ACKELSBERG
tubiere/
* libre/
Professoressa di Scienze
Politiche presso l’Università
dell’Indiana, negli USA, e
componente del W om en’s
Studies Program C om m ittee
dello Smith College, dove tiene
corsi di teoria politica, politica
urbana, militanza e teoria
femminista, Martha Ackelsberg
ha pubblicato articoli su
Mujeres Libres e sulle donne
nel movimento anarchico
spagnolo in riviste e giornali
(.Feminist Studies, Radicai
America, O ur Generation,
International Labour and
Working Class History e
Com m unal Societies ). I suoi
lavori fanno parte di numerose
antologie sulla militanza politica
delle donne negli Stati Uniti, sul
femminismo ebraico e sul
processo di cambiamento
delle strutture familiari.
Elaborazione grafica di
Mariella Bernardini
Collana
D onne e movim enti
Titolo dell’edizione originale:
intrierez
v libre/
L’attualità della lotta delle donne
anarchiche nella rivoluzione spagnola
In copertina:
elaborazione grafica
di Mariella Bernardini
Autogestione
Casella Postale 17127 - 20170 Milano
Tel/fax 02 2551994
e-mail: zeroinc@tin.it
4
Indice
Capitolo I
La rivoluzione anarchica e la liberazione delle donne 51
Dominio e subordinazione 54
Comunità ed uguaglianza 59
La sessualità e la subordinazione delle donne 65
Trasformazione rivoluzionaria: coerenza di mezzi e fini 76
L ’azione diretta 78
Preparazione 81
Capitolo II
La mobilitazione della comunità e l’organizzazione sindacale 89
Le donne e il movimento anarchico spagnolo
I precursori: regionalismo, collettivismo e azioni diprotesta 91
Anarchismo, anarco-sindacalismo e mobilitazione popolare 99
L’educazione come preparazione 118
Centri culturali e alfabetizzazione 119
L’educazione come empowerment 127
5
Capitolo III
Guerra civile e rivoluzione sociale 131
La Repubblica e il Fronte Popolare
Ribellione e rivoluzione 134
Le Milizie 137
Rivoluzione popolare e collettivizzazione 143
La collettivizzazione industriale 147
La collettivizzazione rurale 154
Consolidamento politico e controrivoluzione 162
Capitolo IV
La fondazione di Mujeres Libres 171
Il movimento anarco-sindacalista e la subordinazione delle donne 171
Organizzando le donne: i primi passi 178
Il decollo dell’organizzazione 186
Capitolo V
L ’educazione per Vempowerment 205
La preparazione come rivoluzione
Programmi educativi 210
Inserimento lavorativo e programmi di formazione professionale 216
Presa di coscienza e appoggio alla militanza femminile 223
Maternità 227
L’educazione dei figli 231
Sessualità 234
Programmi per rifugiati e servizi sociali 244
Capitolo VI
Separate e eguali? 249
Dilemmi della mobilitazione rivoluzionaria 249
Relazioni con le altre organizzazioni di donne 250
Il movimento libertario 256
Il segretariato femminile della FIJL 265
Il Plenum del movimento libertario, ottobre 1938 269
6
Conclusione
La comunità e Vempowerment delle donne 279
“I codardi non fanno la storia”: un lascito di empowerment 280
Differenza, diversità e comunità 287
La differenza di genere. Una politica differente? 288
Mujeres Libres e la politica della differenza 297
Dalla "differenza” alla “diversità” 301
Verso una nuova concezione della politica 304
Appendice A
Schema dell’organizzazione della CNT 311
Appendice B
Pubblicazioni di Mujeres Libres 313
Appendice C
Progetto per la creazione
di una fabbrica di matrimoni in serie 315
Appendice D
Intervista a Martha A.Ackelsberg:
cultura anarchica e critica femminista 317
a cura di Rebecca De Witt
7
Alle compagne di Mujeres Libres, con solidarietà.
La lotta continua.
8
Inno di Mujeres Libres
Lucía Sánchez Saornil
Valenza, 1937
Puño en alto mujeres del mundo Pugno levato donne del mondo
Hacia orizontes preñados de luz, Verso orizzonti gravidi di luce
por rutas ardientes adelante, Per strade roventi, avanti, avanti,
adelante, de cara a la luz. con lo sguardo rivolto alla luce.
9
Prefazione all’edizione italiana
di Arianna Fiore
11
poco pronto e propenso ad accettare uno sconvolgimento di ruoli
ormai fossilizzati da secoli di consuetudine all’interno delle loro
case.
Le difficoltà di allora si riproducono anche oggi: non sono nu
merosi gli studi che trattano aspetti spinosi, irrisolti e comunque di
una grande attualità.
Martha Ackelsberg ha avuto il coraggio e la forza di vedere e
sostenere l’attualità della loro lotta, di portare avanti il coraggio
delle locas (le matte, come venivano chiamate in quei giorni di lotta
dai loro compagni libertari).
La terminologia ed il metodo d’analisi risultano di grande attua
lità per il lettore con una qualche familiarità con il lessico femmi
nista contemporaneo degli Stati Uniti d’America.
Alcune volte le scelte di traduzione sono state vincolate da una
dipendenza terminologica al movimento femminista statunitense, e
come nel caso di empowerment si è preferito evitare una traduzione
che avrebbe sacrificato purtroppo uno degli aspetti semantici del
termine.
E curioso notare con quanto successo sia stato applicato a un
movimento di emancipazione femminile libertario spagnolo della
prima metà del 1900 la terminologia nata con le prime battaglie
degli anni ’70 negli USA, anche perché sono le stesse Mujeres Li-
bres a rifiutare con ostinazione l’etichetta di femministe.
Infine vorrei sottolineare l’aspetto più vitale e creativo del testo
della Ackelsberg: l’oralità che l’autrice è riuscita a mantenere. Gra
zie alla trascrizione di incontri, chiacchierate, confidenze che le
stesse Mujeres Libres le hanno rilasciato durante i suoi viaggi in
Spagna.
Intervallate da analisi critiche, storiche e sociali, ci sono infatti le
loro vite, i loro ricordi, in cui non accenna a spegnersi la forza e
l’entusiasmo di quegli anni di rivoluzione.
Le scelte di traduzione hanno voluto mantenere il più possibile la
spontaneità del dialogo, la voglia di recuperare appunto quella voce
che negli anni d’esilio in molti avevano cercato di soffocare.
L’emozione rivive nelle loro voci, e grazie alla Ackelsberg,
anche nelle pagine di questo libro.
12
Prefazione all’edizione spagnola
di Martha A. Ackelsberg
13
ai lettori di lingua spagnola. Così, mentre Free Women ofSpain ha
cercato di spiegare quello che era stato Mujeres Libres alle femmi
niste degli Stati Uniti, Mujeres Libres, oltre a recuperare la storia di
questo straordinario gruppo di donne per i lettori di lingua spagnola
dei giorni d’oggi, può anche contribuire a spiegare loro alcuni
aspetti del femminismo statunitense.
Questo non vuol dire però che i lettori di questa edizione non
abbiano bisogno di una “traduzione” per comprendere la storia e
l’attività di Mujeres Libres. Come spiegherò nell’introduzione, gli
oltre sessant’anni che sono trascorsi dalla Guerra Civile spagnola
hanno creato un considerevole vuoto culturale. In parte questo
vuoto è un riflesso dell’impatto di quarantanni di repressione fran
chista, che ha distorto o disdegnato completamente la storia di que
gli anni. Per questo motivo, ad esempio, in molte occasioni mi sono
trovata a parlare in Spagna di fronte ad un pubblico universitario sul
lavoro che stavo sviluppando, e ho scoperto che erano in tanti a
non sapere nulla della rivoluzione sociale che aveva accompagnato
la Guerra Civile, e che non potevano quindi comprendere l’impor
tanza degli avvenimenti di cui potevano aver sentito parlare dalle
loro famiglie.
Senza dubbio questo vuoto è anche un risultato degli enormi
cambiamenti sociali, economici e politici che hanno avuto luogo
in Spagna negli anni Trenta (ed anche negli anni Settanta, quando
iniziai la ricerca che diede come risultato questo libro.) Nei primi
anni di questo secolo - come viene analizzato nel Capitolo II - la
Spagna si trovava in un certo senso nelle sue prime fasi di indu
strializzazione, ed era caratterizzata da quello che oggi viene chia
mato “sviluppo diseguale”. Molte regioni del paese dipendevano
da un’economia di tipo agricolo scarsamente modernizzata; il li
vello di analfabetismo era alto; le lotte che si svilupparono attorno
ai sindacati furono spesso feroci; e la politica, specialmente a li
vello nazionale, era stata da sempre caratterizzata dall’autoritari
smo. E si può aggiungere anche che la vita politica era spesso po
larizzata, le organizzazioni di sinistra erano forti in alcune regioni
(soprattutto in Catalogna, a Valenza e a Madrid) e deboli in altre. E,
ancora più significativo per l’argomento che trattiamo, il movi
mento libertario aveva una presenza culturale e politica imponente.
Perciò le donne che crearono Mujeres Libres, come illustrerò nei
Capitoli II e IV, e che parteciparono attivamente a questa organiz
14
zazione, non si stavano muovendo nel vuoto, ma erano fermamente
collegate ad un movimento libertario e ad un quadro sociale gene
rale altamente politicizzato, che non esiste nella Spagna degli anni
Ottanta e Novanta. I conflitti ed i fraintendimenti fra le anziane
dell’organizzazione originaria di Mujeres Libres e le compagne at
tive nelle organizzazioni contemporanee che assicurano di essere
loro eredi (stiamo parlando sia di Mujeres Libertarias che della
nuova Mujeres Libres) testimoniano 1’esistenza di alcune impor
tanti lacune culturali e politiche, presenti all’interno della Spagna.
Effettivamente sotto certi aspetti le questioni che impegnano le
femministe statunitensi ed il contesto in cui si muovono possono ri
sultare più familiari alle lettrici femministe spagnole di oggi dei
conflitti politici e culturali che sconvolsero la Spagna negli anni
Trenta. Uno degli intenti che mi propongo con questo libro è,
quindi, di fare in modo che le battaglie e la saggezza di questa pre
cedente generazione di militanti siano accessibili in modi nuovi alle
generazioni più giovani.
15
dono ad essere articolate in funzione della diversità etnica. La po
polazione degli Stati Uniti è indubbiamente da sempre multietnica
e multirazziale. Anche se frequentemente la concezione che gli sta
tunitensi hanno del loro paese come di un “crogiolo” ha occultato le
difficoltà reali per poter integrare veramente tutte le reali differenze,
negli ultimi decenni, per lo meno, le questioni che riguardavano la
multiculturalità sono state messe al primo posto in molti dibattiti e
discussioni, sia accademici che politici e formano la base collo
quiale di questo libro. Ma nonostante questo, anche se alcuni ter
mini potessero risultare poco familiari ai lettori di lingua spagnola,
spero che possano ugualmente essere istruttivi. Ci stiamo indiriz
zando verso un’economia politica ogni giorno più globale, verso
un’Europa sempre più unita, e le questioni di come raggiungere
l’uguaglianza mantenendo la diversità - temi centrali negli impegni
teorici femministi degli Stati Uniti negli ultimi venticinque anni -
possono splendidamente guadagnare terreno nell’ambito europeo.
Forse la storia delle lotte di Mujeres Libres in relazione a questi
temi - raccontata da un punto di vista contemporaneo statunitense
- può contribuire a suggerire nuovi indirizzi per i loro discendenti
culturali e politici.
16
tazioni del libro. E Antonia Ruiz ha messo in questa traduzione
tutto quello che un autore può desiderare, accuratezza ed entusia
smo. Senza l’aiuto di tutti loro questo volume non esisterebbe.
Infine non posso concludere questa breve nota senza ricordare
che molte persone ricordate in queste pagine sono morte negli anni
trascorsi da quando le ho conosciute. E con il passare del tempo il
numero continua a crescere. In questi momenti, quando manca
ormai poco perché il libro veda la luce, rimpiango soprattutto la
perdita di Pura Pérez Benavent Arcos e Soledad Estorach. En
trambe mi hanno accolto nelle loro vite, hanno avuto fiducia in me,
hanno condiviso con me i loro ricordi e mi hanno aiutata a tradurre
gli avvenimenti del tempo in parole ed immagini che io potessi
comprendere. Sono loro profondamente grata per questi regali. De
dico questo volume alla loro memoria.
Settembre 1999
17
Ringraziamenti
19
cerche sulle donne nei movimenti operai spagnoli; il lavoro di Mary
Nash su Mujeres Libres è stato pioniere negli studi sulla storia delle
donne in Spagna. La sua generosa amicizia e la sua solidarietà sono
state molto importanti. Grazie a lei ho conosciuto Ana Cases e Ber
nard Catllà, che mi hanno accolto nella loro casa a Gerona e hanno
reso possibile le mie ricerche su ¡Adelante!, una collettività di que
sta città. Verena Stolke, Juan Martínez Alier e le loro figlie, Nuria
ed Isabel, mi hanno ricevuto nella loro famiglia, mi hanno offerto
un luogo dove rimanere durante i molti mesi in cui ho portato avanti
le mie ricerche a Barcellona e sono diventati per me compagni ed
amici molto cari. Rafael Pujol, Albert Pérez Barò, Nazario Gonzá
lez, Enríe Fuster i Bonet, Ramón Sol e Mercedes Vilanova hanno
condiviso con me le loro ricerche, mi hanno presentato molte per
sone e mi hanno aiutato a trovare i mezzi adeguati in diversi mo
menti del lavoro.
Il mio debito è enorme anche da questa parte dell’Atlantico. José
Nieto, Clara Lida, Temma Kaplan, Edward Malefakis e Suzanne
Berger mi sono stati di grande aiuto nelle prime tappe del mio stu
dio. E’ stato in uno dei primi articoli di Temma dove sono venuta a
conoscenza dell’esistenza di Mujeres Libres; le sono molto grata
per i suoi commenti e le sue critiche su diversi aspetti del mano
scritto durante tutti questi anni. Mi sento specialmente fortunata
per aver avuto l’opportunità di conoscere Ahrne Thorne, che pur
troppo non è più con noi. Era un uomo impegnato e dotato di una
grande vitalità. Possedeva una larga cerchia di amici e compagni, e
in questa mi diede il benvenuto. Grazie a lui sono riuscita a cono
scere Ana Delso, Pura e Federico Arcos e Paul Avrich. Federico
conserva una straordinaria collezione privata di materiale sui mo
vimenti anarchici ed anarcosindacalisti spagnoli. Lui e Pura, con
la più grande volontà ed entusiasmo, hanno messo a mia disposi
zione la loro collezione e la loro casa e hanno dimostrato un enorme
interesse per la realizzazione di questo progetto. La loro attenta let
tura del manoscritto, i loro commenti, gli sforzi di Pura per tradurre
sia le mie parole in castigliano che le attività e l’impegno di Muje
res Libres in termini attuali, sono di un valore incalcolabile. Lisa
Berger e Carol Mazer mi hanno messa in contatto con Dolores Prat
e Concha Pérez.
Mi sento inoltre profondamente indebitata con documentaristi
di biblioteche ed archivi da entrambi i lati dell’Atlantico, per essere
20
riusciti a rendere piacevole la ricerca del materiale sommerso su
Mujeres Libres e sull’anarchismo spagnolo. Mi piacerebbe ringra
ziare per il loro aiuto, in particolare, il personale dei dipartimenti di
Reference and Interlibrary Loan della Smith College Library, della
sezione Industriai Relations della Firestone Library, Princeton Uni
versity; della divisione Rare Books and Manuscripts, New York
Public Library; della Labadie Collection, Università del Michigan,
della Hoover Institution Library, Stanford University; della Bi-
bliothèque de Documentation Internationale Contemporaine, Uni
versità di Parigi, Nanterre; del Institut d’Études Politiques, Parigi;
della Casa de l’Ardiaca, Istituto di Storia della Città, Barcellona;
della Fondazione Figueras, Barcellona; della Biblioteca Arus, Bar
cellona; della Biblioteca de Catalunya, Barcellona; del Ateneu En
ciclopédie Popular/Centro de Documentación Histórico-Social,
Barcellona; del Ministero delle Finanze di Lérida; delFEmeroteca
Municipale di Madrid, dell’Archivio Storico Nazionale/Sezione
Guerra Civile di Salamanca e dell’Istituto Internazionale di Storia
Sociale di Amsterdam. Durante la maggior parte del periodo in cui
ho condotto la mia ricerca, gli archivi di Salamanca, che sono una
miniera di informazioni sul periodo della Guerra Civile, si trova
vano sotto il controllo dell’Esercito spagnolo. Il cambio di governo
verificatosi negli ultimi anni ha migliorato enormemente le condi
zioni di lavoro e lo stato degli archivi. Mi sento comunque in debito
con Paco e Miguel, “dell’antico regime”, i quali, malgrado le nostre
ovvie diversità, si sono mostrati sempre disposti a cercare cartelle,
pamphlet, giornali e a fare fotocopie. Le condizioni di lavoro
nell’Istituto di Storia Sociale erano incomparabilmente migliori.
Qui ho trascorso un certo numero di mesi all’inizio della mia ri
cerca sull’anarchismo spagnolo e vi sono tornata anni dopo quando
si sono aperti al pubblico gli archivi della CNT e della FAI. Sono
molto riconoscente a Rudolf de Jong, antico direttore della sezione
spagnola, per i suoi continui consigli e per il suo appoggio, ed a
Thea Duijker, Mieke Ijzermans ed al signor G. M. Langedijk per
avermi aiutato a rendere più semplice il mio lavoro.
Vari gruppi ed organizzazioni mi hanno offerto un appoggio mo
rale e finanziario in diverse tappe di questa impresa. Ho iniziato
questa ricerca essendo membro del Project on Women and Social
Change dello Smith College, un gruppo universitario di ricerca in
terdisciplinare patrocinato dalla Fondazione Andrew W. Mellon.
21
Fondi del progetto ed una borsa di studio della American Associa-
tion of University of Women mi hanno permesso di trascorrere in
un primo periodo un semestre in Spagna e, grazie a dei fondi di svi
luppo universitario dello Smith College, di compiere successiva
mente altri viaggi in Spagna, Francia e Canada. Nel quadro del Pro
getto, i dibattiti ed i seminari ai quali ho partecipato con le mie
colleghe - soprattutto Susan C. Bourque, Donna Robinson Divine,
Sue J. M. Freeman, Miriam Dlater e Penny Gill - hanno influito in
modo cruciale sull’indirizzo che avrebbe poi intrapreso la mia ri
cerca, soprattutto al principio. Le mie collaboratrici nella ricerca
Anne Balazs, Robin Stolk, Barat Ellman e Susan Jessop mi hanno
aiutata ad organizzare il materiale che avevo raccolto ed a revisio
nare la bibliografia esistente sul tema della donna e dei movimenti
sociali rivoluzionari. L’aiuto di Reyes Lázaro nella sbobinatura dei
nastri, traducendo alcuni articoli miei, e facilitandomi la cono
scenza di alcune persone in Spagna è stato inestimabile.
Ho cominciato a scrivere il libro mentre stavo lavorando come ri
cercatrice al Bunting Institute del Radcliffe College, dove esiste
uno degli ambienti culturali più appassionanti e cooperativi che ho
mai conosciuto. I seminari, i dialoghi ed i dibattiti informali con i
compagni mi hanno infuso ispirazione e stimoli. Sono particolar
mente grata ai membri del gruppo “madre-figlia”, in particolar
modo ad Ann Bookman, Caroline Bynum, Hope Davis, Bettina
Friedl, Gillian Hart, Deborah McDowell, Janice Randall, Blaire
Tate e Gretchen Wheelock. La mia amicizia con Katie Canon e con
Karen Brown, che è cominciata proprio in quel anno, ha costituito
una parte essenziale nel processo di scrittura.
Durante l’anno accademico 1987-88, mentre approfittavo di un
anno sabbatico presso lo Smith College, ho avuto l’opportunità di
studiare presso l’Institute for Research on Women and Gender della
Columbia University e sono stata membro del Women’s Studies
Theory Group del Hunter College. La mia associazione ad en
trambe le istituzioni mi ha dato l’opportunità di sviluppare e di di
scutere la forma in cui si stava realizzando la mia ricerca. Inoltre, i
miei colleghi del Center for European Studies, Harvard University,
mi hanno invitata con il passare degli anni a partecipare ad incon
tri e seminari, facilitandomi un valido scambio di idee.
Per ultimo, nessun lavoro accademico - specialmente uno che
ha impiegato tanto tempo per realizzarsi - nasce dalla mente di una
22
sola persona. I colleghi del Dipartimento di Scienze Politiche dello
Smith College hanno avuto molta pazienza nei miei riguardi in que
sti lunghi anni di gestazione di questo progetto; sono loro profon
damente grata per il loro appoggio. Le studentesse dei miei corsi e
seminari sulla teoria femminista e la politica urbana dello Smith
College hanno contribuito allo sviluppo delle mie idee sulla comu
nità e hanno mosso importanti sfide al sistema di pensiero che fa
parte di questo libro. Diversi membri dello Smith Women’s Stu-
dies Program Committee e del Five College Women’s Studies
Committee - in particolar modo Jean Grossholtz, Marilyn Schu-
ster, Vicky Spelman e Susan Van Dyne - sono state allo stesso
tempo colleghe ed amiche e mi hanno aiutata a collocare i miei
studi su Mujeres Libres nel quadro generale in cui si era sviluppata
questa organizzazione. Marina Kaplan ha corretto alcune mie tra
duzioni. Kathy Addelson, Paul Avrich, Susan Bourque, Irene Dia
mond, Donna Divine, George Esenwein, Kathy Ferguson, Philip
Green, Barbara Johnson, Juan Martínez Alier, Vicky Spelman, Ve
rena Stolke, Will Watson, Iris Young e Nira Yuval-Davis, hanno
letto tutte le parti del manoscritto e mi hanno offerto validi com
menti. Myrna Breitbart, Pura e Federico Arcos, Jane Slaughter e
Judith Plaskow hanno invece letto il manoscritto completo. Il valore
dei loro commenti e delle loro critiche è incalcolabile. Infine, Judith
Plaskow mi ha aiutata a mantenere sia il senso dello humor che
quello della proporzione.
Alex Goldenberg mi ha ceduto un angolo del suo salotto e mi ha
accolto nella sua vita negli anni in cui ho scritto il libro, gli sono
grata per entrambi i doni.
23
Abbreviazioni
25
AHN/SGC-S Archivo Histórico Nacional, Section Guerra Civil, Salamanca
Archivio Storico Nazionale, Sezione Guerra Civile, Salamanca
AMB Archivo Municipal, Barcelona Archivio Municipale, Barcellona
AMHL Archivo, Ministerio de Hacienda, Lérida Archivio, Ministero
delle Finanze, Lerida
IISG/CNT Internationaal Instituât voor Sociale Geschiedenis, Amster
dam, Archivo CNT Istituto di Storia Sociale, Amsterdam,
Archivio CNT
IISG/EG Internationaal Instituât voor Sociale Geschiedenis, Amster
dam , A rchivo Emma Goldman Istituto di Storia Sociale,
Amsterdam, Archivio Emma Goldman
IISG/FAI Internationaal Instituut voor Sociale Geschiedenis, Amster
dam, Archivo FAI-CP Istituto di Storia Sociale, Amsterdam,
Archivio FAI-CP
NYPL-EG New York Public Library, Rare Books and Manuscripts Divi
sion, Emma Golman Papers Biblioteca Pubblica di New York,
Settore Libri Rari e Manoscritti,Fondo Emma Goldman
NYPL-RP New York Public Library, Rare Books and Manuscripts Divi
sion, Rose Pesotta Papers Biblioteca Pubblica di New York,
Settore Libri Rari e Manoscritti, Fondo Rose Pesotta
26
Introduzione
1. La parola inglese “empowennent” deriva dal verbo “to empower" che in ita
liano viene comunemente tradotto con “conferire poteri”, “mettere in grado di”. I
dizionari privilegiano ora Fimo ora l’altro aspetto. È comunque impossibile fare
una scelta di traduzione in italiano, perché un singolo termine limiterebbe la ric
chezza semantica del concetto che la parola inglese ha assunto.
Il termine empowennent può essere sinteticamente inteso come “accrescere la
possibilità dei singoli e dei gruppi di controllare attivamente la propria vita”, tema
al centro del rapporto spesso conflittuale tra individuo / collettività e comunità. Le
azioni e gli interventi formativi centrati suH’empowerment mirano a rafforzare il
potere di decisione e di scelta dei singoli e a migliorarne le competenze e le cono
scenze in un’ottica di carattere politico-emancipatorio.
L'empowennent consiste essenzialmente nella crescita costante, progressiva e
consapevole delle potenzialità degli esseri umani, accompagnata da una corri
spondente crescita di autonomia ed assunzione di responsabilità. I programmi cen
trati sull’empowennent tendono ad aumentare l’autostima del soggetto, e la sua ca
pacità di leggere la realtà che lo circonda, individuando condizionamenti e
minacce, ma anche occasioni favorevoli e opportunità.
Considerato quindi nel suo globale senso psicologico, Vempowerment si con
nota dunque sia come un prodotto che come un processo. Prodotto perché è l’esito
di un percorso evolutivo di chi ha vissuto esperienze di apprendimento nelle quali
27
Mujeres Libres riteneva che il pieno sviluppo dell’individualità
delle donne dipendesse dalla crescita di un forte sentimento di
unione con gli altri. Per questa ragione, e per molte altre, Mujeres
Libres rappresenta un’alternativa alla prospettiva individualista che
caratterizza i movimenti femministi principali, di quell’epoca e
della nostra.
La storia della mia scoperta di queste donne e delle loro attività
deve risalire a molti anni e a molti chilometri fa, a ricerche in ar
chivi e a conversazioni con militanti; ma il fatto che arrivassi a
comprendere l’importanza delle loro aspirazioni e dei loro traguardi
è inseparabilmente legato ai nostri reciproci e progressivi sforzi di
comunicazione, nonostante le differenze di cultura, di età, di classe
e di ambiente politico che ci separavano. Molte di queste donne mi
aprirono le porte delle loro case e condivisero con me il racconto
delle loro vite, ed io ho cercato di mettermi nei loro panni e di con
siderare sia le somiglianze che ci avvicinavano che le differenze
che, invece, ci rendevano distanti. Poiché mi ero già occupata delle
questioni dell’identità, della differenza, della comunità e àe\Yem
powerment, che hanno alternativamente incoraggiato o indebolito i
28
movimenti per i diritti civili, quelli pacifisti e quelli femministi del
mio paese, mi trovo ora nella condizione di apprezzare ancora più
profondamente la prospettiva che Mujeres Libres può proporre alle
femministe ed agli attivisti sociali di oggi. Questo libro deriva, in
parte, dal mio desiderio di fare in modo che la storia di questa or
ganizzazione sia considerata in generale come più accessibile.
Nella prima parte dell’introduzione presenterò le donne che sa
ranno le protagoniste della storia che si sviluppa nel resto del libro,
nella seconda esporrò invece i temi e le questioni che formano il
contesto teorico del volume.
29
e nella f i j l 3, della sua convinzione della necessità di un’organiz
zazione di donne autonoma ed indipendente che lavorasse all’in
terno della cornice ideologica e politica del movimento libertario4,
della sua analisi degli obiettivi raggiunti, delle sconfitte di Mujeres
Libres e del femminismo contemporaneo.
Suceso si era affiliata a Mujeres Libres del Comitato Regionale
Centrale nel 1936 e diventò vicesegretaria nazionale dell’organiz
zazione. Mi raccontò come Mujeres Libres si rivolgesse alle donne
della classe operaia, mi parlò dell’enfasi che dedicava all’educa
zione e d\Yempowerment e dei rapporti che l’organizzazione aveva
con il movimento anarco-sindacalista. Ma quello che più mi affa
scinò e allo stesso tempo mi lasciò perplessa e attratta fu il suo at
teggiamento verso le femministe ed il femminismo, atteggiamento
in un certo senso speculare a quello che le giovani avevano a loro
volta nei confronti di Mujeres Libres. “Non siamo e non siamo mai
state “femministe” - insisteva -, in lotta contro gli uomini. Non vo
levamo sostituire la gerarchia maschile con una gerarchia femmi
nista. Era necessario lavorare e lottare insieme. Perché altrimenti
non ci sarebbe mai stata la rivoluzione sociale. Ma c’era bisogno di
un’organizzazione nostra per lottare solamente per noi stesse”.
Ero sorpresa dalla sua idea per cui “femminismo” significasse
opposizione agli uomini o desiderio di sostituire la gerarchia ma
schile con quella femminile. Io, che sono il risultato del movimento
femminista statunitense degli anni Sessanta, ho sempre dato per
scontato che femminismo significasse opposizione a qualsiasi tipo
di gerarchia. Eppure stavo cominciando a capire qual era la fonte di
certe incomprensioni e di certi fraintendimenti che esistevano tra le
30
giovani di Madrid, che si definivano femministe, e questa anziana,
per cui il femminismo era un anatema. Più tardi avrei scoperto che
queste differenze nella percezione di quello che poteva significare
il femminismo non erano esclusive di Suceso. Durante i tre anni di
esistenza formale di Mujeres Libres e fino ai nostri giorni, le donne
che ne facevano parte avevano consacrato le loro vite all’emanci
pazione della donna senza mai però definirsi “femministe”.
Gran parte del fascino che provavo per Mujeres Libres proveniva
dal mio desiderio di comprendere questa distinzione ed il suo si
gnificato. Che cosa voleva dire che queste donne non accettavano
la definizione di femministe? Iniziai presto a sospettare che, anche
se il contesto politico spagnolo degli anni Trenta era completamente
diverso da quello degli Stati Uniti degli anni Ottanta, potevano es
serci delle somiglianze fra il rifiuto di Mujeres Libres nell’identifi
carsi come femminista e l’incertezza di certe donne operaie e di co
lore del mio paese nell’adottare l’etichetta di femminista. Avevamo
per caso trovato qui un insegnamento per le femministe di oggi che
tanto lottano contro l’affermazione per cui il femminismo è un mo
vimento esclusivo delle donne bianche di classe media?
Ma c’erano ancora molte altre cose che attraevano la mia curio
sità. Suceso si lamentava della chiusura mentale delle femministe
contemporanee, della mancanza di un quadro di orientamento ideo
logico ed organizzativo: “Si sente molto la mancanza della forma
zione libertaria. [Espressione spesso utilizzata nei circoli anar-
chici/libertari per fare riferimento al contesto ideologico.] Hanno
una visione molto meno ampia, molto più ristretta della nostra. Ad
esempio, non capiscono cosa voglia dire “azione diretta” o il ter
mine organizzazione. Loro, per lo meno quelle di qui, di Madrid,
vogliono organizzarsi quasi senza organizzare, tutte si occupano di
ogni cosa. Ma così non si arriva da nessuna parte”5. Inoltre si con
centrano troppo su temi come l’aborto, l’organizzazione familiare
e la sessualità; è vero che la sessualità della donna deve riguardare
solo lei, ma perché convertire questo in una questione politica? E
poi non smettevano mai di domandarsi “Come possono definirsi
31
femministe se non fanno altro che girare piene di croci?”6.
A qualcuna di queste domande non ho mai trovato una risposta.
Mi lascia perplessa l’evidente disagio di Suceso e delle altre donne,
di rendere “politiche” le questioni “personali” sull’amore e la ses
sualità, ad esempio. Il femminismo mi ha convinto che “il personale
è politico”, ma l’anarchismo non ha per caso le stesse rivendica
zioni? Altre domande trovarono risposte molto più semplici ma allo
stesso tempo sorprendenti. Quando parlava delle “femministe che
portavano le croci”, ad esempio, si riferiva alle giovani che porta
vano il simbolo della donna (?) per dichiarare il loro femminismo7.
Dopo Suceso venne la volta di Lola Iturbe, che era stata una
grande sostenitrice di Mujeres Libres, ma non era mai arrivata ad
esserne una militante. Con il suo compagno, Juanel (Juan Manuel
Molina, un ex-segretario generale della f a i ), aveva pubblicato a
Barcellona la rivista anarchica Tierra y Libertad. Lola mi raccontò
della sua infanzia, di come era cresciuta nella povertà, figlia di una
ragazza madre, nella Barcellona di inizio secolo. Era nata nel 1902
ed a nove anni aveva iniziato a lavorare come apprendista sarta e la
sua lunghissima giornata lavorativa veniva pagata con un salario
incredibilmente basso, cinquanta centesimi a settimana. Sua madre
gestiva una pensione frequentata da “uomini dell’organizzazione”.
Grazie a questi ospiti, Lola sentì parlare della CNT e trovò quell’in
tegrazione sociale che da sempre le era stata negata. A quattordici
o quindici anni era già entrata a far parte dell’organizzazione8. Fu
Lola a dirmi in uno dei nostri incontri che Mercedes Comaposada,
una delle tre donne che avevano fondato Mujeres Libres, era ancora
viva e risiedeva a Parigi.
Ma prima di conoscere Mercedes doveva succedere ancora un
altro episodio degno di essere menzionato. Stavo intervistando
Eduardo Pons Prades, all’epoca giornalista del Diario de Barce
lona, a proposito delle sue esperienze nell’industria collettivizzata
del legno in Catalogna. Mi mandò a Perpignan, appena superata la
frontiera francese, per intervistare Iacinto Borràs, un ex-militante
della CNT ed editore di un giornale che si era occupato delle col
32
lettività rurali in Catalogna. Durante i nostri incontri dissi a Borrás
che ero interessata a conoscere le donne che avevano partecipato
alla rivoluzione. All’inizio la sua risposta fu entusiasta, ma quando
gli chiesi nomi ed indirizzi, gli sembrò quasi impossibile pensare a
qualche donna che si trovasse ancora in condizioni abbastanza
buone o che fosse sufficientemente competente per parlare con me.
E questa fu una reazione che si era ormai trasformata in qualcosa di
familiare, un numero molto esiguo dei militanti con cui avevo par
lato sembrava prendere sul serio le proprie compagne. Ma nono
stante questo, insistetti per farmi dare il nome di almeno una donna
che potesse parlare con me. Ci pensò un po’ e poi chiamò sua figlia,
Eglantina. Questa prese in mano il telefono e dallo stesso momento
in cui la voce rispose all’altro lato della linea, seppi che Azucena
Fernández Barba era una persona che dovevo assolutamente cono
scere. Durante quella telefonata il volto di Eglantina si illuminò.
Dopo aver raccolto dei fiori nel giardino - Azucena adorava i fiori,
mi disse -, mi trovai nella sua macchina in viaggio verso la casa di
Azucena, all’altro lato della città.
Azucena era nata a Cuba nel 1916, figlia di genitori spagnoli esi
liati che rientrando in Spagna dall’esilio nel 1920 la portarono con
loro. Quando la vidi per la prima volta era seduta nel suo piccolo sa
lotto, circondata da piante fiorite. Parlò con entusiasmo delle sue
esperienze negli anni che precedettero la guerra e della storia della
sua famiglia. Azucena ed i suoi sei fratelli e sorelle si erano “nutriti
di anarchia..., con il latte di nostra madre”. Suo nonno, Abelardo Saa
vedra, era stato uno dei primi “operai con coscienza politica” che gi
ravano per i paesi diffondendo l’Ideale anarchico. Venne incarcerato
numerose volte e fu mandato in esilio per aver commesso il delitto di
insegnare a leggere ai lavoratori stagionali dell’Andalusia. Per que
sto motivo Azucena e molti dei suoi fratelli erano nati a Cuba.
Ho trascorso molte ore con lei, parlando di cosa avesse signifi
cato crescere in una famiglia anarchica e di come vedeva la com
plicata situazione della donna all’interno del movimento anarco-
sindacalista spagnolo9. Ma lei insisteva sempre che avrei dovuto
parlare assolutamente con sua sorella Enriqueta, la vera militante di
Mujeres Libres.
33
Ebbi ropportunità di conoscere Enriqueta Fernández Rovira so
lamente sei mesi più tardi. A quel tempo avevo già scoperto che
bastava solo menzionare il suo nome per provocare la stessa rea
zione in tutte le donne con cui parlavo. “Oh, Enriqueta!”, dicevano
con profonda emozione, drizzandosi sulle spalle e stringendo i
pugni, cercando di assomigliare ad un pugile che mostra i muscoli
(per quanto possa essere possibile in donne già tanto anziane e fra
gili). E nonostante questa preparazione non ero completamente
pronta per il pacato potere della sua presenza.
Ho conosciuto Enriqueta in circostanze che difficilmente po
trebbero essere definite favorevoli. Accadde in Francia durante le
vacanze di Natale e la sua casetta era messa a soqquadro dalla vi
vacità dei suoi quattro nipotini. Trovammo tempo per parlare solo
quando questi andavano a dormire o a metà mattinata nel caos della
preparazione del pranzo e mentre ci interrompevano per chiederle
il permesso di giocare a questo o a quel gioco. E la sua frustrazione
per “le cattive maniere” di questi bambini pieni d’energia rappre
sentava un intervallo agrodolce ai suoi racconti di quando lei stessa
veniva considerata “scandalosa” anche dai suoi stessi genitori anar
chici quando, all’inizio degli anni Trenta, faceva delle gite in cam
pagna o al mare con i suoi amici, maschi e femmine.
Anche Enriqueta era nata a Cuba, nel 1915, e si era trasferita in
Spagna con il resto della famiglia nel 1920. Nella loro casa era
usuale vedere militanti anarchici entrare ed uscire quotidianamente
e “l’ideale” era una componente normale della conversazione. Se
condo molti punti di vista, i suoi genitori rappresentavano due delle
diverse tendenze all’interno dell’anarchismo che predominavano
nel movimento di quegli anni. Lei me lo spiegò così:
34
Enriqueta, Azucena ed i loro fratelli e sorelle impararono in fretta
che essere parte di una comunità significava essere disposte a pren
dersi cura degli altri e a dedicare anima e corpo ad una causa co
mune. Le idee che condividevano con altre persone - specialmente
con i gruppi di giovani di ispirazione anarchica in cui sia Enriqueta
che Azucena erano molto attive - stringevano i loro legami come
gruppo ma allo stesso tempo li allontanavano da chi non ne faceva
parte:
11. Idem.
35
Mujeres Libres in Catalogna. Eglantina mi venne a prendere a casa
di Azucena, a Peipignan, una mattina di dicembre e mi portò in una
splendida casetta nel paesino di Montady, vicino a Béziers, dove
Sara e il suo compagno Jesús Guillén erano andati a vivere. Sara è
una donna minuta che, nonostante i numerosi parenti ed amici che
la andavano a trovare durante le vacanze natalizie, trovò il tempo
per parlare con me delle sue esperienze. Quando tornai a visitarla
per la seconda volta qualche anno dopo, Sara mi ricevette nello
stesso modo, fu sempre molto ospitale. Passammo insieme delle
giornate molto intense, parlando quasi senza sosta di Mujeres Li
bres ed intervistando molte donne che vivevano nella zona e che
erano state attive nella stessa organizzazione o in qualsiasi altro
gruppo del movimento libertario. Tra di loro incontrammo anche
Teresina Torrellas Graells, Conchita Guillén e Amada de Nò.
Anche se suo padre era militante della CNT, Sara prima della
guerra non aveva fatto parte di nessuna organizzazione del movi
mento libertario. Iniziò a lavorare nella CNT solamente allo scoppio
della guerra, quando suo padre era partito per il fronte e lei aveva
sentito la necessità di fare qualcosa “per la rivoluzione”. Entrò a
far parte di Mujeres Libres verso la fine del 1937, anche se in un
primo momento si era opposta all’idea che dovesse esistere un’or
ganizzazione a parte creata apposta per le donne:
36
Oltre alla sua militanza in Mujeres Libres nel periodo della
guerra, Sara partecipò al comitato rivoluzionario del suo quartiere,
Les Corts, e fu segretaria del Comitato Regionale dell’Industria,
dell’Edilizia, del Legno e della Decorazione della Catalogna. La
vorò anche per la SIA (Solidarietà Internazionale Antifascista),
un’organizzazione internazionale anarchica di assistenza e soc
corso. Fuggì in Francia quando i franchisti entrarono a Barcellona
nel gennaio del 1939 e lì ha vissuto in esilio tutti questi anni, par
tecipando al movimento clandestino degli esiliati spagnoli. All’ini
zio degli anni Sessanta, insieme a Suceso Portales, prese parte alla
pubblicazione del bollettino Mujeres Libres nell’esilio. Ha scritto
vari volumi di poesia e recentemente ha pubblicato le sue memorie
sugli anni della guerra13.
Ma non tutti quelli che partecipavano al movimento anarchico
avevano dei genitori anarchici. Pepita Carpena, ad esempio, era
nata a Barcellona verso la fine del 1919 da una famiglia di classe
proletaria che mostrava poco o nessun interesse per le organizza
zioni operaie. Venne per la prima volta a contatto con “l’idea” nel
1933 grazie ad alcuni sindacalisti anarchici che assistevano alle riu
nioni dei giovani nella speranza di mettersi in contatto con possibili
nuovi membri14.
I com pagni della CNT, p e r fare propaganda, dato che la gente non a n
dava ai sindacati perché era un ’epoca di clandestinità, andavano ai balli
e dicevano agli uomini, m ai alle ragazze: “D ove lavorate? Sapete che c ’è
un sinda ca to ? ” Q uesti com pagni, m em bri della CNT, dicevano anche: “Il
tal giorno c ’è u n ’assem b lea ”. E siccom e m i sono sem pre trovata m eglio
con gli uom ini che con le donne, andai con loro. E f u lì dove iniziai a ca
pire che cosa era la CNT 15.
37
ziarono a proibirle di assistere alle riunioni notturne, pregò suo
padre di andare con lei. Dopo aver conosciuto il tipo di persone
che erano e come trattavano sua figlia, non le disse più niente.
Anzi, al contrario, si vantava con i suoi amici di avere una figlia
che stava liberando il proletariato!
Attraverso la sua relazione con i lavoratori del sindacato della
Metallurgia, Pepita non tardò ad imparare molte cose sui sindacati e
sulPanarco-sindacalismo. La incoraggiarono ad organizzare le gio
vani che lavoravano con lei come sarte e così fece. Quando il suo pa
drone la licenziò con un pretesto qualunque, in realtà per le sue atti
vità sindacali, i compagni del sindacato della Metallurgia corsero in
suo aiuto e fecero in modo che venisse riassunta. Continuò ad essere
attiva sia nella CNT che nelle Juventudes Libertarias all’inizio degli
anni Trenta e durante il primo anno di guerra. Quando nei primi
giorni del conflitto uccisero il suo compagno al fronte, il sindacato
della Metallurgia le pagò un salario affinché potesse continuare a
organizzare i lavoratori nello sforzo comune che richiedeva la
guerra. Si considera come una persona che ha da sempre sostenuto
l’uguaglianza tra uomo e donna e che forse proprio per questo ini
zialmente si sentiva indifferente alla creazione di una organizza
zione specificamente femminile. Ma dopo la sua esperienza nelle
Juventudes, non tardò a riconoscere che questa necessità esisteva
realmente e riuscì a diventare membro attivo del Comitato Regio
nale Catalano di Mujeres Libres negli anni 1937 e 193816.
Pepita, più di ogni altra anziana compagna, ha cercato di comu
nicare con le giovani nonostante le barriere del tempo, della classe
sociale e della geografia. E informata sul dibattito femminista con
temporaneo, anche se spesso si trova in disaccordo riguardo ai ter
mini con cui è formulato. È archivista e responsabile della succur
sale di Marsiglia del CIRA (Centro Internazionale di Ricerche
sull’Anarchismo), la cui sede principale è a Ginevra. Pepita viaggia
spesso per la Spagna e per l’Europa tenendo conferenze sulla rivo
luzione e sulle attività di Mujeres Libres. La sua franchezza e la
sua buona disposizione a dibattere temi che erano problematici e
controversi in Mujeres Libres hanno fatto di lei un’informatrice
preziosa ed un’amica speciale.
38
Ho conosciuto Mercedes Comaposada a Parigi, nel gennaio del
1982, nell’appartamento pieno di libri dove aveva vissuto per qua
rantatre anni. Il suo compagno, l’artista e scultore Baltasar Lobo, vi
veva nella stanza accanto. Tutti me l’avevano descritta come una
donna bellissima ed allo stesso tempo fragile e delicata. Era, effet
tivamente, una donna minuta, ma molto vitale e con una intelli
genza e prontezza che non hanno risentito dello scorrere del tempo.
Le volte che siamo uscite a passeggiare, mi ha soipreso la rapidità
con cui sembrava che corresse per strada. A quasi novant’anni con
servava quella presenza “distinta” che tanto la caratterizzava agli
occhi delle giovani che avevano partecipato alle sue lezioni orga
nizzate all’interno di Mujeres Libres.
Mercedes era nata a Barcellona nel 1900, da un padre socialista
molto impegnato. Non aveva ancora compiuto vent’anni quando si
trasferì a Madrid per studiare e lì scoprì la CNT. Quando i compagni
della CNT la invitarono a dare alcune lezioni nei locali del sindacato
fu sconcertata dal modo in cui venivano trattate le donne che vi par
tecipavano e poco dopo, insieme a Lucía Sánchez Saomil che aveva
avuto esperienze simili, si impegnò ad istruire e ad educare le donne,
ad incoraggiarle a sviluppare pienamente tutte le loro capacità. In
pochi anni i loro sogni divennero realtà con Mujeres Libres.
Mercedes insisteva che “mai ci considerammo “fondatrici”, solo
“iniziatrici”. A parte il fatto che il termine “iniziatrice” invece di
“fondatrice” implica un rifiuto del potere o dell’autorità personale,
Mercedes, chiaramente, si considera l’unica portavoce legittima di
Mujeres Libres. Da tanti anni lavora per l’organizzazione e la pub
blicazione dei documenti dell’organizzazione e si mostra molto
scrupolosa nei confronti di chi vuole pubblicare o trattare l’argo
mento prima che lei abbia completato il suo lavoro. Anche se ha ri
fiutato tutti gli inviti che le hanno fatto per parlare di Mujeres Libres
durante eventi organizzati dal movimento anarchico e da quello
femminista (sembra la preoccupasse la possibilità che i suoi com
menti potessero essere mal interpretati o estrapolati dal contesto),
ha anche criticato chi invece ha accettato di farlo, sostenendo che
fossero troppo giovani o che fossero entrate nell’organizzazione
troppo tardi per comprendere davvero a fondo il suo significato.
Certamente la sua posizione è complicata e di conseguenza anche
la nostra relazione è stata piuttosto problematica.
Ma nonostante questo è stato grazie a Mercedes che sono riu
39
scita a conoscere Soledad Estorach, una delle pioniere del gruppo di
Barcellona, che sarebbe poi entrata a far parte di Mujeres Libres
nell’autunno del 1936. Quando la vidi per la prima volta, a Parigi,
nel gennaio del 1982, aveva sessantasei anni, anche se in realtà sem
brava molto più giovane. Abbiamo trascorso molte ore nel suo ap
partamento, parlando della sua giovinezza, della sua partecipazione
alla CNT ed a Mujeres Libres e della sua opinione sulla situazione
della donna nella società. Me l’avevano descritta come un concen
trato d’energia, la migliore rappresentante di Mujeres Libres a Bar
cellona. Tutto ciò che ho visto e che ho ascoltato dalle sue labbra ha
confermato questa opinione. Soledad era cresciuta in un piccolo
paese a circa duecento chilometri da Barcellona, anche se, come lei
stessa dice, “non ho vissuto la vita tradizionale di una contadina”.
Suo padre, che aveva trascorso molti anni fuori dalla Spagna e dava
lezione agli adulti, insegnò a Soledad a leggere e a scrivere, com
petenze praticamente sconosciute alle ragazze della sua classe so
ciale. Riuscì ad avere grazie a lui anche una formazione politica:
“Aveva idee molto avanzate; mio padre mi ha insegnato molto...,
soprattutto con il suo senso di giustizia.” La famiglia di sua madre
era molto diversa: “Erano proprietari terrieri e molto religiosi”.
Quando suo padre morì lei aveva undici anni e dovette mettersi
a lavorare. Un amico di suo padre, che lavorava come maestro nel
paese vicino, portò avanti la sua istruzione dandole delle lezioni
per qualche ora a settimana. La famiglia riuscì a vivere nel paese fin
quando lei compì quindici anni. In quel periodo tanto sua madre
quanto la famiglia materna le facevano ogni giorno più pressione
affinché si sposasse con un uomo che mantenesse sia lei che la sua
famiglia. Ma come diceva Soledad: “Io ero rimasta fedele a mio
padre, al suo mondo ed alle sue idee. Volevo viaggiare come lui,
imparare... Non volevo vivere la mia vita dentro le quattro mura di
una casa. Volevo viaggiare, conquistare il mondo. Convinsi mia
madre a lasciarmi andare a Barcellona, dove avrei potuto guada
gnare il denaro sufficiente per mantenere la famiglia e per poter
continuare a studiare” 17.
Soledad se ne andò in primavera e dopo poco la raggiunsero sua
madre e sua sorella. Nei primi tempi lavorò nel negozio di uno zio,
40
ma quando la crisi economica l’obbligò a chiudere lei dovette cer
carsi un altro lavoro. Entrò allora a servizio domestico in una casa,
ma lavorava moltissime ore (dalle cinque di mattina all’una di
notte!) e la paga era irrisoria. Cosicché, dopo poco tempo, iniziò a
lavorare in una fabbrica, nella speranza di guadagnare un po’ di più
ed avere più tempo per “crescere intellettualmente”. Alla fine del
1930 iniziò a frequentare una scuola serale e a conoscere i compa
gni della CNT, che erano ancora costretti alla clandestinità.
Nel 1931, dopo la caduta della monarchia, iniziò a frequentare un
ateneo dove conobbe Abelardo Saavedra, il nonno di Enriqueta e di
Azucena, che la colpì profondamente per la forza delle sue idee.
“Era come un libro inesauribile per la gente giovane”, ricorda. Ini
ziò a far parte del gruppo di giovani dell’ateneo ed in poco tempo
diventò un’attivista. Dopo pochi giorni dedicava già tutto il suo
tempo ai comizi, o ascoltandoli o preparandoli, entusiasta per il
sentimento di comunità che c’era e per l’emozione dell’azione col
lettiva. Verso il 1934 iniziò a discutere con altre attiviste delle dif
ficoltà che le donne vivevano all’interno della CNT e insieme for
marono una specie di rete di mutuo soccorso, il Gruppo Culturale
Femminile, CNT. Quando, dopo la formazione di Mujeres Libres
avvenuta nel 1936 a Madrid, Mercedes andò a Barcellona, il gruppo
catalano accettò immediatamente di unirsi a loro.
Infine, devo parlare di un’altra anziana, Pura Pérez Arcos, che
vive con il suo compagno, Federico Arcos, a Windsor, Ontario.
Pura era nata a Valencia nel 1919 e quando aveva tre anni la sua fa
miglia andò a vivere nel paese di Jàtiva. Il padre ed il nonno ave
vano lavorato nei trasporti ed erano affiliati alla CNT e per Pura era
stato normale crescere sentendo “parlare molto dell’ingiustizia”.
Grazie alla sua insistenza, i genitori la mandarono alla scuola ele
mentare con una cugina più grande che viveva con loro. Andò a
scuola, nutrendosi avidamente di tutto quello che le veniva inse
gnato e riuscì a rimanerci fin oltre all’età in cui si presupponeva
che le bambine dovessero abbandonare gli studi, all’incirca verso
gli undici o dodici anni. La proclamazione della Repubblica del
1931 rappresentò per la sua vita una svolta decisiva e fortunata,
dato che il nuovo governo creò più scuole (anche scuole di educa
zione secondaria) e quindi potè continuare ad approfondire la sua
istruzione. Purtroppo, quando nel 1933 il padre fu trasferito a Bar
cellona, l’alto costo della vita nella città costrinse Pura a lasciare gli
41
studi e a mettersi a lavorare. Qualche mese dopo, la famiglia si sta
bilì nel quartiere di El Clot, dove Pura potè riprendere gli studi fre
quentando un corso serale nella Escola Natura, una scuola raziona
lista. Lì conobbe dei giovani anarchici, iniziò a frequentare un
ateneo ed a partecipare al movimento libertario. Durante la guerra
e la rivoluzione tornò a Valencia e trascorse un periodo di tempo in
una collettività. Fu attiva anche in Mujeres Libres, lavorando a Bar
cellona con Soledad Estorach e a Valencia con Suceso Portales.
Dopo la guerra, e dopo aver trascorso vari anni nel movimento
clandestino antifranchista, Federico si trasferì in Canada, riuscì a
trovare lavoro in una fabbrica di automobili e si stabilì a Windsor.
Pura rimase in Spagna ancora per qualche anno, soffrendo gli orrori
dei primi anni del franchismo. Raggiunse Federico nel 1959 e la
vorò a Windsor come infermiera fino a quando, non molto tempo
fa, andò in pensione. Ora trascorre il suo tempo libero leggendo,
frequentando delle lezioni universitarie e dedicandosi alla compo
sizione di quadri con i fiori secchi. Durante tutti questi anni ha con
tinuato a tenersi in contatto con Sara Berenguer Guillén nel sud
della Francia e con Mercedes e Soledad a Parigi e sta collaborando
all’organizzazione ed all’edizione dei documenti di Mujeres Li
bres. Il suo discernimento e il suo aiuto, specialmente nella tradu
zione delle attività e delle aspirazioni di Mujeres Libres in un lin
guaggio attuale, sono stati inestimabili.
18. Con ComuniSmo Libertario mi riferisco alla tradizione rappresentata dai la
vori di Pierre-Joseph Proudhon, Michail Bakunin, Peter Kropotkin, Errico Mala-
testa, Emma Goldman ed altri ancora. Ho studiato per la prima volta l’evoluzione
di queste idee nella mia Tesi di Dottorato, “The Possibility of Anarchism. The
Theory and Practice of non-Authoritarian Organization”, Department of Politics,
Princeton University, 1976.
42
individuale e comunità erano intese come reciprocamente interdi
pendenti, essendo ognuna condizione previa dell’altra. Pertanto, le
donne di Mujeres Libres capirono che l’acquisizione di coscienza e
Vempowerment erano processi sia individuali che collettivi. Cre
devano con fermezza che Y empowerment avrebbe potuto realiz
zarsi solamente all’interno di comunità e/o organizzazioni che ri
conoscessero e valorizzassero la diversità e la specificità dei loro
membri.
Per quanto riguarda questa loro concezione delle relazioni tra in
dividui e comunità, Mujeres Libres ed i libertari spagnoli si sareb
bero trovati in grave disaccordo con le classiche formulazioni libe
rali così comuni nella cultura statunitense contemporanea.
Condividevano con i socialisti l’opinione che l’identità individuale
e la comunità non erano discordanti, ma indissolubilmente unite. I
marxisti, gli anarchici, le femministe ed altri critici della società
hanno ribadito che i bisogni e la consapevolezza umana sono il pro
dotto delle nostre relazioni sociali e, pertanto, parlare dell’individuo
al di fuori del contesto sociale non ha senso, o comunque ne ha
molto poco. Insistono, inoltre, che quanto noi chiamiamo “libertà”
è di per sé un prodotto sociale19.
Ma le più recenti ricerche e le teorie femministe storico-sociali
superano questa formulazione, sottolineando l’importanza delle reti
collettive/comunitarie per la formazione delle persone e per la crea
zione di un contesto adeguato allo sviluppo della consapevolezza di
sé e delVempowerment20. Questa enfasi data alle reti di relazione e
19. Vedi COTT, Nancy: The Grounding of Modern Feminism, Yale University
Press, New Heaven, 1987; EINSTEIN, ZiTlah: The Radicai Future o f Liberal Fe
minism, Longman, New York, 1981; e TAYLOR. Barbara: Ève and thè New Je-
rusalem, Pantheon, New York, 1983. Benjamin Barber segnala in The Death o f
Communal Liberty (Princeton University Press, Princeton, 1984), ad esempio, che
le comuni svizzere intendevano la libertà come una “autonomia in collabora
zione”.
20. Tra i primi articoli che sono stati scritti su questo tema segnaliamo quelli di
KAPLAN, Temma: “Female Consciousness and Collective Action. The Case of
Barcelona, 1910-1918” Signs, 7, n. 3 (primavera 1982), pp. 545-66; KAPLAN:
“Class Consciousness and Community in Nineteenth Century Andalusia”, Politi
cai Power and Social Theory, 2 (1981), pp. 21-57; HYMAN, Paula: “Immigrant
Women and Consumer Protest. The New York City Kosher Meat Boycott of
1902” American Jewish History, 70 (estate 1980), pp. 91-105; e THATCHER
ULRICH, Laurei: “A Friendly Neighbor. Social Dimensions of Daily Work in
43
all’ambito sociale sta dando origine a nuovi concetti sulla politica,
intesa come radicata non negli individui e nelle loro necessità ed in
teressi, ma in quello che potremmo chiamare “sottocollettività so
ciali”, con una conseguente attenzione alla loro costituzione, ai loro
limiti e alle dinamiche di potere al loro interno21. Per le ricercatrici
femministe contemporanee, questa messa a fuoco ha reso possibile
analizzare più profondamente i luoghi che occupano queste reti, la
comunità e le relazioni di gruppo nella vita delle donne, sia nel pas
sato che nel presente22.
Gli anarchici spagnoli e le donne di Mujeres Libres hanno rico
nosciuto con sicurezza l’importanza di queste connessioni e la co
stituzione sociale dell’individuo come persona e, come le loro pre
cedenti “sorelle” del movimento socialista utopico britannico
(anche se sembra che non avessero una conoscenza diretta della
loro esistenza e delle loro attività), cercarono di sviluppare forme ed
attività organizzative che potessero permettere alle persone di spe
rimentare tutto questo. Come spiegherò nel Capitolo li, questa pro
spettiva le portò a rivolgersi alla gente in una varietà di contesti,
come ad esempio nelle comunità rurali, nei quartieri cittadini e nei
posti di lavoro. Per le donne di Mujeres Libres, questa prospettiva
Northern Colonial New England”, Feminist Studies, 6, n. 2 (estate 1980), pp. 392-
405. Per studi più recenti che esplorino l’importanza per l’attivismo femminile
delle reti basate sulla comunità e sul luogo di lavoro si veda Women, Work and
Protest. A Century o f U.S. Women’s Labor History (ed. Ruth MILKMAN), Rou-
tledge and Kegan Paul, Boston, 1985; e Women and the Politics o f Empowerment
(ed. Ann BOOKMAN e Sandra MORGEN), Temple University Press, Phila
delphia, 1988.
21. ANTHIAS, Floya e Nira YUVAL-DAVIS: “Contextualizing Feminism.
Gender, Ethnic and Class Divisions”, Feminist Review, n. 15, 1983; BARRETT,
Michelle e Maureen McKINTOSH: “Etnocentrism and Socialist-Feminist
Theory”, Feminist Review, n. 20, 1985; HOOKS. Bell: A in’t I a Woman. Black
Women and Feminism, South End Press, Boston, 1981.
22. Ho analizzato molte di queste pubblicazioni nel mio lavoro “Sisters or Ca-
marades? The Politics of Friends and Families”, in Families, Politics and Public
Policies (ed. Irene DIAMOND), Longman, New York, 1983, pp. 339-56; e con
Irene DIAMOND come coautrice in: “Gender and political Life. New Directions
in Political Science”, in: Analyzing Gender: Social Science Perspectives (ed. Beth
B. HESS e Myra MARX FERREE), Sage, Beverly Hills, 1988. Vedi anche
SMITH, Ruth L. e Deborah M. VALENZE: in “Mutuality and Marginality. Libe
ral Moral Theory and Working-Class Women in Nineteenth-Century England”,
Signs, 13, n. 2 (inverno 1988), pp. 277-98.
44
comportó anche un’enfasi specifica sull’importanza dell’identità di
genere, sia rispetto alla costituzione di comunità sia rispetto alla
creazione delle condizioni necessarie all’autoconsapevolezza e
all’emancipazione.
Il secondo tema emerso nello studiare questo materiale riguarda
le problematiche legate al potere, al dominio ed all’empowerment.
Gli anarchici e gli anarco-sindacalisti spagnoli hanno sviluppato, e
hanno quindi cercato di agire seguendo queste coordinate, una con
cezione della natura del potere e della gerarchia nella società che
differiva significativamente sia dalle strategie marxiste che da
quelle liberali e che si trova in sintonia con l’interesse di molte teo
rizzazioni femministe contemporanee per l’interazione tra le ge
rarchie di genere, razza e classe sociale. Anche se il campo del sa
pere femminista su questo tema è enorme ed è in continua crescita,
i riferimenti teorici hanno mostrato una tendenza a ricadere nelle tre
famose categorie di femminismo liberale, femminismo socialista e
femminismo radicale. Queste categorie si differenziano nella loro
concezione della natura e delforigine della subordinazione della
donna nella società e nel rapporto tra le disuguaglianze di genere e
quelle basate invece sulle differenze di classe, quelle etnico-cultu-
rali, quelle religiose o di altro tipo.
Gli anarchici e le anarchiche condividono con i socialisti, con le
femministe socialiste e con le femministe radicali la convinzione
che i fattori implicati in un’adeguata comprensione delle disugua
glianze sociali - e della disuguaglianza basata sul genere, in parti
colare - superino la semplice discriminazione. Eppure gli anarchici
spagnoli si fecero portavoce di molte questioni che interessarono i
primi socialisti utopici, che si differenziano significativamente dai
marxisti (e dalle femministe socialiste e radicali contemporanee).
Invece di considerare i rapporti di classe o le divisioni tra i sessi
come la prima forma di subordinazione dalle quali dipendono tutte
le altre, gli anarchici vedono nella gerarchia, nell’autorità forma-
lizzata, un problema ugualmente cruciale. Ammettevano quindi
1’esistenza di vari tipi di subordinazione (ad esempio politica e ses
suale, così come anche economica) in forma di relazioni più o meno
indipendenti, ognuna delle quali doveva essere affrontata da un mo
vimento realmente rivoluzionario.
Nel suo studio sul movimento owenita britannico, Barbara Tay
lor afferma che questi primi socialisti utopici svilupparono un’ana
45
lisi della società e del dominio al suo interno, che considerava le
persone come esseri inscindibili dalla collettività. Inoltre, ricono
scevano la necessità di trattare il genere e la classe come manife
stazione di relazioni di potere. Eppure, come lei stessa sottolinea,
questa molteplice analisi dell’oppressione ebbe una vita molto
breve. Da lì a pochi anni, non ci sarebbe più stato posto per il “fem
minismo” nella nozione socialista di solidarietà. Il “radicalismo
della parità dei sessi”, che era stato un aspetto importante del so
cialismo utopico, andò perduto quando si sviluppò il socialismo
scientifico, secondo il quale il concetto di classe era la categoria
centrale dell’analisi. Nella “scissione” che ne derivò, il femminismo
perse la sua analisi delle classi sociali ed il socialismo perse la sua
dimensione femminista23. Anche se la forza dell’analisi marxista
deriva precisamente dalla sua insistenza nel vedere le relazioni eco
nomiche come la radice di tutte le relazioni di dominio e di subor
dinazione nella società, molte femministe critiche iniziarono presto
a denunciare che questo punto di vista così monolitico dell’oppres
sione costituiva un limite teorico del marxismo. Nell’analisi socia
lista marxista non c ’era posto per una concezione indipendente
della subordinazione della donna, subordinazione che si trovava in
vece sia nelle società socialiste che in quelle capitaliste, indipen
dentemente dalle “forme di produzione”. Ma “aggiungere le donne
e poi mescolare” in un modello analitico marxista avrebbe solo pro
dotto confusione, in quanto avrebbe distrutto la forza che gli deri
vava specificatamente dalla pretesa di radicare tutte le gerarchie
nei rapporti economici.
Insistendo sulla necessità di dover affrontare la gerarchia ed ab
batterla indipendentemente dai rapporti economici, l’anarchismo
sembra, al contrario, offrire un modello analitico che potrebbe ri
conoscere i molteplici rapporti di dominio e di subordinazione
senza dover presupporre che uno sia più o meno fondamentale
dell’altro. Proprio per aver riconosciuto questo carattere molteplice
dei rapporti di subordinazione, l’esperienza di Mujeres Libres può
essere di grande aiuto alle femministe contemporanee che lottano
per sviluppare una concezione della subordinazione delle donne e
del loro empowerment che consideri le differenze etniche, di classe
e culturali.
46
Collocando l’identità individuale all’interno della comunità e ri
conoscendo nelle strutture gerarchiche del potere (basate sul genere,
sulla religione o sulla classe sociale) un limite per lo sviluppo tanto
delle comunità quanto degli individui che ne fanno parte, Mujeres
Libres cercò di sviluppare delle strategie di empowerment che per
mettessero alle donne ed agli uomini di prendere coscienza delle
proprie capacità. Le femministe ed i militanti democratici degli Stati
Uniti si confrontano, in primo luogo, su questioni che riguardano
tutti questi problemi: Che cosa significa empowerment? Come pos
siamo “dare potere” a noi stesse ed agli altri senza creare nuove re
lazioni di “potere su” gli altri? Le recenti analisi di Starhawk del po
tere come “potere su”, “potere all’interno di” e “potere con”
rappresentano un esempio di queste ricerche femministe contempo
ranee - e, concretamente, eco-femministe24 L’esperienza di Muje
res Libres può contribuire notevolmente a questo dibattito.
Infine, anche la questione della diversità è collegata a questi
temi. Anche se gli anarchici spagnoli, uomini e donne, insistevano
molto sull’importanza della comunità e sull’interdipendenza tra co
munità ed individualità, affermavano anche che la condivisione di
aspirazioni e desideri non doveva essere per forza basata su di una
totalità organica e che le comunità non solo potevano accogliere al
loro interno le diversità, ma potevano anche venirne rafforzate.
È sicuramente più facile aspirare a questa teorizzazione che ren
derla concreta. La storia di Mujeres Libres è, per molti versi, la sto
ria di un tentativo di costruzione di un movimento che includesse
almeno una serie di differenze, quelle basate sul genere. Le donne
di Mujeres Libres, lavorando nell’ambito del movimento anarco-
sindacalista spagnolo, sollecitarono i loro compagni, uomini e
donne, a ripensare cosa fosse la loro comunità, chi ne facesse parte,
a chi servisse e come funzionasse. Durante questo processo, indi
rizzarono la teoria e la pratica anarchica verso nuove ed appassio
nanti direzioni.
Questa dimensione della loro attività lancia importanti sfide ed
apre numerose possibilità per noi oggi. Non è una coincidenza che
mentre riconosciamo ogni giorno di più il potere delle relazioni so
ciali nelle nostre vite, contemporaneamente le femministe ed i teo-
• 24. STARHAWK: Truth or Dare. Encounters with Power, Authority, and My
stery’, Harper and Row, San Francisco, 1988, pp. 8-10.
47
rici democratici statunitensi stiano cercando di capire proprio ora
quello che vogliamo dire con comunità. All’interno del movimento
femminista, inteso nel suo senso più generale, sono state le donne
di colore quelle che per prime ed in modo più coerente si sono poste
il problema del ruolo che occupa la comunità nell’identità indivi
duale ed hanno insistito sul fatto che qualsiasi prospettiva od aspi
razione - e qualsiasi comunità - veramente femminista deve non
solo tollerare, ma addirittura sostenere e incoraggiare le diversità25.
