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Proprietari e contadini nell'ltalia romana : la preistoria della villa


schiavistica (IV-II sec. a.C.)
Luigi Capogrossi Colognesi

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Capogrossi Colognesi Luigi. Proprietari e contadini nell'ltalia romana : la preistoria della villa schiavistica (IV-II sec. a.C.). In: Le
travail : recherches historiques. Table ronde de Besançon, 14 et 15 novembre 1997. Besançon : Institut des Sciences et
Techniques de l'Antiquité, 1999. pp. 87-100. (Collection « ISTA », 698);

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Proprietari e contadini nell'Italia romana :
la preistoria délia villa schiavistica (IV-II sec. a.C.)

Luigi CAPOGROSSI COLOGNESI

1.- Terni antichi e nuovi problemi.

La mia presenza, qui a Besancon, ira tanti amici e colleghi uniti da un lungo
lavoro comune, mi stimola a volgermi, in questa mia relazione, al momento iniziale di
una riflessione che coincide con un Colloquio tenutosi proprio qui a Besancon nel
lontano 1974. Quanto, del mio contributo di allora, resta ancora vitale dopo un quarto di
secolo e, soprattutto, quali appaiono oggi i tipi di sviluppi e chiarificazioni e quali i
mutamenti prospettivi intervenuti da allora, sia nel mio stesso lavoro che, soprattutto,
nella ricchissima e importante pubblicistica di questo ventennio ?
Allora solo per accenni si venivano proponendo le seguenti ipotesi
interprétative :
a) nella fase arcaica una compresenza di forme integrate di piccola e média
propriété contadina con aree destinata a pascolo comune (ager compascuus) e di forme
di signoria 'semicollettiva' da parte délie gentes sulle terre non divise e assegnate :
quelle che saranno poi il demanio di ager publicus in possesso individuale1 ;
b) per l'età successiva una riconsiderazione del significato e del valore
'totalizzante' délia villa schiavistica corne protagonista dei sistemi di produzione agraria
tardo-repubblicana2 ;
c) il carattere non 'evolutivo' délia crescita quantitativa délie unità fondiarie, ma
il loro configurarsi secondo una forma 'sommatoria' con una composizione interna
articolata e non necessariamente in forma unitaria (potendosi e dovendosi distinguere,
corne era chiaro sin dal secolo scorso, la grande ricchezza fondiaria e il formarsi di

1. Cfr. Capogrossi Colognesi, Le régime de la terre à l'époque républicaine, in Terres et paysans dépendants
dans les sociétés antiques, Coll. Besancon 2-3.3.1974, Paris, 1979, 315 s. e n. 23, p. 349.
2. Capogrossi, op. ult. cit., 327.

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grandi patrimoni immobiliari dalla grande azienda agraria concepita unitariamente non
solo sotto il profilo del diritto di propriété ma anche sotto quello gestionale)3 ;
d) Conseguente complessità délie forme di sfruttamento, accanto al modello
dominante délia gestione diretta mediante il vilicus, corne appunto gli affitti etc., e
conseguente valorizzazione anche di altre forme di sfruttamento del lavoro sino al
servus quasi colonus4.
Restava tuttavia abbastanza in ombra ancora un altro aspetto che verra poi pren-
dendo sostanza e che, soprattutto è stato ampiamente e validamente messo in evidenza
da uno dei nostri presenti interlocutori : Peter Garnsey. Mi riferisco precisamente al
rapporte tra lavoro libero e quello schiavistico.
Nel complesso possiamo dire che questi vari aspetti hanno avuto, in questo
ventennio un notevole sviluppo e sono stati specificamente analizzati, nel quadro di una
straordinaria fioritura di ricerche, tra cui si stagliano i nomi di Corbier, De Neeve,
Carandini, Giardina, Keohe, Carlsen, Lo Cascio, Rosafio, Aubert e molti altri ancora.
Vorrei ancora citare specificamente il ruolo affatto particolare di Emilio Gabba, che qui
vorrei soprattutto richiamare per un aspetto al quale mi rifarô ampiamente nel corso di
queste mie riflessioni. Si tratta délia sua attenzione, neU'indagare anche le radici del
successivo sviluppo di fine Repubblica, per la realtà preannibalica, superando, anche
sotto questo profilo, una eccessiva insistenza sulla frattura di fine terzo secolo.
Ma tentiamo ora un rapido bilancio délia strada percorsa e dei nuovi orizzonti
che si aprono.

2.- La complessità délie forme di appropriazione


e sfruttamento délia terra in età arcaica.

