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BIBLIOTECA DI SCIENZE RELIGIOSE

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MARIO MIDALI

TEOLOGIA PRATICA
1. Cammino storico
di una riflessione fondante e scientifica

Quinta edizione aggiornata

LAS - ROMA

Prima edizione: 1985


Seconda edizione: 1991
Terza edizione: 2000
Quarta edizione: 2005
Quinta edizione: 2011

2011 by LAS - Libreria Ateneo Salesiano


Piazza dellAteneo Salesiano, 1 - 00139 ROMA

Tel. 06 87290626 - Fax 06 87290629 - e-mail: las@unisal.it - http://las.unisal.it

ISBN 978-88-213-0788-1
Elaborazione elettronica: LAS o Stampa: Tip. Istituto Salesiano Pio XI - Via Umbertide 11 - Roma

PREFAZIONE

Chi informato, anche solo in maniera generale e sommaria, della letteratura attinente le discipline denominate teologia pratica e teologia pastorale
sa che, accanto a pubblicazioni aggiornate e volte a fare un discorso rigoroso
o scientificamente fondato, vi tutta una variegata produzione comunemente
qualificata come pastorale. A prescindere da quella a carattere marcatamente
divulgativo, tale letteratura o non adeguatamente informata o presenta impostazioni parziali, per non dire unilaterali e non sempre previamente vagliate, o segue tuttora concezioni pre-scientifiche o comunque datate e decisamente
obsolete. Tale situazione non favorisce certo lazione pastorale o ecclesiale, ma
ne ostacola piuttosto variamente unattuazione il pi possibile unitaria e validamente motivata.
Alla base della presente ricerca vi la lucida e sofferta percezione di questa congiuntura teologica ed ecclesiale, che ha suscitato un duplice interesse,
luno teoretico e laltro pratico. Il primo mira a mettere in chiaro, almeno in
termini generali, a che punto giunta oggi la riflessione teologico-pratica e in
essa quella pastorale, a carattere scientifico e di tipo fondante, prodotta nei vari
contesti culturali ed ecclesiali. Il secondo si prefigge di sottolineare unesigenza
impreteribile per ogni fedele impegnato nel progetto di nuova evangelizzazione
del proprio ambiente di vita e di lavoro: lesigenza dimpostare e attuare una
zione ecclesiale e pastorale unitaria e solidamente fondata, in modo da superare
visioni e prassi parziali, unilaterali, e posizioni ideologiche tanto pi criticabili
quanto pi inconsapevoli.
Nato in un contesto universitario internazionale, formato da studenti prove
nienti da vari continenti e interessati ad acquisire una superiore qualificazione
nellambito di questa disciplina teologica, in vista di una loro pi illuminata ed
efficace presenza nella prassi religiosa ed ecclesiale delle proprie Chiese locali,
questo saggio ha costantemente presente un obiettivo di fondo: prestare rispettosa, di pi, simpatica attenzione alla letteratura teologico-pratica prodotta nei
differenti contesti culturali ed ecclesiali, vagliandola criticamente e valorizzandola debitamente.
Ci allo scopo di favorire, in una seria e corretta comunicazione intraecclesiale e interculturale, un auspicabile pluralismo (rispondente ad autentica cattolicit) di teologie pratiche, espressioni mature di differenti situazioni culturali, re-

Prefazione

ligiose ed ecclesiali. Inoltre, per aiutare a superare atteggiamenti e visioni (purtroppo tuttora presenti tanto al centro che in periferia) tendenti ad assolutizzare
concezioni e prassi particolari e a identificare acriticamente una determinata
prassi ecclesiale o teoria pastorale, ancorch classica, con lazione pastorale della
Chiesa e con la sua dottrina.
La presente ricerca mette ripetutamente in evidenza come in ogni modo di
fare teologia, anche in quelli apparentemente neutrali, vi sempre (lo si sappia e lo si voglia oppure no) una scelta ideologica, culturale e politica, che
necessario e opportuno rendere esplicita. Quella operata in questo volume
(come daltronde in precedenti pubblicazioni del sottoscritto) la scelta evangelica degli ultimi, fiorita nella patria di Papa Giovanni e maturata alla scuola
dellesperienza carismatica di don Bosco, pastore-educatore di giovani poveri
ed abbandonati.
Anche quando la ricerca potr apparire impegnata in tematiche astratte e
interessata a rigorosit scientifica, percepite come variamente distanti dalla pro
blematica degli ultimi, questo resta sempre e consapevolmente lobiettivo
prioritario e centrale. I poveri hanno diritto, non meno di altri interlocutori
dellazione ecclesiale, a essere serviti da guide e da operatori e operatrici pastorali qualificati a livello scientifico. Superficialit, improvvisazione, dilettantismo
e settorialismo, al di l di pur lodevoli iniziative e di generosi sforzi apostolici,
negli attuali contesti umani e religiosi si risolvono purtroppo, spesso e principalmente a danno degli ultimi.
Sono particolarmente grato verso i colleghi F.-V. Anthony, L.A. Gallo e R.
Tonelli che hanno revisionato lopera e, con i loro suggerimenti, hanno contribuito a perfezionarla.
Pasqua 2000

MARIO MIDALI

AVVERTENZA ALLA QUINTA EDIZIONE

Questa nuova edizione del primo volume ne ripropone le prime quattro parti, ne aggiorna la bibliografia e le connesse integrazioni riguardanti la posizione
di alcuni autori.
Ne stralcia la quinta parte che rimanda a un nuovo volume dedicato a offrire
una configurazione aggiornata, dal punto di vista epistemologico, della teologia
pratica generale, nel quale tra laltro, si tiene conto anche di quanto gi pubblicato nel II III e IV volume di teologia pratica dello scrivente.
Questa nuova edizione si limita quindi a presentare la storia della teologia
pratica, con particolare riferimento ad alcuni momenti storici che ne hanno segnato dei cambiamenti illuminanti e significativi.
Pasqua 2011

ABBREVIAZIONI

1. Documenti conciliari e pontifici


AA
AG
CD
DH
DV
ES
GE
GS
IM
LG
NAE
OE
OT
PC
PdV
PO
SC
UR

Apostolicam actuositatem. Decreto sullapostolato dei laici


Ad gentes. Decreto sullattivit missionaria della Chiesa
Christus Dominus. Decreto sullufficio pastorale dei vescovi
Dignitatis humanae. Dichiarazione sulla libert religiosa
Dei Verbum. Costituzione dogmatica sulla divina Rivelazione
Ecclesiam suam. Enciclica di Paolo VI
Gravissimum educationis. Dichiarazione sulleducazione cristiana
Gaudium et spes. Costituzione pastorale sulla Chiesa nel mondo contemporaneo
Inter mirifica. Decreto sugli strumenti della comunicazione sociale
Lumen gentium. Costituzione dogmatica sulla Chiesa
Nostra aetate. Dichiarazione sulle relazioni della Chiesa con le religioni non
cristiane
Orientalium ecclesiarum. Decreto sulle chiese orientali cattoliche
Optatam totius. Decreto sulla formazione sacerdotale
Perfectae caritatis. Decreto sul rinnovamento della vita religiosa
Pastores dabo vobis. Esortazione apostolica postsinodale di Giovanni
Paolo II
Presbyterorum ordinis. Decreto sul ministero e la vita dei presbiteri
Sacrosanctum Concilium. Costituzione sulla sacra liturgia
Unitatis redintegratio. Decreto sullecumenismo

2. Dizionari, opere in collaborazione, riviste


AAS
ABFT
AER
AKtG
BCPE
BThA
ChCr
CivCatt
DC

Acta Apostolicae Sedis


Actualidad Bibliogrfica de filosofa y teologa
American Ecclesiastical Review
Anzeiger Katholischer Geistlichkeit
Bulletin du Centre Protestant dtudes
Bulletin de Thologie Africaine
Christianity and Crisis
La Civilt Cattolica
La Documentation Catholique

10

Abbreviazioni

DPf
DThC
EP
EvKom
EvTh
FZPhTh
HPTh
KZ
IRM
JET
LM
LR
LS
LThK
LV
MD
MkPr
NPG
NRTh
PP
Pastoral-
theologie
PJ
PrMs
PT
PThH
PWPA
RD
Reform
RHEF
RSPhTh
RThPh
RThL
RTM
QS
SP
STh
StPat
ThGl
ThLZ
ThP
ThPr
ThRv
ThS
ThVt

Deutsches Pfarrerblatt
Dictionnaire de Thologie Catholique
Enciclopedia di Pastorale, a cura di B. SEVESO e L. PACOMIO
Evangelische Kommentare
Evangelische Theologie
Freiburger Zeitschrift fr Philosophie und Theologie
Handbuch der Pastoraltheologie, hrsg. von F.X. ARNOLD u.a.
Kirche in der Zeit
International Review of Mission
Journal of Empirical Theology
Lutherische Monatshefte
Lutherische Rundschau
Lebendige Seelsorge
Lexikon fr Theologie und Kirche, begr. von M. BUCHBERGER, hrsg. von J.
HFER - K. RAHNER
Lumire et Vie
Maison Dieu
Monatsschrift fr kirchliche Praxis
Note di Pastorale Giovanile
Nouvelle Revue Thologique
Pastoral Popular
Monatsschrift fr Pastoraltheologie (1911-1965); Pastoraltheologie, Wissenschaft und Praxis (1966-1969)
Perkins Journal
Parole et Mission
Le Point Thologique
Praktische Theologie heute, hrsg. von F. KLOSTERMANN - R. ZERFASS
Praktisches Wrterbuch der Pastoral-Anthropologie
Il Regno. Documenti
Reform der theologischen Ausbildung. Untersuchungen... hrsg. von H.-H.
HESS u.a.
Revue dHistoire de lglise de France
Revue des Sciences Philosophiques et Thologiques
Revue de Thologie et de Philosophie
Revue Thologique de Louvain
Rivista di Teologia Morale
Il Quadrante Scolastico
Studi Pastorali
Studia Theologica
Studia Patavina
Theologie und Glaube
Theologische Literaturzeitung
Theologie en Pastorat
Theologia Practica. Zeitschrift fr Praktische Theologie und Religionspda
gogik
Theologische Revue
Theological Studies
Theologia Viatorum

Abbreviazioni

ThQ
TN
TThZ
TvTh
VTh
VuF
WPKG
WzM
ZThK

Theologische Quartalschrift
Tierra Nueva
Trierer Theologische Zeitschrift
Tijdschrift voor Theologie
Vox Theologica
Verkndigung und Forschung. Beihefte zu Evangelische Theologie
Wissenschaft und Praxis in Kirche und Gesellschaft
Wege zum Menschen
Zeitschrift fr Theologie und Kirche

11

INTRODUZIONE

La presente ricerca unintroduzione a una riflessione teologica che stata


qualificata con una duplice differente titolazione: quella di teologia pratica
e quella di teologia pastorale. La concreta configurazione di tale tipo di riflessione ha avuto una storia plurisecolare segnata da reiterati dibattiti e prese
di posizioni, sia tra le varie scuole teologiche che in ambito interconfessionale.
San Tommaso dAquino pone la questione circa la natura della teologia in
generale, ed afferma che la teologia tratta di realt sia pratiche che speculative, anche se, dovendo riflettere pi sul mistero di Dio che sulle attivit umane,
essa si configura pi come disciplina speculativa che come scienza pratica.1
Secondo lAquinate, la teologia pratica per estensione, nel senso che essa fa
riferimento, almeno indiretto, allagire umano. E siccome egli ritiene che la
teologia una,2 risulta contraria a questa sua prospettiva la proposta di una
teologia pratica speciale, intesa come settore dellintero sapere teologico.
Su una posizione opposta si pone Duns Scoto. Egli definisce la teologia
come scientia practica, perch tratta del fine ultimo della vita umana, che
Dio, e i mezzi per raggiungere tale fine.3 Con ci, egli si ricollega alla teologia
pretomista di Alberto Magno, di Bonaventura e di altri teologi, per i quali la
teologia ha come oggetto proprio non il verum ut verum, ma piuttosto il
verum sub ratione boni salutaris, costituito dal Deus beatificans. Per essi,
la teologia non un esercizio puramente razionale, ma piuttosto un disciplina
volta alla ricerca della salvezza. Convinzione questa, che affonda le sue radici
nellantica tradizione agostiniana, secondo cui la teologia comporta una dimensione pratica, cherigmatica, orientata alla salvezza. La teologia sapida
scientia e, in ultima analisi, pi che scientia, sapientia.
Sul versante cattolico, non pochi teologi, perlomeno i rappresentanti della
successiva scuola neotomista, hanno seguito la concezione di san Tommaso.
Ancora negli anni 1960, la teologia viene identificata con la teologia dogmatica. Solo in senso lato essa include la teologia morale e la teologia pastorale che
negli ultimi secoli si sono costruite come discipline distinte.4
Cf Summa theologiae Ia Iae, q.1, a.4.
Ivi a.3.
3
Cf FINKENZELLER J., Offenbarung und Theologie nach der Lehre des Johannes Duns Scotus
(Mnster 1960).
4
Cf ad es., SCHILLEBEECKX E., Openbaring en theologie (Bilthoven 1964): trad. it. Rivela1
2

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Introduzione

Sul versante protestante, a partire da Lutero, prevalsa la posizione di


Duns Scoto e, nello scenario di una teologia concepita nel suo insieme come
pratica, viene ritagliato uno spazio per una teologia pratica compresa come
disciplina teologica specifica.
Nel periodo del dopo Vaticano II, la tradizionale differenza tra cattolici e
protestanti andata progressivamente scomparendo e si raggiunto una notevole convergenza attorno al concetto di storia della salvezza, secondo cui
la salvifica grazia del Dio di Ges Cristo si realizza nella e attraverso la storia,
cio in e attraverso eventi storici frutto di scelte umane. In questa prospettiva,
la teologia viene sempre pi intesa come teoria critica della prassi religiosa e
cristiana considerata nellintero arco della sua vicenda plurimillenaria.5
Per quanto riguarda, in particolare, la questione della duplice titolazione,
rispettivamente di teologia pratica e di teologia pastorale, negli ultimi
decenni si sono date differenti risposte che per si muovono tutte, quali pi e
quali meno, verso una sostanziale coincidenza.
In campo cattolico, alcuni teologi hanno preferito conservare il titolo teologia pastorale ma unendolo a quello di teologia pratica, intendendo con ci
collocare la riflessione teologica sullazione dei pastori nel pi vasto contesto
dellazione di tutta la Chiesa.6 Qualche pastoralista ha optato per il mantenimento del titolo tradizionale di teologia pastorale senza altra aggiunta, ma
concependo ormai tale sapere nel quadro di una scienza teologica considerata
nel suo complesso pratica, ossia attenta alla prassi ecclesiale sia passata che
attuale e volta ad orientarla.7 Un numero consistente di pastoralisti, specialmente di lingua tedesca, inglese, francese e olandese ha ormai abbandonato
decisamente la titolazione teologia pastorale e ha scelto quella di teologia pratica, allinterno della quale affronta la problematica attinente i doveri e gli
uffici dei pastori.8
zione e teologia (Roma 1966). Si veda inoltre la posizione di Y. Congar riportata al n. 3.3.5 del
cap. I.
5
Cf ad es., SCHILLEBEECKX E., Geloofsverstaan. Interpretatie en kritiek (Bloemendal 1972),
trad. it., Intelligenza della fede (Alba 1975). Inoltre quanto verr esposto nella terza parte del
presente volume.
6
Il noto Manuale di teologia pastorale degli anni sessanta, curato da F.X. Arnold, K. Rahner
e da altri pastoralisti di lingua tedesca, porta il sottotitolo Teologia pratica della Chiesa nel suo
presente. La monografia degli anni ottanta di B. Seveso porta il sottotitolo La teologia pastorale
e i suoi problemi e viene posta come primo numero di una Collana di teologia pratica. Per i
riferimenti precisi si veda la nota bibliografica del cap. I di questo volume.
7
questa la posizione sostenuta ad es. da P.A. Lig: si veda lindicazione precisa alla nota
52 del cap. VII di questa ricerca. In questa linea si colloca lEnciclopedia di Pastorale (Casale
Monferrato 1992) curata da B. Seveso e L. Pacomio.
8
assai indicativo, al riguardo, che la voluminosa ricerca realizzata a livello interconfessionale nel 1974 nellarea di lingua tedesca porti il titolo Teologia pratica oggi. Analoga constatazione va fatta per un altro libro in collaborazione intitolato Dalla teologia pastorale alla
teologia pratica, pubblicato nel 1976 a cura di E. Weinzierl e G. Griesl. Si veda poi il n. 4 del
cap. IX di questo volume. Per larea di lingua inglese cf il n. 2 della quarta parte. Per larea di

Introduzione

15

In campo protestante ci si generalmente attenuti alla denominazione di


teologia pratica. Tuttavia per lo meno sintomatica, al riguardo, la vicenda
della nota rivista Pastoraltheologie: nel giro di poco pi di un decennio ha
cambiato due volte la propria titolazione per ritornare, attorno agli anni 1980,
al titolo iniziale di teologia pastorale.9
Nelle due precedenti edizioni, anche se le conclusioni cui ero giunto consigliavano di adottare il titolo teologia pratica e di considerare la tradizionale
teologia pastorale come parte di essa, ho preferito adottare il titolo Teologia
pastorale o pratica. Due ragioni avevano suggerito tale scelta. Innanzitutto la
situazione piuttosto interlocutoria appena descritta; in secondo luogo e soprattutto lesigenza di favorire un graduale e meditato passaggio, anche in
ambito italiano, dalluso tuttora prevalente di teologia pastorale a quello di
teologia pratica, dato che ormai le due dizioni intendono ricoprire un medesimo ambito e tipo di ricerca, identificato con lattuale agire della comunit
cristiana aperta al pi vasto contesto sociale, multiculturale, plurireligioso e
considerata in una prospettiva di futuro.
Con la terza edizione ho optato decisamente per il titolo di teologia pratica,
che ritengo pi rispettoso degli esiti finali raggiunti dalla ricognizione storica
contenuta nel volume e pi in sintonia con lampio consenso raggiunto in ambito internazionale e interconfessionale.10 Nel corso dellesposizione continuo
a utilizzare luna oppure laltra formula, seguendo in ci luso degli autori di
volta in volta recensiti. Quando unisco le due formule con lespressione teologia pastorale o pratica, intendo riferire il discorso a entrambe le discipline
comunque esse siano configurate.
Come detto, la ricerca si prefigge di mettere a fuoco la complessa e intricata problematica di tipo epistemologico sottesa a tale duplice denominazione
e di evidenziare le soluzioni che si sono man mano proposte. Prende, quindi,
in considerazione le seguenti tematiche generali e di fondo: i differenti significati annessi ai vocaboli pastorale e pratico; loggetto o lambito della teologia
pastorale e della teologia pratica; i tipi di riflessione teologica prodotti da tale
sapere e il metodo o i metodi da esso configurati e utilizzati; le caratteristiche
teologica, pastorale, pratica, scientifica, con cui stata connotata questa disciplina; i suoi rapporti, da un lato, con le altre discipline teologiche e, dallaltro,
lingua francese si veda ad es., REYMOND B. - SORDET J.-M. (edd.), La Thologie pratique. Statut
- Mthodes - Perspectives davenir (Paris 1993). Per larea di lingua olandese si veda ad es., VAN
DER VEN J.B., Practical Theology: An Empirical Approach (Kampen 1993). Per larea di lingua
spagnola si veda ad es., FLORISTAN C., Teologa prctica. Teora y praxis de la accin pastoral
(Salamanca 1991).
9
Cf Pastoraltheologie 10 (1981) 1s; STECK W., Die Wiederkehr der Pastoraltheologie, ivi 1027. Cf inoltre il n. 2.5 del cap. VIII di questo volume.
10
Mi rendo conto che al riguardo perdurano, in ambienti ecclesiali e universitari, delle perplessit. Si veda ad es., SEVESO B., Tracciati e prospettive di teologia pastorale in contesto italiano,
in ANTHONY F.-V. (ed.), Seguire i percorsi dello Spirito (Roma 1999) 25s.

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Introduzione

con le scienze umane; la sua comprensione rispettivamente della teoria teologica che elabora, della prassi religiosa, ecclesiale e pastorale cui si riferisce e,
inoltre, del rapporto tra teoria teologica e prassi cristiana.
Giustificati la scelta del titolo e il suo contenuto sommario, va spesa qual
che parola per spiegare il sottotitolo. Come la prassi religiosa, ecclesiale e
pastorale, cos la riflessione teologica che vi fa riferimento strutturalmente
caratterizzata dalla storicit: si configura ed evolve, cambiando pi o meno
radicalmente, in rapporto al mutare storico della situazione sociale, culturale,
religiosa ed ecclesiale. Di conseguenza, nel tentativo di definire questo sapere
teologico, non si partiti da una propria comprensione di esso, ancorch
legittima e motivata, ma si scelto di percorrerne innanzi tutto il cammino
storico, con alcuni vantaggi evidenti.
Tale procedimento, in effetti, consente di raggiungere una visione globale ed evolutiva di questa disciplina, una specie di storia delle concezioni
teologico-pastorali e teologico-pratiche; aiuta a percepire costanti e prospettive irrinunciabili, a conoscere concezioni criticate, ricorrenti, abbandonate,
a evidenziare questioni sollevate, risolte o lasciate aperte; mette soprattutto in
guardia dallassumere criticabili posizioni unilaterali e riduttive, e dallasso
lutizzare singole comprensioni o impostazioni pi o meno limitate e storicamente obsolete, anche se tuttora purtroppo abbastanza diffuse.
Una questione determinante che, nel suo percorso plurisecolare, questo
tipo di sapere teologico ha dovuto affrontare, riguarda la possibilit e la necessit di una cosiddetta teologia pratica (e teologia pastorale) fondamentale
o generale. In altre parole, possibile e necessario produrre una riflessione
teologica attinente lintera prassi religiosa, cristiana ed ecclesiale, capace di
presiedere e informare le conoscenze concernenti i singoli settori in cui si
articola tale prassi? possibile e necessario identificare e chiarire le comprensioni teologiche di fondo, destinate a ispirare tale prassi in tutte le sue
molteplici espressioni? In breve, possibile e necessaria una teologia pratica
fondamentale, a cui si rifacciano tutte le altre discipline particolari: catechetica, cherigmatica, pastorale liturgica, pastorale giovanile, pastorale sociale,
pastorale sanitaria...? Questo saggio prende in considerazione in modo particolare tale problematica di tipo generale e fondante.
Unaltra questione, pure importante, quella relativa alla possibilit di
una teologia pratica e, in essa, di una teologia pastorale di tipo scientifico. La
questione si posta ripetutamente nei secoli passati ed stata al centro di un
ampio e prolungato dibattito sviluppatosi specialmente negli ultimi decenni e
tuttora aperto. Il problema circa lo statuto scientifico di questa disciplina oggi
, in certo senso, aggravato dalla presenza di una colluvie di pubblicazioni
che passano comunemente sotto il nome di pratico o di pastorale, ma che non
rivestono accettabili caratteri di scientificit. In tal modo, pratico e pastorale vengono identificati, inconsapevolmente o esplicitamente, con sapere prescientifico o divulgativo, ancorch vero e comunque utile.

Introduzione

17

Ovviamente qui implicata la complessa tematica attinente le differenti


concezioni di scienza e il loro utilizzo in sede di teologia in generale, e di
teologia pratica in particolare. Ecco un altro ventaglio di questioni a cui il
presente saggio presta speciale attenzione per i connessi risvolti teoretici riguardanti la comprensione di questa disciplina, e specialmente per le relative
implicanze pratiche, attinenti la formazione degli operatori e delle operatrici
del Vangelo e la pertinenza ed efficacia del loro intervento nella stessa prassi
religiosa ed ecclesiale.
La ricognizione del cammino storico rivisitato da questa riflessione teologico-pastorale e teologico-pratica, a livello fondante e scientifico, si articola in
quattro parti.
Una prima parte, comprendente levoluzione di questa disciplina dal suo
nascere fino alla vigilia del concilio Vaticano II, non si prefigge di ricostruirne
una storia completa (in alcuni settori per altro di difficile attuazione per mancanza di studi previ),11 quanto piuttosto di metterne in luce alcuni momenti
significativi: sono quelli rivisitati dalla storiografia recente, ad esempio, per
la problematica che sollevano, o per gli aspetti innovatori che presentano, o
per le soluzioni che propongono, o per le questioni che lasciano aperte o, pi
in generale, per ancorare lattuale ricerca a un retroterra storico debitamente
esplorato. Si ricostruisce, in distinti capitoli, il cammino storico compiuto in
ambito rispettivamente cattolico e protestante, per evidenziarne le differenze
e i punti di contatto. La ricognizione compiuta volutamente sommaria ma
documentata e per lo meno indicativa di cambi successivamente operati nella
comprensione di questo sapere teologico. Anche i rilievi critici e valutativi,
posti a conclusione delle distinte trattazioni, riprendono generalmente quelli
avanzati dalla storiografica contemporanea e riflettono ovviamente le distinte
concezioni di teologia pastorale o di teologia pratica sostenute dai vari storiografi.
Una seconda parte presenta una visione globale della riflessione teologicopratica prodotta dal Vaticano II che, secondo le indicazioni programmatiche
di papa Giovanni XXIII fatte proprie da Paolo VI, doveva attuare un magistero pastorale.12 Ho ritenuto non solo opportuno e utile, ma necessario
dedicare un ampio spazio allo sviluppo di tale argomento, perch esso costituisce un cambio rilevante nei confronti delleredit cattolica uscita dalle
sperienza tridentina. In effetti, lassise ecumenica rappresenta un traguardo
significativo rispetto alla riflessione pastorale precedente: ne recepisce i numerosi fermenti innovatori e delinea un vasto orizzonte ecclesiologico in cui
ormai va situato un discorso teologico-pratico ad essa fedele. In secondo luo
go, il Vaticano II, prima e pi in l degli asserti fatti a proposito della teologia
11
Cf ad es. REYMOND B., Jalons pour une histoire des thologies pastorales dexpression franaise, in tudes tholog. et relig. (1/1984) 53.
12
Si veda il riferimento preciso alla nota 1 del capitolo III di questo volume.

18

Introduzione

pastorale e delle varie discipline di cui si compone, sviluppa di fatto (senza


tematizzarla) una riflessione teologica di tipo pratico che, a un esame attento
e particolareggiato, si rivela assai articolato. In terzo luogo, specialmente con
la Dei Verbum, la Lumen gentium e la Gaudium et spes, esso apre prospettive
e offre suggestioni assai illuminanti e stimolanti per una rinnovata comprensione di questa disciplina teologica, come la storia successiva di tale scienza
ha ampiamente dimostrato.
Nelle altre due parti si passano in rapida rassegna le correnti e i progetti
di teologia pastorale e di teologia pratica, a carattere fondante e variamente
rinnovatori, emersi dagli anni 1960 in poi in ambito europeo e nordamericano. Ho dedicato ad ognuno di essi unapposita trattazione perch si in
presenza di differenti contesti socio-culturali e religioso-ecclesiali in cui lo
studio della problematica in esame ha seguito propri percorsi, che meritano
di essere studiati distintamente, nellottica di un ben inteso policentrismo ecclesiale, compreso come espressione di una corretta e aggiornata concezione
della cattolicit, non solo estensiva ma pi ancora intensiva della Chiesa.13
Inoltre, per quanto concerne larea europea, ho ridistribuito, in vari capitoli,
le proposte emerse in ambito cattolico e quelle avanzate in ambito protestante e nel dialogo interconfessionale, per favorire una migliore percezione dei
punti di differenziazione e di convergenza man mano chiariti e approfonditi.
In ognuna di esse si cercato, nei limiti del possibile, di prendere in considerazione i vari teologi e pastoralisti, dando maggiore spazio a coloro che
hanno sviluppato un pi ampio discorso o che comunque hanno offerto un
apporto innovativo. Si tenuto conto dei differenti contesti culturali ed ecclesiali. Certamente, larea di lingua tedesca risulta pi largamente rappresentata
e recensita rispetto, ad esempio, a quella di lingua francese, inglese, italiana
e spagnola; ma ci rispecchia un dato storico obiettivo: larea in cui questa
disciplina nata come scienza e si sviluppata a livello universitario con lappoggio dellautorit civile ed ecclesiastica.
Si pure tentato didentificare le distinte posizioni espresse, di ricostruire
concisamente i dibattiti avvenuti o tuttora in corso, dindividuare convergenze
man mano raggiunte, di segnalare i passi avanti compiuti e di delimitare i tracciati oggi aperti allulteriore ricerca. I rilievi critici, estremamente contenuti,
posti a conclusione di ogni esposto particolare, raramente sono espressione
di un parere personale; ho preferito generalmente riportare quelli avanzati
nel progressivo evolvere del dibattito teologico che, a partire dagli anni 1970,
supera i confini confessionali e continentali e diviene sempre pi ecumenico e
internazionale, oltre che multidisciplinare e interdisciplinare.

13
Cf METZ J.B., In cammino verso una chiesa mondiale culturalmente policentrica, in
KAUFMANN F.X. - METZ J.B., Capacit di futuro. Movimenti di ricerca nel cristianesimo (Brescia
1988) 89-121. Largomento verr trattato in modo pi diffuso nel vol. II della presente ricerca.

Parte prima

STORIA DELLA TEOLOGIA PASTORALE


Alcuni momenti significativi

Nota Bibliografica
ARNOLD F.X., Grundstzliches und Geschichtliches zur Theologie der Seelsorge. Das
Prinzip des Gott-Menschlichen (Freiburg i.B. 1949).
, Seelsorge aus der Mitte der Heilsgeschichte. Pastoraltheologische Durchblicke (Frei
burg i.B. 1956).
, Pastoraltheologische Durchblicke (Freiburg i.B. 1965) [trad. it.: Storia moderna
della teologia pastorale (Roma 1970)].
BIRNBAUM W., Theologische Wandlungen von Schleiermacher bis Barth. Eine Enzyklopdische Studie zur praktischen Theologie (Tbingen 1963).
CALVO F.J., Pastoral, in FLORISTAN C. - RAMAYO J.J. (a cura), Conceptos fundamentales
de pastoral (Madrid 1984).
CULBERTSON PH. - BRADFORT SH., The Pastor. Readings from the Patristic Period (Minneapolis 1990).
DORFMANN F., Die Ausgestaltung der Pastoraltheologie zur Universittsdisziplin und
ihre Weiterbildung (Wien - Leipzig 1910).
FLORISTAN C., Teologa prctica. Teora y praxis de la accin pastoral (Salamanca 1991)
123-191.
FGLISTER R., Die Pastoraltheologie als Universittsdisziplin. Eine historisch-theolo
gische Studie (gedr. diss. Basel 1951).
GENRE E., La teologia pastorale in area protestante, in StPat 44 (1997/1) 15-26.
HEITINK G., Practical Theology: History, Theory, Action Domains. Manual for Practical Theology (Grand Rapids 1999).
KLOSTERMANN F. - MLLER J. (Hrsg.), Pastoraltheologie. Ein entscheidender Teil der
josephinischen Studienreform 1777-1977 (Wien - Freiburg - Basel 1979).
MARL R., Le projet de Thologie pratique (Paris 1979).
SCHURR V., Teologia pastorale, in VAN DER GUCHT R. - VORGRIMLER H. (edd.), Bilancio
della teologia del XX secolo vol. III (Roma 1972) 399-469.

20

Parte I: Storia della teologia pastorale

SCHUSTER H., Die Geschichte der Pastoraltheologie, in HPTh I 40-92.


SEVESO B., Edificare la Chiesa. La teologia pastorale e i suoi problemi (Leumann-Torino
1982).
Teologia pastorale, in SEVESO B. - PACOMIO L. (edd.), Enciclopedia di Pastorale. I.
Fondamenti (Casale Monf. 1992) 401-432.
WEINZIERL E. - GRIESL G. (Hrsg.), Von der Pastoraltheologie zur Praktischen Theologie
1774-1974 (Salzburg - Mnchen 1975).

Fin dagli inizi, nella Chiesa presente una percezione intuitiva dellagire
delle comunit cristiane guidate dai loro pastori. Tale percezione si esprime
in descrizioni, valutazioni, perorazioni, prese di posizione che contengono,
almeno inizialmente, un pensiero pratico. Basti pensare, per lantichit, al
lomiletica.
Nel corso della storia questo pensare diffuso diviene pi consapevole e
d origine a una cosiddetta letteratura pastorale in certo modo specifica, con
sistente e significativa, attinente la figura e le attivit del vescovo e, in subordine, del prete.
Nel periodo patristico si presenta sotto forma di trattato: i testi classici so
no la Apologia sulla sua fuga, di san Gregorio Nazianzeno (v. 330-389/ 390),
Sul Sacerdozio, di san Giovanni Crisostomo (v. 349-407), Sui doveri dei chierici, di santAmbrogio di Milano (v. 340-397), la Lettera a Nepoziano, di san
Girolamo (v. 350-419/420).
Sul finire della patristica, la Regola pastorale di san Gregorio Magno (v.
540-604) inaugura il genere dello speculum riguardante il tipo ideale di vescovo, che percorre tutto il Medioevo.
La relativa stabilizzazione delle forme di cura danime, come il lavoro pastorale e la prassi della confessione, promosse tra laltro dal concilio Lateranense IV (1215), introduce il filone letterario dei Manualia curatorum.
Questi precedenti storici hanno reso possibile, a partire dal concilio di
Trento, il configurarsi di una riflessione esplicita sullazione del pastore dani
me concepita come disciplina teologica e denominata teologia pastorale.
La rapida e sintetica ricognizione di alcuni significativi momenti storici
attinenti la nascita e lo sviluppo di tale disciplina prende in considerazione
due filoni di pensiero, indicati in campo cattolico generalmente con lespres
sione teologia pastorale e in campo protestante preferibilmente con la formula
teologia pratica.
Li si presenta in due distinti capitoli. Tuttavia, come si avr modo di rilevare, nella variegata vicenda storica di tale duplice corrente di pensiero vi sono
stati periodi di pi o meno ampia coincidenza quanto a problemi, interessi e
impostazioni; momenti di confronto critico e periodi caratterizzati da differenti comprensioni e sviluppi; di recente si inaugurato un proficuo dialogo
interconfessionale.

Capitolo I

LA TEOLOGIA PASTORALE IN CAMPO CATTOLICO

1. ORIGINE E PRIMI SVILUPPI

Nella Chiesa cattolica la teologia pastorale nasce dietro limpulso decisivo


del concilio di Trento e come attuazione pratica del progetto di riforma da
esso elaborato. Sollecitato dallemergere prepotente dellistanza di rinnovamento della vita ecclesiale, tale Concilio recepisce la tradizione largamente
diffusa del periodo immediatamente precedente circa il tipo ideale di vescovo1 e individua il punto di forza e la chiave di volta della riforma della Chiesa
nella figura del pastore, dichiarato protagonista della vita ecclesiale. In effetti,
le prescrizioni dei decreti de reformatione (sessioni 23 e 24) riguardanti i criteri di scelta dei vescovi, i loro compiti e lideale del loro comportamento, i
compiti del parroco, lobbligo di residenza per vescovi e parroci, il principio
di territorialit delle circoscrizioni ecclesiastiche, il dovere per il vescovo della
visita pastorale, la formazione adeguata e specifica del clero (istituzione dei
seminari) delineano un disegno coerente di riforma della Chiesa che si risolve
nella determinazione delle caratteristiche della figura ottimale del pastore.
Tale progetto trova esemplari realizzazioni in alcune grandi figure di vescovi,
ad esempio, in san Carlo Borromeo.2
1.1. La letteratura pastorale dellepoca postridentina

Nellepoca successiva alla celebrazione del Concilio sorge una letteratura


che si prefigge di rispondere alle esigenze poste dalla riforma tridentina ai
sacerdoti in cura danime. In linea con lo stesso Concilio che aveva voluto un
catechismo per i parroci, essa descrive appunto i compiti e i doveri dei parroci.
Il movente immediato di questo filone letterario costituito dalle disposizioni conciliari circa labilitazione al ministero della confessione e circa lassun
zione dellufficio di parroco, che prescrivono un esame previo.3
Cf JEDIN H., Il tipo ideale di Vescovo secondo la Riforma cattolica (Brescia 1950).
Cf BROUTIN P., La ligne piscopale de S. Charles Borrome, in NRTh 69 (1947) 1036-1064.
3
Cf Conc. Trid. sess. 23, de ref. c. 15; sess. 24, de ref. c. 18.
1
2

22

Parte I: Storia della teologia pastorale

Ci appare chiaramente nel primo libro, in ordine di tempo, dedicato allo


studio dei compiti del pastore danime: lEnchiridion theologiae pastoralis di
Pietro Binsfeld, vescovo ausiliare di Treviri, pubblicato nel 1591. Esso espone
la dottrina necessaria ai sacerdoti incaricati della cura animarum, ed inteso come un prontuario che raccoglie in modo ordinato la materia per lesame
di confessione e di parroco. Si tratta, in concreto, di una serie di indicazioni,
tratte per lo pi dalla canonistica, sviluppate secondo una casistica contingente e riguardanti lamministrazione dei sacramenti e i diritti e doveri del clero.4
Un tentativo fortunato di comporre in un sistema coerente la trattazione
dei diritti e compiti del parroco rilevabile nel Manuale parochorum (1661)
di Ludwig Engel. Lopera diventa uno dei manuali di pastorale pi diffusi del
secolo XVIII: in cento anni vede ben 15 edizioni.5 Anche il manuale intitolato Pastor bonus6 di Johannes Opstraet (1651-1720), professore di teologia
a Lovanio, riscuote un notevole successo. Pubblicato nel 1698 e tradotto in
tedesco nel 1764, nel 1777 viene raccomandato dal Rautenstrauch come testo
ad interim nelle universit del territorio austriaco. La presentazione che offre
della figura del pastore diventa un indubbio punto di riferimento per la successiva letteratura pastorale.7
1.2. La valorizzazione della teologia pastorale da parte di Stefano Rautenstrauch8

In pieno clima illuministico emerge lesigenza di stabilire lo statuto universitario della teologia pastorale, giustificandone il carattere teologico e insieme
scientifico. Il primo tentativo importante in questo senso va ascritto allopera
di un abate benedettino, Stefano Rautenstrauch (1734-1785), prima direttore
della Facolt teologica di Praga e poi nominato direttore di quella di Vienna
nel 1774. La sua impresa si colloca nel contesto della riforma degli studi teo
logici voluta da Maria Teresa nel 1774 per i territori dellimpero asburgico.
4
Cf Enchiridion theologiae pastoralis et doctrinae necessariae sacerdotibus curam animarum administrantibus, conscriptum a R.D. PETRO BINFELDIO Suffraganeo Augustae Trevirorum
1591.
5
Cf Manuale Parochorum de plerisque functionibus et obligationibus ad parochias, parochos
et parochianos attinentibus... (Salisburgi anno 1661).
6
Cf OPSTRAET J., Pastor bonus, seu idea officium et praxis pastorum (Mechliniae 1698).
7
Cf SUCHART A., Der Pastor bonus des Johannes Opstraet. Zur Geschichte eines pastoraltheologischen Werkes aus der Geisteswelt des Jansenismus (Wien 1972). Il manuale venne messo
allindice per il suo presunto rigorismo, di matrice giansenistica, nella prassi penitenziale.
8
Cf MLLER J., Die Pastoraltheologie innerhalb des theologischen Gesamtkonzepts von Stephan Rautenstrauch (1774), in PThH 42-51; DOERING V. - MLLER J., Pastoraltheologie - praktische Theologie? Die Pastoraltheologie im Gesamtkonzept des Rautenstrauchsplans, in KLOSTERMANN F. - MLLER J. (Hrsg.), Pastoraltheologie 141-152.

Cap. I: La teologia pastorale in campo cattolico

23

1.2.1. Il progetto
Allorigine del progetto di riforma di Rautenstrauch sta il disagio nei confronti della pratica pastorale considerata fino allora come attinente il solo dominio pragmatico e non quello teologico; sta inoltre la critica alla speculazione teologica del tempo invischiata in inutili sottigliezze scolastiche e troppo
dispersa dietro questioni di nessuna rilevanza operativa.
Per superare tale situazione, egli progetta non semplici ritocchi o integrazioni dellinsegnamento corrente, ma piuttosto una riorganizzazione del
lintero curricolo teologico per imprimervi un orientamento decisamente pastorale. Per lui, lo scopo ultimo della teologia di formare degni servitori
del Vangelo, cio perfetti pastori, ed lampiezza di tale obiettivo che definisce la strutturazione degli studi teologici.
Tale riforma sostenuta da una seria preoccupazione per la teologia, anche se compresa nel clima culturale dellepoca. Il richiamo alle fonti bibliche
e patristiche, alla storia della Chiesa e del dogma assicura ad essa il suo fondamento. Lorientamento allazione del futuro pastore danime salda tra loro
le distinte discipline.
Secondo lui, la valorizzazione della finalit pastorale della teologia non
deve pregiudicarne il carattere scientifico. Al contrario, egli insiste sulla seriet del sapere che i futuri pastori devono acquisire per affrontare i problemi,
specialmente intellettuali, del loro tempo. Il suo intento di aprire una nuova
epoca teologica, sensibile alla cultura illuministica e, in particolare, allo sviluppo delle scienze storiche e positive.
Per la riuscita del suo piano egli annette grande importanza allapporto
della pedagogia e della metodologia che ha assimilato nella consuetudine con
Karl Heinrich Seibt (1735-1806), docente di pedagogia alla Facolt filosofica
di Praga.
Per quanto riguarda il piano di studi teologici, Rautenstrauch fa notare
che esso non arbitrario, ma scaturisce dalla natura stessa di tali studi. Il
sistema naturale della teologia costituito innanzitutto da un gruppo di
scienze preparatorie e ausiliarie che sono le discipline bibliche e storiche;
segue un secondo gruppo di discipline che abbracciano la teoria stessa della
teologia: dogmatica, morale, diritto canonico; viene infine un gruppo comprendente le discipline che insegnano come la teoria della teologia da applicare in modo corretto e utile alla pratica della vita umana: sono la teologia
pastorale che insegna luso della teoria della teologia per la cura delle anime
e la polemica che ne insegna luso per confutare gli eretici e gli infedeli.9

Cf lettera di Rautenstrauch al card. Bathyanyi, citata in DORFMANN F., Ausgestaltung 74.

24

Parte I: Storia della teologia pastorale

1.2.2. La comprensione della teologia pastorale


In questo piano di riforma, la teologia pastorale intesa non come semplice appendice di altre materie, ma come disciplina teologica integrante nel
quadro di un preciso curricolo teologico. Essa definita da Rautenstrauch
in diretto riferimento al complesso delle attivit del pastore danime e non
limitata alla sola prassi del confessionale.10
Per teologia pastorale egli intende linsegnamento organico dei doveri
del ministero pastorale e della loro attuazione. La materia distribuita in
tre parti corrispondenti a un triplice genere di doveri: il dovere di insegnamento, il dovere dellamministrazione e dispensazione dei sacramenti, il dovere
delledificazione. Dal punto di vista dei contenuti, la nuova disciplina non introduce novit di rilievo. Nuova invece la concentrazione in ununica disciplina delle materie che concorrono alla formazione del pastore danime: la
catechetica, lomiletica, lascetica, la retorica, la liturgia e la rubricistica.11 In
tale riorganizzazione della materia, Rautenstrauch utilizza suggestioni fornite
dallopera di J. Opstraet.
1.2.3. Rilievi valutativi
Meritano di essere rilevate le implicanze sociali e politiche di questo primo
progetto di teologia pastorale. Rautenstrauch sostiene lidea che il pastore,
essendo anche funzionario statale, deve tendere, col suo insegnamento, non
solamente a formare buoni cristiani, ma anche dei buoni cittadini e dei veri
amici degli uomini per lumanit (la filantropia era in piena voga in quel
lepoca).12 Si comprende allora lobiezione opposta dai responsabili ecclesiastici del tempo alla sua riforma: si nutre il sospetto che tutta loperazione sia
guidata dallideologia giuseppinista di asservimento della Chiesa allo Stato e
di subordinazione della teologia agli interessi statali.
Unaltra obiezione mossagli dai medesimi responsabili nasce dalla sfiducia
nella nuova disciplina, la cui valorizzazione sarebbe fatta a scapito della dogmatica e della morale.
Di recente, alcuni storici hanno evidenziato le seguenti aperture e i connessi limiti del progetto di Rautenstrauch. Nella misura in cui il pastore
guidato a confrontarsi con il futuro campo dazione, viene aperto, in linea di
principio, uno spiraglio alla riflessione sulla situazione presente della religioIl progetto di piano di studi riportato in DORFMANN F., Ausgestaltung 77s.
Cf Rautenstrauchs tabellarischer Grundri der Pastoraltheologie, riportato in DORFMANN
F., Ausgestaltung 103-112.
12
Testo riportato da MLLER A., Praktische Theologie zwischen Kirche und Gesellschaft, in
PThH 17.
10
11

Cap. I: La teologia pastorale in campo cattolico

25

ne ed posta una premessa rilevante per lo sviluppo della teologia pastorale


nella direzione della teologia pratica: il suo campo viene a essere il rapporto
Chiesa-religione-societ. Ma siccome a monte del progetto vi una concezione inespressa di Chiesa, intesa come potenza morale il cui soggetto unico il
pastore, funzionario statale, ne segue che listanza di confronto con il proprio
tempo filtrata attraverso tali interessi del pastore danime.13 Infine, nel piano
di Rautenstrauch, la teologia pastorale dichiarata parte della teologia, ma la
sua struttura teologica propria non esibita ne giustificata.
1.3. Orientamento pragmatico e ateologico della prima manualistica

Nel periodo immediatamente successivo allistituzione della cattedra di teologia pastorale compare una serie di manuali, alcuni in pi volumi, dedicati
allargomento e variamente influenzati dalla riforma viennese.14 La produzione pu essere indicata come la prima manualistica di teologia pastorale.
Essa copre un arco di tempo che va dal 1780 al 1850.
La nuova disciplina viene chiamata pi spesso teologia pastorale ed anche
teologia pratica o con altre formule che, in questo periodo, rivestono ancora
tutte un significato pressoch identico.
Nella variet delle posizioni espresse dai distinti autori possibile ricostruire le linee essenziali della comprensione che questepoca ha della teologia pastorale. Tale comprensione segnata dalla figura del singolo pastore danime
e da quella che potrebbe essere detta rinuncia alla scientificit.
Coerente con tale prospettiva, nei suoi primi sviluppi la teologia pastorale
non intende essere altro che una raccolta di insegnamenti circa i doveri del
curatore danime. Gli autori non si preoccupano di mostrarne il carattere
teologico: a volte evitano perfino di chiamarla teologia nel titolo stesso del manuale e preferiscono usare i sostantivi indicazioni, insegnamenti, dottrina. Quando ne richiamano la qualifica teologica, lo fanno con motivazioni
di tipo nominalistico: siccome le indicazioni sono state raccolte in sistema e
se ne fatto una parte della teologia, cos questa disciplina detta teologia
pastorale.15
13
Cf ARNOLD A., Storia moderna 130-132; SCHUSTER H., Die Geschichte 46s; MLLER A.,
Praktische Theologie 15-17.
14
Cf ad es. PITROFF F. CHR., Anleitung zur praktischen Gottes Gelahrtheit, 4 voll. (Praga
1779-1784); LAUBER J., Institutiones theologiae pastoralis compendiosae, 3 voll. (Brnn 17801781); GIFTSCHTZ F., Leitfaden fr die in den k.k. Erblanden vorgeschriebenen deutschen Vorlesungen ber die Pastoraltheologie (Wien 21787); REICHENBERGER A., Pastoralanweisung nach
den Bedrfnissen unseres Zeitalters, 2 voll. (Wien 1805-1808); SCHWARZEL K., Anleitung zu
einer vollstndigen Pastoraltheologie (Augsburg 1799-1800).
15
GIFTSCHTZ F., Leitfaden 11 VIII.

26

Parte I: Storia della teologia pastorale

La figura del pastore danime, centrale in questa manualistica, definita in


rapporto alla religione intesa come moralit e pratica delle virt: il curatore
danime chiamato servitore della religione, ma anche e insieme servitore
dello Stato, come suo funzionario.
I contenuti di questi manuali sono in larga parte quelli della trattatistica precedente. Vengono organizzati secondo lo schema tripartito fissato da
Rautenstrauch e accentuati nel senso illuministico segnalato. Mutamenti sono
rilevabili nello svolgimento del terzo compito pastorale. Nella scia di Rautenstrauch i primi manuali riservano la terza parte alla considerazione della
persona del pastore e alletica professionale (de officio boni exempli). Quelli
successivi la utilizzano invece per descrivere la situazione dei differenti destinatari del ministero pastorale. Anche la denominazione del terzo dovere (edificazione) muta e diventa cura danime (Seelsorge), guida della comunit,
ufficio pastorale.
Da un punto di vista epistemologico, ci che differenzia in qualche modo
questa manualistica dalla trattatistica precedente listanza sistematica. Ma in
pratica lo sforzo che si compie per riunire e articolare in modo organico tutta
la materia attorno allo schema tripartito dei doveri pastorali guidato pi da
esigenze di tipo puramente descrittivo, che da un interesse autenticamente
teoretico tendente a individuare i principi teologici che presiedono la pratica
pastorale e ne spiegano larticolazione. Il richiamo che essa solitamente fa del
testo di Mt 28,18-20 riguardante i tre uffici (predicare, battezzare, edificare)
non basta certo da solo a fondare teologicamente la riflessione pastorale.
Tenuto conto di questi dati si comprende il giudizio che la storiografia
recente ha dato di questa manualistica, quando lha qualificata come ateologica e puramente pragmatica. In effetti, essa colloca il pastore, soggetto
unico dellazione ecclesiale, in un rapporto esteriore e formale con la Chiesa,
dal momento che il fondamento di tale rapporto costituito dal semplice
riconoscimento di unautorit superiore capace di porre leggi vincolanti, alla
stregua dellautorit civile.16
1.4. Lorientamento biblico-teologico

Accanto a questo orientamento ne emerge un altro qualificato da alcuni


storici biblico-teologico. Il suo rappresentante principale Johann Michael
Sailer (1751-1832) della scuola cattolica di Tubinga. Anche altri pastoralisti,
come A. Schramm di Fulda e P. Conrad di Treviri, autori di celebri manuali,
ne condividono lindirizzo senza per altro dipenderne apertamente.17
Cf SCHUSTER H., Die Geschichte 47-52.
SAILER J.M., Vorlesungen aus der Pastoraltheologie, Ges. Schriften, Bde. VI-VIII (Mnchen 1789); SCHRAMM A., Vollstndiges System der Pastorallehre zum allgemeinen Gebrauche
16
17

Cap. I: La teologia pastorale in campo cattolico

27

Questi autori cercano di dare una fondazione biblica allazione del pastore
danime e di conferire, per questa via, un carattere teologico alla disciplina
pastorale, superando limpostazione appena presentata che la riduce a sintesi
ordinata di insegnamenti per il parroco o il prete in cura danime.
In un momento storico segnato dallilluminismo francese e dal romanticismo tedesco, Sailer cerca un cristianesimo vivente e una predicazione autentica, e li trova nella sacra Scrittura. Per lui, il cristianesimo biblico levento salvifico che va dalla Genesi allApocalisse. Il suo centro costituito dal fatto che
Dio-Amore, in Cristo, si rivela come salvezza del mondo in peccato. In questa
prospettiva egli recupera la concezione biblica di Chiesa, corpo di Cristo: essa
esprime allesterno e vive allinterno lunificazione degli esseri umani con Dio
e tra loro, operata da Cristo tramite il suo Spirito. Non sviluppa per questa
impostazione biblico-ecclesiologica in modo da farne la base per la riflessione
teologico-pastorale. In lui continua ad agire la concezione postridentina che
riserva al solo clero la funzione di organi della Chiesa, che viene cos ancora
troppo identificata con il pastore danime.
In ogni caso, in Sailer come negli altri due autori citati, la comprensione
della figura del pastore cambia in modo sostanziale rispetto alla concezione
del filone manualistico contemporaneo e parallelo. Non pi il semplice maestro di religione, servitore dellautorit tanto religiosa che civile, incaricato
dellordine morale e di una felicit molto vaga. invece il pastore formato
secondo lo Spirito e il volere di Cristo e vincolato, in prima linea, allo Spirito
e alla rivelazione di Cristo. Non pi il funzionario attento alle esigenze delle
istituzioni statali, ma il rappresentante di Dio, direttamente dipendente da
Cristo e servitore dellopera redentiva affidata dal Salvatore alla sua Chiesa.
Questo orientamento biblico-teologico supera radicalmente limpostazio
ne antropocentrica della manualistica sopra descritta. Tuttavia nella fondazione in senso ecclesiologico di questa disciplina non va oltre la fase di abbozzo.18
2. LAPPORTO CRITICO DI ANTON GRAF

Attorno alla met del secolo scorso, mentre in campo cattolico si sta esaurendo il primo filone manualistico e in campo protestante si impegnati nel
la costruzione di una teologia pratica come disciplina universitaria, appare
lopera di Anton Graf (1814-1867) intitolata: Presentazione critica dellattuale
situazione della teologia pratica.19
der Schulen und sonderheitlichen Nutzanwendung des Fuldischen Klerus (Wrzburg 1780);
CONRAD P., Leitfaden der deutschen Vorlesungen ber die Pastoraltheologie zu Trier (Trier 1789).
18
questo il giudizio conclusivo formulato da SCHUSTER H., Die Geschichte 52-55 nella scia
di Arnold ivi ripetutamente citato.
19
GRAF A., Kritische Darstellung des gegenwrtigen Zustandes der praktischen Theologie
(Tbingen 1841).

28

Parte I: Storia della teologia pastorale

Graf discepolo geniale di G.A. Mhler e G.S. Hirscher, e rappresentante


della scuola di Tubinga fondata da S. Drey. Con la sua opera (rimasta al solo
primo volume dei tre previsti), egli intende confrontarsi in modo serrato con
la teologia pastorale cattolica e con la teologia pratica protestante del suo
tempo. La sua critica riguarda le questioni essenziali sollevate dai suoi predecessori e contemporanei.
Traccia un quadro assai severo della teologia pastorale anteriore, che giu
dica non scientifica e non teologica. Riconosce che i protestanti hanno fatto
assai di pi dei cattolici, in questi ultimi anni, per la costruzione scientifica
della teologia pratica,20 ma rileva anche che la teologia pratica come scienza
fino ad oggi in grande misura qualcosa che ancora cercato.21
Ritiene cos proficuo promuovere una ricerca interconfessionale o ecumenica sullargomento, al fine di assicurare alla teologia pratica un carattere
pratico, scientifico e teologico. Con ci condivide una preoccupazione che
di Schleiermacher e di alcuni teologi cattolici e protestanti del suo tempo, di
cui si dir nel capitolo successivo.
2.1. Limpostazione ecclesiologica

La base di partenza gli offerta dalla correlazione tra teologia e Chiesa gi


fissata dalla precedente letteratura. Egli fa propria la linea di pensiero della
scuola di Tubinga e, in particolare, dellopera di Mhler che, come noto,
propone unidea di Chiesa assai spirituale e interiore. In effetti, la Chiesa da
Graf pensata come insieme organico, come soggetto attivo, come storica permanenza dellazione di salvezza operata da Dio nella storia, e come autorevole
annunciatrice di tale salvezza allumanit. Come tale, essa un organismo vivente, responsabile in modo globale della propria vita e del proprio sviluppo.
Il concetto chiave nella riflessione di Graf: la Chiesa edifica se stessa
(Selbsterbauung), sta a indicare, per la Chiesa nel suo insieme, la consapevolezza di dovere essere protagonista nel piantare, mantenere, realizzare
e portare a compimento in tutti gli uomini, con lassistenza di Dio, la fede
attiva nellamore, cio lappropriazione soggettiva del cristianesimo. Sottolinea inoltre lesigenza ad essa intrinseca di superare un lasciarsi edificare
puramente recettivo che, ad esempio, attende tutto dallintervento di Dio,
al di l della propria iniziativa, o dallo Stato e dalle sue istituzioni e dai suoi
aiuti, o dallagire casuale e a volte perfino controproducente dei suoi singoli
membri.22
Ivi VII. LA. si riferisce in modo particolare al progetto di teologia pratica proposto da
Schleiermacher, che verr esposto nel capitolo seguente.
21
Ivi 8.
22
Ivi 4s.
20

Cap. I: La teologia pastorale in campo cattolico

29

Questa visuale ecclesiologica guida la concezione di teologia di Graf. La


teologia da lui definita autocoscienza scientifica della Chiesa, perch il
suo oggetto appunto la Chiesa. E siccome questa presenta tre aspetti inseparabili ( una realt che ha una storia, che possiede una determinata essenza
divina, che si costruisce nel futuro), coerentemente la teologia studia la dimensione storica della Chiesa nelle scienze bibliche e nella storia ecclesiastica,
la dimensione essenziale nella dogmatica e nella morale, la dimensione dinamico-storica nella teologia pratica. La teologia pratica , perci, formalmente
intesa come articolazione necessaria della teologia, quando questa assume
compiutamente il suo riferimento costitutivo alla Chiesa. Non solo, ma essa
suppone la teologia biblica e storica e la teologia dogmatica, e ha un legame
insopprimibile con esse, perch il presente della Chiesa e la sua edificazione
nel futuro sono vincolati al volere di Cristo e allessenza stessa della Chiesa.23
Va notato che la scelta della formula teologia pratica al posto di quella di
teologia pastorale fatta a ragion veduta. Con essa Graf vuole superare la
prospettiva clericale della precedente manualistica cattolica che identificava
la Chiesa col pastore danime; vuole inoltre rimarcare che soggetto della
zione la Chiesa nella sua globalit e il fine ledificazione della Chiesa nel
futuro, in linea con la coeva riflessione teologica di matrice protestante; vuol
sottolineare infine il carattere scientifico della teologia pratica, in opposizione
allimpostazione ascientifica della precedente manualistica pastorale.
2.2. Lo statuto scientifico

Nel quadro di questa enciclopedia teologica, la situazione della teologia


pratica gli appare piuttosto imperfetta e lacunosa. Nellepoca moderna e
contemporanea scrive la Chiesa ha arricchito assai la coscienza scientifica
che ha di se stessa, che la teologia, e questa in due direzioni: da una parte
nella consapevolezza della sua origine e della sua permanenza e crescita nel
corso dei secoli fino ad oggi (teologia biblica e storica); e daltra parte nella
coscienza della sua vera natura, divina e immutabile (dogmatica e morale)...
La coscienza scientifica di se stessa in quanto vive, si sviluppa e si perfeziona
nel futuro, purtroppo rimasta finora ancora un qualcosa di imperfetto e
lacunoso.24
Ora Graf assai interessato a garantire uno statuto scientifico alla teologia
pratica. Per ottenere ci ritiene necessario abbandonare un accostamento puramente rapsodico alla materia affrontata dalla tradizionale teologia pastorale,
e cercare invece una comprensione unitaria e sistematica: la teologia pratica
deve essere unit, organismo, in breve, scienza. Egli critica, con punte di iroCf ivi 125-130.
Ivi 7-9.

23
24

30

Parte I: Storia della teologia pastorale

nia, le teologie pastorali del tempo che si limitano a una semplice registrazione del dato fattuale, occultato sotto il motivo del ricorso allesperienza: Nella
teologia pratica corrente tutto trattato a livello di esperienza. Nellesperienza
si trovano i mezzi al fine, il fine stesso e il ceto clericale. Nellesperienza si trova pure che questo ceto affronta i propri compiti spesso in modo inadeguato.
Allora si appronta subito unindicazione per il corretto esercizio del servizio
ecclesiale... e questa indicazione detta teologia pratica.25
Nella sua intenzione, la teologia pratica deve superare questimpostazione
pragmatista e utilitarista, per giungere a unintelligenza unitaria e teologica
della realt ecclesiale: la teologia pratica non deve, come avvenuto finora,
accontentarsi di partire dallo stato ecclesiastico per considerarne le attivit,
come semplici attivit di questo stato. Essa deve, al di l di questo stato, risalire fino a Cristo, alla Chiesa e alle singole comunit; deve mostrare come tutto
discende necessariamente dalla loro volont e natura, come Cristo e dopo di
lui la Chiesa e le comunit vogliono e attuano il fine e i mezzi al fine, come
essi vogliono e realizzano immediatamente lo stesso stato ecclesiastico, con le
diverse attivit ad esso connesse, che vanno descritte dalla teologia pratica.26
2.3. La connotazione pratica

Stabilita listanza scientifica della teologia pratica, come ne spiegata la


connotazione pratica? Al riguardo lautore invoca la distinzione tra valore
pratico e necessit pratica. Egli critica la tesi di Schleiermacher secondo
cui senza la teologia pratica non possibile unarmonica conduzione della
Chiesa. Per lui, la teologia pratica riveste certamente un valore pratico, ma
non trova la sua giustificazione in una necessit pratica, nel senso che senza
la teologia pratica non si sia in grado di esercitare in modo soddisfacente il
ministero pastorale.27
Ma come va inteso il valore pratico della teologia pratica rapportata alla
sua caratterizzazione scientifica? A questo proposito Graf riprende da Schleiermacher la figura di interesse scientifico correlata a quella di interesse
pratico, ma ne offre una diversa comprensione. Nella teologia pratica sono
copresenti linteresse scientifico, nel senso sopra indicato, e linteresse pratico
legato allesigenza della Chiesa di essere soggetto attivo. Tale duplice interesse
proprio della teologia nel suo insieme e delle sue singole articolazioni, ma
con intensit differenti. Nella teologia dogmatica domina linteresse teoretico (attinente lessenza della Chiesa); nella teologia pratica domina linteresse
pratico riguardante lautoedificazione della Chiesa. Ma tale prevalente istanza
Ivi 95s.
Ivi 89s.
27
Cf ivi 123.
25
26

Cap. I: La teologia pastorale in campo cattolico

31

pratica non deve pregiudicare, per Graf, il carattere scientifico e tanto meno
quello teologico della teologia pratica.
Su questo punto egli ha presente i teologi razionalisti dellepoca, sostenitori di una religione illuminata fatta di una pi o meno vaga religiosit associata
a un pragmatismo sociale. Cos egli intende distanziarsi da tale specie di positivismo ecclesiastico reperibile nella concezione di Schleiermacher. Graf, in
effetti, ritiene che Schleiermacher ha compromesso la scientificit della teologia nel suo insieme, in quanto lha ridotta a rango di mezzo finalizzato al servizio della Chiesa istituzionale.28 Egli vorrebbe, al contrario, elevare la teologia
pratica al rango di teologia teorica perch, a suo giudizio, non il rapporto
teoria e prassi ci che presiede larticolazione della teologia, ma piuttosto il
riferimento della teologia al suo oggetto che la Chiesa: La teologia pratica
non esiste perch c un prevalente interesse pratico nella teologia, ma questa
e quello sono presenti perch la Chiesa una realt che edifica se stessa.29
2.4. Larticolazione della materia

Lecclesialit e la scientificit, con la connessa istanza teoretica e pratica,


sono dunque i principi in base ai quali Graf sviluppa la critica alla teologia
pastorale e alla teologia pratica del tempo. Sono pure i principi in base ai qua
li abbozza le grandi linee della sua proposta di teologia pratica.
A questo proposito egli adotta un metodo non empirico-induttivo, ma
piuttosto speculativo-deduttivo. Il punto di partenza dato dal concetto di
teologia, definita in rapporto alla Chiesa come il sapere attraverso la Chiesa
e circa la Chiesa. Di qui dedotta la definizione di teologia pratica: scienza e
teoria della Chiesa che si forma, si muove, si costruisce nel futuro; od anche:
scienza delle attivit ecclesiali divino-umane, mediante persone ufficialmente incaricate nella Chiesa, di preferenza del ceto clericale, per la edificazione
della chiesa.30
Al raggiungimento di questo fine concorrono molti fattori tematizzati dalla
teologia pratica: 1. i fattori trascendentali, come Dio, Cristo, lo Spirito Santo,
la grazia, la rivelazione di Dio nella natura, la morale cristiana, il destino del
le comunit e dei paesi; 2. le istituzioni, come le feste, i templi, i libri sacri...;
3. i fattori personali e sociali, come la spiritualit della comunit ereditata dal
passato, la reciproca influenza dei membri della comunit, leducazione e la
vita cristiana, lazione dei genitori animata dallo Spirito Santo come principio
cristiano di vita, la preghiera della comunit...31
Cf ivi 137s e anche 31s.
Ivi 143.
30
Cf ivi 267 149 126.
31
Cf ivi 167-180.
28
29

32

Parte I: Storia della teologia pastorale

Dallidea di Chiesa che si edifica col concorso di fattori ecclesiali e non


ecclesiali dedotta la divisione concreta della teologia pratica attorno a questi
argomenti maggiori: i mezzi (parola, culto, disciplina) diretti al fine delle
dificazione; lo stato spirituale in generale e in concreto (vescovo, parroco,
papa, missionari, teologi); lordinamento ecclesiastico secondo il principio di
superiorit e subordinazione; il regime ecclesiastico (il diritto canonico, la natura della missione, norme circa i rapporti tra Chiesa e Stato); il servizio ecclesiale verso le comunit e verso i non credenti con particolare riferimento alla
mediazione scientifica di esso (catechetica, omiletica, liturgia, cura danime).32
Nel suo confronto con Schleiermacher, Graf se ne distanzia non solo nella
concezione della scientificit della teologia pratica e su temi particolari, ma
anche su questi altri argomenti di rilievo: a differenza di Schleiermacher, non
restringe il campo della teologia pratica alla sola conduzione della Chiesa,
anche se intesa in senso ampio; parimenti, non concepisce la teologia pratica
come tecnologia ecclesiale, per cui la riflessione teologica prende lavvio dal
lattenzione alla realt effettuale;33 sottolinea il fondamento cristologico della
differenza tra clero e laici, ritenuto invece da Schleiermacher elemento specifico del cattolicesimo.34
2.5. Rilievi valutativi

La recente storiografia divisa nel valutare il progetto di Anton Graf. F.X.


Arnold ascrive a merito di Graf laver sferrato un duro colpo alla concezione
antropocentrica della prima manualistica pastorale e laver messo in risalto
unimpostazione teocentrica della teologia pratica in una prospettiva ecclesiologica.35
H. Schuster ravvisa nellorientamento ecclesiologico della teologia pratica
di Graf come lapice di uno sviluppo storico di questa disciplina, realizzatosi
nel secolo XIX. Sta di fatto che a tale impostazione sispirano, a distanza di
oltre un secolo, alcuni autori del noto Manuale di teologia pastorale.36
Per W. Steck, A. Graf offre un modello di teologia pratica differente da
quello di Schleiermacher, un modello in cui rilevabile una tendenza ecumenica, sviluppata per in una concezione della Chiesa che esalta le strutture
fondanti di essa e che si distanzia da unattenzione riflessa alla realt empirica
della Chiesa stessa. Ora, una teologia pratica a dimensione ecumenica non
pu, a suo parere, rinunciare al suo costitutivo riferimento alla prassi vivente,
Cf ivi 182-198 267-275 ed anche 59-89.
Cf ivi 223.
34
Cf ivi 224.
35
Cf ARNOLD F.X., Storia moderna 272-295.
36
Cf SCHUSTER H., Die Geschichte 56-62.
32
33

Cap. I: La teologia pastorale in campo cattolico

33

ci che evidenziato da Schleiermacher pur nei limiti di una concezione confessionale di Chiesa.37
In questa stessa linea si muove la valutazione critica di R. Marl. Secondo
questo autore, Graf tende a ricondurre la teologia pratica a una ecclesiologia. Senza dubbio ci ha potuto contribuire ad accrescere la dignit del
vocabolo e dellinsegnamento che pu essere dato sotto il titolo di teologia
pratica, accanto ad altre rappresentazioni di questa disciplina teologica... Ma
forse ci avvenuto a prezzo della specificit della teologia pratica e, in ogni
caso, rinunciando ad aprire cammini radicalmente nuovi. In fondo, la teologia pratica intesa da Graf non che una variante dellecclesiologia sviluppata
dalla scuola di Tubinga, con il rinnovamento reale attuato dai lavori di tale
scuola, ma anche con i suoi limiti.38
Come si avr modo di costatare in seguito, queste differenti valutazioni
del programma di A. Graf dipendono da differenti concezioni della teologia
pratica, pi ancorata da alcuni a un retroterra teologico, e da altri a una realt
empirica. Il minimo che si possa dire che in questo autore emerge una presa
di coscienza critica delle problematiche implicate nella costruzione di una
teologia pratica degna di questo nome. Sta di fatto che la sua proposta non fu
subito accolta e il suo pensiero rimase a lungo un episodio isolato nella storia
della teologia pastorale intesa come teologia pratica.
3. LIMPOSTAZIONE DELLA SECONDA MANUALISTICA

In campo cattolico, il periodo che va dalla met dellOttocento alla prima


guerra mondiale caratterizzato da unabbondante produzione di manuali di
teologia pastorale. Tale letteratura riprende variamente impostazioni di tipo
pragmatico incentrate sullufficio del pastore nella Chiesa. Si pu indicare
questo periodo come seconda manualistica.
3.1. Il pratico abbandono dellimpianto ecclesiologico

Joseph Amberger (1816-1889), discepolo di Graf, nella sua opera in tre


volumi,39 intende attuare il progetto incompiuto del maestro: ne riprende argomenti e formule come ecclesiale, autoedificazione della Chiesa, co
struire il regno di Dio, attivit della Chiesa, e ne ricalca la definizione di
teologia pratica, ma di fatto ne abbandona limpianto ecclesiologico. Infatti,
divide la teologia pratica in due parti: il diritto e la teologia pastorale, e fa
Cf STECK W., Friedrich Schleiermacher und Anton Graf 40.
MARL R., Le projet 74.
39
AMBERGER J., Pastoraltheologie, 3 voll. (Regensburg 21850-1857).
37

38

34

Parte I: Storia della teologia pastorale

derivare questultima dal primo come sua espressione necessaria,40 mentre


per Graf la teologia pratica non si basa sul diritto ma sullessenza della Chiesa.
A differenza del maestro, Amberger considera la Chiesa non come comunit organica che si costruisce in modo dinamico nella storia, ma piuttosto
come realt gi in se stessa stabilita e compiuta, paragonabile a uno Stato,
collocata tra cielo e terra e chiamata a svolgere la sua azione spirituale a favore
dei credenti.41
Questa visione sovrastorica e sovraterrena della Chiesa guida una particolare concezione del prete, posto come intermediario tra Dio e la comunit
cristiana, che sfocia nella tesi secondo cui la Chiesa percettibile e presente
nel singolo prete ed attiva in lui, perch lui che, come rappresentante di
Cristo, la sana, la santifica, la costruisce come tempio e la difende.42
La conseguenza logica di questa concezione clericale labbandono della
formula teologia pratica e la ripresa dellantico nome di questa disciplina teologia pastorale col ritorno allimpostazione della prima manualistica e, in pi,
con la pretesa di darvi una giustificazione teologica.
Per questa sua svolta rispetto a Graf, Amberger valutato in modo negativo da parte di H. Schuster. Dorfmann, Fglister e Arnold ne danno,
invece, un giudizio positivo perch avrebbe sviluppato in modo compiuto
limpostazione del maestro.43 In ogni caso, lopera di Amberger ha esercitato
un notevole influsso nel successivo sviluppo della teologia pastorale, e ci
attribuibile probabilmente anche allafflato spirituale che la pervade.
3.2. Lesplicito rigetto dellimpostazione ecclesiologica

Il pratico abbandono dellimpianto ecclesiologico, rilevabile in J. Amberger, diviene esplicito rigetto in Michael Benger (1822-1870),44 che critica, con
punte di ironia, il progetto di Graf.
Egli fa sua la concezione corrente che definisce la teologia pastorale come
introduzione scientifica del pastore nel retto svolgimento del suo ufficio.45
Riferendosi in modo polemico a Graf, dichiara che ogni cosiddetta costruzione scientifica della pastorale pericolosa e deviante.46
Cf ivi I 4.
Cf ivi I 26-29.
42
Cf ivi I 284-288.
43
Cf SCHUSTER H., Die Geschichte 63-66; DORFMANN F., Die Ausgestaltung 213; FGLISTER
R., Die Pastoraltheologie als Universittsdisziplin. Eine historisch-theologische Studie (gedr. diss.
Basel 1951) 31; ARNOLD F.X., Amberger, in LThK I2 422. Si veda anche METTE N., Joseph Amberger (1816-1889) und die Pastoraltheologie der Neuscholastik, in KLOSTERMANN F. - MLLER J.
(Hrsg.), Pastoraltheologie 233-242.
44
BENGER M., Pastoraltheologie, 3 voll. (Regensburg 1861).
45
Cf ivi I 2.
46
Cf ivi.
40
41

Cap. I: La teologia pastorale in campo cattolico

35

Lecclesiologia che sta a monte della sua teologia pastorale incentrata sul
rapporto pastore-gregge: di fronte al pastore, soggetto attivo, sta il gregge dei
fedeli, affidato alla guida del singolo prete e recettore, variamente passivo,
del multiforme servizio spirituale del pastore.47 Di conseguenza, ogni pro
blematica pastorale letta e risolta non in riferimento alla Chiesa nel suo
insieme, ma unicamente attraverso lo schema pastore-gregge. Nella Chiesa vi
una gerarchia che gode dellassistenza dello Spirito Santo e stabilisce leggi
alla cui formulazione il singolo pastore non partecipa; egli per tenuto a osservarle. Lassistenza dello Spirito Santo fa reputare superflua ogni riflessione
scientifica di tipo teologico-pastorale sulla conduzione della Chiesa da parte
dellautorit ecclesiastica. La teologia pastorale si riduce cos a una semplice
introduzione indirizzata unicamente ai preti, intesi come operatori subordinati della gerarchia.
3.3. La concezione pragmatica della teologia pastorale

Questa comprensione della teologia pastorale, il cui soggetto di riflessione


il pastore danime e non la Chiesa nel suo complesso, domina la manualistica cattolica del periodo in esame. Qui di seguito se ne riassumono gli asserti
essenziali.48
Cf ivi 51 667.
I manuali che trattano del parroco o del pastore danime e che connotano la loro trattazione come teologia pastorale sono innumerevoli nel periodo in esame. Qui di seguito se
ne segnalano solo alcuni che intendono sviluppare, a modo loro, una riflessione scientifica e
che hanno avuto un indiscutibile influsso, rilevabile, tra laltro, dalle numerose edizioni e da
traduzioni in altre lingue: POHL FR., Pastoraltheologie oder die Wissenschaft von den gottmensch
lichen Thtigkeiten der Kirche (Paderborn 1861); SCHCH I., Handbuch der Pastoraltheologie
(Linz 1865 / Innsbruck 16-171914); RENNINGER J.B., Pastoraltheologie (Freiburg 1893); DEPEDER
J.B., Enchiridion theologiae pastoralis in usum seminarii Tridentini, 3 voll. (Tridenti 1894-1896);
PRUNER J.EV., Lehrbuch der Pastoraltheologie, 2 voll. (Paderborn 1900-1901, 41920); KRIEG C.,
Die Wissenschaft der speziellen Seelenfhrung (Freiburg 1904) [trad. it.: Scienza pastorale..., (Torino - Roma 1929-1937)]; SCHUBERT F., Grundzge der Pastoraltheologie, 3 voll. (Graz - Leipzig
1912-13, 31935); DESURMONT A., La charit sacerdotale ou les leons lmentaires de thologie
pastorale, 2 voll. (Paris 1899ss); BLOUET J., Thologie pastorale (Paris 1928); LITHARD V., Prcis
de thologie pastorale (1929); BERARDI E., Theologia pastoralis (Faventiae 1902); MICHELETTI
A., De pastore animarum... (Friburgi 1912); ID., Epitome theologiae pastoralis..., 2 voll. (Romae
- Taurini 1925-27); VILAPLANA, Teologa pastoral prctica parroquial (Barcelona 1922); NAVAL F.,
Curso de teologa pastoral (Madrid 1925); SENDRA A., Teologa pastoral con prctica parroquial
(Valencia 1954); RIAL S. - CASTAN L., Manual del buen pastor (Tarragona 51957); SCHULZE FR.,
A Manual of Pastoral Theology (Milwaukee 1899, 21906; London 51927, 91936); STRANG W.,
Pastoral Theology (New York 1896; Cincinnati 1903); DAVIS H., Moral and Pastoral Theology,
4 voll. (London - New York 1934, 81959); MATHIS M.J. - MEYER N.W. (ed.), The Pastoral Companion (Chicago 1921, 121961). Per ulteriori informazioni si veda V. SCHURR, Teologia pastorale
407s. Nellesposizione si hanno presenti soprattutto i pastoralisti di lingua tedesca, perch a essi
si sono variamente ispirati quelli delle altre lingue, specialmente italiana e inglese.
47
48

36

Parte I: Storia della teologia pastorale

3.3.1. Natura dellufficio pastorale


Lufficio del pastore nella Chiesa definito in termini di cura danime
(Seelsorge), dove anima indica la dimensione spirituale dellessere umano bisognosa di salvezza, e la cura pastorale si iscrive nel contesto della tensione tra
anima e peccato e si determina in funzione della salute delle anime, compresa in una visione dualistica di natura e soprannatura, a sua volta guidata da
unantropologia spiritualista del soprannaturale.49
La cura pastorale ha come destinatario immediato la singola anima nella
sua individualit. Solo attraverso la singola persona essa influisce sulla comu
nit umana e cristiana, perch la sollecitudine spirituale usata a un individuo
si moltiplica nella comunit.50 La sua necessit collegata allesigenza che la
persona ha di un aiuto esteriore per il suo sviluppo. Viene cos stabilito un
parallelo tra educazione, che ha di mira la dimensione spirituale naturale del
lessere umano, e cura danime, che uneducazione di tipo superiore, perch
indirizzata alla vita soprannaturale della persona.51
Coerentemente a questi asserti, la cura danime viene definita come la
totalit di quei ministeri ecclesiastici attraverso i quali si innesta nelle anime
energia soprannaturale, si vincono la morte e il peccato, e si stabilisce unintima comunione tra le anime e Dio.52 Ci esige che nel pastore vi sia una
disposizione spirituale connotata come zelo per le anime e, in rapporto al
referente, che la cura pastorale sia attenta a tutta la vita superiore della persona e cio ai suoi valori morali e religiosi, e si estenda a tutti i bisogni e a
tutte le infermit del corpo sociale.53
Larticolazione dellufficio pastorale quella tripartita, gi presente nella
trattatistica pastorale dellepoca precedente. Questo secondo filone manualistico ne tenta, per, una fondazione teologica: collega tale tripartizione al
triplice ufficio di Cristo, profeta, sacerdote e re, assumendo un teologumeno
affermatosi nella dogmatica cattolica molto probabilmente per influsso della
teologia protestante.54 Ne tenta inoltre una comprensione a partire da una
triplice esigenza insita nellessere umano decaduto: la necessit di conoscere
Dio e se stessi a cui risponde lofferta della parola di verit; il bisogno della
grazia che esaudito nellamministrazione dei sacramenti; laccesso a tutti i
beni salvifici che assicurato dalla legge e dalla disciplina ecclesiastiche.55
49
Cf ad es. SCHCH I., Handbuch (1904) 1s 9-11; KRIEG C., Die Wissenschaft 9-15; PRUNER
J., Lehrbuch (1920) 22-25 31-41; SCHUBERT F., Grundzge (1913) 1 8-26.
50
KRIEG C., Die Wissenschaft 5 e anche 16-24; cf PRUNER J., Lehrbuch 18s 28.
51
Cf ad es. KRIEG C., Die Wissenschaft 5-7 10 21s; PRUNER J., Lehrbuch 20.
52
KRIEG C., Die Wissenschaft 1; cf PRUNER J., Lehrbuch 23.
53
KRIEG C., Die Wissenschaft 24-32; PRUNER J., Lehrbuch 13 27 42-44.
54
Cf ad es. SCHCH I., Handbuch 1 49; KRIEG C., Die Wissenschaft 1 41s; PRUNER J., Lehrbuch 23; SCHUBERT F., Grundzge 7.
55
Cf KRIEG C., Die Wissenschaft 42-44; PRUNER J., Lehrbuch 13s.

Cap. I: La teologia pastorale in campo cattolico

37

La fondazione biblica dei tre uffici pastorali rinvenuta solitamente in Mt


28,18-20: Andate... predicate... battezzate... insegnate a osservare,56 o, pi
raramente, in Ef 4,11s: Cristo ha stabilito alcuni come apostoli, altri come
profeti, altri come evangelisti, altri come pastori e maestri....57
3.3.2. Ambito della riflessione teologico-pastorale
La concezione della natura dellufficio pastorale presiede la delimitazione
dellambito proprio della riflessione teologico-pastorale.
Questa riguarda innanzitutto la descrizione della figura del pastore danime (= pastorale generale), quindi, le sue caratteristiche salienti (la vocazione,
la consacrazione sacerdotale, la missione canonica) e le condizioni necessarie
per una corretta ed efficace azione nella comunit (lubbidienza canonica, le
conoscenze teologiche, la santit personale, le doti o virt pastorali).58
Concerne poi la descrizione delle attivit del pastore (= pastorale speciale) che sono dedotte dai compiti o poteri della Chiesa e del pastore: lufficio
magisteriale, sacerdotale e regale. In concreto, per, i contenuti dellufficio
magisteriale vengono per lo pi sdoppiati, per cui si hanno quattro discipline
teologico-pastorali: la catechetica, lomiletica, la liturgia e lodegetica attinente lufficio di presidenza della comunit.
I manuali in esame abbandonano lidea di Rautenstrauch e il progetto di
Graf di comprendere in un tutto organico il complesso delle attivit ecclesiali.
La teologia pastorale si riduce a essere cornice esteriore che raccoglie queste
discipline che hanno una propria metodologia e una propria organizzazione.
In pratica, come disciplina si dissolve in queste sue singole ramificazioni.59
E siccome in questo periodo la catechetica, lomiletica e la liturgia hanno gi raggiunto un notevole grado di sviluppo, si accosta con nuovo vigore
lodegetica o pastorale in senso stretto o cura danime speciale corrispondente
al terzo ufficio pastorale. Lambito della teologia pastorale viene cos fatto
coincidere con progressiva insistenza con questa disciplina settoriale. Di pi,
la teologia pastorale ridotta alla descrizione della cura danime individuale e
comunitaria, dove la comunit intesa come somma di persone, che ripete la
fisionomia del singolo individuo.60
56
Cf ad es. SCHCH I., Handbuch 1 49; KRIEG C., Die Wissenschaft 44; SCHUBERT F., Grund
zge 1.
57
Cf ad es. RENNINGER J.B., Pastoraltheologie 5.
58
Cf ad es. SCHCH I., Handbuch 7-48; KRIEG C., Die Wissenschaft 65-95; SCHUBERT F.,
Grundzge 6 8-26; PRUNER J., Lehrbuch 31-53.
59
Cf ad es. SCHCH I., Handbuch 49ss; KRIEG C., Die Wissenschaft XI-XII; SCHUBERT F.,
Grundzge 6 27ss; PRUNER J., Lehrbuch 14s.
60
Cf ad es. KRIEG C., Die Wissenschaft 99s; SCHUBERT F., Grundzge 29s; PRUNER J., Lehrbuch 14.

38

Parte I: Storia della teologia pastorale

3.3.3. Il metodo della teologia pastorale


La stragrande maggioranza dei manuali pubblicati nel periodo in questione non hanno pretese scientifiche, in quanto riducono la teologia pastorale o a
una semplice introduzione di tipo pragmatico o a prontuari di ricette pratiche
attinenti il pastore e il suo gregge.
Alcuni pastoralisti, tuttavia, ritengono che tutto questo non ancora teologia pastorale e, nei loro manuali, rivendicano a questa disciplina unesplicita
intenzione scientifica.61 Lo fanno assumendo la struttura argomentativa della
teologia dellepoca. La teologia in generale concepita come scienza delle
conclusioni e la teologia pastorale come scienza che applica i principi dogmatici e morali alla pratica: in effetti, essa trasporta le verit e le leggi, date da
Cristo e dalla Chiesa, nei campi molteplici della vita, studiandosi di dar forma
scientifica alle funzioni pastorali.62
Lattuazione pratica di tale modello metodologico prevede un primo momento dedicato allelaborazione dei principi riguardanti le funzioni pastorali di
Cristo e della Chiesa, enucleati e sistemati in base alla Rivelazione, e un secondo
momento riservato allapplicazione di tali principi alle attivit ecclesiali: in esso
si sviluppano le conseguenze pratiche di tali asserti biblici, dogmatici e morali,
e si confrontano con lesperienza sul campo della pratica pastorale.63
3.3.4. Le fonti della teologia pastorale
Conformemente a questa metodologia, le fonti della teologia pastorale
sono per quanto riguarda il primo momento sia quelle del passato del
la Chiesa costituite da Scrittura, atti conciliari e sinodali, libri canonici, sia
quelle viventi offerte dallesperienza vissuta dei santi o di grandi pastori
danime. In linea con la concezione del tempo, si ricorre a queste fonti come a
miniera per ricavarne testi probativi (dicta probantia) allo scopo di legittimare
norme e indicazioni pratiche, che per hanno la loro motivazione radicale
nellidea di pastore formatasi nella pratica pastorale spiritualista e assistenziale, e nella letteratura teologica e devota del tempo.64
Lattuazione del momento applicativo avviene col ricorso alle scienze che
61
Cf ad es. KRIEG C., Die Wissenschaft VIII-XI; PRUNER J., Lehrbuch 1; SCHUBERT F., Grundzge 1. I primi due affermano esplicitamente il carattere scientifico della teologia pastorale, il
terzo lo suppone come pacifico.
62
KRIEG C., Die Wissenschaft VIII.
63
Cf ad es. KRIEG C., Die Wissenschaft 61-63, dove lautore affronta il tema del rapporto tra
teoria ed esperienza, fra scienza e pratica.
64
Cf AMBERGER J., Pastoraltheologie 1 44s; POHL FR., Pastoraltheologie 5 9s; RENNINGER
J.B., Pastoraltheologie 11-13; SCHCH I., Handbuch 3-5; KRIEG C., Die Wissenschaft 61; SCHUBERT F., Grundzge 2; PRUNER J., Lehrbuch 2-9.

Cap. I: La teologia pastorale in campo cattolico

39

studiano la situazione umana nei suoi vari aspetti: principalmente psicologia


e pedagogia ma anche medicina e psichiatria per la conoscenza del soggetto;
statistica o sociologia, intesa come esposizione rigorosa dei rapporti dominanti nella vita socio-culturale, per la conoscenza dei fattori sociali e culturali che
influenzano lindividuo nella sua esistenza quotidiana. In questa prospettiva si
ipotizzano anche sviluppi particolari nel senso di una psicologia pastorale,
pedagogia pastorale, medicina pastorale, psichiatria pastorale, discipline queste qualificate come ausiliarie della teologia pastorale.65
3.3.5. Rapporto della teologia pastorale con le altre discipline teologiche
Il rapporto della teologia pastorale con le altre discipline teologiche determinato dal campo e metodo di ricerca fin qui esposti. Scrittura e storia della
Chiesa ne costituiscono i presupposti imprescindibili. Il suo rapporto alla dogmatica fortemente condizionato dalla mentalit teologica dominante, che riconosce legemonia della dogmatica nella teologia fino alla loro identificazione. Di conseguenza, alla teologia pastorale si applica la qualifica teologica solo
in senso derivato: essa corollario della dogmatica, perch da questa deriva
principi da applicare e modalit di applicazione. Al riguardo, quanto mai
indicativa della mentalit dominante la posizione espressa da Congar secondo
cui, nella costellazione del sapere teologico, la teologia pastorale non altro
che uno sviluppo di certi elementi studiati nei diversi trattati.66
Nei confronti del diritto canonico si riprende la distinzione classica: il diritto ha come oggetto il governo ecclesiale (Kirchenregiment) che di pertinenza dei superiori ecclesiastici (la gerarchia) e si istituisce in funzione del
corpo giuridico della Chiesa; la pastorale, invece, ha come oggetto il servizio
ecclesiale (Kirchendienst) che proprio dei pastori subordinati e si costituisce
in funzione delle esigenze della cura danime. Va rilevato, a questo proposito,
che lintervento sempre pi dettagliato della gerarchia o Chiesa docente, cui
riconosciuta dalla manualistica unautorit assoluta nel regolare lattivit ecclesiale, induce uno strisciante assorbimento della pastorale entro larea delle
norme canoniche. Di qui la crescente subordinazione della teologia pastorale
alla canonistica, gi rilevata in J. Amberger.
Rispetto alla morale ci si appella al distinto oggetto formale: la teologia
morale comprende gli atti della singola persona in quanto tende o meno a
fare la volont divina; la teologia pastorale ha come oggetto gli atti posti dai
pastori danime, che hanno rilevanza nel corpo visibile della Chiesa.67 Di fatto, per, dovendosi occupare della cura pastorale polarizzata attorno al tema
Cf ad es. SCHCH I., Handbuch 5; KRIEG C., Die Wissenschaft 61 514; SCHUBERT F., Grundzge IV; PRUNER J., Lehrbuch 3s.
66
CONGAR Y., Thologie, in DThC XV 493-495.
67
Cf ad es. SCHCH I., Handbuch 2s; PRUNER J., Lehrbuch 1s.
65

40

Parte I: Storia della teologia pastorale

anima-peccato, la teologia pastorale si avvicina molto alla morale. Tanto vero


che alcuni autori inseriscono dei trattati specifici di teologia pastorale nei loro
manuali di morale,68 ed altri affermano che tra teologia pastorale e teologia
morale vi una stretta parentela.69
4. SVILUPPI INNOVATIVI DEL
LA TEOLOGIA PASTORALE TRA GLI
ANNI 1920 E 1960

In campo cattolico, nel periodo che va dalla fine della prima guerra mondiale al concilio Vaticano II, mentre continua il filone manualistico precedentemente delineato, vari pastoralisti sviluppano una riflessione teologicopastorale che tenta, in forme e misure diverse, di rispondere alle istanze sol
levate da una situazione socio-culturale e religioso-ecclesiale per tanti aspetti
radicalmente differente da quella dellepoca precedente.
4.1. Insufficienza della manualistica e limitate ricerche innovative

Secondo alcuni autori, gli sconvolgimenti sociali e culturali oltre che economici e politici successivi alla prima guerra mondiale fanno emergere nuovi
problemi pastorali: lazione pastorale va rinnovata con lassunzione critica
delle inquietudini e certezze, delle idee e aspirazioni imposte dalla mutata
congiuntura storica; la collocazione spirituale e culturale di quanti operano
in ambito ecclesiale esige di essere ripensata in riferimento a tale differente
contesto sociale e culturale.70
Di fronte a queste nuove urgenze viene denunciata linsufficienza della
manualistica del tempo. Questa parte dal presupposto, forse inconsapevole, che il fattore storia sia sostanzialmente irrilevante per lazione del pastore
danime, dato che le regole auree della pastorale sono gi sempre disponibili
e necessitano solo di una messa in opera tecnicamente corretta. Ci fa s che
tale letteratura sia incapace di assumere in modo riflesso i fenomeni storici.71
Inoltre, la struttura stessa del manuale appare uno strumento inadeguato
per affrontare in modo rigoroso e tempestivo le problematiche via via emergenti. In questo periodo sorgono istituti di pastorale, vengono pubblicate ri68
Cf ad es. NOLDIN H., Summa theologiae moralis iuxta codicem iuris canonici (Innsbruck
1935), e lopera di DAVIS H. citata alla nota 48.
69
Cf ad es. STOLZ E., Pastoraltheologie, in LThK VII 1023s.
70
Cf PFLIEGLER M., Custos, quid de nocte?, in Der Seelsorger 1 (1925) 2-4; ID., Wie stellen
wir dem modernen Menschen das Christentum dar?, ivi 2 (1925) 1-7; ID., Und wieder: Custos,
quid de nocte?, ivi 3 (1926) 1-4 81-84; ID., Hora jam est... Ein ergnzendes Wort vom Herausgeber, ivi 4 (1928) 97-101; RUDOLF K., Zehn Jahre Seelsorger, ivi 11 (1934) 1-4.
71
Cf PFLIEGLER M., Grostadtseelsorge vor zwanzig Jahren und heute, in Der Seelsorger 8
(1932) 242-248; WIESEN P., Neue Wege der Pastoraltheologie, ivi 417-423.

Cap. I: La teologia pastorale in campo cattolico

41

viste di pastorale, ed anche i contributi teorici sono affidati a strumenti pi


flessibili dei manuali, come sono i saggi su argomenti concreti e di attualit.72
Vari pastoralisti degli anni 1920 e 1930 si muovono appunto in questa
direzione e, abbandonato ogni intento sistematico, affrontano, in ricerche limitate, argomenti come questi: la ristrutturazione della parrocchia urbana
esigita dal fenomeno dellurbanizzazione,73 le difficolt e le possibilit del
lazione pastorale parrocchiale e sovraparrocchiale in un momento in cui la
parrocchia considerata come unit operativa di base;74 le risposte concrete a
singoli problemi di ordine morale posti dalle situazioni del tempo al pastore
danime;75 la rilevanza pastorale delle ideologie, cio delle concezioni che legittimano lagire storico di un determinato corpo sociale.76
Le diffuse istanze di questo periodo trovano uninterpretazione globale
nellopera di Michael Pfliegler, pensata attorno agli anni 1950 e pubblicata
una decina danni dopo.77 In essa, lautore riscrive lodegetica mantenendo
limpianto fondamentale della trattazione manualistica del terzo ufficio pasto
rale e articolando la materia secondo argomenti attinenti la persona (fasi evolutive e differenze sessuali) e la societ (differenti aree sociali: paese, industria,
grande citt), portati in primo piano dalla situazione contemporanea.
Questa proposta stata diversamente valutata dalla critica teologico-pastorale. Per alcuni, essa va collocata nella linea di rinnovamento del secondo
dopoguerra, attesi i suoi riferimenti cristologici (Cristo via, verit, vita) ed
ecclesiologici (la Chiesa corpo mistico).78 Per altri, invece, essa ancora assai
vicina ai manuali del perfetto funzionario ecclesiastico, dati il ruolo preminente assegnato al clero e il posto subordinato riservato al laicato che pure
viene valutato.79 In ogni caso, essa rivela la sua appartenenza a una fase storica
di transizione solo parzialmente riformatrice.80
72
Cf WIESEN P., Neue Wege 418-421; STOLZ E., Pastoraltheologie, in LThK VII (Freiburg
1935) 1023-1025; ALGERMISSEN K., Seelsorge, ivi (Freiburg 1957) 416-420.
73
Cf ad es. WIESEN P., Neue Wege 419; PFLIEGLER M., Grostadtseelsorge 242-248.
74
Cf ad es. METZGER K., Katholische Seelsorge der Gegenwart (Innsbruck 1936); MATYSSEK
TH., Leitfaden der Pastoral. Erweiterte Einzelseelsorge (Limburg a.d. Lahn 1940); SCHULTE J. ANDRIANOPOLI L., Il pastore danime. Formazione pastorale del sacerdote (Brescia 1939). Si veda
anche lopera di BLOUET J., citata alla nota 48.
75
Cf RULAND L., Grenzfragen der Naturwissenschaften und Theologie (Pastoralmedizin)
(Mnchen 1930).
76
Cf MEYER W. - NEYER P., Lebendige Seelsorge. Wegweisung durch die religisen Ideen der
Zeit fr den Klerus deutscher Zunge (Freiburg 1937); ID., Gestaltkrfte lebensnaher Seelsorge
(Freiburg 1939); STOLZ E., Pastoraltheologie 1025.
77
PFLIEGLER M., Pastoraltheologie (Wien 1962).
78
Cf BIRNBAUM W., Theologische Wandlungen 223.
79
Cf LEFEBVRE M., Vers une nouvelle problmatique de la thologie pastorale, in NRTh 93
(1971) 29-41; OFFELE W., Das Verstndnis der Seelsorge in der Pastoraltheologischen Literatur
der Gegenwart (Mainz 1965) 50-52; MLLER J., Technologie - Strategie - Theologie der Seelsorge,
in Oberrheinisches Pastoralblatt 64 (1963) 129-139.
80
Cf SCHUSTER H., Die Geschichte 88; SHURR C., Teologia pastorale 400. Per pi ampie

42

Parte I: Storia della teologia pastorale

4.2. Tentativi di ridefinire la teologia pastorale ricentrandola sullode


getica

Nel periodo in esame, listanza di comprensione sistematica della teologia


pastorale non assente. Vi sono i tentativi di Linus Bopp e Constantin Nop
pel, che si muovono in una visuale prevalentemente psicologica il primo e
teologica il secondo.81
Essi mirano a ridefinire la teologia pastorale come disciplina unitaria ricentrandola non sulla catechetica o sulla liturgia ma, in linea con una scelta della manualistica di quegli anni, sullodegetica, cio sulla cura danime
(Bopp) o sul terzo ufficio pastorale (Noppel), che viene ad essere la prospettiva
formale in cui riflettere loggetto proprio delle altre discipline pastorali e il
luogo dove esse giungono a sintesi. Catechetica e liturgia sono considerate
discipline ausiliarie dellodegetica, la quale, a sua volta, comprende le scienze
della missione, della carit e dellazione cattolica (Noppel).
Il Bopp giustifica questa tesi col rimando alla situazione di diaspora in cui
vive il cristiano nel mutato contesto socio-culturale, e alla improrogabile necessit dincrementare la propaganda della fede.82 Noppel, invece, la motiva
col richiamo alla dottrina del corpo mistico di Cristo, dove lazione pastorale
diretta alledificazione continua della Chiesa, corpo di Cristo, e ha quindi
rilievo prevalente rispetto alle altre attivit ecclesiali.83
In entrambi evidente il recupero della dimensione comunitaria del
lazione pastorale, che per operato con argomentazioni diversificate. Il
Bopp si situa in una visuale psicologica e considera lindividuo (la singola
anima) come incorporato nellorganismo globale della Chiesa, per cui parla
di oggetto uno-duale della cura danime, che cos individuale e comunitaria.84 Il Noppel si colloca in una prospettiva teologica e fa riferimento alla
Chiesa come a un tutto vivente, in cui il singolo membro e i compiti pastorali sono definiti non tanto dallesigenza di assistere i singoli, quanto piuttosto
dalla cura per ledificazione del corpo di Cristo.85
Il soggetto preminente della cura danime o dellazione pastorale ancora
il clero. La collaborazione del laicato sottolineata, ma nella linea della parinformazioni si veda SEVESO B., Edificare la Chiesa 74-79.
81
BOPP L., Zwischen Pastoraltheologie und Seelsorgewissenschaft. Eine Einfhrung in die
pastoraltheologische Grund-Stze und die seelsorgewissenschaftlichen Grund-Fragen (Mnchen
1937); ID., Unsere Seelsorge in geschichtlicher Sendung. Wege zu einer gltigen Pastoration
(Freiburg i.B. 1952); NOPPEL C., Aedificatio Corporis Christi. Aufri der Pastoral (Freiburg
1937. 21949) [trad. it.: Aedificatio Corporis Christi (Brescia 1949)]. Le citazioni sono della seconda edizione tedesca.
82
Cf BOPP L., Zwischen Pastoraltheologie 58 60s.
83
Cf NOPPEL C., Aedificatio Corporis Christi 2 14s.
84
Cf BOPP L., Zwischen Pastoraltheologie 41-45.
85
Cf NOPPEL C., Aedificatio Corporis Christi 1s 3 14 21s.

Cap. I: La teologia pastorale in campo cattolico

43

tecipazione allapostolato gerarchico.86 Come si vede, questimpostazione


tuttora vincolata a tendenze precedenti di cui non ci si ancora liberati.
Un rilievo analogo va fatto a proposito della struttura della scienza pastorale. La delimitazione del rapporto di questa con le altre discipline teologiche,
la descrizione delle sue fonti, del suo metodo e delluso che fa delle cosiddette scienze umane ricalcano tesi della manualistica corrente. Le integrazioni
pi interessanti concernono il tentativo di fondare la teologia pastorale sul
lecclesiologia (Noppel), di sviluppare i due momenti del metodo (lelabo
razione dei principi e la loro applicazione alla situazione concreta) avendo
presente la nuova problematica socio-culturale ed ecclesiale, e inoltre la pi
consistente valorizzazione delle scienze umane (Bopp).87
I tentativi di questi due pastoralisti ebbero poca risonanza nel periodo del
la loro formulazione. Pensato in categorie psicologiche presto superate, quel
lo del Bopp non parve ulteriormente utilizzabile.88 La proposta del Noppel,
invece, venne successivamente apprezzata per il suo spessore ecclesiologico,
ma se ne evidenziarono pure i limiti: il riconoscimento della dimensione comunitaria dellazione pastorale non giunge ancora a superare una perdurante
sopravvalutazione dellaspetto individualistico. Inoltre, la concezione ecclesiologica proposta non sviluppata in modo da essere capace di assumere, in
forma rigorosa ed efficace, le istanze connesse con la situazione temporale.89
Si deve, ad ogni modo, riconoscere che i due tentativi rappresentano lo sforzo
pi significativo degli anni 1930 di dare una struttura unitaria alla riflessione
teologico-pastorale, contribuendo in tale modo al rinnovamento ormai irreversibile di questa disciplina.
4.3. Dimensione pastorale della teologia

illuminante per gli sviluppi che ha avuto successivamente, specialmente nel concilio Vaticano II, segnalare la vicenda della teologia cherigmatica,
anche se ha costituito un episodio circoscritto ben presto riassorbito,90 e la
86
Cf BOPP L., Zwischen Pastoraltheologie 27-40; NOPPEL C., Aedificatio Corporis Christi
32-44 53-58.
87
Cf BOPP L., Zwischen Pastoraltheologie 63-69 76-101; NOPPEL C., Aedificatio Corporis
Christi 5s 23-25.
88
Cf OFFELE W., Das Verstndnis 21-23.
89
Cf SCHUSTER H., Die Geschichte 84-86; PFLIEGLER M., Pastoraltheologie VII; SCHURR V.,
Teologia pastorale 400. Un tentativo di delineare unecclesiologia capace di assumere in modo
coerente le istanze del tempo e di offrire un fondamento adeguato alla cura danime fatto
da vari pastoralisti, i cui contributi sono stati pubblicati a cura di HORNSTEIN VON X. (Hrsg.),
Wesentliche Seelsorge. Grundlagen und Zeitfragen wirksamer Seelsorge in der Verantwortung
der Gegenwart (Luzern 1945). Si veda inoltre SEVESO B., Edificare la Chiesa 79-90.
90
Per una conoscenza della teologia cherigmatica si veda: RAHNER K., Kerygmatische Theologie, in LThK VI 126.

44

Parte I: Storia della teologia pastorale

concezione della dimensione pastorale della teologia dogmatica, proposta da


alcuni teologi tra il 1930 e il 1950.
La teologia cherigmatica nasce da una preoccupazione prettamente pastorale: la costatazione del divario esistente tra la sistemazione scientifico-scolastica della teologia del tempo e le esigenze di una predicazione della fede pi
attenta al messaggio della Bibbia e della Tradizione. La soluzione proposta
tende a evidenziare la valenza salvifica della verit teologica e linscindibile
riferimento della teologia al compito dellannuncio.
Il dibattito sviluppatosi in merito ha messo in luce la radicazione della
teologia in generale e della dogmatica in particolare nella missione evangelizzatrice della Chiesa e, quindi, limprescindibile dimensione pastorale di ogni
fare teologia. Qui pastorale inteso non nel senso di unassunzione da parte
della teologia dellesperienza credente della comunit cristiana, ma piuttosto
nel senso del contributo della teologia alla formazione teologica del pastore,
con particolare riferimento al compito di annuncio della fede.91
Concezioni analoghe a questa, tendenti a considerare la teologia pastora
le non come articolazione particolare della scienza teologica, ma come una
componente essenziale dellunica teologia, identificata con la dogmatica, sono
avanzate, con accentuazioni differenti, da vari teologi dogmatici dellepoca.
La teologia dogmatica contribuisce alla formazione di una mentalit e di
una visione del mondo sacerdotali, fortemente soprannaturali, e allo sviluppo
delle funzioni sacerdotali assieme a una comprensione unitaria dellazione pastorale.92 Laiuto della teologia dogmatica si esplica nellinfluenzare tutto il
lavoro sacerdotale dallalto, tracciando indicazioni.93 La chiarificazione dei
concetti, lesposizione delle verit della fede nella loro coerenza dinsieme, la
difesa della fede sono tutti dati offerti dalla teologia dogmatica e costituiscono
una preparazione remota per lazione del pastore.94 Di qui la necessit che il
sacerdote in cura danime apprezzi maggiormente la teologia dogmatica sia
nella sua vita spirituale, sia nella pratica pastorale e specialmente nella formazione dottrinale del laicato.95

Cf JUNGMANN J.A., Die Frohboschaft und unsere Glaubenverkndigung (Regensburg


1936) 25-27; ID., Glaubensverkndigung im Lichte der Frohbotschaft (Innsbruck 1963) 60-66;
DANDER P.F., Christus alles und in allen. Gedanken zum Aufbau einer Seelsorgedogmatik (Innsbruck - Leipzig 1939) 26; ID., Theologie und Seelsorge, in Anima 1 (1946-47) 101-113.
92
Cf ad es. GRABMANN M., Theologische Synthese und Seelsorge, in MEYER W. - NEYER P.,
Lebendige Seelsorge 91-107.
93
DEMAN TH., Grundstze einer Seelsorgewissenschaft, in Anima 1 (1946-47) 12-16; ID.,
Glauben: Theologie und Seelsorge, ivi 113-123.
94
Cf HOFMANN A.M., Das heutige Verstndnis Theologie-Seelsorge, in Anima 4 (1949)
3-9.
95
Cf ENGELHARDT G., Dogmatische Theologie und Seelsorge, in Anima 5 (1950) 211 e 220.
Si veda anche la posizione di Y. Congar di cui alla nota 66.
91

Cap. I: La teologia pastorale in campo cattolico

45

4.4. Statuto scientifico, teologico e pratico della teologia pastorale

Nel secondo dopoguerra si assiste ad un intensificarsi della preoccupazione per lo statuto scientifico, teologico e pratico della vita pastorale. Se
ne rendono interpreti pastoralisti di differenti aree geografiche: R. Fglister
(Svizzera), L. De Coninck (Belgio), Santos Beguiristin e C. Snchez Aliseda
(Spagna), R. Spiazzi e G. Ceriani (Italia).96
La problematica sorge dalla costatazione che la natura scientifica e teologica di questa disciplina stata diversamente motivata nel corso della sua
storia nel contesto accademico;97 sorge inoltre dallesigenza di una fondazione teologica rigorosa dellazione pastorale, che vada oltre il semplice avallo
dellautorit ecclesiastica.98
La soluzione ricercata nella concezione aristotelico-tomista della scienza
teologica. La teologia pastorale, al pari della teologia dogmatica, dispone di
un proprio principio teologico, universale e necessario, di conoscenza: il comando missionario di Cristo agli apostoli (Mt 28,19s) che funge da articolo di
fede. Dispone poi della possibilit di unargomentazione deduttiva, in quanto
tale comando missionario dice riferimento alle verit di fede e insieme attenzione agli esseri umani a cui vanno comunicati i beni salvifici, il che ricopre
lintera area usualmente riconosciuta alla teologia pastorale. In questa cornice, oggetto materiale della teologia pastorale la Chiesa nel suo complesso;
oggetto formale sono le funzioni pastorali che hanno come destinatari tutti gli
uomini e non solo i battezzati. I risultati conoscitivi della riflessione pastorale
si ottengono sotto forma di conclusioni teologiche, frutto di una maggiore,
costituita da un principio di fede specifico della teologia pastorale, e di una
minore essa pure di fede o anche di ordine razionale.99
Questimpostazione di fondo, esplicitata da Fglister, la si ritrova, con variazioni, nei contributi degli altri pastoralisti nominati. De Coninck collega
la teologia pastorale allapostolato, da lui articolato in tre interrogativi: A chi
(= soggetto attivo) Cristo ha affidato il pastorato? A chi (= referenti) deve
rivolgersi il pastore? In che cosa (= oggetto) consiste il ministero pastorale?
Dal messaggio rivelato la teologia pastorale svolge i principi soprannaturali
corrispondenti a una determinata comprensione della Chiesa, del sacerdozio
96
Cf FGLISTER R., Die Pastoraltheologie als Universittsdisziplin. Eine historisch-theologi
sche Studie (Basel 1951); DE CONINCK L., Les orientations actuelles de la thologie pastorale, in
NRTh 76 (1954) 134-141; SANTOS BEGUIRISTAIN, Una pastoral cientfica (Bilbao 1953); SANCHEZ
ALISEDA C., Orientaciones bibliogrficas sobre teologa pastoral, in Salmanticensis 3 (1956) 249278; ID., Pastoral de urgencia (Madrid 1958); SPIAZZI R., Notula de Theologiae pastoralis natura
et ratione, in Angelicum 34 (1957) 418-422; ID., Teologia Pastorale Kerigmatica e Omiletica
(Torino 1965); CERIANI G., Introduzione alla teologia pastorale (Roma 1961); ID., Introduzione
alla definizione della teologia pastorale, in Seminarium 15 (1963) 653-694.
97
Cf FGLISTER R., Die Pastoraltheologie 42 57.
98
Cf DE CONINCK L., Les orientations 135.
99
Cf FGLISTER R., Pastoraltheologie 44-48.

46

Parte I: Storia della teologia pastorale

e del laicato, e regolatori dellagire pastorale (ledificazione del corpo di Cristo), che fondano la validit teologica di questa disciplina. Da tali principi si
sviluppano le conclusioni ulteriori come in ogni discorso teologico.100
Per Ceriani, che riecheggia formule conosciute, la teologia dogmatica stu
dia lanatomia della Chiesa, mentre la teologia pastorale ne studia la fisiologia,
cio il suo slancio dinamico escatologico. Loggetto materiale della teologia
pastorale lazione della Chiesa oggi, inserita nel piano della salvezza; loggetto formale quod Dio sub ratione deitatis; loggetto formale quo la Rivelazione di Cristo vivente nelloggi della Chiesa.101
Spiazzi ritiene che, definita la scientificit della teologia secondo i canoni
tomisti, anche per la teologia pastorale necessario delimitare dei principi di
fede, opportunamente tematizzati, e da essi trarre deduzioni in ordine alla
direzione dellattivit dei pastori nellattuazione della loro missione nelleco
nomia della salvezza.102
In breve, la teologia pastorale innanzitutto dottrina dei principi e, quindi,
scienza; inoltre dottrina dei principi di fede che essa desume dalla Rivelazione e, quindi, scienza teologica.
La conoscenza della vita delle persone e delloggi della Chiesa, la teologia pastorale lattinge dai risultati delle scienze profane, in particolare dalla
psicologia e dalla pedagogia. Ad esse riconosciuta autonomia e specificit
di metodo. La teologia pastorale le utilizza per in subordine, come scienze
ausiliarie.103 In effetti, essa ne delimita loggetto dindagine, ne interpreta i
risultati e il loro uso secondo i principi della Rivelazione. Il luogo di tale operazione lunit spirituale del teologo, la sua sintesi superiore delluni
verso, chiamata sapienza.
Il metodo teologico-pastorale risulta cos analitico-deduttivo quanto alla conoscenza dei principi teologici, e descrittivo-induttivo quanto alla conoscenza
dei dati empirici. La teologia pastorale si costituisce nel giudizio composito
in cui vengono coniugati i due aspetti.104
Posta questa concezione del carattere scientifico e teologico della teologia
pastorale, si ripropone il problema della valenza pratica di questa disciplina: se essa in quanto scienza dottrina dei principi, come si colma la distanza tra conoscenza scientifica ed esperienza del pastore? Per rispondere al
linterrogativo si fa ricorso allarte pastorale intesa come abilit operativa. Tra
scienza pastorale da un lato e pratica pastorale dallaltro introdotta questa
Cf DE CONINCK L., Les orientations 137-139.
Cf CERIANI G., Introduzione alla teologia pastorale 135-155; ID., Introduzione alla definizione 653-694.
102
Cf SPIAZZI R., Notula 419.
103
Cf DE CONINCK L., Les orientations 138s; SPIAZZI R., Notula 420; CERIANI G., Introduzione alla teologia pastorale 156-172; ID., Introduzione alla definizione 678-683.
104
Cf CERIANI G., Introduzione alla teologia pastorale 205-219; ID., Introduzione alla definizione 674 676-678.
100
101

Cap. I: La teologia pastorale in campo cattolico

47

figura intermedia, storicamente legittimata da una costante tradizione105 e teoreticamente compresa nellorizzonte della nozione tomista della prudenza.106
Lutilizzo di questultima diversamente modulato. Per Spiazzi, la sapien
za, sia infusa che acquisita tramite la teologia pastorale, dimostra alla prudenza i principi pi alti e adegua ad essi gli imperativi. La prudenza cos
illuminata guida larte pastorale, cio la capacit pratica nel gestire quanto si
riferisce alleconomia salvifica, capacit da acquisire attraverso esercitazioni
pratiche.107
Secondo Ceriani, tra la teologia pastorale, che scienza speculativo-pra
tica, e la prudenza, che ha per oggetto il giudizio sullazione da compiersi
qui adesso, va collocata una conoscenza intermedia, larte appunto, che ha
per oggetto le regole prossime dellagire. Larte pastorale si connette con la
teologia pastorale come a sua conclusione e si definisce come tecnica di applicazione dei principi universali della scienza pastorale, condotti sul terreno
dellefficienza pratica e concreta.108
4.5. Riformulazione dei problemi di fondo della teologia pastorale

Lesigenza di disporre di un quadro teologico in cui definire lazione pastorale e sviluppare la riflessione teologica in merito ritorna in Franz Xavier
Arnold ( 1969), noto pastoralista di Tubinga. La sua ricerca si concentra su
questioni fondanti di teologia pastorale.109
4.5.1. Natura mediazionale dellazione pastorale
Come si costatato precedentemente, anche la manualistica premette al
la trattazione di singoli argomenti una serie di considerazioni comuni a tutta
larea pastorale e riguardanti il pastore di anime.110 Arnold interroga ulterior
Il luogo classico di riferimento il passo delloperetta pastorale di S. Gregorio Magno:
... ars est artium regimen animarum (PL 77, 14).
106
Cf FGLISTER R., Die Pastoraltheologie 64-66 89; SPIAZZI R., Notula 421; CERIANI G.,
Introduzione alla teologia pastorale 131s.
107
Cf SPIAZZI R., Notula 421s.
108
Cf CERIANI G., Introduzione alla teologia pastorale 129-131 189.
109
Per la bibliografia di Arnold, aggiornata al 1957, si veda: FILTHAUT TH. - JUNGMANN J.A.
(Hrsg.), Verkndigung und Glaube (Freiburg 1958) 347-354; per ulteriori indicazioni si veda:
BLACHNICKI F., Das Prinzip des Gott-menschlichen als Formalprinzip der Pastoraltheologie, in
RATZINGER J. (Hrsg.), Theologie im Wandel (Mnchen 1967) 637 n. 15. Nellesposizione ci si
attiene allopera: ARNOLD F.X., Pastoraltheologische Durchblicke (Freiburg i.B. 1965) [trad. it.:
Storia moderna della teologia pastorale (Roma 1970). Cito da questa edizione confrontata con
loriginale. Lesposto si avvale anche di altri saggi che saranno citati].
110
Si veda sopra al n. 3.3.1.
105

48

Parte I: Storia della teologia pastorale

mente tali dati recepiti e pone la questione fondamentale della natura del
lazione pastorale, pacificamente accettata o non esplicitata dalla manualistica
sia cattolica che protestante. Inoltre, egli interessato alla scientificit della
teologia pastorale, ma non a una scientificit formale, bens alla ricerca delle
dimensioni teologali proprie dellazione e, conseguentemente, della riflessione pastorale, stimolato in questo anche dalle acquisizioni della teologia cherigmatica circa la natura della predicazione.
Alla base della sua riflessione sta questa consapevolezza: per la vita della
Chiesa assai importante la scelta di una pastorale che nella sua elaborazione teorica e nella sua applicazione concreta lespressione di una teologia
centrata sullinsieme della Rivelazione, oppure di una pastorale orientata in
funzione di fatti contingenti e, quindi, eclettica e dispersa.111
Egli decisamente per la prima scelta. La propone e la giustifica col
locando lazione e la riflessione pastorale nellorizzonte della salvezza e ricorrendo innanzitutto ai concetti, distinti ma correlati, di processo di salvezza
(Heilsprozess) e di mediazione di salvezza (Heilsvermittlung).
Il processo di salvezza indica il realizzarsi concreto dellintervento salvifico
di Dio, che avviene nel rapporto di comunione damore tra Dio stesso e la
nima la quale con libera risposta di fede e damore accoglie tale dono divino.
Nel processo salvifico Dio il protagonista assoluto, la causa principale. La
mediazione di salvezza collegata allazione pastorale e sottolinea che le atti
vit della Chiesa sono servizio alla fede e allamore, sono uno strumento
in ordine allattivazione e allincremento del processo di salvezza.112
Con ladozione della categoria di mediazione, Arnold intende ribadire il
ruolo strumentale e subordinato della Chiesa nellattuazione della comunione
tra Dio e luomo, rifiutando ogni dannosa identificazione dellazione pastorale con il processo stesso di salvezza.
Al riguardo segnala delle comprensioni distorte della pastorale, storicamente documentate: il naturalismo pastorale riscontrabile in pastorali
dispirazione illuministica e collegabile al fatto che si disattende il ruolo di
mediazione e di servizio proprio delle attivit cherigmatiche, liturgiche, sacra
mentali ed educative, attribuendo a esse la capacit di porre da s ed effettivamente la fede e lamore; il quietismo pastorale rilevabile in pastorali ispirate
ad una concezione organologica della Chiesa e tendenti ad assolutizzare la
dimensione comunitaria dellattivit pastorale fino al punto da emarginare
lapporto personale nellaccadimento salvifico. Nel primo caso, lazione pastorale perde il senso del mistero di Dio; nel secondo caso, misconosciuta la
partecipazione della persona allevento di salvezza.113
111
ARNOLD F.X., Dienst am Glauben. Das vordringlichste Anliegen heutiger Seelsorge (Frei
burg i.B. 1948) 7 [trad. it.: Il ministero della fede. Le istanze urgenti della pastorale oggi (Alba
1953)].
112
Cf Storia moderna 7 22 42-45 55s.
113
Cf ivi 22-33 47-50.

Cap. I: La teologia pastorale in campo cattolico

49

Una corretta concezione teologica dellattivit pastorale comporta che,


nellazione salvifica, si mantengano distinti e non si confondano i due piani
di causalit: quello principale, proprio dellintervento divino, e quello strumentale, specifico della mediazione ecclesiale. La precariet della situazione
pastorale va addebitata al fatto che, in modo espresso o inespresso, si disattendono questi due piani: la relazione secondaria di mediazione prende il
posto della relazione principale esclusiva del processo salvifico.114
Daltra parte, per avere una comprensione teologica completa dellazione
pastorale, non sufficiente distinguere attivit ecclesiale e processo di salvezza. Occorre in pi coglierne la correlazione. Per un verso, lazione pastorale
non pu sostituire il processo salvifico n esaurirlo. Per altro verso, secondo
lordinamento di Cristo mediatore, la comunione tra Dio e la persona umana ha normalmente la Chiesa come intermediaria... Il fondamentale rapporto
primario tra Dio e la persona, e lattivit intermediaria strumentale della Chiesa, mediante la Parola e il Sacramento, sono due ordini che si sostengono a vicenda, si completano e sintrecciano. Nel fatto della redenzione della persona
concreta, essi sfociano in ununit, cos che non si eliminano n si intralciano
a vicenda.115
4.5.2. Il principio del divino umano
In questi due ordini, ciascuno nella sua specificit, sempre implicato un
rapporto tra Dio e lessere umano. Essi sono retti dal principio del divino
umano (das Prinzip des Gott-Menschlichen). in base appunto a tale principio che Arnold descrive la struttura e il modello (Cristo) della mediazione
propria dellazione pastorale.
Posta in mezzo, come intermediaria, tra i due attori della relazione salvifica, Dio e lessere umano, lattivit pastorale (la predicazione, la liturgia,
leducazione) strutturalmente in rapporto con Dio che salva e, insieme, in
rapporto con la persona destinataria della salvezza. Inserita, come strumento,
nel processo di salvezza, essa collabora con Dio e nello stesso tempo serve la
persona.
Di conseguenza, considerata nel suo risvolto positivo, lazione pastorale
rispettosa della sua natura teandrica e fedele al suo compito verso Dio e verso
la persona umana, solo se tiene debitamente conto del fattore divino e della
gratuit del suo dono damore e, insieme, del fattore umano e della libera e
consapevole decisione della persona nella fede e nellamore. Inoltre, solo se
tiene conto del rapporto di collaborazione e di dialogo, ovvero del sinergismo che lega i due attori del processo salvifico.
Cf ivi 56s.
Ivi 56.

