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Anno LXXXVI n.

2 Marzo - Aprile 2010

l’Odegitria
BOLLETTINO DIOCESANO
Bollettino Diocesano
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n. 1272 del 26/03/1996
Spedizione in abbonamento postale
comma 20/c art. 2 L. 662/96
Filiale di Bari
BOLLETTINO DIOCESANO

l´Odegitria
Atti ufficiali e attività pastorali
dell’Arcidiocesi di Bari-Bitonto
BOLLETTINO DIOCESANO

l´Odegitria
Atti ufficiali e attività pastorali
dell’Arcidiocesi di Bari-Bitonto
Registrazione Tribunale di Bari n. 1272 del 26/03/1996

ANNO LXXXVI - N. 2 - Marzo - Aprile 2010

Redazione e amministrazione:
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SOMMARIO

DOCUMENTI DELLA CHIESA UNIVERSALE


MAGISTERO PONTIFICIO
Messaggio per la Giornata delle vocazioni 199
Discorso alla Penitenzeria Apostolica 205

DOCUMENTI DELLA CHIESA ITALIANA


CONFERENZA EPISCOPALE ITALIANA
Comunicato finale dei lavori della sessione primaverile
(Roma, 22-25 marzo 2010) 209
Presentazione della Lettera dei vescovi italiani su
“Annuncio e catechesi per la vita cristiana” 215

CONFERENZA EPISCOPALE PUGLIESE


Commissione regionale per la dottrina della fede, l’annuncio e la catechesi
Seminario di studi su: “Come fare iniziazione cristiana
dei ragazzi oggi nelle Chiese di Puglia” (15-16 febbraio 2010):
Domenica e iniziazione cristiana (mons. Vito Angiuli) 219
Cosa vuol dire fare iniziazione cristiana oggi in Italia
(le ragioni del cambio, l’identità, i compiti)
(don Carlo Lavermicocca) 229
Conclusioni:
In cammino verso un nuovo modello di iniziazione cristiana 243

DOCUMENTI E VITA DELLA CHIESA DI BARI-BITONTO


CURIA METROPOLITANA 197
Cancelleria
Sacre ordinazioni e decreti 247
Ufficio Laicato. Ufficio Comunicazioni sociali
La strana geografia dell’informazione. Nord-Sud, Est-Ovest.
I mondi noti e ignoti (G. Micunco) 249
Settore Evangelizzazione. Ufficio catechistico
Gli incontri di formazione per catechisti e operatori pastorali:
Vangelo e bellezza: evangelizzare attraverso l’arte e la musica
(don Maurizio Lieggi - sr Cristina Alfano) 255
CONSIGLI DIOCESANI
Consiglio Presbiterale diocesano
Verbale della riunione del 22 ottobre 2009 265
Verbale della riunione del 29 gennaio 2010 269
Consiglio Pastorale diocesano
Verbale della riunione del 19 gennaio 2010 277
Allegato: “Il cammino dell’Ufficio per la pastorale della salute
all’insegna della ricerca e della creatività”:
relazione del direttore p. Leonardo di Taranto
nei 25 anni di attività dell’Ufficio 280

FACOLTÀ TEOLOGICA PUGLIESE


Istituto Superiore di Scienze religiose “Odegitria”
La nuova configurazione giuridico-accademica degli ISSR:
relazione per l’anno accademico 2008-2009 303

AZIONE CATTOLICA ITALIANA


Incontro dei sacerdoti con il prof. Franco Miano, Presidente nazionale di A.C. 313

PUBBLICAZIONI 319

NELLA PACE DEL SIGNORE


Don Leonardo Cardetta 343
Don Carlo Fiore 345

DIARIO DELL’ARCIVESCOVO
Marzo 2010 347
Aprile 2010 350
198
D OCUMENTI DELLA C HIESA U NIVERSALE
MAGISTERO PONTIFICIO

Messaggio per la XLVII Giornata


mondiale di preghiera per le vocazioni
La testimonianza suscita vocazioni

Venerati fratelli nell’episcopato e nel sacerdozio,


cari fratelli e sorelle!

La 47a Giornata mondiale di preghiera per le vocazioni, che si cele-


brerà la IV domenica di Pasqua - domenica del “Buon Pastore” - il
25 aprile 2010, mi offre l’opportunità di proporre alla vostra rifles-
sione un tema che ben si intona con l’Anno sacerdotale: La testimo-
nianza suscita vocazioni. La fecondità della proposta vocazionale,
infatti, dipende primariamente dall’azione gratuita di Dio, ma,
come conferma l’esperienza pastorale, è favorita anche dalla quali-
tà e dalla ricchezza della testimonianza personale e comunitaria di
quanti hanno già risposto alla chiamata del Signore nel ministero
sacerdotale e nella vita consacrata, poiché la loro testimonianza 199
può suscitare in altri il desiderio di corrispondere, a loro volta, con
generosità all’appello di Cristo. Questo tema è dunque strettamen-
te legato alla vita e alla missione dei sacerdoti e dei consacrati.
Pertanto, vorrei invitare tutti coloro che il Signore ha chiamato a
lavorare nella sua vigna a rinnovare la loro fedele risposta, soprat-
tutto in quest’Anno sacerdotale, che ho indetto in occasione del
150° anniversario della morte di san Giovanni Maria Vianney, il
Curato d’Ars, modello sempre attuale di presbitero e di parroco.
Già nell’Antico Testamento i profeti erano consapevoli di essere
chiamati con la loro esistenza a testimoniare ciò che annunciavano,
pronti ad affrontare anche l’incomprensione, il rifiuto, la persecu-
zione. Il compito affidato loro da Dio li coinvolgeva completamen-
te, come un “fuoco ardente” nel cuore, che non si può contenere
(cfr Ger 20,9), e perciò erano pronti a consegnare al Signore non
solo la voce, ma ogni elemento della loro esistenza. Nella pienezza
dei tempi, sarà Gesù, l’inviato del Padre (cfr Gv 5,36), a testimonia-
re con la sua missione l’amore di Dio verso tutti gli uomini, senza
distinzione, con particolare attenzione agli ultimi, ai peccatori, agli
emarginati, ai poveri. Egli è il sommo Testimone di Dio e del suo
anelito per la salvezza di tutti. All’alba dei tempi nuovi, Giovanni
Battista, con una vita interamente spesa per preparare la strada a
Cristo, testimonia che nel Figlio di Maria di Nazaret si adempiono
le promesse di Dio. Quando lo vede venire al fiume Giordano, dove
stava battezzando, lo indica ai suoi discepoli come «l’agnello di
Dio, colui che toglie il peccato del mondo» (Gv 1,29). La sua testi-
monianza è tanto feconda, che due dei suoi discepoli «sentendolo
parlare così, seguirono Gesù» (Gv 1,37).
Anche la vocazione di Pietro, secondo quanto scrive l’evangelista
Giovanni, passa attraverso la testimonianza del fratello Andrea, il
quale, dopo aver incontrato il Maestro e aver risposto al suo invito
a rimanere con Lui, sente il bisogno di comunicargli subito ciò che
ha scoperto nel suo “dimorare” con il Signore: «Abbiamo trovato il
Messia - che si traduce Cristo - e lo condusse da Gesù» (Gv 1,41-42).
Così avvenne per Natanaele, Bartolomeo, grazie alla testimonianza
di un altro discepolo, Filippo, il quale gli comunica con gioia la sua
grande scoperta: «Abbiamo trovato colui del quale hanno scritto
Mosè, nella Legge, e i Profeti: Gesù, il figlio di Giuseppe, di Naza-
200 ret» (Gv 1,45). L’iniziativa libera e gratuita di Dio incontra e inter-
pella la responsabilità umana di quanti accolgono il suo invito a
diventare strumenti, con la propria testimonianza, della chiamata
divina. Questo accade anche oggi nella Chiesa: Iddio si serve della
testimonianza di sacerdoti, fedeli alla loro missione, per suscitare
nuove vocazioni sacerdotali e religiose al servizio del Popolo di Dio.
Per questa ragione desidero richiamare tre aspetti della vita del pre-
sbitero, che mi sembrano essenziali per un’efficace testimonianza
sacerdotale.
MAGISTERO PONTIFICIO

Elemento fondamentale e riconoscibile di ogni vocazione al sacer-


dozio e alla consacrazione è l’amicizia con Cristo. Gesù viveva in
costante unione con il Padre, ed è questo che suscitava nei discepo-
li il desiderio di vivere la stessa esperienza, imparando da Lui la
comunione e il dialogo incessante con Dio. Se il sacerdote è
l’“uomo di Dio”, che appartiene a Dio e che aiuta a conoscerlo e ad
amarlo, non può non coltivare una profonda intimità con Lui,
rimanere nel suo amore, dando spazio all’ascolto della sua Parola.
La preghiera è la prima testimonianza che suscita vocazioni. Come
l’apostolo Andrea, che comunica al fratello di aver conosciuto il
Maestro, ugualmente chi vuol essere discepolo e testimone di
Cristo deve averlo “visto” personalmente, deve averlo conosciuto,
deve aver imparato ad amarlo e a stare con Lui.
Altro aspetto della consacrazione sacerdotale e della vita religiosa è
il dono totale di sé a Dio. Scrive l’apostolo Giovanni: «In questo
abbiamo conosciuto l’amore, nel fatto che egli ha dato la sua vita per
noi; quindi anche noi dobbiamo dare la vita per i fratelli» (1 Gv 3,16).
Con queste parole, egli invita i discepoli ad entrare nella stessa logi-
ca di Gesù che, in tutta la sua esistenza, ha compiuto la volontà del
Padre fino al dono supremo di sé sulla croce. Si manifesta qui la
misericordia di Dio in tutta la sua pienezza; amore misericordioso
che ha sconfitto le tenebre del male, del peccato e della morte.
L’immagine di Gesù che nell’Ultima Cena si alza da tavola, depone
le vesti, prende un asciugamano, se lo cinge ai fianchi e si china a
lavare i piedi agli Apostoli, esprime il senso del servizio e del dono
manifestati nell’intera sua esistenza, in obbedienza alla volontà del
Padre (cfr Gv 13,3-15). Alla sequela di Gesù, ogni chiamato alla vita 201
di speciale consacrazione deve sforzarsi di testimoniare il dono
totale di sé a Dio. Da qui scaturisce la capacità di darsi poi a coloro
che la Provvidenza gli affida nel ministero pastorale, con dedizione
piena, continua e fedele, e con la gioia di farsi compagno di viaggio
di tanti fratelli, affinché si aprano all’incontro con Cristo e la sua
Parola divenga luce per il loro cammino. La storia di ogni vocazio-
ne si intreccia quasi sempre con la testimonianza di un sacerdote
che vive con gioia il dono di se stesso ai fratelli per il Regno dei
Cieli. Questo perché la vicinanza e la parola di un prete sono capa-
ci di far sorgere interrogativi e di condurre a decisioni anche defi-
nitive (cfr Giovanni Paolo II, Esort. ap. post-sinodale Pastores dabo
vobis, 39).
Infine, un terzo aspetto che non può non caratterizzare il sacerdote
e la persona consacrata è il vivere la comunione. Gesù ha indicato
come segno distintivo di chi vuol essere suo discepolo la profonda
comunione nell’amore: «Da questo tutti sapranno che siete miei
discepoli: se avete amore gli uni per gli altri» (Gv 13,35). In modo
particolare, il sacerdote dev’essere uomo di comunione, aperto a
tutti, capace di far camminare unito l’intero gregge che la bontà del
Signore gli ha affidato, aiutando a superare divisioni, a ricucire
strappi, ad appianare contrasti e incomprensioni, a perdonare le
offese. Nel luglio 2005, incontrando il clero di Aosta, ebbi a dire che
se i giovani vedono sacerdoti isolati e tristi, non si sentono certo
incoraggiati a seguirne l’esempio. Essi restano dubbiosi se sono con-
dotti a considerare che questo è il futuro di un prete. È importante
invece realizzare la comunione di vita, che mostri loro la bellezza
dell’essere sacerdote. Allora, il giovane dirà: «questo può essere un
futuro anche per me, così si può vivere» (Insegnamenti I, [2005], 354).
Il Concilio Vaticano II, riferendosi alla testimonianza che suscita
vocazioni, sottolinea l’esempio di carità e di fraterna collaborazione
che devono offrire i sacerdoti (cfr Decreto Optatam totius, 2).
Mi piace ricordare quanto scrisse il mio venerato predecessore
Giovanni Paolo II: «La vita stessa dei presbiteri, la loro dedizione
incondizionata al gregge di Dio, la loro testimonianza di amorevo-
le servizio al Signore e alla sua Chiesa - una testimonianza segnata
dalla scelta della croce accolta nella speranza e nella gioia pasquale
-, la loro concordia fraterna e il loro zelo per l’evangelizzazione del
202 mondo sono il primo e il più persuasivo fattore di fecondità voca-
zionale»(Pastores dabo vobis, 41). Si potrebbe dire che le vocazioni
sacerdotali nascono dal contatto con i sacerdoti, quasi come un
prezioso patrimonio comunicato con la parola, con l’esempio e con
l’intera esistenza.
Questo vale anche per la vita consacrata. L’esistenza stessa dei reli-
giosi e delle religiose parla dell’amore di Cristo, quando essi lo
seguono in piena fedeltà al Vangelo e con gioia ne assumono i cri-
teri di giudizio e di comportamento. Diventano “segno di contrad-
MAGISTERO PONTIFICIO

dizione” per il mondo, la cui logica spesso è ispirata dal materiali-


smo, dall’egoismo e dall’individualismo. La loro fedeltà e la forza
della loro testimonianza, poiché si lasciano conquistare da Dio
rinunciando a se stessi, continuano a suscitare nell’animo di molti
giovani il desiderio di seguire, a loro volta, Cristo per sempre, in
modo generoso e totale. Imitare Cristo casto, povero e obbediente,
e identificarsi con Lui: ecco l’ideale della vita consacrata, testimo-
nianza del primato assoluto di Dio nella vita e nella storia degli
uomini.
Ogni presbitero, ogni consacrato e ogni consacrata, fedeli alla loro
vocazione, trasmettono la gioia di servire Cristo, e invitano tutti i
cristiani a rispondere all’universale chiamata alla santità. Pertanto,
per promuovere le vocazioni specifiche al ministero sacerdotale ed
alla vita consacrata, per rendere più forte e incisivo l’annuncio voca-
zionale, è indispensabile l’esempio di quanti hanno già detto il pro-
prio “si” a Dio e al progetto di vita che Egli ha su ciascuno. La testi-
monianza personale, fatta di scelte esistenziali e concrete, incorag-
gerà i giovani a prendere decisioni impegnative, a loro volta, che
investono il proprio futuro. Per aiutarli è necessaria quell’arte del-
l’incontro e del dialogo capace di illuminarli e accompagnarli,
attraverso soprattutto quell’esemplarità dell’esistenza vissuta come
vocazione. Così ha fatto il Santo Curato d’Ars, il quale, sempre a
contatto con i suoi parrocchiani, «insegnava soprattutto con la
testimonianza di vita. Dal suo esempio, i fedeli imparavano a pre-
gare» (Lettera per l’indizione dell’Anno sacerdotale, 16 giugno 2009).
Possa ancora una volta questa Giornata mondiale offrire una pre-
ziosa occasione a molti giovani per riflettere sulla propria vocazio- 203
ne, aderendovi con semplicità, fiducia e piena disponibilità. La
Vergine Maria, Madre della Chiesa, custodisca ogni più piccolo
germe di vocazione nel cuore di coloro che il Signore chiama a
seguirlo più da vicino; faccia sì che diventi albero rigoglioso, carico
di frutti per il bene della Chiesa e dell’intera umanità. Per questo
prego, mentre imparto a tutti la benedizione apostolica.
D OCUMENTI DELLA C HIESA U NIVERSALE
MAGISTERO PONTIFICIO

Discorso ai partecipanti al corso


sul foro interno promosso
dalla Penitenzieria apostolica

Cari amici,
sono lieto di incontrarvi e di rivolgere a ciascuno di voi il mio ben-
venuto, in occasione dell’annuale corso sul foro interno, organizza-
to dalla Penitenzieria apostolica. Saluto cordialmente mons.
Fortunato Baldelli, che, per la prima volta, come penitenziere mag-
giore, ha guidato le vostre sessioni di studio e lo ringrazio per le
parole che mi ha indirizzato. Con lui saluto mons. Gianfranco
Girotti, reggente, il personale della Penitenzieria e tutti voi che, con
la partecipazione a questa iniziativa, manifestate la forte esigenza di
approfondire una tematica essenziale per il ministero e la vita dei
presbiteri.
Il vostro corso si colloca, provvidenzialmente, nell’Anno sacerdo-
tale, che ho indetto per il 150° anniversario della nascita al cielo di 205
san Giovanni Maria Vianney, il quale ha esercitato in modo eroico
e fecondo il ministero della Riconciliazione. Come ho affermato
nella Lettera d’indizione: «Tutti noi sacerdoti dovremmo sentire
che ci riguardano personalmente quelle parole che egli, [il Curato
d’Ars], metteva in bocca a Cristo: “Incaricherò i miei ministri di
annunciare ai peccatori che sono sempre pronto a riceverli, che la
mia Misericordia è infinita”. Dal Santo Curato d’Ars, noi sacerdoti
possiamo imparare non solo una inesauribile fiducia nel sacramen-
to della Penitenza, che ci spinga a rimetterlo al centro delle nostre
preoccupazioni pastorali, ma anche il metodo del “dialogo di sal-
vezza” che in esso si deve svolgere». Dove affondano le radici dell’e-
roicità e della fecondità, con cui san Giovanni Maria Vianney ha vis-
suto il proprio ministero di confessore? Anzitutto in un’intensa
dimensione penitenziale personale. La coscienza del proprio limite
ed il bisogno di ricorrere alla misericordia divina per chiedere per-
dono, per convertire il cuore e per essere sostenuti nel cammino di
santità, sono fondamentali nella vita del sacerdote: solo chi per
primo ne ha sperimentato la grandezza può essere convinto annun-
ciatore e amministratore della misericordia di Dio. Ogni sacerdote
diviene ministro della Penitenza per la configurazione ontologica a
Cristo, sommo ed eterno sacerdote, che riconcilia l’umanità con il
Padre; tuttavia, la fedeltà nell’amministrare il sacramento della
Riconciliazione è affidata alla responsabilità del presbitero.
Viviamo in un contesto culturale segnato dalla mentalità edonisti-
ca e relativistica, che tende a cancellare Dio dall’orizzonte della vita,
non favorisce l’acquisizione di un quadro chiaro di valori di riferi-
mento e non aiuta a discernere il bene dal male e a maturare un giu-
sto senso del peccato. Questa situazione rende ancora più urgente
il servizio di amministratori della misericordia divina. Non dobbia-
mo dimenticare, infatti, che c’è una sorta di circolo vizioso tra l’of-
fuscamento dell’esperienza di Dio e la perdita del senso del pecca-
to. Tuttavia, se guardiamo al contesto culturale in cui visse san
Giovanni Maria Vianney, vediamo che, per vari aspetti, non era così
dissimile dal nostro. Anche al suo tempo, infatti, esisteva una men-
talità ostile alla fede, espressa da forze che cercavano addirittura di
impedire l’esercizio del ministero. In tali circostanze, il Santo
Curato d’Ars fece «della chiesa la sua casa», per condurre gli uomi-
206 ni a Dio. Egli visse con radicalità lo spirito di orazione, il rapporto
personale ed intimo con Cristo, la celebrazione della S. Messa, l’a-
dorazione eucaristica e la povertà evangelica, apparendo ai suoi
contemporanei un segno così evidente della presenza di Dio, da
spingere tanti penitenti ad accostarsi al suo confessionale. Nelle
condizioni di libertà in cui oggi è possibile esercitare il ministero
sacerdotale, è necessario che i presbiteri vivano in “modo alto” la
propria risposta alla vocazione, perché soltanto chi diventa ogni
giorno presenza viva e chiara del Signore può suscitare nei fedeli il
MAGISTERO PONTIFICIO

senso del peccato, dare coraggio e far nascere il desiderio del perdo-
no di Dio.
Cari confratelli, è necessario tornare al confessionale, come luogo
nel quale celebrare il sacramento della Riconciliazione, ma anche
come luogo in cui “abitare” più spesso, perché il fedele possa trova-
re misericordia, consiglio e conforto, sentirsi amato e compreso da
Dio e sperimentare la presenza della misericordia divina, accanto
alla Presenza reale nell’Eucaristia. La “crisi” del sacramento della
Penitenza, di cui spesso si parla, interpella anzitutto i sacerdoti e la
loro grande responsabilità di educare il popolo di Dio alle radicali
esigenze del Vangelo. In particolare, chiede loro di dedicarsi gene-
rosamente all’ascolto delle confessioni sacramentali; di guidare con
coraggio il gregge, perché non si conformi alla mentalità di questo
mondo (cfr Rm 12,2), ma sappia compiere scelte anche controcor-
rente, evitando accomodamenti o compromessi. Per questo è im-
portante che il sacerdote abbia una permanente tensione ascetica,
nutrita dalla comunione con Dio, e si dedichi ad un costante
aggiornamento nello studio della teologia morale e delle scienze
umane.
San Giovanni Maria Vianney sapeva instaurare con i penitenti un
vero e proprio “dialogo di salvezza”, mostrando la bellezza e la
grandezza della bontà del Signore e suscitando quel desiderio di
Dio e del Cielo, di cui i santi sono i primi portatori. Egli affermava:
«Il Buon Dio sa tutto. Prima ancora che voi vi confessiate, sa già che
peccherete ancora e tuttavia vi perdona. Come è grande l’Amore del
nostro Dio, che si spinge fino a dimenticare volontariamente l’av-
venire, pur di perdonarci» (Monnin A., Il Curato d’Ars. Vita di Gian- 207
Battista-Maria Vianney, vol. I, Torino 1870, p. 130). È compito del
sacerdote favorire quell’esperienza di “dialogo di salvezza”, che,
nascendo dalla certezza di essere amati da Dio, aiuta l’uomo a rico-
noscere il proprio peccato e a introdursi, progressivamente, in quel-
la stabile dinamica di conversione del cuore, che porta alla radicale
rinuncia al male e ad una vita secondo Dio (cfr Catechismo della
Chiesa Cattolica, n. 1431).
Cari sacerdoti, quale straordinario ministero il Signore ci ha affida-
to! Come nella celebrazione eucaristica Egli si pone nelle mani del
sacerdote per continuare ad essere presente in mezzo al suo popo-
lo, analogamente, nel sacramento della Riconciliazione Egli si affi-
da al sacerdote perché gli uomini facciano l’esperienza dell’abbrac-
cio con cui il padre riaccoglie il figlio prodigo, riconsegnandogli la
dignità filiale e ricostituendolo pienamente erede (cfr Lc 15,11-32).
La Vergine Maria e il Santo Curato d’Ars ci aiutino a sperimentare
nella nostra vita l’ampiezza, la lunghezza, l’altezza e la profondità
dell’amore di Dio (cfr Ef 3,18-19), per esserne fedeli e generosi
amministratori. Vi ringrazio tutti di cuore e volentieri vi imparto la
mia benedizione.

Sala Clementina, 11 marzo 2010

208
D OCUMENTI DELLA C HIESA I TALIANA
CONFERENZA EPISCOPALE ITALIANA

Consiglio Permanente
Comunicato finale dei lavori
della sessione primaverile
(Roma, 22-25 marzo 2010)

1. La trasparenza è un punto d’onore della nostra azione pastorale

Lo “sgomento”, il “senso di tradimento” e il “rimorso” per ciò che è


stato compiuto da alcuni ministri della Chiesa spiegano l’atteggia-
mento fermo e illuminato di Benedetto XVI che, senza lasciare mar-
gini di incertezza né indulgere a minimizzazioni, invita la comunità
ecclesiale ad accertare la verità dei fatti, assumendo nel caso i prov-
vedimenti necessari. A lui va la piena ed affettuosa solidarietà del-
l’Episcopato italiano, che si stringe intorno a Pietro, grato per la cri-
stallina testimonianza di fede e l’appassionato magistero. I Vescovi
del Consiglio Permanente hanno anzitutto riaffermato la vicinanza
alle vittime di abusi e alle loro famiglie, parte vulnerata e offesa della
Chiesa stessa. Concordano sul fatto che il rigore e la trasparenza nel- 209
l’applicazione delle norme processuali e penali canoniche sono la
strada maestra nella ricerca della verità e non si oppongono, ma anzi
convergono, con una leale collaborazione con le autorità dello Stato,
a cui compete accertare la consistenza dei fatti denunciati. Ancora
una volta, è stata confermata l’esigenza di un’accurata selezione dei
candidati al sacerdozio, vagliandone la maturità umana e affettiva
oltre che spirituale e pastorale. Si è pure sottolineato il valore del
celibato, che non costituisce affatto un impedimento o una meno-
mazione della sessualità, ma rappresenta, specialmente ai nostri gior-
ni, una forma alternativa e umanamente arricchente di vivere la pro-
pria umanità in una radicale donazione a Cristo e alla Chiesa. Infine,
si sono confermate piena fiducia e sincera gratitudine ai tanti sacer-
doti che, al pari dei religiosi e delle religiose, si dedicano nel nascon-
dimento e con spirito di abnegazione all’annuncio del Vangelo e all’o-
pera educativa, costituendo spesso l’unico punto di riferimento in
contesti sociali frammentati e sfilacciati.

2. Una nuova stagione educativa e di iniziazione cristiana

Il Consiglio Permanente ha esaminato la bozza rivista degli


Orientamenti pastorali per il decennio 2010-2020, dedicati al tema
dell’educazione, ritenendola matura per l’invio a tutti i membri
della Conferenza Episcopale, in vista della discussione e dell’appro-
vazione nel contesto della prossima Assemblea generale, che si terrà
a Roma dal 24 al 28 maggio. È stata autorizzata la pubblicazione
della Lettera della Commissione Episcopale per la dottrina della
fede, l’annuncio e la catechesi, intitolata Annuncio e catechesi per la
vita cristiana. Suscitata dalla ricorrenza del quarantesimo anniversa-
rio della pubblicazione del Documento di base Il rinnovamento della
catechesi, essa riconferma la validità dell’opzione posta allora alla
base del percorso catechetico della Chiesa in Italia, cioè la scelta
antropologica per cui «chiunque voglia fare all’uomo d’oggi un di-
scorso efficace su Dio, deve muovere dai problemi umani e tenerli
sempre presenti nell’esporre il messaggio» (n. 77). Nel contempo,
sottolinea la necessità di una costante attenzione ai contenuti della
dottrina cattolica, per non ridurre l’iniziazione cristiana a una
210 generica esperienza di animazione. La convinzione che soggetto
della catechesi sia la comunità ecclesiale nel suo insieme, sia pure
articolata nei diversi ministeri, rappresenta una feconda acquisizio-
ne che deve essere ancor più assimilata. Per questo si auspica che il
prossimo decennio, dedicato all’educazione, sia anche l’occasione
per riproporre una riflessione adeguata sull’iniziazione cristiana e
per mettere a tema una più concreta dinamica di collaborazione fra
associazioni, movimenti e gruppi ecclesiali in rapporto alla vita
delle parrocchie e delle diocesi.
CONFERENZA EPISCOPALE ITALIANA

È stato, infine, autorizzato l’invio ai membri della CEI della secon-


da parte dei materiali preparati per la terza edizione italiana del
Messale Romano.

3. I “valori non negoziabili” e la Settimana sociale dei cattolici italiani

Nel prendere visione della bozza del Documento preparatorio del-


l’ormai imminente Settimana sociale di Reggio Calabria (14-17
ottobre 2010), la cui pubblicazione avverrà nei prossimi mesi sotto
la responsabilità dell’apposito Comitato, si è dato rilievo all’impo-
stazione e ai contenuti dell’Enciclica Caritas in veritate, punto di rife-
rimento imprescindibile nel discernimento delle questioni che
costituiranno l’agenda dell’evento. Si è in particolare ribadito che
ogni questione sociale è sempre anche questione antropologica. A
questo proposito, sono chiare ed esplicite le parole di Benedetto
XVI: «Non può avere solide basi una società, che - mentre afferma
valori quali la dignità della persona, la giustizia e la pace - si con-
traddice radicalmente accettando e tollerando le più diverse forme
di disistima e violazione della vita umana, soprattutto se debole ed
emarginata» (Caritas in veritate, n. 15). In tale contesto, si compren-
de appieno come i “valori non negoziabili”, richiamati nel dettaglio
dal Presidente nella prolusione, rappresentino la ragione e la mis-
sione dell’impegno dei cattolici nell’azione politica e sociale. Essi
sono: «la dignità della persona umana, incomprimibile rispetto a
qualsiasi condizionamento; l’indisponibilità della vita, dal concepi-
mento fino alla morte naturale; la libertà religiosa e la libertà edu- 211
cativa e scolastica; la famiglia fondata sul matrimonio fra un uomo
e una donna. È solo su questo fondamento - continua la prolusio-
ne - che si impiantano e vengono garantiti altri indispensabili valo-
ri come il diritto al lavoro e alla casa; la libertà di impresa finalizza-
ta al bene comune; l’accoglienza verso gli immigrati, rispettosa
delle leggi e volta a favorire l’integrazione; il rispetto del creato; la
libertà dalla malavita, in particolare quella organizzata. Si tratta di
un complesso indivisibile di beni, dislocati sulla frontiera della vita
e della solidarietà, che costituisce l’orizzonte stabile del giudizio e
dell’impegno nella società. Quale solidarietà sociale, infatti, se si
rifiuta o sopprime la vita, specialmente la più debole?» (n. 8).

4. Ulteriori questioni ed adempimenti giuridico-amministrativi

Ampia attenzione è stata dedicata a un primo bilancio della pre-


senza di sacerdoti stranieri in Italia. Negli anni recenti, il numero di
quanti di loro si dedicano al servizio pastorale, sia coadiuvando la
pastorale ordinaria, sia prendendosi cura dei connazionali, è cre-
sciuto in maniera significativa, e raggiunge il 5% del clero operante
nel nostro Paese. Si è confermata l’esigenza di mantenere vivi i lega-
mi con le Chiese di provenienza, nell’ottica della cooperazione mis-
sionaria, e di favorirne il pieno inserimento nel tessuto delle nostre
diocesi. A tal fine, sono state approvate alcune modifiche ai model-
li di convenzione in uso dal 2006.
Il Consiglio Permanente ha discusso la proposta di ripartizione
delle somme dell’otto per mille per l’anno corrente, in vista dell’ap-
provazione da parte della prossima Assemblea generale. È stata
approvata la misura del contributo da assegnare ai Tribunali
Ecclesiastici regionali per le cause matrimoniali per l’anno in corso.
Si tratta di un servizio che coinvolge questioni di rilevante spessore
umano e cristiano e che costituiscono sempre casi di coscienza. Si è
anche provveduto all’aggiornamento delle tariffe e dei compensi
per l’attività dei Tribunali, tenendo fermo il principio di favorire
l’accesso anche alle persone con limitate disponibilità finanziarie.
È stata attuata la verifica della fase di avvio del fondo di garanzia
Prestito della speranza, promosso lo scorso anno dalla CEI per soste-
212 nere le famiglie numerose o con figli disabili rimaste senza lavoro.
Preso atto della situazione economica del Paese, al fine di venire
incontro a un maggior numero di situazioni di bisogno, si è deciso
di abbassare da tre a due il numero dei figli che consente l’accesso
al prestito.
È stata infine approvata una modifica dello statuto del Movimento
Ecclesiale di Impegno Culturale.
In conclusione del quinquennio di attività, sono state approvate le
relazioni sull’attività delle dodici Commissioni episcopali, verifi-
CONFERENZA EPISCOPALE ITALIANA

cando gli obiettivi raggiunti e le consegne da trasmettere alle


Commissioni future. In questa occasione, il cardinale Presidente ha
manifestato la riconoscenza dell’intero Episcopato ai presidenti
uscenti, nonché al vice presidente per l’area nord, S.E. Mons.
Luciano Monari, che come loro concluderà in maggio il proprio
mandato quinquennale.

5. Nomine

Nel corso dei lavori, il Consiglio Episcopale Permanente ha provve-


duto alle seguenti nomine:
- mons. Stefano Russo (Ascoli Piceno), direttore dell’Ufficio nazio-
nale per i beni culturali ecclesiastici, per un secondo quinquennio;
- don Claudiu Lucian Pop (Oradea), coordinatore pastorale per gli
immigrati greco-cattolici romeni;
- dott. Paolo Buzzonetti, revisore dei conti di Caritas Italiana;
- p. Vincenzo Sibilio, SJ, assistente ecclesiastico nazionale della
Comunità di Vita Cristiana Italiana (CVX);
- S.E. Mons. Domenico Mogavero, vescovo di Mazara del Vallo, assi-
stente ecclesiastico nazionale dell’Associazione Cattolica Interna-
zionale al Servizio della Giovane (ACISJF);
- mons. Giancarlo Santi (Milano), presidente dell’Associazione
Musei Ecclesiastici Italiani.
La Presidenza della CEI, riunitasi il 22 marzo 2010, ha proceduto
alle seguenti nomine:
- prof.ssa Maria Luisa De Natale, membro del Consiglio direttivo 213
del Centro studi per la scuola cattolica;
- rag. Ruggero Mischi, revisore dei conti della Fondazione Centro
Unitario per la cooperazione missionaria tra le Chiese (CUM).

Roma, 30 marzo 2010


D OCUMENTI DELLA C HIESA U NIVERSALE
MAGISTERO PONTIFICIO

Presentazione della Lettera dei vescovi italiani su


“Annuncio e catechesi per la vita cristiana”

La Commissione episcopale per la dottrina della fede, l’annuncio e


la catechesi della CEI, in data 4 aprile 2010, domenica di Pasqua, ha
scritto una lettera alle comunità ai presbiteri e ai catechisti.
Annuncio e catechesi per la vita cristiana è il titolo del documento, che
ripropone all’attenzione di tutte le componenti della comunità
ecclesiale le linee portanti del documento di base Il rinnovamento
della catechesi (DB) pubblicato quarant’anni fa, il 2 febbraio 1970,
che avviava il rinnovamento della catechesi in Italia secondo le linee
del Concilio Vaticano II.
Il documento della CEI comprende tre parti: I. Il valore permanen-
te del documento di base; II. Il contesto attuale; III. Le nuove esi-
genze pastorali. Ne pubblichiamo alcuni stralci significativi.

Il Concilio Vaticano II è stato come il “grembo materno” del DB: ha 215


favorito il nascere e l’impiantarsi di una nuova sensibilità missio-
naria; ha introdotto nuove tematiche, un nuovo linguaggio, un
nuovo metodo di lavoro. Esso fu elaborato con la collaborazione di
tutte le chiese d’Italia. Nella fase della sua stesura ogni diocesi fu
chiamata ad esprimersi nello stile del dialogo, della ricerca e del
confronto dinamico per contribuire alla ricezione condivisa dell’in-
segnamento del Concilio Vaticano II. L’esperienza ecclesiale, singo-
lare e coinvolgente, dell’elaborazione del testo ha avuto il pregio di
valorizzare in chiave di missione le quattro costituzioni conciliari:
Sacrosanctum Concilium, Lumen gentium, Dei Verbum, Gaudium et spes.
Esso è diventato così la prima strada attraverso la quale i docu-
menti conciliari sono arrivati alla base. Il DB ha stimolato le comu-
nità ecclesiali e in particolare i catechisti a conoscere e assimilare il
Magistero conciliare.
Il DB ha anche aiutato a veicolare una visione rinnovata della fede,
intesa non solo come adesione dell’intelligenza alle verità del mes-
saggio cristiano, ma prima di tutto come adesione della mente e del
cuore alla persona di Cristo, come accoglienza, dialogo, comunione
e intimità con Dio in Gesù Cristo. Il DB ci ha offerto una visione rin-
novata della Chiesa, grembo che genera alla vita in Cristo mediante
l’iniziazione cristiana, comunità tutta responsabile dell’evangeliz-
zazione e dell’educazione della vita di fede.
Il DB ci ha insegnato anche quali sono le fonti della catechesi: la Sacra
Scrittura; la tradizione, luogo della trasmissione e dell’incontro con
la parola di Dio vissuta e professata; la liturgia, celebrazione del
mistero di Cristo; le opere del creato. Queste fonti danno alla cate-
chesi una dimensione di annuncio e di contemplazione della storia
della salvezza (cap. 6). Anche il contesto sociale va guardato con gli
occhi della fede: esso non è solo lo spazio in cui annunciare la paro-
la di Dio, ma è anche il luogo teologico in cui Dio si manifesta, attra-
verso i segni dei tempi (cfr n. 77).
Nel cammino della Chiesa italiana il DB ha soprattutto messo in evi-
denza il primato dell’evangelizzazione.
Il DB ha avviato l’elaborazione dei nuovi catechismi per la vita cri-
stiana. La Lettera dei vescovi per la riconsegna del testo “Il rinnovamento
della catechesi” (3 aprile 1988), nel riaffermare la validità del DB,
diede inizio alla seconda stesura dei catechismi. Inoltre essa sotto-
216 lineò l’urgenza di orientare la catechesi in senso marcatamente mis-
sionario, integrandola in una pastorale organica e dando priorità
alla catechesi degli adulti.
Nonostante le ripetute affermazioni del DB circa il ruolo della
Chiesa locale e in particolare della comunità parrocchiale nei con-
fronti della catechesi, questa fondamentale indicazione pastorale
non sembra sia stata adeguatamente recepita dalle nostre comuni-
tà. Questa carenza, in un contesto secolarizzato, compromette
molto l’efficacia della catechesi. Perciò è necessario educare la
MAGISTERO PONTIFICIO

coscienza missionaria della comunità tutta intera, stimolandola a


diventare attraente, accogliente e educante: una comunità che acco-
glie le persone come sono e fa vivere loro esperienze significative di
vita cristiana; una comunità in cui i praticanti accostano gli indif-
ferenti e i non credenti, stabiliscono con loro rapporti di amicizia
e narrano la propria esperienza di fede sull’esempio di quanto pro-
posto nella Lettera ai cercatori di Dio.
Il DB ha sottolineato la priorità della catechesi degli adulti e dei giovani
(n. 124). Di fatto, questo obbiettivo primario di formare cristiani
adulti, capaci di rendere ragione esplicitamente della loro fede con
la vita e con la parola, è rimasto spesso disatteso dalle nostre comu-
nità.
È fondamentale dare a tutti i fedeli la possibilità di accedere alla
Bibbia, obiettivo primario dell’apostolato biblico. Per cogliere la
continuità dell’azione salvifica di Dio nell’oggi, occorre imparare a
leggere i “segni dei tempi” in modo da portare il messaggio biblico
dentro gli avvenimenti e le matrici culturali del nostro tempo,
secondo l’intuizione portante del progetto culturale della Chiesa
italiana. La storia, in base al Concilio Vaticano II, non è solo il con-
testo in cui annunciare la parola di Dio, è anche il luogo teologico
in cui Dio si manifesta attraverso i segni dei tempi. La catechesi
deve aiutare le persone a leggere la storia come storia di salvezza,
dove Dio opera oggi e dove l’uomo è chiamato a collaborare da pro-
tagonista.
La catechesi deve educare non solo a leggere i “segni dei tempi”, ma
anche a valorizzare il rapporto tra fede e ragione, con particolare atten-
zione a porre le “ragioni della fede” in dialogo con la cultura, per 217
poter scegliere ciò che è buono, vero, nobile, puro, amabile, onora-
to, ciò che è virtù e merita lode. Deve educare i cristiani a conside-
rare alla luce del Vangelo i problemi morali che emergono nella vita
dei singoli e nella convivenza sociale. Inoltre la catechesi deve edu-
care i cristiani a dialogare con tutti gli uomini.
I catechisti, oltre a narrare e spiegare il messaggio cristiano (traditio),
devono preoccuparsi di fornire a ciascuno gli strumenti espressivi
perché possano riesprimere con la vita e la parola ciò che hanno
ricevuto (redditio). Una comunicazione che si esaurisse nel solo pro-
cesso di trasmissione produrrebbe cristiani “infanti”, che “non par-
lano”, “muti e invisibili” e alla fine perderebbe ogni rilevanza nella
vita delle persone. Il cristiano è un testimone che, per rendere ragio-
ne della sua fede, non può limitarsi a compiere le opere dell’amore,
ma deve anche narrare ciò che Dio ha fatto e sta facendo nella sua
vita, e così suscitare negli altri la speranza e il desiderio di Gesù.

