
che incontrano grandi difficoltà nella vita quelle che fanno più strada nel
proprio cammino evolutivo!

L’energia cerca di incarnarsi creando dei picchi e delle valli, delle dif-
ferenze di potenziale, per poter andare da un punto che abbia un voltag- 583
55
3
PM
gio verso un altro con un voltaggio differente; affinché l’energia si1arric-
chisca e aumenti il suo voltaggio, deve obbligatoriamente2fare :1
34esperienza.
1 :
2 0 22 una condizione di
Se non ci sono delle difficoltà, delle sfide, si verifica
/
stasi. Le Ferite Emozionali rappresentano
1 1 /24delle sfide importantissime
che hanno l’obiettivo di stimolare
I S NCl’essere a cercare delle soluzioni per
risolvere i problemi. La N
IOsoluzione o guarigione della Ferita Emozionale
I Z
M ED
rappresenta il movimento da un punto a basso potenziale verso un altro
punto O
naa potenziale maggiore: la conquista di un talento.
Ele
Diana
Le Ferite Emozionali, quindi, sono difficoltà pre–determinate dallo
Spirito (pre–destinate), con l’unico obiettivo di creare una differenza di
potenziale, quindi la tendenza al movimento, attraverso il quale noi pos-
siamo, superando quel dislivello, crescere ed evolvere.

Studieremo le Ferite Emozionali non tanto perché ci interessa soffer-


marci sulla ferita in sé, ma per ciò che avviene successivamente, quando la
ferita viene risolta, quindi per il suo relativo Talento. Se nascessimo con i
talenti già attivi, non li apprezzeremmo e, probabilmente, non avremmo
la spinta necessaria per ricercare soluzioni per migliorare la nostra vita.

Noi rappresentiamo il mondo dell’energia e della massa e, poiché ab-


biamo scelto questa esperienza duale, non possiamo camminare se non
muovendo dei passi. Destro e sinistro; vuoto e pieno.

È solamente così che si cammina.


DianaElenaOM EDIZION
101 I SNC1
DA ENERGIA A MATERIA: IL PROCESSO INCARNATORIO 1/24
Il Taoismo afferma:

All’inizio c’era il Wu Ji, il caos senza forma

... interessante, sembra la Genesi biblica...

poi dal Caos nacquero lo Yin e lo Yang

– protone ed elettrone –

e da questi nacque il Tao

(l’atomo); dallo Yin e dallo Yang nacquero gli Otto Trigrammi e da questi
i 64 Esagrammi che racchiudono tutto quello che esiste nell’Universo,
perché sono identici ai 64 codoni del DNA.

MERC.

Acqua Aria

SAL

Fuoco Terra

SULP.
Dian
102 TRATTATO DI ALCHIMIA DELLE EMOZIONI – NIGREDO

Riassumendo, dobbiamo chiarire che le Tre Sostanze dell’Alchimia,


Corpo–Anima–Spirito, apparentemente così diverse, sono, in realtà, più
aspetti della stessa Energia. Il nostro Spirito è rappresentabile nell’energia
nella sua forma “libera”, l’Anima è l’energia incarnata che vivifica la mate-
ria, e il Corpo è la massa.
Lo Spirito, quando si manifesta nella carne, dà origine all’Anima, che
anima letteralmente il Corpo, il quale è una massa fatta “a immagine e
somiglianza” dello Spirito. Quando uno Spirito desidera vivere un’espe-
rienza materiale, deve necessariamente configurare la sua energia per riu-
scire a contenerla tutta in una struttura che è limitata a livello spaziale ed
a livello temporale. Dovrà configurarsi similmente alle regole che reggo-
no la materia per riuscire a rimanere ancorato qui, in terra. Incontrerà
quindi due cellule: un ovulo ed uno spermatozoo, Mercurio e Zolfo, il
principio femminile e maschile, e solo attraverso queste due strutture po-
trà manifestare la sua immensità.

È interessante notare come, sia nel mondo atomico, sia a livello bio-
logico, vale la regola apparentemente banale del “non c’è Due senza il
Tre”, che equivale alla frase pronunciata da Gesù

Perché dove sono due o tre riuniti nel mio nome,


io sono in mezzo a loro.
(Matteo 18–20)

Quando un ovulo e uno spermatozoo s’incontrano, si manifesta


l’Amore, la forza evolutiva che sottende alla vita. Quando protone ed
elettrone s’incontrano, nasce il neutrone e con esso l’atomo. Quando si
manifesta il Tre – le Tre Sostanze dell’Alchimia – “il Quattro viene da sé”:
i Quattro Elementi, intrinsecamente connessi all’esistenza dell’atomo. In
sintesi, il Due, il Tre e il Quattro sono, nell’Alchimia, numeri associati a
concetti o forze particolari, collegate e interdipendenti tra loro, avendo
un solo e comune obiettivo: lo sviluppo della Vita. L’energia è una, indi-
visa. Per poter fare un’esperienza materiale essa si struttura e si incarna in
due cellule di natura opposta: nasce il Tre, la base della materia.
DA ENERGIA A MATERIA: IL PROCESSO INCARNATORIO 103

Quando sorge il Tre, quando l’energia spirituale si fonde nel pri-


mo atomo o nella prima cellula zigote (cellula uovo fecondata), nasce
il Quattro: la vita inizia a relazionarsi con le leggi dell’ecosistema, con
i bioritmi, con le stagioni. Non è a caso che tutto il processo della gra-
vidanza si misuri in trimestri e in settimane, e che le settimane in un mese
siano quattro, che moltiplicato per nove mesi (tre per tre), danno 36 set-
timane, che rappresentano il limite “minimo” per una gravidanza a ter-
mine. Il sette (la settimana) tra l’altro, è formato dalle Tre Sostanze più i
Quattro Elementi. Così, matematicamente parlando, tutto torna.

Il corpo è composto da cellule ed ogni cellula, in quanto essere vi-


vente, ha una sua intelligenza. Nel nucleo di ciascuna cellula ci sono
mediamente due metri di DNA strettamente avvolto, per un totale di
40.495.039.304 metri di DNA. Il corpo è fondamentalmente composto
di DNA, il quale rappresenta una delle forme di memoria della materia.
Riceviamo il DNA nel momento in cui si fondono l’ovulo e lo spermato-
zoo. Il DNA non appartiene allo Spirito: ovulo e spermatozoo vengono
dal padre e dalla madre, che a loro volta li hanno ereditati dai loro geni-
tori. Possiamo affermare che ovulo e spermatozoo provengono da Ada-
mo ed Eva, o ancora più probabilmente dal primo atomo che si è creato
durante il processo creativo. È stato il primo atomo che ha dato vita, per
adattamento, a tutto ciò che esiste, come afferma la Tabula di Ermete
Trismegisto. Tutta l’energia materiale deriva da quella prima energia in
cui il comando divino all’ordine si è opposto al caos, generando la massa.
Ovulo e spermatozoo si fondono tra loro quando lo Spirito afferma:

Sia la luce! Di
an
aE
Così, come nella Genesi, si crea il primo atomo del nostro nuovo cor-
len
po. Non è forse vero che un concepimento riproduce “in basso” ciò che
aO
è avvenuto “in alto”? M
ED
Rimane un mistero il capire come questa immensa energia sia riuscita
IZ
ad infilarsi all’interno di un ovulo e di uno spermatozoo proprio dentro
IO
l’utero di una donna. È una bella impresa!
NI
SN
C1
1/
24
/2
02
104 TRATTATO DI ALCHIMIA DELLE EMOZIONI – NIGREDO

Abbiamo detto che l’energia “libera” è ovunque, ma per compattarsi


all’interno di un ovulo ed uno spermatozoo è necessario che si contrag-
ga attraverso un movimento spiraliforme, tipicamente presente in tutti i
fenomeni atmosferici. Similmente ad un nucleo di alta pressione atmo-
sferica, detto anticiclone, portatore tra l’altro sempre di bel tempo,
l’energia spirituale inizia a ruotare attorno ad un nucleo centrale, e in que-
sto movimento spiraliforme inizia a contrarsi verso il suo centro. Si
crea così un nucleo di rotazione, che partendo da un punto richiama a
sé tutte le onde/frequenze dell’energia spirituale fino a creare pacchetti
d’onda, cioè fotoni. Si compatta talmente tanto da diventare un “punto”,
un “individuo” puntiforme in forma energetica. Tutte le informazioni
contenute in quella mole di energia si posizionano in modo disordinato
e caotico: così, ad esempio, la forma energetica dei miei organi verrà a
trovarsi lontana dalla forma energetica del come i miei organi funziona-
no. Queste informazioni, questa intelligenza legata al corpo fisico, non
la si impara dopo la nascita, ma è innata, contenuta sotto forma di onda
Dian

all’interno delle informazioni presenti nell’energia spirituale.


Lo Spirito ha urgente bisogno di ordine in questa fase: a breve si ritro-
aEle

verà in un pianeta dove esiste il giorno e la notte, la fame e la sazietà, la


gioia e la tristezza, dove sarà necessario coordinare tutte le informazioni
naO

in forma d’onda per costruire un corpo fisiologicamente funzionante ed


anatomicamente perfetto. Questa energia che si è compattata, avvicinan-
ME

dosi all’ecosistema del sistema solare, dovrà cercare dei punti di riferimen-
to esterni per formattare la sua energia e definire se stessa. È un po’ come
DIZI

nella navigazione in mare aperto, dove è necessario oltre che tracciare una
ONI

rotta, avere sempre dei punti di riferimento esterni sulla volta celeste,
quali la posizione del Sole di giorno e degli astri la notte.
SNC

Le strutture energetiche che lo Spirito assume come punti di riferi-


mento durante il processo incarnatorio sono le dodici costellazioni zo-
11/2

diacali. Il percorso che questa immensa energia compie all’interno della


guida di queste strutture, prende il nome
4/20

di tunnel incarnatorio.
22 1
2:34
:11
S
NI
IO Z
DI
DA ENERGIA A MATERIA: IL PROCESSO INCARNATORIO
E 105
M
O a
Processo Creativo
en l E
na a
Di

FIAT LUX

Fem. MERC.

SPIRITO SAL Seme

Masc. SULP.

Utero

CORPO

Gamete

Manifestazione
106 TRATTATO DI ALCHIMIA DELLE EMOZIONI – NIGREDO

LO ZODIACO
MAESTRO DI ARCHETIPI

Il tunnel incarnatorio è una proiezione virtuale tridimensionale costi-


tuita da quelli che in Astrologia si chiamano i Dodici Segni dello Zodia-
co. Questi costituiscono una struttura circolare di stelle che fa da sfondo
all’apparente cammino del Sole nel cielo durante il corso di un anno.

Ammassi e gruppi di stelle molto differenti e lontani tra loro, per con-
venzione sono stati raggruppati fino a costituire le costellazioni e quindi
i Segni dello Zodiaco. Non è questo il luogo per redigere un trattato in
materia di Astrologia, ma è doverosa una spiegazione chiara e semplice
della differenza che esiste tra Astronomia, Astrologia, Astrologia mo-
derna e “antica”.

Lo Zodiaco (dal greco parola composta da zòon – “essere vivente” – e


òdos – “percorso”), è una fascia della volta celeste che si estende all’incirca
per 8° da entrambi i lati dell’eclittica, che è il percorso apparente del Sole
nel suo moto annuo.
Le stelle dello Zodiaco sono state raggruppate in costellazioni e a
queste sono stati assegnati nomi di esseri viventi, reali o immaginari. Le
stelle della fascia zodiacale erano utilizzate dagli astronomi mesopotamici
come punti di riferimento per registrare la posizione del Sole, della Luna
e dei pianeti. Col perfezionarsi degli strumenti di osservazione, i babilo-
Di
annesi divisero lo Zodiaco in dodici segmenti di 30° ciascuno, assegnando
convenzionalmente ad ognuno il nome di una costellazione.
aE
len
aO In Egitto, inoltre, ciascuno dei dodici segmenti era diviso in tre parti,
M dette decani, in quanto composti da un’ampiezza di dieci gradi ciascuno,
ottenendo così una suddivisione della fascia zodiacale in 36 segmenti.
E
107

Le due intersezioni dello Zodiaco con il piano equatoriale cosmico,


dette punto gamma e punto omega, corrispondono agli equinozi, rispet-
tivamente di primavera ed autunno, e le date ad esse corrispondenti fu-
rono spesso utilizzate come riferimenti al capodanno sin dall’antichità. Il
punto gamma è considerato tuttora il punto iniziale dello Zodiaco, ed è
chiamato anche primo grado di Ariete, perché questo nome fu stabilito
quando l’equinozio di primavera coincideva con l’ingresso del Sole nella
costellazione dell’Ariete.

Le suddivisioni dello zodiaco sono dette Costellazioni in Astronomia


e Segni zodiacali in Astrologia. I Segni dello Zodiaco utilizzati dall’Astro-
logia in occidente sono quelli descritti dall’astronomo e astrologo ales-
sandrino Tolomeo nel II secolo d.C.
Agli occhi della scienza astronomica, lo Zodiaco è una regione della
volta celeste utile da individuare per le sue implicazioni pratiche: tutti i
pianeti e la maggior parte degli altri corpi celesti del sistema solare sono
visibili solo nella regione dello Zodiaco. Un osservatore che vedesse un
oggetto molto luminoso al di fuori della regione zodiacale saprebbe con
certezza che non può trattarsi di un pianeta. L’Astronomia moderna ha
dimostrato che le costellazioni sono raggruppamenti casuali di stelle,
composte da stelle non vicine nello spazio tridimensionale, anzi, in al-
cuni casi, separate da enormi distanze, nonostante appaiano vicine nella
nostra percezione bidimensionale dello spazio.

Secondo l’Astrologia occidentale invece, lo Zodiaco è suddiviso in


dodici parti uguali di 30° di ampiezza ciascuna dette Segni zodiacali. I
Segni zodiacali ricevono il nome da dodici costellazioni situate lungo
l’eclittica. Anticamente il periodo del primo Segno zodiacale, l’Ariete,
iniziava quando il Sole transitava per il punto in cui il piano dell’eclittica
interseca il piano dell’equatore terrestre, al momento cioè dell’equinozio
di primavera. Tale punto è detto vernale o anche primo punto di Ariete o
punto gamma. Anche oggi il periodo del primo Segno zodiacale, l’Ariete,
DianaElenaO

inizia il giorno dell’equinozio di primavera, il 21 Marzo, ma il Sole è an-


cora nella costellazione dei Pesci, dove rimane fino a metà Aprile.
108 TRATTATO DI ALCHIMIA DELLE EMOZIONI – NIGREDO

A causa, infatti, della precessione degli equinozi, le costellazioni sono


sempre meno sovrapposte alle omonime suddivisioni dello Zodiaco.
Essendo la precessione un fenomeno ciclico, la corrispondenza approssi-
mativa tra Segni e costellazioni si ripresenta ogni 25.800 anni circa.

Nell’Astrologia occidentale tradizionale, detta tropica, si fa riferimen-


to alla posizione del punto gamma valida all’epoca del primo ampio
manuale astrologico, il Tetrabiblos di Claudio Tolomeo, in modo che le
previsioni restino ancorate al ciclo delle stagioni. In altre tradizioni astro-
logiche, come quella sumera ed indiana, detta siderale, si fa invece rife-
rimento alla posizione attuale del punto corrispondente all’equinozio di
primavera: le previsioni, in questo caso, sono ancorate alla posizione reale
delle costellazioni zodiacali.
Viene da chiedersi come le costellazioni zodiacali possano in effetti,
vista la loro lontananza ed il mancato allineamento tridimensionale, in-
fluenzare la vita di un pianeta quale la Terra e degli esseri viventi che in
esso vi abitano.

Nel corso dei miei studi, ho sempre percepito una grande ammira-
zione per l’indagine promossa dalla scienza astrologica, senza però mai
comprenderne il reale fondamento che la elevasse al rango di vera “scien-
za”. In realtà, dopo anni di studi della visione astrologica professata dagli
antichi alchimisti sumeri, ho compreso che nel mio schema di valuta-
D

zione vi era un condizionamento estremamente radicato che, in qualche


ia n

modo, mi faceva pensare e credere che gli astri avessero una qualsivoglia
aE

influenza sugli esseri viventi.


l en

Mi sbagliavo: troppo condizionato dalla visione deterministica e se-


OM a

guendo una forma pensiero che considerava l’uomo “vittima” degli even-
E

ti esterni, siano essi naturali quanto astrali, avevo ceduto nell’ammettere


DI

che in qualche modo estremamente “antiscientifico” gli astri potessero


IO Z

condizionare la vita, la “vita” viva, animata, incarnata.


N

Capii, attraverso una serie di intuizioni rivelatrici, che forse non c’era
I S

interferenza alcuna da parte degli astri e dei pianeti nella nostra vita a
N C

livello del nostro Universo relativistico.


11
24 /
2 /
02
2
1
58355
P M3
LO ZODIACO: MAESTRO DI ARCHETIPI 109

4:11
Comprensione Fede Saggezza

: 3
III IV V

2
FERITA FERITA FERITA

/2 0 22 1
/24 11 NC
SAT.
SAT. GIO.

NI S
X
GIO. XI IX MAR.
XII VIII O ZI
EDI
MAR. I VII VEN.
OM
II VI

VEN. III V MER.


na

IV
aEle

MER. SOLE
LUNA
Dian

VII
FERITA

Gratitudine

I II VI
FERITA FERITA FERITA

Incarnazione Connessione Reminiscenza


110 TRATTATO DI ALCHIMIA DELLE EMOZIONI – NIGREDO

In altre parole, quando l’Energia – lo Spirito – si trova nella sua forma


“incarnata”, ovvero legata alla materia, è molto sensibile alle forze impres-
se dalla massa stessa e dalle frequenze energetiche che le sono prossime,
piuttosto che a dei campi magnetici interstellari lontani migliaia di anni
luce i quali, pur giungendo fino a noi, impiegano spesso secoli per arri-

355
vare sulla Terra. Essendo la vita relativistica dipendente dal tempo e dallo
spazio, un’influenza di tal tipo si manifesterebbe solamente in tempi bi-

PM358
blici, assolutamente incompatibili con la vita di un essere quale l’uomo.

La svolta decisiva nella visione che avevo dell’Astrologia avvenne quan-

:34:11
do affrontai lo studio degli argomenti della fisica quantistica; solo allora
capii, e compresi anche il motivo per cui Tommaso D’Aquino diceva:

022 12
Gli astri influenzano, ma
non costringono.

1/24/2
SNC1
ZIONI
M EDI
lenaO
DianaE
DianaElenaO
M

111

LA VISIONE
QUANTICA

Cercherò ora di spiegare, nel modo più semplice possibile, il concetto


di base che rende l’Astrologia una “scienza” che studia, fondamentalmen-
te, il processo di materializzazione della libera scelta consapevole della
Energia. I fisici mi perdonino l’approssimazione dei concetti spiegati, che
richiederebbero un trattato finalizzato solamente a questo argomento.

Lo Spirito, nel momento in cui decide di auto determinarsi attraverso


il processo di osservazione di sé, crea una massa (la “sua” massa) da una
funzione d’onda, quale è agli occhi della fisica dei quanti, lo Spirito stesso.
Lo Spirito libero rappresenta quella che in fisica dei quanti si definisce
funzione d’onda.
Quando ci avviciniamo alla moderna visione della fisica quantistica,
ci imbattiamo inevitabilmente nella Teoria dei Campi, per cui l’Universo
intero, inclusi noi stessi, il pianeta in cui viviamo e ciò di cui ci cibiamo, è
visto come un “campo”. Il “campo”, per la fisica quantistica, è una sorta
di entità che esiste in ogni punto dello spazio, “che regola la creazione e
l’annichilazione delle particelle”.

Sia la luce che le particelle che costituiscono gli atomi – gli elementi
fondamentali che compongono la materia (quindi noi stessi e la realtà a
noi manifesta) – sono costituite da minuscoli concentrati di energia detti
“quanti”, aventi una duplice natura: ondulatoria e corpuscolare. Precisa-
mente, a livello subatomico, la materia presenta le caratteristiche tipiche
delle onde e solo all’atto dell’osservazione questa assume un comporta-
mento corpuscolare.
55
112 TRATTATO DI ALCHIMIA DELLE EMOZIONI – NIGREDO
83
35
Ad intuire la duplice natura, corpuscolare ed ondulatoria, della ma-PM
teria fu il matematico e fisico Louis De Broglie (1892–1987), che:1ot- 1
tenne il premio Nobel nel 1929. Le proprietà delle vibrazioni dell’onda
:3 4
2
quantistica furono descritte matematicamente dall’Equazione
2 2 1 d’onda di
4 / 0
Schrödinger, matematico e fisico austriaco, che per tale2scoperta nel 1933
fu insignito del premio Nobel.
1
Secondo la meccanica quantistica, le particelle
1/2subatomiche che for-
C
Nall’atto
mano la materia si manifestano soltanto S dell’osservazione. Fino
I
a quel momento, cioè fino a quando
I ON “qualcuno” non le osserva, esiste
IZ sotto forma di un’onda energetica, che
“solo” il potenziale della particella
D
E
contiene in sé tutte le possibilità. All’atto dell’osservazione, una particel-
la prende vita occupando
M
n aO una delle possibilità, solitamente quella che
ci aspettiamo in e
a El quanto osservatori “consapevoli”. L’aspetto sconvol-
gente, mananche illuminante, di queste scoperte, è che tutto l’Universo,
ia
inclusiDnoi stessi, siamo formati da particelle: le stesse particelle che esi-
stono come materia quando le osserviamo e che esistono anche allo stes-
so tempo come onde di possibilità quando non le osserviamo!

Un’altra caratteristica interessante della teoria quantistica è quella


dell’entanglement, fenomeno ampiamente dimostrato dagli esperimenti
del fisico Alain Aspect. Se due particelle si fanno interagire per un certo
periodo e quindi vengono separate, quando si sollecita una delle due in
modo da modificarne lo stato, istantaneamente si manifesta sulla secon-
da una analoga sollecitazione a qualunque distanza si trovi rispetto alla
prima. Il fenomeno dell’entanglement viola il principio di località, per il
quale ciò che accade in un luogo non può influire immediatamente su
ciò che accade in un altro. Questo concetto, assolutamente estraneo alla
fisica classica, ricorda il misterioso effetto che modificazioni nell’assetto
astronomico hanno sugli esseri viventi anche a distanza di anni luce!
Nel 1982 il fisico Alain Aspect, con una serie di sofisticati esperimenti,
dimostrò l’esistenza dell’entanglement ed infine, nell’Ottobre del 1998,
il fenomeno dell’entanglement è stato definitivamente confermato dalla
riuscita di un esperimento sul teletrasporto effettuato dall’Institute of
Technology (Caltech) di Pasadena, in California.
LA VISIONE QUANTICA 113

Il fisico Niels Bohr disse:

Tra due particelle che si allontanano


l’una dall’altra nello spazio, esiste una forma
di azione–comunicazione permanente.
(...)
Anche se due fotoni si trovassero su
due diverse galassie,
continuerebbero pur sempre a rimanere
un unico ente.

Gli oggetti “quantistici” (atomi, elettroni, quanti di luce, ecc...), si


trovano in certi “stati” indefiniti, descritti da certe entità matematiche
(come la “funzione d’onda” di Schrödinger). Soltanto all’atto della misu-
razione fisica se ne può ottenere un valore reale. Ma finché la misura non
viene effettuata, l’oggetto quantistico rimane in uno stato che è detto
oggettivamente indefinito, sebbene sia matematicamente definito. Esso
descrive solo una “potenzialità” dell’oggetto o del sistema fisico in esame,
ovvero contiene l’informazione relativa ad una “rosa” di valori possibili,
ciascuno con la sua probabilità di divenire reale ed oggettivo all’atto della
misurazione. Matematicamente, gli “stati” quantistici sono elementi di 11 P
uno spazio astratto che alcuni fisici definiscono come uno spazio 022 12:34:
1 1 / 2 4/2delle
potenzialità o delle possibilità, definito stato diN
Z I O I SN. C
Hilbert Le grandezze fisi-
che che possono essere misurate ED I
M(posizione, velocità, energia, momento
l e n a O
magnetico, ianaE sono definite osservabili.
Deccetera),
Cerchiamo di configurare nella nostra mente un esempio pratico:
immaginiamo che l’osservabile che vogliamo misurare sia l’energia di un
elettrone. Nel linguaggio della meccanica quantistica, si dice che all’atto
della misura dell’osservabile energia (l’elettrone “incarnato” per noi osser-
vatori), lo “stato” collassa in uno dei tanti potenziali auto–stati ammessi
da quella stessa osservabile energia. Gli auto–stati sono quei particolari
stati che forniscono una misura oggettiva (quindi sperimentalmente
misurabile) della nostra osservabile energia.
Dia
114 TRATTATO DI ALCHIMIA DELLE EMOZIONI – NIGREDO

Gli altri stati, invece, non possono darne un valore definito, poiché
prevedono una rosa di risultati diversi (ciascuno con la propria probabi-
lità), e vengono detti stati di sovrapposizione. In termini estremi, possia-
mo dire che rispetto alla nostra osservabile energia, solo gli auto–stati
danno un valore “oggettivo” nella realtà fisica, mentre gli altri stati non
possono dare valori “oggettivi”, prevedibili e certi, pur descrivendo per-
fettamente il sistema quantistico in esame, ed essendo comunque possi-
bilità espressive dell’energia osservata (l’elettrone, nel caso dell’esempio).

Lo so, caro lettore, comprendo che la materia trattata possa apparire


ostica e contorta. Lo è stata anche per me, fino al momento in cui ho
“visto” la realtà stessa come una immensa funzione d’onda quantistica.
Il consiglio che ti posso dare, è andare avanti con la lettura del libro e,
solo successivamente, rileggere queste parti un po’ più complesse, più e
più volte, cercando di comprendere il meno possibile secondo i canonici
schemi di pensiero, ma di aprire il tuo cuore a una nuova visione della
vita. D’altronde, è consuetudine definire la conoscenza alchemica roba
di donne e gioco di bambini, per evidenziare l’approccio esperienziale, lu-
dico, leggero e istintivo che deve essere sviluppato per ben comprendere
questi concetti. Essendo l’Alchimia la “scienza della Vita”, che abbrac-
cia e sonda tutti i livelli dell’Essere – Fisico, Psichico e Spirituale – non
potrebbe essere più semplice e allo stesso tempo complicata della Vita
stessa. Provate a spiegare, voi adulti, ad un bambino cosa sia la Vita, e poi
osservate come il bambino, senza conoscerla, viva la Vita e la comprenda
in tutto il suo essere!

Ritornando allo studio dei sistemi quantistici, un esempio molto


chiarificante è quello dei noti orbitali atomici che si studiano in chimica.
Gli orbitali atomici sono degli auto–stati o delle auto–funzioni d’onda
dell’energia. Consideriamo la distribuzione degli elettroni in un atomo
di Idrogeno di cui abbiamo tanto parlato in precedenza. Come già detto,
l’elettrone non percorre traiettorie definite, cioè non segue un’orbita de-
terminata intorno al nucleo dell’atomo, ma si trova “sparpagliato” intor-
no al nucleo, ovvero occupa un certo orbitale.
LA VISIONE QUANTICA 115

Alcuni testi divulgativi di chimica dicono – impropriamente – che

Di
“l’elettrone è così veloce che non può essere localizzato in un punto ma

an
aE
appare distribuito in una nuvola elettronica”. Gli orbitali, infatti, assu-

len
mono l’aspetto di una sorta di “nuvola”, detta appunto nuvola elettro-
nica, con forme determinate. In realtà nemmeno tale descrizione, data

aO
per necessità di esposizione, è scientificamente corretta. Non è fisica-

M
mente esatto dire che “l’elettrone è così veloce che non può essere loca-

ED
lizzato in un punto, ma appare distribuito in una nuvola elettronica”.

IZ
IO
Sarebbe più corretto, invece, dire che l’elettrone è la nuvola elettronica

NI
stessa, ma anche questa descrizione sarebbe impropria. Fate attenzione.

S
NC
L’unica descrizione scientificamente valida è quella puramente ma-

1
tematica: gli orbitali atomici in cui esiste l’elettrone sono auto–stati
quantistici rispetto all’osservabile energia (quella cioè dell’elettrone in
potenza), ma non sono un auto–stato per l’osservabile posizione (ovvero
è possibile osservare l’orbitale elettronico, ma non osservare la posizione
esatta dell’elettrone). La possibilità di osservare l’elettrone in dato luogo
di un orbitale atomico non è quindi un auto–stato, ma bensì ciò che vie-
ne definito uno stato di sovrapposizione. In questo stato l’elettrone non
può avere una posizione definita, appare sparpagliato nello spazio ovvero
appare come una “nuvola elettronica”.

In questo senso possiamo dire che dell’elettrone possiamo conoscere


la carica, l’energia ma non la sua posizione, in quanto agli occhi della
realtà osservabile egli “non si fa vedere”. La distribuzione spaziale di tale
nuvola viene detta funzione d’onda. Descrivere in termini appropriati ciò
che la funzione d’onda rappresenta, richiederebbe una lunga trattazione
matematica. Provando a semplificare, possiamo dire che la funzione d’on-
da, in generale, è una specie di onda distribuita nello spazio e variabile nel
tempo; in alcuni casi, rappresenta una “densità di probabilità” di rivelare
l’elettrone in un certo punto ed in altri si comporta come un’onda vera
e propria. Nel caso specifico dell’orbitale atomico, diciamo che l’onda si
ripiega su se stessa a causa dell’attrazione del nucleo ed invece di sfuggire
e propagarsi nello spazio, si manifesta come nuvola elettronica.
116 TRATTATO DI ALCHIMIA DELLE EMOZIONI – NIGREDO

Secondo la visione della fisica classica le onde hanno bisogno di un


“supporto materiale” per esistere e propagarsi, come ad esempio le onde
del mare nell’acqua, le onde sonore nell’aria o nei materiali oppure le
onde che danno origine al suono di un’arpa che nascono nelle onde che
percorrono le corde dell’arpa stessa. La funzione d’onda, al contrario,
non ha un supporto materiale, poiché essa stessa rappresenta e costitui-
sce la cosiddetta materia; è una sorta di vibrazione nella struttura dello
spazio–tempo, da cui noi possiamo ottenere delle previsioni in termini
probabilistici che qualcosa esista o meno.

La meccanica quantistica, quindi, introduce due elementi nuovi ed

Dia
inaspettati rispetto alla fisica classica: una è appunto l’influenza dell’os-

na
servatore, che costringe lo stato a diventare un auto–stato, a manifestarsi

Ele
come materia; l’altra è la casualità nella scelta di uno tra i diversi possibili

naO
auto–stati, ciascuno con la propria probabilità di manifestarsi.
Il primo elemento inaspettato è la violazione dell’oggettività: l’osser-
ME
vatore, per la prima volta, assume un ruolo nella determinazione e nella
definizione materiale dell’oggetto osservato. Il secondo è l’indetermina-
DIZ
zione, che rappresenta un’inaspettata violazione della perfetta intelligi-
ION
bilità deterministica, che sostiene il fatto che, se un oggetto è in un luogo
in un dato momento, non può essere altrove. Entrambi gli elementi sono
I SN

estranei alla mentalità della fisica classica, cioè rispetto a quella conce-
zione ideale (galileiana, newtoniana e in parte perfino einsteiniana), che
C1

pretende che l’Universo sia perfettamente oggettivo ed intelligibile.


1/2
4/2

La prima interpretazione della meccanica quantistica, proposta da al-


022

cuni scienziati negli anni ’20 del Novecento, includeva la figura dell’osser-
vatore come parte del sistema fisico osservato. In questo modo la figura
12:

dell’osservatore cosciente fece capolino nella scienza fisica fino ad allora


34:

considerata rigorosamente oggettiva.


Non a caso le grandezze fisiche misurabili in meccanica quantistica,
11

come la posizione, l’energia, la quantità di moto, eccetera, vengono chia-


PM

mate osservabili. Infatti si sottintende che la loro esistenza ha senso solo


358

in funzione di una possibile osservazione.


NC11/2
117

S
LA VISIONE QUANTICA

NI
Questo rivela la strana situazione in cui gli scienziati si trovano

DIZIO
nell’analisi dei sistemi quantistici. Con la meccanica quantistica la scienza
sembra essere arrivata a rivelare quella misteriosa frontiera tra soggetto
ed oggetto, che in precedenza era stata del tutto ignorata a causa del prin-

E
aOM
cipio dell’oggettivazione. Fino agli inizi del ‘900, la realtà poteva essere
considerata del tutto “oggettiva” ed indipendente dall’osservazione di
eventuali esseri coscienti. Con la formulazione della meccanica quantisti-

en
ca sembrò che si dovesse tener conto necessariamente della figura dell’os-

E l
servatore cosciente, ovvero del soggetto che, osservando, determina la

Diana
materializzazione di uno tra i tanti auto–stati possibili in cui le funzioni
d’onda si possono manifestare.

Se iniziamo a considerare l’energia “libera”, lo Spirito, come una


funzione d’onda immersa nel campo quantico dell’Universo, possiamo
iniziare il viaggio che ci porterà a comprendere come questa forma par-
ticolare di energia possa dare origine alla massa. Ad un certo punto, la
“volontà” intrinseca di questa immensa energia manifesta il “desiderio”
con la nota frase: “Sia la luce!”. Inizia allora un processo di auto consape-
volezza che porta questa realtà ad oggettivarsi sempre di più, ad essere
sempre più presente e “densa”. Il campo quantico inizia a condensare
questa funzione d’onda spinto dalla volontà dell’onda stessa di osservare
se stessa: è l’inizio del processo della conoscenza di sé.
Abbiamo visto precedentemente come una delle proprietà delle par-
ticelle nel campo quantistico sia l’entanglement, ovvero l’influenzabi-
lità vicendevole, anche a grande distanza, nei momenti successivi ad un
“incontro”. In realtà, sempre in una visione quantistica, poiché non vi è
sostanziale differenza tra realtà osservata e osservatore, in quanto la realtà
osservata è dipendente dall’osservatore, la configurazione zodiacale stes-
sa, i campi interstellari e le costellazioni sono parte della funzione d’onda
stessa che dà origine all’energia che di questo fa esperienza.
Zodiaco ed energia spirituale sono quindi una cosa sola, parte della
medesima realtà che si sta facendo “carne”. Non è ancora possibile cre-
dere alla scienza astrologica, perché essa è fondamentalmente vista dal
punto di vista cartesiano, con la separazione tra oggetto ed osservatore.
118 TRATTATO DI ALCHIMIA DELLE EMOZIONI – NIGREDO

Il fatto che possiamo considerare i Segni zodiacali (quindi quegli am-


massi di stelle che in astronomia compongono le costellazioni) come una
proiezione, o meglio, una parte, della funzione d’onda che si manifesta
come energia spirituale, ripiegandosi su se stessa in quanto attirata dalla
forza gravitazionale della Volontà di Essere (l’Elemento Fuoco) che ma-
nifesta intrinsecamente, permette di spiegare ciò che tratterò di seguito.

Lo Spirito, nel suo processo d’identificazione, utilizza le stelle fisse per


darsi delle coordinate e fissare punti di stabilità. Egli ha estremo biso-
gno di posizionare, in modo ordinato, tutte le informazioni che, al suo
interno, si trovano ancora in stato caotico, in forma d’onda potenziale.
Dovrà entrare in contatto con la realtà materiale e questa richiede ordine,
disciplina ed organizzazione. Il DNA, ad esempio, è una struttura mate-
riale pressoché inerte; è necessario che vi sia qualcosa che lo attivi perché
produca struttura organica e proteine funzionali. L’energia ordinata e coe-
rente che si esprime attraverso il sistema neuro–endocrino del corpo è la
chiave della sua attivazione, e questa energia non è altro che la funzione
d’onda stessa, che ripiegata multiple volte su se stessa assume consistenza
materiale, vibrando ad un livello inferiore.

Ma per quale motivo i Segni zodiacali sono proprio dodici? Quan-


do lo Spirito inizia il processo che lo porterà a compattarsi ed a strut-
turare la sua energia, inizia ad attirare, attraverso il movimento spirali-
forme, materia e luce. La forza gravitazionale, come abbiamo visto pre-
D

cedentemente, esprime l’Elemento Fuoco, il quale è sempre il primo a


ian

manifestarsi in ogni processo di genesi. Questo movimento rotatorio


E a

che crea la forza gravitazionale, attirando luce e massa, crea una “nube”
le

pre–materiale di plasma attorno all’energia spirituale. In questo momen-


n aO

to iniziano a prendere forma i primi atomi primordiali, similmente al


M

processo della Genesi dell’Universo, nel processo della genesi della vita
E

dell’individuo. L’onda quantistica inizia ad osservarsi e, osservandosi, ini-


DIZ

zia a definirsi in un auto–stato: la massa, così, prende forma dall’energia.


O I

Protoni ed elettroni iniziano a dar forma ai primi proto–atomi di Idro-


NIS

geno ancora sotto forma di plasma.


N C11
/ 2 4
0 /2
LA VISIONE QUANTICA 119

L’energia spirituale, stimolando questi proto–atomi, comincia a


produrre deboli vibrazioni luminose: lo stesso spettro di luce bianca
che molti vedono quando si trovano nello stato di premorte. È, que-
sta, la luce della massa, nata dal movimento vibratorio degli elettroni
che iniziano a strutturarsi attorno ai proto–nuclei atomici. La presenza
di masse in forma di plasma attorno alla nube energetica dello Spirito,
fa sì che questo inizi a strutturare le sue frequenze vibratorie secondo
lo schema che regge la materia stessa. Come abbiamo visto precedente-
mente, la materia è composta da Tre Sostanze e queste sono mosse dai
Quattro Elementi: questa è la base e la regola che sottende alla massa.
Ciascuna forza elementare, in quanto alla base della vita nell’Universo,
si relaziona con tutta la materia allo stesso modo, ma cambiando moda-
lità di espressione a seconda della massa stessa. Avremo quindi, legata ad
ogni Elemento, una modalità espressiva a seconda della sostanza con cui
questo andrà ad interagire. Il Fuoco, ad esempio, potrà interagire con
la sostanza sulfurea, salina o mercuriale, determinando comportamen-
ti alquanto differenti. Avremo pertanto un Fuoco Sulfurico, un Fuoco
Salino ed infine un Fuoco Mercuriale.

Essendo gli Elementi in numero di Quattro, è ovvio il risultato tra


la relazione dei Quattro Elementi con le Tre Sostanze: il numero 12. In

02
effetti chi conosce un minimo dei concetti dell’Astrologia, sa bene che

/2
nello Zodiaco vi sono tre Segni di Fuoco, tre Segni di Terra, tre Segni
24
di Aria e tre di Acqua, per un totale di dodici archetipi. Ecco il moti-
1/
C1

vo per cui i Segni zodiacali sono dodici; essi riassumono, attraverso degli
SN

archetipi universali, il ventaglio delle possibilità espressive dello Spirito


NI

attraverso la materia (che, essendo fondamentalmente composta dalle


IO

Tre Sostanze, mosse dai Quattro Elementi, non può che avere questo
IZ

tipo di configurazione). In questo processo lo Spirito, utilizzando la riso-


ED

nanza con le dodici costellazioni dello Zodiaco, suddivide la sua immensa


M

mole di energia in 12 settori vibrazionalmente differenti, ciascuno con


aO

una frequenza “portante” data dall’unione di frequenze più piccole.


len

Come in una grande ruota, lo Spirito organizza tutte le sue informa-


aE

zioni in forma d’onda in 12 settori, suddivisi da 12 “raggi” (frequenze


an
Di
55
3583
120 TRATTATO DI ALCHIMIA DELLE EMOZIONI – NIGREDO

1 PM
portanti), per poter configurarsi a immagine e somiglianza della mate-

:34:1
ria in cui andrà ad incarnarsi. In questo modo, quando sarà necessario
costruire, organizzare e coordinare ad esempio il processo digestivo,
lo Spirito attingerà all’intelligenza contenuta in uno solo dei 12 raggi,

2 12
quella dove risiede l’intelligenza materiale, corporea e l’archetipo di ciò
/202
che è “far mio”, possedere e in cui è chiaro il concetto di “proprietà”,
guadagnare e interiorizzare trasformando. Questi archetipi, ad esempio,
1/24

vengono trasmessi dal Segno del Toro e della Vergine, i quali coordinano
tutti i processi e le funzioni che hanno a che vedere con la gestione equi-
NC1

librata della materia e delle nostre proprietà, incluso il nostro corpo in


quanto “nostro”.
NI S

Gli archetipi zodiacali sono archetipi universali: rappresentano dodi-


IZIO

ci strutture (quasi al pari di un “mondo delle idee platonico” presenti


16
nell’Iperuranio ), che stanno alla base della vita di relazione nell’ecosiste-
M ED

ma terrestre. Essi esprimono dei concetti chiave che riguardano la vita in


generale, non solo umana. Tutti sanno ad esempio cosa è un “guerriero”,
naO

cosa è l’arte, la religione, la legge, la danza, la famiglia. Gli archetipi sono


spirituali, vengono dal Cosmo, sono forme di energia, voci dell’Universo
aEle

e tutti, in qualche modo, devono viverli nel corso della vita.


Dian

Notiamo oggi una decadenza di questi archetipi, nonché una loro


continua divisione, spesso mossa dal giudizio, che ha portato l’uomo a
perdere le “radici spirituali” con queste energie raffinate che indicano
sempre il cammino di integrazione nella nostra vita. È necessario che sia
sempre mantenuta una coesione tra i dodici archetipi astrologici, affinché
non vada a disperdersi la loro energia nel giudizio e nella separazione.
17
L’amore è unione, il diavolo è separazione.

16 Secondo Platone l’Iperuranio è quella zona al di là del cielo (da cui il nome) dove risiedono le idee. Dunque,
l’Iperuranio è quel mondo oltre la volta celeste che è sempre esistito in cui vi sono le idee immutabili e perfette non
tangibile dagli enti terreni e corruttibili. È importante notare che nella visione classica la volta celeste rappresentasse
il limite estremo del luogo fisico: la definizione di oltre la volta celeste, dunque, porta l’Iperuranio in una dimensione
metafisica, aspaziale ed atemporale e, dunque, puramente spirituale.
17 Dal latino tardo diabŏlus = dividere.
LA VISIONE QUANTICA 121

SPIRITO

R E S P O N S A B I L I TÀ
A
NZ ID
DE EA
EN
Capricorno –
C LI
AS +
TR Sag
o
ari itta

4/2022 12:34:11 PM358355


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IO Cancro TO
AZ C – ST
NI IM
MU A
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FA M I G L I A

CORPO
122 TRATTATO DI ALCHIMIA DELLE EMOZIONI – NIGREDO

Vedremo nel capitolo successivo come il concetto di “ferita”, in quan-


to separazione, sia legato esclusivamente al mondo materiale, dove le
energie spirituali vanno incontro a frammentazione, e la divisione, attra-
verso il giudizio, si manifesta nella sua più completa essenza.

Il vero compito dello Spirito è creare coesione tra archetipi sottili,


anche quando questi sono vissuti in un mondo che tende a separare, a
creare opposti, a giudicare. È questo il vero senso delle Ferite Emozionali.
In quanto espressione della lacerazione di un “tessuto”, esprimono la
sfida dell’energia incarnata di portare a compimento, in terra, il progetto
spirituale creatosi in cielo. Mentre lo Spirito vive tutti questi archetipi
in modo univoco e “vibrazionalmente coeso”, la materia per sua na-
tura tende a separare e a creare molti volti/aspetti da una sola energia.
L’esempio più emblematico è il fenomeno della dispersione della luce,
che si ha quando la luce bianca, fatta attraversare in un prisma, vie-
ne rifratta rivelando la sua natura composita nei sette colori dell’iride. 35
Possiamo paragonare la luce bianca all’energia spirituale, il prisma alla :11 PM
struttura materiale che devia e disperde il raggio luminoso; infine 1 :34
un2se-
condo prisma, posto in direzione e posizione opposta rispetto/ 2 0 2al2primo,
1 /24dei sette colori;
con la funzione di ricostruire la luce bianca dallo1spettro
S C
Nciò
quest’ultimo prisma, in grado di ricostituire
N I che era stato separato,
I O
E DIZ
rappresenta i “talenti” che “guariscono” le Ferite Emozionali, rappresen-
tate dalla “sfida” del O M prisma – la materia – che separa.
primo
le na
naE
iacorso del processo incarnatorio, lo Spirito si contrae dalla perife-
Nel
D
ria verso il suo proprio centro gravitazionale, materializzandosi sempre
di più in forma d’onda, fino al punto che la costellazione di Ariete, prima
costellazione dello Zodiaco, che rappresenta l’archetipo del guerriero, del
fuoco e della lotta per la sopravvivenza, comincia ad entrare in risonan-
za con una porzione di energia che vibra in risonanza con la funzione
d’onda che rappresenta l’ammasso di stelle chiamato convenzionalmente
costellazione di Ariete. Se l’energia spirituale emette una certa vibrazione
e la costellazione di Ariete va in risonanza con questa, identica vibrazio-
ne, si crea, per interferenza, un’onda portante più grande.
LA VISIONE QUANTICA 123

Dal nucleo di contrazione dello Spirito un’onda inizia a deformare


la nube di informazioni (quasi come fosse un orbitale atomico), che se-
gue il cammino verso la vibrazione emessa dalla costellazione di Ariete;
queste onde vengono chiamate Segni zodiacali proprio perché indicano
un cammino, una via, non il punto di arrivo. Lo Spirito, deformato dal
campo elettromagnetico del Segno di Ariete, si ritrova come sbilanciato,
proteso in una direzione, per cui sorge immediatamente in lui il bisogno
di trovare equilibrio: una capacità che sarà di vitale importanza nella vita
materiale che andrà ad affrontare.
Il Segno diametralmente opposto ad Ariete è Bilancia, simbolo ap-
punto dell’equilibrio che deve regnare nel mondo dei rapporti. Lo Spirito
da una parte cerca di agganciarsi a ciò che può dargli stabilità e dall’altra
entra in contatto con la vibrazione proveniente dalla costellazione della
Bilancia. Mentre Ariete rappresenta l’Ego, il Fuoco della vita, l’istinto, la
passione, la Bilancia rappresenta l’Io, l’Aria delle relazioni ed il discerni-
mento riguardo all’equilibrio che deve regnare tra gli opposti.
Nella volta celeste, tra le costellazioni di Ariete e Bilancia, precisa-
mente a 90 gradi da entrambe, si trova la costellazione di Capricorno,
DianaE
lenaO
ZIONI rappresentante l’archetipo della saggezza e della responsabilità. A questo
M EDI
S punto, lo Spirito già conosce chi è e qual è la sua forza di espressione (Arie-
te) ma sa anche che andrà in un mondo dove dovrà condividere se stesso
con gli altri (Bilancia), e nel quale ci sono delle regole e leggi precise che
non possono essere infrante (Capricorno). A questo punto, l’equilibrio
dato dall’asse orizzontale Ariete e Bilancia (Ego ed Io), deve trovare un
radicamento stabile in un asse verticale, perpendicolare a questo, deter-
minando un punto centrale per formare una sorta di croce che definisca
i limiti, i confini e la stabilità di quest’energia.
La costellazione di Capricorno, in alto, quella del Cancro, in basso,
(che si trova esattamente a 180 gradi rispetto al Segno di Capricorno),
vanno a formare un’asse longitudinale che si snoda dall’alto al basso.
Ariete e Bilancia, entrambi situati a formare un asse trasversale perpendi-
colare a quella di Cancro e Capricorno, vanno a formare una croce all’in-
terno del cerchio zodiacale, toccando, per semplificare, i punti corrispon-
denti ai gradi 360, 90, 180 e 270 della circonferenza zodiacale.
Dia
naE
124 TRATTATO DI ALCHIMIA DELLE EMOZIONI – NIGREDO

Il Segno di Cancro rappresenta la famiglia, le nostre radici, il codice

lena
genetico, il terreno dal quale nasciamo e nel quale cresciamo. È la struttu-

OM
ra che ci dà forma materiale, che ci fornisce quel corpo come un abito da
“indossare”, per far si che la nostra energia spirituale possa vivere la sua

EDI
esperienza materiale. Il Cancro è l’acqua dalla quale la nostra vita prende
forma: l’archetipo dell’utero che ci concepisce, protegge e struttura. La

ZIO
consapevolezza spirituale si arricchisce quindi di informazioni ancora più

NI S
radicanti, che esprimono la sintesi della vita terrena.
L’esistenza dell’Ego (Ariete) e di un contrapposto Io (Bilancia); l’esi-

NC
stenza di regole, di responsabilità, di bioritmi (Capricorno), e la neces-

11/2
sità di ricevere un corpo dotato di un codice, il DNA, che rappresenta la
sintesi di tutte le esperienze materiali compiute dalla materia stessa fino a

4/20
quel punto evolutivo nella dimensione spazio/temporale (Cancro).
In questo processo vediamo nascere una struttura energetica consape-

22 1
vole che in Astrologia viene chiamata la grande croce cardinale, perché in
un certo senso fissa i cardini essenziali della vita terrena.

2:34
Questa è, in sintesi, la croce sulla quale Gesù stesso è stato crocifisso

:11
prima di risorgere ad una nuova vita spirituale: croce cui tutti dobbiamo

PM
rendere conto prima di elevare la nostra consapevolezza al di là dei limiti
materiali, per aprirci ad una consapevolezza spirituale e superare la dua-

358
lità tra Ego ed Io (Ariete e Bilancia), conoscere e rispettare le regole del-

355
la massa (Capricorno) e trascendere il nostro senso di appartenenza alla
famiglia materiale, liberandoci dal giogo del nostro DNA familiare (Can-
cro). Dopo questo passaggio fondamentale, lo Spirito inizia ad entrare in
risonanza con le altre otto informazioni del Cinturone Zodiacale, strut-
turando analogamente la sua energia ad immagine e somiglianza con le
frequenze risuonanti nel Cosmo.

Il processo finale di questo difficoltoso passaggio attraverso il tunnel


incarnatorio è la formazione di una struttura sferica/circolare, divisa in
dodici settori di circa trenta gradi ciascuno (360 gradi / 12 frequenze =
30 gradi), che continua a contrarsi a partire dal suo centro per centraliz-
zare sempre di più tutte le informazioni in forma d’onda.
El na
Dia
LA VISIONE QUANTICA 125

Presto dovrà “incarnarsi” in una cellula piccolissima, nata dall’unione


di ovulo e spermatozoo, e la sua energia dovrà essere la più contratta pos-
sibile in un sol punto. Possiamo immaginare il punto finale di questo pro-
cesso come la formazione di una ruota di un carro, il cui centro rappresen-
ta il nucleo dell’energia spirituale, i dodici raggi delle particolari frequenze
che suddividono i compartimenti, e lo spazio vuoto tra i raggi della ruota
i dipartimenti stessi in cui sono contenute le informazioni relative all’ar-
chetipo. Gli alchimisti chiamavano questa struttura così formata Corpo
Celeste, oggi meglio conosciuto come corpo astrale: una forma di energia
libera ma già configurata per entrare
a far parte della vita
materiale.

Matrice

Volat.
Ego

VII
Io
I

Fisso

Famiglia

IV
126 TRATTATO DI ALCHIMIA DELLE EMOZIONI – NIGREDO

L’INCONTRO CON GLI


ARCHETIPI PLANETARI
LO SPIRITO
NELL’OLIMPO
DEI TALENTI
Dia
na
Ele
na
OM
ED
Immaginiamo l’Universo: silenzio, freddo, tutto è senza forma ed il IZI
O
tempo scorre lento. Solamente la luce degli astri rappresenta un punto di
riferimento e lo Spirito si trova immerso in questo spazio, strutturato per
dirigersi verso la sua esperienza materiale.
Il tunnel incarnatorio porta l’energia spirituale direttamente a ridosso
del nostro sistema solare e, come fosse uscito da una lunga attesa nell’o-
scurità, lo Spirito rimane “abbagliato” dalla luce di un astro luminosissi-
mo, caldo ed accogliente: il Sole.
La luce del Sole attira lo Spirito indicandogli così il percorso verso il
piano materiale: il Sole è luce pura e agisce in questo come un faro. Prima
di arrivare al Sole, lo Spirito entra inevitabilmente in contatto con i sette
pianeti che ruotano attorno al Sole costituendo il sistema planetario.

I pianeti sono e rappresentano la prima forma di massa strutturata


che lo Spirito incontra nel lungo viaggio che lo porterà a divenire un
individuo sulla Terra. Questa fase è di fondamentale importanza per lo
Spirito, in quanto i pianeti non solo modificano la sua energia, ma lo
condizionano fino a plasmarne profondamente l’essenza. In sequenza,
Saturno, Giove, Marte, Venere e Mercurio, per ultimi la Luna e la Terra.
Quasi fosse un “Prometeo” nell’Olimpo, lo Spirito si rapporta con que-
sti archetipi “divinità”, pronto a lanciarsi nella sua missione terrena.
127

Questa fase d’incontro con gli archetipi planetari è il punto di svolta


per lo Spirito, il momento in cui per la prima volta egli riconosce i propri
talenti e struttura le sue Ferite Emozionali.
Studiando nel dettaglio come questo avviene, potremo entrare a
pieno titolo nell’anima delle Ferite Emozionali.

Nel nostro Sistema Solare, nella parte più interna rispetto alla cintura
degli asteroidi, esistono sette corpi celesti (pianeti) principali: Saturno,
Giove, Marte, la Terra, Venere e Mercurio. Attorno alla Terra ruota la
Luna, che non è propriamente considerato un pianeta, ma per il suo
impatto e la sua influenza nell’ecosistema terrestre, esercita comunque
un forte condizionamento. Esistono convenzionalmente altri tre pianeti,
al di là di Saturno, definiti dall’Astrologia moderna trans–personali, ma
essi non sono direttamente coinvolti nel processo incarnatorio.

La descrizione che sto per fare, sebbene possa apparire estremamente


fantasiosa e lontana dalla nostra normale visione delle cose, è quanto di
più sublime e veritiero vi sia in questo percorso, che permette all’Energia
di diventare massa, incarnarsi e compiere il suo destino nel mondo mate-
5 5
83 riale. Personalmente, trovo assolutamente meravigliosa tale perfezione e,
5 3
quando penso alla grandiosità di tutto questo, mi chiedo come sia pos-
P M
sibile che, dopotutto, possiamo ancora perderci nelle piccole difficoltà
1 :1
4
quotidiane. Ma, probabilmente, viviamo proprio per questo: per per-
: 3 2
derci ed infine ritrovarci, più esperienti e cresciuti!
1
22 0 /2
Quando lo Spirito è prossimo al Sistema Solare, deve passare attra-
/2 4
1
verso Saturno, un pianeta che ha una particolare atmosfera, caratteriz-
1
NC
zata da venti e correnti fortissime. La sonda Cassini ha incredibilmente
S I
fotografato due perturbazioni costanti presenti su Saturno: una corrente
O N
I
a getto potentissima che forma un esagono al polo nord, e un’altra cor-
DI
Z
rente a getto che forma un grande vortice al polo sud. Lo Spirito “lo at-
E
OM
traversa” – fisicamente al suo interno – e ne esce come “formattato”, di-
a
len
ciamo geometrizzato. Saturno è il pianeta che attraverso il suo archetipo E
di perfezione e regola infonde allo Spirito una “forma”. n a
i a
D
128 TRATTATO DI ALCHIMIA DELLE EMOZIONI – NIGREDO

È veramente “curioso” e rispecchia la visione degli antichi alchimi-


sti il fatto che Saturno, il grande “formattatore”, abbia al suo polo nord
una perturbazione atmosferica che assume la forma di un esagono che,
in quanto forma geometrica, è alla base di tutte le strutture molecolari
più diffuse sul pianeta Terra, quali gli idrocarburi aromatici e il glucosio
stesso, carburante primario di tutte le cellule viventi!

Il passo successivo è rappresentato da Giove, il pianeta più grande di


tutto il Sistema Solare, il “Re”, archetipo degli ideali, della fede e della
giustizia. Segue l’incontro con Marte, custode della capacità di lottare e
di trasformarsi radicalmente, poi Venere, archetipo delle giuste propor-
zioni, della forma armoniosa, equilibrata e corporea. Infine Mercurio,
dall’energia errante ma organizzata, grande archetipo della conoscenza,
che è in grado di liberare la mente. Successivamente all’incontro con i
“cinque” archetipi, lo Spirito è pronto per relazionarsi con gli ultimi
due, Sole e Luna, che rappresentano i poli opposti ma complementari
che comporranno la struttura psichico/mentale e materiale dello Spirito
incarnato, e che si manifesteranno, nella carne, nella figura dei genitori.

Giove e Saturno sono pianeti gassosi e possiedono una vibrazione


più sottile, mentre gli altri hanno una vibrazione, e quindi una struttura
materiale, più densa. È questo il motivo per cui lo Spirito viene attirato
primariamente da Saturno e da Giove, perché, dalle vibrazioni più sottili,
si avvicina progressivamente a vibrazioni sempre più dense.

I pianeti sono archetipi fisici, materiali, densi, percepibili ai sensi di-


versamente dalle costellazioni zodiacali; quindi realmente l’energia spi-
rituale può sbatterci contro, interagendo con essi come un’onda farebbe
con uno strumento musicale. Il risultato di questo incontro è la nascita
di un “suono” che si rifrange in vario modo e può modificare la struttura
energetica costituente dello Spirito.

Questa è, in forma molto semplificata, la genesi delle sette note musi-


cali che tutti conosciamo.

Diana
Ele
L’INCONTRO CON GLI ARCHETIPI PLANETARI: LO SPIRITO NELL’OLIMPO DEI TALENTI 129
5
35

Nel momento in cui lo Spirito entra in contatto con Saturno, si crea


8

un’onda sonora che in qualche modo modifica la struttura energetica del-


5
M3

lo Spirito stesso, lo condiziona e lo “informa” di un archetipo del quale


P

solo il pianeta Saturno è manifestazione. L’interazione vibratoria tra pia-


1

neta ed energia spirituale rappresenta la base della Ferita Emozionale.


4: 1
2:3

Facciamo un esempio pratico.


21

Quando all’età di quattro anni vivrò l’esperienza della Ferita di Abban-


2

dono perché sarò allontanato dal mio nido ed accompagnato all’asilo, in


/20

realtà, si tratterà di una vibrazione già vissuta quando lo Spirito si era


4

relazionato con l’energia archetipale del pianeta Venere. In altre parole,


/2
11

nel momento in cui avviene questa relazione tra energia ed essenza fisica,
C

data dal pianeta, si fa esperienza dell’archetipo di Venere, che è la con-


N

nessione, l’equilibrio. Nel momento in cui si vive una decadenza di que-


IS

sto archetipo, nell’essere incarnato, si attiva nuovamente il “suono” re-


N O

lativo a quel ricordo che, sommato all’esperienza vissuta, diviene un “ru-


IZI

more” fastidioso, cessando di essere un suono. La grande sfida dell’in-


ED

dividuo sarà proprio trasmutare quel rumore nuovamente in suono, in


OM

una frequenza armonica, per poter infine comporre la sua melodia, la sua
verità personale.
na le

Saturno ci insegna la saggezza, Giove la fede, Marte la comprensione,


aE

Venere la connessione e Mercurio l’incarnazione. Considerate che gli ar-


n
Dia

chetipi più vicini alla Terra sono quelli di Marte e Venere, spermatozoo e
ovulo, e sono anche quelli che ci educano alla convivenza: Marte insegna
la comprensione e Venere la connessione con il tutto. Tutti questi con-
cetti saranno trattati singolarmente nei capitoli relativi alle singole Ferite
Emozionali così da risultare più chiari.

Mercurio è il pianeta più vicino al Sole: esso conosce molto bene i mo-
vimenti dell’energia in forma luminosa e, proprio perché è il più vicino al
nucleo del nostro sistema solare, trasmette il suo archetipo che si mostra
nell’incarnazione. Immaginiamo la sua “voce” che dice: “Incarnati, corri
ad incarnarti, altrimenti rimarrai un elettrone e rischierai di perderti.”
130 TRATTATO DI ALCHIMIA DELLE EMOZIONI – NIGREDO

Gli ultimi due archetipi, il Sole e la Luna, rappresentano l’incontro


con la tappa finale del movimento di precipitazione dello Spirito nella
massa: la Tabula di Ermete Trismegisto a tal proposito afferma:

(…)
Il Sole è tuo padre,
la Luna tua madre,
il Vento ti ha portato nel suo grembo
e la Terra è tua nutrice e ricettacolo.
(…)
La sua potenza è intera
se manifesta in terra.

La vita, finalmente, DianaElen


ha inizio! aOM EDI
ZIO
131

L’INCONTRO
CON I PIANETI
LA GENESI
DELLA FERITA

Qual è l’effetto primario di una ferita? La separazione, la divisione.


La nostra energia non può permettersi separazioni: il nostro Spirito non
può tollerare divisioni. Possiamo forse permetterci di perdere una parte
della nostra energia? Possiamo permetterci di perdere un pezzo del no-
stro corpo? Da questa immensa energia strutturata in dodici dipartimen-
ti, dove lo Spirito segrega le sue funzioni archetipali più importanti, na-
sce una struttura vibratoria composta da sette frequenze: i pianeti sono
i principali artefici di questa trasmutazione energetica che porta dal 12
al 7. Infine, nasceremo in un corpo composto da sole cinque porzioni
o strutture fondamentali: un tronco centrale e quattro arti – rispettiva-
mente due braccia e due gambe. Una volta avvenuto il concepimento, il
processo creativo inverte questa particolare matematica, ripercorrendo
l’intero processo della creazione ma, questa volta, all’interno dell’utero
materno. Dalla cellula uovo fecondata, lo zigote, si ha una prima divi-
sione, poi una successiva e così via–via fino alla genesi di un corpo perfet-
to composto da strutture matematicamente definite.
Solamente l’asse portante (la colonna vertebrale) di questa struttura
materiale che ha il compito di custodire lo Spirito, meriterebbe un trattato
intero. Basti pensare solamente alle vertebre che compongono la colonna
vertebrale: cinque coccigee fuse tra loro, cinque sacrali a formare il “sa-
cro”, cinque lombari, dodici toraciche e sette cervicali!

Ma come nasce la Ferita Emozionale e quando?


D
ia
na
132 TRATTATO DI ALCHIMIA DELLE EMOZIONI – NIGREDO

Vediamone in dettaglio la genesi.


Nel momento in cui l’energia
Dia dello Spirito si relaziona con l’energia dei
naE in esso un’onda. Immaginiamo ora
pianeti del Sistema Solare, si genera len
aOa sbattere contro qualcosa.
di essere all’interno di un’auto e di andare
ME
Rimane l’ammaccatura, la prova dell’avvenuto impatto, DIZin quanto è a im-
ION a collidere.
magine e somiglianza dell’oggetto contro il quale siamo andati
Nel momento in cui lo Spirito incontra ad esempio Marte, S
I nella
NCsua
energia rimane impressa, in negativo, l’impronta dell’incontro. Marte 11/
24/
è un talento, è la comprensione, e in questo modo lo Spirito ha avuto 202
2 1
modo di conoscere il talento senza essere il talento; ha assunto quindi la
“forma” ondulatoria del talento al contrario, a sua immagine speculare.
È questo il motivo per cui, se vorrò riconoscere il talento di Marte in me,
dovrò partire dall’impronta di Marte.

Cercherò di spiegare ulteriormente questo concetto.


Non è che allo Spirito manchi il talento, bensì manca la consapevolezza
di riuscire a sviluppare questi talenti nella massa, in vita. È necessario che
lo Spirito strutturi e ordini i talenti all’interno della sua energia caoti-
ca. Il negativo è l’opposto del talento e si manifesta nell’esperienza della
Ferita Emozionale; nel caso specifico di cui stiamo parlando, quella di
tradimento (Marte).

Il tradimento come concetto in senso lato non esiste, perché se io


comprendo l’altro, colui dal quale mi sento tradito, capisco che egli starà
semplicemente seguendo la sua vita, le sue scelte, il suo “gioco”; potrei
essere io, piuttosto, a tradire me stesso, quando non faccio le mie scelte,
quando non seguo ciò che sento e quando non sono vero con me stesso.
Allorché lo Spirito esce dallo scontro con i vari pianeti archetipali, in
un certo senso “pensa” di non avere quel talento bensì di essere la ferita,
perché percepisce solamente questa energia “al contrario”, “in negativo”.
Ma il dato di fatto è che noi nasciamo già con le Ferite Emozionali pronte
a manifestarsi nella nostra vita, poiché esse rappresentano il lato “nega-
tivo” (non in termini di giudizio ma in termini di complementarietà),
dell’incontro/scontro con l’archetipo – il Talento – del pianeta.
2:
21
202
L’INCONTRO CON I PIANETI: LA GENESI DELLA FERITA 133

24/
Questa è, in sintesi, la grande svolta del pensiero degli alchimisti

11/
riguardo il nostro vissuto quotidiano in particolare relativamente ai trau-

NC
mi ed alle ferite. Se siamo una intelligenza spirituale che, incarnandosi,
esprime la sua potenza in terra ed esperisce il mondo attraverso un corpo,

NI S
non possiamo assolutamente credere che ciò che viviamo sia solamente
frutto della sfortuna o del caso, ma dobbiamo iniziare a comprendere che

IZIO
tutto ciò che si presenta nella nostra vita appartiene ad una scelta operata

ED
su mondi più sottili. Lo Spirito ha solamente un modo per assicurarsi che
il cammino che ha predestinato si compia nella sua interezza: crearsi delle

OM
sfide, che saranno tanto più difficili quanto più alta sarà la vetta da rag-

lena
giungere. Per ottenere un grande talento, è necessario superare una grande
sfida; per ottenere un grande risultato, è necessario un grande impegno.
naE
Tutti abbiamo vissuto tutte le Ferite Emozionali, perché semplicemente
noi tutti nel processo incarnatorio abbiamo incontrato ed affrontato
Dia

l’energia dei pianeti archetipali.

È necessario comprendere a fondo questo concetto importantissimo,


in quanto rappresenta non solo le basi filosofiche che sottendono a que-
sto trattato, ma, molto semplicemente, la consapevolezza che ciascun
individuo deve sviluppare per vivere coerentemente la propria vita. Sol-
tanto con questa consapevolezza è possibile riconoscere le proprie ferite,
accettandole come parte del nostro cammino evolutivo, per poterle
risolvere dentro di noi senza incolpare il mondo o
gli eventi esterni di tutti i traumi
subìti e sofferti.
134 TRATTATO DI ALCHIMIA DELLE EMOZIONI – NIGREDO

LE SEI CUCITURE

Quando l’energia spirituale subìsce una ferita, ovvero quando le fre-


quenze con cui viene a contatto modificano la sua struttura vibrazionale,
è necessario che si ripristini una coerenza vibratoria all’interno del suo
spazio energetico. Come nel caso di una ferita fisica, è necessario che i
: 2
21

lembi vengano ricuciti e che l’integrità del tessuto sia ripristinata.


2 0
4/2

Abbiamo visto precedentemente come lo Spirito, da energia libera, inizi


a strutturare una configurazione più ordinata e coerente delle informa-
1 /2

zioni contenute nel suo campo vibrazionale suddividendo queste in 12


1 C

frequenze principali: questa separazione è già, per lo Spirito, una ferita.


N
IS

Il Cinturone Zodiacale ha un ruolo primario nella realizzazione del Cor-


N

po Celeste – o campo vibratorio organizzato – dello Spirito.


O
ZI I
ED

Infine, abbiamo trattato la particolare esperienza nell’interazione tra


il campo energetico coerente dello Spirito con la massa dei pianeti del
OM

Sistema Solare. Come ora vedremo, nel momento in cui lo Spirito dovrà
a

ricucire eventuali “ferite” che separano le frequenze vibratorie al suo in-


len

terno, seguirà sempre il cammino che lo ha portato alla vita, all’incontro


E a

con la materia.
ian D

La Prima Cucitura che lo Spirito deve mantenere in stato di coerenza


è quella tra la Luna e il Sole, che rappresentano la tappa finale nel percor-
so incarnatorio. Sono, infatti, gli ultimi due pianeti (in senso astrologico)
con i quali lo Spirito interagisce prima di “animare” ovulo e spermatozoo
nello zigote, la prima cellula del corpo. Sole e Luna, padre e madre, Segno
di Leone e Segno di Cancro. Vedremo nella parte dedicata alle singole
ferite l’importanza dell’integrità di tale cucitura.
135

Premetto, però, che, data l’importanza di questi due archetipi, nel


momento in cui la relazione tra Sole e Luna venisse meno, la divisione
creatasi potrà colpire così gravemente la vita da provocare addirittura la
separazione fisica degli archetipi all’interno delle cellule, nel DNA. È il
DNA, infatti, la prima manifestazione carnale della perfetta cucitura tra
Sole e Luna, padre e madre. Sappiamo bene quanto una separazione tra
i genitori pesi sui figli e quanto sia sofferta la separazione di questi ar-
chetipi all’interno dell’essere. D’altronde, lo stesso cervello è diviso in due
polarità, maschile e femminile. Dall’interazione tra questi due poli nasce
l’equilibrio, nella vita, tra il dire ed il fare, tra logica ed analogia, tra il
calcolare e il “sentire”.

