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VERA SCHMIDT E L’ASILO PSICOANALITICO DI MOSCA

(Introduzione)
Alberto Angelini
www.albertoangelini.it

Nel turbinoso e contraddittorio sviluppo della scienza e della cultura, che


seguì l’esplosione della rivoluzione d’Ottobre russa, acquisì grande spazio
la suggestione del mito dello “uomo nuovo” sovietico. Il mito ha origine
nell’opera di Marx ed Engels i quali, ne L’ideologia tedesca (1846),
sostennero che, nella società capitalistica, a causa della divisione del
lavoro e della scissione tra lavoro fisico e lavoro intellettuale, l’individuo
realizza la propria intelligenza e la propria personalità solo in modo
unilaterale e parziale, soddisfacendo i bisogni limitati, che emergono in
una vita scissa e alienata. Nella prospettiva marxista, il comunismo
avrebbe consentito, invece, all’individuo la riappropriazione della propria
natura alienata e la ricomposizione tra attività materiale e attività
intellettuale. In tal modo si sarebbero create le condizioni per la
realizzazione di un uomo nuovo, un “uomo omnilaterale”. Gli psicologi e i
pedagogisti sovietici del periodo post-rivoluzionario si impegnarono nella
realizzazione di una nuova scuola, volta a tal fine, tramite la proposta di
una educazione non coercitiva e libertaria, rispetto alle potenzialità
individuali.
L’asilo psicoanalitico di Mosca, promosso da Vera Schmidt, in cui lavorò
anche Sabina Spilrein, è un importante esempio di queste iniziative.
Bisogna considerare che, nel decennio posteriore alla rivoluzione
d’Ottobre, l’uomo nuovo divenne un progetto concreto, che coinvolse,
nella sua realizzazione, buona parte della società sovietica. Anche da
questo progetto venne il grande interesse che il rinnovamento culturale,
seguito alla rivoluzione, dimostrò riguardo alle nuove teorie pedagogiche e
nei confronti del pensiero psicoanalitico. Del resto, gli psicoanalisti
sovietici, d’ispirazione rivoluzionaria, erano profondamente suggestionati
dal mito dell’uomo nuovo. Essi credevano, con la psicoanalisi, di poter
cambiare il mondo.

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In Russia, dopo la guerra e la rivoluzione, la psicoanalisi aveva trovato un
terreno assai fertile. Si era riorganizzata la Società Psicoanalitica di Mosca,
già attiva da prima della guerra ed era stata istituita una seconda Società
Psicoanalitica a Kazan, da Alexander Luria, poi divenuto il capostipite
della neuropsicologia contemporanea.
Perfino la grande personalità di Lev S. Vygotskij, il fondatore della scuola
psicologica “storico culturale”, fu coinvolta dalla psicoanalisi. Nel 1925,
Vygotskij e Luria, entrambi allora partecipanti alle riunioni della Società
Psicoanalitica Moscovita, scrissero l’introduzione della traduzione russa
del lavoro di Freud Al di là del principio del piacere (1920). Sempre nel
1925, K.N. Kornilov curò una raccolta di saggi, dal titolo Psicologia e
marxismo, dove più autori, tra cui Luria, affrontarono i problemi
metodologici della psicoanalisi, in una prospettiva sia filosofica, sia
sociologica.
Un nutrito gruppo di giovani entusiasti partecipò all’affermarsi del
pensiero psicoanalitico, in Russia. Tra questi: P.P. Blonskij, M.A. Rejsner,
B.E. Bychovskij, B.D. Fridman, A.B. Zalkind ed altri.
La Società Psicoanalitica Moscovita aveva diviso la propria attività in tre
sezioni relative a differenti campi d’interesse. Oltre agli indirizzi artistico-
psicologico e medico, la terza sezione si proponeva, precisamente, di
applicare la psicoanalisi all’educazione.
Lo sfondo teorico era costituito, come si è accennato, dall’aspirazione a
realizzare “l’uomo nuovo” sovietico.
Vera Schmidt fu la principale esponente di questa terza sezione,
appoggiata, all’inizio degli anni venti, dal pedagogista Sčackij, il quale
tuttavia non svolse una effettiva attività psicoanalitica e, già nel 1924, si
allontanò dalla Società. Alla medesima sezione aderì P.P. Blonskij, che
sarebbe divenuto uno dei massimi pedagogisti e psicologi sovietici.
Risale al 1921 la data di nascita dell’ormai leggendario esperimento
dell’asilo psicoanalitico di Mosca. La Schmidt, impegnata in prima
persona in questa attività, fu poi l’autrice del resoconto sul lavoro, svolto
in questo istituto e pubblicato nel 1924 a Vienna, che viene qui proposto.
Nell’asilo psicoanalitico fu messo sotto osservazione un ristretto numero
di bambini, servendosi di una équipe specializzata e al corrente delle
dottrine psicoanalitiche. Purtroppo questa istituzione non ebbe, certamente,
vita facile. Già pochi mesi dopo la sua fondazione, in seguito a voci
incontrollate sull’educazione sessuale dei piccoli ospiti e a causa
dell’atteggiamento negativo delle autorità amministrative, l’asilo