218
D OCUMENTI DELLA C HIESA I TALIANA
CONFERENZA EPISCOPALE PUGLIESE

Commissione regionale
per la dottrina della fede, l’annuncio e la catechesi
Seminario di studi su:
“Come fare iniziazione cristiana dei ragazzi
oggi nelle Chiese di Puglia”
(15-16 febbraio 2010)

Mons. Vito Angiuli


Domenica e iniziazione cristiana1

Il presente contributo sul rapporto tra domenica e iniziazione cri-


stiana tiene conto del cammino della Chiesa di Bari-Bitonto il cui
progetto diocesano si muove nella prospettiva della pastorale
mistagogica2. Con questa idea, la Chiesa barese intende mettersi in
sintonia con il Concilio Vaticano II3, sottolineando la necessità di
promuovere un’azione pastorale che privilegi l’essenzialità e la sinte-
si. Il mio intervento si articola in due punti. Tratto prima alcune
questioni preliminari legate al modo di intendere l’azione e il
metodo pastorale; in seguito mi soffermo sul tema specifico riguar-
dante il rapporto tra domenica e iniziazione cristiana. 219

1
Comunicazione al Seminario di studi della Commissione pastorale regionale per la dot-
trina della fede, annuncio e catechesi, Come fare iniziazione cristiana dei ragazzi oggi nelle
Chiese della Puglia, Oasi S. Maria, Cassano Murge, 15-16 febbraio 2010.
2
Cfr F. CACUCCI, La Mistagogia. Una scelta pastorale, EDB, Bologna 2006; ID.,Colligite
Fragmenta. Genesi e viluppo della scelta mistagogica, Levante editori, Bari 2007; V. ANGIULI,
Evangelizzazione, testimonianza e mistagogia. Il cammino pastorale postconciliare della Chiesa ita-
liana e della Chiesa di Bari-Bitonto, “Odegitria- Annali”, 14, 2007, pp. 79-116.
3
Cfr La recezione del Concilio Vaticano II e la “svolta mistagogica” della pastorale. «Ut mysterium
paschale vivendo exprimatur», “Orientamenti pastorali”, 55, 2007, n. 11, pp. 8-44.
1. Questioni preliminari

0. Il punto centrale e sintetico della fede e della pastorale

Al centro della fede cristiana c’è il mistero di Cristo morto e risorto,


prefigurato nell’Antico Testamento, compiuto storicamente nella
vita terrestre di Cristo, contenuto nei sacramenti, vissuto mistica-
mente nelle anime, reso perfetto escatologicamente nel Regno4.

1. La pastorale come “gesto pasquale” e “azione materna” della


Chiesa

- «La pastorale è un gesto pasquale, perché mira essenzialmente a far


compiere all’intera comunità quel “passaggio” che si è attuato in
Cristo. I due termini del passaggio (passaggio/passione) sono in
ultima analisi da una parte la schiavitù del peccato che è morte; dal-
l’altra la libertà dei figli di Dio, che è vita. (…) È questa un po’ tutta
l’opera della Chiesa: far passare gli uomini nella sostanza celeste del
Corpo glorioso di Cristo, associandoli al mistero della sua
Pasqua»5.
- La pastorale per l’IC è l’espressione della fecondità materna della
Chiesa che genera nuovi figli alla vita divina e li educa ad entrare in
modo sempre più pieno nel mistero di Cristo6. La pedagogia
dell’Ecclesia Mater.
- I sacramenti dell’iniziazione cristiana inseriscono la persona nel
mistero di Cristo e trovano nella connotazione pasquale della
domenica (Pasqua settimanale) il contesto più idoneo della loro cele-
220 brazione e della loro memoria 7.

4
Nei sacramenti il mistero si presenta come signum rememorativum passionis, signum demon-
strativum gratiae, signum prognosticum gloriae.
5
M. MAGRASSI, Vivere la Liturgia, “La Scala”, Noci 1978, pp. 455-456.
6
Cfr ivi, pp. 122-127.
7
«La domenica è anche il giorno in cui facciamo memoria del battesimo, evento che,
unendoci alla morte e alla risurrezione di Cristo, è per noi fonte di vita nuova», CONSIGLIO
EPISCOPALE PERMANENTE DELLA CEI, Senza la domenica non possiamo vivere, Lettera in prepara-
zione al XXIV Congresso Eucaristico Nazionale (Bari, 21-29 maggio 2005), 3.
CONFERENZA EPISCOPALE PUGLIESE

2. La questione del metodo in generale e in riferimento all’IC

Da dove partire nella pastorale e, in particolare, nella pastorale


dell’IC? Dal basso o dall’alto, dal metodo induttivo o da quello
deduttivo? Dai problemi, dalle domande, dall’esperienza o dalla
dottrina, dai contenuti veritativi, dai principi dogmatici?
La questione del metodo è un’annosa questione che si presenta in
ogni genere di sapere. Può essere utile riportare due testi che si rife-
riscono rispettivamente al metodo filosofico e a quello teologico:

Filosofia «Non ci sfugga la differenza tra i ragionamenti che muovono dai


principi e quelli invece che ai principi risalgono. Anche Platone era imbaraz-
zato su questa questione e giustamente, e cercava di stabilire se la via da segui-
re fosse il muovere dai principi, oppure il giungere ad essi, come nello stadio
se si corre dai seggi dei giudici di gara alla mèta o viceversa. Certamente, biso-
gna partire dalle cose conosciute. Queste possono esserlo in due modi: ciò che
è noto a noi, e ciò che è noto in sé. Ora è forse opportuno che, per parte nostra,
si cominci dalle cose che sono note a noi, appunto. Perciò occorre possedere già
una buona formazione morale se si vuol ascoltare con profitto intorno al
bello, al giusto, insomma alla politica (giacché si parte dal fatto; e se questo
appare sufficientemente spiegato, non avremo più bisogno del perché). Chi è
già educato, o possiede già i principi o li può acquistare facilmente»8.
Teologia «Al metodo scolastico, che partiva dall’unità divina, posizionando
successivamente il discorso trinitario e la cristologia, si è sostituito un metodo
induttivo che parte dalla cristologia per concludere con la dottrina trinitaria»9.
221
3. La prospettiva mistagogica

Il metodo mistagogico segue una sua via in quanto si fonda sul prima-
to del mistero e istituisce una circolarità dinamica tra vita e mistero.

8
ARISTOTELE, Etica nicomachea, I, 4.
9
P. GAMBERINI, Un Dio relazione. Breve manuale di dottrina trinitaria, Città Nuova, Roma 2007,
p. 18.
a) Primato del mistero
«Si deve sempre parlare di mistero quando una cosa o una persona,
o qualsiasi essere, ci si dischiude soltanto a partire dal suo intimo. In
un mistero non si può penetrare dall’esterno, non lo si può pene-
trare con violenza. Dall’esterno non v’è alcun accesso al mistero. Le
sue porte si aprono soltanto dall’interno. Se però si aprono, allora
il mistero diviene non soltanto esperibile, ma anche interamente
comprensibile senza tuttavia cessare di essere mistero. Non è quin-
di che noi affermiamo l’inconoscibilità di Dio, quando ci limitiamo
semplicemente a dire di Lui che è un mistero, il mistero per eccel-
lenza. E non è affatto che Dio cessi di essere un mistero, se noi
veniamo a conoscerlo. È questo che distingue il mistero dall’enig-
ma: il fatto che, quando viene compreso, esso non cessa di essere
misterioso»10.

b) Circolarità tra mistero e vita


Il mistero di Cristo, mistero che è noto in sé ed è noto a noi, è prin-
cipio verso cui dirigersi e principio da cui cominciare, realtà meta-
storica e in atto nella storia, dono ricevuto e compito da realizzare,
grazia comunicata e da comunicare, esperienza e dottrina, verità e
azione. Poiché il termine ‘mistero’ può essere inteso in chiave litur-
gico-sacramentale o in senso antropologico-esistenziale (vi è anche
un significato cosmologico)11, si può partire dal mistero liturgico
per raggiunge la vita o dal mistero della vita per riferirsi al mistero
salvifico celebrato nella liturgia. A ben vedere, questa prospettiva
trova nel Rinnovamento della catechesi un suo riscontro. In esso, infat-

10
E. JUNGEL, Che cosa significa dire: Dio è amore?, “Protestantesimo”, 56, 2001, pp. 160-161.
222 11
La categoria mistero «offre alla teologia un terreno di dialogo non solo con le scienze
umane, ma in certa misura anche con le scienze naturali. In pochi ambiti della sua espe-
rienza scientifica, infatti, l’uomo percepisce il mondo come qualcosa di dato, di “donato”,
qualcosa la cui razionalità e bellezza fanno appello alla sua ragione e al suo spirito, e sono
dunque capaci di rimandare ultimamente all’esistenza di un “mistero” di cui l’uomo non
possiede le chiavi. Va certamente precisato che la nozione di mistero è qui impiegata in
modo analogico, perché Dio, l’uomo e il mondo non sono mistero nello stesso senso; eppu-
re abbiamo a che fare con livelli di realtà fra loro connessi, le cui modalità di comprensio-
ne sono gerarchicamente ordinate e si aprono verso livelli progressivamente superiori», G.
TANZELLA-NITTI, Teologia e scienza. Le ragioni di un dialogo, Paoline, Milano 2003, p. 10. Dello
stesso autore vedi la voce Mistero in G. TANZELLA-NITTI-A. STRUMIA, Dizionario Interdisciplinare
di Scienza e Fede, Urbaniana University Press, vol. I, Città Nuova, Roma 2002, pp. 978-990.
CONFERENZA EPISCOPALE PUGLIESE

ti, si sottolinea che le fonti della catechesi sono la Parola, la


Tradizione, la liturgia, la vita. In altri termini, si afferma che vi è
una circolarità tra mistero celebrato, creduto e vissuto (cap. VI, in
particolare nn. 105-108 per la Scrittura, nn. 109-112 per la
Tradizione, nn. 113-117 per la liturgia, nn.118-122 per la vita). Si
può, dunque, procedere nel seguente modo:

- Dal mistero liturgico al mistero della vita.


Non è senza importanza la seguente affermazione del Rinnovamento
della catechesi: «Espressione culminante di tradizione e di vita, la
liturgia è nella Chiesa una sorgente inesauribile di catechesi; essa
permette di cogliere in unità tutti gli aspetti del mistero di Cristo,
parlando con un linguaggio concreto alla mente e ai sensi» (RdC
113). Forse ci preoccupiamo eccessivamente di una formazione alla
liturgia, dimenticando che dobbiamo preoccuparci di essere forma-
ti dalla liturgia.

- Dal mistero della vita al mistero della salvezza celebrato nella liturgia.
Vale la pena di ricordare che l’intero Progetto catechistico è stato
pensato come accompagnamento “alla vita cristiana”. Si tratta di
partire dalla vita quotidiana nella consapevolezza che essa è carica
di mistero, dello stesso mistero di Dio. Una esemplificazione cate-
chistica di questo approccio lo ritroviamo nella recente Lettera ai cer-
catori di Dio, nella quale si parte da alcune domande presenti in ogni
uomo (felicità e sofferenza, amore e fallimenti, lavoro e festa, giu-
stizia e pace, la sfida di Dio12) per incrociare il mistero di Dio.
Anche il IV Convegno nazionale di Verona ha seguito questa linea 223
prendendo in esame cinque ambiti della vita quotidiana (affettivi-
tà, lavoro e festa, fragilità umana, tradizione, cittadinanza). In que-
sta prospettiva, si sta organizzando il prossimo Congresso Euca-
ristico Nazionale di Ancona (4-11 settembre 2011) sul tema Signore,
da chi andremo? Eucaristia per la vita quotidiana.

12
COMMISSIONE EPISCOPALE PER LA DOTTRINA DELLA FEDE, L’ANNUNCIO E LA CATECHESI, Lettera ai cercato-
ri di Dio.
2. Questioni specifiche: la domenica e l’IC

a) Alcune indicazioni magisteriali

Il Progetto catechistico italiano insiste sulla centralità della domenica


nel cammino di fede dei fanciulli e dei ragazzi che si preparano a
ricevere i sacramenti dell’IC. A tal proposito, è sufficiente richia-
mare alcune affermazioni:

- «Nel catechismo per l’iniziazione cristiana dei fanciulli e dei ragaz-


zi queste tre dimensioni dell’esistenza cristiana (Parola, sacramen-
to e vita nuova) si richiamano reciprocamente e trovano la loro
migliore espressione nei contenuti e nella pedagogia dell’anno
liturgico e nella celebrazione eucaristica nel giorno del Signore»13.
- «La domenica è giorno da vivere e far vivere ai fanciulli e ragazzi
come il giorno dell’assemblea liturgica, del riposo, dell’accoglienza
nella carità, della anticipazione festosa del regno che il Signore ha
preparato per i suoi. È il giorno dell’ascolto della Parola e della con-
versione, del perdono e dell’accoglienza reciproca, del servizio frater-
no e verso i poveri. Per questo verso la domenica deve convergere l’in-
tera settimana, la catechesi feriale e la vita della comunità. Il giorno
della comunità e della missione, è momento privilegiato dell’azione
educativa, per crescere nella comunione di Cristo e della Chiesa»14.

- «Il neofita dovrà essere accompagnato dalla comunità – concreta-


mente dal gruppo in seno al quale si è preparato – a fare proprio l’im-
pegno della celebrazione eucaristica domenicale e a continuare la sua
formazione cristiana nell’età dell’adolescenza e della giovinezza»15.
224
- «La celebrazione dell’eucaristia della domenica è punto di arrivo
di un cammino catechistico e punto di partenza di un cammino

13
CEI, Il catechismo per l’iniziazione cristiana dei fanciulli e dei ragazzi, 5.
14
Ivi, 20.
15
CEI, L’iniziazione cristiana 2. Orientamenti per l’iniziazione cristiana dei fanciulli e dei ragazzi
dai 7 ai 14 anni, 49.
CONFERENZA EPISCOPALE PUGLIESE

mistagogico, che introduca al mistero di Cristo, procedendo dal


visibile all’invisibile, dal significante a ciò che è significato»16.

- «Un ripensamento si impone, se si vuole che le nostre parrocchie


mantengano la capacità di offrire a tutti la possibilità di accedere
alla fede, di crescere in essa e di testimoniarla nelle normali condi-
zioni di vita. Per questo abbiamo pubblicato tre note pastorali sull’ini-
ziazione cristiana, così da introdurre una più sicura prassi per l’ini-
ziazione cristiana degli adulti, per quella dei fanciulli in età scolare
e per il completamento dell’iniziazione e la ripresa della vita cri-
stiana di giovani e adulti già battezzati. Qui richiamiamo alcuni
obiettivi importanti.
Anzitutto riguardo all’iniziazione cristiana dei fanciulli. Si è finora cer-
cato di “iniziare ai sacramenti”: è un obiettivo del progetto catechi-
stico “per la vita cristiana”, cui vanno riconosciuti indubbi meriti e
che esige ulteriore impegno per una piena attuazione. Dobbiamo
però anche “iniziare attraverso i sacramenti”. Ciò significa soprat-
tutto salvaguardare l’unitarietà dell’iniziazione cristiana. Non tre sacra-
menti senza collegamento, ma un’unica azione di grazia: parte dal
Battesimo e si compie attraverso la Confermazione nell’Eucaristia.
È l’Eucaristia il sacramento che, continuamente offerto, non chiu-
de un’esperienza, ma la rinnova ogni settimana, nel giorno del
Signore. Le sperimentazioni che, secondo le disposizioni date dai
vescovi e limitatamente ad alcune parrocchie, alcune diocesi hanno
avviato o stanno avviando circa una successione, diversa da quella
attuale, della celebrazione della Confermazione e della Messa di
Prima Comunione, potranno essere utili per una futura riflessione 225
comune su questo tema.
Nel cammino di iniziazione, preparando ai sacramenti, occorre evita-
re due pericoli: il lassismo che svilisce il dono di Dio e il rigorismo
che potrebbe lasciar intendere che il dono sia nostro, magari
dimenticandosene subito dopo, facendo poco o nulla per l’accom-
pagnamento mistagogico. In prospettiva catecumenale, il cammino va

16
UCN, La formazione dei catechisti nella comunità cristiana, 7.
scandito in tappe, con percorsi differenziati e integrati. Occorre pro-
muovere la maturazione di fede e soprattutto bisogna integrare tra
loro le varie dimensioni della vita cristiana: conoscere, celebrare e vivere
la fede, ricordando che costruisce la sua casa sulla roccia solo chi
“ascolta” la parola di Gesù e la “mette in pratica” (cfr Mt 7,24-27).
La fede deve essere nutrita di parola di Dio e resa capace di mostrar-
ne la credibilità per l’uomo d’oggi. La partecipazione alla Messa
domenicale va anche proposta come momento essenziale della pre-
parazione ai sacramenti. L’accoglienza dei fratelli, soprattutto se
deboli — si pensi ai disabili, che hanno diritto a un pieno accesso
alla vita di fede —, e il servizio dei poveri sono passaggi necessari di
un cammino di maturazione verso il sacramento e a partire da esso.
L’iniziazione cristiana dei fanciulli interpella la responsabilità origi-
naria della famiglia nella trasmissione della fede. Il coinvolgimento della
famiglia comincia prima dell’età scolare, e la parrocchia deve offri-
re ai genitori gli elementi essenziali che li aiutino a fornire ai figli
l’“alfabeto” cristiano. Si dovrà perciò chiedere ai genitori di parteci-
pare a un appropriato cammino di formazione, parallelo a quello
dei figli. Inoltre li si aiuterà nel compito educativo coinvolgendo
tutta la comunità, specialmente i catechisti, e con il contributo di
altri soggetti ecclesiali, come associazioni e movimenti. Le parroc-
chie oggi dedicano per lo più attenzione ai fanciulli: devono passa-
re a una cura più diretta delle famiglie, per sostenerne la missione.
Come si è visto, “diventare cristiani” riguarda sempre più anche ragaz-
zi, giovani e adulti: non battezzati, bisognosi di completare la loro ini-
ziazione o desiderosi di riprendere dalle radici la vita di fede. Le tre
note sopra ricordate definiscono gli itinerari catecumenali previsti in
questi casi. Essi vanno inquadrati in una rinnovata attenzione al
mondo dei giovani e degli adulti, per scoprire le difficoltà che molti
226 incontrano nel rapporto con la Chiesa, per cogliere le tante doman-
de di senso che solo nel Vangelo di Gesù trovano piena risposta, per
suscitare attenzione alla fede cristiana tra gli immigrati non catto-
lici. Si tratta di valorizzare i momenti – tutti, non solo quelli che
appartengono strettamente alla vita comunitaria – in cui le parroc-
chie entrano in contatto con questo mondo lontano, distratto,
incapace di dare un nome alla propria ricerca. Decisivo resta l’in-
contro personale: ai sacerdoti, soprattutto, va chiesta disponibilità
al dialogo, specie con i giovani.
CONFERENZA EPISCOPALE PUGLIESE

Alla parrocchia, dunque, spetta non soltanto offrire ospitalità a chi


chiede i sacramenti come espressione di un “bisogno religioso”,
evangelizzando ed educando la domanda religiosa, ma anche risve-
gliare la domanda religiosa di molti, dando testimonianza alla fede di
fronte ai non credenti, offrendo spazi di confronto con la verità del
Vangelo, valorizzando e purificando le espressioni della devozione
e della pietà popolare. All’immagine di una Chiesa che continua a
generare i propri figli all’interno di un percorso di trasmissione
generazionale della fede, si affianca quella di una Chiesa che, pren-
dendo atto della scissione tra fede e cultura nella società, propone
itinerari di iniziazione cristiana per gli stessi adulti.
La parrocchia assume così gli stessi tratti della missionarietà di Gesù:
la sua sollecitudine verso tutti, per cui accoglie le folle e dona loro
parola e vita, senza però lasciarsi rinchiudere da esse (cfr Mc 1,37-
38); la cura per il gruppo dei discepoli, invitati a “seguirlo” ma
anche ad “andare” (cfr Mc 3,14-15). Gesù pensa alla comunità in
funzione della missione, non viceversa»17.

b) “Sine dominico non possumus”: qualche orientamento


per la prassi

- Valorizzare il significato teologico del dominicum per comprende-


re la centralità della domenica nella vita della comunità cristiana e
nel cammino di fede del cristiano. Nel concetto di dominicum si
incontrano la persona (Cristo risorto), il sacramento (eucaristia), la
comunità (chiesa), il tempo (ora dell’incontro celebrativo) e lo spa-
zio (luogo dell’incontro celebrativo). 227

- Riconsiderare il significato antropologico della domenica (dies


hominis) per comprendere il suo valore teologico (dies Domini e dies
Christi) ed ecclesiologico (dies Ecclesiae). In particolare, riscoprire il
senso del tempo festivo come risorsa di umanizzazione del tempo e
delle relazioni interpersonali.

17
CEI, Il volto missionario delle parrocchie in un mondo che cambia, 7.
- Far emergere l’unità tra la celebrazione liturgica, la partecipazione
alla vita ecclesiale (nel caso del ragazzo alla vita di gruppo) e l’im-
pegno nel quotidiano, in particolare nei gesti di carità (lex orandi, lex
credendi, lex agendi).

- Sviluppare un accompagnamento educativo, in sinergia tra par-


rocchia e famiglia, che partendo dalla recezione del sacramento si
prolunghi nella vita. In tale prospettiva, la domenica diventa il
“punto centrale”, la “scadenza settimanale “ per collegare il prima
con il dopo. Per dare cioè unità al cammino di fede.

228
CONFERENZA EPISCOPALE PUGLIESE

Carlo Lavermicocca
Cosa vuol dire fare
iniziazione cristiana oggi in Italia
(le ragioni del cambiamento – l’identità – i compiti)

1. Le ragioni del cambiamento

Le attuali profonde trasformazioni socio-culturali hanno ripercus-


sioni pure sul modo di credere delle persone e della loro relazione
con la Chiesa, mettono in discussione l’impianto pastorale consoli-
dato e richiedono un ripensamento della prassi formativa. Riper-
corriamo ora qui una breve sintesi degli elementi problematici e sti-
molanti dell’attuale contesto culturale occidentale.

Quali le ricadute sulle nostre comunità cristiane?


Oggi si assiste alla progressiva scomparsa della “società cristiana” 1.
Le indagini sociologiche condotte nell’Europa occidentale rilevano
che nella società contemporanea il cristianesimo tende a privatiz-
zarsi nella vita pubblica e a soggettivizzarsi nella vita ecclesiale2.
Le ricerche denunciano una progressiva marginalizzazione del cri-
stianesimo, poco significativo culturalmente, ridotto a fatto priva-
229
to ed esposto al rischio di diventare solamente una delle tante risor-
se per il benessere dell’individuo3.

1
Cfr GIOVANNI PAOLO II, Novo millennio ineunte,6 gennaio 2001, n.40.
2
Cfr R. GRASSI, I mille volti della religiosità giovanile, in ID. (a cura di), Giovani, religione e vita quo-
tidiana. Indagine dell’Istituto IARD, Il Mulino, Bologna 2006, pp. 45-72.
3
P. ZULEHNER, Tipologia del senso religioso e delle sue espressioni, relazione tenuta a Graz (31 mag-
gio 2006). Cfr la sintesi di M. SIBOLDI in www.catechetica.it.
Gli studi specialistici mettono in luce che all’interno stesso della
Chiesa si diffondono degli atteggiamenti che hanno sostituito l’a-
teismo nel suo aspetto di principale problema socio-religioso: tra
questi appaiono rilevanti la non appartenenza istituzionale4, che va
dal sincretismo all’agnosticismo e l’indifferenza religiosa5 che con-
sidera la religione come una dimensione “ermeneutica” della vita.
Se è vero che il sacro permane si vanno però diffondendo forme di
nomadismo religioso, di ricerca cioè di sempre nuove forme di espe-
rienze ed emozioni religiose.
Inoltre lo spirito obiettivo e critico, tipico della cultura contempo-
ranea, mette in discussione la categoria del mistero, centrale nel cri-
stianesimo6.

Quali le ricadute pastorali nella nostra prassi catechetica?


Il mutato contesto sociale in cui anche la Chiesa italiana oggi è
chiamata a vivere la sua missione non permette di portare facil-
mente i fanciulli alla fede. La struttura attuale della catechesi dei
fanciulli e dei ragazzi e gli stessi sacramenti dell’iniziazione cristia-
na (IC) che ordinariamente ricevono in questa età risponde più ad
un criterio di cristianità che di missione; offre una struttura di
accoglienza che risponde più ad una specie di socializzazione reli-
giosa che ad una vera e propria evangelizzazione.
Il modello a cui oggi si fa riferimento è quello di una comunità par-
rocchiale che vive una sua tradizione cristiana ma non sempre veri-
fica nelle sue scelte pastorali la radice di fede da cui sono nate certe
istituzioni. Manca una “nuova evangelizzazione” eppure si conti-
nua a fare catechesi e a dare i sacramenti. La sua struttura catechi-
stica e pastorale è quella di una organizzazione di tipo scolastico,
senza neppure un convinto coinvolgimento degli adulti da cui i
230 ragazzi affettivamente dipendono. Non sembra possibile - come fa
la CEI con i catechismi e i documenti sull’iniziazione cristiana dei

4
Cfr F. GARELLI-G. GUIZZARDI-E. PACE (edd.), Un singolare pluralismo. Indagine sul pluralismo
morale e religioso degli italiani, Il Mulino, Bologna 2003, p. 115.
5
Cfr R. ZAS Fiz De Col, Presente e futuro della pratica religiosa. Una interpretazione, in
“Rassegna di Teologia” 46(2005)2, pp. 252-253.
6
Cfr D. VILLEPELET, Catechesi come iniziazione. Quali conseguenze per l’azione catechistica?, in
“Catechesi” 74 (2004-2005) 2, pp. 3.8.
CONFERENZA EPISCOPALE PUGLIESE

fanciulli e dei ragazzi - riadattare semplicemente la prassi antica


della iniziazione cristiana proposta dal RICA, senza opportuni rife-
rimenti di nuova inculturazione della fede.
La scelta qualificante della Chiesa italiana fatta nel Convegno eccle-
siale di Palermo7 intende avviare con urgenza una pastorale perma-
nente che ricerchi delle “forme più idonee per annunciare il
Vangelo”. Questo dovrebbe mettere i pastori ed i catechisti sulle vie
di una pastorale di missione permanente, di cui proprio le nuove
attenzioni ad adulti e bambini non battezzati, o ai tanti tipi di
“ricomincianti”, dovrebbero essere una concretizzazione.
In questi anni i cambiamenti sono esigiti anche da una presa di
coscienza delle esigenze della nuova evangelizzazione. A livello di
Chiesa universale il tema della nuova evangelizzazione, caro a
Giovanni Paolo II, ha avuto un momento fondamentale nell’evento
del Giubileo del 2000 ed un impulso determinante nella Novo millen-
nio ineunte, con il suo invito evocativo a “prendere il largo”, a impe-
gnarsi per una nuova evangelizzazione e inculturazione della fede.
Il cammino recente della Chiesa italiana è stato ispirato dagli orienta-
menti pastorali per il decennio 2001-2010 (Comunicare il Vangelo in un
mondo che cambia), concretizzatosi nelle tre Note sull’iniziazione cri-
stiana, dal documento sul volto missionario della parrocchia (Il volto
missionario delle parrocchie in un mondo che cambia) e finalmente culmi-
nate nella Nota pastorale sul primo annuncio (Questa è la nostra fede) e
oggi completata dalla recente Nota sulla Lettera ai cercatori di Dio.
In questo decennio sta quindi maturando un cambiamento di pro-
spettiva che riguarda la parrocchia, chiamata ad andare oltre la
“cura delle anime” verso una dimensione missionaria, evangeliz- 231
zante, estroversa e non più centrata sulle strutture; il processo di
iniziazione cristiana, finalizzato non ai sacramenti ma alla vita cri-
stiana che mette al centro gli adulti con attenzione anche ai “rico-
mincianti”, che adotta uno stile “catecumenale”; la stessa catechesi,
tenuta a sua volta a recuperare il primo annuncio, finalizzato a pro-
porre la fede come esperienza globale di vita.

7
Cfr CEI, Con il dono della carità dentro la storia, n. 23.
2. L’identità

Punto di partenza per passare in rassegna le pietre miliari di un iti-


nerario “catecumenale” in riferimento alla Nota 2 è la definizione di
“iniziazione cristiana”, ripresa da un documento precedente8: «Per
iniziazione cristiana si può intendere il processo globale attraverso
il quale si diventa cristiani. Si tratta di un cammino diffuso nel
tempo e scandito dall’ascolto della Parola, dalla celebrazione e dalla
testimonianza dei discepoli del Signore attraverso il quale il cre-
dente compie un apprendistato globale della vita cristiana e si
impegna in una scelta di fede e a vivere come figlio di Dio ed è assi-
milato con il battesimo, la confermazione e l’eucaristia al mistero
pasquale di Cristo nella Chiesa». Come si vede, tale definizione fa
parte del Progetto catechistico italiano già negli anni precedenti la
Nota 2, la quale tuttavia (n. 19) «ha inteso rinnovare la pastorale
della educazione alla fede dei fanciulli integrando più armoniosa-
mente, con la nozione di iniziazione cristiana, la dimensione cate-
chistica e la dimensione liturgico-sacramentale e la vita di carità».
L’iniziazione cristiana è, dunque, molto più che un semplice per-
corso catechistico: è un’azione particolarissima che coinvolge i pro-
tagonisti (ragazzi, adulti, chiesa, grazia divina…) affinché crescano
nella fede e nella vita cristiana, a poco a poco, intrecciando tra loro
legami di fraternità, imparando ad affrontare la vita per riconosce-
re in essa gli appelli del Padre, lasciandosi modellare dall’azione
dello Spirito, riproducendo atteggiamenti e comportamenti evan-
gelici. È un percorso educativo e pastorale che coinvolge molti pro-
tagonisti e tutti gli aspetti della persona. Per questo oggi l’itinera-
rio catecumenale è proposto autorevolmente a tutte le comunità
232 ecclesiali, tenendo conto della situazione pastorale delle nostre
Chiese. Soprattutto là dove, sempre di più, ci sono ragazzi da bat-
tezzare.

8
UFFICIO CATECHISTICO NAZIONALE, Il catechismo per l’iniziazione cristiana dei fanciulli e dei ragazzi.
Nota per l’accoglienza e l’utilizzazione del catechismo della CEI (15 giugno 1991), n. 7.
CONFERENZA EPISCOPALE PUGLIESE

Le tre Note dell’IC offerte dalla CEI

Dopo la pubblicazione della Conferenza Episcopale Italiana della


versione definitiva dei suoi catechismi per i fanciulli e i ragazzi,
qualificandoli come testi per l’IC, i vescovi italiani, attraverso il
Consiglio Episcopale Permanente tornano a pronunciarsi ufficial-
mente sull’IC, con una serie di Note: L’Iniziazione cristiana 1.
Orientamenti per il catecumenato degli adulti (1977), seguita da un se-
condo analogo documento: L’Iniziazione cristiana 2. Orientamenti per
l’Iniziazione cristiana dei fanciulli e dei ragazzi da 7 ai 14 anni (1999), e
da un terzo testo: L’Iniziazione cristiana 3. Orientamenti per il risveglio
della fede e il completamento dell’Iniziazione cristiana in età adulta
(2003)9.
Il percorso dell’IC così come viene delineato nelle tre Note modifi-
ca radicalmente lo stile pastorale dell’annuncio, della celebrazione
e delle attività comunitarie. Esse in nessun modo possono risultare
una semplice preparazione al sacramento, bensì allenamento a
vivere quotidianamente il sacramento in riferimento a Cristo Gesù
e non rappresentano per chi si avvicina alla parrocchia un’occa-
sione saltuaria, di cui diventare utenti occasionali, bensì aggancio
per un cammino prolungato nel tempo, prima e dopo il sacramen-
to, per introdursi pienamente nella vita cristiana.
Tra gli elementi che costituiscono la globalità dell’itinerario la Nota
2 elenca: «l’annuncio-ascolto accoglienza della Parola, l’esercizio
della vita cristiana, la celebrazione liturgica e l’inserimento nella
comunità» (30). Così ogni itinerario di IC diventa un “tirocinio” di
vita cristiana. Si procede così dalla attenzione alla persona con il 233
suo vissuto quotidiano, cercandovi i segni della presenza di Cristo;
attraverso l’annuncio incarnato del Cristo morto e risorto; per
accompagnare gradualmente nel tempo a una scelta prima e a uno
stile di vita poi, con la parola, la testimonianza e la celebrazione a

9
UCN, L’Iniziazione Cristiana. Documenti e orientamenti della Conferenza Episcopale Italiana,
Elle Di Ci, Leumann (TO) 2004.
vivere da cristiani; giungendo appunto a scrivere con la vita itine-
rari per “diventare cristiani” o “risvegliare la fede»10.
La riflessione sull’IC promossa dalle tre Note ha portato anche a un
ripensamento della pastorale di IC dei ragazzi nella nostra prassi
ordinaria. Fermandoci appunto ai ragazzi dell’IC, la proposta
espressa in modo particolare nella seconda Nota è quella di riorga-
nizzare totalmente la pratica attuale della catechesi, rendendola un
cammino vero e proprio per diventare cristiani, a cui la famiglia
accetta liberamente di partecipare con i propri figli, scandito da riti
e celebrazioni, fatto anche di esperienze di vita cristiana e di parteci-
pazione progressiva alla vita della parrocchia, che porta alla cele-
brazione unitaria dei sacramenti di battesimo, cresima ed eucaristia.
Le tre Note fanno riferimento all’Introduzione del RICA di cui ven-
gono puntualizzati i seguenti criteri:
- Il primato dell’evangelizzazione. Scelta che ancora fatica ad attuarsi e
che riprende l’opzione fatta dalla Chiesa italiana già nel primo
Piano pastorale degli anni ’70 (cfr Evangelizzazione e sacramenti).
Nell’intento di evitare la riduzione della pastorale a prassi sacra-
mentale il piano esortava a partire dall’annuncio e dall’ascolto
della Parola, che conduce alla fede e alla conversione, per poi
trovare nella celebrazione dei sacramenti l’incontro vitale con il
Signore. Il primato dell’evangelizzazione viene ripreso nel nuovo
progetto come uno dei cardini dell’iniziazione che ha come desti-
natari privilegiati soprattutto gli adulti.
- L’IC nella forma del catecumenato. Il riferimento al paradigma catecu-
menale intende superare la prassi che riduce l’IC alla sola cele-
brazione dei sacramenti. Una prassi sbrigativa e facile che ancora per-
mane e il Consiglio Episcopale Permanente tende a far abbandonare
proponendo l’IC come realtà ampia, articolata in tempi e tappe, com-
234 prendente diverse dimensioni e l’elaborazione di percorsi adatti
all’età e all’esperienza delle persone. Nel suo complesso l’IC, nella
forma del catecumenato, comprende questi quattro aspetti:
1. Il primo annuncio di Gesù Cristo che suscita la fede e l’adesione
a Lui;
2. La catechesi propriamente detta per l’approfondimento in forma

10
Cfr A. FONTANA, Il mondo è cambiato, cambiamo la pastorale, Elle Di Ci, Leumann (TO) 2006,
pp. 73-75.
CONFERENZA EPISCOPALE PUGLIESE

organica del messaggio in vista del progressivo cambiamento di


mentalità e stile di vita;
3. L’esperienza liturgico-sacramentale che inserisce in Cristo e nella
vita della Chiesa;
4. La testimonianza, la vita della comunità, la missione.
- L’unità dei tre sacramenti e il loro corretto ordine, che ha nella parteci-
pazione alla mensa eucaristica il culmine dell’iniziazione.
Diversamente dalla comune prassi occidentale, le note del Consiglio
Episcopale Permanente, seguendo le indicazioni del RICA, ripristi-
nano i tre sacramenti nell’ordine e significato originario.
- La funzione materna della Chiesa. La Chiesa è il grembo materno
dove il cristiano viene generato alla vita divina. Questa funzione
materna della Chiesa è assolta nel processo di IC. La comunità
guida e accoglie la persona all’incontro con Dio, la educa nella fede
e alla conversione, la conduce alla celebrazione dei sacramenti, la
inserisce nella sua vita. Tale compito spetta all’intera comunità, ma
è affidato anche ad operatori specifici: sacerdoti, diaconi, catechisti,
padrini e accompagnatori.
- La responsabilità del vescovo. Quale animatore della Chiesa locale, il
vescovo adatta il percorso dell’iniziazione alla realtà della propria
Diocesi e conferisce personalmente i tre sacramenti nel corso della
veglia pasquale. Attiva il “Servizio diocesano del catecumento” con
lo scopo di accompagnare e sostenere la pastorale dell’IC.
- Segue l’anno liturgico. L’IC, in quanto celebrazione del mistero della
salvezza nel tempo, segue il dinamismo dell’anno liturgico che nel
suo svolgersi conduce verso una conoscenza sempre più profonda
di Cristo. In virtù dello stretto legame tra la Domenica, Pasqua 235
della settimana, e la Pasqua annuale con tutta la pregnanza che tale
solennità ha in rapporto all’IC, le varie celebrazioni aiutano a ma-
turare gli atteggiamenti propri del discepolo di Cristo. In tal modo
l’anno liturgico manifesta la propria valenza celebrativa oltre che
quella pedagogica.
- Il sapiente adattamento delle forme e dei tempi dell’IC. È un criterio det-
tato dalla diversità delle situazioni locali e dall’attenzione all’espe-
rienza delle singole persone e anche dalle condizioni iniziali di cia-
scuno, all’età e cultura, alla maturazione della fede e alle moti-
vazioni che spingono alla richiesta dei sacramenti.
Le tre Note del Progetto si collocano a sostegno della conversione
non soltanto attraverso vaghe esortazioni ma proponendo itinerari
concreti, percorribili, rivolti agli adulti che chiedono il Battesimo,
ai fanciulli e ai ragazzi battezzati e non, al risveglio della fede in chi,
già battezzato, ha interrotto il proprio cammino: itinerari da speri-
mentare nelle Diocesi e nelle parrocchie11.