114
115

50

Parte I: Storia della teologia pastorale

Considerata, invece, nel suo risvolto negativo, non conforme alla sua natura n fedele alla sua finalit unattivit pastorale che assolutizzi uno dei due
fattori a scapito dellaltro, sovvertendone il rapporto. Ci avviene ad esempio,
nel senso di un teocentrismo unilaterale a cui consegue un quietismo etico
e pastorale rilevabile in iniziative ecclesiali che vedono quasi esclusivamente
lopera di Dio e di Cristo nellannuncio della parola o della liturgia...; oppure,
nel senso di un esagerato antropocentrismo che conduce al naturalismo
teologico-pastorale riscontrabile in concezioni della catechesi, della predicazione, della liturgia e delleducazione in cui laspetto misterico, cio lintervento grazioso di Dio, disatteso.116
Secondo Arnold, per la teologia pastorale questione di vita o di morte
il trovarsi di fronte a un accordo fra il fattore umano e quello divino, oppure
vederselo mancare.117 In pratica si ripropone, in sede teologico-pastorale,
una problematica simile a quella che affrontano la teologia fondamentale e
la dogmatica a proposito rispettivamente del rapporto fede-ragione e naturagrazia. in giuoco la legge degli estremi che interagiscono continuamente
e si alimentano lun laltro, come storicamente avvenuto e avviene tra le due
concezioni distorte appena segnalate.
Il ricorso al principio del divino umano consente di avere una corretta
concezione teologica dellazione pastorale e, conseguentemente, di orientare
in modo adeguato lattivit ecclesiale e di superarne gli errori o le distorsioni.
Esso, infatti, in grado di assicurare il raccordo equilibrato fra il ruolo del divino e quello dellumano, [perch] ancorato profondamente nella natura
del Cristianesimo, inteso come la religione del Mediatore divino-umano.118
Lassunzione del principio teandrico conduce cos a evidenziare lesigenza
di rapportare lazione pastorale, nelle sue varie espressioni, a quel modello
assoluto che Ges Cristo, lUomo-Dio. Riferirsi a Cristo come a model
lo, nellattivit ecclesiale, vuol dire assumere effettivamente la parte di Dio
e la parte della persona umana e la loro collaborazione. Concezioni e prassi
distorte in campo pastorale hanno a monte cristologie unilaterali e, viceversa,
cristologie parziali guidano, forse inconsapevolmente, comprensioni e iniziative pastorali erronee.119
In questa prospettiva, il riferimento ultimo e determinante rimane, quindi,
Cristo e la sua mediazione, additata come fondamento e criterio, parametro
e limite della mediazione ecclesiale. In tal modo, lazione e la riflessione pastorale vengono ancorate alla cristologia e alla soteriologia.120
Il principio teandrico, compreso nella sua concentrazione cristologica e
Cf ivi 60s.
Ivi 60: il corsivo del testo.
118
Ivi 61.
119
Cf ivi 8 61-66.
120
Cf ivi 62 113.
116
117

Cap. I: La teologia pastorale in campo cattolico

51

chiarito a livello teoretico, utilizzato da Arnold anche a livello di ricerca


storica. Questa ritenuta necessaria per unintelligenza del dato pastorale che
prenda sul serio il fattore tempo, identificato con la storia. La concezione romantica della Chiesa come tradizione vivente costituisce lorizzonte in cui
lautore elabora la proposta di orientare la pastorale a partire dalla storia.121
La rilettura della storia della teologia pastorale prodotta da Arnold mette
in rilievo, su un versante, una pastorale antropocentrica caratteristica dellil
luminismo; su un altro versante, una pastorale teocentrica ravvisabile nel tra
dizionalismo romantico; in terzo luogo, il loro superamento in una sintesi
rispettosa del principio del divino umano offerta, in sede di dogmatica, dalla
teologia pneumatica del Mhler maturo e, in sede di teologia pastorale, dalla
proposta di Graf.122
4.5.3. La concezione della teologia pastorale
La delimitazione dello statuto proprio della teologia pastorale fatta in
consonanza con i risultati dello studio teoretico e della ricerca storica segnalati. La collocazione di questa disciplina nelluniverso del sapere teologico
(come teologia pratica accanto alla teologia storica e alla teologia sistematica),
la sua definizione e la sua articolazione sono riprese da Graf, ma vengono
approfondite nel quadro del principio teandrico.
Disponendo di un campo specifico (lautoedificazione della Chiesa nel fu
turo) e di un proprio principio teologico formale (il principio del divino umano), la teologia pastorale non pu essere ridotta a mera tecnica o a semplice
applicazione dei risultati di altre discipline teologiche alla cura danime.123
Il suo oggetto proprio costituito dalle forme dazione della Chiesa che
consistono nella Parola, nel Sacramento e nella cura danime in senso lato.124
Linteresse dellautore concentrato quasi esclusivamente sulla predicazione
e sulla liturgia.
Per quanto concerne il soggetto dellazione pastorale, egli rompe pi decisamente di altri pastoralisti a lui contemporanei con concezioni ecclesiologiche inadeguate; rivaluta il sacerdozio comune dei fedeli, messo in ombra dalla
polemica antiprotestante, e fa propria una visione di Chiesa come totale con121
Cf ARNOLD F.X., Das Gott-Menschliche Prinzip der Seelsorge in pastoral-geschichtlicher
Entfaltung, in ThQ 124 (1943) 99; ID., Grundstzliches und Geschichtliches zur Theologie der
Seelsorge. Das Prinzip des Gott-Menschlichen (Freiburg i.B. 1949); ID., Der geschichtliche Weg
theozentrischer Pastoralwissenschaft, in ThQ 129 (1949) 43-48.
122
Cf Storia moderna 115-295.
123
Cf ARNOLD F.X., Was ist Pastoraltheologie?, in Anima 14 (1959) 194 [trad. spagn.: Qu
es la teologa pastoral?, in Palabra de salvacin como palabra al tiempo (Estella 1966) 361-367)
361-367].
124
Ivi.

52

Parte I: Storia della teologia pastorale

gregazione di tutti i battezzati. Perci afferma: Tutti i battezzati, attraverso


la fede e la carit, la preghiera e la penitenza, collaborano al perdono dei
peccati e alla mediazione di salvezza. Tutti i battezzati sono di per s soggetto
dellagire ecclesiale e attori responsabili delle forme di azione della Chiesa.
Tutti sono chiamati, anche se non completamente nello stesso modo, al servizio della Parola e della fede, alla realizzazione di Sacramento e liturgia.125
Il modello metodologico di attuazione costruito anchesso attorno al
principio del divino umano. La riflessione teologico-pastorale comporta
il rimando al fattore divino sovra-temporale e, quindi, il riferimento alla
Rivelazione e alla centralit di Cristo e, insieme, lassunzione del singolare
temporalmente condizionato caratteristico delluomo inserito nella storia. Il
pensiero teologico-pastorale si sviluppa, quindi, in due direzioni date dalle
due realt fra le quali la Chiesa svolge la sua mediazione: Dio e la sua Rivelazione; la persona umana nella sua situazione concreta.126
Ci fa s che i problemi teologico-pastorali non abbiano mai una soluzione
definitiva, ma sempre e soltanto una soluzione limitata nel tempo: non vi
una teologia pastorale perenne.127 La problematica pastorale si ripropone, di
conseguenza, in termini inediti col variare delle vicende umane. Compito permanente dellazione e della riflessione teologico-pastorale quello di stare
completamente nella Rivelazione e, insieme, interamente nel tempo.128
4.5.4. Rilievi valutativi
La critica teologica concorde nel riconoscere il ruolo innovatore di Arnold nella riflessione teologico-pastorale. Alla sua opera attribuito il merito
di aver contribuito a dare alla teologia pastorale una conformazione teologica e daverla sottratta alla pesante eredit illuministica.129 Le sue intuizioni
hanno consentito di riprendere su basi rinnovate il dibattito teologico-pa
storale del secondo dopoguerra.130 La sua proposta denuncia linsufficienza
dellimpianto teologico-pastorale comunemente recepito, che riduce la teo
logia pastorale a corollario della dogmatica; riesce a riformulare lo statuto
epistemologico di questa disciplina: essa ha un proprio oggetto e un proprio
principio teologico formale, il principio teandrico.131 Per lelaborazione di tale
Ivi 196.
Ivi 197.
127
Dienst am Glauben 8; Was ist Pastoraltheologie? 195.
128
ARNOLD F.X., Glaubensverkndigung und Glaubensgemeinschaft (Dsseldorf 1955)
[trad. it.: Comunit di fede (Roma 1959)].
129
Cf SCHURR V., Teologia pastorale 401.
130
Cf BIEMER G., Franz-Xavier Arnold, in ThQ 150 (1979) 157.
131
Cf DELAHAYE K., Considerazioni sul nuovo orientamento della teologia pastorale II (Roma
1967) 305-307.
125
126

Cap. I: La teologia pastorale in campo cattolico

53

principio, Arnold dovrebbe essere considerato come il primo fra i pastoralisti


cattolici della Germania.132 In ogni caso, la sua comprensione della teologia
pastorale costituisce un punto di riferimento imprescindibile per la riflessione
cattolica in merito.133
Pur riconoscendo questi meriti, occorre dire francamente che la riflessione
di Arnold non va oltre una dichiarazione dintenti e non offre un modello
operativo di pensiero teologico-pastorale. Valgono per la sua impostazione
i rilievi critici formulati a proposito del progetto di Graf: lintelligenza teologica dellazione pastorale che offre pu essere ricondotta a una variazione
dellecclesiologia sistematica; riguarda ancora la natura o il senso teologico
dellazione pastorale, non il suo realizzarsi storico attuale in prospettiva di
futuro, compreso in una visione di fede.134
5. LA PASTORALE DINSIEME

Nel secondo dopoguerra fino agli anni 1960 simpone un movimento complesso dazione e riflessione, conosciuto in campo cattolico come pastorale
dinsieme.135
5.1. Cenni storici

Il fenomeno ha origine in Francia. Vanno ricordati al riguardo i movimen


ti di Azione Cattolica che furono i primi a scoprire la rottura tra Chiesa e
mondo; le iniziative della JOC (fondata da Cardijn nel 1924) miranti al
levangelizzazione delle masse operaie largamente scristianizzate; il movimen
to dei preti operai sorto per rispondere a esigenze analoghe; le ricerche socioreligiose di G. Le Bras su Gli effettivi del Cattolicesimo nelle varie regioni di
Francia.136
Cf GROSCHE R., Theologie und Pastoral im heutigen Deutschland, in Et intra et extra
(Dsseldorf 1958) 15.
133
Cf OFFELE W., Das Verstndnis 96.
134
Per una sintetica ricognizione critica del pensiero teologico-pastorale di Arnold si veda
SEVESO B., Edificare la Chiesa 131-150.
135
Non esistono a tuttoggi ricostruzioni critiche del fenomeno denominato pastorale
dinsieme. Per una visione retrospettiva si veda: BOULARD F., Iniziative e movimenti attuali
della pastorale dinsieme, in La pastorale oggi. Atti del I Congresso Internazionale di Teologia
Pastorale. Friburgo (Svizzera) 10-12 ottobre 1961 (Milano 1963). Per un inquadramento storico
della problematica si veda: GECK L.H.A., Aufbruch zu einer sozialen Pastoral, in LS 3 (1952)
147-152.
136
Cf LE BRAS G., Pour un examen dtaill et pour une explication historique de ltat du
Catholicisme dans les diverses rgions de la France, in RHEF 17 (1931) 425-449. Lo studio
stato pubblicato successivamente in tudes de sociologie religieuse (Paris 1955) 1-24.
132

54

Parte I: Storia della teologia pastorale

A livello di riflessione critica vengono pubblicati negli anni 1940 tre contributi, complementari e significativi, a cui sispirano successivamente vari pastoralisti: la riflessione dellabate Henry Godin sulla situazione della Chiesa
nel mondo del proletariato operaio,137 una ricerca di sociologia religiosa nel
lambiente rurale prodotta dal canonico Fernand Boulard,138 le annotazioni di
Georges Michonneau sulla vita cristiana nella parrocchia urbana.139
In uno studio retrospettivo, Boulard individua tre tappe di sviluppo delle
intuizioni originarie. La prima scopre la rottura tra la vita e la religione. La
scristianizzazione in atto in Francia un fenomeno non soltanto individuale
ma collettivo. Isolata nella sua azione, la parrocchia si rivela sempre pi incapace di affrontare unevangelizzazione dellambiente. Si rende necessaria
unazione pastorale di insieme, dove insieme sta a indicare il complesso del
pi vasto mondo sociale a cui deve essere rivolta lattivit ecclesiale.
La seconda tappa fa scoprire linteriorit della pastorale dinsieme. Il lavoro apostolico del sacerdote e del laico va collocato entro una pastorale glo
bale tendente a orientare in modo unitario lazione pastorale parrocchiale. Il
congresso nazionale dellUnion des Oeuvres de France (1956), che affronta
la questione: Pastorale opera comune, sottolinea la necessit di ampliare la visione pastorale, di integrare tutte le forze apostoliche e di collocare la parrocchia nella zona umana, coordinando i responsabili. In questa fase il termine
insieme usato per indicare che la pastorale azione comune dei differenti
operatori.
Nella terza tappa si scopre la dimensione episcopale della pastorale, cio
limprescindibile riferimento di tutte le forze e istituzioni di una diocesi al
loro pastore nellattuazione della pastorale dinsieme.140
Il primo congresso internazionale di teologia pastorale, tenuto a Friburgo
(Svizzera) nel 1961, documenta lampia risonanza ottenuta dalla proposta di
pastorale dinsieme.141 Vengono rilevati atteggiamenti tendenti a ridurre il
progetto a metodo puramente strumentale. Alcuni autori dellarea belga rivendicano lispirazione originaria della pastorale dinsieme contro fraintendimenti
successivi e ne segnalano lo sbocco naturale nella pianificazione pastorale.142
Nellarea di lingua tedesca vi un adeguamento della proposta al contesto
locale, adeguamento connotato con la formula pastorale dambiente, di cui
si dir pi oltre.
Cf GODIN H. - DANIEL Y., La France, pays de mission? (Paris 1943).
Cf BOULARD F., Problmes missionnaires de la France rurale, 2 voll. (Paris 1945).
139
Cf MICHONNEAU G., Paroisse, communaut missionnaire. Conclusion de cinq ans dexp
rience en milieu populaire (Paris 1945).
140
Cf BOULARD F., Iniziative e movimenti 93-112.
141
Cf La pastorale oggi (Milano 1963).
142
Cf DINGEMANS L. - HOUTART F., Pastorale dune rgion industrielle. Lagglomration de
Charleroi (Bruxelles 1964) 157-162; HOUTART F. - GODDIJN W., Pastorale densemble et plans de
Pastorale, in Concilium (1965/3) 29-44.
137
138

Cap. I: La teologia pastorale in campo cattolico

55

Nellarea di lingua spagnola vi un processo di progressiva recezione del


le istanze e indicazioni della pastorale dinsieme e una loro applicazione sul
campo.143
Quanto allItalia, linteresse preminente concentrato sulla rivalutazione
del ruolo centrale del vescovo e sulla fondazione teologica di una solida organizzazione del lavoro pastorale.144
5.2. Chiesa, Vangelo e ambiente sociale

Come appare da questi rapidi cenni storici, il contesto sociale ed ecclesiale


in cui questo movimento sorge e prende forma segnato da una diffusa scristianizzazione dei vari settori della vita pubblica, e soprattutto dal distacco del
mondo operaio nel suo complesso dalla Chiesa. Vi si aggiunge la percezione
di una dicotomia nellesistenza dei fedeli tra pratica cultuale e vita quotidiana
dominata da una mentalit materialistica.
Tale scristianizzazione rivela una Chiesa presente dal punto di vista ufficiale o canonico, ma assente dal punto di vista della sua incidenza effettiva
sullambiente sociale e culturale. Lazione pastorale si trova cos in una situa
zione sfavorevole, aggravata dallaccelerato processo di socializzazione che
rigetta ogni individualismo anche cristiano. Ci stimola una progressiva presa
di coscienza dellurgenza di rinnovare il lavoro pastorale, che continua a essere visto in riferimento diretto al terzo ufficio ecclesiale.145
Il nodo del problema pastorale ravvisato nel rapporto tra vita ecclesiale
e ambiente o gruppo sociale (milieu). Lambiente risulta da una rete di interazioni tra massa e determinati soggetti attivi dellambiente stesso, capaci da
un lato di modificarne le tendenze e, dallaltro, di recepirne le sollecitazioni.
Il modo medio di pensare del gruppo esercita unimpercettibile ma costante
pressione sullindividuo e tende a modellarne la mentalit su quella del gruppo stesso. E dato che lindividuo appartiene a pi gruppi sociali, avviene che
quelli pi concentrici lo influenzano maggiormente attraverso il modello di
vita, quelli meno concentrici mediante le istituzioni.146
143
Cf CALVO F.J., Para una pastoral de conjuncto, in PM 5 (1965) 45-66; ID., Orientaciones
de una pastoral diocesana de conjunto (Madrid 1966); MARTIN GONZALEZ F., Estructura pastoral
de la iglesia diocesana (Barcelona 1965); GALILEA S., Pastoral de conjunto en Latinoamrica, in
PP 90 (1965) 6-40; AA.VV., Pastoral de conjunto. Reflexiones y sugerencias (Madrid 1966). Si
vedano inoltre le traduzioni di opere pastorali in merito, apparse in altre lingue, elencate in
FLORISTAN C. - USEROS M., Teologia dellazione pastorale (Roma 1970) 233.
144
Cf LOCATELLI G., La pastorale dopo il Concilio (Milano 1967).
145
Cf CHENU M.-D., Die Erneuerung der Seelsorgewissenschaft, in Anima 1 (1946-47) 308311; SCHURR V., Seelsorge in einer neuen Welt (Salzburg 1957) 13-17; BOULARD F., Iniziative e
movimenti 955.
146
Cf GODIN H. - DANIEL Y., La France 20-25.

56

Parte I: Storia della teologia pastorale

Tutto questo riguarda da vicino la vita cristiana, perch anchessa condizionata dal gruppo sociale in cui inserita. Lanalisi circa il grado di socializzazione religiosa del contesto tanto cittadino che rurale fa emergere tre situazioni tipo, caratterizzate da una relativa unit geografica, da una determinata
organizzazione del lavoro e dal possesso di una propria concezione di vita con
modelli, usi, costumi e anche istituzioni specifiche: aree di cristianit, dove
una parte consistente di fedeli conserva la pratica religiosa; aree di indifferenza, dove in atto un processo di scristianizzazione; aree di missione
dove una notevole parte della popolazione ormai estranea alla Chiesa.147
Tali tentativi di tipizzazione riguardanti la situazione francese degli anni 1940
mettono in luce un processo di scristianizzazione: un iniziale indebolimento
dello spirito cristiano (fede e carit verso il prossimo) provoca la successiva
caduta della pratica religiosa e il venir meno della morale naturale, e tutto ci
porta allespandersi progressivo dellambiente pagano e dellarea cosiddetta
di missione, specialmente tra il proletariato non solo urbano ma anche rurale.
Denunciano inoltre il fatto che la comunit cristiana si mostra incapace
di contenere tale processo e tende piuttosto a chiudersi su se stessa. Di conseguenza, la comunicazione tra ambiente sociale pagano e ambiente parrocchiale diviene assai difficoltosa: da una parte, le persone del milieu pagano
appaiono cristianizzabili ma, sotto la pressione della mentalit dominante,
sono restie ad accedere alla parrocchia, non sono cio ecclesiasticizzabili;
dallaltra parte, la comunit cristiana teme di confrontarsi con il gruppo pagano che la circonda e cerca di difendersi isolandosi.148
Questo stato di cose, mentre fa costatare che in tutto un contesto sociale la
fede non predicata e che il Vangelo non pu tollerare tale reciproca chiusura, sollecita la comunit cristiana a prendersi carico dellevangelizzazione dei
vari gruppi sociali e specialmente del popolo, per non abbandonare un vasto
strato della societ.149 Inoltre, porta in primo piano lesigenza di abbandonare
un modello di parrocchia, centro di culto circoscritto a coloro che la frequentano, e di creare, invece, una figura di parrocchia concepita come comunit
missionaria, cio in grado di penetrare e animare cristianamente tutto il gruppo umano che la circonda.150 Infine, sottolinea limpossibilit di affrontare i
problemi via via posti dallaccelerazione dei cambi storici e dai processi di socializzazione in termini di casi di coscienza: i problemi dellambiente sono
di tipo strutturale ed esigono di essere affrontati in tale prospettiva.151
Cf ivi 10-16; BOULARD F., Problmes missionnaires I 14s 108-142; MICHONNEAU G., Paroisse 27-38.
148
Cf GODIN H. - DANIEL Y., La France 26-56; BOULARD F., Problmes missionnaires I 14142; MICHONNEAU G., Paroisse 27-38.
149
Cf GODIN H. - DANIEL Y., La France 56-62; BOULARD F., Problmes missionnaires I 143191.
150
Cf GODIN H. - DANIEL Y., La France 17-19 25; MICHONNEAU G., Paroisse 38-62.
151
Cf BOULARD F., Exigences sociologiques, in Pastorale, oeuvre commune. Congrs Natio147

Cap. I: La teologia pastorale in campo cattolico

57

5.3. Zona umana e zona pastorale

Tale problematica non si risolve in una alternativa tra attivit intra-eccle


siale e azione missionaria, ma in una composizione il pi possibile equilibrata dei due aspetti. In merito si ha un graduale cammino di maturazione. Le
difficolt dei movimenti di ambiente a muoversi nellambito parrocchiale e
linsuccesso dellevangelizzazione del mondo operaio, addebitato alla mancanza di comunit ecclesiali adeguate, crea una diffusa situazione di disagio.
Si cerca di uscirne prospettando differenti livelli di ecclesialit: il livello delle
comunit cristiane per affinit, quello delle comunit parrocchiali e quello di
comunit di pi vaste proporzioni. Oppure si propone di ristrutturare le circoscrizioni parrocchiali dellambiente rurale, in modo da poter incidere pi
efficacemente sullorientamento cristiano delle mentalit.152
La soluzione maturata al termine di tale cammino trovata nella delimitazione della cosiddetta zona umana (zone humaine), a cui deve corrispon
dere, a livello ecclesiale, la zona pastorale. La zona umana lunit sociale
elementare della vita di un gruppo di persone. Essa comprende, da un punto
di vista formale, la rete di rapporti intercorrenti tra gli individui di un territorio sufficientemente esteso per permettere lo sviluppo di tutte le dimensioni
maggiormente significative dellesistenza umana. Per essere realistica ed efficace, lazione pastorale deve strutturarsi in riferimento alla zona umana in cui
opera la comunit cristiana. Sorge cos lesigenza di creare la zona pastorale intesa come luogo in cui lazione ecclesiale affronta i problemi umani e religiosi
di ununit sociale di base. La parrocchia non tolta, ma ne sono ridisegnate
le dimensioni e la sua attivit destinata a integrarsi in unazione zonale.153
5.4. I soggetti attivi della cristianizzazione

Lo spostamento dellaccento dallattivit cultuale allazione missionaria di


penetrazione nellambiente sociale guida la ridefinizione dei soggetti delle
vangelizzazione e della stessa azione pastorale.
Operatore primario ancora riconosciuto il sacerdote, ma nella sua identit i compiti missionari nei confronti del proletariato acquistano un ruolo
rilevante.154 Accanto al clero assegnato un posto specifico al laico militante.
La sua competenza non gli deriva da un mandato della gerarchia o da quella
nal Versailles 1956 (Paris 1956) 21-44; LE BRAS G., Influence des structures sociales sur la vie
religieuse en France, in Structures sociales et pastorale paroissiale. Congrs de Lille (Paris 1948)
17-28.
152
Cf GODIN H. - DANIEL Y., La France 105-129; BOULARD F., Problmes missionnaires II
3-70 111-200; ID., Exigences sociologiques 37-39.
153
Cf BOULARD F., Exigences sociologiques 37-40 98.
154
Cf GODIN H. - DANIEL Y., La France 130-135 157.

58

Parte I: Storia della teologia pastorale

del sacerdote. Essa originaria, cio connessa con la sua qualifica di battezzato inserito nel mondo. La collaborazione tra clero e laici vista come condizione indispensabile per unazione pastorale incisiva. Soggetto autentico
della pastorale non il singolo operatore, ma il gruppo attivo (quipe, team)
variamente organizzato, in modo da essere testa di ponte del cristianesimo
nellambiente divenuto acristiano.155
Fattore indispensabile e qualificante la pastorale dinsieme ritenuto il
collegamento vitale di tutte le pastorali particolari allunit della missione
episcopale, poich le funzioni del vescovo culminano in quelle di pastore.
Il vescovo cos considerato fonte e centro coordinatore e animatore della
pastorale dinsieme diocesana.156
Rapportata allambiente scristianizzato, lazione pastorale viene definita in
termini di cristianizzazione. Cristianizzare un gruppo sociale giudicato lar
gamente pagano non vuol dire, per i pastoralisti in esame, ricondurlo a una
situazione storica di cristianit, ritenuta ormai non pi difendibile. Significa,
invece, rimarcare la missione della Chiesa che quella di condurre a Cristo
tutti gli esseri umani. Le modalit concrete di realizzazione non sono determinabili a priori; vanno commisurate al contesto umano in cui sinserisce
lintervento pastorale.157
Per descrivere il modo dintervento si ricorre generalmente ai concetti sociologici di massa ed lite. Sotto il profilo oggettuale, massa indica il vasto
strato sociale di coloro che non dispongono di potere nella societ e sono
disponibili a essere guidati. In riferimento allazione pastorale, massa utilizzato per indicare le forme minimali di appartenenza ecclesiale presente specialmente nel proletariato.
La lite o la figura analoga della militanza caratterizza la capacit dinizia
tiva e la disponibilit allimpegno. Nella Chiesa llite viene configurata come
una struttura aperta, non legata a funzioni prefissate, ad eccezione del riferimento istituzionale al vescovo. Anche se non esclusa una sua aggregazione
in gruppi informali, si d la preferenza a lites proprie dei gruppi organizzati,
delle istituzioni, delle comunit parrocchiali missionarie.
La pastorale dinsieme prevede un influsso delllite sulla massa attraverso stimolazioni adeguate, volte a rimuovere il divario tra mentalit pagana e
annuncio cristiano, e a stabilire le condizioni perch le strutture sociali recepiscano i valori cristiani.
In questo modello emerge una duplice immagine di lite: una lite nella
Cf ivi 99-102 136-153; BOULARD F., Problmes missionnaires II 216-228.
Cf BOULARD F., Iniziative e movimenti 106 (corsivo nel testo) ed anche 111s; FAUCHET,
Vers une pastorale diocsaine densemble. Expriences et exigences, in Pastorale, oeuvre commune 64; La Pastorale densemble. Orientations retenues par les vques de la rgion du Midi
dans leur runion des 8-9 juin 1965, in DC 47 (1965) 1485.
157
Cf GODIN H. - DANIEL Y., La France 98-102 136-153; BOULARD F., Problmes missionnaires II 216-228 250-256; ID., Iniziative e movimenti 106.
155

156

Cap. I: La teologia pastorale in campo cattolico

59

Chiesa quando il gruppo umano visto nella sua valenza fondamentalmente


ancora cristiana; una Chiesa come lite quando la societ percepita come
mondo pagano da cristianizzare e si prospettano appunto comunit cristiane
missionarie o movimenti di ambiente.158
La motivazione teologica dellazione pastorale cos concepita ricercata
facendo riferimento non al tema biblico del piccolo gregge o al modello sociologico della Chiesa di minoranza, ma piuttosto alle indicazioni evangeliche
attinenti i rapporti che collegano la folla a Ges e i discepoli a Ges e alla
folla.159
5.5. Le strutture pastorali

Per superare la distanza tra comunit cristiana e ambiente sociale, una


prima indicazione riguardante laspetto strutturale dellazione pastorale recupera lidea di catecumenato con la proposta di comunit intermedie fra
parrocchia e contesto sociale circostante. In esse, chi non cristiano ma
disponibile a diventarlo pu fare esperienze evangeliche, senza essere caricato
di esigenze ecclesiali che solo in una pi avanzata crescita cristiana pu comprendere e accogliere. In ambiente rurale, il ruolo di tali comunit intermedie
pu essere svolto da gruppi apostolici di ambiente, meno vincolati al quadro
istituzionale parrocchiale e, quindi, capaci di maggiore flessibilit dazione.160
Lindicazione per pi organica e di fatto predominante nella definizione
di pastorale dinsieme costituita dallorganizzazione delle attivit ecclesiali. A sostegno di tale proposta vengono addotte motivazioni innanzitutto di
ordine sociologico. La causa prossima dellinefficacia di molte iniziative apostoliche ravvisata nella disorganizzazione dellapostolato, nellanarchia degli
sforzi pastorali, nellangustia e frammentariet delle informazioni e nel pra
tico affidamento dellevangelizzazione alle imprevedibili capacit e iniziative
dei singoli operatori. Un intervento pastorale nellambiente, adeguato alle sue
strutture, richiede invece unit dintenti e continuit dazione. Esige, in ultima analisi, il coordinamento delle iniziative in modo da coprire tempi lunghi
di realizzazione, riconducibili allo spazio di una generazione.161
Successivamente sopravvengono delle motivazioni dindole teologica. La
dimensione personale e laspetto sociale della grazia postulano unazione pastorale che valorizzi il rapporto persona-comunit.162 Il carattere comunitario
158
Cf GODIN H. - DANIEL Y., La France 99-102 136-153; BOULARD F., Problmes missionnaires II 238-256; MICHONNEAU G., Paroisse 103-116 ed anche CONGAR Y., Mission de la Paroisse, in Structures sociales 48-65.
159
Cf GODIN H. - DANIEL Y., La France 56-62.
160
Cf ivi 72-99; BOULARD F., Problmes missionnaires II 25-237.
161
Cf BOULARD F., Problmes missionnaires II 259-265; ID., Iniziative e movimenti 96.
162
Cf CHENU M.-D., Die Erneuerung 310s.

60

Parte I: Storia della teologia pastorale

della Chiesa, la collegialit dei suoi ministeri, il fatto che la realt ecclesiale
costituisce un insieme esigono, a livello operativo, la collaborazione, la cooperazione e unazione pastorale che affronti in una visione unitaria i problemi
che hanno dimensioni di globalit.163
Il raggiungimento di questi obiettivi affidato al lavoro di gruppo (quipe
a raggio parrocchiale e zonale), che va impostato tenendo conto, tra laltro,
delle condizioni psicologiche del suo esercizio, in modo da evitare e superare
esperienze frustranti tra gli appartenenti al gruppo.164
affidato inoltre al
ladozione del
la ricerca socio-religiosa debitamente
integrata dalla riflessione teologico-pastorale. In concreto, sono prospettate
queste tre tappe: il rilevamento della situazione sociale ed ecclesiale in base al
linchiesta socio-religiosa; linterpretazione dei risultati in una prospettiva pastorale, lindividuazione delle proposte operative e la revisione delle mentalit
degli operatori, il tutto attraverso la discussione di gruppo; il coordinamento
degli interventi sulla base dei dati rilevati e interpretati, il che viene fatto, a
raggio diocesano, dal vescovo.165
Il collegamento del ministero pastorale del vescovo con gli operatori pastorali di base, sacerdoti e laici, attuato tramite due tipi di strutture: le
commissioni pastorali di zona e il responsabile di zona. Le commissioni
pastorali di zona hanno il compito di rilevare le problematiche della zona e
le esigenze pastorali in essa emergenti, ed inoltre di favorire la maturazione
delle disposizioni degli operatori pastorali con la continua revisione di vita.166
Il responsabile di zona, da un lato, rappresenta il vescovo nel promuovere
lattivit pastorale degli operatori di base e, dallaltro, riporta al vescovo le
esigenze pastorali presenti nella zona di sua competenza.167 Come appare evidente, non si tratta di strutture amministrative deputate alla trasmissione di
direttive del centro, ma di strutture pastorali incaricate di rilevare problemi
pastorali, di prospettare soluzioni a livello di studio e di attuazione concreta,
e di stabilire una comunicazione tra gli operatori ai vari livelli.

163
Cf DANILOU J., Mission de lglise et pastorale densemble, in Pastorale, oeuvre commune
107-128; ROUGET A.-M., La collgialit du sacerdoce, ivi 145-167; BOULARD F., Iniziative e movimenti 101; DOMINGUEZ RODRIGUEZ J., Fundamentos teolgicos de una pastoral de conjuncto,
in Pastoral de conjunto 35-55.
164
Cf BOULARD F., Problmes missionnaires II 99-110; MICHONNEAU G., Paroisse 419-449;
CONGAR Y., Mission de la Paroisse 56s; BOULARD F., Exigences sociologiques 31-41; BISSONNIER
H., De quelques conditions psychologiques de la vie dquipe, in Pastorale, oeuvre commune
145-167.
165
Cf LEBRET L., Comment acqurir la connaissance sociologique dune paroisse?, in Structures sociales 29-44; FAUCHET, Vers une pastorale 64-66; BOULARD F., Iniziative e movimenti
101-104.
166
Cf FAUSCHET, Vers une pastorale 55-60; BOULARD F., Iniziative e movimenti 99s.
167
Cf FAUSCHET, Vers une pastorale 60s; BOULARD F., Iniziative e movimenti 110s.

Cap. I: La teologia pastorale in campo cattolico

61

5.6. La pastorale dambiente

Nellarea tedesca, le suggestioni della pastorale dinsieme vengono innestate negli sforzi missionari del secondo dopoguerra, volti a ricostruire il
tessuto cristiano ed ecclesiale.168 In questo clima prende forma la pastorale
dambiente (Umweltseelsorge) specialmente ad opera di Viktor Schurr.169
La proposta di questo pastoralista si prefigge di ritrattare la cura danime in
diretto riferimento allambiente umano a cui rivolta e che per tanti versi di
sattende.
Constata con la pastorale dinsieme che i fattori socializzanti incidono profondamente sullesistenza umana e cristiana. Attribuisce al loro influsso la
situazione di crescente scristianizzazione delle masse. Sottolinea la capacit
evangelizzatrice dei movimenti missionari.170
Condivide con la pastorale dinsieme la concezione comunitaria della
Chiesa e del suo ministero di salvezza (contro lindividualismo pastorale).
Condivide pure lesigenza che lazione ecclesiale affronti in modo unitario la
struttura collettiva della realt sociale, cio dellambiente (contro lo spiritualismo pastorale). Di conseguenza, sostiene che la cura danime (Seelsorge)
deve integrarsi in una cura dambiente (Sorge um die Umwelt), da realizzare con un lavoro pastorale capace di coinvolgere, in forme diverse, tutti gli
operatori.171
La proposta giustificata con una teologia dellambiente riconducibile
a questi asserti: la totalit un mondo di corrispondenze, di interazioni;
luniverso della persona riceve contenuto, dimensione e sostegno da una
spazialit dellessere, da un tessuto dellessere, costituito appunto dallam
biente.172
giustificata inoltre dal pensiero biblico attinente il Regno di Dio e la
signoria di Cristo nella storia. Queste realt evangeliche riguardano la trasfor168
Cf SCHRECK CH., Neue Wege in der franzsischen Volksmission, in Paulus 22 (1950) 252263; AUGSTEN S., Der restaurative Charakter der kirchlichen Arbeit seit 1945, in LS 2 (1951)
14-24; BENZ F., Die neue franzsischen Seelsorgemethoden und ihre Bedeutung fr Deutschland,
in ThQ 12 (1951) 320-339 464-486; ID., Missionarische Seelsorge. Die missionarische Seelsorgebewegung in Frankreich und ihre Bedeutung fr Deutschland (Freiburg i.B. 1958).
169
A detta dello stesso autore (cf SCHURR V., Teologia pastorale 401), la sua produzione
teologico-pastorale non intende offrire una trattazione sistematica, ma semplicemente studiare
problematiche urgenti e ordinariamente disattese dalla teologia pastorale. La bibliografia relativa alla sua produzione raccolta in RAHNER K. - HRING B. (Hrsg.), Wort in Welt. Studien zur
Theologie der Verkndigung (Bergen-Enkheim 1968) 17-27.
170
Cf SCHURR V., Fhlung mit dem Raum, in LS 6 (1955) 221-224; ID., Seelsorge 13-67; ID.,
Theologie der Umwelt, in AUER J. - VOLK H. (Hrsg.), Theologie in Geschichte und Gegenwart
(Mnchen 1957) 145-147; ID., Konstruktive Seelsorge. Gemeinschaft und Sendung (Freiburg
1962) 11-17 [trad. it.: Pastorale costruttiva (Roma 21965).
171
Cf SCHURR V., Seelsorge 71-76 80-86; ID., Konstruktive Seelsorge 99-122.
172
Cf SCHURR V., Fhlung 226-230; ID., Theologie der Umwelt 158-180; ID., Seelsorge 75s;
ID., Konstruktive Seelsorge 19-40.

62

Parte I: Storia della teologia pastorale

mazione non solo dellanima dei singoli, ma anche di entit extra-personali,


dellambiente appunto, in quanto concernono un mondo umano segnato dal
la presenza operativa di Dio e del Cristo. La comunit cristiana, in effetti,
il corpo pubblico, il nuovo mondo di Dio, incaricato di svolgere opera di
cristianizzazione con un atteggiamento di attesa paziente e di testimonianza
audace.173
Dato lo stretto legame esistente tra persona e ambiente, loggetto proprio
dellazione pastorale la cristianizzazione (non lecclesiasticizzazione) degli
ambienti: la famiglia, il quartiere, il mondo del lavoro, i mezzi della comunicazione sociale.174 I laici cristiani hanno un ruolo proprio e una competenza
specifica in tale opera di cristianizzazione, in forza del loro essere persone
battezzate che vivono e operano nellambiente. E siccome lite e ambiente si
condizionano a vicenda, il lavoro pastorale va attuato tramite gruppi di persone, capaci e attive. In effetti, il principio animatore della pastorale dambiente
questo: la salvezza dellindividuo con la salvezza della societ mediante il
nucleo attivo.175
Il metodo dintervento di tipo esistenzialista, cio commisurato alla situazione data e al suo evolversi storico. ispirato dal modello della missione
pastorale regionale o zonale, e il suo campo specifico la zona pastorale a
dimensioni sovraparrocchiali. La sua messa in opera comporta un profondo
rinnovamento nella pastorale parrocchiale tradizionale.176
Il risultato perseguito dalla pastorale dinsieme e dalla sua filiazione
chiamata pastorale dambiente un agire pastorale realista, spoglio di tanta
vuota retorica ecclesiastica, animato invece dalla missione e teso a creare rapporti di comunicazione sia allinterno della Chiesa tra operatori ai vari livelli
sia tra comunit cristiana e ambiente sociale, nellintento di coinvolgere operatori e operatrici pastorali e loro referenti in un processo di progressiva ed
efficace cristianizzazione.177

Cf SCHURR V., Theologie der Umwelt 166-178; ID., Konstruktive Seelsorge 101-103.
Cf SCHURR V., Theologie der Umwelt 178-180; ID., Seelsorge 91-274.
175
Cf SCHURR V., Theologie der Umwelt 179; ID., Seelsorge 86-88 90; ID., Konstruktive Seel
sorge 71-78 103-105.
176
Cf SCHURR V., Seelsorge 84 275-321; ID., Konstruktive Seelsorge 63-67.
177
Per una pi dettagliata informazione sulla pastorale dinsieme si veda SEVESO B., Edificare la Chiesa 109-130.
173
174

Capitolo II

LA TEOLOGIA PRATICA PROTESTANTE

Nel capitolo precedente si avuto modo di costatare come, a partire dalla


met del secolo XIX, la teologia pastorale cattolica si confrontata variamente con la teologia pratica protestante. Di questultima si intende ora presentare, con rapidi cenni, alcuni momenti storici significativi per il successivo
sviluppo di questa disciplina nellarea della riforma protestante.
1. NASCITA E PRIMI SVILUPPI DELLA TEOLOGIA PRATICA

In ambito protestante la riflessione sullagire della comunit cristiana pastorale, designata per lo pi con la formula teologia pratica, profondamente
segnata dalla concezione della teologia prodotta da Lutero, di cui si richiamano qui gli asserti principali.
1.1. Limpostazione teologica di M. Lutero

Oltre che con la gerarchia ecclesiastica, il grande Riformatore rompe


con la teologia scolastica e la filosofia aristotelica: Non si diventa teologo
se non senza Aristotele.1 Il suo intento quello di far s che la teologia
sia espressione dellesperienza vissuta del credente: Solo lesperienza fa il
teologo.2 Tale esperienza quella della persona che ha posto la sua fiducia
nel Cristo crocifisso, unico segno di salvezza. Solo una teologia della croce e
non una teologia della gloria pu cogliere tale esperienza di fede: Si diventa
teologo vivendo, anzi morendo e dannandosi, non indagando, leggendo o
speculando.3
Citato da EBELING G., Theologie und Philosophie, nellenciclopedia Die Religion in Geschichte und Gegenwart VI (Tbingen 1962) 805.
2
Citato da EBELING G., Lutherstudien I (Tbingen 1971) 300 nota 38.
3
Citato da EBELING G., Theologie 764.
1

64

Parte I: Storia della teologia pastorale

Tale esperienza di fede non va ridotta a sentimenti o a semplici stati da


nimo. piuttosto lesperienza di un cambio profondo operato dallascolto
della Parola, vittoriosa e invincibile, di Dio contenuta nella Scrittura. une
sperienza che si articola in un atto di confessione e si sviluppa normalmente in
una predicazione. Cos la teologia collocata in diretto rapporto col ministero
della Parola e assume la forma di una teologia non gi mistica, ma piuttosto
pratica.
In polemica aperta con i teologi del suo tempo che coltivano speculazioni
sottili e a volte artificiali, Lutero sostiene la caratterizzazione pratica della sua
teologia: La teologia vera pratica e il suo fondamento Cristo, la cui morte
appresa mediante la fede. Tutti coloro che oggi dissentono da noi e non
professano la nostra dottrina, la fanno speculativa.4
Nel rivendicare, quindi, una teologia pratica, egli vuole promuovere una
teologia incentrata sullesperienza di fede e sulla predicazione della Parola;
una teologia il cui tema lincontro drammatico tra Dio che giustifica e salva,
e luomo peccatore e perduto.5
La dimensione antropologica di questa teologia non implica, per Lutero,
n antropocentrismo n soggettivismo, perch la sua certezza posta fuori dal
soggetto: la fede fiduciale poggia sulla solidit della Parola biblica di salvezza.
La giustificazione teorica e la strutturazione rigorosa di tale teologia, intrinsecamente legata allesperienza e allazione, sono ricercate dal Riformatore non nella linea scolastica del rapporto tra ragione e Rivelazione, tra ordine
naturale e ordine soprannaturale, ma nel rapporto indicato dal Nuovo Testamento, tra legge e Vangelo. Ora tale rapporto essenzialmente storico in
quanto stato introdotto con la manifestazione di Ges Cristo ed diretto
alla giustificazione del peccatore, tramite la fede-fiducia. La teologia prospettata da Lutero chiamata a echeggiare tale Vangelo e a servire tale opera di
giustificazione, per cui , nel suo insieme, pratica.
La riforma della Chiesa promossa dai Riformatori ha caratterizzato il
loro modo di fare teologia e si manifestato concretamente nel realizzare un
programma di riformulazione dei contenuti essenziali della fede cristiana, del
la Chiesa e della societ. Il nesso Chiesa-teologia si impone in modo palese: il
fare teologia in funzione della vita della Chiesa e al tempo stesso funzione
della Chiesa. La teologia diventa un discorso teologico essenzialmente pratico,
perch diretto a trasmettere con parole umane levento della Parola vissuto
dalla Chiesa in dipendenza dalle Scritture e dallilluminazione dello Spirito
santo che, solo, crea la Chiesa e la mantiene nella verit.
Questa visione che fa della teologia una scienza pratica per definizione e
4
Citato da EBELING G., Evangelische Evangelienauslegung. Eine Untersuchung zu Luthers
Hermeneutik (Darmstadt 1962) 544 nota 310. Lutero non intende ridurre la sua teologia pratica alletica, che S. Tommaso qualificava come scientia practica (Summa Theologiae Ia Iae, q.
1, a. 4).
5
Cf EBELING G., Lutherstudien I 221.

Cap. II: La teologia pratica protestante

65

marcatamente unitaria, pur nelle sue articolazioni tradizionali (esegesi biblica, storia, teologia sistematica e teologia pastorale) emerge palesemente, ad
esempio, dagli scritti di Zuinglio (1484-1531) e di M. Bucero (1491-1551)
riguardanti la figura del pastore e la cura pastorale.6
La storia successiva della teologia protestante (in particolare il razionalismo liberale del secolo XIX e del secolo XX) testimonia la fragilit della
situazione assegnata da Lutero e dai primi Riformatori alla teologia, ma anche
le virtualit insite in essa.
1.2. La posteriore concezione etica e pragmatica della teologia pratica

Nel protestantesimo dei secoli immediatamente posteriori non pare abbia


avuto grande rilevanza la formula di Lutero secondo cui vera theologia est
practica. La cosiddetta vecchia ortodossia protestante, pur sviluppando su
singole questioni la polemica anticattolica, conserva generalmente le strutture
della teologia classica.
Laspetto pratico non intacca n tantomeno presiede linsieme delledifi
cio teologico. Esso riguarda specialmente le indicazioni e i mezzi offerti al
lindividuo per appropriarsi della salvezza.
La formula teologia pratica, ancora poco frequente in questo periodo,
utilizzata generalmente per indicare letica cristiana ed eventualmente le
esigenze del ministero pastorale. Ma in questo secondo caso si preferisce la
dizione teologia pastorale.7 Ad ogni modo, si tratta di un ambito piuttosto
marginale, tuttal pi oggetto di studio della cosiddetta scienza applicata.8
1.3. La concezione rinnovata di Friedrich Schleiermacher

Friedrich Schleiermacher (1768-1834) stato considerato sovente


come il secondo padre della riforma protestante. A lui si deve una rinnovata concezione della teologia pratica. In un noto opuscolo e in successivi
approfondimenti,9 egli presenta unorganizzazione assai sistematica della te6
Cf GENRE E. - FERRARIO F., Zwingli, scritti pastorali, 2 (Torino 1996); Von der waren
Seelsorge und dem rechten Hintendienst, in Martin Bucer Deutsche Schriften Band 7 (GterslohParis 1964).
7
Cf RSSLER D., Grundri der Praktischen Theologie (Berlin - New York 1986) 113-118.
8
Cf BIRNBAUM W., Theologische Wandlungen 6-8. Per alcuni cenni attinenti la teologia
pastorale presso Calvino e pastoralisti calvinisti dei secoli XVI-XVIII si veda REYMOND B.,
Jalons pour une histoire des thologies pastorales dexpression franaise, in tudes thol. et relig.
(1/1984) 53-59. Sintetiche annotazioni riguardanti linflusso del Pietismo e dellIlluminismo
sulla nascita della teologia pratica in ambito protestante sono fatte da RSSELER D., Grundri
der Praktischen Theologie 24-27.
9
SCHLEIERMACHER F., Kurze Darstellung des theologischen Studiums zum Behuf Einleitender

66

Parte I: Storia della teologia pastorale

ologia. Il suo progetto innovatore riflette una situazione del tempo: la messa
in questione da parte di Kant (1798) del posto della teologia nellambito del
sapere universitario, e la tesi sostenuta da Fichte (1807) secondo cui solo una
teologia che rinuncia a una fede in una Rivelazione positiva pu avere posto
in ununiversit moderna.
1.3.1. Impianto ideologico
Schleiermacher accetta in certo senso queste sfide. Da parte sua si ispira al
la filosofia di Schelling, di cui fa propria la concezione del metodo degli studi
accademici e della teologia. Cos non cerca di assimilare il sapere teologico a
un sapere assoluto che, secondo Schelling, oggetto della filosofia della natura e delletica. Accoglie piuttosto la concezione della teologia come scienza
positiva, come scienza di secondordine in quanto il suo oggetto, il cristianesimo, gi prefissato, e in quanto il suo scopo non la ricerca di una verit
assoluta, ma un ruolo pratico: la conduzione della Chiesa.10
In un momento storico in cui le scienze positive minano progressivamente
il prestigio della filosofia, riconoscere alla teologia un carattere positivo non
torna, per Schleiermacher, a scapito di essa.
Quanto allo scopo pratico, che chiama principio costitutivo della teologia, egli distingue nettamente la conduzione della chiesa (Kirchenleitung),
da lui vista come grandezza largamente spirituale e ideale ovvero come una
specie di strategia teologica applicata alla Chiesa reale o empirica, dal governo ecclesiastico (Kirchenregiment) che rientra gi in un ambito politico.11
Sta di fatto che, nel suo progetto, la teologia assume un carattere essenzialmente funzionale: una scienza positiva a servizio di un sapere pratico; si
occupa della conduzione della Chiesa.12
Schleiermacher propone unarticolazione tripartita del sapere teologico:
la teologia filosofica (lapologetica e la polemica) che riguarda la natura del
cristianesimo, alla cui base c lesperienza etica di dipendenza incondizionata
dallAssoluto, vissuta e rivelata da Ges; la teologia storica (teologia esegetica,
storia della Chiesa, dogmatica e statistica ecclesiale) che cerca di mettere in
evidenza lessenza della Chiesa, la sua situazione in riferimento al suo divenire
storico nel corso dei secoli; infine la teologia pratica, di cui d questa definiVorlesungen, kritische Ausgabe von H. Scholz (Leipzig 1910) [trad. it.: Lo studio della teologia
(Brescia 1978)]; ID., Die praktische Theologie nach den Grundstzen der evangelischen Kirche
im Zusammenhange dargestellt von Dr. Friedrich Schleiermacher (Berlin 1850) curato da J. Frerichs. Cf BURKART J.E., Schleiermachers Vision for Theology, in BROWNING DON S. (ed.), Practical Theology (San Francisco 1983) 42-57.
10
Cf Kurze Darstellung 1 44.
11
Cf Kurze Darstellung 271 274.
12
Cf Kurze Darstellung 3-5.

Cap. II: La teologia pratica protestante

67

zione: Lo scopo della conduzione di una Chiesa cristiana , da un punto di


vista estensivo e intensivo, la coesione e la formazione. Il sapere attinente tale
attivit si costituisce in una tecnica che, unitamente a tutte le sue branchie,
designiamo col termine di teologia pratica.13
La conduzione della Chiesa comprende tutte le forme di attivit ecclesiali,
a raggio parrocchiale e sovraparrocchiale, riassunte dallautore sotto lappel
lativo servizio ecclesiale. Esso riguarda la liturgia, la predicazione, linse
gnamento, la cura danime, lorganizzazione della comunit e la libera iniziativa degli appartenenti alla medesima, frutto dellintervento dello Spirito.14
Il padre della teologia liberale insiste sui legami organici che uniscono le
suddette tre branche delledificio teologico, del quale la teologia pratica da lui
considerata come necessario complemento. Nel suo maggiore testo di teologia
pratica,15 egli usa la metafora botanica per definire la nuova ripartizione degli
studi teologici: la teologia filosofica costituisce le radici della pianta, la teologia
storica il tronco e la teologia pratica la corona, lapice del sapere teologico.
Questa, infatti, cerca di cogliere il dinamismo della fede cristiana emergente da
attuali movimenti, legati al sentimento di piacere o dispiacere di fronte ai differenti stadi della Chiesa, studiata dalla teologia filosofica e storica.16
1.3.2. Scientificit, ambito e condizioni
Egli insiste pure sul rigore scientifico che deve rivestire la teologia pratica,
perch non va ridotta a empirismo o a semplice raccolta di tecniche applicative di principi attinti altrove. La teologia pratica scrive esiste solo per
coloro che associano linteresse ecclesiale allinteresse scientifico. In effetti,
senza il primo non possono nascere n i sentimenti n i movimenti affettivi;
e senza il secondo non si pu effettuare alcuna azione riflessa, guidata da
prescrizioni,17 perch unazione autentica procede da una valutazione della
situazione in funzione di valori riconosciuti.18
Lambito preciso di competenza della teologia pratica la determinazione
delle procedure (Verfahrungsweisen) o norme operative (Kunstregeln)19 da
mettere in opera per lattuazione effettiva di compiti ecclesiali, la cui definizione invece competenza della teologia filosofica e storica. In corrispon
denza a tali compiti, la teologia pratica si svilupper in numerose branchie e
stabilir un certo numero di categorie volte a cogliere un oggetto complesso.
Cf Kurze Darstellung 25.
Cf Kurze Darstellung 277-308 312 323 328.
15
Cf Die Praktische Theologie, hrsg. von J. Frerichs (Berlin 1850).
16
Cf Kurze Darstellung 26 336.
17
Kurze Darstellung 258.
18
Cf Kurze Darstellung 359.
19
Cf Kurze Darstellung 5 240.
13
14

68

Parte I: Storia della teologia pastorale

Dovr prendere le distanze dalla pratica concreta e collocarsi a un certo livel


lo di generalizzazione. Il suo compito primordiale di verificare in continuit
il rapporto intrinseco tra mezzi e procedure impiegati e fini perseguiti.20
Infine, per Schleiermacher, la teologia pratica concepibile solo a patto e
nella misura in cui esiste una comunit cristiana, nella quale possibile una
regolazione, e dove la vita non un puro fatto ripetitivo, ma attraversata dal
la critica che consente un giudizio. Si suppone quindi che in tale comunit vi
siano responsabilit differenziate, cio una lite e una massa, e che tra questi
si sviluppi una circolazione sul piano delle idee e delle rappresentazioni come
su quello del culto e dei costumi. Llite da lui assimilata a unlite culturale
capace di attivare unanimazione e purificazione evangeliche della comunit
cristiana. La teologia pratica presiede tale circolazione tra lite e massa in
ordine sia alla conduzione della Chiesa a raggio locale, sia al governo ecclesiastico nella sua totalit.21
1.3.3. Rilievi valutativi
La recente critica storica ha rilevato i seguenti condizionamenti delledifi
cio costruito da Schleiermacher. Il suo opuscolo segna una linea di sviluppo,
che non lunica possibile n stata lunica effettiva, della teologia pratica:
una linea che si riannoda agli inizi della riforma luterana, di cui reimposta
la finalizzazione pratica e non speculativa della teologia; una linea che segna
unepoca storica.
Tale linea di sviluppo risente della situazione storica in cui stata elaborata
ed debitrice della concezione epistemologica fondamentale della filosofia
idealista (col primato che questa assegna alla filosofia e alle scienze positive rispetto alla teologia), anche se riprende elementi tradizionali come il carattere
positivo e lorientamento pratico della teologia.
Inoltre Schleiermacher non si interrogato seriamente sugli stretti legami
esistenti tra la conduzione della Chiesa e quella dello Stato, per cui il posto
che assegna alla teologia vincolato a presupposti politici pi di quanto egli
sia consapevole.
Nel fondare poi la teologia sulle esigenze della conduzione della Chiesa,
Schleiermacher condotto a fare del sistema ecclesiastico confessionale la
base indiscussa della teologia e, nella stessa misura, a immunizzare tale siste
ma dalla critica. Ci non risponde alle sue intenzioni, ma fa luce sui limiti
della concezione di teologia che propone. una visione confessionale datata,
che non facilita sicuramente un dialogo ecumenico.22
Cf Kurze Darstellung 43-62.
Cf Kurze Darstellung 267 268.
22
Cf PANNENBERG W., Wissenschaftstheorie und Theologie (Frankfurt a.M. 1973) 247-255
20
21

Cap. II: La teologia pratica protestante

69

Pur riconoscendo nel suo progetto elementi importanti di segno contrario


(la finalizzazione ecclesiale della teologia pratica, il rapporto della critica
con le manifestazioni reali del cristianesimo), c da chiedersi se la sua teologia pratica non sia ancora riassorbita da unidea di cristianesimo, essa stessa
espressione di una determinata situazione socio-politica della Chiesa.23
Pi in particolare, alcune categorie fondamentali hanno dato adito a differenti interpretazioni e sono causa di difficolt. Cos, la figura di Chiesa che
si desume dallantitesi lite-massa potrebbe essere riconducibile a una Chiesa
di pastori, dato il ruolo preminente riservato alllite. Di conseguenza, la teologia pratica potrebbe essere ridotta in definitiva alla descrizione dellufficio
dei pastori. Ma si riconosce che tale interpretazione dovuta a una rilettura
parziale del pensiero di Schleiermacher, che attribuisce un proprio peso a
tutti nella circolarit del rapporto lite-massa.24
Anche la categoria tecnica con cui viene definito il compito della teologia pratica sorgente di difficolt, perch troppo esposta a essere interpretata
in senso prevalentemente applicativo, nonostante la differente intenzione di
Schleiermacher, che peraltro a volte offre anche delle indicazioni molto pratiche.25
Soprattutto resta imprecisato lo statuto epistemologico della teologia pratica: essa non una prassi, ma una teoria della prassi. Siccome per i suoi compiti sono prefissati da altre discipline teologiche, il suo ruolo teoretico resta
gi risolto e ad essa viene demandato un ruolo puramente pratico.26
Ancora, non avendo determinato come questa disciplina corona dello
studio teologico, apre la strada a un bipolarismo nella sua definizione. Su un
versante essa si trova a disagio nel giustificare la propria scientificit e, in pratica, ridotta ad applicazione dei risultati delle altre discipline teologiche. Su
un altro versante, invece, il carattere teoretico che essa rivendica fa difficolt
allatto di formulare un suo rapporto accettabile con la prassi.27
[trad. it.: Epistemologia e teologia (Brescia 1975) 239s 402s]; STECK W., Friedrich Schleiermacher und Anton Graf. Eine kumenische Konstellation Praktischer Theologie?, in PThH 34-41;
VOLP R., Praktische Theologie als Theoriebildung und Kompetenzgewinnung bei F.D. Schleiermacher, in PThH 52-64.
23
Cf MARL R., Le projet 87.
24
Cf JETTER W., Die Praktische Theologie, in ZThK 64 (1977) 461-463; BOHREN R., Da
Gott schn werde. Praktische Theologie als theologische Aesthetik (Mnchen 1975) 166-170;
WINTZER F., C.I. Nitzschs Konzeption der Praktischen Theologie in ihren geschichtlichen Zusammenhngen, in EvTh 29 (1969) 93s.
25
Cf SAUTER G., Beobachtungen und Vorschlge zum gegenseitigen Verstndnis von Praktischer und Systematischer Theologie, in ThPr 9 (1974) 23; RSSLER D., Prolegomena zur Praktischen Theologie, in ZThK 64 (1967) 338s; KAEMPF B., La thologie pratique selon D.F. Schleiermacher, in REYMOND B. - SORDET J-M. (edd.), La Thologie pratique (Paris 1993) 7-19.
26
Cf BOHREN R., Da Gott schn werde 175-178; KRAUSE G. (Hg.), Praktische Theologie
(Darmstadt 1972) XVII.
27
Cf BOHREN R., Da Gott schn werde 178-183; KRAUSE G., Praktische Theologie XXs.

70

Parte I: Storia della teologia pastorale

Da ultimo, in Schleiermacher sarebbero rilevabili indicazioni che consentirebbero di concepire la teologia pratica nella linea di una teoria empiricofunzionale proposta da recenti pastoralisti evangelici, ma non nella linea di
una teoria critica della religione nella societ proposta da altri pastoralisti contemporanei.28
1.4. Alcune successive impostazioni del sec. XIX

Tra i non molti tentativi di sviluppo della teologia pratica del protestantesimo del sec. XIX,29 si prendono qui in considerazione solo quelli che ebbero
un certo influsso e hanno riscosso un rinnovato interesse nel recente dibattito
sullo statuto di questa disciplina teologica.
1.4.1. Philip Marheineke
Il primo quello del teologo sistematico di Berlino, Philip Marheineke
(1780-1846), autore di un progetto di teologia pratica,30 che fortemente segnato dalla filosofia di Hegel. Preoccupato di garantire alla teologia pratica un
carattere scientifico, egli cerca di inquadrarla in un sistema. Sviluppa cos un
concetto di teologia pratica a partire da quello di teologia.
Questa ha per oggetto la fede o la religione cristiana, che insieme un
sapere e un agire, per cui la teologia implica un momento di teoria (la teologia
teoretica) e un momento di pratica (la teologia pratica), che vanno conservate
unite come parti di ununica teologia. Pur connotata come pratica, la teologia
pratica sempre una teologia, quindi un sapere e una teoria, costruita per in
modo sistematico.
Si distingue dalla teologia teoretica per il fatto che studia la Chiesa, oggetto di tutta la teologia, nel dettaglio della sua vita e azione concreta: la Chiesa
protestante, la comunit locale... Marheineke riassume questa sua visuale con
una formula: la teologia teoretica si colloca a livello di possibilit (Mglichkeit), la teologia pratica si situa a livello di realt effettiva (Wirklichkeit).
Secondo qualche commentatore contemporaneo, nel pensiero di Marhei
28
Cf LMMERMANN G., Praktische Theologie als kritische oder als empirisch-funktionale
Handlungstheorie? Zur theologischen Ortung und Weiterfhrung einer aktuellen Kontroverse
(Mnchen 1981) 40-99 e le recensioni di OTTO G. in ThPr 17 (1982/3-4) 146-150 e di GRB
W. in ThPr 19 (1984/1) 56-61. Il significato di Schleiermacher per la teologia pratica stato
presentato e discusso di recente: cf i contributi di M. Stieve, Ch. Mller, H. Schrer in METTE
N. - SCHRER H. (Hg.), Pastoraltheologische Informationen (1/1985) 41-51, 52-73, 84-105; inol
tre GENRE E., Nuovi itinerari di teologia pratica (Torino 1991).
29
Cf BIRNBAUM W., Theologische Wandlungen 40-83.
30
MARHEINEKE PH., Entwurf der praktischen Theologie (Berlin 1837).

Cap. II: La teologia pratica protestante

71

neke sarebbero rilevabili asserzioni che sono interpretabili nella linea di una
teologia pratica come teoria critica della religione nella societ proposta da
recenti pastoralisti protestanti, di cui si parler nella terza parte.31
1.4.2. Carl Immanuel Nitzsch
Uno sviluppo che si muove anchesso sotto linflusso della filosofia hegeliana quello di Carl Immanuel Nitzsch (1787-1868), discepolo di Schleiermacher e divenuto per lungo tempo il classico della teologia pratica nel
protestantesimo tedesco. La sua opera in tre volumi Praktische Theologie32 gli
ha meritato assai presto il titolo di riformatore della teologia pratica.
Egli critica la costruzione di Marheineke che giudica troppo accentuatamente speculativa. Definisce a sua volta la teologia pratica nel quadro di una
teologia intesa come autocoscienza scientifica della Chiesa, od anche come
scienza ecclesiale, in quanto espone come la Chiesa comprende i fondamenti e i principi del suo essere, il suo rapporto col tempo e i contenuti del
suo insegnamento.
Tale teologia postula, quindi, un determinato concetto di Chiesa: la co
munit dei credenti che progredisce, si rinnova e si perfeziona come soggetto
attivo. Egli aggancia saldamente la teologia pratica allecclesiologia, vista nel
suo duplice aspetto di dottrina sistematica concernente lessenza della Chiesa
e di dottrina empirica riguardante lesistenza concreta della Chiesa.
Per Nitzsch, la teologia in generale ha un rapporto con lazione ecclesiale, scientia ad praxim; la teologia pratica va pi in l: essa ha per oggetto
lazione stessa della Chiesa, lattivazione della Chiesa da parte di se stessa
(Selbsthtigung); la teologia pratica scientia praxeos.33
In effetti, il suo compito questo: sulla base del concetto di Chiesa e di
vita cristiana [indicato], attraverso la comprensione e valutazione della situa
zione data, orientare tutte le attivit ecclesiali ufficiali. Conseguentemente,
essa sfocia in una teoria dei metodi di azione.34 Di fatto, essa la teoria
della pratica del cristianesimo come esso viene realizzato nella Chiesa: la
scienza della Chiesa trova il suo compimento attraverso la teoria dellesercizio
ecclesiale del cristianesimo, e diviene cos teologia pratica.35
Va rilevata la concentrazione della teologia pratica sulla Chiesa, comuniCf LMMERMANN G., Praktische Theologie 40-99, dove lautore fa un confronto tra lim
postazione di Schleiermacher e quella di Marheineke a partire dallattuale dibattito circa la
teologia pratica come teoria empirico-funzionale, oppure come teoria critica. Lapproccio
condotto dallautore criticato da Otto G. nella recensione segnalata alla nota 28.
32
NITZSCH C.I., Praktische Theologie, 3 voll. (Bonn 1847-1867).
33
Ivi I 5.
34
Ivi I (21859) 121.
35
Ivi I (21859) 1.
31

72

Parte I: Storia della teologia pastorale

t in crescita, soggetto attivo, ma compresa nella prospettiva della Chiesa


ufficiale. Va rilevato anche che il concetto di scienza utilizzato dal Nitzsch si
avvicina a un sapere filosofico, e che i metodi di azione ecclesiale da lui invocati non sono ulteriormente precisati in ordine allanalisi e allorientamento
dellagire della chiesa.36
1.4.3. Christian Palmer
Un terzo tentativo di definire lo statuto della teologia pratica nel protestan
tesimo del secolo XIX, che merita di essere evocato, quello di Christian Palmer (1811-1875), docente a Tubinga dal 1852 al 1875.37 Egli condivide con i
precedenti la preoccupazione di garantire il carattere scientifico della teologia
pratica. Condivide pure la tesi secondo cui oggetto della teologia pratica la
Chiesa.
Tuttavia, a differenza di parecchi teologi della sua epoca, non vorrebbe
che questa disciplina si avvicinasse a tal punto alla dogmatica da perdere la
sua specificit e da divenire una specie di teologia dogmatica della vita ecclesiale, come appunto il caso di non poche teologie pratiche del suo tempo.
Per evitare tale scoglio, egli avvicina al massimo la teologia pratica alla vita, a
compiti concreti, allazione, essendo convinto che il cristianesimo innanzitutto questione di vita e solo successivamente fatto di pensiero.
Il quadro teorico in cui pensa di poter garantire la qualifica scientifica, teologica e pratica della teologia pratica da lui individuato nella distinzione tra
le necessit divine, che sono alla base del cristianesimo, e la libert umana mediante la quale tali necessit sono accolte e divengono operanti nella
storia. Le prime sono studiate dalla teologia dogmatica, la seconda oggetto
della teologia pratica, che viene cos ad essere apparentata alletica.
Teologia pratica ed etica sono entrambe discipline pratiche; studiano uno
stesso soggetto, la vita cristiana; condividono la tensione tra lideale e la pratica reale, e la finalizzazione del loro lavoro a un divenire proiettato nel futuro.
Differiscono in questo: letica si interessa della vita del cristiano; la teologia
pratica della vita della Chiesa in una prospettiva di futuro in modo da co-

36
Circa la concezione teologica di Nitzsch, si veda: WINTZER F., C.I. Nitzschs Konzeption
der Praktischen Theologie in ihren geschichtlichen Zusammenhngen, in EvTh 27 (1969) 93-109;
inoltre i contributi di Mehlhausen J., Schmidt-Rost R., Drehsen V., Theurich H., al simposio
su: Die Bedeutung von C.I. Nitzsch fr die Praktische Theologie und die kirchliche Praxis, in
Pastoraltheologische Informationen (2/1988) 273-282 283-295 297-316 323-339.
37
PALMER CHR., Zur Praktischen Theologie, in LIEBNER - EHRENFEUCHTER - PALMER (Hrsg.),
Jahrbcher fr Deutsche Theologie I (Stuttgart 1856) 317-361. Si veda su Palmer: RSSLER D.,
Prolegomena zur Praktischen Theologie. Das Vermchtnis Christian Palmers, in ZThK 64 (1967)
362-371.

Cap. II: La teologia pratica protestante

73

stituire unecclesiologia futurista.38 Ma lattenzione portata sullesperienza


vissuta fa s che, in sede di teologia pratica, la realt ecclesiale sia vista nel suo
spessore umano. La realizzazione concreta del progetto delle due discipline
avviene con lutilizzo di quelle che Palmer chiama teorie pratiche, elaborate
ad esempio dalla liturgia, dallomiletica, dalla catechetica...
Lesigenza di realismo pratico, di rigore teologico e di seriet scientifica,
presenti nel progetto di Palmer, sono al centro del recente dibattito sulla teo
logia pratica. In particolare, si fa osservare che il quadro teorico con la distinzione tra necessit divine e libert umana non pu essere accolto, perch
la teologia pratica come letica non possono prescindere da un ancoraggio a
presupposti dogmatici: lannotazione di W. Pannenberg ed pertinente.39
A proposito di questi rappresentanti del protestantesimo del secolo XIX
c da rilevare, a modo di conclusione, che, vissuti in unepoca in cui le scienze sperimentali erano ancora recuperate dalla filosofia, essi tendono a considerare la pratica o solo come attivit immanente del soggetto morale, oppure
a riassorbirla in una teoria sotto forma di sistema totalizzante. Di fatto, per i
teologi hegeliani il sistema di pensiero divora la pratica.40
1.5. Riemergere della teologia pastorale

Sempre verso la met del secolo XIX, con la crescente divaricazione tra
Chiesa e societ, ricompare lesigenza di elaborare una teologia pastorale con
nuovi connotati.41 Tale disciplina viene diretta alla formazione dello studente
e del candidato al ministero in modo da orientarli ad inserirsi in modo adeguato nella struttura ecclesiastica. Lagire ecclesiastico diventa il tema di
questo ramo della teologia.
Al riguardo merita di essere ricordata la Pastoraltheologie di Claus Harms
(1778-1855).42 Lopera concepita come discorso a studenti e divisa in tre
parti: 1. il predicatore; 2. il sacerdote; 3. il pastore, nella prospettiva di un for
te confessionalismo luterano.
ancora interessante notare come Chr. Palmer, accanto a una teologia
pratica di cui si appena detto, riconosce limportanza di una teologia pastorale (Pastoraltheologie),43 in cui venga trattata la professionalit spirituale, la
vocazione, la persona del pastore in rapporto alle singole attivit della ChieCf OTTO G., Grundlegung der Praktischen Theologie (Mnchen 1986).
Cf PANNENBERG W., Wissenschaftstheorie 435; Epistemologia 406.
40
Cf MARL R., Le projet 87.
41
Per unesposizione dettagliata cf RSSLER D., Grundri der praktischen Theologie 118122; HUNTER R.G. (ed.), Dictionary of Pastoral Care and Counseling (Nashville 1990), voci
Pastoral Theological Methodology; Pastoral Theology, Protestant.
42
Cf HARMS C., Pastoraltheologie 3 voll. (1830-1834).
43
Cf PALMER CH., Evangelische Pastoraltheologie (21863).
38
39

74

Parte I: Storia della teologia pastorale

sa. Egli cos definisce il compito di questa disciplina: la teologia pastorale


illustra la vita morale e lazione del pastore, per il pastore, con lobiettivo
della sua personale abilitazione ed incoraggiamento nellesercizio della sua
professione, preferibilmente in quei rami del suo ministero nei quali la sua
personalit morale il fattore principale.44 Ad essa non riconosce carattere
scientifico e per tale motivo la colloca fuori dellambito specifico della teologia pratica.
Per quanto concerne il mondo riformato francofono occorre ricordare la
Teologia pastorale di A. Vinet,45 opera costruita a partire dalla centralit del
ministero evangelico attorno a cui ruota lintera attivit della comunit cristiana. Vinet non mai stato pastore e non ha mai praticato tale ministero.
Tuttavia, espone precisamente una teoria del ministero, in cui offre una lettura critica della pratica pastorale, ma soprattutto esalta il ministero pastorale.
Il pastore evangelico una specie di monarca situato in un contesto collegiale,
dove la collegialit evidenzia il primato pastorale. Questopera del Vinet come
la sua Omiletica46 esercitarono un grande influsso sulla formazione di diverse
generazioni di pastori nel mondo francofono europeo e nella Chiesa valdese
italiana fino a met del XX secolo.
2. LA TEOLOGIA PRATICA DALLA MET DELLOTTOCENTO ALLA
MET DEL NOVECENTO

Nel periodo che va dalla met dellOttocento agli anni sessanta del secolo
XX, la teologia pratica protestante registra alcuni momenti evolutivi degni di
essere presi in considerazione: lepoca dei grandi manuali, il successivo affermarsi della teologia della Parola, il contemporaneo concentrarsi della riflessione sul rapporto Chiesa-mondo dellateismo, i tentativi di conferire dignit
scientifica a questa disciplina. Vi sono stati influssi, non facilmente definibili,
delluno sullaltro.
2.1. La concezione empirica dei grandi manuali

Dopo la pubblicazione dellultima opera di teologia pratica concepita in


linea con la teologia di matrice idealista, si ha un ventennio di silenzio rotto
quasi dimprovviso dalla comparsa dei grandi manuali di Theodosius HarIvi 16.
Cf VINET A., Thologie pastorale ou thorie du ministre vanglique (Paris 1850). Su
questo autore cf GAGNEBIN L., Relectures dAlexandre Vinet, Textes rassembls par D. Jakubec
et B. Reymond (Lausanne 1993), 121-131.
46
Cf VINET A., Homiltique ou thorie de la prdication (Paris 1953).
44
45

Cap. II: La teologia pratica protestante

75

nack (1817-1889), Gerhard von Zezschwitz (1825-1886), Christian Achelis


(1838-1912), Alfred Krauss (1836-1892) e altri, che dominano il campo della
teologia pratica fino alla prima guerra mondiale.47 Le questioni riguardanti
la formazione dei pastori e i loro uffici specialmente parrocchiali vi occupano
un posto centrale.
La tendenza di questi pastoralisti, condivisa da numerosi autori di scritti
minori, si distacca nettamente dallorientamento precedente inaugurato da
Schleiermacher e incentrato sullidea, sul sistema, cio sulla comprensione
organica della vita. Tale tendenza rigetta il primato dellidea, fa crollare il sistema organico di pensiero e porta in primo piano linteresse per il dato effettuale. Lontano da idee sterili! Volgiamoci al fenomeno, alla vita concreta,
reale: questo il motivo di fondo che accomuna i rappresentanti di questo
orientamento, in cui vi sono accentuazioni e sviluppi differenti.48
2.1.1. Il prevalente interesse storico, psicologico e sociologico
Il rinnovato interesse per il dato fenomenico ed empirico osservato innanzitutto nellassunzione della storia. La presentazione delle singole discipline teologico-pratiche introdotta da sempre pi ampie trattazioni storiche.
Il nuovo metodo storico-critico, in forte ascesa nel periodo in esame, assume
un ruolo determinante in questi manuali. Il suo utilizzo concreto conduce a
relativizzare tutto e ognuno: la religione storia si afferma e pu essere
colta e descritta solo con un metodo storico. Il concetto di religione comera
stato delimitato dalla precedente teologia pratica viene emarginato e ritenuto
non pi di pertinenza della riflessione teologica di tipo scientifico. A questa,
in effetti, viene assegnato come compito lo studio storico delle distinte azioni
ecclesiali: predicazione, catechesi, cura danime, guida della comunit..., perch si dichiara solo la storia fucina delle idee.49
Il rinnovato interesse per il fenomeno e il dato empirico rilevabile inoltre
nel crescente rilievo che viene riservato, in sede di teologia pratica, alla psicologia sperimentale e alla sociologia. Nei manuali vi unirruzione massiccia
47
Cf OTTO W., Evangelische Praktische Theologie, 2 voll. (Gotha 1869); HARNACK TH.,
Praktische Theologie, 2 voll. (Erlangen 1877s); ZEZSCHWITZ G. VON, System der praktischen
Theologie. Paragraphen fr akademische Vorlesungen (Leipzig 1876); OOSTERZEE J.J. VAN,
Praktische Theologie, 2 voll. (Berlin 1878-9); ACHELIS CH., Lehrbuch der Praktischen Theologie, 2 voll. (Freiburg 1890); KRAUSS A., Lehrbuch der Praktischen Theologie, 2 voll. (Freiburg
1890. 1893); KNOKE K., Abri der Praktischen Theologie (Gttingen 1886); ZCKLER O., Handbuch der Theologischen Wissenschaften, vol. IV: Praktische Theologie (Nrdingen 1885). Per
lambito di lingua francese, si veda: REYMOND B., Jalons pour une histoire, in tud. thol et relig.
(2/1984) 181-187.
48
Cf BIRNBAUM W., Theologische Wandlungen 106s.
49
Ivi 163s.

76

Parte I: Storia della teologia pastorale

del metodo descrittivo impiegato dalla psicologia e volto a chiarire analogie


e correlazioni nellanalisi della psiche umana, in risposta a istanze del tempo.
Laccresciuta consapevolezza del potere che la persona umana esercita sul
lassetto e sviluppo sociale stimola il ricorso alle acquisizioni della sociologia
anche per quanto concerne la Chiesa, che viene vista sempre pi non tanto
nella sua essenza ideale, quanto nella sua attuazione reale.50
2.1.2. Comprensione e articolazione della teologia pratica
Il crollo progressivo delluniverso delle idee, qualificato come magico
cerchio dei concetti, e lirruente sopravvento del dato effettuale sono rileva
bili, infine, nella definizione stessa di teologia in generale, e di teologia pratica
in particolare. Si afferma ancora che la teologia la coscienza scientifica
della Chiesa, ma ben presto, e specialmente in sede di teologia pratica, il legame tra teologia e Chiesa si dissolve. Laccento viene spostato dalla Chiesa al
cristianesimo e alla devozione, dalla comunit allindividuo e al suo rapporto
personale con Dio.
La teologia pratica come scienza si dissocia sempre pi da compiti ecclesiali precedentemente a essa assegnati. Anche se continua a curare la formazione scientifica, nel senso indicato, del pastore, si costruisce sempre pi
come teologia scientifica diversa dalla teologia ecclesiale elaborata nellepoca
precedente.51
Non vi sono cambi di rilievo nellarticolazione enciclopedica della teologia: generalmente conservata la distinzione tricotomica di teologia storica,
sistematica e pratica. Per quanto riguarda la teologia pratica, il prevalente
interesse per i dati concreti rispetto alla loro sistemazione organica conduce
a questi esiti: la pratica dissoluzione di questa disciplina come scienza unitaria; una diversa collocazione delle singole discipline teologico-pratiche tra
loro; e, infine, un differenziato assorbimento di parti delluna nellaltra, ad
esempio dellomiletica nella liturgia, della cura danime nella liturgia oppure
nellomiletica o nella catechetica.52
Lorientamento fin qui descritto prosegue ad opera di alcuni pastoralisti
degli anni 1920 e 1930, che si mostrano preoccupati meno della scienza e
pi della prassi, ossia dei problemi e delle istanze in cui vengono a trovarsi
comunit e pastori nella loro multiforme attivit.53 La produzione teologicoCf ivi 164-166.
Cf ivi 166-168.
52
Cf ivi 169-171.
53
Cf NIEBERGALL F., Praktische Theologie. Lehre von der kirchlichen Gemeindeerziehung
und wissenschaftlicher Grundlage, 2 voll. (Tbingen 1918. 1919); SCHIAN M., Grundri der
Praktischen Theologie (Giessen 1922); MEYER J., Grundri der Praktischen Theologie (Leipzig
1923); BLCK W., Praktische Theologie. Eine Einfhrung (Leipzig 1934); PFENNIGSDORF E.,
50
51

Cap. II: La teologia pratica protestante

77

pratica di questi autori di fatto non altro che la descrizione di dati empirici
attinenti le varie attivit ecclesiali, arricchita dalle acquisizioni della psicologia, delletnologia e della storia delle religioni. La fondazione teologica del
tutto o semplicemente giustapposta, o viene supposta come pacifica. In ogni
caso, non si pu parlare di uno sviluppo teologico della disciplina.
A modo di conclusione, si pu ben dire che nel periodo che va dallinizio
dellOttocento a met Novecento, anche nel protestantesimo la distinzione
tra teologia pratica e teologia pastorale risulta pi virtuale che reale, attesa la
centralit della figura e del ruolo del pastore in questa manualistica. Ad ogni
modo, tale distinzione dimostra di avere scarsi riscontri nella pratica teologica
ed ecclesiale.54 Va aggiunto che, sempre in questo periodo, tanto la teologia
pratica che la teologia pastorale cadono in discredito nei confronti delle scienze cosiddette autentiche.55
2.2. Laffermarsi della teologia della Parola

Con lavvento della teologia dialettica di Karl Barth (1886-1968) simpone


un nuovo orientamento che copre i decenni tra il 1920 e il 1960.56 A dire il
vero, fatta eccezione di Hermann Diem, non esiste alcun trattato di teologia
pratica redatto nel senso voluto dalla teologia dialettica barthiana. Tuttavia,
questo filone di pensiero penetra, attraverso molteplici canali, nella prassi ecclesiale e nella scienza teologica, contribuendo efficacemente a rivitalizzare
molti temi propri delle varie discipline particolari appartenenti alla teologia
pratica. La prospettiva di fondo pu essere cos sintetizzata: la teologia pratica ha il suo centro propulsore nella Parola rivelata e diventa teologia della
Parola.57

Praktische Theologie. Ein Handbuch fr die Gegenwart, 2 voll. (Gtersloh 1929-30); GOLTZ E.F.
VON, Die Praktische Theologie (Giessen 1930); FENDT L., Grundri der Praktischen Theologie,
fr Studenten und Kandidaten (Tbingen 1938. 21942).
54
Cf GENRE E., La teologia pastorale 21.
55
Cf BIRNBAUM W., Theologische Wandlungen 179-184 227.
56
Cf BARTH K., Kirchliche Dogmatik (Zrich 1955-1970); DIEM H., Theologie als kirchliche Wissenschaft. Handreichung zur Einbung ihrer Problemen, 2 voll. (Mnchen 1951. 1955);
THIELICKE H., Was ist Wahrheit? Die Theologische Fakultt im System der Wissenschaften. Akademische Rede (Tbingen 1954); VOGEL H., Grundfragen des Studiums der Theologie. Eine Einfhrung (Berlin 1957); PFLEIDERER G., Karl Barth praktische Theologie. Zu Genese und Kontext
eines paradigmatischen Entwurfs systematischer Theologie im 20. Jahrhundert (Tbingen 2000).
57
Cf BIRNBAUM W., Theologische Wandlungen 192s; REYMOND B., Jalons pour une histoire,
in tud. thol. et relig. (2/1984) 187-191.

78

Parte I: Storia della teologia pastorale

2.2.1. Esperienza di fede e teologia


Il punto di partenza di questa corrente non la teologia, ma la fede; non
una scoperta teologico-scientifica, ma unesperienza di fede. La realt effettuale non pi ravvisata nel solo dato empirico (come nel precedente filone),
ma costituita piuttosto da ci che, con forza e intensit estreme, si pu sperimentare nella fede (la fede calvinista di fronte alla tragica esperienza della
prima guerra mondiale).58
Lesperienza di fede presentata come correttivo di ogni teologia. In luo
go dellessenza e dellessere, al centro dellinteresse posto levento, lavve
nimento. Di conseguenza, il teologo non ha da stabilire qualcosa circa la realt
storica, ma deve decidere per qualcosa riguardante la sua esistenza. E la Chiesa non ha alcun interesse alla formulazione scientifica della sua fede o alla costruzione di questa in un complesso dottrinale. L dove prima cera lo sviluppo organico di s, ora subentra la via allevento che si pone continuamente,
rinnovandosi. La trasformazione del contenuto di fede in pensiero scientifico
conduce alla sua deformazione. In breve, rispetto alla fede la teologia un
fatto secondario e la teologia scientifica un qualcosa di terziario.59
2.2.2. Esperienza di fede, predicazione e teologia pratica
Lesperienza di fede trova il suo corrispondente immediato non nella teologia ma nella predicazione, il cui ambito talmente ampliato da abbracciare
lintera Rivelazione e lintera teologia, ivi inclusa la teologia pratica. La dogmatica finalizzata alla predicazione; la stessa storia ecclesiastica non deve
interessarsi di appurare i fatti, ma di cogliere la predicazione come evento che
si rinnova perennemente. Ne consegue che i confini tra la teologia pratica e
le altre discipline divengono estremamente fluidi: il concetto di predicazione,
centrale nella teologia pratica, attraversa e compenetra, per cos dire, lintera
teologia storica e dogmatica.
E siccome alla teologia pratica viene assegnata la funzione di trasformare
la prassi ecclesiale con la predicazione, tutti i contenuti delle singole discipline, ad esempio i problemi di predicazione e di insegnamento, le questioni psicologiche e sociologiche della comunit, sono deprezzati in radice. Di
fatto, al posto di tematiche assai concrete di teologia pratica, si sviluppa una
dogmatica che viene sempre pi compresa come teologia della Parola, quindi
come teologia della predicazione, teologia dellinsegnamento, fino alla teologia della costituzione ecclesiale, intesa come predicazione.60
Cf BIRNBAUM W., Theologische Wandlungen 193.
Cf ivi 193s.
60
Cf ivi 229s. Si veda anche su tutta la proposta della teologia dialettica: BOHREN R., Einfhrung in das Studium der Theologie als Problem der Seelsorge und der Enzyklopdie, in VuF
58
59

Cap. II: La teologia pratica protestante

79

In tale allargamento di prospettiva, non ci si pu attendere unarticolazio


ne e determinazione precise dei vari ambiti della teologia pratica. Lipertrofia
della predicazione manda a rotoli la liturgia. Lomiletica invece la punta di
lancia e viene straordinariamente favorita.
Pi in particolare, secondo K. Barth, la teologia pratica sinteressa di ci
che oggi in certo modo enfatico si indica come evento linguistico; sinte
ressa cio del linguaggio che il predicatore deve adottare per manifestare la
forza della Parola di Dio come parola che proviene da Dio per andare al
luomo. Si tratta di un linguaggio capace di ripetere la storia dIsraele e
di Ges Cristo e di trasferirla nella vita e nelle difficolt quotidiane della
persona. Il suo contenuto offerto dai risultati dellesegesi e della dogmatica.
La sua forma elaborata con lassunzione dei risultati pi validi della psicologia, della sociologia e della linguistica.61
La teologia dialettica se, da un lato, ha contribuito a conferire alla prassi
del pastore evangelico e alla riflessione teologico-pratica una colorazione che
rigmatica, cristocentrica ed escatologica,62 daltro lato, ha accresciuto il disagio circa la configurazione e collocazione della teologia pratica nella cornice
del sapere teologico, attesi il carattere pratico riconosciuto a tutta la teologia e
il ruolo centrale e preminente assegnato allesegesi e alla dogmatica.63
Un pesante rilievo critico stato rivolto alla teologia dialettica barthiana:
quello di aver delineato unimmagine autoritaria di Dio e unaltrettanto autoritaria figura di pastore.64 Tale rilievo lo si riscontra largamente negli scritti riguardanti la relazione daiuto e lomiletica, dellamico di Barth, Eduard
Thurneysen.65
Per questo teologo svizzero, la cura danime ha come punto di partenza e
come meta darrivo la Parola di Dio. Il suo unico contenuto lannuncio del
perdono dei peccati nel nome di Ges Cristo. Non ci si deve preoccupare
pi di tanto delloggetto del colloquio pastorale: pu essere un oggetto qual10 (1965) 156s; ID., Da Gott schn werde 215; DOERNE B., Zum gegenwrtigen Stand der Praktischen Theologie, in KRAUSE G., Praktische Theologie 408; BASTIAN H.-D., Vom Wort zu den
Wrtern. Karl Barth und die Aufgaben der Praktischen Theologie, in EvTh 28 (1968) 46s; METTE
N., Theorie und Praxis 151s; DIEM H., Theologie als kirchliche Wissenschaft III. Die Kirche und
ihre Praxis (Mnchen 1963) 7s.
61
BARTH K., Einfhrung in die Evangelische Theologie (Zrich 1962) [trad. it.: Introduzione
alla teologia evangelica (Milano 1968) 191s].
62
Cf BIRNBAUM W., Theologische Wandlungen 230s.
63
Cf FISCHER M., Vom Wesen der Praktischen Theologie im Ganzen der Theologie als Wissenschaft, in ThVt 5 (1953-54) 397-402; ID., Das Selbstverstndnis der Theologie und das praktisch-theologische Studium, in MkPt 55 (1966) 135-152; BOHREN R., Einfhrung 160; EISINGER
W., Die Praktische Theologie zwischen Wissenschaft und Praxis, in SIEMERS H. - REUTER H.R.
(Hrsg.), Theologie als Wissenschaft in der Gesellschaft (Gttingen 1970) 15.
64
Cf GRSINGER A., Offenbarung und Praxis. Zum schwierigen praktisch-theologischen Erbe
der dialektischen Theologie, in ZThK (1986/6).
65
Cf THURNEISEN E., Die Aufgabe der Predigt (Zrich 1921) [trad. franc.: La doctrine de la
cure dme (Neuchtel 1958(]; ID., Die Lehre von der Seelsorge (Zrich 1948).

80

Parte I: Storia della teologia pastorale

siasi, ma a condizione che sia ricondotto sul piano della Parola di Dio. Senza
dubbio, occorre ascoltare la persona che chiede un aiuto o un consiglio; bisogna essere un uditore paziente, vigile e comprensivo. Ma occorre soprattutto
ascoltare e comprendere a partire dalla Parola di Dio che operante negli
interlocutori del dialogo pastorale. Affrontati in tale contesto, i pi complicati
problemi umani perdono le loro manifestazioni pi critiche e acute. Daltra parte, nellattuare tale intervento pastorale emerge un movimento di lotta
contro Dio e contro se stesso, nel quale il peccatore cerca di mutare lindicazione di Dio o il proprio modo di vedere. Si tratta di un movimento in cui
allopera la grazia, e la grazia concessa coinvolge la conversione.66
Questo profilo pastorale marcatamente autoritario, al di l delle intenzioni dellautore. Essa affonda le sue radici nella relazione mancata tra teologia e antropologia, considerate unilateralmente in unottica di rottura.67
Thurneysen ha corretto successivamente questa visuale,68 mettendo in luce
la dimensione dellascolto caratterizzante la relazione daiuto e riconoscendo
alla psicologia la sua propria autonomia. Nella precedente opera dedicata al
la cura danime, questa disciplina era stata considerata unicamente come
ancilla theologiae.
2.3. La riflessione sul rapporto Chiesa-mondo

In una fase ulteriore, la teologia pratica protestante riprende il tema del


rapporto Chiesa-mondo. Ci avviene specialmente ad opera di alcuni specialisti, i quali hanno quotidianamente sotto gli occhi un mondo non cristiano o
ateo e si rendono interpreti della responsabilit che la comunit cristiana ha
nei suoi confronti.
2.3.1. Chiesa, Regno di Dio e mondo profano
Accettando da un lato la sfida del materialismo dialettico e ispirandosi
dallaltro al pensiero teologico di P. Tillich, Alfred Dedo Mller69 giunge a
queste conclusioni: ogni dato scientifico offerto dallattuale mondo culturale
riveste una rilevanza teologica; nessuno stato delle cose razionalmente determinabile pu essere ritenuto indifferente da un punto di vista teologico;
solo scrutando a fondo i problemi dellesistenza naturale possibile percepire
chiaramente cos Regno di Dio. Il suo intento allora quello di sviluppare
una riflessione teologica radicale attorno ai problemi scottanti del mondo seCf THURNEISEN E., La doctrine de la cure dme 83-90 106 108.
Cf GENRE E., La teologia pastorale 22s.
68
Cf THURNEISEN E., Seelsorge im Vollzug (Zrich 1968).
69
Cf MLLER A.D., Grundri der Praktischen Theologie (Gtersloh 1950).
66
67

Cap. II: La teologia pratica protestante

81

colarizzato ed elaborare, quindi, una teologia della cultura, e ci in sede di


teologia pratica.
Secondo lui, la teologia pratica la dottrina teologica attinente la giusta
realizzazione del Regno di Dio nella Chiesa e, tramite la Chiesa, nel mondo.
Il punto di riferimento normativo, ravvisato precedentemente nellidea o nel
lessenza della Chiesa, qui costituito dal Regno di Dio.
Gli ambiti tradizionali della teologia pratica vengono da lui ancorati, da un
punto di vista teologico, alle funzioni della Chiesa intesa come manifestazione
del Regno di Dio sotto forma di grazia e come prolungamento dei tre uffici
di Cristo e, da un punto di vista antropologico e cosmologico, alle funzioni
primarie dellessere umano nel mondo, che cos entrano a far parte della teologia pratica. Infatti, lautore rileva una corrispondenza tra funzioni e azioni
ecclesiali da una parte, e funzioni e azioni mondane (parola, diritto, arte,
psicologia, educazione e loro obiettivazioni concrete) dallaltra.
Tutto ci ha rilevanza per il Regno di Dio; la Chiesa chiamata a far emergere il significato profondo di ogni cultura, che diviene cos appello a una libera decisione. Attraverso tale intervento, il cristianesimo innervato criticamente nel mondo moderno reale e lelemento profano non viene trascurato
o negato o soppresso o vanamente sopravvalutato, ma piuttosto attentamente
riconosciuto, perfezionato e santificato rapportandolo a Dio.
Lautore utilizza questo metodo di confronto, realista e critico, col mondo
moderno nello studio di tutta la problematica teologico-pratica. In questo
modo apre nuove prospettive alla teologia pratica, anche se il suo abbozzo
rimasto incompleto, ad esempio, per quanto riguarda una presentazione
organica delle funzioni umane primarie e il loro rapportarsi alle corrispettive
funzioni native della Chiesa.70
2.3.2. Descrizione della Chiesa reale rapportata alla Chiesa corpo di Cristo
Un altro rappresentante delle istanze protestanti contemporanee Erich
Hertzsch, che per mostra la tendenza a procedere nuovamente su di una
linea empirica. Come dice il titolo della sua opera,71 lobiettivo che si prefigge
quello di comprendere la Chiesa reale rapportata alla Chiesa vera con
cui si trova in una permanente situazione di tensione dialettica. Egli fa sue le
istanze sia della manualistica della fine dellottocento sia della teologia dialettica barthiana e tenta una descrizione della Chiesa sulla base delletnologia
e della sociologia, valendosi degli apporti di tutti i tipi di ricerca in campo
sociale e religioso.
Cf BIRNBAUM W., Theologische Wandlungen 205-208.
Cf HERTZSCH E., Die Wirklichkeit der Kirche. Kompendium der Praktischen Theologie,
vol. 1: Liturgie (Halle - Tbingen 1956).
70
71

82

Parte I: Storia della teologia pastorale

In questo modo, la teologia pratica viene da lui collegata con un ampio


ventaglio di altre discipline giudicate come scienze ausiliarie indispensabili.
Cos: lomiletica suppone la retorica, la stilistica e la germanistica; la catechetica vincolata alla pedagogia e alla didattica; la liturgia ha bisogno del
larte e della musica; la pastorale (Poimenik) si avvale della psicologia, della
caratterologia e della psicopatologia; la guida della comunit deve ricorrere
al diritto.
Considerata in questa visuale sociologica, la Chiesa appare come unisti
tuzione con un proprio spessore sociale, culturale ed economico. Considerata
invece in una visuale teologica, essa opera di Dio, portatrice di una Rive
lazione. Nel descrivere questo secondo aspetto della Chiesa, vitalmente connesso col primo, lautore ricorre al linguaggio della biologia e della psicologia
moderna: parla di anatomia, psicologia, patologia della Chiesa (non
sempre con un linguaggio rigoroso), scostandosi dal dato biblico paolino riguardante il rapporto capo-corpo e membra-corpo, a cui peraltro fa riferimento. Ricorre pure alla teologia del carisma specialmente a proposito della
conduzione della Chiesa.
Quanto allarticolazione delle discipline particolari, teologico-pratiche, segue sostanzialmente lo schema della manualistica della fine del sec. XIX, ma
include nelle varie azioni ecclesiali (liturgia, predicazione, catecumenato, cura
animarum, ufficio ecclesiastico) contenuti variamente diversificati rispetto ai
manuali a cui si ispira e aggiornati alla problematica emersa negli anni cinquanta del secolo XX.72
2.3.3. La Chiesa concreta di fronte allateismo contemporaneo
Il Compendio di teologia pratica di Otto Haendler73 rappresenta sicuramente uno dei contributi pi interessanti allo studio della tematica circa il
rapporto Chiesa-ateismo. Penetrazione teologica, competenza psicologica
(psicologia del profondo di ispirazione russa) e sensibilit contemporanea
sono tre pregi che lo qualificano positivamente.
Lintento dellautore quello di approfondire due principi fondamentali
implicati luno nellaltro. Da un punto di vista teologico, egli vuole presentare
il volto della Chiesa nella sua interezza. Da un punto di vista vitale, ravvisa
operante nella Chiesa sia la componente verticale attinente il suo rapporto con Dio, sia la componente orizzontale riguardante il suo inserimento,
come fatto e come impegno, nel mondo. Per comporre i due principi, egli
batte una nuova strada che qualifica come teologia strutturale.
La struttura la totalit delle leggi, in base alle quali si configura una vita,
Cf BIRNBAUM W., Theologische Wandlungen 208-211.
Cf HAENDLER O., Grundri der Praktischen Theologie (Berlin 1957).

72
73

Cap. II: La teologia pratica protestante

83

che in questo caso la Chiesa, non quella del passato, ma quella del presente, delloggi. Ogni oggetto strutturato un organismo in s (ad esempio, il
cuore) che per anche organo di un organismo pi ampio (ad esempio, il
cuore rispetto allintero corpo). In modo simile e sulla base della Rivelazione,
la Chiesa un organismo in s che agisce per come organo portatore di un
messaggio rivelato nel pi vasto organismo dellumanit, e ci non soltanto in
forza di quello che essa dovrebbe essere e fare, ma per tutto quello che essa
e fa.
Lelaborazione di questa prospettiva teologica avviene attraverso lausilio
di tutti gli strumenti scientifici disponibili e, quindi, con procedimenti propri
dellanalisi critica dei dati, delluniversalizzazione e della costruzione di una
sintesi organica.
Per quanto concerne la teologia pratica nel suo complesso, questa va definita come teologia strutturale della Chiesa oggi. Loggi della Chiesa non il
semplice dato temporale, ma il luogo umano in cui i fedeli possono collabo
rare responsabilmente. La Chiesa la manifestazione operativa dello Spirito
di Cristo sulla terra. Tre riferimenti la definiscono: il riferimento allazione
divina, il riferimento alla realt dei suoi membri, e il riferimento al mondo.
Questultimo quello oggi pi urgente, attesa lattuale congiuntura storica
caratterizzata dal fenomeno dellateismo.
Il rapporto della Chiesa al mondo appartiene non solo alla sua azione, ma
prima ancora allessenza stessa della Chiesa. Costituito da Dio come germe
della nuova creazione e, quindi, come sorgente di salvezza per il mondo, il
suo organismo allo stesso tempo organo della presenza effettiva di Dio nel
mondo. Qui viene per la prima volta affrontato il tema della Chiesa concreta
di fronte allateismo moderno e questo ampio e complesso fenomeno viene
letto e interpretato in modo da potervi cogliere effettive possibilit di dialogo
e dincontro col cristianesimo.
In questa prospettiva, il binomio protestante Parola e Sacramento sarebbe
un masso erratico nella coscienza della comunit cristiana e non rappresenterebbe un elemento determinante per loggi della Chiesa. Si tratterebbe allora
di fare emergere, al suo interno, le forze effettive, ordinandole nella fede e
in conformit allessenza della Chiesa nel suo imprescindibile riferimento al
mondo.
Offrire una comprensione critica dei lineamenti concreti della Chiesa oggi,
in tutti gli ambiti del suo essere e agire, compito della teologia pratica. Questa disciplina si distingue dalla teologia storica, perch non deve occuparsi di
tanti eventi del passato irrilevanti per loggi; si distingue pure dalla dogmatica, perch questa ha come scopo quello di chiarire i principi normativi.
Limpiego della teologia strutturale guida la seguente articolazione della
teologia pratica: premessa la fondazione di questa disciplina nel suo insieme e
della connessa ecclesiologia, vengono sviluppate la liturgia e la predicazione;
questultima viene svolta con trattazioni attinenti lomiletica, la catechetica

84

Parte I: Storia della teologia pastorale

e la pastorale (= cura danime o Poimenik). La problematica riguardante la


guida della comunit non viene studiata in una disciplina distinta, ma nella
presentazione della Chiesa come organismo e manifestazione terrena dello
Spirito di Cristo.74
2.4. Tentativi di conferire dignit scientifica alla teologia pratica

La ricorrente messa in dubbio della scientificit della teologia pratica assieme al mutato contesto scientifico degli anni 1960, allorigine di vari tentativi diretti a garantire dignit scientifica a questa disciplina.
Il problema di fondo individuato non tanto a livello di unorganizzazio
ne degli studi teologici che, invece di relegare la teologia pratica al termine di
essi, la sviluppi lungo lintero arco del curricolo teologico,75 quanto piuttosto
nella tensione tra scienza e Chiesa, tra teologia e servizio parrocchiale, in cui
la teologia pratica non appare n carne n pesce.76
Gli interventi tesi a darle una configurazione accettabile la considerano
disciplina di confine destinata a mediare tre ambiti distinti ma correlati e
cio teologia, Chiesa e mondo.
In riferimento alla teologia, la teologia pratica, da un lato, rivede i calcoli
fatti dalla teologia scientifica e ne interpreta la rilevanza per il servizio del
la Chiesa al mondo; daltro lato, parla a nome della Chiesa nella casa delle
scienze e presenta alla teologia gli attuali interrogativi della Chiesa stessa e
del mondo.
Rispetto alla Chiesa, svolge innanzitutto una funzione critica in quanto
valuta se la prassi ecclesiale corrisponde ai dati dellinterpretazione biblica.
Svolge inoltre una funzione propositiva in quanto elabora una specie di teologia del comandamento per la Chiesa e considera ci che ora lo Spirito
e la Parola vogliono operare nella Chiesa e mediante la Chiesa, consapevole
che ci che offerto alla Chiesa deve poter apparire insieme come offerta e
come comandamento.
In rapporto al mondo sviluppa uninterpretazione degli avvenimenti umani
nel senso che vaglia lopera dello Spirito e della Parola nel mondo, e la
rende fruttuosa per la Chiesa. In tal modo diventa lavvocata del mondo
nei confronti della scienza teologica; giudica teologia e Chiesa in riferimento
Cf BIRNBAUM W., Theologische Wandlungen 212-218.
questa la proposta avanzata ad es. da SCHTZ W., Die Stellung der Praktischen Theologie im theologischen Studium, in KZ 16 (1961) 310-313; ed anche da EISINGER W., Die Praktische Theologie 25.
76
Cf SEITZ M., Die Aufgabe der Praktischen Theologie, in JNGEL E. - RAHNER K. - SEITZ M.,
Die Praktische Theologie zwischen Wissenschaft und Praxis (Mnchen 1968) 65-68; Thesen zur
Reform der Praktischen Theologie, in Pastoraltheologie 53 (1964) 386; JETTER W., Die Praktische
Theologie 465s 468; EISINGER W., Die Praktische Theologie 13s.
74
75

Cap. II: La teologia pratica protestante

85

al loro servizio al mondo, e apre loro la possibilit di prendere la parola nel


mondo.77
Motivazioni analoghe a queste ricorrono nelle definizioni che vari pastoralisti generalmente offrono della teologia pratica. Le si ascrive il compito di
gettare i ponti tra riflessione e azione.78 La si qualifica scienza di integrazione ovvero luogo di incontro delle singole discipline ausiliarie orientate
in senso storico-critico o empirico-critico.79
Anche quando viene ribadito lorientamento di tutta la teologia alla prassi
ecclesiale e alla formazione dei pastori, si sottolinea che la teologia pratica
costituisce il punto focale di tutti i problemi in quanto delimita e mette a
punto ci che in tutte le discipline ha un rapporto diretto con lazione.80
Essa ha una funzione di interazione.81 Il suo ambito conoscitivo la
nalisi scientifica dellesperienza che la Chiesa ha di s e del mondo, dove teo
logia e Chiesa si controllano a vicenda.82 Essa ha unessenziale struttura
dialogica, in quanto ha il compito di stabilire il dialogo fra le discipline teo
logiche e lumana esperienza della realt.83
2.5. Valutazioni conclusive

A conclusione di questa sintetica presentazione delle correnti protestanti


di teologia pratica sviluppatesi dagli anni 1920 agli anni 1960, tra i vari rilievi
che si potrebbero fare, i seguenti meritano di essere segnalati.
Tali correnti presentano varie analogie con quelle cattoliche che pongono
laccento sullannuncio (teologia cherigmatica, primato del ministero della
Parola) e sullanalisi del presente della Chiesa in vista di un progetto rivolto
al futuro.
Va rilevato che in alcuni orientamenti esaminati carente la dimostrazione
esatta del carattere rigorosamente scientifico della teologia pratica: qualche
pastoralista sopra nominato lo mette anche esplicitamente in dubbio.84
Cf BOHREN R. (Hg.), Einfhrung in das Studium der Evangelischen Theologie (Mnchen
1964) 9-32. Unimpostazione analoga proposta da SEITZ M., Die Aufgabe der Praktischen
Theologie 68-76.
78
Cf Thesen zur Reform der Praktischen Theologie 387.
79
Cf Pldoyer fr eine neue praktische Theologie, vorgelegt vom Arbeitskreis Fakultts- und
Studienreform der Fachschaft Evangelische Theologie Mnster, in Reform 3 (1969) 67.
80
Cf METZGER M., Das Praktische und das Praktikable, in DPf 65 (1965) 321-325; ID., Praktische Theologie - Zugang zu ihrem Studium, in ThPr 1 (1966) 111-119.
81
Cf EISINGER W., Die Praktische Theologie 21 24 26.
82
Cf HERMANN - LAUTNER G., Theologiestudium. Entwurf einer Reform (Mnchen 1965)
86-91.
83
Cf ROSENBROOM E., Die Aufgabe der Praktischen Theologie, in KZ 12 (1966) 544.
84
Cf ad es. HERTZSCH E., Ist die Praktische Theologie eine Wissenschaft?, in ThLZ 77 (1952)
693-698.
77

86

Parte I: Storia della teologia pastorale

I tentativi di conferirle dignit scientifica non vanno oltre lillustrazione


dei rapporti che questa disciplina ha con i vari ambiti del sapere teologico e
delle scienze umane, in cui svolge un ruolo di mediazione.
In breve, agli inizi degli anni sessanta del secolo XX, la teologia pratica
protestante caratterizzata da una notevole dispersione dindirizzi che, per
la mancanza di un quadro di riferimento unitario, rendono difficile la comu
nicazione e impraticabile una ricomprensione della disciplina.85

Cf VISCHER G., Internationale Arbeitstagung fr Praktische Theologie in Jena, in Pastoraltheologie 54 (1965) 39s; OTTO G., Zur Einfhrung, in ThPr 1 (1966) 1.
85

Parte seconda

IL MAGISTERO PASTORALE
DEL CONCILIO VATICANO II

Nota Bibliografica
La bibliografia sul Vaticano II immensa. Qui di seguito si segnalano solo
le fonti, alcuni commenti di tutti o di singoli documenti conciliari e alcune
riletture recenti di temi riguardanti largomento.
1. Fonti
SECRETARIAE GENERALIS CONCILII OECUMENICI VATICANI II (cura et studio), Acta et Do
cumenta Concilio Oecumenico Vaticano II apparando. SERIES I: Antepraeparatoria,
4 voll. [vol. I; vol. II = 8 partes + 2 appendices; vol. III; vol. IV = 2 partes + indices]. SERIES II: Praeparatoria, 3 voll. [vol. I; vol. II = 4 partes; vol. III = 2 partes]
(Romae 1960-1969).
ARCHIVI CONCILII OECUMENICI VATICANI II (cura et studio), Acta Synodalia Sacrosancti
Concilii Oecumenici Vaticani II, 4 voll. [vol. I = 4 partes; vol. II = 6 partes; vol. III
= 8 partes; vol. IV = 7 partes + indices] (Roma 1971-1980).

2. Commentari generali
FAVALE A. (a cura), Collana Magistero Conciliare, 16 voll. (Leumann [Torino] 19651969).
GAROFALO S. - FEDERICI T. (edd.), Dizionario del Concilio Ecumenico Vaticano Secondo
(Roma 1969).

88

Parte II: Il magistero pastorale del Concilio Vaticano II

CONGAR Y. (ed.), Vatican II. Textes et Commentaires des Dcrets Conciliaires, 18 voll.
= Unam Sanctam (Paris 1965-1967).
Das Zweite Vatikanische Konzil. Dokumente und Kommentare, 3 voll., in LThK (Freiburg 1966-1968).
VORGRIMLER H. (ed.), Commentary on the Documents of Vatican II, 5 voll. (London New York 1966-1969) [traduzione dallopera tedesca precedente].
MILLER J.M. (ed.), Vatican II - An interfaith Appraisal (New York 1966) [trad. it.].
SCHNMETZER A. (ed.), Acta Congressus internationalis de Theologia Concilii Vaticani
II (Romae 1968).

3. Monografie
ALBERIGO e coll., Storia del concilio Vaticano II, 5 voll. (Bologna 1995-2001).
BARAUNA G., A Igreja do Concilio Vaticano Segundo (Petropolis 1965) [trad. in varie
lingue].
, A Igreja no mundo de hoie (Petropolis 1966) [trad. in varie lingue].
GARRONE G.M., La logique interne du Concile, in La Table Ronde (1966) n. 219.
LAURENTIN R., Bilancio del Concilio (Milano 1967) [trad. dalloriginale francese].
MARTELET G., Les ides matresses de Vatican II (Paris 1969) [trad. in varie lingue].
CENTRO DE ESTUDIOS MISIONOLGICOS DE BRRIZ (ed.), La Iglesia, misterio de salvacin
en la Lumen Gentium = Coleccin Brriz 21 (Brriz 1966).
MORCILLO GONZALES C. (ed.), Comentarios a la Constitucin sobre la Iglesia = Biblioteca de Autores Cristianos 253 (Madrid 1966).
NICOLAU M. (ed.), La Iglesia del Vaticano II. Comentario a la Constitucin dogmtica
Lumen Gentium (Bilbao 1966).
Estudios sobre la Constitucin Gaudium et spes (Constitucin sobre la Iglesia y el
mundo actual) = Publicaciones de la Universidad de Desto (Bilbao 1967).
HERRERA ORIA (ed.), Comentarios a la Constitucin Gaudium et spes sobre la Iglesia
en el mundo actual = Biblioteca de Autores Cristianos 276 (Madrid 1968).

4. Riletture recenti
ACERBI A., Due ecclesiologie. Ecclesiologia giuridica ed ecclesiologia di comunione nella
Lumen Gentium = Collana Nuovi Saggi 4 (Bologna 1975).
ALBERIGO G. (ed.), Verso la Chiesa del terzo millennio = Giornale di Teologia 120
(Brescia 1979) [trad. in varie lingue].
(ed.), Lecclesiologia del Vaticano II: dinamismi e prospettive = Collana Nuovi Saggi
18 (Bologna 1981) [trad. franc. e ted.].
BOFF L., La visione incompleta del Vaticano II. Ekklesa: gerarchia o popolo di Dio?, in
Concilium (3/1999) 55-65.
FATTORI M.T. - MELLONI A. (edd.), Levento e le decisioni. Studi sulle dinamiche del
concilio Vaticano II (Bologna 1998).
FISICHELLA R. (ed.), Attuazione del concilio Vaticano II (Roma 2000).
LORENZER A., Das Konzil der Buchhalter. Die Zerstrung der Sinnlichkeit. Eine Religionskritik (Frankfurt a.M. 1981).

Parte II: Il magistero pastorale del Concilio Vaticano II

89

Ecclesiam suam - Premire lettre encyclique de Paul VI. Colloque international (Ro
me 24-26 octobre 1980) (Brescia 1982).
COLAIANNI N., La critica del concilio Vaticano II nella letteratura attuale, in Concilium
(1983/7) 170-178.
FLORISTAN C. - TAMAYO J. (edd.), El Vaticano II, veinte aos despus (Madrid 1985).
KASPER W., Il futuro dalla forza del Concilio. Sinodo straordinario dei vescovi 1985.
Documenti e commento (Brescia 1986).
, Sinodo 1985 - Una valutazione, in Concilium (6/1986).
KAUFMANN F.-X. - ZINGERLE A. (Hrsg.), Vatikanum II und Modernisierung. Historische, theologische und soziologische Perspektiven (Paderborn - Mnchen - Wien
- Zrich 1996).
LATOURELLE R. (ed.), Vaticano II. Bilancio e prospettive venticinque anni dopo (19621987) (Assisi 1987) [trad. franc. ingl. spagn.].
RAHNER K., Interpretazione teologica fondamentale del concilio Vaticano II, in Nuovi
saggi VIII (Roma 1982) 343-361.
RUGGIERI G., Per unermeneutica del Vaticano II, in Concilium (1/1999) 18-34.
WEISS W. (ed.), Zeugnis und Dialog. Die katholische Kirche in der neuzeitlichen Welt
und das Vatikanische Konzil (Wrzburg 1996).

Il concilio Vaticano II (1962-1965) con i suoi documenti ha costituito senza dubbio un avvenimento significativo nella recente storia della riflessione
teologico-pratica. In effetti, esso stato, per la teologia pratica, un traguardo
in cui sono variamente confluite le istanze e impostazioni cattoliche ed anche
protestanti specialmente del secondo dopoguerra. Ha costituito un momento
storico assai rivelativo di determinate problematiche e aporie connesse, di
fatto, con la riflessione teologica sullazione ecclesiale in vista del suo rinnovamento (cap. III). divenuto indubbiamente un punto di partenza per un
rinnovato modo di fare teologia pastorale e teologia pratica (cap. IV) e, conseguentemente, di comprenderle e configurarle (cap. V). Lesposizione che
segue si prefigge appunto di affrontare tale tematica, in termini essenziali e nei
tre distinti capitoli appena indicati.
In via preliminare occorre perlomeno accennare alla questione riguardante il come rilevare la riflessione teologico-pastorale prodotta dal Vaticano II.
Come gli addetti al mestiere sanno bene, nel periodo postconciliare e anche di
recente si affrontato questargomento da diversi punti di vista e se ne sono
dati giudizi non sempre concordi. Qualche autore, ad esempio, si limitato a
segnalare gli orientamenti pastorali innovatori presenti nei testi conciliari.1
Altri ha riassunto in modo ordinato le indicazioni, le norme e le istituzioni pastorali, nuove o meno, contenute nei documenti del Concilio.2 Altri ancora
Cf ad es. VILNET J., Lorientation pastorale dans les textes de Vatican II, in Seminarium 11
(1970) 873-895.
2
Cf ad es. ZALBA M., Theologia pastoralis in Concilio Vaticano II applicata, in Periodica 56
(1967) 149-198.
1

90

Parte II: Il magistero pastorale del Concilio Vaticano II

ha affermato che col Vaticano II si aperta una nuova era per la teologia pastorale.3 Altri infine ha rilevato una duplice concezione di teologia pastorale e
del modo di fare teologia pastorale, riscontrabile nellinsegnamento conciliare.4 La lista degli esempi potrebbe essere facilmente allungata.
Questa semplice costatazione solleva un primo interrogativo: come rileggere oggi, a distanza di vari decenni, il Vaticano II sulla questione in esame? Pare imprescindibile il rispetto di alcune esigenze maggiori emergenti
da questo evento ecclesiale, tanto vasto e complesso, se si vuole delineare nei
suoi termini portanti e con una lettura il pi possibile obiettiva, la riflessione
teologico-pratica da esso prodotta.
Il Concilio ha inteso attuare un magistero sostanzialmente unitario, anche
se non completo ed esaustivo. Occorre allora compiere una lettura globale
dei suoi documenti, e non limitarsi ad alcuni testi anche se maggiori, perch
ci esporrebbe inevitabilmente al rischio di offrire una visione quanto meno
parziale, per non dire unilaterale, del suo magistero. Senza dubbio occorre
prestare particolare attenzione alle quattro costituzioni, le quali sono la chiave
interpretativa dei decreti e delle dichiarazioni.
Il Concilio stato un avvenimento assai complesso, ad esempio, per la sua
internazionalit (partecipazione di vescovi e periti di tutti i continenti), per la
sua composizione (prevalenza della rappresentanza dellemisfero nord rispetto a quelle dellemisfero sud e delloriente), per la presenza di osservatori di
altre confessioni cristiane e di altre religioni. Esso ha dovuto fare i conti con
una pluralit di situazioni ed esperienze ecclesiali, di tendenze teologiche, di
visioni ecclesiologiche e di orientamenti pastorali rilevabili nella Chiesa degli
anni sessanta. necessario allora avere presente tale congiuntura allatto di
coglierne le linee innovative, a livello di teoria e di prassi, o semplicemente
indicate o pi compiutamente delineate, ed anche i compromessi, le lacune e i
nodi irrisolti, dati tutti facilmente comprensibili se valutati in tale prospettiva.
Nella sua riflessione, lassise ecumenica ha percorso un cammino lungo,
non facile, spesso, anzi, assai difficoltoso. Occorre allora prestare attenzione
allo sviluppo del dibattito conciliare confluito nei vari documenti, dalla Sacrosanctum Concilium alla Gaudium et spes, e la connessa maturazione della
coscienza e dellorientamento pastorali, e non fermarsi a una tappa, bench
importante, di tale sviluppo e, tanto meno, assolutizzarla, perch ci potreb
be sfociare in una concezione non solo parziale ma anche distorta dellinse
gnamento conciliare.
Oltre a essersi pronunciato sullazione pastorale e sulla teologia pastorale, lassise ecumenica ha pure fatto riflessione teologico-pratica. necessario allora evidenziare il tipo di riflessione teologico-pratica che in concreto ha
Cf ad es. SCHURR V., Teologia pastorale 401-403.
Cf ad es. GRIESL G., Praktische Theologie als Lehre von Selbstvollzug der Kirche, in PThH
141-145; SEVESO B., Edificare la Chiesa 51-57.
3
4

Parte II: Il magistero pastorale del Concilio Vaticano II

91

attuato, senza tematizzarlo, nel redigere i suoi documenti, e non prendere


in considerazione unicamente le dichiarazioni esplicite circa la pastorale e la
teologia pastorale, perch in questo caso si disattenderebbe un aspetto importante dellevento conciliare, e cio, il suo magistero pastorale nellatto stesso
del suo esercizio (in actu exercito) e non solo nei suoi pronunciamenti (in actu
signato).
Ma qui sorge un secondo interrogativo: come cogliere e interpretare tale
modo conciliare di fare teologia pastorale? La ricerca ermeneutica ha messo
in chiaro, tra laltro, quanto le precomprensioni possono pregiudicare in par
tenza la lettura e linterpretazione di un evento o di un testo. Chiarire pre
viamente quali punti di riferimento si hanno presenti nel rivisitare il Vaticano
II pu mettere al riparo, almeno parzialmente, dal rischio di interpretazioni
discutibili ed anche criticabili.
In questa esposizione si avranno presenti i seguenti punti che paiono imprescindibili. Innanzitutto, le indicazioni programmatiche di Giovanni XXIII
e di Paolo VI riguardanti lo scopo e il programma pastorali del Vaticano II.
In secondo luogo, le suggestioni e precisazioni emerse nel dibattito conciliare
circa il carattere pastorale dellassise ecumenica. Infine, le varie comprensioni di teologia pastorale espresse nel periodo sia precedente il Concilio sia
immediatamente successivo.

