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MASTER DI I LIVELLO

IN
GOVERNANCE,MANAGEMENT,E-GOVERNEMENT DELLE PUBBLICHE
AMMINISTRAZIONI

TESI

LE ALLEANZE STRATEGICHE NELL’EVOLUZIONE DELLA GESTIONE ,


ORGANIZZAZIONE E COORDINAMENTO DELLE RISORSE UMANE NELLE
UNITA’ OPERATIVE SANITARIE .

RELATORE : PROF. DONATO LIMONE

DR. LUCIANO NOCITI


Matr. N. 072702
LI’ 23/05/2021
Anno Accademico 2020/2021

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INDICE
INTRODUZIONE pag.4

CAPITOLO PRIMO pag.7

1.1) Il SERVIZIO TRASFUSIONALE DI CASTROVILLARI ASP DI


COSENZA pag.12

1.2) ORGANIZZAZIONE DEL SERVIZIO pag.14

1.3)DONAZIONE EMOCOMPONENTI pag.16

1.4 ) ATTIVITA’ pag.16

1.5)PRODUZIONE,VALIDAZIONE,ASSEGNAZIONE E DISTRIBUZIONE
EMOCOMPONENTI pag.17
1.6)TRASPORTO DELLE U. DI SANGUE pag.18

1.7)DIAGNOSTICADILABORATORI pag.18
1.8)MEDICINATRASFUSIONALE pag.19
1.9)CERTIFICAZIONI pag.20

1.10)SEGNALAZIONI pag.20

1.11)MODALITA’ DI EROGAZIONE DEL SERVIZIO AI PAZIENTI

INTERNI pag.22

1.12)CENNI SUL SISTRA pag.22

1.13) ATTIVITA’ PRATICA DELLA NUOVA FIGURA DI MANAGEMENT


COME COORDINATORE DEL SERVIZIO TRASFUSIONALE DEL P.O. DI
CASTROVILLARI . pag.24

CAPITOLO SECONDO pag.28

2.1)ASPETTO GIURIDICO DELLA NUOVA FIGURA DI MANAGEMENT

NELL’EVOLUZIONE DELL’AZIENDE SANITARIE pag.28

2.2)IL MANAGER QUALE LEADERSCHIP MOTIVANTE pag.36

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2.3)LA MOTIVAZIONE DELLE PERSONE E IL COMPORTAMENTO
ORGANIZZATIVO pag.41

2.4) RUOLO CARDINE INTEGRAZIONE E GESTIONE DELLE RISORSE


UMANE pag.45

2.5)IL RECLUTAMENTO E LA SELEZIONE pag.50

2.6)LA FORMAZIONE E LO SVILUPPO DELLE RISORSE UMANE pag.55

CAPITOLO TERZO pag.58

3.1 )IL CONTRATTO NAZIONALE DI LAVORO QUALE IMPUT


PSICOLOGICO NEL RAPPORTO TRA DATORE DI LAVORO E IL
LAVORATORE pag.58

3.2 )RICONOSCIMENTO , INCENTIVI E RETRIBUZIONE QUALE


STIMOLO ALLA PRODUTTIVITA’ AZIENDALE pag.62

3.3 )LA VALUTAZIONE E CARRIERA DEL SINGOLO LAVORATOREpag.64

3.4 )GLI OBBIETTIVI E LE PRESTAZIONI pag.68

3.5 )LA PIRAMIDE DEI BISOGNI DI MASLOW pag.69

3.6 )LA TEORIA DE LEVATI E SARAO pag.72

CONCLUSIONE pag.76

BIBLIOGRAFIA pag.79

3
INTRODUZIONE
Le esperienze vissute mi hanno permesso di comprendere come, in
contesti organizzativi dotati di una certa complessità, si creino
dinamiche che variano a seconda del modo di approcciarsi ai gruppi di
persone con le quali si collabora. Inoltre, differenti approcci al lavoro,
così come le tradizioni o le consuetudini radicate in contesti
organizzativi differenti , possono generare problemi, che se non
vengono compresi possono determinare una riduzione della
motivazione , integrazione e lavoro di gruppo, traducendosi in una
performance al di sotto delle aspettative.

Inoltre nel corso delle mia suddette esperienze prima umana e poi
professionale e nonché di tutte le mie esperienze di vita dalle più
traumatiche a quelle maggiormente costruttive, ho maturato
attraverso un processo di trasformazione psicologica , a comprendere
e ad ascoltare meglio a prendere visione in un contesto lavorativo
dove la meritocrazia non viene premiata , ma tende ad isolare , dove
le alleanze tra colleghi si creano formando gruppo e sottogruppo
cercando di isolare colui che tende a creare un ambiente positivo e
armonioso cercando di creare un senso di appartenenza tra i colleghi
identificandoli come squadra per poter farli crescere
professionalmente e personalmente e dando un imput di crescita
anche a livello aziendale creando i presupposti di un benessere
stimolando i vari professionisti validi a non essere messi in
condizione di trasferirsi in altre realta’ lavorative .
Questo dovrebbe farci riflettere sulle esigenze da parte anche dei
giovani neolaureati di trasferirsi in quando a conoscenza di queste

realta’ negative e a sua volta bisognosi di comportamenti lavorativi

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corretti ed etici tendono ad allontanarsi anche dalla famiglia pur di
trovare un ambiente lavorativo sano ed idoneo .

E’ in questa realtà che sono stato cresciuto nella mentalità che l’unione
fa la forza , ma soprattutto che ognuno ha un preciso compito da
svolgere e che il risultato può essere raggiunto solo con le forze di
tutti i componenti. Fondamentale nel comprendere tali dinamiche è
stato l’insegnamento della cultura famigliare e in modo particolare di
mio padre : con regole, valori etici e comportamenti che mi hanno
permesso di portare avanti, esperienza dopo esperienza, un bagaglio
culturale, che adattandosi e modificandosi ad ogni contesto, mi
potesse servire come base.

Tutte queste esperienze mi hanno acceso la curiosità di sviluppare e


analizzare in maniera dettagliata il delicato argomento dei vari stili di
leadership delle risorse umane all’interno delle U.O. e del team.

Sembrerà , forse eccessivamente intime queste mie considerazioni


ma, anche nella scelta di questo ultimo percorso di studio , e’ stato per
me una grande motivazione di crescita tanto più se considero che
accanto a questa importante presa di coscienza professionale alcune
triste esperienze personali mi hanno accompagnato in questi ultimi
anni , dovute soprattutto alla mancanza di rispetto da parte di
colleghi che negli ambienti lavorativi tali comportamenti negativi sono
molto comuni quasi a voler creare forme di mobbing .

In questo contesto organizzativo ho potuto osservare come diverse


culture e diversi modi di approcciarsi al lavoro possano essere
plasmati

e ridefiniti per ottenere : la PERFORMANCE. In quest’ultimi anni


essendomi appassionato a questa tipologia di organizzazione
lavorativa

improntata sul team, ho deciso di strutturare la mia tesi del master


sull'organizzazione e i diversi stili di leadership nella performance
delle risorse umane .
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In questo contesto si inseriscono: tutti gli strumenti a disposizione del
team manager per gestire un gruppo di persone con diverse culture e
la comunicazione con l’azienda. Soprattutto nella realtà , ho notato
come lo stile di leadership si debba adattare, nella gestione delle
risorse umane, per riuscire a strutturare un rapporto di collaborazione
in grado di generare un output positivo. In questi termini, quindi,
risulta chiaro come sia possibile strutturare una politica di
compensatione modificabile per ogni singola esigenza e come alcuni
strumenti di comunicazione interna debbano essere applicati
implementati per sopperire alla disarmonia informativa che spesso si
viene a creare con forme equivoche .

La tesi verterà sul lavoro che quotidianamento viene effettuato


presso il Servizio Trasfusionale di Castrovillari e, in particolare,
sull’organizzazione Aziendale e sulla gestione delle Risorse Umane in
funzione delle attività svolte all’interno dell’U.O. Trasfusionale dello
Spoke del P.O. di Castrovillari .

CAPITOLO PRIMO
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SERVIZIO DI TRASFUSIONALE ASP COSENZA
P.O. DI CASTROVILLARI
ORGANIGRAMMA SCHEMATICO

RESPONSABILE
medico n. 1

DIRIGENTE
MEDICO n. 2

COORDINATORE TECNICO DI LABORATORIO BIOMEDICO

TECNICO DI LABORATORIO
INFERMIERE
BIOMEDICO n. 3
NR. 2

U.O. U.O. CHIMICA CLINICA


IMMUNOEMATOLOGIA

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SALA DI ATTESA

DONATORI

SALA

DONAZIONE

SALA VISITE
DONATORI

SALA ACCETTAZIONE
DONATORI

SALA RISTORO

DONATORI

SEGRETERIA

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Ambulatorio
Trasfusionale

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1.1) IL SERVIZIO TRASFUSIONALE DI CASTROVILLARI ASP DI
COSENZA

Il SIT Servizio TRASFUSIONALE del P.O. di Castrovillari ( e’ parte integrante


del Dipartimento di Medicina Trasfusionale Interaziendale Area Nord Calabria
insieme al SIT di Rossano e il SIT di Paola e il Servizio Immunotrasfusionale di
Cosenza con sede centrale ) e include l’attività trasfusionale , il monitoraggio
terapeutico, fino alle recenti problematiche di prevenzione .
Attualmente il Centro trasfusionale si e’ aggiornato con tecniche e metodiche
di ultime generazioni con analizzatori automatizzati anch’essi di ultima
generazione quali (INNOVA E VISION ) . A causa delle innovazioni e dell’
organizzazione sanitaria, il SIT ha assunto sempre maggiore importanza nel
“tempo” rispondendo ai quesiti che gli vengono posti.

Obiettivo generale del SIT e’ quello di puntare al miglioramento della salute e


del benessere della popolazione dal punto vista terapeutico , alla soddisfazione
e partecipazione del cittadino con tutti i suoi diritti , che in Sanità dipende
sempre più spesso da comportamenti e /o interazioni fra partner: quali
personale delle corsie di degenza, direzione sanitaria, uffici amministrativi,
aziende produttrici di farmaci e /o reagenti, medici curanti, organizzazione

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informatica e attualmente organizzazione telematica ecc. quindi occorre
centrare tutta l’attenzione sul paziente come persona.

Il patrimonio fondamentale del Centro Trasfusionale come in ogni U.O. sono


ugualmente le Risorse Umane , personale con diversa cultura e diversi ruoli
quali Medici Dirigenti , Impiegati, Infermieri, Tecnici biomedici ecc. che con
ruoli diversi devono integrarsi in un unico corpo con il fine di dare una migliore
assistenza sanitaria .

Per considerare i pazienti come persone e non come numeri occorre tra l’altro
lavorare il più possibile in “tempo reale”, quindi attivando sistemi di qualità
sofisticati, in linea con analizzatori e collegando in rete conoscenza via
computer di informazioni sul paziente che ripristina una maggiore
personalizzazione nell’ esecuzione diagnostica .

Il Centro Trasfusionale di Castrovillari è composto da personale laureato di


area medica , da personale tecnico , da personale infermieristico , ausiliario e
informatico ed è dotato, al momento , dal seguente organico:

N. 1 Responsabile medico ; N. 2 dirigenti medici. , da un centro


informatico , 4 tecnici Biomedici , 1 impiegati, 2 infermieri, 1 ausiliario.

Medici , tecnici Biomedici e infermieri sono assegnati funzionalmente alle

rispettive sezioni/unità Operative in cui si articola il Centro secondo il seguente


schema:

immunoematologia , Chimica Clinica , sala d’attesa , sala visite , sala


accettazione , sala donazione , sala di ristoro e ambulatorio trasfusionale .

Il servizio Trasfusionale inoltre svolge attività didattica come tutor per i


laureati, tecnici e tirocinanti ; promuove e partecipa ad attività di
aggiornamento professionale quale aggiornamento ECM presso ISS ( Istituto
Superiore della Sanita’ ) e/o presso società scientifiche accreditate e
aggiornando l’ U.O.alle varie normative legislative nazionali attinenti per i
Servizi Trasfusionali quali

 dal 2002, ed in particolare nel triennio 2005-2007, si è verificata la più

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intensa ed importante produzione legislativa nazionale e comunitaria in
materia di attività trasfusionali, e attività ad esse associate, mai registrata fino
ad oggi. Lo scenario normativo che si è configurato risulta pertanto molto
complesso in termini di relazioni fra normative europee e normative nazionali,
in particolare per la necessità di armonizzare gli atti di recepimento delle
direttive europee con le disposizioni legislative nazionali esistenti.

Infine con D.M. 2 novembre 2015 recante

DISPOSIZIONI RELATIVE AI REQUISITI DI QUALITÀ E SICUREZZA DEL SANGUE E DEGLI

EMOCOMPONENTI .

1.2) ORGANIZZAZIONE DEL SERVIZIO

Il C.T. DI Castrovillari ASP di Cosenza è un Servizio Ospedaliero dell’Azienda


Sanitaria Provinciale di CS fa parte del Dipartimento di Medicina Trasfusionale
interaziendale Area Nord Calabria con compiti diagnostici, di supporto
terapeutico e di contributo all’autosufficienza locale, di sangue per
emocomponenti ed emoderivati.
Inoltre il Dipartimento di Medicina Trasfusionale e’ definito dalla somma dei
suddetti SIT precedentemente elencati e dalla somma delle Emoteche
presenti in ogni Servizio Trasfusionale , esso si prefigge lo scopo di garantire
l’autosufficienza, la qualità e la sicurezza nelle attività di raccolta, controllo,
lavorazione, conservazione e distribuzione del sangue umano e dei suoi
componenti ed è specificamente rappresentata dalle Emoteche di ogni SIT dei
suddetti P.O. con le varie unita’ di sacche di : sangue intero e concentrati
eritrocitari e concentrati piastrinici

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Inoltre ogni informazione riguardo alle Unità Trasfusionali presenti nelle diverse
Emoteche è rappresentata nel Sistema Informativo Trasfusionale del
Dipartimento di Medicina Trasfusionale Interaziendale Area Nord Calabria
(DIAN),con il sistema informativo EMODATA ( prodotto e supportato
dall’Azienda Informatica TESI secondo la normativa internazionale con
accreditamento ISO 9001 del 20008 e ISO 13485 del 2012 monitorando h.24 e
tenendo sottocontrollo i processi di analisi dando qualità e assistenza
informatica e assicurando la tracciabilita’ su eventuali incidenti operativi .
Il programma dell’EMODATA si basa su un tipo di applicazione client-server, ciò
permette ad ogni computer “client” presente nei SIT del Dipartimento e in
qualunque Punto di Raccolta (PdR) del DIAN di consultare la situazione
complessiva e specifica di ogni singola emoteca, e rappresenta la forza della
centralizzazione, permettendo una gestione assolutamente trasparente e
condivisa della scorta di emocomponenti.
L'OL distribuisce quotidianamente, sulla base delle richieste provenienti dai SIT

del DIAN, attraverso l’invio via FAX del MOD.90 ”Distribuzione quotidiana
emocomponenti” entro le ore 12,00 di ogni giorno. Riguardo al SIMT di
Cosenza, il Medico presente nel laboratorio di assegnazione consegna al
Dirigente presente nella postazione dell’OL, il modulo suddetto. A garanzia di
eventuali picchi di richiesta per emergenze trasfusionali conserva, quando
possibile, una minima scorta concordata. L'OL si attiva per mantenere il valore
concordato per le emoteche dei ST interfacciandosi con il CRS sia per le
eccedenze che per le carenze.Le richieste provenienti dai ST si baseranno
necessariamente sul reintegro delle unità effettivamente trasfuse il giorno
precedente. Il richiamo delle unità assegnate, consegnate e non trasfuse dovrà
avvenire nel minor tempo possibile dalla consegna delle unità stesse, a cura
del ST di riferimento. Ogni giorno l’ U.O. di Castrovillari invia il modello 90
nella postazione di distribuzione dell’OL che viene a sua volta valutata insieme
a quelli inviati dai vari SIT suddetti e distribuisce le unità in modo da
raggiungere la giacenza minima per ogni singolo presidio . Il bilanciamento tra
unità raccolte e trasfuse viene continuamente monitorato, qualora la carenza
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persista per più giorni le Associazioni dei volontari sangue di DIAN vengono
attivate ad incrementare proporzionalmente e per un periodo stabilito, la
chiamata e la raccolta per singolo gruppo sanguigno.Inoltre il SIT di
Castrovillari assume l’impegno di migliorare lo stato di salute della propria
utenza attraverso l’erogazione di prestazioni diagnostiche e terapeutiche
correlate all’emoterapia che viene attuato nel costante rispetto dell’ottica del
governo clinico, garantendo accessibilità, tempestività e continuità degli
interventi assistenziali , quali ad esempio interventi chirurgici programmati e
non , nonché livelli e modalità di erogazione delle prestazioni trasfusionali
adatte alla tempestiva cura dei pazienti .
L'equipe di professionisti di questa struttura dipartimentale si occupa
inoltre di raccolta di emocomponenti a scopo trasfusionale da donazioni di
sangue, validazione,produzione,assegnazione e distribuzione di
emocomponenti, attività diagnostica di laboratorio immunoematologico
attività di medicina trasfusionale e di emovigilanza.

1.3)DONAZI
ONEEMOCOMPONENTI

Le donazione di emocomponenti vengono eseguiti presso i centri di


articolazione quali Unità di raccolta AVIS PROVINCIALE DI COSENZA
( LUNGRO , SPEZZANO ALBANESE , TREBISACCE , SIBARI , SAN MARCO
ARGENTANO ) e FIDAS centro di articolazione di San Marco Argentano di cui fa
parte dell’Unita’ di Raccolta di Paola afferiscono alle competenze del Servizio
Trasfusionale di Castrovillari.

1.4 ) ATTIVITA’

L'equipe di professionisti di questa struttura dipartimentale si occupa di:

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raccolta e produzione emocomponenti a scopo trasfusionale da donazioni di

sangue , validazione, produzione, assegnazione e distribuzione emocomponenti


con attività diagnostica di laboratorio immunoematologico e
attività di medicina trasfusionale
emovigilanza. Inoltre viene eseguita una selezione del donatore tramite
questionario, anamnesi e visita medica per la
Raccolta di Sangue intero dove viene inviato presso la sede centrale
dell’Azienda Ospedaliera di Cosenza dove viene eseguito la lavorazione dei
singoli emocomponenti.Inoltre la Raccolta di emocomponenti mediante aferesi
produttiva Autotrasfusione . L’emodiluizione mediante Salasso Terapeutico:
Pz esterni che necessitano di una procedura di Salasso Terapeutico per le

seguenti patologie quali : Poliglobulia primitiva e/o secondaria, Iperferritinemia


primitiva e/o secondaria, previa indicazione di uno specialista e/o del Medico di
Medicina Generale (MMG) Al primo accesso il paziente, munito dell’impegnativa
del MMG per Salasso+Visita ematologica, devono portare un recente
Elettrocardiogramma (al massimo di 2 mesi) e la propria documentazione
clinica con gli ultimi esami eseguiti; lo stesso paziente può fare una leggera
colazione.
Per i pz ricoverati, il Medico di Reparto può prenotare il salasso terapeutico al
letto del paziente (che avverrà a cura del Medico Trasfusionista ) .