Pietre miliari della seconda Nota (cfr Fontana)

Il primo annuncio o evangelizzazione


La pietra fondamentale dell’itinerario è il “primo annuncio”. Non è
ancora esplicito nella Nota 2 il termine “primo annuncio”, così
come sarà elaborato negli anni successivi alla Nota stessa 7.
Tuttavia, quando nei nn. 38-50 si presentano i tempi e le tappe del-
l’itinerario, mi pare con sufficiente chiarezza, la Nota 2 indica nel-
l’evangelizzazione “rivolta alle famiglie e ai ragazzi per far scoprire
la persona di Gesù” il punto originante del percorso catecumenale.
È importante questa annotazione poiché in Gesù deve trovare fon-
damento la nostra ricerca, la richiesta dei sacramenti stessi, il modo
con cui percepiamo e viviamo la fede oggi. «Senza di me non potete
fare nulla» (Gv 15,5), neanche un itinerario catecumenale! Per
questo la Guida pone all’origine del percorso la lettura o il raccon-
to del vangelo di Marco, in forma adatta ai ragazzi e alle famiglie,
senza interferenze con altri testi biblici impropri.

La Bibbia e i catechismi della CEI


236 La Nota 2 propone dunque un percorso catecumenale che, partendo
dalla storia della salvezza per imparare a distinguere gli avvenimen-
ti attraverso cui Dio ci parla e ci chiama all’alleanza, aiutandoci a
vedere la storia con il Suo sguardo, passando attraverso l’acqui-
sizione degli atteggiamenti propri del celebrare cristiano con i suoi

11
Cfr A. FONTANA, I criteri e le prospettive del rinnovamento in atto alla luce del Progetto Catechistico
italiano, in NUCN 34 (2005) 3, pp. 67-82.
CONFERENZA EPISCOPALE PUGLIESE

simboli e i suoi segni per incontrare oggi l’amore del Padre e vivere
oggi l’alleanza, ci conduce a poco a poco ad appropriarci di atteggia-
menti e comportamenti improntati all’amore predicato e praticato
da Gesù. Sono le tre fasi del catecumenato (biblica, liturgico-comu-
nitaria, esistenziale) e possono durare tre o quattro anni e cul-
minare, durante l’ultima Quaresima prima dei sacramenti, con la
preparazione spirituale e ascetica suggerita dai vangeli dell’anno A.

Il gruppo catecumenale, la famiglia, la comunità ecclesiale


Il RICA afferma: «Poiché i fanciulli da iniziarsi sono spesso in rap-
porto con qualche gruppo di compagni già battezzati, che si prepara-
no con la catechesi alla Confermazione e all’Eucaristia, l’iniziazione è
impartita gradatamente e si appoggia come su fondamento in questo
stesso gruppo catechistico» (308). Ma la Nota 2 parte dal contesto
più ampio della comunità ecclesiale ed esorta a «creare un ambiente
adatto alla loro età, capace di accompagnarli nella loro progressiva
crescita nella fede, in un autentico cammino di conversione person-
ale e di adesione a Cristo» (26). E aggiunge: «Questo è possibile attra-
verso l’inserimento del fanciullo e del ragazzo in un gruppo “catecu-
menale” con la presenza di alcuni adulti (catechisti, accompagnatori,
padrini), della famiglia e, almeno nei momenti più significativi, della
comunità tutta» (26).

- La progressione o gradualità del percorso con le sue tappe educative


Più volte la Nota 2 insiste sull’attenzione pedagogica ed educativa
propria della comunicazione della fede nel corso dell’itinerario: ciò
che era già un principio fondamentale nel documento di base (cioè, 237
l’attenzione all’“uomo in situazione”) diventa nell’itinerario cate-
cumenale una condizione senza la quale non si può procedere nel-
l’itinerario. Il fatto stesso che il percorso sia scandito da varie tappe,
da piccoli passi, da celebrazioni che segnano i cambiamenti nel
gruppo e invocano lo Spirito santo, ci fa toccare con mano che il
cammino «non ha scadenze precostituite né date della prima
comunione e della confermazione fissate per tutti, ma è attento e
rispettoso della diversa maturazione delle persone» (n. 27).
Le celebrazioni e l’unità dei tre sacramenti dell’iniziazione cristiana
Sia nel Rica sia nella Nota 2 si parla raramente della mitica “prima
comunione”: si parla, invece, sempre di Battesimo, Cresima ed
Eucaristia proprio perché – come altre istituzioni o feste cristiane –
per molti oggi essa ha perso il suo significato in riferimento a
Cristo, ma è diventata semplicemente un gesto socialmente corret-
to come “festa dei bambini”, isolata e a sé stante, senza rimando ad
un seguito di vita cristiana vissuta. Così come il Battesimo non ha
rilevanza alcuna nell’esistenza di molti cristiani, poiché confinato
nell’età incosciente dall’infanzia di cui nessuno conserva memoria.
Infine, la Cresima, stiracchiata lungo gli anni, più avanti o più in-
dietro secondo le esigenze pastorali, caricata di troppi significati ad
essa estranei, è diventata una specie di sacramento conclusivo della
propria appartenenza alla comunità cristiana.

- La mistagogia
Se ormai è chiaro il quadro generale del percorso catecumenale
con le sue pietre miliari, proposte dal Rica e dalla Nota 2, pare
altrettanto chiaro che l’itinerario non si può concludere con la
celebrazione dei sacramenti, come la maggior parte dei “corsi”
catechistici sia per ragazzi sia per giovani e adulti realizzati anco-
ra nelle nostre comunità. Questa è un’altra pietra miliare. La
mistagogia esiste per indicarci che nessun itinerario è orientato
ad un sacramento, ma tutti sono orientati alla vita cristiana attra-
verso il sacramento celebrato. Anzi, tutta la vita cristiana sta
sotto la luce del sacramento celebrato e dunque è essenzialmente
una esistenza mistagogica. La sequenza nelle dimensioni cri-
stiane della vita è: la fede creduta, poi celebrata, quindi vissuta,
infine testimoniata.
238 Così si esprime la Nota 2: «Con la celebrazione del battesimo, della
confermazione e dell’eucaristia non è terminato l’itinerario di
iniziazione cristiana. Inizia il tempo della mistagogia per familia-
rizzarsi sempre di più con la vita cristiana e i suoi impegni di testi-
monianza (Rica 369)» (n.48). Come dire che senza la mistagogia
non esiste nessun itinerario catecumenale, perché essa ne è parte
integrante. Fin dall’inizio deve essere chiaro, quando si fa la pro-
posta alle famiglie e alle comunità.
CONFERENZA EPISCOPALE PUGLIESE

3. I compiti

Che cosa è successo in dieci anni? (cfr Fontana)


Subito dopo l’uscita della Nota, di cui celebriamo il decennale, attuan-
do ciò che la stessa suggerisce al n. 57 («Al Servizio nazionale per il
catecumenato, con la collaborazione dell’Ufficio catechistico nazio-
nale e dell’Ufficio liturgico nazionale è affidato il compito di predi-
sporre un sussidio dettagliato per attuare in modo facile e ricco gli iti-
nerari indicati»), fu pubblicata dalla Elledici la Guida per l’itinerario cate-
cumenale dei ragazzi come modello per costruire nelle esperienze dioce-
sane e locali i percorsi per i ragazzi e le famiglie. La Guida è firmata dal
Servizio nazionale e possiede dunque una certa autorevolezza.
La Guida sviluppa il cammino catecumenale per i ragazzi da battez-
zare, che sempre più numerosi frequentano il catechismo, ma in
linea con il Rica al cap. V propone di attuare l’itinerario «insieme a
un gruppo di coetanei già battezzati che, d’accordo con i loro geni-
tori, accettano di celebrare al termine di esso il completamento
della propria iniziazione cristiana» (Nota 2, n. 54). Inoltre, fondan-
do i propri suggerimenti su alcuni criteri che caratterizzano lo spi-
rito missionario proprio del catecumenato, propone un percorso
fatto di ascolto della Parola di Dio nella Scrittura, di celebrazioni
che ne scandiscono le tappe, di esperienze graduali e progressive di
vita cristiana. Non perde mai di vista neanche i contenuti dei cate-
chismi della CEI, pur utilizzandoli in modo creativo, adattandoli al
percorso tipico del catecumenato, già in qualche modo implicito
nei testi stessi. 239
Molte diocesi e parrocchie hanno accolto gioiosamente e con entu-
siasmo la proposta, cercando attraverso i propri orientamenti “in
loco” di attuare la Nota 2 e la relativa Guida. Così sono iniziate le
prime sperimentazioni a macchia di leopardo in tutta Italia, con risul-
tati sorprendenti là dove lo spirito della Nota 2 venne acquisito in
maniera convinta. Molti parroci hanno riconosciuto che il nuovo
impianto catecumenale offre la possibilità di evangelizzare le fami-
glie e di trasformare la comunità stessa che prende coscienza di esi-
stere per generare alla fede nuovi cristiani. Sarebbe lungo elencare
gli effetti positivi e i risultati straordinari spesso verificati proprio
nelle famiglie più lontane dalla fede, che liberamente hanno assun-
to l’impegno di lasciarsi coinvolgere in un cammino graduale per
riscoprire la fede con i propri figli.

- Gli orientamenti
Diversi indizi segnalano decisivi orientamenti nuovi nella prassi
come: la finalità dell’iniziazione che è alla vita cristiana attraverso i
sacramenti e non iniziazione ai sacramenti; una logica più iniziati-
ca e catecumenale e meno di socializzazione; i soggetti promotori
implicati in una rete ampia di relazioni; la modifica dell’impianto
organizzativo di iniziazione in una forma creativa e fedele ai propri
contesti. Il problema del ripensamento del tradizionale processo di
iniziazione Cristiana è certamente il compito più urgente e più
complesso della pastorale attuale, non soltanto italiana, ma euro-
pea12. A questo proposito risulta dunque decisiva, secondo Biemmi,
una sinergia ai tre livelli implicati.

1. Il primo livello è quello delle catechiste e dei catechisti di iniziazione cri-


stiana. In questo momento essi stanno vivendo il loro compito con
molti disagi e i due atteggiamenti tra cui oscillano sono l’autocol-
pevolizzazione (“le cose non vanno bene perché io non sono capa-
ce, preparato...”) e la colpevolizzazione dei genitori (“a casa distrug-
gono quello che noi costruiamo a catechismo”). Manca in loro la
consapevolezza di quello che sta accadendo, della transizione che è
in atto. È urgente, per rasserenare il loro lavoro e per renderli crea-
tivi, che siano coscienti che la catechesi non è la causa dell’insuc-
cesso dell’evangelizzazione delle nuove generazioni, ma che, se mai,
240 la catechesi vive le difficoltà della Chiesa intera nel suo compito di
inculturazione della fede. Perché di questo si tratta, e non di conte-

12
Cfr E. ALBERICH, Regards sur la catéchèse européenne, “Catéchèse”, n. 100-101(1985), p. 169.
Sorprende, a questo proposito, l’uniformità dell’impianto di iniziazione cristiana nei
paesi europei, persino sconcertante quando la si vede riprodotta nei suoi schemi più tra-
dizionali in quei paesi (come i paesi dell’Est e nel Nord Europa) nei quali più evidente è lo
scarto culturale di questo modello. Si vedano le 10 rubriche sulla rivista “Evangelizzare”
(settembre 2000 - giugno 2001) che presentano la prassi attuale di iniziazione in dieci
paesi europei.
CONFERENZA EPISCOPALE PUGLIESE

nuti o di metodi: di una nuova inculturazione della fede per una


cultura che è di fatto ancora in gestazione.

2. Il secondo livello che deve stare in movimento è quello dei forma-


tori dei catechisti. Non si può cambiare nulla alla base se non si tiene
in evoluzione la formazione stessa. Ad ogni discorso indirizzato alla
base e a ogni progetto di cambiamento parziale deciso occorre
ripensare il modello formativo (e non solo i contenuti) applicato
sulle persone chiamate ad attuare questi cambiamenti, tenendo
conto di quel principio fondamentale per cui le persone formate
applicano inconsapevolmente il modello con il quale sono state for-
mate. Se si vuole cambiare, si deve cambiare formazione.

3. Il terzo livello implicato è quello di chi gestisce l’autorità, al ver-


tice (i vescovi), alla base (i parroci) e nel ruolo di mediazione (i diretto-
ri UCD). Occorrono delle precise decisioni istituzionali assunte ai
tre livelli dell’autorità. In un certo senso, l’evoluzione va provocata.
Molte linee proposte nella formazione sono infatti vanificate se
non trovano accoglienza da parte dei parroci e sostegno autorevole
da parte dei vescovi. Un certo coraggio istituzionale si rende neces-
sario, per piccoli passi ma in maniera determinata, se si intende
effettivamente sbloccare questa situazione. Solo un orizzonte di
comprensione comune maturato ai tre livelli (catechisti, formatori,
autorità) e una reale intenzione operativa assunta da chi gestisce
l’autorità può far procedere il cambiamento senza far perdurare
lentezze e frustrazioni. Un rischio forte sarebbe quello di pensare
che le attuali difficoltà siano frutto di una crisi passeggera, e che 241
tutto tornerà come prima; il modello non è finito, basta riprender-
lo con un supplemento di impegno e di fantasia13. È una posizione
generosa, ma che rischia di far perdurare illusioni e frustrazioni. Un

13
Questa posizione può essere tenuta sia per inconsapevolezza dei cambiamenti in atto,
sia per un eccesso di generosità pastorale. Si veda a questo proposito il dibattito aperto su
“Settimana” in seguito al Convegno dei catecheti italiani, in particolare Catechesi: perché e
come cambiare i modelli esistenti?, “Settimana”, 16 XII 2001, n. 45, p. 2.
secondo rischio, non meno grave, sarebbe quello di lasciare le nuove
esperienze a se stesse, senza assistenza e orientamento.
In conclusione afferma ancora Biemmi: «È dunque necessaria una
parola autorevole, non certo per dare soluzioni magiche, ma per
segnalare che il problema va affrontato e per fornire alcuni orienta-
menti di fondo. Deve essere una parola realistica, serena e rassere-
nante, e per ciò stesso mobilitante. Deve anche essere una parola
orientativa, che fornisce i punti di riferimento di fondo e le atten-
zioni da avere per procedere. Tale parola autorevole sul ripensa-
mento del processo tradizionale di Iniziazione cristiana è forse il
modo più adulto per assumere seriamente il progetto decennale
“Comunicare il vangelo in un mondo che cambia”. I differenti
modelli di iniziazione alla fede che nel corso della sua storia la
Chiesa ha assunto dimostrano che la fedeltà al vangelo richiede
processi comunicativi adatti alle differenti situazioni culturali e che
non c’è reale fedeltà al Vangelo se non c’è una altrettanto reale e
paziente fedeltà al proprio mondo che cambia»14.

242

14
Cfr BIEMMI. Nuove esperienze, cit..
CONFERENZA EPISCOPALE PUGLIESE

Conclusioni

In cammino verso un nuovo


modello d’iniziazione cristiana.
Prospettive comuni per un
rinnovamento nelle Chiese di Puglia

La Commissione catechistica regionale della Conferenza Episco-


pale Pugliese, a dieci anni dalla II Nota sull’Iniziazione cristiana1, si
è ritrovata a confrontarsi e a riflettere su Come fare Iniziazione cri-
stiana dei ragazzi oggi nelle Chiese di Puglia all’interno di un Seminario
di studi “ad hoc”, presieduto dal vescovo presidente mons.
Francesco Pio Tamburrino e finalizzato ad accogliere l’appello al
“ripensamento” che, in molteplici occasioni, il magistero pastorale
delle Chiese in Italia ha rivolto alle comunità cristiane, «se si vuole
che le nostre parrocchie mantengano la capacità di offrire a tutti la
possibilità di accedere alla fede, di crescere in essa e di testimoniar-
la nelle normali condizioni di vita»2.
Tra le prospettive comuni emerse c’è la fondamentale convinzione,
frutto dell’analisi delle pratiche in atto nelle nostre chiese di Puglia,
secondo cui il rinnovamento della catechesi passa attraverso un
243

1
CONSIGLIO EPISCOPALE PERMANENTE DELLA CONFERENZA EPISCOPALE ITALIANA, L’iniziazione cristiana.
2. Orientamenti per l’iniziazione dei fanciulli e dei ragazzi dai 7 ai 14 anni [23 maggio 1999], in
UCN (a cura di), L’iniziazione cristiana. Documenti e orientamenti della Conferenza Episcopale
Italiana, LDC, Leumann (To) 2004, pp. 59-82 e in SERVIZIO NAZIONALE PER IL CATECUMENATO,
Guida per l’itinerario catecumenale dei ragazzi, LDC, Leumann (To) 2001, pp. 9-33.
2
CEI, Il volto missionario delle parrocchie in un mondo che cambia [2004], n. 8. Per una sintesi
del lavoro svolto all’interno del Seminario di studi, di cui sono espressione condivisa que-
ste note di orientamento elaborate in vista di un successivo cammino progettuale di spe-
rimentazione, cfr l’allegato report.
cambiamento da attivare anzitutto all’esterno dei percorsi d’inizia-
zione in atto. Condizione privilegiata e necessaria è il collegamento
con la comunità e l’intera sua prassi educativa e formativa. Così
intesa, a tutti coloro che ne vogliono usufruire e/o si apprestano a
farne richiesta all’interno delle comunità cristiane, l’Iniziazione
Cristiana (=IC) va presentata e offerta in quanto progetto, e non
come opportunità meramente convenzionale, e in quanto progetto
di rinnovamento e di cambiamento delle pratiche in atto.
Detto altrimenti, il percorso di IC deve apparire come parte inscin-
dibile e non distaccata di un progetto più ampio, qual è appunto
quello catechistico diocesano/parrocchiale, e soprattutto come
espressione dell’impegno di tutta la comunità. Non si tratta di uno
spezzone isolato di cammino, semplicemente legato ai sacramenti,
o all’età scolastica. È tutta la comunità che, dietro e all’interno del-
l’intero cammino di iniziazione, si impegna e vi si riconosce come
madre e mediatrice di grazia.
Il cambiamento all’interno deve tener conto di tre forti attenzioni
da assumere sinergicamente e in chiave progettuale come punti di
forza di verifica, ripensamento e rinnovamento della prassi dioce-
sana e parrocchiale dell’IC:
- la trasformazione in itinerario dell’intero cammino con precise e
significative tappe celebrative e/o caritative intermedie;
- il coinvolgimento in maniera diretta o indiretta della famiglia, che è invi-
tata a diventare corresponsabile del cammino dei fanciulli e dei
ragazzi;
- la programmazione di concreti e significativi momenti di incontro e/o di
tappe del cammino catechistico con l’intera comunità sia a livello
celebrativo che a livello di confronto e di testimonianza.
È importante che la proposta di un ripensamento dell’IC non si
244 esaurisca con la stesura di un testo scritto, ma preveda spazi e luo-
ghi di sperimentazione. Per questo sarà necessario costituire un’é-
quipe che all’interno dell’UCD e in collaborazione con altri uffici
interessati, possa guidare una sperimentazione dell’intero progetto.
Tale sperimentazione potrebbe essere condotta solo in alcune par-
rocchie che lo desiderano, cercando di attivare così processi di cam-
biamento dal basso, tuttavia sempre sotto la diretta responsabilità
del vescovo e con la sua approvazione.
Sul piano regionale, un’ipotesi di questo genere potrebbe partire
CONFERENZA EPISCOPALE PUGLIESE

per esempio dalle 30 parrocchie che hanno attivato percorsi cate-


cumenali3 e da quelle dove già ci sono itinerari di catechesi familia-
re e si vive un coinvolgimento sistematico dei genitori per studiare
empiricamente in maniera più approfondita i percorsi, paragonar-
ne gli itinerari, gli effetti sulle rappresentazioni di fede dei ragazzi e
dei genitori, il grado di coinvolgimento dei genitori e della comu-
nità.
Ciò porterebbe ad una sinergia di luoghi di ricerca e di azione, che
vanno dalle sedi accademiche, agli organi pastorali di coordina-
mento, per arrivare alla sperimentazione condivisa di una sosteni-
bile alternativa proposta pugliese di IC.
Non è sufficiente impostare una ricetta pronta da proporre, ma è
necessario stimolare il cambiamento attraverso un’azione dal
basso, che guardi ad un consapevole bisogno di rinnovamento della
pastorale dell’IC presenti nelle attuali comunità locali.
Ciò richiede una visione comune, di cui è espressione il magistero
pastorale espresso dai vescovi di Puglia e alla base non può non
mancare la formazione continua degli operatori pastorali. In pro-
posito viene riconosciuta da parte di tutti l’importanza della Scuola
regionale per operatori pastorali, attivata in sinergia con il Servizio
regionale di pastorale giovanile e coordinata dall’Istituto Pastorale
Pugliese nella modalità finora sperimentata dell’Itinerario biennale di
formazione (IBF), così come resta necessario l’ascolto e il dialogo per
un confronto creativo e autentico fra le esperienze in atto.

La Commisione catechistica regionale


e i Direttori degli UCD della Puglia 245

3
Per questi dati cfr il report dell’esplorazione condotta da Francesco Zaccaria e Pio Zuppa,
in occasione del Seminario di studi tenuto a Cassano.
D OCUMENTI E V ITA DELLA C HIESA DI B ARI -B ITONTO
CURIA METROPOLITANA

Cancelleria

1. Sacre ordinazioni, ammissioni, ministeri istituiti

- La sera del 30 marzo 2010, martedì della Settimana santa, nella


cappella maggiore del Seminario arcivescovile di Bari, S. Ecc.
Mons. Francesco Cacucci, Arcivescovo di Bari-Bitonto, ha ammes-
so tra i candidati al diaconato e al presbiterato dell’Arcidiocesi di
Bari-Bitonto i seminaristi Alessandro D’Angelo, Alfredo Gabrielli,
Nicola Simonetti e Gerri Zaccaro; e tra i candidati al diaconato
permanente della medesima Arcidiocesi i sigg. Carlo Benito Errico
e Donato Lippolis;
- la sera del 19 aprile 2010, lunedì della III settimana di Pasqua,
nella chiesa parrocchiale di S. Ciro in Bari, S. Ecc. Mons.
Francesco Cacucci, Arcivescovo di Bari-Bitonto, durante una con-
celebrazione eucaristica da lui presieduta, ha ordinato diacono il 247
seminarista Pietro Tanzi, incardinandolo nel clero diocesano.

2. Decreti arcivescovili

S. Ecc. l’Arcivescovo, con decreto del


- 10 marzo 2010 (Prot. n. 06/10/D.A.G.), ha costituito un nuovo
Postulatore per la causa di beatificazione e canonizzazione di
madre Teresa di Gesù (Teresa Gimma), carmelitana scalza, nella
persona del rev.mo padre Luigi Borriello, O.C.D., in sostituzione
del rev.mo padre Ildefonso Moriones O.C.D.;
- 22 marzo 2010 (Prot. n. 08/10/D.A.G.), ha costituito una com-
missione di periti in storia composta dal prof. Francello Sportelli
e dal rev.do sac. Giacomo Fazio, per la causa di beatificazione e
canonizzazione di madre Teresa di Gesù (Teresa Gimma), carme-
litana scalza;
- 22 marzo 2010 (Prot. n. 09/10/D.A.G.), ha costituito una com-
missione di periti in teologia composta dai rev.di sac. Jean Paul
Lieggi e sac. Vito Mignozzi, per la causa di beatificazione e cano-
nizzazione di madre Teresa di Gesù (Teresa Gimma), carmelitana
scalza.

3. Nomine e decreti singolari

A) S. Ecc. l’Arcivescovo ha nominato, in data:


- 16 marzo 2010 (Prot. n. 7/10/D.A.S.-N.), don Sabino Perillo all’uf-
ficio di cappellano dell’Ospedale Pediatrico “Giovanni XXIII” in
Bari.

B) S. Ecc. l’Arcivescovo, in data:


- 10 marzo 2010 (Prot. n. 05/10/D.A.S.), ha concesso licenza a S.
Ecc.za Rev.ma Mons. Domenico Umberto D’Ambrosio, Arci-
vescovo di Lecce, per il conferimento del ministero istituito del
Lettorato, nella cappella maggiore del Seminario di Molfetta, ai
seminaristi diocesani Mario Diana e Nicola Flavio Santulli;
- 1 aprile 2010 (Prot. n. 16/10/D.A.S.), ha riconosciuto a don Giu-
248 seppe Gesualdo il diritto ad usufruire dei benefici previsti per la
condizione di anzianità.
D OCUMENTI E V ITA DELLA C HIESA DI B ARI -B ITONTO
CURIA METROPOLITANA

Ufficio Laicato. Ufficio Comunicazioni sociali


Giuseppe Micunco
La strana geografia dell’informazione
Nord-Sud, Est-Ovest. I mondi noti e ignoti

Il 27 marzo 2010, presso la Sala del Museo diocesano, è intervenuto


Mariano Benni, direttore di “MISNA”, Agenzia Stampa Internazionale dei
Missionari, per una riflessione-testimonianza sulla situazione dell’informa-
zione oggi, in particolare in quelle aree del mondo che appaiono le più
dimenticate e perseguitate. L’incontro è stato organizzato dall’Ufficio
Laicato e dalla Scuola di Comunicazioni sociali “Don Vito Marotta”, diret-
ta dal dott. Enzo Quarto, in collaborazione con l’UCSI, è stato introdotto dal
prof. Giuseppe Micunco, direttore dell’Ufficio Laicato dell’Arcidiocesi, e con-
cluso da S.E. l’Arcivescovo. Pubblichiamo di seguito l’intervento del prof.
Micunco. 249

Come Ufficio Laicato e Comitato dei Presidenti della CDAL


(Consulta Diocesana delle Aggregazione Laicali) ci siamo messi da
tempo, in diversi incontri, a passare in rassegna i tanti problemi
sociali, politici, economici di oggi, le tante situazioni di disagio, il
momento culturale, e abbiamo concluso di ripartire dalla comuni-
cazione: ci è sembrata questa l’urgenza prima, la realtà più sogget-
ta a violenza, una violenza che rende difficile, a volte impossibile,
affrontare nel modo corretto i problemi. L’abbiamo proposto alle
comunità parrocchiali, alle associazioni in un primo comunicato,
La verità vi farà liberi, in cui scrivevamo:
«I mezzi della comunicazione e dell’informazione, la televisione in
modo particolare, sono sempre più mezzi della persuasione, di una
persuasione aggressiva, violenta soprattutto nel potere che hanno
di imporre modelli di comportamento, stili di vita, gerarchie di
valori, modi sbagliati di comunicare e di relazionarsi.
«Il linguaggio persuasivo è dilagante: lo usano i mezzi di informa-
zione per acquisire più lettori o telespettatori, lo usano i politici per
convincere più elettori, lo usano persino i figli per portare i genito-
ri sulle proprie convenienze, e così tra colleghi e in ogni altra rela-
zione della nostra vita quotidiana. Il linguaggio persuasivo usa l’al-
tisonanza. Il risultato è che viviamo in un mondo falso.
L’altisonanza non è verità, ci allontana dalla verità. E senza la ricer-
ca della verità l’uomo vive male» (cfr E. Quarto, “Gazzetta del
Mezzogiorno”, 25 ottobre 2009).

Abbiamo poi accolto e diffuso, in un secondo comunicato, alcune


delle considerazioni che il papa Benedetto XVI proponeva nel discor-
so a Piazza di Spagna, nella festa dell’Immacolata (8 dicembre 2009):
«Maria è la Madre... che ripete... agli uomini del nostro tempo: non
abbiate paura, Gesù ha vinto il male; l’ha vinto alla radice, liberan-
doci dal suo dominio. Quanto abbiamo bisogno di questa bella
notizia! Ogni giorno, infatti, attraverso i giornali, la televisione, la
radio, il male viene raccontato, ripetuto, amplificato, abituandoci
alle cose più orribili, facendoci diventare insensibili e, in qualche
maniera, intossicandoci, perché il negativo non viene pienamente
smaltito e giorno per giorno si accumula. Il cuore si indurisce e i
250 pensieri si incupiscono.
Nella città vivono – o sopravvivono – persone invisibili, che ogni
tanto balzano in prima pagina o sui teleschermi, e vengono sfrut-
tate fino all’ultimo, finché la notizia e l’immagine attirano l’atten-
zione. È un meccanismo perverso... al quale purtroppo si stenta a
resistere... C’è invece in ogni uomo il desiderio di essere accolto
come persona e considerato una realtà sacra, perché ogni storia
umana è una storia sacra, e richiede il più grande rispetto».
Anche il recente documento dei vescovi italiani su Chiesa italiana e
CURIA METROPOLITANA

mezzogiorno denuncia il contrasto tra la nostra tradizione meri-


dionale sociale e culturale e «l’assorbimento acritico di modelli
comportamentali diffusi dai processi mediatici» (n. 6).

Volendo in tale contesto svolgere il tema portante della Enciclica


Caritas in veritate, e cioè la centralità della persona e lo sviluppo di
un umanesimo integrale, di tutto l’uomo e di tutti gli uomini, ci è
sembrato utile affrontare il tema oggi all’attenzione: la strana geo-
grafia dell’informazione. Abbiamo seguito per un po’, ognuno per sé,
in separata sede, l’informazione, in particolare i tg di varie reti, che
più dei giornali o delle riviste fanno l’informazione della gente
media, e abbiamo fatto una prima rilevazione, che propongo per
brevi flash.
C’è, eccezion fatta per l’informazione cattolica, un sostanziale com-
plessivo disinteresse per quanto avviene fuori d’Italia, se non per
aspetti drammatici (stragi, sequestri, catastrofi naturali: tutto que-
sto, peraltro, a tempo, finché la notizia è da prima pagina, vedi il
caso di Haiti); accenno appena alle cosiddette guerre dimenticate...
La scarsa attenzione si verifica soprattutto per i paesi più lontani,
ma anche per l’Europa, per paesi dell’Est, anche quelli a noi più vici-
ni, dei Balcani, del Kossovo e dell’Albania, della Grecia; ma anche
Gran Bretagna, Francia, Germania, ecc. interessano prevalentemen-
te per questioni economiche e monetarie, e magari, spesso, solo per
futili notizie di cronaca rosa, di curiosità, di animali...
Grande trascurata è l’Africa (se non per fatti molto eclatanti ma
“dati” in maniera veloce, sintetica), ma anche buona parte dell’Asia.
L’Iran e l’Iraq, e Israele e la Palestina, sono tra le nazioni più citate 251
forse perché le loro situazioni interne possono costituire un serio
pericolo per la stabilità economica e politica dell’Occidente. La
Cina trova spazio solo in caso di contrapposizioni con l’Europa o
gli USA; l’India, di tanto in tanto, e solo per scontri etnico-religio-
si. L’America latina è alla ribalta solo quando ci sono rivolte o ele-
zioni, o i terremoti e i cicloni... È privilegiata l’informazione econo-
mica sugli USA.
Sarebbe interessante analizzare anche la strana geografia del-
l’Italia... la Salerno-Reggio Calabria, la frana sulla linea Foggia-
Napoli... O anche la strana geografia dell’informazione religiosa: si
parla poco o niente del lavoro dei missionari, dei cristiani perse-
guitati in varie parti del mondo; pare in questi giorni che l’unico
problema della Chiesa sia la pedofilia dei preti, e c’è comunque, e
non solo in Italia, un palese attacco alla Chiesa. In ogni caso le
“buone notizie” sono in genere sottaciute o raramente presentate e
comunque sempre in una sola edizione dei TG.

Diceva ancora Benedetto XVI: «Spesso ci lamentiamo dell’inquina-


mento dell’aria, ... c’è un altro inquinamento, meno percepibile ai
sensi, ma altrettanto pericoloso. È l’inquinamento dello spirito; è
quello che rende i nostri volti meno sorridenti, più cupi, che ci
porta a non salutarci tra di noi, a non guardarci in faccia… Le per-
sone diventano dei corpi, e questi corpi perdono l’anima, diventano
cose, oggetti senza volto, scambiabili e consumabili». C’è una grave
responsabilità dei mass-media, perché la gente ripete: “l’ha detto la
televisione... sta scritto sul giornale...”. L’altra sera, al Politecnico,
mons. Cacucci, parlando di comunicazione, sottolineava l’impor-
tanza dell’idea che sta dietro, quella che produce l’immagine o la
notizia scritta, quella che chiamava ‘comunicazione clandestina o
inavvertita’.
Dietro la strana geografia della comunicazione, oltre che superfi-
cialità o ignoranza, c’è piuttosto una visione politico-culturale: al
centro siamo noi, l’Italia e l’Europa; l’eurocentrismo, spesso denun-
ciato per lo studio della storia nelle nostre scuole, piuttosto che nel
senso di ‘Europa al centro’, sembra si debba intendere come ‘euro al
centro’. Dal punto di vista del messaggio cristiano non possiamo
parlare se non in termini di fraternità universale, una fraternità che
252 è carità, e che ha il modello e la sorgente, come dice il papa in aper-
tura della Caritas in veritate, in Dio che è amore, in Dio che è Trinità-
amore (ne parlavamo in una recente assemblea diocesana del laica-
to). Gesù aveva messo in guardia i suoi connazionali dal ritenersi il
centro del mondo: «E verranno da oriente e da occidente, da set-
tentrione e da mezzogiorno e siederanno a mensa nel regno di Dio»
(Lc 13, 29). Mette in guardia anche noi.
Ancora nel messaggio nella festa dell’Immacolata Benedetto XVI
invitava «a guardare gli altri come li guarda Lui: a partire dal cuore.
CURIA METROPOLITANA

E a guardarli con misericordia, con amore, con tenerezza infinita,


specialmente quelli più soli, disprezzati, sfruttati», e ammoniva
opportunamente: «Non serve condannare, lamentarsi, recriminare,
ma vale di più rispondere al male con il bene. Questo cambia le
cose; o meglio, cambia le persone e, di conseguenza, migliora la
società». È quello che vogliamo fare, vogliamo guardare in positivo,
la sola denuncia è sterile, vogliamo credere nella «irriducibilità del
cuore umano a farsi manipolare senza speranza dai produttori del-
l’informazione», diceva uno di noi.
Per far questo proponevamo così nel nostro primo comunicato: «Il
punto di ripartenza ci è sembrato il rivalorizzare la comunità: la
capacità di comunicare nel modo giusto cresce con esperienze di
vita comunitaria, oggi abbondantemente in crisi a tutti i livelli, di
luoghi in cui è possibile amare la verità, la sola che rende veramen-
te liberi (cfr. Gv 8, 32), in cui è possibile “gareggiare nello stimarsi a
vicenda” (Rm 2, 10), in cui è possibile fare discernimento» dell’in-
formazione. È sostanzialmente un impegno formativo quello che ci
aspetta, soprattutto come laici, ed è un impegno che approfondire-
mo nel Convegno regionale delle Chiese di Puglia del prossimo
2011 a S. Giovanni Rotondo.
È un impegno che dobbiamo vivere sia a livello personale, «in una
disponibilità al servizio, fondata su una tensione etica, personale, di
amore e di testimonianza della verità, in virtù anche dell’esperienza
cristiana vissuta che permette il giudizio sulla realtà, investendo
ogni ambito della vita con una luce di bellezza e una possibilità di
vera letizia»: sia a livello comunitario, «favorendo il più possibile
delle esperienze vive di comunità; incontrarsi, conoscersi, ascoltar- 253
si, imparare a stimarsi, leggere insieme la realtà umana e cristiana,
sociale ed ecclesiale, in cui viviamo, favorire il discernimento comu-
nitario, incontrarsi qualche volta di più, magari proprio sulla
comunicazione, di vedere un po’ di televisione in meno e di leggere
qualche libro in più, anche un po’ di Sacra Scrittura in più...
È urgente riprendere a comunicare in modo umano e cristiano. Il
mondo dell’informazione deve fare la sua parte. Per quanto ci
riguarda, cominciamo da noi e dalle nostre comunità».
D OCUMENTI E V ITA DELLA C HIESA DI B ARI -B ITONTO
CURIA METROPOLITANA

Settore Evangelizzazione. Ufficio Catechistico


Don Maurizio Lieggi e sr Cristina Alfano
Vangelo e bellezza:
evangelizzare attraverso l’arte e la musica*

“Per trasmettere il messaggio affidatole da Cristo,


la Chiesa ha bisogno dell’arte.
Essa deve infatti rendere percettibile e,
anzi, per quanto possibile, affascinante
il mondo dello spirito, dell’invisibile, di Dio”
(Giovanni Paolo II, Lettera agli artisti, 12)

Premessa

Nella comunità ecclesiale l’impegno per una nuova evangelizzazio-


ne è una costante che anima la riflessione e la ricerca di nuove vie
per continuare a raccontare il Vangelo.
Come non ricordare i ripetuti appelli di Giovanni Paolo II alle 255
soglie del terzo millennio?
I continui cambiamenti storici, culturali e sociali richiedono un
cambiamento altrettanto forte ed efficace nella maniera di annun-
ciare il Vangelo-Gesù, in un continuo e rinnovato slancio.
Assistiamo ad una crescente difficoltà nella comunicazione della

*
Intervento nel corso degli incontri di formazione per catechisti e operatori pastorali l’11
e 12 gennaio 2010).
fede. Il messaggio evangelico è difficile farlo dialogare con l’espe-
rienza quotidiana. Il nostro tessuto culturale sfida e minaccia con-
tinuamente il progetto di vita cristiana. Spesso si afferma che esso
è lontano, staccato dalla nostra vita, dal nostro sentire. Spesso si
chiede alla Chiesa di essere al passo con i tempi. È più facile attac-
care piuttosto che professare la fede. In tanti ambienti è più facile
dirsi agnostici piuttosto che credenti. Il Vangelo rischia di perdere
spessore nel tessuto sociale e nelle scelte concrete della vita. Non
diventa più il parametro di paragone con il quale confrontarsi per
decidere della propria vita1.
Il soggettivismo e il relativismo prevalgono spesso come misura e
criterio di verità. Una indifferenza religiosa ostentata emargina la
fede in quanto evanescente, senza consistenza né pertinenza cultu-
rale, nell’ambito di una cultura prevalentemente scientifica e tecni-
ca. «I criteri di giudizio e di scelta assunti dagli stessi credenti si pre-
sentano spesso, nel contesto di una cultura ampliamente scristia-
nizzata, estranei o persino contrapposti a quelli del vangelo»
(Veritatis splendor, n. 88).
Paolo VI nella Evangelii nuntiandi aveva riassunto la situazione del-
l’epoca contemporanea nella frattura tra fede e cultura: «La rottura
tra Vangelo e cultura è senza dubbio il dramma della nostra epoca,
come lo fu anche di altre. Occorre dunque fare tutti gli sforzi in
vista di una generosa evangelizzazione della cultura, più esatta-
mente delle culture. Esse devono essere rigenerate mediante l’in-
contro con la buona novella» (n. 20).

