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v e r s a r i o

n n i n e
10° A dalla beatif co Paleari
i c a z i o
F r a n c e s eciale
a t o sp
del Be numero

Anno XXXIX – N. 2
II Semestre 2021

P. Italiane - Sped. in A.P.


«D.L 353/2003
(conv. in L. n. 46, 27.2.2004)
art. 1, c. 2 - D.C.B. TO»
1
AG L I AMICI Spedizione in abbonamento postale
DE L B EATO Anno XXXIX - n. 2 - II semestre 2021
F R A N CESCO
PA L E ARI

SOMMARIO

Direttore Responsabile – EDITORIALE ..................................................... 3


don Lino Piano

Redattore
– UN SORRISO INTERIORE
Don Emanuele Lampugnani
a cura di DON GIOVANNI MORERO ............... 4
Collaboratori
Don Nicholas Kirimo
Don Marco Lattuada – UN UOMO PIENO DI UMANITÀ
a cura di DON ELIO MO .................................... 6
Redazione e Postulazione
Piccola Casa
Della Divina Provvidenza – RICOMINCIARE CON IL BEATO PALEARI
Via Cottolengo, 14
10152 Torino
a cura di PADRE CARMINE ARICE .................... 11

Tel. 011-52.25.111
causa.paleari@cottolengo.org – UN PRETE PER FAMIGLIA ............................... 18

Il bollettino non ha quota – AREA RELAX ..................................................... 22


di abbonamento ma è
sostenuto con offerte
libere dei lettori: – NEWS .................................................................. 24
C.C.P. 20956108
intestato a:
Piccola Casa
– INTERCESSIONI ................................................. 27
Divina Provvidenza
specificando la causale
del versamento

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Carissimi amici del beato Francesco Paleari,

EDITORIALE
è ancora vivo il ricordo di quel giorno nel quale, alla Piccola Casa della
Divina Provvidenza di Torino, si sono sentite improvvisamente suonare la
campane a festa; dopo un primo momento di stupore si è subito diffusa
la notizia che era stata approvata l’autenticità del miracolo attribuita
all’intercessione di don Francesco Paleari.
Era questo l’ultimo tassello di un lungo percorso: adesso era certo!
Don Francesco Paleari sarebbe diventato Beato!

Il 17 settembre 2011, nella chiesa della Piccola Casa, all’interno della


celebrazione presieduta dal Cardinal Amato, avvenne la tanto attesa
proclamazione: don Francesco Paleari è Beato!

L’allora superiore generale dell’opera cottolenghina, don Lino Piano


scrisse: “Questo evento ha posto un sigillo autorevole e significativo
sull’ideale di vita cottolenghina da lui vissuto. Esso è un segno evidente
che la vita della carità attuata dal Cottolengo può condurre alla santità
con l’aiuto della grazia di Dio. Tutto ciò è avvenuto per l’edificazione e
l’incoraggiamento di tutti coloro che condividono il carisma cottolenghino
e cercano di attuarlo nella loro vita”.

Il 17 settembre 2021 abbiamo celebrato il decennio della beatificazione:


siamo perciò lieti di dedicare questo numero della rivista a tale significativo
anniversario, raccogliendo in particolare le omelie delle funzioni nelle
quali è stato celebrato questo evento.

Essendo anche nella vicinanza del Natale,


assieme a don Marco e don Nicholas
auguriamo a tutti di cuore:

BUON NATALE A FELICE ANNO NUOVO!


Don Emanuele Lampugnani

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UN SORRISO INTERIORE
Don Giovanni Morero
MEMORIA DEL BEATO FRANCESCO PALEARI
Piccola Casa della Divina Provvidenza - Cottolengo (Torino)
(trascrizione dal parlato)

Dieci anni fa la Chiesa riconosceva ufficialmente la santità del sacerdote


Francesco Paleari.

Oggi noi siamo invitati a guardare a lui per prenderne esempio perché
sia di stimolo per la nostra vita. Questo in modo particolare per noi, figli del
Cottolengo come lo era lui, e in modo ancora più particolare per i sacerdoti
del Cottolengo per cui lo vogliamo invocare in modo particolare, perché
continui a guidare spiritualmente questa comunità oggi, come ha saputo
guidare gli alunni del seminario dei Tommasini ai suoi tempi. Prendiamo
dal Vangelo inspirazione “Vi ho detto queste cose (dice Gesù) perché
la mia gioia sia in voi e la vostra gioia sia piena” (Gv 15,11).

Don Francesco era, ed è conosciuto come il prete che sorride ed i suoi


ritrattisti cercano di tradurre nella sua immagine questo sorriso che è
difficile da riprodurre perché è un sorriso interiore. Un sorriso che non è mai
sguaiato ma che tocca, che colpisce. Le persone si sentivano istintivamente
attratte da lui per questo sorriso, per la bontà che sprigionava dai suoi
occhi, e si sentivano accolte al punto di essere invogliate ad affidare a lui i
propri segreti e i propri peccati.

Quante confessioni, quante direzioni spirituali ha fatto nella sua vita


questo umile sacerdote che non si è mai tirato indietro di fronte a nessun
compito che gli venisse affidato nella Piccola Casa e fuori di essa. Infatti,
come tutti i sacerdoti cottolenghini a quel tempo, era anche sacerdote
diocesano e il vescovo si fidava molto di lui tanto da affidargli i suoi
seminaristi, e poi la cura pastorale dei religiosi e delle religiose e tanti altri
incarichi a livello di importanza diocesana, che lui svolgeva con impegno,
con serenità e sempre con quel sorriso che attirava tutti.

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Abbiamo bisogno oggi di questo sorriso perché la società di oggi
(e chiediamoci pure se anche noi non facciamo parte della società di oggi)
mi pare che sia caratterizzata da degli estremi: c’è tanta allegria sguaiata
da una parte e tanta tristezza e depressione dall’altra.