Trascurerô qui la questione relativa alla realtà arcaica, probabilmente ancora in


essere nel V sec. a.C. Mi riferisco in particolare al tramonto délie signorie gentilizie
sulle terre : ne ho trattato ampiamente e, sebbene le mie ipotesi siano lungi dall'essere
adeguatamente suffragate dalle povere testimonianze a nostra disposizione, per il
periodo anteriore aile leggi Licinie Sestie le possiamo utilizzare corne quadro di riferi-
mento per quello che, con molto maggior verosimiglianza, si delinea immediatamente di
seguito alla svolta del 367 a.C.
Quella che considero più una provocazione volta ad approfondire adeguatamente
i termini délia questione, piuttosto che una organica ipotesi storiografica ci aiuta a

3. Capogrossi, op. ult. cit., 327 s.


4. Capogrossi, op. ult. cit., 330 s.

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comprendere corne, sin da taie oscura fase, ci si debba allontanare, comunque, da una
interpretazione 'monocroma1 délia realtà économico-sociale e délie forme istituzionali.
Appare infatti troppo povero uno schéma che interpreti i processi di trasformazione e di
crescita dell'economia agraria romana e dei suoi assetti produttivi secondo una linea che
postuli il mero passaggio dalle forme rigidamente collettivistiche délie origini, secondo
moduli più di stampo germanico-medievale, alla esclusiva dominanza délia piccola
propriété contadina, a sua volta sostituita dall'affermazione délie grandi ville dell'
oligarchia romana tardo-repubblicane, gestite nella forma 'classica', tramandataci dagli
agronomi romani, dal vilicus alla testa di grandi concentrazioni di schiavi. Un processo
che si sarebbe poi concluso con la trasformazione di queste strutture nelle forme
autarchiche délia grande propriété latifondistica tardo-imperiale con la sostituzione
degli affitti alla gestione diretta e poi con il crescente vincolo dei contadini alla terra,
nella forma dei colonato tardo-imperiale.
Il lavoro fatto in questi anni è stato in filigrana e ci indirizza sempre più verso la
percezione di una compresenza di forme diverse, approfondendo cosi il significato
stesso di un altro concetto : quello di 'dominanza'.
La mia ipotesi - ma solo taie resta e, credo, restera - vede dunque, per l'età
arcaica (pre-367 a.C), la coesistenza di grandi signorie gentilizie e di sempre più forti
aree di piccoli agricoltori, rafforzati da una presenza organica dei compascuo. Ma è
soprattutto per l'età successiva che la mia idea délia complessità tende ad assumere
maggiore consistenza. Già di récente, rifacendomi per l'appunto sia a Gabba che ad
Aubert, ho avuto modo di evidenziare la presenza di indizi significativi di un processo
di crescita e di 'urbanizzazione' délia propriété fondiaria, già nel corso délie guerre
sannitiche e ancor più nel corso dei III sec. a.C, che coesiste dunque con l'apogeo délia
piccola propriété contadina5. Vorrei riprendere ora questo aspetto, menzionando alcuni
altri indizi che mi sembrano confermare taie orientamento.
Mi riferisco anzitutto all'episodio di Manlio Torquato allontanato dalla
vita cittadina e relegato nella campagna paterna perché 'ritardato' e .tanto scandaloso
da giustificare un'accusa al padre da parte dei tribuni6. Ci troviamo negli anni

5. Cfr. Capogrossi Colognesi, Ai margini délia propriété fondiaria , 2e éd., Roma, 1995, 204 s.
6. Esso è riportato in modo circostanziato da Livio, 7.4.4, e richiamato più rapidamente da Cicérone, off.,
3.112. La narrazione liviana è la seguente : A Manlio padre "criminique et tribunus inter cetera dabat quod
'filium iuvenem nullius probri compertum, extorrem urbe, domo, penatibus.foro, luce, congressu aequalium
prohibitum, in opus servile, prope in carcerem atque ergastulum dederit... At quant ob noxiam ? Quia
infacundior sit et lingua impromptus... At hercule L. Manlium malum malo augerefilii et tarditatem ingenii
insuper premere et, si quid in eo exiguum naturalis vigoris sit, id extinguere vita agresti et rustico cultu inter
pecudes habendo". Più scamo, ma non meno significativo, Cicérone, dove si ricorda corne il crimine imputato

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immediatamente successivi alla Leggi Licinie Sestie, nel 362 a.C, ed il fatto è
particolarmente significativo, non solo per la sua risalenza, ma anche perché, narrato in
un contesto diversamente orientato, appare difficilmente contestabile. È vero che taie
episodio si concluderà con un altro atto di esemplare - e stereotipa - pietà filiale,
destinato a esaltare le tradizionali virtù romane e ad illuminare l'inizio délia grande
caméra di Manlio. E ha ragione Heitland nell'insistere su quanto di esagerato e fittizio si
è venuto in esso accumulando nel tempo. Tuttavia, non condivido la sua tendenza a
svalutarne ulteriormente il significato che finirebbe col togliere ogni rilievo storico
all'episodio stesso, spostandolo integralmente sul piano délia leggenda. Il nucleo che io
ritengo storicamente rilevante di esso mi sembra rappresentato dalla distanza di un
determinato comportamento (la relegazione in campagna del futuro condottiero) dai
valori e dalle pratiche sociali correnti, almeno nell' ambito deU'aristocrazia romana, già
nella meta del IV sec.a.C.7.
Per un patrizio la campagna è senz'altro un luogo di riferimento, ma in cui non si
vive. Anzi è proprio questo scandalo che ci permette di leggere in controluce la decan-
tata figura dei condottieri che lavorano il campicello con le loro mani. E del resto che
questi condottieri modesti, addirittura poveri, avessero creato già un sistema di 'deleghe'
funzionale forse più alla média ο grande propriété fondiaria che non dUVagellus avito, Io
attesta proprio la vicenda più tarda di Attilio Regolo, sulla quale mi sono già altrove
intrattenuto8.
Nel 291 a.C. si colloca l'episodio ancor più significativo del console Postumio
che manda addirittura una legione a lavorare i suoi campi9 : i numeri saranno inventati,
ma Io scandalo no. Questo episodio, nel suo nucleo di verità storica, ci fa suppore che,
già in quell'epoca, nelle proprietà deU'aristocrazia romana fosse utilizzato un certo
contingente di manodopera a far fronte aile esigenze, soprattutto stagionali, di lavoro
agricole Un tipo di lavoro 'di massa' che poteva bene utilizzare significativi
contingent! di schiavi. Si delinea cosi una realtà agraria, tra la fine del IV e il III sec. a.C. che