Più recentemente, alcune femministe bianche hanno cominciato
a discutere seriamente sul significato e l’importanza della diversità
delle donne26. Ogni giorno sempre più donne bianche si stanno ren
dendo conto che forse non esiste una cosa chiamata “la donna” e
che le nostre identità come donne individuali sono fondamental
mente connesse ai gruppi etnici, religiosi e culturali che contribui
scono ulteriormente alla nostra identità. È chiaro che molte donne
di colore, operaie, ebree o comunque appartenenti a gruppi subor
dinati sono state più che consapevoli dell’importanza di queste dif
ferenze, insufficientemente considerate nel più vasto “movimento
delle donne”27. Che significa allora tutto questo per le organizza
zioni femministe e per la teoria femminista? Riconoscendo le dif-
25. LORDE, Audre: Sister Outsider, Crossing Press, Trumansburg, New York,
1984; LEWIS, Diane K.: “A Response to Inequality. Black Women, Racism, and
Sexism”, Signs, 3, n. 2 (invernó 1977), pp. 339-61; SIMONS, Margaret A.: “Ra
cism and Feminism. A Schism in the Sisterhood”, Feminist Studies, 5, n. 2 (estate
1979), pp. 389-410; THORNTON DILL, Bonnie: “Race, Class and Gender. Pro
spects for an All-Inclusive Sisterhood”, Feminist Studies, 9, n. 1 (primavera 1983),
pp. 131-50.
26. Uno dei primi studi sui rapporti tra razzismo e sessismo é di SMITH, Lil
lian: Gli assassini del sogno, Mondadori, Milano, 1957. Vedi anche SPELMAN,
Elizabeth V.: Inessential Woman, Beacon Press, Boston, 1988; RICH, Adrianne:
“Disloyal to Civilization. Feminism, Racism, and Gynephobia”, in On Lies, Se
crets, and Silence. Selected Prose 1966-1978, Norton, New York, 1979, pp. 275-
310; MARYNICK PALMER, Phyllis: “White Women/Black Women. The Dua
lism of Female Identity and Experience in The United States”, Feminist Studies,
9, n. 1, (primavera 1983), pp. 151-70; BULKIN, Elly, Minnie BRUCE PRATT e
Barbara SMITH: Yours in Struggle, Long Haul Press, New York, 1984.
27. LUGONES, María C. e Elizabeth V. SPELMAN: “Have We Got a Theory
for You! Feminist Theory, Cultural Imperialism, and the Demand for “The
Woman’s Voice”’, Women’s Studies International Forum, 6, n. 6 (1983), pp. 573-
81; ACKELSBERG Martha: “Personal Identities and Collective Visions. Reflec
tions on Being a Jew and a Feminist”, conferenza, Smith College, 8 marzo 1983.
48
ferenze di classe e quelle etniche fra le donne, dobbiamo abbando
nare qualsiasi nozione di comunità?
Mujeres Libres si concentrò sulle differenze di genere tra donne
e uomini all’interno del movimento libertario piuttosto che sulle
differenze di classe o etniche tra le donne. Ma tuttavia le lotte che
portarono a termine per poter riconoscere e dare valore alle diffe
renze, insistendo al tempo stesso sul concetto di uguaglianza, pos
sono sicuramente insegnarci molto. Inoltre, sono convinta che una
parte della loro diffidenza nei confronti del femminismo derivasse
dal considerarsi donne della classe operaia e dal tenere presente le
differenze tra i bisogni e le esperienze delle donne della classe ope
raia e quelle della classe media. Così, anche se le questioni a cui si
dedicarono erano inquadrate diversamente dalle nostre - riguarda
vano prevalentemente le differenze di genere aH’intemo del movi
mento operaio, più che le differenze di classe od etniche all’interno
di un movimento femminile -, le battaglie che portarono a termine,
le strategie che seguirono, i loro successi e le loro sconfitte pos
sono essere molto utili per noi.
Nei primi anni del XX secolo e durante il periodo della Guerra
Civile spagnola (1936-1939), gli anarchici e gli anarco-sindacalisti
svilupparono in Spagna non solo un corpo di idee, ma anche una
rete di organizzazioni e di attività economiche, politiche e culturali
che costituirono la cornice in cui mettere alla prova i loro punti di
vista sulla comunità e sulla diversità, sull’oppressione e sullVra-
powerment. I libertari spagnoli si sforzarono di creare delle comu
nità che rispettassero l’individualità dei loro membri, sottolineando
però allo stesso tempo che l’individualità poteva essere sviluppata
e sperimentata solamente aH’interno di una comunità. Le donne
che formarono Mujeres Libres erano tutte fortemente impegnate a
perseguire gli stessi obiettivi del movimento libertario ed erano
profondamente coinvolte nelle sue organizzazioni. Tutte si erano
nutrite ed erano cresciute in questa atmosfera. Molte dicevano di
loro stesse che avevano raggiunto una piena coscienza della loro
identità solamente attraverso le attività dei gruppi a cui partecipa
vano, fossero essi sindacati, atenei, centri culturali, gruppi escur
sionistici o altro. La comunità libertaria era stata essenziale per la
nuova consapevolezza di sé che si stavano formando.
Ma a parte questo, allo stesso tempo, sentivano che alle donne
^tava mancando qualcosa. Questa presa di coscienza fu dolorosa: il
49
sentimento di comunità che stavano vivendo in prima persona
all’interno del movimento anarco-sindacalista era così importante
per loro che temevano qualsiasi cosa avrebbe potuto minare la sua
unità ed integrità. Nonostante questo, tutte si trovarono d’accordo
nell’insistere che, tanto per lo sviluppo di loro stesse e delle altre
donne quanto per lo stesso movimento, fosse essenziale una orga
nizzazione separata, dedicata all’emancipazione della donna. Que
sta decisione non fu facile per nessuna di loro, ed il più delle volte
dovettero scontrarsi con l’opposizione dei loro compagni, sia uo
mini che donne.
Il proposito che con questo libro mi prefiggo è di fare una cronaca
della lotta di queste donne, ed allo stesso tempo, di illuminare la no
stra: riesaminare le tradizioni teoriche e militanti della Spagna che
diedero origine al movimento libertario, cercare di capire come e
perché queste donne fossero arrivate a credere che era necessaria
un’organizzazione autonoma di donne, esaminare come intesero la
relazione tra il loro progetto - e la loro autonomia - e le mete ultime
del movimento libertario e studiare come furono accolte dalle prin
cipali organizzazioni tradizionali dello stesso movimento. Anche se
le lotte femministe e democratiche contemporanee per una società
più egualitaria differiscono in modo significativo dalla loro, anche
noi ci sforziamo di creare relazioni che possano nutrire senza soffo
care e comunità che possano offrire validi contesti per il nostro im
pegno. Nell’avvicinare le nostre vite alle loro, spero che potremo
non solo imparare dalla nostra storia ma anche riuscire a trovarvi
una fonte di forza.
50
Capitolo I
La rivoluzione anarchica
e la liberazione delle donne
Soledad Estorach
E nriqueta Rovira
51
zioni economiche - è per gli anarchici la fonte di ogni male sociale.
Anche se l’anarchismo condivide con molte tradizioni socialiste la
radicale critica del dominio economico e l’insistenza sulla necessità
di una fondamentale ristrutturazione economica della società se
condo basi più egualitarie, si spinge comunque molto più in la del
socialismo marxista, e sviluppa una critica indipendente dello Stato,
della gerarchia e delle relazioni d’autorità in generale. Mentre i so
cialisti sostengono che la radice di ogni dominio sia la divisione
del lavoro, gli anarchici ritengono invece che il potere abbia una sua
propria logica e che non potrà essere abolito prestando attenzione
alle sole relazioni economiche.
L’aspirazione dell’anarchismo è abolire la gerarchia e le relazioni
strutturate di dominio e di subordinazione all’interno della società.
Inoltre vuole creare una società basata sull’uguaglianza, sulla mu
tualità e sulla reciprocità, in cui ogni persona venga apprezzata e ri
spettata in quanto individuo. Questa visione della società si ricollega
a una teoria della trasformazione sociale che considera essenziale
che i mezzi siano coerenti ai fini, e che ritiene non sia possibile gui
dare le persone verso una società futura, perché devono essere loro
stesse a crearla, prendendo poco a poco coscienza delle proprie ca
pacità e della propria abilità. Tanto nella sua visione della società
ideale quanto nella sua teoria di come questa debba essere raggiunta,
l’anarchismo ha molto da offrire alle femministe contemporanee.
L’analisi anarchica delle relazioni di dominio fornisce un modello
utile per comprendere la situazione delle donne nella società e per
confrontare la condizione delle donne con quella di altri gruppi op
pressi. Una teoria della trasformazione sociale che insiste nell’unità
dei mezzi e dei fini e nella forza degli oppressi, contrasta in modo sor
prendente con molte delle teorie esistenti - e con la maggior parte dei
tentativi di messa in pratica - dei movimenti sociali rivoluzionai!
52
nel 1872, ad esempio, un congresso anarchico celebrato in Spagna
dichiarava che le donne dovevano essere assolutamente uguali agli
uomini sia nell’ambiente familiare che nel luogo di lavoro.
Ma nonostante questo, né la teoria dell’anarchismo che si svi
luppò in Spagna ed in altri paesi europei nel XIX secolo e nei primi
anni del XX, né la pratica deH’anarco-sindacalismo in Spagna fu
rono paritarie nel senso integrale del termine3. Anche se molti au
tori sembravano riconoscere l’importanza dell’emancipazione delle
donne per il progetto anarchico e la loro l’importanza all’interno del
movimento, pochi diedero veramente priorità a queste questioni.
Come accadde nei movimenti socialisti di tutta Europa, molti anar
chici, nel migliore dei casi, affrontarono il tema della subordina
zione delle donne come un qualcosa di secondario nei confronti
dell’emancipazione dei lavoratori, come un problema che avrebbe
dovuto essere risolto “il giorno dopo la rivoluzione”.
La fondazione di Mujeres Libres rappresentò un sforzo delle
donne all’interno del movimento anarco-sindacalista spagnolo in
due direzioni: da un lato sfidare il movimento stesso a mantenere la
promessa fatta alle donne, dall’altro rendere queste ultime in grado
di rivendicare il posto che spettava loro all’interno del movimento
e della società. Le fondatrici si sentivano frustrate per il fallimento
del movimento nell’incorporare adeguatamente le donne e nel dare
rilievo alle tematiche che le riguardavano, anche se erano convinte
però che il movimento fosse l’unico luogo in cui avrebbero potuto
raggiungere una reale liberazione.
Con questo libro mi piacerebbe fare luce sulle aspirazioni di
Mujeres Libres ed approfondire la loro rilevanza per le femministe
e gli attivisti sociali di oggi. Ma per fare questo dobbiamo prima di
ogni altra cosa situare Mujeres Libres - come d’altronde anche loro
stesse fecero - all’interno del contesto della teoria e della pratica
anarco-sindacalista. In questo capitolo prenderò in esame i lavori
degli autori anarchici spagnoli e di altri scrittori vicini alla tradizione
del “comuniSmo libertario” che hanno costituito la base teorica per
il movimento anarco-sindacalista spagnolo. Il mio obiettivo è di
mettere in rilievo il loro approccio all’analisi della subordinazione
53
delle donne, le loro critiche alla gerarchia e al dominio e la loro pro
spettiva su come inserire pienamente questa attenzione alla subor
dinazione delle donne all’interno di una teoria della trasformazione
sociale radicale. Ma desidero anche studiare le evidenti ambiguità di
queste analisi, la maniera in cui - nonostante la teoria anarchica con
sideri fondamentale il fatto che le relazioni di dominio sono varie e
complesse - l’attenzione rivolta alla subordinazione delle donne era
ripetutamente relegata ad un secondo piano, sicuramente preceduta
dall’attenzione dedicata all’oppressione dei lavoratori maschi. Que
sta contestualizzazione del programma e delle attività di Mujeres
Libres dovrebbe gettare le fondamenta per dimostrare come i loro
programmi si confrontassero con le debolezze dell’anarco-sindaca-
lismo dell’epoca e costituissero sia una critica che un ampliamento
della teoria e della pratica anarco-sindacalista spagnola.
Mi occuperò ora delle analisi anarco-sindacaliste spagnole del
dominio e della subordinazione, tese verso l’aspirazione ad una so
cietà egualitaria ed al processo di empowerment relativo soprattutto
alla situazione femminile. L’approfondimento di queste questioni
ad un livello teorico può servire quindi come base e contrappunto
per un’analisi più storica delle radici di Mujeres Libres all’interno
del movimento anarco-sindacalista, compito che affronterò nel Ca
pitolo II. Di fatto, per gli anarchici, la teoria e la pratica non si dif
ferenziavano quasi in questo senso. Le posizioni teoriche che trat
teremo in questo capitolo si svilupparono nel contesto di lotte
storiche e allo stesso tempo contribuirono al loro sviluppo. Le ana
lizzerò separatamente solo per propositi analitici.
Dominio e subordinazione
54
organismi ai quali alcune persone hanno un accesso privilegiato e
da cui altri vengono sistematicamente esclusi. E, per finire, gli anar
chici sono impegnati anche in relazioni di non dominio verso l’am
biente e verso le persone. Gli anarchici si sono concentrati non nella
conquista della natura, ma nello sviluppo, nei limiti del possibile, di
nuovi modi di vivere in armonia con questa4.
Praticamente tutti i maggiori pensatori occidentali danno per
scontato che l’ordine sociale ha bisogno di un leader, della gerar
chia, e soprattutto, di autorità politica. Molti aggiungono che la vita
sociale, specialmente in una società complessa, non potrebbe esi
stere senza strutture di potere e di autorità. “Società significa che
esistono delle nonne che regolano la condotta umana”, e le nonne
hanno bisogno, a loro volta, di autorità che con il loro potere le fac
ciano rispettare5. Con una posizione leggermente diversa i teorici
del contratto sociale argomentano che l’autorità politica è necessa
ria per creare un ordine sociale stabile, condizione previa per la
scelta morale. Tteorici del movimento sociale sostengono che è ne
cessaria una persona forte (o più persone forti) per unire individui
diversi in un’unità coerente e per dare loro una guida. L’organizza
zione, a sua volta, richiede che ci siano persone che impartiscono
ordini ed altri - sia nelle vesti di “bravi cittadini” che di “bravi ri
voluzionari” - che siano preparati ad accettarli e a eseguirli6.
55
Gli anarchici, al contrario, sostengono che le gerarchie formali
non solo sono dannose, ma anche inutili e che esistono modi alter
nativi e basati su di un principio più egualitario per organizzare la
vita sociale. E la cosa più importante è che, insieme ad alcuni so
cialisti e, più di recente, ad alcune femministe, gli anarchici riten
gono che la natura umana è una costruzione sociale, che il com
portamento delle persone è più un prodotto delle istituzioni nelle
quali siamo cresciuti che il risultato di una natura inerente. Le strut
ture di autorità formali e gerarchiche possono perfettamente creare
le condizioni che pretenderebbero in teoria di combattere: più che
evitare il disordine, i governi rappresentano quindi una delle sue
principali cause7. Le istituzioni gerarchiche fomentano relazioni
alienate e di sfruttamento fra chi ne fa parte, rendono incapaci le
persone e le allontanano quindi dalla loro stessa realtà. Le gerarchie
fanno sì che certe persone dipendano da altre, quindi le colpevoliz
zano per la loro dipendenza e poi usano questa dipendenza per giu
stificare l’esercizio dell’autorità8.
Molti anarchici spagnoli utilizzarono 1’esistenza della subordi
nazione delle donne nella società come un esempio per dimostrare
il potere che le istituzioni sociali hanno di creare persone dipen
denti. Anche se fra gli anarchici spagnoli esistevano molti punti di
vista sulla natura delle donne e sul ruolo che avrebbero poi avuto
nella futura società, la maggioranza degli autori anarchici sembrava
essere d’accordo sul fatto che le donne si trovavano, all’interno
della società spagnola, in una situazione di grave svantaggio e che
le disuguaglianze esistenti tra uomini e donne erano principalmente
un prodotto del condizionamento sociale e del potere maschile. Già
56
nel 1903 José Prat sosteneva che “l’arretratezza attuale della donna
è un risultato dello stato d’abbandono in cui la si è voluta mantenere
e nel quale ancora oggi si trova. La natura non ha niente a che ve
dere con questo. Se la donna è in una situazione di arretratezza è
perché da sempre l’uomo l’ha voluta mantenere in questa posizione
di inferiorità privandola di tutti i diritti che stava gradualmente con
quistando invece per se stesso”9. Gregorio Maranón e Mariano Gai-
lardo, pur riconoscendo che vi erano significative differenze ses
suali fra donne e uomini, sostenevano che le disuguaglianze di
genere esistenti nei gruppi sociali erano il risultato dell’aver negato
alle donne molte opportunità: “Questa decantata inferiorità è pura
mente artificiale, l’inevitabile frutto di una civilizzazione che, edu
cando separatamente e in modo diverso l’uomo e la donna, fa di
lei una schiava e del suo compagno un feroce tiranno” 101.
Gli anarchici spagnoli, così come anche le femministe contem
poranee, sostenevano che l’esercizio istituzionalizzato del potere -
fosse esso economico, politico, religioso o sessuale - rende brutale
sia chi esercita il potere sia chi lo subisce. Da una parte, chi detiene
il potere tende solamente a sviluppare un desiderio sempre mag
giore di conservarlo. I governi, ad esempio, possono affermare che
rappresentano un “interesse comune” o una “volontà generale”, ma
questa è una pretesa falsa e cerca di mascherare il ruolo dello Stato
che vuole preservare e mantenere il potere economico e politico di
poche persone sulla maggioranza1’.
Inoltre l’esercizio del potere di pochi nega ed impedisce l ’em-
57
powerment agli altri12. Le persone che si trovano ad occupare posti
di relativo dominio tendono a definire il carattere stesso di chi in
vece si trova a loro subordinato. Attraverso una combinazione di
intimidazione fisica, dominio, dipendenza economica e limitazioni
psicologiche, le istituzioni e le pratiche sociali influiscono sul
modo in cui ognuno vede il mondo ed il posto che vi occupa13.
Gli anarchici sostengono che il trovarsi sempre relegato nella po
sizione di soggetto passivo dell’azione e il non poter mai agire
volontariamente porti ad uno stato di dipendenza e di rassegna
zione. Le persone alle quali vengono sempre impartiti degli ordini
e alle quali viene così impedito di pensare autonomamente, ini
ziano presto a dubitare delle proprie capacità. Gli anarchici e le
femministe contemporanee14 ritengono che le persone che ven
gono determinate dagli altri hanno grandi difficoltà ad autodeter-
minarsi, o ad avere coscienza di sé stesse e della loro esperienza,
e vivono una difficoltà ancora maggiore al momento di agire au
tonomamente in opposizione alle norme, agli standard e alle
aspettative sociali15.
Gli anarchici, perciò, si oppongono alle strutture d’autorità per
manenti in cui certe persone sembrano trovare la loro “vocazione”,
58
sostenendo che le relazioni d’autorità nella società dovrebbero es
sere più fluide: “Tutti gli uomini sono liberi. Liberamente si lavora,
liberamente si scambia, liberamente si contratta.” 16.
Comunità ed uguaglianza
Molti teorici, senza dubbio, hanno sostenuto che nonostante i
loro effetti negativi, le strutture gerarchiche, il dominio e la subor
dinazione (sia in campo politico che economico o sessuale) sono
necessarie per la vita sociale. Per rispondere a questo concetto, gli
anarchici propongono modi alternativi di organizzazione della so
cietà che includono tanto la libertà quanto l’uguaglianza, nella con
cezione più ampia del termine. Tali aspirazioni situano fermamente
gli individui nell’ambito della comunità e prestano attenzione alle
relazioni economiche, ai meccanismi per la coordinazione, alla ses
sualità, alle relazioni fra entrambi i sessi ed ai sistemi progressivi
d’istruzione e di socializzazione che rendono possibile ad una so
cietà di conservarsi nel tempo.
Come base dell’organizzazione, al posto della disuguaglianza,
gli anarchici propongono il mutualismo, la reciprocità ed il federa
lismo. Al posto della gerarchia e del dominio, propongono invece
che tutti siano in grado di raggiungere un livello tale di emancipa
zione che renda ogni individuo capace di sviluppare il proprio mas
simo potenziale, ovviando così alla necessità della disuguaglianza
sociale, politica o sessuale. Metterò in rilievo gli aspetti della teo
ria anarchica sulla rivoluzione che furono particolarmente impor
tanti per Mujeres Libres e grazie ai quali comprenderemo meglio il
contributo di Mujeres Libres allo sviluppo della teoria e della pra
tica del cambiamento sociale non autoritario: la natura sociale della
libertà, l’aspirazione ad una società egualitaria ed il processo di
presa di coscienza e di empowerment.
La libertà individuale era una premessa basilare della tradizione
anarchica spagnola. “La sovranità individuale” è un principio fon
damentale nella maggior parte degli scritti anarchici; il libero svi
luppo della potenzialità individuale di ogni persona è uno dei “di
59
ritti” basilari con cui nascono tutti gli esseri umani17. Ciò nonostante,
gli anarchici spagnoli erano fermamente legati alla tradizione anar
chica di orientamento comunalista. Per loro la libertà era fonda
mentalmente un prodotto sociale: la maggiore espressione dell’in
dividualità e della creatività può essere raggiunta solo all’interno
della comunità e attraverso questa. Come lasciò scritto Fiorentina
(pseudonimo di Carmen Conde) riferendosi alla relazione tra indi
vidualità e comunità: “Io, e la mia verità; io e la mia fede [...] io, ed
io per voi, ma senza smettere mai di essere me stessa affinché voi
siate sempre voi stessi. Perché io non esisto senza che voi esistiate,
ma è indispensabile che io esista perché esistiate voi” 18. Facevano
continui riferimenti all’affermazione di Kropotkin che considera la
vita sociale regolata non da una lotta antagonista per la sopravvi
venza, ma dal “mutuo soccorso”: “L’associazione è la base della
vita. Anzi, è meglio dire, senza l’associazione nessun tipo di vita è
possibile” 19. “Solamente in una società totalmente egualitaria,
sprovvista di gerarchie economiche e del privilegio politico e ses
suale, tutti sarebbero liberi di svilupparsi al massimo e potrebbe na
scere l’iniziativa individuale”20.
60
Quest’enfasi nell’individualità, nell’iniziativa individuale e nell’am
bito comunitario, che ne costituisce la base, offrì agli anarchici spa
gnoli un potenziale contesto per affrontare la questione della diffe
renza di genere. Questa prospettiva fece nascere una coscienza, almeno
a livello teorico, della diversità umana, della varietà dei modi in cui le
persone possono contribuire al tutto sociale e dei benefici che la società
avrebbe avuto nell’incorporare gruppi diversi. Ma in relazione alle dif
ferenze sessuali la realizzazione di questa aspirazione, sia nella teoria
che nella pratica, fu molto più limitata. Come ci hanno insegnato le
femministe e gli attivisti di diverse minoranze del nostro tempo, non è
sempre scontato il modo in cui si assicura il rispetto e l’uguaglianza in
comunità non omogenee. Molte strutture sociali apparentemente egua
litarie hanno per esempio ignorato le diversità tra uomini e donne, o
hanno dato per scontato che fossero ini levanti per la politica, ripropo
nendo così concretamente la subordinazione delle donne21.
I limiti delle aspirazioni anarchiche risultano chiari quando esa
miniamo la loro interpretazione dei costituenti basilari dell’organiz
zazione sociale. La maggior parte degli autori anarchici spagnoli
dava priorità alle relazioni economiche, sostenendo che il principio
basico dell’organizzazione sociale doveva essere più economico che
politico. Le relazioni economiche dovevano essere il meno gerar
chiche possibile rispetto alla remunerazione ed alla struttura del la
voro. Non si trovavano d’accordo su cosa costituisse propriamente
l’eguaglianza della remunerazione, e questo dipendeva dall’essere
anarchico collettivista (ad ognuno il prodotto integro del proprio la
voro) o anarchico comunista (da ognuno secondo le proprie possi
bilità, ad ognuno in base alle proprie necessità). Ciò nonostante, tutti
concordavano che una relativa eguaglianza di remunerazione fosse
essenziale per il funzionamento di una società giusta. E questo era
così perché le disuguaglianze economiche si convertivano facil
mente in potere politico o sociale e, soprattutto, perché la maggior
parte del lavoro umano è cooperativo ed è praticamente impossibile
valutare l’apporto di un individuo ad un lavoro collettivo22.
61
Dire che l’eguaglianza economica deve essere il fondamento di
una società basata sulla reciprocità e sulla mutualità è insufficiente
per definire come deve essere la struttura e l’organizzazione globale
di questa società. Per i comunisti libertari, la società si concepiva
meglio come una serie di associazioni volontarie che, pur ricono
scendo l’autonomia individuale, avessero comunque assicurato la
coordinazione globale, essenziale per la libertà e per la giustizia.
L’ordine sociale doveva essere raggiunto più attraverso la coopera
zione volontaria di unità decentrate e locali che attraverso strutture
politiche formali. Utilizzavano i treni, le poste ed altre forme di co
municazione come esempi di reti costituite secondo un accordo vo
lontario che funzionava efficacemente per dare un servizio alle per
sone senza l’intervento di un’autorità superiore23.
Eppure, questa enfasi nelle strutture economiche, specialmente
in una società caratterizzata da una marcata divisione sessuale del
lavoro, fece nascere una serie di interrogativi in merito al ruolo
delle donne. In che modo avrebbero partecipato le donne? Questa
nuova società avrebbe sfidato e superato la divisione sessuale del
lavoro? E se invece avesse mantenuto questa divisione e si fosse
sforzata di raggiungere una specie di status “separato ma uguale”
per le donne? Questa supremazia delle strutture economiche come
fondamento dell’organizzazione sociale contraddiceva la convin
zione degli anarchici che il dominio e la subordinazione avessero
molte facce e che le questioni economiche non fossero le uniche a
dover essere affrontate. Di fatto, come vedremo nel Capitolo II, i di
battiti sulle istituzioni e sulle strutture centrali della nuova società
che si produssero nel periodo che precedette la Guerra civile crea-
e del governo. Prima memoria (1840), Zero in condotta, Milano, 2000; PRAT, José:
Necesidad de la asociación, pp. 6-7; TÁRRIDA DEL MÁRMOL: “Interpretación
matemática del interés”, Problemas trascendentales, pp. 106-107; e PUENTE Isaac:
El comunismo libertario, pp. 20-21. Si ispirarono tutti a Pietro Kropotkin. Si veda di
questo autore: “Anarchist Communism. Its Basisand Principles”, in: Kropotkin’s Re
volutionary Pamphlets (ed. Roger N. BALDUWING), Vanguard Press, New York,
1927; e La conquista del pane, Edizioni della Rivista Anarchismo, Catania, 1978.
23. PROUDHON, P.J.: Del principio federativo, Terziaria, Milano, 2000;
PUENTE, Isaac: El comunismo libertario, soprattutto pp. 16-19; MELLA: “Breves
apuntes sobre las pasiones humanas”, p. 35; e WOODCOCK, George: Railways
and Society. For Workers’ Control, Freedom Press, Londra, 1942.
62
roño molti disaccordi, anche se raramente si soffermarono su cosa
queste decisioni avrebbero implicato per la posizione e la parteci
pazione delle donne.
La maggior parte della discussione venne dedicata al tipo di or
ganizzazione che avrebbe formato la base della nuova società.
Quelli che sarebbero stati denominati anarco-sindacalisti (e che,
verso il 1910, rappresentavano la posizione maggioritaria all’in
terno della CNT) immaginavano una società con i sindacati come
base24. 1 sindacati si sarebbero coordinati a livello locale e per rami
attraverso federazioni a cui ogni sindacato o gruppo di sindacati
avrebbe inviato un delegato. Questa visione, tuttavia, offriva poche
opportunità a chi non era un lavoratore (bambini, disoccupati, an
ziani, invalidi e madri non lavoratrici) di partecipare nel momento
di prendere delle decisioni.
Altri, denominati “anarchici” invece che anarco-sindacalisti, rite
nevano invece che i sindacati rappresentassero una base troppo ri
stretta per coordinare una società comunista libertaria. Soledad Gu
stavo, Federico Urales e Federica Montseny, ad esempio, sostenevano
a proposito che i sindacati erano un prodotto del capitalismo e che
non aveva senso supporre che sarebbero stati la base dell’organizza
zione e della coordinazione di un’economia trasformata: “Ci sono la
voratori perché ci sono datori di lavoro. La classe operaia deve scom
parire insieme al capitalismo, ed il sindacato insieme al salario”25.
Sia Soledad Gustavo che Federica Montseny rivolsero la loro atten
zione verso un’altra tradizione con una lunga storia in Spagna, il mu
nicipalismo: “Soprattutto nei paesi contadini, dove la soluzione sin
dacalista non è possibile neanche come fase di transizione, mi riservo
il diritto di continuare la rivoluzione nel momento stesso in cui otter
remo la proclamazione dei municipi liberi in tutta la Spagna, come
base della socializzazione della terra e di tutti gli utili del lavoro, messi
nelle mani dei lavoratori”26. È interessante segnalare che queste due
63
donne, che erano a favore di una base organizzativa più incentrata
sulla comunità, erano anche due fra le più aperte sostenitrici
dell’emancipazione femminile - anche se, per quello che sono riu
scita a sapere, nessuna di loro collegò in modo esplicito il proprio in
teresse verso l’emancipazione delle donne all’enfasi nella comunità
in opposizione al centro del lavoro Come vedremo nel Capitolo II,
le strategie organizzative incentrate sulla comunità ebbero spesso, al
momento di affrontare le questioni che riguardavano le donne e la
loro partecipazione, più successo di quelle che si basavano sul luogo
di lavoro.
Con il passare del tempo, la maggior parte dei teorici e dei mili
tanti della CNT cercarono di combinare il concetto di municipalismo
con quello di sindacato, anche se i termini di questa combinazione
continuavano a favorire la soluzione sindacale. Isaac Puente, ad
esempio, sosteneva che il municipalismo, nel caso delle città, do
vesse essere in realtà la federazione locale dei sindacati. Nelle aree
rurali, tutto quello che si fosse trovato all’interno dei confini della
città sarebbe stato proprietà comune; l’organo decisionale comuni
tario sarebbe stato composto da “tutti quelli che lavoravano”. Gli
unici esenti da questo obbligo sarebbero stati i giovani, gli ammalati
e gli anziani27. Sicuramente, questa soluzione basava i diritti sociali
e politici sulla produttività economica, anche nel libero comune.
Come vedremo nel capitolo seguente, se si arrivò a raggiungere
una soluzione fra la questione della struttura organizzativa e le aspi
razioni del movimento, fu più grazie alla pratica del movimento
anarco-sindacalista che grazie ai dibattiti teorici della stampa. È
importante segnalare in questo momento che il movimento spa
gnolo si differenziava dalla maggior parte dei movimenti operai
europei del XIX secolo e primi anni del XX in merito al ruolo che as
segnava alle attività ed alle organizzazioni non strettamente basate
sul sindacato. Le differenze tra il movimento spagnolo e gli altri
movimenti assunsero una particolare importanza nel contesto delle
discussioni in merito al “ruolo della donna”28.
E abbastanza significativo che né i contributi di Montseny né
64
quelli di Puentes al concetto di municipalismo menzionassero le
donne - o, nel caso, gli uomini disoccupati In quanto a questi ul
timi, è sottinteso che dobbiamo presupporre che in una società ade
guatamente organizzata non ci sarebbe posto per la disoccupazione;
eccetto per le persone che si rifiutano di lavorare, e questo rifiuto di
partecipare agli aspetti comuni giustificherebbe la perdita dei di
ritti politici. Ma la posizione delle donne era molto meno chiara,
poiché questi autori non chiarivano se le donne dovessero lavorare
tanto quanto gli uomini (non facevano alcuna menzione delle di
sposizioni riguardo all’attenzione ed all’educazione dei figli), se il
lavoro domestico delle donne sarebbe stato considerato come la
voro (ma ci sarebbe stato allora un sindacato che avrebbe certificato
che le donne lavoravano all’interno dei propri focolari domestici?),
0 se semplicemente non immaginavano di riconoscere le donne ed
1bambini piccoli come cittadini a pieno diritto. Anche se sembrava
che Isaac Puente sottintendesse che tutte le donne sarebbero state
delle lavoratrici, Mella si rivolgeva alle donne come madri e come
figlie, invece che come lavoratrici: “Lavoratori tutti: il vostro do
vere è di lanciarvi senza indugio nella lotta. Che con voi vengano le
donne, non meno schiave della brutalità borghese”29. Maranón so
steneva che la maternità era incompatibile con il lavoro (dato che la
maternità era, o almeno doveva essere, se la si voleva portare avanti
nel migliore dei modi, un’occupazione completa della giornata).
Ammetteva però che il lavoro era importante per le donne che non
erano madri, che potevano essere considerate membri di una classe
speciale, e probabilmente atipica, di donne30.
65
Nash ha notato che durante lo svolgersi del secolo XIX e nei primi
anni del XX si svilupparono fra gli anarchici spagnoli due diverse
correnti di pensiero riguardo la natura delle relazioni uomo-
donna31. Una, che traeva ispirazione dagli scritti di Proudhon (e di
cui era rappresentante in Spagna Ricardo Mei la), considerava le
donne soprattutto come riproduttrici che contribuiscono alla società
attraverso il loro ruolo all’intemo del focolare domestico. Secondo
questo punto di vista, quello che mancava per il raggiungimento
dell’emancipazione delle donne era una rivalutazione del lavoro
domestico della donna; il suo lavoro al di fuori della casa doveva
essere considerato sempre secondario a quello degli uomini. La se
conda corrente (simile alla prospettiva marxista), che trovava le sue
origini teoriche negli scritti di Bakunin (ed era rappresentata in
Spagna, almeno negli aspetti produttivistici, dai lavori di Isaac
Puente), riteneva che le donne fossero uguali agli uomini e che la
chiave della loro emancipazione fosse la loro totale incorporazione
al lavoro salariato in termini identici a quelli degli uomini. In que
sta prospettiva le donne, per superare la subordinazione, avrebbero
dovuto unirsi alla forza lavoro e lottare nei sindacati per migliorare
la situazione di tutti i lavoratori32. La posizione ufficiale della CNT
seguiva questo ultimo punto di vista, anche se bisogna segnalare
che l’accettazione di un impegno teorico per l’uguaglianza delle
donne nel posto di lavoro non garantiva che la maggior parte dei
membri della CNT poi si comportasse coerentemente a questo im
pegno. Come vedremo nel Capitolo II, poche volte il movimento
manteneva a questo proposito una coerenza fra teoria e pratica.
Ciò nonostante, c’era anche chi, all’interno del movimento li
bertario, affermava che organizzare le donne nei sindacati, sempre
e quando questo fosse stato possibile, non sarebbe stato di per sé
sufficiente. Queste persone ritenevano che le cause della subordi
nazione delle donne fossero più ampie e profonde del semplice
sfruttamento economico all’interno del posto di lavoro. Sostene
vano infatti che la loro subordinazione fosse un fenomeno tanto
31. NASH: “Studio preliminare”, in: “Mujeres Libres” Donne libere. Spagna
1936-1939, La Fiaccola, Ragusa, 1991.
32. Si veda la dichiarazione del Congresso di Saragozza del movimento spagnolo
del 1870, citato in LORENZO, Anseimo: Il proletariato militante, Edizioni della
Rivista Anarchismo, Catania, 1978.
66
culturale quanto economico e che riflettesse una svalutazione delle
donne e delle loro attività mediata da istituzioni quali la famiglia e
la Chiesa. Così, in un articolo che rivela la sua comprensione del
processo di cambiamento rivoluzionario a proposito delle relazioni
fra uomini e donne, Javierre commentava gli articoli della Pravda
sulla quantità di “nuovi uomini sovietici” che avevano abbando
nato donne incinte: “La politica da sola non rende gli uomini mo
ralmente pronti per la vita in comune. [...] L’uomo non impara ad
essere uomo passando attraverso acque marxiste come nemmeno
passando attraverso acque cristiane”33. C’è da aggiungere che al
cuni autori anarchici spagnoli riconoscevano come origine della
subordinazione della donna il suo ruolo riproduttivo ed il doppio
standard di moralità sessuale. Anche questo avrebbe dovuto cam
biare - grazie all’adozione di una nuova morale sessuale ed all’uso
generalizzato del controllo delle nascite - nel momento in cui le
donne si fossero convertite in compagne integralmente uguali
all’interno di una società rivoluzionaria.
Ma anche questa più ampia concezione non era esente da ambi
guità. Kyralina (Lola Iturbe, la giornalista che diventò una sosteni
trice molto attiva in Mujeres Libres) insisteva molto sulla necessità
di un’analisi e di una pratica che tenessero in considerazione i fe
nomeni culturali in generale. Ma nonostante questo, il suo articolo
“Il comuniSmo anarchico renderà libera la donna” rivela una con
vinzione, comune all’interno della critica culturale anarchica dei
primi anni del secolo, secondo cui l’abolizione della proprietà pri
vata avrebbe portato all’amore libero e all’emancipazione della
donna: “Solo il regime comunista libertario può dare una soluzione
magnifica ed umana al problema dell’emancipazione femminile.
Con la distruzione totale della proprietà privata, soccomberà anche
questa morale ipocrita di cui siamo succubi, saremo liberi con
l’unico limite di non nuocere alla libertà altrui. L’amore ed il ri
spetto per il prossimo saranno l’unica morale accettabile. Godremo
dell’amore nella completa libertà dei nostri desideri, rispettando le
più diverse forme di convivenza amorosa e sessuale”34.
67
Per molti autori e militanti anarchici, la riorganizzazione della
vita sessuale e familiare e la riorganizzazione del ruolo riservato alle
donne erano componenti essenziali di una prospettiva rivoluzionaria.
In questa preoccupazione per le relazioni “private” della famiglia e
per la sessualità, gli anarchici spagnoli avevano molte cose in co
mune tanto con i socialisti utopici del secolo XIX quanto con le fem
ministe contemporanee35. Ma esisteva più di un modo per applicare
un’analisi antiautoritaria alle relazioni sessuali e familiari. Quali sa
rebbero state la struttura e la natura delle famiglie e le relazioni fa
miliari nella nuova società anarchica? Come si sarebbe potuto com
binare la partecipazione sociale della donna con il suo ruolo
familiare e riproduttivo? Si sarebbe preservata rautorità indiscutibile
del ruolo marito/padre nella famiglia, come sostenevano Proudhon
e i suoi sostenitori, o questa autorità avrebbe dovuto venire
anch’essa abolita e sostituita da relazioni volontarie egualitarie? Al
cuni anarchici spagnoli sembravano trovarsi d’accordo con
Proudhon, altri difendevano l’ascetismo, si opponevano al consumo
di alcol e tabacco e sostenevano la monogamia o la castità sessuale.
Eppure, la maggior parte degli autori che nei primi anni del XX se
colo affrontava questo tema difendeva l’uguaglianza dei generi e
l’amore libero. Quest’ultimo gruppo sosteneva con decisione che la
vera libertà consisteva nell’espressione e nel pieno sviluppo di tutte
le capacità umane, inclusa quella sessuale. Per loro, gli ideali pre
dominanti di castità, monogamia e fedeltà erano un’eredità della re
pressione cristiana e in una ideale società anarchica sarebbero stati
rimpiazzati dall’amore libero e dalle strutture familiari egualitarie.
Questa posizione guadagnò forza e legittimità durante gli anni
Venti e Trenta, in particolare quando iniziarono ad essere conosciuti
i lavori di Sigmund Freud, Havelock Ellis e di altri sessuologi.
Verso gli anni Trenta, gli anarchici spagnoli - quelli che scrivevano
68
su pubblicazioni di critica culturale come La Revista Bianca ed
Estudios36 - col legavano la psicologia freudiana, la retorica maltu
siana e le dottrine sull’amore libero per sviluppare un quadro più
ampio dell’importanza della sessualità e dell’emancipazione ses
suale nello sviluppo umano e pertanto nella rivoluzione sociale.
Durante gli anni Trenta, un gran numero di collaboratori di Estu
dios sosteneva una nuova etica sessuale basata sul valore positivo
della sessualità e sull’opposizione al doppio standard di morale ses
suale. Questi scrittori ridicolizzavano gli anarchici che difendevano
la castità e la repressione dell’impulso sessuale. Ritenevano che, al
contrario, l’astinenza forzata non solo portava al classico doppio
standard (sfociando quindi nella prostituzione e nell’oppressione
delle donne), ma anche a delle vite atrofizzate, e, nel peggiore dei
casi, ad un comportamento delittuoso. Affermavano, seguendo le
teorie di Freud, che la sessualità era una forza basilare della vita ed
una componente importante della salute psichica e sociale. Invece
di reprimere i desideri sessuali o di sfogarli nella prostituzione, con
cludevano gli autori, le persone dovevano apprendere di più in me
rito alla sessualità e praticare il controllo delle nascite37.
Il dottor Félix Marti Ibànez, “decano” degli scrittori anarchici
sulle questioni di salute psicosessuale, abbozzò una nuova pro
spettiva sul ruolo che avrebbe dovuto occupare la sessualità nella
vita umana38. In primo luogo sottolineò l’importanza della sessua
lità genitale - sia per l’uomo che per la donna - come componente
della crescita e dello sviluppo umano e delle coppie felici. I suoi ar
ticoli rifiutavano la visione della Chiesa secondo cui il matrimonio
36. La Revista Bianca venne pubblicata dalla famiglia Montseny (Juan Mont-
seny [Federico Urales] e Soledad Gustavo) a Madrid dal 1898 al 1906 e dal 1923
fino alla fine del 1936 a Barcellona. Estudios venne pubblicata a Valencia negli
anni Venti e Trenta del XX secolo.
37. LLAURADÓ, A. G.: “Por el sensualismo”, Estudios, n. 134 (ottobre 1934);
HOYOS Y VINET, Antonio de: “De, en, por, sin, sobre la moral sexual”, Estu
dios, n. 138 (febbraio 1935); GALLARDO, Mariano: “Experimentación sexual”,
Estudios, n. 146 (ottobre 1935); LLAURADÓ: “La marcha triunfal del sexo”,
Estudios, n. 119 (luglio 1933), pp. 19-20.
38. Martí Ibáñez scrisse regolarmente per Estudios trattando una gran varietà di
tematiche relative al sesso e alla sessualità. Nel 1936 e nel 1937, pubblicò rego
larmente una colonna di domande e risposte, “Consultorio Psiquico-Sexual”, ri
stampato poi sotto forma di libro con lo stesso titolo (ed. Ignacio VIDAL), Tu-
squets, Barcellona, 1976.
69
esisteva solamente per il perpetuarsi della specie e sostenevano in
vece che il matrimonio doveva venire inteso come un modello di
vita volontariamente scelto da due persone. Tanto nell’ambito ma
trimoniale quanto in quello non matrimoniale, il sesso implicava
non solo la procreazione, ma anche il piacere. Le relazioni sessuali
felici, matrimoniali o meno, richiedevano che i due componenti
della coppia rispettassero e valorizzassero la sessualità e che rico
noscessero che l’unione sessuale e la soddisfazione potessero essere
fini a sé stesse, e non dovessero essere solo un mezzo per far venire
dei bambini al mondo. Quindi una coppia per essere felice doveva
assolutamente conoscere e saper praticare il controllo delle nascite.
I suoi articoli cercavano sia di articolare questa nuova visione del
ruolo della sessualità nella vita umana sia di mettere a disposizione
del proletariato le informazioni esistenti a proposito del controllo
delle nascite39.
Marti Ibànez credeva inoltre che fosse un dovere sviluppare una
nuova concezione della sessualità. Per troppo tempo, diceva, la ses
sualità era stata confusa con la genitalità. Criticava la pratica della
castità forzata, sostenendo che negava importanti necessità umane.
Allo stesso tempo insisteva molto sul concetto che l’energia ses
suale potesse essere canalizzata in modi diversi e che non era ne
cessario che venisse espressa attraverso il contatto genitale: “Dob
biamo prima di tutto convincerci che tutto quello che possiamo
includere nel significato del termine genitale - impulsi erotici, atto
sessuale, - è solo una minima parte di quanto invece esprimiamo
con il termine sessuale, e che la sessualità oltre a questo aspetto ne
ha molti altri (lavoro, ideali, creazione sociale ed artistica, ecc.).
La sessualità può esprimersi sia dal punto di vista erotico sia in
quello del lavoro nelle sue diverse modalità”40. Ma nonostante
tutto, affermava, se gli sforzi per dirigere in un modo nuovo l’ener
gia sessuale non avessero avuto successo, nessuna giovane e nessun
giovane avrebbero dovuto esitare ad avere esperienze sessuali, pur-
39. MARTÍ IBÁÑEZ: “Nueva moral sexual”, Estudios, n. 134 (ottobre 1934), pp.
13-15. e “Erótica, matrimonio y sexualid”, ibidem, n. 136 (dicembre 1934), pp. 21-23.
40. MARTÍ IBÁÑEZ: “Carta a Buenos Aires, a don Rafael Hasan”, Estudios,
n. 144 (agosto 1935), p. 13. Confronta con LORDE, Audre: “Uses of the Erotic.
The Erotic as a Power”, in: Sister Outsider, Crossing Press, Trumansburg, New
York, 1984, pp. 55-57.
70
ché non pensassero che il sesso dovesse essere accompagnato
dall’amore o che necessitasse di una donna pronta a rinunciare al ri
spetto per se stessa41.
Nonostante i loro appelli ad atteggiamenti nuovi e più liberi
verso la sessualità, quasi tutti questi autori identificano la “sessua
lità normale” con l’eterosessualità. Questa identificazione, più im
plicita che esplicita, nelle loro discussioni sulla sessualità, presup
poneva e riaffermava l’attrazione “normale” o “naturale” tra
persone di diverso sesso. Nella sua serie “Eugenesia e morale ses
suale” Martí Ibáñez si espresse in modo esplicito a proposito della
questione dell’omosessualità. In un articolo dedicato prevalente
mente alla storia delle attitudini verso l’omosessualità, cercò di fare
una distinzione tra “inversione sessuale” (“omosessualità conge
nita”) e “perversione sessuale” (quella praticata “volontariamente
per snobismo, curiosità o con fini utilitaristici”). Nonostante il suo
impegno nel cercare di delineare le due tipologie, l’articolo rico
nosceva che spesso è difficile stabilire qual è la causa primaria. In
fine, affermava che non c’era niente di immorale nell’omosessua
lità e, pertanto, che il comportamento omosessuale non doveva
essere punito (come non si punirebbe un cleptomane che non può
evitare di rubare!). Allo stesso tempo però affermava chiaramente
che per lui l’omosessualità era una deviazione e che gli omoses
suali erano “vittime” di una “inversione sessuale”42.
Molti autori riconoscevano l’impatto potenzialmente liberatore
per le donne dei nuovi atteggiamenti verso la sessualità. L’abban
dono degli atteggiamenti tradizionali verso la castità (che da sem
pre aveva riguardato molto più le donne degli uomini, apparente
mente anche all’interno dei circoli anarchici) avrebbe lasciato la
donna libera di esplorare e di esprimere la propria sessualità. Più
specificatamente, molti autori - sia uomini che donne - avevano
compreso che l’attività riproduttrice della donna era la chiave della
sua subordinazione. Fin quando le donne sposate fossero state sog
71
gette ai desideri sessuali dei loro mariti (aspetto delle relazioni ma
trimoniali che in quell’epoca raramente veniva messo in discus
sione) e fin quando non ci sarebbe stato un modo per controllare la
fertilità, le donne sarebbero state condannate all’esaurimento emo
tivo, fisico e psichico come conseguenza dei frequenti parti e delle
cure che richiedeva una famiglia numerosa. Gli svantaggi ricade
vano in modo particolarmente drammatico sulle donne della classe
operaia. Il controllo della fertilità, dunque, poteva essere partico
larmente liberatorio per le donne. Maria Lacerda de Moura, assidua
collaboratrice di Estudios per quanto riguarda i temi femminili e la
sessualità, criticava gli uomini anarchici che si opponevano alla
diffusione delle informazioni sul controllo delle nascite nella classe
operaia: “La donna è per loro solamente la matrice feconda ed ine
sauribile, destinata a produrre i soldati borghesi, ossia i soldati rossi
della rivoluzione sociale.” Affermava invece che il controllo delle
nascite poteva essere un’arma fondamentale nella lotta per la libe
razione delle donne43.
Come avevano già fatto le femministe ed i sostenitori del con
trollo delle nascite negli Stati Uniti ed in diversi paesi europei, La
cerda, Marañón ed altri anarchici spagnoli ritenevano che tanto le fa
miglie quanto le donne della classe operaia soffrivano nell’avere più
figli di quanti la famiglia ne avrebbe potuti mantenere adeguata-
mente, e che l’emancipazione delle donne doveva implicare anche la
possibilità di poter scegliere se diventare madri o meno, quando di
ventarlo e quante volte. Inoltre sostenevano che il controllo delle
nascite avrebbe avuto anche vantaggi per le donne come individui,
sollevandole, sposate o meno, dalla paura delle gravidanze e per
mettendo loro di godere più liberamente delle relazioni sessuali44.
Alcuni teorici si spinsero ancora oltre questi argomenti, combi
nando maltusianesimo, controllo delle nascite ed analisi delle classi
sociali per articolare poi un neomaltusianesimo anarchico. Il dottor
Juan Lazarte affermava che il significato e le conseguenze della
72
gravidanza e del parto variavano a seconda della classe sociale.
Spesso le gravidanze potevano essere disastrose per la salute della
donna ed anche per la salute e la stabilità di una famiglia già biso
gnosa di risorse economiche. E quanti più figli avesse avuto una
famiglia, tanto più alto sarebbe stato il tasso di mortalità infantile.
Riassumendo, come affermava Malthus, i poveri si sentivano par
ticolarmente colpiti da una riproduzione illimitata. Ma avendo a
propria disposizione i mezzi di controllo delle nascite, gli operai
potevano sostituire la “continenza” (di cui Malthus non credeva ca
paci i poveri) con il controllo delle nascite, che una classe operaia
cosciente avrebbe potuto usare come componente della sua strate
gia verso la liberazione. Con famiglie meno numerose, i salari degli
operai avrebbero potuto garantire livelli di forza e di salute migliori.
La limitazione delle nascite avrebbe portato anche ad una forza la
vorativa più ridotta, a meno disoccupazione e a più potere per gli
operai e persino alla fine delle guerre45.
Come ultima cosa, oltre a rendere possibile la separazione della
procreazione e del piacere nell’espressione della sessualità, questi
nuovi atteggiamenti verso la sessualità ebbero una grande influenza
su quello che gli anarchici intendevano per amore e per matrimo
nio. Molti anarchici avevano affermato che il matrimonio mono
gamico permanente costituiva una forma di dispotismo, che richie
deva alle donne quasi una rinuncia completa di loro stesse, e che
l’amore libero (inteso da loro come il diritto di uomini e donne di
scegliere liberamente una relazione sessuale senza dover renderne
conto né alla Chiesa né allo Stato e di terminarla liberamente
quando ormai non era più mutuamente soddisfacente) era l’unica
manifestazione appropriata delle tendenze naturali tanto degli uo
mini quanto delle donne. Alcuni autori credevano che, persino in
una società ideale, le differenze tra uomini e donne rispetto alla ses
sualità sarebbero continuate ad esistere o che ne sarebbero sorte
73
altre nuove; altri credevano invece che le differenze esistenti erano
in generale un prodotto del condizionamento sociale. Ma tutti con
cordavano che qualunque fosse stata la fonte di queste differenze,
tanto gli uomini quanto le donne avrebbero potuto vivere la loro
sessualità più pienamente ed in modo più soddisfacente in una so
cietà che avesse concesso totale uguaglianza alle donne46.
Negli anni Venti e Trenta la critica alla castità ed al matrimonio
monogamico erano abbastanza comuni, e si pubblicarono numerosi
articoli che difendevano l’amore libero o “l’amore plurale”. Spin
gendosi ancora più in là, negli argomenti in favore dell’amore li
bero, molti autori anarchici sostenevano che la stessa monogamia
era un prodotto del desiderio di possesso, insito nella proprietà pri
vata e nella subordinazione delle donne, che sarebbe scomparsa in
una futura società anarchica47. Amparo Poch y Gascón, che sarebbe
poi stata una delle fondatrici di Mujeres Libres, scrisse nel 1934 su
Estudios che, secondo le tradizionali nozioni in merito alla mono
gamia, “la donna sarebbe appartenuta al signore che la Chiesa o il
giudice le avrebbero dato”. Ma, diceva, intesa appropriatamente, la
monogamia “non significa “per sempre”, ma fino a quando la vo
lontà degli innamorati ed il loro sentimento lo avessero deciso, passo
dopo passo”. Inoltre se le donne e gli uomini avessero adottato que
sti comportamenti, tutti sarebbero stati più liberi e più soddisfatti48.
María Lacerda de Moura si distanziava ancora di più dalle no
zioni comunemente accettate di amore e matrimonio monogamico.
“L’amore è sempre stato in aperto contrasto con la monogamia”, di
ceva. In una società veramente egualitaria in cui gli uomini e le
donne fossero rispettati allo stesso modo, la monogamia sarebbe so
stituta dall’amore plurale, l’unica fonna di espressione sessuale in
grado di permettere alle persone (ed in particolar modo alle donne,
a cui è da sempre stata negata ogni autonomia sessuale) la crescita,
74
l’espressione e la piena soddisfazione delle loro necessità sessuali.
Permettendo alle donne ed agli uomini di avere più di un amante
allo stesso tempo, sosteneva, l’amore plurale avrebbe eliminato la
maggior parte dei problemi di gelosia, avrebbe permesso alle donne
di essere veramente libere di scegliere il proprio compagno (o com
pagni) e di mettere fine alla prostituzione ed allo sfruttamento ses
suale delle donne (dato soprattutto che le donne nubili sessualmente
attive non sarebbero più state vulnerabili e stigmatizzate)49.
Ciò nonostante tanti autori non provavano il suo stesso entusia
smo; al massimo riconoscevano che le dottrine dell’amore libero o
dell’amore plurale sarebbero state più complicate da applicare nella
pratica che da esprimere nella teoria. Molti scrittori, e soprattutto le
scrittrici donne, segnalarono presto che erano pochi gli anarchici
che mettevano veramente in pratica quanto predicavano quando si
trattava dell’uguaglianza delle donne. Soledad Gustavo notava che,
ad esempio, “l’uomo trova giusto che venga propagata la libertà
della donna, ma non trova altrettanto bello che lei la metta in pra
tica. Alla fine dei conti, desidererà la donna del prossimo, ma chiu
derà in casa la propria”5051.
Come risposta alle critiche sollevate da Clara, l’eroina sessual
mente emancipata del suo romanzo La Victoria, Federica Montseny
affermava che il concetto della donna debole ed adoratrice, protetta
da un uomo forte, anche se poteva essere considerato attraente da
qualche uomo anarchico, difficilmente avrebbe potuto essere consi
derato come un punto di vista anarchico. Poche donne sarebbero
state disposte a vivere, o a concepire, una libertà mutua illimitata,
“ma erano ancora meno gli uomini capaci di accettarla”'11.
Secondo Federica Montseny, il fatto che solamente poche donne
spagnole fossero moralmente preparate alla propria emancipazione,
schiavizzate come erano dai loro comportamenti e dalle credenze
tradizionali, rappresentava un problema ancora più grave della re
sistenza maschile all’eguaglianza sessuale ed economica. Emma
49. LACERDA, María: “Amor y libertad”, Estudios, n. 132 (agosto 1934), pp.
18-19.
50. GUSTAVO, Soledad: “Hablemos de la mujer”, La Revista Blanca, 1, n. 9
( I o ottobre 1923), pp. 7-8.
51. MONTSENY, Federica: “En defensa de Clara, III”, La Revista Bianca, 2,
n. 48 (15 maggio 1925), pp. 23-25; vedi anche “En defensa de Clara, II”, p. 29; e
BRAND: “E1 problema del amor”, p. 23.
75
Goldman pensava che le donne avessero bisogno di un’emancipa
zione interiore per conoscere il loro stesso valore, avere rispetto di
sé stesse e rifiutare di essere le schiave psichiche ed economiche dei
loro amanti maschi. Ma Goldman, notava con insoddisfazione
Montseny, non aveva lasciato una guida che indicasse come rag
giungere questa liberazione52.
Nel caso delle relazioni familiari e sessuali, come nel campo eco
nomico, l’ideale era l’uguaglianza nella diversità. Sia gli uomini
che le donne dovevano essere liberi di sviluppare ed esprimere la
propria sessualità alfinterno ed all’esterno di quello che ora po
tremmo chiamare una “relazione sessuale impegnata”. Entrambi
dovevano essere liberi di iniziare, e terminare, relazioni sessuali
senza far ricadere su di sé la condanna della società e l’ostracismo.
Anche le famiglie dovevano essere istituzioni egualitarie, dove
l’autorità indiscutibile del padre doveva essere sostituita dalla reci
procità e dal mutuo rispetto.
Questi sono, dunque, i componenti più importanti della visione
sociale anarchica: una società in cui le persone sono rispettate ugual
mente e mutuamente, nel campo sessuale, economico e politico; una
società organizzata attorno ai contributi delle persone allo sviluppo
della vita e della comunità, dove non esistono relazioni di dominio
e subordinazione e dove le decisioni devono essere prese da tutti ed
essere accettabili per tutti. Ma come fare per ottenere questa società?
Come creare “i nuovi uomini e le nuove donne anarchiche”?
76
spagnoli di superare la subordinazione complessiva in generale e la
subordinazione delle donne in particolare. In che modo persone
egoiste e senza capacità - e gli anarchici erano i primi ad ammettere
che le persone che vivevano nelle società capitaliste non erano as
solutamente immuni dall’egoismo che queste organizzazioni sociali
ed economiche fomentavano - avrebbero potuto scoprire le proprie
capacità e prestare attenzione alle necessità degli altri? E come sa
rebbero arrivate ad ottenere l’emancipazione interiore che avrebbe
permesso loro di riconoscere il proprio valore e di esigere in gene
rale il riconoscimento della società? Come avrebbero sviluppato un
senso di giustizia adeguato per vivere in una società egualitaria? Ed
in che modo questa società avrebbe generato un continuo impegno
nei suoi valori? Più specificamente, se la subordinazione delle donne
è un prodotto delle istituzioni sociali, e se le istituzioni sociali in
primo luogo impediscono Vempowerment a chi cerca di rovesciarle,
come si possono cambiare queste istituzioni?
Una delle caratteristiche che definiscono la tradizione anarchica
di orientamento comunalista è l’insistenza nel fatto che i mezzi de
vono essere coerenti ai fini. Se la meta della lotta rivoluzionaria è la
società egualitaria non gerarchica, questa deve essere creata attra
verso le attività di un movimento non gerarchico. Se così non fosse,
chi vi prende parte non avrebbe mai la capacità di agire indipen
dentemente, e chi guida il movimento avrebbe in mano le redini
della società post-rivoluzionaria. Detto da una persona che prese
parte all’esperienza della Guerra civile, “alla libertà ci si arriva solo
seguendo cammini libertari”53. Come aveva scritto Kropotkin a
proposito del dilemma dei socialisti parlamentari, “credete di con
quistare lo Stato, ma alla fine sarà lo Stato a conquistare voi”54.
Ma se le pratiche esistenti tolgono alle persone la capacità di
agire, come possono queste stesse persone sviluppare capacità?
L’impegno anarchico per un processo egualitario non gerarchico
sembra richiedere alle persone un riconoscimento delle proprie ca
77
pacità per potere partecipare. Portare a termine con successo la ri
voluzione anarchica sembra quindi dipendere dall’ottenere previa
mente quello che è probabilmente la meta più complessa dello
stesso movimento rivoluzionario: Y empowerment popolare.
La soluzione di questo paradosso si trova nella concezione anar
chica del processo rivoluzionario. Si attende che le persone si pre
parino alla rivoluzione (e a vivere in una società comunitaria) par
tecipando ad attività e pratiche che sono di per sé egualitarie e
formative, e che pertanto hanno un potere di trasformazione. Non
può esistere, all’interno del processo di cambiamento sociale, la
gerarchia strutturata. Il modo per creare una nuova società è quello
di creare una nuova realtà.
L ’azione diretta
78
spiegazioni più esaurienti. E fu lì dove noi ci formammo, ideologicamente
e profondamente55.
79
sviluppare un senso di competenza e di fiducia in se stesse ed allo
stesso tempo di cambiare la propria situazione. Un impegno di que
sto genere rendeva le persone più forti ed in grado di agire nuova
mente insieme. Soledad descriveva così gli effetti che la partecipa
zione attiva al movimento ebbe nella sua vita e in quella dei suoi
amici: “Fu una vita incredibile, la vita di una giovane militante. Una
vita dedicata a lottare, a conoscere, a rinnovare la società, caratte
rizzata da una sorta di effervescenza. Era una gioventù molto bella,
c’era molta unione fra i compagni. Io partecipavo sempre a tutte le
proteste e a tutte le azioni. Vivevamo con molto sacrificio materiale.
Gli uomini ed i ragazzi guadagnavano molto di più di quello che
guadagnavamo noi, ma noi non provavamo nessun risentimento. A
volte penso che vivevamo solo d’aria”60. Il sentimento di acquisi
zione di capacità è molto chiaro anche nei ricordi di Enriqueta: “Per
quelPamore che sentivamo per i compagni e quella speranza così
grande, avremmo litigato anche con la Santissima Madonna!”61.
Oltretutto l’azione diretta non rendeva più formati e capaci sola
mente quelli che vi prendevano parte, aveva degli effetti anche sugli
altri, grazie a quello che gli anarchici chiamavano “propaganda at
traverso il fatto”. Spesso questa espressione voleva dire tirare
bombe, tentativi di assassinio e cose simili. Ma oltre a questo aveva
anche un altro significato; si riferiva ad una sorta di azione esem
plare che attirava proseliti grazie al potere di esempio positivo che
aveva. Esempi attuali di propaganda attraverso il fatto sono i gruppi
di acquisto, gli asili cooperativi, le imprese gestite collettivamente,
gli sweat equity housing programs (programmi di residenze sociali
dove i futuri proprietari partecipano contribuendo con il loro la
voro e non con i loro soldi), i collettivi di auto-aiuto per le donne in
tema di salute, le case occupate e gli accampamenti antinucleari
delle donne. Anche se queste attività conferiscono empowerment a
quanti vi prendono parte, riescono anche a dimostrare alle altre per
sone che possono esistere, e difatti esistono, forme non gerarchiche
di organizzazione che possono funzionare con efficacia.
Ovviamente se queste azioni devono avere i desiderati effetti di
empowerment, devono essere autoprodotte, e non progettate e di
80
rette dall’alto. Da qui deriva l’impegno anarchico in una strategia di
“organizzazione spontanea”, federazioni non coercitive di gruppi
locali. L’obiettivo era di raggiungere l’ordine senza la coercizione,
attraverso quello che potremmo chiamare una “rete federativa”, che
riunisse i rappresentanti dei gruppi locali (sindacati, associazioni
di quartiere, cooperative di consumatori ed altri). Il punto cruciale
era che né i gruppi individuali né il corpo coordinatore avrebbero
potuto reclamare il diritto di parlare o di agire per gli altri. Ideal
mente, ci sarebbero stati più luoghi di dibattito che organizzazioni
direttive. L’organizzazione spontanea avrebbe dimostrato nella pra
tica che quelli che avevano sofferto l’oppressione erano ancora ca
paci di pensare ed agire razionalmente, di arrivare a conoscere la
natura dei propri bisogni e di sviluppare un modo per soddisfarli62.
Preparazione
62. MELLA: “Breves apuntes sobre las pasiones humanas”, soprattutto pp. 35-
36; PROUDHON: Sistema delle contraddizioni economiche: filosofia della mise
ria, Edizioni della Rivista Anarchismo, 1975.
63. Federica Montseny, intervista, Tolosa, (Francia), Io febbraio 1979.
64. NETTLAU, Max: “La actividad libertaria tras la revolución”, La Revista
Bianca, 10 (15 maggio 1932); MELLA, Ricardo: Organización, agitación y re
volución, pp. 10-11.
81
Per quanto possa anche sembrare paradossale, le persone devono
essere preparate per agire spontaneamente per il loro stesso benefi
cio. Come Marx, anche gli anarchici erano convinti che la migliore
preparazione, la migliore tecnica per quello che noi indichiamo
come presa di coscienza, fosse l’azione. “Il capitalismo è ferito a
morte, ma la sua agonia si prolungherà fino a quando noi saremo
capaci di sostituirlo a nostro vantaggio. E non riusciremo a fare
questo con frasi altisonanti, ma dimostrando la nostra capacità or
ganizzativa e costruttiva”65. Le persone avrebbero quindi svilup
pato una coscienza critica e rivoluzionaria grazie ad una riflessione
sulla realtà concreta della loro vita, riflessione che sarebbe nata in
molte occasioni dalle attività proprie e da quelle degli altri66.
Prestare attenzione alla situazione ed alle particolari necessità delle
donne, alle attività di Mujeres Libres, può aiutare a spiegare la natura
molteplice di questa concezione del processo di presa di coscienza ed
a sottolineare la sua importanza per molti dibattiti contemporanei.
Ho segnalato precedentemente che gli anarchici spagnoli sostene
vano che una cornice adeguata alla preparazione fosse la partecipa
zione alle organizzazioni operaie e soprattutto ai sindacati. Nono
stante questo, seguendo le teorie di Bakunin ed andando contro quelle
di Marx, erano fermamente convinti che gli operai delle industrie cit
tadine non fossero i soli in grado di acquisire una coscienza rivolu
zionaria. I contadini ed i membri urbani della piccola borghesia, così
come i lavoratori delle fabbriche, potevano sviluppare una coscienza
dall’oppressione cui erano soggetti ed aderire quindi ad un movi
mento rivoluzionario67. Molte donne, in particolare, criticavano l’en
fasi del movimento per il proletariato maschile industriale urbano.
Emma Goldman, che appoggiò in modo molto attivo sia la Rivolu
65. NOIA RUIZ, Higinio: La revolución española. Hacia una sociedad de tra
bajadores libres. Ediciones Estudios, Valencia, s.d., p. 62.
66. KROPOTKIN. P. A.: “Must We Occupy Ourselves with an Examination of
the Ideal of a Future System?”, in: Selected Writings on Anarchism and Revolution
(ed. Martin A. MILLER), MIT Press, Cambridge, 1970, pp. 94-95; a cura di Sam DOL-
GOFF: Libertà, egualianza, rivoluzione. Michail Bakunin, scritti scelti, Antistato, 1976.
67. RECLUS, Eliseo: A mio fratello contadino, Stab. Tipografico Italiano, Fra
scati, 1905 [pubblicato originariamente nel 1873]; NOIA RUIZ, Higinio: Labor con
structiva en el campo, Ediciones JJbrestudio, Valencia, s.d.; e BERNERI, Camillo:
“Los anarquistas y la pequeña propriedad agraria”, La Revista Blanca, dal 10 (no
vembre 1932) all’l l (maggio 1933).
82
zione Spagnola che Mujeres Libres, ad esempio, aveva già affermato
che “gli anarchici concordano nel fatto che oggi il male peggiore è
quello economico”, ma “sostengono che la estirpazione del male può
essere portata a termine solo prendendo in considerazione ogni fase
della vita, sia individuale che collettiva, tanto interiore come este
riore”68. Era ovvio per le donne, ma anche per gli uomini, che il
luogo di lavoro non fosse l’unico ambito dove si realizzano relazioni
di dominio, e non fosse nemmeno, quindi, l’unico ambito possibile
per la presa di coscienza e per Yempowennent. Un movimento inte
gralmente articolato deve trasformare tutte le istituzioni gerarchiche,
inclusi il governo, le istituzioni religiose e - cosa forse più significa
tiva per le donne - la sessualità e la vita familiare.