È una società che vive gli estremi, le stesse persone vivono momenti
di euforia e momenti di depressione. Tutti cercano la gioia, l’allegria,
ma con degli strumenti e attraverso delle vie che non sono quelli idonei
a dare la vera gioia, la pace interiore, la serenità, per cui normalmente non
si vede questo sorriso sul volto delle persone.

Abbiamo bisogno di recuperare il sorriso di Francesco Paleari. Chiediamoci


qual è la sorgente di questo sorriso? La Sorgente era certamente Dio,
che era presente nella sua anima, nella sua vita quotidianamente.

Dio, che era ricercato con un cammino di impegno spirituale e questa


ricerca di Dio costante, questa assimilazione a Cristo faceva sì che il
suo animo fosse sereno qualunque tempesta stesse passando, perché
anche lui ha affrontato le tempeste e le difficoltà della vita come tutti
come tutti.

È stato veramente figlio del Cottolengo, il quale insegnava che l’allegria


non guasta la santità, ma non parlava dell’allegria sguaiata, mondana.
Parlava della gioia che viene da Dio “Vi ho detto queste cose perché la
mia gioia sia in voi è la vostra gioia sia piena” e Gesù ci dice che questa
gioia è in noi se noi facciamo la sua volontà, come lui ha fatto la volontà
del padre.

Come i pittori cercano di riprodurre il suo sorriso sulle tele, così


noi dobbiamo cercare di riprodurlo sui nostri volti, imparando da lui
il segreto.
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UN UOMO PIENO DI UMANITÀ
don Elio Mo
Pogliano milanese
DOMENICA 19 SETTEMBRE 2021
(trascrizione dal parlato)

Vorrei anzitutto ringraziare dell’invito ricevuto per essere qui oggi in


questa occasione festosa nella quale celebriamo e guardiamo, non solo
infatti celebriamo, ma anche guardiamo, ad una figura così significativa
sia per la vostra parrocchia, sia per noi perché è stato un nostro confra-
tello nella Piccola Casa. Una figura così importante e significativa che si
presenta noi oggi come un modello di umanità, un modello di umanità
nuova. Abbiamo sempre bisogno di guardare un po’ a dei modelli, ispi-
rarci a delle persone. Tante volte possono essere persone che ci hanno
fatto del bene, tante volte possono essere persone famose, guardiamo
ai leader ogni tanto ci ispiriamo un po’ a loro, ma la figura di Francesco
Paleari è una figura di umanità, di grande umanità e proprio per questo
è stato riconosciuto anche dai testimoni che hanno reso le loro testimo-
nianze su di lui.

Una figura piena di uma-


nità di cui oggi abbiamo così
bisogno. Come costruirci nella
nostra umanità come persone
nuove, senza andare dietro alle
mode del momento, senza imi-
tare le correnti, diciamo così
culturali o altri tipi di spinte che
riceviamo, per essere persone
autentiche, per vivere la nostra
vita senza sprecarla, per diven-
tare persone migliori?

Ecco allora che oggi in questa circostanza abbiamo avuto nelle letture
che abbiamo ascoltato un po’ quella che è la base alla quale si è ispira-

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to Francesco Paleari. Non solo
la base a cui si è ispirato, ma
veramente la prospettiva l’otti-
ca con cui ha costruito se stesso.
Lui è diventato il commento
con la sua stessa vita, è diventa-
to il commento a queste lettu-
re: la prima lettura che abbia-
mo ascoltato di Giovanni, la
seconda lettura, la pagina di
Vangelo, la sua vita è diventata la predica e il commento a queste letture
fondamentali della parola di Dio.

Infatti se c’è una cosa che possiamo dire sulla santità del beato Francesco
Paleari è che la sua santità non è una santità inarrivabile, inimitabile, come
quella dei martiri. Se moriamo martiri ci fanno subito santi, ma non tutti
abbiamo la fortuna di morire martiri e non tutti anche possiamo avere la
forza di questo.
Non è una santità dal punto di vista umano eroica diciamo così, una
santità appariscente che attira l’attenzione da questo punto di vista.
Non è neanche andato missionario anche se lo desiderava. Non ha vissuto
una vita estrema, spericolata per essere ammirato, ma la sua santità è
stata una santità interiore, cioè una santità che ciascuno di noi può imitare
costruendo il proprio cuore, la propria mente, il proprio modo di pensare
e di vedere, costruendo se stesso, come persona, guardando a lui.

Abbiamo ascoltato come nella prima lettura dobbiamo amarci come


Dio ci ha amato.
Certo come Dio ci ha amato può essere un po’ difficile, ma che dob-
biamo amarci siamo tutti convinti perché senza l’amore si finisce in un
conflitto continuo di vite che ci distrugge. Così abbiamo sentito nella
seconda lettura che dobbiamo rivestirci dei sentimenti di Gesù Cristo e
questo ha fatto Paleari: “rivestitevi dunque come amati di Dio Santi e
diletti, di sentimenti di misericordia, di sentimenti di bontà, di umiltà
di mansuetudine, di pazienza, sopportandovi a vicenda” tradurrei questo
sopportandovi anche in un altro modo, con “supportandovi”, cioè soste-
netevi, non solo sopportatevi, ma sostenetevi a vicenda gli uni gli altri.
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Se noi vivessimo così saremmo
già in una sorta di paradiso ter-
restre. Tutto nasce dalla distan-
za che abbiamo rispetto a questo
amore che invece il Beato Paleari
ha saputo rivestire. Di lui i suoi
testimoni ci dicono che conservò
sempre la sua dolcezza e amabilità
e ammirevole carità. Coloro che lo
incontravano facevano l’esperien-
za di incontrarsi con una persona
amabile. Potremmo dire così: se
noi vogliamo imitare Gesù nei suoi
sentimenti, se vogliamo mettere in
pratica quanto abbiamo ascoltato
nella prima lettura, ma anche nella pagina di Vangelo, se vogliamo fare
questo, cioè “Amatevi come io vi ho amato”, un impegno che ciascuno di
noi può prendere e fare suo è cominciare a diventare persone amabili.
Cosa vuol dire essere persone amabili? Forse non è neanche il caso di dirlo
perché ognuno di noi sa se una persona è amabile o non è amabile. Dalle
persone che non sono amabili stiamo tutti lontano, ma nessuno ci ha detto
che non è amabile, che dobbiamo amarla sì, dobbiamo amarla, ma non
solo dobbiamo amare dobbiamo anche diventare amabili. Certamente
il beato Paleari è diventato una persona amabile perché è pieno di
capacità di accogliere, pieno di capacità di comprendere, un uomo che