a Manlio padre fosse di aver relegato il figlio ab hominibus, imponendogli la residenza in campagna : et ruri
habitare iussisset. Certamente i valori di riferimento sono più quelli deU'ultimo secolo délia Repubblica che
quelli del IV sec. a.C. Ma il conflitto tra il destino urbano di un aristocratico e l'emerginazione di Manlio
figlio inter pecudes è il dato insopprimibile, se non togliendo valore all'intero episodio ed ail 'accusa tribunizia.
7. Cfr. Heitland, Agricola. A Study of Agriculture and Rustic Life in the Graeco-roman World from the point
ofview of Labour, Westport (Connect.), 1921, 145 s. Che la rappresentazione liviana del lavoro agrario corne
servile non abbia nessun valore per il IV sec. a.C. è possibile, ma non che esso fosse comunque considerato
indegno di un aristocratico.
8. Cfr. Capogrossi, Ai margini cit., 206 s. e lett. cit. in n. 17.
9. Cfr. D.H., 17-18.4, confermato da Livio,per. 11.

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prépara - se non coïncide immediatamente con taie fenomeno - una almeno parziale
modifica délia composizione délia manodopera agraria ed il conseguente impiego
sistematico degli schiavi nelle campagne.
Questo spostamento indietro nel tempo degli inizi dello sfruttamento schiavis-
tico, già agli inizi del III sec. a.C. coïncide con un altro indizio che possiamo ricavare
dal tributo richiesto ai cittadini per effettuare le manomissioni degli schiavi : già
all'epoca délia lex il fenomeno doveva avère assunto rilevanza adeguata10 .

3.- Il sistema délia villa e le prospettive 'urbane' del dominus


nelle commedie plautine

Vorrei dunque tornare su questi punti, ma capovolgendo la prospettiva tra-


dizionale : dando cioè per scontato che già in età preannibalica le campagne romane
presentassero un'organizzazione del lavoro relativamente articolata e la stessa struttura
délia propnetà fondiana non fosse sempre da identificarsi con Yagellus avito e cercando
quindi se e quante tracce délia 'complessità' délia realtà agraria preannibalica possano
essere coite ad una più attenta lettura délie testimonianze antiche. Volgiamoci quindi
alla fine del III secolo, quando già, tra Plauto e Terenzio, lo stesso linguaggio registra la
trasformazione di significato délia schiavitù in Roma11.
E da Plauto partiamo appunto per cogliere quale profonda distanza separi ormai,
non solo il mondo dei liberi dagli schiavi, ma anche, aU'interno di questi, il mondo
urbano dalla sfera rurale, vissuta corne emarginazione. Ma, soprattutto la campagna dei
Romani, nella sua rappresentazione è ormai più quella di Catone che quella di un
lontano e mitizzato passato. Nelle commedie plautine incontriamo insistiti richiami a
situazioni e rapporti che non appaiono troppo differenti dalla realtà tardo-repubblicana.
Il che, tra l'altro, ci impegna a riflettere sul significato stesso dell'opera catoniana.
Troppe volte essa infatti costituisce, non solo il punto iniziale, anche cronologico, délie
nostre analisi, ma viene altresï concepita corne la testimonianza délia genesi di un
sistema organizzativo che appare scaturire, corne una specie di Minerva, perfetto nella
sua identità, sin dal primo momento. E colpisce il fatto che, délie ricche testimonianze
plautine che avrebbero potuto modificare sostanzialmente questa impostazione, non vi
sia menzione nella ormai sovrabbondante letteratura contemporanea.
Non starô qui a riprendere l'antica discussione su quanto di romano vi sia in
Plauto : è sufficiente per me il duplice aspetto costituito dal linguaggio e dalla compren-

10. Cfr. Capogrossi, Ai margini cit., 213.


11. Cfr. Capogrossi, La struttura délia propriété e la formazione dei 'iura praediorum ' in età repubblicana, I,
Milano, 1969, § 18 ; Propriété e signoria in Roma antica,Roma, 1994, Cap. VII.