La preparazione, pertanto, poteva e doveva avere luogo in una va
rietà di ambiti sociali, oltre che sul terreno economico. Tanto Enri
queta quanto Azucena riferiscono che si nutrirono delle idee anar
chiche, più o meno coscientemente, “con il latte di nostra madre”:
83
vano luogo a continui meccanismi di controllo sociale70. La nozione
di Proudhon di “giustizia imminente” - cioè lo sviluppo di una con
cezione di giustizia attraverso le nostre relazioni con le altre per
sone - fu adottata integralmente da alcuni autori anarchici spagnoli.
Mella affermava che l’unico metro regolatore idoneo della società
fosse il senso di giustizia, che le persone imparano prendendo parte
ad istituzioni che riconoscono e danno la giusta considerazione al
loro valore e a quello degli altri. Il sentimento collettivo che si svi
luppa a partire da questo tipo di partecipazione verrebbe tradotto in
un senso di giustizia più potente e permanente di qualsiasi altro im
posto dalla Chiesa o dallo Stato71. “Praticare la giustizia - insisteva
Proudhon - è obbedire all’istinto sociale.” E grazie ai modelli di in
terazione degli uni con gli altri che apprendiamo e sperimentiamo sia
quello che noi e che gli altri siamo, sia cosa è la giustizia. Pertanto,
il sistema educativo più efficace è la stessa società72.
Un altro fondamentale fattore che opera nello sviluppo del senso
di giustizia è l’opinione pubblica, a cui Mella si riferiva con i termini
“coazione morale”. Il nostro senso morale si sviluppa a partire dallo
“scambio di influenze reciproche” che, anche se può inizialmente
provenire dall’esterno di noi stessi, con il tempo viene accettato
come un senso di giustizia e si converte nella base della nostra pro
pria autoregolazione. Una società egualitaria ben ordinata e lasciata
alle sue propri intenzioni genererà persone con un senso di giustizia
idoneo, e chiunque sembrasse sprovvisto di un tale senso sarà neu
tralizzato dalle opinioni degli altri. Con il passare del tempo, queste
opinioni avranno un effetto educativo; l’opinione pubblica sarà in
teriorizzata come coscienza73.
La meta degli anarchici era, dunque, quella di eliminare le isti
tuzioni - la Chiesa, lo Stato, i giudici, i tribunali - che, nel farsi re-
84
sponsabili del controllo su di sé e sugli altri, impedivano lo svi
luppo di detto senso morale. Una volta che queste autorità fossero
state eliminate, la reciprocità si sarebbe convertita in norma
d’azione; vivere semplicemente nella comunità - partecipare alle
attività, nel quadro di un sistema educativo aperto, nella proprietà e
nell’uso comune dei beni - sarebbe stato sufficiente per fomentare
e salvaguardare lo sviluppo del senso di giustizia dell’individuo
che è a sua volta necessario per sostenere la comunità.
Le complessità di questa posizione si rilevano molto chiaramente
quando osserviamo in modo concreto gli sforzi per affrontare la su
bordinazione e Vempowerment delle donne. Sia chi insisteva nella
strategia sindacale sia chi invece sosteneva che la subordinazione
delle donne avesse alla base componenti culturali più ampie, erano
tutti d’accordo nel riconoscere che le donne non erano apprezzate
e che venivano mantenute in una posizione culturalmente ed eco
nomicamente inferiore. Tutti loro concordavano anche che mezzi e
fini erano intimamente relazionati. Ma come sarebbe stato possibile
mettere in pratica questi principi e queste idee? Come potevano le
donne spagnole di inizio secolo, che si consideravano dipendenti
dai loro uomini (e che venivano viste dagli altri in questa maniera),
iniziare a comportarsi in modo da sviluppare la percezione della
propria competenza e delle proprie capacità?
Queste questioni sono, evidentemente, cruciali per qualsiasi fu
turo movimento rivoluzionario, dato che il valore delle proprie ca
pacità e delle proprie forze è precisamente quello che gli oppressori
cercano di negare agli oppressi. Ma trovarsi d’accordo sull’impor
tanza di questa prospettiva non garantiva poi unanimità su quello
che avrebbe voluto in realtà dire nella pratica. Di fatto, la questione
di come affrontare la subordinazione delle donne della classe lavo
ratrice all’interno della società spagnola non si risolse mai in modo
effettivo all’interno del movimento anarco-sindacalista. Mujeres
Libres venne creata proprio per il disaccordo che c’era fra i militanti
libertari su come ottenere questo empowerment.
Questi temi sono stati esposti molto chiaramente nelle interviste
che ho realizzato nel 1981. Si era riunito un gruppo di vecchi militanti
e stavano commemorando i loro anni nella CNT e nella FIJL. Dopo un
piccolo dibattito sul ruolo che la FIJL e gli atenei ebbero negli anni
Venti e Trenta per fare in modo che i giovani fossero più ricettivi
verso le nuove idee, la conversazione andò a toccare il tema della li
85
berazione delle donne. Si formarono due posizioni diverse che ven
nero difese con molto ardore. Una fu esposta da un uomo che si con
siderava un serio sostenitore dell’emancipazione delle donne e che
aveva ben chiaro il fatto che anche gli uomini anarchici tendevano a
dare per scontato che le loro compagne fossero subordinate a loro.
Sosteneva che proprio per la subordinazione culturale della donna, gli
uomini anarchici avevano la responsabilità di prendere l’iniziativa
per cambiare questi modelli. Il fatto che le donne realizzassero la
vori salariati non poteva bastare: “Molti compagni non vogliono per
mettere alle compagne di assistere alle riunioni. La donna che lavora
fuori e che lavora anche in casa è molto impegnata. Non ha il tempo
di uscire come gli uomini”. Dopo tanti anni di socializzazione, le
donne erano ormai troppo disposte ad accettare i ruoli tradizionali.
Gli uomini, che possiedono la percezione e il senso delle loro capa
cità, diceva, dovevano prendere l’iniziativa e spronare le proprie
compagne a combattere per una maggiore autonomia.
L’altra posizione venne difesa da una donna che aveva militato
nelle Juventudes degli anni Trenta, la cui vita era cambiata in modo
decisivo grazie alla sua partecipazione a questa organizzazione.
Anche lei era molto impegnata nella liberazione delle donne, ma si
opponeva radicalmente alla posizione del suo compagno che do
vessero essere gli uomini a dover prendere l’iniziativa. Affermava
che si stava sbagliando dando troppa importanza a quello che le
femministe contemporanee chiamano “la politica delle faccende
domestiche”74. Il problema basilare, sosteneva, non era determi
nare chi dovesse lavare i piatti o chi dovesse pulire la casa, ma che
la donna potesse andare dove voleva e dire quello che voleva. Le ra
dici della subordinazione della donna stanno nell’ignoranza. Disse
che “ogni donna che pensa un po’ a sé sviluppa delle armi. Quello
che a me importa è che la donna possa aprire la bocca. Non chi
deve lavare i piatti”. Mentre il suo interlocutore affermava che la re
sponsabilità totale della donna nella pulizia della casa e nel portare
avanti la famiglia le avrebbe impedito di partecipare pienamente
alle attività della comunità, questa donna rispondeva invece che “le
loro riunioni nemmeno mi interessano. Andare alle riunioni è uno
86
sport. Quello che importa è lavorare. E leggere”7'1.
Presto ci rendemmo conto che il punto di disaccordo tra di loro
non stava nella priorità del lavoro, della lettura o della cura della
casa, ma si trattava di una questione di iniziativa. Se lui continuava
ad insistere che, dato il peso della subordinazione culturale che le
donne dovevano sopportare, l’iniziativa sarebbe dovuta venire dagli
uomini, lei affermava che “un compagno non deve mai dire ad una
donna: “Liberati, ed io ti aiuto.” La donna deve liberarsi da sola.
L’iniziativa deve venire da lei stessa. Deve essere una cosa che
viene solo da lei”.
L’attualità di questo scontro di opinioni non deve sorprenderci
più di tanto. Vi presero parte persone che, anche se ovviamente non
erano cresciute con il movimento femminista contemporaneo, ne
erano state però influenzate. Ciò nonostante, le questioni che si af
frontarono ed il modo in cui vennero discusse rieccheggiavano i
dibattiti che erano apparsi sulla stampa durante i primi anni del se
colo. Nel 1903, José Prat aveva incoraggiato le donne a prendere in
mano le redini della loro emancipazione. Alcuni anni dopo, Fede
rica Montseny aveva sostenuto che un modo in cui le donne avreb
bero potuto lottare contro il doppio standard sessuale era prenden
dosi sul serio, affrontando e punendo chi le aveva sedotte ed
abbandonate, invece di ritirarsi codardamente con vergogna. E So-
ledad Gustavo, facendosi portavoce delle rivendicazioni di Emma
Goldman a proposito dell’emancipazione interiore, aveva soste
nuto che se doveva esistere un nuovo ordine di uguaglianza ses
suale, la donna doveva “dimostrare con i fatti quello che pensa e
che è capace di concepire ideali, di dettare principi, di realizzare
degli obiettivi”7576,
Le questioni che stavano affrontando erano per l’appunto 1’em
powerment e il superamento della subordinazione, ossia, come ot
tenere tutto questo coerentemente con l’impegno di riconoscere
tanto l’impatto del condizionamento culturale quanto il potenziale
di autonomia di ogni persona. Ciò nonostante, il problema deìYim
portanza della subordinazione della donna e del ruolo che avrebbe
87
avuto nel progetto anarchico non era completamente risolto, né
negli scritti teorici degli anarchici spagnoli né, come vedremo,
nell’attività del movimento. Il dibattito continuò all’interno del mo
vimento per tutti gli anni Trenta e portò alla fine alla fondazione di
Mujeres Libres.
88
Capitolo II
La mobilitazione della comunità
e l’organizzazione sindacale
Le donne e il movimento anarchico spagnolo
89
nostante questo, anche se la risoluzione delle tensioni tra queste
due prospettive apparentemente contraddittorie fu certamente una
conquista importante all’intemo del movimento libertario, mi pia
cerebbe dedicare più attenzione al fatto che si riconobbe che una or
ganizzazione rivoluzionaria efficace non dovesse coinvolgere solo
i lavoratori sindacalizzati nei loro luoghi di lavoro. In un paese con
un’economia ed una società così poliedriche come quelle della Spa
gna della fine del secolo xix e dell’inizio del xx, un movimento
teso al cambiamento della società doveva tendere un ponte tra le
differenze che separavano i lavoratori industriali da quelli rurali,
tra i sindacati e le organizzazioni non sindacali, tra gli uomini e le
donne, ed abbracciare le diverse aree delle esperienze quotidiane
delle persone. Fu questo riconoscimento - ancora di più dell’impe
gno strategico che fu capace di creare - a determinare il successo
del movimento libertario spagnolo. Approfondire questa questione
ci aiuterà a capire sia il ruolo delle donne all’interno del movimento
sia la fondazione di Mujeres Libres come organizzazione a parte.
Quando scoppiò la Guerra civile, i militanti anarchici avevano
creato una vasta e completa rete di programmi e di organizzazioni
strutturata in un unico modo per rispondere ai peculiari bisogni di
gruppi, molto diversi tra loro, all’interno della classe operaia spa
gnola. Nel febbraio del 1936 la CNT contava approssimativamente
850.000 affiliati organizzati in sindacati non gerarchizzati, federati
secondo industria e regione. [Vedi Appendice A] La sua straordi
naria combinazione di obiettivi rivoluzionari e tattiche in un certo
senso “riformiste” le permise di dare spazio a molti affiliati mante
nendo sempre un carattere fortemente rivoluzionario. D’altra parte
il movimento non si limitava all’organizzazione sindacale nel senso
stretto del termine. Durante questo periodo appoggiò e sviluppò
programmi educativi per adulti e per ragazzi, che includevano una
rete di atenei e di centri culturali, un’organizzazione giovanile na
zionale di base ampia e giornali e riviste che mettevano a disposi
zione di numerose persone in tutto il paese le critiche anarchiche in
riferimento a temi culturali, politici e sociali.
La varietà di detti programmi ed organizzazioni permise al movi
mento di rivolgersi a gruppi eterogenei di persone e di farlo proprio
partendo dalle loro rispettive esperienze: dai lavoratori salariati di
fabbrica delle città ai braccianti giornalieri della campagna, ai disoc
cupati, alle casalinghe, alle lavoratrici del servizio domestico e perfino
90
ai bambini. Anche se ora è per me praticamente impossibile inclu
dere qui una storia dettagliata del movimento durante questo periodo,
mi piacerebbe però tracciare a grandi linee lo sviluppo delle diverse
fonti della militanza. L’obiettivo è analizzare in particolare come il
movimento anarchico spagnolo gettò le basi di quello che oggi chia
meremmo comunità, oltre che dell’organizzazione dei luoghi di la
voro, ed esaminare inoltre le conseguenze che questa strategia orga
nizzativa a base ampia ebbe per le donne e i lavoratori marginali.
91
sua analisi su come superare queste divisioni mediante quello che
venne chiamato “anarchia senza aggettivi”3.
I modelli di lavoro, di comunità e di protesta variavano, è chiaro,
a seconda delle condizioni locali, soprattutto se paragoniamo l’An
dalusia rurale alle zone industriali della Catalogna, dove l’anarco-
sindacalismo aveva radici consolidate. Ciò nonostante, nelle aree
urbane il movimento includeva anche elementi che non appartene
vano al sindacato, oltre a chi invece ne faceva parte. Per compren
dere il successo del comuniSmo libertario in Spagna, è importante
esaminare le tradizioni del localismo e dell’azione collettiva/comu-
nitaria che costituirono una cornice per lo sviluppo del movimento.
L’attaccamento al paese ed alla regione era stato per generazioni
uno dei caratteri essenziali della politica spagnola. Il regionalismo
diventò ancora più importante con l’introduzione del socialismo
utopico negli anni 1830-1840 e dell’agitazione repubblicana-fede-
ralista nel decennio compreso fra il 1860 e il 1870.1 sentimenti lo
cali e regionali erano sostenuti da significative differenze econo
miche, che talora ne erano la radice stessa. La suddivisione e la
proprietà della terra variavano in modo sostanziale da una regione
all’altra e contribuivano al senso di scollegamento tra le varie
zone4. Nelle regioni più meridionali dell’Andalusia e dell’Estre-
madura, ad esempio, la forma predominante di proprietà della terra
era il latifondo, lavorato da braccianti che costituivano il proleta
riato rurale spagnolo. Al contrario, in Galizia, il sistema era costi
tuito da piccoli poderi, con proprietà che in molti casi non arriva
vano ad un ettaro di terreno. Solo in Catalogna e nelle province
basche di Alava e della Navarra predominavano le proprietà di
media estensione (da dieci a cento ettari), cosa che comportava un
aumento significativo dei guadagni nell’agricoltura5.
92
Verso la fine del XVIII secolo, la maggior parte della Spagna ru
rale era dominata da grandi proprietà in mano a civili o a ecclesia
stici, e questo aveva dato origine ad una popolazione rurale drasti
camente divisa in due classi, “un’oligarchia di grandi proprietari e
la grande massa di contadini spagnoli impoveriti”6. La concentra
zione della ricchezza agraria e la devastazione della povertà rurale
in Andalusia erano tragicamente rappresentate. Ad esempio, le pro
prietà della nobiltà rappresentavano il 72% della ricchezza nel
“regno di Siviglia”. Sei vecchie famiglie nobiliari possedevano ap
prossimativamente il 90% di tutte le proprietà rurali della provincia.
In tutta l’Andalusia due casate di signori possedevano proprietà
equivalenti al 48,85% del totale del latifondo della regione. 11 si
stema di proprietà era feudale fino al punto che non esistevano in
centivi per fare in modo che i proprietari (molti dei quali erano as
senteisti) incrementassero l’estensione delle terre coltivate o
migliorassero le tecniche di produzione7.
Le guerre napoleoniche e la perdita dei mercati coloniali delle
Americhe ebbero conseguenze disastrose per questo sistema, e una
piccola borghesia commerciale ed industriale cominciò a fare pres
sioni ogni giorno più forti affinché si adottassero riforme che per
mettessero lo sviluppo agrario. Quando nel 1835 i liberali arriva
rono al potere, istituirono una serie di riforme agrarie per riscuotere
denaro per il governo ed incrementare la produttività economica del
paese vendendo la terra a chi poteva essere più attivo nella sua ge
stione. La legislazione del 1837 alienò le proprietà della Chiesa e dei
consigli municipali, mettendole in vendita nel libero mercato. Abolì
anche il maggiorasco, rendendo così accessibili sul mercato le pro
prietà della nobiltà.
In Andalusia ed in Estremadura i risultati delle riforme furono,
nel migliore dei casi, contraddittori. Con l’alienazione ecclesia
stica il regime si conquistò l’inimicizia della Chiesa e, invece che
migliorare, peggiorò la situazione di molti contadini e di molti pic-
93
coli proprietari8. Inoltre le alienazioni non riuscirono assoluta-
mente a trasformare la campagna come i riformatori avrebbero de
siderato. I lavoratori agricoli, nella grande maggioranza senza
terra, non avevano denaro sufficiente per comprare gli appezza
menti di terra, che furono comprati quindi dalle stesse persone che
li avevano posseduti precedentemente con diritti signorili o dai
“nuovi nobili”, uomini che si erano fatti una fortuna con il com
mercio e che vennero ricompensati dal nuovo regime con dei titoli.
In realtà, le riforme trasformarono i signori in capitalisti, incre
mentarono la concentrazione delle terre e provocarono l’espul
sione dei contadini dalle terre che avevano tradizionalmente colti
vato, con la conseguente proletarizzazione della popolazione
costretta ad abbandonare le campagne. Anche se cambiarono le
strutture formali di proprietà della terra, i modelli reali di proprietà
non subirono quasi nessuna modifica. La rivoluzione liberale riu
scì solo a ottenere nell’agricoltura lo stabilizzarsi di nuove disu
guaglianze sociali9.
Anche nel resto del paese gli effetti delle riforme furono simili.
In Aragona, secondo Susan Harding, le riforme consolidarono il
controllo della politica locale nelle mani dei cacicchi. “ostruendo lo
sviluppo dell’agricoltura capitalista intensiva nelle zone rurali” e
limitando la capacità del governo nazionale di sovvenzionare la
modernizzazione dell’agricoltura101. Anche Susan Tax Freeman ha
analizzato alcune peculiarità del popolo castigliano, scelto come
tema di studio. Anche se inizialmente le riforme concentrarono la
proprietà nelle mani di pochi, il fatto che si liberassero i contadini
dal carico che presupponevano le decime e le primizie, permise
loro di accumulare risorse, ed alla fine di poter comprare loro stessi
delle terre. Ciò nonostante, la relativa uguaglianza che caratterizzò
questa regione fu inusuale nel resto della Spagna11.
94
Lo sviluppo economico diseguale aggravò le tensioni sulla ridi
stribuzione della terra. L’economia spagnola continuò ad essere ba
silarmente agraria fino a molto dopo la Guerra civile, anche se esi
stevano alcuni nuclei di industrializzazione12. Verso la fine del
secolo, in Catalogna c’erano numerosi operai tessili, di cui oltre il
40% era costituito da donne13. L’altra importante zona industriale
erano le Asturie, il centro delle miniere di carbone. La finanza era
prevalentemente a Madrid ed in Biscaglia, e, nelle grandi città della
maggior parte delle province del centro e del nord, esisteva una pic
cola classe media composta da commercianti, maestri, avvocati,
medici e funzionari.
Le differenze di classe erano estreme, e probabilmente al sud
toccavano le punte più alte di drammaticità. Nella parte meridionale
dell’Andalusia, ad esempio, gran parte dei lavoratori viveva in ag
glomerati urbani di quindici o ventimila abitanti. L’immensa mag
gioranza non possedeva terre: gli uomini lavoravano a giornata o a
settimana nei campi delle vicinanze, quando c’era lavoro, per sti
pendi da miseria, e la maggior parte delle donne prestava servizio
come domestica privata. La loro dieta alimentare era a mala pena
sufficiente, e la maggior parte delle calorie proveniva dal pane e
dall’olio. Il lavoratore medio era gravemente denutrito14. Molti riu
scivano a non patire la fame dedicandosi alla caccia di frodo, rac
cogliendo legna o facendo la carbonella e vendendo poi questi pro
dotti sul mercato. La situazione peggiorò con le riforme che si
attuarono verso la metà del secolo, che negarono ai contadini l’uso
delle terre comunali in un momento in cui molte delle istituzioni di
beneficenza vincolate alla Chiesa non esistevano più15.
12. FUSI, Juan Pablo: “El movimiento obrero”, p. 206; HARRISON: An Eco
nomic History o f Modem Spain, p. 69.
13. FUSI: “El movimiento obrero”, p. 213. Vedi anche SOTO CARMORA,
Alvaro: “Cuantificación de la mano de obra femenina (1860-1930)”, in La mujer
en la historia de España (Siglos XVI-XX), Seminario de Estudios de la Mujer,
Università Autonoma, Madrid [1984], pp. 279-98.
14. BERNAL: La lucha por la tierra, pp. 390-93, 414-15.
15. RÍOS, Fernando de los: “The Agrarian Problem in Spain”, Intamational
Labour Review, 11, n. 6 (giugno 1925), pp. 840, 844-45; MINTZ, Jerome M.: The
Anarchists o f Casas Viejas, University of Chicago Press, Chicago, 1984, soprat
tutto pp. 33-63; e BERNAL: “Burguesía agraria y proletariado campesino en An
dalucía durante la crisis de 1868”, in: La propiedad de la tierra, pp. 107-36.
95
Nelle aree industriali le condizioni di vita e di lavoro erano ap
pena migliori. Verso la metà del secolo, ad esempio, a Barcellona,
approssimativamente la metà del salario medio di un operaio indu
striale veniva spesa nel cibo e la metà di questa somma in pane;
nella sua dieta la carne era quasi completamente assente. Nell’in
dustria tessile catalana, secondo un documento del 1892, un operaio
medio lavorava tra le dodici e le quindici ore diarie in una stanza
male ventilata, poco illuminata e calda. Facendo un’approssima
zione possiamo dire che tra il 40 ed il 45% dei lavoratori erano uo
mini, una percentuale uguale era costituita dalle donne, ed il re
stante 10-20% erano bambini, molti dei quali avevano iniziato a
lavorare sin dall’età di sei o sette anni. L’aspettativa media di vita di
un operaio era all’incirca la metà di quella di un uomo della “classe
facoltosa” 16. Con il cambiamento verso tecniche industriali più mo
derne, le tensioni di classe diventarono ogni giorno più forti, non
più mediate dalle tradizionali forme paternalistiche locali17.
Esistevano anche forti divisioni di genere. In tutte le aree indu
striali, tranne nelle più avanzate ed anche in queste in misura abba
stanza considerevole, gli uomini e le donne conducevano vite quasi
completamente separate. La maggior parte delle donne dipendeva
economicamente dagli uomini (fossero essi i loro padri o i loro ma
riti), le loro vite erano circoscritte all’ambito domestico, anche se
bisogna dire che questa identificazione con l’ambiente domestico
non voleva dire che non svolgessero un lavoro. Le donne della cam
pagna erano responsabili dell’orto, anche se non veniva considerato
un lavoro. Nelle zone industriali, sempre più donne nubili della
classe operaia lavoravano per un salario come domestiche o nell’in
dustria tessile, alcune in fabbrica, la maggior parte nelle loro case;
naturalmente, pagate con stipendi estremamente bassi18. Il circolo
96
sociale della maggior paite delle donne era costituito da altre donne:
membri della famiglia, vicine, compagne di lavoro o donne che in
contravano al mercato. Gli uomini, viceversa, tendevano a muo
versi in un mondo prevalentemente maschile, in fabbrica, nelle riu
nioni del sindacato e nei bar.
L’analfabetismo rendeva più gravi sia le divisioni di classe che
quelle di genere. Soprattutto nelle aree rurali esisteva un numero
molto basso di scuole. Le autorità oligarchiche temevano i poten
ziali effetti radicali dell’istruzione e consideravano “ogni sforzo di
diffondere la cultura come un qualcosa di demoniaco”. Nel 1860,
ad esempio, 1’84% della popolazione della provincia di Siviglia, il
79% di quella di Cadice e 1’83% di quella di Huelva era analfa
beta19. Anche quando c’erano le scuole, poche famiglie povere riu
scivano a mandarci i loro figli, e se un figlio vi andava, solitamente
era maschio. Nel 1878, solo il 9,6% delle donne spagnole sapeva
leggere, e nel 1900, l’analfabetismo femminile arrivava addirittura
al 71%20. L’analfabetismo era un’ulteriore difficoltà aggiunta a
quelle che provavano le donne di tutte le classi nel controllo del
concepimento e nella cura dei figli21.
È evidente che una buona organizzazione doveva rispondere a
questa diversità economica, culturale e politica. Le prospettive
anarchiche - l’impegno nell’azione diretta e nell’organizzazione
spontanea ed il riconoscimento del fatto che l’organizzazione do
veva scaturire dalle necessità delle persone e avrebbe dovuto af
frontare i loro problemi - erano appropriate soprattutto per questo
vedi anche NASH, Mary: Mujer, familia y trabajo en España, 1875-1936, An-
trophos, Editorial del Hombre, Barcellona, 1983, pp. 315-62; BALCELLS, Al
bert: “La mujer obrera en la industria catalana durante el primer cuarto del siglo
XX”, in Trabajo industrial y organización obrera en la Cataluña contemporá
nea, 1900-1936, Laia, Barcellona, 1974, pp. 7-121.
19. BERNAL: La lucha por la tierra, pp. 394-95.
20. Per il 1878 vedi LAFFITTE, María, Contessa di Campo Alange: La mujer
en España. Cien años de su historia 1860-1960, Aguilar, Madrid, 1964, p. 26. Per
gli anni successivi, CAPEL MARTÍNEZ, Rosa María: “La mujer en el reinado de
Alfonso XIII. Fuentes, metodología y conclusiones de un estudio histórico”, in:
Nuevas perspectivas sobre la mujer, Seminario de Estudios de la Mujer, Univer
sità Autonoma, Madrid, 1982, p. 182.
21. BOSCH MARÍN, Juan: El niño español en el siglo XX, Gráficas González,
Madrid, 1974, pp. 43-50; NELKEN, Margarita: La condición social de la mujer en
España. Su estado actual, su posible desarrollo, Minerva, Barcellona, s.d., p. 119.
97
compito. Ma gli organizzatori anarchici potevano anche prendere
ispirazione dalle tradizioni collettiviste, che in Spagna si erano rea
lizzate per molto tempo con successo.
Il collettivismo agrario è caratterizzato dalla convinzione che
(usando le parole di Joaquín Costa, un eminente studioso in questo
campo) “la proprietà individuale non può legittimamente cadere se
non sui beni che siano il prodotto del lavoro individuale: la terra è
opera esclusiva della Natura, e per questo non è suscettibile di nes
suna appropriazione”22. Tracce di queste convinzioni e delle tradi
zioni intellettuali e religiose che le sostengono si trovano in Spagna
già da molto presto, sin dal XVI secolo. Nei tre secoli successivi, la
campagna spagnola fu lo scenario di periodici sollevamenti di di
versa intensità e grado di organizzazione che esigevano che si tro
vasse una soluzione alla povertà e si distribuisse la terra. Verso la
metà del XIX secolo, in seguito ai disordini provocati dalle aliena
zioni, crebbero sia il fenomeno del banditismo che quello delle ri
volte popolari, che assunsero un tono più specificatamente poli
tico23. Anche se alcuni studiosi hanno sottovalutato queste rivolte
definendole “spontanee”, “millenariste” e “prepolitiche”24, Bernal
sostiene che rappresentassero la lotta-contadina verso cambiamenti
che si verificarono grazie alle riforme della metà del secolo e che
questa resistenza, che inizialmente prese la forma di una mera di
sputa per quello che loro percepivano come un’“usurpazione” di
terre comunali, con il tempo si trasformò in azione diretta grazie
all’occupazione di terre che consideravano gli appartenessero di
diritto. Secondo questo autore, il 1857 è un anno fondamentale,
98
l’anno in cui si mossero i primi passi verso l’acquisizione di una co
scienza operaia25.
La crisi agraria dei decenni del 1850 e 1860 devastò la campa
gna, grazie alla fame ed alla disoccupazione dell’invemo e della
primavera del 1868. Questa, a sua volta, divenne lo scenario della
rivoluzione borghese contro la monarchia di Isabella II. I contadini
ed i braccianti giornalieri si unirono all’entusiasmo repubblicano,
cercando di trasformare il processo in una rivoluzione sociale, oltre
che politica, e chiesero la distribuzione della terra. I consigli muni
cipali rivoluzionari, però, non appoggiarono queste esigenze e la
rivoluzione sociale venne soppressa. Quando l’emissario di Baku-
nin, Giuseppe Fanelli, arrivò in Spagna nel 1868 portando con sé il
messaggio anarchico, trovò tra gli artigiani e i braccianti dell’An-
dalusia un terreno fertile per le sue idee.
Anarchismo, anarco-sindacalismo
e mobilitazione popolare
25. BERNAL: La lucha por la tierra, pp. 442-44. Si veda una valutazione si
mile del modello di organizzazione anarchica in Andalusia di Kaplan in Anarchi
sts o f Andalusia, soprattutto Cap. 8.
26. LORENZO, Anseimo: Il proletariato militante, Edizioni della Rivista
Anarchismo, Catania, 1978; TERMES, Joaquín: “La Primera Internacional en
España (1864-1881)”, in: Federalismo, anarcosindicalismo y catalanismo, Ana
grama, Barcellona, 1976, p. 13; e NETTLAU, Max: Miguel Bakunin, la Interna
cional y la Alianza en España (1868-1873) (ed. Clara E. Lida), Iberama, New
York, 1971, soprattutto Caps. 1 e 2.
99
zione bakuninista all’interno dell’Associazione Intemazionale dei
Lavoratori; il “socialismo” che introdusse nel 1868 in Spagna era
quello che sarebbe poi stato conosciuto con il nome di anarchismo
collettivista. Il socialismo marxista venne introdotto in Spagna solo
due anni dopo e non ebbe mai così tanta forza, almeno non tra i la
voratori di Barcellona e dell’Andalusia27.
In Andalusia le idee che portò Fanelli riuscirono a dare un lin
guaggio e delle immagini che trasformarono finalmente il desiderio
di terra dei braccianti in una visione politica più completa. A Bar
cellona e a Madrid si riunì con membri delle corporazioni degli ar
tigiani e degli operai, incipienti organizzazioni operaie. Il fallimento
della rivoluzione del 1868 aveva spronato questi gruppi a rendersi
indipendenti dal repubblicanesimo e ad adottare una posizione an
tipolitica più esplicita28. Nel giugno del 1870 si formò la Federa
zione Regionale Spagnola dell’Associazione Internazionale dei La
voratori, evento che segnò l’inizio formale del movimento
anarchico in Spagna.
Rafael Farga Pellicer espose in maniera semplice l’obiettivo
dell’associazione: “Vogliamo che finisca l’impero del capitale,
dello Stato e della Chiesa, per costruire sulle sue rovine l’Anarchia,
la libera federazione delle associazioni operaie libere”29. Nel suo
congresso si impegnò in una strategia di resistenza basata sul sin
dacato (ossia, utilizzando lo sciopero come arma contro i padroni),
sulla solidarietà intersindacale, sul federalismo e sul rifiuto
dell’azione politica. Adottò quello che poi sarebbe stato conosciuto
come “anarco-collettivismo”, che preconizza la caduta dello Stato
per mano dei lavoratori organizzati con la forza delle armi.30
100
Ma la diversità della società spagnola rimase riflessa nella man
canza di unità all’interno della stessa organizzazione: le nuove po
litiche vennero interpretate in modo diverso dai diversi gruppi e
nelle diverse regioni del paese. Gli operai catalani, ad esempio,
erano di gran lunga il gruppo regionale più numeroso e l’unico or
ganizzato di operai industriali. Anche se rimasero esplicitamente
fedeli alle mete rivoluzionarie, la maggior parte tendeva nella pra
tica ad essere riformista (si occupavano di tematiche di interesse
quotidiano per gli operai) e concentrava i propri sforzi per organiz
zare il sindacato e per organizzarsi al suo interno. Nell’Andalusia
rurale gli operai qualificati erano perlopiù anarco-sindacalisti per
ché, come indica Kaplan, il programma collettivista “prometteva
economie guadagnate con il lavoro collettivo, ma tutto quello che
veniva prodotto era proprietà del sindacato”. Tra gli operai non qua
lificati e i disoccupati, la preferenza era rivolta verso il “comuniSmo
libertario”, che differiva dall’anarchismo collettivista nel suo orien
tamento più comunitario. “Non solo esisteva la proprietà collettiva
di tutti i mezzi di produzione, ma anche la proprietà comune di
quanto veniva prodotto. Ogni persona, operaio o casalinga, sana o
malata, giovane o vecchia, avrebbe preso da un deposito comune
quanto di cui avrebbe avuto bisogno”31.
Queste diverse prospettive diedero origine a importanti diffe
renze nella strategia. Gli anarchici collettivisti sostenevano che il
movimento dovesse essere basato sui sindacati, che, data la struttura
dell’economia spagnola, erano pesantemente di tipo urbano e ma
schile. Invece i comunisti libertari, che si ispiravano alla tradizione
del municipalismo, insistevano sulle tattiche di azione diretta e con
sideravano come “membri potenziali tutta la comunità dei poveri,
inclusi gli artigiani autonomi, i contadini locatari ed i piccoli pro
prietari della terra, i proletari urbani e rurali, le casalinghe, i bam
bini ed i disoccupati”32.
Verso il 1888, il movimento spagnolo si era impegnato formal
mente nel comuniSmo libertario. Le conseguenze di questa deci
101
sione tattica furono contraddittorie. Da una parte Temma Kaplan
sostiene che questo permise al movimento di unificare l’organiz
zazione sindacale e l’appoggio della comunità e gettò le basi di
quello che più tardi sarebbe stato conosciuto come la più eccezio
nale creazione spagnola, “l’anarco-sindacalismo”:
33. KAPLAN: Anarchists o f Andalusia, pp. 166-167; vedi anche il suo arti
colo “Class Consciousness and Community in Nineteenth-Century Andalusia”,
Politicai Power and Social Theory, 2 (1981), pp. 21-57.
34. ESENWEIN, George: Anarchist Ideology, pp. 110-16.
102
così, si dedicò a questo. M a intendiamoci, non c ’era nem m eno un Cristo
che gli andasse incontro in questo lavoro. E trascorse tre giorni in car
cere perché era andato ad un corteo e aveva riunito tutti i contadini e li
aveva iniziati.
103
eluso anche un numero significativo di donne, oltre agli operai sin
dacalizzati delle industrie. Ma in Catalogna, ed in certa misura anche
a Madrid ed a Valencia, c’erano ogni giorno sempre più donne ope
raie note per la loro militanza, specialmente nelle fabbriche di siga
rette e nell’industria tessile38. In quest’ultima, ad esempio, che alla
fine del secolo era un’industria in rapida espansione, in molti co
muni catalani le donne rappresentavano tra l’80% ed il 90% della
forza lavoro. Grazie alla rapida crescita dell’industria, all’impor
tanza del lavoro femminile ed alla scarsa anche se crescente ade
sione delle donne al sindacato, si svilupparono più o meno simulta
neamente due diversi tipi di attivismo, quello che aveva come base
il sindacato e quello che come base aveva invece la comunità39.
Studi recenti hanno negato la tendenza a credere che le donne spa
gnole fossero meno ricettive degli uomini per quanto riguarda l’ade
sione al sindacato. Anche se la Spagna possedeva una percentuale
molto bassa di forza lavoro femminile, in comparazione ad altri paesi
europei, ed anche se tanto gli uomini quanto le donne spagnole par
tecipavano ed aderivano agli scioperi in proporzione minore dei loro
compagni e compagne dell’Europa occidentale, le operaie dell’indu
stria tessile che svolgevano il loro lavoro nelle fabbriche aderivano ai
sindacati e partecipavano agli scioperi in proporzione quasi uguale a
quella degli uomini. Occasionalmente, i direttori delle fabbriche riu
scivano ad utilizzare le donne (che non facevano parte del sindacato)
come crumiri in tempi di conflitti di lavoro, ma ci sono poche prove
che dimostrano che questa fosse una pratica ordinaria40.
Le condizioni di lavoro degli operai industriali della Spagna di
fine secolo erano pessime, specialmente per le donne del ramo
dell’industria tessile. Una relazione del 1914 condotta da un corpo di
ispettori del lavoro dimostra che praticamente tutte le fabbriche che
impiegavano le donne ed i bambini agivano in modo illegale, erano
38. LAFFITTE: La mujer en España, pp. 144-145. Ellen Gates Starr, con Jane
Addams cofondatrice della Hull House di Chicago, fu sorpresa dalla militanza
delle operaie delle fabbriche di tabacco di Siviglia nei suoi viaggi in Spagna nel
1888. Vedi l’EGS ai suoi genitori, 2 maggio 1888, Ellen Gates Starr papers,
Sophia Smith Collection, Smith College, cassa 7, fascicolo 2.
39. BALCELLS: “La mujer obrera”, pp. 6-22.
40. FUSI: “El movimiento obrero”, p. 204; CAPEL MARTÍNEZ: El trabajo y
la educación, pp. 42-43 e 211-30; SOTO CARMONA: “Cuantificación de la
mano de obra femenina”, pp. 280-81 ; e BALCELLS: “La mujer obrera”, p. 45.
104
“officine sporche, senza ventilazione né illuminazione, installate nei
reparti più malsani dell’edificio, senza altra nonna che il capriccio o
l’egoismo del padrone”41. Una legge del 1902 aveva ridotto la gior
nata lavorativa delle operaie di questo settore a dieci ore, ma la rela
zione riconosceva che molte donne erano ancora obbligate a lavo
rare per sedici ore continue e a volte anche di più. E tutte percepivano
dei salari che potevano essere qualificati come “salari da fame”,
spesso inferiori alla metà di quanto venivano pagati i lavoratori ma
schi dello stesso settore per un lavoro uguale o più complesso42.
Nonostante il numero crescente di operaie e la deplorabile situa
zione in cui si trovavano, situazione nota a tutti, né gli anarchici né
i socialisti furono coerenti al momento di affrontare i loro problemi
e di difendere l’uguaglianza delle donne alfinterno dei sindacati.
Esattamente come gli anarchici, anche i socialisti utopici spagnoli
della metà del XIX secolo si comportarono in modo ambiguo nei
confronti dell’uguaglianza e della partecipazione delle donne. Al
cuni sostenevano che il posto della donna fosse la casa, educando i
figli e custodendo la tranquillità domestica. Altri rifiutavano il do
minio degli uomini sulle donne anche alfinterno della casa ed af
fermavano che l’uguaglianza delle donne avrebbe dovuto essere
conquistata sul luogo di lavoro e fra le mura domestiche. Con il
passare del tempo all’interno della teoria e della pratica socialista
spagnola l’interesse per le operaie venne relegato ad un secondo,
quando non terzo, piano. I socialisti arrivarono perfino a dichiarare
in un congresso del partito, nel 1881-1882, che il lavoro femminile
avrebbe dovuto essere proibito43. Nonostante questo, a partire dal
1886, il Partito Socialista Operaio Spagnolo, (PSOE) dichiarò for-
105
malmente il suo impegno per l’uguaglianza delle donne - per lo
meno in teoria, sostenendo che tanto l’emancipazione delle donne
quanto l’emancipazione della classe operaia sentivano la necessità
della partecipazione delle donne alla forza lavoro in termini di
uguaglianza con gli uomini e della partecipazione delle donne ai
sindacati socialisti.
L’attività indipendente delle socialiste spagnole fu relativamente
sterile. Già nel 1903, alcune persone denunciarono il dominio ma
schile e misero in discussione la divisione sessista del lavoro, fra le
mura domestiche e nel luogo di lavoro. Tra il 1902 e il 1906 si for
marono a Madrid e a Bilbao alcuni gruppi di donne socialiste, ma
quelle che auspicavano un’organizzazione delle donne secondo
specifiche linee di genere non furono mai che una piccola mino
ranza all’interno del movimento. Un gruppo di donne socialiste,
fondato nel marzo del 1906 a Madrid, si incorporò al PSOE nel 1908
con 75 membri, e nel 1910 arrivavano ad essere 183. Ma, nono
stante tutto, queste donne rappresentavano una percentuale molto
bassa del totale degli iscritti ai sindacati socialisti del PSOE (75
membri su 25.000 nella Casa del Popolo di Madrid nel 1908, e 36
membri su 2.900 del PSOE di Madrid nel 1910)44.
Perfino la posizione relativamente moderata di Virginia Gonzá
lez - sosteneva che il principale ruolo della donna fosse quello di
“compagna” dell’uomo e propagatrice del socialismo alla nuova
generazione di bambini socialisti - raramente riceveva un’atten
zione degna di rispetto all’intemo dei circoli socialisti. La maggior
parte dei socialisti, inclusi quelli interessati al tema dell’oppres
sione delle operaie, vedeva la soluzione esclusivamente in termini
sindacali. In generale, i socialisti tardarono molto ad affrontare la
questione femminile e, in termini relativi, fallirono nel tentativo di
far affiliare militanti donne al sindacato o al partito45.
Margarita Nelken, una delle socialiste spagnole che sarebbe ar
rivata ad essere deputata alle Cortes, adottò una posizione un po’
più militante, affermando che lo sfruttamento delle operaie era dan
44. BIZCARRONDO: “Los orígenes”, pp. 139, 144 e 146; SCANLON, Ge-
raldine: La polémica feminista en la España contemporánea (1868-1974) (trad.
Rafael Mazarrosa), Siglo XXI, Madrid, 1976, p. 234.
45. ALBORNOZ, Aurora de: “Virginia González, mujer de acción”, Tiempo
de historia, n. 32 (luglio 1977), pp. 26-29; NASH, Mary: Mujer y movimiento
obrero en España, 1931-1939, Fontamara, Barcellona, 1981, cap. 4.
106
noso per tutti i lavoratori. “A parità di lavoro, parità di salario è
tanto una massima femminista quanto anche un principio di difesa
per il lavoro maschile”, diceva. Spronò il partito affinché iniziasse
massicci programmi di istmzione, programmi di miglioramento dei
salari e delle condizioni di lavoro delle donne e le organizzasse nei
sindacati cosicché, insieme agli uomini, potessero lavorare per la
trasformazione sociale che tutti desideravano46. Partecipò a molte
conferenze, all’interno ed all’esterno del PSOE, sviluppando in
realtà una sua propria versione del femminismo socialista. Ma
anche se i socialisti arrivarono ad appoggiare il suffragio femminile,
non prestarono mai l’attenzione che lei reputava necessaria per su
perare altri aspetti della subordinazione delle donne. Non adotta
rono né l’uguaglianza del salario, né il congedo per la maternità, né
un miglioramento delle condizioni di lavoro delle donne come mete
centrali del movimento, e non prestarono mai una seria attenzione
all’organizzazione sindacale delle operaie. Infine, né Nelken né tan
tomeno i socialisti riuscirono a ottenere una “maggior partecipa
zione delle donne come componente necessaria della lotta della si
nistra per la sopravvivenza”47.
Gli anarchici furono in un certo senso più attenti alle particolari ne
cessità delle donne lavoratrici, e questo probabilmente perché le donne
lavoravano fuori casa soprattutto in quelle aree in cui i sindacati anar
chici erano più forti. Nel suo congresso del 1881, ad esempio, la Fe
derazione Regionale Spagnola della AIT dichiarò che la donna “può
esercitare gli stessi diritti e adempiere agli stessi doveri dell’uomo”48.
I congressi anarchici fecero numerosi appelli per far iscrivere le donne
107
operaie al sindacato e per ottenere parità di salario per parità di la
voro. Ciò nonostante, come abbiamo visto, c’erano anche degli anar
chici che vedevano le donne più come “ausiliarie” della rivoluzione
che come rivoluzionarie attive. E anche se verso la fine del XIX secolo
le donne si affiliarono attivamente ai sindacati e avrebbero addirittura
potuto arrivare ad essere la maggioranza in alcuni sindacati del settore
tessile, pochissime volte occuparono incarichi dirigenziali. Teresa Cla-
ramunt, una delle più famose oratrici ed organizzatrici anarchiche di
quel periodo, si lamentava in un articolo pubblicato nel 1891 del fatto
che gli uomini si impegnassero a dirigere sindacati prevalentemente
femminili49. Il risultato del suo appello alle donne di farsi carico dei
loro sindacati fu la formazione nel 1891 dell’Associazione delle La
voratrici di Barcellona. Sembra, senza alcun dubbio, che il gruppo
non ebbe molto successo nel momento di risolvere la problematica
situazione, dato che durante lo sciopero della Costancia nel 1913 gli
uomini continuarono a rappresentare le donne.
Mentre sul versante sindacale si procedeva con l’affiliazione
delle donne, l’attivismo nei quartieri e nelle comunità ricevette sti
moli con l’introduzione in Catalogna, nel 1899-1900, dello scio
pero generale rivoluzionario. Nel maggio e nel dicembre del 1901,
lavoratori ed elementi della comunità arrivarono a paralizzare Bar
cellona per brevi periodi. Ma il primo e vero successo dello scio
pero generale industriale in Spagna lo si ottenne nel febbraio del
1902, quando uno sciopero generale in appoggio agli operai me
tallurgici mobilitò migliaia di lavoratori e praticamente paralizzò
tutta la produzione di Barcellona per una settimana. È il caso di se
gnalare che allo sciopero parteciparono anche molte donne, alcune
come scioperanti ed altre come partecipanti alle manifestazioni or
ganizzate dagli abitanti delle periferie. Questo determinò un mo
dello di attivismo femminile eterogeneo che si sarebbe ripetuto poi
nei successivi quindici anni di agitazione operaia a Barcellona, a
Madrid, a Valencia ed in altre zone. Teresa Claramunt ebbe un ruolo
rilevante nello sciopero del 1902 sia per la sua attività di propa
gandista che come leader delle manifestanti50.
49. El liberal (Madrid) (30 aprile 1891), citato in BIZCARRONDO: “Los orí
genes”, p. 143.
50. A proposito degli scioperi del 1901, vedi ROMERO MAURA: “La Rosa de
108
Negli anni successivi, il movimento anarchico della Catalogna
sviluppò una strategia che offriva una soluzione al dilemma che
contrapponeva sindacalismo e comunalismo, riformismo e rivolu
zione: l’anarco-sindacalismo. Questo riusciva infatti a combinare
insieme prospettive rivoluzionarie (anarchiche) con obiettivi a
lungo termine e strategie un po’ più riformiste (sindacaliste) con
obiettivi a breve termine. La nuova sintesi iniziò ad articolarsi già
nel 1907 con la fondazione della Federazione di Barcellona di So
lidaridad Obrera, seguita nel 1908 dalla Federazione Catalana di
Solidaridad Obrera. In queste organizzazioni i lavoratori univano le
loro forze ad una “direttiva rivoluzionaria, con la condizione che
continuasse ad essere riformista nella sua pratica”, ossia, che non
dimenticasse gli interessi degli operai in relazione al lavoro quoti
diano. Infine, nell’ottobre del 1910, venne creata la CNT. La sua
struttura organizzativa ed ideologica riusciva a combinare insieme
il sindacalismo rivoluzionario e il comunismo libertario, cosa che
rese possibile nei successivi trent’anni la formazione di una forte
base rivoluzionaria per il movimento51.
Contemporaneamente, la nuova sintesi trascurò ampiamente
l’aspetto dell’attivismo popolare più comunalista, che prevedeva
l’azione diretta e la partecipazione femminile e che si era manife
stato in tutto questo periodo, soprattutto durante la Settimana Tra
gica di Barcellona, dal 26 luglio al Io agosto del 1909. Cristina
Piera, che al momento dei fatti aveva dodici anni e lavorava come
apprendista in una fabbrica tessile, descrisse così lo sciopero:
Fuego”, pp. 206-11 ; a proposito dello sciopero di Barcellona del 1902, vedi B AL-
CELLS: “La mujer obrera”, p. 48; vedi anche ITURBE, Lola: La mujer en la lucha
social y en la Guerra Civil de España, Editores Mexicanos Unidos, México, D.F.,
1974, pp. 52-56; ROMERO MAURA: “La Rosa de Fuego”, p. 215; e KAPLAN,
Temma: “Female Consciousness and Collective Action. The Case of Barcelona,
1910-1918”, Signs, 7, n. 3 (1982), pp. 545-67.
51. ROMERO MAURA: “Les origines”, p. 1158; “La Rosa de Fuego”, pp.
498 e ss.; LORENZO, César: Les anarchistes espagnols et le pouvoir, 1868-1969,
Les éditions du Seuil, Parigi, 1969, pp. 45-52.
109
re il ponte, il ponte di Badalonci, chiam ato Botifarreta. Lo occuparono
e iniziarono a sm ontare i binari affinché il treno non passasse e non
potessero quindi p iù passare i soldati. La sparatoria durò p e r tutta la
settim ana, che è rim asta p o i nota con il nom e di Settim ana Tragica52.
110
questi avvenimenti. Il suo programma prestava attenzione tanto ai
problemi sindacali “classici” - il salario minimo, la diminuzione
delle ore di lavoro (aspirazione alla giornata di otto ore), riscri
zione al sindacato e l’eliminazione del lavoro a cottimo - come
anche ad obiettivi di maggior interesse per la comunità, e pertanto,
più rivoluzionari, come l’abolizione del lavoro infantile (di bambini
di entrambi i sessi minori di quattordici anni), la lotta per affitti più
bassi e per l’eliminazione del deposito della caparra, la nascita di
scuole razionaliste per i lavoratori (scuole notturne per quelli che la
voravano e diurne per i bambini), il superamento della subordina
zione delle donna, la creazione di una base di operai rivoluzionari
e lo sviluppo di strategie per lo sciopero generale. Bisogna ricordare
che queste proposte non venivano fatte solo in favore dei lavoratori
delle industrie, ma anche di quelli delle campagne55.
Con questo programma, la CNT mise in chiaro un nuovo modo di
concepire l’organizzazione rivoluzionaria. Per essere fruttuosa
avrebbe dovuto spingersi oltre i confini del luogo di lavoro. Impe
gnandosi nella creazione e nella sovvenzione di scuole per lavora
tori, nel suo appoggio al controllo degli affitti (incluso anche il pro
getto di realizzare uno sciopero generale in appoggio alle esigenze
degli inquilini) e la considerazione della subordinazione della
donna all’interno delle case e nel luogo di lavoro, sembrava rico
noscere che i problemi e gli interessi dei lavoratori fossero abba
stanza più ampi del loro “lavoro”. Inoltre offrì una cornice in cui i
gruppi rurali agrari avrebbero potuto federarsi con gli operai delle
industrie urbane. E dichiarò espressamente che il “sindacalismo”
era un mezzo e non un fine.
Ma nonostante questo, i progetti che nacquero durante il suo
primo congresso si basarono su di una organizzazione operaia più
tradizionale e non presero completamente in considerazione tutto
quello che era derivato dalla mobilitazione della comunità, che un
anno prima si era dimostrata in modo evidente. Così, ad esempio, il
congresso dichiarò: “Noi consideriamo che quello che deve costi
tuire precisamente la redenzione morale della donna - oggi asser
vita alla tutela del marito - è il lavoro, che deve elevare la sua con-
111
dizione di indipendenza”56. In un’impostazione poco comune che
articolava la relazione tra lo sfruttamento della donna e lo sfrutta
mento dei lavoratori in generale, il congresso sosteneva:
112
donne rappresentano il 28% della forza lavoro ma solamente il
12,4% degli aderenti allo sciopero); queste stesse relazioni regi
stravano 61.918 donne e 72.954 uomini scioperanti nel periodo tra
il 1909 e il 1914. Ma nel 1913 le donne superarono gli uomini come
numero di scioperanti (56.788 contro 23.286). A Sabadell nel 1910
la partecipazione e la leadership delle donne fu cruciale per lo scio
pero generale degli operai del settore tessile, come per quello di
Reus dell’estate del 1915 e per lo sciopero degli operai del tessile di
Barcellona dell’agosto del 19 1659.
Lo sciopero generale dei lavoratori del tessile del 1913 (noto
con il nome della Costancia), in cui fondamentale fu la partecipa
zione delle donne anarchiche, fu esemplare per molti aspetti. Le
relazioni degli avvenimenti fanno riferimento alle operaie che “si
comportavano come dei leader, ed erano relativamente conosciute
dalla massa”. Anche se le riunioni che trattavano temi inerenti allo
sciopero erano presiedute da uomini, “in molte occasioni interven
gono donne come leader di gruppi più o meno costituiti.” Ci fu un
momento in cui la guida maschile del sindacato propose il ritorno
al lavoro con la condizione della promessa della giornata lavorati
va di dieci ore, ma le donne rifiutarono questa proposta, volevano
insistentemente aspettare la pubblicazione ufficiale della nuova
legge. Come disse una donna in una riunione convocata per dibat
tere la strategia da seguire: “Se gli uomini si fanno prendere dalla
codardia, che si ritirino, saranno le donne a portare avanti lo scio
pero”60.
La partecipazione delle donne rese possibile che lo sciopero
uscisse considerevolmente dai confini del luogo di lavoro. Le ma
nifestazioni attraversarono i quartieri operai e sfociarono in alcune
piazze del centro di Barcellona mantenendo quindi le rivendicazioni
e le fasi dello sciopero costantemente sotto l’occhio pubblico. Mi
gliaia di donne si unirono a queste manifestazioni e molte di loro
non facevano nemmeno paite del sindacato. Temma Kaplan afferma
che questo sciopero fu un esempio del potere delle reti femminili di
erodere i supposti limiti esistenti tra luogo di lavoro e comunità e di
usare i molteplici ruoli ricoperti dalle donne come risorse di forza
113
per la comunità. Le donne parteciparono ad attività simili a Madrid,
a Valencia ed anche in Biscaglia61.
La partecipazione attiva ai sindacati e perfino agli scioperi non
portò necessariamente al riconoscimento formale delle donne. Al
cune di loro, un numero molto esiguo, svolsero ruoli di responsa
bilità all’interno dei sindacati, ma la maggior parte partecipò, tutt’al
più, alle attività dei sindacati a livello di fabbrica. Nei primi anni
Venti, i sindacati del tessile, che erano imponenti per il numero e so
prattutto per l’affiliazione prevalentemente femminile, erano diretti
e rappresentati nei congressi da uomini62.
Effettivamente, la grande maggioranza delle donne non faceva
parte del sindacato, anche perché la maggior parte di loro non lavo
rava nelle fabbriche, e né gli anarchici né i socialisti dedicarono
troppi sforzi per organizzare quelle che lavoravano per la fabbrica
dalla loro casa o presso il servizio domestico. Le condizioni di la
voro di queste donne erano spesso ancora più deplorevoli di quelle
delle operaie tessili. Il lavoro a cottimo sfuggiva ad ogni forma di le
gislazione e di tutela del lavoratore, in quanto il focolare domestico
era un luogo sacro e sarebbe stato impossibile far eseguire qualsiasi
legge destinata a regolare queste pratiche. Quelle che realizzavano il
loro lavoro da casa, gli dedicavano spesso dodici, quattordici o se
dici ore diarie, e ricevevano una paga media (cui venivano sottratte
le spese per gli aghi, il filo ed il trasporto per andare a prendere le
consegne e riconsegnarle) di 1,80 pesetas al giorno63.
Las obreras de las agujas, di Juan Paulis, pubblicato nel 1913, ri
volgeva un appello per la creazione di un sindacato nazionale di
operaie dell’ago che includeva sia chi lavorava nelle fabbriche che
chi invece svolgeva il lavoro all’intemo delle proprie case, e poter
così lottare insieme per la regolamentazione degli orari, dei salari e
delle condizioni di lavoro. Anche se molte donne che ho intervistato
(tutte avevano lavorato in questo settore) citarono questo libro come
uno dei più influenti dell’epoca, sembra che ebbe relativamente poca
influenza sulle pratiche delle organizzazioni sindacali esistenti. La
CNT e la UGT non considerarono le donne che lavoravano in casa
114
perché era troppo difficile organizzarle; ma sembra che i sindacati
cattolici ebbero abbastanza successo nei loro appelli rivolti a queste
operaie. Nonostante questo, però, le loro aspirazioni ad una armonia
fra le classi ed il loro obiettivo di risvegliare “l’amore delle operaie
per il loro lavoro, l’amore verso loro stesse, e l’amore delle signore
verso di loro” non era assolutamente compatibile con il sindacalismo
anarchico o quello socialista64.
I legami fra le operaie dell’industria tessile e le donne della co
munità si intensificarono nel 1918 durante lo scontro chiamato
“guerra delle donne di Barcellona”. Contrariamente agli scioperi
generali prima ricordati, che erano cominciati nei centri di lavoro e
da lì si erano propagati alle comunità operaie, la guerra delle donne
del 1918 iniziò e fu realizzata con fini comunitari dalle donne dei
diversi quartieri. Le donne scesero per le strade di Barcellona verso
l’inizio del 1918 in reazione all’aumento del costo della vita pro
vocato dalla Io Guerra Mondiale, assalirono un camion di carbone
e pretesero il controllo dei prezzi di questo prodotto. Col trascorrere
delle settimane, le manifestanti passarono alle aree dell’industria
tessile, e invitarono le operaie allo sciopero. Requisirono viveri nei
negozi di alimentari e nei mattatoi municipali, manifestarono nei
mercati ed occuparono le piazze pubbliche, come già avevano fatto
nel 1913, per confrontarsi con le autorità politiche ed esigere giu
stizia. Gli scioperi che erano cominciati per il problema del costo
della vita, con il passare del tempo allargarono i loro obiettivi per
includere il miglioramento delle condizioni di lavoro delle operaie,
la riduzione degli affitti, la riassunzione degli operai delle ferrovie,
l’aumento delle alternative di lavoro e dell’istruzione delle donne,
un appello affinché finisse la guerra e si tornasse agli interessi dei
tempi di pace, si mettesse fine alla gerarchia all’interno dei sinda
cati e della famiglia, e perché terminasse l’appoggio della Chiesa al
lavoro a cottimo, che contribuiva, secondo le donne, allo sfrutta
mento delle operaie. In totale le manifestazioni durarono sei setti
mane, e gli impresari ed i funzionari del governo si sentirono mi
64. ECHARRI, María de: Conferencia a las señoras de Pamplona, 1912, citato
in CAPEL MARTÍNEZ: El trabajo y la educación, p. 223; vedi anche pp. 217-22,
258-62. Sul sindacalismo cattolico, vedi BASAURI, Mercedes: “El feminismo
cristiano en España (1900-1930)”, Tiempo de Historia, n. 57 (agosto 1979), pp. 22-
23; e “La mujer social. Benefíciencia y caridad en la crisis de Restauración”, ibi
dem, n. 59 (ottobre 1979), pp. 28-43.
115
nacciati davanti alla forza ed alla tenacia delle donne ed al radica
lismo delle loro esigenze65.
La c n t considerò le azioni delle donne con ambivalenza. Seb
bene avesse proclamato un giorno di sciopero generale nel novem
bre del 1916 per protestare contro l’aumento del costo della vita, la
c n t raramente metteva in relazione i temi del lavoro con lo status
della subordinazione della donna, sia nel posto di lavoro che nella
comunità. La c n t si era molto indebolita grazie ad uno sciopero
generale lungo e non fruttuoso realizzato a Barcellona nell’agosto
del 1917 e alla repressione che ne era seguita. Così, anche per que
sto, furono in generale le donne non organizzate ad iniziare e man
tenere gli scioperi di sostentamento del gennaio 1918.
Pochi uomini della c n t riconobbero ed applaudirono le azioni
di queste donne. Alcuni si sentirono minacciati dall’indipendenza
che avevano dimostrato: “L’ora della giustizia è suonata con la
grandezza eroica delle donne. O sappiamo approfittarne, o diamo i
nostri testicoli in pasto ai cani”66. Sicuramente quelli che capirono
e riconobbero la loro importanza erano una minoranza. Quando la
Federazione Regionale Catalana della c n t celebrò negli ultimi
giorni del luglio 1918 il suo congresso, non era presente nemmeno
una donna delegata. Aderiva ad un sindacato solo una piccola parte
delle industrie e dei centri di lavoro in cui la presenza femminile era
predominante, e quelli che erano sindacalizzati, come La Costancia,
avevano degli uomini come rappresentanti67. Solo uno dei princi
pali oratori di quel congresso menzionò il ruolo che ricoprirono le
donne negli scioperi del gennaio 1918. Enric Rueda, delegato dei
costruttori di lampade di Barcellona, dichiarò: “[la donna] ha di
mostrato pienamente la sua capacità di intervenire nelle lotte so
ciali. [...] Le nostre compagne, dopo il mese d’agosto, quando noi
eravamo perseguitati, intimiditi dalla brutalità del regime borghese,
116
hanno saputo scendere in strada ed esigere quello che non vole
vano assolutamente concedere loro: il pane per sé e per le loro fa
miglie. Oggi ci spronano a difendere la libertà, ci danno il coraggio
per proseguire nelle nostre lotte68.”
Anche se l’organizzazione approvò delle decisioni che difende
vano la partecipazione delle donne ai sindacati, gli accordi furono
rivolti quasi esclusivamente all’incorporazione delle donne nei sin
dacati già esistenti, non considerando le molte donne che lavora
vano nelle officine tessili non aderenti ai sindacati, quelle che la
voravano nelle loro case e (nonostante un impeto organizzativo
posteriore) quelle che lavoravano come donne di servizio.
L’attività di sciopero continuò negli anni successivi. Nel 1919, ad
esempio, i lavoratori tessili di Ripoll iniziarono uno sciopero per la
giornata di otto ore che durò nove settimane. Siccome la città di
pendeva quasi completamente dalle fabbriche, i patimenti e le pri
vazioni furono generali. Dolores Prat, che a quel tempo aveva quat
tordici anni, ricorda la povertà, la fame e le mense dei poveri. I
crumiri la rendevano collerica. Lei iniziò la sua militanza proprio in
questo periodo. Quando alcuni mesi dopo lo sciopero, suo padre le
suggerì che forse era arrivato il momento in cui avrebbe dovuto ini
ziare a mantenersi da sola, rifiutò tanto la prospettiva di diventare
maestra (“ero stufa delle suore della scuola”) quanto l’offerta di un
banco di frutta e verdura sul mercato (“a che fine, se sarei finita a
distribuire la merce fra i lavoratori affamati?”) Decise quindi di di
ventare operaia, “per poter andare in fabbrica a protestare”69. Non
tardò molto ad aderire alla c n t e a diventare membro del comitato
della fabbrica dove lavorava. Durante la guerra fu segretaria della
Sezione Industriale del sindacato del settore tessile di Ripoll.
Gli sforzi della c n t per far aderire più donne al sindacato e gli
altri lavoratori in condizioni disagevoli continuarono per tutti gli
anni Venti, e furono ostacolati, come tutti gli sforzi organizzatori,
dalla repressione che l’attività sindacale subì sotto la dittatura di
Primo de Ri vera (1923-1929). Quando, nel 1931, venne dichiarata
la Repubblica, si potevano ormai riscontare fra i membri ed i mili
tanti della c n t anche le donne. Ma, per tutti i motivi già menzionati
117
(e soprattutto perché la c n t continuava a concentrarsi nello sforzo
di far aderire al sindacato gli operai industriali non occupandosi
della situazione specifica delle donne), la partecipazione all’atti
vità sindacale o anche alle mobilitazioni di massa della comunità
era solamente una parte della “preparazione” delle donne. Ci ri
mane da approfondire il tema delle scuole, degli atenei e delle isti
tuzioni culturali che si svilupparono nei primi trentanni del XX se
colo che furono particolarmente importanti per le donne.
118
se bisogna dire che erano tutte animate dalle stesse aspirazioni. Alla
base c’era il desiderio di incrementare l’alfabetizzazione fra gli ope
rai e di ampliare la loro base culturale. In pratica questo voleva dire
che le scuole, i centri culturali e le riviste cercavano di comunicare
ai loro studenti e lettori un sentimento di entusiasmo verso il mondo
e un messaggio che diceva che il mondo si trovava lì per essere
esplorato e non per essere esclusivamente il teatro della loro quoti
diana oppressione. Si spronavano le persone ad interrogarsi su
quanto li circondava, a valutare le proprie esperienze e le proprie
percezioni e ad imparare l’uno dall’altro e dai loro maestri. Questi
programmi volevano anche comunicare un insieme di valori morali
diversi, sostituire la rassegnazione e l’accettazione della subordi
nazione che si insegnavano nelle scuole patrocinate dalla Chiesa
con un impegno nello sviluppo personale di ognuno, in un’atmo
sfera di reciproco aiuto e cooperazione. Le scuole, gli atenei, i gior
nali e le riviste incoraggiavano la gente “a pensare con la propria
testa e a sviluppare il proprio senso di responsabilità, quello di con
vivenza e quello di critica”70.
119
cialisti e gli anarchici avevano fatto alcune pressioni sul governo af
finché creasse delle scuole laiche, ma in generale le loro lotte non
ebbero alcun risultato, almeno fino alle riforme all’istruzione che la
Repubblica fece nel 1931. Le scuole dirette dalla Chiesa esigevano,
prima di ogni altra cosa, la disciplina e la memorizzazione meccanica
delle lezioni. Nel 1873 e nel 1874, durante gli anni Ottanta e all’ini
zio degli anni Novanta, si fecero dei grandi sforzi per modificare le
relazioni tra Chiesa e Stato, per fare in modo che la Chiesa non con
trollasse le materie che dovevano essere insegnate agli alunni. Una
delle più importanti richieste che fecero i manifestanti durante la Set
timana Tragica fu, ad esempio, la creazione di scuole laiche non con
fessionali. Ma siccome gran parte dell’istruzione secondaria era nelle
mani della Chiesa, anche quando le scuole non erano ufficialmente
dirette dal clero, i maestri formati dalla Chiesa tendevano a ripro
durne la funzione e la struttura. Azucena Fernànez Barba riassumeva
il problema con queste parole: “Nella scuola statale vi entravi con il
rosario in una mano e la bandiera nell’altra”72.
Clara Lida afferma che gli sforzi per articolare e mettere in pra
tica una filosofia educativa alternativa - un insegnamento integrale
- trovano le loro origini nei tentativi delle scuole repubblicane e
fourieriste degli anni compresi fra il 1840 e il 1860 e in quelli delle
scuole anarchiche e libero-pensatrici del ventennio compreso tra il
1870 e il 1890. Poche fra queste scuole erano accessibili ai figli
degli operai, e anche se si disponeva di qualche aiuto economico
per il mantenimento dei figli, era fatto assolutamente raro che una
famiglia potesse prescindere dalle entrate, per scarse che fossero,
con cui il bambino lavoratore contribuiva all’economia familiare.
Inoltre queste scuole laiche dovevano scontrarsi quotidianamente in
una battaglia - solitamente persa - con lo Stato per avere lo stesso
diritto di esistere73.
In risposta all’inaccessibilità dell’istruzione laica, gli anarchici
fondarono delle “scuole razionaliste”. Anche se generalmente que
ste scuole vengono associate al nome di Francisco Ferrer i Guar
120
dia, in realtà provenivano direttamente dalle lotte per un insegna
mento di tipo integrale. Nato a Barcellona nel 1859 Ferrer tra
scorse sedici anni in esilio a Parigi, dove entrò in contatto con le
idee educative di Paul Robin, di Tolstoi, di Jean Grave e di altri
teorici. Ritornò in Spagna nel 1901 per fondare a Barcellona la
Scuola Moderna. Il suo obiettivo era quello di “formare una scuola
per F emancipazione, che si proponga di sradicare dalla mente tutto
quello che divide gli uomini, i falsi concetti di proprietà, di patria
e di famiglia, e poter così raggiungere la libertà ed il benessere
che tutti desiderano e che nessuno realizza completamente”74.
