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159
MARIO MIDALI
TEOLOGIA PRATICA
1. Cammino storico
di una riflessione fondante e scientifica
LAS - ROMA
ISBN 978-88-213-0788-1
Elaborazione elettronica: LAS o Stampa: Tip. Istituto Salesiano Pio XI - Via Umbertide 11 - Roma
PREFAZIONE
Chi informato, anche solo in maniera generale e sommaria, della letteratura attinente le discipline denominate teologia pratica e teologia pastorale
sa che, accanto a pubblicazioni aggiornate e volte a fare un discorso rigoroso
o scientificamente fondato, vi tutta una variegata produzione comunemente
qualificata come pastorale. A prescindere da quella a carattere marcatamente
divulgativo, tale letteratura o non adeguatamente informata o presenta impostazioni parziali, per non dire unilaterali e non sempre previamente vagliate, o segue tuttora concezioni pre-scientifiche o comunque datate e decisamente
obsolete. Tale situazione non favorisce certo lazione pastorale o ecclesiale, ma
ne ostacola piuttosto variamente unattuazione il pi possibile unitaria e validamente motivata.
Alla base della presente ricerca vi la lucida e sofferta percezione di questa congiuntura teologica ed ecclesiale, che ha suscitato un duplice interesse,
luno teoretico e laltro pratico. Il primo mira a mettere in chiaro, almeno in
termini generali, a che punto giunta oggi la riflessione teologico-pratica e in
essa quella pastorale, a carattere scientifico e di tipo fondante, prodotta nei vari
contesti culturali ed ecclesiali. Il secondo si prefigge di sottolineare unesigenza
impreteribile per ogni fedele impegnato nel progetto di nuova evangelizzazione
del proprio ambiente di vita e di lavoro: lesigenza dimpostare e attuare una
zione ecclesiale e pastorale unitaria e solidamente fondata, in modo da superare
visioni e prassi parziali, unilaterali, e posizioni ideologiche tanto pi criticabili
quanto pi inconsapevoli.
Nato in un contesto universitario internazionale, formato da studenti prove
nienti da vari continenti e interessati ad acquisire una superiore qualificazione
nellambito di questa disciplina teologica, in vista di una loro pi illuminata ed
efficace presenza nella prassi religiosa ed ecclesiale delle proprie Chiese locali,
questo saggio ha costantemente presente un obiettivo di fondo: prestare rispettosa, di pi, simpatica attenzione alla letteratura teologico-pratica prodotta nei
differenti contesti culturali ed ecclesiali, vagliandola criticamente e valorizzandola debitamente.
Ci allo scopo di favorire, in una seria e corretta comunicazione intraecclesiale e interculturale, un auspicabile pluralismo (rispondente ad autentica cattolicit) di teologie pratiche, espressioni mature di differenti situazioni culturali, re-
Prefazione
ligiose ed ecclesiali. Inoltre, per aiutare a superare atteggiamenti e visioni (purtroppo tuttora presenti tanto al centro che in periferia) tendenti ad assolutizzare
concezioni e prassi particolari e a identificare acriticamente una determinata
prassi ecclesiale o teoria pastorale, ancorch classica, con lazione pastorale della
Chiesa e con la sua dottrina.
La presente ricerca mette ripetutamente in evidenza come in ogni modo di
fare teologia, anche in quelli apparentemente neutrali, vi sempre (lo si sappia e lo si voglia oppure no) una scelta ideologica, culturale e politica, che
necessario e opportuno rendere esplicita. Quella operata in questo volume
(come daltronde in precedenti pubblicazioni del sottoscritto) la scelta evangelica degli ultimi, fiorita nella patria di Papa Giovanni e maturata alla scuola
dellesperienza carismatica di don Bosco, pastore-educatore di giovani poveri
ed abbandonati.
Anche quando la ricerca potr apparire impegnata in tematiche astratte e
interessata a rigorosit scientifica, percepite come variamente distanti dalla pro
blematica degli ultimi, questo resta sempre e consapevolmente lobiettivo
prioritario e centrale. I poveri hanno diritto, non meno di altri interlocutori
dellazione ecclesiale, a essere serviti da guide e da operatori e operatrici pastorali qualificati a livello scientifico. Superficialit, improvvisazione, dilettantismo
e settorialismo, al di l di pur lodevoli iniziative e di generosi sforzi apostolici,
negli attuali contesti umani e religiosi si risolvono purtroppo, spesso e principalmente a danno degli ultimi.
Sono particolarmente grato verso i colleghi F.-V. Anthony, L.A. Gallo e R.
Tonelli che hanno revisionato lopera e, con i loro suggerimenti, hanno contribuito a perfezionarla.
Pasqua 2000
MARIO MIDALI
Questa nuova edizione del primo volume ne ripropone le prime quattro parti, ne aggiorna la bibliografia e le connesse integrazioni riguardanti la posizione
di alcuni autori.
Ne stralcia la quinta parte che rimanda a un nuovo volume dedicato a offrire
una configurazione aggiornata, dal punto di vista epistemologico, della teologia
pratica generale, nel quale tra laltro, si tiene conto anche di quanto gi pubblicato nel II III e IV volume di teologia pratica dello scrivente.
Questa nuova edizione si limita quindi a presentare la storia della teologia
pratica, con particolare riferimento ad alcuni momenti storici che ne hanno segnato dei cambiamenti illuminanti e significativi.
Pasqua 2011
ABBREVIAZIONI
10
Abbreviazioni
DPf
DThC
EP
EvKom
EvTh
FZPhTh
HPTh
KZ
IRM
JET
LM
LR
LS
LThK
LV
MD
MkPr
NPG
NRTh
PP
Pastoral-
theologie
PJ
PrMs
PT
PThH
PWPA
RD
Reform
RHEF
RSPhTh
RThPh
RThL
RTM
QS
SP
STh
StPat
ThGl
ThLZ
ThP
ThPr
ThRv
ThS
ThVt
Deutsches Pfarrerblatt
Dictionnaire de Thologie Catholique
Enciclopedia di Pastorale, a cura di B. SEVESO e L. PACOMIO
Evangelische Kommentare
Evangelische Theologie
Freiburger Zeitschrift fr Philosophie und Theologie
Handbuch der Pastoraltheologie, hrsg. von F.X. ARNOLD u.a.
Kirche in der Zeit
International Review of Mission
Journal of Empirical Theology
Lutherische Monatshefte
Lutherische Rundschau
Lebendige Seelsorge
Lexikon fr Theologie und Kirche, begr. von M. BUCHBERGER, hrsg. von J.
HFER - K. RAHNER
Lumire et Vie
Maison Dieu
Monatsschrift fr kirchliche Praxis
Note di Pastorale Giovanile
Nouvelle Revue Thologique
Pastoral Popular
Monatsschrift fr Pastoraltheologie (1911-1965); Pastoraltheologie, Wissenschaft und Praxis (1966-1969)
Perkins Journal
Parole et Mission
Le Point Thologique
Praktische Theologie heute, hrsg. von F. KLOSTERMANN - R. ZERFASS
Praktisches Wrterbuch der Pastoral-Anthropologie
Il Regno. Documenti
Reform der theologischen Ausbildung. Untersuchungen... hrsg. von H.-H.
HESS u.a.
Revue dHistoire de lglise de France
Revue des Sciences Philosophiques et Thologiques
Revue de Thologie et de Philosophie
Revue Thologique de Louvain
Rivista di Teologia Morale
Il Quadrante Scolastico
Studi Pastorali
Studia Theologica
Studia Patavina
Theologie und Glaube
Theologische Literaturzeitung
Theologie en Pastorat
Theologia Practica. Zeitschrift fr Praktische Theologie und Religionspda
gogik
Theologische Revue
Theological Studies
Theologia Viatorum
Abbreviazioni
ThQ
TN
TThZ
TvTh
VTh
VuF
WPKG
WzM
ZThK
Theologische Quartalschrift
Tierra Nueva
Trierer Theologische Zeitschrift
Tijdschrift voor Theologie
Vox Theologica
Verkndigung und Forschung. Beihefte zu Evangelische Theologie
Wissenschaft und Praxis in Kirche und Gesellschaft
Wege zum Menschen
Zeitschrift fr Theologie und Kirche
11
INTRODUZIONE
14
Introduzione
Introduzione
15
16
Introduzione
con le scienze umane; la sua comprensione rispettivamente della teoria teologica che elabora, della prassi religiosa, ecclesiale e pastorale cui si riferisce e,
inoltre, del rapporto tra teoria teologica e prassi cristiana.
Giustificati la scelta del titolo e il suo contenuto sommario, va spesa qual
che parola per spiegare il sottotitolo. Come la prassi religiosa, ecclesiale e
pastorale, cos la riflessione teologica che vi fa riferimento strutturalmente
caratterizzata dalla storicit: si configura ed evolve, cambiando pi o meno
radicalmente, in rapporto al mutare storico della situazione sociale, culturale,
religiosa ed ecclesiale. Di conseguenza, nel tentativo di definire questo sapere
teologico, non si partiti da una propria comprensione di esso, ancorch
legittima e motivata, ma si scelto di percorrerne innanzi tutto il cammino
storico, con alcuni vantaggi evidenti.
Tale procedimento, in effetti, consente di raggiungere una visione globale ed evolutiva di questa disciplina, una specie di storia delle concezioni
teologico-pastorali e teologico-pratiche; aiuta a percepire costanti e prospettive irrinunciabili, a conoscere concezioni criticate, ricorrenti, abbandonate,
a evidenziare questioni sollevate, risolte o lasciate aperte; mette soprattutto in
guardia dallassumere criticabili posizioni unilaterali e riduttive, e dallasso
lutizzare singole comprensioni o impostazioni pi o meno limitate e storicamente obsolete, anche se tuttora purtroppo abbastanza diffuse.
Una questione determinante che, nel suo percorso plurisecolare, questo
tipo di sapere teologico ha dovuto affrontare, riguarda la possibilit e la necessit di una cosiddetta teologia pratica (e teologia pastorale) fondamentale
o generale. In altre parole, possibile e necessario produrre una riflessione
teologica attinente lintera prassi religiosa, cristiana ed ecclesiale, capace di
presiedere e informare le conoscenze concernenti i singoli settori in cui si
articola tale prassi? possibile e necessario identificare e chiarire le comprensioni teologiche di fondo, destinate a ispirare tale prassi in tutte le sue
molteplici espressioni? In breve, possibile e necessaria una teologia pratica
fondamentale, a cui si rifacciano tutte le altre discipline particolari: catechetica, cherigmatica, pastorale liturgica, pastorale giovanile, pastorale sociale,
pastorale sanitaria...? Questo saggio prende in considerazione in modo particolare tale problematica di tipo generale e fondante.
Unaltra questione, pure importante, quella relativa alla possibilit di
una teologia pratica e, in essa, di una teologia pastorale di tipo scientifico. La
questione si posta ripetutamente nei secoli passati ed stata al centro di un
ampio e prolungato dibattito sviluppatosi specialmente negli ultimi decenni e
tuttora aperto. Il problema circa lo statuto scientifico di questa disciplina oggi
, in certo senso, aggravato dalla presenza di una colluvie di pubblicazioni
che passano comunemente sotto il nome di pratico o di pastorale, ma che non
rivestono accettabili caratteri di scientificit. In tal modo, pratico e pastorale vengono identificati, inconsapevolmente o esplicitamente, con sapere prescientifico o divulgativo, ancorch vero e comunque utile.
Introduzione
17
18
Introduzione
13
Cf METZ J.B., In cammino verso una chiesa mondiale culturalmente policentrica, in
KAUFMANN F.X. - METZ J.B., Capacit di futuro. Movimenti di ricerca nel cristianesimo (Brescia
1988) 89-121. Largomento verr trattato in modo pi diffuso nel vol. II della presente ricerca.
Parte prima
Nota Bibliografica
ARNOLD F.X., Grundstzliches und Geschichtliches zur Theologie der Seelsorge. Das
Prinzip des Gott-Menschlichen (Freiburg i.B. 1949).
, Seelsorge aus der Mitte der Heilsgeschichte. Pastoraltheologische Durchblicke (Frei
burg i.B. 1956).
, Pastoraltheologische Durchblicke (Freiburg i.B. 1965) [trad. it.: Storia moderna
della teologia pastorale (Roma 1970)].
BIRNBAUM W., Theologische Wandlungen von Schleiermacher bis Barth. Eine Enzyklopdische Studie zur praktischen Theologie (Tbingen 1963).
CALVO F.J., Pastoral, in FLORISTAN C. - RAMAYO J.J. (a cura), Conceptos fundamentales
de pastoral (Madrid 1984).
CULBERTSON PH. - BRADFORT SH., The Pastor. Readings from the Patristic Period (Minneapolis 1990).
DORFMANN F., Die Ausgestaltung der Pastoraltheologie zur Universittsdisziplin und
ihre Weiterbildung (Wien - Leipzig 1910).
FLORISTAN C., Teologa prctica. Teora y praxis de la accin pastoral (Salamanca 1991)
123-191.
FGLISTER R., Die Pastoraltheologie als Universittsdisziplin. Eine historisch-theolo
gische Studie (gedr. diss. Basel 1951).
GENRE E., La teologia pastorale in area protestante, in StPat 44 (1997/1) 15-26.
HEITINK G., Practical Theology: History, Theory, Action Domains. Manual for Practical Theology (Grand Rapids 1999).
KLOSTERMANN F. - MLLER J. (Hrsg.), Pastoraltheologie. Ein entscheidender Teil der
josephinischen Studienreform 1777-1977 (Wien - Freiburg - Basel 1979).
MARL R., Le projet de Thologie pratique (Paris 1979).
SCHURR V., Teologia pastorale, in VAN DER GUCHT R. - VORGRIMLER H. (edd.), Bilancio
della teologia del XX secolo vol. III (Roma 1972) 399-469.
20
Fin dagli inizi, nella Chiesa presente una percezione intuitiva dellagire
delle comunit cristiane guidate dai loro pastori. Tale percezione si esprime
in descrizioni, valutazioni, perorazioni, prese di posizione che contengono,
almeno inizialmente, un pensiero pratico. Basti pensare, per lantichit, al
lomiletica.
Nel corso della storia questo pensare diffuso diviene pi consapevole e
d origine a una cosiddetta letteratura pastorale in certo modo specifica, con
sistente e significativa, attinente la figura e le attivit del vescovo e, in subordine, del prete.
Nel periodo patristico si presenta sotto forma di trattato: i testi classici so
no la Apologia sulla sua fuga, di san Gregorio Nazianzeno (v. 330-389/ 390),
Sul Sacerdozio, di san Giovanni Crisostomo (v. 349-407), Sui doveri dei chierici, di santAmbrogio di Milano (v. 340-397), la Lettera a Nepoziano, di san
Girolamo (v. 350-419/420).
Sul finire della patristica, la Regola pastorale di san Gregorio Magno (v.
540-604) inaugura il genere dello speculum riguardante il tipo ideale di vescovo, che percorre tutto il Medioevo.
La relativa stabilizzazione delle forme di cura danime, come il lavoro pastorale e la prassi della confessione, promosse tra laltro dal concilio Lateranense IV (1215), introduce il filone letterario dei Manualia curatorum.
Questi precedenti storici hanno reso possibile, a partire dal concilio di
Trento, il configurarsi di una riflessione esplicita sullazione del pastore dani
me concepita come disciplina teologica e denominata teologia pastorale.
La rapida e sintetica ricognizione di alcuni significativi momenti storici
attinenti la nascita e lo sviluppo di tale disciplina prende in considerazione
due filoni di pensiero, indicati in campo cattolico generalmente con lespres
sione teologia pastorale e in campo protestante preferibilmente con la formula
teologia pratica.
Li si presenta in due distinti capitoli. Tuttavia, come si avr modo di rilevare, nella variegata vicenda storica di tale duplice corrente di pensiero vi sono
stati periodi di pi o meno ampia coincidenza quanto a problemi, interessi e
impostazioni; momenti di confronto critico e periodi caratterizzati da differenti comprensioni e sviluppi; di recente si inaugurato un proficuo dialogo
interconfessionale.
Capitolo I
22
In pieno clima illuministico emerge lesigenza di stabilire lo statuto universitario della teologia pastorale, giustificandone il carattere teologico e insieme
scientifico. Il primo tentativo importante in questo senso va ascritto allopera
di un abate benedettino, Stefano Rautenstrauch (1734-1785), prima direttore
della Facolt teologica di Praga e poi nominato direttore di quella di Vienna
nel 1774. La sua impresa si colloca nel contesto della riforma degli studi teo
logici voluta da Maria Teresa nel 1774 per i territori dellimpero asburgico.
4
Cf Enchiridion theologiae pastoralis et doctrinae necessariae sacerdotibus curam animarum administrantibus, conscriptum a R.D. PETRO BINFELDIO Suffraganeo Augustae Trevirorum
1591.
5
Cf Manuale Parochorum de plerisque functionibus et obligationibus ad parochias, parochos
et parochianos attinentibus... (Salisburgi anno 1661).
6
Cf OPSTRAET J., Pastor bonus, seu idea officium et praxis pastorum (Mechliniae 1698).
7
Cf SUCHART A., Der Pastor bonus des Johannes Opstraet. Zur Geschichte eines pastoraltheologischen Werkes aus der Geisteswelt des Jansenismus (Wien 1972). Il manuale venne messo
allindice per il suo presunto rigorismo, di matrice giansenistica, nella prassi penitenziale.
8
Cf MLLER J., Die Pastoraltheologie innerhalb des theologischen Gesamtkonzepts von Stephan Rautenstrauch (1774), in PThH 42-51; DOERING V. - MLLER J., Pastoraltheologie - praktische Theologie? Die Pastoraltheologie im Gesamtkonzept des Rautenstrauchsplans, in KLOSTERMANN F. - MLLER J. (Hrsg.), Pastoraltheologie 141-152.
23
1.2.1. Il progetto
Allorigine del progetto di riforma di Rautenstrauch sta il disagio nei confronti della pratica pastorale considerata fino allora come attinente il solo dominio pragmatico e non quello teologico; sta inoltre la critica alla speculazione teologica del tempo invischiata in inutili sottigliezze scolastiche e troppo
dispersa dietro questioni di nessuna rilevanza operativa.
Per superare tale situazione, egli progetta non semplici ritocchi o integrazioni dellinsegnamento corrente, ma piuttosto una riorganizzazione del
lintero curricolo teologico per imprimervi un orientamento decisamente pastorale. Per lui, lo scopo ultimo della teologia di formare degni servitori
del Vangelo, cio perfetti pastori, ed lampiezza di tale obiettivo che definisce la strutturazione degli studi teologici.
Tale riforma sostenuta da una seria preoccupazione per la teologia, anche se compresa nel clima culturale dellepoca. Il richiamo alle fonti bibliche
e patristiche, alla storia della Chiesa e del dogma assicura ad essa il suo fondamento. Lorientamento allazione del futuro pastore danime salda tra loro
le distinte discipline.
Secondo lui, la valorizzazione della finalit pastorale della teologia non
deve pregiudicarne il carattere scientifico. Al contrario, egli insiste sulla seriet del sapere che i futuri pastori devono acquisire per affrontare i problemi,
specialmente intellettuali, del loro tempo. Il suo intento di aprire una nuova
epoca teologica, sensibile alla cultura illuministica e, in particolare, allo sviluppo delle scienze storiche e positive.
Per la riuscita del suo piano egli annette grande importanza allapporto
della pedagogia e della metodologia che ha assimilato nella consuetudine con
Karl Heinrich Seibt (1735-1806), docente di pedagogia alla Facolt filosofica
di Praga.
Per quanto riguarda il piano di studi teologici, Rautenstrauch fa notare
che esso non arbitrario, ma scaturisce dalla natura stessa di tali studi. Il
sistema naturale della teologia costituito innanzitutto da un gruppo di
scienze preparatorie e ausiliarie che sono le discipline bibliche e storiche;
segue un secondo gruppo di discipline che abbracciano la teoria stessa della
teologia: dogmatica, morale, diritto canonico; viene infine un gruppo comprendente le discipline che insegnano come la teoria della teologia da applicare in modo corretto e utile alla pratica della vita umana: sono la teologia
pastorale che insegna luso della teoria della teologia per la cura delle anime
e la polemica che ne insegna luso per confutare gli eretici e gli infedeli.9
24
25
Nel periodo immediatamente successivo allistituzione della cattedra di teologia pastorale compare una serie di manuali, alcuni in pi volumi, dedicati
allargomento e variamente influenzati dalla riforma viennese.14 La produzione pu essere indicata come la prima manualistica di teologia pastorale.
Essa copre un arco di tempo che va dal 1780 al 1850.
La nuova disciplina viene chiamata pi spesso teologia pastorale ed anche
teologia pratica o con altre formule che, in questo periodo, rivestono ancora
tutte un significato pressoch identico.
Nella variet delle posizioni espresse dai distinti autori possibile ricostruire le linee essenziali della comprensione che questepoca ha della teologia pastorale. Tale comprensione segnata dalla figura del singolo pastore danime
e da quella che potrebbe essere detta rinuncia alla scientificit.
Coerente con tale prospettiva, nei suoi primi sviluppi la teologia pastorale
non intende essere altro che una raccolta di insegnamenti circa i doveri del
curatore danime. Gli autori non si preoccupano di mostrarne il carattere
teologico: a volte evitano perfino di chiamarla teologia nel titolo stesso del manuale e preferiscono usare i sostantivi indicazioni, insegnamenti, dottrina. Quando ne richiamano la qualifica teologica, lo fanno con motivazioni
di tipo nominalistico: siccome le indicazioni sono state raccolte in sistema e
se ne fatto una parte della teologia, cos questa disciplina detta teologia
pastorale.15
13
Cf ARNOLD A., Storia moderna 130-132; SCHUSTER H., Die Geschichte 46s; MLLER A.,
Praktische Theologie 15-17.
14
Cf ad es. PITROFF F. CHR., Anleitung zur praktischen Gottes Gelahrtheit, 4 voll. (Praga
1779-1784); LAUBER J., Institutiones theologiae pastoralis compendiosae, 3 voll. (Brnn 17801781); GIFTSCHTZ F., Leitfaden fr die in den k.k. Erblanden vorgeschriebenen deutschen Vorlesungen ber die Pastoraltheologie (Wien 21787); REICHENBERGER A., Pastoralanweisung nach
den Bedrfnissen unseres Zeitalters, 2 voll. (Wien 1805-1808); SCHWARZEL K., Anleitung zu
einer vollstndigen Pastoraltheologie (Augsburg 1799-1800).
15
GIFTSCHTZ F., Leitfaden 11 VIII.
26
27
Questi autori cercano di dare una fondazione biblica allazione del pastore
danime e di conferire, per questa via, un carattere teologico alla disciplina
pastorale, superando limpostazione appena presentata che la riduce a sintesi
ordinata di insegnamenti per il parroco o il prete in cura danime.
In un momento storico segnato dallilluminismo francese e dal romanticismo tedesco, Sailer cerca un cristianesimo vivente e una predicazione autentica, e li trova nella sacra Scrittura. Per lui, il cristianesimo biblico levento salvifico che va dalla Genesi allApocalisse. Il suo centro costituito dal fatto che
Dio-Amore, in Cristo, si rivela come salvezza del mondo in peccato. In questa
prospettiva egli recupera la concezione biblica di Chiesa, corpo di Cristo: essa
esprime allesterno e vive allinterno lunificazione degli esseri umani con Dio
e tra loro, operata da Cristo tramite il suo Spirito. Non sviluppa per questa
impostazione biblico-ecclesiologica in modo da farne la base per la riflessione
teologico-pastorale. In lui continua ad agire la concezione postridentina che
riserva al solo clero la funzione di organi della Chiesa, che viene cos ancora
troppo identificata con il pastore danime.
In ogni caso, in Sailer come negli altri due autori citati, la comprensione
della figura del pastore cambia in modo sostanziale rispetto alla concezione
del filone manualistico contemporaneo e parallelo. Non pi il semplice maestro di religione, servitore dellautorit tanto religiosa che civile, incaricato
dellordine morale e di una felicit molto vaga. invece il pastore formato
secondo lo Spirito e il volere di Cristo e vincolato, in prima linea, allo Spirito
e alla rivelazione di Cristo. Non pi il funzionario attento alle esigenze delle
istituzioni statali, ma il rappresentante di Dio, direttamente dipendente da
Cristo e servitore dellopera redentiva affidata dal Salvatore alla sua Chiesa.
Questo orientamento biblico-teologico supera radicalmente limpostazio
ne antropocentrica della manualistica sopra descritta. Tuttavia nella fondazione in senso ecclesiologico di questa disciplina non va oltre la fase di abbozzo.18
2. LAPPORTO CRITICO DI ANTON GRAF
Attorno alla met del secolo scorso, mentre in campo cattolico si sta esaurendo il primo filone manualistico e in campo protestante si impegnati nel
la costruzione di una teologia pratica come disciplina universitaria, appare
lopera di Anton Graf (1814-1867) intitolata: Presentazione critica dellattuale
situazione della teologia pratica.19
der Schulen und sonderheitlichen Nutzanwendung des Fuldischen Klerus (Wrzburg 1780);
CONRAD P., Leitfaden der deutschen Vorlesungen ber die Pastoraltheologie zu Trier (Trier 1789).
18
questo il giudizio conclusivo formulato da SCHUSTER H., Die Geschichte 52-55 nella scia
di Arnold ivi ripetutamente citato.
19
GRAF A., Kritische Darstellung des gegenwrtigen Zustandes der praktischen Theologie
(Tbingen 1841).
28
29
23
24
30
nia, le teologie pastorali del tempo che si limitano a una semplice registrazione del dato fattuale, occultato sotto il motivo del ricorso allesperienza: Nella
teologia pratica corrente tutto trattato a livello di esperienza. Nellesperienza
si trovano i mezzi al fine, il fine stesso e il ceto clericale. Nellesperienza si trova pure che questo ceto affronta i propri compiti spesso in modo inadeguato.
Allora si appronta subito unindicazione per il corretto esercizio del servizio
ecclesiale... e questa indicazione detta teologia pratica.25
Nella sua intenzione, la teologia pratica deve superare questimpostazione
pragmatista e utilitarista, per giungere a unintelligenza unitaria e teologica
della realt ecclesiale: la teologia pratica non deve, come avvenuto finora,
accontentarsi di partire dallo stato ecclesiastico per considerarne le attivit,
come semplici attivit di questo stato. Essa deve, al di l di questo stato, risalire fino a Cristo, alla Chiesa e alle singole comunit; deve mostrare come tutto
discende necessariamente dalla loro volont e natura, come Cristo e dopo di
lui la Chiesa e le comunit vogliono e attuano il fine e i mezzi al fine, come
essi vogliono e realizzano immediatamente lo stesso stato ecclesiastico, con le
diverse attivit ad esso connesse, che vanno descritte dalla teologia pratica.26
2.3. La connotazione pratica
31
pratica non deve pregiudicare, per Graf, il carattere scientifico e tanto meno
quello teologico della teologia pratica.
Su questo punto egli ha presente i teologi razionalisti dellepoca, sostenitori di una religione illuminata fatta di una pi o meno vaga religiosit associata
a un pragmatismo sociale. Cos egli intende distanziarsi da tale specie di positivismo ecclesiastico reperibile nella concezione di Schleiermacher. Graf, in
effetti, ritiene che Schleiermacher ha compromesso la scientificit della teologia nel suo insieme, in quanto lha ridotta a rango di mezzo finalizzato al servizio della Chiesa istituzionale.28 Egli vorrebbe, al contrario, elevare la teologia
pratica al rango di teologia teorica perch, a suo giudizio, non il rapporto
teoria e prassi ci che presiede larticolazione della teologia, ma piuttosto il
riferimento della teologia al suo oggetto che la Chiesa: La teologia pratica
non esiste perch c un prevalente interesse pratico nella teologia, ma questa
e quello sono presenti perch la Chiesa una realt che edifica se stessa.29
2.4. Larticolazione della materia
32
33
ci che evidenziato da Schleiermacher pur nei limiti di una concezione confessionale di Chiesa.37
In questa stessa linea si muove la valutazione critica di R. Marl. Secondo
questo autore, Graf tende a ricondurre la teologia pratica a una ecclesiologia. Senza dubbio ci ha potuto contribuire ad accrescere la dignit del
vocabolo e dellinsegnamento che pu essere dato sotto il titolo di teologia
pratica, accanto ad altre rappresentazioni di questa disciplina teologica... Ma
forse ci avvenuto a prezzo della specificit della teologia pratica e, in ogni
caso, rinunciando ad aprire cammini radicalmente nuovi. In fondo, la teologia pratica intesa da Graf non che una variante dellecclesiologia sviluppata
dalla scuola di Tubinga, con il rinnovamento reale attuato dai lavori di tale
scuola, ma anche con i suoi limiti.38
Come si avr modo di costatare in seguito, queste differenti valutazioni
del programma di A. Graf dipendono da differenti concezioni della teologia
pratica, pi ancorata da alcuni a un retroterra teologico, e da altri a una realt
empirica. Il minimo che si possa dire che in questo autore emerge una presa
di coscienza critica delle problematiche implicate nella costruzione di una
teologia pratica degna di questo nome. Sta di fatto che la sua proposta non fu
subito accolta e il suo pensiero rimase a lungo un episodio isolato nella storia
della teologia pastorale intesa come teologia pratica.
3. LIMPOSTAZIONE DELLA SECONDA MANUALISTICA
38
34
Il pratico abbandono dellimpianto ecclesiologico, rilevabile in J. Amberger, diviene esplicito rigetto in Michael Benger (1822-1870),44 che critica, con
punte di ironia, il progetto di Graf.
Egli fa sua la concezione corrente che definisce la teologia pastorale come
introduzione scientifica del pastore nel retto svolgimento del suo ufficio.45
Riferendosi in modo polemico a Graf, dichiara che ogni cosiddetta costruzione scientifica della pastorale pericolosa e deviante.46
Cf ivi I 4.
Cf ivi I 26-29.
42
Cf ivi I 284-288.
43
Cf SCHUSTER H., Die Geschichte 63-66; DORFMANN F., Die Ausgestaltung 213; FGLISTER
R., Die Pastoraltheologie als Universittsdisziplin. Eine historisch-theologische Studie (gedr. diss.
Basel 1951) 31; ARNOLD F.X., Amberger, in LThK I2 422. Si veda anche METTE N., Joseph Amberger (1816-1889) und die Pastoraltheologie der Neuscholastik, in KLOSTERMANN F. - MLLER J.
(Hrsg.), Pastoraltheologie 233-242.
44
BENGER M., Pastoraltheologie, 3 voll. (Regensburg 1861).
45
Cf ivi I 2.
46
Cf ivi.
40
41
35
Lecclesiologia che sta a monte della sua teologia pastorale incentrata sul
rapporto pastore-gregge: di fronte al pastore, soggetto attivo, sta il gregge dei
fedeli, affidato alla guida del singolo prete e recettore, variamente passivo,
del multiforme servizio spirituale del pastore.47 Di conseguenza, ogni pro
blematica pastorale letta e risolta non in riferimento alla Chiesa nel suo
insieme, ma unicamente attraverso lo schema pastore-gregge. Nella Chiesa vi
una gerarchia che gode dellassistenza dello Spirito Santo e stabilisce leggi
alla cui formulazione il singolo pastore non partecipa; egli per tenuto a osservarle. Lassistenza dello Spirito Santo fa reputare superflua ogni riflessione
scientifica di tipo teologico-pastorale sulla conduzione della Chiesa da parte
dellautorit ecclesiastica. La teologia pastorale si riduce cos a una semplice
introduzione indirizzata unicamente ai preti, intesi come operatori subordinati della gerarchia.
3.3. La concezione pragmatica della teologia pastorale
36
37
38
39
40
In campo cattolico, nel periodo che va dalla fine della prima guerra mondiale al concilio Vaticano II, mentre continua il filone manualistico precedentemente delineato, vari pastoralisti sviluppano una riflessione teologicopastorale che tenta, in forme e misure diverse, di rispondere alle istanze sol
levate da una situazione socio-culturale e religioso-ecclesiale per tanti aspetti
radicalmente differente da quella dellepoca precedente.
4.1. Insufficienza della manualistica e limitate ricerche innovative
Secondo alcuni autori, gli sconvolgimenti sociali e culturali oltre che economici e politici successivi alla prima guerra mondiale fanno emergere nuovi
problemi pastorali: lazione pastorale va rinnovata con lassunzione critica
delle inquietudini e certezze, delle idee e aspirazioni imposte dalla mutata
congiuntura storica; la collocazione spirituale e culturale di quanti operano
in ambito ecclesiale esige di essere ripensata in riferimento a tale differente
contesto sociale e culturale.70
Di fronte a queste nuove urgenze viene denunciata linsufficienza della
manualistica del tempo. Questa parte dal presupposto, forse inconsapevole, che il fattore storia sia sostanzialmente irrilevante per lazione del pastore
danime, dato che le regole auree della pastorale sono gi sempre disponibili
e necessitano solo di una messa in opera tecnicamente corretta. Ci fa s che
tale letteratura sia incapace di assumere in modo riflesso i fenomeni storici.71
Inoltre, la struttura stessa del manuale appare uno strumento inadeguato
per affrontare in modo rigoroso e tempestivo le problematiche via via emergenti. In questo periodo sorgono istituti di pastorale, vengono pubblicate ri68
Cf ad es. NOLDIN H., Summa theologiae moralis iuxta codicem iuris canonici (Innsbruck
1935), e lopera di DAVIS H. citata alla nota 48.
69
Cf ad es. STOLZ E., Pastoraltheologie, in LThK VII 1023s.
70
Cf PFLIEGLER M., Custos, quid de nocte?, in Der Seelsorger 1 (1925) 2-4; ID., Wie stellen
wir dem modernen Menschen das Christentum dar?, ivi 2 (1925) 1-7; ID., Und wieder: Custos,
quid de nocte?, ivi 3 (1926) 1-4 81-84; ID., Hora jam est... Ein ergnzendes Wort vom Herausgeber, ivi 4 (1928) 97-101; RUDOLF K., Zehn Jahre Seelsorger, ivi 11 (1934) 1-4.
71
Cf PFLIEGLER M., Grostadtseelsorge vor zwanzig Jahren und heute, in Der Seelsorger 8
(1932) 242-248; WIESEN P., Neue Wege der Pastoraltheologie, ivi 417-423.
41
42
43
illuminante per gli sviluppi che ha avuto successivamente, specialmente nel concilio Vaticano II, segnalare la vicenda della teologia cherigmatica,
anche se ha costituito un episodio circoscritto ben presto riassorbito,90 e la
86
Cf BOPP L., Zwischen Pastoraltheologie 27-40; NOPPEL C., Aedificatio Corporis Christi
32-44 53-58.
87
Cf BOPP L., Zwischen Pastoraltheologie 63-69 76-101; NOPPEL C., Aedificatio Corporis
Christi 5s 23-25.
88
Cf OFFELE W., Das Verstndnis 21-23.
89
Cf SCHUSTER H., Die Geschichte 84-86; PFLIEGLER M., Pastoraltheologie VII; SCHURR V.,
Teologia pastorale 400. Un tentativo di delineare unecclesiologia capace di assumere in modo
coerente le istanze del tempo e di offrire un fondamento adeguato alla cura danime fatto
da vari pastoralisti, i cui contributi sono stati pubblicati a cura di HORNSTEIN VON X. (Hrsg.),
Wesentliche Seelsorge. Grundlagen und Zeitfragen wirksamer Seelsorge in der Verantwortung
der Gegenwart (Luzern 1945). Si veda inoltre SEVESO B., Edificare la Chiesa 79-90.
90
Per una conoscenza della teologia cherigmatica si veda: RAHNER K., Kerygmatische Theologie, in LThK VI 126.
44
45
Nel secondo dopoguerra si assiste ad un intensificarsi della preoccupazione per lo statuto scientifico, teologico e pratico della vita pastorale. Se
ne rendono interpreti pastoralisti di differenti aree geografiche: R. Fglister
(Svizzera), L. De Coninck (Belgio), Santos Beguiristin e C. Snchez Aliseda
(Spagna), R. Spiazzi e G. Ceriani (Italia).96
La problematica sorge dalla costatazione che la natura scientifica e teologica di questa disciplina stata diversamente motivata nel corso della sua
storia nel contesto accademico;97 sorge inoltre dallesigenza di una fondazione teologica rigorosa dellazione pastorale, che vada oltre il semplice avallo
dellautorit ecclesiastica.98
La soluzione ricercata nella concezione aristotelico-tomista della scienza
teologica. La teologia pastorale, al pari della teologia dogmatica, dispone di
un proprio principio teologico, universale e necessario, di conoscenza: il comando missionario di Cristo agli apostoli (Mt 28,19s) che funge da articolo di
fede. Dispone poi della possibilit di unargomentazione deduttiva, in quanto
tale comando missionario dice riferimento alle verit di fede e insieme attenzione agli esseri umani a cui vanno comunicati i beni salvifici, il che ricopre
lintera area usualmente riconosciuta alla teologia pastorale. In questa cornice, oggetto materiale della teologia pastorale la Chiesa nel suo complesso;
oggetto formale sono le funzioni pastorali che hanno come destinatari tutti gli
uomini e non solo i battezzati. I risultati conoscitivi della riflessione pastorale
si ottengono sotto forma di conclusioni teologiche, frutto di una maggiore,
costituita da un principio di fede specifico della teologia pastorale, e di una
minore essa pure di fede o anche di ordine razionale.99
Questimpostazione di fondo, esplicitata da Fglister, la si ritrova, con variazioni, nei contributi degli altri pastoralisti nominati. De Coninck collega
la teologia pastorale allapostolato, da lui articolato in tre interrogativi: A chi
(= soggetto attivo) Cristo ha affidato il pastorato? A chi (= referenti) deve
rivolgersi il pastore? In che cosa (= oggetto) consiste il ministero pastorale?
Dal messaggio rivelato la teologia pastorale svolge i principi soprannaturali
corrispondenti a una determinata comprensione della Chiesa, del sacerdozio
96
Cf FGLISTER R., Die Pastoraltheologie als Universittsdisziplin. Eine historisch-theologi
sche Studie (Basel 1951); DE CONINCK L., Les orientations actuelles de la thologie pastorale, in
NRTh 76 (1954) 134-141; SANTOS BEGUIRISTAIN, Una pastoral cientfica (Bilbao 1953); SANCHEZ
ALISEDA C., Orientaciones bibliogrficas sobre teologa pastoral, in Salmanticensis 3 (1956) 249278; ID., Pastoral de urgencia (Madrid 1958); SPIAZZI R., Notula de Theologiae pastoralis natura
et ratione, in Angelicum 34 (1957) 418-422; ID., Teologia Pastorale Kerigmatica e Omiletica
(Torino 1965); CERIANI G., Introduzione alla teologia pastorale (Roma 1961); ID., Introduzione
alla definizione della teologia pastorale, in Seminarium 15 (1963) 653-694.
97
Cf FGLISTER R., Die Pastoraltheologie 42 57.
98
Cf DE CONINCK L., Les orientations 135.
99
Cf FGLISTER R., Pastoraltheologie 44-48.
46
e del laicato, e regolatori dellagire pastorale (ledificazione del corpo di Cristo), che fondano la validit teologica di questa disciplina. Da tali principi si
sviluppano le conclusioni ulteriori come in ogni discorso teologico.100
Per Ceriani, che riecheggia formule conosciute, la teologia dogmatica stu
dia lanatomia della Chiesa, mentre la teologia pastorale ne studia la fisiologia,
cio il suo slancio dinamico escatologico. Loggetto materiale della teologia
pastorale lazione della Chiesa oggi, inserita nel piano della salvezza; loggetto formale quod Dio sub ratione deitatis; loggetto formale quo la Rivelazione di Cristo vivente nelloggi della Chiesa.101
Spiazzi ritiene che, definita la scientificit della teologia secondo i canoni
tomisti, anche per la teologia pastorale necessario delimitare dei principi di
fede, opportunamente tematizzati, e da essi trarre deduzioni in ordine alla
direzione dellattivit dei pastori nellattuazione della loro missione nelleco
nomia della salvezza.102
In breve, la teologia pastorale innanzitutto dottrina dei principi e, quindi,
scienza; inoltre dottrina dei principi di fede che essa desume dalla Rivelazione e, quindi, scienza teologica.
La conoscenza della vita delle persone e delloggi della Chiesa, la teologia pastorale lattinge dai risultati delle scienze profane, in particolare dalla
psicologia e dalla pedagogia. Ad esse riconosciuta autonomia e specificit
di metodo. La teologia pastorale le utilizza per in subordine, come scienze
ausiliarie.103 In effetti, essa ne delimita loggetto dindagine, ne interpreta i
risultati e il loro uso secondo i principi della Rivelazione. Il luogo di tale operazione lunit spirituale del teologo, la sua sintesi superiore delluni
verso, chiamata sapienza.
Il metodo teologico-pastorale risulta cos analitico-deduttivo quanto alla conoscenza dei principi teologici, e descrittivo-induttivo quanto alla conoscenza
dei dati empirici. La teologia pastorale si costituisce nel giudizio composito
in cui vengono coniugati i due aspetti.104
Posta questa concezione del carattere scientifico e teologico della teologia
pastorale, si ripropone il problema della valenza pratica di questa disciplina: se essa in quanto scienza dottrina dei principi, come si colma la distanza tra conoscenza scientifica ed esperienza del pastore? Per rispondere al
linterrogativo si fa ricorso allarte pastorale intesa come abilit operativa. Tra
scienza pastorale da un lato e pratica pastorale dallaltro introdotta questa
Cf DE CONINCK L., Les orientations 137-139.
Cf CERIANI G., Introduzione alla teologia pastorale 135-155; ID., Introduzione alla definizione 653-694.
102
Cf SPIAZZI R., Notula 419.
103
Cf DE CONINCK L., Les orientations 138s; SPIAZZI R., Notula 420; CERIANI G., Introduzione alla teologia pastorale 156-172; ID., Introduzione alla definizione 678-683.
104
Cf CERIANI G., Introduzione alla teologia pastorale 205-219; ID., Introduzione alla definizione 674 676-678.
100
101
47
figura intermedia, storicamente legittimata da una costante tradizione105 e teoreticamente compresa nellorizzonte della nozione tomista della prudenza.106
Lutilizzo di questultima diversamente modulato. Per Spiazzi, la sapien
za, sia infusa che acquisita tramite la teologia pastorale, dimostra alla prudenza i principi pi alti e adegua ad essi gli imperativi. La prudenza cos
illuminata guida larte pastorale, cio la capacit pratica nel gestire quanto si
riferisce alleconomia salvifica, capacit da acquisire attraverso esercitazioni
pratiche.107
Secondo Ceriani, tra la teologia pastorale, che scienza speculativo-pra
tica, e la prudenza, che ha per oggetto il giudizio sullazione da compiersi
qui adesso, va collocata una conoscenza intermedia, larte appunto, che ha
per oggetto le regole prossime dellagire. Larte pastorale si connette con la
teologia pastorale come a sua conclusione e si definisce come tecnica di applicazione dei principi universali della scienza pastorale, condotti sul terreno
dellefficienza pratica e concreta.108
4.5. Riformulazione dei problemi di fondo della teologia pastorale
Lesigenza di disporre di un quadro teologico in cui definire lazione pastorale e sviluppare la riflessione teologica in merito ritorna in Franz Xavier
Arnold ( 1969), noto pastoralista di Tubinga. La sua ricerca si concentra su
questioni fondanti di teologia pastorale.109
4.5.1. Natura mediazionale dellazione pastorale
Come si costatato precedentemente, anche la manualistica premette al
la trattazione di singoli argomenti una serie di considerazioni comuni a tutta
larea pastorale e riguardanti il pastore di anime.110 Arnold interroga ulterior
Il luogo classico di riferimento il passo delloperetta pastorale di S. Gregorio Magno:
... ars est artium regimen animarum (PL 77, 14).
106
Cf FGLISTER R., Die Pastoraltheologie 64-66 89; SPIAZZI R., Notula 421; CERIANI G.,
Introduzione alla teologia pastorale 131s.
107
Cf SPIAZZI R., Notula 421s.
108
Cf CERIANI G., Introduzione alla teologia pastorale 129-131 189.
109
Per la bibliografia di Arnold, aggiornata al 1957, si veda: FILTHAUT TH. - JUNGMANN J.A.
(Hrsg.), Verkndigung und Glaube (Freiburg 1958) 347-354; per ulteriori indicazioni si veda:
BLACHNICKI F., Das Prinzip des Gott-menschlichen als Formalprinzip der Pastoraltheologie, in
RATZINGER J. (Hrsg.), Theologie im Wandel (Mnchen 1967) 637 n. 15. Nellesposizione ci si
attiene allopera: ARNOLD F.X., Pastoraltheologische Durchblicke (Freiburg i.B. 1965) [trad. it.:
Storia moderna della teologia pastorale (Roma 1970). Cito da questa edizione confrontata con
loriginale. Lesposto si avvale anche di altri saggi che saranno citati].
110
Si veda sopra al n. 3.3.1.
105
48
mente tali dati recepiti e pone la questione fondamentale della natura del
lazione pastorale, pacificamente accettata o non esplicitata dalla manualistica
sia cattolica che protestante. Inoltre, egli interessato alla scientificit della
teologia pastorale, ma non a una scientificit formale, bens alla ricerca delle
dimensioni teologali proprie dellazione e, conseguentemente, della riflessione pastorale, stimolato in questo anche dalle acquisizioni della teologia cherigmatica circa la natura della predicazione.
Alla base della sua riflessione sta questa consapevolezza: per la vita della
Chiesa assai importante la scelta di una pastorale che nella sua elaborazione teorica e nella sua applicazione concreta lespressione di una teologia
centrata sullinsieme della Rivelazione, oppure di una pastorale orientata in
funzione di fatti contingenti e, quindi, eclettica e dispersa.111
Egli decisamente per la prima scelta. La propone e la giustifica col
locando lazione e la riflessione pastorale nellorizzonte della salvezza e ricorrendo innanzitutto ai concetti, distinti ma correlati, di processo di salvezza
(Heilsprozess) e di mediazione di salvezza (Heilsvermittlung).
Il processo di salvezza indica il realizzarsi concreto dellintervento salvifico
di Dio, che avviene nel rapporto di comunione damore tra Dio stesso e la
nima la quale con libera risposta di fede e damore accoglie tale dono divino.
Nel processo salvifico Dio il protagonista assoluto, la causa principale. La
mediazione di salvezza collegata allazione pastorale e sottolinea che le atti
vit della Chiesa sono servizio alla fede e allamore, sono uno strumento
in ordine allattivazione e allincremento del processo di salvezza.112
Con ladozione della categoria di mediazione, Arnold intende ribadire il
ruolo strumentale e subordinato della Chiesa nellattuazione della comunione
tra Dio e luomo, rifiutando ogni dannosa identificazione dellazione pastorale con il processo stesso di salvezza.
Al riguardo segnala delle comprensioni distorte della pastorale, storicamente documentate: il naturalismo pastorale riscontrabile in pastorali
dispirazione illuministica e collegabile al fatto che si disattende il ruolo di
mediazione e di servizio proprio delle attivit cherigmatiche, liturgiche, sacra
mentali ed educative, attribuendo a esse la capacit di porre da s ed effettivamente la fede e lamore; il quietismo pastorale rilevabile in pastorali ispirate
ad una concezione organologica della Chiesa e tendenti ad assolutizzare la
dimensione comunitaria dellattivit pastorale fino al punto da emarginare
lapporto personale nellaccadimento salvifico. Nel primo caso, lazione pastorale perde il senso del mistero di Dio; nel secondo caso, misconosciuta la
partecipazione della persona allevento di salvezza.113
111
ARNOLD F.X., Dienst am Glauben. Das vordringlichste Anliegen heutiger Seelsorge (Frei
burg i.B. 1948) 7 [trad. it.: Il ministero della fede. Le istanze urgenti della pastorale oggi (Alba
1953)].
112
Cf Storia moderna 7 22 42-45 55s.
113
Cf ivi 22-33 47-50.
49
114
115
50
Considerata, invece, nel suo risvolto negativo, non conforme alla sua natura n fedele alla sua finalit unattivit pastorale che assolutizzi uno dei due
fattori a scapito dellaltro, sovvertendone il rapporto. Ci avviene ad esempio,
nel senso di un teocentrismo unilaterale a cui consegue un quietismo etico
e pastorale rilevabile in iniziative ecclesiali che vedono quasi esclusivamente
lopera di Dio e di Cristo nellannuncio della parola o della liturgia...; oppure,
nel senso di un esagerato antropocentrismo che conduce al naturalismo
teologico-pastorale riscontrabile in concezioni della catechesi, della predicazione, della liturgia e delleducazione in cui laspetto misterico, cio lintervento grazioso di Dio, disatteso.116
Secondo Arnold, per la teologia pastorale questione di vita o di morte
il trovarsi di fronte a un accordo fra il fattore umano e quello divino, oppure
vederselo mancare.117 In pratica si ripropone, in sede teologico-pastorale,
una problematica simile a quella che affrontano la teologia fondamentale e
la dogmatica a proposito rispettivamente del rapporto fede-ragione e naturagrazia. in giuoco la legge degli estremi che interagiscono continuamente
e si alimentano lun laltro, come storicamente avvenuto e avviene tra le due
concezioni distorte appena segnalate.
Il ricorso al principio del divino umano consente di avere una corretta
concezione teologica dellazione pastorale e, conseguentemente, di orientare
in modo adeguato lattivit ecclesiale e di superarne gli errori o le distorsioni.
Esso, infatti, in grado di assicurare il raccordo equilibrato fra il ruolo del divino e quello dellumano, [perch] ancorato profondamente nella natura
del Cristianesimo, inteso come la religione del Mediatore divino-umano.118
Lassunzione del principio teandrico conduce cos a evidenziare lesigenza
di rapportare lazione pastorale, nelle sue varie espressioni, a quel modello
assoluto che Ges Cristo, lUomo-Dio. Riferirsi a Cristo come a model
lo, nellattivit ecclesiale, vuol dire assumere effettivamente la parte di Dio
e la parte della persona umana e la loro collaborazione. Concezioni e prassi
distorte in campo pastorale hanno a monte cristologie unilaterali e, viceversa,
cristologie parziali guidano, forse inconsapevolmente, comprensioni e iniziative pastorali erronee.119
In questa prospettiva, il riferimento ultimo e determinante rimane, quindi,
Cristo e la sua mediazione, additata come fondamento e criterio, parametro
e limite della mediazione ecclesiale. In tal modo, lazione e la riflessione pastorale vengono ancorate alla cristologia e alla soteriologia.120
Il principio teandrico, compreso nella sua concentrazione cristologica e
Cf ivi 60s.
Ivi 60: il corsivo del testo.
118
Ivi 61.
119
Cf ivi 8 61-66.
120
Cf ivi 62 113.
116
117
51
52
53
Nel secondo dopoguerra fino agli anni 1960 simpone un movimento complesso dazione e riflessione, conosciuto in campo cattolico come pastorale
dinsieme.135
5.1. Cenni storici
54
A livello di riflessione critica vengono pubblicati negli anni 1940 tre contributi, complementari e significativi, a cui sispirano successivamente vari pastoralisti: la riflessione dellabate Henry Godin sulla situazione della Chiesa
nel mondo del proletariato operaio,137 una ricerca di sociologia religiosa nel
lambiente rurale prodotta dal canonico Fernand Boulard,138 le annotazioni di
Georges Michonneau sulla vita cristiana nella parrocchia urbana.139
In uno studio retrospettivo, Boulard individua tre tappe di sviluppo delle
intuizioni originarie. La prima scopre la rottura tra la vita e la religione. La
scristianizzazione in atto in Francia un fenomeno non soltanto individuale
ma collettivo. Isolata nella sua azione, la parrocchia si rivela sempre pi incapace di affrontare unevangelizzazione dellambiente. Si rende necessaria
unazione pastorale di insieme, dove insieme sta a indicare il complesso del
pi vasto mondo sociale a cui deve essere rivolta lattivit ecclesiale.
