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BOLLETTINO DIOCESANO
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2-2010
l´Odegitria
Atti ufficiali e attività pastorali
dell’Arcidiocesi di Bari-Bitonto
BOLLETTINO DIOCESANO
l´Odegitria
Atti ufficiali e attività pastorali
dell’Arcidiocesi di Bari-Bitonto
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SOMMARIO
PUBBLICAZIONI 319
DIARIO DELL’ARCIVESCOVO
Marzo 2010 347
Aprile 2010 350
198
D OCUMENTI DELLA C HIESA U NIVERSALE
MAGISTERO PONTIFICIO
Cari amici,
sono lieto di incontrarvi e di rivolgere a ciascuno di voi il mio ben-
venuto, in occasione dell’annuale corso sul foro interno, organizza-
to dalla Penitenzieria apostolica. Saluto cordialmente mons.
Fortunato Baldelli, che, per la prima volta, come penitenziere mag-
giore, ha guidato le vostre sessioni di studio e lo ringrazio per le
parole che mi ha indirizzato. Con lui saluto mons. Gianfranco
Girotti, reggente, il personale della Penitenzieria e tutti voi che, con
la partecipazione a questa iniziativa, manifestate la forte esigenza di
approfondire una tematica essenziale per il ministero e la vita dei
presbiteri.
Il vostro corso si colloca, provvidenzialmente, nell’Anno sacerdo-
tale, che ho indetto per il 150° anniversario della nascita al cielo di 205
san Giovanni Maria Vianney, il quale ha esercitato in modo eroico
e fecondo il ministero della Riconciliazione. Come ho affermato
nella Lettera d’indizione: «Tutti noi sacerdoti dovremmo sentire
che ci riguardano personalmente quelle parole che egli, [il Curato
d’Ars], metteva in bocca a Cristo: “Incaricherò i miei ministri di
annunciare ai peccatori che sono sempre pronto a riceverli, che la
mia Misericordia è infinita”. Dal Santo Curato d’Ars, noi sacerdoti
possiamo imparare non solo una inesauribile fiducia nel sacramen-
to della Penitenza, che ci spinga a rimetterlo al centro delle nostre
preoccupazioni pastorali, ma anche il metodo del “dialogo di sal-
vezza” che in esso si deve svolgere». Dove affondano le radici dell’e-
roicità e della fecondità, con cui san Giovanni Maria Vianney ha vis-
suto il proprio ministero di confessore? Anzitutto in un’intensa
dimensione penitenziale personale. La coscienza del proprio limite
ed il bisogno di ricorrere alla misericordia divina per chiedere per-
dono, per convertire il cuore e per essere sostenuti nel cammino di
santità, sono fondamentali nella vita del sacerdote: solo chi per
primo ne ha sperimentato la grandezza può essere convinto annun-
ciatore e amministratore della misericordia di Dio. Ogni sacerdote
diviene ministro della Penitenza per la configurazione ontologica a
Cristo, sommo ed eterno sacerdote, che riconcilia l’umanità con il
Padre; tuttavia, la fedeltà nell’amministrare il sacramento della
Riconciliazione è affidata alla responsabilità del presbitero.
Viviamo in un contesto culturale segnato dalla mentalità edonisti-
ca e relativistica, che tende a cancellare Dio dall’orizzonte della vita,
non favorisce l’acquisizione di un quadro chiaro di valori di riferi-
mento e non aiuta a discernere il bene dal male e a maturare un giu-
sto senso del peccato. Questa situazione rende ancora più urgente
il servizio di amministratori della misericordia divina. Non dobbia-
mo dimenticare, infatti, che c’è una sorta di circolo vizioso tra l’of-
fuscamento dell’esperienza di Dio e la perdita del senso del pecca-
to. Tuttavia, se guardiamo al contesto culturale in cui visse san
Giovanni Maria Vianney, vediamo che, per vari aspetti, non era così
dissimile dal nostro. Anche al suo tempo, infatti, esisteva una men-
talità ostile alla fede, espressa da forze che cercavano addirittura di
impedire l’esercizio del ministero. In tali circostanze, il Santo
Curato d’Ars fece «della chiesa la sua casa», per condurre gli uomi-
206 ni a Dio. Egli visse con radicalità lo spirito di orazione, il rapporto
personale ed intimo con Cristo, la celebrazione della S. Messa, l’a-
dorazione eucaristica e la povertà evangelica, apparendo ai suoi
contemporanei un segno così evidente della presenza di Dio, da
spingere tanti penitenti ad accostarsi al suo confessionale. Nelle
condizioni di libertà in cui oggi è possibile esercitare il ministero
sacerdotale, è necessario che i presbiteri vivano in “modo alto” la
propria risposta alla vocazione, perché soltanto chi diventa ogni
giorno presenza viva e chiara del Signore può suscitare nei fedeli il
MAGISTERO PONTIFICIO
senso del peccato, dare coraggio e far nascere il desiderio del perdo-
no di Dio.
Cari confratelli, è necessario tornare al confessionale, come luogo
nel quale celebrare il sacramento della Riconciliazione, ma anche
come luogo in cui “abitare” più spesso, perché il fedele possa trova-
re misericordia, consiglio e conforto, sentirsi amato e compreso da
Dio e sperimentare la presenza della misericordia divina, accanto
alla Presenza reale nell’Eucaristia. La “crisi” del sacramento della
Penitenza, di cui spesso si parla, interpella anzitutto i sacerdoti e la
loro grande responsabilità di educare il popolo di Dio alle radicali
esigenze del Vangelo. In particolare, chiede loro di dedicarsi gene-
rosamente all’ascolto delle confessioni sacramentali; di guidare con
coraggio il gregge, perché non si conformi alla mentalità di questo
mondo (cfr Rm 12,2), ma sappia compiere scelte anche controcor-
rente, evitando accomodamenti o compromessi. Per questo è im-
portante che il sacerdote abbia una permanente tensione ascetica,
nutrita dalla comunione con Dio, e si dedichi ad un costante
aggiornamento nello studio della teologia morale e delle scienze
umane.
San Giovanni Maria Vianney sapeva instaurare con i penitenti un
vero e proprio “dialogo di salvezza”, mostrando la bellezza e la
grandezza della bontà del Signore e suscitando quel desiderio di
Dio e del Cielo, di cui i santi sono i primi portatori. Egli affermava:
«Il Buon Dio sa tutto. Prima ancora che voi vi confessiate, sa già che
peccherete ancora e tuttavia vi perdona. Come è grande l’Amore del
nostro Dio, che si spinge fino a dimenticare volontariamente l’av-
venire, pur di perdonarci» (Monnin A., Il Curato d’Ars. Vita di Gian- 207
Battista-Maria Vianney, vol. I, Torino 1870, p. 130). È compito del
sacerdote favorire quell’esperienza di “dialogo di salvezza”, che,
nascendo dalla certezza di essere amati da Dio, aiuta l’uomo a rico-
noscere il proprio peccato e a introdursi, progressivamente, in quel-
la stabile dinamica di conversione del cuore, che porta alla radicale
rinuncia al male e ad una vita secondo Dio (cfr Catechismo della
Chiesa Cattolica, n. 1431).
Cari sacerdoti, quale straordinario ministero il Signore ci ha affida-
to! Come nella celebrazione eucaristica Egli si pone nelle mani del
sacerdote per continuare ad essere presente in mezzo al suo popo-
lo, analogamente, nel sacramento della Riconciliazione Egli si affi-
da al sacerdote perché gli uomini facciano l’esperienza dell’abbrac-
cio con cui il padre riaccoglie il figlio prodigo, riconsegnandogli la
dignità filiale e ricostituendolo pienamente erede (cfr Lc 15,11-32).
La Vergine Maria e il Santo Curato d’Ars ci aiutino a sperimentare
nella nostra vita l’ampiezza, la lunghezza, l’altezza e la profondità
dell’amore di Dio (cfr Ef 3,18-19), per esserne fedeli e generosi
amministratori. Vi ringrazio tutti di cuore e volentieri vi imparto la
mia benedizione.
208
D OCUMENTI DELLA C HIESA I TALIANA
CONFERENZA EPISCOPALE ITALIANA
Consiglio Permanente
Comunicato finale dei lavori
della sessione primaverile
(Roma, 22-25 marzo 2010)
5. Nomine
218
D OCUMENTI DELLA C HIESA I TALIANA
CONFERENZA EPISCOPALE PUGLIESE
Commissione regionale
per la dottrina della fede, l’annuncio e la catechesi
Seminario di studi su:
“Come fare iniziazione cristiana dei ragazzi
oggi nelle Chiese di Puglia”
(15-16 febbraio 2010)
1
Comunicazione al Seminario di studi della Commissione pastorale regionale per la dot-
trina della fede, annuncio e catechesi, Come fare iniziazione cristiana dei ragazzi oggi nelle
Chiese della Puglia, Oasi S. Maria, Cassano Murge, 15-16 febbraio 2010.
2
Cfr F. CACUCCI, La Mistagogia. Una scelta pastorale, EDB, Bologna 2006; ID.,Colligite
Fragmenta. Genesi e viluppo della scelta mistagogica, Levante editori, Bari 2007; V. ANGIULI,
Evangelizzazione, testimonianza e mistagogia. Il cammino pastorale postconciliare della Chiesa ita-
liana e della Chiesa di Bari-Bitonto, “Odegitria- Annali”, 14, 2007, pp. 79-116.
3
Cfr La recezione del Concilio Vaticano II e la “svolta mistagogica” della pastorale. «Ut mysterium
paschale vivendo exprimatur», “Orientamenti pastorali”, 55, 2007, n. 11, pp. 8-44.
1. Questioni preliminari
4
Nei sacramenti il mistero si presenta come signum rememorativum passionis, signum demon-
strativum gratiae, signum prognosticum gloriae.
5
M. MAGRASSI, Vivere la Liturgia, “La Scala”, Noci 1978, pp. 455-456.
6
Cfr ivi, pp. 122-127.
7
«La domenica è anche il giorno in cui facciamo memoria del battesimo, evento che,
unendoci alla morte e alla risurrezione di Cristo, è per noi fonte di vita nuova», CONSIGLIO
EPISCOPALE PERMANENTE DELLA CEI, Senza la domenica non possiamo vivere, Lettera in prepara-
zione al XXIV Congresso Eucaristico Nazionale (Bari, 21-29 maggio 2005), 3.