D’accordo con i principi anarchici e la teoria educativa più avan
zata dell’epoca, Ferrer portò avanti l’impegno di formare una
scuola che riconoscesse nell’istruzione un atto politico. Se si desi
dera formare dei bambini per farli vivere in una società libera, lo
stesso sistema educativo deve stimolare la libertà di sviluppare sé
stessi e di esplorare il mondo. La scienza e la ragione erano concetti
chiave nelle scuole e i bambini venivano spronati a dirigere auto
nomamente la loro formazione. Anche grazie alla sua concezione
dei principi libertari, Ferrer aveva una grande fiducia nei principi
della coeducazione (una pratica quasi sconosciuta nella Spagna
dell’epoca) e dell’istruzione interclassista, e tutto ciò rappresentava
una cornice per imparare a vivere nella diversità75. Data la rigidità
del sistema spagnolo esistente e la sfiducia che gli anarchici nutri
vano verso lo Stato e la Chiesa, non stupisce il tentativo degli spa
gnoli di creare “scuole alternative”, praticamente delle istituzioni
che, fedeli al credo anarchico nell’azione diretta e nella propaganda
attraverso il fatto, non solo istruissero gli studenti ma servissero
anche come modelli per una filosofia ed una pratica educativa
molto diverse.
74. Da una lettera di Francisco Ferrer i Guardia a José Prat, citata in AVRICH:
The Modem School Movement, p. 6.
75. FERRER I GUARDIA: La Scuola Moderna, M&B, Milano, 1996; COSTA
MUSTE’, Pedro: “La escuela y la educación en los medios anarquistas de Cata
luña, 1909-1939”, Convivium, n. 44-45 (1975), riprodotto come prologo dell’edi
zione di Tusquets de La Escuela Moderna; SOLA, Pére: Las escuelas racionalistas
en Cataluña (1909-1936), Tusquets, Barcellona, 1978, pp. 22-25; e CARRA-
SQUER, Félix: Una experiencia de educación autogestionada. Escuela Eliseo
Reclus, Calle Vallespir, 184. Barcelona. Años 1935-36, Félix Carrasquer, Barcel
lona, 1981, soprattutto Cap. 1 e 2.
121
La Scuola Moderna di Ferrer aprì le sue porte nel settembre del
1901 e durò, nonostante le frequenti chiusure dovute alla censura
statale, fino alla fine del 1906, quando venne chiusa definitiva
mente. Cristina Piera, che frequentò questa scuola quando aveva
nove anni, descrisse così la confusione esistente: “La polizia ve
niva a chiudere la scuola, e allora ... non potevamo andarci. Io an
davo alla Scuola Moderna, lì imparai abbastanza, ma siccome la
chiudevano sempre, ne riuscii a tirare fuori ben poco”76. La scuola
si manteneva grazie a dei contributi dati dai genitori, che erano pro
porzionati secondo le possibilità di ogni famiglia. Le classi erano
miste sia per genere che per status socio-economico. Tutti gli stu
denti, senza nessuna differenza di sesso e condizione economica,
studiavano un programma “scientifico” che prevedeva l’educazione
sessuale, i lavori manuali e l’arte. Ferrer, cosciente della carenza
di libri di testo adeguati, cominciò nel 1902 a pubblicarseli da solo.
1 libri furono molto richiesti e si utilizzarono nelle scuole raziona-
liste e negli atenei di tutto il paese. Inoltre lo stesso edificio della
scuola era molto di più di un semplice luogo dove potevano andare
i bambini durante il giorno; serviva da biblioteca e come centro so
ciale per adolescenti ed adulti; offriva lezioni, conferenze e gite per
persone di ogni età desiderose di imparare.
Anche se il nome di Ferrer è senza dubbio quello che è stato
maggiormente associato al movimento delle scuole razionaliste,
queste sicuramente precedettero la Scuola Moderna, dato che verso
i primi anni del xx secolo se ne potevamo trovare a centinaia sparse
per tutto il paese77. Igualdad Ocaña, suo padre e quattro fratelli fu
rono i fondatori e i maestri di una di queste scuole, aperta a Bar
cellona nel biennio 1934-1935. Forse la sua descrizione di cosa
voleva dire insegnare ai bambini in un ambiente aperto e libero può
dare una piccola idea del senso di “modernità” del “movimento
della Scuola Moderna”:
122
reazioni che avevam o visto essere nocive p e r il bambino. A d esempio,
raccontavam o una favola, e in questo racconto veniva riflesso lui stesso,
le possibilità di fa re m ale a sé o ad altri. Piangevano e ridevano. Non
dovevam o sgridarli. A volte [qualcuno parla] di autorità, m a che auto
rità possono avere se non sanno parlargli con affetto, con sentimento.
[...] Puoi fa re di quella creatura una persona attiva, lavoratrice, che
trova sé stessa, perché hai analizzato il suo carattere ed hai visto cosa
gli piace di più. [...] Insegnavam o la meccanica, la musica, le arti... A ve
vamo le costruzioni p er vedere quale bambino, usandole e montandole,
svegliava il desiderio o un ’inclinazione positiva verso la m eccanica78.
123
A parte le scuole razionaliste, che possedevano una struttura in
un certo senso formale, il movimento anarchico e anarco-sindaca-
lista creò e finanziò un gran numero di atenei. Le federazioni locali
della CNT fondarono molti dei centri educativi e culturali di quar
tiere; quasi tutti i quartieri operai di Barcellona ne ebbero uno du
rante i primi anni della Repubblica. Le centinaia di atenei che sor
sero in tutto il paese significarono per chi non era mai andato a
scuola un’opportunità per imparare a leggere e a scrivere. La mag
gior parte organizzava lezioni diurne per i bambini e notturne, so
litamente dalle sette alle nove di sera, per le persone adulte che an
davano a lezione dopo il lavoro. Nelle parole di una persona che
assistette alle lezioni, “la scuola aveva un altro sistema di studio. Il
maestro ti faceva leggere un libro, ad esempio, e dovevi spiegare le
conclusioni che tu ne avevi tratto, e poteva capitare che neanche
avevi capito il significato di quel libro e dicevi quello che ti era
sembrato. Ma magari un’altra persona gli aveva dato un’altra in
terpretazione, e quindi ne discutevamo. E così ci facevano pren
dere appunti di quello che l’altro spiegava, o di quello che spiegavi
tu. Era un sistema di apprendimento molto superiore a quello delle
altre scuole. Io credo che se avessi avuto l’opportunità di frequen
tare più a lungo quella scuola, avrei imparato molto”80.
Oltre alla grande importanza come luogo dove si apprendevano
abilità e tecniche basilari, l’ateneo adempiva ad importanti funzioni
sociali. Gli atenei erano luoghi di riunioni molto popolari tra la
gente giovane, specialmente in quei tempi in cui non si potevano
spendere nemmeno dieci centesimi per andare al cinema81. Sic
come, almeno formalmente, erano indipendenti dai sindacati, molti
riuscirono a restare aperti durante i periodi di repressione politica,
quando i sindacati erano obbligati a chiudere le loro porte e passare
alla clandestinità. Quindi servivano anche come importanti centri di
comunicazione.
Ed inoltre praticamente tutti gli atenei organizzavano attività tea
trali, ricreative e, specialmente per chi viveva nei quartieri operai,
delle gite fuori città. Oltre a offrire opportunità per fare esercizio fì
sico e respirare aria pura, queste gite erano pensate per offrire be
nefici morali ed intellettuali: dare ai giovani l’opportunità di ve
124
dere con i loro occhi i fiumi, le colline e le montagne che avevano
studiato in classe; superare la ristrettezza di vedute che produce la
vita nei centri urbani sovrappopolati; e fornire l’occasione di speri
mentare “l’influenza della natura sullo spirito umano”. Vivere a
contatto con la natura, spiegava un autore, “[farà] sentire ai giovani
la libertà, affinché vogliano viverla e difenderla”82.
Come organizzazioni basate sulla comunità, gli atenei offrivano
opportunità di preparazione importanti soprattutto alle donne della
classe operaia, che avevano a loro disposizione molti meno spazi
degli uomini per tali esperienze. Le donne che poi avrebbero militato
nella CNT e/o in Mujeres Libres dichiararono quasi unanimemente
che le loro esperienze negli atenei, nelle scuole e nelle attività cul
turali erano state cruciali nel processo di formazione. Impararono a
leggere, e altra cosa di grande valore, a sviluppare delle relazioni
piene di senso e valore con ragazzi della loro stessa età - esperienza
che era stata loro vietata dalla separazione quasi totale dei sessi che
aveva luogo nella società spagnola Grazie agli atenei molti gio
vani provarono questo cambio di mentalità che era un passo cru
ciale verso la loro trasformazione in militanti del movimento.
125
spettive alternative ad un pubblico più ampio. I giornali del movi
mento, Solidaridad Obrera, CNT e Tierra y Libertad , riuscivano a
combinare il commento politico e un’ampia critica culturale. Quasi
tutti i numeri inserivano un articolo che trattava qualche aspetto
dell’istruzione e, per vari anni prima della guerra e anche durante
questa, uscirono molti articoli dedicati in primo luogo alle donne.
Tierra y Libertad, ad esempio, pubblicava ogni settimana una pa
gina della donna, dove molte donne che avrebbero in seguito mili
tato in Mujeres Libres pubblicarono le loro idee sulla sessualità,
sul lavoro e sulle relazioni uomo-donna, e grazie alla quale ebbero
l’opportunità di comunicare con la comunità anarco-sindacalista.
Riviste come La Revista Bianca (Barcellona), Natura (Barcellona),
Estudios (Valencia) e Tiempos Nuevos affrontavano una grande va
rietà di temi, dalla politica collettivista al controllo delle nascite, al
nudismo ed al vegetarianismo.
Specialmente per le persone che vivevano in luoghi relativa
mente lontani dalle attività organizzate dagli anarchici o dagli
anarco-sindacalisti, la stampa si convertiva in un’importante fonte
di informazione e in un mezzo per entrare in contatto con la comu
nità anarchica. Soledad Estorach, ad esempio, che arrivò a Barcel
lona a quindici anni, sola ed isolata nel suo interesse che lei chia
mava “comunismo”, leggeva La Revista Bianca e grazie a queste
letture iniziò a frequentare un ateneo.
126
vedere la biblioteca, e rim asi affascinata da tutti questi libri. Pensai che
tutto lo scibile del m ondo fo ss e da quel m om ento a m ia disposizione84.
L’educazione come e m p o w e rm e n t
127
vaino di questo. D icevano che era la lotta di tutti, e che dovevam o lotta
re tutti insieme. M a io rispondevo loro che non era così, che non era
solo questo. A vevam o bisogno di fa re sentire le nostre voci, volevamo
essere quelle che siam o e quello che siamo. N on stavam o cercando di
p rendere loro nulla, avevam o bisogno di arrivare al nostro sviluppo ed
esigere i nostri diritti.
128
in queste organizzazioni persisteva lo stesso ambiente maschilista,
se non nel pensiero o nelle opinioni, almeno nei fatti. Mercedes Co-
maposada, per esempio, una delle fondatrici di Mujeres Libres, di
chiarò quanto segue a proposito della sua prima lezione patrocinata
da uno dei sindacati della CNT di Madrid:
Nel 1933 andai con Orobón Fernández, ad una riunione di uno di que
sti sindacati. Cercavano di aiutare in qualche m odo i lavoratori nella loro
preparazione e m i chiesero se potevo assistere a quelle lezioni. C ’era
anche Lucía [Sánchez Saom il]. Volevano che tenessi una lezione, poiché
non avevano insegnanti. M a p e r il comportamento di qualche com pagno
questo sembrava impossibile. Non prendevano sul serio le donne. C ’è un
detto che dice: “Le donne, in cucina e a fa re la calzetta. ” No, fu im possi
bile; in quel posto le donne non osavano quasi aprire la bocca87.
129
della comunità libertaria. Mercedes riassumeva così le sue rifles
sioni:
130
Capitolo III
Guerra civile e rivoluzione sociale
La Repubblica e il Fronte Popolare
131
un colpo di Stato. Venne approvata una serie di riforme moderate,
tra le quali un programma di riforma agraria per l’Andalusia e per
l’Estremadura (che, nonostante tutto, servì più come indagine so
ciale che per una reale ridistribuzione della terra). Venne resa più
accessibile un’istruzione più laica e fu ridotto il numero dei militari.
Ma i lavoratori delle fabbriche e gli operai agricoli, che continua
vano a vivere in una miseria pressoché totale, erano ogni giorno
più umiliati da questo status quo, mentre i tradizionali detentori del
potere (i militari, la Chiesa e i proprietari terrieri) si opponevano
fermamente alle restrizioni che venivano loro imposte. Dal 1933
al 1935 un nuovo governo, questa volta di centro-destra, prese in
mano le redini del governo. Ma oltre ad annullare molte riforme
che avevano colpito le forze tradizionali e a reprimere ulteriormente
le attività rivoluzionarie di sinistra, questo nuovo governo non riu
scì ad assicurare la pace sociale1.
Le elezioni del febbraio 1936 portarono questa volta al potere
un governo del Fronte Popolare che prevedeva nel suo programma
la liberazione dei prigionieri politici e che intendeva favorire l’in
staurazione di un sistema sociale più paritario. Ma la coalizione che
formava il Fronte Popolare era molto debole. La lista dei candidati
rifletteva la nascita troppo frettolosa della coalizione e il suo pro
gramma elettorale non riusciva ad essere nemmeno una mediazione
fra i diversi punti di vista, ma una mera “accettazione dei pro
grammi repubblicani da parte dei partiti operai”12. Il punto di unione
fra i diversi gruppi era di carattere negativo: il desiderio di scon
figgere la coalizione di centro-destra. Ma la vittoria della sinistra di
132
pendeva dall’appoggio dell’elettorato operaio più rivoluzionario,
che si sentiva unito nel ricordo delle lotte condotte insieme durante
il sollevamento delle Asturie del 19343.
Le elezioni rivelarono e mascherarono allo stesso tempo le
profonde divisioni del paese. I partiti di sinistra, grazie alla loro
unione, erano riusciti a vincere per un soffio quelli di destra. I par
titi del centro subirono una notevole sconfitta. La Spagna era una
volta di più, polarizzata tra la destra e la sinistra, ma il funziona
mento del sistema elettorale diede come risultato una grande mag
gioranza di centro-sinistra alle Corti.
Le conseguenze di questa situazione furono immediatamente
evidenti. Anche se la coalizione del Fronte Popolare aveva vinto le
elezioni, né i socialisti né gli anarchici avrebbero accettato degli
incarichi in un governo che, dal loro punto di vista, continuava ad
essere “borghese”. Il nuovo governo repubblicano cercò di portare
avanti il suo programma di riforme liberali; fra queste, la riforma
agraria ed il recupero delle politiche regionali, la riforma dell’Eser
cito, quella dell’istruzione e la secolarizzazione della società già
sostenute dal governo repubblicano-socialista del 1931-1933. Nel
frattempo, gli operai e i contadini iniziarono a condurre autonoma
mente dei cambiamenti più rivoluzionari, espropriando le proprietà
dei latifondisti in Estremadura e in Andalusia e portando avanti un
programma di scioperi nelle zone industriali urbane. Gli omicidi,
che si contarono in entrambi gli schieramenti, contribuirono a
creare un’atmosfera di crescente malessere, sociale e politico4.
Così, quando i generali Franco, Mola, Queipo de Llano e Goded
diedero origine ad un tentativo di colpo di Stato tra il 17 ed il 18 lu-
Mondadori, Milano, 1980, pp. 75-78. Vedi anche JACKSON, Gabriel: “The Spanish
Popular Front, 1934-37”, Journal o f Contemporary History, 5 (1970), pp. 21,28; e
PAYNE, Stanley: The Spanish Revolution, New York, 1970.
3. Per ulteriori informazioni a proposito di queste lotte, si veda SHUBERT,
Adrian: The Road to Revolution in Spaiti. The Coal Miners o f Asturias, 1860-1934,
University of Illinois Press, Urbana, 1987; BRENAN, Gerald: The Spanish Laby-
rinth, pp. 284-95; e PEIRATS, José: La CNTnella Rivoluzione spagnola, 4 voli., Ed.
Antistato, Milano, 1970.
4. FRASER, Ronald: Blood o f Spaiti. An Orai History ofthe Spanish Civil War,
Pantheon, New York, 1979, pp. 83-104 e 513-74; BOOKCHIN: The Spanish Anar-
chists, caps. 9 e 10. Per informazioni sulla riforma agraria si veda MALEFAKIS,
Edward: Agrariam Refortn and Peasant Revolution in Spaine MALEFAKIS: “E1
problema agrario y la República”, in: La li República, pp. 37-48.
133
glio del 1936, poche persone ne rimasero veramente sorprese; i vin
coli che mantenevano unita la società erano ormai troppo fragili.
Ribellione e rivoluzione
Già da tempo le organizzazioni operaie stavano aspettando un
colpo di stato. Molte persone con cui ho parlato, uomini e donne,
hanno raccontato che nelle settimane che precedettero il solleva
mento dormivano nei locali dei sindacati per poter essere pronte
nel caso in cui si fosse verificata la chiamata alle armi. Senza dub
bio chi non era preparato era il governo. Tanto il governo nazio
nale quanto quello catalano avevano risposto negativamente all’ap
pello della CNT e della UGT di armare i lavoratori, temendo che
avrebbero potuto usare le armi contro la Repubblica Spagnola in
vece che per difenderla contro il golpe militare. Ma nonostante que
sto, quando i quattro generali si sollevarono (il 17 luglio in Ma
rocco ed il 18 luglio nella Penisola), la risposta del popolo fu rapida
e contundente, soprattutto nelle zone dove fra gli operai era stata
forte la presenza del sindacato come la Catalogna, Madrid e le
Asturie. Uomini e donne, ragazzi e ragazze, assaltarono le caserme
per impossessarsi dei fucili e delle munizioni che il governo si era
rifiutato di consegnargli. Il popolo prese le strade con le armi che
riuscì a trovare e si confrontò con l’esercito dei ribelli.
Nelle settimane e nei mesi che seguirono i militanti anarchici e
socialisti poterono contare molto sull’esperienza che si erano fatti
nei sindacati, nelle riunioni di quartiere e nei centri educativi e cul
turali per mobilitare milioni di persone e assumere il controllo di
ampi settori dell’economia e della società. Soprattutto nelle zone
dove gli anarchici erano più forti, come la Catalogna, gli operai
presero sotto il loro controllo le fabbriche e i luoghi di lavoro. Nelle
zone rurali le organizzazioni operaie espropriarono i latifondi, i pic
coli proprietari misero in comune le loro terre e il bestiame ed i
municipi istituirono nuovi sistemi di coltivazione collettiva. In poco
tempo milioni di persone vivevano e lavoravano in collettività (ru
rali e urbano-industriali) d’ispirazione anarchica e socialista, met
tevano in commercio i loro prodotti grazie alle cooperative e rico
struivano le loro relazioni interpersonali.
I ricordi di chi partecipò a questi avvenimenti ci possono forse
134
offrire un’idea migliore dell’entusiasmo che si respirava in quei
giorni. Per la prima volta i lavoratori, in numero massiccio, sentirono
che avevano il controllo del mondo, che stavano prendendo parte
ad un processo che lo stava trasformando in un modo assoluto. Così
lo ricorda Pepita Caipena, che allora aveva solo quindici anni:
In Spagna si sono fatte delle cose enormi. E ’ un ’esperienza che per es
sere capita fino infondo deve essere vissuta. Io vedevo come i compagni
creavano le collettività, organizzavano la socializzazione, erano respon
sabili senz.a avere in cambio nessun beneficio personale, facevano tutto
solo perché il popolo avesse quello di cui aveva bisogno. [...] Quello che
voglio dire è che io a quattordici e quindici anni ho vissuto un ’esperienza
che rimarrà per sempre impressa nella mia mente... In quel periodo gli
ideali divennero realtà... Anche se avessi dovuto dare in cambio la vita
non avrei voluto vivere senza aver vissuto quella esperienza5.
135
(Mariano Vàsquez) ed il resto “dell’alto comando” della CNT ave
vano partecipato all’assalto della caserma di Atarazanas, ai piedi delle
Ramblas.
Si sentivano gli spari da ogni parte. Avevo tanta paura. Non sapeva
mo cosa stava succedendo e nemmeno quello che avremmo potuto fare.
Pensavamo che se fosse accaduto il peggio, ed i compagni non fossero
riusciti ad avere la meglio nel porto di Atarazanas, avremmo potuto
costruire un rifugio. Andammo alla casa Cambò, una delle più belle
costruzioni di Barcellona, sulla via Layetana. Avevamo con noi una
piccola pistola e molti bastoni. [...]
N ell’altro lato della strada erano in corso dei lavori, e quindi lì vici
no c ’erano molti attrezzi. Con questi costruimmo delle barricate e poi
ne portammo degli altri all’interno dell’edificio per fortificarlo. Il porti
naio fu molto buono con noi, ci lasciò entrare ma ci disse di non spor
care l ’ascensore, altrimenti avrebbe perso il lavoro.
Portammo tutto fino in cima passando per le scale, ed innalzammo
delle barricate e delle fortificazioni. E quando i compagni tornarono,
naturalmente vittoriosi, e videro quanto era bello questo palazzo, lo
scelsero come Sede della CNT-FAI1.
Poi iniziò a parlare delle ore e dei giorni che seguirono, e del ruolo
che ebbero le donne nella repressione del sollevamento: “La cosa più
importante che fecero le donne - a parte, sia chiaro, tutti i gesti eroici
che intrapresero insieme agli altri - fu quella di salire sui tetti dei pa
lazzi e con megafoni di cartone cercare di convincere i soldati a met
tersi dalla nostra parte, a togliersi le divise e a unirsi al popolo.”
Enriqueta Rovira, che in quel periodo aveva vent’anni, si tro-
136
vava in vacanza con degli amici a Blanes, sulla Costa Brava. Alcuni
compagni del Comitato di Barcellona chiesero al Comitato di Bla
nes di avvisarli di tutto quello che stava accadendo, ed Enriqueta
salì sul primo treno diretto verso la capitale.
Le Milizie
Ma nonostante questo alcune donne impugnarono le armi, ed ar
rivarono ad integrarsi alle milizie popolari. Concha Pérez, ad esem
pio, figlia di un militante anarchico, cominciò la sua militanza a
quattordici anni, quando iniziò a far parte di un gruppo anarchico e
a partecipare all’Ateneo Libertario Faros, nel centro della città.
Dopo poco tempo collaborò all’organizzazione di un gruppo delle
Juventudes e poco dopo lei e altri compagni iniziarono ad interes
sarsi del loro quartiere, Les Corts, dove fondarono un gruppo/ate-
neo, a cui diedero il nome Humanidad. In seguito organizzarono
anche un gruppo della FAI, Inquietud, in cui rimasero Félix Carra-
squer e la sua compagna Matilde Escuder, e crearono una scuola ra
zionalista, chiamata Eliseo Reclus.
Anche se questi anni furono per Concha pieni di attività, in cui ci
fu anche un periodo di carcere per la sua partecipazione al solleva
mento del gennaio e del dicembre del 1934, le settimane ed i mesi
che precedettero il sollevamento militare del luglio ‘36 ebbero però
un grado di coinvolgimento totalmente diverso. Già da un mese
prima della rivolta tutti stavano all’erta: “Ormai si sapeva quasi con
certezza che ci sarebbe stato un colpo di Stato, e tutti lo stavamo
137
aspettando.” Nell’ultima settimana la tensione divenne sempre più
pesante e la vita sempre più intensa: “Ci trovavamo riuniti ogni
notte, riuniti nell’azione, fino a quando ci avvisarono che per strada
c’erano stati degli spari”. Il momento di intervenire non tardò ad ar
rivare: “Ci dissero allora di andare a requisire tutti i materassi e per
questo dovemmo dormire sul pavimento della sala.” Ma dove sa
rebbe stato possibile trovare un grande numero di materassi? Nei
bordelli! Una volta avuti i materassi tornarono ai loro gruppi e li si
stemarono sul suolo. Rimasero all’erta per un paio di giorni, in que
sto modo, dormendo a turno sul suolo, e, anche questo a turno, con
frontandosi a fuoco con i franco tiratori.
138
Il loro proposito era quello di “difendere la Rivoluzione” 11.
Anche se Concha fu poi una delle relativamente poche donne
che realmente lottarono al fronte, molti altri - uomini e donne - ri
sposero alla chiamata iniziale in difesa della Repubblica e, più con
cretamente, della Rivoluzione, e formarono le milizie. Kaminski le
ricorda così:
139
Concha rimase al fronte d’Aragona per vari mesi, fino a quando
arrivò la notizia della militarizzazione delle milizie. In quel mo
mento decise di andarsene, e nel novembre del 1936 tornò a Bar
cellona. Ma dopo aver provato l’intensità del fronte la vita civile le
sembrò vuota: “Qui [a Barcellona] non trovavo nulla che facesse
per me, mi demoralizzai un po’”. Così, quando trovò dei compagni
che si trovavano in permesso e che stavano andando a Huesca, de
cise di tornare al fronte con loro, e questa volta si unì al gruppo ita
liano Carlo Rosselli delle Brigate Internazionali. I viveri erano
estremamente scarsi e le condizioni di vita miserabili. “Prendemmo
tutti la scabbia perché le condizioni di vita erano pessime. Non ci
cambiavamo mai la biancheria. Vivevamo sulla paglia. Ci dovettero
mandare nella retroguardia. Solo allora mi resi conto che a Barcel
lona avrei potuto collaborare in modo migliore”. Tornò quindi a
Barcellona, trovò lavoro in una fabbrica di materiale bellico e di
venne membro del comitato dell’industria, fino alla fine della
guerra.
Anche se Concha ed altre donne lottarono gomito a gomito con
gli uomini - alcune di loro si fermarono al fronte fino a molto
tempo dopo la militarizzazione -, è evidente che le miliziane non fu
rono mai completamente accettate dalla maggioranza degli ele
menti sociali, perfino all’interno dei circoli rivoluzionari15. Inizia
rono a circolare dei manifesti e del materiale stampato con foto di
donne, soprattutto durante le prime settimane di guerra, ma la realtà
della donna soldato era difficile da accettare. Mary Nash sostiene
che anche se, di fatto, “era una donna in armi, non era però inco
raggiata ad impugnarle come soldato; in realtà la miliziana non fu
un esempio rappresentativo della resistenza femminile durante la
Guerra civile” che, nella maggior parte dei casi, si concentrava nelle
attività della retroguardia16. L’immagine della miliziana aveva il
proposito di stimolare la mobilitazione popolare, ma dopo l’entu
siasmo dei primi giorni e delle prime settimane di rivoluzione, per-
140
fino la maggior parte delle organizzazioni femminili sembravano
sostenere questo slogan: “Gli uomini al fronte, le donne al lavoro”.
Perché ebbe luogo questa retrocessione dell’entusiasmo per la
partecipazione delle donne che aveva caratterizzato i primi giorni?
Mary Nash ritiene che, salvo veramente poche eccezioni, il popolo
in generale e le organizzazioni rivoluzionarie non fossero prepa
rate a questo rovesciamento così straordinario dei ruoli tradizio
nali. Quando fu chiaro che si trattava di una guerra e che bisognava
combattere, quasi nessuna organizzazione era pronta a sostenere
che le donne avrebbero dovuto partecipare alla lotta nello stesso
modo degli uomini. Nella retroguardia, lì sì gli aiuti delle donne
erano ben accetti, ma non si poteva dire lo stesso del fronte di bat
taglia17.
Di fatti, quasi fin dall’inizio, ci furono dei tentativi per far allon
tanare le donne dal fronte. Questi tentativi si intensificarono quando
la ribellione si trasformò in una guerra su grande scala, e non è sba
gliato affermare che la militarizzazione venne accompagnata da
una campagna di discredito verso le miliziane. Secondo Mary
Nash: “Iniziò subito un movimento di discredito verso la figura
della miliziana, e l’atteggiamento iniziale di entusiasmo popolare
assunse poi un tono più critico, a volte anche derisorio che, sor
prendentemente, non venne mai apertamente contestato dalle or
ganizzazioni femminili” 18. In alcuni ambienti, e sulla maggior parte
della stampa, le miliziane vennero accusate di essere andate al
fronte con l’unico proposito di prostituirsi e di aver messo in gioco
la salute ed il morale degli uomini19. Qualche organizzazione fem
minile, e soprattutto la stampa comunista, si impegnò a sviluppare
una posizione secondo cui il lavoro delle donne non era il fronte,
141
ma le retroguardie20. Nel migliore dei casi questi argomenti erano
ispirati ai tradizionali stereotipi legati al genere, che sostenevano la
vecchia teoria secondo cui le donne erano meno adatte all’azione
militare e avrebbero servito meglio la causa occupando i posti la
sciati vacanti dagli uomini andati in guerra.
Di fatto, come vedremo più avanti (Capitolo V) la risposta di
Mujeres Libres fu piuttosto ambigua. E’ certo che né sulla rivista né
su nessun altro scritto delle militanti l’organizzazione si oppose di
rettamente al ritiro delle donne dal fronte. Ma la rivista pubblicò re
golarmente articoli che segnalavano la partecipazione delle donne
tanto nelle battaglie dei primi giorni quanto nelle milizie ai fronti di
battaglia. Come esempio, Mujeres Libres n. 13, riportava un articolo
su “La Capitana de Somosierra”, in cui si racconta la storia di Pepita
Vàsquez Nunez, una miliziana che fin dall’inizio era stata al fronte21.
L’aspetto particolarmente interessante è il tono di scusa di molti
di questi articoli, come se fossero state coscienti del fatto che la
partecipazione delle donne alle azioni di guerra fosse vista, nel mi
gliore dei casi, con scetticismo. Così, ad esempio, un articolo ap
parso su Mujeres Libres nell’ottobre del 1936 affermava che:
142
Così, anche se alcune donne rimasero al fronte, la maggioranza
di loro scelse o fu obbligata a scegliere di tornare alla vita civile e
di continuare le proprie attività nella retroguardia. Anche qui c’era
molto da fare. E, come vedremo, Mujeres Libres avrebbe dedicato
gran parte dei suoi sforzi ad appoggiare la militanza rivoluzionaria
in questo campo.
143
Ma non tutta la collettivizzazione avvenne volontariamente, né le
collettivizzazioni si stabilirono omogeneamente su tutto il territorio
della Spagna repubblicana; predominarono prevalentemente nelle
zone industriali della Catalogna e di Valencia e nelle aree rurali
dell’Aragona e di Valencia, ed in misura minore nelle zone rurali
della Castiglia e della Catalogna. Non è nemmeno vero che tutte le
collettivizzazioni ebbero un orientamento di tipo anarchico. Anche
i socialisti collettivizzarono in alcune zone, soprattutto nella re
gione centrale, e nella Catalogna molte fattorie vennero collettiviz
zate dalla Unió de Rebassaires. L’iniziativa nasceva solitamente a
livello locale, anche se in molti casi venne intensificata dalla pres
sione delle colonne anarchiche stabilite nelle vicinanze.
Gli anni di partecipazione alle lotte sindacali e l’attenzione che
da sempre avevano rivolto ai problemi di coordinazione, misero in
allerta i militanti delle città sulla necessità di cooperare con i com
pagni delle industrie e della campagna. Una necessità immediata
era quella di trovare generi alimentari. Come spiegava José Peirats,
uno storico anarchico, che era un ragazzo quando scoppiò la guerra:
24. José Peirats, intervista, Montady, 22 gennaio 1979. Confronta con KRO
POTKIN: La conquista del pane.
144
erano i primi giorni della rivoluzione, dovevamo trovare il cibo per la
gente. E poi, dopo aver fatto questo, andavamo ai grandi mercati con il
camion e lì prendevamo i generi alimentari25.
145
dente del comitato esecutivo del CENU. Il testo del decreto che pro
mulgava la sua creazione può dare un’idea della natura del pro
getto: “E arrivato il momento di un nuovo tipo di scuola, ispirato ai
principi razionalisti del lavoro e della fratellanza umana [...] che
crei una vita scolastica ispirata ad un sentimento di solidarietà uni
versale ed in armonia con tutte le inquietudini della società umana
ed alla base della soppressione di ogni tipo di privilegio”28.
Emma Goldman, invitata in Spagna dalla CNT durante la rivolu
zione, rimase letteralmente conquistata da quello che vide, soprat
tutto in quel primo periodo. Ancora prima di andare per la prima
volta in Spagna, nel settembre del 1936, scrivendo ad alcuni amici
disse che l’aspetto più importante della rivoluzione era quello co
struttivo: “Per la prima volta i nostri compagni non stanno solo lot
tando contro il nemico comune, ma stanno costruendo. Stanno
esprimendo in termini concreti il pensiero del nostro grande mae
stro Bakunin, ossia che lo spirito di distruzione è allo stesso tempo
lo spirito della costruzione”29. Quando arrivò a Barcellona non ne
rimase delusa. Scrisse a Rudolf e Milly Rocker quanto segue: “Ek>
già visitato tutte le fabbriche che sono sotto il controllo della CNT e
che sono autogestite dagli stessi operai, la ferrovia, i trasporti, rim
pianto della distribuzione del gas e del combustibile, le piste
dell’aviazione ed alcune fabbriche tessili. E’ sorprendente vedere
come tutto funziona al meglio. Quello che mi è rimasto più im
presso sono stati i contadini di un paese collettivizzato. Non avrei
mai creduto che sarebbe stato possibile trovare tante menti illumi
nate fra dei contadini”30.
Il sentimento di stare costruendo un qualcosa, o la sicurezza di
stare realizzando un progetto possibile, che accompagnavano la
partecipazione a queste attività, non avrebbero abbandonato per
molti anni le persone che ne avevano preso parte. Come ricorda
Enriqueta Rovira: “Provavamo qualcosa di veramente speciale e
prezioso. Provavamo un sentimento... Come lo potrei definire? Di
potenza. Non nel senso di dominio, ma nel senso che tutto stava
28. “Decret: Creació del Conseil de l’Escola Nova Unificada”, 27 luglio 1936,
riprodotto in PEIRATS, José: La CNT nella rivoluzione spagnola, Ed. Antistato,
Milano, 1970, Tomo I.
29. Emma Goldman a un amico, 9 settembre 1936, NYPL-EG.
30. Goldman a Rudolfe Milly, Io ottobre 1936; vedi anche Goldman a Stella
[Ballantine], 19 settembre 1936, NYPL-EG.
146
sotto il nostro controllo. Di possibilità. Un sentimento che ci fa
ceva sentire che finalmente stavamo facendo qualcosa insieme”31.
La collettivizzazione industriale
147
trollo operativo di tutte le centrali elettriche, il Comitato Centrale di
Controllo Operaio del Gas e dell’Elettricità, che riorganizzò le rela
zioni di produzione ed i salari, coordinò la distribuzione e lo scam
bio di fonti di energia con le altre parti del paese e cercò perfino di
comprare il carbone dalla Germania (nascondendo chiaramente
l’identità degli acquirenti)33.
Nella maggior parte delle industrie collettivizzate erano le assem
blee generali dei lavoratori a decidere la politica da seguire, e le de
legazioni elette dirigevano quotidianamente le questioni del giorno.
Nelle collettività industriali molti dei compiti ricadevano sulle dele
gazioni di fabbrica. Prima della guerra erano esistite molte delega
zioni di lavoratori in ogni industria dove era presente il sindacato.
L’aver partecipato a queste delegazioni fece sì che molti operai co
noscessero bene le fabbriche in cui lavoravano e avessero sviluppato
un senso della loro propria competenza34. Queste delegazioni si adat
tarono spontaneamente e facilmente alla situazione rivoluzionaria,
coordinando ed organizzando la produzione e - con parole di Dolo
res Prat, che aveva fatto parte della delegazione di fabbrica nel suo
posto di lavoro a Ripoll - “facendo attenzione che tutti lavorassero,
che non ci fossero ingiustizie e che tutti i lavoratori fossero contenti.”
Le delegazioni di fabbrica costituivano un altro livello dell’organiz
zazione. Erano composte dai rappresentanti dei sindacati e gestivano
più o meno la fabbrica collettivizzata35.
P.S. Barcellona: 1411,1419, 628, 174, 855, 889 e 1323; vedi Memoria del primer
Congreso regional de sindicatos de la Industria de la Edificación, Madera y De
coración de Cataluña, celebrado en Barcelona, los días 26, 27 y 28 de junio de
1937 (CNT-AIT, s.p. s.d.), AMB A.M. Entid. 259-4.8; Memoria del primer Con
greso de sindicatos de la Industria de la Edificación, Madera y Decoración, CNT
Valencia, 1937; Memoria del primer Pleno de Comarcales de la Industria de la
Edificación, Madera y Decoración de Cataluña, celebrado los días 5, 6 y 7 de
marzo de 1938 en Barcelona, AHN/SGC-S, Sección propaganda, n. 242. Sono
molto grata a Rafael Pujol per avermi fatto avere le copie degli atti dei comitati lo
cali, Fascicolo 108, documenti 882 e 883.
33. Si possono trovare gli atti di queste riunioni in AHN/SGC-S, P. S. Barcel
lona: 182: 29 settembre 1936 (salario unificato); 20 ottobre 1936 (disciplina ope
raia); 23-30 ottobre 1936 (tentativi di comprare carbone dalla Germania).
34. Uno dei libri di atti del Sindacato Unico della Metallurgia, Barcellona,
CNT, Sezione Caldaisti del rame, ad esempio, inizia con un informe di una riu
nione che ebbe luogo il 26 settembre 1931 e continua fino al dicembre 1936.
AHN/SGC-S, P.S. Barcellona: 1428.
35. Dolores Prat, intervista, Tolosa, 28 aprile 1988.
148
Durante i primi giorni di rivoluzione, ad esempio, il consiglio
coordinatore del sindacato tessile di Badalona chiese alle delega
zioni di fabbrica di assumerne il controllo e chiese loro di compilare
con precisione un registro indicando le entrate, la produzione della
rendita, ecc. Dopo una settimana un altro comunicato sollecitò i
membri a creare una delegazione di controllo operaio in tutte le
fabbriche36. Queste delegazioni, elette da un’assemblea generale
di lavoratori e costituite dai rappresentanti di ogni sezione, furono
le unità di base del “controllo operaio”. Le delegazioni ammini
stravano i registri, assegnavano gli incarichi all’interno della fab
brica e controllavano la coordinazione con le altre imprese ed all’in
terno dello stesso ramo delle industrie. Grazie al loro aiuto il
sindacato coordinava la produzione di tutta l’industria tessile37.
Strutture e procedimenti analoghi esistevano anche nelle altre in
dustrie. Ma nonostante quest’organizzazione, Alberto Pérez Barò,
che lavorò per la Generalitat come osservatore del buon svolgi
mento delle collettivizzazioni, criticava il reale funzionamento di
queste delegazioni. Secondo lui troppi militanti della CNT confon
devano il controllo operaio con il controllo sindacale, e tendevano
a negare o a rifiutare ogni conflitto di interesse che sarebbe potuto
sorgere - a quale fabbrica assegnare determinati obiettivi di pro
duzione o la regolamentazione della competenza fra le fabbriche e
le condizioni di lavoro, ad esempio38.
Complessivamente queste strutture furono straordinariamente
efficaci, non solo per mantenere la produzione ma anche per in
staurare dei cambiamenti nelle politiche di produzione e di gestione
del personale. Gli operai tessili che fabbricavano tessuti e uniformi
per le milizie, ad esempio, svilupparono nuove tecniche che per
misero di sostituire nell’elaborazione delle tele il cotone, diffìcile da
36. “Copia del texto que corno manifiesto lanzó a los trabajadores la Junta Cen
tral del Sindicato de Industria Fabril y Textil de Badalona y su radio el dia 22 de
julio de 1936, aplastado el movimiento de las fuerzas armadas producido el dia 19
en Barcelona” e “Comunicado”, La Giunta del Sindacato di Fabbrica e Tessile di
Badalona e della sua Radio, Badalona, 29 luglio 1936, entrambi i documenti della
collezione di Josep Costa.
37. Costa, interviste, 12 e 19 febbraio 1988.
38. Pérez-Baró, intervista, Barcellona, 14 luglio 1979. A proposito del con
trollo operaio dei tranvia, vedi TRAUBER, Walter: “Les tramways de Barcelona
collectivisés pendant la révolution espagnole (1936-1939)”, Bulletin d ’Information
F.I.E.H.S., n. 2 (marzo 1977), pp. 8-54.
149
reperire, con una fibra di canapa. Nella gestione del personale uno
dei cambiamenti portati avanti nell’industria tessile collettivizzata
fu l’abolizione del lavoro a cottimo e l’incorporazione in fabbrica
delle donne che fino ad allora avevano lavorato in casa. Inoltre, per
lo meno in alcune zone, le delegazioni operaie riuscirono a mettere
in pratica delle idee fondamentali per il “diritto al lavoro”. Dolores
Prat, che ricoprì l’incarico di segretaria generale della sezione di
fabbrica del sindacato tessile della CNT di Ripoll, sostiene che,
quando, dopo il maggio 1937, in seguito alla diminuzione degli or
dini dall’estero si dovettero diminuire le ore di produzione, venne
adottata una settimana lavorativa di tre giorni, dividendo il lavoro
che c’era fra tutto il personale della fabbrica - evitando così la di
soccupazione - e continuarono a pagare a tutti un salario base39.
In molti settori, specialmente in quello metallurgico e nell’indu
stria chimica, molte donne andarono a ricoprire i nuovi posti di la
voro. Molti sindacati collaborarono con Mujeres Libres nell’in
staurazione di programmi di formazione tecnica per le nuove
lavoratrici. A Barcellona e a Madrid erano le donne ad occuparsi
del funzionamento del sistema dei trasporti pubblici. Numerose ri
viste del sindacato della CNT dedicarono interi articoli alle temati
che femminili, occupandosi soprattutto dell’integrazione delle
donne nella forza lavoro e diedero un giudizio positivo ai contributi
che le donne stavano apportando alla produzione nelle fabbriche
ed ai loro ruoli aH’interno del sindacato40.
Ma nonostante tutto non sarebbe comunque corretto affermare
che le donne all’interno di queste collettività industriali raggiun
sero realmente un livello di uguaglianza con gli uomini. Nell’ana-
lizzare uno qualunque dei possibili criteri di valutazione - a parità
di lavoro parità di salario, uguaglianza di partecipazione alle attività
di gestione operaia o la divisione sessuale del lavoro -, si può os
servare che le collettività furono abbastanza insoddisfacenti in me
rito alla questione dell’uguaglianza.
Per quanto riguarda i salari, ad esempio, la CNT era chiaramente
150
convinta della teoria dell’uguaglianza. Anche se l’organizzazione
aveva per molto tempo difeso la teoria dello stipendio unico, ossia,
di uno stipendio uguale per tutto il personale di una stessa fabbrica
o industria, le fabbriche raramente raggiunsero questo obiettivo. Le
delegazioni di fabbrica della maggior parte delle industrie manten
nero o reintrodussero differenze salariali per i diversi “livelli” di la
voro, con uno sforzo diretto a conservare la cooperazione di diret
tori, supervisori e personale tecnico, anche se cercarono di
uguagliare i salari fra diverse “ex aziende” di una stessa industria
collettivizzata41. Una storia che mi è stata raccontata diverse volte ri
guarda i lavoratori del teatro dell’Opera di Barcellona. Sembra che
un gruppo di loro avesse proposto che tutti i lavoratori, dalle ma
schere e gli attrezzisti ai cantanti, percepissero lo stesso stipendio. I
cantanti approvarono questo progetto, sempre che le maschere e gli
attrezzisti si fossero alternati con loro nel l’interpretare i ruoli prota
gonisti dei cantanti. La proposta venne quindi subito abbandonata.
Le differenze tra i salari degli uomini e delle donne continua
rono. Secondo Pepita Camicer, che durante la guerra lavorò a Igua
lada in una fabbrica tessile collettivizzata, la grande maggioranza
dei lavoratori della sua fabbrica erano donne ed esistevano tre livelli
di salario. I più alti erano per i responsabili, che erano tutti uomini:
il direttore, i vari capomastro, e gli elettricisti. Il secondo livello sa
lariale veniva corrisposto alle impiegate regolari, le “madri di fa
miglia”: le maestre e le orditrici. Il terzo livello spettava alle ap-
prendiste42. Anche se le donne rappresentavano la maggioranza
degli impiegati nell’industria tessile, continuarono però ad occu
pare i posti peggio remunerati. I salari bassi erano giustificati dal
fatto che il lavoro delle donne non era né tanto pesante né tanto dif
ficile quanto quello degli uomini. E l’affermazione che il lavoro
41. Gli atti del Comité Central de Control Obrero de Gas y Electricidad della
Catalogna, ad esempio, riflettono i frequenti dibattiti che si produssero sulla pari
ficazione dei salari in questa industria. “Reunión del Pieno del Comité Central de
Control Obrero, celebrada a las 11.15 horas, del dia 29 de Septiembre de 1936...”,
AHN/SGC-S, P.S. Barcellona: 182. Si veda anche AHN/SGC-S, P.S. Barcellona:
626 (a proposito del tessile); e TRAUBER: “Les tramways de Barcelona”, p. 29.
Si vedano anche le interviste a Federica Montseny, a Tolosa, il 1° febbraio 1979;
a José Peirats, a Montady, il 22 e 23 gennaio 1979; a Josep Costa Font, a Barcel
lona, il 12 febbraio 1979, e a Magi Mirabent, a Barcellona, l’8 febbraio 1979.
42. Pepita Camicer, intervista, Parigi, 7 gennaio 1982.
151
“maschile” era effettivamente “pesante” giustificava anche l’esclu
sione delle donne dai posti meglio pagati.
La situazione cambiava in qualche misura nelle aree dove nel
periodo prebellico c’era stata una certa attività organizzata dalle
donne. Teresina Graells ricorda che all’inizio degli anni Trenta un
gruppo di donne iniziò a riunirsi nel sindacato del ramo tessile della
CNT di Terrassa, e che questo gruppo riuscì a fare in modo che il
sindacato, ancora prima della guerra, inserisse nel suo programma
di rivendicazioni anche l’uguaglianza salariale ed il congedo per
maternità. Ma a parte questo, era davvero poco frequente che si ve
rificasse questa situazione43.
Anche le strutture di partecipazione e di leadership furono in
soddisfacenti per quanto riguarda le aspirazioni egualitarie. La CNT
aspirava ad una società anarco-sindacalista strutturata principal
mente attorno alle organizzazioni sindacali. Anche se ufficialmente
in queste organizzazioni la partecipazione e la leadership erano
aperte a tutti, nella pratica i lavoratori uomini partecipavano molto
più regolarmente alle delegazioni di fabbrica e tendevano quindi a
monopolizzare i posti di comando44.
Ci fu qualche eccezione, soprattutto nelle industrie dove la pre
senza femminile era maggioritaria. Secondo Pepita Carnicer la
maggioranza dei membri della delegazione della fabbrica tessile
dove lavorava erano donne, tra cui vi era anche sua madre. Teresina
Grells fu membro militante e leader dell’organizzazione femminile
del sindacato tessile di Terrassa e Dolores Prat ricoprì il ruolo di
segretaria generale del suo sindacato a Ripoll. Ma sembra che le
loro esperienze non fossero una normale e comune consuetudine.
Anche se uomini e donne lavoravano insieme in una fabbrica le
donne continuavano a venire escluse dai posti di leadership.
Inoltre il punto di vista sindacalista dell’organizzazione sociale
escludeva necessariamente le persone che non facevano parte del
sindacato dalla partecipazione attiva nel momento di prendere delle
152
decisioni. In teoria la “federazione locale dei sindacati” (che inclu
deva i rappresentanti di tutte le industrie e di tutte le fabbriche di
una data località) doveva trattare le questioni generali che erano
d’interesse per tutta la comunità, ma non esisteva in queste riunioni
una rappresentazione specifica dei lavoratori che non facevano
parte del sindacato, o a parte qualche eccezione, delle organizza
zioni anarchiche che erano rimaste al di fuori del sindacato, come
gli atenei. Così, tanto la determinazione di quali fossero le que
stioni di interesse per la comunità quanto le decisioni che dove
vano prendersi per questa ricadevano sui membri del sindacato.
Dati i livelli relativamente bassi di partecipazione femminile ai
posti di responsabilità all’interno dei sindacati, il dominio sinda
cale nelle decisioni su questioni economiche e sociali perpetuava il
meccanismo secondo cui le problematiche che erano più impor
tanti per le donne non venivano considerate come prioritarie. Le
organizzazioni del movimento, di predominio maschile, continua
vano ad analizzare la situazione delle donne partendo da quello che
oggi chiameremmo divisione fra il pubblico ed il privato. Se per
caso veniva posto il problema della loro emancipazione, pensavano
che bisognava occuparsi solo della loro emancipazione nell’ambito
professionale. Non riuscivano a capire che i ruoli domestici riser
vati alle donne si scontravano con la loro partecipazione “pubblica”
(ad esempio all’interno del sindacato).
Di fatto, l’abolizione del lavoro a cottimo e l’incorporazione
delle donne nelle fabbriche tessili - quest’ultima considerata dagli
uomini che riuscirono ad ottenerla come uno dei traguardi più im
portanti della collettivizzazione, perché si rendeva possibile l’in
corporazione delle donne alla forza lavoro, e per questo potevano
essere ritenute “uguali” agli uomini - rivelano i problemi di un’ana
lisi che non presta la dovuta attenzione alla complessità della vita
delle donne. Anche se gli uomini che insistettero per realizzare que
sta incorporazione erano davvero convinti che avrebbe aiutato le
donne, quelle che la vissero non sempre ne furono d’accordo. Il la
voro a cottimo dava alle donne l’opportunità di decidere a che ritmo
lavorare e quante ore dedicare al lavoro. E, cosa ancora più impor
tante, permetteva loro di occuparsi dei figli ed allo stesso tempo
della famiglia. L’orario ed il salario migliorarono considerevol
mente partecipando alla vita di fabbrica, ma per molte donne ade
guarsi alla nuova disciplina ebbe un prezzo molto alto, e se a que
153
sto aggiungiamo la mancanza di strutture che avrebbero dovuto ac
cogliere i loro bambini, dovette sembrare loro ancora più difficile
trovare un equilibrio fra questi molteplici ruoli45.
Il “doppio ruolo” continuava ad esistere, c’erano donne che la
voravano nella fabbrica e che quando arrivavano a casa dovevano
preparare il pranzo, pulire, prendersi cura dei figli od occuparsi del
padre e dei fratelli. Anche se molte persone si rendevano conto
dell’eccessivo carico di lavoro delle donne quasi nessuno capiva
che sarebbe stato possibile cambiare questa situazione46. Ma allo
stesso tempo, nonostante tutto, le vite di molte di loro cambiarono
notevolmente in seguito alle nuove straordinarie opportunità di par
tecipazione che le vennero offerte con l’accesso a una maggiore
varietà di attività economiche. Inoltre lo sviluppo di Mujeres Li-
bres assicurò alle donne 1’esistenza di altre opportunità volte a
estendere la loro partecipazione oltre alla limitata sfera economica.
La collettivizzazione rurale
45. Sia Albert Pérez-Baró che Andrés Capdevila mi hanno raccontato che ci
sono stati molti problemi per far entrare le donne in un sistema di “disciplina”;
erano restie a lavorare sotto il nuovo sistema. Ma nessuno dei due ha pensato che
la resistenza delle donne potesse dipendere da qualcosa che non fosse altro che pi
grizia o testardaggine.
46. Si veda, ad esempio, la lettera di un’operaia al sindacato tessile di Reus, in
cui dice di sentirsi obbligata a dimettersi dal suo posto nel sindacato e come dele
gata del comitato di fabbrica a causa del suo matrimonio ormai prossimo.
AHN/SGC-S, P.S. Barcellona: 857.
154
lamente in alcuni casi alle cooperative di produttori e consumatori.
Soledad Estorach viaggiò nei primi mesi di guerra con alcuni
rappresentanti della CNT, della FAI e della FIJL attraverso l’Aragona,
la Catalogna e parte della regione valenziana. Descrisse così il ruolo
dei questi militanti nel processo della collettivizzazione:
155
lamente pochi membri della collettività avevano fatto parte della
CNT prima della guerra. Sembra che sia stata una iniziativa della
CNT a rendere possibile nell’ottobre del 1936 la nascita della collet
tivizzazione49.
In Aragona, dove il modello di proprietà delle terre era diverso,
anche il processo di collettivizzazione avvenne in modo differente.
In questa regione c’erano molti piccoli proprietari che formarono
delle collettivizzazioni mettendo in comune la terra che possede
vano e che da sempre avevano lavorato. Queste collettivizzazioni si
comportarono in due modi diversi con i grandi proprietari delle
terre a loro vicine: o li obbligarono a far parte delle collettivizza
zioni o gli permisero di lavorare per conto proprio una quantità di
terra, che un tempo era stata loro proprietà, sufficiente per poter vi
vere con le loro famiglie, “alleggerendoli” del resto. In alcuni com
prensori dell’Aragona la maggior parte dei membri delle colletti
vizzazioni non aveva mai posseduto della terra prima della guerra.
Una lista delle persone che entrarono a far parte delle collettivizza
zioni nel comune di Gelsa, ad esempio, ci illustra che la maggior
parte dei suoi partecipanti erano dei mezzadri che avevano o pochi
o nessun terreno di proprietà50. Evidentemente il processo ed i ri
sultati della collettivizzazione cambiavano da un paese all’altro, ed
erano influenzati dalla vicinanza delle unità delle milizie della CNT.
Anche se le testimonianze su quante forze vennero impiegate per la
creazione delle collettivizzazioni variano, anche molti militanti
anarchici riconoscevano che il passaggio delle milizie della CNT in
una zona aiutava a creare un “clima” favorevole alla collettivizza
zione51. Susan Harding ha sottolineato le ambiguità:
49. Interviste, Lérida, maggio 1979. Vedi anche Juan Doménech a Juan Garcia
Oliver, maggio 1938, IISG/CNT: 35.
50 AHN/SGC-S, P.S. Aragona: 113.
51. Ad esempio, Arturo e Luzdivina Parera, interviste, Sitges, 22 e 23 luglio
1979; vedi anche FRASER: Blood o f Spaia, soprattutto pp. SAI-12. Per conoscere
altri punti di vista, vedi CARRASQUER, Félix: Las colectividades de Aragón.
Un vivir autogestionado, promesa de futuro, Laia, Barcellona, 1986, soprattutto
pp. 27-28; e LEV AL, Gaston: Espagne libertaire 36-39. L ’oeuvre constructive de
la Révolution espagnole, Editions du Cercle, Éditions de la Tête de Feuilles, Pa
rigi, 1971.
156
un ’esperienza intensa e senza dubbio contraddittoria. Nella maggior
parte dei paesi aragonesi esisteva un nucleo di persone favorevole alla ri
voluzione anarchica, e molti abitanti dei paesi limitrofi si unirono con
entusiasmo alle collettivizzazioni. [...] Ma bisogna anche ricordare che
molti contadini parteciparono però alle collettivizzazioni controvoglia,
e, per tutti, il clima di coercizione nato dalle esecuzioni e dalle minacce di
esecuzioni rese impossibile una reale opposizione52.
157
per discutere quale lavoro doveva essere fatto con più urgenza e
per accordarsi sulla ripartizione dei lavori. Nelle collettività più
grandi invece, i rappresentanti di ogni gruppo di lavoro si riuni
vano ad intervalli regolari. Le assemblee generali delle collettiviz
zazioni si tenevano settimanalmente, ogni quindici giorni oppure
con scadenza mensile e trattavano ogni tipo di problema, dall’ora
rio e dai salari alla distribuzione degli alimentari e del vestiario54.
I traguardi di queste collettivizzazioni furono molto importanti. In
molte zone si mantenne, e persino aumentò, la produzione agricola,
spesso grazie all’introduzione di nuovi sistemi di coltivazione e di
fertilizzazione. A Valencia la UGT e la CNT formarono il CLUEA (Con
siglio Levantino Unificato di Esportazione di Agrumi), che colletti
vizzò l’industria dell’esportazione degli agrumi. Anche se la sua pos
sibilità di operare fu molto limitata a causa delle esigenze di guerra,
della mancanza di esperienza dei lavoratori che lo dirigevano e della
chiusura dei mercati stranieri, coordinò sia la produzione che l’espor
tazione dell’industria agricola, che era la fonte maggiore di profitto
del paese. In altre parti i collettivisti costruirono dei pollai, delle stalle
ed altri servizi per l’allevamento degli animali della comunità. Le fe
derazioni delle collettivizzazioni coordinarono la costruzione di
strade, scuole, ponti, canali e canali d’irrigazione. Alcune di queste
costruzioni si conservano ancora e rappresentano il contributo dura
turo delle collettivizzazioni all’infrastruttura della Spagna rurale55.
Chi partecipò alle collettivizzazioni fece anche in modo di predi
sporre il trasporto di quello che avanzava nella produzione delle col
lettivizzazioni più ricche verso quelle che soffrivano di scarsità di
prodotti, e questo avveniva direttamente tra un paese e l’altro, o gra
zie a dei meccanismi creati dalle delegazioni regionali. La ridistribu
zione che si riuscì a portare a termine non fu totale: i trasporti e le co
municazioni in molti casi erano insufficienti, e l’impegno nel
158
processo di ridistribuzione non si poteva proprio definire unanime.
Ma come diceva Félix Carrasquer prendere coscienza di quello che
stava succedendo era un processo continuo:
C ’era, senza dubbio, chi non voleva condividere e chi diceva che
ogni collettivizzazione si doveva arrangiare per conto proprio. Ma, nor
malmente, durante le assemblee si convincevano del contrario. Cerca
vamo di parlargli in modo che fosse facile capirlo. Domandavamo loro:
“Ti sembrava giusto che il cacicco lasciasse morire di fame la gente
quando non c ’era lavoro per tutti?” E rispondevano: “Beh, è chiaro
che non mi sembrava giusto. ” Alla fine cambiavano idea. Non bisogna
dimenticare che c ’erano trecentomila persone che partecipavano alle
collettivizzazioni e che solo dieci mila di loro avevano fatto parte della
CNT. Avevamo molte cose da insegnare56.
Il problema non era semplice. A parte le zone dove c’era già stata
in precedenza un’esperienza di comuniSmo libertario, la collettiviz
zazione rappresentava un cambiamento notevole nel modo di orga
nizzare la vita ed, evidentemente, molti contadini avevano delle dif
ficoltà ad adattarsi al nuovo sistema. Solidaridad Obrera, Nuevo
Aragón, Acracia, Castilla Libre ed altri giornali diretti dalla CNT pub
blicavano articoli sul funzionamento delle collettivizzazioni e face
vano appelli al piccolo borghese rurale affinché non avesse paura
della rivoluzione e ai contadini affinché non rimanessero legati alle
antiche maniere di fare le cose, per quanto familiari gli fossero57.
In generale, ed era anche prevedibile, le collettivizzazioni agri
cole ottennero in misura maggiore rispetto alle collettivizzazioni
industriali l’obiettivo anarchico dell’uguaglianza, per lo meno ri
spetto ai salari. Sembra che ci fossero fondamentalmente due si
stemi di pagamento dei salari. Il primo era quello di pagare a tutti i
membri della collettivizzazione una quantità fissa al giorno. L’altro
159
era quello chiamato salario familiare, che proporzionava la quantità
del salario alle dimensioni della famiglia per potersi così avvici
nare all’obiettivo del comunismo libertario “ad ognuno secondo le
proprie necessità”.
Alcune collettivizzazioni pagavano a tutti i lavoratori lo stesso sa
lario, senza tenere in considerazione il tipo di lavoro svolto. Ad
esempio, quelle di Monzón e di Miramel, in Aragona, pagavano lo
stesso salario sia agli uomini che alle donne. Ma la maggioranza sta
bilì delle differenze abbastanza importanti tra i salari delle donne e
quelli degli uomini58. Perfino i sistemi di salario familiare include
vano questa valutazione discriminatoria del lavoro. ¡Adelante!, a Lé
rida, e El Porvenir, a Valencia, pagavano salari al “capofamiglia”
stabiliti secondo il numero, il sesso e l’età dei membri della famiglia.
A El Porvenir il “capofamiglia” riceveva quattro pesetas al giorno
per sé stesso, una peseta e cinquanta centesimi per la sua compagna,
settantacinque centesimi per ogni figlio con più di dieci anni e cin
quanta centesimi per ogni figlio più piccolo di questa età59. Alcune
collettivizzazioni dell’Aragona portarono avanti una combinazione
di questi due sistemi. A Fraga, ad esempio, le donne che lavoravano
fuori casa nei lavori tradizionalmente femminili di selezione ed im
ballaggio dei fichi ricevevano per il loro lavoro la stessa paga gior
naliera degli uomini. Durante i mesi in cui “si occupavano sempli
cemente della casa o dell’orto di famiglia” non venivano pagate.
Voleva dire che il salario familiare pagato al marito o al padre riflet
teva il loro contributo alla collettività in modo indiretto60.
Inoltre sembra essere prevalsa la tradizionale divisione sessuale
del lavoro. Gli atti della collettivizzazione di Lérida, ad esempio, il-
160
Dall’Archivio Sara Berenguer
Rivista Mujeres Libres n. 5,
1936 - Sessantacinquesimo
giorno della rivoluzione
mujerer ¡vares
cruzada contra et-
desde for
deludas
en esta
gran
meda
Retro n. 8
Crociata contro l ’analfabetismo
N'úm. 8
Agosto 1936, verso il fronte
Milizieine al fronte
162
zione che le sosteneva.64 In Aragona si formò il Consiglio d’Ara-
gona, e a Valencia, la Delegazione Esecutiva Popolare. In Aragona,
senza dubbio, contrariamente a quanto avvenne in Catalogna o a
Valencia, non esisteva una struttura di governo formale. La delega
zione rivoluzionaria governò la regione durante tutta la Guerra ci
vile. Ciò nonostante, questo breve periodo di “duplice potere” servì
alla fine per consolidare ulteriormente il potere nelle mani del go
verno65.
Questi cambiamenti politici vennero molto influenzati dal conte
sto intemazionale in cui si sviluppò la Guerra civile spagnola. La
guerra iniziò nell’estate del 1936, quando Hitler era al potere in
Germania, e finì nella primavera del 1939, poco prima dell’inva
sione della Polonia da parte della Germania, evento che diede inizio
alla II Guerra Mondiale. I paesi considerati come naturali alleati
della Repubblica spagnola, l’Inghilterra, la Francia (che aveva un
governo di Fronte Popolare) e gli Stati Uniti, adottarono una politica
di “neutralità” per il timore di offendere Hitler e Mussolini e di ap
poggiare il governo “rosso” spagnolo. Non solo non vollero ven
dere armi alla Repubblica, ma proibirono anche il commercio di
ogni tipo di materiale che potesse avere un valore strategico. Questa
politica venne applicata in modo straordinariamente incoerente: il
governo “nazionalista” di Franco riuscì nonostante l’embargo a
comprare petrolio e benzina dalle compagnie petrolifere statunitensi.
Ma anche se nell’agosto del 1936 Hitler e Mussolini avevano fir
mato il “Patto di Non Intervento”, fu subito evidente che non ave
vano nessuna intenzione di rispettare quelle disposizioni. Negli anni
che seguirono fornirono le armi ai ribelli, il materiale di guerra, le
truppe e appoggio aereo in grande scala, basti ricordare il bombar
damento aereo della Luftwaffe sulla città basca di Guernica. La Re
pubblica era effettivamente isolata ed abbandonata. Nei primi giorni
dell’ottobre del 1936 se non fosse stato per l’appoggio dell’Unione
Sovietica e del Messico, quasi sicuramente sarebbe caduta nelle
64. GARCÌA OLIVER, Juan: El eco de los pcisos, Ruedo Ibèrico, Barcellona,
1978, p. 171; ABAD DE SANTILLÀN, Diego: ¿Por qué perdimos la guerra?,
Plaza y Janés, Barcellona, 1977 (El Arca de Papel), pp. 88, 124-125; e LORENZO,
César: Les anarchistes espagnols et le pouvoir, 1868-1969, pp. 102-10.
65. Emma Goldman comunicò le sue paure ed i suoi timori a proposito di que
sta situazione a molti amici e compagni. Vedi EG a My dear Mark [Mrachny], 3
ottobre 1936, NYPL-EG.
163
mani degli insorti prima della fine di quello stesso anno66.
Ma anche se l’appoggio sovietico fu cruciale per far proseguire
la resistenza, influì anche sul corso della rivoluzione sociale e della
stessa guerra. Stalin appoggiò con decisione la strategia del Fronte
Popolare nel tentativo di costruire un’alleanza con l’Occidente ca
pitalista contro il fascismo. Aveva quindi l’interesse di minimiz
zare (se non reprimere) l’aspetto rivoluzionario della Guerra civile
spagnola e di presentarla all’Occidente come una semplice guerra
in cui si scontravano la democrazia ed il fascismo.
Man mano che la guerra andava avanti e l’appoggio dell’Unione
Sovietica diventava ogni giorno più essenziale per la sopravvivenza
della Repubblica, l’influenza del Partito Comunista spagnolo (che
quando era scoppiata la guerra non aveva più di tremila iscritti)
nella politica repubblicana divenne sempre più forte. La politica
del Fronte Popolare incentrata nel suo impegno di vincere la guerra
e di difendere la repubblica democratica, cambiò con il tempo per
arrivare a dominare le alleanze rivoluzionarie operaie. Il PCE e il
PSUC diventarono i rappresentanti della piccola borghesia e dei
piccoli proprietari rurali in opposizione alle organizzazioni operaie
rivoluzionarie. Presto adottarono una politica esplicitamente con
trorivoluzionaria, opponendosi alle milizie ed alle collettivizzazioni
e sostenendo la protezione della proprietà privata67. Le organizza
zioni del movimento libertario lottarono per opporsi a queste scelte
politiche ma la pressione fu decisamente molto intensa. Già nel set
tembre 1936 la CNT faceva notare l’importanza dell’unità antifa
scista. In un discorso radiofonico tenuto a Madrid, ad esempio, Fe
derica Montseny dichiarava: “Ora non siamo né socialisti, né
anarchici, né repubblicani, siamo tutti antifascisti, perché sappiamo
tutti che cosa rappresenta il fascismo”68. Verso la fine di quello
164
stesso mese tre membri della CNT entrarono a far parte del Consi
glio della Generalitat di Catalogna, che annoverava già rappresen
tanti di tutte le organizzazioni operaie e dei partiti politici. Alcuni
giorni dopo il Comitato Centrale delle Milizie Antifasciste venne
sciolto. Appartenere ad un corpo politico era evidentemente un
chiaro abbandono dei principi anarchici tradizionali. Solidaridad
Obrera giustificava questa misura basandosi sulle necessità della
guerra: “In una guerra deve esistere una direzione. Deve essere
creata una delegazione che sia l’unica responsabile delle misure di
carattere militare che si intendono intraprendere. Accanto ai tec
nici militari deve coesistere una delegazione che faccia in modo
che tutti i lavoratori occupino il loro posto”69.
Per tutto il mese di ottobre, Solidaridad Obrera pubblicò reiterati
appelli alla creazione di un consiglio di difesa nazionale che unisse
tutte le forze antifasciste in un organismo non governativo. Soste
neva che una politica partitica non fosse adeguata al compito a cui
dovevano far fronte70. Ma gli appelli non trovarono nessun eco su
Largo Caballero, il dirigente socialista che ricopriva allora il ruolo
di presidente del governo. Infine, di fronte all’alternativa di entrare
a far parte del governo o di perdere la possibilità di trovare delle
armi ed il coordinamento della lotta, la CNT cedette.