È indubbia la complessità oggi dell’evangelizzazione, a meno che


non ci si accontenti di percorrere i consueti sentieri tracciati fino ad
oggi, non curanti delle continue trasformazioni a cui è sottoposta
256 ogni persona, anche al di là della propria volontà e delle proprie
scelte. Occorre salvaguardare una duplice fedeltà: quella al Vangelo
e quella all’uomo. Il mondo cambia, il Vangelo non cambia! Come,
allora, rendere ancora Bella, oggi, la Parola di Gesù?

L’evento cristiano ha qualcosa di significativo da proporre:

1
Cfr Giovanni Paolo II, Ecclesia in Europa. Esortazione apostolica post sinodale, n. 7
CURIA METROPOLITANA

La fede cristiana non è il prodotto delle nostre esperienze interiori,


ma un evento che ci viene incontro dal di fuori. La fede poggia sul
fatto che ci viene incontro qualcosa (qualcuno) a cui la nostra espe-
rienza di per sé non riesce a giungere. Non è l’esperienza che si
amplia o si approfondisce ma è qualcosa che accade. Le categorie di
«incontro», «alterità», «evento» descrivono l’intima origine della
fede cristiana e indicano i limiti del concetto di esperienza.
Indubbiamente ciò che ci tocca ci procura esperienza, ma esperien-
za come frutto di un evento[…] Questo è ciò che determina anche
la storicità della realtà cristiana, che poggia su eventi e non sulla
percezione delle profondità del proprio intimo, che poi è quel che
si chiama «illuminazione». La Trinità non è oggetto della nostra
esperienza, ma qualcosa che mi deve essere detto dall’esterno, mi si
avvicina dal di fuori come «Rivelazione»2.

Come evangelizzare, oggi? Come “dire” la Verità che da questo


evento scaturisce? Quale percorso può coniugare l’esigenza di
comunicare dei contenuti della fede e che permetta, allo stesso
tempo, una adesione libera, consapevole e coinvolgente?
Una proposta di annuncio in cui appare necessario il superamento
del “sentire senza contenuto”, e del “contenuto senza sentimento”.

La Via della Bellezza

La Via della Bellezza è una risposta efficace a questi interrogativi. Si


presenta come un itinerario privilegiato per raggiungere ogni per-
sona.
Può aprire la strada della ricerca di Dio, disporre il cuore e la mente 257
all’incontro col Cristo, lasciarsi interpellare e interrogare dalle pro-
poste del Vangelo.
La Via della Bellezza può saziare la fame e sete di verità, di bello e di
buono che ogni uomo porta in sé, una via che apre allo stupore.

2
J. Ratzinger, Fede, verità, tolleranza. Il cristianesimo e le religioni del mondo, Ed. Cantagalli,
Siena 2005, pp. 91-93.
Ma di quale bellezza parliamo?

Una bellezza che permetta di trasmettere la fede mediante la sua


capacità di raggiungere il cuore delle persone, di esprimere il miste-
ro di Dio e dell’uomo, di presentarsi come un autentico ponte, spa-
zio libero per camminare con gli uomini e le donne del nostro
tempo che sanno o imparano ad apprezzare il bello, e aiutarli a
incontrare la bellezza del Vangelo di Cristo che la Chiesa deve, per
sua missione, annunciare a tutti gli uomini di buona volontà3.

Nella sua lettera pastorale del 1999, anche il card. Martini, nello
sforzo di aiutare la sua diocesi a vivere bene il passaggio di millen-
nio, affrontava il tema della Bellezza come esperienza salvifica.

La bellezza di cui parlo non è dunque la bellezza seducente, che


allontana dalla vera meta cui tende il nostro cuore inquieto: è inve-
ce la “bellezza tanto antica e tanto nuova”, che Agostino confessa
come oggetto del suo amore purificato dalla conversione, la bellez-
za di Dio; è la bellezza che caratterizza il Pastore che ci guida con
fermezza e tenerezza sulle vie di Dio, che è detto dal vangelo di
Giovanni “il Pastore bello, che dà la vita per le sue pecore” (Gv
10,11). È la bellezza cui fa riferimento san Francesco nelle Lodi del
Dio altissimo quando invoca l’Eterno dicendo: “Tu sei bellezza!”. È
la bellezza di cui recentemente ha scritto il Papa nella Lettera agli
artisti affermando: “Nel rilevare che quanto aveva creato era cosa
buona, Dio vide anche che era cosa bella...La bellezza è in un certo
senso l’espressione visibile del bene, come il bene è la condizione
metafisica della bellezza” (n. 3). È la bellezza di fronte alla quale
“l’animo avverte una certa nobile elevazione al di sopra della sem-
plice predisposizione al piacere sensibile” (Immanuel Kant, Critica
del giudizio, § 59). Non si tratta quindi di una proprietà soltanto for-
male ed esteriore, ma di quel momento dell’essere a cui alludono
termini come gloria (la parola biblica che meglio dice la “bellezza”
di Dio in quanto manifestata a noi), splendore, fascino: è ciò che
258
suscita attrazione gioiosa, sorpresa gradita, dedizione fervida, inna-
moramento, entusiasmo; è ciò che l’amore scopre nella persona
amata, quella persona che si intuisce come degna del dono di sé, per
la quale si è pronti a uscire da noi stessi e giocarsi con scioltezza.
Non basta deplorare e denunciare le brutture del nostro mondo.
Non basta neppure, per la nostra epoca disincantata, parlare di giu-

3
Pontificio Consiglio della Cultura, La Via Pulchritudinis, cammino privilegiato di evangelizza-
zione e di dialogo. Documento finale dell’assemblea plenaria, 2006, II.1
CURIA METROPOLITANA

stizia, di doveri, di bene comune, di programmi pastorali, di esi-


genze evangeliche. Bisogna parlarne con un cuore carico di amore
compassionevole, facendo esperienza di quella carità che dona con
gioia e suscita entusiasmo: bisogna irradiare la bellezza di ciò che è
vero e giusto nella vita, perché solo questa bellezza rapisce vera-
mente i cuori e li rivolge a Dio4.

L’arte

L’arte in tutte le sue forme aiuta l’uomo a cercare e ad andare


verso un «oltre» perché l’arte non è mai fine a se stessa.

Se la Chiesa ha sottolineato la funzione dell’arte nella sua preghie-


ra pubblica, lo ha fatto perché ben sapeva che una formazione este-
tica vera e solida era necessaria per la completezza della vita e del
culto cristiano. Liturgia, canto e arte sacra tendono a formare e a
spiritualizzare la coscienza umana […]. Esiste una sola ragione per
cui questo è assolutamente vero: l’arte non è fine a se stessa.
Introduce l’anima in un ordine spirituale più elevato, che esprime
e in un certo modo spiega. Musica, arte e poesia sintonizzano le
anime con Dio, perché stabiliscono una specie di contatto con il
creatore e il Signore dell’universo5.

Quello dell’arte è un linguaggio efficace perché non intende dimo-


strare qualcosa, ma mostrare in modo avvincente e coinvolgente la
verità in essi contenuta. È la stessa dinamica della Rivelazione. «Dio
invisibile nel suo grande amore parla agli uomini come ad amici e
si intrattiene con essi, per invitarli e ammetterli alla comunione con 259
sé… con eventi e parole intimamente connessi» (Dei Verbum, 2).

Il linguaggio dell’arte diventa una proposta di evangelizzazione rivol-


ta all’uomo; una proposta capace di provocare in lui una adesione
libera e liberante. «L’arte riesce a trasferire in formule significative ciò

4
C. M. Martini, Quale bellezza salverà il mondo. Lettera pastorale 1999-2000.
5
T. Merton, Nessun uomo è un’isola, Milano, Garzanti, p. 53.
che è in se stesso ineffabile» (Giovanni Paolo II, Lettera agli artisti, 12).
È proprio la via della Bellezza quella che sembra capace «di mostra-
re come il Cristo non sia solo vero e giusto, ma anche bello (“il bel
pastore” di Gv 10,11.14) e come sia proprio la bellezza a renderlo
attraente e significativo per chi cerca ragioni per vivere e vivere
insieme con gli altri». È importante che la ricerca teologica si apra
all’«amore del bello, nella capacità di riconoscerne il volto nel
Signore crocifisso, vera porta della Bellezza, che libera il frammen-
to del tempo e lo redime per l’eternità»6.
«La Chiesa ha bisogno dell’arte perché essa è chiamata a predicare
Cristo, Vita eterna che si è resa visibile, uomo-immagine che in ogni
parola e azione ha rivelato l’invisibile Dio. Come la vita sacramen-
tale e liturgica estende nel tempo gli effetti salvifici dell’operato di
Cristo, così l’arte sacra, intimamente legata alla liturgia e conside-
rata essa stessa un “sacramentale”, estende la visibilità del Figlio di
Dio» (T. Verdon).
Ecco, allora, l’arte visiva: strumento antico di catechesi dopo le
Scritture. Pittura, scultura, architettura fanno vedere, fanno toccare,
fanno entrare fisicamente nel sacro. L’arte della Chiesa invita a
conoscere in maniera sperimentale il Dio che in Gesù Cristo ha
voluto essere visto, toccato, “inabitato”.
L’arte sonora: alla musica già i filosofi dell’antichità attribuivano
una grande importanza a causa della sua influenza sulle passioni
umane. Essi vietavano certe melodie e certi strumenti musicali, ma
ne consigliavano altri proprio perché la musica era considerato un
mezzo potente per purificare l’anima.
L’arte corporea: come non ricordare Davide che danza davanti all’ar-
ca (2 Sam 6, 5.14)? La danza quasi come anticipazione della futura
danza dei risorti; danzare perché la liturgia della Chiesa ci invita a
260 camminare verso Dio, ad alzare le braccia per benedirlo e invocarlo,
a stringere le mani dei fratelli in Cristo. Danzare perché la gioia di
Dio entri in tutto il nostro essere e che nulla resti fuori dalla poten-
za trasfigurante dello Spirito di Cristo.

6
Cfr B. Forte, Dove va il cristianesimo?, Ed. Querinana, Brescia 2000, p. 83.
CURIA METROPOLITANA

Un’esperienza ecclesiale: “Frammenti di Luce”

In questo impegno di evangelizzazione si colloca il progetto


Frammenti di Luce.
Esso ha lo scopo di portare la Parola del Vangelo attraverso i mezzi
artistici, facendo dialogare tra loro le diverse forme dell’arte (la
musica, la pittura, la poesia, la danza…).
Impegnati in prima persona, come ideatori, in questo progetto
sono un gruppo di consacrati, che mettendo a disposizione il loro
carisma, il loro cammino di fede e le proprie competenze professio-
nali, hanno risposto alle sfide che il nostro tempo lancia continua-
mente al mondo e alla Chiesa.
Giovanni Paolo II, scrivendo ai consacrati così diceva: «È soprattut-
to a voi, donne e uomini consacrati, che rivolgo il mio appello fidu-
cioso: vivete pienamente la vostra dedizione a Dio, per non lasciare
mancare a questo mondo un raggio della divina bellezza che illu-
mini il cammino dell’esistenza umana».
Il progetto è una risposta a questo appello del papa; vuol essere un
impegno di duplice fedeltà: al Vangelo e all’uomo.

Il “concerto meditazione” è la forma privilegiata attraverso cui fare


esperienza del Bello. Seguendo un tema guida, ogni concerto si arti-
cola in un dialogo tra testi (poetici, in prosa, della Sacra Scrittura
come anche della letteratura cristiana), musiche (recuperando il
grande patrimonio che la Chiesa e la storia ci ha consegnato, dallo
stile gregoriano fino ai giorni nostri, utilizzando tutte le forme
musicali), immagini (opere d’arte pittoriche come anche fotografie 261
d’autore), danza. Un’esperienza di immersione nella grande Luce
dell’amore di Dio, come frammenti della sua Luce.
L’impegno di evangelizzazione non può limitarsi a creare degli
eventi, delle esperienze per quanto belle e significative possano esse-
re. Occorre una formazione permanente. Quella formazione che
viene chiesta a tutti coloro che in prima persona si impegnano nella
comunità ecclesiale ad essere discepoli e servitori del Vangelo. Per
esserne sempre all’altezza!
Ecco perché Frammenti di Luce si sta impegnando anche nel campo
della formazione attraverso l’itinerario de La Via della Bellezza, con
conferenze-seminari, concerti-lezione, laboratori, avendo come
destinatari non solo il mondo ecclesiale ma anche quello laico, fino
a raggiungere i cosiddetti lontani, tutti i cercatori di Dio.
Un particolare sguardo è rivolto al mondo giovanile con appositi
concerti meditazione e speciali esperienze legate all’arte, pensate
appositamente per loro. Il Pontificio Consiglio della Cultura invita
ad impegnarsi a educare i giovani alla bellezza aiutandoli a plasma-
re la loro sensibilità e il loro carattere per elevarli e condurli ad una
reale maturità.
Tante sono state e continuano ad essere le occasioni per vivere questa
esperienza di evangelizzazione: incontri giovanili, rassegne artistico-
musicali, pastorale carceraria, catechesi liturgiche, incontri diocesani
del clero, eventi ecclesiali nazionali. Un’esperienza che vede coinvolti
in maniera crescente giovani e meno giovani che desiderano collabo-
rare al progetto. La costituzione di un coro composto da circa 40 gio-
vani è uno dei segnali della positività della strada percorsa.

Arte e catechesi

Cosa ci impedisce, allora, di utilizzare l’arte nelle nostre catechesi?


L’esperienza vissuta con Frammenti di Luce insieme a tante altre
esperienze ecclesiali e artistiche è il segnale che anche nelle comu-
nità parrocchiali più piccole è possibile mettere in atto un percorso
e un progetto di formazione e di catechesi basato sull’arte.
Nonostante viviamo nell’epoca delle immagini che da ogni parte
bombardano i nostri sensi, non sempre sappiamo leggere il loro
262 significato. Nelle scuole, se già esiste qualche lezione di arte o di
musica, spesso è ridotta ad una semplice enumerazione di nomi, di
luoghi, di date.
Quanto patrimonio artistico e musicale ci ha consegnato la Chiesa!
Cosa sarebbe l’arte senza Cristo?
Necessaria è la riscoperta dello stupore e del fascino. Il rischio di
considerare tutto scontato è molto forte; anche il Vangelo corre
questo rischio! Ecco allora la sfida: l’arte di fare catechesi con l’Arte!
CURIA METROPOLITANA

Alcune proposte molto concrete da poter mettere in campo:


- utilizzazione di canti di evangelizzazione soprattutto per i bambi-
ni e i ragazzi dell’Iniziazione cristiana;
- riscoperta e valorizzare di affreschi, pitture e sculture nell’ambito
del territorio della propria parrocchia o diocesi, attraverso l’allesti-
mento anche di qualche mostra;
- ciclo di catechesi, specie nei tempi forti, in cui utilizzare pagine di
grandi musicisti (un esempio: la Matthäus-Passion di J.S. Bach nel
tempo quaresimale);
- parlare della creazione utilizzando il ciclo di mosaici di Monreale
insieme all’ascolto guidato dell’oratorio La creazione (Die Schöpfung),
di F.J. Haydn;
- realizzazione di concerti meditazione o concerti spirituali in cui
impegnare le competenze della propria comunità.

Sono solo alcune proposte; ma esprimono il desiderio e l’impegno


nel trovare nuove strategie e nuovo slancio per narrare l’euanghelion,
la Bella Notizia, Gesù:

Come sono belli sui monti i piedi del messaggero di lieti annunzi che
annunzia la pace, messaggero di bene che annunzia la salvezza, che
dice a Sion: «Regna il tuo Dio».
Senti? Le tue sentinelle alzano la voce, insieme gridano di gioia, poi-
ché vedono con i loro occhi il ritorno del Signore in Sion. Prorompete
insieme in canti di gioia, rovine di Gerusalemme, perché il Signore ha
consolato il suo popolo, ha riscattato Gerusalemme. Il Signore ha
snudato il suo santo braccio davanti a tutti i popoli; tutti i confini
della terra vedranno la salvezza del nostro Dio (Is 52,7-10). 263
Quello che era da principio, quello che noi abbiamo udito, quello che
abbiamo veduto con i nostri occhi, quello che contemplammo e che
le nostre mani toccarono del Verbo della vita - la vita infatti si mani-
festò, noi l’abbiamo veduta e di ciò diamo testimonianza e vi annun-
ciamo la vita eterna, che era presso il Padre e che si manifestò a noi -,
quello che abbiamo veduto e udito, noi lo annunciamo anche a voi,
perché anche voi siate in comunione con noi. E la nostra comunione
è con il Padre e con il Figlio suo, Gesù Cristo. Queste cose vi scrivia-
mo, perché la nostra gioia sia piena (1 Gv 1,1-4).
D OCUMENTI E V ITA DELLA C HIESA DI B ARI -B ITONTO
CONSIGLIO DIOCESANI

Consiglio Presbiterale Diocesano


Verbale della riunione del 22 ottobre 2009

Il giorno 22 ottobre 2009, alle ore 9,30 presso il salone della Casa
del clero in Bari, si è riunito il Consiglio Presbiterale diocesano,
convocato e presieduto dall’Arcivescovo Mons. Francesco Cacucci.
Sono presenti: il pro-vicario mons. Vito Angiuli e i vicari episcopa-
li: don Ubaldo Aruanno, mons. Vito Bitetto, mons. Francesco
Colucci, mons. Domenico Falco, mons. Angelo Latrofa.
Sono assenti: don Vito Carone, don Angelo Cassano, don Luciano
Cassano, don Enrico D’Abbicco, don Domenico Fornarelli, don
Vito Piccinonna, don Francesco Savino, don Gaetano Coviello, don
Vito Marziliano, don Nicola Colatorti, don Marino Decaro, don
Vittorio Borracci, don Domenico Lieggi, don Vito Rescina, don
Nicola Di Bari, p. Leonardo Di Pinto O.F.M., p. Mauro Paternoster
C.S.S., p. Piergiorgio Taneburgo O.F.M. Cap., p. Francesco Neri
O.F.M. Cap., p. Rosario Scognamiglio O.P. 265

All’ordine del giorno:

1. Celebrazione dell’anno sacerdotale: riflessione e proposte (intro-


duce don Giacomo Fazio)
2. Normativa dei matrimoni misti (comunicazione di don Angelo
Romita)
3. Varie ed eventuali
Dopo la preghiera dell’Ora Media, l’Arcivescovo comunica lo stato
di salute di alcuni presbiteri e ricorda p. Giulio Doronzo O.F.M.
Cap. e don Lorenzo Ekwe, tornati alla casa del Padre, sottolineando
la loro esemplarità nella vita sacerdotale e la loro dedizione alla
Chiesa locale.
Inoltre l’Arcivescovo presenta mons. Domenico Falco, nuovo mem-
bro di diritto del Consiglio in quanto vicario episcopale per la
Liturgia e comunica la nomina di p. Leonardo Di Pinto O.F.M.,
nuovo vicario episcopale per la vita consacrata.
L’Arcivescovo chiede il parere al Consiglio per l’incardinazione di p.
Giuseppe Spano, religioso clarettiano, presente in diocesi da circa
sette anni e attualmente amministratore parrocchiale della parroc-
chia S. Pio X in Bari. Dopo la testimonianza positiva di alcuni pre-
sbiteri, il Consiglio esprime parere favorevole all’unanimità.

Si passa al primo punto all’o.d.g.: Celebrazione dell’anno sacerdotale:


riflessione e proposte. Introduce don Giacomo Fazio, direttore del
CDV e membro dell’Ufficio Presbiteri. Don Fazio presenta il tema
dell’anno sacerdotale Fedeltà a Cristo, fedeltà del sacerdote facendo rife-
rimento ad alcune parti della lettera di indizione di Benedetto XVI
del 16 giugno 2009 sulla spiritualità, i consigli evangelici, la comu-
nione presbiterale, la valorizzazione della corresponsabilità dei laici
nella missione della Chiesa, l’imitazione di sacerdoti esemplari, la
constatazione di limiti e debolezze. Inoltre don Fazio presenta l’o-
biettivo di questo anno sacerdotale voluto dal Papa in occasione del
150° anniversario della morte di san Giovanni Maria Vianney: far
percepire sempre più l’importanza del ruolo e della missione del
sacerdote nella Chiesa e nella società contemporanea.
Infine don Fazio presenta alcune proposte dell’Ufficio Presbiteri
266 per vivere questo anno sacerdotale:
- Programmare un corso di esercizi spirituali per i presbiteri o valo-
rizzare uno dei corsi che si tengono presso l’Oasi Santa Maria di
Cassano Murge.
- Disponibilità di un confessore presso la Casa del clero in Bari.
Far conoscere e valorizzare la realtà delle comunità sacerdotali pre-
senti in diocesi.
- Realizzare il pellegrinaggio ad Ars programmato per la settimana
di formazione del clero in ottobre del prossimo anno.
CONSIGLI DIOCESANI

- Attualizzare le indicazioni della nota pastorale dell’Arcivescovo


“Un solo altare, una sola mensa” come segno di comunione presbi-
terale e pastorale.

Seguono i diversi interventi. Don Aruanno ricorda la realtà del


gruppo dei familiari del clero che si incontra mensilmente e si
impegna a sostenere i sacerdoti con la preghiera e l’affetto e auspi-
ca che altri familiari facciano parte di tale gruppo.
Mons. D’Urso auspica che oltre a vivere l’anno sacerdotale in dio-
cesi, ci si organizzi per partecipare alla conclusione a Roma a giu-
gno del prossimo anno; inoltre invita a custodire la memoria di
sacerdoti esemplari come mons. De Palma.
Mons. Falco propone di pubblicare una lettera dei presbiteri ai laici
e di valorizzare i presbiteri della diocesi per la celebrazione di nove-
ne o per momenti di preghiera e di catechesi.
Alcuni (d. Lobalsamo, p. Bubbico, d. Romita, d. Mangialardi, d.
Trentadue, d. Moro, d. Gramegna) sottolineano la necessità di
incontri di fraternità informali e spontanei, l’importanza di aiutare
i laici a riflettere sul dono e sul ministero sacerdotale, la valorizza-
zione della confessione e della direzione spirituale.
La riflessione prosegue sull’adorazione vocazionale diocesana che
si realizza da venticinque anni e che fu voluta e organizzata da don
Tonino Ladisa come esperienza forte di preghiera per la nascita e il
sostegno delle vocazioni. Tale adorazione è partecipata da tanti
laici specialmente giovani, presbiteri, consacrati e consacrate ma
non vede il coinvolgimento di tutte le parrocchie.
Don Domenico Castellano propone che, oltre a partecipare, si può 267
valorizzare lo schema dell’adorazione vocazionale utilizzandolo
nelle adorazioni in parrocchia. Don Fazio sottolinea che lo spirito
dell’adorazione vocazionale è rimasto lo stesso nonostante qualche
modifica nello schema proposto; quest’anno, in occasione del ven-
ticinquesimo, ogni mese si inviteranno rispettivamente: i presbite-
ri, i seminaristi di teologia, i consacrati e le consacrate, le famiglie, i
malati.
Mons. Colucci propone di valorizzare nella meditazione personale
e nei ritiri vicariali alcune riflessioni del card. Ballestrero sulla vita
sacerdotale e sul curato d’Ars.
Don Serio chiede che ci sia più attenzione e stima reciproca tra pre-
sbiteri e che ciascuno “adotti” un confratello specialmente se in dif-
ficoltà o non molto partecipe nel presbiterio o nei momenti dioce-
sani e vicariali e lo sostenga con la preghiera, con l’amicizia, il con-
siglio e l’aiuto fraterno.
L’Arcivescovo accoglie le diverse riflessioni e proposte e indica che
si realizzino soprattutto a livello personale e vicariale in modo da
non aumentare gli incontri diocesani o cadere nell’attivismo e nel-
l’emotività di momenti particolari che non incidono nella vita e nel
ministero quotidiano del presbitero.
Circa l’adorazione vocazionale mensile, l’Arcivescovo ribadisce che
è un’esperienza ecclesiale che deve coinvolgere tutti (come l’assem-
blea diocesana di inizio anno pastorale e la messa crismale); nessu-
na parrocchia, aggregazione laicale e presbitero può disattendere
l’adorazione vocazionale che, se partecipata e vissuta, può aiutare le
comunità e le persone a non essere autosufficienti e autoreferen-
ziali ma ad avere un respiro ecclesiale diocesano.
Anche in occasione delle visite pastorali, l’Arcivescovo, incontrando
i laici, ascolta il loro bisogno di diocesanità che va sempre incre-
mentato.

Don Angelo Romita presenta una bozza di indicazioni pastorali sui


matrimoni misti (cattolico-ortodossi, cattolico-evangelici, islamo-
cattolici) preparato dall’Ufficio diocesano per l’ecumenismo e il
dialogo interreligioso e l’Ufficio di cancelleria.
Vista la delicatezza e la complessità del tema, si propone di elabo-
rare meglio tale bozza e di attendere una pubblicazione in materia
268 da parte della CEI.
Infine don Vito Cicoria, presbitero fidei donum in Sidamo (Etiopia)
aggiorna il Consiglio sulla sua esperienza in missione e sulla realtà
in cui egli vive, chiedendo il sostegno nella preghiera, la vicinanza
del presbiterio e della diocesi e invitando i confratelli a visitare e a
trascorrere un periodo nella sua missione.
La riunione si conclude alle 12.45 con la preghiera dell’Angelus.

sac. Antonio Serio, segretario


D OCUMENTI E V ITA DELLA C HIESA DI B ARI -B ITONTO
CONSIGLIO DIOCESANI

Consiglio Presbiterale Diocesano


Verbale della riunione del 29 gennaio 2010

Il giorno 29 gennaio 2010, alle ore 9,30 presso il salone della Casa
del Clero in Bari, si è riunito il Consiglio Presbiterale diocesano,
convocato e presieduto dall’Arcivescovo mons. Francesco Cacucci.
Sono presenti: il Vicario generale mons. Domenico Ciavarella, il
Pro-Vicario mons. Vito Angiuli e i vicari episcopali: don Candeloro
Angelillo, don Ubaldo Aruanno, mons. Vito Bitetto, mons.
Francesco Colucci, mons. Domenico Falco, mons. Angelo Latrofa,
P. Leonardo Di Pinto, O.F.M.
Sono assenti: don Angelo Cassano, don Luciano Cassano, don
Domenico Castellano, don Domenico Fornarelli, don Francesco
Gramegna, don Gaetano Coviello, don Nicola Colatorti, don
Domenico Lieggi, don Carlo Lattarulo, p. Mauro Paternoster,
C.S.S., p. Rosario Scogliamiglio O.P.
269
All’ordine del giorno:

1. La riflessione e la formazione all’impegno sociale e politico nella


catechesi e nella pastorale ordinaria (introduce il dott. Vito
Micunco).
2. Varie ed eventuali.

Dopo la preghiera dell’Ora Media, l’Arcivescovo comunica che si va


definendo il programma di preparazione al Convegno regionale sul
laicato che si terrà dal 28 aprile al 1° maggio 2011; sarà inviata la
lettera di indizione da parte della Conferenza Episcopale Pugliese
da presentare alle comunità la prima Domenica di Quaresima a cui
seguiranno tre tappe: la prima di sensibilizzazione (Quaresima-
Pentecoste 2010), la seconda di approfondimento con tre incontri
a livello regionale (settembre-ottobre 2010), la terza di preparazio-
ne a livello diocesano.
Quest’anno la Consulta Diocesana delle Aggregazioni Laicali
(CDAL) ha organizzato, in vista del Convegno regionale, quattro
assemblee diocesane invitando i responsabili nazionali di alcune
associazioni e movimenti (Azione Cattolica, Comunione e
Liberazione, Focolarini, Rinnovamento nello Spirito). L’Arcivesco-
vo sottolinea il prezioso impegno dell’Ufficio Laicato e della CDAL
nella crescita della conoscenza reciproca, della comunione ecclesia-
le e della collaborazione delle diverse aggregazioni laicali.
L’Arcivescovo comunica lo stato di salute di alcuni presbiteri e invi-
ta a sostenerli con la preghiera e a visitarli. Inoltre presenta i nuovi
membri del Consiglio che subentrano a confratelli deceduti, impos-
sibilitati o trasferiti: p. Santo Pagnotta O.P., don Giuseppe Bozzi,
don Francesco Paolo Sangirardi, don Carlo Lattarulo, don Nicola
Boccuzzi, p. Luigi Gaetani O.C.D.

Il Vicario Generale, mons. Domenico Ciavarella, e il Direttore


dell’Ufficio Missionario, don Andrea Favale, comunicano l’espe-
rienza vissuta in Etiopia dal 29 dicembre 2009 al 12 gennaio 2010.
Sono andati per incontrare i nostri missionari “fidei donum” don
Leonardo D’Alessandro e don Vito Cicoria e per condividere frater-
namente per alcuni giorni la loro vita e il loro ministero. Nella mis-
270
sione di Soddu Abala, nel vicariato di Awasa, in cui opera don
Leonardo, sono state ripristinate le attività avviate da don Franco
Ricci: servizio pastorale costante e proficuo nelle diverse cappelle
dislocate nel territorio; attività scolastica ben consolidata e corsi di
alfabetizzazione nei luoghi utilizzati a cappelle; prevista, a breve,
una comunità di religiose per riaprire l’infermeria e i corsi di cucito.

Nella missione di Neghelli, nel Vicariato di Meki, opera don Vito


Cicoria: è in costruzione la nuova chiesa parrocchiale; si celebra
CONSIGLI DIOCESANI

quotidianamente l’Eucaristia; è presente una comunità di religiose


con scuola per infanzia e collaborazione missionaria. Entrambi i
nostri missionari curano le traduzioni dei testi della Sacra Scrittura
in lingua locale e don Leonardo è un membro della Commissione
Liturgica Nazionale. In Etiopia prevale la religione cristiana (orto-
dossa copta 51%, fortemente presente con le proprie tradizioni;
protestante 11%; quella cattolica è una minoranza); la religione isla-
mica (33%) è in costante crescita. La vita che si conduce è molto
semplice e affrontata con dignità in ogni condizione: ci si dedica
alla pastorizia e più recentemente alla coltivazione dei campi.

Mons. Ciavarella e don Andrea hanno respirato un gran clima di


accoglienza e serenità dappertutto, sia con la gente sia con le comu-
nità di religiose, missionari, volontari presenti nel territorio.
Edificanti sono stati alcuni incontri con i Vescovi locali per un
ampio respiro ecclesiale; con la comunità di Gosa, presso la quale è
stato per circa nove anni don Leonardo; con i missionari “fidei
donum” di Mantova, presenti a Gighessa, con i quali don Vito ha
collaborato e continua a condividere l’impegno missionario; con p.
Angelo, frate cappuccino, da circa trent’anni in Etiopia, il quale ha
comunicato la sua ricca esperienza innestata nelle radici storiche,
culturali, religiose dell’Etiopia. Si potrebbe dire che in Etiopia si
sperimenta “un’eterna primavera” non solo dal punto di vista cli-
matico, ma soprattutto nel contatto umano gioioso e fraterno, col-
mato dalla fede profonda, spontanea e sincera delle persone che
hanno incontrato.
Si passa al primo punto dell’o.d.g. Il dott. Vito Micunco, Direttore 271
dell’Ufficio Mondo Sociale e del Lavoro, introduce il tema: “La
riflessione e la formazione all’impegno sociale e politico nella cate-
chesi e nella pastorale ordinaria”.
Micunco presenta un fondamento biblico circa l’attenzione dei cre-
denti alla vita sociale e politica facendo riferimento al Pentateuco, ai
Vangeli (parabola del samaritano, opere di misericordia corporale),
agli Atti degli Apostoli. Si fa riferimento ai cristiani dei primi secoli
con la Lettera a Diogneto, all’insegnamento dei Padri, all’impegno
delle congregazioni religiose e al grande fermento laicale dell’Ot-
tocento. L’insegnamento conciliare della “Gaudium et Spes” è una
pietra miliare nel definire la presenza della Chiesa e l’impegno dei
cristiani nel mondo al servizio del Regno di Dio. Anche il Magistero
sociale della Chiesa dalla “Rerum novarum” alla “Caritas in verita-
te” è e deve essere sempre più il riferimento costante per la rifles-
sione e l’impegno dei cristiani nella vita sociale e politica.
Micunco evidenzia l’indole secolare propria dei laici in forza del
Battesimo e la vocazione alla santità nella vita e nella testimonian-
za nel mondo e quindi nella vita familiare, sociale, professionale e
politica. Spesso l’impegno nella vita sociale e politica è legato alla
disponibilità e alla sensibilità del singolo e non è espressione della
comunità cristiana. Sta venendo a mancare una presenza visibile e
un impegno concreto dei cattolici nella vita sociale e soprattutto
politica e anche le aggregazioni laicali non sono sempre incisive
nella formazione delle coscienze per una testimonianza credibile
nella vita personale e comunitaria.
In forza dell’unità della persona e della sua formazione globale,
anche la pastorale mistagogica deve aiutare i singoli e le comunità,
a partire dalla catechesi ordinaria e collaborando con le istituzioni
e gli altri soggetti presenti sul territorio, ad essere soggetto di
discernimento e di animazione culturale finalizzata anche a pro-
muovere e a consolidare nella società civile valori condivisi su cui
possa svolgersi una necessaria ma costruttiva dialettica politica per
la crescita della stessa società.
Nella nostra diocesi non mancano esperienze di formazione come
le scuole all’impegno sociale e politico o l’attenzione ai temi sociali
attraverso conferenze e dibattiti. Anche il Sinodo Diocesano si è
espresso su questi temi (cfr. Libro del Sinodo in particolare nn. 290-
272 314) e il Consiglio Pastorale Diocesano diverse volte ha riflettuto
sulla missione della Chiesa e sull’impegno dei laici nella società.

Seguono gli interventi. Don Trentadue afferma che tutti devono


preoccuparsi del bene comune e dei temi sociali per aiutare le per-
sone a responsabilizzarsi e a non delegare.
Don Carone afferma la necessaria distinzione tra sociale e politico
e invita a riflettere sui forti condizionamenti delle multinazionali
sul sistema finanziario ed economico mondiale e nazionale.
CONSIGLI DIOCESANI

Padre Bova evidenzia che si sta perdendo l’identità dei laici cattoli-
ci nella vita sociale e politica, per cui è necessario essere presenti
attivamente nella formazione e nel mondo della cultura a partire
dall’Università.
Don Sangirardi evidenzia come sia necessario che i laici stessi (e
non solo il magistero) si esprimano e prendano posizione riguardo
alla dignità della vita, della persona umana, del matrimonio e della
famiglia, alla legalità e al bene comune. Si propone di valorizzare
gli osservatori per leggere meglio le risorse, i problemi, gli interven-
ti sul territorio.
Altri (don Marziliano, don Romita, don De Robertis, don Borracci)
sottolineano che come pastori alla guida di comunità, siamo chia-
mati a formare e accompagnare i laici nella vita sociale e politica sia
per una loro testimonianza cristiana sia per un impegno diretto. La
formazione permanente del clero deve riguardare anche i temi
sociali, per cui è necessario conoscere e studiare la dottrina sociale
della Chiesa e valorizzare anche gli interventi più recenti e l’encicli-
ca Caritas in veritate di Benedetto XVI. Il laboratorio pastorale di
ottobre potrebbe riguardare questi temi ma è opportuno che sia
partecipato da presbiteri, diaconi e laici insieme.
Don Lanzolla e don Mario Castellano sottolineano la necessità che
i temi sociali e politici entrino nella pastorale e nella catechesi ordi-
naria e che si vigili affinché la pietà popolare non sia legata o con-
dizionata da interessi estranei alla dimensione di fede.
Don Piccinonna afferma che da parte dei presbiteri si deve avere
maggior stima per la vocazione secolare e la missione dei laici e
non valorizzarli solo come operatori pastorali a volte in modo 273
strumentale e dipendente, mortificando la loro dignità e respon-
sabilità.
Mons. Latrofa richiama alcune indicazioni del Convegno di Verona
sul tema della cittadinanza.
Don Savino evidenzia la complessità del tema in discussione e degli
eventi storici e politici e presenta una riflessione su tre livelli:
1) Impostare una pastorale integrata e globale secondo l’insegna-
mento conciliare della Lumen Gentium e Gaudium et Spes, evitando la
frattura tra fede e vita. La scelta della mistagogia deve aiutare la
comunità cristiana in questa sintesi e testimonianza nella vita;
2) Curare il discernimento comunitario per valorizzare carismi e
persone che si impegnino attivamente nel sociale e nella politica,
saper leggere il territorio locale e diocesano alla luce della dottrina
sociale della Chiesa (circa il bene comune, la destinazione universa-
le dei beni, la sussidiarietà);
3) Accompagnare le persone impegnate in politica nel rispetto della
loro autonomia.
Mons. Angiuli evidenzia come il Concilio e il postconcilio hanno
orientato la Chiesa ad un lavoro di elaborazione e di sintesi su que-
sti punti: soggettività della comunità cristiana, prassi pastorale,
impegno e testimonianza nella vita sociale e politica.
Mons. D’Urso sottolinea la necessità di lavorare in rete su questi
temi per aiutare le persone a crescere nel rispetto dell’etica e della
legalità e a ricentrare il dibattito politico sui reali bisogni e proble-
mi delle persone e della comunità civile.