1.5)PRODUZIONE,VALIDAZIONE,ASSEGNAZIONE E DISTRIBUZIONE
EMOCOMPONENTI

La validazione: viene eseguito presso il SIT di Cosenza e consiste


nell’esecuzione di esami previsti dalla legge per poter utilizzare e trasfondere il
sangue donato in tutta sicurezza . Questi esami prevedono la ricerca nel
donatore di infezioni virali (HIV RNA, HCV RNA, HBV DNA ) HBsAg , HCV
Ab ,HIV Ag, HIV ½ Ab e della Sifilide .

La tipizzazione eritrocitaria (gruppo sanguigno ABO ed Rh,il Fenotipo e la


ricerca anticorpi irregolari quali Coombs diretto e indiretto ).

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Assegnazione e distribuzione: valutazione e consulenza per gli emocomponenti
richiesti e prove di compatibilita’ .

Dalla sede centrale SIT di Cosenza vengono inviate le unita’ di emazie


concentrate a secondo del fabbisogno ospedaliero e dell’utenza esterna .
Poi vengono eseguiti opportuni test (gruppo sanguigno Rh fenotipo , Coombs e
prove di compatibilità) gli emocomponenti vengono assegnati a uno specifico
paziente e rilasciati in regime ordinario (programmato) o di
urgenza/emergenza nelle U.O. dell’ Ospedale e/o ai pazienti domiciliari con la
documentazione per la relativa tracciabilita’.Il plasma prodotto dall’Unita’ di
SIT di Castrovillari viene inviato all’Industria Farmaceutica convenzionata per
la produzione di emoderivati (ad es. albumina, immunoglobuline,fattoreVIII.

1.6 ) TRASPORTO DELLE U.DI SANGUE .

Un altro aspetto importante che viene affrontato dal C.T. e’ dato dal
“trasporto” di sangue o di emocomponenti al di fuori della struttura
trasfusionale. Le unità donate nei ST e nei punti di raccolta ad essi collegati del
territorio afferente verso le varie unita’ operative .
Le unità di emocomponenti distribuiti tra ST del DIAN . Le provette contenenti
campioni biologici di donatori o aspiranti tali dai ST e de punti di raccolta ad
essi collegati del territorio afferente al DIAN.Il Responsabile e/o il coordinatore
assicura ed attiva le procedure per il trasporto dei campioni biologici facendo
intervenire i vari autisti deputati al trasporto del sangue
dell’Azienda/Associazione che svolgeranno il trasporto .

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1.7)DIAGNOSTICA DI LABORATORIO
La diagnostica di laboratorio a favore di pazienti interni, esterni e donatori si
articola sui seguenti settori:Immunoematologia: gruppi sanguigni, ricerca
anticorpi anti-eritrocitari e compatibilità pre-trasfusionale.
Virologia: quali ricerca di infezioni virali da HBV DNA, HCV RNA , HIV RNA con

metodi sierologici e di biologia molecolare.


Il Controllo di Qualità Emocomponenti viene eseguito con Confidence della
ORTHO : ha lo scopo, mediante l’esecuzione di specifici test di controllo di
laboratorio, di verificare la qualità degli emocomponenti prodotti al fine di
assicurare una terapia trasfusionale sicura,sensibile,ed efficace.

1.8MEDICINATRASFUSIONALE

Prestazioni Ambulatoriali di Terapia Trasfusionale: I pazienti esterni che


necessitano di supporto trasfusionale in regime ambulatoriale previa
indicazione di uno specialista e/o del MMG possono prenotare la Trasfusione
L' ambulatorio Trasfusionale si trova all’interno del Servizio Trasfusionale .
Il giorno dell’appuntamento il paziente ,che può fare una leggera colazione,
deve essere munito dell’impegnativa del MMG per Trasfusione+ Visita
Ematologica.
Le prestazioni Ambulatoriali per Aferesi Terapeutica
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I pz esterni affetti da Patologie Neurologiche, Ematologiche,etc...che
necessitano in regime Ambulatoriale di procedure di Aferesi Terapeutica, previa
indicazione

di uno specialista, possono prenotare la procedura


L’attività viene svolta presso l’Ambulatorio Trasfusionale
Il giorno dell’appuntamento il paziente, munito dell’impegnativa del MMG per
Plasmaferesi Terapeutica+Visita Ematologica, deve portare la documentazione
clinica, può fare una leggera colazione.
L’Ambulatorio per la diagnosi e cura delle anemie ferro carenziali mediante

terapia parenterale :
I pz affetti da anemia da carenza di ferro o da carenza latente di ferro possono
prenotare la visita telefonando e parlando direttamente con il responsabile

Al primo appuntamento il paziente, munito dell’impegnativa del MMG per Visita


Ematologica, deve portare la documentazione clinica ed un emocromo+ferritina
sideremia e trasferina di recente esecuzione (al massimo 15-20 gg) per avere
un quadro completo marziale aggiornato .

Per tutte le prestazione il paziente deve dare il consenso informato .

Per eventuale richieste di sacche di emocomponenti occorre per la tutela e la


sicurezza del paziente ma anche per la tracciabilita’ le firme del medico
richiedente dell’infermiere esecutore sull’eventuali provette e sull’eventuale
richieste in cartaceo per l’esecuzione dei vari test la firma del tecnico che
accetta e del medico che valida , fino alla firma dell’ operatore socio sanitario
che trasporta le suddette sacche dal SIT all’U.O. infine si eseguono i test di
compatibilità sul donatore e ricevente e dopo l’esecuzione della trasfusione
viene consegnato il modulo di avvenuta trasfusione senza eventuali incidenti .

1.9)CERTIFICAZIONI
Su richiesta del donatore può essere rilasciata attestazione della presenza

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presso la struttura,per gli usi consentiti dalla legge .

1.10)SEGNALAZIONI

Il Servizio Trasfusionale garantisce la funzione di tutela nei confronti del


cittadino anche attraverso la possibilità di sporgere reclamo a seguito di
disservizio rispetto a quanto contenuto nella presente guida ai servizi, o in
seguito ad atti o comportamenti che abbiano negato o limitato i servizi offerti.
L'utente, donatore o paziente, che intenda sporgere reclamo o fornire
segnalazioni o suggerimenti può compilare l'apposita scheda di reclamo
(disponibile presso la sala d'attesa . La scheda va quindi inserita nell'apposita
cassetta delle lettere presente in sala d'attesa oppure consegnate direttamente
al personale del Centro Trasfusionale che provvederà all’inoltro al Direttore
della Struttura , la sala donazione e l’ Ambulatorio Trasfusionale sono situati
dentro il Servizio Trasfusionale .

Per la donazione occorre fare visita specialistica , in caso di idoneita’


all’accettazione dopo aver controllato i vari esami si procede alla donazione del
sangue .

ORARI

Per la donazione e consegna campioni biologici: dal lunedì al Sabato dalle ore
8,00 – 12,00;

Per le consegne referti dalle ore 12.00 alle ore 14.00

Per i pazienti sono a disposizione servizi igienici separati da quelli del personale
e i disabili possono utilizzare WC adatti alla loro disabilita’ , inoltre possono
utilizzare la sala d’attesa e di ristoro .
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Per i pazienti per i quali il medico curante abbia richiesto la prestazione con

urgenza , le modalità e l’orario di accesso non cambiano .

Le raccomandazioni :

Le sacche di sangue per i pazienti esterni devono essere trasportati tramite


contenitore frigorifero termostato e con un segnalatore di temperatura
(SPYLOG) e la sudette devono essere a 4 gradi , i centri di raccolta mobile e il
trasporto del sangue devono essere anch’essi trasportati a temperatura di 4
gradi con i rispettivi moduli di verbale di trasporto di emocomponenti .

1.11)MODALITA’ DI EROGAZIONE DEL SERVIZIO AI PAZIENTI


INTERNI

Il servizio è assicurato 24 su 24 mediante la reperibilita’ del turno notturno e


della guardia attiva del turno diurno .

1.12) CENNI SUL SISTRA

Il SISTRA è lo strumento della rete informativa nazionale dei Servizi


Trasfusionali , coordinata e supportata dal CNS ( Centro Nazionale del
Sangue ), offre il quadro delle attività della rete trasfusionale italiana e
risponde pienamente ai requisiti operativi necessari per stabilire i rapporti
funzionali interregionali e con il CNS previsti dalle normative vigenti, anche di
matrice europea. L’introduzione di nuovi e più stringenti controlli al momento
dell’immissione dei dati dovrebbe consentire la produzione dei prossimi
rapporti in tempi brevi.
Dal 2010, l’Accordo Stato-Regioni per la mobilità sanitaria interregionale ha
identificato il CNS come coordinatore per gli scambi interregionali degli

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emocomponenti labili; pertanto, è stata creata un’area del SISTRA dedicata
esclusiva

mente ai coordinatori regionali che è diventando lo strumento in grado di


produrre la matrice economica definitiva presentata annualmente al tavolo
della mobilità sanitaria.
Le SRC ( Le Strutture Regionali di Coordinamento ) , sono individuate dalle
Regioni per garantire il coordinamento intraregionale e interregionale delle
attività trasfusionali, dei flussi di scambio e di compensazione.

Effettuano il monitoraggio per il raggiungimento degli obiettivi previsti dalla


legge 219/2005 su qualità, sicurezza e autosufficienza di sangue.
Con l’accordo Stato Regioni 13 ottobre 2011 sono state dettagliate le
“Caratteristiche e funzioni delle Strutture regionali di coordinamento (SRC) per
le attività trasfusionali”. Le Strutture regionali di coordinamento sono quindi
strutture tecnico organizzative della Regione o Provincia Autonoma che
garantiscono lo svolgimento delle attività di supporto alla programmazione
regionale in materia di attività trasfusionali e di coordinamento e controllo
tecnico-scientifico della rete trasfusionale regionale, in sinergia con il Centro
Nazionale Sangue.Tuttavia l’inserimento e la validazione dei dati inerenti alle
attività trasfusionali costituiscono per le SRC una parte degli obiettivi legati
all’erogazione dei finanziamenti previsti dalla legge 219/2005 (2) e dai decreti
legislativi 207 (31) e 208 del 2007 (12), destinati alle Regioni e alle PA.

Le unità di raccolta, identificate dall’attuale normativa come le strutture fisse o


mobili deputate alla raccolta di sangue e di emocomponenti, sono gestite dalle
associazioni e federazioni di volontariato; queste strutture, come gli ST,
devono essere autorizzate e accreditate. L’attuale disomogenea applicazione
sul territorio nazionale di criteri uniformi cogenti per le UdR emerge anche
dalla eterogeneità e dalla difficoltà di rilevazione delle informazioni. Le

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informazioni relative alle UdR richieste in SISTRA sono state fornite, infatti, in
modo parziale ed eterogeneo.
L’incremento del sottoinsieme dei donatori in aferesi è indice di flessibilità e
diversificazione della raccolta e di risposta positiva agli obiettivi di produzione
del plasma da inviare alla lavorazione farmaceutica. I donatori in aferesi che
donano anche sangue intero sono prevalentemente maschi mentre le donatrici
femmine sono prevalentemente dedicate all’aferesi. Le procedure di raccolta
effettuate hanno garantito la copertura del fabbisogno nazionale. Tuttavia,
persiste una variabilità infra-annuale dei volumi di raccolta con conseguente
riduzione delle scorte nel periodo estivo o in concomitanza con fluttuazioni non
prevedibili dei consumi clinici o con eventi straordinari.
L’appropriato utilizzo del sangue è testimoniato da valori inferiori a 40 unità di
globuli rossi trasfuse per mille unità di popolazione. L’incremento del 4,7%
nella produzione delle unità di globuli rossi, rispetto alla rilevazione del 2009, e
la sostanziale stabilità della percentuale delle unità non utilizzate rispetto a
quelle prodotte, indica un miglioramento complessivo della gestione delle
risorse del
sistema sangue, ascrivibile anche all’adozione di programmi di autosufficienza
annuali attuata .
Si è registrato anche un incremento della quantità di plasma avviato alla
lavorazione industriale per la produzione di medicinali plasmaderivati. Tuttavia,
il grado di autosufficienza per questi farmaci è variabile in base alla tipologia di
plasmaderivato e al contesto regionale di riferimento .
I pazienti sono trasfusi prevalentemente presso i reparti di chirurgia, oncologia
ed ematologia e solo in minima parte presso gli ST; dal 2011, i dati rilevati
includono anche la tipologia di emocomponente trasfuso al singolo paziente,
conformemente alle direttive europee . Rapporti ISTISAN 14/25 40 Gli ST
producono anche emocomponenti utilizzati per uso topico, come il gel di
piastrine e la colla di fibrina, impiegati ormai da molti anni in chirurgia orale,
maxillo-facciale, ortopedica, oculistica, cardiovascolare, toracica e in
neurochirurgia . I dati riguardanti la donazione autologa ad uso trasfusionale
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indicano che l’utilizzo di questa pratica va progressivamente razionalizzandosi.

Permane, tuttavia, un ampio margine di miglioramento della compliance alle


limitatissime

indicazioni al predeposito di sangue autologo indicate da linee guida


internazionali .

1.13) CONCLUSIONE SULL’ATTIVITA’ PRATICA DELLA NUOVA FIGURA


DI MANAGEMENT COME COORDINATORE DEL SERVIZIO DI
IMMUNOTRASFUSIONALE DEL P.O. DI CASTROVILLARI .

Anche nel C.T. DI Castrovillari assume particolare rilievo, sia da un punto di


vista sanitario che socio-professionale, la figura dei Coordinatori sia del
comparto che nell’area dirigenziale . Il ruolo dei vari coordinatori, in definitiva,
è quello di integrare e collaborare , partecipare alla definizione degli obiettivi
dell’unità operativa, verificando il fabbisogno di tutte le risorse, con l’ulteriore
compito programmare l’inserimento del nuovo personale anche mediante la

collaborazione dei tutor , nonché di tecnologie quali analizzatori di ultima


generazione applicate al funzionamento del SIT ed all’analisi dei dati. Inoltre
essi hanno il compito di promuovere e valutare la qualità dell’assistenza ,
umanizzando la stessa e garantendo, così, una maggiore tutela dei diritti dei
cittadini.

In questo modo si realizza sia l’affermazione della dignità e centralità della


persona, sia l’affermazione dei professionisti come coloro che sono capaci di
rispondere ai bisogni del paziente, garantendo nel rispetto delle conoscenze
tecnico-scientifiche attuali la risoluzione più appropriata.
A mio parere solamente “chi ha un progetto per la persona “, può pensare,
pianificare, gestire una vera organizzazione per obiettivi con la :
24
Partecipazione alla definizione degli obiettivi dell’unità operativa o sezione
funzionale,loro diffusione e valutazione dei risultati;

Verifica del fabbisogno delle risorse tecniche, infermieristiche e ausiliare in


relazione ai bisogni d’assistenza;

Programmazione, inserimento e valutazione del personale tecnico,


infermieristico ed ausiliario nell’unità operativa di competenza;

Definizione in equipé dei piani di lavoro e relativa supervisione;

Implementazione di modelli organizzativi assistenziali per obiettivi e relativi


strumenti informativi;

Programmazione, gestione e controllo delle risorse materiali e professionali


nell’ambito del budget economico di competenza;

Controllo dei servizi in gestione appaltata, sulla base degli indicatori prefissati;

Promozione e valutazione della qualità dell’assistenza infermieristica, anche in


relazione al progetto “Qualità” aziendale;

Umanizzazione dell’assistenza, tutela dei diritti dei cittadini e relazioni con gli

organi specifici di volontariato;

Supervisione dell’attività formativa tecnico – pratica rivolta agli studenti tecnici


ed infermieri;

Individuazione e programmazione del bisogno formativo del personale


assegnato e valutazione dei risultati a medio e lungo termine anche in
relazione allo sviluppo professionale;

conto della razionale distribuzione delle risorse umane e delle competenze


specifiche dei singoli operatori, progetto ed implementano programmi di
inserimento del personale , favoriscono la coesione del gruppo stimolando la
responsabilizzazione professionale ed organizzativa, il senso di appartenenza,
organizzano

25
riunione informative del personale, risolvono i conflitti interni al gruppo,
favoriscono la continuità e l’omogeneità del processo tecnico – assistenziale,
individuano e promuovono sistemi di motivazione del personale coinvolgendo
nella realizzazione di obiettivi aziendali;Sono ognuno in relazione al proprio
ruolo responsabile della gestione della statistica di tutti gli strumenti
informativi atti a regolamentare e gestire le attività dell’unità organizzativa
( piani di lavoro, procedure, ecc.);

Promuovono l’introduzione e l’empletamento di nuove tecnologie e tecniche


correlate ai diversi modelli organizzativi e professionali di erogazione delle
prestazioni;Assicurano la conservazione e la manutenzione di apparecchiature,
la previsione di consumo e la disponibilità;

Sono responsabili dell’equipè di riferimento del processo di ricerca


dell’efficacia delle prestazione, della trasmissione e comunicazione di tale
obbiettivo a livello delle risorse umane rispondendo in prima persona
dell’efficacia ed efficienza organizzativa e sviluppando modelli di erogazione
tecnico assistenziali tesi verso

l’efficacia e l’assistenza delle prestazioni. Infine il ruolo del management è, in


questo contesto, di facilitatore e promotore della metodologia che presuppone
un cambiamento culturale laddove non è ancora stato raggiunto.

È compito del management quindi, sostenere un’etica del lavoro come


rivalutazione della specificità e della dimensione qualitativa dell’esperienza
individuale nel proprio lavoro inteso e vissuto come risorsa per se stessi e per
tutti coloro che ai diversi livelli contribuiscono a perseguire i principi della
politica della Salute. Tale processo comporta la creazione di un clima lavorativo
nel quale aumenti la competitività “positiva” legata ad un miglioramento del
contenuto del lavoro, ad un arricchimento delle competenze professionali, ad
una liberazione delle capacità creative ed innovative.

26
CAPITOLO SECONDO
2.1)ASPETTO GIURIDICO DELLA NUOVA FIGURA DI MANAGEMENT

NELL’EVOLUZIONE DELL’AZIENDE SANITARIE .