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sibilità dei comportamenti e dei meccanismi sociali evocati nelle sue commedie da una
platea romana. Sotte questo profilo non è sufficiente la chiara derivazione da situazioni
rappresentate negli originali attici per escludere la loro pertinenza alla realtà romana
verso la fine dei III sec. a.C. Del reste un processo di concentrazione fondiaria appare
dei tutto conforme aile potenzialità finanziarie degli strati sociali più elevati già bene
évidente nel corso délia seconda guerra punica.
Nelle commedie plautine colpisce immediatamente il duplice e fondamentale
riferimento alla villa ed al vilicus corne realtà forti nella vita sociale cittadina e pure da
essa nettamente separate. Non un generico campicello, non Yagellus dei ricordi
nostalgici evocati per l'età più antica, ma già un insieme di proprietà e di attività agrarie
cui sovrintende il vilicus ed a cui il proprietario e i suoi familiari e i suoi servi urbani
pur fanno riferimento, con cui si trovano in contatto, ma da cui sono separati : essi si
'recano in villa', portano in essa ο da essa béni e prodotti, ma non ci lavorano in modo
permanente né, tantopiù, ci vivono. È esattamente l'immagine e lo schéma catoniano,
ma almeno di mezzo secolo anteriore e rappresentativo di una realtà che non appare
inventata allora, ma è già esistente nell'età di Plauto, formatasi dunque nel corso délie
guerre puniche o, forse, ancora prima.
Certo, in Rudens, ad es., la villa è anche il luogo dell'abitazione abituale : ma è
proprio questa l'eccezione, corne vediamo in tante altre commedie : da Cas., 420, a
Truc, 645 s., Trin., 944, sino a Most., 66 s.12. E le terre che ad essa accedono sono
governate, insieme ai loro contadini, dal vilicus, che appare figura corrente e, talvolta,
corne in Casina, addirittura centrale nelle opère plautine (cfr. Cas., arg. 5 ; 52 ; 195 ;
254 ; 288 ; 372 ; 428 s. ; 455 ; 460 ; 655 ; 699 ; 703 ; 674 ; 699 ; 703 ; 762 ; 767 ; 770 ;
797 ; v. anche Poen., 415 ; 576 ; Cas., arg., 5 ; 420 ; Merc, 277). Che questi contadini
diretti dal vilicus siano poi di condizione servile, ciô appare pacifico, ad es., in Trin.,
944. La villa costituisce, a sua volta, il centro produttivo e di consumo di béni destinati
alla città ο da essa importati : strumenti agricoli nell'un caso, corne in Merc, 277, e
derrate alimentari, corne vediamo in Pseud., 228. Le sue terre sono separate e, talvolta,
lontane dalla città : il rapporte tra il proprietario e queste è sempre di uno spostamento
spaziale, non vi è contiguità : cfr. ad es., Truc, 645 s.
Insomma, corne ho già dette, il modello di villa che appare in Plauto in nessun
modo diverge dagli schemi catoniani, anche se, ovviamente nell'un caso abbiamo
elementi, riferimenti episodici, neU'altro uno specifico trattato. Insiste sulla separatezza
tra città e campagna e il dominio di questa da parte di quella di cui taie forma di

12. Tra l'altro questa villa sul mare, indicata corne residenza abituale dei personaggi délia commedia plautina
evoca piuttosto che la realtà romano-laziale, quella cui dovevano riferirsi gli originali attici.

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organizzazione e sfruttamentô délia propriété fondiaria appare strumento. Separatezza


ancora evocata, ad es., in Aul. 505 s. (... nunc quoquo venias plus plaustrorum in
aedibus [cittadine] videas quam ruri, quando ad villam veneris). Ma sottolineo ancor
più il configurarsi délia villa quale residenza rurale del dominus, corne certtro di una
produzione agraria finalizzata anche alla commercializzazione, secondo gli schemi
catoniani : si veda il riferimento alla vendita sul mercato urbano di partite d'olio e di
vino in Asin., 432 s., e 436.
Più in générale la complessiva circolazione di merci e di capitali è già quella
- e dovremmo peraltro meravigliarci del contrario, a ben riflettere - dell1 età di Catone :
con la presenza di appalti di grandi settori délie terre pubbliche da parte di pochi
oligarchi (Truc, 141 s.) corne base per forme di allevamento di notevoli dimensioni in
alternativa alla agricoltura di autoconsumi {Truc, 149 ; 649). E con il ruolo di grandi
intermediazioni commerciali legate ovviamente ai mercati cittadini : cfr. Pseud., 189 s.

4.- La villa catoniana corne organico sistema di integrazione del lavoro libero
e servile, e soprattutto délia cooperazione tra organico interne all'azienda
e manodopera esterna.

Prendere coscienza di questa realtà 'precatoniana' cosi singolarmente trascurata,


significa pertanto non solo meglio comprendere le radici di una legislazione corne
quella relativa alla propriété di navi da parte dei senatori ο meglio valutare la base
economica di quelle potenzialità che a più riprese risultano dai crediti volontariamente
forniti allô Stato dai privati e, soprattutto, dalla rapida assunzione da parte di alcuni
gruppi sociali di una colossale e ramificata attività economica e finanziaria per conto
dello Stato : dagli appalti délie imposte e ûelYager publicus, aile grandi opère pubbliche,
sino airapprovvigionamento délie armate romane disseminate in tutto il bacino del
Mediterraneo. La propriété immobiliare - e quindi anzitutto la propriété agraria -
rappresenta corne è noto la garanzia che gli appaltatori dovevano fornire allô Stato
neU'assumere le grandi imprese pubbliche. Ma rappresenta anche corne è ovvio la base
economica che assicurava a questo ceto la sua stessa capacià d'azione.
In tal modo diventa anche possibile penetrare più a fondo nella comprensione
dello stesso trattato di Catone. Mi riferisco alla possibilité di cogliere in esso una
stratificazione di forme negoziali che ci proietta in parte verso été precedenti, anche se
per esse è difficile individuare con maggior precisione la prospettiva cronologica. Se ci
volgiamo infatti ad analizzare le varie figure di contratti agrari in esso menzionati,
possiamo cogliere da una parte la presenza di un'economia monetaria di un certo livello,
dall'altra il persistere di rapporti legati a forme di economia naturale.

