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A SILVIA

Metrica
Canzone libera (costituisce il primo campione della cosiddetta ‘canzone libera’
leopardiana). E’ costituita da sei strofe di varia lunghezza. Settenari e
endecasillabi sono liberamente distribuiti e la rima non ha schema
prestabilito. L’unico elemento di regolarità è dato dal ripetersi del
settenario alla fine di ogni strofa. E' la prima canzone di questo tipo,
che segna l'abbandono degli schemi tradizionali con stanze
omometriche.
Silvia1, rimembri ancora 1. Silvia, ricordi (rimembri) ancora quegli anni lontani in
quel tempo della tua vita mortale 2, cui eri ancora viva (quel tempo della tua vita
quando beltà splendea mortale), quando la bellezza risplendeva nei tuoi occhi
sorridenti e schivi (fuggitivi) e tu, lieta e pensosa
negli occhi tuoi ridenti e fuggitivi3,
(ossimoro), stavi per oltrepassare la soglia che immette
e tu, lieta e pensosa, il limitare 5 nella giovinezza (il limitare di gioventù salivi: è una
di gioventù salivi? metafora, la vita è assimilata ad una strada in salita
divisa da porte che coincidono con le diverse fasi
Sonavan le quiete dell’esistenza - salivi cela un anagramma di Silvia).
stanze, e le vie d'intorno4,
7. La casa (le quiete stanze) e le vie che la circondano
al tuo perpetuo canto4b, risuonavano (Sonavan…d’intorno = enjamblement) del
allor che all'opre femminili intenta4c 10 tuo canto (perpetuo canto = deriva da Virgilio, Eneide),
sedevi, assai contenta quando occupata (intenta) nei lavori femminili (opre
di quel vago avvenir che in mente avevi. femminili intenta sedevi - anastrofe) sedevi
Era il maggio odoroso: e tu solevi abbastanza contenta di quel incerto (vago = il significato
così menare il giorno. oscilla tra indistinto e leggiadro) avvenire che sognavi.
Era il mese di maggio profumato ( odoroso = evoca uno
sfondo di primavera attraverso il profumo di tanti fiori
Io4d gli studi leggiadri 15
che sbocciano): e tu trascorrevi così le tue giornate
talor lasciando e le sudate carte5, (menare = condurre lietamente, trascorrere).
ove il tempo mio primo
e di me si spendea la miglior parte,
d’in su i veroni6 del paterno ostello 15. Io a volte interrompendo i graditi (leggiadri) studi e
le fatiche letterarie (sudate carte - metonimia)
porgea gli orecchi al suon della tua voce, 20
sui quali (ove) io spendevo (si spendea) la mia
ed alla man veloce giovinezza (il tempo mio primo) e la parte migliore di
che percorrea la faticosa tela7. me (il Poeta sacrificò agli studi, i giochi, la vita all’aria
Mirava il ciel sereno, aperta e la compagnia dei coetanei), dai balconi (veroni)
le vie dorate e gli orti, della casa (ostello) paterna ascoltavo il suono della tua
e quinci il mar da lungi, e quindi il monte. 25 voce e il rumore del telaio (faticosa tela - metonimia)
Lingua mortal non dice che faticosamente veniva mosso dalla tua mano.
quel ch’io sentiva in seno8. Contemplavo il cielo sereno, le strade illuminate dal sole
(dorate), i giardini (orti, latinismo) e da una parte
(quinci assonanza con lungi) il mare in lontananza (da
Che pensieri soavi8b, lungi) e dall’altra (quindi) i monti. Nessuno (lingua
che speranze, che cori, o Silvia mia! mortal - metonimia) può dire quello che provavo dentro
Quale allor ci apparia 30 di me (in seno).
la vita umana e il fato!
Quando sovviemmi di cotanta speme,
30. Che dolci pensieri, che speranze, che
un affetto mi preme sentimenti (cori = ‘cuori’ e per traslato ‘sentimenti’ nel
acerbo e sconsolato, senso che nel cuore hanno sede i sentimenti), o mia
e tornami a doler di mia sventura. 35 Silvia!
O natura, o natura, Come ci appariva allora la vita umana e il destino (fato)!
perché non rendi poi Quando mi ricordo (sovviemmi) di quanto erano grandi
quel che prometti allor? perché di tanto le nostre speranze (cotanta speme) mi sento opprimere
inganni i figli tuoi? (mi preme) da un senso di angoscia (affetto =
‘passione’ nel senso di ‘affanno, angoscia’) crudele
(acerbo) e inconsolabile e ricomincio a sentire tutto il
Tu pria che l’erbe inaridisse il verno, 40 dolore per la mia vita sventurata.
da chiuso morbo9 combattuta e vinta, O natura, o natura (personificazione) perché non
perivi, o tenerella. E non vedevi mantieni (rendi = latinamente ‘dai’ mantenendo le
il fior degli anni tuoi; promesse) le promesse che fai in gioventù (allor)?
non ti molceva il core Perché così totalmente (di tanto = del tutto) inganni i
la dolce lode or delle negre chiome, 45 tuoi figli (figli tuoi = gli uomini - metafora)?
or degli sguardi innamorati e schivi;
né teco le compagne ai dì festivi 40. Tu (Silvia) prima che l’inverno (pria…verno = cioè
ragionavan d’amore. la maturità) facesse seccare l’erba (cioè le illusioni della
giovinezza), sei morta (perivi) dopo essere stata
Anche perìa fra poco combattuta e vinta da un male invisibile (chiuso =
la speranza mia dolce: agli anni miei 50 oscuro, irrimediabile, implacabile: la tisi), o povera
creatura fragile (tenerella: questo aggettivo vuole
anche negaro i fati
esprimere la fragilità e il compianto). E non vedevi la
la giovinezza. Ahi come, giovinezza (il fior degli anni tuoi - metafora); non ti
come passata sei, lusingava (molceva) il cuore ascoltare le dolci lodi rivolte
cara compagna dell’età mia nova, ora alla bellezza dei tuoi neri capelli, ora ai tuoi occhi
mia lacrimata speme! 55 innamorati e sfuggenti (per il primo turbamento
Questo è il mondo? questi d’amore); né prenderai parte alle confidenze sentimentali
i diletti, l’amor, l’opre, gli eventi, (ragionavan d’amore) delle coetanee.
onde cotanto ragionammo insieme?
questa la sorte delle umane genti? 49. Dopo poco venivano meno (peria) anche
All’apparir del vero 60 (Anche.…anche Anafora) i miei sogni (la speranza mia
dolce): anche alla mia vita il destino (i fati) ha negato
tu, misera, cadesti10: e con la mano la giovinezza (e la speranza di veder realizzate le
la fredda morte ed una tomba ignuda speranze giovanili).
mostravi di lontano. Ahi come, sei irrevocabilmente svanita, cara compagna
della mia giovinezza (età mia nova), mia compianta
(lacrimata) speranza (speme = metafora: Silvia è
diventata ormai il simbolo della speranza, la speranza
stessa).