Capitolo III

CARATTERE PASTORALE, PROSPETTIVA E SCELTE


DEL MAGISTERO CONCILIARE

1. CARATTERE PASTORALE DEL MAGISTERO CONCILIARE


1.1. Le indicazioni di Giovanni XXIII

Nel discorso inaugurale Giovanni XXIII propone come punto focale del
Concilio che sta per aprirsi la persuasione che deve sviluppare un magistero
il cui carattere preminentemente pastorale.1 Limpianto del discorso papale consente di cogliere, nei suoi termini essenziali, il significato di tale affermazione programmatica. In effetti, la natura pastorale del magistero con
ciliare prospettata in riferimento a vari fattori e al loro rapportarsi concreto.
prospettata innanzitutto in rapporto alla dottrina cristiana che il Concilio deve custodire con fedelt e trasmettere con efficacia.2
vista inoltre in rapporto alla condizione umana contemporanea: tale
dottrina riguarda la persona umana presa nella sua totalit, come soggetto
composto di anima e corpo, considerato come singolo e come membro della
societ, nella sua situazione terrena e nel suo destino eterno, tenuto conto del
primato del Regno di Dio rispetto ai beni temporali.3
considerata specialmente in relazione alla missione storica della Chiesa.
Dal fatto che la dottrina cristiana, certa e immutabile, destinata agli esseri
umani inseriti nel fluire del tempo ed esposti allerrore, nascono per la Chiesa
conciliare alcuni imperativi maggiori: la necessit di essere attenta alla realt
umana contemporanea (singoli, famiglie, societ), alle sue condizioni, istanze
e possibilit di apostolato;4 la necessit di approfondire e riproporre la dottrina cristiana in modo che risponda alle esigenze del nostro tempo, compiendo un delicato ma urgente discernimento tra verit di fede, da un lato, e
Cf Acta Synodalia I/I 172.
Cf ivi 170.
3
Cf ivi 170s.
4
Cf ivi 171.
1
2

94

Parte II: Il magistero pastorale del Concilio Vaticano II

loro formulazione, dallaltro;5 lesigenza di preferire un magistero positivo e


propositivo piuttosto che un magistero negativo e condannatorio, perch la
Chiesa ritiene di venire incontro ai bisogni di oggi [elencati nel testo] mostrando la validit della sua dottrina piuttosto che rinnovando condanne.6
prospettata ancora in rapporto allo scopo ultimo del Concilio: promuovere lunit allinterno della Chiesa stessa, lunit dei cristiani separati con la
Chiesa cattolica, lunit con la Chiesa cattolica dei seguaci delle religioni non
cristiane, lunit della famiglia umana cui congiunta la vera pace e leterna
salute.7
Come appare abbastanza evidente da queste indicazioni di massima, la
pastoralit del magistero conciliare rapportata alla storicit inerente alla dottrina cristiana, alla condizione umana e alla missione della Chiesa. Il vocabolo
storicit non ricorre nel testo papale, ma alcuni suoi significati vi sono espressamente evocati con termini equivalenti: ad esempio, quando si afferma che la
dottrina cristiana va riproposta in formulazioni pi rispondenti alle esigenze
del nostro tempo; quando si descrive la condizione umana contemporanea
che presenta caratteristiche, problemi, bisogni, orientamenti differenti rispetto a epoche precedenti; quando si dichiara che la Chiesa deve mantenere uno
stretto legame col suo passato dottrinale e insieme attuare, con lannuncio del
Vangelo, un profondo radicamento nel presente. necessario anzitutto che
la Chiesa non si discosti dal sacro deposito della verit, ricevuto dai Padri; e al
tempo stesso deve anche guardare al presente, alle nuove condizioni e forme
di vita, introdotte nel mondo moderno, le quali hanno aperto nuove strade allapostolato cattolico.8 Il nostro dovere non soltanto di custodire
questo tesoro prezioso [il deposito della fede], come se ci preoccupassimo
unicamente dellantichit, ma di dedicarci con alacre volont e senza timore
allopera, che la nostra et esige, proseguendo cos il cammino che la Chiesa
compie da quasi venti secoli.9 Il nostro servizio pastorale [...] non ha altro
fine e altro desiderio che la conoscenza e la penetrazione del Vangelo di Cristo
nel nostro tempo.10
Questa comprensione della natura pastorale del magistero conciliare, col
legata con la storicit, potrebbe essere ulteriormente illustrata e convalidata
alla luce delle due grandi encicliche di papa Giovanni (la Mater et magistra
e la Pacem in terris), dei testi attinenti lindizione e limminente apertura del
Concilio11 e dellintero suo magistero. Non qui possibile farlo. Una sempliCf ivi 172.
Ivi.
7
Cf ivi 173s.
8
Ivi: il corsivo mio.
9
Ivi: il corsivo mio.
10
Discorso di Giovanni XXIII nella 36a Congregazione generale, in Acta Synodalia I/IV
392. Il corsivo mio.
11
Si tratta della Costituzione apostolica Humanae salutis (26.12.1961) e del radiomessaggio
5
6

Capitolo III: Carattere pastorale, prospettiva e scelte...

95

ce costatazione: nel dibattito sulla Chiesa nel mondo contemporaneo si rileva


che proprio la caratteristica pastorale, intesa nel senso indicato, del magistero
di Giovanni XXIII spiega la risonanza tanto vasta e profonda che ebbe nella
Chiesa e nellumanit degli anni 1960.
1.2. Il dibattito conciliare attorno allo schema sulle fonti della Rivelazione

La pratica attuazione dellintenzione pastorale assegnata dal Papa al Con


cilio comportava un lavoro tuttaltro che facile e semplice, atteso il fatto che la
coscienza della storicit del messaggio cristiano e della missione ecclesiale non
era ancora maturata in larghi strati della Chiesa. Ed quindi comprensibile che
in vari momenti del dibattito conciliare sia venuto a tema la natura pastorale del
magistero conciliare in relazione al suo tradizionale carattere dottrinale.
Ci emerge gi durante la prima sessione a proposito dello schema sulle
fonti della Rivelazione, preparato dalla commissione teologica. Il presidente
della commissione difende il significato dello schema anche nella prospettiva
pastorale: Il primo compito pastorale trasmettere la retta dottrina secondo il comando del Signore: Andate [...] Insegnate. Il linguaggio conciliare
non uguale a quello utilizzabile nella predicazione. Sar compito dei pastori
della Chiesa spezzare il pane ai piccoli.12 I sostenitori di tale impostazione
sottolineano il fine del Concilio, che quello dottrinale e, quindi, lesigenza di
precisione dogmatica e di perennit di formule. Ci, secondo loro, risponde
alla preoccupazione pastorale. Sono critici di fronte a un linguaggio pastorale,
connotato come impreciso, irenico, alla moda.13
Com noto, tale schema di costituzione venne rigettato da parte della
maggioranza dei Padri in base a varie ragioni. Una prima ragione costituita dal rifiuto di una comprensione di dottrinale identificato con determinate
concezioni e formulazioni legate a un periodo storico (la polemica e apologetica antiprotestante) e ormai superate. Una seconda ragione connessa con
una comprensione di pastorale non riducibile al dovere del pastore di adattare
la dottrina allinterlocutore. Magistero pastorale vuol dire invece riproporre
la Rivelazione in forme aderenti alle esigenze del dialogo ecumenico e del
lumanit attuale.14
Il primo periodo di intersessione vivacizzato proprio dal dibattito teologico circa la natura di dottrinale e pastorale. Vengono messe in luce due
tendenze teologiche.
a un mese dallapertura del Concilio (11.09.1962).
12
Acta Synodalia I/III 28 ed anche 27.
13
Cf BETTI U., La Rivelazione divina nella Chiesa (Roma 1970) 43-49.
14
Cf BETTI U., La Rivelazione 38-42.

96

Parte II: Il magistero pastorale del Concilio Vaticano II

La prima caratterizzata dalla fedelt alla dottrina cristiana, fissata in for


mule precise e irriformabili, sottratta il pi possibile al fluire delle vicende
umane, in modo da costituire un punto di riferimento sicuro a difesa della
fede contro leresia e lerrore. Tale dottrina destinata ai pastori, ai teologi e ai
candidati al sacerdozio. Di conseguenza, il magistero che esprime dottrinale,
conservativo, normativo e difensivo.
La seconda caratterizzata dalla preoccupazione della diffusione del mes
saggio evangelico, espresso in formulazioni comprensibili e attuali, in mo
do che la Rivelazione cristiana sia pi facilmente e vitalmente recepita dalle
persone del mondo doggi a cui destinata e contribuisca alla loro salvezza e
alla costruzione del Regno di Dio nella storia umana. Di conseguenza, il magistero che esprime deve essere teologico-pastorale o cherigmatico, propositivo
ed ecumenico.
Viene pure rimarcata lesigenza di mantenere uniti, nellufficio magisteriale, i suoi due aspetti, distinti e inseparabili, quello dottrinale e quello pastorale. Ma le suggestioni e le puntualizzazioni in merito non vanno, generalmente,
oltre le indicazioni gi date da papa Giovanni.15
Questesigenza dinseparabilit dei due aspetti sottolineata da Paolo VI
nel discorso di apertura del secondo periodo, allatto di fare propri gli orientamenti del suo predecessore: Hai ravvisato nella coscienza del magistero
ecclesiastico la persuasione dovere essere la dottrina cristiana non soltanto
verit da investigare con la ragione illuminata dalla fede, ma parola generatrice di vita e di azione, e non soltanto doversi limitare lautorit della Chiesa a
condannare gli errori che la offendono, ma doversi estendere a proclamare gli
insegnamenti positivi e vitali, onde essa feconda.16
1.3. La discussione sulla qualifica pastorale della Gaudium et spes

A questa problematica si ricollega la discussione conciliare riguardante


la denominazione pastorale data alla costituzione su la Chiesa nel mondo contemporaneo, specialmente in relazione alla qualifica di costituzione
dogmatica attribuita ai documenti sulla Rivelazione e sulla Chiesa. Da tale
discussione appare chiaro che la qualifica pastorale della costituzione non
dovuta al suo rapportarsi ai doveri dei pastori. compresa piuttosto in base
al suo modo di riferirsi alla dottrina, ai principi, ai referenti, e al suo modo di
assumere tematicamente la realt storica.
15
Cf ad es. Lehramt und Hirtenamt auf dem Konzil, in HerKorr 17 (1962/63) 332-338 387394; DEJAIFVE G., Dun Concile lautre: bilan de la premire session, in NRTh 85 (1963) 5464; PHILIPS G., Deux tendances dans la thologie contemporaine, in NRTh 85 (1963) 225-258;
CHENU M.-D., Un concile pastoral, in Parole et mission (1963) n. 21, 182-202.
16
Acta Synodalia II/I 186.

Capitolo III: Carattere pastorale, prospettiva e scelte...

97

Lo sviluppo della vicenda rivela la novit della riflessione e una situazione


fluttuante di ricerca che fa riaffiorare le due posizioni sopra indicate e stimola
lo studio di una soluzione di sintesi.
Nellesame del testo cosiddetto di Zurigo (1-3 febbraio 1964) si daccor
do per un documento che abbia un carattere particolare rispetto agli altri testi
conciliari: n strettamente e unicamente dottrinale, n tanto meno disciplinare e giuridico, ma pi propriamente pastorale; un documento, cio, destinato
non solo ai cattolici, ma anche ai cristiani di altre confessioni, ai seguaci di
altre religioni e di altri umanesimi; un documento che esponga i rapporti tra
Chiesa e problemi temporali con un linguaggio ispirato alla Bibbia, teologicamente fondato e il pi vicino possibile al modo di sentire delle persone del
mondo doggi, ma non nel senso di farne un semplice messaggio.17 Laccettazione della qualifica costituzione pastorale da parte della commissione di
coordinamento (11 maggio 1965) si colloca in tale ordine di idee.18
Di fatto, per, tale qualifica viene presentata ufficialmente con formulazioni giudicate successivamente infelici. In effetti, la relazione generale in
cui si motiva la scelta di tale titolo per il nuovo testo inviato ai Padri (giugno 1965) recita cos: Lo scopo principale di questo schema non quello
di proporre direttamente una dottrina, ma piuttosto quello di presentarne
le applicazioni alle condizioni del nostro tempo e di inculcarne i corollari
pastorali [...]. Stando cos le cose, assai conveniente ladozione del titolo
costituzione pastorale in opposizione alla costituzione dogmatica, cio al
De Ecclesia (Lumen gentium). Va notato inoltre che, attesa lindole essenzial
mente pastorale del testo, non necessario discuterne i singoli termini con
quel rigore che richiesto per questioni strettamente dogmatiche.19
Questa presentazione disattendeva il peso dogmatico delle asserzioni contenute nello schema che non erano puramente applicazioni di una dottrina;
contrapponeva il testo alla Lumen gentium, quando invece ne doveva essere
un necessario complemento; riteneva meno rigoroso il linguaggio pastorale
rispetto a quello dottrinale, sollevando cos linterrogativo se non era allora il
caso di rinunciare alla qualifica di costituzione pastorale.20
Cf Acta Synodalia III/V 143-146.
Cf Acta Synodalia IV/I 521 557.
19
Quoad qualificationem documenti, visum est ab eadem Commissione coordinationis,
in sessione die 11 maii 1965 Romae habita, aptiorem titulum esse: Constitutio pastoralis.
Scopus enim praecipuus huius schematis non est directe doctrinam praebere, sed potius eius
applicationes ad condiciones nostri temporis necnon consectaria pastoralia ostendere et inculcare [...]. Quae cum ita sint, iure meritoque convenire videtur titulus constitutio pastoralis
per oppositionem ad constitutionem dogmaticam scilicet De Ecclesia (Lumen gentium). Notandum est insuper, quod, attenta indole essentialiter pastorali textus, schema hoc non indiget
disceptatione tam rigurosa cuiusque vocaboli, ut fieri deberet in re stricte dogmatica (Acta
Synodalia IV/I 521).
20
Cf MLLER CH., Die Geschichte der Pastoralkonstitution, in LThK, Das Zweite Vatikanische Konzil III (Freiburg 1968) 281s; TUCCI R., Introduzione storico-dottrinale alla Costituzione
17
18

98

Parte II: Il magistero pastorale del Concilio Vaticano II

La relazione generale letta ai Padri allinizio del quarto periodo (21 settembre 1965) offre una visione pi chiara dellorientamento approvato dalla
commissione di coordinamento, sottolineando alcuni dati. Lo schema tratta
formalmente di una dottrina di fede, proposta per in un modo consono ai
referenti che sono le persone del mondo doggi. una strada nuova e ardua,
ma assegnata da papa Giovanni al Concilio, ribadita da Paolo VI, gi praticata
da questi due Papi nelle loro grandi encicliche, e voluta dai Padri conciliari.
In concreto, il testo adotta un linguaggio evangelico piuttosto che tecnico; un
linguaggio, cio, ancorato fedelmente alla teologia, ma che utilizza termini
semplici come quelli della Scrittura; un linguaggio vitale e dinamico, piuttosto
che astratto e teorico; un linguaggio attento alla verit di fede e insieme alla
realt della condizione umana.21
In questo modo di presentare le cose non si contrapponeva pi il dottrinale al pastorale, n si comprendeva il pastorale nel senso di applicazione
di una dottrina. Si suggeriva piuttosto la possibilit di esprimere uno stesso
contenuto teologico con linguaggi differenti: tecnico, teorico, astratto luno;
semplice, vitale e dinamico laltro. E ci in ragione di differenti referenti a cui
era diretta la costituzione pastorale.
Nel dibattito conciliare vengono mosse queste critiche alla qualifica in
esame: il termine costituzione non accettabile, dato che il documento si
rivolge a tutte le persone del nostro tempo, mentre solo i cattolici sono sudditi
della Chiesa. Lappellativo pastorale non aggiunge nulla, perch tutto il lavoro
del Concilio pastorale.
In risposta, il relatore difende la qualifica di costituzione, perch, anche
se diretto a tutti, il testo di fatto espone la dottrina della Chiesa. Quanto al
termine pastorale annota: Nonostante le espressioni infelici della relazione
[segnalate sopra], [esso] indica che si intende presentare tale dottrina appunto per proiettarne la luce sul mondo attuale e sui suoi problemi.22
Il titolo inteso in questo senso accolto dalla maggioranza e rester approvato. Per tener conto dei voti contrari che, in vari modi, evidenziavano
il carattere pi dottrinale della prima parte e pi pastorale della seconda,
sinserisce allinizio della costituzione la nota apposta al titolo, recepita nel
testo definitivo.23
In essa viene sintetizzata la scelta adottata. La costituzione va detta pastorale appunto perch, sulla base di principi dottrinali, intende esporre
latteggiamento della Chiesa in rapporto al mondo e alle persone doggi. Pertanto, n alla prima parte manca lintenzione pastorale, n alla seconda linpastorale Gaudium et spes, in FAVALE A. (ed.), La Chiesa e il mondo contemporaneo nel Vaticano II 102s.
21
Cf Acta Synodalia IV/I 557.
22
Acta Synodalia IV/IV 736.
23
Cf Acta Synodalia IV/III 468.

Capitolo III: Carattere pastorale, prospettiva e scelte...

99

tenzione dottrinale. Vi si aggiunge che il termine pastorale indica anche la


presenza nella seconda parte di elementi contingenti accanto a elementi
immutabili, e lesigenza di riconoscerne, a livello di interpretazione, il diverso valore veritativo.24
Come si avr modo di spiegare in seguito, questa soluzione costituisce un
tentativo di contemperare le esigenze di una determinata visione dogmatica e
di una determinata concezione teologico-pratica della missione della Chiesa
in rapporto alla realt storica contemporanea.
Di fatto, tale problematica riemersa ripetutamente nel periodo postconciliare, tanto vero che il Sinodo straordinario del 1985 giudic necessario
ribadire la scelta conciliare maturata nei dibattiti esposti: Non lecito separare lindole pastorale dal vigore dottrinale dei documenti.25
2. PROSPETTIVA E TRAIETTORIA DEL MAGISTERO PASTORALE
CONCILIARE

Oltre che in relazione allistanza dottrinale, il magistero pastorale del Vaticano II va colto in rapporto alla prospettiva generale in cui si situa e alla traiettoria che segue nellaffrontare i vari argomenti. Simpone cos, come campo
proprio della sua riflessione pastorale, la tematica riguardante la rinnovata
coscienza della Chiesa, la sua riforma e il dialogo della Chiesa col mondo.
2.1. Indicazioni di Giovanni XXIII

La visuale generale in cui papa Giovanni colloca il lavoro del Concilio


, com noto, quella dellaggiornamento: un termine fortunato, ben presto
ripreso in tutte le lingue e caricato di significati non sempre conformi al
lorientamento papale. Giovanni XXIII lo usa gi fin dal primo annuncio del
Concilio26 e, successivamente, varie volte in senso pi illustrativo che programmatico.
24
Pastoralis autem dicitur Constitutio ex eo quod, principiis doctrinalibus innixa, habitudinem Ecclesiae ad mundum et ad homines hodiernos exprimere intendit. Ideo nec in priori
parte pastoralis deest intentio, nec vero in secunda intentio doctrinalis [...]. Unde fit ut, in
hac posteriori parte, materia, principiis doctrinalibus subiecta, non tantum elementis permanentibus, sed etiam contingentibus constet. Interpretanda est igitur Constitutio iuxta normas
generales theologicae interpretationis, et quidem ratione habita, praesertim in secunda eius
parte, adiunctorum mutabilium cum quibus res de quibus agitur natura sua connectuntur
(GS nota 1).
25
Relazione finale I, 5, in KASPER, Il futuro dalla forza del Concilio 19.
26
Cf Acta et Documenta I/I 5. Laggiornamento riferito al codice di diritto canonico. Si
veda, nel medesimo senso, anche Acta et Documenta I/I 8 11 14 33 43 89; II/I 184 237.

100

Parte II: Il magistero pastorale del Concilio Vaticano II

Non per lunica categoria che utilizza per indicare il rinnovamento della
Chiesa e della fede. Ve ne sono molte altre a cui ricorre di frequente, privilegiando un linguaggio simbolico ispirato allorganismo umano, a fenomeni
naturali, a eventi e vicende storiche. Gli sono familiari questi termini: vitalit,
crescita, rinvigorimento, ringiovanimento;27 nuova germinazione, rigoglio,
fioritura, primavera, luminosit, splendore;28 balzo innanzi, progresso, nuove
conquiste;29 straordinaria Epifania e novella Pentecoste;30 consolidamento,
rinnovamento, adeguamento, adattamento.31
Laggiornamento ecclesiale cos da lui connotato e quale possibile cogliere, come in filigrana, nei suoi numerosi interventi non concerne luno o
laltro aspetto della Chiesa, ma lintera sua esistenza storica: Si tratta di rimettere in valore e in splendore la sostanza del pensiero e del vivere umano e
cristiano di cui la Chiesa depositaria e maestra nei secoli.32 Comporta, pi
precisamente, un incremento di fede, un rinvigorimento di vita religiosa e
spirituale, un corretto rinnovamento dellagire morale cristiano, un approfondimento e una riformulazione della dottrina, un rifiorire di energie
missionarie, unimpostazione dei metodi di apostolato adatta alle necessit
odierne, un adeguamento della disciplina ecclesiastica alle esigenze del nostro tempo.33 Comporta insieme un grande contributo alla riaffermazione
di quei principi di ordinamento cristiano, su cui si ispirano e si reggono anche
gli sviluppi della vita civile, economica, politica e sociale.34
Questi scarni richiami lasciano facilmente intravedere un aggiornamento
della Chiesa inteso non gi come rottura col passato e come cambio radicale
(concezioni aliene dalla mentalit di papa Giovanni, cos attaccata alla stabilit della dottrina e dellordinamento ecclesiali), quanto piuttosto come crescita
e sviluppo omogenei.
La dinamica del magistero di Giovanni XXIII, non tematizzata ma concretamente attuata nei vari scritti attinenti il Concilio, si sviluppa lungo questa
traiettoria. Parte generalmente dallattenzione alla situazione contemporanea:
la situazione della Chiesa, di alcuni suoi aspetti dolorosi ma anche confortanti; la condizione del mondo, di alcuni suoi fenomeni condannabili e problematici ma anche promettenti; le responsabilit storiche della Chiesa e le
27
Cf Acta Synodalia I/I 168; Acta et Documenta I/I 28 30 41 46 48 62; II/I 30 55 129 135
169 329.
28
Cf Acta Synodalia I/I 172; Acta et Documenta I/I 41s 49 62 65 77; II/I 30 36 44 55 85 129
151 229 230 242 326 335.
29
Cf Acta Synodalia I/I 172; Acta et Documenta II/I 25 134 152.
30
Cf Acta Synodalia I/I 172; Acta et Documenta I/I 87; II/I 21 44 150 220 221 238 240 371.
31
Cf Acta Synodalia I/I 168; Acta et Documenta I/I 41 50 53 74; II/I 14 44 55 59 85 170
229 230 247 250 335.
32
Acta Synodalia I/I 171s; Acta et Documenta II/I 34 44 227 256s.
33
Acta et Documenta I/I 34 62; II/I 17 39 55 59 96 135.
34
Acta et Documenta II/I 39.

Capitolo III: Carattere pastorale, prospettiva e scelte...

101

sue nuove possibilit di fronte ai bisogni, alle attese e ai motivi di fiducia del
lumanit contemporanea.35
Fa costantemente riferimento a Cristo, che presente nella Chiesa e il
lumina le vie della storia umana; al suo messaggio salvifico destinato, come
forza vivificante, a tutti gli essi umani in ogni tempo;36 allo Spirito Santo
operante nella storia della Chiesa e specialmente dei concili considerati come
momenti forti di rinnovamento per la cristianit e la societ.37
Guarda al futuro, e cio a una rinnovata immagine sociale di Chiesa, tale
da essere credibile e accogliente per i cristiani di altre confessioni, e a una sua
presenza in mezzo ai contemporanei contesti umani pi fedele al testamento
di Cristo, pi conforme alla sua missione storica e, quindi, pi rispondente
alle esigenze presenti in tali contesti sociali.38
Dallattenzione convergente al presente, al passato e al futuro emergono
appunto lesigenza e lurgenza del rinnovamento della Chiesa indicato, in sintesi, su due versanti strettamente collegati e inseparabili: il ringiovanimento
di ci che essa nella sua struttura interiore la sua vitalit ad intra, connessa ripetutamente con le sue quattro propriet e, insieme, nei rapporti
della sua vitalit ad extra [...] di fronte alle esigenze e ai bisogni dei popoli,
riconducibili a unesistenza pi degna, giusta, pacifica e meritoria per tutti.39
Il programma del lavoro conciliare prospettato in tale duplice ordine, soprannaturale luno, temporale laltro, con la vasta problematica ad essi
inerente.40
2.2. Approfondimenti tematizzati di Paolo VI

Paolo VI fa proprie queste intenzioni generali di papa Giovanni, ma le


approfondisce in maniera riflessa e le riesprime attorno ai tre famosi temi generatori: la coscienza della Chiesa, il suo rinnovamento, il dialogo della Chiesa
con il mondo contemporaneo. Lo fa in tappe successive. Offre una prima
visione sintetica dei tre argomenti nel discorso di apertura della seconda sessione (29 settembre 1963). Li sviluppa nellenciclica programmatica Ecclesiam suam (6 agosto 1964). Aggiunge chiarimenti e puntualizzazioni sulluno
35
Cf Acta Synodalia I/I 169; Acta et Documenta I/I 25 41; II/I 17s 28 122s 132-134 195
244 249s.
36
Cf Acta Synodalia I/I 166-168; Acta et Documenta I/I 10 16 33-35 41 46 57 70; II/I 14s
17s 22 25 27 28 30 44 117 132 244 247 266s 328s 349 360s.
37
Cf Acta Synodalia I/I 167s; Acta et Documenta I/I 5 50 66-68; II/I 18 32-34 44 86 91s 130
134 183 223 257 266-268.
38
Cf Acta Synodalia I/I 168; Acta et Documenta II/I 36 41 46s 49 74 76; II/I 14s 17s 44 84
125s 135 162 164 245 246s 248 249 269.
39
Acta Synodalia I/I 172-174; Acta et Documenta II/I 350s e inoltre I/I 19; II/I 21s 135s
244 247 330.
40
Cf Acta et Documenta II/I 135s.

102

Parte II: Il magistero pastorale del Concilio Vaticano II

o sullaltro in vari interventi nel proseguo del dibattito conciliare, sollecitato


da interpretazioni e interrogativi man mano emergenti.
La chiave di lettura del suo pensiero indicata da lui stesso nel discorso in cui annuncia lEcclesiam suam: nellenciclica diciamo quello che noi
pensiamo debba fare oggi la Chiesa per essere fedele alla sua vocazione e
per essere idonea alla sua missione. Parliamo cio della metodologia che la
Chiesa, a parere nostro, deve seguire per camminare secondo la volont di
Cristo Signore. Possiamo forse intitolare questa enciclica: le vie della Chiesa.
E le vie da noi indicate sono tre. La prima spirituale; riguarda la coscienza
che la Chiesa deve avere e deve alimentare su se stessa. La seconda morale; e riguarda il rinnovamento ascetico, pratico, canonico di cui la Chiesa ha
bisogno per essere conforme alla coscienza sopraddetta [...]. E la terza via
apostolica; e labbiamo designata col termine oggi in voga: il dialogo; riguarda
cio questa via il modo, larte, lo stile che la Chiesa deve infondere nella sua
attivit ministeriale nel concerto dissonante, volubile, complesso del mondo
contemporaneo.41
Va rilevata subito la visuale in cui si colloca linsegnamento papale. Non
quella di una riflessione sullessenza della Chiesa o sulla sua esistenza storica
in generale, nel senso di unecclesiologia rispettivamente essenziale o esistenziale, anche se al riguardo si fanno delle allusioni. Ma quella del cammino del
la Chiesa oggi, cio del suo edificarsi nella storia contemporanea in risposta ai
tre imperativi o doveri indicati e nella linea di una criteriologia e metodologia
teologico-pratica.42 la prospettiva che, nel corso della sua storia, la teologia
pratica ha rivendicato come propria e specifica.
Le tre vie segnalate da Paolo VI coincidono con lindole e i fini del Concilio, dal Papa ridefiniti appunto in tale visuale.43 Coscienza, rinnovamento,
dialogo non vanno intese come tre vie parallele e nemmeno come tre tappe
successive. Sono, certo, pensate e proposte in successione logica come derivate luna dallaltra: il rinnovamento dalla coscienza; il dialogo dalla coscienza e
dal rinnovamento.44 Ma, in rapporto alla concretezza del vivere e agire ecclesiale sono percepite come implicate luna nelle altre: rinnovamento e dialogo
sono gi presenti in una coscienza ecclesiale che sia rinnovata e in termini di
Insegnamenti di Paolo VI, II (Roma 1964) 473.
LEcclesiam suam (= ES) parla appunto di criteri dottrinali e pratici che possono utilmente guidare lattivit spirituale e apostolica della gerarchia ecclesiastica e di quanti le prestano obbedienza e collaborazione [ES 8 e anche 48 52: cito sempre da Insegnamenti di Paolo
VI. Encicliche (Roma 1971). Com noto, il testo originale fu redatto in italiano, ed pacifico
che il testo ufficiale quello latino]. Il discorso citato sopra alla nota 45 parla espressamente di
considerazioni di carattere metodologico, e in tale senso si esprime lES 18 e 68.
43
Cf Acta Synodalia II/I 188s. NellES Paolo VI insiste sul carattere pastorale del Concilio
per evidenziare appunto la prospettiva della coscienza, del rinnovamento e del dialogo in cui si
deve collocare nellaffrontare i vari argomenti (cf ES 45 46 70).
44
Cf Acta Synodalia II/I 191 195s; ES 11 12 13 19 27 37 40.
41
42

Capitolo III: Carattere pastorale, prospettiva e scelte...

103

dialogo, come possibile scorgere nel progredire della riflessione teologicopratica di Paolo VI.
La cornice ecclesiologica in cui tale riflessione si sviluppa quella della
Mystici corporis di Pio XII (1943), nella sua idea fondamentale attinente il
rapporto tra Capo e membra, che Paolo VI fa sua nel senso di un accentuato cristocentrismo. Lassunzione dellecclesiologia del popolo di Dio e linte
grazione del cristocentrismo con un pi ampio riferimento allo Spirito santo
avvengono gradualmente, non senza fatica, in adesione al progredire delle
discussioni e decisioni conciliari.45
2.2.1. La coscienza
La coscienza ecclesiale intesa congiuntamente in senso psicologico, come
riflessione su se stessa, e in senso morale, come consapevolezza di un impegno
storico.46 Lorizzonte in cui viene descritta quello dellesperienza religiosa
(categoria cara alla filosofia e teologia contemporanea di matrice personalista), che comprende inseparabilmente dinamismi conoscitivi, affettivi, volitivi, operativi e sapienziali.47
In effetti, la coscienza della Chiesa rinnovata scienza dei divini disegni
sopra di s,48 approfondita conoscenza del proprio essere mistero, della
propria origine e divina vocazione, della propria fondamentale costituzione e varia composizione, della propria molteplice e salvifica missione
nel mondo e della propria sorte finale49 (dinamismi conoscitivi). inoltre
e insieme atto di docilit alla parola del divin Maestro,50 un vivo, un
profondo, un cosciente atto di fede in Cristo,51 che si traduce in rinnovata
scoperta del proprio rapporto vitale con Lui,52 in corroborante senso del
la Chiesa e dellappartenenza ad essa,53 in ottima spiritualit ecclesiale54
(dinamismi affettivi, volitivi e sapienziali). ancora sorgente di nuova ener45
Il cristocentrismo molto rimarcato nel discorso di apertura della seconda sessione (cf
Acta Synodalia II/I 187s) e in ES 13s 17 23. Lespressione Popolo di Dio si trova nel discorso
dapertura della seconda sessione, ma solo come unimmagine accanto ad altre (cf Acta Synodalia II/I 189). Il riferimento allo Spirito Santo diviene pi insistente e tematizzato nei successivi
interventi papali al Concilio (cf Acta Synodalia III/I 142s; IV/I 127s).
46
Cf ES 22.
47
Questorizzonte espressamente invocato in ES 7 39.
48
ES 19.
49
ES 10 19 27; Acta Synodalia II/1 189-191, in cui si evidenzia specialmente questo aspetto
conoscitivo.
50
ES 21.
51
ES 24.
52
ES 37.
53
ES 40 38s.
54
ES 40 e Acta Synodalia III/VIII 910; IV/VII 657.

104

Parte II: Il magistero pastorale del Concilio Vaticano II

gia e miglior gaudio nel compiere la propria missione e per determinare i


modi migliori per rendere pi vicini, operanti e benefici i suoi contatti con
lumanit55 (dinamismi affettivi e operativi).
La priorit riservata alla coscienza motivata col ricorso alla natura del
rapporto religioso che si giuoca nellincontro dialogico della persona con
Dio,56 e alla storia della salvezza in cui nasce e si sviluppa la coscienza della
Chiesa in tutte le dimensioni elencate.57
Oltre a questa ragione di fondo, Paolo VI ne segnala altre, tutte derivate
da esigenze profonde ed essenziali del momento speciale in cui si trova la vita
della Chiesa:58 il bisogno che essa ha di sentirsi vivere, di sperimentare
Cristo in se stessa, di immunizzarsi dallincombente e molteplice pericolo
proveniente dai rapidi e profondi sconvolgimenti del nostro tempo;59 lattenzione alla cultura e mentalit moderna in cui la coscienza occupa un ruolo
centrale;60 esigenza di recepire e di proporre, in forma autorevole, le recenti
acquisizioni del magistero, della ricerca teologica e dei numerosi movimenti
cattolici di pensiero e di vita, attinenti la realt della Chiesa, in modo che ci
che essa pensa di s sia riconosciuto e costituisca un imprescindibile punto
di riferimento per il suo rinnovamento e il suo dialogo col mondo.61
Alludendo alle critiche di ecclesiocentrismo e di narcisismo ecclesiologico mosse da varie parti allandamento del dibattito conciliare, Paolo VI
sottolinea a pi riprese che lattenzione posta sulla coscienza della Chiesa non
vuol dire dimenticare Cristo da un lato e la persona umana dallaltro; significa
piuttosto accentuare il rapporto costitutivo che la Chiesa ha con Cristo, da
cui tutto riceve e a cui tutto deve, e la propria missione verso lumanit al cui
servizio destinata.62
2.2.2. Il rinnovamento
Come facile costatare, la descrizione della coscienza ecclesiale proposta da Paolo VI presenta delle evidenti caratteristiche di novit: coscienza
rinnovata nei suoi contenuti dottrinali, spirituali, morali e operativi. La riflessione del Papa sul rinnovamento ne unesplicitazione e uno sviluppo
ulteriore. Lo sfondo su cui si muove quello della storicit della Chiesa, che
viene a tema in tre prospettive distinte, ma inseparabili e complementari. Una
ES 19 e anche 27 40 66.
Cf ES 20 72.
57
Cf ES 22 23.
58
ES 26.
59
ES 28.
60
Cf ES 30.
61
Cf Acta Synodalia II/I 189s; III/I 145; III/VIII 910s; IV/VII 657s.
62
Cf Acta Synodalia III/I 145; III/VIII 914; IV/I 131s; IV/VII 657s.
55
56

Capitolo III: Carattere pastorale, prospettiva e scelte...

105

riguarda il confronto tra limmagine ideale della Chiesa e il suo volto reale oggi.63 Unaltra concerne la congiuntura attuale della Chiesa.64 Una terza
riguarda il rapporto tra le forme di cui la Chiesa s, lungo i secoli, rivestita,
e le forme oggi comuni e accettabili del costume e dellindole del nostro
tempo.65 Sono tutte prospettive espressamente evocate dalle correnti innovative di teologia pratica della prima met del secolo XX, come si rilevato
nei precedenti capitoli.
Lintervento di Paolo VI ha di mira, in particolare, alcune interpretazioni dellaggiornamento della Chiesa, caldeggiate in vari ambienti cattolici di
quegli anni. Quanto alla terminologia utilizzata, egli fa propria quella del suo
predecessore, ma va oltre: usa preferibilmente il termine rinnovamento; parla
esplicitamente di riforma della Chiesa e assegna al Concilio questo suo risoluto proposito.66
Il rinnovamento ecclesiale visto innanzitutto come grande problema
e imperativo morale che nasce dal confronto tra la Chiesa ideale, perfetta
nel disegno divino, e la Chiesa reale, sempre perfettibile nella sua vicenda
terrena e, quindi, chiamata a esprimere nella sua esistenza storica il tipo di
Chiesa voluto da Cristo.67
Esso sorge inoltre, come bisogno imperioso, dalla considerazione dellat
tuale situazione, problematica e laboriosa, della Chiesa, coinvolta com in
mutamenti sociali e culturali, rapidi e profondi, che le richiedono di premunirsi contro il pericolo di mondanizzazione, di assumere criticamente forme
di pensiero e di vita compatibili col suo programma religioso e morale e
di evangelizzarle.68 Di fronte a orientamenti tesi a ridurre laggiornamento
a semplice allineamento esteriore alla situazione temporale, Paolo VI pone
in primo piano e rimarca pi volte il rinnovamento o perfezionamento spirituale e morale (nella fede e nella carit, nellobbedienza e nella povert);
finalizza ad esso le riforme canoniche e pratiche;69 segnala i rischi di un adattamento conformistico a costumi mondani.70
La riforma nasce ancora dalla consapevolezza delle forme storiche assunte
e assumibili da parte della Chiesa. Riferendosi a interpretazioni dellaggior
namento tendenti a ridurlo al cambio per il cambio, disattendendo ogni suo
aggancio alla sostanza della fede cristiana, Paolo VI delimita il campo della
ES 11 43; Acta Synodalia II/I 191.
Cf ES 44.
65
ES 52 e Acta Synodalia II/I 192.
66
Sia ancora una volta manifestato il nostro proposito di favorire tale riforma [della Chiesa]: quante volte nei secoli scorsi questo proposito associato alla storia dei Concili; ebbene lo
sia una volta di pi (ES 46 e Acta Synodalia II/I 191s).
67
Cf ES 11 43 60; Acta Synodalia II/I 191.
68
Cf ES 44.
69
Cf ES 43-45 53-58.
70
Cf ES 50s.
63
64

106

Parte II: Il magistero pastorale del Concilio Vaticano II

riforma ecclesiale. Essa non pu riguardare n la concezione essenziale, n


le strutture fondamentali della Chiesa cattolica, perch se cos fosse si metterebbe in dubbio la sua sostanziale fedelt a Cristo.71 Non pu riguardare
neppure il ritorno a forme e proporzioni della Chiesa primitiva, ormai superate, n ridursi a rinnovamento su base carismatica contrapposta allistanza
gerarchica.72 Il Papa denuncia il pericolo di una relativizzazione della tradizione e della dottrina cattolica, proveniente dalladeguamento al naturalismo
e relativismo presenti in campo filosofico.73
Riferendosi, daltra parte, a rigidi atteggiamenti conservatori, ricorda che
non si pu identificare fedelt e perfezione con immobilismo e chiusura. Fedelt e perfezione esigono piuttosto da parte della Chiesa labbandono di
forme storiche difettose e caduche e lassunzione di nuove forme istituzionali
attuabili con la riforma della legislazione canonica e della prassi ecclesiale
che, per il Papa, quella programmata e approvata dal Concilio.74
2.2.3. Il dialogo
Secondo linsegnamento di Paolo VI, il dialogo suppone una coscienza ecclesiale chiara e sicura, che distingue profondamente la Chiesa dal mondo, in sintonia con lantitesi evangelica, pur senza separarla da esso.75 Ma
pi in l di questo, il dialogo si iscrive nel dinamismo stesso di una rinnovata
consapevolezza, da parte della Chiesa, della propria missione e del rinnovamento in essa implicato. Se davvero la Chiesa [...] ha coscienza di ci che
il Signore vuole che ella sia, sorge in lei una singolare pienezza e un bisogno
di effusione, con la chiara avvertenza di una missione che la trascende, dun
annuncio da diffondere. il dovere dellevangelizzazione. il mandato missionario. lufficio apostolico.76
In un connesso ordine di idee, il dialogo si iscrive nel dinamismo della
carit pastorale che il centro dellesperienza spirituale della Chiesa, societ fondata sullamore,77 e il fattore primario del suo rinnovamento.78 Il
dialogo appunto il nome di un interiore impulso di carit, che tende a farsi
esteriore dono di carit.79
Il dialogo sinnerva nel tessuto della coscienza missionaria della Chiesa, del
Cf ES 48 e Acta Synodalia II/I 192; IV/VI 693s.
Cf ES 49.
73
Cf ES 50s e Acta Synodalia IV/VI 693s.
74
Cf ES 52 e Acta Synodalia II/I 911s; IV/VI 694.
75
Cf ES 60-66 e Acta Synodalia II/I 195s.
76
ES 66 e Acta Synodalia II/I 195; III/VIII 914s.
77
Acta Synodalia IV/I 130.
78
Cf ES 58.
79
ES 66 confrontato con il testo latino; cf Acta Synodalia II/I 196; III/VIII 914; IV/I 128s.
71
72

Capitolo III: Carattere pastorale, prospettiva e scelte...

107

suo rinnovamento apostolico e della sua carit pastorale, considerati per non
astrattamente, ma nel loro costitutivo riferimento alla componente temporale.
Di fatto, Paolo VI ha presente la moderna divaricazione tra Chiesa e mondo
verificatasi negli ultimi secoli (specialmente nellultimo secolo con lavvento
dellindustrializzazione), e le varie e contrastanti manifestazioni dellumanit
contemporanea che non una, ma cento forme di possibili contatti offre alla
Chiesa, aperti e facili alcuni, delicati e complicati altri, ostili e refrattari ad
amico colloquio purtroppo moltissimi.80 Egli ravvisa nel dialogo uno stile
[...], un indirizzo pastorale,81 un modo di esercitare la missione apostolica,
unarte di spirituale comunicazione,82 rispondenti a un imperativo morale
per la Chiesa, emergente da tale situazione contemporanea. La Chiesa deve
venire a dialogo col mondo in cui si trova a vivere. La Chiesa si fa parola; la
Chiesa si fa messaggio; la Chiesa si fa colloquio.83
questa prospettiva propriamente teologico-pratica quella che domina i
numerosi discorsi papali ai padri conciliari e lEcclesiam suam la sviluppa riflessamente. Non una teologia di tipo dogmatico sul dialogo o sulla missione
della Chiesa.84
In effetti, tale enciclica programmatica affronta questi argomenti:
lorigine trascendente del dialogo salvifico, e ci facendo intende evidenziare che il dialogo della Chiesa col mondo si pone in prolungamento del
rapporto dialogico tra Dio e la persona umana, avvenuto mediante Cristo e
nello Spirito Santo;85
i lineamenti del dialogo della salvezza (iniziativa divina, espressione di
amore, dialogo libero, illimitato, universale, graduale), e ci per identificare
altrettanti lineamenti del dialogo ecclesiale;86
le caratteristiche del dialogo della Chiesa rispondenti alla situazione storica (non univoco, ma adattato allindole dellinterlocutore e alle circostanze
di fatto) e agli atteggiamenti richiesti a chi lo instaura (correttezza, stima,
simpatia, bont, non condanna aprioristica, non polemica offensiva e abitua
le, non vanit di inutile conversazione);87
i caratteri connessi con un suo leale e fruttuoso esercizio: chiarezza,
mitezza, fiducia, prudenza;88
la dialettica di autentica sapienza implicata nel suo svolgersi: scoperta
ES 14 69s 98-114; cf Acta Synodalia II/I 193-199; IV/I 128s; IV/VII 657s 660s.
ES 69.
82
ES 83.
83
ES 67: il corsivo mio.
84
Per le interpretazioni avanzate in tale senso, si veda COLOMBO G., Genesi, storia e significato dellenciclica Ecclesiam suam, in Ecclesiam suam. Premire Lettre 147s.
85
ES 72.
86
Cf ES 73-79.
87
Cf ES 80-82.
88
Cf ES 83s.
80
81

108

Parte II: Il magistero pastorale del Concilio Vaticano II

delle diverse vie che conducono alla fede e ricerca di convergenze, di approfondimenti e di nuove espressioni di pensiero cristiano; riconoscimento di
elementi di verit presenti nelle opinioni degli altri e impegno di esporre il
proprio messaggio allaltrui critica, allaltrui lenta assimilazione;89
le forme di esplicazione del dialogo ecclesiale: la grande questione
[...] delladerenza della missione della Chiesa alla vita degli esseri umani in
un dato tempo, in un dato luogo, in una data cultura, in una data situazione
sociale, il che richiede vicinanza, condivisione, ascolto, servizio, avendo per
presenti i pericoli di relativismo dogmatico e morale, di irenismo e di sincretismo a cui tutto ci espone;90
il posto insostituibile che nel dialogo di salvezza occupano la predicazione e la catechesi;91
i referenti del dialogo della Chiesa: i famosi tre cerchi, quello immenso
dellumanit in quanto tale (il mondo), quello dei credenti in Dio e quello
dei cristiani di altre confessioni. Ad essi si aggiunge, senza istituirlo espressamente in un cerchio a parte, lambito intraecclesiale. A questo riguardo non
manca n il richiamo allobbedienza, che si cerca dintegrare nel dialogo, n
la condanna dello spirito dindipendenza e di critica.92
Ora tutti questi elementi riguardanti gli interlocutori del dialogo, i loro atteggiamenti, i modelli, i metodi dinterazione..., sono tutti oggetto specifico di
una riflessione teologico-pratica sul rapporto Chiesa-mondo, studiato non a
livello della sua essenza, ma nel suo realizzarsi storico ad opera della Chiesa,
che prende liniziativa, e in una prospettiva di futuro. Ed questa la direzione
del dialogo ecclesiale proposta da Paolo VI: dalla Chiesa verso il mondo, senza
peraltro escludere la direzione in senso inverso, dal mondo verso la Chiesa.93
Un ultimo rilievo. In risposta a critiche di antropocentrismo deviante,
mosse a questimpostazione papale e conciliare del dialogo della Chiesa col
mondo, Paolo VI richiama ancora una volta lorientamento pastorale del
Concilio valutato come saldamente ancorato al rapporto dialogico instaurato
da Dio con gli esseri umani nella storia della salvezza.94
Cf ES 85s.
ES 89 e lintero testo da 88 a 91.
91
Cf ES 93-95.
92
Cf ES 96-119. Il discorso dapertura della seconda sessione segue un diverso ordine: prima i cristiani non cattolici e poi il mondo contemporaneo, considerato nelle differenti categorie
di persone che lo compongono in ragione di differenti qualifiche religiose, culturali, economiche... (cf Acta Synodalia II/I 193-199). Anche se lordine differente, le due prospettive combaciano perch nellES il primo cerchio detto lontano anche se non estraneo (ES 101); il
secondo cerchio da noi meno lontano (ES 111); il terzo cerchio a noi pi vicino (ES 113).
Il criterio religioso quello determinante ai fini di tale differente collocazione. Il fatto probabilmente sfuggito a qualche commentatore dellES (cf ad es. COLOMBO G., Genesi 145s).
93
Cf ES 96-119 e 14; Acta Synodalia II/I 193-199.
94
Cf Acta Synodalia IV/VII 660s.
89
90

Capitolo III: Carattere pastorale, prospettiva e scelte...

109

2.3. Le grandi scelte del Concilio

La vitalit ad intra e ad extra della Chiesa, secondo papa Giovanni, la coscienza, il rinnovamento e il dialogo, secondo la tematizzazione di Paolo VI,
costituiscono il quadro generale in cui va collocata la riflessione teologicopratica del Vaticano II, destinata a definirne i contenuti.95 Sono altrettanti
temi generatori che attraversano tutti i documenti conciliari, bench in forme
e misure differenti, in quanto (e la cosa nota) alcuni testi trattano pi del
la vitalit ecclesiale ad intra e altri pi della vitalit ad extra; alcuni pi della
rinnovata coscienza della Chiesa, altri del suo multiforme rinnovamento, altri
del suo dialogo articolato e differenziato.
Non questa la sede per sintetizzare linsegnamento conciliare su ognuno
di questi argomenti. Cosa che gi stata fatta dalla vasta letteratura in merito.96 Ci che interessa la presente ricerca il semplice richiamo delle grandi
scelte dellassise ecumenica, per avere una visione globale della prospettiva
e traiettoria della sua riflessione teologico-pratica, pur sapendo che un tale
procedimento espone inevitabilmente a delle semplificazioni.
2.3.1. Lineamenti della rinnovata coscienza ecclesiale
La rinnovata coscienza ecclesiale prodotta dal Vaticano II riconducibile,
in termini essenziali, alla percezione interiore sostanziata di fede che la Chiesa
ha di se stessa, di ci che essa e di ci che essa chiamata a compiere nel
lattuale tornante della storia, e inoltre alla presentazione autorevole e riflessa
di tale rinnovata consapevolezza.
Il documento fondamentale in merito senza dubbio la Lumen gentium.
Tuttavia, secondo il programma conciliare, le altre tre costituzioni ne integrano in modo sostanziale linsegnamento. La Dei Verbum per quanto concerne
la prospettiva della storia della salvezza in cui si situa la Chiesa, e il posto che
in essa ha la Parola di Dio scritta e trasmessa. La Sacrosanctum Concilium per
quanto attiene il ruolo della liturgia e specialmente dellEucaristia nel mistero
e nella vita della Chiesa. La Gaudium et spes per quanto riguarda il rapporto
tra Chiesa e mondo contemporaneo e lintegrazione del modello di Chiesa
comunione, preminente nella Lumen gentium, con quello di Chiesa missione e servizio, dominante in tale costituzione pastorale.
Sempre secondo il programma conciliare, i vari decreti e le proposizioni
contengono approfondimenti e sviluppi, a volte assai rilevanti, di asserti della
rimasto famoso lintervento in tale senso del card. Suenens al termine del I periodo (cf
Acta Synodalia I/IV 222-225), condiviso dallallora card. Montini (cf Acta Synodalia I/IV 291s).
96
Si vedano al riguardo gli studi riportati allinizio di questa parte e, in particolare, il mio
saggio (nella collana curata da Favale) in cui espongo pi ampiamente quanto qui sintetizzo.
95

110

Parte II: Il magistero pastorale del Concilio Vaticano II

Lumen gentium. Sarebbe lungo, oltre che rischioso, darne un elenco esauriente. Basti segnalarne alcuni, a titolo esemplificativo. La teologia della Chiesa locale;97 lidentit dei presbiteri;98 i diritti dei fedeli laici in base ai loro
carismi;99 i criteri di rinnovamento della vita consacrata e la sua tipologia;100
il concetto di missione, il processo di evangelizzazione e linculturazione del
Vangelo e della Chiesa;101 la libert religiosa e la missione del popolo di Dio
al riguardo;102 lecclesialit delle Chiese e comunit non cattoliche e i principi
cattolici del dialogo ecumenico;103 le relazioni della Chiesa cattolica con le
religioni non cristiane.104
Concretamente e prendendo come asse portante il discorso della Lumen
gentium, il Concilio ha messo in luce questi lineamenti della Chiesa, costitutivi
della sua coscienza attuale. Il loro ordine di successione rispecchia altrettante
scelte teologiche:
innanzitutto lessere la Chiesa mistero inserito nel mistero trinitario e nella storia della salvezza (Ecclesia de Trinitate),105 dovuto al fatto che
essa frutto e germe del Regno di Dio,106 tempio dello Spirito,107 corpo di
Cristo,108 popolo di Dio,109 universale sacramento di unit salvifica;110
il suo essere popolo di Dio inserito nella storia umana, investito di
una missione universale e cosmica, insignito delle funzioni sacerdotale, profetica e regale di Cristo, costituito in Chiese locali, destinato al servizio di
tutti i popoli111 e avente differenti rapporti con le Chiese e comunit non
cattoliche,112 con i non cristiani e i non credenti113 e, pi in generale, con lu
manit contemporanea;114
la sua fondamentale costituzione basata su carismi e ministeri differen-

Cf SC 41 42; CD 11; AG 19-22. Com noto il Vaticano II non ha un linguaggio uniforme


al riguardo, e parla sia di Chiesa particolare, sia di Chiesa locale. Nel presente esposto si usa la
formula Chiesa locale per indicare le Chiese che fanno capo a un vescovo.
98
Cf PO 2-3 4-10.
99
Cf AA 3.
100
Cf PC 2 6 7-11.
101
Cf AG 2-9 11-18 22.
102
Cf DH 25 9-14.
103
Cf UR 2-4 5-12 14-17.
104
Cf NAE 2-4.
105
Cf LG 2-4; DV 2-5 7-10; AG 2-5.
106
Cf LG 5 9b; DV 17.
107
Cf LG 6.
108
Cf LG 7-8.
109
Cf LG 9-13.
110
Cf LG 1 9c 48b.
111
Cf LG 9-14 17 48b; AG 5-9 35-36.
112
Cf LG 15 e UR.
113
Cf LG 16 e NAE 1-4; GS 19-21.
114
Cf LG 16 e GS.
97

Capitolo III: Carattere pastorale, prospettiva e scelte...

111

ti, quelli gerarchici (episcopato, presbiterato, diaconato e la collegialit),115 e


quelli laicali;116
la sua vocazione alla santit117 e, in tale prospettiva, le forme di vita
cristiana differenziate in base a specifiche vocazioni o a situazioni esistenziali,
con particolare riferimento ai consacrati religiosi e ai consacrati secolari;118
la sua indole escatologica, la sua unione con la comunione dei Santi119 e,
in modo speciale, con Maria Madre di Cristo e Madre della Chiesa.120
In questo complesso lavoro di ride fini zio ne dellidentit della Chiesa, il Vaticano II cerca costantemente un equilibrio (da alcuni commentatori qualificato
spesso in termini di compromesso) nel suo pensiero e nei suoi orientamenti.
Non intende disarmare una verit per armarne unaltra. Evita di sottovalutare il
passato per valorizzare il presente e il futuro. Si prefigge piuttosto di integrare
tutto quello che pu arricchire la conoscenza e lesperienza della Chiesa.
Sovente la novit dellautocoscienza ecclesiale consiste in una riscoperta e
riconquista riflessa di valori presenti nella Chiesa delle origini, il che facilmente rilevabile dal ricorso voluto e assiduo che il Concilio fa alla Scrittura e
ai Padri, e non semplicemente per ricavarne dei cosiddetti argomenti probanti, ma spesso per riceverne illuminanti ispirazioni e sintesi dottrinali.
Altre volte consiste in una nuova risposta di fede a situazioni nuove, risposta che si pone in continuit dinamica con la tradizione. Ci avviene, ad esempio, nel confronto dialogico della Chiesa con lOrtodossia, con le Chiese e
comunit uscite dalla Riforma protestante, con le altre religioni e con lattuale
realt sociale, politica, economica e culturale. Tale confronto rende consapevole la Chiesa conciliare non solo di nuovi compiti nel dare, ma anche delle
nuove possibilit che ha di ricevere da tali suoi interlocutori. E di fatto, la sua
coscienza arricchita dai valori che assume da loro e registra una crescita in
pienezza nella sua cattolicit.121
Altre volte ancora la novit consiste nello spostamento di accento da alcuni
aspetti della Chiesa su altri e nella loro collocazione in una scala di valori pi
conforme al messaggio rivelato, rivisitato sotto la spinta di movimenti innovatori, di pensiero e di vita, presenti nella Chiesa degli anni sessanta. Si possono
qui ricordare, a titolo illustrativo, alcuni di tali cambi maggiori:
il fatto che la Chiesa e il suo magistero sono non sopra, ma sotto la
Parola di Dio, e che la tradizione ecclesiale derivante dagli Apostoli non una
realt fissa e statica, ma dinamica e progrediente;122
Cf LG 18-29; CD 12-18; PO 2 4-6.
Cf LG 30-37; AA 2-3 5-8.
117
Cf LG 39-42.
118
Cf LG 43-47; PC 5-15.
119
Cf LG 48-51.
120
Cf LG 52-69.
121
Cf LG 13; UR 4; NAE 2-4; AG 9 22; GS 44.
122
Cf DV 8b 10b.
115
116

112

Parte II: Il magistero pastorale del Concilio Vaticano II

il primato e la maggiore ampiezza del Regno di Dio e dei suoi beni (la
salvezza, la comunione, la liberazione) rispetto alla Chiesa, che per di esso
frutto e germe;123
la priorit assegnata al mistero della Chiesa rispetto alla sua realt istituzionale, quindi, la priorit delle sue componenti spirituali (lessere frutto di
una consacrazione e libera vocazione divina; lessere costituzionalmente comunione di persone, essenzialmente missionaria e inviata alla diacona della per
sona umana; lessere sacramento universale di salvezza, pellegrina nella storia e
in cammino verso il suo perfezionamento escatologico) rispetto alla sua forma
societaria, alle sue strutture ecclesiastiche mutevoli e alle sue espressioni
storiche, canoniche e pratiche;124
la dichiarazione secondo cui laspetto umano e visibile della Chiesa ha
valore di segno e strumento, sempre imperfetto e perfettibile, nei confronti
della sua realt misterica;125
lasserto secondo cui il popolo di Dio comprendente pastori e fedeli
una grandezza dellordine dei fini, mentre la gerarchia, pur essendo di diritto
divino, ordinata come mezzo a questo fine; laver inoltre sottolineato i valori
che nellunico popolo di Dio sono comuni a tutti i suoi membri, e laver affermato che ci che li differenzia, in forza di differenti ministeri e forme di vita,
titolo non di privilegio ma di servizio;126
il riconoscimento della Chiesa locale come realizzazione della Chiesa
una, santa, cattolica e apostolica, ed inoltre il riconoscimento della Chiesa
universale come comunione di Chiese locali;127
lattenzione posta sulla storicit della Chiesa, condensabile nei seguenti
enunciati generali. Come universale sacramento di unit salvifica, la Chiesa
trascende la storia umana, ma nello stesso tempo appartiene a questa storia
ed inserita nel mondo.128 Condivide con lumanit la contingenza ed anche
lambiguit di tutte le realt temporali. Soffre delle tentazioni e delle tribolazioni del suo cammino e porta con s le conseguenze della sua debolezza.
insieme santa (elemento divino ed escatologico) e chiamata a purificarsi
perch in essa presente il male e il peccato (elemento umano e storico), per
cui la sua santit qui in terra reale ma sempre imperfetta.129 Nel suo cammino storico conosce progressi ed anche regressi o situazioni dinadeguatezza
Cf LG 5; GS 39.
Si vedano i capitoli I II V della LG; AG 2-5; GS 40-43.
125
Cf SC 2; LG 8a.
126
Sono queste alcune ragioni addotte per giustificare linserimento del capitolo II sul popolo di Dio prima di quelli dedicati alla gerarchia, ai laici e ai religiosi (cf Acta Synodalia III/I
500s). Si veda LG 9-14 32.
127
Cf LG 23 26; CD 11.
128
Cf LG 9c; AG 9; GS 1 3 11 40.
129
Cf LG 8cd 9c 15 48; UR 4f; GS 40ab 43f.
123
124

Capitolo III: Carattere pastorale, prospettiva e scelte...

113

e dinsufficienza.130 Nei suoi sacramenti e nelle sue istituzioni, che appartengono allet presente, porta la figura fugace di questo mondo e partecipa al
travaglio e al gemito di tutto il creato.131 Con lintera umanit si trova tra il
gi e il non ancora a cui guarda con fiduciosa speranza.132
Va detto che, nel ridefinire la coscienza ecclesiale, il Concilio mantiene in
generale una specie di tensione tra aspetti della realt Chiesa che sono complementari e che non possono essere impunemente disattesi. Cos , ad esempio, dei binomi: Parola di Dio e segni dei tempi; riferimento della Chiesa
rispettivamente a Cristo e allo Spirito; Chiesa istituzione e Chiesa comunione;
Chiesa comunione e Chiesa servizio; Chiesa universale e Chiese locali; unit
e cattolicit o pluralismo; gerarchia e fedeli; primato ed episcopato; vescovi
e preti; consacrazione e missione; testimonianza e servizio; fede e impegno
storico; persona e comunit; autorit e ubbidienza; libert e ordine; carisma
e istituzione; Chiesa cattolica e Chiese cristiane; religione cristiana e religioni
non cristiane; Chiesa e mondo.
Su questi e su altri argomenti lassise ecumenica ha raggiunto degli innegabili traguardi rispetto a precedenti impostazioni. Ma tali traguardi sono,
a loro volta, punti di partenza per unulteriore riflessione. In questordine
di idee fondato il rilievo di un noto esperto del Concilio, Y. Congar: Noi
riconosciamo che il Vaticano II imperfetto in molti ambiti. Molti suoi punti
di vista sono, se non dei compromessi, almeno degli abbozzi e rimangono, in
qualche modo, a met strada.133
2.3.2. Natura e ambiti del rinnovamento ecclesiale
La rinnovata consapevolezza ecclesiale, finora descritta nei suoi lineamenti molto generali, guida il rinnovamento di altri aspetti del popolo di Dio
che sono strettamente connessi con la sua condizione storica. Nel segnalarli
e descriverli il Concilio usa un linguaggio assai vario, gi impiegato da papa
Giovanni e da Paolo VI, dimostrando una certa preferenza per il termine
rinnovamento.134
Secondo il Vaticano II, ogni rinnovamento della Chiesa consiste essenCf AG 6b.
Cf LG 48b.
132
Cf LG 9c; AG 9; GS 39 45.
133
CONGAR Y., Implicanze cristologiche e pneumatologiche dellecclesiologia del Vaticano II,
in ALBERIGO G. (ed.), Lecclesiologia del Vaticano II 109.
134
Vengono usati i termini: accomodatio, aptatio, augere, conversio, evolutio-evolvere, incrementum, instaurare-instauratio, iuvenescere, progressio-progressus, purificare-purificatio,
recognoscere-recognitio, reformare-reformatio, renovare-renovatio. Si veda OCHOA X., Index
verborum cum documentis Concilii Vaticani II (Romae 1967); Indices verborum et locutionum
decretorum Concilii Vaticani II (Bologna 1968-1983).
130
131

114

Parte II: Il magistero pastorale del Concilio Vaticano II

zialmente nellaccresciuta fedelt alla sua vocazione,135 che quella di essere


segno e strumento dellintima unione con Dio e dellunit di tutto il genere
umano.136
La cornice in cui tale rinnovamento compreso quella della storia della
salvezza. In effetti, per il Concilio, ogni autentico rinnovamento ecclesiale va
ricondotto, come a sua sorgente, alla presenza vittoriosa dello Spirito di Cristo nella storia dellumanit e specialmente del popolo di Dio.137
Lobiettivo e la misura di tale rinnovamento sono la pienezza di Cristo,
cio la ricapitolazione dellintera storia umana in Cristo Salvatore ad opera
del suo Spirito e con la collaborazione della Chiesa.138
Lambito del rinnovamento cos definito e situato assai vasto. Comprende, in pratica, lintera vita e azione della Chiesa. I documenti conciliari ascrivono una priorit al rinnovamento religioso, morale e ascetico, individuale e
comunitario. Lo considerano nella sua valenza negativa di purificazione dei
cuori, di penitenza e di conversione degli animi: la Chiesa che comprende nel suo seno i peccatori, santa insieme e sempre bisognosa di purificazione, incessantemente si applica alla penitenza e al rinnovamento.139 Lo
considerano inoltre nella sua valenza positiva di progresso nella via della
fede viva, la quale accende la speranza e opera per mezzo della carit,140 e di
tensione costante verso il raggiungimento di una condotta morale conforme
al Vangelo.141
Laccresciuta fedelt della Chiesa alla sua vocazione comporta un rinnovamento operativo, cio un rinnovamento di tutte le sue attivit e del suo
servizio alla persona umana: liturgia,142 evangelizzazione, testimonianza, catechesi, animazione cristiana delle realt temporali,143 educazione,144 relazioni
di dialogo e collaborazione con i cristiani di altre confessioni,145 i seguaci di
altre religioni,146 i non credenti e, in generale, gli uomini e le donne del nostro
tempo.147
A livello dottrinale, comporta la collocazione delle verit della dottrina
cristiana in un ordine o gerarchia rispondente al diverso loro nesso col
Cf UR 6a.
LG 1 9c 48b; GS 3b.
137
Cf LG 4 7f 9c 12; GS 21c.
138
Cf LG 3 4 7 13c 17 40; UR 22 24a; DV 8; SC 2; AG 1b 9 36; GS 38 45.
139
LG 8c 9c 15; UR 7 8a; GS 21e 43.
140
LG 41a; AG 37.
141
Cf LG 39-41; UR 4f 7c 8a; AA 4; PC 2c; AG 35a; GS 21e.
142
Cf SC 1 3 21-40.
143
Cf LG 10-13 34-36; AA 3-8; OT 4 8-12 14-16 19-20; PO 3 4-10; AG 6 10-22; GS 40-43.
144
Cf GE e DH 8 14.
145
Cf LG 15 e UR.
146
Cf LG 16; NAE e AG.
147
Cf LG 16; AG 2-5 e GS.
135
136

Capitolo III: Carattere pastorale, prospettiva e scelte...

115

fondamento della fede cristiana,148 e inoltre la formulazione del messaggio


evangelico nelle espressioni culturali dei differenti ambienti socio-culturali
attuali.149
A livello istituzionale, il rinnovamento ecclesiale implica la revisione di usi
e costumi, di leggi e istituzioni, in breve, delle strutture umane e mutevoli del
la Chiesa,150 e lassunzione di forme adatte alle esigenze dei tempi: la Chiesa,
avendo una struttura sociale visibile che appunto segno della sua unit in
Cristo, pu far tesoro, e lo fa, dello sviluppo della vita sociale umana, non
quasi le manchi qualcosa nella costituzione datale da Cristo, ma per conoscere questa pi profondamente, per meglio esprimerla e per adattarla con pieno
successo ai nostri tempi.151
In questordine di considerazioni occorre riconoscere che il Vaticano II,
da un lato, dimostra un forte senso di continuit col passato e un desiderio di
fedelt nei suoi confronti e, dallaltro, profondamente consapevole dei cam
biamenti intervenuti nellepoca contemporanea e della diversit delle attuali
condizioni di vita rispetto a epoche precedenti. Esso ravvisa, nellattuale realt umana, fenomeni di evoluzione, di sviluppo e di progresso.152 Ed portato
a rilevare, nellattuale storia della Chiesa, fenomeni simili e a utilizzare model
li di evoluzione, sviluppo e progresso per spiegare il rinnovamento di cui essa
sempre pi cosciente.153
Il rinnovamento religioso e morale, operativo e istituzionale della Chiesa
ritenuto dal Vaticano II non un impegno storico momentaneo, episodico,
da attuarsi unicamente in determinati periodi della storia, ma piuttosto come
un dovere permanente del popolo di Dio.154 Il decreto sullecumenismo con
tiene, al riguardo, una dichiarazione assai significativa perch la prima volta
che, dopo il concilio di Basilea, un documento conciliare parla chiaramente
di riforma della Chiesa e di riforma che deve continuare, essendo una responsabilit indeclinabile della comunit cristiana. Vale la spesa di riportarlo
testualmente. In certo senso sintetizza le componenti del rinnovamento ecclesiale sopra elencate: La Chiesa pellegrinante chiamata da Cristo a questa
continua riforma di cui essa stessa, in quanto istituzione umana e terrena, ha
sempre bisogno, in modo che se alcune cose, sia nei costumi che nella disciplina ecclesiastica e anche nel modo di esporre la dottrina il quale deve essere
diligentemente distinto dallo stesso deposito della fede sono state, secondo
UR 11b.
Cf UR 6a 9 11; AG 22; GS 44 58 11.
150
Cf UR 6a. I vari decreti sono dedicati in gran parte alla delimitazione del rinnovamento
in questo ambito.
151
GS 44e.
152
Cf SC 24; AG 21; GS 3a 6f 9b 10a 20a 23a 26c 35a 39b 53 57c 63b 64 65a 66a 72a 73c
84b 86 a) c).
153
Cf DV 8b; LG 41a 65; SC 23 24; UR 6b 24a; AG 6b; GS 44.
154
Cf LG 4a 7g 8c 9c; GS 21e 43e.
148
149

116

Parte II: Il magistero pastorale del Concilio Vaticano II

le circostanze di fatto e di tempo, osservate meno accuratamente, siano in


tempo opportuno rimesse nel giusto e debito ordine.155
I rilievi critici sullargomento avanzati dai commentatori, specialmente dai
canonisti, riguardano lindeterminatezza, fonte di ambiguit, di alcuni enunciati conciliari; una carente percezione delle profonde implicanze della riforma promossa; i limiti di fatto stabiliti per alcuni suoi aspetti e, pi in generale,
la mancata traduzione della rinnovata coscienza ecclesiale (lecclesiologia di
comunione e di servizio) in un progetto adeguato di riforma delle istituzioni.
Sono rilievi critici acuiti a volte dalla situazione conflittuale verificatasi nel
postconcilio in riferimento allattuazione delle disposizioni conciliari e alla
revisione del codice.156 Smussati dei loro accenti a volte polemici e spogliati
di alcune affermazioni parziali, per non dire unilaterali, essi rivelano dei dati
difficilmente contestabili.
2.3.3. Comprensione e articolazione del dialogo ecclesiale
La rinnovata consapevolezza della Chiesa di essere una comunione di
persone inviata al servizio dellumanit, perch questa diventi la famiglia di
Dio,157 e il connesso rinnovamento operativo si traducono, a livello di relazio
ni con i cristiani di altre confessioni, i seguaci di altre religioni e le persone
in generale del nostro tempo, in dialogo. questa la visuale fatta propria dai
testi conciliari dedicati espressamente allargomento: Unitatis redintegratio,
Nostra aetate, Dignitatis humanae, Gaudium et spes. In essi, infatti, il dialogo
compreso come espressione della missione universale della Chiesa, in quanto
rapportata allattuale situazione storica della cristianit e dellumanit, e rinnovata sulla base delle esigenze emergenti da tale situazione;158 e tutto questo
in piena fedelt allintervento dialogico di Dio nella storia della salvezza e al
comportamento pure dialogico di Cristo nellattuazione della sua missione tra
gli uomini.159
Passando da questa visuale generale alla considerazione della natura del
dialogo, occorre dire che, per il Concilio, esso un confronto di idee e di opi
nioni tendente non a convincere il proprio interlocutore (cosa che per altro
UR 6a.
Si vedano al riguardo, ad es., gli articoli di Basset, Walk, Alberigo e Tillard nei volumi
curati da Alberigo e citati nella bibliografia; inoltre il saggio di sintesi di Colaianni, pur esso
citato nella bibliografia.
157
Cf GS 40b 92c.
158
Cf UR 1 4; NAE 1 2c; DH 1 12; GS 1-3. Valga per tutti questo testo riassuntivo della GS:
La Chiesa, in forza della missione che ha di illuminare tutto il mondo con il messaggio evangelico e di radunare in un solo Spirito tutti gli uomini di qualunque nazione, stirpe e civilt,
diventa segno di quella fraternit che permette e rafforza un sincero dialogo (GS 92a).
159
Cf DV 2-4 8c 21a; DH 11; AG 11c.
155
156

Capitolo III: Carattere pastorale, prospettiva e scelte...

117

non esclusa), ma a stabilire una reciproca comprensione, in vista della ricerca della verit e di una collaborazione. Alla sua base vi sono alcune costatazioni: lesistenza di un pluralismo di idee, di concezioni teologiche (non cattolici)
e soprattutto di visioni del mondo e dellesistenza umana (religioni non cristiane e sistemi ateistici), che rivendicano una validit universale; il fatto che
tali concezioni non possono essere ricondotte a mancanza di intelligenza o a
depravazione morale; lesigenza che il loro confronto non venga condotto sul
la via della violenza, della minaccia o delle misure amministrative; la presenza
di finalit della storia e dellumanit che spingono insistentemente verso una
cooperazione tra gli uomini aventi differenti visioni del mondo e della vita.160
Per la Chiesa conciliare la problematica teologica di fondo sta nel fatto
che, tramite il dialogo, essa si vede confrontata con una relativit della sua
verit e deve evitare il rischio del relativismo dottrinale. Tale relativit con
nessa con la storicit del cristianesimo. Con ci non si nega la sua essenza im
mutabile, perch di origine divina. Si afferma soltanto che la conoscenza della
verit di fede perfezionabile e che pu progredire nel cammino della storia.
Il dialogo il luogo in cui la verit riconosciuta fino a quel momento viene
confrontata con laltro e, mediante tale confronto, pu venire meglio compresa, essere arricchita e venire espressa in forme culturali pi adeguate.161
1. Per quanto concerne larticolazione del dialogo, dovuta alla diversit degli interlocutori a cui diretto, c da notare che il Vaticano II non d particolare risalto al dialogo intraecclesiale. Anzi, le non molte volte in cui lo pone
a tema, lo fa generalmente in vista del dialogo extraecclesiale e precisamente o
per sottolineare la necessit che i membri del popolo di Dio (vescovi, sacerdoti, laici, religiosi, missionari, esperti) siano abilitati al dialogo ecumenico e
col mondo162 o per ricordare lincidenza che il dialogo allinterno del popolo
di Dio pu esercitare sul dialogo tra Chiesa e umanit.163
2. Il dialogo della Chiesa cattolica con le Chiese e comunit cristiane da essa
separate non inteso dal Concilio come una forma pi aggiornata, con cui si
vuole favorire il ritorno dei non cattolici allunico gregge di Cristo. fatto
consistere piuttosto in un colloquio sincero e aperto tra interlocutori, i quali
riconoscono i valori cristiani derivati dal comune patrimonio e rispettano le
rispettive convinzioni; animati dal medesimo spirito di verit, di amore e di
umilt esaminano la loro fedelt alla volont di Cristo circa la Chiesa; cercano insieme, con chiarezza e sincerit, punti di convergenza in vista della
ricomposizione delle differenti Chiese e comunit nellunica Chiesa voluta da
Cristo e, com dovere, intraprendono con vigore lopera di rinnovamento
Cf UR 1 4 9 11; NAE 1-4; DH 1; GS 19-21 92e.
Cf UR 4 6a 9; NAE 2c 4e; GS 43-44 21f.
162
Cf UR 4 6 9 10; CD 13b 28b; OT 19b; PO 19b; AA 12c 25b 29e 31a; PC 2 d); AG 16d
20g 34 41e; GS 43e 92a.
163
Cf GS 92b.
160
161

118

Parte II: Il magistero pastorale del Concilio Vaticano II

e di riforma.164 Loggetto del dialogo ecumenico , per la Chiesa cattolica,


linsieme della dottrina cristiana, che va esposta integralmente, senza cedere
a falso irenismo e prestando particolare attenzione alle questioni motivo di
divisione (ministeri, Eucaristia, sacramenti, applicazioni morali del Vangelo)
e alle attuali e pi urgenti necessit pastorali.165
3. Il dialogo onesto e comprensivo166 che la Chiesa conciliare intende
stabilire con le religioni non cristiane fondato sul riconoscimento dei valori
religiosi, morali e socio-culturali presenti in esse.167 accompagnato da un
atteggiamento critico nei confronti di aspetti negativi o comunque carenti in
esse riscontrabili.168 Non esclude limpegno missionario, anzi collegato con
unazione missionaria pluriforme e graduale.169 Si prefigge di favorire la mutua conoscenza e stima e la collaborazione nel difendere la giustizia, i valori
morali, la pace e la libert per tutti gli esseri umani.170 Ha come obiettivo
finale non la conquista, ma che i seguaci delle altre religioni raggiungano, in
Cristo e nella sua Chiesa, la pienezza di tutti i loro valori.171
4. Il dialogo della Chiesa con le persone del nostro tempo universale, non
esclude nessuno: n coloro che hanno il culto di alti valori umani, bench non
ne riconoscano ancora la sorgente, n coloro che si oppongono alla Chiesa e
la perseguitano in diverse maniere.172 motivato dalla comune vocazione
umana e divina: la fraternit di tutti nellunica famiglia dei figli di Dio, e dalla
missione propria del popolo di Dio.173 ispirato da solo amore della verit
e condotto con la opportuna prudenza.174 Verte sulla dottrina della Chiesa
attinente la dignit della persona umana, la comunit degli esseri umani e il
significato profondo dellattivit umana (cultura, economia, politica, pace).175
Ha per scopo la collaborazione, possibile e doverosa, indirizzata alla retta
costruzione di questo mondo nella pace.176
Non difficile costatare una sostanziale coincidenza delle dichiarazioni e
degli orientamenti conciliari sul dialogo con le indicazioni programmatiche
dellEcclesiam suam di Paolo VI. Si deve aggiungere che il magistero conciliare sullargomento, se da un lato apre ampie prospettive, dallaltro lascia
UR 4 9 11.
Cf UR 4b 6 9 11 12 14b 18 19d 22c 23c.
166
NAE 2a.
167
Cf NAE 2bc 3a 4e; LG 16.
168
Cf NAE 2cd 3a 4d 5c; LG 16.
169
Cf NAE 2b; AG 6 11b 12a 16d 20g 34 41a.
170
Cf NAE 2c 3b 4e.
171
Cf NAE 1b 2bc 4d; LG 17; GS 92d.
172
GS 92e.
173
Si vedano i riferimenti della nota 162.
174
GS 92e e inoltre 21g.
175
Cf GS 40a 92e.
176
Cf GS 21g 92e.
164
165

Capitolo III: Carattere pastorale, prospettiva e scelte...

119

irrisolti alcuni nodi, emersi nel postconcilio, ad esempio, lapprofondimento


delle ragioni che giustificano la necessit e non la semplice utilit e opportunit del dialogo; il rapporto tra la scelta del dialogo e limpegno missionario;
la chiarificazione del legame che intercorre tra il dialogo intraecclesiale e il
dialogo extraecclesiale.
3. DUE RILEVANTI ACQUISIZIONI TEOLOGICO-PRATICHE

Ai fini della presente ricognizione storica circa la figura di teologia pratica


successivamente proposta nel corso dei secoli, le autorevoli indicazioni del
Vaticano II finora esposte consentono di mettere in luce due rilevanti acquisizioni di massima.
Una prima acquisizione riguarda lambito di riflessione prospettato dal
magistero pastorale del Concilio. Non pi semplicemente quello proposto
dalla teologia pastorale classica (tanto cattolica che protestante) attinente la
figura, il ruolo e le funzioni del pastore danime in rapporto alla propria comunit, pur considerata nel contesto sociale. Esso si allarga ormai alla rete
di relazioni che la Chiesa chiamata ad avere con la religione, la cultura e la
societ. Di conseguenza, esso comprende la complessa e cangiante problematica connessa con tali tipi di rapporto da creare o rinnovare o potenziare e
animare secondo i casi. Come tale esso ricopre il campo di studio che stato
rivendicato dalla teologia pratica di matrice sia cattolica che protestante.
Una seconda acquisizione concerne lapproccio specifico proposto dal
magistero pastorale del Vaticano II a tale tematica generale. Si pu dire che
anchesso quello ritenuto come proprio da parte della teologia pratica prodotta in area tanto cattolica che protestante. In effetti e detto in termini telegrafici, tale approccio riguarda lidentit della Chiesa, vista nella sua attualit
e considerata come comunione e missione da costruire attraverso un triplice
e indivisibile procedimento: lattenzione illuminata dalla fede alla situazione
attualmente vigente; la rinnovata memoria dei valori evangelici del propria
passato; la profetica apertura a un futuro che le apre lo Spirito del Risorto. In
altre parole, lapproccio specifico del magistero pastorale lattuale pratica o
prassi ecclesiale, comunionale e innovativa, perch caratterizzata dalla comunione, dal dialogo e dallesigenza di un permanente rinnovamento.

Capitolo IV

TIPO DI RIFLESSIONE TEOLOGICO-PASTORALE


PRODOTTA DAL VATICANO II

Oltre che in rapporto allistanza dottrinale, alla tematica generale e alla


traiettoria in cui viene affrontata, il magistero pastorale del Vaticano II pu
essere colto prestando attenzione ai tipi di riflessione che di fatto sviluppa.
Con tipo di riflessione non sintende qui riferirsi allordine degli argomenti trattati nei vari documenti; e neppure alle deliberazioni conciliari di tipo
giuridico e disciplinare che, senza dubbio, rivestono un carattere pastorale in
quanto concernono persone, istituzioni e attivit ecclesiali. Sintende riferirsi
alle modalit, considerate da un punto di vista piuttosto formale, con cui il
Concilio riflette teologicamente sui vari temi oggetto del suo pronunciamento.
il magistero considerato nel suo esercizio concreto, ovvero, detto con la
classica formula scolastica, in actu exercito.
Tale riflessione teologica assai differenziata. Ci dovuto alla diversa
natura dei documenti dei quali, com noto, alcuni sono dindole dogmatica
o prevalentemente dottrinale, mentre altri hanno un andamento operativo
e disciplinare. dovuto inoltre alla diversit degli argomenti, ad esempio,
principalmente intraecclesiali o extraecclesiali, e al loro ambito pi o meno
ristretto. dovuto soprattutto al diverso modo di riferirsi rispettivamente alla
dottrina e ai principi, oppure alla situazione e alla storia, od ancora al progetto e alla strategia pastorali.
Qualche documento segnala espressamente il tipo di riflessione che si pre
figge di sviluppare. Il proemio della Dichiarazione sulla libert religiosa, ad
esempio, recita: Considerando diligentemente queste aspirazioni degli animi
[= rilevamento di una situazione] e proponendosi di dichiarare quanto siano
conformi alla verit e alla giustizia [= valutazione teologica di tale situazione], questo concilio Vaticano II esamina la sacra tradizione e la dottrina della
Chiesa, dalle quali trae nuovi elementi sempre in armonia con quelli antichi
[= rivisitazione della tradizione in vista di una visione rinnovata della situazione esaminata].1
DH 1a.

122

Parte II: Il magistero pastorale del Concilio Vaticano II

Ai fini della presente ricerca illuminante non tanto lanalisi particolareggiata di tutti i procedimenti cognitivi impiegati (cosa di per s utile), quanto
piuttosto la delimitazione dei tipi generali e prevalenti di riflessione teologica
usati, con particolare riferimento a quelli attinenti lanalisi valutativa della
situazione e la progettazione pastorale, intesa come elaborazione di obiettivi
e definizione di strategie dintervento.
bene far notare che uno stesso documento utilizza non uno, ma pi tipi
di riflessione teologica. Lesposto lo documenter ampiamente.
1. RIFLESSIONE DI TIPO DOGMATICO-PRATICO

Un primo tipo di riflessione potrebbe essere connotato come dogmaticopratico. Dogmatico, perch mira ad elaborare una dottrina o a enucleare dei
principi rivelati o connessi con la Rivelazione, universalmente validi. Pratico,
per lattenzione prestata alle problematiche e alle esigenze emergenti nelle
pratiche o prassi intra- ed extraecclesiali man mano affrontate, per lassun
zione vagliata dei risultati acquisiti del magistero e della ricerca teologica al
riguardo, e specialmente per il linguaggio usato nel formulare i dati dottrinali,
linguaggio variamente rispondente al contesto culturale contemporaneo.
A questo tipo di riflessione va ricondotto il discorso della Lumen gentium
e della Dei Verbum. Lasserto scontato, ma utile offrire al riguardo alcune
annotazioni illustrative.
La Dei Verbum intende proporre la genuina dottrina sulla divina Rivelazione e la sua trasmissione.2 Questo giustifica la sua qualifica di costituzione dogmatica. Ci non toglie che essa rivesta unindiscutibile dimensione
pratica dovuta a queste sue caratteristiche. Essa fa riferimento alla problematica dellepoca attinente la concezione della Rivelazione, della tradizione,
della Parola di Dio fissata nella Bibbia, dellispirazione e interpretazione della
Scrittura e del suo posto nella vita della Chiesa. Sispira al movimento biblico
e al movimento ecumenico, che hanno preceduto e preparato il Concilio e,
in parte non indifferente, agli apporti della teologia della parola e della storia
della salvezza prodotte in campo protestante oltre che cattolico. Esprime una
rinnovata comprensione dei temi indicati, riferendosi specialmente al contesto culturale personalistico, esistenziale e storico degli anni 1960. In effetti,
utilizza un linguaggio che riguarda:
la persona umana cos come viene descritta, nelle sue varie dimensioni,
dalle recenti filosofie personaliste di matrice cristiana; quindi, in termini di
rapporti io-tu-noi, di appello e di risposta, di dialogo interpersonale, di comunione...;
lesistenza umana conglobante lintera esperienza vissuta e, pi particoDV 1.

Capitolo IV: Tipo di riflessione teologico-pastorale...

123

larmente, le sue attese e aspirazioni, i suoi pericoli e drammi, le forme culturali che man mano assume, le sue mete temporali e il suo destino eterno...;
la storia umana, intesa non semplicemente come succedersi di accadimenti, ma come evolversi di eventi frutto di scelte umane e di libero intervento divino; intesa, quindi, come storia della salvezza e, insieme, come storia del
mistero diniquit.3
La Lumen gentium intende proporre un insegnamento circa la natura e la missione universale della Chiesa. un compito dottrinale proprio di
una costituzione dogmatica. La dimensione pratica di tale insegnamento
collegabile a questi dati maggiori. Tale compito giudicato particolarmente
urgente, attese le condizioni del nostro tempo, caratterizzate da vari tipi
di vincoli sociali, tecnici e culturali che oggi uniscono pi strettamente gli
esseri umani.4 Nellassolverlo la costituzione recepisce le istanze di numerosi
movimenti di pensiero e di vita sviluppatisi nellultimo periodo allinterno
del popolo di Dio (movimento biblico, patristico, liturgico, ecumenico, movimenti di apostolato dei laici...). sensibile alle sfide mosse da forze esterne
al cattolicesimo (il dramma dellateismo contemporaneo, i grandi movimenti
storici di matrice marxista). Accoglie le acquisizioni del magistero pontificio
e della ricerca teologica specialmente del periodo del secondo dopoguerra.
Sviluppa unecclesiologia non solo essenziale, cio concernente lessenza del
la Chiesa, ma insieme esistenziale e storica, cio riguardante lesistenza e il
cammino storico del popolo di Dio e, in esso, dei suoi membri. In effetti,
i vari lineamenti della rinnovata coscienza ecclesiale precedentemente elencati5 vengono presentati tutti, quali pi e quali meno, facendo riferimento
alla condizione storica, passata e soprattutto presente, della Chiesa. Privilegia
un linguaggio biblico, patristico, personalistico ed esistenziale (senza peraltro
rifuggire dal ricorso a termini teologici tecnici), perch ritenuto pi rispondente allattuale contesto culturale dei suoi destinatari che sono i suoi fedeli
e il mondo intero.6

3
Tutto questo emerge molto chiaramente dallintero dettato della costituzione ed stato
ampiamente documentato dai commentatori.
4
Cf LG 1.
5
Si veda il n. 2.1 del cap. III.
6
LG 1. Per una documentazione dettagliata in merito, rimando al mio commento ai primi
tre capitoli in FAVALE A. (ed.), La costituzione dogmatica sulla Chiesa 271-757. Rilievi simili a
quelli fatti per le costituzioni sulla Rivelazione e sulla Chiesa si possono fare per la riflessione
dogmatico-pratica prodotta da: SC circa la natura della liturgia, il mistero eucaristico e la natura dei sacramenti (cf SC 6-10 47 59-61); UR circa i principi cattolici sullecumenismo (cf UR
2-4); AA circa la vocazione dei laici allapostolato e i fini di tale apostolato (cf AA 2-8); PO a
proposito della natura del presbiterato (cf PO 2-3); AG circa la natura dellattivit missionaria
(cf AG 2-9); DH in tema di diritto della persona e delle comunit alla libert sociale e civile in
materia religiosa (cf DH 9-14).

124

Parte II: Il magistero pastorale del Concilio Vaticano II

2. RIFLESSIONE TEOLOGICO-PRATICA DI TIPO APPLICATIVO

In non pochi testi, il Concilio produce una riflessione teologico-pratica di


tipo applicativo, ispirata sicuramente dalla manualistica e dai tentativi innovativi di teologia pastorale e di teologia pratica precedenti il Concilio stesso
e recensiti nella prima parte del presente volume. In sintesi, tale riflessione
consiste nellelaborare o delimitare o semplicemente richiamare un quadro
dottrinale o dei principi, ricavati dalla dottrina della Chiesa e dallesperienza
secolare e attuale, e nellapplicarli a problematiche riguardanti i membri del
popolo di Dio, i loro rapporti, le funzioni, azioni e istituzioni ecclesiali, e i referenti della missione della Chiesa. Oppure, in una sua variazione, tale riflessione consiste nel collocare orientamenti operativi, disposizioni disciplinari,
norme canoniche in una cornice dottrinale che li motiva e giustifica.
Questo tipo di procedimento largamente seguito, ad esempio, dalla costituzione sulla liturgia e dai decreti dedicati al ministero episcopale, al ministero e alla vita dei presbiteri, alle Chiese orientali cattoliche, agli strumenti
della comunicazione sociale.
Nella progressiva trattazione dei vari argomenti, la Sacrosanctum Concilium definisce innanzitutto dei principi sia generali concernenti lincremento
e il rinnovamento della liturgia, sia particolari riguardanti il mistero eucaristico, i singoli sacramenti e sacramentali, lufficio divino, lanno liturgico e, in
connessione con essi, stabilisce delle norme pratiche, deducendole da essi o
motivandole con essi.7
Il decreto Christus Dominus situa in una cornice dottrinale, oppure ricava
da enunciati dottrinali gli orientamenti operativi, le disposizioni pratiche e
le norme attinenti lufficio pastorale dei vescovi sia in rapporto alla Chiesa
universale, sia nellambito delle loro Chiese particolari, sia a proposito del
la cooperazione dei vescovi per il bene di pi diocesi.8 Un identico procedimento segue il Presbyterorum ordinis per quanto concerne i ministeri
dei presbiteri, i loro rapporti con altri e la loro vita apostolico-spirituale.9
Come pure lOrientalium ecclesiarum per quanto riguarda i riti, il patrimonio
spirituale, le istituzioni ecclesiali, la disciplina sacramentale e il culto divino
7
Cf SC 3a e 5-13 dedicati ai principi generali e 14-20 21-40 dedicati alla loro applicazione
e alle relative norme; 47 contenente la dottrina sul mistero eucaristico e 48-58 contenenti le
relative indicazioni operative e disciplinari; 59-61 dedicati alla natura dei sacramenti e 62-82
riservati alle collegate disposizioni pratiche; 83-85 attinenti la natura dellufficio divino e 86101 concernenti le norme innovative in merito; 102-105 consacrati al senso dellanno liturgico
e 106-111 riservati alle indicazioni di riforma in merito.
8
Cf CD 4-10 sui vescovi nella Chiesa universale; 11 contenente la descrizione dei lineamenti teologici della diocesi e le relative conseguenze per lufficio episcopale; 12-21 dedicati alla
concezione teologica dei vari uffici episcopali e alle disposizioni che ne vengono ricavate; 35
illustrativo dei principi generali che presiedono lapostolato dei religiosi...
9
Cf PO 4-9 12-14.

Capitolo IV: Tipo di riflessione teologico-pastorale...

125

presso le Chiese orientali cattoliche.10 Lo stesso si deve dire del decreto Inter
mirifica, il quale, riferendosi a problemi morali e pastorali attuali, formula dei
principi dottrinali che ispirano orientamenti operativi e disposizioni disciplinari.11 Esempi di riflessione teologico-pratica di tipo applicativo si possono
facilmente riscontrare in numerosi altri documenti conciliari.12
3. RIFLESSIONE TEOLOGICA DEDUTTIVA E INSIEME INDUTTIVA

Un altro tipo di riflessione teologica conciliare deduttivo e insieme induttivo. Nel suo modo di procedere prevede, in sostanza, questi movimenti
variamente concertati tra loro con laccentuazione ora delluno ora dellaltro,
e facenti parte di un unico processo cognitivo:
la delimitazione o il richiamo di principi o criteri attinenti una questione
o una situazione, ricavati, secondo i casi, dalla dottrina della Chiesa, dalla storia passata, dallattuale condizione storica intraecclesiale e/o extraecclesiale,
dalla natura della realt in esame o dalla sua finalit;13
lattenzione a una determinata situazione variamente rilevata e interpretata, come tosto si dir;
lindicazione di orientamenti operativi o la statuizione di norme pratiche.
Questimpostazione preminente e, per vari aspetti, caratteristica della
costituzione pastorale Gaudium et spes. Di fatto, essa propone non una cosiddetta teologia delle realt temporali, ma piuttosto una visione della realt
contemporanea alla luce sia della teologia speculativa che interpreta tale realt, sia della teologia pratica che offre indicazioni o norme per la presenza cristiana in tale situazione. Propone, quindi, una dottrina valida non in astratto,
ma per le concrete circostanze del mondo contemporaneo e trascendente allo
10
Cf OE per intero e in particolare 26s dove la riflessione teologico-pratica di tipo applicativo chiaramente tematizzata.
11
Cf IM 2b 3-12.
12
Cf LG 51 e 67 a proposito del culto dei Santi e della devozione mariana; PC 5-6 e 8bc in
tema di elementi comuni a tutte le forme di vita consacrata, e di istituti votati allapostolato; AA
10-14 e 16-19 a proposito dei campi e delle varie forme di apostolato laicale; AG 11-12 28 3536 a riguardo dellattivit missionaria, della sua organizzazione e della cooperazione; GE 1-3 e
6 circa il diritto universale alleducazione, il concetto di educazione in generale e di educazione
cristiana in particolare e i suoi responsabili; DH 2-8 a proposito dei principi generali attinenti
il diritto della persona e delle comunit alla libert sociale e civile in materia religiosa; GS ad
es. 12 23b 33b in tema di dignit della persona umana, di comunit degli uomini e di attivit
umana nelluniverso.
13
Luso conciliare dei termini principia e criteria piuttosto indeterminato: a volte i due
termini sono usati come equivalenti (cf ad es. CD 23 35 44a; AG 29c 32c; GS 51 57 67); pi
spesso il vocabolo principia collegato con la dottrina (cf ad es. UR 2 titolo 8d 24a; PC 2; OE
27-28; DH 9; AG 2a; GS 33b 40d), mentre il vocabolo criteria rapportato a realt di ordine
pratico (cf ad es. CD 23 e PC 3).

126

Parte II: Il magistero pastorale del Concilio Vaticano II

stesso tempo il particolare momento storico degli anni del Concilio.14 Nel
fare questo, a volte parte da principi che applica alle questioni in esame; pi
sovente prende lavvio dagli interrogativi emergenti dalla condizione umana
contemporanea cui offre una risposta in base alla Rivelazione, ravvisando nel
riferimento finale a Cristo il punto focale e il vertice della loro soluzione.
Questo modo di procedere facilmente rilevabile nei primi tre capitoli della
prima parte della costituzione.
E per quanto riguarda, pi particolarmente, la missione della Chiesa nel
mondo contemporaneo, essa offre unecclesiologia esistenziale e storica integrativa della Lumen gentium15 e, insieme, compie unanalisi interpretativa dei
problemi presenti nellumanit contemporanea e dei connessi appelli e compiti storici per la Chiesa conciliare.16 Alcune correnti di teologia pastorale e
di teologia pratica del postconcilio ritengono che tale analisi interpretativa
della situazione, diretta a orientare lazione ecclesiale, costituisce loggetto
proprio e il metodo specifico di questo tipo di sapere teologico.
Ad ogni modo, va qui rilevato il compromesso, precedentemente segna
lato,17 della Gaudium et spes tra unecclesiologia esistenziale e storica da un
lato e, dallaltro, una teologia pratica concepita a volte in termini applicativi
e a volte come interpretazione della realt storica attuale, orientativa della
presenza in essa della Chiesa, e attuata concretamente con il metodo vedere,
giudicare, agire.18
4. RIFLESSIONE TEOLOGICA SULLA SITUAZIONE

Il modo di riferirsi e di riflettere sulla situazione da parte del Vaticano II


merita di essere ulteriormente precisato, pur rimanendo sulle generali, attesa
limportanza che ci ha assunto nella teologia pratica del postconcilio.
Come si gi potuto costatare, lintera problematica attinente la realt
intraecclesiale (persone, attivit, istituzioni, forme di vita, compiti, diritti e
14
Questa scelta, fatta nella riunione di Zurigo e condivisa dal Concilio, attraversa lintera
costituzione (cf Acta Synodalia III/V 145; IV/I 551 557).
15
Questo specialmente nel cap. IV della prima parte della costituzione.
16
Questo specialmente nellintroduzione generale e in GS 21 52 60-61 76 88-93.
17
Si veda il n. 1.3. al termine del cap. III.
18
Un procedimento deduttivo e insieme induttivo seguito anche dai seguenti documenti
conciliari nella trattazione di singole tematiche: CD 12-16 22-24 25-35 in tema di esercizio degli
uffici episcopali, di delimitazione dei confini delle diocesi, e di cooperatori del vescovo diocesano; AA 9-14 16-18 23-25 28-31 a proposito dei campi, delle forme di apostolato, dellordine
da osservare e della formazione; OT proemio 2 4 8-11 19s in tema di formazione spirituale,
intellettuale e pastorale dei candidati al sacerdozio; PO 12-14 circa la vita dei presbiteri; PC 2
12-15 a proposito dei principi del rinnovamento della vita consacrata e degli aspetti comuni;
UR 5-12 a proposito dellesercizio dellecumenismo; AG 6-9 13-14 15-22 23-27 36-41 in tema,
rispettivamente, di storicit dellattivit missionaria, di evangelizzazione e formazione della
comunit cristiana, di formazione dei missionari e di cooperazione.

Capitolo IV: Tipo di riflessione teologico-pastorale...

127

doveri, usi, costumi, leggi, mezzi, sussidi...) ed extraecclesiale (non cattolici, non cristiani, non credenti, persona umana, comunit, lavoro, famiglia,
economia, politica, cultura, pace...) affrontata dal Concilio non in astratto,
ma in costante riferimento alla situazione o condizione della Chiesa e del
lumanit degli anni 1960.
Nel rilevarla, lassise ecumenica si avvale dinformazioni attinte generalmente allosservazione pre-scientifica19 e, in alcuni casi come quello della
Gaudium et spes, alle scienze a ci interessate: psicologia, sociologia, antropologia, storia, scienze economiche e politiche.
Il suo modo di riferirsi alla situazione varia secondo lindole e le finalit
dei documenti. I testi dottrinali prestano attenzione alla situazione contemporanea al fine di elaborare una dottrina o principi dottrinali aggiornati. Cos,
ad esempio, la Lumen gentium ha presente lattuale tipologia dei cattolici in
ordine alla loro appartenenza alla Chiesa;20 la situazione dei cristiani non
cattolici, dei non cristiani e dei non credenti in vista della definizione dei loro
rapporti col popolo di Dio;21 le condizioni particolari di alcune Chiese locali
(piccole, povere, che vivono nella diaspora...) in ordine alla loro qualifica di
Chiese di Cristo;22 la condizione attuale dei fedeli laici, uomini e donne, in
vista della delimitazione del loro status e ruolo nella Chiesa;23 la situazione
esistenziale dei distinti membri del popolo di Dio in ordine alla loro forma
specifica di tendere alla perfezione della carit.24
Il modo generale con cui la Gaudium et spes rileva la situazione contemporanea stato appena indicato e si avr modo di ritornarvi sopra in tema di
segni dei tempi. I testi di prevalente intonazione operativa o disciplinare
fanno riferimento alla situazione della Chiesa e dellumanit per formulare
giudizi su di essa, per determinare principi o criteri e per stabilire disposizioni
e norme atte a orientare il rinnovamento ecclesiale e il dialogo della Chiesa col
mondo contemporaneo.25
La complessit delle situazioni esaminate fa s che i giudizi formulati e i criteri utilizzati siano anchessi differenziati e variegati. Prescindendo da quelli
di tipo canonico e disciplinare, qui di seguito si offre un elenco esemplificativo di quelli ricavati dalla storia, dallesperienza vissuta e dalla teologia.
Cf ad es. IM 1; LG 23 26a 27c 28e 30 41; OE 1; UR 1a 6b 13 19; CD 18 22 32 39; PC 9a
10a 11a 19-21; GE premessa 4-5 7 8-12; OT proemio 1; NAE 1a 4g 5c; AA 1b 7e 9 12-14 16-17
19b 20; DH 1a 15bd; AG 1b 6b 10 14 29-34; PO 20-21.
20
Cf LG 14.
21
Cf LG 15-16.
22
Cf LG 26a e anche 27c 28e.
23
Cf LG 30 33d 34b 36-37.
24
Cf LG 41.
25
Per quanto concerne la delimitazione di principi o criteri si veda, ad es., SC 5-13 21 4758 62 88 107; IM 2b; OE 2 26; UR 2-4 5-12 24a; CD 20-23 32 35; PC 2s 7 8b 12-15 19-21; GE
premessa 1s 6; OT proemio; NAE 5; AA 1d 2-8 10-11 18-19 29; DH 1c 9-10; AG 1a 2-9 11-14
19-22 35; PO 2-3 4-9 12-14.
19

128

Parte II: Il magistero pastorale del Concilio Vaticano II

4.1. Rilevamenti valutativi della situazione intraecclesiale

Per quanto riguarda la situazione intraecclesiale i testi prendono in considerazione:


un prezioso patrimonio (liturgico, spirituale, istituzionale, disciplinare...)
del passato da conservare o incrementare o rinnovare, oppure da recuperare
se disatteso;26
leggi collaudate dallesperienza dei secoli e da riaffermare;27
aspetti della vita ecclesiale (riti, associazioni, opere, metodi pastorali...)
obsoleti o superati o senza futuro, da non promuovere o da abbandonare;28
elementi della realt ecclesiale immutabili e da mantenere perch di
origine divina, oppure mutevoli e da modificare perch meno conformi alla
natura della realt ecclesiale in questione, o meno opportuni in rapporto a
persone, tempi e luoghi;29
tradizioni, riti, osservanze religiose, forme di apostolato, organismi da
rivedere o aggiornare al fine di renderli pi rispondenti alle condizioni ed
esigenze delle persone, delle differenti culture e dellazione pastorale;30
istituzioni e iniziative che si sono rivelate utili allattivit ecclesiale e che
vanno, quindi, favorite e incrementate;31
esperienze nuove che danno prova di pi fecondo apostolato o che si
dimostrano pi rispondenti alle mutate condizioni dei tempi e che, di conseguenza, vanno promosse e istituzionalizzate;32
attivit, sforzi, movimenti sorti e sviluppatisi di recente, attribuibili al
limpulso dello Spirito Santo;33
26
Cf ad es. OE per intero e specialmente 1 6 12 13 circa le tradizioni e istituzioni del
loriente cristiano; SC 4 per i riti da incrementare; CD 36 per la riattivazione della prassi dei
sinodi e concili particolari; PC 9a per il rinnovamento delle antiche benefiche tradizioni.
27
Cf ad es. OT 1 in fatto di formazione dei candidati al sacerdozio.
28
Cf ad es. SC 62 per i riti sacramentali; PC 20 per opere non conformi allo spirito del
listituto; AA 19d per associazioni e metodi pastorali che non hanno futuro.
29
Cf ad es. SC 21a per la riforma in generale della liturgia.
30
Cf ad es. SC 4 37-40 62 79 81 88 107 per la liturgia; CD 9 17 22-23 a proposito, rispettivamente, della ristrutturazione della curia romana, delladattamento delle varie forme di apostolato, della revisione dei confini delle diocesi; PC 8c e 9 in tema, rispettivamente, di revisione
delle osservanze religiose e di adattamento delle antiche tradizioni.
31
Cf ad es. AA 20 per le varie associazioni che vanno sotto il nome di Azione cattolica; PC
8-10 e 20 per le varie forme di vita consacrata e per le loro opere; OT 7 per i seminari interdiocesani; GE 8-11 per le scuole cattoliche, le facolt e universit cattoliche ed ecclesiastiche; AG
27d per gli istituti che lavorano nelle missioni.
32
Cf ad es. CD 37 e 40 rispettivamente per listituzione delle conferenze episcopali e la
creazione di circoscrizioni ecclesiastiche regionali; OT 1 per elementi nuovi attinenti la formazione sacerdotale; PC 23 per la creazione delle conferenze dei Superiori maggiori.
33
Cf ad es. AA 1a circa la nuova consapevolezza dei laici sulle proprie responsabilit apostoliche; AG 29c 40a rispettivamente, a proposito dello spirito e delle iniziative missionarie e
dello sviluppo di istituti secolari.

Capitolo IV: Tipo di riflessione teologico-pastorale...

129

molteplici necessit o urgenze pastorali emergenti in vari settori del


lagire della Chiesa a cui fare fronte;34
nuove possibilit offerte dallattuale contesto culturale, sociale, economico e politico in ordine alla missione della Chiesa, da sapere sfruttare
adeguatamente;35
particolari condizioni (ad esempio, emigrazione, diaspora, persecuzione...) di comunit ecclesiali, di gruppi di fedeli o di singoli membri della Chiesa, che meritano particolare attenzione e fattivo sostegno;36
fenomeni contemporanei che fanno problema per la Chiesa ed esigono
da essa che li affronti e offra una soluzione; oppure costituiscono per essa e
per i suoi membri un pericolo da prevenire e da evitare.37
Lelenco potrebbe essere allungato. La diversit dei criteri impiegati pa
lese. In effetti, sinvoca, secondo i casi: la validit e attualit o meno del pa
trimonio passato; la mutabilit o immutabilit, le limitazioni e le carenze di
determinati aspetti ecclesiali; la loro corrispondenza o meno a esigenze di
persone, tempi e luoghi; la loro utilit o opportunit ai fini dellapostolato;
il loro carattere di necessit o urgenza; la presenza di realt ecclesiali nuove
dovute allimpulso dello Spirito Santo; le possibilit, le questioni e i pericoli
emergenti. Sono, come facile costatare, criteri dindole storica, esperienziale
e, almeno alcuni, teologica perch tratti dalla Rivelazione.
4.2. Valutazione teologica della situazione delle Chiese e comunit
non cattoliche

Per quanto concerne la situazione contemporanea delle Chiese e comunit


non cattoliche e i rapporti della Chiesa cattolica con esse, lUnitatis redintegratio, tenuto conto della diversa condizione dei vari gruppi di cristiani,38
esprime queste valutazioni formulate in base a una lettura di fede e, per questo, qualificabili come valutazioni teologiche.
Riconosce che fuori dei confini visibili della Chiesa cattolica vi sono non
34
Cf ad es. CD 42 in tema di cooperazione dei vescovi; OT 2e in fatto di vocazioni ecclesiastiche; AA 1b 6d 7c 8d 18d 19c a proposito, rispettivamente, dellapostolato laicale in
generale, dellevangelizzazione, dellanimazione della realt temporale e dellazione caritativa,
dellapostolato associato nellambiente di lavoro e in campo nazionale e internazionale.
35
Cf ad es. IM 2a 13 a proposito degli strumenti della comunicazione sociale; GE premessa
in tema di educazione; AA 1b per lallargamento dei campi di apostolato dei laici.
36
Cf ad es. CD 7 e 18 a proposito dei vescovi perseguitati e dei profughi; AA 17 a proposito
di laici perseguitati o nella diaspora.
37
Cf ad es. IM 2a 9 13a a proposito degli strumenti della comunicazione sociale; AA 6d
7c circa i nuovi problemi e i gravi errori del nostro tempo che esigono una rinnovata presenza dei laici; GS 3a per lintera problematica contemporanea che la Chiesa conciliare intende
affrontare.
38
Cf UR 13-19.

130

Parte II: Il magistero pastorale del Concilio Vaticano II

solo dei cristiani non cattolici, ma Chiese e comunit cristiane,39 nelle quali
si possono trovare alcuni, anzi parecchi e segnalati elementi e beni, dal complesso dei quali la stessa Chiesa edificata e vivificata [...], come la Parola di
Dio scritta, la vita di grazia, la fede, la speranza e la carit, e altri doni interiori
dello Spirito Santo ed elementi visibili.40 Dichiara che lo Spirito di Cristo
non ricusa di servirsi di esse come di strumenti di salvezza,41 e che anchesse
sono atte ad aprire lingresso nella comunione della salute.42 Daltra parte,
asserisce che tale loro ecclesialit lacunosa e imperfetta. Crede infatti che
esse hanno delle carenze,43 che non godono dellunit voluta da Cristo44
e che mancano di altri beni propri della Chiesa di Cristo.45
Parlando dei rapporti della Chiesa cattolica con tali Chiese e comunit,
lassise ecumenica ritiene che quanti credono in Cristo e hanno ricevuto il
battesimo sono costituiti in una certa comunione imperfetta con la Chiesa
cattolica, la quale li riconosce giustamente quali fratelli nel Signore.46 Tut
ti gli elementi di santificazione e di verit presenti nelle Chiese e comunit
separate derivano il loro valore dalla grazia e dalla verit, che stata affidata
alla Chiesa cattolica.47 Daltra parte, quanto dalla grazia dello Spirito Santo
viene fatto nei fratelli separati, pu contribuire alla edificazione della Chiesa
cattolica.48 Nellesprimere questa convinzione di fede, asserisce chiaramente
che per le divergenze che in vari modi esistono tra loro e la Chiesa cattolica,
sia nel campo della dottrina e talora anche della disciplina, sia circa la struttura della Chiesa, impedimenti non pochi, e talora gravi, si oppongono alla
piena comunione ecclesiastica.49
Passando dal movimento che va dalle Chiese e comunit non cattoliche
alla Chiesa cattolica al movimento inverso da questa a quelle, ammette con
umilt e franchezza le responsabilit del cattolicesimo nella divisione dei cristiani.50 Non si nasconde che nei suoi membri [la Chiesa cattolica] esposta
al peccato,51 e che esiste sempre un divario tra il messaggio che essa reca e
lumana debolezza di coloro a cui affidato,52 per cui il suo volto non rifulge

Cf UR 3 4 e titolo del cap. III.


Cf UR 3b.
41
UR 3d.
42
UR 3c.
43
Cf UR 3d.
44
UR 3e.
45
Cf LG 15.
46
UR 3a.
47
UR 3d.
48
UR 4i.
49
UR 3a.
50
Cf UR 3a 7b.
51
UR 3e.
52
Cf UR 4efi; GS 43.
39
40

Capitolo IV: Tipo di riflessione teologico-pastorale...

131

davanti ai fratelli separati e al mondo intero.53 Sottolinea ancora che le divisioni tra i cristiani impediscono alla Chiesa cattolica di attuare ed esprimere
la pienezza della cattolicit intesa da Cristo e ritardano la crescita del Regno
di Dio.54
Giudizi di fede analoghi a quelli fin qui elencati sono formulati dal medesimo decreto, in maniera pi articolata, per le Chiese ortodosse e per le Chiese
e comunit protestanti. Non qui il caso di recensirli. Per la conoscenza del
tipo di lettura condotta alla luce della fede della tematica in esame, quanto si
appena esposto pi che sufficiente.
C da notare che i criteri impiegati in tale analisi interpretativa sono ricavati dal messaggio biblico ed ecclesiale attinente la volont di Cristo circa
lunit, lapostolicit, la cattolicit e la santit della sua Chiesa.
4.3. Giudizi di fede sulla situazione dei non cristiani e dei non credenti

Anche a proposito di questaltra condizione socio-religiosa contemporanea il Concilio esprime dei giudizi di fede.
1.In effetti, alla luce della Parola di Dio, riconosce lesperienza religiosa
e cio la ricerca di Dio, la fede nellAssoluto e lincontro nascosto di grazia
con il divino che, in forme e misure differenti, alla base delle religioni non
cristiane.55 Guarda con stima ai valori morali e religiosi operanti nella religio
ne musulmana.56 Ritiene che molto grande il patrimonio spirituale comune
a cristiani e a ebrei.57 Dichiara che tutti costoro, che non conoscono ancora
il Vangelo, in vari modi sono ordinati al popolo di Dio.58
Non sottovaluta, daltra parte, le differenze e divergenze, pi o meno profonde, esistenti tra ci che la Chiesa crede e annuncia e la realt religiosa e
morale di queste religioni;59 n copre di silenzio i dissensi e le inimicizie sorte
in passato soprattutto tra cristiani, musulmani ed ebrei, anche se invita a dimenticarle.60 Esecra, come contrario alla volont di Cristo, qualsiasi discriminazione perpetrata per motivi di razza e di colore, di condizione sociale o
di religione.61 Denuncia con amarezza questi fatti deplorevoli, e cio che
non mancano regimi nei quali, anche se nelle loro costituzioni la libert di
culto religioso riconosciuta, i poteri pubblici stessi tuttavia si sforzano di
UR 4f.
Cf UR 4f-l.
55
Cf NAE 2bc.
56
Cf NAE 3a.
57
NAE 4e.
58
LG 16.
59
Cf NAE 2cd 3a 4d.
60
Cf NAE 3b 4g.
61
NAE 5c.
53
54

132

Parte II: Il magistero pastorale del Concilio Vaticano II

allontanare i cittadini dal professare la religione e di rendere assai difficile e


insicura la vita delle comunit religiose.62
2.A proposito del fenomeno complesso dellateismo contemporaneo, la
Chiesa conciliare profondamente convinta dellopposizione radicale esistente tra fede cristiana e negazione di Dio. Fedele ai suoi doveri verso Dio
e verso gli uomini, [essa] non pu fare a meno di riprovare con fermezza e
con dolore [tali] dottrine perniciose che contrastano con la ragione e con
lesperienza comune degli uomini e che degradano luomo dalla sua innata
grandezza.63
Daltra parte, pur respingendo in maniera assoluta lateismo, tuttavia,
riconosce che tutti, credenti e non credenti, debbono contribuire alla retta
edificazione di questo mondo, entro il quale si trovano a vivere insieme: il
che non pu avvenire certamente senza un sincero e prudente dialogo. Essa
pertanto deplora la discriminazione tra credenti e non credenti che alcune
autorit civili ingiustamente introducono, non volendo riconoscere i diritti
fondamentali della persona umana.64 inoltre consapevole e la costituzione Gaudium et spes ne una prova che da tale dialogo con i non credenti
pu ricevere un valido aiuto sia in vista di una pi chiara comprensione del
suo mistero, sia al fine di una testimonianza pi credibile e un servizio pi
efficace alla persona umana.65 Anzi, confessa che molto giovamento le venuto e le pu venire perfino a motivo dellopposizione di quanti lavversano
e la perseguitano.66
Richiamandosi al Vangelo, crede che come in tutte le persone di buona
volont, bench non cristiane, cos anche in quanti si dichiarano non credenti,
ma sono in buona fede, opera in modo nascosto la grazia divina,67 e ritiene
che anchessi, in questo modo, sono ordinati al popolo di Dio.68
I criteri usati in questa lettura e interpretazione propriamente teologica
della situazione dei seguaci delle religioni non cristiane e degli aderenti al
le varie forme di ateismo sono costituiti essenzialmente da valori religiosi e
morali proposti dalla Rivelazione cristiana e variamente tematizzati nel corso
della storia della Chiesa.

DH 15bc.
GS 21a.
64
GS 21f.
65
Cf GS 21e.
66
GS 44c.
67
Cf GS 22e 38a; AG 7a 9b.
68
Cf LG 16.
62
63

Capitolo IV: Tipo di riflessione teologico-pastorale...

133

5. RIFLESSIONE CONCILIARE SUI SEGNI DEI TEMPI

I segni dei tempi sono un modo caratteristico e qualificante con cui il


Vaticano II interpreta, in una visuale teologica, determinati eventi contemporanei intraecclesiali ed extraecclesiali.
Introdotta agli inizi negli atti conciliari, sotto forma di citazione
evangelica,69 questa formula simpone con forza crescente nel fluire delle
problematiche conciliari,70 ed assunta come categoria fondamentale specialmente nella Gaudium et spes, dove viene tematizzata, bench in forma non
sistematica. Stando al dettato conciliare, i segni dei tempi sono fatti od eventi
che hanno un doppio senso congiunto: un senso corrente connotabile come
storico-sociologico e un senso propriamente teologico.
5.1. Il senso storico-sociologico

Secondo la spiegazione data dalla sottocommissione speciale incaricata di


elaborare e modificare lo schema 13 (divenuto poi costituzione Gaudium et
spes) e che introdusse per la prima volta tale espressione nei testi conciliari,
sono segni dei tempi quei fenomeni che per la loro generalizzazione e la loro
frequenza caratterizzano unepoca, ed attraverso i quali si esprimono i bisogni
e le aspirazioni dellumanit.71 I passi in cui ricorre la formula parlano di
avvenimenti rivelativi di interrogativi, aspirazioni, richieste, attese delle persone del nostro tempo.72
In altre parole, i segni dei tempi sono per cos dire le linee di forza di
unepoca, sono quegli eventi che manifestano gli orientamenti di fondo che
soggiacciono ai fatti contingenti e che mostrano, sia pure parzialmente, le
prospettive caratteristiche di unepoca, le sue sensibilit, i suoi punti di vista
preferiti, le sue aspirazioni e attese. Di conseguenza, cogliere i segni dei tempi
significa comprendere lo spirito di unepoca.73
Questo fa capire che non tutti i cambiamenti n tutti i fenomeni che si
verificano in un momento storico sono da considerarsi segni dei tempi. Sono
tali solo quegli avvenimenti o movimenti in cui si rivela la sensibilit propria
Lespressione ricorre nella Bolla dindizione del Concilio Humanae Salutis, in AAS 54
(1962) 6.
70
Alla diffusione della formula e delle istanze ad essa connesse ha contribuito senza dubbio
la sua presenza come categoria portante nellenciclica Pacem in terris, in AAS 55 (1963) 267269 278s 289-291 293-296. Essa poi fatta propria da Paolo VI nellEcclesiam suam.
71
CHENU M.-D., Les signes des temps, in VATICAN II, Lglise dans le monde II 208.
72
GS 4a 11a.
73
A proposito del movimento liturgico contemporaneo, qualificato come segno del nostro
tempo, la SC recita: esso imprime una nota caratteristica alla sua vita [della Chiesa], anzi a
tutto il modo di sentire e di agire religioso del nostro tempo (SC 43a).
69

134

Parte II: Il magistero pastorale del Concilio Vaticano II

del tempo, e il complesso dei valori verso cui unepoca orientata o aspira.
A questo proposito il Concilio annovera tra i segni del nostro tempo: lin
teresse per lincremento e il rinnovamento della liturgia, cio il movimento liturgico contemporaneo;74 i molti sforzi che si fanno in pi parti del
mondo con la preghiera, la parola e lopera per avvicinarsi a quella pienezza
dellunit che Ges Cristo vuole per la sua Chiesa e, quindi, le varie iniziative ecumeniche;75 i profondi e rapidi mutamenti che progressivamente si
estendono a tutta la terra, che vanno sotto il nome di accelerazione della
storia con i connessi vantaggi e squilibri;76 il crescente e irresistibile senso di
solidariet di tutti i popoli, denominato socializzazione;77 la presenza attiva
della persona umana nel mondo e nella storia con la collegata autonomia delle
realt terrestri e una loro bene intesa desacralizzazione e, cio, il fenomeno
della secolarizzazione;78 il fatto che oggi cresce la coscienza della esimia dignit che compete alla persona umana, superiore a tutte le cose, e i cui diritti
e doveri sono universali e inviolabili, fenomeno questo chiamato personalizzazione.79 Come si vede, sono eventi storici che rivelano un nuovo modo di
concepire e di realizzare lesistenza umana e cristiana.
5.2. Il senso teologico

Nei segni dei tempi, il senso storico-sociologico sottende un significato


propriamente teologico, accessibile solo tramite un giudizio di fede che fattibile unicamente da parte di credenti. Da questo punto di vista, si chiamano
segni dei tempi gli stessi avvenimenti umani segnalati, ma intesi come eventi
che manifestano e insieme occultano secondo che si sanno leggere o no
unaltra realt che li trascende, pur rimanendo vitalmente innervata in essi,
per il fatto che ne sono segno, cio degli indicatori.
Questaltra realt non si riduce allinsieme delle urgenze e aspirazioni di
unepoca ma, allinterno di esse, contiene e rivela una libera presenza operativa dello Spirito santo che, appunto in questo modo, guida il cammino del
lumanit verso la realizzazione del suo destino finale, sostenendone le aspirazioni se conformi alla dignit della persona umana, e invece contestandole
se contrarie ad essa.
Questo senso teologico dei segni dei tempi chiaramente indicato e ripetutamente sottolineato dai testi conciliari. Cos il movimento liturgico contemporaneo giustamente considerato [...] come un passaggio dello Spirito
SC 43a.
UR 4a.
76
GS 4.
77
AA 14c; GS 6.
78
Cf GS 4-7 33 36.
79
GS 26b 6e; DH 15ac.
74
75

Capitolo IV: Tipo di riflessione teologico-pastorale...