L’Arcivescovo ringrazia per la profondità dei numerosi interventi ed


evidenzia la difficoltà anche da parte dei presbiteri ad aiutare la
comunità a leggere la realtà e a fare discernimento a livello di con-
tenuti e di metodi pastorali. Nelle parrocchie spesso manca la “let-
tura politica” del territorio e si rischia di cadere in luoghi comuni
quando si riflette sulla vita sociale e politica, questo lo confermano
le visite pastorali.
L’incontro comunitario settimanale non deve essere solo preparazione
alla liturgia domenicale, ma anche esperienza di discernimento
sulla vita e il cammino della comunità che incarna il Vangelo nella
storia. Basti ricordare la testimonianza di tanti laici cattolici impe-
274 gnati nella politica, come Aldo Moro, che è si è formato anche nella
FUCI di Bari.
L’Ufficio Mondo Sociale e del Lavoro ha il compito di accompa-
gnare le parrocchie nella lettura del territorio e della storia incar-
nando e testimoniando il Vangelo. Non basta fermarsi all’analisi
della situazione, è necessario trovare un metodo pastorale che
formi le coscienze laicali a scelte autonome e responsabili nell’im-
pegno e nella testimonianza nella vita sociale e politica. Oltre a
favorire l’attiva partecipazione ad iniziative e incontri che già si rea-
CONSIGLI DIOCESANI

lizzano in diocesi su questi temi, si può pensare ad un laboratorio


pastorale di formazione su temi sociali specifici per tutti cioè pre-
sbiteri, diaconi e laici insieme.
La riunione si conclude alle ore 12.50 con la preghiera dell’Angelus
e la preghiera per le vocazioni in occasione della imminente
Giornata del Seminario.

Il segretario
sac. Antonio Serio

275
D OCUMENTI E V ITA DELLA C HIESA DI B ARI -B ITONTO
CONSIGLI DIOCESANI

Consiglio Pastorale Diocesano


Verbale della riunione del 19 gennaio 2010

Alle ore 19.00 del 19 gennaio 2010, presso la casa del Clero, si riuni-
sce il Consiglio Pastorale diocesano convocato da S.Ecc.
l’Arcivescovo. Sono presenti nr. 53 consiglieri; nr. 3 assenti risulta-
no giustificati.
Introduce l’odg la segretaria Annalisa Caputo, che dà subito la
parola a p. Leonardo Di Taranto, direttore dell’Ufficio diocesano
per la pastorale della salute, per una presentazione del lavoro fin
qui svolto dall’Ufficio stesso.
La relazione, allegata agli atti, si articola in più punti, riguardanti la
nascita dell’Ufficio (a lui affidata nel 1985 dal p. Mariano
Magrassi), uno sguardo al presente e prospettive per il prosieguo
del cammino.
Avvia la discussione mons. Vito Angiuli, che ringrazia per la rela- 277
zione, che ha evidenziato con efficacia l’ambito della pastorale della
salute e per tutto il lavoro svolto. Sottolinea tre punti: la formazio-
ne, la presenza nelle strutture ospedaliere e l’attività pastorale nelle
parrocchie:
a) Riguardo alla formazione e in particolare al citato ‘Biennio di
etica e umanizzazione’ da parte del relatore, propone che l’ISSR
si affianchi ad esso (ma anche i diversi uffici della curia) e che
l’ISSR stesso colleghi tutte le esperienze formative. Questo per-
ché è compito proprio dell’Istituto non tanto e non solo fare teo-
logia, ma anche e soprattutto accompagnare i bisogni formativi
del territorio. Si dovrebbe creare un polo formativo unitario.
b) La presenza come cappellania nelle strutture ospedaliere è lo
strumento che mette in relazione la Chiesa e il mondo.
c) E infine, le parrocchie. Bisognerebbe dare molta più importanza
a questo ambito (pastorale della salute), collegandolo alla pre-
ghiera e ai sacramenti. I catechisti dovrebbero formare i ragazzi
anche a fare azioni di carità.
M. Luisa Logiacco ricorda che nella convenzione tra Conferenza
Episcopale Pugliese e Regione Puglia si parla anche di pastorale
interreligiosa e questo potrebbe essere interessante. Riguardo alla
bioetica, le persone sono a volte sbandate e il ruolo della pastorale
della salute dovrebbe anche essere quello di orientare in questo
senso. Manca poi, in Puglia, spesso, l’attenzione agli ammalati soli.
Interviene Chiara Trotta che riscontra, nella sua attività di medico,
la mancanza di umanizzazione. Il Policlinico, ad es., è un’azienda
dove si parla solo di costi e di efficienza. L’umanizzazione è resa
possibile dagli operatori, attesi sempre con trepidazione dagli
ammalati. In questo, il lavoro svolto dalla Cappellania, a suo avvi-
so, è stato ed è fondamentale.
Per mons. Angelo Latrofa, è necessario promuovere sempre più il
volontariato sanitario, che risulta ancora insufficiente, nonostante
il gruppo dei volontari di Bethesda.
Pino Castoro ricorda che il problema riguarda tutti, perché ognuno
di noi fa esperienza, nella propria famiglia, di ammalati e di anzia-
ni non autosufficienti. Ma ci vuole un salto di qualità nell’impegno.
Annalisa Caputo riporta il dibattito sul ruolo pastorale dei malati e
dei sofferenti. Il malato deve essere considerato non come oggetto,
278 ma come risorsa. Ma tutti i settori della pastorale dovrebbero avere
a cuore questo problema o meglio questo obiettivo.
Interviene l’Arcivescovo che comunica che lui stesso ha voluto,
dopo 25 anni dall’istituzione dell’Ufficio, che si parlasse di questo
argomento e dà atto a p. Leonardo per la conduzione di questo uffi-
cio. È stato un cammino preziosissimo!
È necessario, però, ora “sistematizzare” meglio l’attività. Questo
non è compito del CPD, che però può dare degli orientamenti.
Secondo l’Arcivescovo, il primo compito dell’Ufficio dovrebbe ora
CONSIGLI DIOCESANI

essere quello di fare un censimento di tutte le iniziative, associazio-


ni, proposte già presenti sul territorio e trovare il modo di fare un
coordinamento. Per esempio, le case di cura private... non sono
ospedali anche quelli? Eppure spesso mancano della presenza del
sacerdote. Quindi, anche i sacerdoti devono maturare in questo
senso.

La pastorale della salute – continua il vescovo – non deve essere solo


ospedalizzata (e la scelta di visitare gli ammalati va in questo
senso). Ora forse sarebbe il caso di “stoppare” le iniziative, andando
avanti in quest’orientamento pastorale. L’atto di carità deve essere fon-
damentale nell’azione catechistica, iniziando già con le visite agli
ammalati da parte dei bambini. La pastorale della salute è una real-
tà che non va clericalizzata. È, dunque, una realtà che va vissuta
dalle associazioni e dalle parrocchie, però con l’attenzione a vivere
le diverse esperienze in una dimensione di unità. A mo’ di esempio,
l’Arcivescovo cita il libro di Annalisa Caputo, appena pubblicato,
sulla pastorale del Centro Volontari della sofferenza, libro di cui
l’Arcivescovo stesso ha curato l’introduzione, e che ritiene uno
splendido esempio di scelta mistagogica, che ha per ‘soggetto’ i di-
sabili stessi.

La replica di p. Leonardo, che ringrazia delle sollecitazioni ricevute:


- La sanità non si vive solo negli ospedali.
- A M. Luisa Logiacco p. Leonardo risponde parlando della questio-
ne ecumenica, sottolineando come i volontari e gli operatori siano
educati al confronto e al dialogo. 279
- Nelle parrocchie deve essere promosso il volontariato. Non volon-
tarismo, che dura solo qualche mese, ma quello formativo e dura-
turo. Il volontariato dobbiamo promuoverlo tutti.

Alle 21.00 il CPD si chiude.

Per la segreteria
Lucy Scattarelli
Allegato

Il cammino dell’Ufficio per la pastorale della salute


all’insegna della ricerca e della creatività
1985/2010:
venticinque anni a servizio della Chiesa locale

Introduzione: due indicazioni preziose in un contesto creativo

È ancora molto vivo nella memoria il ricordo dell’incontro con


mons. M. Magrassi, arcivescovo della nostra chiesa locale di
Bari/Bitonto, avvenuto nella tarda mattinata di un giorno feriale
della seconda metà di settembre del 1985. Senza fronzoli e con
estrema immediatezza, il pastore mi diceva: «Ho pensato di affi-
darti la responsabilità della pastorale sanitaria diocesana, poiché da
molti anni sei impegnato in questo campo». Dinanzi alla mia per-
plessità di inadeguatezza al compito, congedandomi paternamente
aggiungeva: «Fai quello che puoi e scegliti collaboratori validi».
È ancora più nitido il ricordo dell’incontro con mons. Francesco
Cacucci, attuale pastore della nostra arcidiocesi, presso l’Oasi S.
Maria di Cassano Murge (Ba), in occasione di un raduno dei diret-
tori degli Uffici diocesani nella prima metà di settembre del 2005.
Durante il pranzo, alla mia comunicazione del traguardo dei venti
anni di vita dell’organismo pastorale da me diretto, il vescovo mi
diceva: «Allora quest’anno termina la fase pionieristica dell’Ufficio:
280 ora la pastorale della salute deve diventare una dimensione della
pastorale ordinaria di ogni comunità».
Ho voluto ricordare queste indicazioni dei due nostri pastori, che
hanno contribuito in modo particolare alla vita dell’Ufficio, perché
servono a collocare la sua nascita e il suo sviluppo nel suo contesto
più vero e a indicare la strada migliore su cui proseguire il nostro
cammino di servizio alla Chiesa diocesana.
Quando veniva istituito l’Ufficio nella nostra arcidiocesi era già
stata pubblicata la lettera apostolica Salvifici doloris sul senso cri-
CONSIGLI DIOCESANI

stiano della sofferenza umana di Giovanni Paolo II (11 febbraio


1984) e con il motu proprio Dolentium hominum era appena nato
l’organismo che oggi viene chiamato Pontificio Consiglio per gli
operatori sanitari o per la pastorale della salute (11 febbraio 1985).
In Italia, dagli anni ‘60 era attiva la Consulta nazionale per la pasto-
rale della Sanità con riunioni periodiche e con l’organizzazione di
convegni nazionali nel decennio degli anni ‘70-80, che molti anni
dopo (settembre 1996) faranno maturare la nascita dell’Ufficio
nazionale, con un direttore ed una sede a Roma, presso la CEI1.
Negli stessi anni (1984-85) erano iniziati i primi approcci di colla-
borazione tra i quattro ordini religiosi impegnati nell’ambito sani-
tario-ospedaliero (Camilliani, Frati Minori Cappuccini, Fatebe-
nefratelli, Frati Minori), che nel novembre 1986 sarebbero conflui-
ti nella nascita di un’associazione che oggi si chiama Associazione
Italiana di Pastorale Sanitaria (A.I.Pa.S.)2. Nell’anno successivo
(1987) iniziava la sua attività accademica l’Istituto Internazionale
di Teologia Pastorale Sanitaria “Camillianum” di Roma, affiliato
alla Pontificia Facoltà Teologica “Teresianum”, che rilascia i titoli
accademici della licenza e del dottorato in questa disciplina.
Negli anni ‘80 poche erano le Consulte diocesane per la pastorale
della salute, già costituite ed operanti3. L’attività pastorale verso i
malati ed i disabili era svolta dalla Caritas: nella nostra Chiesa loca-
le, dopo la celebrazione del concilio Vaticano II, essa era stata rea-
lizzata attraverso le iniziative benemerite di mons. Giuseppe Natale
e, soprattutto, di don Vito Diana.
281
1
Cfr G. Ghilardi, La Consulta Nazionale per la Pastorale Sanitaria, in “Insieme per servire”,
rivista dell’Associazione Italiana di Pastorale Sanitaria, anno X, n. 1, gennaio-marzo 1996,
Atti del Convegno nazionale AIPaS “Tre volti della speranza: riflessione, collaborazione,
progettualità”, Collevalenza (Pg), 9-13 ottobre 1995, pp. 55-62; L. N. Di Taranto, La Chiesa
nel mondo della sanità che cambia, Camilliane, Torino 2002, pp. 11-19.
2
Cfr L. Di Taranto, A.N.C.R.O. Un’associazione nuova per un servizio antico, in “Insieme per
servire”, cit., anno I, n. 1 giugno 1987, pp. 3-12.
3
Il card. Carlo Maria Martini , arcivescovo di Milano, costituiva l’Ufficio diocesano per la
pastorale della salute nel marzo del 1983: cfr S. Pintor, Fragilità e Vangelo 1979-2009: un
bilancio, in Il Regno Attualità, 20/2009, p. 677.
A tal riguardo è doveroso ricordare non solo i frequenti viaggi con
i malati a Lourdes, organizzati dall’UNITALSI, ma anche la
Giornata diocesana annuale del malato collocata all’interno dei
festeggiamenti di san Nicola nel mese di maggio, la promozione del
volontariato sociosanitario in collaborazione con l’OARI, i primi
tentativi di costituzione di una Consulta, le prime iniziative di for-
mazione degli operatori pastorali, la premura particolare espressa
verso i malati in occasione della visita del papa a Bari nel febbraio
1984, sia con un posto speciale durante le celebrazioni liturgiche
che con la sosta dell’illustre pastore presso il Policlinico Consor-
ziale della città4.
La proposta di don Vito Diana, fatta a mons. Mariano Magrassi, di
istituire un Ufficio per la pastorale della sofferenza o dei malati,
come si chiamava in quegli anni, va considerata realmente un’in-
tuizione profetica e va ascritta a merito dell’uno e dell’altro5.

Senza un modello: all’insegna della ricerca e della creatività

I primi passi del nuovo Ufficio sono stati sempre sostenuti dalla
buona volontà, dal senso pratico delle persone, dalle intuizioni che
sono sorte di volta in volta: non poteva essere altrimenti. Non aven-
do un modello di riferimento e mancando ancora gli orientamenti
pastorali del magistero ecclesiale, tutto si è realizzato all’insegna
della ricerca e della creatività, accompagnate dalla preghiera, dalla
disponibilità al soffio dello Spirito Santo, dal confronto con gli
altri Uffici ben consolidati dalla prassi, dalle prime iniziative comu-
ni prese con loro. Alcuni elementi, che hanno caratterizzato il lavo-

282
4
I Bollettini diocesani di quegli anni riportano le iniziative pastorali principali realizzate
in quel periodo.
5
Cfr Lettera dell’arcivescovo, mons. Mariano Magrassi, a p. Nunzio Leonardo Di Taranto
per la nomina a responsabile della pastorale sanitaria per l’arcidiocesi di Bari (prot. n.
20/86 del 26 maggio 1986). Tra l’altro, l’arcivescovo scriveva: «Il lavoro è grande, perché la
sofferenza rende gli uomini più vicini a Dio, più simili a Gesù e più distaccati dal mondo.
La morale sanitaria ti farà incontrare tutte le classi sociali, e in diverse circostanze. Con
profonda bontà disponi tutti al sorriso della grazia umana e divina, e continua in Diocesi
quel lavoro che hai già fatto con i Cappellani del tuo Ordine» (in “Archivio dell’Ufficio
diocesano per la pastorale della salute”, Primo faldone 1986/87).
CONSIGLI DIOCESANI

ro di tutto il percorso compiuto in questo tempo, sono stati i


seguenti:
* L’entusiasmo e la curiosità nel gettare ponti di conoscenza e di amicizia di
persone qualificate nel settore: a questo proposito non va sottaciuto l’e-
vento provvidenziale dell’incontro con alcuni padri camilliani, spe-
cializzati nel settore della pastorale sanitaria, che hanno offerto sin
dall’inizio un grande contributo alla realizzazione della formazione
degli operatori pastorali in diocesi.
* L’impegno di presenza attiva nella vita della Chiesa locale, specialmente
nei momenti importanti e fondamentali della comunità diocesana, delle par-
rocchie e delle associazioni di e per i malati: tale presenza è servita a far
conoscere l’esistenza di un organismo giovane e le persone incari-
cate a farlo crescere.
* La scelta della politica dei piccoli passi nella programmazione e nella pro-
gettualità: la saggezza permetteva di proporre e realizzare quelle ini-
ziative concrete proporzionate alle forze umane e ai mezzi disponi-
bili.
* L’orizzonte operativo dell’Ufficio del respirare a due polmoni: il coinvol-
gimento nelle iniziative della Consulta regionale e in quelle di respi-
ro nazionale, che ha permesso di camminare insieme alle altre
Chiese diocesane e alla Chiesa italiana.
* La riflessione comunitaria sulle esperienze pastorali realizzate e la conse-
guente verifica: questo atteggiamento ha permesso di esaminare gli
eventuali sbagli commessi e di guardare con speranza al futuro
immediato.

Nell’orizzonte di queste linee costanti del cammino del nostro 283


Ufficio, possiamo dare un triplice sguardo: lo sguardo al passato per-
metterà di focalizzare i percorsi principali realizzati in questi 25
anni; lo sguardo al presente servirà per offrire una fotografia dell’i-
dentità attuale dello stesso Ufficio nella sua organizzazione opera-
tiva; lo sguardo al futuro prossimo aiuterà ad individuare le problema-
tiche e gli impegni che attendono i responsabili di questa area
pastorale nell’animazione delle comunità cristiane della nostra
Chiesa locale.
Uno sguardo al passato: i sentieri principali della ricerca creativa

Guardare al passato significa conservare la memoria di una vita vissuta


e di valori realizzati che possono risultare utili a chi raccoglie il testimo-
ne. Guardare al passato inoltre significa ricordare i principi ispirativi che
hanno permesso di svolgere un servizio prezioso alla Chiesa diocesana.
In questo orizzonte, presento i cinque principali sentieri percorsi
dall’Ufficio in questi 25 anni:

1. Formazione iniziale e permanente degli operatori pastorali

Il nostro Ufficio ha creduto subito all’importanza e alla necessità


della qualificazione professionale iniziale e permanente degli ope-
ratori pastorali. Non a caso appena nominato direttore, il sotto-
scritto ha sentito il bisogno di frequentare a Verona, presso il
Centro Camilliano di Pastorale, un mese intensivo di Educazione
Pastorale Clinica (Education Clinical Pastoral: ECP) nel settembre
1986: questa opportunità formativa è risultata provvidenziale e
fondamentale. Le reali ricadute si sono rese visibili nell’impostazio-
ne dell’organizzazione generale del lavoro dell’Ufficio, nella meto-
dologia usata nella programmazione annuale, nelle tappe concrete
della realizzazione dei progetti individuati.
L’azione formativa della comunità diocesana si è concretizzata nello
studio della Salvifici doloris con un corso triennale (1988-1991), le cui
lezioni furono affidate a docenti del luogo, e con un sorprendente
numero di partecipanti (oltre 300!). Negli stessi anni o in quelli imme-
diatamente successivi furono organizzati un corso di bioetica (novem-
bre - dicembre 1988) destinato principalmente agli studenti delle Scuole
degli allievi infermieri professionali (1989), un corso di Relazione di
284 aiuto di primo, secondo e terzo livello (1988-91) sotto la guida del prof.
A. Brusco, un corso sull’Animazione di gruppo, altri numerosi incontri
con i consigli vicariali per illustrare le iniziative culturali dell’Ufficio.
Nei primi anni ’90 l’Ufficio ha preparato corsi specifici su
“Evangelizzazione e testimonianza della carità nel tempo della sof-
ferenza”, “I sacramenti del tempo della malattia”, “La famiglia nel
tempo della sofferenza”. Contemporaneamente prendevano l’avvio
gli incontri annuali destinati ai ministri straordinari della Santa
Comunione, come formazione permanente ed in preparazione alla
CONSIGLI DIOCESANI

Giornata mondiale del malato: è risultata una iniziativa molto par-


tecipata dai destinatari, che tuttora conserva l’obiettivo di appro-
fondire il tema della stessa Giornata, di suggerire un ventaglio di
iniziative di animazione dell’avvenimento, di distribuire il materia-
le per la propria comunità di appartenenza. Alla formazione inizia-
le dei nuovi ministri straordinari l’Ufficio ha sempre offerto il pro-
prio contributo nei corsi organizzati dalle parrocchie o dalle vicarie,
con interventi su specifici argomenti di settore.
Da alcuni anni vengono organizzati i convegni diocesani di pasto-
rale sanitaria: ne abbiamo celebrati già tre. Servono a prendere in
esame una tematica specifica di attualità del mondo della salute. Di
questa attività formativa si sono redatti i relativi Atti, messi a dis-
posizione delle persone interessate e conservati nell’archivio dioce-
sano dell’Ufficio: resta un materiale importante, che potrà sempre
risultare utile per la consultazione e per lo studio.
Nel 1996, dopo un anno di incontri e di riflessione con la Consulta,
è maturato il progetto della Scuola di pastorale sanitaria, che proprio
quest’anno ha raggiunto il traguardo dei quattordici anni di vita e di
attività a favore della comunità diocesana. È sostenuta dalla collabo-
razione con il Camillianum di Roma, che ha assicurato il contributo
dei suoi docenti più qualificati, e dall’ospitalità della comunità dei
Frati Cappuccini di S. Fara. Questa Scuola, che ha assunto nel corso
degli anni il nome di “Biennio di etica e umanizzazione”, ha offerto
anche al personale sanitario (medici ed infermieri) l’opportunità di
una formazione negli ambiti dell’etica e dell’umanizzazione, così
necessarie per migliorare il servizio sanitario ed i luoghi di cura.
Questa scelta della formazione continua ancora oggi, perché la for- 285
mazione permanente, insieme all’aiuto dello Spirito, è il primo pre-
supposto per un servizio efficace e fecondo della comunità eccle-
siale all’uomo e alla comunità di oggi.

2. Costituzione degli organismi di comunione e di partecipazione

Seguendo il consiglio dell’amato pastore, mons. Mariano Magrassi,


il secondo sentiero percorso dall’Ufficio è stato quello di cercare
collaboratori e di creare le strutture della pastorale della salute,
indicate dalla Nota CEI del 1989, che «sono a servizio degli opera-
tori pastorali, delle associazioni e delle istituzioni, quale strumento
di comunione e di animazione per il perseguimento delle comuni
finalità pastorali nel mondo della salute»6.
Per questo la costituzione di una Consulta è stata prioritaria nelle
preoccupazioni iniziali del direttore: cercando i responsabili delle
associazioni di e per i malati, invitando i cappellani delle istituzio-
ni sanitarie, stimolando le suore ospedaliere, chiedendo ai vicari
zonali i propri rappresentanti, lentamente si è formato un gruppo
di collaboratori e di animatori che hanno condiviso i primi passi
del cammino dell’Ufficio che man mano si è andato sempre più svi-
luppando e consolidando. Per creare un senso di appartenenza dei
componenti e per approfondire insieme la conoscenza dell’ambito
pastorale di propria competenza è risultata utile e vincente la stra-
tegia di convocare una volta al mese la Consulta, i cui incontri, pre-
ceduti da una lettera d’invito alla partecipazione e da un ordine spe-
cifico del giorno, sono stati sempre caratterizzati dalla serietà e
dalla concretezza del lavoro comunitario. Tutte le riflessioni e le
conseguenti decisioni comunitarie prese nelle riunioni mensili
sono state raccolte dalla segretaria che ha redatto un verbale letto e
distribuito ai partecipanti.
L’attività annuale poi è stata fissata in un programma, compren-
dente sia gli obiettivi che le iniziative principali per perseguirli: esso
è stato sempre distribuito ai componenti della Consulta e, negli
ultimi anni, anche ai parroci. Mensilmente l’Ufficio ha sempre
avuto il suo spazio fisso nel “Notiziario diocesano”, ove vengono
fatte conoscere gli appuntamenti e le iniziative del mese.
Alla conclusione di ogni anno pastorale si fa una verifica del cam-
286 mino compiuto, dei ritardi sperimentati e delle relative cause, delle
conquiste fatte e dell’impegno a guardare sempre in avanti, per l’an-
no successivo. La relazione annuale scritta delle attività svolte è ser-
vita a far conoscere quanto realizzato all’intera comunità diocesa-

6
Consulta nazionale CEI per la pastorale della sanità, Nota pastorale La pastorale della salu-
te nella Chiesa italiana. Note di pastorale sanitaria, Roma 30 marzo 1989, n. 65. In seguito:
PSCI.
CONSIGLI DIOCESANI

na, attraverso la sua pubblicazione nel “Bollettino diocesano”. Va


anche riconosciuto che la nostra diocesi, all’occorrenza, attraverso
l’economo, non ha fatto mai mancare le risorse finanziare per rea-
lizzare le attività culturali e formative dell’Ufficio.

3. Promozione del volontariato sanitario e pastorale

La Chiesa ha sempre manifestato la sua attenzione al volontariato


sia con gli interventi magisteriali che con la promozione di specifi-
che associazioni che assicurano il servizio concreto nel tempo della
sofferenza fisica, psicologica e spirituale. Grazie ai vari tipi di
volontariato – ha affermato Giovanni Paolo II – «i fondamentali
valori morali, quali il valore dell’umana solidarietà, il valore dell’a-
more cristiano del prossimo, formano il quadro della vita sociale e
dei rapporti interumani, combattendo su questo fronte le diverse
forme dell’odio, della violenza, della crudeltà, del disprezzo per
l’uomo, oppure della semplice ‘insensibilità’, cioè dell’indifferenza
verso il prossimo e le sue sofferenze»7.
Da parte loro i vescovi italiani hanno affermato negli Orientamenti
pastorali dello scorso decennio che «l’esperienza sempre più diffusa
del volontariato è un’ulteriore, forte testimonianza del servizio
delle nostre chiese in risposta alle diverse povertà e un segno della
vitalità etica e sociale del vangelo della carità»8. Guardando al
mondo ospedaliero la Consulta nazionale CEI per la pastorale della
sanità ha sottolineato che «oltre ad inserire più direttamente i cri-
stiani nel contesto sociale, il volontariato svolge implicitamente
opera di preevangelizzazione e di evangelizzazione»9. 287
Su questi fondamenti teologici ed ecclesiologici, l’Ufficio diocesano

7
Giovanni Paolo II, Lettera apostolica Salvifici doloris sul significato cristiano della soffe-
renza umana, Roma 11 febbraio 1989, n. 29. In seguito SD.
8
Conferenza Episcopale Italiana, Evangelizzazione e testimonianza della carità, Orientamenti
pastorali dell’Episcopato italiano per gli anni ’90, Roma 8 dicembre 1990, n. 48.
9
PSCI, op. cit., n. 59.
si è impegnato in modo diretto nel mondo del volontariato per
rispondere concretamente all’invito esplicito fatto dall’arcivescovo,
mons. M. Magrassi, nel messaggio pasquale “Diamo vita alla vita –
La realtà sanitaria in terra di Bari” (1991), che sollecitava la comu-
nità ecclesiale a «promuovere e formare un volontariato che inter-
venga sulla linea della gratuità come segno della Chiesa che serve in
mezzo ai fratelli». Nel dicembre dello stesso anno nasceva l’associa-
zione “Volontari di Bethesda”, che s’ispira ai principi cristiani e si
propone di operare all’interno delle strutture ospedaliere pubbli-
che, offrendo il proprio contributo specifico per l’umanizzazione
del mondo della sanità, mettendo sempre al centro di ogni pro-
gramma la persona inferma con i suoi bisogni fisici, psicologici e
spirituali e lavorando in sintonia col personale ospedaliero ma con-
servando la specificità dei propri interventi.
Essa è stata guidata per un decennio dallo stesso direttore
dell’Ufficio come presidente, che in questo ruolo ha potuto inseri-
re lo sviluppo dell’associazione all’interno del cammino della
Chiesa locale e si è sforzato di incarnare i valori della fede e della
carità sia attraverso la formazione di base e permanente degli stessi
volontari sia attraverso la presenza operativa nelle corsie accanto ai
malati, ai loro familiari e agli operatori pastorali.
Attualmente i “Volontari di Bethesda” raggiungono il numero di
circa 170 e sono presenti e operanti nelle tre grandi istituzioni sani-
tarie del capoluogo pugliese (Policlinico-Consorziale-56 volontari,
Giovanni XXIII-68 volontari e Di Venere-38), mantengono buoni
rapporti con gli operatori pastorali del servizio religioso e alcuni di
essi sono cristiani praticanti o ministri straordinari della Santa
Comunione.
Nella Consulta dell’Ufficio naturalmente confluiscono anche le
288 esperienze di altre associazioni di volontariato cattolico, che hanno
modo di confrontarsi e di arricchirsi periodicamente tra loro, di
coinvolgersi nel cammino pastorale della Chiesa diocesana, di
diventare ponti di comunione con i vari ambienti parrocchiali,
familiari e sociali.
Verso la fine degli anni ’90 l’Ufficio diocesano ha accettato la sfida
dell’esperienza della cappellania ospedaliera (c. o.), un nuovo orga-
nismo pastorale del mondo sanitario che, pur riconosciuto uffi-
cialmente dalla Chiesa italiana sin dal 1989, fa ancora fatica ad
CONSIGLI DIOCESANI

affermarsi nelle singole diocesi. Essa si colloca all’interno del dis-


corso del volontariato pastorale.
Nel Policlinico Consorziale di Bari nel dicembre 1997 è iniziata l’e-
sperienza della c.o., col coordinamento del direttore dell’Ufficio
diocesano che opera come cappellano all’interno della stessa strut-
tura10. Dopo di essa ne sono sorte altre in altre aziende sanitarie,
pur conservando ciascuno una propria e differente fisionomia. Per
comprendere meglio la portata dell’esperienza della c. o. è bene
ricordare che essa ha la sua fonte ispirativa e il suo fondamento
nella ecclesiologia di comunione maturata nel concilio ecumenico
Vaticano II, che ha definito la Chiesa primariamente come mistero
e come popolo di Dio. La Cappellania ospedaliera, alla luce del per-
corso sinora compiuto, può definirsi realmente un laboratorio di
comunità ecclesiale dove si sperimenta un modo originale di servi-
zio pastorale con il coinvolgimento e l’impegno reale di tutti i com-
ponenti del popolo di Dio, ciascuno secondo il proprio carisma.

4. Animazione pastorale e conservazione della memoria (archivio)

Conservare la memoria di un organismo e quindi di una comunità


significa non far disperdere la ricchezza multiforme di una esperien-
za vissuta e lasciare un patrimonio culturale a coloro che vengono
dopo, perché possa essere continuato il cammino percorso nella
fedeltà alla tradizione e nell’attenzione ai segni dei nuovi tempi.
Sin dall’inizio della sua attività l’Ufficio ha avuto un archivio, che è
stato curato da un responsabile della Consulta. Certo la cataloga-
zione dei documenti è stata fatta a livello amatoriale, ma al 289
momento opportuno e con persone qualificate potrà essere fatta
una cernita della documentazione: in tal modo potrà essere conser-
vato quello che si riterrà opportuno.

10
Cfr L. N. Di Taranto, La Cappellania ospedaliera mista. Una novità ecclesiale nelle istituzioni
sanitarie, Camilliane, Torino 1999; Id., La cappellania ospedaliera, cantiere di Chiesa comunio-
nale, Servi della Sofferenza, S. Giorgio Jonico (Ta) 2009.
Nell’archivio dell’Ufficio si trovano oltre una ventina di faldoni,
suddivisi in fascicoli dei diversi settori dell’attività: incontri della
Consulta, programmazione annuale, appuntamenti mensili, posta
in arrivo e in partenza, Scuola di pastorale sanitaria, interventi del
direttore, materiale della Giornata mondiale del malato, convegni
di Collevalenza,…Sono preparati e conservati copie degli Atti dei
corsi e dei convegni realizzati in diocesi, mentre il direttore ha cura-
to una sezione della Biblioteca provinciale dei Frati Minori
Cappuccini di S. Fara in Bari, riservata alla pastorale della salute,
che comprende circa un migliaio di volumi pubblicati in questi
venti anni, suddivisi in sottosezioni. È stato attivato un sito
Internet a nome della Cappellania ospedaliera del Policlinico
Consorziale (www.cappellaniapoliclinicobari.it), all’interno del quale
ha trovato posto il lavoro pastorale dell’Ufficio. Come gli altri
Uffici diocesani, nel sito della diocesi (www.arcidiocesibaribitonto.it)
trovano spazio le iniziative del nostro Ufficio.

Uno sguardo al presente: lo stato attuale dell’Ufficio diocesano

Negli ultimi trent’anni la Chiesa universale e quella italiana hanno


percorso un cammino di rinnovamento, con le sollecitazioni del
concilio Vaticano II e con la lettura dei segni dei tempi. Anche l’a-
zione pastorale ha conosciuto cambiamenti, scoperta di nuovi oriz-
zonti, progetti e sperimentazione dell’annuncio del Vangelo e della
testimonianza viva della carità.
Per questo è necessario delineare, sia pure con pennellate essenzia-
li, l’evoluzione della pastorale della salute dagli anni ’80 ai nostri
giorni e la fisionomia assunta dall’Ufficio diocesano.
290
1. La pastorale della salute oggi in Italia: identità evolutiva

La pastorale della salute «è stata variamente intesa e realizzata dalla


comunità cristiana lungo i secoli, in sintonia con l’evoluzione della
cultura e della medicina e lo sviluppo della riflessione teologica
sulla prassi ecclesiale»11. Negli ultimi decenni, la pastorale della

11
PSCI, n. 19.
CONSIGLI DIOCESANI

salute, con un’evoluzione graduale e continua, ha chiarito meglio la


propria identità, ha scoperto le sue numerose finalità, ha moltipli-
cato i suoi soggetti pastorali, si è organizzata in strutture di anima-
zione e di comunione, si è dotata di organismi di partecipazione e
di corresponsabilità.
Inoltre si è arricchita di una preziosa iniziativa pastorale (Giornata
mondiale del malato), vissuta creativamente dalle comunità ospe-
daliere e parrocchiali, dalle associazioni ecclesiali e spesso anche
dalla società civile. Essa non può più essere considerata “la cene-
rentola delle pastorali”, però ha bisogno di fare ancora un lungo
cammino per entrare più profondamente nell’anima della comuni-
tà ecclesiale e nel cuore dei singoli credenti.
Essa ha vissuto, grosso modo, tre tappe o tre stagioni da non conside-
rare staccate tra loro o addirittura contrapposte: vanno analizzate e
armonizzate in un unico orizzonte di graduale sviluppo come tre
dimensioni di un’unica pastorale, che si integrano e si arricchisco-
no vicendevolmente nelle loro specifiche peculiarità.
Sono tutte e tre importanti, ciascuna caratterizzata da specifici
contenuti e frutti: la pastorale della sofferenza o dei malati è stata vis-
suta, grosso modo, fino al 1985 ed è stata caratterizzata dalla cen-
tralità della persona del malato verso il quale si sono concentrate
tutte le cure della comunità cristiana, soprattutto per il suo bene
spirituale. La pastorale ospedaliera o della sanità ha abbracciato il
decennio 1986-1996 ed ha privilegiato la sua attenzione al mondo
sanitario, alla persona dell’assistente spirituale (o cappellano ospe-
daliero), alla sollecitazione degli organismi di comunione negli
ospedali (consiglio pastorale e cappellania ospedaliera). La pastorale 291
della salute si è imposta nel primo decennio del Duemila con la pub-
blicazione della nota pastorale della Commissione CEI per il servi-
zio della carità e la salute nel 2006, con la maggiore attenzione alla
comunità cristiana operante nel territorio.
Oggi la pastorale della salute si può definire come «l’impegno mis-
sionario di tutte le componenti della comunità cristiana “affinché i
valori della vita e della salute siano rispettati e orientati verso la sal-
vezza, e il momento della malattia e della morte possano ricevere,
oltre il sostegno della scienza e della solidarietà umana, anche quel-
lo della grazia del Signore”, sia nelle istituzioni sanitarie attraverso
la cappellania ospedaliera che nel territorio con l’impegno della
parrocchia»12.
Questa definizione ha il merito di presentare l’esistenza umana nei
suoi quattro volti (vita-salute, malattia-morte), di chiarire bene le
due finalità pastorali (promozione della vita e della salute, cura del
malato fino all’ultimo respiro), di indicare i due luoghi operativi
(strutture sanitarie e ambito territoriale) e di ricordare esplicita-
mente il soggetto dell’impegno pastorale (la comunità ecclesiale)
nelle due specificazioni di cappellania ospedaliera e di parrocchia,
nelle molteplici componenti del popolo di Dio. Per la vita e la salute
si afferma che esse sono due valori che vanno rispettati, difesi e pro-
mossi, ma anche aperti al dono della salvezza cristiana con la pro-
mozione umana e l’evangelizzazione. Per la malattia e la morte si
ricorda l’impegno della cura degli infermi e dei morenti con gli
interventi terapeutici della medicina, con l’accompagnamento della
solidarietà umana e con i mezzi della grazia di Dio (preghiera e
sacramenti).

2. L’Ufficio diocesano: identità, organigramma e attività

La stessa nota pastorale del 2006 afferma che una pastorale organi-
ca nell’ambito diocesano trova il suo punto di riferimento nella
persona del vescovo che esercita il ministero di governo nella Chiesa
particolare mediante organismi e uffici pastorali. L’Ufficio diocesano
per la pastorale della salute ha il compito di studiare le linee pastorali
diocesane nel campo della sanità, di sensibilizzare le comunità cri-
stiane a tali problemi, di coordinare le iniziative riguardanti la for-
292 mazione e l’aggiornamento delle persone che operano nel settore,
di seguire i vari progetti locali in materia sanitaria.
Ad esso è aggiunta una Consulta diocesana, composta, oltre che dal
responsabile dell’Ufficio, da soggetti attivi nell’azione pastorale: cap-
pellani ospedalieri; rappresentanti di vicarie, di operatori pastorali

12
Cfr PSCI, n. 2; Commissione Episcopale CEI per il servizio della carità e la salute, Nota
pastorale “Predicate il Vangelo e curate i malati”. La comunità cristiana e la pastorale della salute,
Roma 4 giugno 2006, n. 1. In seguito PVCM.
CONSIGLI DIOCESANI

sanitari, di associazioni ecclesiali, di associazioni professionali cri-


stiane e del volontariato. Le sue principali attività sono: la sensibiliz-
zazione delle comunità ecclesiali, mettendo in rilievo il fatto che esse
costituiscono il soggetto primario della pastorale sanitaria; la for-
mazione degli operatori sanitari, con particolare attenzione ai cap-
pellani, ai medici, agli infermieri e ai volontari; la promozione di ini-
ziative finalizzate a migliorare l’assistenza ai malati, con particolare
attenzione alle persone sole, emarginate, con patologie che richiedo-
no cure particolari, come i malati oncologici, gli anziani non auto-
sufficienti, le persone affette da AIDS e i malati psichiatrici13.
Oggi l’organigramma dell’Ufficio dell’Arcidiocesi di Bari-Bitonto è
costituito da un direttore, un vice direttore, una segretaria, da una
giunta composta da un ristretto numero di componenti, convocati
dal direttore ogni qualvolta si rende necessario, e da una Consulta
che ha trovato una propria sistemazione attraverso l’elaborazione e
l’approvazione di un regolamento interno. Esso serve a delineare
meglio l’identità dell’organismo partecipativo, le finalità da rag-
giungere, i criteri di appartenenza, la struttura interna, la distribu-
zione dei compiti.
La Consulta, composta da una quarantina di membri, si riunisce
regolarmente ogni due mesi, secondo un ordine del giorno presta-
bilito. Quando è necessario, si istituiscono delle commissioni per
studiare un tema particolare che porta alla elaborazione di un sus-
sidio particolare messo a disposizione di tutta la diocesi: finora
sono stati pubblicati prima il contributo alla celebrazione del con-
gresso eucaristico nazionale celebrato a Bari nel 200514 e dopo il
recente libro sulle realtà ultime e sull’unzione degli infermi15. La 293

13
PVCM, n. 64.
14
Arcidiocesi di Bari-Bitonto, Ufficio per la pastorale della salute, “Siate sempre lieti il Giorno
di Domenica”. Lettera degli operatori pastorali delle Cappellanie ospedaliere alle comunità cristiane,
Bari 14 settembre 2004, Ecumenica Editrice, Bari 2004.
15
Arcidiocesi di Bari-Bitonto, Ufficio e consulta per la pastorale della salute, “Saremo simi-
li a Lui”. Pellegrini verso la casa del Padre. Speranza cristiana e unzione degli infermi, Bari 31 mag-
gio 2009, Edizioni Centro Volontari della Sofferenza, Roma 2009.
sede16 è situata presso la curia diocesana, sezione di Via Alcide De
Gasperi, che accoglie anche altri Uffici: la presenza di un compo-
nente della Consulta è assicurata tre giorni la settimana.
L’Ufficio mantiene collegamenti e partecipa con assiduità alle riunio-
ni della Consulta regionale e a quella nazionale, di cui fa parte il diret-
tore, ed offre il concreto contributo nelle diverse sedi in cui è coin-
volto. Non manca mai di partecipare, con un congruo numero di
operatori pastorali, ai convegni di pastorale sanitaria sia in Puglia che
a quelli organizzati dall’Ufficio nazionale e dall’As-sociazione
Italiana di Pastorale Sanitaria (A.I.Pa.S.) a Collevalenza (PG).