La seconda tappa fa scoprire linteriorit della pastorale dinsieme. Il lavoro apostolico del sacerdote e del laico va collocato entro una pastorale glo
bale tendente a orientare in modo unitario lazione pastorale parrocchiale. Il
congresso nazionale dellUnion des Oeuvres de France (1956), che affronta
la questione: Pastorale opera comune, sottolinea la necessit di ampliare la visione pastorale, di integrare tutte le forze apostoliche e di collocare la parrocchia nella zona umana, coordinando i responsabili. In questa fase il termine
insieme usato per indicare che la pastorale azione comune dei differenti
operatori.
Nella terza tappa si scopre la dimensione episcopale della pastorale, cio
limprescindibile riferimento di tutte le forze e istituzioni di una diocesi al
loro pastore nellattuazione della pastorale dinsieme.140
Il primo congresso internazionale di teologia pastorale, tenuto a Friburgo
(Svizzera) nel 1961, documenta lampia risonanza ottenuta dalla proposta di
pastorale dinsieme.141 Vengono rilevati atteggiamenti tendenti a ridurre il
progetto a metodo puramente strumentale. Alcuni autori dellarea belga rivendicano lispirazione originaria della pastorale dinsieme contro fraintendimenti
successivi e ne segnalano lo sbocco naturale nella pianificazione pastorale.142
Nellarea di lingua tedesca vi un adeguamento della proposta al contesto
locale, adeguamento connotato con la formula pastorale dambiente, di cui
si dir pi oltre.
Cf GODIN H. - DANIEL Y., La France, pays de mission? (Paris 1943).
Cf BOULARD F., Problmes missionnaires de la France rurale, 2 voll. (Paris 1945).
139
Cf MICHONNEAU G., Paroisse, communaut missionnaire. Conclusion de cinq ans dexp
rience en milieu populaire (Paris 1945).
140
Cf BOULARD F., Iniziative e movimenti 93-112.
141
Cf La pastorale oggi (Milano 1963).
142
Cf DINGEMANS L. - HOUTART F., Pastorale dune rgion industrielle. Lagglomration de
Charleroi (Bruxelles 1964) 157-162; HOUTART F. - GODDIJN W., Pastorale densemble et plans de
Pastorale, in Concilium (1965/3) 29-44.
137
138
55
56
Tutto questo riguarda da vicino la vita cristiana, perch anchessa condizionata dal gruppo sociale in cui inserita. Lanalisi circa il grado di socializzazione religiosa del contesto tanto cittadino che rurale fa emergere tre situazioni tipo, caratterizzate da una relativa unit geografica, da una determinata
organizzazione del lavoro e dal possesso di una propria concezione di vita con
modelli, usi, costumi e anche istituzioni specifiche: aree di cristianit, dove
una parte consistente di fedeli conserva la pratica religiosa; aree di indifferenza, dove in atto un processo di scristianizzazione; aree di missione
dove una notevole parte della popolazione ormai estranea alla Chiesa.147
Tali tentativi di tipizzazione riguardanti la situazione francese degli anni 1940
mettono in luce un processo di scristianizzazione: un iniziale indebolimento
dello spirito cristiano (fede e carit verso il prossimo) provoca la successiva
caduta della pratica religiosa e il venir meno della morale naturale, e tutto ci
porta allespandersi progressivo dellambiente pagano e dellarea cosiddetta
di missione, specialmente tra il proletariato non solo urbano ma anche rurale.
Denunciano inoltre il fatto che la comunit cristiana si mostra incapace
di contenere tale processo e tende piuttosto a chiudersi su se stessa. Di conseguenza, la comunicazione tra ambiente sociale pagano e ambiente parrocchiale diviene assai difficoltosa: da una parte, le persone del milieu pagano
appaiono cristianizzabili ma, sotto la pressione della mentalit dominante,
sono restie ad accedere alla parrocchia, non sono cio ecclesiasticizzabili;
dallaltra parte, la comunit cristiana teme di confrontarsi con il gruppo pagano che la circonda e cerca di difendersi isolandosi.148
Questo stato di cose, mentre fa costatare che in tutto un contesto sociale la
fede non predicata e che il Vangelo non pu tollerare tale reciproca chiusura, sollecita la comunit cristiana a prendersi carico dellevangelizzazione dei
vari gruppi sociali e specialmente del popolo, per non abbandonare un vasto
strato della societ.149 Inoltre, porta in primo piano lesigenza di abbandonare
un modello di parrocchia, centro di culto circoscritto a coloro che la frequentano, e di creare, invece, una figura di parrocchia concepita come comunit
missionaria, cio in grado di penetrare e animare cristianamente tutto il gruppo umano che la circonda.150 Infine, sottolinea limpossibilit di affrontare i
problemi via via posti dallaccelerazione dei cambi storici e dai processi di socializzazione in termini di casi di coscienza: i problemi dellambiente sono
di tipo strutturale ed esigono di essere affrontati in tale prospettiva.151
Cf ivi 10-16; BOULARD F., Problmes missionnaires I 14s 108-142; MICHONNEAU G., Paroisse 27-38.
148
Cf GODIN H. - DANIEL Y., La France 26-56; BOULARD F., Problmes missionnaires I 14142; MICHONNEAU G., Paroisse 27-38.
149
Cf GODIN H. - DANIEL Y., La France 56-62; BOULARD F., Problmes missionnaires I 143191.
150
Cf GODIN H. - DANIEL Y., La France 17-19 25; MICHONNEAU G., Paroisse 38-62.
151
Cf BOULARD F., Exigences sociologiques, in Pastorale, oeuvre commune. Congrs Natio147
57
58
del sacerdote. Essa originaria, cio connessa con la sua qualifica di battezzato inserito nel mondo. La collaborazione tra clero e laici vista come condizione indispensabile per unazione pastorale incisiva. Soggetto autentico
della pastorale non il singolo operatore, ma il gruppo attivo (quipe, team)
variamente organizzato, in modo da essere testa di ponte del cristianesimo
nellambiente divenuto acristiano.155
Fattore indispensabile e qualificante la pastorale dinsieme ritenuto il
collegamento vitale di tutte le pastorali particolari allunit della missione
episcopale, poich le funzioni del vescovo culminano in quelle di pastore.
Il vescovo cos considerato fonte e centro coordinatore e animatore della
pastorale dinsieme diocesana.156
Rapportata allambiente scristianizzato, lazione pastorale viene definita in
termini di cristianizzazione. Cristianizzare un gruppo sociale giudicato lar
gamente pagano non vuol dire, per i pastoralisti in esame, ricondurlo a una
situazione storica di cristianit, ritenuta ormai non pi difendibile. Significa,
invece, rimarcare la missione della Chiesa che quella di condurre a Cristo
tutti gli esseri umani. Le modalit concrete di realizzazione non sono determinabili a priori; vanno commisurate al contesto umano in cui sinserisce
lintervento pastorale.157
Per descrivere il modo dintervento si ricorre generalmente ai concetti sociologici di massa ed lite. Sotto il profilo oggettuale, massa indica il vasto
strato sociale di coloro che non dispongono di potere nella societ e sono
disponibili a essere guidati. In riferimento allazione pastorale, massa utilizzato per indicare le forme minimali di appartenenza ecclesiale presente specialmente nel proletariato.
La lite o la figura analoga della militanza caratterizza la capacit dinizia
tiva e la disponibilit allimpegno. Nella Chiesa llite viene configurata come
una struttura aperta, non legata a funzioni prefissate, ad eccezione del riferimento istituzionale al vescovo. Anche se non esclusa una sua aggregazione
in gruppi informali, si d la preferenza a lites proprie dei gruppi organizzati,
delle istituzioni, delle comunit parrocchiali missionarie.
La pastorale dinsieme prevede un influsso delllite sulla massa attraverso stimolazioni adeguate, volte a rimuovere il divario tra mentalit pagana e
annuncio cristiano, e a stabilire le condizioni perch le strutture sociali recepiscano i valori cristiani.
In questo modello emerge una duplice immagine di lite: una lite nella
Cf ivi 99-102 136-153; BOULARD F., Problmes missionnaires II 216-228.
Cf BOULARD F., Iniziative e movimenti 106 (corsivo nel testo) ed anche 111s; FAUCHET,
Vers une pastorale diocsaine densemble. Expriences et exigences, in Pastorale, oeuvre commune 64; La Pastorale densemble. Orientations retenues par les vques de la rgion du Midi
dans leur runion des 8-9 juin 1965, in DC 47 (1965) 1485.
157
Cf GODIN H. - DANIEL Y., La France 98-102 136-153; BOULARD F., Problmes missionnaires II 216-228 250-256; ID., Iniziative e movimenti 106.
155
156
59
60
della Chiesa, la collegialit dei suoi ministeri, il fatto che la realt ecclesiale
costituisce un insieme esigono, a livello operativo, la collaborazione, la cooperazione e unazione pastorale che affronti in una visione unitaria i problemi
che hanno dimensioni di globalit.163
Il raggiungimento di questi obiettivi affidato al lavoro di gruppo (quipe
a raggio parrocchiale e zonale), che va impostato tenendo conto, tra laltro,
delle condizioni psicologiche del suo esercizio, in modo da evitare e superare
esperienze frustranti tra gli appartenenti al gruppo.164
affidato inoltre al
ladozione del
la ricerca socio-religiosa debitamente
integrata dalla riflessione teologico-pastorale. In concreto, sono prospettate
queste tre tappe: il rilevamento della situazione sociale ed ecclesiale in base al
linchiesta socio-religiosa; linterpretazione dei risultati in una prospettiva pastorale, lindividuazione delle proposte operative e la revisione delle mentalit
degli operatori, il tutto attraverso la discussione di gruppo; il coordinamento
degli interventi sulla base dei dati rilevati e interpretati, il che viene fatto, a
raggio diocesano, dal vescovo.165
Il collegamento del ministero pastorale del vescovo con gli operatori pastorali di base, sacerdoti e laici, attuato tramite due tipi di strutture: le
commissioni pastorali di zona e il responsabile di zona. Le commissioni
pastorali di zona hanno il compito di rilevare le problematiche della zona e
le esigenze pastorali in essa emergenti, ed inoltre di favorire la maturazione
delle disposizioni degli operatori pastorali con la continua revisione di vita.166
Il responsabile di zona, da un lato, rappresenta il vescovo nel promuovere
lattivit pastorale degli operatori di base e, dallaltro, riporta al vescovo le
esigenze pastorali presenti nella zona di sua competenza.167 Come appare evidente, non si tratta di strutture amministrative deputate alla trasmissione di
direttive del centro, ma di strutture pastorali incaricate di rilevare problemi
pastorali, di prospettare soluzioni a livello di studio e di attuazione concreta,
e di stabilire una comunicazione tra gli operatori ai vari livelli.
163
Cf DANILOU J., Mission de lglise et pastorale densemble, in Pastorale, oeuvre commune
107-128; ROUGET A.-M., La collgialit du sacerdoce, ivi 145-167; BOULARD F., Iniziative e movimenti 101; DOMINGUEZ RODRIGUEZ J., Fundamentos teolgicos de una pastoral de conjuncto,
in Pastoral de conjunto 35-55.
164
Cf BOULARD F., Problmes missionnaires II 99-110; MICHONNEAU G., Paroisse 419-449;
CONGAR Y., Mission de la Paroisse 56s; BOULARD F., Exigences sociologiques 31-41; BISSONNIER
H., De quelques conditions psychologiques de la vie dquipe, in Pastorale, oeuvre commune
145-167.
165
Cf LEBRET L., Comment acqurir la connaissance sociologique dune paroisse?, in Structures sociales 29-44; FAUCHET, Vers une pastorale 64-66; BOULARD F., Iniziative e movimenti
101-104.
166
Cf FAUSCHET, Vers une pastorale 55-60; BOULARD F., Iniziative e movimenti 99s.
167
Cf FAUSCHET, Vers une pastorale 60s; BOULARD F., Iniziative e movimenti 110s.
61
Nellarea tedesca, le suggestioni della pastorale dinsieme vengono innestate negli sforzi missionari del secondo dopoguerra, volti a ricostruire il
tessuto cristiano ed ecclesiale.168 In questo clima prende forma la pastorale
dambiente (Umweltseelsorge) specialmente ad opera di Viktor Schurr.169
La proposta di questo pastoralista si prefigge di ritrattare la cura danime in
diretto riferimento allambiente umano a cui rivolta e che per tanti versi di
sattende.
Constata con la pastorale dinsieme che i fattori socializzanti incidono profondamente sullesistenza umana e cristiana. Attribuisce al loro influsso la
situazione di crescente scristianizzazione delle masse. Sottolinea la capacit
evangelizzatrice dei movimenti missionari.170
Condivide con la pastorale dinsieme la concezione comunitaria della
Chiesa e del suo ministero di salvezza (contro lindividualismo pastorale).
Condivide pure lesigenza che lazione ecclesiale affronti in modo unitario la
struttura collettiva della realt sociale, cio dellambiente (contro lo spiritualismo pastorale). Di conseguenza, sostiene che la cura danime (Seelsorge)
deve integrarsi in una cura dambiente (Sorge um die Umwelt), da realizzare con un lavoro pastorale capace di coinvolgere, in forme diverse, tutti gli
operatori.171
La proposta giustificata con una teologia dellambiente riconducibile
a questi asserti: la totalit un mondo di corrispondenze, di interazioni;
luniverso della persona riceve contenuto, dimensione e sostegno da una
spazialit dellessere, da un tessuto dellessere, costituito appunto dallam
biente.172
giustificata inoltre dal pensiero biblico attinente il Regno di Dio e la
signoria di Cristo nella storia. Queste realt evangeliche riguardano la trasfor168
Cf SCHRECK CH., Neue Wege in der franzsischen Volksmission, in Paulus 22 (1950) 252263; AUGSTEN S., Der restaurative Charakter der kirchlichen Arbeit seit 1945, in LS 2 (1951)
14-24; BENZ F., Die neue franzsischen Seelsorgemethoden und ihre Bedeutung fr Deutschland,
in ThQ 12 (1951) 320-339 464-486; ID., Missionarische Seelsorge. Die missionarische Seelsorgebewegung in Frankreich und ihre Bedeutung fr Deutschland (Freiburg i.B. 1958).
169
A detta dello stesso autore (cf SCHURR V., Teologia pastorale 401), la sua produzione
teologico-pastorale non intende offrire una trattazione sistematica, ma semplicemente studiare
problematiche urgenti e ordinariamente disattese dalla teologia pastorale. La bibliografia relativa alla sua produzione raccolta in RAHNER K. - HRING B. (Hrsg.), Wort in Welt. Studien zur
Theologie der Verkndigung (Bergen-Enkheim 1968) 17-27.
170
Cf SCHURR V., Fhlung mit dem Raum, in LS 6 (1955) 221-224; ID., Seelsorge 13-67; ID.,
Theologie der Umwelt, in AUER J. - VOLK H. (Hrsg.), Theologie in Geschichte und Gegenwart
(Mnchen 1957) 145-147; ID., Konstruktive Seelsorge. Gemeinschaft und Sendung (Freiburg
1962) 11-17 [trad. it.: Pastorale costruttiva (Roma 21965).
171
Cf SCHURR V., Seelsorge 71-76 80-86; ID., Konstruktive Seelsorge 99-122.
172
Cf SCHURR V., Fhlung 226-230; ID., Theologie der Umwelt 158-180; ID., Seelsorge 75s;
ID., Konstruktive Seelsorge 19-40.
62
Cf SCHURR V., Theologie der Umwelt 166-178; ID., Konstruktive Seelsorge 101-103.
Cf SCHURR V., Theologie der Umwelt 178-180; ID., Seelsorge 91-274.
175
Cf SCHURR V., Theologie der Umwelt 179; ID., Seelsorge 86-88 90; ID., Konstruktive Seel
sorge 71-78 103-105.
176
Cf SCHURR V., Seelsorge 84 275-321; ID., Konstruktive Seelsorge 63-67.
177
Per una pi dettagliata informazione sulla pastorale dinsieme si veda SEVESO B., Edificare la Chiesa 109-130.
173
174
Capitolo II
In ambito protestante la riflessione sullagire della comunit cristiana pastorale, designata per lo pi con la formula teologia pratica, profondamente
segnata dalla concezione della teologia prodotta da Lutero, di cui si richiamano qui gli asserti principali.
1.1. Limpostazione teologica di M. Lutero
64
65
marcatamente unitaria, pur nelle sue articolazioni tradizionali (esegesi biblica, storia, teologia sistematica e teologia pastorale) emerge palesemente, ad
esempio, dagli scritti di Zuinglio (1484-1531) e di M. Bucero (1491-1551)
riguardanti la figura del pastore e la cura pastorale.6
La storia successiva della teologia protestante (in particolare il razionalismo liberale del secolo XIX e del secolo XX) testimonia la fragilit della
situazione assegnata da Lutero e dai primi Riformatori alla teologia, ma anche
le virtualit insite in essa.
1.2. La posteriore concezione etica e pragmatica della teologia pratica
66
ologia. Il suo progetto innovatore riflette una situazione del tempo: la messa
in questione da parte di Kant (1798) del posto della teologia nellambito del
sapere universitario, e la tesi sostenuta da Fichte (1807) secondo cui solo una
teologia che rinuncia a una fede in una Rivelazione positiva pu avere posto
in ununiversit moderna.
1.3.1. Impianto ideologico
Schleiermacher accetta in certo senso queste sfide. Da parte sua si ispira al
la filosofia di Schelling, di cui fa propria la concezione del metodo degli studi
accademici e della teologia. Cos non cerca di assimilare il sapere teologico a
un sapere assoluto che, secondo Schelling, oggetto della filosofia della natura e delletica. Accoglie piuttosto la concezione della teologia come scienza
positiva, come scienza di secondordine in quanto il suo oggetto, il cristianesimo, gi prefissato, e in quanto il suo scopo non la ricerca di una verit
assoluta, ma un ruolo pratico: la conduzione della Chiesa.10
In un momento storico in cui le scienze positive minano progressivamente
il prestigio della filosofia, riconoscere alla teologia un carattere positivo non
torna, per Schleiermacher, a scapito di essa.
Quanto allo scopo pratico, che chiama principio costitutivo della teologia, egli distingue nettamente la conduzione della chiesa (Kirchenleitung),
da lui vista come grandezza largamente spirituale e ideale ovvero come una
specie di strategia teologica applicata alla Chiesa reale o empirica, dal governo ecclesiastico (Kirchenregiment) che rientra gi in un ambito politico.11
Sta di fatto che, nel suo progetto, la teologia assume un carattere essenzialmente funzionale: una scienza positiva a servizio di un sapere pratico; si
occupa della conduzione della Chiesa.12
Schleiermacher propone unarticolazione tripartita del sapere teologico:
la teologia filosofica (lapologetica e la polemica) che riguarda la natura del
cristianesimo, alla cui base c lesperienza etica di dipendenza incondizionata
dallAssoluto, vissuta e rivelata da Ges; la teologia storica (teologia esegetica,
storia della Chiesa, dogmatica e statistica ecclesiale) che cerca di mettere in
evidenza lessenza della Chiesa, la sua situazione in riferimento al suo divenire
storico nel corso dei secoli; infine la teologia pratica, di cui d questa definiVorlesungen, kritische Ausgabe von H. Scholz (Leipzig 1910) [trad. it.: Lo studio della teologia
(Brescia 1978)]; ID., Die praktische Theologie nach den Grundstzen der evangelischen Kirche
im Zusammenhange dargestellt von Dr. Friedrich Schleiermacher (Berlin 1850) curato da J. Frerichs. Cf BURKART J.E., Schleiermachers Vision for Theology, in BROWNING DON S. (ed.), Practical Theology (San Francisco 1983) 42-57.
10
Cf Kurze Darstellung 1 44.
11
Cf Kurze Darstellung 271 274.
12
Cf Kurze Darstellung 3-5.
67
68
69
70
Da ultimo, in Schleiermacher sarebbero rilevabili indicazioni che consentirebbero di concepire la teologia pratica nella linea di una teoria empiricofunzionale proposta da recenti pastoralisti evangelici, ma non nella linea di
una teoria critica della religione nella societ proposta da altri pastoralisti contemporanei.28
1.4. Alcune successive impostazioni del sec. XIX
Tra i non molti tentativi di sviluppo della teologia pratica del protestantesimo del sec. XIX,29 si prendono qui in considerazione solo quelli che ebbero
un certo influsso e hanno riscosso un rinnovato interesse nel recente dibattito
sullo statuto di questa disciplina teologica.
1.4.1. Philip Marheineke
Il primo quello del teologo sistematico di Berlino, Philip Marheineke
(1780-1846), autore di un progetto di teologia pratica,30 che fortemente segnato dalla filosofia di Hegel. Preoccupato di garantire alla teologia pratica un
carattere scientifico, egli cerca di inquadrarla in un sistema. Sviluppa cos un
concetto di teologia pratica a partire da quello di teologia.
Questa ha per oggetto la fede o la religione cristiana, che insieme un
sapere e un agire, per cui la teologia implica un momento di teoria (la teologia
teoretica) e un momento di pratica (la teologia pratica), che vanno conservate
unite come parti di ununica teologia. Pur connotata come pratica, la teologia
pratica sempre una teologia, quindi un sapere e una teoria, costruita per in
modo sistematico.
Si distingue dalla teologia teoretica per il fatto che studia la Chiesa, oggetto di tutta la teologia, nel dettaglio della sua vita e azione concreta: la Chiesa
protestante, la comunit locale... Marheineke riassume questa sua visuale con
una formula: la teologia teoretica si colloca a livello di possibilit (Mglichkeit), la teologia pratica si situa a livello di realt effettiva (Wirklichkeit).
Secondo qualche commentatore contemporaneo, nel pensiero di Marhei
28
Cf LMMERMANN G., Praktische Theologie als kritische oder als empirisch-funktionale
Handlungstheorie? Zur theologischen Ortung und Weiterfhrung einer aktuellen Kontroverse
(Mnchen 1981) 40-99 e le recensioni di OTTO G. in ThPr 17 (1982/3-4) 146-150 e di GRB
W. in ThPr 19 (1984/1) 56-61. Il significato di Schleiermacher per la teologia pratica stato
presentato e discusso di recente: cf i contributi di M. Stieve, Ch. Mller, H. Schrer in METTE
N. - SCHRER H. (Hg.), Pastoraltheologische Informationen (1/1985) 41-51, 52-73, 84-105; inol
tre GENRE E., Nuovi itinerari di teologia pratica (Torino 1991).
29
Cf BIRNBAUM W., Theologische Wandlungen 40-83.
30
MARHEINEKE PH., Entwurf der praktischen Theologie (Berlin 1837).
71
neke sarebbero rilevabili asserzioni che sono interpretabili nella linea di una
teologia pratica come teoria critica della religione nella societ proposta da
recenti pastoralisti protestanti, di cui si parler nella terza parte.31
1.4.2. Carl Immanuel Nitzsch
Uno sviluppo che si muove anchesso sotto linflusso della filosofia hegeliana quello di Carl Immanuel Nitzsch (1787-1868), discepolo di Schleiermacher e divenuto per lungo tempo il classico della teologia pratica nel
protestantesimo tedesco. La sua opera in tre volumi Praktische Theologie32 gli
ha meritato assai presto il titolo di riformatore della teologia pratica.
Egli critica la costruzione di Marheineke che giudica troppo accentuatamente speculativa. Definisce a sua volta la teologia pratica nel quadro di una
teologia intesa come autocoscienza scientifica della Chiesa, od anche come
scienza ecclesiale, in quanto espone come la Chiesa comprende i fondamenti e i principi del suo essere, il suo rapporto col tempo e i contenuti del
suo insegnamento.
Tale teologia postula, quindi, un determinato concetto di Chiesa: la co
munit dei credenti che progredisce, si rinnova e si perfeziona come soggetto
attivo. Egli aggancia saldamente la teologia pratica allecclesiologia, vista nel
suo duplice aspetto di dottrina sistematica concernente lessenza della Chiesa
e di dottrina empirica riguardante lesistenza concreta della Chiesa.
Per Nitzsch, la teologia in generale ha un rapporto con lazione ecclesiale, scientia ad praxim; la teologia pratica va pi in l: essa ha per oggetto
lazione stessa della Chiesa, lattivazione della Chiesa da parte di se stessa
(Selbsthtigung); la teologia pratica scientia praxeos.33
In effetti, il suo compito questo: sulla base del concetto di Chiesa e di
vita cristiana [indicato], attraverso la comprensione e valutazione della situa
zione data, orientare tutte le attivit ecclesiali ufficiali. Conseguentemente,
essa sfocia in una teoria dei metodi di azione.34 Di fatto, essa la teoria
della pratica del cristianesimo come esso viene realizzato nella Chiesa: la
scienza della Chiesa trova il suo compimento attraverso la teoria dellesercizio
ecclesiale del cristianesimo, e diviene cos teologia pratica.35
Va rilevata la concentrazione della teologia pratica sulla Chiesa, comuniCf LMMERMANN G., Praktische Theologie 40-99, dove lautore fa un confronto tra lim
postazione di Schleiermacher e quella di Marheineke a partire dallattuale dibattito circa la
teologia pratica come teoria empirico-funzionale, oppure come teoria critica. Lapproccio
condotto dallautore criticato da Otto G. nella recensione segnalata alla nota 28.
32
NITZSCH C.I., Praktische Theologie, 3 voll. (Bonn 1847-1867).
33
Ivi I 5.
34
Ivi I (21859) 121.
35
Ivi I (21859) 1.
31
72
36
Circa la concezione teologica di Nitzsch, si veda: WINTZER F., C.I. Nitzschs Konzeption
der Praktischen Theologie in ihren geschichtlichen Zusammenhngen, in EvTh 27 (1969) 93-109;
inoltre i contributi di Mehlhausen J., Schmidt-Rost R., Drehsen V., Theurich H., al simposio
su: Die Bedeutung von C.I. Nitzsch fr die Praktische Theologie und die kirchliche Praxis, in
Pastoraltheologische Informationen (2/1988) 273-282 283-295 297-316 323-339.
37
PALMER CHR., Zur Praktischen Theologie, in LIEBNER - EHRENFEUCHTER - PALMER (Hrsg.),
Jahrbcher fr Deutsche Theologie I (Stuttgart 1856) 317-361. Si veda su Palmer: RSSLER D.,
Prolegomena zur Praktischen Theologie. Das Vermchtnis Christian Palmers, in ZThK 64 (1967)
362-371.
73
Sempre verso la met del secolo XIX, con la crescente divaricazione tra
Chiesa e societ, ricompare lesigenza di elaborare una teologia pastorale con
nuovi connotati.41 Tale disciplina viene diretta alla formazione dello studente
e del candidato al ministero in modo da orientarli ad inserirsi in modo adeguato nella struttura ecclesiastica. Lagire ecclesiastico diventa il tema di
questo ramo della teologia.
Al riguardo merita di essere ricordata la Pastoraltheologie di Claus Harms
(1778-1855).42 Lopera concepita come discorso a studenti e divisa in tre
parti: 1. il predicatore; 2. il sacerdote; 3. il pastore, nella prospettiva di un for
te confessionalismo luterano.
ancora interessante notare come Chr. Palmer, accanto a una teologia
pratica di cui si appena detto, riconosce limportanza di una teologia pastorale (Pastoraltheologie),43 in cui venga trattata la professionalit spirituale, la
vocazione, la persona del pastore in rapporto alle singole attivit della ChieCf OTTO G., Grundlegung der Praktischen Theologie (Mnchen 1986).
Cf PANNENBERG W., Wissenschaftstheorie 435; Epistemologia 406.
40
Cf MARL R., Le projet 87.
41
Per unesposizione dettagliata cf RSSLER D., Grundri der praktischen Theologie 118122; HUNTER R.G. (ed.), Dictionary of Pastoral Care and Counseling (Nashville 1990), voci
Pastoral Theological Methodology; Pastoral Theology, Protestant.
42
Cf HARMS C., Pastoraltheologie 3 voll. (1830-1834).
43
Cf PALMER CH., Evangelische Pastoraltheologie (21863).
38
39
74
Nel periodo che va dalla met dellOttocento agli anni sessanta del secolo
XX, la teologia pratica protestante registra alcuni momenti evolutivi degni di
essere presi in considerazione: lepoca dei grandi manuali, il successivo affermarsi della teologia della Parola, il contemporaneo concentrarsi della riflessione sul rapporto Chiesa-mondo dellateismo, i tentativi di conferire dignit
scientifica a questa disciplina. Vi sono stati influssi, non facilmente definibili,
delluno sullaltro.
2.1. La concezione empirica dei grandi manuali
75
76
77
pratica di questi autori di fatto non altro che la descrizione di dati empirici
attinenti le varie attivit ecclesiali, arricchita dalle acquisizioni della psicologia, delletnologia e della storia delle religioni. La fondazione teologica del
tutto o semplicemente giustapposta, o viene supposta come pacifica. In ogni
caso, non si pu parlare di uno sviluppo teologico della disciplina.
A modo di conclusione, si pu ben dire che nel periodo che va dallinizio
dellOttocento a met Novecento, anche nel protestantesimo la distinzione
tra teologia pratica e teologia pastorale risulta pi virtuale che reale, attesa la
centralit della figura e del ruolo del pastore in questa manualistica. Ad ogni
modo, tale distinzione dimostra di avere scarsi riscontri nella pratica teologica
ed ecclesiale.54 Va aggiunto che, sempre in questo periodo, tanto la teologia
pratica che la teologia pastorale cadono in discredito nei confronti delle scienze cosiddette autentiche.55
2.2. Laffermarsi della teologia della Parola
Praktische Theologie. Ein Handbuch fr die Gegenwart, 2 voll. (Gtersloh 1929-30); GOLTZ E.F.
VON, Die Praktische Theologie (Giessen 1930); FENDT L., Grundri der Praktischen Theologie,
fr Studenten und Kandidaten (Tbingen 1938. 21942).
54
Cf GENRE E., La teologia pastorale 21.
55
Cf BIRNBAUM W., Theologische Wandlungen 179-184 227.
56
Cf BARTH K., Kirchliche Dogmatik (Zrich 1955-1970); DIEM H., Theologie als kirchliche Wissenschaft. Handreichung zur Einbung ihrer Problemen, 2 voll. (Mnchen 1951. 1955);
THIELICKE H., Was ist Wahrheit? Die Theologische Fakultt im System der Wissenschaften. Akademische Rede (Tbingen 1954); VOGEL H., Grundfragen des Studiums der Theologie. Eine Einfhrung (Berlin 1957); PFLEIDERER G., Karl Barth praktische Theologie. Zu Genese und Kontext
eines paradigmatischen Entwurfs systematischer Theologie im 20. Jahrhundert (Tbingen 2000).
57
Cf BIRNBAUM W., Theologische Wandlungen 192s; REYMOND B., Jalons pour une histoire,
in tud. thol. et relig. (2/1984) 187-191.
78
79
80
siasi, ma a condizione che sia ricondotto sul piano della Parola di Dio. Senza
dubbio, occorre ascoltare la persona che chiede un aiuto o un consiglio; bisogna essere un uditore paziente, vigile e comprensivo. Ma occorre soprattutto
ascoltare e comprendere a partire dalla Parola di Dio che operante negli
interlocutori del dialogo pastorale. Affrontati in tale contesto, i pi complicati
problemi umani perdono le loro manifestazioni pi critiche e acute. Daltra parte, nellattuare tale intervento pastorale emerge un movimento di lotta
contro Dio e contro se stesso, nel quale il peccatore cerca di mutare lindicazione di Dio o il proprio modo di vedere. Si tratta di un movimento in cui
allopera la grazia, e la grazia concessa coinvolge la conversione.66
Questo profilo pastorale marcatamente autoritario, al di l delle intenzioni dellautore. Essa affonda le sue radici nella relazione mancata tra teologia e antropologia, considerate unilateralmente in unottica di rottura.67
Thurneysen ha corretto successivamente questa visuale,68 mettendo in luce
la dimensione dellascolto caratterizzante la relazione daiuto e riconoscendo
alla psicologia la sua propria autonomia. Nella precedente opera dedicata al
la cura danime, questa disciplina era stata considerata unicamente come
ancilla theologiae.
2.3. La riflessione sul rapporto Chiesa-mondo
81
82
72
73
83
che in questo caso la Chiesa, non quella del passato, ma quella del presente, delloggi. Ogni oggetto strutturato un organismo in s (ad esempio, il
cuore) che per anche organo di un organismo pi ampio (ad esempio, il
cuore rispetto allintero corpo). In modo simile e sulla base della Rivelazione,
la Chiesa un organismo in s che agisce per come organo portatore di un
messaggio rivelato nel pi vasto organismo dellumanit, e ci non soltanto in
forza di quello che essa dovrebbe essere e fare, ma per tutto quello che essa
e fa.
Lelaborazione di questa prospettiva teologica avviene attraverso lausilio
di tutti gli strumenti scientifici disponibili e, quindi, con procedimenti propri
dellanalisi critica dei dati, delluniversalizzazione e della costruzione di una
sintesi organica.
Per quanto concerne la teologia pratica nel suo complesso, questa va definita come teologia strutturale della Chiesa oggi. Loggi della Chiesa non il
semplice dato temporale, ma il luogo umano in cui i fedeli possono collabo
rare responsabilmente. La Chiesa la manifestazione operativa dello Spirito
di Cristo sulla terra. Tre riferimenti la definiscono: il riferimento allazione
divina, il riferimento alla realt dei suoi membri, e il riferimento al mondo.
Questultimo quello oggi pi urgente, attesa lattuale congiuntura storica
caratterizzata dal fenomeno dellateismo.
Il rapporto della Chiesa al mondo appartiene non solo alla sua azione, ma
prima ancora allessenza stessa della Chiesa. Costituito da Dio come germe
della nuova creazione e, quindi, come sorgente di salvezza per il mondo, il
suo organismo allo stesso tempo organo della presenza effettiva di Dio nel
mondo. Qui viene per la prima volta affrontato il tema della Chiesa concreta
di fronte allateismo moderno e questo ampio e complesso fenomeno viene
letto e interpretato in modo da potervi cogliere effettive possibilit di dialogo
e dincontro col cristianesimo.
In questa prospettiva, il binomio protestante Parola e Sacramento sarebbe
un masso erratico nella coscienza della comunit cristiana e non rappresenterebbe un elemento determinante per loggi della Chiesa. Si tratterebbe allora
di fare emergere, al suo interno, le forze effettive, ordinandole nella fede e
in conformit allessenza della Chiesa nel suo imprescindibile riferimento al
mondo.
Offrire una comprensione critica dei lineamenti concreti della Chiesa oggi,
in tutti gli ambiti del suo essere e agire, compito della teologia pratica. Questa disciplina si distingue dalla teologia storica, perch non deve occuparsi di
tanti eventi del passato irrilevanti per loggi; si distingue pure dalla dogmatica, perch questa ha come scopo quello di chiarire i principi normativi.
Limpiego della teologia strutturale guida la seguente articolazione della
teologia pratica: premessa la fondazione di questa disciplina nel suo insieme e
della connessa ecclesiologia, vengono sviluppate la liturgia e la predicazione;
questultima viene svolta con trattazioni attinenti lomiletica, la catechetica
84
La ricorrente messa in dubbio della scientificit della teologia pratica assieme al mutato contesto scientifico degli anni 1960, allorigine di vari tentativi diretti a garantire dignit scientifica a questa disciplina.
Il problema di fondo individuato non tanto a livello di unorganizzazio
ne degli studi teologici che, invece di relegare la teologia pratica al termine di
essi, la sviluppi lungo lintero arco del curricolo teologico,75 quanto piuttosto
nella tensione tra scienza e Chiesa, tra teologia e servizio parrocchiale, in cui
la teologia pratica non appare n carne n pesce.76
Gli interventi tesi a darle una configurazione accettabile la considerano
disciplina di confine destinata a mediare tre ambiti distinti ma correlati e
cio teologia, Chiesa e mondo.
In riferimento alla teologia, la teologia pratica, da un lato, rivede i calcoli
fatti dalla teologia scientifica e ne interpreta la rilevanza per il servizio del
la Chiesa al mondo; daltro lato, parla a nome della Chiesa nella casa delle
scienze e presenta alla teologia gli attuali interrogativi della Chiesa stessa e
del mondo.
Rispetto alla Chiesa, svolge innanzitutto una funzione critica in quanto
valuta se la prassi ecclesiale corrisponde ai dati dellinterpretazione biblica.
Svolge inoltre una funzione propositiva in quanto elabora una specie di teologia del comandamento per la Chiesa e considera ci che ora lo Spirito
e la Parola vogliono operare nella Chiesa e mediante la Chiesa, consapevole
che ci che offerto alla Chiesa deve poter apparire insieme come offerta e
come comandamento.
In rapporto al mondo sviluppa uninterpretazione degli avvenimenti umani
nel senso che vaglia lopera dello Spirito e della Parola nel mondo, e la
rende fruttuosa per la Chiesa. In tal modo diventa lavvocata del mondo
nei confronti della scienza teologica; giudica teologia e Chiesa in riferimento
Cf BIRNBAUM W., Theologische Wandlungen 212-218.
questa la proposta avanzata ad es. da SCHTZ W., Die Stellung der Praktischen Theologie im theologischen Studium, in KZ 16 (1961) 310-313; ed anche da EISINGER W., Die Praktische Theologie 25.
76
Cf SEITZ M., Die Aufgabe der Praktischen Theologie, in JNGEL E. - RAHNER K. - SEITZ M.,
Die Praktische Theologie zwischen Wissenschaft und Praxis (Mnchen 1968) 65-68; Thesen zur
Reform der Praktischen Theologie, in Pastoraltheologie 53 (1964) 386; JETTER W., Die Praktische
Theologie 465s 468; EISINGER W., Die Praktische Theologie 13s.
74
75
85
86
Cf VISCHER G., Internationale Arbeitstagung fr Praktische Theologie in Jena, in Pastoraltheologie 54 (1965) 39s; OTTO G., Zur Einfhrung, in ThPr 1 (1966) 1.
85
Parte seconda
IL MAGISTERO PASTORALE
DEL CONCILIO VATICANO II
Nota Bibliografica
La bibliografia sul Vaticano II immensa. Qui di seguito si segnalano solo
le fonti, alcuni commenti di tutti o di singoli documenti conciliari e alcune
riletture recenti di temi riguardanti largomento.
1. Fonti
SECRETARIAE GENERALIS CONCILII OECUMENICI VATICANI II (cura et studio), Acta et Do
cumenta Concilio Oecumenico Vaticano II apparando. SERIES I: Antepraeparatoria,
4 voll. [vol. I; vol. II = 8 partes + 2 appendices; vol. III; vol. IV = 2 partes + indices]. SERIES II: Praeparatoria, 3 voll. [vol. I; vol. II = 4 partes; vol. III = 2 partes]
(Romae 1960-1969).
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Il concilio Vaticano II (1962-1965) con i suoi documenti ha costituito senza dubbio un avvenimento significativo nella recente storia della riflessione
teologico-pratica. In effetti, esso stato, per la teologia pratica, un traguardo
in cui sono variamente confluite le istanze e impostazioni cattoliche ed anche
protestanti specialmente del secondo dopoguerra. Ha costituito un momento
storico assai rivelativo di determinate problematiche e aporie connesse, di
fatto, con la riflessione teologica sullazione ecclesiale in vista del suo rinnovamento (cap. III). divenuto indubbiamente un punto di partenza per un
rinnovato modo di fare teologia pastorale e teologia pratica (cap. IV) e, conseguentemente, di comprenderle e configurarle (cap. V). Lesposizione che
segue si prefigge appunto di affrontare tale tematica, in termini essenziali e nei
tre distinti capitoli appena indicati.
In via preliminare occorre perlomeno accennare alla questione riguardante il come rilevare la riflessione teologico-pastorale prodotta dal Vaticano II.
Come gli addetti al mestiere sanno bene, nel periodo postconciliare e anche di
recente si affrontato questargomento da diversi punti di vista e se ne sono
dati giudizi non sempre concordi. Qualche autore, ad esempio, si limitato a
segnalare gli orientamenti pastorali innovatori presenti nei testi conciliari.1
Altri ha riassunto in modo ordinato le indicazioni, le norme e le istituzioni pastorali, nuove o meno, contenute nei documenti del Concilio.2 Altri ancora
Cf ad es. VILNET J., Lorientation pastorale dans les textes de Vatican II, in Seminarium 11
(1970) 873-895.
2
Cf ad es. ZALBA M., Theologia pastoralis in Concilio Vaticano II applicata, in Periodica 56
(1967) 149-198.
1
90
ha affermato che col Vaticano II si aperta una nuova era per la teologia pastorale.3 Altri infine ha rilevato una duplice concezione di teologia pastorale e
del modo di fare teologia pastorale, riscontrabile nellinsegnamento conciliare.4 La lista degli esempi potrebbe essere facilmente allungata.
Questa semplice costatazione solleva un primo interrogativo: come rileggere oggi, a distanza di vari decenni, il Vaticano II sulla questione in esame? Pare imprescindibile il rispetto di alcune esigenze maggiori emergenti
da questo evento ecclesiale, tanto vasto e complesso, se si vuole delineare nei
suoi termini portanti e con una lettura il pi possibile obiettiva, la riflessione
teologico-pratica da esso prodotta.
Il Concilio ha inteso attuare un magistero sostanzialmente unitario, anche
se non completo ed esaustivo. Occorre allora compiere una lettura globale
dei suoi documenti, e non limitarsi ad alcuni testi anche se maggiori, perch
ci esporrebbe inevitabilmente al rischio di offrire una visione quanto meno
parziale, per non dire unilaterale, del suo magistero. Senza dubbio occorre
prestare particolare attenzione alle quattro costituzioni, le quali sono la chiave
interpretativa dei decreti e delle dichiarazioni.
Il Concilio stato un avvenimento assai complesso, ad esempio, per la sua
internazionalit (partecipazione di vescovi e periti di tutti i continenti), per la
sua composizione (prevalenza della rappresentanza dellemisfero nord rispetto a quelle dellemisfero sud e delloriente), per la presenza di osservatori di
altre confessioni cristiane e di altre religioni. Esso ha dovuto fare i conti con
una pluralit di situazioni ed esperienze ecclesiali, di tendenze teologiche, di
visioni ecclesiologiche e di orientamenti pastorali rilevabili nella Chiesa degli
anni sessanta. necessario allora avere presente tale congiuntura allatto di
coglierne le linee innovative, a livello di teoria e di prassi, o semplicemente
indicate o pi compiutamente delineate, ed anche i compromessi, le lacune e i
nodi irrisolti, dati tutti facilmente comprensibili se valutati in tale prospettiva.
Nella sua riflessione, lassise ecumenica ha percorso un cammino lungo,
non facile, spesso, anzi, assai difficoltoso. Occorre allora prestare attenzione
allo sviluppo del dibattito conciliare confluito nei vari documenti, dalla Sacrosanctum Concilium alla Gaudium et spes, e la connessa maturazione della
coscienza e dellorientamento pastorali, e non fermarsi a una tappa, bench
importante, di tale sviluppo e, tanto meno, assolutizzarla, perch ci potreb
be sfociare in una concezione non solo parziale ma anche distorta dellinse
gnamento conciliare.
Oltre a essersi pronunciato sullazione pastorale e sulla teologia pastorale, lassise ecumenica ha pure fatto riflessione teologico-pratica. necessario allora evidenziare il tipo di riflessione teologico-pratica che in concreto ha
Cf ad es. SCHURR V., Teologia pastorale 401-403.
Cf ad es. GRIESL G., Praktische Theologie als Lehre von Selbstvollzug der Kirche, in PThH
141-145; SEVESO B., Edificare la Chiesa 51-57.
3
4
91
Capitolo III
Nel discorso inaugurale Giovanni XXIII propone come punto focale del
Concilio che sta per aprirsi la persuasione che deve sviluppare un magistero
il cui carattere preminentemente pastorale.1 Limpianto del discorso papale consente di cogliere, nei suoi termini essenziali, il significato di tale affermazione programmatica. In effetti, la natura pastorale del magistero con
ciliare prospettata in riferimento a vari fattori e al loro rapportarsi concreto.
prospettata innanzitutto in rapporto alla dottrina cristiana che il Concilio deve custodire con fedelt e trasmettere con efficacia.2
vista inoltre in rapporto alla condizione umana contemporanea: tale
dottrina riguarda la persona umana presa nella sua totalit, come soggetto
composto di anima e corpo, considerato come singolo e come membro della
societ, nella sua situazione terrena e nel suo destino eterno, tenuto conto del
primato del Regno di Dio rispetto ai beni temporali.3
considerata specialmente in relazione alla missione storica della Chiesa.
Dal fatto che la dottrina cristiana, certa e immutabile, destinata agli esseri
umani inseriti nel fluire del tempo ed esposti allerrore, nascono per la Chiesa
conciliare alcuni imperativi maggiori: la necessit di essere attenta alla realt
umana contemporanea (singoli, famiglie, societ), alle sue condizioni, istanze
e possibilit di apostolato;4 la necessit di approfondire e riproporre la dottrina cristiana in modo che risponda alle esigenze del nostro tempo, compiendo un delicato ma urgente discernimento tra verit di fede, da un lato, e
Cf Acta Synodalia I/I 172.
Cf ivi 170.
3
Cf ivi 170s.
4
Cf ivi 171.
1
2
94
95
96
97
98
La relazione generale letta ai Padri allinizio del quarto periodo (21 settembre 1965) offre una visione pi chiara dellorientamento approvato dalla
commissione di coordinamento, sottolineando alcuni dati. Lo schema tratta
formalmente di una dottrina di fede, proposta per in un modo consono ai
referenti che sono le persone del mondo doggi. una strada nuova e ardua,
ma assegnata da papa Giovanni al Concilio, ribadita da Paolo VI, gi praticata
da questi due Papi nelle loro grandi encicliche, e voluta dai Padri conciliari.
In concreto, il testo adotta un linguaggio evangelico piuttosto che tecnico; un
linguaggio, cio, ancorato fedelmente alla teologia, ma che utilizza termini
semplici come quelli della Scrittura; un linguaggio vitale e dinamico, piuttosto
che astratto e teorico; un linguaggio attento alla verit di fede e insieme alla
realt della condizione umana.21
In questo modo di presentare le cose non si contrapponeva pi il dottrinale al pastorale, n si comprendeva il pastorale nel senso di applicazione
di una dottrina. Si suggeriva piuttosto la possibilit di esprimere uno stesso
contenuto teologico con linguaggi differenti: tecnico, teorico, astratto luno;
semplice, vitale e dinamico laltro. E ci in ragione di differenti referenti a cui
era diretta la costituzione pastorale.
Nel dibattito conciliare vengono mosse queste critiche alla qualifica in
esame: il termine costituzione non accettabile, dato che il documento si
rivolge a tutte le persone del nostro tempo, mentre solo i cattolici sono sudditi
della Chiesa. Lappellativo pastorale non aggiunge nulla, perch tutto il lavoro
del Concilio pastorale.
In risposta, il relatore difende la qualifica di costituzione, perch, anche
se diretto a tutti, il testo di fatto espone la dottrina della Chiesa. Quanto al
termine pastorale annota: Nonostante le espressioni infelici della relazione
[segnalate sopra], [esso] indica che si intende presentare tale dottrina appunto per proiettarne la luce sul mondo attuale e sui suoi problemi.22
Il titolo inteso in questo senso accolto dalla maggioranza e rester approvato. Per tener conto dei voti contrari che, in vari modi, evidenziavano
il carattere pi dottrinale della prima parte e pi pastorale della seconda,
sinserisce allinizio della costituzione la nota apposta al titolo, recepita nel
testo definitivo.23
In essa viene sintetizzata la scelta adottata. La costituzione va detta pastorale appunto perch, sulla base di principi dottrinali, intende esporre
latteggiamento della Chiesa in rapporto al mondo e alle persone doggi. Pertanto, n alla prima parte manca lintenzione pastorale, n alla seconda linpastorale Gaudium et spes, in FAVALE A. (ed.), La Chiesa e il mondo contemporaneo nel Vaticano II 102s.
21
Cf Acta Synodalia IV/I 557.
22
Acta Synodalia IV/IV 736.
23
Cf Acta Synodalia IV/III 468.
99
Oltre che in relazione allistanza dottrinale, il magistero pastorale del Vaticano II va colto in rapporto alla prospettiva generale in cui si situa e alla traiettoria che segue nellaffrontare i vari argomenti. Simpone cos, come campo
proprio della sua riflessione pastorale, la tematica riguardante la rinnovata
coscienza della Chiesa, la sua riforma e il dialogo della Chiesa col mondo.
2.1. Indicazioni di Giovanni XXIII
100
Non per lunica categoria che utilizza per indicare il rinnovamento della
Chiesa e della fede. Ve ne sono molte altre a cui ricorre di frequente, privilegiando un linguaggio simbolico ispirato allorganismo umano, a fenomeni
naturali, a eventi e vicende storiche. Gli sono familiari questi termini: vitalit,
crescita, rinvigorimento, ringiovanimento;27 nuova germinazione, rigoglio,
fioritura, primavera, luminosit, splendore;28 balzo innanzi, progresso, nuove
conquiste;29 straordinaria Epifania e novella Pentecoste;30 consolidamento,
rinnovamento, adeguamento, adattamento.31
Laggiornamento ecclesiale cos da lui connotato e quale possibile cogliere, come in filigrana, nei suoi numerosi interventi non concerne luno o
laltro aspetto della Chiesa, ma lintera sua esistenza storica: Si tratta di rimettere in valore e in splendore la sostanza del pensiero e del vivere umano e
cristiano di cui la Chiesa depositaria e maestra nei secoli.32 Comporta, pi
precisamente, un incremento di fede, un rinvigorimento di vita religiosa e
spirituale, un corretto rinnovamento dellagire morale cristiano, un approfondimento e una riformulazione della dottrina, un rifiorire di energie
missionarie, unimpostazione dei metodi di apostolato adatta alle necessit
odierne, un adeguamento della disciplina ecclesiastica alle esigenze del nostro tempo.33 Comporta insieme un grande contributo alla riaffermazione
di quei principi di ordinamento cristiano, su cui si ispirano e si reggono anche
gli sviluppi della vita civile, economica, politica e sociale.34
Questi scarni richiami lasciano facilmente intravedere un aggiornamento
della Chiesa inteso non gi come rottura col passato e come cambio radicale
(concezioni aliene dalla mentalit di papa Giovanni, cos attaccata alla stabilit della dottrina e dellordinamento ecclesiali), quanto piuttosto come crescita
e sviluppo omogenei.
La dinamica del magistero di Giovanni XXIII, non tematizzata ma concretamente attuata nei vari scritti attinenti il Concilio, si sviluppa lungo questa
traiettoria. Parte generalmente dallattenzione alla situazione contemporanea:
la situazione della Chiesa, di alcuni suoi aspetti dolorosi ma anche confortanti; la condizione del mondo, di alcuni suoi fenomeni condannabili e problematici ma anche promettenti; le responsabilit storiche della Chiesa e le
27
Cf Acta Synodalia I/I 168; Acta et Documenta I/I 28 30 41 46 48 62; II/I 30 55 129 135
169 329.
28
Cf Acta Synodalia I/I 172; Acta et Documenta I/I 41s 49 62 65 77; II/I 30 36 44 55 85 129
151 229 230 242 326 335.
29
Cf Acta Synodalia I/I 172; Acta et Documenta II/I 25 134 152.