135

Santo nella sua Chiesa.80 Le varie iniziative che vanno sotto il nome di movi
mento ecumenico sono attribuite allimpulso della grazia dello Spirito San
to.81 Negli avvenimenti, nelle richieste e nelle aspirazioni [...] del nostro
tempo, occorre discernere i veri segni della presenza [...] di Dio.82
Siccome il concetto stato sovente equivocato da teologi e operatori pastorali, utile precisarlo un poco. I termini chiave da chiarire sono quelli di
storia e di presenza. I segni dei tempi emergono dalla storia intesa non come
miniera di fatti od esempi utili per illuminare una dottrina, ma come vita vissuta, come evento frutto di libere scelte umane, che diventa materia di riflessione teologica, perch suscita una nuova consapevolezza collettiva e stimola
una presa di posizione di fronte a una misteriosa presenza operativa di Dio
che si rivela appunto in tale vissuto. Come intendere tale presenza dinamica
del divino nella storia?
Lazione di Dio non va intesa come quella di un agente accanto ad altri,
quasi che Dio fosse una specie di super-agente della storia accanto agli esseri
umani, piccoli protagonisti delle scelte con cui strutturano lumanit nel corso dei secoli.
Lazione di Dio nei segni dei tempi non va ancora intesa come quella di
un agente che opera s nella storia, ma unicamente in settori particolari a lui
riservati: lazione di Dio investe lintera esistenza umana, nel rispetto delle
cause seconde, e nulla pu essere sottratto al suo influsso o alla sua presenza,
ancorch differenziata secondo i casi.
Tale azione di Dio non va ancora intesa come una sovrapposizione a quel
la della persona umana con questa specificit: essa punterebbe a una finalit
evangelica nel senso che lavvenimento diventerebbe un appello.
In tutti questi casi azione di Dio e azione storica del soggetto umano sono
considerate in una visuale dualista che la costituzione Gaudium et spes ha
tentato di superare.
La presenza di Dio significata dai segni dei tempi va intesa piuttosto in
questo modo: come incontro della libert divina e della libert umana nel
santuario della coscienza delle persone viventi in un particolare momento storico. Gli eventi e gli avvenimenti sono percepiti dalle coscienze degli individui
e delle comunit, ed in esse Dio incontra i singoli, ne illumina le scelte, ne
sostiene le decisioni, ne orienta gli impulsi nel senso di unaspirazione a delle
mete, di rifiuto di determinate situazioni, di ricerca e di adesione a determinati valori emergenti. In breve, si tratta di una presenza di Dio nelle coscienze e
nelle volont delle persone in quanto stanno alla radice dei fenomeni designati
come segni dei tempi. questo il significato inteso chiaramente dai testi della

SC 43a.
UR 4ab.
82
GS 11a.
80
81

136

Parte II: Il magistero pastorale del Concilio Vaticano II

Gaudium et spes.83 Esso si colloca sul versante antropologico, non su quello


cristologico ed escatologico, che quello presente nella Scrittura. Per questa
ragione il Concilio evita opportunamente di motivare con citazioni bibliche i
suoi asserti.
5.3. Criteri di discernimento e condizioni per attuarlo

In alcune indicazioni sintetiche che offre il Concilio e soprattutto analizzando il procedimento cognitivo da esso attuato nella redazione della Gaudium et spes possibile cogliere i criteri con cui discernere i segni dei tempi e
le condizioni richieste per assolvere con successo tale compito tuttaltro che
semplice e facile.
1. Oltre al riferimento generale e fondante costituito dal Vangelo,84 i criteri suggeriti e concretamente impiegati sono sostanzialmente tre:
il carattere provocatorio del segno, ossia la sua capacit di suscitare rea
zioni: ci collegabile allestensione, alla frequenza e alla drammaticit che
sovente caratterizzano un segno dei tempi;
la significativit del segno, cio la sua capacit di veicolare un messaggio
o di additare delle mete o di segnalare dei valori da raggiungere o disvalori da
combattere;
il messaggio o i valori indicati dal segno e concernenti una reale promozione umana, considerata nella pienezza dei suoi aspetti di creazione e reden
zione, e riempita di contenuti non astratti ma concreti ossia rispondenti alle
esigenze di un contesto determinato.85
2. Quanto alle condizioni richieste per attuare il discernimento dei segni
dei tempi, i testi conciliari sottolineano le seguenti:
innanzitutto limportanza e linsostituibilit di uninformazione seria e
aggiornata: il Vaticano II si valso, in concreto, degli apporti delle scienze a
ci interessate, valutandoli alla luce della Rivelazione;86
in secondo luogo la necessit del dialogo intraecclesiale, tra pastori e
fedeli, tra presbiteri e laici, ed extraecclesiale, con le persone del nostro tem
po: il dibattito conciliare sullargomento dimostra allevidenza la necessit di
questo requisito;87
in terzo luogo la presenza esperienziale del popolo di Dio nel tessuto
vivente degli eventi, in modo da poter cogliere, allinterno di essi, tramite una
Cf GS 26d 38a 41a.
Cf GS 4a.
85
Cf GS 4a 11a e il capitolo introduttivo della costituzione dove di fatto si utilizzano i tre
criteri indicati.
86
Cf GS 4a 11a 44b; PO 6b 9b.
87
Cf GS 4a 44b; PO 6b 9b.
83
84

Capitolo IV: Tipo di riflessione teologico-pastorale...

137

reale simpatia e una profonda sintonia con gli interrogativi e i bisogni, con le
aspirazioni e le attese che li caratterizzano, i segni di una divina presenza:
qui implicato il discorso della Gaudium et spes sulla condivisione della condizione umana da parte del popolo di Dio.88
Intesi in senso teologico, i segni dei tempi rivelano le strade che Dio apre
al cammino della Chiesa, manifestano ci che Dio chiede hic et nunc ad essa.
I testi conciliari parlano in proposito di disegni di Dio sul tempo presente e di connessi doveri o compiti storici della Chiesa.89 Ci fa parte di
un progetto pastorale. cos giunto il momento di affrontare questulteriore
questione.
6. RIFLESSIONE CONCILIARE DI TIPO PROGETTUALE E STRATEGICO

Linterrogativo di fondo che si pone potrebbe essere formulato cos: nel


suo magistero pastorale, il Vaticano II elabora un progetto e una strategia
pastorali per la Chiesa del postconcilio, o ha almeno presente una tale prospettiva? Linterrogativo motivato dalla rilevanza che la progettazione pastorale assume nella prassi e nella riflessione ecclesiale degli anni successivi
al Concilio, ad esempio, in vari documenti dellepiscopato sia a raggio nazio
nale, come i vari progetti dei vescovi italiani, che a raggio continentale, come
quello proposto a Puebla dai vescovi dellAmerica latina, tanto per citarne
uno a tutti noto.
bene chiarire subito che progetto e strategia si assumono qui nel senso
generalmente usato di recente da pastoralisti e operatori pastorali. Concretamente, per progetto sintende indicare una visione globale della realt da
progettare, visione che ispira le mete o gli obiettivi, generali e settoriali, da
realizzare con le relative priorit e i connessi modelli ideali, operativi e comunitari. Per strategia sintende indicare il complesso dei fattori ed elementi (ad
esempio, operatori e referenti, modalit, tempi e mezzi di attuazione, verifica,
rettifica, personalizzazione del progetto...) necessari per passare da una situazione pastorale data a quella desiderata e delineata nel progetto pastorale.
Da quanto si venuto esponendo, risulta abbastanza chiaro che il Vaticano
II attua, nei modi che tosto si preciseranno, una riflessione di tipo progettuale
e strategico. Come si rilevato,90 nel definire gli scopi del Concilio, papa
Giovanni mira a una Chiesa rinnovata in modo da essere credibile e maggiormente rispondente alla sua missione nellumanit attuale. Cos pure, Paolo
Cf GS 11a dove si accenna al fatto che il popolo di Dio prende parte insieme con gli altri
uomini del nostro tempo agli avvenimenti in questione.
89
Cf SC 43a; AA 15c; GS 4a 11a.
90
Si veda i n. 2.1 del cap. III.
88

138

Parte II: Il magistero pastorale del Concilio Vaticano II

VI ravvisa nei tre temi generatori: coscienza, rinnovamento, dialogo, le vie


che la Chiesa chiamata a percorrere per essere fedele al disegno di Dio sul
tempo presente.91 Sono entrambe prospettive di futuro che guidano i lavori
dellassise ecumenica.
La rinnovata coscienza ecclesiale delineata dal Concilio pu costituire il
quadro generale in cui situare un progetto pastorale. Le grandi scelte conciliari attinenti il rinnovamento e il dialogo, ed inoltre i compiti o doveri del
la Chiesa (delle sue comunit o associazioni, dei suoi organismi e dei suoi
membri), ricavati da asserti dottrinali o rilevati dallanalisi interpretativa della
situazione e dei segni dei tempi, costituiscono, in certo modo, le mete o gli
obiettivi, generali e settoriali, a cui indirizzata lintera attivit ecclesiale rin
novata.
Non poche deliberazioni conciliari riguardanti le funzioni, i ruoli e la for
mazione degli operatori pastorali (vescovi, presbiteri, fedeli laici, persone
consacrate dedite allapostolato, missionari...),92 le attivit e le istituzioni o
strutture ecclesiali ai vari raggi (parrocchiale, diocesano, regionale, nazionale,
internazionale),93 le modalit di presenza della Chiesa nei vari contesti presi
in considerazione94 e i differenti mezzi e sussidi a sua disposizione,95 possono
fare parte di una strategia pastorale. Il Concilio ha pure presente prassi ecclesiali concernenti il coordinamento dellazione pastorale, ai vari livelli, e la
elaborazione e attuazione di piani dazione da parte di organismi ecclesiali,96
fattori questi che entrano in una strategia pastorale.
Riconosciuto tutto questo, occorre per dire francamente che il Vaticano
II non intende elaborare un progetto e una strategia pastorali per la Chiesa
universale e le Chiese locali, nel senso sopra indicato; n di fatto li elabora. E
anche se produce un magistero di tipo progettuale, questa caratteristica non
n preminente n prevalente nei suoi testi. In effetti e dopo quanto si
esposto lasserto dovrebbe essere ormai pacifico suo interesse preponderante elaborare una dottrina, enucleare principi o criteri di rinnovamento,
rilevare urgenze pastorali, determinare doveri (o imperativi) emergenti dalla
situazione analizzata, definire compiti e obblighi per i membri della Chiesa
e per le sue varie forme organizzative, offrire orientamenti operativi, dare
disposizioni disciplinari, stabilire norme o leggi. Tutto questo, senza dubbio,
un materiale utile, per molti versi indispensabile ai fini dellelaborazione
Si veda i n. 2.2 del cap. III.
Cf ad es. LG 25-29 34-36; CD 5-10 11-18 21 25-31 33-35; PO 4-11; AA 5-14 16-22 23-25
27 28-31; OT 1-4 8-12 19-22; PC 2 18; AG 15-18 19-22 23-26.
93
Cf ad es. CD 9-10 26-32 36-38 39-41; GE 1-2 7-11; AA 19-21; PC 7-11 19-23; OT 3-7
13-18; AG 14 27 28-30 35-41; PO 20-21; GS 40-43.
94
Cf ad es. UR 5-12; GE 6-7; NAE 2-5; AA 9-14 27; DH 12-14; AG 6 8 10-14; GS 1 3 11
21 40-44 60-62 76 88-93.
95
Cf ad es. IM 13-14 17-22; AA 32.
96
Cf ad es. CD 9b 17a 23 35; AA 20b; AG 29b 30b 32a 33a; GE 12.
91
92

Capitolo IV: Tipo di riflessione teologico-pastorale...

139

di un progetto e di una strategia pastorali. Ma per costituire un progetto e


una strategia nel senso sopra indicato, tale materiale necessita di unulteriore
elaborazione unitaria e finalizzata a tali scopi pi direttamente di quanto facciano generalmente i documenti conciliari. Le non poche, non lievi e ben note
difficolt incontrate nel periodo postconciliare, ai vari livelli, da coloro che
hanno affrontato questo delicato impegno progettuale ne sono una riprova.
7. SIGNIFICATIVE ACQUISIZIONI TEOLOGICO-PRATICHE

Al termine di questa rapida ricognizione dei tipi di riflessione utilizzati di


fatto dal Vaticano II, pare opportuno evidenziare alcune significative acquisizioni teologico-pratiche, anche se va riconosciuto che in questo campo, come
in altri gi segnalati, il Concilio apre prospettive, addita strade da percorrere,
suscita impulsi da favorire, ma non va oltre.
Una prima acquisizione riguarda la pratica attuazione di un discorso dottrinale, sviluppato non in maniera astratta, ma in modo da evidenziarne, ancorch in termini piuttosto generali, la valenza pratica o la qualit pastorale,
come quello esibito nelle costituzioni dogmatiche sulla Chiesa e sulla Parola
di Dio e in vari testi dottrinali contenuti nei vari decreti. Al riguardo si
potuto documentare il valore di un corretto impiego del metodo applicativo
o deduttivo, nella misura in cui esso diretto a mettere in luce le implicanze
operative o pratiche di asserti dottrinali attinenti le varie attivit della Chiesa.
Una seconda acquisizione concerne limpiego del metodo deduttivo e insieme induttivo. Al riguardo, si pu fondatamente ritenere che lassise ecumenica ha aperto alla successiva riflessione teologico-pratica piste di ricerca
e sentieri da percorrere che hanno trovato nelladozione dellitinerario metodologico denominato teologico, empirico e critico un loro esito promettente.
Una terza acquisizione dovuta al tipo di riflessione teologica sulla situazione (con particolare riferimento ai segni dei tempi), e al tipo di discorso
progettuale e strategico che, pur nei limiti indicati, il Vaticano II ha esibito in
vari suoi testi. Queste due metodologie cognitive costituiscono un traguardo
pi che apprezzabile, se si considera la congiuntura ecclesiale del tempo e la
relativa novit di questo tipo di riflessione negli ambienti ecclesiali di quel
momento storico. Ci si poteva attendere, ragionevolmente, qualcosa di pi?
Le ragioni appena addotte fanno propendere per il no. In ogni caso, queste due metodologie hanno avviato percorsi possibili e praticabili, anche se
quanti hanno cercato di seguirli nei decenni del postconcilio, si sono presto
resi conto che limpresa era tuttaltro che facile. Di fatto, essa si rivelata
piuttosto irta di ostacoli, dovuti non da ultimo a forti resistenze emerse sia in
settori del magistero che in ambienti teologici accademici, come si avr modo
di documentare in altri capitoli.

Capitolo V

COMPRENSIONE CONCILIARE DELLAZIONE PASTORALE


E DELLA TEOLOGIA PASTORALE

Alla luce di quanto si esposto a proposito della pastoralit del magistero


conciliare, ora possibile comprendere in maniera pi adeguata le dichiarazioni del Vaticano II circa lazione pastorale e la teologia pastorale.
In effetti, il Concilio fa sua la concezione della seconda manualistica cattolica per la quale, come s visto,1 azione pastorale quanto si riferisce al
lesercizio dei tre uffici: profetico, sacerdotale e regale da parte del ministro
ordinato, e teologia pastorale la disciplina che ha come oggetto di studio tale
ambito.
Esso per recepisce gli sviluppi innovativi verificatisi in questo campo
dopo la prima guerra mondiale e, soprattutto, colloca ormai tali concezioni
nella cornice ecclesiologica, marcatamente rinnovata, sopra esposta. Lazio
ne dei pastori situata nel pi vasto contesto del popolo di Dio, considerato
come soggetto attivo nellattuazione della missione ecclesiale. Il campo di riflessione proprio della teologia pastorale ne risulta anchesso allargato allin
tera attivit ecclesiale, comprendente lazione dei pastori e dei fedeli. Sicch,
come si rilevato a conclusione del capitolo terzo, esso viene praticamente a
coincidere con lambito di riflessione che la teologia pratica, da secoli ha rivendicato come proprio, in ambienti sia protestanti che cattolici.
1. LAZIONE PASTORALE
1.1. Figura, funzioni e attivit dei pastori

Quando i testi conciliari parlano di pastorale, nella quasi totalit dei


casi2 fanno riferimento alla figura, alle funzioni, alle attivit e alla formazione
Si veda il n. 3 del cap. I.
Solo in pochi casi lazione pastorale ha per soggetto la Chiesa nel suo insieme: cf IM 13b;
PC 10a; AA 20b.
1
2

142

Parte II: Il magistero pastorale del Concilio Vaticano II

di quanti, nella comunit cristiana, hanno la qualifica di pastori, quindi, i


vescovi, i presbiteri, i candidati al ministero ordinato.
La topica del pastore insistentemente invocata per definire la figura di
coloro che nella Chiesa sono soggetti di iniziativa autorevole, a titolo speciale
dovuto allordine sacro e alla missione canonica. Il vescovo essenzialmente
pastore, sul modello e come sacramento vivente di Cristo pastore.3 Svolge
la sua attivit in rapporto al gregge, affidato alle sue cure.4 Il collegio dei
vescovi connotato come corpo dei pastori.5
La figura del pastore largamente applicata ai presbiteri in ragione della
loro partecipazione al ministero ordinato.6 Si ricorre a tale figura particolarmente quando viene delimitato il ministero gerarchico nei confronti del
sacerdozio comune dei fedeli.7 Predicata in modo specifico dei presbiteri, la
qualifica di pastore non mette in luce innanzitutto la funzione da loro svolta
nella Chiesa; suggerisce piuttosto le caratteristiche spirituali e apostoliche che
la loro azione deve avere.8 Anche la formazione dei candidati al presbiterato
si muove in questa direzione: si mira a delineare una figura ideale di pastore, in
base alla quale impostare e attuare lintero impegno formativo, che per questo
motivo viene chiamato pastorale.9
Nel descrivere le funzioni e le attivit dei vescovi, il Concilio utilizza ampiamente lo schema del triplice ufficio: a imitazione di Cristo, profeta, sacer
dote e re, compito dei vescovi annunciare la Parola, santificare le anime,
governare il gregge loro affidato.10 Usa lo stesso schema anche nel presentare
il ministero dei presbiteri11 e nel formulare le esigenze della loro formazione
spirituale e pastorale.12
Lambito dazione assegnato dal Concilio ai pastori assai vasto e notevolmente ampliato rispetto a quello pacificamente riconosciuto alla vigilia del
Concilio stesso. Comprende concretamente:
le attivit intraecclesiali come la catechesi,13 la liturgia e lamministra
Cf LG 18 20c 21b 24a; CD 2b 11.
Cf LG 20c 27a 41b; OT 2b.
5
LG 23c.
6
Cf ad es. LG 28c 32c; CD 30ab; PO 3 5e 6dg 9f.
7
Cf LG 10b confrontato con 32 37 e AA 7 10; inoltre GS 43b e 44b.
8
Si vedano i riferimenti della nota 6.
9
Cf OT 4 circa la formazione che deve mirare a formare veri pastori danime (ed anche
OT 19 nota 41 dove si offre un elenco di documenti pontifici da cui ricavare la perfetta forma
del pastore). Tale visuale guida anche le indicazioni circa la natura pastorale degli studi teologici (cf OT 16 18s 21).
10
Cf LG 20c 21b 25-27; CD 2b 11-16; AA 2b; PO 7a.
11
Cf LG 28; CD 30; PO 2 4-6 13. Va notato che PO 6 e CD 30g intendono la funzione
pastorale in senso stretto, cio per indicare il terzo ufficio del pastore, e non nel suo significato
pi ampio inglobante i tre ministeri nel loro insieme.
12
Cf OT 4. Anche qui il testo usa il vocabolo pastore una volta in senso lato per indicare
linsieme dei tre ministeri, unaltra volta in senso stretto, per indicare il terzo ministero.
13
Cf CD 13-14 30,2); PO 4a.
3
4

Capitolo V: Comprensione conciliare dellazione pastorale...

143

zione dei sacramenti,14 la direzione spirituale,15 la guida della comunit o


della Chiesa locale,16 leducazione umana e cristiana,17 lazione caritativa,18
la comunicazione sociale;19
il servizio pastorale a determinate categorie di fedeli come i fanciulli e
i giovani,20 i genitori e la famiglia,21 gli adulti,22 gli emigranti, gli aviatori, i
nomadi, i turisti, i poveri e gli ammalati,23 gli studenti e gli operai,24 gli artisti
e gli scienziati,25 i fedeli laici al fine di formarli allapostolato,26 i futuri sacerdoti e religiosi e le vocazioni ecclesiastiche;27
la comunicazione, la collaborazione e la solidariet sia delle comunit e
delle Chiese locali tra loro,28 sia dei pastori tra loro e con i distinti appartenenti al popolo di Dio, quindi, dei vescovi tra loro e con i presbiteri, i fedeli
laici, i religiosi e le religiose, e inoltre dei presbiteri tra loro e con i fedeli laici
e gli appartenenti agli istituti di vita consacrata;29
il dialogo e le varie forme di collaborazione con le Chiese e comunit
non cattoliche,30 con i seguaci delle religioni non cristiane31 e con le persone
in generale del nostro tempo, con particolare attenzione alla cooperazione
missionaria,32 alla soluzione dei problemi urgenti descritti dalla Gaudium et
spes33 e al discernimento dei segni del nostro tempo;34
il coordinamento delle attivit pastorali e delle varie forme di apostolato,
a livello parrocchiale e interparrocchiale, diocesano e interdiocesano, regionale e internazionale, in vista di una bene intesa pastorale organica, comunemente detta pastorale dinsieme.35
Cf LG 26bc 28a; CD 15 30f; PO 5; SC 11 19 41-42.
Cf PC 14c; OT 3a 8a; PO 11a.
16
Cf LG 27 28; CD 11 16a 25 30g; PO 6.
17
Cf GE 3c 7a 10d; AA 30d.
18
Cf LG 27c; CD 17a; AA 8c; GS 88c.
19
Cf IM 3b 13b 20-21; CD 13c.
20
Cf CD 14a 30g; PO 6c.
21
Cf CD 12c 30g; PO 6c; GS 52e.
22
Cf CD 14; SC 64.
23
Cf CD 13a 28 30g; PO 6c.
24
Cf GE 10; PO 8a.
25
Cf GS 52.
26
Cf CD 17b; PO 9; AA 6a 10bc 25-26 28-32.
27
Cf LG 45; CD 15c; OT 2ab; PC 24a; PO 11.
28
Cf LG 13c 23; CD 3b 6-7 36-37 42-43.
29
Oltre ai riferimenti della nota precedente si veda LG 28b 37; CD 16cd 25-26 27cd 28bd
29 30b 34; PC 23; PO 7-9.
30
Cf CD 5 8d 10b 16f; PO 9d.
31
Cf PO 9e.
32
Cf LG 23bc; AG 38s.
33
Cf CD 12c; GS 43e 44b 52e 62c 76ad 91b 92b.
34
Cf GS 44b; PO 6b 9b.
35
Cf LG 23; CD 6 9-10 17a 30b 35h; PC 23; AA 23-24; AG 29-34.
14
15

144

Parte II: Il magistero pastorale del Concilio Vaticano II

Occorre rilevare che la figura dei pastori costantemente situata allinterno


del popolo di Dio e in riferimento alla realt sociale e culturale in cui esso vive
e opera; che le funzioni e attivit loro specifiche sono costituzionalmente rapportate al sacerdozio profetico e regale, comune a tutti i membri della Chiesa
e allazione che questi vi svolgono come soggetti attivi e corresponsabili, e
non semplicemente come recettori passivi del servizio dei pastori. Da ci risulta una figura di vescovo e di sacerdote dai lineamenti spirituali e apostolici
marcatamente rinnovati rispetto a quelli proposti dalla manualistica cattolica
antecedente il Concilio.36
1.2. Le Chiese e comunit locali soggetto dellazione ecclesiale

A questo riguardo, vanno qui richiamate, in modo necessariamente stringato, alcune dichiarazioni maggiori del Vaticano II che mettono in luce come
soggetto attivo dellazione ecclesiale non sono unicamente i pastori o singoli
fedeli, ma le Chiese particolari e le comunit in cui esse sono articolate. Tali
dichiarazioni, a dire il vero, si muovono nella prospettiva della Chiesa universale, ma sono applicabili e, di fatto, i documenti conciliari le applicano sia
alle Chiese particolari, perch la Chiesa universale esiste in esse e risulta dalla
loro comunione, sia alle comunit cristiane guidate da un presbitero, perch
il popolo di Dio vive e si manifesta in esse.37
Il fatto che la Lumen gentium tratti prima del popolo di Dio, comprendente pastori e fedeli, e solo successivamente della gerarchia vuol sottolineare,
tra laltro, che lapostolato e la missione sono affidati al popolo di Dio nel suo
insieme, che cos costituito soggetto attivo e responsabile nellattuare tale
missione. Il popolo messianico [...] costituito da Cristo in una comunione
di vita, di carit e di verit pure da Lui preso per essere strumento della
redenzione di tutti e, quale luce del mondo e sale della terra (Mt 5,12-16),
inviato a tutto il mondo.38 I testi conciliari ribadiscono ripetutamente tale
asserto: La Chiesa che vive nel tempo per sua natura missionaria;39 la
vocazione cristiana per sua natura anche vocazione allapostolato,40 per
cui non vi nessun membro che non abbia parte nella missione di tutto il
Corpo mistico.41 I sacri pastori sanno di non essere stati istituiti da Cristo
per assumersi da soli tutta la missione della salvezza che la Chiesa ha ricevuto
verso il mondo.42
Cf LG 10-13 18 24-28 31-32 37; CD 11-18; PO 2 4-9.
Cf LG 13c 23a 26a 28; CD 11a 30; OE per intero; PO 5; SC 41-42.
38
LG 9h: il corsivo mio.
39
AG 2a 35.
40
AA 2a.
41
PO 2a. Si veda inoltre LG 13ab 17 30 32s; AG 5 6g 10 35-37.
42
LG 30.
36
37

Capitolo V: Comprensione conciliare dellazione pastorale...

145

In forza del battesimo e della confermazione, tutti i fedeli partecipano del


le funzioni sacerdotale, profetica e regale di Cristo ed hanno il diritto e il
dovere di svolgerle per il bene comune.43 Quantunque alcuni per volont di
Cristo sono costituiti dottori e dispensatori dei misteri e pastori per gli altri
dichiara la Lumen gentium in uno dei suoi testi pi innovativi tuttavia vige
fra tutti una vera uguaglianza riguardo [...] allazione comune a tutti i fedeli
nelledificare il Corpo di Cristo.44 In concreto, tutti sono chiamati a offrire
se stessi come vittima viva, santa, a Dio gradita,45 e a partecipare in modo pieno e attivo alla celebrazione dei sacramenti.46 Col loro consenso universale,
suscitato e sorretto dallo Spirito di verit, pastori e fedeli sono abilitati a conservare e vivere insieme la fede inalterata47 e sono inviati al mondo per diffondervi la viva testimonianza di Cristo.48 Tutti devono essere segno e strumento
di riconciliazione in vista dellavvento del Regno di Dio nella storia umana.49
Tutti hanno il compito di esercitare la diaconia cristiana alla persona umana,
adempiendo il nuovo comando della carit.50 Il dovere di dare uneducazione
umana e cristiana,51 di favorire le vocazioni ecclesiastiche, missionarie e alla
vita consacrata,52 di cooperare allopera missionaria53 e di difendere e promuovere la libert religiosa spetta a tutta la comunit cristiana.54 Il dialogo
e la collaborazione con le Chiese e comunit non cattoliche,55 con gli appartenenti alle religioni non cristiane,56 con i non credenti57 e con le persone
del nostro tempo58 sono compiti che il Concilio assegna a tutto il popolo
di Dio. Da ultimo, va evidenziata la dichiarazione conciliare secondo cui
dovere permanente della Chiesa di scrutare i segni dei tempi e di interpretarli
alla luce del Vangelo perch, in modo adatto a ciascuna generazione, possa
rispondere ai perenni interrogativi degli uomini sul senso della vita presente e
futura e sul loro reciproco rapporto, e perch possa discernere quali siano
i veri segni della presenza e del disegno di Dio.59

Cf LG 10-12 34-36; AA 2b 3a.


LG 32c: il corsivo mio.
45
Cf LG 10a 34; PO 2ad.
46
Cf LG 11 34; SC 11 14 19 26b 30-31 41b 48 100; PO 5c.
47
Cf LG 12a; DV 10a.
48
Cf LG 9b 12a.
49
Cf LG 1 9c 13ab 17 32 48b; AG 5 6g 10 35-37.
50
Cf LG 32; GS 3b 40-43.
51
Cf GE 2 3c.
52
Cf OT 2a; PC 11a; AG 19e 36c; PC 24a.
53
Cf AG 36-37.
54
Cf DH 13a 14.
55
Cf UR 5 6-9 12 24.
56
Cf NAE 2c 3c 4f.
57
Cf GS 21ef.
58
Cf GS 40-43 93.
59
GS 4a 11a.
43
44

146

Parte II: Il magistero pastorale del Concilio Vaticano II

1.3. Differenziazione e organicit dellazione ecclesiale

Senza dubbio, lunica missione, il comune sacerdozio profetico e regale e


i connessi compiti concernenti i vasti campi dazione elencati vanno attuati in
misure e forme differenti, in ragione di differenti carismi e ministeri di cui i
fedeli sono gratificati dallo Spirito, e secondo le capacit e disponibilit proprie di ciascun membro del popolo di Dio. I testi conciliari lo rammentano
costantemente.60
Vi sono nella Chiesa i doni dello Spirito Santo, i carismi straordinari e quelli
pi semplici e comuni, corrispondenti ai differenti ministeri e a diverse forme
di vita.61 In forza di essi, tutti i membri del popolo di Dio hanno il diritto e
il dovere di offrire il proprio contributo alla vita e alla missione della Chiesa.
Tutti inoltre e, in particolare, i pastori hanno il dovere di accogliere e di stimolare tale contributo, utile alledificazione del Corpo di Cristo e al suo servizio
al mondo. Resta fermo il principio secondo cui il giudizio sulla genuinit
[dei carismi] e il [loro] ordinato uso appartiene allautorit ecclesiastica, alla
quale spetta soprattutto di non estinguere lo Spirito, ma di esaminare tutto e
di ritenere ci che buono (cf 1Tess 5,12.19-22).62
Vi nella Chiesa la diversit dei ministeri: il sacerdozio ministeriale o gerarchico distinto essenzialmente, e non solo di grado, da quello comune,
per a servizio di questo e ha come obiettivo quello di formare e guidare
il popolo sacerdotale. Per questo il Vaticano II considera costantemente il
sacerdozio ministeriale nella cornice del sacerdozio comune e in funzione di
esso.63
Carismi e ministeri fanno parte della natura comunionale, carismatica e
ministeriale o gerarchica della Chiesa, sono cio costituzionalmente correlati
tra loro e il loro concreto esercizio comporta la partecipazione e la collabo
razione, che sono necessariamente differenziate, perch si tratta di carismi e
ministeri differenti. In effetti, i ministeri ordinati sono conferiti a singoli fedeli
ma perch vengano esercitati nella comunione gerarchica, che lanima
della collegialit episcopale e della collaborazione dei sacerdoti con il collegio
episcopale, con il proprio vescovo e tra loro.64 I carismi sono distribuiti liberamente dallo Spirito ai fedeli perch questi li utilizzino non individualisticamente ma nella comunione ecclesiale, in cui vengono coordinati e indirizzati
al bene comune, secondo la legge della corresponsabilit che ha appunto in
tali carismi, oltre che nella consacrazione battesimale, il suo fondamento.
Da tutto questo consegue che lazione delle Chiese e comunit locali
Si vedano al riguardo i riferimenti delle note 45-59.
Cf LG 12b 17c 30; AA 3d; PC 1b 8a; UR 2e; AG 23a 28a; GS 32d.
62
LG 12b 30; AA 3d; PO 9b.
63
Cf LG 10 18a 21 32c; PO 2.
64
Cf LG 23-24 28; UR 2cd; CD 4-7; PO 7-8.
60
61

Capitolo V: Comprensione conciliare dellazione pastorale...

147

differenziata ma organica, perch legata alla legge della comunione. espres


sione insieme della cattolicit intensiva (= pluriformit) e dellunit della
Chiesa.65
In questordine di idee, bene richiamare alcuni enunciati essenziali fatti
dal Concilio a proposito del ruolo dei fedeli laici e degli appartenenti agli istituti di vita consacrata nella vita e nellattivit delle Chiese e comunit locali.
1.4. Apporti specifici dei fedeli laici allazione ecclesiale

I fedeli laici, uomini e donne, hanno una parte propria e assolutamente


insostituibile nella missione della Chiesa.66 Ci dovuto alla loro vocazione
cristiana allapostolato e al carattere secolare che loro proprio e particolare, ma non esclusivo. Tale carattere secolare inteso nella sua duplice valenza, sociologica e teologica. La prima indica il fatto di vivere nel mondo, nelle
ordinarie forme di vita familiare e sociale, e inoltre il fatto di essere implicati
nei doveri e affari temporali e di esercitare un lavoro o una professione. La
seconda (e in essa sta lelemento specifico e qualificante) indica limpegno
cristiano di fare in modo che tali realt temporali siano ordinate secondo Dio,
che tutte le attivit temporali siano fatte secondo Cristo, che tutte le strutture
sociali siano costruite e animate secondo le indicazioni del Vangelo.67
Per il Concilio, oltre a essere insostituibile, lapostolato dei fedeli laici riveste oggi un carattere di urgenza per diversi motivi. In primo luogo, considerate
le attuali condizioni della societ (aumento demografico, sviluppo scientifico
e tecnico, processo di secolarizzazione), che non solo hanno allargato straordinariamente i campi dellapostolato dei laici, in gran parte accessibili solo ad
essi, ma hanno anche suscitato nuovi problemi che richiedono il loro sollecito
impegno e zelo.68 In secondo luogo, a motivo di situazioni ecclesiali variamente critiche per il crescente fenomeno del secolarismo, per la carenza di
sacerdoti, oppure, per la privazione della dovuta libert di ministero, sicch
i laici sono particolarmente chiamati a rendere presente e operosa la Chiesa
in quei luoghi e in quelle circostanze, in cui essa non pu diventare sale della
terra se non per mezzo loro.69 Da ultimo, e specialmente in riferimento alle
cosiddette zone di missione, se si tiene presente lesigenza dellincarnazione
del Vangelo e della Chiesa nella realt socio-culturale e religiosa locale: La
Chiesa non realmente fondata n vive in maniera piena e non segno perfetto della presenza di Cristo tra gli uomini, se alla gerarchia non si affianca e
Cf LG 7c 12b 30 32; AA 2-3 23.
AA 1a che rimanda a LG 30 e 33: il corsivo mio.
67
Cf LG 31b 33; AA 2b 6-8 11-14; AG 21; GS 43bcd.
68
AA 1b.
69
LG 33b; CD 30c; AA 1b; AG 21c.
65
66

148

Parte II: Il magistero pastorale del Concilio Vaticano II

collabora un laicato autentico. Non pu infatti il Vangelo penetrare profondamente nella mentalit, nel costume, nellattivit di un popolo, se manca la
presenza attiva dei laici.70
I fedeli laici partecipano delle funzioni sacerdotale, profetica e regale di
Cristo secondo modalit connesse con la loro qualifica secolare.71 Le esercitano mediante un ampio ventaglio di attivit anchesse caratterizzate dalla secolarit: levangelizzazione e la santificazione, lanimazione cristiana delle realt
temporali (la famiglia, lambiente di lavoro, la societ, leconomia, la cultura,
la politica, lo sviluppo dei popoli, la pace), le opere caritative, la comunicazione sociale, la cooperazione missionaria, il dialogo e la collaborazione con i
non cattolici e i non cristiani.72
I campi del loro apostolato sono molteplici: le comunit ecclesiali (parrocchie e diocesi), la famiglia, la giovent, lambiente sociale, lordine nazionale
e internazionale.73
Anche le forme con cui lo esercitano sono molteplici: lapostolato individuale in condizioni ordinarie e in circostanze particolari; numerose forme di
apostolato variamente associato; lassunzione di servizi ecclesiali particolari.74
Lapostolato laicale ammette vari tipi di rapporti con la gerarchia, secondo
le diverse forme e i differenti oggetti dellapostolato stesso. Sono previsti, da
parte della gerarchia, i seguenti: la lode e la raccomandazione; vari modi di
riconoscimento esplicito; il mandato, ad esempio, per le associazioni che
vanno sotto lappellativo di azione cattolica; la missione canonica per
compiti affidati ai fedeli laici intimamente collegati con i doveri dei pastori,
come la predicazione della dottrina cristiana, la celebrazione di determinati
riti liturgici e lespletamento di certi servizi pastorali.75
I testi conciliari sottolineano a pi riprese lesigenza che le varie associazioni e iniziative apostoliche dei fedeli laici siano inserite nellapostolato della
Chiesa, e siano coordinate nella pastorale organica, avvalendosi anche di istituzioni a ci destinate come il consiglio pastorale ai vari livelli, rispettando,
in tutto questo, lindole propria e lautonomia di ciascuna di tali iniziative e
associazioni.76
In particolare, molte opere e istituzioni che i fedeli laici intraprendono e
gestiscono autonomamente nellanimazione cristiana dellordine temporale
(famiglia, economia, politica, cultura, sviluppo dei popoli, pace) fanno parte
anchesse dellunica missione della Chiesa. Nei loro confronti il compito del
la gerarchia consiste nellinsegnare e interpretare autenticamente i principi
AG 21a.
Cf LG 31a 34-36.
72
Cf AA 6-8 27; IM 3c 13b; AG 15g 19g 21 41; GS 43bcd 72 88.
73
Cf LG 11b 35bc; AA 9-14 30b; GE 3a 6a 7b; DH 5; OT 2a: PO 11a; GS 48bcd 52c 84c.
74
Cf AA 15-22.
75
Cf AA 24 20; LG 33c 37; AG 21c.
76
Cf AA 23 26; CD 17a 27e; AG 30b.
70
71

Capitolo V: Comprensione conciliare dellazione pastorale...

149

morali da seguire nelle realt temporali, [e inoltre] nel giudicare, tutto ben
considerato e servendosi dellaiuto di esperti, della conformit di tali opere e
istituzioni con i principi morali, e stabilire quali cose siano richieste per custodire e promuovere i beni di ordine soprannaturale.77 Di conseguenza, lunica missione della Chiesa (detta anche apostolato)78 pi ampia dellazione
pastorale, propria dei ministri ordinati, e dellazione ecclesiale coordinata, ai
vari livelli, dalla gerarchia o variamente collegata a essa.79
1.5. Apporti specifici delle varie forme di vita consacrata

Secondo il Concilio, le varie forme di vita consacrata sono un dono del


Signore alla sua Chiesa; contribuiscono in vari modi alla missione della Chiesa
stessa e fanno s che il servizio di questa alla persona umana sia differenziato
e specializzato.80 Stando a inequivocabili dichiarazioni conciliari, i differenti
istituti religiosi sono sorti per un libero e munifico intervento dello Spirito nei
fondatori e nelle fondatrici, e rivestono unindole carismatica connessa con la
vocazione specifica dei loro appartenenti.81
Ci spiega e giustifica la loro variet e il loro ruolo differenziato nellazio
ne pastorale. Mentre accoglie la pluralit di forme di vita consacrata come
espressione della cattolicit intensiva della Chiesa,82 il Perfectae caritatis tenta
anche di delineare una tipologia e tratta espressamente delle seguenti forme di
vita consacrata: istituti interamente dediti alla contemplazione; istituti votati
allapostolato; la vita monastica e conventuale; istituti di vita religiosa laicale,
tanto maschile quanto femminile; istituti secolari. Inoltre, riconosce il tipo di
servizio pastorale specifico che essi offrono sia alle Chiese stabilite, sia alle
Chiese nelle cosiddette zone di missione.83
Pone, tra i principi del loro rinnovamento, limpegno di partecipare alla
vita della Chiesa e, secondo la loro indole, di fare propri e di sostenere, nella
misura delle loro possibilit, le sue iniziative e gli scopi che essa si propone
di raggiungere nei vari campi, come in quello biblico, liturgico, dogmatico,
pastorale, ecumenico, missionario e sociale.84
Mantiene listituto giuridico dellesenzione ma, allo stesso tempo, sottolinea lesigenza dinserire le varie forme di attivit pastorale di singoli religiosi,
delle loro comunit e istituzioni nella pastorale organica delle Chiese locali,
AA 24g; GS 43bcd.
AA 2a.
79
Cf AA 2ab; AG 21c; GS 43bcd.
80
Cf LG 43b 44b 46a; PC 1c 2,c); AG 19c.
81
Cf LG 43b 44c; PC 1bc 8a.
82
Cf PC 1b; LG 13c.
83
Cf PC 7-11 20b; LG 44c; AG 18 27 32 40.
84
PC 2,c): il corsivo mio.
77
78

150

Parte II: Il magistero pastorale del Concilio Vaticano II

salva sempre restando lindole propria di ciascun istituto.85 Lesenzione, ovvero il fatto che singoli membri o determinati istituti religiosi siano sottratti
alla giurisdizione del vescovo del luogo e siano sottoposti al Papa, riguarda
principalmente il loro ordine interno.86 Non deve essere considerata un pri
vilegio dei religiosi nella Chiesa, ma piuttosto una possibilit di servizio
specifico dei religiosi in essa.
Da un punto di vista teologico, rilevato dal Concilio,87 tale esenzione risponde a una duplice funzione ecclesiale:
sottolinea il massimo di disponibilit di un istituto religioso, o di singoli
suoi appartenenti, per il servizio alla Chiesa universale, alla collegialit episcopale, alle conferenze dei vescovi e alle necessit delle Chiese particolari:
si tratta, in sostanza, dellapertura universalistica di un istituto, che ridonda a
bene del suo pi mobile inserimento nelle Chiese particolari;
sottolinea poi limportanza per la Chiesa universale e per le Chiese locali
di favorire lunit del carisma e dello spirito di un istituto religioso, affidan
done la responsabilit, per quanto riguarda la vita interna, ai superiori del
listituto sotto lautorit del Papa.
Questo fa s che le comunit religiose o singoli loro membri possano inserirsi nella pastorale della Chiesa locale con una presenza differenziata, cio
come un corpo specializzato, chiamato dallo Spirito a svolgere un servizio
particolare a bene della persona, in ragione di un proprio carisma.
1.6. Modello di azione pastorale

Come appare chiaramente dalle indicazioni appena fatte, tra i modelli di


azione pastorale presenti nella Chiesa alla vigilia del Concilio (il modello di
cristianit sacrale stabilita, il modello di nuova cristianit matura e militante,
il modello di cristianit secolare), il Vaticano II d particolare risalto a quelli
di nuova cristianit matura e di cristianit secolare, perch ritenuta capace di
affrontare le sfide della modernit e delle nuove situazioni dei paesi emergenti dellemisfero sud e dellOriente. Secondo il prevalente orientamento
conciliare, essa era destinata a far superare la situazione di cristianit sacrale
e stabilita, eredit dellepoca postridentina, rivelatasi ormai inadeguata a rispondere alle esigenze sollevate da profondi cambi avvenuti nellet contem
poranea, anche se essa continuava ad essere piuttosto diffusa in molte parti
del mondo.
Il Concilio per non segnala la strategia da seguire per superare tale situazione. Ad esempio, non d indicazioni programmatiche in risposta ai seCf CD 35,3)-4).
Cf ivi.
87
Cf LG 45b; CD 35,3).
85
86

Capitolo V: Comprensione conciliare dellazione pastorale...

151

guenti interrogativi di fondo: Abbandonare in radice tale cristianit sacrale?


Seguendo quali modalit? Criticandola? Lasciandola andare in estinzione con
linvecchiamento della generazione cresciuta in essa? Recuperandone i valori,
ad esempio, quelli legati alla cultura e alla religiosit popolare? Attualizzandoli? In che modo?
Questa mancata strategia stata alla radice di non poche tensioni verificatesi nel postconcilio e tuttora presenti in vari ambiti ecclesiali tra coloro che
mantengono situazioni di cristianit sacrale e stabilita (a volte disattendendo
gli orientamenti conciliari rinnovatori) e coloro che la criticano e puntano
esclusivamente su modelli di cristianit matura e militante o di cristianit secolare. Va per detto che i successivi sinodi episcopali, a partire da quello del
1974 sullevangelizzazione, hanno opportunamente colmato questa lacuna
prendendo in pi attenta considerazione, accanto allassociazionismo militante e ai nuovi movimenti, le numerose e differenti situazioni di cultura e
religiosit popolare.
2. LA TEOLOGIA PASTORALE

La formula teologia pastorale ricorre una sola volta nei documenti


conciliari,88 ma la concezione di questa disciplina, del suo ambito o oggetto e
dei suoi rapporti con altre scienze ricavabile da vari testi del Concilio, e viene a tema specialmente nel decreto sulla formazione sacerdotale, dove presentata naturalmente nel quadro specifico della formazione dei futuri pastori.
Va rilevato che il Concilio mette in risalto, in vari documenti, il carattere e lo
scopo pastorali di tutta la teologia, ed in tale contesto che si possono meglio
comprendere i suoi pronunciamenti sulla teologia pastorale in senso stretto.
2.1. Il carattere pastorale di tutta la teologia

La costituzione sulla Chiesa nel mondo contemporaneo richiede che tutta la teologia rivesta un carattere pastorale, nel senso che deve essere una
teologia impegnata nella soluzione della problematica contemporanea e continuamente emergente, una teologia sostanziata della Parola di Dio e della
fede della Chiesa e a ci finalizzata, in modo da essere utile agli operatori
ed operatrici pastorali e da essi utilizzabile nella loro multiforme attivit. La
citata costituzione recita cos: dovere [...] dei teologi, con laiuto dello
Spirito Santo, di ascoltare attentamente, discernere e interpretare i vari modi
di parlare del nostro tempo, di saperli giudicare alla luce della Parola di Dio,
perch la verit rivelata sia percepita sempre pi a fondo, sia meglio compreCf SC 16.

88

152

Parte II: Il magistero pastorale del Concilio Vaticano II

sa e possa venire presentata in forma pi adatta.89 Essi devono conoscere


gli studi recenti e le nuove scoperte delle scienze e della filosofia, [perch
esse] suscitano nuovi problemi che comportano conseguenze anche per la
vita pratica ed esigono anche dai teologi nuove indagini. I teologi sono inoltre
invitati, nel rispetto dei metodi e delle esigenze proprie della scienza teologica, a sempre ricercare modi pi adatti di comunicare la dottrina cristiana alle
persone della loro epoca.90 Si raccomanda infine che la ricerca teologica,
mentre prosegue nella conoscenza profonda della verit rivelata, non trascuri
il contatto con il proprio tempo, per poter aiutare i soggetti umani competenti
nei vari settori del sapere a una pi piena conoscenza della fede.91
Secondo lAd gentes compito della ricerca teologica aiutare le Chiese locali ad assumere criticamente gli elementi validi presenti nelle consuetudini e
tradizioni, nel sapere e nella cultura, nelle arti e nelle scienze dei popoli in cui
esse sono radicate. limpegno chiamato successivamente inculturazione-acculturazione. Il decreto recita cos: Per raggiungere questo scopo necessario che, in ogni vasto territorio socio-culturale, come si dice, venga promossa
la ricerca teologica, per cui, alla luce della tradizione della Chiesa universale,
siano riesaminati i fatti e le parole rivelate da Dio, consegnate nella sacra
Scrittura e spiegate dai padri e dal magistero ecclesiastico. Si comprender
meglio allora secondo quali criteri la fede, tenendo conto della filosofia e del
sapere dei popoli, pu incontrarsi con la ragione, e in quali modi le consuetudini, la concezione della vita e la struttura sociale possano essere conciliate
con i comportamenti morali espressi dalla Rivelazione.92
Lo scopo pastorale dellintero curricolo di studi filosofico-teologico e degli studi teologici, in particolare, rimarcato in modo inequivocabile dal
lOptatam totius.93 Lorientamento pastorale di tutti gli studi ecclesiastici
collegato con lesigenza che essi convergano concordemente alla progressiva
apertura delle menti degli alunni verso il mistero di Cristo, il quale compenetra tutta la storia del genere umano, agisce continuamente nella Chiesa e
opera principalmente attraverso il ministero sacerdotale.94
Lo scopo pastorale delle discipline teologiche connesso con lesigenza che
esse siano insegnate in maniera che gli alunni possano attingere la dottrina
cattolica dalla divina Rivelazione, la studino profondamente, la rendano alimento della propria vita spirituale, e siano in grado di annunciarla, esporla e
difenderla nel ministero sacerdotale.95
Come appare chiaro, la finalizzazione pastorale degli studi ecclesiastici al
GS 44b.
GS 62b.
91
GS 62g.
92
AG 22b.
93
Cf OT 14b 16a.
94
OT 14a.
95
OT 16a.
89
90

Capitolo V: Comprensione conciliare dellazione pastorale...

153

la formazione dei futuri pastori intesa dal decreto non nel senso di unat
tenuazione del rigore scientifico che caratterizza tali discipline ed richiesto
da unadeguata formazione,96 piuttosto nel senso di una riforma dei loro con
tenuti, in modo che siano incentrati sul mistero di Cristo e sulla storia della
salvezza, nel cui contesto si colloca il ministero presbiterale. In altre parole, lo
scopo pastorale di tali studi suppone ed esige che le singole discipline abbiano in se stesse una dimensione o una qualit pastorale collegata ai contenuti
che presentano.
2.2. Qualit pastorale di singole discipline teologiche

Lo stesso decreto, allatto di illustrare singole discipline teologiche, offre


delle indicazioni illuminanti sullargomento in esame.
La dimensione pastorale dello studio della Scrittura rapportato allese
gesi e alla teologia biblica per limportanza che assumono nella vita spirituale
e nella predicazione.97
La qualit pastorale della teologia dogmatica messa in relazione con un
suo orientamento prevalentemente biblico-patristico e storico-dogmatico, richiesto al fine di penetrare pi profondamente i misteri della salvezza e co
noscerne il nesso per mezzo della speculazione; inoltre, con una sua attenzio
ne alla presenza di tali misteri nella liturgia e nella vita della Chiesa; infine,
con la sua ricerca di risolvere i problemi umani alla luce della Rivelazione,
di applicare le verit eterne alla mutevole condizione di questo mondo e di
scoprire le modalit appropriate con cui comunicarle alle persone del proprio
territorio.98
Il carattere pastorale della teologia morale collegato con una sua esposizione scientifica, maggiormente fondata sulla sacra Scrittura [e diretta a] il
lustrare laltezza della vocazione dei fedeli in Cristo e il loro obbligo di appor
tare frutto nella carit per la vita del mondo.99
La dimensione pastorale di altre discipline come il diritto, la storia ecclesiastica, la liturgia, lecumenismo, le religioni non cristiane, connessa con
una loro trattazione che sia ispirata dalla rinnovata ecclesiologia conciliare,
per quanto concerne il diritto e la storia ecclesiastica, e dalla dottrina e dagli
orientamenti dei rispettivi documenti conciliari, per quanto riguarda le altre
materie elencate.100
96
Il decreto richiede che gli studenti studino profondamente la dottrina cristiana (OT
16a) e i temi oggetto di studio della dogmatica (OT 16c), il che suppone uno studio di tipo
scientifico; parla inoltre di esposizione scientifica della teologia morale (OT 16d).
97
Cf OT 16b; DV 23 26a.
98
Cf OT 16c.
99
Cf OT 16d.
100
Cf OT 16def.

154

Parte II: Il magistero pastorale del Concilio Vaticano II

A proposito di alcune discipline teologiche, lAd gentes ne richiama anche


laspetto missionario che ovviamente incluso in quello pastorale e, in certo
modo, lo specifica. Nellinsegnamento delle discipline dogmatiche, bibliche,
morali e storiche dichiara [si] mettano in luce gli aspetti missionari che vi
sono contenuti, al fine di formare in questo modo una coscienza missionaria
dei futuri sacerdoti.101
2.3. La teologia pastorale

Come si precedentemente documentato,102 il magistero conciliare produce, pur nei limiti segnalati, una riflessione teologico-pastorale, generale e di
tipo fondante. Nei suoi pronunciamenti esso non offre, invece, testi espliciti
al riguardo. Ci comprensibile se si tiene conto delle vicende storiche che
hanno accompagnato questa disciplina e della sua situazione nella Chiesa cattolica alla vigilia del Concilio.
Quello che esso definisce innanzitutto il campo proprio della teologia pastorale, intesa come teoria dello svolgimento della vita ecclesiale, con chiaro riferimento ai ministri ordinati e alle funzioni degli altri operatori apostolici. A tale
riguardo, lOptatam totius, nella parte dedicata espressamente alla formazione
strettamente pastorale, esplicita i seguenti settori che entrano in una teologia
pastorale speciale: la catechetica, lomiletica, la pastorale liturgica, una pastorale dellassistenza sociale, una pastorale degli erranti e increduli, la direzione
spirituale dei fedeli, in generale, e dei membri degli istituti di vita consacrata,
in particolare.103 Con la formula generica altri uffici pastorali, il medesimo
decreto intende riferirsi a indicazioni contenute in altri documenti conciliari
attinenti la conduzione della comunit,104 la pastorale a determinate categorie
di persone,105 una kairologia o scienza della situazione,106 la missiologia.107
Il Concilio prende inoltre in considerazione un altro compito di una teologia pastorale aggiornata: la conoscenza dei risultati di altre scienze cosiddette umane e il loro utilizzo nellazione pastorale. LOptatam totius menziona
espressamente le discipline pedagogiche, psicologiche e sociologiche.108 significativo che queste scienze appaiano anche in altri documenti conciliari.109
AG 39c.
Si vedano specialmente il n. 1 del cap. III e il n. 1 del cap. IV.
103
Cf OT 19a.
104
Cf LG 28bd; PO 4-10; CD 11-18 28.
105
Si vedano sopra i riferimenti delle note 20-26 dove vengono a tema una pastorale giovanile, familiare, degli adulti, dei malati, del mondo del lavoro e della cultura, del turismo.
106
Cf PO 3 22; CD 12bc 16e; GS 4-10 19-21 43-44 62 76 91.
107
Cf AG 26hg 16d 34.
108
Cf OT 20 e 2d.
109
Cf GE 1b; CD 14b 16e; AG 34; GS 62b.
101
102

Capitolo V: Comprensione conciliare dellazione pastorale...

155

In essi si parla pure di biologia e medicina110 e, nellAd gentes, di etnologia,


di linguistica, di storia delle religioni e di scienza comparata delle religioni.111
LInter mirifica tratta in generale della necessit di formare sacerdoti, religiosi
e laici nelle scienze della comunicazione in vista di un adeguato uso dei mass
media a scopi apostolici.112
Da ultimo, lOptatam totius distingue la natura teorica della teologia pastorale dal carattere operativo e pratico connesso con larte pastorale, il cui
apprendimento comporta esercitazioni e tirocini appositi a ci destinati.113
Dai richiami fatti a proposito di questa disciplina teologica simpone spon
taneamente una costatazione generale: la comprensione che il Concilio offre
della teologia pastorale, del suo ambito e del suo rapporto con le scienze
umane recepisce impostazioni della manualistica cattolica e dei tentativi innovatori della met del nostro secolo. Li supera, in certo modo, in quanto ne
amplifica il campo di riflessione, includendovi lecumenismo, le religioni, la
missiologia.
In ogni caso, il suo apporto innovatore va ravvisato nel fatto che esso con
il suo magistero pastorale ricopre un campo di riflessione che coincide con
quello ritenuto proprio della teologia pratica, sviluppata negli ultimi secoli. Va ricercato inoltre pi nel modo con cui lassise ecumenica fa riflessione
teologico-pratica, che non nei suoi pronunciamenti espliciti circa la teologia
pastorale.
3. RILIEVI CONCLUSIVI DELLA SECONDA PARTE

Nel corso dellesposizione dei capitoli di questa seconda parte si avuto


modo, man mano che se ne offriva loccasione, di fare rapidi cenni valutativi
su singole tematiche studiate. venuto il momento di tirare le somme e di
tentare una specie di bilancio riassuntivo della novit, dei limiti e dellattualit
del Concilio circa largomento specifico analizzato e non, ovviamente, circa
lintero magistero conciliare, impegno questo che suppone una ricerca diversa da quella fatta.
3.1. Novit conciliare

pacifico che la novit del Concilio va colta riferendosi alla precedente


situazione ecclesiale. Al riguardo, non si pu non riconoscere che il Vaticano
Cf GS 52d.
Cf AG 34.
112
Cf IM 15-16.
113
Cf OT 21-22 12.
110
111

156

Parte II: Il magistero pastorale del Concilio Vaticano II

II largamente debitore verso istanze e proposte innovative di teologia pastorale e di teologia pratica, maturate in campo cattolico e protestante dal primo
dopoguerra in poi. Pi precisamente, esso recepisce, in misure e modi diversi
e lo si rilevato di volta in volta : impostazioni e suggestioni della teologia
della parola di K. Barth e della teologia cherigmatica cattolica; la tematica di
Arnold attinente la natura mediazionale dellazione ecclesiale e il principio
del divino-umano o dellincarnazione; le esigenze, le motivazioni e le proposte della cosiddetta pastorale dinsieme e della pastorale dambiente:
la problematica riguardante i rapporti Chiesa-Regno di Dio-mondo profano,
Chiesa ideale e Chiesa reale, Chiesa e ateismo contemporaneo, sollevata in
campo protestante e cattolico negli anni precedenti il Concilio; la dimensione
pastorale di tutta la teologia e i vari tipi di riflessione teologico-pratico (applicativo, deduttivo e insieme induttivo, progettuale) proposti o praticati dai
tentativi rinnovatori di teologia pastorale del secondo dopoguerra.114
Oltre che nella differenziata recezione di tali sviluppi, la novit del Vaticano II va ricercata, in modo particolare, nel fatto che esso inserisce idee e
proposte di singoli pastoralisti, accolte da alcune cerchie pi o meno vaste,
assieme alle conquiste di numerosi movimenti di pensiero e di vita, nel retroterra ecclesiologico, ampio e sostanzialmente unitario, assai rinnovato e
autorevolmente approvato, che si descritto precedentemente, rendendole
cos patrimonio comune, riconosciuto e irrinunciabile, di tutta la Chiesa.115
Inoltre esso mette a tema e produce concretamente un magistero pastorale
nel senso spiegato,116 e offre infine indicazioni illuminanti e in larga parte
nuove circa una riflessione teologica sulla situazione storica e circa la progettazione pastorale condotta alla luce della fede.117
3.2. Limiti e nodi irrisolti

Se, da un lato, il Concilio costituisce indiscutibilmente un evento storico


marcatamente rinnovatore sulla tematica in esame, dallaltro, innegabile che
esso presenta limiti o lacune, dovute non solo alla situazione della ricerca
teologico-pastorale del tempo, ma anche e soprattutto al fatto che esso ha
dovuto contemperare idee e proposte differenti e, in alcuni casi, opposte. Di
conseguenza, su non pochi temi ecclesiologici vitali esso non offre un discorso
approfondito come si auspicherebbe oggi. Oppure, per dirla con parole di
recenti rivisitatori dellassise ecumenica, esso si ferma a met strada, prospetta soluzioni di compromesso e non solo sui contenuti, ma anche sulle
Si vedano i nn. 2.2; 2.3 del cap. II e i nn. 4 e 5 del cap. I.
Si veda sopra il n. 2 del cap. III.
116
Si veda sopra il n. 1 del cap. III.
117
Si vedano i nn. 5 e 6 del cap. IV.
114
115

Capitolo V: Comprensione conciliare dellazione pastorale...

157

formulazioni, che risultano in tal modo interpretabili in sensi diversi e confliggenti.118


A titolo esemplificativo, si pu accennare qui ad alcuni punti nodali irrisolti, sui quali si concentrata la critica recente e che corrispondono, del resto,
alle tensioni pi vive e, talvolta, laceranti verificatesi nel postconcilio.
Pur offrendo delle indicazioni preziose sullargomento, i testi conciliari
non presentano una riflessione abbastanza approfondita sul rapporto fondamentale tra Cristo e lo Spirito santo nella costituzione e non soltanto nel
listituzione della Chiesa. Pi precisamente, essi non propongono una comprensione sufficientemente sviluppata del dato fondamentale secondo cui lo
Spirito di Cristo principio vitale di unit e insieme di molteplicit o cattolicit, legame vivente, essenziale e costitutivo, tra luno e i molti, consentendo
cos didentificare la costituzione della Chiesa nella comunione di molti fedeli
nellunico corpo del Signore, e la costituzione della Chiesa universale nel
la comunione delle molte Chiese locali, con il connesso superamento delle
conseguenze negative del cristomonismo, che considera il mistero della Chiesa unicamente a partire dal ministero, mettendo in ombra la responsabilit
affidata dallo Spirito allinsieme dei fedeli. In effetti, nei testi del Vaticano II
rilevabile una prevalente ecclesiologia universalistica affiancata da una germinale ecclesiologia eucaristica, incentrata sulle Chiese locali. E le due visuali
ecclesiologiche non sono approfondite in modo da offrire una concezione
unitaria della Chiesa universale come, costitutivamente, comunione di Chiese.119 Parimenti la Lumen gentium propone, semplicemente accostandole, due
ecclesiologie non conciliabili tra loro: la chiesa popolo di Dio e la chiesa societ gerarchizzata di potere sacro, frutto in larga parte dellinculturazione
del cristianesimo in occidente; e non giunge a una visione coerente di chiesa
considerata come comunit di persone di doni e di servizi.120
A questi grossi nodi irrisolti ne sono vincolati altri. Un primo nodo riguarda il rapporto tra primato e collegialit e il connesso rapporto tra Curia
romana e Chiese locali. Dal dettato della Lumen gentium emergono due tipi
di teologia nella costruzione dellidea di collegialit e anche del primato: a
partire luna dalla Chiesa universale, laltra dalle Chiese locali. Unintegrazio
ne interna delle due concezioni non operata dal Concilio, che cos delega
un potere normativo agli interpreti, i quali possono accentuare uno dei due
118
Cf COLAIANNI N., La critica del concilio 173. Alcuni dei nodi irrisolti elencati nel testo
sono echeggiati nel Sinodo straordinario del 1985 (cf Relazione finale II/C 8; II/D 5. 7, in KASPER, Il futuro dalla forza del Concilio 36 39 41).
119
Si vedano i contributi di Y. Congar, J.D. Zizioulas, H.-M. Legrand nel volume in col
laborazione curato da ALBERIGO G., Lecclesiologia del Vaticano II 97-164.
120
BOFF L., La visione incompleta del Vaticano II 55-65; ZIEBERTZ H.-G., Christliche Gemeinschaft von einer neuen Jahrtausend. Strukturen - Subjekte - Kontexte (Weinheim 1997) 19.
Vedere al riguardo le puntualizzazioni di J. Ratzinger in FISICHELLA R. (ed.), Lattuazione del
Concilio ecumenico Vaticano II.

158

Parte II: Il magistero pastorale del Concilio Vaticano II

tipi a preferenza dellaltro.121 Di fatto il nuovo codice, ad esempio, contempla


unicamente il primo tipo di collegialit.122
Un secondo nodo concerne lo statuto dellecclesiologia del Vaticano I
dopo la rilettura integrativa che di esso ha fatto il Vaticano II e, concretamen
te, la qualifica dinfallibilit predicata di alcune dichiarazioni della Pastor aeternus, che sono rilette dalla Lumen gentium e da questa inquadrate in una
prevalente ecclesiologia di comunione. Quali modifiche ha comportato tale
delicata operazione? riuscita, oppure rimasta incompiuta?
Collegato con questo nodo ve n un terzo riguardante la nozione di plena
potestas, antica nelle sue fonti, ma caratterizzata oggi dal vocabolario giuridico-politico del medioevo, che rimanda al diritto del sovrano. Per questo fatto,
essa conforme alla visione cristomonista del Vaticano I, da cui per si
distaccato il Vaticano II proponendo unecclesiologia di comunione. Questo,
infatti, utilizza ampiamente il termine munus, che esige un corrispondente
e proporzionato potere di compierlo, e radica tale munus non nel primato
ma nei sacramenti. Ne consegue che il munus del successore di Pietro pu
essere compreso solo in rapporto con il munus del collegio episcopale, per
cui il potere del primate non pi il potere totalizzante. Nei testi conciliari
le due concezioni, quella della plena potestas e quella del munus del collegio
episcopale e dei vescovi, sono co-presenti e causano, specialmente a livello di
istituzioni che cercano di tradurle operativamente (ad esempio, il sinodo dei
vescovi, le conferenze episcopali...), tensioni estenuanti e compromessi spesso
sterili, come note vicende del postconcilio hanno dimostrato.
Un quarto nodo concerne il fondamento del diritto nella Chiesa. Unec
clesiologia cristomonista tentata di pensare solo al diritto legato allorga
nizzazione interna del popolo di Dio e alla norma che esige dal fedele un
atteggiamento di sottomissione allautorit e di ubbidienza. Unecclesiologia
di comunione, invece, si costruisce su un diritto pi radicale, legato allo statuto del cristiano in forza del munus ricevuto nel battesimo e dei carismi di
cui stato gratificato dallo Spirito. Se si toglie tale jus radicale non c pi
comunione autentica. Queste due prospettive ecclesiologiche sono entrambe
presenti nei documenti conciliari e sono motivo di differenti interpretazioni
a proposito dei rapporti tra vescovi e presbiteri, vescovi e religiosi, pastori e
fedeli laici. In particolare, il Concilio non prospetta le conseguenze dellaf
fermata vera uguaglianza, pur nella diversit, tra pastori e fedeli, sicch la
partecipazione dei fedeli laici e dei membri degli istituti di vita consacrata
a organismi ecclesiali (sinodi, consigli...) generalmente ristretta allambito
consultivo, quando invece lo jus conferito dal battesimo e da carismi specifici,
stando allesperienza della Chiesa primitiva, esige di pi (il voto deliberativo)
121
Cf RATZINGER J., La collegialit episcopale, in BARAUNA G., La Chiesa del Vaticano II
745-747.
122
Cf CIC cann. 330-348.

Capitolo V: Comprensione conciliare dellazione pastorale...

159

nel processo decisionale insito nellazione ecclesiale comune al popolo di Dio.


Anche su questo punto, i testi conciliari non precisano lo jus dei pastori rispetto allo jus degli altri fedeli.123
Un ultimo nodo irrisolto, che merita di essere segnalato, riguarda i due
tipi di riflessione teologico-pastorale: luno applicativo di principi dottrinali
alla prassi, laltro induttivo ovvero interpretativo di una situazione rilevata e
progettuale ovvero volto a individuare mete pastorali da raggiungere. I documenti conciliari li utilizzano entrambi e li giustappongono. In non pochi
casi si tratta di una soluzione di compromesso, condizionata dalla situazione
della teologia pastorale del tempo. Nel periodo postconciliare stata sorgente
di tensioni (ad esempio, nei sinodi dei vescovi) tra coloro che utilizzavano il
primo tipo e coloro che privilegiavano il secondo.124
I limiti o lacune o nodi irrisolti elencati fanno capire, gi da soli, che non
c soltanto il compito di recepire e attuare il Vaticano II, ma anche quello di
approfondirne e portarne a pieno compimento le intuizioni fondamentali e le
dichiarazioni rimaste variamente allo stadio germinale.125
3.3. Attualit

Il problema dellattualit del magistero conciliare sulla tematica affrontata


non pu essere eluso n in linea di fatto, n in linea di principio. In linea di
fatto, perch c stato chi ha dichiarato di non essere n a favore n contro il
Concilio, ma semplicemente altrove,126 oppure chi ha prospettato gi alcuni
anni fa un Vaticano III,127 od ancora ha sollevato espressamente il problema.128 In linea di principio, perch il Concilio stesso dichiara, e lo si sottolineato, di volersi misurare con i problemi del suo tempo, pur mirando, nel
lenunciare principi, a superare i limiti del contesto storico in cui si esprime;
inoltre, perch esso fa necessariamente i conti con la congiuntura ecclesiale di
123
Si vedano su questi nodi irrisolti gli articoli di H. Pottmeyer, K. Walk, A. Acerbi e J.M.R.
Tillard nel volume curato da ALBERIGO G., Lecclesiologia del Vaticano II 71-96 187-234 311324. Inoltre gli studi di W.W. Basset e P. Huizing pubblicati da ALBERIGO G., Verso la Chiesa
del terzo millennio 142-171.
124
Si veda ad es. LAURENTIN R., Lvanglisation aprs le quatrime Synode (Paris 1975).
125
Per unaggiornata informazione, ancorch unidirezionale, circa non poche questioni
variamente affrontate dal Vaticano II e tuttora non risolte, cf MIETH D. - TEOBALD Ch. (edd.),
Questioni non risolte, in Concilium (1/1999).
126
Cf ad es. JOSSUA J.P., Il metodo teologico conciliare e la teologia oggi, in Il Regno doc.
(1975/5) 132s.
127
Si vedano ad es. i contributi di G. Alberigo, H. Kng, A. Mller nel volume curato da
ALBERIGO G., Verso la Chiesa del terzo millennio 39-107 135-141.
128
Cf RAHNER K., Il significato permanente del Vaticano II, in Il Regno doc. (1980/3) 73-77;
ACERBI A., La recezione del Concilio Vaticano II in un contesto storico mutato, in Concilium 17
(1981/6) 137-149.

160

Parte II: Il magistero pastorale del Concilio Vaticano II

quegli anni, che intende modificare. Ora la situazione attuale della Chiesa e
della societ , per molti versi, assai diversa da quella a cui fanno riferimento i
documenti conciliari. Non qui il caso di descrivere, anche solo a larghi tratti,
tali differenze. Ai fini di questo bilancio riassuntivo pi che sufficiente un
semplice elenco di fenomeni generalizzati e abbastanza noti, che caratterizzano, rispettivamente, gli anni del Concilio e quelli del postconcilio.
1. Il clima degli anni 1960 quello di un mondo occidentale uscito ormai
definitivamente dalla ricostruzione postbellica, reso ottimista da un crescente e rapido sviluppo economico e da prospettive di pace internazionale, che
paiono ormai assicurate; un mondo che sembra incamminato, sia pure tra
inevitabili difficolt, verso unepoca di pacifico progresso e di collaborazione
tra i popoli; un mondo in cui numerose energie collettive, sorte dallesigenza
di partecipazione civile e politica, paiono immettersi nelle istituzioni per rinnovarle. A questo clima non si sottrae il Concilio: dai suoi documenti, infatti,
traspare limmagine di un mondo che progredisce e al quale la Chiesa vuole
offrire un contributo specifico di conferma e di consenso.
2. La situazione ecclesiale di quegli anni quella di una Chiesa che, pur
essendo caratterizzata dai pi volte ricordati movimenti rinnovatori generalmente ristretti a minoranze attive, offre di s limmagine di unistituzione
internazionale salda, organizzata e uniforme, in cui le Chiese delloccidente
esercitano un ruolo dominante. Nel porla in una congiuntura di rinnovamento, il Vaticano II ha presenti strutture (organismi, associazioni laicali, istituti
religiosi, opere...), esperienze, iniziative e movimenti del tempo, che sono per
lo pi in fase di crescita e variamente attraversati da una corrente di ottimismo. Ci si riverbera nei testi conciliari, i quali anche se rilevano situazioni
ecclesiali difficili e critiche, si dimostrano tuttavia fiduciosi e propongono un
rinnovamento in termini di ringiovanimento e di progresso.
3. Dopo il Concilio, tale contesto sociale ed ecclesiale risulta profondamente e progressivamente cambiato. Il mondo occidentale sperimenta tutto il
peso di una competizione internazionale per il controllo delle risorse naturali,
che mette in crisi la solidariet tra i popoli. Ci causa un progressivo svuotamento del confronto ideologico tra est e ovest, perch socialismo e capitalismo rivelano uno stesso disegno di dominio e di possesso; fa emergere una
contrapposizione tra nord e sud, paesi non allineati dellemisfero sud contro
paesi dei due blocchi; suscita un grande allarme per il benessere e ingenera
pessimismo per il futuro del progresso e della pace. Gli eventi degli anni novanta cambiano profondamente lo scenario politico, economico e culturale
mondiale, aggravando ulteriormente il divario tra paesi dellemisfero nord
e quelli dellemisfero sud. Lo sviluppo di nuove tecnologie sofisticate non
accompagnato da un nuovo progetto di societ, sostitutivo di quello ormai
segnato da profonde crisi in tutte le sue istituzioni; produce, anzi, una crescente disoccupazione e crea nuovi problemi. Si ha la fine del complesso di

Capitolo V: Comprensione conciliare dellazione pastorale...

161

superiorit delloccidente, la planetarizzazione di tutti i problemi, la trasformazione dello status sociale e culturale delle donne e, quindi, della coppia e
della famiglia, lemergere di culture o subculture giovanili, il mutamento del
quadro dei valori con laffermarsi dellesperienza vissuta, del privato e del
lindividualismo edonistico come valore fondamentale, lemergere di nuovi
segni dei tempi. Il progressivo affermarsi di una cultura postmoderna.
4. Tutto questo influisce in modi e misure differenti sulla situazione del
la Chiesa postconciliare, impegnata nellattuare il Vaticano II. Ecco alcuni
fenomeni vistosi che caratterizzano tale periodo: numerosi tentativi di riappropriarsi la Parola di Dio e i simboli da parte del popolo di Dio; la volont di partecipazione espressa in nuovi organismi (sinodi, consigli, consulte,
convegni...) e interventi autorevoli limitativi o paralizzanti della medesima;
deistituzionalizzazione accelerata di vecchie istituzioni (organismi laicali, isti
tuti religiosi...) e creazione di nuovi tessuti strutturali (nascita di nuovi movimenti ecclesiali, comunit di base...) o rafforzamento di vecchi tessuti adattati alle nuove esigenze (curie, istituti religiosi, organizzazioni, seminari...);
declino della centralit delle Chiese occidentali ed emergere delle Chiese
dellemisfero sud e delloriente con una loro problematica teologica ed ecclesiale; polarizzazione profonda, spesso accompagnata da paura o da scelte
sociali dei cristiani; ecumenismo attivo a livello teorico, con poca incidenza
sulla pratica pastorale; dialogo sempre ambiguo tra Chiesa e mondo per le
differenti posizioni e scelte dei membri della Chiesa; sviluppo del dialogo
con le grandi religioni, che richiede nuove forme di evangelizzazione, proprio mentre si verifica una crisi missionaria dovuta al declino della Chiese
delloccidente; crescente impegno nella difesa dei diritti umani e rinnovato
desiderio dinteriorit; distanza tra istituzioni ecclesiastiche e societ attuale;
problemi attinenti lautorit nella Chiesa; difficile passaggio da un monocentrismo a un policentrismo ecclesiale e da una monocultura occidentale a un
corretto dialogo interculturale.129
5. Questi profondi mutamenti avvenuti allinterno delle societ e delle
Chiese di antica e nuova cristianit mettono a nudo, su un versante, la caducit di vari aspetti del Vaticano II. Determinate situazioni intraecclesiali ed
extraecclesiali rilevate nei vari documenti e specialmente nella Gaudium et
spes non sono pi quelle di oggi. Alcune impostazioni dottrinali del Concilio si dimostrano insufficienti per risolvere problemi posti, ad esempio, dalle
comunit ecclesiali di base, da nuovi movimenti ecclesiali, dalla questione
femminile, dallinvecchiamento di Chiese delloccidente e dal calo delle vo129
Si vedano i contributi di J. Kerkhofs; G. Gutirrez, V. Cosmao, G. Defois, F.X. Kauf
mann, G. Pattaro nel volume curato da ALBERIGO G., Lecclesiologia del Vaticano II 5-70; METZ
J.B., In cammino verso una chiesa mondiale culturalmente policentrica, in KAUFMANN F.X. METZ J.B., Capacit di futuro. Movimenti di ricerca nel cristianesimo (Brescia 1988) 89-121.
Questa problematica verr affrontata nella prima parte del volume II.

162

Parte II: Il magistero pastorale del Concilio Vaticano II

cazioni ecclesiastiche e di speciale consacrazione. La comprensione conciliare dellazione pastorale e dellazione ecclesiale ritenuta inadeguata da successivi sviluppi della teologia pratica, che verranno esposti nella terza parte.
Numerose indicazioni operative e prescrizioni canoniche, ad esempio, luso
della lingua volgare nella liturgia, si rivelano ormai decisamente superate dal
lattuale prassi ecclesiale e in seguito allavvenuta promulgazione del codice
rinnovato. E lelenco potrebbe continuare.
6. Tali profondi mutamenti mettono in luce, su un altro versante, la permanente validit e lattualit di altri numerosi aspetti del Vaticano II, perch
sono la traduzione contemporanea di valori evangelici. Cos, a mio parere,
restano tuttora valide le indicazioni conciliari riguardanti il carattere pastorale o meglio, pratico del magistero ecclesiale. Rivestono un valore permanente le grandi dichiarazioni fatte in tema di coscienza, rinnovamento e
dialogo. Aprono nuove e promettenti possibilit allazione e alla riflessione
teologico-pratica gli orientamenti conciliari attinenti lanalisi e interpretazio
ne teologiche della situazione, i segni dei tempi e la progettazione pastorale
alla luce della fede.
7. Concludendo. Gli elencati profondi mutamenti postconciliari fanno s
che specialmente le giovani generazioni sentano il Vaticano II come un avvenimento pi o meno distante. A quanti, invece, lhanno vissuto o vi hanno
variamente partecipato fanno capire che le grandi scelte da esso operate sono
assai pi complesse e pi difficili da attuare di quanto si potesse prevedere a
quel tempo. Questa costatazione non consiglia, certo, criticabili atteggiamenti
rinunciatari e, tanto meno, anacronistiche e sterili iniziative restauratrici. Sottolinea piuttosto la gravit delle responsabilit storiche affidate dal Vaticano
II alla Chiesa del terzo millennio e lurgenza di assolverle con realismo pastorale, con rinnovato coraggio e con inventiva apostolica.

Parte terza

ATTUALI PERCORSI E PROGETTI


IN AMBITO EUROPEO
Nota Bibliografica
ADLER D., Percorsi di teologia pastorale in area francofona, in StPat 43 (1996) 24-55.
ATKINSON D. - FIELD D. (eds.), New Dictionary of Christian Ethics and Pastoral Theology (Leicester 1995).
CALVO F.-J., Pastoral, in FLORISTAN C. - TAMAYO J.J. (a cura), Conceptos fundamentales
de Pastoral (Madrid 1984) 715-727.
CARTLEDGE M.J., Practical Theology. Charismatic and Empirical Perspectives (Glasgow 2003).
COLLECTIF, La thologie pratique protestante dexpression franaise: o en est-elle?, in
Cahiers de lInstitut romand de pastorale n. 12-13 (mai 1992).
FLORISTAN C., Teologa prctica. Teora y praxis de la accin pastoral (Salamanca 1991).
FUCHS O. (Hrsg.), Theologie und Handeln. Beitrge zur Fundierung der Praktischen
Theologie als Handlungstheorie (Dsseldorf 1984).
GALLAGHER M.P., Questioni di teologia pastorale in area irlandese, in StPat 47 (2000)
93-108.
HASLINGER H. (Hrsg.), Handbuch praktische Theologie (Mainz 1999).
KAEMPF B., Rception et volution de la Thologie Pratique dans le protestantisme, in
ROUTHIER G. - VIAU M. (eds.), Prcis de Thologie Pratique (Montral 2004) 9-25.
KLOSTERMANN F. - ZERFASS R. (Hrsg.), Praktische Theologie heute (Mnchen - Mainz
1974).
LANZA S., Teologia pastorale, in CANOBBIO G. - CODA P. (edd.), La teologia del XX
secolo. Un bilancio. 3. Prospettive pratiche (Roma 2003) 393-475.
MALDONADO L.A., Percorsi di teologia pastorale. La riflessione in area spagnola, in
StPat 46 (1998) 15-42.

164

Parte III: Attuali percorsi e progetti in ambito europeo

MARL R., Le projet de Thologie pratique (Paris 1979).


METTE N., Theorie der Praxis. Wissenschaftsgeschichtliche und methodologische Untersuchungen zur Theorie-Praxis-Problematik innerhalb der praktischen Theologie
(Dsseldorf 1978).
MIDALI M., Percorsi di teologia pastorale. La riflessione in area italiana, in StPat 47
(2000) 331-381.
REYMOND B. - SORDET J.-M. (eds.), La Thologie pratique. Statut, Mthodes, Perspectives davenir (Paris 1993).
SCHWITZER F. - VAN DER VEN J.A. (eds.), Practical Theology - International Perspectives
(Frankfurt a.M. 1999).
SEVESO B., Edificare la Chiesa. La teologia pastorale e i suoi problemi (Leumann [Torino] 1982).
, Teologia pastorale in Enciclopedia di Pastorale (Casale Monferrato 1992) I 401432.
, Tracciati e prospettive di teologia pastorale in contesto italiano, in ANTHONY F.-V.
(ed.), Seguire i percorsi dello Spirito (Roma 1999) 25-46.
STECK W., Praktische Theologie (Stuttgart 2000).
TRENTIN G. - BORDIGNON L. (edd.), Teologia pastorale in Europa. Panoramica e approfondimenti (Padova 2003). Contributi di M. Midali (area italiana), G. Adler
(area francofona), H. Windisch (area tedesca), L.A. Maldonado (area spagnola),
M.P. Gallagher (area irlandese), F. Genre (ambito riformato), G. Limouris (ambito greco-ortodosso).
VAN DER VEN J.A - SCRERER-RATH M. (eds.), Normativity and Empirical Research in
Theology (Leiden-Boston 2004).
ZERFASS R. - GREINACHER N. (Hrsg.), Einfhrung in die Praktische Theologie (Mnchen - Mainz 1976).

Nel periodo che va dagli anni 1960 a fine anni 1990, dietro il forte impulso
impresso dal Vaticano II, ma anche per le notevoli sollecitazioni provenienti
da situazioni socioculturali ed ecclesiali in movimento, si registrato un considerevole sforzo di ricerca e di approfondimento nellambito della teologia
pastorale e della teologia pratica. quindi del tutto legittimo chiedersi a che
punto sono giunte le ricerche e, pi precisamente, che cosa sintende oggi
indicare con le due dizioni teologia pastorale e teologia pratica.
Per rispondere alla domanda si potrebbero seguire varie vie, non necessariamente divergenti. Si potrebbe privilegiare una determinata regione teo
logica verso la quale vanno le proprie preferenze, e riservare alle altre dei
semplici cenni integrativi.1
1
In questa linea pu essere collocato, ad esempio, il volume in collaborazione curato da
KLOSTERMANN F. - ZERFASS R., Praktische Theologie heute (Mnchen - Mainz 1974), opera fon
damentale, a cui ci si riferir costantemente nella presente ricerca.

Parte III: Attuali percorsi e progetti in ambito europeo...

165

Oppure si potrebbero definire i punti su cui si raggiunto un sostanziale


accordo tra gli autori e segnalare quelli su cui le posizioni divergono.2 Si potrebbe ancora fare il punto della situazione, presentando le varie correnti di
pensiero, i progetti resi di dominio pubblico, i problemi allo studio e le piste
di ricerca.3
Nel redigere questa parte ho scelto questultima via e per delle ragioni,
credo, assai plausibili. Innanzitutto perch lattuale situazione di queste due
discipline teologiche caratterizzata da un ricco mosaico di tentativi e di studi
che rispecchiano differenti aree socio-culturali ed ecclesiali, per cui sarebbe
non solo difficile, ma sicuramente rischioso sia privilegiarne alcuni rispetto ad
altri sia tentarne unarmonizzazione. La via scelta verr poi meglio incontro
alle esigenze dinformare sullargomento in maniera sufficientemente completa ed aggiornata. Essa infine non esclude i vantaggi delle altre due, anzi
consente forse di raggiungerli meglio.
Debbo ancora precisare che non intendo fare una specie di bilancio completo dellattuale ricerca sullargomento in esame come altri hanno fatto con
la storia della teologia pastorale nel secolo XX.4 N posso anche solo sintetizzare numerosi dati messi in luce da alcune recenti ricognizioni circa i percorsi di teologia pratica seguiti negli ultimi decenni nellarea di lingua francese, inglese, italiana, olandese, spagnola e tedesca.5
Atteso limpostazione della presente ricerca, mi limito ad un discorso di
tipo generale e vorrei semplicemente offrire una visione di sintesi della produzione apparsa dopo il Concilio Vaticano II. Mi atterr alla letteratura, notevole per mole e qualit, del periodo indicato, con particolare riferimento
a quella che, oltre a rivestire un valore pi universale, pu essere pi significativa e illuminante per lattuale contesto ecclesiale. Inoltre, in questa parte
vengono esaminati progetti e correnti emersi nelloccidente europeo. I noti
regimi totalitari hanno impedito alle chiese dellEuropa dellest di elaborare
una propria riflessione in merito.
Infine, seguendo un procedimento adottato nella prima parte, tratto in
In questa ottica si muovono, ad es., in campo cattolico: LIG P.A., Une thologie de la
praxis de lglise, in Le point thologique. Recherches actuelles I (Paris 1971) 51-96; COLEMAN
G.D., The trouble with pastoral theology, in AER 168 (1974) 651-667; SPIAZZI R., I libri di
testo e la situazione della Teologia Pastorale, in Seminarium 28 (1976) 484-506; SCHRER H.,
Tendenzen neuerer katholischer Praktischer Theologie, in VuF 20 (1976) 2-21. In campo protestante: CHAPPUIS J.M., La thologie pratique aujourdhui, in BCPE (4/1971) 21; STECK, Die
wissenschaftliche Situation der Praktischen Theologie, in WPKG 64 (1975) 65-79; DAIBER K.F.,
Grundri der Praktischen Theologie als Handlungswissenschaft (Mainz - Mnchen 1977) 9-23.
3
In questa prospettiva si muovono, ad es., i saggi di Floristan, Marl e Seveso riportati nella
nota bibliografica.
4
Cf SCHURR V., Teologia pastorale, in VAN DER GUCHT R. - VORGRIMLER H. (edd.), Bilancio
della teologia del XX secolo vol. III (Roma 1972) 399-469.
5
Si vedano gli studi di Adler, Collectif, Floristan, Gallagher, Kaempf, Maldonado, Midali,
Schweitzer, Severo, van der Ven riportati nella nota bibliografica.
2

166

Parte III: Attuali percorsi e progetti in ambito europeo

distinti capitoli le correnti e i progetti emersi rispettivamente in ambito cattolico e in ambito protestante. Per quanto riguarda larea cattolica, distribuisco
labbondante produzione in tre capitoli che rispecchiano, oltre che tre momenti storici successivi, un progressivo approfondimento della configurazione di questa disciplina. Dedico poi un apposito capitolo ad alcune questioni
in cui il dialogo interconfessionale ha registrato rilevanti punti di convergenza, senza peraltro chiudere la porta ad ulteriori chiarimenti.

Capitolo VI

IL MANUALE DI TEOLOGIA PASTORALE


E IL SUPERAMENTO
DELLA SUA VISUALE ECCLESIOLOGICA

Nel mondo teologico tedesco degli anni 1960 avviene un intenso confronto con la problematica teologico-pratica, nella realizzazione del noto Manuale
di teologia pastorale. La teologia pratica della Chiesa nel suo presente.1 Curato
da Franz Xavier Arnold, Ferdinand Klostermann, Karl Rahner, Viktor Schurr
e Leonhard M. Weber con la collaborazione dei pastoralisti pi rappresentativi di quegli anni, tale manuale costituisce un notevole tentativo di mettere
a punto unemergente corrente di pensiero teologico-pastorale qualificato
come teologico-pratico. Pur essendo stato ideato negli anni del Concilio, non
stato da questi superato. Anzi, ne ha anticipato, approfondito e allargata la
tematica riguardante lazione della Chiesa in prospettiva di futuro. Ha avuto ampia risonanza internazionale, ha suscitato un approfondito dibattito ed
indubbiamente rivelativo del profondo rinnovamento attinente la teologia
pratica verificatosi negli anni sessanta.
1. LA PROPOSTA DEL MANUALE DI TEOLOGIA PASTORALE
1.1. Il progetto

La riflessione dampio respiro prodotta dalla voluminosa opera risponde a sollecitazioni di diversa provenienza e convergenti: la costatazione dei
vasti e profondi cambi socio-culturali del tempo, che provocano la Chiesa a
una radicale revisione della propria collaborazione nellumanit; lo sviluppo
dellecclesiologia, in larga parte recepito dal Vaticano II, che fa emergere il
1
Handbuch der Pastoraltheologie. Praktische Theologie der Kirche in ihrer Gegenwart, 5
voll. (Freiburg 1964-1969). Il vol. I stato rieditato e solo parzialmente aggiornato nel 1970.
Il dizionario, costituito dal vol. V, inizialmente pensato come riepilogo analitico dellintera
opera, ma cerca poi una propria strada e integra il manuale riservando un pi ampio spazio
allanalisi delle situazioni (cf HPTh V, p. VII).

168

Parte III: Attuali percorsi e progetti in ambito europeo

disagio di una pastorale incapace di accoglierne gli stimoli innovatori; la situazione dellazione pastorale stessa caratterizzata per lo pi dallimprovvisa
zione e, a volte, da atteggiamenti ansiosi e reazionari, non priva di iniziative
coraggiose generalmente limitate, e carente completamente di una progettazione pastorale, teologicamente fondata, in grado di coinvolgere tutti i settori
della vita ecclesiale e di rispondere alle sfide del tempo.2
Di fronte a tale situazione, il manuale si prefigge di reimpostare e sviluppare
in modo rigoroso, da un punto di vista epistemologico, lintera problematica
teologico-pastorale. Per questo, a differenza di concezioni della manualistica
tradizionale, privilegia nettamente la trattazione riservata alla teologia pastorale fondamentale rispetto a quella dedicata alla teologia pastorale speciale.
Il discorso fondamentale non costituisce semplicemente il cappello teologico
sovrapposto alle indicazioni pratiche. Ottiene piuttosto priorit logica e valenza epistemologica, nel senso che il discorso di teologia pastorale speciale
deve strutturarsi in coerenza con la riflessione fondante.3
Nellideazione dellopera vi un confronto tra i partecipanti circa il principio teologico da porre a fondamento dellintera riflessione teologico-pasto
rale.4 Simpone la proposta di K. Rahner che per il principio ecclesiologico
condensato nella formula: autorealizzazione della Chiesa nelloggi. Giuoca a
favore di tale scelta il fatto che essa si ricollega a una lunga tradizione eccle
siologica difesa dalla scuola di Tubinga (in particolare da A. Graf) e rimessa in
luce dagli studi di Arnold; inoltre, il clima caratteristico del periodo conciliare
e, probabilmente, la sua maggiore affidabilit rispetto alle altre.5
Tale principio ecclesiologico delimita loggetto materiale e formale proprio di questa disciplina e, quindi, il sua concezione (statuto epistemologico).
Il manuale fa sua la proposta emergente secondo cui loggetto materiale del
la teologia pastorale non pu limitarsi, come nella manualistica classica, alla
figura del pastore danime, ma deve porre a tema la vita della Chiesa nel suo
complesso, cio la realizzazione della Chiesa attraverso linsieme delle sue
attivit.
Loggetto formale di questa disciplina ravvisato nel presente ecclesiale,
nel suo realizzarsi qui-ora conforme al suo essere e dover essere. Tale oggetto
formale distinto tanto dallessenza permanente della Chiesa (studiata dal
Cf HPTh I 5.
Cf HPTh I 5 109s.
4
G. Griesl ricorda i contributi di F.X. Arnold (la tematica del divino-umano), K. Delahaye (principio di corrispondenza tra appello di Dio e risposta delluomo), F. Klostermann
(principio apostolico della continuazione della missione di Cristo), H. Aufderbeck (principio delleconomia di salvezza come trasfigurazione del mondo), J.M. Reuss (principio del
lincarnazione come sviluppo del divenire uomo da parte di Dio) (cf GRIESL G., Praktische
Theologie 145).
5
Cf RAHNER K., Plan und Aufri eines Handbuches der Pastoraltheologie, als Manuskript
gedruckt (Freiburg 1962); GRIESL G., Praktische Theologie 145; PADBERG R., Zum theologischen
Grundverstndnis der Praktischen Theologie, in ThGl 63 (1973) 424-436.
2
3

Capitolo VI: Il Manuale di teologia pastorale...

169

lecclesiologia dogmatica), quanto dalla storia passata della Chiesa. I risultati


ottenibili dallanalisi e interpretazione teologica della situazione presente del
popolo di Dio conducono allelaborazione di una strategia per la Chiesa, capace di superare una concezione puramente tattica di precedenti formulazioni pastorali.6
Su questa base persino il nome di questa disciplina risulta problematico,
perch storicamente riservato a indicare la riflessione sullattivit del pastore danime, in senso clericale. Come equivalente di teologia pastorale viene
usata la formula teologia pratica, perch il suo oggetto non semplicemente
il pastore danime, ma la comunit ecclesiale nella sua interezza, ivi compresi
ovviamente i ministri responsabili.7
Coerentemente agli scopi dichiarati, il manuale si articola in tre parti: 1)
lintroduzione, costituita da una ricognizione storica dellazione e della riflessione pastorale, diretta a delimitare la problematica e le linee qualificanti;8
2) la fondazione, dedicata allanalisi degli elementi che definiscono il campo
della teologia pastorale fondamentale;9 3) la realizzazione, riservata allespo
sizione della tematica propria della teologia pastorale speciale.10
1.2. Delimitazione e fondazione delloggetto

Il principio ecclesiologico informatore della concezione di teologia pastorale fatto proprio dal manuale motivato innanzitutto da una rilettura della
vicenda storica di questa disciplina, a partire dalla sua istituzione come materia
universitaria. Tale rilettura compiuta da H. Schuster, discepolo di K. Rahner e
direttore dellopera, guidata dalla persuasione che a monte di ogni riflessione
teologico-pratica vi sempre una concezione, spontanea o riflessa, di Chiesa,
che determina la validit o meno di tale riflessione. Concretamente, i singoli
momenti storici sono valutati in base allo spessore ecclesiologico da essi esibito, come si potuto rilevare nel primo capitolo della presente trattazione.11
Al termine della ricerca, lautore fa emergere limportanza e lurgenza di
chiarire il rapporto tra ecclesiologia e teologia pastorale. A suo giudizio, la teo
logia pastorale condivide il proprio oggetto materiale con lecclesiologia dogmatica e tra le due discipline vi un incrocio tematico. In effetti, la teologia
pastorale unecclesiologia esistenziale, perch ha come compito specifico
quello di elaborare imperativi per lautorealizzazione della Chiesa. Essa supCf RAHNER K., Plan und Aufri 5-14; HPTh I 5s.
Cf HPTh I 5 83s 89s.
8
Cf HPTh I 13-117.
9
Cf HPTh I 119-485; II/1.
10
Cf HPTh II/2 III IV.
11
Cf HPTh I 40-92. Nella ricognizione storica della prima parte di questa ricerca ci si
costantemente riferiti a tale schizzo storico.
6
7

170

Parte III: Attuali percorsi e progetti in ambito europeo

pone unadeguata ecclesiologia essenziale, il cui compito quello di studiare


lessenza permanente della Chiesa. Qualora questa non fosse disponibile, la
teologia pastorale dovrebbe elaborarla essa stessa, facendo opera di supplenza. Daltra parte, unecclesiologia dogmatica che intenda essere fondamento
adeguato per la teologia pastorale deve prestare ascolto agli interrogativi pratici che questa solleva: un compito questo, si fa notare, non facilmente realizzabile dallecclesiologia e, in generale, dalla sistematica.12
Oltre che in base a una ricognizione storica, la definizione delloggetto del
la teologia pastorale giustificato pure con la presentazione di uno schizzo di
ecclesiologia.13 Limpresa compiuta da K. Rahner, il quale rileva che unecclesiologia percorribile da parte della teologia pastorale non pu limitarsi alle
conoscenze offerte dallecclesiologia tradizionale e neppure alle acquisizioni
dellecclesiologia biblica, i cui modelli (come sposa di Cristo, corpo mistico,
popolo di Dio e altri) esigono ulteriori mediazioni per essere utilizzati in teologia pastorale.
La proposta ecclesiologica posta a fondamento dellopera, perch ritenuta
capace di aprire valide prospettive alla riflessione teologico-pratica, espressa
in questo asserto: La Chiesa la comunit, legittimamente organizzata come
societ, nella quale, mediante la fede, la speranza e lamore, la Rivelazione di
Dio (come sua autocomunicazione), escatologicamente completa in Cristo,
rimane presente come realt e verit per il mondo.14
Illustrando lecclesiologia condensata in questo asserto, K. Rahner ha modo
di riproporre le note sue tesi di teologia trascendentale attinenti la Rivelazione
come autocomunicazione della verit e dellamore di Dio nella storia umana,
avvenuta in modo definitivo in Cristo. Ha modo pure di mettere in luce le seguenti caratteristiche formali della Chiesa intesa appunto come presenza storica di tale autocomunicazione divina: il suo rimando al mistero incommensurabile di Dio; il suo essere sacramento fondamentale (Cristo detto sacramento
originario), cio visibilizzazione storica della grazia vittoriosa di Cristo; il suo
radicamento nel nuovo diritto del Vangelo che ne definisce lessenza permanente di visibile presenza della verit e dellamore di Dio; il suo essere segno
una volta per sempre, quindi, la sua dimensione escatologica; il fatto che la
sua essenza permanente si realizza in mutevoli forme storiche; limpossibilit
di unadeguata riflessione circa la corrispondenza tra la validit escatologica
della sua essenza permanente e le sue nuove e attuali realizzazioni.15
Tale storicit della Chiesa e di ognuna delle sue caratteristiche comporta
che essa si costruisca nella storia e attraverso scelte storiche, ed evidenzia la
dialettica esistente tra la sua essenza permanente e la sua forma storica conCf HPTh I 93-97.
Cf HPTh I 121-156.
14
HPTh I 124.
15
Cf HPTh I 138-152.
12
13

Capitolo VI: Il Manuale di teologia pastorale...

171

tingente. Ci motiva e delimita il campo proprio della teologia pastorale, che


appunto costituito dallo studio dellautorealizzarsi della Chiesa nelle forme
storiche corrispondenti al tempo presente.16
Costituzionalmente correlata allautocomunicazione divina, lautorealizza
zione della Chiesa ne ripete la struttura. La sua prima realizzazione si colloca
nella linea della verit creduta con lascolto della Parola, che fondamento
e orizzonte dellannuncio e dellinsegnamento di tale Parola. La sua seconda
realizzazione fondamentale si colloca nella linea dellamore di Dio, accettato
con amore e donato nella vita cristiana, nei sacramenti e nella preghiera. Le
tre virt teologali esprimono, nel loro reciproco rapportarsi, queste due dimensioni essenziali del realizzarsi storico del popolo di Dio. I diversi atti concretizzano, con modalit e intensit differenti, tale autorealizzazione e pongono lesigenza di recuperare sempre di nuovo le diverse attuazioni storiche
nellunit dellautorealizzarsi della Chiesa come verit e amore.17
Questa delimitazione delloggetto proprio della teologia pastorale giudicata pi originaria rispetto a quella tradizionale, incentrata sui tre uffici di
Cristo e riconducibile ai due poteri ecclesiastici, di ordine e di giurisdizione,
perch questultima, di fatto, esprime una gradazione di tipo giuridico-sacrale
del coinvolgimento della Chiesa nella sua realizzazione.18
La categoria dellautorealizzazione riprende pure la storicit dellautoco
municazione divina, compresa in un orizzonte trascendentale come autotrascendimento dellente. In effetti, il realizzarsi della Chiesa non un dato accidentale, ma la storia della sua essenza diveniente. La Chiesa conosce tutte
le caratteristiche della storia umana: linizio di cui non si pu disporre; uno
sviluppo che si rivela come ripresa dei propri inizi, i quali si chiariscono solo
nel corso di tale sviluppo; superamento dei propri inizi e, quindi, emergere
del nuovo; esperienza dellimprevisto e del rischio, che non sono eliminati dal
fatto che la Chiesa abbia una comprensione della propria essenza. In sintesi,
la Chiesa si ritrova nella propria essenza concreta solo nella totalit della propria storia, intesa non come puntuale successione di accadimenti, ma come
ripresa della propria essenza. Sicch ci che caratterizza tale sua storicit non
il permanere, ma il realizzarsi sempre di nuovo.19
1.3. La tematica materiale

Delimitato e giustificato loggetto proprio della riflessione, il manuale ne


offre unampia descrizione. Lintera tematica dellecclesiologia essenziale e
Cf HPTh I 122 138.
Cf HPTh I 129s 134-137.
18
Cf HPTh I 130-134.
19
Cf HPTh I 147-149.
16
17

172

Parte III: Attuali percorsi e progetti in ambito europeo

non pochi temi di dogmatica sono trascritti in chiave teologico-pratica, in


modo da costituire una solida e valida fondazione di questa disciplina. Concretamente, vengono trattati i seguenti argomenti:
I soggetti dellautorealizzazione.20 Al riguardo si affronta la problematica
attinente: la Chiesa nel suo insieme (e non semplicemente la gerarchia) come
soggetto dellautorealizzazione, sulla base della sua costituzione pneumatica e
ministeriale; la diversit di funzione propria del singolo cristiano, inteso come
soggetto attivo dellautoedificazione ecclesiale, con particolare riferimento al
la dialettica storica tra carisma e ufficio; lunit dellufficio nella Chiesa (rappresentato nellufficio di Pietro) e la sua partecipabilit differenziata a una
pluralit di soggetti concreti, secondo le esigenze dei tempi, quindi, la ricomprensione della figura del vescovo e della diocesi, del presbiterio e della figura
del parroco, delle funzioni diaconali e del papato come soggetto supremo
dellautorealizzazione della Chiesa.
Le funzioni fondamentali della Chiesa riconducibili alle sue attivit. Giustificata la loro pertinenza, rigorosit e adeguatezza in ordine alla realizzazione
complessiva del popolo di Dio, e chiariti i loro rapporti con altre enumerazioni tradizionali delle medesime,21 si offre di ciascuna una descrizione diretta
a verificarne la conformit con lessenza della Chiesa, su un versante, e, su un
altro versante, laderenza alla situazione storica contemporanea. Sono enumerate e descritte: la predicazione della Parola di Dio come parola missionaria
ai non credenti,22 come predica alla comunit cristiana23 e come catechesi nellistruzione;24 la celebrazione della liturgia come mistero della Chiesa
che tocca il suo vertice nellEucaristia;25 lamministrazione dei sacramenti;26
lordinamento e la disciplina della Chiesa;27 lattuazione concreta della vita
cristiana con particolare attenzione al suo servizio al mondo;28 la caritas inte20
La problematica affrontata da K. Rahner om HPTh I 157-232 [ed. it.: RAHNER K., Fondamenti della teologia pastorale (Roma - Brescia 1969) 57-160].
21
Largomento svolto da K. Rahner (cf HPTh I 233-235) [ed. it.: Studi di teologia pastorale, 5. Funzioni della Chiesa (Roma - Brescia 1971) 7-11].
22
Anche questo argomento trattato da K. Rahner (cf HPTh I 237-246) [ed. it.: Studi di
teologia pastorale, 5, 13-25].
23
Il tema svolto da V. Schurr (cf HPTh I 247-293) [ed. it.: Studi di teologia pastorale, 5,
26-83].
24
Largomento trattato da R. Padberg (cf HPTh I 294-317) [ed. it.: Studi di teologia pastorale, 5, 84-114].
25
Largomento studiato da M. Lhrer (cf HPTh I 317-356) [ed. it.: Studi di teologia pastorale, 5, 115-163].
26
Il tema studiato da K. Rahner (cf HPTh I 356-366) [ed. it.: Studi di teologia pastorale,
5, 165-178].
27
I due argomenti sono affrontati rispettivamente da K. Rahner e da L. Hofmann (cf HPTh
I 367-399).
28
Il tema affrontato da R. Vlkl (cf HPTh I 389-415) [ed. it.: Studi di teologia pastorale,
5,193-211]. Nella seconda edizione avviene una rifusione per conformare il saggio agli intenti
del manuale.

Capitolo VI: Il Manuale di teologia pastorale...

173

sa come assistenza istituzionalizzata, espressione dominante dellamore nella


vita ecclesiale.29
Gli aspetti sociali dellautorealizzazione, collegati con la dimensione sociale della Chiesa e con la situazione umana e storica dei suoi membri. La trattazione in merito studia i rapporti tra sociologia e teologia pastorale, e riprende il capitolo di sociologia della religione dedicato allistituzionalizzazione
della religione, applicandolo al cristianesimo, alla Chiesa e ai distinti settori
dellagire ecclesiale: la razionalizzazione dei modelli di verit; listituzione
di modelli di comportamento morale e di controllo sociale; lorganizzazione
del culto; la valenza ideologica nella costruzione del patrimonio veritativo;
la produzione di meccanismi dintegrazione sociale; listituzione di processi
dinteriorizzazione dei modelli di comportamento; la definizione dei processi
di comunicazione intraecclesiale; la propaganda della Chiesa.30
I presupposti antropologici. Per descriverli, si rivisitano temi fondamentali di antropologia teologica che hanno una particolare rilevanza per lazione
pastorale e per la connessa riflessione. Sono radunati attorno allesistenziale
soprannaturale e articolati in cinque dimensioni: lessere la persona umana
partner di Dio; la sua situazione di libert storico-mondana; il suo essere con
e per gli altri; lessere progetto sul futuro; lesperienza del fallimento e del
totale essere messo in questione nellindisponibilit di una risposta. A queste
dimensioni si aggiunge la dualit sessuale e sillustra il differente apporto del
luomo e della donna alla vita della Chiesa.31
Le strutture formali fondamentali che concorrono a qualificare le modalit della realizzazione della Chiesa, tenuto conto dellincessante sviluppo
della societ e delle mutevoli condizioni di vita. A questo proposito, sono
affrontate queste tematiche: la distinzione (gi ampiamente illustrata da Arnold) tra processo di salvezza e mediazione di salvezza;32 le varie forme e possibilit di piet cristiana (trascendentale e categoriale, personale e
sacramentale, carismatica e istituzionale);33 il rapporto tra lite e massa nella
vita della comunit;34 la partnership nella Chiesa e la struttura dialogale della

29
Largomento trattato da R. Vlkl (cf HPTh I 415-448) [ed. it.: Studi di teologia pastorale,
5, 213-254]. Anche questo saggio stato rivisto nella seconda edizione per recepire il dettato
del Vaticano II.
30
Lo studio di tale argomento porta la firma di N. Greinacher [cf HPTh I 449-485) [ed. it.:
Studi di teologia pastorale, 6. Chiesa uomo e societ (Roma - Brescia 1970) 51-101].
31
La tematica antropologica generale riassunta da K. Rahner; lultimo argomento svolto
da U. Ranke-Heinemann (cf HPTh II/1 20-54) [ed. it.: Studi di teologia pastorale, 6, 9-49].
32
La trattazione del tema curata dalla redazione [cf HPTh II/1 55-61) [ed. it.: Studi di
teologia pastorale, 1. La salvezza nella Chiesa (Roma - Brescia 1968) 11-18].
33
Largomento affrontato da K. Rahner (cf HPTh II/1 61-79) [ed. it.: Studi di teologia
pastorale, 1, 19-39].
34
Il tema studiato da N. Greinacher (cf HPTh II/1 79-102) [ed. it.: Studi di teologia pastorale, 1, 41-69].

174

Parte III: Attuali percorsi e progetti in ambito europeo

comunicazione intraecclesiale;35 la considerazione delle varie et nellinte


grazione alla vita della comunit;36 la corretta struttura formale della predicazione del messaggio cristiano, avendo presenti la distinzione e il legame
tra cherigma e dogma; linteriorit del fatto religioso e le caratteristiche della
propaganda cristiana; la differenza e lo scarto storico tra morale vissuta e
morale annunciata; le strutture tattiche della cura danime con riferimento
alla delimitazione delle funzioni e competenze in base al criterio territoriale e
personale, alla pastorale diretta e indiretta, al principio di sussidiariet.37
1.4. Loggetto formale38

Il punto di vista formale dal quale considerata la tematica appena enumerata costituito dal legame costitutivo che la realizzazione della Chiesa ha
con la situazione attuale.
Fin dal suo nascere la teologia pastorale si interessata a determinate esigenze di ciascuna epoca, orientando conseguentemente lazione pastorale.
Ma data la sua prevalente impostazione clericale, il suo interesse si limitato
allattivit del pastore danime. La situazione contemporanea con le sue correnti sociali, culturali e politiche fu in larga parte considerata come realt
estranea, se non addirittura nemica, denominata mondo ribelle, contro il quale lazione ecclesiastica doveva difendersi e farsi valere.
Invece, la teologia pastorale, quale intesa dal manuale, supera una visione clericale mettendo a soggetto la Chiesa nel suo insieme, e valuta il mondo
presente come lambiente voluto da Dio per la sua Chiesa, come lappello di
Dio al suo popolo, mediante il quale Dio lo richiama al suo compito, sempre
nuovo, di formulare e annunciare il Vangelo per (e non contro) lumanit attuale, amata damore indefettibile da parte di Dio. Il presente inteso, dunque, come la concretizzazione dello sfondo permanentemente storico e perci
mutevole, sul quale avvengono lofferta e laccoglienza della libera autocomunicazione di Dio agli uomini.
Come tale, la situazione presente caratterizza in modo decisivo la persona
umana a cui la Chiesa deve comunicare il Vangelo; caratterizza pure in modo
profondo il compito della Chiesa e dei suoi responsabili e con ci la sua natura storica.
35
Largomento affrontato da B. Dreher (cf HPTh II/1 102-110) [ed. it.: Studi di teologia
pastorale, 1, 71-81].
36
Anche questo argomento trattato da B. Dreher (cf HPTh II/1 112-133) [ed. it.: Studi di
teologia pastorale, 1, 83-113].
37
Tutti questi argomenti sono affrontati da K. Rahner (cf HPTh II/1 133-177) [ed. it.: Studi
di teologia pastorale, 1, 115-171].
38
Largomento svolto da H. Schuster (cf HPTh I 95-102).

Capitolo VI: Il Manuale di teologia pastorale...

175

1.5. Il metodo

Determinato loggetto materiale e formale della teologia pastorale, si pone


il problema del metodo adeguato per accostarlo. Il manuale affronta largomento dapprima in termini generali e, successivamente, in modo problematico giustificandolo e formulandone unapplicazione.
1.5.1. I distinti momenti39
Il metodo esibito prevede vari momenti.
Innanzitutto il reperimento di principi teologici sempre validi (attinenti ad
esempio, lessenza permanente della Chiesa, la natura ultima e incondizionata
del culto cristiano...) e necessari per analizzare, valutare e orientare teologicamente lattuale realizzazione della Chiesa. In questo campo la teologia
pastorale si trova oggi a dover supplire carenze riscontrabili nelle trattazioni
dogmatiche ed ecclesiologiche, che non hanno ancora recepito le domande
loro poste dalla riflessione teologico-pastorale sul presente.
Il secondo momento critico e consiste nellanalisi socio-teologica della
situazione. Di fronte allattuale realt sociale ed ecclesiale la teologia pastorale
non assume un atteggiamento di recezione acritica del dato di fatto, solleva
piuttosto degli interrogativi e pone sempre in discussione i dati e le forme
conosciuti della Chiesa e della sua azione pastorale, naturalmente in vista di
una realizzazione della Chiesa pi conforme alle esigenze attuali del Vangelo.
Trattandosi di unanalisi teologica, gli interrogativi che essa solleva sono
formulati in base a una determinata comprensione teologica della Chiesa. Di
conseguenza, una ricerca sociologica puramente profana che astrae interamente dal dato Chiesa non potrebbe dare n darebbe mai una risposta definitiva e pratica alle domande poste dalla teologia pastorale. Solo una domanda
sociologica che inglobi una domanda teologica adeguata allo scopo.
Gli interrogativi teologici in questione sono, ad esempio, i seguenti: fino a
che punto lattuale organizzazione della Chiesa e la sua attivit concreta nella
predicazione, nella catechesi, nellamministrazione dei sacramenti, nella disciplina canonica e nellintera vita cristiana derivano necessariamente dalles
senza permanente della Chiesa? In che misura sono il risultato dei suoi tentativi e sforzi, sempre limitati, che vanno accettati pazientemente? Sono forse
dovuti in qualche modo a un suo cieco e colpevole attaccamento a espressioni
storiche di vita ormai superate? Essi riguardano soprattutto: la situazione e le
strutture del mondo odierno come un tutto al quale la Chiesa nel suo insieme
orientata; la situazione e la struttura delle diverse societ e dei vari gruppi
operanti nel mondo doggi e, specialmente, delle grandi religioni verso le quaLargomento svolto da H. Schuster (cf HPTh I 102-107).

39

176

Parte III: Attuali percorsi e progetti in ambito europeo

li la Chiesa ha una missione da compiere; la situazione del singolo nel mondo


attuale, in quanto sottoposto ai suoi cambi e inserito in una societ profana.
Il terzo momento normativo ed indirizzato alla formulazione di imperativi per lagire ecclesiale. prospettata una duplice serie dimperativi. Si hanno innanzitutto le norme pi alte ricavate dallessenza propria
del messaggio cristiano e dallessenza permanente della Chiesa. Esse sono il
frutto della ricognizione teologica dei principi e assicurano alla realizzazione
della Chiesa la conformit allessenza. Con esse e in subordine, vi sono le
norme secondarie o di minor peso, ma non per questo meno importanti, che traducono una situazione storica rilevata in norme di azione. Sono
il risultato dellanalisi socio-teologica delloggi del mondo e della Chiesa e
offrono allazione pastorale la capacit di iscriversi nella situazione in modo
adeguato.
Lultimo momento quello strategico e consiste nellelaborazione di un
piano o progetto pastorale complessivo e unitario, in cui confluiscano gli imperativi indicati. Ci risponde allesigenza di superare una visione puramente
tattica dellazione pastorale, e cio di semplice adattamento, di azione lascia
ta alliniziativa individuale e limitata al solo pastore, e di attuare invece una
pianificazione della realizzazione della Chiesa nelloggi, che coinvolga tutti i
suoi settori e comprenda tutte le realt socio-religiose in cui si trova a operare.
Si tratta, bene inteso, di una pianificazione non semplicemente rispondente a
esigenze burocratiche, e tanto meno modellata su utopie immanentiste o su
economie pianificate, ma piuttosto di una progettazione rimessa alla Provvidenza divina e, quindi, contingente e sempre aperta al futuro.
1.5.2. La giustificazione40
Il metodo fin qui descritto si presenta come un procedimento conoscitivo
teologico in larga parte nuovo e non privo di difficolt, che richiede, quindi,
di essere giustificato e chiarito.
Una prima difficolt nasce dal fatto che lintelligenza teologica della realt attuale non pu essere acquisita dalle discipline teologiche cosiddette
essenziali, perch esse studiano la natura della Chiesa e non la realt storica
contingente in cui essa si costruisce. Senza dubbio la dogmatica e la morale,
la teologia della storia, in genere, e della storia della Chiesa, in particolare, e
la profezia autentica, rinvenibile nella rivelazione privata, possono fornire,
rispettivamente, criteri positivi e negativi, un orizzonte storico a priori e indicazioni utili per lanalisi del presente. Ma, in definitiva, esse non sono il luogo
adeguato per unanalitica teologica dellattuale situazione della Chiesa.
Si riassume qui di seguito il contributo di K. Rahner sullargomento (cf HPTh II/1 178-

40

188).

Capitolo VI: Il Manuale di teologia pastorale...

177

Unulteriore difficolt potrebbe sorgere dalla costatazione che tale analitica non pu essere una scienza materiale, ma solo formale, perch rileva
esistenziali astratti, come avviene per la riflessione sulla singola persona esistente. Una conoscenza della realt concreta, criticamente fondata, dovrebbe
essere solo descrittiva, ma tale compito gi assolto, di fatto, dalla sociologia
della religione e dalla storia attuale della Chiesa, il cui oggetto materiale risulta sovrapposto a quello rivendicato dallanalisi teologica della situazione.
Di fronte a queste difficolt, il manuale difende la possibilit e la legittimit
teologica di una simile analisi. Lo fa appellandosi alla natura dellagire ecclesiale che sostenuto dalla grazia divina, e alla struttura del sapere inerente
a tale agire libero, che costituito dal sensus fidei o dallistinto di fede del
popolo di Dio.
Tale istinto di fede include certamente molte conoscenze ed esperienze
profane, ma dovuto allazione dello Spirito ed , quindi, un sapere teologale.
Esso implica una comprensione teologica, spontanea o atematica, della situazione attuale, perch la guida dello Spirito comporta una sua presenza nella
Chiesa non puramente preservativa dalla distruzione, ma positiva in ordine
alla edificazione di essa.
Ora, tale sapere che la Chiesa ha del suo presente non accessibile a una
conoscenza scientifica, perch la totalit della propria situazione sfugge a
unadeguata obiettivazione. Tuttavia possibile e necessaria una riflessione
scientifica di tale sapere atematico, almeno nella misura e nel modo, sempre
problematico, con cui il credente pu rendere ragione della sua decisione cri
stiana. Tale riflessione scientifica di natura teologica, perch intelligenza
dellistinto di fede.
Gli asserti teologici sui generis, che essa produce, costituiscono unoffer
ta alla coscienza di fede del popolo di Dio, una sollecitazione a integrare
nella propria maturazione questo sapere riflesso. Costituiscono pure una
provocazione per i soggetti dallautorealizzazione della Chiesa, un invito a
confrontarsi con questo sapere tematizzato per verificare se esso corrisponde
al proprio sapere atematico ed, eventualmente, per farlo proprio. Dato il carattere limitato, rischioso e non conclusivo di tale sapere scientifico, simpone
un costante dialogo fra il pastoralista e i soggetti dellagire ecclesiale, con particolare riferimento al magistero pastorale.
La necessit di questa analitica teologica di tipo scientifico motivata, in
linea di principio, col riconoscere che lagire della Chiesa, pur supponendo
sempre un qualche sapere, non avviene mai come semplice esecuzione di un
complesso di conoscenze gi dato e del tutto trasparente. motivato, in linea
di fatto, con una duplice costatazione: documentabile che nella Chiesa
sempre esistita una riflessione su ci che qui e ora da farsi; inoltre, una riflessione rigorosa in merito oggi urgente, attesa la complessit della situazione
della Chiesa e dellumanit. Il fatto che una simile scienza teologica finora non
c stata non dimostra che sia superflua. Daltronde anche la storia attuale e

178

Parte III: Attuali percorsi e progetti in ambito europeo

la sociologia, che ne sono il corrispettivo profano, risultano di recente costituzione.