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ha imparato a non giudicare nessuno,
ma ad accogliere tutti. Le file che
c’erano per confessarsi da lui ci dico-
no che era una persona attraente e
abbiamo bisogno di persone che ci
aiutino a vincere il male che c’è in noi.
Lui era così e c’erano le file per andare
da lui, perché incontrando lui si pren-
deva forza di vita, il coraggio di vivere,
il coraggio di ricominciare, il coraggio
di pregare di nuovo, il coraggio di cre-
dere, perché se la fede rende un uomo
così come Paleari è diventato, allora
merita credere per diventare così.
È per noi un testimone della fede, ma
non solo, un testimone della vera uma-
nità che ciascuno di noi è chiamato a rivestire. Dunque chiamati ad amare
e chiamati a diventare amabili: “rivestitevi dei sentimenti di Cristo Gesù”
ciò che lui ha fatto.
Chi lo incontrava restava meravigliato della tua pazienza, una persona
amabile è una persona paziente. Chi si spazientisce subito tiene lontane
le persone ovviamente. Quindi per la sua pazienza, per lo spirito di com-
prensione, così anche per la sua carità accogliente; un’accoglienza che non
è solo sensibilità umana, talvolta questa carità accogliente richiede una
sorta di sacrificio di sé per accogliere l’altro, perché non sempre tutti mi
vanno per dritto, qualcuno mi va per traverso.
Qualcuno dice “ebbi l’impressione di un sacerdote umile, affabile,
sereno”. Come possiamo dare serenità se non siamo sereni noi?
Tutto questo Paleari lo ha costruito nel tempo, non è nato così, ma
l’ha costruito nel tempo nella sua persona guardando ai sentimenti
di Cristo Gesù: “rivestitevi dei sentimenti di Cristo Gesù”.

Dopo aver guardato un po’ alla sua persona raccogliamo qualche suo
insegnamento. Quali erano alcuni insegnamenti che lui trasmetteva come
se fosse lui a predicare al mio posto? Cosa lui diceva alla gente quando
predicava?

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Ho raccolto alcune prediche sul Sacro Cuore di Gesù: imitare i senti-
menti di Cristo, guardare al cuore di Cristo sono la stessa cosa, perciò
parlando dei sentimenti di Cristo invitandoci a seguire Gesù Cristo su
che cosa insisteva il Beato Paleari nella sua predicazione?
In una sua predica datata il 12 giugno 1899 dove Paleari parlando del
Sacro Cuore ci dice che dobbiamo cercare di vivere con “retta intenzione”.
E qual è la retta intenzione che attraversa tutto il nostro vivere,
le intenzioni del nostro fare, pensare, agire? La retta intenzione, dice
Paleari, è fare tutte le cose per amore e per piacere a Dio. Allora anche
io in tutte le cose che dico, devo chiedere “Signore sei contento di me?”.
Cosa posso fare Signore per piacere a te in questo momento, mentre sono
qui, cosa posso fare? Che cosa ti piace che io faccia? Questa è la doman-
da fondamentale che Paleari pone ai fedeli nelle sue prediche e per fare
questo bisogna fare come Gesù che “escluse l’amor proprio e il piacere
del mondo”. Non devo cercare ciò che piace a me, non devo amare solo
me, operare per vana soddisfazione di me stesso. Gesù, l’uomo dei dolori.
Soffrì con amore, non cercava la propria volontà, non cercava la propria
gloria. Anche i discepoli di Gesù, Giacomo e Giovanni, cercavano la
propria gloria: “possiamo sedere uno alla tua destra e una a sinistra?”,
posso emergere io socialmente? Come faccio a fare carriera? Come faccio
ad avere l’ultima parola sugli altri? Come faccio a imporre me stesso?
Non è questa la via, “non cercò la propria gloria”.
Evitare allora dice Paleari uno spirito di vanagloria. Siccome gli altri
non mi glorificano allora io mi glorifico da solo mi vanto.
Paleari ci chiede di unire i nostri sentimenti a quelli di Cristo Gesù,
come anche in un’altra predica del 1906 dice che dobbiamo sviluppare
la mansuetudine. Pronti sempre a soffrire per amore di Dio senza far
soffrire. Quando una persona mi ferisce qual è il nostro impulso imme-
diato della nostra natura? Quello di ripagare l’altro di più di quanto mi
ha fatto pagare. La mansuetudine invece chiede di non riversare sugli altri
la sofferenza che abbiamo ricevuto noi. Non ripagare il male con il male,
ma pagare il male con il bene. Tutte queste cose che hanno plasmato
la figura di Paleari e che oggi hanno portato qui ad essere oggetto della
nostra attenzione, queste cose lui le diceva alla gente che lo ascoltava
perché questa è la via che ci porta alla pienezza di noi stessi. Fare nostri
i sentimenti di Cristo Gesù.
Deo Gratias!
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RICOMINCIARE CON IL BEATO PALEARI
Padre Carmine Arice
MEMORIA DEL BEATO FRANCESCO PALEARI
Piccola Casa della Divina Provvidenza - Cottolengo (Torino)
(trascrizione dal parlato)

Ricominciare.
Cari fratelli e sorelle, questa
è la seconda celebrazione,
dopo quella del beato Luigi
Bordino, per l’inizio del
centenario a lui dedicato,
nuovamente aperta a tutti ed
è veramente una grande gioia
rivedere la nostra chiesa di
nuovo piena di amici; i nostri cari volontari, ma soprattutto dei nostri ospiti
perché per tanto tempo anche loro non hanno potuto frequentare questo
luogo che è il cuore della Piccola Casa, la nostra chiesa grande, come viene
comunemente chiamata.
Ricominciamo nel segno della santità. Ricominciamo cioè, così ha
disposto la Divina Provvidenza, guardando ai santi cottolenghini: prima
fratel Luigi e oggi il Beato Francesco Paleari. Forse questo può essere un
invito anzi, certamente è un invito che ci fa il buon Dio a ricordarci sempre
dello scopo ultimo della Piccola Casa.