Secondo il pensiero di Max Weber il modello tradizionale burocratico, noto


anche come old public administration , è stato dominante alle riforme iniziate
alla metà degli anni ’70 nelle pubbliche amministrazioni.
Come è noto, il focus centrale nella teoria weberiana è il ruolo del sistema
normativo finalizzato a disciplinare in modo puntuale l’attività delle
amministrazioni e le decisioni assunte dai dirigenti nell’impiego di fondi pubblici
La norma è vista come condizione necessaria per la concreta attuazione del
controllo democratico sull’operato dei dirigenti, nonché strumento essenziale
per ridurne gli spazi di discrezionalità e per la “spersonalizzazione” del ruolo
dei burocrati .
Nondimeno, nell’impostazione classica assume fondamentale rilevanza la
gerarchia come elemento basilare del sistema di governance, in accordo con le
ipotesi di Weber inerenti al predominio del potere di tipo razionale quale fonte
di legittimazione per lo sviluppo di relazioni di tipo gerarchico .
La burocrazia organizzata, pertanto, si fonda su un insieme di condizioni che
regolano l’equilibrio tra norme e gerarchia, tra cui assumono fondamentale
rilevanza l’esercizio di funzioni vincolate alla regolamentazione normativa e la
definizione dell’insieme di doveri e dei poteri posti al vertice della piramide
gerarchica .
Le peculiarità dei processi decisionali nel settore pubblico hanno condotto allo
studio dei rapporti tra gli organi politici, legittimati a decidere con il mandato
dei cittadini attraverso il voto, ed i burocrati, legati alle amministrazioni
pubbliche da rapporti di lavoro di tipo subordinato ed impegnati a declinare le
linee di indirizzo politico in azioni, entro i confini tracciati dalle norme e dai
regolamenti .
In conclusione si puo’ affermare che dalle teorie di Max Weber la burocrazia”
è lungi dall’essere “il male” ma rappresenta lo strumento fondamentale di

27
governo delle politiche pubbliche di uno Stato moderno e che da essa, non solo
non si può’ prescindere, ma su di essa si genera l’indispensabile stimolo di
crescita economica e civile di una comunità’, nonché di innovazione
tecnologica.
Inoltre la continua ricerca di migliorare la performance del settore pubblico
rappresenta un tema da molto tempo al centro del dibattito politico, sociale ed
economico .
Le politiche sviluppate per la riorganizzazione e l’introduzione di nuove
modalità di governo sono la testimonianza di un ampio processo di
trasformazione diretto a realizzare l’innalzamento dei livelli di efficienza
operativa e della qualità dei servizi, in presenza di crescenti vincoli necessari
per il controllo della spesa pubblica .
Il new public management (NPM) ha, quindi, introdotto nelle amministrazioni
pubbliche principi di governo aziendale, ampliando la sfera di responsabilità dei
dirigenti e definendo una nuova figura di manager pubblico .
Tali principi sono stati supportati da modifiche negli assetti e nei meccanismi
organizzativi, dalla ampia diffusione di funzioni e tecniche di gestione
aziendale.
La burocrazia organizzata, pertanto, si fonda su un insieme di condizioni che
regolano l’equilibrio tra norme e gerarchia, tra cui assumono fondamentale
rilevanza l’esercizio di funzioni vincolate alla regolamentazione normativa e la
definizione puntuale dell’insieme di doveri e dei poteri impositivi dei soggetti
posti al vertice della piramide gerarchica .
Le peculiarità dei processi decisionali nel settore pubblico hanno condotto allo
studio dei rapporti tra gli organi politici, legittimati a decidere con il mandato
dei cittadini attraverso il voto, ed i burocrati, legati alle amministrazioni
pubbliche da rapporti di lavoro di tipo subordinato ed impegnati a declinare le
linee di indirizzo politico in azioni, entro i confini tracciati dalle norme e dai
regolamenti.
Il principio di separazione delle responsabilità di ordine politico rispetto a quelle
di natura amministrativa, ha prodotto alle origini una sorta di scissione negli
studi scientifici che ha collocato nel nucleo delle scienze politiche l’analisi delle
politiche pubbliche e, più in generale, dell’attività di governo, lasciando alla
public administration in senso stretto il compito di analizzare le peculiarità
organizzative, gestionali e contabili degli apparati burocratici.

Il dominio delle discipline giuridiche, in particolare del diritto amministrativo, si


accompagna alla diffusione dei principi dello scientific management, con la

28
finalità di individuare regole generali ed universali improntate alla razionalità
tecnica, necessarie per favorire la realizzazione dell’efficienza, dell’efficacia e
dell’equità delle politiche pubbliche.
Alla base del NPM nella prospettiva aziendale è, in primo luogo, la diffusione di
uno stile di management partecipativo e di una figura manageriale visibile,
libera di gestire e chiaramente identificabile nelle scelte, nelle azioni e nelle
responsabilità, al fine di instaurare efficaci relazioni di accountability interne ed
esterne.
Sotto il profilo gestionale, assume assoluto rilievo il controllo dei risultati in
termini di efficienza, efficacia ed outcome, in sostituzione di un controllo
focalizzato esclusivamente sulle procedure, e sull’enfasi crescente sul più
efficiente utilizzo delle risorse, attraverso la riduzione degli sprechi ed il
controllo dei costi.
Dal punto di vista organizzativo, si assiste alla creazione di unità organizzative
snelle, autonome e specializzate, più funzionali e alla realizzazione di superiori
livelli di efficienza .
Si rileva, parallelamente, come lo spostamento del focus della responsabilità
dei dirigenti dalle procedure ai risultati e, parallelamente, l’introduzione di
meccanismi di retribuzione di tipo premiale delineino una figura di dirigente
pubblico la cui funzione non è più limitata alla conoscenza ed alla corretta
osservanza della legge, ma si estende anche all’organizzazione del lavoro e
all’efficienza nell’impiego ottimale delle risorse per la realizzazione di output in
grado di soddisfare i bisogni degli utenti.
In una prospettiva di governance, viene ulteriormente accentuata la
separazione delle scelte e delle responsabilità di natura politica rispetto a
quelle di natura amministrativa, come condizione necessaria per la scissione
degli interessi generali legati al carattere sociale delle missioni istituzionali

perseguite dalle organizzazioni pubbliche, rispetto alle responsabilità del


management sull’utilizzo più corretto delle risorse e sull’efficacia.
La governance della sanità italiana, si basa su tre livelli decisionali:
a) Il livello governativo centrale, cioè lo Stato, che assume funzioni di
coordinamento e di indirizzo generale del sistema sanitario;

29
b) Il livello governativo intermedio, rappresentato dalle Regioni, con funzioni di
indirizzo specifico e di organizzazione;

c) Il livello aziendale, riguardante la produzione dei servizi, attraverso le


funzioni assistenziali assegnate alle aziende sanitarie provinciali (exASL) e alle
aziende ospedaliere (AO).
L’obiettivo principale e’ dato dall’ottenimento dei livelli essenziali di assistenza
(LEA) e dalla ripartizione alle Regioni del Fondo Sanitario Nazionale (FSN) che,
nonostante il più volte annunciato avvento del federalismo fiscale, continua a
rappresentare la principale fonte di alimentazione dei fondi sanitari regionali
(FSR) .
Il governo del sistema è poi demandato alle Regioni e alle Province Autonome,
la cui autonomia in materia sanitaria è finalizzata a favorire la devolution delle
decisioni a carattere organizzativo e gestionale, unitamente alla attribuzione di
specifiche responsabilità finanziarie ed economiche collegate alla gestione dei
servizi.
La definizione dei principi sull’organizzazione del settore e dei servizi,
l’articolazione territoriale delle ASL, la costituzione di aziende ospedaliere
autonome, la localizzazione delle specialità all’interno dei presidi ospedalieri, la
determinazione dei meccanismi di finanziamento, la nomina dei vertici
aziendali, l’approvazione dei bilanci e dei documenti di programmazione delle
aziende sono alcune delle principali azioni nelle quali si concretizza il governo
strategico.
La tutela della salute attraverso la produzione dei servizi è assegnata alle ASP

e alle AO autonome, entrambe definite dal legislatore come aziende dotate di


personalità giuridica ed autonomia imprenditoriale con identico assetto di
governance che conferisce ad un organo monocratico nominato dalla Regione –
il Direttore Generale – coadiuvato dal Direttore Amministrativo e dal Direttore
Sanitario dallo stesso nominati – il potere e le responsabilità aziendali.
Sotto il profilo economico-finanziario, la gestione e, dunque, la responsabilità
dei vertici aziendali è vincolata al pareggio di bilancio e/o dal bilancio attivo ,
30
garantito dall’equilibrio tra ricavi (comprensivi dei trasferimenti regionali) e
costi. Le ASP e AO sono i soggetti ai quali la Regione assegna in via prioritaria
la missione istituzionale di tutela della salute della collettività, con funzioni di
produzione e di assistenza per conto dei propri assistiti .
L’allocazione delle risorse finanziarie dalla Regione alle ASP avviene su base
procapite corretta e per macro-funzioni assistenziali (assistenza ospedaliera,
territoriale e collettiva) e conferisce ad esse il ruolo di fundholder nei confronti
della popolazione assistita.
Alle aziende ospedaliere è invece assegnata una funzione di produzione di
servizi (in regime di ricovero o ambulatoriali), per cui il meccanismo
fondamentale di allocazione delle risorse è collegato alla prestazioni erogate
valorizzate attraverso tariffe regionali specifiche per caso trattato.
In base alla libera scelta dei pazienti le ASP assicurano i LEA attraverso la
produzione diretta di prestazioni tramite le proprie strutture oppure tramite
l’acquisto di prestazioni da terzi produttori accreditati che operano nel sistema
di quasi-mercato regionale o nazionale (altre ASP intra o extraregionali,
aziende ospedaliere intra o extra regionali, istituti di ricovero e cura a carattere
scientifico e tecnologico, strutture private) con i quali instaurano rapporti di
tipo contrattuale .
Ogni sistema di finanziamento determina un campo di rischi e di opportunità
ed è possibile affermare che il comportamento dei manager tende ad allinearsi
agli incentivi impliciti nei meccanismi di finanziamento del mercato economico.

Nel modello generale, le ASP hanno una capacità di spesa annuale


proporzionata, almeno in teoria, ai fabbisogni assistenziali prospettici della
popolazione destinata tanto all’acquisizione dei fattori produttivi di tipo
corrente necessari alla produzione interna di servizi, quanto all’acquisto di
prestazioni sanitarie da terzi per conto dei propri assistiti.
La libertà di scelta dei pazienti può determinare, infatti, la loro migrazione
verso strutture diverse da quelle della ASP di appartenenza. In questi casi, le
scelte effettuate muoveranno le risorse finanziarie dal fundholder (la ASP)

31
verso i produttori (AO, altre ASP oppure cliniche private accreditate) che
operano nel quasi-mercato.
La mobilità in uscita (o passiva) assorbe virtualmente una parte del budget di
spesa assegnato, mentre la mobilità in entrata (o attiva) integra le
assegnazioni regionali. Se le scelte degli utenti fossero razionali, il meccanismo
di allocazione tenderebbe a premiare i produttori migliori, cioè quelli in grado
di offrire servizi di qualità più elevata ed alle condizioni economiche più
vantaggiose, creando efficienza allocativa.
Il quasi-mercato tende di conseguenza a creare spinte concorrenziali
contrapposte tra gli acquirenti di prestazioni, incentivati a contenere le fughe
dei pazienti, e i fornitori di prestazioni, incentivati a potenziare la loro capacità
di attrazione, poiché da questa dipendono i flussi di finanziamento.
In questo scenario, le ASP e le AO hanno, pertanto, differenti problemi
competitivi. Le prime, infatti, sono chiamate a trovare le soluzioni più adeguate
per contenere le fughe di pazienti, evitando comunque, quando possibile, di
ospedalizzare considerato che l’assistenza in regime di ricovero presenta costi
più elevati, dovuti in larga parte alla presenza di servizi alberghieri; le seconde,
finanziate in base alle prestazioni (di ricovero o ambulatoriali) prodotte, sono
naturalmente protese a trovare le soluzioni in grado di migliorare la loro
capacità di attrazione. Il contenimento delle fughe rappresenta evidentemente

un problema critico per il governo economico delle ASP, che appare


particolarmente complesso, in considerazione dei molteplici fattori da cui la
migrazione può dipendere (non sempre legati a standard non adeguati di
servizio) e della scarsa capacità di controllo delle aziende su molti di essi .
L’ampliamento della sfera di autonomia assegnata alle aziende sanitarie
pubbliche si riflette nell’obbligo di realizzare gli obiettivi di salute
salvaguardando l’equilibrio economico-finanziario della gestione.
La responsabilità gestionale assegnata agli organi di governo, infatti, si
concretizza nella realizzazione del pareggio di bilancio, a cui è subordinata la
prosecuzione del mandato del direttore generale nominato dalla Regione e
legato alle aziende da un contratto di lavoro di diritto privato a tempo
32
determinato con scadenza non inferiore a tre anni e non superiore a cinque .
Sotto il profilo della responsabilità, il direttore generale ha il compito di
verificare la corretta ed economica gestione delle risorse, nonché l’imparzialità
e il buon andamento dell’azione amministrativa .
Le Regioni determinano i criteri di valutazione dell’operato dei manager, con
riferimento specifico agli obiettivi di salute assegnati in sede di
programmazione, all’efficienza, all’efficacia e alla funzionalità dei servizi
sanitari , quando ricorrano gravi motivi o la gestione presenti una situazione di
grave disavanzo o in caso di violazione di leggi o del principio di buon
andamento e di imparzialità dell’amministrazione, la regione risolve il contratto
dichiarando la decadenza del direttore generale e provvede alla sua
sostituzione”.
La previsione di un organo di governo monocratico costituisce la risposta
all’esigenza di separare le responsabilità politiche da quelle gestionali e trova il
suo fondamento nel riconoscimento all’interno del SSN della dimensione
politica e di quella aziendale che riguarda le funzioni di produzione dei servizi e
di amministrazione affidate alla dirigenza, la quale è valutata in relazione alla

capacità di realizzare gli obiettivi di salute salvaguardando l’economicità della


gestione.
L’autonomia organizzativa si esplica nella possibilità di definire, nell’ambito
delle funzioni assistenziali assegnate, le modalità di architettura e
organizzazione dei servizi ritenute più idonee; l’autonomia patrimoniale si
sostanzia nel possesso di proprio patrimonio e nella possibilità di attuare,
anche tramite alienazione, opportune azioni di valorizzazione; l’autonomia
contabile indica la presenza di un proprio sistema informativo-contabile
(contabilità generale, analitica, bilancio e documenti di programmazione);
l’autonomia gestionale si sostanzia nella previsione di propri organi di governo
a cui è demandata la responsabilità di effettuare scelte strategiche e gestionali,
entro i limiti dettati dalle norme di legge e dagli indirizzi regionali; l’autonomia
tecnica, infine, può essere interpretata come facoltà di scelta delle modalità di
organizzazione dei processi produttivi, nell’ambito delle linee guida e dei

33
percorsi assistenziali definiti a livello politico e professionale.
La trasformazione aziendale deve essere necessariamente inquadrata e
valutata alla luce dei vincoli che caratterizzano l’operato delle aziende
sanitarie, primo tra i quali la funzione sociale di tutela della salute contenuta
nella missione istituzionale delle aziende sanitarie pubbliche, che impone ad
esse di garantire gli obiettivi di salute definiti in sede di programmazione e
specificati operativamente nella definizione dei LEA. I più significativi margini di
manovra sembrano limitarsi principalmente alle modalità di organizzazione e
funzionamento dei servizi (localizzazione, accentramento, decentramento,
accorpamento, ridimensionamento, espansione, ecc.).
La Regione traccia, inoltre, i confini geografici (cioè i bacini di utenza
potenziale) in cui possono muover- si le ASP attraverso la definizione dei
rispettivi ambiti territoriali, nonché quelli economico-finanziari attraverso
l’assegnazione in sede di programmazione dei trasferimenti necessari a
finanziare la gestione. In particolare, i trasferimenti a quota capitaria, che

definiscono la capacità di spesa prospettica annuale delle ASP commisurata ai


fabbisogni assistenziali stimati della popolazione, sono destinati a coprire il
fabbisogno finanziario dell’esercizio generato dalla gestione corrente
(personale, servizi, farmaci, materiale sanitario, prestazioni esterne, ecc.), ma
non includono la remunerazione delle componenti di costo “non monetarie”
(ammortamenti delle immobilizzazioni e accantonamenti). Non possono,
altresì, essere utilizzati per la copertura finanziaria degli investimenti di lungo
termine, garantita invece dall’erogazione di contributi in conto capitale.
Le risorse assegnate alle ASP hanno, inoltre, un vincolo di destinazione definito
dai criteri regionali di riparto della spesa per macro-livelli di assistenza .

2.2)IL MANAGER QUALE LEADERSCHIP MOTIVANTE .

34
La definizione di leadership implica un processo di influenza fra un leader e i
seguaci in ordine al raggiungimento degli obiettivi di un gruppo, di
un’organizzazione o di una società” . Questa formulazione mette in evidenza
“che la natura della leadership è propriamente relazionale , che il suo valore
autentico consiste nell’aver successo grazie all’alleanza positiva e creativa con
l’altro” : in altri termini, il leader è colui che riesce a sollecitare ed a motivare
le persone con cui entra in rapporto, spingendole a mettere insieme le proprie
risorse e ad agire per ottenere un risultato comune.
La definizione riportata non va considerata come un punto di arrivo, ma
costituisce piuttosto un punto di partenza: infatti, occorre chiedersi quali
condizioni rendano possibile il processo di influenza tra il leader ed i seguaci o
follower, quali caratteristiche possa assumere tale dinamica e da quali fattori
essa dipenda.
La leadership nei team La storia ci mostra come sia di fondamentale
importanza che gli individui appartenenti ad un gruppo si identifichino con la
persona posta al loro comando. Questo concetto, che può risultare semplice
nella vita quotidiana, risulta di vitale importanza all’interno delle dinamiche che
governano l’ambiente di team.
Il leader deve essere riconosciuto in qualità di “capo”, in modo da mantenere

compatto e coeso l’organico, ponendo fine ad eventuali discussioni interne, e


funzionando da ponte di collegamento tra la realtà aziendale e lo stesso team.
A questo, si possono aggiungere le competenze manageriali di gestione
dell’attività del team, nonché di definizione di un sistema premiante attuato
tramite una valutazione delle prestazioni di ogni singolo dipendente e le
successive possibilità di avanzamento di carriera.
Il futuro del leader è strettamente correlato alla prestazione del suo team. Il
leader deve essere in grado di gestire relazioni anche al di là dei semplici
confini organizzativi, soprattutto nei team, i quali hanno bisogno di poter
raccogliere informazioni e acquisire risorse tanto all’interno quanto all’esterno
dell’impresa.
La leadership deve essere misurata e valutata in base alla tipologia del team:
spostandoci dalla configurazione funzionale a quella autonoma, il soggetto
investito della funzione di comando deve dimostrare un sempre più elevato
livello di esperienza e prestigio all’interno, così da poter godere di fiducia da
parte di tutti gli individui facenti parti dell’azienda.
All’interno delle organizzazioni, la leadership ha un valore critico nella

35
formazione di un contesto culturale in grado di incentivare l’innovazione per
stabilire quella struttura, strategia e sistema organizzativo in grado di facilitare
l’innovazione.
Hackman (1984) affermava che «un’azienda in cui il contesto organizzativo
non supporti l’innovazione puo’ facilmente minare i progetti positivi proposti da
qualsiasi team ben costruito .
Inoltre J hackman e GR Oldham propongono un modello che specifica le
condizioni in base alle quali le persone saranno continuamente ed
internamente motivati a svolgere in maniere efficiente il proprio lavoro .
Tale modello si concentra sull’interazione di tre variabili ;1)gli stati psicologici
delle persone che devono essere continuamente presenti affinche’ si
sviluppino comportamenti lavorativi motivati internamente; 2)le caratteristiche
dei lavori che possono creare questi stati psicologici;3)i vari caratteri degli
individui che determinano quanto positivamente una persona rispondera’ a un
lavoro complesso e stimolante .
Tale modello è stato testato su piu’ dipendenti dove e’ stato confermato la
validita’ .Inoltre e’ stato discusso le valutazioni dei progetti nell’ambito
lavorativo .

