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TRIBUNALI DI MERCANTI E GIUSTIZIA MERCANTILE
NEL TARDO MEDIOEVO
TRIBUNALI DI MERCANTI
E GIUSTIZIA MERCANTILE
NEL TARDO MEDIOEVO
a cura di
Elena Maccioni e Sergio Tognetti
TRIBUNALI DI MERCANTI
E GIUSTIZIA MERCANTILE
NEL TARDO MEDIOEVO
a cura di
Elena Maccioni e Sergio Tognetti
In una città con una forte vocazione mercantile che vedeva il proprio
destino legato al mare, com’era la Barcellona del tardo Medioevo, la que-
stione della risoluzione delle dispute tra mercanti e, più in esteso, di quelle
riguardanti materie mercantili e legate alla navigazione era di primo piano
tanto dal punto di vista delle istituzioni, di poteri concorrenti che riven-
dicavano il controllo su questo tipo di giurisdizione, quanto da quello dei
mercanti – non soltanto catalani – che frequentavano quella piazza e a cui
era necessario avere garanzie del rispetto dei contratti e delle transazioni.
La richiesta di rappresaglia si configurava, di fatto, come una vera e propria
dichiarazione di guerra tra paesi ed era quindi una soluzione di risarcimen-
to estrema.1
Oltre al tribunale del Consolato del Mare che, dai primi del Quattrocen-
to, a Barcellona esercitava la giurisdizione su tutte le questioni mercantili
di mare e di terra, la giustizia era amministrata dai tribunali ordinari del
baiulo e del vicario, dal tribunale del governatore di Catalogna, dalla curia
del vescovo e dall’audiencia regia, il foro più importante.2 Era il re il prin-
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cipale garante di giustizia, sia verso i propri sudditi sia nei confronti degli
stranieri. In teoria tutte queste curie rispondevano a determinati criteri,
come tipicità dei soggetti, materie, distinte procedure e ammissione di pro-
ve, consulenti e testimoni, eppure la mancanza di una netta definizione dei
limiti giurisdizionali portò a un accavallamento nelle competenze che, in
un quadro istituzionale già di per sé molto articolato, lasciava ai personaggi
coinvolti nelle dispute la capacità di portare la causa dinanzi al tribunale che
si poteva ritenere più favorevole o sollecito nella risoluzione del contenzio-
so o, al contrario, dove questa poteva essere protratta in detrimento di una
delle parti. Le liti che coinvolsero mercanti e uomini di mare a Barcellona
s’inserivano quindi in un orizzonte di concorrenza tra giurisdizioni così
come di concorrenza tra diritto consuetudinario – quello degli Els Usatges
de Barcelona, delle Costituzioni di Catalogna e del Llibre del Consolat de Mar –
e diritto comune.3
Nella città comitale il legame tra famiglie mercantili, istituzioni citta-
dine e monarchia si era notevolmente consolidato nel corso del Trecento.
Proprio grazie al peso crescente raggiunto dalle professioni legate al mare
nell’economia della Corona e sempre in un costante rapporto di negozia-
zione con le istituzioni, i mercanti e i loro rappresentanti avevano conti-
nuamente ribadito la necessità che le liti che scaturivano quotidianamente
dall’esercizio della loro professione fossero risolte rapidamente, sulla base
di un accordo o di considerazioni fattuali piuttosto che dottrinarie. La pra-
tica mercantile era ormai considerata un bene comune per la res publica e
quindi il fallimento di un mercante e l’impoverimento che sarebbe derivato
dal dilungarsi di una causa doveva essere considerato un danno per tutta
la comunità. In ambito catalano-aragonese fra Tre e Quattrocento questo
discorso sul rapporto tra ‘bene comune’ e pratica mercantile, ampliamente
formulato dai consiglieri francescani che affiancarono i monarchi, ebbe un
rif lesso importante tanto sulla prassi giuridica e legislativa quanto sull’an-
damento degli equilibri politici tra re e stamento cittadino, il più rappresen-
tativo della componente mercantile.4 Nel contesto di quel sistema pattista
3 Llibre del Consolat de Mar, ed. a cura di G. Colon e A. García, 4 voll., Barcellona, Fun-
dació Noguera, 1981-1987. Sulla ricezione in ambito italiano di questo complesso normativo
M. Ascheri, I diritti nel Medioevo italiano, Roma, Carocci, 2000, pp. 237-238. Su questo tema si
vedano anche: «Col·loqui», en El dret comú i Catalunya. Actes del VII simposi internacional (Barce-
lona, 23-24 de maig de 1997), Barcellona, Fundació Noguera, 1998, pp. 153-163; A. Iglesia Fer-
reirós, Costums de mar, in El dret comú i Catalunya. Actes del V Simposio internacional (Barcelona,
26-27 de maig de 1995), Barcellona, Fundació Noguera, 1996, pp. 243-602; Id., La formación de los
libros de Consulado de Mar, «Initium», II, 1997, pp. 1-372.