CONFERENZA EPISCOPALE PUGLIESE
Il metodo mistagogico segue una sua via in quanto si fonda sul prima-
to del mistero e istituisce una circolarità dinamica tra vita e mistero.
8
ARISTOTELE, Etica nicomachea, I, 4.
9
P. GAMBERINI, Un Dio relazione. Breve manuale di dottrina trinitaria, Città Nuova, Roma 2007,
p. 18.
a) Primato del mistero
«Si deve sempre parlare di mistero quando una cosa o una persona,
o qualsiasi essere, ci si dischiude soltanto a partire dal suo intimo. In
un mistero non si può penetrare dall’esterno, non lo si può pene-
trare con violenza. Dall’esterno non v’è alcun accesso al mistero. Le
sue porte si aprono soltanto dall’interno. Se però si aprono, allora
il mistero diviene non soltanto esperibile, ma anche interamente
comprensibile senza tuttavia cessare di essere mistero. Non è quin-
di che noi affermiamo l’inconoscibilità di Dio, quando ci limitiamo
semplicemente a dire di Lui che è un mistero, il mistero per eccel-
lenza. E non è affatto che Dio cessi di essere un mistero, se noi
veniamo a conoscerlo. È questo che distingue il mistero dall’enig-
ma: il fatto che, quando viene compreso, esso non cessa di essere
misterioso»10.
10
E. JUNGEL, Che cosa significa dire: Dio è amore?, “Protestantesimo”, 56, 2001, pp. 160-161.
222 11
La categoria mistero «offre alla teologia un terreno di dialogo non solo con le scienze
umane, ma in certa misura anche con le scienze naturali. In pochi ambiti della sua espe-
rienza scientifica, infatti, l’uomo percepisce il mondo come qualcosa di dato, di “donato”,
qualcosa la cui razionalità e bellezza fanno appello alla sua ragione e al suo spirito, e sono
dunque capaci di rimandare ultimamente all’esistenza di un “mistero” di cui l’uomo non
possiede le chiavi. Va certamente precisato che la nozione di mistero è qui impiegata in
modo analogico, perché Dio, l’uomo e il mondo non sono mistero nello stesso senso; eppu-
re abbiamo a che fare con livelli di realtà fra loro connessi, le cui modalità di comprensio-
ne sono gerarchicamente ordinate e si aprono verso livelli progressivamente superiori», G.
TANZELLA-NITTI, Teologia e scienza. Le ragioni di un dialogo, Paoline, Milano 2003, p. 10. Dello
stesso autore vedi la voce Mistero in G. TANZELLA-NITTI-A. STRUMIA, Dizionario Interdisciplinare
di Scienza e Fede, Urbaniana University Press, vol. I, Città Nuova, Roma 2002, pp. 978-990.
CONFERENZA EPISCOPALE PUGLIESE
- Dal mistero della vita al mistero della salvezza celebrato nella liturgia.
Vale la pena di ricordare che l’intero Progetto catechistico è stato
pensato come accompagnamento “alla vita cristiana”. Si tratta di
partire dalla vita quotidiana nella consapevolezza che essa è carica
di mistero, dello stesso mistero di Dio. Una esemplificazione cate-
chistica di questo approccio lo ritroviamo nella recente Lettera ai cer-
catori di Dio, nella quale si parte da alcune domande presenti in ogni
uomo (felicità e sofferenza, amore e fallimenti, lavoro e festa, giu-
stizia e pace, la sfida di Dio12) per incrociare il mistero di Dio.
Anche il IV Convegno nazionale di Verona ha seguito questa linea 223
prendendo in esame cinque ambiti della vita quotidiana (affettivi-
tà, lavoro e festa, fragilità umana, tradizione, cittadinanza). In que-
sta prospettiva, si sta organizzando il prossimo Congresso Euca-
ristico Nazionale di Ancona (4-11 settembre 2011) sul tema Signore,
da chi andremo? Eucaristia per la vita quotidiana.
12
COMMISSIONE EPISCOPALE PER LA DOTTRINA DELLA FEDE, L’ANNUNCIO E LA CATECHESI, Lettera ai cercato-
ri di Dio.
2. Questioni specifiche: la domenica e l’IC
13
CEI, Il catechismo per l’iniziazione cristiana dei fanciulli e dei ragazzi, 5.
14
Ivi, 20.
15
CEI, L’iniziazione cristiana 2. Orientamenti per l’iniziazione cristiana dei fanciulli e dei ragazzi
dai 7 ai 14 anni, 49.
CONFERENZA EPISCOPALE PUGLIESE
16
UCN, La formazione dei catechisti nella comunità cristiana, 7.
scandito in tappe, con percorsi differenziati e integrati. Occorre pro-
muovere la maturazione di fede e soprattutto bisogna integrare tra
loro le varie dimensioni della vita cristiana: conoscere, celebrare e vivere
la fede, ricordando che costruisce la sua casa sulla roccia solo chi
“ascolta” la parola di Gesù e la “mette in pratica” (cfr Mt 7,24-27).
La fede deve essere nutrita di parola di Dio e resa capace di mostrar-
ne la credibilità per l’uomo d’oggi. La partecipazione alla Messa
domenicale va anche proposta come momento essenziale della pre-
parazione ai sacramenti. L’accoglienza dei fratelli, soprattutto se
deboli — si pensi ai disabili, che hanno diritto a un pieno accesso
alla vita di fede —, e il servizio dei poveri sono passaggi necessari di
un cammino di maturazione verso il sacramento e a partire da esso.
L’iniziazione cristiana dei fanciulli interpella la responsabilità origi-
naria della famiglia nella trasmissione della fede. Il coinvolgimento della
famiglia comincia prima dell’età scolare, e la parrocchia deve offri-
re ai genitori gli elementi essenziali che li aiutino a fornire ai figli
l’“alfabeto” cristiano. Si dovrà perciò chiedere ai genitori di parteci-
pare a un appropriato cammino di formazione, parallelo a quello
dei figli. Inoltre li si aiuterà nel compito educativo coinvolgendo
tutta la comunità, specialmente i catechisti, e con il contributo di
altri soggetti ecclesiali, come associazioni e movimenti. Le parroc-
chie oggi dedicano per lo più attenzione ai fanciulli: devono passa-
re a una cura più diretta delle famiglie, per sostenerne la missione.
Come si è visto, “diventare cristiani” riguarda sempre più anche ragaz-
zi, giovani e adulti: non battezzati, bisognosi di completare la loro ini-
ziazione o desiderosi di riprendere dalle radici la vita di fede. Le tre
note sopra ricordate definiscono gli itinerari catecumenali previsti in
questi casi. Essi vanno inquadrati in una rinnovata attenzione al
mondo dei giovani e degli adulti, per scoprire le difficoltà che molti
226 incontrano nel rapporto con la Chiesa, per cogliere le tante doman-
de di senso che solo nel Vangelo di Gesù trovano piena risposta, per
suscitare attenzione alla fede cristiana tra gli immigrati non catto-
lici. Si tratta di valorizzare i momenti – tutti, non solo quelli che
appartengono strettamente alla vita comunitaria – in cui le parroc-
chie entrano in contatto con questo mondo lontano, distratto,
incapace di dare un nome alla propria ricerca. Decisivo resta l’in-
contro personale: ai sacerdoti, soprattutto, va chiesta disponibilità
al dialogo, specie con i giovani.
CONFERENZA EPISCOPALE PUGLIESE
17
CEI, Il volto missionario delle parrocchie in un mondo che cambia, 7.
- Far emergere l’unità tra la celebrazione liturgica, la partecipazione
alla vita ecclesiale (nel caso del ragazzo alla vita di gruppo) e l’im-
pegno nel quotidiano, in particolare nei gesti di carità (lex orandi, lex
credendi, lex agendi).
228
CONFERENZA EPISCOPALE PUGLIESE
Carlo Lavermicocca
Cosa vuol dire fare
iniziazione cristiana oggi in Italia
(le ragioni del cambiamento – l’identità – i compiti)
1
Cfr GIOVANNI PAOLO II, Novo millennio ineunte,6 gennaio 2001, n.40.
2
Cfr R. GRASSI, I mille volti della religiosità giovanile, in ID. (a cura di), Giovani, religione e vita quo-
tidiana. Indagine dell’Istituto IARD, Il Mulino, Bologna 2006, pp. 45-72.
3
P. ZULEHNER, Tipologia del senso religioso e delle sue espressioni, relazione tenuta a Graz (31 mag-
gio 2006). Cfr la sintesi di M. SIBOLDI in www.catechetica.it.
Gli studi specialistici mettono in luce che all’interno stesso della
Chiesa si diffondono degli atteggiamenti che hanno sostituito l’a-
teismo nel suo aspetto di principale problema socio-religioso: tra
questi appaiono rilevanti la non appartenenza istituzionale4, che va
dal sincretismo all’agnosticismo e l’indifferenza religiosa5 che con-
sidera la religione come una dimensione “ermeneutica” della vita.
Se è vero che il sacro permane si vanno però diffondendo forme di
nomadismo religioso, di ricerca cioè di sempre nuove forme di espe-
rienze ed emozioni religiose.
Inoltre lo spirito obiettivo e critico, tipico della cultura contempo-
ranea, mette in discussione la categoria del mistero, centrale nel cri-
stianesimo6.
4
Cfr F. GARELLI-G. GUIZZARDI-E. PACE (edd.), Un singolare pluralismo. Indagine sul pluralismo
morale e religioso degli italiani, Il Mulino, Bologna 2003, p. 115.
5
Cfr R. ZAS Fiz De Col, Presente e futuro della pratica religiosa. Una interpretazione, in
“Rassegna di Teologia” 46(2005)2, pp. 252-253.
6
Cfr D. VILLEPELET, Catechesi come iniziazione. Quali conseguenze per l’azione catechistica?, in
“Catechesi” 74 (2004-2005) 2, pp. 3.8.
CONFERENZA EPISCOPALE PUGLIESE
7
Cfr CEI, Con il dono della carità dentro la storia, n. 23.
2. L’identità
8
UFFICIO CATECHISTICO NAZIONALE, Il catechismo per l’iniziazione cristiana dei fanciulli e dei ragazzi.
Nota per l’accoglienza e l’utilizzazione del catechismo della CEI (15 giugno 1991), n. 7.