1.5.3. Lapplicazione
Giustificata la possibilit e la legittimit di tale analitica, il manuale presenta anche uninterpretazione socio-teologica dellattuale situazione umana
ed ecclesiale a livello globale. Il procedimento interpretativo o ermeneutico
adottato contempla distinti passi.
Il primo passo consiste nel rilevamento rigoroso dei fenomeni storico-socia
li che coinvolgono la Chiesa nel suo attuale divenire. Loperazione risolta
riprendendo tematiche di sociologia generale e di sociologia della religione e
della Chiesa. In tale rilevamento i fenomeni analizzati sono gi interpretati,
da un punto di vista sociologico, come esistenziali dellattuale situazione.41
Il passo successivo colloca tali esistenziali in un orizzonte di teologia della
storia e li interpreta ulteriormente come dati provvidenziali o come esistenziali storico-salvifici per la Chiesa. In tale contesto teologico sono interpretati,
ad esempio, i seguenti fenomeni contemporanei: la secolarizzazione, lateismo
mondiale militante, la mondanit del mondo, il pluralismo culturale e religioso, la religiosit extraecclesiale. Sono fenomeni che hanno una rilevanza
storico-salvifica, e la Chiesa non pu non confrontarsi con essi.42
Un ulteriore passo interpretativo mette a confronto tali fenomeni, gi accertati a livello sociologico e interpretati in senso storico-salvifico, con la comprensione che la Chiesa ha del suo agire attuale e del suo dover agire. Sono gli
imperativi della Chiesa nel suo presente. In risposta alla situazione di diffusa
secolarizzazione sorge, per la Chiesa, limperativo storico della missione che
non pu essere diversamente surrogata. In un mondo pluralistico si pone lesigenza di una Chiesa di credenti in situazione di diaspora, di una Chiesa
che rinuncia a pretese di guida sociale, di una Chiesa come luogo di dialogo
aperto. In un mondo mondano, cio dominato dalluomo, nuovi compiti
interpretativi si pongono alla teologia, nuovi impegni di tipo mistagogico e
nuove espressioni di amore del prossimo investono lagire ecclesiale. Attesa la
natura storica della Chiesa, occorre prevedere la possibilit di scarti epocali
e di scollature storiche entro il popolo di Dio. Infine, laccresciuta mobilit
storico-sociale esige che, nella Chiesa, sia dato maggiore spazio al tuziorismo
del rischio, cio al coraggio del credente di osare scelte nuove, perch la realt pi sicura non il passato, ma il futuro.43
Lanalisi socio-teologica integrata con unampia illustrazione dei tratti paSi vedano i saggi di K. Rahner e N. Greinacher (cf HPTh II/1 188-233).
Si veda il saggio di K. Rahner (cf HPTh II/1 233-256).
43
Si veda il contributo di K. Rahner (cf HPTh II/1 256-276).
41
42

Capitolo VI: Il Manuale di teologia pastorale...

179

tologici del cristianesimo contemporaneo. Lassunto giustificato col richiamo


alleffato: Ecclesia semper reformanda; pi precisamente, con la costatazione
secondo cui, nella sua vicenda storica, lessenza della Chiesa accompagnata
dalla non-essenza dovuta allerrore e al male riscontrabili in essa. Tale analisi
mira non gi a legittimare, in modo ideologico, il passato ecclesiale, quanto
piuttosto a evidenziare la necessit e lurgenza del rinnovamento, come imperativo dellora presente.44
Il rinvenimento degli imperativi non avviene per deduzione sillogistica dai
principi essenziali coniugati con la situazione interpretata teologicamente.
collegato invece con la libera decisione della comunit cristiana e dei suoi
responsabili. Ci mette in luce, da un lato, il loro valore di verit storica e
contingente, ed evidenzia, daltro lato, che il loro rinvenimento dipende, in
definitiva, non da una teoria teologico-pastorale, ma dal discernimento degli
spiriti, inteso come azione (e non teoria) con la quale lo Spirito introduce la
Chiesa nella sua storia effettiva.45
1.6. Articolazione della teologia pastorale46

Sulla base di quanto finora esposto, il manuale segnala pure larticolazione


della teologia pastorale. Lambito spettante a questa disciplina non pu essere
ristretto alle attivit del singolo pastore, secondo la concezione clericale di
questa materia. Esso ricopre invece la tematica pastorale solitamente affrontata in sede di liturgia, catechetica, omiletica, odegetica, missiologia, scienza
della caritas e di altre discipline pastorali, le quali, come discipline sorelle,
hanno un loro posto nellarea della teologia pastorale compresa come teologia
pratica.
Questo asserto lascia impregiudicata la questione se esse debbano costituirsi o meno come altrettante discipline distinte e a se stanti, in sintonia con
una crescente specializzazione del sapere teologico-pastorale.
Come si gi accennato, il manuale distingue la teologia pastorale fondamentale (dedicata alla problematica fin qui esposta) e la teologia pastorale
speciale. Rimarca inoltre lesigenza che i contenuti della teologia pastorale
speciale e altre questioni finora non contemplate in essa siano elaborati in
coerenza con limpostazione accertata dalla teologia pastorale fondamentale.
In concreto, la terza parte del manuale, riservata appunto alla teologia
pastorale speciale, affronta i seguenti argomenti distribuiti in cinque sezioni:
lautorealizzazione della Chiesa in generale nel mondo attuale; lautorealizza
Si veda lo studio di A. Grres (cf HPTh II/1 277-343) [ed. it.: Studi di teologia pastorale,
4. Patologia del cattolicesimo (Roma - Brescia 1969)].
45
Cf HPTh II/1 256 e 259; II/2 25; I 150s.
46
Si sintetizza lesposto di H. Schuster in HPTh I 109s.
44

180

Parte III: Attuali percorsi e progetti in ambito europeo

zione della Chiesa nelle diverse forme comunitarie; lautorealizzazione nelle


situazioni fondamentali delluomo (i sacramenti); lautorealizzazione in specifiche situazioni di vita; la pianificazione e il coordinamento della Chiesa ai
vari livelli. La conclusione segnala alcune prospettive di probabile evoluzione
della Chiesa nellimmediato futuro (= futurologia ecclesiale).47
1.7. Differenze e convergenze con altre discipline teologiche

Al fine di definire ulteriormente la figura propria della teologia pastorale,


il manuale delimita anche le differenze e le convergenze di questa disciplina
con altre istanze interessate allazione pastorale.48
Teologia pastorale e istanze decisionali. Una prima delimitazione concerne il compito di ricerca che appartiene alla teologia pastorale e il compito decisionale che di competenza di coloro che nella Chiesa hanno ruoli dirigenziali. Bench tra le due istanze non si possano trascurare reciproci collegamenti,
tuttavia esse ricoprono ambiti che vanno tenuti distinti. In particolare, come
scienza, la teologia pastorale produce un sapere intrinsecamente critico e non
pu essere incaricata di elaborare conoscenze di tipo tecnico, ovvero model
li esecutivi, ancorch altamente razionalizzati, per lattivit della Chiesa. Tra
teologia pastorale e azione pastorale esiste una distinzione rigorosa.
Teologia pastorale e formazione del pastore. La proposta del manuale e
lo si rilevato pi volte costituisce una rottura epistemologica rispetto a
precedenti concezioni classiche, che assegnano a questa disciplina il compito
di preparare il pastore danime. La teologia pastorale come teologia pratica
teologia e concerne la realizzazione della Chiesa nel senso spiegato. Lintro
duzione al ministero pastorale non una teologia, ma piuttosto una tecnologia avente come oggetto le attivit del ministro ordinato. Nonostante ogni
possibile continuit con la teologia pastorale classica, il manuale non intende
integrare tale argomento nella sua tematica specifica. Ritiene piuttosto che
linsieme delle discipline teologiche, ivi compresa la teologia pastorale, costituisca la base di unaggiornata preparazione pratica al ministero pastorale.
Teologia pastorale e teologia dogmatica. La teologia pastorale condivide
con la teologia dogmatica e, in particolare, con lecclesiologia loggetto materiale attinente la vita e lazione della Chiesa. Se ne distingue in forza del
differente oggetto formale. La teologia dogmatica, infatti, elabora principi
dottrinali, mentre la teologia pastorale mira a stabilire imperativi per lazione.
Lecclesiologia riflette sullessenza permanente della Chiesa, mentre la teologia pastorale ne considera il costruirsi storico nelloggi. In particolare, il
Cf HPTh II/2 III IV.
Si riassume lesposto in merito di H. Schuster in HPTh I 111-117.

47
48

Capitolo VI: Il Manuale di teologia pastorale...

181

manuale mette a nudo linsufficienza delladozione, in sede di teologia pastorale, di modelli riflessivi propri della dogmatica: molti concetti di teologia
dogmatica (ad esempio, grazia, sacramento, salvezza, peccato...) e di ecclesiologia (ad esempio, determinate visioni di Chiesa, delle sue funzioni, dei suoi
soggetti e fini), essendo formulati in riferimento allessenza permanente della
Chiesa, non sono direttamente utilizzabili e lo si notato dalla teologia
pastorale. Cos essa si trova oggi a dovere assolvere compiti di supplenza nei
confronti della dogmatica e, soprattutto, chiamata a svolgere un servizio ermeneutico per tutta la teologia. Dovendo, infatti, trattare della situazione ecclesiale attuale, essa pone sempre nuovi interrogativi alla teologia dogmatica.
Per cui le affermazioni essenziali di questa, e specialmente dellecclesiologia,
sono risposte vere e adeguate nella misura in cui le domande poste prima dalla
teologia pastorale, a nome del mondo attuale, sono state ascoltate e rispettate.
Teologia pastorale e teologia morale. Nel corso della sua storia, la teologia pastorale, ridotta alla problematica del pastore incaricato del ministero
di confessore danime, non solo ha ripreso prospettive formali e tematiche
appartenenti alla teologia morale, ma ne ha pure assunto la metodologia propria, rendendo difficile e, a volte, impossibile delimitare i confini delle due
discipline. Nella concezione di teologia pastorale proposta dal manuale, tali
difficolt e impossibilit sono eliminate in radice, perch tra le due materie
ravvisata una diversit di oggetto materiale e formale. Pur lasciando in sospeso se la morale abbia come tema lautorealizzazione della singola persona,
considerata in una prospettiva essenziale, c da dire che essa, in ogni caso,
non tratta dellautorealizzazione della Chiesa nelloggi, studiata col metodo
precedentemente descritto. Bench nella formazione del pastore danime sia
possibile, di fatto, riscontrare un intreccio tra tematiche morali e argomenti
teologico-pastorali, tuttavia ci non deve condurre a una confusione e intercambiabilit tra le due discipline, non pi giustificabili dalla concezione del
manuale.
Teologia pastorale e storia della Chiesa. Queste due materie hanno in co
mune loggetto materiale e, ultimamente, anche quello formale. Ci che ne segna i confini il differente riferimento a fasi storiche e a gradi di attualit. La
storia della Chiesa sinteressa del passato ecclesiale, che ha una sua rilevanza
per loggi. La teologia pastorale tratta del presente ecclesiale con tutta la sua
attualit. Il manuale si pone la domanda se sia compito proprio della teologia
pastorale condurre delle ricerche storiche, o se invece le debba supporre fatte
da altre discipline come la storia della Chiesa, la storia della teologia e, in
particolare, dellecclesiologia. Riconosciuto lo sviluppo decisivo impresso alla
teologia pastorale da tali ricerche storiche, specialmente nel campo liturgico,
sostiene che tale dato di fatto non legittima la posizione di principio secondo
cui simili ricerche rientrano nelle competenze della teologia pastorale e devono necessariamente precedere la sua indagine specifica. Daltra parte, ritiene

182

Parte III: Attuali percorsi e progetti in ambito europeo

che resti tuttora da chiarire in che senso e in che modo i problemi e i risultati
della teologia pastorale possano costituire, a loro volta, una precomprensione per la ricerca storica. Il riferimento alla proposta metodologica difesa da
Arnold palese.
Teologia pastorale e scienze bibliche. La teologia pastorale elabora le sue
tematiche fondamentali con lapporto della teologia biblica. Per, a differenza della manualistica classica che deduce dalla Rivelazione le caratteristiche
spirituali, morali e ascetiche del pastore, essa non pu ricavare dalla Scrittura, adottando i metodi delle scienze bibliche, le modalit del realizzarsi della
Chiesa nel presente. Lanalisi metodica e il significato teologico della situazione contemporanea e dellattuale situazione storico-salvifica per la Chiesa, studiate dalla teologia pastorale, non sono n intrapresi n intesi nella Scrittura.
Teologia pastorale e canonistica. Nel definire i rapporti tra teologia pastorale e diritto canonico, secondo il manuale vanno tenuti presenti innanzitutto
due distinti punti di vista. Il primo, di natura didattica, dovuto al fatto che la
teologia pastorale speciale sinteressa, bench non primariamente, anche della
formazione al ministero pastorale. In questo campo avviene necessariamente
un confronto fra le indicazioni teologico-pastorali e la normativa fissata dal
codice. Il secondo, di natura epistemologica, decisivo ed collegato al fatto
che il diritto canonico contempla norme attinenti concrete modalit di attuazione storica da parte della Chiesa, per cui il compito della teologia pastorale
risulta in parte superfluo.
Ci premesso, stando al manuale, si deve dire che una corretta impostazione della problematica in merito deve recepire il fatto che, lungo il corso della
sua storia, la Chiesa ha reagito al mutare delle situazioni cambiando e aggiornando le sue leggi. Di conseguenza, esistono nel diritto ecclesiastico norme
che di loro natura non rivestono validit permanente. A priori si pu presumere che la normativa canonica esposta a possibile e necessario cambio o
abrogazione in misura tanto pi ampia, quanto pi essa riguarda la concreta
e singola realizzazione della Chiesa.
Prima allora della mutazione giuridica e definitiva di una norma ecclesiastica, esiste unarea in cui emerge e si afferma la necessit di tale mutazione.
larea del pre-giuridico, in cui la Chiesa di fatto vive e si confronta con altre
istanze, concrete e mutevoli, del suo contesto sociale, etico, religioso, politico, e vi reagisce, spesso in modo spontaneo, con tentativi e sviluppi di nuove
consuetudini ecclesiali. Queste in determinate condizioni possono diventare
rilevanti anche dal punto di vista giuridico. Lesistenza di tale area pre-giuri
dica non va deprezzata, perch inerente a ogni comunit umana sottoposta
al fluire della storia.
Il rapporto tra le due discipline va compreso in tale visuale. Di sua natura la
canonistica ha il compito di accertare e interpretare il diritto vigente nella Chiesa, cio lo jus conditum. Lindagine del pre-giuridico e di un eventuale e con-

Capitolo VI: Il Manuale di teologia pastorale...

183

nesso jus condendum compito della teologia pastorale. Conseguentemente, su


un versante, il diritto canonico scienza fondamentale per la teologia pastorale,
in quanto questa deve tener conto delle norme canoniche circa la realizzazione
della Chiesa e deve confrontare con esse le proprie indicazioni operative. Su
un altro versante, invece, la teologia pastorale riflette sui cambi strutturali che
avvengono nellarea del pre-giuridico e che devono essere presupposti dalla
canonistica, quando essa ha a che fare con lo jus condendum.
1.8. Rilievi valutativi49

Nel clima ecclesiale creato dal Vaticano II, la novit e limportanza del
lopera sono esaltate, specialmente nel mondo teologico centroeuropeo, e di
essa sono tosto avviate traduzioni in varie lingue. Ben presto, per, lesito
finale dellimpresa si rivela inferiore alle legittime attese. Gli stessi redattori
se ne rendono conto nella pubblicazione degli ultimi volumi. A loro parere,
non tutti i collaboratori hanno recepito e attuato coerentemente la proposta
del Manuale nella stesura dei loro contributi, ma hanno seguito altre impostazioni a loro pi familiari.50 Le traduzioni rimangono incomplete e il manuale,
nonostante le sue indicazioni marcatamente innovatrici, viene piuttosto dimenticato, e anche nella pi recente ricerca teologico-pastorale non tenuto
in molta considerazione.51
Le obiezioni mosse allopera dalla critica teologica vertono su tutti i punti
qualificanti della proposta. Ovviamente esse riflettono comprensioni differenti della teologia pastorale difese dai singoli recensori, alcune delle quali
saranno presentate nel proseguo dellesposizione.
1. Una prima obiezione denuncia la mancanza di scientificit nella definizione dello statuto teorico degli asserti, che la teologia pastorale del manuale elabora sotto forma di imperativi per lazione. Il loro valore veritativo
collegato alla coscienza della Chiesa e al discernimento degli spiriti, e non a
conclusioni della razionalit teologica attuata dalla scienza teologico-pasto
rale. La costatazione solleva grosse perplessit circa leffettivo progresso della
proposta del manuale rispetto alla precedente teologia pastorale. In entrambe
le visioni, infatti, la decisione per lazione sottratta a un processo conoscitivo
teologico-pastorale rigoroso, ed affidata, in definitiva, alla capacit del paCf KRAUSE G., recensione del vol. I dellHPTh , in ThPr 2 (1967) 360-371; CAPRIOLI
A., recensione in La Scuola Cattolica 100 (1972) 413-427; ZERFASS R., Praktische Theologie
als Handlungswissenschaft, in ThRv 69 (1973) 90-92; PADBERG R., Zum theologischen Grundverstndnis 424-436; GRIESL G., Praktische Theologie 141-149; SEVESO B., Edificare la Chiesa
281-292.
50
Cf HPTh III 5; IV 5s; V, p. VII.
51
Cf GRIESL G., Praktische Theologie 149; METTE N., Theorie der Praxis (Dsseldorf 1978)
137s.
49

184

Parte III: Attuali percorsi e progetti in ambito europeo

store danime, nella manualistica classica, alla capacit della comunit ecclesiale, nel nuovo manuale.52
Senza dubbio, a monte dellobiezione vi una concezione della scienza
teologica diversa da quella difesa dal manuale. Per esso, nel processo interpretativo, il valore di verit dato in ultima istanza dalla fede, e la teologia
si costituisce come sapere riflesso del sapere inerente alla fede. Per i suoi
critici, il valore di verit dato dalla razionalit scientifica, e la teologia offre
una conoscenza limitata ma perfetta e verificabile del sapere teologico. Esso
distinto dalla fede, la cui inevidenza sollecita lubbidienza e il servizio a verit
non accettabili scientificamente.53
2. Un secondo fascio di difficolt concerne la formulazione delloggetto
materiale. La formula autorealizzazione della Chiesa suscettibile di uninter
pretazione corretta quale appunto quella proposta dal manuale. Tuttavia, si
fa notare, essa pu essere intesa in termini ideologici di ecclesiocentrismo, cio
come giustificazione dellintroversione della Chiesa su se stessa e sulle proprie
funzioni interne e come legittimazione, tutta clericale, dellistituzione, mettendo in ombra la sua destinazione costitutiva al servizio del mondo.54
Con la medesima formula autorealizzazione della Chiesa viene postulata una
subordinazione, acriticamente accettata, della teologia pastorale alla dogmatica
e, in particolare, una subordinazione, pacificamente accolta, dellecclesiologia
esistenziale allecclesiologia essenziale. Sicch la teologia pastorale ricondotta, alla fin fine, a essere corollario della dogmatica e a rincorrere i risultati
dellecclesiologia.55 Al riguardo va riconosciuta la soluzione interlocutoria,
adottata dal manuale, la quale espone al rischio di ridurre la teologia pastorale
a una ripetizione di tematiche dogmatiche ed ecclesiologiche. Tuttavia, se di
fatto lopera rielabora concetti dogmatici e riprende ampiamente temi ecclesiologici, ci va ascritto alla necessit di sopperire a una carente situazione di
una teologia non praticabile dalla teologia pastorale, e non alla persuasione secondo cui, precisate le componenti essenziali della realt ecclesiale, il compito
della teologia pastorale sarebbe in larga parte correttamente espletato.
Si obietta, in particolare, che la definizione di Chiesa proposta dal manuale
e la deduzione delle componenti permanenti della Chiesa dalla sua natura
fondamentale non paiono rispondere alle esigenze di una teologia ecumenica e richiedono di essere approfondite col ricorso a un superiore principio
Cf KRAUSE G., rec. cit. 367-371; ZERFASS R., Praktische Theologie 92.
Cf KRAUSE G., Probleme der Praktischen Theologie im Rahmen der Studienreform, in
ZThK 64 (1967) 487s, dove collega la sua riflessione teologico-pastorale alla dottrina luterana
circa la natura fiduciale della fede.
54
Cf BIEMER G. - SILLER P., Grundfragen der praktischen Theologie (Mainz 1971) 136; PAD
BERG R., Zum theologischen Grundverstndnis 431; METTE N., Theorie der Praxis 347 nota 25.
55
Cf KRAUSE G., rec. cit. 368s; LEHMANN K., Das Theorie-Praxis Problem und die Begrndung der Praktischen Theologie, in PThH 82s.
52
53

Capitolo VI: Il Manuale di teologia pastorale...

185

cristologico e, precisamente, al principio di incarnazione e allevento Ges,


come si esporr pi oltre.56
3. Un terzo gruppo di obiezioni riguarda loggetto formale. Il manuale si
fa notare non tematizzerebbe in modo soddisfacente il rapporto tra essenza
permanente della Chiesa e sua realizzazione storica. Ci potrebbe indurre
in una visione schematica e polarizzata delle due grandezze: la realt sociale
sarebbe riconosciuta capace di iniziativa storica creatrice; la Chiesa, invece,
si troverebbe nella condizione di dover solo reagire o rispondere (secondo
lo schema azione-reazione, domanda-risposta) alla situazione socio-culturale
con un intervento verosimilmente oscillante tra adattamento esteriore e continua rincorsa della realt sociale.57
N il raccordo tra le due entit sinsiste risulterebbe chiarito in modo
pertinente coniugando, come fa il manuale, tematiche ecclesiologiche con ar
gomentazioni desunte dallanalisi teologica della situazione presente. Unec
clesiologia cosiddetta esistenziale che si alleggerisce di dati ricavati dalla storia dei dogmi a favore di una pi intensa discussione degli imperativi tratti
dallessenza della Chiesa, tenuto conto del suo confronto con la realt attuale
concreta, non realizzerebbe ancora una teologia pastorale plausibile.58
Si rileva ancora, sullo stesso argomento, che il manuale prevede una sintesi solo a livello di risultati nel confronto tra le norme pi alte promananti
dallessenza e gli imperativi ricavati dallanalisi della situazione, senza per
indicare come ci vada realizzato con metodo rigoroso.59
Inoltre, anche la stessa analisi della situazione, cos come articolata, non
appare, per i critici dellopera, esente da difficolt. Il manuale fa consistere il
metodo specifico della teologia pastorale in tale analitica teologica. Di fatto
per, si obietta, anche per la mancanza di ricerche in merito, offre solo spunti
circa le situazioni pastorali concrete. E anche il ricorso a riflessioni di ordine
ermeneutico colma solo in parte tale lacuna. Rimane, quindi, tutto da studiare
come la teologia pastorale pu esercitare una funzione critica rispetto al realizzarsi concreto della Chiesa in vista del suo miglioramento e come va impiegato
concretamente il metodo empirico che lanalitica teologica della situazione assume.60 Tale lacuna non colmata neppure dalla ripresa dei temi del manuale
nel volume del dizionario, perch questo propone i contenuti di unanalisi
empirico-critica, ma non giustifica la struttura formale dellanalisi stessa.61
56
Cf KRAUSE G., rec. cit. 366s; GOLDBRUNNER J., Inkarnation als Prinzip der Pastoraltheologie, in PThH 132-140; SCHUSTER H., Die Praktische Theologie unter dem Anspruch der Sache
Jesu, in PThH 150-152; VAN DER VEN J.A., Practical Theology: An Empirical Approach (Kampen
1993) 37s.
57
Cf PADBERG R., Zum theologischen Grundverstndnis 430.
58
Cf ZERFASS R., Praktische Theologie 92.
59
Cf SEVESO B., Edificare la Chiesa 289.
60
Cf GRIESL G., Praktische Theologie 148s.
61
Cf EXELER A. - METTE N., recensione di HPTh V, in ThRv 69 (1973) 405.

186

Parte III: Attuali percorsi e progetti in ambito europeo

4. Unulteriore obiezione concerne la mancanza di una delimitazione pre


cisa fra analisi sociologica e interpretazione teologica. Lanalisi sociologica sembra solo giustapposta al momento teologico, quale utile premessa dovuta alla
complessit del mondo e della Chiesa e, in sostanza, con una funzione ancil
lare nei confronti dellanalitica teologica della situazione.62 Pi in generale,
appare problematica lassunzione di dati e metodi empirici entro la riflessione
teologico-pastorale, e risulta inesistente il discorso circa linterdisciplinarit in
sede di teologia pastorale, questione questa che, a dire il vero, si imposta nel
contesto culturale successivo allapparizione del manuale.63 Ad ogni modo,
il problema emergente riguarda la legittimit e il senso di un raddoppio
dellanalisi sociologica nella teologia pastorale, perch esso investe il valore
della verit teologica e la possibilit di una collaborazione interdisciplinare tra
teologia pastorale e scienze umane.64
Concludendo: limpostazione ecclesiologica del manuale costituisce la sua
forza e il suo limite. Per il fatto di essere unecclesiologia esistenziale non
giunge ancora a essere veramente una teologia della prassi cristiana ed ecclesiale nel senso proposto da altri pastoralisti a esso contemporanei.65 La successiva riflessione teologico-pratica supera la proposta del manuale su alcuni
argomenti rilevanti: limpostazione ecclesiologica, il rapporto teoria-prassi,
lutilizzazione del metodo empirico-critico, il rapporto tra teologia pratica e
scienze umane. Ammessi questi limiti, va detto che il progetto conserva una
sua validit e attualit da riferire non tanto ai suoi contenuti concreti, quanto
piuttosto alla problematica sollevata, alla tematica proposta, alle intuizioni
portanti segnalate e alle piste aperte allulteriore ricerca.66

Cf KRAUSE G., rec. cit. 370.


Cf LEHMANN K., Das Theorie-Praxis Problem 83. Secondo Mette, linterdisciplinarit
recepita nel Dizionario (cf METTE N., Theorie der Praxis 136).
64
Cf SEVESO B., Edificare la Chiesa 291.
65
Ci spiega, tra laltro, i tentativi fatti, man mano che uscivano i vari volumi, per integrarne le prospettive.
66
Come si potuto costatare, il piano dellopera, il suo principio ecclesiologico e la fondazione teologica dello statuto epistemologico della teologia pastorale in essa difeso sono ispirati
e in larga parte trattati da K. Rahner. In non pochi altri saggi lautore riprende tale tematica
offrendo esplicitazioni. Ma gli asserti qualificanti restano quelli esposti nel manuale. Ci esime
dal ricostruire il suo pensiero sullargomento che risulterebbe assai ripetitivo. In ogni caso si
possono consultare utilmente i seguenti studi: LEHMANN K., Karl Rahner und die Pastoral, in
AktG 83 (1974/2) I-VIII; METTE N., Zwischen Reflexion und Entscheidung. Der Beitrag Karl
Rahners zur Grundlegung der praktischen Theologie, in TThZ 87 (1978) 26-43 136-151; SEVESO
B., Edificare la Chiesa 175-223: studio in cui lautore dimostra palesemente le proprie simpatie
per le tesi rahneriane.
62
63

Capitolo VI: Il Manuale di teologia pastorale...

187

2. SUPERAMENTO DEL
LA PROSPETTIVA ECCLESIOLOGICA DEL
MANUALE

Il contesto ecclesiale dei primi anni del postconcilio, caratterizzato dai noti
fenomeni contestativi delle istituzioni ecclesiastiche, e lattenzione alle nuove
acquisizioni della ricerca biblica attinenti la cristologia e lecclesiologia sol
lecitano una ripresa e un superamento della prospettiva ecclesiologica del
Manuale, con la proposta di un principio cristologico, variamente formulato,
come principio fondante della teologia pratica: titolazione questa che diviene
predominante dagli anni 1970 in poi.
2.1. Il riferimento al Cristo storico secondo G. Biemer e P. Siller

Un primo tracciato di teologia pratica che rilegge i dati esegetici critici sul
la base della teoria teologica, al fine di elaborare una riflessione scientifica di
direttive difendibili e controllabili dellagire ecclesiale, condotto da G. Biemer e P. Siller.67 La domanda di fondo che si pone in sede di teologia pratica
in sintesi questa: In che modo levento Ges pu diventare attivo in maniera
decisiva nella vita umana?. E quali sono le modalit con cui la comunit
cristiana, con le sue attivit, pu mediare la fede alluomo contemporaneo?68
Nel corso della storia, la teologia pratica ha considerato come suo ambito
proprio il servizio della Chiesa alla persona umana. Oggi questa disciplina si
costruisce come riflessione critica di tale servizio ecclesiale.69 Linteresse per
la fede, per la persona che potrebbe credere sta al centro del suo interesse
conoscitivo. Di conseguenza, il servizio ecclesiale considerato soprattutto
in rapporto alla proclamazione della speranza fra gli esseri umani e si manifesta come testimonianza del Regno di Dio nello spazio pubblico. In questa
visuale Ges di Nazareth principio della comunit e insieme principio
concreto della teologia pratica.70 Siccome Ges di Nazareth deve essere
mediato con le questioni decisive della teologia pratica, questa si configura
come ermeneutica teologica in prospettiva pratica. Il Ges storico reso accessibile dalla ricerca storico-critica della tradizione costituisce la norma per la
teologia pratica. Lagire ecclesiale, inteso come testimonianza, il cui soggetto
necessario la comunit di Ges Cristo nella sua forma istituzionale, ne costituisce il tema centrale.71
Cf BIEMER G. - SILLER P., Grundfragen der praktischen Theologie (Mainz 1971) 5.
Ivi 134. Lespressione tedesca die Sache Jesu ha un significato polivalente. La si traduce
con la formula evento Ges perch pare quella che esprime meno imperfettamente di altre
(laffare Ges, la causa di Ges, la realt Ges...) tale complesso significato.
69
Cf ivi 134s.
70
Cf ivi 137-144.
71
Cf ivi 150-157.
67

68

188

Parte III: Attuali percorsi e progetti in ambito europeo

La problematica che la teologia pratica si trova oggi a dovere affrontare


riguarda la tensione, presente nellagire della comunit, fra il futuro della pro
messa e ladattamento al presente della storia. Tale tensione si esprime, di
fatto, nel conflitto tra norme ecclesiali date e agire ecclesiale sensibile alla continua novit della situazione. La corretta impostazione di tale problematica fa
riconoscere che impossibile una progettazione della strategia ecclesiale nel
senso di unanticipazione a priori, e fa comprendere che vi spazio solo per
uninterpretazione critica dei processi storici, facendo riferimento allevento
Ges, e per un adattamento alla congiuntura presente accompagnato da un
atteggiamento di apertura al futuro. In effetti, la categoria adattamento esprime un rapporto funzionale, in forza del quale il presente determinato dal
futuro aperto allevento Ges.72
Ci reso possibile innestando un processo connotato come imparare:
una categoria che, come quella di adattamento, va compresa nel senso delle
recenti teorie della comunicazione e della cibernetica, in particolare. In sede
di teologia pratica, imparare indica un processo di mutamento di comportamento, che ha nel discepolato il suo modello biblico: Ges suscita la fede
nei discepoli facendo affiorare in loro il permanente desiderio di imparare a
conoscere Dio; tale fede si realizza con una rottura nei confronti di sistemi di
bisogni sociali esistenti e interiorizzati dalle persone.73
Il procedimento interpretativo proprio della teologia pratica mira, quindi,
a un mutamento del sistema, dato che la storia del NT storia di emancipazione da comprendere in questa linea: Ges di Nazareth apre il futuro assoluto
della verit; in lui, nella prospettiva del Regno che viene, la libert assoluta
ha trovato il suo simbolo reale, in quanto Ges non ha nessun modello pronto
di persona, ma critica i modelli esistenti, perch non ancora definitivo chi
la persona umana.
Il modo privilegiato di conoscere la verit di Ges lesperienza del contrasto, che ha caratterizzato la sua vicenda storica e pu illuminare quella
della comunit cristiana e dellumanit. Al riguardo, la Rivelazione offre la
pertura di un futuro assoluto che viene da Dio e, quindi, criteri trascendentali
di giudizio e temi conduttori assiomatici. Non offre invece modelli concreti
risolutivi.
Tali temi assiomatici ricavabili dallevento Ges e dalla storia del popolo
di Dio, di per s, sono astratti e vuoti. Trovano la loro concretizzazione nel
la storia. A questo livello si rivela indispensabile la mediazione della ragione
e della scienza: lutilizzo della loro strumentazione diventa necessario, se si
vuole che la fede non rimanga cieca di fronte alle esigenze storiche con cui
sollecitata a confrontarsi.74
Cf ivi 164-171.
Cf ivi 171-177.
74
Cf ivi 177-187.
72
73

Capitolo VI: Il Manuale di teologia pastorale...

189

2.2. La prospettiva cristica di H. Schuster

Riferendosi direttamente alla teologia pratica fondamentale del Manuale,


Heinz Schuster tenta di mostrarne i limiti e dindicare le nuove basi su cui
andrebbe costruita.75
Ritiene ormai pacifico che la teologia pratica debba poggiare su fondamen
ti ecclesiologici. Il problema, a suo parere, sta nel definirne il senso e la portata. Ed appunto in tale direzione che egli ravvisa i maggiori limiti del Manuale. Secondo lui, questopera non ha chiarito i criteri in base a cui va giudicata
la cosiddetta realizzazione della Chiesa, i criteri cio con cui valutare quando
il dover essere della Chiesa e gli imperativi della sua azione sono legittimi.
Lopera rimasta ancorata a una concezione dellessenza della Chiesa e delle
sue funzioni e strutture fondamentali, che va largamente rivista alla luce delle
recenti acquisizioni raggiunte dallecclesiologia critica.
Egli prospetta, in termini necessariamente sintetici, il cammino da percorrere per colmare le lacune segnalate: occorre partire da unaggiornata
comprensione dellevento Ges, fondamento dellesperienza ecclesiale del
la Chiesa primitiva, esperienza che diviene normativa, nelle sue motivazioni
profonde, per la Chiesa dei tempi successivi.
2.2.1. La teologia pratica al servizio dellevento Ges (die Sache Jesu)
Per lautore, levento Ges costituisce la pi fondamentale premessa alla
teologia pratica; chiamato ad orientare tutti gli enunziati, e rappresenta lultima istanza in base alla quale vanno valutate la teoria e la prassi della Chiesa
nel suo realizzarsi storico.
La formula evento Ges non per se stessa del tutto chiara. Va compresa
nel quadro della ricca letteratura in merito. H. Schuster la vede strettamente
connessa con le formule: il Vangelo di Ges e il Regno di Dio, nella misura in
cui queste indicano inscindibilmente la dottrina e lazione di Ges, e insieme
la rilevanza e linterpretazione che esse hanno avuto nella primitiva comunit
cristiana. In breve, levento Ges sta a indicare Ges stesso e, unitamente, la
prassi della comunit dei discepoli, tra i quali Ges ha attualizzato la sua presenza storico-comunitaria come Ges e Signore.
Levento Ges inseparabilmente evento delluomo ed evento di Dio.
innanzitutto evento delluomo, cio una realt che d senso e rilevanza al
lintera esistenza umana: cosi stato inteso dai discepoli e attualizzato dalla
successiva comunit cristiana. evento di Dio, perch dietro tutto lessere
e agire di Cristo per luomo si rivela nessun altro se non quel Dio che Ges
Cf SCHUSTER H., Die Praktische Theologie unter dem Anspruch der Sache Jesu, in PThH
150-163. Lesposto riassume questo saggio sintetico.
75

190

Parte III: Attuali percorsi e progetti in ambito europeo

chiama suo Padre. Queste due dimensioni dellunico evento Ges solo in
tempi posteriori vennero divise in due direzioni, quella verticale e quella oriz
zontale, con delle conseguenze negative in campo pastorale, tuttora operanti
e riscontrabili, per esempio, nella formula servizio divino (Gottesdienst).
Da queste premesse si ricava che levento Ges normativo per lintera
azione pastorale e quindi per la teologia pratica. Ci che i cristiani pensano,
credono, vogliono, trasmettono e intendono manifestare nelle loro comunit
non pu essere altro che levento Ges. E la teologia pratica ha il compito di
considerare e interpretare tale evento permanente in modo da farlo assurgere
a criterio per vagliare criticamente la prassi cristiana ed ecclesiale e per orientarla in modo costruttivo non semplicemente a ricalcare modelli di pensiero
e di vita del passato, ma a lasciarsi interpellare permanentemente e rinnovare
radicalmente da questo evento.
2.2.2. Fondamenti ecclesiologici della teologia pratica
Venendo alla seconda questione, lautore rimarca i seguenti dati, messi in
evidenza dallattuale ecclesiologia critica. Il sorgere delle prime comunit cristiane va posto in relazione con lesperienza comunitaria dei discepoli col Cristo storico e risorto. In questo va visto il motivo della fondazione della Chiesa
da parte di Cristo. E lesperienza di fede nel Cristo, vissuta dalla comunit dei
discepoli, costituisce il punto di partenza per la fondazione e la vita di altre
comunit ecclesiali.
Negli scritti del NT, come c una cristologia dal basso, cosi c unec
clesiologia dal basso, nel senso che il fenomeno Chiesa nasce come risposta
storica di uomini che hanno posto la loro fede e speranza nellevento Ges
considerato come evento di Dio per luomo e per ogni uomo. E siccome questo
evento ha originato la vita comunitaria della cerchia dei discepoli, non c
altra possibilit effettiva e credibile di vivere tale evento se non unendosi in
gruppi e comunit che manifestino appunto la presente signoria di Dio ovvero
il Regno di Dio.
Questa nuova visione del motivo fondante la Chiesa assai rilevante per
la teologia pratica. Innanzitutto perch essa deve assumere come fondamenti ecclesiologici questi dati, e non definire lessenza della Chiesa appel
landosi a una sua strutturazione storica, di per s legittima, ma di un periodo
posteriore. Secondariamente perch in questi inizi del cristianesimo si profilano i lineamenti di una teologia pratica che pu essere di modello per lattuale riflessione teologico-pratica. In effetti, levento Ges viene presentato
alla comunit nella sua dimensione di parola e di azione, che diventa teoria (o
dottrina) e prassi (o vita). La teoria al servizio della prassi ecclesiale (la catechesi, la liturgia, la predicazione...), e la prassi attualizza ci che la comunit
crede, ci in cui spera ed esprime nelle sue formulazioni di fede.

Capitolo VI: Il Manuale di teologia pastorale...

191

2.2.3. Motivazioni cristiane permanenti e strutture ecclesiali contingenti


Approfondendo questa riflessione sui fondamenti ecclesiologici della teo
logia pratica, lautore distingue tra motivazioni cristiane e strutture ecclesiali.
Le motivazioni cristiane hanno a che fare direttamente con levento Ges,
con lesperienza cristiana dei discepoli, e sono quelle che furono alla base
della vita della comunit cristiana e lhanno animata interiormente. Di conseguenza, hanno una rilevanza permanente e costituiscono appunto i fondamenti della teologia pratica.
Le strutture ecclesiali, cio le forme di pensiero, di organizzazione e di vita
della comunit, sono realt che le comunit si sono date e che gi a livello di
NT sono differenziate. Sono di origine storica, quindi mutevoli, e non vanno
con troppa facilit dichiarate di diritto divino.
Questa distinzione ha delle implicanze importanti per la teologia pratica.
Essa deve prima di tutto comprendere la Chiesa come unespressione sociale
dellevento Ges. Le strutture ecclesiali vanno prese sul serio sia rispetto alle
loro motivazioni che alle loro contingenze storiche. Le strutture tradizionali
(formazione di riti, ministeri, sacramenti, sistemi morali, massime pastorali)
non vanno giudicate false o illegittime in rapporto alle loro motivazioni storiche; esse tuttavia possono apparire inadeguate e anche di ostacolo allattua
zione dellevento Ges oggi e domani.
La teologia pratica deve essere sensibile e rendere sensibili alle differenti
motivazioni implicate nellevento Ges e che possono essere sempre di nuovo
fatte affiorare dalle situazioni storiche degli uomini di ogni tempo, in quanto
questo evento continuamente operante.
La teologia pratica deve essere pronta ad affrontare questioni difficili in
modo da aiutare la strutturazione e istituzionalizzazione di tali motivazioni,
nella misura in cui esse sono genuinamente cristiane e al servizio cristiano
della persona nelle singole regioni, anche quando ci comporta una differente articolazione della Chiesa: questo pu avvenire, per esempio, a proposito
delle forme di riconciliazione, di una nuova articolazione dei ministeri e delle
funzioni, ecc.
La teologia pratica deve svolgere un servizio critico rispetto alle strutture
ecclesiali sia nuove sia tradizionali, per verificare se esse sono trasparenti e credibili rispetto allevento Ges, se cio sono a parole e di fatto espressione di
quellamore, di quella speranza, giustizia e libert, che delle persone concrete
hanno sperimentato nel Cristo, come Dono e Impegno del Padre.

192

Parte III: Attuali percorsi e progetti in ambito europeo

2.3. La ripresa del principio dincarnazione secondo J. Goldbrunner

Gi F.X. Arnold e J.M. Reuss hanno ravvisato nellincarnazione il principio fondamentale destinato a unificare lintero discorso pastorale. Esso
ripreso e difeso da vari teologi; assunto come criterio di valutazione delle
varie proposte pastorali, tra cui quella del Manuale, da parte di Josef Gold
brunner.76
Secondo questo pastoralista, noto allambiente italiano per qualche sua
opera tradotta,77 il principio dincarnazione essenziale per superare le attuali tensioni e gli orientamenti recenti che privilegerebbero la dimensione
orizzontale dellazione ecclesiale a scapito di quella verticale, e per garantire
alla teologia pastorale il suo statuto specifico che la distingue dalle altre discipline teologiche. Il principio dincarnazione, cio il mistero del Cristo, uomoDio, risponde pienamente a giudizio di questautore alle seguenti esigenze
inerenti a una riflessione pastorale scientificamente fondata.
un principio teologico che unifica altri principi prevalentemente sociologici e incompleti, come sarebbero quelli proposti dalle correnti recenti (di
cui si parler pi oltre) che definiscono la teologia pratica o come scienza del
lazione o come teologia empirica.
un principio che illumina le coordinate fondamentali fede, non-fede, caratteristiche di ampi contesti socio-culturali attuali coi quali deve confrontarsi
lazione pastorale. Questa prospettiva sarebbe carente nel Manuale, per il fatto che pone laccento sullautorealizzazione della Chiesa.
un principio specificamente cristiano, che coglie insieme il teocentrismo e il cristocentrismo, ineliminabili dalla riflessione propria della teologia
pastorale. La proposta di Gert Otto (che verr illustrata in altro capitolo) di
una teologia pratica come teologia critica della prassi mediata religiosamente
nella societ lascerebbe gi fuori quadro lo specifico cristiano.
un principio che salvaguarda il primato della persona nella comunit,
messo oggi in pericolo da tendenze pastorali segnate dal collettivismo e dal
comunitarismo. La teologia pastorale intesa come riflessione sulla prassi liberatrice coglierebbe solo un aspetto di un tutto che la salvezza integrale.
un principio che rende possibile, in sede di teologia pastorale, il superamento del verticalismo e dellorizzontalismo, e salva la dualit natura-so
prannatura, creazione-redenzione.
un principio indispensabile perch la teologia pastorale possa operare
una sutura tra teoria e prassi nella concretezza delle situazioni storico-spa
ziali, contrassegnate dallevoluzione permanente (con linerente esigenza di
dinamicit), dalla conflittualit (con la connessa pastorale di assunzione della
Cf GOLDBRUNNER J., Inkarnation als Prinzip der Pastoraltheologie, in PThH 132-140.
Cf ad es., GOLDBRUNNER J., Cristo nostra realizzazione. Antropologia pastorale nella linea
dellincarnazione (Leumann-Torino 1971).
76
77

Capitolo VI: Il Manuale di teologia pastorale...

193

legge della croce) e dalla tensione escatologica con le sue implicanze pastorali.
un principio ancora che rende possibile un atteggiamento unitario tra
vita intraecclesiale, da una parte, e impegno verso il mondo, dallaltra.
Infine, questo principio consente di collocare nel giusto posto laspetto
personale dellesistenza cristiana, ci che non parrebbe sufficientemente assicurato dalla prospettiva pastorale di H. Schuster che assume come principio
ispiratore levento Ges.
2.4. Ruolo fondante di una ben intesa Gesuologia

Al di l delle indicazioni contenutistiche, valide in linea di massima, proposte da Biemer, Siller e Shuster, va evidenziato il valore fondante che viene
giustamente riconosciuto alla prassi di Ges di Nazaret per lintera vita della
comunit cristiana e per la connessa riflessione teologico-pratica. Ci rispecchia unesigenza, cresciuta e dilatatasi negli ultimi decenni del secolo XX (in
alcuni ambienti europei e specialmente nelle varie teologie della liberazione
emerse in America latina, in Africa e in Asia) di prestare maggiore attenzione a una cosiddetta Gesuologia, ovvero alla prassi del Ges storico, alla sua
passione per la vita, specialmente di coloro che ne sono pi deprivati, al suo
Vangelo della vita. Per porla a fondamento di tutte le attivit ecclesiali e di
ognuna di esse, nel senso di farle assumere il ruolo di criteriologia con cui leggere, valutare e riorientare lintero vivere, strutturarsi e operare della Chiesa.
Questa rilevanza riconosciuta, con solido fondamento biblico, a una ben
intesa Gesuologia pu favorire una corretta valutazione critica di certe cristologie che, ad esempio, concentrando la riflessione sul mistero del Verbo
incarnato o sulla persona del Cristo risorto o sulla sua attuale presenza nella
Chiesa e nellumanit ad opera del suo Spirito, lasciano piuttosto in ombra
la figura e la pratica comunicativa, vivificante e liberante svolta dal Ges di
Nazaret nella sua esistenza storica con i suoi seguaci e in riferimento alla realt sociale, culturale e politica del suo tempo. Ma, ovviamente, tale rinnovato
interesse allevento Ges non pu, a sua volta, disattendere gli altri dati offerti
dalle varie cristologie proposte negli scritti del NT.
Per quanto riguarda la proposta di Goldbrunner e della corrente di pensiero a cui sispira, c da dire che essa assolutamente accettabile e ormai
largamente acquisita. Ma va aggiunto che alcune osservazioni critiche che
lautore avanza nei confronti di altri orientamenti non paiono pienamente
giustificate come si avr modo di rilevare pi oltre e andrebbero per lo
meno pi ampiamente dimostrate.78
78
Nellarea olandese, sullesigenza scientifica sottolineata dal Manuale innestato il model
lo della formazione clinica del pastore derivato dal movimento americano di cui si dir pi
oltre. Loperazione condotta da F. Haarsma, che intende superare le trattazioni che privilegia-

194

Parte III: Attuali percorsi e progetti in ambito europeo

no la macro-pastorale e la vita socio-culturale a favore di una maggiore attenzione per la micropastorale e per il chiarimento, alla luce delle scienze comportamentistiche, dei processi relativi
allavvenimento della parola di salvezza nel rapporto da persona a persona: cf HAARSMA F., De
pastorale wetenschappen te Nijmegen. Een orintatie, in Vox theologica 39 (1969) 333-350; ID.,
Op het raakvlak tussen dogmatiek en pastoraat, in TvTh 11 (1971) 423-438; ID., Weiterfhrende
pastorale Bildung in Holland, in ERHARTER H. - KIRCHMAYR A. - LANGE J. - MLLER J., Prophetische Diakonie. Impulse und Modelle fr eine zukunftsorientierte Pastoral (Wien 1977) 97-112.

Capitolo VII

PROGETTI E PERCORSI DI TEOLOGIA PASTORALE


NELLAREA CATTOLICA DEGLI ANNI 1970

Negli anni 1970 vengono pubblicati alcuni saggi di teologia pastorale che,
pur conservando questa dizione, ne amplificano ormai lambito di riflessione
e il tipo di approccio scientifico, in sintonia con il rinnovamento teologicopratico promosso dal Vaticano II e prendendo in critica considerazione gli
eventi civili ed ecclesiali che hanno caratterizzato vari contesti europei in tale
decennio. Hanno avuto una certa risonanza ed influenza anche ad li fuori dei
confini linguistici di provenienza.
1. COMUNIT. CHIESA DEL FUTURO, SECONDO F. KLOSTERMANN

Ferdinand Klostermann (1907-1983), noto pastoralista di Vienna, offre


un indiscutibile e consistente contributo alla riflessione teologico-pastorale
sviluppatasi tra gli anni 1960 e gli anni 1980. La sua produzione rispecchia la
sua attivit pastorale, la sua partecipazione, in qualit di esperto, alla preparazione e celebrazione del Vaticano II, la sua particolare attenzione alle istanze
emergenti nel periodo postconciliare.
Curatore del manuale assieme ad altri teologi, ne approfondisce la prospettiva cristologica ed ecclesiologica attorno al principio comunit.1 Sensibile alle differenziate sollecitazioni sociali ed ecclesiali degli anni 1970, riprende tale tematica privilegiando lo studio degli aspetti strutturali e istituzionali
della Chiesa, fonte di disagio e oggetto di contestazione, e ne prospetta con
disarmante audacia il cambio.2 Attento al cammino storico della riflessione
1
Cf KLOSTERMANN F., Prinzip Gemeinde. Gemeinde als Prinzip des kirchlichen Lebens und
der Pastoraltheologie als Theologie dieses Lebens (Wien 1965); buona parte di questo saggio
ripresa in forma abbreviata in HPTh III 17-58 col titolo Allgemeine Pastoraltheologie der Gemeinde; ID., Pastoraltheologie heute. Versuch eines Aufrisses der Pastoraltheologie, in Dienst an
der Lehre. Studien zur heutigen Philosophie und Theologie (Wien 1965) 51-108.
2
Cf KLOSTERMANN F., Principi per una riforma di struttura della Chiesa, in CUMINETTI M.
- JOANNES F.V. (a cura), Fine della Chiesa come societ perfetta (Verona 1968) 243-298; ID.,

196

Parte III: Attuali percorsi e progetti in ambito europeo

teologico-pastorale, si confronta con i pastoralisti contemporanei, specialmente di lingua tedesca, e offre un proprio apporto critico e innovativo.3
1.1. Il principio comunit

Costatata lesistenza di discipline teologico-pastorali, la cui differenziazione concreta dovuta alla loro vicenda storica, F. Klostermann si pone il problema preliminare e fondamentale circa il principio informatore e unificatore
delle molteplici attivit ecclesiali. Lo ravvisa nel carattere comunitario della
vita ecclesiale. Sollecitato anche dal fatto che esso trova un provvidenziale
riscontro nellesperienza ecclesiale conciliare, lo assume come motivo dominante della teologia pastorale.4
Il suo primo sforzo , quindi, indirizzato a definire il principio comunit,
inteso come strumento interpretativo della realt ecclesiale e come schema
euristico nella riflessione pastorale. Per raggiungere tale obiettivo si riferisce
alla comunit di Ges, proposta come normativa per ogni successiva configurazione della comunit cristiana. Di conseguenza, il primo compito della
teologia pastorale la rivisitazione critica dei dati biblici, condotta sulla base
di unesegesi aggiornata, allo scopo di definire i lineamenti essenziali di tale
comunit di Ges.5
Questa caratterizzata dalla tensione escatologica e dallessenziale dimensione comunitaria. Si costruisce in funzione del Regno di Dio presente in essa,
ma che non sidentifica con essa, e nellintrinseca correlazione tra singolo e
comunit. Si richiamano gli atti fondativi del Ges storico; la comprensione
che la comunit postpasquale ha di se stessa come fondazione di Ges protesa
verso il futuro segnato dalla dipartita del Risorto e dal suo ritorno; il fatto che
si costruisce con ladesione personale espressa nella conversione (metanoia),
gesto personale che per avviene sempre e soltanto nel contesto comunitario.6
Lulteriore sviluppo di questa duplice caratteristica ne presenta una visione
Die Gemeinde Christi. Prinzipien, Dienste, Formen (Augsburg 1972); ID., Gemeinde - Kirche
der Zukunft. Thesen, Dienste, Modelle, 2 voll (Freiburg 1974); ID., Christentum als Programm
der Vernderung, in KHROURY A.-T. - WIEGELS M., Weg in die Zukunft (Leiden 1975) 45-80.
Questultimo saggio ripreso in forma abbreviata col titolo Vernderung in der Kirche als
theologisches und praktisches Problem, in PThH 638-650; ID., Kirche. Ereignis und Institution.
berlegungen zur Herrschafts- und Institutionsproblematik in der Kirche (Wien 1976) [ed. it.:
Chiesa: evento e istituzione. Riflessioni sulla problematica del potere e della istituzione nella
Chiesa (Assisi 1978)].
3
Ci confermato dalle numerose opere realizzate in collaborazione o come curatore:
Dienst an der Lehre, HPTh, Der Seelsorger, DOC, IDOC, LThK, Sacramentum Mundi, The New
Catholic Encyclopedia, ThPrQ.
4
Cf Prinzip Gemeinde 8s 11s.
5
Cf Prinzip Gemeinde 12-17.
6
Cf Prinzip Gemeinde 17-24.

Capitolo VII: Progetti e percorsi di teologia pastorale...

197

pi articolata. La realt concreta della comunit neotestamentaria segnata


dal rapporto dialettico tra la sua componente divina e misterica e la sua componente umana e visibile. Di conseguenza, essa attraversata dallesigenza
del continuo aggiornamento, cio dalla necessit di confrontare le forme storiche con il dettato della Rivelazione circa la natura, la costituzione interna e
i compiti della comunit di Ges. Il riferimento cristologico al Signore della
comunit determinante, per cui la dimensione istituzionale della Chiesa va
valutata in base alla parola di Cristo espressa nel servizio (diaconia). Concretamente, il fatto che si entra nella comunit per libera scelta comporta che
i suoi membri siano sempre di nuovo messi di fronte alla propria decisione
cristiana. Tra Chiesa e mondo vi una radicale disfunzionalit che fa apparire
la Chiesa come straniera, come impegnata contro il mondo e soccombente,
da un punto di vista umano. Tuttavia, la sua missione universale la orienta
intrinsecamente allevangelizzazione, e ci esige che la comunit cristiana sia
pienamente consapevole del suo legame costitutivo con lumanit. Tale missione universale delimita il rapporto tra discepolato e apostolato, tra vita di
comunione e azione evangelizzatrice, che coinvolge in modo collegiale tutti i
livelli ecclesiali, perch tutta la comunit ne soggetto responsabile.7
Nel proseguo della descrizione della comunit di Ges ne vengono enucleati gli elementi costitutivi: il suo riferimento originario allo Spirito che la
costruisce; laccoglienza della parola del Signore e la celebrazione del culto
del Signore, mediante i quali si edifica come comunit; lamore fraterno nel
Cristo, che ne costituisce laspetto completivo e perfezionante.8
Ne vengono pure delimitati gli elementi strutturali: la fondamentale ugua
glianza dovuta alla pienezza dello Spirito e allamore di Cristo; la disuguaglianza data dalla presenza di uffici e carismi distinti e correlati; la storicit
connessa, da un lato, con la distribuzione di compiti e ruoli rispondenti a
esigenze del tempo e, dallaltro, con il condizionamento storico dellimma
gine sociale della Chiesa. In questordine di considerazioni, lautore giustifica
lesigenza di una continua revisione delle strutture comunitarie e invoca come
criterio non la normativa canonica, bens la conformit alla comunit neotestamentaria e lassunzione delle strutture sociali del tempo.9
Dal principio comunit, cos chiarito, Klostermann ricava alcune conseguenze in ordine alla realizzazione concreta della vita ecclesiale. Le elenca
sotto forma di tesi-guida nellopera di aggiornamento strutturale della Chiesa:
il cristianesimo, la Chiesa possono esistere e realizzarsi solo come comunit
e in comunit; va superato, di conseguenza, lo schema attivo-passivo nei rapporti intraecclesiali e va affermato che lintera comunit soggetto attivo di
vita ecclesiale; la realizzazione e attualizzazione dellecclesa neotestamentaria
Cf Prinzip Gemeinde 24-40.
Cf Prinzip Gemeinde 40-58; Die Gemeinde Christi 26-35.
9
Cf Prinzip Gemeinde 58-68.
7
8

198

Parte III: Attuali percorsi e progetti in ambito europeo

possono avvenire solo in riferimento a un determinato spazio umano, cio in


comunit locali o particolari, che partecipano dei costitutivi essenziali della
comunit di Ges, sono legate alla legge della vicendevole comunicazione e si
situano nel contesto della comunit universale.10
Questi asserti vengono verificati in rapporto alle forme storiche in cui la comunit di Ges si realizza, con particolare riferimento allimmagine sociale del
la Chiesa. Un primo problema sorge dalla differenza tra comunit e Chiesa, e
riguarda la forma storico-sociale che la Chiesa deve assumere nellattuale contesto per rispondere al suo originario carattere comunitario. La ecclesa del NT
innanzitutto la Chiesa universale: in essa la dimensione comunitaria si esprime
attraverso lesercizio collegiale della responsabilit e tramite larticolazione di
organismi di partecipazione, intermedi tra la comunit globale e le comunit
locali. Il problema teologico-pastorale che nasce in questo ambito concerne le
attuali forme di partecipazione ecclesiale: sono pertinenti ed efficaci?11
La comunit locale originaria in cui si attua e si manifesta la comunit
universale la Chiesa episcopale. Il suo carattere comunitario espresso dagli
organismi di collaborazione. Secondo lautore, anche nelle sue dimensioni, la
diocesi deve configurarsi in modo da potere essere riconosciuta come comunit di Ges.12
La comunit locale, denominata parrocchia, esiste in vista di uneffettiva
attuazione della cosiddetta cura danime. Anche per questa forma storica di
comunit ecclesiale si pone il problema circa le sue dimensioni ottimali, che
devono essere tali da consentire una reale vita comunitaria. Emerge inoltre
lesigenza di garantire ai fedeli laici adeguati spazi, perch possano assolvere
ruoli attivi e offrire collaborazioni responsabili.13
Per quanto concerne altri tipi di comunit locali (parrocchie personali, comunit quasi-parrocchiali, categoriali-personali), la loro problematica non ha
precedenti a cui riferirsi. Nel tentativo di darvi una risposta, Klostermann invoca un duplice criterio, di per s valido per ogni forma comunitaria ecclesiale: innanzitutto la presenza in tali tipi di comunit locali di elementi fondanti
caratteristici della comunit di Ges; inoltre il loro inserimento e coordinamento nel pi vasto tessuto ecclesiale costituito dalla Chiesa episcopale.14
La problematica attinente il rapporto tra il singolo cristiano e la comunit
affrontata nella prospettiva delle successive fasi della crescita cristiana. Viene
sottolineata lesigenza, ispirata da Lig, di educare le persone a una maturit
cristiana e di continuare tale educazione con la messa in opera di un catecumenato per adulti.15
Cf Prinzip Gemeinde 69-79.
Cf Prinzip Gemeinde 69-72 79-81.
12
Cf Prinzip Gemeinde 81-85.
13
Cf Prinzip Gemeinde 86-95.
14
Cf Prinzip Gemeinde 95-100.
15
Cf Prinzip Gemeinde 100-106.
10
11

Capitolo VII: Progetti e percorsi di teologia pastorale...

199

1.2. La teologia pastorale fondamentale

In forza del principio comunit, la teologia pastorale si costituisce come


teologia dellattuazione vitale della Chiesa, formulazione questa che Klostermann preferisce a quella adottata dallo Manuale (lautorealizzazione del
la Chiesa) per le note critiche mosse a questultima.16 In forza del medesimo
principio comunit, egli difende e giustifica la costituzione di una teologia pastorale fondamentale avente il compito di studiare lintera vita della Chiesa
come essa deve realizzarsi qui-ora, con un dinamismo che la protende verso il
futuro.17 Ci gli consente di superare la frammentazione dispersiva delle molte discipline teologico-pastorali, che sottopone a una puntuale analisi critica.18
A suo parere, la nota tripartizione della materia presieduta dal triplice ufficio di Cristo e della Chiesa carente, perch la trattazione della terza parte
non riesce a legittimare una propria configurazione accettabile e risulta, di
fatto, una congerie di tematiche a sfondo pastorale non collocabili altrove;
inoltre, tale tripartizione disattende lesigenza di premettere allo sviluppo di
singoli argomenti una riflessione globale fondante. Essa infatti riduce la teo
logia pastorale generale alla descrizione della figura del pastore.19
Anche la bipartizione della teologia pastorale intesa in riferimento al terzo
ufficio e come cura danime personale e cura della comunit gli appare inadeguata, perch secondo il principio comunit la persona entra nel tessuto vitale
comunitario, per cui quanto concerne il singolo cristiano non va semplicemente accostato o giustapposto alla riflessione sulla comunit.20
Pur riconoscendo che le costatazioni avanzate allinizio del Novecento a
sostegno della proposta di sopprimere la teologia pastorale fondamentale non
appaiono infondate, ritiene tuttavia che ci non sia un motivo sufficiente per
accogliere la proposta, perch assumendo il principio comunit possibile
giustificare tale riflessione fondante. Per la stessa ragione giudica inagibile
unimpostazione globale di tale riflessione fondamentale, adunando le varie
discipline attorno a una di esse, come avvenuto nel presente secolo, sia essa
lodegetica (Noppel), oppure la liturgia (in campo cattolico), oppure la catechetica e lomiletica (in ambiente protestante).21
In breve, Klostermann sostiene la necessit di un progetto globale di teo
logia pastorale, in cui la trattazione generale e fondante, dedicata tra laltro
allo sviluppo del principio comunit, riveste un ruolo primario che giustifica
e presiede le singole discipline teologico-pastorali.22
Cf Prinzip Gemeinde 13 106.
Cf Prinzip Gemeinde 107.
18
Cf Prinzip Gemeinde 107-109.
19
Cf Prinzip Gemeinde 109-111.
20
Cf Prinzip Gemeinde 111-113.
21
Cf Prinzip Gemeinde 113-115.
22
Cf Prinzip Gemeinde 57s.
16
17

200

Parte III: Attuali percorsi e progetti in ambito europeo

1.3. Loggetto formale della teologia pastorale: la kairologia

Lautore fa propria la tesi dominante nel contesto teologico tedesco, secondo cui il punto di vista formale della teologia pastorale costituito dal riferimento diretto che essa fa al qui-ora della comunit e, quindi, allattuale congiuntura storica della Chiesa. Motiva teologicamente tale scelta richiamando
la storicit della comunit di Ges. Sottolinea, al riguardo, che la vita della
Chiesa si realizza in circostanze storiche concrete, che la spingono a rinnovarsi per essere sempre la comunit di Ges. Denuncia ununilaterale concezione
monofisita che considera unicamente la dimensione divina della Chiesa,
mentre essa, presa nel suo complesso e nelle sue stesse istanze dirigenziali, ha
inseparabilmente una dimensione umana sottoposta al fluire della storia.23
La situazione presente della Chiesa interpretata da Klostermann col ricorso alla teologia del kairs (= tempo opportuno), una categoria biblicopatristica rimessa in circolazione dagli studi di quegli anni e recepita dal Vaticano II. Il suo ambito tanto la situazione esterna della Chiesa, quindi, la
sua collocazione nella storia umana contemporanea, quanto la sua situazione
interna; entrambe comprese come momento storico-salvifico. In tale situazione vengono rilevati sia realt con cui la Chiesa ha sempre avuto a che fare, ma
che ora presentano problemi nuovi, sia fenomeni completamente nuovi che
sollevano interrogativi nuovi ed esigono soluzioni non ripetitive ma inedite.24
Lo sviluppo metodico di tale kairologia richiede, secondo lautore, una
nalisi interpretativa che si dispiega in due momenti successivi: il primo assolto dallimpiego rigoroso delle scienze umane: antropologia, psicologia, so
ciologia, critica ideologica e critica culturale. I risultati di tali scienze profane
non offrono, a suo parere, soluzioni immediatamente riferibili alla vita della
Chiesa, perch questa si situa in un ambito di fede che sfugge allanalisi di
tali scienze. Prima di essere applicati alla vita della comunit devono essere
ripresi in unulteriore analisi interpretativa di tipo teologico, che costituisce
appunto il secondo momento, quello determinante perch condotto alla luce
della rivelazione o della cosiddetta dottrina dei principi. Cos intesa, la kairologia abilita il credente e la comunit a valutare il qui-ora della Chiesa come suo
concreto kairs e a individuare conseguenti linee di azione.25
1.4. Lo statuto epistemologico della teologia pastorale

Sulla base dei dati finora esposti, Klostermann propone la seguente concezione e articolazione della teologia pastorale. Essa studia come la rivelazione
Cf Prinzip Gemeinde 117-119.
Cf Pastoraltheologie heute 58s.
25
Cf Pastoraltheologie heute 59-61.
23
24

Capitolo VII: Progetti e percorsi di teologia pastorale...

201

e la fede si attualizzano nella comunit di Ges, che si costruisce sempre di


nuovo nel futuro, animata dalla continua presenza dello Spirito di Dio e di
Cristo. Richiamandosi allimpostazione della scuola di Tubinga e, in particolare, di A. Graf, la colloca accanto alla teologia storica e alla sistematica, il cui
oggetto lessenza immutabile della Chiesa.26
Concepisce la teologia pastorale generale come disciplina fondante, avente il compito di studiare le problematiche comuni a tutte le altre discipline
particolari, che di conseguenza devono riferirsi a essa come a imprescindibile
presupposto. Essa sviluppa la sua riflessione attorno a tre tematiche di fondo.
Offre innanzitutto una dottrina dei principi valevoli per tutti i settori della
vita ecclesiale: in pratica la fondazione storico-salvifica e cristologico-ecclesiologica della teologia pastorale. Tali principi sono ricavati dalla dogmatica
oppure da unelaborazione specifica se non ancora disponibili. Una seconda
tematica quella imperniata sulla kairologia. La terza riguarda la realizzazione
vitale della Chiesa nel suo insieme, che costituisce loggetto materiale di questa disciplina.27
Secondo Klostermann, la teologia pastorale speciale tratta quei settori
della vita ecclesiale che per la loro speciale rilevanza o per il loro significato
bene sottoporre a una ricerca pi particolareggiata, fino a costituire disci
pline a se stanti nel quadro della teologia pastorale. La loro distinzione non
risponde, quindi, a esigenze teoriche e non comandata, in particolare, dallo
schema del triplice ufficio; ubbidisce piuttosto a istanze concrete proprie di
ogni epoca.28
1.5. La riforma strutturale per la Chiesa del futuro

La presentazione che lautore fa dei contenuti materiali della propria proposta teologico-pastorale privilegia lo studio dellattuale struttura della Chiesa, e mira a evidenziarne le auspicabili riforme. Loperazione compiuta a pi
riprese e trova un suo sviluppo ampio nellopera intitolata Comunit. Chiesa
del futuro, in cui applica coerentemente la metodologia segnalata, avvalendosi
di una vasta documentazione internazionale e producendo un discorso di tipo
interdisciplinare.
La prospettiva pastorale dellopera lineare e costante: il necessario e permanente aggiornamento della Chiesa, nello spirito del Vaticano II e con una
vigile attenzione agli imperativi emergenti da movimenti, da gruppi, da sperimentazioni e da istanze che affiorano nellambito ecclesiale e nella pi vasta
sfera sociale. Laccento posto, a ragione, sul futuro della Chiesa, e lopera,
Cf Pastoraltheologie heute 52-55.
Cf Pastoraltheologie heute 58 61 65-68 71-73.
28
Cf Pastoraltheologie heute 58 62-73.
26
27

202

Parte III: Attuali percorsi e progetti in ambito europeo

a detta dellautore, prospetta un progetto di realistica utopia della struttura


della Chiesa del domani.29 Ma non detto che si riduca a una visione di futuro: molti suoi contenuti sono tratti dal Vaticano II; altri sono acquisizioni
della vita ecclesiale di quegli anni; altri sono indicazioni interlocutorie in vista
della sperimentazione e di una verifica che si attende dalla prassi. Le forme e
i modelli prospettati sono flessibili e tali devono rimanere per poter venire applicati alle differenti e cangianti situazioni delle varie Chiese. Ci appare gi dal
titolo dellopera che parla di comunit, vocabolo che non va inteso nel senso
di un concetto ben determinato di comunit ecclesiale, bens nel senso della
comunione, dimensione essenziale della Chiesa, comunione che deve necessariamente realizzarsi in forme e modelli pi rispondenti alle attuali e future
situazioni della Chiesa stessa e della societ, nei diversi contesti socio-culturali.
Il piano dellopera. La prima parte vuole essere un contributo per una teologia del cambio nella Chiesa. In essa, dal messaggio di Cristo vengono fatti
emergere i concetti fondamentali che offrono altrettanti criteri per giudicare
pastoralmente le strutture concrete della Chiesa e per proporne eventualmente delle nuove pi conformi ad essi. In certo modo definiscono lessere,
meglio, le leggi sempre valide, dello sviluppo cristiano. Ci non esclude che
le loro conseguenze non abbiano sempre conosciuto la stessa espressione concreta, e che le forme e gli accenti della loro concretizzazione in situazioni storiche e in orizzonti temporali e locali possano essere differenti e pienamente
legittimi. Pi precisamente, questa prima parte esamina i modelli convenzionali delle comunit ecclesiali attuali, ne evidenzia la problematica e prospetta
i modelli del domani. Sottolinea i seguenti punti: 1) i legami della Chiesa con
Cristo, dal quale deriva la sua costituzione definitiva; 2) la struttura apostolica e quella profetica della Chiesa e la loro mutua tensione; 3) il ruolo del
lo Spirito Santo che imprime alla vita della Chiesa dei lineamenti strutturali
insopprimibili: luguaglianza fondamentale nella diversit complementare, la
fraternit, la comune missione e corresponsabilit, la libera comunicazione
e linformazione critica, la comunione, lunit nella pluralit, la struttura democratica ed ecumenica, giuridica e carismatica; 4) la funzione della Chiesa
verso gli altri, quindi la sua struttura dialogica, missionaria, aperta al mondo,
e la sua struttura politica.
Nella seconda parte vengono studiati, alla luce di questi concetti fondamentali, i ministeri e le funzioni ecclesiali nelle attuali situazioni di cambio e
nei loro rapporti vicendevoli, con particolare riferimento ai ministeri ordinati,
alle comunit religiose e ai laici.
La terza parte mostra le implicanze che questi concetti fondamentali hanno per la concreta Chiesa del futuro ai diversi livelli: la Chiesa diocesana con le
sue istituzioni infradiocesane; le strutture interdiocesane; la Chiesa mondiale.
Il futuro della vita ecclesiale prospettato da Klostermann privilegia le comuCf Gemeinde I 12.

29

Capitolo VII: Progetti e percorsi di teologia pastorale...

203

nit di base e i gruppi ristretti di cristiani, sorti nel postconcilio. Alla base
di tale orientamento sta lo studio sociologico e psicologico delle modalit
concrete di sviluppo del sentimento di appartenenza alla Chiesa: diminuzione
della pressione sociale; imporsi dellesigenza di unadesione per libera scelta;
differenti gradi di appartenenza rispondenti a differenti stadi di maturazione
cristiana ed ecclesiale dei membri della comunit. Secondo lui, la Chiesa del
futuro sar una Chiesa di adesione volontaria, caratterizzata da differenti modalit di partecipazione, articolata in comunit molecolari nella cornice della
parrocchia tradizionale territoriale e personale.30
Il disagio o la crisi esplosa attorno agli anni 1970 nei confronti della strut
tura storico-sociale della Chiesa da lui ricondotta alla tensione tra evento
cristiano e forma istituzionale in cui vissuto,31 ed affrontato con una rilettura di tale tensione nella vicenda storica di Israele, di Ges e della comunit postpasquale. In base a tale rilettura biblica legittima alcuni imperativi
attinenti il cambio istituzionale della Chiesa, come possibilit che essa ha di
ridurre linsopprimibile divario tra esperienza cristiana e Chiesa istituzionale,
in modo da superare atteggiamenti di rassegnazione o di recessione.
Le condizioni che, a suo giudizio, rendono possibile tale cambio sono le
seguenti: un dialogo intraecclesiale complessivo e paziente in vista dellas
sunzione riflessa della situazione; la preparazione del cambio attraverso la
sperimentazione, il cui luogo ottimale sono i piccoli gruppi e le comunit
ecclesiali di base; la formazione dellopinione pubblica nella Chiesa; lesigen
za dimparare a vivere nei conflitti, dato che essi sono inevitabili nellattuale
congiuntura sociale ed ecclesiale.32
Riferendosi alla critica, di derivazione illuministica, allistituzione ecclesiastica, ne accoglie le istanze di fondo e propone una reinterpretazione, condotta alla luce del NT, degli aspetti istituzionali della Chiesa e, in particolare, dei
fenomeni di legittimazione del potere ecclesiastico e della sua organizzazione.33
Il problema non riguarda lesistenza o meno dellistituzione, ma piuttosto la
sua concretizzazione storica, e ne richiede una configurazione rispondente
alle istanze sociali emergenti. Nella Chiesa, annota Klostermann, vi sono le
condizioni per compiere con successo tale revisione. In effetti, laspetto carismatico-pneumatico costituisce il pi forte e pertinente correttivo dellaspetto
istituzionale. Una corretta impostazione del rapporto tra tale duplice aspetto
ecclesiale rappresenta il compito teorico e pratico pi rilevante per la Chiesa
postconciliare. In esso rientrano sia la questione riguardante le modalit di
esercizio dellautorit, sia la ridistribuzione del potere nella Chiesa, da attuare
con la pratica effettiva del dialogo.34
Cf Gemeinde I 15-54; Die Gemeinde Christi 41-71.
Cf Die Gemeinde Christi 194-229.
32
Cf Christentum 45-80; Chiesa: evento e istituzione 229-246.
33
Cf Chiesa: evento e istituzione 88-117.
34
Cf Chiesa: evento e istituzione 119-188.
30
31

204

Parte III: Attuali percorsi e progetti in ambito europeo

1.6. Rilievi valutativi35

Gli aspetti positivi della proposta di Klostermann su cui la critica teologica


ha richiamato lattenzione sono, in sintesi, i seguenti: ladozione del principio
comunit formulato non a partire da una delimitazione storica dellessenza
della Chiesa come nel Manuale, ma sulla base di una cristologia ed ecclesiologia critiche;36 la giustificazione teologica di una teologia pastorale fondamentale; la definizione di una kairologia; il vigore dellanalisi pastorale e laudacia
pionieristica delle proposte di cambio delle strutture ecclesiali; limpiego di
un approccio interdisciplinare in sede di teologia pastorale.37
Gli aspetti carenti e problematici evidenziati dalla medesima critica concernono i seguenti argomenti: i vari momenti in cui ricostruito il principio
comunit, che risultano non adeguatamente esplicitati; il procedimento interpretativo del kairs, che, pur facendo riferimento ai valori evangelici, in
definitiva pare egemonizzato dalle esigenze dellattuale aggiornamento strutturale della Chiesa, in sintonia con le istanze socio-culturali del tempo; las
sunzione dei risultati delle scienze umane, in particolare della sociologia, non
accompagnata da unadeguata critica allideologia che a monte di esse, col
rischio di sopravvalutare fenomeni ecclesiali caricandoli in modo affrettato
di significato esemplare e ricavandone modelli di comportamento, invece di
discuterli e verificarne il valore evangelico.
Questi rilievi critici fanno emergere una problematica che supera la proposta di Klostermann e riguarda il momento teologico ed ecclesiale postconciliare: la difficolt di produrre, nellattuale congiuntura storica della Chiesa,
una riflessione critica circa il futuro della Chiesa, la vanificazione della comunit e il superamento della disintegrazione fra la teologia e le conoscenze
delle scienze umane.38
2. TEOLOGIA DEL CAMBIO ECCLESIALE SECONDO P.-A. LIG

Il domenicano Pierre-Andr Lig (1921-1979), professore di teologia


pastorale allIstituto Cattolico di Parigi, ha offerto un proprio contributo di
valore al recente sviluppo della teologia pastorale, specialmente nellarea di
Cf EMEIS D. - WICH A., recensione allopera Kirche - Gemeinde der Zukunft, in ThRv
72 (1977) 54-58; SCHRER H., Tendenzen neuerer katholischer Praktischer Theologie, in VuF
(1975/1) 17; ERHARTER H. - KIRCHMAYR A. - LANGE J. - MLLER J., Prophetische Diakonie 7-9;
SEVESO B., Edificare la Chiesa 172-174.
36
Un orientamento ecclesiologico alla teologia pastorale simile a quello di Klostermann
adottato da manuali di quegli anni: cf ad es., AMMER H. u.a., Handbuch der Praktischen Theolo
gie, 3 voll. (Berlino 1975-1978); BLOTH P. u.a., Handbuch der Praktischen Theologie (Gtersloh
1981).
37
Cf i riferimenti della nota 35.
38
Cf ERHARTER H., Prophetische Diakonie 8.
35

Capitolo VII: Progetti e percorsi di teologia pastorale...

205

lingua francese. Il suo pensiero sparso in numerosi studi, che rispondono


alle seguenti sollecitazioni della vita ecclesiale nel periodo che va dagli anni
1950 agli anni 1980: le urgenze in campo pastorale rilevate dalla pastorale
dinsieme;39 lesigenza di una fondazione ecclesiologica della teologia pastorale40 e di una configurazione scientifica rigorosa di questa disciplina;41 la
recezione del rinnovamento promosso dal Vaticano II;42 il confronto della
propria impostazione con le posizioni di pastoralisti e cultori di scienze umane contemporanei;43 lurgenza di offrire una riflessione teologico-pastorale
su non pochi argomenti attuali catalogabili nella teologia pastorale speciale.44
2.1. Il concetto di teologia pastorale

Nei vari tentativi di definire il profilo e la metodologia della teologia pastorale, Lig si rif alla prassi pastorale vigente, nella quale rileva alcuni pericoli
ricorrenti, che una teologia pastorale aggiornata dovrebbe aiutare a evitare:
la pastorale selvaggia nella linea dello spontaneismo o della sperimentazione
incontrollata; la pastorale tecnocratica, dove limpegno quasi esclusivo assorbito da esigenze organizzative e burocratiche; la pastorale di adattamento culturale con lassunzione acritica delle tendenze dominanti in campo sociale e
culturale; la pastorale di conservazione attaccata a una prassi ecclesiale uniforme e ripetitiva, securizzante ma esposta allimmobilismo variamente sterile.45
Mette in evidenza alcune acquisizioni raggiunte dalla teologia recente e
avallate autorevolmente dal Vaticano II, che costituiscono per la teologia pastorale nuove basi e prospettive promettenti: la riscoperta di un magistero
Cf LIG P.-A., Thologie de lglise et problmes actuels dune pastorale missionnaire, in
MD 34 (1953) 5-19; ID., Pour une thologie pastorale catchtique, in RSPhTh 39 (1955) 3-17;
ID., Per un rinnovamento della pastorale (Roma 1965). Il volume raccoglie articoli apparsi dal
1959 in poi.
40
Cf LIG P.-A., Le mystre de lglise: Initiation thologique, vol. IV (Paris 1956) 313-390.
41
Cf LIG P.-A., Introduction, in ARNOLD F.X., Serviteurs de la foi (Tournai 1957) V-XXVIII.
42
Cf LIG P.-A., Imaginer lglise, in PrMs 12 (1969/12) 575-582.
43
Cf LIG P.-A., Cours de Thologie Pastorale. Thologie pastorale fondamentale (Paris
1969-1970) [litografato]; ID., Position de la thologie pastorale = Le point thologique 1 (Paris
1971) 51-72 94-96; ID., Lclatement de lglise, point critique de la mission, in PrMs (Dossier
1972/2) 81-88; ID., Ltre ensemble des Chrtiens (Paris 1976) [ed. it.: Lo stare insieme dei cristiani. Tra comunit e istituzioni (Brescia 1979)].
44
Cf ad es. LIG P.-A., Place linstitution dans lglise. Lgitimations doctrinales, in
Lglise: institution et foi (Bruxelles 1979) 173-193; ID., Pour mieux comprendre lEucharistie
(Paris 1981) [ed. it.: Quattro catechesi sullEucaristia (Bologna 1982)].
45
Cf Introduction VIIIs; Cours de Thologie Pastorale 9; Position de la thologie pastorale
60 71s. Una rapida ricognizione dellevoluzione della posizione del Lig circa la concezione
della teologia pastorale fatta da VIAU M., Identit des tudes Pastorales, in Laval thologique
et philosophique 43 (1987) 295s.
39

206

Parte III: Attuali percorsi e progetti in ambito europeo

pastorale; il recupero della visione biblica di verit e la ricomprensione della


Rivelazione come evento e parola con labbandono di una sua concezione
intellettualistica; la ridefinizione della figura del pastore nel quadro del sacerdozio comune e dei carismi e ministeri dei membri del popolo di Dio; il
nuovo rapporto tra Chiesa e mondo; la critica a situazioni di cristianit non
motivate da criteri teologici e la collocazione della Chiesa in una situazione
di movimento e di cambio, che richiede di essere orientato da unadeguata
riflessione teologico-pastorale.46
critico di fronte a concezioni, anche recenti e autorevoli, che riducono
la teologia pastorale a corollari pastorali della dogmatica e della morale,
oppure a una teologia della pastorale: teologia esteriore allagire ecclesiale a
cui si degna di fornire i suoi principi teologici e su cui esercita il suo controllo
di ortodossia. pure critico nei confronti dimpostazioni che riducono la
teologia pastorale a una pastorale della teologia, incaricata di rendere questa
disciplina meno astrusa e pi digeribile. Approva gli sforzi compiuti per superare le insufficienze della teologia scolastica e per integrare nelle intenzionalit e nella metodologia della teologia sistematica (dogmatica e morale) ci
che a volte si ritenuto proprio della teologia pastorale: attenzione alla esperienza cristiana ed ecclesiale, apertura alle questioni attuali, preoccupazione
per la funzionalit della verit cristiana, servizio alla missione della Chiesa.
Apprezza il fatto che i recenti sviluppi della teologia pastorale abbiano contribuito a rinnovare la teologia sistematica in tale senso. Tuttavia, riconosciuto
tutto questo, fa sua la preoccupazione tesa a superare la tendenza di rinuncia
a una teologia pastorale, per la difficolt ricorrente di accertarne unidentit
teologica plausibile.47 Avvalendosi di una rapida ricognizione dellevoluzione
storica di questo tipo di sapere teologico, rivendica un proprio spazio alla
teologia pastorale, a cui intende offrire una fondazione teologica rigorosa.48
Lautore assume questa definizione di teologia pastorale che giudica condivisa da numerosi pastoralisti contemporanei e che ritiene adatta a delinearne
lidentit: la disciplina teologica che offre un suo discorso specifico alla coscienza riflettente dellagire ecclesiale nelloggi del suo compiersi.49
Vi sono riscontrabili, senza difficolt, le componenti qualificanti di questa
disciplina, proposte a pi riprese da Lig:50 il suo carattere di conoscenza
scientifica munita di un proprio metodo; la sua natura teologica avente come
orizzonte conoscitivo la fede; il suo spessore teorico di riflessione critica; la
sua qualifica pastorale dovuta a un suo proprio riferimento alla prassi eccleCf Cours de Thologie Pastorale 3-7; Position de la thologie pastorale 59s.
Cf Position de la thologie pastorale 51-53 71.
48
Cf Position de la thologie pastorale 53-58.
49
Position de la thologie pastorale 60. Lig ritiene che tale definizione sia condivisa da
pastoralisti come F.X. Arnold, G. Ceriani, R. Spiazzi, K. Rahner, H. Schuster gi recensiti e M.
Lefbvre il cui pensiero verr esposto nel capitolo XIII.
50
Cf Pour une thologie pastorale 5; Introduction XVs; Cours de Thologie Pastorale 10-12.
46
47

Capitolo VII: Progetti e percorsi di teologia pastorale...

207

siale; il suo oggetto materiale costituito dallagire ecclesiale e il suo ambito


specifico che il divenire attuale della Chiesa, quindi, la storicit del popolo
di Dio, non solo passata, ma presente e tesa al futuro.
Lautore consapevole che una teologia pastorale cos concepita finora
attuata solo in modo frammentario; tuttavia, a suo parere, i frammenti sono
assai numerosi e tali da legittimare lo statuto a cui essa aspira. Egli stesso ne
offre una spiegazione suggestiva attinente il suo fondamento ecclesiologico,
le sue funzioni, il suo campo, i suoi rapporti con le altre discipline teologiche
e umane.51
2.2. La concentrazione ecclesiologica e il vissuto ecclesiale

Egli ritiene ormai assodato che la teologia pastorale ha come oggetto di ri


flessione la Chiesa, luogo in cui si realizza la salvezza e avviene lincontro con
Dio e con Cristo, che costituiscono la realt studiata dalla teologia. Ci che
polarizza la riflessione pastorale la realt ecclesiale presa nella sua totalit
organica e nel dinamismo storico in cui si realizza, cio nel vissuto ecclesiale.
Lespressione totalit organica comprende pastori e fedeli: il termine pastorale applicato a questa disciplina sta a indicare allora una riflessione non ristretta allufficio dei pastori, ma allargata allagire dellintero corpo ecclesiale
considerato in stato di missione. Secondo Lig, se il vocabolo pastorale evoca
solo i pastori sarebbe meglio parlare di teologia pratica, come ha suggerito, ad
esempio, H. Schuster. Ma tale connotazione, a suo parere, ha linconveniente
di dare ad intendere che le altre discipline teologiche siano prive di un significato pratico. Per questo motivo egli mantiene il vocabolo pastorale, ma
ampliandone il significato che storicamente ha sovente assunto.52
La formula nel suo dinamismo sottolinea che la riflessione pastorale verte
sulla Chiesa impegnata a esistere, a identificarsi, a lavorare alla sua edificazione e in marcia verso il suo compimento, animata dallo Spirito. La formula
analoga agire ecclesiale compresa nel senso che Blondel d al termine azione:
sintesi dellessere, del volere e del pensare. Lagire ecclesiale lo spazio in cui
si attua il mistero, il manifestarsi oggi del sacramento di salvezza, il luogo
di potenziale intelligibilit dellintero mistero ecclesiale.53
Di conseguenza, nella sua indagine la teologia pastorale mette a fuoco
loggi dellesperienza ecclesiale, il vissuto dellesperienza cristiana in quanto fa
corpo con lattuale situazione della Chiesa.
Loggi della Chiesa non studiato dalla teologia pastorale al fine di offrire
delle ricette pratiche di adattamento o di cambio. riconosciuto invece come
Cf Position de la thologie pastorale 60s.
Cf Position de la thologie pastorale 62.
53
Cf Position de la thologie pastorale 62s.
51
52

208

Parte III: Attuali percorsi e progetti in ambito europeo

il luogo in cui la Parola di Dio presente in situazione dimmanenza dinamica, che latto teologico ha il compito di scrutare e di riattualizzare, in modo
che la coscienza ecclesiale sia adeguatamente orientata: la teologia pastorale
una prassologia.54
Lig non contrario che oggetto della teologia pastorale sia la pratica
intraecclesiale ed extraecclesiale, a patto che questa sia compresa nella visuale
appena indicata e sia rilevata e valutata criticamente in base ai criteri che ver
ranno elencati nel proseguo dellesposizione.55
La teologia pastorale cos compresa suppone una concezione ecclesiologica determinata: ogni azione pastorale implica almeno una dogmatica rudimentale e la teologia pastorale riceve i suoi principi dalla dogmatica.56
Alla base del discorso teologico-pastorale vi la tematizzazione del rapporto
tra Chiesa eterna e Chiesa storica. La prima la comunit escatologica, che
esprime la comunione di tutti in Dio. La seconda lanticipazione e linizio
della comunit escatologica. Essa non comunit in senso assoluto; lo e lo
diviene nella dialettica tra forma sociale ed evento comunitario in tensione
verso il compimento della comunit escatologica. Esiste, quindi, una verit
della Chiesa significata dal modo di essere delle sue realizzazioni parziali nella
storia. Essa non sidentifica con la perfezione della Chiesa, realizzata nel tutto
della sua natura comunitaria; tende piuttosto verso il progressivo raggiungimento di tale meta finale.57
2.3. Funzioni della teologia pastorale

Fra le molteplici funzioni della teologia (contemplativa e dossologica, apologetica, ermeneutica e critica, pratica...), la teologia pastorale rivendica da
sempre per s la funzione pratica. Lig larticola in tre aree funzionali: larea
criteriologica, larea retrospettiva e larea prospettica o progettuale.58
La teologia pastorale offre allagire ecclesiale innanzitutto i suoi ultimi riferimenti di fede, i suoi criteri. Di questi non data una giustificazione puntuale. La si presuppone col rimando alla natura teologica di questa disciplina.
In concreto, la criteriologia esibita la rilettura fatta dalla funzione pratica,
propria della teologia pastorale, del dato di fede.59 Nelle varie riprese del
Position de la thologie pastorale 63s.
Cf La pratique comme lieu de la thologie?, in Orientations = Le point thologique 21
(Paris 1977) 83-90.
56
Introduction XXI; Position de la thologie pastorale 59 64.
57
Cf Thologie de lglise 5-10 16s; Le mystre de lglise 329 360s. In tali studi Lig
precisa anche le possibili tappe di crescita della Chiesa che postulano a livello pastorale la
categoria della gradualit del processo di appropriazione del messaggio cristiano.
58
Cf Position de la thologie pastorale 64.
59
Cf Introduction XXI; Pour une thologie pastorale 6; Position de la thologie pastorale 63.
54
55

Capitolo VII: Progetti e percorsi di teologia pastorale...

209

largomento, Lig apporta notevoli variazioni e approfondimenti al suo pensiero. Dapprima, in dipendenza da Arnold, enumera tre principi: il principio
dincarnazione che recupera la cristologia come parametro dellagire ecclesiale; il principio di durata o ecclesiologico, che esprime lesigenza di assumere il
divenire storico e la progressione nella vita della Chiesa; il principio dellunit
di missione che postula lazione unitaria dei ministeri e la necessaria convergenza sul polo eucaristico.60
Successivamente parla piuttosto di criteri e li descrive in maniera pi differenziata, distinguendo criteri di origine pasquale e criteri di origine pentecostale. Tra i primi annovera: il criterio teocentrico che riconosce a Dio
liniziativa della salvezza; il criterio dincarnazione o mediazione, che rimanda
al Cristo risorto come realizzatore del piano salvifico divino; il criterio storico
o di durata riguardante i condizionamenti storici dellagire ecclesiale. Tra i
secondi elenca: il criterio di cattolicit, che propone la dialettica di persona e
comunit allinterno del popolo di Dio e la necessaria apertura del messaggio
cristiano alle culture; il criterio distituzione, che evidenzia linsopprimibi
le componente istituzionale della Chiesa; il criterio di apostolicit o di tradizione, che sottolinea la continuit apostolica della dottrina e dellautorit
nella Chiesa; il criterio di unit di missione, che legittima la diversit e la
convergenza di carismi e ministeri nella vita ecclesiale.61 Da ultimo, in unul
teriore presentazione, dallelenco precedente depennato il criterio teocentrico, e quello di cattolicit sdoppiato nelle due dimensioni di tale propriet
ecclesiale: il principio comunitario (= cattolicit ad intra) e il principio di
cattolicit (= cattolicit ad extra).62
Tramite la sua funzione retrospettiva o di memoria, la teologia pastorale
concentra lattenzione critica sui condizionamenti storici dellattuale esperienza ecclesiale e opera una critica liberante nei confronti di uneredit che
spesso ritarda limmaginazione.63 Le scelte pastorali del passato e, in particolare, le opzioni del tempo di cristianit64 sono analizzate criticamente e valutate in vista di una loro possibile assunzione oppure di un loro superamento
nellazione pastorale del presente.
Laccostamento al passato prevede quattro momenti: collocazione dei fatti
nel loro contesto storico; esplicitazione, con lanalisi storica e linterpretazione
sociologica, della rottura o della continuit fra il contesto socio-culturale dei
fatti storici e quello attuale; riesame dei dati biblici e teologici pertinenti; deliCf Pour une thologie pastorale 6s; Introduction XXIII-XXVII.
Cf Cours de Thologie Pastorale cap. III.
62
Cf Imaginer lglise 575-582.
63
Position de la thologie pastorale 66.
64
Lig enumera nove opzioni che caratterizzano il tempo di cristianit: atavismo della fe
de, unanimit di appartenenza, primato del culto, preponderanza del clero, importanza delle
tradizioni e dei costumi, polarit parrocchiale, ampiezza delle istituzioni, privilegio del mondo
dei bambini, monoacculturazione occidentale (cf Cours de Thologie Pastorale cap.II).
60
61

210

Parte III: Attuali percorsi e progetti in ambito europeo

mitazione di spazi attualmente praticabili, rispondenti alle autentiche esigenze pastorali sottese alle scelte attuate.65
La funzione prospettica o progettuale o creativa costituisce un momento
tipico della riflessione pastorale. Il fatto che il cambio legge costante del
cammino storico del popolo di Dio fa della teologia pastorale una teologia del
cambio.66 Lattuazione metodica di questa funzione parte dalla precisazione
del disagio nei confronti di una prassi ereditata e contestata; il traguardo finale
una prassi riorientata e rinnovata.
Per evitare che nel passare dalluna allaltra, reagendo a un clericalismo
della conservazione, si cada in un opposto clericalismo del cambio, vanno messe in opera alcune mediazioni necessarie. A una spiegazione storica, che situa
i fatti nel loro contesto originario, segue una loro analisi critica, attenta agli
interrogativi e ai sospetti avanzati dalle scienze umane (sociologia, psicanalisi).
Occorre quindi rivisitare le fonti della fede per ricavarne riferimenti utili a
uninterpretazione critica della situazione rilevata. Occorre cio attuare unermeneutica pastorale. In base al quadro di valori esibiti dai criteri teologici, il
dato empirico sottoposto a una rivalutazione pastorale e viene riorientato
lungo prospettive operative e strategiche ridisegnate.67 Nellesercizio di questa funzione, la teologia pastorale si avvale delle delucidazioni speculative ed
ermeneutiche della teologia sistematica, che per non suo compito produrre. Cos pure, non ci si attender da essa che si pronunci sulle operazioni da
compiere qui-ora. La decisione nellagire ecclesiale propria di altre istanze
responsabili, alle quali la teologia pastorale offre un suo apporto indispensabile nella linea indicata.68
La funzione retrospettiva e quella progettuale sono strettamente collegate
tra loro, perch nella Chiesa il provvisorio sorretto da una fedelt, e la
creativit e limmaginazione non possono progredire senza la memoria.69
Lidentificazione del fondamento e delle funzioni tipiche della teologia pastorale consente allautore di definire meglio il campo di questa disciplina e i
suoi rapporti con le altre scienze teologiche e umane.
2.4. Il campo della teologia pastorale

La teologia pastorale rivendica il diritto di ricoprire tutto il campo riguardante il progetto di Chiesa nel suo progressivo costruirsi, tutti i compiti
Cf Cours de Thologie Pastorale 14s.
Cf ivi 8s.
67
Cf ivi. Il modello metodologico di fatto utilizzato da Lig in singoli saggi. Si veda, ad
es., Imaginer lglise; Lclatement de lglise, e un esempio sintetico in Position de la thologie
pastorale 63 e 65.
68
Cf Position de la thologie pastorale 64, dove rimanda a M. Lefbvre.
69
Position de la thologie pastorale 66.
65
66

Capitolo VII: Progetti e percorsi di teologia pastorale...

211

che esso implica, tutte le istituzioni che mette in opera. Per questo augurabile che non si contenti di prestazioni puntuali, nonostante che essa prenda
lavvio dallattuale vissuto ecclesiale. Tale vissuto , nella sua diversit, assai
ricco e tale da aprire la possibilit di unelaborazione globale, la cui ampiezza non minore di quella della teologia sistematica. La teologia pastorale
non condannata a essere soltanto un mosaico di frammenti: pu almeno
dare un disegno al mosaico. La vedremmo volentieri sviluppata nei tre spazi
maggiori della missione e dei relativi ministeri: profetico, liturgico, odegetico.
Mal sopporteremmo che la sua unit si frantumi in realizzazioni di origine
pragmatica, ad esempio, che si sviluppi ai suoi margini una missiologia e una
catechetica....70
2.5. Rapporti con le altre discipline

Stando alle indicazioni sommarie dellautore, nel quadro del sapere teologico vi uno spazio coperto dalla teologia sistematica (dogmatica e morale)
e, in modo pi ravvicinato, da unecclesiologia dogmatica, essenziale o esistenziale comunque la si voglia chiamare, e uno spazio proprio della teologia
pastorale. Essi corrispondono a due distinte funzioni teologiche, quella sistematica o scolastica, espletata dalla dogmatica e dalla morale, e quella pratica,
propria della teologia pastorale. Pur avendo assunto di recente una posizione pi esistenziale e un pi autentico significato ecclesiale, la sistematica e,
in concreto, lecclesiologia non mette a tema della sua indagine lesperienza
ecclesiale nel suo divenire attuale, che resta il campo proprio della teologia
pastorale nel senso spiegato.
Ammessa la distinzione delle due discipline, necessario pure, a giudizio
dellautore, rilevarne il rapporto reciproco nellunica teologia. La dogmatica
offre alla teologia pastorale principi e acquisizioni dottrinali. La teologia pastorale sviluppa unulteriore riflessione teologica in ordine allagire ecclesiale:
gli fornisce il quadro teorico di riferimento a livello teologico; ne rappresenta
listanza critica; ne stimola limmaginazione; ne controlla i progetti; gli propone le proprie problematiche arricchenti e stimolanti.71
Secondo Lig, la storia della Chiesa pu offrire dei validi servizi alla teo
logia pastorale, ma a condizione che sia una storia critica e non apologetica;
a condizione inoltre che si presenti come una storia della tradizione in tutto
il suo spessore: tradizione vivente dellesperienza cristiana, della storia della
fede, dellincontro del Vangelo con la storia umana, delle forme dellagire ecclesiale. Non avrebbe nulla da dire una storia di trionfi o una storia puramenIvi 65.
Cf Pour une thologie pastorale 6; Introduction XVII; Position de thologie pastorale 52s
64s 69 95s.
70
71

212

Parte III: Attuali percorsi e progetti in ambito europeo

te erudita. In effetti, la teologia pastorale spinta a interrogare la storia della


Chiesa per trovarvi forme di esistenza, progetti, situazioni ricche di sapienza
pastorale, ed inoltre costanti ed elementi di continuit. Non si tratta, quindi,
di ricopiare materialmente il passato, ma di cogliere, pur tra le sue incoerenze
e i suoi errori, il significato che esso pu rivestire per il presente ecclesiale.
Di conseguenza, si pu dire che la coscienza della Chiesa interpellata da
tutte le tappe della sua storia, e principalmente dai periodi caratterizzati dal
linventiva e dal cambio: i primi secoli cristiani svolgono, a tale titolo, un ruolo
privilegiato.72
A giudizio dellautore, nellattuale clima culturale indispensabile che
la teologia pastorale riconosca un conveniente spazio alle scienze umane e
specialmente a quelle interessate al fenomeno religioso: etnologia, sociologia e psicologia della religione. Lintervento di tali scienze nella riflessione
teologico-pastorale prevista in tre momenti: allinizio della ricerca, nel
lanalisi delle situazioni proprie del vissuto ecclesiale, in cui sorgono le provocazioni teologiche; nel corso dellelaborazione del discorso teologico, per
attuare una specie di trascodificazione delle letture fatte a livello di scienze
umane con la lettura credente, per assicurare che non si cada nella riduzione
del fatto cristiano ed ecclesiale a un fatto religioso culturale; al termine del
latto teologico-pastorale per produrre orientamenti dellagire ecclesiale, che
integrino loggi culturale. In tale modo la sociologia introdotta nella teologia pastorale consentir di desocializzare il vissuto ecclesiale e, insieme di
risocializzarlo.73
Nei confronti di queste scienze, osserva Lig, non ne giustificato un utilizzo sotto forma di scienze ausiliarie della pastorale. Fra scienze umane e teologia pastorale occorre istituire unintegrazione sul piano della ricerca e una
distinzione di competenze a livello di elaborazione dei risultati. Va per fatto
notare, sottolinea lautore, che linterpretazione ultima del vissuto ecclesiale si
situa nellorizzonte di fede, senza cui non si ha riflessione teologica. In effetti,
la teologia pastorale non pu contentarsi di assumere unetero-interpretazione del fatto ecclesiale, prodotta dalle scienze umane. Essa dispone di unautointerpretazione. Ci significa che le scienze umane non potranno dire che
la penultima parola, e lautocoscienza della Chiesa, insita nellesperienza e
nella memoria credente, vi avr lultima parola. In caso contrario, si rischia
di trattare la Chiesa come unistituzione religiosa qualsiasi e di sottoporla al
magistero della psicologia e della sociologia.74
Per quanto concerne la filosofia, a detta di Lig, il suo apporto alla teologia pastorale meno decisivo di quanto lo invece per la sistematica. La teologia pastorale se ne avvale in maniera seria ma piuttosto eclettica, nel senso
Position de la thologie pastorale 66.
Ivi 67.
74
Cf ivi 67s.
72
73

Capitolo VII: Progetti e percorsi di teologia pastorale...

213

che essa orientata di preferenza verso le filosofie dellazione, le filosofie della


persona e le filosofie della storia, perch in esse pu trovare analogie di comportamento e intenzionalit omogenee al suo progetto. Ci spiega perch, secondo lautore, le filosofie esistenzialiste, fenomenologiche e personalistiche
dellultimo mezzo secolo hanno riscosso il favore dei pastoralisti. In ogni caso,
a suo parere, il ricorso a tali scienze richiede di essere attuato con maggior
rigore di quanto avvenga frequentemente.75
2.6. Teologia pastorale e teologie pastorali

Siamo entrati in unepoca scrive Lig in cui la teologia si presenta al


plurale, sotto il segno della diversit e del cambio. Occorre attendersi senza
dubbio che la teologia pastorale si diversifichi da una regione allaltra della
Chiesa e che sia minacciata di un invecchiamento quotidiano. Ci connesso
con la sua intenzionalit pratica e il suo legame costitutivo con la prassi del
la Chiesa. Comporter un suo costante rinnovamento. Questo non significa
per che la teologia pastorale di ieri sia oggi falsa. Lesperienza ecclesiale elevata a un livello critico e riflessivo in un dato momento storico portatrice
di una certa continuit, che perdura lungo la discontinuit di discorsi diversi
ma mai contraddittori. La teologia pastorale di oggi non sar pi sufficiente
domani, ma dovr essere interrogata dalla teologia pastorale che verr elaborata domani.76
2.7. Annotazioni valutative

Bench disperso in numerosi contributi, il pensiero teologico-pastorale di


Lig lascia intravedere la sua struttura fondamentale criticamente sensibile
alle istanze del periodo esaminato. Le sue proposizioni qualificanti attinenti lo
statuto teologico e scientifico di questa disciplina, il suo fondamento ecclesiologico, le sue funzioni, il suo ambito e i suoi rapporti con le altre scienze teologiche e umane consentono una riorganizzazione, criticamente fondata, della
materia teologico-pastorale e ladozione di un modello metodologico di ricerca
che apre un cammino praticabile, anche se parziale, alla riflessione pastorale.
Occorre tuttavia riconoscere, e lautore ne consapevole, che la sua proposta per vari aspetti interlocutoria e si ferma allo stadio di suggestioni e intenzioni, fondate ma non sviluppate e approfondite. Cos, si possono rilevare
alcune lacune su cui si soffermata la critica recente. La criteriologia presentata non in modo unitario e rigoroso, ma piuttosto rapsodico e farraginoso.
Cf ivi 71.
Ivi 70.

75
76

214

Parte III: Attuali percorsi e progetti in ambito europeo

Lanalisi storico-critica del vissuto ecclesiale prospettata in unottica


prevalentemente negativa di critica e non prevista una sua esplicitazione
in senso positivo. Il cambio ecclesiale visto come adattamento critico alla
situazione temporale e non sono determinate le condizioni per una possibile
assunzione organica dei processi storico-sociali entro la riflessione pastorale
nella linea dei segni dei tempi. Il mancato approfondimento del modo con
cui le scienze umane sono integrate nellindagine teologico-pastorale rischia
di fare intendere che, pur in forma aggiornata, esse rimangono sotto la signo
ria della teologia, se a essa e non alla fede viene attribuito il compito di dire
lultima parola.77
Pi in generale alcuni teologi hanno rilevato che la teologia pastorale prospettata dal Lig non abbastanza critica e che, in definitiva, si riduce a
una specie di teologia doccasione. Secondo altri, tale teologia inclina verso
una Chiesa evanescente, un po romantica, che lascia poco spazio allaspetto
istituzionale. Altri ancora hanno evocato linsistenza troppo esclusiva della
riflessione dellautore sul carattere personale della fede che ne metterebbe in
ombra laspetto intellettuale.
Ad ogni modo, va riconosciuto a Lig il merito di avere richiamato lat
tenzione sul carattere ambizioso del profilo di teologia pastorale da lui de
lineato in sintonia di pensiero con altri pastoralisti contemporanei, e la difficolt della sua attuazione. A ragione lautore pu dichiarare che solo chi
ha unimmagine povera di questa disciplina la pu considerare una teologia
declassata.78 La sua opera e il suo insegnamento hanno avuto ripercussioni
positive e sono stati allorigine di sviluppi senza precedenti di istituzioni pastorali nellarea canadese di lingua francese.
3. RIFLESSIONE PASTORALE COME INTERPRETAZIONE DELLE
SPERIENZA

Una problematica in parte simile a quella del Manuale, ma sviluppata in


maniera originale, la si trova in una corrente di riflessione pastorale che fa
capo ai collaboratori della qualificata rivista Lumen vitae (Bruxelles) e specialmente a Marcel Van Caster.79 Anche se il contesto in cui viene abbozzata
Cf SEVESO B., Edificare la Chiesa 159-162.
Position de la thologie pastorale 70. Il manuale di teologia pastorale di FLORISTAN C.
- USEROS M., Teologa de la accin pastoral (Madrid 1968) [ed. it.: Teologia dellazione pastorale Alba 1970)], espressione della teologia pastorale spagnola, dipende strettamente dal
limpostazione metodologica di Lig e sispira a motivi di Arnold e a tesi del Manuale.
79
Mi riferisco in modo particolare ai seguenti studi: SCHOONENBERG P., Rvlation et exprience, in LV 25 (1970) 383-392; EXELER A., La catchse, annonce du message et interprtation
dexprience, ivi 393-404; VAN CASTER M., La vie vcue selon son sens intgral, in LV 24 (1969)
89-105; Pour un clairage chrtien de lexprience, in LV 25 (1970) 429-446; ID., Notre foi en
77
78

Capitolo VII: Progetti e percorsi di teologia pastorale...

215

principalmente di ordine catechetico, tuttavia linsieme delle indicazioni riflette un pi ampio orizzonte di teologia pastorale degli anni 1970.
3.1. Lesperienza come luogo di rivelazione e salvezza

Il centro dinteresse costituito dallesperienza vissuta. Con questa formula sintende indicare la realizzazione e integrazione di valori in una situazione personale attraverso la mediazione di alcune attivit.80 Essa viene assunta
a contenuto essenziale e tema principale del discorso pastorale. Ci si trova qui
di fronte a un capovolgimento di prospettive. In effetti, lesperienza non viene
pi concepita come lapplicazione pratica di una verit dottrinale o teorica,
o come il prolungamento attuale di una realt storica espressa nella Bibbia
[...], o come il quotidiano dove il mondo spirituale, celebrato nella Liturgia,
trova spazio di irraggiamento e di azione, ma appunto come oggetto della
riflessione cristiana, come esperienza interpretata alla luce della fede.81
Questo cambio di visuale guidato da una pi approfondita percezione
dello stretto rapporto esistente tra esperienza umana e Rivelazione e tra espe
rienza umana e salvezza. Pi precisamente, guidato dalla certezza di una divina presenza di rivelazione e di grazia nel quotidiano dellesperienza vissuta,
presenza che la riflessione pastorale tende ad evidenziare e a interpretare in
vista dellelaborazione di orientamenti per lazione.82
3.2. Due tipi di approccio pastorale

In sede pastorale, laccostamento allesperienza viene fatto lungo due direttrici distinte ma complementari.
La prima considera la vita vissuta come possibile portatrice di valori, di cui
vanno percepiti i significati al fine di una loro integrazione progressiva. Si
tende a precisare il senso immediato e il senso profondo (e cio il significato
esplicitamente cristiano) di questo valore e si studiano le modalit attraverso
cui pu essere realizzato e integrato, nella doppia significativit, attraverso
lazione nelle diverse situazioni.83
Jsus-Christ, ivi 89-102; ID., Aimer Dieu en aimant les hommes, in LV 28 (1973) 292-316; ID.,
Consentement et crativit dans la foi, in LV 29 (1974) 72ss; THILS C., Positions axiales sur
vanglisation et salut, in LV 29 (1974) 513ss.
80
VAN CASTER M., Pour un clairage 429.
81
Ivi.
82
Si vedano gli studi di Schoonenberg e Thils citati alla nota 79. Per la complessa problematica sottesa al binomio rivelazione-esperienza, si vedano gli studi e le puntualizzazioni di
Concilium (3/1978).
83
VAN CASTER M., Pour un clairage 429.

216

Parte III: Attuali percorsi e progetti in ambito europeo

La seconda considera invece lesperienza come luogo di possibili appel


li, che esigono determinate risposte di fede e dimpegno cristiano. Si tratta
dinterpretare in modo umano e cristiano lappello che nasce da questa situa
zione, per cogliere le modalit pi efficaci attraverso cui assumerla nel modo
migliore, determinando per quali valori tale situazione costituisce una chance
dintegrazione o una minaccia di scacco.84
Atteso linflusso esercitato in vari ambienti da questi tipi di approccio,
forse utile indicare, anche solo sommariamente, come si snoda la ricerca pastorale nelluna e nellaltra prospettiva, per mostrarne, a conclusione, la loro
unificazione.
3.3. Verso un significato totale della vita85

Lesperienza una realt inglobante lintera esistenza della persona. Sorge


dalla coscienza di desideri e tendenze, in una situazione di fatto. Tra esse domina la ricerca di una realizzazione sempre pi completa della propria vita,
realizzazione che, per essere autenticamente umana, deve compiersi nella coscienza chiara del senso della vita.
La pastorale accompagna tale ricerca e vi porta un proprio contributo con
lassolvere questi compiti:
1) Partendo dal quotidiano, aiuta la presa di coscienza degli interrogativi
di fondo che vanno al di l delle esigenze superficiali e che emergono specialmente di fronte alle difficolt. Quali interrogativi? Questi: dove va la vita?
Qual il senso della vita?
2)Predispone laccoglienza delle risposte provenienti dalla rivelazione cri
stiana. Ci richiede il rispetto delle modalit di pensiero intuitivo o discorsivo
degli interlocutori e, quindi, un intervento di tipo profetico o un procedimento di coerenza dialettica. Richiede inoltre il rispetto dei dati oggettivi con
il possibile significato cristiano ad essi immanente ed, infine, il dialogo delle
persone in una prospettiva di fede.
3)Propone i contenuti della fede (soprattutto la persona e il progetto
di Cristo) come risposta adeguata agli interrogativi di fondo emergenti dal
lesistenza concreta.
4) Stimola risposte vitali in una direzione completa anche se progressiva.
Vengono evidenziati qui tre impegni: un impegno sociale, uno liturgico e uno
profetico. Nella loro globalit sono la vita di sempre, ma vissuta in un orizzonte di senso specificamente cristiano, in quanto limpegno sociale coinvolge
Ivi 429s.
Questo tipo di approccio illustrato in modo particolare da Van Caster nello studio
intitolato La vie vcue; inoltre in Notre foi en Jsus-Christ; infine in Aimer Dieu en aimant les
hommes, citati alla nota 79.
84
85

Capitolo VII: Progetti e percorsi di teologia pastorale...

217

il rapporto con Dio; quello liturgico esprime la riconoscenza a Dio per tutti i
suoi doni; quello profetico consente di percepire il significato cristiano di tutti
i valori umani.
3.4. Uninterpretazione cristiana degli avvenimenti86

Lapproccio complementare a quello appena descritto segue sostanzialmente questa traiettoria. Punto di riferimento essenziale la vita quotidiana,
segnata da avvenimenti e intesa come fattualit e come vocazione. Lesigenza
di fondo della ricerca pastorale favorire linterpretazione cristiana di tali
avvenimenti. Per essere corretta, tale interpretazione esige innanzitutto la
comprensione totale dellavvenimento nella sua oggettivit esistenziale. Ci
il risultato di una riflessione di approfondimento e di critica che si prefigge
la collocazione dellavvenimento allinterno del progetto cristiano di salvezza
ed inoltre la conquista personale del suo significato e dellimpegno da esso
emergente. Solo in questa unificazione la comprensione dellavvenimento
pienamente vera.
Per evitare dannosi equivoci necessario distinguere tre tipi di avvenimenti. Alcune azioni umane sono immediatamente ispirate e attuate dallin
tervento divino; altre invece costituiscono materia, facile e immediata, per
una risposta allappello di Dio; moltissimi avvenimenti infine sono un problema, per il quale non vi una risposta pronta: costringono ad inventare una
risposta radicalmente integrabile nellorizzonte generale della propria fede.
Per cogliere lavvenimento in tutta la sua capacit significativa quindi indispensabile questo discernimento.
La conclusione concreta e pratica della comprensione cristiana dellavve
nimento limpegno. Per definirlo si rende necessario un ulteriore discernimento tra imperativi a breve termine e imperativi a lungo termine, che possono essere tra loro non solo differenti ma anche opposti. Le linee dintervento
saranno allora le seguenti: la disponibilit di fondo, frutto della nuova consapevolezza, che realizza una conversione di mentalit; limpegno per cambiare
le strutture, in modo da poter realizzare i valori che sono stati scoperti nella
lettura della situazione; la progettazione per determinare, con precisione, modalit e ambito dei nuovi comportamenti.
La vita fatta, da una parte, di valori oggettivi, che non dipendono dal
la libert personale; e, dallaltra, di attivit libere, attraverso cui ogni uomo
determina i suoi atteggiamenti, costruisce la sua personalit, entra in relazione
programmata con le altre persone.87 Di fronte ai primi valori, la libert per86
Questaltro tipo di approccio approfondito nello studio dal titolo: Pour un clairage,
anchesso citato alla nota 79.
87
VAN CASTER M., Consentement et crativit 72s.

218

Parte III: Attuali percorsi e progetti in ambito europeo

sonale deve assumere un atteggiamento di disponibile accettazione. Di fronte


ai secondi, essa si esprime con creativit e responsabilit soggettiva.
Come si accennato, le due prospettive sono distinte ma complementari.
Partono dal concreto esistenziale, visto come valore o come situazione; mirano a svelarne il significato profondo per cogliere gli appelli che da esso
scaturiscono, in vista della realizzazione della persona. La riflessione di fede
offre un ulteriore e definitivo criterio di significativit perch favorisce la per
cezione della pi profonda verit dellesperienza e ne consente lintegrazione
critica nella propria esistenza, personale e comunitaria.
Linterrogativo di fondo che ha sollevato questa corrente di riflessione pastorale riguarda il posto che occupano, in tale interpretazione dellesperienza,
i non-valori, i messaggi devianti, il male, il peccato strutturato, in breve, il
mysterium iniquitatis.
3.5. La prospettiva di G. Ceriani

Tra coloro che nel contesto italiano hanno scritto con particolare competenza in questa linea di riflessione pastorale, va ricordato il noto pastoralista
Grazioso Ceriani. In un saggio del 1972,88 ha aggiornato alcune tematiche gi
affrontate in precedenti ricerche,89 con particolare riferimento allesperienza
umana.
Ribadisce innanzitutto la scientificit della teologia pastorale.90 Essa ha un
proprio ambito di riflessione, il mistero cristiano nella sua attualit pratica,
nella sua praticit attuale, che la differenzia dalla teologia dogmatica. In effetti, mentre questultima considera il mistero di Cristo operante la salvezza
nella sua validit universale e perenne, la teologia pastorale considera tale
mistero nella sua attualit e contemporaneit alloggi di ogni uomo e di ogni
situazione, nella Chiesa e attraverso la Chiesa.91
Nel compiere tale riflessione, la teologia pastorale utilizza un metodo che
si potrebbe chiamare misto, cio contemporaneamente induttivo e deduttivo,
anche se in ambiti diversi.92 induttivo perch si serve delle scienze umane al
fine di raccogliere le informazioni necessarie sul concreto in cui la teologia pastorale vuole riflettere. deduttivo perch giudica i dati che le scienze umane
forniscono alla riflessione pastorale, in base a valori teologici normativi, e perch addita alle scienze umane i fini da raggiungere e i valori da salvaguardare
nellambito della loro ricerca.93
CERIANI G., La pastorale come scienza e lesperienza umana oggi, in SP 5 (1972) 21-40.
Cf Il pensiero di Mons. Ceriani. Bibliografia, in SP 7 (1974) 133-175.
90
Cf CERIANI G., La pastorale come scienza 21.
91
Ivi 22s.
92
Ivi 24s.
93
Ivi 32s.
88
89

Capitolo VII: Progetti e percorsi di teologia pastorale...

219

Lautore depreca giustamente la prassi, purtroppo ancora abbastanza


diffusa fra i pastoralisti e gli operatori, di applicare allazione pastorale un
metodo teologico strettamente deduttivo.94 Daltra parte, mentre riconosce
lutilit e la funzionalit delle scienze umane in sede di teologia pastorale, ne
relativizza gli apporti, dichiarando la loro radicale incompetenza nelle conclusioni pastorali: Le scienze sono incapaci di dare orientamenti e direttive per
lazione pastorale. Fanno conoscere da un punto di vista concreto, sperimentale, il soggetto della pastorale nel suo psichismo, nel suo ambiente sociologico, politico, economico; ma si astengono da qualsiasi indicazione di azione
pastorale. Alle scienze sfuggono le realt e i mezzi soprannaturali (catechesi,
liturgia sacramentale, esercizi ascetici...) che costituiscono il contenuto della
teologia e dellarte pastorale.95 Come si avr modo di costatare pi oltre,
questa posizione non valorizza debitamente le scienze umane.
Chiamata a riflettere sullazione di salute della Chiesa considerata nel
la sua contemporaneit alle condizioni umane in cui essa opera, la teologia pastorale ha, come elemento caratteristico, la visione storica e, in essa,
lesperienza umana. Pur senza collocarla tra le fonti della teologia pastorale,
giudica tale esperienza come uno dei segni dei tempi pi vivamente sentiti
oggi.96 Parlando di essa, lautore si riferisce allesperienza scientifica, morale,
sociale, estetica, intesa come coscienza che luomo possiede delle attivit del
la vita totale e del loro significato unitario, e come pensiero che ne scopre
la struttura razionale, la logica dellesistenza umana.97 Non si tratta, quindi,
di unesperienza soggettiva, individuale, ma di un dato oggettivo che definisce
la persona umana nella sua essenzialit. Per questo richiede una sua comprensione e interpretazione cristiana ed ecclesiale. Il farlo compito specifico
della teologia pastorale.
Compresa alla luce del mistero di Cristo, lesperienza umana suggerisce un
importante approccio pastorale, che permette di valorizzare tutto ci che in
ogni uomo c di positivo. In questo senso si parla di metodo dellimmanenza,
che spinge a realizzare la salvezza proprio dallinterno dellesperienza stessa,
in quanto rivelativa di un mistero che supera luomo e di un mistero che completa luomo: la salvezza immanente allesperienza umana storica, che trova
la sua spiegazione solo nel mistero del Cristo: Il metodo dellimmanenza
riconosce, attraverso il dinamismo dellesperienza umana azione, pensiero,
essere lintrinseca insufficienza a raggiungere da s e in s il termine o ideale
a cui luomo orientato; storicamente necessario un di pi, un completamento: lo spirito, per essere fedele al suo intrinseco orientamento, deve tenersi aperto al dono di Dio, ad accogliere il soprannaturale.98
Ivi 24.
Ivi 32s.
96
Ivi 34.
97
Ivi.
98
Ivi 36s.
94
95

220

Parte III: Attuali percorsi e progetti in ambito europeo

In questo ordine di idee lautore prospetta lattuale orientarsi della teologia pastorale come teologia della storia doggi e come teologia dellazione. Ed
in questo si ricollega con altre correnti di pensiero centrate sullazione.