30
Cf Acta Synodalia I/I 172; Acta et Documenta I/I 87; II/I 21 44 150 220 221 238 240 371.
31
Cf Acta Synodalia I/I 168; Acta et Documenta I/I 41 50 53 74; II/I 14 44 55 59 85 170
229 230 247 250 335.
32
Acta Synodalia I/I 171s; Acta et Documenta II/I 34 44 227 256s.
33
Acta et Documenta I/I 34 62; II/I 17 39 55 59 96 135.
34
Acta et Documenta II/I 39.
101
sue nuove possibilit di fronte ai bisogni, alle attese e ai motivi di fiducia del
lumanit contemporanea.35
Fa costantemente riferimento a Cristo, che presente nella Chiesa e il
lumina le vie della storia umana; al suo messaggio salvifico destinato, come
forza vivificante, a tutti gli essi umani in ogni tempo;36 allo Spirito Santo
operante nella storia della Chiesa e specialmente dei concili considerati come
momenti forti di rinnovamento per la cristianit e la societ.37
Guarda al futuro, e cio a una rinnovata immagine sociale di Chiesa, tale
da essere credibile e accogliente per i cristiani di altre confessioni, e a una sua
presenza in mezzo ai contemporanei contesti umani pi fedele al testamento
di Cristo, pi conforme alla sua missione storica e, quindi, pi rispondente
alle esigenze presenti in tali contesti sociali.38
Dallattenzione convergente al presente, al passato e al futuro emergono
appunto lesigenza e lurgenza del rinnovamento della Chiesa indicato, in sintesi, su due versanti strettamente collegati e inseparabili: il ringiovanimento
di ci che essa nella sua struttura interiore la sua vitalit ad intra, connessa ripetutamente con le sue quattro propriet e, insieme, nei rapporti
della sua vitalit ad extra [...] di fronte alle esigenze e ai bisogni dei popoli,
riconducibili a unesistenza pi degna, giusta, pacifica e meritoria per tutti.39
Il programma del lavoro conciliare prospettato in tale duplice ordine, soprannaturale luno, temporale laltro, con la vasta problematica ad essi
inerente.40
2.2. Approfondimenti tematizzati di Paolo VI
102
103
dialogo, come possibile scorgere nel progredire della riflessione teologicopratica di Paolo VI.
La cornice ecclesiologica in cui tale riflessione si sviluppa quella della
Mystici corporis di Pio XII (1943), nella sua idea fondamentale attinente il
rapporto tra Capo e membra, che Paolo VI fa sua nel senso di un accentuato cristocentrismo. Lassunzione dellecclesiologia del popolo di Dio e linte
grazione del cristocentrismo con un pi ampio riferimento allo Spirito santo
avvengono gradualmente, non senza fatica, in adesione al progredire delle
discussioni e decisioni conciliari.45
2.2.1. La coscienza
La coscienza ecclesiale intesa congiuntamente in senso psicologico, come
riflessione su se stessa, e in senso morale, come consapevolezza di un impegno
storico.46 Lorizzonte in cui viene descritta quello dellesperienza religiosa
(categoria cara alla filosofia e teologia contemporanea di matrice personalista), che comprende inseparabilmente dinamismi conoscitivi, affettivi, volitivi, operativi e sapienziali.47
In effetti, la coscienza della Chiesa rinnovata scienza dei divini disegni
sopra di s,48 approfondita conoscenza del proprio essere mistero, della
propria origine e divina vocazione, della propria fondamentale costituzione e varia composizione, della propria molteplice e salvifica missione
nel mondo e della propria sorte finale49 (dinamismi conoscitivi). inoltre
e insieme atto di docilit alla parola del divin Maestro,50 un vivo, un
profondo, un cosciente atto di fede in Cristo,51 che si traduce in rinnovata
scoperta del proprio rapporto vitale con Lui,52 in corroborante senso del
la Chiesa e dellappartenenza ad essa,53 in ottima spiritualit ecclesiale54
(dinamismi affettivi, volitivi e sapienziali). ancora sorgente di nuova ener45
Il cristocentrismo molto rimarcato nel discorso di apertura della seconda sessione (cf
Acta Synodalia II/I 187s) e in ES 13s 17 23. Lespressione Popolo di Dio si trova nel discorso
dapertura della seconda sessione, ma solo come unimmagine accanto ad altre (cf Acta Synodalia II/I 189). Il riferimento allo Spirito Santo diviene pi insistente e tematizzato nei successivi
interventi papali al Concilio (cf Acta Synodalia III/I 142s; IV/I 127s).
46
Cf ES 22.
47
Questorizzonte espressamente invocato in ES 7 39.
48
ES 19.
49
ES 10 19 27; Acta Synodalia II/1 189-191, in cui si evidenzia specialmente questo aspetto
conoscitivo.
50
ES 21.
51
ES 24.
52
ES 37.
53
ES 40 38s.
54
ES 40 e Acta Synodalia III/VIII 910; IV/VII 657.
104
105
riguarda il confronto tra limmagine ideale della Chiesa e il suo volto reale oggi.63 Unaltra concerne la congiuntura attuale della Chiesa.64 Una terza
riguarda il rapporto tra le forme di cui la Chiesa s, lungo i secoli, rivestita,
e le forme oggi comuni e accettabili del costume e dellindole del nostro
tempo.65 Sono tutte prospettive espressamente evocate dalle correnti innovative di teologia pratica della prima met del secolo XX, come si rilevato
nei precedenti capitoli.
Lintervento di Paolo VI ha di mira, in particolare, alcune interpretazioni dellaggiornamento della Chiesa, caldeggiate in vari ambienti cattolici di
quegli anni. Quanto alla terminologia utilizzata, egli fa propria quella del suo
predecessore, ma va oltre: usa preferibilmente il termine rinnovamento; parla
esplicitamente di riforma della Chiesa e assegna al Concilio questo suo risoluto proposito.66
Il rinnovamento ecclesiale visto innanzitutto come grande problema
e imperativo morale che nasce dal confronto tra la Chiesa ideale, perfetta
nel disegno divino, e la Chiesa reale, sempre perfettibile nella sua vicenda
terrena e, quindi, chiamata a esprimere nella sua esistenza storica il tipo di
Chiesa voluto da Cristo.67
Esso sorge inoltre, come bisogno imperioso, dalla considerazione dellat
tuale situazione, problematica e laboriosa, della Chiesa, coinvolta com in
mutamenti sociali e culturali, rapidi e profondi, che le richiedono di premunirsi contro il pericolo di mondanizzazione, di assumere criticamente forme
di pensiero e di vita compatibili col suo programma religioso e morale e
di evangelizzarle.68 Di fronte a orientamenti tesi a ridurre laggiornamento
a semplice allineamento esteriore alla situazione temporale, Paolo VI pone
in primo piano e rimarca pi volte il rinnovamento o perfezionamento spirituale e morale (nella fede e nella carit, nellobbedienza e nella povert);
finalizza ad esso le riforme canoniche e pratiche;69 segnala i rischi di un adattamento conformistico a costumi mondani.70
La riforma nasce ancora dalla consapevolezza delle forme storiche assunte
e assumibili da parte della Chiesa. Riferendosi a interpretazioni dellaggior
namento tendenti a ridurlo al cambio per il cambio, disattendendo ogni suo
aggancio alla sostanza della fede cristiana, Paolo VI delimita il campo della
ES 11 43; Acta Synodalia II/I 191.
Cf ES 44.
65
ES 52 e Acta Synodalia II/I 192.
66
Sia ancora una volta manifestato il nostro proposito di favorire tale riforma [della Chiesa]: quante volte nei secoli scorsi questo proposito associato alla storia dei Concili; ebbene lo
sia una volta di pi (ES 46 e Acta Synodalia II/I 191s).
67
Cf ES 11 43 60; Acta Synodalia II/I 191.
68
Cf ES 44.
69
Cf ES 43-45 53-58.
70
Cf ES 50s.
63
64
106
107
suo rinnovamento apostolico e della sua carit pastorale, considerati per non
astrattamente, ma nel loro costitutivo riferimento alla componente temporale.
Di fatto, Paolo VI ha presente la moderna divaricazione tra Chiesa e mondo
verificatasi negli ultimi secoli (specialmente nellultimo secolo con lavvento
dellindustrializzazione), e le varie e contrastanti manifestazioni dellumanit
contemporanea che non una, ma cento forme di possibili contatti offre alla
Chiesa, aperti e facili alcuni, delicati e complicati altri, ostili e refrattari ad
amico colloquio purtroppo moltissimi.80 Egli ravvisa nel dialogo uno stile
[...], un indirizzo pastorale,81 un modo di esercitare la missione apostolica,
unarte di spirituale comunicazione,82 rispondenti a un imperativo morale
per la Chiesa, emergente da tale situazione contemporanea. La Chiesa deve
venire a dialogo col mondo in cui si trova a vivere. La Chiesa si fa parola; la
Chiesa si fa messaggio; la Chiesa si fa colloquio.83
questa prospettiva propriamente teologico-pratica quella che domina i
numerosi discorsi papali ai padri conciliari e lEcclesiam suam la sviluppa riflessamente. Non una teologia di tipo dogmatico sul dialogo o sulla missione
della Chiesa.84
In effetti, tale enciclica programmatica affronta questi argomenti:
lorigine trascendente del dialogo salvifico, e ci facendo intende evidenziare che il dialogo della Chiesa col mondo si pone in prolungamento del
rapporto dialogico tra Dio e la persona umana, avvenuto mediante Cristo e
nello Spirito Santo;85
i lineamenti del dialogo della salvezza (iniziativa divina, espressione di
amore, dialogo libero, illimitato, universale, graduale), e ci per identificare
altrettanti lineamenti del dialogo ecclesiale;86
le caratteristiche del dialogo della Chiesa rispondenti alla situazione storica (non univoco, ma adattato allindole dellinterlocutore e alle circostanze
di fatto) e agli atteggiamenti richiesti a chi lo instaura (correttezza, stima,
simpatia, bont, non condanna aprioristica, non polemica offensiva e abitua
le, non vanit di inutile conversazione);87
i caratteri connessi con un suo leale e fruttuoso esercizio: chiarezza,
mitezza, fiducia, prudenza;88
la dialettica di autentica sapienza implicata nel suo svolgersi: scoperta
ES 14 69s 98-114; cf Acta Synodalia II/I 193-199; IV/I 128s; IV/VII 657s 660s.
ES 69.
82
ES 83.
83
ES 67: il corsivo mio.
84
Per le interpretazioni avanzate in tale senso, si veda COLOMBO G., Genesi, storia e significato dellenciclica Ecclesiam suam, in Ecclesiam suam. Premire Lettre 147s.
85
ES 72.
86
Cf ES 73-79.
87
Cf ES 80-82.
88
Cf ES 83s.
80
81
108
delle diverse vie che conducono alla fede e ricerca di convergenze, di approfondimenti e di nuove espressioni di pensiero cristiano; riconoscimento di
elementi di verit presenti nelle opinioni degli altri e impegno di esporre il
proprio messaggio allaltrui critica, allaltrui lenta assimilazione;89
le forme di esplicazione del dialogo ecclesiale: la grande questione
[...] delladerenza della missione della Chiesa alla vita degli esseri umani in
un dato tempo, in un dato luogo, in una data cultura, in una data situazione
sociale, il che richiede vicinanza, condivisione, ascolto, servizio, avendo per
presenti i pericoli di relativismo dogmatico e morale, di irenismo e di sincretismo a cui tutto ci espone;90
il posto insostituibile che nel dialogo di salvezza occupano la predicazione e la catechesi;91
i referenti del dialogo della Chiesa: i famosi tre cerchi, quello immenso
dellumanit in quanto tale (il mondo), quello dei credenti in Dio e quello
dei cristiani di altre confessioni. Ad essi si aggiunge, senza istituirlo espressamente in un cerchio a parte, lambito intraecclesiale. A questo riguardo non
manca n il richiamo allobbedienza, che si cerca dintegrare nel dialogo, n
la condanna dello spirito dindipendenza e di critica.92
Ora tutti questi elementi riguardanti gli interlocutori del dialogo, i loro atteggiamenti, i modelli, i metodi dinterazione..., sono tutti oggetto specifico di
una riflessione teologico-pratica sul rapporto Chiesa-mondo, studiato non a
livello della sua essenza, ma nel suo realizzarsi storico ad opera della Chiesa,
che prende liniziativa, e in una prospettiva di futuro. Ed questa la direzione
del dialogo ecclesiale proposta da Paolo VI: dalla Chiesa verso il mondo, senza
peraltro escludere la direzione in senso inverso, dal mondo verso la Chiesa.93
Un ultimo rilievo. In risposta a critiche di antropocentrismo deviante,
mosse a questimpostazione papale e conciliare del dialogo della Chiesa col
mondo, Paolo VI richiama ancora una volta lorientamento pastorale del
Concilio valutato come saldamente ancorato al rapporto dialogico instaurato
da Dio con gli esseri umani nella storia della salvezza.94
Cf ES 85s.
ES 89 e lintero testo da 88 a 91.
91
Cf ES 93-95.
92
Cf ES 96-119. Il discorso dapertura della seconda sessione segue un diverso ordine: prima i cristiani non cattolici e poi il mondo contemporaneo, considerato nelle differenti categorie
di persone che lo compongono in ragione di differenti qualifiche religiose, culturali, economiche... (cf Acta Synodalia II/I 193-199). Anche se lordine differente, le due prospettive combaciano perch nellES il primo cerchio detto lontano anche se non estraneo (ES 101); il
secondo cerchio da noi meno lontano (ES 111); il terzo cerchio a noi pi vicino (ES 113).
Il criterio religioso quello determinante ai fini di tale differente collocazione. Il fatto probabilmente sfuggito a qualche commentatore dellES (cf ad es. COLOMBO G., Genesi 145s).
93
Cf ES 96-119 e 14; Acta Synodalia II/I 193-199.
94
Cf Acta Synodalia IV/VII 660s.
89
90
109
La vitalit ad intra e ad extra della Chiesa, secondo papa Giovanni, la coscienza, il rinnovamento e il dialogo, secondo la tematizzazione di Paolo VI,
costituiscono il quadro generale in cui va collocata la riflessione teologicopratica del Vaticano II, destinata a definirne i contenuti.95 Sono altrettanti
temi generatori che attraversano tutti i documenti conciliari, bench in forme
e misure differenti, in quanto (e la cosa nota) alcuni testi trattano pi del
la vitalit ecclesiale ad intra e altri pi della vitalit ad extra; alcuni pi della
rinnovata coscienza della Chiesa, altri del suo multiforme rinnovamento, altri
del suo dialogo articolato e differenziato.
Non questa la sede per sintetizzare linsegnamento conciliare su ognuno
di questi argomenti. Cosa che gi stata fatta dalla vasta letteratura in merito.96 Ci che interessa la presente ricerca il semplice richiamo delle grandi
scelte dellassise ecumenica, per avere una visione globale della prospettiva
e traiettoria della sua riflessione teologico-pratica, pur sapendo che un tale
procedimento espone inevitabilmente a delle semplificazioni.
2.3.1. Lineamenti della rinnovata coscienza ecclesiale
La rinnovata coscienza ecclesiale prodotta dal Vaticano II riconducibile,
in termini essenziali, alla percezione interiore sostanziata di fede che la Chiesa
ha di se stessa, di ci che essa e di ci che essa chiamata a compiere nel
lattuale tornante della storia, e inoltre alla presentazione autorevole e riflessa
di tale rinnovata consapevolezza.
Il documento fondamentale in merito senza dubbio la Lumen gentium.
Tuttavia, secondo il programma conciliare, le altre tre costituzioni ne integrano in modo sostanziale linsegnamento. La Dei Verbum per quanto concerne
la prospettiva della storia della salvezza in cui si situa la Chiesa, e il posto che
in essa ha la Parola di Dio scritta e trasmessa. La Sacrosanctum Concilium per
quanto attiene il ruolo della liturgia e specialmente dellEucaristia nel mistero
e nella vita della Chiesa. La Gaudium et spes per quanto riguarda il rapporto
tra Chiesa e mondo contemporaneo e lintegrazione del modello di Chiesa
comunione, preminente nella Lumen gentium, con quello di Chiesa missione e servizio, dominante in tale costituzione pastorale.
Sempre secondo il programma conciliare, i vari decreti e le proposizioni
contengono approfondimenti e sviluppi, a volte assai rilevanti, di asserti della
rimasto famoso lintervento in tale senso del card. Suenens al termine del I periodo (cf
Acta Synodalia I/IV 222-225), condiviso dallallora card. Montini (cf Acta Synodalia I/IV 291s).
96
Si vedano al riguardo gli studi riportati allinizio di questa parte e, in particolare, il mio
saggio (nella collana curata da Favale) in cui espongo pi ampiamente quanto qui sintetizzo.
95
110
Lumen gentium. Sarebbe lungo, oltre che rischioso, darne un elenco esauriente. Basti segnalarne alcuni, a titolo esemplificativo. La teologia della Chiesa locale;97 lidentit dei presbiteri;98 i diritti dei fedeli laici in base ai loro
carismi;99 i criteri di rinnovamento della vita consacrata e la sua tipologia;100
il concetto di missione, il processo di evangelizzazione e linculturazione del
Vangelo e della Chiesa;101 la libert religiosa e la missione del popolo di Dio
al riguardo;102 lecclesialit delle Chiese e comunit non cattoliche e i principi
cattolici del dialogo ecumenico;103 le relazioni della Chiesa cattolica con le
religioni non cristiane.104
Concretamente e prendendo come asse portante il discorso della Lumen
gentium, il Concilio ha messo in luce questi lineamenti della Chiesa, costitutivi
della sua coscienza attuale. Il loro ordine di successione rispecchia altrettante
scelte teologiche:
innanzitutto lessere la Chiesa mistero inserito nel mistero trinitario e nella storia della salvezza (Ecclesia de Trinitate),105 dovuto al fatto che
essa frutto e germe del Regno di Dio,106 tempio dello Spirito,107 corpo di
Cristo,108 popolo di Dio,109 universale sacramento di unit salvifica;110
il suo essere popolo di Dio inserito nella storia umana, investito di
una missione universale e cosmica, insignito delle funzioni sacerdotale, profetica e regale di Cristo, costituito in Chiese locali, destinato al servizio di
tutti i popoli111 e avente differenti rapporti con le Chiese e comunit non
cattoliche,112 con i non cristiani e i non credenti113 e, pi in generale, con lu
manit contemporanea;114
la sua fondamentale costituzione basata su carismi e ministeri differen-
111
112
il primato e la maggiore ampiezza del Regno di Dio e dei suoi beni (la
salvezza, la comunione, la liberazione) rispetto alla Chiesa, che per di esso
frutto e germe;123
la priorit assegnata al mistero della Chiesa rispetto alla sua realt istituzionale, quindi, la priorit delle sue componenti spirituali (lessere frutto di
una consacrazione e libera vocazione divina; lessere costituzionalmente comunione di persone, essenzialmente missionaria e inviata alla diacona della per
sona umana; lessere sacramento universale di salvezza, pellegrina nella storia e
in cammino verso il suo perfezionamento escatologico) rispetto alla sua forma
societaria, alle sue strutture ecclesiastiche mutevoli e alle sue espressioni
storiche, canoniche e pratiche;124
la dichiarazione secondo cui laspetto umano e visibile della Chiesa ha
valore di segno e strumento, sempre imperfetto e perfettibile, nei confronti
della sua realt misterica;125
lasserto secondo cui il popolo di Dio comprendente pastori e fedeli
una grandezza dellordine dei fini, mentre la gerarchia, pur essendo di diritto
divino, ordinata come mezzo a questo fine; laver inoltre sottolineato i valori
che nellunico popolo di Dio sono comuni a tutti i suoi membri, e laver affermato che ci che li differenzia, in forza di differenti ministeri e forme di vita,
titolo non di privilegio ma di servizio;126
il riconoscimento della Chiesa locale come realizzazione della Chiesa
una, santa, cattolica e apostolica, ed inoltre il riconoscimento della Chiesa
universale come comunione di Chiese locali;127
lattenzione posta sulla storicit della Chiesa, condensabile nei seguenti
enunciati generali. Come universale sacramento di unit salvifica, la Chiesa
trascende la storia umana, ma nello stesso tempo appartiene a questa storia
ed inserita nel mondo.128 Condivide con lumanit la contingenza ed anche
lambiguit di tutte le realt temporali. Soffre delle tentazioni e delle tribolazioni del suo cammino e porta con s le conseguenze della sua debolezza.
insieme santa (elemento divino ed escatologico) e chiamata a purificarsi
perch in essa presente il male e il peccato (elemento umano e storico), per
cui la sua santit qui in terra reale ma sempre imperfetta.129 Nel suo cammino storico conosce progressi ed anche regressi o situazioni dinadeguatezza
Cf LG 5; GS 39.
Si vedano i capitoli I II V della LG; AG 2-5; GS 40-43.
125
Cf SC 2; LG 8a.
126
Sono queste alcune ragioni addotte per giustificare linserimento del capitolo II sul popolo di Dio prima di quelli dedicati alla gerarchia, ai laici e ai religiosi (cf Acta Synodalia III/I
500s). Si veda LG 9-14 32.
127
Cf LG 23 26; CD 11.
128
Cf LG 9c; AG 9; GS 1 3 11 40.
129
Cf LG 8cd 9c 15 48; UR 4f; GS 40ab 43f.
123
124
113
e dinsufficienza.130 Nei suoi sacramenti e nelle sue istituzioni, che appartengono allet presente, porta la figura fugace di questo mondo e partecipa al
travaglio e al gemito di tutto il creato.131 Con lintera umanit si trova tra il
gi e il non ancora a cui guarda con fiduciosa speranza.132
Va detto che, nel ridefinire la coscienza ecclesiale, il Concilio mantiene in
generale una specie di tensione tra aspetti della realt Chiesa che sono complementari e che non possono essere impunemente disattesi. Cos , ad esempio, dei binomi: Parola di Dio e segni dei tempi; riferimento della Chiesa
rispettivamente a Cristo e allo Spirito; Chiesa istituzione e Chiesa comunione;
Chiesa comunione e Chiesa servizio; Chiesa universale e Chiese locali; unit
e cattolicit o pluralismo; gerarchia e fedeli; primato ed episcopato; vescovi
e preti; consacrazione e missione; testimonianza e servizio; fede e impegno
storico; persona e comunit; autorit e ubbidienza; libert e ordine; carisma
e istituzione; Chiesa cattolica e Chiese cristiane; religione cristiana e religioni
non cristiane; Chiesa e mondo.
Su questi e su altri argomenti lassise ecumenica ha raggiunto degli innegabili traguardi rispetto a precedenti impostazioni. Ma tali traguardi sono,
a loro volta, punti di partenza per unulteriore riflessione. In questordine
di idee fondato il rilievo di un noto esperto del Concilio, Y. Congar: Noi
riconosciamo che il Vaticano II imperfetto in molti ambiti. Molti suoi punti
di vista sono, se non dei compromessi, almeno degli abbozzi e rimangono, in
qualche modo, a met strada.133
2.3.2. Natura e ambiti del rinnovamento ecclesiale
La rinnovata consapevolezza ecclesiale, finora descritta nei suoi lineamenti molto generali, guida il rinnovamento di altri aspetti del popolo di Dio
che sono strettamente connessi con la sua condizione storica. Nel segnalarli
e descriverli il Concilio usa un linguaggio assai vario, gi impiegato da papa
Giovanni e da Paolo VI, dimostrando una certa preferenza per il termine
rinnovamento.134
Secondo il Vaticano II, ogni rinnovamento della Chiesa consiste essenCf AG 6b.
Cf LG 48b.
132
Cf LG 9c; AG 9; GS 39 45.
133
CONGAR Y., Implicanze cristologiche e pneumatologiche dellecclesiologia del Vaticano II,
in ALBERIGO G. (ed.), Lecclesiologia del Vaticano II 109.
134
Vengono usati i termini: accomodatio, aptatio, augere, conversio, evolutio-evolvere, incrementum, instaurare-instauratio, iuvenescere, progressio-progressus, purificare-purificatio,
recognoscere-recognitio, reformare-reformatio, renovare-renovatio. Si veda OCHOA X., Index
verborum cum documentis Concilii Vaticani II (Romae 1967); Indices verborum et locutionum
decretorum Concilii Vaticani II (Bologna 1968-1983).
130
131
114
115
116
117
non esclusa), ma a stabilire una reciproca comprensione, in vista della ricerca della verit e di una collaborazione. Alla sua base vi sono alcune costatazioni: lesistenza di un pluralismo di idee, di concezioni teologiche (non cattolici)
e soprattutto di visioni del mondo e dellesistenza umana (religioni non cristiane e sistemi ateistici), che rivendicano una validit universale; il fatto che
tali concezioni non possono essere ricondotte a mancanza di intelligenza o a
depravazione morale; lesigenza che il loro confronto non venga condotto sul
la via della violenza, della minaccia o delle misure amministrative; la presenza
di finalit della storia e dellumanit che spingono insistentemente verso una
cooperazione tra gli uomini aventi differenti visioni del mondo e della vita.160
Per la Chiesa conciliare la problematica teologica di fondo sta nel fatto
che, tramite il dialogo, essa si vede confrontata con una relativit della sua
verit e deve evitare il rischio del relativismo dottrinale. Tale relativit con
nessa con la storicit del cristianesimo. Con ci non si nega la sua essenza im
mutabile, perch di origine divina. Si afferma soltanto che la conoscenza della
verit di fede perfezionabile e che pu progredire nel cammino della storia.
Il dialogo il luogo in cui la verit riconosciuta fino a quel momento viene
confrontata con laltro e, mediante tale confronto, pu venire meglio compresa, essere arricchita e venire espressa in forme culturali pi adeguate.161
1. Per quanto concerne larticolazione del dialogo, dovuta alla diversit degli interlocutori a cui diretto, c da notare che il Vaticano II non d particolare risalto al dialogo intraecclesiale. Anzi, le non molte volte in cui lo pone
a tema, lo fa generalmente in vista del dialogo extraecclesiale e precisamente o
per sottolineare la necessit che i membri del popolo di Dio (vescovi, sacerdoti, laici, religiosi, missionari, esperti) siano abilitati al dialogo ecumenico e
col mondo162 o per ricordare lincidenza che il dialogo allinterno del popolo
di Dio pu esercitare sul dialogo tra Chiesa e umanit.163
2. Il dialogo della Chiesa cattolica con le Chiese e comunit cristiane da essa
separate non inteso dal Concilio come una forma pi aggiornata, con cui si
vuole favorire il ritorno dei non cattolici allunico gregge di Cristo. fatto
consistere piuttosto in un colloquio sincero e aperto tra interlocutori, i quali
riconoscono i valori cristiani derivati dal comune patrimonio e rispettano le
rispettive convinzioni; animati dal medesimo spirito di verit, di amore e di
umilt esaminano la loro fedelt alla volont di Cristo circa la Chiesa; cercano insieme, con chiarezza e sincerit, punti di convergenza in vista della
ricomposizione delle differenti Chiese e comunit nellunica Chiesa voluta da
Cristo e, com dovere, intraprendono con vigore lopera di rinnovamento
Cf UR 1 4 9 11; NAE 1-4; DH 1; GS 19-21 92e.
Cf UR 4 6a 9; NAE 2c 4e; GS 43-44 21f.
162
Cf UR 4 6 9 10; CD 13b 28b; OT 19b; PO 19b; AA 12c 25b 29e 31a; PC 2 d); AG 16d
20g 34 41e; GS 43e 92a.
163
Cf GS 92b.
160
161
118
119
Capitolo IV
122
Ai fini della presente ricerca illuminante non tanto lanalisi particolareggiata di tutti i procedimenti cognitivi impiegati (cosa di per s utile), quanto
piuttosto la delimitazione dei tipi generali e prevalenti di riflessione teologica
usati, con particolare riferimento a quelli attinenti lanalisi valutativa della
situazione e la progettazione pastorale, intesa come elaborazione di obiettivi
e definizione di strategie dintervento.
bene far notare che uno stesso documento utilizza non uno, ma pi tipi
di riflessione teologica. Lesposto lo documenter ampiamente.
1. RIFLESSIONE DI TIPO DOGMATICO-PRATICO
Un primo tipo di riflessione potrebbe essere connotato come dogmaticopratico. Dogmatico, perch mira ad elaborare una dottrina o a enucleare dei
principi rivelati o connessi con la Rivelazione, universalmente validi. Pratico,
per lattenzione prestata alle problematiche e alle esigenze emergenti nelle
pratiche o prassi intra- ed extraecclesiali man mano affrontate, per lassun
zione vagliata dei risultati acquisiti del magistero e della ricerca teologica al
riguardo, e specialmente per il linguaggio usato nel formulare i dati dottrinali,
linguaggio variamente rispondente al contesto culturale contemporaneo.
A questo tipo di riflessione va ricondotto il discorso della Lumen gentium
e della Dei Verbum. Lasserto scontato, ma utile offrire al riguardo alcune
annotazioni illustrative.
La Dei Verbum intende proporre la genuina dottrina sulla divina Rivelazione e la sua trasmissione.2 Questo giustifica la sua qualifica di costituzione dogmatica. Ci non toglie che essa rivesta unindiscutibile dimensione
pratica dovuta a queste sue caratteristiche. Essa fa riferimento alla problematica dellepoca attinente la concezione della Rivelazione, della tradizione,
della Parola di Dio fissata nella Bibbia, dellispirazione e interpretazione della
Scrittura e del suo posto nella vita della Chiesa. Sispira al movimento biblico
e al movimento ecumenico, che hanno preceduto e preparato il Concilio e,
in parte non indifferente, agli apporti della teologia della parola e della storia
della salvezza prodotte in campo protestante oltre che cattolico. Esprime una
rinnovata comprensione dei temi indicati, riferendosi specialmente al contesto culturale personalistico, esistenziale e storico degli anni 1960. In effetti,
utilizza un linguaggio che riguarda:
la persona umana cos come viene descritta, nelle sue varie dimensioni,
dalle recenti filosofie personaliste di matrice cristiana; quindi, in termini di
rapporti io-tu-noi, di appello e di risposta, di dialogo interpersonale, di comunione...;
lesistenza umana conglobante lintera esperienza vissuta e, pi particoDV 1.
123
larmente, le sue attese e aspirazioni, i suoi pericoli e drammi, le forme culturali che man mano assume, le sue mete temporali e il suo destino eterno...;
la storia umana, intesa non semplicemente come succedersi di accadimenti, ma come evolversi di eventi frutto di scelte umane e di libero intervento divino; intesa, quindi, come storia della salvezza e, insieme, come storia del
mistero diniquit.3
La Lumen gentium intende proporre un insegnamento circa la natura e la missione universale della Chiesa. un compito dottrinale proprio di
una costituzione dogmatica. La dimensione pratica di tale insegnamento
collegabile a questi dati maggiori. Tale compito giudicato particolarmente
urgente, attese le condizioni del nostro tempo, caratterizzate da vari tipi
di vincoli sociali, tecnici e culturali che oggi uniscono pi strettamente gli
esseri umani.4 Nellassolverlo la costituzione recepisce le istanze di numerosi
movimenti di pensiero e di vita sviluppatisi nellultimo periodo allinterno
del popolo di Dio (movimento biblico, patristico, liturgico, ecumenico, movimenti di apostolato dei laici...). sensibile alle sfide mosse da forze esterne
al cattolicesimo (il dramma dellateismo contemporaneo, i grandi movimenti
storici di matrice marxista). Accoglie le acquisizioni del magistero pontificio
e della ricerca teologica specialmente del periodo del secondo dopoguerra.
Sviluppa unecclesiologia non solo essenziale, cio concernente lessenza del
la Chiesa, ma insieme esistenziale e storica, cio riguardante lesistenza e il
cammino storico del popolo di Dio e, in esso, dei suoi membri. In effetti,
i vari lineamenti della rinnovata coscienza ecclesiale precedentemente elencati5 vengono presentati tutti, quali pi e quali meno, facendo riferimento
alla condizione storica, passata e soprattutto presente, della Chiesa. Privilegia
un linguaggio biblico, patristico, personalistico ed esistenziale (senza peraltro
rifuggire dal ricorso a termini teologici tecnici), perch ritenuto pi rispondente allattuale contesto culturale dei suoi destinatari che sono i suoi fedeli
e il mondo intero.6
3
Tutto questo emerge molto chiaramente dallintero dettato della costituzione ed stato
ampiamente documentato dai commentatori.
4
Cf LG 1.
5
Si veda il n. 2.1 del cap. III.
6
LG 1. Per una documentazione dettagliata in merito, rimando al mio commento ai primi
tre capitoli in FAVALE A. (ed.), La costituzione dogmatica sulla Chiesa 271-757. Rilievi simili a
quelli fatti per le costituzioni sulla Rivelazione e sulla Chiesa si possono fare per la riflessione
dogmatico-pratica prodotta da: SC circa la natura della liturgia, il mistero eucaristico e la natura dei sacramenti (cf SC 6-10 47 59-61); UR circa i principi cattolici sullecumenismo (cf UR
2-4); AA circa la vocazione dei laici allapostolato e i fini di tale apostolato (cf AA 2-8); PO a
proposito della natura del presbiterato (cf PO 2-3); AG circa la natura dellattivit missionaria
(cf AG 2-9); DH in tema di diritto della persona e delle comunit alla libert sociale e civile in
materia religiosa (cf DH 9-14).
124
125
presso le Chiese orientali cattoliche.10 Lo stesso si deve dire del decreto Inter
mirifica, il quale, riferendosi a problemi morali e pastorali attuali, formula dei
principi dottrinali che ispirano orientamenti operativi e disposizioni disciplinari.11 Esempi di riflessione teologico-pratica di tipo applicativo si possono
facilmente riscontrare in numerosi altri documenti conciliari.12
3. RIFLESSIONE TEOLOGICA DEDUTTIVA E INSIEME INDUTTIVA
Un altro tipo di riflessione teologica conciliare deduttivo e insieme induttivo. Nel suo modo di procedere prevede, in sostanza, questi movimenti
variamente concertati tra loro con laccentuazione ora delluno ora dellaltro,
e facenti parte di un unico processo cognitivo:
la delimitazione o il richiamo di principi o criteri attinenti una questione
o una situazione, ricavati, secondo i casi, dalla dottrina della Chiesa, dalla storia passata, dallattuale condizione storica intraecclesiale e/o extraecclesiale,
dalla natura della realt in esame o dalla sua finalit;13
lattenzione a una determinata situazione variamente rilevata e interpretata, come tosto si dir;
lindicazione di orientamenti operativi o la statuizione di norme pratiche.
Questimpostazione preminente e, per vari aspetti, caratteristica della
costituzione pastorale Gaudium et spes. Di fatto, essa propone non una cosiddetta teologia delle realt temporali, ma piuttosto una visione della realt
contemporanea alla luce sia della teologia speculativa che interpreta tale realt, sia della teologia pratica che offre indicazioni o norme per la presenza cristiana in tale situazione. Propone, quindi, una dottrina valida non in astratto,
ma per le concrete circostanze del mondo contemporaneo e trascendente allo
10
Cf OE per intero e in particolare 26s dove la riflessione teologico-pratica di tipo applicativo chiaramente tematizzata.
11
Cf IM 2b 3-12.
12
Cf LG 51 e 67 a proposito del culto dei Santi e della devozione mariana; PC 5-6 e 8bc in
tema di elementi comuni a tutte le forme di vita consacrata, e di istituti votati allapostolato; AA
10-14 e 16-19 a proposito dei campi e delle varie forme di apostolato laicale; AG 11-12 28 3536 a riguardo dellattivit missionaria, della sua organizzazione e della cooperazione; GE 1-3 e
6 circa il diritto universale alleducazione, il concetto di educazione in generale e di educazione
cristiana in particolare e i suoi responsabili; DH 2-8 a proposito dei principi generali attinenti
il diritto della persona e delle comunit alla libert sociale e civile in materia religiosa; GS ad
es. 12 23b 33b in tema di dignit della persona umana, di comunit degli uomini e di attivit
umana nelluniverso.
13
Luso conciliare dei termini principia e criteria piuttosto indeterminato: a volte i due
termini sono usati come equivalenti (cf ad es. CD 23 35 44a; AG 29c 32c; GS 51 57 67); pi
spesso il vocabolo principia collegato con la dottrina (cf ad es. UR 2 titolo 8d 24a; PC 2; OE
27-28; DH 9; AG 2a; GS 33b 40d), mentre il vocabolo criteria rapportato a realt di ordine
pratico (cf ad es. CD 23 e PC 3).
126
stesso tempo il particolare momento storico degli anni del Concilio.14 Nel
fare questo, a volte parte da principi che applica alle questioni in esame; pi
sovente prende lavvio dagli interrogativi emergenti dalla condizione umana
contemporanea cui offre una risposta in base alla Rivelazione, ravvisando nel
riferimento finale a Cristo il punto focale e il vertice della loro soluzione.
Questo modo di procedere facilmente rilevabile nei primi tre capitoli della
prima parte della costituzione.
E per quanto riguarda, pi particolarmente, la missione della Chiesa nel
mondo contemporaneo, essa offre unecclesiologia esistenziale e storica integrativa della Lumen gentium15 e, insieme, compie unanalisi interpretativa dei
problemi presenti nellumanit contemporanea e dei connessi appelli e compiti storici per la Chiesa conciliare.16 Alcune correnti di teologia pastorale e
di teologia pratica del postconcilio ritengono che tale analisi interpretativa
della situazione, diretta a orientare lazione ecclesiale, costituisce loggetto
proprio e il metodo specifico di questo tipo di sapere teologico.
Ad ogni modo, va qui rilevato il compromesso, precedentemente segna
lato,17 della Gaudium et spes tra unecclesiologia esistenziale e storica da un
lato e, dallaltro, una teologia pratica concepita a volte in termini applicativi
e a volte come interpretazione della realt storica attuale, orientativa della
presenza in essa della Chiesa, e attuata concretamente con il metodo vedere,
giudicare, agire.18
4. RIFLESSIONE TEOLOGICA SULLA SITUAZIONE
127
doveri, usi, costumi, leggi, mezzi, sussidi...) ed extraecclesiale (non cattolici, non cristiani, non credenti, persona umana, comunit, lavoro, famiglia,
economia, politica, cultura, pace...) affrontata dal Concilio non in astratto,
ma in costante riferimento alla situazione o condizione della Chiesa e del
lumanit degli anni 1960.
Nel rilevarla, lassise ecumenica si avvale dinformazioni attinte generalmente allosservazione pre-scientifica19 e, in alcuni casi come quello della
Gaudium et spes, alle scienze a ci interessate: psicologia, sociologia, antropologia, storia, scienze economiche e politiche.
Il suo modo di riferirsi alla situazione varia secondo lindole e le finalit
dei documenti. I testi dottrinali prestano attenzione alla situazione contemporanea al fine di elaborare una dottrina o principi dottrinali aggiornati. Cos,
ad esempio, la Lumen gentium ha presente lattuale tipologia dei cattolici in
ordine alla loro appartenenza alla Chiesa;20 la situazione dei cristiani non
cattolici, dei non cristiani e dei non credenti in vista della definizione dei loro
rapporti col popolo di Dio;21 le condizioni particolari di alcune Chiese locali
(piccole, povere, che vivono nella diaspora...) in ordine alla loro qualifica di
Chiese di Cristo;22 la condizione attuale dei fedeli laici, uomini e donne, in
vista della delimitazione del loro status e ruolo nella Chiesa;23 la situazione
esistenziale dei distinti membri del popolo di Dio in ordine alla loro forma
specifica di tendere alla perfezione della carit.24
Il modo generale con cui la Gaudium et spes rileva la situazione contemporanea stato appena indicato e si avr modo di ritornarvi sopra in tema di
segni dei tempi. I testi di prevalente intonazione operativa o disciplinare
fanno riferimento alla situazione della Chiesa e dellumanit per formulare
giudizi su di essa, per determinare principi o criteri e per stabilire disposizioni
e norme atte a orientare il rinnovamento ecclesiale e il dialogo della Chiesa col
mondo contemporaneo.25
La complessit delle situazioni esaminate fa s che i giudizi formulati e i criteri utilizzati siano anchessi differenziati e variegati. Prescindendo da quelli
di tipo canonico e disciplinare, qui di seguito si offre un elenco esemplificativo di quelli ricavati dalla storia, dallesperienza vissuta e dalla teologia.
Cf ad es. IM 1; LG 23 26a 27c 28e 30 41; OE 1; UR 1a 6b 13 19; CD 18 22 32 39; PC 9a
10a 11a 19-21; GE premessa 4-5 7 8-12; OT proemio 1; NAE 1a 4g 5c; AA 1b 7e 9 12-14 16-17
19b 20; DH 1a 15bd; AG 1b 6b 10 14 29-34; PO 20-21.
20
Cf LG 14.
21
Cf LG 15-16.
22
Cf LG 26a e anche 27c 28e.
23
Cf LG 30 33d 34b 36-37.
24
Cf LG 41.
25
Per quanto concerne la delimitazione di principi o criteri si veda, ad es., SC 5-13 21 4758 62 88 107; IM 2b; OE 2 26; UR 2-4 5-12 24a; CD 20-23 32 35; PC 2s 7 8b 12-15 19-21; GE
premessa 1s 6; OT proemio; NAE 5; AA 1d 2-8 10-11 18-19 29; DH 1c 9-10; AG 1a 2-9 11-14
19-22 35; PO 2-3 4-9 12-14.
19
128
129
130
solo dei cristiani non cattolici, ma Chiese e comunit cristiane,39 nelle quali
si possono trovare alcuni, anzi parecchi e segnalati elementi e beni, dal complesso dei quali la stessa Chiesa edificata e vivificata [...], come la Parola di
Dio scritta, la vita di grazia, la fede, la speranza e la carit, e altri doni interiori
dello Spirito Santo ed elementi visibili.40 Dichiara che lo Spirito di Cristo
non ricusa di servirsi di esse come di strumenti di salvezza,41 e che anchesse
sono atte ad aprire lingresso nella comunione della salute.42 Daltra parte,
asserisce che tale loro ecclesialit lacunosa e imperfetta. Crede infatti che
esse hanno delle carenze,43 che non godono dellunit voluta da Cristo44
e che mancano di altri beni propri della Chiesa di Cristo.45
Parlando dei rapporti della Chiesa cattolica con tali Chiese e comunit,
lassise ecumenica ritiene che quanti credono in Cristo e hanno ricevuto il
battesimo sono costituiti in una certa comunione imperfetta con la Chiesa
cattolica, la quale li riconosce giustamente quali fratelli nel Signore.46 Tut
ti gli elementi di santificazione e di verit presenti nelle Chiese e comunit
separate derivano il loro valore dalla grazia e dalla verit, che stata affidata
alla Chiesa cattolica.47 Daltra parte, quanto dalla grazia dello Spirito Santo
viene fatto nei fratelli separati, pu contribuire alla edificazione della Chiesa
cattolica.48 Nellesprimere questa convinzione di fede, asserisce chiaramente
che per le divergenze che in vari modi esistono tra loro e la Chiesa cattolica,
sia nel campo della dottrina e talora anche della disciplina, sia circa la struttura della Chiesa, impedimenti non pochi, e talora gravi, si oppongono alla
piena comunione ecclesiastica.49
Passando dal movimento che va dalle Chiese e comunit non cattoliche
alla Chiesa cattolica al movimento inverso da questa a quelle, ammette con
umilt e franchezza le responsabilit del cattolicesimo nella divisione dei cristiani.50 Non si nasconde che nei suoi membri [la Chiesa cattolica] esposta
al peccato,51 e che esiste sempre un divario tra il messaggio che essa reca e
lumana debolezza di coloro a cui affidato,52 per cui il suo volto non rifulge
131
davanti ai fratelli separati e al mondo intero.53 Sottolinea ancora che le divisioni tra i cristiani impediscono alla Chiesa cattolica di attuare ed esprimere
la pienezza della cattolicit intesa da Cristo e ritardano la crescita del Regno
di Dio.54
Giudizi di fede analoghi a quelli fin qui elencati sono formulati dal medesimo decreto, in maniera pi articolata, per le Chiese ortodosse e per le Chiese
e comunit protestanti. Non qui il caso di recensirli. Per la conoscenza del
tipo di lettura condotta alla luce della fede della tematica in esame, quanto si
appena esposto pi che sufficiente.
C da notare che i criteri impiegati in tale analisi interpretativa sono ricavati dal messaggio biblico ed ecclesiale attinente la volont di Cristo circa
lunit, lapostolicit, la cattolicit e la santit della sua Chiesa.
4.3. Giudizi di fede sulla situazione dei non cristiani e dei non credenti
Anche a proposito di questaltra condizione socio-religiosa contemporanea il Concilio esprime dei giudizi di fede.
1.In effetti, alla luce della Parola di Dio, riconosce lesperienza religiosa
e cio la ricerca di Dio, la fede nellAssoluto e lincontro nascosto di grazia
con il divino che, in forme e misure differenti, alla base delle religioni non
cristiane.55 Guarda con stima ai valori morali e religiosi operanti nella religio
ne musulmana.56 Ritiene che molto grande il patrimonio spirituale comune
a cristiani e a ebrei.57 Dichiara che tutti costoro, che non conoscono ancora
il Vangelo, in vari modi sono ordinati al popolo di Dio.58
Non sottovaluta, daltra parte, le differenze e divergenze, pi o meno profonde, esistenti tra ci che la Chiesa crede e annuncia e la realt religiosa e
morale di queste religioni;59 n copre di silenzio i dissensi e le inimicizie sorte
in passato soprattutto tra cristiani, musulmani ed ebrei, anche se invita a dimenticarle.60 Esecra, come contrario alla volont di Cristo, qualsiasi discriminazione perpetrata per motivi di razza e di colore, di condizione sociale o
di religione.61 Denuncia con amarezza questi fatti deplorevoli, e cio che
non mancano regimi nei quali, anche se nelle loro costituzioni la libert di
culto religioso riconosciuta, i poteri pubblici stessi tuttavia si sforzano di
UR 4f.
Cf UR 4f-l.
55
Cf NAE 2bc.
56
Cf NAE 3a.
57
NAE 4e.
58
LG 16.
59
Cf NAE 2cd 3a 4d.
60
Cf NAE 3b 4g.
61
NAE 5c.
53
54
132
DH 15bc.
GS 21a.
64
GS 21f.
65
Cf GS 21e.
66
GS 44c.
67
Cf GS 22e 38a; AG 7a 9b.
68
Cf LG 16.
62
63
133
134
del tempo, e il complesso dei valori verso cui unepoca orientata o aspira.
A questo proposito il Concilio annovera tra i segni del nostro tempo: lin
teresse per lincremento e il rinnovamento della liturgia, cio il movimento liturgico contemporaneo;74 i molti sforzi che si fanno in pi parti del
mondo con la preghiera, la parola e lopera per avvicinarsi a quella pienezza
dellunit che Ges Cristo vuole per la sua Chiesa e, quindi, le varie iniziative ecumeniche;75 i profondi e rapidi mutamenti che progressivamente si
estendono a tutta la terra, che vanno sotto il nome di accelerazione della
storia con i connessi vantaggi e squilibri;76 il crescente e irresistibile senso di
solidariet di tutti i popoli, denominato socializzazione;77 la presenza attiva
della persona umana nel mondo e nella storia con la collegata autonomia delle
realt terrestri e una loro bene intesa desacralizzazione e, cio, il fenomeno
della secolarizzazione;78 il fatto che oggi cresce la coscienza della esimia dignit che compete alla persona umana, superiore a tutte le cose, e i cui diritti
e doveri sono universali e inviolabili, fenomeno questo chiamato personalizzazione.79 Come si vede, sono eventi storici che rivelano un nuovo modo di
concepire e di realizzare lesistenza umana e cristiana.
5.2. Il senso teologico
135
Santo nella sua Chiesa.80 Le varie iniziative che vanno sotto il nome di movi
mento ecumenico sono attribuite allimpulso della grazia dello Spirito San
to.81 Negli avvenimenti, nelle richieste e nelle aspirazioni [...] del nostro
tempo, occorre discernere i veri segni della presenza [...] di Dio.82
Siccome il concetto stato sovente equivocato da teologi e operatori pastorali, utile precisarlo un poco. I termini chiave da chiarire sono quelli di
storia e di presenza. I segni dei tempi emergono dalla storia intesa non come
miniera di fatti od esempi utili per illuminare una dottrina, ma come vita vissuta, come evento frutto di libere scelte umane, che diventa materia di riflessione teologica, perch suscita una nuova consapevolezza collettiva e stimola
una presa di posizione di fronte a una misteriosa presenza operativa di Dio
che si rivela appunto in tale vissuto. Come intendere tale presenza dinamica
del divino nella storia?
Lazione di Dio non va intesa come quella di un agente accanto ad altri,
quasi che Dio fosse una specie di super-agente della storia accanto agli esseri
umani, piccoli protagonisti delle scelte con cui strutturano lumanit nel corso dei secoli.
Lazione di Dio nei segni dei tempi non va ancora intesa come quella di
un agente che opera s nella storia, ma unicamente in settori particolari a lui
riservati: lazione di Dio investe lintera esistenza umana, nel rispetto delle
cause seconde, e nulla pu essere sottratto al suo influsso o alla sua presenza,
ancorch differenziata secondo i casi.
Tale azione di Dio non va ancora intesa come una sovrapposizione a quel
la della persona umana con questa specificit: essa punterebbe a una finalit
evangelica nel senso che lavvenimento diventerebbe un appello.
In tutti questi casi azione di Dio e azione storica del soggetto umano sono
considerate in una visuale dualista che la costituzione Gaudium et spes ha
tentato di superare.
La presenza di Dio significata dai segni dei tempi va intesa piuttosto in
questo modo: come incontro della libert divina e della libert umana nel
santuario della coscienza delle persone viventi in un particolare momento storico. Gli eventi e gli avvenimenti sono percepiti dalle coscienze degli individui
e delle comunit, ed in esse Dio incontra i singoli, ne illumina le scelte, ne
sostiene le decisioni, ne orienta gli impulsi nel senso di unaspirazione a delle
mete, di rifiuto di determinate situazioni, di ricerca e di adesione a determinati valori emergenti. In breve, si tratta di una presenza di Dio nelle coscienze e
nelle volont delle persone in quanto stanno alla radice dei fenomeni designati
come segni dei tempi. questo il significato inteso chiaramente dai testi della
SC 43a.
UR 4ab.
82
GS 11a.
80
81
136
In alcune indicazioni sintetiche che offre il Concilio e soprattutto analizzando il procedimento cognitivo da esso attuato nella redazione della Gaudium et spes possibile cogliere i criteri con cui discernere i segni dei tempi e
le condizioni richieste per assolvere con successo tale compito tuttaltro che
semplice e facile.
1. Oltre al riferimento generale e fondante costituito dal Vangelo,84 i criteri suggeriti e concretamente impiegati sono sostanzialmente tre:
il carattere provocatorio del segno, ossia la sua capacit di suscitare rea
zioni: ci collegabile allestensione, alla frequenza e alla drammaticit che
sovente caratterizzano un segno dei tempi;
la significativit del segno, cio la sua capacit di veicolare un messaggio
o di additare delle mete o di segnalare dei valori da raggiungere o disvalori da
combattere;
il messaggio o i valori indicati dal segno e concernenti una reale promozione umana, considerata nella pienezza dei suoi aspetti di creazione e reden
zione, e riempita di contenuti non astratti ma concreti ossia rispondenti alle
esigenze di un contesto determinato.85
2. Quanto alle condizioni richieste per attuare il discernimento dei segni
dei tempi, i testi conciliari sottolineano le seguenti:
innanzitutto limportanza e linsostituibilit di uninformazione seria e
aggiornata: il Vaticano II si valso, in concreto, degli apporti delle scienze a
ci interessate, valutandoli alla luce della Rivelazione;86
in secondo luogo la necessit del dialogo intraecclesiale, tra pastori e
fedeli, tra presbiteri e laici, ed extraecclesiale, con le persone del nostro tem
po: il dibattito conciliare sullargomento dimostra allevidenza la necessit di
questo requisito;87
in terzo luogo la presenza esperienziale del popolo di Dio nel tessuto
vivente degli eventi, in modo da poter cogliere, allinterno di essi, tramite una
Cf GS 26d 38a 41a.