CONFERENZA EPISCOPALE PUGLIESE
9
UCN, L’Iniziazione Cristiana. Documenti e orientamenti della Conferenza Episcopale Italiana,
Elle Di Ci, Leumann (TO) 2004.
vivere da cristiani; giungendo appunto a scrivere con la vita itine-
rari per “diventare cristiani” o “risvegliare la fede»10.
La riflessione sull’IC promossa dalle tre Note ha portato anche a un
ripensamento della pastorale di IC dei ragazzi nella nostra prassi
ordinaria. Fermandoci appunto ai ragazzi dell’IC, la proposta
espressa in modo particolare nella seconda Nota è quella di riorga-
nizzare totalmente la pratica attuale della catechesi, rendendola un
cammino vero e proprio per diventare cristiani, a cui la famiglia
accetta liberamente di partecipare con i propri figli, scandito da riti
e celebrazioni, fatto anche di esperienze di vita cristiana e di parteci-
pazione progressiva alla vita della parrocchia, che porta alla cele-
brazione unitaria dei sacramenti di battesimo, cresima ed eucaristia.
Le tre Note fanno riferimento all’Introduzione del RICA di cui ven-
gono puntualizzati i seguenti criteri:
- Il primato dell’evangelizzazione. Scelta che ancora fatica ad attuarsi e
che riprende l’opzione fatta dalla Chiesa italiana già nel primo
Piano pastorale degli anni ’70 (cfr Evangelizzazione e sacramenti).
Nell’intento di evitare la riduzione della pastorale a prassi sacra-
mentale il piano esortava a partire dall’annuncio e dall’ascolto
della Parola, che conduce alla fede e alla conversione, per poi
trovare nella celebrazione dei sacramenti l’incontro vitale con il
Signore. Il primato dell’evangelizzazione viene ripreso nel nuovo
progetto come uno dei cardini dell’iniziazione che ha come desti-
natari privilegiati soprattutto gli adulti.
- L’IC nella forma del catecumenato. Il riferimento al paradigma catecu-
menale intende superare la prassi che riduce l’IC alla sola cele-
brazione dei sacramenti. Una prassi sbrigativa e facile che ancora per-
mane e il Consiglio Episcopale Permanente tende a far abbandonare
proponendo l’IC come realtà ampia, articolata in tempi e tappe, com-
234 prendente diverse dimensioni e l’elaborazione di percorsi adatti
all’età e all’esperienza delle persone. Nel suo complesso l’IC, nella
forma del catecumenato, comprende questi quattro aspetti:
1. Il primo annuncio di Gesù Cristo che suscita la fede e l’adesione
a Lui;
2. La catechesi propriamente detta per l’approfondimento in forma
10
Cfr A. FONTANA, Il mondo è cambiato, cambiamo la pastorale, Elle Di Ci, Leumann (TO) 2006,
pp. 73-75.
CONFERENZA EPISCOPALE PUGLIESE
11
Cfr A. FONTANA, I criteri e le prospettive del rinnovamento in atto alla luce del Progetto Catechistico
italiano, in NUCN 34 (2005) 3, pp. 67-82.
CONFERENZA EPISCOPALE PUGLIESE
simboli e i suoi segni per incontrare oggi l’amore del Padre e vivere
oggi l’alleanza, ci conduce a poco a poco ad appropriarci di atteggia-
menti e comportamenti improntati all’amore predicato e praticato
da Gesù. Sono le tre fasi del catecumenato (biblica, liturgico-comu-
nitaria, esistenziale) e possono durare tre o quattro anni e cul-
minare, durante l’ultima Quaresima prima dei sacramenti, con la
preparazione spirituale e ascetica suggerita dai vangeli dell’anno A.
- La mistagogia
Se ormai è chiaro il quadro generale del percorso catecumenale
con le sue pietre miliari, proposte dal Rica e dalla Nota 2, pare
altrettanto chiaro che l’itinerario non si può concludere con la
celebrazione dei sacramenti, come la maggior parte dei “corsi”
catechistici sia per ragazzi sia per giovani e adulti realizzati anco-
ra nelle nostre comunità. Questa è un’altra pietra miliare. La
mistagogia esiste per indicarci che nessun itinerario è orientato
ad un sacramento, ma tutti sono orientati alla vita cristiana attra-
verso il sacramento celebrato. Anzi, tutta la vita cristiana sta
sotto la luce del sacramento celebrato e dunque è essenzialmente
una esistenza mistagogica. La sequenza nelle dimensioni cri-
stiane della vita è: la fede creduta, poi celebrata, quindi vissuta,
infine testimoniata.
238 Così si esprime la Nota 2: «Con la celebrazione del battesimo, della
confermazione e dell’eucaristia non è terminato l’itinerario di
iniziazione cristiana. Inizia il tempo della mistagogia per familia-
rizzarsi sempre di più con la vita cristiana e i suoi impegni di testi-
monianza (Rica 369)» (n.48). Come dire che senza la mistagogia
non esiste nessun itinerario catecumenale, perché essa ne è parte
integrante. Fin dall’inizio deve essere chiaro, quando si fa la pro-
posta alle famiglie e alle comunità.
CONFERENZA EPISCOPALE PUGLIESE
3. I compiti
- Gli orientamenti
Diversi indizi segnalano decisivi orientamenti nuovi nella prassi
come: la finalità dell’iniziazione che è alla vita cristiana attraverso i
sacramenti e non iniziazione ai sacramenti; una logica più iniziati-
ca e catecumenale e meno di socializzazione; i soggetti promotori
implicati in una rete ampia di relazioni; la modifica dell’impianto
organizzativo di iniziazione in una forma creativa e fedele ai propri
contesti. Il problema del ripensamento del tradizionale processo di
iniziazione Cristiana è certamente il compito più urgente e più
complesso della pastorale attuale, non soltanto italiana, ma euro-
pea12. A questo proposito risulta dunque decisiva, secondo Biemmi,
una sinergia ai tre livelli implicati.
12
Cfr E. ALBERICH, Regards sur la catéchèse européenne, “Catéchèse”, n. 100-101(1985), p. 169.
Sorprende, a questo proposito, l’uniformità dell’impianto di iniziazione cristiana nei
paesi europei, persino sconcertante quando la si vede riprodotta nei suoi schemi più tra-
dizionali in quei paesi (come i paesi dell’Est e nel Nord Europa) nei quali più evidente è lo
scarto culturale di questo modello. Si vedano le 10 rubriche sulla rivista “Evangelizzare”
(settembre 2000 - giugno 2001) che presentano la prassi attuale di iniziazione in dieci
paesi europei.
CONFERENZA EPISCOPALE PUGLIESE
13
Questa posizione può essere tenuta sia per inconsapevolezza dei cambiamenti in atto,
sia per un eccesso di generosità pastorale. Si veda a questo proposito il dibattito aperto su
“Settimana” in seguito al Convegno dei catecheti italiani, in particolare Catechesi: perché e
come cambiare i modelli esistenti?, “Settimana”, 16 XII 2001, n. 45, p. 2.
secondo rischio, non meno grave, sarebbe quello di lasciare le nuove
esperienze a se stesse, senza assistenza e orientamento.
In conclusione afferma ancora Biemmi: «È dunque necessaria una
parola autorevole, non certo per dare soluzioni magiche, ma per
segnalare che il problema va affrontato e per fornire alcuni orienta-
menti di fondo. Deve essere una parola realistica, serena e rassere-
nante, e per ciò stesso mobilitante. Deve anche essere una parola
orientativa, che fornisce i punti di riferimento di fondo e le atten-
zioni da avere per procedere. Tale parola autorevole sul ripensa-
mento del processo tradizionale di Iniziazione cristiana è forse il
modo più adulto per assumere seriamente il progetto decennale
“Comunicare il vangelo in un mondo che cambia”. I differenti
modelli di iniziazione alla fede che nel corso della sua storia la
Chiesa ha assunto dimostrano che la fedeltà al vangelo richiede
processi comunicativi adatti alle differenti situazioni culturali e che
non c’è reale fedeltà al Vangelo se non c’è una altrettanto reale e
paziente fedeltà al proprio mondo che cambia»14.
242
14
Cfr BIEMMI. Nuove esperienze, cit..
CONFERENZA EPISCOPALE PUGLIESE
Conclusioni
1
CONSIGLIO EPISCOPALE PERMANENTE DELLA CONFERENZA EPISCOPALE ITALIANA, L’iniziazione cristiana.
2. Orientamenti per l’iniziazione dei fanciulli e dei ragazzi dai 7 ai 14 anni [23 maggio 1999], in
UCN (a cura di), L’iniziazione cristiana. Documenti e orientamenti della Conferenza Episcopale
Italiana, LDC, Leumann (To) 2004, pp. 59-82 e in SERVIZIO NAZIONALE PER IL CATECUMENATO,
Guida per l’itinerario catecumenale dei ragazzi, LDC, Leumann (To) 2001, pp. 9-33.
2
CEI, Il volto missionario delle parrocchie in un mondo che cambia [2004], n. 8. Per una sintesi
del lavoro svolto all’interno del Seminario di studi, di cui sono espressione condivisa que-
ste note di orientamento elaborate in vista di un successivo cammino progettuale di spe-
rimentazione, cfr l’allegato report.
cambiamento da attivare anzitutto all’esterno dei percorsi d’inizia-
zione in atto. Condizione privilegiata e necessaria è il collegamento
con la comunità e l’intera sua prassi educativa e formativa. Così
intesa, a tutti coloro che ne vogliono usufruire e/o si apprestano a
farne richiesta all’interno delle comunità cristiane, l’Iniziazione
Cristiana (=IC) va presentata e offerta in quanto progetto, e non
come opportunità meramente convenzionale, e in quanto progetto
di rinnovamento e di cambiamento delle pratiche in atto.
Detto altrimenti, il percorso di IC deve apparire come parte inscin-
dibile e non distaccata di un progetto più ampio, qual è appunto
quello catechistico diocesano/parrocchiale, e soprattutto come
espressione dell’impegno di tutta la comunità. Non si tratta di uno
spezzone isolato di cammino, semplicemente legato ai sacramenti,
o all’età scolastica. È tutta la comunità che, dietro e all’interno del-
l’intero cammino di iniziazione, si impegna e vi si riconosce come
madre e mediatrice di grazia.