Capitolo VIII

SVILUPPI DELLA TEOLOGIA PRATICA PROTESTANTE

Dagli anni 1970 alla fine degli anni 1990, la teologia pratica elaborata da
esponenti protestanti caratterizzata da alcuni fenomeni maggiori: limpiego
del metodo empirico-critico; il ricorso alla formulazione di teorie; lapporto
del dibattito epistemologico. Tali fenomeni hanno riaperto ripetutamente il
discorso sulla collocazione di questa disciplina nellenciclopedia teologica e
sul suo statuto epistemologico. Inoltre hanno stimolato il dialogo interconfessionale come si avr modo di constatare nei capitoli successivi.
1. LIMPIEGO DEL METODO EMPIRICO-CRITICO

Lespansione delle scienze sociali provoca negli anni 1960 una revisione
dei canoni di scientificit, il cui aspetto pi appariscente costituito dal dibattito attinente il rapporto tra teoria e prassi, col superamento della concezione
ereditata dallIdealismo che considera unicamente il movimento che va dalla
teoria alla prassi.
La discussione epistemologica sviluppatasi in concomitanza con la proposta di riforma delluniversit e degli studi teologici,1 si ripercuote anche in
teologia e provoca la contrapposizione del metodo empirico-critico, usato dal
le scienze psicologiche e sociali, al metodo storico-critico dominante in sede di
riflessione teologica.
1.1. Necessit del ricorso al metodo empirico-critico

La fase iniziale della discussione costituita dal contributo di Wolfgang


Herrmann e Gerd Lautner.2 Le loro argomentazioni sispirano alle analisi
epistemologiche di H. Schelsky,3 da cui assumono la definizione di scienza
Una bibliografia sulla riforma degli studi teologici raccolta in Reform 4 (1970) 139-145.
Cf HERRMANN W. - LAUTNER G., Theologiestudium. Entwurf einer Reform (Mnchen 1965).
3
Cf SCHELSKY H., Einsamkeit und Freiheit. Idee und Gestalt der deutschen Universitt und
1
2

222

Parte III: Attuali percorsi e progetti in ambito europeo

come lavoro di ricerca, dottrina e studio, opposta alla definizione, ritenuta di


matrice idealista, di scienza come riflessione.4
La tesi di fondo , in sostanza, questa: in sintonia con la scienza moderna,
la teologia deve qualificarsi in modo rinnovato e, precisamente, assumendo il
principio del metodo e la costruzione del proprio oggetto.5
A sostegno della tesi ci si appella al dato tradizionale, secondo cui la teologia scienza ecclesiale con un proprio ambito di ricerca che la distingue
da altre scienze. Ci si appella inoltre alla costatazione che la teologia svolge,
allinterno del proprio discorso, metodiche profane, come dimostrato in
modo emblematico dal rimando alla storia delle forme. Essa poi si costituisce
come scienza specifica in quanto possiede un proprio assioma esterno, che
appunto la Chiesa e, quindi, la comunit, lannuncio, la Rivelazione. Di conseguenza essa raddoppia le scienze profane in rapporto alla fede. E come nel
corso della sua storia si sviluppata valendosi delle scienze man mano emer
genti e, in particolare, dellevolversi del pensiero filosofico, cos oggi deve
ricorrere alle scienze sociali e ai loro metodi.6
Tale assunto generale non comporta automaticamente il riconoscimento
di una maggiore rilevanza della teologia pratica rispetto alle altre discipline
teologiche. A essa infatti riservata unattenzione derivata, in quanto la sua
problematica affrontata nel quadro prioritario dellintera teologia e, inoltre,
non in se stessa ma in riferimento al diritto e alla storia della Chiesa.
Mentre questultima studia la profondit storica della Chiesa valendosi del
metodo storico-critico, la teologia pratica mette a tema lestensione attuale
della Chiesa e, per coglierne la quotidianit molteplice con i suoi interessi empirici, deve necessariamente valersi di un metodo empirico-critico. Inoltre,
lanalisi dellattuale realt ecclesiale va condotta con intensit scientifica,
precisione e rigore uguali a quelle impiegate in sede di studio della dimensione storica della Chiesa.
Con tale proposta, che resta a livello dintento, si mira a rompere il monopolio del metodo storico-critico in teologia e a integrare in modo radicale il
procedimento ermeneutico connesso con luso di tale metodo.7
Il significato annesso al termine empirico in riferimento al metodo empirico-critico rimane per lo pi sullo sfondo e il suo chiarimento ritenuto compito previo della riflessione teologico-pratica. Ad ogni modo, a giudizio della
critica contemporanea, il ricorso a metodiche e impostazioni proprie delle
scienze cosiddette dellazione contribuisce a meglio definire la caratteristica
ihrer Reform (Dsseldorf 1971).
4
Cf HERRMANN W. - LAUTNER G., Theologiestudium 62-65 66-69, confrontato con SCHEL
SKY H., Einsamkeit 141-148 26-220.
5
Cf HERRMANN W. - LAUTNER G., Theologiestudium 69.
6
Cf ivi 69-80.
7
Cf ivi 82-85.

Capitolo VIII: Sviluppi della teologia pratica protestante

223

pratica e il metodo della teologia pratica e, in ultima analisi, il suo posto nel
lambito del sapere teologico.8
1.2. Critica del metodo storico-critico e possibilit del metodo empirico-critico

Questa tematica viene ulteriormente approfondita nella successiva discussione sulla riforma degli studi teologici. Il contesto culturale in cui si sviluppa
tale discussione caratterizzato da tre differenti tendenze dirette a rivedere il
concetto di scienza.
La prima, di tipo riformistico e rivelatasi perdente, cerca di recuperare
la concezione umanistica prima e idealistico-romantica poi di scienza, intesa
come elaborazione di teoria e della sua applicazione pratica.
La seconda, qualificata come funzionalista, vuole superare tale impostazione. Per essa la scienza lavoro spirituale in cui interagisce teoria e prassi;
scienza non soltanto cambio di coscienza, ma anche cambio del mondo; non
solo contemplazione, ma anche produzione, sostanza dellagire pratico.
In questa visuale la bipartizione classica di scienze della natura e scienze dello
spirito integrata con lintroduzione delle scienze sociali dellazione.
La terza tendenza, connotata come critico-progressista, considera il lavoro
scientifico come fattore dellumanizzazione della societ, in quanto la scienza
deve servire a mutare in modo pratico-critico i rapporti sociali stabiliti, in vista
di unautoliberazione della persona. In questa visuale viene proposta unarticolazione delle scienze in scienze dellazione empirico-analitiche e storicoermeneutiche da un lato e teoria critica dallaltro.9
La teologia innesta questi fermenti nella propria problematica. Su un versante, riconosce gli apporti positivi del metodo storico-critico, ma ne evidenzia
pure i limiti. Il ricorso alle fonti storiche consente una revisione critica degli
asserti dogmatici e ci positivo. Ma tale ricorso non riesce da solo a sottrarre
la teologia nel suo insieme da una certa storicizzazione col privilegiare i dati
storici.
Su un altro versante, mette in risalto lesigenza dintrodurre in teologia il
metodo empirico-critico in modo da vagliare scientificamente teologia e Chiesa in rapporto alla loro situazione attuale e ai problemi che si pongono nel
presente ecclesiale. Lorizzonte in cui va compresa oggi la teologia non il
passato e il testo, ma piuttosto il futuro di teologia, Chiesa e societ, in quanto
8
Cf ivi 84s; KRAUSE G., Zur Standortbestimmung einer Zeitschrift fr Praktische Theologie,
in ThPr 1 (1966) 9s; ID., Praktische Theologie 418s; SCHRER H., Inventar der praktischen Theologie, in KRAUSE G., Praktische Theologie 445-445.
9
Cf HERRMANN W., Mndigkeit, Vernunft und die Theologie, in Reform 2 (1968) 52-56; ID.,
Alternative Studiengnge - Eine Projektstudie, in Reform 3 (1969) 29s.

224

Parte III: Attuali percorsi e progetti in ambito europeo

la Parola di Dio non coincide immediatamente con il testo biblico che ne


una conseguenza, ma si esprime pure, a pari titolo, nella cristianit attuale e
nel suo futuro.10
A livello di organizzazione dello studio teologico, tutto questo sfocia nella
critica al modello: dal testo alla predica. Esso presieduto da una concezione
di rapporto tra teoria e prassi in cui la prassi la semplice applicazione teologico-pratica, pi o meno indovinata, di ci che si appreso attraverso lesegesi, linterpretazione storico-critica e la riflessione sistematico-normativa.
A sua volta, tale modello guida la nota articolazione della teologia in cinque
discipline (esegesi, storia, sistematica, morale, teologia pratica) con lulteriore
distinzione in discipline che necessitano di una riflessione fondante e discipline che non abbisognano di tale fondazione. Il che riflette la differenza di
metodi storico-critici e metodi empirico-critici.11
Il modello alternativo proposto va dalla prassi alla teoria, in vista di una
prassi migliore: parte (nel caso esemplare della predica) dalla predicazione
attuale ed evidenzia i presupposti biblici, sistematico-normativi, teologicopratici e pastoral-psicologici ad essa sottesi. In tal modo apre la via allauto
critica, il cui luogo proprio il dialogo nella comunit.12
La messa in atto di tale modello ridimensiona inevitabilmente il ruolo del
la predicazione nel servizio della Chiesa alla societ, e attribuisce crescente
rilevanza al lavoro pastorale inteso come Seelsorge. Sicch problematiche affrontate in sede di psicologia, sociologia, pedagogia e politologia, e in passato
disattese o non studiate nel modo dovuto dalla teologia, devono ottenere ora
piena cittadinanza nella riflessione teologico-pratica.13
Questapproccio empirico-critico che va dalla prassi alla teoria e analizza
le modalit concrete dellagire ecclesiale si fonda sul dato biblico secondo cui
la solidariet di Dio con gli uomini obbliga la cristianit allagire solidale
nella luce del futuro di Dio e della societ umana. Assieme alla dimensione
storica e antropologica mette in luce la dimensione sociale della teologia pratica e conduce allunit di teoria e agire pratico-critico.14

Cf HERMANN W., Mndigkeit 56-59.


Cf HERMANN W., Mndigkeit 60 e Alternative Studiengnge 31.
12
Cf HERMANN W., Mndigkeit 60s.
13
Cf HERMANN W., Alternative Studiengnge 18-29.
14
Cf HERMANN W., Mndigkeit 61. Per una valutazione critica di questa problematica si
veda: RSSLER D., Die Praktische Theologie, in LOHFF W. - HAHN R. (Hrsg.), Wissenschaftliche
Theologie im berblick (Gttingen 1974) 56-61. Il superamento della contrapposizione tra
metodo deduttivo e metodo induttivo da attuare in teologia pratica attraverso una correlazione
tra vangelo, insegnamento ecclesiale, esperienze pratiche e attenzione allazione dello Spirito
proposto da GAGNEBIN L., Comment se fait la thologie pratique, in REYMOND B. - SORDET J-M.,
La thologie pratique 35-41.
10
11

Capitolo VIII: Sviluppi della teologia pratica protestante

225

1.3. La teologia pratica come scienza dellazione ecclesiale

Il nuovo contesto culturale segnato dalla svolta empirica matura la consapevolezza che la tematica attinente la tensione tra Chiesa, teologia e prassi
parrocchiale, come pure il conflitto tra fede, vita ecclesiale e pensiero critico,
se da un lato costituisce il rinnovato compito della teologia pratica, dallaltro
non dispensa le altre discipline teologiche dal farsene carico. Esige anzi che
la teologia pratica sia essa stessa ridefinita nel quadro di una teologia che, nel
suo complesso, assume tale problematica con le nuove determinazioni connesse col rapporto di teoria e prassi.15
Richiede inoltre che il profilo della teologia pratica sia precisato col recupero della sua coerenza e unit intrinseca. La connotazione di questa disciplina come scienza dincontro, intesa come luogo di confluenza di questioni assai
diverse riguardanti la vita della Chiesa ritenuta insufficiente.16
La sua unit ravvisata nel suo oggetto proprio costituito dallagire ecclesiale, considerato come testimonianza dellunico Vangelo e compenetrazione
concreta delle varie attivit da cui risulta composta la prassi ecclesiale.17
Per definire lo statuto scientifico della disciplina ci si appella espressamente ai canoni scientifici delle scienze dellazione.18 La specificit teologica
nelluso di tali canoni scientifici ricercata nel carattere proprio dellagire
ecclesiale: esso dice rapporto allagire di Dio. In effetti, lagire della Chiesa
caratterizzato dalla sua fedelt al compito assegnatole dal Vangelo e tramandatole; inoltre dal suo rapporto con la situazione attuale.19
Lagire ecclesiale, campo proprio della teologia pratica, va inteso non semplicemente come conoscenza del compito e sua attuale esecuzione, ma piuttosto come trasformazione di una situazione in unaltra. Ci comporta una
capacit di giudizio e un connesso potere in ordine alla decisione e alla responsabilit.
La capacit di giudizio la si acquisisce tramite la conoscenza del passato
della Chiesa e dei suoi effetti, il rilevamento critico del contesto socio-cul
turale in cui lagire ecclesiale si realizza, e laffinamento della sensibilit nel
percepire le forze e le vie che attraversano la realt storica concreta.
La decisione si configura non come semplice deduzione da tale giudizio,
15
Cf KRAUSE G., Zur Standortbestimmung 9; ID., Probleme der Praktischen Theologie im
Rahmen der Studienreform, in ZThK 64 (1967) 475-478; RSSLER D., Theoretische Aspekte der
Studienreform, in Reform 3 (1969) 45s.
16
Cf KRAUSE G., Probleme der Praktischen Theologie 482; RSSLER D., Die Praktische Theologie 60s.
17
Cf KRAUSE G., Probleme der Praktischen Theologie 480-482. Questa posizione giudicata
inadeguata da H.-D. Bastian, per la sua mancanza di un riferimento al metodo scientifico specifico: cf BASTIAN H.-D., Die Stellung der Religionspdagogik im Rahmen einer theologischen
Fakultt und die Mglichkeiten ihres Studiums, in Reform 3 (1969) 62s.
18
Cf KRAUSE G., Probleme der Praktischen Theologie 475-478.
19
Cf KRAUSE G., Probleme der Praktischen Theologie 484s.

226

Parte III: Attuali percorsi e progetti in ambito europeo

ma come libera responsabilit delloperatore. La teologia pratica condivide


con le altre scienze dellazione lindeducibilit delle decisioni pratiche da teorie scientifiche. Essa offre allagire ecclesiale una pluralit di modelli e, quindi, una normazione limitata da un punto di vista obiettivo e temporale. Non
pu spingersi oltre: diventerebbe profezia.
Tutto questo sottolinea possibilit e limiti del sapere scientifico nei confronti dellesperienza di fede, ma non riduce lagire ecclesiale a puro pragmatismo, perch esso concepito, in termini luterani, come obbedienza al
Vangelo.20
Strutturandosi come scienza dellazione, la teologia pratica viene coinvolta
nel processo storico che ha creato determinati rapporti tra scienza e prassi. Viene cos superata la precedente esclusione della prassi dallambito del
la scienza. Iniziatosi con i reiterati tentativi fatti dalla scienza di gettare dei
ponti verso la prassi, tale processo conduce alla persuasione della vicendevole
interazione tra teoria e prassi, nel senso che ogni agire avente un qualche significato radicato e presieduto da un sapere scientifico. In una societ che
in tutti i suoi ambiti rimanda alla scienza, questa diventa un momento del fare
esperienza. E ci vale per lagire ecclesiale e per la teologia pratica che ne la
conoscenza scientifica.21
La proposta di una teologia pratica come scienza dellazione ottiene ampia
risonanza e riscuote vasti consensi che valicano i confini confessionali, come si
avr modo di rilevare nei capitoli successivi. Non mancano tuttavia le critiche,
che mettono in dubbio se lassunzione di questo modello costituisca un progresso nello sforzo di chiarire lo statuto epistemologico di questa disciplina.
La difficolt di fondo riscontrata nel fatto che nel modello proposto confluiscono conoscenze e tecniche di azione accessibili a livello di scienze tecniche,
e inoltre un orizzonte globale storico-culturale proprio della prassi ecclesiale,
che si colloca a un grado di astrazione che esclude limpegno con questioni
concrete ed empiriche.22
1.4. Teologia pratica come teologia empirica

Sempre nel quadro della svolta empirica va qui presa in considerazione


unaltra proposta che configura la teologia pratica come teologia empirica,
20
Cf KRAUSE G., Probleme der Praktischen Theologie 486-488. Lintroduzione della figura
dei modelli alla base della critica che lautore fa allimpostazione di K. Rahner di cui nel
cap. VI al n. 1.8.
21
Cf KRAUSE G., Probleme der Praktischen Theologie 492s.
22
Cf RSSLER D., Theoretische Aspekte 46-49. Va rilevato che lA. rinnova la proposta di
Palmer di fondare la teologia pratica sulletica: cf Prolegomena zur Praktischen Theologie, in
ZThK 64 (1967) 357-372.

Capitolo VIII: Sviluppi della teologia pratica protestante

227

perch adotta i metodi scientifici della psicologia e sociologia.23 Essa sinte


ressa essenzialmente di tre aree della realt: 1) la prassi religiosa e cristiana in
quanto mira a soddisfare le esigenze attuali di liberazione, di dedizione, di significato e di sostegno; 2) le azioni ecclesiali istituzionalizzate, cio strutturate
in modo da venir incontro alle predette esigenze; 3) le attivit della Chiesa
e dei gruppi cristiani, considerate come istituzioni provviste di determinate
strutture e sistemi di legittimazione, capaci di soddisfare le richieste religiose
dei membri della comunit o del gruppo.
Il concetto di prassi o di azione qui impiegato si rif a una concezione
antropologica in cui la persona umana viene compresa essenzialmente come
attore della storia e non prioritariamente come essere spirituale e pensante.
Quanto alla prassi cristiana, essa implica necessariamente la fede come sua
motivazione di fondo. Va poi intesa come agire intenzionale, cio indirizzato
a un fine, definito appunto dalle scienze teologiche della prassi.
Come teologia empirica, la teologia pratica sviluppa un duplice discorso teologico: luno riguarda la comprensione e linterpretazione critica degli
enunciati teologici, verbalizzati o meno, e riguardanti le tre aree indicate;
laltro concerne invece gli enunciati normativi che la teologia pratica elabora
sempre nelle tre aree in questione.
Nel compiere questo duplice discorso teologico guidata specialmente da
quattro centri dinteresse:
1) la comprensione della situazione concreta della prassi nelle tre aree segnalate, comprensione raggiunta con lausilio dei metodi sociologici ed ermeneutici e delle altre scienze attinenti la prassi;
2) linterpretazione critica della prassi religiosa ed ecclesiale nei tre settori
indicati, considerati nei loro vicendevoli rapporti, interpretazione critica che,
a partire dai dati neotestamentari, valuta la posteriore tradizione e gli assiomi
ideologici e pratici che guidano la vita ecclesiale (questo aspetto stato sviluppato dalla corrente che fa capo a G. Otto di cui si parler tra poco);
3) linnovazione o il rinnovamento della prassi religiosa od ecclesiale mediante la considerazione critica dei nuovi tentativi ed esperimenti e la progettazione di nuove forme di vita ecclesiale;
4) linserimento di questo discorso nellambito delle discipline teologiche
in vista della formazione iniziale e permanente degli operatori pastorali.
Lattuale contesto socio-culturale, contrassegnato dalla tendenza alla differenziazione dei ruoli sociali e alla democratizzazione di tutte le espressioni
della vita, pone alla teologia pratica non pochi problemi di fondo. Tra essi
vengono indicati i seguenti, perch pi rilevanti nellattuale congiuntura:
Si espongono qui di seguito i contenuti essenziali del saggio di SPIEGEL Y., Praktische
Theologie als empirische Theologie, in PThH 178-194. In questa stessa linea di pensiero si pu
leggere: EISINGER W., Die Praktische Theologie zwischen Wissenschaft und Praxis, in SIEMERS H.
- REUTER H.R. (Hrsg.), Theologie als Wissenschaft in der Gesellschaft (Gttingen 1970) 13-25.
23

228

Parte III: Attuali percorsi e progetti in ambito europeo

1)una pi precisa delimitazione della realt sottesa al concetto di bisogno


religioso o di interesse religioso, oggi al centro della ricerca filosofica e socio
logica;24
2)la definizione del compito dintegrazione sociale, religiosa e cristiana,
inerente allazione ecclesiale nellattuale contesto estremamente differenziato;
3)la democratizzazione come fenomeno non puramente sociale ma religioso: essa chiede che la risposta della teologia pratica alle esigenze fondamentali
di liberazione, di dedizione, di significato e di sostegno vada ricercata riferendosi preferenzialmente non al passato ma al nuovo e al futuro; non al Dio
della trascendenza, ma al Dio immanente nella storia attuale; non al Dio santo
e inaccessibile, ma al Dio vicino ai problemi delluomo doggi; non al valore
morale delle singole azioni, ma allintera struttura morale della personalit
umana inserita in un sistema sociale; non ad una redenzione individualistica,
ma a una liberazione della persona considerata in una prospettiva globale che
coinvolga un nuovo progetto di societ unificata;
4) lautentico carattere del servizio che la Chiesa chiamata ad offrire al
lumanit attuale, e un necessario equilibrio tra un servizio ecclesiale diffuso e
un servizio ecclesiale specifico;
5)leffettivo inserimento della teologia pratica nellazione ecclesiale e
quindi lapprofondimento del rapporto teoria-prassi;
6)il superamento della burocratizzazione della Chiesa nel quadro delle
sue strutture istituzionalizzate, con particolare riferimento al rapporto tra
chiese stabilite e facolt teologiche.
Secondo qualche critico, questa proposta non riuscirebbe a garantire una
valida collocazione teologica dei dati empirici che assume, in quanto dove
inizia effettivamente il discorso teologico, l cesserebbe lambito proprio del
la teologia empirica.25
2. IL RICORSO A FORMULAZIONI DI TEORIE

In questo stesso contesto culturale, dominato dallanalisi di Schelsky prima e dalla teoria critica di Jrger Habermas poi e inoltre dalla discussione
sviluppatasi attorno allo statuto delle scienze sociali,26 vengono fatte alcune
proposte che si differenziano per la loro impostazione ideologica e che sono
rappresentative di una determinata concezione di teologia pratica, caratteristica degli anni 1970.
24
Lopera a cui sispira prevalentemente quella di HABERMAS J., Erkenntnis und Interesse
(Frankfurt a.M. 1968) [ed. it.: Coscienza e interesse (Bari 1972)].
25
Cf DAECKE S.M., Wissenschaftstheoretische Einfhrung, in PThH 313.
26
Cf SCHRER H., Empirische Wissenschaft und Praktische Theologie: Anstsse. Berichte aus
der Arbeit der Evangelischen Akademie Hofgeismar, n. 1/2 (Februar 1970) 52-65.

Capitolo VIII: Sviluppi della teologia pratica protestante

229

2.1. Lappello a ipotesi e modelli

Una prima proposta quella di Hans-Dieter Bastian e concerne ladozio


ne, in sede di teologia pratica, della logica della ricerca e lo studio dellagire
ecclesiale con modelli ricavati dalla cibernetica. La proposta mira a conferire
capacit comunicativa alla prassi ecclesiale con listituzione di un discorso
scientifico adeguato, che superi limpostazione della teologia dialettica di K.
Barth a cui fa esplicito riferimento.
Alla sua base vi una costatazione: il rapido cambio storico attuale sospin
ge la Chiesa in una situazione mutevole, nella quale essa appare capace dintendere la Parola di Dio nella contingenza di tale situazione, ma si rivela impotente nel pronunciarsi in modo pertinente sugli avvenimenti e nellinserire
un discorso cristiano, non affidato allintuizione soggettiva ma elaborato con
obiettivit scientifica, nel circuito della comunicazione umana contemporanea.
Tale problematica non risolta da una teologia pratica intesa come parafrasi omiletica o catechistica dei risultati dellesegesi nella linea della teologia
dialettica. La sua soluzione richiede unanalisi empirica dellagire ecclesiale in
modo da liberare la parola umana dalla propria impotenza e renderla idonea
allattuale comunicazione umana.
Per ottenere ci occorre, in sede di teologia pratica, sospendere dal punto di vista euristico la questione della forza della Parola di Dio e, accanto a
proposizioni dogmatiche e assiomatiche, fare posto a proposizioni ipotetiche.
Queste rivestono un proprio grado di verit e di verosimiglianza, bench differente da quello riconosciuto alle precedenti. Compito della teologia pratica
, allora, produrre non assiomi ma ipotesi atte a promuovere la ricerca di
un non sapere qualificato. Assieme alla codificazione della situazione rilevata,
esse consentono dintervenire in modo operativo nei differenti stati religiososociali di fatto esistenti.27
Nellassolvere tale compito la teologia pratica assume metodi di ricerca
delle scienze dellazione con il connesso effetto di disincanto, identico a quello
prodotto in esegesi dalladozione del metodo storico-critico. In effetti, lanalisi empirica della prassi ecclesiale diventa istanza critica nei confronti di ogni
autogiustificazione ideologica e svela linefficacia del ripetere asserti dogmatici, quando a monte carente la conoscenza adeguata della situazione sociale
ed ecclesiale.28
Cf BASTIAN H.-D., Vom Wort zu den Wrtern. Karl Barth und die Aufgabe der Praktischen
Theologie, in EvTh 28 (1968) 25-31 46s 49; ID., Praktische Theologie und Theorie, in ThPr
9 (1974) 87; ID., Fabeln der Dogmatiker. Wie wird die Praktische Theologie theoriefhig?, in
EvKom 6 (1973) 207-211, attinente la distinzione tra proposizioni assiomatiche e proposizioni ipotetiche. Per quanto concerne la fluidit tra dogmatica e teologia pratica e le rispettive
proposizioni, si veda la critica di SAUTER G., Von einer neuen Methodenstreit in der Theologie
(Mnchen 1970) 75, e la risposta di BASTIAN H.-D., Praktische Theologie und Theorie 91-93.
28
Cf BASTIAN H.-D., Vom Wort zu den Wrtern 31-36.
27

230

Parte III: Attuali percorsi e progetti in ambito europeo

Il fatto poi che lattuale realt sociale attraversata dalla civilt della tecnica comporta che anche nellazione ecclesiale siano introdotti processi di cambio tecnicamente controllabili. Di conseguenza, la riflessione teologica non
pu fermarsi alle domande attinenti il che cosa e il perch della fede cristiana,
ma deve porsi linterrogativo radicale circa il come essa funzioni.29
La prospettiva generale risulta allora quella dellhomo faber cristiano-ec
clesiale e del modo in cui in certe circostanze possibile agire.
Nella cornice fin qui descritta, la teologia pratica definita in questi termini: Il luogo in cui lagire ecclesiale riflesso sotto gli aspetti di piano e libert,
di organizzazione e improvvisazione, di realt e di possibilit. Rinunciando
alla pretesa di elaborare una teoria globale a cui siano riconducibili tutti i
fenomeni osservabili, essa tratta con metodi definiti ambiti parziali delimitabili: la interdipendenza di tutte le variabili della comunicazione cristianosociale. Non rafforza emotivamente lazione, ma ricerca problematiche
connesse con la realizzabilit dellazione.30
Lagire ecclesiale inteso non in termini di essenza, ma come connessione
reciproca e vicendevole condizionamento di teoria e prassi che, in concreto,
non esistono come realt separate e a se stanti. Prassi o realt empirica non
la semplice somma di fatti bruti, ma realt in cui immanente una teoria.
Questa a sua volta non la semplice copia della realt, ma piuttosto produzione sintetica di esperienza e ragione, in quanto inserita nellesperienza e la
trascende per interpretarla. Come sistema aperto di conoscenze che continuamente mutato da una nuova empiria, la teoria rende accessibile la realt,
ne guida per quanto possibile il corso e la mantiene aperta per i necessari
cambi.
La teologia pratica, compresa in questa prospettiva, non si limita a rilevare
la prassi ecclesiale data, ma la provoca con la ricerca scientifica. Cos pure non
si limita a registrare la teoria data ma cerca dinventarla. Assumendo questa
concezione dellagire ecclesiale, essa supera un tipo di sapere puramente riflessivo: orientata criticamente, in quanto percepisce le tradizioni; orientata empiricamente in quanto analizza i complessi dellazione del presente;
pianificatrice prospettivamente, in quanto pensa al futuro.31
La teoria che la teologia pratica produce va concepita ulteriormente come
posizione di un sapere necessario in riferimento a regole determinate, nella
condizione del non-sapere circa lagire ecclesiale. Tale non-sapere emerge
inconsapevolmente nellignoranza. Nella teoria invece esso formulato consapevolmente, e cio in modo tale che gli ambiti sconosciuti sono segnati con
ipotesi, definiti e progressivamente ridotti. La teoria teologico-pratica consta
29
Cf BASTIAN H.-D., Kommunikation. Wie christlicher Glaube funktioniert (Stuttgart - Berlin 1972).
30
BASTIAN H.-D., Von Wort zu den Wrtern 37; ID., Praktische Theologie und Theorie 85s
89s.
31
BASTIAN H.-D., Vom Wort zu den Wrtern 37-44.

Capitolo VIII: Sviluppi della teologia pratica protestante

231

cos di ipotesi sulla prassi ecclesiale e prospetta previsioni e prognosi atte a


migliorare tale prassi nella situazione di non-sapere.
Ci la differenzia nettamente dai concetti teologico-dogmatici, la cui pro
clamazione si rivela inadeguata a tale compito, perch simula un sapere dove
in atto un non-sapere.
In base allosservazione empirica le ipotesi e le previsioni possono rivelarsi valide o infondate. Di conseguenza la teoria teologico-pratica ha un peso
parziale, relativo, provvisorio.
In rapporto alla singola decisione e allagire pragmatico, essa va tenuta rigorosamente distinta. Come scienza la teologia pratica deve sviluppare una logica della ricerca; ma deve preservare la prassi come rapporto di vita infinitamente molteplice dal diktat egemonico di ogni logica, compresa la propria.
La soluzione dei problemi inerenti allagire ecclesiale non avviene col semplice concorso di teoria da un lato e di decisione pratica dallaltro, ma tramite
un complesso processo di interazione simile a quello proposto dalle moderne
scienze proiettive, dove tra riflessione teoretica e agire pratico inserita la
dimensione tecnica della regolazione e del pilotaggio.32
Adottando tale modello cibernetico, la teologia pratica mostra linfonda
tezza dellopposizione, recepita dalla mentalit corrente, tra homo sapiens (il
teologo) e homo faber (loperatore ecclesiale), a cui corrisponde la divaricazione, gravida di pericoli per la fede cristiana, tra una teologia sicura dei suoi
asserti e unazione ecclesiale impreparata ad affrontare i nuovi problemi con
creti. Tra lhomo sapiens e lhomo faber essa inserisce lhomo ludens che, elaborando modelli di agire ecclesiale, svolge il ruolo di regolatore e guida della
prassi ecclesiale.
Il modello la riproduzione idealizzata della complessa realt ecclesiale.
In esso interagiscono teoria e prassi, in quanto ideato e costruito in modo
da anticipare la prassi ecclesiale allo scopo di controllarla e pilotarla. E tale
appunto il ruolo specifico della teologia pratica, che risulta, quindi, caratterizzato dalla figura e dalla funzione dellhomo ludens.33
Limpiego di modelli cibernetici consente di conservare in un determinato
contesto socio-culturale alcuni valori. In effetti, esso corregge lazione ecclesiale per renderla idonea ad avvicinare la situazione rilevata al valore proposto. Per loro natura i modelli cibernetici sono limitati a questioni debitamente
tematizzate e concernenti un fondato sistema di risposte possibili.34
I risultati della teologia pratica cos intesa assumono una connotazione
Cf BASTIAN H.-D., Vom Wort zu den Wrtern 44s; ID., Fabeln der Dogmatiker 26s; ID.,
Praktische Theologie und Theorie 86-89.
33
Cf BASTIAN H.-D., Vom Wort zu den Wrtern 45-50.
34
Cf BASTIAN H.-D., Kommunikation 11-36. Per unulteriore puntualizzazione dellimpiego
di modelli cibernetici in teologia pratica si veda: MEYER ZU UPTRUP K., Praktische Theologie als
theologische Kybernetik, in EvKom 2 (1969) 579-583.
32

232

Parte III: Attuali percorsi e progetti in ambito europeo

teologica per il fatto che sono ottenuti con lutilizzo di altre discipline teologiche, ma alla condizione che queste siano traducibili in sede di teologia pratica. In particolare, la Parola di Dio sospesa euristicamente viene recuperata
come presupposto insopprimibile della teologia pratica: Il cammino verso le
parole umane sfocerebbe in chiasso se non potesse continuamente orientarsi
retrospettivamente e prospettivamente alla Parola di Dio. Questa marca il
limite delle teorie teologiche, perch, dove queste sono costrette al silenzio, la
Parola di Dio legittima lagire di fede.35
2.2. Teologia pratica come teoria funzionale

Una seconda proposta quella di Karl Wilhelm Dahm e riguarda limpie


go della teoria funzionale della religione nella comprensione dei fenomeni
ecclesiali.36 A parere di questo pastoralista, la problematica quotidiana cui
deve far fronte il ministero parrocchiale non pu essere risolta col riproporre definizioni dellagire ecclesiale. La sua soluzione esige piuttosto unanalisi empirica, scientificamente fondata, con ladozione appunto della teoria
funzionale. Questa rivela che la religione variamente innervata nel tessuto
sociale e vi assolve un ruolo emancipatorio.37
Pi in particolare, per lindividuo la religione costituisce un vincolo con
concezioni di valore e di significato, ne facilita lapprendimento e ne rafforza
le motivazioni. In rapporto alla societ, la religione favorisce lo sviluppo e
la trasformazione di tali concezioni, sostiene i processi di socializzazione e
promuove lelaborazione di nuove costellazioni di valori e di significati, rispondenti ai mutevoli bisogni dei suoi membri. Nelle differenti forme in cui
si organizza come corpo sociale, la religione segnata dal rapporto dialettico
di idea e istituzione e possiede la capacit di trascendere le forme religiose
sclerotizzate ( questo il significato funzionale che Dahm attribuisce al termine soprannaturale).38
Alla questione sollevata dai sostenitori della teoria critica della religione (di
cui si dir appresso) circa la natura valutativa o meno dellanalisi funzionale, si
ribatte avanzando delle riserve circa il carattere disinteressato di tale appunto
critico. Come linea di soluzione viene proposta non la scelta alternativa di una
Cf BASTIAN H.-D., Vom Wort zu den Wrtern 54s; ID., Praktische Theologie und Theorie

35

93s.

Cf DAHM K.-W., Beruf-Pfarrer. Empirische Aspekte (Mnchen 1971), specialmente 290325; ID., Religise Kommunikation und kirchliche Institution, in DAHM K.-W. - LUHMANN N.
- STOOD D., Religion-System und Sozialisation (Darmstadt 1972) 133-188; ID., Kommentar, I.
Religionskritik und kirchliche Wirklichkeit, in ThPr 8 (1973) 93-97.
37
Cf DAHM K.-W., Beruf-Pfarrer 291-293; ID., Kommentar I 95.
38
Cf DAHM K.-W., Beruf-Pfarrer 294-299.
36

Capitolo VIII: Sviluppi della teologia pratica protestante

233

delle due teorie, ma una divisione dialettica di lavoro nella seguente direzione:
lanalisi funzionale premunisce contro possibili irrigidimenti neodogmatici a
cui la teoria critica della religione esposta; lanalisi critica premunisce contro
latenti tendenze positiviste della teoria funzionale.39
Per Dahm, lazione ecclesiale funzionale nei confronti della societ in un
duplice senso: perch la Chiesa coinvolta con altri gruppi sociali, con le loro
funzioni e i loro interessi, e riveste un significato per la convivenza umana;
inoltre, perch orientata a precisi compiti che le sono attribuiti e che essa fa
propri o ricusa di assumere.
Secondo lautore, sono specialmente due gli ambiti in cui la Chiesa, come
religione istituzionalizzata, chiamata a svolgere un proprio ruolo: lambito di
funzione A attinente lofferta e la mediazione di una scala essenziale di valori
e significati per lesistenza umana; lambito di funzione B diretto a garantire
una propria presenza accompagnatrice in particolari situazioni umane di crisi
e di bisogno. Per entrambe le funzioni la societ riconosce alla Chiesa non un
monopolio, ma una particolare competenza. Compito della Chiesa e della teologia pratica assumere in modo critico e tematizzare in maniera scientifica
tali ambiti.40
Stando allintervento di un altro pastoralista protestante, Manfred Jossutis, lelaborazione scientifica di tale teologia pratica suppone una sociologia
della religione in cui la Chiesa sia considerata non solo come funzionale alla
societ, in una specie di corrispondenza tra bisogni sociali e intenzionalit
evangelica, ma anche come disfunzionale a essa. Sia considerata inoltre non
solo nella sua funzione integrativa, ma anche nella sua capacit di critica e
dinnovazione utopica, componenti che sono presenti in una aggiornata visione della religione. Tali prospettive di disponibilit, di critica e di utopia non
sarebbero sufficientemente evidenziate nella proposta di Dahm.41

Cf DAHM K.-W., Beruf-Pfarrer 299-302.


Cf DAHM K.-W., Beruf-Pfarrer 303-309; ID., Religise Kommunikation 133-188.
41
Cf JOSSUTIS M., Praxis des Evangeliums zwischen Politik und Religion. Grundprobleme der
Praktischen Theologie (Mnchen 1974) 245-253.
39
40

234

Parte III: Attuali percorsi e progetti in ambito europeo

2.3. Teologia pratica come teoria critica della prassi mediata religiosamente nella societ42

Questo terzo indirizzo strettamente connesso con quanto si appena


detto circa linterpretazione critica della prassi religiosa ed ecclesiale; vede
anzi in esso il compito precipuo e specifico della teologia pratica, la quale viene considerata pi come una theologia eminens practica che come un nuovo
sistema o una disciplina teologica.
2.3.1. La proposta
Per il suo principale esponente, Gert Otto, di cui si espongono qui le tesi
essenziali, la teologia pratica innanzitutto critica della teologia intesa in senso
tradizionale, perch questultima avrebbe sviluppato un discorso narcisistico
e tutto rivolto al suo passato e alla sua autoconservazione, per cui non stata capace dinteressarsi scientificamente della prassi. Questa funzione critica
della teologia pratica nei confronti della teologia mira a renderla significativa
nella Chiesa e funzionale alla societ.43
Ma, oltre a questo, la teologia pratica sviluppa una teoria critica intesa nel
senso dellattuale dibattito (ci sispira alla Scuola di Francoforte), dove il ter
mine teoria compreso nel suo significato storico e sociale, implicante un
necessario riferimento alla storia attuale intesa come autocoscienza di una
prassi critica; e il termine critica compreso come giudizio valutativo e quindi
in senso positivo. Tale critica riguarda sempre sia la stessa teoria sia la realt
42
LA. ha prima abbozzato le sue tesi nel saggio Zur gegenwrtigen Diskussion in der Praktischen Theologie, in OTTO G. (Hrsg.), Praktisch-theologisches Handbuch (Hamburg 1970) 9-24.
Le ha poi pi ampiamente sviluppate nellarticolo Praktische Theologie als kritische Theorie
religis vermittelter Praxis, in PThH 195-205. Le ha riprese e aggiornate nella riedizione (1975)
del citato Handbuch col titolo: Praktische Theologie als kritische Theorie religis vermittelter
Praxis in der Gesellschaft 9-31. Ne offre una rielaborazione nel volumetto Einfhrung in die
Praktische Theologie. Ein Arbeitsbuch (Stuttgart 1976) e una presentazione sintetica nella ricerca intitolata Praktische Theologie als kritische Theorie religis vermittelter Praxis, in ThPr
9 (1974) 65-115. La ripropone integrandola con ampi sviluppi nellopera: Grundlegung der
Praktischen Theologie (Mnchen 1986), in cui ingloba il saggio intitolato Selbstverstndnis.
Systembildung und Darstellungsform der Praktischen Theologie, in ThPr 19 (1984) 202-221. La
mia ricognizione segue il saggio del 1975 e questultima opera. La trattazione dei contenuti materiali dei vari campi dazione proposta dallA. nel volume Handlungsfelder der Praktischen
Theologie (Mnchen 1989). E. Hbner, in ThLZ 114 (1989) 762-764, ne denuncia, fra laltro,
lintonazione generica e la carente fondazione biblica. Si muovono nella linea di G. Otto anche:
PASCHKE B., Praktische Theologie als kritische Handlungswissenschaft, in ThPr 6 (1971) 1-13, e,
in parte almeno, anche Y. SPIEGEL negli articoli citati alla nota 23.
43
In questa linea si colloca larticolo di CASALIS G., Thologie pratique et pratique de la
Thologie, in PT 5 (1973) 85-65, dove lautore sostiene che il duplice compito della teologia
pratica quello di fare una critica ideologica della teologia su un versante, e di produrre una
critica teologica allideologia sullaltro.

Capitolo VIII: Sviluppi della teologia pratica protestante

235

in esame. Teoria e critica vanno inoltre viste nel quadro concreto della storia,
quindi in rapporto ai problemi che si pongono nellambito della religione,
della Chiesa e della societ.
In quanto teoria critica, la teologia pratica si prefigge di evidenziare le potenzialit delluomo e di creare un mondo in cui le forze ed esigenze umane siano soddisfatte, e ci non tramite un semplice miglioramento delle conoscenze, ma specialmente attraverso lemancipazione da ogni forma di schiavit,
dato che la storia contrassegnata da un processo dialettico fra oppressione e
liberazione. Si trova quindi a dover affrontare, con una riflessione teologicopratica, i problemi difficili posti dagli interessi profondi delluomo moderno.
Le si obietta che in questo modo si riduce a fare un discorso sociologico
e non teologico (come si ricorder, la critica mossa a questa posizione, ad
esempio, da Goldbrunner).44 A giudizio di Gert Otto, lobiezione destituita di fondamento. Innanzitutto perch la realt sociale fa parte delloggetto
della teologia, per il semplice motivo che questa non si trova nella condizione
di poter scegliere o meno i metodi delle scienze antropologiche e i problemi
che esse sollevano, ma deve necessariamente confrontarsi con essi, se vuole
essere fedele al suo compito attuale. Secondariamente perch nello sviluppare
il suo discorso teologico non pu prescindere dalle categorie non teologiche;
essa, infatti, non ha elaborato un proprio sistema di pensiero, ma si sempre
servita di quello offertogli dai distinti contesti culturali. E, come per il passato
ha utilizzato le forme di pensiero greche o del mondo occidentale con i loro
condizionamenti, cos chiamata oggi ad assumere, in linea di principio, le
categorie sociali attuali pur essendo consapevole dei loro limiti.
In quanto teoria critica della prassi mediata religiosamente nella societ, la
teologia pratica produce unanalisi critica di tutte le manifestazioni che hanno una motivazione religiosa. Come tale, non pu rinchiudersi negli schemi
tradizionali dei servizi ecclesiali o mirare a costruire un nuovo sistema; deve
piuttosto tendere a rinnovare in continuit il suo campo di ricerca in modo da
essere in grado di offrire sempre nuove possibilit di correzione e ristrutturazione nel campo della religione, della Chiesa e della societ.
Nel campo della religione ha il compito di analizzarne le potenzialit, gli
interessi e le incidenze nella vita ecclesiale, e di prospettare a quali condizioni
(sviluppo, modifica, trasformazione) la religione pu essere stimolante per la
prassi di oggi e di domani.
Nel campo della Chiesa, il suo compito quello di delimitare come deve
realizzarsi nel divenire storico per svolgere il suo servizio di umanizzazione
del mondo: ci esige che si sottolinei il carattere funzionale e transitorio del
la Chiesa considerata come luogo istituzionalizzato della prassi mediata religiosamente nella societ, contro la tendenza, sempre presente nellistituzione
ecclesiale, alla propria autoconservazione e difesa.
Si veda il n. 2.3 del cap. VI.

44

236

Parte III: Attuali percorsi e progetti in ambito europeo

Per quanto riguarda il campo della societ, la teologia pratica, intesa come
teoria critica, essenzialmente una teologia politica, perch tende a raggiungere una coscienza riflessa del come essa stessa, la religione e la Chiesa incidono concretamente nel tessuto sociale e politico: se come forze di conservazione oppure come forze di cambio.45
Questa prospettiva globale, riassunta qui nelle sue tesi centrali, suppone
una precisa comprensione del rapporto teoria-prassi: secondo Gert Otto, che
in questo segue il pensiero di Adorno, teoria e prassi sono interdipendenti e
si richiamano a vicenda.
2.3.2. La configurazione
Tale prospettiva globale comporta, inoltre, una configurazione della teo
logia pratica profondamente rinnovata quanto al suo oggetto e ai suoi rapporti con la dogmatica e le altre scienze umane.
Al termine di una rapida ma puntuale ricognizione storica, lautore giunge a queste conclusioni: la teologia pratica tradizionale venne elaborata in
dipendenza di unecclesiologia, a sua volta centrata sui compiti del pastore:
predicazione, servizio liturgico, guida della comunit, catechesi. In tale visuale, la realt sociale relegata in secondo piano, la comprensione della prassi
ristretta allambito ecclesiale, il rapporto tra teoria e prassi sistematicamente
distorto, e la teologia pratica relegata a disciplina ausiliare articolata in omiletica, liturgia, odegetica e catechetica. Una teologia pratica cos concepita si
dimostrata e si dimostra sempre pi incapace di assumere nella sua riflessione
sistematica nuovi settori dellagire umano che pure la interessano. Essa lascia
priva di copertura teologica una terra di nessuno fra la tradizionale teologia
pratica e le urgenze della situazione attuale.
Per superare tale situazione limitativa e inadeguata, lautore propone questa configurazione della teologia pratica, in cui la tradizionale distribuzione
della materia per settori, cui corrispondono le tradizionali discipline teologico-pratiche, sostituita con unarticolazione centrata sui campi dazione e
sulle prospettive di riflessione.
45
Per una presentazione sintetica della teoria critica della Scuola di Francoforte e specialmente di J. Habermas, e per una sua utilizzazione critica soprattutto nellambito deller
meneutica cattolica, si veda SCHILLEBEECKX E., La nuova teoria critica e Teoria critica ed
ermeneutica teologica: confrontazione, in SCHILLEBEECKX E., Intelligenza della fede (Alba 1975)
133-218; GEFFR C., Le christianisme au risque de linterprtation (Paris 1983); TRACY D., Plurality and Ambiguity, Hermeneutics, Religion, Hope (san Francisco 1989). Si vedano le osservazioni critiche alle scelte di E. Schillebeeckx, fatte dal Collettivo redazionale di Tegenspraak,
Analisi di una trasformazione teologica, in Ancora sulla Teologia politica: il dibattito continua
= Giornale di Teologia 92 (Brescia 1975) 93-98. Per uninformazione generale sulla tematica
affrontata da G. Otto, si veda Il ruolo sociale della religione = Giornale di Teologia 100 (Brescia
1977).

Capitolo VIII: Sviluppi della teologia pratica protestante

237

Il suo punto di partenza non costituito da una previa concezione sistematica della Chiesa (da unecclesiologia), ma piuttosto dal complesso nodo
attinente la multiforme presenza della religione e della Chiesa nella societ.
Di conseguenza, lambito della riflessione teologico-pratica non delimitato dalle classiche quattro funzioni del pastore e dalla connessa articolazione
delle discipline pastorali in quattro settori. strutturato e sistematizzato, invece, dal plesso di problemi emergenti ovunque, tanto nei classici campi del
lagire ecclesiale quanto in progetti nuovi, nellattivit dei pastori e in quella
dei laici. Si tratta di un plesso di problemi che comportano una riflessione
dinsieme.
Ne segue che lo sforzo di sistematizzazione deve rimanere aperto, per essere in grado di recepire nuovi spazi di ricerca e le problematiche ad essi
sottese. Le prospettive di ricerca come i campi dazione non sono fissati una
volta per sempre: quando la prassi lo esige, sono presi in considerazione nuovi
campi con le connesse nuove prospettive. In tal modo gli uni e le altre non

238

Parte III: Attuali percorsi e progetti in ambito europeo

sono lasciati fuori da una sistemazione teologico-pratica (come avvenuto


in passato), ma vengono inseriti in un impianto strutturato dalla complessa
problematica riguardante i rapporti religione - Chiesa - societ.
Ne segue ancora che i singoli campi dazione come pure i corrispondenti
cammini di riflessione rimangono tra loro permeabili e non si costituiscono
come entit e dottrine a se stanti e chiuse tra loro (ad es. lomiletica a s, la
catechetica a s, ecc.). Tale permeabilit dovuta al fatto che un differente
insieme di attivit richiede identici approcci di ricerca, anche se questi sono
mutuati da un materiale eterogeneo e, secondo i casi, hanno un peso diverso e rivelano aspetti diversi. Ad es., la prospettiva didattica emerge nellarea
tanto della catechesi quanto della predicazione, bench ognuna con questioni
diverse. Cos pure, la prospettiva ermeneutica si pone in tutti gli ambiti in cui
occorre confrontarsi, in modo positivo oppure negativo, con qualsiasi specie
di tradizioni, accogliendole o rigettandole. La prospettiva giuridica, per fare
un altro esempio, affiora sia nel servizio ecclesiale del pastore sia nellagire di
ogni istanza civile.
Da ultimo, non si devono contrapporre semplicisticamente i settori alle
prospettive, in cui articolata la riflessione teologico-pratica. La proposta
avanzata non esclude, ad es., che la liturgia e lomiletica intese in senso tradizionale possano avere una loro giustificazione e funzione la quale, per,
relativa, in quanto sono discipline finalizzate a preparare a determinati compiti ecclesiali, non ricoprono lintera area della riflessione teologico-pratica e,
quindi, sono sempre esposte al rischio di isolarsi nellaffrontare questioni che
richiedono un pi ampio contesto.
In conclusione, larticolazione guidata dalle prospettive consente di ampliare lorizzonte della riflessione teologico-pastorale; rende veramente possibile che la teologia pratica non si riduca al ristretto ambito della comunit
cristiana e dei suoi compiti, ma si allarghi alla complessa realt sociale, di cui
la Chiesa parte. superfluo dire annota lautore che in una teologia pratica di questo tipo non vi sono confini prefissati che escludano nuove possibili
prassi ecclesiali. Non superfluo affermare dichiara sempre lautore che
una teologia pratica di questo tipo costituisce un potenziale innovativo per la
teologia nel suo insieme.
2.3.3. Labbozzo
Nella monografia Fondazione della teologia pratica, lautore offre una concisa esposizione delle prospettive, avendo come interlocutori diretti non pi
gli addetti al lavoro teologico, come nel momento antecedente, ma i laici.
Per ognuna di esse segue uno schema identico. Parte con una serie di con
siderazioni tese a mostrare la rete di connessioni che la prospettiva specifica
sollecita nel modo desperienza; al termine propone tre casi desunti dalla vita

Capitolo VIII: Sviluppi della teologia pratica protestante

239

ecclesiale e civile, dove la singola prospettiva di analisi trova applicazione


paradigmatica.
Cos nella prospettiva dellermeneutica ripropone la tematica attinente
lapproccio al testo biblico, ma anche il tema della convivenza del cristianesimo con le altre religioni e il motivo della problematica religiosa nella letteratura contemporanea.
Nella prospettiva della retorica affianca largomento classico della predica a
due tematiche abbastanza inedite: la presenza di argomenti religiosi nel discorso politico e gli interventi ecclesiastici in questioni di notevole rilevanza civile.
Nella prospettiva didattica riconsidera linsegnamento della religione nella
scuola, ma affronta anche il tema della formazione degli adulti e la questione abbastanza singolare, ma storicamente comprensibile, delleducazione al
lobbedienza.
Quanto alla trama che collega le diverse prospettive, lermeneutica, la retorica e la didattica definiscono nel loro insieme il nucleo centrale della rifles
sione teologico-pratica: ogni problematica teologico-pratica deve misurarsi
con una di queste prospettive generali, che rappresentano il punto di partenza per le altre prospettive pi speciali. Diritto, critica dellideologia, co
municazione, simbolica, invece, rendono conto dellessere differenziato delle
singole questioni.
Il corpo del discorso costruito in costante dialogo con voci autorevoli del
pensiero teologico, filosofico, sociologico, letterario contemporaneo. Ed anche se la riflessione rimane prevalentemente di tipo formale, essendo lautore
preoccupato di accreditare la nuova configurazione della teologia pratica,
tuttavia il riferimento a casi esemplari apre uno squarcio significativo, come
facile intuire dai cenni appena fatti sul tipo di tematiche che, a suo parere,
rientrano nellambito di unanalisi teologico-pratica.
In effetti, per Otto, ogni situazione umana, specie se di crisi, pu essere
oggetto di unindagine teologico-pratica volta a favorire la liberazione delle
persone da ogni forma di diminuzione della loro umanit. E siccome il vissuto
umano per s assai variegato e aperto allimprevisto, egli esclude positivamente ogni volont sistematizzante, pur sottolineando lesigenza di chiarezza
teorica e di una concezione unitaria della teologia pratica.
2.3.4. Reazioni critiche
La proposta sopra esposta ha suscitato numerose prese di posizione assai
critiche. Per il principale esponente della teologia pratica come teoria funzionale, col suo indirizzo teologico Gert Otto vuole teorizzare su tutto e coinvolgere
lazione ecclesiale in tutto e, quindi, espone al rischio di soluzioni totalitarie.46
Cf BASTIAN H.-D., Praktische Theologie und Theorie 85-96, specialmente 85.

46

240

Parte III: Attuali percorsi e progetti in ambito europeo

Da altre sponde si obiettato: come potr la teologia pratica evitare il pericolo di trasformarsi semplicemente in unappendice della teoria critica della
societ, dal momento che da teologia critica della societ si muta in teoria
critica della medesima?47
Daltra parte, tale proposta ha stimolato unulteriore ricerca di approfon
dimento specialmente attorno al rapporto teoria-prassi. Il dibattito che ne
nato ha valicato i confini confessionali, come apparir dal proseguo dellespo
sizione.48
Labbozzo di teologia pratica proposto nellopera appena recensita propone problemi e indica itinerari da percorrere, pi che offrire una tematica
gi in certo modo decantata. Particolarmente opportuna la riaffermazione
dellurgenza di una concezione globale di teologia pratica, data la persistente
tendenza alla banalizzazione e dispersione in trattazioni specialistiche attinen
ti i vari campi dellazione ecclesiale.
Degne di nota sono pure: 1. la necessit di una chiarezza teorica capace
di far s che la prassi risulti teologicamente fondata; 2. listanza di una complessiva teoria teologico-pratica unitaria che non comporti per la rigidit di
un sistema; 3. lo spostamento del punto focale di questa disciplina dai settori dellattivit ecclesiastica alle prospettive formali, spostamento che si rivela
capace di liberare la riflessione teologica-pratica dalle strette di una visione
riduttivamente ecclesiastica dellagire cristiano e di aprirla motivatamente a
un ventaglio illuminante di prospettive rispondenti al complesso e mutevole
esperire umano.49
2.4. Teologia pratica come teoria della prassi del Vangelo attraverso
la Chiesa nella societ50

Questa quarta proposta, avanzata da Manfred Jossutis, fa riferimento al


lindirizzo di Gert Otto, e soprattutto ai fermenti culturali che, verso la met
degli anni 1970, producono uninterpretazione del Vangelo in categorie o solo
Cf JOSSUTIS M., Praxis des Evangeliums 253-255.
Sulla base di una rilettura storica del pensiero di Schleiermacher e di Marheineke, condotta a partire dallattuale dibattito [rilettura variamente criticata da OTTO G., recensione in
ThPr (3-4/1982) 146-150 e da GRB W., recensione in ThPr (1/1984) 56-61], Lmmermann
G. sostiene che, nella ricerca della verit della realt effettiva, la teologia pratica deve unire la
critica empirica della prassi religiosa ed ecclesiale con la critica della teoria teologica e della
costruzione ideologica prodotte dalla teologia stessa: cf LMMERMANN G., Praktische Theologie
als kritische oder als empirisch-funktionale Handlungstheorie? (Mnchen 1981), specialmente
130-137.
49
Cf SEVESO B., Libri di testo e insegnamento della teologia pastorale, in La Scuola Cattolica
117 (1989) 267.
50
Si riassumono alcuni asserti centrali del volume di JOSSUTIS M., Praxis des Evangeliums,
specialmente 239-245 265-268.
47
48

Capitolo VIII: Sviluppi della teologia pratica protestante

241

religiose o solo politiche. Denuncia il carattere selettivo e riduttivo di tali tendenze interpretative e tenta di superare le alternative emergenti in campo ecclesiale, focalizzando la dimensione tanto religiosa quanto politica del Vangelo.
Il tema generatore della proposta ravvisato nella prassi del Vangelo, cio
nel fatto che il Vangelo vuole diventare prassi fra politica e religione. Ci
avviene con la mediazione della Chiesa e, precisamente, con una presenza del
la Chiesa nella societ, caratterizzata dalla comunicazione verbale e operativa.
Il Vangelo luomo Ges di Nazareth, che rappresenta uninterpretazio
ne sufficiente e definitiva di chi Dio e di chi luomo. In Ges di Nazareth,
Messia e Signore, origine e sorgente della salvezza integrale delluomo, operante il riferimento a Dio (aspetto religioso) assieme al riferimento allumanit
(aspetto politico). Ci giustifica lasserto secondo cui il Vangelo comprende
la dimensione tanto religiosa quanto politica dellesistenza umana.51
La prassi del Vangelo cos intesa costituisce lorizzonte e il criterio normativo per lintera vita della Chiesa: lagire ecclesiale chiamato a innestare nella
societ la prassi evangelica. Ma tra prassi del Vangelo e prassi della Chiesa nel
la societ esiste sempre un divario, una differenza, che genera nella comunit
cristiana lesperienza del negativo. Confrontandosi da un lato con la prassi
evangelica e dallaltro con la propria condizione nella societ, la Chiesa reale
o effettiva si trova a dovere svolgere la propria azione in una situazione di
angoscia.
La teologia pratica configurata in questa cornice evangelica ed ecclesiale.
definita come teoria della prassi del Vangelo attraverso la Chiesa nella
societ. delineata in base al rapporto dialettico tra teoria e prassi e, in
concreto, tra prassi del Vangelo e prassi della Chiesa nella societ. Essa vive e
si costruisce nella dolorosa esperienza della distanza che intercorre tra queste
due grandezze.
Suo compito specifico sviluppare una riflessione critica sulla prassi ecclesiale, diretta a stimolare e favorire unazione della Chiesa capace dinnervare
nel tessuto sociale unadeguata prassi evangelica. Di conseguenza, il rapporto
tra teologia pratica intesa come teologia critica e prassi ecclesiale non pu essere concepito nei termini della riflessione teologico-pratica del passato, come
indicazione teorica e applicazione pratica; e neppure, in senso inverso, come
legittimazione teologica di una prassi ecclesiale istituzionalizzata.
Come appare abbastanza evidente, la proposta recepisce istanze e suggestioni dominanti nel momento teologico e culturale degli anni settanta. Il
riferimento a Ges di Nazareth consente di configurare il Vangelo come gran
dezza normante rispetto alla Chiesa, grandezza normata. La comprensione
della teoria come critica permette di denunciare e superare i tentativi insiti
nella prassi ecclesiale di coprire ideologicamente i propri interessi nella societ.
Ivi 327-329.

51

242

Parte III: Attuali percorsi e progetti in ambito europeo

2.5. Teologia pratica e teoria del ministero del pastore

Laffermarsi delle concezioni di teologia pratica finora recensite fa costatare la pratica fine di una lunga tradizione teologico-pastorale (nel senso del
la formazione del pastore),52 ma fa riaffermare lindiscusso significato che
pu assumere, accanto a una teologia pratica scientifica, una teologia pastorale
rinnovata,53 e soprattutto mette in discussione il compito formativo della teologia pratica intesa nel senso delle teorie sopra descritte.
In effetti, vari pastoralisti, sensibili alle esigenze della formazione professionale degli operatori pastorali, si chiedono fino a che punto, in tali visuali
teologico-pratiche, c ancora posto per una teologia che si prefigga la formazione del pastore, ed eventualmente come pu essere inserito in esse un
discorso scientifico su questo argomento.
Per Walter Neidhart,54 linteresse pi accentuato della teologia pratica dovrebbe rimanere tuttora la formazione del pastore. Egli rinuncia al tentativo
di elaborare una teoria generale e preferisce rispondere a esigenze pratiche.
Pi precisamente, si prefigge la formulazione di teorie, intese non nel senso
del razionalismo critico e della teoria critica sopra esposta, ma come chiarificazione teoretica delle problematiche connesse con la conoscenza di un ben
determinato settore della realt. A suo parere, compito della teologia pratica
lanalisi e interpretazione dei punti nodali attinenti la comunicazione nella
Chiesa, nei gruppi ecclesiali e nella realt pubblica; inoltre, lutilizzazione di
metodi atti a formare atteggiamenti e comportamenti comunicativi per i vari
settori della prassi.55
Di conseguenza, la teologia pratica chiamata a elaborare una teoria sulla
comunicazione nellambito della predicazione, della catechesi, della consulenza e del servizio ecclesiale alluomo. Parimenti studia i metodi concernenti
specifici temi di interazione, di relazione pastorale, di lavoro di gruppo e di
conduzione della comunit ecclesiale.
Questorientamento giudicato pienamente plausibile, nellattuale congiuntura della formazione teologico-pratica, da parte di un altro pastoralista
evangelico, Wolfgang Steck.56 Egli sostiene che, accanto a una teologia pratiCf RAU G., Pastoraltheologie. Untersuchungen zur Geschichte und Struktur einer Gattung
praktischer Theologie (Mnchen 1970) 317.
53
Cf KRAUSE G., Hat die Praktische Theologie wirklich die Konkurrenz der Pastoraltheologie
berwunden?, in ThLZ 95 (1970) 721-732.
54
Cf NEIDHART W., Aspekte der Beziehungen zwischen den beiden Disziplinen, in ThPr 9
(1974) 97-104.
55
Ivi 98.
56
Cf STECK W., Der Pfarrer zwischen Beruf und Wissenschaft. Pldoyer fr eine Erneuerung der Pastoraltheologie (Mnchen 1974); ID., Die wissenschaftliche Situation der Praktischen
Theologie, in WPKG 63 (1974) 65-80 e anche in WEINZIERL E. - GRIESL G. (Hrsg.), Von der
Pastoraltheologie zur Praktischen Theologie 1774-1974 (Salzburg - Mnchen 1976) 129-158;
ID., Tendenzen des praktisch-theologischen Studiums in der Gegenwart, in WPKG 69 (1980)
52

Capitolo VIII: Sviluppi della teologia pratica protestante

243

ca elaborata scientificamente, ha ancor oggi ragion dessere una teologia pa


storale come teoria pratica in vista della formazione professionale del pastore.
Concepisce queste due discipline come forme autonome di sapere, bench
strettamente correlate tra loro: la teologia pratica si costituisce in rispondenza
alle esigenze del sapere scientifico e si confronta con i canoni di scientificit
man mano emergenti; la teologia pastorale si configura invece come teoria
pratica e insieme etica della professione del pastore e assume come criterio
non la scientificit ma levidenza etica.
Legittima tale distinzione appellandosi alla storia: la trova nel pensiero di
Schleiermacher, Nitzsch e Palmer.57 Si richiama, in particolare, allarticola
zione di spirito scientifico e interesse religioso presente nella proposta di
Schleiermacher. A suo parere, nella teologia pratica le problematiche del mi
nistero parrocchiale sono discusse prevalentemente in rispondenza a esigenze
teologico-scientifiche; nella teologia pastorale lo studio della professione di
pastore condotto riferendosi direttamente alla prassi religiosa e cristiana.58
Queste istanze, assieme al riconoscimento, rimarcato dalle scienze del
lazione, del legame che intercorre tra imparare per la prassi e imparare mediante la prassi, per cui la prassi cristiana ed ecclesiale si configura come prassi
che impara, sono alla base di un tentativo di ridefinire la teologia pratica nel
quadro di un itinerario formativo fatto di conoscere - imparare - agire - mutare
il comportamento.59
Con ci si afferma limpossibilit di separare i vari aspetti del processo
di apprendimento, si evidenzia il coinvolgimento del soggetto nel processo
stesso e si sottolinea limportanza delluso di tecniche del feed-back nella verifica dei comportamenti. Ne risulta una visione assai articolata del processo
di apprendimento. Per la sua valutazione si distingue un sapere prescientifico
da un sapere rispondente ad attuali canoni di scientificit, fatti consistere in
una maggiore rigorosit, differenziazione e comparabilit rispetto a quelli prescientifici.
In questo orizzonte, loggetto della teologia pratica costituito non tanto dai gesti ricorrenti della prassi parrocchiale, ma piuttosto dallinsieme dei
processi di aumento di capacit, che aiutano la comunit cristiana a orientare la
vita secondo le indicazioni della fede. Compito, quindi, della teologia pratica
quello di scoprire, migliorare, prolungare le possibilit di apprendimento
che servono allincremento di capacit di vita cristiana, il che comporta un
impegno con le strade sulle quali tale incremento di capacit mediato dal
punto di vista empirico e sperimentale.
364-380; ID., Die Wiederkehr der Pastoraltheologie, in Pastoraltheologie 70 (1981) 6-27.
57
Cf STECK W., Die Wiederkehr 13 16 23s.
58
Cf STECK W., Der Pfarrer 55s.
59
Cf KSTER R., Was ist Praktische Theologie, in KSTER R. - LKER H. (Hrsg.), Lernende
Kirche. Ein Leitfaden zur Neuorientierung kirchlicher Ausbildung (Mnchen 1975) 251-270.

244

Parte III: Attuali percorsi e progetti in ambito europeo

Sempre entro questo orizzonte sono pure riletti altri motivi presenti nel
dibattito teologico-pastorale e facenti parte di una delineazione della teologia
pratica: il rapporto del soggetto con la propria ricerca, del teologo pratico con
loperatore pastorale, della teologia pratica con le altre discipline teologiche
e con le altre scienze, i problemi connessi con lorganizzazione della ricerca.
Anche altri pastoralisti protestanti riconoscono che la teologia pratica, comunque intesa, non pu non affrontare i problemi che pone il ministero dei
pastori, senza tuttavia doversi trasformare in una teologia ad uso esclusivo dei
pastori stessi, come stata sovente in passato e come continua a essere in non
pochi ambienti ecclesiali attuali.60
2.6. Teologia pratica come teoria della prassi del cristianesimo moderno

Questaltra proposta avanzata nel 1986 da Dietrich Rssler, nel suo poderoso Compendio di teologia pratica,61 ha presente le istanze e le teorie finora
recensite, ma prospetta una diversa visione e percorre un proprio itinerario,
luna e laltro guidati da alcune convinzioni di fondo, esplicitamente dichiarate, che ne rappresentano i principi giustificativi.
In primo luogo, la persuasione della natura teoretica della teologia pratica. Essa una teoria. al servizio di un sapere e, come tale, va distinta
dalla prassi cristiana concreta: questa procede per strade che non derivano
n dipendono dalla teologia pratica, ma si costituiscono in modo autonomo.
La teologia pratica tuttavia non irrilevante per lagire ecclesiastico: avendo
come contenuto conoscenze, concezioni e valutazioni, essa atta a fondare
la capacit di giudizio, che sottopone a prova critica il poter agire e lagire
pratico nel cristianesimo e nella Chiesa.62
In secondo luogo, la teologia pratica deve prestare costante attenzione alle
condizioni e forme storiche del vivere cristiano ed ecclesiastico. Le questioni
di cui deve interessarsi sono sorte nel contesto dello sviluppo storico del cristianesimo.63
In terzo luogo, la teologia pratica deve sviluppare un sapere unitario e configurarsi come disciplina sistematica. La dispersione nelle diverse discipline teologico-pratiche va riassorbita in ununit di trattazione rispondente allunit
Cf ad es. KRUSCHE P., Der Pfarrer als Krisenagent. Gesichtspunkte zur Profilierung der
pastoralen Berufsrolle, in ThPr 9 (1974) 277-291. Fatto significativo: la rivista Wissenschaft und
Praxis in Kirche und Gesellschaft, a partire dal 1981, ritornata allantico titolo di Pastoraltheologie in vista della rilevanza che la problematica segnalata assume nel mutato contesto culturale
ed ecclesiale (cf Pastoraltheologie 70 (1981) 1s).
61
RSSLER D., Grundri der Praktischen Theologie (Berlin - New York 1986).
62
Ivi 1.
63
Ivi 2.
60

Capitolo VIII: Sviluppi della teologia pratica protestante

245

della prassi cristiana. In effetti, lunit della teologia pratica la condizione


di possibilit per lidentit, nella quale il soggetto agente pu rimanere certo
dellarmonia con se stesso in tutte le attivit che gli sono affidate in nome del
cristianesimo e per mandato della Chiesa.64
Lunitariet della prassi ecclesiastica non data a priori; va piuttosto riconosciuta e costruita con la riflessione teologico-pratica in quanto essa diretta
a concordare le forme fondamentali della prassi ecclesiastica con le forme del
cristianesimo moderno.
In questo senso lautore definisce la teologia pratica la teoria scientifica
che collega gli asserti fondanti della tradizione cristiana con le prospettive
aperte dallesperienza contemporanea e costruisce il fondamento della corresponsabilit per la forma storica della Chiesa e per la comune vita dei cristiani
in essa.65
Il riferimento al cristianesimo moderno essenziale per la costruzione del
la teologia pratica. Rssler legge la situazione storico-civile del cristianesimo
moderno non alla luce dellipotesi della secolarizzazione del cristianesimo
stesso, ipotesi che, a suo parere, sarebbe stata smentita per tanti aspetti dalla
storia contemporanea, ma nella direzione opposta della cosiddetta emigrazione della Chiesa dalla societ.66 Il ritirarsi della Chiesa dal mondo ha portato alla formazione di un cristianesimo sganciato dalla Chiesa.
Il cristianesimo moderno si presenta cos sotto una triplice forma:
cristianesimo ecclesiastico, vissuto e gestito allinterno della Chiesa;
cristianesimo della societ o della realt civile, comprensivo di tutte
quelle manifestazioni culturali (legislazione, linguaggio, usi, costumi) di derivazione religiosa e cristiana presenti nelle attuali forme di vita;
cristianesimo individuale o privato, cos come i singoli fedeli lo vivono
nel loro prendere variamente le distanze tanto dalla Chiesa che dalla societ.67
Rssler costruisce su queste basi il suo edificio teologico-pratico. Rapportata alla triplice configurazione del cristianesimo moderno, la prassi ecclesiastica si diversifica nella triplice forma della cura pastorale, della predicazione e
dellinsegnamento. Ognuna di esse ha un differente referente: la cura pastorale/diacona si pone in rapporto con lindividuo, la predicazione fa riferimento
alla Chiesa, linsegnamento si pone in corrispondenza con la realt sociale.
Lo sviluppo delle singole parti segue un identico tracciato. In apertura
sono discusse le condizioni richieste per comprendere la forma di cristianesimo presa in esame (rispettivamente: religione e religiosit; ecclesiologia; isti
tuzionalizzazione della religione). Segue la determinazione del soggetto del
Ivi 53s.
Ivi 3.
66
Ivi 80.
67
Ivi 81s.
64
65

246

Parte III: Attuali percorsi e progetti in ambito europeo

lazione ecclesiastica sotto il profilo specifico della forma di cristianesimo esaminata (rispettivamente: la persona del parroco; il suo ufficio; la sua funzione
sociale). Viene quindi illustrato il tipo di azione ecclesiastica rispondente alla
forma di cristianesimo preso in esame (rispettivamente: la diaconia; la predicazione; linsegnamento). Infine vengono discussi i contesti o luoghi in cui si
realizza la forma di cristianesimo oggetto di studio (rispettivamente: lattivit
pastorale; la liturgia; la comunit).
La critica teologica ha valutato diversamente questa proposta. Ha rilevato
come dati positivi: la rigorosa sistematicit che conferisce unit e linearit
allintero discorso teologico-pratico; la ricerca di una diagnosi obiettiva e dettagliata dellattuale situazione del cristianesimo protestante tedesco, condotta
con la chiave di lettura indicata che apre prospettive illuminanti; la valutazione assai discreta, affidata per lo pi alla recensione delle diverse posizioni che
si fronteggiano sul tema in esame.
Ha evidenziato, sul versante negativo, lassenza di tensione progettuale
esplicitamente demandata dallA. al soggetto dellazione ecclesiastica;68 la
concentrazione delloggetto della teologia pratica nella prassi ecclesiastica e
nella figura del pastore, scelta questa che colloca il compendio nella linea del
lidea classica di teologia pratica e vi fa rientrare in modo solo estrinseco un
ventaglio di problematiche costituito dalla complessit del rapporto tra individuo e comunit nella vita della Chiesa, dello scambio tra pubblico e privato,
delle interferenze tra istituzione ecclesiastica e sistemi sociali.69
2.7. Teologia pratica come teoria di una prassi estetica

Nel 1987 il teologo Albrecht Grsinger70 ha evidenziato questo problema


di fondo che si imporrebbe oggi alla teologia pratica: come pu la fede cristiana esprimersi in modelli di azione responsabile? Pi precisamente, come
possibile mantenere e custodire la tensione tra libert della parola di Dio
di fronte a ogni sforzo umano e la necessit fondamentale di un agire criticamente consapevole?71 Come riuscire a risolvere questa tensione non in modo
unilaterale, privilegiando uno dei due poli a scapito dellaltro, ma assumendola
come positivo punto di partenza nel formulare una teoria teologico-pratica?72
Secondo Grsinger, lestetica pu offrire al riguardo un valido contributo,
per vari motivi. Da una parte, la stessa Rivelazione divina si presenta profondamente come un evento estetico. In effetti, nellAT vi , s, il divieto di
Cf SCHARFENBERG J., Pastoralaufnahme des neuzeitlichen Christentums. Gedanken zu
Dietrich Rsslers Grundri der Praktischen Theologie, in Pastoraltheologie 76 (1987) 266-277.
69
Cf SEVESO B., Libri di testo e insegnamento della teologia pastorale 264s.
70
GRSINGER A., Praktische Theologie und sthetik (Mnchen 1987).
71
Ivi 215.
72
Cf ivi 168-181 216.
68

Capitolo VIII: Sviluppi della teologia pratica protestante

247

ricorrere a immagini per raffigurare Jahweh, divieto che non viene abolito ma
piuttosto radicalizzato nel NT. Ma tale proibizione dovuta al fatto che Dio
riserva a se stesso il modo di rivelarsi e non vuole farsi coartare da raffigurazioni prefissate dalluomo. Esempi eloquenti al riguardo sono, nellAT, il roveto ardente che brucia e non si consuma, in cui Jahweh si manifesta a Mos
(Es 3,1-14) e, nel NT, il fatto che il Cristo risorto si fa conoscere dai discepoli
di Emmaus nello spezzare il pane (Lc 24,13-35), e il fatto che Egli diviene
per la comunit primitiva limmagine del Dio invisibile (Col 1,13).73
Daltra parte, la ricognizione storica riguardante la riflessione sullestetica
conduce a questo risultato: nel determinare ci che estetico si fa sempre
riferimento anche alla particolarit dellazione umana e, in particolare, alla
tensione che le propria tra agire e fare (tra prassi e techne in senso aristotelico), tra totalitarismo titanico e tecnicizzazione pragmatica (intesa nellodierno
inasprimento del concetto unilaterale di razionalit e di azione).74
Per lautore, un corretto utilizzo della dimensione estetica si dimostra effi
cace sia per lagire umano nel suo insieme, sia per la prassi della fede. Infatti,
parte essenziale della prassi religiosa e cristiana ci che nella teoria estetica,
a partire da Aristotele, stato caratterizzato con il concetto di catarsi e cio di
rasserenamento, di liberazione o purificazione. La catarsi mira a un ampliamento dellorizzonte umano, fa trascendere lavvenimento storico e sollecita
a entrare nella prospettiva etica di una vita buona.75
Con ci lestetica mette a disposizione della teologia pratica un modello
di soluzione per il suo problema fondamentale sopra indicato, perch risulta
chiaro che costitutiva dellagire umano, preso nel suo insieme, una tensione fatta di rimandi e trasparenze reciproche, tra forma e suo contenuto, tra
evento e suo significato. In sede di teologia pratica ne deriva allora questa con
seguenza: Lagire ecclesiale, in quanto prassi estetica, sarebbe determinato
dalla consapevolezza che come agire umano deve essere trasparente, e pu
esserlo anche rispetto alla sovranit della parola di Dio, che supera largamente
la dimensione dellagire umano e la lascia alle sue spalle. Allo stesso tempo,
un tale agire rimarrebbe aperto alla riflessione metodica su come, secondo la
misura della comprensione e della capacit umana (Barmen V.), una tale trasparenza vada realizzata continuamente in modo nuovo e in maniera sensata
e concreta. Con ci lagire ecclesiale sarebbe messo al riparo da unautoesaltazione religiosa usurpatrice del posto di Dio. Lagire ecclesiale compreso come
prassi estetica, da un lato, si configura come semplice prassi umana in ambiente umano e, dallaltro, presenta come suo elemento costitutivo unapertura a
quella dimensione [divina] che trascende completamente ogni agire umano.76
Cf ivi 89-104.
Cf ivi 155-157.
75
Cf ivi 34-35.
76
Ivi 216.
73
74

248

Parte III: Attuali percorsi e progetti in ambito europeo

Le conseguenze che ne derivano per la comprensione della teologia pratica e dei suoi compiti sono cos sintetizzate dallA. La teologia pratica concepita come teoria estetica si sviluppa come processo dinamico, mai concluso,
fatto di un intreccio di conoscere e potere, di progettare e realizzare, di recepire e produrre. Il conoscere non pu essere disgiunto da un poter agire e
un poter agire non mai senza un conoscere. Sapere e potere vanno riferiti
a un passato da recepire e a un futuro da produrre. Per fare ci la riflessione
teologico-pratica adotta un procedimento conoscitivo analitico e insieme pro
gettuale, in quanto prende in considerazione lagire passato e presente della
Chiesa e, a partire da ci, si prefigge di plasmarne in maniera teologicamente
responsabile lagire presente e futuro.77
Nellassolvere tale compito essa chiamata a elaborare, nel suo ambito e
con la metodica dellestetica teologica, un sapere storico-analitico e sistematico-costruttivo, il che comporta una vasta cooperazione di tutte le discipline
teologiche. Inoltre, essa non pu rinunciare a una cooperazione che vada al
di l della teologia e comprenda tutte le scienze che riflettono sullestetico (fi
losofia estetica, storia e filosofia dellarte, musicologia, storia e filosofia della
cultura). Non da ultimo, anche le opere darte in tutte le loro forme pittoriche, architettoniche, scultoree, letterarie, musicali, ecc. sono un interlocutore necessario nellelaborazione di una teoria pratico-teologica.78
La critica teologica ha valutato positivamente lattenzione che Grsinger
pone sulla dimensione estetica dellagire umano e della prassi religiosa come
possibile alternativa di fronte al pericolo che la teologia pratica faccia propria,
in maniera acritica, la razionalit impostasi prepotentemente nellepoca moderna e, di conseguenza, indulga a un cristianesimo ridotto a utile manovalanza di incontrollati interessi ecclesiali e sociali. Essendo lagire cristiano un agire rappresentativo e non produttivo, lestetica si presenta come interlocutore
irrinunciabile per la teologia pratica; nel provocare una rottura rispetto alle
ovviet dominanti nellattuale contesto culturale, essa capace di ricordare
vigorosamente alla religione il compito che le proprio.79
3. LAPPORTO DEL DIBATTITO SULLEPISTEMOLOGIA TEOLOGICA

Come si rilevato, il processo di riforma degli studi universitari sviluppatosi tra il 1960 e il 1980 rimette in discussione i rapporti tra le discipline teologiche. Ci provoca la ridefinizione delle rispettive competenze e la revisione
della loro collocazione nellenciclopedia teologica. A livello epistemologico,
Ivi 217.
Ivi 218s.
79
Cf METTE N., Teoria e prassi nella teologia pastorale. Relazione al 2 Convegno teologicopastorale dellIstituto Pastorale della Pontificia Universit Lateranense (12-14 aprile 1988).
77
78

Capitolo VIII: Sviluppi della teologia pratica protestante

249

la nozione stessa di teologia viene sottoposta a rinnovato studio. In rispondenza al mutato contesto scientifico e culturale ne vengono proposte differenti concezioni, che presiedono una differente comprensione delle discipline in
cui si articola, ivi compresa la teologia pratica.
A proposito di questa, siccome viene sempre pi condivisa la critica a una
sua definizione come disciplina applicativa di asserti dogmatici e morali al
la prassi, la questione attinente il suo carattere scientifico affrontata generalmente nel quadro dei suoi rapporti con le altre discipline con particolare
riferimento alla teologia dogmatica.80 Nellesposto che segue, si presenta la
posizione di alcuni teologi dogmatici che hanno affrontato espressamente
largomento con prospettive differenti.
3.1. La teologia pratica nel quadro della storicit della teologia81

E. Jngel tenta di ridefinire lo statuto scientifico della teologia in generale


rileggendo, alla luce di una determinata fenomenologia della Parola di Dio,
alcuni temi centrali del pensiero di Schleiermacher.
La natura teologica della teologia collegata al fatto che essa si rapporta al
levento della Parola di Dio, inteso come evento della fede. Tale riferimento al
la fede ne spiega pure il carattere pratico, che fa di essa nel suo complesso una
scienza pratica in linea con la nota tradizione protestante. La sua qualifica di
scienza individuata nel suo rapporto al governo ecclesiale, in quanto non il diventare pratico, ma il poter diventare pratico costituisce il fondamento effettivo
di tale sapere scientifico e il principio organizzatore del lavoro teologico.82
La teologia cos caratterizzata presenta unessenziale struttura storica. In
effetti, una conoscenza condizionata in tutte le sue parti dalla storicit del
suo oggetto scientifico (levento della Parola di Dio) e organizzata dalla stori
cit del suo scopo pratico (il rapporto al governo ecclesiale). Tale sua struttura
pone lesigenza di unificare esegesi e dogmatica nella teologia storica com
presa come un tutto della conoscenza teologica. Inoltre, offre il principio di
articolazione del sapere teologico: la Parola di Dio come evento accaduto nel
passato esige di essere spiegata dal punto di vista storiografico; come evento
che accade di nuovo al presente richiede di essere assunta in modo responsabile ossia riflesso sul piano della storicit legata alloggi. La teologia va comCf BOHREN R., Vorwort, in JNGEL E. - RAHNER K. - SEITZ M., Die praktische Theologie
zwischen Wissenschaft und Praxis (Mnchen 1968) 8; PANNENBERG W., Wissenschaftstheorie
und Theologie (Frankfurt a.M. 1973) 7-11; STROHM TH., ber die Zusammengehrigkeit von
systematiscber und praktischer Theologie. Erffnung einer literarischen Diskussion, in ThPr 9
(1974) 2-6.
81
Cf JNGEL E., Das Verhltnis der theologischen Disziplinen untereinander, in JNGEL E. RAHNER K. - SEITZ M., Die praktische Theologie 11-45.
82
Cf ivi 13-25.
80

250

Parte III: Attuali percorsi e progetti in ambito europeo

presa appunto come momento riflessivo della fede, che lascia parlare Dio, e
ci in riferimento sia al passato, sia al presente e sia al futuro.83
Il successivo accadere di tale evento della fede accostato e interpretato
con la categoria della ripetizione, e lanalisi esistenziale della sua storicit ne distingue il passato, il presente, il futuro e i loro rapporti. Di conseguenza, la teologia chiamata ad assumere in modo responsabile, ovvero in forma riflessa,
i diversi aspetti della ripetizione della Parola di Dio nella storia. Da ci risulta
la necessaria articolazione del lavoro teologico. Esso viene realizzato secondo il
principio del vicendevole sgravio, nel senso che ciascuna disciplina sinteressa
di un proprio ambito e lascia ad altre la trattazione di altri ambiti, e secondo
il connesso principio del reciproco prendersi carico, nel senso che ciascuna disciplina fa propria la coscienza dei problemi delle altre discipline teologiche.
Nella cornice di questa concezione globale del sapere teologico, la teologia
considerata come scienza pratica nel suo insieme, perch rende possibile
ripetere la Parola di Dio in ogni tempo come evento. La teologia pratica
individuata come disciplina che si prende carico dellevento della Parola di
Dio e tematizza il ripetersi oggi di tale evento, in quanto interpreta la Parola di
Dio e la rimette in luce nel presente. Essa si configura, quindi, come teoria
scientifica della prassi ecclesiale da riguadagnare di nuovo in continuit.
In base al principio del reciproco sgravio, la teologia pratica solleva le altre
discipline da tale compito e dalla necessit di diventare esse stesse pratiche,
perch assume essa la responsabilit del poter diventare pratico della teologia. In questo modo resta fondato il diritto di esistere di questa disciplina
come momento necessario del sapere teologico nel quadro di una moderna
enciclopedia teologica.84
La critica mossa a questimpostazione riguarda la concezione filosofica
sottesa alla comprensione della Parola di Dio e la possibile connotazione retorica della teologia pratica.85
3.2. Teologia pratica e contesto vitale dellesperienza storica di
senso

Wolfhart Pannenberg termina la sua voluminosa opera intitolata Epistemologia e teologia con una trattazione significativa, bench sintetica, dedicata
alla teologia pratica.86 Alla base della sua concezione di questa disciplina e
del rapporto che essa ha con altre discipline teologiche vi sono alcune tesi
generali. La nota comprensione biblica della Rivelazione di Dio come storia
Cf ivi 25-35.
Cf ivi 35-45.
85
Cf STROHM TH., ber die Zusammengehrigkeit 3; BOHREN R., Da Gott schn werde
204-209.
86
PANNENBERG W., Wissenschaftstheorie 426-442 [Epistemologia 398-414].
83
84

Capitolo VIII: Sviluppi della teologia pratica protestante

251

e non solo nella storia. La concezione della realt storica come mondo di vita
in cui iscritta unesperienza di senso, la quale precede ogni sua elaborazione
sotto forma di formule o sistemi di senso siano essi chiusi o aperti. La comprensione del mondo di vita cristiano come realt costituita dalla sua origine
storica, mediata da processi di tradizione e portatrice di unesperienza di sen
so che anteriore a ogni sua tematizzazione o teorizzazione di tipo teologico.
La concezione della teologia come conoscenza scientifica, che si confronta
con le sollecitazioni provenienti dallattuale contesto culturale dominato dal
razionalismo critico e dalla teoria critica.87
Secondo Pannenberg, la teologia non pu essere considerata se non come
scienza di Dio, incaricata di mettere in evidenza la verit del cristianesimo.
Ha come ambito di ricerca il fenomeno religioso riscontrabile nelle religioni
storiche e, in modo particolare, nella storia della tradizione giudeo-cristiana,
per cui si configura come conoscenza incentrata sulla storia e come scienza essenzialmente aperta: La teologia pu adeguarsi al cristianesimo solo se essa
non esclusivamente scienza del cristianesimo, ma scienza di Dio, e se, come
scienza di Dio, ha come oggetto la realt nel suo complesso, bench compresa
come realt ancora incompiuta del contesto significativo dellesperienza.88
Avendo come oggetto una realt storica aperta a un continuo divenire, la
teologia nel suo insieme ha un rapporto necessario con la prassi, per cui va
qualificata come scienza pratica: Il riferimento alla prassi della vita costituisce non solamente una particolare disciplina teologica, ma la teologia nel
suo complesso. Il fatto che la teologia abbia come oggetto la realt divina
come determinativa di ogni cosa e, precisamente, in quanto essa discutibile,
dovuto al carattere di incompiutezza della realt nel suo insieme. I problemi attinenti la realt che determina ogni cosa e il contesto vitale di senso
trascendono il presente e il teoricamente determinabile verso ci che non
ancora presente e, quindi, anche verso ci che deve essere prodotto dalla
prassi umana.89
Storicamente, la natura pratica della teologia in generale e della teologia
pratica in particolare stata compresa in forme che lautore ritiene non soddisfacenti. Il tentativo di Schleiermacher di fondare lunit della teologia nel
suo legame con il compito di conduzione della Chiesa formale, perch anche
per lui lunit della teologia ancorata, di fatto, allessenza del cristianesimo.
Di conseguenza, il delineare la teologia pratica come una pura tecnica del
lattivit direzionale della Chiesa si presenta come una soluzione apparente
del compito di dimostrare la necessit della teologia pratica in base al concetto stesso di teologia.
Una fondazione della teologia pratica in dipendenza da unecclesiologia o
Cf ivi 31-60 82-64 329-348 435s [Epistemologia 31-70 79-100 309-326 407s].
Ivi 266 e 255-266 [Epistemologia 251s 242-252].
89
Ivi 426 e 437 [Epistemologia 398 e 409].
87
88

252

Parte III: Attuali percorsi e progetti in ambito europeo

gi elaborata dalla dogmatica o da elaborare nellambito della teologia pratica


stessa, secondo la proposta di Nitzsch, non appare accettabile, perch in tal
caso la teologia pratica diventa troppo facilmente un mero riflesso dei mu
tevoli indirizzi di unaltra disciplina, appunto della dogmatica. Senza dire
poi che nella definizione della teologia pratica, le giustificazioni dogmatiche
si dimostrano sovente una pura copertura ideologica, che nasconde la natura reale e il condizionamento storico di settori esigiti dalla prassi ecclesiale e
studiati dallomiletica, dalla catechetica e dalla pastorale.
Anche la fondazione della teologia pratica sulletica, secondo limpostazio
ne di Palmer, non priva di difficolt, perch simpone in definitiva il ricorso
alla dogmatica, attesa linscindibilit delletica cristiana da presupposti dogmatici, in quanto lagire morale suppone unesperienza di senso.
Infine, le recenti proposte che prospettano la teologia pratica come teologia empirico-critica nel quadro delle scienze dellazione (si fa riferimento a
Dahm), non paiono conclusive: il fatto che lesperienza di senso precede le
singole azioni e essa sola rende possibile lagire in genere comporta che le teorie teologico-pratiche dellazione sinquadrino in tale esperienza di senso, per
cui non possono rivendicare per s unautonomia sul piano epistemologico.90
Il riferimento della teologia al mondo vitale storico-cristiano e alla connessa esperienza di senso non uniforme ma differenziato, e ci presiede lar
ticolazione delle discipline teologiche e la loro connessione, articolazione e
connessione che sono delimitate in base a un duplice contesto. In un contesto
di ricerca, dogmatica, etica e teologia pratica sono autonomamente radicate
nel mondo della vita storica della tradizione cristiana e va quindi esclusa,
in linea di principio, una concezione della teologia pratica come sviluppo
lineare di assiomi dogmatici. In un contesto di fondazione, evidenziata la
seguente catena di connessioni che legano necessariamente la teologia pratica
alla dogmatica: la teoria dellagire ecclesiale, oggetto della teologia pratica,
suppone il quadro di unetica dellazione cristiana; questa, a sua volta, suppo
ne una scienza del mondo di vita del cristianesimo; il mondo del cristianesimo
antico come moderno trascende i confini delletica in quanto si rivolge alla
coscienza di senso iscritto nellazione cristiana, e ci pu essere compreso
soltanto nel contesto di una teoria del cristianesimo, la cui esposizione sistematica solitamente fatta dalla teologia dogmatica.
In definitiva, lancoraggio della teologia pratica al mondo storico del cristianesimo e della Chiesa non la fa dipendere da una dogmatica unilaterale
e ristretta, intesa come dottrina cristiana avulsa dalla storia; la porta invece a
una sua necessaria relazione con una dogmatica, che si presenta nel contesto
della teologia storica e si configura come conoscenza sistematica del cristianesimo come fenomeno storico globale.91
Cf ivi 430-435 [Epistemologia 402-407].
Cf ivi 435-437 [Epistemologia 407s].

90
91

Capitolo VIII: Sviluppi della teologia pratica protestante

253

A questo riguardo, contro il rischio di una storicizzazione della teologia


nel senso di una sua riduzione a materiali di antiquariato, viene sottolineata
lesigenza di una coscienza storica che sia capace di riflettere sulla totalit del
la storia del cristianesimo e della Chiesa, e sia consapevole della incompiutezza
di tale storia.
Uno studio cos condotto si rivolge continuamente al presente e alla prassi. Confrontandosi con la storia, esso pu conseguire una comprensione oggettiva, raggiungibile solo in tale modo, del presente e pu orientare la prassi
in sintonia con le implicanze della storia conosciuta.92
In questordine di idee, per chiarire il riferimento della teologia pratica
alla prassi, che qualifica questa disciplina, viene confrontato il modello greco
di rapporto tra teoria e prassi e la concezione proposta dalla teoria critica del
la Scuola di Francoforte. Il primo caratterizzato dallautosufficienza della
conoscenza teoretica, perch essa rispecchia una realt concepita come in s
compiuta; la seconda, invece, vede la teoria iscritta in una prassi diveniente
nella storia, perch una realt incompiuta.
La prassi studiata dalla teologia pratica quella che si costituisce dalla
incompiutezza della storia, incompiutezza che va compresa non come se il
mondo presente debba essere solo criticamente convinto della sua inumanit,
per cui si debba esigere un suo radicale cambio, ma piuttosto alla luce del
pensiero cristiano: Per la coscienza della fede cristiana, il definitivo gi
presente in questo mondo, in Ges Cristo, nonostante lingiustizia, il dolore,
la morte; e il suo compimento che ancora manca pu consistere solo nella
realizzazione storica della riconciliazione gi presente ed efficace nel mondo
a partire da Ges Cristo.93
In base a questa duplice premessa circa il rapporto teoria-prassi, filosofica
luna e teologica laltra, la teologia pratica viene cos definita: essa tematizza
il rapporto alla prassi della fede cristiana, fondato sulla storia di Ges Cristo e
ulteriormente operante nella storia del cristianesimo, in parte anche bloccato;
inoltre essa esamina e chiarisce criticamente la prassi attuale delle chiese nel
contesto della storia cristiana di riconciliazione, al fine di sviluppare modelli
di prassi ecclesiale contemporanea.94
La prassi ecclesiale contemporanea rimane dunque loggetto specifico del
la teologia pratica. Tale prassi per va considerata non a se stante, ma nel
contesto del mondo di vita del cristianesimo nella sua totalit, perch esso
costituisce lorizzonte in cui va compresa la teologia. La teologia pratica cos
concepita non si riduce alla teologia pastorale dedicata allo studio della realt
dellufficio parrocchiale; tuttavia, le aree tradizionali connesse con la vita parrocchiale rientrano in una teologia dellagire ecclesiale che si comprende come
Ivi 437 [Epistemologia 409].
Ivi 437-439 [Epistemologia 409-411].
94
Ivi 439 [Epistemologia 411].
92
93

254

Parte III: Attuali percorsi e progetti in ambito europeo

momento di un movimento di prassi storica che lo attraversa e vi trovano


una pi ampia e adeguata collocazione.
Il punto di vista della struttura sociale e perci anche ecclesiale ed eccle
siastico-formativa della prassi cristiana costituisce lapproccio specifico della
teologia pratica alla Chiesa e alla sua storia, nonostante gli inevitabili contatti
con la dogmatica e la storia ecclesiastica. In forza del suo riferimento alla forma sociale del cristianesimo, la teologia pratica chiamata oggi a interessarsi
di una tematica urgente e decisiva: il tema della missione che apre la prassi ecclesiale a un orizzonte pi vasto, costituito dal Regno di Dio, orizzonte
che consente una pi corretta intelligenza di tutta la vita ecclesiale; il tema
attinente il concetto e la possibilit della libert, con le connesse questioni
riguardanti la definizione del rapporto tra la Chiesa e i compiti sociali del
presente, e la delimitazione della corresponsabilit delle chiese nei confronti
della societ contemporanea, con particolare riferimento ai tipi di relazione
tra Chiesa e Stato realizzati nellepoca moderna e contemporanea.95
3.3. Teologia pratica e prassi comunicativa

Un altro teologo sistematico che si interessato, ma solo con brevi appun


ti, dello statuto della teologia pratica a partire dalla sponda dellepistemo
logia Gerhard Sauter.96 La sua proposta si situa in una concezione della
scientificit della teologia, che assume, in linea con altri pastoralisti recensiti,
lepistemologia scientifica contemporanea.
Per costruirsi come scienza, la teologia deve andare oltre lo stadio descrittivo e sviluppare un discorso argomentativo; inoltre, alla pari delle altre scienze caratterizzate dalla capacit di teoria, deve elaborare teorie ossia asserti circa ambiti ben delimitati e verificabili in base a regole determinate.
Per realizzare un simile lavoro si richiedono alcune condizioni descritte in
una metateoria teologica: questa formata da un complesso di proposizioni
che precisano in che modo la teologia produce il suo discorso umano di Dio, al
fine di rendere possibile unintesa nellambito della teologia e della Chiesa, e
Cf ivi 439-442 [Epistemologia 411-414]. Si veda anche GREIVE W., Praxis und Theologie (Mnchen 1975), dove questo discepolo di Pannenberg ne sviluppa alcuni temi: in riferimento alle teorie dellazione elaborate dal pensiero empirico, che attribuiscono il senso
allesperienza di senso, propone una teoria teologica che mette a tema lesperienza religiosa
in cui iscritto il senso, perch essa il luogo di una prassi di Dio. Ne consegue che la
teologia pratica non si riduce a raddoppiare una teoria sociologica, ma elabora una propria
teoria teologica, che responsabilmente consapevole dellorizzonte della realt contemporanea
e presta attenzione ai risultati scientifici sperimentali.
96
La ricognizione riassume specialmente i due articoli che affrontano espressamente la
tematica: SAUTER G., Der Praxisbezug aller theologischen Disziplinen, in PThH 119-131; ID., Beobachtungen und Vorschlge zum gegenseitigen Verstndnis von Praktischer und Systematischer
Theologie, in ThPr 9 (1974) 19-26.
95

Capitolo VIII: Sviluppi della teologia pratica protestante

255

di delineare in maniera corretta i compiti di ricerca necessari per lo sviluppo


del sapere teologico. In pratica, tale lavoro consiste nella formulazione di teorie con valore di ipotesi, utilizzabili in un procedimento diretto a individuare
singoli problemi posti dal discorso umano su Dio, a impostarli correttamente
e a prospettarne soluzioni scientificamente vagliate.97
Compresa in questa cornice, la teologia pratica ha il compito di formulare
teorie teologico-pratiche. Sulla base di una rapida ricognizione storica, lauto
re giunge alla conclusione che tali teorie teologico-pratiche non sono ancora
disponibili. Il sistema di Schleiermacher, ritenuto esemplare per lintera pro
blematica, si dimostra inadeguato: solo nominale la deduzione che fa delle
discipline dal concetto di teologia; non soddisfa la finalizzazione della teologia pratica alla conduzione della Chiesa; non affronta la questione attinente
il metodo di questa disciplina. Il modello proposto dalla teologia dialettica e
organizzato secondo litinerario dal testo alla predica non corrisponde pi
in genere alleffettiva prassi della teologia. Nelle recenti impostazioni della
teologia pratica nella linea della teoria critica e della cibernetica (sono citati
Paschke e Bastian), rimane ancora non chiarito quale realt pratica pu essere messa a tema in una teoria pratica, e il problema teoria-prassi trattato a
senso unico, come strategia di cambio sociale ed ecclesiale, il che non esente
da critiche.98
Per la corretta formulazione di teorie teologico-pratiche vengono indicate
alcune condizioni generali e piuttosto formali. Una prima condizione il necessario riferimento a una teoria della Chiesa. Se tale compito incombe a tutta
la teologia, nel caso della teologia pratica esso fa emergere esigenze proprie:
questa disciplina non deve lasciarsi prescrivere i confini del proprio agire n
da unecclesiologia dogmatica n da istituzioni ecclesiali. Il fatto che storicamente la teologia pratica non ha disposto di una propria teoria della Chiesa
spiega perch Schleiermacher non ha sviluppato una metodica speciale per
la teologia pratica, e perch i progetti alternativi proposti nellOttocento e di
recente o dipendono da una dogmatica (si cita Nitzsch e Krause), oppure si
stemperano, allargando il proprio campo di ricerca ai mutamenti storici della
fede e della religione (si citano Palmer e Otto).99
Una seconda condizione la tematizzazione della prassi comunicativa.
Questa costituisce un problema teologico centrale, perch qui deve diventa97
Cf SAUTER G., Die Aufgabe der Theorie in der Theologie, in EvTh 30 (1970) 488-56;
ID., Vor einem neuen Methodenstreit in der Theologie? (Mnchen 1970); ID., Kommunikation
und Wahrheitsfrage. Theologische Werkstattprobleme, in RSSLER D. - VOIGT G. - WINTZER
F. (Hrsg.), Fides et communicatio (Gttingen 1970) 263-290; ID., Theologie als Wissenschaft.
Aufstze und Thesen (Mnchen 1971) 9-72; ID., Mglichkeiten der Theoriebildung in der Theo
logie, in METZ J.B. - RENDTHORF T. (Hrsg.), Die Theologie in der interdisziplinren Forschung
(Dsseldorf 1971) 58-64.
98
Cf SAUTER G., Beobachtungen 19-22.
99
Cf ivi 22s.

256

Parte III: Attuali percorsi e progetti in ambito europeo

re chiaro come va impostato il soggetto teologico, il suo poter parlare e dover


parlare. La teologia pratica studia appunto la prassi comunicativa in cui la
fede raggiunge unintesa sul presente di Dio, e un consenso nel confessar
lo; inoltre formula regole critiche per rendere possibile tale dialogo comu
nicativo. In questa prospettiva della comunicazione di un sapere teologico
riletta la definizione di Schleiermacher della teologia pratica come tecnica.100
Una terza condizione il chiarimento del concetto di prassi, i cui contenuti
appaiono gi pregiudicati nella storia del pensiero moderno e contemporaneo. Per Schleiermacher e per la successiva letteratura teologico-pratica, prassi indica il mondo vitale della Chiesa e, quindi, lagire ecclesiale. A partire da
Hegel, la discussione filosofica ha portato un mutamento sullargomento: la
prassi viene riferita allorizzonte globale della realt percepita sensibilmente;
il rapporto alla prassi vuol dire accertare la verit del reale nel suo divenire
storico. Questo mutamento ha comportato un ampliamento del concetto di
prassi, ma anche il rischio di una riduzione dellagire umano a produzione.101
Il concetto di prassi attualmente reclamizzato si colloca in tale linea, in quanto evidenzia lesigenza di un cambio sociale ed ecclesiale verso un futuro desiderato, e disattende aspetti non connessi con attivit empiriche, ma pure rilevanti per la vita cristiana e per la riflessione teologica. In sede di teologia pratica,
prassi sta a indicare esperienza e conoscenza del presente di Dio nel mondo.
Di conseguenza, compito della prassi comunicativa teologico-pratica investigare le differenti esperienze reali dalle quali affiora che cosa noi chiamiamo
presente. Di tali esperienze fanno parte lascoltare, il tacere, la preghiera, la
meditazione e la contemplazione, non meno dellagire operativo.102
Poste queste condizioni, compito della teologia pratica studiare la
pragmatica della teologia ovvero il concreto contesto linguistico della fede, al
quale lagire collettivo fa riferimento per potersi orientare. Pi precisamente, la ricerca qualificante la teologia pratica concerne non tanto i problemi
strutturali e fissi della fede, ma piuttosto i compiti attuali, storicamente delimitati della fede. In particolare, due problematiche deve oggi affrontare
la teoria teologico-pratica: la comprensione differenziata del presente, che
consenta di superare la fatale alternativa tra tradizione e presente, radicalizzata nellattuale contrapposizione tra ermeneutica storica e critica empirica; la
comprensione dei confini della Chiesa, che renda possibile superare gli estre
mi dellideologizzazione e della celebrazione retorica, e presentare, invece, la
Chiesa come una unit di azioni linguistiche (inglobante i vari lineamenti del
la vita ecclesiale), che non risulta dal semplice accumulo di formule ricevute
dalla tradizione, ma costituita piuttosto attraverso lintesa della fede.103
Ivi 23s.
Cf SAUTER G., Der Praxisbezug 119-126.
102
Cf SAUTER G., Beobachtungen 24; ID., Der Praxisbezug 126-129.
103
Cf SAUTER G., Beobachtungen 24s.
100
101

Capitolo VIII: Sviluppi della teologia pratica protestante

257

Il rapporto tra le discipline teologiche e, quindi, tra teologia pratica e sistematica definito in riferimento al concetto finora descritto di teologia. Rilevata lattuale mancanza di organicit nellarticolazione di tali discipline, dovuta
a note vicende storiche, si sottolinea lesigenza che il lavoro di ciascuna di
esse sia chiarito, dal punto di vista epistemologico, mettendolo in riferimento
al concetto di prassi della teologia: concretamente, non definendo il rapporto
alla prassi specifico delle singole discipline, ma descrivendo i diversi campi di
prassi, intesi per come aree non ben delimitabili tra loro.104
Abbandonando una tradizionale impostazione di tipo ontologico del rap
porto tra teologia pratica e sistematica, dominato dalla domanda circa la verit della teologia nella storia e dallesigenza di creare una sintesi tra pluralit
storica ed essenziale unit della verit, la formulazione di teoria sistematica e
la formulazione di teoria pratica possono essere concepite come due modalit di lavoro (inteso come atteggiamento diretto alla soluzione di problemi),
differenti ma complementari. La loro differenziazione consiste in questo:
la dogmatica e letica evidenziano la portata teologica dei propri asserti; la
teologia pratica considera, invece, la validit pragmatica di tali asserti. Essa
deve mostrare che e come asserti teologici anche quelli universali diventino validi e normativi. Si chiede, inoltre, come asserti dogmatici siano limitati
nella loro comunicabilit. Per quanto concerne i problemi, la teologia pratica sinteressa di quelli posti dalla situazione variabile della fede. Formula
domande e risposte che aiutino a risolverli. Con ci solleva linterrogativo
circa lidentit della fede e la non scambiabilit della conoscenza teologica, e
provoca la sistematica.105
3.4. Teologia pratica come teoria di una prassi che valorizza la parola

Anche il noto rappresentante della teologia fondamentale Gerhard Ebeling ha affrontato largomento dello statuto scientifico della teologia pratica
nel quadro dellenciclopedia teologica. Lo ha fatto in un capitolo del volumetto sul sistema teologico.106
Facendo riferimento allevoluzione storica della teologia pratica e allat
tuale dibattito circa la sua configurazione come scienza, Ebeling rimarca che
affrontando il soggetto della teologia pratica ci si imbatte in un punto nevralgico della teologia nel suo complesso.107 In effetti, questo argomento fa
incontrare immediatamente la crisi della Chiesa e della cultura tradizionale, in
Cf SAUTER G., Der Praxisbezug 129-131; ID., Beobachtungen 25s.
SAUTER G., Beobachtungen 26.
106
Cf EBELING G., Studium der Theologie. Eine enzyklopdische Orientierung (Tbingen
1975) 113-129.
107
Ivi 114.
104
105

258

Parte III: Attuali percorsi e progetti in ambito europeo

cui la Chiesa stata variamente coinvolta. Costituisce un sintomo critico della


comprensione che la teologia ha di se stessa, nel senso di un proprio apporto
allufficio ecclesiale e di una specifica responsabilit nella realt storica contemporanea. Fa pure emergere lesigenza che la differenziazione delle discipline teologiche, verificatasi storicamente, non conduca a un fatale loro isolamento vicendevole, ma a una reciproca corrispondenza: tutte, infatti, bench
in modo diverso, devono affrontare gravi problemi ermeneutici attinenti il
divenire storico della tradizione e la sua presenzialit nelloggi della vita della
Chiesa, della verit della fede e della convenienza dellagire morale.108
Richiamati i cambiamenti nella comprensione del rapporto teoria-prassi,
intervenuti a partire da Aristotele, vengono esaminate le differenti utilizzazioni di tale rapporto nello studio della realt oggetto della teologia pratica.
Al riguardo, viene rilevato il restringimento del concetto di prassi in Marx,
che identifica la prassi con il lavoro produttivo. Daltra parte, in riferimento
allattuale concezione della teologia pratica come disciplina teologica incaricata di elaborare la teoria di una prassi, viene sollevato linterrogativo se non
sarebbe meglio (riprendendo il pensiero di Lutero) designare come teologia
pratica il discorso riguardante Dio cos come esso viene sviluppato nella pre
dicazione, nella catechesi e nella cura danime. Ci evidentemente suppone
che non si faccia derivare la predicazione dalla teologia, nel senso di una teo
logia applicata, ma, al contrario, la teologia dalla predicazione: questo per
non corrisponde, di fatto, alla maniera comune di vedere le cose oggi.
In effetti, nella configurazione moderna del rapporto teoria-prassi, la comprensione dellazione e della realt disattende o sottovaluta questa forma primordiale della prassi e della realt umana in generale, costituita appunto dalla
parola. Inoltre tale configurazione del rapporto teoria-prassi rischia di bloccare la possibilit di valorizzare, in modo adeguato, latto umano per eccellenza
che latto di fede. Sarebbe unevoluzione fatale se, pressata dallo schema
teoria-prassi, la fede cristiana assumesse il carattere di una teoria dellazione,
dove la sua verifica diventerebbe affare della morale e della politica. Anche
qui, si tratta non di uneccezione da rivendicare unicamente per la teologia,
ma piuttosto di una riserva di ordine ontologico da fare valere nei confronti
dello schema teoria-prassi. Linterpretazione che ne offre Aristotele, con lidea
di una teoria pura e di un ideale di vita identificato con la vita contemplativa,
non corrisponde certo alla comprensione della realt caratteristica della fede
cristiana. Tuttavia, potrebbe essere un correttivo, degno di considerazione,
della concezione oggi dominante del rapporto di teoria e prassi.109
Per quanto concerne i compiti attuali della teologia pratica, si mette in
particolare risalto il riferimento di questa disciplina al presente della Chiesa.
Premesso che tutte le discipline teologiche hanno un proprio orientamento,
Cf ivi 115-118.
Ivi 121-123: il testo citato a p. 123.

108
109

Capitolo VIII: Sviluppi della teologia pratica protestante

259

diretto o indiretto, alloggi ecclesiale, si riconosce che, nel caso della teologia
pratica, tale orientamento assume caratteristiche proprie. Essa, infatti, chia
mata a studiare la fisionomia storica del presente della Chiesa, il come tale
presente rispecchia la fede cristiana, tenuto conto del suo contesto globale
(anche del contesto politico, sociale ed economico), e il modo in cui tale pre
sente si evolve nellagire ecclesiale. chiamata, inoltre, a offrire soluzioni a
problematiche concrete continuamente emergenti dal vissuto ecclesiale, se
non vuole confinarsi in una criticabile alta sfera teorica.
Pi precisamente, essa deve mettere a tema, in una riflessione critica che si
avvale degli strumenti dellanalisi empirica e della diagnosi critica, gli eventi
fondamentali connessi con il realizzarsi oggi dellessenza della Chiesa, col
locata nel pi vasto orizzonte dellattuale mondo di vita in cui inserita e in
cui interagisce. Tra gli aspetti principali della vita ecclesiale vengono men
zionate le funzioni ecclesiali, con particolare riferimento allevento della parola con le forme di comunicazione e le molteplici situazioni storiche in cui si
realizza, e le istituzioni ecclesiali, con un preciso riferimento alla loro corri
spondenza o meno agli eventi fondamentali collegati con lattuale realizzarsi
dellessenza della Chiesa.
Per ovviare al rischio a cui oggi esposta la teologia pratica di divenire
il teatro di un cedimento teologico alla moda e ai suoi esperimenti, e il
luogo di una profonda insicurezza per mancanza di punti di riferimento,
vengono indicati due criteri che la teologia pratica dovrebbe trattare: le
sigenza di contemperare fedelt alla realt della fede cristiana e fedelt al
suo divenire storico; la valorizzazione della libert cristiana iscritta nella
fede e nella carit evangelica, libert che diametralmente opposta al tra
dizionalismo e al progressismo: due forme di legalit che imprigionano la
teologia pratica.110
3.5. Rilievi valutativi

I contributi caratterizzati dallimpegno epistemologico non suscitano par


ticolari reazioni in campo teologico-pratico, dove perdura limpressione che
la dogmatica non abbia ancora abbandonato definitivamente la sua pretesa
egemonia nei confronti della teologia pratica, quasi che questa non possa svi
luppare una riflessione se non in dipendenza o allinterno della dogmatica.
Di fatto, i tentativi di dialogo tra dogmatici e cultori di teologia pratica
sono piuttosto rari e limitati: si offrono spunti per un confronto, ma non si
entra nel merito delle proposte globali degli autori, oppure si costata la coin
cidenza dintenti senza pronunciarsi sulla diversit delle motivazioni. Si au
spica una collaborazione interdisciplinare, ma non se ne intravede la possibili
Cf ivi 124-129.

110

260

Parte III: Attuali percorsi e progetti in ambito europeo

t effettiva, dato che allo stato attuale della discussione [...] la domanda della
teologia sistematica alla teologia pratica [...] n c n pu esserci.111
In particolare, le proposte sopra recensite sono giudicate limitate e lacu
nose. Pannenberg non tratta il tema importante riguardante la verifica del
le teorie e delle ipotesi teologico-pratiche; Sauter offre solo dei rapidi cenni
circa la distinzione tra problemi strutturali e problemi attuali e inoltre circa la
distinzione tra portata teologica e validit pragmatica degli asserti dogmatici
ed etici. Unosservazione analoga vale per alcune tesi proposte da Ebeling.
Senza dire che la collocazione della teologia pratica nel quadro generale del
lenciclopedia teologica prevale sulla definizione della natura propria della
teologia pratica, il che non facilita certo il confronto tra le due discipline teo
logiche.112 Questa era la situazione alla fine degli anni 1970.

111
Cf BASTIAN H.-D., Praktische Theologie und Theorie 88 92, ma tutto il contributo con
cepito come momento di dialogo con i teologi dogmatici; BUMLER CH., Praktische Theologie
- ein notwendiges Element der wissenschaftlichen Theologie?, in ThPr 9 (1974) 72, dove lA.
rileva il punto morto in cui si trova il dialogo interdisciplinare; GISEL P., Histoire et vrit en
conflit. Contribution la question du statut pistmologique de la thologie, partir des travaux
de E. Ksemann (Paris 1977) 603s, dove lA. evidenzia la necessit e le condizioni di una cor
retta collaborazione tra dogmatici, storici e pastoralisti.
112
Cf DAIBER K.-F., Grundri der Praktischen Theologie als Handlungswissenschaft. Kritik
und Erneuerung der Kirche als Aufgabe (Mnchen - Mainz 1977) 24-52.

Capitolo IX

PERCORSI DI TEOLOGIA PRATICA


NELLAREA CATTOLICA DEGLI ULTIMI DECENNI

Una corrente di pensiero che, a partire dagli anni 1970, riscuote ampi e
crescenti consensi definisce la teologia pratica come scienza dellazione e, al
linterno di essa, elabora una riflessione speciale per coloro che sono insigniti
di un ministero ordinato (i pastori). Se ne sono illustrate alcune configurazioni in campo protestante nel capitolo precedente. Qui di seguito si presentano
alcuni percorsi maggiori emersi specialmente in campo cattolico, caratterizzato da un progressivo cammino di confronto interconfessionale. Va detto che,
nella maggioranza dei casi, le proposte si muovono sul terreno delle intenzioni e non vanno generalmente oltre la fase di abbozzi, ma non mancano studi
monografici molto consistenti per mole e qualit.
1. CONFIGURAZIONE IN UN SISTEMA DI AUTOREGOLAZIONE

La configurazione pi esplicita di teologia pratica come scienza dellazione


che diviene punto di coagulo della riflessione teologico-pastorale nel centro
Europa quella proposta da Rolf Zerfass.
1.1. Compiti, oggetto e metodo della teologia pratica

Nellinquadrare la teologia pratica nel complesso del sapere teologico,


questo pastoralista riprende limpostazione di S. Hiltner. Presenta inoltre la
sua proposta come possibile alternativa a quella dello Manuale.1
La sua ricerca prende le mosse da una costatazione: dietro la spinta della
critica e del cambio sociale, si sono verificate nella comunit ecclesiale delle
1
Cf ZERFASS R., Praktische Theologie als Handlungswissenschaft. SEWARD HILTNER: Preface
to pastoral theology, in ThRv 69 (1973) 89-98; ID., Praktische Theologie als Handlungswissenschaft, in PThH 170-177. Per S. Hiltner si veda il n. 2.3. del capitolo XI.

262

Parte III: Attuali percorsi e progetti in ambito europeo

reazioni, dei mutamenti, delle riforme e delle prese di posizione che ne hanno interessato tutta la vita. Senza dubbio, la pedagogia religiosa, la sociologia pastorale, la dottrina circa la cura pastorale, la catechetica hanno saputo
elaborare delle indicazioni operative in merito. Tuttavia, si ha limpressione
che la teologia pratica nel suo complesso abbia ancora un lungo cammino
da compiere, anche solo rispetto a quanto fanno le scienze sperimentali del
lazione.2
Essa chiamata ad assolvere due compiti essenziali: 1) un compito scientifico di analisi della prassi cristiana ed ecclesiale in vista del suo cambio; 2)
un compito didattico di formazione degli operatori pastorali. Nel fare ci si
concentra in analogia con le scienze dellazione sullattuale agire umano,
come dato verificabile, nella sua dimensione religiosa (esperienza del contingente) e nelle sue manifestazioni concrete di agire istituzionalizzato, cristiano,
ecclesiale.
Considera, quindi, lazione in un senso molto vasto, per cui ne fanno parte,
ad esempio, la parola, il silenzio, la preghiera, ecc., e sinterroga sui suoi condizionamenti, sui suoi presupposti individuali e comunitari, sui suoi obiettivi,
sulle sue espressioni storiche, sulle sue fasi di attuazione.
A differenza dellesegesi, della storia e della teologia sistematica, non sin
teressa direttamente dei testi in cui la prassi credente si obiettivata, ma piuttosto di questa stessa prassi in quanto oggi vigente e pu essere modificata.
La studia avvalendosi delle scienze dellazione e sviluppando una propria riflessione teologica.3
Per scienze dellazione sintende designare le scienze umane che hanno
come oggetto di ricerca lazione umana, quindi, in modo speciale, la sociologia, la psicologia, la pedagogia, la politologia, le scienze economiche e della
comunicazione. Esse non vengono utilizzate, in sede di teologia pastorale,
come scienze ausiliari, ma come discipline con cui si vuole stabilire un dialogo costante, su un piano di parit quanto ad ambito di ricerca e a carattere
scientifico.
Nellelaborare una propria teoria dellazione cristiana ed ecclesiale, la teologia pastorale trae elementi ideologici tanto dalle altre scienze teologiche
quanto da dette scienze umane. Essa viene cos a costituire il luogo in cui
scienze umane e scienze teologiche si criticano e si correggono a vicenda.4
Partendo dalla prassi cristiana ed ecclesiale analizzata dalle scienze umane,
la teologia pastorale solleva i pi radicali interrogativi teologici allo scopo di
formulare una teoresi che sia direttamente innervabile nella prassi stessa e capace di modificarla. Studia tutti i campi dellazione e prepara dei competenti
Cf ZERFASS R., Praktische Theologie 164s.
Cf ZERFASS R., Zur Organisation des Studiums der Praktischen Theologie, in ZERFASS R. GREINACHER N., Einfhrung in die Praktische Theologie (Mnchen - Mainz 1976) 71.
4
Cf ZERFASS R., Praktische Theologie 165 172s.
2
3

Capitolo IX: Percorsi di teologia pratica nellarea cattolica...