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psicoanalitico andò incontro a grosse difficoltà. Va anche osservato che, da
tempo, le teorie sessuali incontravano scarsa simpatia da parte degli
ambienti scientifici ufficiali. Bisogna, quindi, tener presente questa
complessiva atmosfera sfavorevole verso le problematiche sessuali, nel
considerare le difficoltà incontrate dall’asilo psicoanalitico. Ecco come J.
Marti ricostruisce le vicende della cosiddetta “Casa dei bambini”.
«Subito dopo la sua fondazione nell’agosto del 1921, le autorità, in seguito
a segnalazioni (si dice che nei bambini siano stati provocati eccitamenti
sessuali precoci, ai fini di studio) mandano una commissione d’inchiesta
che vi lavora per alcuni mesi. Alla fine le opinioni della commissione
divergono: il medico e il pedagogista sono favorevoli, lo psicologo ed il
rappresentante del Commissariato all’Educazione sono contrari.
Quest’ultimo decide di tagliare gli aiuti ma non fa chiudere la Casa.
Successivamente il nuovo direttore dell’Istituto di Psiconeurologia accorda
un aiuto finanziario ma impone un’altra commissione d’inchiesta.
Conclusione: un giudizio “francamente impressionante” accompagnato da
insulti pubblici e dalla soppressione degli aiuti. L’Istituto di
Psiconeurologia “si affretta a distanziarsi ideologicamente”. Sono dei
minatori tedeschi, riuniti in un congresso sindacale a Mosca, che
salveranno la casa assicurandole riscaldamento e cibo. La Casa, in segno
di riconoscenza, si chiamerà da quel momento “Solidarietà
Internazionale”. Ma i collaboratori pagati dal Commissariato
all’Educazione, vengono ridotti a metà e di conseguenza il numero dei
bambini scende da trenta a dodici. Autunno 1922: la Casa si collega con
l’Istituto Psicoanalitico di Stato appena fondato. Subisce una nuova
ispezione e successivamente un’altra ancora. Nella primavera 1923 la sua
esistenza è rimessa in causa per motivi finanziari ma anche “perché
contemporaneamente vi fu una nuova discussione per sapere in quale
misura fosse auspicabile l’esistenza di una simile Casa che basava il suo
sistema educativo su conoscenze psicoanalitiche”. Nasce un dibattito fra
pedagogisti e psicologi, ma senza esito. La Casa non sfugge ad una quinta
ispezione, nell’autunno del 1923, quando Vera Schmidt scrive il suo
rapporto per il movimento psicoanalitico. Vera Schmidt rimane ottimista:
“La sopravvivenza di questa Casa non è ancora assicurata. Tuttavia a noi
sembra che l’interesse che manifestano pedagogisti e psicologi sia la
migliore garanzia perché la casa sperimentale dei bambini possa affermare
la sua esistenza, in quanto rappresenta uno degli organismi più
indispensabili alla pedagogia contemporanea”. Con queste parole, Vera

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Schmidt nonostante sia legata al Partito conta non tanto sulle autorità, ma
sulla pressione di una parte importante degli ambienti psicopedagogici. Ma
questa pressione non si rivela sufficiente: il 22 novembre 1923
l’Associazione Psicoanalitica dedica una seduta intera ai principi
pedagogici applicati nella Casa e il 7 febbraio 1924 tiene una riunione
straordinaria a porte chiuse (l’unica ricordata in tutta la storia
dell’Associazione) nella quale si discute “una serie di questioni
organizzative riguardo a questa Casa”. Vera Schmidt sarà discreta sulle
conclusioni: “Le condizioni non erano mature”. La Casa viene chiusa in
maggio-giugno 1924 (l’ultima osservazione del piccolo Alik tratta da un
giornale della Casa è in data 10 maggio) “molto prima, scrive Vera
Schmidt, che i bambini abbiano raggiunto il periodo di latenza”, periodo
che agli occhi degli analisti avrebbe rappresentato una tappa minimale per
arrivare a conclusioni d’insieme» (Cit. da: Angelini A., La Psicoanalisi in
Russia, Liguori, Napoli, 1988, p. 53).
Appartiene alla stessa Vera Schmidt, pedagogista che, in seguito, svolse
anche studi di medicina, il merito di aver attirato l’attenzione del
movimento psicoanalitico internazionale sull’asilo psicoanalitico. Alcuni
suoi scritti apparsi sulla Internationale Zeitschrift für Psychoanalyse e il
rapporto sull’asilo del 1924 ebbero un riscontro generale e interessarono,
particolarmente, sia Anna Freud, sia Marie Bonaparte. Sempre la Schmidt,
assieme al marito Otto Schmidt, bolscevico attivamente impegnato
nell’edificazione delle strutture educative sovietiche, intraprese nel 1923
un viaggio a Berlino e a Vienna, con l’intenzione di informare
direttamente i gruppi psicoanalitici presenti in tali città. Durante questo
viaggio, incontrò personalmente Freud, Karl Abraham e Otto Rank;
tuttavia, stando a quanto scrisse polemicamente W. Reich ne La
rivoluzione sessuale del 1936, l’Associazione Psicoanalitica Internazionale
assunse un atteggiamento improntato a scetticismo verso l’esperimento
dell’asilo psicoanalitico. In questa occasione Reich che, fin dal 1934, era
stato espulso proprio dall’Associazione Psicoanalitica Internazionale e
aveva avanzato diverse critiche verso alcuni aspetti del classico corpus
freudiano, non mancò di collegare l’atteggiamento negativo assunto nei
confronti dell’opera della Schmidt con una complessiva evoluzione della
psicoanalisi in chiave non favorevole alla liberalizzazione sessuale.
Dopo la chiusura dell’asilo psicoanalitico, la Schmidt proseguì la sua
attività divenendo, nel 1927, segretaria della Società Psicoanalitica
Moscovita, in sostituzione di Alexander R. Luria, fungendo da