In quest’ottica che il leader deve riuscire a creare una struttura organizzativa


in grado di supportare le funzionalità del proprio team.
Uno dei possibili problemi strategici è quello di dover creare un'infrastruttura
che sia favorevole all'innovazione e allo sviluppo del lavoro in team .
L'implicazione che ne consegue è che senza l'intervento della leadership, i
membri dell'organizzazione focalizzano l’attenzione verso le attività di routine e
non verso le attività preposte per i processi innovativi.
Barnard Chester, nel 1938, evidenziò come molto spesso le finalità delle
persone non coincidono con quelle dell’organizzazione, occorre che qualcuno
provveda, attraverso una efficace azione, a guidare e gestire l’organizzazione
in modo da sviluppare e assicurare comportamenti cooperativi.
Nell’epoca della globalizzazione delle attività e degli individui, risulta
fondamentale, soprattutto all’interno delle imprese costruire condizioni
organizzative e processi adeguati per incentivare la rimozioni degli ostacoli alla
cooperazione e dei contrasti fra diversi obiettivi e valori.
In tale complessa finalità che va delineato il «centro dell’azione del
management e della responsabilita’ di chi guida l’organizzazione, un centro che
modifica le modalità di controllo sociale».
36
In conclusione a mio giudizio questa responsabilità può essere schematizzata
in quattro fattori chiave:
a) definire la missione istituzionale;
b) adottare la struttura e il sistema organizzativo per raggiungere il fine
prefissato;
c) difendere l’integrità del gruppo;
d) mitigare i conflitti interni.
Si può chiaramente comprendere come la leadership attuale sia fondata più su
valori e principi piuttosto che su attività su azione organizzativa e su metodi e
tecniche .
Inoltre la leadership ha a che fare più con temi come l’etica della persona, i
valori e i principi piuttosto che con la gestione e con le regole.
Questa tipologia di leadership può essere considerata come virtuosa e si
contrappone alla leadership formale fondata sull’autorità.
Questa definizione può essere applicata sia al manager di un team, sia al
vertice aziendale che deve gestire una moltitudine di individui. Il concetto che
può essere ricavato da questa definizione è il fatto che il leader deve
trasmettere e infondere valori a tutti gli individui che interagiscono all’interno o
all’esterno del contesto aziendale.
In questo modo, l’individuo si sentirà partecipe di un progetto di lungo periodo
e questo avrà l’effetto di aumentare l’integrità del gruppo. Il leader deve,
quindi, andare al di là della semplice funzione del comando formale, ma
piuttosto si deve caratterizzare per una social integration con la “vita”
organizzativa. La leadership si viene ad identificare come uno degli elementi
basilari nei team, ma risulta anche quello maggiormente discusso.
È fondamentale non incorrere nell’errore di considerare l’outcome finale del
team, il successo nell’ottenimento degli obiettivi come variabili dipendenti da
un solo individuo.
La figura del team leader può essere identificata come l’elemento centrale per
creare una maggiore gestione e coordinamento dei comportamenti dei singoli
individui. La complessità e l’ambiguità che i team sono per loro natura
caratterizzati, rendono poco probabile che tutte le uniche chiavi di successo
delle diverse funzioni che una leadership richiede siano accentrate in un unico
leader: si dà origine, quindi, alla cosiddetta leadership condivisa .
Secondo questo approccio, se la caratteristica peculiare della leadership è
identificabile nella capacità di influenzare i comportamenti degli individui, è
facile comprendere come quanto più i membri riescano ad esercitare tale stile
comportamentale all’interno di un unico team, tanto maggiore sarà il numero
delle fonti di influenza che si verranno ad identificare; in questo senso, quindi,
si parla di leadership condivisa. Nel caso di team caratterizzati da elevati gradi
di leadership condivisa, si verificherà una rotazione nel tempo della figura del
leader, così da poter far leva su opinioni diverse durante il ciclo di vita di un
team.
Generalmente la rotazione avviene in base ad un preciso adattamento del team
37
alla situazione o problematica che si viene a realizzare. Nella formazione e
creazione del team, quindi, risulta fondamentale la selezione dell’individuo da
porre a capo del team, così come risulti utile scegliere team member in grado
di adattare le proprie caratteristiche di leader sostenendo e motivando lo stile
corrente, o al contrario di proporlo quando le situazione ne permetta una sua
modificazione.
Si possono identificare tre differenti stili di leadership che possono essere
adottate da un manager nella gestione di un gruppo di individui, in particolare
per quanto concerne il processo decisionale. - Stile autocratico. Nello stile
autocratico, il leader prende le decisioni senza consultarsi con gli altri, tenendo
in considerazione la sua visione del problema. La decisione viene presa senza
alcuna forma di consultazione con altri individui, risultando focalizzata al solo
livello individuale del manager.
Uno stile autocratico risulta efficiente quando la decisione non cambierebbe a
seguito dell’introduzione di nuovi inputs, o punti di vista differenti, e dove la
motivazione delle persone necessaria per svolgere le azioni successive non
risentirebbe del coinvolgimento o meno all’interno del processo decisionale.
Nello stile democratico, il leader cerca di coinvolge le persone nel processo
decisionale, affinché ogni individuo possa esprimere la propria opinione.
In questo caso il processo decisionale risulta essere condiviso, anche se la
decisione finale rimane compito esclusivo del leader.
Questa tipologia di processo decisionale democratico è generalmente
apprezzata dalla totalità degli individui perché porta ad aumentare il
coinvolgimento nelle decisioni aziendali. Tuttavia, questa tipologia presenta
alcune problematiche quando vi sono una vasta gamma di opinioni differenti e
non vi è la possibilità di raggiungere una decisione definitiva equa che metta in
accordo tutte le parti.
Questa metodologia si concretizza per un coinvolgimento minimo della figura
del leader all’interno del processo decisionale. Questo permette ad singolo
individuo di prendere le proprie decisioni e di scegliere la metodologia più
adatta. Il compito del leader rimane incentrato sulla coordinamento delle varie
figure e sulla valutazione dell’esito finale.
Inoltre, questa tipologia di stili di leadership risulta vincente quando non vi è
necessità di creare un coordinamento centrale e in cui i diversi individui
risultano performanti anche attraverso la metodologia di lavoro autonomo.
Dagli esperimenti effettuati risulta evidente come lo stile di leadership che
risulta maggiormente efficace è la tipologia democratica, in quanto permette
un maggior coinvolgimento e di conseguenza una performance più elevata
degli individui. Se si considera l’ambiente lavorativo dei team, questa tipologia
permette una maggiore flessibilità delle politiche di gestione, adattando i vari
processi a seconda delle esigenze espresse dai lavoratori. Lo stile autocratico,
pur permettendo un maggior coordinamento e controllo non è particolarmente
indicato all’interno di quei team che organizzano la risoluzioni dei progetti
aziendali tramite la condivisione di competenze e lo scambio di opinioni,
38
processo attuabile solo all’interno di un contesto organico .
Queste tre metodologie devono essere inserite all’interno del contesto impresa,
ovvero lo stile di leadership deve adattarsi all’ambiente che lo circonda.
Risulta dunque difficile stabilire quale orientamento è da considerarsi come
maggiormente performante, ma ogni stile si deve modificare o evolvere in base
al contesto in cui è inserito.

Questo presuppone che il manager non sia legato, in maniera vincolante, al


proprio stile di leadership, ma che riesca a trovare la combinazione giusta, tra
stile e caratteristiche, per il raggiungimento dell’obiettivo performance.

In conclusione possiamo riassumere le differenze e/o quella che è una


“Leadership gestionale”, ovvero un’unione dei due ruoli in
maniera sinergica che mira ad un unico obiettivo: il successo aziendale. 

 I dirigenti danno indicazioni I dirigenti fanno domande

 I manager hanno dei subordinati I leader hanno dei seguaci

 I manager usano uno stile autoritario I leader hanno uno stile


motivazionale

 I manager dicono alle persone cosa fare I leader mostrano alle persone
cosa fare

 I manager hanno buone idee I leader implementano buone idee

 I manager reagiscono al cambiamento I leader creano il cambiamento

 I manager cercano di essere eroi I leader fanno degli eroi tutti coloro che
li circondano

 I manager esercitano potere sulle persone I leader sviluppano potere con


le persone
Inoltre bisogna pensare l’uno senza l’altro per vedere veramente le differenze
che esistono tra loro. La gestione senza leadership è un mero controllo delle
risorse da mantenere.
Esistono molti tipi diversi di stili di leadership e di gestione in cui
situazioni, gruppi o culture differenti possono richiedere l’uso di stili diversi per
stabilire una direzione o assicurarsi che venga seguita.
John Kotter, professore di leadership all’Università di Harvard, affermava che
che troppo spesso i datori di lavoro utilizzino i termini come sinonimi. Se
un’organizzazione viene gestita in modo efficace, leadership e gestione
esisteranno in tandem.
39
Il tutoraggio e la formazione formale possono aiutare i dipendenti a
utilizzare e utilizzare le proprie capacità di leadership.
E’ stato visto da una ricerca del Chartered Management Institute, il 90% dei
membri che hanno completato una qualifica di gestione e leadership ha
riscontrato che l’esperienza ha migliorato le proprie prestazioni sul lavoro. C’è
stato anche un “effetto a catena”, con l’81% degli intervistati che ha trasmesso
le proprie conoscenze ai colleghi.
Inoltre non tutti coloro che sono a capo di una squadra sono sia leader che
manager, per avere un’organizzazione di successo, ci deve essere
una combinazione di entrambi ed e’ molto importante guidare e gestire
il team nell’azione e/o operazioni quotidiane e di routine creando un
vantaggio competitivo.

2.3) LA MOTIVAZIONE DELLE PERSONE E IL COMPORTAMENTO


ORGANIZZATIVO
Tra gli anni Quaranta e Sessanta diversi studiosi di management hanno cercato
di spiegare le relazioni che intercorrono tra significato del lavoro, leadership
democratica ed efficienza aziendale, al fine di dimostrare che lavori ricchi di
obiettivi e l’esercizio della leadership non autoritaria sono fattori importanti
nella gestione dell’impresa, in quanto contribuiscono a migliorare il clima
organizzativo, diminuire assenteismo, turnover e conflitti e favorirendo
prestazioni individuali migliori.
L’interesse per la motivazione e il comportamento delle persone nasce quindi
da una nuova consapevolezza: da una parte, la semplice supervisione del
lavoro non è sufficiente, ma occorre intervenire sui comportamenti degli
individui e sulla natura stessa del lavoro; dall’altra, esiste un rapporto di
causa-effetto tra la crescita della personalità dei lavoratori e lo sviluppo
organizzativo dell’impresa.
Prima di affrontare i diversi approcci teorici agli studi sulla motivazione, è
necessario fare alcune considerazioni introduttive alla tematica, evidenziando i
principali aspetti caratterizzanti la motivazione e le modalità con le quali questa
trova una sua dimensione nell’ambito dei comportamenti organizzativi .
Innanzitutto, la motivazione può essere definita come un insieme di forze
psicologiche nell’individuo – tra cui aspettative, abilità, valori, attitudini,
pregiudizi e percezioni legati alla dimensione umana e sociale – che è alla base
di ogni comportamento umano e che quindi guida le azioni volontarie verso un
obiettivo.
È chiaro quindi che motivazione e comportamento sono due elementi distinti:
la motivazione è uno dei fattori di influenza del comportamento; il
40
comportamento rappresenta un punto di arrivo del processo motivazionale ed
è qualcosa di visibile e valutabile mediante i diversi strumenti di misurazione
della performance .
È possibile individuare tre elementi caratterizzanti il comportamento
nell’ambito lavorativo :
— la direzione del comportamento che l’individuo sceglie di tenere per
raggiungere l’obiettivo;
— il livello di impegno utilizzato nello svolgimento del lavoro;
— la persistenza a continuare il lavoro in caso di ostacoli e difficoltà.
La direzione del comportamento indica quale atteggiamento una persona
sceglie di assumere nello svolgimento del proprio compito.
Ogni individuo può infatti prediligere un modo di agire piuttosto che un altro, in
base ad una serie di valutazioni personali e alle circostanze contingenti; in
relazione al clima nell’ambito lavorativo e alla cultura organizzativa,
nell’impresa esistono infatti comportamenti “appropriati” e comportamenti
“inappropriati” che il lavoratore può adottare favorendo o ostacolando il
conseguimento degli obiettivi posti dall’organizzazione .
Il livello di impegno rappresenta la quantità di energia che una persona
impiega per mantenere il comportamento scelto. Non sembra infatti sufficiente
per un’organizzazione motivare i propri dipendenti a tenere comportamenti
funzionali alla realizzazione della performance positiva dell’impresa; è
necessario che le persone siano motivate a perseguire quei comportamenti
funzionali con forza e serietà.
Infine, il livello di persistenza fa riferimento a quanto un individuo è in grado di
continuare a tenere un certo comportamento in modo efficace ed efficiente,
quando si trova ad affrontare gli ostacoli e i problemi che naturalmente
sorgono nel corso dell’attività lavorativa e nell’interazione con colleghi,
superiori e subalterni.
Il fatto che la motivazione aiuti a spiegare come si comportano le persone e
con quanto impegno e perseveranza svolgono il loro lavoro è un aspetto che
non deve essere confuso con la performance. Motivazione e performance sono
due concetti diversi, anche se spesso gli stessi dirigenti, incaricati di sviluppare
la motivazione dei propri collaboratori, tendono a confonderli.
La performance implica la valutazione dei risultati di un certo comportamento,
indicando quanto bene o male un compito è stato svolto ed è spesso vincolata
a standard esterni stabiliti dall’organizzazione e verificati dal management;
la motivazione costituisce invece uno dei principali fattori che sono alla base
della performance.
Esiste pertanto una stretta relazione tra i due aspetti e l’idea diffusa è che una
persona fortemente motivata esegue bene il proprio lavoro.
In realtà, è limitativo considerare soltanto la motivazione come l’elemento
determinante del risultato, dal momento che vi sono numerosi fattori che
intervengono nella definizione della performance, come la personalità e le
abilità tecniche, la difficoltà del compito da svolgere, la disponibilità di risorse
41
tangibili e intangibili e le condizioni lavorative.
Ciò consente di affermare che un elevato livello di motivazione non sempre
garantisce un alto livello di performance;
allo stesso tempo, una buona performance non implica necessariamente che la
motivazione sia alta.
Una persona può quindi svolgere egregiamente il proprio lavoro non tanto
perché è motivata a farlo, ma perché le sue conoscenze e abilità glielo
permettono oppure perché è semplicemente obbligata a svolgere quel lavoro.
Un’altra importante distinzione è quella tra la ragione intrinseca e la ragione
estrinseca alla base della motivazione al lavoro.
Il comportamento che trova la sua energia all’interno dell’individuo è quello
che viene attuato in funzione del lavoro stesso, perché quel determinato
compito costituisce in sé una gratificazione interiore per la persona che lo
svolge e quindi rappresenta la fonte stessa della motivazione.
Le sensazioni positive generate dallo svolgere bene il proprio lavoro danno vita
a un ciclo di motivazione che si autoalimenta ;solitamente i lavoratori che sono
intrinsecamente motivati percepiscono il proprio lavoro come un modo per
realizzare se stessi e per conseguire una maggiore consapevolezza del valore
del proprio operato ; ogni lavoro è dunque basato su diverse “proprietà
distintive” fondamentali :
— varietà delle capacità
– l’entità dell’insieme di abilità e conoscenze richieste al lavoratore;
— identità del compito
– il numero di fasi e attività lavorative in cui il lavoratore è coinvolto;
— significatività del compito
– il grado in cui il lavoro ha impatto nella vita dell’individuo e nel lavoro di altre
persone all’interno e all’esterno dell’organizzazione;
— autonomia
– il grado di libertà concessa alla persona nella determinazione degli orari e
nelle modalità di svolgimento del lavoro;
– la misura in cui lo svolgimento del lavoro fornisce al lavoratore le
informazioni sull’efficacia del suo operato.
Secondo questo approccio, le caratteristiche del lavoro e il modo in cui questo
è strutturato influenzano la motivazione intrinseca; in particolare, è la
percezione del lavoratore relativa alle citate caratteristiche a generare la
motivazione intrinseca e meno importante, ad esempio, è il grado di rilevanza
attribuita al compito lavorativo da parte del supervisore.
Dal momento che esiste una stretta correlazione tra proprietà del lavoro e
motivazione, i dirigenti possono ricorrere a questo modello per incrementare il
livello di soddisfazione dei propri collaboratori, realizzando una riorganizzazione
delle attività lavorative .
La realtà mostra che le persone possono essere intrinsecamente motivate in
certe circostanze ed estrinsecamente motivate in altre; oppure trovare la
motivazione all’azione utilizzando sia la fonte esterna che quella interna
42
(quest’ultimo è forse il caso più frequente).
Per sostenere il livello della motivazione diventa comunque fondamentale per il
capo comprendere la connessione tra il comportamento che viene richiesto ai
subalterni e la ricompensa che questi si aspettano dall’organizzazione a fronte
del lavoro svolto .
A questo proposito, risultano importanti l’utilizzo di incentivi che stimolano la
motivazione estrinseca, da una parte, e l’uso di strumenti incidenti sulla
motivazione intrinseca, dall’altra .
In conclusione gli studi sul comportamento organizzativo, per la loro
multidisciplinarietà, mostrano di avere categorie concettuali e gli strumenti
metodologici per comprendere le determinanti del comportamento delle
persone all’interno delle organizzazioni.
Infatti le organizzazioni sanitarie sono uno dei più fertili campi d'indagine degli
studi di comportamento organizzativo, quindi una gestione efficace del
personale è essenziale per la sopravvivenza dell'organizzazione, considerando
le persone come principale risorsa per la sopravvivenza dell'organizzazione.
Infine possiamo affermare che le tematiche del comportamento organizzativo
quali : qualita, clima, benessere, soddisfazione lavorativa e creatività, sono in
sanita’ elevati con differenti prospettive e si propone ai professionisti di
trasferire la conoscenza per cui le persone si conformano positivamente
all’interno dell'organizzazione e con dei meccanismi di miglioramento delle
proprie prestazioni individuali e collettive.

2.4) RUOLO CARDINE DELLE RISORSE UMANE ,INTEGRAZIONE E


GESTIONE .

Le persone come risorsa strategica nelle Aziende agli inizi degli anni Ottanta, si
è andata sempre più diffondendo la consapevolezza che il lavoratore nelle
Aziende rappresenta una variabile strategica, che non deve essere considerato
un costo quanto piuttosto una risorsa attiva su cui investire e su cui poter
contare alla pari del capitale finanziario e dell'apporto delle tecnologie.
Il lavoratore tende ad essere considerato come una persona, con un suo
sistema di valori e aspettative, ma anche un patrimonio di competenze e di
esperienze: una risorsa per l’organizzazione.
Una risorsa da valorizzare, potenzialmente decisiva per la sopravvivenza e la
crescita delle imprese, fondamentale nell'acquisizione, nel mantenimento e
nello sviluppo del vantaggio competitivo nei confronti dei competitori.
Una risorsa da non prendere in esame solo nella fase attuativa delle strategie
aziendali, ma che, al contrario, deve essere considerata già nella fase di
elaborazione delle strategie. In questa nuova direzione , le relazioni tra le
varie componenti del sistema sono di tipo bidirezionale, di natura non
deterministica e non finalistica .