La Seconda Cucitura riguarda l’archetipo di Mercurio, il quale deve


5

mantenersi sempre coeso nei duplici aspetti della sua androgenicità: uno
5
83

quale reggente del Segno di Gemelli, legato all’intelletto, alla conoscenza,


3 5

all’espressione del sé; due quale reggente del Segno della Vergine, lega-
M

to all’organizzazione, alla pianificazione, alla salute derivante dal perfet-


P 1

to equilibrio nella gestione materiale. La morale è che non ci può essere


4:1

equilibrio senza una vera conoscenza, e non si può accedere alla cono-
:3

scenza senza una buona pratica equilibrata. L’archetipo è la conoscenza e


2
21

il rispetto delle regole, tanto del Cosmo quanto della materia.


2 0
4/2

La Terza Cucitura riguarda l’archetipo di Venere, l’amore, espressione


/2

della stabilità e dell’armonia che deve regnare nella materia che possedia-
1

mo (Segno di Toro) e della libertà di relazione, equilibrata, di condividere


C1

con gli altri ciò che siamo, possediamo e costruiamo (archetipo del Segno
SN

di Bilancia). Questa cucitura ci insegna che, nel possedere, ci sono dei


N I

limiti legati al fatto che, in realtà, non possediamo nulla, tranne noi stessi.
O ZI

La Terra non ci appartiene, il corpo è parte di essa e l’unica realtà esistente


D I

è che noi siamo uno Spirito temporaneamente incarnato. Come dice un


E

detto dei nativi americani:


M
aO

Noi non lasciamo in eredità la Terra ai nostri figli,


n le

ma riceviamo questa in prestito da loro.


aE
an
Di
136 TRATTATO DI ALCHIMIA DELLE EMOZIONI – NIGREDO

La Quarta Cucitura è quella di Marte: un guerriero impavido, cor–ag-


gioso, che lotta per affermare se stesso (Segno di Ariete) ma che è sempre
pronto a mettersi in discussione attraverso la capacità critica, l’autoanalisi
e, mosso da un cor–aggio che nasce dalla sua consapevolezza spirituale, è
in grado anche di morire e rinascere dalle esperienze per cambiare, evol-
vere e migliorarsi (Segno di Scorpione). L’archetipo è significativo della
lotta che combattiamo quando dobbiamo lasciare una parte di noi per
trasformarci e crescere.

La Quinta Cucitura riguarda l’archetipo di Giove, gigante gassoso, in

DianaE
cui si sublima la nostra fede, il nostro legame con l’interiorità più profon-
da, in cui risiede il nostro religioso silenzio che ci riconnette al Sé supe-
riore (Segno di Pesci), ed i grandi ideali che impregnano la nostra vita in

l
enaOM
quanto cammino di consapevolezza verso un obiettivo più grande di noi
stessi: l’umanità (Segno di Sagittario). L’archetipo caratterizza sia gli idea-
li individuali dell’essere, sia quelli dello Spirito, il quale deve sempre cre-

EDIZIO
dere in un progetto più grande di ciò che è limitato al singolo individuo.

La Sesta e ultima Cucitura è di competenza saturnina, il nostro gran-


de “anziano saggio”. Saturno, reggente dei Segni di Acquario e di Ca-
NI SN
pricorno, rappresenta l’archetipo della conoscenza delle regole e della
disciplina necessaria per non infrangere le leggi della materia (Capricor-
C11/2

no), ma è anche la possibilità che ci è data di superare le regole una volta


che queste siano ben integrate in noi. Questa cucitura esprime al me-
glio il detto:
4/2022

Solo quando si conoscono le regole,


è possibile infrangerle; ma sempre entro certi limiti.
12:34:

Per non essere umiliato e spodestato dai suoi figli, Saturno li divorò
uno ad uno. Giove fu nascosto dalla madre, quindi risparmiato; una vol-
11 PM

ta cresciuto, spodestò Saturno e divenne re: colui che aveva potere su ciò
che era giusto. Saturno fu umiliato, ma ricevette la giusta ammenda poi-
ché a sua volta aveva umiliato.
35835
5
137

CONNESSIONE
INC
NE A RN
SIO A ZI
EN ON
PR E
M
CO
VII

RE
VIII

VI

M
IN
ISC
EN
E
FED

ZA
IX

REMINISCENZA
LE SEI CUCITURE

SAGGEZZA

IV
X

INC
XI

III

RN A
ZA

ZI A
Z
GE

ON
G

XII

E
II
SA

I
ON C
NE
SIO S
DianaElenaOM EDIZIONI SNC11/24/2022 12:34:11 PM358355
E NE
FED
COMPRENSIONE
138 TRATTATO DI ALCHIMIA DELLE EMOZIONI – NIGREDO

Prima di salire al potere, infatti, aveva evirato suo padre, Urano. Urano e
Saturno sono legati dalla stessa ferita; vedremo successivamente che en-
trambi sono interessati dalla Ferita dell’Umiliazione.
Quando nel corso della nostra vita viviamo una ferita, sia essa di
Rifiuto, di Abbandono, di Tradimento, di Ingiustizia o di Umiliazione,
questa, in qualche modo, serve a riportarci prossimi all’archetipo del pia-
neta. Dentro di noi si crea una lacerazione, una divisione, che ci mostra il
duplice aspetto dell’archetipo: l’affermazione e la negazione dello stesso.
Obiettivo delle nostre azioni è di tenere strettamente unite queste se-
parazioni, che si manifestano solamente nel mondo della materia ed ap-
partengono al fenomeno dell’illusione della massa.
Da questo discorso semplice e schematico, appare chiaro come avven-
ga, a livello spirituale, la fusione degli archetipi che andranno a costituire
i fondamenti anatomici, fisiologici, endocrini ed immunitari dell’essere.
L’energia libera si organizza in energia “di legame”; questa energia ha ne-
cessità di organizzare in temi sempre più universali la sua maestosa mole
di informazioni. Lo Zodiaco per questo si riduce da dodici a cinque ar-
chetipi più uno (la fusione di Sole e Luna), ciascuno coerentemente con
la vibrazione del pianeta a cui è associato.
Il sei – l’esagono – numero e figura geometrica “maestra” della mate-
ria, rappresenta la base strutturale dell’organizzazione molecolare della
massa e si ritrova anche nella struttura chimica del glucosio, fonte princi-
pale di energia di tutte le cellule animali viventi.

Dia
na
Ele
LE SEI CUCITURE 139

Non ho mai trovato un modo migliore per conoscere le cose e poterle


trasmettere se non partendo dalla base della conoscenza della materia.
Sulla base di quanto esposto poco fa, risulta logico il fatto che, in realtà,
proprio perché gli archetipi che formano la massa si riducono a sei, le
ferite archetipali ovvero i relativi talenti siano altrettanti. Cinque ferite
quindi relative agli archetipi planetari, più una ferita particolare, legata
agli archetipi del Sole e della Luna, che rappresentano, come abbiamo
visto, la figura paterna e materna e il DNA. DianaEl

Nell’Astrologia antica si studiavano molto i pianeti ed i Segni zodiaca-


li paragonandoli agli archetipi; tutte le informazioni e le qualità portate
dai Segni e dai pianeti erano poste in relazione all’uomo, alle nostre qua-
lità interiori e alle nostre capacità esteriori. È ancora parte del linguaggio
comune sentir dire ad una persona anemica: hai una carenza marziale!
Nell’antichità si credeva che l’archetipo di Marte fosse legato alla for-
za, alla guerra, alla capacità di lottare, così come si sapeva che l’archetipo
di Venere era invece legato alle arti, all’armonia, alla bellezza, all’amore,
ossia al contrario della guerra. Poi vi è Mercurio, il messaggero degli Dei,
simbolo dell’ubiquità dell’essere ovunque allo stesso tempo. Egli rappre-
senta, alla perfezione, l’aspetto o la funzione della mente, la quale può
darci la percezione falsata, irreale, di essere ovunque nello stesso tempo.
Abbiamo poi Giove, il più grande pianeta del nostro Sistema Solare,
considerato il Re degli Dei, rappresentato con lo scettro che identifica il
potere ben amministrato. È la capacità corretta di gestire l’intelligenza, il
potere, ovvero rappresenta il politico (dal greco, colui che è esperto nel
gestire la comunità) e la conoscenza applicata alla buona gestione della
vita privata e sociale.
Infine abbiamo Saturno, che rappresenta “il nonno severo” e l’origine
genetica dell’uomo e della specie. Egli è la regola che deve reggere l’evolu-
zione, rappresentata dal controllo che il nonno esercita su figli e nipoti,
dal potere che non viene ceduto ed esercitato, alle volte, anche con la
rigidità necessaria per assicurare il rispetto delle regole della vita. Viene
spesso rappresentato come un vecchio con la barba e la falce: è lui, infatti,
che miete quando è l’ora del raccolto.
140 TRATTATO DI ALCHIMIA DELLE EMOZIONI – NIGREDO

Gli antichi credevano, a ragion veduta, che un archetipo valesse di più


di un testo scritto. Per questo motivo celarono tutte le loro conoscenze
in immagini, storie, miti e leggende.
In effetti, una volta acquisite le giuste chiavi di lettura, risulta più
semplice riferirsi con un solo termine che racchiuda vari concetti, piut-
tosto che perdersi in una miriade di definizioni.
Quando ad esempio ci riferiamo a Mercurio, sottintendiamo sempre
Di n
l’intelletto, la capacità comunicativa ed espressiva, e,adalapunto
Elendi vista
aOM
anatomico, il sistema nervoso integrato a livello percettivo. Altrettanto
EDIZ
avviene riferendoci a Marte, che rappresenta la forza propulsiva del cuo- ION
re, del sangue nei vasi, l’emoglobina, il ferro, il fegato quale funzione/ I
organo immunitario.

Vedremo come ciascuna Ferita Emozionale sia legata ad un archeti-


po planetario: una volta compreso in quale luogo del corpo tale archeti-
po si manifesta, capiremo immediatamente dove la ferita andrà a creare
squilibrio. Mercurio, ad esempio, si manifesta nell’intelletto; una ferita
mercuriale attingerà, pertanto, principalmente al livello intellettuale,
potendo far nascere dei problemi a livello di sistema nervoso centrale o
periferico. Una ferita riguardante l’archetipo di Venere, che rappresenta
l’armonia nella forma, la struttura della massa, l’equilibrio di relazione,
colpirà l’individuo nel corpo con delle marcate o comunque evidenti
asimmetrie, mancanza di armonia, incapacità digestive e problemi me-
tabolici. Allo stesso modo una ferita marziale (riguardante l’archeti-
po di Marte), darà origine a squilibri a livello del sangue, problemi di
anemia, disfunzioni cardiache, epatiche o alla cistifellea, in quanto
questi sono gli organi, oppure i distretti, dove l’archetipo di Marte si
esprime. Una persona che ha una ferita legata all’archetipo di Giove,
rappresentante della sapienza, della conoscenza e della capacità di ve-
dere dall’alto, avrà più manifestazioni nel luogo dove Giove risiede:
dal collo alla parte più ormonale del sistema nervoso centrale. Così
sarà per la ferita Saturnina, che riguarderà tutte le disfunzioni legate
alla perdita di disciplina, alla mancanza di controllo e all’anarchia del
sistema e dell’organismo nei confronti delle regole.
LE SEI CUCITURE 141

Quadrato, cerchio, triangolo e cerchio grande:


gli alchimisti misuravano con il compasso
l’apertura del cerchio di energia
e con la squadra la massa e gli angoli interni.

Il compasso e la squadra sono simboli oggi

Dia
della massoneria e sono stati “rubati”
agli alchimisti perché il compasso è la misura

na
in gradi del cerchio dello Spirito e la squadra

Ele
è la misura in gradi degli angoli della massa.

na
OM
ED
IZI
142 TRATTATO DI ALCHIMIA DELLE EMOZIONI – NIGREDO

IL RUOLO
DI GAIA
L’ARCHETIPO
DELLA GRANDE MADRE

Di
an
Quando lo Spirito (il Mercurio) “perde le sue ali” diviene quella par-

aEle
ticolare forma di energia che chiamiamo energia incarnata e l’equazione
che riassume la vita ha inizio. Nel momento in cui Spirito e Corpo si

na
OM
fondono, nasce l’Io, il Sale, che rappresenta il Tre. Potremmo modificare
il noto detto dicendo:

ED
IZI
Non c’è due senza il tre, e l’Anima vien da sé!

ON
IS
Il pianeta Terra, nel nostro sistema solare, è situato tra Venere e Marte;

N
allo stesso modo l’Anima che sta per nascere si interpone tra ovulo (Ve-
nere) e spermatozoo (Marte). L’archetipo del pianeta Terra ha un ruolo
centrale nella guarigione delle Ferite Emozionali, in quanto rappresenta,
in moltissime culture, la grande madre che custodisce la vita e la salute dei
suoi figli. Gea o Gaia (in greco ionico) è, nella religione e nella mitologia
greca, la dea primordiale, quindi la potenza divina della Terra.

Diciamo che l’energia stessa della Terra – in quanto “Anima” – è già


di per sé un’energia di guarigione che, costantemente, interagisce con la
nostra energia per aiutarci ad affrontare la sfida che ci pone quotidiana-
mente la gestione della nostra massa.
Non è forse dalla Terra che arrivano i frutti con cui ci cibiamo? Non
è forse la Terra che ci dona un luogo in cui dormire protetti e sicuri? Che
sia una grotta, una capanna o una casa moderna, da dove provengono
143

i materiali con cui costruiamo ripari, utensili e i vari oggetti indispen-


sabili per la nostra vita? Da dove proviene l’acqua con cui ci dissetiamo e
l’aria che respiriamo?

La Terra rappresenta la nostra vera cura, la nostra indispensabile “far-


macia naturale” che dispensa a tutti, senza distinzione alcuna, i doni che
alimentano la nostra vita e quella di tutti gli esseri viventi del pianeta.
La Terra è il nostro Sale, è ciò che veramente guarisce la nostra ferita!
Per questo motivo tutte le culture sciamaniche utilizzano sistemi di
guarigione che hanno a che fare con la terra, come la capanna sudatoria e
le peregrinazioni in grotta. Similmente, gli animali feriti si stendono per
terra per circa quaranta giorni, riposando, in attesa, perché non hanno al-
tro modo per guarire le loro ferite se non rotolarsi per terra, in particolare
nell’argilla o nel fango, dei quali sono note le proprietà medicamentose
(fanghi medicinali) e gli effetti protettivi, ricostruttivi, remineralizzanti e
assorbenti nei confronti delle tossine.

È necessario essere puri come bambini


e semplici come una donna che è intuitiva
e non razionale come l’uomo:

aE
con la ragione è difficile fare alchimia.

an
Di
144 TRATTATO DI ALCHIMIA DELLE EMOZIONI – NIGREDO

LAUN VIA CRUCIS


4:11 PM358355

PERCORSO INIZIATICO

La verità non è venuta nel mondo nuda,


ma è venuta in simboli ed immagini.
:3

(Vangelo di Filippo)
NI SNC11/24/2022 12

La Via Crucis (dal latino, Via della Croce) è un rito della Chiesa catto-
lica con cui si ricostruisce e si commemora il percorso doloroso di Cristo
che si avvia alla crocifissione sul Golgota. La maggior parte degli storici
riconosce che Francesco D’Assisi è stato il primo ad attuare una pratica di
devozione specifica nei confronti della Croce e della Via Crucis.

La Via Crucis è la rappresentazione simbolica del cammino del “pre-


IO

destinato”, ovvero dell’energia che ha scelto il punto d’inizio e il punto


IZ

finale del suo cammino. Poi il dove, il come e il quando, è di libero arbi-
D

trio. Ma se voglio percorrere consapevolmente la mia Via Crucis, devo


E

chiedermi: “Perché sono nato? Cosa ci faccio qui? Dove voglio andare?”
O M

Io devo sapere, anche a settant’anni, qual è il senso della mia vita!


le na

Il “Sia fatta la tua volontà” del Cristo sulla croce rappresenta l’atto di
E

sottomissione della nostra mente ai voleri dello Spirito, da non conside-


na

rare come qualcosa che ci opprime.


Dia

L’uomo ragiona con la mente, ma questa non è la “sua” mente! La


“mente” è un programma che parte in automatico, costruito e condizio-
nato in base al periodo storico, e comunque, sotto l’influsso del DNA,
che produce enzimi, ormoni e neuro trasmettitori che condizionano la
nostra mente, influenzata anche dai parassiti intestinali e dai batteri.
145

Per molto tempo durante le mie ricerche riguardo le Ferite Emozio-


nali, ho pensato e meditato sulla figura di Gesù, una delle icone che mag-
giormente nella storia esprime il concetto di ferita. Presente spesso nella
mia mente, l’immagine del Cristo in croce mi ha fatto riflettere sulle sue
ferite e mi ha consentito di osservare che alcune corrispondevano addirit-
tura a certi punti dell’Agopuntura cinese.

Un giorno, durante un corso, mentre stavo parlando del sistema ner-


voso centrale, nuovamente mi apparve l’immagine di Cristo in croce: vidi
18
Calvario, il “cranio”… il Golgota … e ancor più mi sono reso conto che
le sue ferite e la sua storia avevano a che fare con le Ferite Emozionali.
Ho riflettuto molto su certi dettagli di alcuni dipinti della crocifissione.
Forse i pittori volevano trasmettere qualcosa in più della semplice pas-
sione di Gesù? Forse c’era una simbologia nascosta in tutti questi dipinti?
Forse questi artisti non erano solamente impegnati a dipingere una sce-
na, quanto a trasmettere un concetto più profondo?
Per una pura casualità, il venerdì precedente la Pasqua dello stesso

D
ia
anno in cui avevo compiuto quel viaggio così trasformante, mi sono

na
ritrovato davanti alla TV a guardare il Papa ripercorrere la Via Crucis: il El
e
Cristo deriso, spogliato, caricato della croce; Cristo che cade più volte a
aO n

terra ferendosi. La ferita! Pensai, anzi, le ferite!


M
ED

Vi illustrerò ora le considerazioni che ho tratto dalla semplice osser-


Z I

vazione del percorso della Via Crucis sulla base delle deduzioni che in
I O
N

quel tempo raggiunsi a riguardo delle Ferite Emozionali. Prima, però,


I S

devo spiegare brevemente in cosa consiste la Via Crucis e quando tale


N
C

celebrazione ha iniziato a fare capolino nella cultura cristiana europea.


1 1

Nell’Occidente cristiano pochi pii esercizi sono tanto amati quanto la


/24

Via Crucis. Essa rinvia con memore affetto al tratto ultimo del cammino
20 /
2 2
1 2

18 Calvario (dal latino Calvaria che significa “luogo del cranio”) è la collina appena fuori le mura di Geru-
3 :

salemme su cui, secondo la narrazione dei vangeli, salì Gesù per esservi crocifisso. Il luogo è anche detto Golgota
4 :

(dall’aramaico Gûlgaltâ con il medesimo significato di “luogo del cranio”). La tradizione antica vuole che esso sia il
11

punto dove vi è seppellito Adamo. In molte iconografie antiche, le crocifissioni venivano raffigurate con un teschio
PM

inumato, dipinto sotto la croce.


35
83
5 5
146 TRATTATO DI ALCHIMIA DELLE EMOZIONI – NIGREDO

percorso da Gesù durante la sua vita terrena: da quando egli e i suoi di-
scepoli,

dopo aver cantato l’inno,


uscirono verso il monte degli ulivi
(Mc 14, 26)

fino a quando il Signore fu condotto al

luogo del Golgota (Mc 15, 26)

fu crocifisso e sepolto in un sepolcro nuovo, scavato nella roccia di un


giardino vicino. Dian
aEle
naalOMedio Evo inol-
La Via Crucis, nel senso attuale del termine, risale
M ED
trato. San Bernardo di Chiaravalle (1153), san Francesco d’Assisi (1226)
IZIO
e san Bonaventura da Bagnoregio (1274), per la loro devozione, affettuo- NI SNC
sa e partecipe, prepararono il terreno su cui sorgerà questo pio esercizio. 11/
Al clima di pietà compassionevole verso il mistero della Passione si deve
aggiungere l’entusiasmo sollevato dalle Crociate che si propongono di
recuperare il Santo Sepolcro, il rifiorire dei pellegrinaggi a partire dal se-
colo XII e la presenza stabile, dal 1233, dei frati minori francescani nei
“luoghi santi”. Verso la fine del secolo XIII la Via Crucis è già menzio-
nata, non ancora come pio esercizio, ma come cammino percorso da Gesù
nella salita al Monte Calvario e segnato da una successione di “stazioni”.
Intorno al 1294 un frate domenicano, Rinaldo di Monte Crucis, nel suo
Liber peregrinationis afferma di essere salito al Santo Sepolcro

per viam, per quam ascendit Christus,


baiulans sibi crucem

e ne descrive le varie stationes: il palazzo di Erode, il Litostrato, dove Gesù


fu condannato a morte, il luogo dove Egli incontrò le donne di Gerusa-
lemme, il punto in cui Simone di Cirene prese su di sé la croce del Signo-
re. E così via.
I
DIZION
LA VIA CRUCIS: UN PERCORSO INIZIATICO 147

E
Le stazioni della Via Crucis, che è arrivata a noi come tradizionale,

M
sono le seguenti:

aO
naElen
1. Gesù è condannato a morte
2. Gesù è caricato della croce
3. Gesù cade per la prima volta

Dia
4. Gesù incontra sua Madre
5. Gesù è aiutato a portare la croce da Simone di Cirene
6. Santa Veronica asciuga il volto di Gesù
7. Gesù cade per la seconda volta
8. Gesù ammonisce le donne di Gerusalemme
9. Gesù cade per la terza volta
10. Gesù è spogliato delle vesti
11. Gesù è inchiodato sulla croce
12. Gesù muore in croce
13. Gesù è deposto dalla croce
14. Il corpo di Gesù è deposto nel sepolcro

A volte la Via Crucis viene terminata con una quindicesima stazio-


ne, la Risurrezione di Gesù. Chi la aggiunge lo fa nell’idea che la pre-
ghiera cristiana nella contemplazione della passione non può fermarsi
alla morte, ma deve guardare al di là, allo sbocco di cui i Vangeli ci parla-
no, alla Risurrezione.

Come abbiamo visto precedentemente, sovente gli alchimisti occulta-


vano formule, teorie e concetti in icone o racconti, per, da un lato, non
essere fraintesi nelle loro parole ed esprimere puramente gli archetipi a
cui si riferivano, dall’altro, per ovviare alla censura dell’inquisizione che,
soprattutto in alcuni periodi storici, proibiva qualsiasi forma d’arte che
non avesse attinenza alla religione. In questo caso, riguardo la Via Crucis,
siamo probabilmente a uno degli occultamenti di conoscenze alchemi-
che meglio congegnato della storia. Il racconto della Via Crucis, infatti, è
un vero e proprio trattato che riguarda le Ferite Emozionali. Analizzando
le varie stazioni, tutto ciò ci sarà più chiaro.
2 12:34:
148 TRATTATO DI ALCHIMIA DELLE EMOZIONI – NIGREDO

11/24/202

I II III
SNC

stazione stazione stazione

ARIETE TORO GEMELLI


I
E D IZION

VI V IV
stazione stazione stazione
OM

VERGINE LEONE CANCRO


lena E
Diana

VII VIII IX
stazione stazione stazione

BILANCIA SCORPIONE SAGITTARIO

XII XI X
stazione stazione stazione

PESCI ACQUARIO CAPRICORNO

XIII XIV XV
stazione stazione stazione

NETTUNO PLUTONE URANO


LA VIA CRUCIS: UN PERCORSO INIZIATICO 149

Dian PRIMA STAZIONE – Casa di Ariete


La prima stazione della Via Crucis mi ha scioccato.
aEl
Mi trovavo in laboratorio, alle prime luci dell’alba della domenica di
Pasqua, pronto per iniziare con i miei collaboratori la lavorazione del
Kit di Essenze Floreali che da quel momento avrei utilizzato, congiun-
tamente al risveglio della consapevolezza, per il trattamento delle Ferite
Emozionali. Mosso come da una volontà “non mia”, sento la necessità di
andare a lavarmi le mani, anche se di solito indosso i guanti. Mentre com-
pio questa azione mi viene in mente la famosa reazione di Pilato di fronte
al giudizio di Gesù e il suo “lavarsene le mani”. Nella prima stazione della
Via Crucis Gesù viene condannato a morte: è l’“agnello” che viene sa-
crificato sull’altare, è l’agnello di Dio che toglie i peccati… è la prima casa
19
dello zodiaco… è l’Ariete ! Nel momento in cui l’Agnello di Dio diviene
uomo, realizzando pienamente il suo pre–destino, egli diviene Ariete. In
questa stazione vi è rappresentata la prima ferita subìta da Gesù: il tradi-
mento, precedentemente subìto da Giuda, poi Pietro che lo ha rinnegato
come maestro e infine il popolo, che lo ha condannato a morte. In questa
prima stazione si apre,

come in alto, così in basso

il processo di risveglio dello Spirito nella massa: il segno di Ariete, domi-


nato dall’elemento Fuoco, apre il cammino del pre–destinato.

SECONDA STAZIONE – Casa di Toro


Una volta condannato, Gesù inizia a portare la sua croce, da solo:
l’archetipo del Toro, secondo l’Alchimia. Il pianeta reggente di Toro è
Venere, il cui archetipo negativo è la Ferita di Abbandono. Gesù viene
abbandonato a se stesso, schernito, spogliato dei vestiti e gli viene messo

19 Il nome pecora (lat. pecus “bestiame di piccolo taglio” passato poi a identificare un singolo animale) è riser-
vato all’adulto femmina, il maschio della specie si chiama ariete o montone, mentre il piccolo è denominato agnello
fino a un anno di età.
1 2 :3 2 022
150 TRATTATO DI ALCHIMIA DELLE EMOZIONI – NIGREDO

/
20
indosso un mantello porpora – la veste sacra, portata dagli alti sacer-

2 4
doti e dai regnanti – e portato fuori per essere crocifisso. A questo punto

1 /
Gesù dice:

1 S NC
Se qualcuno vuol venire dietro a me, rinneghi se stesso,

I
prenda la sua croce ogni giorno e mi segua. (Lc 9, 23)

I ON
Questa è la vera guarigione dalla Ferita di Abbandono, ovvero afferrare

EDIZ
le proprie verità e liberarsi delle proprie maschere rimanendo però fedeli
e connessi a se stessi!

aOM
TERZA STAZIONE – Casa di Gemelli

len
Gesù cade per la prima volta sulle ginocchia e si ferisce le gambe. Fe-

DianaE
rendosi le gambe, porta l’inconscio collettivo ad espiare le Ferite di Rifiu-
to e di Abbandono, due ferite che hanno a che vedere con la famiglia.
Quando sarà crocifisso, ai suoi piedi ci saranno le “tre Marie”, che sono
parte della sua famiglia. In questa fase della Via Crucis, per analogia, vie-
ne lavorata la parte inferiore della pianta: per costruire il rimedio, sono
necessarie le sue radici, che vengono “ferite” per curare le nostre ferite.

QUARTA STAZIONE – Casa di Cancro


La casa di Cancro: la famiglia, il DNA. C’è un dettaglio interessante:
Gesù, considerato il rappresentante della luce solare – il Logos Solar, il
principio del sole – incontra la madre, ma, in questo incontro, egli non
è già più il “figlio”, è già il Cristo, il cui destino sarà di immolarsi sulla
croce. Egli ora rappresenta un “principio” che, incontrando la famiglia,
ci insegna a “separarci” da questa in termini energetici.

Non crediate che io sia venuto


a portare pace sulla terra;
non sono venuto a portare pace, ma una spada.

20 “E i soldati, intrecciata una corona di spine, gliela posero sul capo e gli misero addosso un mantello di porpo-
ra” (Gv 19,2). “Allora Gesù uscì, portando la corona di spine e il mantello di porpora” (Gv 19,5).
LA VIA CRUCIS: UN PERCORSO INIZIATICO 151

Sono venuto infatti a separare


il figlio dal padre, la figlia dalla madre,

Di
a
la nuora dalla suocera: e i nemici dell’uomo

a n
E
saranno quelli della sua casa.

le
Chi ama il padre o la madre più di me

na
O
non è degno di me; chi ama il figlio

M
o la figlia più di me non è degno di me;

DI E
chi non prende la sua croce e non mi segue,

IO Z
non è degno di me. (Matteo 10, 34 – 38)

NI
S
Gesù incontra quindi la Luna, la madre, reggente della casa di Cancro.

N C
1 1
QUINTA STAZIONE – Casa di Leone
/2
/ 4
Gesù viene aiutato dal buon samaritano. È la casa del segno di Leone.
20
2

Il Leone rappresenta l’Ego che si trasforma in Io, l’orgoglio sano, il vero


2

archetipo del Sole che quando realizzato in noi porta al servizio degli altri.
12
34 :
:

SESTA STAZIONE – Casa di Vergine


11

Veronica va incontro a Gesù per asciugare il suo volto con un pan-


PM

21
no di lino che si tingerà di nero. Il suo sudore lascerà quell’impronta
35
83

indelebile sul panno che sarà poi riconosciuto come la sacra sindone. In
5

questo momento Gesù, grazie al panno, si libera dal carbonio (il nero) e
5

dalle “tossine” che impregnano la massa.

SETTIMA STAZIONE – Casa di Bilancia


Gesù cade per la seconda volta, ferendosi il petto e il costato. È in
questa fase che in laboratorio si lavora la parte aerea della pianta per fare
il rimedio. Gesù, in questa stazione, si fa carico di espiare, a livello di in-
conscio collettivo, due ferite che corrispondono all’odio e all’ira: il tradi-
mento e l’ingiustizia.

21 I guaritori Esseni usavano un panno di lino bagnato per togliere le tossine dal corpo. Il lino, in quanto fibra
naturale, possiede delle caratteristiche anallergiche. Il tessuto in lino è una materia sana, non irrita la pelle ed è stata
altresì dimostrata l’azione benefica che esercita per la remissione di talune affezioni dermatologiche.
152 TRATTATO DI ALCHIMIA DELLE EMOZIONI – NIGREDO

Il cammino della Via Crucis rappresenta l’espiazione delle ferite superfi-


ciali, legate al vissuto emotivo intellettivo, vale a dire “mentale”, che af-
fliggono l’umanità dai tempi della creazione.

OTTAVA STAZIONE – Casa di Scorpione


Questa è la stazione di Marte, archetipo reggente del segno di Scorpio-
ne. In realtà, secondo la moderna astrologia, il reggente del segno di Scor-
pione sarebbe Plutone, dio dell’Ade, il regno dei morti. Secondo l’astrolo-
gia sumera, considerando solamente i pianeti presenti all’interno della fa-
scia di asteroidi, Marte ha una energia che si muove tra Ariete e Scorpio-
ne. Una situazione per nulla anomala, se consideriamo il fatto che, per vi-
vere, nascere e lottare (Ariete) ci vuole tanta forza e coraggio quanto per
cambiare e per morire (Scorpione). Quello di Scorpione non è il Marte
di Ariete che porta la vita, ma il Marte che mi dà il coraggio di cambiare, S
al punto da poter lasciare la vita. In questa stazione Gesù O
ammonisce
a M E
le
DIZIONI
n
donne accorse presso di lui: DianaEle

Svegliatevi, cambiate,
non pregate per me,
ma pregate per i vostri figli.

Egli vuole che capiscano che tutti siamo in grado di compiere ciò che lui
fa, basta semplicemente crederci, ricolmi di fede.

Pensa a cosa potresti fare


se credessi in te quanto credi in me!
Io sono come voi, sono solo
la manifestazione vivente di un principio.
In realtà voi siete a immagine e somiglianza
di mio padre, quindi anche voi potreste…
se ci credete…

L’ottava stazione rappresenta la Ferita di Tradimento, il risveglio della


comprensione; se comprendo niente mi può tradire.
LA VIA CRUCIS: UN PERCORSO INIZIATICO 153

NONA STAZIONE – Casa di Sagittario

DianaE
Gesù cade per la terza volta e si ferisce alla testa. È la caduta del poli-
tico. La casa nove, la nona stazione, è la casa della politica, della legge giu-
sta, della legge filosofica illuminata. Gesù va ad espiare le Ferite di Ingiu-
l e

stizia e Umiliazione, che risalgono al peccato originale, quando l’uomo


n a

fu, secondo la sua interpretazione “mentale”, ingiustamente cacciato dal


O

Paradiso Terrestre e si accorse di essere nudo, vergognandosi per questo.


M ED

DECIMA STAZIONE – Casa di Capricorno


IZION

Gesù ha terminato il suo percorso: è la casa del segno di Capricor-


no, raffigurato come una capra con la coda di pesce. Il logo simboleggia
l’agnello di Dio divenuto oramai Ariete, aperto al suo cammino spirituale
IS

e che raggiunge la realizzazione nel mondo dello Spirito. La sua Opera è


N

completa. La capra, quale simbolo della maturità del Fuoco sacro inte-
C 1

riore che alimenta il volere dello Spirito, e il pesce che rimanda alla visio-
1 /24/2

ne spirituale e profonda della vita. Gesù era un “pescatore di uomini”,


e, in questa stazione, si verifica la maestrale e perfetta corrispondenza tra
potere della massa e volere dell’Energia: la formula è completa. Egli viene
022 1

spogliato e umiliato, posta in testa una corona di spine e la scritta INRI


sulla croce. L’umiliazione, relativa a Saturno, di fronte alla massa che lo
2:34:11

giudica, non è più però una realtà vissuta dallo Spirito che accetta il suo
destino e lo segue a cuore aperto, consapevole. La ferita successiva si ma-
nifesta quando viene inchiodato sulla croce; qui subìsce cinque ferite pro-
fonde, non solamente emotive, quindi espiate a livello collettivo, bensì
PM3

vere e proprie manifestazioni carnali dell’effetto psicosomatico delle rela-


tive ferite emotive. Il corpo inizia a soffrire e ad incarnare tali traumi che
58355

erano presenti, fino ad allora, solamente a livello emotivo/psichico.

UNDICESIMA STAZIONE – Casa di Acquario


L’acquario rappresenta il portale tra passato e futuro. Esso, in quanto
energia futuristica e impalpabile, sottende a tutte le manifestazioni che
hanno a che vedere con la rottura di schemi, la trascendenza di regole e
forme pensiero.
154 TRATTATO DI ALCHIMIA DELLE EMOZIONI – NIGREDO

Esso è retto da due pianeti: Saturno, per il suo lato di legame con il passa-
to e Urano, l’apertura verso l’ignoto. In questo momento, l’umiliazione
subìta trascende in una possibilità infinita. Le ferite divengono potenzia-
li, i Talenti iniziano a sorgere. La crocifissione diviene come un portale
che, superando lo spazio–tempo, permette a Gesù di manifestare la sua
natura divina. an
Di
aE
DODICESIMA STAZIONE – Casa di Pesci na
le
L’ingiustizia. Questa stazione apre la porta alla Sesta Ferita perché,
O
dopo le cinque ferite vissute nel corpo, Gesù dice:
M
ED
IZ
Padre, allontana da me questo calice!
IO
NI
SN
e poi Padre perché mi hai abbandonato?
C1
1/
poco dopo ripete però
24
/2
02
Sia fatta la Tua volontà.
2
12
:3
Detto questo, spirò. Questo dubbio, che è una metafora di per sé, è quel-
11
4:
PM lo che viene chiamato il dubbio cristico, ed è quella che è identificata come
35 Sesta Ferita. Quando un essere ha già vissuto le cinque ferite e non trova
83 pace, è assalito dal dubbio che la sua vita non valga più nulla e non riesce
55 a trovare un senso nel continuare a vivere. Poco dopo aver dubitato, un
soldato romano ferisce Gesù al costato trafiggendolo con una lancia, e
dalla sua ferita (la sesta, dopo i chiodi e la corona di spine) sgorga un
liquido misto a sangue: la ferita si incarna nel corpo, nel momento in cui
la vive nell’Anima. Nel momento in cui viene ferito fisicamente accetta il
suo destino e dice:

Padre, sia fatta la Tua volontà.

Gesù muore con sei ferite: i quattro chiodi, la corona di spine e la ferita
inferta dalla lancia del soldato romano.
l E
iana D

LA VIA CRUCIS: UN PERCORSO INIZIATICO 155

TREDICESIMA STAZIONE – Casa di Nettuno


Il corpo di Gesù, deposto dalla croce e riconsegnato alla madre, viene
riportato alla sua Matrice. Il suo Spirito si libera dalle acque corporee
per ritornare alle acque “superiori” dello spazio delle possibilità infinite.
Dall’acqua di Cancro all’acqua dei Pesci: il “Re pescatore” torna al mare,
alla casa del Padre. È, questa, la trascendenza di Giove, rappresentata dal
pianeta Nettuno.

QUATTORDICESIMA STAZIONE – Casa di Plutone


Gesù è deposto nel sepolcro. Plutone, pianeta trans–personale di
Marte, è l’archetipo che coordina la trasformazione della massa in energia
nel momento della dipartita dal mondo materiale. Il sepolcro rappresen-
ta l’utero, il ventre della Terra (“… il Vento lo ha portato nel suo ventre, la
Terra è sua nutrice e ricettacolo…”), il contatto con l’energia amorevole e
guaritrice di Gaia, il nostro meraviglioso pianeta.

QUINDICESIMA STAZIONE – Casa di Urano


Gesù risorge. È l’inizio di una nuova Era che è rappresentata dall’ar-
chetipo trans–personale di Urano di Acquario: la visione futura. Si sta sve-
gliando un uomo nuovo che non avrà più bisogno di nessuno per star
bene, se non della propria coscienza e apertura in relazione
alle infinite possibilità del tutto.
156 TRATTATO DI ALCHIMIA DELLE EMOZIONI

Dian
aEle
naO
ME
:34:11 PM358
157
SEZIONE SECONDA

RUBEDO
NI SNC11/24/2022 12
LA GUARIGIONE
DELLE FERITE EMOZIONALI
DianaElenaOM EDIZIO

Noi non vediamo le cose come sono.


Noi vediamo le cose come siamo.
(Anaïs Nin)
158 TRATTATO DI ALCHIMIA DELLE EMOZIONI – RUBEDO

PM358355
DianaElenaOM E
DIZ LA FERITA
IONI SNC11/24/2
UNA PROFONDA SEPARAZIONE
022 12:34:11

Se riusciamo a capire come funziona una ferita fisica, siamo anche


in grado di comprendere come opera una ferita psichica–emozionale o
dell’anima, ferita che va assolutamente trattata con la stessa accortezza che
si ha per quella fisica, tenendo presenti anche gli effetti sul piano fisico.
Come già detto, infatti, ogni evento che si presenti sul piano psico–emo-
zionale ha sempre riflessi sul piano nervoso, immunitario ed endocrino.

Prendiamo come esempio l’esperienza che vive un bambino al suo


primo giorno di asilo. Egli potrebbe vivere una ferita da distacco dall’am-
biente familiare e in particolare dalla madre. Tale ferita, che si produce a
livello psichico ed emozionale, può essere profonda e rappresentare un
evento drammatico nella vita del bambino. Normalmente, accade che
per ridurre il dolore e lenire gli effetti di questo evento, il bambino venga
appositamente distratto con altre attività, alla guisa di un farmaco an-
tidolorifico per far sì che non percepisca più tale ferita. Ciò che non è
stato fatto, in realtà, è la cura della ferita stessa. Possiamo lenire il dolore,
distrarre l’attenzione, ma la ferita rimane. L’unico modo per trattarla è
– previo riconoscimento – darle “importanza”, disinfettarla e, se neces-
sario, cucirla con ago e filo! Non possiamo dimenticarci di una ferita
aperta, magari sanguinante e infetta, poiché potrebbe rappresentare un
pericolo per la nostra vita. Nessuno si sognerebbe di voler appositamente
dimenticare una ferita attiva e “passare oltre” per non soffrire. Il dolore
che si associa ad una ferita serve proprio allo scopo di non dimenticarsene
e di risolvere il problema! Per quale motivo allora la nostra società attuale
tende a voler a tutti i costi reprimere il dolore e far dimenticare l’accadu-
to? In questo modo non si avrà la guarigione della ferita, ma solamente
159

la sua permanenza a volte per anni e, nella peggiore delle ipotesi, per
tutta la vita. La Ferita Psichica–Emozionale va trattata al pari di una ferita
fisica. Capiremo poi in quale modo e quali sono gli strumenti che posso-
no essere utilizzati nel trattarla, sia essa profonda che superficiale. L’atteg-
giamento che tende a distrarre per far sì che non la si percepisca non è evo-
lutivamente favorevole. Genera incoscienza, non consapevolezza, e oblio
nei confronti dell’accaduto. La cosa peggiore che possa accadere, e pur-
troppo avviene spesso, è che la Ferita Emozionale, mai realmente curata,
rimanga attiva e aperta ma non riconosciuta. Così genera molto dolore
e, spesso, condiziona la vita di una persona, senza, però, la comprensione
del perché di questi sentimenti. È terribile percepire dolore e non avere la
minima idea di cosa sia a procurarlo: è anti evolutivo!
M EDIZI
DianaElenaO
Una parte di noi, ferita, rimane legata al caos, alla separazione. La
nostra integrità può essere minata dalle fondamenta, così da sperimen-
tare il senso di caos in tutti noi stessi. Lo sappiamo bene: tutti abbia-
mo subìto almeno una ferita nel corso della nostra vita, e, quindi, spe-
rimentato quanto sia difficile essere se stessi e pensare ad altro quando
essa duole. A volte può essere necessario ricorrere al “pronto soccorso”
per tamponare, “tener duro”, distrarre l’attenzione onde avvertire meno
il dolore, ma deve essere un intervento momentaneo e contingente alla
situazione di emergenza. Successivamente, la ferita deve essere trattata a
modo: se profonda, andrà aperta, disinfettata ed, eventualmente, pulita
e drenata. La persona ferita probabilmente necessiterà di una copertura
antibiotica, locale o sistemica, in quanto tutte le ferite profonde sono
abbondantemente contaminate da batteri. Potrebbe formarsi del pus,
potrebbe esserci bisogno del drenaggio della ferita; tutto questo va fatto,
pena il peggioramento del quadro generale della persona.
Potrò mai “cucire” una ferita profonda
senza averla drenata, pulita
e disinfettata?
160 TRATTATO DI ALCHIMIA DELLE EMOZIONI – RUBEDO

PORTARE
LA CONOSCENZA
NELLA QUOTIDIANITÀ

Di
Nel corso del mio lavoro con i pazienti ad un certo punto mi sono
an
accorto che qualcosa non tornava; ho cominciato allora ad osservare i
aE
le
meccanismi inconsci che le persone mettevano in atto per liberarsi – solo
na
apparentemente – dai loro corpi di dolore dai quali altrimenti sarebbero
O
M
ED rimasti annientati. Una ferita, per quanto piccola – lo abbiamo speri-
IO
IZ mentato tutti – è, se non dolorosa, perlomeno molto fastidiosa.
N
La maggior parte delle persone che vedevo e a cui chiedevo di raccon-
tarsi, indossavano una o più “maschere”. La loro visione di se stessi era,
in qualche modo, distorta, come se, specchiandosi nelle loro azioni ed
esperienze, qualcosa ne falsasse la percezione. Quando chiedo di parlare
di loro stessi, descrivendosi ed esponendo i loro sogni e desideri, le loro
debolezze e frustrazioni, scopro che non stanno in realtà descrivendo se
stessi, ma una maschera.
Maschera è un termine la cui etimologia è incerta: una prima ipotesi
lo vorrebbe di origine preindoeuropea, da masca (“fuliggine, fantasma
nero”). Una seconda, non incompatibile con la prima, lo farebbe deri-
vare dal latino tardo medievale màsca, strega. Si trova traccia dell’origi-
ne del termine nell’antico alto tedesco e nel provenzale masc, stregone.
Dal significato originale si giunge successivamente a quello di fantasma,
larva, aspetto camuffato per incutere paura. L’evoluzione linguistica ha
portato, probabilmente, all’aggiunta di una “r” facendo assumere al ter-
mine la forma dapprima di mascra e successivamente di mascara. Alcuni
studiosi hanno suggerito una derivazione dell’etimo dalla locuzione ara-
161

ba maschara o mascharat, buffonata, burla, derivante dal verbo sachira,


deridere, burlare, importata nel linguaggio medievale dalle crociate. Tale
vocabolo, tuttavia, è già presente in alcuni testi anteriori alle crociate. Si è,
dunque, probabilmente giunti ad una sorta di processo di assimilazione
all’interno del significante “maschera” sia dell’aspetto primordiale di “ani-
ma cattiva” o “defunto”, sia di un aspetto goliardico e festoso. Queste
maschere diventavano la personalità dominante di queste persone, impe-
dendo loro di essere del tutto se stesse. Nonostante queste persone se ne
rendessero conto, non riuscivano diversamente a liberarsene.
Una delle cose più incredibili a cui spesso si arriva è che le maschere
indossate dalle persone sono molto simili o addirittura uguali a quelle in-
dossate e in qualche modo “trasmesse” dai loro genitori, a volte dai loro
antenati. È considerazione comune notare la somiglianza che aumenta
con il passare degli anni tra genitori e figli, tanto che spesso si sente dire
“sei proprio come tua madre, o tuo padre”. È indubbio che l’influenza
genitoriale, socio culturale, ambientale e religiosa in generale influenzi
tanto una persona, ma questo non vuol dire che questa influenza debba
necessariamente schiacciare la vera personalità di un essere e trasformarlo
in qualcosa che non è.

Se una pianta viene invasa da piante parassite, potrà certamente sof-


frire, ma mai perdere le sue caratteristiche “caratteriali” e vegetative. Si
dovrà certamente adattare, ma, nel momento in cui dovesse perdere la
sua identità, seccherebbe. Quante volte abbiamo visto alberi invasi da
DianaE

edera, ricoperti da rovi, con le fronde fortemente invase da vischi e a con-


tatto diretto con altri arbusti? Ha forse quell’albero perso la sua identità?
O è semplicemente schiacciato da una forza “invadente” derivante dalla
presenza di altri esseri attorno ad essa?
len

Questo fenomeno accade molto frequentemente anche nel mondo


a

animale, dove assistiamo ad umanizzazioni di animali che un tempo era-


O M

no selvatici, o perlomeno ritenuti “di compagnia”. Animali che, a poco


E

a poco, iniziano a soffrire di patologie sempre più simili a quelle dei loro
D

“padroni”, a volte facendosi carico di atteggiamenti e problemi che ap-


IZIONI

partengono alle persone con cui vivono.


SNC1
162 TRATTATO DI ALCHIMIA DELLE EMOZIONI – RUBEDO

Nel mondo dell’essere umano, questo può costituire un problema


molto serio, in quanto nessuno nasce per divenire qualcosa o qualcuno
che non è nella sua intima essenza. Se nel regno vegetale e animale tale in-
fluenza determina una snaturalizzazione profonda dell’essere che subìsce
questa influenza, nel mondo umano, dotato di capacità logica e critica,
tale fenomeno è inaccettabile. Nessun essere umano viene al mondo per
essere qualcosa di diverso da ciò che rappresenta: una scintilla di un pro-
getto molto più grande, dove ciascuno deve e può fare la sua “parte”.
Certamente anche nei regni vegetale ed animale questa snaturalizza-
zione non è una cosa accettabile, ma seguendo il concetto delle leggi di
evoluzione, sarebbe perlomeno accettabile che un essere vegetale “im-
parasse” e crescesse condividendo il tempo e lo spazio con altri esseri vi-
venti. La stessa cosa vale per il regno animale che, relazionandosi in senso
positivo anche con l’uomo, ha compiuto dei passi evolutivi non indiffe-
renti. Il problema non riguarda la convivenza, lo scambio, ma l’influenza
negativa, ovvero quel tipo di influenza che impedisce ad un essere di evol-
vere manifestando se stesso. Accade invece, molto frequentemente, che
i figli ricorrano ad atteggiamenti propri dei loro genitori, rivivendo, in
parte, la loro vita, riecheggiandoli in atteggiamenti evolutivamente non
favorevoli: le stesse paure, gli stessi gusti, gli stessi sogni e desideri.

Mi chiedo sempre, quando parlo con un giovane essere umano, quan-


to ci sia nella sua mente dei concetti trasmessi dai genitori, dal tessuto so-
cio–culturale e dall’influenza della religione, quante delle loro paure sia-
no realmente legate al loro essere e quante, invece, siano semplicemente
determinate dall’aver ereditato una influenza genitoriale, storica e sociale.
Mi sono chiesto per anni e in molteplici situazioni cosa fosse che impo-
neva alle persone questo modo di essere tanto lontano da se stesse, quale
potesse essere la causa che le allontanava dalla loro autentica personalità.
D i

Ho sentito innumerevoli volte pronunciare frasi del tipo: “non riesco


an
a

a non pensare in questo modo, ad essere ottimista, non riesco a sentirmi


E l

all’altezza di…, non so come credere di essere capace a…”. È una situazione
en
a

simile al trovarsi di fronte ad un blocco di marmo, scolpito da un artista


OM

che non ha la minima idea di cosa realmente quella pietra contenga.


DI E
I Z
ON
S I
PORTARE LA CONOSCENZA NELLA QUOTIDIANITÀ 163

Michelangelo Buonarroti riteneva che la forma fosse già presente


all’interno del blocco di marmo, che ne fosse dunque come prigionie-
ra. Il compito dello scultore, quindi, era quello di liberarla: liberare
l’idea, eliminando la materia in eccesso. Con il passare del tempo però
ed il crescere del suo “pessimismo”, cominciò a pensare che la forma non
potesse davvero liberarsi dalla materia; un esempio è la Pietà Rondanini,
una statua dall’impatto notevole, ma non rifinita, lasciata solo abbozzata.
Michelangelo ci lavorò fino alla morte, non ne era mai soddisfatto, per-
ché l’Anima non riusciva a liberarsi dalla forma.
Mi piace pensare a questo parallelismo tra lo scultore che osserva la
massa di marmo e l’artista che ne vede al suo interno l’essenza. In effetti,
in ogni massa è contenuta una quantità di energia e l’energia si esprime
sotto forma di potenzialità. Semplicemente conoscendo (o percependo)
l’essenza contenuta in un blocco di marmo, e rimuovendo ciò che impe-
disce a questa di manifestarsi, l’artista può risolvere l’equazione che porta
l’Energia ad essere a immagine e somiglianza della massa che la contiene,
ovvero la forma. Michelangelo, forse, se fosse riuscito a rivelare piena-
mente prima in lui la sua energia potenziale, liberandosi dai condizio-
namenti del suo passato, non avrebbe incontrato tali difficoltà nell’espri-
mere pienamente l’essenza nella forma nel mondo della scultura.

Le sue considerazioni a riguardo ci riportano in pieno all’argomen-


to di questo trattato: le Ferite Emozionali. Michelangelo scoprì, infat-
ti, attraverso la sua esperienza, che c’erano dei fattori che impedivano
all’Essenza di brillare pienamente nella forma; la massa ha le sue regole, la
materia è densa, sottoposta alle leggi di inerzia, a volte non malleabile e
cristallizzata in atteggiamenti
Dian condizionati da svariati fattori.
La perdita della madre,aad
Elesempio,
ena all’età di sei anni, potrebbe essere
stato, per Michelangelo, uno di questi
OM fattori. Un trauma, quale il deces-
EDIprofonda di abbandono,
so della madre, che ha generato in lui una ferita ZIO
legata all’archetipo di Venere, ha probabilmente segnatoNI Sil suo destino
NC1
nel nome dell’archetipo di Venere in quanto a capacità di “dare forma”,
1/24
ma lo avrebbe, però, successivamente bloccato nel riuscire ad essere total- /2022
mente espressione di se stesso.
12:3
4:
164 TRATTATO DI ALCHIMIA DELLE EMOZIONI – RUBEDO

La vita si esprime attraverso le forme e la sua incapacità a dar forma


ad alcune opere potrebbe riflettere l’oscurità di alcuni suoi lati rimasti
bloccati dalla ferita dovuta alla perdita della madre.
Dietro a queste maschere e alla base di molti atteggiamenti umani, ho
iniziato a percepire la presenza di un trauma, una ferita profonda che,
come un vortice in un lago, creava un movimento centripeto attirando
verso di sé tutti gli sforzi della persona volti a migliorare il suo stato che
riconosceva come non desiderato.

La Ferita Emozionale si comporta come un ciclone che attira a sé tutto


ciò che incontra; è un vortice di energia inaudita, che si oppone ai tenta-
tivi dell’uomo di liberarsi da questi nuclei di dolore. Vedremo nei capitoli
successivi nel dettaglio come queste Ferite Emozionali agiscano.
Le ferite superficiali, ad esempio, vissute nel lato psico–emozionale,
al pari di un anti–ciclone tendono a risucchiare tutte le informazioni e
le energie verso l’alto, verso i piani più sottili dell’essere, determinando
molti blocchi mentali e caratteriali. Le ferite profonde, al contrario, agi-
scono come un ciclone o per meglio rendere l’idea come un vortice in un
lago, risucchiando tutte le informazioni verso il basso, verso la cellula e il
nucleo cellulare, impregnando i tessuti – connettivo in primis – e le cel-
lule. Le ferite profonde, più delle superficiali, proprio in quanto impre-
gnano le strutture materiali dell’essere, possono, attraverso il DNA “vo-
latile”, che costituisce il 98% del nostro codice genetico, essere trasmesse
I DIZ di generazione in generazione. Tale è l’impatto delle ferite, quando ap-
ME aO punto venne detto nella Bibbia da Geremia:
a E len
a n Di
I padri han mangiato uva acerba
e i denti dei figli si sono allegati.
(Geremia, 31)

Ciò, normalmente, purtroppo accade. Assistiamo il più delle volte a


situazioni di vera “possessione”, nelle quali l’essenza dell’individuo viene
oscurata in parte o totalmente da ombre provenienti dal passato gene-
tico, esperienziale e sociale. Non dobbiamo dimenticare che il corpo (la
PORTARE LA CONOSCENZA NELLA QUOTIDIANITÀ 165

massa, la materia) è lento e può farsi carico di molteplici situazioni trau-


matiche che non sempre derivano dall’esperienza diretta dell’individuo.
A volte si tratta di traumi che vengono sotto forma di memoria moleco-
lare dell’esperienza, come fossero una cicatrice metabolica, che interferi-
scono, primariamente, a livello cellulare, fino a coinvolgere, innescando
una risposta da stress, la parte più mentale arrivando poi ad oscurare la
sfera spirituale dell’individuo.

A questo proposito, teniamo presente il fatto che abbiamo:


(a) due metri di DNA in ogni cellula del nostro corpo, ereditato dai no-
stri avi;
(b) la mente condizionata dal sistema educativo, culturale, nonché reli-
gioso;
(c) dieci parassiti per ogni cellula, e cento volte di DNA dei parassiti
rispetto al nostro.
È difficile capire, in questa situazione, quando possiamo essere con-
dizionati e vivere delle maschere, piuttosto che la nostra vera personalità.
Ci sono studi scientifici, ad esempio, che dimostrano come persone af-
fette da parassiti intestinali, cambiano carattere quando vengono curate.
Un parassita produce molte molecole in quanto scarti dei suoi proces-
si metabolici vitali; questi, spesso, sono sostanze attive che entrano nel
sangue e arrivano direttamente al cervello, potendo modificarne la bio-
chimica. Cosa faccio se ho una ferita fisica? Cerco di disinfettarla.
E perché non dovrei disinfettare anche una Ferita Emozionale? È pos-
sibile che la ferita sia contaminata dai “parassiti” che io creo con i miei
condizionamenti mentali.

Come in alto così in basso

ricordate. Quindi può succedere che io abbia paura di andare in mac-


china con i finestrini chiusi perché, quando avevo tre anni, sono rima-
sto chiuso in ascensore. Posso aver subìto in questo frangente una Ferita
di Tradimento, aver assunto la maschera del controllore per tenere tutto
sotto controllo e dimenticarmi completamente dell’accaduto.
Di
an
aE
len
aO
IZION I SNC
len aOM ED
DianaE
166 TRATTATO DI ALCHIMIA DELLE EMOZIONI – RUBEDO

In seguito, il crescere dei parassiti mentali (schemi, forme pensiero e abi-


tudini nocive) può oscurare la vera causa dei miei atteggiamenti, o peg-
giorare una situazione che inizialmente aveva, come nucleo sottenden-
te, solamente la ferita primaria. È quindi fondamentale, nel trattamento
delle Ferite Emozionali, trattare la persona nella sua totalità, partendo,
simultaneamente, dal lato fisico, mentale,
emozionale e infine
Spirituale.
lenaO
DianaE
167

L’ALCHIMIA
DELLE EMOZIONI

Risulta molto difficile rendersi conto di quante cose, azioni o desideri


nascano in seguito alla pressione che una Ferita Emozionale esercita su di
noi. La maggior parte delle volte, quando pensiamo di poter scegliere au-
tonomamente seguendo la nostra voce interiore, in realtà stiamo incon-
sciamente rispondendo allo stimolo di una vecchia ferita che ci induce ad
essere ciò che in realtà non siamo. Quante volte ci siamo chiesti se stes-
simo facendo la cosa giusta? Quante volte i nostri sogni si sono infranti
di fronte alla realtà? Quante volte abbiamo deciso, scelto e operato spin-
ti da una impellente necessità che sfuggiva al nostro controllo conscio?
Quale era la forza che ci spingeva in quel momento? La forza dello Spiri-
to, dell’Anima che cerca di realizzare il suo grande progetto nella materia,
oppure la forza di una ferita racchiusa nel nostro inconscio?

È di fondamentale importanza imparare a distinguere, riconoscere e


smascherare un atteggiamento indotto da una Ferita Emozionale rispetto
a quello indotto da uno Spirito libero che si auto determina. Qualora
fossimo spinti solamente dalle nostre ferite a compiere le azioni della no-
stra vita, potremmo un giorno ritrovarci spaesati, persi nel groviglio dei
nostri traumi e incapaci ormai di riconoscere noi stessi. Tale è l’impatto
delle Ferite Emozionali da avere il potere di disperdere parzialmente o to-
talmente la vera personalità dell’individuo e costruire una serie di castelli
di sabbia attorno al vero nucleo dell’essere. È questa la nascita delle varie
maschere con le quali tutti noi, inconsciamente, fuggiamo dalle ferite,
per non sentire dolore. Vedremo nei capitoli dedicati alle singole ferite,
come ad ognuna di esse si associ una “maschera”, un atteggiamento che
l’individuo impersona per fuggire dal dolore provocato dalle ferite.
168 TRATTATO DI ALCHIMIA DELLE EMOZIONI – RUBEDO

È in questo modo che, ad esempio, il bambino portato all’asilo, per


non sentire il dolore della Ferita di Abbandono, indossa la maschera del
“dipendente”, accondiscendendo su tutto e con tutti, accettando perfino

358355
ingiustizie ed angherie, compromettendo la sua integrità, pur di fonder-
si sempre di più con gli altri, per non sentirsi solo. Come vedremo poi,
potrà arrivare anche ad innamorarsi della maestra o dei compagni, ricer-

4:11 PM
cando disperatamente una “fidanzata” o un “fidanzato”, per zittire l’urlo
di dolore proveniente dalla sensazione di abbandono vissuta. Diventerà,
così, un “perfetto essere sociale”, capace di perdonare e di servire gli altri,
con l’unico scopo di non essere lasciato.

:3
Sarà poi questa la sua vera natura? O dovrà snaturarsi per divenire

1 2
qualcuno che non è, mentendo a se stesso?

0 2 2
Ma le emozioni non si possono fermare né tantomeno controllare.

/2
Perlomeno, così, semplicemente desiderandolo. La gestione delle emo-

C11/2 4
zioni richiede massima disciplina, un addestramento fuori dal comune
e, comunque, è possibile solamente dopo aver conosciuto nel profondo
le emozioni stesse. In molte culture e filosofie si sostiene che le emozioni

NI SN
debbano essere controllate, quasi azzerate, affinchè la vita sia felice e li-
bera dalla sofferenza. Niente di più difficile e deleterio, se non si utilizza

M EDIZIO
un metodo o una “tecnica”.
Ricordo ancora come fosse oggi un evento, apparentemente banale
ma per me ricco di spunti di riflessione, che mi cambiò la vita. All’età
di diciotto anni, qualche giorno dopo aver ottenuto il mio diploma di
liceale, partii con alcuni amici alla volta del Portogallo per inseguire un
O
sogno che mi aveva piacevolmente tormentato per degli anni: volevo im-
n a

parare a fare surf. A quei tempi era un’attività alquanto sconosciuta in


E le

Italia che, si sa, non è il luogo ideale dove trovare delle onde perfette, per-
a

lomeno in estate. Mi affascinava l’idea dell’onda che nella sua corsa verso
ia n

la riva veniva “cavalcata” da una persona in piedi “a bordo” di una tavola.


D

Rimasi scosso dalla bellezza di questa pratica e, quando dalla spiag-


gia osservavo l’Oceano nella sua immensa potenza e quei piccoli esseri
impavidi che sembravano volare sfiorando la superficie dell’acqua con le
loro tavole, mi emozionavo. Dovevo assolutamente imparare anch’io!
na
a Ele
n
Dia
L’ALCHIMIA DELLE EMOZIONI 169

Così, un bellissimo primo pomeriggio di inizio agosto, sfidai l’Oceano


con una tavola presa a noleggio tuffandomi nelle fredde acque dell’Ocea-
no Atlantico. Mi trovavo in una piccola baia a Sagres, un paesino a guar-
dia del punto più a ovest d’Europa, il Cabo de Saint Vincent. Il mare era
“calmo”, erano circa le due del pomeriggio e piccole onde (per le medie
dell’Oceano) di circa settanta centimetri spazzavano lentamente ma ine-
sorabilmente la baia. Mi stavo divertendo moltissimo, tra tuffi e cadute
in acqua dalla tavola. Così fu per un po’ di tempo, poi all’improvviso,
tutto cambiò. Le onde crebbero in altezza e spessore e il rumore assor-
dante di queste che si infrangevano a riva copriva tutti i suoni prove-
nienti dalla spiaggia. Iniziai così a rendermi conto che molte persone era-
no uscite dall’acqua, inclusi i miei amici. Mosso dalla foga di imparare e
sperimentare non mi ero accorto che si erano già fatte le cinque, il mare
era cambiato e un forte vento si era alzato. Avevo trascorso ben tre ore
in acqua senza sosta, mi ero perso tra quelle piccole onde e adesso mi
ritrovavo praticamente solo tra muri d’acqua di circa tre metri che si in-
frangevano a riva. Mi trovai in pochissimo tempo al centro della baia,
lontano dalla riva, tra spuntoni di roccia che affioravano ai lati della baia
consapevole dell’incapacità di poter gestire, né tantomeno cavalcare,
onde di tal altezza e di tal forza. Ciò che ricordo di più pauroso era il fra-
stuono, il rumore del mare. Era come un urlo, grottesco e sordo, un rom-
bo. Tale rumore mi immobilizzava: non avevo mai sperimentato questa
sensazione in un modo così diretto e forte. Il forte movimento delle onde
aveva reso il mare torbido, e quella che, prima, era una baia cristallina, si
era tramutata in una specie di pozza scura della quale non scorgevo più
il fondo. Mi sentivo sospeso, impaurito e non avevo la minima idea di
come ritornare a riva: il mare mi aveva fatto prigioniero. La mia invidia
era rivolta ora ai gabbiani, che volavano liberi nel cielo a pochi centimetri
dall’acqua. Bene, mi dissi, ora sta a te decidere: o cavalchi un’onda e ti fai
trasportare fino a riva, o rimani schiacciato dalla forza del mare nel tenta-
tivo di raggiungere la riva in altro modo, se poi esiste.
Prima di proseguire la narrazione della mia avventura, do alcune spie-
gazioni sul surf. Prima di tutto, ci si distende sulla tavola che galleggia
sulla superficie dell’acqua, poi si rema con le braccia in direzione della riva
170 TRATTATO DI ALCHIMIA DELLE EMOZIONI – RUBEDO

per aumentare la propria velocità e cercare di sincronizzarsi con quella


dell’onda che sta crescendo ai nostri piedi; una volta presa – termine pro-
prio del surf – l’onda inizia a trasportarti sulla sua cresta ad una velocità
pari a circa 40 Km/h. L’accelerazione è pazzesca, la forza di spinta enorme
e i tempi di reazione devono essere velocissimi. Una volta presa l’onda, in-
fatti, è necessario immediatamente deviare la propria traiettoria a destra
o sinistra per impedire che dalla cresta dell’onda si venga pesantemente
proiettati in avanti nel vuoto, nella zona in cui l’onda, risucchiando l’ac-
qua, crea una profonda depressione. Una volta sull’onda, fuori dalla zona
di point break, il così detto punto di rottura in cui l’onda si infrange, si è
salvi, e l’onda stessa ti porta fino a riva.
Bene. Presi coraggio, un respiro, un tuffo al cuore e iniziai a remare
disteso sulla tavola. L’onda mi prese da dietro, mi fece accelerare e mi
sollevò ad un’altezza di tre metri. Davanti a me avevo un vuoto di tre
metri. Dentro di me, il vuoto infinito. La paura si era impadronita di me,
e questa stessa paura mi fece sbagliare la manovra, il tempismo e tutto
ciò che ne consegue. Quell’onda mi ribaltò e mi schiacciò con una tal
forza sulla superficie dell’acqua che si trovava innanzi a me da togliermi
il fiato. Dopo un tuffo nel vuoto di circa tre metri, mi ritrovai all’interno
di un turbine vorticoso, dove i concetti di alto e basso erano indefini-
ti, non riuscendo a scorgere né la luce del cielo né a toccare la sabbia sotto
la superficie del mare. Mi trovavo sospeso, tra terra e cielo, all’interno
dell’onda, nell’acqua. Una sensazione mai provata di smarrimento totale.
Riemersi dopo circa trenta secondi di apnea, il panico si era impadronito
di me e non avevo idea alcuna di dove fossi e cosa fare. Non appena misi il
Di
naso fuori dall’acqua, vidi all’orizzonte che un’altra onda di pari intensità
e portata si stava infrangendo su di me. Ero spacciato. Non avrei avuto
an
a
le forze per reggere un altro impatto di tale potenza e nemmeno il fiato. Ele
Non adesso perlomeno. Nei pochi attimi di lucidità che ebbi chiesi al na
O
mare di non far rompere quell’onda, di smetterla per un attimo, di la- M
sciarmi uscire. Lo ricordo ancora come fosse stata una preghiera ad un ED
dio che un tempo gli antichi chiamavano Nettuno. Lì, in quel momento, I
compresi la potenza del mare, la forza dirompente dell’acqua e la forza in-
trinseca di questo Elemento della natura. Compresi anche che la potenza
n
Dia

L’ALCHIMIA DELLE EMOZIONI 171

delle emozioni, al pari dell’acqua, è immensa ed in grado di far smarrire in


queste situazioni anche l’essere più radicato. Le mie emozioni mi avevano
destabilizzato tanto da farmi perdere l’equilibrio, il tempismo e la tecnica
che mi avrebbero invece salvato. Osservai l’onda arrivare. Ok, dissi a me
stesso, o prendiamo quest’onda come si deve, oppure rimaniamo sotto.
Con l’ultimo briciolo di coraggio che mi era rimasto salii sulla tavola da
surf, iniziai a remare con lo sguardo fisso verso la riva, ripetendomi “ce
la faccio”, “dai coraggio”. L’onda mi sollevò nuovamente ad un altezza
esagerata, ma, nel momento in cui mi trovavo sulla cresta dell’onda, forse
mosso da un istinto primordiale, rimasi immobile, con lo sguardo fisso
verso la riva, la schiena inarcata all’indietro per vedere meglio davanti a
me e impedire che la tavola, una volta presa velocità, si impuntasse finen-
do direttamente nelle fauci dell’onda; avevo gli occhi aperti, spalancati.
Puntai le mani sulla tavola, premendola verso il basso e iniziai a scivolare
dalla cresta al ventre dell’onda ad una velocità assurda. Mi trovavo su uno
scivolo d’acqua di tre metri di altezza che si spostava ad una velocità di cir-
ca 40 Km/h, mentre spruzzi d’acqua salata mi entravano negli occhi spa-
lancati. Dopo trenta secondi (interminabili) mi trovai alla fine dell’on-
da, dove si forma la schiuma, e dove, miracolosamente, si tocca. L’acqua
arrivava si e no al ginocchio! Mi trascinai fuori dall’acqua e mi stesi sulla
sabbia a pancia in su, ringraziando il mare per avermi risparmiato.
Erano le sei di una splendida sera di inizio agosto, i miei compagni era-
no lì ad aspettarmi, increduli. Successivamente seppi che loro erano usciti
dall’acqua, impauriti, poco dopo essere entrati, e continuavano a chie-
dersi per quale motivo io rimanessi ancora in quella sorta di “inferno”
d’acqua. Rivolsi lo sguardo al mare, e, quando vidi delle minuscole figure
umane cavalcare quelle onde come se volassero libere nel cielo, rifletten-
do le ombre diafane di un sole ormai prossimo al tramonto, mi innamo-
rai. “Voglio imparare a fare surf come si deve”, dissi ai miei amici. “Tu sei
pazzo, fu la loro risposta”, ma in me era nata una voglia incontenibile di
proseguire in questa pratica, che trovavo affascinante e, al tempo stesso,
formativa del carattere. Solo molti anni dopo compresi la profondità e
l’utilità di quell’esperienza, e solo ora ne vedo il senso relativamente alle
Ferite Emozionali.
172 TRATTATO DI ALCHIMIA DELLE EMOZIONI – RUBEDO

Anche allora, come sempre generosamente, la Vita mi aveva dato una


gran bella lezione!