Cf GS 4a.
85
Cf GS 4a 11a e il capitolo introduttivo della costituzione dove di fatto si utilizzano i tre
criteri indicati.
86
Cf GS 4a 11a 44b; PO 6b 9b.
87
Cf GS 4a 44b; PO 6b 9b.
83
84
137
reale simpatia e una profonda sintonia con gli interrogativi e i bisogni, con le
aspirazioni e le attese che li caratterizzano, i segni di una divina presenza:
qui implicato il discorso della Gaudium et spes sulla condivisione della condizione umana da parte del popolo di Dio.88
Intesi in senso teologico, i segni dei tempi rivelano le strade che Dio apre
al cammino della Chiesa, manifestano ci che Dio chiede hic et nunc ad essa.
I testi conciliari parlano in proposito di disegni di Dio sul tempo presente e di connessi doveri o compiti storici della Chiesa.89 Ci fa parte di
un progetto pastorale. cos giunto il momento di affrontare questulteriore
questione.
6. RIFLESSIONE CONCILIARE DI TIPO PROGETTUALE E STRATEGICO
138
139
Capitolo V
142
143
144
A questo riguardo, vanno qui richiamate, in modo necessariamente stringato, alcune dichiarazioni maggiori del Vaticano II che mettono in luce come
soggetto attivo dellazione ecclesiale non sono unicamente i pastori o singoli
fedeli, ma le Chiese particolari e le comunit in cui esse sono articolate. Tali
dichiarazioni, a dire il vero, si muovono nella prospettiva della Chiesa universale, ma sono applicabili e, di fatto, i documenti conciliari le applicano sia
alle Chiese particolari, perch la Chiesa universale esiste in esse e risulta dalla
loro comunione, sia alle comunit cristiane guidate da un presbitero, perch
il popolo di Dio vive e si manifesta in esse.37
Il fatto che la Lumen gentium tratti prima del popolo di Dio, comprendente pastori e fedeli, e solo successivamente della gerarchia vuol sottolineare,
tra laltro, che lapostolato e la missione sono affidati al popolo di Dio nel suo
insieme, che cos costituito soggetto attivo e responsabile nellattuare tale
missione. Il popolo messianico [...] costituito da Cristo in una comunione
di vita, di carit e di verit pure da Lui preso per essere strumento della
redenzione di tutti e, quale luce del mondo e sale della terra (Mt 5,12-16),
inviato a tutto il mondo.38 I testi conciliari ribadiscono ripetutamente tale
asserto: La Chiesa che vive nel tempo per sua natura missionaria;39 la
vocazione cristiana per sua natura anche vocazione allapostolato,40 per
cui non vi nessun membro che non abbia parte nella missione di tutto il
Corpo mistico.41 I sacri pastori sanno di non essere stati istituiti da Cristo
per assumersi da soli tutta la missione della salvezza che la Chiesa ha ricevuto
verso il mondo.42
Cf LG 10-13 18 24-28 31-32 37; CD 11-18; PO 2 4-9.
Cf LG 13c 23a 26a 28; CD 11a 30; OE per intero; PO 5; SC 41-42.
38
LG 9h: il corsivo mio.
39
AG 2a 35.
40
AA 2a.
41
PO 2a. Si veda inoltre LG 13ab 17 30 32s; AG 5 6g 10 35-37.
42
LG 30.
36
37
145
146
147
148
collabora un laicato autentico. Non pu infatti il Vangelo penetrare profondamente nella mentalit, nel costume, nellattivit di un popolo, se manca la
presenza attiva dei laici.70
I fedeli laici partecipano delle funzioni sacerdotale, profetica e regale di
Cristo secondo modalit connesse con la loro qualifica secolare.71 Le esercitano mediante un ampio ventaglio di attivit anchesse caratterizzate dalla secolarit: levangelizzazione e la santificazione, lanimazione cristiana delle realt
temporali (la famiglia, lambiente di lavoro, la societ, leconomia, la cultura,
la politica, lo sviluppo dei popoli, la pace), le opere caritative, la comunicazione sociale, la cooperazione missionaria, il dialogo e la collaborazione con i
non cattolici e i non cristiani.72
I campi del loro apostolato sono molteplici: le comunit ecclesiali (parrocchie e diocesi), la famiglia, la giovent, lambiente sociale, lordine nazionale
e internazionale.73
Anche le forme con cui lo esercitano sono molteplici: lapostolato individuale in condizioni ordinarie e in circostanze particolari; numerose forme di
apostolato variamente associato; lassunzione di servizi ecclesiali particolari.74
Lapostolato laicale ammette vari tipi di rapporti con la gerarchia, secondo
le diverse forme e i differenti oggetti dellapostolato stesso. Sono previsti, da
parte della gerarchia, i seguenti: la lode e la raccomandazione; vari modi di
riconoscimento esplicito; il mandato, ad esempio, per le associazioni che
vanno sotto lappellativo di azione cattolica; la missione canonica per
compiti affidati ai fedeli laici intimamente collegati con i doveri dei pastori,
come la predicazione della dottrina cristiana, la celebrazione di determinati
riti liturgici e lespletamento di certi servizi pastorali.75
I testi conciliari sottolineano a pi riprese lesigenza che le varie associazioni e iniziative apostoliche dei fedeli laici siano inserite nellapostolato della
Chiesa, e siano coordinate nella pastorale organica, avvalendosi anche di istituzioni a ci destinate come il consiglio pastorale ai vari livelli, rispettando,
in tutto questo, lindole propria e lautonomia di ciascuna di tali iniziative e
associazioni.76
In particolare, molte opere e istituzioni che i fedeli laici intraprendono e
gestiscono autonomamente nellanimazione cristiana dellordine temporale
(famiglia, economia, politica, cultura, sviluppo dei popoli, pace) fanno parte
anchesse dellunica missione della Chiesa. Nei loro confronti il compito del
la gerarchia consiste nellinsegnare e interpretare autenticamente i principi
AG 21a.
Cf LG 31a 34-36.
72
Cf AA 6-8 27; IM 3c 13b; AG 15g 19g 21 41; GS 43bcd 72 88.
73
Cf LG 11b 35bc; AA 9-14 30b; GE 3a 6a 7b; DH 5; OT 2a: PO 11a; GS 48bcd 52c 84c.
74
Cf AA 15-22.
75
Cf AA 24 20; LG 33c 37; AG 21c.
76
Cf AA 23 26; CD 17a 27e; AG 30b.
70
71
149
morali da seguire nelle realt temporali, [e inoltre] nel giudicare, tutto ben
considerato e servendosi dellaiuto di esperti, della conformit di tali opere e
istituzioni con i principi morali, e stabilire quali cose siano richieste per custodire e promuovere i beni di ordine soprannaturale.77 Di conseguenza, lunica missione della Chiesa (detta anche apostolato)78 pi ampia dellazione
pastorale, propria dei ministri ordinati, e dellazione ecclesiale coordinata, ai
vari livelli, dalla gerarchia o variamente collegata a essa.79
1.5. Apporti specifici delle varie forme di vita consacrata
150
salva sempre restando lindole propria di ciascun istituto.85 Lesenzione, ovvero il fatto che singoli membri o determinati istituti religiosi siano sottratti
alla giurisdizione del vescovo del luogo e siano sottoposti al Papa, riguarda
principalmente il loro ordine interno.86 Non deve essere considerata un pri
vilegio dei religiosi nella Chiesa, ma piuttosto una possibilit di servizio
specifico dei religiosi in essa.
Da un punto di vista teologico, rilevato dal Concilio,87 tale esenzione risponde a una duplice funzione ecclesiale:
sottolinea il massimo di disponibilit di un istituto religioso, o di singoli
suoi appartenenti, per il servizio alla Chiesa universale, alla collegialit episcopale, alle conferenze dei vescovi e alle necessit delle Chiese particolari:
si tratta, in sostanza, dellapertura universalistica di un istituto, che ridonda a
bene del suo pi mobile inserimento nelle Chiese particolari;
sottolinea poi limportanza per la Chiesa universale e per le Chiese locali
di favorire lunit del carisma e dello spirito di un istituto religioso, affidan
done la responsabilit, per quanto riguarda la vita interna, ai superiori del
listituto sotto lautorit del Papa.
Questo fa s che le comunit religiose o singoli loro membri possano inserirsi nella pastorale della Chiesa locale con una presenza differenziata, cio
come un corpo specializzato, chiamato dallo Spirito a svolgere un servizio
particolare a bene della persona, in ragione di un proprio carisma.
1.6. Modello di azione pastorale
151
La costituzione sulla Chiesa nel mondo contemporaneo richiede che tutta la teologia rivesta un carattere pastorale, nel senso che deve essere una
teologia impegnata nella soluzione della problematica contemporanea e continuamente emergente, una teologia sostanziata della Parola di Dio e della
fede della Chiesa e a ci finalizzata, in modo da essere utile agli operatori
ed operatrici pastorali e da essi utilizzabile nella loro multiforme attivit. La
citata costituzione recita cos: dovere [...] dei teologi, con laiuto dello
Spirito Santo, di ascoltare attentamente, discernere e interpretare i vari modi
di parlare del nostro tempo, di saperli giudicare alla luce della Parola di Dio,
perch la verit rivelata sia percepita sempre pi a fondo, sia meglio compreCf SC 16.
88
152
153
la formazione dei futuri pastori intesa dal decreto non nel senso di unat
tenuazione del rigore scientifico che caratterizza tali discipline ed richiesto
da unadeguata formazione,96 piuttosto nel senso di una riforma dei loro con
tenuti, in modo che siano incentrati sul mistero di Cristo e sulla storia della
salvezza, nel cui contesto si colloca il ministero presbiterale. In altre parole, lo
scopo pastorale di tali studi suppone ed esige che le singole discipline abbiano in se stesse una dimensione o una qualit pastorale collegata ai contenuti
che presentano.
2.2. Qualit pastorale di singole discipline teologiche
154
Come si precedentemente documentato,102 il magistero conciliare produce, pur nei limiti segnalati, una riflessione teologico-pastorale, generale e di
tipo fondante. Nei suoi pronunciamenti esso non offre, invece, testi espliciti
al riguardo. Ci comprensibile se si tiene conto delle vicende storiche che
hanno accompagnato questa disciplina e della sua situazione nella Chiesa cattolica alla vigilia del Concilio.
Quello che esso definisce innanzitutto il campo proprio della teologia pastorale, intesa come teoria dello svolgimento della vita ecclesiale, con chiaro riferimento ai ministri ordinati e alle funzioni degli altri operatori apostolici. A tale
riguardo, lOptatam totius, nella parte dedicata espressamente alla formazione
strettamente pastorale, esplicita i seguenti settori che entrano in una teologia
pastorale speciale: la catechetica, lomiletica, la pastorale liturgica, una pastorale dellassistenza sociale, una pastorale degli erranti e increduli, la direzione
spirituale dei fedeli, in generale, e dei membri degli istituti di vita consacrata,
in particolare.103 Con la formula generica altri uffici pastorali, il medesimo
decreto intende riferirsi a indicazioni contenute in altri documenti conciliari
attinenti la conduzione della comunit,104 la pastorale a determinate categorie
di persone,105 una kairologia o scienza della situazione,106 la missiologia.107
Il Concilio prende inoltre in considerazione un altro compito di una teologia pastorale aggiornata: la conoscenza dei risultati di altre scienze cosiddette umane e il loro utilizzo nellazione pastorale. LOptatam totius menziona
espressamente le discipline pedagogiche, psicologiche e sociologiche.108 significativo che queste scienze appaiano anche in altri documenti conciliari.109
AG 39c.
Si vedano specialmente il n. 1 del cap. III e il n. 1 del cap. IV.
103
Cf OT 19a.
104
Cf LG 28bd; PO 4-10; CD 11-18 28.
105
Si vedano sopra i riferimenti delle note 20-26 dove vengono a tema una pastorale giovanile, familiare, degli adulti, dei malati, del mondo del lavoro e della cultura, del turismo.
106
Cf PO 3 22; CD 12bc 16e; GS 4-10 19-21 43-44 62 76 91.
107
Cf AG 26hg 16d 34.
108
Cf OT 20 e 2d.
109
Cf GE 1b; CD 14b 16e; AG 34; GS 62b.
101
102
155
156
II largamente debitore verso istanze e proposte innovative di teologia pastorale e di teologia pratica, maturate in campo cattolico e protestante dal primo
dopoguerra in poi. Pi precisamente, esso recepisce, in misure e modi diversi
e lo si rilevato di volta in volta : impostazioni e suggestioni della teologia
della parola di K. Barth e della teologia cherigmatica cattolica; la tematica di
Arnold attinente la natura mediazionale dellazione ecclesiale e il principio
del divino-umano o dellincarnazione; le esigenze, le motivazioni e le proposte della cosiddetta pastorale dinsieme e della pastorale dambiente:
la problematica riguardante i rapporti Chiesa-Regno di Dio-mondo profano,
Chiesa ideale e Chiesa reale, Chiesa e ateismo contemporaneo, sollevata in
campo protestante e cattolico negli anni precedenti il Concilio; la dimensione
pastorale di tutta la teologia e i vari tipi di riflessione teologico-pratico (applicativo, deduttivo e insieme induttivo, progettuale) proposti o praticati dai
tentativi rinnovatori di teologia pastorale del secondo dopoguerra.114
Oltre che nella differenziata recezione di tali sviluppi, la novit del Vaticano II va ricercata, in modo particolare, nel fatto che esso inserisce idee e
proposte di singoli pastoralisti, accolte da alcune cerchie pi o meno vaste,
assieme alle conquiste di numerosi movimenti di pensiero e di vita, nel retroterra ecclesiologico, ampio e sostanzialmente unitario, assai rinnovato e
autorevolmente approvato, che si descritto precedentemente, rendendole
cos patrimonio comune, riconosciuto e irrinunciabile, di tutta la Chiesa.115
Inoltre esso mette a tema e produce concretamente un magistero pastorale
nel senso spiegato,116 e offre infine indicazioni illuminanti e in larga parte
nuove circa una riflessione teologica sulla situazione storica e circa la progettazione pastorale condotta alla luce della fede.117
3.2. Limiti e nodi irrisolti
157
158
159
160
quegli anni, che intende modificare. Ora la situazione attuale della Chiesa e
della societ , per molti versi, assai diversa da quella a cui fanno riferimento i
documenti conciliari. Non qui il caso di descrivere, anche solo a larghi tratti,
tali differenze. Ai fini di questo bilancio riassuntivo pi che sufficiente un
semplice elenco di fenomeni generalizzati e abbastanza noti, che caratterizzano, rispettivamente, gli anni del Concilio e quelli del postconcilio.
1. Il clima degli anni 1960 quello di un mondo occidentale uscito ormai
definitivamente dalla ricostruzione postbellica, reso ottimista da un crescente e rapido sviluppo economico e da prospettive di pace internazionale, che
paiono ormai assicurate; un mondo che sembra incamminato, sia pure tra
inevitabili difficolt, verso unepoca di pacifico progresso e di collaborazione
tra i popoli; un mondo in cui numerose energie collettive, sorte dallesigenza
di partecipazione civile e politica, paiono immettersi nelle istituzioni per rinnovarle. A questo clima non si sottrae il Concilio: dai suoi documenti, infatti,
traspare limmagine di un mondo che progredisce e al quale la Chiesa vuole
offrire un contributo specifico di conferma e di consenso.
2. La situazione ecclesiale di quegli anni quella di una Chiesa che, pur
essendo caratterizzata dai pi volte ricordati movimenti rinnovatori generalmente ristretti a minoranze attive, offre di s limmagine di unistituzione
internazionale salda, organizzata e uniforme, in cui le Chiese delloccidente
esercitano un ruolo dominante. Nel porla in una congiuntura di rinnovamento, il Vaticano II ha presenti strutture (organismi, associazioni laicali, istituti
religiosi, opere...), esperienze, iniziative e movimenti del tempo, che sono per
lo pi in fase di crescita e variamente attraversati da una corrente di ottimismo. Ci si riverbera nei testi conciliari, i quali anche se rilevano situazioni
ecclesiali difficili e critiche, si dimostrano tuttavia fiduciosi e propongono un
rinnovamento in termini di ringiovanimento e di progresso.
3. Dopo il Concilio, tale contesto sociale ed ecclesiale risulta profondamente e progressivamente cambiato. Il mondo occidentale sperimenta tutto il
peso di una competizione internazionale per il controllo delle risorse naturali,
che mette in crisi la solidariet tra i popoli. Ci causa un progressivo svuotamento del confronto ideologico tra est e ovest, perch socialismo e capitalismo rivelano uno stesso disegno di dominio e di possesso; fa emergere una
contrapposizione tra nord e sud, paesi non allineati dellemisfero sud contro
paesi dei due blocchi; suscita un grande allarme per il benessere e ingenera
pessimismo per il futuro del progresso e della pace. Gli eventi degli anni novanta cambiano profondamente lo scenario politico, economico e culturale
mondiale, aggravando ulteriormente il divario tra paesi dellemisfero nord
e quelli dellemisfero sud. Lo sviluppo di nuove tecnologie sofisticate non
accompagnato da un nuovo progetto di societ, sostitutivo di quello ormai
segnato da profonde crisi in tutte le sue istituzioni; produce, anzi, una crescente disoccupazione e crea nuovi problemi. Si ha la fine del complesso di
161
superiorit delloccidente, la planetarizzazione di tutti i problemi, la trasformazione dello status sociale e culturale delle donne e, quindi, della coppia e
della famiglia, lemergere di culture o subculture giovanili, il mutamento del
quadro dei valori con laffermarsi dellesperienza vissuta, del privato e del
lindividualismo edonistico come valore fondamentale, lemergere di nuovi
segni dei tempi. Il progressivo affermarsi di una cultura postmoderna.
4. Tutto questo influisce in modi e misure differenti sulla situazione del
la Chiesa postconciliare, impegnata nellattuare il Vaticano II. Ecco alcuni
fenomeni vistosi che caratterizzano tale periodo: numerosi tentativi di riappropriarsi la Parola di Dio e i simboli da parte del popolo di Dio; la volont di partecipazione espressa in nuovi organismi (sinodi, consigli, consulte,
convegni...) e interventi autorevoli limitativi o paralizzanti della medesima;
deistituzionalizzazione accelerata di vecchie istituzioni (organismi laicali, isti
tuti religiosi...) e creazione di nuovi tessuti strutturali (nascita di nuovi movimenti ecclesiali, comunit di base...) o rafforzamento di vecchi tessuti adattati alle nuove esigenze (curie, istituti religiosi, organizzazioni, seminari...);
declino della centralit delle Chiese occidentali ed emergere delle Chiese
dellemisfero sud e delloriente con una loro problematica teologica ed ecclesiale; polarizzazione profonda, spesso accompagnata da paura o da scelte
sociali dei cristiani; ecumenismo attivo a livello teorico, con poca incidenza
sulla pratica pastorale; dialogo sempre ambiguo tra Chiesa e mondo per le
differenti posizioni e scelte dei membri della Chiesa; sviluppo del dialogo
con le grandi religioni, che richiede nuove forme di evangelizzazione, proprio mentre si verifica una crisi missionaria dovuta al declino della Chiese
delloccidente; crescente impegno nella difesa dei diritti umani e rinnovato
desiderio dinteriorit; distanza tra istituzioni ecclesiastiche e societ attuale;
problemi attinenti lautorit nella Chiesa; difficile passaggio da un monocentrismo a un policentrismo ecclesiale e da una monocultura occidentale a un
corretto dialogo interculturale.129
5. Questi profondi mutamenti avvenuti allinterno delle societ e delle
Chiese di antica e nuova cristianit mettono a nudo, su un versante, la caducit di vari aspetti del Vaticano II. Determinate situazioni intraecclesiali ed
extraecclesiali rilevate nei vari documenti e specialmente nella Gaudium et
spes non sono pi quelle di oggi. Alcune impostazioni dottrinali del Concilio si dimostrano insufficienti per risolvere problemi posti, ad esempio, dalle
comunit ecclesiali di base, da nuovi movimenti ecclesiali, dalla questione
femminile, dallinvecchiamento di Chiese delloccidente e dal calo delle vo129
Si vedano i contributi di J. Kerkhofs; G. Gutirrez, V. Cosmao, G. Defois, F.X. Kauf
mann, G. Pattaro nel volume curato da ALBERIGO G., Lecclesiologia del Vaticano II 5-70; METZ
J.B., In cammino verso una chiesa mondiale culturalmente policentrica, in KAUFMANN F.X. METZ J.B., Capacit di futuro. Movimenti di ricerca nel cristianesimo (Brescia 1988) 89-121.
Questa problematica verr affrontata nella prima parte del volume II.
162
cazioni ecclesiastiche e di speciale consacrazione. La comprensione conciliare dellazione pastorale e dellazione ecclesiale ritenuta inadeguata da successivi sviluppi della teologia pratica, che verranno esposti nella terza parte.
Numerose indicazioni operative e prescrizioni canoniche, ad esempio, luso
della lingua volgare nella liturgia, si rivelano ormai decisamente superate dal
lattuale prassi ecclesiale e in seguito allavvenuta promulgazione del codice
rinnovato. E lelenco potrebbe continuare.
6. Tali profondi mutamenti mettono in luce, su un altro versante, la permanente validit e lattualit di altri numerosi aspetti del Vaticano II, perch
sono la traduzione contemporanea di valori evangelici. Cos, a mio parere,
restano tuttora valide le indicazioni conciliari riguardanti il carattere pastorale o meglio, pratico del magistero ecclesiale. Rivestono un valore permanente le grandi dichiarazioni fatte in tema di coscienza, rinnovamento e
dialogo. Aprono nuove e promettenti possibilit allazione e alla riflessione
teologico-pratica gli orientamenti conciliari attinenti lanalisi e interpretazio
ne teologiche della situazione, i segni dei tempi e la progettazione pastorale
alla luce della fede.
7. Concludendo. Gli elencati profondi mutamenti postconciliari fanno s
che specialmente le giovani generazioni sentano il Vaticano II come un avvenimento pi o meno distante. A quanti, invece, lhanno vissuto o vi hanno
variamente partecipato fanno capire che le grandi scelte da esso operate sono
assai pi complesse e pi difficili da attuare di quanto si potesse prevedere a
quel tempo. Questa costatazione non consiglia, certo, criticabili atteggiamenti
rinunciatari e, tanto meno, anacronistiche e sterili iniziative restauratrici. Sottolinea piuttosto la gravit delle responsabilit storiche affidate dal Vaticano
II alla Chiesa del terzo millennio e lurgenza di assolverle con realismo pastorale, con rinnovato coraggio e con inventiva apostolica.
Parte terza
164
Nel periodo che va dagli anni 1960 a fine anni 1990, dietro il forte impulso
impresso dal Vaticano II, ma anche per le notevoli sollecitazioni provenienti
da situazioni socioculturali ed ecclesiali in movimento, si registrato un considerevole sforzo di ricerca e di approfondimento nellambito della teologia
pastorale e della teologia pratica. quindi del tutto legittimo chiedersi a che
punto sono giunte le ricerche e, pi precisamente, che cosa sintende oggi
indicare con le due dizioni teologia pastorale e teologia pratica.
Per rispondere alla domanda si potrebbero seguire varie vie, non necessariamente divergenti. Si potrebbe privilegiare una determinata regione teo
logica verso la quale vanno le proprie preferenze, e riservare alle altre dei
semplici cenni integrativi.1
1
In questa linea pu essere collocato, ad esempio, il volume in collaborazione curato da
KLOSTERMANN F. - ZERFASS R., Praktische Theologie heute (Mnchen - Mainz 1974), opera fon
damentale, a cui ci si riferir costantemente nella presente ricerca.
165
166
distinti capitoli le correnti e i progetti emersi rispettivamente in ambito cattolico e in ambito protestante. Per quanto riguarda larea cattolica, distribuisco
labbondante produzione in tre capitoli che rispecchiano, oltre che tre momenti storici successivi, un progressivo approfondimento della configurazione di questa disciplina. Dedico poi un apposito capitolo ad alcune questioni
in cui il dialogo interconfessionale ha registrato rilevanti punti di convergenza, senza peraltro chiudere la porta ad ulteriori chiarimenti.
Capitolo VI
Nel mondo teologico tedesco degli anni 1960 avviene un intenso confronto con la problematica teologico-pratica, nella realizzazione del noto Manuale
di teologia pastorale. La teologia pratica della Chiesa nel suo presente.1 Curato
da Franz Xavier Arnold, Ferdinand Klostermann, Karl Rahner, Viktor Schurr
e Leonhard M. Weber con la collaborazione dei pastoralisti pi rappresentativi di quegli anni, tale manuale costituisce un notevole tentativo di mettere
a punto unemergente corrente di pensiero teologico-pastorale qualificato
come teologico-pratico. Pur essendo stato ideato negli anni del Concilio, non
stato da questi superato. Anzi, ne ha anticipato, approfondito e allargata la
tematica riguardante lazione della Chiesa in prospettiva di futuro. Ha avuto ampia risonanza internazionale, ha suscitato un approfondito dibattito ed
indubbiamente rivelativo del profondo rinnovamento attinente la teologia
pratica verificatosi negli anni sessanta.
1. LA PROPOSTA DEL MANUALE DI TEOLOGIA PASTORALE
1.1. Il progetto
La riflessione dampio respiro prodotta dalla voluminosa opera risponde a sollecitazioni di diversa provenienza e convergenti: la costatazione dei
vasti e profondi cambi socio-culturali del tempo, che provocano la Chiesa a
una radicale revisione della propria collaborazione nellumanit; lo sviluppo
dellecclesiologia, in larga parte recepito dal Vaticano II, che fa emergere il
1
Handbuch der Pastoraltheologie. Praktische Theologie der Kirche in ihrer Gegenwart, 5
voll. (Freiburg 1964-1969). Il vol. I stato rieditato e solo parzialmente aggiornato nel 1970.
Il dizionario, costituito dal vol. V, inizialmente pensato come riepilogo analitico dellintera
opera, ma cerca poi una propria strada e integra il manuale riservando un pi ampio spazio
allanalisi delle situazioni (cf HPTh V, p. VII).
168
disagio di una pastorale incapace di accoglierne gli stimoli innovatori; la situazione dellazione pastorale stessa caratterizzata per lo pi dallimprovvisa
zione e, a volte, da atteggiamenti ansiosi e reazionari, non priva di iniziative
coraggiose generalmente limitate, e carente completamente di una progettazione pastorale, teologicamente fondata, in grado di coinvolgere tutti i settori
della vita ecclesiale e di rispondere alle sfide del tempo.2
Di fronte a tale situazione, il manuale si prefigge di reimpostare e sviluppare
in modo rigoroso, da un punto di vista epistemologico, lintera problematica
teologico-pastorale. Per questo, a differenza di concezioni della manualistica
tradizionale, privilegia nettamente la trattazione riservata alla teologia pastorale fondamentale rispetto a quella dedicata alla teologia pastorale speciale.
Il discorso fondamentale non costituisce semplicemente il cappello teologico
sovrapposto alle indicazioni pratiche. Ottiene piuttosto priorit logica e valenza epistemologica, nel senso che il discorso di teologia pastorale speciale
deve strutturarsi in coerenza con la riflessione fondante.3
Nellideazione dellopera vi un confronto tra i partecipanti circa il principio teologico da porre a fondamento dellintera riflessione teologico-pasto
rale.4 Simpone la proposta di K. Rahner che per il principio ecclesiologico
condensato nella formula: autorealizzazione della Chiesa nelloggi. Giuoca a
favore di tale scelta il fatto che essa si ricollega a una lunga tradizione eccle
siologica difesa dalla scuola di Tubinga (in particolare da A. Graf) e rimessa in
luce dagli studi di Arnold; inoltre, il clima caratteristico del periodo conciliare
e, probabilmente, la sua maggiore affidabilit rispetto alle altre.5
Tale principio ecclesiologico delimita loggetto materiale e formale proprio di questa disciplina e, quindi, il sua concezione (statuto epistemologico).
Il manuale fa sua la proposta emergente secondo cui loggetto materiale del
la teologia pastorale non pu limitarsi, come nella manualistica classica, alla
figura del pastore danime, ma deve porre a tema la vita della Chiesa nel suo
complesso, cio la realizzazione della Chiesa attraverso linsieme delle sue
attivit.
Loggetto formale di questa disciplina ravvisato nel presente ecclesiale,
nel suo realizzarsi qui-ora conforme al suo essere e dover essere. Tale oggetto
formale distinto tanto dallessenza permanente della Chiesa (studiata dal
Cf HPTh I 5.
Cf HPTh I 5 109s.
4
G. Griesl ricorda i contributi di F.X. Arnold (la tematica del divino-umano), K. Delahaye (principio di corrispondenza tra appello di Dio e risposta delluomo), F. Klostermann
(principio apostolico della continuazione della missione di Cristo), H. Aufderbeck (principio delleconomia di salvezza come trasfigurazione del mondo), J.M. Reuss (principio del
lincarnazione come sviluppo del divenire uomo da parte di Dio) (cf GRIESL G., Praktische
Theologie 145).
5
Cf RAHNER K., Plan und Aufri eines Handbuches der Pastoraltheologie, als Manuskript
gedruckt (Freiburg 1962); GRIESL G., Praktische Theologie 145; PADBERG R., Zum theologischen
Grundverstndnis der Praktischen Theologie, in ThGl 63 (1973) 424-436.
2
3
169
Il principio ecclesiologico informatore della concezione di teologia pastorale fatto proprio dal manuale motivato innanzitutto da una rilettura della
vicenda storica di questa disciplina, a partire dalla sua istituzione come materia
universitaria. Tale rilettura compiuta da H. Schuster, discepolo di K. Rahner e
direttore dellopera, guidata dalla persuasione che a monte di ogni riflessione
teologico-pratica vi sempre una concezione, spontanea o riflessa, di Chiesa,
che determina la validit o meno di tale riflessione. Concretamente, i singoli
momenti storici sono valutati in base allo spessore ecclesiologico da essi esibito, come si potuto rilevare nel primo capitolo della presente trattazione.11
Al termine della ricerca, lautore fa emergere limportanza e lurgenza di
chiarire il rapporto tra ecclesiologia e teologia pastorale. A suo giudizio, la teo
logia pastorale condivide il proprio oggetto materiale con lecclesiologia dogmatica e tra le due discipline vi un incrocio tematico. In effetti, la teologia
pastorale unecclesiologia esistenziale, perch ha come compito specifico
quello di elaborare imperativi per lautorealizzazione della Chiesa. Essa supCf RAHNER K., Plan und Aufri 5-14; HPTh I 5s.
Cf HPTh I 5 83s 89s.
8
Cf HPTh I 13-117.
9
Cf HPTh I 119-485; II/1.
10
Cf HPTh II/2 III IV.
11
Cf HPTh I 40-92. Nella ricognizione storica della prima parte di questa ricerca ci si
costantemente riferiti a tale schizzo storico.
6
7
170
171
172
173
29
Largomento trattato da R. Vlkl (cf HPTh I 415-448) [ed. it.: Studi di teologia pastorale,
5, 213-254]. Anche questo saggio stato rivisto nella seconda edizione per recepire il dettato
del Vaticano II.
30
Lo studio di tale argomento porta la firma di N. Greinacher [cf HPTh I 449-485) [ed. it.:
Studi di teologia pastorale, 6. Chiesa uomo e societ (Roma - Brescia 1970) 51-101].
31
La tematica antropologica generale riassunta da K. Rahner; lultimo argomento svolto
da U. Ranke-Heinemann (cf HPTh II/1 20-54) [ed. it.: Studi di teologia pastorale, 6, 9-49].
32
La trattazione del tema curata dalla redazione [cf HPTh II/1 55-61) [ed. it.: Studi di
teologia pastorale, 1. La salvezza nella Chiesa (Roma - Brescia 1968) 11-18].
33
Largomento affrontato da K. Rahner (cf HPTh II/1 61-79) [ed. it.: Studi di teologia
pastorale, 1, 19-39].
34
Il tema studiato da N. Greinacher (cf HPTh II/1 79-102) [ed. it.: Studi di teologia pastorale, 1, 41-69].
174
Il punto di vista formale dal quale considerata la tematica appena enumerata costituito dal legame costitutivo che la realizzazione della Chiesa ha
con la situazione attuale.
Fin dal suo nascere la teologia pastorale si interessata a determinate esigenze di ciascuna epoca, orientando conseguentemente lazione pastorale.
Ma data la sua prevalente impostazione clericale, il suo interesse si limitato
allattivit del pastore danime. La situazione contemporanea con le sue correnti sociali, culturali e politiche fu in larga parte considerata come realt
estranea, se non addirittura nemica, denominata mondo ribelle, contro il quale lazione ecclesiastica doveva difendersi e farsi valere.
Invece, la teologia pastorale, quale intesa dal manuale, supera una visione clericale mettendo a soggetto la Chiesa nel suo insieme, e valuta il mondo
presente come lambiente voluto da Dio per la sua Chiesa, come lappello di
Dio al suo popolo, mediante il quale Dio lo richiama al suo compito, sempre
nuovo, di formulare e annunciare il Vangelo per (e non contro) lumanit attuale, amata damore indefettibile da parte di Dio. Il presente inteso, dunque, come la concretizzazione dello sfondo permanentemente storico e perci
mutevole, sul quale avvengono lofferta e laccoglienza della libera autocomunicazione di Dio agli uomini.
Come tale, la situazione presente caratterizza in modo decisivo la persona
umana a cui la Chiesa deve comunicare il Vangelo; caratterizza pure in modo
profondo il compito della Chiesa e dei suoi responsabili e con ci la sua natura storica.
35
Largomento affrontato da B. Dreher (cf HPTh II/1 102-110) [ed. it.: Studi di teologia
pastorale, 1, 71-81].
36
Anche questo argomento trattato da B. Dreher (cf HPTh II/1 112-133) [ed. it.: Studi di
teologia pastorale, 1, 83-113].
37
Tutti questi argomenti sono affrontati da K. Rahner (cf HPTh II/1 133-177) [ed. it.: Studi
di teologia pastorale, 1, 115-171].
38
Largomento svolto da H. Schuster (cf HPTh I 95-102).
175
1.5. Il metodo
39
176
40
188).
177
Unulteriore difficolt potrebbe sorgere dalla costatazione che tale analitica non pu essere una scienza materiale, ma solo formale, perch rileva
esistenziali astratti, come avviene per la riflessione sulla singola persona esistente. Una conoscenza della realt concreta, criticamente fondata, dovrebbe
essere solo descrittiva, ma tale compito gi assolto, di fatto, dalla sociologia
della religione e dalla storia attuale della Chiesa, il cui oggetto materiale risulta sovrapposto a quello rivendicato dallanalisi teologica della situazione.
Di fronte a queste difficolt, il manuale difende la possibilit e la legittimit
teologica di una simile analisi. Lo fa appellandosi alla natura dellagire ecclesiale che sostenuto dalla grazia divina, e alla struttura del sapere inerente
a tale agire libero, che costituito dal sensus fidei o dallistinto di fede del
popolo di Dio.
Tale istinto di fede include certamente molte conoscenze ed esperienze
profane, ma dovuto allazione dello Spirito ed , quindi, un sapere teologale.
Esso implica una comprensione teologica, spontanea o atematica, della situazione attuale, perch la guida dello Spirito comporta una sua presenza nella
Chiesa non puramente preservativa dalla distruzione, ma positiva in ordine
alla edificazione di essa.
Ora, tale sapere che la Chiesa ha del suo presente non accessibile a una
conoscenza scientifica, perch la totalit della propria situazione sfugge a
unadeguata obiettivazione. Tuttavia possibile e necessaria una riflessione
scientifica di tale sapere atematico, almeno nella misura e nel modo, sempre
problematico, con cui il credente pu rendere ragione della sua decisione cri
stiana. Tale riflessione scientifica di natura teologica, perch intelligenza
dellistinto di fede.
Gli asserti teologici sui generis, che essa produce, costituiscono unoffer
ta alla coscienza di fede del popolo di Dio, una sollecitazione a integrare
nella propria maturazione questo sapere riflesso. Costituiscono pure una
provocazione per i soggetti dallautorealizzazione della Chiesa, un invito a
confrontarsi con questo sapere tematizzato per verificare se esso corrisponde
al proprio sapere atematico ed, eventualmente, per farlo proprio. Dato il carattere limitato, rischioso e non conclusivo di tale sapere scientifico, simpone
un costante dialogo fra il pastoralista e i soggetti dellagire ecclesiale, con particolare riferimento al magistero pastorale.
La necessit di questa analitica teologica di tipo scientifico motivata, in
linea di principio, col riconoscere che lagire della Chiesa, pur supponendo
sempre un qualche sapere, non avviene mai come semplice esecuzione di un
complesso di conoscenze gi dato e del tutto trasparente. motivato, in linea
di fatto, con una duplice costatazione: documentabile che nella Chiesa
sempre esistita una riflessione su ci che qui e ora da farsi; inoltre, una riflessione rigorosa in merito oggi urgente, attesa la complessit della situazione
della Chiesa e dellumanit. Il fatto che una simile scienza teologica finora non
c stata non dimostra che sia superflua. Daltronde anche la storia attuale e
178
179
180
47
48
181
manuale mette a nudo linsufficienza delladozione, in sede di teologia pastorale, di modelli riflessivi propri della dogmatica: molti concetti di teologia
dogmatica (ad esempio, grazia, sacramento, salvezza, peccato...) e di ecclesiologia (ad esempio, determinate visioni di Chiesa, delle sue funzioni, dei suoi
soggetti e fini), essendo formulati in riferimento allessenza permanente della
Chiesa, non sono direttamente utilizzabili e lo si notato dalla teologia
pastorale. Cos essa si trova oggi a dovere assolvere compiti di supplenza nei
confronti della dogmatica e, soprattutto, chiamata a svolgere un servizio ermeneutico per tutta la teologia. Dovendo, infatti, trattare della situazione ecclesiale attuale, essa pone sempre nuovi interrogativi alla teologia dogmatica.
Per cui le affermazioni essenziali di questa, e specialmente dellecclesiologia,
sono risposte vere e adeguate nella misura in cui le domande poste prima dalla
teologia pastorale, a nome del mondo attuale, sono state ascoltate e rispettate.
Teologia pastorale e teologia morale. Nel corso della sua storia, la teologia pastorale, ridotta alla problematica del pastore incaricato del ministero
di confessore danime, non solo ha ripreso prospettive formali e tematiche
appartenenti alla teologia morale, ma ne ha pure assunto la metodologia propria, rendendo difficile e, a volte, impossibile delimitare i confini delle due
discipline. Nella concezione di teologia pastorale proposta dal manuale, tali
difficolt e impossibilit sono eliminate in radice, perch tra le due materie
ravvisata una diversit di oggetto materiale e formale. Pur lasciando in sospeso se la morale abbia come tema lautorealizzazione della singola persona,
considerata in una prospettiva essenziale, c da dire che essa, in ogni caso,
non tratta dellautorealizzazione della Chiesa nelloggi, studiata col metodo
precedentemente descritto. Bench nella formazione del pastore danime sia
possibile, di fatto, riscontrare un intreccio tra tematiche morali e argomenti
teologico-pastorali, tuttavia ci non deve condurre a una confusione e intercambiabilit tra le due discipline, non pi giustificabili dalla concezione del
manuale.
Teologia pastorale e storia della Chiesa. Queste due materie hanno in co
mune loggetto materiale e, ultimamente, anche quello formale. Ci che ne segna i confini il differente riferimento a fasi storiche e a gradi di attualit. La
storia della Chiesa sinteressa del passato ecclesiale, che ha una sua rilevanza
per loggi. La teologia pastorale tratta del presente ecclesiale con tutta la sua
attualit. Il manuale si pone la domanda se sia compito proprio della teologia
pastorale condurre delle ricerche storiche, o se invece le debba supporre fatte
da altre discipline come la storia della Chiesa, la storia della teologia e, in
particolare, dellecclesiologia. Riconosciuto lo sviluppo decisivo impresso alla
teologia pastorale da tali ricerche storiche, specialmente nel campo liturgico,
sostiene che tale dato di fatto non legittima la posizione di principio secondo
cui simili ricerche rientrano nelle competenze della teologia pastorale e devono necessariamente precedere la sua indagine specifica. Daltra parte, ritiene
182
che resti tuttora da chiarire in che senso e in che modo i problemi e i risultati
della teologia pastorale possano costituire, a loro volta, una precomprensione per la ricerca storica. Il riferimento alla proposta metodologica difesa da
Arnold palese.
Teologia pastorale e scienze bibliche. La teologia pastorale elabora le sue
tematiche fondamentali con lapporto della teologia biblica. Per, a differenza della manualistica classica che deduce dalla Rivelazione le caratteristiche
spirituali, morali e ascetiche del pastore, essa non pu ricavare dalla Scrittura, adottando i metodi delle scienze bibliche, le modalit del realizzarsi della
Chiesa nel presente. Lanalisi metodica e il significato teologico della situazione contemporanea e dellattuale situazione storico-salvifica per la Chiesa, studiate dalla teologia pastorale, non sono n intrapresi n intesi nella Scrittura.
Teologia pastorale e canonistica. Nel definire i rapporti tra teologia pastorale e diritto canonico, secondo il manuale vanno tenuti presenti innanzitutto
due distinti punti di vista. Il primo, di natura didattica, dovuto al fatto che la
teologia pastorale speciale sinteressa, bench non primariamente, anche della
formazione al ministero pastorale. In questo campo avviene necessariamente
un confronto fra le indicazioni teologico-pastorali e la normativa fissata dal
codice. Il secondo, di natura epistemologica, decisivo ed collegato al fatto
che il diritto canonico contempla norme attinenti concrete modalit di attuazione storica da parte della Chiesa, per cui il compito della teologia pastorale
risulta in parte superfluo.
Ci premesso, stando al manuale, si deve dire che una corretta impostazione della problematica in merito deve recepire il fatto che, lungo il corso della
sua storia, la Chiesa ha reagito al mutare delle situazioni cambiando e aggiornando le sue leggi. Di conseguenza, esistono nel diritto ecclesiastico norme
che di loro natura non rivestono validit permanente. A priori si pu presumere che la normativa canonica esposta a possibile e necessario cambio o
abrogazione in misura tanto pi ampia, quanto pi essa riguarda la concreta
e singola realizzazione della Chiesa.
Prima allora della mutazione giuridica e definitiva di una norma ecclesiastica, esiste unarea in cui emerge e si afferma la necessit di tale mutazione.
larea del pre-giuridico, in cui la Chiesa di fatto vive e si confronta con altre
istanze, concrete e mutevoli, del suo contesto sociale, etico, religioso, politico, e vi reagisce, spesso in modo spontaneo, con tentativi e sviluppi di nuove
consuetudini ecclesiali. Queste in determinate condizioni possono diventare
rilevanti anche dal punto di vista giuridico. Lesistenza di tale area pre-giuri
dica non va deprezzata, perch inerente a ogni comunit umana sottoposta
al fluire della storia.
Il rapporto tra le due discipline va compreso in tale visuale. Di sua natura la
canonistica ha il compito di accertare e interpretare il diritto vigente nella Chiesa, cio lo jus conditum. Lindagine del pre-giuridico e di un eventuale e con-
183
Nel clima ecclesiale creato dal Vaticano II, la novit e limportanza del
lopera sono esaltate, specialmente nel mondo teologico centroeuropeo, e di
essa sono tosto avviate traduzioni in varie lingue. Ben presto, per, lesito
finale dellimpresa si rivela inferiore alle legittime attese. Gli stessi redattori
se ne rendono conto nella pubblicazione degli ultimi volumi. A loro parere,
non tutti i collaboratori hanno recepito e attuato coerentemente la proposta
del Manuale nella stesura dei loro contributi, ma hanno seguito altre impostazioni a loro pi familiari.50 Le traduzioni rimangono incomplete e il manuale,
nonostante le sue indicazioni marcatamente innovatrici, viene piuttosto dimenticato, e anche nella pi recente ricerca teologico-pastorale non tenuto
in molta considerazione.51
Le obiezioni mosse allopera dalla critica teologica vertono su tutti i punti
qualificanti della proposta. Ovviamente esse riflettono comprensioni differenti della teologia pastorale difese dai singoli recensori, alcune delle quali
saranno presentate nel proseguo dellesposizione.
1. Una prima obiezione denuncia la mancanza di scientificit nella definizione dello statuto teorico degli asserti, che la teologia pastorale del manuale elabora sotto forma di imperativi per lazione. Il loro valore veritativo
collegato alla coscienza della Chiesa e al discernimento degli spiriti, e non a
conclusioni della razionalit teologica attuata dalla scienza teologico-pasto
rale. La costatazione solleva grosse perplessit circa leffettivo progresso della
proposta del manuale rispetto alla precedente teologia pastorale. In entrambe
le visioni, infatti, la decisione per lazione sottratta a un processo conoscitivo
teologico-pastorale rigoroso, ed affidata, in definitiva, alla capacit del paCf KRAUSE G., recensione del vol. I dellHPTh , in ThPr 2 (1967) 360-371; CAPRIOLI
A., recensione in La Scuola Cattolica 100 (1972) 413-427; ZERFASS R., Praktische Theologie
als Handlungswissenschaft, in ThRv 69 (1973) 90-92; PADBERG R., Zum theologischen Grundverstndnis 424-436; GRIESL G., Praktische Theologie 141-149; SEVESO B., Edificare la Chiesa
281-292.
50
Cf HPTh III 5; IV 5s; V, p. VII.
51
Cf GRIESL G., Praktische Theologie 149; METTE N., Theorie der Praxis (Dsseldorf 1978)
137s.
49
184
store danime, nella manualistica classica, alla capacit della comunit ecclesiale, nel nuovo manuale.52
Senza dubbio, a monte dellobiezione vi una concezione della scienza
teologica diversa da quella difesa dal manuale. Per esso, nel processo interpretativo, il valore di verit dato in ultima istanza dalla fede, e la teologia
si costituisce come sapere riflesso del sapere inerente alla fede. Per i suoi
critici, il valore di verit dato dalla razionalit scientifica, e la teologia offre
una conoscenza limitata ma perfetta e verificabile del sapere teologico. Esso
distinto dalla fede, la cui inevidenza sollecita lubbidienza e il servizio a verit
non accettabili scientificamente.53
2. Un secondo fascio di difficolt concerne la formulazione delloggetto
materiale. La formula autorealizzazione della Chiesa suscettibile di uninter
pretazione corretta quale appunto quella proposta dal manuale. Tuttavia, si
fa notare, essa pu essere intesa in termini ideologici di ecclesiocentrismo, cio
come giustificazione dellintroversione della Chiesa su se stessa e sulle proprie
funzioni interne e come legittimazione, tutta clericale, dellistituzione, mettendo in ombra la sua destinazione costitutiva al servizio del mondo.54
Con la medesima formula autorealizzazione della Chiesa viene postulata una
subordinazione, acriticamente accettata, della teologia pastorale alla dogmatica
e, in particolare, una subordinazione, pacificamente accolta, dellecclesiologia
esistenziale allecclesiologia essenziale. Sicch la teologia pastorale ricondotta, alla fin fine, a essere corollario della dogmatica e a rincorrere i risultati
dellecclesiologia.55 Al riguardo va riconosciuta la soluzione interlocutoria,
adottata dal manuale, la quale espone al rischio di ridurre la teologia pastorale
a una ripetizione di tematiche dogmatiche ed ecclesiologiche. Tuttavia, se di
fatto lopera rielabora concetti dogmatici e riprende ampiamente temi ecclesiologici, ci va ascritto alla necessit di sopperire a una carente situazione di
una teologia non praticabile dalla teologia pastorale, e non alla persuasione secondo cui, precisate le componenti essenziali della realt ecclesiale, il compito
della teologia pastorale sarebbe in larga parte correttamente espletato.
Si obietta, in particolare, che la definizione di Chiesa proposta dal manuale
e la deduzione delle componenti permanenti della Chiesa dalla sua natura
fondamentale non paiono rispondere alle esigenze di una teologia ecumenica e richiedono di essere approfondite col ricorso a un superiore principio
Cf KRAUSE G., rec. cit. 367-371; ZERFASS R., Praktische Theologie 92.
Cf KRAUSE G., Probleme der Praktischen Theologie im Rahmen der Studienreform, in
ZThK 64 (1967) 487s, dove collega la sua riflessione teologico-pastorale alla dottrina luterana
circa la natura fiduciale della fede.
54
Cf BIEMER G. - SILLER P., Grundfragen der praktischen Theologie (Mainz 1971) 136; PAD
BERG R., Zum theologischen Grundverstndnis 431; METTE N., Theorie der Praxis 347 nota 25.
55
Cf KRAUSE G., rec. cit. 368s; LEHMANN K., Das Theorie-Praxis Problem und die Begrndung der Praktischen Theologie, in PThH 82s.
52
53
185
186
187
2. SUPERAMENTO DEL
LA PROSPETTIVA ECCLESIOLOGICA DEL
MANUALE
Il contesto ecclesiale dei primi anni del postconcilio, caratterizzato dai noti
fenomeni contestativi delle istituzioni ecclesiastiche, e lattenzione alle nuove
acquisizioni della ricerca biblica attinenti la cristologia e lecclesiologia sol
lecitano una ripresa e un superamento della prospettiva ecclesiologica del
Manuale, con la proposta di un principio cristologico, variamente formulato,
come principio fondante della teologia pratica: titolazione questa che diviene
predominante dagli anni 1970 in poi.
2.1. Il riferimento al Cristo storico secondo G. Biemer e P. Siller
Un primo tracciato di teologia pratica che rilegge i dati esegetici critici sul
la base della teoria teologica, al fine di elaborare una riflessione scientifica di
direttive difendibili e controllabili dellagire ecclesiale, condotto da G. Biemer e P. Siller.67 La domanda di fondo che si pone in sede di teologia pratica
in sintesi questa: In che modo levento Ges pu diventare attivo in maniera
decisiva nella vita umana?. E quali sono le modalit con cui la comunit
cristiana, con le sue attivit, pu mediare la fede alluomo contemporaneo?68
Nel corso della storia, la teologia pratica ha considerato come suo ambito
proprio il servizio della Chiesa alla persona umana. Oggi questa disciplina si
costruisce come riflessione critica di tale servizio ecclesiale.69 Linteresse per
la fede, per la persona che potrebbe credere sta al centro del suo interesse
conoscitivo. Di conseguenza, il servizio ecclesiale considerato soprattutto
in rapporto alla proclamazione della speranza fra gli esseri umani e si manifesta come testimonianza del Regno di Dio nello spazio pubblico. In questa
visuale Ges di Nazareth principio della comunit e insieme principio
concreto della teologia pratica.70 Siccome Ges di Nazareth deve essere
mediato con le questioni decisive della teologia pratica, questa si configura
come ermeneutica teologica in prospettiva pratica. Il Ges storico reso accessibile dalla ricerca storico-critica della tradizione costituisce la norma per la
teologia pratica. Lagire ecclesiale, inteso come testimonianza, il cui soggetto
necessario la comunit di Ges Cristo nella sua forma istituzionale, ne costituisce il tema centrale.71
Cf BIEMER G. - SILLER P., Grundfragen der praktischen Theologie (Mainz 1971) 5.