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In questo modo si pongono le basi per l'elaborazione di una strategia integrata
di direzione delle risorse umane, poiché finalmente le politiche del personale
non sono distinte e separate da quelle organizzative e produttive, ma
interagiscono con esse in modo sinergico ed interattivo .
Sulla base delle sollecitazioni poste da queste ultime considerazioni negli ultimi
decenni la letteratura ha rivolto la sua attenzione a studiare una serie di
variabili ritenute di fondamentale importanza per il successo strategico
dell'impresa:
le connessioni fra attività e strumenti di gestione delle risorse umane e
strategie/strutture aziendali; il coordinamento fra le più tipiche attività
(selezione, valutazione, sviluppo, ricompensa ecc.) e fra strutture/ruoli che
hanno la responsabilità della gestione delle risorse umane; le logiche e i criteri
per la definizione di politiche e la progettazione di strumenti per la
valorizzazione e lo sviluppo delle risorse umane.
Una delle risposte più accreditate all'esigenza da un lato di perseguire una più
stretta connessione fra strategie, strutture aziendali e risorse umane, dall’altro
di ottenere una gestione delle risorse umane integrata, è l'approccio della
gestione strategica delle risorse umane noto come strategie human
remanagement, SHRM.
Il principio fondamentale proprio di tali ultime teorie posto alla base della
letteratura in tema di gestione strategica delle risorse umane è che la
strategia e la struttura organizzativa, per essere efficiente, deve essere
correlata al tipo di ambiente in cui opera l'azienda, ma anche che ad ogni
situazione ambientale e alla correlata strategia corrisponda una specifica
politica e particolari strumenti di gestione delle risorse umane.
Secondo questo schema teorico il capitale umano ha una rilevanza
fondamentale nel raggiungimento degli obiettivi aziendali di business: di
conseguenza il sistema di gestione delle risorse umane riveste un ruolo
fondamentale nella strategia d'impresa.
Il vantaggio competitivo che l'Azienda raggiunge, sarebbe determinato da una
combinazione (irripetibile) di risorse "inimitabili" che dunque conferirebbero
unicità al comportamento dell'impresa medesima; il capitale umano
rappresenta potenzialmente una di queste risorse poiché non è trasferibile in
altre organizzazioni e quindi è difficilmente imitabile.
In questa logica si può affermare che le risorse umane rientrano a pieno titolo
in quelli che sono stati definiti gli invisibili assets.
Si tratta di quelle risorse intangibili come il sapere tecnologico, l'immagine
aziendale, le conoscenze sul mercato e sui concorrenti, che non sono
facilmente quantificabili, trasferibili e acquisibili sul mercato e, pur non
risultando esplicitamente come variabili strategiche dal bilancio economico-
finanziario, hanno un enorme valore per l'impresa.
Questa considerazione ci porta ad affermare che lo stesso sistema di gestione
delle risorse umane è una risorsa non acquisibile sul mercato dalla
concorrenza, ma il frutto di un accorta politica perseguita dall'impresa,
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sviluppata e perfezionata nel tempo.
È necessario, dunque, un rapporto d'integrazione tra business idea (strategia,

approccio strategico aziendale e struttura) e personnel idea (insieme degli


orientamenti qualificanti il profilo di gestione delle risorse umane).
A questo proposito, si possono distinguere due tipologie d'integrazione delle
politiche delle risorse umane, quella interna e quella esterna:
la prima (horizontal fìt o internal fìt) fa riferimento alla modalità con la quale le
diverse politiche ed azioni di gestione delle risorse umane interagiscono
generando sinergie e rafforzandosi reciprocamente. L' internal fìt è rilevante se
l'impatto combinato delle politiche e delle pratiche di gestione delle risorse
umane è superiore alla somma degli impatti che le singole politiche e pratiche
hanno sulla performance;
la seconda (vertical fit o external fìt) si riferisce invece al grado con cui il
sistema di gestione delle risorse umane è integrato e allineato con la strategia
d'impresa, supportando più o meno efficacemente la sua realizzazione.
La strategia può essere il risultato di un'azione unilaterale del vertice
(approccio lineare) dalla cui decisione scaturisce la struttura organizzativa e
gestione delle risorse umane, che di tale strategia sono la conseguenza.
Il secondo tipo d' approccio al problema dei rapporti fra gli elementi del
sistema è quello interdipendente, in cui le variabili del sistema (strategie,
strutture, risorse umane) sono collegate da una relazione non più lineare ma
d'interdipendenza.
Secondo questo schema, l'azione manageriale consiste nella definizione di
obiettivi e strategie ampi e flessibili capaci di reagire ed adattarsi alle
condizioni ambientali. Più convincente l'approccio evolutivo in cui l'aspetto
creativo e razionale delle strategie diviene una caratteristica potenzialmente
attribuita a tutti gli attori che interagiscono con i cambiamenti esterni, legando
insieme in modo interattivo con l'ambiente esterno, la strategia, la struttura e
la gestione delle risorse umane.
L'integrazione interna, può essere definita come il coordinamento fra attività,
strutture e ruoli di gestione delle risorse umane. L'integrazione è reale se il
valore aggiunto della gestione integrata delle risorse umane è superiore alla
mera somma del valore prodotto dalle singole attività prese in considerazione
separatamente.
L'approccio al tema dell'integrazione oscilla fra diversi orientamenti che in
modo diverso pongono alternativamente l'accento proprio su questi due tipi di
integrazione e su quale tra loro sia quello più efficace. Tali orientamenti
possono essere esemplificati nella seguente classificazione: universalistico,
contingente, confìgurazionale.

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II primo approccio il cui focus è certamente rivolto a privilegiare l'integrazione
interna può essere definito universalistico, e propone una serie coordinata di
politiche del personale (opportunità di carriera interna, sistema formativo,
valutazione delle prestazioni, programmi di profìt sharing, stabilità del posto
del lavoro, partecipazione e coinvolgimento dei dipendenti) che, a prescindere
dall'ambiente organizzativo e dal mercato in cui l'impresa opera, è in grado di
influire positivamente sulla competitività dell'azienda.
L'approccio contingente, invece, ritiene che l'esame dei fattori relativi
all'ambiente, tra cui sicuramente la strategia d'impresa ma anche le politiche
prodotto, servizio e innovazione, siano il punto di riferimento per la definizione
del piano di gestione delle risorse umane, e che quindi non si possa
generalizzare un modello valido per tutte le situazioni.
Questo secondo modello evidentemente è maggiormente coerente con il
concetto di integrazione esterna. L'ultimo approccio, definito come
configurazionale, racchiude al proprio interno sia l'integrazione verticale sia
quella orizzontale. Esso propugna la necessità di progettare in modo congiunto
(configurazione) le politiche e le azioni concrete volte alla gestione del
personale. Una configurazione, che deve tener conto del contesto dell’azienda
impresa e di mercato in cui si opera, non essendo possibile definire a priori un
modello valido per tutte le situazioni. A seconda del tipo di analisi
dell'integrazione proposta (interna o esterna, oppure universalistica,
contingente, configurazionale), si pone in ogni modo il problema di come
giungere ad un'adeguata integrazione delle politiche aziendali.
Infatti, l'approccio integrato alla direzione strategica delle risorse umane è
indispensabile perché i diversi elementi del sistema di gestione (selezione,
formazione, politiche di valutazione e di retribuzione) possano concorrere ad
aumentare il fattore critico di successo rappresentato dal capitale intellettuale,
costituito dalle conoscenze, capacità e abilità .
Elementi fondamentali che, insieme alla motivazione e all’empowerment - e
tramite esso - determinano le potenziali performance d'impresa.
In altre parole, solo un'efficace integrazione fra le varie azioni di gestione delle
risorse umane, e non le singole pratiche attuate indipendentemente, l’una
dall’altra, sono in grado di generare il processo di accumulo del valore del
capitale umano.
Del resto, come è noto, i problemi di integrazione e funzionamento delle
direzioni risorse umane, e di conseguenza di efficacia generale della sua azione
sono spesso causati da tre particolari fenomeni: - dallo scarso (o inesistente)

grado di coordinamento strategico delle politiche del personale con quelle


produttive ed organizzative; dall'elevata specializzazione funzionale delle varie
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strutture della direzione (selezione, formazione, politiche di valutazione e di
retribuzione, relazioni industriali) che genera scarso coordinamento sia
all'interno della direzione stessa, sia nell'attività gestionale dei manager ;
la propensione delle strutture all'elevata specializzazione tende a produrre
risultati funzionali ad obiettivi interni, per certi versi autoreferenziali, e non
sempre congruenti con i problemi posti dalle politiche produttive e da quelle
organizzative.
I manager rivestono un ruolo diverso rispetto al passato, di notevole
importanza, poiché sono investiti direttamente della responsabilità non solo di
applicare, ma anche di contribuire a definire le politiche del personale, e
attraverso queste, tendere a valorizzare i propri collaboratori. Una
valorizzazione che deve far convergere le persone verso un sistema unitario
condiviso, rappresentato da: obiettivi, strategie e modalità organizzative .In
definitiva possiamo affermare che anche Frederick Herzberg nei suoi scritti
( The Motivation to work ) e poi ripresi nel saggio “One More Time: how do
you motivate employees”, affrontava il problema della motivazione sul
lavoro riflettendo sui risultati di alcune sue ricerche sui fattori che stavano
all’origine dei sentimenti di soddisfazione e di insoddisfazione del lavoro. E’
stato fatto un sondaggio e ai soggetti esaminati si chiedeva di elencare quali
avvenimenti della loro vita professionale avevano provocato soddisfazione e
quali avvenimenti avevano provocato insoddisfazione.

Dall’analisi dei risultati emergeva che i fattori che avevano maggiormente


contribuito a generare soddisfazione riguardavano i contenuti del lavoro in
quanto tali, mentre i fattori di insoddisfazione erano maggiormente
rappresentati dall’ambiente di lavoro e dalla remunerazione.E’ stato visto
che da un lato vi sono quelli che riguardano le condizioni esterne al lavoro,
come l’ambiente fisico, l’ambiente sociale, la remunerazione, e che Herzberg
chiamava i “fattori igienicie/o ambientali ”. Dall’altro vi sono i fattori che
riguardano il contenuto interno del lavoro, e quindi la capacità di procurare una
crescita psicologica della personalità di chi lavora, e che Herzberg chiamava i
“fattori motivazionali”.

Il miglioramento dei fattori ambientali (più salario, più comfort, ecc.) possono
portare soltanto a una minore insoddisfazione, ma questa non si tradurrà mai

nella comparsa di una soddisfazione in senso positivo.Quindi in definitiva per


avere una soddisfazione reale in positivo occorre agire su altri fattori
riguardanti la natura stessa del lavoro, nonché le motivazioni dell’uomo ad
eseguire tale lavoro.

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Per quanto si attiene in particolare al legame tra uomo e lavoro, le persone
possono essere classificate secondo due diversi atteggiamenti di ricercatori
fondamentali rispetto al lavoro: esistono dei “ricercatori di motivazione” ed
esistono dei “ricercatori di ambientali”;I primi non cercano nel lavoro soltanto il
benessere economico, la sicurezza, il conforto dell’ambiente fisico o la
gradevolezza dei propri compagni o colleghi di lavoro. Essi cercano soprattutto
una soddisfazione intrinseca al lavoro, che gli dia la gioia di una “crescita
psicologica” mentre i secondi i ricercatori di igiene non si curano della gioia
intrinseca del lavoro ma sono sensibili soltanto agli aspetti esterni al lavoro in
sé, come la remunerazione, l’ambiente, ecc. in definitiva soltanto i ricercatori
di motivazione, , possono provare l’esperienza di una reale soddisfazione del
lavoro , mentre i secondi sono degli insoddisfatti .
Essi, secondo Herzberg, le radici affondano nei cosiddetti bisogni superiori
dell’uomo: bisogno di autorealizzazione, bisogno di riconoscimento sociale,
bisogno di discrezionalità nell’esecuzione del lavoro, bisogno di una continua
crescita psicologica che riassume in certo modo tutti i bisogni .

Ed è solo quando sono soddisfatti i fattori motivanti che si innesca nel


lavoratore un circuito virtuoso a partire dallo stato di accresciuto senso di
autostima rispetto alle proprie capacità, e di maggiore sicurezza di sé. Questo
“stato di grazia” è legato allo svolgimento del proprio lavoro e si esprime in
quello che il senso comune riconosce come attaccamento alla propria attività
ritenuta parte di se stesso.
Quindi possiamo concludere che le teorie motivazionali dello psicologo
americano rappresentano tuttora una pietra miliare degli studi di management
che dovrebbero rientrare nel bagaglio di conoscenze obbligatorie per chiunque
abbia la responsabilità di gestire e coordinare gruppi di persone. Motivare le
persone a contribuire in modo attivo al successo dell’organizzazione
rappresenta infatti una delle priorità assolute del management e
l’arricchimento del lavoro si basa proprio sull’applicazione pratica delle idee di
Herzberg.

2.5)IL RECLUTAMENTO E LA SELEZIONE .

Secondo De Vito Piscicelli Paola ( nella gestione delle risorse umane):


La selezione,il reclutamento e/o l'orientamento e la valutazione del personale
sono tre classici problemi della "gestione delle risorse umane", termini con il
quale si intende un'attenzione alle diverse dimensioni organizzative dentro e
fuori il lavoro. Una gestione delle risorse organizzative efficace è infatti quella
che ottimizza sia il rendimento lavorativo che il benessere individuale.
Attualmente nonostante questi temi costituiscano un argomento classico della
48
psicologia del lavoro e dell'organizzazione non si può dire, a tutt'oggi, che
esista una gestione delle risorse umane consapevole e scientifica. Infatti sono
ancora molti i casi in cui la selezione è puramente un processo di verifica della
affiliazione e sono ancora molti coloro che pensano che dietro ad un test si celi
un imbroglio o procedure casuali.Quindi affrontare seriamente il problema della
selezione significa invece analizzare l'accettazione o il rifiuto di un individuo in
relazione a una cultura aziendale o a una mansione da svolgere. II
reclutamento comprende una serie di pratiche e attività svolte con l'obiettivo di
identificare e attrarre potenziali dipendenti e include diversi sottoprocessi
spesso denominati ricerca, screening, selezione e inserimento. Le attività che
rientrano nel reclutamento governano quindi le modalità di accesso all'impresa.
Quindi possiamo dire che la gestione dei processi di entrata del personale
nell'impresa rappresenta un'area critica da diversi punti di vista: - dal punto di
vista economico-gestionale, ha un impatto sul costo del lavoro complessivo per
l'impresa, sia perché determina l'incremento dell'organico sia perché conduce
alla definizione della retribuzione di ingresso, talvolta dopo una negoziazione
con il candidato; dal punto di vista tecnico, determina la qualità delle persone
inserite nell'organico certificando la presenza di determinate competenze
individuali, considerate rilevanti per l'esecuzione ; dal punto di vista sociale, ha
un impatto su variabili quali il clima organizzativo o il funzionamento dei gruppi
di lavoro. -
Mentre la selezione è la parte del processo di reclutamento che si occupa della
scelta dei candidati tra quelli che sono stati raggiunti e che sono disponibili a
entrare in contatto con l'organizzazione. La selezione prevede una fase
preliminare di preselezione ovvero di screening dei candidati. Questo processo
ha come oggetto la documentazione richiesta e ricevuta, tipicamente, quindi, il
curriculum vitae o la lettera di presentazione. L'importanza di questa fase è

spesso sottaciuta, tuttavia va ricordato che la preselezione produce una


riduzione del pool di candidati attraverso un'analisi di un'informazione che non
consente feedback e che può avere una relazione non così lineare con le reali
caratteristiche dei candidati. Ovviamente, questo non è vero per quei requisiti
che sono necessari, oggettivi e accettabili, quali l'età, eventuali titoli di studio
ecc. (a condizione che la loro necessità sia giustificata ex ante da un'accurata
analisi della posizione).
I metodi di selezione sono numerosi e vari, tuttavia, un ruolo cardine è giocato
dall'intervista. L'intervista. Nonostante numerosi risultati di ricerche empiriche
abbiano seriamente messo in dubbio la qualità dell'intervista nei processi di
selezione, essa rappresenta il metodo più diffuso e spesso anche il più difeso
dai selezionatori. In alcuni contesti, tuttavia, le aziende dimostrano di aver
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compreso i limiti di questo strumento e lo affiancano con altri strumenti
almeno per alcune categorie di lavoratori.
Numerosi approfondimenti hanno riguardato il ruolo dei selezionatori nei
processi di reclutamento e selezione. Nella maggior parte dei casi, l'oggetto di
analisi ha riguardato le distorsioni sistematiche nel giudizio soprattutto
all'interno di processi di intervista non strutturati. I risultati delle ricerche
hanno evidenziato la bassa coerenza dei giudizi di diversi selezionatori sugli
stessi candidati, la presenza di stereotipi, la definizione del giudizio nei primi
momenti del colloquio, l'eccessivo peso attribuito alle informazioni e ai segnali
negativi rispetto a quelli positivi. Queste distorsioni sono considerate non
eliminabili, per cui l'atteggiamento si è spostato verso il miglioramento
dell'intervista in sé attraverso una sua maggiore strutturazione e
standardizzazione.
Le interviste situazionali: ai candidati viene chiesto di descrivere come si
comporterebbero in una serie di situazioni ipotetiche, sulla base dell'ipotesi che
le intenzioni siano un buon predittore dei comportamenti. Le situazioni
utilizzate sono generate sulla base di una descrizione di momenti critici della
posizione. Le risposte sono poi analizzate sulla base di una scala di
comportamenti definiti da esperti e distribuiti in relazione alla loro
appropriatezza; Sulla base delle caratteristiche della posizione vengono
identificate una serie di domande, ognuna delle quali è di fatto un item di un
questionario. Al termine, si valutano le risposte in dettaglio, con l'ausilio
solitamente di una registrazione, motivo per il quale spesso queste interviste
vengono svolte al telefono. se i risultati delle ricerche confermano che

l'adozione di una modalità di intervista .