Le emozioni sono massimamente rappresentate dall’elemento Ac-


qua, una forza calma, strutturante, adattabile ma che, al momento
opportuno, può divenire impetuosa e dirompente. È la forza che struttu-
ra il nucleo dell’atomo, rendendolo denso e compatto ma plasmabile alle
esperienze richieste dalla vita. Cavalcare l’onda significa permettere che
l’emozione – l’impulso – faccia il suo corso, si esprima e termini sfogan-
dosi in un punto lontano da dove è nata.
Un’emozione nasce sempre in un luogo, si esprime in uno spazio e in
un tempo, e infine si smorza in un altro punto. È questo il vero si-
gnificato della parola e–mozione, e–motion Di o anche “emo” e “zione”,
an
da emo sangue e azione, movimento. Un’emozione aE ci muove, determina
uno spostamento nello spazio tempo, ci permette lequindi
na di essere vivi,
sentirci vivi e fare esperienza costruttiva della realtà fisica.
OM Quando in
noi nasce un’emozione il passo successivo è il movimento: pensiamo ED ad
esempio alla paura, alla rabbia, alla tristezza, alla felicità. Il risultato
IZ finale
di un’emozione è sempre il moto, che sia interno o esterno, che sia O
I ordi-
NI
nato o dis–ordinato. L’emozione è quella forza che permette il supera- SN
mento della differenza di potenziale che esiste tra il nostro stato di quiete C1
e un punto più in alto del nostro livello evolutivo.
1/
24
L’arte di saper cavalcare un’emozione senza però perdersi in essa è una /2
delle più raffinate capacità che un essere umano possa avere. Così, in molte
culture della storia, l’arte di saper gestire le emozioni in forma costruttiva
ha sempre distinto gli eroi da chi non lo era, ha sempre distinto l’uomo
“virtuoso” dal semplice mammifero bipede dotato di cervello. Che es-
seri umani saremmo senza emozioni, senza un elemento, senza l’Acqua
che è l’elemento in cui siamo stati cresciuti, custoditi, di cui siamo com-
posti all’80%? Il punto cruciale non è vivere o non vivere un’emozione,
ma non esserne travolti. Quando ci troviamo a stretto contatto con uno
degli Elementi della natura, sia esso l’Acqua, l’Aria, sia che scaliamo una
montagna o che sfidiamo un incendio, possiamo solo domare le passioni,
perché non è possibile controllarle: possiamo però controllare noi stessi.
L’ALCHIMIA DELLE EMOZIONI 173

Ad esempio, la doma di un cavallo non significa far fare al cavallo ciò che
noi desideriamo, significa invece che noi stiamo sul cavallo, nonostante
quello che il cavallo può fare. In realtà, siamo noi a doverci domare: un
cavallo si può educare, ma siamo noi a doverci domare, non il cavallo.
Un cavallo ben educato non potrà comunque sopportare un cavaliere
non domato, emozionalmente instabile e incapace di gestire le proprie
emozioni.

Il primo passo per risolvere le Ferite Emozionali è imparare a caval-


carle in modo che l’onda della ferita, delle emozioni, non ci travolga ma
diventi la forza che ci spinge nella vita. Questa forza, se ben amministrata,
diventerà, successivamente, il nostro talento. Appiattire le nostre emozio-
ni vuol dire avere un un elettrocardiogramma piatto: l’assenza di onde,
valli e picchi, non è compatibile con la vita.
Nella vita esiste il ritmo. Per valutare quanto la funzione cardiaca sia
sana, oltre alle analisi classiche sarebbe bene valutare anche l’indice di
variabilità della frequenza cardiaca (HRV, Heart Rate Variability), che
mi dice se il mio cuore batte sempre allo stesso ritmo. È stato dimostrato
che un cuore “aritmico” (si parla di millisecondi) è in grado di adattarsi
meglio alle variazioni della vita. Un battito cardiaco troppo ritmico, è
senz’anima, schematico e bloccato: al minimo cambiamento delle situa-
zioni esterne, non è in grado di adattare il suo ritmo, determinando una
DianaE
serie di problemi di adattamento all’ambiente.
lenaOM
EDIZIO
NI SN Siamo stati educati al fatto che per star bene ed essere socialmente ac-
cettati dobbiamo entrare negli schemi: niente di più falso e fuorviante.
Troviamo il nostro ritmo, sincronizziamoci su quello, e saremo felice-
mente connessi a noi stessi!

Bloccare le emozioni è estremamente pericoloso, perché esse ci posso-


no salvare la vita, sono parte fondamentale della nostra essenza umana,
e rappresentano la forza che ci permette di crescere ed evolvere! È grazie
a un problema emozionale infatti che io posso permettermi di mettermi
in discussione, di chiedermi cosa c’è che non va in me e nella mia vita e,
quindi, di trovare soluzioni, evolvendo e migliorando.
174
DianaElenaOM EDIZIONI SNC11/24/202
TRATTATO DI ALCHIMIA DELLE EMOZIONI – RUBEDO

L’emozione principale, ad esempio, che nasce nell’elemento Acqua


è la paura. Lo sostiene anche la Medicina Tradizionale Cinese (MTC),
che identifica nella parte “acqua” dell’organo energetico rene la sede della
paura. Se io non provo paura come posso evolvere? Ad esempio, la paura
che un animale di notte potesse aggredirlo, ha spinto l’uomo a socializ-
zare, aiutandosi reciprocamente, lo ha portato ad inventare le palafitte, il
concetto di “casa” come lo intendiamo noi fino alle mura fortificate delle
città medioevali. È questo che ha fatto progredire l’uomo e la tecnolo-
gia: la piccola paura quotidiana ha portato alla genesi delle leggi per una
buona società dove vivere in pace. È la paura che ha creato avanzamento
sociale; possiamo definire questa emozione normopaura che rappresenta
una funzione psichica, non un problema. La normopaura è semplice-
mente una situazione da risolvere perché potrebbe accadere di nuovo un
fatto spiacevole, imprevisto e destabilizzante. Creiamo quindi una situa-
zione diversa che si chiama evoluzione sociale e tecnologia. La tecnologia
si modifica attraverso l’adattamento dell’elemento Acqua a seconda dei
tempi che viviamo, quindi è importante vivere l’emozione della “normo-
paura”. Non mi sto riferendo al panico, all’ansia quotidiana.
È grazie alle emozioni che noi cerchiamo
di migliorare la nostra vita.
175

LE FERITE
AGENTI

5
TRASFORMANTI

35
M358
4:11 P
2 12:3
Quando osserviamo una persona che si ferisce spesso, intendo fisi-
camente, ad esempio i bambini o anche un adulto, dobbiamo in realtà
chiederci dove si trovi la sua “vera” ferita. Possiamo affermare con una

4/202
metafora che anche la ferita ha un’“anima”, una forma sottile che dal
mondo dell’energia si incarna nel mondo della massa. Come abbiamo

C11/2
precedentemente visto, se qualcosa si verifica “in basso”, allo stesso tem-
po esiste anche “in alto”.
Da ciò si deduce che queste persone saranno sicuramente portatrici di

NI SN
molte Ferite Emozionali da risolvere anche dentro di loro, non solo fuori.
Persone, ad esempio, soggette a ripetuti interventi chirurgici (valgono
anche le ferite interne, diciamo organiche) spesso, inconsciamente, attra- DIZIO
verso quella ferita trovano un modo per “espiare” e alleggerire la ferita
emozionale che portano al loro interno in forma più sottile. Possiamo,
OM E

infatti, scegliere se affrontare le nostre ferite lavorando sulla nostra in-


teriorità, risolvendo passo dopo passo i nostri traumi e i nostri limiti,
Elena

oppure lasciare che, attraverso un meccanismo inconscio (diciamo qua-


si psico–somatico), la ferita si possa “incarnare” in una forma più den-
sa, sempre più materiale. In questo modo, la ferita viene come “espia-
Diana

ta” attraverso la sofferenza della carne, vissuta nel corpo e il suo dolore
percepito più fisicamente e meno emozionalmente.
Abbiamo visto, infatti, come la massa rispecchi l’energia e viceversa,
pertanto per lo Spirito ha poco significato se scegliamo, più o meno in-
consciamente, di risolvere i nostri conflitti interiori attraverso la massa o
attraverso un lavoro introspettivo.
176 TRATTATO DI ALCHIMIA DELLE EMOZIONI – RUBEDO

L’Alchimia, come filosofia, identifica questa come una scelta basilare


che l’essere fa autonomamente, attraverso il suo libero arbitrio più spes-
so inconsciamente: percorrere la così detta Via Positiva o intraprendere
all’opposto la Via Negativa. La scelta della Via Negativa tende a portare
tutte le nostre esperienze, traumi e vissuti nel corpo: attraverso la sof-
ferenza vissuta a livello della massa, le ferite fisiche e le malattie principal-
mente a carattere degenerativo, esperiamo fisicamente i nostri disagi inte-
riori, spesso senza consapevolezza alcuna di ciò che accade. Attraverso la
Via Positiva invece, quella della coscienza consapevole, tendiamo a vivere
questi stessi blocchi a livello caratteriale, sociale e relazionale.

Mentre la Via negativa è, spesso, caratterizzata dal dolore e, soprattut-


to, dall’incoscienza, la Via positiva è caratterizzata dalla presenza, dalla
consapevolezza e dalla coscienza. Ciò non esclude la grande difficoltà nel
vivere la Via Positiva, forse più di quella Negativa, in quanto essa richie-
de l’essere “svegli”, attenti, dotati di autocritica e grande capacità di auto
osservazione. La Via Positiva richiede cor–aggio, determinazione, e una
immensa volontà che scaturisce dalla consapevolezza che la vita è un cam-
mino fatto per crescere e non solamente invecchiare.
Il risveglio dell’essere nei confronti della Via Positiva è quanto di più
nobile un essere umano possa ottenere nella sua vita. Fu così anche per
Dia
Gesù, quando, tentato dallo sfuggire al suo destino più volte affermò la
naE
lena
sua determinazione a continuare la sua missione, pur conoscendo le av-
OM
EDI
ZIO versità che avrebbe incontrato.
NI S
Le ferite rappresentano per tutti noi una possibilità evolutiva fon-
damentale; rispecchiano il solve et coagula della vita dell’Universo, sono
l’immagine e somiglianza della Creazione che, iniziando a separare l’Uno
indiviso, ha portato a tutto ciò che possiamo esperire oggi.
La ferita rappresenta la nostra espressione della scelta di far speri-
mentare allo Spirito la dualità nella carne. Per questo motivo essa è fon-
damentale nel processo di crescita evolutivo. Basti pensare al fatto che
ogni qual volta un germoglio spunta da terra nell’atto di fuoriuscire crea
in questa una ferita; una foglia per spuntare da uno stelo ha bisogno di
LE FERITE: AGENTI TRASFORMATI 177

creare una ferita in quest’ultimo, e potremmo continuare così all’infini-


to, descrivendo dal più semplice processo di divisione cellulare (mitosi) al
più evoluto sistema presente nei mammiferi. Lo spermatozoo stesso, per
penetrare nell’ovulo e dar quindi origine ad una nuova vita, deve creare
in questo una separazione nella membrana cellulare, e, solamente una
volta ristabilita l’integrità di membrana, la vita ha nuovamente inizio
nella fusione degli opposti. La ferita, il trauma in generale, ha il grande
compito di generare nell’essere vivente una spinta evolutiva fortissima,
che dalla separazione porti all’unità, dal caos ad un nuovo ordine, per-
DianaElenaOM EDIZIONI SNC11/24/2022 12:34:11 PM358355

mettendo così la realizzazione del progetto biologico di ciascun essere


vivente: l’evoluzione.

Vediamo ora di riassumere tutti i concetti fin qui esposti.


La Tabula di Smeraldo di Ermete Trismegisto afferma:

(…)
E siccome tutte le cose sono e provengono da una,

(l’atomo, nel mondo materiale)

grazie alla mediazione di una,


tutte le cose sono generate da quest’unica
per adattamento.
(…)

Da cosa trae origine quindi il nostro corpo? Sicuramente da un ovulo


e da uno spermatozoo che, fondendosi, danno vita ad un’unica cellula,
una “cosa unica”. La massa di questa prima cellula da che cosa è compo-
sta? Da Tre Sostanze, le quali come abbiamo visto sono mosse dai Quat-
tro Elementi, ovvero la prima cellula è composta da atomi.
In realtà la massa di cui tutti i corpi sono composti proviene diret-
tamente da quel prezioso momento in cui “Dio” disse “Sia la luce!”
coincidente, come già visto, con la genesi del primo atomo, che pos-
siamo definire atomo primordiale.
178 TRATTATO DI ALCHIMIA DELLE EMOZIONI – RUBEDO

Quel primo atomo, per adattamento, ha dato origine alla via Lattea,
al Sole, alla Terra, a quel famoso “brodo primordiale” nel quale attra-
verso una serie di eventi dalla scienza evoluzionistica definiti casuali, ha
preso origine il primo amminoacido, poi la prima molecola per arrivare
infine alla complessità molecolare di cui tutti i corpi sono composti.
A questo punto, dalle considerazioni precedenti, emerge una verità
entusiasmante e alquanto reale: come è stato definito da alcuni astronomi
moderni, siamo “polvere di stelle”, ovvero fatti della stessa sostanza di
quel grande Universo dal quale proveniamo e che possiamo considerare
in senso creativo il “nostro padre”. Siamo esseri “divini”, ovvero prove-
niamo direttamente dal processo creativo.
È per questo motivo che si dice che

Dio fece l’uomo a sua immagine e somiglianza

non uguali, ma a immagine e somiglianza… di che cosa? Del suo pen-


siero! La mente divina, che in realtà è un pensiero, una vibrazione e un
suono, disse:

Sia la luce!

In principio vi era il verbo, una forma pensiero, un’onda, un’idea. Il


suono si fece carne, l’onda divenne massa, e da quella massa, da quell’ato-
Di
mo, proviene tutto l’Universo conosciuto, inclusi noi. Siamo fatti a
an
aE
immagine e somiglianza della Volontà della manifestazione verbale del
len
aO
Creatore. È da questo che noi veniamo ed è per questo che l’Alchimia
M
sostiene che l’uomo sia un essere luminoso. La nostra natura di base è
ED
una natura di Luce, non di buio, perché è dalla luce emanata dal pri-
IZI
ON
mo atomo che proveniamo. Il Sole è, quindi, a sua volta una specie di
IS
creatore di un sistema. Diciamo che mentre la via Lattea rappresenta
NC
11
“il Padre” , il Sole è “il Figlio” della via Lattea e noi siamo i figli del Sole.
/24
/20 È per questo motivo che gli alchimisti sostengono che,
22
12 oltre ad essere esseri luminosi, noi siamo
:34 anche esseri “Solari”.
:11
PM
3
179

IL TEATRO
DELLA
VITA

Le emozioni e le Ferite Emozionali, alla base del fondamento delle


nostre maschere, hanno un grande significato nella nostra vita, ma la loro
comprensione dipende dalla conoscenza delle stesse.
4/2

Quando affermiamo “io sono fatto così”, oppure “io non sono af-
fatto così”, “questa cosa io la faccio/non la faccio”, dobbiamo sempre
/2
C11

chiederci se questa nostra affermazione nasce da una reale consapevolezza


di chi siamo a livello interiore, oppure da una nostra reazione a un qual-
I SN

cosa che ci ha fatto cambiare magari ferendoci e inducendo uno stato


di reverenziale paura. La grande sfida che dobbiamo vincere per sanare
ION

una ferita, e quindi risvegliare un talento, è ri–appacificare movimenti e


percezioni opposte nel nostro essere. Ad esempio, sentire un’emozione
IZ
ED

che mi spinge a fare qualcosa e non poterla vivere liberamente per paura
che una ferita, legata a quell’emozione, si riapra e mi faccia male, è un
OM

grande blocco che tutti noi viviamo nel corso della nostra vita. Pertan-
a

to iniziamo ad indossare una maschera alla quale noi stessi diamo for-
n

za, iniziando a credere di essere quella maschera. Iniziamo a recitare, ad


El e

essere attori ma non protagonisti della nostra vita. La maschera divie-


na

ne il protagonista principale e, come in un grande teatro, una volta tolta


Dia

la maschera, del nostro personaggio non rimane che un ricordo lontano.


Spesso non ci rendiamo conto che viviamo come in un film, dove
ciascuno recita una parte non volontariamente scelta, ma dovuta quale
risposta ai vari traumi subìti nel corso della vita stessa.
180 TRATTATO DI ALCHIMIA DELLE EMOZIONI – RUBEDO
DianaE
lenaOM
La recita diviene realtà, la realtà diviene mito, e la persona si perde
NI SNC
EDIZIO
022 12: nei labirinti delle proprie maschere, indossate per non dover più soffrire.
11/24/2
34: Fino a che non siamo certi che stiamo vivendo il nostro cammino, mani-
festando la nostra vera essenza, liberi da vincoli traumatici del nostro pas-
sato, non possiamo definirci veramente liberi, dotati di libero arbitrio.
Fino a che proviamo vergogna di noi stessi, dei nostri atti più spontanei,
dei nostri desideri più intimi e autentici, non possiamo definirci “esseri
umani”, ma solamente mammiferi che seguono a testa bassa un program-
ma evoluzionistico legato alla biologia, al mondo animale e cellulare.

Dobbiamo risvegliare e coltivare il più possibile la nostra consape-


volezza, per riconoscere quanto stiamo mentendo a noi stessi. Sarebbe un
grande peccato dover riconoscere, in punto di morte, che non abbiamo
realmente vissuto la nostra vita, ma una maschera teatralmente indossata
per fuggire al dolore e alla sofferenza non compiendo il nostro destino.

L’Alchimia crede fermamente che noi abbiamo un pre–destino, ma


crede anche che noi abbiamo la libera facoltà (il “libero arbitrio”) di se-
guire o non seguire il nostro pre–destino. Il predestino non è qualcosa
che un Dio esterno a noi ha deciso per un suo capriccio, ma che l’Ener-
gia stessa, nel momento in cui si è configurata per l’esperienza terrena
durante il processo incarnatorio, ha strutturato. Il pre–destino, secon-
do la visione degli antichi alchimisti, è la scelta libera dell’Energia che,
volendo evolvere e trasformarsi, sceglie un punto di partenza, un cam-
mino e un punto di arrivo in quel grande “conduttore” che è rappre-
sentato dalla vita materiale stessa. Immaginate quindi un’energia libera
che sceglie un cammino, e, dopo essersi materializzata fisicamente, per-
de i riferimenti di questo stesso cammino, si dimentica di sé e per vari
motivi assume una maschera che magari è contraria al cammino stes-
so: pensate che la vita in questo caso possa risultare soddisfacente e piena
di realizzazione?

Il problema che riguarda lo smarrimento del proprio pre–destino è


un punto fondamentale nello studio degli alchimisti.
IL TEATRO DELLA VITA 181

Per secoli, questi “medici” dell’antichità hanno cercato di “guarire”


riallineando l’individuo con il suo progetto primordiale spirituale, tanto
che Paracelso affermava:

Dove lo Spirito soffre, anche il corpo soffre

e ancora,

Vi è nell’uomo un duplice potere attivo:


uno agisce invisibilmente (potere vitale),
l’altro agisce visibilmente (forza meccanica).
Il corpo visibile ha le sue forze naturali così come
il corpo invisibile ha le sue forze naturali egualmente.
I rimedi di tutte le malattie o lesioni
che possono colpire la forma visibile
sono contenuti nel corpo invisibile.
Dia
na
Ele
Di nuovo Paracelso afferma:
naO
M ED
Siamo angeli che dormono ancora IZIO
il greve sonno della carne. NI
L’uomo deve destarsi, SN
C1
aprire gli occhi alla verità 1/2
4/2
se non vuole correre il rischio 022
di attraversare la vita come un bruto incosciente. 12:
34:
11
Come abbiamo visto precedentemente, l’artista italiano Michelangelo
P
Buonarroti, tra l’altro contemporaneo di Paracelso, sosteneva la sua teo-
ria che nel blocco di marmo grezzo vi fosse già contenuta l’opera d’arte.
Noi rappresentiamo il blocco di marmo e, allo stesso tempo, l’artista che
lo scolpisce: l’opera d’arte siamo noi stessi che realizziamo il nostro pro-
getto di vita. Tale lavoro si compone di diverse fasi, o passi.
In primis il riconoscimento del sé, successivamente la rivelazione del
sé e infine la manifestazione materiale della nostra coscienza interiore.
182 TRATTATO DI ALCHIMIA DELLE EMOZIONI – RUBEDO

Quindi, attraverso l’intuito, aiutati dal pensiero logico e attraverso


l’osservazione consapevole di ciò che accade attorno a noi, dovremmo
dedurre chi siamo, ricordarci di noi e seguire il nostro cammino. Nella
misura in cui deviamo o addirittura andiamo contro il nostro cammino,
condizionati da persone o circostanze, traumi ed eventi devianti, perdia-
mo il contatto con noi stessi: i punti di riferimento, presenti in noi, ini-
ziano ad offuscarsi, così ci perdiamo in quella “selva oscura” dantesca che
fa smarrire la Via. La nostra Via. La nostra Vita.
A causa di questo, molte persone sviluppano malattie degenerative
anche gravi, alcune possono però essere curate, altre no. Quando un es-
sere si trova nel suo cammino e sviluppa una patologia grave per varie
cause, incluse quelle ambientali, tossicologiche, dovute all’inquinamen-
to (in forma multi fattoriale) la malattia può essere facilmente curabile,
nonostante la sua malignità. Quando invece una persona si trova com-
pletamente all’opposto rispetto al suo cammino personale, risulta diffi-
cile curare anche un banale mal di testa o raffreddore.

Questo fatto fa cambiare molto il punto di vista dell’Alchimia rispet-


to alla medicina allopatica. La medicina ufficiale considera, ad esempio,
un’ulcera gastrica uguale in tutti gli individui. Chi è affetto da un’ulcera,
ha un’ulcera e basta. Diversamente gli alchimisti considerano e valutano
la persona che ha l’ulcera, non solamente il suo stomaco. È il soggetto
sofferente il punto centrale, non la malattia. Non dobbiamo ostinarci
nel curare l’ulcera in quanto tale, ma dobbiamo trattare, invece, colui che
è affetto dall’ulcera. Ogni individuo ha la sua storia personale; per que-
sto dobbiamo sempre chiederci: “Quanto è lontana questa persona dalla
“sua” storia personale?” È quanto una persona è lontana dal suo cammi-
no e scopo di vita che ci permette, casomai, di fare una vera prognosi, non
tanto l’entità e il grado della patologia da cui questa è affetta!
L’Alchimia è molto categorica riguardo questa posizione: il grande
lavoro dell’alchimista non è curare le malattie, ma piuttosto vedere se la
persona è nell’essere o nel “non essere”. Se è presente a se stessa, è nell’es-
sere, se non lo è, è nel “non essere”, pertanto si trova in uno stato di
negazione di tutto o di una parte del sé.

Dia
IL TEATRO DELLA VITA 183

In questo contesto si inseriscono nuovamente le Ferite Emozionali, in


quanto con la loro forza deviante sulla personalità (maschera) possono
portare alla negazione del sé.
All’interno del nostro corpo sottile – astrale –, sono marcate e piani-
ficate in forma d’onda le ferite che andremo a subire nel corso della nostra
vita. Nel nostro zodiaco di archetipi interiori, abbiamo già scelto, da noi
stessi, quali saranno le ferite che affronteremo nel corso della nostra vita.
Esse ci permetteranno, in carne, di compiere ciò che abbiamo già effet-
tuato come Spirito: “cucire” la mia vita e tracciare un cammino che uni-
sca il tutto dentro di me: Solve et coagula.
Non è opportuno avere paura delle emozioni e silenziare i nostri istin-
ti: le emozioni non vanno eliminate, né tantomeno cancellate le ferite che
a causa di queste si sono create. Anzi! È vitale poter osservare la cicatrice
residua di una ferita ogni giorno per ricordarci che, in passato, abbia-
mo incontrato quell’aspetto e che, adesso, è necessario mettere in atto un
meccanismo che disintegri la maschera che la ferita ci ha fatto assumere.
Solo in questo momento, allora, si risveglia in noi il vero archetipo di
Mercurio, di Venere, di Marte, di Giove e di Saturno e non ciò che è stato,
invece, indotto dai condizionamenti sociali, dall’educazione o dai traumi
subìti. Gli archetipi sono concetti universali, ma ciascuno li rende suoi,
li “digerisce” a modo suo, interiorizzandoli, utilizzandoli nel modo che
gli pare più opportuno. L’emozione, se mal gestita e non metabolizzata,
genera inevitabilmente una maschera.
Dovremmo imparare a vivere l’emozione, lasciarla scorrere e, dopo es-
sercene serviti per risolvere un conflitto, lasciare che la ferita si rimargini
cosicché possiamo dire di avere, da quest’esperienza, imparato qualcosa
di nuovo. Ci hanno educato ad assumere atteggiamenti poco naturali, a
controllare le nostre emozioni, principalmente per paura del giudizio de-
gli altri, quello stesso giudizio che nel nostro DNA risuona come la causa
della cacciata dal Paradiso. Non si piange, altrimenti appari un debole;
non ci si arrabbia, perché con la rabbia non si risolvono i problemi! Ci
hanno a tal punto educato a reprimere le nostre emozioni che abbiamo
perso il contatto con le forze più ancestrali, tra cui i Quattro Elementi,
che vivono e si esprimono in noi anche come forze emotive.
Dia
na
Ele
na
OM
O
na
E le
na
184 TRATTATO DI ALCHIMIA DELLE EMOZIONI – RUBEDO

Dia
Possiamo manifestare le nostre emozioni senza per forza essere dei
selvaggi! Chi confonde la rabbia con “la lotta” per mantenere il proprio
spazio, è ora che capisca che, a volte, bisogna anche arrabbiarsi; una cosa
è però essere arrabbiati con il mondo, e rivolgere la rabbia ciecamente al
di fuori di noi, altra è lottare per mantenere il proprio spazio vitale uti-
lizzando la rabbia come motore della nostra volontà d’Essere. Ci hanno
insegnato a reprimere le emozioni e questo determina le ferite più pro-
fonde, perché, fondamentalmente, ce le auto infliggiamo “auto–ingan-
nandoci”. Quante volte ci siamo arrabbiati, non tanto a causa dell’atteg-
giamento di una certa persona nei nostri confronti, quanto con noi stessi
per non essere riusciti a rispondere alla provocazione? Quante volte ci
siamo sentiti frustrati non tanto per la situazione vissuta, quanto per es-
serci resi conto che non siamo riusciti a reagire a tono? Quante volte, non
reagendo a causa di una convenzione sociale, buonista, ci siamo inflitti
delle ferite profondissime, affermando a noi stessi le nostre incapacità?

Le cinque Ferite Emozionali, espressione materiale degli archetipi


planetari, normalmente si manifestano in seguito all’interazione trau-
matica con il mondo esterno, sia in forma fisica che sotto forma di trau-
mi pshicici. Come abbiamo visto precedentemente, abbiamo “deciso
noi” queste interazioni in quanto parte del nostro processo evolutivo. A
questo punto, dovremmo iniziare a comprendere che non è colpa di mio
padre o di mia madre se subisco da loro una ferita. La realtà è che mio pa-
dre e mia madre rappresentano gli archetipi che ho scelto affinché potessi
ricordarmi, attraverso un’esperienza esterna, di questa “stessa Ferita” che
porto dentro, creata ancora in fase “pre–uterina”.
Quando smetteremo di incolpare il mondo esterno per tutte le situa-
zioni – più o meno traumatiche – che incontreremo nel corso della no-
stra vita, avremo fatto un passo importante verso la coscienza del vero
amore, della sacra unità che regola la Vita, e saremo in pace con il corso
degli eventi. Quando capiremo che siamo noi la vera causa delle nostre
Ferite, che abbiamo noi stessi “scelto”, allora saremo più vicini
alla conquista del libero arbitrio.
185

L’EMOZIONE
MAESTRA DI
VITA

Ogni emozione è semplicemente un processo interiore suscitato da


un evento o uno stimolo rilevante per gli interessi dell’individuo. La pre-
senza di un’emozione si accompagna a esperienze soggettive, quindi alla
nostra particolare modalità percettiva. Essa rappresenta, a livello organi-
co, la parte più mentale di ciò che chiamiamo arco riflesso, ovvero quella
particolare attivazione nervosa che ci permette di sfuggire ad un insulto
in tempi rapidissimi, senza l’interferenza della mente conscia.

Di
Quando avviciniamo la mano ad un oggetto rovente, quale ad esem-
an
pio la piastra di una stufa accesa, la percezione dell’intenso calore – ele-
aE
le
mento dannoso per l’integrità del nostro organismo – provoca un’at-
tivazione istantanea del riflesso di allontanamento. Tale gesto viene ar- na
ricchito di una sfumatura colorita rendendolo quadridimensionale, at- O
M
traverso la genesi di un’emozione, che si associa sempre all’arco riflesso ED
stesso. La paura di bruciarsi invade il corpo intero a livello emotivo, poi IZ
cellulare, e coinvolge tutti i sistemi legati al network psico, neuro, endo- IO
crino e immunitario (PNEI).
NI
S
Questo meccanismo innato ha l’obiettivo di associare all’esperienza
della scottatura, primariamente vissuta a livello cellulare, tissutale ed
organico (la mia mano si è bruciata) un particolare stato d’animo, che
“comporrà”, come in un mosaico, quel particolare ricordo che mi im-
pedirà di bruciarmi inavvertitamente di nuovo. In questo modo si crea
un “sentimento”, una forma di “sentire” che non è solamente dei cinque
sensi, ma anche della coscienza.
L’emozione rappresenta la voce del nostro inconscio che esprime la
sua partecipazione all’evento che si verifica nel mondo esterno.
186 TRATTATO DI ALCHIMIA DELLE EMOZIONI – RUBEDO

Nel momento in cui percepiamo un’emozione di paura, siamo indotti


a compiere un movimento in direzione contraria rispetto la provenien-
za di quello stimolo. All’emozione si accompagnano istantanei cambia-
menti fisiologici che sono sotto il diretto controllo del sistema nervoso
autonomo (SNV o SNA), quali le variazioni del ritmo cardiaco, della
sudorazione, le reazioni ormonali ed immunitarie. Un’emozione scatena
una cascata di eventi neuro–endocrini; neuro trasmettitori ed ormoni
invadono in massa il circolo sanguigno, coinvolgendo il corpo intero in
questa esperienza. Per questo non è sufficiente la rielaborazione mentale
(psichica) di un vissuto emotivo, ma è necessaria anche la gestione cor-
porea, in particolare cellulare. Non è sufficiente ritrovare solo la “calma
emozionale”, ma è indispensabile anche quella endocrina, nervosa e im-
munitaria. Se ciò non avviene, abbiamo gestito solamente la metà del vis-
suto esperienziale legato allo shock emotivo.

Per inverso, se ci ritroviamo con un sistema organico costantemente


irritato da vari fattori, tra cui quello alimentare, tossico (da polveri sottili
e inquinanti ambientali), stress mentale e mancanza di sonno, è normale
anche essere più suscettibili a qualsiasi emozione psichica, quindi avere
degli archi riflessi emozionali più attivi. Il corpo condiziona la mente,
tanto quanto la mente condiziona il corpo. Energia e massa, ricordate,
sono solamente le due facce della stessa moneta!
È, quindi, altrettanto vero che, se utilizziamo, ad esempio, la sola
psicoterapia per lavorare sulle nostre emozioni, non è certo che il no-
stro corpo riesca ad adeguarsi alle soluzioni che riesco a costruire men-
talmente. Cioè, in soldoni, se io ho paura dei cani e, attraverso un con-
dizionamento psichico, ho compreso che il cane non mi fa nulla ma il
mio corpo non lo ha interiorizzato, nel momento in cui un cane mi si av-
vicina io penso: “il cane è il miglior amico dell’uomo, ho fatto il training e
DianaElenaO
ne ho accarezzati molti”. Nel momento però in cui mi trovo M EDIZIONI
ad affrontare
S
la stessa situazione in uno stato diverso da quello “protetto” della psico-
terapia, magari da solo, e per qualche motivo il cane mi risveglia uno sta-
to inconscio di paura o uno stato emotivo legato al precedente morso del
cane, il mio corpo può non obbedire più ai comandi della mente conscia.
35
PM
:11
: 34 187
12
L’EMOZIONE: MAESTRA DI VITA

2
2 02
A quel punto la paura del cane si impadronirà nuovamente di me a tutti
i livelli: prima fisico, poi mentale.4 /
2
1/
Quando un ricordo non1elaborato a livello fisico ma solamente a livel-
N C
lo psichico riaffiora, mescolandosi alla realtà del momento, è possibile che
S
O NI
io ricada nel meccanismo emozionale che ha generato precedentemente
ZI in me. Il mio corpo inizia ad agitarsi. La memoria con-
la paura e il panico
I
tenuta nelleEDmie cellule si attiva, facendo sì che mentre questa volta sono
psichicamente
M ed emozionalmente tranquillo, il mio corpo inizi ad agi-
O
l na la mente è pronta ad affrontare tale situazione, ma il corpo non lo è.
tarsi:
eL’agitazione del corpo può scatenare, sempre per il medesimo meccani-
n aE
a smo, una risposta emotiva relativa a quell’esperienza che inizia a inva-
Di dere la mia mente conscia, inducendomi nuovamente uno stato di paura
emozionale. Così mi accorgo, dopo aver rielaborato e creduto (spesso per
degli anni!) di aver superato il trauma, che, in realtà, una parte di me non
si è mai mossa da quella posizione assunta in precedenza. La mente si
era semplicemente proiettata in una realtà nuova e alternativa, ma il mio
corpo intero era rimasto lì. Il circolo vizioso così ha nuovamente inizio.

Se non dreniamo le tossine fisiche prodotte dall’attivazione stressoge-


na relativa a quell’evento, non abbiamo in realtà superato totalmente
quell’esperienza e ci sarà sempre la possibilità che un vissuto legato al pas-
sato, superato a livello psichico, si mescoli ad una situazione presente e
determini uno shock emozionale semplicemente per “sovrapposizione”
di eventi. Il vissuto psichico, del presente, si mescola al ricordo bio-
chimico cellulare del passato, generando un riaffioramento di molecole
segnale, neuro trasmettitori ed ormoni che impediscono la razionalizza-
zione dell’evento che sto vivendo come superato. Rivivrò così, questa
volta partendo da un livello fisico e non più direttamente esperienziale,
il panico emozionale.

Il concetto della pulizia cellulare e connettivale dalle tossine (siano


esse psichiche, alimentari, organiche o farmacologiche) è alla base, ad
esempio, di forme di cura antiche che lavorano attraverso particolari po-
sture del corpo associate a tecniche respiratorie.
188 TRATTATO DI ALCHIMIA DELLE EMOZIONI – RUBEDO

Era, questo, un concetto ben chiaro agli antichi alchimisti che defi-
nivano questa particolare fase del processo terapeutico rivolto alla libe-
razione dalle tossine emozionali asepsia, ovvero “decontaminazione”.

Ricordiamo sempre che anche il corpo ha una sua memoria, cellulare,


connettivale e organica. La maggior parte delle nostre memorie emotive
Dian
ed inconsce sono custodite dalle nostre cellule; queste, poi, vengono
aEle
naO
ME elaborate da alcune strutture del cervello che fanno parte del Sistema
Limbico, uno dei sistemi più antichi presenti nel nostro cervello
che è in grado di condizionare l’intero
sistema biologico corporeo.
/2022 1
189

/24
LA VIA DELLE
EMOZIONI S N C 11
IZIONI
SISTEMA LIMBICO,
IPPOCAMPO E
AMIGDALA
lenaOM ED DianaE

Il sistema Limbico è una porzione del cervello costituito da una serie


di strutture cerebrali e un insieme di circuiti neuronali presenti nella par-
te più profonda e antica del cervello connessi al lobo limbico e correlati
alle funzioni fondamentali per la conservazione della specie.

Tale sistema è implicato nell’integrazione dell’olfatto, della memoria


a breve termine e delle emozioni, dell’umore e del senso di autocoscien-
za che determinano il comportamento dell’individuo. Il sistema limbico
svolge anche funzioni elementari come l’integrazione tra il sistema ner-
voso vegetativo (che regola le funzioni vitali del corpo intero) e quello
neuro–endocrino.

Nell’uomo comprende il lobo limbico, l’ippocampo, l’amigdala, i


nuclei talamici anteriori e la corteccia limbica che supportano svariate
funzioni psichiche come emotività, comportamento, memoria a breve
termine e olfatto. Il sistema limbico opera influenzando il sistema en-
docrino e il sistema nervoso autonomo, simpatico e parasimpatico. Esso
riceve, inoltre, proiezioni dopaminergiche dal mesencefalo (una piccola
parte del cervello situata nel tronco cerebrale proprio davanti al cervel-
letto) che danno vita alla via “dopaminergica meso–limbica” correlata
ai fenomeni di gratificazione e quindi all’effetto delle sostanze d’abuso
(oppioidi endogeni e alcune droghe).
190 TRATTATO DI ALCHIMIA DELLE EMOZIONI – RUBEDO

Le proiezioni nor–adrenergiche (fibre neuronali che trasportano


22
nor–adrenalina) provenienti dal locus coeruleus sono invece respon-
sabili degli attacchi di panico, ansia, paura di morire, senso di soffoca-
mento e derealizzazione. Il sistema limbico è strettamente connesso alla
corteccia prefrontale (la parte anteriore del lobo frontale del cervello, re-
gione implicata nella pianificazione dei comportamenti cognitivi com-
plessi, nell’espressione della personalità, nella presa delle decisioni e nella
moderazione della condotta sociale, la cui attività basilare è considerata
la guida dei pensieri e delle azioni in accordo ai propri obiettivi.). Molti
scienziati ritengono che questi circuiti limbico–frontali siano coinvolti
nei meccanismo di presa di decisione in base a reazioni emozionali.

Il sistema Limbico è composto da varie strutture, tra queste una fon-


damentale è l’amigdala. Essa rappresenta la parte del nostro cervello che
gestisce le emozioni ed in particolar modo la paura. Essa ha una strut-
tura ovoidale (in greco antico amygdala significa appunto mandorla).
L’Amigdala invia impulsi a varie strutture cerebrali, in particolare all’ipo-
talamo per l’attivazione del sistema nervoso simpatico e al nucleo retico-
lare talamico per aumentare i riflessi. È ritenuta il centro di integrazione
di processi neurologici superiori come le emozioni ed è coinvolta anche
nei sistemi della memoria emozionale. È attiva nel sistema di compara-
zione degli stimoli ricevuti con le esperienze passate e nell’elaborazione
Di molto legati all’istinto.
degli stimoli olfattivi, quindi
a na
le E
Vediamo come questi circuiti lavorano.
na
I segnali provenienti dagli organi di senso
O (vista, olfatto, tatto, gusto, udi-
to) raggiungono dapprima il talamo, poi M arrivano all’amigdala.
ED
IZ
22 Locus IO
coeruleus è un nucleo situato nel Tronco encefalico. È anche chiamato punto blu per la sua colorazione
NI
tendente all’azzurro, dovuta ai granuli di melanina al suo interno che conferiscono un colore blu. Esso è all’origine
SN
della maggior parte delle azioni della noradrenalina nel cervello, ed è coinvolto nelle risposte a stress e panico. Gli
stimoli sensoriali (olfatto, udito, vista, gusto e tatto) accelerano l’eccitazione dei neuroni del locus coeruleus, il quale
C1
rilascia noradrenalina quando una serie di cambiamenti fisiologici sono attivati da un evento. La noradrenalina ha
1/
un effetto eccitatorio sulla maggior parte del cervello, attivando l’eccitazione e l’innesco dei neuroni. Attraverso le
24
connessioni con la corteccia frontale e la corteccia temporale, il talamo e l’ipotalamo il Locus Coeruleus è coinvolto
nella regolazione dell’attenzione, ciclo sonno–veglia, nell’apprendimento e nella percezione del dolore, nella genesi
dell’ansia e nella regolazione dell’umore e dell’appetito.
/2
02
2
12
:3
4:
11
LA VIA DELLE EMOZIONI: SISTEMA LIMBICO, IPPOCAMPO E AMIGDALA 191
23
Un secondo segnale viene inviato dal talamo alla neocorteccia .
Questa ramificazione permette all’amigdala di cominciare a rispondere
agli stimoli prima della neocorteccia (e quindi della decisione cosciente).
In questo modo l’amigdala è capace di analizzare ogni esperienza, scan-
dagliando le situazioni ed ogni percezione. Quando valuta uno stimolo
come pericoloso, per esempio, l’amigdala scatta come un sorta di grilletto
neurale e reagisce inviando segnali di emergenza a tutte le parti principali
del cervello; stimola
Diail rilascio degli ormoni che innescano la reazione di
combattimento o fuga, na(Adrenalina, Dopamina, Noradrenalina), mobi-
Ele attiva il sistema cardiovascolare, i muscoli
lita i centri del movimento, na
e l’intestino. Contemporaneamente, OMi sistemi mnemonici vengono “sfo-
ED
gliati” con precedenza assoluta per richiamare
IZI ogni informazione utile
nella situazione di paura. O NI
SN
C1 la valen-
Mentre l’ippocampo “rimembra” i fatti, l’amigdala ne giudica
1/2
za emozionale. L’amigdala quindi fornisce a ogni stimolo il livello 4giusto
/20
di attenzione, lo arricchisce di emozioni e, infine, ne avvia l’immagaz- 22
zinamento sotto forma di ricordo. L’amigdala è dunque il centro di in- 12
:34
tegrazione delle memorie emozionali, perciò analizza l’esperienza cor- :11
rente con quanto già accaduto nel passato: quando la situazione pre- PM
sente e quella passata hanno un elemento chiave simile, l’amigdala lo
identifica come una associazione ed agisce, talvolta, prima di avere una
piena conferma. Ci comanda precipitosamente di reagire ad una situa-
zione presente secondo paragoni di episodi simili, anche di molto tem-
po fa, con pensieri, emozioni e reazioni apprese fissate in risposta ad
eventi analoghi. L’amigdala può reagire prima che la corteccia sappia che
cosa sta accadendo, e questo perché l’emozione grezza viene scatenata in
modo indipendente dal pensiero cosciente, e generalmente prima di esso.
L’amigdala, in pratica, fornisce ad ogni stimolo il livello ottimale di atten-
zione, lo arricchisce di emozioni e, infine, lo immagazzina sotto forma di
ricordo. Essa è quindi depositaria del significato stesso degli eventi; la vita
senza l’amigdala sarebbe un’esistenza spogliata di significato personale.

23 La neocorteccia è la sede presunta delle funzioni di apprendimento, linguaggio e memoria.


192 TRATTATO DI ALCHIMIA DELLE EMOZIONI – RUBEDO

A LIMBICO
SISTEM

Ipotalamo Ipofisi

Amigdala

IV FERITA

III FERITA V FERITA

II FERITA VI FERITA
Di

I FERITA VII FERITA


an
aE
len
aO
M
E DI

LA VIA DELLE EMOZIONI: SISTEMA LIMBICO, IPPOCAMPO E AMIGDALA 193


naOM

All’amigdala è legato qualcosa di più dell’affetto: tutte le passioni dipen-


dono da essa. Le lacrime, ad esempio, un segnale emozionale esclusivo
e

degli esseri umani, sono stimolate da essa. Asportandola o resecandola


E l

sperimentalmente negli animali è stato visto che questi perdono ogni im-
n a

pulso a cooperare o a competere e non provano più rabbia o paura.


Dia

Riassumendo quindi, mentre l’ippocampo ricorda i fatti nudi e cru-


di, l’amigdala ne trattiene, per così dire, il sapore emozionale. Ad esem-
pio, nel caso in cui avessimo fatto un sorpasso rischioso tale da creare
un certa paura, l’amigdala, da quel momento in poi, ogni qualvolta che,
in qualche modo, ci si ritrova in circostanze simili, ci fa sentire ansiosi.
Mentre l’ippocampo è fondamentale per riconoscere in un volto quello
di un amico, l’amigdala è fondamentale per aggiungere che quest’ultimo
ti è proprio antipatico. L’amigdala può reagire con delirio di collera o
di paura (inconscio) ben prima che la corteccia (consapevole) sappia che
cosa sta accadendo, e questo perché l’emozione grezza viene scatenata in
modo indipendente dal pensiero razionale prima di esso. Mentre però
l’amigdala lavora per scatenare una reazione ansiosa e impulsiva, altre aree
del cervello emozionale si adoperano per produrre una risposta corretti-
va, più consona alla situazione. L’interruttore cerebrale che smorza gli
impulsi sembra trovarsi all’estremo di un importante circuito diretto alla
neocorteccia – precisamente ai lobi prefrontali o frontali. Quest’area ce-
rebrale neocorticale consente di dare ai nostri impulsi emotivi una rispo-
sta più analitica o appropriata, modulando l’amigdala e le altre aree lim-
biche. Quando si scatena un’emozione, nel giro di qualche istante i lobi
prefrontali eseguono la reazione che ritengono migliore fra una miriade
di possibilità, in base al criterio del rapporto rischio/beneficio, come ad
esempio: quando attaccare, quando darsi alla fuga e anche quando cal-
marsi, persuadere, cercare comprensione, tergiversare, provocare sensi di
colpa, piagnucolare, indossare una maschera di spavalderia, essere sprez-
zanti, eccetera.
All’interno del nostro corpo, principalmente a livello di “memoria”
cellulare, sono immagazzinate Ferite Emozionali “attive”, ma in forma si-
lente, che al minimo sussulto sismico (le esperienze che la vita comporta)
194 TRATTATO DI ALCHIMIA DELLE EMOZIONI – RUBEDO

emergono con una forte carica emotiva paragonabile alla potenza di un


vulcano in eruzione, provocando, il più delle volte, danni irreparabili a

Dia
noi stessi e alle persone che più amiamo. Pensiamo, ad esempio, ad una

na
memoria traumatica che, stimolando l’amigdala e i circuiti limbici dall’in-

Ele
terno del corpo attraverso una serie di mediatori chimici molecolari intra

n
ed extracellulari, scateni una reazione noradrenergica (eccitatoria) senza

aOM
che, all’esterno, ne esista minimamente il motivo. Pensate, per chi non ne
ha mai avuto uno, a come facilmente, in luoghi e condizioni impensabili,

E
un attacco di panico si scatena esplodendo da dentro e trascinando nella

DIZI
paura e nel caos totale la persona!

O
Gli aspetti multipli di un Ego irrequieto, insaziabile, volubile, capric-

N
cioso, offeso, timido, pauroso, frustrato, ribelle, testardo, sottomesso,

IS
aggressivo, passionale… in parole semplici, ferito, paragonabili al magma,
NC
allo zolfo e ai prodotti di un vulcano, costituiscono uno stato latente o
1 1
palese di potenzialità distruttive molto pericolose per la persona. Al pari
/24

dello stato latente di un vulcano, tali memorie immagazzinate sotto for-


/2

ma molecolare possono non solo determinare scoppi di atteggiamenti


02

inconsueti e non coerenti con la natura della persona ma, anche, costi-
21

tuire un substrato caratteriale sul quale si stratificano altri atteggiamenti


2

devianti per l’essere e che, a lungo andare, possono iniziare ad apparire


:3
4:1

assolutamente normali! In parole semplici, una persona può iniziare a


credere di essere in un modo quando, in realtà, è la sua memoria moleco-
PM 1

lare ad indurlo ad essere tale.


3 5

E allora la domanda, a questo punto, è sempre la stessa: “Ma tu, sei


83

la manifestazione della tua Energia (Spirito) nel corpo, oppure sei sola-
5 5

mente un complesso, ma banale, costrutto di schemi mentali, molecole


chimiche, ormoni e messaggeri che, senza alcun controllo ormai,
continuano a far vivere il tuo corpo
come una macchina?”.
2
NC11/24/202
195

LE EMOZIONI
MESSAGGERE DELLA VITA

M EDIZIONI S

Le emozioni ci permettono di relazionarci con gli altri e rappresen-


DianaElenaO

tano una funzione autoregolativa, cioè ci aiutano a capire se qualcosa in


noi e fuori di noi non va. L’emozione è un qualcosa che ci mette in mo-
vimento, da emo = sangue , motion = movimento: movimento di sangue
e di energia. Senza energia non si muove nulla in noi, diveniamo freddi
ed immobili.
Pensate a quanto oramai si comunica, particolarmente attraverso il
web, attraverso quelle icone fatte a faccine che si chiamano emoticon: è
sufficiente scegliere quella più consona per esprimere un concetto per il
quale servirebbe una frase intera. Una pura coincidenza è anche il fatto
che tutte queste emoticon siano di colore giallo, il colore legato all’espres-
sione del terzo livello vibratorio del campo elettromagnetico umano, al-
tresì definito terzo chakra, il quale è strettamente legato alle emozioni.
È bene precisare che, a partire dalle teorie delle neuroscienze e della
psicologia moderne, fino alle usanze delle culture più antiche, si afferma
che le emozioni non vanno represse, in quanto sono proprio loro la parte
più importante della nostra dimensione cognitiva. Noi ci rendiamo con-
to del mondo grazie alle emozioni.
Qualsiasi emozione genera, nel sistema corporeo, un fattore di stress
che altro non è che l’attivazione del corpo per far fronte all’emozione stes-
sa. Il sistema che si attiva di più in risposta allo stress è il Sistema Immu-
nitario, oltre a quello neuro–endocrino. Quando noi andiamo ad inibi-
re una reazione ad una emozione è come se stessimo dando un farmaco
anti–reattivo (quale il cortisone ad esempio) al sistema immunitario in
fase iper, ovvero in fase attiva, e lo facessimo switchare in una fase passiva
non risolutiva dell’esperienza.
D i an
a

196 TRATTATO DI ALCHIMIA DELLE EMOZIONI – RUBEDO

Quindi, oltre ad una cicatrice emozionale, se ne forma una immunitaria.


Il sistema immunitario è l’unico sistema che non appartiene a noi, ma
lavora per noi e ci difende da tutto inclusi noi stessi (quando produciamo
cellule tumorali ad esempio). Nel momento in cui andiamo ad inibire
un’emozione o una Ferita Emozionale, noi stiamo forzatamente iniben-
do il sistema immunitario e ci predisponiamo a tutte le patologie che esi-
stono, perchè in realtà in qualsiasi malattia infettiva o non, il sistema im-
munitario si attiva. A questo punto nasce il concetto della costruttiva
gestione dello stress.

Il concetto primario dell’Alchimia, in realtà, si può tradurre, in ter-


mini più moderni e scientifici, nel concetto di gestione dello stress. Il
termine stress può avere diversi significati. Derivato dall’inglese, propria-
mente significa “sforzo, spinta”. Ha lo stesso etimo dell’italiano striz-
zare e deriva, attraverso il francese antico, dal latino districtia. Etimo-
logicamente significherebbe una stretta, una strizzata, un’angustia (o
un’angoscia). La parola stress si rivela intimamente legata al processo
alchemico in quanto possiamo ben immaginare quale sia la “stretta” su-
bìta dallo Spirito nel momento in cui sceglie di incarnarsi e di compiere
un’esperienza nel mondo materiale.

In una situazione di stress, oltre ai principali sistemi Psico, Neuro, En-


docrini ed Immunitari, si ha l’attivazione archetipale dei due astri princi-
pali che governano l’essere umano: il Sole e la Luna. Tali archetipi, legati
rispettivamente al Sistema Neuro Vegetativo Simpatico e Parasimpatico,
rappresentano la manifestazione materiale del ritmo intrinseco di ogni
forma di vita universale. Il corretto bilanciamento delle due attivazioni,
simpatica e parasimpatica, è il corretto funzionamento della salute (ac-
ceso/spento): se sto sempre acceso sono sempre in allerta , se sto sempre
spento, non mi so difendere. La salute è nel ritmo, non nella polarizza-
zione verso un lato od un altro! Il sistema simpatico, corrispondente
all’archetipo del Sole, e il sistema parasimpatico, corrispondente all’ar-
chetipo della Luna, rappresentano i due archetipi primari che regolano
la nostra vita.
LE EMOZIONI: MESSAGGERE DELLA VITA 197

Quando viviamo un’emozione, primariamente nel lato energetico–


vibrazionale, immediatamente prende forma anche una chimica, una
molecola. Quando si pensa di aver risolto attraverso il pensiero e l’analisi
un’emozione discordante in noi, in realtà si è risolto solamente la metà
dell’esperienza. La parte molecolare dell’esperienza, invero, è ancora pre-
sente. Se l’esperienza molecolare ha scatenato in me uno stress ossidativo,
immunitario od endocrino tale da creare una cicatrice “molecolare”, è
necessario utilizzare anche dei rimedi “fisici” per drenare queste infor-
mazioni dalle cellule e dai tessuti connettivi. In termini alchemici, non è
possibile lavorare solamente a livello Mercuriale (mente), ma è necessa-
rio svolgere lo stesso lavoro anche a livello Sulfurico (corpo). È assoluta-
mente necessario ripulire i meandri della mia mente, lo è altrettanto ri-
pulire i meandri delle cellule, ma, infine, è vitale drenare il Sale, che, come Dia
abbiamo visto, si manifesta nel sistema circolatorio, particolarmente nel na
sangue. È nel sangue, infatti, che tutte le informazioni, siano esse mentali
Ele
na
che fisiche, andranno a scaricarsi. O
Al giorno d’oggi, la gente tende ad impazzire perchè gli stimoli stres-
sogeni sono sempre maggiori e i blocchi fisici e mentali ancora più
limitanti. Infine, il risultato è che il sangue degli esseri umani è sempre
più intossicato e pieno di sostanze
non coerenti con
la vita.
198 TRATTATO DI ALCHIMIA DELLE EMOZIONI – RUBEDO

LA FERITA E IL
TALENTO

Dia
na La ferita è fondamentalmente una lesione della cute e delle mucose
con danneggiamento dei tessuti. Prenderò in esame sia le ferite profonde
Ele
na
O che quelle superficiali, pulite e/o contaminate, perché, come ben
sappiamo dall’esperienza diretta quotidiana, una ferita profonda si può
contaminare facilmente.
Le colonie batteriche tendono a generare forme pensiero, ovvero onde
vibratorie che modulano la crescita della colonia stessa, dipendentemente
dall’ambiente in cui queste sono inserite. Vale a dire che le colonie di
microbi crescono quando quelli che si trovano posizionati sulla parte
più periferica della colonia “comunicano” a quelli più interni (la cui
funzione è prettamente quella riproduttiva) che l’ambiente è idoneo ai
fini riproduttivi. I batteri cominciano a ragionare come un organo, non
più come fossero una singola unità; i nostri organi, d’altronde, si sono
formati grazie al fatto che le nostre cellule hanno cominciato a ragionare
assieme. Quando una ferita è contaminata, è necessario un antiparassitario
e una profonda detersione, altrimenti i batteri cominciano a riprodursi
e a nutrirsi.
Tutto questo processo riguarda, poiché così come è in alto è in basso,
le Ferite Emozionali profonde, ovvero quelle ferite che hanno lasciato un
profondo segno in noi. Nel momento in cui per superare un forte trauma
emotivo istintivamente rimuoviamo o cerchiamo di superare la situazione
senza un importante lavoro di consapevolezza, senza veramente risolvere
o rimuoverne la causa primaria, provochiamo la “chiusura” forzata di
una possibile ferita profonda. Abbiamo così potenzialmente creato una
colonia di batteri, quindi di forme pensiero, legate a quella ferita, che
non può far altro che, nel tempo, ingigantirsi.
199

Quando sentiamo parlare di ferite, il nostro vissuto richiama alla


mente qualcosa che normalmente cerchiamo faticosamente di allon-
tanare perché ci mette di fronte al nostro “calvario”. Siamo in uno stato
di malessere e di difesa e quando le ferite vengono analizzate una ad una
reagiamo in modo diverso per ognuna, a seconda di come la ferita risuo-
na dentro di noi.

Da cosa dipende questa diversa risonanza? Certamente dai condizio-


namenti ambientali e culturali, ma anche, soprattutto, da quanto la ferita
in noi continua silenziosamente a sanguinare condizionando in modo
occulto gli atteggiamenti e le scelte della nostra vita.
Può succedere che le attribuiamo un significato riduttivo, riconoscen-
do come espressione di essa soltanto alcune situazioni. Altre, pur signi-
ficative, non vengono prese in considerazione. Questo accade perché la
ferita sanguina poco o, in quanto molto profonda, si è attivato un mec-
canismo di censura. Qualche volta non riusciamo neppure mettere a fuo-
co il significato della ferita stessa non riuscendo a ricordare, rifiutando,
l’idea stessa di aver subìto una tale ferita!

Quando, dove e come ho vissuto una tale situazione? Cosa significa


esattamente? Non sembra proprio che mi riguardi! Ci vengono a man-
care addirittura i riferimenti, se prendiamo in esame i mancati talenti che,
non risolvendo la ferita – non superandola quindi – non abbiamo potu-
to conoscere e sviluppare, riguardo cosa sono i talenti!

La maggior parte delle persone pensa che un “talento” sia una capa-
cità di compiere un’azione, quale ad esempio il talento per la musica, la
pittura, la matematica eccetera.
Questa definizione di talento è solamente la derivazione di un signi-
ficato ben più profondo e intriso di una valenza universale. Dal greco:
tàlanton, che significava piatto della bilancia – peso, somma di denaro –
acquisendo prima il senso di inclinazione (nell’immagine dell’inclina-
zione della bilancia), e poi diffuso col pieno significato attuale attraverso
la parabola evangelica dei talenti.

NC11/24/2022 12:3 NI S
DianaElenaOM EDIZIO
200 TRATTATO DI ALCHIMIA DELLE EMOZIONI – RUBEDO

Il talento è dote dello Spirito. Tutti ne sono naturalmente provvisti e


se non c’è non si può imparare, in quanto essa è inclinazione molto più
profonda di una capacità, molto più radicata di una passione, molto più
caratterizzante di un volto o di una maniera, per poter essere riprodotta
o finta. È un taglio del sé che accomuna tutti gli esseri viventi. I talenti
superiori, di cui parleremo in questo libro, sono particolarmente legati
all’espressione dello Spirito umano.
DianaElenaOM EDIZI
L’antico significato di unità di peso e di somma di denaro ci mette
in luce dei connotati importanti di questa parola. Il talento era unità di
peso e somma di denaro poiché la moneta stessa era metallo prezioso pe-
sato: un talento, ad Atene, corrispondeva a più di venti chili d’argento.
Una ricchezza pesante, quindi, massiccia, che nel moderno talento appe-
santisce di responsabilità chi la possieda. Infatti, ovviamente, la ricchezza
materiale e quella del talento, in sé, non hanno valore: abbandonate a
sé non si mangiano né realizzano. È l’investimento, l’impiego nello svol-
gimento della vita che ne sprigiona il valore, che trasforma il peso di sé
in potere e libertà. Talenti quali la Saggezza, la Fede, la Connessione, la
Comprensione, l’Incarnazione, sono talenti ritenuti così al di sopra della
nostra portata che il loro raggiungimento viene quasi visto come una via
verso la santificazione!

Il fatto che si creda che sia così difficile che le Ferite Emozionali pos-
sano essere suturate e guarite (quindi risolte), dipende proprio dalla lon-
tananza che abbiamo preso nei confronti dello sviluppo di questi talenti
innati nell’uomo. È la riappropriazione di un talento, infatti, che provoca
il superamento di una ferita. È il Talento stesso che, nascendo dalla Fe-
rita – il lato oscuro del Talento – afferma se stesso di fronte alla illusoria
separazione data dalla Ferita.

Ma cosa significa non sviluppare un Talento? Cosa ci perdiamo?


È questo il punto. Siamo così poveri spiritualmente che riteniamo di
meritaci le Ferite e non i Talenti? Proviamo a vedere per quale motivo ci
mancano i riferimenti.
LA FERITA E IL TALENTO 201

Probabilmente manca l’esperienza del Talento in questione, manca cioè


la sua corrispondente vibrazione energetica, quella viva percezione che
fa sì che desideriamo mantenerla o riviverla, se l’abbiamo persa. E questa
mancanza ci inchioda.
D’altra parte, l’argomento attrae, incuriosisce, perché, nel profondo,
ognuno di noi “sa” che non siamo su questa Terra per soffrire, anche
se i vari condizionamenti culturali, particolarmente quelli religiosi, van-
no contro la visione della vita come un “Paradiso”. Ed è questo “sapere”
che ci permette di superare il disagio e la paura, e accende il desiderio di
andare oltre. Ecco allora che l’ansia diminuisce, la mente si fa più lucida
e il cuore si dispone con maggiore apertura: il significato delle Ferite si
fa più chiaro e cominciamo a sentire che la direzione della nostra vita ci
appartiene.

Le ferite, in generale, hanno la tendenza spontanea alla guarigione,


che avviene mediante il processo di cicatrizzazione. È importante sotto-
lineare che tale processo non fa ritornare il tessuto com’era prima, ma
forma un tessuto sostitutivo più solido: è il tessuto che tutti noi cono-
sciamo come cicatrice.
È pur vero, ed è stato dimostrato nelle colture cellulari, che le cellule
1 :1 cicatriziali, opportunamente informate da molecole segnale e addirittura
4
: 3 2 da particolari frequenze elettromagnetiche, possono riprendere la loro
funzione originaria e differenziarsi nuovamente in tessuto funzionale,
1
22
ma ciò è vero a livello sperimentale, non in vivo: questo perché in vivo c’è
0 /2
4
l’interferenza del sistema nervoso centrale e dello Spirito, che una coltura
/ 2 1 1
cellulare non ha.
NC S I
ON
Nel corpo vivente, se le “interferenze” che hanno portato quella cel-
ZI
I
lula a diventare cicatriziale sono ancora attive, la cicatrice rimane. Può
D E
succedere anche che la cicatrizzazione non avvenga nel modo più corret-
OM
to: si può così formare una cicatrice malfatta, nel senso che manca della
a n
Ele
sostanza e la ferita non risulta ben rimarginata; oppure può venirsi a for-
a
an
mare una cicatrice più grande del normale, detta iperplastica, avendo così
i
D
un eccesso di tessuto cicatriziale.
202 TRATTATO DI ALCHIMIA DELLE EMOZIONI – RUBEDO

Tutte queste modalità e variabili che si possono manifestare nel corso


di una guarigione fisiologica di una ferita fisica possono anche manife-
starsi come risposta ad una ferita non più fisica, ma emozionale. Dopo
aver subìto una Ferita Emozionale, posso infatti smarrire o oscura-
re una parte di me, rifiutare un aspetto della mia vita, oppure iniziare
a vedere la realtà in modo distorto, esagerato; tutto ciò può causare una
ipoplasia (diminuzione di densità del mio corpo), una iperplasia (aumen-
to di densità) o addirittura una trasformazione in senso anomalo, fino
alle patologie degenerative.

Così è in alto, così è in basso.


a
Di
203

LE FASI DI
GUARIGIONE
DELLA FERITA

La terapia delle ferite è essenzialmente chirurgica. Chirurgo in gre-


co è keirourgos: mano che impugna, ovvero mano che “opera”. E que-
sto è curioso perché in antichità l’Alchimia era chiamata Magnus Opus,
Grande Opera. E non solo. Nel momento in cui un essere umano subìsce
una Ferita Emozionale, è proprio l’impugnare la propria vita e risolvere
quell’evento che permette la guarigione della ferita.
La guarigione delle proprie Ferite Emozionali è, in termini esoterici,
in effetti un vero e proprio atto chirurgico: si tratta di risolvere le proprie
pendenze interiori attraverso una lavoro attivo che contempli l’osserva-
zione, il risveglio della consapevolezza, il confronto con se stessi e gli altri
e, infine, il superamento del trauma in modo attivo, diciamo propositivo.
Le ferite fisiche del corpo possono guarire in due modi: per prima
intenzione, dove, una volta accostati i lembi, la ferita viene cucita, oppure
per seconda intenzione. In questo secondo caso vengono lasciati aperti i
lembi e si attende che si formi un tessuto nuovo, dal basso verso l’alto, che
vada a riempire lo spazio vuoto della ferita.
Questa seconda modalità è la via migliore a livello emozionale: quello
che deve sorgere dal basso verso l’alto è il Talento.
Dia

Solo attraverso la nascita di un nuovo Talento – un Sale – tra i due


na

lembi aperti, ovvero qualcosa di nuovo, di conquistato, posso chiudere la


Ele

ferita in modo naturale e costruttivo. Per trattare una Ferita Emozionale


na

non è sufficiente concentrarsi su di essa, ma bisogna lavorare anche sul


OM

Talento, perché, quando questo si sviluppa, permette di formare quel


“Sale” che guarisce la ferita.
ED
IZI
ON
IS
N
204 TRATTATO DI ALCHIMIA DELLE EMOZIONI – RUBEDO

È molto interessante osservare il parallelismo che esiste tra la reazione


corporea ad una ferita fisica e la controparte psichica nei confronti di una
Ferita Emozionale. Come sempre, ricordo,

Ciò che è in alto, è in basso.

La prima risposta corporea che si verifica dopo aver subìto una ferita è
l’infiammazione. Essa si compone di una serie di eventi che coinvolgono
tutti i sistemi PNEI del corpo, dal livello psichico fino a quello immuni-
tario, endocrino e nervoso. Fondamentalmente, i sintomi chiave dell’in-
fiammazione sono i seguenti:
– gonfiore
– rossore
– calore
Di

– dolore
an

– perdita di funzionalità.
aE
len

Proviamo, per un momento, ad immaginare la seguente scena. Ignari


aO

di ogni cosa che sta avvenendo a vostra insaputa, tornando felicemente


M

in anticipo dal lavoro, trovate, in casa, il vostro compagno/a impegnato


ED

in “piacevoli attività” con il vostro migliore amico/a. Cosa pensate che vi


IZ
IO

accada, in seguito alla ferita che riceverete, probabilmente percepita come


NI

una pugnalata al ventre o alle spalle? Gonfiore, rossore, calore, dolore e…


SN

perdita totale o quasi delle funzioni psichiche socialmente riconosciute


C

come consone ai rapporti umani. È così che il corpo reagisce ad una fe-
11

rita. È così che voi reagireste emotivamente e, quindi, caratterialmente.


/ 24

Questo avverrebbe, però, solo a patto che voi siate ancora sensibili alla
/2

Ferita di Tradimento; nel caso tale ferita sia stata, nel corso della vostra
02

vita, superata attraverso un grande lavoro di autocoscienza, rimarrete to-


2
12

talmente indifferenti a tale situazione e non subirete alcuna ferita.


:3

Quindi la reazione sarebbe l’infiammazione, sia in senso fisico che psi-


4:
11

chico. Infiammazione deriva da inflammo, essere infuocati o combusti,


PM

ed è legata all’archetipo del Fuoco, l’elemento che opera, per primo, la fase
alchemica del solve, come abbiamo visto precedentemente.
LE FASI DIGUARIGIONE DELLA FERITA 205

Fuoco

Terra

Aria

Acqua DO RE MI FA SOL LA SI

Acqua RISOLUZIONE

Aria

Terra PROLIFERAZIONE

Perdita di funz.