Continuando il cammino: alcuni percorsi principali

L’Ufficio diocesano per la pastorale della salute non può vivere di


soli ricordi del passato o fermarsi a contemplare il presente. Sente
rivolte a se stesso le parole di Giovanni Paolo II nella Novo millennio
ineunte, dopo la celebrazione del Grande Giubileo del Duemila: “Ora
dobbiamo guardare in avanti, dobbiamo ‘prendere il largo’, fiducio-
si nella parola di Cristo: Duc in altum! Ciò che abbiamo fatto… non
può giustificare una sensazione di appagamento ed ancor meno
indurci ad un atteggiamento di disimpegno. Al contrario le espe-
rienze vissute devono suscitare in noi un dinamismo nuovo, spingendo-
ci ad investire l’entusiasmo provato in iniziative concrete”17.
I principali percorsi che attendono la nostra Chiesa locale nell’am-
bito della pastorale della salute, secondo noi, sono i seguenti:

1. La pastorale della salute nelle parrocchie

294 La Chiesa italiana da alcuni anni ha iniziato a maturare la convin-


zione che la pastorale della salute dai luoghi sanitari si estenda al

16
La sede dell’Ufficio diocesano per la pastorale della salute è ubicata presso la curia dio-
cesana, secondo piano, in corso A. De Gasperi, 274/A in Bari: è dotata di una stanza, tele-
fono, computer collegato in internet, stampante e mobili per conservare il materiale di
archivio.
17
Giovanni Paolo II, Lettera apostolica Novo millennio ineunte all’episcopato, al clero e ai
fedeli al termine del Grande Giubileo dell’anno Duemila, Città del Vaticano 6 gennaio
2001, Libreria Editrice Vaticana, Città del Vaticano 2000.
CONSIGLI DIOCESANI

territorio, come è avvenuto per i servizi della Sanità che dagli ospe-
dali si vanno aprendo ai luoghi di vita delle persone. Perciò le par-
rocchie dovranno avere la capacità di vivere una pastorale integra-
ta, che abbracci tutti i campi dei bisogni dei cristiani e dei cittadini.
Nella nota pastorale CEI del 2006 tutta la terza parte è stata riser-
vata a “La pastorale della salute nella comunità”18, il cui «primo
progetto da realizzare è la costruzione di una comunità guarita e
sanante. Gesù, infatti, non solo ha curato e guarito i malati, ma è
stato anche instancabile promotore della salute. Il suo contributo
in quest’area del vivere umano si è rivelato attraverso la sua perso-
na, il suo insegnamento e le sue azioni. Il suo agire, infatti, è teso
non solo a colmare l’indigenza dell’uomo, vittima dei propri limi-
ti, ma anche a sostenere la sua tensione verso la pienezza di vita:
“Sono venuto perché abbiano la vita e l’abbiano in abbondanza”
(Gv 10,10)»19.
Ogni comunità parrocchiale è chiamata a crescere nella convinzio-
ne che «nella trasmissione della fede – insegnamento, catechesi,
incontri di studio, ritiri e esercizi spirituali, ecc. – non va solo instil-
lata l’attenzione a tutte le categorie di malati, ma va anche compiu-
ta un’azione preventiva, aiutando i giovani a un sano sviluppo
umano e spirituale, accompagnando gli adulti nel superare con
equilibrio le crisi della loro età, offrendo agli anziani risorse che li
aiutino a vivere serenamente la vecchiaia»20.
La scelta della sfida educativa, fatta dalla CEI per il secondo decen-
nio di questo secolo, interesserà anche gli operatori della pastorale
della salute che si impegneranno a educare «all’arte della vita inte-
riore, stimolando la capacità di gestire la propria sessualità, affetti- 295
vità ed emotività, educando al discernimento del bene e male, al
controllo delle situazioni, all’apprendimento della misura dei pro-
pri limiti, allo sviluppo di modalità comunicative e relazionali

18
Cfr PVCM, nn. 48-65.
19
PVCM, n. 51.
20
Idem.
significative. Tale attività educativa di prevenzione libera dal mito
della onnipotenza, difende dalla depressione, induce a trovare un
senso alla vita e favorisce lo stabilirsi di rapporti interpersonali
caratterizzati da collaborazione e fraternità»21.
In poche parole, la comunità ecclesiale del territorio percorrerà due
sentieri: la cura dei malati e «la promozione della salute intesa nella
sua integralità (che) apre alla comprensione dei valori della vita,
esperienza da amare e rispettare in tutte le situazioni e i momenti,
anche in quelli della vulnerabilità e della morte»22.

2. L’impegno della parrocchia nelle strutture sanitarie private

Un ulteriore servizio si apre alla comunità parrocchiale sin da oggi:


la presenza e l’azione nelle strutture sanitarie private, che richiedo-
no un adeguato servizio di assistenza religiosa per i loro ricoverati.
L’Ufficio diocesano ha già messo in cantiere il progetto di fare una
mappa di tutte le Case di cura e di altre istituzioni similari per ini-
ziare un dialogo sia con i loro responsabili che con i parroci del
rispettivo territorio. Il nostro intento è quello di proporre una con-
venzione privata tra loro e la diocesi per assicurare un servizio
pastorale continuo e soddisfacente attraverso i vari componenti del
popolo di Dio (sacerdoti, diaconi, religiose e laici).
Il tempo della malattia e del ricovero è molto prezioso soprattutto
per il cristiano; perciò vanno coniugati contemporaneamente il van-
gelo della sofferenza e il vangelo della carità per incontrare l’uomo:
«La Chiesa, che nasce dal mistero della redenzione nella croce di
Cristo, è tenuta a cercare l’incontro con l’uomo in modo particolare
sulla via della sua sofferenza. In un tale incontro l’uomo “diventa la
via della Chiesa”, ed è, questa, una delle vie più importanti»23.
296
3. La formazione degli assistenti spirituali delle istituzioni sanitarie

La figura dell’assistente religioso ospedaliero è cresciuta nella mag-


giore chiarezza di identità e di compiti sia da parte delle istituzioni

21
Idem.
22
Idem.
23
SD, n. 3.
CONSIGLI DIOCESANI

civili con l’inquadramento giuridico della sua figura professionale


che nella coscienza della comunità ecclesiale: «La presenza e l’azio-
ne del cappellano s’iscrivono in quella visione globale dell’uomo
che caratterizza significative correnti della moderna medicina. In
tale prospettiva la dimensione spirituale e morale della persona
umana ha un ruolo insostituibile nella conservazione e nel ricupe-
ro della salute. Ne consegue che l’intervento dell’operatore pastora-
le risponde a dei bisogni specifici del malato e s’inserisce, così, legit-
timamente nell’orchestrazione delle cure prestate ai pazienti. In
questa linea si muove il riconoscimento giuridico dell’assistente
religioso da parte dello stato»24.
Perciò nell’azione pastorale tra i malati ricoverati e la comunità ospe-
daliera non sono sufficienti solo la buona volontà, ma sono richiesti
altri requisiti essenziali, messi in evidenza molto bene dalla prima
nota pastorale: «Per uno svolgimento adeguato della sua missione
accanto ai malati, oltre a una profonda spiritualità il cappellano deve
possedere una competenza e preparazione professionali che gli per-
mettano sia di conoscere adeguatamente la psicologia del malato e
di stabilire con lui una relazione significativa, sia di praticare una
valida collaborazione interdisciplinare. È sulla base di una calda
umanità che trova il suo primo appoggio l’accompagnamento pasto-
rale del malato. Rispettando i bisogni e i tempi del paziente, il cap-
pellano saprà anche essere propositivo di un conforto e di una spe-
ranza che vengono dalla parola di Dio, la preghiera e i sacramenti»25.
L’Ufficio diocesano non si deve stancare di stimolare i cappellani
ospedalieri ad assicurarsi una formazione permanente attraverso le
molteplici iniziative programmate ogni anno a questo scopo. Dalla 297
qualificazione della preparazione del cappellano scaturirà più facil-
mente la costituzione delle cappellanie ospedaliere, promosse
anche dal Libro del Sinodo della nostra diocesi26.Quella delle cap-

24
PSCI, n. 39.
25
Idem, n. 40.
26
Cfr Arcidiocesi Di Bari – Bitonto, Il Libro del Sinodo. Un futuro pieno di speranza – Primo
Sinodo diocesano 1996 – 2000, Ecumenica Editrice, Bari 2002, nn. 285-289.
pellanie ospedaliere è un’esperienza impegnativa, ma i frutti pasto-
rali a beneficio dei malati, dei loro familiari e dell’intera comunità
sanitaria sono abbondanti ed evidenti.

4. L’accompagnamento dei malati nella fase terminale

La moderna medicina e l’organizzazione del Servizio Sanitario


Nazionale vanno riducendo i giorni del ricovero del malato al mini-
mo, non solo per ragioni economiche. Di conseguenza i malati a
diagnosi infausta sono facilmente mandati a casa: è un ulteriore
grave problema che si va ad aggiungere agli altri che pesano sulla
responsabilità delle famiglie.
La Chiesa italiana da oltre un ventennio ha preso coscienza di tale
problematica. Già nel 1989 affermava: «Una particolare attenzione
va rivolta agli ammalati in fase terminale, creando intorno ad essi
un clima di solidarietà, di fiducia e di speranza. Da questo clima,
infatti, l’accompagnamento spirituale del morente, che raggiunge
la sua espressione più significativa nella preghiera e nei sacramenti,
trae credibilità ed efficacia»27. Le nostre parrocchie, attraverso la
sensibilizzazione della comunità e il contributo di operatori pasto-
rali specifici, potranno percorrere questa strada specifica della tra-
dizione cristiana di stare accanto ai malati gravi e ai morenti.
Oggi si vanno moltiplicando anche i cosiddetti Hospices e le relative
cure palliative: quello del santuario dei SS. Medici di Bitonto è una
realtà operante nella nostra Chiesa locale, ma ne esistono altri nel
nostro territorio. Costituiscono una sfida per la promozione di un
volontariato sociosanitario che sappia operare con competenza,
umanità e spiritualità a favore dei morenti.

298 5. L’attenzione alla pastorale del lutto

Da pochissimi anni, cioè dalla fine degli anni ’90, alla pastorale
della salute si è aperto un nuovo, preziosissimo sentiero: quello del-
l’aiuto alle persone in lutto, anche attraverso i gruppi di mutuo
aiuto per l’elaborazione della grave perdita. È un’opportunità pre-

27
PSCI, n. 31.
CONSIGLI DIOCESANI

ziosa e delicata per la Chiesa, che merita attenzione e coinvolgi-


mento serio attraverso persone qualificate e comunità disponibili.
Essa è consona alla sua lunga tradizione di assistenza ai sofferenti
e ai malati nella fase terminale della loro vita, ma corrisponde
anche allo spirito di una scelta già operata dalla Chiesa conciliare:
“Le gioie e le speranze, le tristezze e le angosce degli uomini d’oggi,
dei poveri soprattutto e di tutti coloro che soffrono, sono pure le
gioie e le speranze, le tristezze e le angosce dei discepoli di Cri-
sto...”28. Le risorse della Chiesa per il tempo del lutto si concretiz-
zano sui tre versanti classici della sua missione: quella dell’evange-
lizzazione o catechesi della vita e della morte, della salute e della
malattia, della gioia e della sofferenza; quella della liturgia e dei
sacramenti attraverso una ritualità consolidata nei secoli e la loro
dimensione sanante; quella della carità e della testimonianza per
mezzo della fantasia del cuore e della progettualità comunitaria.
Per la pastorale del lutto rinnovata, che sta muovendo i primi passi
da alcuni anni, due sono le strade che possono essere percorse dalla
comunità ecclesiale: quella dell’aiuto della preghiera e dei sacra-
menti e quella dell’aiuto psicorelazionale e spirituale dei gruppi di
auto-mutuo aiuto per il lutto.
Sul versante dell’aiuto liturgico-sacramentale sono sorte due asso-
ciazioni: “Figli in cielo” e “Famiglie in cammino”. La prima29 è stata
fondata dalla psicologa Andreana Bassanetti in seguito alla morte
di un giovane figlio, è presente in 80 diocesi e assiste con la pasto-
rale della consolazione circa settemila genitori che hanno speri-
mentato il lutto per la scomparsa del proprio ragazzo.
La seconda30 è meno conosciuta della prima, ma ugualmente gioca il 299
suo ruolo attivo nel campo dell’elaborazione del lutto per mezzo

28
GS 1: EV 1/1319.
29
Cfr L. Moia, Figli in Cielo. La fede che rigenera la morte, in “Avvenire”, martedì 2 novembre
2004. È stata accreditata presso la Conferenza Episcopale Italiana ed è diffusa nel territo-
rio nazionale. È presente e attiva in molte parrocchie ed è collegata con una rete organiz-
zativa e una direzione nazionale.
30
Il sito Internet dell’associazione è il seguente: www.famiglieincammino.org.
della preghiera. È una gemma di Comunione e Liberazione:
«“Famiglie in cammino” è un gruppo nato casualmente nel marzo
del 1991 a Rimini dall’incontro di alcuni genitori segnati dalla per-
dita di figli, che partecipavano agli esercizi spirituali della
Fraternità di Comunione e Liberazione. Il desiderio di aiutarsi,
divenuto poi criterio e metodo, ha spinto i primi a giudicare e a
condividere il dolore nell’ottica della speranza cristiana».
L’altra strada dell’aiuto alle persone in lutto è quella dei gruppi di auto-
mutuo aiuto, che stanno sorgendo sul territorio nazionale a macchia
di leopardo, sia nel campo laico che in quello cattolico, nelle par-
rocchie e negli ospedali31. Dal 2002 esiste un Coordinamento
nazionale, di cui oggi fanno parte dieci membri sparsi in tutta
Italia, che riunisce tali gruppi e promuove convegni, pubblica libri
e cura la formazione dei volontari che animano i gruppi. La filoso-
fia e la metodologia usata sono quelle dell’accompagnamento psi-
corelazionale e, per quelli cattolici, dell’aiuto spirituale e pastorale
nei momenti di necessità. La comunità cristiana, chiamata ad offri-
re appoggio anche ai familiari del morente sia prima che dopo la
morte del loro congiunto, per aiutarli nel difficile periodo del lutto,
ha queste opportunità che non può lasciarsi sfuggire32.

6. Possibilità di istituzione di nuovi ministeri?

I nuovi orizzonti operativi della pastorale della salute, che abbrac-


ciano molteplici ambiti, richiedono nuovi compiti e nuovi operato-
ri pastorali: è un autentico dono dello Spirito! Sorge spontanea una
domanda: Dinanzi a questa rinnovata Pentecoste sarà necessario o
possibile istituire nuovi ministeri?
Nella Chiesa dei nostri giorni il clima per l’istituzione di nuovi
300

31
Per notizie più particolareggiate sull’identità di tali gruppi, la conformazione e le carat-
teristiche che li distinguono è molto utile cfr O. Scaramuzzi, Dall’isola all’arcipelago. Il grup-
po per l’aiuto psicorelazionale nel lutto, Editrice Camilliane, Torino 2004. Tale pubblicazione
è di carattere esperienziale e fa un primo tentativo di delineare il volto specifico di questi
gruppi. Essi nel 1999 erano solo 2, nel 2006 erano oltre 50 quelli censiti. Per ulteriori
informazioni cfr “Noi-Avvenire”, Genitori e Figli, mensile di vita familiare, Supplemento
ad “AVVENIRE” del 28 ottobre 2007, n. 112 anno XI: il Dossier/Sorella Morte Affrontare
la perdita con la luce della speranza, pp. 8-22.
32
PSCI, n. 32.
CONSIGLI DIOCESANI

ministeri per nuovi bisogni è alquanto favorevole. Giovanni Paolo


II, che si era espresso positivamente nella Christifideles laici 33, ha
ribadito il suo assenso all’inizio del Terzo Millennio: «Accanto al
ministero ordinato, altri ministeri, istituiti o semplicemente riconosciuti,
possono fiorire a vantaggio di tutta la comunità, sostenendola nei suoi mol-
teplici bisogni»34. I vescovi italiani, da parte loro, negli Orientamenti
pastorali per il primo decennio del 2000, hanno manifestato chiara-
mente la loro volontà di favorire la nascita di nuovi ministeri:
nell’Agenda pastorale si afferma l’impegno di «riflettere sulla creazio-
ne e valorizzazione di nuovi ministeri laicali di tipo missionario:
visitatori della famiglie, moderatori di gruppi di ascolto…»35. Nella
nota pastorale sulla parrocchia, poi, hanno ribadito: «la missiona-
rietà della parrocchia esige che gli spazi della pastorale si aprano anche
a nuove figure ministeriali, riconoscendo compiti di responsabilità a tutte le
forme di vita cristiana e a tutti i carismi che lo Spirito suscita…»36.
Nell’ambito della pastorale della salute, in alcune diocesi, è stato
istituito il ministero della Consolazione, il cui servizio è indirizza-
to principalmente a favore degli anziani soli in casa (vedi: diocesi di
Oppido Mamertina-Palmi, guidata da mons. Luciano Bux) oppure
a sostegno dei malati terminali e delle loro famiglie (vedi: arcidio-
cesi di Taranto, guidata da mons. Benigno Papa). La nostra Chiesa
locale avrà modo di maturare la propria scelta attraverso la rifles-
sione, il confronto e la ricerca più approfondita dei vari aspetti della
problematica. In caso positivo, si passerà ai fatti, organizzando un
corso specifico di formazione per questo nuovo ministero.
301

33
Cfr CfL, n. 23.
34
NMI, n. 46.
35
Conferenza Episcopale Italiana, Comunicare il Vangelo in un mondo che cambia.
Orientamenti pastorali dell’Episcopato italiano per il primo decennio del 2000, Roma 29
giugno 2001. Nell’Agenda pastorale si afferma l’impegno di “riflettere sulla creazione e valo-
rizzazione di nuovi ministeri laicali di tipo missionario: visitatori della famiglie, modera-
tori di gruppi di ascolto…”.
36
Conferenza Episcopale Italiana, Nota pastorale Il volto missionario delle parrocchie in un
mondo che cambia, Roma 30 maggio 2004, n. 12. In seguito VMPMC.
Conclusione: grati a Dio e alla nostra Chiesa locale

Il cammino di questi 25 anni è stato lungo ed esaltante: siamo since-


ramente grati a Dio e ai fratelli e alle sorelle che ci hanno permesso
questa diaconia nel mondo della sofferenza e della salute. L’Ufficio
continuerà il suo servizio con la convinzione che la via da percorrere
sia quella indicata dai vescovi nella nota pastorale scaturita dopo il
convegno nazionale di Verona, cioè della comunità fondata sulla
comunione, corresponsabilità e collaborazione impegnata in una
pastorale integrata37. Quanto è stato affermato del parroco nella
nota pastorale sulle parrocchie riguarda tutti i sacerdoti e coinvolge
tutti i componenti della comunità ecclesiale: «Il parroco sarà meno
l’uomo del fare e dell’intervento diretto e più l’uomo della comunione; e
perciò avrà cura di promuovere vocazioni, ministeri e carismi. La sua
passione sarà far passare i carismi dalla collaborazione alla corre-
sponsabilità, da figure che danno una mano a presenze che pensano
insieme e camminano dentro un comune progetto pastorale»38.
Il servizio dell’Ufficio alla diocesi continuerà ad essere alimentato
dalla filosofia che l’ha caratterizzato fino ad oggi ed espressa in que-
sta poesia della sete e della fame dell’uomo contemporaneo: «Non
venire a me con l’intera verità: / non portarmi l’oceano / se sono asse-
tato / né il cielo / se chiedo luce; / ma donami / un raggio di sole, un
suggerimento, un po’ di rugiada. / Come l’uccello, / porto via solo
una goccia d’acqua, / e come il vento, / solo un granello di sabbia».

Bari, 19 gennaio 2010


P. Leonardo N. Di Taranto
Direttore dell’Ufficio

302

37
Cfr Conferenza Episcopale Italiana, Nota pastorale “Rigenerati per una speranza viva” (1Pt
1,3): testimoni del grande ‘sì’ di Dio all’uomo dell’Episcopato italiano dopo il 4° Convegno
ecclesiale nazionale, Roma 27 giugno 2007, nn. 23-25.
38
VMPMC, n. 12.
D OCUMENTI E V ITA DELLA C HIESA DI B ARI -B ITONTO
FACOLTÀ TEOLOGICA PUGLIESE

Istituto Superiore di Scienze Religiose “Odegitria”


La nuova configurazione
giuridico-accademica degli ISSR
Relazione per l’anno accademico 2008-2009

Ecc.za rev.ma mons. Francesco Cacucci, Moderatore dell’Istituto


rev. mons. Salvatore Palese, Preside della Facoltà Teologica Pugliese,
gentili autorità, stimati colleghi e studenti, amici carissimi,

rivolgo un fraterno saluto a tutti voi che avete voluto essere presen-
ti a questo atto ufficiale di apertura del nuovo anno accademico
dell’Istituto Superiore di Scienze Religiose di Bari. Sono grato a
tutti coloro che, impossibilitati a presenziare, hanno fatto giungere
un segno della loro partecipazione. Mi riferisco, in particolare, ai
Direttori degli ISSR di Puglia.
Siamo radunati non per una celebrazione formale, ma per rinnova-
re la nostra comune convinzione dell’importanza che ha questa isti-
tuzione accademica per la missione evangelizzatrice della nostra 303
Chiesa locale e per la formazione teologica di tutti coloro che desi-
derano dare un fondamento più solido alla loro vita di fede. La
finalità specifica di questa comunità accademica, infatti, è quella di
offrire un percorso di conoscenza teologica tenendo in unità la
dimensione scientifica della ricerca con il senso affettivo dell’ade-
sione di fede. Non uno studio asettico, e nemmeno un’indagine
approssimativa, ma un approfondimento dei contenuti della fede
fatto con intelligenza e amore. Lo richiede lo stesso oggetto del
sapere teologico: il mistero ineffabile di Dio, che è luce per l’intel-
letto e forza d’amore per il cuore. Per questo, sentiamo appropriate
al nostro impegno le parole con le quali sant’Anselmo d’Aosta
descriveva la sua riflessione teologica: «Ti cerco desiderando, ti
desidero cercando, ti trovo amando, ti amo investigando» («Quae-
ram Te desiderando, desiderem quaerendo, inveniam amando,
amem inveniendo»).

1. La configurazione giuridico-accademica degli ISSR

A partire dal Concilio Ecumenico Vaticano II si è intensificato tra i


fedeli (laici e religiosi) l’interesse per lo studio della teologia e delle
scienze religiose come strumento per arricchire la propria vita cri-
stiana, essere capaci di dare ragione della propria fede (cfr 1Pt 3,15),
esercitare fruttuosamente l’apostolato e collaborare alla missione
della Chiesa. Tra le iniziative programmate per rispondere a tale esi-
genza vanno annoverati gli Istituti Superiori di Scienze Religiose
(ISSR). La loro configurazione giuridico-accademica è stata deli-
neata con le disposizioni contenute nella Istruzione sugli Istituti
Superiori di Scienze Religiose (25 settembre 2008) della Congregazione
per l’Educazione cattolica.
Gli articoli 2 e 3 delineano la diversa natura dello studio della teo-
logia nelle Facoltà e negli ISSR. Per quanto riguarda le Facoltà l’art.
2 così recita: «Lo studio della Teologia e lo studio delle Scienze
Religiose si articolano in due percorsi distinti, che si differenziano
soprattutto per la natura degli insegnamenti e per i curricoli for-
mativi che essi propongono. Il percorso di studio che viene offerto
dai Centri accademici ecclesiastici - quali le Facoltà di Teologia e gli
304 Istituti ad esse incorporati, aggregati e affiliati - ha lo scopo di assi-
curare allo studente una conoscenza completa e organica di tutta la
Teologia; ciò è richiesto in particolare a coloro che si preparano al
sacerdozio. Inoltre, esso si propone di approfondire in modo esau-
riente le diverse aree di specializzazione della Teologia, di acquisire
il necessario uso del metodo scientifico proprio di tale disciplina,
nonché di elaborare un contributo scientifico originale».
L’art. 3, invece, sottolinea che gli ISSR «intendono offrire la cono-
scenza degli elementi principali della Teologia e dei suoi necessari
FACOLTÀ TEOLOGICA PUGLIESE

presupposti filosofici e complementari delle scienze umane.


Questo percorso di studio, più specificamente, ha lo scopo di: pro-
muovere la formazione religiosa dei laici e delle persone consacrate,
per una loro più cosciente e attiva partecipazione ai compiti di evan-
gelizzazione nel mondo attuale, favorendo anche l’assunzione di
impieghi professionali nella vita ecclesiale e nell’animazione cristia-
na della società; preparare i candidati ai vari ministeri laicali e servi-
zi ecclesiali; qualificare i docenti di religione nelle scuole di ogni
ordine e grado, eccettuate le Istituzioni di livello universitario».
Lo scopo specifico degli ISSR è regolato dall’art. 4: «Gli ISSR — si
legge nell’Istruzione — designano un’ulteriore opportunità di parte-
cipare, assieme alla Teologia, dello sforzo di approfondimento della
verità, allo scopo di accompagnare la crescita nella fede delle singo-
le persone e dell’intera comunità. Lo studio e l’insegnamento delle
Scienze Religiose forniscono gli elementi necessari per elaborare
una sintesi tra la fede e la cultura nella singolarità delle situazioni
vissute dalle Chiese particolari. Si tratta di una prospettiva che
risponde alla richiesta di una qualificazione del servizio ecclesiale
nelle concrete esigenze dei tempi e dei luoghi. Essa, pertanto, adot-
ta specifici strumenti di studio, metodi pedagogici e l’impiego di
energie per un apprendimento e un’applicazione didattica differen-
ti da quelli che vengono richiesti dalle Facoltà di Teologia».
La pubblicazione dell’Istruzione ha posto al Comitato per gli Studi
superiori di Teologia e di Scienze religiose e ai Presidi delle Facoltà
teologiche italiane l’interrogativo sulla ricezione e attuazione della
medesima Istruzione come testo normativo definitivo per gli ISSR
insistenti sul territorio italiano. Al predetto Comitato e al 305
Consiglio dei Presidi delle Facoltà teologiche italiane è parso più
semplice recepire in toto l’Istruzione, prevedendo solo di “segnalare”
le norme che variavano rispetto alla precedente Nota della CEI del
2005 e di “attuare” quelle che consentivano o richiedevano alle
Conferenze episcopali nazionali di essere determinate.
Nella Nota di ricezione, approvata ed emanata il 23 settembre 2009
dal Consiglio Permanente della CEI, sono indicate sobriamente le
norme “recepite” e “attuative” della Istruzione della Congregazione;
norme che forniscono il quadro con cui procedere alla revisione
degli statuti e regolamenti degli ISSR. A questa revisione sono
impegnati tutti i sette Istituti superiori di Scienze religiose della
Puglia. In tal modo, si può dire che questo “Progetto di riordino”
rappresenti la risposta che la Chiesa italiana ha voluto dare a istan-
ze provenienti da più parti e comunque attente alla necessità di
garantire spazi formativi adeguati alle mutate esigenze culturali e
capaci di formare laici consapevoli.

2. La vita dell’Istituto nell’anno 2008-2009

La vita del nostro Istituto si muove nell’alveo di questa cornice.


Sono stati rivisti gli Statuti e siamo in attesa della loro approvazio-
ne. Successivamente sarà rivisto anche il Regolamento. Insieme agli
Istituti di Puglia, si sta ripensando il Piano degli studi secondo una
modalità più rispondente alla finalità specifica dell’insegnamento
della teologia nella forma di “scienze religiose”. Segnalo alcune atti-
vità svolte nello scorso anno.

2.1. I Professori, gli studenti e i titoli accademici conseguiti


Devo, innanzitutto, riferire della riconferma alla mia persona come
Direttore dell’ISSR. Ringrazio per la fiducia accordatami dai pro-
fessori, dal Preside e dal Moderatore.
Gli studenti ordinari iscritti all’anno accademico 2009/2010 in
tutto sono 98. Nel triennio sono così suddivisi: 22 studenti (1°
anno), 30 (2° anno), 29 (3° anno). Nel biennio di specializzazione
sono: 10 (1° anno) e 7 (2° anno). Gli studenti uditori sono 11, gli
iscritti al biennio teologico-filosofico 4, gli iscritti al corso di dia-
306 conato 4, 1 studente straordinario e 20 studenti fuori corso. In tota-
le gli iscritti sono 138.
Tra i docenti vi sono alcuni che hanno lasciato il loro incarico (Leo
Giuliano, Domenica Scalera, Marta Lobascio, Fernando Fioren-
tino) ed altri che sono stati cooptati (Gino Copertino, Antonio
Ciaula, Chiara Troccoli). Un particolare e grato ricordo va alla
memoria di don Vito Marotta, deceduto lo scorso anno.
Durante l’anno 2009, 16 studenti hanno conseguito il grado accade-
mico di Magistero in Scienze religiose, 1 studente il grado accademi-
FACOLTÀ TEOLOGICA PUGLIESE

co di Diploma in Scienze religiose, 5 studenti la Laurea in Scienze


religiose e 6 studenti la Laurea magistrale in Scienze religiose.
Hanno conseguito il Magistero in Scienze religiose: a) nella sessio-
ne invernale (9 marzo 2009): CAPUTI Carmen, La mistagogia: dal cate-
cumenato della Chiesa primitiva al neocatecumenato della Chiesa post-con-
ciliare; DI COSOLA Francesca, L’Eucaristia come risposta al bisogno del-
l’uomo contemporaneo nel magistero di Giovanni Paolo II; NICHOLAS
Arputha Mary, Dottrine fondamentali, prassi religiosa e riti di purificazio-
ne nell’ induismo; PELELLA Maria, Dalla schiavitù alla libertà; PELLEGRINI
Rosa, Annuncio di Gesù Cristo e testimonianza del Vangelo, via privilegia-
ta della missione della chiesa oggi; VANNOZZI Stefania, Il mistero dell’incar-
nazione del Verbo, vocazione e salvezza dell’uomo - b) nella sessione esti-
va (13 luglio 2009); BIASI Madia, Dolce Ospite dell’anima. Lo Spirito
Santo nella vita del cristiano; BIBA Roza, La vita sacramentale in Albania
durante e dopo il regime comunista; CALÒ Simona, Un’ecclesiologia per
immagini. Lumen Gentium 6; DELL’EDERA Anna, New Age e cristianesimo:
problemi e prospettive; STOPPA Marica, La concezione cristiana del lavoro e
del riposo; SUMMO Isabella, La Chiesa “Corpo di Cristo”; TANCREDI
Antonietta, Psicologia e vocazione. L’incidenza della psicologia nell’ambi-
to della ricerca vocazionale - c) nella sessione autunnale (9 novembre
2009): BRIGIDO Giustina, L’esistenza cristiana nel tempo della secolarizza-
zione in Johann Baptist Metz; DI MAGGIO Lucia, Matrimonio e divorzio
nell’Islam, nel cristianesimo e nella società contemporanea; GALLUZZI
Maria, Le donne e la donna nella Bibbia.
Ha conseguito il Diploma in Scienze religiose nella sessione inver-
nale (9 marzo 2009): GRIMALDI Rosanna, Percorsi della teologia del lai-
cato nella chiesa post-conciliare. 307
Ha conseguito la Laurea in Scienze religiose nella sessione inverna-
le (9 marzo 2009): DEDEMOGO ABENA Marie Jeanne, L’inculturazione
della fede nella Chiesa congolese attraverso la liturgia e i suoi riti.
Hanno conseguito la Laurea magistrale in Scienze religiose: a) nella
sessione estiva (13 luglio 2009): CEDRO Giovanna Fulvia, La relazione
etica in Emmanuel Levinas; DE PASCALIS Salvatore, Il ruolo di Maria nel
dialogo cattolico-anglicano; MINENNA Francesca, Eubiosia e pastorale - b)
nella sessione autunnale (9 novembre 2009): CORRADO Irene,
Globalizzazione e religioni. Problemi e prospettive; POMPILIO Caterina, Il
dono della verità (Gv 1,17); SUMMO Nicola, L’alleanza nel lezionario del
nuovo rito del matrimonio.

2.2 Le iniziative culturali


Tra le iniziative culturali ricordo le seguenti:
— Venerdì 10 ottobre 2008, alle ore 17,30, presso l’aula magna “E.
Nicodemo” si è tenuto il convegno dal titolo Al centro della teologia di
Paolo: la vita “in Cristo” (relatore prof. don Giacomo Perego), orga-
nizzato dall’ISSR di Bari e dalla Libreria San Paolo di Bari.
— Giovedì 4 dicembre 2008, alle ore 18,00, presso l’aula magna “E.
Nicodemo”, si è tenuta la presentazione del volume La riforma di
Benedetto XVI la liturgia tra innovazione e tradizione di Nicola Bux,
organizzata dall’ISSR di Bari, Libreria San Paolo di Bari e Piemme.
Ne ha discusso con l’Autore Giovanni M. Vian, Direttore de
“L’Osservatore Romano”; ha moderato Danilo Quinto, giornalista.
— Venerdì 12 dicembre 2008, alle ore 17,30, presso l’aula magna “E.
Nicodemo”, si è tenuto il convegno dal titolo Prima ha sofferto, poi si è
incarnato: le ragioni di una venuta (relatore prof. padre Giancarlo Bruni),
organizzato dall’ISSR di Bari e dalla Libreria San Paolo di Bari.
— Martedì 13 gennaio 2009, alle ore 17,30, presso l’aula magna “E.
Nicodemo”, si è tenuto il convegno dal titolo Teologia e comunicazio-
ne, organizzato dall’ISSR di Bari e AIERRE Onlus Associaz.
Internaz. Ricerca e recupero disordini della comunicazione umana
di Bari. Il convegno è stato introdotto dal dott. Francesco Mininni,
audiologo e Presidente AIERRE. Il primo intervento, dal titolo Il
primo comandamento è: “Ascolta” è stato tenuto dal prof. don Angelo
Garofalo, docente di Sacra Scrittura; il secondo intervento, dal tito-
lo Teologia dell’ascolto e patologia della sensorialità, è stato tenuto dalla
308 dott.ssa Marilisa Andretta, otorinolaringoiatra. Il convegno si è
concluso con l’intervento di S.Ecc.za mons. Francesco Cacucci,
Arcivescovo di Bari-Bitonto.
— Venerdì 20 febbraio 2009 alle ore 16,30, presso l’aula “Aldo
Moro”, Facoltà di Giurisprudenza di Bari, si è tenuto il convegno
dal titolo Paolo ieri e oggi: la Parola esperienza del Dio vivente, (relatori:
prof. Bruno Maggioni, Facoltà Teologica Italia Settentrionale di
Milano e prof. Giacomo Perego Pontificia Università Lateranense di
Roma) organizzato dall’ISSR di Bari, dalla Libreria San Paolo di
FACOLTÀ TEOLOGICA PUGLIESE

Bari, e dall’Università degli Studi di Bari. Sono intervenuti il prof.