56. Questo è quel mondo tanto desiderato? Questi i


piaceri (i diletti), l’amore, il lavoro, gli accadimenti, di
cui parlammo tanto insieme (Leopardi si rivolge alla
speranza come se parlasse ad una persona vera)?
Questa è la sorte degli uomini (umane genti)?
Appena la vita è apparsa per quello che è veramente
(all’apparir del vero = qui, il disvelamento
dell'illusione) tu (la speranza) povera/infelice cadesti
(anche la speranza soccombe davanti ad una realtà tanto
crudele): e con la mano mostravi lontano la fredda morte
e la tomba disadorna (con …lontano: il destino del
Poeta è anche più crudele di quello di Silvia: essendo
rimasto in vita dopo che la speranza è caduta, l’unica
prospettiva di liberazione resta quella della morte -
metafora).
Note
1
Molto probabile è l'identificazione della fanciulla con Teresa Fattorini, figlia
di un cocchiere di casa Leopardi morta di tisi nel 1818, il cui nome poetico è
tratto dall’Aminta di Torquato Tasso; alla figura rimanda anche un importante
passo dello Zibaldone del giugno del 1828 in cui Leopardi descrive e
trasfigura “una giovane dai sedici ai diciotto anni”.
2
vita mortale: l’incipit di A Silvia si apre esplicitamente sull’onda del
ricordo malinconico, come indicato dalla scelta del verbo (v. 1 “rimembri”),
dall’uso del vocativo con nome personale e dal ricorso, volutamente sfumato,
del pronome determinativo (v. 2 “quel tempo”). Inoltre l’aggettivo mortale
rende subito chiaro che Silvia non c’è più. La funzione del ricordo - cruciale per
buona parte della poetica leopardiana - è sottolineata anche in un celebre
passo dello Zibaldone del 14 dicembre 1828: “La rimembranza è essenziale e
principale nel sentimento poetico, non per altro, se non perché il presente,
qual ch’egli sia, non può esser poetico; e il poetico, in uno o in altro modo, si
trova sempre consistere nel lontano, nell’indefinito, nel vago”.
3
ridenti e fuggitivi: i due termini, quasi in ossimoro, come “lieta e pensosa”
al v. 5, indicano sia la giovanile attesa della bellezza della vita sia la
percezione, oscuramente percepita, della sofferenza che l’attende; di qui la
speranza e il timore nello stesso sguardo. Il tutto contribuisce alla
caratterizzazione psicologica assai puntuale della figura femminile.
4
Dal verbo Sonavan inizia un excursus paesaggistico; la costruzione sintattica
con la pausa dettata dalla virgola al verso 7 e la scansione tra lo spazio interno
(“le quiete | stanze”) e quello esterno (“le vie dintorno”) quasi riproduce la
propagazione ad eco del canto della fanciulla.
4b Pertetuo canto: senso di staticità e volontà di eternizzare questa immagine.
4c Allitterazione della l, m e n che sottolinea il senso di indefinitezza.
4d In questa strofa il poeta si sposta ad analizzare il suo atteggiamento in
contrasto con quello di Silvia, contrasto tra piacere e fatica.
5
Tra gli “studi leggiadri” e le “sudate carte” è forse ravvisabile la distinzione
tra la passione leopardiana per la poesia e gli studi di erudizione su cui
Leopardi stesso spende la propria adolescenza. Da notare la figura retorica
del chiasmo “studi leggiadri - sudate carte”.
6
veroni: aulicismo per “balconi”.
7
Nell’immagine di Silvia intenta a lavori di cucito si noti la figura retorica
della metonimia, che sostituisce all’effetto (il suono) la sua causa (appunto,
la “man veloce”).
8
Più che un effettivo sentimento d’amore, Leopardi intende qui la
compartecipazione di una stessa situazione esistenziale, quella appunto
della giovinezza speranzosa e serena, non ancora turbata dalle sofferenze e
dalle inquietudini della vita; in questa riflessione si vede in realtà che Silvia è
già spersonalizzata, è un pretesto per L. per scrivere i suoi pensieri.
8b Questa strofa è uno sfogo interiore che evoca lo sfogo di tutti gli uomini.
9
chiuso morbo: la tisi, o “mal sottile”.
10
Il soggetto della frase è la “speranza mia dolce” del v. 50; alla figura di
Silvia si sovrappone dunque, nell’amarissimo finale, la speranza stessa, che
indica la tomba come destino comune dell’umanità. “L’apparir del vero”
(v. 60) è insomma il crollo delle illusioni nutrite in gioventù, e che le
sofferenze della vita adulta hanno smontato pezzo per pezzo.