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Lo scopo ultimo della Piccola Casa è la
gloria di Dio e noi serviamo i nostri fratelli,
ci amiamo reciprocamente, viviamo la vita
cristiana, serviamo i poveri proprio per dare
gloria a Dio; direbbe il Cottolengo “dargli
gusto in ogni cosa”.
La gloria di Dio è la santità dei suoi
membri, anche questo non lo dobbiamo
dimenticare. La Piccola Casa è casa di
Dio e chi la frequenta può condividere
certamente anche dimensioni più umane
e filantropiche, questo è un ottimo dono:
siamo contenti di avere anche tra noi
volontari che appartengono ad altre
tradizioni religiose, o anche non credenti,
ci possiamo ritrovare insieme in tante cose,
possiamo portare avanti insieme tanto
bene per l’umanità e per i poveri, ma non
possiamo mai dimenticare che questa casa
è nata come dono di Dio, vive alla presenza
di Dio e ha come scopo ultimo la Sua gloria
e la santità dei suoi membri, la vita di
Vangelo anche in pienezza di vita.
Ho detto all’inizio “ricominciare” ma
forse sarebbe più giusto dire continuare.
Ricominciare e continuare. Sì perché
la pandemia che dal mese di febbraio del
2020 ci ha un po’ bloccato tutti anche
nella nostra vita quotidiana di famiglia
cottolenghina, non può essere una
parentesi, non è stata una parentesi, ma
anch’essa è stata, se ne facciamo frutto,
una tappa della nostra vita. Occasione per
una scuola di senso dove abbiamo imparato
tante cose, per esempio ad apprezzare che
il dono della vita è un dono grande ma
anche la sua fragilità è una realtà vera.
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Abbiamo imparato ad apprezzare la bellezza della vicinanza, ma anche
la sofferenza della lontananza, abbiamo imparato la generosità di molti,
qualcuno fino al dono della vita per prendersi cura degli altri, ma anche
l’impotenza di fronte a certe situazioni, abbiamo percepito la sensazione
di essere come in un mare in tempesta ma anche la forza della fede per
vivere anche con senso in un mare in tempesta.
Quindi, cari fratelli e sorelle non una parentesi da dimenticare ma
un’esperienza di vita da valorizzare come ha detto più volte Papa Francesco:
“l’unico dramma più grande della pandemia stessa è non portare frutto da
tutto quello che è successo, da tutto quello che abbiamo vissuto”.
Ecco perché continuare, perché nell’ opera della Divina Provvidenza a
favore dell’uomo non ci sono dei tempi di sosta, non ci sono delle aree di
parcheggio in cui tutto si ferma, no! Dio continua ad operare anche nelle
giornate più difficili e ad effondere il suo amore, ma anche ci educa ad una
scuola di senso: di carità.
Continuiamo il nostro cammino, in questa nuova tappa, sperando di
non dover avere più arresti come quello che abbiamo vissuto; continuiamo
il nostro cammino guardando in modo particolare al beato Francesco
Paleari, primo beato Cottolenghino dopo il fondatore e speriamo molto
presto di avere anche la prima suora cottolenghina beata, la venerabile
suor Maria Carola Cecchin. Siamo agli sgoccioli alla proclamazione da
parte della Chiesa della autenticità del miracolo e dunque poi la possibi-
lità della beatificazione e sono contento che probabilmente le circo-
stanze porteranno a vivere tutto questo quando celebriamo anche i
cinquant’anni del ritorno delle suore cottolenghine in terra d’Africa
in Kenya. La Provvidenza è signora, fa le cose veramente in un modo
straordinario.
Nel Vangelo abbiamo letto che il Signore ha costituito i discepoli che
ha chiamato amici, una delle parole più sacre del vocabolario, così sacra da
essere usata da Gesù per dire il tipo e la qualità del rapporto che lui vuole
avere con i suoi discepoli. L’amicizia è un dono grande lo sperimentano
tanto i nostri ospiti quando trovano la fortuna di avere qualche volontario
che oltre ad essere un operatore nel servizio è anche un amico nella vita.
L’amicizia è un dono fra i più grandi che possiamo sperimentare su questa
terra e il Vangelo ce lo conferma; non per caso il tradimento dell’amicizia
è veramente una delle sofferenze morali più grandi che si possano
sperimentare. Il Signore dice: vi ho chiamati amici, vi ho fatto conoscere
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tutte le cose del Padre mio e vi ho costituito discepoli. L’amicizia di Gesù
non è un’amicizia che si chiude, è sempre una amicizia aperta che vuole
portare il bello e il buono che si sperimenta, perché tanti possano fare
quell’esperienza “dunque vi ho costituiti perché andiate e portiate frutto”.
Così è stato per il Beato di Pogliano e
il luogo principale dove questa amicizia
con il Signore ha portato frutto è stata
la sua vita di discepolo e di sacerdote
nella Piccola Casa, luogo nel quale, come
dice il Paleari stesso: “vi è tutto ciò che è
necessario per farsi santi”.
Allora mi sono chiesto: cosa possiamo
trovare in questa casa per farci santi?
È possibile farsi santi perché ce lo hanno
confermato questi nostri fratelli che
ci hanno preceduto nel cammino, il
Cottolengo, il beato Paleari, fratel Luigi,
suor Maria Carola e tantissimi santi che
sono conosciuti solo al cuore di Dio e
che hanno donato la loro vita, religiosi
religiose, sacerdoti e laici. Cosa possiamo
trovare? Anzitutto l’opera della Divina
Provvidenza il Signore che è tutto il bene,
il solo bene, che non conosce altro che
vie di bene. È emblematica la storia con
cui è nata questa casa, una morte, una
disperazione, un pianto, una bambina oltre
che una mamma che vive pochi minuti, da
cui si genera una storia di carità che và
avanti da più di 194 anni. L’episodio della
Gonnet è stata la scintilla da cui poi è nata
la Piccola Casa. In Dio c’è solo bene, tutto
bene, lo abbiamo sperimentato anche in
questa terribile esperienza della pandemia
che abbiamo vissuto. Questo Dio che ha
lottato e continua a lottare con tutti coloro
che si impegnano per curare la vita, per
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preservare da ogni male, per dare vicinanza, questa è opera della Divina
Provvidenza.
Questa opera della Divina Provvidenza nel Beato Paleari è iniziata
anche in lui da un’esperienza umana che potremmo dire negativa perché
quest’uomo, apparteneva una famiglia povera di Pogliano e un tempo
se uno aveva la vocazione, ma non aveva i soldi per pagare il seminario
non poteva studiare; per questo il Cottolengo nel 1841 fondò la famiglia