Il cambiamento all’interno deve tener conto di tre forti attenzioni
da assumere sinergicamente e in chiave progettuale come punti di
forza di verifica, ripensamento e rinnovamento della prassi dioce-
sana e parrocchiale dell’IC:
- la trasformazione in itinerario dell’intero cammino con precise e
significative tappe celebrative e/o caritative intermedie;
- il coinvolgimento in maniera diretta o indiretta della famiglia, che è invi-
tata a diventare corresponsabile del cammino dei fanciulli e dei
ragazzi;
- la programmazione di concreti e significativi momenti di incontro e/o di
tappe del cammino catechistico con l’intera comunità sia a livello
celebrativo che a livello di confronto e di testimonianza.
È importante che la proposta di un ripensamento dell’IC non si
244 esaurisca con la stesura di un testo scritto, ma preveda spazi e luo-
ghi di sperimentazione. Per questo sarà necessario costituire un’é-
quipe che all’interno dell’UCD e in collaborazione con altri uffici
interessati, possa guidare una sperimentazione dell’intero progetto.
Tale sperimentazione potrebbe essere condotta solo in alcune par-
rocchie che lo desiderano, cercando di attivare così processi di cam-
biamento dal basso, tuttavia sempre sotto la diretta responsabilità
del vescovo e con la sua approvazione.
Sul piano regionale, un’ipotesi di questo genere potrebbe partire
CONFERENZA EPISCOPALE PUGLIESE
3
Per questi dati cfr il report dell’esplorazione condotta da Francesco Zaccaria e Pio Zuppa,
in occasione del Seminario di studi tenuto a Cassano.
D OCUMENTI E V ITA DELLA C HIESA DI B ARI -B ITONTO
CURIA METROPOLITANA
Cancelleria
2. Decreti arcivescovili
Premessa
*
Intervento nel corso degli incontri di formazione per catechisti e operatori pastorali l’11
e 12 gennaio 2010).
fede. Il messaggio evangelico è difficile farlo dialogare con l’espe-
rienza quotidiana. Il nostro tessuto culturale sfida e minaccia con-
tinuamente il progetto di vita cristiana. Spesso si afferma che esso
è lontano, staccato dalla nostra vita, dal nostro sentire. Spesso si
chiede alla Chiesa di essere al passo con i tempi. È più facile attac-
care piuttosto che professare la fede. In tanti ambienti è più facile
dirsi agnostici piuttosto che credenti. Il Vangelo rischia di perdere
spessore nel tessuto sociale e nelle scelte concrete della vita. Non
diventa più il parametro di paragone con il quale confrontarsi per
decidere della propria vita1.
Il soggettivismo e il relativismo prevalgono spesso come misura e
criterio di verità. Una indifferenza religiosa ostentata emargina la
fede in quanto evanescente, senza consistenza né pertinenza cultu-
rale, nell’ambito di una cultura prevalentemente scientifica e tecni-
ca. «I criteri di giudizio e di scelta assunti dagli stessi credenti si pre-
sentano spesso, nel contesto di una cultura ampliamente scristia-
nizzata, estranei o persino contrapposti a quelli del vangelo»
(Veritatis splendor, n. 88).
Paolo VI nella Evangelii nuntiandi aveva riassunto la situazione del-
l’epoca contemporanea nella frattura tra fede e cultura: «La rottura
tra Vangelo e cultura è senza dubbio il dramma della nostra epoca,
come lo fu anche di altre. Occorre dunque fare tutti gli sforzi in
vista di una generosa evangelizzazione della cultura, più esatta-
mente delle culture. Esse devono essere rigenerate mediante l’in-
contro con la buona novella» (n. 20).
1
Cfr Giovanni Paolo II, Ecclesia in Europa. Esortazione apostolica post sinodale, n. 7
CURIA METROPOLITANA
2
J. Ratzinger, Fede, verità, tolleranza. Il cristianesimo e le religioni del mondo, Ed. Cantagalli,
Siena 2005, pp. 91-93.
Ma di quale bellezza parliamo?
Nella sua lettera pastorale del 1999, anche il card. Martini, nello
sforzo di aiutare la sua diocesi a vivere bene il passaggio di millen-
nio, affrontava il tema della Bellezza come esperienza salvifica.
3
Pontificio Consiglio della Cultura, La Via Pulchritudinis, cammino privilegiato di evangelizza-
zione e di dialogo. Documento finale dell’assemblea plenaria, 2006, II.1
CURIA METROPOLITANA
L’arte
4
C. M. Martini, Quale bellezza salverà il mondo. Lettera pastorale 1999-2000.
5
T. Merton, Nessun uomo è un’isola, Milano, Garzanti, p. 53.
che è in se stesso ineffabile» (Giovanni Paolo II, Lettera agli artisti, 12).
È proprio la via della Bellezza quella che sembra capace «di mostra-
re come il Cristo non sia solo vero e giusto, ma anche bello (“il bel
pastore” di Gv 10,11.14) e come sia proprio la bellezza a renderlo
attraente e significativo per chi cerca ragioni per vivere e vivere
insieme con gli altri». È importante che la ricerca teologica si apra
all’«amore del bello, nella capacità di riconoscerne il volto nel
Signore crocifisso, vera porta della Bellezza, che libera il frammen-
to del tempo e lo redime per l’eternità»6.
«La Chiesa ha bisogno dell’arte perché essa è chiamata a predicare
Cristo, Vita eterna che si è resa visibile, uomo-immagine che in ogni
parola e azione ha rivelato l’invisibile Dio. Come la vita sacramen-
tale e liturgica estende nel tempo gli effetti salvifici dell’operato di
Cristo, così l’arte sacra, intimamente legata alla liturgia e conside-
rata essa stessa un “sacramentale”, estende la visibilità del Figlio di
Dio» (T. Verdon).
Ecco, allora, l’arte visiva: strumento antico di catechesi dopo le
Scritture. Pittura, scultura, architettura fanno vedere, fanno toccare,
fanno entrare fisicamente nel sacro. L’arte della Chiesa invita a
conoscere in maniera sperimentale il Dio che in Gesù Cristo ha
voluto essere visto, toccato, “inabitato”.
L’arte sonora: alla musica già i filosofi dell’antichità attribuivano
una grande importanza a causa della sua influenza sulle passioni
umane. Essi vietavano certe melodie e certi strumenti musicali, ma
ne consigliavano altri proprio perché la musica era considerato un
mezzo potente per purificare l’anima.
L’arte corporea: come non ricordare Davide che danza davanti all’ar-
ca (2 Sam 6, 5.14)? La danza quasi come anticipazione della futura
danza dei risorti; danzare perché la liturgia della Chiesa ci invita a
260 camminare verso Dio, ad alzare le braccia per benedirlo e invocarlo,
a stringere le mani dei fratelli in Cristo. Danzare perché la gioia di
Dio entri in tutto il nostro essere e che nulla resti fuori dalla poten-
za trasfigurante dello Spirito di Cristo.
6
Cfr B. Forte, Dove va il cristianesimo?, Ed. Querinana, Brescia 2000, p. 83.
CURIA METROPOLITANA
Arte e catechesi
Come sono belli sui monti i piedi del messaggero di lieti annunzi che
annunzia la pace, messaggero di bene che annunzia la salvezza, che
dice a Sion: «Regna il tuo Dio».
Senti? Le tue sentinelle alzano la voce, insieme gridano di gioia, poi-
ché vedono con i loro occhi il ritorno del Signore in Sion. Prorompete
insieme in canti di gioia, rovine di Gerusalemme, perché il Signore ha
consolato il suo popolo, ha riscattato Gerusalemme. Il Signore ha
snudato il suo santo braccio davanti a tutti i popoli; tutti i confini
della terra vedranno la salvezza del nostro Dio (Is 52,7-10). 263
Quello che era da principio, quello che noi abbiamo udito, quello che
abbiamo veduto con i nostri occhi, quello che contemplammo e che
le nostre mani toccarono del Verbo della vita - la vita infatti si mani-
festò, noi l’abbiamo veduta e di ciò diamo testimonianza e vi annun-
ciamo la vita eterna, che era presso il Padre e che si manifestò a noi -,
quello che abbiamo veduto e udito, noi lo annunciamo anche a voi,
perché anche voi siate in comunione con noi. E la nostra comunione
è con il Padre e con il Figlio suo, Gesù Cristo. Queste cose vi scrivia-
mo, perché la nostra gioia sia piena (1 Gv 1,1-4).
D OCUMENTI E V ITA DELLA C HIESA DI B ARI -B ITONTO
CONSIGLIO DIOCESANI
Il giorno 22 ottobre 2009, alle ore 9,30 presso il salone della Casa
del clero in Bari, si è riunito il Consiglio Presbiterale diocesano,
convocato e presieduto dall’Arcivescovo Mons. Francesco Cacucci.
Sono presenti: il pro-vicario mons. Vito Angiuli e i vicari episcopa-
li: don Ubaldo Aruanno, mons. Vito Bitetto, mons. Francesco
Colucci, mons. Domenico Falco, mons. Angelo Latrofa.
Sono assenti: don Vito Carone, don Angelo Cassano, don Luciano
Cassano, don Enrico D’Abbicco, don Domenico Fornarelli, don
Vito Piccinonna, don Francesco Savino, don Gaetano Coviello, don
Vito Marziliano, don Nicola Colatorti, don Marino Decaro, don
Vittorio Borracci, don Domenico Lieggi, don Vito Rescina, don
Nicola Di Bari, p. Leonardo Di Pinto O.F.M., p. Mauro Paternoster
C.S.S., p. Piergiorgio Taneburgo O.F.M. Cap., p. Francesco Neri
O.F.M. Cap., p. Rosario Scognamiglio O.P. 265
Il giorno 29 gennaio 2010, alle ore 9,30 presso il salone della Casa
del Clero in Bari, si è riunito il Consiglio Presbiterale diocesano,
convocato e presieduto dall’Arcivescovo mons. Francesco Cacucci.
Sono presenti: il Vicario generale mons. Domenico Ciavarella, il
Pro-Vicario mons. Vito Angiuli e i vicari episcopali: don Candeloro
Angelillo, don Ubaldo Aruanno, mons. Vito Bitetto, mons.
Francesco Colucci, mons. Domenico Falco, mons. Angelo Latrofa,
P. Leonardo Di Pinto, O.F.M.
Sono assenti: don Angelo Cassano, don Luciano Cassano, don
Domenico Castellano, don Domenico Fornarelli, don Francesco
Gramegna, don Gaetano Coviello, don Nicola Colatorti, don
Domenico Lieggi, don Carlo Lattarulo, p. Mauro Paternoster,
C.S.S., p. Rosario Scogliamiglio O.P.
