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La Resistenza

nello Sport

01/04/2022
Konstandina Suli
Giulia Zaccarella
Hiba Ben Toutou
25 aprile:
storie di sport
e Liberazione
E' il 25 aprile, l’anniversario della

liberazione dell’Italia dalle forze

nazifasciste. Tra chi ha combattuto

per rendere questa data un simbolo

della nostra storia ci sono stati

anche uomini e donne appartenenti

al mondo dello sport.


https://youtu.be/1FuTHs23QOE
Sport e fascismo
Durante il regime fascista, lo sport ha contribuito
in maniera considerevole ad aumentare il
prestigio del potere mussoliniano attraverso una
mirata politica propagandistica e un ferreo
controllo delle associazioni sportive (Figc, Coni e
le altre federazioni) e degli organi di stampa (il
Corriere dello Sport e La Gazzetta dello sport).
Mussolini “primo sportivo” d’Italia
Inizialmente la dittatura concentrava la sua
politica sportiva su alcune discipline che si
identificavano con l’addestramento militare, quali
la boxe, la scherma e il tiro a segno, considerate
“nobili” nella retorica del regime, che puntava a far
diventare l’Italia una nazione sportiva. La figura
del duce era presentata come quella del primo e
vero sportivo italiano e vedeva negli sport nobili il
giusto mezzo per una sana formazione della
virilità tipica dell’uomo fascista.
Il calcio tra fascismo

e Resistenza
Il gioco del calcio l’elemento di aggregazione e unificazione delle masse popolari, senza

tralasciare che gli stadi hanno rappresentato la vetrina migliore del regime, che si

esprimeva anche attraverso gesti e rituali collettivi dal valore altamente simbolico come

l’obbligo del saluto romano prima di ogni inizio gara.


Parallelamente, il mondo del calcio professionistico ha dato un forte apporto alla lotta

antifascista e resistenziale, anche se si tratta di un fenomeno spesso adombrato da altre

forme di opposizione alla dittatura. Edoardo Molinelli, ricercatore e giornalista sportivo, con

il volume Cuori partigiani (edizioni Red Star Press, 2019), ha il merito, attraverso una

rigorosa ricerca archivistica e una accurata selezione, di aver messo in luce le storie di

tanti calciatori professionisti, accomunati dagli ideali sportivi e dall’antifascismo, che hanno

fatto parte di società prestigiose come il Torino, la Juventus, la Fiorentina, la Roma, o di club

di provincia, tra cui Lucchese, Viareggio, Livorno e Savoia. Il testo si articola in tre sezioni,

come i momenti di un evento calcistico: primo tempo, secondo tempo ed eventuali tempi

supplementari.
Durante la Resistenza ha deciso di scendere in campo… e non quello da gioco.

Alfredo Martini Michele Moretti Bruno Neri


Dagli anni ‘70 agli anni ‘90 è stato commissario
Terzino della Comense e del Chiasso, sindacalista
Nel periodo del cosiddetto ventennio fascista ha

tecnico della nazionale italiana di ciclismo, ma tra il


e partigiano: questi i ruoli ricoperti in vita. Arrestato
militato a lungo nella Fiorentina, per poi giocare

1941 e il 1957 è stato anche un corridore


dalla polizia fascista, doveva essere deportato in
anche tra le fila della Lucchese, del Torino e del

professionista. Si è fermato una sola volta nella


Germania, ma riuscì a fuggire. Faenza, squadra della sua città natale.
sua carriera: durante la seconda guerra mondiale. In battaglia, secondo il partigiano Guglielmo
Ma Bruno Neri è stato anche “Berni”: questo il

Martini, infatti, decise di abbandonare le piste per


Cantoni, dalla sua mano sono partiti i colpi che
nome di battaglia che scelse quando decise di

correre altrove. hanno ucciso Benito Mussolini. arruolarsi nella Brigata Ravenna, di cui divenne il

In soccorso dei partigiani sull’Appennino toscano,


Stando alla versione ufficiale, invece, pare che
vicecapo. Il 10 luglio 1944, era in perlustrazione a

ma sempre con la sua bici. “Ho portato carichi di


Moretti avesse solo prestato la sua arma al
Marradi, in provincia di Firenze, quando i nazisti lo

bombe molotov alle formazioni partigiane


colonnello Walter Audisio, vero esecutore; attaccarono. Non poté nulla e, come tanti altri, il

presenti sul Monte Morello”, ha dichiarato a guerra


ma sicuramente il calciatore è stato parte del
calciatore-partigiano salutò la vita con la parola

finita, “e solo ora penso che se fossi caduto sarei


gruppo che ha assistito alla morte dell’ex duce. “libertà” stampata sulle labbra.
saltato in aria”. Non cadde, non saltò in aria e, anzi,
Pur comunque protagonista di un episodio storico
D’altronde Bruno Neri aveva già dato

poté festeggiare la vittoria. Alfredo Martini se ne è


di tale portata, Michele Moretti non ha avuto alcun
dimostrazione di resistenza: il 10 settembre 1931,

andato solo nel 2014 a 93 anni e ancora oggi è


riconoscimento dopo la guerra, continuando a
prima di un’amichevole per l’inaugurazione del

ricordato come il padre-partigiano del ciclismo


vivere come operaio e artigiano fino alla morte,
nuovo stadio della Fiorentina, fu l’unico a non

italiano. sopraggiunta nel 1995. eseguire il saluto fascista.


Lo stato d'animo del brillante calciatore
di serie C Ferdinando Valletti durante
la partita disputata nel lager di Gusen :

"Mentre i miei amici morivano io stavo


giocando a pallone.
Mi feci forza e pensai che mi battevo
contro i nazisti e non per i nazisti; se ce
l'avessi fatta a correre e magari anche a
fare qualche buon passaggio,
probabilmente li avrei sconfitti perchè
avrei salvato la mia vita, sarei tornato a
casa, avrei rivisto mia moglie e conosciuto
il mio bambino"

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