dei Tommasini, per coloro che avevano vocazione, ma non avevano soldi
e poi potevano andare a vivere il loro ministero dove volevano, dove si
sentivano chiamati, nelle diocesi, in istituti religiosi, oppure fermarsi alla
Piccola Casa e diventare un sacerdote oggi diremmo cottolenghino. L’opera
della Provvidenza si è servita di questa esperienza di povertà della sua
famiglia perché il parroco quando ha trovato in lui il seme della vocazione
lo ha mandato nella Piccola Casa. Qui il Paleari ha studiato, è diventato
sacerdote e, aperto alla grazia di Dio, ha capito che la sua terra di missione
doveva essere questa e chiede così di rimanere ed essere un sacerdote della
Piccola Casa. Quindi la prima realtà che c’è qui in questa casa per farsi i
santi è l’opera della Divina Provvidenza.
La seconda realtà è la preghiera; pensate che il nostro fondatore
quando aveva più bisogno di suore ha fondato monasteri. Questo ci
deve far pensare. Cos’è la preghiera? È il continuo riferimento a Dio, è
il continuo riferimento a Dio amato sopra ogni cosa nella cui relazione si
alimenta il nostro spirito di fede, ed è per questo che la preghiera, secondo
il Cottolengo, è il primo e più importante lavoro della Piccola Casa. Nella
preghiera impariamo lo sguardo della fede e sappiamo guardare i poveri,
i nostri fratelli, quello che ci capita, persino la sofferenza, la malattia, la
morte, con un altro sguardo. E allora qui si può imparare come diceva
Papa Francesco “un altro sguardo sulla vita” e questo sguardo sulla vita
lo impariamo anche grazie alla vita di preghiera che il Beato Paleari
ha vissuto in un modo straordinario, soprattutto nella celebrazione
eucaristica. I testimoni ci dicono che vedere celebrare il Paleari era davvero
un momento di incontro con il Signore.
Il terzo elemento sono i poveri, che sono il volto stesso di Gesù,
sacramento della presenza di Cristo. C’è una dimensione mistica della
spiritualità cottolenghina che passa proprio attraverso questo sguardo
sui poveri. Più amiamo il fratello più ci incontriamo con Dio e se questo
fratello, in modo particolare, è un fratello povero o ferito, questo incontro
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con Dio è ancora più forte e pregnante, perché lo incontriamo proprio
là dove umanamente ci potrebbe sembrare assente. Questo sguardo di
fede cha ha alimentato la vita della Piccola Casa in tutti questi anni, ha
fatto sì che il servizio di carità non fosse solo un servizio filantropicamente
significativo, ma anche soprannaturalmente fecondo.
Vi è poi una comunità cristiana che vive alla presenza di Dio e con
Gesù in mezzo ad essa. Questa comunità cristiana il Cottolengo l’ha voluta
chiamare casa e ha voluto che all’interno si vivesse come una famiglia.
È una meta alta, non è il punto di partenza, ma il punto di arrivo, è
l’impegno di ogni giorno.
Cosa ha fatto il Paleari in questo contesto? È stato un apostolo di questa
famiglia, attraverso il suo ministero di sacerdote, il suo essere “angelo dei
poveri” ha costruito questa famiglia. Non ha solo consumato i frutti di
questo clima di famiglia, ma si è impegnato giorno per giorno a costruirla.
Con il suo amore reciproco che ha vissuto in modo esemplare: uno stile di
vita evangelico, nel quale si prova ad affrontare la giornata dando primato
a ciò che tante volte nel mondo primato non è, cioè il primato del servizio
il primato della carità. Gesù nel Vangelo lo ha detto più volte: chi è più
grande? chi si fa servire o colui che serve? Questo stile di vita evangelico,
in questa casa dovrebbe portare ad una gara a chi ama di più, a chi serve
di più.
E noi ci accorgiamo che tutto questo ha certamente una valenza
di carattere evangelico-spirituale, ma anche una valenza umana, cari
volontari, perché se viviamo secondo queste dimensioni appena ricordate
permettiamo anche all’umanità di fiorire, di crescere di andare verso una
pienezza.
Per questo io sono sempre sorpreso dalla potenza che ha il nostro
carisma di generare certamente cristiani, ma anche di generare uomini e
donne umanamente solidi, maturi che vivono una pienezza esistenziale.
Ora guardando al nostro Paleari potremmo farci un’ultima domanda: se si
vive secondo la legge del Vangelo quando c’è il primato del servizio, qual
è il servizio che il beato Paleari ha fatto nella Piccola Casa? Certamente
quello del ministero sacerdotale, ma poi ce n’è un altro particolare, che
ha saputo esercitare in un modo straordinario, ci dicono i testimoni ai
processi. La sua vicinanza relazionale a tutti, la sua capacità di consolare,
la sua capacità di conforto. Se nel beato Luigi Bordino guardiamo anche
una persona che concretamente è stata vicina ai poveri attraverso il
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servizio, per esempio nella sala
operatoria, attraverso il servizio
di assistenza al malato, se in
suor Maria Carola vediamo una
persona che ha dato tutta se
stessa per l’evangelizzazione ed
è partita è andata a portare il
seme del Vangelo e il carisma
cottolenghino dove Dio l’ha
chiamata, nell’educare i bambini,
nel percorrere le strade del Kenia
del suo tempo, nel beato Paleari
noi vediamo in un modo spiccato questa capacità relazionale, questa
capacità di consolare, di confortare. E questo perché l’uomo non ha
bisogno solo di pane, non ha bisogno solo di essere vestito, non ha bisogno
solo di essere accudito, di essere lavato, l’uomo ha bisogno di vicinanza
Cari volontari, forse nel tempo attuale questo davvero diventa una nuova
missione non meno necessaria di quella che avete aiutato a svolgere
per tanti anni, quando era possibile anche lavare e vestire e imboccare
i nostri ammalati. Quello può essere fatto anche da chi non ha il cuore
cottolenghino, magari cambia la modalità e l’affettività con cui si fa, ma
il bisogno di vicinanza, di conforto, di consolazione, è importantissimo,
è fondamentale e questi due anni di pandemia ce l’hanno dimostrato. Il
Signore mi ha voluto preservare dal contagio e ho avuto la fortuna di poter
frequentare i nostri reparti dove c’erano i nostri ospiti con e senza Covid e
mentre parlavo con loro mi dicevano: abbiamo tutto, ma ci manca il di più,
ci manca la vicinanza, la relazione e in modo particolare facevano sempre
riferimento ai volontari.
Ecco allora una missione per tutti che ci insegna oggi il Paleari,