4 P. Evangelisti, I Francescani e la costruzione di uno Stato. Linguaggi politici, valori identitari,
progetti di governo in area catalano-aragonese, Padova, EFR, 2006.
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a l’espai de trobada de la Mediterrània medieval: noves fonts, recerques i perspectives, a cura di L. Ci-
fuentes, R. Salicrú e M.M. Viladrich, IRCVM-Medieval Cultures, Roma, Viella, 2015, pp. 283-
316 e Ead., Comunità e consolati catalani in Toscana, Liguria e Sardegna nel tardo Medioevo, in
Economia e politica tra Italia e Penisola Iberica nel tardo Medioevo, a cura di L. Tanzini e S. Tognetti,
Roma, Viella, 2014, pp. 257-284.
7 Sull’arbitrato rimando allo studio classico di L. Martone, Arbiter-Arbitrator. Forme di giu-
stizia privata nell’età del diritto comune, Napoli, Jovene, 1984. Sull’arbitrato a Barcellona si veda
C. Carrère, Barcelona 1380-1462. Un centre econòmic en època de crisi, 2 voll., Barcellona, Curial,
1977, vol. I, pp. 45-48.
8 Nel gennaio 1453 Ginebra, moglie di Francesc Martì della tesoreria della regina Maria,
riconosceva a Angelina di Giovanni della Seta di aver ricevuto per mano di Jacopo della Seta 60
soldi di Barcellona di quelle 6 lire che era stata condannata a pagarle come vitalizio in una sen-
tenza emanata dai notai Antoni Maruny e Bernat Montserrat, arbitri nella risoluzione di quella
lite. Arxiu Històric de Protocols de Barcelona (da ora AHPB) 193/3, c. 57r.
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trocento, in Id., Tribunali, giuristi e istituzioni dal medioevo all’età moderna, Bologna, il Mulino,
1989, p. 32.
11 AHPB 181/16 (24 febbraio 1467).
12 Soldani, «Madurs consells», cit., pp. 142-147.
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città comitale, come quella dei Manresa, i consiglieri della città avevano
dato speciale incarico a uno di loro, Mateu Soler, di seguire la questione.
In più era stato nominato dalle parti un terzo arbitro nella persona dell’im-
portante mercante e cittadino onorato Bernat de Junyent. I tre arbitri ave-
vano dunque emanato la sentenza sotto la supervisione del consigliere di
Barcellona basandosi su diversi visa. Dichiaravano infatti di aver preso in
esame: le domande postegli da ciascuna delle parti, che erano state soddi-
sfatte; i conti in dare e avere dei quali era stata appunto redatta una sintesi
dal Viastrosa per volontà di Mateu Savall; le lettere scambiate dalle parti tra
Barcellona e Alghero; i libri e i manuali di vendite, i libri mastri e le partite
di contabilità; tutto ciò che i soggetti coinvolti avevano voluto produrre.
I due arbitratores pronunciavano quindi la sentenza – secondo la formula
consueta – dopo aver ascoltato le parti su quanto avevano voluto dichiarare
e allegare, offrendo loro in cambio un «maturo e digesto consilio» capace
di prevenire futuri litigi. Avevano poi posto dinanzi a sé i Vangeli nel desi-
derio che il giudizio procedesse dalla fede in Dio. Infine ponevano «scilenci
perpetual» non soltanto su quanto deliberato, ma anche su tutte le altre
questioni, azioni, patrocini e domande presentate da ciascuna delle parti
davanti a loro, come pure relativamente ai vecchi conti della Sardegna e per
le cose reinserite e domandate a voce.
Nella città comitale anche i mercanti stranieri ricorsero agli arbitrati sia
per risolvere le questioni interne ai propri gruppi sia per quelle con i sudditi
del re d’Aragona.17 Quando la disputa coinvolgeva un catalano e il membro
di un’altra natio, o due stranieri, accadeva non di rado che gli arbitri eletti
fossero due catalani, scelta che doveva probabilmente assicurare, nel primo
caso, un controllo da parte dei mercanti locali sulle transazioni mercantili
e, nell’altro, una maggiore imparzialità e una composizione che evitasse
fratture tra connazionali. Così, il 7 maggio 1400 il fiorentino Filippozzo
Soldani e il barcellonese Ramon Megre s’impegnarono nelle persone di Ra-
mon de Grio e Antoni Dende, mercanti di Barcellona, per una questione
riguardante la vendita di una partita di lane; in quel caso la pena stabilita
per la validazione del compromesso ammontava a 100 lire di Barcellona.