269
All’ordine del giorno:
Padre Bova evidenzia che si sta perdendo l’identità dei laici cattoli-
ci nella vita sociale e politica, per cui è necessario essere presenti
attivamente nella formazione e nel mondo della cultura a partire
dall’Università.
Don Sangirardi evidenzia come sia necessario che i laici stessi (e
non solo il magistero) si esprimano e prendano posizione riguardo
alla dignità della vita, della persona umana, del matrimonio e della
famiglia, alla legalità e al bene comune. Si propone di valorizzare
gli osservatori per leggere meglio le risorse, i problemi, gli interven-
ti sul territorio.
Altri (don Marziliano, don Romita, don De Robertis, don Borracci)
sottolineano che come pastori alla guida di comunità, siamo chia-
mati a formare e accompagnare i laici nella vita sociale e politica sia
per una loro testimonianza cristiana sia per un impegno diretto. La
formazione permanente del clero deve riguardare anche i temi
sociali, per cui è necessario conoscere e studiare la dottrina sociale
della Chiesa e valorizzare anche gli interventi più recenti e l’encicli-
ca Caritas in veritate di Benedetto XVI. Il laboratorio pastorale di
ottobre potrebbe riguardare questi temi ma è opportuno che sia
partecipato da presbiteri, diaconi e laici insieme.
Don Lanzolla e don Mario Castellano sottolineano la necessità che
i temi sociali e politici entrino nella pastorale e nella catechesi ordi-
naria e che si vigili affinché la pietà popolare non sia legata o con-
dizionata da interessi estranei alla dimensione di fede.
Don Piccinonna afferma che da parte dei presbiteri si deve avere
maggior stima per la vocazione secolare e la missione dei laici e
non valorizzarli solo come operatori pastorali a volte in modo 273
strumentale e dipendente, mortificando la loro dignità e respon-
sabilità.
Mons. Latrofa richiama alcune indicazioni del Convegno di Verona
sul tema della cittadinanza.
Don Savino evidenzia la complessità del tema in discussione e degli
eventi storici e politici e presenta una riflessione su tre livelli:
1) Impostare una pastorale integrata e globale secondo l’insegna-
mento conciliare della Lumen Gentium e Gaudium et Spes, evitando la
frattura tra fede e vita. La scelta della mistagogia deve aiutare la
comunità cristiana in questa sintesi e testimonianza nella vita;
2) Curare il discernimento comunitario per valorizzare carismi e
persone che si impegnino attivamente nel sociale e nella politica,
saper leggere il territorio locale e diocesano alla luce della dottrina
sociale della Chiesa (circa il bene comune, la destinazione universa-
le dei beni, la sussidiarietà);
3) Accompagnare le persone impegnate in politica nel rispetto della
loro autonomia.
Mons. Angiuli evidenzia come il Concilio e il postconcilio hanno
orientato la Chiesa ad un lavoro di elaborazione e di sintesi su que-
sti punti: soggettività della comunità cristiana, prassi pastorale,
impegno e testimonianza nella vita sociale e politica.
Mons. D’Urso sottolinea la necessità di lavorare in rete su questi
temi per aiutare le persone a crescere nel rispetto dell’etica e della
legalità e a ricentrare il dibattito politico sui reali bisogni e proble-
mi delle persone e della comunità civile.
Il segretario
sac. Antonio Serio
275
D OCUMENTI E V ITA DELLA C HIESA DI B ARI -B ITONTO
CONSIGLI DIOCESANI
Alle ore 19.00 del 19 gennaio 2010, presso la casa del Clero, si riuni-
sce il Consiglio Pastorale diocesano convocato da S.Ecc.
l’Arcivescovo. Sono presenti nr. 53 consiglieri; nr. 3 assenti risulta-
no giustificati.
Introduce l’odg la segretaria Annalisa Caputo, che dà subito la
parola a p. Leonardo Di Taranto, direttore dell’Ufficio diocesano
per la pastorale della salute, per una presentazione del lavoro fin
qui svolto dall’Ufficio stesso.
La relazione, allegata agli atti, si articola in più punti, riguardanti la
nascita dell’Ufficio (a lui affidata nel 1985 dal p. Mariano
Magrassi), uno sguardo al presente e prospettive per il prosieguo
del cammino.
Avvia la discussione mons. Vito Angiuli, che ringrazia per la rela- 277
zione, che ha evidenziato con efficacia l’ambito della pastorale della
salute e per tutto il lavoro svolto. Sottolinea tre punti: la formazio-
ne, la presenza nelle strutture ospedaliere e l’attività pastorale nelle
parrocchie:
a) Riguardo alla formazione e in particolare al citato ‘Biennio di
etica e umanizzazione’ da parte del relatore, propone che l’ISSR
si affianchi ad esso (ma anche i diversi uffici della curia) e che
l’ISSR stesso colleghi tutte le esperienze formative. Questo per-
ché è compito proprio dell’Istituto non tanto e non solo fare teo-
logia, ma anche e soprattutto accompagnare i bisogni formativi
del territorio. Si dovrebbe creare un polo formativo unitario.
b) La presenza come cappellania nelle strutture ospedaliere è lo
strumento che mette in relazione la Chiesa e il mondo.
c) E infine, le parrocchie. Bisognerebbe dare molta più importanza
a questo ambito (pastorale della salute), collegandolo alla pre-
ghiera e ai sacramenti. I catechisti dovrebbero formare i ragazzi
anche a fare azioni di carità.
M. Luisa Logiacco ricorda che nella convenzione tra Conferenza
Episcopale Pugliese e Regione Puglia si parla anche di pastorale
interreligiosa e questo potrebbe essere interessante. Riguardo alla
bioetica, le persone sono a volte sbandate e il ruolo della pastorale
della salute dovrebbe anche essere quello di orientare in questo
senso. Manca poi, in Puglia, spesso, l’attenzione agli ammalati soli.
Interviene Chiara Trotta che riscontra, nella sua attività di medico,
la mancanza di umanizzazione. Il Policlinico, ad es., è un’azienda
dove si parla solo di costi e di efficienza. L’umanizzazione è resa
possibile dagli operatori, attesi sempre con trepidazione dagli
ammalati. In questo, il lavoro svolto dalla Cappellania, a suo avvi-
so, è stato ed è fondamentale.
Per mons. Angelo Latrofa, è necessario promuovere sempre più il
volontariato sanitario, che risulta ancora insufficiente, nonostante
il gruppo dei volontari di Bethesda.
Pino Castoro ricorda che il problema riguarda tutti, perché ognuno
di noi fa esperienza, nella propria famiglia, di ammalati e di anzia-
ni non autosufficienti. Ma ci vuole un salto di qualità nell’impegno.
Annalisa Caputo riporta il dibattito sul ruolo pastorale dei malati e
dei sofferenti. Il malato deve essere considerato non come oggetto,
278 ma come risorsa. Ma tutti i settori della pastorale dovrebbero avere
a cuore questo problema o meglio questo obiettivo.
Interviene l’Arcivescovo che comunica che lui stesso ha voluto,
dopo 25 anni dall’istituzione dell’Ufficio, che si parlasse di questo
argomento e dà atto a p. Leonardo per la conduzione di questo uffi-
cio. È stato un cammino preziosissimo!
È necessario, però, ora “sistematizzare” meglio l’attività. Questo
non è compito del CPD, che però può dare degli orientamenti.
Secondo l’Arcivescovo, il primo compito dell’Ufficio dovrebbe ora
CONSIGLI DIOCESANI
Per la segreteria
Lucy Scattarelli
Allegato
I primi passi del nuovo Ufficio sono stati sempre sostenuti dalla
buona volontà, dal senso pratico delle persone, dalle intuizioni che
sono sorte di volta in volta: non poteva essere altrimenti. Non aven-
do un modello di riferimento e mancando ancora gli orientamenti
pastorali del magistero ecclesiale, tutto si è realizzato all’insegna
della ricerca e della creatività, accompagnate dalla preghiera, dalla
disponibilità al soffio dello Spirito Santo, dal confronto con gli
altri Uffici ben consolidati dalla prassi, dalle prime iniziative comu-
ni prese con loro. Alcuni elementi, che hanno caratterizzato il lavo-
282
4
I Bollettini diocesani di quegli anni riportano le iniziative pastorali principali realizzate
in quel periodo.
5
Cfr Lettera dell’arcivescovo, mons. Mariano Magrassi, a p. Nunzio Leonardo Di Taranto
per la nomina a responsabile della pastorale sanitaria per l’arcidiocesi di Bari (prot. n.
20/86 del 26 maggio 1986). Tra l’altro, l’arcivescovo scriveva: «Il lavoro è grande, perché la
sofferenza rende gli uomini più vicini a Dio, più simili a Gesù e più distaccati dal mondo.
La morale sanitaria ti farà incontrare tutte le classi sociali, e in diverse circostanze. Con
profonda bontà disponi tutti al sorriso della grazia umana e divina, e continua in Diocesi
quel lavoro che hai già fatto con i Cappellani del tuo Ordine» (in “Archivio dell’Ufficio
diocesano per la pastorale della salute”, Primo faldone 1986/87).
CONSIGLI DIOCESANI
6
Consulta nazionale CEI per la pastorale della sanità, Nota pastorale La pastorale della salu-
te nella Chiesa italiana. Note di pastorale sanitaria, Roma 30 marzo 1989, n. 65. In seguito:
PSCI.
CONSIGLI DIOCESANI
7
Giovanni Paolo II, Lettera apostolica Salvifici doloris sul significato cristiano della soffe-
renza umana, Roma 11 febbraio 1989, n. 29. In seguito SD.
8
Conferenza Episcopale Italiana, Evangelizzazione e testimonianza della carità, Orientamenti
pastorali dell’Episcopato italiano per gli anni ’90, Roma 8 dicembre 1990, n. 48.