potremmo chiamarla la missione pastorale. Ecco una forte dimensione
da incrementare nella Piccola Casa. A noi sacerdoti, a noi religiosi, a noi
religiose, a voi volontari, il Signore oggi ci invita ad essere, sull’esempio
del Paleari, servo e serva di consolazione, di esercitare un ministero della
consolazione che è altrettanto importante come il servizio alla persona.
Oggi dunque benediciamo il Signore per la santità del Paleari ma mentre
lo benediciamo lo guardiamo anche nelle sue virtù di santità e chiediamo
anche al Signore di saperlo imitare. Amen
17
UN PRETE PER LA FAMIGLIA
Nell’oggi della società secolarizzata, il cristiano che sente l’urgenza di
testimoniare il Vangelo, sperimenta come nella cultura attuale sia diffi-
cile portare l’annuncio, e come per scavalcare diffidenze ed obiezioni,
sia importante stabilire relazioni di amicizia con singole persone, accettare
le diversità senza contrapporsi, conquistare la fiducia di quanti lo avvici-
nano mostrando attenzione alle loro necessità di vita. Anche coloro che
accostano la nostra comunità cercano la testimonianza della radicalità
della fede, ma con il respiro umano di una famiglia. Riflettendo sullo stile
di vita del beato Paleari, colpisce come egli svolgesse il proprio servizio
di sacerdote con un approccio più fraterno che clericale, lasciandosi vera-
mente toccare dalla compassione verso i più piccoli e i più deboli, dalle
situazioni concrete di quanti incontrava.
Comincio col ricordare quello che don Francesco diceva del nostro
monastero nei lunghi anni in cui vi svolse il suo ministero, prima come
confessore e poi come cappellano: “In questa famiglietta ci ho parte del
mio cuore” (Positio, 63). Nel rapportarsi con le sorelle ha lasciato ricordi
indimenticabili, piccoli gesti rispettosi che hanno costruito una vicinanza,
una prossimità di cuore e che, come semi di vita, hanno educato la comu-
nità a camminare nello stesso sentiero.
Nel 1919, giusto cent’anni fa, nella terribile epidemia della “Spagnola”,
morirono ben nove delle nostre sorelle. “Le assistette con grande carità
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e alla loro morte il suo cuore fu spezzato dal dolore. Ne accompagnò
sei alla sepoltura. Per le altre dovettero intervenire altri sacerdoti”
(Positio, 65). Le prove spirituali di alcune sorelle divenivano oggetto
della sua cura particolare, motivo di condivisione quando predicava.
“Nel giorno dell’Epifania, al Vangelo, parlando della stella dei Magi,
volgendosi dalla parte di un’anima tribolata di cui egli comprendeva
l’angustia, disse: Chissà che non sia per apparire la stella per alcuna di
voi! Tali parole ripeté per tre mattine consecutive e alla terza mattinata
apparve davvero la stella, poiché quell’anima fu libera dalla sua tribo-
lazione non avendo più a soffrire” (Positio, 63). Sapeva alimentare
l’unità della comunità, sottolineando che “la verità si deve sempre dire”
e invitando alla prudenza, per non cadere nel giudizio verso il prossimo,
“perché a volte non si ha offesa di Dio, ma solo diversità di vedute”
(Positio, 68).
Allargando lo sguardo al vasto campo dell’apostolato di don Paleari
molti altri episodi ce lo rivelano sacerdote autentico e vicino a tutti come
“uno di famiglia”. Scriveva a sr Orsolina Mocchetti in una circostanza
difficile: “Prendo viva parte alla vostre pene e vi raccomando tutti come
se foste di mia famiglia nella S. Messa, affinché Gesù vi dia presto tante
consolazioni quante sono le presenti tribolazioni” (Scritti, Vol. XXXI, 260).
Fu particolarmente vicino alla famiglia del prefetto di Torino Agostino
Traci. Per un lungo periodo, su invito di un confratello sacerdote, don
Paleari andò a trovarlo in prefettura, chiedendo udienza e attendendo
anche a lungo nell’anticamera. “Tuttavia egli entrava da me sempre
sereno e paziente”, testimoniò poi lo stesso prefetto. “I nostri colloqui non
avevano un oggetto speciale, ma finì che a poco a poco io sentii l’influsso
del suo animo e gli manifestai il fondo dell’animo mio, discutendo alquan-
to di religione. Egli non prese mai di petto le mie deviazioni e i miei errori,
ma con modo sempre mite e dolce, mi faceva capire a poco a poco la loro
inconsistenza... nel momento che ritenne maturo mi invitò a prendere
un appuntamento per accostarmi ai santi sacramenti. Cercai di temporeg-
giare ancora, ma poi andai e da quel momento sentii una trasformazione
nell’animo mio e nella concezione della vita” (Positio, 509). Sappiamo che
le vicende politiche condussero il prefetto Traci a una posizione di diffi-
coltà e di sospetto con conseguente privazione del suo incarico, e che egli
trovò anche in quell’occasione luce nelle parole di don Paleari che l’aveva
ricondotto alla fede attraverso la propria amicizia e familiarità.
19
Don Francesco, giunto assai giovane al seminario della Piccola Casa,
soffrì molto per il distacco dalla famiglia, e non si accontentò di pian-
gere come facevano i suoi compagni. Avendo adocchiato un muricciolo
di facile scalata, si trovò nel cuor della notte proprio a cavalcioni di quel
muro: aveva iniziata la sua fuga e con un piccolo salto il suo ritorno a casa
era ormai sicuro... ma ecco proprio in quell’istante una folla di pensieri
che erano assieme un misto di paura, rimorso e salutari inviti a offrire al
Signore le sue pene, lo fecero rientrare in sé... con un sospiro di sollievo si
incamminò di nuovo al suo reparto e tutto finì lì. In realtà tutto iniziava:
un cammino di donazione filiale e paterna. Col tempo don Paleari divenne
anche per la propria famiglia un faro di luce: il ritorno annuale a Pogliano
raccoglieva tutti i suoi cari attorno a lui, in ascolto dei suoi consigli.
Don Francesco aveva colto il segreto della vita di famiglia e in una
meditazione lo esprimeva così: “Noi che ci raccogliamo in questo tempio
siamo la famiglia di Gesù” (Scritti, Vol. XXIV, 210). Siamo divenuti
familiari di Dio, cosa che ci sembra impossibile e che possiamo accogliere
solo nella fede. Il Figlio di Dio, venendo in questo mondo è stato accolto
in una famiglia umana, e ha reso Giuseppe e Maria maestri anche per
noi nell’arte dell’accoglienza. Saper accogliere comporta l’accettazione
anche di quanto non comprendiamo della nostra vita, di quello che
non abbiamo scelto eppure esiste. Come ha ricordato Papa Francesco,