263

in essi. Per questo lagire umano (cristiano ed ecclesiale) diviene il suo tema
centrale, con i corrispondenti interrogativi fondamentali rispondenti alle dimensioni elementari di tale agire: 1) la soggettivit (centralit della persona
che agisce e interagisce); 2) la intersoggettivit (ogni azione umana sempre orientata allagire di altre persone, cio socialmente condizionata); 3)
la storicit (ogni agire umano sempre basato su precedenti scelte umane ed
costantemente dominato dallo spazio di libera decisione di future azioni).
Di conseguenza, chiamata ad affrontare i non pochi problemi che pone
il continuo e caleidoscopico giuoco tra individuo, societ e storia attuale, in
prospettiva di futuro; quindi, i problemi concernenti il progresso, le fasi di
maturazione, i conflitti e i modelli risolutivi, i compromessi, le ideologie, le
strutture e istituzioni, i processi decisionali, la pianificazione e il controllo.5
1.2. Modello regolativo del cambio cristiano ed ecclesiale

Dovendo non tanto definire quale prassi vada rilevata (quella clericale,
quella ecclesiale, quella cristiana, quella religiosa), quanto piuttosto delimitare come tale prassi si modifichi e si sviluppi, la teologia pratica si trova oggi
di fronte al grave compito di elaborare modelli che consentano di analizzare
e verificare scientificamente il divenire e il cambio della prassi cristiana ed
ecclesiale.
Per modello sintende un sistema di segni e di rapporti che, per il numero
di dati significativi collegati tra loro, corrisponde effettivamente alla realt
descritta. Il modello che lautore propone mutuato dalla cibernetica, sin
serisce in un sistema di autoregolazione dellazione cristiana ed ecclesiale e si
configura nel modo qui indicato:

Prassi 1
(1)

(2)
tradizione vigente
(4)

situazione rilevata
(6)

(5)
(7)

(13)

(8)
Teoria
teologico-pratica
(9)
(10)
Prassi 2
(11)

Cf ZERFASS R., Zur Organisation 71s.

(3)

(12)

264

Parte III: Attuali percorsi e progetti in ambito europeo

La riflessione teologico-pastorale parte, per definizione, da una determinata prassi ecclesiale la quale pone dei problemi che provocano una riflessione
(1). La prima reazione dovrebbe essere quella di rifarsi alla tradizione vigente che lha introdotta (2). Tale tradizione comprende, per esempio, i com
portamenti consapevolmente o inconsapevolmente interiorizzati, i modelli e
le regole di comportamento, obiettivati nelle formule di fede, nella dogmatica,
nella morale, nel diritto (4), comportamenti e obiettivazioni che ora vengono
rimessi in giuoco (2). Ne nasce cos, sovente in maniera spontanea che per
pu essere studiata scientificamente (3), una situazione pi o meno conflittuale che pu essere rilevata (6). Per poter agire, si rende necessaria, specialmente a livello di responsabili della comunit ecclesiale, una risposta che aiuti a
superare la fase di disturbo, di conflitto e venga incontro alle nuove esigenze
(10). Per compiere ci simpone un confronto (5) tra la tradizione vigente e i
dati della situazione rilevata, perch questa non va accolta nella sua fattualit,
ma va valutata criticamente alla luce appunto della tradizione vigente e con
riferimento alle nuove esigenze emergenti. questo il compito della teologia
pratica (9), chiamata ad avvalersi dello studio sia della tradizione vigente (7)
sia degli elementi affioranti nella nuova situazione (8). In questo modo, essa si
pone in condizione non solo di offrire delle indicazioni operative (10) per una
nuova prassi (11) nella linea desiderata, ma anche dintegrare i nuovi impulsi
provenienti dalla situazione rilevata (12) e di reinterpretare e riattualizzare i
valori della tradizione vigente (13).
I fattori decisivi contemplati nel modello sono: la tensione, nella prassi
data, tra il patrimonio normativo portato dalla tradizione vigente, che funge
da grandezza normante, e il dato fattuale rilevato dallanalisi della situazione,
che funge da grandezza da regolare; la formulazione di una teoria teologicopratica, che funge da regolatore tra le due grandezze e da generatore di impulsi per la nuova prassi. Questa entra nel circuito di regolazione, per cui diventa, a sua volta, punto di partenza per il proseguo del processo conoscitivo,
che cos mantenuto aperto e in movimento.
Essendo punto di contatto tra patrimonio normativo e dato fattuale, la teoria teologico-pratica assomma in s dati teologici e dati delle scienze umane;
sviluppa teorie di media portata distinte, in quanto tali, da asserti di altro valore con cui lavorano altre discipline teologiche; prospetta inoltre delle ipotesi
che, come tali, vanno sottoposte a verifica nel corso del processo.
Secondo il suo sostenitore, da una teologia pratica cos concepita ci si pu
fondatamente attendere un rilevante apporto per la modifica dellazione cristiana ed ecclesiale.6
6
Cf ZERFASS R., Praktische Tbeologie 165-175. Un modello simile a quello di Zerfass
prospettato anche da P.M. Zulehner in riferimento alla professione pastorale. Questo autore
per interpreta lautoregolazione come avvicinamento allutopia nella ricorrente modifica del
la prassi: cf ZULEHNER P.M., Einfhrung in den pastoralen Beruf. Ein Arbeitsbuch (Mnchen
1977).

Capitolo IX: Percorsi di teologia pratica nellarea cattolica...

265

1.3. Rilievi valutativi

Nel dibattito interconfessionale, alcuni pastoralisti hanno fatto presente


che nellepistemologia non esiste una nozione di scienza dellazione che, presa
come tale, possa essere assunta nella teologia pratica.7
Inoltre, approfondendo lanalisi scientifica dellazione cristiana ed ecclesiale, ritengono di dover articolare diversamente le categorie interpretative della
prassi ecclesiale proposte da Hiltner. Ne propongono non tre ma quattro: 1)
la comunicazione (Kommunikation); 2) la formazione (Bildung); 3) la consulenza (Beratung); 4) il servizio (Hilfe). Esse rappresentano altrettante funzioni
fondamentali che interessano non luna o laltra, ma tutte le aree dellagire
cristiano ed ecclesiale. Sotto la comunicazione collocano anche parte di ci
che Hiltner pone sotto lorganizzazione. Utilizzano questultima categoria nel
lambito di quella che chiamano struttura dellazione ecclesiale. Introducono
la formazione come nuova categoria fondamentale. Presentano la consulenza
e il servizio come due funzioni correlative ma distinte, e da non ridurre a un
unico concetto n da fraintendere con uno dei fondamentali modelli dazione
della comunit cristiana.
A tali categorie e funzioni corrispondono altrettanti campi dazione, cio un
insieme di attivit collegate tra loro, che vengono svolte nellesercizio di una
funzione e in parte almeno la trasbordano. Fanno notare che, per adeguarsi
permanentemente al fluire della storia, lagire pastorale comporta, per sua
stessa natura, una maggiore mobilit di funzioni rispetto alla loro precedente
definizione.
Infine, tale agire ha sempre a che fare con delle strutture variamente istituzionalizzate: per esempio, strutture operative, innovative, organizzative, dire
zionali, economiche, di comunicazione, ecc. Tra esse, occupano un posto di
primo piano, decisivo ai fini dellefficacia dellazione, le comunit o i gruppi
locali, perch sono essi i responsabili primi dei rapporti dinamici tra istituzione e innovazione, nel senso, ad esempio, della tensione o del conflitto oppure
dellintegrazione o di un sano equilibrio dinamico.8
Va detto ancora che i pastoralisti in esame sono convinti che i vari abbozzi
di configurazione della teologia pratica come scienza dellazione hanno sti
molato un positivo confronto di questa disciplina con le altre scienze teologiche e con le scienze umane. Tuttavia, sono dellidea che si ancora allinizio di
un complesso lavoro di ricerca, ricco di possibilit per unefficace e feconda
collaborazione interdisciplinare.9
Cf BUMLER C., Zwischen Theorie und Praxis, in LM 11 (1972) 286; SCHRER H., Theolo
gie. Glaube. Kirche - Ein Spannungsfeld, in DPf 75 (1975) 364; DAIBER K.-F., Grundri der
Praktischen Theologie als Handlungswissenschaft (Mnchen - Mainz 1977) 61s.
8
Cf BUMLER C. - KRUSCHE P., Ausgangspunkt Handlungsfeld: Mnchener Modell, in ZERFASS R. - GREINACHER N., Einfhrung 52-62.
9
Cf BUMLER C., Probleme der Theoriebildung Praktischer Theologie, in ZERFASS R. - GREIN7

266

Parte III: Attuali percorsi e progetti in ambito europeo

2. CONFIGURAZIONE IN RIFERIMENTO ALLA PRASSI COMUNICA


TIVA

Un altro tentativo, tra i pi organici, di configurare la teologia pratica come


teoria teologica dellazione compiuto dal pastoralista Norbert Mette.10 La
sua proposta, elaborata al termine di unaccurata ricognizione storica delle
molteplici interpretazioni del rapporto teoria-prassi nellambito della teologia
pratica, recepisce criticamente istanze e acquisizioni del dibattito sviluppatosi
negli anni 1970. Prende lavvio da alcune annotazioni preliminari e poggia su
alcune tesi generali.
2.1. Rigorosit di linguaggio e qualifica pratica dellintera teologia

Per ovviare, in sede di teologia pratica, a imprecisioni confusioni e ambiguit indispensabile una previa rigorosa delimitazione dei concetti e linguaggi
utilizzati, attese la molteplicit e diversit dei contesti culturali e delle matrici
scientifiche (concezioni filosofiche, antropologiche, psicologiche, socio
lo
giche...) in cui sono prodotti. Per evitare inoltre di assumere elementi precari
o comunque problematici, che pregiudicherebbero in partenza una corretta impostazione di tematiche teologico-pratiche, imprescindibile chiari
re previamente la validit di tali strumenti di pensiero gi nellambito del
lepistemologia scientifica.11
Poste queste premesse, lautore ritiene (ed una prima tesi generale) che la
teologia pratica vada collocata nel contesto di una teologia intesa, nel suo insieme, come scienza empirica. Nellepoca moderna annota la discussione
filosofica e teologica sul rapporto fede-ragione ha condotto a evidenziare nel
la fede laspetto noetico di sapere, di dottrina, mettendone in ombra il carattere pratico. Le recenti concezioni teologiche, invece, pur nella variet delle loro
ispirazioni e formulazioni (esistenzialismo, personalismo, teologia politica...)
hanno messo in luce che la fede ha sempre a che fare, in qualche modo, con
una prassi storica e sociale, per cui in fondo pu essere colta correttamente
solo come dimensione di tale prassi. In definitiva, non possibile una teologia
N., Einfhrung 91; DAIBER K.-F., Grundri der Praktischen Theologie 61-151.
Si riassumono qui di seguito gli asserti essenziali di METTE N., Theorie der Praxis 314358; ID., Praktische Theologie als Handlungswissenschaft. Begriff und Problematik, in Diakonia
10 (1979) 190-203; ID., Theologie und soziologische Aufklrung. Zur Einfhrung, in METTE
N. - STEINKAMP H., Sozialwissenschaften und Praktische Theologie (Dsseldorf 1983) 11-29;
ID., Von der Anwendungs- zur Handlungswissenschaft. Konzeptionelle Entwicklungen und
Problemstellungen in Bereich der (katholischen) Praktischen Theologie, in FUCHS O., Theologie
und Handeln 50-63.
11
Cf METTE N., Theorie der Praxis 327-335, dove lautore fa riferimento esplicito a concetti
filosofici e a linguaggi sociologici e psicologici (ad es. teoria, prassi, empiria, azione, esperienza,
emancipazione, liberazione, comunicazione, ipotesi, modelli, sperimentazione, verifica...).
ACHER
10

Capitolo IX: Percorsi di teologia pratica nellarea cattolica...

267

(concepita come scienza della fede) non innervata radicalmente in una prassi
storica e sociale. Fa per notare che la teologia pratica incontra difficolt a
lavorare con teorie teologiche universali anche riguardanti direttamente le dimensioni della prassi umana, mentre invece si trova a suo agio nellaffrontare
tematiche emergenti da esperienze e prassi concrete.
La teologia pratica va definita inoltre (ed una seconda tesi generale) nel
quadro di una teologia fondamentale che studia la struttura dellagire cristia
no in base a una teoria della prassi comunicativa ovvero dellinterazione tra le
persone, a partire dalla quale possibile sviluppare le altre discipline teologiche e garantire unimpostazione unitaria allintera riflessione teologica. In
tal modo si dissipa limpressione che la teologia pratica costituisca un sapere
marginale o un corpo estraneo nellenciclopedia teologica.12
2.2. Status della teologia pratica come scienza teologica dellazione

Una teologia pratica non attestata su superate posizioni del passato, ma


aderente alle attuali acquisizioni deve rispondere alle seguenti esigenze che
sono implicate le une nelle altre:
va compresa come parte funzionale allinterno di una proposta teologica
unitaria;
non deve accollarsi compiti che vanno primariamente assolti da altre
discipline teologiche;
non deve limitarsi a un determinato modello di agire cristiano, ma deve
interessarsi delle differenti espressioni dellesistenza cristiana;
deve accertare le implicanze politiche tanto dei settori di sua ricerca
quanto dei propri asserti;
non deve lasciare alle preferenze di quanti operano sul campo la scelta
dellagire e la fondazione di tale scelta;
va elaborata a livello di conoscenza teorico-scientifica generale;
deve essere capace di collaborazione interdisciplinare e essere orientata
empiricamente;
va sviluppata in contatto il pi stretto possibile con la prassi; tuttavia
come teoria deve contemporaneamente mantenere una distanza critica nei
confronti di un impegno pratico diretto;
deve essere consapevole dei limiti della teoria e dei diritti propri della
prassi;
12
Cf METTE N., Theorie der Praxis 345s e inoltre Praktische Theologie 196s. Lautore si
spira espressamente alle tesi di teologia fondamentale proposte da PEUKER H., Wissenschafts
theorie - Handlungstheorie - Fundamentale Theologie. Analysen zu Ansatz und Status theologischer Theoriebildung (Dsseldorf 1976) [trad. ingl: Science. Action and Fundamental Theology.
Toward a Theology of Communicative Action (Cambridge 1986)].

268

Parte III: Attuali percorsi e progetti in ambito europeo

non deve sottrarsi al compito di offrire un proprio apporto alla futura


prassi professionale del teologo;
va concepita come un momento del realizzarsi della prassi cristiana.13
Accettati questi postulati, frutto di una critica ricognizione storica, lauto
re formula cos la sua proposta: la teologia pratica va concepita come unesplicita teoria teologica dellazione comunicativa. Come tale sviluppa una
ricerca riguardante la struttura necessaria di un agire che da qualificare
come cristiano. Pi precisamente, essa studia le forme concrete di tali prassi,
considerandole nellorizzonte della teoria comunicativa.14
2.3. Ambito di ricerca

Il suo campo di ricerca , allora, assai pi vasto di quello segnato dalle


tradizionali teologie pastorali centrate sui compiti e sugli atteggiamenti dei
pastori. Comprende non solo i settori istituzionalizzati dellagire cristiano ed
ecclesiale, ma anche tutte le forme di comunicazione umana, tese alla ricerca di solidariet, di sostegno e di senso per la propria esistenza, individuale
e collettiva, di fronte agli interrogativi continuamente emergenti nellattuale
contesto sociale. Di conseguenza, deve configurarsi come teologia politica (ci
si riferisce a Y. Spiegel e a J.B. Metz).
Inoltre, superando i limiti di una concezione di teologia pratica strettamente connessa con lecclesiologia (studio dellautorealizzazione o delledifi
cazione della Chiesa...), deve interessarsi delle realizzazioni umane qualificate
come obiettivazioni anonime del cristianesimo (ci si riferisce al dibattito aperto da K. Rahner e alle tesi di W. Pannenberg).
Per quanto concerne lagire dei gruppi cristiani, delle Chiese e del pi
vasto mondo dellecumenismo, essa chiamata a sviluppare una riflessione
critica (quindi, non di semplice legittimazione ideologica) su tutte le azioni
che dovrebbero abilitare a tramandare la fede come esplicita prassi cristiana.
In sintesi, essa affronta tale problematica in una prospettiva di emancipazione per la persona umana: si chiede se in particolare il discorso ecclesiale
su Dio nella dimensione tanto semantica quanto pragmatica quindi, negli
asserti verbali, nei gesti simbolici e nelle strutture giuridiche rende possibile oppure impedisce di fare causa comune con gli uomini contro tutto ci
che fa perdere loro il proprio futuro; se, in altre parole, i gruppi e le Chiese
simpegnano a eliminare situazioni, causa di sofferenza fisica e sociale e di il
libert per gli uomini, e se anticipano efficacemente condizioni di vita vera,
offrendo possibilit di realizzare i modi elementari di comunicazione ordinaria senza restrizioni.15
Cf METTE N., Theorie der Praxis 344s.
Ivi 345s.
15
Cf ivi 345-350 e inoltre Praktische Theologie 197s.
13
14

Capitolo IX: Percorsi di teologia pratica nellarea cattolica...

269

2.4. Esiti

Una teologia pratica cos concepita consente di delimitare unadeguata


metodologia nellimpostare il rapporto tra teoria e prassi. mancata finora
rileva lautore una concezione che garantisca un solido legame tra lasserto
teologico e la sua mediazione didattico-metodologica. Ci reso possibile da
una teologia pratica intesa come teoria di una prassi comunicativa, in quanto
essa il luogo in cui ci che prassi cristiana pu e deve essere vissuto, condiviso e teoreticamente chiarito. In tal modo, la mediazione di un contenuto
teologico connessa con la realizzazione di una maniera elementare di agire
comunicativo e lo fonda.16
Consente pure di collocare in una pi adeguata prospettiva la formazione
del pastore (compito a cui la teologia pratica non pu sottrarsi), in quanto la
considera in rapporto alla formazione di altri soggetti dellagire cristiano (fe
deli e collaboratori) e nel contesto della prassi comunicativa, in cui superato
lo schema soggetto (= clero) oggetto (= laicato) che ha dominato le teologie
pastorali tradizionali.17
A questo punto si ripropone unantica questione riguardante la qualifica
di base e la competenza specifica che questa disciplina deve dare: conoscenze teoriche? unarte? abilit operative? Secondo lautore, la teologia pratica
non deve mirare a elaborare un sapere o contenuti informativi da applicare
successivamente alla prassi (= superamento di una teologia pratica di tipo
applicativo); deve tendere, invece, ad abilitare a un mutato comportamento comunicativo, da acquisire facendo interagire prassi operativa e riflessione sulla
medesima.
A tale scopo, essa mette in questione il valore delle norme che consentono
ai gruppi cristiani, alle chiese e alluniverso ecumenico la comune intesa e
lagire comune, e favorisce il crearsi di un accordo circa nuove possibilit e
orientamenti operativi. Il passaggio dalla messa in questione alla creazione
dellaccordo avviene tramite il richiamo alle norme e rappresentazioni di senso veicolate dalla tradizione, su un versante, e il confronto con le esigenze del
momento presente, su un altro versante. In tal modo essa si configura come
elaborazione teorica e critica dei processi diretti al rinvenimento della decisione e alla formazione del consenso.18
Siccome poi nella realt sociale ed ecclesiale vi sono molteplici forme di
comunicazione distorta, la teologia pratica viene ad assumere un compito terapeutico di denuncia di tali situazioni patologiche e di avvio di processi di
comunicazione sana e riuscita.19
Cf METTE N., Theorie der Praxis 350s e inoltre Praktische Theologie 203.
Cf METTE N., Theorie der Praxis 351s e Praktische Theologie 199-202.
18
Cf METTE N., Theorie der Praxis 352s e Praktische Theologie 201.
19
Cf METTE N., Theorie der Praxis 354.
16
17

270

Parte III: Attuali percorsi e progetti in ambito europeo

2.5. La cooperazione con le altre scienze dellazione

Posta questa sua configurazione, non tutti i procedimenti di ricerca scien


tifica risultano per essa adeguati. Il suo necessario ricorso a metodi empiricoanalitici, specialmente sociologici, pertinente solo se rende possibile lautocomprensione dei soggetti interessati; solo, quindi, se lascia spazio a teorie che
presentano un carattere di autoriflessione, come appunto la teologia pratica.
Di conseguenza, per essa ladozione di metodi empirici non deve escludere la
dimensione ermeneutica del pensiero e la connessa ricerca di senso.20
Il fatto di essere teoria teologica dellazione comporta la sua cooperazione
con le altre scienze dellazione e la ridefinizione del suo rapporto con esse.
A questo riguardo, la teologia pratica non pu ridursi alla pura e semplice recezione dei risultati delle altre scienze dellazione. Tale impostazione
comporterebbe, in ultima analisi, la sua dipendenza da tali discipline e il loro
riconoscimento come sue metateorie (lautore si riferisce alle teorie sociologiche di J. Habermas e di N. Luhmann attinenti il posto della religione e della
Chiesa nellattuale societ). Essa chiamata, invece, a svolgere un ruolo positivo nel dibattito scientifico riguardante la realt. Lo fa, attirando lattenzione delle altre scienze su dimensioni dellagire comunicativo, che tali scienze
disattendono, ad esempio, perch si concentrano su campi specializzati della
prassi intersoggettiva, oppure perch ritengono determinati argomenti marginali o pregiudicati. Su questa via essa accetta regole valide per il controllo
metodico dei processi conoscitivi.
Il comune riferimento della teologia pratica e delle altre scienze dellazio
ne allevento della comunicazione umana fonda in definitiva lesigenza del
la loro cooperazione e giustifica la connotazione della teologia pratica come
scienza dellazione.21 Ma ci non significa che la problematica attinente lin
terdisciplinarit sia risolta. Resta piuttosto uno dei problemi pi gravi da me
glio definire e attuare in sede di teologia pratica.22
2.6. Teologia pratica e decisioni operative

Il valore di questa disciplina teologica va delimitato tenendo conto del


rapporto che ha con le decisioni connesse con lagire concreto. Come scienza dellazione, la teologia pratica non pu trincerarsi su posizioni neutrali e
attendere il corso degli eventi. Non pu, cio, sottrarsi alle sue responsabilit
pratiche. Deve, al contrario, porre il suo sapere e la sua fantasia al servizio del
Cf ivi.
Cf ivi 355s e inoltre Praktische Theologie 202.
22
Cf METTE N., Von der Anwendungs- zur Handlungswissenschaft 61s e inoltre Theologie
und soziologische Aufklrung 24.
20
21

Capitolo IX: Percorsi di teologia pratica nellarea cattolica...

271

la messa in opera delle condizioni per una vita vera, per un libero comportamento intersoggettivo, e della loro anticipazione in sperimentazioni pratiche.
Daltra parte, deve essere consapevole che le decisioni concrete presentano sempre un certo grado di rischio, che non pu essere eliminato da una
teoria. Di conseguenza, le proposte teologico-pratiche per un agire presente
o futuro rivestono lo status di ipotesi pratiche, che possono rivelarsi valide
oppure naufragare.
Dovendo elaborare progetti attinenti i vari campi dellagire di sua competenza e anticiparne lattuazione concreta, la teologia pratica si colloca su un
piano che esige una presa di posizione politica e partitica: essa sinserisce nel
confronto di opinioni, obiettivi e interessi al fine di favorire la pi alta disponibilit al consenso e, quindi, suscitare volont capaci di decisione e di azione.
Compresa in questo orizzonte, essa insieme teoria e prassi di un libero
agire comunicativo in cui implicato il riferimento a Dio.23
3. CONFIGURAZIONE IN RIFERIMENTO A UNA CRITERIOLOGIA, KAI
ROLOGIA E PRASSOLOGIA

Nel quadro di una teologia pratica intesa come scienza dellazione merita
qui di essere recensita la proposta di Paul M. Zulehner, anche se lautore con
tinua a utilizzare la dizione di teologia pastorale.24 Questo pastoralista viennese tenta di delimitare lorizzonte metodologico e contenutistico in cui definire
la teologia pastorale fondamentale (destinata a informare la teologia pastorale
speciale), radunando lintera problematica attorno ad alcuni punti nodali: la
teoria della prassi, la criteriologia, la kairologia e la prassologia o teoria del
cambio. Le sue dipendenze dallo Manuale di K. Rahner, dal progetto di F.
Klostermann e dal dibattito interconfessionale tra gli anni 1970 e 1980 sono
abbastanza palesi.
3.1. Teoria della prassi25

Nel formulare la sua proposta lautore prende lavvio da una concezione


della vita umana e dellesistenza cristiana. Lessere umano vive in quanto, nel
23
Cf METTE N., Theorie der Praxis 356-358. Lautore sispira espressamente allepistemologia
di Habermas e alla posizione di Lehmann circa il rapporto tra teoria e prassi.
24
Lesposto riassume il seguente saggio: ZULEHNER P.M., Inhaltliche und methodische Horizonte fr eine gegenwrtige Fundamentalpastoral, in FUCHS O., Theologie und Handeln 13-37.
Lo integra con ulteriori indicazioni proposte dallautore in Pastoraltheologie. Band 1: Fundamentalpastoral (Dsseldorf 1989) [ed. it.: Teologia pastorale, 1. Pastorale fondamentale (Brescia
1992)].
25
Cf ZULEHNER P.M., Inhaltliche und methodische Horizonte 13-16; ID., Fundamentalpastoral 25-45 [Pastorale fondamentale 22-44].

272

Parte III: Attuali percorsi e progetti in ambito europeo

suo agire teso al futuro ovvero nel suo perseguire in modo consapevole o
meno un progetto, si realizza. Nella prassi umana, quindi, immanente una
teoria circa lesistenza, a prescindere dalla sua provenienza. Tale progetto im
plicito pu essere colto e messo a tema tramite la riflessione, il cui potenziale critico-orientativo risulta eccedente rispetto al progetto implicito in ogni
prassi umana.
La vita cristiana sidentifica con lagire umano animato dallo Spirito di
Ges. Il futuro della persona ancorato alla memoria di Ges viene iscritto nel
la storia tramite lazione. Si ha cos una prassi cristiana di fede, che si trasforma in carit ed edifica la comunit ecclesiale, originando una prassi ecclesiale.
Levento insuperabile costituito dalla vita, morte e risurrezione di Ges, oltre
a segnare tale prassi, sinnesta ovunque nella storia dellumanit. La Chiesa,
sacramento del mondo, visibilizza e promuove quanto avviene nellinsieme
della storia umana sotto il segno dellevento Ges. Tale progetto innervato
in ogni prassi cristiana ed ecclesiale, con il suo spirito e la sua dinamica, pu
essere tematizzato e divenire teoria della prassi di fede e della prassi della
Chiesa. In altre parole, il singolo cristiano e le comunit ecclesiali hanno una
teoria, pi o meno quotidiana, del loro agire credente; hanno, cio, una specie
di teologia pratica quotidiana.
La disciplina teologica denominata teologia pratica si configura come elaborazione scientifica di tale teoria quotidiana. In effetti, essa sviluppa una
teoria teologica e scientifica della prassi credente ed ecclesiale ereditata dalla
storia di ieri, oggi vigente e protesa verso il futuro.26 Questa disciplina
coinvolta inevitabilmente nella storicit della prassi cristiana ed ecclesiale e la
sua storia bicentenaria lo dimostra allevidenza. Oggi si autocomprende come
teoria critica di tale prassi e si trova in una situazione di tensione: essere specchio della coscienza pratica del passato e, insieme, distanziarsi profeticamente
da tale coscienza per aprire allagire prospettive di futuro.
Lazione o la prassi umana e cristiana sottoposta a un processo distitu
zionalizzazione: inizia come evento spontaneo, che si obiettivizza e solidifica,
dando origine a ruoli e strutture; queste a loro volta assumono la figura di
unorganizzazione. La teologia pratica studia la prassi credente ed ecclesiale
in tale duplice aspetto di evento e distituzione: sinteressa, quindi, della pro
blematica concernente sia il singolo credente sia la comunit cristiana con le
forme di vita da essa storicamente assunte.
Questa disciplina teologica si occupa, da un lato, della prassi religiosa del
la Chiesa: ci un presupposto scontato per i pastoralisti cattolici, data la loro
simpatia teologica per la Chiesa. Si occupa, daltro lato, della prassi religiosa
extra-ecclesiale: a ci diretta lattenzione di alcuni pastoralisti protestanti
(lautore si riferisce espressamente a G. Otto), atteso anche il loro minore
ZULEHNER P.M., Inhaltliche und methodische Horizonte 13; cf ID., Fundamentalpastoral
25-39 [Pastorale fondamentale 22-37].
26

Capitolo IX: Percorsi di teologia pratica nellarea cattolica...

273

interesse per lecclesiologia. In ogni caso, va tenuto presente il divario tra


persona e societ creatosi nellattuale differenziazione della realt sociale. Ci
ha provocato un distanziamento tra religiosit e Chiesa, e una connessa pi o
meno accentuata privatizzazione della religione.27
Di conseguenza, la teologia pratica, ivi compresa quella cattolica, non potr in futuro disattendere una prassi religiosa operante nella societ e disancorata dalla comunit cristiana, come ad esempio, la prassi liberatrice. La
prospettiva di recenti progetti di teologia pastorale, ristretta alla prassi della
Chiesa (ci si riferisce al manuale di K. Rahner), esige per lo meno di essere al
largata a questa prassi religiosa inospitata nella Chiesa. Ci non toglie che essa
conservi come suo baricentro lanalisi teologica della situazione della Chiesa
in vista della sua realizzazione nel futuro.
Ci si chiede oggi chi pu sviluppare una teologia pastorale cos concepita.
A volte si dubita che ci sia possibile in sedi universitarie, ritenute distanti
dalla prassi. Si guarda invece a una teologia vicina alla prassi, emergente nelle
comunit ecclesiali di base, e da queste si attendono nuovi impulsi in merito.28 A giudizio dellautore, tipico di una teologia pratica cos configurata
stabilire un costante dialogo tra i vari livelli della vita e della riflessione ecclesiale, con particolare riferimento a coloro che vi hanno specifiche responsabilit decisionali. Per essi infatti vengono compiute analisi critiche del lavoro
ecclesiale e progettate future alternative strutturali e operative.
3.2. La criteriologia29

Un primo tema imprescindibile in questa descrizione della teologia pratica


fondamentale costituito dalla criteriologia intesa come dottrina diretta a accertare gli obiettivi inerenti alla prassi della Chiesa. Sono obiettivi principali
collegati alleredit di Ges e a unininterrotta tradizione; e obiettivi secondari rispondenti allagire della singola persona, dei gruppi e della complessa
realt sociale.
Quando gli obiettivi diventano meno chiari o sono persi di vista, lagire
ecclesiale viene ostacolato, di pi, diventa impossibile. Si produce una crisi di
orientamento che conduce a una crisi di identit. Lesito finale pu essere il
disimpegno oppure la ricerca di un nuovo orientamento attraverso un lavoro
di ridefinizione degli obiettivi.

27
Lautore fa riferimento esplicito a LUCKMANN TH., The Invisible Religion (New York
1967).
28
Lautore fa riferimento esplicito a BOFF L., Theologie hrt aufs Volk (Dsseldorf 1982).
29
Cf ZULEHNER P.M., Inhaltliche und methodische Horizonte 16-23; ID., Fundamentalpastoral 49-136 [Pastorale fondamentale 47-138].

274

Parte III: Attuali percorsi e progetti in ambito europeo

3.2.1. Lobiettivo principale


Lobiettivo o il criterio principale per la prassi cristiana delle chiese la
prassi di Ges riguardante il Regno di Dio, compreso come gratuita offerta
divina di salvezza per la vita della persona. Tale tradizionale delimitazione
dellobiettivo assume nuove accentuazioni e concretizzazioni nei corrispondenti contesti storici e sociali. situato nel fluire della storia e nel cambio
della societ. compito, allora, della teologia pratica non solo riferirsi alle
espressioni bibliche e storico-dogmatiche di tale obiettivo, ma anche interrogarsi circa le nuove formulazioni che esso assume oggi nei singoli cristiani (che
si fanno una propria immagine di Ges e della sua storia), nei gruppi, nel
le comunit ecclesiali e nelle grandi confessioni cristiane. Cos, ad esempio,
nellultimo ventennio si ricorso successivamente a queste parole chiave in
ambiente cattolico: pace, unione, comunione, popolo di Dio (magistero conciliare ed episcopale); speranza, gioia, vita (letteratura del centro Europa); liberazione (America latina); guarigione (Africa) e nuova soggettivit (Europa).
Con tali vocaboli si fa riferimento a un retroterra dellattuale storia umana segnato dalla divisione, dalla mancanza di gioia, libert, speranza e dalla
morte. Si segnala che, allinterno di tali situazioni di non salvezza, la ricerca di
unione, di speranza, ecc., gi un inizio di salvezza, frutto di un nascosto agire divino nella storia. Si evidenzia che la Chiesa, con la sua prassi, chiamata
a introdurre lumanit in tale mistero di vita, perch tale umanit ne diventi
anche consapevole e collaboratrice efficace.
Questa prassi di Dio ha avuto la sua rivelazione suprema nella risurrezione
di Ges. Il suo obiettivo fare superare alluomo ogni forma di morte in vista
di una vita che, con la risurrezione, va al di l della morte. La risurrezione del
luomo, allora, il nome con cui si pu designare lobiettivo principale della
prassi ecclesiale.
Da tale obiettivo derivano alcune conseguenze rilevanti sul piano del
lorganizzazione della prassi ecclesiale. Esso postula un approfondimento della
teoria concernente le funzioni ecclesiali fondamentali (predicazione, liturgia,
diaconia) e le corrispondenti discipline (cherigmatica, catechetica, omiletica,
liturgia, pedagogia religiosa...). Suggerisce, pi precisamente, di prendere il
via dal cammino dellesperienza di fede: accogliere, lodare (= discepolato),
offrire (= divenire portatori di salvezza per gli altri). Invita a sistemare le varie
attivit della Chiesa valorizzando un dato antropologico essenziale, secondo
cui si ha unintensa esperienza di vita quando essa tocca il piano del vissuto (diaconia-koinonia), del narrato (predicazione e catechesi) e del celebrato
(liturgia e sacramenti). Suggerisce ancora di approfondire ulteriormente tale
fenomenologia delle esperienze intense di vita col ricorso a aggiornate conoscenze attinenti il legame tra vita vissuta (risurrezione vissuta), sua espressione linguistico-discorsiva (risurrezione narrata) e sua celebrazione simbolica
(risurrezione celebrata).

Capitolo IX: Percorsi di teologia pratica nellarea cattolica...

275

Tale obiettivo principale implica pure una configurazione della Chiesa coerente al principio comunit e aperta a una molteplicit di forme sociali in cui
esprimersi. Comporta, infine, una delimitazione dei soggetti dellagire ecclesiale nella rinnovata prospettiva ecclesiologica del Vaticano II e del nuovo
codice, tenendo conto, in particolare, del fatto che larticolazione dei ruoli
intraecclesiali pensabile solo in una visuale storica, testimone di un ampio
ventaglio di possibilit.
3.2.2. Gli obiettivi secondari
Gli obiettivi secondari presenti nella prassi ecclesiale riguardano listitu
zionalizzazione della tradizione, la religiosit popolare e i desideri umani pri
mari. Rispetto allobiettivo principale sono ambivalenti, perch in parte lo
esigono e in parte lo possono ostacolare.
Lesperienza cristiana delle origini (evento fondante) per garantirsi un ricordo fedele e una trasmissione costante si istituzionalizzata in confessioni
di fede, in forme liturgiche, in regole comunitarie e in ordinamenti ecclesiali.
Come ogni istituzione, la Chiesa esposta al rischio dimpegnarsi pi per la
conservazione dellistituzione che per la vitalit del suo senso: le ricche, antiche e burocratiche Chiese nordatlantiche corrono oggi il pericolo di essere
istituzioni povere quanto a esperienza di fede e di carit.
La prassi ecclesiale, assieme alla tradizione derivante da Ges, porta con
s anche molte espressioni religiose rispondenti a desideri umani, che possono rivelarsi utili ai fini della salvezza delle persone, ma essere anche assai
ambigue. In effetti, lattuale religiosit popolare variamente caratterizzata da
una visione privata della salvezza, da ottenere attraverso pratiche rituali, con
la mediazione di alcune persone a ci deputate, plasma in concreto un model
lo criticabile di Chiesa perch mette in ombra la centralit della mediazione
del Cristo: una Chiesa gestita dal clero, preoccupata di tali domande religiose
della gente e tentata di assumere posizioni di dominio di fronte a una massa
passiva e recettiva.
La prassi ecclesiale prassi di persone concrete. In essa confluiscono necessariamente desideri umani primari: avere un nome e una reputazione, disporre di un potere e essere liberi, possedere beni materiali. Alcuni di tali
desideri possono rinforzare lobiettivo principale: ad esempio, laspirazione a
un lavoro creativo e lesigenza di essere riconosciuti e stimati sono una forza
trainante per la prassi ecclesiale. Ma operante nella Chiesa anche una sindrome dellaiuto dal volto ambivalente: ad esempio, quando laiuto offerto ai
bisognosi non ne promuove, senza saperlo, lautosufficienza e provoca, senza
volerlo, dipendenza. Peggio, ancora, quando il compito di gruppi cristiani
e di intere Chiese invocato per coprire altri interessi inconfessati: denaro,
potere politico ed economico, prestigio e privilegi sociali.

276

Parte III: Attuali percorsi e progetti in ambito europeo

3.3. La kairologia30

Un secondo tema imprescindibile in un discorso fondante di teologia pratica costituito dalla kairologia, intesa come riflessione teologica volta a accertare la situazione in cui inserita la prassi credente ed ecclesiale.
Tale prassi non atemporale e sovraspaziale; si realizza, invece, nel tempo
e nello spazio, nella storia e nella societ. parte di una situazione storicosociale e si rapporta in modo dialettico a essa: la prassi credente chiamata
a informare la situazione umana storica e sociale; a sua volta tale situazione
contribuisce a far conoscere e formulare gli obiettivi della prassi cristiana ad
essa corrispondenti. La situazione assurge, in tal modo, a luogo teologico per
la prassi credente e, quindi, per la teologia pratica, perch lo spazio temporale (il kairs in termini biblici) in cui lo Spirito di Dio addita alla Chiesa il
cammino da seguire (segni dei tempi).
Dal punto di vista del metodo, la kairologia comporta un inevitabile dialogo tra teologia pratica e scienze umane e sociali. Il motivo comprensibile: la
prassi credente inserita nella storia e nella societ, che sono oggetto di studio di tali scienze. Una teoria scientifica della prassi cristiana deve fondarsi su
unaccurata conoscenza della storia e della societ; , quindi, indispensabile
che recepisca il complesso risultato delle scienze umane e sociali.
Va per precisato che la teologia pratica non assume tale risultato in maniera acritica. Ci impossibile gi per il solo fatto che non esiste il risultato delle scienze umane e sociali. Ci sono piuttosto pi scuole e tradizioni
ideologiche, in s limitate e criticabili. La teologia pratica si trova, quindi,
a doversela vedere con differenti teorie e proposte, per cui del tutto comprensibile che le varie teologie pastorali privilegino, di volta in volta, questo
o quellorientamento sociologico, come avvenuto con lo sviluppo di una
psicologia pastorale, di una sociologia pastorale...
A questa prima riflessione (gi assai differenziata e per nulla unitaria nei
suoi esiti) attinente la situazione sociale e il suo sviluppo la teologia pratica deve aggiungere una seconda riflessione esplicitamente teologica. La realt
storica umana va interpretata come storia rispettivamente di salvezza e di non
salvezza. La situazione storica in tal modo assurge a tempo di salvezza (kairs), in cui la Chiesa chiamata da Dio a operare.
Una kairologia cos concepita sinterroga sul come la Chiesa comprende e
assolve il suo compito tradizionale di fronte allevolversi di una determinata
situazione sociale. Rileva una reciproca relazione tra situazione pastorale e stile pastorale dellazione: questo definito in rapporto alla situazione pastorale,
la quale a sua volta segnata dal senso inerente allagire pastorale.
Lanalisi della situazione contempla distinti passaggi:
Cf ZULEHNER P.M., Inhaltliche und methodische Horizonte 16s e 23-34; ID., Fundamentalpastoral 140-244 [Pastorale fondamentale 141-247].
30

Capitolo IX: Percorsi di teologia pratica nellarea cattolica...

277

innanzitutto la descrizione della societ con particolare riferimento al


rapporto tra persona e societ e, inoltre, alle vicendevoli relazioni esistenti tra
le principali istituzioni sociali;
in tale contesto va poi chiarito lo status sociale della religione e della
Chiesa;
in connessione con tutto ci va quindi rilevata la relazione esistente tra
cittadino-religione-Chiesa che, da un punto di vista sociale, pu rivelarsi do
minante e favorevole;
infine va ricordato che la societ una grandezza non statica ma dinamica: tema della kairologia , allora, non solo la societ, ma anche il cambio
della societ e, conseguentemente, il cambio della situazione pastorale in tutti
i suoi aspetti (cambio dello status sociale della Chiesa, cambio della religione
nella sua forma sociale dominante) e il connesso cambio dello stile pastorale
dazione.
Passando alla descrizione dei contenuti della kairologia, lautore offre uno
schizzo dellattuale situazione della prassi religiosa ed ecclesiale nella societ.
Prende in considerazione successivamente: il regime di cristianit e il suo superamento nellepoca contemporanea; le societ industriali dei paesi socialisti
e dei paesi liberi delloccidente; i molteplici aspetti di una societ del consumo
e gli attuali tentativi di superare i limiti di ognuno di tali modelli sociopolitici.
3.4. La prassologia31

La kairologia fa comprendere che il cambio un destino permanente della


Chiesa. Esso va recepito e, nei limiti del possibile, modellato. In ogni caso, la
teologia pratica deve sviluppare pi di ieri una prassologia intesa come teoria
della prassi di cambio. Sono ipotizzabili fondamentalmente due opzioni: la
creazione di Chiese parallele oppure una proficua concezione del cambio.
Non pochi cristiani sono oggi del parere che sia pressoch impossibile
riformare lattuale sistema ecclesiastico a raggio internazionale, nazionale,
diocesano e parrocchiale, pesantemente condizionato dal suo apparato burocratico, dalle sue strutture economiche e dal suo potere sociale. La via duscita allora ricercata nella direzione di chiese parallele, profilando in questo
modo uno scisma sotterraneo. Il fenomeno osservabile in oriente come in
occidente. Ha ormai i suoi appellativi: chiese dalla base suscitate dalla libera
iniziativa di fedeli, e chiese create dallalto con lintervento dellautorit centrale che nomina determinati gerarchi. Si in presenza di processi innovativi
di rottura che, ritenendo immodificabile lo status quo, iniziano tutto da capo.
Riformatori lungimiranti optano, invece, per proficui cambiamenti parCf ZULEHNER P.M., Inhaltliche und methodische Horizonte 35s; ID., Fundamentalpastoral
247-292 [Pastorale fondamentale 251-299].
31

278

Parte III: Attuali percorsi e progetti in ambito europeo

tendo dal presupposto che niente pi stabile e purtroppo pi difficile da


modificare di una coscienza religiosa popolare, plasmata e consolidata da una
secolare tradizione ecclesiale. Ritengono che concezioni riformistiche abbiano un loro preciso senso per la storia costante di unit pastorali, che si prefiggono dintraprendere, assieme a molte persone, un paziente processo di
mutamento. Non addossano al popolo compiti di riforma elaborati da esperti,
n paventano che il cambio possa essere ostacolato da timidi custodi di forme
cristiane di vita e dazione, reputate immutabili.
In tale orientamento di fondo, il cambio ecclesiale (da intendersi nei termini conciliari di aggiornamento) avviene allinterno delle multiformi comunit
cristiane, attraverso un cammino di evangelizzazione. Il testo della vita e quel
lo della tradizione sono messi a confronto e interpretati vicendevolmente. Da
tale reciproca lettura sono ricavate implicanze per lagire dei cristiani e per la
configurazione sociale della Chiesa. In tale contesto e in diretto riferimento
al vissuto cristiano, vengono intrapresi cambiamenti che, a lunga scadenza,
conducono a una nuova conformazione del sistema ecclesiastico vigente.
4. CONFIGURAZIONE DELLA TEOLOGIA PRATICA COME TEOLOGIA
EMPIRICA

Un ulteriore tentativo (1990) di configurare la teologia pratica in stretto


riferimento alla prassi e, concretamente, nella linea di una teologia empirica,
prospettato dal noto pastoralista olandese Johannes A. van der Ven.32
Egli ritiene che la sua scelta affonda le radici in una riflessione teologica
di tipo empirico di cui ricostruisce la vicenda storica: la nascita nel contesto
nordamericano allinizio del secolo XX; lo sviluppo ad opera di pastoralisti
di quel continente; la sua ripresa negli ultimi decenni di tale secolo in ambito
tedesco, inglese ed olandese.33
Ben consapevole delle riserve che ha sollevato e continua a sollevare, si
premura di esaminarle con acribia al fine si evitare fraintendimenti e incomprensioni. Per questo vaglia criticamente alcune provocazioni di cui fatta
oggetto: lempirismo, dovuto allattenzione che essa presta allesperienza; il
pragmatismo, collegato al rischio che corre di ridurre la religione al suo aspetto funzionale; il modernismo, connesso al suo utilizzo delle scienze moderne
e dei metodi empirici di ricerca; lo scientismo, collegato al rischio di mettere
32
Cf VAN DER VEN J.A., Practical Theology: from Applied to Empirical Theology, in JET 1
(1988/1) 7-27 e la bibliografia dellA. ivi citata: ID., Lavenir de la thologie empirique, valu
partir dune analyse critique de son pass: 1. Daujourdhui hier, in Laval thologique et philosophique 47 (2/1991) 231-240; ID., Entwurf einer empirischen Theologie (Kampen 1990): trad.
inglese: Practical Theology: An Empirical Approach (Kampen 1993).
33
Cf VAN DER VEN J.A., Practical Theology: An Empirical Approach 1-8. I principali sviluppi
di tale teologia empirica verranno presentati nei capp. XI XII XIII.

Capitolo IX: Percorsi di teologia pratica nellarea cattolica...

279

a repentaglio la sopravvivenza della religione; lo statisticismo, riferito al pericolo di sopravvalutare gli apporti dei metodi statistici in ambito teologico.34
4.1. Teologia pratica come teologia applicativa35

Sulla base di una sintetica ricognizione storica, lautore definisce qual lo


statuto epistemologico della teologia pratica, concepita come teologia applicativa, e giunge alla conclusione che tale configurazione si dimostra inadeguata ad affrontare la problematica oggi emergente dalla prassi religiosa.
Vari ordini di considerazioni lo conducono a tale conclusione. Il fatto che
lambito di studio di questa disciplina si concentra sulla prassi del pastore
collocato in una situazione ecclesiale e religiosa sostanzialmente omogenea e
facilmente controllabile, in cui un procedimento metodico di tipo deduttivo,
che applica la teoria alla prassi, si dimostra adeguato ed efficace.
La costatazione che, a seguito dei processi di secolarizzazione e di diversificazione della Chiesa, la prassi religiosa contemporanea molto pi ampia di
quella polarizzata attorno al pastore e si estende al rapporto Chiesa-societ;
essa non pi omogenea, uniforme, convergente, controllabile, ma piuttosto
eterogenea, pluriforme, divergente, spesso confusa e difficilmente control
labile. Sicch lapproccio applicativo o deduttivo si dimostra inadeguato ad
affrontarla ed esige di essere integrato con un approccio induttivo che va dalla
prassi alla teoria, tenuto conto del rapporto vicendevole tra teoria e prassi.
La conseguenza logica che il metodo applicativo va ormai sostituito con
quello empirico-critico omogeneo alla spirale teoria-prassi-teoria; il che avviene appunto con ladozione di una teologia pratica concepita come teologia
empirica.
4.2. Teologia pratica come teologia empirica36

Nel compiere tale scelta, lautore identifica innanzitutto due differenti


concetti, uno ampio e uno pi ristretto, di teologia empirica ricavabili dalla
ricognizione della breve storia di questa formula.
Il primo concetto riconducibile al modello cosiddetto due fasi: nella
prima fase i teologi riassumono i risultati della ricerca sociologica e in una
seconda fase li interpretano e valutano da un certo punto di vista teologico.
Cf ivi 8-32.
Cf Practical Theology: from Applied to Empirical Theology 7-13; Practical Theology: An
Empirical Approach 34-41 89-93.
36
Cf Practical Theology: from Applied to Empirical Theology 13-19; Practical Theology: An
Empirical Approach 33-76.
34
35

280

Parte III: Attuali percorsi e progetti in ambito europeo

Il Manuale di Teologia pastorale degli anni 1960 a detta dellautore ha contribuito allo sviluppo di questa concezione.
Il secondo concetto di teologia empirica adottato dai pastoralisti (tra i
quali lautore) che, collaborando con i sociologi, utilizzano metodi empirici
nella loro ricerca teologica diretta a elaborare risposte a questioni teologiche.
Come gli esegeti usano metodi letterari, gli storici metodi storici e i teologi sistematici metodi sistematici, cos i pastoralisti si servono di metodi empirici. Il
criterio comune quello di utilizzare metodi corrispondenti al proprio campo
di ricerca che, nel caso dei pastoralisti, la prassi religiosa presente (non quel
la biblica o storica).
Per van der Ven, oggetto materiale della teologia pratica la descrizione,
spiegazione e valutazione della prassi e comunicazione religiosa e dellazione
pastorale nei diversi campi della Chiesa e della societ, segnati dalla secolarizzazione e dalla modernit. Pi precisamente il suo oggetto non Dio significativo in questo senso il suo confronto con P. Tillich , ma il rapporto
tra la persona umana e Dio, ovvero la prassi religiosa. Dio, oggetto immediato
della fede, pu essere solo oggetto indiretto della teologia. Questa, invece, ha
come oggetto immediato la fede, che pu essere studiata tanto nelle sue fonti
quanto nelle sue forme espressive attuali, appunto nellattuale prassi religiosa.
Questultima pu essere studiata come azione umana individuale o di
gruppo e, quindi, in riferimento a questi aspetti: percezione, conoscenza, affettivit, attitudini, motivazioni, comportamenti; oppure come azione comunicativa in rapporto a questi tre aspetti maggiori: comunicazione costatativa
di una verit, regolativa di comportamenti, espressiva di idee e atteggiamenti;
od ancora come azione progrediente riferita a questi aspetti: tecnico, ermeneutico, trasformatore.
Di conseguenza, suo oggetto materiale in senso ampio lo studio della
prassi religiosa considerata nelle sue condizioni ad intra (istituzioni religiose)
e ad extra (ambiente sociale e culturale) e in tutti gli aspetti elencati. Oggetto
materiale in senso pi ristretto laspetto progrediente dellazione pastorale rapportata alla prassi religiosa compresa nelle sue condizioni e nei suoi
aspetti. Oggetto materiale pi ristretto ancora lazione pastorale vista come
progresso della comunicazione religiosa.
Particolare attenzione posta dallautore nellapprofondire il concetto di
prassi comunicativa ed ermeneutica: i problemi che deve affrontare dovuti alla
pluralit e al conflitto delle interpretazioni tra generazioni, istituzioni, culture,
societ, persone; le condizioni e i limiti della comunicazione; lorientamento
normativo della comunicazione religiosa da collegare a una visuale escatologica, in cui il simbolo basileia (Regno) che ha caratterizzato la prassi di Ges
di Nazaret serve da ispirazione fondante.37
Nel definire loggetto formale della teologia pratica compresa come teoCf Practical Theology: An Empirical Approach 41-76.

37

Capitolo IX: Percorsi di teologia pratica nellarea cattolica...

281

logia empirica, lautore si confronta con lattuale dibattito riguardante i vari


tipi di teoria invocati dai pastoralisti e il rapporto di questa disciplina con le
cosiddette scienze antropologiche, di cui si parler pi oltre.38 Da parte sua
condivide lorientamento di massima proposto, in passato, da Chr. Palmer, A.
Graf e F.X. Arnold e difeso, di recente con formulazioni differenti, da K W.
Dahm, R. Zerfass, J. Mller e O. Schrder. Mette in guardia dal pericolo di
ridurre la teologia pratica a scienza sociale applicativa (psicologia, sociologia,
pedagogia). Per lui loggetto formale della teologia empirica consiste nella
relazione dialettica tra ci che la prassi religiosa e ci che dovrebbe essere.
Quindi, non solo la prassi religiosa fattuale, non solo la prassi religiosa come
dovrebbe essere attuata, ma la relazione dialettica tra le due: questo il nucleo delloggetto formale.39
Va ancora rilevato che lautore ha ancorato saldamente il suo progetto di
teologia pratica al suo fondamento ecclesiologico, contribuendo a costruire
unecclesiologia che, da un lato, recepisce criticamente unimprescindibile
eredit delle generazioni precedenti e, daltro lato, si nutre dellesperienza di
fede, della sua mediazione e del funzionamento della Chiesa in cammino
oggi.40 Lecclesiologia da lui proposta ha presente in modo quasi esclusivo il
contesto del centro Europa ed configurata con lodevole originalit.
Infine lautore ha affrontato alcuni argomenti rilevanti di teologia pratica
settoriale riguardanti le molteplici immagini di Dio, leducazione religiosa, la
formazione morale, lo sviluppo della chiesa e del suo ministero.41
4.3. Implicanze metodologiche42

Le conseguenze metodologiche implicate nella relazione dialettica tra ci


che la prassi religiosa e ci che dovrebbe essere sono illustrate da van der
Ven con il seguente modello esemplificativo.

Vedi il cap. X n. 3.
VAN DER VEN, Practical Theology: from Applied to Empirical Theology 18s.
40
VAN DER VEN J.A., Ecclesiologie in context (Kampen 1993): trad. inglese: Ekklesiology in
Context (Cambridge 1996).
41
Cf VAN DER VEN J.A., God Reinveted? A Theological Search in Tests and Tables (Leiden
1998); Formation of Moral Self (Grand Rapids 1998); Education for Reflective Ministry (Grand
Rapid/Louvain 1998).
42
Cf Practical Theology: from Applied to Empirical Theology 19-24; Practical Theology: An
Empirical Approach 77-118.
38
39

282

Parte III: Attuali percorsi e progetti in ambito europeo

Relazione dialettica tra ci che la prassi religiosa e ci che dovrebbe essere


Ci che la prassi religiosa
ci che la prassi religiosa do
vrebbe essere

ricerca teoretica
A
prassi presunta
B
obiettivi normativi

ricerca empirica
C
prassi empirica
D
obiettivi empirici

Nella tabella, la prima colonna verticale indica ci che la prassi religiosa


e ci che dovrebbe essere sulla base dei suoi obiettivi; le colonne orizzontali
riguardano i risultati della ricerca rispettivamente teoretica ed empirica.
Il riquadro A indica la prassi religiosa presunta tale a livello teoretico ed
espressa, ad esempio, con la formula: il fedele partecipa al movimento pacifista in forza del messaggio di Ges sulla pace.
Il riquadro B propone gli obiettivi normativi della prassi religiosa elaborati
dalla riflessione teologica teoretica e contenuti, ad esempio, nellespressione:
il fedele dovrebbe partecipare al movimento pacifista.
Il riquadro C riguarda la prassi religiosa empirica o fattuale, rilevata in
base a una riflessione empirica, ed esprimibile, ad esempio, con la costatazione: solo una piccola parte dei membri attivi della Chiesa partecipa al movimento pacifista.
Il riquadro D presenta gli obiettivi empirici e cio verificati dalla ricerca
sperimentale sul campo e sintetizzabili, ad esempio, con lenunciato: solo
una piccola parte di fedeli sente che dovrebbe partecipare al movimento pacifista.
Per cogliere le conseguenze teologico-empiriche della relazione dialettica
tra ci che la prassi religiosa e ci che dovrebbe essere, occorre rapportare
tra loro i quattro simboli A B C D. La natura di questo raffronto vicendevole
varia col variare dei simboli di volta in volta chiamati in giuoco.
Ecco alcuni esempi: 1. collegare A con C vuol dire rinforzare o correggere
empiricamente una ricerca teoretica; 2. collegare B con D significa interpretare riflessamente la relazione tra obiettivi normativi e obiettivi empirici, cio
tra obblighi e valori; 3. collegare tra loro B - C - D conduce a sviluppare in
maniera critica ipotesi come questa: in che misura sar possibile raggiungere
determinati obiettivi normativi, ad esempio, degli obblighi e dei valori, tenuto
conto di alcune condizioni empiriche o fattuali?
In conclusione, la riflessione teologico-pratica sulla relazione dialettica tra
ci che la prassi religiosa e ci che dovrebbe essere comporta almeno i
seguenti momenti in cui sono combinate induzione e deduzione: (1) verificare ed eventualmente falsificare (2) una riflessione tanto teologica che deon
tologica, (3) attraverso un ragionamento probabilistico.
Ne risulta questo modello spirale: teoria ricerca empirica della prassi
teoria. Esso consente di sfuggire a due rischi: il rischio di attribuire un pre-

Capitolo IX: Percorsi di teologia pratica nellarea cattolica...

283

dominio alla teoria sulla prassi come avviene in una teologia pastorale applicativa; e il pericolo di attribuire un predominio alla prassi rispetto alla teoria,
obiezione questa rivolta ad alcune forme di teologia empirica del passato. In
tale modello i risultati della ricerca empirica circa lattuale prassi religiosa non
mettono in ombra la rilevanza degli altri luoghi teologici, come la bibbia, la
tradizione, il magistero ecc., perch teoria e ricerca empirica della prassi non
si situano allo stesso livello; la loro relazione dialettica.
4.4. Il ciclo teologico-empirico43

Nello scenario di questa visuale generale, lautore descrive e giustifica il


ciclo teologico-empirico, che pu essere considerato come uno sviluppo sistematico del processo esperienziale, il quale comprende cinque fasi inserite
in una struttura ciclica: percezione, sperimentazione, analisi e valutazione.
In riferimento a questo processo esperienziale, il ciclo teologico-empirico
pu essere articolato nel modo seguente: alla percezione nel processo esperienziale corrisponde linduzione in un ambito metodologico; alla sperimentazione nel processo esperienziale corrisponde la deduzione in campo metodologico; lanalisi ha come suo equivalente metodico la verifica; la valutazione
nel processo esperienziale ha come suo equivalente metodico il giudizio critico. A queste quattro fasi occorre aggiungere lo sviluppo della problematica e
degli obiettivi.
Prese nel loro insieme queste cinque fasi possono essere considerate come
un ciclo empirico, perch i risultati della valutazione critica pu costituire il
punto di partenza per una nuova attraversata lungo tali cinque fasi.
Ogni giudizio valutativo pu spingere a sviluppare un nuovo problema e
a perseguire un nuovo obiettivo, a cui fa seguito linduzione, la deduzione e
la verifica.44
Lanalisi dettagliata di queste cinque fasi articolata dallautore nelle
seguenti 15 sottofasi: la prima fase pu esser divisa in due sottofasi: lo sviluppo del problema teologico e lo sviluppo dellobiettivo teologico. Linduzione teologica comprende quattro sottofasi: la percezione teologica, la
riflessione teologica, la formulazione della questione teologica e il progetto
di ricerca teologico-empirica. La deduzione teologica (da intendere in senso
metodologico) pu essere divisa in tre sottofasi: la concettualizzazione teologica, il modello concettuale-teologico e loperazionalizzazione teologica.
La verifica teologico-empirica pu essere articolata in tre sottofasi: raccolta
dei dati, preparazione della sistemazione dei dati, analisi teologico-empirica
Cf Practical Theology: An Empirical Approach 112-225.
Ivi 114.

43
44

284

Parte III: Attuali percorsi e progetti in ambito europeo

dei dati. La valutazione teologica pu esser divisa in tre aspetti: interpretazione teologica, riflessione teologica e riflessione metodologica e insieme
teologica.45
A livello di metodi, lautore propone di combinare opportunamente la
ricerca quantitativa, caratteristica dei questionari, con quella qualitativa del
lintervista e delle storie di vita. La differenza tra queste diverse impostazioni
non dipende tanto dal carattere numerico dei dati, n dalla loro eventuale
elaborazione statistica, ma dal fatto se nella ricerca empirica sia stata applicata
da parte del ricercatore la prospettiva della sola osservazione dei fenomeni o
quella della propria partecipazione e coinvolgimento in essi.
La proposta di teologia pratica come teologia empirica del van der Ven ha
suscitato un vasto dibattito specialmente nellarea di lingua tedesca ed olandese.46 Ha riscosso un notevole consenso tra qualificati pastoralisti di lingua
inglese e francese (ad es. M Viau e Don Browning).
La critica teologica internazionale ne ha riconosciuto e evidenziato il notevole apporto alla ricerca ermeneutica ed empirica nella teologia pratica. Un
apporto che ormai si rivela sempre pi imprescindibile in ogni ricerca nel
vasto campo di questa disciplina, che miri a qualificarsi come pienamente
ecclesiale e insieme scientifica.47
In effetti, il suo contributo alla teorizzazione e alla metodologia di questa
disciplina teologica si impone per la sua vastit e rigorosit scientifica e per il
suo spessore teologico, che consente di evitare riduzioni e unilateralit nella
ricerca della teologia pratica.
5. CONFIGURAZIONE IN RIFERIMENTO ALLA SOCIALIT CRISTIANA

Nellarea di lingua francese, limpulso pastorale del Vaticano II e il mutato


panorama culturale hanno favorito la conversione della teologia alla pratica, centrata sulla problematica riguardante la comunicazione della fede nel
loggi.48 Ne unespressione per lo meno indicativa il progetto di Iniziazione
alla pratica della teologia degli anni 1980, che si prefigge appunto di produrre
45
Cf ivi 119-156. LA. offre anche un esempio di applicazione concreta di questo ciclo teo
logico-empirico (ivi 157-224). Quanto alla connessa problematica riguardante il rapporto tra
teologia pratica e altre scienze, si aggiungeranno alcune indicazioni nel cap. X ai nn. 3.2; 3.3.
46
Per una messa a punto di tale dibattito, cf SCHEPENS J., La Teologia empirica di J.A. van
der Ven e la sua recezione nellarea nord-europea, in Salesianum (1/1999) 101-113.
47
Cf HERMANS C.A.M.- MOORE M.E. (eds.), Hermeneutics and Empirical Research in Practical Theology. The Contribution of Empirical Theology by Johannes van der Ven (LeidenBoston 2004).
48
Cf DOR J., Le courants de la thologie franaise depuis Vatican II, in JOUSSA J-P. - SED
N-J. (edd.), Interprter. Hommage amical Claude Geffr (Paris 1992) 227-259; ADLER G., La
riflessione in area francofona, in StPat 43 (3/1996) 21-37.

Capitolo IX: Percorsi di teologia pratica nellarea cattolica...

285

un discorso teologico che, nel suo insieme, faccia immediato riferimento al


vissuto concreto e allattualit storica.49
Il quinto ed ultimo volume dellopera, che nella sua interezza si qualifica
come pratica della teologia, intitolato Pratica e intende proporre una spe
cie di trattato di teologia pratica. Due motivazioni, di peso differente, guidano
tale collocazione. La prima storica e riguarda la volont di non scostarsi
dallarticolazione usuale dellinsegnamento teologico che pone generalmente
alla fine le trattazioni teologico-pastorali. La seconda di sostanza e concerne
il senso di una riflessione teologica specifica centrata sulla pratica in unopera tutta di pratica teologica. Il compito di illustrarla affidato a Jacques
Audinet,50 eminente rappresentante della teologia pratica in ambito francofono.51
5.1. Successive comprensioni di pratica e di teologia pratica

Lautore imposta la sua ricerca su una comprensione di pratica che riferita al rapporto tra discorso teologico e realt concreta. A differenti concezioni
della pratica corrispondono altrettante configurazioni della teologia pratica.
Le variazioni logiche pi che cronologiche52 del rapporto tra riflessione teologica e realt sono ricondotte a tre momenti.
Un primo momento caratterizzato da un cristianesimo sacrale in cui vi
una sostanziale omogeneit tra i due fattori. In tale contesto, con il termine
pratica sintendono i comportamenti e le attivit umane per le quali il discorso
teologico si pone come normativo.
Ad esso succede un secondo momento caratterizzato dal processo di secolarizzazione, in cui vi la percezione di uneccedenza della realt rispetto
allimpresa teologica. A questo livello, il termine pratica denota larea del secolare e del profano, che la riflessione teologica cerca di annettersi, ampliando il
proprio campo e integrando la propria strumentazione scientifica.
A ci segue un terzo momento, quello attuale, segnato dalla scoperta di
unestraneit tra riflessione di fede e realt culturale. A questo punto, il voca-

Cf LAURET B. - REFOUL F. (ed.), Initiation la pratique de la thologie, 5 voll. (Paris 19821983) [ed. it.: Iniziazione alla pratica della Teologia, 5 voll. (Brescia 1986-1987)].
50
Cf AUDINET J., Quelles pratiques pour la thologie?, ivi V 9-18 [Quali pratiche per la
teologia?, ivi V 7-16].
51
Cf AUDINET J., crits de thologie pratique (Ottawa 1995). Nellopera lA. raccoglie vari
saggi di teologia pratica pubblicati nel corso di un trentennale impegno universitario, indicativi
di un progressiva passaggio, in area francofona, dalle varie teologie pastorali (emerse negli anni
1950 fino agli anni 1970) ai vari modelli o paradigmi di teologia pratica impostisi nei decenni
successivi del secolo XX.
52
AUDINET, Quali pratiche per la teologia? 8s.
49

286

Parte III: Attuali percorsi e progetti in ambito europeo

bolo pratica rimanda alle pratiche sociali e culturali contemporanee,53 nei


confronti delle quali il discorso teologico deve dimostrare di essere plausibile
e credibile.
In rapporto a questi tre differenti contesti pratici rintracciata una triplice
figura di teologia pratica. Nel primo momento essa intesa come applicazione,
marginale e non significativa, del sapere teologico ai comportamenti umani e
configurata come adattamento delle indicazioni teologiche alla realt mediante larte della guida delle anime.54 la classica figura di teologia pastorale
di tipo applicativo.
Nel momento successivo la teologia pratica diventa un nuovo commento,
certo originale nella misura in cui poggia sugli aspetti sociali o culturali contemporanei, pur collegandosi sempre con la grande corrente della teologia
costituita.55 la produzione teologica che ha preparato per tanti aspetti il
Vaticano II.
Nel terzo momento, di fronte allo scarto tra le pratiche sociali legittimate
dalla fede e le altre,56 la teologia pratica pu assumere il compito di ren
dere conto, con lausilio degli strumenti contemporanei, di ci che la realt
cristiana comporta: gruppo nello spazio e tradizione nel tempo. In essa si
tratta di un discorso che riguarda Dio, il Dio di Ges Cristo, in quanto si
inserisce nelle pratiche degli uomini, cio nei processi, nelle figure e nei funzionamenti dei gruppi umani.57
In questa visuale sinserisce la teologia pratica del volume: in effetti essa
presenta i grandi compiti della comunit cristiana nel mondo in funzione
di quella che possiamo chiamare la socialit cristiana o il tessuto della vita
cristiana in societ.58
Le aree di studio di una riflessione teologico-pratica cos delineata in mo
do piuttosto generale ripetono nella loro interezza argomenti propri della
teologia pastorale.59 Inedita, in certo senso, la problematica attinente i rap
porti del femminismo con la riflessione teologico-pratica. Illuminanti e per
tanti aspetti originali sono i brevi saggi riguardanti lanalisi dellazione religio
sa, la pratica del linguaggio in rapporto alla cultura e alla fede, il rapporto
tra azione, confessione e ragione, il cammino che va dalla pratica, allantro
Ivi 14; cf crites de thologie pratique 13-97 dove viene delimitato il campo della pratica
con particolare riferimento alla pratica della conoscenza, del comportamento etico e dei rapporti sociali con gli interrogativi che suscita circa lo specifico della pratica del cristianesimo.
54
Ivi 10.
55
Ivi 13.
56
Ivi 14.
57
Ivi 15.
58
Initiation I 13 [Iniziazione alla pratica della Teologia I 10].
59
Sono le seguenti: lesperienza personale, la relazione di ascolto e di consiglio con gli altri,
la catechesi, la predicazione, la liturgia, lanimazione dei gruppi, i vari servizi nella societ, la
riappropriazione da parte delle donne di una teologia modellata troppo unilateralmente da
uomini.
53

Capitolo IX: Percorsi di teologia pratica nellarea cattolica...

287

pologia della religione e da questa alla teologia e al cristianesimo, lemergere


di vari paradigmi di Chiesa di diversi tipi di teologia pratica.60
5.2. Rilievi valutativi

La critica teologica61 ha valutato positivamente il progetto di agganciare


saldamente il discorso teologico alla pratica senza peraltro sovvertire il quadro
usuale dellinsegnamento; ed inoltre il tentativo di giustificare teoricamente e
in modo nuovo una riflessione teologica specifica sulla pratica, senza disattendere la tematica tradizionalmente affrontata da questa disciplina.
Ma ha anche rilevato delle palesi lacune e degli innegabili limiti. Cos,
nonostante lattenta lettura interpretativa dei mutamenti circa leffettivo svi
luppo della teologia pratica, taluni passaggi importanti per la determinazione
dello statuto teologico rimangono piuttosto indeterminati. In particolare non
discusso lequivoco indotto dallo scambio tra pratica della teologia e teologia pratica, fra teologia pratica intesa come disciplina specifica nellinsieme
dellenciclopedia teologica e teologia pratica come forma o accentuazione da
attivare in tutte le discipline teologiche. Se, da un lato, non sintende pi rimanere entro i parametri delle comprensioni di teologia pratica storicamente
dati, dallaltro, soltanto suggerito, per allusioni la modalit di una teologia
pratica che renda conto compiutamente e riassuma in s le istanze di una pratica della teologia. La provocazione a rifondare le condizioni del lavoro teologico non accompagnata da sufficiente determinazione nellindicare strumenti
e metodologie.
E quanto alla teologia pratica, la sua configurazione assai concisa e al
lusiva e palesa uno scarto tra intenzioni enunciate per una pratica della teolo
gia ed effettive possibilit di realizzazione. In ogni caso, il volume appare
sprovvisto di un disegno dinsieme in grado di offrire una visione organica
e ragionata della pratica cristiana, a prescindere dal riconosciuto valore dei
singoli contributi.
6. ANNOTAZIONI CONCLUSIVE

Al termine di questa rapida presentazione della teologia pratica come


scienza dellazione, alcune costatazioni simpongono spontaneamente. La
configurazione di questa disciplina teologica come scienza dellazione o come
teoria della prassi religiosa ed ecclesiale ampiamente condivisa tra i pastora-

Cf crites de thologie pratique 101-258.


Cf SEVESO B., Libri di testo e insegnamento 270s.

60
61

288

Parte III: Attuali percorsi e progetti in ambito europeo

listi europei62 ed , senza dubbio, la corrente oggi preminente per non dire
predominante nellarea teologica di lingua tedesca.
Come si avr modo di costatare nei capitoli successivi, da tempo ha superato i confini confessionali e, pur nella molteplicit di proposte e progetti
differenti, riscuote larghi consensi in campo sia cattolico che protestante, per
cui presenta evidenti e rilevanti caratteristiche ecumeniche. In effetti, gli aspetti confessionali differenzianti sono, in fondo, marginali rispetto alle zone di
sostanziale convergenza. Ci dovuto allesigenza di un serio confronto della
riflessione teologico-pratica con le scienze umane dellazione e, soprattutto,
allurgenza di affrontare comuni problematiche che lattuale contesto sociale
pone alla prassi religiosa ed ecclesiale.
Va pure riconosciuto che il dibattito sui fondamenti di una teologia pratica impostata con rigore scientifico ha raggiunto un livello degno di considerazione. Ci non vuol dire che tutti i problemi abbiano ormai ottenuto
una soluzione soddisfacente, come appare dalla riflessione sviluppatasi negli
ultimi due decenni del secolo XX circa il rapporto tra teoria e prassi,63 tra
la teologia pratica e le altre discipline teologiche, e tra teologia pratica e le
scienze umane. Questioni queste, che verranno affrontate successivamente in
apposito capitolo.64

Questa scelta di fondo fatta propria, in ambito spagnolo, ad es., da F.J. Calvo e C. Floristan; in ambito francofono, ad es., da vari pastoralisti, di cui nel libro edito da B. Reymond e
J.-M. Sordet; in ambito britannico ad es. da Cartledge M. J. Tutti questi autori sono citati nella
nota bibliografica.
63
Cf METTE N., Von der Anwendungs- zur Handlungswissenschaft 61s.
64
Si veda il cap. X.
62

Capitolo X

QUESTIONI INTERCONFESSIONALI
DI TEOLOGIA PRATICA

Come si potuto costatare nei capitoli precedenti la ricerca di una configurazione plausibile di teologia pratica ha varcato i confini confessionali e le
numerose proposte sono chiaramente segnate da un costante dialogo ecumenico tra cattolici e protestanti. Ci risulta del tutto evidente su alcune questioni generali di teologia pratica prese in considerazione qui di seguito. Vanno
dagli anni 1960 a fine secolo XX.
1. TEOLOGIA PASTORALE E FORMAZIONE CLINICA DEL PASTORE
IN CAMPO EUROPEO

In campo europeo il movimento nordamericano della formazione clinica


del pastore (di cui si parler in altro capitolo) viene conosciuto attorno agli
anni 1960. Antesignani delle sue istanze sono due professori di Lovanio, R.
Hostie e A. Godin.1 Il suo approdo ufficiale in Europa avviene prima in
Olanda e successivamente in Germania, Inghilterra e Svezia con la creazione
di centri di clinical pastoral training.2 Negli ambienti protestanti generalmente recepito, anche se in modo critico. Nei paesi a maggioranza cattolica
viene introdotto in modo limitato e tra perplessit e difficolt. Il fatto che da
entrambe la parti ci si confrontati con procedimenti e interrogativi comuni
consiglia di non esporre in modo separato le rispettive posizioni.

Cf HOSTIE R., Lentretien pastoral (Paris - Bruges 1963); GODIN A., La relation humaine
dans le dialogue pastoral (Paris 1963).
2
Cf ZIJLSTRA W., Klinischpastorale vorming (Assen 1969) [trad. ted.: Seelsorge-Training.
Clinical Pastoral Training (Mnchen - Mainz 1971)]; STOLLBERG D., Pastoral Counseling, in
HPTh V 378-381; HARSCH H., Ein Vergleich zwischen der pastoralpsychologischen Ausbildung
in Deutschland und USA, in WPKG 62 (1975) 161-175.
1

290

Parte III: Attuali percorsi e progetti in ambito europeo

1.1. Il colloquio pastorale e litinerario formativo del pastore

Labbondante letteratura europea in merito presenta in modo pi o meno


ampio i vari aspetti del colloquio pastorale: la problematica attinente il suo
carattere non direttivo; i suoi modelli, quindi, il colloquio centrato sul cliente,
oppure centrato sul consulente, oppure ispirato alla collaborazione; la consulenza individuale, quella di gruppo e quella che combina luna e laltra per
raggiungere la persona nel campo di forze sociali da cui condizionata e in cui
interagisce; il procedimento e le tecniche di sperimentazione come lo studio
del caso, generalmente nel contatto diretto con una o pi persone, oppure sul
la base di un materiale gi elaborato; gli atteggiamenti del consulente-pastore
raggruppati attorno a due poli maggiori: lascolto inteso come funzione di
accoglienza e il consiglio considerato come funzione di discernimento.3
Tale letteratura descrive inoltre le componenti dellitinerario formativo al
colloquio pastorale. Il suo obiettivo lacquisizione e crescita non tanto di
conoscenze teoriche (non escluse), quanto piuttosto di sensibilit e capacit
operative. Il suo principio informatore learning by doing, ovvero il produrre una riflessione critica, psicologica e teologica, allinterno delle proprie
esperienze pastorali vissute. Il suo luogo tipico la clinica psichiatrica e lo
spedale generale, atteso il fatto che in nessun altro luogo sono presenti come
in essi il bisogno umano, la pressione del dolore, la disponibilit al colloquio
unita alla disponibilit di tempo imposta dalla necessit; inoltre il pi ampio
ambito rappresentato dalla comunit umana e cristiana.
Tra i metodi di apprendimento e di affinamento vengono applicati i seguenti: la discussione di un caso; lanalisi del colloquio sulla base della sua
verbalizzazione (verbatim) tratta dalla registrazione o dal ricordo, dove il vantaggio di questo secondo sta nel fatto che esso consente di evidenziare, nella
successiva discussione, come il consulente ha vissuto e descritto il colloquio;
le relazioni su un caso e il suo svolgimento (processonotes), che descrivono
un completo procedimento pastorale; il role-playing, in cui chi presenta
il caso assume generalmente il ruolo del proprio cliente; la visita in due agli
ammalati (dual calling), dove uno si limita a osservare; lautosperimentazione
della dinamica di gruppo in cui si acquisisce la percezione riflessa dei propri
sentimenti e di quelli degli altri, si avverte il polivalente carattere della comunicazione e la reciprocit dinflusso del comportamento proprio e altrui, e si
scopre linsuffic ienza della propria attitudine a incontrare laltro.
3
Oltre agli autori citati alle note 1 e 2, cf FABER H. - SCHOOT VAN DER E., La pratique
du dialogue pastoral (Paris 1973); STOLLBERG D., Therapeutische Seelsorge. Die amerikanische
Seelsorgebewegung. Darstellung und Kritik (Mnchen 1972); SAINT-ARNAUD Y., La consultation
pastorale dorientation rogrienne (Paris 1969); CLINEBELL H.J., Modelle beratender Seelsorge
(Mnchen 1971); SCHARFENBERG J., Seelsorge als Gesprch (Gttingen 1972); GODIN A., coute
et conseil, in LAURET B. - REFOUL F. (ed.), Initiation la pratique de la thologie (Paris 1983)
47-76.

Capitolo X: Questioni interconfessionali di teologia pratica

291

Lintervento del supervisore ritenuto determinante. Secondo le esigenze


dei distinti momenti del processo formativo, egli svolge il ruolo di ricercatore
insieme con gli studenti, di docente che offre informazioni teoriche, di osservatore, assistente e interprete del lavoro di gruppo.
Il curricolo formativo pu essere utilmente integrato da successive verifiche e da gruppi di studio dei casi giunti alla conclusione (gruppi di Balint),
dove, ad esempio, sincontrano regolarmente gli operatori pastorali di una
regione che hanno praticato il colloquio pastorale.4
1.2. Comprensione europea della proposta nordamericana

La recezione europea della proposta teologico-pastorale nordamericana,


ispiratrice di questitinerario formativo, preparata da una lunga tradizione
di contatti tra psicologia e teologia, ed favorita dallambiente di riforma de
gli studi teologici degli anni 1970.
Tuttavia, percepita come uninnovazione radicale non solo nel rinnovamento della formazione teologico-pastorale, ma nella concezione stessa della
teologia pastorale e, pi in generale, della teologia. In effetti, alla sua base
ravvisata una comprensione di teologia come teologia vivente, sperimentabile, che non si lascia facilmente integrare nelledificio teologico tradizionale,
anzi lo mette radicalmente in questione.
In tale proposta ravvisata, inoltre, una comprensione della teologia pastorale come teologia empirica, che viene descritta in riferimento non a un
settore del sapere teologico, ma allintera esperienza del pastore, intesa come
relazione interpersonale o come comunicazione: nel tessuto vivente di tale
esperienza vengono confrontate in modo sperimentale le preoccupazioni pastorali con lo sforzo di chiarificazione proprio della riflessione teologica e, in
tal modo, viene prodotta una teologia in atto (doing theology).5

Cf SPIEGEL Y., Clinical Pastoral Education, in Pastoraltheologie 56 (1967) 228-241; ID.,


Neue Tendenzen in Pastoral Counseling, in VuF 15 (1970) 47-71; PIPER H.-CH., PastoralKlinikum. Bericht aus dem ersten europischen Zentrum fr Klinische Seelsorge-Ausbildung
in den Niederlanden, in Reform 3 (1969) 68-76; HAARSMA F., De pastorale wetenschappen te
Nijmegen. Een Orintatie, in VTh 39 (1969) 333-350; ID., Supervision: ein Modell von Reflexion kirchlicher Praxis, in PThH 609-623; ID., Weiterfhrende pastorale Bildung in Holland, in
ERHARTER H. (u.a.), Prophetische Diakonie (Wien 1977) 97-112; BECKER W. (Hrsg.), Klinische
Seelsorgeausbildung. Clinical Pastoral Education (Frankfurt 1972); ANDRIESSEN H., Leren aan
ervaring en supervisie (Nijmegen 1975) [trad. ted.: Pastorale Supervision. Praxisberatung in der
Kirche (Mnchen - Mainz 1978)].
5
Cf STOLLBERG D., Therapeutische Seelsorge 8; SCHARFENBERG J., Seelsorge als Gesprch
163; HARSCH H., Ein Vergleich 161; STOLLBERG D. - KLESSMANN M., Fnfzig Jahre 355; PIPER
H.-CH., Theologische Perspektiven und Erfahrungen in der klinischen Seelsorgeausbildung, in
BECKER W. (Hrsg.), Klinische Seelsorgeausbildung 131.
4

292

Parte III: Attuali percorsi e progetti in ambito europeo

La letteratura europea rileva le obiezioni che la teologia tradizionale muo


ve a questimpostazione del fare teologia: la costatazione dellassunzione mas
siccia dei metodi psicologici, a cui fa contrasto la mancanza di unadegua
ta giustificazione teologica delle proposte, in quanto il richiamo a categorie
esplicitamente teologiche o assente o semplicemente allusivo o estrinseco
col ricorso successivo alle tesi teologiche di Tillich e di Niebuhr; la configurazione della fede come forza dintegrazione psichica e sociale; pi a monte
ancora, la percezione di un salto teoretico dovuto al fatto che la teologia del
movimento ha gi assunto ed elaborato le conoscenze della moderna ricerca
della comunicazione attinente il significato dei processi comunicativi non-verbali, prelogici ed emozionali, favorendo la tematizzazione del coinvolgimento
della persona nellevento pastorale e abbandonando il privilegio accordato
allaspetto dottrinale e allelaborazione concettuale.6
Rileva pure i tentativi di legittimare teologicamente il programma pastorale
nordamericano, ispirato alla teologia delle relazioni di Tillich. Sono riconducibili a questi asserti. Conformemente alla Rivelazione biblica che si attua
pi in eventi che in enunciati dottrinali, lattuale autocomunicazione di Dio
siscrive nellesperienza globale delluomo, per cui le relazioni interpersonali
costituiscono i canali, imperfetti ma rilevanti, dellamore salvifico divino. In
questa prospettiva, la fede non adesione angosciosa a formule tramandate,
ma capacit di parteciparsi agli altri sulla base di unoriginaria fiducia. Lazione pastorale di annuncio della Rivelazione partecipare se stessi e il proprio
amore agli altri, dato che nella relazione interpersonale si rivelano la grazia e
il giudizio di Dio. I meccanismi di autodifesa e di rigetto che ostacolano una
comunicazione autentica sono segni tipici della peccaminosit umana.7
1.3. Piste di approfondimento teologico del programma pastorale

Nellarea europea emerge in modo particolare lesigenza di conferire una


pi consistente fondazione teologica al movimento pastorale in esame. Al riguardo vengono segnalate alcune piste di approfondimento, in cui il colloquio
pastorale concepito in definitiva come luogo teologico, in base al quale
possibile delimitare pi adeguatamente il rapporto complesso tra Rivelazione,
fede e teologia.8
Una prima pista rilegge la consulenza pastorale in un orizzonte protestante
tradizionale. Latteggiamento del pastore nella relazione di aiuto vista come
6
Cf STOLLBERG D., Therapeutische Seelsorge 140-144; SPIEGEL Y., Clinical Pastoral Education 238s; PIPER H.-CH., Theologische Perspektiven 131; HARSCH H., Ein Vergleich 164s.
7
Cf STOLLBERG D., Therapeutische Seelsorge 29-31 236; STOLLBERG D. - KLESSMANN M.,
Fnfzig Jahre 360.
8
Cf ad es. De pastor in het gesprek. Een naheschouwing, in ThP 67 (1971) 207-217.

Capitolo X: Questioni interconfessionali di teologia pratica

293

traduzione moderna del trasmettere il puro vangelo (pure docere evangelium).


I limiti e la debolezza che il pastore sperimenta nel dialogo pastorale sono interpretati alla luce della theologia crucis. I processi che avvengono nel gruppo
sono considerati espressione del colloquio vicendevole e della consolazione
fraterna (mutuum colloquium et consolatio fratrum). Vangelo, fede, amore, grazia, perdono sono interpretati in termini di comunicazione umana autentica, e
la loro ideologizzazione come fenomeno distorsivo della comunicazione.9
Di fronte allobiezione di successiva copertura teologica di un procedimen
to di per s psicologico, una seconda pista tenta di mettere in luce gli elementi
di una teologia implicita nel colloquio pastorale. Non nel senso di evidenziare la dimensione teologica di dati solo psicologici, ma, assumendo la prassi
pastorale come unit, nel senso di chiarire in modo scientifico come in essa
confluiscano contenuti della tradizione cristiana e tecniche terapeutiche di
relazione daiuto, e di dimostrarne la loro congruenza con il contesto ecclesiale in cui tale prassi ha luogo, in un atteggiamento di apertura delluomo al
futuro. Il rapporto tra psicologia e teologia implicato in questo programma
presentato come di sua natura dialettico. Verit psicologica e verit teologica non costituiscono due compartimenti stagni. Occorre allora ripensare la
verit psicologica su colui che la verit: Ges Cristo. Non consentito alla
teologia prescrivere norme alla psicologia. Daltra parte, illusorio trasferire
determinate conoscenze psicologiche intese come pura prassi nellagire pastorale, perch alla loro base vi sono presupposti teologici. compito della
teologia stabilire una disputa teologica con le scienze delluomo per renderle
consapevoli della loro antropologia o teologia latente.10
Una terza pista critica la concezione di teologia sottesa allobiezione di
carente teologicit rivolta al programma clinico-pastorale, e propone una diversa concezione teologica capace di legittimare tale programma.
La teologia che muove detta obiezione quella elaborata secondo le scienze dello spirito: la filosofia, la linguistica, le scienze storiche. Il reciproco influsso tra fede e sapere non pu essere ridotto unilateralmente allo stadio di
un sapere teologico datato e prodotto da tali scienze. Occorre prendere atto
di un pi ampio orizzonte culturale in cui si rapportano prospettive teologiche
e prospettive profane. Se la teologia cosiddetta classica ricorsa alle scienze
dello spirito, la teologia pratica ricorre, a pari titolo, alle scienze umane del
lazione.
Il richiamo positivo al messaggio biblico, che non indipendente dalla
visione del mondo propria del tempo, dimostra che laccusa di psicologismo
e la denuncia del pericolo di fare proprie le concezioni antropologiche sottese
alle scienze empiriche sono teologicamente inconsistenti. Come testimonianCf PIPER H.-CH., Pastoral-Klinikum 73-75; ID., Theologische Perspektiven 132-136.
Cf LPPLE V., Anstze zur Ausbildung einer theologischen Theorie der Seelsorge, in EvTh
35 (1975) 3-14 ed anche SCHARFENBERG J., Seelsorge als Gesprch 164s.
9

10

294

Parte III: Attuali percorsi e progetti in ambito europeo

za della fede nella riflessione e nella preghiera, la teologia chiamata ad assumere la totalit delle prospettive culturali attuali. Di conseguenza, la qualifica
teologica di un sapere dipende dal suo rapporto non con uninesistente teologia in s, ma con una prospettiva di fede. Per cui ogni scienza pu diventare
disciplina teologica attraverso una prospettiva teologica.
Questa definizione di teologia integrata da un secondo asserto secondo
cui la scienza diventa teologia attraverso la sua funzione nella chiesa.
Tale tesi, tradizionale nella teologia protestante a partire da Schleiermacher,
interpretata nel contesto delle scienze empiriche: linteresse della teologia alla
Chiesa il frutto di un suo interesse alla comprensione del mondo tramite le
scienze dellazione. In conclusione, non esiste nessuno studio principale di teologia, ma solo lo studio di singole scienze profane nellinteresse della Chiesa come del singolo. Fare teologia vuol dire accettare le scienze [del mondo
profano e secolare] come scienze di Dio e in questo senso come teologia.
La teologia pratica configurata nel quadro di questa concezione di teologia: essa si costituisce nel dialogo tra fede e scienze dellazione. Il suo testo o
ambito di ricerca il qui-ora delluomo rapportato alla Chiesa. In tale situazione luomo condizionato dalla memoria del passato (tradizione biblica e
postbiblica) e dalle attese di fronte al futuro (proiezione), ma il suo qui-ora
si manifesta anche in molteplici interazioni, specialmente sociali e politiche,
nonch in una complessa dinamica intrapsichica. Il compito fondamentale
della teologia pastorale quello ermeneutico o interpretativo che si muove
tra tradizione, situazione e proiezione, perch deve mediare tra lesperienza
e il diritto degli antenati da un lato, lesperienza e il diritto dei contemporanei dallaltro, e assumere insieme la responsabilit per un futuro degno del
luomo in senso cristiano. Il suo obiettivo elaborare la norma di fede per il
qui-ora umano ed ecclesiale. Il suo criterio interpretativo costituito dalla
presenzialit o contemporaneit della Rivelazione divina, compresa inoltre co
me comunicazione. La Rivelazione non identica alla tradizione, per cui non
consentito scambiare il richiamo degli umanisti ad fontes con un richiamo
ad revelationem. Essa si realizza sempre di nuovo nella situazione di dialogo,
nella comunit in cui la comunione evangelica si esprime in comunicazione
(Mt 18,19s). Per la teologia pastorale, la Rivelazione di Dio si schiude quiora, certamente anche nellincontro di testi e tradizione con noi qui-ora, ma
precisamente con noi (scienze umane) qui-ora (scienze empiriche). questa la prospettiva teologica in cui questa disciplina teologica si colloca nel
lassumere le scienze sociali e dellazione.11

Cf STOLLBERG D., Die Wissenschaften werden Theologie. Gegen das Verstndnis einer
Theologie als Geisteswissenschaft, in EvKom 7 (1974) 17-20; ID., Praktische Theologie, in
PWPA (1975) 846-848 [trad. it.: Teologia pratica, in GASTAGER H. - GRIESL G. (edd.), Dizionario di antropologia pastorale (Bologna 1980) 1143s].
11

Capitolo X: Questioni interconfessionali di teologia pratica

295

2. IL RAPPORTO TRA TEORIA E PRASSI IN TEOLOGIA PRATICA

Lo studio del rapporto tra teoria e prassi una delle strade in cui si sono
intrapresi massicci tentativi per definire lo statuto epistemologico della teologia pratica. Si tratta di una problematica latente negli anni 1960 e rimasta
per lo pi inesplorata nel Manuale. Come si potuto costatare, esso simpo
ne sia in campo cattolico che protestante attorno agli anni 1970,12 e suscita
un vasto dibattito interconfessionale nellambito di questa disciplina. Qui di
seguito si riassumono alcuni contributi significativi prodotti da pastoralisti
cattolici, integrativi di quelli finora esposti.
2.1. La tensione bipolare tra teoria e prassi secondo N. Greinacher13

Un primo contributo illuminante offerto dal noto pastoralista Norbert


Greinacher, il quale fa proprie alcune intuizioni della Scuola di Francoforte e
le innesta nella problematica propria della teologia pratica, avendo presente il
pensiero dei pastoralisti protestanti sopra recensiti.
Egli parte dallidea che il rapporto tra teoria e prassi diviene problematico nella Chiesa soprattutto quando questa attraversata da una crisi diden
tit e non pi sicura della sua funzione nella societ. Di fatto, il problema
si posto ed stato percepito nellultimo periodo; oggi si in grado di tematizzarlo meglio ovvero dimpostarlo in maniera riflessa; e ci entra nei compiti
attuali della teologia pratica.14
Nellambito di questa disciplina, prassi sta ad indicare la prassi ecclesiale,
cio lagire di singoli e di gruppi, sia che tale agire si presenti pubblicamente
come ecclesiale, sia che come tale venga inteso dagli interessati.15 Teoria sta
a indicare una teoria teologica, cio un complesso coerente di asserti normativi, che si orientano allevento Ges e alla storia della sua tradizione, e inoltre
allattuale prassi ecclesiale e allodierna congiuntura sociale. In quanto si
riferisce allevento Ges e alla storia della sua tradizione, la teologia pratica
sviluppa un discorso di tipo deduttivo; in quanto invece si riferisce allattuale
prassi ecclesiale e situazione sociale produce un discorso di tipo induttivo. Si
Cf ad es. MIETH D., Praxis ohne Theorie?, in Diakonia / Die Seelsorge 2 (1971) 150-162.
Cf GREINACHER N., Theologie im Spannungsverhltnis zwischen Theorie und Praxis, in
NEUENZEIT P. (Hrsg.), Die Funktion der Theologie in Kirche und Gesellschaft (Mnchen 1969)
156-170; ID., Das Theorie-Praxis-Problem in der Praktischen Theologie, in PThH 103-118. Nel
lesposizione si riassume questo secondo contributo.
14
Ivi 103s.
15
Ivi 104s. LA. si scosta da Otto G., ma solo da un punto di vista formale, in quanto ritiene
che il vasto ambito della religione nella societ sia oggetto di studio non della teologia pratica
ma delletica. Riconosce per altro che i confini tra le due discipline sono fluidi e che esse devono lavorare insieme.
12
13

296

Parte III: Attuali percorsi e progetti in ambito europeo

potrebbe anche dire che essa ha il compito di elaborare in modo scientifico


una politica della Chiesa, nel senso che deve offrire un pensiero circa lagire
della Chiesa nella societ.16
In tale elaborazione va tenuto presente che non c una teoria teologica
allo stato puro dellagire della Chiesa. La teoria sempre mediata storicamente e condizionata socialmente. Va tenuto presente inoltre che c una prassi
inconsapevole, ma mai una prassi priva di teoria. La prassi sempre condizionata da una teoria. Colui che non se ne rende conto, cade in una prassi
ideologica. importante allora avere una corretta concezione del rapporto
che intercorre tra prassi e teoria.17
Secondo Greinacher, va rigettato un primato della teoria sulla prassi come
avvenuto a lungo, in sede di teologia pratica, e come continua ad avvenire,
almeno in parte, tuttora. Tale predominio non d il dovuto peso allevento
Ges, il cui messaggio stato annunciato sempre attraverso il confronto con
specifiche situazioni individuali e sociali. Inoltre va tenuta nel debito conto
la convinzione dei credenti, secondo cui lo Spirito di Dio continua a essere
attivo nella prassi ecclesiale, alla quale va data, quindi, la qualifica di locus
theologicus.18
Daltra parte, va rigettato un primato della prassi sulla teoria come, consciamente o no, sostenuto sia da alcune correnti marxiste, sia da alcuni sociologi della Chiesa e da alcune autorit ecclesiastiche. Il primato riservato
alla prassi non necessariamente segno o fattore di progresso. Una tale posizione serve, in ultima analisi, solo al consolidamento dello status quo nella
Chiesa.19
Ed ecco la tesi centrale difesa dallautore: Il rapporto tra teoria teologica
e prassi ecclesiale pu essere definito non da una completa separazione delle
due grandezze, e neppure da una loro identificazione, ma da ununit dialettica bipolare. Il passaggio dalla teoria alla prassi e, viceversa, dalla prassi alla
teoria comporta un cambio qualitativo. La teoria necessita sempre di essere
verificata o falsificata dalla prassi. La prassi esige sempre la teoria che la trascenda. Al riguardo lautore si appella agli scritti di Th. Adorno che cita
ampiamente.20
Richiamandosi alla teoria critica e alla sua applicazione in teologia pratica
da parte di alcuni pastoralisti protestanti, afferma: Nel quadro della teologia
pratica, la teoria deve essere teoria critica. Ci significa, da un lato, che la
teoria deve lasciarsi continuamente mettere in questione da parte della prassi.

Ivi 105s.
Ivi 106-108.
18
Ivi 108s.
19
Ivi 109s.
20
Ivi 110s.
16
17

Capitolo X: Questioni interconfessionali di teologia pratica

297

Daltro lato, ci significa che, in base allevento Ges e alla storia della
sua tradizione, in base alla razionalit critica collettiva divenuta realt storica e in base alle conoscenze mutuate dalle scienze non teologiche, la teoria
deve riflettere criticamente sulla prassi ecclesiale, in vista della liberazione
delluomo. Una teologia pratica cos concepita avr forse spesso il compito
pi di criticare e falsificare la prassi ecclesiale che quello di legittimarla.21
In effetti, la prassi della Chiesa nella societ deve essere una prassi critica.
Ci vuol dire che essa deve costantemente riflettere sulle sue premesse teoretiche, sulle sue implicanze e sui suoi obiettivi, sulla propria efficienza e sui
propri risultati. Per favorire nella Chiesa tale prassi critica, la teologia pratica
deve sviluppare una critica allideologia immanente nella prassi ecclesiale.22
Lattuazione concreta di una teologia pratica cos concepita pu avvenire
solo nel confronto dialogico tra i differenti operatori ecclesiali (pastori, auto
rit ecclesiastiche, teologi...), e inoltre nel confronto con altri agenti che operano nel campo sociale. Tutto questo non possibile in un sistema ecclesiale
autoritario. Si richiede, invece, lesistenza di uneffettiva opinione pubblica
intraecclesiale e della sperimentazione, il che suppone pure la possibilit del
lerrore, ammessa per principio.23
Quanto agli strumenti che consentano tale attuazione: per il corretto passaggio dalla teoria alla prassi privilegiato il modello. Esso rappresenta un
livello medio di astrazione tra, da una parte, la teoria, il principio, la legge e,
da unaltra parte, la prassi, limperativo e la ricetta. Pur non potendo dare
delle direttive, il modello indica, in modo esemplare e impegnativo, come una
teoria pu essere trasportata nella prassi. Su un altro versante, per il corretto
passaggio dalla prassi alla teoria il mezzo importante indicato lesperienza,
e soprattutto lesperienza del contrasto secondo la formula di Schillebeeckx,
cio lesperienza dellopposizione, delle resistenze e di tutte quelle esperienze
negative o dolorose attraverso cui luomo scopre la sua missione storica.24
La formulazione dialettica del rapporto tra teoria e prassi consente di con
figurare la teologia pratica nella forma di ermeneutica teologico-pratica, che
si colloca accanto allermeneutica storico-critica come prospettiva necessaria
della teologia. Mentre lermeneutica storico-critica opera la mediazione tra
levento Ges e la prassi attuale, facendo in modo che il primo passi nella
seconda, lermeneutica teologico-pratica opera la mediazione tra la prassi
attuale e levento Ges continuato nella storia della sua tradizione. Tutti due
i tipi di ermeneutica sono costitutivi della teologia e quello teologico-pratico
riveste un particolare significato per la teologia nel suo complesso.25
Ivi 111s.
Ivi 113.
23
Ivi 113s.
24
Ivi 114s.
25
Ivi 115s.
21
22

298

Parte III: Attuali percorsi e progetti in ambito europeo

La messa in atto di una teologia pratica concepita nei termini indicati consente, secondo Greinacher, di superare il pericoloso circolo sia di un sistema
deduttivo di ricette, sia di un adattamento ideologico alla situazione. Consente inoltre di elaborare una disciplina essenzialmente aperta e inserita in un
processo dinamico. In effetti, una teologia pratica intesa come teoria critica
della prassi ecclesiale nella societ non si riferisce unicamente allevento Ges
e alla storia della sua tradizione, non si riferisce solo in modo normativo al
lattuale prassi della Chiesa, ma si fa carico del compito di trascendere lo
status quo teorico e pratico della vita ecclesiale e di anticipare e modellare il
futuro della Chiesa.26
2.2. La teoria al servizio della vera prassi credente secondo K. Leh
mann27

Un altro autore che ravvisa nel rapporto tra teoria e prassi il problema
chiave per la fondazione scientifica della teologia pratica il dogmatico Karl
Lehmann. Per inquadrare tale problema, premette una ricognizione storica
delle concezioni filosofiche in merito degli ultimi due secoli, perch a esse la
teologia pratica ha fatto riferimento nel definire il proprio statuto.28
Il rapporto di questa disciplina con la prassi ecclesiale individuato nella
tensione fra levento salvifico definitivo in Ges Cristo e il mondo di fatto
non ancora salvato, con le sue sofferenze e le sue ingiustizie. Di qui scaturisce la missione della Chiesa: attualizzare tale evento salvifico nella storia
umana. La teologia pratica sinteressa appunto di questo movimento di attua
lizzazione, perch non si deve separare lautoconsapevolezza della fede dalla
sua attuazione concreta. Tale relazione della fede al futuro salvifico da realizzare destituisce di ogni fondamento la presunzione di autosufficienza della
teoria e proibisce ogni tentativo di egemonia di questa sulla prassi.29
In base a queste premesse viene delineato il tipo di rapporto tra teoria e
prassi utilizzabile in sede di teologia pratica. Innanzitutto il concetto di prassi
a cui ci si deve riferire devessere assai comprensivo: Come teoria di una
prassi, la teologia pratica deve innanzitutto supporre le espressioni della vita
della Chiesa e le prassi della fede cristiana. Ci facendo, deve guardarsi dal
lavorare con unidea di prassi troppo ristretta, riducendola ad es. allagire
spontaneo oppure alla manipolazione deliberata. Deve invece prendere in
considerazione tutte le forme di azione e tutti i comportamenti pratico-esi
Ivi 117s.
Cf LEHMANN K., Das Theorie-Praxis-Problem und die Begrndung der Praktischen Theologie, in PThH 81-102.
28
Cf ivi 81-90.
29
Cf ivi 90-92.
26
27

Capitolo X: Questioni interconfessionali di teologia pratica

299

stenziali riferibili alla fede cristiana e alle loro manifestazioni, ivi comprese
quelle che non rivestono alcuna efficacia evidente o semplicemente control
labile: la preghiera, la contemplazione, il culto, lascolto, il silenzio. Deve
inoltre prendere in considerazione il potenziale di senso presente nella prassi
stessa, il quale si svela pienamente nella realizzazione effettiva, senza che sia
possibile prescriverlo dallesterno. Tale prassi non arazionale n riconducibile a principi generali: essa contiene un sapere complesso.30
La teoria, a sua volta, devessere innanzitutto animata dallinteresse per la
verit. Linsistenza sullimportanza della conoscenza della verit ci che, se
condo Lehmann, va conservato dellantica visione delle cose che attribuiva il
primato alla teoria, alla contemplazione, allidea, al pensiero. Essa teoria critica: solleva, quindi, interrogativi radicali nei confronti della prassi ecclesiale
e mantiene le distanze dalla medesima. Tutto questo significa che lefficienza
non pu essere assunta come criterio di verit e che la teoria non necessariamente collegata al bisogno sociale, anche se va riconosciuta lopportunit
che essa sia radicata nelle esigenze del proprio tempo. In effetti, la teologia
pratica non pu essere mai troppo teorica, perch solo a tale condizione
pu assolvere in modo duraturo il suo ruolo di critica al serviziodella vera
prassi credente. In pratica, lunit di teoria teologica e prassi ecclesiale sar
tanto pi forte quanto meglio sar mantenuta la loro differenza.31
Secondo lautore, il tipo di rapporti fin qui proposto dovrebbe essere capace di rappresentare lunit di teoria e prassi. Ma ammette che i modelli
concettuali in proposito elaborati (mediazione, unit bipolare, unit dialettica,
sintesi di opposti, identit differenziata) appaiono intrinsecamente limitati,
perch rivestono un senso molteplice ed difficile configurarli concretamente. In particolare, ritiene discutibile che il concetto habermasiano di interesse
rappresenti una mediazione rilevante di teoria e prassi.32
In ogni caso, viene riconosciuto alla prassi un ambito pi vasto rispetto alla
teoria: nessuna teoria premunisce dai rischi della scelta, e senza scelta non si
d prassi. Siccome lagire ecclesiale agire responsabile perch espressione
di libert, e le decisioni sono caricate di rischio, tanto pi alto quanto pi la
prassi si differenzia nettamente dalla teoria, da escludere una concezione
puramente strumentale dellazione ecclesiale, e non giustificabile in teologia
pratica una mentalit tecnocratica. In altre parole, il problema del rapporto teoria-prassi non pu essere trattato in maniera conveniente se non ci si
preoccupa della questione del soggetto che agisce. A questo riguardo, per
Lehmann, la filosofia dellazione di Blondel potrebbe offrire un valido contributo nella riflessione sui presupposti e i compiti della teologia pratica.33
Ivi 92-95.
Ivi 95-98.
32
Cf ivi 98s.
33
Cf ivi 100s.
30
31

300

Parte III: Attuali percorsi e progetti in ambito europeo

2.3. Teoria di una prassi basata sul rapporto personale con Dio secondo J. Heinrichs34

Un ordine didee analogo a quello di N. Greinacher e K. Lehmann pure


seguito dal dogmatico Johannes Heinrichs il quale, al pari di essi, sviluppa
la sua riflessione nel contesto culturale del necessario rapporto tra teoria e
prassi, impostosi soprattutto a partire da Hegel e Marx.
Alla base della sua ricerca pone il chiarimento dei concetti di prassi e di
teoria. Intesa in senso specifico, la prassi indica la configurazione interiore
del soggetto in rapporto allaltra realt. Considerata in riferimento alla pras
si, la teoria definita come assunzione della realt nel soggetto. Prassi e
teoria presentano molteplici aspetti che si corrispondono. A una prassi fisica connessa con levidenza sensibile corrisponde una teoria empirica; a una
prassi spirituale-comunicativa di tipo teoretico (desideri, opinioni, intenti)
corrisponde una teoria teoretica; a una prassi dialogale propria dei rapporti in
terpersonali corrisponde una teoria pratica. La teologia si colloca nellambito
dellinterazione personale e sinteressa, quindi, di una prassi dialogale. Infatti,
la fede e la carit che costituiscono i valori fondamentali del cristianesimo
vanno considerate strutturalmente come prassi dialogale ovvero come unit
mediata di teoria e prassi.35
Se si comprende la teologia come riflessione esistenziale sulla fede, condotta con limpiego di strumenti scientifici, cio come scienza della fede, essa
va qualificata come pratica nel suo insieme, perch si riferisce alla prassi
nel suo punto di partenza e nel suo obiettivo finale. Ma nel corso della sua
progressiva articolazione in varie discipline, se n imposta una che assume
espressamente come proprio oggetto formale il rapporto tra teoria e prassi:
appunto la teologia pratica.
In effetti, allinterno di tale disciplina, la mediazione teoria-prassi non
un problema accanto ad altri problemi; esso definisce, invece, il compito
fondamentale di questa scienza. La giustificazione teologica di tale asserto
ravvisata appunto nella struttura dialogale della fede e della carit.36
Questa dimensione spirituale, personale e comunicativa della prassi cristiana deve essere presa in considerazione costantemente da parte della teologia pratica, perch fondamentale, in quanto corrisponde al carattere irriducibile della persona di fronte a Dio, alla radicale esigenza che la persona ha
di dare un senso alla propria esistenza, e allimpossibilit di ridurre la verit
allutilit.
34
Cf HEINRICHS J., Theorie welcher Praxis? Theorie-Praxis-Vermittlung als die Grundfrage
Praktischer Theologie, in BERTSCH L. (Hrsg.), Theologie zwischen Theorie und Praxis. Beitrge
zur Grundlegung der Praktischen Theologie (Frankfurt a.M. 1975) 9-85.
35
Cf ivi 15-28 35-37 78.
36
Ivi 78.

Capitolo X: Questioni interconfessionali di teologia pratica

301

Oltre a questambito primario, la teologia pratica deve interessarsi pure


necessariamente di un ambito secondario, che consiste nella traduzione della
realt spirituale e personale della fede nella sfera sociale. Ci postula una teoria sociale sviluppata. Dato che la fede e la carit, oggetto della sua riflessione,
sono espressione di libert e di una comunicazione intersoggettiva autentica,
la teoria sociale che meglio si addice alla teologia pratica quella che presiede
una societ pluralista. possibile, infatti, configurare tale societ come quella
pi affine al cristianesimo.37
La teologia pratica non si limita a sviluppare una teoria generale sul rapporto tra teoria e prassi in riferimento a un oggetto particolare come la
Chiesa e il cristianesimo. Essa prende in considerazione la fede cristiana, la
quale essendo un modo di essere altra cosa da una dottrina e il contrario
di unideologia. Tale caratteristica della fede determina una comprensione
specifica del rapporto tra teoria teologica e prassi cristiana. Di fatto, il carattere di prassi dialogale proprio della fede e della carit offre un punto di
riferimento critico di fronte a una riduttiva concezione dellortoprassi che
sfocia nel pragmatismo.
Nella misura in cui lideologia pu essere definita come discrepanza tra
teoria e prassi, fa parte del compito critico della teologia pratica sviluppare
una critica dellideologia.
Se la teoria critica non viene fraintesa come teoria critica parassitaria
e puramente negativa, la teologia pratica pu configurarsi, allinterno della
teologia, anche come teoria critica, cio come disciplina della critica reciproca
tra teoria e prassi. Va per precisato che essa non pu schierarsi senzaltro
sotto la bandiera della teoria critica della Scuola di Francoforte. La differenza [tra le due] sta nel fatto che la teoria critica si riferisce primariamente a
dati effettivi della societ, mentre la teologia nel suo complesso e, con essa, la
teologia pratica si riferisce primariamente alla fede in Ges Cristo e, quindi,
a un rapporto interpersonale determinato, a una prassi dialogale [...]. Non
pu, di conseguenza, ridursi a evidenziare, secondo una critica negativa, le
contraddizioni operanti nella prassi vigente (anche se deve farlo e pi spesso
del solito); pu e deve, invece, criticare tale prassi a partire da un punto di
riferimento che si situa al di l della prassi effettiva, e inoltre offrire una teoria
affermativa.38
Costruita sulla certezza della fede e delle sue affermazioni e impegnata a
confrontarsi, partendo da tale piattaforma, con le realt contingenti in cui
avviene lagire umano, la teologia pratica assume una connotazione positiva.
Oltre a una forma di critica nel senso indicato, la teologia pratica una dottrina riguardante gli ambiti in cui si esercita il potere di giudizio, inteso in
senso kantiano come capacit di riflettere sul particolare nel quadro di regole,
Cf ivi 44-59 e 79s 83.
Ivi 80 76 e 60-77.

37
38

302

Parte III: Attuali percorsi e progetti in ambito europeo

principi e norme generali. In effetti, al potere di giudizio dei singoli credenti


e delle autorit essa offre conoscenze, concezioni e regole generali non ancora
contenute nella teologia sistematica. Come teoria, essa elabora una dottrina,
sempre limitata, circa la mediazione tra teoria e prassi, ma non sidentifica
immediatamente con tale mediazione, perch attuare questa compito del
potere di giudizio, il quale, propriamente parlando, non pu essere appreso,
ma solo esercitato.39
2.4. Attuali tracciati

La riflessione teologico-pratica degli anni 1980-1990 che affronta la tematica del rapporto tra teoria e prassi, non con semplici cenni ma in modo
variamente diffuso, si mossa lungo i seguenti tracciati:
1. La rilettura critica della storia della teologia pratica diretta, da un lato, a
chiarire i molteplici significati rivestiti dalle parole chiave teoria e prassi e le
differenti comprensioni del loro rapporto e, da un altro lato, a giustificare la
recente configurazione della teologia pratica come scienza dellazione.40
2. Laccertamento dei principi di una scienza dellazione e della loro implicanza in sede di teologia pratica. La prassi credente ed ecclesiale va concepita come prassi comunicativa e, quindi, in termini di rapporti intersoggettivi.
Lintero discorso teologico pratico (teoria) va, allora, costruito in tale prospettiva etica delle relazioni interpersonali.41
3. Una pi articolata comprensione della prassi credente ed ecclesiale. Viene
sottolineata lesigenza di superare inveterate concezioni dualiste che separano
fede e azione, con lassunzione di una visione integrale della prassi cristiana ed
ecclesiale, in cui agire e credere sono strettamente uniti, come rilevabile ad
es. nelle azioni elementari del testimoniare e del confessare la fede. A questo
riguardo si dimostra di fondamentale importanza rivisitare la prassi di Ges
di Nazaret centrata sulla rivelazione della presenza del Regno di Dio nella
storia.42 Inoltre viene evidenziato il ruolo che elementi biografici giuocano
nellagire dei fedeli e della Chiesa e, quindi, il posto che la categoria biografia con i suoi contenuti accertati scientificamente deve avere nella riflessione
Ivi 71-73.
Cf ad es. METTE N., Theorie der Praxis; ID., Von der Anwendungs- zur Handlungswissenschaft, in FUCHS O. (Hrsg.), Theologie und Handeln 50-63; OTTO G., Selbstverstndnis, Systembildung und Darstellungsform der Praktischen Theologie, in ThPr 19 (1984) 202-221.
41
Cf PEUKER H., Was ist eine praktische Wissenschaft? Handlungstheorie als Basistheorie der
Humanwissenschaften: Anfragen an die Praktische Theologie, in FUCHS O. (Hrsg.), Theologie
und Handeln 64-79.
42
Cf ARENS E., Elementare Handlungen des Glaubens, in FUCHS O. (Hrsg.), Theologie und
Handeln 80-101; ID., Christspraxis: Grundzge theologischer Handlungstheorie (Freiburg, Basel, Wien 1992).
39
40

Capitolo X: Questioni interconfessionali di teologia pratica

303

teologico-pratica riguardante la descrizione, valutazione e progettazione del


lazione ecclesiale.43
4. La messa a punto del rapporto tra teoria e prassi. La teologia pratica va
compresa come teoria critico-costruttiva elaborata nellorizzonte della fede in
Cristo, teoria attinente la prassi cristiana ed ecclesiale, considerata nelle sue
forme comunicative orientate a un obiettivo. Lattuazione di un tale tipo di riflessione comporta il superamento di vari dualismi tuttora rilevabili negli operatori ecclesiali e nei pastoralisti. Il superamento del dualismo di teoria e di
prassi e, cio, di una prassi che si riduce a pragmatismo privo di unadeguata
fondazione teorica, e di una teoria tanto generale e astratta da risultare inutile
per la prassi concreta. Il superamento del dualismo soggetto oggetto riscontrabile nei vari tentativi di teologia sopra o per il popolo: per ovviare a tale dualismo occorre mettere in opera una riflessione teologica che renda giustizia alla
prassi credente ed ecclesiale dei fedeli nel loro insieme. Il superamento del
dualismo tra sapere critico e sapere costruttivo rilevabile, ad esempio, quando
la teologia pratica assume acriticamente teorie critiche della societ prodotte
da altre scienze. Il superamento di tale dualismo va attuato attraverso una riflessione teologico-pratica che sia insieme critica e costruttiva in quanto frutto, su un versante, della sua collaborazione con le scienze umane che procedono con metodi analitico-critici e, su un altro versante, della valorizzazione
della fede cristiana e del connesso potenziale critico costruttivo nei confronti
delle attuazioni cristiane ed ecclesiali sempre limitate e imperfette.44
5. Il promettente confronto tra le teologie della prassi credente ed ecclesiale
prodotte in Europa e la teologia della liberazione espressa nel contesto latinoamericano, con particolare riferimento al rapporto fra tradizione e attualit.45
3. TEOLOGIA PRATICA E SCIENZE UMANE

Unaltra strada, oltre quella dei rapporti teoria-prassi, su cui si sono intraprese consistenti ricerche la relazione tra teologia pratica e scienze umane.
Come si rilevato di volta in volta nel corso dellesposizione, largomento
affrontato con prospettive assai differenziate nei vari progetti e nelle differenti correnti di teologia pratica cattolica e protestante.46
43
Cf ad es. SILLER H.P., Biographische Elemente im kirchlichen Handeln, in FUCHS O.
(Hrsg.), Theologie und Handeln 187-208.
44
Cf KARRER L., Praktische Theologie - ein Januskopf? Die Praktische Theologie in der Span
nung zwischen praxisferner Theorie und theorielosen Praxis. Versuch einer Rechenschaft, in
FZPhTh 30 (1983) 307-329, specialmente 318-329.
45
Cf FUCHS O., Die Praktische Theologie im Paradigma biblisch-kritischer Handlungswissenschaft zur Praxis der Befreiung, in FUCHS O. (Hrsg.), Theologie und Handeln 209-244; FLORISTAN C., Teologa prctica 156-161.
46
Si vedano sopra i nn. 1.5; 1.7 del cap. VI; i nn. 2.5; 3.5 del cap. VII; i nn. 1.1; 1.3; 2.2;

304

Parte III: Attuali percorsi e progetti in ambito europeo

Nel descrivere la situazione del 1980, qualche pastoralista ritiene che il


Manuale rappresenti il polo minimalistico, in quanto esso afferma da un lato
la necessit del ricorso alle scienze umane e le considera, daltro lato, come
scienze ausiliarie. Il polo massimale, invece, costituito dal movimento pasto
rale nordamericano, che ricorre senza riserve a teorie e modelli delle scienze
psicologiche e sociali nella loro riflessione teologico-pratica. Una posizione
intermedia assunta da pastoralisti cattolici e protestanti (ad es. Zerfass, Mette, Bumler, Daiber) che propongono una collaborazione tra teologia pratica
e scienze umane, nella linea dellinterdisciplinarit.47 In ogni caso, anche su
questo punto si verifica un decisivo superamento delle posizioni assunte dal
Manuale, e nel proseguo dellesposto lo si documenter.
Senza dubbio il problema dei rapporti tra teologia pratica e scienze umane
piuttosto complesso. Esso si colloca nel pi vasto orizzonte delle relazioni
tra teologia in generale e scienze umane, e presenta problematiche specifiche
nelle singole discipline teologico-pratiche.48 Pur avendo presente tutto questo, qui di seguito ci si limiter a illustrare i rapporti della sola teologia pratica
con le scienze umane (specialmente con la psicologia e la sociologia), prendendo inoltre in considerazione unicamente i saggi dedicati espressamente
allapprofondimento dellargomento.
Per descrivere i rapporti di questa disciplina teologica con le scienze umane, i pastoralisti sono ricorsi a modelli di pensiero o a paradigmi o a tipologie,
ben consapevoli che ogni schematizzazione espone al rischio di disattendere
qualche aspetto dei rapporti in esame. Di fatto hanno proposto una ricca serie
di modelli guidati da differenti prospettive e finalizzati a distinte mete.
2.3; 3 del cap. VIII; il n. 1.3 del presente capitolo; inoltre i seguenti saggi che tentano una ricognizione storica dellargomento: HAARSMA F., Die soziale Orientierung der Pastoraltheologie im
20. Jahrhundert, in WEINZIERL E. - GRIESL G. (Hrsg.), Von der Pastoraltheologie zur Praktischen
Theologie 1774-1974 (Salzburg - Mnchen 1976) 65-128; SCHRER H., Forschungsmethoden in
der Praktischen Theologie, in PThH 206-224; SPIEGEL Y., Sozialwissenschaftliche Forschungsmethoden in der Praktischen Theologie, in PThH 225-243; DAECKE S.M., Wissenschaftstheoretische
Einfhrung, in PThH 308-321.
47
Cf ad es. HAARSMA F., Die soziale Orientierung 113; MIDALI M., Attuali correnti e progetti
di Teologia pastorale fondamentale, in Salesianum 40 (1978) 897s.
48
Cf HOUTARD F. et dautres, Recherche interdisciplinaire et thologie (Paris 1970); RAH
NER K., Die Theologie im interdisziplinren Gesprch der Wissenschaften (Dsseldorf 1971);
KAUFMANN F.X., Theologie in soziologischer Sicht (Freiburg 1973); METZ J.B., Zu einer interdisziplinr orientierten Theologie. Skizze des Fragestandes, in SECKLER M. u.a. (Hrsg.), Begegnung.
Beitrge zu einer Hermeneutik des theologischen Gesprchs (Wien 1972) 163-178; GROPPO G.,
Psicologia e teologia. Modelli di rapporto, in KERN W. - LATOURELLE R. - AMBROSIO G. - GROPPO
G., Istanze della teologia fondamentale oggi (Bologna 1982) 123-144 (con bibliografia); QUAREL
LO E., Psicologia e teologia morale. Punti di contatto, in RTM 13 (1981) 271-283); GROPPO G.,
Teologia e scienze delleducazione: utilizzazione o dialogo?, in QS 7 (1984/23)35-54; TONELLI
R., Pastorale giovanile e scienze umane, in TONELLI R., Pastorale giovanile. Dire la fede in Ges
Cristo nella vita quotidiana (Roma 1982) 24-31; CAPRARO G. (ed.), Sociologia e teologia di fronte
al futuro (Bologna 1995) [bibliografia].