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Penso anzitutto alla locazione di lavoro libero (o servile : qui poco importa) in
Cato, agr., 144, relativamente ad un contratto per la raccolta délie olive e nel cap. 145,
dove il lavoro è assunto per la spremitura dell'olio, nonché alla vendita all'incanto, con
l'intervento di un praeco, délie olive e dell'uva sulla pianta, cap. 146 s. Ma di una
sviluppata economia monetaria si tratta anche nel caso deiraffitto del pascolo invernale
menzionato nel cap. 149.
Accanto a questi contratti incontriamo tuttavia traccia consistente di pratiche
agrarie di natura diversa, probabilmente più antiche, certo ancora vive all'età di Catone e
che, comunque, appaiono non immediatamente legate ad un'economia di scambi, consis-
tenti nella remunerazione del lavoro mediante una quota parte dei prodotti agricoli
stessi. Penso anzitutto alla figura del colono partiarius che incontriamo in relazione a
due diversi tipi di produzione agraria. Di un tipico rapporto mezzadrile, se pure circos-
critto ad un'unica coltura (e pertanto ad una parte sola délia tipica azienda catoniana) si
tratta nel cap. 137 del De agri cultura, dove si parla délia coltura délia vigna affidata al
partiarius. Qui parrebbe definirsi già un trasferimento dell'intero ciclo lavorativo a
costui, secondo lo schéma classico délia colonia parziaria. In tal senso interpreto la frase
finale cetera omnia pro indiviso : a parti eguali dunque, allora corne poi in tanti altri
casi, nella Penisola, sino a ieri ο all'altro ieri. Si tratta, forse, délia prima apparizione
nelle nostre fonti, sebbene non impiegata per tutta la propriété fondiaria, di taie figura,
antichissima e insieme cosi moderna, a detta del Mommsen.
Di un rapporto analogo - ma probabilmente più circoscritto quanto aile sue
funzioni rispetto al ciclo agricolo - si tratta altresî, nel cap. 136, nel delineare il rapporto
con la figura abbastanza, malgrado gli sforzi dei moderni, del politor che incontriamo
più di una volta nel trattato catoniano e, a mio giudizio, con una valenza non univoca.
Si tratta, secondo me, di una particolare, anche se ignoriamo quanto specifica funzione
agraria. Ciô mi sembra confermato dalla stessa espressione catoniana che evoca appunto
l'idea di un compito particolare : politionem quo pacto partiario dari oporteat. Che
questa politio avesse a che fare con la cerealicoltura è attestato poi dal fatto che taie
attività veniva remunerata con una quota parte del grano raccolto. Sul punto non andrei
più oltre, malgrado i lessicografi e gli storici moderni, anzitutto l'ottimo Gummerus,
perché l'espressione verbale resta, comunque, generica rispetto aile possibili funzioni ad
essa riferibili. I criteri di ripartizione ivi menzionati da Catone, vanno da 1/5 a 1/9 del
prodotto, a seconda délia qualité del terreno e si richiamano a pratiche locali in agro
Casinate et Venafro.
Ma la stessa attività era stata già in precedenza richiamata in agr., 5.4, un passo
ben noto, e sul cui significato si è svolta un'ampia discussione tra i moderni commenta-
tori, dove si sconsiglia l'assunzione, oltre la singola giornata, del mercennarius,

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a&Yoperarius, e dello stesso politor. Proprio questo tipo di rapporto temporaneo mi


induce a sospettare che questo politor fosse assunto a giornata per un lavoro specifico
appunto e di tipo, probabilmente, stagionale, all'interno délia complessiva lavorazione
necessaria alla coltura del grano, integrando il lavoro interno alla villa catoniana. Per le
assunzioni 'a giornata', senza voler concludere una discussione ormai più che secolare,
vorrei solo osservare corne ancor oggi sopravviva, in alcune parti deiritalia méridionale,
la pratica di mercati del lavoro locali in cui, anche per i lavori di lunga durata, venivano
assunti i braccianti a giornata, con l'intermediazione di 'caporali', figure apposite e
riconosciute dalle pratiche locali. Perché pensare a ipotesi tanto più complicate come
quelle dibattute sin dal secolo scorso (in génère anzitutto da giuristi e, comunque, da
studiosi stranieri, poco conoscitori délia diretta realtà italiana) invece di rifarci ad una
realtà cosi coerente proprio alla gestione di grandi propriété e di forti unità aziendali ?
Anche nel caso délia cerealicoltura, la produzione più tradizionale - come s'è
detto - ci troviamo dunque di fronte ad un' integrazione délia forza-lavoro schiavistica
interna alla villa con elementi esterni, acquisiti in forme contrattuali diverse, che appare
tutt'altro che marginale, stando aile quote del prodotto agrario previste per la sua
retribuzione : sino ad 1/5 dell'intero prodotto (a meno di non pensare che la quota
riguardasse il risultato délia giornata : il grano falciato, ad es.). Da ciô due ordini di
interrogativi. Non sappiamo infatti sino a che punto fosse generalizzata taie pratica,
anche se possiamo comunque concludere che persino la meno 'progressiva' forma délia
cerealicoltura vedeva una sostanziale integrazione del lavoro libero con quello servile.
Un lavoro libero non necessariamente remunerato sotto forma di colonia parziaria,
giacché è almeno possibile sospettare che i rapporti evocati nel cap. 5 presupponessero
ο comunque rendessero possibile una paga giornaliera in moneta.
A ciô conseguente è, appunto, l'altro interrogativo : che dal primo dipende. Esso
riguarda il livello di sfruttamento cui era sottoposto il mondo dei lavoratori liberi e
quanto competitivo, rispetto a quello servile, ancora al tempo di Catone, fosse lo stesso
lavoro libero nelle campagne dell'Italia centrale. L'indeterminatezza délie funzioni del
politor rende, come ho già detto, incerto il livello e la qualità délia retribuzione prevista
mediante la quota parte del prodotto del fondo.