Quattro rappresentanti della CNT e della FAI accettarono il 2 no
vembre incarichi ministeriali all’interno del governo di Largo Ca
ballero, in cambio di una promessa di armi per la Catalogna e con
la speranza di poter preservare gli obiettivi raggiunti della rivolu
zione. Emma Goldman condivideva con la maggioranza degli anar
chici non spagnoli la preoccupazione per le conseguenze di questa
decisione. Scrisse in proposito a Rudolf Rocker che aver compiuto
questo passo “lungi da poter aiutare, [ha portato] un danno incredi
bile ai nostri compagni e al loro lavoro”71. Di fatto, come temeva
Emma Goldman, gli anarchici iniziarono quasi immediatamente a
69. “Es necesario que los trabajadores cooperen en la obra de los camaradas
que ocupan los puestos de responsabilidad”, Solidaridad Obrera (30 settembre
1936), p. 1; articoli relativi a questa tematica apparirono nei giorni 29 settembre e
2 ottobre.
70. “Importantísimo manifiesto de la CNT”, Solidaridad Obrera ( I o ottobre
1936).
71. Goldman a Rudolf, Barcellona, 3 novembre 1936, NYPL-EG.
165
perdere terreno, mentre le forze controrivoluzionarie ottenevano
sempre più controllo sulla politica di governo, sia a livello locale
che nazionale. Il 24 ottobre 1936 la Generalität promulgò un De
creto di Collettivizzazioni e Controllo Operaio, formalmente dise
gnato per “normalizzare” le collettivizzazioni, che limitava il po
tere delle delegazioni del controllo operaio. In novembre i
rappresentanti delle industrie collettivizzate del Gas e dell’Elettri
cità si lamentavano del fatto che la Generalität avesse proibito al
Comitato Centrale del Controllo Operaio di ritirare i fondi senza
previa autorizzazione della Generalität72. Nel dicembre 1936, le
milizie erano già state militarizzate; si stabilirono subito dei rigidi
controlli sulle collettivizzazioni industriali ed agricole, limitando
il controllo operaio. Come ricorda Emma Goldman gli anarchici si
videro incastrati nel dilemma di cercare di imporre la propria vo
lontà (come in una dittatura) o di partecipare ad un governo, op
zioni entrambe riprovevoli. Considerarono la partecipazione il
male minore73.
Da lì a pochi mesi gli interessi politici prevalsero sugli obiettivi
rivoluzionari e l’alleanza politica tolse di mezzo l’alleanza rivolu
zionaria. A Barcellona le forze comuniste presero l’iniziativa con
tro gli anarchici ed il POUM, periodo che sarebbe stato poi noto
come “le giornate del maggio” del 1937, attaccando la centrale te
lefonica che era sotto il controllo della CNT e arrestando (e facendo
letteralmente “sparire”) i dirigenti del POUM. I ministri della CNT
lanciarono per radio un appello ai loro affiliati a lasciare le armi, per
non dare al governo e ai comunisti una giustificazione per un ulte
riore inasprimento della violenza. Ma questa fu, nel migliore dei
casi, un’azione di contenimento momentaneo; non avevano il po
tere di cambiare la direzione politica. Alcuni giorni più tardi, in
quella stessa settimana, i quattro ministri presentarono le dimis
sioni, in segno di protesta rispetto a quanto era successo.
Il governo adottò allora un ruolo ogni giorno più controrivolu
zionario. Impose delle restrizioni a molte collettivizzazioni indu
72. Actas, Comité Central de Control Obrer, Gas i Electricitat, 18-19 novem
bre e 5 dicembre 1936, AHN/SGC-S, P.S. Barcellona: 182
73. Goldman a Senia Rechine, Londra, 23 febbraio 1937; Goldman ad un com
pagno, Barcellona, 7 dicembre 1936, NYPL-EG; Goldman a Rose Pesotta, 1° feb
braio 1938, NYPL-RP, Special Corrispondence, Box 10.
166
striali, limitando il controllo operaio in nome della produzione di
guerra. In agosto, alcune truppe sotto il controllo comunista dirette
da Enrique Lister marciarono verso l’Aragona con il proposito di
rovesciare le collettivizzazioni e restituire la terra ai proprietari “ori
ginali”. Il governò non tardò ad adottare una politica esplicita se
condo cui “prima la guerra, poi la rivoluzione”74. Anche se molte
collettivizzazioni continuarono a funzionare fino a quando vennero
invase dalle truppe franchiste alla fine della guerra, gli avvenimenti
del maggio 1937 segnarono la fine reale del periodo espansivo della
rivoluzione sociale. Quel sentimento per cui “il mondo stava nelle
nostre mani” era arrivato alla fine.
Gli storici e le persone che parteciparono a questo periodo sto
rico continuano a discutere sulla validità delle posizioni antagoni
ste di anarchici e comunisti durante la guerra e la rivoluzione. Molti
fra quelli che sostengono le forze rivoluzionarie hanno suggerito
che la politica del PCE sulla militarizzazione e sulla centralizza
zione - considerare la guerra principale e prioritaria - indebolì l’en
tusiasmo degli operai per la lotta e fece sentire loro che non rima
nevano più molte cose per cui lottare. Goldman descrisse quello
che venne denominato come “tradimento” comunista con termini
molto duri: “So solo che devo gridare contro questa banda assassina
diretta da Mosca che non sta solo cercando di spremere fino l’ul
tima goccia di vita della rivoluzione e della CNT-FAI, ma che ha de
liberatamente sabotato, e continua a farlo, il fronte antifascista. Non
conosco un esempio migliore di tradimento. Giuda tradì solo Cristo,
i comunisti hanno tradito un popolo intero”75.
Altri hanno criticato la politica collaborazionista della CNT e so
stengono che qualsiasi sforzo per portare a termine una guerra ri
voluzionaria con metodi convenzionali sarebbe stato condannato
alla sconfitta. Gli anarchici e gli altri miliziani avrebbero dovuto
intraprendere una guerra di guerriglia piuttosto che accettare la po
167
litica di militarizzazione del PCE76. In molta corrispondenza pri
vata Emma Goldman si trovava d’accordo con queste critiche alla
CNT, anche se pubblicamente preferì difendere le azioni definen
dole le migliori tra le varie opzioni “riprovevoli”. Frequentemente
infatti si rivolse pubblicamente ai suoi compagni dell’Europa e
degli Stati Uniti cercando di ammorbidire le critiche nei confronti
della politica della CNT77. Un dato interessante è che Mariano Và-
squez e Pedro Herrera, rispettivamente segretari della CNT e della
FAI, le scrissero nel gennaio del 1938 per chiederle di attenuare le
sue critiche verso il comportamento del Partito Comunista e del go
verno: “Parlare continuamente all’estero dei cattivi comportamenti
e delle azioni dei comunisti e del governo Negrfn ci fa circondare da
un’atmosfera di indifferenza [...] verso i nostri problemi. [...] Il pro
letariato mondiale si domanderà: “Perché dobbiamo aiutare la Spa
gna antifascista se il suo governo appoggia queste persecuzioni [...]
peggiori di quelle di qualsiasi altro governo borghese?”78.
Infine, le persone che approvano la posizione del PCE sosten
gono che le forze che assediavano la Repubblica erano così potenti
che le posizioni del POUM, della CNT e dei socialisti di sinistra sulla
rivoluzione e sulla guerra fossero quantomeno stravaganti: era ne
cessario dedicare tutti gli sforzi alla guerra per poter avere almeno
una speranza di sconfiggere le forze ribelli79. Alla fine della guerra,
168
infatti, Vàsquez scrisse a Emma Goldman che se la CNT aveva com
messo un errore era stato quello di essere stata “troppo rivoluzio
naria”. “Se il 19 luglio invece di dedicarci alle collettivizzazioni ed
alla Rivoluzione ci fossimo concentrati su di una Repubblica bor
ghese il capitalismo internazionale non si sarebbe spaventato ed
avrebbe deciso di appoggiare la Repubblica. [...] Non dovevamo
assolutamente fare la Rivoluzione prima di aver vinto la guerra”80.
Ma nonostante tutto non è ancora chiaro il fatto che sia stata la po
litica controrivoluzionaria del PCE e del governo a segnare la defi
nitiva differenza nel risultato della guerra. Di fatto, nessuna delle
argomentazioni precedenti dà sufficiente valore al quadro intema
zionale in cui si sviluppò. Franco e i ribelli potevano contare sull’ap
poggio diretto di Hitler e di Mussolini e su quello indiretto degli
Stati Uniti, della Gran Bretagna e della Francia, che negarono il loro
intervento alla Repubblica e che distoglievano invece lo sguardo
quando le loro società commerciali vendevano prodotti di valore
strategico ai ribelli. Da parte della Repubblica l’aiuto dell’Unione
Sovietica fu senza dubbio cruciale; ma, lasciando da parte il prezzo
che i repubblicani pagarono in cambio di questo - economicamente
e strategicamente parlando, non avrebbe mai potuto compensare gli
aiuti che a piene mani arrivavano al campo degli insorti. Per molti
aspetti la Guerra civile spagnola fu decisa realmente dal contesto
intemazionale, anche se fu il popolo spagnolo a soffrire fisicamente
ed emozionalmente la violenza della lotta e gli anni di repressione
che ne seguirono81.
169
agli uomini nuove e straordinarie opportunità di partecipazione alla
vita sociale e la possibilità di acquisire una più grande consapevo
lezza delle proprie capacità e della possibilità di un cambiamento
sociale. Ma ciò nonostante, gli effetti a lungo termine della guerra
misero a dura prova molti di questi traguardi. Oltre alla carenza di
generi alimentari e di materie prime e gli sconvolgimenti sociali ed
economici causati dal conflitto, la continua “guerra civile all’in
terno della guerra civile” pose dei limiti alla rivoluzione sociale.
Nei primi mesi di guerra soprattutto, molte organizzazioni e
molti individui aspirarono alla creazione di una società veramente
rivoluzionaria ed egualitaria. Questi obiettivi spronarono in gene
rale le attività delle organizzazioni del movimento anarchico ed
anche di Mujeres Libres. Ma la situazione bellica limitò in modo
importante quello che sarebbero state capaci di ottenere. Nei capi
toli che seguono, analizzerò come si sviluppò Mujeres Libres a par
tire da questa cornice rivoluzionaria e come, a sua volta, la in
fluenzò e come da questa venne influenzata.
170
Capitolo IV
La fondazione di Mujeres Libres
Il movimento anarco-sindacalista
e la subordinazione delle donne
Tutti i compagni, tanto radicali nei caffè, nei sindacati e perfino nei
gruppi [FAI], sono soliti lasciare fu o r i dalla p orta di casa il ruolo di
171
amanti della liberazione femminile e si comportano con la propria com
pagna, una volta dentro casa, come dei volgari “mariti”1.
172
succede dentro casa. Lo stesso con noi, solo che non si trattava delle
carte, ma delle idee. Gli uomini lottavano, organizzavano gli scioperi...
ma in casa era peggio che non fa r niente. Penso che avremmo dovuto
dare un esempio con le nostre vite, avremmo dovuto vivere in modo di
verso in accordo con quanto dicevamo e con quanto volevamo. Ma no,
[per loro] la lotta doveva essere condotta fuori. In casa, [i nostri desideri]
erano puramente utopici3.
173
La convinzione che l’interesse per l’uguaglianza tra l’uomo e la
donna non si riflettesse nelle relazioni personali ed intime era dif
fusa fra le donne con cui ho avuto l’opportunità di parlare. Ma
quello che le preoccupava maggiormente era che molti uomini sem
bravano non prenderle sul serio nemmeno nell’ambito pubblico
politico. Pura Pérez Arcos, ad esempio, che aveva frequentato la
scuola razionalista diretta da Puig Elias nel quartiere del Clot, a
Barcellona, e che aveva fatto parte delle Juventudes di questa città,
spiegò che quando le ragazze andavano alle riunioni delle Juven
tudes, spesso i ragazzi ridevano di loro ancor prima che parlassero.
Pura conobbe Soledad Estorach a Barcellona e le parlò della sua
esperienza. A Soledad Estorach sembrò esagerato e volle vederlo
con i suoi occhi. E risero in faccia pure a lei5.
Questi comportamenti ed atteggiamenti riflettevano alcuni dei
diversi punti di vista che si erano sviluppati col passare degli anni
nel movimento anarchico spagnolo sul ruolo che la donna avrebbe
dovuto occupare all’interno della società ed all’interno del movi
mento rivoluzionario. Come abbiamo visto, queste opinioni oscil
lavano da un’accettazione proudhoniana dello status secondario
delle donne, all’enfasi bakuniniana per cui le donne dovevano es
sere uguali agli uomini e trattate come tali in tutte le istituzioni so
ciali. Anche se quest’ultima posizione venne adottata dal movi
mento anarchico spagnolo fin dal 1872, l’effettivo contributo delle
donne alla lotta sociale raramente era riconosciuto e la CNT si mo
strò, nel migliore dei casi, negligente nell’impegno di organizzare
le operaie. La situazione era decisamente peggiore all’interno della
casa. Praticamente tutte le persone che ho intervistato si sono la
mentate del fatto che, indipendentemente da quanto militanti fos
sero stati per strada, anche gli anarchici più impegnati ambivano
ad essere i “padroni” delle loro case; lamentela di cui si fecero por
tavoce in questo periodo molti articoli pubblicati nei giornali e nelle
riviste del movimento.
Sembra che l’opinione per cui il ruolo adeguato della donna
fosse quello di madre e sposa fosse condivisa anche da qualche
anarchica. Matilde Piller, ad esempio, in un articolo pubblicato su
Estudios nel 1934, affermava che l’emancipazione della donna era
incompatibile con il suo ruolo di madre: “Non si può essere una
174
buona madre - nel senso stretto della parola - ed allo stesso tempo
una buona avvocata o una buona chimica. Forse è possibile essere
contemporaneamente intellettuale e donna, ma madre, no”6. Questo
punto di vista era sicuramente condiviso dagli uomini. Nel 1935, ad
esempio, in un articolo in cui veniva denunciata la mancanza di in
teresse delle donne verso la propria emancipazione (ed in cui si di
fendeva il movimento dalle proteste delle donne che lo accusavano
di non fare il necessario per affrontare la subordinazione femmi
nile), Montuenga affermava che “la donna si troverà sempre dalla
parte bella della vita, ed è quello che deve essere nella realtà: una
compagna adorabile, che giorno per giorno ci consola e ci rende
più forti, e una madre affettuosa per i nostri figli”7.
Ma l’opinione ufficiale della CNT era che le donne erano uguali
agli uomini e che da uguali dovevano essere trattate sia all’interno
delle mura domestiche che nel movimento. Il Congresso di Sara
gozza del maggio del 1936 formulò chiaramente la posizione egua
litaria. Nel “Consiglio sul “Concetto confederale del comuniSmo
libertario””, che è fino a quel momento la spiegazione più detta
gliata della visione costruttiva della CNT, troviamo affermato
quanto segue: “Siccome la prima misura della rivoluzione liberta
ria consiste nell’assicurare l’indipendenza economica a tutti gli es
seri umani, senza alcuna distinzione di sesso, l’interdipendenza
creata, per ragioni di inferiorità economica, dal regime capitalista
tra l’uomo e la donna sparirà con esso. Si intende, pertanto, che i
due sessi saranno uguali, tanto nei diritti quanto nei doveri”8.
Senza dubbio, accettare l’opinione secondo cui le donne erano
sfruttate economicamente e la loro subordinazione doveva essere
uno dei punti centrali dell’attenzione di un movimento anarchico ri
voluzionario non voleva dire che si trovassero tutti d’accordo sulla
natura dello sfruttamento o su quale fosse il metodo migliore per
superarlo. Molti sostenevano che le donne dovevano contribuire alla
propria emancipazione appoggiando i rivoluzionari di sesso ma-
175
schile. Altri, che probabilmente rappresentavano la maggioranza
all’interno del movimento, negavano che le donne fossero oppresse
tanto da avere bisogno di una particolare attenzione. Federica Mont-
seny riconosceva che “l’emancipazione della donna [era un] mas
simo problema dei tempi presenti.” Ma affermava che l’oppressione
della donna era una manifestazione di fattori culturali (inclusa la sua
bassa autostima) che non sarebbero stati risolti con una lotta orga
nizzativa9. Facendosi portavoce delle tesi sostenute da Emma Gold
man, insisteva nella natura interna della lotta, ossia, solo quando le
donne avessero avuto rispetto per se stesse, avrebbero potuto effet
tivamente esigere un analogo rispetto da parte degli uomini. Con
cordava con altri autori anarchici, sia uomini che donne, che l’obiet
tivo non era essere uguali agli uomini all’interno del sistema
esistente, ma una ristrutturazione della società che avrebbe liberato
tutti. “Femminismo? Mai! Umanesimo, sempre!” 101.
Il femminismo rappresentava, effettivamente, un’altra prospet
tiva di come le donne avrebbero potuto raggiungere meglio l’ugua
glianza. Anche se il femminismo tardò abbastanza a mettere le sue
radici in Spagna (la prima organizzazione femminista indipendente,
l’Associazione Nazionale delle Donne Spagnole, venne fondata nel
1918 ed ebbe un impatto minimo o nullo sulle donne della classe
operaia)1*, le analisi femministe della subordinazione delle donne e
le strategie per l’emancipazione attrassero molte critiche da parte
degli anarchici. Federica Montseny fu probabilmente, fra gli anar
chici spagnoli, la più diretta nelle sue critiche rivolte al femmini
176
smo. Sosteneva che il femminismo difendeva l’uguaglianza delle
donne ma non affrontava le istituzioni esistenti: “Femminismo, pa
rola applicabile solamente alle donne ricche, perché le povere non
sono mai state femministe; né tantomeno si permetterebbe loro di
esserlo!” 12. I privilegi sono ingiusti, e “se sono ingiusti approfit
tandone come uomini, lo sarebbero anche in quanto donne” 13.
Inoltre le femministe spagnole sostenevano (come le femministe
di altri paesi) che le donne fossero più pacifiche degli uomini e che
se fosse data loro l’opportunità avrebbero governato in un modo
più giusto. Ma Montseny ed altri anarchici spagnoli criticarono de
cisamente questa posizione: “né la crudeltà né la dolcezza sono pa
trimonio di un sesso specifico. Sono la forza dell’autorità ed il pre
dominio ciò che insuperbisce ed irrita l’uomo. E le stesse cause
produrrebbero identici effetti [nelle donne]” 14. Le donne non erano
per natura più amanti della pace degli uomini, nello stesso modo in
cui gli uomini non erano per natura più aggressivi delle donne. En
trambi i temperamenti erano un prodotto del condizionamento so
ciale. L’unico modo per mettere fine al dominio degli uomini sulle
donne era affrontandolo come parte della lotta più generale per met
tere fine a tutte le forme di dominio. Il femminismo come strategia
per l’emancipazione della donna aveva un approccio molto ri
stretto; la lotta fra sessi non poteva essere separata dalla lotta di
classe o dal progetto anarchico nel suo insieme.
Una piccola minoranza all’interno del movimento affermava, in
vece, che le donne si trovavano ad affrontare forme di subordina
zione soprattutto sessuali che richiedevano un’attenzione speciale.
Molte fra queste persone (sia uomini che donne) ritenevano che la
lotta per superare questa subordinazione aveva iniziato ad essere
affrontata all’intemo della CNT, della FAI, delle Juventudes, degli
atenei e delle altre organizzazioni del movimento, e che era neces
sario continuasse in questi stessi ambiti. Chi condivideva questa
177
opinione riteneva che, considerato l’impegno del movimento
nell’azione diretta e nell’ordine spontaneo, le stesse organizzazioni
in cui si vivevano questi dilemmi fossero anche i luoghi adatti dove
portare le lotte alle loro conclusioni logiche. Così, Igualdad Ocana,
che era cosciente del modo in cui i contributi delle donne erano
stati sottovalutati dalle organizzazioni del movimento, sosteneva
che “se uomini e donne non sono di comune accordo, non potranno
mai ottenere che la società vada per il giusto cammino del supera
mento. Il lavoro deve essere portato avanti all’unisono. Dobbiamo
lottare per essere rispettate e per poter lottare in tutti i campi al lato
dell’uomo” 15. Si opponevano al fatto che esistessero organizza
zioni separate per donne che avessero come obiettivo affrontare tali
problemi, e supportavano la loro posizione con la tesi anarchica
dell’unità dei mezzi e dei fini.
Quelli che si opponevano alle organizzazioni autonome delle
donne aggiungevano che l’anarchismo era incompatibile non solo
con forme gerarchiche d’organizzazione, ma anche con qualsiasi
organizzazione indipendente che avrebbe potuto minare l’unità del
movimento. Dato che la meta del movimento anarchico era la crea
zione di una società egualitaria in cui gli uomini e le donne si sa
rebbero relazionati da uguali, la lotta per il suo raggiungimento
aveva bisogno della partecipazione congiunta di uomini e donne
come compagni uguali. Temevano che una organizzazione dedi
cata specificatamente a mettere fine alla subordinazione delle
donne avrebbe sottolineato più le differenze fra i sessi che le loro si
militudini e avrebbe reso più difficile il raggiungimento di un obiet
tivo rivoluzionario egualitario.
178
di Primo de Rivera la CNT era stata dichiarato illegale), iniziarono
a riunirsi nel 1928 presso il Centro Culturale e Cooperativo della
FAI. Il loro proposito era di abituarsi a parlare in pubblico e impa
rare a discutere fra di loro i temi (lavoro, salari...) che avrebbero
voluto sollevare durante le assemblee del sindacato. Il risultato di
queste riunioni, ricorda Teresina Torrelles, membro del gruppo, fu
che già nel 1931 il sindacato incorporò fra le sue petizioni il diritto
della donna ad un salario uguale a quello dell’uomo per il mede
simo lavoro e otto settimane remunerate come congedo per la ma
ternità. Anche se questo gruppo poteva appena fare affidamento sui
mezzi necessari per “preparare” integralmente le donne, contribuì
in modo decisivo allo sviluppo ideologico delle lavoratrici. Quando
nel 1936 iniziarono la guerra e la rivoluzione, le donne di Terrassa
erano pronte ad agire: nei primi giorni di combattimento organiz
zarono una clinica ed una scuola per infermiere16.
A Barcellona, verso la fine del 1934, dopo il fallito tentativo
della rivoluzione d’ottobre, si formò un gruppo denominato Gruppo
Culturale Femminile, CN T17. Questa organizzazione fece confluire
donne che facevano parte dei sindacati della CNT ed aveva come
obiettivo fomentare fra di loro un senso di solidarietà e permettere
loro di svolgere ruoli più attivi tanto all’interno del sindacato
quanto del movimento. Lucía Sánchez Saornil, scrittrice e poetessa,
e Mercedes Comaposada, avvocata, intrapresero a Madrid un’ini
ziativa simile. Lucia era stata attiva nei circoli libertari di Barcel
lona e voleva costruire un’organizzazione dedicata all’istruzione
delle donne. Lo propose a diversi sindacati, ma sembra che questi
non dimostrarono il benché minimo interesse. Così lasciò Barcel
lona ed andò a Madrid, dove conobbe Mercedes Comaposada18.
179
Mercedes aveva iniziato ad occuparsi di politica di sinistra fin da
molto giovane. Suo padre era emigrato a Barcellona dall’Aragona
rurale quando era ancora un adolescente per fuggire dalla povertà
più estrema, imparare un mestiere e trovare un lavoro. Divenne cal
zolaio, ma fu soprattutto un “lavoratore culturale”. Imparò da solo
il francese e il tedesco e fu il corrispondente spagnolo de L ’Huma-
nité. Mercedes ricordava che si alzava alle quattro o alle cinque di
mattina per studiare, e che prendeva in giro i figli perché dormi
vano molte ore. C’era sempre movimento in casa, gente che en
trava e che usciva: “La mia povera mamma era una vittima. Non sa
peva mai chi sarebbe venuto e quando.”
Le sue attività, e il suo esempio, lasciarono una traccia profonda
in Mercedes: “Mio padre, che era socialista, mi inculcò un forte
senso di umanità. Andai ad una scuola media, che per quei tempi
era una cosa davvero eccezionale. Avevo un maestro meraviglioso.
Un giorno il maestro mi prese da parte e mi disse: ‘Un giorno forse
sentirai dire che tuo padre è in carcere, e se questo dovesse succe
dere, voglio che tu sappia che non è perché sia un ladro, ma perché
si preoccupa davvero per gli operai’”.
Mercedes a dodici anni sapeva già battere a macchina ed iniziò
a lavorare presso un’impresa cinematografica, dove imparò a mon
tare i film. “Tutte le persone erano della CNT, e così lo diventai
anch’io. La mia prima tessera sindacale fu quella del cinema.”
Negli anni 1916 e 1917 studiò a Madrid. Sembra che fu in questo
momento quando iniziò a prendere coscienza della difficile situa
zione delle donne e dei lavoratori. “Vissi per un periodo a Madrid,
dove la condizione delle donne era pessima, molto peggiore rispetto
a quella catalana. Mi colpì molto la CNT. Era così diretta, così sen
sata. Inoltre lavoravano con un proletariato che era - se mi per
mette l’espressione, non lo dico in senso dispregiativo - meno pre
parato di quello della UGT. Fu così che mi affiliai.”
Nel 1933, mentre studiava Diritto a Madrid, Orobón Fernández
la invitò a tenere delle lezioni per gli operai. In questa riunione, a
cui assistette anche Lucía Sánchez Saornil, Mercedes si trovò fac
cia a faccia con quel pregiudizio negativo con cui anche i militanti
della CNT vedevano le donne. Sia lei che Lucia si sentirono fru
strate ed inorridite19.
180
U scimm o fuori, Lucía ed io. Ci m ettem m o subito d ’accordo. Per a l
cuni m esi ci incontram m o nel Parco del Retiro, ci sedevam o su una p a n
china, parlavam o, passeggiavam o un p o ’... Allora, nel 1935, iniziam m o
a m andare in giro delle lettere. Lucia lavorava p e r il sindacato dei fe r r o
vieri e aveva accesso alle liste di tutti i “gruppi di donne ” di affiliazione
anarco-sindacalista (sia quelle che lavoravano all ’interno del sindacato
che quelle che invece lavoravano al di fuori). Scrivem m o a tutti i gruppi
della lista e a tutti quelli che conoscevam o. D om andavam o quali argo
m enti gli sem bravano im portanti, su quali avrebbero voluto avere p iù
inform azioni... E, soprattutto, il m otivo di m aggior soddisfazione p e r noi
fu ro n o le risposte. Erano entusiaste; ci arrivarono lettere da ogni luogo,
dalle Asturie, dai P aesi Baschi, dall ’A ndalusia... e ne arrivavano ogni
giorno di p iù 20.
181
sempre d’accordo, con Amparo non era così. Era stata treintista
(sostenitrice di una componente riformista della CNT che nel 1932
si separò dalla corrente dominante. I due gruppi tornarono a con
fluire giusto prima della guerra)21. Ma era una donna dotata di
un’energia enorme e di una straordinaria capacità di lavoro. Infatti,
Soledad Estorach si doleva del fatto che purtroppo non era mai riu
scita a conoscere bene Amparo e che quasi non ne ricordava il
volto, dato che le poche volte che l’aveva vista, questa era sempre
immersa nel lavoro22. Come medico, ed essendo impegnata nel
compito di abbattere le barriere della vergogna e dell’ignoranza che
circondavano la sessualità e che per molto tempo avevano fatto re
stare la donna in una posizione subordinata, aveva scritto numerosi
articoli ed opuscoli educativi che invitavano le donne ad una mag
giore libertà sessuale e che sfidavano la monogamia ed il doppio
standard sessuale. Sembra che abbia anche condotto una vita coe
rente ai suoi principi. Una delle sue colleghe ricordò con un sorriso
che oltre ad avere una grande capacità nel lavoro, Amparo aveva
anche una tremenda capacità per l’amore. Aveva avuto molti
amanti (a volte, si diceva, più di uno alla volta) e rideva di chi so
steneva di essere sessualmente monogamo: “Non vi annoiate - do
mandava Amparo - di mangiare sempre con la stessa persona?”.
Lucia e Mercedes svolsero un ruolo fondamentale nella fonda
zione di Mujeres Libres a Madrid. Amparo si unì a loro nel consi
glio editoriale di Mujeres Libres e poi fu attiva a Barcellona come
direttrice dell’istituto di educazione e formazione di Mujeres Li
bres, il Casal de la Dona Treballadora. Tutte furono spronate
all’azione dalle loro precedenti esperienze nelle organizzazioni del
movimento libertario che erano dominate dagli uomini. Ma le basi
dell’organizzazione furono gettate anche da donne di tutto il paese,
molte delle quali non erano coscienti dell’esistenza delle loro com
pagne.
A Barcellona, ad esempio, anche Soledad Estorach, che faceva
parte sia dell’ateneo sia della CNT, era convinta che le organizza
182
zioni del movimento fossero inadeguate a incorporare le operaie in
termini di uguaglianza con gli uomini.
Quello che succedeva era che le donne venivano una prim a volta, magari
si affiliavano anche, ma dopo non le vedevamo più. Così molte com pagne
arrivarono alla conclusione che sarebbe stata una buona idea form are un
gruppo a parte p er queste donne. A Barcellona, il m ovim ento era am pio e
potente, e c ’erano molte donne nei sindacati di qualche ramo, soprattutto in
quello tessile e in quello della confezione. M a anche in questo sindacato
era raro che qualche donna parlasse. Iniziavam o a preoccuparci p er la
quantità di donne che stavamo perdendo. Verso la fin e del 1934 un piccolo
gruppo di noi iniziò a considerare queste questioni. N el 1935facem m o un
appello a tutte le donne del m ovim ento libertario. Non riuscimmo a con
vincere le militanti più anziane, che occupavano un posto d ’onore fra gli uo
mini, così decidemm o di concentrarci soprattutto sulle com pagne più g io
vani. Chiamam m o il nostro gruppo Gruppo Culturale Femminile, CNT24.
183
In Catalogna la risposta all’appello fu simile a quella ricevuta da
Mercedes e Lucia a Madrid, entusiasmo da un lato ed ambivalenza
dall’altro, tanto da parte degli uomini quanto delle donne. Molti dei
membri delle organizzazioni libertarie temevano lo sviluppo di un
gruppo “separatista”. Altri obiettavano invece che le donne corre
vano il rischio di cadere nel “femminismo”, ossia di concentrare
tutta la loro attenzione sull’accesso all’istruzione e ai lavori pro
fessionali. Effettivamente, queste questioni avevano rappresentato
per molto tempo la preoccupazione e l’interesse delle femministe
della classe media, in Spagna ed in altri paesi, ma erano state con
siderate irrilevanti dagli anarchici rispetto agli interessi degli ope
rai, sia uomini che donne, e quindi rifiutate perché avrebbero raffor
zato delle strutture che loro si ripromettevano di abolire.
L’accusa di “femminismo” confuse molte di queste anarchiche.
Come spiegava Soledad:
184
Iona e di Madrid seppero della loro reciproca esistenza. Mercedes
Comaposada ricordava che era stata Lola Iturbe che per prima le
parlò dell’esistenza di un gruppo a Barcellona. Ma la persona che le
mise veramente in contatto fu un giovane, chiamato Martinez, il
compagno di Conchita Liano (che più tardi sarebbe diventata la se
gretaria del comitato regionale della Catalogna di Mujeres Libres).
Martinez disse a Mercedes che doveva assolutamente andare a Bar
cellona per conoscere “quelle donne”. Nel mese di settembre o
forse in quello di ottobre, Mercedes andò dunque a Barcellona e
prese parte ad una riunione regionale del Gruppo Culturale Fem
minile per parlare del lavoro di Mujeres Libres. I gruppi di Barcel
lona e Madrid avevano iniziato la loro attività perseguendo obiettivi
diversi. Quello di Barcellona voleva spronare le donne affiliate alla
CNT ad una militanza maggiore, mentre Mujeres Libres di Madrid
voleva, secondo Mercedes, “formare delle donne che avrebbero po
tuto assaporare la vita in tutta la sua pienezza. Donne con una co
scienza sociale, sì, ma anche donne che avrebbero potuto apprez
zare l’arte e la bellezza”25. Ciò nonostante le donne catalane non
tardarono a riconoscere le loro affinità con Mujeres Libres ed in
quella stessa riunione decisero di affiliarsi e di cambiare il loro
nome con quello di Associazione Mujeres Libres. Ebbe inizio così
quella che sarebbe diventata una federazione nazionale.
Nei primi mesi di guerra, i gruppi si dedicarono a compiti coor
dinati di presa di coscienza ed azione diretta. Crearono reti di donne
anarchiche che cercarono di soddisfare le necessità di mutuo soc
corso all’interno dei sindacati o negli altri contesti del movimento.
Si riunivano, analizzavano le relazioni di comportamento maschi
lista dei loro compagni uomini e studiavano delle strategie per poter
affrontare il problema.
A parte queste forme di mutuo soccorso, l’attività più concreta
che in questo periodo portò avanti il gruppo di Barcellona fu la
creazione di asili “volanti”. Nel loro sforzo per incorporare le donne
alle attività sindacali, in molte occasioni riscontravano che queste,
per dover accudire i loro figli, non potevano né rimanere fino a tardi
al lavoro né uscire di notte per partecipare alle riunioni sindacali.
Decisero quindi di affrontare questo problema offrendo alle donne
interessate a diventare delegate sindacali un servizio di asilo. Mem
185
bri del gruppo andavano a casa delle donne per accudire i loro figli
mentre nel frattempo le madri prendevano parte alle riunioni.
Certamente, come dice Soledad con un luccichio furbesco negli
occhi, il progetto non era stato fatto esclusivamente per offrire un
servizio: “Quando arrivavamo a casa, iniziavamo a fare un po’ di
propaganda. Parlavamo loro del comuniSmo libertario e di altre
cose. Le povere, andavano alle riunioni, e poi, quando arrivavano a
casa, non sapevano che le stava aspettando un’altra lezione! A
volte, a quell’ora, erano già rientrati i mariti, e anche loro prende
vano parte alla discussione”26.
Quando iniziò la rivoluzione, nel luglio 1936, il Gruppo Culturale
Femminile di Barcellona e Mujeres Libres di Madrid si riunivano
ormai da tempo. Avevano costituito una rete di donne militanti anar
chiche e avevano iniziato ad intraprendere il loro cammino di eman
cipazione. Erano ben preparate a prendere parte agli avvenimenti
rivoluzionari del luglio e a riorganizzare la loro formazione e quella
delle altre donne in vista del progetto della costruzione di una nuova
società.
II decollo dell’organizzazione
186
sviluppatosi sulla stampa e nel movimento anarchico all’epoca in cui
venne fondata Mujeres Libres, merita di essere trattato molto detta
gliatamente27.
Nel suo primo articolo, Vázquez si mostrava comprensivo verso i
problemi che le donne dovevano fronteggiare all’interno del movi
mento anarchico. Cominciava affermando che le donne erano ele
menti attivi nella storia, anche se spesso erano state dimenticate e i
loro contributi disdegnati. Nella Spagna contemporanea le donne
erano di fatto le schiave degli schiavi; gli uomini credevano che fosse
un loro diritto dominare le donne. Si domandava quindi perché le
donne permettessero tutto questo. Dopo un ragionamento deduceva
che ciò era dovuto alla dipendenza economica dagli uomini. Per su
perarla, sosteneva, sarebbe stato necessario che le donne si unissero
agli uomini nella trasformazione della società. Lottando per creare
una società nuova che avrebbe garantito l’indipendenza economica a
tutti, le donne si sarebbero liberate anche della tirannia maschile.
Lucia iniziò la sua risposta affermando che la maggior parte
degli anarco-sindacalisti sembrava essere molto poco interessata a
stimolare la completa partecipazione delle donne. Esistevano molti
contesti in cui queste potevano organizzarsi: le fabbriche, le scuole,
gli atenei, la casa. 11 fatto che un numero così basso di donne fosse
stato inglobato all’interno del movimento indicava la mancanza di
interesse da parte degli uomini. La vera propaganda sulla questione
femminile doveva essere fatta tra gli uomini, non tra le donne: “Bi
sogna informarli che prima di riformare la società è necessario
riformare le loro case!”28. Inoltre gli anarco-sindacalisti che ave
vano cercato di organizzare le donne lo avevano fatto secondo il
punto di vista del movimento, non delle donne29. Se bisognava in
187
tegrare le donne nel movimento, ci si doveva rivolgere a loro e trat
tarle come compagne uguali e capaci.
Gli articoli successivi sviluppavano il tema che oggi chiamiamo
della “donna come persona” e affrontavano la subordinazione eco
nomica delle donne. Lucia condannava la concezione secondo cui il
ruolo adeguato della donna fosse quello di sposa e di madre. Insi
steva nel dire che le donne ricevevano salari più bassi (e quindi che
stavano svalutando il salario di tutti i lavoratori) perché gli uomini,
compresi quelli della CNT, le trattavano come esseri inferiori3031.So
steneva, inoltre che le donne erano state ridotte a “nascere, partorire,
morire”. “Il concetto di madre [sta] assorbendo quello di donna, la
funzione, sta annullando l’individuo. Per un anarchico, prima del
lavoratore viene l’uomo, e prima della madre deve esserci la donna.
Perché per un anarchico prima di tutto ed al di sopra di tutto c’è Vin
dividuo”31.
L’ultimo articolo della serie affrontava la questione sessuale e
riprendeva i “dongiovanni” anarchici che sembravano interpretare
l’incremento della libertà sessuale come una licenza per poter do
minare le donne32. Se si dovevano comunicare ai giovani - e sicu
ramente era così - le idee anarchiche sulla sessualità e sull’amore li
bero, questo compito lo dovevano svolgere persone che ne avevano
capito a fondo l’importanza e che non approfittavano dell’occa
sione per aumentare le proprie possibilità di conquista sessuale.
Nel frattempo, il 10 di ottobre, Vázquez rispose ai primi tre arti
coli di Lucia nel suo “Avanzamento. Per l’elevazione della donna”.
Anche se condivideva con lei che troppi uomini erano dei veri e
propri tiranni all’interno delle mura domestiche, riteneva però che
le donne erano comunque colpevoli perché non reclamavano i pro
pri diritti. Inoltre anche se poteva essere certo del fatto che gli uo
mini non trattassero le donne come esseri con gli stessi loro diritti,
era “molto umano”, diceva, voler rimanere ancorati ai privilegi.
188
Non ci si poteva aspettare che gli uomini rinunciassero volontaria
mente ai propri privilegi, come non ci si poteva aspettare che la
borghesia cedesse volontariamente il suo potere al proletariato33.
Come da sempre sostenevano gli anarchici, “l’emancipazione dei
lavoratori deve venire da loro stessi. [Così] da oggi possiamo lan
ciare il grido unanime: L’emancipazione della donna deve venire
dalla stessa donna”34. Per incentivare questo obiettivo proponeva
che Solidaridad Obrera prendesse esempio dalla stampa borghese
e dedicasse settimanalmente una pagina alla donna.
La risposta di Lucia fu molto dura. Attaccò gli anarchici che
sembravano non avere pazienza con le donne. Non bastava dire che
“la rivoluzione [si trova] dietro ogni angolo [...] è troppo tardi per
intraprendere questo cammino [l’emancipazione della donna]”.
Aspettare la rivoluzione può andare bene, ma “meglio ancora se la
si va cercando, forgiandola ogni istante nelle menti e nei cuori”.
“Preparare” le donne alla rivoluzione sociale fa parte della rivolu
zione. Il recupero delle donne doveva essere una questione princi
pale, e non secondaria, per chi voleva realizzare la rivoluzione so
ciale. Ma le proteste più crude erano tutte riservate all’analogia che
Vázquez aveva fatto fra la borghesia ed il proletariato. In primo
luogo, sosteneva che non bastava dire che fosse “molto umano” il
fatto che l’uomo desiderasse conservare i propri privilegi - soprat
tutto se si domandava alle donne il loro appoggio -. In secondo
luogo questi non erano uomini qualunque, erano, almeno così si
presupponeva, anarchici, e lottavano per l’uguaglianza e l’aboli
zione delle gerarchie. “Sarà “molto umano” che l’uomo desideri
conservare la sua egemonia, ma non è anarchico.” Ma oltretutto
l’analogia era falsa; gli interessi della borghesia e quelli del prole
33. Si veda anche ÁLVAREZ JUNCO, José: La ideologia politica del anar
quismo español 1868-1910, Siglo XXI, Madrid 1976, p. 302; e KAHOS: “Muje
res, ¡emancipaos!”, Acracia (26 novembre 1937), p. 4.
34. VAZQUEZ, Mariano R.: “Avance. Por la elevación de la mujer”, Solida
ridad Obrera (10 ottobre 1935). Affermazioni simili apparvero periodicamente
su varie pubblicazioni anarchiche. Si veda, come esempio, “Femeninas”, Obrero
Balear, Organo de la Federación Socialista Balear (30 ottobre 1931); Confedera
ción Regional del Trabajo de Baleares Y Portavoz de la CNT (30 ottobre 1931); ed
una serie di articoli in Cultura Obrera, Òrgano de la Confederación Regional del
Trabajo de Baleares y Portavoz de la CNT (7 gennaio e 14 febbraio 1935). Sono
molto riconoscente a Neus per avermi fatto avere le copie di questi documenti.
189
tariato erano fondamentalmente contrari, ma quelli degli uomini e
delle donne no. “Essendo [l’uomo e la donna] diversi, le loro qua
lità si completano a vicenda e formano un tutto armonico. Non ci
sarà armonia nella vita futura se tutti questi elementi non entre
ranno proporzionalmente nella sua costituzione”.
Riassumendo, in gioco non c’era solo l’emancipazione della
donna, ma la creazione di una società futura tanto per gli uomini
quanto per le donne. Con questo obiettivo, sia gli uni che le altre do
vevano partecipare ad un livello di uguaglianza. Le donne avevano
cominciato a reclamare i loro pieni diritti e come persone; era ormai
arrivato il momento per gli uomini di riconoscere questa lotta e di
unirsi alle donne sul loro stesso livello.
Infine rifiutò il suggerimento di Vázquez di dedicare settima
nalmente una pagina di Solidaridad Obrera al tema della donna, e
per la prima volta dichiarò, nero su bianco, il progetto di quello che
sarebbe poi diventato Mujeres Libres: “Non raccolgo il tuo sugge
rimento per la pagina femminile di Solidaridad Obrera, anche se lo
ritengo molto interessante, perché le mie ambizioni si spingono più
lontano: ho il progetto di creare un organo indipendente, che serva
esclusivamente ai fini che mi sono proposta”35.
Negli anni che seguirono, il suo sogno, che ovviamente servì
come progetto originale delle attività di Mujeres Libres, venne re
cepito sensibilmente da chi ebbe l’opportunità di leggerlo. La serie
di articoli e di lettere che lei e Mercedes avevano inviato alle mili
tanti di tutto il paese avevano dato origine ad un generale sostegno.
In aprile, avevano già inviato un avviso della prima apparizione di
Mujeres Libres alla stampa anarchica, ai sindacati, agli atenei ed ai
gruppi delle Juventudes di tutta la Spagna, ed avevano iniziato il
processo di organizzazione dei sostenitori del progetto con una rete
di corrispondenti e distributori della rivista. Le lettere che ricevet
tero sia dagli uomini che dalle donne denotarono un grande entu
siasmo. Molti dicevano che stavano aspettando quel momento da
quando Lucia aveva annunciato il suo piano nell’autunno prece
dente sulle pagine di Solidaridad Obrera36. Il primo numero di
190
Mujeres Libres, pubblicato il 20 maggio 1936, si esaurì quasi im
mediatamente; il secondo numero uscì il 15 giugno. In tutto ven
nero pubblicati quattordici numeri, anche se l’ultimo era in via di
stampa proprio quando il fronte di battaglia arrivò a Barcellona e
purtroppo non se ne conserva nessuna copia37.
Come spiegavano le editrici ai collaboratori ed ai possibili so
stenitori, la rivista sarebbe uscita con scadenza mensile, sarebbe
stata rivolta alle donne della classe operaia - la cui istruzione era
stata oggetto di negligenza da parte del movimento - ed avrebbe
avuto come meta “sensibilizzare la coscienza femminile alle idee li
bertarie”38. Intendevano la missione della rivista in termini politici
e culturali. Significativamente, cosa che non mancavano di sottoli
neare in tutti gli scritti della corrispondenza, la rivista non si sa
rebbe identificata come anarchica, “per la diffidenza che avrebbe
potuto risvegliare in generale nelle donne [...] si incaricherà di ini
ziarle poco a poco ai problemi sociali cercando allo stesso tempo di
elevare il loro livello culturale”39. Ciò nonostante, Lucia ricordava
costantemente ai destinatari delle sue lettere che anche se non si
sarebbe menzionata la parola anarchia, qualsiasi persona intelli
gente avrebbe riconosciuto facilmente leggendo la rivista “in ogni
suo contenuto un orientamento libertario”40.
P.S. Madrid: 432. Ringrazio molto Mary Nash per avenni facilitato la localizza
zione di questi documenti.
37. Il primo numero apparve verso la fine del maggio ‘36. Secondo una relazione
preparata da Mercedes Comaposada, vennero pubblicati quattro numeri prima della
guerra (due dei quali erano sotto forma di bollettino). Il secondo numero uscì nel giu
gno. Il quarto, almeno da quanto sembra, era in via di pubblicazione quando il 19 di
luglio scoppiò la guerra, ma non si riuscì a pubblicare. Il secondo numero che si con
serva (ufficialmente, il numero cinque), datato il Giorno 65° della Rivoluzione, ap
parve nell’ottobre del 1936. Sono riconoscente a Pura Pérez Arcos per avermi fatto
avere questa lista, “Revista Mujeres Libres” preparata da Mercedes Comaposada.
38. Lettera delle editrici di Mujeres Libres ad Emma Goldman, Madrid, 17 aprile
1936, AHN/SGC-S, P.S. Madrid: 432. Goldman riferisce di aver ricevuto questa
lettera in una nota ad un compagno, del 24 aprile. Questa lettera viene riprodotta in
Vision on Fire. Emma Goldman on thè Spanish Revolution (ed. David PORTER),
Commonground Press, New Paltz, New York, 1983, p. 254.
39. Da una lettera di Maria Luisa Cobos, 20 aprie 1936, AHN/SGC-S, P.S. Ma
drid: 432.
40. Lucía Sánchez Saomil a Federica Montseny, Madrid, 24 maggio 1936; anche
Mujeres Libres al compagno Hernández Domenech (La Unión), Madrid, 27 maggio
1936.
191
Alcuni aspetti di questa corrispondenza meritano di essere men
zionati, soprattutto perché sollevavano delle questioni che negli
anni futuri avrebbero accompagnato la rivista e l’organizzazione. In
primo luogo, sembra che le editrici avessero avuto fiducia nelle reti
già esistenti del movimento libertario per pubblicizzare la prossima
apparizione della rivista. Quasi tutte le persone che si rivolsero a
loro dissero che erano venute a conoscenza della rivista grazie alla
stampa anarchica ed attraverso gli opuscoli distribuiti presso le sedi
dei sindacati, negli atenei o nelle riunioni delle Juventudes. Molte
di queste lettere erano scritte da uomini, soprattutto dai membri dei
gruppi delle Juventudes, che facevano degli ordini importanti per i
loro quartieri.
Ciò nonostante, anche se dipendevano dalle organizzazioni del
movimento per arrivare al pubblico, le editrici non perdevano oc
casione di ripetere la loro indipendenza da queste organizzazioni,
sia finanziariamente che sotto ogni altro aspetto, e che stavano por
tando avanti questo progetto da sole, con le loro sole forze. Così, ad
esempio, Lucia ringraziava Maria Luisa Cobos per aver offerto il
suo aiuto soprattutto nella vendita e nella distribuzione, “perché
non riceve sovvenzioni né aiuti economici da nessuno e ci propo
niamo di pubblicarla con le nostre sole forze”41. In molte occasioni,
le lamentele assumevano un tono più urgente. Lucia cominciava
una lettera rivolta ai compagni delle Juventudes di Soria, scusan
dosi per il ritardo della sua risposta all’offerta di aiuto e segnalando
che “potete immaginare quanto stiamo lavorando per organizzare
tutto questo da sole senza l’aiuto di nessuno”42.
Non deve sorprendere che la maggior parte delle richieste di aiuti
materiali fossero dirette agli uomini e alle organizzazioni del mo
vimento. Naturalmente, nella Spagna di quel tempo, erano gli unici
che potevano disporre di mezzi finanziari (per quanto scarsi fos
sero). Uomini e donne si offrirono volontariamente di distribuire
la rivista utilizzando qualsiasi mezzo fosse a loro disposizione. Ad
esempio, Lucia chiese a Diego Abad de Santillàn (noto scrittore e
192
teorico anarchico, membro del comitato regionale della CNT e del
consiglio editoriale della rivista anarchica Tiempos Nuevos) di uti
lizzare i suoi contatti con questa pubblicazione per diffondere la
distribuzione di Mujeres Libres a Barcellona43.
Dimostrarono la loro gratitudine a uomini e donne, ai sindacati e
ai gruppi delle Juventudes di tutto il paese per le loro offerte
d’aiuto. Alcune lettere, però, esprimevano anche la frustrazione
delle editrici per la mancanza di interesse dimostrata dai principali
giornali anarchici, soprattutto da parte di Solidaridad Obrera. Que
sto modello di condotta (appoggio dai gruppi locali ma non dalle
organizzazioni maggiori) avrebbe afflitto Mujeres Libres per tutto
il periodo della sua esistenza. Il 28 maggio 1936 Lucia scrisse una
lettera molto severa al direttore di Solidaridad Obrera, lamentan
dosi che non avevano prestato nessuna attenzione all’uscita del nu
mero inaugurale di Mujeres Libres. Anche se le sue editrici ave
vano inviato annunci pagati per pubblicizzare la comparsa della
rivista, così come anche copie della rivista nella speranza di rice
vere una rassegna, o per lo meno una menzione nel giornale, que
sta influente testata del movimento anarco-sindacalista non prestò
loro la benché minima attenzione.
193
Molte di queste lettere lasciavano trapelare una mancanza di fami
liarità con il linguaggio scritto. Numerose commettevano errori di
ortografia e non avevano quasi idea della sintassi. Questo ci fa capire
che almeno Mujeres Libres stava arrivando alle persone a cui voleva
dirigersi; ovviamente non alle donne spagnole più istruite.
Risulta chiaro grazie a questa corrispondenza che una delle mete
di Mujeres Libres era che le donne, e gli uomini, arrivassero a co
noscere quanto le donne stavano facendo e quanto avrebbero potuto
fare all’interno della cornice più grande delle concezioni anarchi
che sulla natura del cambio sociale. Così, ad esempio, Lucia chie
deva a Josefa de Tena, che aveva accettato di occuparsi della cronaca
della città di Mérida, di inviare informazioni sullo sciopero che le
donne stavano facendo in quella zona. Questa informazione doveva
includere notizie sugli antecedenti, sulle rivendicazioni e sull’im
patto dello sciopero, così come anche, se fosse stato possibile, delle
fotografie (“una foto dell’interno della fabbrica o dell’officina, una
di un gruppo di compagne e un’altra se fosse stato possibile di loro
in assemblea”)45. Sempre per lo stesso motivo, in una lettera a María
Luisa Cobos in cui spiegava a sommi capi quello che desideravano
lei facesse come corrispondente di Mujeres Libres a Jerez de la
Frontera, Lucía dice:
45. Dal Comitato Editoriale alla compagna Josefa de Tena (Mérida) Madrid, 25
maggio 1936; e la risposta di De Tena, 3 giugno 1936.
46. Lucia Sanchez Saornil alla compagna Maria Luisa Cobos, 20 aprile 1936.
194
collaboratori di Estudios e sinceri sostenitori dell’emancipazione
della donna - che si offrirono volontari non per distribuire la rivista
ma per collaborare con alcuni articoli. A tutti loro, le editrici ri
spondevano ringraziando per l’appoggio, ma ricordando che il loro
proposito era stato quello di fare una rivista scritta e prodotta inte
ramente dalle donne. A Morales Guzmán, ad esempio, Lucia scrisse:
47. Lucia Sànchez Saornil, per le editrici, al compagno Morales Guman [sic]
(Granada), Madrid, 14 giugno 1936.
195
società. Non ci deve stupire che il tentativo di formalizzare quali
fossero questi elementi “maschili” e “femminili” fosse poi presente
negli stessi termini stereotipati e confusi in cui sono cadute molte
analisi femministe statunitensi dei nostri giorni. Sostenevano sem
pre, ad esempio, che “l’eccesso di coraggio, di rudezza, di inflessi
bilità, tutte caratteristiche maschili, hanno dato origine a questo
senso feroce per cui alcuni si alimentano della miseria e della fame
degli altri. [...] L’assenza della donna nella Storia ha dato origine
alla mancanza di comprensione, di ponderazione e di affettività che
sono le sue virtù, e con il cui contrappeso il mondo avrebbe tro
vato la stabilità che invece non ha”. Nonostante i termini del dibat
tito fossero espressi con un linguaggio meno raffinato, l’afferma
zione secondo cui il comportamento delle donne differiva da quello
degli uomini e che entrambe le prospettive erano necessarie per
l’equilibrio del mondo è stata recentemente ripresa da alcune ricer
catrici, fra cui Carol Gilligan; e costituisce anche uno dei punti prin
cipali dei gruppi di femministe pacifiste e di alcune teoriche della
scuola del “pensiero materno”48.
Gli ultimi paragrafi dell’articolo confermavano le dichiarazioni
delle editrici sull’orientamento decisamente libertario voluto dalla ri
vista. Le editrici affermavano che Mujeres Libres voleva che la voce
delle donne fosse finalmente ascoltata, e “cercherà di evitare che la
donna, ieri sottomessa alla tirannia della religione, cada, aprendo lo
sguardo verso la pienezza della vita, sotto un altro tipo di tirannia,
non meno raffinata e forse ancora più brutale, quella della politica”.
Questa analisi è forse il punto focale della concezione anarchica del
cambio sociale; sostiene, ad esempio, che la politica come ogni altra
forma di potere corrompe, e offre come alternativa la strategia
dell’azione diretta: “Mujeres Libres cerca l’infinita retta dell’azione
diretta e libera delle moltitudini e degli individui. Bisogna costruire
una vita nuova con dei procedimenti nuovi”49.
196
Gli articoli della rivista si occupavano delle dichiarate intenzioni
delle editrici. Il primo numero proponeva articoli che offrivano un
insieme di commenti politici e culturali, consigli per l’educazione
dei bambini, la salute e la moda. Tutti si rivolgevano in modo sot
tinteso ad un pubblico di donne di classe lavoratrice con coscienza
di classe e con la consapevolezza degli svantaggi sociali ed econo
mici che stavano subendo. Davano inoltre per scontato che le let
trici fossero interessate a conoscere un modo sia per agire nel pro
prio contesto sia per cambiarlo. Riassumendo, l’orientamento della
rivista non era quello di fomentare la rassegnazione alle differenze
di classe ma nemmeno quello di negarle. Qualunque tema avessero
trattato, gli articoli proponevano possibili vie di cambiamento su
due livelli, quello individuale e quello della comunità.
Alcuni articoli erano dedicati esplicitamente alla politica: una
lettera di Emma Goldman che descriveva l’apertura e l’interesse
dei lavoratori gallesi verso le idee anarchiche, una critica del falli
mento sia della Lega delle Nazioni che delle organizzazioni operaie
intemazionali nell’assunzione di una linea d’azione effettiva contro
l’invasione italiana in Abissinia, ed un’analisi della legge come ne
mica della natura fluida della vita e come specificatamente respon
sabile dell’oppressione delle donne (analisi che potrebbe essere de
nominata “puramente anarchica” per il suo tono ed il suo contenuto,
ma che non nomina mai questa parola).
La rivista includeva inoltre una serie di articoli dedicati alle te
matiche culturali: un dibattito sulle teorie educative di Pestalozzi e
sulla loro utilità per l’istruzione dei bambini della classe operaia,
una recensione di “Tempi Moderni”, di Charlie Chaplin, realizzata
da Mercedes Compaposada in cui veniva sottolineato il tema anti
capitalista; un saggio che lodava il valore dello sport e dell’eserci
zio fisico per la salute e la vitalità; un articolo di Lucía Sánchez
Saornil sulla vita dei contadini in Castiglia (articolo destinato pre
valentemente alle lettrici delle città per illustrare loro la vita nelle
aree rurali).
Infine c’erano degli articoli che ci saremmo aspettati di trovare in
qualsiasi rivista dedicata ad un pubblico femminile, che però non
nascondevano un punto di vista critico/politico. “Casa”, di Luisa
Pérez, parlava della necessità dell’igiene aH’intemo delle case:
l’importanza di avere una stanza da bagno e rimpianto del gas
(all’epoca ritenuti dei lussi superflui per le case degli operai), la
197
necessità di trattare adeguatamente la spazzatura e l’avvertimento
che le sputacchiere erano un focolare di malattie. Un articolo di
Amparo Poch descriveva le cure da prestare ai neonati, alternando
informazioni su quanto doveva dormire il bebé e come doveva es
sere lavato e curato a discussioni sull’importanza dell’amore e delle
attenzioni per il suo corretto sviluppo e per la sua crescita50. La ri
vista aveva persino un articolo dedicato alla moda: “l’estetica nel
vestire”. Diceva che le donne della classe media e della classe alta
sembravano essere più libere di scegliere vestiti pratici, mentre le
operaie, che non se lo potevano permettere, dovevano rimanere fe
deli ai vestiti tradizionali, che costavano di più e che non erano né
comodi né piacevoli.
La cosa più straordinaria del contenuto della rivista era il tenta
tivo di rivolgersi alle lettrici nel posto “dove si trovavano” ed anche
di utilizzare tutte le opportunità alla sua portata per una presa di
coscienza politica e culturale. Una donna non attiva nel movimento
anarco-sindacalista, e con poca coscienza di classe, avrebbe potuto
trovare facilmente questa rivista ed iniziare a leggerla come una
qualsiasi altra pubblicazione rivolta ad un pubblico femminile. Ma
era diversa dalla maggior parte delle riviste: riteneva la donna im
portante come persona e, con la sua esperienza, potenziale attrice
nella storia e allo stesso tempo affrontava i suoi problemi più con
tingenti, il suo essere madre e moglie. Le editrici riuscirono a darle
un’impostazione allo stesso tempo educativa e rispettosa nei con
fronti delle lettrici. Non aveva quella tendenza a “colpevolizzare la
vittima”, tanto comune negli articoli delle maggiori pubblicazioni
anarchiche, che si lamentavano della mancanza di partecipazione
delle donne all’interno del movimento, e non aveva nemmeno nulla
della condiscendenza tipica delle riviste femminili della classe
media, ed anche delle riviste femministe della classe media, quando
affrontavano questioni relative alle donne della classe operaia51.
Infine, Mujeres Libres venne bene accolta da molte singole per
sone e da molti gruppi del movimento. Nei mesi successivi, Acracia
(la rivista della CNT di Lérida) ed il Boletin de Información, CNT-FAI,
50. Questo articolo avrebbe fatto parte del suo foglietto Niño, Mujeres Libres,
Barcellona [1937],
51. Un esempio di questo tipo di rivista in un’epoca precedente è La mujer. Pe
riódico Científico, Artístico y Literario, pubblicato a Barcellona nel 1882.
198
riprodussero degli editoriali di Mujeres Libres, fecero dei riferimenti
concreti agli articoli ed invitarono i loro lettori a leggere e ad ap
poggiare in vari modi la rivista. Nei mesi di maggio e giugno, le edi
trici ricevettero numerose lettere di incoraggiamento di uomini e
donne anarchici, che le ringraziavano per aver affrontato questioni
importanti e si complimentavano con loro della qualità degli arti
coli. Molte di queste lettere allegavano dei contributi per alcune sot
toscrizioni o come forme di finanziamento52. Così, anche se la pub
blicazione non venne ricevuta con tutto l’entusiasmo e gli aiuti
finanziari che le editrici avrebbero sperato da parte delle altre orga
nizzazioni del movimento, non si risolse tutto in un buco nelfacqua.
Mujeres Libres trovò davanti a sé un pubblico entusiasta.
199
perare la loro triplice schiavitù, “schiavitù dall’ignoranza, schia
vitù come donna e schiavitù come produttrice”53, organizzarono
dei programmi di alfabetizzazione e, grazie alla partecipazione dei
sindacati, anche alcuni corsi tecnici.
La rivista non riuscì ad uscire immune dai cambiamenti provo
cati dalla guerra e dalla rivoluzione, il tono ed il contenuto cam
biarono immediatamente. Mercedes Comaposada descriveva la tra
sformazione in un articolo pubblicato su Tierra y Libertad nel
maggio del 1937: “Quella serena rivista di “orientamento e docu
mentazione sociale” non è scomparsa; si è trasformata in un gior
nale più vibrante che, coerentemente alla situazione attuale, fa una
critica costruttiva e dà un orientamento per il presente e per il fu
turo”54. Il numero cinque (“Giorno 65 della Rivoluzione”), pubbli
cato nell’ottobre del 1936 in risposta alla nuova realtà, rifletteva
questa trasformazione. La rivista includeva ancora articoli di inte
resse esclusivamente femminile, anche se molti di questi erano ora
orientati verso i tempi di guerra che si stavano vivendo: uno rivol
geva una critica ai partiti politici per aver organizzato delle parate
di bambini in uniforme, un altro criticava le code per i beni razio
nati, altri ancora raccontavano la vita delle miliziane al fronte e
delle donne che lavoravano nelle fabbriche. C’erano inoltre arti
coli dedicati alla presa di coscienza politica: un rapporto dei primi
giorni di lotta a Barcellona, delle espropriazioni degli edifici, della
formazione di una collettività a Terrassa ed una varietà di articoli
che spiegavano la posizione del movimento anarco-sindacalista nei
confronti “della rivoluzione e della guerra”.
Le redattrici accettarono il cambiamento del contesto e quello
che questo avrebbe significato per la rivista. “Anche se avremmo
preferito per il nostro lavoro la tranquillità dei giorni sereni, mette
remo il nostro più concreto impegno nel cercare di adattare il nostro
tono e la nostra espressione al ritmo accelerato che ha in questo
momento la vita.” Prima era stato necessario andare a cercare le
donne nelle loro case e convincerle che bisognava partecipare alla
vita sociale, ma ora la guerra aveva reso tutto esplicito. Le donne
avevano partecipato; avevano risposto all’appello. “Ma questa ri
200
sposta è solamente istintiva, non è cosciente, ed il nostro dovere,
che accettiamo con molta responsabilità, è quello di trasformare in
coscienza questo istinto.” E in un modo probabilmente abbastanza
drammatico, le redattrici identificarono i loro obiettivi con quelli
del movimento anarco-sindacalista:
201
quasi tutti gli articoli di Mujeres si occupavano di come vincere la
guerra. L’unico articolo che non era direttamente collegato alla
guerra o alla difesa di Madrid si intitolava: “Preparare la nuova ge
nerazione. Quello che è stata la maternità e quello che deve essere”.
Questo articolo si prefiggeva di far vincere alle donne la paura che
provavano verso gli ospedali, si occupava dei cambiamenti che si
erano verificati in seguito alla nuova gestione laica di queste istitu
zioni e incoraggiava le donne a ricorrere agli ospedali invece di
partorire in casa.
Companya, rivista diretta alle donne pubblicata dal PSUC, nel
marzo del 1937 affrontava più esplicitamente la subordinazione
delle donne in quanto donne, e sosteneva che “l’obra d ’emancipa-
ció femenina correspón a la dona” fil lavoro di emancipazione fem
minile spetta alla donna]. Ma la sua formulazione del processo di
emancipazione e la sua prospettiva della questione dei ruoli asse
gnati alle donne continuavano a conferire grande importanza alla
partecipazione delle donne allo sforzo bellico58.
Nell’autunno del ‘36, solo pochi mesi dopo lo scoppio della
guerra e dopo l’inizio della rivoluzione sociale che l’aveva seguita,
Mujeres Libres aveva già iniziato ad essere un’organizzazione in
dipendente, con mete e programmi che la differenziavano dalle altre
organizzazioni di donne dei vari partiti della sinistra e, in qualche
aspetto, dal resto delle organizzazioni del movimento anarco-sin-
dacalista. Anche se le fondatrici della rivista vedevano che in linea
di massima i loro programmi e la loro strategia erano coerenti con
le teorie e gli obiettivi del movimento anarchico, credevano che,
lasciato alle sue sole forze il movimento sarebbe stato incapace di
mobilitare efficacemente le donne per la rivoluzione sociale e la ri-
costruzione di una nuova società.
Era necessaria un’organizzazione gestita dalle donne e rivolta alle
donne, una organizzazione consacrata al superamento della subor
dinazione femminile in tutte le sue sfaccettature, in casa, sul luogo
di lavoro o anche all’interno dello stesso movimento anarco-sinda-
calista. I programmi che svilupparono, prefigurati negli articoli di
Lucía Sánchez Saornil apparsi su Solidaridad Obrera nell’ottobre
del 1935, dovevano essere creati e messi in pratica dalle donne, per
58. Companya, 1, n. 1 (11 marzo 1937). Si veda anche il mio “Women and the
Politics on the Spanish Popular Front”.
202
le donne. Questi programmi includevano lezioni per sradicare
l’ignoranza e l’analfabetismo, corsi di formazione industriale e com
merciale, e gruppi organizzati apposta per sviluppare Vempower
ment delle donne attraverso una maggiore coscienza di sé, bisognava
infondere loro le conoscenze e la fiducia necessarie per partecipare
a pieno diritto alla società rivoluzionaria come cittadine. Questi pro
grammi dovevano essere organizzati in modo federativo e non ge
rarchico, e dovevano essere un esempio delle capacità delle donne di
agire autonomamente con l’obiettivo di contribuire alla trasforma
zione sociale.
203
Capitolo V
L’educazione per Vem p o w erm en t
La preparazione come rivoluzione
(a) Creare una fo rza fem m inile cosciente e responsabile che agisca
com e avanguardia del progresso; (b) [il suo obiettivo è] organizzare
scuole, istituti, cicli di conferenze, corsi speciali, ecc., con il fin e di dare
capacità alla donna e di em anciparla dalla sua triplice fo rm a di schiavitù
a cui è stata e a cui continua a d essere sottomessa, schiavitù d a ll’igno
ranza, schiavitù in quanto donna e schiavitù com e p rodu ttrice1.
205
ed agissero in conseguenza. La capacitación fu il modo con cui
Mujeres Libres fece suo il concetto di preparazione in relazione
alla specifica situazione delle donne spagnole. Si comprende me
glio se lo riferiamo al contenuto delle attività dell’organizzazione,
attività che furono ideate per combattere l’analfabetismo femmi
nile, per preparare le donne alla loro effettiva ed attiva partecipa
zione alla forza lavoro, per dare loro le informazioni necessarie sul
loro essere donne (ad esempio, sulla maternità, sulla cura dei figli
e sulla sessualità) e, infine, per permettere loro di acquisire co
scienza di sé come consapevoli attrici nella storia.