Ivi 134. Lespressione tedesca die Sache Jesu ha un significato polivalente. La si traduce
con la formula evento Ges perch pare quella che esprime meno imperfettamente di altre
(laffare Ges, la causa di Ges, la realt Ges...) tale complesso significato.
69
Cf ivi 134s.
70
Cf ivi 137-144.
71
Cf ivi 150-157.
67
68
188
189
190
chiama suo Padre. Queste due dimensioni dellunico evento Ges solo in
tempi posteriori vennero divise in due direzioni, quella verticale e quella oriz
zontale, con delle conseguenze negative in campo pastorale, tuttora operanti
e riscontrabili, per esempio, nella formula servizio divino (Gottesdienst).
Da queste premesse si ricava che levento Ges normativo per lintera
azione pastorale e quindi per la teologia pratica. Ci che i cristiani pensano,
credono, vogliono, trasmettono e intendono manifestare nelle loro comunit
non pu essere altro che levento Ges. E la teologia pratica ha il compito di
considerare e interpretare tale evento permanente in modo da farlo assurgere
a criterio per vagliare criticamente la prassi cristiana ed ecclesiale e per orientarla in modo costruttivo non semplicemente a ricalcare modelli di pensiero
e di vita del passato, ma a lasciarsi interpellare permanentemente e rinnovare
radicalmente da questo evento.
2.2.2. Fondamenti ecclesiologici della teologia pratica
Venendo alla seconda questione, lautore rimarca i seguenti dati, messi in
evidenza dallattuale ecclesiologia critica. Il sorgere delle prime comunit cristiane va posto in relazione con lesperienza comunitaria dei discepoli col Cristo storico e risorto. In questo va visto il motivo della fondazione della Chiesa
da parte di Cristo. E lesperienza di fede nel Cristo, vissuta dalla comunit dei
discepoli, costituisce il punto di partenza per la fondazione e la vita di altre
comunit ecclesiali.
Negli scritti del NT, come c una cristologia dal basso, cosi c unec
clesiologia dal basso, nel senso che il fenomeno Chiesa nasce come risposta
storica di uomini che hanno posto la loro fede e speranza nellevento Ges
considerato come evento di Dio per luomo e per ogni uomo. E siccome questo
evento ha originato la vita comunitaria della cerchia dei discepoli, non c
altra possibilit effettiva e credibile di vivere tale evento se non unendosi in
gruppi e comunit che manifestino appunto la presente signoria di Dio ovvero
il Regno di Dio.
Questa nuova visione del motivo fondante la Chiesa assai rilevante per
la teologia pratica. Innanzitutto perch essa deve assumere come fondamenti ecclesiologici questi dati, e non definire lessenza della Chiesa appel
landosi a una sua strutturazione storica, di per s legittima, ma di un periodo
posteriore. Secondariamente perch in questi inizi del cristianesimo si profilano i lineamenti di una teologia pratica che pu essere di modello per lattuale riflessione teologico-pratica. In effetti, levento Ges viene presentato
alla comunit nella sua dimensione di parola e di azione, che diventa teoria (o
dottrina) e prassi (o vita). La teoria al servizio della prassi ecclesiale (la catechesi, la liturgia, la predicazione...), e la prassi attualizza ci che la comunit
crede, ci in cui spera ed esprime nelle sue formulazioni di fede.
191
192
Gi F.X. Arnold e J.M. Reuss hanno ravvisato nellincarnazione il principio fondamentale destinato a unificare lintero discorso pastorale. Esso
ripreso e difeso da vari teologi; assunto come criterio di valutazione delle
varie proposte pastorali, tra cui quella del Manuale, da parte di Josef Gold
brunner.76
Secondo questo pastoralista, noto allambiente italiano per qualche sua
opera tradotta,77 il principio dincarnazione essenziale per superare le attuali tensioni e gli orientamenti recenti che privilegerebbero la dimensione
orizzontale dellazione ecclesiale a scapito di quella verticale, e per garantire
alla teologia pastorale il suo statuto specifico che la distingue dalle altre discipline teologiche. Il principio dincarnazione, cio il mistero del Cristo, uomoDio, risponde pienamente a giudizio di questautore alle seguenti esigenze
inerenti a una riflessione pastorale scientificamente fondata.
un principio teologico che unifica altri principi prevalentemente sociologici e incompleti, come sarebbero quelli proposti dalle correnti recenti (di
cui si parler pi oltre) che definiscono la teologia pratica o come scienza del
lazione o come teologia empirica.
un principio che illumina le coordinate fondamentali fede, non-fede, caratteristiche di ampi contesti socio-culturali attuali coi quali deve confrontarsi
lazione pastorale. Questa prospettiva sarebbe carente nel Manuale, per il fatto che pone laccento sullautorealizzazione della Chiesa.
un principio specificamente cristiano, che coglie insieme il teocentrismo e il cristocentrismo, ineliminabili dalla riflessione propria della teologia
pastorale. La proposta di Gert Otto (che verr illustrata in altro capitolo) di
una teologia pratica come teologia critica della prassi mediata religiosamente
nella societ lascerebbe gi fuori quadro lo specifico cristiano.
un principio che salvaguarda il primato della persona nella comunit,
messo oggi in pericolo da tendenze pastorali segnate dal collettivismo e dal
comunitarismo. La teologia pastorale intesa come riflessione sulla prassi liberatrice coglierebbe solo un aspetto di un tutto che la salvezza integrale.
un principio che rende possibile, in sede di teologia pastorale, il superamento del verticalismo e dellorizzontalismo, e salva la dualit natura-so
prannatura, creazione-redenzione.
un principio indispensabile perch la teologia pastorale possa operare
una sutura tra teoria e prassi nella concretezza delle situazioni storico-spa
ziali, contrassegnate dallevoluzione permanente (con linerente esigenza di
dinamicit), dalla conflittualit (con la connessa pastorale di assunzione della
Cf GOLDBRUNNER J., Inkarnation als Prinzip der Pastoraltheologie, in PThH 132-140.
Cf ad es., GOLDBRUNNER J., Cristo nostra realizzazione. Antropologia pastorale nella linea
dellincarnazione (Leumann-Torino 1971).
76
77
193
legge della croce) e dalla tensione escatologica con le sue implicanze pastorali.
un principio ancora che rende possibile un atteggiamento unitario tra
vita intraecclesiale, da una parte, e impegno verso il mondo, dallaltra.
Infine, questo principio consente di collocare nel giusto posto laspetto
personale dellesistenza cristiana, ci che non parrebbe sufficientemente assicurato dalla prospettiva pastorale di H. Schuster che assume come principio
ispiratore levento Ges.
2.4. Ruolo fondante di una ben intesa Gesuologia
Al di l delle indicazioni contenutistiche, valide in linea di massima, proposte da Biemer, Siller e Shuster, va evidenziato il valore fondante che viene
giustamente riconosciuto alla prassi di Ges di Nazaret per lintera vita della
comunit cristiana e per la connessa riflessione teologico-pratica. Ci rispecchia unesigenza, cresciuta e dilatatasi negli ultimi decenni del secolo XX (in
alcuni ambienti europei e specialmente nelle varie teologie della liberazione
emerse in America latina, in Africa e in Asia) di prestare maggiore attenzione a una cosiddetta Gesuologia, ovvero alla prassi del Ges storico, alla sua
passione per la vita, specialmente di coloro che ne sono pi deprivati, al suo
Vangelo della vita. Per porla a fondamento di tutte le attivit ecclesiali e di
ognuna di esse, nel senso di farle assumere il ruolo di criteriologia con cui leggere, valutare e riorientare lintero vivere, strutturarsi e operare della Chiesa.
Questa rilevanza riconosciuta, con solido fondamento biblico, a una ben
intesa Gesuologia pu favorire una corretta valutazione critica di certe cristologie che, ad esempio, concentrando la riflessione sul mistero del Verbo
incarnato o sulla persona del Cristo risorto o sulla sua attuale presenza nella
Chiesa e nellumanit ad opera del suo Spirito, lasciano piuttosto in ombra
la figura e la pratica comunicativa, vivificante e liberante svolta dal Ges di
Nazaret nella sua esistenza storica con i suoi seguaci e in riferimento alla realt sociale, culturale e politica del suo tempo. Ma, ovviamente, tale rinnovato
interesse allevento Ges non pu, a sua volta, disattendere gli altri dati offerti
dalle varie cristologie proposte negli scritti del NT.
Per quanto riguarda la proposta di Goldbrunner e della corrente di pensiero a cui sispira, c da dire che essa assolutamente accettabile e ormai
largamente acquisita. Ma va aggiunto che alcune osservazioni critiche che
lautore avanza nei confronti di altri orientamenti non paiono pienamente
giustificate come si avr modo di rilevare pi oltre e andrebbero per lo
meno pi ampiamente dimostrate.78
78
Nellarea olandese, sullesigenza scientifica sottolineata dal Manuale innestato il model
lo della formazione clinica del pastore derivato dal movimento americano di cui si dir pi
oltre. Loperazione condotta da F. Haarsma, che intende superare le trattazioni che privilegia-
194
no la macro-pastorale e la vita socio-culturale a favore di una maggiore attenzione per la micropastorale e per il chiarimento, alla luce delle scienze comportamentistiche, dei processi relativi
allavvenimento della parola di salvezza nel rapporto da persona a persona: cf HAARSMA F., De
pastorale wetenschappen te Nijmegen. Een orintatie, in Vox theologica 39 (1969) 333-350; ID.,
Op het raakvlak tussen dogmatiek en pastoraat, in TvTh 11 (1971) 423-438; ID., Weiterfhrende
pastorale Bildung in Holland, in ERHARTER H. - KIRCHMAYR A. - LANGE J. - MLLER J., Prophetische Diakonie. Impulse und Modelle fr eine zukunftsorientierte Pastoral (Wien 1977) 97-112.
Capitolo VII
Negli anni 1970 vengono pubblicati alcuni saggi di teologia pastorale che,
pur conservando questa dizione, ne amplificano ormai lambito di riflessione
e il tipo di approccio scientifico, in sintonia con il rinnovamento teologicopratico promosso dal Vaticano II e prendendo in critica considerazione gli
eventi civili ed ecclesiali che hanno caratterizzato vari contesti europei in tale
decennio. Hanno avuto una certa risonanza ed influenza anche ad li fuori dei
confini linguistici di provenienza.
1. COMUNIT. CHIESA DEL FUTURO, SECONDO F. KLOSTERMANN
196
teologico-pastorale, si confronta con i pastoralisti contemporanei, specialmente di lingua tedesca, e offre un proprio apporto critico e innovativo.3
1.1. Il principio comunit
Costatata lesistenza di discipline teologico-pastorali, la cui differenziazione concreta dovuta alla loro vicenda storica, F. Klostermann si pone il problema preliminare e fondamentale circa il principio informatore e unificatore
delle molteplici attivit ecclesiali. Lo ravvisa nel carattere comunitario della
vita ecclesiale. Sollecitato anche dal fatto che esso trova un provvidenziale
riscontro nellesperienza ecclesiale conciliare, lo assume come motivo dominante della teologia pastorale.4
Il suo primo sforzo , quindi, indirizzato a definire il principio comunit,
inteso come strumento interpretativo della realt ecclesiale e come schema
euristico nella riflessione pastorale. Per raggiungere tale obiettivo si riferisce
alla comunit di Ges, proposta come normativa per ogni successiva configurazione della comunit cristiana. Di conseguenza, il primo compito della
teologia pastorale la rivisitazione critica dei dati biblici, condotta sulla base
di unesegesi aggiornata, allo scopo di definire i lineamenti essenziali di tale
comunit di Ges.5
Questa caratterizzata dalla tensione escatologica e dallessenziale dimensione comunitaria. Si costruisce in funzione del Regno di Dio presente in essa,
ma che non sidentifica con essa, e nellintrinseca correlazione tra singolo e
comunit. Si richiamano gli atti fondativi del Ges storico; la comprensione
che la comunit postpasquale ha di se stessa come fondazione di Ges protesa
verso il futuro segnato dalla dipartita del Risorto e dal suo ritorno; il fatto che
si costruisce con ladesione personale espressa nella conversione (metanoia),
gesto personale che per avviene sempre e soltanto nel contesto comunitario.6
Lulteriore sviluppo di questa duplice caratteristica ne presenta una visione
Die Gemeinde Christi. Prinzipien, Dienste, Formen (Augsburg 1972); ID., Gemeinde - Kirche
der Zukunft. Thesen, Dienste, Modelle, 2 voll (Freiburg 1974); ID., Christentum als Programm
der Vernderung, in KHROURY A.-T. - WIEGELS M., Weg in die Zukunft (Leiden 1975) 45-80.
Questultimo saggio ripreso in forma abbreviata col titolo Vernderung in der Kirche als
theologisches und praktisches Problem, in PThH 638-650; ID., Kirche. Ereignis und Institution.
berlegungen zur Herrschafts- und Institutionsproblematik in der Kirche (Wien 1976) [ed. it.:
Chiesa: evento e istituzione. Riflessioni sulla problematica del potere e della istituzione nella
Chiesa (Assisi 1978)].
3
Ci confermato dalle numerose opere realizzate in collaborazione o come curatore:
Dienst an der Lehre, HPTh, Der Seelsorger, DOC, IDOC, LThK, Sacramentum Mundi, The New
Catholic Encyclopedia, ThPrQ.
4
Cf Prinzip Gemeinde 8s 11s.
5
Cf Prinzip Gemeinde 12-17.
6
Cf Prinzip Gemeinde 17-24.
197
198
199
200
Lautore fa propria la tesi dominante nel contesto teologico tedesco, secondo cui il punto di vista formale della teologia pastorale costituito dal riferimento diretto che essa fa al qui-ora della comunit e, quindi, allattuale congiuntura storica della Chiesa. Motiva teologicamente tale scelta richiamando
la storicit della comunit di Ges. Sottolinea, al riguardo, che la vita della
Chiesa si realizza in circostanze storiche concrete, che la spingono a rinnovarsi per essere sempre la comunit di Ges. Denuncia ununilaterale concezione
monofisita che considera unicamente la dimensione divina della Chiesa,
mentre essa, presa nel suo complesso e nelle sue stesse istanze dirigenziali, ha
inseparabilmente una dimensione umana sottoposta al fluire della storia.23
La situazione presente della Chiesa interpretata da Klostermann col ricorso alla teologia del kairs (= tempo opportuno), una categoria biblicopatristica rimessa in circolazione dagli studi di quegli anni e recepita dal Vaticano II. Il suo ambito tanto la situazione esterna della Chiesa, quindi, la
sua collocazione nella storia umana contemporanea, quanto la sua situazione
interna; entrambe comprese come momento storico-salvifico. In tale situazione vengono rilevati sia realt con cui la Chiesa ha sempre avuto a che fare, ma
che ora presentano problemi nuovi, sia fenomeni completamente nuovi che
sollevano interrogativi nuovi ed esigono soluzioni non ripetitive ma inedite.24
Lo sviluppo metodico di tale kairologia richiede, secondo lautore, una
nalisi interpretativa che si dispiega in due momenti successivi: il primo assolto dallimpiego rigoroso delle scienze umane: antropologia, psicologia, so
ciologia, critica ideologica e critica culturale. I risultati di tali scienze profane
non offrono, a suo parere, soluzioni immediatamente riferibili alla vita della
Chiesa, perch questa si situa in un ambito di fede che sfugge allanalisi di
tali scienze. Prima di essere applicati alla vita della comunit devono essere
ripresi in unulteriore analisi interpretativa di tipo teologico, che costituisce
appunto il secondo momento, quello determinante perch condotto alla luce
della rivelazione o della cosiddetta dottrina dei principi. Cos intesa, la kairologia abilita il credente e la comunit a valutare il qui-ora della Chiesa come suo
concreto kairs e a individuare conseguenti linee di azione.25
1.4. Lo statuto epistemologico della teologia pastorale
Sulla base dei dati finora esposti, Klostermann propone la seguente concezione e articolazione della teologia pastorale. Essa studia come la rivelazione
Cf Prinzip Gemeinde 117-119.
Cf Pastoraltheologie heute 58s.
25
Cf Pastoraltheologie heute 59-61.
23
24
201
La presentazione che lautore fa dei contenuti materiali della propria proposta teologico-pastorale privilegia lo studio dellattuale struttura della Chiesa, e mira a evidenziarne le auspicabili riforme. Loperazione compiuta a pi
riprese e trova un suo sviluppo ampio nellopera intitolata Comunit. Chiesa
del futuro, in cui applica coerentemente la metodologia segnalata, avvalendosi
di una vasta documentazione internazionale e producendo un discorso di tipo
interdisciplinare.
La prospettiva pastorale dellopera lineare e costante: il necessario e permanente aggiornamento della Chiesa, nello spirito del Vaticano II e con una
vigile attenzione agli imperativi emergenti da movimenti, da gruppi, da sperimentazioni e da istanze che affiorano nellambito ecclesiale e nella pi vasta
sfera sociale. Laccento posto, a ragione, sul futuro della Chiesa, e lopera,
Cf Pastoraltheologie heute 52-55.
Cf Pastoraltheologie heute 58 61 65-68 71-73.
28
Cf Pastoraltheologie heute 58 62-73.
26
27
202
29
203
nit di base e i gruppi ristretti di cristiani, sorti nel postconcilio. Alla base
di tale orientamento sta lo studio sociologico e psicologico delle modalit
concrete di sviluppo del sentimento di appartenenza alla Chiesa: diminuzione
della pressione sociale; imporsi dellesigenza di unadesione per libera scelta;
differenti gradi di appartenenza rispondenti a differenti stadi di maturazione
cristiana ed ecclesiale dei membri della comunit. Secondo lui, la Chiesa del
futuro sar una Chiesa di adesione volontaria, caratterizzata da differenti modalit di partecipazione, articolata in comunit molecolari nella cornice della
parrocchia tradizionale territoriale e personale.30
Il disagio o la crisi esplosa attorno agli anni 1970 nei confronti della strut
tura storico-sociale della Chiesa da lui ricondotta alla tensione tra evento
cristiano e forma istituzionale in cui vissuto,31 ed affrontato con una rilettura di tale tensione nella vicenda storica di Israele, di Ges e della comunit postpasquale. In base a tale rilettura biblica legittima alcuni imperativi
attinenti il cambio istituzionale della Chiesa, come possibilit che essa ha di
ridurre linsopprimibile divario tra esperienza cristiana e Chiesa istituzionale,
in modo da superare atteggiamenti di rassegnazione o di recessione.
Le condizioni che, a suo giudizio, rendono possibile tale cambio sono le
seguenti: un dialogo intraecclesiale complessivo e paziente in vista dellas
sunzione riflessa della situazione; la preparazione del cambio attraverso la
sperimentazione, il cui luogo ottimale sono i piccoli gruppi e le comunit
ecclesiali di base; la formazione dellopinione pubblica nella Chiesa; lesigen
za dimparare a vivere nei conflitti, dato che essi sono inevitabili nellattuale
congiuntura sociale ed ecclesiale.32
Riferendosi alla critica, di derivazione illuministica, allistituzione ecclesiastica, ne accoglie le istanze di fondo e propone una reinterpretazione, condotta alla luce del NT, degli aspetti istituzionali della Chiesa e, in particolare, dei
fenomeni di legittimazione del potere ecclesiastico e della sua organizzazione.33
Il problema non riguarda lesistenza o meno dellistituzione, ma piuttosto la
sua concretizzazione storica, e ne richiede una configurazione rispondente
alle istanze sociali emergenti. Nella Chiesa, annota Klostermann, vi sono le
condizioni per compiere con successo tale revisione. In effetti, laspetto carismatico-pneumatico costituisce il pi forte e pertinente correttivo dellaspetto
istituzionale. Una corretta impostazione del rapporto tra tale duplice aspetto
ecclesiale rappresenta il compito teorico e pratico pi rilevante per la Chiesa
postconciliare. In esso rientrano sia la questione riguardante le modalit di
esercizio dellautorit, sia la ridistribuzione del potere nella Chiesa, da attuare
con la pratica effettiva del dialogo.34
Cf Gemeinde I 15-54; Die Gemeinde Christi 41-71.
Cf Die Gemeinde Christi 194-229.
32
Cf Christentum 45-80; Chiesa: evento e istituzione 229-246.
33
Cf Chiesa: evento e istituzione 88-117.
34
Cf Chiesa: evento e istituzione 119-188.
30
31
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205
Nei vari tentativi di definire il profilo e la metodologia della teologia pastorale, Lig si rif alla prassi pastorale vigente, nella quale rileva alcuni pericoli
ricorrenti, che una teologia pastorale aggiornata dovrebbe aiutare a evitare:
la pastorale selvaggia nella linea dello spontaneismo o della sperimentazione
incontrollata; la pastorale tecnocratica, dove limpegno quasi esclusivo assorbito da esigenze organizzative e burocratiche; la pastorale di adattamento culturale con lassunzione acritica delle tendenze dominanti in campo sociale e
culturale; la pastorale di conservazione attaccata a una prassi ecclesiale uniforme e ripetitiva, securizzante ma esposta allimmobilismo variamente sterile.45
Mette in evidenza alcune acquisizioni raggiunte dalla teologia recente e
avallate autorevolmente dal Vaticano II, che costituiscono per la teologia pastorale nuove basi e prospettive promettenti: la riscoperta di un magistero
Cf LIG P.-A., Thologie de lglise et problmes actuels dune pastorale missionnaire, in
MD 34 (1953) 5-19; ID., Pour une thologie pastorale catchtique, in RSPhTh 39 (1955) 3-17;
ID., Per un rinnovamento della pastorale (Roma 1965). Il volume raccoglie articoli apparsi dal
1959 in poi.
40
Cf LIG P.-A., Le mystre de lglise: Initiation thologique, vol. IV (Paris 1956) 313-390.
41
Cf LIG P.-A., Introduction, in ARNOLD F.X., Serviteurs de la foi (Tournai 1957) V-XXVIII.
42
Cf LIG P.-A., Imaginer lglise, in PrMs 12 (1969/12) 575-582.
43
Cf LIG P.-A., Cours de Thologie Pastorale. Thologie pastorale fondamentale (Paris
1969-1970) [litografato]; ID., Position de la thologie pastorale = Le point thologique 1 (Paris
1971) 51-72 94-96; ID., Lclatement de lglise, point critique de la mission, in PrMs (Dossier
1972/2) 81-88; ID., Ltre ensemble des Chrtiens (Paris 1976) [ed. it.: Lo stare insieme dei cristiani. Tra comunit e istituzioni (Brescia 1979)].
44
Cf ad es. LIG P.-A., Place linstitution dans lglise. Lgitimations doctrinales, in
Lglise: institution et foi (Bruxelles 1979) 173-193; ID., Pour mieux comprendre lEucharistie
(Paris 1981) [ed. it.: Quattro catechesi sullEucaristia (Bologna 1982)].
45
Cf Introduction VIIIs; Cours de Thologie Pastorale 9; Position de la thologie pastorale
60 71s. Una rapida ricognizione dellevoluzione della posizione del Lig circa la concezione
della teologia pastorale fatta da VIAU M., Identit des tudes Pastorales, in Laval thologique
et philosophique 43 (1987) 295s.
39
206
207
208
il luogo in cui la Parola di Dio presente in situazione dimmanenza dinamica, che latto teologico ha il compito di scrutare e di riattualizzare, in modo
che la coscienza ecclesiale sia adeguatamente orientata: la teologia pastorale
una prassologia.54
Lig non contrario che oggetto della teologia pastorale sia la pratica
intraecclesiale ed extraecclesiale, a patto che questa sia compresa nella visuale
appena indicata e sia rilevata e valutata criticamente in base ai criteri che ver
ranno elencati nel proseguo dellesposizione.55
La teologia pastorale cos compresa suppone una concezione ecclesiologica determinata: ogni azione pastorale implica almeno una dogmatica rudimentale e la teologia pastorale riceve i suoi principi dalla dogmatica.56
Alla base del discorso teologico-pastorale vi la tematizzazione del rapporto
tra Chiesa eterna e Chiesa storica. La prima la comunit escatologica, che
esprime la comunione di tutti in Dio. La seconda lanticipazione e linizio
della comunit escatologica. Essa non comunit in senso assoluto; lo e lo
diviene nella dialettica tra forma sociale ed evento comunitario in tensione
verso il compimento della comunit escatologica. Esiste, quindi, una verit
della Chiesa significata dal modo di essere delle sue realizzazioni parziali nella
storia. Essa non sidentifica con la perfezione della Chiesa, realizzata nel tutto
della sua natura comunitaria; tende piuttosto verso il progressivo raggiungimento di tale meta finale.57
2.3. Funzioni della teologia pastorale
Fra le molteplici funzioni della teologia (contemplativa e dossologica, apologetica, ermeneutica e critica, pratica...), la teologia pastorale rivendica da
sempre per s la funzione pratica. Lig larticola in tre aree funzionali: larea
criteriologica, larea retrospettiva e larea prospettica o progettuale.58
La teologia pastorale offre allagire ecclesiale innanzitutto i suoi ultimi riferimenti di fede, i suoi criteri. Di questi non data una giustificazione puntuale. La si presuppone col rimando alla natura teologica di questa disciplina.
In concreto, la criteriologia esibita la rilettura fatta dalla funzione pratica,
propria della teologia pastorale, del dato di fede.59 Nelle varie riprese del
Position de la thologie pastorale 63s.
Cf La pratique comme lieu de la thologie?, in Orientations = Le point thologique 21
(Paris 1977) 83-90.
56
Introduction XXI; Position de la thologie pastorale 59 64.
57
Cf Thologie de lglise 5-10 16s; Le mystre de lglise 329 360s. In tali studi Lig
precisa anche le possibili tappe di crescita della Chiesa che postulano a livello pastorale la
categoria della gradualit del processo di appropriazione del messaggio cristiano.
58
Cf Position de la thologie pastorale 64.
59
Cf Introduction XXI; Pour une thologie pastorale 6; Position de la thologie pastorale 63.
54
55
209
largomento, Lig apporta notevoli variazioni e approfondimenti al suo pensiero. Dapprima, in dipendenza da Arnold, enumera tre principi: il principio
dincarnazione che recupera la cristologia come parametro dellagire ecclesiale; il principio di durata o ecclesiologico, che esprime lesigenza di assumere il
divenire storico e la progressione nella vita della Chiesa; il principio dellunit
di missione che postula lazione unitaria dei ministeri e la necessaria convergenza sul polo eucaristico.60
Successivamente parla piuttosto di criteri e li descrive in maniera pi differenziata, distinguendo criteri di origine pasquale e criteri di origine pentecostale. Tra i primi annovera: il criterio teocentrico che riconosce a Dio
liniziativa della salvezza; il criterio dincarnazione o mediazione, che rimanda
al Cristo risorto come realizzatore del piano salvifico divino; il criterio storico
o di durata riguardante i condizionamenti storici dellagire ecclesiale. Tra i
secondi elenca: il criterio di cattolicit, che propone la dialettica di persona e
comunit allinterno del popolo di Dio e la necessaria apertura del messaggio
cristiano alle culture; il criterio distituzione, che evidenzia linsopprimibi
le componente istituzionale della Chiesa; il criterio di apostolicit o di tradizione, che sottolinea la continuit apostolica della dottrina e dellautorit
nella Chiesa; il criterio di unit di missione, che legittima la diversit e la
convergenza di carismi e ministeri nella vita ecclesiale.61 Da ultimo, in unul
teriore presentazione, dallelenco precedente depennato il criterio teocentrico, e quello di cattolicit sdoppiato nelle due dimensioni di tale propriet
ecclesiale: il principio comunitario (= cattolicit ad intra) e il principio di
cattolicit (= cattolicit ad extra).62
Tramite la sua funzione retrospettiva o di memoria, la teologia pastorale
concentra lattenzione critica sui condizionamenti storici dellattuale esperienza ecclesiale e opera una critica liberante nei confronti di uneredit che
spesso ritarda limmaginazione.63 Le scelte pastorali del passato e, in particolare, le opzioni del tempo di cristianit64 sono analizzate criticamente e valutate in vista di una loro possibile assunzione oppure di un loro superamento
nellazione pastorale del presente.
Laccostamento al passato prevede quattro momenti: collocazione dei fatti
nel loro contesto storico; esplicitazione, con lanalisi storica e linterpretazione
sociologica, della rottura o della continuit fra il contesto socio-culturale dei
fatti storici e quello attuale; riesame dei dati biblici e teologici pertinenti; deliCf Pour une thologie pastorale 6s; Introduction XXIII-XXVII.
Cf Cours de Thologie Pastorale cap. III.
62
Cf Imaginer lglise 575-582.
63
Position de la thologie pastorale 66.
64
Lig enumera nove opzioni che caratterizzano il tempo di cristianit: atavismo della fe
de, unanimit di appartenenza, primato del culto, preponderanza del clero, importanza delle
tradizioni e dei costumi, polarit parrocchiale, ampiezza delle istituzioni, privilegio del mondo
dei bambini, monoacculturazione occidentale (cf Cours de Thologie Pastorale cap.II).
60
61
210
mitazione di spazi attualmente praticabili, rispondenti alle autentiche esigenze pastorali sottese alle scelte attuate.65
La funzione prospettica o progettuale o creativa costituisce un momento
tipico della riflessione pastorale. Il fatto che il cambio legge costante del
cammino storico del popolo di Dio fa della teologia pastorale una teologia del
cambio.66 Lattuazione metodica di questa funzione parte dalla precisazione
del disagio nei confronti di una prassi ereditata e contestata; il traguardo finale
una prassi riorientata e rinnovata.
Per evitare che nel passare dalluna allaltra, reagendo a un clericalismo
della conservazione, si cada in un opposto clericalismo del cambio, vanno messe in opera alcune mediazioni necessarie. A una spiegazione storica, che situa
i fatti nel loro contesto originario, segue una loro analisi critica, attenta agli
interrogativi e ai sospetti avanzati dalle scienze umane (sociologia, psicanalisi).
Occorre quindi rivisitare le fonti della fede per ricavarne riferimenti utili a
uninterpretazione critica della situazione rilevata. Occorre cio attuare unermeneutica pastorale. In base al quadro di valori esibiti dai criteri teologici, il
dato empirico sottoposto a una rivalutazione pastorale e viene riorientato
lungo prospettive operative e strategiche ridisegnate.67 Nellesercizio di questa funzione, la teologia pastorale si avvale delle delucidazioni speculative ed
ermeneutiche della teologia sistematica, che per non suo compito produrre. Cos pure, non ci si attender da essa che si pronunci sulle operazioni da
compiere qui-ora. La decisione nellagire ecclesiale propria di altre istanze
responsabili, alle quali la teologia pastorale offre un suo apporto indispensabile nella linea indicata.68
La funzione retrospettiva e quella progettuale sono strettamente collegate
tra loro, perch nella Chiesa il provvisorio sorretto da una fedelt, e la
creativit e limmaginazione non possono progredire senza la memoria.69
Lidentificazione del fondamento e delle funzioni tipiche della teologia pastorale consente allautore di definire meglio il campo di questa disciplina e i
suoi rapporti con le altre scienze teologiche e umane.
2.4. Il campo della teologia pastorale
La teologia pastorale rivendica il diritto di ricoprire tutto il campo riguardante il progetto di Chiesa nel suo progressivo costruirsi, tutti i compiti
Cf Cours de Thologie Pastorale 14s.
Cf ivi 8s.
67
Cf ivi. Il modello metodologico di fatto utilizzato da Lig in singoli saggi. Si veda, ad
es., Imaginer lglise; Lclatement de lglise, e un esempio sintetico in Position de la thologie
pastorale 63 e 65.
68
Cf Position de la thologie pastorale 64, dove rimanda a M. Lefbvre.
69
Position de la thologie pastorale 66.
65
66
211
che esso implica, tutte le istituzioni che mette in opera. Per questo augurabile che non si contenti di prestazioni puntuali, nonostante che essa prenda
lavvio dallattuale vissuto ecclesiale. Tale vissuto , nella sua diversit, assai
ricco e tale da aprire la possibilit di unelaborazione globale, la cui ampiezza non minore di quella della teologia sistematica. La teologia pastorale
non condannata a essere soltanto un mosaico di frammenti: pu almeno
dare un disegno al mosaico. La vedremmo volentieri sviluppata nei tre spazi
maggiori della missione e dei relativi ministeri: profetico, liturgico, odegetico.
Mal sopporteremmo che la sua unit si frantumi in realizzazioni di origine
pragmatica, ad esempio, che si sviluppi ai suoi margini una missiologia e una
catechetica....70
2.5. Rapporti con le altre discipline
Stando alle indicazioni sommarie dellautore, nel quadro del sapere teologico vi uno spazio coperto dalla teologia sistematica (dogmatica e morale)
e, in modo pi ravvicinato, da unecclesiologia dogmatica, essenziale o esistenziale comunque la si voglia chiamare, e uno spazio proprio della teologia
pastorale. Essi corrispondono a due distinte funzioni teologiche, quella sistematica o scolastica, espletata dalla dogmatica e dalla morale, e quella pratica,
propria della teologia pastorale. Pur avendo assunto di recente una posizione pi esistenziale e un pi autentico significato ecclesiale, la sistematica e,
in concreto, lecclesiologia non mette a tema della sua indagine lesperienza
ecclesiale nel suo divenire attuale, che resta il campo proprio della teologia
pastorale nel senso spiegato.
Ammessa la distinzione delle due discipline, necessario pure, a giudizio
dellautore, rilevarne il rapporto reciproco nellunica teologia. La dogmatica
offre alla teologia pastorale principi e acquisizioni dottrinali. La teologia pastorale sviluppa unulteriore riflessione teologica in ordine allagire ecclesiale:
gli fornisce il quadro teorico di riferimento a livello teologico; ne rappresenta
listanza critica; ne stimola limmaginazione; ne controlla i progetti; gli propone le proprie problematiche arricchenti e stimolanti.71
Secondo Lig, la storia della Chiesa pu offrire dei validi servizi alla teo
logia pastorale, ma a condizione che sia una storia critica e non apologetica;
a condizione inoltre che si presenti come una storia della tradizione in tutto
il suo spessore: tradizione vivente dellesperienza cristiana, della storia della
fede, dellincontro del Vangelo con la storia umana, delle forme dellagire ecclesiale. Non avrebbe nulla da dire una storia di trionfi o una storia puramenIvi 65.
Cf Pour une thologie pastorale 6; Introduction XVII; Position de thologie pastorale 52s
64s 69 95s.
70
71
212
213
75
76
214
215
principalmente di ordine catechetico, tuttavia linsieme delle indicazioni riflette un pi ampio orizzonte di teologia pastorale degli anni 1970.
3.1. Lesperienza come luogo di rivelazione e salvezza
Il centro dinteresse costituito dallesperienza vissuta. Con questa formula sintende indicare la realizzazione e integrazione di valori in una situazione personale attraverso la mediazione di alcune attivit.80 Essa viene assunta
a contenuto essenziale e tema principale del discorso pastorale. Ci si trova qui
di fronte a un capovolgimento di prospettive. In effetti, lesperienza non viene
pi concepita come lapplicazione pratica di una verit dottrinale o teorica,
o come il prolungamento attuale di una realt storica espressa nella Bibbia
[...], o come il quotidiano dove il mondo spirituale, celebrato nella Liturgia,
trova spazio di irraggiamento e di azione, ma appunto come oggetto della
riflessione cristiana, come esperienza interpretata alla luce della fede.81
Questo cambio di visuale guidato da una pi approfondita percezione
dello stretto rapporto esistente tra esperienza umana e Rivelazione e tra espe
rienza umana e salvezza. Pi precisamente, guidato dalla certezza di una divina presenza di rivelazione e di grazia nel quotidiano dellesperienza vissuta,
presenza che la riflessione pastorale tende ad evidenziare e a interpretare in
vista dellelaborazione di orientamenti per lazione.82
3.2. Due tipi di approccio pastorale
In sede pastorale, laccostamento allesperienza viene fatto lungo due direttrici distinte ma complementari.
La prima considera la vita vissuta come possibile portatrice di valori, di cui
vanno percepiti i significati al fine di una loro integrazione progressiva. Si
tende a precisare il senso immediato e il senso profondo (e cio il significato
esplicitamente cristiano) di questo valore e si studiano le modalit attraverso
cui pu essere realizzato e integrato, nella doppia significativit, attraverso
lazione nelle diverse situazioni.83
Jsus-Christ, ivi 89-102; ID., Aimer Dieu en aimant les hommes, in LV 28 (1973) 292-316; ID.,
Consentement et crativit dans la foi, in LV 29 (1974) 72ss; THILS C., Positions axiales sur
vanglisation et salut, in LV 29 (1974) 513ss.
80
VAN CASTER M., Pour un clairage 429.
81
Ivi.
82
Si vedano gli studi di Schoonenberg e Thils citati alla nota 79. Per la complessa problematica sottesa al binomio rivelazione-esperienza, si vedano gli studi e le puntualizzazioni di
Concilium (3/1978).
83
VAN CASTER M., Pour un clairage 429.
216
217
il rapporto con Dio; quello liturgico esprime la riconoscenza a Dio per tutti i
suoi doni; quello profetico consente di percepire il significato cristiano di tutti
i valori umani.
3.4. Uninterpretazione cristiana degli avvenimenti86
Lapproccio complementare a quello appena descritto segue sostanzialmente questa traiettoria. Punto di riferimento essenziale la vita quotidiana,
segnata da avvenimenti e intesa come fattualit e come vocazione. Lesigenza
di fondo della ricerca pastorale favorire linterpretazione cristiana di tali
avvenimenti. Per essere corretta, tale interpretazione esige innanzitutto la
comprensione totale dellavvenimento nella sua oggettivit esistenziale. Ci
il risultato di una riflessione di approfondimento e di critica che si prefigge
la collocazione dellavvenimento allinterno del progetto cristiano di salvezza
ed inoltre la conquista personale del suo significato e dellimpegno da esso
emergente. Solo in questa unificazione la comprensione dellavvenimento
pienamente vera.
Per evitare dannosi equivoci necessario distinguere tre tipi di avvenimenti. Alcune azioni umane sono immediatamente ispirate e attuate dallin
tervento divino; altre invece costituiscono materia, facile e immediata, per
una risposta allappello di Dio; moltissimi avvenimenti infine sono un problema, per il quale non vi una risposta pronta: costringono ad inventare una
risposta radicalmente integrabile nellorizzonte generale della propria fede.
Per cogliere lavvenimento in tutta la sua capacit significativa quindi indispensabile questo discernimento.
La conclusione concreta e pratica della comprensione cristiana dellavve
nimento limpegno. Per definirlo si rende necessario un ulteriore discernimento tra imperativi a breve termine e imperativi a lungo termine, che possono essere tra loro non solo differenti ma anche opposti. Le linee dintervento
saranno allora le seguenti: la disponibilit di fondo, frutto della nuova consapevolezza, che realizza una conversione di mentalit; limpegno per cambiare
le strutture, in modo da poter realizzare i valori che sono stati scoperti nella
lettura della situazione; la progettazione per determinare, con precisione, modalit e ambito dei nuovi comportamenti.
La vita fatta, da una parte, di valori oggettivi, che non dipendono dal
la libert personale; e, dallaltra, di attivit libere, attraverso cui ogni uomo
determina i suoi atteggiamenti, costruisce la sua personalit, entra in relazione
programmata con le altre persone.87 Di fronte ai primi valori, la libert per86
Questaltro tipo di approccio approfondito nello studio dal titolo: Pour un clairage,
anchesso citato alla nota 79.
87
VAN CASTER M., Consentement et crativit 72s.
218
Tra coloro che nel contesto italiano hanno scritto con particolare competenza in questa linea di riflessione pastorale, va ricordato il noto pastoralista
Grazioso Ceriani. In un saggio del 1972,88 ha aggiornato alcune tematiche gi
affrontate in precedenti ricerche,89 con particolare riferimento allesperienza
umana.
Ribadisce innanzitutto la scientificit della teologia pastorale.90 Essa ha un
proprio ambito di riflessione, il mistero cristiano nella sua attualit pratica,
nella sua praticit attuale, che la differenzia dalla teologia dogmatica. In effetti, mentre questultima considera il mistero di Cristo operante la salvezza
nella sua validit universale e perenne, la teologia pastorale considera tale
mistero nella sua attualit e contemporaneit alloggi di ogni uomo e di ogni
situazione, nella Chiesa e attraverso la Chiesa.91
Nel compiere tale riflessione, la teologia pastorale utilizza un metodo che
si potrebbe chiamare misto, cio contemporaneamente induttivo e deduttivo,
anche se in ambiti diversi.92 induttivo perch si serve delle scienze umane al
fine di raccogliere le informazioni necessarie sul concreto in cui la teologia pastorale vuole riflettere. deduttivo perch giudica i dati che le scienze umane
forniscono alla riflessione pastorale, in base a valori teologici normativi, e perch addita alle scienze umane i fini da raggiungere e i valori da salvaguardare
nellambito della loro ricerca.93
CERIANI G., La pastorale come scienza e lesperienza umana oggi, in SP 5 (1972) 21-40.
Cf Il pensiero di Mons. Ceriani. Bibliografia, in SP 7 (1974) 133-175.
90
Cf CERIANI G., La pastorale come scienza 21.
91
Ivi 22s.
92
Ivi 24s.
93
Ivi 32s.
88
89
219
220
In questo ordine di idee lautore prospetta lattuale orientarsi della teologia pastorale come teologia della storia doggi e come teologia dellazione. Ed
in questo si ricollega con altre correnti di pensiero centrate sullazione.
Capitolo VIII
Dagli anni 1970 alla fine degli anni 1990, la teologia pratica elaborata da
esponenti protestanti caratterizzata da alcuni fenomeni maggiori: limpiego
del metodo empirico-critico; il ricorso alla formulazione di teorie; lapporto
del dibattito epistemologico. Tali fenomeni hanno riaperto ripetutamente il
discorso sulla collocazione di questa disciplina nellenciclopedia teologica e
sul suo statuto epistemologico. Inoltre hanno stimolato il dialogo interconfessionale come si avr modo di constatare nei capitoli successivi.
1. LIMPIEGO DEL METODO EMPIRICO-CRITICO
Lespansione delle scienze sociali provoca negli anni 1960 una revisione
dei canoni di scientificit, il cui aspetto pi appariscente costituito dal dibattito attinente il rapporto tra teoria e prassi, col superamento della concezione
ereditata dallIdealismo che considera unicamente il movimento che va dalla
teoria alla prassi.
La discussione epistemologica sviluppatasi in concomitanza con la proposta di riforma delluniversit e degli studi teologici,1 si ripercuote anche in
teologia e provoca la contrapposizione del metodo empirico-critico, usato dal
le scienze psicologiche e sociali, al metodo storico-critico dominante in sede di
riflessione teologica.
1.1. Necessit del ricorso al metodo empirico-critico
222
223
pratica e il metodo della teologia pratica e, in ultima analisi, il suo posto nel
lambito del sapere teologico.8
1.2. Critica del metodo storico-critico e possibilit del metodo empirico-critico
Questa tematica viene ulteriormente approfondita nella successiva discussione sulla riforma degli studi teologici. Il contesto culturale in cui si sviluppa
tale discussione caratterizzato da tre differenti tendenze dirette a rivedere il
concetto di scienza.
La prima, di tipo riformistico e rivelatasi perdente, cerca di recuperare
la concezione umanistica prima e idealistico-romantica poi di scienza, intesa
come elaborazione di teoria e della sua applicazione pratica.
La seconda, qualificata come funzionalista, vuole superare tale impostazione. Per essa la scienza lavoro spirituale in cui interagisce teoria e prassi;
scienza non soltanto cambio di coscienza, ma anche cambio del mondo; non
solo contemplazione, ma anche produzione, sostanza dellagire pratico.
In questa visuale la bipartizione classica di scienze della natura e scienze dello
spirito integrata con lintroduzione delle scienze sociali dellazione.
La terza tendenza, connotata come critico-progressista, considera il lavoro
scientifico come fattore dellumanizzazione della societ, in quanto la scienza
deve servire a mutare in modo pratico-critico i rapporti sociali stabiliti, in vista
di unautoliberazione della persona. In questa visuale viene proposta unarticolazione delle scienze in scienze dellazione empirico-analitiche e storicoermeneutiche da un lato e teoria critica dallaltro.9
La teologia innesta questi fermenti nella propria problematica. Su un versante, riconosce gli apporti positivi del metodo storico-critico, ma ne evidenzia
pure i limiti. Il ricorso alle fonti storiche consente una revisione critica degli
asserti dogmatici e ci positivo. Ma tale ricorso non riesce da solo a sottrarre
la teologia nel suo insieme da una certa storicizzazione col privilegiare i dati
storici.
Su un altro versante, mette in risalto lesigenza dintrodurre in teologia il
metodo empirico-critico in modo da vagliare scientificamente teologia e Chiesa in rapporto alla loro situazione attuale e ai problemi che si pongono nel
presente ecclesiale. Lorizzonte in cui va compresa oggi la teologia non il
passato e il testo, ma piuttosto il futuro di teologia, Chiesa e societ, in quanto
8
Cf ivi 84s; KRAUSE G., Zur Standortbestimmung einer Zeitschrift fr Praktische Theologie,
in ThPr 1 (1966) 9s; ID., Praktische Theologie 418s; SCHRER H., Inventar der praktischen Theologie, in KRAUSE G., Praktische Theologie 445-445.
9
Cf HERRMANN W., Mndigkeit, Vernunft und die Theologie, in Reform 2 (1968) 52-56; ID.,
Alternative Studiengnge - Eine Projektstudie, in Reform 3 (1969) 29s.
224
225
Il nuovo contesto culturale segnato dalla svolta empirica matura la consapevolezza che la tematica attinente la tensione tra Chiesa, teologia e prassi
parrocchiale, come pure il conflitto tra fede, vita ecclesiale e pensiero critico,
se da un lato costituisce il rinnovato compito della teologia pratica, dallaltro
non dispensa le altre discipline teologiche dal farsene carico. Esige anzi che
la teologia pratica sia essa stessa ridefinita nel quadro di una teologia che, nel
suo complesso, assume tale problematica con le nuove determinazioni connesse col rapporto di teoria e prassi.15
Richiede inoltre che il profilo della teologia pratica sia precisato col recupero della sua coerenza e unit intrinseca. La connotazione di questa disciplina come scienza dincontro, intesa come luogo di confluenza di questioni assai
diverse riguardanti la vita della Chiesa ritenuta insufficiente.16
La sua unit ravvisata nel suo oggetto proprio costituito dallagire ecclesiale, considerato come testimonianza dellunico Vangelo e compenetrazione
concreta delle varie attivit da cui risulta composta la prassi ecclesiale.17
Per definire lo statuto scientifico della disciplina ci si appella espressamente ai canoni scientifici delle scienze dellazione.18 La specificit teologica
nelluso di tali canoni scientifici ricercata nel carattere proprio dellagire
ecclesiale: esso dice rapporto allagire di Dio. In effetti, lagire della Chiesa
caratterizzato dalla sua fedelt al compito assegnatole dal Vangelo e tramandatole; inoltre dal suo rapporto con la situazione attuale.19
Lagire ecclesiale, campo proprio della teologia pratica, va inteso non semplicemente come conoscenza del compito e sua attuale esecuzione, ma piuttosto come trasformazione di una situazione in unaltra. Ci comporta una
capacit di giudizio e un connesso potere in ordine alla decisione e alla responsabilit.
La capacit di giudizio la si acquisisce tramite la conoscenza del passato
della Chiesa e dei suoi effetti, il rilevamento critico del contesto socio-cul
turale in cui lagire ecclesiale si realizza, e laffinamento della sensibilit nel
percepire le forze e le vie che attraversano la realt storica concreta.
La decisione si configura non come semplice deduzione da tale giudizio,
15
Cf KRAUSE G., Zur Standortbestimmung 9; ID., Probleme der Praktischen Theologie im
Rahmen der Studienreform, in ZThK 64 (1967) 475-478; RSSLER D., Theoretische Aspekte der
Studienreform, in Reform 3 (1969) 45s.
16
Cf KRAUSE G., Probleme der Praktischen Theologie 482; RSSLER D., Die Praktische Theologie 60s.
17
Cf KRAUSE G., Probleme der Praktischen Theologie 480-482. Questa posizione giudicata
inadeguata da H.-D. Bastian, per la sua mancanza di un riferimento al metodo scientifico specifico: cf BASTIAN H.-D., Die Stellung der Religionspdagogik im Rahmen einer theologischen
Fakultt und die Mglichkeiten ihres Studiums, in Reform 3 (1969) 62s.
18
Cf KRAUSE G., Probleme der Praktischen Theologie 475-478.
19
Cf KRAUSE G., Probleme der Praktischen Theologie 484s.
226
227
228
In questo stesso contesto culturale, dominato dallanalisi di Schelsky prima e dalla teoria critica di Jrger Habermas poi e inoltre dalla discussione
sviluppatasi attorno allo statuto delle scienze sociali,26 vengono fatte alcune
proposte che si differenziano per la loro impostazione ideologica e che sono
rappresentative di una determinata concezione di teologia pratica, caratteristica degli anni 1970.
24
Lopera a cui sispira prevalentemente quella di HABERMAS J., Erkenntnis und Interesse
(Frankfurt a.M. 1968) [ed. it.: Coscienza e interesse (Bari 1972)].
25
Cf DAECKE S.M., Wissenschaftstheoretische Einfhrung, in PThH 313.
26
Cf SCHRER H., Empirische Wissenschaft und Praktische Theologie: Anstsse. Berichte aus
der Arbeit der Evangelischen Akademie Hofgeismar, n. 1/2 (Februar 1970) 52-65.
229
230
Il fatto poi che lattuale realt sociale attraversata dalla civilt della tecnica comporta che anche nellazione ecclesiale siano introdotti processi di cambio tecnicamente controllabili. Di conseguenza, la riflessione teologica non
pu fermarsi alle domande attinenti il che cosa e il perch della fede cristiana,
ma deve porsi linterrogativo radicale circa il come essa funzioni.29
La prospettiva generale risulta allora quella dellhomo faber cristiano-ec
clesiale e del modo in cui in certe circostanze possibile agire.
Nella cornice fin qui descritta, la teologia pratica definita in questi termini: Il luogo in cui lagire ecclesiale riflesso sotto gli aspetti di piano e libert,
di organizzazione e improvvisazione, di realt e di possibilit. Rinunciando
alla pretesa di elaborare una teoria globale a cui siano riconducibili tutti i
fenomeni osservabili, essa tratta con metodi definiti ambiti parziali delimitabili: la interdipendenza di tutte le variabili della comunicazione cristianosociale. Non rafforza emotivamente lazione, ma ricerca problematiche
connesse con la realizzabilit dellazione.30
Lagire ecclesiale inteso non in termini di essenza, ma come connessione
reciproca e vicendevole condizionamento di teoria e prassi che, in concreto,
non esistono come realt separate e a se stanti. Prassi o realt empirica non
la semplice somma di fatti bruti, ma realt in cui immanente una teoria.
Questa a sua volta non la semplice copia della realt, ma piuttosto produzione sintetica di esperienza e ragione, in quanto inserita nellesperienza e la
trascende per interpretarla. Come sistema aperto di conoscenze che continuamente mutato da una nuova empiria, la teoria rende accessibile la realt,
ne guida per quanto possibile il corso e la mantiene aperta per i necessari
cambi.