5.- Valore e remunerazione del lavoro 'esterno' alla villa.

Quest'ultimo aspetto ci introduce ad un altro argomento rappresentato dai


problemi concementi la concorrenza tra lavoro libero e lavoro servile nelle campagne
dell'Italia centrale in età catoniana. Vi sono tre momenti di disperato fabbisogno di
lavoro nelle campagne italiche, oggi, come duemila anni or sono : la mietitura del

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grano, la raccolta e la spremitura dell'uva e quella délie olive. Il fattore tempo, la rapi-
dità del raccolto e, nel caso dellOlio e del vino, la trasformazione délia materia prima
sono essenziali al risultato dell'intero processo agrario ed ogni rallentamento incide
negativamente sul risultato, sia per i rischi derivanti daU'andamento stagionale, sia per il
deperimento del prodotto. Basta, ancor oggi, uscire da Roma e recarsi a pochi chilometri
in Sabina per vedere ritmi antichi e antiche tensioni nei giorni dell'autunno avanzato,
quando ciascun produttore si reca al frantoio per trasformare le sue olive in olio.
Non mi addentrerô nel tentativo di calcolare i tempi di lavoro relativi a questi tre
fondamentali cicli produttivi. Penso tuttavia che non ci si allontani molto dalla verità se
si situano addirittura verso la meta del complessivo lavoro impiegato nell'olivicoltura le
attività previste nei cap. 144-145. Sono indotto a ciô dal fatto che, oggi, in una société in
cui il lavoro manuale è ormai estremamente costoso, la remunerazione del semplice
raccolto délie olive, in diverse regioni d'Italia è effettuata con l'attribuzione di meta del
raccolto. Questo, in effetti è possibile perché altri due momenti importanti di questo
ciclo lavorativo sono divenuti molto più lievi : se per la lavorazione del terreno
interviene il mezzo meccanico, questo è ancora più déterminante per abbassare (non
annullare perô perché il frantoio è pagato con una quota del prodotto, in génère 1/10) il
costo délia trasformazione délie olive raccolte in olio. Di fronte al peso relativo degli
investimenti in béni capitali (zappe meccaniche) è enormemente cresciuto il valore del
lavoro umano : di qui l'alta remunerazione délia raccolta fatta a mano.
Prima délia meccanizzazione una pratica mezzadrile corne la présente non
sarebbe stata economicamente possibile : ma nei cap. 144-145 si tratta appunto délia
raccolta e délia macinazione insieme. E per questo ritengo che la quantité totale di
lavoro impiegato nella raccolta délie olive e nella successiva spremitura non sia di
molto inferiore alla meta dell'intero peso délia coltivazione e délia successiva
trasformazione di taie prodotto. E del resto in tal senso puô deporre il mero rapporto tra
l'organico permanente impiegato nell' oliveto e direttamente addetto a taie coltura : per
un podere di 240 iugeri, al massimo otto persone : agr., 10.1, e i cinquanta opérai, di cui
2/3 assegnati direttamente alla raccolta, assunti per i lavori di raccolta délie olive : agr.,
144.4. Questo sempre a condizione di immaginare un rapporto tra i due casi concreti
presentati da Catone, ciô che io credo proprio per la compatibilità dei numeri, oltre che
per la logica stessa del discorso catoniano.
Quanto alla vigna due sono gli schemi presenti nel trattato catoniano : il primo
l'abbiamo già considerato ed è esposto nel cap. 137 : si tratta di una vera e propria forma
mezzadrile. Il secondo è, forse, ancor più intéressante e costituisce un'alternativa non
solo nel caso délia viticoltura, ma anche in quello dell'olivicoltura : e riguarda la vendita

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del prodotto prima del raccolto. Anche in questo caso ci troviamo di fronte ad una
soluzione - destinata corne sappiamo dalla corrispondenza di Plinio il giovane a durare
nel tempo - che scarica all'esterno dell'azienda notevole parte del lavoro di produzione
del vino.
Per la cerealicoltura l'indeterminatezza délie attività di spettanza del politor fa
disperare in partenza di poter raggiungere un'idea précisa : resta il peso non marginale
délia quota parte del prodotto riconosciuta al politor, sino al 20 % per i terreni meno
fertili che ci fa cogliere la relativa consistenza del lavoro cosi impiegato in taie coltura.
È di grande interesse, tra l'altro, corne, da un rapido cenno contenuto in agr., 136,
la macinatura del grano assuma il rilievo di un'attività autonoma e, parrebbe, effettuata
in modo massiccio, in uno ο pochi momenti non diluiti nel corso dell'anno. Non è da
escludere che essa sia svolta al di fuori o, comunque, con strumenti esterni alla villa
catoniana.