9
PSCI, op. cit., n. 59.
si è impegnato in modo diretto nel mondo del volontariato per
rispondere concretamente all’invito esplicito fatto dall’arcivescovo,
mons. M. Magrassi, nel messaggio pasquale “Diamo vita alla vita –
La realtà sanitaria in terra di Bari” (1991), che sollecitava la comu-
nità ecclesiale a «promuovere e formare un volontariato che inter-
venga sulla linea della gratuità come segno della Chiesa che serve in
mezzo ai fratelli». Nel dicembre dello stesso anno nasceva l’associa-
zione “Volontari di Bethesda”, che s’ispira ai principi cristiani e si
propone di operare all’interno delle strutture ospedaliere pubbli-
che, offrendo il proprio contributo specifico per l’umanizzazione
del mondo della sanità, mettendo sempre al centro di ogni pro-
gramma la persona inferma con i suoi bisogni fisici, psicologici e
spirituali e lavorando in sintonia col personale ospedaliero ma con-
servando la specificità dei propri interventi.
Essa è stata guidata per un decennio dallo stesso direttore
dell’Ufficio come presidente, che in questo ruolo ha potuto inseri-
re lo sviluppo dell’associazione all’interno del cammino della
Chiesa locale e si è sforzato di incarnare i valori della fede e della
carità sia attraverso la formazione di base e permanente degli stessi
volontari sia attraverso la presenza operativa nelle corsie accanto ai
malati, ai loro familiari e agli operatori pastorali.
Attualmente i “Volontari di Bethesda” raggiungono il numero di
circa 170 e sono presenti e operanti nelle tre grandi istituzioni sani-
tarie del capoluogo pugliese (Policlinico-Consorziale-56 volontari,
Giovanni XXIII-68 volontari e Di Venere-38), mantengono buoni
rapporti con gli operatori pastorali del servizio religioso e alcuni di
essi sono cristiani praticanti o ministri straordinari della Santa
Comunione.
Nella Consulta dell’Ufficio naturalmente confluiscono anche le
288 esperienze di altre associazioni di volontariato cattolico, che hanno
modo di confrontarsi e di arricchirsi periodicamente tra loro, di
coinvolgersi nel cammino pastorale della Chiesa diocesana, di
diventare ponti di comunione con i vari ambienti parrocchiali,
familiari e sociali.
Verso la fine degli anni ’90 l’Ufficio diocesano ha accettato la sfida
dell’esperienza della cappellania ospedaliera (c. o.), un nuovo orga-
nismo pastorale del mondo sanitario che, pur riconosciuto uffi-
cialmente dalla Chiesa italiana sin dal 1989, fa ancora fatica ad
CONSIGLI DIOCESANI
10
Cfr L. N. Di Taranto, La Cappellania ospedaliera mista. Una novità ecclesiale nelle istituzioni
sanitarie, Camilliane, Torino 1999; Id., La cappellania ospedaliera, cantiere di Chiesa comunio-
nale, Servi della Sofferenza, S. Giorgio Jonico (Ta) 2009.
Nell’archivio dell’Ufficio si trovano oltre una ventina di faldoni,
suddivisi in fascicoli dei diversi settori dell’attività: incontri della
Consulta, programmazione annuale, appuntamenti mensili, posta
in arrivo e in partenza, Scuola di pastorale sanitaria, interventi del
direttore, materiale della Giornata mondiale del malato, convegni
di Collevalenza,…Sono preparati e conservati copie degli Atti dei
corsi e dei convegni realizzati in diocesi, mentre il direttore ha cura-
to una sezione della Biblioteca provinciale dei Frati Minori
Cappuccini di S. Fara in Bari, riservata alla pastorale della salute,
che comprende circa un migliaio di volumi pubblicati in questi
venti anni, suddivisi in sottosezioni. È stato attivato un sito
Internet a nome della Cappellania ospedaliera del Policlinico
Consorziale (www.cappellaniapoliclinicobari.it), all’interno del quale
ha trovato posto il lavoro pastorale dell’Ufficio. Come gli altri
Uffici diocesani, nel sito della diocesi (www.arcidiocesibaribitonto.it)
trovano spazio le iniziative del nostro Ufficio.
11
PSCI, n. 19.
CONSIGLI DIOCESANI
La stessa nota pastorale del 2006 afferma che una pastorale organi-
ca nell’ambito diocesano trova il suo punto di riferimento nella
persona del vescovo che esercita il ministero di governo nella Chiesa
particolare mediante organismi e uffici pastorali. L’Ufficio diocesano
per la pastorale della salute ha il compito di studiare le linee pastorali
diocesane nel campo della sanità, di sensibilizzare le comunità cri-
stiane a tali problemi, di coordinare le iniziative riguardanti la for-
292 mazione e l’aggiornamento delle persone che operano nel settore,
di seguire i vari progetti locali in materia sanitaria.
Ad esso è aggiunta una Consulta diocesana, composta, oltre che dal
responsabile dell’Ufficio, da soggetti attivi nell’azione pastorale: cap-
pellani ospedalieri; rappresentanti di vicarie, di operatori pastorali
12
Cfr PSCI, n. 2; Commissione Episcopale CEI per il servizio della carità e la salute, Nota
pastorale “Predicate il Vangelo e curate i malati”. La comunità cristiana e la pastorale della salute,
Roma 4 giugno 2006, n. 1. In seguito PVCM.
CONSIGLI DIOCESANI
13
PVCM, n. 64.
14
Arcidiocesi di Bari-Bitonto, Ufficio per la pastorale della salute, “Siate sempre lieti il Giorno
di Domenica”. Lettera degli operatori pastorali delle Cappellanie ospedaliere alle comunità cristiane,
Bari 14 settembre 2004, Ecumenica Editrice, Bari 2004.
15
Arcidiocesi di Bari-Bitonto, Ufficio e consulta per la pastorale della salute, “Saremo simi-
li a Lui”. Pellegrini verso la casa del Padre. Speranza cristiana e unzione degli infermi, Bari 31 mag-
gio 2009, Edizioni Centro Volontari della Sofferenza, Roma 2009.
sede16 è situata presso la curia diocesana, sezione di Via Alcide De
Gasperi, che accoglie anche altri Uffici: la presenza di un compo-
nente della Consulta è assicurata tre giorni la settimana.
L’Ufficio mantiene collegamenti e partecipa con assiduità alle riunio-
ni della Consulta regionale e a quella nazionale, di cui fa parte il diret-
tore, ed offre il concreto contributo nelle diverse sedi in cui è coin-
volto. Non manca mai di partecipare, con un congruo numero di
operatori pastorali, ai convegni di pastorale sanitaria sia in Puglia che
a quelli organizzati dall’Ufficio nazionale e dall’As-sociazione
Italiana di Pastorale Sanitaria (A.I.Pa.S.) a Collevalenza (PG).
16
La sede dell’Ufficio diocesano per la pastorale della salute è ubicata presso la curia dio-
cesana, secondo piano, in corso A. De Gasperi, 274/A in Bari: è dotata di una stanza, tele-
fono, computer collegato in internet, stampante e mobili per conservare il materiale di
archivio.
17
Giovanni Paolo II, Lettera apostolica Novo millennio ineunte all’episcopato, al clero e ai
fedeli al termine del Grande Giubileo dell’anno Duemila, Città del Vaticano 6 gennaio
2001, Libreria Editrice Vaticana, Città del Vaticano 2000.
CONSIGLI DIOCESANI
territorio, come è avvenuto per i servizi della Sanità che dagli ospe-
dali si vanno aprendo ai luoghi di vita delle persone. Perciò le par-
rocchie dovranno avere la capacità di vivere una pastorale integra-
ta, che abbracci tutti i campi dei bisogni dei cristiani e dei cittadini.
Nella nota pastorale CEI del 2006 tutta la terza parte è stata riser-
vata a “La pastorale della salute nella comunità”18, il cui «primo
progetto da realizzare è la costruzione di una comunità guarita e
sanante. Gesù, infatti, non solo ha curato e guarito i malati, ma è
stato anche instancabile promotore della salute. Il suo contributo
in quest’area del vivere umano si è rivelato attraverso la sua perso-
na, il suo insegnamento e le sue azioni. Il suo agire, infatti, è teso
non solo a colmare l’indigenza dell’uomo, vittima dei propri limi-
ti, ma anche a sostenere la sua tensione verso la pienezza di vita:
“Sono venuto perché abbiano la vita e l’abbiano in abbondanza”
(Gv 10,10)»19.
Ogni comunità parrocchiale è chiamata a crescere nella convinzio-
ne che «nella trasmissione della fede – insegnamento, catechesi,
incontri di studio, ritiri e esercizi spirituali, ecc. – non va solo instil-
lata l’attenzione a tutte le categorie di malati, ma va anche compiu-
ta un’azione preventiva, aiutando i giovani a un sano sviluppo
umano e spirituale, accompagnando gli adulti nel superare con
equilibrio le crisi della loro età, offrendo agli anziani risorse che li
aiutino a vivere serenamente la vecchiaia»20.
La scelta della sfida educativa, fatta dalla CEI per il secondo decen-
nio di questo secolo, interesserà anche gli operatori della pastorale
della salute che si impegneranno a educare «all’arte della vita inte-
riore, stimolando la capacità di gestire la propria sessualità, affetti- 295
vità ed emotività, educando al discernimento del bene e male, al
controllo delle situazioni, all’apprendimento della misura dei pro-
pri limiti, allo sviluppo di modalità comunicative e relazionali
18
Cfr PVCM, nn. 48-65.
19
PVCM, n. 51.
20
Idem.
significative. Tale attività educativa di prevenzione libera dal mito
della onnipotenza, difende dalla depressione, induce a trovare un
senso alla vita e favorisce lo stabilirsi di rapporti interpersonali
caratterizzati da collaborazione e fraternità»21.
In poche parole, la comunità ecclesiale del territorio percorrerà due
sentieri: la cura dei malati e «la promozione della salute intesa nella
sua integralità (che) apre alla comprensione dei valori della vita,
esperienza da amare e rispettare in tutte le situazioni e i momenti,
anche in quelli della vulnerabilità e della morte»22.
21
Idem.
22
Idem.
23
SD, n. 3.
CONSIGLI DIOCESANI
24
PSCI, n. 39.
25
Idem, n. 40.
26
Cfr Arcidiocesi Di Bari – Bitonto, Il Libro del Sinodo. Un futuro pieno di speranza – Primo
Sinodo diocesano 1996 – 2000, Ecumenica Editrice, Bari 2002, nn. 285-289.
pellanie ospedaliere è un’esperienza impegnativa, ma i frutti pasto-
rali a beneficio dei malati, dei loro familiari e dell’intera comunità
sanitaria sono abbondanti ed evidenti.