La teologia pratica, compresa in questa prospettiva, non si limita a rilevare
la prassi ecclesiale data, ma la provoca con la ricerca scientifica. Cos pure non
si limita a registrare la teoria data ma cerca dinventarla. Assumendo questa
concezione dellagire ecclesiale, essa supera un tipo di sapere puramente riflessivo: orientata criticamente, in quanto percepisce le tradizioni; orientata empiricamente in quanto analizza i complessi dellazione del presente;
pianificatrice prospettivamente, in quanto pensa al futuro.31
La teoria che la teologia pratica produce va concepita ulteriormente come
posizione di un sapere necessario in riferimento a regole determinate, nella
condizione del non-sapere circa lagire ecclesiale. Tale non-sapere emerge
inconsapevolmente nellignoranza. Nella teoria invece esso formulato consapevolmente, e cio in modo tale che gli ambiti sconosciuti sono segnati con
ipotesi, definiti e progressivamente ridotti. La teoria teologico-pratica consta
29
Cf BASTIAN H.-D., Kommunikation. Wie christlicher Glaube funktioniert (Stuttgart - Berlin 1972).
30
BASTIAN H.-D., Von Wort zu den Wrtern 37; ID., Praktische Theologie und Theorie 85s
89s.
31
BASTIAN H.-D., Vom Wort zu den Wrtern 37-44.
231
232
teologica per il fatto che sono ottenuti con lutilizzo di altre discipline teologiche, ma alla condizione che queste siano traducibili in sede di teologia pratica. In particolare, la Parola di Dio sospesa euristicamente viene recuperata
come presupposto insopprimibile della teologia pratica: Il cammino verso le
parole umane sfocerebbe in chiasso se non potesse continuamente orientarsi
retrospettivamente e prospettivamente alla Parola di Dio. Questa marca il
limite delle teorie teologiche, perch, dove queste sono costrette al silenzio, la
Parola di Dio legittima lagire di fede.35
2.2. Teologia pratica come teoria funzionale
35
93s.
Cf DAHM K.-W., Beruf-Pfarrer. Empirische Aspekte (Mnchen 1971), specialmente 290325; ID., Religise Kommunikation und kirchliche Institution, in DAHM K.-W. - LUHMANN N.
- STOOD D., Religion-System und Sozialisation (Darmstadt 1972) 133-188; ID., Kommentar, I.
Religionskritik und kirchliche Wirklichkeit, in ThPr 8 (1973) 93-97.
37
Cf DAHM K.-W., Beruf-Pfarrer 291-293; ID., Kommentar I 95.
38
Cf DAHM K.-W., Beruf-Pfarrer 294-299.
36
233
delle due teorie, ma una divisione dialettica di lavoro nella seguente direzione:
lanalisi funzionale premunisce contro possibili irrigidimenti neodogmatici a
cui la teoria critica della religione esposta; lanalisi critica premunisce contro
latenti tendenze positiviste della teoria funzionale.39
Per Dahm, lazione ecclesiale funzionale nei confronti della societ in un
duplice senso: perch la Chiesa coinvolta con altri gruppi sociali, con le loro
funzioni e i loro interessi, e riveste un significato per la convivenza umana;
inoltre, perch orientata a precisi compiti che le sono attribuiti e che essa fa
propri o ricusa di assumere.
Secondo lautore, sono specialmente due gli ambiti in cui la Chiesa, come
religione istituzionalizzata, chiamata a svolgere un proprio ruolo: lambito di
funzione A attinente lofferta e la mediazione di una scala essenziale di valori
e significati per lesistenza umana; lambito di funzione B diretto a garantire
una propria presenza accompagnatrice in particolari situazioni umane di crisi
e di bisogno. Per entrambe le funzioni la societ riconosce alla Chiesa non un
monopolio, ma una particolare competenza. Compito della Chiesa e della teologia pratica assumere in modo critico e tematizzare in maniera scientifica
tali ambiti.40
Stando allintervento di un altro pastoralista protestante, Manfred Jossutis, lelaborazione scientifica di tale teologia pratica suppone una sociologia
della religione in cui la Chiesa sia considerata non solo come funzionale alla
societ, in una specie di corrispondenza tra bisogni sociali e intenzionalit
evangelica, ma anche come disfunzionale a essa. Sia considerata inoltre non
solo nella sua funzione integrativa, ma anche nella sua capacit di critica e
dinnovazione utopica, componenti che sono presenti in una aggiornata visione della religione. Tali prospettive di disponibilit, di critica e di utopia non
sarebbero sufficientemente evidenziate nella proposta di Dahm.41
234
2.3. Teologia pratica come teoria critica della prassi mediata religiosamente nella societ42
235
in esame. Teoria e critica vanno inoltre viste nel quadro concreto della storia,
quindi in rapporto ai problemi che si pongono nellambito della religione,
della Chiesa e della societ.
In quanto teoria critica, la teologia pratica si prefigge di evidenziare le potenzialit delluomo e di creare un mondo in cui le forze ed esigenze umane siano soddisfatte, e ci non tramite un semplice miglioramento delle conoscenze, ma specialmente attraverso lemancipazione da ogni forma di schiavit,
dato che la storia contrassegnata da un processo dialettico fra oppressione e
liberazione. Si trova quindi a dover affrontare, con una riflessione teologicopratica, i problemi difficili posti dagli interessi profondi delluomo moderno.
Le si obietta che in questo modo si riduce a fare un discorso sociologico
e non teologico (come si ricorder, la critica mossa a questa posizione, ad
esempio, da Goldbrunner).44 A giudizio di Gert Otto, lobiezione destituita di fondamento. Innanzitutto perch la realt sociale fa parte delloggetto
della teologia, per il semplice motivo che questa non si trova nella condizione
di poter scegliere o meno i metodi delle scienze antropologiche e i problemi
che esse sollevano, ma deve necessariamente confrontarsi con essi, se vuole
essere fedele al suo compito attuale. Secondariamente perch nello sviluppare
il suo discorso teologico non pu prescindere dalle categorie non teologiche;
essa, infatti, non ha elaborato un proprio sistema di pensiero, ma si sempre
servita di quello offertogli dai distinti contesti culturali. E, come per il passato
ha utilizzato le forme di pensiero greche o del mondo occidentale con i loro
condizionamenti, cos chiamata oggi ad assumere, in linea di principio, le
categorie sociali attuali pur essendo consapevole dei loro limiti.
In quanto teoria critica della prassi mediata religiosamente nella societ, la
teologia pratica produce unanalisi critica di tutte le manifestazioni che hanno una motivazione religiosa. Come tale, non pu rinchiudersi negli schemi
tradizionali dei servizi ecclesiali o mirare a costruire un nuovo sistema; deve
piuttosto tendere a rinnovare in continuit il suo campo di ricerca in modo da
essere in grado di offrire sempre nuove possibilit di correzione e ristrutturazione nel campo della religione, della Chiesa e della societ.
Nel campo della religione ha il compito di analizzarne le potenzialit, gli
interessi e le incidenze nella vita ecclesiale, e di prospettare a quali condizioni
(sviluppo, modifica, trasformazione) la religione pu essere stimolante per la
prassi di oggi e di domani.
Nel campo della Chiesa, il suo compito quello di delimitare come deve
realizzarsi nel divenire storico per svolgere il suo servizio di umanizzazione
del mondo: ci esige che si sottolinei il carattere funzionale e transitorio del
la Chiesa considerata come luogo istituzionalizzato della prassi mediata religiosamente nella societ, contro la tendenza, sempre presente nellistituzione
ecclesiale, alla propria autoconservazione e difesa.
Si veda il n. 2.3 del cap. VI.
44
236
Per quanto riguarda il campo della societ, la teologia pratica, intesa come
teoria critica, essenzialmente una teologia politica, perch tende a raggiungere una coscienza riflessa del come essa stessa, la religione e la Chiesa incidono concretamente nel tessuto sociale e politico: se come forze di conservazione oppure come forze di cambio.45
Questa prospettiva globale, riassunta qui nelle sue tesi centrali, suppone
una precisa comprensione del rapporto teoria-prassi: secondo Gert Otto, che
in questo segue il pensiero di Adorno, teoria e prassi sono interdipendenti e
si richiamano a vicenda.
2.3.2. La configurazione
Tale prospettiva globale comporta, inoltre, una configurazione della teo
logia pratica profondamente rinnovata quanto al suo oggetto e ai suoi rapporti con la dogmatica e le altre scienze umane.
Al termine di una rapida ma puntuale ricognizione storica, lautore giunge a queste conclusioni: la teologia pratica tradizionale venne elaborata in
dipendenza di unecclesiologia, a sua volta centrata sui compiti del pastore:
predicazione, servizio liturgico, guida della comunit, catechesi. In tale visuale, la realt sociale relegata in secondo piano, la comprensione della prassi
ristretta allambito ecclesiale, il rapporto tra teoria e prassi sistematicamente
distorto, e la teologia pratica relegata a disciplina ausiliare articolata in omiletica, liturgia, odegetica e catechetica. Una teologia pratica cos concepita si
dimostrata e si dimostra sempre pi incapace di assumere nella sua riflessione
sistematica nuovi settori dellagire umano che pure la interessano. Essa lascia
priva di copertura teologica una terra di nessuno fra la tradizionale teologia
pratica e le urgenze della situazione attuale.
Per superare tale situazione limitativa e inadeguata, lautore propone questa configurazione della teologia pratica, in cui la tradizionale distribuzione
della materia per settori, cui corrispondono le tradizionali discipline teologico-pratiche, sostituita con unarticolazione centrata sui campi dazione e
sulle prospettive di riflessione.
45
Per una presentazione sintetica della teoria critica della Scuola di Francoforte e specialmente di J. Habermas, e per una sua utilizzazione critica soprattutto nellambito deller
meneutica cattolica, si veda SCHILLEBEECKX E., La nuova teoria critica e Teoria critica ed
ermeneutica teologica: confrontazione, in SCHILLEBEECKX E., Intelligenza della fede (Alba 1975)
133-218; GEFFR C., Le christianisme au risque de linterprtation (Paris 1983); TRACY D., Plurality and Ambiguity, Hermeneutics, Religion, Hope (san Francisco 1989). Si vedano le osservazioni critiche alle scelte di E. Schillebeeckx, fatte dal Collettivo redazionale di Tegenspraak,
Analisi di una trasformazione teologica, in Ancora sulla Teologia politica: il dibattito continua
= Giornale di Teologia 92 (Brescia 1975) 93-98. Per uninformazione generale sulla tematica
affrontata da G. Otto, si veda Il ruolo sociale della religione = Giornale di Teologia 100 (Brescia
1977).
237
Il suo punto di partenza non costituito da una previa concezione sistematica della Chiesa (da unecclesiologia), ma piuttosto dal complesso nodo
attinente la multiforme presenza della religione e della Chiesa nella societ.
Di conseguenza, lambito della riflessione teologico-pratica non delimitato dalle classiche quattro funzioni del pastore e dalla connessa articolazione
delle discipline pastorali in quattro settori. strutturato e sistematizzato, invece, dal plesso di problemi emergenti ovunque, tanto nei classici campi del
lagire ecclesiale quanto in progetti nuovi, nellattivit dei pastori e in quella
dei laici. Si tratta di un plesso di problemi che comportano una riflessione
dinsieme.
Ne segue che lo sforzo di sistematizzazione deve rimanere aperto, per essere in grado di recepire nuovi spazi di ricerca e le problematiche ad essi
sottese. Le prospettive di ricerca come i campi dazione non sono fissati una
volta per sempre: quando la prassi lo esige, sono presi in considerazione nuovi
campi con le connesse nuove prospettive. In tal modo gli uni e le altre non
238
239
46
240
Da altre sponde si obiettato: come potr la teologia pratica evitare il pericolo di trasformarsi semplicemente in unappendice della teoria critica della
societ, dal momento che da teologia critica della societ si muta in teoria
critica della medesima?47
Daltra parte, tale proposta ha stimolato unulteriore ricerca di approfon
dimento specialmente attorno al rapporto teoria-prassi. Il dibattito che ne
nato ha valicato i confini confessionali, come apparir dal proseguo dellespo
sizione.48
Labbozzo di teologia pratica proposto nellopera appena recensita propone problemi e indica itinerari da percorrere, pi che offrire una tematica
gi in certo modo decantata. Particolarmente opportuna la riaffermazione
dellurgenza di una concezione globale di teologia pratica, data la persistente
tendenza alla banalizzazione e dispersione in trattazioni specialistiche attinen
ti i vari campi dellazione ecclesiale.
Degne di nota sono pure: 1. la necessit di una chiarezza teorica capace
di far s che la prassi risulti teologicamente fondata; 2. listanza di una complessiva teoria teologico-pratica unitaria che non comporti per la rigidit di
un sistema; 3. lo spostamento del punto focale di questa disciplina dai settori dellattivit ecclesiastica alle prospettive formali, spostamento che si rivela
capace di liberare la riflessione teologica-pratica dalle strette di una visione
riduttivamente ecclesiastica dellagire cristiano e di aprirla motivatamente a
un ventaglio illuminante di prospettive rispondenti al complesso e mutevole
esperire umano.49
2.4. Teologia pratica come teoria della prassi del Vangelo attraverso
la Chiesa nella societ50
241
religiose o solo politiche. Denuncia il carattere selettivo e riduttivo di tali tendenze interpretative e tenta di superare le alternative emergenti in campo ecclesiale, focalizzando la dimensione tanto religiosa quanto politica del Vangelo.
Il tema generatore della proposta ravvisato nella prassi del Vangelo, cio
nel fatto che il Vangelo vuole diventare prassi fra politica e religione. Ci
avviene con la mediazione della Chiesa e, precisamente, con una presenza del
la Chiesa nella societ, caratterizzata dalla comunicazione verbale e operativa.
Il Vangelo luomo Ges di Nazareth, che rappresenta uninterpretazio
ne sufficiente e definitiva di chi Dio e di chi luomo. In Ges di Nazareth,
Messia e Signore, origine e sorgente della salvezza integrale delluomo, operante il riferimento a Dio (aspetto religioso) assieme al riferimento allumanit
(aspetto politico). Ci giustifica lasserto secondo cui il Vangelo comprende
la dimensione tanto religiosa quanto politica dellesistenza umana.51
La prassi del Vangelo cos intesa costituisce lorizzonte e il criterio normativo per lintera vita della Chiesa: lagire ecclesiale chiamato a innestare nella
societ la prassi evangelica. Ma tra prassi del Vangelo e prassi della Chiesa nel
la societ esiste sempre un divario, una differenza, che genera nella comunit
cristiana lesperienza del negativo. Confrontandosi da un lato con la prassi
evangelica e dallaltro con la propria condizione nella societ, la Chiesa reale
o effettiva si trova a dovere svolgere la propria azione in una situazione di
angoscia.
La teologia pratica configurata in questa cornice evangelica ed ecclesiale.
definita come teoria della prassi del Vangelo attraverso la Chiesa nella
societ. delineata in base al rapporto dialettico tra teoria e prassi e, in
concreto, tra prassi del Vangelo e prassi della Chiesa nella societ. Essa vive e
si costruisce nella dolorosa esperienza della distanza che intercorre tra queste
due grandezze.
Suo compito specifico sviluppare una riflessione critica sulla prassi ecclesiale, diretta a stimolare e favorire unazione della Chiesa capace dinnervare
nel tessuto sociale unadeguata prassi evangelica. Di conseguenza, il rapporto
tra teologia pratica intesa come teologia critica e prassi ecclesiale non pu essere concepito nei termini della riflessione teologico-pratica del passato, come
indicazione teorica e applicazione pratica; e neppure, in senso inverso, come
legittimazione teologica di una prassi ecclesiale istituzionalizzata.
Come appare abbastanza evidente, la proposta recepisce istanze e suggestioni dominanti nel momento teologico e culturale degli anni settanta. Il
riferimento a Ges di Nazareth consente di configurare il Vangelo come gran
dezza normante rispetto alla Chiesa, grandezza normata. La comprensione
della teoria come critica permette di denunciare e superare i tentativi insiti
nella prassi ecclesiale di coprire ideologicamente i propri interessi nella societ.
Ivi 327-329.
51
242
Laffermarsi delle concezioni di teologia pratica finora recensite fa costatare la pratica fine di una lunga tradizione teologico-pastorale (nel senso del
la formazione del pastore),52 ma fa riaffermare lindiscusso significato che
pu assumere, accanto a una teologia pratica scientifica, una teologia pastorale
rinnovata,53 e soprattutto mette in discussione il compito formativo della teologia pratica intesa nel senso delle teorie sopra descritte.
In effetti, vari pastoralisti, sensibili alle esigenze della formazione professionale degli operatori pastorali, si chiedono fino a che punto, in tali visuali
teologico-pratiche, c ancora posto per una teologia che si prefigga la formazione del pastore, ed eventualmente come pu essere inserito in esse un
discorso scientifico su questo argomento.
Per Walter Neidhart,54 linteresse pi accentuato della teologia pratica dovrebbe rimanere tuttora la formazione del pastore. Egli rinuncia al tentativo
di elaborare una teoria generale e preferisce rispondere a esigenze pratiche.
Pi precisamente, si prefigge la formulazione di teorie, intese non nel senso
del razionalismo critico e della teoria critica sopra esposta, ma come chiarificazione teoretica delle problematiche connesse con la conoscenza di un ben
determinato settore della realt. A suo parere, compito della teologia pratica
lanalisi e interpretazione dei punti nodali attinenti la comunicazione nella
Chiesa, nei gruppi ecclesiali e nella realt pubblica; inoltre, lutilizzazione di
metodi atti a formare atteggiamenti e comportamenti comunicativi per i vari
settori della prassi.55
Di conseguenza, la teologia pratica chiamata a elaborare una teoria sulla
comunicazione nellambito della predicazione, della catechesi, della consulenza e del servizio ecclesiale alluomo. Parimenti studia i metodi concernenti
specifici temi di interazione, di relazione pastorale, di lavoro di gruppo e di
conduzione della comunit ecclesiale.
Questorientamento giudicato pienamente plausibile, nellattuale congiuntura della formazione teologico-pratica, da parte di un altro pastoralista
evangelico, Wolfgang Steck.56 Egli sostiene che, accanto a una teologia pratiCf RAU G., Pastoraltheologie. Untersuchungen zur Geschichte und Struktur einer Gattung
praktischer Theologie (Mnchen 1970) 317.
53
Cf KRAUSE G., Hat die Praktische Theologie wirklich die Konkurrenz der Pastoraltheologie
berwunden?, in ThLZ 95 (1970) 721-732.
54
Cf NEIDHART W., Aspekte der Beziehungen zwischen den beiden Disziplinen, in ThPr 9
(1974) 97-104.
55
Ivi 98.
56
Cf STECK W., Der Pfarrer zwischen Beruf und Wissenschaft. Pldoyer fr eine Erneuerung der Pastoraltheologie (Mnchen 1974); ID., Die wissenschaftliche Situation der Praktischen
Theologie, in WPKG 63 (1974) 65-80 e anche in WEINZIERL E. - GRIESL G. (Hrsg.), Von der
Pastoraltheologie zur Praktischen Theologie 1774-1974 (Salzburg - Mnchen 1976) 129-158;
ID., Tendenzen des praktisch-theologischen Studiums in der Gegenwart, in WPKG 69 (1980)
52
243
244
Sempre entro questo orizzonte sono pure riletti altri motivi presenti nel
dibattito teologico-pastorale e facenti parte di una delineazione della teologia
pratica: il rapporto del soggetto con la propria ricerca, del teologo pratico con
loperatore pastorale, della teologia pratica con le altre discipline teologiche
e con le altre scienze, i problemi connessi con lorganizzazione della ricerca.
Anche altri pastoralisti protestanti riconoscono che la teologia pratica, comunque intesa, non pu non affrontare i problemi che pone il ministero dei
pastori, senza tuttavia doversi trasformare in una teologia ad uso esclusivo dei
pastori stessi, come stata sovente in passato e come continua a essere in non
pochi ambienti ecclesiali attuali.60
2.6. Teologia pratica come teoria della prassi del cristianesimo moderno
Questaltra proposta avanzata nel 1986 da Dietrich Rssler, nel suo poderoso Compendio di teologia pratica,61 ha presente le istanze e le teorie finora
recensite, ma prospetta una diversa visione e percorre un proprio itinerario,
luna e laltro guidati da alcune convinzioni di fondo, esplicitamente dichiarate, che ne rappresentano i principi giustificativi.
In primo luogo, la persuasione della natura teoretica della teologia pratica. Essa una teoria. al servizio di un sapere e, come tale, va distinta
dalla prassi cristiana concreta: questa procede per strade che non derivano
n dipendono dalla teologia pratica, ma si costituiscono in modo autonomo.
La teologia pratica tuttavia non irrilevante per lagire ecclesiastico: avendo
come contenuto conoscenze, concezioni e valutazioni, essa atta a fondare
la capacit di giudizio, che sottopone a prova critica il poter agire e lagire
pratico nel cristianesimo e nella Chiesa.62
In secondo luogo, la teologia pratica deve prestare costante attenzione alle
condizioni e forme storiche del vivere cristiano ed ecclesiastico. Le questioni
di cui deve interessarsi sono sorte nel contesto dello sviluppo storico del cristianesimo.63
In terzo luogo, la teologia pratica deve sviluppare un sapere unitario e configurarsi come disciplina sistematica. La dispersione nelle diverse discipline teologico-pratiche va riassorbita in ununit di trattazione rispondente allunit
Cf ad es. KRUSCHE P., Der Pfarrer als Krisenagent. Gesichtspunkte zur Profilierung der
pastoralen Berufsrolle, in ThPr 9 (1974) 277-291. Fatto significativo: la rivista Wissenschaft und
Praxis in Kirche und Gesellschaft, a partire dal 1981, ritornata allantico titolo di Pastoraltheologie in vista della rilevanza che la problematica segnalata assume nel mutato contesto culturale
ed ecclesiale (cf Pastoraltheologie 70 (1981) 1s).
61
RSSLER D., Grundri der Praktischen Theologie (Berlin - New York 1986).
62
Ivi 1.
63
Ivi 2.
60
245
246
lazione ecclesiastica sotto il profilo specifico della forma di cristianesimo esaminata (rispettivamente: la persona del parroco; il suo ufficio; la sua funzione
sociale). Viene quindi illustrato il tipo di azione ecclesiastica rispondente alla
forma di cristianesimo preso in esame (rispettivamente: la diaconia; la predicazione; linsegnamento). Infine vengono discussi i contesti o luoghi in cui si
realizza la forma di cristianesimo oggetto di studio (rispettivamente: lattivit
pastorale; la liturgia; la comunit).
La critica teologica ha valutato diversamente questa proposta. Ha rilevato
come dati positivi: la rigorosa sistematicit che conferisce unit e linearit
allintero discorso teologico-pratico; la ricerca di una diagnosi obiettiva e dettagliata dellattuale situazione del cristianesimo protestante tedesco, condotta
con la chiave di lettura indicata che apre prospettive illuminanti; la valutazione assai discreta, affidata per lo pi alla recensione delle diverse posizioni che
si fronteggiano sul tema in esame.
Ha evidenziato, sul versante negativo, lassenza di tensione progettuale
esplicitamente demandata dallA. al soggetto dellazione ecclesiastica;68 la
concentrazione delloggetto della teologia pratica nella prassi ecclesiastica e
nella figura del pastore, scelta questa che colloca il compendio nella linea del
lidea classica di teologia pratica e vi fa rientrare in modo solo estrinseco un
ventaglio di problematiche costituito dalla complessit del rapporto tra individuo e comunit nella vita della Chiesa, dello scambio tra pubblico e privato,
delle interferenze tra istituzione ecclesiastica e sistemi sociali.69
2.7. Teologia pratica come teoria di una prassi estetica
247
ricorrere a immagini per raffigurare Jahweh, divieto che non viene abolito ma
piuttosto radicalizzato nel NT. Ma tale proibizione dovuta al fatto che Dio
riserva a se stesso il modo di rivelarsi e non vuole farsi coartare da raffigurazioni prefissate dalluomo. Esempi eloquenti al riguardo sono, nellAT, il roveto ardente che brucia e non si consuma, in cui Jahweh si manifesta a Mos
(Es 3,1-14) e, nel NT, il fatto che il Cristo risorto si fa conoscere dai discepoli
di Emmaus nello spezzare il pane (Lc 24,13-35), e il fatto che Egli diviene
per la comunit primitiva limmagine del Dio invisibile (Col 1,13).73
Daltra parte, la ricognizione storica riguardante la riflessione sullestetica
conduce a questo risultato: nel determinare ci che estetico si fa sempre
riferimento anche alla particolarit dellazione umana e, in particolare, alla
tensione che le propria tra agire e fare (tra prassi e techne in senso aristotelico), tra totalitarismo titanico e tecnicizzazione pragmatica (intesa nellodierno
inasprimento del concetto unilaterale di razionalit e di azione).74
Per lautore, un corretto utilizzo della dimensione estetica si dimostra effi
cace sia per lagire umano nel suo insieme, sia per la prassi della fede. Infatti,
parte essenziale della prassi religiosa e cristiana ci che nella teoria estetica,
a partire da Aristotele, stato caratterizzato con il concetto di catarsi e cio di
rasserenamento, di liberazione o purificazione. La catarsi mira a un ampliamento dellorizzonte umano, fa trascendere lavvenimento storico e sollecita
a entrare nella prospettiva etica di una vita buona.75
Con ci lestetica mette a disposizione della teologia pratica un modello
di soluzione per il suo problema fondamentale sopra indicato, perch risulta
chiaro che costitutiva dellagire umano, preso nel suo insieme, una tensione fatta di rimandi e trasparenze reciproche, tra forma e suo contenuto, tra
evento e suo significato. In sede di teologia pratica ne deriva allora questa con
seguenza: Lagire ecclesiale, in quanto prassi estetica, sarebbe determinato
dalla consapevolezza che come agire umano deve essere trasparente, e pu
esserlo anche rispetto alla sovranit della parola di Dio, che supera largamente
la dimensione dellagire umano e la lascia alle sue spalle. Allo stesso tempo,
un tale agire rimarrebbe aperto alla riflessione metodica su come, secondo la
misura della comprensione e della capacit umana (Barmen V.), una tale trasparenza vada realizzata continuamente in modo nuovo e in maniera sensata
e concreta. Con ci lagire ecclesiale sarebbe messo al riparo da unautoesaltazione religiosa usurpatrice del posto di Dio. Lagire ecclesiale compreso come
prassi estetica, da un lato, si configura come semplice prassi umana in ambiente umano e, dallaltro, presenta come suo elemento costitutivo unapertura a
quella dimensione [divina] che trascende completamente ogni agire umano.76
Cf ivi 89-104.
Cf ivi 155-157.
75
Cf ivi 34-35.
76
Ivi 216.
73
74
248
Le conseguenze che ne derivano per la comprensione della teologia pratica e dei suoi compiti sono cos sintetizzate dallA. La teologia pratica concepita come teoria estetica si sviluppa come processo dinamico, mai concluso,
fatto di un intreccio di conoscere e potere, di progettare e realizzare, di recepire e produrre. Il conoscere non pu essere disgiunto da un poter agire e
un poter agire non mai senza un conoscere. Sapere e potere vanno riferiti
a un passato da recepire e a un futuro da produrre. Per fare ci la riflessione
teologico-pratica adotta un procedimento conoscitivo analitico e insieme pro
gettuale, in quanto prende in considerazione lagire passato e presente della
Chiesa e, a partire da ci, si prefigge di plasmarne in maniera teologicamente
responsabile lagire presente e futuro.77
Nellassolvere tale compito essa chiamata a elaborare, nel suo ambito e
con la metodica dellestetica teologica, un sapere storico-analitico e sistematico-costruttivo, il che comporta una vasta cooperazione di tutte le discipline
teologiche. Inoltre, essa non pu rinunciare a una cooperazione che vada al
di l della teologia e comprenda tutte le scienze che riflettono sullestetico (fi
losofia estetica, storia e filosofia dellarte, musicologia, storia e filosofia della
cultura). Non da ultimo, anche le opere darte in tutte le loro forme pittoriche, architettoniche, scultoree, letterarie, musicali, ecc. sono un interlocutore necessario nellelaborazione di una teoria pratico-teologica.78
La critica teologica ha valutato positivamente lattenzione che Grsinger
pone sulla dimensione estetica dellagire umano e della prassi religiosa come
possibile alternativa di fronte al pericolo che la teologia pratica faccia propria,
in maniera acritica, la razionalit impostasi prepotentemente nellepoca moderna e, di conseguenza, indulga a un cristianesimo ridotto a utile manovalanza di incontrollati interessi ecclesiali e sociali. Essendo lagire cristiano un agire rappresentativo e non produttivo, lestetica si presenta come interlocutore
irrinunciabile per la teologia pratica; nel provocare una rottura rispetto alle
ovviet dominanti nellattuale contesto culturale, essa capace di ricordare
vigorosamente alla religione il compito che le proprio.79
3. LAPPORTO DEL DIBATTITO SULLEPISTEMOLOGIA TEOLOGICA
Come si rilevato, il processo di riforma degli studi universitari sviluppatosi tra il 1960 e il 1980 rimette in discussione i rapporti tra le discipline teologiche. Ci provoca la ridefinizione delle rispettive competenze e la revisione
della loro collocazione nellenciclopedia teologica. A livello epistemologico,
Ivi 217.
Ivi 218s.
79
Cf METTE N., Teoria e prassi nella teologia pastorale. Relazione al 2 Convegno teologicopastorale dellIstituto Pastorale della Pontificia Universit Lateranense (12-14 aprile 1988).
77
78
249
la nozione stessa di teologia viene sottoposta a rinnovato studio. In rispondenza al mutato contesto scientifico e culturale ne vengono proposte differenti concezioni, che presiedono una differente comprensione delle discipline in
cui si articola, ivi compresa la teologia pratica.
A proposito di questa, siccome viene sempre pi condivisa la critica a una
sua definizione come disciplina applicativa di asserti dogmatici e morali al
la prassi, la questione attinente il suo carattere scientifico affrontata generalmente nel quadro dei suoi rapporti con le altre discipline con particolare
riferimento alla teologia dogmatica.80 Nellesposto che segue, si presenta la
posizione di alcuni teologi dogmatici che hanno affrontato espressamente
largomento con prospettive differenti.
3.1. La teologia pratica nel quadro della storicit della teologia81
250
presa appunto come momento riflessivo della fede, che lascia parlare Dio, e
ci in riferimento sia al passato, sia al presente e sia al futuro.83
Il successivo accadere di tale evento della fede accostato e interpretato
con la categoria della ripetizione, e lanalisi esistenziale della sua storicit ne distingue il passato, il presente, il futuro e i loro rapporti. Di conseguenza, la teologia chiamata ad assumere in modo responsabile, ovvero in forma riflessa,
i diversi aspetti della ripetizione della Parola di Dio nella storia. Da ci risulta
la necessaria articolazione del lavoro teologico. Esso viene realizzato secondo il
principio del vicendevole sgravio, nel senso che ciascuna disciplina sinteressa
di un proprio ambito e lascia ad altre la trattazione di altri ambiti, e secondo
il connesso principio del reciproco prendersi carico, nel senso che ciascuna disciplina fa propria la coscienza dei problemi delle altre discipline teologiche.
Nella cornice di questa concezione globale del sapere teologico, la teologia
considerata come scienza pratica nel suo insieme, perch rende possibile
ripetere la Parola di Dio in ogni tempo come evento. La teologia pratica
individuata come disciplina che si prende carico dellevento della Parola di
Dio e tematizza il ripetersi oggi di tale evento, in quanto interpreta la Parola di
Dio e la rimette in luce nel presente. Essa si configura, quindi, come teoria
scientifica della prassi ecclesiale da riguadagnare di nuovo in continuit.
In base al principio del reciproco sgravio, la teologia pratica solleva le altre
discipline da tale compito e dalla necessit di diventare esse stesse pratiche,
perch assume essa la responsabilit del poter diventare pratico della teologia. In questo modo resta fondato il diritto di esistere di questa disciplina
come momento necessario del sapere teologico nel quadro di una moderna
enciclopedia teologica.84
La critica mossa a questimpostazione riguarda la concezione filosofica
sottesa alla comprensione della Parola di Dio e la possibile connotazione retorica della teologia pratica.85
3.2. Teologia pratica e contesto vitale dellesperienza storica di
senso
Wolfhart Pannenberg termina la sua voluminosa opera intitolata Epistemologia e teologia con una trattazione significativa, bench sintetica, dedicata
alla teologia pratica.86 Alla base della sua concezione di questa disciplina e
del rapporto che essa ha con altre discipline teologiche vi sono alcune tesi
generali. La nota comprensione biblica della Rivelazione di Dio come storia
Cf ivi 25-35.
Cf ivi 35-45.
85
Cf STROHM TH., ber die Zusammengehrigkeit 3; BOHREN R., Da Gott schn werde
204-209.
86
PANNENBERG W., Wissenschaftstheorie 426-442 [Epistemologia 398-414].
83
84
251
e non solo nella storia. La concezione della realt storica come mondo di vita
in cui iscritta unesperienza di senso, la quale precede ogni sua elaborazione
sotto forma di formule o sistemi di senso siano essi chiusi o aperti. La comprensione del mondo di vita cristiano come realt costituita dalla sua origine
storica, mediata da processi di tradizione e portatrice di unesperienza di sen
so che anteriore a ogni sua tematizzazione o teorizzazione di tipo teologico.
La concezione della teologia come conoscenza scientifica, che si confronta
con le sollecitazioni provenienti dallattuale contesto culturale dominato dal
razionalismo critico e dalla teoria critica.87
Secondo Pannenberg, la teologia non pu essere considerata se non come
scienza di Dio, incaricata di mettere in evidenza la verit del cristianesimo.
Ha come ambito di ricerca il fenomeno religioso riscontrabile nelle religioni
storiche e, in modo particolare, nella storia della tradizione giudeo-cristiana,
per cui si configura come conoscenza incentrata sulla storia e come scienza essenzialmente aperta: La teologia pu adeguarsi al cristianesimo solo se essa
non esclusivamente scienza del cristianesimo, ma scienza di Dio, e se, come
scienza di Dio, ha come oggetto la realt nel suo complesso, bench compresa
come realt ancora incompiuta del contesto significativo dellesperienza.88
Avendo come oggetto una realt storica aperta a un continuo divenire, la
teologia nel suo insieme ha un rapporto necessario con la prassi, per cui va
qualificata come scienza pratica: Il riferimento alla prassi della vita costituisce non solamente una particolare disciplina teologica, ma la teologia nel
suo complesso. Il fatto che la teologia abbia come oggetto la realt divina
come determinativa di ogni cosa e, precisamente, in quanto essa discutibile,
dovuto al carattere di incompiutezza della realt nel suo insieme. I problemi attinenti la realt che determina ogni cosa e il contesto vitale di senso
trascendono il presente e il teoricamente determinabile verso ci che non
ancora presente e, quindi, anche verso ci che deve essere prodotto dalla
prassi umana.89
Storicamente, la natura pratica della teologia in generale e della teologia
pratica in particolare stata compresa in forme che lautore ritiene non soddisfacenti. Il tentativo di Schleiermacher di fondare lunit della teologia nel
suo legame con il compito di conduzione della Chiesa formale, perch anche
per lui lunit della teologia ancorata, di fatto, allessenza del cristianesimo.
Di conseguenza, il delineare la teologia pratica come una pura tecnica del
lattivit direzionale della Chiesa si presenta come una soluzione apparente
del compito di dimostrare la necessit della teologia pratica in base al concetto stesso di teologia.
Una fondazione della teologia pratica in dipendenza da unecclesiologia o
Cf ivi 31-60 82-64 329-348 435s [Epistemologia 31-70 79-100 309-326 407s].
Ivi 266 e 255-266 [Epistemologia 251s 242-252].
89
Ivi 426 e 437 [Epistemologia 398 e 409].
87
88
252
90
91
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255
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257
Il rapporto tra le discipline teologiche e, quindi, tra teologia pratica e sistematica definito in riferimento al concetto finora descritto di teologia. Rilevata lattuale mancanza di organicit nellarticolazione di tali discipline, dovuta
a note vicende storiche, si sottolinea lesigenza che il lavoro di ciascuna di
esse sia chiarito, dal punto di vista epistemologico, mettendolo in riferimento
al concetto di prassi della teologia: concretamente, non definendo il rapporto
alla prassi specifico delle singole discipline, ma descrivendo i diversi campi di
prassi, intesi per come aree non ben delimitabili tra loro.104
Abbandonando una tradizionale impostazione di tipo ontologico del rap
porto tra teologia pratica e sistematica, dominato dalla domanda circa la verit della teologia nella storia e dallesigenza di creare una sintesi tra pluralit
storica ed essenziale unit della verit, la formulazione di teoria sistematica e
la formulazione di teoria pratica possono essere concepite come due modalit di lavoro (inteso come atteggiamento diretto alla soluzione di problemi),
differenti ma complementari. La loro differenziazione consiste in questo:
la dogmatica e letica evidenziano la portata teologica dei propri asserti; la
teologia pratica considera, invece, la validit pragmatica di tali asserti. Essa
deve mostrare che e come asserti teologici anche quelli universali diventino validi e normativi. Si chiede, inoltre, come asserti dogmatici siano limitati
nella loro comunicabilit. Per quanto concerne i problemi, la teologia pratica sinteressa di quelli posti dalla situazione variabile della fede. Formula
domande e risposte che aiutino a risolverli. Con ci solleva linterrogativo
circa lidentit della fede e la non scambiabilit della conoscenza teologica, e
provoca la sistematica.105
3.4. Teologia pratica come teoria di una prassi che valorizza la parola
Anche il noto rappresentante della teologia fondamentale Gerhard Ebeling ha affrontato largomento dello statuto scientifico della teologia pratica
nel quadro dellenciclopedia teologica. Lo ha fatto in un capitolo del volumetto sul sistema teologico.106
Facendo riferimento allevoluzione storica della teologia pratica e allat
tuale dibattito circa la sua configurazione come scienza, Ebeling rimarca che
affrontando il soggetto della teologia pratica ci si imbatte in un punto nevralgico della teologia nel suo complesso.107 In effetti, questo argomento fa
incontrare immediatamente la crisi della Chiesa e della cultura tradizionale, in
Cf SAUTER G., Der Praxisbezug 129-131; ID., Beobachtungen 25s.
SAUTER G., Beobachtungen 26.
106
Cf EBELING G., Studium der Theologie. Eine enzyklopdische Orientierung (Tbingen
1975) 113-129.
107
Ivi 114.
104
105
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108
109
259
diretto o indiretto, alloggi ecclesiale, si riconosce che, nel caso della teologia
pratica, tale orientamento assume caratteristiche proprie. Essa, infatti, chia
mata a studiare la fisionomia storica del presente della Chiesa, il come tale
presente rispecchia la fede cristiana, tenuto conto del suo contesto globale
(anche del contesto politico, sociale ed economico), e il modo in cui tale pre
sente si evolve nellagire ecclesiale. chiamata, inoltre, a offrire soluzioni a
problematiche concrete continuamente emergenti dal vissuto ecclesiale, se
non vuole confinarsi in una criticabile alta sfera teorica.
Pi precisamente, essa deve mettere a tema, in una riflessione critica che si
avvale degli strumenti dellanalisi empirica e della diagnosi critica, gli eventi
fondamentali connessi con il realizzarsi oggi dellessenza della Chiesa, col
locata nel pi vasto orizzonte dellattuale mondo di vita in cui inserita e in
cui interagisce. Tra gli aspetti principali della vita ecclesiale vengono men
zionate le funzioni ecclesiali, con particolare riferimento allevento della parola con le forme di comunicazione e le molteplici situazioni storiche in cui si
realizza, e le istituzioni ecclesiali, con un preciso riferimento alla loro corri
spondenza o meno agli eventi fondamentali collegati con lattuale realizzarsi
dellessenza della Chiesa.
Per ovviare al rischio a cui oggi esposta la teologia pratica di divenire
il teatro di un cedimento teologico alla moda e ai suoi esperimenti, e il
luogo di una profonda insicurezza per mancanza di punti di riferimento,
vengono indicati due criteri che la teologia pratica dovrebbe trattare: le
sigenza di contemperare fedelt alla realt della fede cristiana e fedelt al
suo divenire storico; la valorizzazione della libert cristiana iscritta nella
fede e nella carit evangelica, libert che diametralmente opposta al tra
dizionalismo e al progressismo: due forme di legalit che imprigionano la
teologia pratica.110
3.5. Rilievi valutativi
110
260
t effettiva, dato che allo stato attuale della discussione [...] la domanda della
teologia sistematica alla teologia pratica [...] n c n pu esserci.111
In particolare, le proposte sopra recensite sono giudicate limitate e lacu
nose. Pannenberg non tratta il tema importante riguardante la verifica del
le teorie e delle ipotesi teologico-pratiche; Sauter offre solo dei rapidi cenni
circa la distinzione tra problemi strutturali e problemi attuali e inoltre circa la
distinzione tra portata teologica e validit pragmatica degli asserti dogmatici
ed etici. Unosservazione analoga vale per alcune tesi proposte da Ebeling.
Senza dire che la collocazione della teologia pratica nel quadro generale del
lenciclopedia teologica prevale sulla definizione della natura propria della
teologia pratica, il che non facilita certo il confronto tra le due discipline teo
logiche.112 Questa era la situazione alla fine degli anni 1970.
111
Cf BASTIAN H.-D., Praktische Theologie und Theorie 88 92, ma tutto il contributo con
cepito come momento di dialogo con i teologi dogmatici; BUMLER CH., Praktische Theologie
- ein notwendiges Element der wissenschaftlichen Theologie?, in ThPr 9 (1974) 72, dove lA.
rileva il punto morto in cui si trova il dialogo interdisciplinare; GISEL P., Histoire et vrit en
conflit. Contribution la question du statut pistmologique de la thologie, partir des travaux
de E. Ksemann (Paris 1977) 603s, dove lA. evidenzia la necessit e le condizioni di una cor
retta collaborazione tra dogmatici, storici e pastoralisti.
112
Cf DAIBER K.-F., Grundri der Praktischen Theologie als Handlungswissenschaft. Kritik
und Erneuerung der Kirche als Aufgabe (Mnchen - Mainz 1977) 24-52.
Capitolo IX
Una corrente di pensiero che, a partire dagli anni 1970, riscuote ampi e
crescenti consensi definisce la teologia pratica come scienza dellazione e, al
linterno di essa, elabora una riflessione speciale per coloro che sono insigniti
di un ministero ordinato (i pastori). Se ne sono illustrate alcune configurazioni in campo protestante nel capitolo precedente. Qui di seguito si presentano
alcuni percorsi maggiori emersi specialmente in campo cattolico, caratterizzato da un progressivo cammino di confronto interconfessionale. Va detto che,
nella maggioranza dei casi, le proposte si muovono sul terreno delle intenzioni e non vanno generalmente oltre la fase di abbozzi, ma non mancano studi
monografici molto consistenti per mole e qualit.
1. CONFIGURAZIONE IN UN SISTEMA DI AUTOREGOLAZIONE
262
reazioni, dei mutamenti, delle riforme e delle prese di posizione che ne hanno interessato tutta la vita. Senza dubbio, la pedagogia religiosa, la sociologia pastorale, la dottrina circa la cura pastorale, la catechetica hanno saputo
elaborare delle indicazioni operative in merito. Tuttavia, si ha limpressione
che la teologia pratica nel suo complesso abbia ancora un lungo cammino
da compiere, anche solo rispetto a quanto fanno le scienze sperimentali del
lazione.2
Essa chiamata ad assolvere due compiti essenziali: 1) un compito scientifico di analisi della prassi cristiana ed ecclesiale in vista del suo cambio; 2)
un compito didattico di formazione degli operatori pastorali. Nel fare ci si
concentra in analogia con le scienze dellazione sullattuale agire umano,
come dato verificabile, nella sua dimensione religiosa (esperienza del contingente) e nelle sue manifestazioni concrete di agire istituzionalizzato, cristiano,
ecclesiale.
Considera, quindi, lazione in un senso molto vasto, per cui ne fanno parte,
ad esempio, la parola, il silenzio, la preghiera, ecc., e sinterroga sui suoi condizionamenti, sui suoi presupposti individuali e comunitari, sui suoi obiettivi,
sulle sue espressioni storiche, sulle sue fasi di attuazione.
A differenza dellesegesi, della storia e della teologia sistematica, non sin
teressa direttamente dei testi in cui la prassi credente si obiettivata, ma piuttosto di questa stessa prassi in quanto oggi vigente e pu essere modificata.
La studia avvalendosi delle scienze dellazione e sviluppando una propria riflessione teologica.3
Per scienze dellazione sintende designare le scienze umane che hanno
come oggetto di ricerca lazione umana, quindi, in modo speciale, la sociologia, la psicologia, la pedagogia, la politologia, le scienze economiche e della
comunicazione. Esse non vengono utilizzate, in sede di teologia pastorale,
come scienze ausiliari, ma come discipline con cui si vuole stabilire un dialogo costante, su un piano di parit quanto ad ambito di ricerca e a carattere
scientifico.
Nellelaborare una propria teoria dellazione cristiana ed ecclesiale, la teologia pastorale trae elementi ideologici tanto dalle altre scienze teologiche
quanto da dette scienze umane. Essa viene cos a costituire il luogo in cui
scienze umane e scienze teologiche si criticano e si correggono a vicenda.4
Partendo dalla prassi cristiana ed ecclesiale analizzata dalle scienze umane,
la teologia pastorale solleva i pi radicali interrogativi teologici allo scopo di
formulare una teoresi che sia direttamente innervabile nella prassi stessa e capace di modificarla. Studia tutti i campi dellazione e prepara dei competenti
Cf ZERFASS R., Praktische Theologie 164s.
Cf ZERFASS R., Zur Organisation des Studiums der Praktischen Theologie, in ZERFASS R. GREINACHER N., Einfhrung in die Praktische Theologie (Mnchen - Mainz 1976) 71.
4
Cf ZERFASS R., Praktische Theologie 165 172s.
2
3
263
in essi. Per questo lagire umano (cristiano ed ecclesiale) diviene il suo tema
centrale, con i corrispondenti interrogativi fondamentali rispondenti alle dimensioni elementari di tale agire: 1) la soggettivit (centralit della persona
che agisce e interagisce); 2) la intersoggettivit (ogni azione umana sempre orientata allagire di altre persone, cio socialmente condizionata); 3)
la storicit (ogni agire umano sempre basato su precedenti scelte umane ed
costantemente dominato dallo spazio di libera decisione di future azioni).
Di conseguenza, chiamata ad affrontare i non pochi problemi che pone
il continuo e caleidoscopico giuoco tra individuo, societ e storia attuale, in
prospettiva di futuro; quindi, i problemi concernenti il progresso, le fasi di
maturazione, i conflitti e i modelli risolutivi, i compromessi, le ideologie, le
strutture e istituzioni, i processi decisionali, la pianificazione e il controllo.5
1.2. Modello regolativo del cambio cristiano ed ecclesiale
Dovendo non tanto definire quale prassi vada rilevata (quella clericale,
quella ecclesiale, quella cristiana, quella religiosa), quanto piuttosto delimitare come tale prassi si modifichi e si sviluppi, la teologia pratica si trova oggi
di fronte al grave compito di elaborare modelli che consentano di analizzare
e verificare scientificamente il divenire e il cambio della prassi cristiana ed
ecclesiale.
Per modello sintende un sistema di segni e di rapporti che, per il numero
di dati significativi collegati tra loro, corrisponde effettivamente alla realt
descritta. Il modello che lautore propone mutuato dalla cibernetica, sin
serisce in un sistema di autoregolazione dellazione cristiana ed ecclesiale e si
configura nel modo qui indicato:
Prassi 1
(1)
(2)
tradizione vigente
(4)
situazione rilevata
(6)
(5)
(7)
(13)
(8)
Teoria
teologico-pratica
(9)
(10)
Prassi 2
(11)
(3)
(12)
264
La riflessione teologico-pastorale parte, per definizione, da una determinata prassi ecclesiale la quale pone dei problemi che provocano una riflessione
(1). La prima reazione dovrebbe essere quella di rifarsi alla tradizione vigente che lha introdotta (2). Tale tradizione comprende, per esempio, i com
portamenti consapevolmente o inconsapevolmente interiorizzati, i modelli e
le regole di comportamento, obiettivati nelle formule di fede, nella dogmatica,
nella morale, nel diritto (4), comportamenti e obiettivazioni che ora vengono
rimessi in giuoco (2). Ne nasce cos, sovente in maniera spontanea che per
pu essere studiata scientificamente (3), una situazione pi o meno conflittuale che pu essere rilevata (6). Per poter agire, si rende necessaria, specialmente a livello di responsabili della comunit ecclesiale, una risposta che aiuti a
superare la fase di disturbo, di conflitto e venga incontro alle nuove esigenze
(10). Per compiere ci simpone un confronto (5) tra la tradizione vigente e i
dati della situazione rilevata, perch questa non va accolta nella sua fattualit,
ma va valutata criticamente alla luce appunto della tradizione vigente e con
riferimento alle nuove esigenze emergenti. questo il compito della teologia
pratica (9), chiamata ad avvalersi dello studio sia della tradizione vigente (7)
sia degli elementi affioranti nella nuova situazione (8). In questo modo, essa si
pone in condizione non solo di offrire delle indicazioni operative (10) per una
nuova prassi (11) nella linea desiderata, ma anche dintegrare i nuovi impulsi
provenienti dalla situazione rilevata (12) e di reinterpretare e riattualizzare i
valori della tradizione vigente (13).
I fattori decisivi contemplati nel modello sono: la tensione, nella prassi
data, tra il patrimonio normativo portato dalla tradizione vigente, che funge
da grandezza normante, e il dato fattuale rilevato dallanalisi della situazione,
che funge da grandezza da regolare; la formulazione di una teoria teologicopratica, che funge da regolatore tra le due grandezze e da generatore di impulsi per la nuova prassi. Questa entra nel circuito di regolazione, per cui diventa, a sua volta, punto di partenza per il proseguo del processo conoscitivo,
che cos mantenuto aperto e in movimento.
Essendo punto di contatto tra patrimonio normativo e dato fattuale, la teoria teologico-pratica assomma in s dati teologici e dati delle scienze umane;
sviluppa teorie di media portata distinte, in quanto tali, da asserti di altro valore con cui lavorano altre discipline teologiche; prospetta inoltre delle ipotesi
che, come tali, vanno sottoposte a verifica nel corso del processo.
Secondo il suo sostenitore, da una teologia pratica cos concepita ci si pu
fondatamente attendere un rilevante apporto per la modifica dellazione cristiana ed ecclesiale.6
6
Cf ZERFASS R., Praktische Tbeologie 165-175. Un modello simile a quello di Zerfass
prospettato anche da P.M. Zulehner in riferimento alla professione pastorale. Questo autore
per interpreta lautoregolazione come avvicinamento allutopia nella ricorrente modifica del
la prassi: cf ZULEHNER P.M., Einfhrung in den pastoralen Beruf. Ein Arbeitsbuch (Mnchen
1977).
265
266
Per ovviare, in sede di teologia pratica, a imprecisioni confusioni e ambiguit indispensabile una previa rigorosa delimitazione dei concetti e linguaggi
utilizzati, attese la molteplicit e diversit dei contesti culturali e delle matrici
scientifiche (concezioni filosofiche, antropologiche, psicologiche, socio
lo
giche...) in cui sono prodotti. Per evitare inoltre di assumere elementi precari
o comunque problematici, che pregiudicherebbero in partenza una corretta impostazione di tematiche teologico-pratiche, imprescindibile chiari
re previamente la validit di tali strumenti di pensiero gi nellambito del
lepistemologia scientifica.11
Poste queste premesse, lautore ritiene (ed una prima tesi generale) che la
teologia pratica vada collocata nel contesto di una teologia intesa, nel suo insieme, come scienza empirica. Nellepoca moderna annota la discussione
filosofica e teologica sul rapporto fede-ragione ha condotto a evidenziare nel
la fede laspetto noetico di sapere, di dottrina, mettendone in ombra il carattere pratico. Le recenti concezioni teologiche, invece, pur nella variet delle loro
ispirazioni e formulazioni (esistenzialismo, personalismo, teologia politica...)
hanno messo in luce che la fede ha sempre a che fare, in qualche modo, con
una prassi storica e sociale, per cui in fondo pu essere colta correttamente
solo come dimensione di tale prassi. In definitiva, non possibile una teologia
N., Einfhrung 91; DAIBER K.-F., Grundri der Praktischen Theologie 61-151.