6.- Vecchio e nuovo nei formulari catoniani

E proprio agli anni passati la memoria torna, ed ai racconti dei vecchi : parlo di
un passato storico, non di leggende antiche. Délie povere paghe ricordate da Verga e
dagli altri scrittori di fine '800 con cui erano remunerati i giornalieri e i braccianti nei
grandi lavori stagionali nel Meridione d'Italia. Ma anche, per un'altra zona assai povera,
aile porte délia Capitale, di quando negli anni intorno alla Grande guerra, ancora il
lavoro di una dura giornata di raccolta délie olive nella Sabina, da sempre zona di
grande povertà, era pagato con una porzione d'olio per condire il pane del pasto. La
remunerazione degli antichi contadini romani appare immediatamente più elevata :
anche la percentuale minima attribuita al politor è infatti infinitamente più alta délia
miserabile mercede che si usava al tempo dei nostri nonni. Senza poi considerare, corne
vedremo immediatamente di seguito, che in molti di quei rapporti interveniva il nume-
rario, assente invece nella remunerazione del lavoro a giornata vigente in tante pratiche
locali deU'Italia precapitalistica.
Preziosi e molto complessi sono, sotto questo profilo, i cap. 144-147 del trattato
catoniano e indicativi di una trasformazione in corso di cui è dato cogliere qualche eco
significativa. Già von Liibtow, nel suo ancora cosi utile commentario ai contratti
catoniani ricorda, accogliendola, l'idea di Thielscher13 di una stratificazione cronologica
di due diversi formulari relativi alla raccolta délie olive, nel cap. 144. Si tratta di una

13. Cfr. Liibtow (von), Catos leges venditioni et locationi dictae in Symbolae Taubenschlag, III, Vratislaviae,
1957, § 5, p. 257 s.

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lettura quanto mai verosimile che ci aiuta ulteriormente nella nostra percezione dei
tempi di maturazione dei rapporti produttivi assati sulla villa catoniana. Trascureremo
l'ampia discussione che i romanisti hanno svolto, ancora di récente14, in ordine al pur
fondamentale rilievo di questi testi catoniani ai fini délia storia dei contratti consensuali.
Il punto che qui mi preme mettere in evidenza è che, probabilmente già prima di
Catone, la tecnica pontificale e le prime generazioni di giuristi 'laici' erano venute
approntando uno strumentario negoziale atto a istituire rapporti complessi. Sino al punto
che appaiono figure complesse corne quelle di una societas intercurrente tra i parteci-
panti all'attività di raccolta forniti dall'imprenditore al proprietario dei fondo
{agr., 144.4).
Non solo, ma vi è un interessantissimo riferimento al duplice schéma délia
locatio operis ed alla locatio operarum, in Cato, agr., 144.3 (legulos quot opus erunt ...
locatum erit deducetur) e nel successivo cap. 145.2 : si operarii conducti erunt aut
facienda locata erit), che corrisponde pienamente ai vari comportamenti imprenditoriali
evocati nell'opera : ora corne assunzione di forza-lavoro esterno per la gestione di
attività effettuate sotto il coordinamento e la responsabilité dei dominus e dei suo
vilicus, ora corne attribuzione di funzioni compiute, assolte sotto la responsabilité délia
controparte. Il che âpre serissimi problemi in ordine alla précoce configurazione dei
contratto di locazione nella sua triplice forma consacrata poi tra la fine délia Repubblica
ed il Principato.
Ho già parlato dei riferimento ai 50 lavoranti addetti alla raccolta deU'ulivo, è
intéressante in proposito vedere la cesura interna al testo catoniano che présenta, anche
qui, due logiche diverse. Da una parte infatti vi è lo schéma générale che prevede
l'obbligo di fornire la manodopera necessaria aile attività che ci si impegna a svolgere
(cap. 144.3 : legulos, quot opus erunt, praebeto et strictores), dall'altra si indica
un numéro preciso : funzionale, com'è ovvio, a 'quel' fondo di 'quella' dimensione
(cap. 144.4).

7- 1 limiti nel processo di sostituzione dei lavoro servile al lavoro contadino libero
presenti nel trattato di Catone

Un punto che va immediatamente precisato è il valore dei lavoro nel trattato


catoniano : che è lungi dall'attestare quel quadro semplicistico di una grande proprietà
schiavistica in espansione per il mero fatto di disporre di una manodopera 'di riserva1 a