La captación, il coinvolgimento delle donne, obiettivo che as
sunse un’importanza maggiore quando la controrivoluzione diventò
sempre più forte, si riferiva al contesto organizzativo ed ideologico
della capacitación. Ho già detto precedentemente che una delle prin
cipali preoccupazioni delle fondatrici di Mujeres Libres fu l’esiguo
numero di donne attive nel movimento, e si impegnarono quindi a
stimolare la militanza femminile aU’intemo della CNT e della FAI. In
crementare la partecipazione delle donne alle organizzazioni del mo
vimento era per loro importante perché vedevano nel movimento li
bertario la migliore speranza di un cambiamento in favore delle
donne ed anche degli uomini. Man mano che la Guerra civile andava
avanti, l’interesse di Mujeres Libres per il coinvolgimento delle
donne divenne non solo un impegno verso una maggiore partecipa
zione femminile aH’intemo della CNT, ma anche una sorta di com
petizione con la Associazione Femminile delle Donne Antifasciste
(e con il partito comunista e quello socialista) per la lealtà delle
donne che da poco avevano iniziato ad essere mobilitate.
Mujeres Libres rifiutava tanto il femminismo (inteso come op
posizione agli uomini e come impegno per ottenere l’uguaglianza
delle donne all’interno del sistema di privilegi esistente)2 quanto
la relegazione delle donne ad una posizione secondaria all’interno
del movimento libertario:
206
rare il problem a fem m inile dal problem a sociale, né potevam o disinteres
sarcene p e r convertire la donna in un sem plice strum ento di una qualsiasi
organizzazione, anche se fo sse stata la nostra, l ’organizzazione libertaria.
L ’intenzione delle ideai rici era più grande, m olto più grande: volevano
servire una dottrina, non im partito; volevano dare alla donna la capacità
di fa r e di sé stessa un individuo capace di contribuire alla costruzione
della fu tu ra società, un individuo che im parasse a determ inarsi da solo,
non a seguire ciecamente le indicazioni di una O rg a n izza zio n e.
3. “Anexo al informe que la federación Mujeres Libres eleva a los comités su
periores del movimiento libertario y al pleno del mismo”, p. 2, Federazione “Muje
res Libres”, Comitato Nazionale, Barcellona, ottobre 1938, IISG/CNT: 40.C.4.
207
donne. Trattare la subordinazione delle donne come parte del si
stema gerarchico dominante situava fermamente il loro progetto
all’interno del contesto anarchico, mentre il concentrarsi sulle spe
cifiche conseguenze di queste disuguaglianze per le donne diffe
renziava Mujeres Libres dalla corrente dominante del movimento
libertario dell’epoca.
L’autonomia organizzativa era un punto cruciale di questa vi
sione. Mujeres Libres sosteneva che le donne avevano bisogno di
un’organizzazione separata, non perché non ci si potesse fidare
degli uomini e nemmeno perché gli uomini non fossero profonda
mente impegnati nell’emancipazione delle donne, ma perché, alla
fine dei conti, le donne avrebbero potuto arrivare a considerarsi
competenti e capaci di partecipare alla pari all’interno del movi
mento libertario solo attraverso azioni guidate da loro stesse. Come
aveva scritto Lucía Sánchez Saornil nel 1935: “E quindi è per que
sto che io credo che non sia lui [l’uomo] la persona chiamata a sta
bilire le funzioni delle donne all’interno della società, per quanto
importanti ritenga che siano. Il pensiero anarchico, ripeto, prevede
che la donna agisca nell’uso della sua libertà, senza alcuna forma di
tutela né di coercizione; lei si rivolgerà verso quello che la sua na
tura e l’indole delle sue facoltà le detteranno”4.
Questo Capitolo vuole analizzare la natura ed il funzionamento
dei programmi di capacitación di Mujeres Libres, e soprattutto gli
sforzi che fece per cercare di adattare i principi anarchici di prepa
razione alla particolare situazione delle donne spagnole. Per capire
questi programmi, è fondamentale l’analisi che Mujeres Libres fa
della diversità delle donne, della natura e dell’origine della loro su
bordinazione all’uomo nella società spagnola e dei contributi che le
donne potevano apportare alla rivoluzione ed alla costruzione di
una nuova società. Anche se raramente queste opinioni vennero
espresse in modo esplicito, si possono dedurre molte cose dagli
scritti e dai programmi dell’organizzazione.
Mujeres Libres concentrò la sua attenzione sulle relazioni tra la
subordinazione economica, quella culturale e quella sessuale. Nei
loro scritti possiamo infatti trovare un’analisi della subordinazione
208
delle donne che riassumerebbe in linea di massima questo: le donne
che si dedicavano solamente al lavoro in casa erano economica
mente (e quindi anche sessualmente) dipendenti dagli uomini. Que
sta dipendenza contribuiva alle loro carenze educative, ed allo stesso
tempo ne veniva ulteriormente rafforzata, carenze che a loro volta
contribuivano ad una sottovalutazione sociale delle donne e in ge
nerale ad una mancanza di amor proprio. La situazione cambiava
leggermente per le donne che lavoravano e che venivano pagate con
uno stipendio, sia che si trattasse di un lavoro svolto aH’intemo delle
loro case che, invece, nelle fabbriche. I loro bassi salari venivano
“giustificati” perché le donne erano considerate lavoratrici di se
condo livello, ossia che non mantenevano la famiglia. I bassi salari,
a loro volta, contribuivano allo status di subordinazione delle donne
ed alla loro mancanza di autostima. Come ultima cosa, la subordi
nazione economica e la relativa arretratezza culturale facevano sì
che le donne si trovassero in una situazione di vulnerabilità per lo
sfruttamento sessuale, all’interno ed al di fuori del matrimonio5.
Coerente alle analisi anarchiche delle relazioni di dominio e di
subordinazione, Mujeres Libres non attribuì mai la subordinazione
delle donne ad un unico fattore. L’istruzione sarebbe stata fonda-
mentale per superare la subordinazione culturale delle donne, ma
non sarebbe stata di per sé sufficiente a rendere le donne piena
mente partecipi nell’economia o nella società. Anche il lavoro sa
rebbe stato essenziale, ma anche questo, da solo, non avrebbe po
tuto permettere loro di superare lo sfruttamento culturale e sessuale.
Quindi i programmi di empowerment avrebbero dovuto concen
trarsi sul superamento di ognuno degli aspetti della schiavitù delle
donne e delle loro interazioni. Le attività dovevano quindi rivol
gersi allo stesso tempo su vari fronti.
Nel caso specifico la posizione di Mujeres Libres in merito a
quanto o a cosa avrebbero dovuto apportare le donne alla rivoluzione
o alla nuova società era ambigua. Mentre molte attività e la propa
ganda erano rivolte al superamento della subordinazione che impe
diva alle donne di occupare i loro posti a fianco degli uomini nella
209
creazione di una nuova società, alcuni scritti rimarcavano esplicita
mente che le donne erano diverse dagli uomini e che era importante
incorporare le donne, con tutte le loro diversità, al processo rivolu
zionario. Un editoriale che celebrava la fondazione della Federazione
Nazionale di Mujeres Libres, nell’agosto del 1937, affermava:
Programmi educativi
210
per liberare il potenziale delle donne e per permettere loro di con
vertirsi in membri integralmente partecipi del movimento e della
nuova società: “La cultura per la cultura? La cultura in astratto?
No. Capacitación della donna con un fine immediato, urgente: aiu
tare in modo positivo a vincere la guerra. Rendere capace la donna
di liberarsi dalla sua triplice schiavitù: schiavitù dall’ignoranza,
schiavitù in quanto donna e schiavitù come produttrice. Prepararla
[capacitarla] per un ordine sociale più giusto8.
I programmi educativi costituirono una delle prime attività di
Mujeres Libres e furono abbastanza differenziati fra di loro. Il li
vello basico fu in generale una crociata contro l’analfabetismo. La
vergogna che provavano di fronte alla loro “arretratezza culturale”
impediva a molte donne di partecipare attivamente alla lotta per un
cambiamento rivoluzionario. L’alfabetizzazione sarebbe stata
quindi uno strumento per sviluppare la fiducia in sé stesse e avrebbe
portato ad una maggiore partecipazione9.
Oltre alle lezioni di alfabetizzazione basilare, i diversi istituti
delle città e dei paesi offrivano dei corsi di orientamento più tecnici
e dei programmi di “formazione sociale” - e con queste parole si ri
ferivano ad un orientamento al mondo sociale e politico -. Nell’au
tunno del 1936, Mujeres Libres di Barcellona offriva corsi intensivi
di cultura generale, di storia sociale, di economia e di diritto nella
sua sede in piazza di Catalogna. Alla fine di quell’anno, la Agru
pación aveva un Istituto Mujeres Libres in calle Cortes; alcuni mesi
più tardi, il Casal de la Dona Treballadora apriva le sue porte.
Nell’ottobre del 1937, il Casal de la Dona Treballadora annunciava
corsi suddivisi in questo modo:
211
LEZIONI ELEMENTARI (per le persone analfabete e diviso in tre livelli):
leggere, scrivere, nozioni di aritmetica, geografia, grammatica, fenomeni
naturali.
LEZIONI COMPLEMENTARI ALL’INSEGNAMENTO ELEMENTARE: Storia uni
versale, francese, inglese, russo, m eccanografia, stenografìa.
LEZIONI COMPLEMENTARI PROFESSIONALI: Per infermiere, per pueri
cultrici (con le rispettive ore di pratica negli ospedali e nei luoghi appo
siti), studi tecnici (meccanica, elettrotecnica, commercio), taglio e cucito,
nozioni di agricoltura e avicoltura, con le relative lezioni pratiche.
FORMAZIONE SOCIALE: Corsi di organizzazione sindacale, sociologia,
nozioni di economia. Conferenze settimanali per l ’ampliamento della cul
tura generale101.
212
di quartiere sia a livello comunale. I centri dei quartieri offrivano le
zioni serali per permettere alle donne lavoratrici di parteciparvi.
Nei quartieri e nei paesi, l’offerta più comune erano le lezioni di al
fabetizzazione basica, inoltre erano attivi dei corsi di educazione
elementare, di meccanica, lezioni dove si insegnava come pren
dersi cura dei bambini, come fare assistenza medica e di infermeria.
Questi corsi permettevano alle donne, che arrivavano a conseguire
il titolo, di insegnare in nuove scuole o di lavorare nelle cliniche e
negli ospedali, sia al fronte che nei loro quartieri. Mentre la guerra
creava ogni giorno sempre più rifugiati, nelle zone dove arrivavano
si formarono gruppi di Mujeres Libres che organizzarono ampli
programmi educativi rivolti alle necessità di adulti e bambini12.
Gli obiettivi dei programmi educativi di Mujeres Libres anda
vano bel oltre la mera trasmissione di abilità. Nel luglio del 1937,
la Generalität aveva creato VInstitut d ’Adaptació Professional de la
Dona, con la partecipazione della UGT e della CNT. Creato quando
la Generalität aveva preso il controllo della Escuela de Adaptación
Profesional de la Mujer (scuola in comune fra Mujeres Libres e la
CNT di Barcellona), VInstitut si proponeva di conferire alle donne la
formazione necessaria per entrare nella forza lavoro e sostituirsi
così agli uomini che erano andati al fronte13. Sembra che questa
scuola derivasse dalla Escola Professional per la Dona, creata nel
1883 per dare una formazione tecnica alle ragazze della classe ope
raia che iniziavano a lavorare nell’industria tessile. Il suo pro
gramma si estese in modo importante dopo il luglio 1936, quando
la Generalität ampliò l’offerta di corsi14.
12. DELSO DE MIGUEL, Ana: “Demarche évocatrice” in: Trois cents hommes
et moi, Montreal, Éditions de la pleine lune, 1989, pp. 48-55 (esiste una versione in
castigliano: Trecientos hombres y yo. Estampa de una revolución, Fondazione An
seimo Lorenzo, Madrid, 1998); interviste.
13. “Reglament per a 1’Aplicado del decret del 10 de Juliol del 1937 que Crea
l’Institut d’Adaptació Professional de la Dona”, IISG/CNT: 001.A.3.
14. “Informes. Instituto de Adaptación Profesional de la Mujer”, IISG/CNT:
001.A.3.; Federación Local de Sindicatos Unicos: “Acerca del Instituto de Adap
tación Profesional”, Boletín de Información, CNT-FA1, n° 393 (24 settembre 1937);
Generalitat de Catalunya: Escola professional per a la dona - Reglament, Casa
d’A. F. Macià, Barcellona, 1937; e Generalitat de Catalunya, Department de Cul
tura: Les noves institucions juridiques i culturáis pera la dona (Setmana d’Activi-
tats Femenines, febbraio 1937), Gráficas Olivade, Vilanova (Barcellona), 1937.
213
Ma Mujeres Libres era convinta che questo nuovo istituto offrisse
solamente una risposta parziale alle necessità delle donne: “Questi
Istituti non possono raggiungere degli obiettivi senza un previo la
voro di preparazione nel senso non solo di facilitare le conoscenze
concrete più indispensabili, ma di formazione spirituale e sociale15.
Gli obiettivi di Mujeres Libres erano più ampli. Come spiegava So-
ledad Estorach, “le scuole di formazione professionale (dirette dalla
Generalitat) aprivano le loro porte alle donne e offrivano loro una for
mazione tecnica che avrebbe permesso loro di occupare i lavori degli
uomini. Ma noi (nel Casal) univamo la formazione tecnica ad una
specie di preparazione sociale. Potrei dire che si trattava di una scuola
di militanti” 16. Mujeres Libres, non era, comunque, l’unica organiz
zazione che cercava di utilizzare i programmi tecnici con fini politici
più ampli. Di fatto, come vedremo nel Capitolo VI, una delle loro la
mentele verso la Escuela de Adaptación Profesional de la Mujer era
che venisse usata da altre organizzazioni con fini propagandistici.
Questi programmi di servizi educativi diretti arrivarono a molte
migliaia di donne; nel dicembre del 1938, fra le seicento e le otto
cento donne frequentavano quotidianamente le lezioni del Casal
de la Dona di Barcellona17. Inoltre i programmi di stampa e di
propaganda di Mujeres Libres diffondevano ancora più ampia
mente il loro messaggio, allegando alla rivista libri ed opuscoli in
merito a temi diversi, dalla cura dei bambini alle biografie delle
rivoluzionarie (vedi Appendice B). Dopo pochi mesi dallo scop
pio della rivoluzione, Mujeres Libres di Barcellona montò un
chiosco nelle Ramblas affinché queste pubblicazioni fossero anco
ra più reperibili per le potenziali lettrici18. Organizzò anche delle
esposizioni che illustravano le attività e gli obiettivi raggiunti
dalle donne nel periodo rivoluzionario.
Infine, Mujeres Libres organizzò a livello regionale e nazionale
214
dei comitati per la diffusione della cultura e della propaganda, tanto
di persona quanto attraverso materiale scritto. Un gruppo di Barcel
lona emetteva regolarmente programmi radiofonici. Altre viaggia
vano per la campagna catalana per parlare direttamente alle donne
che non leggevano e non ascoltavano la radio. Pepita Carpena, ad
esempio, dopo aver terminato il corso con Mercedes Comaposada,
si dedicò a partecipare regolarmente a queste gite propagandistiche
come membro del Comitato Regionale della Catalogna di Mujeres
Libres, essendo responsabile della cultura e della propaganda. A li
vello locale alcune associazioni riuscirono a creare delle bibliote
che ambulanti19. Nel novembre del 1938 un bilancio preventivo di
questo comitato mostrava che sette dei suoi dodici membri occupa
vano dei posti relativi alla cultura ed alla propaganda20. Il modello
era simile in tutto il resto del paese.
E evidente che il lavoro era soddisfacente e stimolante. La descri
zione di Pepita Carpena delle esperienze che fece durante queste tra
sferte per la campagna riescono a dare un’idea di questo entusiasmo:
215
Queste riunioni erano importanti per molti aspetti sia per chi le
teneva che per chi vi prendeva parte. Sara Berenguer Guillén, Con-
chita Guillén ed Amada de Nó, ad esempio, fecero la loro prima
apparizione pubblica come oratrici di Mujeres Libres invitando le
donne a studiare e a prepararsi. L’esaltazione ed il sentimento di
arrivare ad ottenere qualcosa di concreto era così palpabile che si
sentiva ancora cinquant’anni più tardi, quando mi stavano spie
gando queste attività.
Il lavoro culturale era importantissimo, perché se Mujeres Li
bres si proponeva di creare “una forza [rivoluzionaria] cosciente e
responsabile”, questa forza doveva essere educata. I programmi si
sviluppavano simultaneamente su diversi livelli. Anche quando le
donne andavano a scuola per sviluppare le loro abilità e la fiducia
in loro stesse, partecipavano ad attività organizzative che davano
per scontato che loro avessero già queste abilità e questa fiducia.
Quasi tutte le militanti del movimento libertario erano autodidatte,
e Mujeres Libres doveva mettere in pratica la teoria anarchica
dell’azione diretta e “imparare attraverso l’azione”. Il raggiungi
mento degli obiettivi che si era preposta è un’eloquente testimo
nianza delle possibilità di questo modello educativo.
Inserimento lavorativo e
programmi di formazione professionale
Strettamente collegati ai programmi di cultura e a quelli di istru
zione generale, si programmarono delle attività e dei progetti ideati
per facilitare l’incorporamento delle donne alla forza lavoro come
lavoratrici qualificate e con un salario dignitoso, cosa che presup
poneva formare le donne affinché svolgessero dei lavori che si
erano da sempre considerati prerogative maschili. I programmi di
apprendimento, che erano il nucleo di questa componente del piano
d’azione di Mujeres Libres, si elaboravano in generale di comune
accordo con le federazioni locali dei sindacati. Le relazioni erano,
senza dubbio, difficili, e riflettevano tutti i gradi di disaccordo esi
stenti per la subordinazione delle donne e per la comprensione delle
differenze fra i sessi.
216
ziam m o a lavorare in questo cam po im m ediatamente, perché era essen
ziale che la donna uscisse di casa. Con il passare del tem po si fo rm a ro n o
dei gruppi di M ujeres Libres in quasi tutte le fabbriche. Forse m olti di
questi gruppi si occupavano di aspetti che avevano veram ente p oco a che
fa re con l ’em ancipazione fem m inile, m a offrivano alle donne l ’opportu
nità d i parlare dei problem i della fabbrica. D ovevam o fa re attenzione a
non invadere il terreno delle altre organizzazioni, soprattutto quello dei
sindacati, e di non fom en ta re l ’antagonism o fr a gli uom ini e le donne22.
217
della rivista analizzavano la storia del lavoro e della partecipazione
della donna alla forza lavoro; i programmi organizzativi si occu
pavano delle specifiche necessità delle donne in tempo di guerra e
durante la situazione rivoluzionaria.
La maggior parte degli scritti teorici di Mujeres Libres conside
rava il lavoro nel suo contesto storico. Il lavoro veniva tradizional
mente concepito, scriveva Mercedes Comaposada, come un castigo
o una necessità o come una combinazione delle due cose. Le per
sone lavoravano per poter sopravvivere, ma con l’arrivo del capi
talismo, gli aspetti punitivi del lavoro si accentuarono. Il capitali
smo (e la gestione scientifica) per arrivare al progresso industriale
“si dimenticarono dell’uomo”. Il cambiamento rivoluzionario
avrebbe dovuto affrontare il danno spirituale e quello fisico cau
sato dal lavoro monotono e ripetitivo.25.
Numerosi articoli analizzavano come l’ideologia di quelle che
ora vengono denominate “sfere separate” e l’aspettativa che il posto
della donna fosse la casa colpissero in modo diverso le donne della
campagna e quelle della città, quelle della classe operaia e quelle
della classe media. Con l’industrializzazione, ad esempio, molte
lavoratrici della campagna emigrarono nelle città nella speranza di
vivere grazie ad un lavoro come domestiche o come operaie di fab
brica. “Ma questo rimaneva solo una speranza: la schiavitù esisteva
di fatto in modo enorme.” Le donne della classe media si vedevano
a loro volta colpite dall’industrializzazione e dall’incremento delle
aspettative che arrivarono dopo la Prima Guerra Mondiale. Molte
accettarono lavori negli uffici e nei negozi, ma per loro la promessa
della “ricchezza a cui sarebbero giunte grazie al lavoro” era in
molte occasioni più un sogno che una realtà26.
Anche se Mujeres Libres si mostrava critica verso le condizioni
di lavoro degli uomini e delle donne nell’economia primitiva, feu
dale e capitalista, le autrici esponevano la loro versione di cosa
avrebbe significato il lavoro e come sarebbe stato vissuto nella
nuova società. In primo luogo, il lavoro era una parte necessaria ed
imprescindibile della vita. Gli esseri umani avevano la capacità di
usare la tecnologia per alleviare il carico di lavoro, strutturare la
produzione per mettere le macchine al servizio delle persone ed
218
eliminare lo sfruttamento della minoranza sulla maggioranza27. Il
lavoro sarebbe stato l’espressione della capacità e della creatività
umane, ed un requisito previo per la libertà: “Il lavoro è creazione
o non è nulla: la creazione è superamento progressivo e l’oggetto
del superamento è la libertà”28. La concezione del lavoro come
parte di una vita soddisfacente era importante soprattutto per le
donne, che fino ad allora erano state giudicate non adatte al lavoro
produttivo. Mujeres Libres riteneva che il lavoro contribuissse
tanto al progresso sociale quanto a quello generale e, più concre
tamente, all’emancipazione delle donne, e che avrebbe permesso
loro di essere e di sentirsi membri produttivi della società29.
Un secondo aspetto di questo punto di vista era che le donne do
vevano essere trattate da eguali nelle questioni lavorative, con
uguale accessibilità al lavoro ed uguale salario per il lavoro che
svolgevano. Mercedes Comaposada arrivò ad affermare che tutte le
differenze salariali, incluse quelle esistenti tra lavoro manuale e la
voro tecnico, dovevano essere eliminate immediatamente30. Dato
che lo sfruttamento della donna era radicato nella sua dipendenza
economica, lo si sarebbe potuto superare solo una volta raggiunta
l’indipendenza o, perlomeno, avrebbe dovuto essere dipendente
nella stessa misura dell’uomo. “A uguale lavoro uguale salario” era
dunque una necessità immediata. Durante un dibattito della Riu
nione Plenaria del Movimento Libertario nell’ottobre del 1938,
Mujeres Libres sfidò apertamente la CNT per fare in modo che “se
l’Organizzazione non vuole consentire che le donne che esercitano
un’uguale funzione ricevano a giornata lo stesso stipendio degli
uomini, almeno che lo dica chiaramente”31.
Ma se le donne dovevano partecipare come lavoratrici, dove
vano prepararsi. Il significato di questa prospettiva cambiò a se
219
conda delle circostanze. Nei primi mesi di lotta, l’organizzazione
spronò le donne a partecipare come potevano, sostenendo che la
mancanza di preparazione non doveva impedire alle donne di la
vorare32. Ma nonostante questo, col procedere della guerra, mentre
i fronti avanzavano e diminuivano gli ordini dall’estero, il lavoro
iniziò a scarseggiare. Mujeres Libres, allora, anche se continuò a
sostenere l’incorporazione della donna alla forza lavoro, insistette
ancora di più sull’importanza dell’istruzione. “Mujeres Libres non
fa promesse demagogiche né falsi appelli. Mujeres Libres non vi
assicura una collocazione immediata. Mujeres Libres vi offre la
possibilità di diventare capaci di servire efficacemente la nostra
lotta”33. Ed ancora, negli ultimi momenti della guerra, Mujeres Li
bres continuò ad affermare che il lavoro era un diritto della donna,
diritto che esercitò con enorme entusiasmo e volontà incorporan
dosi alla forza lavoro durante i primi giorni della rivoluzione. “La
donna ha riposto tutta la sua fede nella rivoluzione. Speriamo che
gli atavici egoismi non la defraudino”34.
Anche se la maggior parte degli articoli sosteneva che il lavoro
fosse un diritto della donna, alcuni suggerivano che l’incorpora
zione di questa al lavoro dovesse essere solo temporanea, una ne
cessità bellica. Ma anche questi articoli ritenevano però che le
donne dovessero imparare a pensare e ad agire collettivamente: “La
donna deve produrre per la collettività, [...] e non può tornare alla
produzione egoistica, domestica e familiare”35. Un altro articolo
criticava le donne che vedevano la loro incorporazione al lavoro
salariato come un trionfo personale ed individuale: “Un gran nu
mero di donne non ha capito la gravità della situazione attuale. Non
si tratta di rivendicazioni individuali, si tratta della difesa collettiva
di un popolo. Prendendo in mano degli strumenti di lavoro nessuno
deve pensare di stare risolvendo una situazione personale, ma deve
capire che quegli strumenti nella retroguardia equivalgono ad un
fucile al fronte”36.
220
L’ambiguità di queste opinioni era col legata alla concezione che
Mujeres Libres aveva della “differenza” delle donne. Alcuni scritti
sottolineano le qualità specificatamente femminili delle donne -
“la donna ha saputo apportare al grossolano ambiente della guerra
la delicata dolcezza della sua psicologia femminile” - o mettevano
in rilievo la varietà dei modi in cui le donne potevano contribuire
allo sforzo bellico: “Alcune lottano al fronte, ed altre fanno la guar
dia a quelli che combattono. Nelle retrovie, lavorano incessante
mente ed incrementano la cultura che fino ad ora era mancata al
movimento femminile. La donna sta riscattando sé stessa”37. Altre
volte Mujeres Libres sembrava meno preoccupata di definire quello
che era specificatamente “femminile” e si occupava invece di su
perare gli ostacoli che impedivano la piena incorporazione della
donna alla forza lavoro. Anche se i programmi di capacitación di
Mujeres Libres sembravano dare per scontato il fatto che la donna
avrebbe lavorato - per mantenere sé stessa, la sua famiglia e per lo
sforzo bellico -, alcuni articoli della rivista continuavano ad essere
rivolti alla donna principalmente come madre o “persona su cui
poter fare appoggio”. E evidente che la questione di quale fosse la
“natura” femminile e che cosa ci si potesse aspettare dalla donna
non era assolutamente risolta.
Gli apprendimenti tecnici ed altri programmi collegati al mondo
lavorativo che Mujeres Libres sviluppò riflettevano tanto le esi
genze della situazione bellica quanto le ambiguità che circonda
vano la subordinazione delle donne sul luogo di lavoro. La maggior
parte di questi programmi consisteva in corsi di tecniche e di me
stieri, ma erano accompagnati da lezioni di “formazione sociale” di
rette ad altri aspetti della subordinazione.
Iniziando a livello locale e continuando ad espandersi in un se
condo tempo alle unità regionali e nazionali, Mujeres Libres orga
nizzò sezioni di lavoro, con responsabilità in uffici e fabbriche spe
cifiche, che cooperarono con i rispettivi sindacati della CNT. Ad
esempio, nel luglio del 1937, Mujeres Libres di Madrid dirigeva
una scuola di meccanica, delle lezioni di cucito, dei programmi di
formazione per domestiche e per impiegate, un’officina per ope
raie tessili e alcune scuole guida e di metallurgia. Mujeres Libres di
Barcellona aveva sezioni di lavoro nel trasporto, nella metallurgia
37. “Las mujeres en los primeros días de lucha”, Mujeres Ubres, n° 10.
221
(formazione per lavorare nelle industrie di guerra), nei servizi pub
blici, in quelli tessili, nel lavoro domestico, nella sanità, nel com
mercio e negli uffici.
La maggior parte dei sindacati locali parteciparono con entusia
smo e slancio a questi programmi. Pura Pérez Arcos, ad esempio,
che a Barcellona fece un corso di trasporti e fece parte del primo
gruppo di donne che ottenne il permesso di guidare i tram, descrisse
il sindacato dei trasporti come “fantastico”: “Prendevano appren-
diste di meccanica e di guida e ci insegnavano davvero quello che
dovevamo fare. Se aveste potuto vedere le facce della gente...
[quando le donne iniziarono a guidare i tranvia] credo che i com
pagni dei Trasporti, che si comportarono molto bene con noi e ci
aiutarono tanto, erano realmente felici di insegnarci tutto questo”38.
Mujeres Libres formava anche le donne al lavoro nelle aree ru
rali, soprattutto creando centri sperimentali di agricoltura e di avi
coltura. Offriva così alle donne le conoscenze necessarie per parte
cipare alla produzione agricola. Si crearono centri sperimentali a
Barcellona, in Aragona e a Valenza, a cui presero parte anche donne
di molti paesi delle vicinanze.39.
Le sezioni di lavoro spronavano le donne a partecipare ogni
giorno più attivamente ai propri centri di lavoro, tanto nell’am
biente rurale quanto in quello urbano. Frequentemente si recavano
nelle fabbriche a fare delle visite educative
222
Il proposito delle visite era duplice, rappresentava l’impegno
dell’organizzazione sia alla capacitación sia al coinvolgimento del
maggior numero possibile di donne. Ossia, avevano come obiet
tivo quello di parlare alle donne delle loro responsabilità nel lavoro
(formazione sociale) ed anche di spronarle a fare parte di Mujeres
Libres o dei sindacati. Un altro obiettivo era riuscire a far avere a
Mujeres Libres delle rappresentanti in tutte le fabbriche ed in tutti
i comitati sindacali41.
Come ultima cosa, le sezioni di lavoro si interessavano anche
della cura dei bambini. Se le donne dovevano fare parte della forza
lavoro, dovevano venire liberate dalla responsabilità della cura dei
figli durante le ore di lavoro. Questa responsabilità doveva ricadere
sulla comunità in generale. Durante il suo primo congresso Muje
res Libres appoggiò la creazione di asili all’interno delle fabbriche
e delle officine, con luoghi appositi dove le donne avrebbero potuto
allattare i loro bambini, e si impegnò sia a creare questo tipo di cen
tri sia a pubblicizzarli, così che i vari gruppi in tutto il paese aves
sero dei modelli per crearne a loro volta altri42.
223
su altre pubblicazioni anarchiche, come Aeratici, Ruta, CNT e Tierra
y Libertad, in cui trattava la partecipazione delle donne alla lotta ri
voluzionaria. Una serie di opuscoli e di pamphlet, ed alcune espo
sizioni d’arte a Madrid e a Barcellona evidenziano i traguardi e le
attività delle donne.
Inoltre Mujeres Libres appoggiò attivamente la partecipazione
delle donne agli aspetti militari della lotta. La rivista pubblicò arti
coli sulle miliziane al fronte e sulle poche donne che occupavano
posti militari d’importanza. Perlomeno qualcuna fra queste donne
soldato dimostrò di apprezzare questo appoggio. Amada de Nò ri
cordava che, stando nell’ufficio della Sede di Barcellona, arrivò un
“soldato molto simpatico”, e domandò se fosse quello l’ufficio di
Mujeres Libres. Quando gli rispose di sì, il soldato disse che ne vo
leva fare parte. All’inizio, Amada pensò che si trattasse di uno
scherzo o di qualcuno che la voleva stuzzicare. Poi invece si rese
conto che non si trattava di un uomo, ma di una donna, Mika Et-
chebéhère, una delle poche donne che occupavano realmente un
posto di comando all’intemo dell’esercito repubblicano44. Muje
res Libres di Madrid creò un campo da tiro dove le donne si eser
citavano, “pronte a difendere la capitale”, e Mujeres Libres della
Catalogna formò una sezione di “sport di guerra” che aveva come
obiettivo la “preparazione premilitare delle donne, affinché, nel
caso in cui le circostanze lo avessero richiesto, avrebbero potuto
intervenire efficacemente perfino nel campo di battaglia”45.
Mujeres Libres insisteva che la militanza delle donne non do
vesse essere vista come un’anomalia. Le donne facevano parte della
sfera pubblica: “E’ un errore grande e generalizzato credere che le
attività intellettuali e spirituali ammazzino il carattere femminile e
materno della donna. Piuttosto, è vero il contrario. L’occupazione
che ha come basi gli ideali della vita dà più tenerezza, più amore,
44. Amada de Nó, intervista, Montady, 30 aprile 1988. Mujeres Libres pub
blicò un articolo breve sulla settantesima Brigata, accompagnato da una foto di
Mika Etchebéhère, Capitano della 14° Divisione, nel n° 10. Si veda anche ET-
CHEBÉHERE, Mika: La mia guerra in Spagna, Bompiani, Milano, 1977.
45. A proposito delle donne al fronte, si veda “La capitana de Somosierra”,
Mujeres Libres, n° 13. Le esercitazioni di tiro per le donne a Madrid sono rac
colte in Actividades de la F.N. Mujeres Libres, 2; e la sezione sullo “sport di
guerra” della Catalogna in “Actividades de Mujeres Libres”, Mujeres Libres n°
12.
224
più sensibilità e generosità alla donna piuttosto che la volgare
preoccupazione per i problemi materiali”46.
Alcuni autori affermavano che la militanza femminile possedeva
un carattere molto diverso da quella dell’uomo. Federica Montseny,
nel suo unico contributo a Mujeres Libres, dichiarava che le donne
risaltavano per “lo sforzo collettivo di un sesso, sacrificandosi, lot
tando come lottano in Spagna le operaie delle fabbriche di muni
zioni, sfidando la morte per molte ore al giorno...”, più che per atti
individuali di eroismo. Il concreto contributo della donna alla lotta,
secondo Montseny, era la sua “rassegnazione eroica” ai cambia
menti della guerra e della rivoluzione47.
Ma nonostante questo non tutte scrivevano seguendo la stessa
linea. Era comune anche il tipo di affermazione fatta da Aurea Cua
drado, sempre nello stesso numero della rivista, in cui sosteneva
che le donne fossero capaci dello stesso autodominio e sviluppo
personale degli uomini. Affermava che le donne pitagoriche
dell’antica Grecia “occuparono i posti principali nelle aule, nella
Legislatura, nell’intimità e nella vita pubblica”. Le donne spagnole
non dovevano accontentarsi di meno, a parte un’importante ecce
zione: “Se la norma delle antiche pitagoriche fu il superamento,
creando un’aristocrazia a cui gli schiavi non avevano accesso, il
superamento della donna contemporanea deve basarsi sulla spe
ranza di far germinare uno spirito nobile che faccia sprofondare
nell’abisso dell’oblio la schiavitù.” Questa insistenza sulla necessità
dello sviluppo spirituale, sommata alla preparazione culturale, co
stituiva una parte importante del messaggio di Mujeres Libres, mes
saggio che diventava manifesto negli scritti di Mercedes Comapo-
sada e di Lucía Sánchez Saomil48.
225
Infine Mujeres Libres cercò di immaginare come sarebbe stata in
concreto la vita per donne pienamente coscienti ed emancipate. La
situazione delle donne era diversa da quella degli uomini, perché
anche se uomini e donne dovevano partecipare insieme alla lotta
per superare le relazioni di dominio che erano state loro imposte
dall’esterno (principalmente dal capitalismo), le donne dovevano
portare avanti un’ulteriore lotta per la loro “libertà interiore”, per
l’accettazione di loro stesse. E in questo dovevano lottare da sole e,
spesso, contro l’opposizione dei loro compagni uomini o dei mem
bri della loro famiglia. Ciò nonostante, una volta che fossero riu
scite ad appartenere a loro stesse, “diventerete autonomamente per
sone con libero arbitrio ed uguaglianza di diritti sociali, donne
libere in una società libera che costruirete insieme all’uomo come
delle vere compagne. Quando la donna riuscirà ad essere veramente
una donna libera la vita sarà mille volte più bella”4950.
Non si parlerà mai abbastanza dell’importanza di questo punto
di vista. Era infatti uno degli aspetti in cui Mujeres Libres si diffe
renziava maggiormente dalle altre organizzazioni femminili nella
Spagna dell’epoca. Molte delle pubblicazioni dell’organizzazione
invitavano le donne ad educare sé stesse e a fare parte della forza la
voro per contribuire allo sforzo bellico e rivoluzionario, prospettiva
che era condivisa da organizzazioni come l ’AMA e l’organizzazione
delle donne del POUM. Mujeres e Companya, ad esempio, riviste
pubblicate durante la guerra da gruppi vicini al PSUC, spesso esorta
vano le donne a rimpiazzare il lavoro degli uomini che andavano al
fronte, ma questi appelli non facevano parte di una più ampia cam
pagna per l’empowerment o per l’autosviluppo delle donne. Ad
esempio nel primo numero di Companya, un articolo della Pasio
naria segnalava: “Tenim una deu inesgotable de reserves humanes;
pero hem de preparar-les, organitzar-les, capacitar-les per a la
guerra’00. Mujeres Libres era l’unica associazione che insisteva nel
tema dell’emancipazione delle donne come fine in sé stesso. Di
fatto, come vedremo, l’opinione che l’emancipazione della donna
fosse una meta che doveva essere considerata per il suo valore, se
parata dalla situazione rivoluzionaria, fece arrivare l’organizzazione
49. ILSE: “La doble lucha de la mujer”, Mujeres Libres, n° 7; si veda anche “La
mujer y el problema de la libertad”, Acracia (15 giugno 1937).
50. LA PASIONARIA: “Crit a les dones. Endavant!”, Companya, 1 (1936).
226
ad uno scontro non solo con altre le organizzazioni femminili ma
anche con molti compagni del movimento libertario.
Maternità
Molti articoli della rivista si opponevano all’identificazione delle
donne con la maternità e ritenevano che le donne avessero un’iden
tità ed una funzione sociale indipendente dal loro (potenziale) sta
tus di madri. Ma, nonostante questo, i programmi dell’organizza
zione erano basati sul presupposto che per molte donne spagnole, se
non per la maggioranza, la maternità fosse una realtà. Come spie
gava Mercedes Comaposada:
Una cosa che volevamo fosse ben chiara era che la donna è un indivi
duo, che ha valore indipendentemente dall’essere o meno madre. Ma no
nostante questo, allo stesso tempo, volevamo essere sicure che ci fosse
un posto per le madri. [...] Quello che volevamo, almeno, erano delle
madri coscienti. La gente doveva poter scegliere se voler avere figli, come
e quando, e sapere come crescerli. [...] E non c ’era motivo per cui avreb
bero dovuto essere figli propri, dovevamo farci carico dei figli degli altri,
degli orfani, ad esempi51.
227
avrebbero potuto aiutare loro ed i loro figli ad orientarsi nel
mondo. Mettevano la riproduzione al terzo posto nella scala delle
responsabilità della donna, dopo il lavoro e lo sviluppo della
coscienza sociale53. Come proclamava la rivista in una delle sue
copertine: “Non è una madre migliore quella che più stringe il
figlio al proprio seno, ma quella che aiuta a costruire per lui un
mondo nuovo”54.
Vicina a questa prospettiva vi era anche l’insistenza di Mujeres
Libres sul concetto che la maternità non fosse qualcosa che “suc
cede in modo naturale” - a parte il fatto biologico di partorire -. La
maggior parte della socializzazione della donna - socializzazione
che la orientava a diventare una “donnina” e a dedicare tutta la sua
attenzione ad essere attraente per gli uomini - era, di fatto, contra
ria alla buona cura dei figli. Per essere madre doveva imparare a
prestare la dovuta attenzione alle necessità del figlio. Non si po
teva essere una donnina ed una madre allo stesso tempo. L’altro
aspetto di questa dichiarazione era che le donne dovevano imparare
ad essere madri (allo stesso modo in cui gli uomini dovevano im
parare ad essere padri), dovevano imparare come nutrire e come
curare i loro figli, come rendere più facile il loro sviluppo affinché
diventassero da adulti persone forti e indipendenti55.
Nonostante desse priorità al fatto che le donne non erano “nate
per mettere al mondo”, Mujeres Libres espose apertamente tutta
una gamma di opinioni sulla natura del sentimento materno della
donna. Amparo Poch y Gascón dedicò il suo libro Niño “a tutte le
donne che amano i loro figli o i figli degli altri; ossia, a tutte le
donne del Mondo”56. Etta Fedem nel suo Mujeres de las revolu
ciones si riferiva frequentemente ai sentimenti materni delle rivo
luzionarie di cui raccontò la vita, nonostante la maggior parte di
queste donne non avesse avuto figli propri57.
I programmi di Mujeres Libres per educare le donne su come
crescere i bambini presero la forma di materiale scritto e di attività
53. GRÁNGEL, Pilar: “En vez de críticas, soluciones”, Mujeres Libres, n° 13.
54. Mujeres Libres, n° 12, copertina.
55. FEDERN, Etta: “Maternidad y matemalidad”, Mujeres Libres, n° 12; e “Ma
ternidad”, Mujeres Libres, n° 13.
56. POCH Y GASCÓN, Amparo: Niño, Mujeres Libres, Barcellona, s.d. [1937].
57. A proposito di Alexandra Kollontai, p. 45, ed invece su Angelica Balaba-
noff, p. 37, in: Mujeres de las revoluciones.
228
pratiche. Molti numeri della rivista contenevano articoli sulla pue
ricultura scritti da Amparo Poch o da Fiorentina (Carmen Conde).
Sempre per an*ivare al maggior numero possibile di donne, Poch y
Gascón collaborava anche con numerosi giornali anarchici di di
stribuzione generale. Mentre dava delle informazioni mediche e sa
nitarie, un riassunto delle tappe dello sviluppo infantile e un com
mento su cosa ci si può aspettare da un bambino di diverse età,
Poch y Gascón espose quello che era, di fatto, il concetto anarchico
su come allevare un figlio. Riteneva, ad esempio, che i genitori do
vessero lasciare i propri figli liberi di svilupparsi a loro modo: “La
repressione [di abitudini come quella di succhiare il pollice] deve
avere un limite se non vuoi che la personalità dell’uomo del futuro
si perda in assoluto. [...] Sii attenta che l’animo e la mente del bam
bino conservino il proprio colore, mantengano la loro forma origi
nale. Lascia che si disegni la strada valorosa ed unica della sua li
bera volontà, vergine di ogni coazione”58.
I tentativi di Mujeres Libres di affrontare le necessità sanitarie
delle donne e di educarle ad una maternità responsabile andavano
oltre le sole parole. Nei primi giorni della rivoluzione, ad esem
pio, Teresina Torrelles e altre militanti di Mujeres Libres di Ter-
rassa crearono una scuola per infermiere ed una clinica medica
per le urgenze dei feriti in guerra. Lavorarono con il dottore Juan
Paulis, autore di Las obreras de la aguja, medico dotato di una
grande coscienza sociale che era stato per molto tempo membro
della CNT. Teresina e le altre donne diventarono in quei primi
giorni “apprendiste istantanee”. Rifornirono la clinica delle len
zuola e dei materassi delle loro case e con donazioni e requisizio
ni della giunta municipale.
In poco tempo crearono in quello stesso posto la prima clinica
per la maternità, anche grazie all’aiuto del dottor Paulis. Nono
stante la mancanza di esperienza nel settore sanitario (ma proba
bilmente grazie alla lunga esperienza come organizzatrice e mili
tante della CNT e del gruppo di donne di Terrassa), Teresina
venne nominata amministratrice. Dei primi giorni ricorda questo:
58. POCH Y GASCÓN, Amparo: Nino, Mujeres Libres, Barcellona, s.d. [1937].
229
non c ’era alcol, andavo in farmacia, con i soldi che avevo compravo
l ’alcol, perché non c ’era nulla, non avevamo nemmeno l ’etere per disin
fettare.
230
sul loro coipo e sulla sessualità, le donne avrebbero preso in mano
la guida di altri aspetti della loro vita, avrebbero “sviluppato la pro
pria capacità di amore materno, elevato la morale e fatto nascere in
se stesse un senso di solidarietà”61.
Il dottor Paulis, che aveva diretto la clinica e la scuola di infer
meria di Terrassa, si stabilì in seguito a Barcellona e, nel febbraio del
1938, collaborò con Mujeres Libres e con i sindacati della sanità per
la creazione dell’Istituto di Puericultura e Maternità Louise Michel.
L’istituto offriva attenzione medica alle madri ed ai loro figli, con
sulenza sulla maternità ed aiuti finanziari, programmi di formazione
per puericultrici ed un asilo (per i figli delle operaie, soprattutto
quelle del ramo tessile). Questo centro era diviso in due unità, una
per i bambini fra i tre ed i ventiquattro mesi ed un’altra per i bambini
dai due ai cinque anni, di una biblioteca e beneficiava di un pro
gramma di controlli medici per gli alunni delle scuole razionaliste62.
Anche se il programma sviluppato a Barcellona fu senza dubbio
quello più completo, Mujeres Libres lavorò con i sindacati della sa
nità anche in altre città e paesi per prestare attenzione alle necessità
sanitarie delle donne. I programmi di formazione nelle infermerie
furono probabilmente gli esempi più comuni di questo tipo di coo
perazione. Considerando che nel periodo precedente la guerra l'in
fermeria era stata un monopolio della Chiesa, in questo campo la
formazione si rivelò particolarmente necessaria. Non deve quindi
soiprendere che un considerevole numero di donne che ho intervi
stato avessero lavorato per un periodo della guerra come infermiere.
231
esigeva che le donne educassero prima loro stesse, per poter quindi
crescere i loro figli nel modo adeguato. Ma richiedeva anche che le
donne lottassero per far avere ai loro figli la migliore educazione
possibile.
L’atteggiamento di Mujeres Libres verso i bambini si rifletteva
tanto nei documenti scritti quanto attraverso le immagini. Numero
dopo numero, la rivista inseriva immagini di bambini, che gioca
vano, che esploravano il mondo, che lavoravano; allegri e tristi; a
scuola o fuori. Le didascalie e gli articoli che accompagnavano que
ste immagini sottolineavano le caratteristiche dei bambini che co
stituivano le basi di quasi tutti i programmi di Mujeres Libres nel
campo educativo. I bambini erano per loro natura entusiasti e aperti;
assorbivano continuamente le informazioni del mondo che li cir
condava; gli adulti, e soprattutto i maestri, dovevano evitare con
ogni mezzo di impedire o limitare questo entusiasmo giovanile. I
bambini erano la speranza del futuro; bisognava evitare che si ver
gognassero di sé stessi o del proprio corpo; si doveva fare in modo
di lasciarli aperti a tutti i punti di vista63. Non bisognava mai uti
lizzare i bambini a scopo propagandistico: vedere i bambini mar
ciare per strada in uniforme - compresi i bambini delle organizza
zioni operaie - era una cosa abominevole. “I bambini non possono
né devono essere cattolici, socialisti, comunisti, libertari. I bambini
devono essere quello che sono: bambini”64. Infine, la curiosità e la
voglia di scoprire del bambino dovevano essere stimolate il più
possibile. Invece di castigare un bambino per aver rotto un oggetto
prezioso, gli adulti avrebbero dovuto mettere le cose di valore in un
posto che i bambini non avrebbero potuto raggiungere65.
La filosofia di Mujeres Libres in questione di educazione si ispi
rava alla teoria e alla pratica anarchica ed era coerente ai suoi punti
di vista sull’infanzia. L’educazione doveva essere concepita come
un processo di sviluppo e di esplorazione più che come una repres
sione degli istinti del bambino o come un’imposizione di obbe
dienza e disciplina. I bambini imparavano più facilmente quando si
sentivano bene con loro stessi, con gli altri e con il mondo, e pote
232
vano facilmente imparare dagli altri e da quanto li circondava. Inol
tre questo tipo di educazione avrebbe occupato i bambini in tutti i
campi possibili (approfittando infatti di tutti i suoi sensi), invitan
doli a sviluppare e ad apprezzare le proprie capacità e a cooperare
con gli altri. L’educazione quindi doveva essere attiva, non doveva
essere competitiva e bisognava dirigerla il meno possibile, ossia,
doveva essere basata sulla naturale curiosità dei bambini66.
Rispettare i bambini ed educarli bene era di vitale importanza per
il processo di cambiamento sociale rivoluzionario. L’ignoranza ren
deva le persone vulnerabili soprattutto all’oppressione ed alla soffe
renza. É, cosa più importante, l’educazione preparava le persone
alla vita sociale. Le scuole autoritarie (o le famiglie), basate sulla
paura, formavano delle persone pronte ad essere sottomesse ad un
governo autoritario. Si aveva bisogno di scuole diverse che prepa
rassero le persone a vivere in una società senza dominio67.
Bisognava anche formare i maestri a preparare i bambini ad un
mondo più egualitario. Dovevano pensare a se stessi come a degli
artisti, capaci di far nascere la scintilla della creatività negli altri:
“Che nessuno senza fantasia, senza intuito, senza ispirazione si
creda un maestro!”68. E questi nuovi maestri dovevano imparare i
nuovi principi educativi:
233
bambino e in ogni momento la viva verità che ogni bambino e ogni mo
mento impongono.
3) Non esiste una dottrina razionalista così eccellente ed infallibile che
possa venire imposta come ragione suprema nelle menti infantili.
4) Il maestro dotato di ispirazione non amerà i bambini in astratto ma
amerà ogni singolo bambino. Comprenderà ogni bambino, ed appren
derà da ogni bambino, saprà insegnare ad ogni bambino.
5) Il bravo maestro misurerà la sensibilità di ogni bambino, farà fare
più matematica a chi risulti più congeniale e musica a chi in vece potesse
risultare difficile.
6) Si eviterà la meschina competenza, i premi e i castighi davanti a
tutti.
7) Nelle scuole, pochi bambini. Quando superano i dieci il lavoro pe
dagogico diventa sterile69.
Sessualità
Ho già detto nel Capitolo I che gli anarchici spagnoli avevano
dedicato una considerevole attenzione alla liberazione sessuale,
tanto delle donne quanto degli uomini. Difendevano una maggiore
informazione sul sesso e sulla sessualità, una maggiore libertà ses
suale, e l’abolizione del matrimonio civile e religioso in favore
dell’“amore libero”, inteso come una relazione volontariamente
contratta che poteva essere conclusa secondo la volontà di entrambi
i partner. Una piccola percentuale di militanti anarchici aveva cer
cato già nel periodo prerivoluzionario di vivere secondo questi prin
cipi. Ma lo scoppio della Guerra civile e l’inizio della rivoluzione
sociale fecero in modo che molte persone si trovassero a vivere in
accordo con le nuove norme sessuali. La rivoluzione rese possibile
la messa in pratica di nuove politiche sul terreno sessuale, soprat
tutto in Catalogna. Ad esempio vari decreti della Generalität lega
lizzarono l’aborto “per ragioni terapeutiche, eugenetiche o etiche”,
semplificarono le pratiche del divorzio e resero più accessibile
l’informazione ed i mezzi di controllo delle nascite.
Sarebbe logico aspettarsi che Mujeres Libres avesse dedicato
una considerevole attenzione nei suoi scritti e nei suoi programmi
234
alla liberazione sessuale della donna. Molte donne che avrebbero
poi militato nell’organizzazione avevano scritto (negli anni prece
denti alla guerra) in favore di una maggiore libertà sessuale. Ad
esempio, fra il 1932 ed il 1935, Amparo Poch y Gascón scrisse una
serie di articoli ed un opuscolo educativo sulla sessualità femminile,
sottolineando l’importanza dell’espressione sessuale per le donne e
per gli uomini, criticando la monogamia ed il doppio standard ses
suale e sostenendo l’importanza di un’educazione alla fisiologia,
al piacere sessuale, al funzionamento sessuale ed alla contracce
zione. Molti dei loro argomenti erano paragonabili a quelli dei
primi autori anarchici, soprattutto quando sostenevano che la ses
sualità era un aspetto importante dell’identità e dello sviluppo
umano. Secondo Poch, le convenzioni sociali ed i mariti insensibili
negavano alle donne il diritto naturale di soddisfare le proprie ne
cessità e i propri desideri fisici. Le donne dovevano poter accedere
alle informazioni necessarie su loro stesse, sui loro corpi e sulla
loro sessualità in modo da potersi sviluppare pienamente come per
sone. Inoltre, dato che l’espressione sessuale era un aspetto impor
tante della vita delle donne, e non solo un semplice modo per sod
disfare il piacere maschile e per procreare, le donne avevano anche
bisogno di informazioni e accesso alla contraccezione, e non di
esortazioni all’astinenza sessuale70.
Ma indubbiamente non sono molti gli scritti esplicitamente “prò
sesso” che si possono trovare su Mujeres Libres. Nemmeno l’edu
cazione sessuale trovò molto spazio nei loro programmi o sulle pa
gine della rivista. Anche se alcuni articoli sostenevano l’abolizione
del doppio standard sessuale, nessuno trattava però esplicitamente
la sessualità femminile e la liberazione sessuale. La maggior parte
degli articoli che trattavano la sessualità si riferivano alla prostitu
zione, ne analizzavano le cause e suggerivano soluzioni per elimi
narla. Ciò nonostante, la visione della sessualità come parte impor
tante della persona e l’espressione sessuale come aspetto normale e
necessario della vita umana trovò eco in qualche descrizione di Etta
Federn in Mujeres de las revoluciones. Ad esempio, illustrando le
235
opinioni di Alexandra Kollontai sull’amore libero, affermò che
Kollontai “lottava contro la menzogna, così generalizzata, che la
soddisfazione sessuale senza amore sia sintomo di perversione mo
rale, specialmente per una donna. [...] La doppia morale che regna,
anche fra i rivoluzionari, rispetto alla sessualità femminile e a quella
maschile è stata oggetto di una lotta veemente ed agguerrita”71.
I saggi sulla questione sessuale di Mujeres Libres erano gene
ralmente meno agguerriti; “l’amore libero” non venne assoluta-
mente mai menzionato nelle sue pagine. Ma nonostante questo la
rivista pubblicò alcuni articoli esplicitamente critici sul matrimo
nio, criticava soprattutto quanto veniva chiamato “nozze alla li
bertaria”, una specie di cerimonia di matrimonio che si realizzava
all’interno dei sindacati e delle organizzazioni rivoluzionarie.
Varie collaboratrici di Mujeres Libres trovavano questa pratica
assurda. Il numero sette della rivista pubblicò un “Progetto per la
creazione di una fabbrica di nozze in serie” (si veda l’Appendice
C), in cui veniva elegantemente ridicolizzata la pratica delle orga
nizzazioni sindacali di formalizzare i matrimoni72. Come segreta
ria del Sindacato delle Costruzioni, del Legno e della Decorazione
di Barcellona, Sara Berenguer Guillén procurò in varie occasioni
questi documenti. Ma ricordava soprattutto il caso curioso di una
coppia che tornò alcuni mesi dopo le proprie “nozze” per chiedere
il divorzio. Lei rispose loro che siccome non erano legalmente spo
sati, non avevano nemmeno bisogno di divorziare; che si divides
sero semplicemente e che ognuno andasse per la propria strada.
Ma la coppia insistette, e quindi alla fine Sara redasse un docu
mento di divorzio che, controvoglia, i membri del sindacato fir
marono come testimoni.73.
Lucía Sánchez Saornil fu decisamente meno delicata nel suo
articolo “La cerimonia matrimoniale o la codardia dello spirito”,
che venne pubblicato su Horas de revolución. Affermava che
queste pratiche fossero assurde ed ipocrite: “Se abbiamo afferma
to per anni che per l’unione di due esseri basta il libero consenso
di entrambi e che un certificato matrimoniale non è altro che un
236
contratto di vendita, che spiegazioni diamo allora a queste assur
de cerimonie che hanno luogo negli organi sindacali?” Prosegui
va dicendo che questa pratica era doppiamente censurabile per
ché la maggior parte di queste cerimonie imitava semplicemente i
riti religiosi e perché, come i matrimoni civili e quelli religiosi,
rappresentavano un improprio intervento del pubblico in quello
che dovrebbero essere relazioni private fra le persone74.
La maggior parte delle attenzioni che Mujeres Libres dedicò
alle tematiche sessuali si concentravano sulla relazione tra lo
sfruttamento economico e politico e la subordinazione delle
donne, essendo la prostituzione un chiaro esempio di questa rela
zione. Mujeres Libres e le altre organizzazioni del movimento
libertario intrapresero ampie campagne contro la prostituzione,
che era per loro l’emblema delle relazioni umane sotto il capitali-
smo75.Ma mentre, in generale, le organizzazioni del movimento
si impegnarono a far entrare nel sindacato le prostitute o a invita
re le donne a non esercitare la professione (o gli uomini a non
frequentarle), Mujeres Libres fece più attenzione a quelle che
credeva fossero le cause della prostituzione, soprattutto lo sfrutta
mento economico e politico delle donne.
Il primo numero della rivista pubblicato dopo l’inizio della
Guerra civile dichiarava che l’eliminazione della prostituzione, “la
più grande delle schiavitù”, doveva essere la priorità di Mujeres
Libres. La prostituzione “non è il loro problema [delle prostitute],
ma il nostro, di tutte le donne e di tutti gli uomini”. Etichettare al
cune donne come “disoneste” permetteva ad altre donne di essere
definite “oneste”. Inoltre, dato che la prostituzione era il risultato
dello sfruttamento economico delle donne, non sarebbe stato suffi
ciente proibirne la pratica. Al contrario, si sarebbe dovuto formare
tecnicamente le donne affinché potessero guadagnarsi da vivere in
altri modi. Mujeres Libres annunciò quindi la sua intenzione di
creare una rete di liberatori dalla prostituzione, che avrebbero of-
74. “La ceremonia matrimoniai o la cobardía del espíritu”, in: Horas de revo
lución, pp. 24-26, citazione di p. 25; si veda anche “Con la libertad sexual los
hombres y las mujeres dejarían de ser esclavos incluso de la moral más roja”,
Acracia, (19 agosto 1936).
75. FROIDEVAUX, Michel: “Les avatars de Tanarchisme. La révolution et la
guerre civile en Catalogne (1936-1939), vues au travers de la presse anarchiste”,
2 vols., testo dattilografato, 1ISH, 212.
237
ferto: “ 1) visita e trattamento medico-psichiatrico, 2) cure psicolo
giche ed etiche per far crescere nelle alunne il senso di responsabi
lità, 3) orientamento e capacitación professionale, 4) aiuto morale
e materiale in qualsiasi momento fosse servito loro, anche dopo es
sersi rese indipendenti dai liberatori”76.
La CNT e la stampa anarchica applaudirono il progetto, anche se
in realtà erano più inclini a vedere le prostitute come delle vittime
che dovevano essere riscattate. C’erano senza dubbio aH’interno
del movimento alcuni gruppi che ritenevano che la prostituzione
non potesse essere eliminata; nel migliore dei casi, si sarebbe potuto
proteggere le prostitute dallo sfruttamento per mezzo della sinda-
calizzazione. Nei primi giorni di rivoluzione, si cercò di organizzare
le prostitute in un “sindacato dell’amore”. Molti di questi tentativi
furono effimeri e dopo pochi mesi vennero pubblicati alcuni articoli
sulla stampa anarchica che ridicolizzavano l’idea di sindacalizzare
le prostitute, e si fecero degli appelli agli uomini affinché smettes
sero di frequentarle77. Nell’insieme, sembra che il movimento anar
chico fu abbastanza negligente su questo punto: tanto gli articoli di
M ujeres Libres quanto le interviste ai militanti misero in rilievo che
era meno probabile che gli uomini anarchici agissero secondo la
loro ideologia su questa questione piuttosto che su molte altre78.
Come organizzazione fatta per e dalle donne, Mujeres Libres di
resse i propri progetti alle donne, specialmente a quelle più vulne
rabili allo sfruttamento economico e sessuale, che riteneva essere la
radice della prostituzione. Anche se la situazione bellica impedì
che il progetto dei liberatori dalla prostituzione fosse portato a ter
mine, Mujeres Libres cercò di convincere le prostitute ad abban
donare il loro lavoro e ad unirsi al movimento. Pepita Carpena ri
corda una prostituta che rispose all’appello, fece parte di Mujeres
Libres, andò a scuola e, alla fine, riuscì a far parte del gruppo di
oratrici e lavoratrici culturali in cui stava anche Pepita79.
Nonostante le difficoltà del momento, M ujeres Libres riteneva
che qualsiasi programma per eliminare la prostituzione dovesse af
238
frontare anche lo sfruttamento economico, che ne era la causa. Il
numero nove di Mujeres Libres, ad esempio, segnalava che la pro
stituzione era peggiorata e indicava il duplice motivo di questo au
mento. Da una palle molte giovani che avevano lavorato come do
mestiche, quando i loro datori di lavoro erano fuggiti dalle zone
repubblicane, erano state buttate in mezzo alla strada. Dall’altra, i
ragazzi avevano più denaro per pagare le prostitute. Le donne si
erano convertite in “ciechi giocattoli di un processo storico”. In que
sto contesto, la sola rivoluzione, senza un’attenzione concreta al
“problema sessuale”, non sarebbe stata sufficiente: “Insistiamo che
l’unico cammino per risolvere il problema sessuale è l’uguaglianza
politica ed economica, fattori per una capacitación femminile che
fornisca alla donna un senso del dovere e della responsabilità. Qual
siasi istituzione per la capacitación della donna è, più che un libera
torio', una prevenzione della prostituzione”80.
Inoltre non bisognava identificare le prostitute solamente con le
donne che vendevano i loro colpi per le strade o nei bordelli. Muje
res Libres sosteneva, come aveva detto Emma Goldman alcuni anni
prima, che tutte le donne che dipendevano dai loro uomini erano in
un certo senso delle prostitute. “La donna che vive in dipendenza
economica riceve una paga, anche se è dal suo legittimo marito.
[...] Tutta la propaganda, tutte le azioni in favore della famiglia, di
questo fittizio calore domestico, mantengono la donna nella sua po
sizione di sempre: allontanata dalla produzione e senza alcun di
ritto.” Solo la totale uguaglianza economica tra uomini e donne,
l’accesso della donna al lavoro salariato produttivo in uguali con
dizioni dell’uomo, avrebbe potuto affrontare ed eliminare le vere
cause della prostituzione81.
Mujeres Libres offriva delle informazioni sulla sessualità ed in
vitava le donne ad approfittare dei programmi educativi e dei ser
vizi che erano a loro disposizione presso gli ospedali. Numerosi ar
ticoli della rivista si riferivano con orgoglio ai traguardi di Federica
Montseny nel Ministero della Sanità e Pubblica Assistenza o a
239
quelli di Áurea Cuadrado come direttrice della Casa della Maternità
di Barcellona. I programmi menzionati davano delle informazioni
sull’eugenetica, sulla contraccezione e sull’eutanasia, oltre ad infor
mazioni basilari sulla sessualità e sulla procreazione82. Mujeres Li
bres era anche molto orgogliosa della legalizzazione dell’aborto in
Catalogna (per decreto della Generalität) e, in seguito a questo,
dell’aumento delle diverse opzioni di contraccezione a disposizione
delle donne83.
Se facciamo un confronto con i programmi di alfabetizzazione,
di lavoro, di maternità e di educazione, quelli relativi alla sessualità
(e in particolare alla libertà sessuale) sembrano abbastanza limitati,
tanto nel campo dell’azione quanto in quello dei risultati. Nono
stante i dibattiti all’interno del movimento anarchico sull’impor
tanza della liberazione sessuale per la piena emancipazione umana,
Mujeres Libres non prestò quasi attenzione a questo tema, non con
siderandolo uno dei suoi obiettivi. Come possiamo spiegare la re
lativamente bassa varietà dei loro programmi in questa area?
In primo luogo, dobbiamo considerare la differenza fra il mate
riale scritto e le attività quotidiane. Insieme ad altre organizzazioni
del movimento, Mujeres Libres patrocinò frequentemente dibattiti
e sessioni educative sulla sessualità e sulla contraccezione. Julia
Mirabé commenta che i medici che facevano parte della FUL e di
Mujeres Libres “si aggiustavano per farci avere dei meccanismi in
argento [ovviamente una specie di spirale]. Ogni sei mesi, anda
vamo, estraevano il meccanismo, lo facevano bollire, ci visitavano
e lo inserivano nuovamente, ed in questo modo noi non rimane
vamo incinte”84. Le pratiche sessuali fra le militanti di Mujeres Li-
240
bres, come tra le militanti del movimento in generale, erano consi
derevolmente più libere di quelle che permetteva la cultura spa
gnola tradizionale. Per alcune, formare parte della cultura rivolu
zionaria voleva dire sentirsi libera di “unirsi” ai propri compagni
senza passare per la chiesa o per il tribunale. Per altre, le nuove abi
tudini offrivano una via d’uscita al matrimonio convenzionale. Sara
Berenguer Guillén, ad esempio, ricorda che quasi alla vigilia della
rivoluzione, un maestro aveva chiesto la sua mano a suo padre. Sara
ammirava la sua cultura, ma non era innamorata di lui. Se non fosse
stato per la rivoluzione, era quasi sicura che avrebbe dovuto spo
sarlo. Ma non lo fece. Più tardi conobbe e si unì liberamente al gio
vane che sarebbe poi diventato il suo compagno della vita, Jesus
Guillén. Storie simili di apertura sessuale, sperimentazione o, per
lomeno, rilassamento dei rigidi standard di comportamento esi
stenti, erano comuni tra le militanti.
Il relativo silenzio di Mujeres Libres su questa questione riflette
tanto fattori interni dell’organizzazione quanto la dinamica di un
ambito culturale più ampio. Gli appelli degli anarchici spagnoli in
favore di una maggiore apertura sessuale erano sempre accompa
gnati da un certo puritanesimo. Come disse una militante “siamo
sempre state molto puritane, a volte ancora peggio dei cristiani.
L’amore libero, ad esempio. Le compagne non avevano quasi mai
più di un compagno alla volta, il resto era solo teoria”85. Sembra
che la maggior parte degli uomini interpretasse l’amore libero come
libertà per loro, ma non per le loro compagne. Le donne che cerca
rono di prendere sul serio l’amore libero, avendo più di un amante
allo stesso tempo o lasciando il proprio amante quando ormai la re
lazione sembrava insoddisfacente, si dovevano confrontare spesso
con l’ostracismo sociale, perfino fra i compagni ed amici del mo
vimento. È possibile che gli uomini parlassero dell’amore libero,
ma la maggior parte di loro derideva e denigrava le donne che lo
praticavano86.
241
Questo puritanesimo è certamente evidente anche nei miei re
centi colloqui con molte donne di Mujeres Libres, ed anche con gli
uomini anarchici. Un numero sorprendentemente grande di loro
mostrò un senso di malessere di fronte a quanto pensavano fosse
una frivolezza del moderno movimento femminista, con l’abusato
interesse per “la libertà sessuale, il lesbismo, l’amore e l’aborto”.
Tanto Suceso Portales quanto Pepita Carpena dissero che Mujeres
Libres non si dedicò molto alle preferenze sessuali o all’omoses
sualità, nonostante Lucía Sánchez Saornil fosse lesbica, aspetto
della sua vita che non si preoccupava di nascondere alle altre per
sone del movimento. Tutti avrebbero dovuto poter amare chi vole
vano, dicevano, ma la propria sessualità non era una questione “po
litica”, una questione in merito alla quale il movimento avrebbe
dovuto pronunciarsi.87.
Mujeres Libres cercò di educare le donne in merito alla sessua
lità e al piacere sessuale formando delle infermiere e delle ostetri
che ed offrendo corsi che offrissero alle donne informazioni sui
loro corpi. Sicuramente i loro programmi si limitavano chiaramente
ai comportamenti sul tipo di sessualità dominante. Dato il conti
nuo predominio maschile, è possibile che Mujeres Libres abbia du
bitato nel propendere per una maggiore libertà sessuale per le
donne, temendo che gli uomini avrebbero potuto usare il nuovo
clima ideologico per approfittare di loro. In generale molte donne
dissero che la sessualità (eccezion fatta per la prostituzione, la por
nografia o il diritto all’aborto) era una questione “privata”, che le
donne avrebbero dovuto considerare all’interno delle loro relazioni,
non un tema che dovesse occupare un posto centrale nelle atten
zioni del movimento. “E che cosa c’è da dire su questo? - rispose
una donna ad una mia domanda a proposito della sessualità -. Que
sta è una questione privata.” Mujeres Libres si proponeva di far ar
rivare le donne all’empowerment necessario affinché potessero
muoversi da sole nell’ambito delle loro relazioni (e non relazioni).
dei suoi compagni del movimento per aver concluso la relazione con il suo com
pagno dopo la guerra. Sara Berenguer Guillén, Pepita Carpena ed Azucena
Fernández Barba hanno riferito di aver notato simili comportamenti.