Dolore

DianaElenaOM EDIZIONI SNC11/24/2022 12:34:11 PM Calore

Rossore

Gonfiore

Fuoco INFIAMMAZIONE
a n
Ele a
an
Di
206 TRATTATO DI ALCHIMIA DELLE EMOZIONI – RUBEDO

Ora immaginiamo che voi siate stati feriti da tale situazione ma, per
un qualsiasi motivo (la presenza di un figlio, ad esempio), non possiate
o riusciate, in quel momento, ad esprimere la fase di infiammazione.
Non manifestate, all’esterno, nessun gonfiore, né rossore, né dolore, né
calore né perdita delle vostre funzioni psichiche ma, dentro, avete l’in-
ferno. Come pensate che possa guarire una ferita, senza la sua primaria e
fondamentale fase di guarigione? Pensate che l’aver soppresso l’istinto in-
fiammatorio per mantenere buoni i vostri costumi sociali abbia in realtà
favorito o meno il processo di superamento di tale trauma?
E… pensate che tutto il movimento che questa ferita ha creato in voi,
non essendo stato manifestato all’esterno, sia quindi scomparso e il trau-
ma, magari successivamente mentalmente elaborato e chiarito, non abbia
lasciato traccia in voi? Forse per non perdere la faccia e compromettere
la stabilità familiare è meglio sorvolare, far finta di nulla, lasciando che
l’infiammazione si sparga in tutto il corpo come una metastasi compro-
mettendo, nel tempo, tutti i sistemi PNEI del corpo? È quindi meglio
ammalarsi, che infiammarsi?

Ma… non è forse vero che la reazione primaria del corpo ad una ma-
lattia è l’infiammazione? E se molte delle malattie di cui noi soffriamo
fossero in realtà Ferite Emozionali non espresse, non sfogate, che cerca-
no, attraverso il corpo, di farci vivere la fase di infiammazione per poter
iniziare il processo di guarigione? Certo, sarebbe bello e più producente
non permettere che le situazioni esterne ci ferissero, utilizzando i grandi
Talenti di cui parleremo successivamente ma, allo stato attuale, quanti
di noi hanno realmente raggiunto tali Talenti, che si attivano proprio
in quanto ultima fase di guarigione di una ferita? Non è possibile svi-
luppare un Talento se non attraverso la ferita. Ed è la ferita stessa che,
guarendo, apre le porte al Talento. Lasciar scorrere l’emozione legata alla
ferita è fondamentale per giungere, poi, alla guarigione della stessa poi-
ché, lo ripeto, la ferita guarisce solamente attraverso delle fasi, la prima
delle quali è l’infiammazione.
Non è possibile modificare questo percorso di guarigione. Ciò che po-
trebbe essere modificato, è il “quando”.
LE FASI DIGUARIGIONE DELLA FERITA 207

Pensate, ad esempio, a ciò che in psicologia viene definito complesso di


Edipo. Vedremo meglio questo aspetto trattando le Ferite di Abbandono
e Tradimento, ma vale la pena ora darne un accenno per spiegare il con-
cetto del “quando”.

Un bambino maschio, primogenito, si gode la tranquillità fami-


liare e le attenzioni della madre pur percependo il padre come un ri-
vale nel rapporto di amore che lo lega alla madre. In quanto maschio,
infatti, egli vorrebbe le attenzioni materne tutte per sé. Un bel giorno,
nasce un fratellino: quest’ultimo diviene oggetto di attenzioni da par- 83
55
te della madre e, il primogenito, consapevole del pericolo di essere ab-3
5
P M
bandonato o addirittura tradito dalla madre, lo vuole eliminare. 1 Egli,
1
ferito, letteralmente si “infiamma” di rabbia, odio ed astio nei
3 4:confron-
:
ti dell’usurpatore, cercando in tutti i modi di eliminare 2il problema. Il
1
primogenito manifesta in pieno, semplicemente e2puramente 2 – senza
colpa – l’istinto corporeo ed emozionale. Sta reagendo2 0 alla ferita! Ora,
2 4/
1/
i genitori, preoccupati per le sorti del fratellino, e impauriti dalle rea-
zioni estreme del primogenito, iniziano 1
C ad inibirne gli atteggiamenti,
sopprimendo ogni suo tentativoI di
N
S riprendere il controllo della situa-
zione con la forza. Gli spiegano N
Z IO che lui è il più grande, che deve com-
prendere che il fratellinoI è piccolo e ha bisogno di cure, che bisogna
imparare la convivenza EDe trattenere la rabbia e l’ira. All’interno del suo
M
aO l’infiammazione galoppa. Inibito a livello com-
corpo, nel frattempo,
n
portamentale,le il primogenito cerca inconsciamente una soluzione al-
E
i a na deviando tutta o parte dell’energia di rabbia verso il mondo
ternativa,
esterno.
D Diverrà irritabile, insofferente e intrattabile nei confronti di
chiunque gli ricordi anche solo lontanamente la situazione familiare.
Il bambino, quindi, viene soppresso caratterialmente anche nel mon-
do extra familiare. Rimane solamente un’ultima chanche di esprimere
l’infiammazione, questa volta, però, all’interno, dato che, fuori, tutte le
vie sono bloccate: in poche parole, si ammala. Ai primi segni di infiam-
mazione fisica, prontamente, come il “sistema” medico ha educato, i ge-
nitori somministrano dei farmaci anti–infiammatori, sopprimendo an-
che il corpo, più e più volte.
208 TRATTATO DI ALCHIMIA DELLE EMOZIONI – RUBEDO

Ora, riflettiamo. Questo piccolo essere umano (piccolo solo nel cor-
po ma non nell’intensità del vissuto emotivo) che ha subìto una Ferita
Emozionale, ovvero, come sappiamo, una separazione interiore, e che ha
tentato in tutti i modi di auto guarirsi infiammandosi, caratterialmente
prima, fisicamente poi, e che è stato soppresso su tutti i fronti, come po-
trà reagire, un giorno, ad un altro tradimento? Semplice: se riuscirà ad
infiammarsi caratterialmente, farà una strage; se non esteriorizzerà que-
sto disagio, farà comunque una strage all’interno del suo corpo. In ogni
caso, la ferita dovrà passare attraverso la fase infiammatoria per guarire.

Comprendiamoci, con questo non voglio assolutamente dire che, di


fronte ad una situazione simile a quella dell’esempio, bisogna lasciar fare
al bambino tutto ciò che vuole, ci mancherebbe! È però necessaria molta
delicatezza e comprensione per far sì che il bambino possa vivere il suo
stato infiammatorio – legittimo – senza essere soppresso, cercando di de-
Dian
aEle
viare il più possibile questa energia di rabbia distruttiva altrove.
naO
L’idea falsa e buonista che la “violenza” non serve a nulla è banale e
ME
DIZI
non veritiera. Questo tipo di violenza, sempre repressa, è in realtà sola-
ONI
SNC
mente uno sfogo di energie represse e naturali, e, solo il fatto che per
11/2
4/20
millenni si sia fatto così, non giustifica il senso di continuare a farlo. D’al-
22 1
tronde, nonostante i genitori continuino a reprimere i gesti “infiamma-
2:34
:11 P
M tori” dei figli e dicano spesso “le mani si tengono in tasca!”, guardiamoci
attorno: il mondo, ancora, è pieno di violenza. Ciò che voglio dire è che,
se un essere umano deve esprimere degli atteggiamenti ostili “infiamma-
tori”, causati da un dolore emotivo, meglio che lo faccia da piccolo, quan-
do è ancora tutto sommato innocuo, piuttosto che, libero dal controllo
genitoriale, si sfoghi da grande. Le guerre le fanno gli adulti, non certo i
bambini. Ecco il senso del “quando”.

Ritornando alle fasi di guarigione di una ferita, vediamo che la secon-


da fase di guarigione è la proliferazione, ovvero l’aumento della divisione
cellulare delle cellule contigue al tessuto lacerato e di alcune cellule san-
guigne volte alla difesa dell’area interessata, congiunte alla formazione di
un tappo che chiuda provvisoriamente la ferita.
LE FASI DI GUARIGIONE DELLA FERITA 209

È bene però ricordare che, senza la prima fase infiammatoria, la seconda


fase non ha luogo, se non in tempi molto lunghi e con scarsa efficacia
nella rimarginazione del tessuto. Psichicamente equivale a dire che, una
volta isolato il problema e aver sfogato l’emozione iniziale proveniente
dall’amigdala bypassando l’area prefrontale, vengono cercate le soluzioni
più costruttive per risolvere il conflitto. È il momento in cui, dopo aver
creato la Luce, Dio si chiese se era cosa buona. È il momento in cui la per-
sona, dopo aver lasciato scorrere il fiume in piena dell’emozione, inizia a
riflettere sull’accaduto cercando soluzioni.
Infine, la terza fase è la risoluzione. In questa fase è necessario che
una buona parte di cellule presenti nel tessuto ferito muoiano, lasciando
spazio a nuove realtà cellulari che costituiranno la cicatrice. Il tessuto di-
viene più solido e resistente. È il momento in cui, dopo aver riflettuto, si
incontrano risposte e soluzioni ai disagi provocati dalla lacerazione emo-
tiva, in cui è necessario lasciar andare vecchi schemi di pensiero e di com-
portamento per aprirsi a nuove visioni e prospettive. La ferita, in questo
modo, rinforza il tessuto della Vita, dona nuove conoscenze ed entra a far
parte delle nostre esperienze per vissuto diretto, e non,
come accade troppo spesso ormai,
per “sentito dire”.

DianaElenaOM EDIZIONI SNC11/2


Di
210

an
aE
len
aO
M
ED
IZI
O
TITOLO CAPITOLO 211
SEZIONE TERZA

ALBEDO
LE FERITE EMOZIONALI
E IL RISVEGLIO
DEI TALENTI

Non sia schiavo di altri


chi può esser padrone di se stesso. I S
(Paracelso) I ON
Z
EDI
a OM
en
a El
an
Di
212 TRATTATO DI ALCHIMIA DELLE EMOZIONI – ALBEDO

Diana
Elena
OM E
DIZIO
NI SN
C11/2
4/202
21
213

FERITA DI RIFIUTO
MERCURIO

ARCHETIPO Mercurio

Rifiuto
Fuga
Vuoto interiore
Introspezione
Assenza
PAROLE CHIAVE Distacco dal presente
Superficialità
Bisogno di essere
sempre prossimo
e/o vicino ad una via
di fuga

SCHEMA CARATTERIALE Il Fuggitivo

Piede/gamba
Dia

PORZIONE DEL CORPO,


LATERALITÀ destra
El na

CHAKRA II
e n

CORRISPONDENTE III
aOM
DIZ E
N IO
I SN
1 C
1P 2:34:1
/2 0 2 2 1
/24 N C11
IO N I S
DIZ O ME
214 TRATTATO DI ALCHIMIA DELLE EMOZIONI – ALBEDO l e n a
ianaE D
La Ferita di Rifiuto è legata all’archetipo Mercurio, o meglio, quando
l’archetipo di Mercurio non viene integrato nella vita quotidiana, si vive
inevitabilmente la decadenza delle potenzialità del talento ad esso legato.

Mercurio rappresenta il nostro essere angelico e la ferita mercuriale è


rappresentata dall’immagine dell’angelo caduto. Quando la persona non
riesce ad integrare in sé l’archetipo portato dal pianeta, vive inevitabil-
mente il lato opposto del talento. La ferita rappresenta solo il lato oscuro
delle potenzialità di un talento. La persona vivrà, perciò, uno stato di
incoerenza energetica e il vortice dell’energia del talento invertirà il suo
flusso causando la genesi della ferita. Per non soffrire il dolore della ferita,
la persona metterà in atto degli schemi o atteggiamenti caratteriali volti
a non rivivere la ferita, anzi, alle volte, mantenendosi caratteristicamente
sempre a debita distanza, quasi come ad esorcizzarla. Per non soffrire una
seconda volta, indosserà una maschera, uno schema della personalità che
allontana non solo dalla Ferita, ma anche da se stessi.

La maschera di Mercurio ferito è letteralmente colui che fugge, ossia


colui che non riesce, minimamente, a tollerare la condizione introspetti-
va data dalla ferita.

Nella mitologia greca Mercurio (Hermes), figlio di Zeus e della nin-


fa Maia, era il messaggero degli Dèi, divinità protettrice dei viaggi e dei
viaggiatori, della comunicazione, dell’inganno, dei ladri, dei truffatori,
dei bugiardi, delle sostanze, della divinazione, della cultura e delle cono-
scenze in generale. Tra gli altri ruoli, Hermes era anche il portatore dei
sogni ed il conduttore delle anime dei morti negli Inferi.

Mercurio, divinità errante tra le divinità, dotato del potere dell’ubi-


quità e pertanto messaggero degli Dei, rappresenta, nel suo aspetto ma-
teriale, l’elettrone dell’atomo. In un atomo tutte le relazioni, rapporti e
scambi con il mondo molecolare e atomico avvengono solamente attra-
verso gli elettroni; i nuclei atomici non intervengono mai, allo stato nor-
male, nelle relazioni tra atomo–atomo, materia e altra materia.
FERITA DI RIFIUTO – MERCURIO 215

Mercurio, quindi, rappresenta la capacità di essere connessi al tutto


senza però perdere il legame con il nucleo denso della materia; è la ca-
pacità di essere fusi con il tutto, di captare e di relazionarsi mantenendo,
però, ben salda la propria personalità. Qualora Mercurio – o l’elettrone –
perdesse il contatto con la propria materia – ovvero il nucleo, il protone
di carica positiva, opposta a quella dell’elettrone – diverrebbe una minu-
scola particella errante nello spazio vuoto, priva di radicamento. Sarebbe
un elettrone fuggitivo, errante, probabilmente senza una meta e con la
necessità impellente di trovare un altro nucleo che possa accoglierlo ed
integrarlo nella massa.

Colui che ha assunto la maschera del Mercurio ferito o del fuggitivo,


perché ha subìto o sta vivendo una Ferita di Rifiuto, può anche non sa-
pere cosa va cercando nella sua esistenza, poiché erra così tanto in questa
febbrile ricerca disperata di una solidità su cui poggiarsi, da divenire sfug-
gente e completamente dispersivo.
Si caratterizzano così quelle persone che, vivendo un continuo bi-
sogno di nuove informazioni e conoscenze, frequentano o si iscrivono
a molteplici corsi di formazione, principalmente di materie filosofiche,
nozionistiche e concettuali o addirittura esoteriche e, mentre si trovano
N C 1 1 /24/202
S
in quel luogo, con la testa sono già in tutt’altro posto.
M E D IZIONI
In sintesi, sono così tanto stimolatiEole O
D i a na piùnaprecisamente eccitati, quan-
to lo è la natura dell’elettrone, che vorrebbero essere ubiquitari, cioè
ovunque, in qualsiasi momento.

A livello archetipico, Mercurio ha due volti e due visioni differenti:


quella di reggente del Segno di Gemelli, che universalmente governa
l’intelletto, lo studio, la comunicazione, la conoscenza intellettuale, le
conoscenze, e quella del reggente del Segno di Vergine, che riguarda l’or-
ganizzazione, il metodo, la scansione dei tempi, la pratica oggettiva ed
organizzata della conoscenza. Pertanto la personalità Mercuriale ricerca
la conoscenza particolarmente attraverso l’intelletto, la conoscenza, lo
studio e le pratiche meditative. Tenta poi in tutti i modi di applicare e
praticare nella quotidianità ciò che ha compreso.
216 TRATTATO DI ALCHIMIA DELLE EMOZIONI – ALBEDO

La persona che porta la ferita di Mercurio, Ferita del Rifiuto, avrà una
grande difficoltà proprio nel mettere in pratica questi archetipi: cercherà
la conoscenza, perdendosi in mille teorie che spiegano il tutto; tenterà di
praticare queste conoscenze nella quotidianità, spesso naufragando nel
mare delle proprie conclusioni intellettuali. Questa persona potrà corre-
re il rischio d’impazzire e, facilmente, di perdersi: siamo infatti in presen-
za di un carattere che tende ad essere dissociato e distaccato dalla realtà,
perdendosi nel groviglio delle sue teorie, congetture e conclusioni intel-
lettuali, che, spesso, non coincidono con la realtà oggettiva quotidiana.

Le parole chiave del carattere Mercuriale sono: rifiuto, vuoto esisten-


ziale, introspezione. L’elettrone è una particella di carica negativa, pertan-
to la persona tende ad essere molto interiorizzata, chiusa a tutto; proprio
il fatto che cerchi tutto e non trovi niente sta a significare che c’è chiusu-
ra. Quando, seppur cercando, non si trova nulla, significa che le nostre
porte sono chiuse.
Mercurio è molto legato all’Elemento Aria; ha una natura fredda, co-
nosce tutto ma in modo freddo, distaccato ed incoerente, e non sa appli-
care concretamente nulla; se ti dà un consiglio è perché lo ha letto, non
perché lo ha vissuto.
La ferita di Mercurio rappresenta il volo di Icaro che cerca di raggiun-
gere il Sole, ma le sue ali, fatte di cera, si sciolgono alla luce della vera sa-
pienza solare. Mercurio porta con sé sei paia di ali: due sull’elmo, due sul SNC11
corpo e due ai piedi, sui calzari. Inoltre, anche il suonscettro,
a O M il E DIZIONI
Caduceo,
simbolo per eccellenza del Dio Mercurio, Dian aEle
è alato. La sua massima aspi-
razione è quella di “solidificarsi”: il mercurio è una sostanza chimica che
solidifica a bassissima temperatura (precisamente a –39°), tanto è vero
che viene utilizzato per misurare temperature anche molto inferiori allo
zero, e la sua “precipitazione” nella materia – solidificazione – avviene in
condizioni sperimentali utilizzando sostanze quali l’azoto liquido.
Affinché lo Spirito (il Mercurio quindi) si incarni nella massa di un
corpo, è necessario, biologicamente parlando, un appropriato supporto,
una proteina, perché essa è composta di amminoacidi, i quali a loro volta
sono formati con una base di azoto.
M
1P
4:1
FERITA DI RIFIUTO – MERCURIO 217

2:3
È necessaria della materia dotata di struttura solida ed, allo stesso tem-

21
po, plastica, per incarnare l’archetipo di Mercurio. Così come é essenziale

02
la presenza del nucleo denso dell’atomo per far sì che l’elettrone non sfug-

4/2
ga errando.

1/2
C1
La Ferita di Rifiuto, normalmente, viene vissuta con il genitore dello

SN
stesso sesso: la donna con la madre, l’uomo con il padre. Questa è una
regola generale, ma, a volte, può accadere anche il contrario. È comune,

NI
O
quando osserviamo gli atteggiamenti di una persona e ne ascoltiamo il

IZI
vissuto emozionale, credere che una donna abbia subìto una Ferita di

ED
Rifiuto da parte del padre, oppure un uomo da parte della madre. È
probabile che alla base dell’evento scatenante la ferita, vi sia certamente

OM
un rifiuto, ma é ancora più probabile che tale rifiuto sia stato vissuto dalla
na
persona come un abbandono, ferita che analizzeremo successivamente.
Ele
Ciò che conta, infatti, non é l’analisi dell’evento in sé, ma come la persona
na

ha accusato l’evento. È normale, ad esempio, sentirsi rifiutati da una per-


Dia

sona del nostro stesso sesso, come una particella respingerebbe un’altra
particella di egual carica. È altrettanto normale sentirci abbandonati da
qualcosa o qualcuno che riempiva il nostro vuoto, “la nostra metà della
mela”, al pari di una particella o molecola che si sente abbandonata quan-
do un’altra particella di carica opposta la lascia sola, priva di equilibrio.

– +
218 TRATTATO DI ALCHIMIA DELLE EMOZIONI – ALBEDO

È necessario essere cauti ed osservatori, non vestendo troppo i pan-


ni degli altri, ma osservando in modo obiettivo la reale evoluzione degli
eventi in un vissuto emozionale traumatico. Normalmente, pertanto, la
Ferita di Rifiuto viene vissuta dalla bambina nei confronti della madre e
dal bambino nei confronti del padre. Questa ferita è molto profonda, se
non profondissima, e può verificarsi anche in epoca pre–uterina, intra–
uterina e post nascita, condizionando molto la vita dell’essere.

Quando la Ferita di Rifiuto si verifica in epoca pre–uterina o intra–


uterina, questa potrà dar luogo anche a vere e proprie malformazioni
organiche, causando seri problemi al nascituro. Ricordo, infatti, che
l’archetipo di Mercurio regge l’intelligenza, la conoscenza, la matematica
costitutiva della forma (Gemelli) ed allo stesso tempo l’organizzazione,
l’equilibrio e la salute (Vergine). Se una donna, ad esempio, dovesse aver
paura della gravidanza e/o di diventareDmadre, quindi, in qualche modo,
ia
rifiutasse questo ruolo che le è invece naturalmente donato nel momen-
na
to in cui dovesse scoprire di essere incinta, anche
El se iniziasse in seguito a
en iniziale potrebbe im-
desiderare il bambino con tutta se stessa, tale paura
a
pregnare, sottoforma di una Ferita di Rifiuto, l’essereOche
M sta per nascere.
In questo modo hanno origine una serie di traumi moltoE profondi che
colpiscono il bambino in epoca intra–uterina: per questo motivo
DI li chia-
ZI
meremo traumi intra–uterini, da qui a seguire in forma abbreviata O come
N
TIU. Le Ferite Emozionali che il bambino può subire nel corso dellaIgra- SN
vidanza, prendendo la forma di traumi intra–uterini, meritano una trat- C
tazione particolareggiata e dedicata.
11
/2
Gran parte dei TIU provengono dalla Ferita di Rifiuto e possono es- 4/
20
sere causati dalla madre che rifiuta la figlia femmina, ma anche dal pa- 22
dre che discute con la madre, dicendo di non volere il figlio (maschio).
Questo fenomeno avviene perché la madre ascolta, elabora il discorso
attraverso un suo pensiero, spesso una “forma pensiero”, magari poco
positiva o addirittura distorta; il pensiero della madre, che all’interno del
cervello non è altro che un campo elettrico, diviene un’onda elettroma-
gnetica. Quest’onda, che viaggia all’interno del corpo della madre, è per-
cepita a livello inconscio anche dal feto.
FERITA DI RIFIUTO – MERCURIO 219

Il nostro cervello, infatti, è in grado di percepire le onde elettroma- E


gnetiche, tradurle in segnali elettrici, chimici o ormonali, per poi diffon- a
derli in forma ubiquitaria in tutto il corpo. Dian

È l’Ipotalamo, una ghiandola collocata anteriormente, all’interno


della scatola cranica, tra i due emisferi cerebrali, a compiere questa tras-
24
mutazione di onda in chimica. La placenta , organo specifico della gra-
vidanza, barriera e filtro tra il sangue della madre e quello del bambino,
si sviluppa completamente attorno al terzo mese di gravidanza ed è in
grado di bloccare l’ingresso nella circolazione fetale di molte molecole,
batteri e tossici ambientali. Ma, allo stesso modo, essa non è certo in gra-
do di bloccare le onde elettromagnetiche, l’apprensione, le paure e le an-
gosce che provengono dalla madre. Queste onde prodotte dalla madre
possono indurre nel cervello del bambino, attraverso l’interazione con
l’ipotalamo fetale, la produzione di ormoni, sostanze neuronali e altre
molecole segnale che fanno sì che egli possa percepire lo stato d’animo
materno “alterato”, preoccupato, in relazione all’ambiente in cui si trova.
I traumi intra–uterini (TIU) sono molto pesanti in quanto penetrano in
profondità all’interno della memoria cellulare dell’individuo, divenendo,
alle volte, dei veri e propri “piombi” che bloccano l’espressione dell’Es-
senza nella materia.
La struttura scheletrica di un feto è in continua crescita, ed i minerali
che egli assume attraverso la circolazione materna sono in parte utilizzati
per la costruzione dello scheletro osseo, ed, in altra parte, usati per atti-
vare gli enzimi necessari alla crescita fetale. Vi è un grandissimo flusso di
minerali e di oligoelementi tra circolazione materna e fetale.
Per questo motivo la donna in gravidanza necessita di molti cibi ricchi
in vitamine ed “elementi traccia”, quali quelli contenuti nella verdura e
nella frutta fresca di stagione.

24 La placenta è un organo deciduo, quindi temporaneo, che si forma nell’utero durante la gravidanza. Essa è
deputata a nutrire, proteggere e sostenere la crescita fetale. Una sua parte ha origini materne (costituita dall’endome-
trio uterino modificato), mentre la rimanente ha origini fetali (formata dai villi coriali). La placenta, quindi, rappre-
senta le radici del feto nel terreno della madre. Dopo il terzo mese la placenta continua a crescere, fino a raggiungere,
poco prima del parto, i 20–30 cm di diametro, i 3–4 cm di spessore ed i 500–600 grammi di peso; nel suo insieme,
occuperà il 25–30% della superficie interna della cavità uterina.
220 TRATTATO DI ALCHIMIA DELLE EMOZIONI – ALBEDO

Ma, poiché la natura nella sua intrinseca imperfezione – la quale im-


perfezione è la base del processo evolutivo – è perfetta, esiste un siste-
ma innato, di salvaguardia – direi quasi biologico – che protegge il feto
dall’effetto potenzialmente distruttivo o distorcente delle frequenze pro-
dotte dalla madre. È questo una sorta di sistema di allarme, che entra
in gioco qualora le forme pensiero della madre – anche se ricevute at-
traverso i comportamenti del padre – minano l’integrità strutturale ed
energetica del nascituro.

Premetto che è impossibile comprendere questo concetto e questo


“semplice” sistema protettivo se non si apre la propria visione all’esisten-
za di un mondo interiore – osiamo dire spirituale – che guida la genesi di

len
ogni singola cosa esistente nel mondo.

aE
Senza la visione trascesa della fisica classica, ovvero quella quantistica

an
delle varie possibilità di manifestazione dell’energia, è quasi impossibile

Di
immaginare un sistema “spirituale” che regoli e/o sovrintenda un siste-
ma vivente materiale. Ma, d’altronde, come più volte spiegato preceden-
temente, la massa altro non è che energia rallentata, condensata, e l’ener-
gia – che allo stato naturale è infinita, in ogni tempo e luogo – quando
incarnata, segue inevitabilmente le leggi della relatività.

L’embrione/feto in epoca uterina è sempre sotto lo stretto controllo


di un archetipo energetico che nelle tradizioni esoteriche viene definito
come archetipo di Saturno. Saturno rappresenta la forza che determina la
crescita, la cristallizzazione, la regola della gestione della materia. È quella
forza che forma i diamanti dal carbonio, tanto è vero che la datazione si fa
con il carbonio e Saturno è per i greci Cronos, il dio del tempo. Il carbo-
nio, d’altro canto, è l’atomo attorno al quale la materia vivente complessa
si organizza: un esempio ne sono gli amminoacidi.
Cosa fa Saturno precisamente? Esso capta l’onda elettromagnetica
prodotta dalla madre e la trasforma in fotone e, utilizzando i cristalli
(minerali ed oligoelementi), come un enzima trasforma l’onda elettro-
magnetica in fotone, ovvero in movimento corpuscolare. Siccome la
struttura ossea nei bambini è in fase di formazione attiva, tutti i cristalli
Di
an
aE FERITA DI RIFIUTO – MERCURIO 221
len
OM a 25
che vengono fissati nell’osso acquisiscono questa energia come energia
E
di legame. L’energia elettromagnetica
DI si trasforma, dando vita quindi ad
Z IO avrà possibilmente molti cristalli
un cristallo. Una volta nato, il bambino
NI
nelle ossa che conterranno quell’informazione,
SN ed il suo istinto lo porterà
a cercare di liberarsene attraverso comuni traumi C1 e cadute: la percussione
1/2 quantità di cristallo
sull’osso infatti ha proprio l’effetto di liberare piccole4/2
contenenti memorie. Può accadere, invece, attraverso vere 02e proprie frat-
ture ossee, che grossi ammassi cristallini si liberino dell’onda 2 1vibratoria
2:3
che custodivano al loro interno. L’energia contenuta in tali cristalli, 4una
:1
volta liberata, sarà facilmente drenata dal corpo nel torrente circolato-1 PM
rio sotto forma di molecole segnale e, tale drenaggio, si manifesterà nella 35
maggior parte dei casi con banali manifestazioni tipiche dell’età pedia- 83
55
trica, quali le dermatiti, le emissioni intestinali (le famose coliche del lat-
tante) e le patologie respiratorie catarrali.

Lavorando sulla Ferita di Rifiuto si lavora molto sui traumi intra–


uterini che, se non liberati, possono rendere la vita un inferno. La loro in-
formazione risuona infatti come un rifiuto. Dunque da questo punto di
vista è un bene che i bambini si procurino traumi o contusioni sbattendo
a terra o contro qualche oggetto o struttura; la percussione ossea, infat-
ti, dovuta anche ad una banale caduta, può liberare molte informazioni
discordanti con la vita. Lavorare questa ferita sui bambini dà risultati alle
volte strepitosi: una vera liberazione!

La Ferita di Rifiuto è quindi molto precoce e molto profonda, perché


ci si sente respinti in tutto il nostro essere. Il feto, se fa esperienza con un
utero “freddo” (è sufficiente che la madre dubiti anche solo una volta del-
la sua capacità di essere madre), registra la sensazione/stato della madre,
poiché reagisce come una spugna.
Successivamente, quando la ferita si è strutturata, l’energia di Mercu-
rio assume un movimento centripeto e la persona si raffredda all’esterno.

25 La componente mineralizzata dell’osso, che nell’adulto ne costituisce il 60–70%, è composta da fosfato di


calcio (86%) in forma di cristalli di idrossiapatite, carbonato di calcio (12%), fosfato di magnesio (1,5%), fluoruro di
magnesio (0,5%) e tracce di ossido di ferro.
222 TRATTATO DI ALCHIMIA DELLE EMOZIONI – ALBEDO

IO DIZ Avrà sempre mani e piedi freddi e sarà molto calda al centro, concen-
trando molto l’energia nel cuore. Questo batterà per sé, ma farà fatica ad
M E
naO
esteriorizzarsi, perché è come se egli vivesse in un suo mondo negando
a n a Ele
i
l’esistenza di un mondo esterno.
D
Il cuore rappresenta il legame con la vita e Mercurio rappresenta l’ar-
chetipo della prima caduta dello Spirito. Chi ha questa ferita percepisce
il rifiuto come una minaccia e fugge, rifiutando l’incarnazione: sa infatti
che, nel momento in cui si apre e viene rifiutato, non può permettersi di
rivivere quella ferita in quanto ne morirebbe di dolore.

CARATTERI FISICI

Di base il suo corpo è molto striminzito, secco, energeticamente cen-


tripeto. Anche questo è discutibile perché, se una persona ha due Ferite
che comportano caratteristiche fisiche opposte, avrà un aspetto che me-
dierà tra le due Ferite.
Diventa invisibile, non occupa spazio e non vuole farlo; nessuno lo
nota. Avrà sempre un abbigliamento aderente e poco appariscente. Ha
poca carne, non ha massa, e mano a mano che si comincia a lavorare sulla
ferita e riesce ad osservarsi, a rendersi conto della sua magrezza, allora
ricomincia a prendere peso.
È come fosse letteralmente “poco incarnato”: insomma, non è del tut-
to a suo agio nella condizione esistenziale che lo caratterizza. Presenta va-
rie asimmetrie, in omeopatia definite come fluorismo, tipologia costitu-
zionale caratterizzata dal minerale fluoro. Sembra che al suo corpo man-
chi una qualche porzione o pezzo; vi può essere uno sterno incavato o
anche carenato (appuntito).
Ha il dorso leggermente curvo, perché ha ossa leggere, poco solide, il
ventre incavato; può manifestare il blocco della crescita di alcune parti
del corpo, così indicandoci l’età in cui è avvenuto il trauma primario. Ha
gli occhi piccoli e un po’ spenti, sembrando, a volte, complessivamente
febbricitante e malaticcio.
FERITA DI RIFIUTO – MERCURIO 223

CARATTERI PSICHICI

Come abbiamo già detto, ognuno di noi porta con sé tutte le Ferite
Emozionali: o in maniera diretta, come vissuto esperienziale, oppure an-
che ereditate dalle proprie discendenze famigliari. Una ferita può addi-
rittura nasconderne altre più in profondità. I glifi di Mercurio rifiuto e
di Venere abbandono si somigliano molto, ma Mercurio ha le braccia
aperte al cielo e, nonostante centripeti l’energia, fugge e tende a schizzare
via, mentre Venere è diversa: lei è la contrazione e si fa in quattro per aiu-
tare gli altri, diversamente da Mercurio che fugge.

Colui che esalta l’archetipo di Mercurio adora conoscere, cerca l’oc-


cultismo, la spiritualità, l’intellettualismo, la filosofia, e tendenzialmente
evita il sesso perché ha paura che ciò lo allontani dalla spiritualità. È diffi-
cile che l’individuo mercuriale puro accetti di compromettersi formando
una famiglia. Non vuole impegni, vuole essere libero di fuggire quan-
do ne sente il bisogno, non vuole limiti o imposizioni. Qualora dovesse
crearsene, rimarrebbe ben presto soffocato da questi impegni, che lo por-
terebbero inevitabilmente a fare i conti con la quotidianità e la materia-
lità di tutti i giorni. Potrebbe anche ammalarsi gravemente per questo
motivo. È molto probabile che il soggetto mercuriale puro non si veda
nemmeno in giro, poiché può trovarsi già da tempo in Tibet a meditare.
Tende a non valorizzarsi, si crede un nulla, parla poco ma, se lo fa, è solo 1
per darsi quel valore, davanti agli altri, che sa benissimo di non avere. Può 2 4 / 2 022
apparire arrogante anche se realmente non lo è; il fatto è che, in I S N C11/
effetti,
IZIO N
egli sa tutto, conosce tutto, razionalizza tutto, nonEavendo
D però vissuto o
sperimentato nulla di ciò che sa. ElenaO
M
a
Diandiviso,
Ha la sensazione di essere sente una parte di sé separata dal
resto; ricorda molto la personalità del rimedio Thuja omeopatico (Thuja
Occidentalis), utilizzato anche per trattare i traumi intra–uterini prin-
cipalmente di origine farmacologica. Diremmo, in omeopatia, che il
mercuriale è un biotipo “luetico”. Cerca approvazione da tutto e tutti,
accetta compromessi per non sentirsi rifiutato, diventa come gli altri si
22 /2 0
1 /2 4
224 TRATTATO DI ALCHIMIA DELLE EMOZIONI – ALBEDO

C1
aspettano, e rischia di perdersi completamente: la sua maschera diventa il

N
suo tormento e la sua malattia.

S
Cerca l’approvazione delle persone dello stesso sesso, non necessaria-

NI
mente del padre o della madre, anche se il transfert con la figura di rife-

ZIO
rimento e quello genitoriale è evidente. Più che altro, tende ad idealizzare
la figura del genitore dello stesso sesso, quasi fosse un idolo.

DI
È l’allievo che diventa uguale al professore, emulandolo, perché lo ha

M E
considerato come la sua immagine, mentre la sua personalità si è persa

naO
nell’immagine di un altro.
In realtà, sta semplicemente cercando di farsi accettare (è questa la ca-

le
ratteristica della Ferita di Rifiuto), da una figura che gli ricorda la stessa

E
iana
genitorialità dalla quale ha percepito o vissuto il rifiuto.
Cerca la perfezione per non sentirsi giudicato, perché il giudizio rap-

D
presenta una separazione, ed egli si trova già in uno stato dissociato.
Non appena percepisce il rifiuto, fugge. Cerca di non essere respinto da
nessuno, quindi non si riposa, non va in vacanza e se ci va studia, lavora,
fa qualcosa e la fa bene o almeno così pensa. Questo atteggiamento rivela
una personalità che confonde l’essere con il fare. Il mercurio è talmente
volatile che se non fa sempre bene è come se non esistesse.

L’anoressia è la tipica malattia mercuriale; spesso con una genesi in-


tra–uterina e, per questo, difficile da curare. L’anoressico (quasi sempre
è donna), si identifica talmente con il modello della magrezza/rifiuto che
rifiuta il cibo, rifiuta tutto ciò che può produrre massa, perdendo se stes-
sa. La bulimia vedremo, invece, è tipica della Ferita di Abbandono.
Soffre spesso di crisi di panico, perché questa può diventare una scusa
per andarsene, per fuggire una situazione difficile. Sappiamo che l’ansia,
la paura, il panico, l’agorafobia, sono espressione di emozioni e quindi
legate a tutte le ferite; ma il vero attacco di panico è legato, in particolare,
alla Ferita di Rifiuto, ed avviene in relazione a persone dello stesso sesso,
non necessariamente il genitore come abbiamo già detto.
In presenza di una figura dello stesso sesso del genitore, dal quale ha
subìto il rifiuto, il soggetto viene assalito dal panico. Meglio rifiutare at-
tivamente la situazione che essere rifiutato passivamente un’altra volta.
FERITA DI RIFIUTO – MERCURIO 225

Tende a far uso di alcool e di droghe per fuggire dalla realtà, non ne-
cessariamente fino alla dipendenza tossica, ma sicuramente ad uno stato
di assuefazione psichica stazionaria o stabile. Se non beve il suo bicchie-
rino, se non perde un po’ la testa, non si rilassa.

Affetti da questa ferita sono stati moltissimi artisti, musicisti, poeti


e filosofi che hanno dedicato la loro vita all’arte, all’alcool e alle droghe,
solitamente morendo giovani, poveri in miseria, senza proprietà, vissuti
nel totale o parziale rifiuto del mondo. Puntualmente, solo in seguito
alla loro morte, il mondo intero si è accorto del genio che era in loro. La
Ferita di Rifiuto li aveva fatti vivere al limite del mondo, senza ricono-
scimento alcuno, ma il loro slancio mistico era talmente forte che, avendo
incarnato e sublimato concetti universali nelle loro opere, vennero suc-
cessivamente riconosciuti come geni. In realtà, molto spesso il rifiuto era
talmente forte che solamente le loro opere vennero riconosciute: i loro
autori rimasero solamente un nome legato ad un’opera leggendaria.

SQUILIBRIO FISICO

La Ferita di Rifiuto porta, sovente, ad avere problemi alla pelle di vario


tipo, indice della necessità inconscia di tenere lontani gli altri. L’incon-
scio rifiuta ogni tipo di contatto con l’esterno e la pelle esprime questo
disagio: comunica il “non mi toccare”, perché sono evidentemente mala-
to. La pelle è l’organo che più concorre a creare, nell’inconscio collettivo,
un sentimento di ribrezzo, quando malata, oppure d’attrazione, quando
sana. È, probabilmente, attraverso questo particolare senso di feeling che
l’uomo, nel corso della storia, si è protetto – con la fuga – da patologie
D

gravi quali peste, scabbia o sifilide.


ia n

Ancor oggi è in uso il detto “si fugge come la peste” quando si vuol in-
a

dicare un allontanamento repentino ed immediato da qualcosa che ci ter-


E le

rorizza. Fuga quindi: parola chiave che ritornerà sempre costantemente o


naOM

puntualmente per tutta la vita del Ferito di Rifiuto.


EDIZI
226 TRATTATO DI ALCHIMIA DELLE EMOZIONI – ALBEDO

Tutto in lui “fugge” e lui fugge da tutto. Anche da bambino ten-


derà facilmente ai mal–assorbimenti, perché rifiuta il cibo e lo considera
5 5 come qualcosa che tende a fornirgli troppa massa, una eccessiva struttura
83 e stabilità, quindi mancanza di agilità nei sempre vivi spostamenti, ed
35
un’eccessiva appariscenza. Non solamente può rifiutarsi di mangiare o
PM
mangiare poco ma, anche mangiando molto, può inconsciamente rifiu-
11 :
tare di assorbire ciò che inghiotte. Soffrirà quindi di diarrea cronica da
34 :
malassorbimento, rigurgiti o addirittura tendenza al vomito. Potrà anche
12
mangiare molto, ma rimarrà sempre piccolo, magro, esile, come “traspa-
2 2
20
rente”. Egli non vuole occupare spazio, non vuole essere in un luogo,
/ 4
non vuole semplicemente essere. Può soffrire di forti variazioni del ritmo
/2 1
cardiaco, perché fugge dal ritmo della vita (extrasistoli, fibrillazioni, ad
C 1
esempio), o aritmie che con il tempo possono anche compromettere la
N S
I
qualità della vita, portando all’impianto di un pacemaker.
N
IO Z
DI
Il fuggitivo vive tendenzialmente disconnesso dall’ecosistema e dai
E
suoi bioritmi (mangia e dorme disordinatamente), rischiando, così, an-
M
O
che malattie gravi. La disconnessione dai bioritmi dell’ecosistema Gaia
a
en
porta, in breve tempo, a squilibri organici, psichici ed energetici impor-
l E
na
tanti. La vita ammette errori di forma, ma non di sostanza: se un essere a
vivente è nato per avere vita diurna, quale l’uomo ad esempio, non potrà Di
reggere a lungo una vita notturna o di molto scoordinata rispetto ai ritmi
dell’ecosistema terrestre. Mangiare molto la sera, ad esempio, tendenza
tipica del fuggitivo, affatica la digestione impedendo il processo nottur-
no di rigenerazione del corpo e delle strutture metaboliche cellulari.

Il fuggitivo si è sentito rifiutato probabilmente già in epoca uterina;


pertanto è comprensibile la sua perplessità nei confronti della vita e la
ricerca di atteggiamenti che in qualche modo neghino la vita terrestre.
Pensando di essere “energia pura” e di poter piegare il mondo a suo fa-
vore, sovente dimentica e non rispetta le leggi della massa, ritrovandosi in
una posizione “non grata” nei confronti dell’ecosistema.
È l’ecosistema stesso che, attraverso i suoi “agenti”, mette spesso a
dura prova la vita del fuggitivo, che già si trova in una posizione di rifiuto.
Di
FERITA DI RIFIUTO – MERCURIO 227

anaE
La vita, sotto forma di ecosistema, non ammette tantomeno incer-

len
tezze; al fuggitivo viene rivolta la domanda biologica: “Ma sei sicuro che

a
vuoi rimanere qui?”. In questo frangente egli si potrà ritrovare affetto

OM
dalle più svariate patologie batteriche, virali (molto frequenti) e paras-

E
sitarie, poiché questo è il modo con cui l’ecosistema tenta di risanare un

DIZ
corpo – a tutti gli effetti figlio di questo ecosistema – che non segue le

ION
regole universalmente e biologicamente vigenti qui, sulla Terra.
La vera legge, se così possiamo chiamarla, non è certamente quella

I SN
imposta dall’uomo, poiché anche l’uomo stesso non può nulla verso le
scelte di madre natura.
C11
4 /2

Homines disputant, natura agit


/ 2 0
2 2

affermava Voltaire.
1 2
: 3

Ecco che il fuggitivo potrà soffrire frequentemente di tumori, leuce-


4 :1

mie ed in genere di malattie a rapida evoluzione, perché la sua tenden-


P 1

za è di “centripetare” talmente tanto che la chiusura diventa totale e la


M

mancanza di scambi con l’ambiente esterno rompe il delicatissimo mec-


5 3
83

canismo della PNEI–AC (Psycho–Neuro–Endocrinlology–Immuno-


5

logy Ambient–Correlated), che lega l’essere umano all’ambiente. Potrà


5

ammalarsi anche in tenera età, qualora la pressione del trauma da rifiuto


dovesse essere molto forte. In questo contesto, la medicina ufficiale allo-
patica non potrà risultare che un fallimento: l’utilizzo di farmaci anti–
biotici, anti–tumorali, anti–infiammatori e anti–dolorifici non farà altro
che ingigantire la Ferita di Rifiuto in colui che, inconsciamente, rifiuta la
vita. In questo modo non vi potrà mai essere guarigione, quando la cura a
tale ferita è l’accettazione della propria esistenza ed incarnazione! È molto
interessante osservare quanto la visione delle Ferite Emozionali e il loro
effetto sul corpo fisico, psichico e sottile, condizionino anche il diverso ef-
fetto sull’individuo di una terapia rispetto ad un’altra. È indubbio, come
confermato più e più volte dai medici dell’antichità, che la cura è efficace
solamente se individualizzata ad ogni singolo contesto e la guarigione è
possibile solamente se nasce da una presa di coscienza interiore.
228 TRATTATO DI ALCHIMIA DELLE EMOZIONI – ALBEDO

Il cancro, patologia sempre più diffusa ai giorni nostri, ma già pre-


sente nell’uomo anche in epoche remote, si manifesta sempre in seguito
ad uno stato di caos (dis–ordine) presente nel nostro sistema corporeo e
psichico. Il caos può esistere solamente se non c’è un controllo centrale
nel funzionamento del sistema biologico. È facile comprendere come in
un organismo dove vi sia un parziale o addirittura totale rifiuto, si possa
facilmente verificare una perdita di controllo centrale, dando origine a
patologie quali il cancro.

A questa perdita di controllo si aggiunge il fatto che il rifiutato na-


sconde e cova in sé una grande rabbia, un rancore primordiale nei con-
fronti della vita stessa che lo ha fatto sentire rifiutato. La freddezza che ha
an
Di
percepito nel grembo materno, la mancanza di calore e di accoglienza, fa
aE
len
nascere in lui un sentimento profondo di distacco, il quale deve necessa-
aO
riamente essere compensato dalla forza più propulsiva che la natura ab-
M
ED
bia creato: la rabbia.
IZI
ON La rabbia, quando “controllata”, è una forza molto dinamica, creativa
e non distruttiva. Mi riferisco a quella che nella medicina tradizionale
IS
NC
11 cinese è conosciuta come “collera” che, in effetti, è una forma di rabbia
controllata. La parola collera deriva dal greco cholé che significa “bile”.
/24
/2
Questa etimologia indica il legame tra la bile, il fegato e la forza propul-
siva della natura. È di uso comune riferirsi ad una persona irosa con il
termine di “bilioso”, ed è ancor più comune dire che una persona “ha
fegato” per sottolineare la sua tendenza ad affrontare le situazioni di pet-
to senza troppe preoccupazioni.
La collera quindi (in sostanza “l’aver fegato”), che può tramutarsi in
rabbia ed ira quando non controllata, è una emozione presente in tutti i
sistemi viventi, allorché debbano far fronte ai problemi che la vita pone.
Pensiamo ad un germoglio che debba perforare il terreno per spuntare,
ad un bruco che debba operare la sua metamorfosi in farfalla, ad una fo-
glia che debba spuntare da un ramo, ad un mammifero che debba venire
alla luce attraverso il parto o ad un uovo che debba schiudersi. In tutti
questi casi è necessaria una grande energia “di collera”. Nel caso del sog-
getto fuggitivo, la collera può facilmente divenire rabbia ed ira, poiché
FERITA DI RIFIUTO – MERCURIO 229

tanta è stata la collera che ha dovuto produrre per mantenersi vivo e lega-
to all’ecosistema terrestre, che facilmente potrà poi perderne il controllo.
A questo punto, questa energia così forte ed incontrollata potrà incar-
narsi in strutture e funzioni organiche nelle quali si produrrà un così
grande caos da impedire lo svolgimento delle normali funzioni cellulari:
ecco nascere il disordine; ecco nascere un cancro.

La persona che ha subìto una Ferita di Rifiuto cercherà in tutti i modi


di fuggire alle situazioni in cui si trova, in particolare nelle situazioni che
gli ricordano l’esperienza vissuta del rifiuto. Potrà, quindi, soffrire di ca-
pogiri, vertigini, sincopi, crisi ipoglicemiche, svenimenti, tutti fenomeni
che portano ad una fuga dalla realtà. Il protrarsi di questi sintomi, legati
al suo naturale distacco dalla quotidianità, potrà portarlo facilmente alla
chiusura, potendo infine sfociare in una depressione
o addirittura in una
psicosi.

Di
an
aE
le
na
O
M
ED
IZ
IO
TRATTATO DI ALCHIMIA DELLE EMOZIONI – ALBEDO

Dia
na Elen
a OM
ED I Z I O NI SN
C11 / 2 4/20
2 2 12:3
4:1
1 PM
3 5 8 35 5
230
231

IL TALENTO DI MERCURIO
L’INCARNAZIONE

DianaElenaOM
Quello dell’incarnazione è un concetto molto complesso se visto dal
punto di vista puramente fisico e materialistico. È al contrario un concet-
to semplice se considerato anche nel suo aspetto energetico. Incarnarsi
significa dar vita alla formula E = m·c². Incarnarsi esprime il bilanciamen-
to e il punto di contatto tra l’energia e al contempo la manifestazione
fisica di questa stessa energia. Questo avviene quando c’è allineamento
spazio–temporale tra ciò che è nel mondo dell’energia e ciò che è nel
mondo fisico. L’incarnazione è una pura questione di coerenza, in cui
ciascuna parte che compone il tutto altro non è che il tutto stesso. In
termini ancora più semplici, un essere si definisce incarnato quando la
sua energia costitutiva è pienamente ed integralmente presente, dando
forma ad una massa. Possiamo immaginare una mano in un guanto che
deve manipolare una sostanza pericolosa: quando tutte le dita compresi
palmo e dorso della mano sono inserite perfettamente nel guanto, allora
la mano può interagire attraverso di esso con il mondo materiale. Il guan-
to, che prima era un banale accessorio, prende vita e viene “animato” dal-
la mano, assumendo anche la sua forma a “immagine e somiglianza”. In
questo modo mano e guanto divengono fusi in una sola cosa e funzione,
senza però perdere la loro identità primordiale. Il guanto rimane guanto,
la mano rimane mano. La loro unione, però, dà origine alla possibilità di
svolgere un lavoro concreto.

Possiamo affermare che, nella personalità del fuggitivo, una o più dita
non si trovino all’interno del guanto, impedendo così da un lato l’espres-
sione delle piene potenzialità e della volontà della mano, dall’altro affer-
mando la nullità dell’esistenza del guanto.
232 TRATTATO DI ALCHIMIA DELLE EMOZIONI – ALBEDO

L’energia e la materia, perdendo questa coerenza, si trovano entrambe


in uno stato di caos, che è rappresentabile come una perdita di identità.
La mano (l’energia, la volontà) vive la frustrazione di non potersi espri-
mere pienamente, mentre il guanto (la materia) vive la frustrazione di
non poter servire a nulla. Unire metaforicamente la mano al guanto è
Di culture è stato visualizzato come l’unire in terra il Sole e
ciò che in altre
an
la Luna, unire in aterra
Ele il principio maschile e quello femminile, oppure
secondo la concezione del n mondo taoista, infilare la spada nel suo fodero.
aO
M
Nel mondo alchemico il processo ED incarnatorio viene chiamato pre-
cipitazione di Mercurio. Mercurio (Hermes
IZI
ON per i greci) come già detto
divinità alata (con 3 paia di ali, due sull’elmo,I S due sulla schiena e due nei
calzari), si leva i calzari alati e toglie l’elmo alatoNper
C1rimanere solamente
con un paio di ali sulla schiena. Questa rappresentazione 1/2 alchemica ri-
trae quindi una figura angelica che, impugnando il Caduceo,
4/2 simbolo
02
appunto di Mercurio, rappresenta l’energia incarnata nella massa, 2ovvero 12
lo Spirito incarnato nella materia. :3 4:1
1P
Questo è il grande obiettivo dell’energia: farsi massa. Questo il grande M3
obiettivo della massa: essere mossa dall’energia; questa energia deve essere 58
ad immagine e somiglianza della massa stessa. Coerenza è la parola chiave.
La vita del fuggitivo manca di coerenza perché pensa una cosa e fa l’esatto
contrario: oppure pensa mille cose e al massimo ne riesce a realizzare una
o due o, all’estremo, nemmeno una. Il fuggitivo ha un estremo bisogno
di incarnarsi, ciò significa trovare coerenza nella propria vita; fare ciò che
sente di voler fare, essere ciò che sente di essere, vivere nel modo in cui
sente di voler vivere. Deve riuscire a vivere tutto ciò che può concepire
nel suo mondo sottile, mentale e psichico. Deve essere un tutt’uno con
quello che egli è nella sua essenza e ciò che mostra nella sua quotidianità,
imparando a vivere di esperienze piene, concrete, fisiche e non solo men-
tali o concettuali. Egli deve essere l’incarnazione vivente della sua propria
verità, la quale risiede nel suo Spirito, si esprime attraverso il suo cuore
e si manifesta attraverso il suo corpo, i suoi atti e le sue conquiste. In-
carnare la verità, conoscere la verità, conoscere la via.
IL TALENTO DI MERCURIO: L’INCARNAZIONE 233

Gesù diceva:

Io sono la via, la verità, la vita.

Quando Pilato però chiese a Gesù quale fosse la verità di cui parlava,
Gesù abbassò la testa e non rispose, perché lui conosceva la sua verità e
la sua Via, non quella altrui.

:11P
12:34
2
/ 202
1 / 24
1
S NC
IO NI
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M ED
aO
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i a na
D
234 TRATTATO DI ALCHIMIA DELLE EMOZIONI – ALBEDO

:11 P
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4/20
11/2
SNC
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235

FERITA DI ABBANDONO
VENERE

ARCHETIPO Venere

Abbandono
PAROLE CHIAVE Dipendenza
Mancanza interiore
Estroversione
Dia
na

SCHEMA CARATTERIALE Il Dipendente


Ele
na

Piede/gamba sinistra
OM

PORZIONE DEL CORPO, Plesso solare


LATERALITÀ Petto
ED

Vie respiratorie
IZI

Vie urinarie
ON
IS

CHAKRA III
IV
NC

CORRISPONDENTE
11
/24
/20
22
12
:34
:11
PM
3
58
3
236 TRATTATO DI ALCHIMIA DELLE EMOZIONI – ALBEDO

La Ferita di Abbandono può, a prima vista, sembrare simile a quella di


rifiuto. Esiste però tra le due una differenza sostanziale in termini archeti-
pici: Mercurio ha le ali e Venere no. Si notano differenze importanti anche
se la persona può manifestare le caratteristiche delle due ferite allo stesso
tempo. È possibile, infatti, che una persona, dopo aver subìto una Ferita
di Rifiuto in epoca intra–uterina, abbia subìto una Ferita di Abbandono
nel corso della sua vita, alle volte nell’immediato post partum. Pensiamo
ad esempio ad un neonato che, per una serie di motivi, debba essere lascia-
to solo in incubatrice lontano dalla madre, una situazione al giorno d’oggi
abbastanza frequente nei reparti di neonatologia. Oppure pensiamo alla
ia D

tendenza in alcuni reparti di ostetricia a lasciare i neonati nella nursery e


naE

non in camera con la madre, come sarebbe saggio fare. È opinione abba-
len

stanza comune infatti credere che, una volta nato, il bambino si orga-
a

nizzi come un essere indipendente nel corso di poche ore. Ciò non è pos-
OM

sibile né giustificato crederlo in termini biologici ed evolutivi; la realtà


E

mamma–bambino continua ad esistere per molti mesi dopo la nascita


DI

e il distacco prematuro – anche solo per poche ore – può generare una
IO Z

profonda Ferita di Abbandono o rifiuto. Ovviamente molto dipende


NI

dall’“entità” del bambino stesso, dal suo carattere “spirituale” e dalla sua
S

costituzione energetico–biologica.
C1 N

È sufficiente infatti osservare che in natura nessun mammifero si se-


1

para dal figlio prima che sia trascorso un determinato periodo, il quale è
/2
4

fondamentale per il corretto sviluppo delle capacità di sopravvivenza e di


/20

indipendenza del cucciolo.


2 2
12

Se tutto ciò che esiste è massa ed energia al tempo stesso, dobbiamo


34 :

considerare il parto un evento non solo fisico, ma anche appunto ener-


getico. Una volta avvenuto il parto fisico, è necessario che avvenga anche
il distacco – parto – a livello sottile, e questo evento richiede un tempo
della durata di circa 12 mesi.

È importante comprendere che in questo testo noi analizziamo ferita


per ferita ma, in realtà, ciò che vediamo in una persona è un quadro di
vari colori. Un mosaico che è composto, molto spesso, da tutte e cinque
FERITA DI ABBANDONO – VENERE 237

le ferite, non sempre “attive” ma presenti, più o meno silenti, e che si


esprimono nella peculiare forma di manifestazione di ogni Essere. Dob-
biamo imparare a valutare quale ferita è dominante, sia in senso assoluto
sia nel momento in cui osserviamo una persona o noi stessi. È altrettanto
importante avere chiarezza riguardo la prima ferita su cui iniziare a la-
vorare, solitamente quella più evidente e invalidante ma, come la vita ci
insegna, alle volte quella apparentemente meno evidente. Ad esempio,
se la persona porta già sintomi di malattia, siano essi mentali, psichici o
anche fisici, si può iniziare a trattare la ferita più profonda e attiva in quel
momento (è un po’ come in omeopatia: il simile cura il simile).
Se una persona si trova in un relativo stato di equilibrio e vuole mi-
gliorare la sua vita in termini di benessere, è bene cominciare con una
ferita più superficiale, altrimenti potremmo ottenere un aggravamento
non desiderato, determinato dal riaprirsi improvviso di ferite preceden-
temente “soffocate”.
Quando iniziamo a lavorare su una ferita (con l’intento di sanarla),
dobbiamo inoltre tener conto del fatto che più una persona sta male più
è facile che entri in uno stato di panico; questo determina un forte inde-
bolimento del sistema immunitario e una caduta delle difese. Per que-
sto motivo, quando il medico deve curare una ferita può aver bisogno in
alcuni casi di un anestetico locale: non è possibile spremere una ferita,
infilarci un dito dentro e andare in profondità per ripulirla senza aver
prima utilizzato un po’ di anestesia. È necessario primariamente cercare
di ripulire in superficie, poi pian piano andare a disinfettare la parte più
profonda. È necessario prestare moltissima attenzione nel lavoro sulle
Ferite Emozionali, poiché è importante modularlo in base alla risposta
della persona che si ha di fronte: ogni persona è un universo a sé e la sua
vita è unica.
Quello dell’abbandono è un carattere orale, in quanto la persona col-
pita da questa ferita ha sempre bisogno di tenere in bocca qualcosa: il
ciuccio, il dito o un gioco da piccolo; la sigaretta, il cibo o “la bottiglia” da
grande e può manifestare un grande attaccamento al cibo manifestando
Di

sintomi di bulimia e/o iperfagia. Fin da piccolo, ha un enorme bisogno


an

di mangiare spesso e di portare alla bocca qualsiasi cosa.


aE
le
na
O
M
ED
238 TRATTATO DI ALCHIMIA DELLE EMOZIONI – ALBEDO

La maschera che indossa l’Essere colpito dalla Ferita di Abbandono è


quella del dipendente. Dipende da tutto e da tutti per nascondere la pro-
pria ferita e, se qualcuno dipende da lui, meglio ancora: in questo modo
si sente indispensabile e pertanto non abbandonabile. La sua immagine
archetipica è ben rappresentabile con la figura della madre che accoglie

355
tutti gli altri come figli: sempre pronta a cucinare per gli ospiti anche im-

358
previsti, accoglie gli amici dei figli come fossero parte della famiglia, ha
sempre la porta aperta per tutti e tutta la famiglia ruota attorno a lei,

PM
creando in questo modo una dipendenza dalla sua figura.

11
Il pianeta che determina questa struttura caratteriale è Venere, con

34:
i suoi archetipi: la struttura, la forma, la stabilità del Toro e i rapporti

12:
equilibrati della Bilancia. La parola chiave è “equilibrio”: nella forma, nei
rapporti, tra massa ed energia. Venere (in latino Venus, Venĕris) è una del-
22
/20

le maggiori dee romane associata principalmente all’amore, alla bellezza


e alla fertilità, l’equivalente della dea greca Afrodite. Sono molte le ipo-
/24

tesi sulla nascita della dea. C’è chi sostiene che essa sia “uscita” dal seme
C11

di Urano, dio del cielo, quando i suoi genitali caddero in mare dalla ca-
strazione subìta dal figlio Crono (Saturno). Un’altra ipotesi è che essa sia
I SN

nata da una conchiglia uscita dal mare. Venere è la consorte di Vulcano.


Afrodite è, nella religione greca, la dea dell’amore, della bellezza, della
ION

generazione e della fertilità. In Empedocle, Amore è indicato anche con il


DIZ

nome di Afrodite o con il suo appellativo di Kýpris, indicando qui la “na-


tura divina che tutto unisce e genera la vita”. Lucrezio, nel proemio del
ME

De rerum natura, descrive Venere non come la dea dell’amplesso, quanto


aO

piuttosto “l’onnipotente forza creatrice che pervade la Natura e vi anima


tutto l’essere”, venendo poi, come nel caso di Empedocle, opposta a Mar-
len

te, dio del conflitto. La sua unione con Marte (Ares per i greci) diede a
naE

Venere molti figli, tra i quali Eros, nella religione greca, il dio dell’amore
Dia

fisico e del desiderio.

Nella cultura greca Eros è ciò che fa muovere verso qualcosa, un prin-
cipio divino che spinge verso la bellezza. È interessante analizzare tutto
questo agli occhi delle Ferite Emozionali e dei relativi talenti.
FERITA DI ABBANDONO – VENERE 239

Scopriremo infatti come le ferite di abbandono (Venere) e la succes-


siva di tradimento (Marte) siano collegate in modo molto stretto, de-
terminando dalla loro risoluzione proprio la spinta all’amore più puro.
Quando si risolve l’abbandono attraverso il talento della connessione e
il tradimento sviluppando la più pura comprensione, allora si è davvero
liberi di amare.

Colui che soffre la Ferita di Abbandono ha bisogno di stabilità e rap-


porti veri, sinceri, legami affettivi che lo facciano sentire sicuro nel mon-
D

do. Le parole chiave sono: mancanza di sostentamento, bisogno di nu-


ian

trimento, contatto, cura e sviluppo armonico. La Ferita di Abbandono,


a

a differenza di quella mercuriale di rifiuto, viene quasi esclusivamente


lenE

vissuta con il genitore di sesso opposto. È normale sentirsi rifiutati da


a

colui che ha il nostro stesso sesso, la nostra stessa vibrazione e polarità,


OM

così come è normale sentirsi attratti da chi ha sesso e polarità opposta e,


ED

da questo, è frequente essere abbandonati.


Questo fenomeno avviene anche nel mondo atomico: un atomo che
I IZ

ha carica positiva viene “rifiutato” o respinto da un atomo che ha carica


ON

positiva, ma viene attratto da uno con la carica negativa, e viceversa. So-


S I

lamente in questo modo c’è la possibilità che si formi una molecola che
NC

può scindersi e una delle due parti può vivere la separazione come una
1

sorta di abbandono.
1/

Ermete Trismegisto dice:

Ciò che è in alto è come ciò che è in basso.

Il mondo atomico, con i suoi movimenti molecolari, ci mostra ciò


che noi stessi siamo. Se da bambino vivo con il genitore di sesso oppo-
sto questa Ferita di Abbandono e non la risolvo sopprimendo il dolore,
molto probabilmente rivivrò la stessa ferita in tutti i miei rapporti futuri.
Ho bisogno infatti di ricordare che ho subìto quella ferita e non l’ho an-
cora risolta attraverso lo sviluppo del talento che risana tale ferita. La vita
è un percorso di crescita interiore e fino a che un’Opera non è compiu-
ta, una situazione risolta e trascesa attraverso la genesi di una qualità, il
240 TRATTATO DI ALCHIMIA DELLE EMOZIONI – ALBEDO

problema ritornerà per ricordarmi che la Vita è fatta per risolvere le que-
stioni, non per sfuggire ad esse. La “nascita” dei talenti è ciò che lo Spirito
“desidera”, è il motivo che spinge l’Anima a lottare per la vita. Ogni ferita
non deve essere considerata al pari di un blocco bensì di un’opportunità.
Lo Spirito ha estremo bisogno che il Talento emerga, affinché possa rea-
lizzare “in Vita” il suo progetto interiore.

È importante fare attenzione e non farsi ingannare da come la persona


definisce il suo sentimento quando cerca di descrivere il suo stato d’ani-
mo, perché essa può essersi sentita abbandonata quando invece è stata
rifiutata. Non dobbiamo valutare l’evento in sé (un abbandono piutto-
sto che un tradimento o un rifiuto) ma capire fino in fondo come la per-
sona ha vissuto l’evento.
La persona abbandonata soffre di solitudine, le mancano i riferimen-
ti per radicarsi nella vita ma, a differenza della Ferita di Rifiuto, non si
sente inutile. Chi si sente rifiutato evita assolutamente i contatti, chi è
abbandonato, invece, li cerca. La Ferita di Abbandono ricorda l’archetipo
del classico “cane abbandonato”, mentre quella di rifiuto ricorda più il
E

carattere sfuggente del gatto.


M
O

Come già detto, quella di abbandono è una ferita frequente nel post
a
en

partum più che nel periodo intra–uterino. Il bambino che nasce prema-
l E

turo e rimane 3 mesi in incubatrice soffre primariamente una Ferita di


na

Rifiuto, a causa del prematuro distacco dalla madre, ma anche di Abban-


a
Di

dono, a causa della lontananza forzata dai genitori.

È bene sottolineare che molte Ferite Emozionali possono anche essere


in un certo modo “trasmesse” da genitore a figlio: in parte attraverso il
corpo di dolore – che altro non è se non la memoria aurica, energetica –
in parte attraverso il DNA “volatile” che, come vedremo nel dettaglio nel
prossimo capitolo, è il regolatore dei comandi del corpo fisico–cellulare e
determina tutta la sintesi proteica.
Le ferite ereditate fanno sì che incontriamo bambini che non han-
no motivo di sentirsi abbandonati ma soffrono tantissimo della Ferita
di Abbandono. Ad esempio, figli di persone che hanno fatto la guerra,
FERITA DI ABBANDONO – VENERE 241

subìto deportazioni e prigionie, sono stati allontanati dalla famiglia e dal-


la patria di origine, possono portare dentro di loro, in forma silente, tali
memorie. Queste possono riattivarsi in seguito ad eventi che ricordino
anche solo lontanamente i fatti che hanno riguardato i loro antenati.
DIZIONI S NC11/24/20
DianaElenaOM E
Come abbiamo visto nel capitolo riguardante la memoria e l’amigdala,
nel nostro cervello emozionale non esistono spazio e tempo, esiste solo
un eterno presente e l’emozione può scaturire semplicemente quando
due informazioni anche temporalmente slegate si sommano nel vissuto
della persona.

CARATTERI FISICI

Una delle caratteristiche che più salta agli occhi nel soggetto che soffre
una Ferita di Abbandono è il fatto che alcune parti del suo corpo ten-
dono a “cadere” (abbandono etimologicamente trae origine da ab–ban-
do, rilasciato, flaccido). Immaginate il concetto di abbandono riferito alle
parti del corpo: le braccia abbandonate, una postura flaccida e cadente,
un abbassamento (ptosi) degli organi ecc. Le deviazioni della colonna
vertebrale nel senso della caduta, il labbro che cade, gli occhi, i glutei,
la pancia, il seno, sono segni tipici della Ferita di Abbandono e la zona
corporea in cui osserviamo una “caduta” ci comunica dove si sta mani-
festando la ferita. Ogni zona del corpo dove si verifica una “caduta” sia
essa esterna (aree cutanee) che interna (ptosi degli organi) è la sede di una
probabile Ferita di Abbandono somatizzata. Non sempre infatti la Ferita
di Abbandono è tanto profonda da compromettere tutta la figura della
persona, ma può localizzarsi proprio in quell’area del corpo dove la fe-
rita è stata particolarmente sentita a formare una specie di “mosaico”. Se
una persona invece tende tutta a cadere, ciò significa che la Ferita di Ab-
bandono è stata molto profonda. L’archetipo di Venere del Toro gestisce,
infatti, la forma armonica e il tono muscolare, mentre l’equilibrio tra le
parti è retto dall’archetipo di Venere della Bilancia.
242 TRATTATO DI ALCHIMIA DELLE EMOZIONI – ALBEDO

In questi soggetti “cadenti” è molto indicato un lavoro osteopatico,


manipolativo, riflessologico e di riequilibrio posturale. Lavorando sulle
fasce muscolari e sulle articolazioni si riesce meccanicamente a sbloccare
parte della memoria relativa alla ferita. Tra l’altro, la persona che ha subì-
to una Ferita di Abbandono ha un estremo bisogno di toccare ed essere
toccata, percepire la presenza dell’altro attraverso la pelle e sentirsi cocco-

DianaElenaOM EDIZIONI SNC11/24/2022 12:34:11 PM358355


lato ed accettato. Il massaggio e la manipolazione osteopatica risultano
essere per questi un valido strumento non solo di riequilibrio ma anche
di ripresa del rapporto con aree del corpo in parte dimenticate o meglio
“abbandonate”.
Il corpo del ferito di abbandono manca di tono: lungo e sottile, acca-
sciato, senza massa in quanto questa appare come svuotata di sostanza e
la sensazione principale è che i muscoli non riescano a sostenerlo. Quan-
do l’abbandonato dà la mano, questa è fredda, debole e cadente, spesso
sudaticcia, perché il sudore è un ottimo conduttore, trasmette informa-
zioni e, inconsciamente, facilita il contatto con l’altro. Quasi sicuramente,
la persona che soffre una grande Ferita di Abbandono da anziano avrà bi-
sogno del bastone e da giovane potrà avere avuto bisogno di stampelle o
di appoggio per vari motivi.