Figure retoriche.

Metafora: il limitare di gioventù salivi: vuole esprimere che Silvia stava


per oltrepassare la soglia che immette nella giovinezza;
Metafora: perché di tanto inganni i tuoi figli: Leopardi domanda alla
natura perché fa vedere agli uomini un futuro felice e poi toglie anche l’amore;
Metafora: il fior degli anni tuoi: è la giovinezza di Silvia;
Metafora: mia lacrimata speme: il poeta piange per le sue sofferenze e la
morte prematura di Silvia;
Metafora: la fredda morte e una tomba ignuda mostravi da lontano: si
riferisce alla morte che è l’unica conclusione dell’esistenza e alla tomba che è
spoglia di ogni speranza. Silvia è rappresentata nel fiorire della sua giovinezza
in primavera, invece la sua morte in inverno;
Metonimia: lingua mortal non dice : uomo ; percorrea la faticosa tela:
faticoso lavoro;
Anastrofe: Tu pria che l'erbe inaridisse il verno.
Personificazione: o natura o natura..perchè non rendi poi quel che
prometti allor?
Ossimoro: ridenti e fuggitivi, lieta e pensosa;
Zeugma: consiste nel collegamento di un verbo a due o più elementi della
frase che invece richiederebbero ognuno rispettivamente un verbo specifico.
porgea gli orecchi al suon della tua voce ed alla man veloce;
Climax: Climax è una figura retorica che consiste nel disporre frasi, sostantivi
e aggettivi secondo un ordine basato sulla crescente intensità del loro
significato (climax ascendente) per creare un effetto di progressione che
potenzia l'espressività del discorso. Se l'intensità è decrescente si parla invece
di anticlimax. "Che pensieri soavi/ che speranze, che cori,…”;
Anafora: “Anche…/…anche” .
Apostrofe: ai vv. 36/39: O natura, o natura …. i figli tuoi?

Analisi e commento
"A Silvia" (a Selva/natura) è l’inizio di una nuova stagione poetica, che si
colloca tra il ’28 e il ’30.
Questo canto, composto a Pisa nel 1828, è dedicato a una fanciulla che il
poeta realmente conobbe, Teresa Fattorini, figlia del cocchiere di casa
Leopardi, morta di tisi nel 1818.
Questo nella realtà biografica, ma nella fantasia leopardiana Silvia è
soprattutto il simbolo della speranza propria della giovinezza, fatta di
attese, illusioni e anche delusioni.
Non è una commemorazione funebre, e non è neppure una canzone per
Silvia, in onore di lei: in realtà è una confessione del poeta, costruita
come un colloquio con Silvia.
Tutto il canto è costruito sulle esperienze parallele della giovinezza di
Silvia, precocemente troncata dalla morte, e delle illusioni del poeta.
L’immagine della donna si smorza nel mito della speranza. Silvia è
rappresentata nel fiorire della sua giovinezza in primavera, invece la sua
morte in inverno. Abbiamo quindi un rapporto tra la vita della fanciulla con il
valore metaforico della stagione della giovinezza e di quella della morte: la
prima rispecchia il tempo delle speranze e delle gioie, invece la seconda le
delusioni e la morte.

In questa canzone la Natura manifesta un duplice aspetto, ora ispirando


serenità e dolcezza, ora vista come causa principale dell’infelicità
umana; matrigna crudele e indifferente che mette al mondo i suoi figli
senza che questi lo vogliano, inseriti in un meccanismo di vita e di morte.

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