Nell’estate del 1436 furono i pisani Giovanni della Seta e Francesco Buz-
zaccherini a designare in modo concorde Joan Barqueres e Bernat Bret.
Allo stesso modo, per risolvere una questione commerciale, il 18 settembre
1443 i fiorentini Filippo Strozzi e Francesco Tosinghi elessero come arbitri
i mercanti barcellonesi Joan Llobera e Eimeric de la Via.18
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19 Per un caso di questo tipo F. Apellániz, Judging the Franks: Proof, Justice, and Diversity in
Late Medieval Alexandria and Damascus, «Comparative Studies in Society and History», LVIII/2,
2016, pp. 350-378: 369.
20 AHPB 193/5, c. 82v (12 luglio 1458).
21 Per un esempio Archivio di Stato di Firenze (da ora ASF), Notarile Antecosimiano, 18791,
plico 111 (23 giugno 1423).
22 ASF, Notarile Antecosimiano 18794, cc. 214v-215r (10 febbraio 1396).
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28 D. Duran Duelt, El context institucional particular de mercaders i homes del mar, in Un mar
de lleis. De Jaume I a Lepant, a cura di D. Duran Duelt, Barcellona, Institut Europeu de la Medi-
terrània, 2008, pp. 195-214: 195-196.
29 J.M. Font Rius, La Universidad de prohombres de Ribera de Barcelona y sus ordenanzas marí-
timas, in Estudis sobre els drets i institucions locals en la Catalunya medieval, Barcellona, Universitat
de Barcelona, 1985, pp. 685-711 e Llibre del Consolat de Mar, cit., vol. III/1, p. 80.
30 Llibre del Consolat de Mar, cit., vol. III/1, p. 77.
31 A. Capmany y de Montpalau, Memorias históricas sobre la marina, comercio y artes de la
antigua ciudad de Barcelona, Barcellona, 1742, ed. a cura di C. Batlle, 2 voll., Barcellona, Cámara
Oficial de Comercio y Navegación, 1961-63, 1961-1963, doc. 156, p. 234; Llibre del Consolat de
Mar, cit., vol. III, doc. 4, pp. 12-13.
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ne aveva luogo nella Loggia dei mercanti, sede del Consolato, il 25 aprile
di ogni anno, giorno di San Marco. Si procedeva nominando una com-
missione di dodici prohoms appartenenti al Consiglio dei Cento composta,
almeno dal 1436, dai rappresentati dei quattro stamenti – quattro cittadi-
ni onorati, quattro mercanti, due artisti e due artigiani – che a loro volta
avrebbero eletto i due consoli, un cittadino onorato e un mercante, e il
giudice d’appello, sempre un mercante.35 Le caratteristiche richieste per
ricoprire questi uffici costituiscono una premessa fondamentale, in quanto
sono chiavi per la comprensione dei criteri con i quali i futuri giudici avreb-
bero dovuto procedere all’emanazione delle sentenze mercantili. Erano
tre le caratteristiche richieste per questa elezione: prima di tutto dovevano
essere elette persone notabili dotate di prohomenia – ovvero di una speciale
considerazione e rispettabilità –, di un bon saber che si doveva certo riferi-
re alla conoscenza pratica generale delle principali questioni connesse al
commercio e alla navigazione e, infine, era necessario che possedessero bo
e ret zel nei confronti della giustizia affinché, si diceva, potessero reggere
gli uffici nell’interesse generale, a lode di Dio, a servizio del re e a vantag-
gio della cosa pubblica. Erano quindi questi tre elementi ad essere conside-
rati discriminanti, in altre parole la rispettabilità pubblica, la buona fama,
la conoscenza di tematiche mercantili e infine un’integerrima volontà di
fare giustizia. Non di rado si aggiungeva il riferimento anche a un quar-
to elemento pure fondamentale della giustizia mercantile, quello appunto
dell’equitat.