Gli occhi appaiono tristi, cercano la compassione, come il bambino


che viene portato all’asilo e si sente abbandonato dalla madre. Attende,
con gli occhi compassionevoli, che le bambine vadano a consolarlo e
da adulto ripeterà questo schema: sposerà la donna della sua vita o sua
madre? E quando si renderà conto che avrà sposato sua madre, il ma-
trimonio diventerà problematico. Lo stesso discorso può valere per la
donna che rischierà di sposare un uomo che in realtà le ricorda suo pa-
dre. Quante volte noi viviamo situazioni per necessità auto–terapeutica
invece che per crescere davvero! Quanto spesso capita che le nostre scelte
siano dettate da una reazione ad un trauma piuttosto che da una nostra
scelta consapevole! Cerchiamo in tutti i modi di sfuggire al dolore, do-
vendo però spesso indossare delle maschere che ci “mostrano” per ciò che
non siamo veramente ma per ciò che il dolore, che non vogliamo sentire,
ci induce ad essere.
FERITA DI ABBANDONO – VENERE 243

L’uomo soffre molto la Ferita di Abbandono, più della donna, perché


la donna ha un vantaggio: una connessione molto stretta con l’ecosiste-
ma e la possibilità di generare un figlio. La nascita di un figlio (indipen-
dentemente dal fatto che sia maschio o femmina), ad esempio, dà mol-
to sollievo alla donna che soffre della Ferita di Abbandono. Il bambino
dipende da lei e, pertanto, non può abbandonarla, e questa relazione di
dipendenza smorza temporaneamente la sensazione di abbandono che
la donna porta nel suo cuore. Si crea un legame talmente forte tra madre
e bambino/a da poter generare in quest’ultimo una successiva Ferita di
Abbandono, nel momento in cui si rendesse conto che la madre divide
il suo tempo tra bambino e marito o compagno. E così, la ferita si tra-
smetterebbe di generazione in generazione, sostenuta da un “gioco” delle
parti, o delle maschere. Di
an
aE
len
CARATTERI PSICHICI

L’abbandonato è il classico bambino sbadato che cade e sbatte in ogni


dove; non ha il senso della misura (Venere della Bilancia) e urta le cose
attorno a lui, ha la schiena curva, polsi e caviglie deboli, a volte può ap-
parire come una pianta senz’acqua, curvo, secco e senza tono. L’acqua
rappresenta, infatti, l’elemento del nutrimento uterino che poi diviene
latte e questo bambino potrà far uso del biberon fino all’età di dieci anni.
Sostituirà poi questo con altri gesti o oggetti legati all’oralità, e il gesto del
portarsi alla bocca, toccarsi la bocca o succhiare continuamente qualco-
sa rimanda immediatamente alla Ferita di Abbandono. La persona che
beve dalla bottiglia inconsapevolmente ripropone il gesto della suzione
del capezzolo.
Il ferito di abbandono mangia molto ma senza prendere peso; infat-
ti per lui non è mai abbastanza. Percepisce la mancanza di nutrimento
affettivo, ha un senso di vuoto e, in termini energetici, soffre particolar-
mente a livello del terzo e quarto livello vibratorio, prossimamente alle
aree in cui sono localizzati il terzo e quarto chakra.
244 TRATTATO DI ALCHIMIA DELLE EMOZIONI – ALBEDO

Ha, quindi, bisogno di amore e di emozioni intense, ed è per questo


che la mancanza di cibo nel post–partum può causare una Ferita di Ab-
bandono molto profonda per un maschio, molto meno per una bambi-
na la quale però potrebbe subìre, invece, un rifiuto.
Ricordo, come già detto, che è il vissuto della persona a fare la dif-
ferenza; un maschio può percepire l’abbandono della madre (quale ar-
chetipo della “grande madre Terra”) se non allattato; una femmina può
subìre, invece, il rifiuto della madre, per lo stesso motivo. Questo perché,
soprattutto appena nati, gli atomi cercano la polarità e, di conseguenza,
la bambina cercherà di più il padre, anche se è la madre a garantirle il cibo.
Per la stessa ragione, in futuro, cercherà sempre un uomo per compen-
sare la sua polarità, a meno che per ragioni spirituali o di altro genere, il
suo interesse non si orienti diversamente.
Chi soffre di abbandono ha bisogno di essere sostenuto, di aiuto e
di compagnia, e si comporta come una grande vittima. Il vittimismo è
la parola chiave della Ferita di Abbandono. È in questo contesto che il
Dia

dipendente corre un grave pericolo: può ammalarsi spesso, sembrando


na

così la vittima della sfortuna, degli eventi avversi. In questo modo attira
E

l’attenzione e ha sempre persone attorno a lui. Può ammalarsi anche di


na le

malattie rare per sentirsi considerato e può accettare di essere sottoposto


O

a vere e proprie “torture” da parte di un’equipe medica che lo studia a


M

fondo. Ciò che importa per l’abbandonato è avere attenzione, cura, sen-
ED

tirsi considerato e accettato; la malattia, meglio se rara, avvicina le persone


ZIO I

a lui, lo porta a livello di vittima e fa sì che in qualche modo qualcuno si


debba occupare di lui. Ecco, secondo la sua visione, risolto il problema
I N

dell’abbandono: se soffro di una malattia cronica, inguaribile o rara, avrò


S N

sempre qualcuno al mio fianco che si occuperà di me e non mi sentirò


C1

mai più abbandonato.


1/2
4

Tende ad essere un manipolatore, usa i rapporti per sé, ed ha un grande


/2

Ego. La Venere del Toro e della Bilancia, se vissute in modo negativo,


02

diventano Ego: l’Ego dell’attaccamento morboso alla materia (Toro) che


1 2

fa dimenticare alla persona il suo lato spirituale e il fatto che non esiste
2:3

solo lui ma la Terra è un pianeta di convivenza e condivisione (Bilancia).


:1 4
1 P M3
Di
an
aE
245
len
FERITA DI ABBANDONO – VENERE
aO
Le malattie vissute dal bambino che va all’asilo, ad esempio, hanno
M
ED
quasi tutte una genesi emozionale: non è tanto l’essere in comunità che
IZI
favorisce il contagio, ma il bisogno di non rimanere soli, fuori dal grup-
ON
IS
po, che ne è alla base. C’è età ed età per vivere certi distacchi, e tre anni
NC
(per la scuola materna, spesso sei mesi per il nido) non sono un’età alla
11
quale il bambino è in grado di elaborare consapevolmente il distacco dai
/24
/20
genitori. Fino ai 7 anni compiuti, il bambino dovrebbe rimanere a stretto
22
12 contatto con i genitori per completare il ciclo settenario di formazione
del carattere e della sua identità. Dai 7 anni in avanti, egli è pronto per
:34
:11
uscire dal nido e imparare, con il suo Ego ben formato, ad interagire con
gli altri, iniziando così lo sviluppo del suo “Io”. Il mal di pancia o il sen-
so di nausea–vomito vissuto da molti bambini nel momento di dover
andare a scuola, sono un tipico esempio di malessere emozionale che si
esprime attraverso il corpo. Il corpo non mente mai, anzi!, rivela gli squi-
libri interiori celati alla coscienza. Analogamente, chi cerca e frequenta
molti partner, ha bisogno di creare legami e dipendenze per affievolire la
sensazione di abbandono che percepisce. Questa non sempre corrispon-
de a realtà, ma viene vissuta come autentica a livello emotivo.

La Ferita di Abbandono si manifesta anche con un altro segnale: le


variazioni dell’umore, che corrispondono alla sostanza Sale che ascende
(sublima) e che discende (precipita).
Secondo l’Alchimia tutti noi abbiamo due tipi di “Sale”. Nell’Albero
della Vita il Sale fa sempre da mediatore (come il neutrone nell’atomo)
tra le sostanze Mercurio e Zolfo. Come già trattato in precedenza, il Mer-
curio ha una natura fredda e umida, lo Zolfo ha una natura calda e secca e
il Mercurio non va verso lo Zolfo e lo Zolfo non va al Mercurio se non c’è
il Sale che permette questo incontro, il quale ha in sé sia la natura umida
e fredda che quella calda e secca. Ne consegue che una persona molto “sa-
lina” che soffre di abbandono è difficile da gestire: un po’ piange, un po’
ride, un po’ si arrabbia e non riesce mai a stabilizzare gli opposti all’inter-
no del suo essere.
La personalità dipendente chiede sempre il parere degli altri nono-
stante non ne abbia realmente bisogno. Spesso, infatti, non segue i con-
i
D
246 TRATTATO DI ALCHIMIA DELLE EMOZIONI – ALBEDO

sigli datigli, il suo è solamente un bisogno di essere sostenuto. È per


questo motivo che, inoltre, non riesce a scegliere. La Bilancia rappresenta
un archetipo di scelta: piatto destro o piatto sinistro? Lato positivo o
negativo? Via Nord o Sud? Est o Ovest?
Da solo proprio non riesce a fare nulla, per questo diviene anche un
ricattatore emozionale quando ha bisogno di essere accompagnato e,
quando riceve un “no” da qualcuno, tiene il muso, anche per anni.
Tendenzialmente è dotato di un animo empatico e molto sensibile,
il che lo porta ad essere un “sensitivo” e percettivo. Quando si trova in
equilibrio è una persona dotata di grande empatia, profonda capacità di
ascolto e in grado di entrare in sintonia con lo stato d’animo dell’altro e
di fornire preziosi aiuti.

Il ferito di abbandono non si ferma mai, non si concede né riposo


né vacanza: è sempre operativo. Venere del Toro rappresenta la capaci-
tà di lavorare e produrre frutti col nostro lavoro. È l’archetipo del gua-
dagno attraverso l’attività lavorativa. Venere della Bilancia rappresenta il
discernimento che dobbiamo avere nella vita: quando e come fermarci,
quando e come ricominciare.
La sua maggior paura è la solitudine, ma, allo stesso tempo, soffre di
agorafobia; sta bene in mezzo agli altri ma assorbe tutto ciò che si trova
nell’ambiente. Se quest’ultimo è pieno di energie negative si sente male.
Si tratta della classica e a molti nota sindrome di panico da supermercato.
Nei centri commerciali si percepisce a pelle una forte energia di disagio
e di abbandono, in quanto le persone, al giorno d’oggi, normalmente
comprano per lenire le loro ferite e riempire i loro vuoti interiori. L’ener-
gia “perversa” dell’inconscio collettivo impregna il supermercato intero.
Il motivo per cui il centro commerciale ha avuto così tanto successo è
proprio legato al fatto che soddisfa il bisogno di trovare tutto in un unico
luogo e dà l’illusione di sentirsi gratificati e coccolati dal fatto di poter
avere tutto a portata di mano. Basta recarsi in un grosso centro commer-
ciale una domenica di dicembre per osservare le varie personalità dipen-
denti che vi girano dentro. Ecco che, in alcuni individui, in questi luoghi
molto affollati, ma vuoti in senso energetico, insorge l’attacco di panico.
FERITA DI ABBANDONO – VENERE 247

Il dipendente ha paura dell’autorità perché è fredda e indifferente, non è


empatica come lui vorrebbe e tende a punire. Egli ha paura di subìre l’au-
torità ma anche di usarla. La sua paura più grande è di essere abbandona-
to, pertanto teme che, usando l’autorità, gli altri possano non accettarlo
più e così si sottomette. Ha estremo bisogno dell’altro, a tutti i costi.

È un dato di fatto che i nostri rapporti siano regolati da vibrazioni, così


come gli atomi si legano tra loro perché attratti dalla frequenza elettro-
magnetica emessa da ciascun atomo, che è una conseguenza dell’elettro-
negatività. Questa è una misura relativa della capacità di un atomo di
attrarre a sé elettroni quando prende parte a un legame chimico. Il con-
cetto di elettronegatività fu introdotto nel 1932 dal Premio Nobel per la
Chimica Linus Carl Pauling. Fondamentalmente il concetto della legge
di risonanza si basa su due Diafunzioni atomiche: la capacità di emettere
onde elettromagnetiche (la forza na elettromagnetica è una delle quattro
Ele
na con l’elemento Aria) e l’elet-
forze fondamentali atomiche, identificabile OM
tronegatività, che rappresenta la capacità di polarizzare
ED una relazione
IZfortissima
verso di sé. Il dipendente è assolutamente dotato di una ION elettro-
negatività, ovvero tende ad attrarre tutto a sé, incluse esperienze
I S e per-
sone che, a mente lucida, addirittura non vorrebbe. Le sue frequenze NC
11
vibratorie attirano tempo, spazio e luce, e questo fa di lui un “consuma- /24
/20
tore” di legami. 22
12
:3
I grandi poeti e artisti della storia, al pari dei moderni cantanti che
muovono le masse, trasmettono, molto spesso, la loro Ferita di Abban-
dono e sono in grado di entrare in empatia con una grande moltitudine
di persone. Le loro opere e le loro canzoni esprimono il bisogno di af-
fetto, raccontano l’abbandono ed entrano in sintonia con una moltitu-
dine di persone che diventano i fan dipendenti da quella figura. Più un
artista esprime una ferita nelle sue opere, più viene accolto dalla massa.
Questo avviene sempre attraverso la legge di risonanza: basta osservare
attentamente per identificare ad esempio in un genere musicale una fe-
rita particolare e vedere come questo sia in grado di muovere emotiva-
mente persone affette dalla stessa ferita.
3
PM
11
4:
248 TRATTATO DI ALCHIMIA DELLE EMOZIONI – ALBEDO

:3
12
2
SQUILIBRIO FISICO

02
/2
24
La malattia stereotipata dell’abbandonato è il diabete, una patologia

1/
in cui gli zuccheri nel sangue aumentano raggiungendo valori a volte

C1
pericolosi per la salute. Se il glucosio non entra nelle cellule, rimane tutto

SN
nel sangue (che per l’Alchimia rappresenta il Sale), in questo modo il lato

NI
emozionale e sentimentale è sempre “nutrito” e pieno di dolcezza. Il dia-

IO
betico non permette alle cellule del suo corpo di cibarsi del glucosio che

IZ
ED
si trova nel circolo sanguigno, diciamo che in qualche modo non vuole
condividere con la sua massa il nutrimento, poiché ha paura di perder-

M
aO
lo. In realtà, questo meccanismo porta solamente ad accumulo di grassi,
len
mancanza di energia (gli zuccheri servono alle cellule per produrre ener-
aE

gia) e alla perdita del glucosio in eccesso presente nel sangue attraverso le
an

urine.
Di

Per non sentirsi solo, porta dentro di sé tutto ciò che si trova nell’am-
biente, inclusa l’energia delle persone negative ed è frequentemente infe-
stato da parassiti: batteri, funghi, virus e vermi intestinali. È assai fre-
quente riscontrare in un bambino con verminosi una Ferita di Abban-
dono. Queste verminosi sono spesso importanti e, in particolare, reci-
divano facilmente. Il mantenere un parassita all’interno del corpo è un
altro espediente inconscio per “non rimanere soli”. Il bisogno di com-
pagnia è talmente forte che preferisce essere “infestato” piuttosto che
rimanere da solo.

Il dipendente sarà un grande consumatore di farmaci, in particolare


antibiotici, antivirali e antifungini per parecchi mesi all’anno. Avrà sem-
pre bisogno di qualcosa di esterno a lui per risolvere i suoi problemi di
salute e interiori. Il suo bisogno di appoggiarsi sempre a qualcosa o qual-
cuno lo porterà a vedersi letteralmente sommerso da rimedi da assumere
tutti i giorni. È quel paziente che non esce dall’ambulatorio del medico se
non con un rimedio, dopo aver tentato in tutti i modi di farsi prescrivere
qualcosa. Il farmaco o il rimedio rappresenta la sua stampella, che egli
cerca sempre di avere accanto a sé.
FERITA DI ABBANDONO – VENERE 249

A causa della paura dell’abbandono, utilizza tutti gli strumenti a sua Ele
disposizione per tenere le persone vicine, incluso il sesso (questo tratto è Diana
più evidente, per una questione puramente culturale, nella donna). L’at-
to sessuale diviene quindi uno strumento per rendere il partner dipen-
dente. Nella donna questa strumentalizzazione inconscia del sesso è più
frequente rispetto al maschio.

Per mantenere la fedeltà del compagno accetta di donarsi anche quan-


do non ne ha voglia, temendo che il rifiuto della prestazione possa por-
tare ad un allontanamento. La paura di essere lasciato dal compagno può
diventare una vera e propria ossessione, portando a dover accondiscende-
re a qualsiasi richiesta del partner. Questo tratto sta diventando sempre
più frequente anche nel maschio che, timoroso di non riuscire a soddis-
fare la partner, si rivolge sempre più spesso a specialisti sessuologi. Il sesso
è sempre stato, oltre che un ovvio atto riproduttivo, uno strumento di
seduzione e di affermazione della propria posizione nel gruppo. Come
vedremo per la Ferita di Tradimento – spesso conseguenza o convivente
con quella di abbandono – il sesso diviene uno strumento importantis-
simo e distintivo di questi tratti psichico–energetici. Per il tradito infatti
(controllore), sarà lo strumento di controllo con cui sedurrà il mondo;
per il dipendente, sarà il mezzo attraverso cui terrà il mondo legato a sé.

Il dipendente cerca continuamente ed ossessivamente di non essere


lasciato: gli risulta difficile anche un trasloco, perché deve lasciare la sua
casa. Avete mai osservato un ragazzo palestrato, pieno di muscoli, che fa
il bullo ma con una massa muscolare prevalentemente imbibita di acqua?
Avete notato come utilizza la sua grossezza per sedurre? Avete notato
quanti integratori, pillole, proteine in polvere ed estratti di amminoacidi
consuma? Bene, lo vedrete piangere, disperato, tutta l’acqua che ha nei
suoi muscoli, qualora la ragazza dovesse lasciarlo. I suoi muscoli non sono
massa, sono gonfi d’acqua; lui è un protagonista che cerca l’ammirazione.
Se non la ottiene, va in crisi e potrebbe anche smettere di andare in pa-
lestra. Non ci andava perché fa bene, ma per ottenere ammirazione, per
essere accettato, per apparire il macho che non è.
250 TRATTATO DI ALCHIMIA DELLE EMOZIONI – ALBEDO

Io stesso, ad un certo punto della mia vita, mi sono reso conto che
molti dei miei amatissimi hobby altro non erano che vie di fuga dalle mie
ferite. Per non soffrire e percepire la ferita, giravo attorno al problema
e perdevo del tempo. Non è sbagliato vivere le ferite o sfuggire ad esse,
ma, ad un certo punto, dobbiamo far emergere il Talento; così abbiamo
imparato a fare qualcosa di nuovo! Quell’attività, intrapresa inizialmente
per sfuggire al dolore della ferita, diviene uno strumento di crescita e non
più una via di fuga.

Tipica dell’abbandonato è una grande paura della morte, perché que-


sta rappresenta il distacco da tutto e tutti. È accettata la malattia croni-
ca, ma non una mortale. L’abbandonato può soffrire di asma e difficoltà
respiratorie croniche che esprimono la sua difficoltà nei rapporti (Vene-
re della Bilancia). “Porto l’aria dentro ma non la emetto, perché espirare

55
vuol dire lasciar andare qualcosa e dover condividere qualcosa di mio con
83
35
gli altri”.
PM

La sua grande tensione e il suo grande sforzo nel trattenere può portar-
:11

lo a soffrire di emicrania, così come questa tendenza può portarlo all’ac-


:34

cumulo di adipe, di metaboliti e tossine in vari organi, particolarmente


12

nel connettivo e negli organi nobili quali fegato, rene, cuore e cervello.
22
/20

La sua innata tendenza a conservare tutto lo porta a soffrire di patolo-


/24

gie da accumulo. Sarà molto difficile per lui abbandonare vecchi schemi,
ricordi e immagini mentali. In lui, più che in altri soggetti, il drenaggio
11
NC

dal corpo e dalle cellule delle memorie molecolari relative ai fatti trau-
matici vissuti sarà complesso e richiederà molto tempo. La sua partico-
IS

lare resistenza al lasciar andare e il suo estremo bisogno di assumere ri-


ON

medi richiederà non solo tempo, ma anche una buona amministrazione


IZI

e moltissima disciplina nell’assunzione dei rimedi stessi che potrebbero


ED

diventare a lungo andare un altro oggetto della sua dipendenza.


M

Il terapeuta dovrà rimanere sempre vigile e attento, poiché egli stesso


aO

potrebbe divenire un altro oggetto di dipendenza da parte di chi soffre la


len

Ferita di Abbandono.
aE
an
Di
FERITA DI ABBANDONO – VENERE 251

La Ferita di Abbandono è la Ferita Emozionale più diffusa in tutto il


pianeta. Il suo archetipo è rappresentato da Venere, che esprime l’armo-
nia della forma, l’essere qui ed ora incarnati sulla Terra, i rapporti con
l’altro e la gestione dell’equilibrio che deve regnare in questo mondo.

Troveremo sempre una Ferita di Abbandono


– seppur piccola – in tutti gli
esseri umani.

2022 /24/
NC11 IS ION
EDIZ
aOM E len
Di a n a
252 TRATTATO DI ALCHIMIA DELLE EMOZIONI – ALBEDO

DianaElenaOM EDIZIO
NI SNC11/2
253

IL TALENTO DI VENERE
LA CONNESSIONE an
Di
aE
len
aO
M
La connessione a cosa? Alla Terra, a se stessi.
ED
IZI
Un caro amico, che per una serie di casi fortuiti tra l’altro fu il primo a
ON
parlarmi delle Ferite Emozionali – teoria che era stata sviluppata da una
IS
autrice canadese in un libro – nel corso di un soggiorno in Brasile, du-
NC
11 26
/24rante una cerimonia religiosa con l’ayahuasca , ebbe una visione: si vide
sotto forma di un guerriero che andava in Tibet a chiedere a un maestro
/20
22
12 illuminato la via per l’illuminazione e la pace interiore. In questa visione
: da anni così tanto ricercata, il maestro gli rispose: “Ricordati che la Terra
ti ama”. Quando mi raccontò questa esperienza, era così scioccato e stu-
pito di tale semplicità!

È semplice: se Madre Natura (attraverso l’ecosistema di Gaia) ti ha


messo al mondo come può non amarti? È Gaia la nostra vera madre, il
grande utero dal quale siamo nati. È Gaia che ci ha nutrito, ci nutre tut-
tora e sostiene. È Gaia che ci fornisce una casa, un luogo in cui riposare,
l’acqua con cui dissetarci e il cibo che possiamo raccogliere e consumare.
L’illusione che “nostra madre” sia quella persona che ci ha custodito
per nove mesi, allattato e cresciuto nella prima parte della nostra vita
deve dissolversi. La donna che chiamiamo madre biologica è solamente
una nostra “sorella” nel cammino evolutivo. D’altronde, da dove viene
quell’utero materno che ci ha custodito per tutta la gestazione? Da dove
proviene il corpo di quella donna? Da dove proviene il suo sangue? Non
è forse vero che tutti i corpi sono costruiti, costituiti e mantenuti grazie

26 La ayahuasca (ayawasca in lingua quechua) è una bevanda allucinogena utilizzata dai popoli amazzonici e
andini, preparata dagli sciamani o curanderi indigeni per i riti di visione e di comunicazione con il divino. Questa
bevanda viene prodotta miscelando in un decotto diverse piante, principalmente le liane polverizzate di Banisteriop-
sis caapi e le foglie di Psychotria viridis.
:11
:34
12
254 TRATTATO DI ALCHIMIA DELLE EMOZIONI – ALBEDO

22
ai frutti della terra? Il sangue non è il distillato alchemico di ciò di cui

/20
l’uomo si nutre?

/24
Non dobbiamo mai dimenticare questa forte connessione con il no-
1
stro ecosistema, altrimenti iniziamo ad esistere come esseri disconnessi,
C1
soli, e in questo modo viviamo il senso di abbandono.
SN

Tutto ciò che esiste su questo pianeta viene inevitabilmente da questo


I
ON

pianeta, o, al massimo, da altri pianeti. Ma sempre da terra viene la terra.


Se non recuperiamo il rapporto e la connessione con la madre Terra, se
IZI

non percepiamo il suo amore, il suo calore, la sua capacità di nutrirci e


ED

sostenerci, allora saremo orfani e percepiremo il senso di abbandono tan-


OM

to forte quanto lo sarà la nostra disconnessione.


È da quando abbiamo iniziato a distaccarci da nostra madre Terra,
na
Ele

attraverso varie correnti di pensiero, da quando abbiamo posto la nostra


mente al centro dell’Universo, che abbiamo cominciato a non essere più
na

connessi con la Terra, fino ad arrivare a inquinare l’intero pianeta, a di-


Dia

sboscare le foreste e a privare noi e i nostri figli della reale consapevolezza


del valore di questo pianeta.

Essere connessi significa avere la consapevolezza che Gaia ci dà tutto


ciò di cui abbiamo bisogno, non c’è “crisi” che tenga. Quindi valorizzia-
mo il presente, il qui ed ora, godiamo della materia che abbiamo con-
quistato con il nostro impegno e lavoro, non per apparire, ma per star
bene con noi stessi e poter gioire della ricompensa che i nostri sforzi han-
no portato. Solo in questo modo nessuno ci potrà mai abbandonare. Se
invece siamo connessi all’esterno di noi stessi, prima
o poi, tutto e tutti se ne andranno
e resteremo soli.
IL TALENTO DI VENERE: LA CONNESSIONE 255

N
IZIO
M ED
naO
le
naE
Dia
256 TRATTATO DI ALCHIMIA DELLE EMOZIONI – ALBEDO

n e
El a n
ia D
355
8
35
PM
257

1 1
4:
FERITA DI TRADIMENTO

3 :
MARTE
1 2
2 2
20 / 4
/2
11
C
S N
I
N
IO
IZ
ARCHETIPO Marte

ED
M
Tradimento

aO
Rabbia

n e
Risentimento

El
PAROLE CHIAVE

na
Esplosività

ia
Controllo

D
SCHEMA CARATTERIALE Il Controllore

Braccio e mano destra


Torace
PORZIONE DEL CORPO, Gola
LATERALITÀ Cuore
Timo
Sistema immunitario

CHAKRA IV
CORRISPONDENTE V
258 TRATTATO DI ALCHIMIA DELLE EMOZIONI – ALBEDO

La Ferita di Tradimento si manifesta tipicamente con il genitore di ses-


so opposto. È legata all’atteggiamento inconscio di seduzione del genitore
nei confronti del bambino originato da un profondo bisogno emozionale
dell’adulto. Questo genitore ha il desiderio inconscio di essere conside-
rato a livello sessuale (probabilmente a sua volta originato da una Ferita
Diana
di Abbandono), pur non avendone chiara consapevolezza e non volen-
Elena
dolo certamente manifestare a livello fisico, in quanto ciò scatenerebbe la
OM E
D
paura dell’incesto ed i relativi sensi di colpa. Si limita, pertanto, a sedurre
con l’atteggiamento, il che crea delle fortissime tensioni emotive nel rap-
porto poiché i messaggi del corpo sono più chiari di quelli verbali, so-
prattutto se consideriamo che un bambino almeno fino a quando non
comincia a parlare conosce soltanto il linguaggio corporeo.
Il bambino riceve il messaggio seduttivo lanciato dal genitore, ma non
può lasciarvisi andare, perché tutto si conclude nel messaggio stesso. La
situazione è estremamente complessa poiché, a questo livello, si inseri-
sce un fattore condizionante spesso poco valutato: l’influenza del DNA.
In tale frangente l’influenza genetica mostra il suo lato più aggressivo, la
sua più forte tendenza a influenzare le strutture psico–neuro–endocrine
dell’individuo. L’influenza del DNA, in particolare la parte più “volatile”
di esso, è imponente in questa tipologia di ferita, tanto da richiederne
una trattazione dedicata. Gli ormoni dei genitori, la cui sintesi è prima-
riamente orchestrata dal DNA, vengono percepiti dai figli; questi stessi
ormoni trovano nel DNA dei figli un substrato recettoriale attivabile,
in quanto fino ai 28 anni il DNA dei figli è “vibrazionalmente” legato a
quello genitoriale. D’altronde, è da questo stesso DNA che si è costituito
il loro corpo e l’intera struttura psico–neuro–endocrina.
Per comprendere la Ferita di Tradimento,
quindi, dobbiamo necessariamente
parlare del DNA.
DianaElenaOM
259

IL DNA
LE DUE SERPENTI
DEGLI ALCHIMISTI

Il DNA o acido desossiribonucleico è una enorme molecola, contenu-


27
ta in tutte le cellule dotate di nucleo che rappresenta la base strutturale
e molecolare della vita organica. Esso è paragonabile ad un “codice uni-
versale”, ovvero uguale in tutte le forme viventi esistenti perlomeno in
questa galassia. Il DNA è una grossa molecola spiraliforme complessa ma
strutturalmente semplice in termini biologici, composta da uno schele-
tro di zuccheri (il desossiribosio) sul quale si inseriscono le così dette basi
azotate, ovvero molecole che danno una reazione basica, contenenti uno
o più atomi di Azoto. Lo scheletro di zuccheri ne costituisce la parte più
esterna, come la struttura di una scala a chiocciola; le basi azotate, invece,
ne costituiscono la parte più interna ovvero i gradini della scala.
Nella realtà il DNA è una doppia elica, il che fa sì che, accoppiando
le due semieliche, effettivamente si crei quella conformazione a scala a
chiocciola che abbiamo descritto. I gradini della scala delle due semieliche
– ovvero le basi azotate – sono accoppiati tra loro in modo complemen-
tare, diciamo ad incastro.
La particolare sequenza – più o meno lunga – di basi azotate in una
semielica costituisce il codice del DNA, più conosciuto come codice ge-
netico. È questo codice che definisce e determina tutto ciò che attraverso
il DNA si produce all’interno della cellula. Dal DNA infatti originano i
codici necessari per far sì che la cellula, attraverso le altre strutture – od
organuli – cellulari, produca primariamente una proteina.

27 Precisamente, il DNA si trova nel nucleo delle cellule eucariotiche, nel citoplasma delle cellule procariotiche
e nei mitocondri di tutte le cellule animali.
260 TRATTATO DI ALCHIMIA DELLE EMOZIONI – ALBEDO

Non una proteina qualunque, bensì una proteina dal grado di com-
plessità tale che gli permetta di “muoversi”, diciamo di essere in qualche
modo “viva” e attiva. La proteina nata da una particolare sequenza tra-
scritta dal DNA costituirà un vero e proprio messaggero/effettore cellu-
lare. La cellula si esprimerà attraverso questa struttura proteica, che ne
costituirà il suo linguaggio primario nella relazione con se stessa, con le

Dia
cellule vicine e l’organismo intero.

aEn
La sequenza di eventi, relativamente al mondo cellulare, che permette

len
ad una cellula di manifestare una sua particolare espressione genetica è la

aO
seguente: il DNA contenuto nel nucleo della cellula, principalmente sti-
molato da ormoni, neuro–ormoni e interazioni elettromagnetiche per-
venuti alla cellula per via ematica o da cellule vicine, si apre esponendo la
sequenza di basi azotate; una serie di enzimi permettono la copiatura di
questa sequenza in un altro “organismo” essenziale del mondo cellulare,
che è l’RNA messaggero.
L’RNA messaggero (mRNA), la copia perfetta di una sequenza di
basi (sequenza genetica o anche detta gene) subìsce ciò che è definita ma-
turazione, nel senso che da esso vengono tagliate parti della sequenza
che possono non essere richieste per la fase successiva. Il processo viene
chiamato splicing alternativo. Una serie di enzimi stimolati e coordina-
ti da messaggi intracellulari, che fanno capo a messaggi extra cellulari
provenienti dalle strutture psichiche, neuro endocrine ed immunitarie
dell’individuo, provvedono a formare – operando dei tagli nella sequen-
za dell’RNA – un RNA messaggero in grado di codificare la sequenza
corretta di amminoacidi che costituirà la proteina.

L’RNA maturo, infine, lascia il nucleo, entra nel citoplasma della cel-
lula, si accoppia con particolari strutture costituite da DNA e proteine
detti ribosomi, e da questo accoppiamento nasce una sequenza ammi-
noacidica. Diciamo che il ribosoma legge il codice scritto nell’RNA mes-
saggero in un modo assolutamente particolare, ovvero di tre basi in tre
basi. Perciò si dice che il ribosoma legge triplette di codice contenuto
nell’RNA messaggero.
C
SN
NI
IO
IL DNA: LE DUE SERPENTI DEGLI ALCHIMISTI 261

IZ
ED
Un’altra struttura, infine, detta RNA di trasporto (tRNA), così chia-
mato perché effettivamente trasporta singoli amminoacidi, si accoppia

M
aO
alla struttura di RNA messaggero/ribosoma e, una volta letta la tripletta

len
contenuta nell’RNA messaggero e fatta combaciare con la tripletta con-

aE
tenuta nell’RNA di trasporto, libera l’amminoacido ad esso legato, ini-

an
ziando a costituire a ridosso del ribosoma una catena di amminoacidi tra
Di
loro legati a formare legami peptidici.

Semplificando il tutto, diciamo che il DNA è il libro “magico” in


cui è scritto come si costituisce una proteina; quest’ultima rappresenta
la necessità di una cellula di comunicare qualcosa o di eseguire qualco-
sa. L’RNA messaggero rappresenta la lettura di quel codice allineato e
interpretato secondo le necessità espressive del momento. Il ribosoma è
il “forno” che permette di accoppiare il messaggio agli ingredienti che
permettono la concretizzazione del messaggio stesso. L’RNA di traspor-
to è la mano di chi, ascoltando la ricetta portata dal messaggero, monta
scrupolosamente ed attentamente gli amminoacidi fino a costituire la
proteina funzionante, l’agente della vita.
L’unica grande differenza tra un libro e il DNA è che, una volta pro-
dotto l’RNA messaggero, le varianti proteiche che ne possono scaturire
attraverso il processo dello splicing alternativo sono pressoché infinite.
Questo processo è stato scoperto negli ultimi anni e ne è stata compresa
l’importanza concettuale e biologica.
In passato si credeva fermamente al così detto dogma della genetica:
un gene nel DNA, un RNA messaggero trascritto, una proteina tradotta.
Oggi, fortunatamente, la mente degli scienziati si è aperta a ciò che è stata
definita epigenetica, una branca della genetica che studia come le modi-
ficazioni ambientali possano far maturare in un senso o in un altro un
RNA messaggero nativo. È stato ampiamente studiato come l’ambiente
influenzi in maniera importante l’espressione dell’RNA messaggero, cali-
brando il suo messaggio attraverso lo splicing alternativo.
Quindi, in base all’ambiente che circonda un individuo, al di là dei
geni contenuti nel suo codice genetico, egli potrà esprimere delle risposte
piuttosto che altre.
262 TRATTATO DI ALCHIMIA DELLE EMOZIONI – ALBEDO

Capacità molto interessante, questa, che ci ha portato ad attuare salti evo-


lutivi importantissimi permettendoci di esprimere una adattabilità fon-
damentale alle modificazioni ambientali chiamata resilienza.

Il DNA rappresenta il potere che abbiamo di imprimere noi stes-

Dia
si, in quanto Spirito – energia – nella carne, nella materia, nel mondo
molecolare. Per questo motivo gli antichi alchimisti, appartenenti a di-
n
aE
verse culture nel mondo, rappresentarono il potenziale genetico come
len
un dragone. Pur non conoscendo il DNA come noi oggi lo conosciamo,
aO
compresero il potenziale delle possibilità espressive dello Spirito attra-
verso la carne e l’immensa forza che si cela all’interno della materia cellu-
M

lare. Compresero che il mondo cellulare non è solamente, come definito


ED

dalla biologia, una piccola parte costituente il tutto organico, ma un vero


IZI

e proprio essere vivente che custodisce al suo interno il codice universale


ON

della vita. Il DNA, infatti, si trova solamente all’interno delle cellule, non
IS

all’interno del nostro corpo. Ad un’analisi superficiale tale concetto può


NC

apparire insignificante, ma è d’importanza colossale!


11
/24

La maggior parte di noi pensa che dentro il nostro corpo ci sia tut-
to: la mente, il DNA, il pensiero, l’anima. Ciò è assolutamente errato.
/20

Il “nostro” corpo in realtà è solamente un concetto perché ciò che esiste


22

veramente è un insieme di esseri viventi, miliardi di miliardi di cellule,


12

uniti, coordinati, sincronicamente coerenti, che collaborano assieme in


:3

un sistema molto complesso che possiamo definire organismo. Questi


4:1

individui sono in grado di coordinarsi in modo che, ad esempio, da ciò


1P

che le cellule della retina riescono a percepire si crei una cascata di segnali
M3

e comandi cellulari – tutti originati a partire dal DNA di tutte le cellule


coinvolte da questo evento – per far sì che la comunità cellulare stes-
58

sa – organismo – risponda in modo “evolutivamente favorevole” a


35

quell’evento esterno che stiamo osservando. La medesima cosa avviene


5

per un evento “interno”: il “pensiero”, ad esempio, è originato da queste


stesse strutture cellulari, che cercano soluzioni efficaci per la sopravviven-
za della intera comunità. In tutto questo organico “quieto vivere” si in-
serisce anche il mondo dell’energia “spirituale”.
EDI
lenaOM
IL DNA: LE DUE SERPENTI DEGLI ALCHIMISTI 263

Lo Spirito umano, infatti, è l’ospite d’onore di questo sincizio mul-

DianaE
ticellulare che noi definiamo come il nostro corpo o organismo. Un ospi-
te d’onore, sicuramente senza il quale l’organismo stesso non sarebbe
esistito in quella sua perfetta sincronica coerenza che è tipica dell’orga-
nismo umano. Eppure è, e rimane, un ospite di una comunità cellulare
che, in nome di una intelligenza superiore, ha “scelto” di cooperare per
una missione più grande del singolo individuo: fornire un corpo ad uno
Spirito, molto evoluto, e poter evolvere grazie ed assieme a questo Spirito
evoluto. Ciascuno ha il suo guadagno in questo rapporto sincronico tra
energia e materia.
Il patto è questo: la materia si offre per dar struttura ad una cellu-
la, nata dalla fusione dei due gameti maschile e femminile, spermatozoo
e ovulo; lo Spirito – che è energia potenziale – fornisce la scintilla per
fondere queste due cellule tanto lontane e apparentemente opposte in
quanto a natura.

La cellula madre, prima espressione vivente della fusione tra Spiri-


to e carne, inizia ad “animarsi”, divenendo viva, riproducendosi attra-
verso una successione rapidissima di divisioni cellulari, fino a generare,
in pochissimo tempo, un gruppo di cellule tanto coordinato, perfetto,
strutturato, differenziato e coerente da far impallidire qualsiasi scienzia-
to e filosofo: un embrione, non più solamente espressione di più cellule
unite assieme, ma una cosa sola, coesa.
Il DNA, che è il codice della vita trasmesso dal gamete maschile e
femminile – ovulo e spermatozoo – e fuso con il contributo dell’energia
spirituale in una doppia elica piena di potenzialità, in questo momento
inizia ad esprimersi, ad essere utilizzato dall’energia spirituale per dar for-
ma ai suoi progetti. L’energia diviene massa, il pensiero diviene forma, il
sogno diviene realtà attraverso l’interazione con il DNA.
Questo è il codice che dona la vita, insuffla l’Anima e conferisce coe-
renza alla massa di atomi che compongono ogni cellula, coordinandoli
attorno ad uno scopo. Esso è il dragone nero che accoglie il dragone bian-
co alato a costituire l’Ouroboro, il serpente che si morde la coda, e i due
congiunti sono la vita.
264 TRATTATO DI ALCHIMIA DELLE EMOZIONI – ALBEDO

Come scrive Nicolas Flamel nel suo Sommario Filosofico (1300):

(…)
Questi sono i due serpenti attorcigliati
attorno al bastone di Mercurio, con cui egli manifesta
il suo immenso potere e riveste ogni forma che vuole.
Quando i due sono posti nel vaso della tomba
dei morti, si mordono l’un l’altro crudelmente e,
perdendo la prima forma originale, si rivestono di
una forma più nuova e più nobile.
Il motivo per cui voglio rappresentare queste due
serpenti come due dragoni,
è perché è grande la loro pestilenza
così come il loro veleno.

Grande forza nei dragoni, grandi potenziali, grande capacità dello Spirito
a manifestarsi nella carne, attraverso il DNA, ma... il DNA stesso può
manifestare il suo “veleno”, la sua pestilenza, la capacità egli stesso di in-
terferire nella vita comunitaria del gruppo cellulare, allorché una cellula
attraverso il suo DNA cominci a “ragionare” per conto proprio, ovvero
0 2

a produrre comandi cellulari non coerenti con l’intero sistema. Non è


4/ 2

questo il caso delle patologie degenerative o autoimmuni, ovverosia an-


/
11

che tumorali?
C
SN
I
N

Grande è il potere, grande è la potenzialità, grande anche potenzial-


IO

mente il veleno. E, parlando di veleno e pestilenza, non è forse vero che


IZ
ED

gli esseri microscopici più temuti e maggiormente in grado di danneg-


giare l’organismo cellulare sono i virus? E non è forse vero che i virus
M
aO

altro non sono che frammenti di DNA o di RNA? Riflettiamo bene sul
n

fatto di quanto i virus incutano, sull’inconscio collettivo, un reverenziale


e
El

timore; quanto la paura di essere infettati e quindi ammalarci ci scuota


a n
ia

nell’animo più profondo, e rendiamoci conto che i virus sono dei fram-
D

menti di DNA, alcuni di essi frammenti di RNA, ovvero messaggi già


pronti, già tradotti.
IL DNA: LE DUE SERPENTI DEGLI ALCHIMISTI 265

Allora pensiamo al fatto che dentro il nucleo di ciascuna delle no-


stre cellule custodiamo ben due metri di DNA avvolto meticolosamente;
moltiplichiamo due metri per il numero di cellule presenti mediamente
in un organismo umano – circa 15 miliardi – e calcoliamo quanti metri
di DNA letteralmente “rivestono” il nostro Spirito. Ci renderemo con-
to, in realtà, che ciò che realmente riveste il nostro Spirito – la nostra
energia – è DNA. Esso lo ingabbia, lo aggancia, lo imbriglia, come le
radici di un albero che si radicano in terra, mentre lo Spirito si serve del
DNA stesso per creare la massa che possa esprimere i suoi sogni, i suoi
propositi. Il nostro Spirito è letteralmente ancorato al nucleo delle cel- 5
3
lule che compongono quell’organismo che noi definiamo “nostro”. Così PM
come lo Spirito è agganciato al nucleo delle cellule del nostro corpo, così
4 :11
egli è ancorato al nucleo stesso del nostro corpo, che è sommariamente 2:3
identificabile nell’organo del cuore. Non nel cervello, il quale rappresenta2 21
solamente una centrale di smistamento di percezioni intra ed extra 4 /20senso-
1/2 di inte-
riali (estero e propriocettive): un computer con avanzati1software
C
Ndello
grazione di informazioni che provengono dal mondo S Spirito e della
I
materia. Il cervello, meglio identificabile conOilNSistema Nervoso Centrale
I
IZmezzo
e Periferico (SNC – SNP), è solamenteDun di conduzione, elabora-
zione e trasformazione dati. È il M
E
sistema elettronico che, facendo sì che vi
O
sia comunicazione tra energia
l e na e materia, accende il sistema.
n aE
È propriamente rappresentabile con ciò che sta alla base del concet-
to di Anima, in a
Diquanto è un sistema che, connettendo tutte le parti tra
loro, fa vivere – anima – l’organismo che, senza questo tipo di connes-
sione – network – sarebbe solamente un insieme muto di cellule. È qui
che è stato commesso un grave errore dalla medicina “scientifica”: con-
siderare il cervello e il sistema nervoso come la sede di tutto, in partico-
lare la sede delle funzioni superiori che caratterizzano l’essere umano. È
ovvio che, al passo di ogni attivazione di una funzione di pensiero, vi
è una attivazione coordinata dell’encefalo e del sistema nervoso centrale
ma, ovviamente, come potrebbe non essere così? Se il SNC e periferico
sono il sistema di connessione elettronico di tutte le comunità cellulari
del corpo, questi verranno sempre attivati qualora vi sia uno stimolo sia
interno che esterno, che determini una risposta organica.
266 TRATTATO DI ALCHIMIA DELLE EMOZIONI – ALBEDO

Questo, certamente, non vuol dire che l’origine dei segnali, del pen-
siero e dei sogni sia all’interno del sistema di trasmissione dei dati anche
se ampiamente supposto. Sarebbe come affermare che l’energia elettrica
nasce nei fili o nell’interruttore di una lampada. È ovvio che lì si trova
elettricità, ma non per questo si suppone che il filo di rame sia l’origi-
ne del campo elettrico. La scienza ufficiale sostiene che il cervello sia la
sede delle emozioni, del pensiero logico ed analogico, il luogo in cui i no-
stri sogni vengono concepiti e dove risieda la memoria. Potrebbe essere
questo un errore permissibile, se si vuol continuare a considerare l’uomo
– ovvero ogni essere vivente – solamente in virtù delle parti anatomiche
di cui è composto. La mancanza di sistemi di analisi e di identificazione
nelle forme viventi di campi e strutture energetiche, in passato, ha porta-
to a queste errate conclusioni. Ma, se ricordiamo il fatto che ogni massa
Di

è allo stesso tempo energia, non possiamo non considerare tutta quella
anaE

parte mai esplorata dalla biologia che costituisce il campo energetico del
vivente. È qui, in questo campo relativistico e allo stesso tempo quantico
len

esistente attorno a tutta la materia animata, che veramente ha sede la vita


aOM

con tutte le funzioni superiori e nobili proprie di ciascun essere vivente.


La memoria, il pensiero, il desiderio, il sogno e le emozioni non risiedono
EDIZ

certamente nel cervello ma, se le vogliamo cercare, sicuramente le vedre-


mo “passare” attraverso il cervello. Non è mai stato individuato un locus
anatomico sede di queste funzioni, tutto si è sempre basato su suppo-
ONI I

sizioni proposte per spiegare l’inspiegabile. Come già detto in preceden-


za, fino a che la fisica non verrà riunita al campo di studio della chimica,
SN

non ci potrà essere vera conoscenza. È fondamentale conoscere le pro-


C

prietà fisiche, energetiche e vibrazionali di una massa, il suo dinamismo,


11/2

non solamente la sua struttura materiale. Solo in questo modo è possibile


comprendere la vita, la salute, le scelte, i sogni, le sfide, le malattie.
2022 4/

A questo punto possiamo affermare anche che la struttura del DNA è


inerte, al pari di un cervello privato della forza vitale – vibrazionale – che
12

vivifica (anima) tutti i corpi animati. Il DNA infatti, se non sottoposto ai


:34

comandi di controllo cellulari, si comporta al pari di un libro non letto:


:1

rimane silente, in attesa di essere aperto. Il suo potere, una volta aperto,
1 PM35
83
M EDI
enaO
IL DNA: LE DUE SERPENTI DEGLI ALCHIMISTI 267

reso disponibile, è però in grado di “spostare montagne” e “separare le

El
acque”. Per questo motivo le funzioni del DNA vengono dagli antichi

a
Dian
alchimisti sempre legate all’archetipo di Marte: la rappresentazione fisica
del potere dello Spirito di manipolare la materia a sua immagine e somi-
glianza. Questo è il potere dello Spirito, manifestato nella carne e reso
al servizio della vita in quanto esperienza terrena dell’energia. A questo
proposito recita la Tabula di Smeraldo di Ermete Trismegisto:

(…)
La sua forza o potenza è intera
se essa è convertita in terra.
(…)
È la forza forte di ogni forza:
perché vincerà ogni cosa sottile
e penetrerà ogni cosa solida.

È grazie alla forza dell’archetipo di Marte che l’energia si fa carne. Mar-


te è un archetipo androgino che, secondo l’Astrologia sumera, esprime
sia l’archetipo della forza rigeneratrice di Ariete che l’archetipo della forza
trasformatrice di Scorpione. In effetti, pensandoci bene, ci vuole molto
coraggio per “venire al mondo”: la nascita si risolve in un tuffo nell’igno-
to. Da una prima contrazione massima dell’energia spirituale all’interno
di una sola cellula, segue lo sviluppo fetale all’interno di un corpo “estra-
neo” (la madre). Dopo il parto, come se non bastasse, lo Spirito si scontra
con delle problematiche non da poco quali l’impossibilità di camminare,
parlare, vedere, farsi capire e comunicare nei primi mesi ed anni della vita.
Possiamo ben comprendere come senza l’archetipo di Marte, che stimola
all’azione, alla lotta e dona il coraggio per affrontare le sfide della vita,
tutto ciò sarebbe impossibile.
Marte ci dona il coraggio d’essere, la capacità di rischiare, trasformarci
e cambiare, agendo sia a livello energetico quanto a livello fisico. Anche
la più piccola cellula, senza l’energia archetipale di Marte, sarebbe priva di
potenziale energetico e di movimento, così tanto aperta alle interferenze
del mondo esterno da non poter costruire la sua propria individualità,
268 TRATTATO DI ALCHIMIA DELLE EMOZIONI – ALBEDO

dovendo così rinunciare alla vita. Non è un caso che ancor oggi si senta
affermare il concetto di “carenza marziale” per definire uno stato dell’in-
dividuo caratterizzato da una carenza di ferro. Questa a lungo andare
dà origine all’anemia, condizione caratterizzata da apatia, svogliatezza,
debolezza immunitaria, respiratoria e psichica e, in senso lato, energetica.

La base della Ferita di Tradimento è la decadenza dell’archetipo mar-


ziale. A causa infatti di un deficit di questo archetipo, possiamo trovar-
ci in una situazione in cui ci sentiamo “traditi”. Il verbo italiano tradire
viene dal latino tradĕre (composto di tra – “oltre” e dăre – “dare”), che
vuole dire propriamente “consegnare, affidare, trasmettere”. Da questo
significato originario è derivato il termine “tradizione”, che indica ap-
punto una trasmissione di conoscenze, sentimenti, valori.

In questo significato vediamo chiaramente l’importantissimo ruolo


del DNA, in quanto codice che trasmette le memorie familiari e di spe-
cie. Effettivamente, nel momento in cui “si incarna” nella cellula uovo
fecondata dallo spermatozoo (zigote), lo Spirito subìsce un “tradimen-
to”, etimologicamente nel senso che esso riceve, attraverso la materia cel-
lulare, in eredità una tradizione. In un’accezione più specifica, il verbo
latino poteva significare “consegnare al nemico” (la bandiera, una for-
tezza, una persona o altro che si sarebbe dovuto difendere), e di conse-
guenza “ingannare”. Dia naEaccezione
Questa lenaOM si è E
sviluppata
DIZIOnel NI latino
SNCcristia-
11/24/2022 12
no, a partire dall’interpretazione dell’atto di Giuda (la consegna di Gesù
alle guardie) come tradimento verso una figura che simboleggia amore,
e quindi come “tradimento d’amore”. Interpretazione che si è conserva-
ta fino a noi, che identifichiamo il tradimento con l’adulterio (o, più in
generale, con l’infedeltà amorosa), sebbene il gesto di Giuda possa essere
e sia stato interpretato anche in modo opposto, quale gesto d’amore che
permette il compiersi del destino del Figlio di Dio.
Questo è in effetti il fine ultimo di tutte le Ferite Emozionali di cui fac-
ciamo esperienza: portare a compimento il destino di un essere umano,
attraverso un percorso che sia da stimolo all’evoluzione personale e allo
sviluppo di un Talento che rappresenti il superamento della ferita stessa.
IL DNA: LE DUE SERPENTI DEGLI ALCHIMISTI 269

Il bambino, che riceve in eredità il DNA materno e paterno (la “tra-


dizione”) attraverso i gameti sessuali, inizia a percepire profondamente
le attenzioni concessegli, in particolare quelle rivolte dal genitore di ses-
so opposto: se maschio, percepirà la necessità dell’attenzione materna, se
femmina, quella da parte paterna. Questo è il normale bisogno di equi-
librio che ciascun essere vivente ha, intrinsecamente, sia a livello affettivo
caratteriale sia a livello cellulare, biologico.

Il DNA di un bambino, che è composto parimenti dal DNA del pa-


dre e dal DNA della madre, è naturalmente, dal punto di vista ormo-
nale, attratto dal DNA della madre; il contrario avviene esattamente
per la bambina, che sarà attratta dal DNA del padre. È una pura que-
stione ormonale, non certo derivante da un processo psichico cosciente!
D’altronde, non è forse dall’unione del DNA paterno e materno che l’in-
dividuo è stato generato? E non è forse vero che quella parte di DNA
paterno presente nella struttura cellulare del bambino è legato da emo-
zioni, sentimenti e sessualità alla madre? E non è la medesima cosa per la
bambina? Non sente forse nel suo DNA femminile la pulsione a cercare
il partner nel padre, quasi fosse un pezzo di sua madre dentro di lei?
Questo è naturale, biologicamente normale e inevitabile. Quando il
bambino comprende, però, che il suo amore e la sua attrazione nei con-
fronti del genitore di sesso opposto non possono essere corrisposti per
una serie di ovvi motivi, nasce il lui la Ferita di Tradimento.
Dia

Possiamo affermare che tale ferita, proprio per i fatti biologici sopra
citati, è praticamente ubiquitaria e si verifica in tutti gli esseri viventi,
na

a maggior ragione nell’essere umano che, prima di essere un organismo


E le

vivente pluricellulare, è un vero e proprio Spirito individualizzato e inti-


naO

mamente consapevole.
M

Per questo motivo, la Ferita di Tradimento è la prima ferita di cui


ED

l’umanità ha sofferto: Eva ha colto la mela, ha sperimentato il senso di


IZ

tradimento nei confronti del “padre” e, pur essendo consapevole della


IO

sua scelta dettata dal desiderio intrinseco della natura umana di cono-
N I

scere, se ne è vergognata.
SN
1 C
1 / 24
/2
270 TRATTATO DI ALCHIMIA DELLE EMOZIONI – ALBEDO

Fem.

SPIRITO

Masc.

Di
an
aE
Fuoco Ar–
SAL
SAL –ia

MERC. SULPHUR MERC.

SAL
–ra SAL
Acqua Ter–

Comunicazione Rna
355
358
M
1P
:1 271
FERITA DI TRADIMENTO – MARTE
4
12:3
Come già detto nella prima parte di questo libro, 2 non
2 è stato per il
0
gesto del cogliere la mela che Dio ha cacciato Adamo
/ 2 4/2 ed Eva dal Para-
diso, quanto per il fatto che, avendo scoperto
11 la prima Ferita Emozio-
nale umana – il tradimento – l’uomo
C
I SNè divenuto degno di essere crea-
tore e non solamente creatura! N l’uomo non avesse “tradito” la figura
OSe
Z I
DIuna delle qualsiasi creature del Paradiso.
del Padre, sarebbe rimasto
E
È molto interessante
M e simbolico il fatto che, a destare in Eva il deside-
O
l e na il frutto dell’Albero della Conoscenza del Bene e del
rio di conoscere
Male, siaE
i a na stato un serpente, attorcigliato ad un ramo dell’albero stesso,
animale
D simbolo millenario dell’eredità genetica, dell’elica del DNA e
dell’RNA messaggero. L’esperienza del frutto dell’Albero della Cono-
scenza del Bene e del Male ha portato l’uomo a conoscere il mondo del-
le emozioni, ed, inevitabilmente, delle Ferite Emotive (“il male”) e dei
conseguenti Talenti che da queste ferite emotive possono scaturire (“il
bene”). È tutto così interessante ed emozionante!

Il bambino, quindi, a causa delle attenzioni che riceve dal genitore


di sesso opposto, entra in antagonismo con il genitore dello stesso ses-
so, con il risultato che non può più identificarsi con lui nel processo di
sviluppo della personalità sessuale. Inizierà allora ad identificarsi pro-
prio con il genitore che è causa dei suoi problemi, diventando egli stesso
seduttivo nei suoi confronti. L’atteggiamento seduttivo – ovviamente
inconscio – del genitore nei confronti del bambino è molto pericoloso
perché induce il bambino a riprodurre un modello di crescita immatu-
ro. Ottenere ciò che si desidera attraverso la seduzione inibisce la pos-
sibilità di vivere relazioni autentiche, dove entrino in gioco emozioni e
spontaneità. Il bambino, allora, comincerà ad elaborare comportamen-
ti particolari rivolti alla seduzione del genitore di sesso opposto al suo.
Si costringerà ad essere perfetto, per accontentare sia il padre che la
madre, ma, in questa rincorsa senza fine alla perfezione, perderà di vista
i suoi autentici bisogni: il suo mondo emozionale, il suo “Sale”. La per-
dita del suo centro emotivo/sentimentale lo allontanerà gradualmente
dall’ascolto dei suoi bisogni interiori, innescando un inesorabile processo
di perdita d’identità.
272 TRATTATO DI ALCHIMIA DELLE EMOZIONI – ALBEDO

Ecco sorgere il vero tradimento: l’essere incarnato che inizia ad allon-


tanarsi dalla sua natura spirituale, per acquisire una natura prettamente
carnale, dettata dagli impulsi inconsci e seducenti che hanno origine dalle
pulsioni ormonali originate dal DNA. Il bambino tradisce letteralmente
il suo essere, i suoi bisogni, i suoi progetti interiori, i suoi propositi, le
sue aspirazioni. Inizia ad essere ciò che egli intimamente non è, potendo
anche perdere coerenza tra energia e materia, tra corpo e Spirito. L’anima
quindi inizia a soffrire, ed ecco che l’archetipo di Marte cerca in tutti i
modi di riproporre la condizione iniziale attraverso febbri, malattie infet-
Dia
naE
tive, infiammazioni. Il sistema immunitario, in parte mosso dall’archeti-
lena
po marziale, tenta in tutti i modi di difendere il self, l’Io vero dall’Ego
EDI
OM
costruito dalla mente e dagli impulsi dettati geneticamente. Tipica è la
ZIO
NI S
febbre del bambino, che insorge dopo eventi in cui ha perso una parte
NC1
della propria identità ed ha dovuto cedere alle convenzioni sociali zitten-
1/24
/202
do la voce del suo Io.
2 12
11 P D’altro lato, piuttosto che subìre passivamente tale situazione, può
:34:
M35 diventare prepotente, arrogante ed iniziare a competere con il genitore
835 dello stesso sesso che vede oramai letteralmente come un ostacolo. Tutto
ciò può portare a ritenere un suo diritto dominare gli altri, come un pic-
colo despota a cui tutto è dovuto.
Questi due tratti della struttura caratteriale della Ferita di Tradimen-
to, seduzione e prepotenza, possono essere presenti nella stessa perso-
na, oppure uno può prevalere nettamente sull’altro e determinare il suo
comportamento abituale.

CARATTERI FISICI

Colui che ha subìto una Ferita di Tradimento tende a sviluppare un


corpo forte e possente: sarà questa la sua corazza per attutire i colpi di
tradimenti futuri, per proteggersi da eventuali altre aggressioni. Nell’uo-
mo è tipica la forma a “mela”: spalle larghe, vita stretta, petto in fuori e
possente a mostrare la forza.
FERITA DI TRADIMENTO – MARTE 273

Qualora dovesse prendere peso, lo fa aumentando la massa muscolare,


divenendo un uomo grosso e sodo, dall’addome prominente ma teso,
non flaccido. La pancia, in questo frangente, mostra la forza, la capacità
di assorbire colpi “bassi” anche se improvvisi.
Nella donna, gli archetipi fisici si invertono: mostrerà spalle strette e
vita allargata con le anche prominenti che mostrano la forza riproduttiva,
che per la donna rappresenta vanto e potere. Prendendo peso, mostrerà
anche sempre più larghe, acquisendo la tipica forma “a pera”.

Sono persone molto fisiche, atletiche, dallo sguardo seducente e vivo.


L’intensità del loro sguardo è sempre volta alla seduzione, con la quale
tentano di conquistare il mondo. Gli occhi trasmettono una grande pro-
fondità d’animo, quasi a stregare chi li guarda. La vivacità che il loro corpo
intero trasmette è quasi contagiosa, manifestando così un grande carisma
“a fior di pelle”. Sono persone forti, che cercano la forza e la mostrano
facilmente; hanno una massa muscolare sviluppata, tonica, sempre pron-
ta all’azione, asciutta ed efficiente. Rappresentano, in stato di equilibrio,
DianaE

l’archetipo del macho per l’uomo, e l’archetipo della civetta per la donna.
L’aspetto seduttivo, in questi soggetti, è tanto evidente quanto ostentato.
lenaOM

CARATTERI PSICHICI
EDIZIO

Nel glifo di Marte osserviamo che il pianeta è figurato da una freccia


che parte da un cerchio, anche se spesso nell’antichità era raffigurato da
una croce posta sopra ad un cerchio, ovvero l’esatto contrario del glifo
NI SNC

di Venere. Il suo simbolismo rappresenta la forza propulsiva della ma-


teria che si eleva sopra lo Spirito. In questo glifo la potenza della vita si
esteriorizza, seguendo la direzione simbolica dell’ardore e dell’ambizione.
11/24/2

Questo è il lato positivo di questo archetipo.

Ma la Ferita di Marte quale lato negativo fa emergere? Aggressività,


intolleranza, desiderio di prevalere, bisogno di controllare e possedere.
022 12
:34:
274 TRATTATO DI ALCHIMIA DELLE EMOZIONI – ALBEDO

Colui che subìsce la Ferita di Tradimento, infatti, impone il suo giudizio,


è categorico, non tollera di essere contraddetto e, di conseguenza, il con-
fronto diventa scontro, domina con la sua aggressività, non delega e non
si fida di nessuno (in quanto è stato tradito). Questi soggetti cercano la
forza, il potere e il dominio a tutti i costi: l’essere centrali e importanti è
per loro un imperativo. La loro più grande aspettativa è il poter control-
lare tutto e tutti.
È interessante il fatto che egli non percepisca la sua aggressività; ritiene
normalissime le sue manifestazioni in tal senso e questo perché vive con
un tale stress il blocco delle sue emozioni che le manifestazioni aggressive
gli sembrano un diritto inalienabile. Diviene collerico per poco, sfogan-
do la sua rabbia e repressione addosso agli altri con una forza impetuosa.
Manca di pazienza, tolleranza e il suo operare è tanto perfetto quanto
quello degli altri è, al contrario, imperfetto. Troverà sempre una scusa
o un dettaglio per rimarcare la sua perfezione agli altri. In effetti, nono-
stante che il suo operato rasenti la perfezione (è un controllore, niente gli
sfugge) nella sua perfezione si trova proprio la sua imperfezione!
Dian

Il ferito di tradimento ha in generale una vita stressante; pensa di non


aEle

poter mai perdere tempo, quindi se lavora non mangia, o mangia in fret-
ta, o addirittura si “dimentica” di mangiare, poiché egli deve sempre di-
naO

mostrare la sua forza, le sue performance e il suo potere per sedurre ed


apparire il migliore. Per questo motivo, l’apparato digerente sarà sempre
ME

uno dei suoi punti deboli: ha spesso problemi allo stomaco ed il fegato
intossicato da rabbia, rancori, cattiva alimentazione e bevande alcoliche
DIZ

che consuma – da adulto – per tenere apparentemente a bada la sua rab-


IO

bia e i suoi impulsi.


NI S

La maschera che indosserà, per non dover più soffrire la Ferita di Tra-
NC1

dimento, è quella del controllore, anche se, di contro, odia essere control-
lato e sorvegliato. Questa maschera lo costringe ad essere ineccepibile, a
1/24

difendere rigidamente la sua immagine e la sua reputazione. Mantiene


la parola data a tutti i costi e ama dirigere gli altri. Tutto ciò, a discapito
/
202

della sua tranquillità interiore: gli è causa di grande stress.


2
12:3
4:1
FERITA DI TRADIMENTO – MARTE 275

Il controllore cerca di prevedere tutto, quindi programma molto,


cerca il modo affinché nulla sfugga al suo controllo, pianificando ogni
cosa. E pensare che tutto questo accade semplicemente perché gli sono
stati negati i suoi reali bisogni, ovvero non li conosce, ed è costretto a
mantenere in vita un’immagine di sé che non esiste: questo sforzo gli
costa tantissimo.

SQUILIBRIO FISICO

Il controllore può anche essere molto bravo ed efficiente nel suo la-
voro, ma è consumato dallo stress e la sua vita è una rincorsa costante
verso la perfezione.
Soffre di agorafobia; ha paura della stessa folla e di perdere il suo “con-
trollo” in mezzo agli altri, in quanto le situazioni caotiche e sociali gli
impediscono di avere totale controllo della situazione.
Spesso lamenta problemi alle ginocchia, per mancanza di flessibilità e
grande rabbia trattenuta. Le ginocchia rappresentano lo snodo articolare
attraverso cui ci genuflettiamo per “chiedere perdono”. Mai e poi mai
egli accetterà di aver sbagliato e chiederà scusa.
A causa della sua rigidità e tensione rischia anche la perdita di control-
Dian

lo di alcune parti del corpo (paresi o addirittura paralisi) poiché tanto


cerca il controllo, quanto altrettanto facilmente può perderlo. È spesso
aEle

soggetto ad infiammazioni, particolarmente legate al concetto etimolo-


gico del termine inflammo, prendere fuoco. Tanto si “scalda” al suo in-
naOM

terno da non riuscire ad esternare tutte le sue frustrazioni, arrivando a


manifestare questo calore in vari distretti corporei. Le aree del corpo più
colpite saranno le vie respiratorie, il timo (quale organo immunitario) e,
EDIZ

quindi, tutto il sistema di difesa corporeo, il cuore e il sistema circolato-


rio, la gola e la tiroide.
IONI

La maggior parte delle patologie di cui soffrirà saranno caratterizza-


te dalla connotazione “–ite”, infiammazioni acute e molto reattive, che
SNC

facilmente cronicizzeranno nel tempo per divenire “–osi”.


11/2
4/2
276 TRATTATO DI ALCHIMIA DELLE EMOZIONI – ALBEDO

Facilmente, infatti, una patologia infiammatoria acuta in colui che


indossa la maschera del controllore diverrà cronica: la sua indole a “non
mollare mai” favorirà questo processo.

Il controllore cerca il potere, il controllo, la previsione, l’autorità e di


godere di buona reputazione. Teme, altresì, la dissociazione, il cambia-
mento, la separazione, in quanto intimamente ciò che cerca è la fusione
sessuale con il suo opposto, con ciò che lo completa. Le catene del DNA
non possono separarsi: lo Spirito e la materia non possono esistere sepa-
rati, maschile e femminile devono unirsi, l’energia deve essere associata
alla massa affinché la vita esista.

È importante sottolineare che spesso, alla base di una Ferita di Tradi-


mento, si nasconde una pregressa o concomitante Ferita di Abbandono:
il tradito sperimenta la dissociazione e in questo stato di solitudine vive
l’abbandono, la cui paura può indurlo ad assumere atteggiamenti con-
trollori poiché, spesso, al tradimento segue l’abbandono e all’abbandono
la sensazione di essere stati traditi. Marte e Venere, gli archetipi rispettiva-
mente di tradimento e abbandono, rappresentano infatti – anche sotto
forma di glifi – il simbolo dell’unione sessuale, molecolare e
genetica: il maschile che si fonde
con il femminile.
Di
277

Dian
aE len
aOM
ED
FERITA DI TRADIMENTO – MARTE

IZI ON
I SNC
11 / 2 4 /20 22
12 : 3 4 :11 PM
35 83
55
Dia
na
278 Ele
TRATTATO DI ALCHIMIA DELLE EMOZIONI – ALBEDO
na
OM
ED
IZI
ON
IS
NC
11
/24
/20
22
12
:3
D ianaE
279

lenaOM
IL TALENTO DI MARTE
LA COMPRENSIONE

EDIZIO
NI SNC
Qual è il talento che può permettere di superare la Ferita di Tradi-
mento? La Comprensione, dal latino cum–prehendere, ovvero prendere

11/24/2
insieme, contenere, includere, unire, abbracciare.
Nella parola comprensione c’è tutto il dramma della Ferita di Tradi-
mento. La comprensione si realizza davvero quando la tensione si allenta,

02
quando si molla la presa, quando si smette di tendere la corda; quando il
Sale connette e unisce lo Zolfo e il Mercurio, quando la persona riesce a

2 12:34
vivere il ritmo delle sue emozioni, quando il termine “controllo” perde di
significato e allora, si è davvero.
Chi conosce la verità sa di non sapere, quindi è aperto a qualsiasi espe-

:11 PM3
rienza e tutto diviene parte della vita. Non esiste il tradimento, esiste solo
l’esperienza della vita pura e semplice.