Si riassumono qui di seguito gli asserti essenziali di METTE N., Theorie der Praxis 314358; ID., Praktische Theologie als Handlungswissenschaft. Begriff und Problematik, in Diakonia
10 (1979) 190-203; ID., Theologie und soziologische Aufklrung. Zur Einfhrung, in METTE
N. - STEINKAMP H., Sozialwissenschaften und Praktische Theologie (Dsseldorf 1983) 11-29;
ID., Von der Anwendungs- zur Handlungswissenschaft. Konzeptionelle Entwicklungen und
Problemstellungen in Bereich der (katholischen) Praktischen Theologie, in FUCHS O., Theologie
und Handeln 50-63.
11
Cf METTE N., Theorie der Praxis 327-335, dove lautore fa riferimento esplicito a concetti
filosofici e a linguaggi sociologici e psicologici (ad es. teoria, prassi, empiria, azione, esperienza,
emancipazione, liberazione, comunicazione, ipotesi, modelli, sperimentazione, verifica...).
ACHER
10
267
(concepita come scienza della fede) non innervata radicalmente in una prassi
storica e sociale. Fa per notare che la teologia pratica incontra difficolt a
lavorare con teorie teologiche universali anche riguardanti direttamente le dimensioni della prassi umana, mentre invece si trova a suo agio nellaffrontare
tematiche emergenti da esperienze e prassi concrete.
La teologia pratica va definita inoltre (ed una seconda tesi generale) nel
quadro di una teologia fondamentale che studia la struttura dellagire cristia
no in base a una teoria della prassi comunicativa ovvero dellinterazione tra le
persone, a partire dalla quale possibile sviluppare le altre discipline teologiche e garantire unimpostazione unitaria allintera riflessione teologica. In
tal modo si dissipa limpressione che la teologia pratica costituisca un sapere
marginale o un corpo estraneo nellenciclopedia teologica.12
2.2. Status della teologia pratica come scienza teologica dellazione
268
269
2.4. Esiti
270
271
la messa in opera delle condizioni per una vita vera, per un libero comportamento intersoggettivo, e della loro anticipazione in sperimentazioni pratiche.
Daltra parte, deve essere consapevole che le decisioni concrete presentano sempre un certo grado di rischio, che non pu essere eliminato da una
teoria. Di conseguenza, le proposte teologico-pratiche per un agire presente
o futuro rivestono lo status di ipotesi pratiche, che possono rivelarsi valide
oppure naufragare.
Dovendo elaborare progetti attinenti i vari campi dellagire di sua competenza e anticiparne lattuazione concreta, la teologia pratica si colloca su un
piano che esige una presa di posizione politica e partitica: essa sinserisce nel
confronto di opinioni, obiettivi e interessi al fine di favorire la pi alta disponibilit al consenso e, quindi, suscitare volont capaci di decisione e di azione.
Compresa in questo orizzonte, essa insieme teoria e prassi di un libero
agire comunicativo in cui implicato il riferimento a Dio.23
3. CONFIGURAZIONE IN RIFERIMENTO A UNA CRITERIOLOGIA, KAI
ROLOGIA E PRASSOLOGIA
Nel quadro di una teologia pratica intesa come scienza dellazione merita
qui di essere recensita la proposta di Paul M. Zulehner, anche se lautore con
tinua a utilizzare la dizione di teologia pastorale.24 Questo pastoralista viennese tenta di delimitare lorizzonte metodologico e contenutistico in cui definire
la teologia pastorale fondamentale (destinata a informare la teologia pastorale
speciale), radunando lintera problematica attorno ad alcuni punti nodali: la
teoria della prassi, la criteriologia, la kairologia e la prassologia o teoria del
cambio. Le sue dipendenze dallo Manuale di K. Rahner, dal progetto di F.
Klostermann e dal dibattito interconfessionale tra gli anni 1970 e 1980 sono
abbastanza palesi.
3.1. Teoria della prassi25
272
suo agire teso al futuro ovvero nel suo perseguire in modo consapevole o
meno un progetto, si realizza. Nella prassi umana, quindi, immanente una
teoria circa lesistenza, a prescindere dalla sua provenienza. Tale progetto im
plicito pu essere colto e messo a tema tramite la riflessione, il cui potenziale critico-orientativo risulta eccedente rispetto al progetto implicito in ogni
prassi umana.
La vita cristiana sidentifica con lagire umano animato dallo Spirito di
Ges. Il futuro della persona ancorato alla memoria di Ges viene iscritto nel
la storia tramite lazione. Si ha cos una prassi cristiana di fede, che si trasforma in carit ed edifica la comunit ecclesiale, originando una prassi ecclesiale.
Levento insuperabile costituito dalla vita, morte e risurrezione di Ges, oltre
a segnare tale prassi, sinnesta ovunque nella storia dellumanit. La Chiesa,
sacramento del mondo, visibilizza e promuove quanto avviene nellinsieme
della storia umana sotto il segno dellevento Ges. Tale progetto innervato
in ogni prassi cristiana ed ecclesiale, con il suo spirito e la sua dinamica, pu
essere tematizzato e divenire teoria della prassi di fede e della prassi della
Chiesa. In altre parole, il singolo cristiano e le comunit ecclesiali hanno una
teoria, pi o meno quotidiana, del loro agire credente; hanno, cio, una specie
di teologia pratica quotidiana.
La disciplina teologica denominata teologia pratica si configura come elaborazione scientifica di tale teoria quotidiana. In effetti, essa sviluppa una
teoria teologica e scientifica della prassi credente ed ecclesiale ereditata dalla
storia di ieri, oggi vigente e protesa verso il futuro.26 Questa disciplina
coinvolta inevitabilmente nella storicit della prassi cristiana ed ecclesiale e la
sua storia bicentenaria lo dimostra allevidenza. Oggi si autocomprende come
teoria critica di tale prassi e si trova in una situazione di tensione: essere specchio della coscienza pratica del passato e, insieme, distanziarsi profeticamente
da tale coscienza per aprire allagire prospettive di futuro.
Lazione o la prassi umana e cristiana sottoposta a un processo distitu
zionalizzazione: inizia come evento spontaneo, che si obiettivizza e solidifica,
dando origine a ruoli e strutture; queste a loro volta assumono la figura di
unorganizzazione. La teologia pratica studia la prassi credente ed ecclesiale
in tale duplice aspetto di evento e distituzione: sinteressa, quindi, della pro
blematica concernente sia il singolo credente sia la comunit cristiana con le
forme di vita da essa storicamente assunte.
Questa disciplina teologica si occupa, da un lato, della prassi religiosa del
la Chiesa: ci un presupposto scontato per i pastoralisti cattolici, data la loro
simpatia teologica per la Chiesa. Si occupa, daltro lato, della prassi religiosa
extra-ecclesiale: a ci diretta lattenzione di alcuni pastoralisti protestanti
(lautore si riferisce espressamente a G. Otto), atteso anche il loro minore
ZULEHNER P.M., Inhaltliche und methodische Horizonte 13; cf ID., Fundamentalpastoral
25-39 [Pastorale fondamentale 22-37].
26
273
27
Lautore fa riferimento esplicito a LUCKMANN TH., The Invisible Religion (New York
1967).
28
Lautore fa riferimento esplicito a BOFF L., Theologie hrt aufs Volk (Dsseldorf 1982).
29
Cf ZULEHNER P.M., Inhaltliche und methodische Horizonte 16-23; ID., Fundamentalpastoral 49-136 [Pastorale fondamentale 47-138].
274
275
Tale obiettivo principale implica pure una configurazione della Chiesa coerente al principio comunit e aperta a una molteplicit di forme sociali in cui
esprimersi. Comporta, infine, una delimitazione dei soggetti dellagire ecclesiale nella rinnovata prospettiva ecclesiologica del Vaticano II e del nuovo
codice, tenendo conto, in particolare, del fatto che larticolazione dei ruoli
intraecclesiali pensabile solo in una visuale storica, testimone di un ampio
ventaglio di possibilit.
3.2.2. Gli obiettivi secondari
Gli obiettivi secondari presenti nella prassi ecclesiale riguardano listitu
zionalizzazione della tradizione, la religiosit popolare e i desideri umani pri
mari. Rispetto allobiettivo principale sono ambivalenti, perch in parte lo
esigono e in parte lo possono ostacolare.
Lesperienza cristiana delle origini (evento fondante) per garantirsi un ricordo fedele e una trasmissione costante si istituzionalizzata in confessioni
di fede, in forme liturgiche, in regole comunitarie e in ordinamenti ecclesiali.
Come ogni istituzione, la Chiesa esposta al rischio dimpegnarsi pi per la
conservazione dellistituzione che per la vitalit del suo senso: le ricche, antiche e burocratiche Chiese nordatlantiche corrono oggi il pericolo di essere
istituzioni povere quanto a esperienza di fede e di carit.
La prassi ecclesiale, assieme alla tradizione derivante da Ges, porta con
s anche molte espressioni religiose rispondenti a desideri umani, che possono rivelarsi utili ai fini della salvezza delle persone, ma essere anche assai
ambigue. In effetti, lattuale religiosit popolare variamente caratterizzata da
una visione privata della salvezza, da ottenere attraverso pratiche rituali, con
la mediazione di alcune persone a ci deputate, plasma in concreto un model
lo criticabile di Chiesa perch mette in ombra la centralit della mediazione
del Cristo: una Chiesa gestita dal clero, preoccupata di tali domande religiose
della gente e tentata di assumere posizioni di dominio di fronte a una massa
passiva e recettiva.
La prassi ecclesiale prassi di persone concrete. In essa confluiscono necessariamente desideri umani primari: avere un nome e una reputazione, disporre di un potere e essere liberi, possedere beni materiali. Alcuni di tali
desideri possono rinforzare lobiettivo principale: ad esempio, laspirazione a
un lavoro creativo e lesigenza di essere riconosciuti e stimati sono una forza
trainante per la prassi ecclesiale. Ma operante nella Chiesa anche una sindrome dellaiuto dal volto ambivalente: ad esempio, quando laiuto offerto ai
bisognosi non ne promuove, senza saperlo, lautosufficienza e provoca, senza
volerlo, dipendenza. Peggio, ancora, quando il compito di gruppi cristiani
e di intere Chiese invocato per coprire altri interessi inconfessati: denaro,
potere politico ed economico, prestigio e privilegi sociali.
276
3.3. La kairologia30
Un secondo tema imprescindibile in un discorso fondante di teologia pratica costituito dalla kairologia, intesa come riflessione teologica volta a accertare la situazione in cui inserita la prassi credente ed ecclesiale.
Tale prassi non atemporale e sovraspaziale; si realizza, invece, nel tempo
e nello spazio, nella storia e nella societ. parte di una situazione storicosociale e si rapporta in modo dialettico a essa: la prassi credente chiamata
a informare la situazione umana storica e sociale; a sua volta tale situazione
contribuisce a far conoscere e formulare gli obiettivi della prassi cristiana ad
essa corrispondenti. La situazione assurge, in tal modo, a luogo teologico per
la prassi credente e, quindi, per la teologia pratica, perch lo spazio temporale (il kairs in termini biblici) in cui lo Spirito di Dio addita alla Chiesa il
cammino da seguire (segni dei tempi).
Dal punto di vista del metodo, la kairologia comporta un inevitabile dialogo tra teologia pratica e scienze umane e sociali. Il motivo comprensibile: la
prassi credente inserita nella storia e nella societ, che sono oggetto di studio di tali scienze. Una teoria scientifica della prassi cristiana deve fondarsi su
unaccurata conoscenza della storia e della societ; , quindi, indispensabile
che recepisca il complesso risultato delle scienze umane e sociali.
Va per precisato che la teologia pratica non assume tale risultato in maniera acritica. Ci impossibile gi per il solo fatto che non esiste il risultato delle scienze umane e sociali. Ci sono piuttosto pi scuole e tradizioni
ideologiche, in s limitate e criticabili. La teologia pratica si trova, quindi,
a doversela vedere con differenti teorie e proposte, per cui del tutto comprensibile che le varie teologie pastorali privilegino, di volta in volta, questo
o quellorientamento sociologico, come avvenuto con lo sviluppo di una
psicologia pastorale, di una sociologia pastorale...
A questa prima riflessione (gi assai differenziata e per nulla unitaria nei
suoi esiti) attinente la situazione sociale e il suo sviluppo la teologia pratica deve aggiungere una seconda riflessione esplicitamente teologica. La realt
storica umana va interpretata come storia rispettivamente di salvezza e di non
salvezza. La situazione storica in tal modo assurge a tempo di salvezza (kairs), in cui la Chiesa chiamata da Dio a operare.
Una kairologia cos concepita sinterroga sul come la Chiesa comprende e
assolve il suo compito tradizionale di fronte allevolversi di una determinata
situazione sociale. Rileva una reciproca relazione tra situazione pastorale e stile pastorale dellazione: questo definito in rapporto alla situazione pastorale,
la quale a sua volta segnata dal senso inerente allagire pastorale.
Lanalisi della situazione contempla distinti passaggi:
Cf ZULEHNER P.M., Inhaltliche und methodische Horizonte 16s e 23-34; ID., Fundamentalpastoral 140-244 [Pastorale fondamentale 141-247].
30
277
278
279
a repentaglio la sopravvivenza della religione; lo statisticismo, riferito al pericolo di sopravvalutare gli apporti dei metodi statistici in ambito teologico.34
4.1. Teologia pratica come teologia applicativa35
280
Il Manuale di Teologia pastorale degli anni 1960 a detta dellautore ha contribuito allo sviluppo di questa concezione.
Il secondo concetto di teologia empirica adottato dai pastoralisti (tra i
quali lautore) che, collaborando con i sociologi, utilizzano metodi empirici
nella loro ricerca teologica diretta a elaborare risposte a questioni teologiche.
Come gli esegeti usano metodi letterari, gli storici metodi storici e i teologi sistematici metodi sistematici, cos i pastoralisti si servono di metodi empirici. Il
criterio comune quello di utilizzare metodi corrispondenti al proprio campo
di ricerca che, nel caso dei pastoralisti, la prassi religiosa presente (non quel
la biblica o storica).
Per van der Ven, oggetto materiale della teologia pratica la descrizione,
spiegazione e valutazione della prassi e comunicazione religiosa e dellazione
pastorale nei diversi campi della Chiesa e della societ, segnati dalla secolarizzazione e dalla modernit. Pi precisamente il suo oggetto non Dio significativo in questo senso il suo confronto con P. Tillich , ma il rapporto
tra la persona umana e Dio, ovvero la prassi religiosa. Dio, oggetto immediato
della fede, pu essere solo oggetto indiretto della teologia. Questa, invece, ha
come oggetto immediato la fede, che pu essere studiata tanto nelle sue fonti
quanto nelle sue forme espressive attuali, appunto nellattuale prassi religiosa.
Questultima pu essere studiata come azione umana individuale o di
gruppo e, quindi, in riferimento a questi aspetti: percezione, conoscenza, affettivit, attitudini, motivazioni, comportamenti; oppure come azione comunicativa in rapporto a questi tre aspetti maggiori: comunicazione costatativa
di una verit, regolativa di comportamenti, espressiva di idee e atteggiamenti;
od ancora come azione progrediente riferita a questi aspetti: tecnico, ermeneutico, trasformatore.
Di conseguenza, suo oggetto materiale in senso ampio lo studio della
prassi religiosa considerata nelle sue condizioni ad intra (istituzioni religiose)
e ad extra (ambiente sociale e culturale) e in tutti gli aspetti elencati. Oggetto
materiale in senso pi ristretto laspetto progrediente dellazione pastorale rapportata alla prassi religiosa compresa nelle sue condizioni e nei suoi
aspetti. Oggetto materiale pi ristretto ancora lazione pastorale vista come
progresso della comunicazione religiosa.
Particolare attenzione posta dallautore nellapprofondire il concetto di
prassi comunicativa ed ermeneutica: i problemi che deve affrontare dovuti alla
pluralit e al conflitto delle interpretazioni tra generazioni, istituzioni, culture,
societ, persone; le condizioni e i limiti della comunicazione; lorientamento
normativo della comunicazione religiosa da collegare a una visuale escatologica, in cui il simbolo basileia (Regno) che ha caratterizzato la prassi di Ges
di Nazaret serve da ispirazione fondante.37
Nel definire loggetto formale della teologia pratica compresa come teoCf Practical Theology: An Empirical Approach 41-76.
37
281
Vedi il cap. X n. 3.
VAN DER VEN, Practical Theology: from Applied to Empirical Theology 18s.
40
VAN DER VEN J.A., Ecclesiologie in context (Kampen 1993): trad. inglese: Ekklesiology in
Context (Cambridge 1996).
41
Cf VAN DER VEN J.A., God Reinveted? A Theological Search in Tests and Tables (Leiden
1998); Formation of Moral Self (Grand Rapids 1998); Education for Reflective Ministry (Grand
Rapid/Louvain 1998).
42
Cf Practical Theology: from Applied to Empirical Theology 19-24; Practical Theology: An
Empirical Approach 77-118.
38
39
282
ricerca teoretica
A
prassi presunta
B
obiettivi normativi
ricerca empirica
C
prassi empirica
D
obiettivi empirici
283
dominio alla teoria sulla prassi come avviene in una teologia pastorale applicativa; e il pericolo di attribuire un predominio alla prassi rispetto alla teoria,
obiezione questa rivolta ad alcune forme di teologia empirica del passato. In
tale modello i risultati della ricerca empirica circa lattuale prassi religiosa non
mettono in ombra la rilevanza degli altri luoghi teologici, come la bibbia, la
tradizione, il magistero ecc., perch teoria e ricerca empirica della prassi non
si situano allo stesso livello; la loro relazione dialettica.
4.4. Il ciclo teologico-empirico43
43
44
284
dei dati. La valutazione teologica pu esser divisa in tre aspetti: interpretazione teologica, riflessione teologica e riflessione metodologica e insieme
teologica.45
A livello di metodi, lautore propone di combinare opportunamente la
ricerca quantitativa, caratteristica dei questionari, con quella qualitativa del
lintervista e delle storie di vita. La differenza tra queste diverse impostazioni
non dipende tanto dal carattere numerico dei dati, n dalla loro eventuale
elaborazione statistica, ma dal fatto se nella ricerca empirica sia stata applicata
da parte del ricercatore la prospettiva della sola osservazione dei fenomeni o
quella della propria partecipazione e coinvolgimento in essi.
La proposta di teologia pratica come teologia empirica del van der Ven ha
suscitato un vasto dibattito specialmente nellarea di lingua tedesca ed olandese.46 Ha riscosso un notevole consenso tra qualificati pastoralisti di lingua
inglese e francese (ad es. M Viau e Don Browning).
La critica teologica internazionale ne ha riconosciuto e evidenziato il notevole apporto alla ricerca ermeneutica ed empirica nella teologia pratica. Un
apporto che ormai si rivela sempre pi imprescindibile in ogni ricerca nel
vasto campo di questa disciplina, che miri a qualificarsi come pienamente
ecclesiale e insieme scientifica.47
In effetti, il suo contributo alla teorizzazione e alla metodologia di questa
disciplina teologica si impone per la sua vastit e rigorosit scientifica e per il
suo spessore teologico, che consente di evitare riduzioni e unilateralit nella
ricerca della teologia pratica.
5. CONFIGURAZIONE IN RIFERIMENTO ALLA SOCIALIT CRISTIANA
285
Lautore imposta la sua ricerca su una comprensione di pratica che riferita al rapporto tra discorso teologico e realt concreta. A differenti concezioni
della pratica corrispondono altrettante configurazioni della teologia pratica.
Le variazioni logiche pi che cronologiche52 del rapporto tra riflessione teologica e realt sono ricondotte a tre momenti.
Un primo momento caratterizzato da un cristianesimo sacrale in cui vi
una sostanziale omogeneit tra i due fattori. In tale contesto, con il termine
pratica sintendono i comportamenti e le attivit umane per le quali il discorso
teologico si pone come normativo.
Ad esso succede un secondo momento caratterizzato dal processo di secolarizzazione, in cui vi la percezione di uneccedenza della realt rispetto
allimpresa teologica. A questo livello, il termine pratica denota larea del secolare e del profano, che la riflessione teologica cerca di annettersi, ampliando il
proprio campo e integrando la propria strumentazione scientifica.
A ci segue un terzo momento, quello attuale, segnato dalla scoperta di
unestraneit tra riflessione di fede e realt culturale. A questo punto, il voca-
Cf LAURET B. - REFOUL F. (ed.), Initiation la pratique de la thologie, 5 voll. (Paris 19821983) [ed. it.: Iniziazione alla pratica della Teologia, 5 voll. (Brescia 1986-1987)].
50
Cf AUDINET J., Quelles pratiques pour la thologie?, ivi V 9-18 [Quali pratiche per la
teologia?, ivi V 7-16].
51
Cf AUDINET J., crits de thologie pratique (Ottawa 1995). Nellopera lA. raccoglie vari
saggi di teologia pratica pubblicati nel corso di un trentennale impegno universitario, indicativi
di un progressiva passaggio, in area francofona, dalle varie teologie pastorali (emerse negli anni
1950 fino agli anni 1970) ai vari modelli o paradigmi di teologia pratica impostisi nei decenni
successivi del secolo XX.
52
AUDINET, Quali pratiche per la teologia? 8s.
49
286
287
60
61
288
listi europei62 ed , senza dubbio, la corrente oggi preminente per non dire
predominante nellarea teologica di lingua tedesca.
Come si avr modo di costatare nei capitoli successivi, da tempo ha superato i confini confessionali e, pur nella molteplicit di proposte e progetti
differenti, riscuote larghi consensi in campo sia cattolico che protestante, per
cui presenta evidenti e rilevanti caratteristiche ecumeniche. In effetti, gli aspetti confessionali differenzianti sono, in fondo, marginali rispetto alle zone di
sostanziale convergenza. Ci dovuto allesigenza di un serio confronto della
riflessione teologico-pratica con le scienze umane dellazione e, soprattutto,
allurgenza di affrontare comuni problematiche che lattuale contesto sociale
pone alla prassi religiosa ed ecclesiale.
Va pure riconosciuto che il dibattito sui fondamenti di una teologia pratica impostata con rigore scientifico ha raggiunto un livello degno di considerazione. Ci non vuol dire che tutti i problemi abbiano ormai ottenuto
una soluzione soddisfacente, come appare dalla riflessione sviluppatasi negli
ultimi due decenni del secolo XX circa il rapporto tra teoria e prassi,63 tra
la teologia pratica e le altre discipline teologiche, e tra teologia pratica e le
scienze umane. Questioni queste, che verranno affrontate successivamente in
apposito capitolo.64
Questa scelta di fondo fatta propria, in ambito spagnolo, ad es., da F.J. Calvo e C. Floristan; in ambito francofono, ad es., da vari pastoralisti, di cui nel libro edito da B. Reymond e
J.-M. Sordet; in ambito britannico ad es. da Cartledge M. J. Tutti questi autori sono citati nella
nota bibliografica.
63
Cf METTE N., Von der Anwendungs- zur Handlungswissenschaft 61s.
64
Si veda il cap. X.
62
Capitolo X
QUESTIONI INTERCONFESSIONALI
DI TEOLOGIA PRATICA
Come si potuto costatare nei capitoli precedenti la ricerca di una configurazione plausibile di teologia pratica ha varcato i confini confessionali e le
numerose proposte sono chiaramente segnate da un costante dialogo ecumenico tra cattolici e protestanti. Ci risulta del tutto evidente su alcune questioni generali di teologia pratica prese in considerazione qui di seguito. Vanno
dagli anni 1960 a fine secolo XX.
1. TEOLOGIA PASTORALE E FORMAZIONE CLINICA DEL PASTORE
IN CAMPO EUROPEO
Cf HOSTIE R., Lentretien pastoral (Paris - Bruges 1963); GODIN A., La relation humaine
dans le dialogue pastoral (Paris 1963).
2
Cf ZIJLSTRA W., Klinischpastorale vorming (Assen 1969) [trad. ted.: Seelsorge-Training.
Clinical Pastoral Training (Mnchen - Mainz 1971)]; STOLLBERG D., Pastoral Counseling, in
HPTh V 378-381; HARSCH H., Ein Vergleich zwischen der pastoralpsychologischen Ausbildung
in Deutschland und USA, in WPKG 62 (1975) 161-175.
1
290
291
292
293
10
294
za della fede nella riflessione e nella preghiera, la teologia chiamata ad assumere la totalit delle prospettive culturali attuali. Di conseguenza, la qualifica
teologica di un sapere dipende dal suo rapporto non con uninesistente teologia in s, ma con una prospettiva di fede. Per cui ogni scienza pu diventare
disciplina teologica attraverso una prospettiva teologica.
Questa definizione di teologia integrata da un secondo asserto secondo
cui la scienza diventa teologia attraverso la sua funzione nella chiesa.
Tale tesi, tradizionale nella teologia protestante a partire da Schleiermacher,
interpretata nel contesto delle scienze empiriche: linteresse della teologia alla
Chiesa il frutto di un suo interesse alla comprensione del mondo tramite le
scienze dellazione. In conclusione, non esiste nessuno studio principale di teologia, ma solo lo studio di singole scienze profane nellinteresse della Chiesa come del singolo. Fare teologia vuol dire accettare le scienze [del mondo
profano e secolare] come scienze di Dio e in questo senso come teologia.
La teologia pratica configurata nel quadro di questa concezione di teologia: essa si costituisce nel dialogo tra fede e scienze dellazione. Il suo testo o
ambito di ricerca il qui-ora delluomo rapportato alla Chiesa. In tale situazione luomo condizionato dalla memoria del passato (tradizione biblica e
postbiblica) e dalle attese di fronte al futuro (proiezione), ma il suo qui-ora
si manifesta anche in molteplici interazioni, specialmente sociali e politiche,
nonch in una complessa dinamica intrapsichica. Il compito fondamentale
della teologia pastorale quello ermeneutico o interpretativo che si muove
tra tradizione, situazione e proiezione, perch deve mediare tra lesperienza
e il diritto degli antenati da un lato, lesperienza e il diritto dei contemporanei dallaltro, e assumere insieme la responsabilit per un futuro degno del
luomo in senso cristiano. Il suo obiettivo elaborare la norma di fede per il
qui-ora umano ed ecclesiale. Il suo criterio interpretativo costituito dalla
presenzialit o contemporaneit della Rivelazione divina, compresa inoltre co
me comunicazione. La Rivelazione non identica alla tradizione, per cui non
consentito scambiare il richiamo degli umanisti ad fontes con un richiamo
ad revelationem. Essa si realizza sempre di nuovo nella situazione di dialogo,
nella comunit in cui la comunione evangelica si esprime in comunicazione
(Mt 18,19s). Per la teologia pastorale, la Rivelazione di Dio si schiude quiora, certamente anche nellincontro di testi e tradizione con noi qui-ora, ma
precisamente con noi (scienze umane) qui-ora (scienze empiriche). questa la prospettiva teologica in cui questa disciplina teologica si colloca nel
lassumere le scienze sociali e dellazione.11
Cf STOLLBERG D., Die Wissenschaften werden Theologie. Gegen das Verstndnis einer
Theologie als Geisteswissenschaft, in EvKom 7 (1974) 17-20; ID., Praktische Theologie, in
PWPA (1975) 846-848 [trad. it.: Teologia pratica, in GASTAGER H. - GRIESL G. (edd.), Dizionario di antropologia pastorale (Bologna 1980) 1143s].
11
295
Lo studio del rapporto tra teoria e prassi una delle strade in cui si sono
intrapresi massicci tentativi per definire lo statuto epistemologico della teologia pratica. Si tratta di una problematica latente negli anni 1960 e rimasta
per lo pi inesplorata nel Manuale. Come si potuto costatare, esso simpo
ne sia in campo cattolico che protestante attorno agli anni 1970,12 e suscita
un vasto dibattito interconfessionale nellambito di questa disciplina. Qui di
seguito si riassumono alcuni contributi significativi prodotti da pastoralisti
cattolici, integrativi di quelli finora esposti.
2.1. La tensione bipolare tra teoria e prassi secondo N. Greinacher13
296
Ivi 105s.
Ivi 106-108.
18
Ivi 108s.
19
Ivi 109s.
20
Ivi 110s.
16
17
297
Daltro lato, ci significa che, in base allevento Ges e alla storia della
sua tradizione, in base alla razionalit critica collettiva divenuta realt storica e in base alle conoscenze mutuate dalle scienze non teologiche, la teoria
deve riflettere criticamente sulla prassi ecclesiale, in vista della liberazione
delluomo. Una teologia pratica cos concepita avr forse spesso il compito
pi di criticare e falsificare la prassi ecclesiale che quello di legittimarla.21
In effetti, la prassi della Chiesa nella societ deve essere una prassi critica.
Ci vuol dire che essa deve costantemente riflettere sulle sue premesse teoretiche, sulle sue implicanze e sui suoi obiettivi, sulla propria efficienza e sui
propri risultati. Per favorire nella Chiesa tale prassi critica, la teologia pratica
deve sviluppare una critica allideologia immanente nella prassi ecclesiale.22
Lattuazione concreta di una teologia pratica cos concepita pu avvenire
solo nel confronto dialogico tra i differenti operatori ecclesiali (pastori, auto
rit ecclesiastiche, teologi...), e inoltre nel confronto con altri agenti che operano nel campo sociale. Tutto questo non possibile in un sistema ecclesiale
autoritario. Si richiede, invece, lesistenza di uneffettiva opinione pubblica
intraecclesiale e della sperimentazione, il che suppone pure la possibilit del
lerrore, ammessa per principio.23
Quanto agli strumenti che consentano tale attuazione: per il corretto passaggio dalla teoria alla prassi privilegiato il modello. Esso rappresenta un
livello medio di astrazione tra, da una parte, la teoria, il principio, la legge e,
da unaltra parte, la prassi, limperativo e la ricetta. Pur non potendo dare
delle direttive, il modello indica, in modo esemplare e impegnativo, come una
teoria pu essere trasportata nella prassi. Su un altro versante, per il corretto
passaggio dalla prassi alla teoria il mezzo importante indicato lesperienza,
e soprattutto lesperienza del contrasto secondo la formula di Schillebeeckx,
cio lesperienza dellopposizione, delle resistenze e di tutte quelle esperienze
negative o dolorose attraverso cui luomo scopre la sua missione storica.24
La formulazione dialettica del rapporto tra teoria e prassi consente di con
figurare la teologia pratica nella forma di ermeneutica teologico-pratica, che
si colloca accanto allermeneutica storico-critica come prospettiva necessaria
della teologia. Mentre lermeneutica storico-critica opera la mediazione tra
levento Ges e la prassi attuale, facendo in modo che il primo passi nella
seconda, lermeneutica teologico-pratica opera la mediazione tra la prassi
attuale e levento Ges continuato nella storia della sua tradizione. Tutti due
i tipi di ermeneutica sono costitutivi della teologia e quello teologico-pratico
riveste un particolare significato per la teologia nel suo complesso.25
Ivi 111s.
Ivi 113.
23
Ivi 113s.
24
Ivi 114s.
25
Ivi 115s.
21
22
298
La messa in atto di una teologia pratica concepita nei termini indicati consente, secondo Greinacher, di superare il pericoloso circolo sia di un sistema
deduttivo di ricette, sia di un adattamento ideologico alla situazione. Consente inoltre di elaborare una disciplina essenzialmente aperta e inserita in un
processo dinamico. In effetti, una teologia pratica intesa come teoria critica
della prassi ecclesiale nella societ non si riferisce unicamente allevento Ges
e alla storia della sua tradizione, non si riferisce solo in modo normativo al
lattuale prassi della Chiesa, ma si fa carico del compito di trascendere lo
status quo teorico e pratico della vita ecclesiale e di anticipare e modellare il
futuro della Chiesa.26
2.2. La teoria al servizio della vera prassi credente secondo K. Leh
mann27
Un altro autore che ravvisa nel rapporto tra teoria e prassi il problema
chiave per la fondazione scientifica della teologia pratica il dogmatico Karl
Lehmann. Per inquadrare tale problema, premette una ricognizione storica
delle concezioni filosofiche in merito degli ultimi due secoli, perch a esse la
teologia pratica ha fatto riferimento nel definire il proprio statuto.28
Il rapporto di questa disciplina con la prassi ecclesiale individuato nella
tensione fra levento salvifico definitivo in Ges Cristo e il mondo di fatto
non ancora salvato, con le sue sofferenze e le sue ingiustizie. Di qui scaturisce la missione della Chiesa: attualizzare tale evento salvifico nella storia
umana. La teologia pratica sinteressa appunto di questo movimento di attua
lizzazione, perch non si deve separare lautoconsapevolezza della fede dalla
sua attuazione concreta. Tale relazione della fede al futuro salvifico da realizzare destituisce di ogni fondamento la presunzione di autosufficienza della
teoria e proibisce ogni tentativo di egemonia di questa sulla prassi.29
In base a queste premesse viene delineato il tipo di rapporto tra teoria e
prassi utilizzabile in sede di teologia pratica. Innanzitutto il concetto di prassi
a cui ci si deve riferire devessere assai comprensivo: Come teoria di una
prassi, la teologia pratica deve innanzitutto supporre le espressioni della vita
della Chiesa e le prassi della fede cristiana. Ci facendo, deve guardarsi dal
lavorare con unidea di prassi troppo ristretta, riducendola ad es. allagire
spontaneo oppure alla manipolazione deliberata. Deve invece prendere in
considerazione tutte le forme di azione e tutti i comportamenti pratico-esi
Ivi 117s.
Cf LEHMANN K., Das Theorie-Praxis-Problem und die Begrndung der Praktischen Theologie, in PThH 81-102.
28
Cf ivi 81-90.
29
Cf ivi 90-92.
26
27
299
stenziali riferibili alla fede cristiana e alle loro manifestazioni, ivi comprese
quelle che non rivestono alcuna efficacia evidente o semplicemente control
labile: la preghiera, la contemplazione, il culto, lascolto, il silenzio. Deve
inoltre prendere in considerazione il potenziale di senso presente nella prassi
stessa, il quale si svela pienamente nella realizzazione effettiva, senza che sia
possibile prescriverlo dallesterno. Tale prassi non arazionale n riconducibile a principi generali: essa contiene un sapere complesso.30
La teoria, a sua volta, devessere innanzitutto animata dallinteresse per la
verit. Linsistenza sullimportanza della conoscenza della verit ci che, se
condo Lehmann, va conservato dellantica visione delle cose che attribuiva il
primato alla teoria, alla contemplazione, allidea, al pensiero. Essa teoria critica: solleva, quindi, interrogativi radicali nei confronti della prassi ecclesiale
e mantiene le distanze dalla medesima. Tutto questo significa che lefficienza
non pu essere assunta come criterio di verit e che la teoria non necessariamente collegata al bisogno sociale, anche se va riconosciuta lopportunit
che essa sia radicata nelle esigenze del proprio tempo. In effetti, la teologia
pratica non pu essere mai troppo teorica, perch solo a tale condizione
pu assolvere in modo duraturo il suo ruolo di critica al serviziodella vera
prassi credente. In pratica, lunit di teoria teologica e prassi ecclesiale sar
tanto pi forte quanto meglio sar mantenuta la loro differenza.31
Secondo lautore, il tipo di rapporti fin qui proposto dovrebbe essere capace di rappresentare lunit di teoria e prassi. Ma ammette che i modelli
concettuali in proposito elaborati (mediazione, unit bipolare, unit dialettica,
sintesi di opposti, identit differenziata) appaiono intrinsecamente limitati,
perch rivestono un senso molteplice ed difficile configurarli concretamente. In particolare, ritiene discutibile che il concetto habermasiano di interesse
rappresenti una mediazione rilevante di teoria e prassi.32
In ogni caso, viene riconosciuto alla prassi un ambito pi vasto rispetto alla
teoria: nessuna teoria premunisce dai rischi della scelta, e senza scelta non si
d prassi. Siccome lagire ecclesiale agire responsabile perch espressione
di libert, e le decisioni sono caricate di rischio, tanto pi alto quanto pi la
prassi si differenzia nettamente dalla teoria, da escludere una concezione
puramente strumentale dellazione ecclesiale, e non giustificabile in teologia
pratica una mentalit tecnocratica. In altre parole, il problema del rapporto teoria-prassi non pu essere trattato in maniera conveniente se non ci si
preoccupa della questione del soggetto che agisce. A questo riguardo, per
Lehmann, la filosofia dellazione di Blondel potrebbe offrire un valido contributo nella riflessione sui presupposti e i compiti della teologia pratica.33
Ivi 92-95.
Ivi 95-98.
32
Cf ivi 98s.
33
Cf ivi 100s.
30
31
300
2.3. Teoria di una prassi basata sul rapporto personale con Dio secondo J. Heinrichs34
301
37
38
302
La riflessione teologico-pratica degli anni 1980-1990 che affronta la tematica del rapporto tra teoria e prassi, non con semplici cenni ma in modo
variamente diffuso, si mossa lungo i seguenti tracciati:
1. La rilettura critica della storia della teologia pratica diretta, da un lato, a
chiarire i molteplici significati rivestiti dalle parole chiave teoria e prassi e le
differenti comprensioni del loro rapporto e, da un altro lato, a giustificare la
recente configurazione della teologia pratica come scienza dellazione.40
2. Laccertamento dei principi di una scienza dellazione e della loro implicanza in sede di teologia pratica. La prassi credente ed ecclesiale va concepita come prassi comunicativa e, quindi, in termini di rapporti intersoggettivi.
Lintero discorso teologico pratico (teoria) va, allora, costruito in tale prospettiva etica delle relazioni interpersonali.41
3. Una pi articolata comprensione della prassi credente ed ecclesiale. Viene
sottolineata lesigenza di superare inveterate concezioni dualiste che separano
fede e azione, con lassunzione di una visione integrale della prassi cristiana ed
ecclesiale, in cui agire e credere sono strettamente uniti, come rilevabile ad
es. nelle azioni elementari del testimoniare e del confessare la fede. A questo
riguardo si dimostra di fondamentale importanza rivisitare la prassi di Ges
di Nazaret centrata sulla rivelazione della presenza del Regno di Dio nella
storia.42 Inoltre viene evidenziato il ruolo che elementi biografici giuocano
nellagire dei fedeli e della Chiesa e, quindi, il posto che la categoria biografia con i suoi contenuti accertati scientificamente deve avere nella riflessione
Ivi 71-73.
Cf ad es. METTE N., Theorie der Praxis; ID., Von der Anwendungs- zur Handlungswissenschaft, in FUCHS O. (Hrsg.), Theologie und Handeln 50-63; OTTO G., Selbstverstndnis, Systembildung und Darstellungsform der Praktischen Theologie, in ThPr 19 (1984) 202-221.
41
Cf PEUKER H., Was ist eine praktische Wissenschaft? Handlungstheorie als Basistheorie der
Humanwissenschaften: Anfragen an die Praktische Theologie, in FUCHS O. (Hrsg.), Theologie
und Handeln 64-79.
42
Cf ARENS E., Elementare Handlungen des Glaubens, in FUCHS O. (Hrsg.), Theologie und
Handeln 80-101; ID., Christspraxis: Grundzge theologischer Handlungstheorie (Freiburg, Basel, Wien 1992).
39
40
303
Unaltra strada, oltre quella dei rapporti teoria-prassi, su cui si sono intraprese consistenti ricerche la relazione tra teologia pratica e scienze umane.
Come si rilevato di volta in volta nel corso dellesposizione, largomento
affrontato con prospettive assai differenziate nei vari progetti e nelle differenti correnti di teologia pratica cattolica e protestante.46
43
Cf ad es. SILLER H.P., Biographische Elemente im kirchlichen Handeln, in FUCHS O.
(Hrsg.), Theologie und Handeln 187-208.
44
Cf KARRER L., Praktische Theologie - ein Januskopf? Die Praktische Theologie in der Span
nung zwischen praxisferner Theorie und theorielosen Praxis. Versuch einer Rechenschaft, in
FZPhTh 30 (1983) 307-329, specialmente 318-329.
45
Cf FUCHS O., Die Praktische Theologie im Paradigma biblisch-kritischer Handlungswissenschaft zur Praxis der Befreiung, in FUCHS O. (Hrsg.), Theologie und Handeln 209-244; FLORISTAN C., Teologa prctica 156-161.
46
Si vedano sopra i nn. 1.5; 1.7 del cap. VI; i nn. 2.5; 3.5 del cap. VII; i nn. 1.1; 1.3; 2.2;
304
305
306
con le scienze umane. Utilizzano distinti linguaggi ispirati ai rapporti interpersonali (ad es. contrasto, cooperazione in Lpple-Scharfenberg) o invece
pi di tipo formale e strutturale (ad es. sintesi, antitesi, dialettica in MllerPozzi). Sono presieduti da distinti criteri normativi: le quattro fasi storiche
proposte da Lpple-Scharfenberg individuano un processo di sviluppo da
una situazione meno matura (contrasto) a una situazione pi matura (cooperazione). Cos pure Mller-Pozzi reputa i primi due modelli (sintesi e antitesi)
criticabili e si schiera a favore di relazioni dialettiche tra teologia e psicologia.
3.2. Paradigmi di rapporti tra teologia pratica e scienze umane secondo H. Steinkamp
53
54
307
308
309
In sede di teologia pratica, lopzione per il soggetto evidente quando questa disciplina ricorre a determinati procedimenti metodologici come sono lo
studio dellazione e della discussione di gruppo nella costruzione della comunit. A tale opzione sono pure strettamente connesse, ad es., la pianificazione pastorale elaborata sulla base di dati ottenuti da ricerche sociologiche sul
campo, e inoltre altre attivit fondamentali come la supervisione e la consulenza pastorale. A tale scelta infine riconducibile la prassi liberatrice attuata
dalle comunit di base latinoamericane: la teologia della liberazione da esse
ispirata propone un modello per un nuovo tipo di rapporto incrociato tra
conoscenze teologiche e acquisizioni sociologiche.
3.2.4. Teologia pratica come sociologia57
Questo quarto tipo di rapporto tra teologia pratica e scienze umane fa
esplodere la tipologia finora descritta, in quanto non pi un modello ideale
di pensiero, ma un modello reale concretamente attuato da discipline teologico-pratiche speciali: la psicologia della religione e la psicologia pastorale, la
sociologia della religione e la sociologia pastorale.
Potrebbe anche essere considerato una variante pratica del terzo paradigma, perch anchesso presieduto da unopzione: il fatto, ad es., che la
psicologia pastorale lavori con una strumentazione ricavata dalla psicanalisi
dipende da una scelta di per s contingente.
Questo quarto tipo interdisciplinare di teologia sorto nel contesto della
recente differenziazione e specializzazione delle scienze, e propone nel ristretto ambito del rapporto tra teologia e scienze umane e sociali ci che avviene in
altri nuovi ambiti di ricerca come la sociologia della medicina, che fa saltare i
confini entro cui sono sistemate le discipline universitarie.
Una configurazione della teologia pratica o di singole discipline teologicopratiche come sociologia accettabile se risponde a precise condizioni. Negativamente, il fatto di lavorare con teorie e metodi sociologici non trasforma
necessariamente la sociologia pastorale in scienza sociale. Positivamente, la
teologia pratica diviene sociologia se, assieme ad altre scienze, studia i fenomeni empirici della religione nella misura in cui ci fa parte della realt sociale
e di un fenomeno umano fondamentale.
Parimenti, la psicologia pastorale e la sociologia pastorale (interessate alle
attivit e strutture ecclesiastiche) si configurano come scienze rispettivamente
psicologiche e sociali, se sono comprese come psicologia e sociologia della
religione.
Secondo Steinkamp, che con i suoi saggi si colloca in questa prospettiva,
nellattuale situazione della ricerca scientifica, la teologia pratica ha ancora
Cf ivi 172-174 [Scienze sociali e teologia pratica 207-210].
57
310
Dagli anni 1970 in poi simpone progressivamente unaltra tipologia attinente i rapporti tra teologia pratica e scienze umane, che interessa per altro
lintera riflessione teologica: la multi- o pluridisciplinarit, linterdisciplinari
t, la intradisciplinarit e la trans- o metadisciplinarit.58
3.3.1. Il modello multidisciplinare59
Si ha una riflessione di tipo multi- o pluridisciplinare quando la soluzione
di un problema non possibile senza un complesso dinformazioni ricavate
da due o pi discipline. La ricezione di tali informazioni non comporta un
confronto tra le scienze interessate, che restano immutate, e le conoscenze da
esse mutuate vengono semplicemente giustapposte.
Secondo Johannes A. van der Ven, un esempio tipico dimpiego di questo
modello pluridisciplinare di rapporti tra teologia pastorale e scienze sociali
offerto dal Manuale. In esso, infatti, praticata una multidisciplinarit indiscriminata, cio unindifferenziata mescolanza di dati teologici e sociologici,
rivelativa della carenza metodologica del Manuale stesso, precedentemente
denunciata.60
In particolare, la proposta di K. Rahner di una duplice fase caratterizzante
i rapporti tra teologia pastorale e sociologia (prima lanalisi sociologica e poi
linterpretazione teologica) presenta una triplice serie di difficolt nelle sue
conseguenze pratiche:
1. Nel configurare la prima fase, la sociologia viene subordinata alla teologia e la teologia viene vincolata alla sociologia. Ora, nellattuale situazione in
Cf ad es. LEFEBVRE M., Linterdisciplinarit dans laction et la rflexion pastorales, in NRTh
93 (1971) 947-962 e 651-671; HAARSMA F., Die soziale Orientierung 114s; BUMLER CH., Zum
Verhltnis von Theologie und empirischer Sozialforschung, in BUMLER CH. - BIRK G. - KEEMAN
J. - SCHMALZ G. - STOLLBERG D., Methoden der empirischen Sozialforschung in der Praktischen
Theologie (Mnchen - Mainz 1976) 239-255; VAN DER VEN J.A., Unterwegs zu einer empirischen
Theologie, in FUCHS O. (Hrsg.), Theologie und Handeln 62-128; ID., Practical Theology: An Empirical Approach (Kampen 1993) 89-112; JONCHERAY J., Le rapport sciences humaines/thologie
en thologie pratique, in REYMOND B. - SORDET J-M., La thologie pratique 61-73.
59
Cf HAARSMA F., Die soziale Orientierung 224; BUMLER CH., Zum Verhltnis 250; e specialmente VAN DER VEN J.A., Unterwegs 65; ID., Practical Theology 89-93.
60
Si veda sopra il n. 1.8 del cap. VI. Nellesposizione si segue la critica al Manuale avanzata
da VAN DER VEN J.A., Unterwegs 65-112; ID., Practical Theology 93-97.
58
311
VAN
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313
314
315
316
70
317
318
72
Cf DREYER J.S., Theological Normativity: Ideology or Utopia? Reflections on the Possible
Contribution of Empirical Research, in VAN DER VEN J.A., SCHERER-RATH M. (eds.), Normativity
and Empirical Research in Theology (Leiden - Boston 2004) 3-16.
73
Cf GANZEVOORT R.R., What You See ist What You Get. Social Construction and Normativity in Practical theology, ivi 17-33.
74
Cf SCHWEITZER F., Which Normativity and what Kind of Empirical Research? From Dualism to Multiple Interplays, ivi 85-99.
75
Cf VAN DER VEN J.A., An Empirical or A Normative Approach to Practical-theological Research? A False Dilemma, ivi 101-135.
Parte quarta
PERCORSI E PROGETTI
IN AMBITO NORDAMERICANO
Nota Bibliografica
ARNOLD W.V., Introduction to Pastoral Care (Philadelphia 1982).
BAGOT I.P., Pastoral, in Catholicisme, hier, aujourdhui, demain [Encyclopdie] vol.
46-47 (1985) 765-774.
BROWNING don S., Practical Theology: The Emerging Field in Theology, Church and
World (San Francisco 1983).
CAMPBELL A. (ed.), Dictionary of Pastoral Care (London 1987).
CHAGNON R. - VIAU M. (dir.), Les tudes pastorales: pratiques et communauts (Mont
ral 1986).
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Capitolo XI
LA TEOLOGIA PASTORALE
1. LA CURA PASTORALE1
322
323
Cf BOISEN A.T., The Exploration of the Inner World (New York 1936).
Cf CABOT R.C. - DICKS R.L., The Art of Ministering the Sick (New York 1936).
7
8
324
Questi abbozzi dottrinali vennero successivamente approfonditi, sul versante psicologico, dai noti studi di C.R. Rogers,9 che diviene linterlocutore
privilegiato di quanti sinteressano della consulenza pastorale e, sul versante
teologico-pastorale, da vari teologi che, tra laltro, allargano la prospettiva della
consulenza specificamente clinica a un pi vasto ambito di consulenza pastorale (Pastoral Counseling) diretta a conferire maggiore incidenza ed efficacia
allintero ministero dei pastori e degli agenti pastorali.10 Rivelano orientamenti
piuttosto differenti. Qui di seguito si riassumono le tesi centrali di alcune opere
di valore pubblicate negli anni 1950, che presentano posizioni differenziate.
Secondo Carroll A. Wise11 e la tendenza che rappresenta, la consulenza
una funzione essenziale del ministero cristiano. Laiuto effettivo il fondamento del servizio al prossimo, come esso predicato a partire dal Vangelo.
Molti clienti sono affetti da reazioni affettive di fronte a situazioni difficili, che
possono essere superate con laiuto di un consulente pastorale. La religione
non vi necessariamente implicata; ve lo pu essere nella figura parentale di
una persona immatura oppure nellatteggiamento di un pastore guidato da
un falso presupposto, secondo cui la religione deve risolvere qualsiasi problema. In definitiva, spetta al consulente decidere se la situazione richiede un
approccio puramente psicologico, atteso il fatto che il problema religioso
espressione di un conflitto affettivo, oppure uneducazione della fede tramite
lannuncio della Parola di Dio. In entrambi i casi, sia il pastore danime sia il
consulente psicologico cristiano sar ben consapevole del significato simbolico di ci che fa o dice a nome di Cristo, per lo meno se avverte il rischio di
cedere alla tentazione di fare giuocare a Dio ruoli che non gli convengono.12
Questimpostazione trova una pi ampia e adeguata definizione e giustificazione nella teologia delle relazioni interpersonali elaborata da Paul Tillich,
il quale distingue tra angoscia patologica e angoscia esistenziale, e riserva la
prima ai terapeuti e la seconda agli esperti di pastorale.13
A un estremo opposto nei confronti di questi teologi si colloca lo studio
metodico di Eduard Thurneysen circa la cura danime,.la cui efficacia va
attribuita in modo determinante, per non dire esclusivo, allannuncio della
parola di Dio.14
Cf ROGERS C.R., Counseling and Psychotherapy (Boston 1962); ID., Client-centered Therapy (Boston 1951); ID., On Becoming a Person (Boston 1961).
10
Cf ad es. ROBERTS D.E., Psychotherapy and a Christian View (New York 1950); OUTLER
A.C., Psychotherapy and the Christian Message (New York 1954); JOHNSON P.E., Pastoral Ministration (London 1955); ODEN TH., Kerygma and Counseling (Philadelphia 1966).
11
Cf WISE C.A., Pastoral Counseling: Its Theory and Practice (New York 1951).