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rappresentante al X Congresso di Innsbruck (1-3 settembre 1927) e
rimanendo in carica fino alla scomparsa della Società stessa, verso la fine
degli anni venti. Per entrare nel merito teorico del tentativo portato avanti
dalla Schmidt, va osservato che, inizialmente, esso s’inseriva
perfettamente nel generale contesto culturale post-rivoluzionario, quando
la mitica aspirazione tesa a creare l’uomo nuovo in una società nuova
sembrava, ormai, fondarsi su solide basi.
L’intento della Schmidt era quello di realizzare una struttura educativa
basata su una pedagogia psicoanalitica. Si richiedeva agli educatori,
coinvolti nell’impresa, la capacità di comprendere e interpretare i derivati
dell’inconscio infantile, separandoli dalle manifestazioni coscienti. In
questa prospettiva, si riconosceva l’importanza della sessualità infantile e
la necessità di favorirne un armonico sviluppo. Ciò non era solo indirizzato
esclusivamente a liberalizzare le manifestazioni di questa sessualità, ma
anche a spostare questa sessualità, tramite il meccanismo della
sublimazione, verso mete socialmente più elevate.
“La nostra comprensione, recentemente acquisita - scrisse la Schmidt -
delle manifestazioni sessuali infantili dovrebbe aiutarci, attraverso un
esatto comportamento pedagogico, a rendere possibile una continua
realizzazione di sublimazioni. Se in questo modo cadesse preda della
rimozione soltanto una parte più piccola delle tendenze istintuali infantili,
mentre una parte più grande dell’energia psichica del bambino si
conservasse per una utilizzazione culturale e sociale, allora l’individuo
avrebbe anche la possibilità di uno sviluppo molto ricco, molto meno
inibito”.
W. Reich, che conobbe personalmente la Schmidt, avendola incontrata
assieme alla pedagogista Lia S. Geshelina durante un suo viaggio in
Unione Sovietica nel 1929, criticò, in seguito, nel 1936, questa “antitesi
meccanicistica tra piacere e realizzazione sessuale”
Nei rapporti tra bambini ed educatori si teneva conto dei fenomeni
transferali e si tentava di instaurare dei rapporti basati sull’affettività e
sulla fiducia, piuttosto che sull’autorità. Inoltre si richiedeva agli educatori
un atteggiamento analitico anche verso sé stessi. Nella pratica, si evitavano
le punizioni, ma anche le eccessive manifestazioni di amore. Ci si
sforzava, complessivamente, di adattare l’ambiente fisico ai bisogni
dell’età dei piccoli ospiti. I bambini godevano della massima libertà di
movimento e i loro processi di evacuazione non venivano costretti ad un

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controllo rigido e artificioso. Altrettanta disponibilità veniva mostrata nei
confronti delle loro manifestazioni e curiosità sessuali.
Probabilmente proprio quest’ultimo aspetto della proposta pedagogica di
Vera Schmidt scatenò le reazioni delle autorità. È noto infatti che, dopo
molte controversie, furono delle calunniose accuse di pornografia e abusi
sessuali a determinare la chiusura dell’asilo psicoanalitico di Mosca.
Il valoroso esperimento, promosso dalla Schmidt, si concluse in tal modo.
Non a caso lo stesso Freud era stato accusato, in occidente, di perversione
a causa delle sue teorie riguardanti la vita libidica infantile.

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