Francesco Bellino, Università degli Studi di Bari, mons. Vito
Angiuli, Direttore ISSR “Odegitria” di Bari. Il prof. Leo Lestingi ha
letto brani della “Traduzione della 1ª Lettera ai Corinzi” di
Giovanni Testori.
— Lunedì 30 marzo 2009 alle ore 17,30, presso l’aula magna “E.
Nicodemo”, si è tenuta la presentazione dei libri di C. Lavermicocca,
Iniziare educando. L’iniziazione cristiana dei fanciulli e dei ragazzi oggi.
Prospettive pedagogiche e pastorali. Ecumenica Editrice, Bari 2008, e di F.
Bellino Il paradigma biofilo. La bioetica cattolica romana, Cacucci Editore,
Bari 2008, organizzato dall’ISSR di Bari e dalla Facoltà Teologica
Pugliese di Bari. Sono intervenuti il prof. Giuseppe Morante, UPS di
Roma, e il prof. Corrado Germinario, ISSR “Odegitria” di Bari. Ha
moderato mons. Vito Angiuli, Direttore ISSR “Odegitria” di Bari.
— Mercoledì 29 aprile 2009, alle ore 17,30, presso l’aula magna “E.
Nicodemo”, si è tenuto il Seminario di studio sul tema Simone Weil,
la passione per la verità, organizzato dall’ISSR di Bari e dalla Facoltà
Teologica Pugliese di Bari. Sono intervenuti i proff. Francesco
Saracino e Leo Lestingi.
— Mercoledì 6 maggio 2009, presso il Salone degli Affreschi
dell’Università degli Studi di Bari, Palazzo Ateneo, si è tenuta una
giornata di studio dal titolo Nuove prospettive in psicologia della religio-
ne. La teoria dell’attaccamento, organizzata dal Dipartimento di psi-
cologia dell’Università degli Studi di Bari, dalla Società Italiana di
Psicologia della Religione e dall’ISSR di Bari. La prima relazione dal
titolo La psicologia della religione: oggetto, ambiti, temi specifici è stata
tenuta da Mario Aletti, Presidente della Società Italiana di 309
Psicologia della Religione. La seconda relazione dal titolo La psicolo-
gia della religione in Italia: metodi e strumenti è stata tenuta da
Germano Rossi e Salvatore Iovine dell’Università degli Studi
Milano-Bicocca. Successivamente si è svolta una discussione coor-
dinata da Giacomo Martielli e Giuseppe Moro dell’Università degli
Studi di Bari. In seguito la conferenza magistrale dal titolo Il senti-
mento religioso come esperienza di attaccamento. Prospettive di ricerca, evi-
denze empiriche e questioni aperte è stata tenuta da Rosalinda Cassibba
e Alessandro Costantini dell’Università degli Studi di Bari. Alla
tavola rotonda sono intervenuti Vito Angiuli, ISSR “Odegitria” di
Bari, Corrado Germinarlo. ISSR “Odegitria” di Bari, Marco
Innamorati. Università degli Studi di Bari, Carlo Lavermicocca.
ISSR “Odegitria” di Bari, Luigi Pastore Università degli Studi di
Bari e Loredana Perla, Università degli Studi di Bari. Infine è stato
presentato il volume di Silvia Godelli dell’Università degli Studi di
Bari, dal titolo Psicologia della religione e teoria dell’attaccamento.
— Martedì 12 maggio 2009, ore 17,30 presso l’aula magna “E.
Nicodemo”, si è tenuto il seminario di studio sul tema La Croce e il
Crocifisso, simbolo e verità, organizzato dall’ISSR di Bari e dalla
Facoltà Teologica Pugliese di Bari; sono intervenuti Michele
Loconsole, Il segno della croce. Storia e liturgia, Carmela Ventrella
Mancini, Symbolum crucis, Raffaele Coppola, Simbolismo religioso e
nuove prospettive per lo studio del diritto ecclesiastico dello Stato.

2.3. La rivista e la collana“Studi e Ricerche”


La rivista è al suo XV volume. La collana “Studi e Ricerche” si è
arricchita di un nuovo volume di un nostro professore: ANTONIO
SERIO, Il futuro nelle radici, Ecumenica Editrice, Bari 2010, pp. 158.

2.4. La Scuola di comunicazioni sociali


Da quest’anno, la Scuola di comunicazioni sociali, collegata con il
nostro Istituto, è stata intitolata a don Vito Marotta, suo fondato-
re. Il nuovo Direttore è il dott. Enzo Quarto. Con il nuovo anno
accademico, la Scuola propone un laboratorio di ufficio stampa
perché, per esempio, volontari di parrocchie, o di altre strutture
religiose o di associazioni di laicato cattolico, apprendano sul
campo gli elementi base per una efficace comunicazione.
310 La Scuola di comunicazioni sociali si rivolge a tutti coloro che ope-
rano nell’ambito dell’informazione anche con l’ausilio di nuove tec-
nologie, compresi addetti stampa, tecnici di ripresa, fotografi, stu-
diosi dei fenomeni della comunicazione, insegnanti ed educatori
sociali, per aprire alla comprensione della complessità del sistema,
proprio come l’immissione di antibiotici in un corpo malato. Per
difendersi dalla persuasione che nega la verità, occorre capire e
conoscere, ed imparare a comunicare secondo le tecniche della
modernità, ma nell’etica e nei valori della tradizione cristiana.
FACOLTÀ TEOLOGICA PUGLIESE

Occorre affermare la verità nel linguaggio della comunicazione


dominante insegnando a far riflettere gli altri sui pericoli del lin-
guaggio della persuasione. Come ha scritto papa Paolo VI, gli stru-
menti della comunicazione sociale sono le nuove grandi vie aperte
anche ai cristiani per il loro compito di testimonianza e di servizio
alla verità. Ma le comunicazioni sociali non sono solo informazio-
ne. Si comunica attraverso i programmi di intrattenimento radio-
fonici e televisivi, il cinema, il teatro, la letteratura e la poesia, tutte
le arti in genere. Per questo è opportuno dedicare la giusta atten-
zione alla conoscenza delle tecniche adoperate ed alle interpreta-
zioni possibili degli autori. C’è sempre l’agguato di messaggi subli-
minali, o semplicemente indiretti, occulti e persuasivi. Infine,
occorre imparare le tecniche giuste del comunicare per non essere
esclusi a priori dal sistema mediatico o non esserne schiacciati.

2.4. La biblioteca
La biblioteca diocesana “Odegitria”, operante presso l’Istituto
superiore di Scienze religiose di Bari, è specializzata in scienze teo-
logiche e umanistiche ed è aperta a studenti, docenti e al pubblico
con 20 postazioni di lettura di cui 2 per disabili. Dieci le sale di
deposito libri; una di consultazione per il pubblico oltre ai locali di
servizio e per la direzione. Costituita da un ampio spazio di 250
mq., è dotata di scaffali mobili e fissi, di armadi e delle attrezzature
informatiche dedicate alla schedatura, classificazione e ricerca del
materiale bibliotecario e di una videoteca. Sezioni e collocazione
sono illustrate nella planimetria allegata. Le diverse tipologie docu-
mentarie presenti ammontano a circa 70.000 volumi e a 780 perio- 311
dici. Oggi sono 72 i periodici in abbonamento e scambio. La cata-
logazione elettronica è organizzata per autore, soggetto, titolo, col-
locazione, edizione. L’indicizzazione è nominale e semantica. Tra le
collezioni di interesse specifico vanno ricordate la collana di
“Sources chrétiennes”, di “Les belles lettres” e de “La Civiltà
Cattolica” a partire dal 1850. La Biblioteca è stata recentemente
arricchita dei volumi della biblioteca dei Padri Gesuiti dell’Istituto
Di Cagno Abbrescia in Bari e di quella personale della prof.ssa Ada
Lamacchia avuti in donazione. La raccolta libraria è andata così
verso una differenziazione e varietà di opere teologiche e filosofi-
che. Un’apposita commissione si incarica di valutare l’acquisto e
l’accrescimento bibliografico. La biblioteca coltiva rapporti di col-
laborazione con la biblioteca dell’Istituto di Teologia Ecumenica
San Nicola e della biblioteca “Gaetano Ricchetti”.

3. Presentazione della prolusione accademica per l’anno 2009-2010

Tiene la prolusione accademica il prof. Giorgio Otranto, ordinario


di Storia del cristianesimo antico presso la Facoltà di Lettere
dell’Università degli Studi di Bari. Numerose sono le sue pubblica-
zioni e gli incarichi ricoperti. Tra questi ricordo i seguenti: dal 1979
al 1993 è stato Direttore dell’Istituto di Studi classici e cristiani (già
di Letteratura cristiana antica); dal 1983 al 1989 è stato Presidente
del Consiglio di Corso di laurea in pedagogia – Facoltà di Magistero
– Università degli Studi di Bari; dal 1986 è Direttore della rivista
“Vetera Christianorum”, organo scientifico dell’Istituto di Studi
classici e cristiani, e dirige collane editoriali di storia e archeologia
(Scavi e ricerche, Prometeo); dal 1990 al 1997 è stato Presidente
dell’IRRSAE Puglia (Istituto Regionale di Ricerca, Sperimentazione
e Aggiornamento Educativi); dal 1991 al 1997 è stato Coordinatore
nazionale dei Presidenti di IRRSAE, CEDE (Centro Europeo
dell’Educazione) e BDP (Biblioteca di Documentazione Pedago-
gica); dal 1995 al 2002 è stato Direttore del “Centro di studi micae-
lici e garganici”, da lui fondato, istituito dall’Università di Bari e dal
Comune di Monte Sant’Angelo come sede distaccata del
Dipartimento di Studi classici e cristiani. Ringrazio sentitamente il
312 prof. Otranto per aver accettato l’invito. Considero questo suo inter-
vento come inizio di una collaborazione tra i due Istituti che preve-
de altre iniziative già in corso e da programmare nel prossimo futu-
ro. Il prof. Otranto terrà la sua prolusione sul tema: Cristianesimo e
Chiese in Puglia fino a Gregorio Magno. Gli cedo volentieri la parola.

Bari, 1 marzo 2010


Il Direttore
prof. mons. Vito Angiuli
D OCUMENTI E V ITA DELLA C HIESA DI B ARI -B ITONTO
AZIONE CATTOLICA ITALIANA

Incontro dei sacerdoti con il


prof. Franco Miano, Presidente nazionale di A.C.

Il 21 aprile 2010, alle ore 9.30 presso la sala conferenze della Curia
di Bari si è tenuto l’incontro dei sacerdoti con il Presidente nazio-
nale di Azione Cattolica prof. Franco Miano. All’incontro hanno
partecipato S.E. l’Arcivescovo mons. Francesco Cacucci, il prof.
Giuseppe Micunco direttore dell’Ufficio Laicato, e alcuni membri
laici della Presidenza diocesana di AC.
Dopo la preghiera iniziale, il Presidente diocesano di AC Salvatore
Schiralli ha salutato i presenti e ha condiviso una riflessione del
1973 di Vittorio Bachelet del 1973, allora presidente nazionale di
AC, sull’identità dell’Associazione:

Che cosa è l’Azione Cattolica? Ne abbiamo parlato molto, ma


mi pare che sia soprattutto una realtà di cristiani che si cono-
scono, che si vogliono bene, che lavorano insieme nel nome
del Signore, che sono amici; questa rete di uomini e donne 313
che lavorano in tutte le diocesi, e di giovani e adulti, di ragaz-
zi e fanciulli che cercano di servire la Chiesa. E questa è la
grande cosa. Perché noi serviamo l’AC, non perché ci interes-
sa fare grande l’AC ma perché ci interessa rendere nella
Chiesa il servizio che ci è chiesto per tutti i fratelli. E questa
credo sia la cosa veramente importante.

Schiralli ha presentato brevemente la realtà viva dell’AC nella dioce-


si, presente con circa 5.500 soci in 57 parrocchie, e ha manifestato la
gioia del cammino di fraternità e di comunione che si sta realizzan-
do e rafforzando in questi anni tra le aggregazioni laicali in diocesi.

Il prof. Miano ha tenuto la relazione sul tema: “L’Azione Cattolica


tra memoria e profezia. La sollecitudine pastorale del presbitero per
i laici e per l’Associazione”.
La memoria per la vita e la storia dell’AC di 140 anni dice gratitu-
dine al Signore per un’esperienza significativa di Chiesa e di servi-
zio alla Chiesa; questo si è realizzato attraverso la testimonianza e
l’impegno di tanti laici, dagli adulti ai ragazzi, ma anche attraverso
la cura e l’accompagnamento spirituale di tanti vescovi e presbiteri
assistenti. La memoria dice anche impegno nel presente e nel futu-
ro perché l’AC continui anche in forme nuove a testimoniare il
Vangelo e a vivere la vocazione alla santità.
Miano cita papa Benedetto XVI nel suo discorso all’Azione Catto-
lica Italiana del 4 maggio 2008:

La magnifica corona dei volti che abbracciano simbolicamen-


te Piazza San Pietro è una testimonianza tangibile di una san-
tità ricca di luce e di amore. Questi testimoni, che hanno
seguito Gesù con tutte le loro forze, che si sono prodigati per
la Chiesa e per il Regno di Dio, rappresentano la vostra più
autentica carta d’identità. Non è forse possibile, ancora oggi,
per voi ragazzi, per voi giovani e adulti, fare della vostra vita
una testimonianza di comunione con il Signore, che si tra-
sformi in un autentico capolavoro di santità? Non è proprio
questo lo scopo della vostra Associazione? Ciò sarà certamen-
te possibile se l’Azione Cattolica continuerà a mantenersi
fedele alle proprie profonde radici di fede, nutrite da un’ade-
sione piena alla Parola di Dio, da un amore incondizionato
314 alla Chiesa, da una partecipazione vigile alla vita civile e da un
costante impegno formativo. Cari amici, rispondete generosa-
mente a questa chiamata alla santità, secondo le forme più
consone alla vostra condizione laicale! Continuate a lasciarvi
ispirare dalle tre grandi “consegne” che il mio venerato prede-
cessore, il Servo di Dio Giovanni Paolo II vi ha affidato a
Loreto nel 2004: contemplazione, comunione e missione.

Sono le profonde radici di fede - come afferma il papa - nutrite da


un’adesione piena alla Parola di Dio, da un amore incondizionato
AZIONE CATTOLICA ITALIANA

alla Chiesa, da una partecipazione vigile alla vita civile e da un


costante impegno formativo che rendono significativa e feconda la
realtà e il servizio dell’AC nelle nostre diocesi e parrocchie.
L’AC perché sia se stessa deve da una parte “disperdersi nella comu-
nità cristiana diocesana e parrocchiale” perché è ad essa dedicata e
dall’altra deve “ritrovarsi come associazione” perché sia fedele alla
sua identità laicale di presenza e testimonianza nella Chiesa e in
ogni ambiente di vita.
Per questo è necessaria la presenza e il servizio dei presbiteri assi-
stenti che così è presentato nel Progetto formativo dell’AC:

I presbiteri assistenti si rendano disponibili in primo luogo


all’accompagnamento spirituale e a quella presenza che con-
sente di cogliere il valore spirituale della vita associativa; che
aiutino a vivere la dimensione profonda di esperienze eccle-
siali non sempre facili; che si pongano al fianco delle persone
per portare l’esistenza al confronto con il Vangelo e con il suo
orizzonte. La loro presenza, segno della cura del Vescovo per
l’Associazione, è anche custodia e promozione di un cammi-
no associativo sempre più ecclesiale e comunionale.

Il loro compito si sviluppa nella semplicità della vita associativa. In


particolare ad essi è chiesto di sostenere le persone nei passaggi del-
l’esistenza e della fede, facendo in modo che ciascuno sia aiutato ad
essere fedele agli impegni che la vita associativa propone: gli eserci-
zi spirituali, l’elaborazione di una propria regola di vita, particolari
scelte di impegno.
Perciò il presbitero assistente è chiamato ad essere padre e fratello 315
nella fede, testimone di Cristo, ad accompagnare le persone nelle
scelte di vita e di testimonianza cristiana nella fedeltà alla vocazio-
ne battesimale.

Seguono gli interventi di alcuni presenti; si sottolinea da una parte


la positività di alcune esperienze associative per la crescita della
comunione e corresponsabilità ecclesiale e pastorale, dall’altra si
avverte la fatica di impegnarsi nella formazione e di essere incisivi
nella promozione associativa perché altri conoscano l’associazione
e vi aderiscano.
L’impegno vocazionale dell’AC esiste ma deve essere sempre incre-
mentato: si evidenzia come un’alta percentuale di giovani che
hanno fatto esperienza dell’AC, sono stati aiutati a scoprire la loro
vocazione alla vita sacerdotale e religiosa. L’esperienza associativa
deve aiutare le persone a vivere la vita come vocazione con l’accom-
pagnamento e il discernimento della comunità e dei presbiteri.
Positiva è anche la testimonianza dei presbiteri assistenti diocesani
che sperimentano la gioia, la ricchezza e a volte la fatica di crescere
insieme ai laici nella comunione, nella stima e nella corresponsabilità.
Si fa notare la necessità di valorizzare anche i diaconi permanenti
nel servizio dell’accompagnamento e della formazione delle perso-
ne che vivono l’esperienza associativa.
Infine l’Arcivescovo interviene sottolineando che l’esperienza delle
visite pastorali ha confermato che l’AC, dove è presente e vive bene
il suo carisma, aiuta tutta la comunità parrocchiale a sentire vivo il
senso ecclesiale cioè a vivere l’appartenenza alla Chiesa locale riuni-
ta intorno al Vescovo e quindi ad uscire dall’isolamento e dall’au-
toreferenzialità. L’AC aiuta non solo i laici ma anche i presbiteri a
vivere il senso e la bellezza della Chiesa locale che è Chiesa di popo-
lo in cammino al servizio dell’edificazione del Regno di Dio nel
mondo e nella storia.
L’Arcivescovo invita a riprendere (e ripubblicare) una relazione e
riflessione significativa sulla vocazione all’Azione Cattolica di
mons. Anastasio A. Ballestrero del 1976.
Per quanti hanno partecipato, credo che l’incontro vissuto in un clima
fraterno di ascolto e di confronto abbia aiutato a conoscere meglio
l’AC per quello che è ed è chiamata ad essere attraverso non solo le
316 parole ma la testimonianza del prof. Miano e a prendere più consape-
volezza di quello che noi presbiteri siamo chiamati a essere per la
comunità e le persone che ci sono affidate, illuminati e provocati dal-
l’esortazione di san Pietro Apostolo nella sua prima lettera 5,1-4:

«Esorto gli anziani che sono tra voi, quale anziano come loro,
testimone delle sofferenze di Cristo e partecipe della gloria che
deve manifestarsi: pascete il gregge di Dio che vi è affidato,
sorvegliandolo non perché costretti ma volentieri, come piace
AZIONE CATTOLICA ITALIANA

a Dio, non per vergognoso interesse, ma con animo generoso,


non come padroni delle persone a voi affidate, ma facendovi
modelli del gregge. E quando apparirà il Pastore supremo,
riceverete la corona della gloria che non appassisce».

sac. Antonio Serio


Assistente unitario di AC

317
D OCUMENTI E V ITA DELLA C HIESA DI B ARI -B ITONTO
PUBBLICAZIONI

Antonio Ladisa
D’improvviso il tuo volto mi illumina.
Poesie e canti

Presentazione di Mons. Francesco Cacucci a


D’improvviso il tuo volto mi illumina. Poesie e canti
di Antonio Ladisa
a cura di Vito Angiuli e Antonio Parisi
Edizioni Liturgiche, Roma 2010

A un anno di distanza dall’improvvisa morte di mons. Antonio


Ladisa, mons. Vito Angiuli e mons. Antonio Parisi hanno voluto
pubblicare le sue poesie e i testi del canti da lui composti per farne
dono a tutto coloro che lo hanno conosciuto e amato.
Il motivo di questa scelta è facilmente intuibile: la poesia, per sua
natura, è canto e il canto trova nella poesia la forma espressiva più
appropriata. Così leggendo queste composizioni, sarà più facile
cogliere uno degli aspetti dell’eredità spirituale che don Tonino ci
ha lasciato: comprendere cioè che la risposta generosa e fedele alla
propria vocazione trasforma la vita in poesia e canto. 319
La chiamata, infatti, segna l’inizio del cammino, ma è anche forza
che sorregge l’intera esistenza e dà senso alle cose. Come la poesia e
il canto, la vocazione nasce da una Parola divina, da un fuoco sacro
che sgorga da una misteriosa sorgente: dalla fornace ardente della
divina carità. Attratto nel vortice dell’amore, il chiamato si lascia
conquistare e avvincere. E ponendosi in ascolto, si lascia completa-
mente possedere dall’amore, per diventare un suo araldo, un suo
messaggero, un suo profeta.
Il poeta, come il profeta, accoglie i misteri ineffabili, afferrato da
una Voce che chiama con una forza intima e suadente, cui è impos-
sibile opporre resistenza. «Venne la poesia / a cercarmi – scrive
Pablo Neruda –. Non so come né quando, / no, non eran voci, non
eran / parole, né silenzio, / ma da una strada mi chiamava, / dai
rami della notte, / d’improvviso tra gli altri, / tra fuochi violenti / o
ritornando solo, / era lì senza volto / e mi toccava».
La poesia non è solo parola, ma anche Presenza che si rivela nel
silenzio, avvolta in esso quasi come in un manto regale. Quando
essa giunge, il volto si illumina e, “d’improvviso”, scrive Pablo
Neruda tutto si rischiara e prende forma. “D’improvviso”, ripete
anche don Tonino. I poeti si intendono e, insieme, testimoniano
che la poesia, come la vocazione, è grazia che giunge “d’improvvi-
so”, in un’ora segnata dall’eternità, secondo un imprescrutabile
disegno e una modalità imprevedibile.
Giunge in un’ora che, irrevocabilmente, segna tutta la vita. Nel
tempo e nell’eternità.
Da quella parola di grazia don Tonino si è lasciato afferrare e la gra-
zia è diventata risposta personale, trasfigurata in poesia e canto e,
misteriosamente, tramutata in vita.
Una vita che è più forte della morte.

+ Francesco Cacucci
Arcivescovo di Bari-Bitonto

320
PUBBLICAZIONI

In memoria di don Tonino Ladisa


(10 novembre 1951 - 30 marzo 2009)

Fare memoria non significa soltanto non dimenticare, ma vuoi dire


soprattutto ri-cor-dare, custodire nel cuore chi è stato strappato alla
vita, ma non all’affetto e all’amore, e ricollocare nell’orizzonte della
speranza anche la dolorosa esperienza della morte.
Per tutti la vita e la morte sono un mistero e a tutti, nell’arco della
propria esistenza, può capitare di domandarsi: «Avanza la morte o
la vita?». E l’interrogativo che anche don Tonino si pone in una
poesia, scritta il 29 novembre 1995, intitolata Vita!1 .

La vita come un’aurora

La poesia è un’invocazione per sollevare il velo sul significato del


tempo che avanza e corre verso il suo esito naturale. Ma quale? La
morte o la vita? L’epilogo o l’inizio? La fine o il fine?
A 44 anni, don Tonino sente il bisogno di riflettere sugli anni
trascorsi e probabilmente, come in un flash-back, rivede il periodo
dell’infanzia e della scuola elementare. Non è improbabile che gli
torni alla mente il giorno in cui aveva fatto il suo ingresso nel
Seminario Arcivescovile di Bari (27 settembre 1963), dove aveva fre-
quentato le scuole medie e ginnasiali (1963-68). Non è nemmeno
da escludere che si affollino in lui i ricordi degli studi liceali, prima 321
a Molfetta e poi a Taranto (1969-1971), e degli studi teologici a
Molfetta (1972-1976). Certamente rimane fisso nel suo cuore il
giorno dell’ordinazione presbiterale (6 febbraio 1977), avvenuta
nella Cattedrale di Bari per l’imposizione delle mani di mons.
Anastasio Alberto Ballestrero.

1
Cfr supra, pp. 40-41.
Forse assapora nuovamente il gusto dei primi anni di ministero,
prima nella parrocchia d’origine come viceparroco (fino a giugno
1978) e, poi, come educatore (1978-1987) e padre spirituale presso
il Seminario Arcivescovile di Bari (1987-1992). Sono anni di fervido
lavoro e di intelligente progettazione educativa come Direttore del
Centro Diocesano Vocazioni (1984-1995) e del Centro Regionale
Vocazioni (1990-2000), Vicedirettore del Centro Nazionale
Vocazioni (1997-2009), Membro del Comitato di Redazione della
Rivista del Centro Nazionale Vocazioni (1997-2009).
Don Tonino scrive la poesia mentre svolge il suo ministero pa-
storale presso la Cattedrale (1992-1998) e il Capitolo Metropo-
litano Primaziale di Bari (1992-2009). Era stato Mons. Mariano
Magrassi, che apprezzava molto la sua persona, a conferirgli la nom-
ina di parroco e di canonico. In quegli anni, egli ha certamente avver-
tito di essere anche fisicamente nel “cuore” della Diocesi, a stretto
contatto con il Vescovo, a servizio della Chiesa Madre e dell’intera
comunità diocesana. E lì, al centro della città di Bari, la sua persona
si è arricchita di una nuova e più intensa esperienza pastorale.
Ben presto, gli saranno affidati altri compiti a servizio della Chiesa
diocesana e regionale: Direttore dell’Ufficio diocesano per il laicato
di Bari (1998-2005), Assistente diocesano unitario di Azione
Cattolica (2000-2005), Rettore del Pontificio Seminario Regionale
Pio XI di Molfetta (2005-2009). E proprio mentre ricopre questo
ruolo, per il quale aveva maturato una ricca esperienza educativa,
muore prematuramente e inaspettatamente in un incidente
stradale, il 30 marzo 2009. II dolore per la sua improvvisa scom-
parsa spegne la gioia delle Chiese di Puglia, in festa per la ricorren-
za del centenario di fondazione del Seminario Regionale; e la cele-
brazione festosa si trasforma in lutto e pianto.
322 Guardando retrospettivamente, forse possiamo dire che la poesia
scritta nel 1995 è un preludio al pensiero della morte. Ce ne dà una
conferma un’altra poesia, scritta un anno prima (29 novembre
1994), dal suggestivo titolo Aurora. Rileggendola, oggi, sembra
quasi un presagio dei tragici fatti accaduti e, di certo, è la migliore
interpretazione della sua vita2.

2
Cfr supra, p. 13.
PUBBLICAZIONI

Innamorato di Cristo e delle proprie radici

La vita come un’alba che avanza, così don Tonino ha interpretato la


sua esistenza3. Vivere, per lui, non è stato solo contare le stagioni
che si susseguono con ritmo monotono e ripetitivo per riannodare
il filo del tempo che inesorabilmente scorre verso la fine, ma
prestare attenzione a quel volto che illumina e dona nuovi orizzon-
ti e spazi infiniti. Sì, per don Tonino, l’esistenza è stata una conti-
nua ricerca del volto di Cristo e una scoperta che, quando egli viene,
albeggia la vita.
Aveva imparato ad amare Gesù fin dalla fanciullezza nella parroc-
chia del “Sacro Cuore”, situata al centro della città di Bari; una
comunità viva e un punto di riferimento per molti giovani che l’ave-
vano scelta come “comunità di elezione”. La vicinanza con la sede
dell’Azione Cattolica Diocesana aveva reso la parrocchia un punto
di incontri di carattere diocesano, contribuendo così ad allargare lo
sguardo oltre i confini del territorio parrocchiale. Anche dopo il
suo ingresso in Seminario, la parrocchia è stata per don Tonino un
luogo di confronto con esperienze di ampio respiro.
Significativo per il suo cammino vocazionale è stato il rapporto con
i sacerdoti della sua parrocchia, in modo particolare, con il parroco,
don Marco Mancini. Tra di loro si era stabilito un vincolo di pater-
nità e di amicizia che è continuato anche dopo l’ordinazione sacer-
dotale e ha accompagnato tutte le tappe del suo ministero sacerdo-
tale. C’era sempre un misto di venerazione e di affetto, ogni volta
che don Tonino parlava di don Marco. Si avvertiva dalle sue parole
che il rapporto era costruito non solo su una consonanza pastorale, 323
ma su una intesa più profonda di carattere umano e sacerdotale.
Don Marco, da parte sua, ha sempre considerato il sacerdozio di
don Tonino come il coronamento del suo ministero. A ogni nuovo
incarico che gli veniva affidato, scorgeva una conferma della vali-
dità del lavoro pastorale profuso con entusiasmo giovanile.

3
Cfr supra, p. 45.
Rimanere giovani, pur nello scorrere del tempo, è la caratteristica
che li ha accomunati. Il segreto, per entrambi, è consistito nel colti-
vare la relazione personale con Cristo, attinta nella preghiera e vis-
suta con un’attenzione particolare all’accompagnamento vocazio-
nale e missionario dei giovani.
Non si comprenderebbe però in modo adeguato la personalità di
don Tonino senza fare riferimento al suo ambiente familiare.
Ultimo di quattro figli (due fratelli e una sorella), egli ha scoperto
il volto amorevole di Cristo in quello dei suoi familiari, soprattutto
dei genitori. Ci sono virtù che si acquistano con l’esercizio, ma ci
sono caratteristiche personali radicate nell’ambiente familiare. Tra
di esse, una lo ha sempre contraddistinto: la capacità di sorridere e
far sorridere. Rimane proverbiale la sua capacità di intervenire nelle
discussioni con battute fulminanti che suscitavano in tutti un
senso di umorismo e di ilarità. Un dono connesso con il suo carat-
tere, ma forgiato nel clima della vita di famiglia, nella quale ben
presto egli ha appreso che le difficoltà vanno affrontate con fiducia
e con la capacità di trarre il bene anche dalle situazioni più avverse
e difficili.
Dal padre, don Tonino ha imparato la semplicità nei rapporti con
gli altri, il senso della dignità e dell’onestà. Si può così comprendere
il motivo della sofferenza che lo colpì quando apprese la notizia
della sua morte. Non si trattava solo del dolore per la perdita di una
persona amata, ma della consapevolezza del venire meno di un
punto di riferimento nel modo di intendere la vita. A lui ha dedica-
to una toccante poesia4.
Dalla madre, egli ha imparato il valore della fortezza d’animo, la
capacità di non scoraggiarsi nemmeno in presenza di gravi diffi-
coltà, la determinazione nel continuare a lavorare con generosità e
324 abnegazione senza badare alla stanchezza fisica. Ha sempre sentito
la figura materna come una roccia cui aggrapparsi e un angelo che
vegliava sulla sua persona. Chi ha vissuto i giorni tristi della sua
morte, ha potuto constatare l’affetto e l’amore con cui la madre lo
ha circondato anche in quei momenti di dolore. E stato com-
movente vederla varcare la soglia del Seminario Regionale di

4
Cfr supra, pp. 11-12.
PUBBLICAZIONI

Moffetta e ascoltare la sua voce che ripeteva infinite volte: «Tonino,


Tonino, Tonino...». È una scena eloquente che lascia trasparire il
legame d’amore che vigeva tra loro due. Qualche anno prima
(1995), nel suo ottantesimo compleanno, don Tonino le aveva de-
dicato una tenerissima poesia5.
In questo ambiente familiare e parrocchiale don Tonino ha scoper-
to il volto affascinante di Cristo. Questo volto costituirà il conti-
nuo punto di riferimento della sua riflessione. Così egli scrive in
uno dei tanti commenti al mistero della vocazione cristiana:

Traspare sempre qualcosa di straordinario nello sguar-


do di Gesù, come è descritto nel vangelo (cf. Lc 19, 5;
22, 61; Gv 1, 42). Marco sottolinea che il Maestro
guardò con simpatia il giovane cioè lo amò. Questo
gesto di amore è la chiamata cioè l’inizio della sua
vocazione di discepolo, come lo fu per Pietro (Gv 1, 42),
per Zaccheo (Lc 19, 5). Lo senti qualche volta lo sguar-
do di simpatia del Signore sulla tua vita? Non girare gli
occhi per timore che ti chiami a maggior impegno. Il
Maestro ha sempre qualcosa di importante da comu-
nicare. Cosa manca per rispondere pienamente al suo
amore e per adempiere il servizio del Regno? E che cosa
ha trovato di straordinario in te per averti un giorno
invitato al servizio della Parola nella Chiesa? Anche tu,
forse, ti sei posto l’interrogativo: «Perché ha scelto pro-
prio me e non altri? Che cosa ha visto in me il Signore
di interessante?». La risposta è una sola: «Nulla». Una
cosa però è certa: Egli ti ha amato. La responsabilità di 325
questo fatto deve accrescere il senso della disponibilità
e della dedizione al servizio della Parola, senza alcun
risparmio.

5
Cfr supra, pp. 9-10.
Poeta raffinato e artista geniale

Nel corso della sua vita egli modulerà l’esperienza dell’incontro per-
sonale con il Signore in forme sempre nuove e mai ripetitive,
trasformando il proprio vissuto in racconto, poesia, meditazione,
preghiera.
Con l’andare del tempo, si manifesterà, in modo sempre più evi-
dente, la capacità di offrire testi di una raffinata modulazione stili-
stica che ben si prestano alla trascrizione musicale. La sua capacità
comunicativa si caratterizzerà per la linearità del pensiero e la flui-
dità della parola. Ne sono testimonianza non solo le poesie e i canti
liturgici, ma anche le sue relazioni, il più delle volte, articolate in
modo da comunicare il pensiero con uno stile accattivante attra-
verso la citazione di aforismi, brevi aneddoti, frasi incisive.
La fluidità del suo eloquio poteva trarre in inganno, perché forse
poteva far pensare solo a un dono legato alla sua persona. In realtà,
chi lo ha conosciuto da piccolo e gli è stato accanto negli anni della
sua formazione ha potuto constatare il progressivo emergere della
sua innata tendenza a cercare la bellezza delle cose e delle parole, e
il certosino lavoro per esprimere i sentimenti e i pensieri in una
forma originale. Aveva nelle sue corde la naturale tendenza a mi-
surarsi con il bello, ma non ha disdegnato di imparare la tecnica
attraverso un costante allenamento per usare la parola non solo
come veicolo contenutistico, ma come richiamo estetico. Come un
valente artigiano si industria ogni giorno a “creare e dare vita” ai
suoi oggetti utilizzando con sapienza la tecnica acquisita attraver-
so un lungo apprendistato, così don Tonino si è costantemente
impegnato a “dare forma alla parola”, creando assonanze e cor-
rispondenze, accordi e armonie.
326 Qui si rivela un aspetto della sua vita che, altrimenti, non sarebbe
percepibile. Non si comprende appieno la sua persona se non si
immagina il segreto lavoro di autoformazione che egli ha portato
avanti in tutta la sua esistenza. Dopo gli anni di studio nel
Pontificio Seminario Regionale di Molfetta, si dedicò al lavoro pa-
storale, ma non smise di tenersi costantemente aggiornato sui temi
teologici e pastorali. Progressivamente, ha allargato i suoi interessi
ad altri ambiti: poesia, arte, musica. Consultando la sua biblioteca
si rimane sbalordirti per la varietà dei libri che abbracciano i più
PUBBLICAZIONI

diversi campi del sapere e che, indirettamente, testimoniano la sua


sete di conoscere, andando anche al di là di quanto poteva avere un
interesse e un utilizzo immediato nel ministero pastorale. Da
questo lavoro di accumulo di conoscenze, egli ha attinto sugge-
stioni che poi ha travasato nelle sue relazioni e nei suoi scritti che
hanno sempre il sapore della novità e della freschezza.

Pastore premuroso ed educatore instancabile

La sua capacità “creativa” si è manifestata anche in campo pa-


storale. Il suo desiderio costante, durante gli anni del suo ministero
di parroco della Cattedrale di Bari, è stato quello di coinvolgere il
maggior numero di persone nell’elaborazione di un progetto pa-
storale condiviso, aperto a nuove prospettive e in sintonia con il ter-
ritorio parrocchiale.
Ha mostrato la stessa capacità di proporre idee nuove anche in
campo vocazionale, settore al quale egli ha dedicato le sue migliori
energie di mente e di cuore. Preziosa è stata la sua partecipazione
all’elaborazione di documenti sulla formazione dei futuri presbi-
teri; utili i suggerimenti proposti nelle relazioni tenute ai convegni
diocesani, nazionali e internazionali; efficaci le proposte per dare
concretezza agli orientamenti generali; lungimiranti le prospettive
delineate nei numerosi incontri di lavoro con le equipes vocazio-
nali. Non è possibile dare conto di tutto questo lavoro. Basta solo
richiamare qualche aspetto.
È stata sua l’idea di proporre agli animatori vocazionali e ai giovani 327
della Diocesi di Bari-Bitonto di incontrarsi mensilmente per vivere
insieme l’adorazione eucaristica vocazionale. L’iniziativa ha avuto un
immediato successo e rimane ancora oggi un appuntamento
apprezzato da molti per la sua funzione di tenere desto l’impegno
per la pastorale vocazionale. Don Tonino comprese subito che
compito del CDV era di promuovere e coordinare l’animazione
vocazionale, senza sostituirsi all’attività della comunità parroc-
chiale, che rimane centro primario dell’animazione vocazionale.
Sotto la sua direzione, il CDV diventa il luogo d’incontro di per-
sone, istituzioni, associazioni in grado di contribuire alla pastorale
vocazionale, operando in modo unitario e rispettando i carismi e le
finalità proprie di ciascuno.
Ugualmente ricco è stato il suo impegno come Vice Direttore del
CNV. Ne hanno tracciato un ricordo commosso le persone con le
quali egli ha collaborato nel corso degli anni: Mons. Italo
Castellani, Mons. Lorenzo Ghizzoni, don Luca Bonari, don Nico
dal Molin (cf. la rivista “Vocazioni”, 26, 2009, n. 3 pp. 7-16).
II suo intento educativo fondamentale, come Rettore del Pontificio
Seminario Regionale di Molfetta, è stato quello di delineare una
proposta formativa rispondente alle caratteristiche delle nuove
generazioni e in sintonia con le prospettive indicate dai documenti
magisteriali. Per questo si è impegnato ad aggiornare il progetto
formativo coinvolgendo in questo lavoro educatori, professori e
seminaristi.
Tutta la vita di don Tonino si può riassumere nel suo instancabile
amore per le vocazioni. Mons. Cacucci, nell’omelia in occasione del
venticinquesimo anniversario di ordinazione presbiterale, che ab-
biamo celebrato insieme nella Cattedrale di Bari, il 20 aprile 2002,
ha richiamato la tonalità vocazionale del ministero con queste
parole:

La vostra esperienza sacerdotale è stata segnata parti-


colarmente da questa visione del Buon Pastore, perché
l’amore al sacerdozio attraverso la cura delle vocazioni
ha segnato profondamente la vostra vita. Celebrare il
venticinquesimo anniversario del vostro sacerdozio
nella trentanovesima giornata mondiale per le
vocazioni è davvero un segno mirabile della benevolen-
328 za del Signore ed è anche un segno consolante della
vostra fedeltà e del vostro amore. Seguire Gesù, le orme
del supremo Pastore, che è il compito dei pastori della
Chiesa, permette di essere accompagnatori dei fratelli
per l’ingresso nel tempio. Gesù è la porta, non una
porta. Nessuno di noi è la porta del tempio.
Accompagnare i fratelli ad entrare nel tempio è
un’opera pastorale privilegiata, intensa, straordinaria,
delicata.
PUBBLICAZIONI

Nell’acrostico sul sacerdozio scritto in occasione del venticinquesi-


mo di ordinazione sacerdotale di don Vito Spinelli (30 agosto 1995),
egli ha riletto in modo poetico le parole che spesso vengono cantate
durante l’ordinazione presbiterale, Tu es sacerdos in aeternum 6. È un
prezioso dono che don Tonino ci ha lasciato, mentre stiamo cele-
brando l’Anno sacerdotale; una meditazione in cui si intrecciano il
suo stupore e la sua ammirazione per il mistero e il ministero del
sacerdote.

Rapiti dalla stessa meraviglia, anche noi magnifichiamo il Signore


perché ha donato alla Chiesa e al mondo un uomo e un sacerdote
come don Tonino Ladisa. Siamo certi che ora egli canta il suo per-
sonale inno di lode alla Trinità con la stessa gioia e lo stesso amore
manifestati durante la sua vita.