La vita non tradisce mai, piuttosto siamo noi a tradire noi stessi, dan- 58355
do retta agli schemi della nostra mente, non comprendendo il senso del
tutto, focalizzandoci solamente su noi stessi, sulle ristrettezze delle appa-
renti difficoltà legate in realtà ai nostri bisogni non soddisfatti. Quando
la comprensione inizia a fare parte della nostra vita, la tensione si allenta,
i rancori si dissolvono, rilassando il corpo, la mente e lo Spirito.
Entrare a far parte dei moti dell’Universo con consapevolezza, capen-
do il senso universale delle cose e degli avvenimenti, questo è comprende-
re davvero. Con chi e da chi posso sentirmi tradito se comprendo il flusso
delle cose? Chi posso tradire se ascolto il mio maestro interiore e vivo in
buona fede, rispettoso di non nuocere, secondo la voce del mio Spirito?

Homines disputant, natura agit.


Di
an
aE
280 TRATTATO DI ALCHIMIA DELLE EMOZIONI – ALBEDO

l
en Come già visto, il percorso del risveglio dei Talenti e della guarigione
aO
delle Ferite Emozionali è simile ad una scala, una “salita al calvario” se-
M
guendo i capitelli della Via Crucis. Le varie stazioni rappresentano le
ED
tappe da perseguire per raggiungere la pienezza espressiva del proprio
IZ
IO
Spirito in terra, nella carne.
NI
SN
Così come è in alto, così è in basso. A partire dagli archetipi planetari,
C1
il percorso si snoda seguendo il flusso di un cammino che parte dal Sole
1 /2
e termina con Saturno. Sole, Mercurio, Venere, Marte, Giove e Saturno;
4
/2
come questi stessi pianeti si trovano in sequenza a partire dal centro del
022
sistema solare, così gli archetipi emergono in noi a partire dal nostro cen-
12
tro, il Sale/Sole che è rappresentato dal nostro Cuore.
:3
4:
La Ferita di Tradimento e il suo complementare Talento – la com-
11

prensione – non possono manifestarsi se non successivamente alle altre


PM

ferite precedenti, rifiuto ed abbandono, che sono relative rispettivamente


35

agli archetipi di Mercurio e di Venere. Il tradimento presuppone già una


83
55
relazione, un’accettazione di convivenza ed una certa dipendenza. Diffi-
cilmente mi sentirò tradito se non dipendo da alcuno; difficilmente riu-
scirò a sviluppare la comprensione se non ho la capacità di essere connes-
so e non sono ancora pienamente incarnato e radicato dentro me stesso.

Spesso nell’atto di perdonare e comprendere gli altri rischiamo di


mentire a noi stessi, auto convincendoci di averlo fatto, quando in realtà
dentro di noi il trauma non è risolto. Se non abbiamo sviluppato solide
radici in noi stessi, in quanto esseri spirituali incarnati (il superamento
della Ferita di Rifiuto) e non siamo riusciti a percepire e vivere la con-
nessione con la Madre Terra e con la vita che si esprime attraverso di noi
(il superamento della Ferita di Abbandono) sarà pressoché impossibile
“comprendere” davvero.

Cum prendere significa abbracciare, contenere: sarà mai possibile per


un albero senza radici, non connesso alla terra, poter ospitare la vita, dare
frutti, essere un rifugio per gli animali del bosco ed un nido per gli uccelli?
IL TALENTO DI MARTE: LA COMPRENSIONE 281

Potrà mai un albero, così solidamente connesso alla terra, non com-
prendere la perfezione del creato e giudicare come tradimento il vento
d’autunno che, inesorabilmente, ne disperde le foglie, la tempesta che ne
spezza i rami e tutti gli altri esseri viventi che utilizzano la sua struttura
come tana? La natura non giudica,
la natura agisce.
a n
Ele a n
Dia
282 TRATTATO DI ALCHIMIA DELLE EMOZIONI – ALBEDO

Dia
naE
len
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DIZ
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IS
NC
11/
24/
202
21
2:3
4:1
1P
M3
583
283

FERITA DI INGIUSTIZIA
GIOVE
NC1

ARCHETIPO Giove
I S
ON

Ingiustizia
Rancore
ZI

Scelta
DI

PAROLE CHIAVE
Giudizio
M E

Rigidità
aO len

SCHEMA CARATTERIALE Il Rigido


a E

Braccio e mano sinistra


n Dia

Collo e muscolatura
Gola
PORZIONE DEL CORPO, Occhi
LATERALITÀ Naso
Orecchie
Vie ORL
Ghiandola pineale
Emisferi cerebrali

CHAKRA V
CORRISPONDENTE VI
naO
aEle
284 TRATTATO DI ALCHIMIA DELLE EMOZIONI – ALBEDO

Dian
L’archetipo di Giove è pervaso da un grande idealismo; è la meta che
ci spinge a viaggiare nella vita, è l’ideale che muove energia, massa, spazio
e tempo. Rappresenta, in sintesi, la consapevolezza del senso del nostro
viaggio terreno, il perché della nostra vita. Senza questo archetipo, tutto
in noi risulta vuoto e privo di ideali, senza un senso.
Giove è un archetipo che, astrologicamente parlando, regge il segno di
28
Sagittario, rappresentato dal centauro che scocca la freccia, e il segno di
Pesci, rappresentato da due pesci tra loro legati attraverso un filo. Appa-
rentemente così diversi, il Sagittario segno di Fuoco, Pesci segno di Ac-
qua, sono accomunati da un sentimento fondamentale: la fede.

La fede, dal latino fides, derivante dal greco peith persuadere, fidarsi e
ancora da fid legare. Per questo motivo la parola fides indicava anche la
corda di uno strumento musicale. Altra etimologia alternativa riferisce fi-
des alla radice sanscrita che significa osservare, conoscere, sapere. Rappre-
senta, nel mondo antico, la virtù che consiste nel mantenere la promessa,
osservare i fatti, adempiere esattamente ai propri obblighi.
Sagittario, archetipo degli ideali interiori più intimi dell’essere; Pesci,
che rappresenta gli ideali più profondi dello spirito. I due si integrano nel
corpo per far sì che l’energia incarnata possa esprimersi nella carne secon-
do le sue aspirazioni, i suoi sogni e le sue necessità evolutive.
Giove è da sempre rappresentato, in quanto pianeta più grande di
tutto il sistema solare, come l’archetipo del Re, del sovrano, di colui che
conosce le leggi, sia superiori (celesti) che inferiori (terrene) e per que-
sto motivo è posto a capo delle altre divinità. In terra, rappresenta la no-
stra capacità di seguire le leggi della nostra coscienza e del nostro spirito,
adeguandosi anche alle regole terrene della convivenza sociale, politica e
dell’ecosistema intero.
Il fatto curioso che la figura di Gesù sia stata spesso identificata con
29
il “Re–pescatore” pone l’accento sulla necessità di riunire, in un’unica

28 Il centauro è una creatura mitologica, metà uomo e metà cavallo. La sua particolarità è che possedeva tutti
i pregi e tutti i difetti del genere umano, portati però a livelli elevatissimi, tanto che nella mitologia gli sono stati
riservati ruoli completamente contrastanti: dall’estrema saggezza all’incredibile crudeltà.
29 Nella simbologia cristiana, il pesce simboleggia Cristo; i primi apostoli furono “pescatori di uomini”.
FERITA DI INGIUSTIZIA – GIOVE 285

figura, il potere temporale regale, dettato dalla profonda conoscenza del-


le regole sociali, al potere spirituale (pesci – pescatore), che trae la sua ori-
gine nella consapevolezza della natura energetica vibrazionale di tutte le
forme viventi. Giove rappresenta pienamente il famoso detto Kantiano

Di
a
Il cielo stellato sopra di me

na
e la legge morale dentro di me.

El
n e
aO
Secondo la regola ermetica del “Come è in alto, così è in basso”, nel

M
mondo atomico l’atomo diviene altamente instabile se l’elettrone si

ED
espande allontanandosi troppo dal nucleo; allo stesso modo tenderà ad

IZI
implodere se il protone si contrae troppo nel nucleo.

O
NI
La personalità gioviana tende a non considerarsi del tutto umana: si

S
sente, infatti, un po’ investito dal potere di un dio e non tiene conto dei

N C
limiti della massa. Giove, in effetti, non aveva limiti: poteva trasformarsi
1
1
in pianta o animale, mutando la sua forma a piacimento. Nella dimen-
/2
4

sione terrena, però, Giove è soggetto a dei limiti: una cosa è lo Spirito,
20 /

altra è il corpo!
2 2
12

L’archetipo di Giove è caratterizzato da un grande senso di giustizia,


3 :
4:

in quanto rappresenta la legge al di sopra della mente umana, scevro dal


1 1

giudizio di bene e male; esso si rivolge invece ad un “bene” necessario in


PM

senso assoluto ed evolutivamente proiettato nella crescita.


35
83

Chi ha subìto una Ferita di Ingiustizia, invero, in quanto dipenden-


55

te dal giudizio, non sa scegliere: vuole fare tutto e non accetta di dover
fare prima una cosa e poi l’altra, producendo in questo modo un grande
caos. Questa persona pretende molto da se stessa, fino al punto da
esaurirsi e “bruciarsi”, come un gas che si infiamma e poi esplode. Tan-
to dà sempre il meglio di sé, quanto gli altri si aspettano molto da lui.
Considerazioni quali: “hai sempre preso trenta come mai questa volta hai
preso venti?” sono molto frequenti nella personalità del ferito da ingiu-
stizia. Egli dà sempre il meglio e non sopporta che questa posizione non
gli venga riconosciuta.
286 TRATTATO DI ALCHIMIA DELLE EMOZIONI – ALBEDO

CARATTERI FISICI

La persona colpita dalla Ferita di Ingiustizia è caratterizzata da un cor-


po dritto e rigido, spalle larghe a T (non larghe, possenti e forti come per
il controllore).
DianÈ fisicamente ben proporzionato, la vita piccola, stretta ed
a e cintura.
esaltata dagli abitiEoldalla
naOM
Tende ad assumere il portamento EDIZclassico del “militare”: petto in
IONI
fuori, pancia in dentro. La mascella è serrata, rigidamente
SNC chiusa, il col-
11/2 cervicali.
lo rigido e, spesso, bloccato da tensioni muscolo scheletriche 4/20
Ha un portamento dritto e fiero, uno sguardo luminoso e vivace, chiaro,
22 12:3
4:11
limpido come gli ideali che cerca di far valere nella vita. Di sovente incro-
cia le braccia, e in questo atteggiamento costruisce una corazza di rigidità
ben visibile nel corpo e nelle movenze. La muscolatura di tutto il corpo
è proporzionata, tonica, ben visibile attraverso il sottile strato di pelle
quasi mai infiltrato di adipe. Tende infatti, più che ad ingrassare (con-
dizione di cui ha particolarmente “paura”, in quanto vive molto l’ideale
della forma) a dimagrire rinsecchendosi.

CARATTERI PSICHICI

La personalità rigida non si rilassa mai, pena il sentirsi colpevole. Non


compra nulla per “sfizio” ma solo se gli serve. Da piccolo gli hanno più
volte fatto notare che chi non fa qualcosa non è nel giusto, pertanto lui è
sempre operativo e, quando giustamente si riposa, si giustifica trovando
mille scuse per non sentirsi in colpa. Potrà quindi sopraggiungere una
febbre che giustifica il suo riposo: se sta male, almeno, si sente scusato.
Si sente così colpevole se gli altri lavorano e lui no, anche se quello è il
suo giorno di ferie, da non riuscire a smettere di lavorare. Esagera sempre,
si incolpa, si vergogna e alla fine si esaurisce poiché non chiede mai aiuto.
È la classica persona che va dal medico solo se si trova già in uno stato di
debilitazione tale da impedirgli di lavorare e stare letteralmente in piedi.
FERITA DI INGIUSTIZIA – GIOVE 287

È una specie di soldatino, costantemente in lotta con qualcuno,


D

rigido, efficiente, sempre in prima linea. Si giustifica frequentemente e


ian

preferisce andare a sbattere contro un muro piuttosto che ammettere di


aE

doversi fermare.
lenaOM

La Ferita di Ingiustizia rappresenta una chiave di volta dell’evoluzio-


ne sociale in particolare occidentale, in quanto da millenni impregna
in forma virale l’umanità. È una delle ferite, infatti, risalenti al “peccato
E D

originale” biblico. Essa origina dall’ingiustizia subìta da Adamo ed Eva


IZIO

dal “padre”, che li ha cacciati, secondo la tradizione biblica, dal Paradiso.


N

La Ferita di Ingiustizia rappresenta inoltre la ferita subìta dal centauro


Chirone, un semidio con il corpo di cavallo e il busto di uomo.
Chirone, personaggio della mitologia greca, era un centauro figlio di
Filira (Tiglio in greco) e del Titano Crono; quest’ultimo, per sedurre Fi-
lira si trasformò in cavallo. Ciò spiega la sua immortalità (figlio di Cro-
no) ed il fatto che avesse appunto l’aspetto di un centauro, metà uomo e
metà cavallo. Considerato il più saggio e benevolo dei centauri, esperto
nelle arti, nelle scienze ed in medicina, ebbe per allievi numerosi eroi della
mitologia greca.

A differenza degli altri centauri, Chirone si distingueva per la grande


bontà d’animo, per la saggezza, per la conoscenza delle scienze, in partico-
lare quella medica. Fu, pertanto, considerato il capostipite di quell’Arte
in quanto maestro di colui che la mitologia greca considerava il dio della
medicina Asclepio. Quando Eracle (per i romani Ercole) venne a con-
trasto con i Centauri, dopo averne uccisi alcuni, i superstiti si rifugiaro-
no presso la grotta dove viveva Chirone, che peraltro era amico dell’eroe.
Nel corso della battaglia una freccia intrisa del veleno dell’Idra di Lerna,
scagliata da Eracle, colpì ingiustamente Chirone ferendolo. Nonostante
le incredibili conoscenze mediche del centauro, il veleno dell’Idra non
permetteva di guarire la piaga. Chirone, in quanto figlio di Crono, non
poteva morire. Non potendo sopportare un’esistenza di dolore, Chirone
chiese aiuto a Prometeo.
288 TRATTATO DI ALCHIMIA DELLE EMOZIONI – ALBEDO

Questi, mortale, condannato per aver rubato il fuoco agli Dei, cedette al
centauro il proprio diritto a morire. Così Chirone passò a miglior vita.
Zeus, commosso, lo trasformò nella costellazione del Sagittario. Chirone
è infatti spesso rappresentato come un centauro che scaglia una freccia
dal suo arco, che è il glifo del segno di Sagittario.

La freccia rappresenta la conoscenza, la filosofia, lo slancio dello spiri-


to umano verso l’ignoto per migliorarsi, crescere, apprendere, e allo stes-
so tempo la critica, il giudizio, scagliato come una freccia avvelenata con-
tro qualcuno. La più grande sfida, infatti, per colui che ha subìto una
Ferita di Ingiustizia, è non giudicare.
Il giudizio nasce dall’ignoranza, è una specie di difesa che utilizziamo
inconsciamente per proteggere le nostre esili verità che vacillano al con-
tatto con il prossimo. Solamente quando si è “centrati” nella nostra veri-
tà il giudizio cessa, e la comprensione dell’altro lascia spazio al sentimento
della “fede”, che rappresenta la facoltà di percepire tutto come collegato,
parte di un processo infinito e perfetto come è la vita.

Quando siamo nella nostra verità personale, che è una fonte inesauri-
bile di conoscenza e coscienza che proviene direttamente dal nostro Spiri-
to, allora il giudizio diviene superfluo. La conoscenza di sé è alla base del
non giudizio, così come la comprensione piena della nostra verità interio-
re: il senso del tutto inizia a svelarsi solamente quando apprendiamo il
senso di noi stessi, nei confronti del tutto.
Colui che indossa la maschera del rigido è dotato di una grande sen-
sibilità, ma appare freddo e insensibile poiché tiene questa caratteristica
ben nascosta. Non sentendosi apprezzato per ciò che è, e per il suo valore,
crede di non essere rispettato e di non ricevere quanto si merita. an
Di
aE
len
Il concetto di merito riveste in lui un ruolo fondamentale: crede fer-
aO
mamente nella meritocrazia a tal punto da considerare degno di essere
M
ED
solamente chi fa qualcosa di concreto. In tal senso, egli stesso diviene vit-
IZI
tima delle sue convinzioni incolpandosi nel momento in cui sente di non
ON
aver fatto abbastanza.
IS
NC
11
/24
/20
22
1
FERITA DI INGIUSTIZIA – GIOVE 289

Cerca la giustizia e l’esattezza a tutti i costi, manifestando un perfe-


zionismo che rasenta la paranoia, arrivando anche a provare invidia per
coloro che, pur facendo “poco” (secondo la loro visione), ottengono
molto, secondo lui non meritandoselo. Si sente apprezzato più per ciò
l che fa che per ciò che è, per questo è una persona molto efficace, che, po-
tenzialmente, può riuscire in tutto. È un grande ottimista che non chie-
E
na
Dia de mai aiuto, anche se in evidente difficoltà, e risponde dicendo sempre
“non c’è problema, ce la faccio”, mostrandosi impassibile, emozional-
mente calmo anche nelle avversità più buie. Chi soffre di questa ferita
è un grande idealista: preferisce aiutare che essere aiutato, non sopporta
di essere favorito, non crede nella fortuna e rifiuta i regali, difende i più
deboli e può essere un grande benefattore dell’umanità. Queste qualità
lo rendono molto simile alla figura del centauro Chirone.

Egli cerca la rettificazione a tutti i costi e pretende che tutto sia perfet-
to, nei limiti, nei valori. Teme l’autorità, non tanto per la freddezza che
questa comporta quanto per il fatto che l’autorità “ha sempre ragione”, e
lui, la ragione, non vuole perderla. In questo senso potrà sentirsi spesso
inquisito, giudicato e ingiustamente condannato dall’autorità.
È talmente legato all’idea di meritocrazia da non riuscire nemmeno a
ricevere un regalo o una promozione senza pensare se lo merita o meno.
Addirittura, inconsciamente, può mettere in atto degli atteggiamenti che
lo portano a perdere ciò che ha acquisito o ricevuto in quanto percepisce
il non merito. In questo senso si rivela un “estremista paranoico”, dato
che il suo linguaggio contempla spesso termini quali “sempre” o “mai”, e
i suoi aggettivi sono sempre superlativi o peggiorativi. Tutto per lui può
essere buonissimo, perfetto, ottimo o al contrario pessimo e cattivissimo.

Ha tanta paura di sbagliare quanta è la sua voglia di perfezione: vivrà


tutto come una gara, una sfida, in cui l’unico concorrente è sempre lui
stesso. Pretende troppo da se stesso fino a sfibrarsi, non concedendosi
le debolezze “umane” e ricercando sempre di vestire l’ideale del super
uomo, rifiutando categoricamente il solo pensiero di avere qualcosa da
risolvere in lui.
290 TRATTATO DI ALCHIMIA DELLE EMOZIONI – ALBEDO

La sua più grande fatica si risolve nello scegliere: ciò che è giusto e
ciò che non lo è sempre con la paura di sbagliare e di essere, per questo,
rinfacciato.
Vive in tensione costante, non si rilassa mai, dà sempre il suo meglio
pretendendolo anche dagli altri; questi, a loro volta, pretendono sempre
il meglio da lui, entrando quindi nel circolo vizioso dello stress; si sente
colpevole nel momento in cui si rilassa o deve fermarsi per cause esterne.
Molto spesso, questo soggetto rigido non accetterà nemmeno la malat-
tia, andando contro i limiti del suo corpo.

La sua paura più grande è la freddezza, la mancanza di calore, la cadu-


ta degli ideali di umanità e bontà: se una cosa è rigida diventa resistente,
se una cosa è morbida, conduce. Un genitore, ad esempio, che cerca di
essere buono ma si sente dire dal figlio che è cattivo, può provare una
profonda ferita, perché Giove rappresenta l’archetipo del padre buono
(in negativo, può rappresentare invece l’archetipo del padre cattivo).

SQUILIBRIO FISICO

Di carattere rigido, è sempre teso e soffre di grande stress, perché, nel


corso della sua vita, a causa della ferita aperta, esaurisce l’elemento Acqua,
che rappresenta l’emozionalità, la capacità di essere flessibile e la fede nel
mondo. Si surriscalda facilmente e cede così alla collera: contro il mondo
prima, contro se stesso poi, perchè capisce che è lui che sbaglia, ma se la
prende ugualmente con gli altri perché ha estremo bisogno di sfogarsi e
di trovare un capro espiatorio.
La rigidità gli provoca costanti problemi alla schiena, al collo e a tutte
le articolazioni del corpo: tipico è il cosiddetto “colpo della strega”, il tor-
l E cicollo, la sciatalgia, la lombalgia e un po’ tutte le forme che si manife-
na a stano come “–ite”, similmente alla Ferita di Tradimento, con un accento
Di più marcato però alle articolazioni, in quanto rappresentano gli snodi
che forniscono all’uomo mobilità e fluidità.
FERITA DI INGIUSTIZIA – GIOVE 291

In generale le problematiche infiammatorie possono originare o da


una Ferita di Tradimento (archetipo del Fuoco di Marte) o da una Fe-
rita di Ingiustizia (archetipo del Fuoco di Giove) in quanto di per sé il
termine “infiammazione” ricorda la partecipazione dell’elemento Fuoco.
Il carattere rigido potrà soffrire di problemi respiratori (in particolare
alle vie ORL, orecchie, occhi, naso), crampi, contratture, problemi di cir-
colazione (la mancanza di elemento Acqua rinsecca i fluidi).
La stipsi sarà uno dei suoi problemi principali: in parte causata dalla
secchezza, che determina una diminuita idratazione delle feci all’interno
del canale digerente, in parte a causa di una rigidità spastico–nervosa nel-
la progressione del contenuto intestinale.
Può manifestare disturbi cutanei, in particolare eczemi secchi, pso-
riasi, particolarmente pruriginosi e caldi. Il calore represso e l’attrito dato
1
dalla tensione interiore, infatti, affiora in superficie: la pelle stessa mani-
4 / 2 022
festa la sua soffocata emozionalità interiore.
C 11/2
N I SN
I O
E DIZquanto
È risaputo nella visione psicosomatica della medicina la pelle
manifesti lo stato del sistema nervoso e quanto M
E l e naO gran parte della tensione
psichica si manifesti attraverso a È, inoltre, una realtà embriologica
ialanpelle.
D
il fatto che pelle e sistema nervoso provengano dallo stesso strato ger-
minativo di cellule (ectoderma): il legame è praticamente ovvio. Ciò che
viviamo a livello nervoso si manifesta facilmente nella pelle, e ciò che vi-
viamo sulla pelle ci condiziona molto a livello nervoso–neurovegetativo.

L’archetipo di Giove, come anche quello di Marte, è legato al fegato.


Marte si relaziona principalmente con la funzione immunitaria e dige-
stiva di quest’organo: la produzione di proteine legate alla risposta im-
munitaria e alla fase di reazione, la sintesi di molecole capaci di indurre
infiammazione e febbre e infine la produzione e l’escrezione di bile ai
fini digestivi. Giove rappresenta il filtro: in quanto “sovrano” e pertanto
dotato di un potere decisionale “illuminato”, separa ciò che serve da ciò
che non serve. Il suo archetipo si “incarna” nella funzione discriminativa
della cellula epatica (epatocita), preoccupandosi di mantenere il sangue
libero da tossine, denaturandole e rendendole innocue.
292 TRATTATO DI ALCHIMIA DELLE EMOZIONI – ALBEDO

Inoltre, sempre attraverso l’epatocita, sostiene il sistema immunitario


in particolare nell’aspetto della tolleranza verso il self, ovvero mantiene
equilibrio tra ciò che è Io e ciò che è l’“altro”, come farebbe d’altronde il
sovrano di un “regno”.

Nel carattere rigido di sesso femminile la tendenza alla rigidità sarà


affievolita dal fatto che la donna possiede più elementi Acqua e Aria nel-
la sua natura femminile. Apparirà però una donna alquanto maschile,
secca, priva di curve, tendenzialmente magra e incapace di mostrare e
provare emozioni. Una donna tutta di un pezzo, apparentemente forte e
determinata, di ideali nobili e chiari, che spesso difende la sua visione e la
sua posizione in un modo molto maschile, con la rigidità che non è tipica
dell’essenza femminile.
Ricordiamo che, come abbiamo già detto parlando dei Quattro Ele-
menti, per l’Alchimia è impossibile trattare un uomo al pari di una don-
na e viceversa. L’uomo è un essere ricco in elementi maschili, Fuoco e
Terra, la donna ricca di elementi femminili, Aria e Acqua. Ovviamente
questa è la regola, ma ci sono evidenti e frequenti eccezioni. In ogni caso,
è fondamentale ricordare che uomo e donna sono differenti in tutto e
per tutto, per lo meno a livello fisico e materiale. Lo Spirito ovviamente
è androgino, privo di sesso, e riconosce solamente la legge dell’Uno. La
massa invece, in questo mondo, è polarizzata, e considerare, o meglio an-
cora, trattare, le problematiche maschili è ben diverso dal trattare quelle
femminili. Anche in questo caso, la Ferita di Ingiustizia si manifesterà
archetipicamente in modo simile, ma esprimendosi in modo alquanto
differente a seconda che si tratti
di un uomo o di una
donna.
naE Dia
aO len
FERITA DI INGIUSTIZIA – GIOVE

Dia
naE
lena
OM
293

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NC1
1/24
/ 202
2 12
:3 4 :
11 P
M
294 TRATTATO DI ALCHIMIA DELLE EMOZIONI – ALBEDO

1
22 12:34:
C11/24/20
ZIONI SN
aOM EDI
DianaElen
295

IL TALENTO DI GIOVE
LA FEDE

La Fede è il grande talento insegnato dall’archetipo di Giove. Quando


si ha fede nella vita si è nel flusso, e nel flusso c’è elasticità, c’è connessione
spensierata: si fa quel che deve essere fatto perché così “è giusto”.
Se sulla strada trovo un incidente e sono costretto a rimanere fermo in
colonna, cerco di non oppormi al corso degli eventi: devo comprendere
che anche questo evento, molto probabilmente, ha un senso. Ha un sen-
so per me e per tutte le persone che sono coinvolte in quella situazione
apparentemente casuale. Nulla è “a caso” e tutto ha un senso nella nostra
vita così come in quella dell’Universo intero. Il solo fatto che non riuscia-
mo a cogliere questo senso non significa che un senso non ci sia.
Dia
naE
Questo non significa dire “non faccio niente tanto non serve, è inu- lena
OM
tile” ma anzi, “faccio quello che deve essere fatto, né di più né di meno”. E
Non forzare gli eventi, spesso, ha sulle nostre vite un risultato insperato,
equilibrante, e ci mostra la semplicità della vita. Molte volte in passato,
ad esempio, quando dovevo affrontare un corso, un evento o una con-
ferenza che sia, mi ponevo il problema del risultato da ottenere. Mi pre-
occupavo di quanto ciò che avrei raccontato al pubblico avrebbe avuto
un effetto, sarebbe stato compreso e, principalmente, se avrei fatto bella
figura di fronte agli altri. La mia preoccupazione era più nell’apparire che
nell’essere, o meglio ancora nel trasmettere. Ero convinto che se non aves-
si visto facce soddisfatte che annuivano di fronte a me l’evento sarebbe
stato un flop e di conseguenza io avrei messo in discussione me stesso, il
mio valore. Questo pensiero, nel corso degli anni e a suon di eventi, è sfu-
mato dalla mia mente, in quanto è cresciuta in me la fiducia riguardo al
fatto che, se la vita mi ha portato in quella situazione, tutto ha un senso.
4:11

296 TRATTATO DI ALCHIMIA DELLE EMOZIONI – ALBEDO


3

Trovarmi di fronte ad una sala vuota nel momento di iniziare una con-
2:
22 1

ferenza, ad esempio, quando era invece previsto un afflusso ingente di


persone, mi ha portato alla considerazione parallela che probabilmente
0

quello non era il momento giusto, oppure io non ero in quel momento
/ 2

“giusto”. Non giusto per la conferenza, ma sicuramente lo ero per pas-


24

sare una serata con la mia famiglia o con i miei amici o, perché no, una
1/ C1

serata in ozio totale.


S N

Gli esseri umani hanno la pretesa di poter sempre fare tutto, in qual-
I

siasi giorno e periodo dell’anno, ma ci sono momenti in cui, invece, è


N
ZIO

necessario ritirarsi, rimanere in silenzio, non agire. Aver fede significa


percepire che nella creazione tutto ha un senso e un suo perché, senza
D I

forzare gli eventi.


E

Come una nave che naviga in un placido fiume, è necessario mollare


OM

gli ormeggi della mente e lasciarsi trasportare dal flusso della corrente del-
na

la nostra vita. Sempre vigili, attenti, pronti a direzionare il timone delle


aEle

nostre scelte nella direzione appropriata, ma senza forzare in alcun modo.


Alle volte, il semplice farsi trasportare dalla corrente porta a risultati ina-
Dian

spettati. Di fronte all’esempio precedente, dell’incidente, aver fede signi-


fica credere che anche per questo ci sia una ragione e pensare: “meno
male che in quell’incidente non ci sono finito io!”. Forse, a volte, è me-
glio ritrovarsi in coda, ritardare, non arrivare, non agire, piuttosto che
ritrovarsi a lottare contro corrente fino a che
le nostre forze vengono
meno.
Diana El e n a O M ED IZIONIS N C 1 1 /24/2022
297 IL TALENTO DI GIOVE: LA FEDE
Dia
298 TRATTATO DI ALCHIMIA DELLE EMOZIONI – ALBEDO
299

FERITA DI UMILIAZIONE
SATURNO

ARCHETIPO Saturno

Responsabilità
Durezza
PAROLE CHIAVE Critica
Debito
Vergogna

SCHEMA CARATTERIALE Il Masochista

Testa
Cranio
Cervello
Sistema nervoso
PORZIONE DEL CORPO, centrale
LATERALITÀ Sistema endocrino
Ipofisi e ipotalamo
Ghiandola pineale
Sistema riproduttivo
(parte ormonale)

CHAKRA VI
Dia

CORRISPONDENTE VII
na
Ele
naO
ME
D
300 TRATTATO DI ALCHIMIA DELLE EMOZIONI – ALBEDO

La Ferita di Umiliazione, legata all’archetipo di Saturno, a differen-


za delle altre quattro trattate precedentemente, può essere vissuta con
uno solo o con entrambi i genitori, caratteristica che la pone in evidenza
rispetto alle altre. È la ferita del masochista, dell’oppresso, di colui che
si ferisce e si fa del male da solo. L’umiliato soffre di una paura atavica
e radicata nel suo animo: la paura di cadere. La caduta rappresenta la
situazione più umiliante per un essere bipede adulto quale l’uomo. Non
è certo così per un bambino, in quanto sono piuttosto i genitori che si
vergognano se il loro bambino cade.
Immaginate un adulto che inciampa in qualcosa e cade; spesso questa
situazione suscita il riso negli altri, mentre è la vergogna a prevalere in
colui che cade. Quanto può essere umiliante “cadere”, magari a causa di
una sbadataggine! Avete presente le ruzzole che esegue un clown al circo?
Ecco, questo è l’archetipo della caduta data dall’umiliazione.
La caduta è, infatti, un archetipo profondissimo, così tanto radica-
to in noi da rappresentare una atavica paura. Frasi del tipo “ti ho steso”
per rappresentare la vittoria su di un nemico, evocano, molto bene, que-
sto concetto. L’archetipo della caduta, così profondo in noi, riporta alla
biblica caduta dal Paradiso, quando a causa della disobbedienza, Adamo
ed Eva furono ridotti al rango di creature “terrestri” e, quindi, cacciati.
Per questo motivo la caduta suscita in noi il riso e lo scherno, la vergogna
e l’umiliazione; il riso, in realtà, è un modo per esorcizzare il pianto. La
caduta ricorda, inconsciamente, non solo quella caduta dal Paradiso, ma
il motivo stesso per cui ciò è avvenuto: il “peccato originale”, la disobbe-
dienza. 2:3
2 1
Abbiamo ampiamente descritto questo evento nella prima parte/2di4/
202
11
questo libro, pertanto non mi dilungherò ulteriormente. BastiCpensare,
N
però, che il senso di avere peccato, di avere commessoN unI S
atto “sporco”
O
IZI in noi da portare a
contro l’autorità e la morale sociale è così radicato
D
Eche viene toccato da questa
vere e proprie rivoluzioni drastiche nell’essere
M
ferita. A sua volta, colui che subìsce
O umiliazione, un atto “sporco” o
nauna
l e
aE passata la fase della vergogna, si riempie
uno “sfregio” morale, unanvolta
a
i
D letteralmente dalla voglia di vendetta.
di rancori e può impazzire
FERITA DI UMILIAZIONE – SATURNO 301

Quante guerre, nel passato e purtroppo ancora nei giorni nostri, na-
scono da questa ferita! Quante volte, nella storia, abbiamo visto popoli
interi combattere a causa di una umiliazione subìta da altri! Nella Ferita
di Umiliazione si trova un grande senso di peccato, di errore, sensazione
molto forte e radicata in noi, basti pensare che, un tempo, per espiare
il peccato “originale” i componenti di alcune congreghe religiose si fru-
30
stavano e si martoriavano .

La Ferita di Saturno si distingue dalle altre per dei tratti molto parti-
colari. Saturno, Cronos per i greci, dio del tempo e nonno delle altre di-
vinità, il cui nome è da connettere con la radice indoeuropea sat–, da cui
derivano le parole latine satis e satur, che indicano pienezza, abbondanza,
ricchezza, soddisfazione, rappresentava la ciclicità della natura e il susse-
guirsi dei bioritmi naturali della vita. Viene, spesso, rappresentato come
“il seminatore” e per questo affiancato ai concetti di abbondanza e pie-
nezza. Il nome stesso riflette la natura peculiare del dio, caratterizzata da
pienezza di potenza, fecondità, abbondanza e ricchezza. Saturno avrebbe
infatti regnato su tutto il creato nella mitica età dell’Oro, quando, se-
condo le leggende, la primavera era perpetua, vi era abbondanza di ogni
frutto della Terra, uomini e dei vivevano insieme e non v’era necessità di
lavorare né distinzioni sociali. Saturno rappresenta la legge.

Egli incarna le regole da seguire affinché tutto sia in ordine e la vita


proceda in senso costruttivo. Nel momento in cui vengono infrante le
regole, Saturno si attiva come archetipo della legge che giudica e, se ne-
cessario, “punisce”. La punizione di Saturno però non è stereotipata come
si potrebbe credere, anzi! È condizione necessaria per lo sviluppo di co-
scienza dell’essere punito. La lezione di Saturno non è legata alla punizione
fine a se stessa, ma ai passi che, una volta conclusasi l’esperienza, possiamo
compiere verso la nostra piena consapevolezza.

30 I flagellanti furono un movimento cattolico costituito da varie sette religiose durante il Medioevo, rimasto
attivo dal XIII al XV secolo. La flagellazione serviva non solo come pratica religiosa e mortificatrice ma anche come
mezzo attraverso cui ottenere da Dio la cessazione di catastrofi, guerre o epidemie.

Diana
Elena
OM E
DIZIO
NI SN
C11/
302 TRATTATO DI ALCHIMIA DELLE EMOZIONI – ALBEDO

Facendo un parallelismo, l’immagine del “padre” che punisce il figlio


dopo averlo scoperto disubbidire alle sue regole, affinché la lezione sia

Di
an
chiara e porti ad una evoluzione, è Saturno, il padre, fra gli altri, di Cere-

aE
re, Giunone, Nettuno, Plutone e Giove, dal quale, secondo la tradizione
romana, venne poi spodestato. Saturno si pensava proteggesse i campi
e le sementi, mentre la moglie, Opi (equivalente di Rea), proteggeva il
raccolto. Nella Teogonia di Esiodo, Saturno, identificato come figlio di
Urano, il Cielo, e di Gea, la Terra, salì al potere evirando e detronizzan-
do il padre Urano ma, essendogli stato profetizzato che, un giorno, uno
dei figli lo avrebbe a sua volta detronizzato, per evitarlo, divorò tutti i
figli appena nati. La moglie Opi, però, nascose il suo sesto figlio, Giove,
nell’isola di Creta, dove fu cresciuto dalle ninfe e, al suo posto, offrì a
Saturno un grosso masso avvolto in fasce. In seguito, Giove detronizzò
Saturno e gli altri Titani, liberando così i suoi fratelli inghiottiti dal padre
e diventando il nuovo Re del Cosmo.
In memoria dell’antica età dell’Oro dell’uomo, era mitica durante la
quale Saturno aveva governato su tutto il creato, venivano celebrati gran-
di festeggiamenti chiamati Saturnalia, che avevano luogo nei mesi inver-
nali, all’incirca nel periodo del solstizio d’inverno. Durante tale periodo
era permesso non solo trasgredire a molte regole sociali ma anche, tem-
poraneamente, invertire i ruoli tra schiavi e padroni, e ciò rappresentava
per i primi una ascesa sociale, per i secondi una umiliazione, una caduta.

Nel glifo astrologico di Saturno la croce della materia è elevata ol-


tre l’Anima, il che significa che ai desideri dell’Anima devono essere
dati forma e contorno entro i limiti dell’esistenza nello spazio–tempo.
Lo Spirito, attraverso l’Anima che vivifica il corpo fisico, deve espri-
mere i suoi desideri e incarnarli nella materia. L’esperienza materiale re-
gna sull’anima, le regole del mondo vincono le regole del mondo spi-
rituale. Egli è l’archetipo del tempo, dei bioritmi, delle regole cosmiche,
dei cicli stagionali, del passare delle ore. Rappresenta l’inizio e la fine di
un determinato ciclo, il suo epiteto greco identifica appunto il tempo
– Chronos – spesso rappresentato con una clessidra o sotto forma di un
vecchio con la falce, pronto a mietere tutto ciò che è “pronto”, maturo.
FERITA DI UMILIAZIONE – SATURNO 303

Oltre a questo, l’archetipo di Saturno ha un campo magnetico che ri-


suona, all’interno dell’essere, con la responsabilità e il compromesso con
la vita. Il suo metallo è il Piombo e, quando in Alchimia si parla di que-
1 :
34
sto, in realtà il riferimento è a Saturno. Il grande segreto dell’Alchimia è
:
12
2 trasformare il Piombo in Oro, il metallo vile in metallo nobile.
2
20 / Stiamo quindi parlando di un archetipo pesante, che sta con “il fiato
4
sul collo”: la Ferita di Umiliazione è gravata dal peso del giudizio e del
/2 1
senso di colpa. È Saturno che ci ricorda la sfida che abbiamo nei confronti
C 1
di noi stessi. Lui ci riporta sempre all’interno del nostro cammino, impe-
N S
I
dendoci di perdere tempo, in questa vita in cui ogni minuto è prezioso.
N
IO Z
DI
Quando ci scostiamo dal cammino che noi stessi abbiamo scelto per
E
vivere in pienezza la nostra vita, una voce interiore ci richiama all’ordine.
M
O
In questi momenti, il campo magnetico–vibrazionale dell’archetipo di
a
en l
Saturno si attiva mettendoci di fronte alle nostre debolezze e scelte, per
E
na
mostrarci, attraverso la coscienza, le sfide, i problemi o le malattie, quan-
a
to ci siamo allontanati da noi stessi.
Di

L’umiliazione è una sorta di emozione della self consciousness o della


autoconsapevolezza, cioè fa parte di quelle emozioni che si cominciano
a provare una volta che si sia sviluppato il senso di sé. Dopo, appunto,
aver scelto di “mangiare la mela” dell’Albero della Conoscenza del Bene
e del Male.

Il senso di umiliazione è un’emozione che proviamo quando qual-


cuno ci fa notare una nostra grave mancanza, facendo risaltare pubbli-
camente questo suo giudizio sprezzante. Una umiliazione può avvenire
solo quando ci si sente dipendenti dal giudizio e dal potere degli altri;
non a caso, la parola ricorda humus, la terra, cioè il sentirsi abbassati fino
a terra. C’è una storia che ricorda molto questa sensazione:

Il Signore Dio disse allora:


ecco l’uomo è diventato come uno di noi,
per la conoscenza del bene e del male.
304 TRATTATO DI ALCHIMIA DELLE EMOZIONI – ALBEDO

Ora, egli non stenda più la mano


e non prenda anche dell’albero della vita,
ne mangi e viva sempre!
Il Signore Dio lo scacciò dal giardino di Eden,
perché lavorasse il suolo da dove era stato tratto.
Scacciò l’uomo e pose ad oriente
del giardino di Eden i cherubini
e la fiamma della spada folgorante, per custodire la
via all’Albero della Vita.
(Genesi 3, 22–24)

Come già detto, la Ferita di Umiliazione, nata dalla cacciata dal Pa-
radiso di Adamo ed Eva, è una tra le ferite più presenti, storicamente,
nell’umanità intera. Tutti noi occidentali, in un certo modo eredi della
cultura biblica, portiamo questa ferita fin dentro al nostro DNA “fisso”:
è infatti la ferita per cui si viene tuttora battezzati. Il battesimo rappre-
senta simbolicamente il lavaggio della Ferita di Umiliazione. Portiamo
DianaElen

infatti il ricordo del “peccato originale” all’interno della nostra memoria


di specie, nel DNA, nella memoria cellulare del nostro corpo. È, in realtà,
un vero peccato che la storia sia andata così! Sappiamo però che il pro-
cesso evolutivo, particolarmente quello dell’uomo, ha bisogno di stimoli
aOM

per progredire, pertanto molto probabilmente abbiamo avuto bisogno


di questa esperienza per arrivare a ciò che siamo oggi.
EDIZION

L’umiliazione è presente in questa vicenda come “punizione” dell’uo-


mo a scontare la sua vita in terra, lontano da uno stato paradisiaco. È
anche vero però che come si legge in Genesi, Dio disse:
I SNC11/2

Ecco l’uomo è diventato come uno di noi,


per la conoscenza del bene e del male

il che sottintende ad una crescita, non ad una degradazione. Come già


4/2022

detto in precedenza, non è stato il disubbidire all’ordine divino la vera


colpa, quanto il vergognarsi di questa scelta.
12:34:1
FERITA DI UMILIAZIONE – SATURNO 305

L’uomo, dopo aver scelto di intraprendere libero da condizionamenti


il cammino di autodeterminazione – ovvero il cammino della conoscen-
za – si è sentito colpevole.
Dopo aver affermato il diritto del suo Io di esistere, quindi essersi
riconosciuto come essere pensante e in grado di auto–determinarsi, si è
pentito, ricadendo nella trappola dell’Ego.
Di nuovo la Genesi racconta:

Ma il serpente disse alla donna: “Non morirete


affatto! Anzi, Dio sa che quando voi ne mangiaste,
si aprirebbero i vostri occhi e diventereste come Dio,
conoscendo il bene e il male”.
Allora la donna vide che l’albero era buono
da mangiare, gradito agli occhi e desiderabile
per acquistare saggezza;
prese del suo frutto e ne mangiò,
poi ne diede anche al marito,
che era con lei, e anch’egli ne mangiò.
Allora si aprirono gli occhi di tutti e due
e si accorsero di essere nudi;
intrecciarono foglie di fico e se ne fecero cinture.
Poi udirono il Signore Dio che passeggiava
nel giardino alla brezza del giorno
e l’uomo con sua moglie si nascosero dal Signore Dio,
in mezzo agli alberi del giardino.
Ma il Signore Dio chiamò l’uomo e gli disse:
“Dove sei?”.
Rispose: “Ho udito il tuo passo nel giardino: ho avuto
paura, perché sono nudo, e mi sono nascosto”.
Elen
Riprese: “Chi ti ha fatto sapere che eri nudo? a n a
Hai forse mangiato dell’albero di cui ti avevo
Di
comandato di non mangiare?”
(Genesi 3, 1–13)
306 TRATTATO DI ALCHIMIA DELLE EMOZIONI – ALBEDO

In questo passaggio della Genesi si trova tutta l’essenza della Ferita


di Umiliazione. L’uomo percepisce il suo bisogno di libertà che deriva
direttamente dalla consapevolezza della propria natura spirituale: egli
necessita di conoscere, evolvere e comprendere. In risposta a questo sti-
molo, inizia un cammino rivolto alla conoscenza, alla sperimentazione
e alla ricerca della sua realizzazione personale, aprendosi così alla libera
determinazione del suo arbitrio. Quando però il dubbio si insinua nella
sua mente, inizia a dubitare di se stesso e delle sue scelte, imboccando la
via della mortificazione. Adamo ed Eva si nascondono nel giardino dopo
essersi accorti della loro nudità della quale si vergognano. Dio non rico-
nosce il “misfatto” se non osservando il loro atteggiamento, la loro ver-
gogna. Si rende conto che l’uomo ha osato disubbidire e per questo si è
sentito colpevole e si è nascosto per non subìre una punizione.
La vera umiliazione sta nel fatto che l’uomo si è sentito colpevole, si
è “visto” nudo e non ha affrontato la presenza divina fiero della propria
libertà di auto determinare il proprio destino. Egli si è sentito giudicato in
quanto per primo ha giudicato se stesso. Quando Dio afferma “ora egli
è come noi” sta in realtà affermando l’acquisizione da parte dell’uomo
del potere del libero arbitrio: è un peccato che il senso di colpa instillato-
si nella sua mente abbia portato al dubbio; il dubbio abbia portato alla
limitazione della libertà dell’Io e questo, infine, alla prigionia nel rango
di creatura, e non di creatore. Per millenni questo senso di inadeguatezza
ha portato l’uomo a dover sottostare alle leggi, ai leader votati alla loro
immagine personale e non al bene della collettività, impedendo così il
cammino dell’uomo verso la libertà di scelta consapevole.

Il libero arbitrio inizia solamente quando ci rendiamo conto della


nostra infinitezza, della possibilità che abbiamo di creare il nostro destino
e quando la mente smette di “mentire”. Il libero arbitrio si può esercitare
solamente nel pieno riconoscimento e rispetto delle regole che muovono
e sottendono alla vita, al cosmo e all’ecosistema. La Ferita di Umiliazione
colpisce l’uomo potenzialmente libero, ma privato della sua libertà dalla
Dian
sottomissione al dispotismo della mente, che si traduce – fuori dal sé –
aEle
come sottomissione alle regole imposte da altri.
naO
ME
DIZ
ION
I SN
C11
/24/
202
FERITA DI UMILIAZIONE – SATURNO 307

Quando un essere umano afferma a se stesso di non essere capace di


compiere una determinata azione, di non potere fare qualcosa, ecco che

Di
l’umiliazione diviene una ferita. Lo Spirito è libero (è Mercurio, l’elettrone

n a
dell’atomo dotato di ubiquità), può tutto e si esprime attraverso la mate-

a Ele
ria (Zolfo, protone) solamente se mediato dall’equilibrio dato dalla forza

na
dell’Amore, il neutrone. Quando Gesù diceva “ama il prossimo tuo come

O
M
te stesso” si riferiva all’energia del protone: quella forza che ci rende liberi

E
di essere tanto sognatori quanto attrattori di possibilità di realizzazione

DI
Z
nella nostra vita. Abbiamo visto precedentemente come l’attrattore sia

IO
necessario per guidare la dinamica dello sviluppo di un processo che se-

NI
gue la legge del caos, quale è la vita di un essere umano. Quando l’attrat-
N S
tore della nostra vita è la mente, seguiamo la legge del disordine, quando
C 1

è lo Spirito, il caos diviene ordine. La Ferita di Umiliazione nasce proprio


/2 1

quando invece di seguire l’amore per noi stessi, che a questa condizione, e
/ 4
20

solamente a questa, possiamo anche elargire al prossimo, seguiamo la leg-


2 2

ge e gli schemi proposti dalla nostra mente. La schiavitù nei confronti dei
12

nostri schemi mentali immobili e cristallizzati rappresenta la più grande


34 :

umiliazione per lo spirito umano: non c’è cosa peggiore di divenire qual-
11 :

cosa o qualcuno che non ha niente a che vedere con la nostra identità
PM

spirituale. Questo è il vero “peccato”!


35
83

Un altro termine, un po’ più antico, ma ancora oggi usato, per defini-
5 5

re lo stato di penosa vergogna e costrizione che accompagna la Ferita di


Umiliazione è “mortificazione”; in questo caso l’umiliazione subìta ha
l’effetto di “uccidere”, annullare la propria considerazione di sé, il pro-
prio orgoglio personale. Quando non c’è più amore per se stessi risulta
impossibile dedicare questo amore anche agli altri.

Diametralmente opposta ma strettamente legata all’emozione del-


l’umiliazione si trova quella dell’orgoglio, che si prova quando ci si sente
autonomi, non dipendenti dalle risorse e dai giudizi di altri.
L’orgoglio tende a disconnettere la natura spirituale umana dalla na-
turale predisposizione alla socievolezza, alla condivisione e pone l’essere
su un piano differente rispetto agli altri.
M
11 P
:34:
308 TRATTATO DI ALCHIMIA DELLE EMOZIONI – ALBEDO

2 12
Questa disconnessione con l’ecosistema giorno dopo giorno taglia
i legami dell’uomo con il Tutto, lasciandolo solo. Fondamentalmente

202
l’orgoglio che nasce come risposta alla Ferita di Umiliazione è un “falso
orgoglio”, una maschera che l’essere utilizza per nascondere a se stesso la

4/
sua mancanza totale di libertà decisionale. È un passaggio necessario per

11/2
uscire dal vortice di questa ferita, ma non è il punto finale a cui aspirare.
È normale che una persona, dopo essere stata per anni umiliata e de-

SNC
nigrata, possa sviluppare una forma di autostima basata su alcune cer-
tezze che nel tempo si è venuta a creare per non cadere. Trattasi però di

ONI
false certezze, basate più sul saper fare che sull’essere, spesso rispondenti

DIZI
a schemi mentali socialmente diffusi quali l’emulazione di qualcuno o
qualcosa. Risulta sempre uno schema mentale, che porta alla prigionia

ME
dello Spirito nella carne. L’unica forma evolutivamente favorevole di
orgoglio nasce dallo Spirito che, riconoscendo se stesso nel mondo ma-
naO
teriale, fa valere la propria verità interiore, iniziando un cammino che
porterà l’uomo a realizzare la sua energia nella materia.
aEle

Solamente in questo istante nasce allora la vera forza dell’Amore che,


al pari di un neutrone in un atomo, esiste solamente quando elettrone
Dian

(Spirito) e protone (corpo) sono coerentemente connessi verso un obiet-


tivo comune. Solamente quando manifestiamo nella carne ciò che sia-
mo nello Spirito siamo mossi dalla forza dell’Amore e, in questo stato di
purezza, siamo liberi.
L’umiliazione nasce fondamentalmente dalla non coerenza tra ciò che
siamo dentro e ciò che manifestiamo fuori. Quando non manifestiamo
la nostra verità attraverso i nostri atti e le nostre scelte, allora pecchiamo
di orgoglio e subiamo le nostre umiliazioni: non c’è nulla di peggiore che
dedicarsi alla vita fingendo di vivere. Per questo motivo Gesù diceva:

Io sono la via, la verità e la vita.


Nessuno viene al Padre se non per mezzo di me,
(...)
ma bisogna che il mondo sappia che io amo
il Padre e faccio quello che il Padre mi ha comandato.
(Giovanni 14)
Dia
na
Ele
na 309
OM
FERITA DI UMILIAZIONE – SATURNO

E DIZ possiamo
Se sostituiamo la parola “Padre” con la parola Spirito,
vedere un Gesù che esprime pienamente la sua propria verità, IOsegue il
NI
suo cammino e manifesta nei suoi atti quotidiani la sua essenza intera. SN
C
Le emozioni di umiliazione, vergogna e imbarazzo vengono considerate 11
/24
come appartenenti alla stessa “famiglia”, date le molte affinità fra loro. /20
In particolare, l’imbarazzo o la vergogna vengono provati in presenza di 22
situazioni spiacevoli, ma non sono in genere provocati da altri, come è
invece spesso nel caso dell’umiliazione pubblica, quando cioè vi è la vo-
lontà di un’altra persona di umiliarne un’altra, degradandola e renden-
dola ridicola agli occhi degli altri. Alcune persone sono particolarmente
sensibili all’umiliazione, così come alla vergogna. In questi casi, anziché
cercare di realizzare progetti che rafforzino la propria autostima e l’amor
proprio, ci si chiude nei propri confini, limitandosi spesso solo a conte-
nere le perdite. Questo atteggiamento è tipico della personalità evitante,
tendenzialmente pessimista, che anziché concentrarsi sui propri punti di
forza, si accontenta di minimizzare le proprie debolezze evitando i rischi
di una possibile umiliazione.
La paura di subìre umiliazioni si manifesta già in età molto giovane
ed è particolarmente diffusa fra gli uomini, specialmente per quanto
riguarda i rapporti con l’altro sesso. La riluttanza a stringere relazioni
personali e nuove amicizie deriva dall’esagerazione e dalla esasperazione
delle proprie potenziali difficoltà, oltre che all’importanza che viene data
al rifiuto dell’altro. Ci sono, del resto, persone che non si fanno scru-
poli nell’infliggere umiliazioni, al solo scopo di godere della dipendenza
e della soggezione esercitata nell’altro, distrutto nell’onore e nel rispetto
di sé, dequalificato come essere umano, per diventare niente più che un
oggetto, un attrezzo, un animale.
Il giudizio sprezzante, che arreca umiliazione, non riguarda un atto o
una parola, ma il valore stesso della persona, ritenuta incapace di agire in
altro modo, indegna di fiducia, di stima e di interesse.
Una forte Ferita di Umiliazione subìta rischia di lasciare una traccia
indelebile nella propria vita sia a livello psichico, modificando quindi il
comportamento della persona, sia a livello fisico, potendo essere causa di
malattie che si possono manifestare anche dopo molto tempo il trauma.
310 TRATTATO DI ALCHIMIA DELLE EMOZIONI – ALBEDO

È bene ricordare infatti che nel momento in cui subiamo una Feri-
ta Emozionale, ogni cellula del nostro organismo subìsce quell’insulto,
portandone poi appresso la memoria. Non si tratta solamente dell’attiva-
zione di un asse psico–somatico, ma di una memoria fisica vera e propria!

L’atteggiamento umiliante può essere assunto da un genitore, solita-


mente portatore di una Ferita di Umiliazione, che esercita il suo ruolo edu-
cativo in un clima affettivo improntato alla critica, al disconoscimento e
all’umiliazione dei figli. Ci si può sentire umiliati nel proprio rapporto di
coppia, quando il partner non perde occasione di raccontare pubblica-
mente le cose più intime, causando situazioni imbarazzanti ed anche ca-
paci di compromettere i rapporti sociali della persona umiliata. In molti
casi l’umiliazione proviene da una persona invidiosa o che non tollera che
un’altra persona possa essere felice. Il soggetto invidioso o geloso deside-
ra, in questi casi, l’umiliazione dell’altro, il suo fallimento, la sua disfatta,
ed è pronto a tutto pur di ottenere ciò che desidera.
Considerando il fatto che la Ferita di Umiliazione è la prima Ferita
Emozionale che ha lasciato un’impronta importante su tutto il genere
umano, possiamo comprendere la vastità delle problematiche legate a
questa ubiquitaria ferita. Essa si manifesta, nell’infanzia, nella fase in cui
il bambino rivolge il suo interesse alla realtà fuori di sé, per cercare di
conoscerla e di impadronirsene. Di La realtà rappresenta, per lui, il giardino
dell’Eden e le cose proibite sono an l’incarnazione dell’Albero della Cono-
aE di esprimere la sua libertà spirituale,
scenza del Bene e del Male. Egli cerca
le
i suoi sogni ed aspirazioni. È solo facendo na esperienza del mondo che il
bambino può gradualmente riconoscere O seMstesso, vivendo, sbagliando
e provando. Nel momento in cui gli viene vietata EDun’esperienza, può sce-
gliere se ubbidire oppure escogitare un espedienteIZ per realizzare comun-
IO alle necessità
que il suo intento. Il genitore dovrebbe essere molto attento N
del bambino, comprendere quali sono i suoi reali desideriI S ed aspirazioni
NC di un
e quali invece semplici capricci. In ogni caso, di fronte alle richieste
1
bambino, bisognerebbe sempre porsi in uno stato di attesa vigile,1lasciar /2
fare alla sua intelligenza innata e intervenire solamente quando la situa- 4/
20
zione diviene pericolosa. 22
12
:3
4:
11
FERITA DI UMILIAZIONE – SATURNO 311

Il bambino rappresenta un frammento di Universo che vuole espe-


rire il mondo materiale attraverso il proprio corpo; se questo gli viene
impedito, anche in modo dolce, causerà una mortificazione più o meno
importante della voce dell’Io del bambino. È fondamentale lasciar fare
al bambino tutte le esperienze che egli desidera affrontare. Ovviamente,
essendo il bambino molto sensibile alle figure genitoriali, è chiaro che
l’esempio dei genitori potrà indurlo a ricercare o rifiutare determinate
esperienze. Ecco ritornare il fondamentale ruolo dei genitori sia come os-
servatori attenti che come guide morali basate sull’esempio dimostrato.
Il bambino considera tutta la realtà come una possibilità da conoscere
e da manipolare. Se l’intervento genitoriale si fa pressante ed intrusivo,
richiedendo al bambino un controllo precoce delle sue pulsioni “a co-
mando”, viene a stabilirsi una situazione di ribellione che, non potendo
essere rivolta all’esterno, perché è contro i genitori che andrebbe rivolta,
viene indirizzata dentro di sé, generando un sentimento di autodistru-
zione e di schiacciamento. La forzatura nell’alimentazione, ad esempio, in
quei bambini che non hanno voglia di mangiare semplicemente perché
in quel momento stanno facendo qualcosa di più interessante, genera un
sentimento di oppressione e di rifiuto, che ugualmente non può venire
rivolto all’esterno e che il bambino deve quindi rivolgere all’interno con-
tro se stesso. Il bambino non vuole, ma la madre, “per il suo bene”, lo
costringe a mangiare, e, sempre per il suo bene, pretende ordine, igiene
Di
personale e rispetto degli orari.
an
aE
Chi vive di questa ferita si sente oppresso e schiacciato ed è pronto
le
na
a credere che gli altri siano disgustati di lui. Deve cercare di liberarsi da
M
O
questa oppressione, trovando una logica spiegazione. La troverà facil-
ED
mente diventando condiscendente, compiacendosi del suo dolore e
IZ
ritenendosi indegno di stima e considerazione, arrendendosi così al dolo-
IO
NI
SN re, alla sofferenza e all’autodistruzione. Per questo motivo, permette che
C1 gli altri si approfittino di lui, si fa carico di tutto per dimenticare se stesso
1/ e, sentendosi sacrificato, si auto punisce. Nello stesso tempo, con il suo
24
/2 voler aiutare tutti per sentirsi martire ed umiliato, fa sentire gli altri umi-
0 liati. Il voler aiutare gli altri a tutti i costi, infatti, nasconde non solo una
312 TRATTATO DI ALCHIMIA DELLE EMOZIONI – ALBEDO

Ferita da Umiliazione che porta al masochismo, al martirio, ma anche il


desiderio inconscio di far sentire gli altri umiliati. “Senza di me non sei
nessuno, quindi io ti devo aiutare”, questa è la frase preferita dal ferito
di umiliazione. Affermando ciò, umilia la persona che sta erroneamente
credendo di aiutare.
È difficile comprendere quando è il momento di aiutare gli altri e
quando, invece, è necessario lasciare che le cose facciano il loro corso.
Solitamente siamo portati a voler aiutare gli altri nel momento in cui
hanno bisogno e ci chiedono aiuto, ipocritamente sensibili come siamo
alla sofferenza altrui e al bisogno di aiuto reciproco. In realtà, non sempre
il nostro aiuto “aiuta davvero”, poiché se ogni essere si trova in questo
mondo per imparare ed evolvere, è opportuno lasciar esperire l’essere an-
che quando, a volte, la situazione non appare più gestibile. Chiediamo-
ci se stiamo aiutando per Ego, per dimostrare quanto noi siamo bravi,
quanto siamo capaci, quanto riusciamo a rendere le persone dipenden-
ti da noi, oppure se realmente stiamo aiutando qualcuno con lo spirito
dell’Amore.
Aiutare un bambino che è caduto ad alzarsi può non essere una solu-
zione, se l’obiettivo è che impari a camminare. Altrettanto vale per una
serie di situazioni in cui ci imbattiamo nel corso della vita: dalla caduta in
bicicletta, al brutto voto a scuola, alle figuracce davanti agli altri. Chiedia-
moci se stiamo veramente aiutando qualcuno o se stiamo semplicemente
umiliando lo Spirito di qualcuno.
Aiutare deriva da ad e juvo, da Jovis (Giove). Abbiamo visto nel capi-
tolo dedicato alla Ferita di Ingiustizia il ruolo dell’archetipo di Giove nel-
la nostra vita: rappresenta i nostri ideali, le nostre aspirazioni più pro-
fonde e la fede. In questo senso, ad–juvare significa portare verso Giove,
avvicinare qualcosa o una persona verso il suo ideale di vita più autentico.
Se io impedisco ad un bambino di imparare a camminare cadendo e rial-
zandosi, facendolo io per lui, lo sto aiutando davvero? Se aiuto un amico
Dia
in difficoltà, in base ai miei schemi di giudizio ma senza chiedermi cosa sia
na
Ele
meglio per lui, lo sto veramente aiutando? Posso dire di aver realmente
na
aiutato qualcuno se con la mia azione gli impedisco di esperire e quindi
OM
di imparare autonomamente?
ED
IZI
ON
IS
NC
11
/2
I
ED
M
aO
FERITA DI UMILIAZIONE – SATURNO 313

len
Dobbiamo accettare che sia noi che tutti gli altri esseri viventi siamo

aE
qui per affrontare e risolvere delle sfide quotidiane, di fronte alle qua-

n
li tutti proviamo paura e atroci dubbi, ma che sono vitali per la nostra

Dia
evoluzione interiore personale. Senza queste sfide non esisterebbe un
processo evolutivo ma solamente staticità, inerzia e quindi un caos “sta-
tico”. L’unico vero e immenso aiuto che noi possiamo dare senza inter-
ferire nei processi di crescita degli altri esseri viventi è semplicemente “es-
sere noi stessi un esempio di ad–juvo”, ovvero far trasparire nei nostri atti
quotidiani quanto più possibile la voce del nostro Spirito.
A tal proposito trovo molto interessante questo passo dei Vangeli:

Ed ecco una donna, che soffriva d’emorragia


da dodici anni, gli si accostò alle spalle
e toccò il lembo del suo mantello.
Pensava infatti: “Se riuscirò anche solo
a toccare il suo mantello, sarò guarita”.
Gesù, voltatosi, la vide e disse:
“Coraggio, figliola, la tua fede ti ha guarita”.
E in quell’istante la donna guarì.
(Matteo 9,20–22)

In nessuna guarigione Gesù impone la sua volontà, per nessun motivo si


sostituisce al potere di guarigione innato dell’individuo.
Il suo motto “sia fatta la tua volontà, non la mia”, esprime che il
suo operato non deriva affatto da una scelta personale dell’Ego, quanto
dell’Io (lo Spirito). Egli è infatti il messia, giunto per togliere i peccati
del mondo, e il primo peccato – la prima paranoia mentale – che egli
è venuto a sanare è proprio la Ferita di Umiliazione, aiutando l’uomo
a riprendere un autentico contatto con il “Padre”. L’immagine del pa-
dre cattivo (Saturno), che detta regole, infligge punizioni e umilia i suoi
sudditi, viene volontariamente trasmutata da Gesù, il quale insegna un
nuovo modo autentico e diretto per “comunicare” con Dio, con il no-
stro “Padre”. Gesù trasmuta la figura di Saturno in Giove, figlio del Dio
e di animo buono e comprensivo.
314 TRATTATO DI ALCHIMIA DELLE EMOZIONI – ALBEDO

La sua “buona novella” ci insegna che non dobbiamo temere la punizione


di un padre che giudica e condanna il libero arbitrio umano ma anzi, lo
supporta e gioisce delle capacità creative e realizzatrici dell’uomo stesso.

CARATTERI FISICI

La caratteristica più frequente di colui che è stato vittima della Ferita


di Umiliazione è la tendenza all’obesità, tipicamente flaccida o comun-
que legata ad una abbondante ritenzione idrica. Mentre il soggetto che
Di
an
ha subìto una Ferita di Tradimento può mostrare una forma di obesità
aE
soda, con muscoli ben sviluppati e tonici, il carattere masochista dimo-
len
stra una muscolatura fragile ed esile, infiltrata di grasso e ripiena di acqua.
È una forma di obesità che tende a deformare la persona, rendendola ro-
aO
tonda, imbibita e dall’aspetto pesante e goffo.
M

La goffagine rappresenta l’incapacità di gestire lo spazio attorno a sé


ED

attraverso le movenze del proprio corpo. È il classico impacciato, mal-


IZI

destro, al quale tutto cade dalle mani e ogni angolo è buono per andarci
ON

a sbattere. Fin da bambino tende ad ingrassare indipendentemente da


IS

ciò che mangia o da quanta attività fisica pratichi. È il classico bambino


NC

che si nota in mezzo agli altri in quanto a goffaggine, scoordinatezza e


11

incapacità a svolgere anche gli esercizi più semplici: per questo motivo
/24

diviene spesso oggetto di scherno e di derisione da parte dei compagni.


/20

Egli, in realtà, si sente prigioniero del suo corpo, della sua immagine e
dell’idea che gli altri si sono fatti di lui; percepisce infatti che il suo corpo
22

non è uno strumento idoneo alla sua realizzazione materiale e per que-
12

sto soffre ancora di più. Continuando di questo passo, arriverà al punto


:34

da ridicolizzare lui stesso la sua presenza, precedendo lo scherno altrui


:11

ironizzando sui suoi stessi limiti prima che lo facciano gli altri.
PM

Tendenzialmente di carattere mite, subìsce ogni angheria senza op-


porsi, senza lottare e ribellarsi. In realtà, nasconde una forza di ribellione
35

molto forte che però non esprime e che tiene segretamente relegata all’in-
83

terno del suo corpo. Ha una carica interiore fortissima, data dalla totale
FERITA DI UMILIAZIONE – SATURNO 315

negazione delle sue pulsioni, sia fisiche che psichiche. Il masochista è un


grande oppresso, che si opprime costantemente e si censura. La critica è la
sua arma a doppio taglio: tanto la utilizza sugli altri, quanto su se stesso.

CARATTERI PSICHICI

Quando un bambino, o in generale un essere vivente, viene inibito


nell’espressione della sua natura interiore, istintivamente crea al suo in-
terno un fortissimo attrito. Tutto ciò comporta una grande pressione
interiore, accompagnata dall’incapacità di liberare la tensione per paura
della punizione, dando così la sensazione di esplodere internamente.
Questa rabbia repressa a livello psichico ed energetico va inevitabil-
mente a sedimentarsi nel corpo. Inizia una forma di impregnazione tossi-
nica ed emotiva che nel tempo, come già visto, può portare alla tendenza
all’obesità e alla ritenzione idrica. Tuttavia, pur covando una grande rab-
bia, un forte senso di ribellione e di indignazione, egli è pronto all’auto-
ironia, primariamente per evitare il giudizio altrui.

La Ferita di Umiliazione porta con sé un grandissimo blocco sessuale.