20
a proposito di san Giuseppe, “il realismo cristiano non butta nulla di
quanto esiste perché Dio può far germogliare fiori tra le rocce”
(Patris corde, 4). Giuseppe e Maria hanno accettato di vedere sconvolto
il loro sogno di vita dalla volontà di Dio, e la loro fiducia nell’impossibile
è stata ben ricambiata: l’amore che sa offrire ritrova con più abbondanza
quanto pensa di avere perduto. Nella logica del dono di sé sgorga sempre
la gioia e la libertà, mentre la logica del possesso ci rende infelici e tristi
nel momento del sacrificio.
Le prossime feste natalizie siano un’occasione per tutti per rinnovare
la fede e la gioia di “fare famiglia con Gesù, Maria e Giuseppe”, per stare
insieme nella nostra famiglia e per costruire la nostra comunità cristiana
come una famiglia evangelica.

Buon Natale a tutti i lettori dalle Sorelle


dal Monastero del Preziosissimo Sangue di Gesù, Pralormo

Dalla Esortazione apostolica


“Amoris Laetitia” di Papa Francesco
Con la testimonianza, e anche con la parola, le famiglie parlano
di Gesù agli altri, trasmettono la fede, risvegliano il desiderio di Dio,
e mostrano la bellezza del Vangelo e dello stile di vita che ci pro-
pone. Così i coniugi cristiani dipingono il grigio dello spazio
pubblico riempiendolo con i colori della fraternità, della sensibilità
sociale, della difesa delle persone fragili, della fede luminosa, della
speranza attiva. La loro fecondità si allarga e si traduce in mille
modi per rendere presente l’amore di Dio nella società.

Per questo si richiede a tutta la Chiesa una conversione missio-


naria: è necessario non fermarsi ad un annuncio meramente teorico
e sganciato dai problemi reali delle persone, ma far sperimentare
che il Vangelo è risposta alle attese più profonde della persona
umana: alla sua dignità e alla realizzazione piena nella reciprocità,
nella comunione e nella fecondità (cf. n. 184, 201).