Dal momento che lo ius mercatorum avrebbe dovuto garantire il rispet-
to dei contratti anche tra soggetti di diversa origine, si rese necessaria una
normalizzazione delle regole in modo che potessero essere applicate uni-
formemente nelle piazze commerciali del Mediterraneo pur facenti capo
a istituzioni distinte. In ambito catalano-aragonese un forte contributo in
questo senso fu dato appunto dalla compilazione di diritto mercantile chia-
mata Llibre del Consolat de Mar. Questa rispondeva quindi, prima di tutto,
all’esigenza di tradurre in testo scritto questi costumi per sopperire alle
necessità pratiche che venivano dall’applicazione delle norme all’interno
dei consolati stessi. Secondo la prassi del Consolato del Mare barcellonese,
infatti, i giudici si sarebbero dovuti attenere a questa compilazione che con-
teneva le disposizioni principali sulle relazioni tra soggetti e sulle questioni
che potevano scaturire dai negozi mercantili.
Consoli e giudici d’appello erano giudici salariati che esercitano una
giurisdizione gratuita, in cui le parti si facevano carico soltanto delle spe-
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e linguistica, giacché non di rado le persone coinvolte nelle liti erano stra-
nieri che, come gli italiani, tenevano la contabilità nella propria lingua. La
consulenza che questi soggetti, definiti anche calculadors, offrivano al giu-
dice era basata su conoscenze preesistenti che gli permettevano non soltan-
to di esaminare le prove constatando dati di fatto ma anche di desumere,
di offrire una valutazione su aspetti non espliciti, non fisicamente presenti.
Come per i consoli, il giudice d’appello e la commissione che assisteva, una
delle caratteristiche indispensabili del perito era la sua buona fama.39
Oltre all’analisi delle prove, nel processo consolare si ricorreva all’in-
terrogazione di testimoni ritenuti informati sui fatti sia perché in qualche
modo direttamente coinvolti nelle operazioni mercantili sia perché a co-
noscenza della pubblica fama sugli avvenimenti. Anche da questo punto di
vista era fondamentale la tempistica del processo consolare, in quanto que-
sto tipo di testimoni, non di rado marinai, mercanti e patroni, non erano
reperibili molto a lungo su una stessa piazza. Scriveva preoccupato ancora
Matteo Caccini a Cristofano di Bartolo Carocci a proposito della lite con il
patrono catalano Guillem Iulià, che le carte non sarebbero state sufficienti
a provare le loro ragioni dinanzi ai consoli del mare. Era necessario pre-
sentare i molti testimoni che avevano, ma a quello scopo dovevano avere a
disposizione un po’ di tempo perché si trattava nella maggior parte dei casi
di marinai:
Per lla quistione di Ghuillelmo Iuliano, non fanno mestiere le charte. Se voles-
sino pruova, che que’ danari fossino per vino, fatevi dare 1 lettera a’ consoli di qui
che ricievino e testimoni e abbiate tenpo assai, però e testimoni sono marinay e
non lli potremo avere se non ci fossino, sì che abiate buon tenpo.40
39 Soldani, «Madurs consells», cit., pp. 131-137. Si tenga presente che l’archivio del Conso-
lato del Mare di Barcellona è andato in gran parte perso e ciò che rimane dei registri è diviso tra
diverse istituzioni, prevalentemente l’Ateneu barcelonès, la Biblioteca Nacional de Catalunya
e l’Arxiu Històric de la Ciutat de Barcelona. Alcuni registri dei notai del consolato a clientela
mercantile sono conservati presso l’Arxiu Històric de Protocols de Barcelona. In questi si può
reperire documentazione relativa alle cause presentate dinanzi ai consoli del mare.
40 Mercaderies e diners, cit., doc. 69 (Valenza, 4 settembre 1397-Maiorca, 8 settembre 1397).
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41 «Los cònsols per carta del senyor rey han poder que·ls plets e qüestions, que denant éls
se ménan, hojen e aquels, per fi deguda, determenen breument, sumàriament e de pla, sens
brugit e figura juhí, “sola facti veritate attenta”, so és sola veritat del fet entesa, segons que de
ús e costum de mar és acostumat de fer.»: Llibre del Consolat de Mar, cit., vol. I, pp. 38-39.
42 «Quant I dels cònsols ho abdós en alcun fets són recusats per sospitosos per alcuna de
les parts qui pladejaran danant aquels e les rahons de sospita seran apparents, han a·ssi acom-
panyar I hom de la art de la mar, si la I és recusat; e si abdós són recusats, han a·ssi acompanyar
dos bons hòmens de la dita art de mar a les parts no sospitoses, e ab aquels ensemps fan lurs
enentaments e donen sentències en los affers; e no han més salari dels dits tres diners per
lliura de cascuna de les parts, los quals se partéxan enfre els. Lo jutge axí matex, si és recusat
per sospitós, ha a·sci acompanyar I hom de la art de mar no sospitós a les parts, e ab aquel
lo fet de la appel·lació determanar e lo seu salari partir»: Llibre del Consolat de Mar, cit., vol. I,
pp. 39-40.