12
Cf ivi 1 11 41 142 167 219.
13
Cf TILLICH P.J., Systematic Theology (Chicago 1951); ID., The Courage to Be (New Haven
1952); ID., The Dynamics of Faith (New York 1957).
14
Si veda sopra il n. 2.2.2 del cap. II.
9
325
Seward Hiltner, psicologo e teologo presbiteriano e alunno di Boisen, assume un atteggiamento pi equilibrato e sfumato rispetto alle due posizioni
estreme appena recensite. Egli armonizza efficacia psicologica e ruolo simbolico nella comprensione della consulenza pastorale. Introduce nella prassi pastorale le tecniche del dialogo a partire dallanalisi attenta di esempi concreti.
La formazione pastorale trova cos un luogo specifico di perfezionamento: la
comunicazione verbale nelle relazioni individuali e collettive. Adotta il metodo rogeriano, ma ne corregge la prospettiva individualistica ed evidenzia
il riferimento della consulenza pastorale al contesto in cui si sviluppa.15 Ma
soprattutto egli prospetta, sulla base della consulenza pastorale, una teologia pastorale che diviene classica nellambiente nordamericano e che venne
ripresa, negli anni 1970, in campo europeo superando, tra laltro, i confini
confessionali.16
2.3.1. Lattenzione pastorale come prospettiva teologica generale
Secondo Hiltner, per elaborare una teologia pastorale adeguata non
sufficiente riferirsi alle concezioni di pastorale impostesi storicamente, e non
basta neppure definire i metodi e le tecniche della ricerca psicologica e sociologica da applicare allarea dellagire ecclesiale. Si rende indispensabile individuare le prospettive generali in cui descrivere, con laiuto degli strumenti
delle ricerche sperimentali, le molteplici espressioni della vita ecclesiale, e in
cui sistemarle in base ai principi e criteri teologico-pastorali.
Da parte sua assume come prospettiva generale lattenzione pastorale
(shepherding) e attorno a essa e in funzione di essa costruisce il suo edificio
teologico-pastorale. Unitamente a tale prospettiva ne assume altre due, giudicate affini: i processi comunicativi (communicating) e i dinamismi organizzativi (organizing). Prese insieme, le tre prospettive ricoprono tutti i punti di
vista in cui pu essere colto e interpretato levento pastorale o ecclesiale. I tre
termini sono usati al participio e non come sostantivi per sottolineare che la
realt pastorale dinamica e attraversata da processi, e come tale percepita
da tali vocaboli.
A suo parere, utilizzando la categoria shepherding come prospettiva, si
possono conservare i contenuti veri delle due concezioni di pastorale impostesi nella storia del protestantesimo, ciascuna delle quali, presa a se stante,
Cf HILTNER S., Pastoral Counseling (New York 1949); ID., The Counselor in Counseling
(New York 1950); ID., Preface to Pastoral Theology (New York 1958); HILTNER S. - COLSTON
L.G., The Context of Pastoral Counseling (New York 1961).
16
Cf HILTNER S., Preface to Pastoral Theology. Si veda il n. 1 del cap. X.
15
326
non consente di cogliere adeguatamente la realt pastorale: quella di un atteggiamento spirituale e operativo del pastore, e quella di unarea precisa del
suo agire, limitata rispetto ad altre aree come la catechesi e la predicazione.17
In effetti, concepita come prospettiva, lattenzione pastorale esprime un
fascio di relazioni tra un soggetto (il pastore) e un referente (le persone a cui
si rapporta il soggetto). Nel pastore mette in luce latto di avere o esercitare
unattitudine o un punto di vista o un tipo di sensibilit che per lui fondamentale e non qualcosa di marginale. In particolare, mette in luce la sua
disponibilit a essere attento ai cristiani in ogni circostanza in cui essi hanno
bisogno o desiderano una sollecitudine affettuosa e pronta. In riferimento
alle persone oggetto dellattenzione pastorale, mette in rilievo i bisogni e le
urgenze di tali persone. Dato il suo carattere relazionale, attenzione pastorale
non va intesa nel senso tradizionale della cura danime; non ricopre neppure
tutte le aree o funzioni ecclesiali; esprime, invece una dimensione dominante
e irrinunciabile di ogni atto della Chiesa e del ministro.
La comprensione cristiana di tale shepherding ravvisata nel comandamento dellamore di Dio e dellamore del prossimo, intesi come indissolubil
mente uniti. Ciascuna delle tre categorie segnalate esprime relazione a Dio e
relazione alluomo, e non luna o laltra relazione come avviene ad esempio,
per la liturgia e per leducazione, le quali, quindi, non possono essere comprese come prospettive.
I contenuti concreti dellattenzione pastorale sono esposti attorno a tre categorie: lhealing diretto alla guarigione e alla salvezza, il sustaining attuato con
forme e metodi adeguati, il guiding di tipo educativo, morale e spirituale.18
Con la seconda prospettiva generale communicating sintende indicare tutti i processi attraverso i quali la Chiesa trasmette il Vangelo. In proposito vengono ripresi molti materiali della catechetica, dellomiletica, della missiologia
e della pubblicistica ecclesiale, considerati per non nella loro cornice tradizionale, bens con una particolare sensibilit al tipo di testimonianza in essi
implicata. A questo riguardo Hiltner tenta di rispondere a interrogativi come
questi: che cosa facilita oggi la comunicazione del Vangelo e che cosa invece
limpedisce? Qual la prassi ecclesiale in questo campo? Come si configura,
ad esempio, il linguaggio della predicazione rispetto al linguaggio attuale, al
linguaggio dei mass media? E siccome ogni struttura e istituzione implicano
dei dinamismi comunicativi, quali sono quelli espressi dalle strutture ecclesiali e cristiane?19
Col termine organizing sintende indicare non gi le tecniche organizzative,
quanto piuttosto lazione organizzativa del discepolato, inteso come servizio
alla formazione della comunit dei deboli, secondo le indicazioni del Vangelo.
Cf ivi 15-18 20 55-69.
Cf ivi 18-20 89-174.
19
Cf ivi 56-61 175-197.
17
18
327
La vita ecclesiale con tutte le sue azioni pu essere studiata in questa prospettiva dei dinamismi organizzativi e con un quadro di riferimento teologico
elaborato scientificamente sulla base degli apporti delle scienze dellazione.
In questo modo lautore recupera molti dati finora sviluppati nellambito del
la conduzione della comunit, della sociologia pastorale, del diritto e della
pastorale liturgica.20
Il passaggio dalla descrizione fenomenologica della vita ecclesiale, con laiuto delle tre prospettive indicate, a una interpretazione teologica della mede
sima delineato in questi termini: quando queste prospettive sono dirette
verso eventi pastorali, con problematiche teologiche in mente e tirando conclusioni teologiche, esse conducono a discipline teologiche operative.21 In
concreto, alla prospettiva shepherding corrisponde la pastoral theology; alla
prospettiva communicating corrisponde la educational and evangelistic theology; alla prospettiva organizing corrisponde la ecclesiastical theology.
2.3.2. Teologia pastorale come teologia incentrata sullazione
Nel definire lambito specifico della teologia pastorale, Hiltner distingue
nettamente, ma senza negarne la necessaria correlazione, le discipline teologiche operative, che sinteressano dellazione, tra le quali annovera appunto
tale scienza, da quelle che sono invece incentrate sulla logica, come la teologia
biblica, storica, sistematica, morale, estetica, comparativa... Le prime riflettono direttamente sulla vita cristiana attuale, e lautore le qualifica come ramo
della teologia incentrato sullazione (operation-centered branch of theology).
Le seconde sinteressano direttamente non della vita cristiana vissuta, ma
piuttosto del senso, sviluppo e significato della fede contenuta in testi scritti, e
inoltre del popolo, degli eventi e delle esperienze che sono a monte di tali documenti scritti. In mancanza di una formula migliore, le qualifica come ramo
della teologia incentrato sulla logica (logic-centered branch of theology).
Nelle discipline operative le conclusioni teologiche, la teoria, i principi
fondamentali emergono primariamente dalla riflessione su azioni o eventi o
funzioni, condotta a partire da una prospettiva particolare. Le discipline logiche, invece, hanno il loro punto focale in qualcosa che soprattutto logico
e necessario come la Bibbia, linterrelazione delle dottrine, lo sviluppo della
storia, il significato morale. Sono dette logiche, perch si vuol suggerire che
la chiave della loro natura sta in unorganizzazione logica della materia.22
Come queste seconde hanno un proprio metodo, quello storico-critico,
elaborato non arbitrariamente ma in base alle esigenze del proprio oggetto
Cf ivi 61-64 198-215.
Ivi 55 e 28, dove viene presentato il prospetto delle discipline teologiche.
22
Cf ivi 20s e 217s.
20
21
328
329
La formazione clinica del pastore con i suoi numerosi centri e la sua rivista
Pastoral Psychology ha continuato ad avere, nellultimo trentennio del secolo
XX, una vasta risonanza nella prassi pastorale nordamericana (meno nella sua
riflessione teologica), nonostante alcuni orientamenti di segno contrario.28
A partire dagli anni 1980 a questa parte, negli ambienti anglosassoni si sta
manifestando un palese cambio di rotta tendente ad aprire nuovi orizzonti
rispetto a quelli della cura pastorale fin qui esposti. La povert, la razza, il
genere (maschile, femminile, ecc.) sono i nuovi temi oggetto di studio. Sono
comparse nuove espressioni sostenute, in alcuni casi, da riviste specializzate.
Il campo teologico delleducazione (Theological Field Education) ne
Cf ODEN TH., Contemporary Theology and Psychotherapy (Philadelphia 1967) spec. 8190; COLEMANN G.D., The Trouble with Pastoral Theology, in AER 168 (1974) 654.
28
Cf ad es. CURRAN CH., Religious Values in Counseling and Psychotherapy (New York
1969); OGLESBY W. (ed.), The New Shape of Pastoral Theology. Essays in honour of Seward
Hiltner (Nashville 1969); HILTNER S., Fnfzig Jahre Clinical Pastoral Education, in WzM 27
(1975) 258-268; STOLLBERG D. - KLESSMANN M., Fnfzig Jahre etwas anderes. Zum 50. jhri
gen Jubilum der Klinischen Seelsorgeausbildung, in LR 25 (1975) 355-361; KENNEDY E., On
Becoming a Counselor (New York 1977); PATTON J., Modern Pastoral Theology in the United
States, in WOODWARD - PATTISON, The Blackwell Reader 49-58. Dagli anni 1970 in poi incominciano ad apparire pubblicazioni pastorali in cui lo scambio di esperienze spirituali diviene la
base di un colloquio e loccasione di un eventuale aiuto terapeutico. Tale tendenza si sviluppa
in un clima che oscilla tra carismatismo e profetismo. Volta le spalle alla maggioranza degli
studi del movimento in esame, ritenuti validi solo in ambito profano e poco utili quando si
tratta di mobilitare energie cosiddette spirituali. Utilizzando un linguaggio religioso, sovente
fluido e a volte teologicamente criticabile, tale tendenza sembra finora poggiare su personalit
capaci di operare guarigioni spirituali. Non presenta assolutamente i mezzi per moltiplicare,
tramite una formazione prudente e precisa, quanti hanno tali carismi. Al riguardo, si vedano:
KELSEY M.T., Dreams: a Way to Listen to God (New York 1978); ID., Christo-psychology (New
York 1982); TYRRELL B.J., Christotherapy: Healing trough Enlightenment (New York 1975); ID.,
Christotherapy II: The Fasting and Feasting Heart (New York 1982).
27
330
una delle forme pi significative. Si tratta di stages obbligatori per tutti coloro
che sono destinati ad esercitare un qualche ministero non limitato ad ambienti ospedalieri, ma allargato al pi vasto campo dazione delle comunit cristiane. La formazione teologica universitaria integrata dallapprendimento
sul territorio di metodi diretti ad aiutare a costruire una riflessione teologica
adeguata alle situazioni concrete in cui si opera, con lausilio di materiali reperibili sul posto.29 In alcuni ambienti si parla, al riguardo, di educazione
cristiana (Christian Education).30
Levoluzione in atto sta facendo passare la teologia pastorale dal paradigma clinico-terapeutico al paradigma ecclesiale-sociale centrato innanzitutto
sulla comunit cristiana considerata nel suo rapporto con la societ. Il ricorso
sempre pi frequente alla formula teologia pratica (Practical Theology) sostitutiva di cura pastorale rivelativo di tale evoluzione tuttora segnata da
persistenti confusioni e da differenti posizioni.31
29
Cf WHITEHEAD J.D. - WHITEHEAD E., Method in Ministry. Theological Reflection in Christian Ministry (New York 1980); HUNTER G., Supervision and Education-Formation for Ministry
(Cambridge 1982); FARLEY E., Theologia. The Fragmentation of Unity of Theological Education
(Philadelphia 1983); KINAST R.L., How Pastoral Theology Functions, in Theology Today 38
(1/1981) 425ss; SCHUSSLER-FIORENZA F., Foundational Theology and Theological Education, in
Theological Education 20 (1984) 107-124; FOWLER J., Practical Theology and Theological Education, in Theology Today 42 (1/1985) 43-58.
30
Cf GROOME T.H., Christian Religious Education (San Francisco 1980).
31
Cf WAY P.A., Pastoral Excellence and Pastoral Theology: A Slight Shift of Paradigm and a
Modest Polemic, in Pastoral Psychology 29 (1984) 46-57; PATTISON S. - WOODWARD J. An Introduction to Pastoral and Practical Theology, in WOODWARD - PATTISON, The Blackwell Reader
in Pastoral and Practical Theology 1-19. Questo orientamento ormai centrato sulla comunit
palese ad es. nel volume, frutto della collaborazione di un folto gruppo di esperti nel campo
della formazione degli operatori pastorali: BROWNING R.L. (ed.), The Pastor as Religious Educator (Birmingham, Alabama 1989).
Capitolo XII
LA TEOLOGIA PRATICA
Alla base della scelta della formula teologia pratica vi un duplice interesse
gi costatato per un fenomeno analogo presente in varie correnti protestanti
e cattoliche europee:
1. il superamento della prevalente impostazione clericale che ha accompagnato storicamente la teologia pastorale;
2.la pi chiara indicazione del campo di studio di questo ramo della teologia, e cio la prassi concreta dei cristiani e delle cristiane, vista in modo
speciale come prassi morale e religiosa, capace di rinnovare la comunit e di
trasformare la realt sociale.
Questo riferimento specifico alla prassi fa s che la teologia pratica sia definita come una disciplina intellettuale ancorata alla vita pratica e diretta ad
esaminarla alla luce della testimonianza della croce.1
Come in ambito europeo, cos in quello nordamericano si hanno differenti
comprensioni dellespressione teologia pratica. Alcuni tendono a confondere
letteralmente la formula teologia pastorale con quella di teologia pratica.
Altri giungono ad affermare che tutta la teologia teologia pratica, dal
momento che si prefigge la formazione degli agenti pastorali. In questo senso
la teologia pratica non una branchia della teologia: il termine pratica caratterizza piuttosto lintenzionalit centrale della teologia compresa come un
tuttuno.2
Altri (e sono la maggioranza) mantengono distinta la teologia pratica dal
le altre discipline teologiche e fanno rientrare nel suo dominio la teologia
pastorale come una sua suddivisione.3 In tale visuale, la teologia pratica
ingloberebbe la teologia pastorale come pure, secondo qualcuno, la teologia
morale, dato che pure questultima ha caratteristiche nettamente pratiche.4
DUBIED P.L., La thologie pratique en tant que thorie, in RThPh 116 (1984) 191.
OGLETREE T.W., Dimension of Practical Theology: Meaning, Action, Self, in BROWNING,
Practical Theology 84s.
3
Cf LAPSLEY, Pastoral Theology, 167.
4
Cf BROWNING DON S., Pastoral Theology in a Pluralistic Age, in BROWNING, Practical Theology 189; WESTERHOFF J.H., Building Gods People in a Materialistic Society (New York 1983)
9 80-84 93.
1
332
333
diretta a guidare la comunit di fede nella prassi della sua missione. Egli
ritiene che il mantenere un approccio dialettico tra teoria e prassi una della
caratteristiche fondamentali della teologia pratica nordamericana.7
Come si potuto costatare ampiamente nel X capitolo, il concetto di prassi
ha subto considerevoli cambiamenti da quando stato introdotto in teologia.
Ci si ispirati non tanto a Marx quanto piuttosto ai filosofi della Scuola di
Francoforte e specialmente ad Habermas.8 Ci vale anche per i pastoralisti
nordamericani, per i quali, da alcuni anni a questa parte, il concetto di prassi
riveste un valore simbolico rilevante.
Pi che una definizione precisa di questo termine (che riferito in ogni
caso allarea morale, religiosa, sociale, culturale e politica), essi sinteressano
piuttosto della dinamica intellettuale che esso mette in moto.
Thomas Groome ha insistito parecchio sul concetto di prassi in unopera
che ha riscosso ampi consensi nel Nordamerica. Per lui la prassi una riflessione attiva, dove la pratica informa la teoria e, viceversa, la teoria modula la
pratica. La prassi cerca di mantenere insieme la teoria e la pratica come due
momenti dellazione umana finalizzata, che in tal modo si arricchiscono vicendevolmente.9 A suo parere, tutta lattivit teologica dovrebbe costruirsi
sulla base di una prassi condivisa (Shared praxis) tra i diversi partecipanti al
processo di azione e di teorizzazione pastorale.
Dermot Lane ha cercato di elaborare una teologia sociale fondata anches
sa sul concetto di prassi. Secondo lui, si starebbe producendo un cambio
radicale in ambito teologico, sollecitati dalla teologia della liberazione. Si
tratta di una rottura metodologica col vecchio modo di fare teologia con la
valorizzazione di due fattori principali dovuti al riferimento essenziale che la
riflessione teologico-pratica fa: 1. allesperienza intesa come fonte primaria
della teologia e, 2. al soggetto, individuale e collettivo, che cerca di costruire
il proprio destino storico.10
Matthew Lamb, dopo aver precisato storicamente i concetti di teoria e di
prassi, ha tentato di classificare alcuni grandi teologi moderni e contemporanei nel quadro di categorie presiedute dal rapporto teoria-prassi. La prima categoria attribuisce il primato alla teoria sulla prassi ed lorientamento
7
FOWLER J.W.M., Practical Theology and the Shaping of Christian Lives, in BROWNING,
Practical Theology 149; cf. ID., Practical Theology and Theological Education 54; TRACY, The
Foundations of Practical Theology 72-76.
8
Cf HABERMAS J., Theory and Practice (Boston 1973) [trad. dalloriginale tedesco]; ID:,
Teoria e prassi nella societ tecnologica (Roma-Bari 1978).
9
Cf GROOME TH., Christian Religious Education, cap. XVII nota 1 e lintero cap. VIII;
ID., Sharing Faith. A Comprehensive Approach to Religious Education & Pastoral Ministry (San
Francisco 1992). Cf KALATHUVEETHIL Th., Grooms Shared Christian Praxis Approach. A critical Analysis of its Educational, Philosophical and Theological Foundations (Rome 1992). Vedi
anche WATSON D.L., Liberating Praxis and Christian Education, in PJ 35 (3/1982) 28-37.
10
Cf LANE D.A., Foundations for Social Theology (Ramsey, N.J. 1984).
334
proprio della teologia cattolica tradizionale, la scolastica. La seconda categoria assegna il primato alla prassi e in essa rientrano Lutero, Schleiermacher e
Troeltsch, per i quali il cristianesimo innanzitutto una prassi situata storicamente nella cultura. La terza categoria sottolinea il primato dellamore-fede e
raggruppa i teologi che rifiutano di situare la fede nel rapporto teoria-prassi,
perch questultimo non rifletterebbe un dato essenziale alla natura umana
(Barth, Urs von Balthasar, ecc.). La quarta categoria sostiene la correlazione
critica, ma a livello teoretico, tra teoria e prassi: rigetta il soprannaturalismo del
la terza categoria, ma mantiene un principio di non identit tra la tradizione
cristiana e le esigenze della teoria e della prassi; risolve cos la contraddizione
col proporre una correlazione mediata dalla teoria o dalla metafisica (Rahner,
Pannenberg, Tracy). Infine, una quinta categoria difende una correlazione critica tra teoria e prassi, attuata per a livello non teoretico come la precedente,
bens prassico; per essa la prassi non soltanto lo scopo ma il fondamento
stesso della teoria (teologia della liberazione).11
Una numerosa schiera di pastoralisti nordamericani fondano le loro proposte di teologia pratica sul concetto di prassi, evocandolo spesso non espres
samente, ma con formule analoghe o ad esso assimilabili. Cos, alcuni parlano
di situazioni in generale12 o di situazioni esperienziali o di situazioni particolari.13 Altri preferiscono utilizzare il termine contesto,14 o lespressione azione
sociale.15 In alcuni ricorre la formula teologia locale, che sta a indicare la
necessit di elaborare una riflessione teologica contestuale.16 Altri tentano di
offrire alle comunit di fede strumenti metodologici che le abilitino a produrre
un proprio pensiero teologico.17 Tutti concordano nel dire che il metodo
della teologia pratica tende a far s che la teoria emerga dalla prassi concreta
o, per lo meno, dialoghi con essa.
Si tratta di un compito facile da enunciare ma assai difficile da attuare. Per
questo gli specialisti sono attualmente molto impegnati nello stabilire e definire i fondamenti della teologia pratica. Lo fanno seguendo differenti tracciati
che vengono ora sinteticamente descritti.
335
Uno di essi il noto pastoralista cattolico, David Tracy, che ha fatto parecchio per stabilire su nuove basi i fondamenti della teologia in generale e,
in particolare, della teologia pratica. Egli ha sviluppato il suo pensiero in un
modello metodologico qualificato come revisionista. il metodo proposto da
P. Tillich della correlazione tra questioni emergenti dallesistenza umana e risposte ricavate dalla rivelazione cristiana. Tracy per lha approfondito e meglio articolato nel suo aspetto di reciprocit, ricollegandosi pi direttamente
a Hiltner. Lha condensato in modo generale in cinque tesi.
Tesi 1. Le due principali fonti della teologia sono la tradizione cristiana,
che si manifesta soprattutto nei testi fondanti, e la situazione contemporanea.
Tesi 2. compito della teologia stabilire una vicendevole correlazione cri
tica dei risultati delle ricerche attinenti queste due fonti. Questa correlazione
critica si costruisce in sostanza come un modello capace di farle entrare in
dialogo con laiuto di un metodo sistematico.
Tesi 3. Il principale metodo di ricerca riguardante la situazione contemporanea pu essere descritto come una fenomenologia della dimensione religiosa
presente sia nella vita quotidiana sia nel linguaggio e nellesperienza scientifica.
Tesi 4. Il principale metodo di ricerca concernente la fonte denominata
tradizione cristiana pu essere qualificato come studio storico e interpretativo
o ermeneutico dei testi cristiani classici.
Tesi 5. Per determinare la validit dei risultati delle ricerche attinenti queste due fonti, il teologo deve avvalersi di una riflessione esplicitamente metafisica o trascendentale.19
Quanto alla teologia pratica, il Tracy la colloca nella cornice di una cosiddetta teologia pubblica, cos connotata perch capace di occupare un proprio
posto in un onesto, aperto e vicendevole dialogo critico con lattuale societ
pluralista considerata in una visuale non solo occidentale, ma planetaria.
Per lui, la teologia pratica deve ovviare alle aporie di due modelli di rifles
sione teologico-pratica tuttora vigenti. Il modello classico e moderno, secondo cui la teologia pratica si limita ad applicare teorie elaborate altrove (ad
18
Cf LONERGAN B., Method in Theology (New York 1972) [trad. it.: Il metodo in teologia
(Brescia 1975)].
19
Cf TRACY D., Blessed Rage for Order (New York 1975).
336
Tesi analoghe a quelle di Tracy sono sostenute da un altro noto pastoralista, il protestante Don S. Browning, quanto al fatto che la teologia pratica non
la pura applicazione della teologia biblica o sistematica, n un sapere facile
Cf TRACY, The Foundations of Practical Theology 61-82; ID., Practical Theology in the Situation of Global Pluralism, in MUDGE - POLING, Formation and Reflection 139-154.
20
337
338
James N. Poling e Donald E. Miller sono altri due pastoralisti che hanno
lavorato attorno ai fondamenti della teologia pratica. Al termine di un giro
dorizzonte in cui hanno preso in considerazione i principali teologi contemporanei che si sono interessati allargomento, i due autori hanno costruito
una griglia di lettura che lascia intendere in maniera chiara le preoccupazioni
epistemologiche degli anni 1980.
Per loro esistono due assi maggiori attorno a cui la teologia pratica si snoda: 1. il ricorso a un metodo critico, che accetta un impegno pi o meno radicale dobiettivazione; 2. il proporre un rapporto pi o meno stretto tra Chiesa
e societ.
Ognuno dei due assi comporta prospettive differenti. Lasse del metodo
critico si dirama in tre direzioni:
Theory and Practice in the Local Church (San Francisco 1983) 220-237; ID., Practical Theology
and Religious Education, in MUDGE - POLING, Formation and Reflection 79-102.
23
Cf MCCANN D.P. - STRAIN R.R., Polity and Praxis. Program for an American Practical
Theology (Minneapolis [Min.] 1985).
339
340
341
342
Recependo gli aspetti positivi di questi vari tipi di teologia pratica, Poling e
Miller definiscono cos questa disciplina: La teologia pratica una riflessione
costruttiva e critica allinterno di una comunit vivente circa lesperienza e
linterazione umana, capace di stabilire una correlazione tra storia cristiana ed
altre prospettive, volta ad elaborare uninterpretazione di senso e di valore,
ed emergente dai quotidiani orientamenti e mezzi finalizzati alla formazione
delle persone e della comunit.32
Lattuazione concreta di una teologia pratica cos concepita comporta la
messa in opera di un cammino metodologico empirico critico, che i due autori ricavano sia dalla tradizione teologica americana basata sullanalisi critica
del vissuto, sia dalla tradizione teologica europea influenzata dalla fenomenologia di Dilthey, Troeltsch e Husserl.33 La scandiscono in sei passi distinti,
complessi e tra loro strettamente correlati, ritenuti essenziali per una riflessione teologico-pratica di tipo tanto accademico che pragmatico.
1. Il primo passo della teologia pratica la descrizione dellesperienza vis
suta. Ci implica in primo luogo lattenzione allesistenza concreta in cui uno
quotidianamente immerso. Include poi la conoscenza riflessa degli eventi
attinta al racconto e alla conversazione e, inoltre, la loro contestualizzazione
attuata attraverso il rilevamento dei loro rapporti rilevanti con vari fattori,
come possono essere, ad esempio: il contesto della storia personale, delle proprie relazioni primarie (familiari, di clan), del proprio riferimento al gruppo,
della propria cultura, del sesso, del proprio potere sociale, economico e politico. La selezione degli eventi rivela la relativit delle visuali e la necessit
che losservatore ne sia consapevole. Ogni descrizione una astrazione della
ricchezza e profondit del vissuto; essa ne pu chiarire il senso, ma anche
impoverirlo ed offrirne una visione distorta.34
2. Il secondo passo della teologia pratica lattenzione critica alla prospettiva e agli interessi. Se vuol essere credibile per il mondo moderno, la
teologia pratica devessere una teologia critica. Qui critica sta a indicare labi
lit sia nel considerare relativo il proprio modo di guardare agli eventi, sia nel
sottoporre a radicale esame critico le proprie prospettive, in modo che tale
atteggiamento favorisca una pi corretta percezione dellesperienza vissuta
e una pi attenta vigilanza nel saper cogliere possibili interessi personali e
distorsioni soggettive ivi implicate.35
3. Il terzo passo della teologia pratica la correlazione di prospettive tra
Ivi 62.
Cf ivi 66-69.
34
Ivi 70-77. Nel descrivere lesperienza vissuta, i due autori dipendono da MELAND B.E.
(ed.), The Future of Empirical Theology (Chicago 1969).
35
Ivi 77-82.
32
33
343
344
345
J.P. Bagot da parte sua riprende tipologie classiche, ma ne offre questa descrizione esaustiva e piuttosto complessa: proclamazione della buona novella;
preghiera e culto (pastorale catechistica, pastorale omiletica, pastorale liturgica); azione educativa (pastorale parrocchiale, pastorale familiare, pastorale
scolastica, pastorale dambiente, pastorale dei movimenti); servizio e carit;
organizzazione e riorganizzazione delle strutture (strutture gerarchiche, regole di condotta, organizzazione della persona e dei gruppi).42
2.7. Una teologia pratica fondamentale secondo Don S. Browning
Nella scia di vari autori fin qui recensiti, Don S. Browning, con un suo
testo importante43 in cui affronta la questione della ricerca teologica nel suo
insieme, si prefigge di precisare la valenza pratica di tutta la teologia e di ricol
locare in essa una teologia pratica strategica (strategic practical theology)
come disciplina specifica.
Al cuore della sua comprensione di teologia pratica c la domanda: Le
chiese e le comunit cristiane come possono essere contemporaneamente co
munit di memoria e comunit munite di una ragione pratica?.44 Come
gi pastoralisti protestanti europei, anchegli prende le distanze dalla teologia
barthiana, che ritiene unilaterale nella misura in cui ripropone unespressio
ne classica del modello che va dalla teoria alla prassi,45 modello che, a suo
dire, stato dominante in Nord America fino a oltre met del secolo XX. In
sintonia con numerosi altri pastoralisti, introduce il concetto di theory-laden,
per rimarcare che tutte le nostre pratiche, anche quelle religiose, sono portatrici di contenuti teorici.46 Purtroppo annota si talmente coinvolti
nella pratica da non essere pi in grado di percepire le teorie innervate in
essa, sviluppando una riflessione che va dalla prassi alla teoria per ritornare
alla prassi.
Allargando questo discorso, Browning propone un modello per lintera
teologia che riassume in questi termini: Intendo sottolineare che lintera
teologia cristiana deve essere pratica sin dal suo cuore. La teologia storica,
sistematica e pratica (nel suo pi specifico senso del termine) dovrebbero
essere considerate come sottoparti di una disciplina pi grande e inclusiva
chiamata teologia pratica fondamentale.47 Questo ampliamento di prospetCf BAGOT J.P., Pastorale, in Catholicisme, hier, aujourdhui, demain [Enciclopdie] vol.
46-47 (1985) 765-774.
43
Cf DON S. BROWNING, A Fundamental Practical Theology. Descriptive and Strategic Proposals (Minneapolis 1991).
44
Ivi 2.
45
Ivi 7.
46
Ivi 6.
47
Ivi 7s.
42
346
Ivi 8.
Cf ivi 44-47.
48
49
347
Ivi 55.
Ivi 55s.
52
Ivi 57.
53
Per una presentazione sintetica di questa teologia pratica strategica in cui lA. integra
quanto ha esposto circa i livelli di riflessione teologico-pratica (sopra p. 342-343) si veda:
BROWNING DON S., Toward a Fundamental and Strategic Practical Theology, in SCHWEITZER F.
- VAN DER VEN J.A. (eds), Practical Theology - International Perspectives 53-74.
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51
Capitolo XIII
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losservazione, la problematizzazione, linterpretazione, linvenzione e la pianificazione. Questo modello metodologico appare lineare, il che ne facilita le
sposizione e la comprensione. Tuttavia, ognuna di queste coordinate solleva
non pochi interrogativi circa il modo di concepirle e di attivarle. E ci comporta un non facile lavoro di chiarificazione teorica e pratica che la prassolo
gia pastorale cerca appunto di compiere. Inoltre, tali coordinate sono strettamente collegate tra loro e interagiscono in maniera costante e dialettica.
Tramite questo cammino metodologico si mira a ri-agganciare, ri-situare,
re-interpretare e ri-creare prassi cristiane e pastorali, che sono ormai non pi
uniformi ma assai diversificate, al fine di collegarle in modo rigoroso con la
cultura attuale e con il Vangelo, e renderle cos pertinenti, coerenti ed efficaci.
La configurazione concreta di questa prassologia pastorale compiuta attraverso unampia collaborazione di pastoralisti, di operatori ed operatrici
pastorali. Prevede la seguente articolazione: la descrizione dei rapporti che
lattuale prassologia pastorale ha con le prassi pastorali e le loro leggi, con
la teologia e le scienze umane; lapprofondimento dal punto di vista teorico,
storico ed empirico dellosservazione; il chiarimento della coordinata proble
matizzazione e dei modelli con cui attivarla; la presentazione dello statuto,
della messa in atto e del metodo dellinterpretazione teologica e pastorale,
corredata da esempi agibili; lidentificazione di sfide, compiti e attivit riguar
danti la rielaborazione delle prassi pastorali con particolare riferimento alla
progettazione e allanimazione; lillustrazione della prospettiva intesa come
anima delle prassi ecclesiali, della prassologia pastorale e del tipo di formazione che contribuisce a realizzare.
Limpresa vasta, complessa e aperta a una costante elaborazione. I loro
ideatori ne sono ben consapevoli e, di fatto, in successive pubblicazioni cercano di chiarire, integrare e approfondire ognuna delle coordinate sopra elencate. Lo si documenter pi oltre, in tema di pastoral studies nei quali questa
prassologia rientra a pieno titolo.
3. GLI STUDI PASTORALI
353
Il primo volume apparso nel 1984 mette in luce le preoccupazioni maggiori dei pastoralisti canadesi. Un notevole numero di articoli cerca di descrivere
dei modelli di pratica pastorale, dove il confronto interdisciplinare occupa
un posto di rilievo. Alcuni hanno scelto di affrontare questioni fondamentali
(ad esempio,, il carattere scientifico della pastorale; il rapporto teoria-prassi
in pastorale; il pluralismo nellazione pastorale; i compiti e gli strumenti del
pastoralista; letica e la metodologia nellosservazione prassologica; i problemi
e le sfide nella pratica dellinterpretazione teologica della prassi pastorale;
lapplicazione alle scienze pastorali delle teorie economiche dellesito...). Altri hanno preferito aprire nuove piste di ricerca in aree generalmente poco
frequentate dalla riflessione teologico-pastorale (ad esempio, le implicanze
etiche del discorso pastorale; i recenti approcci storiografici alle mentalit religiose; le difficolt nel comunicare il proprio atteggiamento critico obiettivo
nelleducazione religiosa; il modello dellanimazione nella formazione pastorale; lintervento pastorale, un prodotto complesso...).6
Nel loro insieme, questi contributi lasciano intravedere un consenso di
base: i pastoral studies non dispongono di un proprio linguaggio, anche se
aspirano a trovare pi ampie convergenze rispetto alla situazione vigente.
Uno dei problemi maggiori senza dubbio quello del luogo dei pastoral stu5
Specialmente lUniversit Laval di Qubec, luniversit di Montral, lUniversit di St.
Michaels College di Toronto e lUniversit di Ottawa.
6
Cf SCHLATTERY M. (ed.), Pastoral Sciences / Sciences Pastorales, vol. 3 (Ottawa 1984).
354
355
liturgici, avvenimenti (come lomelia, la prassi liturgica, la pratica ospedaliera), istituzioni ecclesiali e personaggi reali o fittizi. Dallinsieme del colloquio
emerge che linterpretazione comporta rottura e avventura ma anche fedelt,
tradizione e insieme innovazione. In effetti, se il senso di una prassi pastorale
appare, a prima vista, legato a un dato trasmesso, ci non toglie che esso sia
anche il risultato di un lavoro creativo sorretto da dinamiche dovute alle storie e alle relazioni di quanti vi partecipano.10
Un altro fattore anchesso fondamentale da cui dipende in buona parte
la qualit di ogni prassi ecclesiale lintervento pastorale. Intervenire in un
contesto o su una prassi vigente unazione complessa che mette in giuoco un
saper-fare, un saper-essere ed esige professionalit e responsabilit. Far s che
lintervento pastorale sia pertinente ed efficace comporta saperlo collocare in
un sistema dazione tanto ecclesiale che sociale e sviluppare una metodologia
esperienziale capace di valorizzare i dinamismi propri dellintervento stesso.
Allanalisi critica e valutativa di questargomento venne dedicato un successivo colloquio.
Ci che lo contraddistingue abbastanza nettamente dai precedenti, nei
quali lapproccio era preferibilmente di tipo teorico, il predominante approccio pratico. Esso, infatti, sottopone ad analisi critica e valutativa delle
prassi concrete dintervento pastorale, compiute o in atto in ambienti canadesi e riguardanti i vari campi dellagire ecclesiale (omelia, educazione degli
adulti alla fede, catechesi biblica e simbolica, evangelizzazione e parola, intervento dellepiscopato canadese sulleconomia). Ci consente di scoprire gli
atteggiamenti e i comportamenti che animano tali interventi, i modelli utilizzati, il loro statuto proprio e gli esiti.11
3.2. Pratiche pastorali e studi pastorali
Marcel Viau, noto pastoralista canadese, ha cercato alla fine degli anni
1980 di fare il punto circa lo stato attuale dei pastoral studies nella linea del
GREP.12 Egli distingue opportunamente tra pratiche pastorali, da un lato, e
studi pastorali, dallaltro. Ritiene che alla base di tante confusioni di concetti
stia il fatto di aver disatteso tale distinzione fondamentale.
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357
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359
Di fatto, sul finire del secolo scorso e allinizio del nuovo millennio si
cercato di chiarire e approfondire, ad esempio, le tematiche di tipo fondante
elencate qui di seguito.
15
Nel 1992 si tenuto un Congresso internazionale, ecumenico e francofono di teologia
pratica in cui vennero illustrati lo statuto, i metodi e le prospettive sullargomento emergenti,
tra laltro, dai programmi di teologia pratica di varie facolt teologiche di lingua francese: per
gli Atti del congresso cf: REYMOND B. - SORDET J.-M. (eds.), La Thologie pratique. Statut,
Mthodes, Perspectives davenir (Paris 1993). poi in atto unampia recezione della corrente
statunitense di teologia pratica sopra descritta: cf ad es. BEAUREGARD A., Le rapport entre les
sciences humaines et la thologie: pour un thologie descriptive, ivi, 175-190.
360
1. Il rapporto tra il discorso teologico e il suo oggetto. Il discorso teologicopratico trasforma la classica fides quaerens intellectum in fides quarens verbum
attraverso un lungo giro in cui lesperienza, i linguaggi e le credenze sono
altrettante tappe o fattori essenziali con cui si costruisce il sistema nel suo
insieme. Lesperienza, ivi compresa quella vissuta nelle pratiche pastorali, pu
essere studiata criticamente avvalendosi dei contributi illuminanti offerti dal
pragmatismo nordamericano espresso da C.S. Peirce, W. James, J. Dewey, R.
Rorthy. Per descrivere il suo oggetto di studio la riflessione teologico-pratica
utilizza linguaggi che vanno vagliati in maniera critica. Al riguardo, elementi
costitutivi sono ricavati dalla filosofia del linguaggio prodotta da W.v.O. Quine, N. Goodman, H. Putnam, D. Davidson. La teologia pratica rileva la verit
delle prassi in modo pragmatico e, cio, presumendo che le credenze incluse
in un loro insieme significativo siano in gran parte vere.16
2. La problematizzazione dellapproccio alle pratiche pastorali denominato
research - action - formation. Tale approccio prevede che operatori e operatrici pastorali compiano ricerche socio-religiose sul campo, tra laltro, con
lo strumento delle storie di vita. Applicandolo, sono portati a collocarsi dalla
parte degli intervistati e a considerare le prassi pastorali non pi dalla propria sponda ma da quella degli interlocutori. Questo cambio di prospettiva
rimette in questione le loro comprensioni delle prassi cristiane e i loro a priori
metodologici ritenuti pacifici (rottura epistemologica). Ci conduce, sul piano
operativo, a reimpostare i propri interventi pastorali e a rinnovare la propria
formazione teologico-pratica.17
3. La descrizione e valutazione della metodologia empirica utilizzata nella
teologia pratica con particolare riferimento ai seguenti metodi qualitativi: biografico (detto anche storie di vita), fenomenologico o descrittivo, etnografico
(detto anche osservazione partecipativa, o osservazione in situ), studio dei casi,
teorizzazione ancorata che mira a scoprire la teoria immanente in unesperienza individuale o collettiva, intervista individuale o di gruppo.18
16
Cf VIAU M., La nouvelle thologie pratique (Montral 1993). Per una presentazione sintetica si veda: VIAU M., Practical Theology: Instigator for a new Apology, in SCHWEITZER F. - VAN
DER VEN J.A. (eds.), Practical Theology - International Perspectives 39-51. LAutore ha sviluppato ulteriormente questo approccio in ulteriori studi, nei quali delinea la teologia pratica
come un artefatto teologicocaratterizzato da un universo retorico attinente le credenze, e da
un universo estetico in quanto costruzione che si avvicina a un poema: cf ID., Le Dieu du Verbe
(Montral/Paris 1997); ID., Luniverse esthtique de la thologie (Montral 2002); ID., De la
thologie pastorale la thologie praqtique, in ROUTHIER G.- VIAU M. (eds.), Prcis de Thologie
Pratique 41-53.
17
Cf GRANDMAISON J., Synergie de la recherche, de laction et de la formation dans un
cas-type, in REYMOND B. - SORDET J-M. (edd.), La Thologie pratique 43-60; LEFBVRE S., Perspectives fondamentales et recherche-action, ivi, 201-210; MOLDO R., La recherche-action en formation de formateurs, une dmarche de thologie pratique, in Revue des Sciences religieuses 69
(3/1995) 363-381.
18
Cf VIAU M., La mthodologie empirique en theologie pratique, in ROUTHIER G.- VIAU
361
362
velatrice di una presenza divina che per differente secondo i diversi generi
di pratiche pastorali. Allinterpretazione aggiunger lattestazione attraverso
unadeguata concettualizzazione del proprio discorso teologico-pratico.22
7. Le pratiche cristiane rivisitate in riferimento a valori evangelici fondamentali, vissuti e proclamati da Ges di Nazaret e dai suoi discepoli e discepole
delle origini. Le pratiche cristiane rivestono: una radicale dimensione economica: tutelare e promuovere la vita (la condivisione dei beni materiali per una
vita umana dignitosa di tutti, e lopposizione alla guerra: cf Mt 25,35s); una
dimensione sociopolitica: favorire lintegrazione sociale e condividere il potere
mettendo i piccoli e i poveri al primo posto: cf Mt 18,1ss; una dimensione
etica: promuovere la condivisione del bene-essere e dellamore-agape degli
altri, vicini o lontani, fratelli e sorelle: cf Lc 10,25ss; una dimensione filosofica e
scientifica: condividere il vero, il senso e la saggezza evangelica: cf Mt 11,25s;
una dimensione religiosa ed ecclesiale: condividere la filiazione e la fraternit
come popolo di Dio, corpo di Cristo e tempio dello Spirito; una dimensione
cristiana: condividere la speranza della vita futura ancorata al Cristo risorto, e
la contestazione della condanna a morte.23
8. Lapproccio ermeneutico nella teologia pratica. Valorizzando debitamente
le indicazioni di riconosciuti maestri dellermeneutica (H.G. Gadamer, P. Ricoeur, E. Schillebeeckx...), rilevante per la teologia pratica assumere lazione dello Spirito come orizzonte generale nellinterpretare lattuale situazione
postmoderna.24
5. RILIEVI VALUTATIVI
Allinizio del nuovo millennio, lo stato delle ricerche nelle quattro direzioni indicate non consente di formulare giudizi valutativi definitivi, dato che si
in una fase in pieno sviluppo, caratterizzata da numerose e differenti proposte che sono in larga parte interlocutorie e tuttora, per lo pi, a livello di
suggestioni pi o meno elaborate. Ci che possibile e consigliabile fare :
segnalare alcune linee di tendenza valutabili positivamente; rilevare alcune
problematiche o impostazioni che meriterebbero una certa decantazione e
unulteriore riflessione; riconoscere infine il raggiungimento di alcuni apprezzabili risultati.
1. Quanto alla cura pastorale e alla nascente teologia pratica, sicuramente
Cf NADEAU J.-G., La fonction rvlante des pratiques pastorales, in REYMOND B. - SORDET
J.-M. (eds.), La Thologie pratique 103-116.
23
Cf GAUTHIER M., De la praxis chez les chrtiens ou le pratiques chrtiennes revisites, in
ROUTHIER G. - VIAU M. (eds.), Prcis de Thologie Pratique 137-149.
24
Cf MNARD C., Lapproche hermneutique en thologie pratique, in REYMOND B. - SORDET
J.-M. (eds.), La Thologie pratique 87-102.
22
363
positiva la progressiva valorizzazione della comunit di fede con lo spostamento del punto focale dal paradigma clinico-terapeutico a quello ecclesiale e
sociale. Pure positiva lampia utilizzazione critica degli apporti delle scienze
psicologiche collocati in un orizzonte di fede.
Tuttavia specialmente in ambito protestante, che quello tuttora dominante in questo genere di studi e ricerche, le basi ecclesiologiche della riflessione teologico-pastorale o teologico-pratica e la prospettiva di fede paiono
bisognose di un ulteriore chiarimento o approfondimento, che peraltro
avviato specialmente attraverso il dialogo ecumenico con la Chiesa cattolica
nordamericana.
2.La svolta attuata negli ultimi decenni che ha condotto a impostare la
riflessione teologica nel senso della teologia pratica sopra descritta costituisce,
senza dubbio, un cambio di segno positivo almeno per un quadruplice ordine
di considerazioni:
a)per il confronto aperto e franco con le proposte e i progetti di teologia
pratica europei e con alcune teologie della liberazione latinoamericane;
b)per il modo originale con cui delineata una teologia pratica fondamentale e sono configurati i vari tipi di teologia pratica in aderenza alle contingenze storiche, socio-culturali e religioso-ecclesiali del nordamerica;
c)per limpegno considerevole posto nel ridefinire i fondamenti teologici
di questa disciplina, tenendo conto, da un lato, della tradizione passata e, dal
laltro, degli apporti innovativi della recente riflessione;
d)per il notevole sforzo dimostrato nel definire il metodo proprio di questo ramo del sapere teologico, metodo confessionale, critico e interdisciplinare.
Alcuni temi maggiori toccati nelle varie configurazioni proposte di teologia pratica suscitano delle perplessit e meriterebbero una pi approfondita
considerazione. Questi in particolare:
a)la non sempre chiara distinzione tra dimensione o valenza pratica di tut
ta la teologia e la teologia pratica intesa come disciplina autonoma;
b)linglobare letica nella teologia pratica, quando una distinzione del
le due discipline va mantenuta, perch il momento normativo inerente alla
riflessione teologico-pratica si prospetta diversamente rispetto al comune e
condiviso discorso etico;
c)una delineazione dellinterdisciplinarit che rischia di misconoscere le
caratteristiche proprie del sapere teologico necessariamente collegato a una
tradizione di fede;
d) unarticolazione del metodo della teologia pratica che se, da un lato,
registra indubbi passi avanti rispetto a proposte europee, dallaltro, non distingue ancora, come dovrebbe, la fase progettuale da quella strategica.
3. Quanto alla corrente di pensiero denominata studi pastorali, sono ap-
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INDICE GENERALE
Prefazione.............................................................................................................. 5
Avvertenza alla quinta edizione............................................................................ 7
Abbreviazioni........................................................................................................ 9
INTRODUZIONE.............................................................................................. 13
Parte prima
STORIA DELLA TEOLOGIA PASTORALE
Alcuni momenti significativi
Nota bibliografica.................................................................................................. 19
Cap. I: LA TEOLOGIA PASTORALE IN CAMPO CATTOLICO............... 21
1. Origine e primi sviluppi.............................................................................. 21
1.1. La letteratura pastorale dellepoca postridentina.............................. 21
1.2. La valorizzazione della teologia pastorale da parte di Stefano Rautenstrauch............................................................................................ 22
1.2.1. Il progetto................................................................................. 23
1.2.2. La comprensione della teologia pastorale................................ 24
1.2.3. Rilievi valutativi........................................................................ 24
1.3. Orientamento pragmatico e ateologico della prima manualistica......................................................................................................... 25
1.4. Lorientamento biblico-teologico................................................... 26
2. Lapporto critico di Anton Graf................................................................... 27
2.1. Limpostazione ecclesiologica............................................................. 28
2.2. Lo statuto scientifico........................................................................... 29
2.3. La connotazione pratica................................................................. 30
2.4. Larticolazione della materia............................................................... 31
2.5. Rilievi valutativi................................................................................... 32
3. Limpostazione della seconda manualistica................................................. 33
3.1. Il pratico abbandono dellimpianto ecclesiologico............................ 33
3.2. Lesplicito rigetto dellimpostazione ecclesiologica........................... 34
3.3. La concezione pragmatica della teologia pastorale........................... 35
3.3.1. Natura dellufficio pastorale..................................................... 36
3.3.2. Ambito della riflessione teologico-pastorale............................ 37
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Indice generale
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2.6. Teologia pratica come teoria della prassi del cristianesimo moderno....................................................................................................... 244
2.7. Teologia pratica come teoria di una prassi estetica....................... 246
3. Lapporto del dibattito sullepistemologia teologica.................................... 248
3.1. La teologia pratica nel quadro della storicit della teologia.......... 249
3.2. Teologia pratica e contesto vitale dellesperienza storica di senso 250
3.3. Teologia pratica e prassi comunicativa........................................... 254
3.4. Teologia pratica come teoria di una prassi che valorizza la parola... 257
3.5. Rilievi valutativi................................................................................... 259
Cap. IX: PERCORSI DI TEOLOGIA PRATICA NELLAREA CATTOLICA DEGLI ULTIMI DECENNI.................................................................. 261
1. Configurazione in un sistema di autoregolazione.................................... 261
1.1. Compiti, oggetto e metodo della teologia pratica.............................. 261
1.2. Modello regolativo del cambio cristiano ed ecclesiale...................... 263
1.3. Rilievi valutativi................................................................................... 265
2. Configurazione in riferimento alla prassi comunicativa.......................... 266
2.1. Rigorosit di linguaggio e qualifica pratica dellintera teologia........ 266
2.2. Status della teologia pratica come scienza teologica dellazione....... 267
2.3. Ambito di ricerca................................................................................ 268
2.4. Esiti...................................................................................................... 269
2.5. La cooperazione con le altre scienze dellazione........................... 270
2.6. Teologia pratica e decisioni operative................................................ 270
3. Configurazione in riferimento a una criteriologia, kairologia e prassologia... 271
3.1. Teoria della prassi............................................................................... 271
3.2. La criteriologia.................................................................................... 273
3.2.1. Lobiettivo principale................................................................ 274
3.2.2. Gli obiettivi secondari.............................................................. 275
3.3. La kairologia....................................................................................... 276
3.4. La prassologia..................................................................................... 277
4. Configurazione della teologia pratica come teologia empirica..................... 278
4.1. Teologia pratica come teologia applicativa........................................ 279
4.2. Teologia pratica come teologia empirica............................................ 279
4.3. Implicanze metodologiche................................................................. 281
4.4. Il ciclo teologico-empirico.................................................................. 283
5. Configurazione in riferimento alla socialit cristiana.............................. 284
5.1. Successive comprensioni di pratica e di teologia pratica.............. 285
5.2. Rilievi valutativi................................................................................... 287
6. Annotazioni conclusive............................................................................... 287
Cap. X: QUESTIONI INTERCONFESSIONALI DI TEOLOGIA PRATICA................................................................................................................... 289
1. Teologia pastorale e formazione clinica del pastore in campo europeo....... 289
1.1. Il colloquio pastorale e litinerario formativo del pastore................. 290
1.2. Comprensione europea della proposta nordamericana.................... 291
1.3. Piste di approfondimento teologico del programma pastorale......... 292
2. Il rapporto tra teoria e prassi in teologia pratica......................................... 295
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Indice generale