21
AREA RELAX

unisci i puntini
e colora

Aiuta i Re Magi
a trovare
la strada giusta
verso la cometa

22
1

3 4 5 6

7
difficoltà (H H H H H)

8 9
CRUCIVERBA

10

12

23
13 14
ORIZZONTALE VERTICALE 1. Direttore
2. Apericena
3. Un percorso nei boschi 1. Tower... di Londra 3. Sindaco
5. Elemento presente in tutte 2. Lega metallica composta 4. Mestoli
le molecole organiche per lo più da stagno 5. Atterrare
7. Una delle civiltà precolombiane 4. Programma di mobilità 6. Agrodolce
8. Un insieme di navi internazionale studentesca 7. Tappetini
6. Atomo che ha più elettroni 15 8. Diagonale
10. Gioco da tavolo strategico
con armate e territori che protoni 9. Assoldato
12. Eroe grego re di Itaca 9. Film ambientato 10. Escobar
sul pianeta Pandora 11. Radici
13. Rottura di un osso 12. Imbarazzo
10. Topi e criceti
13. Accessorio formale da uomo 13. Identikit
a tre o sette pieghe 14. Ortaggi verdi primaverili
a forma di bastoncino 14. Ionico
Soluzioni N. 1/2021 15. Fenice
numero precedente: 16. Quiquoqua
“la soluzione sul prossimo numero”
Maggio 2021
Il 10 maggio il seminarista Janaiah Eeri
parte per il Cottolengo di Pisa dove preste-
rà servizio in vista dell’ultimo anno di for-
mazione prima dell’ordinazione diaconale.
A lui auguriamo un proficuo periodo di
formazione.

Giugno 2021
Tutta la Piccola Casa della Divina
Provvidenza sabato 19 giugno era in
festa per l’ordinazione presbiterale di don
Alessandro Koch, ora sacerdote cottolen-
ghino.
La celebrazione eucaristica è stata presie-
duta nella Chiesa Grande del Cottolengo
di Torino dall’Arcivescovo Mons. Cesare
Nosiglia e concelebrata dal Superiore
generale della società dei sacerdoti del
Cottolengo, don Carmine Arice, insieme
a diversi sacerdoti cottolenghini e dio-
cesani.
Numerosi i familiari, gli amici, i sacerdoti,
le suore, i fratelli e gli ospiti che hanno
accompagnato, con la propria presenza
e con la preghiera, l’ordinazione di don
Alessandro.

Il 22 giugno 2021 a Paravur (Kerela) il


chierico Shashidhar Stanley K. ha rinno-
NEWS

vato la promessa di obbedienza al padre


generale don Arice Carmine tramite il suo
delegato.

24
Luglio 2021

NEWS
Papa Francesco il 5 luglio 2021 ha nominato Vicario
Apostolico di Esmeraldas (Ecuador) S.E. Mons.
Antonio Crameri, appartenente alla Società dei
Sacerdoti di San Giuseppe Cottolengo, trasferen-
dolo dalla Sede titolare di Apollonia e dall’ufficio di
Ausiliare dell’Arcidiocesi Metropolitana di Guayaquil,
sempre in Ecuador.
Il 20 dicembre del 2019, Papa Francesco lo aveva
nominato Vescovo Ausiliare nell’Arcidiocesi di
Guayaquil, e nella cattedrale della medesima Chiesa
metropolitana è stato consacrato Vescovo il 29 febbraio del 2020. Qui ha
svolto con gioia e dedizione il suo servizio Episcopale fino ad oggi, giorno della
sua nomina a Vicario Apostolico di Esmeraldas.

L’11 luglio dopo il periodo di prova Tuuru, i seminaristi Gerald Aturia (Uganda),
Emmanuel Muyundo (Kenya) e Joseph Tesha (Tanzania) emettono la prima pro-
messa di obbedienza nelle mani del delegato del Padre, don Emilio Gitonga. Ai
neo-professi il nostro augurio di buon cammino di formazione.

Il 17 luglio i seminaristi Melkizedek


Renatus Chuwa (foto a sinistra) e
Bernardo Kisaka (foto a destra)
rinnovano la loro promessa di
obbedienza e ricevono il ministero
dell’accolitato (Melkizedek) e del
lettorato (Bernardo)

Il 2 settembre il seminarista Stephen Githua Wanderebu emette la promessa


perpetua di obbedienza nelle mani del delegato del Padre, don Emilio Gitonga.
L’ordinazione diaconale avverrà il 31 ottobre prossimo a Tuuru.

Sempre in data 2 settembre, sua Eccellenza Mons. Antonio Crameri prende


possesso del Vicariato apostolico di Esmeraldas con la partecipazione di numerosi
parenti e cottolenghini presenti in Ecuador.

Ricordiamo che è possibile avere accesso a tutte news che riguardano


la Piccola Casa della Divina Provvidenza dal sito www.cottolengo.org

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Il «DEO GRATIAS»
riconoscente

La nostra RIVISTA «AGLI AMICI DEL BEATO PALEARI»


viene inviata gratuitamente a quanti ne fanno richiesta.
Saremo grati ai lettori
che vorranno inviarci indirizzi di persone
che gradirebbero la pubblicazione.

Per la relazione di “Grazie ricevute”


o richiesta di immagini, biografie e ricordi
indirizzare a:

Via Cottolengo, 14 -10152 TORINO


Tel 011.52.25.111
(chiedere di don Emanuele)
Email: causa.paleari@cottolengo.org

Per offerte:
c/c postale intestato a:
Piccola Casa della Divina Provvidenza n. 20956108

causale: per la causa “Beato F. Paleari”

Bonifico intestato a: Piccola Casa della Divina Provvidenza


presso: INTESA SANPAOLO spa
P.zza P. Ferrari n. 10 - 20121 Milano
IBAN: IT52 X030 6909 6061 0000 0062 850
causale: per la causa “Beato F. Paleari”

26
PREGHIERA AL BEATO INTERCESSIONI
O Dio Padre misericordioso,
che hai reso il Beato Francesco Paleari, sacerdote,
capace di farsi tutto a tutti,
concedi a noi per sua intercessione di imitare generosamente
la dedizione apostolica di cui rifulse la sua vita.
Per Cristo nostro Signore. Amen

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«Non per forza,
ma per amore,
o meglio:
per forza d’amore»

Reliquiario contenente il cuore


del Beato Francesco Paleari

Impaginazione e stampa:
Daniele Meriano (Riva presso Chieri / Trofarello) • e-mail: info@danielemeriano.it

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