Da pochissimi anni, cioè dalla fine degli anni ’90, alla pastorale
della salute si è aperto un nuovo, preziosissimo sentiero: quello del-
l’aiuto alle persone in lutto, anche attraverso i gruppi di mutuo
aiuto per l’elaborazione della grave perdita. È un’opportunità pre-
27
PSCI, n. 31.
CONSIGLI DIOCESANI
28
GS 1: EV 1/1319.
29
Cfr L. Moia, Figli in Cielo. La fede che rigenera la morte, in “Avvenire”, martedì 2 novembre
2004. È stata accreditata presso la Conferenza Episcopale Italiana ed è diffusa nel territo-
rio nazionale. È presente e attiva in molte parrocchie ed è collegata con una rete organiz-
zativa e una direzione nazionale.
30
Il sito Internet dell’associazione è il seguente: www.famiglieincammino.org.
della preghiera. È una gemma di Comunione e Liberazione:
«“Famiglie in cammino” è un gruppo nato casualmente nel marzo
del 1991 a Rimini dall’incontro di alcuni genitori segnati dalla per-
dita di figli, che partecipavano agli esercizi spirituali della
Fraternità di Comunione e Liberazione. Il desiderio di aiutarsi,
divenuto poi criterio e metodo, ha spinto i primi a giudicare e a
condividere il dolore nell’ottica della speranza cristiana».
L’altra strada dell’aiuto alle persone in lutto è quella dei gruppi di auto-
mutuo aiuto, che stanno sorgendo sul territorio nazionale a macchia
di leopardo, sia nel campo laico che in quello cattolico, nelle par-
rocchie e negli ospedali31. Dal 2002 esiste un Coordinamento
nazionale, di cui oggi fanno parte dieci membri sparsi in tutta
Italia, che riunisce tali gruppi e promuove convegni, pubblica libri
e cura la formazione dei volontari che animano i gruppi. La filoso-
fia e la metodologia usata sono quelle dell’accompagnamento psi-
corelazionale e, per quelli cattolici, dell’aiuto spirituale e pastorale
nei momenti di necessità. La comunità cristiana, chiamata ad offri-
re appoggio anche ai familiari del morente sia prima che dopo la
morte del loro congiunto, per aiutarli nel difficile periodo del lutto,
ha queste opportunità che non può lasciarsi sfuggire32.
31
Per notizie più particolareggiate sull’identità di tali gruppi, la conformazione e le carat-
teristiche che li distinguono è molto utile cfr O. Scaramuzzi, Dall’isola all’arcipelago. Il grup-
po per l’aiuto psicorelazionale nel lutto, Editrice Camilliane, Torino 2004. Tale pubblicazione
è di carattere esperienziale e fa un primo tentativo di delineare il volto specifico di questi
gruppi. Essi nel 1999 erano solo 2, nel 2006 erano oltre 50 quelli censiti. Per ulteriori
informazioni cfr “Noi-Avvenire”, Genitori e Figli, mensile di vita familiare, Supplemento
ad “AVVENIRE” del 28 ottobre 2007, n. 112 anno XI: il Dossier/Sorella Morte Affrontare
la perdita con la luce della speranza, pp. 8-22.
32
PSCI, n. 32.
CONSIGLI DIOCESANI
33
Cfr CfL, n. 23.
34
NMI, n. 46.
35
Conferenza Episcopale Italiana, Comunicare il Vangelo in un mondo che cambia.
Orientamenti pastorali dell’Episcopato italiano per il primo decennio del 2000, Roma 29
giugno 2001. Nell’Agenda pastorale si afferma l’impegno di “riflettere sulla creazione e valo-
rizzazione di nuovi ministeri laicali di tipo missionario: visitatori della famiglie, modera-
tori di gruppi di ascolto…”.
36
Conferenza Episcopale Italiana, Nota pastorale Il volto missionario delle parrocchie in un
mondo che cambia, Roma 30 maggio 2004, n. 12. In seguito VMPMC.
Conclusione: grati a Dio e alla nostra Chiesa locale
302
37
Cfr Conferenza Episcopale Italiana, Nota pastorale “Rigenerati per una speranza viva” (1Pt
1,3): testimoni del grande ‘sì’ di Dio all’uomo dell’Episcopato italiano dopo il 4° Convegno
ecclesiale nazionale, Roma 27 giugno 2007, nn. 23-25.
38
VMPMC, n. 12.
D OCUMENTI E V ITA DELLA C HIESA DI B ARI -B ITONTO
FACOLTÀ TEOLOGICA PUGLIESE
rivolgo un fraterno saluto a tutti voi che avete voluto essere presen-
ti a questo atto ufficiale di apertura del nuovo anno accademico
dell’Istituto Superiore di Scienze Religiose di Bari. Sono grato a
tutti coloro che, impossibilitati a presenziare, hanno fatto giungere
un segno della loro partecipazione. Mi riferisco, in particolare, ai
Direttori degli ISSR di Puglia.
Siamo radunati non per una celebrazione formale, ma per rinnova-
re la nostra comune convinzione dell’importanza che ha questa isti-
tuzione accademica per la missione evangelizzatrice della nostra 303
Chiesa locale e per la formazione teologica di tutti coloro che desi-
derano dare un fondamento più solido alla loro vita di fede. La
finalità specifica di questa comunità accademica, infatti, è quella di
offrire un percorso di conoscenza teologica tenendo in unità la
dimensione scientifica della ricerca con il senso affettivo dell’ade-
sione di fede. Non uno studio asettico, e nemmeno un’indagine
approssimativa, ma un approfondimento dei contenuti della fede
fatto con intelligenza e amore. Lo richiede lo stesso oggetto del
sapere teologico: il mistero ineffabile di Dio, che è luce per l’intel-
letto e forza d’amore per il cuore. Per questo, sentiamo appropriate
al nostro impegno le parole con le quali sant’Anselmo d’Aosta
descriveva la sua riflessione teologica: «Ti cerco desiderando, ti
desidero cercando, ti trovo amando, ti amo investigando» («Quae-
ram Te desiderando, desiderem quaerendo, inveniam amando,
amem inveniendo»).
2.4. La biblioteca
La biblioteca diocesana “Odegitria”, operante presso l’Istituto
superiore di Scienze religiose di Bari, è specializzata in scienze teo-
logiche e umanistiche ed è aperta a studenti, docenti e al pubblico
con 20 postazioni di lettura di cui 2 per disabili. Dieci le sale di
deposito libri; una di consultazione per il pubblico oltre ai locali di
servizio e per la direzione. Costituita da un ampio spazio di 250
mq., è dotata di scaffali mobili e fissi, di armadi e delle attrezzature
informatiche dedicate alla schedatura, classificazione e ricerca del
materiale bibliotecario e di una videoteca. Sezioni e collocazione
sono illustrate nella planimetria allegata. Le diverse tipologie docu-
mentarie presenti ammontano a circa 70.000 volumi e a 780 perio- 311
dici. Oggi sono 72 i periodici in abbonamento e scambio. La cata-
logazione elettronica è organizzata per autore, soggetto, titolo, col-
locazione, edizione. L’indicizzazione è nominale e semantica. Tra le
collezioni di interesse specifico vanno ricordate la collana di
“Sources chrétiennes”, di “Les belles lettres” e de “La Civiltà
Cattolica” a partire dal 1850. La Biblioteca è stata recentemente
arricchita dei volumi della biblioteca dei Padri Gesuiti dell’Istituto
Di Cagno Abbrescia in Bari e di quella personale della prof.ssa Ada
Lamacchia avuti in donazione. La raccolta libraria è andata così
verso una differenziazione e varietà di opere teologiche e filosofi-
che. Un’apposita commissione si incarica di valutare l’acquisto e
l’accrescimento bibliografico. La biblioteca coltiva rapporti di col-
laborazione con la biblioteca dell’Istituto di Teologia Ecumenica
San Nicola e della biblioteca “Gaetano Ricchetti”.
Il 21 aprile 2010, alle ore 9.30 presso la sala conferenze della Curia
di Bari si è tenuto l’incontro dei sacerdoti con il Presidente nazio-
nale di Azione Cattolica prof. Franco Miano. All’incontro hanno
partecipato S.E. l’Arcivescovo mons. Francesco Cacucci, il prof.
Giuseppe Micunco direttore dell’Ufficio Laicato, e alcuni membri
laici della Presidenza diocesana di AC.
Dopo la preghiera iniziale, il Presidente diocesano di AC Salvatore
Schiralli ha salutato i presenti e ha condiviso una riflessione del
1973 di Vittorio Bachelet del 1973, allora presidente nazionale di
AC, sull’identità dell’Associazione:
«Esorto gli anziani che sono tra voi, quale anziano come loro,
testimone delle sofferenze di Cristo e partecipe della gloria che
deve manifestarsi: pascete il gregge di Dio che vi è affidato,
sorvegliandolo non perché costretti ma volentieri, come piace
AZIONE CATTOLICA ITALIANA
317
D OCUMENTI E V ITA DELLA C HIESA DI B ARI -B ITONTO
PUBBLICAZIONI
Antonio Ladisa
D’improvviso il tuo volto mi illumina.
Poesie e canti
+ Francesco Cacucci
Arcivescovo di Bari-Bitonto
320
PUBBLICAZIONI
1
Cfr supra, pp. 40-41.
Forse assapora nuovamente il gusto dei primi anni di ministero,
prima nella parrocchia d’origine come viceparroco (fino a giugno
1978) e, poi, come educatore (1978-1987) e padre spirituale presso
il Seminario Arcivescovile di Bari (1987-1992). Sono anni di fervido
lavoro e di intelligente progettazione educativa come Direttore del
Centro Diocesano Vocazioni (1984-1995) e del Centro Regionale
Vocazioni (1990-2000), Vicedirettore del Centro Nazionale
Vocazioni (1997-2009), Membro del Comitato di Redazione della
Rivista del Centro Nazionale Vocazioni (1997-2009).
Don Tonino scrive la poesia mentre svolge il suo ministero pa-
storale presso la Cattedrale (1992-1998) e il Capitolo Metropo-
litano Primaziale di Bari (1992-2009). Era stato Mons. Mariano
Magrassi, che apprezzava molto la sua persona, a conferirgli la nom-
ina di parroco e di canonico. In quegli anni, egli ha certamente avver-
tito di essere anche fisicamente nel “cuore” della Diocesi, a stretto
contatto con il Vescovo, a servizio della Chiesa Madre e dell’intera
comunità diocesana. E lì, al centro della città di Bari, la sua persona
si è arricchita di una nuova e più intensa esperienza pastorale.