14. Cfr. Cardilli, L'obbligazione di 'praestarë e la responsabilità contrattuale in diritto romano, Milano,
1995.

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bassissimo prezzo, dérivante dal continuo afflusso di nuovi schiavi sul mercato. Certo
Tesercito di riserva' da questi rappresentato è una realtà fuori discussione : solo che non
è una variabile insignificante quanto al suo valore. Ed è qui che deve intervenire una più
vasta riflessione sulle indicazioni che possiamo ricavare dal trattato di Catone. Queste
mie considerazioni derivano da quanto siamo venuti dicendo nel corso del précédente §
5 : dove abbiamo visto corne fosse tutt'altro che insignificante l'impiego di manodopera
esterna al fondo, probabilmente di carattere libero, almeno in prevalenza. Ma,
soprattutto, dove abbiamo visto rarticolarsi di forme differenziate di utilizzazione e
organizzazione di taie manodopera. Il fatto che, corne s'è detto, occorressero per questa
retribuzioni in génère più alte di quelle generalmente adottate neU'Italia precapitalistica,
sino alla Grande guerra almeno è elemento atto a farci cogliere anche il valore relativa-
mente elevato che, salvo alcuni momenti di punta, dovevano avère ancora, nella meta
del II sec. a.C, gli schiavi impiegati neiragricoltura.
La presenza massiccia e articolata di queste forme di integrazione del lavoro
esterno alla villa dénota appunto una tendenza - certo non sappiamo quanto diffusa e
neppure se maggioritaria - dei grandi proprietari ad evitare eccessive concentrazioni di
schiavi la cui produttività, nel corso dell'anno, dato anche il tipico andamento curvilineo
dei lavori agricoli, non avrebbe fatto che abbassarsi. D'altra parte le retribuzioni relati-
vamente elevate di questo lavoro esterno stanno piuttosto a testimoniare di un prezzo
degli schiavi non del tutto irrilevante, nel corso del tempo, e taie che, sommato ai costi
délia loro manutenzione, rendeva comunque più vantaggioso rarruolamento del lavoro
esterno.
Tuttociô, peraltro, non puô che indurci a insistere sul carattere articolato e
differenziato del quadro che ne émerge : nella stessa epoca, ad es., in Sicilia veniva
preparandosi una situazione affatto diversa e molto più conforme alla nostra idea
corrente délia 'grande propriété schiavistica'.
Ma, proprio questo, pone un altro problema che contribuisce alla nostra idea
délia complessità : che lo sviluppo del modello 'classico' délia villa catoniana corne
'reinventato' dai moderni : un'azienda fortemente assata sul lavoro di schiavi acca-
sermati, è più espressione di una realtà régionale e di un forte orientamento alla
monocoltura che non di quei modelli organizzativi direttamente associati non solo alla
propriété, ma anche agli interessi délia oligarchia romana, dove, sin daU'inizio, voluptas
e utilitas cooperano.
Siamo cosi indotti ad inserire nel 'sistema délia complessità1 anche un quadro
régionale, sovente trascurato. Dove accanto alla Sicilia dobbiamo individuare quelle
aree dell'Italia méridionale già orientate alla transumanza e, insieme, la nuova realtà di

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grandi propriété schiavistiche derivate dalle vicende annibaliche e destinata a riflettersi


nelle crisi servili all'inizio deU'ultimo secolo a.C, sino a Spartaco.
Un'ultima considerazione riguarda infine il valore complessivo délie testimo-
nianze di Catone da me utilizzate in questo contesto. Una loro valutazione deve infatti
tenere conto dei limiti rappresentati dal carattere episodico del trattato, dalla sua
mancanza di sistematicità. Io credo, tuttavia, che esso ci permetta di cogliere una realtà
abbastanza diversa da quella evocata in seguito dall'opera di Columella e che, in fondo,
è già présente nella prospettiva di Varrone. Nel trattato di Catone lo spazio dedicato ai
singoli lavori dei campi è importante ed evoca molto probabilmente un sistema di
gestione diretta délia villa secondo gli schemi a noi ben noti. Esso tuttavia non eccede
l'importanza attribuita ad altre forme di organizzazione délia produzione, esaminate
rapidamente nel corso dei précèdent! paragrafi. Al contrario non sembra sussistere un
troppo insistito interessamento di Catone per la presenza di un organico di schiavi
gestito direttamente dal dominus attraverso il suo vilicus.
Tutto ciô puô dunque ingenerare il sospetto che la realtà cui il Censore si riferiva
fosse parzialmente diversa e, direi, ancora non pienamente dominata, sino ad identifi-
carvisi, dalla fisionomia di quella villa che noi, paradossalmente, indichiamo tuttavia
corne 'catoniana'. Un modello cioè caratterizzato dalla gestione unitaria e centralizzata
délia propnetà fondiaria e daU'impiego prevalente di manodopera servile direttamente
gestita dal dominus e integrata da lavoratori liberi assunti a giornata. Certo, anche
questa è un'ipotesi da considerarsi con grande cautela, in considerazione délia struttura
stessa dellOpera di Catone in cui è forte il valore di ammaestramento per exempla
destinato necessariamente a sacrificare l'organicità délia rappresentazione alla ricchezza
un po' episodica délie informazioni pratiche15.
Resta cosï difficile tracciare con sicurezza un quadro coerente entro cui collocare
queste ultime, ma, almeno, nostro compito è di cogliere siffatte indicazioni con la
massima puntualità ed esaustività. Queste pagine costituiscono solo un primo tentativo
di riprendere questo tipo di lavoro.

15. Quale storia délia agricoltura délia nostra Penisola potremmo fare basandoci solo ο soprattutto su testimo-
nianze non troppo diverse per struttura e logica interna, anche se di qualità infinitamente inferiore ? Mi
riferisco a quella grande messe di annuari e pubblicazioni popolari che ebbero corso sino alla prima meta di
questo secolo nelle nostre campagne.

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