87. Suceso Portales, intervista, Móstoles, 29 giugno 1979; Pepita Carpena, in
tervista, Barcellona 3 maggio 1988. Altre persone che ho intervistato, anche se
non hanno mai utilizzato la parola “lesbica”, hanno spesso parlato della compagna
di Lucia, Mary.
242
La situazione bellica limitò maggiormente gli obiettivi di Muje-
res Libres in questo campo. Molto probabilmente, i liberatori dalla
prostituzione non potevano essere annoverati tra le priorità di una
organizzazione che aveva una carenza di militanti, di finanziamenti
e di locali. Dato che la maggior parte dei finanziamenti di Mujeres
Libres proveniva dalle organizzazioni del movimento, senza il loro
aiuto sarebbe riuscita a fare ben poco. E forse più importante è la
confusione creata dalla guerra. Masse di rifugiati arrivavano co
stantemente alle grandi città dalle aree occupate dalle truppe fran
chiste. Ogni giorno di più, le scarse risorse di Mujeres Libres veni
vano dedicate all’educazione basica e ai ricoveri per donne e
bambini che erano rimasti senza casa. La costante affluenza di per
sone (incluse donne giovani) rese ancora più difficile lo sviluppo ed
il mantenimento degli sforzi coordinati a lunga scadenza contro la
prostituzione.
Mujeres Libres forse ha moderato il suo radicalismo sulle que
stioni sessuali ammettendo le difficoltà che la situazione bellica
stava creando. Anche se c’erano degli articoli nei primi numeri di
Mujeres Libres che criticavano la pratica dei “matrimoni alla liber
taria”, dopo i primi mesi di guerra non ne venne pubblicato più nes
suno. La reazione di una donna a proposito di questo problema ci
può essere utile per capire meglio:
243
sità di guerra e per la costruzione di una nuova società. Nessuno di
loro sfidava direttamente l’autorità maschile aH’intemo delle quat
tro mura domestiche, anche se, naturalmente, ognuno di questi pro
grammi di empowerment femminile rappresentava una sfida a
quell’autorità. Ognuno di questi programmi contribuiva allo sforzo
sociale generale nel momento stesso in cui emancipava le donne.
Dall’altra parte, i programmi di presa di coscienza femminile sulla
sessualità erano sembrati più minacciosi, soprattutto alle donne ope
raie. Non sarebbero stati tanto facilmente giustificabili come contri
buto alla società nel suo insieme. Quindi è possibile che l’iniziale
impegno di Mujeres Libres di non agire secondo una posizione
esplicitamente anarchica trovi la sua più chiara espressione nei limiti
dei suoi programmi sulla sessualità.
244
zionavano sempre più spesso il lavoro con i rifugiati e chiedevano
alle donne di accoglierli. Data la carenza di generi alimentari e di
altri articoli di prima necessità, è facile immaginare che gli abitanti
di queste località non fossero molto disposti ad accogliere delle
nuove persone, soprattutto quelli che avevano con sé molte bocche
da sfamare e poche mani che potessero dare un aiuto nel lavoro.
Un parte importante di questo progetto è costituita dalle scuole per
i rifugiati. Ana Delso, ad esempio, ricorda che una volta che lei e le
sue sorelle trovarono una sistemazione a Vilanova i la Geltru, nel
novembre del 1936, spese quasi tutto il suo tempo nella creazione
di una scuola e in un secondo momento a dare delle lezioni a qua
ranta bambini rifugiati90. Il numero 11 di Mujeres Libres ricordava
che la 127° Brigata della 28° Divisione (quello che rimase delle
milizie anarco-sindacaliste), con l’aiuto di Mujeres Libres, aveva
creato un asilo per settanta bambini rifugiati.
Fece parte del programma di Mujeres Libres anche il lavoro di
assistenza tradizionalmente realizzato dalle donne. Quasi tutti i
gruppi dedicavano vari membri, se non un’intera sezione, al lavoro
di solidarietà, assistendo i combattenti e i soldati feriti. A Barcel
lona, un aspetto di questo tipo di lavoro fu la creazione e la gestione
di una “casa del soldato”: il sindacato dei trasporti dava il locale,
Marianet (segretario nazionale della CNT), i letti e, per quanto ri
guarda il resto del materiale, si arrangiavano a comprare o a chie
dere in prestito quello di cui avevano bisogno. Conchita Guillén ri
corda che i tre discorsi che pronunciò come membro del comitato di
propaganda, verso la fine del 1938, invitavano le donne a farsi forti
nella retroguardia per poter dare forza agli uomini che erano al
fronte.91.
Evidentemente, Mujeres Libres non fu l’unica organizzazione a
realizzare lavori assistenziali: l ’AMA ed altri gruppi di donne fe
cero del lavoro assistenziale la loro ragione d’essere. Mujeres Li
bres mobilitò gruppi di donne per delle visite periodiche ai fronti di
guerra, per portare agli uomini dei vestiti puliti, del cibo caldo e -
forse la cosa più importante - un po’ di compagnia. Dato che molti
membri di Mujeres Libres militavano in almeno una delle altre or
ganizzazioni anarchiche, a volte viaggiavano sotto un altro patro-
90. DELSO, Ana: Trois cents hommes et moi, soprattutto pp. 42-56.
91. Conchita Guillén, intervista, Montady, 30 aprile 1988.
245
ciñió. Amada de Nó, che era la rappresentante di quartiere del co
mitato locale di Mujeres Libres a Barcellona, ricorda di essere an
data al fronte in una missione patrocinata dalla SIA insieme a Lucia
Sánchez Saornil (allora segretaria generale di questa organizza
zione), Soledad Estorach, Libertad Rodenas e Conchita Liaño.
Anche se facevano tutte parte di Mujeres Libres, non viaggiavano
come membri di questa organizzazione, ma della CNT92.
Come prevedibile, i propositi di Mujeres Libres inviando delle
donne al fronte non sempre coincidevano con le aspettative dei sol
dati. Il lavoro educativo tanto fra le donne quanto fra gli uomini
era costante. Come rappresentante della SIA, Sara Berenguer Guil-
lén, ad esempio, ebbe molto a che fare con i miliziani e manteneva
una corrispondenza con molti soldati per cercare di farli stare su di
morale. Spesso dovette rifiutare delle proposte di matrimonio di
giovani che fraintendevano le sue lettere, pensando che fossero una
prova evidente di un interesse romantico.
Ma nonostante questo, Sara, Pepita Carpena e Conchita Guillén
parlarono in modo entusiasta dei loro viaggi al fronte. Sara descri
veva così uno di questi viaggi, organizzato dalla SIA: “C ’era un
gruppo di ragazze che lavorava in una fabbrica che [...] voleva fare
qualcosa per i soldati. ‘Perché non diamo tutte qualcosa - dissero -,
venticinque pesetas, o qualcosa del genere, compriamo dei viveri
tramite la SIA e li portiamo al fronte?’” Siccome Sara in quel pe
riodo lavorava per la SIA, partecipò al viaggio come delegata del
Consiglio Nazionale di quella organizzazione. “Affittammo due au
tobus dove salirono le ragazze della fabbrica e ci mettemmo il ma
teriale. Ci accompagnavano due militanti della CNT: Expósito, un
maestro razionalista, e Saturnino Aransáez.” Uno degli autobus si
fermò durante il cammino, vicino ad un accampamento militare.
Convinti da Sara della necessità di rimettersi in marcia il più presto
possibile (i viveri erano per la 26° Divisione, ed era molto probabile
che molto presto i soldati avrebbero cambiato la loro postazione), i
meccanici lavorarono fino a notte inoltrata e ripararono l’asse. Le ra
gazze risalirono sull’autobus ed all’alba arrivarono all’accampa
mento della 26° Divisione.
246
in m ensa dove si addorm entarono sui tavoli. Q uando entrarono i soldati
e le videro, iniziarono a cercare di avere un approccio con loro. N el fr a t
tempo, Saturnino, Expósito ed io eravam o andati a cercare i com andanti
della com pagnia p e r organizzare il program m a del giorno. Q uando ri
tornammo, sentim m o le ragazze gridare e piangere. Q uando i soldati ci
videro si ferm arono stupiti. D om andam m o loro che cosa era successo e ce
lo spiegarono. Io dissi alle ragazze: “G uardate, non sapevano co safare,
ma fo rse non è solo colpa loro. Forse, prim a di noi è stato qui un altro
gruppo di donne, chissà da dove venivano e con quali propositi, e p ro b a
bilm ente i soldati si sono im m aginati che tutte le donne sono uguali. A l
lora, spieghiam ogli perché siam o qui. ” E così fecero, fo rm a n d o con i so l
dati dei gruppetti di due o tre persone, e tutto andò a fin ire in m odo
stupendo9394
93. Sara Berenguer Guillén, intervista, Capestang, Francia, 30 aprile 1988; co
municazione personale, agosto 1989.
94. Federazione Nazionale di Mujeres Libres, Comitato Nazionale: “A todos
los Comités Regionales y Provinciales de la Federación Nacional Mujeres Li
bres”.
247
“novizie, che non sapevano niente di niente”), si videro negli ultimi
mesi del conflitto completamente immerse in Mujeres Libres. La
loro interpretazione delle questioni generali a proposito della ca
pacitación e la loro insistenza sul fatto che Mujeres Libres rendesse
le donne capaci di “rispettare sé stesse ed essere rispettate” emer
gono chiaramente in tutte le loro conversazioni.
248
Capitolo VI
SEPARATE E UGUALI?
249
Relazioni con le altre organizzazioni di donne
Le relazioni di Mujeres Libres con le organizzazioni femminili
non libertarie erano il risultato del suo atteggiamento verso il fem
minismo e del suo ruolo all’interno del movimento libertario. Come
ho già detto in precedenza, Mujeres Libres rifiutava l’ideologia e
l’organizzazione politica del femminismo esistente. Riteneva che la
subordinazione della donna non sarebbe stata superata con una lotta
limitata al diritto di voto, o anche al salario uguale a quello
dell’uomo sul luogo di lavoro, ma solamente grazie ad un movi
mento che avesse obiettivi esplicitamente sociali ed educativi. Se
condo Mujeres Libres, l’organizzazione politica, intesa come un’or
ganizzazione priva della dimensione socio-educativa e di classe,
avrebbe solamente perpetuato la subordinazione della donna della
classe operaia1.
Uno degli scopi con cui Mujeres Libres fu fondata era dunque
quello di rivolgersi alle necessità delle donne che le organizzazioni
del movimento avevano trascurato. Sicuramente man mano che
procedeva la guerra civile all’interno della stessa guerra civile, le at
tività di Mujeres Libres assunsero una dimensione ed un proposito
ancora più grandi: volevano competere con le organizzazioni so
cialiste per la lealtà delle operaie spagnole. Mujeres Libres, in una
spiegazione retrospettiva a proposito delle sue attività, si giustifi
cava in questo modo con il movimento libertario:
250
Evidentemente qualche gruppo libertario di donne, come quello
di Terrassa e quello di Barcellona, esistevano ancora prima della
pubblicazione della rivista. Nel 1935 Mercedes e Lucia avevano
mandato delle lettere a molti di questi gruppi proprio per iniziare a
formare una rete. Ma siccome dipendevano esplicitamente dal mo
vimento libertario, potevano non essere adatte a quel più ampio sce
nario che Mujeres Libres cercava di delineare in questi documenti.
Di fatto, non è sicuro che la competizione con le organizzazioni
socialiste fosse dall’inizio un obiettivo principale. Ciò nonostante,
una volta che i diversi partiti di sinistra ebbero formato organizza
zioni di donne, la ricerca di sottoscrizioni da parte di Mujeres Libres
diventò ancora più grande, soprattutto in competizione con l’AMA
(Associazione delle Donne Antifasciste).
Nel periodo prebellico, anche se uno degli obiettivi teorici era il
superamento della subordinazione delle donne, la maggior parte dei
partiti e delle organizzazioni di sinistra avevano optato per una pro
spettiva marxista tradizionale in cui la subordinazione della donna
era secondaria rispetto alle divisioni di una società classista. Quindi,
la maniera più efficace per superare questa subordinazione era or
ganizzare le donne in organizzazioni operaie che avrebbero lottato
insieme per mettere fine all’oppressione di classe. In generale ne
gavano quello che Mary Nash ha denominato “la specificità dell’op
pressione della donna”, e sostenevano che “il cammino dell’eman
cipazione della donna si sarebbe realizzato esclusivamente a partire
dalla sua integrazione nella lotta di classe”3. Molte di queste orga
nizzazioni svilupparono “sezioni femminili” per riuscire a convin
cere le donne a partecipare attivamente alle loro iniziative.
Le organizzazioni socialiste di sinistra e quelle dissidenti si dif
ferenziavano leggermente nel loro orientamento. Sostenevano la ne
cessità dell’uguaglianza tra uomini e donne nel luogo di lavoro e
al l’interno della casa ed appoggiavano attivamente i programmi di
preparazione culturale. Ma nonostante tutto la loro strategia era po
liticamente simile a quella del PSOE, del PCE e del PSUC: tanto il BOC
quanto il POUM crearono delle “sezioni femminili” che avevano
aquella organización”, s.d., contenuto nel documento del Comitato Nazionale della
CNT ai delegati dell’organizzazione, Barcellona (20 gennaio 1938), p. 1,
IISG/CNT: 45.B.17.
3. NASH: Mujer y movimiento obrero, p. 176.
251
l’obiettivo specifico di incorporare le donne nelle proprie file4.
Con la guerra la strategia dei partiti marxisti cambiò. Crearono
delle organizzazioni di donne, fra cui la Dona a la Reraguarda e
l’Associazione delle Donne Antifasciste (AMA), e pubblicarono
delle riviste di orientamento specificatamente femminile, come
Mujeres e Companya. Queste erano prevalentemente dedicate non
tanto al superamento della subordinazione della donna, quanto alla
sua mobilitazione per contribuire allo sforzo bellico. Queste orga
nizzazioni socialiste e comuniste si differenziavano in modo im
portante da Mujeres Libres proprio nell’ignorare le specificità della
subordinazione femminile.
Soprattutto l’AMA si presentava come un’organizzazione non par
titica, interessata ad incorporare le donne nella lotta contro il fasci
smo. I suoi obiettivi formali erano: 1) contribuire alla lotta contro il
fascismo ed in favore della pace, 2) difendere la cultura ed il diritto
della donna all’istruzione per vincere la sua schiavitù dell’ignoranza,
3) difendere i diritti civili e la giustizia ugualitaria, 4) rendere final
mente la donna partecipe della vita sociale e politica del paese5. No
nostante avesse inizialmente professato degli interessi verso la su
bordinazione culturale, le attività belliche misero velocemente in
secondo piano questi obiettivi specificamente di genere.
Era proprio in questo che Mujeres Libres si trovava in disac
cordo con l’AMA. Mujeres Libres era profondamente impegnata
nella lotta rivoluzionaria: non solo per vincere la guerra, ma anche
per il raggiungimento di una trasformazione sociale. L’AMA lasciò
al margine questa lotta, minimizzando sia la specifica subordina
zione delle donne sia le questioni relative ad una trasformazione
sociale di carattere generale. Si concentrò, al contrario, nel mobili
tare le donne per il lavoro. Secondo Mujeres Libres gli effetti poli
tici di questa mobilitazione presuntamente non ideologica erano
chiari: avrebbero rafforzato il dominio ideologico del gruppo che di
fatto era il detentore del potere politico, il Partito Comunista.
252
La preoccupazione di Mujeres Libres per le conseguenze politi
che del presunto non partitismo dell’AMA improntò le relazioni con
questa organizzazione. Queste conseguenze erano più evidenti sul
terreno sindacale. Più e più volte, in circolari ed in lettere alla CNT,
Mujeres Libres insistette sul pericolo che avrebbe rappresentato
una “vittoria della battaglia” dell’AMA nei centri di lavoro. Siccome
gli operai uomini erano andati al fronte (la maggioranza dei quali,
almeno a Barcellona, erano stati membri della CNT), venivano man
mano rimpiazzati dalle donne. Ma queste donne avrebbero deciso
di aderire alla CNT facendo così proseguire nei luoghi di lavoro la
tradizione anarco-sindacalista? O sarebbero state donne “apoliti
che”, formate nei programmi della Generalität, che unendosi quindi
alla forza lavoro come operaie non sindacalizzate avrebbero mi
nato, o annullato, gli obiettivi raggiunti nel corso di generazioni
dall’organizzazione della CNT?6.
Riassumendo, Mujeres Libres interpretò il lavoro non partitico
dell’AMA come al contrario un lavoro profondamente politico e lo
considerò una minaccia rivolta ai sindacati. Mujeres Libres conce
piva i propri programmi di apprendimento e di capacitación come
uno sforzo in competizione con l ’AMA proprio nei centri di lavoro:
“La principale preoccupazione di Mujeres Libres è di conservare la
forza sindacale su cui si appoggia il nostro movimento libertario7.”
L’obiettivo era di sviluppare una coscienza sociale rivoluzionaria
che avrebbe permesso alle donne di partecipare alla lotta sindacale
nel posto di lavoro e di opporsi all’influenza ideologica del partito
comunista nei programmi di formazione tecnica.
Ciò nonostante, questa rivalità con l’AMA per l’adesione delle
donne delle fabbriche rappresentava solamente una piccola parte
dell’attenzione che Mujeres Libres prestava allo sviluppo di una
forza femminile orientata alla trasformazione sociale rivoluzionaria
in tutte le sue dimensioni. L’altro punto in cui si riscontrava questa
rivalità era la risposta di Mujeres Libres agli appelli dell’AMA per
253
‘T unità” di tutte le donne e di tutte le organizzazioni femminili (in
cluse quelle repubblicane, socialiste e comuniste, oltre che a Muje-
res Libres) sotto la protezione dell’AMA.
Coerente alla posizione del movimento libertario, Mujeres Libres
si oppose decisamente a tutti gli appelli per “l’unità femminile”, che
avrebbe negato le importanti differenze politiche ed ideologiche dei
distinti gruppi. Riteneva fondamentale la necessità di mantenere una
presenza femminile libertaria indipendente all’interno di una coali
zione vera, in cui ogni gruppo conservasse la propria identità e la
propria autonomia. Detta coalizione si sarebbe rafforzata più con una
varietà di prospettive che con il tentativo di presentare un fronte co
mune unificato e volontariamente non rivoluzionario. Fin dall’ini
zio, Mujeres Libres espresse una grande sfiducia nei motivi e nelle in
tenzioni dell’a m a e delle altre organizzazioni favorevoli “all’unità”,
sottolineando il quadro politico ed ideologico in cui questi appelli
per l’unità venivano realizzati. Ad esempio, rispondendo ad un invito
per assistere ad un congresso di “Unió de Dones de Catalunya”, nel
novembre del 1937, Mujeres Libres criticò la dichiarazione degli
obiettivi del congresso. Riproduco qui parte di quella risposta per
rendere un’idea del tono e dell’intensità:
254
gruppi ed ai sindacati della CNT, oltre che all’AMA. Dopo essere
stata rifiutata dai comitati nazionali e regionali di Mujeres Libres,
l’AMA iniziò a chiedere a singoli gruppi di partecipare alle sue con
ferenze ed attività. Una circolare del comitato nazionale di Muje
res Libres, datata 23 maggio 1938 metteva in guardia i gruppi lo
cali perché non si facessero coinvolgere dalla propaganda
dell’AMA9.
Mujeres Libres sosteneva che la vera unità doveva prima di tutto
riconoscere la diversità101. Come scriveva Lucía Sánchez Saornil in
risposta ad un invito dell’AMA: “Mujeres Libres ha detto e ripetuto
che non le interessa l’unità femminile, perché non rappresenta
nulla. La sua voce ha più volte invocato l’unità politica e sindacale,
l’unica unità efficace ed utile alla nostra causa;... Dato che esistono
delle differenze tra le distinte politiche e le strategie, la fusione delle
tendenze non è realizzabile, perché è incompatibile con la varietà
umana” 11. Era importante che ogni organizzazione conservasse “in
tegralmente il proprio carattere e la propria personalità” e conti
nuasse il proprio lavoro per fomentare lo sforzo bellico, la rivolu
zione e l’emancipazione femminile. “Gli interessi della donna”,
sosteneva Mujeres Libres, non erano né “definiti così chiaramente
né così universalmente ammessi da poter formare la base di una
sola organizzazione”. La vera unità antifascista avrebbe richiesto
non solo una fusione, ma anche il riconoscimento della diversità di
opinioni politiche e la disposizione ad accettare l’autonomia di pro
spettiva e di azione di tutti i gruppi della coalizione. Mujeres Libres
non era disposta a sacrificare i suoi principi di azione diretta e di or
dine spontaneo in cambio di una vaga e controrivoluzionaria no
zione di “unità femminile”.
255
II movimento libertario
Questa insistenza sull’autonomia e sulla diversità dei gruppi
femminili era parallela alle rivendicazioni di Mujeres Libres di au
tonomia organizzativa e di riconoscimento della diversità all’in
terno del contesto libertario in generale. Mujeres Libres era prepa
rata a confrontarsi con i gruppi di donne che avevano aderito ad
altre organizzazioni, ma non era pronta alla resistenza che invece si
trovò ad affrontare proprio all’interno dello stesso movimento li
bertario. Anche se era cosciente del sessismo degli uomini nelle or
ganizzazioni del movimento e del fallimento di queste organizza
zioni nel tentativo di rivolgersi alle donne e nell’affrontare
adeguatamente le questioni femminili, il programma di Mujeres
Libres era di lavorare a stretto contatto con la CNT e con la FAI, a li
vello locale, regionale e nazionale. Sperava di essere ricevuta bene
dalla “famiglia” libertaria. A livello locale queste aspettative si rea
lizzarono parzialmente, ma a livello nazionale Mujeres Libres subì
una delusione profonda. Può anche darsi che una parte di questa
delusione derivasse di fatto dalla confusione che nacque dalle sue
pressioni per far parte del movimento mantenendo però la propria
autonomia. Fino alla sua nascita come federazione nazionale,
nell’agosto 1937, Mujeres Libres era costituita da una serie di
gruppi più o meno indipendenti. Mercedes Comaposada ricordava
che in diverse occasioni, durante il primo semestre del 1937, lei e
Lucia erano andate a Valencia (sede del governo nazionale e dei
comitati nazionali delle organizzazioni libertarie) per chiedere un
riconoscimento ed un appoggio ufficiale per Mujeres Libres.
D opo aver riunito ogni tipo di pam phlet e di docum ento che avevam o
realizzato, dom andai a M arianet: “P erché non ci riconoscete com e or
ganizzazione?" E lui rispose: “ Come possiam o riconoscervi com e orga
nizzazione? Sappiam o quello che fate, e lo state fa c en d o bene, m a fin o a
quando non vi presenterete con un ’organizzazione, ossia, con dei com itati
regionali, un com itato nazionale, delle persone disposte ad occupare dei
ruoli di responsabilità, ecc., non possiam o fa r e n u lla ”12.
256
vocare nell’agosto del 1937 una prima conferenza nazionale, che
riunì i rappresentanti di novanta gruppi locali e costituì Mujeres Li-
bres come organizzazione nazionale.
La conferenza stabilì una struttura federale con comitati provin
ciali, regionali e con quello nazionale, una forma di organizzazione
progettata per offrire la massima flessibilità. Non era un caso che
quella forma organizzativa fosse basata sul modello della CNT e
della FAI, con cui i membri di Mujeres Libres avevano particolare
confidenza. Inoltre la conferenza seguì “procedimenti federali co
munemente accettati” in quanto erano stati sviluppati per anni dalla
CNT e dalla FAI. Ad esempio, invece di nominare individui concreti
per compiti specifici, la conferenza nominò delle delegazioni (per
località), e le delegazioni, a loro volta, designarono alcuni individui
che avrebbero partecipato al comitato in questione13. Queste prati
che situarono senza alcuna ombra di dubbio l’organizzazione all’in
terno della comunità libertaria.
Mujeres Libres si identificò ideologicamente sia con i fini che
con i metodi della CNT e della FAI; ma allo stesso tempo mantenne
gelosamente la propria autonomia. Ad esempio, le sue fondatrici
scelsero come nome “Mujeres Libres” invece di “Mujeres Liberta-
rias” perché volevano fosse chiaro che ideologicamente erano affini
al movimento libertario, ma non ne rappresentavano un’organizza
zione ausiliaria14. La tensione divenne nuovamente forte durante il
dibattito su quale tipo di simbolo avrebbe dovuto avere la tessera di
Mujeres Libres. Dopo qualche discussione fra le compagne sulla
loro predilezione per il rosso ed il nero (i colori della CNT e della
FAI), si giunse ad un accordo: la tessera avrebbe avuto questi due
colori, ma non le sigle CNT- f a i . Dato che “siamo un’organizza
zione affine, ma non dipendente da loro”. Allo stesso modo, la ban
diera ufficiale sarebbe stata azzurra (colore “dell’ottimismo”) con
lettere bianche, ma con una frangia rosso-nera15.
La complessità degli obiettivi di Mujeres Libres rispetto all’au
tonomia e all’appartenenza al movimento libertario era evidente.
In una prima riunione, l’assemblea decise di invitare i comitati cor
257
rispondenti della CNT e della FAI affinché inviassero dei delegati
alle riunioni dei comitati regionali e di quello nazionale di Mujeres
Libres - senza diritto di voto - e decise anche di richiedere che
Mujeres Libres potesse inviare delle delegate, nella stessa qualità,
alle riunioni dei comitati della CNT e della FAI. La conferenza decise
di non richiedere che le rappresentanti di Mujeres Libres avessero
diritto di voto durante le riunioni di quelle organizzazioni perché a)
già esercitavano influenza in queste attraverso la loro affiliazione ai
sindacati (nel caso della CNT) e grazie alla loro partecipazione ai
gruppi anarchici (nel caso della FAI e della FIJL), e b) non volevano
correre il rischio di sentirsi obbligate dalle decisioni prese da quelle
organizzazioni con cui avrebbero potuto anche non trovarsi d’ac
cordo. La conferenza immaginò la seguente situazione: “Mettiamo
ad esempio che la CNT - in questo caso il suo Comitato Superiore,
al quale faremmo parte - decidesse, contro la nostra opinione, che
la nostra organizzazione ha perso la sua ragione di esistere e la mag
gioranza è favorevole al suo scioglimento. Quale sarebbe allora la
nostra posizione?” 16. Alla fine dei conti, Mujeres Libres voleva es
sere ammessa ai congressi ed alle deliberazioni che vi avrebbero
avuto luogo ma non voleva perdere però la sua indipendenza.
Nei diciotto mesi che seguirono, mentre ripeteva che costituiva
“parte integrale del movimento libertario”, Mujeres Libres non
mancava però di riaffermare in ogni occasione la propria autono
mia. In una dichiarazione, aggiunse:
258
Mujeres Libres continuò a comunicare le sue aspettative di aiuti e
a sperare di venire accettata. Invitò la FAI e la CNT a inviare rap
presentanti ai suoi congressi nella speranza di dimostrare la sua ap
partenenza alla comunità libertaria e di guadagnare così legittimità
al suo interno18.
La lotta per il pieno riconoscimento come organizzazione fu in
cessante. Le rappresentanti di Mujeres Libres si unirono in molte
occasioni a quelle della CNT e della FAI nei giri di propaganda per
le zone rurali, sottolineando così in modo simbolico i fini e i pro
positi comuni. Mujeres Libres chiese inoltre incessantemente che in
occasione di manifestazioni pubbliche del movimento libertario
un’oratrice della sua organizzazione si trovasse sul palco insieme a
quelli della CNT, della FAI e della FIJL. Gli annunci sulla stampa di
queste manifestazioni pubbliche dimostrano che ebbero abbastanza
successo. Durante la preparazione degli atti in commemorazione
del primo anniversario della morte di Durruti, ad esempio, il comi
tato nazionale della CNT mandò delle circolari a tutti i comitati re
gionali in cui le istruzioni dicevano che in ogni atto avrebbero do
vuto esserci cinque oratori, un’oratrice di Mujeres Libres, uno della
SIA, uno della FIJL, uno della CNT ed un altro della FAI19.
Ma nonostante questo, non sono riuscita a trovare altre circolari
del comitato nazionale che ripresentassero i termini della circolare
menzionata né nessun documento di queste organizzazioni che
menzionasse Mujeres Libres o la SIA insieme alla FAI o alla CNT
come organizzazioni a loro equivalenti. Inoltre Sara Berenguer
Guillén mi disse che quando venne annunciato il progetto per la
commemorazione del secondo anniversario non ci fu nessuna ora-
trice di Mujeres Libres nella relazione degli oratori. Ricorda Sara
che Soledad Estorach si recò infuriata al comitato regionale della
Catalogna per fare avere una parte negli atti anche alle rappresen
tanti di Mujeres Libres. Riuscì a convincere il comitato, e questo
voleva dire cercare delle donne che potessero andare nei paesi e
nelle città della Catalogna per partecipare alle manifestazioni. Sara
ed Amada de Nò si trovarono fra le giovani che rappresentarono
259
Mujeres Libres in molte di queste riunioni. Sara doveva andare ad
Hospitalet e Granollers, anche se nel primo posto non riuscì a par
lare perché la strada era stata disastrata dalle bombe fasciste e bi
sognò cancellare la manifestazione. Amada andò a Gerona. Per te
nere sotto controllo l’agitazione, imparò a memoria un articolo che
Soledad aveva scritto per un giornale e lo ripetè lungo il cam
mino20.
In questa cornice così complessa e spesso confusa, Mujeres Li
bres riuscì ad avere dei riconoscimenti da almeno qualche organiz
zazione del movimento. Sembra che la maggior parte della stampa
anarchica l’appoggiò e in alcune occasioni si dimostrò perfino en
tusiasta del lavoro e dei traguardi raggiunti da Mujeres Libres.
Acrada, il giornale anarchico di Lérida, faceva regolarmente dei ri
ferimenti al lavoro di Mujeres Libres, spesso in termini di elogio21.
Tierra y Libertad, Solidaridad Obrera, Tiempos Naevos ed altre
pubblicazioni si riferirono frequentemente al lavoro ed alle attività
di Mujeres Libres.
A livello locale, Mujeres Libres ricevette aiuti concreti da parte
dei sindacati della CNT. Molti di questi parteciparono attivamente ai
programmi di apprendimento e furono favorevoli a far entrare nelle
fabbriche collettivizzate i gruppi delle oratrici di Mujeres Libres, a
volte addirittura sospendendo la catena di montaggio. Ci furono
anche dei casi di appoggio diretto. Quando il compagno di Pepita
Carpena venne ucciso al fronte, il sindacato della metallurgia, a cui
era stato affiliato e con cui lei aveva avuto a che fare fin da quando
era molto giovane, pagò un salario a Pepita per renderle possibile
continuare a lavorare con Mujeres Libres. Anche alcuni sindacati
locali e molti soldati al fronte inviavano dei contributi a Mujeres Li
bres22. In alcune comunità sembra che Mujeres Libres riuscisse ad
avere il riconoscimento desiderato: essere inclusa come organizza
zione all’interno del movimento libertario. Gli atti delle riunioni
della federazione locale degli atenei libertari di Madrid tra il luglio
del 1937 e l’aprile del 1938, ad esempio, riportano la presenza di
260
Mujeres Libres, del g ru p p o locale della FAI, della federazione locale
della CNT e della federazione locale della FUL2 3 .
Mujeres Libres inviò costantemente petizioni di aiuto finanziario
o comunque concreto alla CNT ed alla FAI sia a livello regionale che
nazionale. Faceva appello a queste organizzazioni per essere con
siderata “un ulteriore membro della famiglia libertaria” con neces
sità di appoggio finanziario, per poter portare a termine lavori che
erano diretti fondamentalmente a tutte le organizzazioni libertarie.
Mujeres Libres chiese aiuti economici e spazi per i suoi congressi
regionali (che ebbero luogo a Barcellona, uno nel febbraio del
1938, l’altro nell’ottobre dello stesso anno), per pubblicazioni e la
vori di propaganda, per mantenere i suoi uffici e per pagare i salari
dei membri del comitato regionale. Sembra che tanto la FAI quanto
la CNT, soprattutto in Catalogna, fossero abbastanza disposte a farle
avere dei locali per riunirsi, del cibo e degli aiuti per queste confe
renze. Inoltre, tra il luglio e l’ottobre del 1938, tanto il Comitato
Regionale della Catalogna della FAI quanto il Comitato Nazionale
della CNT offrirono sovvenzioni modeste ma regolari a Mujeres Li
bres, grazie alle quali venne stampato il numero tredici della rivi
sta24. Anche se spesso le sovvenzioni economiche erano inferiori
alla cifra che Mujeres Libres aveva richiesto, non succedeva quasi
mai che l’organizzazione dovesse rimanere a mani vuote25. Nono
stante una piccola parte della corrispondenza tra le organizzazioni
suggerisca che Mujeres Libres venisse trattata come membro
23. Si vedano gli atti dell’organizzazione degli atenei libertari di Madrid (29 lu
glio 1937, 19 agosto 1937, 16 settembre 1937, 19 febbraio 1938,14 aprile 1938).
La circolare n° 7 della Commissione di propaganda Anarchica e Confederale, Ma
drid (29 gennaio 1938) includeva anche Mujeres Libres nel suo campo d’azione.
Entrambi i documenti in AHN/SGC-S, P.S. Madrid: 1712.
24. “Informe que esta Federación eleva”, pp. 8-9.
25. Sezione di Propaganda, Comitato Regionale del Levante, Mujeres Libres,
al Comitato Peninsulare della FAI (3 gennaio 1938) e risposta, IISG/FAI: 48.C.1.C.;
Comitato Regionale della Catalogna, Mujeres Libres al Comitato Regionale della
Catalogna, CNT (2 e 26 febbraio e 6 ottobre 1938) e risposte, IISG/CNT: 40.C.4.;
Seziona Nazionale di Propaganda, Mujeres Libres al Comitato Peninsulare, FAI
(marzo 1938), IISG/FAI: 48.C.l.a.; e lo scambio di corrispondenza tra Lucía Sán
chez Saomil, per il Comitato Nazionale di Mujeres Libres, e Germinai de Sousa,
per il Comitato Peninsulare della FAI (22 novembre 1938), IISG/FAI: 48.C.l.a. Si
trovano copie della corrispondenza tra il Comitato Regionale della Catalogna di
Mujeres Libres ed il Comitato Regionale della Catalogna della CNT in
AHN/SGC-S, P.S. Barcellona: 1049.
261
uguale della famiglia libertaria, era certamente trattata come un
membro, anche se come una sorella piccola e forse immatura.
Mujeres Libres si sentì frustrata proprio per non venire conside
rata con rispetto e serietà dai membri di queste organizzazioni.
C’erano abbastanza casi di compagni che si riferivano a Mujeres
Libres in modo sessualmente degradante o con disprezzo, chia
mandole, ad esempio, “Mujeres Liebres” (“donne lepri”, termine
ovviamente insultante con cui volevano dire che saltavano da un
letto all’altro come conigli. Questa etichetta che si riferiva alle mi
litanti femministe come pervertite sessuali non era esclusiva della
Spagna)26. Mujeres Libres fece numerosi appelli ai comitati regio
nali e nazionali della CNT e della FAI per frenare l’ostilità dei loro
gruppi locali, e chiese un appoggio diretto27.
Mujeres Libres cercò anche il sostegno delle organizzazioni re
gionali e nazionali del movimento libertario. Ad esempio nel 1937,
chiese al Comitato Nazionale della CNT che i sindacati permettes
sero alle donne di disporre di tempo extra per prendere parte alle
sessioni di formazione tecnica delle officine e delle fabbriche. Ma
la CNT non rispose positivamente. Quindi, il governo approfittò di
questo vuoto per organizzare i propri programmi, e l ’AMA ed i sin
dacati socialisti ne approfittarono a loro volta. Mujeres Libres
chiese in seguito che le donne identificate come potenziali militanti
dell’organizzazione potessero, alcune volte a settimana, e conser
vando il salario integro, disporre di un’ora e mezza libera, per poter
assistere a corsi di “cultura generale e preparazione sociale”. So
stenevano che questa modifica sarebbe stata negli interessi del mo
vimento, così come anche in quelli delle donne, ed avrebbe contri
buito ad arrestare gli effetti dei programmi governativi, guidati dai
comunisti28. Sempre in quel periodo, il segretario della UGT di Bar
cellona spingeva i suoi sindacati ad essere più disposti verso le ope
26. Si veda HEWITT, Nancy e Jacqueline HALL: presentazioni di “Disorderly
Women. Gender Politics and Theory”, Berkshire Conference, Wellesley College,
giugno 1987; e MARMO MULLANEY, Marie: Revolutionary Women. Gender
and thè Socialist Revolutionary Role, Praeger, New York, 1983, pp. 53-96.
27. Ad esempio, Lucía Sánchez Saomil, per il Comitato Nazionale di Mujeres
Libres, al Comitato Peninsulare della FAI, Valencia (6 ottobre 1937), IISG/FAI:
48.C.l.a.; e Comitato Regionale di Mujeres Libres al Comitato Regionale della
CNT (2 agosto 1938), IISG/CNT: 40.C.4.
28. Federazione Nazionale Mujeres Libres: “Algunas consideraciones del Co
mité Nacional de Mujeres Libres al de la CNT”, soprattutto p. 3.
262
raie formate nell’istituto patrocinato dalla Generalitat2930.La preoc
cupazione di Mujeres Libres che altre organizzazioni stessero ap
profittando meglio dei programmi d’apprendimento tecnico sembra
avesse delle basi concrete.
Mujeres Libres chiese in molte occasioni aiuti economici sia a li
vello regionale che nazionale. Degna di essere menzionata è la let
tera del marzo 1937 diretta al Comitato Peninsulare della FAI in
cui Mujeres Libres si identificava come “Agrupación Mujeres Li
bres, FAI” . La lettera spiegava dettagliatamente alcuni dei suoi
obiettivi e delle sue attività, sosteneva che era formata all’incirca da
cinquecento membri e che si trovava in una situazione finanziaria
disperata. Il Comitato Regionale della Catalogna rispose a questa ri
chiesta di Mujeres Libres di 8.000 pesatas con un aiuto di sole cin-
quecento30. Tre mesi più tardi, Mercedes Comaposada, in nome
del Segretariato di Propaganda di Mujeres Libres, si rivolse nuo
vamente al Comitato Peninsulare della FAI segnalando che le orga
nizzazioni di patrocinio comunista (che stavano ricevendo impor
tanti aiuti economici tanto dal partito quanto dal governo) stavano
“facendo dei progressi tra le donne della UGT ed anche tra quelle
della CNT” . In una dichiarazione che rivela l’opinione di Comapo
sada su come Mujeres Libres venisse percepita all’interno del mo
vimento libertario, concludeva: “In opposizione a questo nacque
Mujeres Libres, con l’obiettivo di offrire strumenti [capacitar] alle
donne e non, come hanno frainteso alcuni compagni, con dei pro
positi separatisti né tanto meno con intenzioni di privilegi femmi
nisti”31.
Mujeres Libres confrontò spesso la sua posizione alfinterno del
movimento libertario con quella della AMA nell’ambito comunista.
Una circolare segnalava che oltre ad offrire importanti aiuti finan
ziari, un sindacato del trasporto della UGT aveva perfino regalato
una macchina alla Sezione di Propaganda dell’AMA. “Facendo un
confronto fra questo gesto e la nostra impotenza economica, ci ven
nero le lacrime agli occhi dalla rabbia. Avremmo fatto così tante
263
cose con anche solo la metà di quello che avevano offerto a loro! E
con tutto quello che spendevano nei manifesti di propaganda!”32.
Emma Goldman durante una delle sue visite a Barcellona so
stenne la loro causa. Siccome Mujeres Libres aveva rifiutato di con
fluire nell’AMA, scrisse a Mariano Vázquez:
M ujeres Libres non riceve nessun tipo di aiuto, m entre le com uniste
non solo ricevono aiuti ma stanno riscuotendo denaro anche dall ’estero
dalle donne delle fa b b rich e ... M ujeres Libres si trova sem pre in secondo
p ia n o ....
D evi sapere che orm ai sono anni che lotto p er V em ancipazione della
donna ed è naturale che m i interessi al m ovim ento di M ujeres Libres, e
sono m olto sorpresa che la nostra organizzazione della CNT e della FAI e
perfino le JJLL abbiano fatto così poco p e r loro e dim ostrino così poco in
teresse. Non credi, caro compagno, che è anche negli interessi della CNT
e della FAI aiutare M ujeres Libres facendo tutto il possibile ‘f i 3.
264
Il segretariato femm inile della FIJL
35. Pepita Carpena, intervista, Barcellona, 3 maggio 1988. Per una versione un po’
diversa di questa narrazione, si veda CARPENA, Pepita: “Spain 1936 Free Women.
A Feminist, Proletarian and Anarchist Movement”, in: Women o f the Mediterranean
(ed. Monique GADANT, trad. A. M. Berrett), Zed Books, Londra, 1986, p. 51.
36. FIJL, Comitato Nazionale, Segretariato Femminile, Circolare n° 1, Valencia
(4 novembre 1937); FIJL, Segretariato Femminile, Circolare n° 1 (19 aprile 1938), en
trambe in IISG/FAI: 48. C.I.d. Si veda anche “La juventud actual y la emancipación
juvenil femenina”, Ac rada (11 gennaio 1937)
265
anarchico per cui la lotta la si doveva fare tutti insieme. La consi
derava inoltre come una negazione del lavoro che Mujeres Libres
stava già portando avanti. Perché creare un dipartimento speciale
per la donna nella f ijl - si domandava - se già esisteva un gruppo
libertario dedicato a educare e a preparare le donne di tutte le età?
Il punto di vista di Pepita era condiviso da altre persone, sia
all’interno che all’esterno di Mujeres Libres. Nei mesi che segui
rono la decisione della sua creazione, il Segretariato Femminile ri
lasciò tutta una serie di dichiarazioni a proposito di queste questioni
- spiegando i suoi obiettivi ed insistendo che non voleva negare
l’importanza di Mujeres Libres e trovarsi in competizione con lei -
. Ma nonostante tutto, dato che i suoi propositi erano definiti quasi
negli stessi termini di quelli di Mujeres Libres - la capacitación e
l’educazione delle giovani - e dato che le attività che si proponeva
di portare avanti - scuole, programmi di apprendimento, riviste,
gruppi di dibattito - erano quasi identiche, i suoi argomenti furono
difficili da sostenere.
Nella sua Circolare numero 3 del novembre del 1937 ad esem
pio, la FIJL dichiarava che “non esiste una dualità di funzioni, n é ci
possono essere competizioni organiche tra “Mujeres Libres” e le
Juventudes Libertarias”. Mujeres Libres, affermava il documento,
era valida come organizzazione, ma era diretta alle necessità della
donna adulta. I Segretariati Femminili, invece, si dirigevano alle
donne più giovani, combattendo la loro marginalizzazione e assi
curando che ci sarebbero state donne nell’organizzazione per so
stituire gli uomini che erano costantemente chiamati al fronte. Il
linguaggio era quasi lo stesso di quello usato da Mujeres Libres, in
quanto l’unica differenza era che, secondo la FIJL, Mujeres Libres
era rivolta alle donne adulte ed il Segretariato Femminile alle donne
giovani37. Ma dato che le militanti di Mujeres Libres erano preva
lentemente giovani (quando scoppiò la rivoluzione Pepita, Sole-
dad, Sara, Conchita e molte delle loro amiche avevano tra i quindici
266
ed i vent’anni), molti membri di Mujeres Libres pensavano che i
Segretariati Femminili avrebbero semplicemente fatto una replica
del loro lavoro ed avrebbero esaurito gli scarsi mezzi del movi
mento.
Il Segretariato era a conoscenza di questo sentimento e sembra
che dedicò la stessa energia a discutere come dovessero essere le
sue relazioni con Mujeres Libres di quella che dedicò nel trattare
con l ’AJA e con altre organizzazioni di giovani di affiliazione co
munista. Le relazioni con Mujeres Libres furono, nel migliore dei
casi, tese. I Segretariati si riferivano frequentemente a Mujeres Li
bres come a un’organizzazione “giovane” o “immatura” che aveva
poco successo nell’organizzare le donne - anche se riconoscevano
comunque che la “debolezza” di Mujeres Libres poteva forse di
pendere dalla sua precaria situazione economica -. Ed erano anche
coscienti dell’opposizione di Mujeres Libres all’esistenza dei Se
gretariati: “La sua posizione nei confronti dei nostri Segretariati è di
opposizione. Credono di dover essere loro l’unica realtà per la
donna in campo libertario. E di dover essere loro a destinare le mi
litanti che avanzano alle altre organizzazioni sorelle”38.
Sicuramente bisogna dire che Mujeres Libres non si riconosceva
nel ruolo di “destinare le militanti che avanzano” ad altre organiz
zazioni. Si riconosceva invece nel preparare le donne a partecipare
a qualsiasi organizzazione del movimento libertario. Quello che ri
velano questi passaggi ed altri documenti è un forte senso di riva
lità39. Mujeres Libres pensava che la creazione del Segretariato
Femminile fosse di troppo. Questo invece, da parte sua, voleva che
Mujeres Libres si convertisse in un’organizzazione “dipendente”
dal movimento libertario: “La realtà è che tutti noi orienteremmo il
suo lavoro, avremmo la responsabilità del suo sviluppo e delle sue
attività; facilitazione di mezzi economici...”40.
267
Nell’ottobre del 1938, il Segretariato Femminile preparò un do
cumento sulle sue attività per presentarlo al Plenum Nazionale della
FIJL. In questa riunione ripetè le proprie dichiarazioni precedenti
secondo cui Mujeres Libres si stava comportando indebitamente,
cercando di incorporare nei propri programmi tanto le donne gio
vani quanto quelle adulte, e propose al Plenum di portare di fronte
al prossimo congresso del movimento libertario una risoluzione se
condo cui Mujeres Libres avrebbe dovuto essere un’organizzazione
dedicata solamente alle donne adulte. Inoltre il documento rilevava
che il Comitato peninsulare aveva avuto considerevoli difficoltà
per cercare di convincere qualche suo comitato regionale della ne
cessità di un Segretariato Femminile. Sembra che sia la Federa
zione Locale di Barcellona sia il Comitato Regionale della Catalo
gna avessero rifiutato la proposta di creare un segretariato di questo
tipo sostenendo che “i lavori che segnalavamo li stava portando
avanti Mujeres Libres, e capivano che non era il caso di mettersi in
rivalità con loro”41.
Ma nonostante tutto questo è facile intuire che l’importanza del
documento sta nel rivelare la frustrazione del Segretariato per la
sua posizione aH’interno della FIJL. Nonostante all’inizio avesse
dichiarato che Mujeres Libres era stata, in generale, inefficace nel
momento di raggiungere i propri obiettivi (e che i Segretariati Fem
minili potevano occuparsi più efficacemente di questo lavoro), il
documento mostra chiaramente un sentimento di frustrazione per
quel poco che i segretariati erano riusciti ad ottenere nei mesi tra
scorsi. Si riferiva ad una serie di problemi, fra cui quello secondo
cui la posizione del Segretariato all’interno della FIJL limitava gra
vemente la sua libertà di azione. Era ora, ripeteva, che si produ
cesse un nuovo tipo di impegno o un nuovo orientamento: “O rico
nosciamo “le caratteristiche speciali della donna” e creiamo
pertanto un organismo con una sufficiente indipendenza d’azione;
o, al contrario, neghiamo 1’esistenza delle caratteristiche speciali e
268
non ci occupiamo più di questo problema, sciogliendo allora i Se
gretariati Femminili”42.
Così, nonostante la rivalità organizzativa con Mujeres Libres,
sembra che le donne che partecipavano ai Segretariati Femminili
avessero avuto esperienze che confermavano l’insistenza di Muje
res Libres nell’importanza dell’autonomia. I Segretariati Femmi
nili assunsero degli obiettivi molto simili a quelli di Mujeres Li
bres ma cercarono di raggiungerli dall’interno della FUL. Le
lamentele del Segretariato sul trattamento a cui era sottoposto da
parte di altri organi del suo stesso movimento, la mancanza di ap
poggio e la necessità di una maggiore indipendenza sembrano giu
stificare la posizione di Mujeres Libres di fronte al movimento in
generale. Ma nonostante questo, i Segretariati Femminili non of
frirono mai un appoggio pubblico alle richieste di Mujeres Libres.
269
bres e che la loro organizzazione venisse formalmente riconosciuta
come quarto ramo costituente del movimento libertario.
Pura Pérez Arcos andò da Valencia a Barcellona come delegata
di Mujeres Libres:
270
sente solamente alla diciottesima ed alla diciannovesima sessione
del Plenum (25 e 26 ottobre 1938), partecipando alla discussione
del quinto punto dell’ordine del giorno: “Maniera per incrementare
gli organismi ausiliari del Movimento Libertario”44.
Mujeres Libres aveva cercato nei mesi precedenti di preparare il
terreno per assistere al Plenum e farvi la sua proposta. In gennaio cir
colò un documento titolato “Alcune considerazioni del Comitato Na
zionale di Mujeres Libres a quello della CNT sull’importanza politica
di codesta organizzazione”. Nel settembre aveva inviato un docu
mento di nove pagine al comitato nazionale e a quello peninsulare
dove faceva un riassunto della sua storia e dei suoi traguardi, sottoli
neando il suo lavoro di aggregazione rispetto a quello dell’AMA.
Nella sua presentazione di fronte al Plenum, Mujeres Libres di
scusse gli svantaggi concreti a cui dovevano far fronte le donne
spagnole, la necessità di porre un contrappeso alle forze “politiche”
(cioè il partito comunista e l ’AMA) e l’importanza dell’esistenza di
un’organizzazione libertaria autonoma che fosse rivolta a queste
necessità. Le sue dichiarazioni sottolineavano sempre il carattere e
gli impegni anarchici di Mujeres Libres e la necessità della sua au
tonomia all’interno del movimento.
44. “Actas del Pieno Nacional de Regionales del Movimiento Libertario, CNT-
FAI-FIJL (celebrado en Barcelona durante los dias 16 y sucesivos del mes de oc-
tubre de 1938)”, Barcellona, 1938, 226 pagine dattilografate, IISG/CNT: 92.A.3.;
si veda anche PEIRATS, José: La CNT nella Rivoluzione spagnola, 4 voli., Ed.
Antistato, Milano, 1970.
271
determ inare sé stesso, dato che il suo Statuto e la sua D ichiarazione di
Principi garantiscono la sua essenza libertaria45.
272
Ma forse a causa del rapido precipitare della situazione bellica, non
si celebrò più nessun tipo di Plenum e questa mozione non arrivò
mai ad essere approvata. Mary Nash, riferendosi al Plenum, consi
dera che “questa richiesta formale venne rifiutata, sostenendo che
un’organizzazione specificatamente femminile sarebbe un ele
mento di disunione e di disuguaglianza all’interno del movimento
libertario”48. Tuttavia, a parte le manovre durante l’assemblea, la ri
chiesta di Mujeres Libres non venne mai formalmente rifiutata.
Un’analisi del dibattito che si sviluppò durante il Plenum e dei
documenti che Mujeres Libres mise in circolazione prima e dopo
questo, rivela la posizione di Mujeres Libres all’interno del movi
mento, tanto organizzativamente quanto ideologicamente. Orga
nizzativamente, Mujeres Libres considerava la sua situazione ana
loga a quella dell’AMA in altri movimenti politici e a quella della
FIJL all’interno del movimento libertario. Mujeres Libres mise in
evidenza l’appoggio che la FIJL riceveva dalla CNT e dalla FAI, no
nostante fosse un’organizzazione dedicata esclusivamente ai gio
vani, e sostenne la tesi secondo cui a Mujeres Libres dovevano es
sere destinati un appoggio ed un riconoscimento simili per il suo
lavoro di mobilitazione delle donne. Ideologicamente, Mujeres Li
bres riteneva che i libertari dovessero riconoscere che le specifiche
necessità delle donne avevano bisogno di un’attenzione ideologica
e organizzativa specifica.
L’analogia con le Juventudes non favoriva Mujeres Libres, in
parte perché lo status della FIJL era altrettanto ambiguo. In un mo
mento del dibattito, ad esempio, alcuni delegati sostennero che,
dato che la FIJL era solo un’organizzazione ausiliare, Mujeres Li
bres doveva appartenere alla stessa categoria. I rappresentanti della
FIJL si opposero a questa caratterizzazione, dicendo che la FIJL era
invece stata invitata al congresso. Successivamente, comunque,
altri dissero che anche se la FIJL era presente come risultato di un
fatto compiuto, non c’era ragione per “ripetere lo stesso errore” con
Mujeres Libres49.
del Pleno de Conjunto Libertario, para su discusión por la base de las tres organi
zaciones, FAI, CNT, FIJL”, due pagine senza data, IISG/CNT: 40.C.4.
48. NASH: “Mujeres Libres” Donne libere. Spagna 1936-1939.
49. “Actas del Pleno Nacional de Regionales”, p. 158; anche GARCÍA OLI-
VER, Juan: El eco de los pasos, p. 128.
273
Alla fine, la FIJL e Mujeres Libres vennero trattate in modi molto
diversi. La FIJL era stata invitata come organizzazione, il suo segre
tario formava parte del comitato di credenziali ed i suoi delegati par
teciparono con diritto di parola e di voto a tutti i dibattiti del Ple
num. Inoltre il Plenum approvò la proposta di dare con regolarità
alla FIJL un importante appoggio finanziario. Ma anche mentre si
stava discutendo questa proposta i rappresentanti della FIJL si irrita
rono per quello che consideravano un riconoscimento insufficiente
della loro autonomia e dei loro traguardi come organizzazione. No
nostante tutto, la FIJL riuscì a riaffermare la propria definizione della
sua missione e dei suoi obiettivi e ricevette un appoggio generale, sia
economico che morale, per le sue attività e per il suo status come or
ganizzazione costituente del Movimento Libertario50.
Non successe lo stesso con Mujeres Libres. Una dopo l’altra, le
delegazioni dissero che anche se erano disposte a proporzionare un
appoggio morale e materiale a Mujeres Libres, non erano però di
sposte a concederle uno status come quarto ramo del movimento.
Vennero esposti una serie di argomentazioni: 1) che l’anarchismo
(ed il sindacalismo) non ammetteva una differenza di genere e,
quindi, che un’organizzazione rivolta solamente alle donne non po
teva essere veramente libertaria; 2) che Mujeres Libres stava
creando confusione perché stava realizzando un lavoro che doveva
essere portato avanti dai sindacati; e 3) che Mujeres Libres non do
veva esistere come organizzazione autonoma, ma come facente
parte dei sindacati e degli atenei.
Mujeres Libres cercò di rispondere a tutte queste obiezioni. Nel
suo discorso di presentazione al Plenum trattò la questione dell’au
tonomia, mettendo in rilievo la singolare situazione delle donne
spagnole, la necessità di un’organizzazione che raffrontasse e il
palese insuccesso della CNT, della FAI e della FIJL nel risolvere que
sta necessità. Le oratrici di Mujeres Libres espressero la loro rabbia
di fronte alla costante richiesta di giustificazione e di prova del loro
valore e del loro impegno. Sostennero che l’organizzazione lavo
50. “Actas”, pp. 210-13; “Dictamen que emite la ponencia nombrada para el
estudio del cuarto punto del orden del día: “Forma de ayudar a las JJLL.”’\ due pa
gine dattilografate, Barcellona (27 ottobre 1938); e CNT-AIT, Comitato Nazio
nale: “Circular N° 35: A los Comités Locales y Comarcales”, tre pagine dattilo
grafate, Barcellona (11 novembre 1938), entrambe in IISG/CNT; 92.A.3.
274
rava tanto all’interno quanto all’esterno del sindacato e che il lavoro
di capacitación e di coinvolgimento delle donne richiedeva un av
vicinamento più grande e soprattutto poliedrico, e che nessuna or
ganizzazione esistente era preparata per farlo. Inoltre, Mujeres Li
bres rappresentava le donne ed i loro interessi sul luogo di lavoro:
ad esempio, lottando per la parità di salario a parità di lavoro, obiet
tivo che i sindacati non avevano difeso con sufficiente vigore. Le
oratrici ripeterono che Mujeres Libres non era un’organizzazione
separatista e che si era opposta alla creazione di sindacati di donne
perché le donne dovevano unirsi agli uomini nelle organizzazioni
sindacali esistenti. Infine, affermavano che l’anarchismo ed il sin
dacalismo non erano un terreno esclusivo degli uomini, e che come
compagne avevano il diritto e la responsabilità di propagare le idee
e la pratica libertaria: “Non può essere usato contro la nostra auto
determinazione il fatto che l’Anarchismo non ammette differenze di
sesso, perché allora bisognerebbe affermare che, fino ad ora, le no
stre Organizzazioni Libertarie non sono state tali, perché in queste,
non importa se per necessità o per volontà, c’è stato posto sola
mente per gli uomini”51.
Il mio parere, che è poi stato confermato dalle interviste alle par
tecipanti, è che qui la chiave fosse la questione dell’autonomia. Il
fatto che si trattasse di un’organizzazione di donne non bastava per
negarne il riconoscimento. Dopo tutto, la f ij l era un’organizza
zione di sola gente giovane. I Segretariati Femminili vennero creati
con un campo d’azione ancora più ristretto: le donne giovani. Muje
res Libres si differenziava effettivamente dalla f ij l per questa insi
stenza nell’autonomia. Rivendicava il diritto di definire le proprie
priorità, avrebbe organizzato i propri programmi non solo per coin
volgere più donne, ma anche per educarle e offrire loro occasioni di
empowerment. E questa richiesta di definire i propri fini e le proprie
priorità sembra essere quello che le altre organizzazioni del movi
mento non potevano accettare.
Nonostante la frustrazione per la decisione (o, per dirlo più ap
propriatamente, la non decisione) del Plenum rispetto al suo status
come organizzazione, Mujeres Libres prese in parola i delegati sulla
questione dell’appoggio morale ed economico. Nelle settimane se
guenti, Mujeres Libres scrisse ai comitati regionali e nazionali della
275
CNT e della f a i ricordando loro le risoluzioni approvate durante il
Plenum e chiedendo aiuti finanziari, sollecitudine che, a quanto
pare, ebbe un qualche successo"’2.
Però è anche chiaro che ancora dopo il Plenum, Mujeres Libres
dovette subire una mancanza di appoggio sia morale che finanzia
rio. Nel dicembre del 1938, ad esempio, il Ministero delle Finanze
cercò di sgomberare Mujeres Libres dall’edificio del Paseo Pi y
Margall di Barcellona, che ospitava il Casal de la Dona Treballa-
dora, e di consegnare l’edificio alla Banca di Spagna. Dopo nume
rosi tentativi di far revocare la decisione, Mujeres Libres accettò
di trasferirsi a condizione che il Ministero però trovasse loro un
altro edificio appropriato. Ma il Ministero non rispose, inviando la
polizia ad effettuare lo sfratto. Mujeres Libres chiese aiuto alla FAI,
alla CNT ed alla FIJL di Barcellona. La FAI rispose all’appello orga
nizzando riunioni speciali tra le rappresentanti di Mujeres Libres e
quelli della Banca di Spagna e chiamando Federica Montseny af
finché intervenisse presso il Ministero delle Finanze, cosa che av
venne. I rappresentanti della FAI appoggiarono la decisione di
Mujeres Libres di rimanere nell’edificio e di opporre resistenza pas
siva allo sfratto fino a quando si fosse trovato un edificio appro
priato in sostituzione di quello che avevano usato fino ad allora5253.
Ma Mujeres Libres ricevette poco appoggio dalla CNT e trovò il
modo di esprimere il proprio disgusto per questo comportamento,
definendolo “abbastanza timido e poco incline ad appoggiare una
posizione ferma a nostro favore”. “È un peccato - diceva Lucia
Sànchez Saornil in una lettera al Comitato Nazionale della CNT -
che i compagni abbiano sempre avuto così poco tempo per cono
scere il meritevole lavoro di Mujeres Libres e la conseguenza di
276
questo è il poco interesse che suscita la nostra richiesta di aiuto”54.
Mujeres Libres era ancora molto lontana dall’essere pienamente
accettata dalle altre organizzazioni libertarie.
Ma nonostante tutto c’erano stati dei notevoli progressi. Con-
chita Guillén ricordò un particolare commuovente che può gettare
un po’ di luce sulle relazioni tra Mujeres Libres e le altre organiz
zazioni negli ultimi giorni di guerra.
54. Lucía Sánchez Saornil al Comitato peninsulare della FAI (21 dicembre
1938) ed al Comitato nazionale della CNT, Barcellona (20 dicembre 1938), tre pa
gine dattiloscritte, IISG/FAI: 48.C.l.a.
55. Conchita Guillén, intervista, Montady, 29 aprile 1988.
277
CONCLUSIONE
La comunità e Vem p o w erm en t delle donne
279
potevano ottenere se avessero lottato tutte insieme con impegno e
speranza. L’aspetto più gratificante di questo lavoro è stato il con
tatto con le persone, con le donne e gli uomini che hanno conser
vato questo sogno lungo gli anni dell’esilio e/o gli anni di oppres
sione. Sicuramente una delle ragioni per cui riuscirono a fare tutto
questo è stato perché per loro la rivoluzione non fu semplicemente
un sogno o una speranza, ma rappresentò realmente un cambia
mento nelle loro vite quotidiane2.
Desidero ora analizzare il significato delle attività di Mujeres Li-
bres rispetto ad alcune delle tematiche centrali con cui si confron
tano oggi le femministe e gli attivisti sociali - la questione dell’m -
powerment, l’incorporamento della diversità ed il significato e la
natura della partecipazione politica e sociale -. Le donne di Muje
res Libres affrontarono la diversità fra gli uomini e le donne all’in
terno del movimento operaio. Le femministe ed i sostenitori della
democrazia partecipativa contemporanei si stanno sforzando di
creare una società in grado di affrontare le differenze di classe, di
appartenenza etnica, di orientamento sessuale, di età e di capacità
fisica, così come anche di genere. L’esperienza di Mujeres Libres
ha ancora molte cose da insegnarci su\Y empowerment e sulla presa
di coscienza, sulla relazione tra gli individui e le comunità e sul si
gnificato della differenza.
280
fra telli [ ...] che la tua voce venga ascoltata con lo stesso rispetto con cui
viene ascoltata quella di tuo padre. Vogliam o che tu abbia quella vita in
dipendente che un giorno hai desiderato. [...]
Ora, tieni in considerazione che ogni cosa ha bisogno di un grande
sforzo; che le cose non si ottengono d a ll’oggi al domani, e p e r arrivare
a raggiungerle, hai bisogno d e ll’aiuto di altre com pagne. H ai bisogno
che le altre si interessino delle stesse cose a cui ti interessi tu, hai biso
gno di appoggiarti a loro, e che loro si appoggino su di te. In p o che
parole, hai bisogno di lavorare in com unità3.
281
L’organizzazione contribuì chiaramente alYempowerment di
molte delle sue militanti, sia quelle che in precedenza avevano avuto
pochi contatti con il movimento anarchico ed anarco-sindacalista,
che quelle che invece vi avevano militato. Tutte avevano comun
que provato la paura - e l’orgoglio - di fare “da sé” che voleva dire
essere militante di un gruppo di donne che dipendeva solamente da
sé stesso. Il sentimento di comunità che svilupparono e condivisero
con le altre compagne in tutti quegli anni le trasformò profonda
mente. Avendo vissuto quell’epoca e avendo disegnato ed organiz
zato nuovi scenari di vita sociale, arrivarono a conoscere una gamma
più ampia delle proprie capacità. La comunità delle altre donne con
cui condividevano queste attività divenne una fonte primaria di con
ferma della loro nuova coscienza di sé. La continua relazione con gli
altri libertari spagnoli e con le donne di Mujeres Libres, dopo la
guerra, aiutò a mantenere vivo non solo il ricordo delle attività in co
mune, ma anche la realtà delle loro trasformazioni sociali.
Il grande impatto di queste esperienze cambiava molto da una
persona all’altra e a seconda dei contesti sociali e politici in cui si
trovavano o che crearono per loro stesse5. L’empowerment che
ognuna di queste donne sperimentò sulla propria pelle è collegato
non solo a quello che personalmente aveva ottenuto, ma, più signi
ficativamente, alla comunità dei militanti, uomini e donne, con cui
viveva e lavorava - sia negli anni della rivoluzione che in quelli
che seguirono di esilio e di repressione -. Questa scoperta non do
vrebbe stupirci. Le teoriche femministe contemporanee hanno dato
crescente rilevanza all’importanza delle relazioni tra donne. Alcune
hanno sostenuto che le reti di donne costituiscono per le donne
stesse un importante appoggio all’interno delle famiglie, nel luogo
di lavoro e nelle comunità, e permettono loro di partecipare a quello
che comunemente è noto con il nome di “azione politica”6. Altre si
sono concentrate soprattutto su come la posizione che le donne oc
cupano all’interno delle reti di amici, della famiglia e dei colleghi e
le loro particolari relazioni con le istituzioni sociali definiscano la
282
visione che le donne hanno di se stesse nel mondo, fino a consen
tirgli di sviluppare orientamenti psicologici, modelli di ragiona
mento morale e criteri per l’azione che differiscono significativa
mente dalle norme (di orientamento maschile) stabilite7.
L’attenzione prestata al contesto, caratteristica che definisce
quello che potremmo chiamare una “concezione femminista del
mondo”8, era un elemento importante anche nell’anarchismo spa
gnolo. Molti programmi di Mujeres Libres avevano una forte com
ponente di “sviluppo della consapevolezza”, che permetteva alle
partecipanti di situare le loro esperienze in un contesto sociale e di
costruire la solidarietà con gli altri avendo come base prospettive
condivise. Come nei primi gruppi di presa di coscienza del primo
movimento femminista contemporaneo degli Stati Uniti, le realiz
zazioni che una donna sperimentava le davano forza perché erano
avvalorate dalle esperienze delle altre.
I gruppi di presa di coscienza non sono, chiaramente, gli unici
contesti in cui si produce un cambiamento di coscienza. Come non
mancava di ripetere Marx, la coscienza cambia nella lotta e grazie
alla lotta. Tradizionalmente, i marxisti sostengono che la coscienza
veramente rivoluzionaria - cioè, basata sulle classi - nasca dal con
flitto nel luogo di lavoro, quando i lavoratori arrivano a capire che
fanno parte della lotta comune contro la borghesia. Gli anarchici
spagnoli criticarono la monocausalità economica di questa analisi
283
ma allo stesso tempo conservarono l’enfasi nella lotta e nell’attività
come generatori primari di coscienza radicale. Gli scioperi dell’An
dalusia rurale e della Barcellona industriale (trattati nel Capitolo II)
dimostrarono che la coscienza dell’oppressione può derivare da una
varietà di esperienze in diversi ambiti e che le reti comunitarie pos
sono essere tanto importanti nel cambiamento di coscienza quanto le
lotte di fabbrica. Anche gli atenei e le scuole razionaliste offrirono
contesti appropriati per far sperimentare alle persone nuovi sogni
culturali, nuove concezioni di sé e nuove relazioni con il mondo.
