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CRITICA DELLA RAGION PRATICA

La ragione dirige la conoscenza (ragione teoretica) e l’azione (ragione pratica).


La ragione empirica pratica opera sulla base dell’esperienza e della sensibilità.
La ragione pura pratica (RAGIONE MORALE) opera indipendentemente dall’esperienza e dalla
sensibilità,obbedendo ad una legge universale.
La Critica della Ragion pratica si propone di stabilire che solo la ragion pura pratica è pratica in
modo incondizionato.

LA REALTÀ E L’ASSOLUTEZZA DELLA LEGGE MORALE


Il motivo che sta alla base della C.d.r.p. è la persuasione dell’esistenza di una LEGGE MORALE A
PRIORI INCONDIZIONATA,UNIVERSALE e NECESSARIA;essendo incondizionata,implica
una ragione pratica pura,capace di svincolarsi dalle inclinazioni sensibili e di guidare la condotta in
modo stabile,cioè la CAPACITÀ UMANA DI AUTODETERMINARSI AL DI LÀ DELLE
SOLLECITAZIONI ISTINTUALI.
La morale si gioca all’interno di una tensione bipolare tra ragione e sensibilità. Se l’uomo fosse
esclusivamente sensibilità la morale non esisterebbe poiché egli agirebbe sempre per istinto;se
l’uomo fosse esclusivamente ragione,si troverebbe in una perfetta adeguazione alla legge (santità)
e la morale non esisterebbe lo stesso.
L’agire morale prende la forma del dovere e si concretizza in una lotta permanente tra la ragione e
gli impulsi egoistici.
Il fanatismo morale sostituisce alla virtù (l’intenzione morale in lotta),la santità (creduto possesso
della perfezione etica)

Analitica
K. distingue i principi pratici che regolano la nostra volontà in MASSIME (prescrizioni di valore
puramente soggettivo) e IMPERATIVI (valore oggettivo).
Gli imperativi ipotetici prescrivono dei mezzi in vista di determinati fini (“se...devi”);si
specificano in regole dell’abilità che illustrano le tecniche per raggiungere uno scopo, e in consigli
della prudenza che forniscono i mezzi. L’imperativo categorico ordina il dovere in modo
incondizionato,dovere-per-il-dovere,(ha i connotati della legge morale);si concretizza nella
prescrizione di tenere sempre presenti gli altri e ci ricorda che un comportamento risulta morale
solo se supera il test della generalizzabilità. La seconda formula dell’imperativo morale
afferma:”Agisci in modo da trattare l’umanità,sia nella tua persona sia in quella di ogni
altro,sempre anche come fine e mai semplicemente come mezzo”. La terza formula chiarisce come
il comando morale non sia esterno e schiavizzante,ma il frutto spontaneo della volontà
razionale,per cui non facciamo che obbedire a noi stessi:ognuno è suddito e legislatore allo
stesso tempo.

LA FORMALITÀ DELLA LEGGE MORALE


Poiché nessun precetto particolare può possedere l’universale portata della legge,l’imperativo etico
non può risiedere in una casistica concreta di precetti,ma soltanto in una legge formale-universale
(come dobbiamo fare ciò che facciamo) che afferma:”quando agisci tieni presenti gli altri e rispetta
la dignità umana che è in te e nel prossimo”;sta poi ad ognuno di noi tradurre in concreto.
L’imperativo etico è dunque ciò che fonda e giustifica le norme etiche concrete restando immune da
ogni mutamento.

RIGORISMO
Il cuore della moralità risiede nel dovere-per-il-dovere,per cui non dobbiamo agire per la
felicità,ma solo per il dovere;da ciò il rigorismo che esclude dall’etica emozioni e sentimenti.
Nell’etica si riconosce il solo sentimento a priori del rispetto della legge,dotato di una forza tale
da far tacere tutti gli altri sentimenti egoistici e disporre l’individuo all’accoglimento della
legge.

LA VOLONTÀ BUONA
La morale implica una partecipazione interiore,per cui non è morale ciò che si fa,ma l’intenzione
con cui lo si fa,ossia la convinta adesione della volontà alla legge (volontà buona).

NOUMENICITÀ E FENOMENICITÀ NELL’UOMO


Il dovere e la volontà buona innalzano l’uomo al di sopra del mondo sensibile facendolo
partecipare al mondo intelligibile noumenico in cui vige la libertà.
La personalità è la libertà e l’indipendenza nei confronti del meccanismo dell’intera natura e la
facoltà di un essere sottostante a leggi pure pratiche che la sua stessa ragione gli fornisce.

RIVOLUZIONE COPERNICANA MORALE


L’aver posto nell’uomo e nella sua ragione il fondamento dell’etica,salvaguardandone la
libertà e purezza. Essendo l’uomo un essere razionale finito,la morale non può dipendere da
preesistenti conoscenze metafisiche.

Dialettica

SOMMO BENE o ASSOLUTO MORALE


addizione di virtù e felicità

ANTINOMIA DELLA RAGION PRATICA


K. senza fare della felicità motivo dell’azione,asserisce che c’è in noi il bisogno di pensare che
l’uomo,pur agendo per dovere,possa anche essere degno di felicità (pensa a stoici ed epicurei).
L’unico modo per uscire da tale antinomia è di postulare un mondo nell’aldilà in cui possa
realizzarsi virtù=felicità

POSTULATI ETICI
Proposizioni teoretiche non dimostrabili accolte per rendere possibile l’esistenza della legge morale.
-immortalità dell’anima:poiché solo la santità rende degni del sommo bene e poiché la santità non
è mai realizzabile nel nostro mondo,si deve ammettere che l’uomo possa disporre di un tempo
infinito grazie a cui progredire all’infinito verso la santità
-esistenza di Dio:la felicità proporzionata alla virtù comporta l’esistenza di una volontà santa e
onnipotente che faccia corrispondere la felicità al merito
-libertà:nel momento in cui l’etica prescrive il dovere,presuppone anche che si possa agire o meno
in conformità di esso→ mondo noumenico postulato della morale
La libertà,essendo la condizione stessa dell’etica è una certezza;l’immortalità dell’anima e
l’esistenza di Dio rappresentano delle condizioni ipotetiche.
Kant classifica come postulato anche la libertà perché ritiene che il libero arbitrio non possa venir
scientificamente affermato,in quanto il mondo dell’esperienza si regge sul principio di causa-effetto.
I postulati non hanno valenza conoscitiva:se l’esistenza di Dio e l’immortalità dell’anima
fossero certezze razionali il mondo morale ne uscirebbe distrutto (sarebbe la religione o la
metafisica a fondare la morale).
È la morale a fondare le verità religiose (fede razionale).

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