L’umiliato vive il sesso come un peccato e al pari di una “cosa sporca”.
L’energia sessuale è una forma di energia creativa estremamente potente
e se ben indirizzata è in grado non solo di dare la vita, ma anche di per-
mettere che il nostro “verbo” (i nostri ideali, sogni ed aspirazioni) si faccia
“carne”. Essa è veramente energia “creativa” in senso lato. Il tabù della
nudità, della sessualità e di tutto ciò che ad essa è collegato, è un deriva-
to diretto del senso di pudore legato all’umiliazione di Adamo ed Eva.
Questo legame determina un grandissimo blocco dell’energia sessuale nel
aO IZIOdel
M EDpoiché NI SNC11/24/
ferito di umiliazione. Segretamente,Diaperò,
naE egli
leènun represso,
sesso ne ha un estremo bisogno, sia perché questo è parte del processo
della conoscenza di sé attraverso le sensazioni e il piacere corporeo, sia
perché, molto probabilmente, gli è stata negata in passato la possibilità di
sperimentarlo anche come autoerotismo.
316 TRATTATO DI ALCHIMIA DELLE EMOZIONI – ALBEDO

Altra grande caratteristica del masochista è che non riesce a difendersi,


abbandona le dispute, non discute, non lotta per paura di perdere e do-
ver subire una sconfitta, che aumenterebbe il suo senso di umiliazione e
di vergogna. In questa ferita c’è, come nel caso del tradimento, una forte
influenza da parte del DNA, nel senso che il DNA genitoriale può eclis-
sare la libera espressione del figlio. È un soggetto ipersensibile che è ferito
facilmente, ma, poiché non riesce ad ascoltare le sue necessità, si preoc-
cupa piuttosto di non ferire gli altri: preferisce piuttosto punirsi ed umi-
liarsi che lottare, anche quando in realtà ha ragione. Pur cercando l’auto
affermazione a tutti i costi, in realtà si autoinibisce trovando mille scuse.
Questa ferita infatti ha molto a che vedere con il concetto di libertà. La
tipica scusa è “non posso perché è pericoloso”, “non posso perché non
si fa”, “non posso perché gli altri mi giudicano” o “non è bene fare così”.

L’essere umano, per affermare la libertà che gli è stata negata (o spesso
che si è auto negato), continua ad inseguire un falso mito di libertà che Di
an
porta ad affermare: “voglio essere libero di avere, non di essere”. QuestoaE
ha portato alla sempre più crescente necessità di avere e acquistare beni
le
materiali, spesso inutili, senza alcun limite, solamente per il gusto di
na
O
possedere. Il consumismo sfrenato deriva fondamentalmente dalla con-
M
dizione di decadenza di valori spirituali in cui l’uomo medio si trova.
ED
Quando lo Spirito non è espresso dalla materia e non è vissuto come
IZ
IO
valore quotidianamente, facilmente si perde la saggezza e il buon sen-
NI
so: allora si esorcizza la Ferita di Umiliazione con l’accumulo. La per-
SN
sona ferita accumula iniziando a dividere il suo spazio, la sua materia e
C1
1/
la propria vita con gli oggetti che possiede, non rendendosi conto che
24
in questo modo diviene egli stesso schiavo di ciò che possiede. Il fatto
02
/2
di poter possedere molti oggetti dà l’illusione di essere liberi e di po-
2
ter avere tutto ciò che si desidera, senza accorgersi che la schiavitù ini-
12
:3
zia quando possediamo più di ciò che realmente ci basta per vivere.
4:
11
PM
Il senso di colpa schiaccia il masochista, che si rende conto, almeno
35
inconsciamente, della sua condizione non libera. Egli, allora, cerca di li-
83
berarsi da questa oppressione diventando accondiscendente.
55
FERITA DI UMILIAZIONE – SATURNO 317

Se mi limito nella mia libertà e seguo le regole, facendo tutto quello


che vogliono gli altri, divento uno schiavo perfetto e non corro il rischio
di essere giudicato, punito o umiliato. Il masochista pensa così: “Meglio
essere uno schiavo perfetto, amato e utile, che un essere libero che com-
pie le sue scelte in autonomia ma con il rischio di essere criticato e umi-
liato a causa delle sue decisioni!”. Quando un essere umano prova ver-
gogna di un’azione che ha osato compiere per esprimere i suoi impulsi e
manifestare la sua libera determinazione, io dico: “che peccato! Era così
vicino alla libertà e alla felicità di esser libero e invece si è vergognato, si è
sentito in colpa”. Il masochismo non nasce quando facciamo quella tal
cosa o compiamo un gesto giudicabile: il vero masochismo nasce quando
facciamo ciò che desideriamo, ci rendiamo conto che abbiamo trasgre-
dito alle regole, ci sentiamo in colpa e infine ci puniamo non godendo
appieno dell’esperienza. Il masochismo è la conseguenza della repressione
dei propri bisogni interiori e la soffocazione della libertà personale.
L’umiliato ha, inoltre, una grande tendenza a criticare e umiliare gli
altri, oltre che se stesso. Vorrebbe, inconsciamente, che tutto il mondo 11/
fosse schiavo delle stesse situazioni da cui lui è oppresso e prova una gran- SNC
dissima gelosia per coloro che sono più liberi di lui. Per lui non c’è piacere I O NI
IZ
nel vedere una persona libera, anzi, il suo desiderio sarebbe quelloEdiDve-
derla ritornare schiava. O M
en a
Dotato di autoironia, si prende continuamente a inl giro. Lo fa anche
E
n
inconsciamente, magari indossando vestiti non Diaadatti alla sua corporatu-
ra, troppo stretti ed attillati evidenziando rotoli di adipe trasbordanti da
ogni parte del corpo.

SQUILIBRIO FISICO

L’obesità, come forma di umiliazione, rappresenta un modo di ricer-


care una libertà, almeno nel volume. Archetipicamente si presenta come
una mela, tutto tondo. Se il grasso è localizzato in una o più aree e non in
tutto il corpo significa che la ferita è meno importante e profonda.
318 TRATTATO DI ALCHIMIA DELLE EMOZIONI – ALBEDO

Un aumento del tessuto adiposo o della ritenzione idrica in alcune


zone del corpo, particolarmente all’addome, fianchi, torace e collo sono
un buon indizio per individuare una ferita da umiliazione. In lui tutto
il sistema corporeo è tarato sull’accumulo, anche a livello viscerale e con-
nettivale. Prende peso facilmente dopo una dieta perché tende a man-
giare per compensare le sue tensioni interiori, frequentemente accusa
disturbi circolatori per congestione della sostanza Sale, soffre dei rapporti
superficiali e poco “umani” ma non riesce nemmeno a lasciarvisi andare
21 02 in quanto teme il giudizio degli altri. La grande tensione interiore che
24/2 / cova al suo interno lo priva poi della felicità e gioia di vivere.
N C 11
S NI
Si fa carico di tutto e di tutti e questo lo porta a soffrire di problemi
IO
DIZ
alla schiena, spalle pesanti e gibbo (accumulo di acqua e grasso nella par-
E
a OM
te superiore della schiena), e sono tipici anche i disturbi epatici, sempre
l e n E a
Dian
causati dall’accumulo di tossine e dalla grande rabbia, frustrazione e ten-
sione accumulata e repressa.
Non mancano fratture e distrazioni, in particolare alle caviglie e ai
piedi a causa non solamente dell’eccesso di peso, ma anche di una certa
lassità dei legamenti che rispecchia la sua remissività.
La grande energia accumulata potrà portare ad una serie di sintomi e
patologie legati principalmente all’area corporea di somatizzazione o di
sperimentazione della Ferita di Umiliazione.

Se la ferita avrà condizionato maggiormente la libera espressione fisi-


ca, corporea, saranno le aree legate alla sessualità e alla funzione riprodut-
tiva ad essere maggiormente colpite: dai problemi di fertilità, maschili
e femminili, ai disturbi del ciclo mestruale, alle prostatiti, emorroidi o
cistiti nella donna ed uretriti nell’uomo. La funzione riproduttiva e la
fertilità sono strettamente legate al mito di Saturno: ricordo che egli veni-
va chiamato anche il seminatore. Non c’è umiliazione più grande per un
essere umano che il dover ammettere di non poter avere dei figli a causa
della sua infertilità. La sterilità viene vissuta come una forma di umilia-
zione profonda da entrambi i sessi, in quanto va a minare la considera-
zione che la persona ha di sé a tutti i livelli.
FERITA DI UMILIAZIONE – SATURNO 319

L’archetipo di Saturno riguarda la fertilità, i figli (era lui il “nonno”


degli dei, che per paura di essere umiliato si mangiava i figli), la gravidan-
1/24/2022 12:34:11 PM358355
za (è il dio Cronos, il tempo, che scandisce i ritmi della vita), la semina e
il raccolto. Egli identifica i confini del mondo materiale, pertanto è coin-
volto nella gestione delle “regole” che devono essere rispettate in questo
mondo. Il bioritmo del ciclo mestruale femminile ad esempio è stretta-
mente legato all’archetipo saturnino, così come lo sono tutti i bioritmi
naturali di questo ecosistema.

Saturno è il dio del tempo, pertanto tutto ciò che al tempo è legato
(bioritmi endocrini, immunitari, cellulari, gravidanza, ciclo mestruale
eccetera) segue la sua legge. Non è a caso che nella visione esoterica il
suo archetipo sia sempre stato legato, ad un livello vibrazionale, a due
strutture del cervello importantissime, da molti alchimisiti definiti Re e
Regina, riferendosi con questi epitoti alle ghiandole ipotalamo e ipofisi.
DianaElenaOM EDIZIONI SNC1

Queste due strutture endocrino–nervose presenti all’interno del cervel-


lo sono il ponte di collegamento tra il mondo dello Spirito, l’Anima, il
corpo (inteso come organismo formato da miliardi di cellule) e il resto
del mondo esterno. Queste due strutture, fondamentalmente come due
regnanti illuminati, reggono la coordinazione psico, neuro, endocrina,
immunitaria e spirituale di tutto il corpo.
La nostra salute, alla base, dipende dal buon funzionamento di questi
due “organi” cerebrali che prendono forma e origine dall’energia archeti-
pale di Saturno. È da esse che dipendono anche la fertilità e la gravidanza,
inclusi il parto e l’allattamento.

Qualsiasi Ferita di Umiliazione, anche se piccola, colpirà preferen-


zialmente queste due strutture, determinando una de–sincronizzazione
– alle volte solo momentanea, alle volte profonda e persistente – rispetto
i bioritmi naturali dell’ecosistema. Tratteremo nel dettaglio questa situa-
zione quando parleremo della settima chiave, ovvero di Gaia, la Terra.
Essendo queste due strutture, ipofisi ed ipotalamo, i direttori d’orchestra
di tutto il nostro sistema endocrino, va da sé che una qualsiasi de–sincro-
nizzazione di queste strutture potrà portare a disturbi generalizzati in
320 TRATTATO DI ALCHIMIA DELLE EMOZIONI – ALBEDO

ogni ghiandola endocrina del corpo: dai problemi tiroidei, a quelli sur-
renalici, fino ai, come già detto, problemi legati alla sfera riproduttiva.
Saturno è un archetipo veramente “pesante”, particolarmente nella
sua espressione dis–equilibrata. Il metallo con cui questo archetipo veni-
va rappresentato dagli antichi alchimisti è il piombo. Possiamo ben capire
a cosa si riferissero, quando sostenevano la loro ricerca per conseguire la
trasmutazione del piombo in oro!

Una Ferita di Umiliazione può anche esprimersi sotto forma di der-


matosi, dermatiti e patologie legate alla sfera espressiva cutanea. È nor-
male, infatti, considerare la pelle di una persona come l’estensione della
sua interiorità, e tutti noi conosciamo bene cosa significa conoscere qual-
cuno “a pelle”. Lo stato della pelle è, nella nostra società, fonte di am-
mirazione e vanto tanto quanto di ribrezzo e vergogna. Grandi malattie
della storia come la peste sono entrate nell’immaginario collettivo come
condizioni portatrici di male e morte. Per questo motivo ancor oggi
si suol dire “fuggire come dalla peste” per definire uno stato di allon-
Diana

tanamento tanto rapido quanto deciso. Il sistema un tempo utilizzato


per riconoscere un lebbroso o una persona affetta dalla peste era lo sta-
to della sua pelle. Molte altre malattie, quali quelle a trasmissione ses-
Elena

suale, lasciano segni ben definiti sulla pelle, dalla sifilide alla gonorrea.
Ecco come il ferito di umiliazione può vivere la sua maschera masochista:
OM E

manifestando attraverso la pelle la sua condizione che nasce dal sentirsi


sporco, inquinato, malvagio e cattivo. Mostrando questo agli altri, au-
tomaticamente afferma a se stesso il fatto di avere dentro di sé qualcosa
DIZIO

che non va. Non tanto perché lo pensi davvero, ma perché ad un cer-
to punto della sua vita qualcuno gli ha fatto percepire questo. Pensate
NI SN

al bambino che viene ripreso perché non ha ancora il controllo sugli


sfinteri e “si sporca”; al bambino che viene colto in fragrante nell’atto
di toccarsi le parti intime e per questo sgridato; al bambino che spesso
C11/2

si sporca quando mangia e per questo viene rimproverato; al bambino


che viene zittito poiché semplicemente esprime la sua verità scomoda
4/202

agli adulti. Questi sono tutti candidati ad una futura maschera di maso-
chista. Saranno persone che a causa di questa grande energia repressa
2 12:
34:
FERITA DI UMILIAZIONE – SATURNO 321

potranno compromettere molto del loro stato di salute ma anche della


loro vita, boicottando ogni tentativo di trasmutare il loro piombo in oro,
ovvero le sfide in possibilità di sviluppo.

358355
Dovunque vi sia un problema fisico legato ad un blocco di espres-
sione, saremo di fronte alla Ferita di Umiliazione. Dalle tonsilliti pu-
rulente, alle dermatiti acute e croniche, alle cistiti femminili fino alle

34:11 PM
emorroidi. L’umiliazione, come già detto, è probabilmente la prima Fe-
rita Emozionale vissuta dall’uomo; per questo la sua presenza è ubiqui-
taria e si esprime attraverso il corpo e la psiche in modo forte, condizio-
nando tanto la vita di un essere umano. È per questo motivo che ciascun
essere umano cerca continuamente la libertà, la “sua” libertà, ma in realtà

/2022 12:
ne ha altrettanto paura: uscire dal vincolo mentale dato dalla Ferita di
Umiliazione è un’impresa molto ardua.
Siamo tutti vittime di schemi di pensiero radicati che ci portano ad
accettare in modo più o meno passivo la nostra schiavitù. L’umiliato di-

C11/24
viene schiavo delle sue stesse paure e degli schemi mentali che ha attuato
per il timore di affermare la sua immensa forza,
il suo immenso potere e la sua vera

IONI SN
natura spirituale.

M E DI Z
naO DianaEle
322

58355
P M 3
2:34:11
22 1
4/20
N C11/2
NI S
IO
EDIZ
TRATTATO DI ALCHIMIA DELLE EMOZIONI – ALBEDO

lenaOM
DianaE
323

IL TALENTO DI SATURNO
LA SAGGEZZA

Chi soffre la Ferita di Umiliazione cerca la libertà ma ne ha paura. Egli


ha estremo bisogno di essere libero di esprimersi, di dare ascolto ai suoi
reali bisogni, ma i limiti che lui stesso si è posto, con la paura del giudizio
e con il peso dei suoi sensi di colpa, lo convincono che solo così, in una
prigione mentale, può vivere al sicuro. In questo modo, il ferito di umi-
liazione rende la propria vita una sofferenza, bloccando tutti i tentativi di
apertura verso la felicità e la relizzazione.
Questo blocco rappresenta, per gli alchimisti, il “piombo” di Satur-
no. Ma l’Alchimista sa che “il piombo si trasforma in Oro” e quando
abbiamo interiormente accettato che ai desideri dell’Anima devono es-
sere anteposti i limiti della materia, possiamo trasformare la pesantezza in
Saggezza. La materia è grave, pesante, limitante, vincolata e segue rigide
leggi fisiche; l’Anima è invece espressione totale della volontà del nostro
Spirito incarnato. Nel momento in cui l’Anima si acquieta compren-
dendo i limiti della massa, del tempo e dello spazio, pur continuando a
Dianadirigere
E le
la materia (il corpo) verso la direzione della propria realizzazione,
ecco chenaloOSpirito
M ED risolve il suo destino. Solo quando ci eleviamo al di
IZIONI S
sopra della visione orizzontale, al diN
sopra
C1della
1/24mera materia, compren-
diamo la nostra grandezza e la nostra infinitezza.
/ 2 0 22 12:34
:11 PM3583
Allora cosa ci può denigrare? Cosa può umiliarci? Cosa può bloccarci? 55
La Ferita di Umiliazione rappresenta la sfida del dio Saturno che
mangiava i suoi figli per paura di essere spodestato. Solo uno dei suoi figli
(Giove) si salvò, incarnando l’archetipo del “padre buono” e compren-
sivo, mentre Saturno rivestì per sempre l’immagine del nonno severo che
infligge le sue punizioni.
324 TRATTATO DI ALCHIMIA DELLE EMOZIONI – ALBEDO

Superare la Ferita di Umiliazione significa liberarsi dalla paura della


punizione, del giudizio e di sbagliare, accogliendo ogni esperienza della
vita come opportunità di crescita interiore. La riflessione riguardo tutto
ciò che ci accade è sempre molto opportuna; il giudizio, che suddivide i
fatti in categorie, è invece attitudine da abbandonare.

La consapevolezza della nostra energia interiore, di ciò che realmente


siamo e del senso più profondo della nostra vita è la chiave di volta nel
superamento della Ferita di Umiliazione e la nascita della saggezza.
Quando comprendiamo quanto siamo infiniti e grandi, quanta ener-
gia è incanalata nella nostra massa, niente può umiliarci! Siamo comple-
tamente fusi nella nostra energia e consapevoli delle nostre potenzialità,
percepiamo i nostri limiti, ma sappiamo anche quanto siamo liberi di
esprimerci e di sperimentare la vita.
La vera saggezza è la capacità di avere con un unico sguardo
la visione dell’atomo, del microcosmo
e del macrocosmo.

Di
an
aE
len
aO
M
ED
IZ
I
IL TALENTO DI SATURNO: LA SAGGEZZA 325

M O
na le E
na
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326 TRATTATO DI ALCHIMIA DELLE EMOZIONI – ALBEDO

DianaE
lenaOM
EDIZIO
NI
327

LA SESTA FERITA
IL LOGOS
SOLARE

ARCHETIPO Sole e luna


D ian
Melancolia
a
Buio dell’animaEle
na
PAROLE CHIAVE Menzogna della mente OM
Decadimento ED
Eclissi del Sé IZI
ON
Perdita del senso IS
della vita NC
11
SCHEMA CARATTERIALE Il Disperato

In generale,
tutto il corpo e le
PORZIONE DEL CORPO, funzioni PNEI
LATERALITÀ Emisferi cerebrali
e corpo calloso
Cuore

CHAKRA I
CORRISPONDENTE II
IONI
EDIZ
328 TRATTATO DI ALCHIMIA DELLE EMOZIONI – ALBEDO
na OM
aEle
Sperimentai direttamente, ma senza riconoscerla, Dianla Sesta Ferita in
occasione del viaggio che feci nel 2012 alla volta del Brasile, allorché mi
“persi” in una sorta di selva oscura emozionale, come ho già raccontato
all’inizio di questo libro. Non compresi però il reale significato della pe-
sante realtà della Sesta Ferita fino a che non la “vidi” di persona davanti a
me, in carne ed ossa.
Circa sei mesi dopo l’esperienza (il viaggio) che aveva profondamente
segnato la mia vita e che mi aveva permesso di accedere alla conoscen-
za delle Ferite Emozionali, mi trovavo in ambulatorio e, come spesso
capita, stavo ricevendo la visita di una persona problematica, afflitta da
molteplici Ferite Emozionali, che mi chiedeva aiuto. Più che un aiu-
to, mi veniva chiesto un supporto, dato che il paziente era a tal punto
schiacciato dalla pesantezza del suo stato emotivo da non riuscire a tro-
vare una soluzione al suo stato di malessere. La mente si era impadronita
di tutto il suo essere, portandolo a credere di essere così disperato e sof-
ferente che nulla ormai poteva fargli cambiare idea. I suoi racconti, misti
a lamentele, riguardo al suo stato interiore mi stavano facendo percepire
un peso enorme a livello del petto, in un certo qual modo bloccando
il mio respiro. Mano a mano che procedeva la consulenza, mi sentivo
sempre più oppresso e impotente di fronte a tanta sofferenza. Sofferenza,
questa era la parola chiave. Il mio paziente mi stava letteralmente soffo-
cando di sofferenza. Questa sofferenza, però, non riuscivo a percepirla
come “sincera”, reale, derivata da esperienze toccanti e logoranti, quanto
da un incessante e probabilmente datato logorio mentale che lo aveva
portato a sentirsi una vittima della vita stessa.
Tentavo invano di riuscire a scorgere in lui una particolare ferita, ma
più cercavo di comprenderlo, più regnava il caos nella mia mente. Non
riuscivo ad identificare una Ferita Emozionale evidente in lui: in realtà,
lo stato in cui si trovava, era simile ad un dipinto in cui, avendo utilizzato
tutti i colori della gamma cromatica disponibili, era apparso infine come
ultimo colore il nero. Il Caos primordiale è uno stato molto simile alla
condizione in cui il mio paziente si trovava.
In lui ogni luce si era spenta, i colori della sua personalità si erano così
confusamente mescolati da portare alla nascita del colore nero, del buio.
LA SESTA FERITA – IL LOGOS SOLARE 329

Provai un senso di inadeguatezza di fronte a quella situazione così dis-


perata, e mi chiesi: “Cosa potrò mai fare per quest’uomo?”. Egli parlava
di abbandono, rifiuto, tradimento, ingiustizia e l’umiliazione che prova-
va a causa dello stato in cui si trovava lo aveva fatto precipitare in uno sta-

Di
to di depressione e auto commiserazione infinita. Tra lacrime e lamentele

na a
alternate a sussulti e scoppi d’ira, ciò che emergeva dal suo stato di auto

E
commiserazione era, infine, il profondo smarrimento del senso della sua

en l
Vita. Egli non voleva più vivere in quanto la sua sofferenza era troppa.

O a
M
Io, invece, in questa situazione provavo un senso di impotenza misto a

E
rabbia: percepivo una grande “ostilità” nei suoi confronti e il suo con-

DI
tinuo incolpare gli altri per la sofferenza che gli era stata inferta, e che ora

IO Z
provava nella sua vita, mi infastidiva enormemente.

N I
“Soffro!”, diceva. “La mia sofferenza è così grande!”. E io che chiedevo
N S
“Ma qual è il motivo della tua sofferenza?”, senza avere mai una risposta.
C 1

Pensavo, nel frattempo, a tutte le persone nel mondo che sperimentano


1/
2

veramente la sofferenza, ai bambini senza acqua e cibo, a chi ha perduto


4/
20

i propri cari, alle guerre, epidemie, pestilenze… non trovavo però nessun
2 2

motivo, in quel paziente, di provare così tanta sofferenza e questo fatto


12

mi innervosiva ancora di più. Com’è possibile, mi chiedevo, che questa


3 :

persona sia così affranta, quando non le è capitato nulla di veramente


4:
1

negativo? Come è possibile arrivare a questo stato di disperazione, quan-


1
PM

do, nel concreto, nulla di grave è obiettivamente accaduto nella vita di


35

questa persona? Come può essere così irrispettosa nei confronti delle
83

persone che hanno dei reali motivi per soffrire davvero?


5 5

Ero nel caos. Non capivo più nulla. La persona che avevo di fronte
non aveva nulla. Non aveva motivi per stare in quello stato. Le Ferite
Emozionali di cui soffriva erano sì attive, ma non giustificavano un simile
stato negativo. Tale stato presupponeva l’esistenza di una Ferita Emozio-
nale, anche remota, sottendente lo stato della persona, congiuntamente
a degli eventi esterni che avrebbero dovuto riaprire la ferita al momento
presente, cosa che non era capitata. Egli presentava, ad una attenta ana-
lisi, tutte e cinque le Ferite Emozionali attive nello stesso momento: una
condizione che non mi era capitata di trovare in nessuno, fino ad allora.
330 TRATTATO DI ALCHIMIA DELLE EMOZIONI – ALBEDO

Ma mi sbagliavo: tale situazione era capitata a me, qualche mese pri-


ma. La mia reazione all’apertura simultanea delle cinque ferite emotive
durante il viaggio era stata differente ma, in sintesi, l’effetto era stato il
medesimo: il buio totale e la perdita del contatto con il senso della vita.
Anche io, durante quegli attimi in cui avevo perso la lucidità, avrei
preferito morire piuttosto che continuare a soffrire, vittima della menzo-
gna scaturita dalla mia mente.

Improvvisamente, ebbi una sorta di folgorazione. La vista iniziò ad


annebbiarsi, la testa a girare e un senso di forte instabilità iniziò ad inva-
dere tutto il mio corpo. “Un altro attacco di panico!”, pensai. Non pote-
va accadere di nuovo! Avevo superato quella fase della mia vita attraverso
un lavoro basato sulla consapevolezza dei miei lati oscuri da “curare”, e
non solamente rimuovendo il problema. Non poteva accadermi di nuo-
vo una perdita di controllo così invalidante! Mentre il paziente conti-
nuava imperterrito – e senza accorgersi di nulla – a relazionare le sue
grandi “sofferenze”, io mi trovavo in uno stato che, con la lucidità di oggi,
potrei definire “vaporoso”.

Le orecchie mi fischiavano e la vista mi si era totalmente appannata;


pensavo che sarei morto da un momento all’altro, anzi, ne ero convinto.
Per un attimo, ho pensato: “Va bene, se così dev’essere, viviamo anche
Dianaquesto!”.
Elsasso
Questo pensiero risuonò nella mia mente come un mantra, o
un enagettato
OM nell’acqua, inducendomi piano piano uno stato di calma
E D IZIOLaNmia
interiore e di rilassamento.
I Smente
N C
aveva come d’un tratto accetta-
11vivere,
to il fatto che qualsiasi esperienza dovessi /24/bella
202o2brutta, sarebbe
stata quella giusta, quindi preoccuparsi non avrebbe portato1 2:a3nulla
4:11se P
non all’allontanarmi dall’accettazione stessa dell’evento.
M3583
55
Iniziai ad acquietarmi e a comprendere cosa stessi vivendo. Venne
nella mia mente l’immagine di Gesù, in croce. Vedevo il suo capo chino
verso il basso, a testimoniare la sofferenza datagli dalle ferite inferte dai
chiodi che lo tenevano alla croce. Ancora non capivo il senso di tali im-
magini che stavo percependo.
LA SESTA FERITA – IL LOGOS SOLARE 331

Mi giunse il ricordo, però, che Gesù, dopo essere spirato, subì un’altra
ferita, infertagli dalla lancia del soldato romano che si trovava ai piedi del-
la croce. Tale racconto è presente solamente in uno dei quattro vangeli,
quello di Giovanni, e tal ricordo smosse in me una improvvisa emozione
di incredulità.

“C’è una Sesta Ferita di cui non avevo compreso il senso e l’esisten-
31
za!” pensai. La ferita inferta dalla lancia al costato di Gesù , provocata
per valutarne la morte, era un altro tassello mancante della mia ricerca
e probabilmente una chiave di lettura della situazione che stava vivendo

D ian
in quel momento il paziente che si trovava di fronte a me. In quel mo-

a
mento tutto, in me, cambiò. Iniziai a percepire una fortissima calma e una

E l
enorme energia di amore e gratitudine. Pensai: il “Sia fatta la tua volon- en
a
tà!” affermato da Gesù nei momenti di dolore e di dubbio, era la chiave!
OM

L’uomo che avevo di fronte, travolto dal dolore e dalla sofferenza delle
E

Cinque Ferite Emozionali attive tutte allo stesso momento, aveva ceduto,
DI
Z

sotto la spinta della mente, all’affermare “Dio mio, Dio mio, perché mi
O I

hai abbandonato?”. Era mentalmente “posseduto” ed emozionalmente


N I

“crocifisso” e, in questo stato di dolore totale, aveva perduto pienamente


NC S

il senso della propria vita, il contatto con il proprio pre–destino.


1 1
/2

Per questo motivo, dopo averla individuata, chiamai questo stato di


/ 4
2

buio dell’anima e di vittoria della mente che “mente”, la Sesta Ferita o


022

la ferita del Logos Solare, in nome di colui che per primo aveva mostrato
12

chiaramente tale ferita all’umanità.


:3

Gesù, infatti, una volta divenuto il “Cristo”, era anche definito il Lo-
4:

gos Solare, in quanto incarnazione vivente dell’energia/principio del Sole.


11

Egli era la Luce del divino manifesta in Terra. Trascendenza totale nei
P M

confronti della mente: a questo porta, se superata, la Sesta Ferita.


5 3
835

31 La Lancia del Destino o Lancia di Longino è la lancia con cui Gesù sarebbe stato trafitto al costato dopo
5

essere stato crocefisso. La lancia è menzionata solo nel Vangelo secondo Giovanni (19:31–37): “Venuti però da Gesù
e vedendo che era già morto, non gli spezzarono le gambe, ma uno dei soldati gli colpì il fianco con la lancia e su-
bito ne uscì sangue e acqua.” In una miniatura dei Vangeli di Rabbula, un manoscritto conservato nella Biblioteca
Laurenziana di Firenze e illuminato da un certo Rabulas nel 586 si trova il nome ΛΟΓΙΝΟC (Loghinos), scritto in
caratteri greci sopra il soldato che colpisce Gesù.
332 TRATTATO DI ALCHIMIA DELLE EMOZIONI – ALBEDO

Essa richiede alla persona che la vive, per essere affrontata, la presenza
totale dello Spirito nella massa. Il superamento di tale ferita deve avere
una base solida radicata nella volontà intrinseca dello Spirito di seguire il
suo pre–destino nella carne.

Tutti noi, quando il peso e il dolore delle Cinque Ferite Emozionali


schiacciano il nostro cuore e impediscono l’espressione della vera natura
interiore, iniziamo a dubitare della nostra stessa esistenza. Il dubbio nasce
sempre nella mente, struttura addestrata a boicottare quotidianamente
tutti i nostri tentativi di ricordare chi siamo davvero. Proprio nell’espe-
rienza vissuta da Gesù nel giardino dei Getsèmani la notte precedente
la sua crocifissione, è presente l’apertura della Sesta Ferita, così come è O
EDIZI
narrato dai Vangeli:
Ele naOM
Diana
“La mia anima è triste fino alla morte;
restate qui e vegliate con me”, disse ai suoi discepoli.
Andò un poco più avanti, cadde faccia a terra e
pregava, dicendo: “Padre mio, se è possibile,
passi via da me questo calice!
Però non come voglio io, ma come vuoi tu! (…)
“Padre mio, se questo calice non può passare via
senza che io lo beva, si compia la tua volontà”.

Solamente nell’accettazione del nostro destino, costi quel costi e sia


ciò che debba essere, sta la soluzione per la Sesta Ferita. Essa ci porta,
ad un certo punto della nostra vita, a smarrire la nostra “via”, subendo
la sconfitta delle maschere che abbiamo eretto a protezione della nostra
vera Essenza. Essa viene per guarire, risvegliare e portare Luce attraverso
l’esperienza estrema di dolore. Ad un certo punto della nostra vita, quan-
do le cinque Ferite Emozionali sono talmente soffocanti e il loro peso
ci schiaccia obbligandoci ad indossare maschere e a vivere atteggiamen-
ti costruiti per non dover affrontare le nostre più profonde paure, essa
emerge, dalle radici del nostro Spirito, per insegnarci a vincere la menzo-
gna della mente che si oppone al flusso naturale della vita.
N IS
IO N
LA SESTA FERITA – IL LOGOS SOLARE 333

Z
Essa, attraverso il Fuoco custodito all’interno del nostro cuore, viene

E DI
per ricordarci che la nostra Vita è un’Opera sacra, in cui dobbiamo vi-

M
vere il progetto spirituale nella massa, in totale Verità, particolarmente di

aO
fronte a noi stessi.

Elen
Il Fuoco che arde nel nostro Spirito calcina la falsità, cauterizza le no-

a
stre ferite, riduce in cenere le nostre maschere costruite ad hoc dalla men-

Dian
32
te: la stessa cenere dalla quale – come nel mito della Fenice – possiamo
far risorgere la nostra vita spirituale e vivere pienamente nella massa il
nostro pre–destino.

La Sesta Ferita è collegata agli archetipi planetari di Sole e Luna. Essi


rappresentano, secondo gli alchimisti, le figure genitoriali del Padre e del-
la Madre – citando la Tabula di Ermete Trismegisto:

Il Sole è tuo padre, la Luna tua madre (...)

– e tutte le strutture, a vari livelli, a questi legati.

Dal piano spirituale, con sue le forze creative del mondo – mitologi-
camente riconducibili ad Urano (il Cielo) e Gaia (la Terra) – al piano
dell’Anima, con i lati maschile e femminile del nostro campo elettroma-
gnetico, al piano psichico con la suddivisione in emisferi cerebrali e lato
logico e analogico, fino al piano fisico del mondo cellulare, caratteriz-
zato dal DNA che si costruisce e sviluppa a partire dal seme maschile
e femminile. È quindi ovvio comprendere come questa ferita, che ab-
braccia l’Universo vivente intero, possa così destabilizzare la vita di un

32 La Fenice, spesso nota anche come Araba fenice, è un uccello mitologico noto per il fatto di rinascere dalle
proprie ceneri dopo la morte. Secondo la versione più diffusa del mito, essa è divenuta il simbolo della morte e
risurrezione, si dice infatti “come l’araba fenice che risorge dalle proprie ceneri”. Dopo aver vissuto per 500 anni, la
Fenice sentiva sopraggiungere la sua morte, si ritirava in un luogo appartato e costruiva un nido sulla cima di una
quercia o di una palma. Qui accatastava le più pregiate piante balsamiche, con le quali intrecciava un nido a forma di
uovo – grande quanto era in grado di trasportarlo (cosa che stabiliva per prove ed errori). Infine vi si adagiava, lasciava
che i raggi del sole l’incendiassero, e si lasciava consumare dalle sue stesse fiamme. Dal cumulo di cenere emergeva poi
una piccola larva (o un uovo), che i raggi solari facevano crescere rapidamente fino a trasformarla nella nuova Fenice
nell’arco di tre giorni.
/ 1
C1 N S
NI O
334 ZI
TRATTATO DI ALCHIMIA DELLE EMOZIONI – ALBEDO
DI E
essere umano. Essa colpisce tutti i livelli dell’esistenza umana, causando
OM a
una depressione importante di tutte le funzioni dall’alto al basso e dal
n
Ele
basso all’alto. Non si tratta quindi di una semplice depressione psichica,
a
an
spesso indotta da altre ferite, quali quella di abbandono o rifiuto, ma Di
di una depressione molto più profonda che attinge ai molteplici piani
dell’essere e si inserisce nel piano mentale boicottando totalmente l’esi-
stenza. Essa si manifesta sul piano spirituale, causando la mortificazione
dell’Io, sul piano dell’Anima, causando una separazione di archetipi; sul
piano mentale, con i sintomi di una classica depressione e, infine, sul pia-
no fisico, potendo determinare la separazione dei filamenti antiparalleli
della doppia elica del DNA.

Come abbiamo visto, infatti, nel capitolo dedicato alla Ferita di Tra-
dimento, il DNA è sempre presente nel nucleo delle cellule sotto forma
di coppia di filamenti saldamente associati tra loro e intrecciati a formare
una struttura definita doppia elica. I due filamenti sono accoppiati grazie
alla presenza di particolari legami chimici, definiti legami ad Idrogeno o
a ponte idrogeno. L’Idrogeno, l’atomo “primordiale” degli alchimisti, an-
cora una volta è protagonista dell’essenza della Vita. Esso rappresenta l’es-
senza delle Tre Sostanze, in quanto composto solamente da un protone,
un elettrone e un neutrone, e si inserisce in particolari legami chimici che
sono alla base della Vita animata come una sorta di ponte.

La separazione dei due filamenti del DNA è alla base di innumerevoli


disfunzioni cellulari che portano in breve tempo alla sofferenza totale di
Corpo, Anima e Spirito. Nel momento in cui si viene a creare, all’inter-
no dell’essere, una forza di negazione e rifiuto totale nei confronti della
Vita, i legami a Idrogeno tendono a separarsi, in quanto viene perduto il
legame con l’atomo primordiale, che rappresenta la nostra prima mani-
festazione Spirituale nel piano della massa.

La formula di Einstein, E = m·c² inizia a separarsi, determinando la


dissoluzione delle Tre Sostanze, l’allontanamento dello Spirito dalla mas-
sa e, quindi, la disfatta dell’Anima.
LA SESTA FERITA – IL LOGOS SOLARE 335

La Sesta Ferita, in termini alchemici, rappresenta il più grande solve


della nostra vita. Ad essa si associa però, quando superata, il più potente
coagula, che è fonte di rinascita interiore e di affermazione della propria
identità Spirituale incarnata in Terra – citando la Tabula di Ermete:

(…)
la sua forza è intera se convertita in terra
(…)
è la forza, forte di tutte le forze
(…)
ed essa penetrerà ogni cosa sottile e ogni cosa solida.
(…)

Quando, per una serie di motivi, siano essi interiori o causati da eventi
esterni, giungiamo alla nostra croce personale, è in questo momento, e
33
solo in questo, che possiamo scegliere (“… sia fatta la Tua volontà, non
la mia…”) se affermare la nostra vera identità, varcare la soglia dell’illusio-
ne e vivere la Vita per la quale abbiamo deciso di nascere.

Ciò che, apparentemente, può apparire come una morte (la crocifis-
sione della Sesta Ferita) è in realtà, se osservata dal punto di vista spi-
rituale, una rinascita. La rinascita della Luce, del principio del Sole, del
Logos Solare che, a partire dal nostro Caos interiore, proietta i suoi raggi
luminosi dal centro del nostro “Sale”: il Cuore.
Dia
na
A livello psichico, possiamo definire la Sesta Ferita con un termine più Ele
na
noto: melancolia. La melancolia è, infatti, una sindrome affettiva che ha OM
per note fondamentali una tristezza morbosa e ostinata, indipendente
dagli avvenimenti esterni, un pessimismo invincibile, un senso profondo
di sfiducia e di avvilimento, che paralizza l’azione.

33 Per “tua” volontà in termini alchemici si intende la volontà dello Spirito e non quella condizionata dalla
mente che, realmente, “mente” allontanandoci, spesso, dalle sfide e dalle prove che rendono la nostra vita “degna
di essere vissuta”.
336 TRATTATO DI ALCHIMIA DELLE EMOZIONI – ALBEDO

Ogni impressione esterna riesce spiacevole, il pensiero s’aggira in una


chiusa cerchia d’idee tristi. Dal pessimismo germogliano spesso veri de-
liri: di colpa, di miseria, di rovina propria e altrui, di rovina universale,
d’indegnità, di dannazione, più di rado di tipo ipocondriaco. Ogni idea
d’azione evoca considerazioni dolorose, la visione di danni inevitabili: da
ciò l’impossibilità di qualsiasi iniziativa, la ripugnanza per ogni azione.
Il malessere psichico e l’oscurarsi della speranza conducono al disgusto
attivo per la vita e al suicidio, ora improvviso, in un’esplosione d’angoscia
insopportabile (raptus melancholicus), ora premeditato e apparecchiato
con abilità, eludendo la sorveglianza. Da notare che la sindrome melan-
colica compare, sia in modo caratteristico sia con qualche nota impura,
in ogni sorta di malattie mentali, organiche o funzionali.

Non è sempre necessario arrivare a vivere la Sesta Ferita per compiere


il proprio destino: essa si manifesta solamente, come un rituale di ini-
ziazione, quando le cinque Ferite Emozionali hanno talmente distorto
l’immagine dell’Essere da avergli fatto smarrire la “Via”. Sul piano psi-
chico, la Sesta Ferita riflette il malessere vissuto dall’Anima nella massa: il
blocco totale. La depressione, associata ad un pessimismo quasi “cosmi-
DianaE
co”, è la chiave di volta del disagio di colui che è stato “crocifisso”. È stato
lenaOM
ampiamente dimostrato che, nel cervello mammifero, le emozioni posi-
NI SNC
EDIZIO
tive favoriscono la produzione di una cascata di reazioni tale da attivare il
11/24/2
022 12
:34: sistema immunitario ed in particolare i linfociti natural killer.
Al contrario, gli stati di depressione emotiva portano ad un’inibizione
34
della resistenza immunitaria . Il timo, la grossa ghiandola situata appena
sopra il cuore, è una primaria stazione linfatica sede del complesso mec-
canismo di produzione dei linfociti T (timici) e della loro “istruzione” a
riconoscere il self (l’IO) dal non–self (l’EGO).
La depressione cronica, infatti, anche se leggera, produce una di-
minuzione di cellule T, le principali cellule responsabili della difesa del
nostro organismo contro virus e batteri.

34 La funzione immunitaria è soppressa negli individui clinicamente depressi ed anche in campioni non clinici
di individui con umore depresso (Herbert & Cohen, 1993).
I
ED
OM 337
na
LA SESTA FERITA – IL LOGOS SOLARE
Ele

Inoltre, lo stress fisico e psichico può ridurre l’attività delle cellule natu-
na

ral killer (NK), le quali eliminano le cellule infettate da virus e quelle


Dia

neoplastiche, vale a dire le cellule tumorali che, continuamente ed occul-


tamente, si formano nel nostro organismo e che sono appunto pronta-
mente riconosciute e rimosse dai linfociti NK. In fase depressiva, si ma-
nifesta un importante abbassamento di ormoni e neuro–ormoni quali
la serotonina, la dopamina, la nor–adrenalina e le endorfine. Serotonina
e dopamina, in particolare, ormoni così detti del ben–essere, concorro-
no nella regolazione del ritmo sonno–veglia, controllano la temperatu-
ra corporea (elemento Fuoco), coordinano le attività intestinali (Terra),
regolano la fame e la sazietà e sono alla base della percezione della stan-
chezza e del dolore.

Inoltre, particolarmente la dopamina, è alla base del senso di sod-


disfazione che si prova nella ricerca del piacere e del raggiungimen-
to dei nostri obiettivi, stimolando atteggiamenti gratificanti quali il
mangiare, il bere, il riprodursi e il raggiungere traguardi con successo.
Possiamo ben comprendere quale possa essere l’impatto sul corpo, a
tutti i livelli, di un tale stato interiore. La melancolia della Sesta Fe-
rita riverbera su tutti i livelli PNEI organici, riducendo drasticamente
l’attività nervosa, endocrina e immunitaria. Considerando che il corpo
intero si regge su questi sistemi tra loro integrati, ancora una volta com-
prendiamo la penetranza totale della Sesta Ferita del Logos. Una volta
che tutti i sistemi PNEI siano stati compromessi, infatti, qualsiasi atti-
vità organica–cellulare subìsce un rallentamento e un deficit funzionale,
fino alla paralisi totale dei sistemi che corrisponde, in termini concreti,
alla patologia degenerativa. La Sesta Ferita, se non superata, porta alla
degenerazione organica, alla separazione delle
Tre Sostanze e quindi, alla fine
dell’equazione.
338 TRATTATO DI ALCHIMIA DELLE EMOZIONI – ALBEDO

Dia
na
Ele
n
339

IL TALENTO DEL LOGOS SOLARE


LA REMINISCENZA

La reminiscenza (anamnesi per Platone) è un risveglio della memoria,


il ridestarsi di un sapere già presente nella nostra anima, ma che era stato
dimenticato al momento della nascita ed era perciò inconscio.
Il ricordo di sé è il Talento che permette di uscire dal loop di sofferenza
causato dalla Sesta Ferita del Logos Solare. Essendo uno stato di de–pres-
sione fisica, psichica ed energetica, non è possibile uscirne o superarlo so-
lamente attraverso un approccio lineare e puntiforme ma è necessario la-
vorare sul triplice aspetto dell’esistenza dell’essere. Psiche, anima e corpo.
Solo in questo momento allora lo Spirito si risveglia potendo riprendere
possesso su mente, corpo e anima. È importante ricordare che Spirito e
Anima non sono la stessa cosa, pur rappresentando quest’ultima (l’Ani-
ma) la forma attraverso cui lo Spirito comunica con la mente e il corpo.

Il buio dell’Anima che non riesce a mettere in comunicazione Spirito


e corpo, energia e materia, messaggio e azione, si riflette in tutta la nostra
vita a tutti i livelli. Il ricordo di chi siamo, quale è il senso della nostra
DianaElenaOM E
vita, quale il nostro destino, è la chiave di uscita dal buio in cui ogni essere
DIZIONI SN
umano si trova nel momento in cui ha perso il suo posto nel processo
creativo. La reminiscenza ha poco a che fare con l’esperienza quotidiana,
la quale invece ha forte impatto sulle Ferite Emozionali di base che tutti
i giorni viviamo dentro e fuori di noi. La reminiscenza, quindi, richiede
per essere sviluppata uno sforzo maggiore rispetto a quello dovuto alle
Ferite Emozionali.
La Ferita del Logos Solare non è infatti una Ferita “Emozionale” in
senso stretto, ma è lo stato risultante dall’attivazione simultanea delle 5
Ferite descritte in precedenza.
340 TRATTATO DI ALCHIMIA DELLE EMOZIONI – ALBEDO

le E È necessario “voler–si” curare, volere realizzarsi, lottare per la propria


na verità personale intensamente ma con il distacco che può dimostrare solo
Dia
un essere che ha compreso il proprio destino e il senso degli eventi.
La Ferita del Logos non si risolve lottando e combattendo fuori di
noi, ma disciplinando la mente e superando lo stato di menzogna in cui
accettiamo di sopravvivere rimanendo tutti i giorni vittime passive del
nostro incessante dialogo interiore. È solo tramite l’abbandonarsi al flus-
so della nostra vita (predestino) accettando e dissetandoci al Graal della
nostra fonte spirituale che possiamo superare la Ferita
e sviluppare la reminiscenza, il
ricordo di noi stessi.
Dian
aEle
naOM
EDIZ 341
IONI
IL TALENTO DEL LOGOS SOLARE: LA REMINISCENZA

SNC
11/2
4/20
22 1
2:3
342 TRATTATO DI ALCHIMIA DELLE EMOZIONI – ALBEDO

D
343

LA SETTIMA FERITA
GAIA
5 35
3 5 8
PM 1
4:1 3 2:
ARCHETIPO
21 02 Terra (Gaia)
/2
/24 11
Distacco
C
I SN
Mancanza di sostegno
N IO
PAROLE CHIAVE DIZ
Perdita del centro e E M
della direzione naO le
Desincronizzazione aE
ian D
SCHEMA CARATTERIALE Il Frustrato

PORZIONE DEL CORPO, In generale, tutto il


LATERALITÀ corpo

CHAKRA VII
CORRISPONDENTE
344 TRATTATO DI ALCHIMIA DELLE EMOZIONI – ALBEDO

Il legame con la “Madre” Terra rappresenta la chiave di volta per la


“guarigione” dalle Ferite Emozionali e il successivo risveglio dei Talen-
ti. La Terra – il pianeta su cui viviamo – rappresenta non solamente la
“madre” della vita, ma, a livello mitologico, la madre di tutte le manife-
stazioni delle energie imterconnesse con la vita stessa.

Gea o Gaia (in greco ionico) è, nella religione e nella mitologia gre-
ca, la dea primordiale, quindi la potenza divina della Terra. La Teogonia
di Esiodo racconta come, dopo Chaos, sorse l’immortale Gaia, proge-
nitrice dei titani e degli dei dell’Olimpo. Da sola, e senza congiungersi
con nessuno, Gaia genera Urano (Cielo stellato), pari alla Terra; genera
quindi, sempre per partenogenesi, i monti, le Ninfe dei monti e il Ponto

Dian
(il Mare). Unendosi a Urano, Gaia genera i Titani, tra i quali, il più co-
nosciuto, è Kronos (Crono). Urano, tuttavia, impedisce che i figli da lui

aEle
generati con Gaia, i dodici Titani, i tre Ciclopi e i tre Centimani, vengano
alla luce. La ragione di questo rifiuto risiederebbe nella loro “mostruo-
naO
sità”. Ecco che la madre di costoro, Gaia, costruisce dapprima una falce
e poi invita i figli a disfarsi del padre che li costringe nel suo ventre. Solo
ME
l’ultimo dei Titani, Kronos, risponde all’appello della madre: appena
Urano si stende nuovamente su Gaia, Kronos, nascosto, lo evira.
DIZ

Gaia rappresenta l’energia di protezione, generazione e rigenerazione


ION

che ciascuno di noi porta dentro il nucleo di ogni cellula. Rappresenta


un’energia in grado di dare riparo e ristoro a coloro che sono bisognosi di
I SN

aiuto. Quando un animale viene ferito, la prima cosa che istintivamente


è portato a fare è cercare una tana, un anfratto dove distendersi.
C11

Qui riposerà, attenderà il tempo necessario per far sì che il suo sistema
corporeo reagisca e, una volta riacquistata l’integrità, sarà nuovamente
/2
4/20

libero di muoversi, cacciare e procurarsi il cibo. La maggior parte degli


animali feriti, ovviamente impossibilitati al movimento, allo stato na-
22 1

turale sta semplicemente fermo, attende. Il minor consumo energetico


permette al suo corpo di concentrarsi esclusivamente sul processo della
2:34

guarigione: tutti i suoi sistemi, endocrino, immunitario, nervoso e “psi-


chico” sono concentrati su un unico obiettivo: ripristinare l’integrità tis-
:
11 P

sutale, organica e funzionale.


M 358
5 3
LA SETTIMA FERITA – GAIA 345

Gli esseri umani sono allo stesso modo indissolubilmente legati a


questo ecosistema di Gaia, nel quale si manifestano i Quattro Elementi
che, essendo forze creative, sostengono la vita intera.
Il legame con “la terra” non si riduce solamente al rapporto diretto
con la natura, ma va ben oltre. Il rispetto, ad esempio, di ritmi alimentari
regolari, seguendo i bioritmi circadiani, consumando alimenti sani e vi-
Dian tali, non raffinati e “puliti”; il nutrirsi più che il mangiare è ciò che fa la
aEl differenza. Il riallinearsi ai bioritmi legati al giorno e alla notte, il seguire
il flusso delle stagioni, l’adattarsi al tempo piovoso ed umido ed alle gior-
nate calde e secche, questo è ciò che ci permette di condurre una vita sana.
Perlomeno, sana a livello fisico. Affermare tutti i giorni l’amore che ci lega
verso la nostra madre Terra è un atto di scelta libera, volontaria, attiva e
concreta. Non basta dire di essere animalisti, sostenere la lotta contro le
multinazionali che sfruttano il pianeta se poi, nel nostro piccolo, ci com-
portiamo come esseri totalmente disconnessi dal flusso della vita.
Molte persone attive in senso più “politico” ed idealista che nella pra-
tica professano il vegetarianesimo, l’astensione dal consumo di certi cibi e
la scelta di questi rigorosamente biologica. Fatto questo, dimenticano di
vivere secondo i bioritmi naturali, magari saltando la colazione del mat-
tino e cenando – sebbene biologico – molto la sera. Ci si dimentica del
fatto che il nostro organismo è tarato, da millenni, per rispondere alla
luce solare e il solo fatto di consumare cibi anche minimamente comples-
si dopo il tramonto è già di per sé un grande stress per il nostro organi-
smo, in particolare per il sistema digestivo ed immunitario. Certamente,
a tutto ci si adatta, ma ciò non toglie il fatto che questo “non sia la regola”
e non faccia bene.

Ricordo gli anni della mia adolescenza passati ad allenarmi di sera,


quando insegnavo arti marziali cinesi e Tai Chi Chuan. Anni dopo, nel
momento in cui mi resi realmente conto di ciò che stavo provocando
in questo modo al mio corpo, smisi subito, poiché percepii il profondo
squilibrio che stavo producendo. L’attività fisica infatti, soprattutto se
intensa, va assolutamente svolta la mattina, al meno peggio nella prima
parte della giornata, diciamo di giorno.
I
IZ
ED
M
aO
346 TRATTATO DI ALCHIMIA DELLE EMOZIONI – ALBEDO

en
Portare il corpo ad eseguire attività intense la sera è altamente contro-

l
aE
producente e quando pensiamo che una cosa ci faccia così tanto bene,

an
in realtà produce in noi a lungo andare squilibri profondi, fonte di ul-
Di
teriore stress. Certamente è normale pensare che, piuttosto che non fare
niente, è meglio farlo nel momento sbagliato. Tutti noi abbiamo bisogno
di fare attività fisica, mangiare e relazionarci con la nostra parte più fisica,
oggi ancor di più vivendo in una società che ci impone un lavoro men-
tale senza sosta. Il problema non è fare attività fisica, mangiare o altro, il
problema è quando fare una cosa o l’altra. Molti, ad esempio, iniziano
la giornata con una meditazione, colazione leggera, pranzo frugale, svol-
gendo poi l’attività fisica più intensa la sera, terminando la giornata al
ristorante con i compagni di palestra. Non voglio dire che sia sbagliato in
senso stretto, ci mancherebbe! Ciascuno di noi ha necessariamente biso-
gno di vivere la propria vita come meglio crede e sente, ma posso affer-
mare con certezza che tutto ciò è assolutamente contrario ai normali
bioritmi dell’ecosistema.

La prima parte della giornata, la mattina, è condizionata dall’elemento


Fuoco: quando il Sole sorge il nostro metabolismo è pronto e carico per
“combattere”, affrontando così la giornata di slancio. Ci sono persone
che non vedono nemmeno il Sole sorgere, tanto rimangono a dormire
rintanati nella loro camera con i balconi chiusi; ci pensa la sveglia a de-
starli! Quante volte, quando ero più giovane e molto indisciplinato, mi
sono svegliato tardi, percependo quanto della giornata ormai mi ero
perso e sentendomi in colpa per questo! Si dice che la mattina ha l’Oro
in bocca, non a caso. Tutto ciò di cui ci cibiamo la mattina, sia esso un
alimento, sia un’esperienza fisica o psichica, in noi diviene metabolismo
puro: Energia. Il Sole che sta sorgendo nell’ecosistema fuori di noi en-
tra in risonanza con l’elemento Fuoco che si sta destando dentro di noi,
dandoci una sferzata di energia rigenerativa che penetra fino alla cellu-
la più recondita del nostro organismo. Molti di voi, che state leggendo,
diranno che la mattina proprio non ce la fanno, che il risveglio è il mo-
mento più brutto e “scarico” di energie della giornata. Benissimo, lo pen-
savo anche io, e come se lo pensavo! Ero proprio convinto di essere nato
LA SETTIMA FERITA – GAIA 347

per vivere la notte, svegliarmi tardi la mattina, saltare la colazione (che


tra l’altro mi dava una forte sensazione di pesantezza, sia nello stomaco
che energeticamente) e infine consumare l’unico vero pasto della gior-
nata a cena, dopo aver ovviamente praticato attività fisica per tre ore in
palestra! Fu dopo la nascita dei miei figli che percepii l’importanza dei
bioritmi: Gaia mi impose, con dolcezza e grande rivelazione, i suoi tempi.
Solo allora, a 30 anni, percepii chiaramente il mio squilibrio e la situa-
zione disagiata in cui mi trovavo. Mi sentivo come un pesce fuor d’ac-
qua, una sensazione tanto strana e insolita nella mia vita che non ave-
vo mai provato. Il dover rivedere i miei bioritmi aveva profondamente
sconvolto la mia vita, ma sapevo con certezza che anche questa volta
Madre Natura mi aveva, attraverso i miei figli, fatto un grande dono.
La sensazione che qualcosa nella mia vita era errato si faceva sempre
più forte: iniziavo a svegliarmi presto senza dover dipendere da una sve-
glia, avevo perso la voglia di andare in palestra la sera, cenavo sempre più
frugale e la mattina mi svegliavo con una “fame” nuova, non solo fisi-
ca ma anche e soprattutto di vita. La mia voglia di vivere e affrontare
le sfide che mi si presentavano di fronte si erano rafforzate, unitamente
ad un forte desiderio di cambiamento che presagiva, di lì in avanti, una
svolta radicale. Provavo una sensazione così nuova che potrei dire di aver
iniziato, da quel momento, una nuova vita! Questa ventata di cambia-
mento percettivo nei confronti dei bioritmi dell’ecosistema fu talmente
forte che, di lì a poco, presi una decisione che mai avrei pensato di poter
prendere: smisi di insegnare arti marziali. Avevo compreso, per la prima
volta, un grande segreto che gli antichi maestri non avevano insegnato
a nessuno, in quanto, in sé, non è per nulla un segreto ma una ovvietà,
se si ha la capacità di osservare: ci si allena la mattina, non la sera! La
sera va bene per meditare, eseguire esercizi di allentamento della tensio-
ne quali lo stretching e il Qi Gong leggero; leggere un bel libro è un’al-
tra pratica meditativa e costruttiva in questo periodo della giornata.
Il nostro organismo, la sera, non è ricettivo quanto lo è alla mattina, né a
DianaElenaOM E

livello endocrino, tantomeno a livello energetico.


È risaputo, dalla Medicina Tradizionale Cinese (MTC), che certe pra-
tiche di agopuntura e moxibustione vanno eseguite prima del calar del
348 TRATTATO DI ALCHIMIA DELLE EMOZIONI – ALBEDO

sole, meglio ancora se al levar del sole, pena il rafforzamento dello squi-
librio energetico nel corpo. Esistono interi trattati riguardanti la crono-
biologia dei punti di agopuntura e vari sistemi terapeutici che rispettano
le tabelle di apertura e chiusura dei relativi punti. Allo stesso modo, come
dicono i testi classici di Medicina Cinese, è opportuno rispettare i ritmi
delle stagioni ad esempio non sottoponendosi a pratiche intense in inver-
no, cercando di non disperdere sotto forma di sudore e calore l’energia.
È bene invece smuovere le energie in modo incisivo in primavera–estate,
che rappresentano appunto i periodi dell’anno corrispondenti – a livello
del microcosmo umano – al sorgere del giorno.

Ritrovare il legame con Gaia, la nostra Madre Terra, significa ritrovare


dentro di sé la naturale sincronizzazione con tutti questi bioritmi esterni.
Ciò che avviene in noi, nel nostro piccolo cosmo interiore, deve rispec-
chiare ciò che avviene fuori, nel grande cosmo esterno. Microcosmo e
macrocosmo devono sempre essere allineati, per godere di buona salute
e in qualche modo essere a tutti gli effetti rispettosi delle leggi del pianeta
che ci ospita.

Nella cura delle Ferite Emozionali è indispensabile avvicinarsi sempre


di più a quello stato che i monaci taoisti chiamano la via del Tao, più
semplicemente la Via. In questo non vi è nulla di religioso, di filosofico
o trascendentale, semplicemente il rispetto della Vita così come essa ci si
presenta di fronte.
Il non forzare gli eventi, l’adattarsi ai fenomeni stagionali, il seguire
l’istinto naturale del corpo, il riposarsi quando si percepisce il bisogno di
farlo, il muoversi quando invece si percepisce il contrario.
Rispettare le regole di assunzione degli alimenti seguendo i bioritmi
dei Quattro Elementi; cibarsi di alimenti nutrienti, poco elaborati, il più
possibile vicini allo stato naturale. Una buona regola è chiedersi sempre,
ad esempio, se ciò che sto mangiando esiste in natura: esiste l’albero della
pasta? Esiste l’albero della pizza? Oppure, invero, esiste il grano, il farro, i
I SNC1
cereali in genere, e questi sarebbero gli alimenti da preferire? CosìE come
D IZleION
verdure, le carni, gli alimenti ittici e tutto ciò cheEè n aOM
possibile
l e trovare, così
Dian a
LA SETTIMA FERITA – GAIA 349

com’è in natura. Ciò che dall’uomo viene elaborato si distacca dallo stato
di natura e in qualche modo subìsce una “contraffazione”. Non tutti gli
alimenti “contraffatti” sono nocivi, ma sicuramente subiscono dei pas-
saggi che li allontanano dal loro stato naturale.
La via del Tao riconosce solamente ciò che “esiste” così com’è, e la via
del Tao è la via della verità della Natura. Se vogliamo ritrovare all’interno

022
di noi la vera natura spirituale e far sì che questa natura possa esprimersi
attraverso il nostro corpo nella vita quotidiana, dobbiamo assolutamente

1/24/2
allineare il nostro organismo al flusso della vita. Allora, e solo allora, la
vita prenderà veramente il senso che le è proprio.

SNC1
Il lavoro sulle Ferite Emozionali è forte, potente, in grado di cambiar-
ci radicalmente dentro: attraverso l’auto–osservazione e la messa a nudo
delle nostre maschere ritroviamo la vera natura del nostro essere interio-

ZIONI
re, spirituale (la nostra energia). Ma ciò, da solo, non è sufficiente. È an-
che necessario permettere al nostro corpo (alla nostra massa) di essere vei-

M EDI
colo di questo cambiamento, affinché nella quotidianità lo Spirito possa
affermare se stesso nella pratica. Gaia è, in quanto pianeta che ci ospita,
un “essere” portatore di energia equilibrata, costruttiva, sincronizzata e

lenaO
coerente ma, nel momento in cui la nostra energia non è allineata alla sua,
questa incoerenza diviene fonte di squilibrio.
In questo senso vedremo molte porte chiudersi, molte opportunità DianaE
venire meno, in quanto Gaia lavora attraverso l’inconscio collettivo e
non c’è posto per chi non si adatta ai suoi bioritmi. Molti pensano che
tutto ciò sia crudele, non giusto e che ciascun essere umano debba sem-
pre essere ben voluto, qualsiasi sia la sua scelta nei confronti dell’ecosiste-
ma. Ciò non è corretto. Ovvero, è corretto in senso morale, religioso,
sociale. Nessun essere umano ha il diritto di giudicare la vita degli altri
esseri viventi, ponendosi al di sopra del “fato” o di ciò che definiamo
giustizia divina.
È altrettanto normale che noi esseri umani vogliamo a tutti i costi
difendere la nostra “specie” a scapito – troppo spesso – di tutte le altre
forme viventi presenti in questo meraviglioso ecosistema. Facendo que-
sto però, non teniamo conto dell’“opinione” di una struttura energetica
350 TRATTATO DI ALCHIMIA DELLE EMOZIONI – ALBEDO

consapevole che è la Madre Terra. La terra “ama” tutti i suoi figli incon-
dizionatamente, a patto però che questi rispettino le regole che sono in-
trinseche della vita materiale. Non ponendosi a giudice, il nostro pianeta
ha dettato fin dagli albori le regole della vita e, come ben sappiamo, tali
regole sono immutabili.

Inquinamento, desertificazione, squilibri idro–geologici dovuti all’ur-


banizzazione selvaggia, trivellamento dei pozzi petroliferi, sono solo alcu-
ni esempi dello scempio di cui siamo, anche se solo indirettamente, arte-
fici. Non possiamo credere ancora per molto tempo che il pianeta Terra
subìsca in silenzio queste violente aggressioni. Se vogliamo credere che
tutto ciò che esiste è in qualche modo dotato di un’Anima – che rappre-
senta semplicemente la realtà energetica, in potenza, della massa – allora
è il momento di iniziare nuovamente a percepire lo spirito della nostra
Madre Terra. Tanto infatti ci sostiene, ci dona la vita (il DNA, la cellula,
il cibo, l’acqua, l’aria sono a tutti gli effetti “elementi” che ci vengono “do-
nati” dalla Terra) e tanto le dobbiamo.
Se il nostro Spirito ora, in questo momento, è in grado di parlare, scri-
vere, leggere e sentirsi vivo è proprio grazie al fatto che la Terra ci ha do-
nato un corpo per farlo. Possiamo anche credere alla teoria creazionistica
del mondo, ma sappiamo bene che nessun nuovo essere vivente nasce
– oggi – dal nulla, ma da una sostanza di base che già è presente qui sul
nostro pianeta. Ovulo e spermatozoo, mitosi cellulare, apporto di nu-
trienti sotto forma di zuccheri, amminoacidi, grassi ed oligoelementi:
questa è la base biologica della vita. E, che lo vogliamo o no, la vita è an-
ZIONI S che – ma non solo – legata alla realtà biologica e alle sue leggi.
M EDI
E le n a O
iana D
La vita è connessa alla Madre Terra così come il nostro Spirito lo è:
siamo “scesi” qui “sottoscrivendo” un contratto con questa immensa
energia di amore che ci ha donato un corpo per esprimere tutti i nostri
potenziali. È arrivato il momento di onorare quel contratto ritrovando il
nostro personale ed intimo rapporto con Gaia manifestandole almeno il
rispetto che merita. Gaia ci guida nella soluzione delle nostre ferite inte-
riori, ci riporta a noi, ci parla attraverso i fatti e gli avvenimenti della no-
LA SETTIMA FERITA – GAIA 351

stra vita e ci sostiene sempre. Particolarmente, lo fa quando siamo sin-


cronizzati sulla sua frequenza e nella nostra vita traspare quel rispetto
reverenziale e silenzioso che rende l’uomo degno di trasformare la sua
semplice casa in una preziosa dimora.

Quando la vita ci mette alla prova, quando le ferite e i traumi interiori


sembrano sopraffare la nostra vita, Gaia risponde con la sua misericor-
diosa mano in aiuto. Alle volte in modo tanto incomprensibile quanto
efficace: la patologia. Ricordiamoci che la malattia per come la cono-
sciamo noi non è altro che uno squilibrio che si viene a creare all’inter-
Dian

no della struttura cellulare e funzionale del nostro organismo. Il nostro


organismo è in realtà una struttura sociale e coesa di cellule, e la cellula,
a

in quanto organismo, risponde direttamente a Gaia, oltre che al nostro


enaOEl

Spirito che, attraverso il sistema e gli assi PNEI, comunica con il corpo.
Nel momento in cui la voce del nostro Spirito si affievolisce, il corpo
rimane interamente sotto il controllo di Gaia. Se le nostre abitudini ci
M

discostano dai bioritmi dell’ecosistema, ecco che appare lo squilibrio.


ED

Esso è, in realtà, la tappa finale del tentativo del sistema macrocosmico


IZIO

di riallinearci con l’ecosistema e le sue regole. In questo senso, non c’è


patologia o disfunzione che sia curabile se non iniziando a riallineare il
NI

corpo con i bioritmi dell’ecosistema e favorendo il naturale processo di


SN

riequilibrio intrinseco del sistema biologico.


C11

È questo il motivo per cui, indipendentemente dal tipo di malattia di


/24

cui si è affetti, tutte, nella loro fase acuta, hanno in comune dei sintomi
inconfondibili: la febbre (Fuoco), grande strumento di attivazione dei
/202

bioritmi interiori in particolare energetici; la temporanea anoressia e la


mancanza di fame (Terra), indice del fatto che l’organismo ha momen-
2 12

taneamente bisogno di dedicarsi a faccende ben più importanti e ricosti-


:34

tuire il suo terreno interiore; la chiusura caratteriale, che porta all’isola-


mento e al desiderio di rimanere soli, riposando (Aria); infine l’aumento
:11

della sudorazione (Acqua), sia essa legata alla febbre, sia quella tipica-
PM3

mente notturna nelle patologie degenerative, indice del bisogno in noi di


scaricare acqua e, con questa, tossine.
55 583
352 TRATTATO DI ALCHIMIA DELLE EMOZIONI – ALBEDO

Come possiamo vedere, i Quattro Elementi legati alla biochimica


strutturale e funzionale del nostro organismo si attivano per sincroniz-
zarci nuovamente con Gaia. In questo processo universale che tutti noi
chiamiamo patologia, i sistemi psichico (Aria), nervoso (Acqua), endo-
crino (Terra) ed immunitario (Fuoco) si attivano per portare ad una spe-
cie di reset la situazione pre–esistente. Il ripristino della normalità fisio-
logica segue normalmente questo processo, particolarmente se adiuvato
da terapie non invasive (non farmacologiche) ma casomai rivolte alla
modulazione dei sintomi, non alla loro soppressione. Questo è il grande
ruolo di Gaia: mantenere la nostra massa all’interno dei binari preposti.

Questo è il compromesso che


noi abbiamo con lei:
il rispetto.