Gli anarchici spagnoli riconoscevano, e Mujeres Libres prese
ispirazione da questo riconoscimento, che la radicalizzazione nasce
dall’azione. Le persone sviluppano nuove concezioni di sé rom
pendo i modelli tradizionali, assumendo altri ruoli e muovendosi in
aree che prima erano loro vietate. Quando chi attraversa i limiti di
quello che si considera un comportamento adeguato lo fa nella cor
nice di un gruppo che lo appoggia, può acquisire capacità e forza ed
arrivare a domandarsi la convenienza di questi limiti. Le donne che
partecipavano agli scioperi generali e alla “guerra delle donne” di
Barcellona dei primi decenni del secolo, ad esempio, non hanno
necessariamente abbandonato i loro quartieri per protestare contro
l’alto costo dei generi alimentari perché stavano sfidando le con
cezioni convenzionali del “luogo che occupa la donna”. Tuttavia, il
muoversi al di fuori dei loro quartieri, verso aree più pubbliche aprì
loro nuove prospettive e offrì la base per lo sviluppo di una co
scienza critica. Le donne che durante la Guerra civile spagnola la
vorarono nelle fabbriche non lo fecero perché stavano sfidando la
divisione sessuale del lavoro, ma perché avevano bisogno delle en
trate per mantenere la famiglia mentre i loro mariti, i loro fratelli o
i loro padri erano in guerra e perché comunque questi lavori dove
vano essere portati avanti. Ma il lavoro nelle fabbriche - e il trovarsi
a contatto con altre donne che si trovavano in circostanze simili -
ebbe effetti di radicalizzazione. Le donne che prendono parte alle
lotte comunitarie nei propri quartieri solitamente ripercorrono un si
mile processo. Anche se è possibile che si uniscano alle proteste
per quello che credono essere un loro dovere in quanto donne,
ossia, quello di proteggere le proprie famiglie, partecipare
all’azione può però essere di per sé politicizzante.9
284
Lo sviluppo di una “coscienza critica” è un processo attivo che
presuppone tanto la “partecipazione alla lotta sociale quanto il pro
getto di cambiamento. Il confronto collettivo con le strutture d’au
torità e/o la creazione di una nuova realtà politico-sociale negli in
terstizi delle relazioni di potere esistenti genera coscienze
trasformate e conferisce energie per l’azione continuata (la resi
stenza)” 10. Vorrei sottolineare ancora l’importanza del confronto
collettivo. Sembra che la radicalizzazione abbia bisogno dell’esi
stenza - o per lo meno aumenti grazie ad essa - di una comunità di
altre persone con le quali si possa condividere l’esperienza e che poi
permetta di avvalorare il nuovo sentimento di sé (anche se, sicura
mente, non tutte le esperienze di comunità sono radicalizzanti in
un senso progressista)1[. È questa la comunità che Mujeres Libres
offrì ai suoi membri ed è questo sentimento di comunità tra le fem
ministe contemporanee (ed anche quelle della “prima ondata”) ciò
che è stato cruciale per il cambiamento della coscienza femminista.
La presa di coscienza e Vempowerment attraverso le esperienze
condivise non sono l’unica similitudine tra il femminismo contem
poraneo e Mujeres Libres. Il riconoscimento dell’importanza della
comunità implica anche ribadire che possiamo pensare a dei modi
per superare le relazioni di oppressione solamente tenendo in con
siderazione le relazioni familiari, lavorative e di altro tipo in cui
285
tutti siamo immersi. La teoria e la pratica femministe hanno co
minciato a chiarire che il cemento sociale che mantiene unite molte
società non è una struttura formale d’autorità, ma sono dei modelli
di relazioni umane che affondano in bisogni comuni. Le comunità
- inclusi i movimenti politici - arrivano al successo non grazie a
linee gerarchiche di comando, ma a gruppi di persone che costrui
scono le relazioni quotidiane che le sostentano12.1 gruppi di affinità
della FAI, gli atenei, i gruppi in cui era strutturata Mujeres Libres
erano, in misura maggiore o minore, collettivi egualitari in cui tutti
potevano sentirsi parte della comunità. Le relazioni interpersonali
su cui queste strutture erano basate, e che promuovevano, sosten
tavano a loro volta il gruppo e i suoi membri. L’enfasi che la teoria
femminista dedica al l’importanza delle relazioni di mutuo soccorso
è sorprendentemente simile all’insistenza degli anarchici spagnoli
nel fatto che la società ideale è basata e regolata su relazioni di mu
tualità e di reciprocità e non di gerarchia e di dominio.
Ma le donne di Mujeres Libres erano anche coscienti della natura
ambigua delle comunità. Concretamente, le comunità che ignorano
o negano le differenze possono perpetuare le relazioni di gerarchia e
di dominio nonostante un sottinteso impegno nell’uguaglianza. Le
critiche di Mujeres Libres alle organizzazioni anarchiche per il loro
fallimento al momento di affrontare adeguatamente la specificità
delle donne assomiglia alle critiche che le donne operaie e delle mi
noranze etniche hanno mosso ai movimenti femministi statunitensi.
Le reti possono essere cruciali per la creazione ed il mantenimento
delle comunità, ma se le comunità devono davvero essere egualita
rie e trasformatrici, queste reti devono allora includere i membri pre
cedentemente dominati, così come anche quelli precedentemente do
minatori, membri della minoranza e della maggioranza.
Infine, un altro aspetto dell’attenzione prestata da anarchici e
femministe alla comunità come ambito per Vempoxverment è l’in
286
terrelazione tra la comunità e l’individualità. Come ebbe occasione
di dire Martin Buber, una persona ha bisogno di “sentire che la sua
casa è come una stanza di una struttura globale più grande in cui si
sente a suo agio, sentire che gli altri abitanti di quella struttura con
cui vive e lavora stanno tutti riconoscendo e confermando la sua
esistenza individuale” 13. Per Buber, l’essenza della vera comunità
era il rafforzamento dell’io che si produce grazie all’appartenenza
attiva ad una comunità di eguali. Gli anarchici spagnoli erano fer
mamente convinti che l’individualità e la comunità si rafforzassero
mutuamente. Mujeres Libres lavorò su quest’idea. L’esperienza
de\Y empowerment tanto personale quanto collettivo, basata su una
rete di appoggio e di impegno condivisi, era un aspetto cruciale
della trasformazione rivoluzionaria. L'empowerment di cui fecero
esperienza aveva bisogno, a sua volta, di una comunità che rispet
tasse e avvalorasse le differenze fra i suoi membri.
287
nella loro particolarità: essere trattate in un modo che ammettesse la
loro differente situazione nella vita, senza presupporre necessaria
mente che dovesse rimanere così per sempre. Inoltre ritenevano che
si dovesse permettere alle donne, incoraggiandole, di contribuire al
movimento ed alla nuova società con la loro particolare prospettiva.
Le loro esperienze assomigliano significativamente a quelle delle
femministe contemporanee e offrono suggerimenti per alcune delle
questioni più urgenti che riguardano le femministe di oggi: 1) Come
ammettere le differenze tra le persone (differenze tra uomini e
donne, differenze di classe, etniche e culturali) senza impedire la
possibilità di cambiamento?; 2) una volta che queste differenze fos
sero state riconosciute ed espresse, che differenza avrebbero do
vuto implicare? Come avrebbero dovute essere incorporate orga
nizzativamente? Che cosa potrebbe significare per noi creare una
società che riconosca gruppi diversi di persone con necessità di
verse senza considerare i punti di vista e le caratteristiche di alcuni
come la norma per tutti?
14. BEAVOUIR, Simone de: Il secondo sesso, Milano, 1961. Sulla non conce
zione delle donne come esseri “politici”, si veda BOURQUE, Susan C. e Jean
GROSSHOLTZ: “Politics as Unnatural Practice. Political Science Looks at
Women’s Participation”, Politics and Society, 4, n° 2 (1974), pp. 225-66; ELSH-
288
all’interno delle proprie file. Inoltre, tendevano a ignorare, ridico
lizzare e negare l’importanza politica delle azioni di protesta che
hanno portato a termine le donne, per il proprio beneficio o per
quello degli altri. Come conseguenza le donne raramente si consi
derano, o sono considerate dagli altri, come animali politici capaci
di partecipare ad un’azione congiunta per affrontare temi di inte
resse comune15.
L’esperienza delle donne nei movimenti anarchico ed anarco-
sindacalista spagnoli illustra alcuni dei modi in cui queste conce
zioni della differenza limitavano la militanza femminile all’interno
del movimento. La crescente bibliografia sulle donne nei movi
menti di protesta sociale, specialmente nelle organizzazioni socia
liste, evidenzia che le frustrazioni delle anarchiche spagnole non
erano certamente uniche.
In Europa occidentale e negli Stati Uniti, i partiti politici ed i sin
dacati sono stati le strutture normative dominanti di partecipazione
sociale e politica. Con molte poche eccezioni, questi due tipi di or
ganizzazione hanno interessato in schiacciante prevalenza gli uo
mini. Prive del diritto di voto nel secolo XIX e fino agli inizi del
XX, le donne furono ignorate dai partiti politici, ad eccezione di
quando veniva fatta loro pressione per la questione del suffragio16.
Anche se durante i primi anni di questo secolo le donne fecero sem
pre più parte della forza lavoro industriale, raramente i sindacati le
incoiporarono attivamente come membri delle loro organizzazioni
TAIN, Jean B.: “Moral Woman and Inmoral Man. A Consideration of a Public-Pri
vate Split and Its Ramification”, Politics and Society, 4, n° 4 ( 1974), pp. 453-73; ed
il mio “Communities, Resistance, and Women’s Activism. Some Implications for
a Democratic Policy”, in: Women and the Politics o f Empowerment (eds. BOOK
MAN Y MORGEN), soprattutto p. 301.
15. Si veda, ad esempio, Women and The Politics o f Empowerment, in particolare
i saggi di Sacks, Morgen, Costello, Zavella e Susser; The Women’s Movements o f the
United States and Western Europe. Consciousness, Political Opportunity, and Pu
blic Policy, (eds. Mary FAINSOD KATZENSTEIN e Carol MCCLURG MUEL
LER), Temple University Press, Filadelfia, 1987; Women in Culture and Politics
(eds. Judith FRIEDLANDER, Blanche WIESE COOK, Alice KESSLER-HARRIS
e Carroll SMITH-ROSENBERG), Indiana University Press, Bloomington, 1986;
Women United, Women Divided. Cross-Cultural Perspectives on Female Solida
rity (eds. Patricia CAPLAN e Janet M. BUJRA), Tavistock. Londra, 1978.
16. 11 suffragio alle donne venne concesso in Inghilterra nel 1918, negli Stati
Uniti nel 1920, nel 1931 in Spagna e nel 1944 in Francia.
289
o assunsero le istanze delle donne come rivendicazioni prioritarie
nelle negoziazioni con i padroni. L’ideologia dominante concepiva
il lavoro come responsabilità maschile e trattava le donne che rea
lizzavano un lavoro salariato come delle anomalie. Ad eccezione
dei sindacati ispirati all’azione diretta (come i Wobblies negli Stati
Uniti, oltre alla CNT in Spagna), sembra che in generale le donne
fossero sparite dalla coscienza tanto del partito quanto del sinda
cato17. In Spagna, ad esempio, durante i primi anni del secolo, solo
la Chiesa Cattolica e le organizzazioni a lei affini presero la difficile
situazione della donna sufficientemente sul serio da farsi portatrici
di un impulso organizzativo sostanziale.
Il socialismo ed il femminismo apparvero in Europa occidentale
quasi simultaneamente in risposta a fenomeni economici e culturali
collegati fra loro - le promesse di libertà e cittadinanza universale
della Rivoluzione Francese e le promesse di abbondanza e crescita
economica della Rivoluzione Industriale -. Tanto il socialismo quanto
il femminismo sottolinearono le contraddizioni di queste rivoluzioni
e dei regimi politici democratici che avevano lottato per stabilirsi in
tutto il secolo XIX. I socialisti condannarono la protezione della pro
prietà privata da parte delle costituzioni democratiche e la burla che
questo implicava per qualsiasi processo di suffragio universale. Le
femministe, dal loro canto, analizzarono le contraddizioni tra la teo
ria e la pratica: “La Dichiarazione dei Diritti dell’Uomo e del Citta
dino non escluse le donne dalla sfera sociale e politica; fece qualcosa
di molto peggiore: ne decretò la loro assenza” 18. In questo contesto,
femministe e socialisti avrebbero potuto allearsi e lottare insieme
contro le nozioni limitate di cittadinanza che, non riconoscendo le
17. Sulla IWW, si veda CAMERON, Ardis: “Bread and Roses Revisited.
Women’s Culture and Working-Class Activism in the Lawrence Strike of 1912”, in:
Women, Work and Protest. A Century’ o f U.S. Women’s Labor History (ed. Ruth
MILKMAN), Routledge and Kegan Paul, Boston, 1985, pp. 42-61.
18. FRAISSE, Geneviève: “Natural Law and the Origins of Nineteenth-Century
Feminist Thought in France”, in: Women in Culture and Politics (eds. FRIEDLAN-
DER et ah), p. 322. Si veda anche LANDES, Joan: Women and Public Sphere in the
Age o f the French Revolution, Cornell University Press, Ithaca, 1989; PICQ,
Françoise: “’’Bourgeois Feminism” in France. A Theory Developed by Socialist
Women before World War I”, in: Women in Culture and Politics (ed. FRIEDLAN-
DER et ah), soprattutto pp. 332-35; e SOWER WINE, Charles: Sisters or Citizens?
Women and Socialism in France since 1876, Cambridge University Press, Cam
bridge, 1982, pp. 1-2.
290
differenze (di classe e di genere), mascheravano e perpetuavano le re
lazioni di dominio e di subordinazione.
Ed in effetti le femministe ed i socialisti europei fecero causa co
mune in molte occasioni. Ma come disse Barbara Taylor in Ève and
thè New Jerusalem, “il radicalismo per l’uguaglianza sessuale” che
caratterizzò il socialismo utopico britannico all’inizio del XIX se
colo si perse con lo sviluppo del socialismo scientifico, che consi
derava la divisione di classe come la categoria centrale dell’analisi.
“Il femminismo organizzato era inteso sempre più non come una
componente essenziale della lotta socialista, ma come una forza de-
viante e separatrice senza nessuna relazione inerente alla tradizione
socialista” 19. Il socialismo perse la sua componente femminista; il
femminismo dominante perse il suo interesse per le classi e per la
“collettività”, dando così vita al femminismo individualista liberale
che ne è oggi la variante principale, per lo meno negli Stati Uniti20.
L’esperienza britannica non fu unica; in Francia, in Italia, negli Stati
Uniti e perfino nell’URSS, così come in Spagna, i gruppi di opposi
zione di sinistra non furono colpiti meno dei partiti principali dalle
duplici critiche basate sulle classi e sul genere e dalle concezioni
polarizzate delle differenze tra donne e uomini. Le donne dei movi
menti socialisti europei si videro continuamente forzate a scegliere
tra il socialismo (visto come lealtà alla classe operaia) ed il femmi
nismo (lealtà alle donne al di sopra delle divisioni di classe).
Le donne socialiste di tutta Europa si opposero a questa polariz
zazione e cercarono di creare un femminismo socialista che rico
noscesse la specificità delle donne all’interno della classe operaia.
Invitarono i movimenti socialisti ad accettare le donne con le loro
differenze di genere. Ma generalmente non ebbero successo21. Ob
bligate a scegliere tra questi due tipi di lealtà, la maggioranza di
queste donne, la cui identità politica era molto vicina alle organiz
291
zazioni socialiste e che, certamente, provavano poca simpatia per le
femministe borghesi, pensarono che l’unica opzione fosse “sce
gliere il socialismo”, e smisero così di cercare di rivolgersi alle
donne operaie nella loro specificità. Le interpretazioni della diffe
renza delle donne e le concezioni della politica e della protesta ba
sate sul genere si sono combinate per assicurare che sia i partiti sia
i movimenti sindacali,compresi quelli impegnati in una trasforma
zione sociale radicale, accettassero le definizioni, basate sul genere,
di cosa fosse un’istanza appropriata e di come le persone dovevano
mobilitarsi intorno ad essa. Le concezioni dominanti della “diffe
renza delle donne” o hanno negato l’importanza di qualsiasi diffe
renza esistente tra uomini e donne - e, quindi, della necessità di ri
volgersi in modo particolare alle donne lavoratrici - o hanno
definito le donne solamente nei termini della loro differenza, per cui
sembrava che non ci fosse un luogo per loro all’interno del partito
o delle organizzazioni sindacali. Questo modello di “scelta forzata”
continua, di fatto, fino ai nostri giorni. Yasmine Ergas ha indicato
nel suo studio sulle donne della sinistra italiana nei decenni poste
riori alla II Guerra Mondiale, come le donne si confrontassero con
un “processo bipolare di convalidazione [tra le categorie recipro
camente escludenti di “donna madre” o “donna lavoratrice”] ba
sato sull’alternativa tra specificità e marginalità, da un lato, e inte
grazione ed assimilazione, dall’altro”22.
Se le prospettive possono essere state diverse, le conseguenze
erano simili. Le donne erano totalmente sottorappresentate nei mo-
QUATAERT), Elsevier, New York, 1978, pp. 75-111; e BOXER: “When Radical
and Socialist Feminism Were Joined. The Extraordinary Failure of Madeleine Pe-
letier”, in: European Women on the Left (eds. Jane SLAUGTER e Robert KERN),
Greenwood, Westport, Connecticut, 1981, pp. 51-73; LAVIGNA, Clare: “The
Marxist Ambivalence toward Women. Between Socialism and Feminism in the
Italian Socialist Party”, in: Socialist Women (eds. BOXER e QUATAERT), pp.
146-81; e Tanner SPRINGER, Beverly: “Anna Kuliscioff. Russian Revolutionist,
Italian Feminist”, in: European Women on the Left, pp. 13-27.
22. ERGAS, Jasmine: “Convergencies and Tensions between Collective Iden
tity and Social Citizenship Rights. Italian Women in the Seventies”, in: Women in
Culture and Politics (ed. FRIEDLANDER et al.), p. 303. Si veda anche ERGAS:
“ 1968-1979 Feminism and the Italian Party System. Women’s politics in a Decade
of Turmoil”, Comparative Politics, 14 (aprile 1982), pp. 253-80; e KLEIN, Ethel:
“The Diffusion of Consciousness in the United States and Western Europe”, in:
The Women ’s Movements (eds. KATZENSTEIN e MULLER), pp. 41-42.
292
vimenti socialisti organizzati dell’Europa occidentale di inizio se
colo, e quelle che vi presero parte condussero una battaglia persa
per ottenere attenzione sui loro bisogni come donne. Anche se i par
titi e le organizzazioni socialiste ammettevano che le concezioni esi
stenti in politica erano condizionate dal pregiudizio contro la classe
operaia, non furono capaci di riconoscere la costruzione sociale dei
propri punti di vista sulle donne. L’“alterità” delle donne occupava
lo stesso spazio nei programmi dei gruppi di opposizione socialista
come nelle politiche dei regimi capitalisti a cui si opponevano.
Come ho detto precedentemente, una simile ristrettezza di vedute
colpì anche molti movimenti femministi. Ad eccezione delle suf
fragiste operaie inglesi, quasi tutte le organizzazioni femministe
hanno sostanzialmente ignorato la dimensione di classe nella loro
critica alla “gerarchia maschile”23. Fu sicuramente questa la ragione
per cui Mujeres Libres negò qualsiasi identificazione con la parola
“femminista”.
Anche se è sicuro che le donne sono emarginate dalla politica
dominante, le differenze di genere incidono sulle definizioni impe
ranti del “politico” anche in un altro senso. In molte occasioni, tanto
i militanti rivoluzionari quanto gli studiosi dei movimenti sociali si
sono dimostrati incapaci di riconoscere l’attivismo femminile
quando non si attiene alle linee convenzionali. E frequentemente
l’attivismo femminile non lo fa. Ad esempio, è molto meno proba
bile che le donne assumano ruoli di comando nei movimenti sin
dacali rispetto agli uomini, soprattutto se la forza lavoro è mista.
L’attivismo delle donne tende a concentrarsi, più di quello degli
uomini, su questioni che riguardano la qualità della vita, che hanno
a che vedere con tutta la comunità più che limitarsi al solo luogo di
lavoro o che comunque superano i confini tra la casa, il luogo di la
voro e la comunità. Significativamente, l’attivismo femminile
adotta spesso forme che, per gli standard convenzionali, appaiono
come “spontanee”, “non pianificate” o “disorganizzate”24.
In realtà, la costruzione sociale delle differenze di genere crea
contesti diversi per l’organizzazione e le attività di protesta delle
23. LIDDINGTON, Jill e Jill NORRIS: One Hand Tied Behind Us. The Rise o f
the Woman’s Suffrage Movement, Virago, Londra, 1978.
24. KAPLAN, Temma: “Female Consciousness and Collective Action”; GAY
LEVY, Darlene, Harriet BRANSON APPLEWHITE e Mary DURHAN JOHN-
293
donne. Come segnalano Frances Fox Piven e Richard Cloward, le
persone protestano contro le istituzioni che le riguardano, negli
ambiti in cui vivono e con i mezzi a cui possono accedere25. Dato
che la divisione sessuale del lavoro e altre forme istituzionali
d’oppressione strutturano le vite delle donne in modo diverso da
quelle degli uomini, gli ambiti in cui sperimentano e resistono
all’oppressione devono essere necessariamente diversi. Anche le
donne che fanno parte dei sindacati possono non avere tutto
l’appoggio dei loro sindacati a proposito delle questioni specifi
che della loro situazione di donne. Per esempio, l’aspettativa che
la donna sia la responsabile principale della cura della casa e dei
figli spesso le impedisce un’assidua partecipazione alle riunioni
del sindacato.
Non dovrebbe allora sorprenderci scoprire che gli ambiti e i modi
di resistenza delle donne differiscono piuttosto marcatamente da
quelli della maggior parte degli uomini. In generale, dipendono
meno dalle organizzazioni lavorative o strutturate formalmente e
più dalle reti locali di amici, familiari o colleghi. Le proteste delle
donne, molto più di quelle degli uomini, tendono ad essere del tipo
di azione diretta, in modo che mentre cercano di avere influenza
sui detentori del potere, mobilitano e fanno prendere coscienza alle
persone che vi partecipano. L’esperienza di partecipare ad azioni di
protesta in quei campi della vita previamente delimitati come “pri
vati’" o “personali” può arrivare ad avere un rilevante effetto di ra-
dicalizzazione. Anche se, secondo la teoria marxista, è molto pro
babile che gli uomini arrivino ad acquisire coscienza di classe
partecipando ad organizzazioni basate sulla vita lavorativa, come i
sindacati, le fonti del cambiamento di coscienza delle donne pos
sono essere molto diverse. Come abbiamo detto Myrna Brietbart ed
io in un altro lavoro, “i quartieri, come i luoghi, di lavoro non sono
né la culla di ogni tipo di dominio né il luoghi deputati della rivo-
294
luzione, [...] ma possono avere in sé la possibilità di una lotta eman
cipatrice”26.
Le organizzazioni formalmente strutturate, soprattutto quelle co
struite secondo linee gerarchiche, come le organizzazioni sindacali
o i partiti politici, sono definite come politiche. Le forme di prote
sta strutturate in maniera più libera, non gerarchiche e “spontanee”,
come le sommosse provocate dall’aumento dei prezzi dei generi
alimentari, gli scioperi dell’affitto, le manifestazioni pacifiste e gli
atti di pubblica condanna - le forme che una larga parte dell’attivi
smo femminile ha prevalentemente assunto -, sono frequentemente
etichettate come non politiche. Paradossalmente, come hanno so
stenuto Jacquelyn Dowd Hall e Nancy Hewitt nel loro studio sulle
attività di resistenza delle donne lavoratrici nei primi anni del se
colo in Carolina del Nord e in Florida, quanto più efficaci erano le
proteste, più venivano etichettate come “disordinate” e più le loro
azioni e le loro caratteristiche venivano disprezzate. Questo può es
sere la conseguenza di una serie di fattori. In primo luogo suggeri
sce la negazione della legittimità delle organizzazioni di strutture
lontane dalla norma: è veramente politico solo quanto è formal
mente strutturato; un’organizzazione temporanea non merita questo
titolo. In secondo luogo, può anche riflettere un tentativo di scalzare
e sminuire le attività delle donne che rappresentano una sfida al do
minio maschile27.
Un modo in cui si compie questo secondo processo è l’utilizzo
della sessualità per incasellare e svalutare le attività delle donne
che partecipano alle proteste. Da una parte, le donne che rivendi
cano le stesse prerogative di libertà sessuale di cui godono gli uo
mini sono frequentemente ridicolizzate, usate per negare la serietà
del loro attivismo. Ma anche quelle che non concentrano la loro at
tenzione sulla libertà sessuale durante le loro azioni di protesta ven
gono ugualmente definite a partire dalla loro sessualità. Tanto
295
Nancy Hewitt quanto Jacquelyn Hann hanno rilevato che le mili
tanti sindacaliste radicali del sud degli Stati Uniti furono oggetto
delle insinuazioni e delle calunnie sessuali, non solo da parte dei
rappresentanti dei padroni, ma anche dei sindacalisti maschi, che
sembravano disturbati dalla loro indipendenza e autonomia. Questo
tipo di accuse ricorda i modi in cui i membri di Mujeres Libres ve
nivano derise, con il nome di “Mujeres Liebres”.
In questi casi, il genere si converte di nuovo in elemento costi
tuente di quanto viene definito politico. Le donne, come tali, non
possono essere esseri politici. Ma questa scissione della sessualità
dall’attivismo, o piuttosto dalla persona, non la si esige dagli uo
mini. Anzi, gli uomini attivi in politica tendono ad essere definiti,
e a definire sé stessi, in termini che sottolineano la propria masco
linità come componente della loro “politicità”. È chiaro però che
nemmeno a tutti gli uomini è concessa la libera espressione della
propria sessualità. La sessualità è stata utilizzata negli Stati Uniti
per controllare sia gli uomini neri sia tutte le donne.
Questi modelli di differenziazione di genere possono aiutarci a
spiegare in parte ciò che è accaduto alle donne nelle tradizionali or
ganizzazioni miste. Il caso spagnolo è per questo un esempio lam
pante. Le forme di militanza più comuni delle donne - grazie alle
quali molte presero coscienza di sé e si convertirono in membri attivi
all’interno dei sindacati tradizionali o delle organizzazioni di protesta
- vennero ignorate dagli uomini di quelle stesse organizzazioni. Ad
esempio, anche se gli scioperi per la “qualità della vita” mobilitarono
molte migliaia di donne nei primi decenni di questo secolo e molti
anarchici ammisero che le proteste femminili avevano ottenuto
quello che l’attività sindacale tradizionale non era stata in grado di
raggiungere, la CNT non cambiò la sua idea su quali forme dovesse
avere l’organizzazione o su come mobilitare le donne. La stragrande
maggioranza delle donne che presero parte a questi scioperi non
venne mai pienamente incorporata nel movimento anarchico perché
il movimento non fu capace di ammettere la differenza delle forme di
partecipazione o delle definizioni di attivismo.
D ’altra parte, quando le donne si affiliavano ai sindacati o ad altre
organizzazioni del movimento (come la FIJL, gli atenei o la FAI), la
maggior parte di loro si sentiva attratta dalle strutture meno tradizio
nali, soprattutto dagli atenei e dai gruppi di giovani. Ma anche quando
facevano invece parte delle organizzazioni sindacali, raramente ve
296
nivano cambiati i programmi di quelle organizzazioni per venire in
contro alle donne. Se Teresina Torrelles Graels può dire che nel 1931
il suo sindacato del ramo tessile richiedeva l’uguaglianza di salari
con gli uomini e il congedo di maternità per le operaie, bisogna però
dire che il suo fu un caso eccezionale - eccezione che lei attribuiva
alla forza del gruppo delle donne del sindacato Pochissimi sindacati
fecero proprie queste richieste, che erano di primaria importanza, ne
cessariamente, per la maggioranza della donne.
Anche se l’impegno del movimento per politiche di azione di
retta offriva la possibilità che le sue pratiche prendessero in consi
derazione la specificità della vita delle donne, raramente le orga
nizzazioni fecero questo passo. Anzi, i programmi relegavano le
questioni che riguardavano le donne ad un secondo o piuttosto ad
un terzo posto, considerandole interessi speciali invece che que
stioni che riguardavano tutti i lavoratori. In tale contesto, non deve
sorprenderci che le donne non facessero parte dei movimenti
quanto gli uomini, o che nel caso in cui vi arrivassero a parteci
pare, che vi fossero minimamente attive. Questo modello, che si
verificò in Spagna fino all’epoca della Guerra civile, differisce ap
pena da quanto si può trovare nella maggior parte delle organizza
zioni operaie dell’Europa occidentale o degli Stati Uniti.
297
questo successe. Ma l’autonomia, tanto preziosa per i membri di
Mujeres Libres e tanto minacciosa per le organizzazioni maggiori
tarie, protesse in parte Mujeres Libres dal controllo che le organiz
zazioni del movimento, di orientamento maschile, cercarono di
esercitare su di loro.
Ciò nonostante, Mujeres Libres pagò un caro prezzo per la sua
autonomia. Non ebbe mai i fondi o l’appoggio organizzativo che le
sue leaders avevano desiderato. Inoltre, anche se la maggior parte
delle leaders di Mujeres Libres continuavano a militare in altre or
ganizzazioni del movimento libertario, la loro influenza fu relativa
mente limitata. Negando a Mujeres Libres l’accesso organizzativo
alle discussioni ed ai dibattiti sulle tattiche politiche in corso (limi
tazione che si cercò di superare sollecitando l’incorporazione auto
noma al movimento nell’ottobre del 1938), il movimento libertario
non arrivò mai ad incorporare pienamente le donne o i temi di loro
interesse all’interno dei propri programmi. Di fatto, la decisione della
FUL di creare una Segreteria Femminile illustra l’idea diffusa che le
donne non partecipassero pienamente al movimento. Possiamo dire
che le voci indipendenti delle donne vennero messe al margine. L’au
tonomia permise a Mujeres Libres di continuare il suo lavoro con le
donne quasi senza restrizioni, eccetto nel terreno economico, ma
ostacolò i suoi tentativi di comunicazione con gli uomini.
La rivendicazione di autonomia organizzativa di Mujeres Libres
era basata tanto su quello che considerava essere la dinamica di ge
nere delle relazioni all’interno delle organizzazioni quanto sui suoi
punti di vista sulla “differenza” delle donne. Nella tesi che le donne
fossero oppresse tre volte, a causa della loro ignoranza, del capita
lismo e per il loro essere donne, possiamo vedere un tentativo di ar
ticolare una prospettiva sul funzionamento dell’oppressione istitu
zionale. Da questa analisi, Mujeres Libres dedusse che queste
forme di oppressione istituzionale fossero un problema non solo
per le donne, ma per tutti i lavoratori. Quindi, superare la subordi
nazione delle donne - all’interno della casa, nel luogo di lavoro, o
nella società in generale - era essenziale per il benessere di tutti i la
voratori, uomini e donne in eguale misura. Per questo, Mujeres Li
bres sosteneva che la risposta appropriata che le organizzazioni
operaie (la CNT e la FAI, per esempio) dovevano dare alle differenze
tra uomini e donne basate sull’oppressione istituzionale fosse di
lottare per eliminarle.
298
Ma nonostante questo, molti scritti e programmi di Mujeres Li
bres sembravano voler dire che almeno qualcuna di queste diffe
renze non fosse basata esclusivamente sull’oppressione. E queste
differenze rappresentavano dei valori che dovevano essere conser
vati nella nuova società. Una serie di articoli di Mujeres Libres ad
esempio, sembra quasi presagire l’appello di Carol Gilligan ad
ascoltare questa “voce diversa” che spesso viene associata alle
donne. In un articolo che celebra la Federazione Nazionale di Muje
res Libres nell’agosto del 1937, possiamo leggere:
299
Mujeres Libres non era completamente immune da tali concezioni,
nonostante l’enfasi anarchica sulla personalità e sulla sessualità
come prodotti sociali. Molti articoli della rivista sembrano dare per
scontata resistenza di un’atemporale nozione di “femminilità”
omettendo qualunque riferimento all’ambito sociale. Altri tratta
vano le concrete difficoltà che dovevano affrontare le donne in
quanto madri, e davano per scontato che le donne sarebbero state
maggiormente colpite se ai loro figli fosse successo qualcosa.
Come organizzazione, Mujeres Libres non formulò una posi
zione definitiva su quali fossero le differenze tra uomini e donne,
quali ne fossero state le origini e quali di queste differenze avreb
bero dovuto essere conservate o rivalutate in una società rivoluzio
naria. A volte sembrava che Mujeres Libres fosse d’accordo con
Emma Goldman e Federica Montseny, che avevano ridicolizzato
le affermazioni femministe secondo cui le donne erano moralmente
superiori agli uomini. Goldman e Montseny dicevano che se si
fosse data alle donne l’opportunità di esercitare il potere sugli altri,
avrebbero abusato di questo nella stessa misura in cui lo avevano
fatto gli uomini. Gli scritti di queste autrici, di Lucía Sánchez Saor-
nil e di Amparo Poch, facevano capire che qualsiasi differenza esi
stente nel comportamento o nella prospettiva tra uomini e donne
era ancorata all’oppressione sociale e che in una società più egua
litaria sarebbe scomparsa.
Più frequentemente però, Mujeres Libres ammetteva che le
donne fossero in un certo senso diverse dagli uomini, e che tali dif
ferenze non fossero state totalmente articolate nella società op
pressiva esistente e che una società anarchica egualitaria avrebbe
incorporato il maschile ed il femminile. Anche se Mujeres Libres
non sviluppò un’analisi di queste differenze comparabile a quella
formulata dalle “teoriche della differenza”30 di oggi, il gruppo cercò
di valorizzare queste differenze e di sviluppare una strategia per in
corporarle nella nuova organizzazione della società. Qualunque
fosse l’origine del maggior livello di preoccupazione per i figli delle
300
donne e della loro moralità nel terreno socio-politico, sostenevano
che questa prospettiva fosse valida. Il movimento anarco-sindaca-
lista ne avrebbe tratto forza, non sarebbe successo il contrario.
Mujeres Libres esigeva dai suoi membri che si ritenessero esseri
sociali pienamente capaci e che agissero di conseguenza. I suoi pro
grammi di educazione, di presa di coscienza e di apprendimento
offrirono alle donne l’opportunità di educare sé stesse e di svilup
pare abilità organizzative per parlare in pubblico e ricostruire la
propria autostima - abilità di cui avrebbero avuto bisogno per muo
versi efficacemente in organizzazioni miste -. La solidarietà fem
minile come ambito per il cambiamento di mentalità era essenziale
per l’empowerment a cui aspiravano. La separazione su cui Muje
res Libres insisteva era temporanea e strategica, necessaria sola
mente fino a quando un numero sufficiente di donne avrebbe svi
luppato le abilità e la fiducia richieste, per poter quindi contare sul
numero e sulla forza dei propri argomenti e personalità per influire
sulle organizzazioni principali dal di dentro. Fino a quel momento,
Mujeres Libres sarebbe stata una specie di vivo promemoria
dell’importanza del genere per il movimento.
301
munì. Le femministe ispirate dal lavoro di Michel Foucault e dei
decostruzionisti della scrittura hanno concentrato la loro attenzione
sui modelli di dominio e di subordinazione culturale, così come
anche sulla resistenza riflessa nei “discorsi sommersi”. Sostengono
che è importante occuparci delle differenze tra uomini e donne, ma
anche dei diversi orientamenti della vita e della politica che sono
sottomessi alla rubrica del genere e poi ascritti diversamente a uo
mini e donne31. Altre concentrano le loro attenzioni sulla vita e sulle
particolari circostanze sociali delle donne (o dei membri della classe
operaia) che generano diversi orientamenti della politica e della vita
sociale32. Ed altre ancora hanno adottato alcune metodologie che si
concentrano sullo sviluppo (o sugli ostacoli allo sviluppo) di identità
comunitarie o collettività subnazionali che possono generare pro
spettive culturali e politiche diverse dalla norma dominante33.
Anche se le variazioni fra questi gruppi sono importanti, pos
siamo considerarli come dei contributi allo sviluppo di una nascente
prospettiva sulla differenza. Tale prospettiva rifiuta la nozione di
donna (o di persona di colore o di lavoratore) come “altro”, insi
stendo che dobbiamo decentrare le definizioni, concezioni ed istitu
zioni imperanti e fare spazio per rivendicare e dare valore ad una
varietà di prospettive. E’ importante inserire le donne aH’intemo di
collettività, e allo stesso tempo riconoscere che molte di loro, se non
la maggioranza, sono situate in una varietà di collettività, non sola
mente in una. Quindi questa tesi rifiuta la scelta che tante donne at
tive in politica hanno dovuto fare tra la solidarietà con altre donne e
la solidarietà con la loro classe o gruppo etnico o razziale. Allo
stesso tempo, afferma il carattere poliedrico dell’identità delle donne
302
(e di tutte le persone). Questa prospettiva sostituirebbe una politica
della differenza, in cui tutti siamo definiti in relazione ad una norma,
con una politica della diversità che riconosce e dà valore a modi di
stinti di essere senza classificarli secondo una norma gerarchica
mente definita34. I membri di Mujeres Libres che sottolineavano
l’importanza di una “prospettiva femminile” per il movimento anar
chico e chi oggi insiste nell’ascoltare le “diverse voci” delle donne,
sprona le donne a dare valore alle proprie forze. Allo stesso tempo
sostengono che la società in generale trarrebbe benefìcio se molte di
queste caratteristiche fossero più ampiamente condivise.
Dobbiamo sfidare la classificazione gerarchica del sistema di va
lori dominante ed iniziare a concettualizzare una società (o un mo
vimento) dal punto di vista della diversità, più che sulle differenze
basate su di una norma particolare (per quanto ci possa venire pre
sentata come “universale”). Questa prospettiva è la base degli ap
pelli di Audre Lorde, di Adrienne Rich, di Marilyn Frye e di altre
studiose, affinché le femministe affrontino il razzismo, l’eteroses-
sismo e l’oppressione di classe all’interno del movimento femmi
nista e della società in generale35. Questa prospettiva spiega anche
quello che Mujeres Libres stava cercando di ottenere insistendo su
di uno status separato. Sembra che sostenessero che un modo per
decentrare le norme di orientamento maschile dei movimenti anar
chico ed anarco-sindacalista fosse quello di incorporare nel movi
mento un’altra organizzazione con un diverso insieme di caratteri
stiche valide.
34. Devo molto al lavoro di Iris Young, soprattutto a “The Ideal of Community
and Politics of Difference”, Social Theory and Practice, 12, n° 1 (primavera 1986),
pp. 1-26. Si veda anche SPELMAN, Elizabeth V.: Inessential Woman; FRIED
MAN, Marilyn: “Feminism and Modem Friendship. Dislocating the Community”,
Ethics, 99 (gennaio 1989), pp. 275- 90; e TRONTO, Joan: “Otherness in Moral
Theory (or, If We’re So Smart, Why Are We Racists, Sexists, Anti-Semites, Ethno-
centrics, Homophobes, ecc.?)”, lavoro preparato per essere presentato nella riunione
annuale della American Politicai Science Association, Chicago (settembre 1987).
35. LORDE: Sister Outsider; RICH, Adrienne: “Disloyal to Civilization. Femi
nism, Racism, Gynephobia”, in: On lies, Secrets and Silence, pp. 275-310, e “Notes
toward a Politics of Location”, in: Blood, Bread and Poetry. Selected Prose 1979-
1985, Norton, New York, 1986, pp. 210-31; FRYE, Marilyn: The Politics o f Reality,
Crossing Press, Trumansburg, New York, 1983; e JEHEN, Myra: “Against human
Wholeness”, lavoro presentato nel Boston Area Feminist Theory Colloquium (pri
mavera 1984).
303
La stessa esistenza di Mujeres Libres, dunque, era una forma di
azione diretta. L’incorporazione di Mujeres Libres nel Movimento
Libertario come membro organizzativo pienamente eguale sarebbe
stata una sfida al carattere normativo delle aspirazioni di orienta
mento maschile del movimento, in relazione non solo alle donne ed
alle loro capacità, ma anche alla varietà della natura umana, e, più
generalmente, alle possibilità di una società veramente egualitaria.
304
che ogni gruppo apporta all’insieme e saper approfittare del potere
che deriva dall’azione congiunta. 1 concetti di differenza e diversità
ci possono offrire nuovi modelli di riflessione su come costituire
comunità che ci emancipino. Concluderò parlando di due aspetti
associati al lascito di Mujeres Libres: la sfida ad una costruzione del
“politico” influenzata da pregiudizi di genere e di classe, e gli inizi
di una concettualizzazione di una politica della diversità.
Le critiche alle politiche democratiche liberali evidenziano il ta
glio di classe che è parte integrante della struttura e della concet
tualizzazione stessa della politica. In merito a questo E. E. Schatt-
schneider disse: “Il difetto del cielo pluralista è che il coro celestiale
canta con un forte accento della classe alta”37.1 poveri e gli operai
vengono sproporzionatamente sottorappresentati tra i partecipanti
alla politica, e questo li pregiudica totalmente. Come hanno notato
generazioni di critici, le “regole del gioco” della democrazia libe
rale - l’enfasi data agli individui isolati con profili di interessi for
mati indipendentemente - rendono profitto a chi è già al potere ed
impediscono che gli altri riconoscano le loro necessità, che sono
diverse, ed ancora meno che le formulino e lottino per queste nel
terreno politico38. La politica, come ritengono i socialisti e gli anar
chici, non vuol dire semplicemente la distribuzione di posti in una
“struttura di opportunità politica”. Consiste nella strutturazione del
potere all’interno dell’intera società. Così i marxisti e, in special
modo, gli anarchici hanno insistito sull’importanza della pratica
della partecipazione popolare generale in una varietà di ambiti. I
marxisti si concentrarono maggiormente sui sindacati e sui partiti
operai; gli anarchici spagnoli aggiunsero la lotta culturale e l’orga
nizzazione della comunità. Molte delle proteste attuali degli Stati
Uniti - iniziando dai movimenti per i diritti civili e da quello paci
305
fista degli anni Cinquanta e Sessanta, ed includendo le proteste per
questioni educative, quelle delle organizzazioni di inquilini, quelle
antinucleari e ecologiste - si sono basate su forme organizzative
non sindacali: gruppi di quartiere o comunitari, comunità culturali
su base etnica e coalizioni formate attorno ad interessi politico-so
ciali comuni.
Le femministe hanno inoltre apportato un’altra dimensione alla
critica della politica democratica liberale dicendo che le nostre con
cezioni, e le pratiche, della politica portano codificato dentro di sé
anche il genere, oltre alla classe. Quando “quanto è politico” è de
finito come quanto ha luogo in una sfera pubblica, naturalmente
separata dalla sfera privata e domestica e a lei superiore, gli inte
ressi di molte donne e di molti uomini vengono definiti come al di
fuori della politica; la natura politica delle loro attività è, quindi, o
negata o trasformata in un qualcosa di invisibile. Ad esempio, Ca
role Pateman segnala in The Sexual Contract che la subordinazione
delle donne non è stata problematizzata dalla teoria politica liberale.
Dato che questa teoria presuppone che le donne siano relazionate
alla società per mezzo degli uomini, la loro esclusione dal contratto
sociale non è stata quasi notata. Io credo che questa affermazione
abbia molto in comune con le teorie che ho precedentemente espo
sto, ossia che quando le donne vengono considerate totalmente nei
termini della loro “specificità”, le loro preoccupazioni ed i loro reali
interessi vengono spesso trascurati. Così viene sottratto valore ad
intere dimensioni di interessi umani e di azione collettiva e l’intera
comunità viene ridotta39.
Sottolineando la natura collettiva dell’oppressione che tanto gli
uomini quanto le donne vivevano come membri della classe lavo
ratrice, Mujeres Libres riteneva che la liberazione dall’oppressione
richiedesse l’azione collettiva e potesse essere valutata solo se
condo norme collettive: il successo non lo si poteva definire se
condo il raggiungimento di traguardi individuali delle donne nel
mondo politico o sociale. Le strutture gerarchiche dovevano essere
abolite e le donne dovevano prendere parte a questo processo, così
come alla creazione della nuova società. Le questioni di classe e
genere dovevano essere affrontate simultaneamente.
306
Molte femministe (tanto in Spagna quanto in altri paesi europei
e negli Stati Uniti) condividono un aspetto di questa concezione,
perché sostengono che le donne sono oppresse come gruppo e che
possono rimediare alle ingiustizie di cui sono vittime solamente at
traverso l’azione collettiva. Ma nonostante questo si è spesso tra
scurata la componente di classe dell’analisi. Questa negligenza ha
dato come risultato che il femminismo si identificasse con gli sforzi
di alcune donne per raggiungere posizioni di favore all’interno delle
istituzioni e delle organizzazioni gerarchiche esistenti. Ci sono state
delle eccezioni, chiaramente, come le organizzazioni suffragiste
delle donne operaie in Gran Bretagna, il grande impegno per orga
nizzare gruppi femministi socialisti in Francia, le “femministe ma
teriali” degli Stati Uniti, che cercarono di esercitare il controllo
sulla sfera chiamata domestica. Ma molte di loro furono, alla fine,
incapaci di concentrarsi su entrambe le questioni. Come afferma
Dolores Hayden riferendosi alle femministe materiali degli Stati
Uniti, molte delle strategie collettive che le donne proposero per
affrontare l’isolamento e la discriminazione che vivevano in quanto
donne, erano aperte solamente a chi apparteneva come loro alla
classe media. Tralasciarono di considerare fino a che punto i loro
programmi dipendessero dal continuo sfruttamento delle donne di
classe lavoratrice40. Con il passare del tempo, il femminismo venne
identificato con l’avere accesso alle esistenti gerarchie di privilegio,
più che con il ristrutturarle fondamentalmente.
Attualmente negli Stati Uniti, certi gruppi di protesta affermano
che le concezioni imperanti sulla politica sono viziate non solo da
linee di classe e di genere, ma anche dall’identità etnico-razziale,
dall’orientamento sessuale, dalla capacità fisica, ecc. Il “cittadino
universale” della teoria democratica liberale non è solo un maschio
della classe alta, ma anche un padre di una famiglia bianca, sano
forte ed eterosessuale41. Trattando le persone come semplici porta
40. HAYDEN, Dolores: The Grand Domestic Revolution, MIT Press, Cam
bridge, 1981.
41. John Rawls, in A Theory o f Justice, lo spiega approfonditamente, anche se
incoscientemente. Si veda anche WALZER, Michael: Sfere di giustizia. Come
critiche, si veda MOLLER OKIN, Susan: “Justice and Gender”, Philosophy and
Public Affairs, 16, n° 1 (inverno 1987), pp. 42-72; e PATEMAN, Carole: The Di
sorder o f Women. Democracy, Feminism and Political Theory, Stanford Univer
sity Press, Stanford, 1989, cap. 6, 8 e 9.
307
tori di interessi, l’individualismo democratico nasconde le strutture
di potere e, soprattutto, le relazioni di dominio e di subordinazione
che colpiscono le persone (e strutturano i loro “interessi”) come
membri delle collettività subnazionali.
Contemporaneamente il paradigma individualista non lascia spa
zio, o ne lascia molto poco, all’articolazione cosciente degli interessi
ed alle prospettive che derivano da diversi retroterra culturali, etnici,
religiosi o di genere. Questo paradigma li tratta come generatori di
“interessi” diversi attorno ai quali gli individui possono riunirsi o,
ancora più comunemente, come cause di oppressione e discrimina
zione, che negano ai membri di gruppi particolari l’accesso egualita
rio ai beni sociali. Ma fare parte di una collettività non vuol dire so
lamente sperimentare l’oppressione in quanto suo membro. Dire che
i neri, le donne, i gay, gli ebrei, i mussulmani o i portatori di handicap
sono discriminati o svantaggiati in un sistema che assume come cit
tadino norma il maschio bianco, cristiano, eterosessuale, sano, non si
gnifica che non esistano caratteristiche positive e valori che i mem
bri di questi gruppi hanno sviluppato - anche se lo hanno fatto in
parte proprio in risposta alla loro oppressione -. L’individualismo li
berale “farebbe sparire” tutte queste differenze in nome di una citta
dinanza universale. Il socialismo marxista le farebbe sparire tutte
tranne quelle basate sulla classe sociale, in nome della rivoluzione
operaia. In modo simile, alcune femministe radicali le farebbero spa
rire tutte meno quelle basate sul genere, in nome della “sorellanza”.
Ma chi ora sta traendo forza dalla propria identità come membro di
uno o più di uno di questi collettivi non è disposto, e a ragione, ad ab
bandonarli in cambio di una piena cittadinanza.
La sfida consiste nello sviluppare una concezione della politica e
della vita politica che vada oltre l’individualismo e la stretta analisi
di classe o di genere. Questa riconcettualizzazione deve riconoscere
le persone non come portatrici di interessi, ma come partecipanti ad
una varietà di comunità che contribuiscono con componenti impor
tanti alla loro identità. Quando le socialiste francesi furono obbligate
a scegliere tra le “donne” e la “classe operaia”, la loro identità come
donne operaie sparì. Allo stesso modo, quando le donne nere o
quelle ebree degli Stati Uniti si videro obbligate (dai membri del
loro gruppo etnico-culturale o da altre donne) a scegliere tra essere
leali alle altre donne o al loro gruppo etnico-culturale, le loro iden
tità furono negate. In tal senso non ci dovrebbe sorprendere che negli
308
Stati Uniti molte donne operaie o appartenenti a minoranze etniche
siano diffidenti di fronte al “movimento femminista”, anche quando
si trovano d’accordo su molti obiettivi femministi e li appoggiano.
Gli appelli individualisti negano e disprezzano i vincoli che le per
sone delle minoranze etniche o della classe operaia sentono reci
procamente. Sembra che la promessa di risultati e realizzazioni in
dividuali si possa avverare solo a patto di abbandonare l’identità e la
solidarietà di gruppo42. Allo stesso tempo, questi appelli separano le
donne operaie (bianche o di colore) dalle donne bianche della classe
media, negando la realtà separata di ogni situazione.
Nessuno dovrebbe essere obbligato a scegliere tra gli aspetti della
propria identità per poter partecipare ad un gruppo politico o comu
nitario. Siamo tutti esseri completi, capaci di sostenere molteplici
impegni in una grande varietà di collettivi. Questi impegni arricchi
scono le nostre vite e ci danno strumenti di empowerment. Anche se,
come nel caso di Mujeres Libres, spesso vengono etichettati come
“scismatici” non è necessario che sia così. Di fatto, gli impegni mol
teplici sono scismatici nell’ambito delle comunità che esigono una
lealtà esclusiva. Se possiamo allontanarci dai modelli gerarchici do
minanti, nei quali un tipo di impegno è concepito come primario o
superiore, ed ammettiamo che noi tutti possediamo una varietà di
impegni di diversa intensità con diversi gruppi - la cui importanza
può variare nel tempo -, allora possiamo cominciare a creare delle
comunità che riconoscano questi impegni e che non reclamino in
modo esclusivo la nostra fedeltà. Forse possiamo reclamare per noi
il lascito che Mujeres Libres lottò tanto per creare.
Furono i prim i passi verso l ’em ancipazione della donna. Prim i passi
che forse non hanno potuto essere grandi perch é è venuta la guerra, e
V esilio... La società si è trasformata. Sono i nostri fig li quelli che ora
devono segnare il passo ed essere i protagonisti dei nuovi modelli. Ma
l ’oggetto dei nostri ricordi, questi ricordi così preziosi, quella lotta così
p u ra ... è possibile che tutto questo sia servito a qualco sa?43
309
Appendice A
ogni sindacato
Riunione dei comitati sindacali di un comune
Federazione provinciale: Comitato composto dai de
legati di tutti i sindacati di una provincia
Comitato regionale: Nominato dalla federazione locale
del comune sede del Comitato regionale (un delegato
311
Appendice B
(Ci sono inoltre tredici numeri della rivista Mujeres Libres e numerosi arti
coli sui giornali e sulle riviste del movimento libertario).
313
Appendice C
Progetto
Ubicazione. La fabbrica di nozze in serie sarà posta lontano da ogni nu
cleo urbano. Non è conveniente che le tragedie si realizzino davanti agli
occhi di tutti, perché forniscono un esempio di barbarie. Inoltre le diffi
coltà di accesso alla fabbrica faranno riflettere un po’ di più gli sciocchi.
Materiali di costruzione. Saranno fatti con un materiale tale che possa
soffocare tutti i rumori. A nessuno importa quello che succede là dentro ed
è sempre meglio non ascoltare gli insulti di chi va a chiedere conto di
quello che gli è successo.
Ingresso: Una sala d’aspetto, divisa in dipartimenti per due persone
con un parziale divisorio. L’isolamento è rigoroso in caso di epidemia.
Una sala per le cerimonie ed uno scivolo per l’uscita.
315
È necessario essere rapidi perché non ci sia il tempo di pentirsi. Chi
vuole la bicicletta impari a pedalare.
Materiale. Di due tipi: a) insostituibile e b) volontario.
a) una doccia fredda; un Comitato molto convinto della sua impor
tantissima missione; un francobollo che dica: Passa, se ne hai il corag
gio»; un timbro rosso o rosso-nero per il francobollo.
b) un palo.
Biblioteca. Un esemplare dei Comandamenti del Senso Comune.
Dipendenze connesse alla fabbrica. Un magazzino di ribattini, ferra
menta, anelli e catene. Una tricromia allegorica della Libertà.
Funzionamento della fabbrica. È breve. Gli individui aspettano, in cop
pie, nei dipartimenti per due persone.
Poi passano alla sala delle cerimonie. Non possono fare nulla, assolu
tamente nulla, senza il francobollo. Gli si timbra un francobollo, le due
guance e la biancheria intima di entrambi gli individui.
Allora, il Comitato, con voce grave, legge loro i Comandamenti del
Senso Comune, che possono essere ridotti a tre:
10 Quando c’era il prete, vi ingannava il prete; quando c’era il giudice,
vi ingannava il giudice; adesso vi inganniamo noi, dato che venite appo
sta per questo.
2° Chi non può vivere senza una garanzia di proprietà e di fedeltà, me
rita le più vili oppressioni sul suo cuore (pericolo di asfissia).
3° Il passaggio nella fabbrica rilascia una patente di idiota e predispone
a due o tre dispiaceri quotidiani. Dobbiamo sapere quello che ci stiamo fa
cendo!
La cerimonia è gratuita. Hanno già abbastanza disgrazie quelli che vi
prendono parte. Dopo gli viene messa la fede nuziale e la catena, gli si fa
baciare la tricromia del ComuniSmo Libertario e li si butta giù dallo scivolo.
316
Appendice D
317
Per quanto riguarda gli archivi, si tratta di un altro tipo di problema. Gli
archivi erano stati creati dall’esercito di Franco e dalla polizia segreta.
Avevano preso tutti i documenti dai posti che avevano occupato, e dopo la
fine della guerra li avevano usati per processare le persone con l’accusa di
tradimento. Si trattava di una incredibile documentazione. Quando andai
per la prima volta in Spagna, verso la metà degli anni ’70, gli archivi si tro
vavano ancora sotto il controllo dei militari, non avevano nessun tipo di
ordine e catalogazione utile per uno storico. L’unica catalogazione era
stata fatta in base al posto del loro reperimento. Così non si poteva asso
lutamente dire: “OK, ora cerchiamo qualcosa sulle collettivizzazioni - su
quale fascicolo avremmo dovuto guardare?” No, dovevi riuscire ad an
dare oltre a tutto questo per vedere davvero cosa c’era. Era un metodo di
ricerca quantomeno ridicolo.
Più tardi, verso l’inizio degli anni ’80, mi confrontai invece con la paura
del periodo postfranchista. Molte persone avevano ancora paura di parlare.
Franco era morto da poco e la situazione politica spagnola, stando al loro
punto di vista, non era cambiata di molto. Dal di fuori sembrava che ci fosse
stata questa incredibile transizione verso la democrazia, ma le persone ave
vano considerato la situazione e vi avevano visto sempre le stesse persone
al potere, anche se presumibilmente erano stati eletti democraticamente.
318
H ai sperato di rinforzare il m ovim ento fem m inista contem poraneo
usando M ujeres Libres com e un esem pio storico. E stata tua intenzione
anche il voler consolidare - o aiutare a svilupparsi - il m ovim ento anar
chico contem poraneo?
Sicuramente non ho nessun motivo per non volerlo fare. Vedo molti
punti di incontro fra il femminismo - certamente con quello degli inizi
negli anni ‘70 e qualche derivazione di questo che è poi continuato - e
l’anarchismo. Io, credo nella mia parte razionale, non penso che l’anar
chismo rappresenti il futuro degli Stati Uniti; non è davvero il movimento
destinato ad avere un ruolo da protagonista. D’altra parte, penso che ci
sono degli aspetti della critica dell’autorità, dell’organizzazione e del
modo di fare le cose che devono essere recuperati, ricordati e ripresi nel
grande insieme della politica e della società.
Ho anche cercato di chiarire che c’è un’intera storia dell’anarchismo in
tesa come movimento della trasformazione sociale che è veramente molto
importante e prezioso. Penso che la nostra poca conoscenza sul movi
mento anarchico del paese sia un effetto della generale repressione della
Sinistra. Paul Avrich ha sicuramente fatto tanto per recuperare questa sto
ria ma rimane ancora molto lavoro da fare. Gli anarchici hanno dato un
enorme contributo ad ogni tipo di movimento sociale - nel modo più
drammatico al movimento del lavoro - che nessuno riconosce come anar
chico.
319
mento di auto-rispetto: fino a quando quelle persone non avessero consi
derato seriamente loro stesse e non avessero sentito che meritavano anche
loro una qualche forma di rispetto, non sarebbero mai state in grado di
avere un qualche impatto con il mondo. Così spesero una buona parte
delle risorse che potevano avere insegnando alle persone a leggere.
Non stavano facendo propaganda né tantomeno cercando di diffondere
la teoria anarchica. Stavano solo cercando di mobilitare le persone per
rendere migliori le loro vite, le loro condizioni di lavoro, e il loro mondo,
e stavano facendo questo seguendo linee anarchiche. Penso che suppo
sero e sperarono che la gente avrebbe impiegato il tempo che aveva in più
ad imparare, il che avrebbe voluto dire essere in una organizzazione par
tecipativa, relativamente non gerarchica, opposta ad una organizzazione
dove ogni cosa arriva dall’alto e va verso il basso. E tutto questo più ap
poggiandosi sulla pratica che sulla teoria, e poi mettendolo in pratica.
Penso che questo sia uno degli aspetti da cui la moderna Sinistra potrebbe
imparare di più.
M ujeres Libres ha m osso una critica fem m inista al m ovim ento anar
chico di quel periodo. Com e potrebbero le fem m iniste criticare l ’a n a r
chism o di oggi?
320
Proprio con questo ripensamento del concetto di potere. Mentre stori
camente molte teorie anarchiche sembravano essere in favore di una com
pleta uguaglianza fra uomo e donna, sicuramente i movimenti anarchici
non hanno portato a termine quello che avrebbe voluto dire ad un livello
pratico. Io sospetto che questo sia ancora vero; ci sono certi preconcetti sui
ruoli degli uomini e delle donne che non sono ancora morti.
Il femminismo è ancora una questione marginale, non così seria come
l’ecologia, ad esempio. È il momento di un basilare ripensamento fem
minista. Si potrebbe arrivare ad una diversa rappresentazione di quello
che è il movimento se si pensasse alle relazioni interpersonali come inte
grali a quello che si sta facendo invece che come una fastidiosa spina nel
fianco.
321
negli anni ‘60 e ‘70, e che è importante riarticolarla ancora. Così potrei oc
cuparmi di questo nel prossimo lavoro, ma al momento sto ancora deci
dendo.
Che cosa intendiamo con essere politici? Che cosa vuol dire essere un
cittadino quando ogni cosa è globalizzata e le persone si sentono sempre
più alienate? Queste sono le questioni che sto cercando di studiare. Mi
piacerebbe analizzare qualcuno di questi aspetti sulle organizzazioni di
base del lavoro ed altri per aiutare a rivitalizzare una visione utopica. Que
sto è il territorio politico da cui provengo; come questo possa venire ela
borato in un contesto accademico, non l’ho ancora specificato.
322
Indice dei nomi
323
80, 83, 126, 127, 135, Hayden, Dolores 307
136, 144, 145, 155, 161, 174, Herrera, Pedro 168
182, 183, 186, 199,211,214, Hewitt, Nancy 262, 295, 296
217,222, 243,246, 259 Hitler, Adolf 163, 169
Etchebéhére, Mika 141,224
Ibárruri, Dolores 201,255
Fanelli, Giuseppe 99,100 (La Pasionaria)
Farga Pellicer, Rafael 100 Iturbe, Lola (Kyralina)19, 32, 67, 105,
Fedem, Etta 206, 223, 225, 228, 110, 114, 172, 183, 185,223,240
235,236, 241,313
Fernández, Orobón 129,180 Javierre 67
Fernández Barba, Azucena 19, 33, Juanel, vedi Molina, Juan Manuel 32
103, 120, 128, 172, 173,242, 309
Fernández Rovira, Enriqueta 19, 34, Kaminski, H.E. 138,139
125, 128 Kaplan, Temma 20,2 3 ,4 3 ,9 1 ,9 9 ,
Ferrer i Guardia, Francisco 120, 121, 101, 102, 103, 109, 113,
122 114, 116, 286, 293
Florentina, vedi Conde Carmen Kollontai. Alexandra 130, 228, 236
Foucault, Michel 302 Kropotkin, Pietro 42, 55, 60, 62,
Fox Piven, Frances 79, 294 77, 82, 144, 320
Franco, Francisco 133, 163, 169, 318 Kyralina, vedi Iturbe Lola
Freud, Sigmund 68, 69
Friend Harding, Susan 94, 157 Lacerda de Moura, Maria 72, 74, 75
Frye, Marilyn 303 Largo Caballero, Francisco 165
Lazarte, Juan 72, 73
Gallardo, Mariano 57, 69, 74, 194 Lenin, Vladimir Ilyich 55,130
Gilligan, Carol 196, 210,283, 299 Liano, Conchita 185, 246
Goldman, Emma 42, 60, 76, 82, 83, Lida, Clara E. 20, 99, 100, 101, 120
87, 146, 163, 165, 166, 167,168, Lister, Enrique 167
169, 176, 177, 191, 197, 208, Lobo, Baltasar 39
239, 253, 264, 270, 300, 320 Lorde, Audre 48, 70, 302, 303
González, Virginia 106 Luxemburg, Rosa 130
Grangel, Pilar 219,220,227,233
Grave, Jean 121 Malthus, Thomas Herbert 73
Guillén, Conchita 19,36,212,216, Maranon, Gregorio 57, 65, 71,72
245, 246, 247, 277 Marianet, 135,245,256
Guillén, Jesús 241 vedi Vâsquez, Mariano R.
Gustavo, Soledad 63, 69, 75, 87, 126 Marti Ibanez, Félix 69,70,71
Marx, Carlo 57, 82, 283, 305
324
Mella, Ricardo 56, 58, 59, 60, 62, Poch y Gascon, Amparo 74, 181, 186,
65, 66, 79,81,84 228, 229, 235,313
Méndez, Casilda 139 Pons Prades, Eduardo 19, 32, 119,
Michel, Louise 181,231 147, 152, 162
Mirabé de Vallejo, Julia 240 Portales, Suceso 19,29,32,37,
Molina, Juan Manuel (Juanel) 32 42, 242, 267
Montseny, Federica 19, 60, 63, 64, 67, Prat, Dolores 19,20,117,148,
74, 75,76,81,87, 126, 150, 152
151, 164, 176, 177, 193, Prat, José 58, 60, 62, 87, 121
191,225, 239, 276, 300 Primo de Rivera, Miguel 37, 117,
Montseny, Juan 56, 58, 60, 63, 69 131,179
(Urales, Federico) Proudhon, Pierre-Joseph 42, 60, 61,
Montuenga 175 62, 66, 68,81,84
Mussolini, Benito 163, 169 Puente, Isaac 56, 57, 58, 62, 63,
Nash, Mary 19, 20, 66, 72,73,97, 64, 65, 66, 79
106, 138, 139, 140, 141, 142, Puig Elias, Juan 123,145,174
176, 187, 191,219, 225,240,
251,252, 255,273 Rich, Adrienne 48, 303
Nelken, Margarita 97, 106, 107 Robín, Paul 121
de Nó Galindo, Amada Victoria 246 Rocker, Milly 146
Rocker, Rudolf 146,165
Ocaña, Igualdad 19, 122, 123, 152, 178 Rodenas, Libertad 183, 246
Orwell, George 143, 145,167 Rodríguez García, Vicente 77
(Viroga, V.R.)
La Pasionaria, Rueda, Enríe 116
vedi Ibárruri Dolores
Pateman, Carole 61,233,306,307 Saavedra, Abelardo 33,41,102,
Paulis, Juan 114,229,230,231 118, 123, 126, 172
Peirats, José 19,111,133,139, Sánchez, Rosario 139,141
144, 146, 151,271 Sánchez Saomil, Lucía 39, 129, 176,
Pérez, Concha 19, 20, 137, 138, 139 179, 180, 181, 186, 187, 188, 191,
Pérez, Luisa 197 192, 193, 194, 195, 204, 208, 214,
Pérez Arcos, Pura 17, 19,41, 123, 157, 225, 227, 236, 242, 246, 247, 255,
174, 179, 191,222, 271 261,262, 264, 276, 277, 300
Pérez Baro, Albert 20, 149, 154 Schattschneider, E.E. 305
Pestalozzi, Johann Heinrich 197 Stalin, Giuseppe 164
Piera, Cristina 19, 109, 110, 122, 135 Starhawk 47
Piercy, Marge 281
Piller, Matilde 174,175 Taylor, Barbara 43, 45, 46, 68, 291
325
Tax Freeman, Susan 94
de Tena, Josefa 194
Tolstoi, Leone 121
Torrelles Graelles, Teresina 19, 179,
229, 230, 297
Torres, Josep 123
326
Ackelsberg, A.Martha
Mujeres Libres: l’attualità della lotta delle donne anarchiche nella rivo
luzione spagnola/ Martha A.Ackelsberg; traduzione di Arianna Fiore. -
Milano: Zero in Condotta, 2005.
1. Ackelsberg, A.Martha
2. Anarchismo - Spagna - 1936-1939
3. Mujeres Libres
Finito di stampare
nel mese di febbraio 2005
presso Arti Grafiche Bianca & Volta
Via del Santuario 2, Truccazzano (MI)
328
in fe re /
^ libre/
Durante la rivoluzione spagnola del
1936-39, diverse decine di migliaia di
donne, soprattutto operaie, presero il
loro destino in mano e ‘si aprirono
come delle rose’ nel vortice della più
grande rivoluzione sociale di tutti i
tempi. Il loro movimento, le 1Mujeres Li-
bres’ - le Donne Libere - è semplice-
mente unico nella storia dell’umanità.
Unico perché popolare, profonda
mente radicato nella lotta sociale e
nella quotidianità del processo di
emancipazione delle donne. Unico
perché rivoluzionario e risolutamente
anticapitalista. Unico perché agli anti
podi da un lato di un femminismo bor
ghese sordo nei confronti delle condi
zioni sociali dell’oppressione femminile,
e dall’altro di un femminismo marxista
cieco davanti all’esigenza di liberazione
sessuale, politica, egualitaria e libertaria
insita nel processo di emancipazione
delle donne. Unico perché inesorabil
mente libertario nella sua lotta per la ‘li
berazione’ dai lacci patriarcali, nono
stante disconoscimenti vari. Talmente
unico che è sempre stato occultato da
quanti, uomini e donne, l’esperienza
delle Mujeres Libres non ha mai
smesso né smetterà di disturbare.
Questo libro è un nuovo ponte tra la ri
voluzione libertaria di ieri, quella di do
mani, e la sola che veramente valga,
quella di oggi.