Ben presto, gli saranno affidati altri compiti a servizio della Chiesa
diocesana e regionale: Direttore dell’Ufficio diocesano per il laicato
di Bari (1998-2005), Assistente diocesano unitario di Azione
Cattolica (2000-2005), Rettore del Pontificio Seminario Regionale
Pio XI di Molfetta (2005-2009). E proprio mentre ricopre questo
ruolo, per il quale aveva maturato una ricca esperienza educativa,
muore prematuramente e inaspettatamente in un incidente
stradale, il 30 marzo 2009. II dolore per la sua improvvisa scom-
parsa spegne la gioia delle Chiese di Puglia, in festa per la ricorren-
za del centenario di fondazione del Seminario Regionale; e la cele-
brazione festosa si trasforma in lutto e pianto.
322 Guardando retrospettivamente, forse possiamo dire che la poesia
scritta nel 1995 è un preludio al pensiero della morte. Ce ne dà una
conferma un’altra poesia, scritta un anno prima (29 novembre
1994), dal suggestivo titolo Aurora. Rileggendola, oggi, sembra
quasi un presagio dei tragici fatti accaduti e, di certo, è la migliore
interpretazione della sua vita2.
2
Cfr supra, p. 13.
PUBBLICAZIONI
3
Cfr supra, p. 45.
Rimanere giovani, pur nello scorrere del tempo, è la caratteristica
che li ha accomunati. Il segreto, per entrambi, è consistito nel colti-
vare la relazione personale con Cristo, attinta nella preghiera e vis-
suta con un’attenzione particolare all’accompagnamento vocazio-
nale e missionario dei giovani.
Non si comprenderebbe però in modo adeguato la personalità di
don Tonino senza fare riferimento al suo ambiente familiare.
Ultimo di quattro figli (due fratelli e una sorella), egli ha scoperto
il volto amorevole di Cristo in quello dei suoi familiari, soprattutto
dei genitori. Ci sono virtù che si acquistano con l’esercizio, ma ci
sono caratteristiche personali radicate nell’ambiente familiare. Tra
di esse, una lo ha sempre contraddistinto: la capacità di sorridere e
far sorridere. Rimane proverbiale la sua capacità di intervenire nelle
discussioni con battute fulminanti che suscitavano in tutti un
senso di umorismo e di ilarità. Un dono connesso con il suo carat-
tere, ma forgiato nel clima della vita di famiglia, nella quale ben
presto egli ha appreso che le difficoltà vanno affrontate con fiducia
e con la capacità di trarre il bene anche dalle situazioni più avverse
e difficili.
Dal padre, don Tonino ha imparato la semplicità nei rapporti con
gli altri, il senso della dignità e dell’onestà. Si può così comprendere
il motivo della sofferenza che lo colpì quando apprese la notizia
della sua morte. Non si trattava solo del dolore per la perdita di una
persona amata, ma della consapevolezza del venire meno di un
punto di riferimento nel modo di intendere la vita. A lui ha dedica-
to una toccante poesia4.
Dalla madre, egli ha imparato il valore della fortezza d’animo, la
capacità di non scoraggiarsi nemmeno in presenza di gravi diffi-
coltà, la determinazione nel continuare a lavorare con generosità e
324 abnegazione senza badare alla stanchezza fisica. Ha sempre sentito
la figura materna come una roccia cui aggrapparsi e un angelo che
vegliava sulla sua persona. Chi ha vissuto i giorni tristi della sua
morte, ha potuto constatare l’affetto e l’amore con cui la madre lo
ha circondato anche in quei momenti di dolore. E stato com-
movente vederla varcare la soglia del Seminario Regionale di
4
Cfr supra, pp. 11-12.
PUBBLICAZIONI
5
Cfr supra, pp. 9-10.
Poeta raffinato e artista geniale
Nel corso della sua vita egli modulerà l’esperienza dell’incontro per-
sonale con il Signore in forme sempre nuove e mai ripetitive,
trasformando il proprio vissuto in racconto, poesia, meditazione,
preghiera.
Con l’andare del tempo, si manifesterà, in modo sempre più evi-
dente, la capacità di offrire testi di una raffinata modulazione stili-
stica che ben si prestano alla trascrizione musicale. La sua capacità
comunicativa si caratterizzerà per la linearità del pensiero e la flui-
dità della parola. Ne sono testimonianza non solo le poesie e i canti
liturgici, ma anche le sue relazioni, il più delle volte, articolate in
modo da comunicare il pensiero con uno stile accattivante attra-
verso la citazione di aforismi, brevi aneddoti, frasi incisive.
La fluidità del suo eloquio poteva trarre in inganno, perché forse
poteva far pensare solo a un dono legato alla sua persona. In realtà,
chi lo ha conosciuto da piccolo e gli è stato accanto negli anni della
sua formazione ha potuto constatare il progressivo emergere della
sua innata tendenza a cercare la bellezza delle cose e delle parole, e
il certosino lavoro per esprimere i sentimenti e i pensieri in una
forma originale. Aveva nelle sue corde la naturale tendenza a mi-
surarsi con il bello, ma non ha disdegnato di imparare la tecnica
attraverso un costante allenamento per usare la parola non solo
come veicolo contenutistico, ma come richiamo estetico. Come un
valente artigiano si industria ogni giorno a “creare e dare vita” ai
suoi oggetti utilizzando con sapienza la tecnica acquisita attraver-
so un lungo apprendistato, così don Tonino si è costantemente
impegnato a “dare forma alla parola”, creando assonanze e cor-
rispondenze, accordi e armonie.
326 Qui si rivela un aspetto della sua vita che, altrimenti, non sarebbe
percepibile. Non si comprende appieno la sua persona se non si
immagina il segreto lavoro di autoformazione che egli ha portato
avanti in tutta la sua esistenza. Dopo gli anni di studio nel
Pontificio Seminario Regionale di Molfetta, si dedicò al lavoro pa-
storale, ma non smise di tenersi costantemente aggiornato sui temi
teologici e pastorali. Progressivamente, ha allargato i suoi interessi
ad altri ambiti: poesia, arte, musica. Consultando la sua biblioteca
si rimane sbalordirti per la varietà dei libri che abbracciano i più
PUBBLICAZIONI
Con amicizia.
329
6
Cfr supra, pp. 34-36.
La Messa è finita.
“Vorrei essere Volto di Dio”
Preghiere di don Vito Marotta
331
Ignazio Damiani
Quattro cammei per un ritratto.
Don Mario Dalesio
+ Francesco Cacucci
Arcivescovo di Bari-Bitonto
PUBBLICAZIONI
Nicola Bux
Gesù il Salvatore.
Luoghi e tempi della sua venuta nella storia
Introduzione a
Gesù il Salvatore.
Luoghi e tempi della sua venuta nella storia
di Nicola Bux
Ed. Cantagalli, Siena 2009
1
Opuscolo Il libro della vita, cap. 22, 6.
2
1 Cel 86: FF 470.
3
Cfr Gv 1, 17.
4
Cfr Tit 2, 11.
PUBBLICAZIONI
dati evangelici e la tradizione orale e scritta dei santi Padri e delle sacre
liturgie che ancora oggi si celebrano in Terra Santa, ma anche gli apo-
crifi, i racconti e le meditazioni dei pellegrini antichi o recenti. Quando
poi è dato di pellegrinare in quei luoghi santi, si comprende meglio la
storicità dei fatti che hanno avuto al centro la persona divina di Gesù.
Una lettera di Melitone vescovo di Sardi, riportata dal primo stori-
co della Chiesa Eusebio di Cesarea, annota: «Recatomi dunque in
Oriente, ho veduto i luoghi dove fu annunziato e si compì ciò che
contiene la Scrittura»; e del vescovo Alessandro racconta: «Intra-
prese il viaggio dalla Cappadocia… alla volta di Gerusalemme per
pregare e visitare i luoghi santi»5. Allo stesso modo si comportò
Egeria, la celebre pellegrina del IV secolo, che con occhi semplici ha
descritto i luoghi santi e nello stesso tempo ha osservato con stu-
pore e meditato con amore i misteri che in essi si sono compiuti e
continuano a compiersi. Tuttavia, san Massimo il Confessore s’in-
terroga: «Ma il grande mistero dell’incarnazione divina rimane pur
sempre un mistero. In effetti come può il Verbo, che con la sua per-
sona è essenzialmente nella carne, essere al tempo stesso come per-
sona ed essenzialmente tutto nel Padre? Così come può lo stesso
Verbo, totalmente Dio per natura, diventare totalmente uomo per
natura? E questo senza abdicare per niente né alla natura divina,
per cui è Dio, né alla nostra, per cui è diventato uomo? Soltanto la
fede arriva a questi misteri, essa che è la sostanza e la base di quelle
cose che superano ogni comprensione della mente umana»6.
Auguriamo a chi leggerà questo libro di potersi abbassare e passa-
re per la ‘porta stretta’ come suggerisce Joseph Ratzinger 7: così ci si
avvicina al mistero di Gesù Salvatore. Perché dei piccoli è il regno 337
dei cieli.
5
Historia ecclesiastica, IV, 26,14; VI, 11, 2.
6
500 Capitoli. Centuria 1, 13; PG 90, 1186.
7
Cfr il presente libro, pp. 83-85.
Salvatore De Pascale
Viaggio nei 10 anni 1999-2009
Parrocchia S. Giuseppe Moscati in Triggiano
Dio che «tutto opera in colui che crede», consapevoli che «se il
Signore non costruisce la casa invano vi faticano i costruttori».
O mia amata famiglia, il meglio è sempre e comunque dinanzi a
noi, perché il futuro é nelle mani di Dio.
La nostra speranza ha un nome e un volto: si chiama Gesù. Siamo
appena all’inizio della Sua costruzione spirituale per la nostra
comunità.
Vostro
don Salvatore
339
Alberto D’Urso
Mons. Carmine De Palma
eroe nel confessionale
344
NELLA PACE DEL SIGNORE
346
D OCUMENTI E V ITA DELLA C HIESA DI B ARI -B ITONTO
DIARIO DELL’ARCIVESCOVO
Marzo 2010
l’Odegitria
BOLLETTINO DIOCESANO
Bollettino Diocesano
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2-2010