Dia
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Ele
a n
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4 /2
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LA SETTIMA FERITA – GAIA 353

DianaElenaOM
55
83
35
PM
11
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12
2
TRATTATO DI ALCHIMIA DELLE EMOZIONI – ALBEDO

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1/
C1
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354
355

IL TALENTO DI GAIA
LA GRATITUDINE

Come nel caso della Ferita del Logos Solare, anche la Ferita di Gaia
va considerata sempre in un contesto generale, non necessariamente così
negativo ma dalle conseguenze a volte pesanti. Il distacco dai bioritmi
naturali dell’ecosistema è spesso causa di forti squilibri nell’essere uma-
no ed è fonte di grande frustrazione. Spesso ci chiediamo come mai la
Vita non ci dia ciò che chiediamo o di cui abbiamo bisogno, ma spesso
semplicemente chiediamo nel modo sbagliato o proprio non sappiamo
2 0 come comunicare con Gaia.
4/2 /2 1 La Terra ascolta non le nostre preghiere e richieste, ma percepisce il
C1nostro livello di amore e rispetto che abbiamo per la vita e per tutto ciò
N S
che è vivo. Tutto questo non ha nulla a che vedere con il “non fare nulla
NI
IO
di brutto” e quindi essere buoni con il mondo e gli altri, quanto con il
IZ
D
fare le cose con rispetto. Pensiamo ad esempio a tutte le tribù indigene
E
OM
delle Americhe che consideravano e vivevano la caccia come un gesto sa-
a
len
cro, un rituale dove sì c’era la cattura di un animale, ma quel gesto era
aE n
vissuto in modo profondamente grato all’ecosistema che disponeva di
Dia
cibo per la comunità. Niente era sprecato e tutto ciò che la natura offri-
va l’uomo lo prendeva ringraziando, ovvero rendendo quella stessa cosa
più bella, ricca e trasformata. Rendere grazie a Gaia non significa “pre-
gare” in ginocchio il cielo e la terra, ma valorizzare tutto ciò che esiste
nella nostra vita, sia esso giudicato buono o cattivo dalla nostra mente.
Valorizzare il nostro corpo, la nostra salute cercando di migliorarla ogni
giorno, gustare il cibo come un dono, a volte anche se in contrasto con il
nostro “credo” ideologico o religioso e percepire dietro ad ogni oggetto
o manufatto l’impegno di tutta la filiera di persone che si sono adoperate
per produrlo. Percepire ed essere grati per tutto questo è vera gratitudine.
356 TRATTATO DI ALCHIMIA DELLE EMOZIONI – ALBEDO

GUARIRE LE
PROPRIE FERITE
CON LA CONSAPEVOLEZZA

Nei mesi successivi al viaggio che tanto aveva segnato la mia vita, cer-
cai assiduamente di trovare soluzione ai conflitti che erano emersi in me
e che, oramai automaticamente e senza volerlo, vedevo trasparire dagli
atteggiamenti, dalle storie e dal vissuto di tutte le persone che incontravo.
Non riuscivo più semplicemente a vedere una “persona” di fronte a
me, poiché percepivo sempre la maschera che indossava e che era sotte-
sa da una ferita. Mi chiedevo, a questo punto, dove stesse la verità nella
persona che incontravo: se nelle sue maschere oppure in una sperduta
Essenza che era stata ricoperta da più e più recite costruite ad hoc per
non soffrire ed adeguarsi al “solito”. Scorgevo ormai in modo chiaro il
movente degli atteggiamenti di chiunque incontrassi, alle volte anche
senza avere uno scambio verbale con questi. Ero ossessionato da questa
nuova visione e percepivo la profondità di una tale capacità di visione che
avevo acquisito tramite un’esperienza personale così importante.
Io, dal mio canto, mi davo da fare quotidianamente per scorgere in
me ferite e maschere: stanare ciò che “ero” da ciò che “fingevo di essere”
era divenuto per me un imperativo morale. Volevo, per la prima volta
nella mia vita, “agire”, non più “reagire”.
ian D

Il mondo delle emozioni, che tanto avevo appreso a sopprimere e


a

controllare nelle mie precedenti esperienze, in ambito sportivo, marziale


Ele

e attraverso vari “lavori” interiori, emergeva con una tale forza da im-
na

pedirmi di occuparmi d’altro. Cambiò il modo in cui vedevo i miei pa-


O

zienti, cambiò il modo in cui vedevo le malattie, cambiò il modo in cui, a


M

questo punto, percepivo il mio lavoro e la mia “missione”. Come potevo


ED
ION IZ
S I
357

lavorare su questi aspetti, facendo in modo che la persona si accorgesse di


questo enorme “inganno” (o meglio “auto–inganno”) che portava l’es-
sere, in un certo modo, letteralmente a “tradire” se stesso? Come potevo,
di fronte ad una persona malata, in difficoltà, spesso esausta, aiutarla ad
intraprendere un cammino di consapevolezza che la portasse di fronte a
se stessa riconoscendo i propri auto inganni e le proprie Ferite Emozio-
nali? E, cosa ancor più complessa, come guidare la persona a far nascere,
da queste stesse ferite, spesso “suppurate”, dolenti e lacerate, un Talen-
to, così come un fiore di Loto emerge limpido dalle acque fangose dello
stagno da cui proviene?

Da anni trattavo le persone utilizzando essenze floreali, rimedi omeo-


patici, omotossicologici, agopuntura congiuntamente ad altre tecniche
di riequilibrio “psico–energetico”. Mi chiesi quindi quale di queste
tecniche potesse, in realtà, essere più consona al trattamento di una Fe-
rita Emozionale e lavorare, contemporaneamente come abbiamo visto,
sui diversi piani dell’essere. Senza un lavoro integrato tra Spirito, Ani-
ma, Psiche e Corpo, ogni tentativo avrebbe portato ad un allineamen-
to temporaneo di un solo particolare piano, ma non della complessità
dell’energia dell’Essere. Immaginate di dover stendere un coprimaterasso
dovendo infilare nei quattro angoli del materasso i suoi lembi elasticizza-
ti: ne infilate uno, poi il secondo, infine il terzo; nell’infilare il quarto, un
angolo si sfila. Così accadrà fino a che non si infileranno, attraverso un
lavoro coordinato a quattro mani, tutti gli angoli contemporaneamente
nel materasso. Così è il lavoro richiesto per la gestione delle Ferite Emo-
zionali; solamente in questo modo, con un lavoro integrato, è possibile
far nascere un Talento.

L’equazione di Einstein è chiara: E = m·c².


DianaElenaO
M EDIZ IONI SNC
Pertanto è essenziale, contemporaneamente, lavorare
11/24 sul/2piano
022 della
12:3
Energia (Spirito), della massa (Corpo), e della costante c² (che è relativa, in 4:11 PM35
quanto a velocità della luce, ad uno spazio – Sistema Nervoso di condu-
zione – e ad un tempo – Anima).
358 TRATTATO DI ALCHIMIA DELLE EMOZIONI – ALBEDO

A questo punto compresi che avrei dovuto utilizzare tutte le tecniche


di mia conoscenza. Questa volta però, non singolarmente a seconda del
tipo di problema o di persona da trattare, ma in modo integrato, co-
struendo un “sistema” di riequilibrio che potesse lavorare contempora-
neamente sui Quattro aspetti dell’Essere: la parte più Sulfurica (il Cor-
po – protone), la controparte Mercuriale (lo Spirito – elettrone) e il
Sale, il neutrone dotato di androginia e quindi rivolto sia al Mercurio
(Sale–Mercuriale, l’Anima) che al Sulfur (Sale–Sulfurico, le emozioni).
Dovevo trovare il modo di fondere questi quattro aspetti in un corpus
terapeutico unico, che potesse fungere da rotaia di guida per il lavoro di
risveglio della consapevolezza nella persona verso i propri Talenti. Non
solo. Dovevo anche poter disporre di un sistema che desse la possibilità
alla persona di continuare a “lavorare” anche a casa dopo la consulenza.
5 5
83

Fu così che, nella primavera del 2013, precisamente nella settimana


35

precedente la Pasqua, nacque il Kit di Essenze Floreali Le Ferite Emozio-


PM

nali. Non mi dilungherò molto su questo argomento, che tratto esau-


11

rientemente nei corsi della Scuola di NeoAlchimia, basti sapere, però,


: 4

che questo Kit di Essenze Floreali, costruito seguendo le tecnologie


:3

estrattive e manipolative dell’antica Alchimia, lavora, seguendo la legge


12

dei Quattro Elementi e delle Tre Sostanze, su tutti i piani dell’Essere.


22

Avevo finalmente trovato uno strumento di lavoro; ora potevo iniziare


20 /

ad operare, concretamente, sulle Ferite Emozionali.


24 / 1
C1

A questo lavoro con le essenze floreali, grandi stimolatori del mon-


N

do emozionale celato all’interno della persona, affiancai tutte le tecniche


S

di cui avevo conoscenza e padronanza, creando un “sistema” terapeuti-


NI O

co apparentemente complesso ma, nella sua essenza, semplicissimo. In


ZI

questo “sistema”, non potei non considerare l’influenza che i Quattro


I
ED

Elementi della natura hanno sulla biochimica e sulla personalità di tutti


M

gli esseri viventi.


O

Partiamo dall’elemento Fuoco, grande stimolatore dell’Essere ed ele-


na le

mento cauterizzante di ogni ferita: esso rappresenta, ad un livello più sot-


E

tile, la volontà di guarire e risolver–si.


na a
Di
GUARIRE LE PROPRIE FERITE CON LA CONSAPEVOLEZZA 359

Senza il risveglio della volontà, chiara e manifesta davanti a noi stessi, è


impossibile svolgere qualsiasi tipo di lavoro terapeutico di riequilibrio.
È assolutamente necessario che la persona “voglia” risolversi con tutto il
suo essere: nel corpo, nella mente, nell’Anima e nello Spirito.
Il potere della volontà è talmente importante ed essenziale in questo
processo da rappresentare quasi una forza sovrumana, in taluni casi. Esso

Dia
è il punto di partenza del processo di guarigione; esprime l’affermazione

naE
“Dio disse, sia la luce!” di tutto il processo terapeutico. Il risveglio del-

len
la volontà d’essere ha infatti un enorme impatto a livello immunitario,
determinando l’attivazione imponente di cellule di difesa, prima, e ri-

aO
costruttive, poi. Il Fuoco rappresenta l’attivazione dell’asse dello stress in

ME
senso “eu–stress”, ovvero “stress positivo”, rivolto alla risoluzione di un
problema.

DIZ
ION
Il secondo Elemento con cui lavorare è la Terra: la concretezza. È ne-
cessario che la nostra volontà risvegliata trovi un “terreno” su cui ope-

IS
rare e creare risultati tangibili. Non basta, infatti, voler “guarire”, ma è

NC
fondamentale intraprendere un cammino quotidiano in tale direzione.
Un ottimo modo per esercitare concretamente la propria volontà, ad
esempio, è il cambiare le proprie abitudini alimentari, abbandonando
quei cibi o modi di alimentarsi che sono deleteri per la nostra salute.
Può sembrare strano parlare di alimentazione in questo contesto
emotivo ma, se pensate bene a ciò che abbiamo detto fino ad ora, le ferite
non sono memorizzate solamente a livello di memoria emotiva, ma anche
corporea–cellulare. Un corpo ben nutrito, privo di tossine, o semplice-
mente più “pulito”, riesce a drenare molto più efficacemente ogni tipo di
tossina proveniente dalle memorie cellulari nel momento in cui, grazie
proprio al lavoro di consapevolezza che stiamo compiendo, queste diven-
gono materia per essere espulse dal sistema corporeo.
Non solo: un corpo pulito i cui organi e apparati si trovano in uno
stato di “igiene”, è molto più funzionale e non si corre il rischio di scam-
biare un atteggiamento caratteriale puro, per uno chimicamente indotto
da cibi o tossine derivanti dal loro metabolismo. Ricordate, le molecole
chimiche condizionano la psiche!
360 TRATTATO DI ALCHIMIA DELLE EMOZIONI – ALBEDO

Questo rappresenta un altro buon motivo per regolare la propria


35
dieta e far sì che ciò che mangiamo ci nutra e non solo ci riempia. Il con-
cetto di dieta o “stile di vita” richiama ad altre attività, sempre legate all’e-
lemento Terra, quali l’attività fisica motoria, grande attivante dei sistemi
di disintossicazione corporei e, di non minore importanza, il rispetto dei
periodi di riposo. In sintesi, lavorare con l’elemento Terra significa rial-
linearsi ai bioritmi dell’ecosistema in cui viviamo, rispettando le stagio-
nalità, il ritmo sonno–veglia e di attività–riposo, connettendosi sempre
più all’energia di guarigione del pianeta che ci ospita. Parleremo nel det-
taglio di questo nel capitolo seguente relativo all’impatto che l’ecosistema
di Gaia, la Terra, ha sulla nostra vita.

Il terzo elemento con cui lavorare è l’Aria, il discernimento, che ha


come controparte biologica nell’essere vivente il respiro. Tutti ormai
sappiamo quanto una buona respirazione sia d’impatto positivo sulla
qualità della nostra vita, in quanto, semplicemente ma molto profonda-
mente, le nostre cellule, senza esclusione alcuna, si “cibano” di ossigeno
e, solo grazie a questo, producono energia. Da migliaia di anni l’uomo
pratica tra le più svariate tecniche che permettono di lavorare sul respiro,
modulando l’immissione e l’emissione di aria a seconda degli effetti che si
vogliono ottenere. La respirazione è l’unica funzione autonoma che dal
punto di vista fisiologico e psichico unisce i campi dell’attività psico/fisica
inconscia o involontaria a quella cosciente o volontaria. Se ci è impossi-
bile volontariamente dare ordini diretti agli organi, al contrario è possi-
bile imparare a controllare e modificare a piacimento la respirazione, che,
in virtù del suo effetto sul sistema nervoso vegetativo, regola indiretta-
mente la funzione degli organi. Pensate, ad esempio, alla prima cosa che
facciamo quando ci feriamo o parimenti ci troviamo in una situazione di
pericolo: urliamo o, nella peggiore delle ipotesi, blocchiamo la respira-
zione momentaneamente, per poi riprenderla ad un ritmo più accelerato.

35 Dal greco: diaita, modo di vivere; nel secondo significato, dal latino: dies giorno. Nell’antichità della medicina
greca la dieta, nel senso di modo di vivere volto alla salute, prevedeva regole che disciplinavano ogni aspetto della vita
quotidiana: dall’alimentazione, all’esercizio fisico, al riposo. Non una terapia dimagrante straordinaria, ma un ordine
DianaElenaO
M EDIZIONI S
da osservare tutti i giorni con diligenza per aver cura costante della propria vita.
NC
GUARIRE LE PROPRIE FERITE CON LA CONSAPEVOLEZZA 361

Anche nel mondo animale accade la medesima cosa. Questo perché


l’emissione vocale si associa sempre ad un’emissione di aria dai polmoni e,
quest’ultima, rappresenta la modalità attraverso cui “esaliamo” il dolore
e la tensione. Nelle arti marziali infatti, o in molte tecniche di combatti-
mento, si lavora più sul respiro che sulla tecnica in sé.
Abituarsi a mantenere una respirazione calma ed efficace (ovvero che
soddisfi il reale bisogno di ossigeno delle cellule del corpo) in ogni situa-
zione è un’arma vincente anche nel trattamento delle Ferite Emozionali.
Quando subiamo una ferita, sia essa fisica, psichica o emotiva, è ne-
cessario regolare la respirazione per permettere al corpo, alla mente e al
sistema nervoso di rimanere in equilibrio al fine di trovare la soluzione
più consona alla situazione. Ecco apparire il secondo concetto legato
all’elemento Aria: il discernimento.
Diana
36
La calma , particolarmente se raggiunta attraverso una buona respi-
razione, permette di trovare soluzioni e di discernere ciò che è conve-
niente fare da ciò che non lo è. Solo attraverso il freddo discernimento
e un coraggioso distacco possiamo valutare la nostra posizione nei con-
fronti degli eventi che ci accadono. Questo non significa assolutamente
controllare il mondo emotivo e non vivere più la vita pienamente e con
freddezza, bensì essere presenti a se stessi nel momento in cui le emo-
zioni ci invadono e il caos tenta di impadronirsi di tutte le nostre fun-
zioni, siano esse fisiche, psichiche ed emotive.
Vivere l’elemento Aria in modo equilibrato significa comprendere
che, se improvvisamente il Sole scompare dalla nostra vista, è probabile
che una nuvola stia passando di fronte ad esso, e non che esso sia real-
mente scomparso. Respira, calmati e sorridi: ecco un altro tassello del
lavoro sulle Ferite Emozionali.

Il quarto elemento chiave su cui lavorare è l’Acqua: la capacità di adat-


tamento e di far scorrere le situazioni della nostra vita.

36 Dal latino tardo câuma (m), dal gr. kâuma “calore ardente del sole”, indicando con questo l’assenza di per-
turbazioni.
362 TRATTATO DI ALCHIMIA DELLE EMOZIONI – ALBEDO

L’Acqua non è solo questo, ma, ovviamente, rappresenta anche tutti


i liquidi che ingeriamo. Senza il Fuoco (il calore), la Terra (il cibo) e l’Aria
(il respiro) la nostra vita sarebbe impossibile. Pensiamo ora all’acqua, alla
sua importanza nella nostra vita o ad una pianta accasciata su se stessa
a causa della disidratazione. L’acqua dà forma, plasma, nutre, protegge,
lava, depura e connette (conduce). Una buona idratazione del nostro or-
ganismo è altrettanto fondamentale in questo tipo di processo, pena il
blocco di tutte le funzioni organiche–cellulari. Assumere acqua pura e in
quantità adeguate è un altro tassello del nostro lavoro.

Ad un livello più profondo, l’elemento Acqua risveglia in noi la ca-


pacità di adattamento, per far sì che possiamo assorbire e plasmarci alle
esperienze della vita, senza perdere la nostra identità ma con un atteg-
37
giamento rilassato e de–contratto. L’Acqua, infatti, mostra e stimola in
noi l’essere versatili, adattabili, non rigidi e schematici, contenendo tutto
(l’acqua è un solvente universale) e potendo essere contenuti in tutto.

Questa è un’ottima caratteristica da sviluppare se vogliamo trascorre-


re la vita sereni e affrontare i problemi e le sfide con tranquillità. La rigi-
dità, oltre a nuocere direttamenteDgli ia aspetti delle personalità e del corpo,
na della vita, per i quali esiste sem-
impedisce la risposta naturale agli eventi
pre una soluzione ovvia, molto spesso velata
El ai nostri occhi, a causa della
en
nostra stereotipata inclinazione a reagire alleaprovocazioni
O irrigidendoci.
M ed adattarci: solo in
La vita è flusso, flessibilità, capacità di cambiare
questo modo potremo aprire la nostra mente ed il nostro
ED cuore ad una
visione illuminata della Vita che ci renda totalmente ZeIO
I spiritualmente
partecipi alla “nostra” vita. NI
SN
C1
Da ciò che abbiamo visto, non si può pretendere di operare un lavoro
1/
trasmutativo di nessun tipo senza la partecipazione coordinata dei Quat- 24
tro Elementi. Questi, considerati sia dal punto di vista fisico (calore, /2
02
2
12
37 Dal lat. relaxare, composto di re– e laxare «allargare, allentare»; con rilassare si intende allentare, distendere,
:3
far diminuire la tensione. 4
GUARIRE LE PROPRIE FERITE CON LA CONSAPEVOLEZZA 363

nutrimento, respiro e idratazione) quanto da quello energetico (volontà,


concretezza, discernimento ed adattamento) sono la base strutturale del-
la biochimica del nostro corpo, psiche, Anima e Spirito. Come abbiamo
già visto, infatti, sono i Quattro Elementi a determinare tutti i movimen-
ti e trasformazioni che avvengono nell’Universo; pertanto, se vogliamo
creare un movimento o un cambiamento in noi, o meglio, compiere un
passo verso la nostra realizzazione interiore, dobbiamo creare una bio-
chimica tra Elementi se non perfetta, quantomeno equilibrata.

38
Una volta preparato il “Laboratorio” e gli strumenti necessari per af-
frontare la trasmutazione di una Ferita Emozionale in un Talento, giunge
il momento di realizzare tale Opera. Il riequilibrio delle Tre Sostanze e
dei Quattro Elementi rappresenta già un grande lavoro, ma in realtà è
solo la parte preparatoria dell’Opera.
Quando tutto è pronto, la lavorazione inizia.

Ecco la grande importanza di quanto esposto poco fa: nessuna ope-


razione alchemica può aver luogo in un Laboratorio non preparato, puli-
to, ordinato, organizzato e strutturato per l’Opera da compiere. Il riequi-
librio dei Quattro Elementi non è, come si può pensare, un obiettivo
22 dell’Opera, ma solamente la condizione essenziale per accedere alla fase
0
4/2 successiva: il risveglio della coscienza.
/2 1
C1 Molte persone mi chiedono consiglio su come risolvere e trasmutare
N S
le loro ferite in talenti, risolvere i propri problemi e vivere felici, privi
NI O
del peso delle ferite. Nonostante possa sembrare il contrario, quando mi
ZI
DI
rivolgono tale domanda, la prima reazione che ho è di guardarmi dentro,
E
OM
vedere ancora tutto il lavoro che io stesso ho da fare e abbassare il capo
a n
in cerca di una risposta. Ho imparato, nel corso degli anni di pratica, a
Ele a
non dare mai consigli a nessuno. Piuttosto posso indicare un cammino,
an
Di
38 L’etimologia della parola lab–oratorio è da ricondursi al latino labor = fatica. Ancora più indietro nella ricerca
delle origini del termine lavoro, arriviamo alla radice sanscrita labh– che, in senso figurato, vuol dire orientare la vo-
lontà, il desiderio, l’intento. Labh–, unito alla parola –oro, dal lat. orāre “parlare, chiedere, pregare”, ha il significato
di orientare la propria volontà attraverso la preghiera.
364 TRATTATO DI ALCHIMIA DELLE EMOZIONI – ALBEDO

quello stesso cammino che io sto percorrendo e dal quale ho ricevuto


molto: la ricerca della presenza e della consapevolezza. Per il resto, ogni
mio consiglio sarebbe solamente un trampolino per un disastro annun-
ciato. Ciò che io ho fatto, sperimentato e vissuto, vale per me e nessun
altro. A ciascuno è destinato il suo “gioco” e spesso il seguire un consiglio
o l’esempio di altri è fonte di smarrimento. Ciò che è bene fare è imparare
osservando, traendo spunto dalle esperienze altrui, cercando di adattare
gli esempi alla propria realtà. Molto probabilmente, per questo motivo
un grande maestro quale era Gesù, spiegava i misteri della vita solamente
attraverso le parabole. La stessa cosa, prima di lui, venne fatta da Platone,
attraverso i suoi racconti o “miti”.
Trovo molto complesso, quindi, spiegare come si possa lavorare su
una ferita per intraprendere il cammino che porta al talento, primaria-
mente perché ancora io stesso sono in cammino e la strada cambia conti-
nuamente. Inoltre, il fatto che ciascuno di noi ha il suo proprio cammino
personale, fa sì che non si possa troppo generalizzare. Ciò che posso fare
è raccontare qualche aneddoto riguardo le esperienze che, negli ultimi
anni, mi hanno portato a ri–conoscere le mie ferite e a quali soluzioni ho
potuto accedere tramite la mia esperienza e predisposizione personale.
Spero che queste piccole finestre di esperienza che racconterò possano
essere di ispirazione per coloro che cercano delle risposte.

Innanzitutto mi resi conto fin da subito del forte impatto che il lavoro
sulle Ferite Emozionali aveva sulle persone – e su me stesso, prima di tut-
to – ma c’era qualcosa che non mi tornava. Il concetto di Ferita Emozio-
nale, in un certo qual modo, incuteva nelle persone un certo timore e
l’idea di dover “guarire” una ferita emotiva era alquanto destabilizzante.
Iniziai così a parlare di Talenti, piuttosto che di ferite. Così, in breve,
mutai anche il nome del Kit di Essenze Floreali che avevo creato, definen-
do finalmente il suo nome: così come il lavoro sulle Ferite Emozionali
si era tramutato nel lavoro per il risveglio dei Talenti, il Kit di essenze
cambiò nome in I Talenti. Il lavoro con queste essenze floreali, che pri-
mariamente hanno l’obiettivo di risvegliare la coscienza della Ferita nella
persona, congiuntamente all’attenzione dedicata alle tematiche legate ai

Diana
GUARIRE LE PROPRIE FERITE CON LA CONSAPEVOLEZZA 365

Quattro Elementi come visto nel capitolo precedente, mi ha permesso di


accedere ad un livello ulteriore di consapevolezza riguardo quest’Opera
trasmutativa. Questa volta, però, proiettandomi proprio sulla “chiave di
volta” di tutto il lavoro: il risveglio della consapevolezza delle Ferite e l’at-
tivazione della coscienza del Talento, che è necessario ricercare proprio

Di
an
attraverso il vissuto traumatico che la ferita stessa fa sperimentare.

aE
Così, armato di volontà e grande entusiasmo, ho iniziato a mutare la

len
mia posizione nei confronti della vita. Da osservatore passivo di ciò che la

aO
mia mente ordinava di fare al mio corpo, giorno dopo giorno ho tentato

M
di divenire sempre più protagonista attivo di me stesso, non delegando

ED
più ai fatti della vita la mia felicità o infelicità, ma assumendone la piena

IZ
responsabilità. Ho iniziato, così, a smettere di concentrarmi sulla falsa

O I
percezione del mio essermi sentito “rifiutato”, cercando di risvegliare in-
vece in me la percezione dell’essere “incarnato”. Come le dita calzanti in
un guanto, ho cercato, giorno dopo giorno, di risvegliare la mia coscienza
ai motivi che hanno reso la mia vita possibile, alla riscoperta della mia
“missione” personale, cercando di fare del mio meglio per esserci, qui ed
ora. Ho cercato di scorgere quei lati che, in me ed occultamente, in qual-
che modo mi facevano fuggire da me stesso, iniziando ad accettare, senza
nascondermi, tutte le sfide e le opportunità che la vita mi stava mettendo
davanti. Ascoltare la mente, senza giudicarla, e senza farmi invadere dalla
sua prepotenza, mi ha permesso di iniziare a percepire il sottile sussurro
del mio Spirito che indicava le direzioni da prendere per il mio cammino.

Così, senza tanto perdermi in raziocini inutili, cerco, ogni giorno, di


essere sempre più “incarnato”, con l’intento di manifestare, nella mia
giornata, l’energia spirituale che dovrebbe muovere i miei atti, i miei at-
teggiamenti e il corpo intero. Saper cogliere i segnali che il nostro Spiri-
to ci invia ogni giorno per comunicarci il suo “sogno” e riuscire a prati-
carli senza interferenze e realizzarli è il Talento che supera il limite dato
dalla Ferita di Rifiuto. Ogni qualvolta mi allontano dal mio cammino
personale accade qualcosa che fa in modo che possa rientrare. È nostra
responsabilità riconoscere gli eventi della vita che ci comunicano un cam-
biamento inevitabile in arrivo.
366 TRATTATO DI ALCHIMIA DELLE EMOZIONI – ALBEDO

Il saper riconoscere i messaggi del destino e decifrare gli eventi che


capitano attorno a noi come suggerimenti provenienti dal nostro incon-
scio è una facoltà che deriva dal fatto di essere totalmente incarnati e pre-
senti a noi stessi.
Il mio grande cruccio, la Ferita di Abbandono, è ancora ben presente
e viva ma, a differenza di prima, non più sconosciuta. Conoscendo infatti
il valore esperienziale e formativo di tale peso, cerco, in tutti i modi, di
sentirmi “connesso” a me stesso, alla Terra che ci ospita e a tutto il creato.

Anche il rispetto dei bioritmi dell’ecosistema in cui siamo inseriti,


il consumo di alimenti “naturali” e biochimicamente puri per le nostre
cellule, è un buon cammino per raggiungere la vera connessione con noi
stessi. Questo avvicinamento si rivela realmente efficace non tanto perché
sappiamo che questo tipo di condotta di vita “fa bene”, quanto perché
dobbiamo imparare a “sentire” che è così e non potrebbe essere altrimen-
ti. La pratica di attività fisica quotidiana, volta a mantenere il corpo in sa-
lute e soprattutto efficiente, è un altro tassello fondamentale del risveglio
del Talento della connessione. Allo stesso modo lo è il mantenere buone
relazioni con gli altri, interagendo in modo costruttivo con l’ambiente
in cui siamo inseriti. Il punto chiave per il superamento della Ferita di
Abbandono è la liberazione dalla dipendenza che abbiamo nei confronti
di tutto ciò che porta solo in modo apparente stabilità alla nostra vita. È
abbracciando completamente una filosofia igienica (nel senso letterale di
non creare accumuli di scorie e cose inutili) ed ecologica (sia interiore che
esteriore) che rimaniamo connessi a noi stessi e all’ecosistema.
Allo stesso tempo, il rimanere sempre liberi di cambiare e sbagliare è
ciò che ci libera dalla dipendenza anche dalle cose che, in realtà, ci fanno
bene. Rimanendo connessi a noi stessi, e a nient’altro di futile e caduco,
superiamo la Ferita di Abbandono.
Iniziai ad affrontare di petto la Ferita di Tradimento quando cercai
di superare la paura – o meglio il terrore – di volare che era emersa e mi
aveva accompagnato durante il viaggio in Brasile. Da allora, infatti, non
avevo più preso un aereo e mi sentivo destinato a viaggiare solamente da
terra e via mare per il resto della vita.

I SN DIZION
naOM E
DianaEle
GUARIRE LE PROPRIE FERITE CON LA CONSAPEVOLEZZA 367

Essere un pilota era stato per anni il mio sogno di bambino, abbando-
nato poi in età adolescenziale dalla nascita della passione per la medicina
e le terapie naturali. A questo punto della mia vita, però, avevo abbando-
nato ogni speranza futura di poter volare, anche solo come passeggero.
La sola idea mi raggelava il sangue.
Una sera di maggio del 2013, un amico istruttore mi propose un volo
con un piccolo aereo leggero sulle colline di Bologna: con la scusa e la
motivazione di fare delle foto aeree alle coltivazioni di piante medicinali
a forma di Mandala della mia azienda, accettai. Quando mi fece sedere al

55
posto del pilota, pensai che quello sarebbe stato, effettivamente, il “mio”

83
giorno e che tutto sommato poteva essere un bel modo per morire. Ne

35
PM
ero certo, in quel volo sarei morto: l’aereo sarebbe precipitato. Ero tal-
mente concentrato sul fatto che l’aereo sarebbe precipitato da un mo-

11
mento all’altro, che nemmeno mi accorsi di aver, anche se solo per un

4:
:3
breve periodo, pilotato io stesso l’aeroplano. Mai avrei pensato quanto

12
sarebbe cambiata la mia posizione nei confronti del volo da quel momen-
22
20
to. Nei due anni che seguirono, conseguii prima la licenza per il pilotag-
4/
gio di velivoli ultraleggeri e successivamente la licenza di pilota privato.
/2
11

Entrai in un mondo che avevo da bambino solo sognato, e percepii anche


C

in questo caso il valore “terapeutico” che questa esperienza ebbe in me. Il


N
IS

volo è un’arte, dove si richiede presenza totale, pianificazione, chiarezza,


N

lucidità ma, soprattutto, “comprensione”.


IO
IZ
ED

Cercare di operare il ruolo del “controllore” in aria, su un aereo, è


M

impossibile. Si può pianificare tutto, dal meteo alla rotta, ma, quando
O
na

qualcosa non funziona, non puoi accostare, mettere le quattro frecce e


le

fermarti a pensare o prendere il libretto di istruzioni. Non puoi nemme-


aE
n

no gettare il salvagente in acqua e tuffarti abbandonando la nave. In quel


ia
D

momento, in volo, devi esercitare il totale controllo su te stesso, di fronte


ad una situazione totalmente fuori controllo. La maschera del control-
lore si frantuma, ad esempio, quando hai un’avaria o un’emergenza in
volo. L’unica cosa da fare, è essere cum–prensivi. Essere un tutt’uno con
l’aereo, con il mezzo che lo sostiene e sfruttare l’elemento Aria senza limiti
mentali. Nel volo, ho scoperto, non esistono limiti, ma regole.
368 TRATTATO DI ALCHIMIA DELLE EMOZIONI – ALBEDO

L’unico limite che esiste, è nel pilota. Così, anche nella vita di tutti
i giorni, è necessario non focalizzarsi nel controllare tutto e tutti, ma
“comprendere”, invece, il tutto. Questo fa si che voi possiate “essere”
l’aereo, non solamente colui che lo pilota. In questo modo, non è neces-
sario controllare qualcosa che si trova all’infuori di voi, ma è sufficiente
che, conoscendo voi stessi, i vostri limiti e capacità, possiate valutare le

55
situazioni che accadono con lucidità, senza tensione, potendo, in questo

83
modo, percepire qual è la soluzione corretta – e sempre ovvia – per risol-

35
vere ciò che si presenta. Il volo mi ha insegnato che nella vita è sempre

PM
meglio essere pronti a tutto, piuttosto che avere il controllo su tutto, il

1
:1
che è impossibile date le infinite variabili della vita.

4
:3
12
La Ferita di Tradimento si risolve quando scoviamo il nostro “auto–

2
02
inganno”, iniziamo ad osservarci “libera–mente” davanti allo specchio
/2
della vita e smettiamo di essere dei controllori delle situazioni che ci tro-
24
viamo di fronte. Essere consapevoli di ciò che accade, liberi dai condi-
1/
C1

zionamenti mentali e dal giudizio, è il vero cum–prendere che ci pone


SN

in ascolto nei confronti della vita. In questo modo, smettiamo di “tra-


NI

d–irci”, ovvero di “prenderci in giro”.


IO
IZ

La Ferita di Ingiustizia si insinuò nella mia vita in un modo tanto sub-


ED

dolo quando prepotente. Iniziai a comprendere solo con il tempo, con


M
O

grande stupore, quanto essa aveva da insegnarmi. In seguito agli sforzi


na

immani compiuti nel corso degli anni di studio e nella pratica di arti mar-
le
aE

ziali, ero infatti convinto di essere portatore di una “fede” salda e chiara
an

all’interno del mio essere, la stessa fede che mi aveva portato ad affron-
Di

tare di petto la sfida di imboccare la strada dell’“alternativo”. Non era


stato facile essere sempre un “diverso” in tutto, dal diventare vegano fin
dall’età di 16 anni, al dare spazio all’allenamento di Kung Fu invece che
alle partite di calcio con gli amici, allo studiare le medicine alternative
mentre frequentavo i reparti di medicina e chirurgia in ospedale, fino al
sostenere molti esami universitari sapendo che non avrei mai “creduto”
del tutto alla medicina ufficiale. Così però feci, e tal spinta a mantenere
una visione coerente con il mio sentire mi aveva fatto percepire il senso di
1/24/202
GUARIRE LE PROPRIE FERITE CON LA CONSAPEVOLEZZA 369

DianaElenaOM EDIZIONI SNC1


ciò che era “giusto” per me, in un certo modo rifiutando quasi comple-
tamente ciò che invece secondo la mia visione “non era giusto”. Avevo le
idee molto chiare riguardo a come avrei voluto vivere e gestire la mia vita,
ma in un certo senso ero convinto (pensavo) che quella visione sarebbe
stata corretta per tutti. Così, forte di questa convinzione, la Ferita di In-
giustizia trovava fertile terreno per manifestarsi e per portarmi, inesora-
bilmente, a riconoscere la vera “fede” e non quella convinzione, alle volte
radicale, che ritenevo tale.

Fu così che in un pomeriggio di ottobre, quando le prime ombre del-


la sera iniziavano a calare, nacque il primo dei miei tre figlie la Ferita di
Ingiustizia si aprì dentro di me. È incredibile il fatto che la nascita dei miei
figli abbia portato così tanta gioia e allo stesso tempo tanti spunti di ri-
flessione nella mia vita ma, d’altronde, nel momento in cui un figlio na-
sce, in ogni padre si manifesta l’archetipo di Giove, il “padre” appunto.
Mi ritrovai, infatti, nella medesima situazione, successivamente anche
con la nascita degli altri due figli. Ciascuno di essi mi permise di scoprire,
con semplicità ma grande profondità, il vero senso della “fede”.

Nicolas venne alla luce in un paesino di montagna tra gli Appennini,


dotato di un ospedale con un punto nascita molto particolare: possibi-
lità di partorire in acqua in modo naturale in una stanza appositamente
dedicata, assistenza esclusiva di ostetriche e medici (per il bassissimo nu-
mero di parti), totale o quasi indipendenza decisionale da parte dei fu-
turi genitori. Una situazione meravigliosa, assolutamente “naturale” che
rispecchiava le scelte di vita (“ciò che è giusto”) che da subito avevamo
condiviso io e la mia compagna Katia. Fu in quella situazione, così me-
ravigliosa e “pura”, che la Ferita di Ingiustizia prepotentemente mi aprì
gli occhi permettendomi di scorgere il Talento della Fede.

Ci volle poi la nascita degli altri due figli, Joshua e Joyce, per accetta-
re totalmente la presenza di una giustizia che esulava dalle mie convin-
zioni personali, ma era strettamente legata al flusso della vita e appar-
teneva, nelle sue svariate manifestazioni, al libero arbitrio di ciascun
370 TRATTATO DI ALCHIMIA DELLE EMOZIONI – ALBEDO

essere vivente. Mio figlio infatti non nacque in acqua, né tantomeno di


parto naturale, né tantomeno nella condizione di serenità e pace che mi
aspettavo di vivere: egli nacque nel caos più totale che, ora dopo ora di
travaglio, si era impadronito di me, anche se in quel momento ero solo
un osservatore passivo degli eventi.
Tutto iniziò di sera, verso l’ora di cena. Da casa nostra ci volevano cir-
ca quaranta minuti di macchina per raggiungere il punto nascita. Alle
undici della notte eravamo già lì e tutto sembrava così perfetto! Mano
a mano che le ore passavano, però, a travaglio già iniziato, sembrava che
le contrazioni, sempre forti e molto dolorose, fossero in realtà ineffica-
ci per determinare l’espulsione del feto. Le acque ancora non si erano
rotte e alle sette della mattina, la situazione era ancora pressoché invaria-
ta. Tutto fermo. Osservavo la mia compagna soffrire e la situazione non
cambiare. Io, d’altro canto, mi sentivo così impotente da non riuscire a
non pensare se non al peggio. Avevo anche tentato di velocizzare il parto
e l’evidente sofferenza della mia compagna praticando l’agopuntura senza
alcun risultato. Tutto ciò in cui credevo, tutto ciò che con me e con gli
altri aveva sempre funzionato, questa volta sembrava essere del tutto inu-
tile. La paura si stava man mano impadronendo di me, complice anche
il bagaglio di conoscenze derivanti dagli studi di medicina, grazie ai quali
conoscevo perfettamente tutti gli scenari che potevano affacciarsi in tali
situazioni. Comprendevo che una tal situazione poteva complicarsi a tal
punto da dover praticare anche un parto cesareo d’urgenza, eventualità
che mi terrorizzava a morte, non solo per la sua intrinseca pericolosità
(un cesareo a parto già avviato è comunque un vero e proprio interven-
to chirurgico d’urgenza) quanto per il fatto che una tale evenienza pro-
prio “non era contemplata” nel mio modo di vedere la vita e la nascita.
Continuavo a ripetermi come un mantra: “Nostro figlio non nascerà mai
secondo i tradizionali schemi della medicina!” E, invece, così avvenne.
Nicolas nacque alle quattro del pomeriggio, dopo una notte e un giorno
intero di travaglio, grazie anche all’effetto dell’ossitocina endovena e di
un medico ginecologo che, dopo vari tentativi più dolci, con il suo avam-
braccio sul ventre della mia compagna oramai stremata, lo fece energica-
DianaElena
mente scivolare fuori dal grembo materno.
:1 4
2:3
21 2
/20 4 /2
GUARIRE LE PROPRIE FERITE CON LA CONSAPEVOLEZZA 371
11 C N
Forte delle mie convinzioni, non mi sarei mai aspettato una situazione
IS N
del genere. Non dico sia stato il parto più medicalizzato della storia della
IO
DIZ
medicina moderna ma, rispetto alla nostra visione “giusta” della vita, era
E
avvenuto in una modalità pressoché discordante rispetto al nostro “cre-OMa n
do”. E, nonostante tutto, non abbiamo potuto evitarlo. Ele a n
Solo dopo questa esperienza, per me estremamente traumatica (in Dia
quanto aveva messo in discussione il mio “credo” quasi totale nei con-
fronti dell’efficacia della medicina “naturale”), ho iniziato a percepire il
Talento della Fede, ovvero di quella particolare propensione dell’anima
di credere nel flusso della vita e nella correttezza dei fatti, anche se, agli
occhi della mente, alquanto poco allineati al “credo”. Aver fede, infatti,
non ha nulla a che vedere con il credere in qualcosa; questo, però, lo capii
solo negli anni successivi.

Dopo la nascita del nostro primo figlio, la consapevolezza dell’impos-


sibilità di decidere in fatti che non riguardavano me/noi direttamente,
ma un altro individuo che stava nascendo, libero di scegliere senza
condizionamenti il “suo” particolare modo di manifestarsi al mondo,
divenne sempre più forte.
La nascita di Joshua, il nostro secondogenito, avvenne similmente in
modo traumatico, dovendo Katia sottoporsi immediatamente dopo il
parto ad un intervento chirurgico d’urgenza a causa di una importante
emorragia post partum. Anche in quell’occasione, non ancora del tutto
convinto dall’esperienza precedente, dovetti abbassare il capo e rimettere
la mia volontà a quella della vita che stava nascendo e, in qualche modo,
del destino della mia compagna.
Infine, solo due anni più tardi, con la nascita di Joyce mi rassegnai
totalmente alle scelte del “destino”, dovendo accettare il fatto che fosse
sottoposta ad una terapia antibiotica endovena nell’immediato post par-
to a causa di una sospetta infezione respiratoria da streptococco. Così,
la vita mi aveva mostrato chiaramente il senso del libero arbitrio e della
necessità che un essere umano ha di auto–determinarsi secondo il suo
pre–destino, costi quel che costi e, alle volte, in contrasto con ciò che è la
nostra fede o credo.
372 TRATTATO DI ALCHIMIA DELLE EMOZIONI – ALBEDO

Pensavo di poter decidere riguardo qualcosa che, in realtà, non mi


apparteneva, dando io il senso a quella situazione quando, realmente,
quella situazione apparteneva solamente ai miei figli e alla loro madre che
li stava mettendo al mondo. La mia rigida visione della vita – che assolu-
tamente non percepivo di avere – e di ciò che è “giusto” o “non giusto”,
aveva subìto un forte impatto quando mi resi conto che la vita di ogni
individuo è sacra e ciascuno deve operare, in tutta libertà ed entro i limiti
dell’umano buon senso, le sue scelte autonomamente.
5
583

La fiducia nella vita e nel fatto che la Natura ha un cammino per cia-
M3

scuno di noi è stato un grande insegnamento che ho potuto acquisire in


P 1

quell’esperienza. Questo non vuol dire non prendersi cura degli altri, ma,
4:1

al contrario, sostenerli, senza giudicare, nelle loro scelte anche quando


:3

queste vanno in contrasto con la nostra visione della vita e apparente-


2
21

mente sono fonte di caos. Abbiamo dovuto rivedere molte nostre verità
2

e credenze per accettare che i nostri figli “volessero” nascere con un parto
0
4/2

medicalizzato invece che in modo naturale come “noi” volevamo.


/2 1

La vita non ci appartiene; la vita semplicemente è. Noi siamo parte del


C1

flusso della vita e quando vogliamo bloccare tale flusso, veniamo investiti
N S

da un’energia di enorme portata che ha l’obiettivo di mostrarci che non


NI

c’è solamente il nostro modo di vedere le cose, ma infiniti modi, o perlo-


O

meno tanti quante sono le Anime.


I ZI
ED

La Fede è proprio la capacità che abbiamo di entrare nel flusso della


M

vita, comprendendola ma senza necessariamente capirla (anche perché il


O

capire è una funzione prettamente logica e di derivazione mentale), la-


na

sciando gli altri liberi di agire, sbagliare e sperimentare, nel nome di un


Ele

progetto più grande del nostro piccolo mondo.


n a
a
Di

La Ferita di Ingiustizia, risvegliata in me da quegli eventi che io avevo


considerato appunto “ingiusti” – o meglio, “non giusti” –, aveva aper-
to in me la possibilità della consapevolezza della Fede quale strumento
di connessione con la vita e mi aveva permesso di liberarmi da alcune
GUARIRE LE PROPRIE FERITE CON LA CONSAPEVOLEZZA 373

mie rigidità rendendomi maggiormente adattabile al flusso degli eventi.


La cosa più importante, in realtà, è che l’arrivo dei nostri figli Nicolas,
Joshua e Joyce, riempì di Fede e gioia la nostra vita. Così, un altro viaggio
importante era iniziato.

Si inizia ad intravedere e a vivere il Talento della saggezza, quintes-


senza della Ferita di Umiliazione, quando si inizia a perdonare se stessi,
particolarmente riguardo il fatto che, nonostante ne abbiamo coscien-
za, ricadiamo costantemente nella trappola delle maschere indotte dalle
Ferite Emozionali. Smettere di giudicarci, ovvero osservando senza giu-
dizio negativo i nostri atteggiamenti e cercando di fare sempre del pro-
prio meglio per superare i nostri limiti, è un buon cammino per iniziare
a comprendere il senso di questo grande talento. È tendenza comune,
infatti, criticarsi e autocommiserarsi per le proprie mancanze, per i limiti
ed incapacità, finendo in questo modo per entrare in un circolo vizioso
che porta, inevitabilmente, al masochismo.

Inizialmente, ritengo molto costruttivo imparare a trasformare la ver-


gogna che si prova nei nostri confronti nel momento in cui ci si sente
cadere nell’autocommiserazione del limite, particolarmente mentale, in
un sorriso; agire come un padre severo, ma di animo buono, farebbe con
il figlio indisciplinato e ancora inesperto della vita. Una bella e severa sgri-
data a cuor leggero, tanto per far entrare il concetto, ma senza rabbia in
profondità. Questo lavoro non è certo facile: la Ferita di Umiliazione,
proprio in virtù del fatto che è la prima ferita dell’umanità e riguarda il
libero arbitrio, è molto radicata nei nostri schemi mentali e caratteriali.
Essa porta ad una importante limitazione della libertà d’essere, in quanto
tutti noi abbiamo, in realtà, paura di riconoscere il nostro potere, le no-
stre vere capacità e la nostra Essenza interiore. Questa conoscenza, infat-
ti, ci renderebbe così liberi da esserne, letteralmente, terrorizzati.

Mano a mano che proseguivo nella ricerca di tutto ciò che riguarda-
va le Ferite Emozionali, principalmente iniziando ad osservare in me e
nei miei schemi caratteriali quanto le ferite mi condizionavano, provavo
Dian
aEle
374 TRATTATO DI ALCHIMIA DELLE EMOZIONI – ALBEDO

una sorta di vergogna per non riuscire, nonostante il mio impegno, a li-
berarmene. Compresi però, nel corso del tempo, che non era giusto pre-
tendere così tanto da me: superare le ferite solo per il fatto che ne avevo
consapevolezza era impossibile. La faccenda doveva essere affrontata in
un altro modo: il semplice impeto che porta a “lottare” a tutti i costi con
l’intento di risolvere un problema era inefficace, in quanto il problema
non erano le ferite, ma io stesso che mi stavo, senza rendermene conto,
auto–ingannando.
Il problema, in realtà, non esisteva!

55
583
Volevo a tutti i costi liberarmi delle mie ferite e paure, senza aver

M3
compreso che erano queste stesse la fonte delle mie passioni. La mitica

1P
saggezza del guerriero, tanto discussa in molte culture antiche, quale in

4:1
quella cinese, ad esempio, da Sun Tzu, nel suo testo L’Arte della guerra,
2:3
impone il riconoscimento delle proprie paure e dei propri limiti prima di
affrontare il nemico. Inoltre, il guerriero, investito di tale saggezza, si fa
21

forte proprio in virtù delle ferite e delle paure stesse che accompagnano
02

la sua intera esistenza.


4/2
1/2

La capacità di affrontare le situazioni della vita non di petto, ma di


C1

cuore, è il risultato dello sforzo che nasce in noi nel voler risolvere la sen-
SN

sazione del sentirsi affranti e schiacciati dai propri limiti mentali. Non è
certo semplice ammettere a se stessi di non essere in grado di superare le
NI
ZIO

Ferite Emozionali! Eppure, anche non volendolo, io stesso non riuscivo


ad uscire dal circolo vizioso ferita–maschera.
I
ED

Solamente quando iniziai a perdonarmi per queste mie mancanze ini-


M

ziai a sentirmi più leggero, libero e, cosa ancora più sconvolgente, piace-
aO

volmente divertito dall’osservare come la mia mente controllava la mia


len

vita senza che io potessi minimamente oppormi. Dal momento in cui,


aE

pur avendone coscienza e sentendone il condizionamento, iniziai a vivere


an

questo processo con più leggerezza, dandone il “giusto peso”, iniziai a


Di

sentirmi “libero” e ad amare le mie ferite. Solo allora, accettando questi


blocchi in me come parte inevitabile del mio processo evolutivo, ho ini-
ziato a comprendere che al di là delle Ferite esistevano anche i Talenti.
GUARIRE LE PROPRIE FERITE CON LA CONSAPEVOLEZZA 375

Rifiutando le Ferite, gli atteggiamenti da queste indotti, le maschere e


i miei schemi, avevo semplicemente creato altri schemi, alle volte più rigi-
di di quelli originari, in quanto non mi appartenevano realmente. Posso
affermare che, nonostante il mio percorso personale di consapevolezza
sia solamente agli inizi e a tratti ancora indefinito, qualcosa sia realmente
cambiato nel momento in cui ho iniziato a perdonarmi e a sorridere del-
le mie mancanze e sconfitte. Potrei darmi tutte le colpe del mondo, in
quanto, nonostante tutto, ancora non ho risolto un granché di tutti i
miei “problemi” ma, semplicemente, non ne ho più voglia.
Ho voglia, invece, di vivere nella gioia di poter essere ogni giorno mi-
gliore, o anche uguale al giorno prima ma, con una certezza, che è la fonte
della gioia stessa: ho sempre cercato di fare del mio meglio ed essere il mio
meglio. Se poi mi ritrovo a giudicarmi, di fronte a questo
“pugno nello stomaco”, respiro, mi rilasso
e infine, sorrido.
N IO
DIZ E M
naO le aE
ian D
376 TRATTATO DI ALCHIMIA DELLE EMOZIONI – ALBEDO

NC1 IZIONI S
LE SETTE CHIAVI
n a O M E D
Ele Diana
DELLA REALIZZAZIONE
INTERIORE

Era un caldo e soleggiato pomeriggio di novembre quando arrivai, ac-


compagnato dalla mia compagna e dai miei tre figli, all’aeroporto di Opa
Locka situato a nord di Miami. Eravamo in vacanza: un viaggio che mi
ha riportato a solcare i territori in cui avevo iniziato, nel 2012, a muo-
vere i primi passi “consapevoli” nel mondo delle Ferite Emozionali. Da
Bologna, a New York e poi Miami. Quello stesso viaggio, qualche anno
prima, mi aveva inesorabilmente portato a confrontarmi con le ferite più
profonde che si celavano in me e che dovevano venire manifeste alla luce
della mia coscienza. Quasi fosse un atto ritualistico, una specie di “pro-
va del nove”, mi ritrovavo sullo stesso cammino. Negli ultimi due anni
però, molte cose erano cambiate in me: questa volta mi sentivo come se
mi trovassi “a casa”.

Mi trovavo lì in quanto avevo preso appuntamento con un’istruttrice


di volo a Miami, per effettuare un training proprio sopra alla città nella
quale, due anni prima, il mio viaggio “mondano” si era dissolto, ed era
iniziato quello della mia Anima verso la coscienza, prima, e il cammino
verso la guarigione, dopo, delle mie Ferite Emozionali. Mi sentivo ora
pronto per affrontare questa prova e valutare la qualità e l’efficacia del
lavoro che avevo svolto su di me che, come è indole della mia natura,
non potevo non affrontare. Trovarmi a pilotare un aereo proprio sopra
la città in cui solo qualche anno prima mi feci ricoverare al pronto soc-
corso e imbottire di ansiolitici per salire sul volo per San Paolo, fu per me
un’altra conferma dell’importanza del lavoro sulle Ferite Emozionali che
avevo affrontato e che continuavo a svolgere tutti i giorni senza sosta.
377

Se c’era una cosa che avevo ben compreso era come questo tipo di
“lavoro” non portasse semplicemente a dei momenti di vittoria tempo-
ranea e stabile, ma consisteva in realtà, inevitabilmente, in un impegno
costante o meglio in un atteggiamento interiore da adottare per il resto
della mia vita.

Le Ferite Emozionali, infatti, proprio per il fatto che sono delle sfide
scelte dallo Spirito per risvegliare in noi dei Talenti, non possono essere
considerate, come spesso avviene erroneamente, al pari di una febbre
passeggera che, una volta passata, lascia la persona “guarita”. Esse sono
la forza motrice della nostra Anima, o meglio, generano la differenza di
potenziale interiore che ci induce al miglioramento quotidiano e costan-
te, di fronte ai nostri blocchi. Senza ferite, la vita soffrirebbe inevitabil-
mente dell’inerzia data dalla mancanza di forze che inducono la massa a
muoversi. Esse sono il motore, il corpo è il veicolo e lo Spirito è colui che
conduce. Solo in questo modo, l’auto si “anima” e inizia il suo viaggio.

Le Ferite Emozionali si manifestano, principalmente, sotto forma di


paure, nei momenti più impensabili della nostra vita, particolarmente
quando tutto sembra andare così bene, per far sì che non fermiamo il
nostro naturale processo di crescita interiore. Fino a che non ci confron-
Dian
tiamo con noi stessi mettendoci a nudo, esse riappariranno nella nostra
aEle
ME
naO vita come lame fendenti e penetranti.

Le Ferite Emozionali riemergono in varie situazioni determinando


delle vere e proprie “fasi” o bioritmi. Esiste, propriamente, un bioritmo
di manifestazione delle ferite nella nostra vita, coincidente con delle fasi
vissute a livello di esperienza quotidiana, che si riconducono ad una strut-
tura temporale che segue regole matematiche ed è legata ai cicli di rivolu-
zione “planetaria” (ovvero archetipica) all’interno del nostro Essere.

Quando una ferita non viene affrontata, superata e infine integrata in


noi, essa si ripresenta nella nostra vita a cicli quasi “prevedibili”, metten-
doci nuovamente di fronte alla sfida.
378 TRATTATO DI ALCHIMIA DELLE EMOZIONI – ALBEDO

Ciò equivale a dire che il “treno” dei Talenti, fino a che non li posse-
diamo e li viviamo come una solida realtà dentro di noi quotidianamente
(il che equivarrebbe a dire che siamo “illuminati”), passa varie volte nel-
la nostra vita, manifestandosi sempre sotto forma di ferita o comunque
di sfida. Meglio ancora possiamo dire che mentre per chi sta disteso sui
binari il treno rappresenta un pericolo (ferita), per chi lo attende con-
sapevolmente sulla banchina rappresenta invece un’opportunità. Im-
maginate la differenza percettiva ed emotiva che può provare un viaggia-
tore che ansioso di partire attende il treno a differenza di una persona che
si trova incastrata tra i binari! Per poter costantemente mantenere uno
stato di “veglia consapevole” e non lasciare che l’inerzia e l’entropia (il
caos) dominino la nostra vita e le nostre scelte è necessario che la vita (il
nostro inconscio) ci desti in modo alle volte brusco.
La Vita è movimento, passione, forza motrice, vibrazione. Senza
queste caratteristiche entreremmo in quello stato amorfo che spesso vie-
ne definito limbo. La vita terrena è vibrazione tanto quanto lo è la vita
spirituale, l’unica differenza è nella frequenza in cui questa vibrazione
si manifesta. L’assenza di vibrazione si manifesta solamente per brevissi-
mi periodi, detti cambiamenti di stato, in cui, relativamente parlando, la
massa diviene energia e l’energia massa. Noi chiamiamo impropriamente
questi momenti morte o concepimento, ma sono solamente due momenti
di passaggio al pari di ciò che avviene nel cuore tra la sistole e la diastole o
negli organi respiratori tra inspirazione ed espirazione.

Le Ferite Emozionali sono fondamentali nella nostra vita. Esse danno


forma e ritmo all’onda portante del nostro Spirito, incarnando archetipi
immutati nel tempo che devono essere vissuti nella massa attraverso il
corpo. In particolari situazioni della vita, complici la debolezza immu-
nitaria data dallo stress e da vari altri fattori tra i quali la cattiva alimen-
tazione e lo stile di vita non “igienico”, le ferite che portiamo dentro di
noi possono, quando non vissute nell’ambiente esterno a causa di un at-
Diana

teggiamento consolidato di evitazione (sfuggo dal problema per non im-


pegnarmi o non sentire dolore), “incarnarsi” nel corpo, manifestandosi
come squilibrio fisico.
Elena
MEO
LE SETTE CHIAVI DELLA REALIZZAZIONE INTERIORE 379

Normalmente chiamiamo questa evenienza malattia. In questo caso


siamo di fronte, solitamente, ad una ferita di vecchia data (oppure mol-
to profonda) per troppo tempo non affrontata o addirittura negata.
Mancandone la consapevolezza interiore, la ferita si manifesta attraverso
Di

l’unico canale possibile: il corpo. In queste condizioni, la situazione si


n a
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complica, ed è spesso necessario un trattamento medico per far fronte


Ele

alla situazione.
n
aO
M

Con il termine trattamento medico, non intendo per forza allopati-


E

39
co , ma un intervento terapeutico operato da un professionista in grado
D I

di gestire al meglio la situazione. Ovviamente va da sé che, se al tratta-


mento medico, sia pure farmacologico – più o meno “aggressivo” – sia
esso chirurgico o anche “alternativo”, non si affianca un lavoro profondo
che permetta di affrontare quelle ferite che hanno generato tale quadro
degenerativo (la ferita, in quanto separazione, genera sempre il caos e
quindi la degenerazione), si potranno verificare, in seguito al trattamen-
to, più e più recidive determinate sempre dalla stessa ferita.

Il mondo medico è sommerso, purtroppo, di dati statistici riguardo


il tasso di recidiva di moltissime patologie; per non parlare poi di quelle
che, proprio in quanto non risolte nella loro radice ma solamente silen-
ziate, divengono croniche. Un termine molto utilizzato, anche in ambito
medico, che esprime bene il concetto della ferita che, se non trattata nella
sua essenza, recidiva nella malattia è ri–caduta. Tale termine è partico-
larmente legato – e ricorda profondamente – l’immagine di Gesù che
percorre la Via Crucis e cade più volte prima di giungere al calvario ed
essere crocifisso mostrando così, all’umanità intera, come sia possibile at-
traverso l’integrazione delle proprie ferite, far nascere, da queste stesse, i
Talenti che sono il superamento della ferita stessa. Tale termine, ricaduta,
ci ricorda molto bene lo stato in cui tutti i giorni ci ritroviamo quando,

39 Termine coniato da Samuel Hahnemann nel XIX secolo. Con esso il fondatore dell’omeopatia intendeva
l’utilizzo di princìpi farmacologi o azioni curative contrari a quelli che hanno provocato la malattia e volti a con-
trastarne i sintomi (secondo l’aforisma galeniano “contraria contrariis curantur”).
380 TRATTATO DI ALCHIMIA DELLE EMOZIONI – ALBEDO

senza nemmeno accorgercene, mettiamo in atto la nostra personale com-


media interiore, sostenuta da maschere che recitano una parte impeden-
do alla vera Essenza di manifestarsi.

Le Ferite, quindi, si possono manifestare nella nostra vita sotto forma


di esperienze che ci colpiscono a livello emotivo, determinando un par-
ticolare vissuto che, se non risolto, a lungo andare genera una maschera,
un atteggiamento di risposta alla ferita stessa. Con il passare del tempo,
Diana

la ferita tende a sedimentarsi in noi, sia a livello fisico che psichico e la


maschera diviene un tratto imponente della nostra personalità.
E l en

Lo Spirito (la nostra vera Essenza), offuscato da uno stato d’essere che
aOM

non appartiene al suo progetto di vita (le maschere), tenta di risvegliar-


ci alla coscienza della necessità di “guarire” (trascendere) le ferite attra-
EDIZ

verso le sfide che quotidianamente incontriamo e che, quasi sempre, at-


tribuiamo al caso o alla fortuna.
ION

Così, inizia il cammino verso la scoperta dei Talenti. Ferite e Talenti


IS

sono solamente le due facce della stessa moneta; semplicemente, sono


N

come una serratura e la sua chiave, l’una fatta a immagine e somiglianza


C

dell’altra, complementari ed indissolubili. I princìpi che si trovano alla


1 1

base della realizzazione interiore sono così vicini a noi, tanto da indurci a
/24/

credere che siano irraggiungibili. Queste “chiavi”, che aprono lo scrigno


della felicità, si trovano celate nel nostro Io più profondo, più vero e auten-
20

tico. Esse sono i Talenti che abbiamo analizzato: l’essere incarnati in se


2 2

stessi, che determina la presenza. L’essere connessi a se stessi, che sottende


1

al nostro equilibrio. Il comprendere gli eventi, che è alla base della tolle-
2 :34:

ranza. Il coltivare la fede, alla base del rispetto e, infine, la saggezza, quale
visione d’insieme e olistica della vita, che è la nostra maggiore respon-
11 P

sabilità. Praticare questi Talenti quotidianamente, rimanendo sempre


connessi ai nostri ideali spirituali e al nostro pre–destino, conferisce ve-
ramente un senso alla nostra Vita; ed è proprio la comprensione del senso
della nostra esistenza la sesta chiave che apre la porta in noi al Logos del
Sole, risvegliando la nostra natura luminosa, solare appunto.
LE SETTE CHIAVI DELLA REALIZZAZIONE INTERIORE 381

La settima chiave è la gratitudine: un sentimento di profonda rico-


noscenza che dev’essere vissuto quotidianamente, nei nostri atti e nelle
nostre azioni, nei confronti della Terra che, nutrendoci e sostenendoci,
permette la realizzazione del nostro progetto. La gratitudine è alla base
8 35
della nostra umanità ed è, in sintesi, la Via.
È stato proprio il sentimento di gratitudine che mi ha inizialmente
35
ispirato, indotto e infine sostenuto nella stesura di questo libro; molte
PM
volte, permettendomi anche di superare le mie resistenze riguardo la 4:
11
3
scrittura e animando la mia volontà. Questo testo, al di là dei contenuti2e:
1
2
del messaggio che custodisce, siano essi condivisibili o meno, rappresenta
2
tutta la gratitudine che io provo nei confronti della Vita, e /la20gioia di
essere giunto al termine anche di questo /24
percorso è, per me, immensa. 11C
S N
FINE NI
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Di
382

RINGRAZIAMENTI

È difficile discernere chi, direttamente o indirettamente, nel bene e nel male, ha influito
sulla stesura di questo trattato. Essendo infatti questo scritto in buona parte frutto di espe-
rienze personalmente vissute, dovrei citare più o meno tutte le persone che ho incontrato
nella mia vita e che hanno lasciato in me un segno (e non sempre “positivo”).
Il mio primo ringraziamento va ai miei genitori, Carla e Sergio, senza i quali non sarei
qui e non potrei godere di questo mondo e della possibilità che mi è data di esprimermi. Un
particolare pensiero a mio padre Sergio che è riuscito, grazie al suo carattere tenace e sobrio
a trasformare molte Ferite in Talenti. È un vero alchimista e un grande cuoco e ha sempre
accolto me e tutti i miei amici come fossimo parte di una grande famiglia. Così, ora che
sono padre anche io, anche a me piace fare con i miei figli. A mia mamma Carla, per tutte le
volte che mi ha spinto, anche contro la mia volontà, a scegliere la strada che poi, alla fine, si è
rivelata quella giusta. A mia sorella Sara, che nei momenti bui della mia infanzia è arrivata a
tenermi compagnia (anche se ancora non parlava). A Roby, uomo di lettere, che per primo
ha corretto e ricorretto questo testo intero dandomi preziosi consigli. Se la mia famiglia di
origine ha permesso che arrivassi qui, non potrei non ringraziare la mia famiglia che adesso
invece “mi tiene qui”. A Katia, mia moglie, che tutti i giorni sopporta la mia parte profana
e supporta quella sacra e mi ha aiutato a vedere e confrontarmi con i miei lati più ombrosi e
bui. A Nik, i cui occhi manifestano la luce del suo Spirito, che possa sempre brillare del suo
genio. A Josh, i cui occhi esprimono ardore puro, che possa sempre lottare per la giustizia.
A Joyce, i cui occhi rappresentano la purezza, che possa sempre vivere la sua libertà.
Tecnicamente, il mio più grande ringraziamento va all’amico alchimista Joel Aleixo,
senza il quale la maggior parte delle informazioni contenute in questo testo non sarebbero
potute essere esposte. La sua conoscenza nel 2001 mi portò a scoprire in me l’amore per
l’Alchimia; i suoi corsi erano e sono tuttora delle fonti inesauribili di conoscenza, sapere e
amore. La sua dedizione all’Opera Alchemica è così assoluta da ispirare in me il desiderio
di seguire i suoi passi per tentare, giorno dopo giorno, di essere un buon praticante di
quest’Arte meravigliosa. Grazie, caro amico, per l’affetto e l’amore che hai sempre dimostrato
e per aver favorito in me il risveglio del cammino alchemico.
Grazie a Guglielmo Bianchi (ora Dottore in psicologia!), il compagno di viaggio che
qualsiasi viaggiatore vorrebbe avere al proprio fianco. Dalle mie prime curiosità a 16 anni
fino ad oggi è sempre stato un faro di sapienza e conoscenza. Da lui ho imparato concetti
e tecniche, ma il suo esempio di integrità morale e responsabilità è tutt’ora una sfida da

DianaE
len
5 5835
383
PM3
raggiungere per me. Abbiamo passato anni assieme a meravigliarci di fronte alle conoscenze
alchemiche apprese e notti intere a discutere, tra un caffè e l’altro, riguardo il senso della vita
:34:11
e delle cose.
Umanamente, il più grande ringraziamento va ai miei “soci” Pericle e Andrea. Assieme
abbiamo combattuto, festeggiato, litigato, costruito, rinnovato, creato, perduto, viaggiato,
1 2

riso, sperimentato e soprattutto, lavorato. Se da un lato io posso rappresentare un portavoce


2

dell’Arte alchemica, loro sono il sostegno e il conforto che ogni essere umano che stia com-
0 2

piendo una impresa ardua necessita. Senza di loro, probabilmente non ci sarebbe nemmeno
1/24/2

stato questo testo. E, ragazzi, abbiamo ancora molte cose da fare!


Come non ringraziare Teo e Gianna, che da anni sostengono in tutti i modi e con tutto
l’amore possibile la nostra Opera! Un grande grazie anche a Marcella che assieme a Gianna
1

ha trascritto una parte di quest’opera! Grazie a tutti i pazienti, corsisti e curiosi, che con le
C

loro domande e i loro problemi mi hanno spinto a cercare soluzioni alternative, risposte che
NI S N

non conoscevo e ad approfondire le mie conoscenze. Che queste conoscenze possano essere
per voi ispirazione alla crescita e alla conoscenza di voi stessi. Grazie ad Ivana e Anna (che di
solito si addormenta durante le mie conferenze) per il loro sostegno nei momenti bui e di
ZIO

sconforto, grazie al loro carattere solare e al loro spirito guerriero e all’amore con cui hanno
EDI

sempre favorito la diffusione del sapere alchemico con la loro capacità comunicativa. Anna
grazie al suo “salotto” e all’accoglienza nella sua magica casa dove possiamo dire che “è inizia-
to tutto”. Grazie ad Andrea detto “Paracelso”, per i preziosi consigli riguardo questo trattato
M

e per la sua “francescana” presenza. Un fratello che quando i tempi si fanno bui per l’anima,
a O

ha sempre il tempismo perfetto per fare una telefonata e chiedere “Heylà, come statu?”. Che
en

tu possa realizzare sempre il tuo sogno interiore e vivere in pace.


l

Grazie a tutti gli alchimisti del passato, per me grandi ispiratori, sia di scienza che di
DianaE

coscienza. Mi auguro che questo trattato possa, anche solo minimamente, contribuire ad
aumentare la grandezza e la credibilità delle loro Opere. Grazie all’amico Jerri, prima socio e
poi compagno di esperienze e scoperte nel mondo parallelo dell’elemento Aria, con il quale
condivido la passione per il volo, esperienza per me maestra di vita. E grazie ad Enrico, che
per primo mi convinse a dare motore e staccare le ali da terra da solo e a comprendere che
non è il volo ad avere bisogno di regole e disciplina, ma noi stessi. Grazie al mio maestro di
Kung Fu Massimo, che mi ha accolto nella sua scuola come un figlio e mi ha insegnato a
non mollare mai e che in un combattimento il vero nemico da battere siamo noi stessi. Rin-
grazio l’editore Alfredo, per aver creduto in quest’opera letteraria: sono certo che la fiducia
verrà ripagata. Infine, ma non per importanza, ringrazio Lorella Pierdicca, che ha curato
la forma, editing e impaginazione di questo libro nonché alcune immagini e ha cercato di
riprodurre un testo che esprimesse l’Alchimia a tutti i livelli. Infine, Andrea Carella, per le
tavole iconografiche fatte a mano e per come è riuscito ad imprimere ad un foglio bianco
l’anima degli archetipi alchemici.
Grazie.
384 TRATTATO DI ALCHIMIA DELLE EMOZIONI – ALBEDO

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