Anche strutturata migliora la validità delle previsioni che se ne traggono, oltre
un dato livello di strutturazione non si hanno incrementi apprezzabili, anzi si
corre il rischio di perdere la possibilità di trasferire informazioni al candidato e
di aiutarlo a comprendere meglio le caratteristiche dell'organizzazione. Anche
se psicometrico, è opportuno considerare che consente di contribuire alla
chiarificazione questo aspetto non è al cuore dell'approccio un'intervista
eccessivamente strutturata non del contratto psicologico reciproco. Questo
spiega perché nella prospettiva dello scambio, al contrario, prevalgano le
interviste non strutturate. Le caratteristiche dei selezionatori hanno un impatto
sul reclutamento non solo perché dalla loro professionalità dipende la raccolta
di informazioni sui candidati, ma anche perché le modalità con le quali
gestiscono la relazione possono influenzare la decisione del candidato. Da
questo secondo punto di vista, la ricerca ha evidenziato che caratteristiche
come l'abilità informativa, la credibilità, la personalità e le modalità relazionali
50
possono giocare un ruolo importante nella selezione.
Vi è accordo sull'importanza dei selezionatori perché hanno un ruolo diretto
nella comunicazione delle informazioni relative alla posizione e agiscono come
un segnale di alcune caratteristiche non osservabili dell'organizzazione.
Per questa ragione si sottolinea l'importanza dell'abilità comunicativa e
soprattutto della credibilità che appare più spesso collegata dai candidati a
persone che ricoprano il ruolo o siano in posizioni di supervisione rispetto a
selezionatori full time.
I test psicologici di cui i test di personalità: vi sono opinioni contrastanti
sull'uso di questi test, di solito sviluppati in altri ambiti, all'interno dei processi
di selezione; certamente è consolidata l'opinione che l'utilizzo corretto richiede
l'identificazione di una relazione specifica con le competenze di ruolo.
I test di abilità cognitive: misurano l'intelligenza generale (o "fattore g") e
diverse analisi empiriche hanno dimostrato la relazione con dimensioni
importanti del contesto lavorativo, anche se va considerato come il range dei
candidati nel punteggio di g sia legato alla natura della posizione e come alcuni
di questi test siano distorti sistematicamente a danno di alcuni gruppi sociali ed
etnici.
Il RIQUADRO L'atteggiamento prevalente e tradizionale considera la selezione
un'attività volta all'allineamento preciso di profili di conoscenze, abilità e skill,
quasi come trovare la corrispondenza tra una chiave (il candidato) e la

serratura (la posizione). Un atteggiamento alternativo ritiene che si possano


identificare top performer concentrandosi su alcune caratteristiche chiave che
conducono al successo in una qualsiasi posizione .
Il dibattito tra le due prospettive si interseca con il dibattito sulla natura
dell'intelligenza che vede opporsi da un lato fautori del concetto di intelligenza
multipla (con una grande varietà di modelli di definizione alternativi), dall'altro
chi ritiene che esista una meta-abilità, chiamata intelligenza generale o "fattore
g". I risultati delle ricerche empiriche sostengono l'importanza di g rispetto ad
altre forme di intelligenza nel prevedere la performance nella formazione e in
misura più limitata nel lavoro. La relazione con la performance sarebbe
mediata dal fatto che g prevede molto bene la conoscenza relativa alla
posizione. Accanto al concetto di intelligenza generale, la selezione viene
fortemente influenzata dall'evoluzione delle interpretazioni del carattere, delle
attitudini, in una parola della personalità, che definisce strutture di
comportamento stabili in circostanze diverse e nel tempo.
Dagli anni sessanta si è andato diffondendo uno schema che riconduce a
cinque fattori le caratteristiche individuali rilevanti che sono: 1. energia: è
inerente a un orientamento fiducioso ed entusiasta nei confronti delle varie
circostanze della vita, la maggior parte delle quali è interpersonale (DI:
dinamismo; DO: dominanza); amicalità: include, a un polo, caratteristiche
51
come l'altruismo, il prendersi cura, il dare supporto emotivo, e, al polo
opposto, caratteristiche come l'ostilità, l'indifferenza verso gli altri, l'egoismo
(CP: cooperatività; co: cordialità); coscienziosità: fa riferimento a
caratteristiche come la precisione e l'accuratezza, l'affidabilità, la
responsabilità, la volontà di avere successo e la perseveranza (se:
scrupolosità; PE: perseveranza); stabilità emotiva: è una dimensione molto
ampia comprendente una varietà di caratteristiche collegate all'ansietà e alla
presenza di problemi di tipo emotivo, quali la depressione, l'instabilità di
umore, l'irritabilità ecc. (CE: controllo dell'emozione; ci: controllo degli
impulsi); l’ apertura mentale: fa riferimento all'apertura verso nuove idee,
verso i valori degli altri e verso i propri sentimenti (AG: apertura alla cultura;
AE: apertura all'esperienza); Diverse ricerche empiriche hanno rilevato che la
coscienziosità è la dimensione che gioca il ruolo principale nel determinare le
performance.
Curriculum vitae e colloqui per analizzare la presenza di coscienziosità: si
suggerisce di osservare il grado di preparazione per il colloquio, il modo di
presentarsi e vestirsi e l'attenzione alla pianificazione attenta dei propri
percorsi di crescita passati e potenziali. - Vi sono alcune riserve sull'utilizzo dei
test nella selezione.

Una prima rilevante osservazione riguarda il fatto che le situazioni lavorative


sono normalmente caratterizzate da forti pressioni contingenti e questo riduce
la varianza dei comportamenti individuali. In secondo luogo, lo stesso ruolo
può essere interpretato in modi diversi, a parità di risultati, da parte di
individui con personalità diverse.
L'assessment center fa riferimento all'utilizzo di diversi strumenti di selezione
su un arco temporale prolungato per consentire a valutatori differenti di
esprimere un giudizio su un numero ampio di candidati. Gli assessment center
non sono solo un insieme di prove, ma un sistema strutturato di prove
costruite con attenzione alle interdipendenze con le dimensioni da valutare e
tra le diverse prove. Accanto alle interviste e ai test, gli assessment center
adottano simulazioni di attività lavorativa con l'obiettivo di consentire
un'osservazione diretta dei comportamenti da valutare .
Diversi autori hanno criticato la validità degli assessment center, evidenziando
distorsioni nella valutazione, derivanti dall'effetto del risultato ottenuto rispetto
al comportamento in sé Questi risultati sono ricondotti alla natura dei
valutatori che se non professionali (psicologi invece che manager) rischiano di
non cogliere l'importanza dell'oggetto reale da osservare ovvero alla
progettazione approssimativa.
La selezione quindi diventa un'attività di discriminazione controllata basata su
assunzioni di validità e affidabilità degli strumenti che non possono essere
assolute. Parte integrante di una corretta progettazione è quindi l'attenzione al
52
controllo del sistema e delle sue conseguenze, attraverso controprove, analisi
retrospettive e vere e proprie attività di audit .

2.6)LA FORMAZIONE E LO SVILUPPO DELLE RISORSE UMANE

La formazione ha come obiettivo lo sviluppo di conoscenze, abilità e


informazioni possedute dal personale», ma anche la diffusione di valori e
modelli di comportamento. Essa rappresenta un investimento in capitale
umano. Sono diversi i ruoli coinvolti nei processi di formazione: i destinatari,
ovvero i partecipanti attivi al processo; i committenti, ovvero coloro che si
fanno portatori delle esigenze di investimento formativo; i progettisti, ovvero
coloro che si occupano dell'analisi dei fabbisogni e della progettazione dei
percorsi formativi; i formatori, ovvero coloro che prendono la responsabilità
diretta del processo nei contesti in cui esso si svolge (ad esempio aula, gruppo
di lavoro ecc.); i tutor, ovvero figure di accompagnamento con funzioni

tecniche e sociali generale.


La realizzazione di un'iniziativa formativa richiede di seguire un processo
articolato su quattro fasi. La prima fase è l'analisi dei fabbisogni, ovvero
un'attività di analisi organizzativa, sociale e/o psicologica volta a identificare i
bisogni cui la formazione deve rispondere. Questa fase ha caratteristiche che
variano notevolmente in relazione alla natura dei percorsi formativi da
progettare. La seconda fase è rappresentata dalla realizzazione del piano
formativo, ovvero la vera e propria progettazione dell'intervento. La
progettazione dell'intervento riprende gli obiettivi sui quali si è stabilito un
livello di accordo sufficiente tra i diversi attori e li traduce in azioni volte a
favorire l'apprendimento. Tipicamente, la progettazione è codificata in un
documento che riprende alcune informazioni di sintesi .
I destinatari; il tipo di formazione; i soggetti erogatori; i metodi didattici; gli
aspetti tecnico-operativi; gli aspetti economici.
La terza fase è l'erogazione, ovvero la concreta attività di svolgimento
dell'intervento formativo. L'erogazione è direttamente legata all'abilità con la
quale gli attori principali (docenti e partecipanti) interagiscono.
La quarta e ultima fase è la più controversa, ovvero la valutazione del percorso
di formazione. Sebbene siano state avanzate diverse proposte, a oggi la
valutazione è più spesso legata alla rilevazione del gradimento da parte dei
partecipanti .
Infine, in alcuni casi invece che cercare di misurare la formazione, la si
53
inserisce direttamente nei processi di problem-solving per poter apprezzare la
soluzione invece che il processo.
Una volta che un’azienda ha scelto la propria organizzazione e si è dotata delle
risorse umane necessarie per farla funzionare, deve dotarsi anche dei migliori
strumenti per gestire quotidianamente la convergenza fra gli sforzi di crescita
delle prestazioni e delle competenze delle risorse stesse e gli obiettivi strategici
di performance dell’azienda.
Fra i migliori modelli organizzativi oggi disponibili per lo sviluppo del personale
si identifica certamente il “Modello delle Competenze” il quale pone il suo
assunto nel fatto che ogni persona possieda delle competenze che grazie ad
una corretta integrazione ed interazione con l’ambiente lavorativo possono
trasformarsi in risultati positivi sia per la persona che per l’organizzazione .
Introdurre un Modello delle Competenze in azienda significa in sintesi:
Individuare per ciascuna posizione organizzativa il mix delle competenze, e per

ciascuna il livello richiesto, che si ritengono indispensabili per uno svolgimento


ottimale del ruolo di cui alla posizione considerata; Procedere ad una
Valutazione del Personale (ad esempio tramite Assessment Centre), ovvero
delle competenze possedute dalle risorse umane disponibili in azienda, ed
associare tali competenze, e relativi livelli, a ciascuna persona nel sistema
informativo; questa attività consente di tracciare il “Bilancio delle competenze
personali”; Procedere all’Analisi delle Competenze, cioè alla verifica delle
rispondenza delle competenze e dei relativi livelli per ogni risorsa umana nella
posizione/i in cui è operativa; questa attività consente di tracciare il “Bilancio
delle competenze aziendali”.
E’ evidente come da tale analisi si possano ricavare indicazioni per: Individuare
le risorse con le migliori competenze; Valutare l’inserimento di ogni risorsa
nella posizione più confacente: quella corrente o valutarne lo spostamento;
Individuare gli eventuali gap (differenze negative) di competenza che ogni
risorsa può presentare rispetto alla posizione in cui è inserita, e di conseguenza
individuare eventuali esigenze formative specifiche affinché ogni risorsa possa
svolgere al meglio il ruolo assegnato; Analizzare e predisporre piani di crescita
strategica dell’azienda basati sulla ottimizzazione e/o riorganizzazione delle
competenze disponibili oltre che di quelle mancanti e quindi acquisibili
dall’esterno, individuando pertanto anche Piani di Carriera non più legati
soltanto a percorsi attraverso livelli gerarchici precostituiti e rigidi ma anche
attraverso esperienze in posizioni che comportino ruoli in grado di far acquisire
o migliorare competenze strategiche della risorsa umana .

54
CAPITOLO TERZO
3.1 )IL CONTRATTO NAZIONALE DI LAVORO QUALE IMPUT
PSICOLOGICO NEL RAPPORTO TRA DATORE DI LAVORO E IL
LAVORATORE .

IL CONTRATTO PSICOLOGICO Quando una azienda stipula un contratto di


lavoro con un proprio dipendente difficilmente riesce a specificare tutti i
comportamenti che richiede durante l'attività lavorativa.
Per l'azienda questo si traduce nella necessità di incentivare continuamente,
durante il rapporto, la volontà del lavoratore di adempiere agli obblighi di un
contratto incompleto e implicito, cosicché le sue abilità e conoscenze vengano
utilizzate per svolgere la prestazione utile per l'azienda.
Il contratto non ha quindi solo una dimensione economica in quanto le
transazioni di lavoro interessano tre tipologie di relazioni: di scambio
(dimensione economica), di potere (dimensione politica) e di condivisione
(dimensione psicologica e socio-culturale).
Queste ultime sono inerenti agli scambi di informazioni, conoscenze, valori,
energia e consenso che avvengono tra le parti nella relazione contrattuale.
Approccio economico e psicologico socioculturale prescindono quindi l'uno
dall'altro e devono essere integrati fra loro affinché nessuno dei due sia
trascurato. Il contratto psicologico attiene a "una disposizione interiore ad
adempiere a un'obbligazione di tipo tecnico-giuridico, o a vivere una relazione
organizzativa o sociale, con spirito di collaborazione, di fiducia e con un forte
impegno affinché le attese, implicite ed esplicite, formali e informali, che sono
alla base della relazione, trovino una risposta soddisfacente per entrambe le
parti coinvolte .
Il contratto psicologico trova le sue basi quindi sulle prestazioni che il

55
lavoratore si sente in obbligo di fornire e sulle controprestazioni che crede di
dover ricevere dall'azienda ed è formato da elementi taciti riguardanti il
rapporto di lavoro che non compaiono nel contratto scritto formale. Non
sempre è facile identificare un contratto psicologico: basandosi su elementi
taciti e spesso non condivisi tra datore di lavoro e lavoratore, risulta difficile
definire quali sono le obbligazioni assunte dalle parti e misurare o verificare se
il contratto psicologico sia stato rispettato.
Negli ultimi anni sono aumentate le obbligazioni del datore di lavoro e

integrate con le obbligazioni del lavoratore. Le obbligazioni sono legate a


diversi ambiti quali ad esempio l'equità, la sicurezza dell'impiego, la
soddisfazione e la disponibilità. Le obbligazione del Lavoratore e le obbligazione
del Datore di Lavoro sono l'immagine dell'azienda quindi abbiamo :
La Formazione
Lavorare in team
Carriera
Condividere gli obbiettivi
Retribuzione proporzionata ai risultati
Fornire una prestazione accettabile
Buone relazioni di lavoro
Non lasciare l'organizzazione prima di un certo tempo
Significatività dei contenuti del lavoro
Trattamento equo
Essere affidabile
Sicurezza del posto
Essere responsabile
Non cercare un altro lavoro
Accettare i cambiamenti e acquisire nuove competenze
Essere disponibile ai trasferimenti e alla mobilità
Non aiutare la concorrenza
Essere disponibile al miglioramento continuo
Alimentare il miglioramento con suggerimenti .
Le politiche di risorse umane possono influenzare molto la gestione del
contratto psicologico e le relazioni fra le due parti.
La direzione risorse umane fornisce al lavoratore le informazioni di cui
necessita per valutare se il contratto psicologico è rispettato o meno. Se il
contratto psicologico è rispettato, il lavoratore rafforza ulteriormente il suo
legame con l'azienda. Se invece il contratto psicologico non viene rispettato o

56
addirittura vengono rinnegate delle promesse fatte, dichiarando di aver assolto
alle proprie obbligazioni anche quando ciò non corrisponde alla verità, il
coinvolgimento del lavoratore comincia ad indebolirsi ed egli comincerà a
percepire una rottura (breach) del contratto. Questa rottura porta a delle
reazioni emotive (violation) nell'individuo quali frustrazione, risentimento,
amarezza, rabbia e ad un aumento del cinismo ("non ci credo più!") sia nei
confronti dell'intera organizzazione, sia nell'investire in nuove relazioni che

potrebbero crearsi all'interno dell'ambiente organizzativo .


Nel contratto psicologico non esistono terze parti con potere coercitivo che
possono imporre l'adempimento degli obblighi o sanzionare gli inadempienti
quindi il lavoratore tenderà a ridurre la prestazione, a diminuire il
coinvolgimento fino all'interruzione del legame e al distacco
dall'organizzazione.
In questo caso si passa dalla fase di protesta o voice fino all'exit.
La gestione del contratto psicologico diventa inoltre più complessa nei confronti
dei lavoratori con contratti flessibili come quelli part-time o determinati, dove
la mancanza di prospettive temporali a medio-lungo termine fanno sì che il
coinvolgimento da entrambe le parti sia minore rispetto alle attese.
Tra lavoratore e azienda si crea quindi una relazione non solo economica, ma
anche di coinvolgimento, identificazione e impegno verso l'azienda. In genere
questo tipo di relazione viene analizzata sia in senso negativo che in senso
positivo. In senso negativo, si analizzano gli effetti del disimpegno del
lavoratore sull'organizzazione le cui conseguenze si traducono in assenteismo,
elevato turnover fino alla minor qualità della prestazione e alla non
soddisfazione del cliente.
In termini positivi, invece, si analizza l'impegno del lavoratore e quindi il suo
approccio proattivo nei confronti dell'organizzazione e dei suoi fini. A parità di
altre condizione, il coinvolgimento ha quindi un effetto leva sulle abilità e le
competenze dei lavoratori ed è quindi una delle attività di gestione delle risorse
umane che deve essere svolta con accuratezza in quanto può comportare un
vantaggio competitivo significativo. Una forte cultura organizzativa è quindi
fondamentale per avere un maggior dedizione nei valori dell'organizzazione e
nella sua mission.
Infatti i lavoratori con maggior coinvolgimento creano un rapporto ad alta
intensità emotiva che va oltre la semplice adesione alla cultura organizzativa.
Si può addirittura arrivare all'identificazione nei valori aziendali fino
all'interiorizzazione . Non è tuttavia semplice dare una definizione esatta di

57
impegno organizzativo.
La dedizione rappresenta "uno stato d'animo, una relazione tra lavoratore e
datore di lavoro che sostiene un orientamento positivo e proattivo. Questo
concetto consente di spiegare la motivazione ad agire di una persona,
indipendentemente dalle sue caratteristiche e dai vantaggi oggettivi e concreti
che potrà ricavare dai suoi comportamenti. Permette inoltre di spiegare azioni

che sembrano in contrasto con gli interessi della persona o comportamenti


messi in atto nonostante la presenza di elementi conflittuali o ambigui" .
Tre elementi, in particolare, caratterizzano l’impegno organizzativo :
adesione ai valori e accettazione dei fini dell'organizzazione;
volontà di sostenere sforzi considerevoli per l'organizzazione;
forte desiderio di rimanere all'interno dell'organizzazione.
Impegno affettivo , si manifesta attraverso l'identificazione e il coinvolgimento
emotivo nell'organizzazione. Un atteggiamento positivo e proattivo caratterizza
i membri che dimostrano impegno affettivo, i quali contribuiscono di spontanea
volontà al funzionamento dell'organizzazione.
Impegno calcolativo o di continuità , in questo caso l'impegno dipende dai costi
connessi alla rottura e all'uscita dall'organizzazione. Il lavoratore, in questo
caso, calcola la convenienza di rimanere all'interno dell'organizzazione: questo
può essere dettato dalla consapevolezza che gli investimenti fatti inizialmente
per creare la relazione andrebbero perduti oppure per una semplice mancanza
di alternative esterne. In entrambi i casi l'impegno calcolativo non è positivo
per le performance dell'individuo: egli sarà frustrato e di conseguenza l'attività
lavorativa scarsa. Il lavoratore in questo caso resta nell'organizzazione perché
gli conviene, ne ha bisogno o non ha alternative.
Infine l’mpegno normativo,il lavoratore è corretto verso l'organizzazione in
quanto si sente di avere un obbligo morale verso di essa. Egli agirà comunque
nell'interesse dell'organizzazione, ma con meno enfasi rispetto a chi manifesta
impegno affettivo. In questo caso, il lavoratore resta all'interno
dell'organizzazione perchè sente di doverlo fare o perchè si sente responsabile.
Ci sono casi in cui però l’impegno non è rivolto all'azienda nel suo insieme: il
lavoratore può essere dedito al suo gruppo di lavoro, al suo capo, alla sua
funzione, al suo ruolo, alla sua professione o a gruppi esterni
all'organizzazione.
Il problema si manifesta maggiormente nel momento in cui il referente esce
dalla relazione o l'organizzazione viene modificata sostanzialmente con
movimenti interni e nuovi membri dall'esterno. Quando l'organizzazione viene
ristrutturata si corre quindi il rischio che si creino conflitti o concorrenze
negative per la performance dell'azienda. In particolare, la gestione

58
professionale deve essere seguita con attenzione da chi si occupa delle risorse
umane. I
professionali riescono a sviluppare un certo grado di autonomia all'interno
dell'organizzazione, condizione quasi necessaria a volte per ottenere da questi
una prestazione fruttuosa. Si corre però il rischio che si formi una scala

gerarchica: l’impegno verso la professione precede l’impegno verso


l'organizzazione. Il rapporto delle aziende con i professional viene sempre più
spesso regolato tramite rapporto di fornitura di servizio piuttosto che tramite il
rapporto di lavoro subordinato, appunto per la difficoltà della sua gestione. Nel
caso di rapporti di lavoro subordinato, l'impresa deve porre particolare
attenzione , poiché la lealtà verso la professione o gli ordini professionali che la
regolano può intaccare negativamente quella verso l'organizzazione. Ad ogni
modo il coinvolgimento nei confronti dell'organizzazione è la conseguenza di
una serie di processi che devono essere curati e incentivati dall'azienda con
grande attenzione e essere efficaci e aggiungere valore competitivo
all'organizzazione.