43 «Les sentències, que per los dits cònsols e jutge són donades, se donen per les custumes
escrites de la mar e segons que en diverses capítols d’aquelas és declarat; e là hon le custumes
e capítols no abasten, donen-sa a conseyl dels dits prohòmens mercaders e de mar, so és tota
hora a les més veus del conseyl, haüt esguart a les presones qui donen aquell»: Llibre del Consolat
de Mar, cit., vol. I, p. 40.
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44 V. Mata i Ventura, El cos dels procuradors de plets de les corts del veguer i batlle de Barcelona
en el segle XIV, Barcelona, quaderns d’història, IV, 2001, pp. 213-223; Llibre del Consolat de Mar, cit.,
vol. III/1, pp. 130-139 e vol. III/2, pp. 70-71.
45 Si veda ad esempio Arxiu de la Corona d’Aragó (da ora ACA), Cancelleria, reg. 2153
cc. 2r-v (25 giugno 1407).
46 Per un esempio di questo tipo ACA, Cancelleria, reg. 2153, cc. 2r-v (25 giugno 1407).
47 Capmany y de Montpalau, Memorias históricas, pp. 535-540 e 561-566.
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48 Soldani, «E sia licito», cit., pp. 283-316. Si veda ad esempio Archivio di Stato di Pisa (da
ora ASP), Opera del Duomo, 1304, cc. 566r-568v.
49 ASF, Notarile Antecosimiano, reg. 18845, cc. 227r-228r (13 marzo 1429).
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52 ASF, Notarile Antecosimiano 18794, cc. 182v-183v (28 settembre 1395). Sui rapporti tra
Goro Dati e Felice del Pace si veda L. Pandimiglio, I libri di famiglia ed il Libro segreto di Goro
Dati, Alessandria, Edizioni dell’Orso, 2006, p. 104.
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53 ASF, Notarile Antecosimiano 18794, cc. 183v-185r (29 settembre 1395).
54 Per alcuni esempi del reperimento di testimoni presso il consolato dei catalani a Pisa:
ASP, Opera del Duomo, 1304, cc. 336v-339v. Testimoni erano consultati dai sobreposats anche per
sapere se, per pubblica fama, un mercante o un patrono si trovavano o meno in città quando
erano destinatari di lettere di cambio ASF, Notarile Antecosimiano, 18845, cc. 43r-44r e 45v-46r.
Si veda anche la testimonianza dei mercanti Rafael Oller e Pere Viner nel processo a Leonardo
Gualandi a Barcellona ACA, Real Patrimoni, Batllia General de Catalunya, Processos 1 C (1449).
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55 ASF, Notarile Antecosimiano, 18791, plico 117 carta sciolta (1 settembre 1423).
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della Ribera, a una giurisdizione sulle materie, che avrebbe incluso anche
le transazioni terrestri, affidata al Consolato del Mare e caratterizzata da un
netto prevalere dei mercanti sugli uomini di mare.
Alcuni criteri comuni alla risoluzione dei conf litti mercantili, sia per via
di arbitrium boni viri sia per ricorso al tribunale del Consolato del Mare o
dei consolati ultramarini, furono la necessità che il contenzioso fosse risol-
to rapidamente, su base fattuale, attraverso una composizione amichevole
e mediante il maturo consiglio, il più possibile collegiale, di uomini saggi
ed esperti. La buona fama era una caratteristica sostanziale di coloro cui
era affidato il giudizio delle cause, prohoms che, ispirati dalla legge divina,
avrebbero dovuto proporre una soluzione capace di evitare litigi futuri.
Infine, nelle città commerciali dell’Europa mediterranea e presso diver-
se universitates mercantili è riscontrabile la necessità di operare attraverso
procedure simili per facilitare la risoluzione dei conf litti tra mercanti di di-
versa origine, rifacendosi a regole generali e richiamando un ‘uso dei mer-
canti’ universalmente riconosciuto. In questo senso, e proprio con finalità
pratiche, lo stesso Llibre del Consolat de Mar conobbe un’ampia diffusione e
traduzioni ben al di fuori dei confini della Corona d’Aragona.
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INDICE
Introduzione. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . Pag. V
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FINITO DI STAMPARE
PER CONTO DI LEO S. OLSCHKI EDITORE
PRESSO ABC TIPOGRAFIA • SESTO FIORENTINO (FI)
NEL MESE DI SETTEMBRE 2016
ISSN 0391-819X