Con amicizia.

don Vito Angiuli

329

6
Cfr supra, pp. 34-36.
La Messa è finita.
“Vorrei essere Volto di Dio”
Preghiere di don Vito Marotta

Prefazione di Luca Marotta a


La Messa è finita. “Vorrei essere Volto di Dio”
Preghiere di don Vito Marotta
Grafiche del Colle s.a.s., Gioia del Colle 2010

“La Messa è finita” è un titolo che vuole ricordare un momento un


luogo, un personaggio, una missione e una passione.
Il momento è quello che segna la fine della celebrazione eucaristica
domenicale. In quel preciso momento, che si ripete all’infinito,
venivano proclamate e distribuite le preghiere di questa raccolta. Se
da un punto di vista pastorale, questo rituale rappresenta un ten-
tativo di far meglio cogliere il messaggio della celebrazione eucari-
stica, da un altro punto di vista rappresenta certamente il tentati-
vo di superare la parola “fine”, cercando di creare un continuum che
affondi le sue radici nella mente e nel cuore delle persone.
Il luogo è l’aula liturgica, dove si celebra la messa. L’aula liturgica
concepita come luogo di “insegnamento dello spirito”. Non ci si
pone dall’alto verso il basso ma si parte da un “sentire” individuale,
inteso come sensazioni che derivano dall’ascolto della parola, per
conseguire un’elevazione spirituale, che ci tende verso Dio, verso
330 una dimensione superiore.
Il personaggio è il sacerdote. Il sacerdote che deve testimoniare il
Vangelo, che è Pastore che ama e cura le sue pecore. Non si limita
alla celebrazione eucaristica, contenente il sermone del giorno, che
rischia di diventare un rituale meccanicistico, ma va oltre: rende
partecipe del suo vissuto spirituale e conduce verso la via della
Verità.
La missione è quella evangelizzatrice. La nostra periferia è terra di
missione. In questi ultimi decenni, a causa della secolarizzazione, si
PUBBLICAZIONI

sta invertendo la dinamica del rapporto sacerdote-fedeli. Adesso il


sacerdote se aspetta i fedeli nel tempio, rischia di rimanere da solo.
Deve uscire dalla chiesa, fare il “porta a porta”. In questa ottica la
consegna del foglio contenente la preghiera domenicale diventa
“volantinaggio dello spirito”. È uno strumento che serve per entra-
re sia nell’intimo spirituale del fedele che nella sua casa. Cercando
un contatto con quei familiari che forse non sono andati a messa.
La passione è quella del cinema. Forse questa raccolta è una rispo-
sta a don Giulio, il sacerdote personaggio del film di Nanni
Moretti, che scappa perché preso da un forte senso di impotenza,
non riuscendo ad affrontare i problemi, i dolori, i drammi grandi e
piccoli, che siano, dei suoi parrocchiani. La risposta “Vorrei essere
Volto di Dio” è la stabilitas, nella certezza della Fede, di un vissuto
reale caratterizzato dal “già ma non ancora”. Forse i problemi non
si risolveranno, ma, se si ha la certezza che la parola fine non esiste,
assumeranno una dimensione relativa.

331
Ignazio Damiani
Quattro cammei per un ritratto.
Don Mario Dalesio

Presentazione di Mons. Francesco Cacucci a


Quattro cammei per un ritratto
di Ignazio Damiani
Ecumenica Editrice, Bari 2010

Indice: Presentazione, Prefazione. Questo libro, i tempi, il protagonista: I tempi, il


protagonista -... spero di farcela- La sua mano scarna mi sfiora il volto.
PRIMO CAMMEO. Don Mario Dalesio e l’Azione Cattolica: 1969: la collaborazione
tra Gioventù Femminile e Gioventù Maschile di Azione Cattolica, a Bar -
La Nostra voce trema, il Nostro cuore palpita - Al cader della giornata:
recital di canti - Il convegno del 1970 - “Vivere consolidati nella fede quale
vi fu insegnata” (Col 2,7) - “Io sono il pane disceso dal cielo” - L’essere e
l’apparire - Relazioni, sussidi ai gruppi di studio, documentazione -
L’anno 1972 - Come alberi piantati lungo il fiume noi aspettiamo la
nostra primavera. SECONDO CAMMEO. Confessione sacramentale, realtà di salvez-
za: Il Buon Samaritano medica le ferite - ... e nel tuo perdono vivrò - Due
potentissimi fasci di luce - Il sacerdote è per l’uomo: deve essere Cristo
stesso - Ego te absolvo a peccatis tuis - La figura del confessore: dal
Catechismo della Chiesa Cattolica - So che da ogni male Tu mi libererai -
“Tu mi libererai” - Sosta che rinfranca. Don Mario e Triggiano: Triggiano, il
paese della Madonna della Croce. TERZO CAMMEO. La parrocchia: Il cristiano
332 e la Parola - Qual era in fondo la preoccupazione di don Mario? - Preti
indaffarati: la sostituzione della preghiera con l’azione - Lo vuoi? Te lo
regalo. Vicario Episcopale per la pastorale: Chi mi separerà dall’amore di
Cristo? - Don Mario morì sul campo - I programmi generali della Diocesi
del 1992 e del 1993 - Anno pastorale 1993/94 - Le affermazioni conclusi-
ve nelle due note. QUARTO CAMMEO. Il trapasso: Finché avrò respiro, fino a
quando Tu vorrai, fino al giorno che Tu sai - Vi do un consiglio: compra-
te da me oro purificato col fuoco, per diventare ricchi davvero (Ap 3,19) -
Io ti prego con il cuore, so che tu mi ascolterai - Un amico fedele: balsamo
della nostra vita - Tu sei la mia vita, altro io non ho. Niente nella vita ci
PUBBLICAZIONI

separerà - Spezza ancora il pane, come facesti un dì - In Cristo rifiorirà


ogni speranza perduta.

La memoria di don Mario Dalesio, sacerdote della nostra Chiesa di


Bari-Bitonto, dopo quasi diciassette anni dalla sua morte, è ancora
una memoria viva in tanti di noi che l’abbiamo conosciuto, amato,
apprezzato. Sembra ravvivata la commozione vissuta nella catte-
drale di Bari l’8 settembre 1993, il giorno della “sua” messa ese-
quiale.
Potrebbe forse apparire strano: non ho provato “lutto” per la sua
morte. Mi son sempre chiesto il perché. Credo che la sua luminosa
“nuova vita” in Gesù Risorto l’abbia reso misteriosamente, ma
"realmente" vicino. I vari ricordi della sua persona che affiorano nel
cammino della vita, sono sempre fonte di serenità e di gratitudine.
Il suo “ritratto” offerto da Ignazio Damiani, amico comune, è un
dono per tutti. Seguiamone il percorso.
Attorno alla persona e al ministero di don Mario si intersecano una
serie di considerazioni e di annotazioni di diverso genere, da quelle
storio-geografiche a quelle esistenziali e spirituali, che arrichiscono
la trama dei ricordi di una molteplicità di elementi. Con questo
metodo di scrittura, la personalità di don Mario prende progressiva-
mente forma e i diversi temi del racconto, quasi fossero tasselli di un
grande mosaico, si compongono in un quadro unitario che sapien-
temente unisce i ricordi personali ai fatti accaduti.
A dire il vero, un precedente libro, a cura di Vito Angiuli e Michele
Giorgio, pubblicato nel primo anniversario della morte di don 333
Mario e stampato dalla stessa casa editrice nel 1994, aveva raccolto i
suoi scritti pastorali e spirituali, offrendo così la possibilità di
conoscere la sua ricca personalità umana e sacerdotale e la fecondità
del suo ministero pastorale. Le riflessioni ivi contenute, infatti, rive-
lano la carica di umanità del cuore sacerdotale di Don Mario e
richiamano i temi spirituali e pastorali a lui più cari.
Ignazio Damiani conosce questi scritti, ma nel suo libro segue
un’altra via, perché fonda tutta la sua scrittura sulla sua esperienza,
essendo egli stato legato a don Mario da una profonda e lunga ami-
cizia personale. Scavando nella sua memoria, egli riporta alla luce
gli avvenimenti e i luoghi degli incontri avuti con don Mario,
richiama le sue parole “forti e suadenti” impresse in modo inde-
lebile nella sua mente e rivela i sentimenti di affettuosa amicizia
sedimentati nel fondo dell’anima.
Di volta in volta, l’Autore mette in luce gli aspetti caratterizzanti la
personalità di don Mario: la delicatezza nel modo di avvicinare e
trattare le persone che a lui si rivolgevano per un colloquio o per una
confidenza; la capacità di intessere relazioni interpersonali, fraterne e
paterne insieme, diventando così per tanti giovani e adulti un punto
di riferimento insostituibile per la loro crescita umana e cristiana; la
grande generosità nel non appartenersi e nel darsi a tutti senza riserve;
la discrezione assoluta nel conservare le confidenze ricevute e,
insieme, la capacità di infondere sempre fiducia e speranza. Insomma,
si tratta di quell’insieme di virtù umane che il Concilio Vaticano II
nell’Optatam totius considera come qualità indispensabili per l’esercizio
del ministero pastorale.
Ed è proprio questa capacità di vivere la propria vocazione sacerdo-
tale nella linea del rinnovamento conciliare che è possibile leggere la
vita e il ministero di don Mario. Intorno a questo tema, Ignazio
Damiani racconta episodi dei quali egli è stato diretto testimone;
avvenimenti che concorrono a delineare il ritratto di una persona
che ha incarnato il modello sacerdotale proposto dal Concilio
Vaticano II. Nel racconto, quasi come due perle dello stile sacerdo-
tale conciliare, emergono due qualità di don Mario: la sua grande
attitudine a costruire rapporti di comunione tra le persone e la sua
spiccata sensibilità a promuovere la corresponsabilità dei laici. In un
periodo nel quale questi valori sono continuamente richiamati
334 come qualità indispensabili per l’esercizio del ministero, ripresen-
tare una figura sacerdotale che li ha incarnati in modo luminoso è
uno dei meriti che bisogna riconoscere all’Autore di questo libro al
quale va tutto il mio personale ringraziamento per aver ripresentato
alla nostra Chiesa locale una persona amata da tutti e a me partico-
larmente cara.

+ Francesco Cacucci
Arcivescovo di Bari-Bitonto
PUBBLICAZIONI

Nicola Bux
Gesù il Salvatore.
Luoghi e tempi della sua venuta nella storia

Introduzione a
Gesù il Salvatore.
Luoghi e tempi della sua venuta nella storia
di Nicola Bux
Ed. Cantagalli, Siena 2009

Indice: Introduzione; I. L’origine di Gesù Cristo: 1. Tra Apocrifi e Vangeli – 2.


La nascita e l’infanzia di Maria: La festa orientale della Concezione; II. Egli
salverà il suo popolo: 1. Perché Nazaret - 2. L’annuncio a Maria e il sogno di
Giuseppe: Il luogo del villaggio evangelico, Il santo Luogo dell’incarna-
zione, La santa Casa di Maria tra Nazaret e Loreto; III. La preparazione del-
l’avvento del Salvatore: 1. La visita di Maria e la nascita di Giovanni: I
Misteri di Ein Karem, Chiesa della Visitazione, Chiesa di San Giovanni
Battista, S. Atanasio: Lettera a Epitteto – 2. San Giovanni nel deserto – 3.
Colui che ha preparato la via della salvezza: Il luogo del Battesimo del
Signore al Giordano – 4. Il martirio a Macheronte in Transgiordania: La
sepoltura e il culto a Samaria-Sebaste; IV. Non temete: è nato il Salvatore: 1.
Perché Betlemme – 2. Il viaggio: La sosta di Maria – 3. Il censimento: La
data del Natale, Annuncio di Natale (Kalenda) – 4. La Natività: La tradi- 335
zione della Grotta, Dal Protovangelo di Giacomo – 5. L’annuncio
dell’Angelo ai pastori: I campi dove pascolavano, Visione avuta da santa
Brigida a Betlemme – 6. Le traversie della basilica: Il luogo oggi, Joseph
Ratzinger: La porta stretta di Betlemme – 7. La santa Grotta: La mangia-
toia, Le grotte adiacenti, La Grotta “del Latte” e la “casa” di san Giuseppe,
La liturgia di Natale ieri e oggi; V. I miei occhi hanno mirato il Salvatore: 1. La
festa della circoncisione e il nome di Gesù – 2. Gesù al Tempio e la profe-
zia della redenzione – 3. I Magi venuti per adorarlo: Chi erano, “Vedemmo
la sua stella”, La liturgia dell’Epifania, Paolo VI a Betlemme, gennaio 1964
– 4. La strage degli innocenti: Chi era Erode – 5. La fuga in Egitto: La pre-
ghiera alla Vergine Maria; VI. Il ritorno a Nazaret: 1. San Giuseppe il giusto:
La chiesa della Nutrizione – 2. Il pellegrinaggio al Tempio: Sefforis, dove
Gesù lavorava e parlava greco – 3. I parenti del Signore; Nota bibliografica.

Questo libro nasce dall’attrattiva di Gesù, contemplato in particola-


re nel mistero affascinante della sua infanzia. Dice santa Teresa
d’Avila: «non possiamo piacere a Dio e da lui ricevere grandi grazie,
se non per le mani della sacralissima umanità di Cristo, nella quale
egli ha detto di compiacersi. Ne ho fatto molte volte l’esperienza, e
me l’ha detto il Signore stesso. Ho visto nettamente che dobbiamo
passare per quieta porta, se desideriamo che la somma Maestà ci
mostri i suoi grandi segreti. Non bisogna cercare altra strada, anche
se si è raggiunto il vertice della contemplazione, perché per questa via
si è sicuri. È da lui, Signore nostro, che vengono tutti i beni. Egli ci
istruirà. Meditando la sua vita, non si troverà modello più perfetto»1.
Tutti i santi hanno seguito la via di Gesù, molti hanno privilegiato
la sua infanzia perché sacramento dell’eterna giovinezza di Dio:
l’Unigenito, ci ha fatto conoscere Dio che nessuno aveva mai visto.
Quanti santi sono raffigurati con Gesù bambino tra le braccia.
Tommaso da Celano, al termine della descrizione del presepe di
Greccio, annota che «il fanciullo Gesù era stato abbandonato alla
dimenticanza nel cuore di molti, e per grazia di Dio fu risuscitato
in costoro per mezzo del suo santo servo Francesco e fu impresso
nella loro memoria amante»2. In Gesù è apparsa nel mondo la veri-
tà3 e la grazia apportatrice di salvezza per tutti gli uomini4. A qual-
cuno tutto questo potrà apparire incongruo con lo studio dei dati
storici ed archeologici, ma l’Incarnazione è avvenuta nella storia e
336 la storia non può prescindere da essa. A tal fine si menzionano in
questo studio le reliquie e i luoghi santi trasferiti o riprodotti in
Europa, che appartengono alle sue radici cristiane.
Per farsi un’idea dell’infanzia di Gesù, è necessario tenere presenti i sobri

1
Opuscolo Il libro della vita, cap. 22, 6.
2
1 Cel 86: FF 470.
3
Cfr Gv 1, 17.
4
Cfr Tit 2, 11.
PUBBLICAZIONI

dati evangelici e la tradizione orale e scritta dei santi Padri e delle sacre
liturgie che ancora oggi si celebrano in Terra Santa, ma anche gli apo-
crifi, i racconti e le meditazioni dei pellegrini antichi o recenti. Quando
poi è dato di pellegrinare in quei luoghi santi, si comprende meglio la
storicità dei fatti che hanno avuto al centro la persona divina di Gesù.
Una lettera di Melitone vescovo di Sardi, riportata dal primo stori-
co della Chiesa Eusebio di Cesarea, annota: «Recatomi dunque in
Oriente, ho veduto i luoghi dove fu annunziato e si compì ciò che
contiene la Scrittura»; e del vescovo Alessandro racconta: «Intra-
prese il viaggio dalla Cappadocia… alla volta di Gerusalemme per
pregare e visitare i luoghi santi»5. Allo stesso modo si comportò
Egeria, la celebre pellegrina del IV secolo, che con occhi semplici ha
descritto i luoghi santi e nello stesso tempo ha osservato con stu-
pore e meditato con amore i misteri che in essi si sono compiuti e
continuano a compiersi. Tuttavia, san Massimo il Confessore s’in-
terroga: «Ma il grande mistero dell’incarnazione divina rimane pur
sempre un mistero. In effetti come può il Verbo, che con la sua per-
sona è essenzialmente nella carne, essere al tempo stesso come per-
sona ed essenzialmente tutto nel Padre? Così come può lo stesso
Verbo, totalmente Dio per natura, diventare totalmente uomo per
natura? E questo senza abdicare per niente né alla natura divina,
per cui è Dio, né alla nostra, per cui è diventato uomo? Soltanto la
fede arriva a questi misteri, essa che è la sostanza e la base di quelle
cose che superano ogni comprensione della mente umana»6.
Auguriamo a chi leggerà questo libro di potersi abbassare e passa-
re per la ‘porta stretta’ come suggerisce Joseph Ratzinger 7: così ci si
avvicina al mistero di Gesù Salvatore. Perché dei piccoli è il regno 337
dei cieli.

5
Historia ecclesiastica, IV, 26,14; VI, 11, 2.
6
500 Capitoli. Centuria 1, 13; PG 90, 1186.
7
Cfr il presente libro, pp. 83-85.
Salvatore De Pascale
Viaggio nei 10 anni 1999-2009
Parrocchia S. Giuseppe Moscati in Triggiano

Prefazione di Salvatore De Pascale a


Viaggio nei 10 anni 1999-2009
Litopress, Bari 2009

Indice: Introduzione, Decreto Costitutivo Parrocchia, Pensiero di


Vincenzo Giannelli Diacono, Pensiero di don Paolo Bux, Saluto di don
Salvatore, Le immagini, Verbale Assemblea Parr. 1996, Le immagini,
L’Oratorio, Lettera aperta Halloween? No, thanks!, Le immagini, Primo
Verbale C.P.P., Le immagini, Articolo Gazzetta sugli incidenti stradali, Le
immagini, I Care, Le immagini, Pensiero del don su Santiago, Le immagi-
ni, Teriamik, Bozza Progetto Chiesa nuova, Le immagini, Messaggi
Pastorali, Le immagini, Presepi e Altari del repositorio.

Carissima famiglia parrocchiale, quando il 7 ottobre del 2002 con


la benedizione di Sua Ecc.za mons. Francesco Cacucci facevo il mio
primo ingresso in qualità di parroco di questa comunità, non avrei
mai pensato che mi sarei ritrovato dopo 8 anni a scrivere queste
righe in occasione del 10° anniversario di erezione canonica della
nostra Parrocchia.
338 «Grandi cose ha fatto in noi l’Onnipotente e Santo è il Suo Nome».
Questi sono i miei sentimenti a distanza di tempo. È solo Grazia di
Dio infatti, tutto quello che di buono insieme abbiamo costruito,
pietra dopo pietra, nel corso di questi anni.
Quello che invece abbiamo seminato male, per le nostre negligenze
o incoerenze, lo affidiamo alla Misericordia di Dio perché abbia
pietà di noi e ci perdoni.
Le foto e gli scritti, corredo di questo libretto, non siano allora per
noi motivo di vanto ma solo di riconoscenza nei confronti del Buon
PUBBLICAZIONI

Dio che «tutto opera in colui che crede», consapevoli che «se il
Signore non costruisce la casa invano vi faticano i costruttori».
O mia amata famiglia, il meglio è sempre e comunque dinanzi a
noi, perché il futuro é nelle mani di Dio.
La nostra speranza ha un nome e un volto: si chiama Gesù. Siamo
appena all’inizio della Sua costruzione spirituale per la nostra
comunità.

Buon lavoro a noi tutti


e grazie di cuore per quello che
siete e sarete per me.

Vostro
don Salvatore

339
Alberto D’Urso
Mons. Carmine De Palma
eroe nel confessionale

Prefazione di Francesco Cacucci a


Mons. Carmine De Palma
eroe nel confessionale
di mons. Alberto D’Urso

Indice: Prefazione; Cenni biografici; Anima sacerdotale; Sensibilità pasto-


rale; La spiritualità benedettina; La pietà Eucaristica e il Ministero della
Confessione; La preghiera e la devozione alla Madonna; La devozione a
San Nicola; Allegato Testo della deposizione resa da Mons. Carmine De
Palma al Processo Ordinario della Diocesi per la Beatificazione di Suor
Elia di San Clemente; Bibliografia.

«Il sacerdozio è l’amore del cuore di Gesù».


La bella espressione del santo Curato d’Ars, proposta quasi a mo’ di
icona da papa Benedetto XVI nella lettera di indizione dell’Anno
sacerdotale, può pienamente applicarsi al Servo di Dio mons.
Carmine De Palma. Barese, presbitero di grande cultura e di grande
spiritualità, di intensa attività pastorale, mons. De Palma ha segna-
to la storia della nostra Chiesa locale con la personalità, le sue virtù
340 umane e cristiane, spendendosi fino alla fine per la cura delle
anime, soprattutto nella direzione spirituale e nel sacramento della
Riconciliazione.
Dal suo confessionale sono passati presbiteri, consacrati e consa-
crate, laici senza numero.
Della sua sapienza spirituale hanno potuto godere, tra gli altri, la
beata Elia di San Clemente, la serva di Dio Bina Morfini, il servo di
Dio Giovanni Modugno, la prof. Anna De Renzio, le figure di san-
tità della Chiesa di Bari–Bitonto.
PUBBLICAZIONI

Nei confronti di mons. De Palma la nostra Chiesa ha un debito che


è difficile quantificare.
Fu uomo di larga erudizione, ma anche di profonda umiltà, di tanti
impegni pastorali, ma anche di intensa preghiera nello spirito bene-
dettino, di doti meravigliose, ma anche di una grande riservatezza,
di incarichi ufficiali, ma anche di assidua disponibilità al colloquio
personale. Ho avuto la gioia di conoscerlo di persona e in altra occa-
sione già ebbi a scrivere di lui: «Era l’uomo del silenzio, della fede e
dell’amore profondo, della solitudine non vuota, dell’accoglienza
paterna e dell’autentica comunione». Mons. De Palma è stato dav-
vero "l’amore del cuore di Gesù". Da quando è stata introdotta la
sua causa di beatificazione, la pubblicazione di alcuni suoi scritti ci
da già dato la possibilità di conoscere l’anima sacerdotale, il cuore
d’oro di mons. De Palma, la sua cultura, la sua particolare devozio-
ne a Maria e a san Nicola. Questa nuova pubblicazione ci propone,
in agile libretto, la vita e la spiritualità di mons. De Palma, le sue
virtù di sacerdote, di pastore di anime, la sua pietà eucaristica. Sono
davvero grato a mons. Alberto D’Urso per questo lavoro, che nasce
dalla grande venerazione, dal grande affetto che ha sempre avuto
per mons. De Palma, per averne promosso la conoscenza, e non
solo a Bari, grazie all’attività che egli segue come vice presidente
nazionale dell’Unione Apostolica del Clero. Il mio auspicio è che il
libretto possa contribuire, profittando anche dell’Anno sacerdotale
che stiamo vivendo, a far crescere una spiritualità sacerdotale, non
soltanto tra i presbiteri, ma anche tra i religiosi e i laici, popolo
sacerdotale dell’unico vero sommo sacerdote, Cristo.
341
+ Francesco Cacucci
Arcivescovo di Bari-Bitonto
D OCUMENTI E V ITA DELLA C HIESA DI B ARI -B ITONTO
NELLA PACE DEL SIGNORE

Don Leonardo Cardetta

Don Vito Leonardo Cardetta è nato a Bari il 9 ottobre 1945 ed è


stato ordinato presbitero il 12 luglio 1970. È tornato alla casa del
Padre il 21 aprile 2010. Le esequie sono state celebrate da S.E.
l’Arcivescovo Mons. Francesco Cacucci il 22 aprile 2010 nella chie-
sa parrocchiale di S. Maria Maggiore in Gioia del Colle.

Don Leonardo è stato il dono più prezioso di quest’anno sacerdo-


tale.
Un dono per la Chiesa e una testimonianza della vitalità del sacra-
mento dell’Ordine che il 12 luglio 1970 lo ha reso sacerdote. La
forza dello Spirito Santo si è resa presente in lui nell’efficacia del
ministero sacerdotale. In questi ultimi mesi, come se nulla si fosse
mai interrotto, ha espresso la pienezza della sua personalità umana
e sacerdotale, la sua cultura sconfinata, un senso pratico attento e 343
originale e soprattutto ha diffuso in mezzo a noi la sua felicità: tutti
se ne sono accorti!
Grazie per essere ritornato: e anche negli anni in cui lo abbiamo
percepito lontano, in realtà è stato spinto dal bisogno di essere di
aiuto al caro e venerato fratello Vito. Hanno percorso, insieme, infi-
nite strade. Ha sofferto tanto per la sua morte: ora lo immaginiamo
accanto a lui a camminare incontro al Signore.
Fonti inesauribili del suo sacerdozio sono state l’Eucaristia e la
Parola di Dio. L’Eucaristia che ha offerto ogni giorno in comunio-
ne con Cristo al Padre, nel silenzio della sua casa. La Parola di Dio
di cui è stato un appassionato studioso e divoratore.
Parola ed Eucaristia lo hanno sostenuto e accompagnato. Lo hanno
tutti sperimentato vedendolo trepidante nel presiedere la celebra-
zione eucaristica e autorevole nell’insegnamento omiletico.
Ha amato il suo paese, Gioia del Colle, le tradizioni, le persone, le
pietre scolpite del centro storico, ma soprattutto la sua parrocchia
S. Maria Maggiore: la chiesa madre.
Lo ricordiamo zelante viceparroco nella parrocchia S. Lucia in
Gioia del Colle e docente appassionato di religione presso la scuola
media Losapio e come rettore della chiesa di S. Domenico.
Molti giovani sacerdoti lo hanno conosciuto per le belle lettere di
auguri che scriveva in occasione dell’ordinazione presbiterale:
erano cariche di affetto, fraternità sacerdotale e incoraggiamento a
intraprendere il cammino del sacerdozio.
Ringraziamo don Leonardo per la sua testimonianza di coraggio a
tornare in mezzo al popolo a cui il Signore lo aveva affidato e avere
aperto il suo cuore al vescovo e al presbiterio, e particolarmente ai
sacerdoti delle parrocchie di Gioia del Colle che lo hanno accolto
con delicatezza e cura.
Grazie don Leonardo per essere stato il dono più prezioso di questo
anno sacerdotale.

344
NELLA PACE DEL SIGNORE

Don Carlo Fiore

Nasce a Gioia del Colle il 23 aprile 1926, secondogenito di cinque


figli. Nel pieno della seconda guerra mondiale, all’età di tredici
anni, entra nel seminario di Bari, dove frequenta le scuole medie e
il ginnasio.Trasferitosi a Roma, partecipa assiduamente alle attività
della parrocchia della Mercede, retta dai religiosi “Mercedari”, che
con la parola e l’esempio segnano spiritualmente la vita di don
Carlo sino alla chiamata al sacerdozio. Nonostante la salute mal-
ferma, completa gli studi teologici a Macerata, dove il 29 giugno
1968 viene ordinato sacerdote.
Dopo l’ordinazione viene nominato parroco nella chiesa S. Maria
degli Angeli a S. Gabriele dell’Addolorata, in provincia di Teramo.
Dopo tre anni di ministero in Abruzzo, viene accolto da mons.
Enrico Nicodemo nella diocesi di Bari, dove svolge il suo servizio
pastorale a Mola, dapprima nella parrocchia S. Nicola, e in seguito
nella parrocchia Maria SS. del Rosario.
Dal 1971 al 1991 svolge con passione e dedizione l’incarico di inse-
gnante di religione presso l’Istituto professionale “Luigi Santarella”
di Bari, riscuotendo l’apprezzamento di tutto il corpo docente e del
Provveditore agli studi.
Nel 1996 ritorna a Gioia del Colle dove svolge il suo ministero pres-
so la parrocchia S. Lucia, e in seguito nella parrocchia Immacolata,
con l’incarico di rettore della chiesa del Crocifisso. 345
Dal 2006 ha offerto il suo prezioso contributo alla parrocchia S. Vito
Martire, sempre in Gioia del Colle. Con grande gioia, per quello che
la sua precaria condizione di salute gli consentiva, si è reso disponi-
bile a servire la comunità attraverso la celebrazione dell’Eucaristia e
soprattutto del sacramento della Confessione.
Il 29 giugno 2008 S.E. mons. Cacucci celebrava la solenne liturgia
di ringraziamento per il 40° anniversario di ordinazione sacerdota-
le di don Carlo, che particolarmente commosso rinnovava la sua la
sua fedele adesione alla chiamata del Signore. Da allora la salute è
lentamente peggiorata rendendogli impossibile la celebrazione
della Messa: ciò nonostante rimaneva disponibile a ricevere in casa
quanti volevano un consiglio o un incontro. Durante la visita
pastorale a novembre 2009 gioiva commosso per la presenza
dell’Arcivescovo che lo incontrava in casa: don Carlo garantiva l’of-
ferta delle sue sofferenze per il bene dell’intera comunità diocesana
e in particolare per tutti i sacerdoti.
Lasciava questo mondo il 30 aprile 2010. Nella liturgia funebre,
svoltasi il 2 maggio presso la parrocchia S. Vito Martire, l’Arci-
vescovo accoglieva la sua testimonianza sacerdotale presentandola
come offerta a Dio gradita.

346
D OCUMENTI E V ITA DELLA C HIESA DI B ARI -B ITONTO
DIARIO DELL’ARCIVESCOVO

Marzo 2010

1 - Al pomeriggio, presso la chiesa di Maria SS. del Carmine


in Bari vecchia, celebra la S. Messa e successivamente, nel-
l’aula “Mons. Enrico Nicodemo”, presiede la cerimonia di
inaugurazione dell’anno accademico dell’Istituto Supe-
riore di Scienze religiose “Odegitria”, relatore il prof.
Giorgio Otranto.
2 - Alla sera, in Cattedrale, celebra la S. Messa nella solennità
di Maria SS. di Costantinopoli con la partecipazione dei
vicariati I, III, VI e XII.
3 - Alla sera, in Cattedrale, celebra la S. Messa con la parteci-
pazione dei vicariati VII, X e XI.
4 - Alla sera, in Cattedrale, celebra la S. Messa con la parteci-
pazione del vicariato episcopale territoriale Bitonto-Palo
del Colle e i vicariati II e VIII. 347
5 - Alla sera, in Cattedrale, celebra la S. Messa con la parteci-
pazione dei vicariati IV, V e IX.
6 - Alla sera, in Cattedrale, celebra la S. Messa per il 175°
anniversario di fondazione della Congregazione delle
Suore Adoratrici del Sangue di Cristo.
7 - Al mattino, presso la parrocchia S. Enrico in Bari, celebra
la S. Messa per il 50° anniversario di fondazione della par-
rocchia. Successivamente, presso il santuario S. Fara in
Bari, celebra la S. Messa per il Convegno regionale degli
Istituti secolari (C.I.S.).
- Alla sera, in Cattedrale, celebra la S. Messa per la consa-
crazione nell’Ordo viduarum.
8 - Alla sera, in Mola di Bari, presiede l’inizio degli esercizi
spirituali cittadini per i giovani.
9 - Al pomeriggio, visita la zona industriale di Modugno e
successivamente, presso l’Oratorio S, Giovanni Bosco in
Modugno, presiede l’incontro interparrocchiale in prepa-
razione alla Visita pastorale.
10 - Al mattino, nella parrocchia Maria SS. Annunziata in Modu-
gno, celebra la S. Messa per la festa di Maria SS. Addolorata
e successivamente incontra l’amministrazione comunale
nell’ambito della Visita pastorale alla città.
- Alla sera, presso la sede della Biblioteca “G. Ricchetti” in
Bari, partecipa alla celebrazione del 90° anniversario della
fondazione della Biblioteca.
11-14 - Visita pastorale alla parrocchia Maria SS. Annunziata in
Modugno.
15 - Alla sera, nell’aula magna “Attilio Alto” del Politecnico di
Bari, incontra gli studenti sul tema: “Educazione ai mass
media: un’emergenza”.
16 - Al mattino, nella Basilica di S. Nicola, celebra la S. Messa
per le Interforze, in preparazione alle festività pasquali.
- Al pomeriggio, presso la parrocchia S. Luca in Bari, inau-
gura il nuovo campo sportivo.
- Alla sera, in Cattedrale, guida la catechesi per la comunità
parrocchiale.
18-21 - Visita pastorale alla parrocchia S. Agostino in Modugno.
348 19 - Al mattino, presso Villa Romanazzi Carducci, porta il
saluto al convegno del Rotary Club.
22-25 - A Roma, partecipa alla riunione del Consiglio Permanente
della CEI.
25 - Al pomeriggio, presso il Pontificio Seminario Regionale
pugliese Pio XI in Molfetta, celebra la S. Messa nel primo
anniversario della morte di mons. Antonio Ladisa e pre-
siede la cerimonia di intitolazione dell’aula magna del
Seminario al compianto Rettore.
DIARIO DELL’ARCIVESCOVO

26 - Al mattino, presso l’Ufficio regionale del Catasto nel


Palazzo delle Finanze in Bari, celebra la S. Messa in prepa-
razione alle festività pasquali.
- Al pomeriggio, in Contrada Copiana in Bari, partecipa
alla cerimonia in occasione del decimo anniversario di
fondazione del Villaggio Aurora.
- Alla sera, nella Basilica di S. Nicola, partecipa a un incon-
tro sulla pastorale familiare.
27 - Al pomeriggio, presiede presso l’Arcivescovado l’incontro
con i giornalisti e celebra la S. Messa in preparazione alle
festività pasquali.
28 - Al mattino, sul sagrato della chiesa della SS. Trinità e dei
SS. Medici in Bari vecchia, benedice i rami di ulivo, quindi
si reca processionalmente in Cattedrale, dove celebra la S.
Messa della Domenica delle Palme.
29 - Al mattino, presso l’Oasi S. Maria in Cassano Murge, pre-
siede il ritiro del clero.
- Alla sera, presso la parrocchia S. Carlo Borromeo in Bari,
celebra la S. Messa e benedice le nuove campane.
30 - Alla sera, presso il Seminario Arcivescovile, celebra la S.
Messa per l’ammissione al diaconato e al presbiterato dei
seminaristi Alessandro D’Angelo, Alfredo Gabrielli,
Nicola Simonetti e Gerri Zaccaro, e al diaconato perma-
nente dei sigg. Carlo Benito Errico e Donato Lippolis.
31 - Al mattino, presso la Curia arcivescovile, scambia gli augu-
ri pasquali con i collaboratori della Curia.
349
Aprile 2010

1 - Al mattino, in Cattedrale, celebra la Messa crismale.


- Alla sera, in Cattedrale, celebra la Messa “in coena Do-
mini”.
- Successivamente partecipa all’adorazione del SS. Sacra-
mento.
2 - Al mattino, in Cattedrale, presiede l’Ufficio delle Letture.
- Alla sera, in Cattedrale, presiede la celebrazione della
Passione del Signore.
- Successivamente, in Bitonto, partecipa alla processione
del Venerdì santo.
3 - Al mattino, in Cattedrale, presiede l’Ufficio delle Letture.
- Alla sera, in Cattedrale, presiede la Veglia Pasquale.
4 - Al mattino, nella Concattedrale di Bitonto, celebra la S.
Messa del giorno di Pasqua.
8 - Al mattino, in Cattedrale, concelebra la S. Messa con S.E.
mons. Giuseppe Anfossi, vescovo di Aosta, in occasione
del pellegrinaggio della sua diocesi sulle orme di
sant’Anselmo.
- Al pomeriggio, nella cattedrale di Otranto, partecipa,
come conconsacrante, alla concelebrazione eucaristica per
l’ordinazione episcopale di S.E. mons. Vincenzo Pisanello,
nuovo vescovo di Oria.
9 - Alla sera, in Cattedrale, celebra la S. Messa per la consa-
crazione nell’Ordo virginum.
350 11 - Al mattino, celebra la S. Messa presso la chiesa dell’An-
nunziata nella fraz. Monte Sannace in Gioia del Colle.
- Al pomeriggio, presso la parrocchia S. Marcello in Bari,
presiede un incontro di spiritualità familiare.
12 - Alla sera, presso la Casa del clero in Bari, incontra i mem-
bri del Serra Club.
13 - Alla sera, presso l’Oasi S. Martino in Bari, incontra i dia-
coni permanenti.
15-18 - Visita pastorale alla parrocchia SS. Apostoli in Modugno.
DIARIO DELL’ARCIVESCOVO

19 - Alla sera, presso la parrocchia S. Ciro in Bari, celebra la S.


Messa per l’ordinazione diaconale di Pietro Tanzi.
20 - Al mattino, presso il Pontificio Seminario Regionale Pio
XI in Molfetta, presiede la riunione della Conferenza Epi-
scopale Pugliese.
- Alla sera, presso la sede dell’Azione cattolica diocesana,
incontra la Presidenza di A.C.
21 - Al mattino, presso la Casa del clero in Bari, partecipa
all’incontro del prof. Franco Miano, presidente nazionale
di A. C., con i sacerdoti diocesani.
- Alla sera, presso l’aula magna “Attilio Alto” del Politecnico
di Bari, partecipa all’Assemblea diocesana del laicato: rela-
tore il prof. Franco Miano, presidente nazionale di A.C.,
sul tema “Educazione integrale della persona e comunità
cristiana”.
22 - Presso la parrocchia S. Maria Maggiore in Gioia del Colle,
celebra le esequie di don Leonardo Cardetta.
22-25 - Visita pastorale alla parrocchia S. Ottavio in Modugno.
26 - Alla sera, presso la parrocchia S. Marco in Bari, presiede i
vespri e incontra la comunità parrocchiale.
27 - Al mattino, presso il santuario del Beato Giacomo in
Bitetto, celebra la S. Messa per la festa del Titolare.
- Alla sera, presso l’Istituto “S. Maria De Mattias” in Bari
Carbonara, partecipa alla presentazione del volume di Ignazio
Damiani Quattro cammei per un ritratto. Don Mario Dalesio.
28-29 - Presso il Salone degli Affreschi nel Palazzo Ateneo di Bari,
partecipa ai lavori del IX Convegno nazionale della Società 351
Italiana per la Bioetica e i Comitati etici sul tema: “La sof-
ferenza umana tra fragilità, solitudine e speranza”, relatore
S.Em. il card. Dionigi Tettamanzi, arcivescovo di Milano.
30 - Al mattino, presso la Casa del clero, presiede i lavori del
Consiglio Presbiterale diocesano.
- Alla sera, presso la parrocchia S. Maria Assunta in Binetto, cele-
bra la S. Messa per l’intitolazione del quartiere a “S. Giuseppe
artigiano”.
Anno LXXXVI n. 2 Marzo - Aprile 2010

l’Odegitria
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