3.2 )RICONOSCIMENTO , INCENTIVI E RETRIBUZIONE QUALE


STIMOLO ALLA PRODUTTIVITA’ AZIENDALE .

Il sistema incentivante (o sistema premiante), in economia aziendale,


indica il sistema operativo dell'azienda volto ad allineare
il comportamento delle risorse umane alle aspettative dell'organizzazione,
incentivando i comportamenti desiderati e disincentivando quelli non
desiderati. Tale sistema è considerato parte del più ampio sistema di gestione
e sviluppo delle risorse umane.Il sistema incentivante può svolgere la sua
funzione in tanto in quanto l'applicazione degli incentivi mentre i disincentivi
che avvengano sulla base di criteri oggettivi, in funzione dei comportamenti
organizzativi tenuti (o, come si suol dire, agiti) dal personale o dei risultati
dallo stesso conseguiti. Ne segue la necessità di una stretta integrazione del
sistema incentivante con il sistema di valutazione del personale e, più
precisamente, con le componenti di quest'ultimo deputate alla valutazione delle
prestazioni. Laddove, poi, si adotta la
metodica nota come management by objectives (MbO), l'integrazione dovrà
essere estesa anche al sistema di pianificazione e controllo.
Un incentivo (o premio o sanzione positiva) è uno stimolo, proveniente
dall'ambiente lavorativo, che incide sul processo motivazionale dell'individuo,
soddisfacendo un suo bisogno e, quindi, spingendolo ad un comportamento
desiderato.
59
Al contrario, un disincentivo (o punizione o sanzione negativa o sanzione in
senso stretto) è uno stimolo, proveniente dall'ambiente lavorativo, che incide
sul processo motivazionale dell'individuo, allontanandolo dal soddisfacimento di
un suo bisogno e, quindi, spingendolo ad evitare un comportamento
indesiderato.
Gli incentivi e disincentivi possono essere molto vari, in funzione dei bisogni del
lavoratore su cui agiscono e delle modalità con le quali sono applicati. Alcuni
sono formalizzati (si pensi agli avanzamenti di carriera o alle sanzioni
disciplinari previste dai contratti collettivi) altri, invece, del tutto informali (ad
esempio la stima o, al contrario, la disapprovazione del gruppo o del capo). Tra
gli incentivi sono particolarmente diffusi quelli monetari, i fringe benefits e i
sistemi di carriera.
Gli incentivi monetari costituiscono la parte variabile della retribuzione,
correlata alla prestazione del lavoratore (ossia ai comportamenti organizzativi
agiti e ai risultati raggiunti), che si somma alla parte fissa, correlata invece
essenzialmente alla posizione ricoperta. Si ritiene che l'incentivo dovrebbe
incidere sulla parte fissa della retribuzione per una percentuale compresa tra il
5% ed il 10%: percentuali minori lo rendono inefficace; percentuali maggiori
tendono a far sì che il lavoratore concentri tutti i suoi sforzi sugli aspetti della
prestazione legati all'incentivo, aspetti che di solito sono di tipo quantitativo, a
discapito degli altri, che invece sono solitamente di tipo qualitativo.Tra gli
incentivi monetari si distinguono:i bonus legati alla prestazione;gli aumenti di
merito. I bonus sono corrisposti una tantum e
non sono quindi consolidati nella retribuzione del lavoratore; possono essere
assegnati al singolo lavoratore o al gruppo. Forme di bonus sono: il cottimo,
che lega la parte variabile della retribuzione a una misura quantitativa del
risultato produttivo ottenuto dal lavoratore (cottimo individuale) o dal gruppo
(cottimo collettivo);
la componente variabile della retribuzione correlata al raggiungimento di
obiettivi prefissati per il singolo lavoratore, secondo il già citato management
by objectives;il profit sharing, che lega la parte variabile della retribuzione ad
una misura del risultato economico conseguito dall'impresa nel suo complesso
(risultato operativo, margine operativo lordo ecc.);il gain sharing, che lega la
parte variabile della retribuzione ad un indice dell'efficienza complessiva
dell'azienda (quale potrebbe essere, ad esempio, il rapporto tra valore
aggiunto e costo del lavoro):le stock option, che danno diritto al dipendente
(solitamente un manager) di acquistare azioni dell'impresa ad un prezzo
predeterminato;l'una tantum corrisposta al singolo lavoratore quale
riconoscimento per il particolare impegno in una determinata occasione.
Gli aumenti di merito sono incrementi retributivi fissi o variabili assegnati in
modo stabile e, quindi, consolidati nella retribuzione. Essi danno luogo alla
progressione retributiva orizzontale, cioè a parità di ruolo aziendale ricoperto,
in contrapposizione alla progressione verticale, conseguente a passaggi di
categoria, qualifica o livello, che presuppongono generalmente anche una
60
variazione di ruolo. Gli aumenti di merito vanno quindi a premiare la maggior
professionalità acquisita nel ruolo di appartenenza.
Anche i cosiddetti Fringe benefits possono essere un utile strumento di
incentivazione e fidelizzazione del personale.

3.3 )LA VALUTAZIONE E CARRIERA DEL SINGOLO LAVORATORE .

Il sistema di valutazione si ispira ai seguenti principi: miglioramento della


qualità dei servizi offerti; crescita delle competenze professionali, attraverso la
valorizzazione del merito e l’erogazione dei premi per i risultati conseguiti dai
singoli e dalle unità organizzative in un quadro di pari opportunità di diritti e
doveri; trasparenza dell’azione amministrativa. e perseguimento e il
raggiungimento dei seguenti obiettivi:ancorare l’erogazione degli incentivi
previsti dalla contrattazione integrativa ad elementi oggettivi che evidenzino le
competenze organizzative e i risultati ottenuti nell’attività amministrativa;
assicurare la coerenza tra gli obiettivi delle politiche pubbliche contenuti nel
programma di Governo e l’azione amministrativa;
evidenziare il contributo individuale del personale valutato rispetto agli obiettivi
generali e della struttura organizzativa di appartenenza;
assicurare la partecipazione al procedimento del valutato, anche attraverso la
comunicazione e il contraddittorio da realizzare in tempi certi e congrui;
promuovere una corretta gestione delle risorse umane;
contribuire a creare e mantenere un clima organizzativo favorevole;
agevolare il coordinamento e l’integrazione tra le diverse strutture,
enfatizzando l’eventuale presenza di obiettivi trasversali.
Pertanto in via generale, gli ambiti di misurazione della performance
individuale vengono distinti in funzione delle qualifiche professionali e degli
obiettivi assegnati. In particolare, per i dirigenti e per il personale responsabile
di unità organizzativa in posizione di autonomia e responsabilità, la
misurazione e la valutazione della performance individuale è collegata a: gli
indicatori di performance relativi all'ambito organizzativo di diretta
responsabilità; al raggiungimento di eventuali obiettivi individuali, la cui
assegnazione rientra nella discrezionalità del Direttore Generale;
la qualità del contributo assicurato alla performance generale della struttura e
alle competenze professionali e manageriali dimostrate; la capacità di
valutazione dei propri collaboratori, dimostrata tramite una significativa
differenziazione dei giudizi.
Per il personale del comparto, la misurazione e la valutazione della
performance individuale sono collegate a: il raggiungimento di eventuali
specifici obiettivi di gruppo o individuali la cui assegnazione rientra nella
discrezionalità del dirigente; la qualità del contributo assicurato alla
61
performance dell'unità organizzativa di appartenenza, alle competenze
dimostrate e ai comportamenti professionali e organizzativi.
Inoltre la norma utilizzata tiene conto dei seguenti aspetti: il collegamento tra
perfomance organizzativa e performance individuale, a partire dai ruoli di

direzione e responsabilità fino a comprendere tutto il personale del Comparto;


la valutazione del contributo individuale alla performance organizzativa;
l’individuazione di obiettivi rilevanti, prioritari e coerenti, collegati all’attuazione
dei progetti prioritari dell’amministrazione, con specifico riferimento al periodo
annuale di valutazione e con la previsione degli ulteriori sviluppi per i 2 anni
successivi;
la valutazione delle competenze professionali e manageriali manifestate;
la capacità di valutazione dimostrata dal valutatore nei confronti del valutato in
termini di differenziazione delle valutazioni;
definizione degli obiettivi individuali in termini di risultati e comportamenti
attesi;
supporto alle singole persone nel miglioramento della loro performance;
valutazione della performance e comunicazione dei risultati e delle aspettative
future alla singola persona (supporto all’allineamento).
In conclusione considerare la valutazione individuale uno strumento di gestione
strategica delle risorse umane, presuppone da parte dell’amministrazione
l’utilizzo anche di strumenti che vanno oltre la mera valutazione della
prestazione resa. Si dovrebbero, infatti, tenere in considerazione ulteriori
elementi che possono “completare” quelli precedentemente descritti. Un
esempio in tal senso è rappresentato dalla valutazione del “potenziale”
attraverso le diverse metodologie di valutazione , in grado di far emergere le
competenze e capacità possedute dal personale, anche a prescindere da quelle
realmente presente nello svolgimento della prestazione. Per valutazione del
“potenziale” si intende “ciò che il soggetto valutato potrebbe essere in grado di
fare”. Si tratta di utilizzare specifiche regole che, attraverso l’analisi delle
capacità e delle caratteristiche individuali, sono in grado di fornire indicazioni
utili per i piani di sviluppo , oltre che per individuare l’idoneità a nuovi incarichi.
Generalmente, il sistema di valutazione del potenziale viene progettato in
funzione dei requisiti richiesti dalle specifiche posizioni in un determinato
contesto; ciò permette di realizzare interventi flessibili e ritagliati su misura.
Le modalità generali di approccio prevedono la definizione delle caratteristiche
da analizzare e valutare, la scelta delle regole e degli strumenti, la fase
valutativa, la restituzione dei risultati emersi ai valutati e all’ufficio
responsabile dei processi di gestione e sviluppo del personale. I processi di
valutazione del potenziale, anche in ragione della complessità e delle risorse
necessarie potrebbero essere effettuati una-tantum, ad esempio in relazione
62
all’esigenza di conferire incarichi specifici o contestualmente alla definizione
delle

caratteristiche delle singole posizioni per la definizione o ri-definizione degli


assetti organizzativi e relativa assegnazione del personale ai singoli uffici.

Inoltre nell’empowerment del potenziale di Zucchi Elena e Pasinato Alessandra


:possiamo rivolgere lo sguardo alle teorie che fanno crescere sia la persona
che l’ azienda .
Il nostro approccio verso l’empowerment del potenziale, si inserisce nel quadro
di quella parte della comunità scientifica moderna che da tempo si sta
concentrando sulla crescita possibile della persona, sul suo sviluppo, sulla
messa a fuoco di strumenti e metodologie volti alla creazione ed al
mantenimento del benessere individuale e sociale. Le peculiarità dei vari
approcci (ad esempio psicologia positiva , neuroscienze ed infine , psicologia
umanista ) sono differenti, ma la concezione del fattore umano che ne emerge
presenta diversi fili rossi in comune. Nello specifico l’empowerment del
potenziale è un approccio concettuale e metodologico volto a favorire la
crescita degli adulti, dal punto di vista del loro potenziale ed empowerment,
secondo una idea di persona e del suo sviluppo che vede l’individuo capace di
crescere attraverso salti di qualità. In tale direzione l’obiettivo è quello di
innescare un percorso di apertura di nuove possibilità, verso altre due
condizioni spesso dicotomiche che sono la stabilità (che può degenerare in
staticità) e l’orientamento al cambiamento (che può degenerare in instabilità e
disequilibrio). L’assunto di fondo è che l’innesco di un salto di qualità sia quasi
sempre possibile, anche dove tutto vada molto bene, nei fatti o nel percepito
delle persone e delle organizzazioni, o dove, viceversa, tutto o quasi sia critico
e in situazione di crisi/stallo. Aprire possibilità interne alla persona equivale ad
aiutarla a crescere, scegliere e cioè essere protagonista delle proprie
possibilità, ovvero, in senso lato del suo “essere” e della sua vita. Questo il
senso del nostro lavoro e la specificità del nostro operare, che si propone
l’obiettivo di favorire il salto di qualità, lo sviluppo e la crescita delle persone
nelle organizzazioni di lavoro. La formazione è la “vocazione professionale”
che in definitiva caratterizza e che perseguiamo, attraverso il lavoro sul campo
con e per le persone, nel tentativo di supportare ciascun individuo, destinatario
e protagonista dei nostri interventi, a esprimere sé stesso al meglio del proprio
possibile nei luoghi a cui appartiene, nella realtà che incontra, così da piacersi
di più, essere utile, apprezzato, incisivo, coraggioso, capace di interpretare la

complessità, contribuire a costruire il nuovo dentro e fuori di sé.


In definitiva il nostro approccio nasce dall’incontro tra l’approccio formativo
63
del self empowerment secondo (Bruscaglioni, Gheno 2004 ) e gli strumenti
classici della valutazione del potenziale secondo (Levati 1993, Maggi Rotondi
2003) il nostro suddetto approccio vuole configurarsi non come una
integrazione tra i due, ma come la costruzione di un terzo tra i due, che utilizza
alcuni contributi originali di entrambi, aggiungendovi però elementi propri e
distintivi, generati proprio dall’incontro tra i due approcci.
La specificità di questo terzo “modo”, che, come abbiamo affermato ,l’ abbiamo
chiamato empowerment del potenziale,ed è costituita, anzitutto, dallo sguardo
che rivolgiamo alla persona, all’azienda, alla committenza, a noi stessi nel
nostro staff.
Dando uno sguardo sulle “griglie” del potenziale e del self empowerment,
utilizzate contemporaneamente in chiave valutativa e di sviluppo. La prima
parte del processo formativo/consulenziale, pur avvalendosi delle tecniche
tipiche della valutazione del potenziale, ed a queste aggiungendo una
osservazione anche sul livello di empowerment personale e manageriale, si
connota come parte dell’intervento di empowerment.
Infatti, da un punto di vista metodologico, gli strumenti utilizzati in questa fase
sono strumenti comuni alla consulenza in empowerment.
Uno sguardo viene dato , inoltre , a questo primo passaggio che si concentra
fortemente sul salto di qualità, sull’aumento del livello di empowerment, sulla
ottimizzazione delle risorse personali e professionali, attraverso l’attivazione di
un processo strutturato che vuole incidere sulla costruzione di una nuova
visione di opportunità-possibilità delle persone e/o del team; sulla modalità di
aggiramento dei fattori di “blocco” storici e soggettivi, ma anche culturali e
professionali; sul reperimento di nuove risorse interne ed esterne alla persona
singola e/o al gruppo; sulla sperimentazione per l’apertura di nuova possibilità.
In conclusione migliorare vuol dire, a mio avviso, che la persona nel suo
complesso cresce, orientandosi al suo salto di qualità, spostando cioè la sua
“posizione”, riaprendo i giochi nel rapporto con sé e con il proprio contesto ed
immettendo energia extraordinaria nel tracciare nuove orme sulle come
muoversi.
Nello specifico , nel nostro operare, abbiamo: l’autenticità; il coraggio; la

motivazione; l’autosviluppo; la generatività; l’empowerment , Interità della


persona e sviluppo del potenziale rappresenta un’ altra specificità
dell’approccio empowerment del potenziale ed è costituita dal considerare la
persona “tutta intera” sul lavoro, come nella vita affettiva e privata e in altri
campi. Per utilizzare al meglio tutte le proprie migliori risorse interne,
depotenziando e aggirando le aree di difficoltà che si incontrano , dunque,
proprio alla persona nella sua complessita’ .

64
3.4 )GLI OBBIETTIVI E LE PRESTAZIONI .

La dimensione del processo valutativo che attiene all’apprezzamento del


contributo ai risultati, si collega agli obiettivi definiti dal Piano Esecutivo di
Gestione (PEG), che costituisce strumento di programmazione e di gestione per
l’attuazione del Documento Unico di Programmazione (DUP) e degli indirizzi
strategici dell’amministrazione Aziendale .
Gli obiettivi, in generale, mettono in evidenza le normali attività e
responsabilità delle funzioni, pur essendo ad esse coerenti, e rappresentano
risultati particolari e significativi che il responsabile affida ai propri collaboratori
in coerenza con gli obiettivi più generali dell’unità organizzativa o dell’ente.
L’Amministrazione può individuare progetti che rivestono un particolare
carattere di specificità, riferendosi al perseguimento di obiettivi di
miglioramento quali e/o quantitativo di servizi che hanno per l’Ente una
rilevanza peculiare, in relazione alla performance organizzativa generale e/o
delle singole strutture.
Il contenuto di tali progetti (denominati “Progetti specifici”), previo confronto
con le OO.SS., è individuato in base ai criteri definiti nella sezione denominata
“Progetti Specifici”, trasmesso al NdV, e approvato con atto datoriale del
Dirigente responsabile.
Il grado di raggiungimento dei progetti viene approvato e attestato, dal
Dirigente responsabile di riferimento e trasmesso al NdV; tali progetti possono
presentare infatti un’articolazione pluriennale, annuale o infrannuale in
funzione delle esigenze di risultato e di rendicontazione. Ad esito di positiva
rendicontazione dei risultati, ai dipendenti inseriti nei progetti specifici verrà
attribuita una quota individuale del budget commisurata all’apporto individuale
reso nel corso del periodo di riferimento rilevato sulla base di criteri e
parametri che costituiscano misura oggettiva del contributo di ciascun
dipendente, (in termini di - a titolo indicativo, esemplificativo ma non esaustivo
- impegno, assiduità, flessibilità e qualità). Tali parametri sono indicati nell’atto

datoriale assunto ai fini della liquidazione del trattamento accessorio dal


dirigente responsabile della struttura organizzativa interessata dal progetto. In
considerazione della particolare rilevanza dei progetti, la contrattazione
decentrata integrativa definisce un budget dedicato all’erogazione di compensi
incentivanti aggiuntivi al personale coinvolto nella realizzazione degli stessi.

3.5 )LA PIRAMIDE DEI BISOGNI DI MASLOW .

LA PIRAMIDE DEI BISOGNI DI MASLOW


 

65
Motivazione e Bisogno
La motivazione può essere definita come l'insieme dei fattori che stanno alla
base del comportamento (agire) di una persona per il raggiungimento di
uno scopo.
La motivazione dipende principalmente da due elementi:

 le competenze:ciò che l'individuo è in grado di fare;

 i valori personali: ciò che l'individuo vuole fare.


La spinta motivazionale inizia ogni volta che l'individuo avverte un bisogno.
Quest'ultimo è la percezione di uno squilibrio tra la situazione attuale e una
situazione desiderata. Il bisogno è quindi uno stato di insoddisfazione che
spinge l’uomo a procurarsi i mezzi necessari (beni) per porvi fine o limitarlo.

La piramide dei bisogni di Maslow


Nel 1954 lo psicologo Abraham Maslow propose un modello motivazionale
dello sviluppo umano basato su una “gerarchia di bisogni”, cioè una serie di
“bisogni” disposti gerarchicamente in base alla quale la soddisfazione dei
bisogni più elementari è la condizione per fare emergere i bisogni di ordine
superiore.
Alla base della piramide ci sono i bisogni essenziali alla
sopravvivenza mentre salendo verso il vertice si incontrano i bisogni più
immateriali.

66
Partendo dalla base della Piramide Motivazionale (o dei Bisogni) ci sono:

 i bisogni FISIOLOGICI: fame, sete, sonno, termoregolazione, ecc.


Sono i bisogni connessi alla sopravvivenza fisica dell'individuo. Sono i
primi a dover essere soddisfatti a causa dell'istinto di
autoconservazione;

 i bisogni di SICUREZZA: protezione, tranquillità, prevedibilità,


soppressione preoccupazioni e ansie, ecc. Devono garantire
all'individuo protezione e tranquillità;

 i bisogni di APPARTENENZA: essere amato e amare, far parte di un


gruppo, cooperare, partecipare, ecc.; Questa categoria rappresenta
l'aspirazione di ognuno di noi a essere un elemento della comunità;

i bisogni di STIMA: essere rispettato, approvato, riconosciuto, ecc.


L'individuo vuole sentirsi competente e produttivo;

67
i bisogni di AUTOREALIZZAZIONE: realizzare la propria identità in base ad
aspettative e potenzialità, occupare un ruolo sociale, ecc. Si tratta
dell'aspirazione individuale a essere ciò che si vuole essere sfruttando le
nostre facoltà mentali e fisiche.
Mentre i bisogni fondamentali, una volta soddisfatti tendono a non
ripresentarsi, i bisogni sociali e relazionali tendono a rinascere con nuovi e
più ambiziosi obiettivi da raggiungere.
Ne consegue che l’insoddisfazione, sia sul lavoro, sia nella vita pubblica e
privata, è un fenomeno molto diffuso che può trovare una sua causa nella
mancata realizzazione delle proprie potenzialità.
Per Maslow, infatti, l’autorealizzazione richiede una serie di caratteristiche
di personalità, competenze sociali e capacità tecniche.

Critiche
Da un punto di vista aziendale, ciò indica la necessità di modulare lo stile di
management e la definizione degli obiettivi e degli incentivi, in base al
livello di soddisfacimento dei bisogni della persona.
Ne consegue che vanno rilevati tutti i possibili elementi di contrasto fra il
processo di sviluppo del lavoratore e quello del contesto aziendale in cui è
inserito.
Questo aspetto è uno degli anelli mancanti della teoria maslowiana.
Il modello di Maslow è infatti fortemente centrato sul meccanismo di
autodeterminazione dell’individuo, facendo risalire le spinte motivazionali
esclusivamente a fattori interni, ignorando l’interazione tra l’individuo e
l'ambiente esterno
.
Un altro aspetto è la rigidità dello schema che spiega il comportamento
dell’individuo.
Non necessariamente un soggetto deve passare attraverso tutti i livelli della
scala gerarchica .
La teoria di Maslow, infine, esclude che un individuo possa essere spinto da
più bisogni contemporaneamente anche se con diversa intensità.

3.6 )LA TEORIA DE LEVATI E SARAO .

Il modello ottenuto è schematizzabile nei seguenti componenti :


Attitudine: rappresenta il substrato costituzionale delle capacità. L’attitudine si
trasforma in capacità se trova condizioni esterne (contestuali ed
essenzialmente costituite dalle opportunità di Esercizio) e interne (Motivazioni)
favorevoli al suo manifestarsi.
Capacità: dotazione personale che permette di eseguire con successo una

68
determinata prestazione, quindi la possibilità di riuscire nell’esecuzione di un
compito o di una prestazione lavorativa. La capacità ha natura intrinseca
poiché è radicata nel patrimonio attitudinale dell’individuo che è stabile. Le
capacità, individuate dagli studiosi Levati e Saraò, sono le seguenti:
ADATTABILITA’ RELAZIONALE Capacità di sapersi muovere, risultando efficaci,
in relazioni e contesti diversi. ASSERTIVITA Capacità di porsi come un
interlocutore autorevole e ascoltato e di riuscire a ottenere il risultato che ci si
prefigge, cercando di convincere ("vincere con") gli altri.
AUTONOMIA / INIZIATIVA Capacità di sapersi auto attivare senza la necessità
di stimoli e / o controlli esterni.
COSTRUZIONE / GESTIONE DI RELAZIONI PLURIME Capacità di impostare e
mantenere una rete di relazioni in ambiti complessi, in modo congruente con i
propri obiettivi.
FLESSIBILITA’ DI PENSIERO Capacità di affrontare i problemi senza essere
condizionato né da schemi di riferimento né da chiusure preconcette, riuscendo
a integrare con altri dati, i dati a disposizione, ampliando così il campo
d'indagine.
GESTIONE DELL'ANSIA Capacità di affrontare le situazioni incerte, il rischio,
presenti soprattutto nei processi decisionali, sulla base della propria stabilità
emotiva e sicurezza personale.
GESTIONE DEL CONFLITTO Capacità di affrontare il contrasto interpersonale,
mantenendo contemporaneamente la necessaria determinazione e lucidità,
controllando adeguatamente il piano emotivo.
INNOVAZIONE Capacità di approcciare i problemi operando una
"ristrutturazione del campo", che consenta di esplorare nuove possibilità
logiche nella soluzione del problema.
INTELLIGENZA SOCIALE Capacità di "leggere", comprendere e prevedere le
motivazioni, le aspettative e i comportamenti degli interlocutori, utilizzando
tale comprensione per instaurare e mantenere rapporti efficaci.
LEADERSHIP Capacità d'interpretare gli indirizzi generali (ideologie) di una
parte/partito all'interno dell'organizzazione e di porsi come polo di
aggregazione emotiva dei bisogni e delle motivazioni del gruppo guidato.
METACOMUNICAZIONE Capacità di comprendere e di gestire le caratteristiche
specifiche di contesto e di relazione in cui avviene la comunicazione.

TENSIONE AL RISULTATO Capacità di mantenere costanza di rendimento,


anche di fronte a ostacoli e imprevisti o in situazioni di particolare emergenza.

69
SINTESI (PROBLEM SOLVING OPERATIVO) Capacità di approcciare i problemi
in modo pragmatico, adattandosi ai limiti di tempo e alla molteplicità o
incompletezza degli input, selezionando pochi elementi significativi e
sintetizzandoli in una situa-zione praticamente utile, anche se non
concettualmente ottimale.
VISIONE D'INSIEME Capacità di saper considerare in una prospettiva integrata
problemi diversi, cercando soluzioni che possano risultare efficaci sia al
problema che si affronta sia al contesto di riferimento.
Elenco delle capacità di Levati e Saraò Conoscenza : la conoscenza è la
consapevolezza e la comprensione di fatti, verità o informazioni ottenuti
attraverso l'esperienza o l'apprendimento. La conoscenza è l'autocoscienza del
possesso di informazioni connesse tra di loro, le quali, prese singolarmente,
hanno un valore e un'utilità inferiori. Esperienza Finalizzata: sperimentazione
di particolari attività lavorative che hanno consentito di esercitare, provare ed
esprimere le capacità e le conoscenze possedute dalla persona. Competenza:
caratteristica intrinseca dell’individuo, appartenente alla dimensione
psicologica, costituita dall’insieme articolato di capacità, conoscenze ed
esperienze finalizzate. Si esprime attraverso comportamenti; ma per
esprimersi necessita di Motivazione e Contesto (l’aspetto specifico del contesto
che impatta sulla nascita e sviluppo delle competenze è dato dalla cultura
organizzativa). Comportamento: insieme di azioni osservabili messe in atto da
un individuo, sollecitate dalla combinazione di contesto e caratteristiche proprie
della persona. Motivazione: insieme dei bisogni ed aspettative di un individuo

che sollecitano, guidano, selezionano i suoi comportamenti. Permette la messa


in moto del processo che trasforma capacità, conoscenze ed esperienze

finalizzate in competenze attuate. E’ influenzata a sua volta dall’Immagine di


Sé e dal Progetto di Vita.

Ruolo: modello costituito dall’insieme dei comportamenti richiesti in termini di


attività e attese in termini di integrazione alla cultura dell’organizzazione. La
Posizione circoscrive quali attività devono essere svolte (cosa fare – parte
prescritta) la Cultura a quali regole (norme e valori) è necessario attenersi

nello svolgimento delle attività (come fare – parte discrezionale). Cultura:


meccanismo di integrazione che presiede al rapporto individui – collettività,

70
collettività – struttura e struttura – ambiente con l’obiettivo di realizzare un
equilibrio efficace e dinamico tra uniformità e differenziazione. Attraverso la
cultura, l’organizzazione acquisisce sia la propria identità distintiva sia la
compattezza che le consente di affrontare l’impatto con l’ambiente esterno.
Posizione: insieme di attività e responsabilità rispetto a un particolare livello
organizzativo.
Prestazione Efficace: insieme dei comportamenti con cui un individuo
raggiunge gli obiettivi predefiniti e comunicati che gli sono stati posti all’interno
del suo ruolo.

IL FUNZIONAMENTO DEL MODELLO DI LEVATI E SARAO’

Il funzionamento del modello di Levati e Sarao’ è il seguente:


L’attitudine, che rappresenta una predisposizione naturale e quindi il
patrimonio stabile dell’individuo, può trasformarsi, tramite l’esercizio e la
motivazione personale, in capacità che è la dotazione personale che permette
di eseguire con successo un compito.
La capacità unita alla conoscenza, viene utilizzata nelle esperienze finalizzate,
ovvero le attività lavorative che consentono di esercitare, provare ed esprimere
le conoscenze e le capacità fino al raggiungimento della padronanza o
mastering. Queste ultime tre componenti vanno a formare la competenza così
come è stato definita.
La competenza appartiene alla dimensione psicologica ed intrinseca
dell’individuo ed esiste solo nel momento in cui viene messa in atto e vengono
mobilitate le sue componenti. Quindi la parte “visibile” della competenza è data
dai comportamenti, che sono l’unica parte misurabile ed analizzabile della
competenza.
Il comportamento non è influenzato solo dalla competenza ma anche dalla
motivazione e dal ruolo.
La motivazione, a sua volta composta da immagine di sé e progetto di vita,
rappresenta l’insieme di aspettative e bisogni che guidano i comportamenti
dell’individuo.
Il ruolo, invece, è costituito dall’insieme delle attività richieste dalla posizione
ricoperta e dei comportamenti attesi in termini di adeguamento alla cultura
dell’organizzazione.
L’attivazione simultanea di queste componenti da quindi vita ai comportamenti,

che, se sono indirizzati al raggiungimento degli obiettivi che sono stati


assegnati all’individuo, danno vita alla prestazione efficace.
71
Dal punto di vista dello studio e dell’analisi pratica delle competenze di uno
specifico individuo, invece, il modello viene ribaltato, ed utilizzato nel seguente
modo: il punto di partenza dello studio delle competenze è il comportamento.
D’altra parte, non potrebbe essere diversamente, dal momento che il
comportamento rappresenta l’unica parte visibile, e quindi analizzabile
dell’intero modello.
A questo punto si procederà a ritroso, e partendo dai comportamenti e tenendo
conto della motivazione personale e del ruolo occupato dall’individuo nella
specifica organizzazione, si andranno a ricercare le correlazioni con l’insieme
delle capacità che hanno reso possibili tali comportamenti osservati.

CONCLUSIONE

L’elaborato della Tesi ricostruisce in modo organizzato le principali attività


sviluppate durante la realizzazione dell’attivita’ dell’U.O. del Servizio
Trasfusionale di Castrovillari ASP di Cosenza con l’obiettivo dedicato alla
gestione e alla valutazione del capitale intellettuale presente all’interno
dell’ organizzazione, orientato alla strutturazione di un sistema di valutazione
del personale efficace ed oggettivo. La prima fase del progetto ha richiesto
preliminarmente un’attività di studio e approfondimento teorico delle principali
metodiche tecnologiche che vengono utilizzate presso l’U.O. e sul loro
sviluppo successivamente alle tematiche legate al ciclo di gestione delle
72
risorse umane, con particolare attenzione ai modelli di valorizzazione e
gestione del capitale intellettuale, in termini di conoscenze, competenze e
capacità.
Tali tecniche, partendo dalla mappatura delle caratteristiche dell’organizzazione
in esame, hanno avuto l’obiettivo di elaborare e sviluppare programmi di
software coerenti con la struttura dell’U.O.
L’ultima parte è dedicata allo studio e alla definizione delle principali attività
di analisi statistiche e dati in grado di fornire informazioni rilevanti per una
efficace gestione delle risorse umane.
Tra gli strumenti realizzati, quali gli indicatori sviluppati e il questionario di
valutazione, possono fornire input significativi per lo sviluppo di ulteriori
funzionalità , soprattutto per quanto riguarda l’elaborazione di analisi dei dati
in grado di fornire un supporto informativo nelle principali fasi decisionali
legate al ciclo di gestione delle risorse umane . In
riferimento a quest’ultimo mio percorso di formazione e di crescita
professionale non posso che provare maggior rispetto, considerazione e un
atteggiamento sicuramente collaborativo, verso tutti coloro che all’interno del
proprio ambito lavorativo si prodigano per il benessere proprio e di quanti
interagiscono con loro.
Questo mio percorso mi ha aiutato a vedere e a soffermarmi sulle azioni dei
vari operatori sanitari che con il loro lavoro a volte anche con sacrificio
tendono a dare conforto ai vari utenti bisognosi a sua volta di un referto e/o di

una unita’ di sangue bene primario per la salute e per un utilizzo a fine
terapeutico insostituibile e / o di un salasso , inoltre si prodigano a dare un
ulteriore conforto sui silenzi sui sorrisi e sulle lacrime che ogni giorno
quotidianamente animano i corridoi e le stanze dell’U.O. ospedaliere .
Conoscere gli impegni, le pressioni, le continue lamentele, il carico di
responsabilità e di lavoro manageriale che circonda il ruolo e la stessa figura
dei responsabili quali manager che in prima persona mi hanno aiutato a
capire e, a trovare risposte a molti interrogativi.
Il NPM è una figura assolutamente importante nell’organigramma aziendale
proprio per il suo “potere diretto” e per il ruolo autorevole .
Il manager sanitario così come tutti gli altri operatori sanitari dirigenti e del
comparto rappresentano la mano, lo sguardo, il volto, la persona che, accoglie
l’utente ammalato, solo, bisognoso, sofferente e preoccupato e rappresentano
quindi la cura, l’assistenza, l’accoglienza e l’intera funzionalità del servizio
sanitario.

73
È un ruolo sicuramente difficile e impegnativo ma, aver conosciuto nel mio
percorso formativo chi riesce malgrado le mille difficoltà a rendere il benessere
organizzativo, non solo una possibilità, ma una realtà operativa, aiuta a
rendere tutto cio’ possibile .
Il Benessere Organizzativo è un dono che non appartiene soltanto al singolo. È
un bene prezioso che si costruisce con la collaborazione, con il gruppo, con
l’appartenenza al gruppo stesso e poi all'organizzazione .
Stimolare la motivazione si può e si deve, coinvolgendo nei processi di lavoro,
rendendo partecipi i pensieri, le idee, i dubbi ma, anche le proposte e i
suggerimenti. Bisogna riconoscere, la persona e/o l’individuo come “attore
principale” della propria organizzazione, costruendo o rafforzando tutti
assieme, un’identità professionale e un unico progetto di vita lavorativa.
È necessario rafforzare il senso di identità e di appartenenza
dell’organizzazione presso la quale si lavora, dando spazio al riconoscimento
reciproco, al dialogo, alla condivisione dei progetti di sviluppo, per costruire un
senso di benessere.

Il lavoro è un’esperienza che assume una grande rilevanza nella vita di ogni
persona in quanto gli individui trascorrono una buona parte della loro
quotidianita ‘esistenziale .
Non è quindi possibile considerare l’organizzazione e gli obiettivi che si vuole
raggiungere, senza considerare contemporaneamente le esigenze e i bisogni di

tutti operatori.
Tutti quanti, infine, hanno il diritto di essere trattati come un’autentica ed
essenziale risorsa umana, una risorsa non soltanto da utilizzare, ma di cui aver
cura con tutti i mezzi.
Il benessere deve certamente partire dal singolo per sé stesso, ma anche, e
soprattutto, dall’organizzazione sanitaria che deve essere ben consapevole del
fatto che promuovere e curare il benessere personale dei propri collaboratori,
nei vari modi in cui questo è possibile, da forza all’organizzazione stessa, alla
sua efficacia ed efficienza, al clima interno dell’azienda, alla qualità percepita
dall’utenza, che, a sua volta, influenza i ritorni economici o i finanziamenti
pubblici, in un circolo virtuoso all’interno del quale tutti i vari attori del sistema
potrebbero godere di benefici e vantaggi.

74
Dove risiede il benessere organizzativo vi è sicuramente un forte senso di
dignità e di utilità insito nel proprio lavoro, vi è il sentirsi parte di un gruppo,
essere parte dei propri colleghi di lavoro, da cui si riceve ogni giorno supporto
e complicità, ma ancora più una sicura fiducia nelle proprie capacità e nel
valore personale così come nel desiderio, non sopito, di crescere
professionalmente e di investire nuove energie per la propria organizzazione.
La motivazione e la soddisfazione per il proprio operato è estremamente
importante e un buon manager deve averlo sempre in mente.
Lo stile di leadership, la comunicazione, il buon esempio, la formazione, il
rispetto, la considerazione per il pensiero, per i bisogni o per le preoccupazioni,
sono tutti strumenti importanti di coordinamento.
Fermarsi ad ascoltare cosa l’altro ha da raccontare , cosa pensa o, cosa gli crea
preoccupazione o paura, può apparire stressante, faticoso ma, chi è dall’altra
parte percepisce e gioisce del tempo e della considerazione che ne riceve.
Il riconoscimento dato alla persona per un lavoro fatto bene è una principale
motivazione di benessere .
Le persone hanno bisogno di feedback positivi, per meglio capire come
procedere e, devono essere, sempre più coinvolti nell’organizzazione e nella
pianificazione del lavoro in maniera empatica .
La considerazione finale che ne deriva è che nel processo di manager delle
risorse umane delle U.O. e , delle loro competenze, della loro formazione,
occorre dare ampio respiro contemporaneamente a più aspetti strettamente
correlati tra di loro, coinvolgendo direttamente le persone con i loro bisogni e
le loro aspettative e mediando, attraverso un’attenta leadership tra loro e, gli

obiettivi e, i limiti dell’organizzazione stessa.


Quello che motiva le persone è l’idea che il lavoro che svolgono ha un senso
ma, anche il sentirsi parte di una comunità, il sentire che si sta imparando
qualcosa di utile per se stessi.
Il lavoro in équipe ha un significato diverso per ogni persona, ma c’è
comunque un concetto universale che è quello dell’interazione.
Il cambiamento è un modo di rendere la propria vita interessante, rendersi
utili, sentire e vedere che uno fa parte di un “processo” di crescita e di
miglioramento e individuale e collettivo e sociale.
Il punto centrale dell'azienda è la novità e cioè unione più che separazione,
sintesi più che analisi, sentirsi tutt'uno non per la paura del futuro ma per la
gioia della convivialità. L'anima dell'impresa è fragile, più delicata del corpo che
la contiene.
Per sviluppare e far progredire l'Azienda e in modo particolare l’U.O. occorre
amarla: solo un profondo amore per l’U.O. e per l'Azienda le conferisce
un'anima, rendendola sempre e più creativa e procreativa.
L’organizzazione è fatta di pensieri, azioni, idee, conflitti, è di soddisfazioni e
sofferenze, è fatta di scambi, di Dare e Avere, di emozioni e preoccupazioni
ma,bisogna sempre tener presente che all’apice di tutto questo vi è: l’Uomo”
con la sua Personalita’ , Cultura, Esperienza e Dignità .
75
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