Capitolo X: Questioni interconfessionali di teologia pratica

305

3.1. Modelli di rapporto tra teologia pratica e psicologia

A. Lpple e J. Scharfenberg propongono quattro modelli di rapporto tra


psicologia e teologia pastorale: il modello scienze ausiliarie o dellutilizzazio
ne della psicologia da parte della teologia; il modello critica della religione,
inaugurato da O. Pfister con lausilio della psicanalisi freudiana, continuato
da R.S. Lee e caratterizzato dal contrasto tra teologia e psicologia; il modello
cooperazione, propugnato principalmente da P. Tillich sulla base del principio di correlazione tra problemi umani e risposta divina; il modello teologia
come psicologia, di origine nordamericana, proposto da P. Homans e dalla sua
scuola in dipendenza dalle teorie di E.H. Erikson; con esso si supera il divario
tra teologia e psicologia con la configurazione di una teologia elaborata con
categorie psicologiche e di un nuovo tipo di psicologia della religione.49
H. Mller-Pozzi propone, invece, tre modelli di rapporto tra teologia e
psicologia: il modello sintetico e integrativo utilizzato da numerosi teologi nel
la prima met del secolo XX: in esso la teologia si appropria liberamente e in
maniera variamente eclettica dati psicologici; il modello diastatico o antitetico
rilevabile in alcuni autori della teologia dialettica (ad es. in Brunner): in esso
la teologia si contrappone alla psicologia rivendicando una propria indipendenza di pensiero; il modello dialettico usato ad es. da P. Tillich: in esso teologia e psicologia sviluppano una critica vicendevole.50
K. Winkler, a sua volta, distingue due tipi di rapporti idealizzati tra teologia e psicologia pastorale: luno teologico-apologetico e laltro psicologicoapologetico. In ognuno di essi, la rispettiva disciplina difende il proprio tipo
e ambito di riflessione nei confronti dellaltra.51
Come rileva acutamente il sociologo H. Steinkamp,52 queste diverse liste
di modelli rispecchiano differenti prospettive. Lo schema di Lpple-Schar
fenberg identifica quattro successive fasi storiche della prassi e della connessa
teorizzazione, riguardanti i rapporti tra conoscenze psicologiche e azioni pastorali. Lo schema di Mller-Pozzi mira, invece, a definire rapporti idealizzati
tra psicologia e teologia. Cos pure lo schema di Winkler si prefigge di configurare due fasi inscindibili in cui tematizzare la correlazione tra teologia e
psicologia pastorale.
Tali liste sono guidate inoltre da differenti interessi cognitivi, ad es. lidentit della teologia o ci che le proprio, oppure la struttura del suo rapporto
Cf LPPLE A. - SCHARFENBERG J. (Hrsg.), Psychotherapie und Seelsorge (Darmstadt 1977);
SCHARFENBERG J., Psychologie und Psychotherapie, in PThH 339-346.
50
Cf MLLER-POZZI H., Psychologie des Glaubens (Mnchen - Mainz 1975) 175-187.
51
Cf WINKLER K., Die Funktion der Pastoralpsychologie in der Theologie, in RIESS R. (Hrsg.),
Perspektiven der Pastoralpsychologie (Gttingen 1974) 65 121.
52
Cf STEINKAMP H., Zum Verhltnis von Praktischer Theologie und Sozialwissenschaften, in
METTE N. - STEINKAMP H., Sozialwissenschaften und Praktische Theologie (Dsseldorf 1983)
164-166 [trad. it.: Scienze sociali e teologia pratica (Brescia 1993) 197ss].
49

306

Parte III: Attuali percorsi e progetti in ambito europeo

con le scienze umane. Utilizzano distinti linguaggi ispirati ai rapporti interpersonali (ad es. contrasto, cooperazione in Lpple-Scharfenberg) o invece
pi di tipo formale e strutturale (ad es. sintesi, antitesi, dialettica in MllerPozzi). Sono presieduti da distinti criteri normativi: le quattro fasi storiche
proposte da Lpple-Scharfenberg individuano un processo di sviluppo da
una situazione meno matura (contrasto) a una situazione pi matura (cooperazione). Cos pure Mller-Pozzi reputa i primi due modelli (sintesi e antitesi)
criticabili e si schiera a favore di relazioni dialettiche tra teologia e psicologia.
3.2. Paradigmi di rapporti tra teologia pratica e scienze umane secondo H. Steinkamp

Secondo Hermann Steinkamp, le difficolt che sincontrano nel definire i


rapporti tra teologia pratica e scienze umane evidenziano che i modelli idealizzati a cui si ricorre sono uno strumento particolarmente adatto allo scopo.
Da parte sua, lautore presenta una serie di quattro paradigmi concepiti
appunto come modelli: paradigma ancilla, paradigma profezia profana, paradigma dellopzione convergente, paradigma teologia pratica come sociologia.
I primi tre segnano anche altrettante tappe di un cammino storico, e il terzo
riveste un inequivocabile valore. Il quarto gi un modello reale ed esistente
e non semplicemente ideale.53
3.2.1. Il paradigma ancilla54
Questo modello si radica in una tradizione plurisecolare, in cui la filosofia
stata concepita come ancilla della teologia. Oggi presenta due varianti.
Una prima variante riprende una concezione classica, ma ormai superata, di
teologia compresa come scienza suprema, il cui ambito conoscitivo abbraccia
lintera realt. Nella sua ricerca della verit, essa utilizza a piacere conoscenze
di altre scienze. In questo modello, laspetto noetico della fede e della Rivelazione svolge il ruolo analogo allinteresse conoscitivo di cui parla Habermas:
un a priori ontologico e storico preordinato, anche se modificabile con lacquisizione di nuovi dati. Di conseguenza, tutte le conoscenze delle scienze umane
sono selezionate in base alla prospettiva-interesse del dogma. Tale concezione
teologica (con tutte le variazioni in cui storicamente si presentata) decide
quali conoscenze delle scienze umane sono utili e quali dannose. Secondo
lautore, si avvale in definitiva di questo paradigma, ad es., Zulehner nel suo
contributo al manuale di K. Rahner, quando afferma che la sociologia offre un
aiuto decisivo e insostituibile alla riflessione teologico-pastorale.
Cf ivi 166 [Scienze sociali e teologia pratica 199s].
Cf ivi 166-168 [Scienze sociali e teologia pratica 200-201].

53
54

Capitolo X: Questioni interconfessionali di teologia pratica

307

Una seconda variante, elaborata di recente specialmente nellambito del


la teologia pratica, riguarda lutilizzo di metodi psicologici e sociologici da
parte di tale disciplina. Ci avvenuto e avviene quando, ad es., la teologia
pratica assume dalla psicologia i metodi del dialogo centrato sul cliente, del
linterazione centrata su temi, della dinamica di gruppo, oppure mutua dalla
sociologia metodi di ricerca attinenti gli aspetti sociali della Chiesa. Tale com
plesso processo di recezione registra alterne vicende dovute alla maggiore o
minore utilizzabilit di tali metodi: quanto pi essi si rivelano rispondenti a
valori e obiettivi ecclesiali, tanto pi facilmente sono accolti e usati. Questa
concezione riscontrabile anche negli operatori pastorali: la teologia pratica
segnala le mete; le scienze psicologiche e sociali offrono i metodi.
3.2.2. Il paradigma profezia profana55
Questo secondo paradigma , in certo modo, complementare al precedente: la teologia subisce lincanto di unaltra scienza umana e ne recepisce
lintero impianto ideologico, il metodo di ricerca, il patrimonio scientifico assieme ai valori, alle acquisizioni fondamentali e allimmagine di uomo in essa
implicati. In questo contesto lespressione profezia profana (Fremdprophetie),
coniata da Scharfenberg, indica che la teologia riscopre, nei valori di metodi
e saperi profani, acquisizioni presenti nella sua tradizione giudeo-cristiana
ma ormai dimenticate, o pi semplicemente che essa simbatte in ideali non
solo compatibili con i propri, ma anche valutabili come un arricchimento,
una nuova verit, una rivelazione. Profezia va intesa, quindi, in senso classico
come indicazione proveniente da fuori da unaltra realt.
Vanno collocati in questo paradigma, ad es., la recezione della psicanalisi da parte della psicologia pastorale protestante attraverso la scuola di O.
Haendler (Thilo, Scharfenberg, Stollberg, Winkler); inoltre linflusso della
psicologia clinica nel movimento pastorale nordamericano denominato clinical pastoral training oppure pastoral counseling; infine lampia accoglienza
che concetti e metodi della psicologia umanistica hanno avuto nella pratica
del dialogo pastorale. I profeti a cui ci si riferisce sono ben noti: C. Rogers, R.
Cohn, F. Perls...
In reazione a una casistica plurisecolare e unilaterale e a una pedagogia ecclesiale moraleggiante, la teologia pratica, la pastorale giovanile, la pastorale
sociale e la formazione teologica degli adulti hanno ravvisato in tali concezioni psicologiche e sociologiche accentuazioni nuove, importanti e normative.
Dove non regnano complessi antimodernisti contrari a ogni novit, teologi
aperti hanno avanzato, ma con molta cautela, rilievi critici ad es. allottimismo
della visione rogeriana della persona. In generale, a livello di operatori pa55

Cf ivi 168s [Scienze sociali e teologia pratica 2020-204].

308

Parte III: Attuali percorsi e progetti in ambito europeo

storali (consultori, pastorale sociale) e di pastoralisti, la fascinazione per la


profezia profana supera largamente la critica verso la medesima.
Daltra parte, non va disatteso il fatto che, in tali subculture e subsistemi
ecclesiali, a motivo del suo entusiasmo per le nuove dottrine salvifiche, la teologia pratica corre il rischio di perdere la propria identit e il suo potenziale
critico.
3.2.3. Il paradigma dellopzione convergente56
A giudizio di Steinkamp, i due modelli recensiti tradiscono una carente
giustificazione teorico-scientifica e, di fatto, lasciano via libera allarbitrio,
in quanto la teologia pu appropriarsi liberamente dati di scienze non teologiche. Questo terzo paradigma caratterizzato dallinterazione tra teologia e scienze umane poggia, invece, su un duplice fondamento individuato
riflessamente: 1. ogni processo conoscitivo di ricerca guidato da interessi
ovvero da opzioni, che vanno intese nel senso del rapporto dialettico intercorrente tra interesse e conoscenza; 2. per questo, un discorso astratto
attinente la relazione tra teologia e scienze umane produce limitati guadagni
conoscitivi.
Queste premesse ne implicano altre due: 1. lo studio che intende affrontare un argomento che esige un approccio interdisciplinare, deve accertare gli
interessi conoscitivi delle scienze interessate; 2. la selezione di acquisizioni di
unaltra scienza deve avvenire sulla base di opzioni omologhe o per lo meno
compatibili, cio convergenti.
Tutto questo comporta che si conosca lintima struttura delle scienze in
giuoco, le loro differenti scuole, i loro orientamenti e i loro dibattiti teorici...
In breve, si richiede che il pastoralista possegga una pluricompetenza, senza
per altro sconfinare in un sapere enciclopedico che, nellattuale specializzazione delle scienze, si ridurrebbe a incompetenza mascherata.
La comune opzione o scelta svolge funzioni differenti: tra una potenziale
molteplicit di conoscenze, essa seleziona quelle significative; guida levol
versi della comune ricerca interdisciplinare; aiuta soprattutto a identificare
problematiche e a trovarne adeguate soluzioni.
A titolo esemplificativo, la teologia politica di Metz incentrata sullopzio
ne per il soggetto (singola persona, gruppi, comunit, Chiesa) senza dubbio
debitrice verso la teoria critica della Scuola di Francoforte. A sua volta, nel
costruire la sua teoria circa lidentit collettiva, Habermas fa propri importanti elementi mutuati dalla teologia politica di Metz e, precisamente, lin
terpretazione della tradizione cristiana come pericolosa memoria di libert,
garanzia per unidentit e soggettivit collettiva.
56

Cf ivi 170-172 [Scienze sociali e teologia pratica 204-207].

Capitolo X: Questioni interconfessionali di teologia pratica

309

In sede di teologia pratica, lopzione per il soggetto evidente quando questa disciplina ricorre a determinati procedimenti metodologici come sono lo
studio dellazione e della discussione di gruppo nella costruzione della comunit. A tale opzione sono pure strettamente connesse, ad es., la pianificazione pastorale elaborata sulla base di dati ottenuti da ricerche sociologiche sul
campo, e inoltre altre attivit fondamentali come la supervisione e la consulenza pastorale. A tale scelta infine riconducibile la prassi liberatrice attuata
dalle comunit di base latinoamericane: la teologia della liberazione da esse
ispirata propone un modello per un nuovo tipo di rapporto incrociato tra
conoscenze teologiche e acquisizioni sociologiche.
3.2.4. Teologia pratica come sociologia57
Questo quarto tipo di rapporto tra teologia pratica e scienze umane fa
esplodere la tipologia finora descritta, in quanto non pi un modello ideale
di pensiero, ma un modello reale concretamente attuato da discipline teologico-pratiche speciali: la psicologia della religione e la psicologia pastorale, la
sociologia della religione e la sociologia pastorale.
Potrebbe anche essere considerato una variante pratica del terzo paradigma, perch anchesso presieduto da unopzione: il fatto, ad es., che la
psicologia pastorale lavori con una strumentazione ricavata dalla psicanalisi
dipende da una scelta di per s contingente.
Questo quarto tipo interdisciplinare di teologia sorto nel contesto della
recente differenziazione e specializzazione delle scienze, e propone nel ristretto ambito del rapporto tra teologia e scienze umane e sociali ci che avviene in
altri nuovi ambiti di ricerca come la sociologia della medicina, che fa saltare i
confini entro cui sono sistemate le discipline universitarie.
Una configurazione della teologia pratica o di singole discipline teologicopratiche come sociologia accettabile se risponde a precise condizioni. Negativamente, il fatto di lavorare con teorie e metodi sociologici non trasforma
necessariamente la sociologia pastorale in scienza sociale. Positivamente, la
teologia pratica diviene sociologia se, assieme ad altre scienze, studia i fenomeni empirici della religione nella misura in cui ci fa parte della realt sociale
e di un fenomeno umano fondamentale.
Parimenti, la psicologia pastorale e la sociologia pastorale (interessate alle
attivit e strutture ecclesiastiche) si configurano come scienze rispettivamente
psicologiche e sociali, se sono comprese come psicologia e sociologia della
religione.
Secondo Steinkamp, che con i suoi saggi si colloca in questa prospettiva,
nellattuale situazione della ricerca scientifica, la teologia pratica ha ancora
Cf ivi 172-174 [Scienze sociali e teologia pratica 207-210].

57

310

Parte III: Attuali percorsi e progetti in ambito europeo

molta strada da percorrere nellambito di queste discipline speciali, per farle


evolvere nella direzione indicata.
3.3. Multidisciplinarit, interdisciplinarit, intradisciplinarit, metadisciplinarit

Dagli anni 1970 in poi simpone progressivamente unaltra tipologia attinente i rapporti tra teologia pratica e scienze umane, che interessa per altro
lintera riflessione teologica: la multi- o pluridisciplinarit, linterdisciplinari
t, la intradisciplinarit e la trans- o metadisciplinarit.58
3.3.1. Il modello multidisciplinare59
Si ha una riflessione di tipo multi- o pluridisciplinare quando la soluzione
di un problema non possibile senza un complesso dinformazioni ricavate
da due o pi discipline. La ricezione di tali informazioni non comporta un
confronto tra le scienze interessate, che restano immutate, e le conoscenze da
esse mutuate vengono semplicemente giustapposte.
Secondo Johannes A. van der Ven, un esempio tipico dimpiego di questo
modello pluridisciplinare di rapporti tra teologia pastorale e scienze sociali
offerto dal Manuale. In esso, infatti, praticata una multidisciplinarit indiscriminata, cio unindifferenziata mescolanza di dati teologici e sociologici,
rivelativa della carenza metodologica del Manuale stesso, precedentemente
denunciata.60
In particolare, la proposta di K. Rahner di una duplice fase caratterizzante
i rapporti tra teologia pastorale e sociologia (prima lanalisi sociologica e poi
linterpretazione teologica) presenta una triplice serie di difficolt nelle sue
conseguenze pratiche:
1. Nel configurare la prima fase, la sociologia viene subordinata alla teologia e la teologia viene vincolata alla sociologia. Ora, nellattuale situazione in
Cf ad es. LEFEBVRE M., Linterdisciplinarit dans laction et la rflexion pastorales, in NRTh
93 (1971) 947-962 e 651-671; HAARSMA F., Die soziale Orientierung 114s; BUMLER CH., Zum
Verhltnis von Theologie und empirischer Sozialforschung, in BUMLER CH. - BIRK G. - KEEMAN
J. - SCHMALZ G. - STOLLBERG D., Methoden der empirischen Sozialforschung in der Praktischen
Theologie (Mnchen - Mainz 1976) 239-255; VAN DER VEN J.A., Unterwegs zu einer empirischen
Theologie, in FUCHS O. (Hrsg.), Theologie und Handeln 62-128; ID., Practical Theology: An Empirical Approach (Kampen 1993) 89-112; JONCHERAY J., Le rapport sciences humaines/thologie
en thologie pratique, in REYMOND B. - SORDET J-M., La thologie pratique 61-73.
59
Cf HAARSMA F., Die soziale Orientierung 224; BUMLER CH., Zum Verhltnis 250; e specialmente VAN DER VEN J.A., Unterwegs 65; ID., Practical Theology 89-93.
60
Si veda sopra il n. 1.8 del cap. VI. Nellesposizione si segue la critica al Manuale avanzata
da VAN DER VEN J.A., Unterwegs 65-112; ID., Practical Theology 93-97.
58

Capitolo X: Questioni interconfessionali di teologia pratica

311

cui mancano adeguate ricerche sociologiche in numerosi settori riguardanti


il fenomeno religioso e lagire cristiano ed ecclesiale, la teologia pastorale si
trova nella pratica impossibilit di sviluppare la propria riflessione.
2. Nel configurare la seconda fase, non viene spiegato su quale base e in che
modo ci si riferisce in concreto alla storia e alla storia della salvezza. Questi
due concetti poi (senza dubbio utili in una rilettura retrospettiva di unintera
epoca storica) sono talmente generali e astratti, che non consentono di vedere
che cosa di fatto possano offrire alla soluzione di problemi e bisogni concreti,
che singole persone, gruppi, istituzioni ecclesiastiche piccole e grandi devono
affrontare quotidianamente nellattuale contesto culturale e sociale.
3. La delimitazione della relazione tra la prima e la seconda fase solleva a
sua volta questa difficolt di fondo: come avviene il passaggio dal linguaggio
sociologico, utilizzato nella descrizione della situazione, al linguaggio teologico impiegato nellinterpretazione di tale situazione? Si tratta di linguaggi
differenti come appare, ad es., a proposito dei criteri di appartenenza alla
Chiesa: altri sono quelli indicati dallecclesiologia conciliare e altri quelli utilizzati dallanalisi sociologica della Chiesa. Il modello multidisciplinare del
Manuale lascia irrisolta questa problematica.
3.3.2. Il modello interdisciplinare
Le difficolt sollevate da tale approccio pluridisciplinare hanno stimolato,
tra laltro, il ricorso al modello interdisciplinare.61 Esso caratterizzato dal
linterazione, cio dai rapporti di reciprocit, dal confronto vicendevole che
si stabilisce tra differenti discipline, le quali risultano in tal modo modificate e
arricchite. Il suo asse portante il dialogo, che non senzaltro diretto a promuovere un comune lavoro armonioso e privo di conflitti, ma volto piuttosto a favorire la consapevolezza di compiere un lavoro di gruppo, e di doverne
analizzare e valutare criticamente lo svolgimento e i risultati. Postula, quindi,
un confronto critico permanente con le seguenti implicanze.
I risultati ricavati da altre discipline non vengono recepiti tali e quali: se
ne valutano previamente la validit e attendibilit. La via e il modo in cui si
giunti a tali esiti sono anchessi sottoposti a vicendevole vaglio critico. Si accerta pure criticamente a quali domande i risultati ottenuti devono dare una
risposta. Infine sono oggetto di riflessione critica i presupposti delle scienze
interessate al dialogo interdisciplinare, le loro impostazioni dei problemi, i
loro metodi e le loro tecniche, il tipo di risultati da esse conseguiti.62
un programma ambizioso ma esigente e irto di difficolt legate innanCf METTE N., Theorie der Praxis 136; VAN DER VEN J.A., Practical Theology 97-101.
Cf HAARSMA F., Die soziale Orientierung 114s; BUMLER CH., Zum Verhltnis 250s;
DER VEN J.A., Practical Theology 97-101; JONCHERAY J., Le rapport 63-71.
61
62

VAN

312

Parte III: Attuali percorsi e progetti in ambito europeo

zitutto al lavoro di gruppo, sovente segnato da incomprensioni e frustrazioni,


da eccessiva esigenza di autoaffermazione oppure da abnormi complessi di
timidezza...
Unaltra serie di difficolt dovuta alla specificit della riflessione scientifica: ogni specialista possiede una propria strumentazione linguistica, che rende difficile la vicendevole comprensione, per cui il dialogo interdisciplinare
pone ai partecipanti esigenze assai elevate: uneffettiva competenza nella propria disciplina e unadeguata informazione di quelle con cui ci si confronta.63
Una terza serie di difficolt connessa con le seguenti esigenze oggettive,
a cui la realizzazione di tale programma deve fare fronte:
1. Il dialogo interdisciplinare richiede un previo chiarimento dei presupposti ideologici delle scienze interlocutrici. Nel confronto della teologia pratica con le scienze umane va messo in luce se la matrice ideologica di queste
seconde , ad es., lempirismo o il positivismo (come spesso si afferma dalla
sponda teologica), o invece il razionalismo critico ad es. di Popper (come
generalmente il caso dellattuale produzione scientifica).
Cos pure, nel confronto delle scienze sociali con la teologia vanno chiarite
previe posizioni di questa seconda, ad es. posizioni fideiste (appello alla fede),
cherigmatiche (appello alla Parola di Dio), magisteriali (appello al magistero).
Ora, tutte le asserzioni teologiche che avanzano pretese di scientificit vanno
sottoposte a una duplice verifica. La prima una verifica logica: essa ha alle
sue spalle una lunga tradizione e riguarda la consistenza di tali asserti quanto
alla loro spiegazione e sistematizzazione, e la validit degli argomenti favorevoli o contrari addotti. La seconda una verifica empirica, che si imposta
di recente e presenta serie difficolt: la profonda realt di Dio e delluomo
verificabile? Lagire di Dio nella storia umana controllabile?
Senza dubbio, lassoluta originalit e trascendenza di Dio come pure la
soggettivit propria di ogni persona umana sfuggono a una verificabilit di
tipo oggettivo: tale pretesa condurrebbe alla pratica soppressione del mistero
stesso di Dio e della libert responsabile del soggetto umano. Possono essere
accostate con una verificabilit di tipo intersoggettivo, attenta alle esperienze
interpersonali umane e alle loro espressioni linguistiche. Ad es., nelle esperienze umane di gioia, coraggio, speranza, dedizione, solidariet, oppure di
protesta e di reazione contro situazioni disumanizzanti, oggetto di studio del
le scienze sociali, possono affiorare segni di una presenza salvifica di Dio,
rilevabili dalla fede e tematizzabili dalla riflessione teologica. Tali asserzioni
sono empiricamente controllabili con un approccio appunto di tipo intersoggettivo, che verifica la loro corrispondenza o meno con lesperienza vissuta
delle persone.64
Cf HAARSMA F., Die soziale Orientierung 115.
Cf VAN DER VEN J.A., Unterwegs 114-117; ID., Practical Theology 99s; BUMLER CH., Zum
Verhltnis 253; JONCHERAY J., Le rapport 63-65.
63
64

Capitolo X: Questioni interconfessionali di teologia pratica

313

2. Il dialogo interdisciplinare esige un previo accertamento degli aspetti


normativi presenti nelle scienze interlocutrici della teologia pratica. Ci sono
tuttora sociologi che sostengono la neutralit delle scienze sociali. Tuttavia la
maggioranza di loro, richiamandosi alla distinzione weberiana tra giudizi di
valore e riferimento a valori, riconosce che i metodi sociologici non devono
essere influenzati da giudizi valorativi, mentre invece la scelta della tematica
e la delimitazione della problematica in cui affrontarla sono necessariamente
caratterizzate dal riferimento a valori.
Come scienza valorativa, perch riguardante la fede e i comportamenti
etici valutati alla luce della Rivelazione, la teologia ha il compito di far mettere
in chiaro, non tanto a livello di privata coscienza individuale, ma piuttosto
nel foro pubblico del sapere scientifico tale riferimento a valori da parte del
le scienze psicologiche e sociali. Nel fare ci si pu ricorrere alla distinzione
habermasiana tra approccio ermeneutico derivante da un interesse cognitivo pratico; approccio empirico scaturente da un interesse cognitivo tecni
co; approccio teorico-critico promanante da un interesse cognitivo emanci
patorio. In questultimo approccio lorientamento verso la liberazione dal
loppressione, dallingiustizia e dalla mancanza di solidariet; gli approcci storico-ermeneutico ed empirico sono posti al suo servizio. Quando tra scienze
sociali e teologia pratica vi un comune orientamento su questo punto, allora
la cooperazione interdisciplinare pu svilupparsi favorevolmente.65
3. Il dialogo interdisciplinare richiede di precisare le distinte impostazioni
dei problemi da parte delle varie scienze e, inoltre, lorizzonte in cui sono
collocate o da cui sono derivate. Nellaffrontare argomenti come vita, morte,
malattia, sofferenza, emarginazione, oppressione, ingiustizia, la sociologia e
la teologia non parlano delle stesse cose. Ci non dovuto semplicemente a
mancanza di vicendevole intesa, ma a differenti intenzioni e sistemi di pensiero. Il fatto rilevabile gi tra discorso su Dio teologico e filosofico, tra teo
logia della religione e scienze della religione, tra teologia pratica e sociologia o
psicologia della religione. La distanza linguistica esibita da tali distinti sistemi
di pensiero non pu essere colmata senza unadeguata riflessione scientifica.
Alcuni pastoralisti reputano tale operazione impossibile nel caso del rapporto
tra una teologia legata alla tradizione e al magistero e le libere scienze umane.
Altri, invece, la ritengono non solo possibile ma auspicabile e da attuare con
il ricorso appunto alla collaborazione interdisciplinare.66
4. Il dialogo interdisciplinare richiede che vengano vagliati i metodi, le
tecniche e i procedimenti utilizzati per ottenere adeguate risposte agli interro
gativi sollevati. In questo settore occorre sapere relativizzare. In effetti, non
Cf VAN DER VEN J.A., Unterwegs 117s; BUMLER CH., Zum Verhltnis 253s.
Cf VAN DER VEN J.A., Unterwegs 119; HAARSMA F., Die soziale Orientierung 115; JONCHERAY J., Le rapport 65-70.
65
66

314

Parte III: Attuali percorsi e progetti in ambito europeo

tutti i metodi e le tecniche psicologiche e sociologiche sono adeguati per la


ricerca teologico-pratica. Per ricerche miranti a cogliere esperienze umane
e religiose sono pi indicati metodi, tecniche e approcci di tipo qualitativo,
descrittivo ed esplorativo. Mentre invece tecniche e metodi quantitativi sono
preferibili in ricerche dirette a verificare ipotesi con dati quantificabili.67
5. Il dialogo interdisciplinare esige da ultimo la comune discussione dei
risultati ottenuti dalle discipline interlocutrici. Occorre interrogarsi circa i
loro contenuti e la loro rilevanza. chiaro, infatti, che i risultati di una ricerca
sociologica sullappartenenza alla Chiesa, intesa come istituzione, sono diversi dai risultati raggiunti da una riflessione teologica attinente la dimensione
cristica e pneumatica di tale appartenenza.
La differenza dei risultati non sta nel loro carattere soprannaturale o meno;
non sta neppure nel fatto che i risultati sociologici riguardano determinazioni
psichiche e sociali, mentre invece quelli teologici concernono lambito della
grazia. Sta invece nella definizione della situazione ecclesiale, che entrambe le
discipline si prefiggono di offrire. I loro risultati non sono ipso facto conciliabili. Per ottenere ci simpone il ricorso a procedimenti come lintervista, il
dialogo pastorale, in cui viene attuato un processo di espressione e comunicazione tra soggetti posti luno di fronte allaltro.68
3.3.3. Lintradisciplinarit69
La riflessione sullinterdisciplinarit solleva degli interrogativi di fondo:
in grado la teologia di sostenere un dialogo interdisciplinare con le scienze
sociali? Pu esservi abilitata? A quali condizioni? Alla luce dellesposizione
fatta, la risposta non pu essere che questa: s, in grado e pu esserne capace, ma a patto che recepisca nel suo tradizionale patrimonio concettuale e
linguistico di tipo storico e filosofico determinate conoscenze e metodologie
sociologiche.
Linterdisciplinarit suppone e postula lintradisciplinarit da intendere
come allargamento, allinterno della teologia, del suo apparato metodologico
alle scienze sociali. Si tratta di un impegno che comporta un processo lungo
e difficile.
In sede di varie discipline teologiche (esegesi e teologia biblica, storia
dei dogmi, teologia dogmatica o sistematica) tale esigenza avvertita ma
variamente disattesa. In sede di teologia pratica, invece, lassunzione di metodi empirici, psicologici e sociologici, da parte di questa disciplina affronCf VAN DER VEN J.A., Unterwegs 119; SPIEGEL Y., Sozialwissenschaftliche Forschungsmethoden 240-242; BUMLER CH., Zum Verhltnis 253s.
68
Cf VAN DER VEN J.A., Unterwegs 119s.
69
Cf ivi 120-125; ID., Practical Theology 101-112.
67

Capitolo X: Questioni interconfessionali di teologia pratica

315

tata espressamente e concretamente attuata, bench con impostazioni ed esiti


differenti, come si potuto costatare nella presentazione delle varie correnti
di teologia pratica degli anni 1980 e 1990. La pratica realizzazione di tale programma ha posto i seguenti nuclei di problemi essenziali:
1. Un primo nucleo riguarda gli obiettivi perseguiti da ricerche teologicoempiriche. Si possono distinguere, in merito, ricerche di tipo descrittivo (oggi
prevalenti), miranti semplicemente a descrivere una determinata situazione
socio-religiosa od ecclesiale, e a produrre una cosiddetta teologia pratica descrittiva; oppure ricerche di tipo esplorativo (tuttora piuttosto rare) dirette
allelaborazione dipotesi da verificare e alla successiva formulazione di teorie
interpretative o esplicative, ad es. sullincidenza della fede nella vita.
Si possono inoltre distinguere ricerche di tipo fondante oppure applicativo
od ancora decisionale. Le prime due mirano ad ampliare le conoscenze teoriche: una ricerca fondante si prefigge, ad es., di definire il significato empirico
dellasserto secondo cui parola e sacramento costituiscono la base della realt
ecclesiale; una ricerca applicativa fa propri i risultati della precedente e cerca di stabilire a quali condizioni, con quali metodi e in vista di quali effetti,
parola e sacramento possono assumere un aspetto concreto nella prassi della
Chiesa. Il terzo tipo di ricerca si propone, invece, di offrire informazioni che
gli operatori pastorali possono immediatamente utilizzare al fine di legittimare decisioni gi prese o da prendere. Le attuali ricerche teologico-empiriche
privilegiano gli ultimi due tipi e disattendono il primo. Ci pu esporre al
rischio di ideologizzare la prassi della Chiesa e della teologia.
2. Un secondo nucleo di problemi concerne la formulazione di teorie e
loperazionalizzazione degli asserti. Su questo punto la ricerca sociologica,
obbligata a lavorare con concetti precisi e rapportati tra loro in modo ben
definito, trova difficile utilizzare teorie teologiche sovente assai astratte e mal
strutturate. Unaltra difficolt di fondo dovuta a carente rigore scientifico,
al fatto cio che la riflessione teologica passa a volte, in modo incontrollato,
da un linguaggio concettuale a un linguaggio metaforico, oppure sostituisce
inconsapevolmente un giuoco linguistico intellettuale con appelli alla fede o
alla predicazione.
Loperazionalizzazione poi degli asserti teologici, ovvero la traduzione di
concetti teologici in linguaggi empirici, un processo lungo e complicato.
Esso prevede i seguenti passaggi essenziali: rigorosa definizione dei concetti
teologici interessati; descrizione delle loro dimensioni; traduzione di tali dimensioni in indicatori empirici; strumentazione (ad es. questionario) di tali
indicatori in vista dellattuazione della ricerca sul campo. In questo settore, la
teologia pratica ha un lungo cammino da percorrere, attesi la recente novit
dellimpegno e il fatto che essa lavora per lo pi con concetti astratti. Tale
cammino, daltra parte, non pu essere compiuto senza la collaborazione con
la sociologia: lintradisciplinarit suppone e postula qui linterdisciplinarit.

316

Parte III: Attuali percorsi e progetti in ambito europeo

3. Un terzo gruppo di problemi concerne le possibilit, almeno parziali,


che la teologia pratica ha di utilizzare metodologie sociologiche. In concreto,
due aspetti meritano di essere considerati.
Innanzitutto la complementarit tra metodo oggettivizzante e metodo intersoggettivo: nel primo luomo da soggetto diviene oggetto di ricerca; nel secondo messa a tema linterazione tra due soggetti, linchiestatore e linchie
stato. La rilevanza di questo secondo metodo sta nel fatto che esso consente
di cogliere e valorizzare nella persona le dimensioni temporali e storiche mu
tevoli, e il significato che essa vi annette come soggetto della propria storia.
In secondo luogo, limportanza degli aspetti non solo cognitivi ma anche
affettivi presenti nella ricerca teologico-empirica. Qui la percezione del ricercatore sinteressa non soltanto dellambito delle conoscenze (registrare
dati, distinguerli e sintetizzarli), ma anche di quello dei sentimenti in lui suscitati nel contatto con le persone intervistate. In questo secondo caso, lin
tersoggettivit colta non sul versante dellinchiestato, ma su quello dellin
chiestatore.
Senza dubbio, i due aspetti metodologici segnalati esigono tuttora ulteriori
studi da parte delle scienze sociali come pure delle scienze teologiche. Qui
nasce un grave interrogativo: lattenzione allintersoggettivit e allaffettivit
anche del ricercatore nella sua comunicazione con i soggetti intervistati non
contraddice laspirazione di ogni scienza e di ogni ricerca: laspirazione a un
sapere universale? un altro argomento che merita di essere approfondito
anche da parte della teologia pratica.
Concludendo, va sottolineato il rapporto dialettico tra interdisciplinarit e
intradisciplinarit. Linterdisciplinarit tra teologia pratica e sociologia suppone e postula lintradisciplinarit, cio lallargamento della teologia pratica a
metodologie sociologiche. A sua volta, lintradisciplinarit cos intesa esige il
dialogo interdisciplinare tra queste due scienze.
3.3.4. Il modello metadisciplinare70
Col modello metadisciplinare o transdisciplinare si mira a superare lin
terazione e il confronto tra teologia pratica e le altre scienze, umane e teologiche. Il suo punto dinteresse non sono pi le discipline e i loro specifici
approcci a una determinata realt, ma i problemi la cui soluzione esige di
convogliare tutti i mezzi cognitivi possibili.
La metadisciplinarit consiste appunto nelloltrepassare i confini delle differenti discipline, nel cogliere i collegamenti logici e concettuali che le per
corrono e nellunificarle in un sistema di pensiero atto a cogliere, in modo globale, un determinato problema e ad avviarne unadeguata soluzione unitaria.
Cf BUMLER CH., Zum Verhltnis 251; HAARSMA F., Die soziale Orientierung 114s.

70

Capitolo X: Questioni interconfessionali di teologia pratica

317

Questo modello quello pi convincente quando si tratta non di rilevare


un aspetto limitato della complessa realt umana, ma di raggiungere una comprensione globale di una determinata problematica religiosa od ecclesiale e di
elaborare progetti operativi unitari.
Di fatto, impiegato in progetti pastorali, generali o settoriali riguardanti
ad esempio la singola comunit, la parrocchia, la diocesi, elaborati da operatori
e operatrici del Vangelo e dai loro responsabili con aiuto per lo pi di esperti.
Tale modello transdisciplinare, per, tuttora meno esplorato a livello di
riflessione teologico critica.
3.4. Rilievi conclusivi

Al di l della molteplicit e diversit delle serie di modelli presentati,


possibile cogliere delle convergenze.
largamente condivisa la critica alla semplice multidisciplinarit e, specialmente, al suo modello ancillare o gerarchico, che subordina le scienze
umane alla teologia.
Suscitano tuttora perplessit e prese di posizione critiche sia il modello
profezia profana, sia la configurazione della teologia pratica come psicologia
o come sociologia. Nel primo caso, la teologia pratica rischia di assorbire le
scienze psicologiche e sociologiche fino al punto di perdere la propria identit
e il suo potenziale critico verso di esse. Nel secondo caso, si corre il pericolo
di ridurre questa disciplina teologica a psicologia della religione o a psicologia
pastorale, oppure a sociologia della religione o a sociologia pastorale.
Il modello interdisciplinare o della cooperazione o dellopzione convergente (le tre differenti formulazioni designano un medesimo modello) riscon
tra ampi e crescenti consensi. Tuttavia si ben consapevoli che la sua concreta
attuazione deve affrontare non poche difficolt, teoriche e pratiche, sopra
elencate.
Da alcuni pastoralisti prospettato come ideale il modello metadisciplinare. Ma non ci si nasconde che la sua messa in opera si presenta tuttaltro che
facile. Inoltre, si tuttora perplessi circa lattendibilit e plausibilit scien
tifica dei suoi risultati.71
3.5. Normativit e ricerca empirica nella teologia pratica

Unimportante e delicata questione, che fa parte del rapporto tra teologia


e scienze umane, riguarda se e come gli aspetti normativi della teologia trovaPer alcune messe a punto del ricorso alle scienze umane da parte delle teologie della
liberazione latinoamericane, si veda Teologia pratica 2 297-301.
71

318

Parte III: Attuali percorsi e progetti in ambito europeo

no concreta espressione nella ricerca empirica condotta dalla teologia pratica,


e quale valore vada riconosciuto a tale teologica normativit nelle concrete
ricerche empiriche.
C chi solleva un inquietante interrogativo: assumere la normativit teologica nelle ricerche empiriche non conduce forse nella direzione dellideologia
(cio a giustificare tesi preconcette o criticabili situazioni di fatto come lapartheid) oppure dellutopia, intesa come fuga dalla realt verso ideale del tutto
irraggiungibile? Per evitare tale duplice rischio occorre che la teologia pratica
svolga un ruolo costruttivo diretto a mediare tra le attuali tradizioni e pratiche
cristiane, su un versante, e i contesti sociali e culturali moderni e postmoderni, sullaltro versante. La ricerca empirica teologica costituisce appunto uno
dei mezzi adatti allo scopo, in quanto consente di cogliere aspetti normativi
irrinunciabili delle tradizioni e pratiche cristiane, e di riesprimerli in modo
rinnovato nei contesti sociali e culturali moderni e postmoderni.72
C chi fa notare, con fondamento, che in attuali ricerche empiriche della
prassi religiosa uno incontra di frequente costruzioni sociali in cui dei criteri normativi sono immanenti e non possono essere imposti dallesterno. Ad
esempio, in ogni religione ci sono norme da seguire e le ricerche empiriche
ne studiano le cause esterne e le motivazioni interiorizzate. Coerentemente
la dimensione teologica e normativa della teologia pratica non qualcosa di
aggiunto alla ricerca empirica, ma gi presente in tale suo cammino di studio
scientifico della prassi religiosa.73
C chi ancora dimostra che occorre ormai superare il dualismo tra normativit e ricerca empirica in teologia, quasi fossero due entit separate, quando
invece un molteplice vicendevole riferimento intercorre negli approcci normativi e empirici alla realt.74
In base a una vasta informazione circa le ricerche empiriche in campo religioso e facendo il punto delle riflessioni di questi vari autori, il noto pastoralista olandese, J. van der Ven rimarca che la questione se la ricerca propria della
teologia pratica debba praticare un approccio empirico oppure un approccio
normativo un falso dilemma. Perch la ricerca empirica include sempre in
se stessa dei vincolanti aspetti normativi.75

72
Cf DREYER J.S., Theological Normativity: Ideology or Utopia? Reflections on the Possible
Contribution of Empirical Research, in VAN DER VEN J.A., SCHERER-RATH M. (eds.), Normativity
and Empirical Research in Theology (Leiden - Boston 2004) 3-16.
73
Cf GANZEVOORT R.R., What You See ist What You Get. Social Construction and Normativity in Practical theology, ivi 17-33.
74
Cf SCHWEITZER F., Which Normativity and what Kind of Empirical Research? From Dualism to Multiple Interplays, ivi 85-99.
75
Cf VAN DER VEN J.A., An Empirical or A Normative Approach to Practical-theological Research? A False Dilemma, ivi 101-135.

Parte quarta

PERCORSI E PROGETTI
IN AMBITO NORDAMERICANO
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320

Parte IV: Percorsi e progetti in ambito nordamericano

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, La nouvelle Thologie pratique (Montral/Paris 1993). Trad. ingl: Practical Theology. A New Approch (Leiden/Boston 1999).
VIAU M. - BRODEUR R., Les tudes pastorales: une discipline scientifiques? (Qubec
1987).
VISSCHER A.M., Les tudes pastorales lUniversit (Ottawa 1990).
WHITEHEAD J.D. - WHITEHEAD E., Method in Ministry: Theological Reflection and
Christian Ministry (New York 1980).
WISE C.A., Pastoral Counseling. Its Theory and Practice (New York 1951).
WOODWARD J. - PATTISON S. (edd.), The Blackwell Reader in Pastoral and Practical
Theology (Oxford, Malden 2000).

Come si potuto facilmente costatare nel corso dellesposizione finora


condotta, non esistono prassi pastorali e riflessioni teologico-pastorali sganciate dal contesto socio-culturale e religioso-ecclesiale che le hanno prodotte.
Ogni azione pastorale e ogni teoria pastorale sono debitrici di contingenze
storiche da cui non possono fare astrazione.
Senza dubbio ci vale per la teologia in generale. Tuttavia il peso dellam
biente giuoca un ruolo fondamentale soprattutto nellarea della prassi e della
teorizzazione teologica. Ci spiega la grande diversit rilevabile nel dominio
dellazione e riflessione teologico-pratica contemporanea. Ogni formula associata a un momento storico, a un ambiente, a correnti e proposte distinte e
spesso differenti.
Lo si costatato per lambito europeo. Ci vale per quello nordamericano
(Stati Uniti e Canada). Da una parte esso riflette sicuri influssi specialmente di
alcuni pastoralisti europei e latinoamericani, e sta aprendosi alla problematica
del dialogo interreligioso e alla sfida ecologica. Dallaltra esso presenta distinti
orientamenti dazione e di riflessione catalogabili sotto le seguenti formule
concise:
1. Cura pastorale (Pastoral Care / Soin pastoral);
2. Teologia pratica (Practical Theology / Thologie pratique);
3. Teologia pastorale come prassologia;
4. Studi pastorali (Pastoral Studies / tudes pastorales).

Capitolo XI

LA TEOLOGIA PASTORALE

1. LA CURA PASTORALE1

Lespressione cura pastorale (Pastoral Care) duso corrente negli Stati


Uniti e nellarea canadese di lingua inglese. La scuola pastorale cos denominata ha monopolizzato la formazione degli operatori e delle operatrici pastorali anglofoni fino a questi ultimi anni. In zone di lingua neolatina, detta
formula anche tradotta con medicina pastorale, terapia pastorale, relazione
daiuto in pastorale.
Le origini remote della cura pastorale vanno ricercate nella tradizione della
seconda manualistica protestante e cattolica degli inizi del secolo XX, caratterizzata dalla cura animarum, formula con cui si designavano le tecniche usate
dai pastori danime per aiutare le persone in crisi di fede o con difficolt nella
crescita della loro vita cristiana.
Oggi la cura pastorale si avvale delle moderne tecniche denominate relazione faccia a faccia o Pastoral Counseling e tende essenzialmente ad aiutare le
persone nel loro cammino spirituale. Una specie di teologia della sofferenza e
della salute e un servizio terapeutico sono tuttora sottese a tale formula.
Presso i pastoralisti nordamericani lespressione cura pastorale tende
spesso a sostituire semplicemente quella di teologia pastorale. Cos, a titolo
esemplificativo, W.C. Bier fa della teologia pastorale una scienza pratica pre
occupata della cura delle anime.2 E J. Lapsley definisce la teologia pastorale
come lo studio di tutti gli aspetti della cura delle persone in un contesto di ricerca teologica, incluse le implicanze per altri rami della teologia; od ancora,
essa la disciplina teologica che tratta delle differenti attivit del ministro,
che vanno sotto il nome collettivo di Pastoral care.3
1
Cf OATES W.E., A comprehensive Bibliography of Pastoral Care, in Perspectives in Religious
Studies 11 (1984) 19-29.
2
Cf BIER W.C., Pastoral Psychology, in New Catholic Encyclopedia X 1080.
3
Cf LAPSLEY J., Practical Theology and Pastoral Care: An Essay in Pastoral Theology, in
BROWNING Don S. (ed.), Practical Theology rispettivamente a p. 169 e 167.

322

Parte IV: Percorsi e progetti in ambito nordamericano

Alcune istanze storiche hanno influito sulla configurazione della teologia


pastorale come cura pastorale. Il fatto che questultima ha progressivamente
assunto dati salienti della psicologia umanistica di A. Maslow e specialmente
di C.R. Rogers; il suo collegarsi con centri denominati Formazione in pastorale clinica (Clinical Pastoral Education), dove la cura pastorale abbraccia
tutte le tecniche utili al lavoro di supervisione;4 laver dato praticamente
origine ad altre specializzazioni, tra cui, la consulenza pastorale (Pastoral
Counseling), di cui tosto si dir.5
A differenza delle correnti innovative europee del secolo XX, la scuola
nordamericana si interessata non tanto di offrire una pi adeguata fondazione ecclesiologica della teologia pastorale, quanto piuttosto di meglio abilitare loperatore e loperatrice pastorali ai loro compiti. Essa ha dato enorme
importanza al pastore e allagente pastorale. Di pi, la riflessione pastorale
stata a lungo dominata dai pastoralisti protestanti e ha posto laccento sul
laspetto individuale e sul peccato personale. Ci spiega in parte il tipo di teologia pastorale condensata nel Pastoral Counseling, che si progressivamente
sviluppato negli Stati Uniti.
2. LA CONSULENZA PASTORALE COME PROPOSTA DI TEOLOGIA
PASTORALE

Attorno agli anni 1930, nel protestantesimo nordamericano segnato dal


pragmatismo empirico e dal vangelo sociale, nasce e si sviluppa un movimento
pastorale orientato a prendersi carico in modo metodico delle difficolt del
pastore nei suoi contatti con i destinatari del suo ministero, specialmente con
quelli che si trovano in situazioni critiche. Tale movimento passa sotto il titolo
di Clinical Pastoral Training o anche Clinical Pastoral Education.6
2.1. Il Clinical Pastoral Training come teologia empirica

I precursori riconosciuti di questo movimento sono il teologo Antonio


Boisen, che per lunghi anni fu affetto da una grave malattia mentale, e il medico Richard Cabot, suo amico e maestro. Nel 1925 essi resero possibile a
Cf THORNTON E., Professional Education of Ministry: A History of Clinical Pastoral Education (Nashville 1970).
5
Cf BIER, Pastoral Psychology 1078-1080; MCFADDEN T.M., Pastoral Psychology Pastoral
Theology, in Encyclopedic Dictionary of Religion III 2690s.
6
Cf FABER H., Pastoral Care and Clinical Training in America (Arnhem 1961); STOLLBERG
D., Therapeutische Seelsorge. Die amerikanische Seelsorgebewegung. Darstellung und Kritik
(Mnchen 1972). Sono i due studi classici della presentazione in Europa del movimento americano.
4

Capitolo XI: La teologia pastorale

323

degli studenti di teologia un periodo di pratica pastorale presso una clinica


neurologica (Clinical Pastoral Training).
Nel pensiero di Boisen, mediante un approccio ai problemi posti dai ma
lati, non teorico sulla base di testi scritti, ma operativo sulla base di documenti umani viventi, gli studenti dovevano sviluppare una teologia empirica,
intesa nel senso di una teologia fondamentale.
Tale concezione teologica si fonda sulla psicologia della religione, secondo
cui il messaggio si dirige dai destinatari dellintervento pastorale agli operatori, o dalla situazione (dalle fantasie paranoiche degli psicopatici) ai partners
pastorali. Compito degli operatori pastorali quello di sapere stare in ascolto,
al fine di stabilire una comunicazione umana con gli interlocutori, in cui implicata una funzione terapeutica che insieme fisica e spirituale, perch non si
deve separare la guarigione dalla salvezza. Su questa base dovevano costruire,
secondo Boisen, una teologia empirica.7
Cabot non condivideva questa concezione psicogenetica delle malattie psi
chiche e la loro rilevanza teologica. Egli era interessato a formare teologi competenti, dal punto di vista antropologico, e capaci, dal punto di vista pastorale, di collaborare in un team terapeutico. Con laiuto del pastore Russel Dicks
riusciva ad attuare tale progetto e nel 1936 pubblicava lopera fondamentale
della pastorale clinica americana: Larte della pastorale sanitaria.8
In essa sono contenuti tutti gli elementi essenziali di una consulenza pastorale. Il suo scopo la guarigione del malato, che avviene attraverso una sua
crescita o maturazione interna. La natura dellintervento pastorale configurata come evento creativo: mediante la scoperta e lo stimolo delle tendenze
di crescita del cliente, si favorisce il formarsi di una nuova sintesi della personalit. La caratteristica spirituale di tale consulenza pastorale ravvisata nella
sua antropologia globale, che poggia sulla fiducia sia nella forza terapeutica
di Dio, sia nel progetto di vita insito nella psiche del cliente e tendente alla
sua crescita. Essendo tale progetto sconosciuto agli operatori pastorali, la loro
consulenza avviene attraverso la comune ricerca nel comune ascolto. Alla base
di ogni intervento pastorale vi larte dellascolto, che viene attuata secondo
un procedimento in cui sono previste la presentazione di casi, la registrazione
di colloqui, la supervisione della prassi di chi inizia da parte di un esperto.
Come appare abbastanza evidente, questi due autori attenuano il radicalismo dalla proposta di Boisen e spostano laccento dalla teologia fondamentale
a una teologia propriamente pastorale, ma di tipo empirico.

Cf BOISEN A.T., The Exploration of the Inner World (New York 1936).
Cf CABOT R.C. - DICKS R.L., The Art of Ministering the Sick (New York 1936).

7
8

324

Parte IV: Percorsi e progetti in ambito nordamericano

2.2. Legittimazione teologica del Pastoral Counseling

Questi abbozzi dottrinali vennero successivamente approfonditi, sul versante psicologico, dai noti studi di C.R. Rogers,9 che diviene linterlocutore
privilegiato di quanti sinteressano della consulenza pastorale e, sul versante
teologico-pastorale, da vari teologi che, tra laltro, allargano la prospettiva della
consulenza specificamente clinica a un pi vasto ambito di consulenza pastorale (Pastoral Counseling) diretta a conferire maggiore incidenza ed efficacia
allintero ministero dei pastori e degli agenti pastorali.10 Rivelano orientamenti
piuttosto differenti. Qui di seguito si riassumono le tesi centrali di alcune opere
di valore pubblicate negli anni 1950, che presentano posizioni differenziate.
Secondo Carroll A. Wise11 e la tendenza che rappresenta, la consulenza
una funzione essenziale del ministero cristiano. Laiuto effettivo il fondamento del servizio al prossimo, come esso predicato a partire dal Vangelo.
Molti clienti sono affetti da reazioni affettive di fronte a situazioni difficili, che
possono essere superate con laiuto di un consulente pastorale. La religione
non vi necessariamente implicata; ve lo pu essere nella figura parentale di
una persona immatura oppure nellatteggiamento di un pastore guidato da
un falso presupposto, secondo cui la religione deve risolvere qualsiasi problema. In definitiva, spetta al consulente decidere se la situazione richiede un
approccio puramente psicologico, atteso il fatto che il problema religioso
espressione di un conflitto affettivo, oppure uneducazione della fede tramite
lannuncio della Parola di Dio. In entrambi i casi, sia il pastore danime sia il
consulente psicologico cristiano sar ben consapevole del significato simbolico di ci che fa o dice a nome di Cristo, per lo meno se avverte il rischio di
cedere alla tentazione di fare giuocare a Dio ruoli che non gli convengono.12
Questimpostazione trova una pi ampia e adeguata definizione e giustificazione nella teologia delle relazioni interpersonali elaborata da Paul Tillich,
il quale distingue tra angoscia patologica e angoscia esistenziale, e riserva la
prima ai terapeuti e la seconda agli esperti di pastorale.13
A un estremo opposto nei confronti di questi teologi si colloca lo studio
metodico di Eduard Thurneysen circa la cura danime,.la cui efficacia va
attribuita in modo determinante, per non dire esclusivo, allannuncio della
parola di Dio.14
Cf ROGERS C.R., Counseling and Psychotherapy (Boston 1962); ID., Client-centered Therapy (Boston 1951); ID., On Becoming a Person (Boston 1961).
10
Cf ad es. ROBERTS D.E., Psychotherapy and a Christian View (New York 1950); OUTLER
A.C., Psychotherapy and the Christian Message (New York 1954); JOHNSON P.E., Pastoral Ministration (London 1955); ODEN TH., Kerygma and Counseling (Philadelphia 1966).
11
Cf WISE C.A., Pastoral Counseling: Its Theory and Practice (New York 1951).
12
Cf ivi 1 11 41 142 167 219.
13
Cf TILLICH P.J., Systematic Theology (Chicago 1951); ID., The Courage to Be (New Haven
1952); ID., The Dynamics of Faith (New York 1957).
14
Si veda sopra il n. 2.2.2 del cap. II.
9

Capitolo XI: La teologia pastorale

325

2.3. Teologia pastorale configurata secondo il Pastoral Counseling

Seward Hiltner, psicologo e teologo presbiteriano e alunno di Boisen, assume un atteggiamento pi equilibrato e sfumato rispetto alle due posizioni
estreme appena recensite. Egli armonizza efficacia psicologica e ruolo simbolico nella comprensione della consulenza pastorale. Introduce nella prassi pastorale le tecniche del dialogo a partire dallanalisi attenta di esempi concreti.
La formazione pastorale trova cos un luogo specifico di perfezionamento: la
comunicazione verbale nelle relazioni individuali e collettive. Adotta il metodo rogeriano, ma ne corregge la prospettiva individualistica ed evidenzia
il riferimento della consulenza pastorale al contesto in cui si sviluppa.15 Ma
soprattutto egli prospetta, sulla base della consulenza pastorale, una teologia pastorale che diviene classica nellambiente nordamericano e che venne
ripresa, negli anni 1970, in campo europeo superando, tra laltro, i confini
confessionali.16
2.3.1. Lattenzione pastorale come prospettiva teologica generale
Secondo Hiltner, per elaborare una teologia pastorale adeguata non
sufficiente riferirsi alle concezioni di pastorale impostesi storicamente, e non
basta neppure definire i metodi e le tecniche della ricerca psicologica e sociologica da applicare allarea dellagire ecclesiale. Si rende indispensabile individuare le prospettive generali in cui descrivere, con laiuto degli strumenti
delle ricerche sperimentali, le molteplici espressioni della vita ecclesiale, e in
cui sistemarle in base ai principi e criteri teologico-pastorali.
Da parte sua assume come prospettiva generale lattenzione pastorale
(shepherding) e attorno a essa e in funzione di essa costruisce il suo edificio
teologico-pastorale. Unitamente a tale prospettiva ne assume altre due, giudicate affini: i processi comunicativi (communicating) e i dinamismi organizzativi (organizing). Prese insieme, le tre prospettive ricoprono tutti i punti di
vista in cui pu essere colto e interpretato levento pastorale o ecclesiale. I tre
termini sono usati al participio e non come sostantivi per sottolineare che la
realt pastorale dinamica e attraversata da processi, e come tale percepita
da tali vocaboli.
A suo parere, utilizzando la categoria shepherding come prospettiva, si
possono conservare i contenuti veri delle due concezioni di pastorale impostesi nella storia del protestantesimo, ciascuna delle quali, presa a se stante,
Cf HILTNER S., Pastoral Counseling (New York 1949); ID., The Counselor in Counseling
(New York 1950); ID., Preface to Pastoral Theology (New York 1958); HILTNER S. - COLSTON
L.G., The Context of Pastoral Counseling (New York 1961).
16
Cf HILTNER S., Preface to Pastoral Theology. Si veda il n. 1 del cap. X.
15

326

Parte IV: Percorsi e progetti in ambito nordamericano

non consente di cogliere adeguatamente la realt pastorale: quella di un atteggiamento spirituale e operativo del pastore, e quella di unarea precisa del
suo agire, limitata rispetto ad altre aree come la catechesi e la predicazione.17
In effetti, concepita come prospettiva, lattenzione pastorale esprime un
fascio di relazioni tra un soggetto (il pastore) e un referente (le persone a cui
si rapporta il soggetto). Nel pastore mette in luce latto di avere o esercitare
unattitudine o un punto di vista o un tipo di sensibilit che per lui fondamentale e non qualcosa di marginale. In particolare, mette in luce la sua
disponibilit a essere attento ai cristiani in ogni circostanza in cui essi hanno
bisogno o desiderano una sollecitudine affettuosa e pronta. In riferimento
alle persone oggetto dellattenzione pastorale, mette in rilievo i bisogni e le
urgenze di tali persone. Dato il suo carattere relazionale, attenzione pastorale
non va intesa nel senso tradizionale della cura danime; non ricopre neppure
tutte le aree o funzioni ecclesiali; esprime, invece una dimensione dominante
e irrinunciabile di ogni atto della Chiesa e del ministro.
La comprensione cristiana di tale shepherding ravvisata nel comandamento dellamore di Dio e dellamore del prossimo, intesi come indissolubil
mente uniti. Ciascuna delle tre categorie segnalate esprime relazione a Dio e
relazione alluomo, e non luna o laltra relazione come avviene ad esempio,
per la liturgia e per leducazione, le quali, quindi, non possono essere comprese come prospettive.
I contenuti concreti dellattenzione pastorale sono esposti attorno a tre categorie: lhealing diretto alla guarigione e alla salvezza, il sustaining attuato con
forme e metodi adeguati, il guiding di tipo educativo, morale e spirituale.18
Con la seconda prospettiva generale communicating sintende indicare tutti i processi attraverso i quali la Chiesa trasmette il Vangelo. In proposito vengono ripresi molti materiali della catechetica, dellomiletica, della missiologia
e della pubblicistica ecclesiale, considerati per non nella loro cornice tradizionale, bens con una particolare sensibilit al tipo di testimonianza in essi
implicata. A questo riguardo Hiltner tenta di rispondere a interrogativi come
questi: che cosa facilita oggi la comunicazione del Vangelo e che cosa invece
limpedisce? Qual la prassi ecclesiale in questo campo? Come si configura,
ad esempio, il linguaggio della predicazione rispetto al linguaggio attuale, al
linguaggio dei mass media? E siccome ogni struttura e istituzione implicano
dei dinamismi comunicativi, quali sono quelli espressi dalle strutture ecclesiali e cristiane?19
Col termine organizing sintende indicare non gi le tecniche organizzative,
quanto piuttosto lazione organizzativa del discepolato, inteso come servizio
alla formazione della comunit dei deboli, secondo le indicazioni del Vangelo.
Cf ivi 15-18 20 55-69.
Cf ivi 18-20 89-174.
19
Cf ivi 56-61 175-197.
17
18

Capitolo XI: La teologia pastorale

327

La vita ecclesiale con tutte le sue azioni pu essere studiata in questa prospettiva dei dinamismi organizzativi e con un quadro di riferimento teologico
elaborato scientificamente sulla base degli apporti delle scienze dellazione.
In questo modo lautore recupera molti dati finora sviluppati nellambito del
la conduzione della comunit, della sociologia pastorale, del diritto e della
pastorale liturgica.20
Il passaggio dalla descrizione fenomenologica della vita ecclesiale, con laiuto delle tre prospettive indicate, a una interpretazione teologica della mede
sima delineato in questi termini: quando queste prospettive sono dirette
verso eventi pastorali, con problematiche teologiche in mente e tirando conclusioni teologiche, esse conducono a discipline teologiche operative.21 In
concreto, alla prospettiva shepherding corrisponde la pastoral theology; alla
prospettiva communicating corrisponde la educational and evangelistic theology; alla prospettiva organizing corrisponde la ecclesiastical theology.
2.3.2. Teologia pastorale come teologia incentrata sullazione
Nel definire lambito specifico della teologia pastorale, Hiltner distingue
nettamente, ma senza negarne la necessaria correlazione, le discipline teologiche operative, che sinteressano dellazione, tra le quali annovera appunto
tale scienza, da quelle che sono invece incentrate sulla logica, come la teologia
biblica, storica, sistematica, morale, estetica, comparativa... Le prime riflettono direttamente sulla vita cristiana attuale, e lautore le qualifica come ramo
della teologia incentrato sullazione (operation-centered branch of theology).
Le seconde sinteressano direttamente non della vita cristiana vissuta, ma
piuttosto del senso, sviluppo e significato della fede contenuta in testi scritti, e
inoltre del popolo, degli eventi e delle esperienze che sono a monte di tali documenti scritti. In mancanza di una formula migliore, le qualifica come ramo
della teologia incentrato sulla logica (logic-centered branch of theology).
Nelle discipline operative le conclusioni teologiche, la teoria, i principi
fondamentali emergono primariamente dalla riflessione su azioni o eventi o
funzioni, condotta a partire da una prospettiva particolare. Le discipline logiche, invece, hanno il loro punto focale in qualcosa che soprattutto logico
e necessario come la Bibbia, linterrelazione delle dottrine, lo sviluppo della
storia, il significato morale. Sono dette logiche, perch si vuol suggerire che
la chiave della loro natura sta in unorganizzazione logica della materia.22
Come queste seconde hanno un proprio metodo, quello storico-critico,
elaborato non arbitrariamente ma in base alle esigenze del proprio oggetto
Cf ivi 61-64 198-215.
Ivi 55 e 28, dove viene presentato il prospetto delle discipline teologiche.
22
Cf ivi 20s e 217s.
20
21

328

Parte IV: Percorsi e progetti in ambito nordamericano

costituito da documenti storici, cos le prime hanno un loro metodo proprio,


quello empirico-critico, richiesto dalla riflessione teologica sulla vita cristiana
attuale. E come le discipline teologiche logiche, dovendo tener conto del rapporto tra fede e cultura in determinati periodi storici, sono ricorse alle scienze
profane corrispondenti (lanalisi linguistica, larcheologia, la paleografia, la
storia), cos le discipline teologiche operative, dovendo analizzare e valutare
la fede vissuta della Chiesa nel contesto culturale contemporaneo, ricorrono
alle scienze profane corrispondenti (la psicologia e la sociologia).23
Al pari di tutti i rami del sapere teologico, la teologia pastorale ha una
propria autonomia, che non sopprime ovviamente ma rispetta la correlazione
esistente tra tutte le discipline teologiche. Di conseguenza, contrariamente a
quanto avvenuto nel corso della storia, non va considerata come una semplice teologia applicata oppure come il puro legame tra il dominio organizzato
della teologia biblica, storica, sistematica, morale, estetica, comparativa... e
gli atti della Chiesa e del pastore. Senza dubbio i principi elaborati da tali discipline logiche possono e debbono essere applicati, ma la teologia pastorale
procede in un altro modo, in quanto produce uno studio teologico-critico di
eventi attuali a partire da una prospettiva significativa.24
Come riflessione o teoria, la teologia pastorale si costituisce in modo sistematico. Questa caratteristica non esclusiva della dogmatica, ma propria di
ciascuna delle altre discipline teologiche. La teologia pastorale, infatti, utilizza
certe categorie e concetti comuni della fede, ma dispone di propri dati acquisiti dalla riflessione sulle attivit e funzioni della Chiesa e dei pastori, e li organizza attorno ad un proprio punto focale costituito dalla specifica prospettiva
teologica: lattenzione pastorale.25
Daltra parte, la teologia pastorale non va ridotta a psicologia pastorale o
a sociologia pastorale. Essa una disciplina teologica. Nellelaborare la sua
riflessione, essa incomincia con questioni teologiche e conclude con risposte
teologiche, esaminando nel frattempo tutti gli atti del pastore e della Chiesa,
fin dove essi coinvolgono la prospettiva della attenzione pastorale cristiana. I dati considerati dalla teologia pastorale e quelli esaminati dalla psicologia e dalla sociologia sono spesso i medesimi. Di pi, la teologia pastorale
non pu non confrontarsi con tali scienze profane, dato lo stretto legame tra
fede e cultura, per cui la fede cristiana rimane credibile e rilevante solo se in
dialogo costante e discriminante con le scienze profane. Tuttavia, i due tipi di
studio differiscono tra loro nello scopo e nella prospettiva.26
Limpostazione generale della teologia pastorale proposta da Hiltner sta
ta positivamente accolta dalla critica teologica. Gli si , giustamente, riconoCf ivi 21s 218-222.
Cf ivi 20 22s 217s.
25
Cf ivi 20 21 219-221.
26
Cf ivi 23 24.
23
24

Capitolo XI: La teologia pastorale

329

sciuto il merito di aver delimitato lambito e il metodo di questa disciplina


nel quadro delle discipline teologiche, di aver messo in luce alcune categorie
interpretative dellazione coinvolte nellintera vita ecclesiale, e di aver prodot
to un discorso teologico-pastorale che assume come impianto culturale gli
apporti delle scienze umane rappresentate dalla psicologia e dalla sociologia.
I rilievi critici mossi alla sua opera riguardano sostanzialmente la prospettiva per alcuni aspetti ancora individualistica e clericale in cui si muove, e laver
in parte disatteso lapporto delle discipline teologiche che usano il metodo
storico-critico. Sicch il suo approccio allazione ecclesiale non risulterebbe
propriamente teologico.27 Si tratta di rilievi critici previsti da Hiltner e rivelativi di una concezione teologica che privilegia le discipline tradizionali.
3. EVOLUZIONE IN ATTO

La formazione clinica del pastore con i suoi numerosi centri e la sua rivista
Pastoral Psychology ha continuato ad avere, nellultimo trentennio del secolo
XX, una vasta risonanza nella prassi pastorale nordamericana (meno nella sua
riflessione teologica), nonostante alcuni orientamenti di segno contrario.28
A partire dagli anni 1980 a questa parte, negli ambienti anglosassoni si sta
manifestando un palese cambio di rotta tendente ad aprire nuovi orizzonti
rispetto a quelli della cura pastorale fin qui esposti. La povert, la razza, il
genere (maschile, femminile, ecc.) sono i nuovi temi oggetto di studio. Sono
comparse nuove espressioni sostenute, in alcuni casi, da riviste specializzate.
Il campo teologico delleducazione (Theological Field Education) ne
Cf ODEN TH., Contemporary Theology and Psychotherapy (Philadelphia 1967) spec. 8190; COLEMANN G.D., The Trouble with Pastoral Theology, in AER 168 (1974) 654.
28
Cf ad es. CURRAN CH., Religious Values in Counseling and Psychotherapy (New York
1969); OGLESBY W. (ed.), The New Shape of Pastoral Theology. Essays in honour of Seward
Hiltner (Nashville 1969); HILTNER S., Fnfzig Jahre Clinical Pastoral Education, in WzM 27
(1975) 258-268; STOLLBERG D. - KLESSMANN M., Fnfzig Jahre etwas anderes. Zum 50. jhri
gen Jubilum der Klinischen Seelsorgeausbildung, in LR 25 (1975) 355-361; KENNEDY E., On
Becoming a Counselor (New York 1977); PATTON J., Modern Pastoral Theology in the United
States, in WOODWARD - PATTISON, The Blackwell Reader 49-58. Dagli anni 1970 in poi incominciano ad apparire pubblicazioni pastorali in cui lo scambio di esperienze spirituali diviene la
base di un colloquio e loccasione di un eventuale aiuto terapeutico. Tale tendenza si sviluppa
in un clima che oscilla tra carismatismo e profetismo. Volta le spalle alla maggioranza degli
studi del movimento in esame, ritenuti validi solo in ambito profano e poco utili quando si
tratta di mobilitare energie cosiddette spirituali. Utilizzando un linguaggio religioso, sovente
fluido e a volte teologicamente criticabile, tale tendenza sembra finora poggiare su personalit
capaci di operare guarigioni spirituali. Non presenta assolutamente i mezzi per moltiplicare,
tramite una formazione prudente e precisa, quanti hanno tali carismi. Al riguardo, si vedano:
KELSEY M.T., Dreams: a Way to Listen to God (New York 1978); ID., Christo-psychology (New
York 1982); TYRRELL B.J., Christotherapy: Healing trough Enlightenment (New York 1975); ID.,
Christotherapy II: The Fasting and Feasting Heart (New York 1982).
27

330

Parte IV: Percorsi e progetti in ambito nordamericano

una delle forme pi significative. Si tratta di stages obbligatori per tutti coloro
che sono destinati ad esercitare un qualche ministero non limitato ad ambienti ospedalieri, ma allargato al pi vasto campo dazione delle comunit cristiane. La formazione teologica universitaria integrata dallapprendimento
sul territorio di metodi diretti ad aiutare a costruire una riflessione teologica
adeguata alle situazioni concrete in cui si opera, con lausilio di materiali reperibili sul posto.29 In alcuni ambienti si parla, al riguardo, di educazione
cristiana (Christian Education).30
Levoluzione in atto sta facendo passare la teologia pastorale dal paradigma clinico-terapeutico al paradigma ecclesiale-sociale centrato innanzitutto
sulla comunit cristiana considerata nel suo rapporto con la societ. Il ricorso
sempre pi frequente alla formula teologia pratica (Practical Theology) sostitutiva di cura pastorale rivelativo di tale evoluzione tuttora segnata da
persistenti confusioni e da differenti posizioni.31

29
Cf WHITEHEAD J.D. - WHITEHEAD E., Method in Ministry. Theological Reflection in Christian Ministry (New York 1980); HUNTER G., Supervision and Education-Formation for Ministry
(Cambridge 1982); FARLEY E., Theologia. The Fragmentation of Unity of Theological Education
(Philadelphia 1983); KINAST R.L., How Pastoral Theology Functions, in Theology Today 38
(1/1981) 425ss; SCHUSSLER-FIORENZA F., Foundational Theology and Theological Education, in
Theological Education 20 (1984) 107-124; FOWLER J., Practical Theology and Theological Education, in Theology Today 42 (1/1985) 43-58.
30
Cf GROOME T.H., Christian Religious Education (San Francisco 1980).
31
Cf WAY P.A., Pastoral Excellence and Pastoral Theology: A Slight Shift of Paradigm and a
Modest Polemic, in Pastoral Psychology 29 (1984) 46-57; PATTISON S. - WOODWARD J. An Introduction to Pastoral and Practical Theology, in WOODWARD - PATTISON, The Blackwell Reader
in Pastoral and Practical Theology 1-19. Questo orientamento ormai centrato sulla comunit
palese ad es. nel volume, frutto della collaborazione di un folto gruppo di esperti nel campo
della formazione degli operatori pastorali: BROWNING R.L. (ed.), The Pastor as Religious Educator (Birmingham, Alabama 1989).

Capitolo XII

LA TEOLOGIA PRATICA

Alla base della scelta della formula teologia pratica vi un duplice interesse
gi costatato per un fenomeno analogo presente in varie correnti protestanti
e cattoliche europee:
1. il superamento della prevalente impostazione clericale che ha accompagnato storicamente la teologia pastorale;
2.la pi chiara indicazione del campo di studio di questo ramo della teologia, e cio la prassi concreta dei cristiani e delle cristiane, vista in modo
speciale come prassi morale e religiosa, capace di rinnovare la comunit e di
trasformare la realt sociale.
Questo riferimento specifico alla prassi fa s che la teologia pratica sia definita come una disciplina intellettuale ancorata alla vita pratica e diretta ad
esaminarla alla luce della testimonianza della croce.1
Come in ambito europeo, cos in quello nordamericano si hanno differenti
comprensioni dellespressione teologia pratica. Alcuni tendono a confondere
letteralmente la formula teologia pastorale con quella di teologia pratica.
Altri giungono ad affermare che tutta la teologia teologia pratica, dal
momento che si prefigge la formazione degli agenti pastorali. In questo senso
la teologia pratica non una branchia della teologia: il termine pratica caratterizza piuttosto lintenzionalit centrale della teologia compresa come un
tuttuno.2
Altri (e sono la maggioranza) mantengono distinta la teologia pratica dal
le altre discipline teologiche e fanno rientrare nel suo dominio la teologia
pastorale come una sua suddivisione.3 In tale visuale, la teologia pratica
ingloberebbe la teologia pastorale come pure, secondo qualcuno, la teologia
morale, dato che pure questultima ha caratteristiche nettamente pratiche.4
DUBIED P.L., La thologie pratique en tant que thorie, in RThPh 116 (1984) 191.
OGLETREE T.W., Dimension of Practical Theology: Meaning, Action, Self, in BROWNING,
Practical Theology 84s.
3
Cf LAPSLEY, Pastoral Theology, 167.
4
Cf BROWNING DON S., Pastoral Theology in a Pluralistic Age, in BROWNING, Practical Theology 189; WESTERHOFF J.H., Building Gods People in a Materialistic Society (New York 1983)
9 80-84 93.
1

332

Parte IV: Percorsi e progetti in ambito nordamericano

Altri evidenziano la dimensione pratica di tutta la teologia e, in essa, del


le singole discipline teologico-pratiche. Per costoro, la teologia pratica una
dimensione di ogni riflessione e comprensione teologica (del credente, della
comunit cristiana, del teologo di professione), in quanto essa diretta allin
terpretazione della situazione in cui il credente e la comunit sono coinvolti.
Lintero sapere teologico dovrebbe integrare la tradizionale e recente interpretazione o ermeneutica dei testi del passato (Bibbia e tradizione) con linterpretazione o ermeneutica della situazione presente. Essa implica i seguenti
passaggi: scoprire i molteplici e complessi fattori della situazione; identificare
il peso (positivo e negativo) del suo passato; esplorare la sua relazione con
altre situazioni a cui collegata; discernere le domande da essa emergenti
tramite considerazioni teologiche riguardanti la corruzione e la redenzione.
Le discipline teologiche (solitamente denominate teologia pratica e teologia
pastorale), che studiano la situazione presente delle attivit della Chiesa e, in
particolare, del clero, dovrebbero essere rinnovate profondamente con lintroduzione di unadeguata interpretazione della situazione.5
La teologia pratica nordamericana degli anni 1980 stata influenzata, su
un versante, dalla teologia pratica di matrice europea e, sullaltro, dalle teologie della liberazione latinoamericane. Negli ultimi tempi ha allargato il suo
orizzonte al tema del dialogo interreligioso, dominante nel contesto asiatico,
e alla problematica ecologica. Il suo impatto sullinsieme della riflessione pratica di quel continente considerevole e crescente.
La Teologia della prassi (cos chiamata in alcuni ambienti) si sta interessando di due argomenti maggiori: 1. il suo metodo centrato sulla prassi; 2. la
fondazione rigorosa di tale approccio metodologico.
1. LA PRASSI: CONCETTO CENTRALE

In non poche definizioni di teologia pratica ricorre il termine prassi, che


in certi casi costituisce lidea chiave dellintero discorso prodotto da questa
disciplina.
Uno dei riconosciuti rappresentanti di questa corrente di pensiero, David
Tracy, scrive: la teologia pratica la vicendevole correlazione critica dellin
terpretazione della teoria-prassi del fatto cristiano e dellinterpretazione della
teoria-prassi della situazione contemporanea.6
Da parte sua un altro pastoralista nordamericano, James Fowler, definisce
la teologia pratica una riflessione teologica e una costruzione emergente
Cf FARLEY E., Interpreting situations: A Inquiry into the Nature of Practical Theology, in
MUDGE L.S. - POLING J., Formation and Reflection. The Promise of Practical Theology (Philadelphia 1987) 1-16.
6
TRACY D., The Foundations of Practical Theology, in BROWNING, Practical Theology 76.
5

Capitolo XII: La teologia pratica

333

diretta a guidare la comunit di fede nella prassi della sua missione. Egli
ritiene che il mantenere un approccio dialettico tra teoria e prassi una della
caratteristiche fondamentali della teologia pratica nordamericana.7
Come si potuto costatare ampiamente nel X capitolo, il concetto di prassi
ha subto considerevoli cambiamenti da quando stato introdotto in teologia.
Ci si ispirati non tanto a Marx quanto piuttosto ai filosofi della Scuola di
Francoforte e specialmente ad Habermas.8 Ci vale anche per i pastoralisti
nordamericani, per i quali, da alcuni anni a questa parte, il concetto di prassi
riveste un valore simbolico rilevante.
Pi che una definizione precisa di questo termine (che riferito in ogni
caso allarea morale, religiosa, sociale, culturale e politica), essi sinteressano
piuttosto della dinamica intellettuale che esso mette in moto.
Thomas Groome ha insistito parecchio sul concetto di prassi in unopera
che ha riscosso ampi consensi nel Nordamerica. Per lui la prassi una riflessione attiva, dove la pratica informa la teoria e, viceversa, la teoria modula la
pratica. La prassi cerca di mantenere insieme la teoria e la pratica come due
momenti dellazione umana finalizzata, che in tal modo si arricchiscono vicendevolmente.9 A suo parere, tutta lattivit teologica dovrebbe costruirsi
sulla base di una prassi condivisa (Shared praxis) tra i diversi partecipanti al
processo di azione e di teorizzazione pastorale.
Dermot Lane ha cercato di elaborare una teologia sociale fondata anches
sa sul concetto di prassi. Secondo lui, si starebbe producendo un cambio
radicale in ambito teologico, sollecitati dalla teologia della liberazione. Si
tratta di una rottura metodologica col vecchio modo di fare teologia con la
valorizzazione di due fattori principali dovuti al riferimento essenziale che la
riflessione teologico-pratica fa: 1. allesperienza intesa come fonte primaria
della teologia e, 2. al soggetto, individuale e collettivo, che cerca di costruire
il proprio destino storico.10
Matthew Lamb, dopo aver precisato storicamente i concetti di teoria e di
prassi, ha tentato di classificare alcuni grandi teologi moderni e contemporanei nel quadro di categorie presiedute dal rapporto teoria-prassi. La prima categoria attribuisce il primato alla teoria sulla prassi ed lorientamento
7
FOWLER J.W.M., Practical Theology and the Shaping of Christian Lives, in BROWNING,
Practical Theology 149; cf. ID., Practical Theology and Theological Education 54; TRACY, The
Foundations of Practical Theology 72-76.
8
Cf HABERMAS J., Theory and Practice (Boston 1973) [trad. dalloriginale tedesco]; ID:,
Teoria e prassi nella societ tecnologica (Roma-Bari 1978).
9
Cf GROOME TH., Christian Religious Education, cap. XVII nota 1 e lintero cap. VIII;
ID., Sharing Faith. A Comprehensive Approach to Religious Education & Pastoral Ministry (San
Francisco 1992). Cf KALATHUVEETHIL Th., Grooms Shared Christian Praxis Approach. A critical Analysis of its Educational, Philosophical and Theological Foundations (Rome 1992). Vedi
anche WATSON D.L., Liberating Praxis and Christian Education, in PJ 35 (3/1982) 28-37.
10
Cf LANE D.A., Foundations for Social Theology (Ramsey, N.J. 1984).

334

Parte IV: Percorsi e progetti in ambito nordamericano

proprio della teologia cattolica tradizionale, la scolastica. La seconda categoria assegna il primato alla prassi e in essa rientrano Lutero, Schleiermacher e
Troeltsch, per i quali il cristianesimo innanzitutto una prassi situata storicamente nella cultura. La terza categoria sottolinea il primato dellamore-fede e
raggruppa i teologi che rifiutano di situare la fede nel rapporto teoria-prassi,
perch questultimo non rifletterebbe un dato essenziale alla natura umana
(Barth, Urs von Balthasar, ecc.). La quarta categoria sostiene la correlazione
critica, ma a livello teoretico, tra teoria e prassi: rigetta il soprannaturalismo del
la terza categoria, ma mantiene un principio di non identit tra la tradizione
cristiana e le esigenze della teoria e della prassi; risolve cos la contraddizione
col proporre una correlazione mediata dalla teoria o dalla metafisica (Rahner,
Pannenberg, Tracy). Infine, una quinta categoria difende una correlazione critica tra teoria e prassi, attuata per a livello non teoretico come la precedente,
bens prassico; per essa la prassi non soltanto lo scopo ma il fondamento
stesso della teoria (teologia della liberazione).11
Una numerosa schiera di pastoralisti nordamericani fondano le loro proposte di teologia pratica sul concetto di prassi, evocandolo spesso non espres
samente, ma con formule analoghe o ad esso assimilabili. Cos, alcuni parlano
di situazioni in generale12 o di situazioni esperienziali o di situazioni particolari.13 Altri preferiscono utilizzare il termine contesto,14 o lespressione azione
sociale.15 In alcuni ricorre la formula teologia locale, che sta a indicare la
necessit di elaborare una riflessione teologica contestuale.16 Altri tentano di
offrire alle comunit di fede strumenti metodologici che le abilitino a produrre
un proprio pensiero teologico.17 Tutti concordano nel dire che il metodo
della teologia pratica tende a far s che la teoria emerga dalla prassi concreta
o, per lo meno, dialoghi con essa.
Si tratta di un compito facile da enunciare ma assai difficile da attuare. Per
questo gli specialisti sono attualmente molto impegnati nello stabilire e definire i fondamenti della teologia pratica. Lo fanno seguendo differenti tracciati
che vengono ora sinteticamente descritti.

Cf LAMB M., Solidarity with Victims (New York 1982).


Cf POLING, Interpreting situations 1-26.
13
Cf KINAST, How Pastoral Theology Functions 427; OGDEN S.E., Prolegomena to Practical
Theology, in PJ 35 (3/1982) 17-21.
14
Cf DESCHNER J., What does practical theology study?, in PJ 35 (3/1982) 8-16; WESTERHOFF
J.H., Practical Theology: What will it become?, in The Christian Century 101 (1984) n. 116, p.
1-8.
15
Cf MCCANN D.P., Practical Theology and Social Action: Or what can they learn from the
1966-1980s?, in BROWNING, Practical Theology 105-125.
16
Cf SCHREITER R.J., Constructing Local Theology (Maryknoll, N.Y. 1985).
17
Cf WHITEHEAD - WHITEHEAD, Method in Ministry 198.
11
12

Capitolo XII: La teologia pratica

335

2. FONDAMENTI DELLA TEOLOGIA PRATICA

Stimolati dalla teologia fondamentale prodotta dal noto teologo canadese,


Bernard Lonergan,18 vari pastoralisti nordamericani si sono impegnati seriamente in analoghi studi nellambito della teologia pratica.
2.1. Criteriologia teologico-pratica

Uno di essi il noto pastoralista cattolico, David Tracy, che ha fatto parecchio per stabilire su nuove basi i fondamenti della teologia in generale e,
in particolare, della teologia pratica. Egli ha sviluppato il suo pensiero in un
modello metodologico qualificato come revisionista. il metodo proposto da
P. Tillich della correlazione tra questioni emergenti dallesistenza umana e risposte ricavate dalla rivelazione cristiana. Tracy per lha approfondito e meglio articolato nel suo aspetto di reciprocit, ricollegandosi pi direttamente
a Hiltner. Lha condensato in modo generale in cinque tesi.
Tesi 1. Le due principali fonti della teologia sono la tradizione cristiana,
che si manifesta soprattutto nei testi fondanti, e la situazione contemporanea.
Tesi 2. compito della teologia stabilire una vicendevole correlazione cri
tica dei risultati delle ricerche attinenti queste due fonti. Questa correlazione
critica si costruisce in sostanza come un modello capace di farle entrare in
dialogo con laiuto di un metodo sistematico.
Tesi 3. Il principale metodo di ricerca riguardante la situazione contemporanea pu essere descritto come una fenomenologia della dimensione religiosa
presente sia nella vita quotidiana sia nel linguaggio e nellesperienza scientifica.
Tesi 4. Il principale metodo di ricerca concernente la fonte denominata
tradizione cristiana pu essere qualificato come studio storico e interpretativo
o ermeneutico dei testi cristiani classici.
Tesi 5. Per determinare la validit dei risultati delle ricerche attinenti queste due fonti, il teologo deve avvalersi di una riflessione esplicitamente metafisica o trascendentale.19
Quanto alla teologia pratica, il Tracy la colloca nella cornice di una cosiddetta teologia pubblica, cos connotata perch capace di occupare un proprio
posto in un onesto, aperto e vicendevole dialogo critico con lattuale societ
pluralista considerata in una visuale non solo occidentale, ma planetaria.
Per lui, la teologia pratica deve ovviare alle aporie di due modelli di rifles
sione teologico-pratica tuttora vigenti. Il modello classico e moderno, secondo cui la teologia pratica si limita ad applicare teorie elaborate altrove (ad
18
Cf LONERGAN B., Method in Theology (New York 1972) [trad. it.: Il metodo in teologia
(Brescia 1975)].
19
Cf TRACY D., Blessed Rage for Order (New York 1975).

336

Parte IV: Percorsi e progetti in ambito nordamericano

esempio, dalla teologia sistematica) generalmente senza un preciso riferimen


to alla prassi specie delloperatore e delloperatrice pastorali. Tale modello
inadeguato perch riduce la teologia pratica a semplice ideazione di tecniche
e strumenti per lagire concreto. Laltro modello quello presente in alcune
teologie della liberazione in cui la prassi non solo sostituisce ma nega la teoria.
Determinate attivit concrete e laffidamento a una causa particolare sostituiscono radicalmente ogni criterio (i criteri che presiedono la prassi) necessario
a un sapere teologico con pretese di verit. Anche questo modello criticato
perch disattende il fatto che in ogni prassi sempre presente una teoria che
va esplicitata e vagliata.
Secondo Tracy, per superare i limiti di questi due modelli, la teologia pratica deve interessarsi primariamente di determinare, in maniera critica, i criteri
o le norme atte a trasformare la condizione umana e letica teologica. Essa
adotta appunto, nel proprio campo, il modello metodologico della vicendevole correlazione critica. Deve cio sviluppare una riflessione pubblica capace
di far entrare in dialogo due ordini di criteri:
1. criteri di trasformazione ricavati dallinterpretazione critica del fatto
cristiano (inteso come dato non inventato ma ricevuto e comprendente testi
classici, simboli, eventi, persone, riti e pratiche del cristianesimo della Bibbia
e della tradizione);
2. altri criteri di trasformazione desunti dallinterpretazione critica dellat
tuale contesto sociale, culturale e religioso di tipo pluralista.
La duplice interpretazione critica comporta lidentificazione non solo di
verit e valori ma anche di errori e di sistematiche distorsioni (razzismo, sessismo, elitismo, anti-semitismo, classismo, ecc.) tanto nel fatto cristiano che
nella situazione contemporanea. E il suo orizzonte di ricerca va allargato dalla
realt locale a quella globale, con particolare attenzione alla tematica della
liberazione, del dialogo interreligioso e del problema ecologico.
Nel fare ci, essa non pu prescindere dalla teologia fondamentale e dalla
teologia sistematica, chiamate entrambe ad elaborare, luna nel proprio spe
cifico ambito filosofico e laltra in quello ermeneutico, la vicendevole corre
lazione critica tra significato e verit di uninterpretazione del fatto cristiano
e significato e verit dellinterpretazione della situazione contemporanea.20
2.2. Livelli di riflessione teologico-pratica

Tesi analoghe a quelle di Tracy sono sostenute da un altro noto pastoralista, il protestante Don S. Browning, quanto al fatto che la teologia pratica non
la pura applicazione della teologia biblica o sistematica, n un sapere facile
Cf TRACY, The Foundations of Practical Theology 61-82; ID., Practical Theology in the Situation of Global Pluralism, in MUDGE - POLING, Formation and Reflection 139-154.
20

Capitolo XII: La teologia pratica

337

e semplice ma difficile e complesso; quanto alla sua caratteristica di teologia


pubblica chiamata a rispondere alle questioni e sfide a cui la fede deve far
fronte nellarea pubblica; quanto alla sua configurazione filosofica e critica e
al metodo della correlazione.21
Le integra, in certo modo, con lindividuazione di cinque livelli, distinti e
complementari, in cui lautore articola la riflessione teologico-pratica nel suo
riferimento, esplicito o implicito, a cinque questioni fondamentali riguardanti
la prassi: 1. un livello metaforico; 2. un livello normativo; 3. un livello del
le tendenze e bisogni; 4. un livello contestuale e progettuale, e 5. un livello
comunicativo e regolativo. Nei primi due livelli essa si confronta, in modo
critico e dialogico, con la teologia sistematica e letica teologica; negli altri tre
con la psicologia, la sociologia e le scienze dellorganizzazione.
Il livello metaforico riguarda la verit e il senso dei simbolismi cristiani,
come sono, ad es., le metafore di creatore, signore e redentore applicate a
Dio per esprimere il senso e la verit dellesperienza religiosa; la metafora del
larmonia naturale su cui si fonda la psicologia umanistica; le metafore di eros
(amore) e thanatos (morte) rilevabili nelle psicologie freudiane; la metafora
dei meccanismi psicologici riscontrabile in varie forme di behaviorismo.
Il livello normativo concerne ci che si crede e si sente fondatamente di
dover fare sulla base di una rilettura critica della tradizione cristiana e di una
valutazione, anchessa critica, degli apporti delle scienze antropologiche, sociologiche e psicologiche.
Il terzo livello costituito dalle tendenze, dai bisogni e dai valori. Lautore
distingue le seguenti fattispecie: i bisogni umani primari, riguardanti la vita
fisica e sociale; i bisogni esistenziali, come sono la domanda di sicurezza, di
accoglienza, di amore; i bisogni culturali indotti, che sono la determinazione
storica concreta dei bisogni primari; i bisogni di tipo tecnico o strumentali,
necessari per organizzare il soddisfacimento dei bisogni primari; i bisogni morali, diretti a mediare i conflitti tra i vari bisogni primari, esistenziali, culturali
e strumentali. Per valutare se tendenze e bisogni sono validi (valori) oppure
distorti e devianti (disvalori), la teologia pratica si avvale di teorie ricavate
dallintuizione, dalla tradizione religiosa e culturale, dallapporto critico della
psicologia e della sociologia.
Il livello contestuale e progettuale concerne lambiente sociale, culturale ed
ecologico in cui inserita e opera la comunit cristiana e la prospettiva del
suo cambio.
Lultimo livello quello attinente i ruoli, le regole e la comunicazione richiesti dal contesto pluralistico caratteristico della societ attuale e la definizione
di un piano organizzativo dintervento della comunit cristiana in missione
nel mondo.22
Cf BROWNING, Pastoral Theology in a Pluralistic Age 187-202.
Cf BROWNING DON S., Religious Ethics and Pastoral Care (Philadelphia 1983); ID., Integrating the Approaches: A Practical Theology, in DUBLEY C. (ed.), Building Effective Ministry.
21
22

338

Parte IV: Percorsi e progetti in ambito nordamericano

2.3. Configurazione pubblica, politica e dialogica della teologia pratica

In una visuale analoga a quella di Tracy e di Browning, ma per certi versi


pi radicale, si muove la proposta di Denis McCann e Charles Strain. In un
libro dal sottotitolo evocativo: Programma per una teologia pratica americana,
questi autori tentano non tanto di costruire un metodo, quanto piuttosto dindicare dei principi fondamentali che consentano ai cultori di questa disciplina
di elaborare loro stessi una propria metodologia.
Secondo loro, la teologia pratica una riflessione teologica distinta che
va configurata e proposta in maniera pubblica, in quanto destinata ad essere
sottomessa al dibattito a cui sono sottoposte le differenti ideologie circolanti
nella societ.
Essa poggia tutta sul rapporto dialettico tra teoria e prassi, dove la prassi
emerge in stretto collegamento con la teoria.
La teologia pratica deve riconoscere il fatto di utilizzare unermeneutica
che la obbliga a riferirsi alla molteplicit delle tradizioni, il che le consente di
proporre non uno ma vari modelli teologici specifici.
Una teologia pratica cos concepita porta allimpegno nel sociale, che si
esprime necessariamente nella presa di posizione, con decisioni e iniziative
concrete, sul piano politico.
Tutto ci va compiuto in collaborazione con altri tipi di discorso pubblico,
prodotto ad esempio dalle scienze umane.23
2.4. Tipi di teologia pratica

James N. Poling e Donald E. Miller sono altri due pastoralisti che hanno
lavorato attorno ai fondamenti della teologia pratica. Al termine di un giro
dorizzonte in cui hanno preso in considerazione i principali teologi contemporanei che si sono interessati allargomento, i due autori hanno costruito
una griglia di lettura che lascia intendere in maniera chiara le preoccupazioni
epistemologiche degli anni 1980.
Per loro esistono due assi maggiori attorno a cui la teologia pratica si snoda: 1. il ricorso a un metodo critico, che accetta un impegno pi o meno radicale dobiettivazione; 2. il proporre un rapporto pi o meno stretto tra Chiesa
e societ.
Ognuno dei due assi comporta prospettive differenti. Lasse del metodo
critico si dirama in tre direzioni:
Theory and Practice in the Local Church (San Francisco 1983) 220-237; ID., Practical Theology
and Religious Education, in MUDGE - POLING, Formation and Reflection 79-102.
23
Cf MCCANN D.P. - STRAIN R.R., Polity and Praxis. Program for an American Practical
Theology (Minneapolis [Min.] 1985).

Capitolo XII: La teologia pratica

339

a) il metodo critico scientifico, in cui una disciplina profana giuoca il ruolo


principale e la tradizione cristiana un ruolo secondario;
b) il metodo critico correlazionale, dove si stabilisce un dialogo e una col
laborazione paritari tra le varie scienze e la tradizione cristiana;
c)il metodo critico confessionale, che accorda la priorit allinterpretazio
ne della tradizione cristiana e guarda con certo sospetto alle scienze profane.
Lasse del rapporto tra Chiesa e societ si articola a sua volta in due direzioni:
a) la focalizzazione della Chiesa, dove questa compresa come gruppo
umano che lotta per vivere la sua fede nella societ moderna, e il centro di
interesse larricchimento della partecipazione comunitaria;
b)la focalizzazione della Chiesa nella societ, dove la missione della Chiesa
quella di trasformare la realt sociale e il centro di interesse larricchi
mento della societ.
Facendo interagire questi due assi e le rispettive prospettive, Poling e Mil
ler riescono a configurare sei tipi ideali in cui sono fatti rientrare la maggioranza delle attuali teologie pratiche americane.24
Tipo IA. La teologia pratica pu prendere la forma di una scienza critica
il cui scopo la formazione della societ. Rientrano in questa fattispecie:
uomini di scienza interessati s, ma da lontano, al progresso della Chiesa; sociologi della religione che studiano la Chiesa come realt sociale; alcuni teologi latinoamericani della liberazione interessati pi alla liberazione che alla
teologia.
Questo primo tipo ricava le sue norme e strategie dalla scienza, specialmente dalle scienze sociali e politiche, e si avvale in secondordine della tradizione cristiana come fonte di dati per la riflessione teologica; questi dati per
non costituiscono un contributo sostanziale al contenuto e al metodo della
teologia pratica.25
Tipo IB. La teologia pratica pu prendere la forma di una scienza critica il
cui scopo la formazione della Chiesa. In questa fattispecie sono annoverati
i promotori della psicologia pastorale, i consulenti pastorali, gli specialisti del
lanimazione di gruppo.
Le scienze delluomo, specialmente la filosofia e la psicologia, sono qui
messe al servizio dello sviluppo della comunit cristiana e sono utilizzate da
persone che hanno una visione cristiana ed anche teologica della loro azione.
La tradizione e la storia del cristianesimo sono utilizzate in vari modi: o come
fonte di norme astratte (ad esempio, lamore del prossimo) per la propria
condotta etica, il cui contenuto per dato dalla propria identit scientifica
e non dalla religione; o come giustificazione della propria visione scientifica,
24
Cf POLING - MILLER, Foundations for a Practical Theology 29-36: le citazioni sono rispettivamente a p. 31 33.
25
Ivi 36-38.

340

Parte IV: Percorsi e progetti in ambito nordamericano

ad esempio, behaviorista o socialista; o come fonte di dati per una riflessione


teologica sullesperienza umana, che per successiva alla propria griglia di
lettura scientifica previamente stabilita.26
Tipo IIA. La teologia pratica pu prendere la forma di una correlazione
critica fra la tradizione cristiana e la filosofia e la scienza contemporanea nel
loro interesse per la formazione della societ. Di conseguenza, la Chiesa
importante ma come sottosistema della societ, in cui essa crea e nutre la pro
pria fede. La teologia deve rivestire un carattere pubblico, cio deve essere
elaborata in vista di coloro che sono fuori della Chiesa. La teologia pratica
si configura come disciplina filosofica che si confronta con letica pubblica.
Sono fatti rientrare in questa fattispecie gli studi citati di Browning e di Tracy.
Si riconosce che il pluralismo moderno caratteristico di una societ democratica non pu consentire che dei simboli teologici siano dominanti per un
gruppo di interesse, legato a una tradizione cristiana particolare. compito
del teologo arricchire e trasformare la societ a partire da intuizioni e motivazioni ricavate dalla propria tradizione cristiana. Ci comporta un dialogo
alla pari tra scienza e teologia pratica. In esso, la scienza contribuisce in modo
costruttivo allo sviluppo delle norme morali, e la teologia pratica pu criticare
lorizzonte normativo della teoria scientifica. In conclusione, entrambi possono arricchirsi vicendevolmente.27
Tipo IIB. La teologia pratica pu prendere la forma di una correlazione
critica nei termini di un metodo che focalizza principalmente la formazione
della Chiesa come comunit di fede. Sono annoverati tra i fautori di questa
fattispecie di teologia pratica Fowler e Ogletree precedentemente ricordati. Essi sostengono la correlazione interdisciplinare tra la teologia e le altre
scienze, ma sottolineano marcatamente il fatto che il luogo della riflessione
teologica lazione concreta della comunit. La teologia pratica meno una
disciplina universitaria e pi uno strumento diretto allo sviluppo della comunit di fede. Se non vi Chiesa, non necessaria una teologia pratica; ma
quando c una teologia pratica, questa deve essere elaborata in linguaggi e
simboli accessibili al grande pubblico.
Affermato questo stretto legame della teologia pratica con la comunit
particolare, questi autori si dimostrano scettici di fronte alla proposta di Tracy e Browning di una teologia pratica configurata come disciplina filosofica,
capace di sostenere, alla pari, il dialogo con lattuale cultura secolare di tipo
pluralista.28
Tipo IIIA. La teologia pratica pu prendere la forma di una confessione
critica la cui enfasi posta primariamente sulla visione della Chiesa in rapIvi 38-42.
Ivi 42-46.
28
Ivi 47-50.
26
27

Capitolo XII: La teologia pratica

341

porto alla societ. La parola confessione sta a indicare il primato assegnato


allinterpretazione della propria tradizione, che deve essere attuata in maniera
critica.
Questo tipo di teologia pratica ha un atteggiamento cauto e sospettoso
nei confronti delle scienze. Dialoga con esse, ma teme che norme estranee al
cristianesimo diventino il centro di un sistema teologico-pratico fondato sulla
mutua correlazione tra teologia pratica e scienze. Esso cerca soprattutto di
comprendere in profondit il nucleo della tradizione cristiana, in modo che la
fede sia sempre in continuit con la storia della salvezza pi che con il mondo
moderno.
Sono annoverate in questo tipo le seguenti proposte: quella di Leander
Kech, secondo cui la confessione il centro della riflessione teologico-pra
tica, mentre i metodi scientifici giuocano un ruolo secondario, ad esempio
nel campo della predicazione; quella di Howard Yoder, secondo cui i testi
evangelici riguardanti il comportamento etico di Ges in campo politico sono
normativi per i cristiani e la teologia pratica contemporanea, e non vanno deprezzati a favore di norme etiche oggi dominanti; quella di Thomas Groome
e Gaydon Snyder, per i quali la teologia pratica unattivit della Chiesa chiamata a definire e a mantenere lidentit propria in rapporto alla societ; quella
infine di Edward Farley, secondo cui la Chiesa ha un ruolo di guida morale
della societ, per cui ci si deve preoccupare del miglior modo di informare la
societ con la tradizione cristiana.29
Tipo IIIB. La teologia pratica pu prendere la forma di una confessione
critica centrata sulla pratica di una concreta comunit di fede in missione.
Per questo tipo di teologia pratica, la tradizione teologica normativa rispetto
alla filosofia e alla scienza. Sono le concrete comunit di fede (non primariamente le autorit ecclesiastiche) quelle che interpretano la storia cristiana. La
teologia pratica si configura allora come ricerca di consenso delle comunit
di fede nellaffrontare i problemi che pone loro il proprio vivere e operare
nellattuale societ pluralista. una teologia pratica che si confronta con altre
interpretazioni dellesistenza umana, ma lo fa pi sul terreno della vita pratica
che a livello di teoria.30
Secondo Poling e Miller, questi vari tipi di teologia pratica presentano tutti
degli aspetti positivi e tendono ad arricchirsi lun laltro, per cui va promosso
il loro confronto dialogico. A loro giudizio, il dato confessionale non pu
essere ridotto al dato filosofico o scientifico. Esso per diviene arido e ininfluente se non fa riferimento a questultimo. La verit si sviluppa attraverso la
prassi, per cui va favorita la comunit di fede, intesa come gruppo cristiano
non ripiegato su se stesso ma in missione nel mondo.31
Ivi 50-57.
Ivi 57-60.
31
Ivi 61.
29
30

342

Parte IV: Percorsi e progetti in ambito nordamericano

2.5. Il cammino metodologico della teologia pratica

Recependo gli aspetti positivi di questi vari tipi di teologia pratica, Poling e
Miller definiscono cos questa disciplina: La teologia pratica una riflessione
costruttiva e critica allinterno di una comunit vivente circa lesperienza e
linterazione umana, capace di stabilire una correlazione tra storia cristiana ed
altre prospettive, volta ad elaborare uninterpretazione di senso e di valore,
ed emergente dai quotidiani orientamenti e mezzi finalizzati alla formazione
delle persone e della comunit.32
Lattuazione concreta di una teologia pratica cos concepita comporta la
messa in opera di un cammino metodologico empirico critico, che i due autori ricavano sia dalla tradizione teologica americana basata sullanalisi critica
del vissuto, sia dalla tradizione teologica europea influenzata dalla fenomenologia di Dilthey, Troeltsch e Husserl.33 La scandiscono in sei passi distinti,
complessi e tra loro strettamente correlati, ritenuti essenziali per una riflessione teologico-pratica di tipo tanto accademico che pragmatico.
1. Il primo passo della teologia pratica la descrizione dellesperienza vis
suta. Ci implica in primo luogo lattenzione allesistenza concreta in cui uno
quotidianamente immerso. Include poi la conoscenza riflessa degli eventi
attinta al racconto e alla conversazione e, inoltre, la loro contestualizzazione
attuata attraverso il rilevamento dei loro rapporti rilevanti con vari fattori,
come possono essere, ad esempio: il contesto della storia personale, delle proprie relazioni primarie (familiari, di clan), del proprio riferimento al gruppo,
della propria cultura, del sesso, del proprio potere sociale, economico e politico. La selezione degli eventi rivela la relativit delle visuali e la necessit
che losservatore ne sia consapevole. Ogni descrizione una astrazione della
ricchezza e profondit del vissuto; essa ne pu chiarire il senso, ma anche
impoverirlo ed offrirne una visione distorta.34
2. Il secondo passo della teologia pratica lattenzione critica alla prospettiva e agli interessi. Se vuol essere credibile per il mondo moderno, la
teologia pratica devessere una teologia critica. Qui critica sta a indicare labi
lit sia nel considerare relativo il proprio modo di guardare agli eventi, sia nel
sottoporre a radicale esame critico le proprie prospettive, in modo che tale
atteggiamento favorisca una pi corretta percezione dellesperienza vissuta
e una pi attenta vigilanza nel saper cogliere possibili interessi personali e
distorsioni soggettive ivi implicate.35
3. Il terzo passo della teologia pratica la correlazione di prospettive tra
Ivi 62.
Cf ivi 66-69.
34
Ivi 70-77. Nel descrivere lesperienza vissuta, i due autori dipendono da MELAND B.E.
(ed.), The Future of Empirical Theology (Chicago 1969).
35
Ivi 77-82.
32
33

Capitolo XII: La teologia pratica

343

cultura e tradizione cristiana. Questa correlazione avviene in tre momenti


successivi: a) uninterpretazione della storia cristiana; b) uninterpretazione
della cultura; c) il confronto critico vicendevole delle due interpretazioni con
lausilio di un metodo analogico. Il risultato di tale itinerario un discorso
teologico sistematico, guidato da prospettive culturali sorte fuori dalla comunit concreta e volto ad esprimersi in un linguaggio accessibile al grande
pubblico. Questo terzo passo filosofico quanto al metodo e pubblico quanto
allobiettivo di presentare in modo razionale lesperienza cristiana.36
4. Il quarto passo della teologia pratica linterpretazione del senso e del
valore. Il momento dellinterpretazione e della valutazione il passo pi critico in questo modello di teologia pratica. Comporta un lavoro di fondo, ampio
e cruciale, che include i passi precedenti. Ma tutto ci solo una preparazione
al lavoro interpretativo dovuto alla confessione del senso e alla testimonianza
dellazione presente di Dio. Si pu discutere razionalmente circa le forme e gli
stili dinterpretazione. Ma una comunit di fede non pu sottrarsi al rischio
di una confessione che non ha il carattere di necessit e che si presenta come
radicale. la parola di fede, limpegnarsi per ci in cui si crede, il coraggio
di essere chi e dove uno di fronte al Dio trascendente.37
5. Il quinto passo della teologia pratica la critica comunitaria dellinter
pretazione. La natura relativa e confessionale di ogni interpretazione comporta una sua valutazione critica, che va condotta confrontando tale interpretazione con altre prospettive. Queste, ad esempio: se essa appropriata al
livello di sviluppo e di maturit delle persone; se capace di liberare le per
sone e le comunit da situazioni variamente oppressive; se atta a rivelare le
profondit del vissuto con il ricorso a illuminanti e stimolanti simbolismi.38
6. Il sesto passo della teologia pratica lo sviluppo di orientamenti e di
specifici piani per la comunit particolare. Ci necessario per favorire il ritorno allesperienza vissuta meglio equipaggiati. Tre vie sono ritenute idonee
allo scopo:
a)il metodo intuitivo proposto dal Browning, che prevede le seguenti tap
pe riguardanti i distinti livelli di riflessione teologico-pratica gi segnalati:39
la discussione comunitaria della propria identit; la delimitazione dei principi
normativi; lindividuazione dei valori, dei bisogni, delle possibilit e dei limiti
delle persone; la descrizione del contesto e dei comportamenti; la definizione
delle regole dazione e dei ruoli di governo;
b) il metodo pragmatico ricavato dalla teoria dellorganizzazione e dello
sviluppo, che prevede queste tappe: la descrizione delle mete generali della
36
Ivi 82-86. I due autori riprendono al riguardo il metodo proposto da Tracy e Browning
esposto sopra al n. 2.2.1 e 2.2.2.
37
Ivi 86-91.
38
Ivi 91s.
39
Vedi sopra n. 2.2.2.

344

Parte IV: Percorsi e progetti in ambito nordamericano

comunit; la definizione degli obiettivi specifici e dei comportamenti; liden


tificazione delle risorse e della leadership; la definizione di una strategia comprendente tempi, modi, momenti di valutazione e di riprogettazione;
c)la conoscenza pratica proposta da Radney Hunter, da intendersi come
saggezza esperienziale maturata attraverso il modo con cui ci si comportati
concretamente di fronte a numerosi e differenti eventi storici.
Lelemento confessionale presente nei precedenti cinque passi si prolunga
in questultimo: lattivit creatrice, misericordiosa e rinnovatrice di Dio il
contesto in cui vengono elaborati gli orientamenti e definito il piano dazione
della comunit di fede.40
2.6. Articolazione della teologia pratica

Le nuove proposte di teologia pratica hanno portato, come conseguenza


logica, a rivedere larticolazione della prassi ecclesiale e della connessa riflessione teologico-pratica. Due tentativi meritano di essere qui recensiti a titolo
esemplificativo: quello di James Fowler e di J.P. Bagot.
James Fowler preferisce parlare di dimensioni piuttosto che di funzioni,
per descrivere gli aspetti essenziali dellesistenza ecclesiale. A suo parere, il
vocabolo dimensioni suggerisce direttamente linterazione organica dei vari
aspetti del servizio ecclesiale attuato dai laici e dai membri ordinati allinterno
e in dipendenza della comunit di fede. Il termine funzioni (Offices), invece,
evoca subito aree distinte, separate o collegate, dazione ecclesiale.
In concreto, egli segnala cinque dimensioni della prassi comunitaria che
sono oggetto di studio di altrettante discipline teologico-pratiche particolari:
lamministrazione; la proclamazione e la celebrazione; il servizio e la cura da
nime; la formazione e la trasformazione delle persone; limpegno nelle strut
ture sociali.
Per quanto concerne, in particolare, la dimensione centrale della formazione e trasformazione delle persone nella fede cristiana, indica quattro elementi
fondamentali che ogni riflessione teologico-pratica chiamata a approfondire
adeguatamente: 1. il primato dellamore di Dio considerato come co-attore
dellagire e Colui che rivela il significato dogni evento passato e presente
e apre al futuro; 2. lo sviluppo della fede che tenga conto dei meccanismi e
dinamismi psicologici; 3. le virt e i comportamenti caratteristici della vita
cristiana; 4. i principi metodologici e le strategie richieste per formare nella
fede.41
Cf POLING - MILLER, Foundations for a Practical Theology 92-97.
Cf FOWLER, Practical Theology and the Shaping of Christian Lives 150-163; ID., The
Emerging New Shape of Practical Theology. New Life for Practical Theology, in SCHWEITSER F. VAN DER VEN J.A. (eds.), Practical Theology 75-92.
40
41

Capitolo XII: La teologia pratica

345

J.P. Bagot da parte sua riprende tipologie classiche, ma ne offre questa descrizione esaustiva e piuttosto complessa: proclamazione della buona novella;
preghiera e culto (pastorale catechistica, pastorale omiletica, pastorale liturgica); azione educativa (pastorale parrocchiale, pastorale familiare, pastorale
scolastica, pastorale dambiente, pastorale dei movimenti); servizio e carit;
organizzazione e riorganizzazione delle strutture (strutture gerarchiche, regole di condotta, organizzazione della persona e dei gruppi).42
2.7. Una teologia pratica fondamentale secondo Don S. Browning

Nella scia di vari autori fin qui recensiti, Don S. Browning, con un suo
testo importante43 in cui affronta la questione della ricerca teologica nel suo
insieme, si prefigge di precisare la valenza pratica di tutta la teologia e di ricol
locare in essa una teologia pratica strategica (strategic practical theology)
come disciplina specifica.
Al cuore della sua comprensione di teologia pratica c la domanda: Le
chiese e le comunit cristiane come possono essere contemporaneamente co
munit di memoria e comunit munite di una ragione pratica?.44 Come
gi pastoralisti protestanti europei, anchegli prende le distanze dalla teologia
barthiana, che ritiene unilaterale nella misura in cui ripropone unespressio
ne classica del modello che va dalla teoria alla prassi,45 modello che, a suo
dire, stato dominante in Nord America fino a oltre met del secolo XX. In
sintonia con numerosi altri pastoralisti, introduce il concetto di theory-laden,
per rimarcare che tutte le nostre pratiche, anche quelle religiose, sono portatrici di contenuti teorici.46 Purtroppo annota si talmente coinvolti
nella pratica da non essere pi in grado di percepire le teorie innervate in
essa, sviluppando una riflessione che va dalla prassi alla teoria per ritornare
alla prassi.
Allargando questo discorso, Browning propone un modello per lintera
teologia che riassume in questi termini: Intendo sottolineare che lintera
teologia cristiana deve essere pratica sin dal suo cuore. La teologia storica,
sistematica e pratica (nel suo pi specifico senso del termine) dovrebbero
essere considerate come sottoparti di una disciplina pi grande e inclusiva
chiamata teologia pratica fondamentale.47 Questo ampliamento di prospetCf BAGOT J.P., Pastorale, in Catholicisme, hier, aujourdhui, demain [Enciclopdie] vol.
46-47 (1985) 765-774.
43
Cf DON S. BROWNING, A Fundamental Practical Theology. Descriptive and Strategic Proposals (Minneapolis 1991).
44
Ivi 2.
45
Ivi 7.
46
Ivi 6.
47
Ivi 7s.
42

346

Parte IV: Percorsi e progetti in ambito nordamericano

tiva viene giustificato articolando il discorso teologico con i principi generali


dellermeneutica filosofica moderna proposta da Gadamer, Ricoeur, Haber
mas e numerosi altri. Lautore la riassume affermando che, al di l delle differenze, questi pensatori condividono lidea fondamentale secondo cui il
pensare pratico svolge un ruolo centrale nel pensiero umano. Su questa base
ripropone in modo rinnovato la nota concezione protestante circa la natura
pratica e non speculativa di tutta la teologia: Ritengo che la teologia nel suo
insieme una teologia pratica fondamentale. Essa ha, al suo interno, quattro
scansioni (submovements): teologia descrittiva, teologia storica, teologia siste
matica, e teologia pratica strategica. Uso la formula teologia pratica strategica
per riferirmi alla discipline ecclesiastiche denominate educazione religiosa,
cura pastorale, predicazione, liturgia, servizio sociale, ecc. Ma anche a queste
discipline occorre riconoscere che hanno una dimensione sia intra ecclesiale
che sociale.48 La teologia descrittiva si prefigge di offrire una densa descrizione delle attuali pratiche religiose e culturali e le connesse teorie (simboli, miti,
norme); la teologia storica deve essere guidata dalle questioni emergenti da
tale teologia descrittiva; la teologia sistematica mira a elaborare una generica
configurazione del messaggio cristiano in rapporto alla generica fisionomia
dellattuale situazione; la teologia pratica strategica studia le norme e le strategie attinenti le concrete azioni della chiesa.
Nel delineare una teologia pratica fondamentale, Browning rivaluta il concetto aristotelico di ragione pratica (fronesis), e lo utilizza nellanalizzare in
maniera critica tre casi concreti: la Wiltshire Methodist Church, la Church of
the Covenant e la Apostolic Church of God. A partire da unesperienza personalmente vissuta con diversi gruppi di suoi collaboratori in questi tre Chiese,
mette in luce le sorprese e i cambiamenti a cui ogni volta andato incontro
nellimpatto con pregiudizi e valutazioni che richiedevano correzioni e riformulazioni continue, e puntualizza le quattro scansioni di una teologia pratica
fondamentale, attivando una relazione prassi-teoria-prassi assai dinamica e
costruttiva.
Ricollegandosi soprattutto agli studi di Tracy, Browning propone un approccio correlazionale alla teologia pratica fondamentale, in cui i validity
claims (comprensibilit, verit, veridicit, correttezza) proposti da J. Haber
mas nellambito della sua teoria della comunicazione, sono giudicati non di
ordine metafisico come sostiene Tracy, ma innanzitutto di natura etica.49
Questi validity claims sono utilizzabili dallautore come altrettanti momenti di
indagine e di verifica critica della ricerca teologica.
Con il concetto di teologia pratica strategica fin qui proposto, Don Brown
ing intende sottolineare il carattere complesso e multidimensionale del fare

Ivi 8.
Cf ivi 44-47.

48
49

Capitolo XII: La teologia pratica

347

teologia,50 in quanto coinvolge la vita della Chiesa in cui ognuno ha una


funzione specifica e in cui sorgono quattro questioni pratiche molto precise e
caratterizzanti tale teologia pratica strategica: Primo, come interpretiamo la
situazione concreta in cui siamo chiamati ad agire? [...] Secondo [...] Quale
pu essere la nostra prassi nella situazione concreta? Per rispondere a questo
interrogativo, [...] occorre assumere i risultati generali della teologia descrittiva, della teologia storica e della teologia sistematica orientate in modo prassico e confrontarli con le situazioni concrete dellagire attuale. [...] La terza
questione la seguente: come possiamo difendere criticamente le norme della
nostra prassi nella situazione concreta? [...] La quarta questione recita: Quali
mezzi, quali strategie, quale tipo di approccio comunicativo possiamo usare
nella situazione concreta?.51
Nellorganizzare le domande e le risposte, la teologia pratica strategica
indubbiamente la corona della teologia, come affermava Schleiermacher.
Ma non pi nellottica da lui seguita, cio di unapplicazione alla pratica degli
asserti teorici ricavati dalla teologia biblica, storica e sistematica, come avvenuto nel vecchio quadrivio protestante. [...] La teologia pratica strategica il
punto di arrivo di un percorso che percorso pratico fin dal suo inizio e lungo
tutta la sua traiettoria.52
Secondo Browning, soltanto in questo percorso pratico che consapevole
di partire da una prassi carica di contenuti teorici, per richiamare una teoria
da vivere consapevolmente nella prassi, possibile mantenere una visione
unitaria del fare teologia, che sia al tempo stesso agente di cambiamento, forza di comunicazione e di condivisione nella vissuto della comunit cristiana.
In questo ampio contesto anche i leaders hanno un loro posto e costituiscono
forze di grande energia e di esperienza per un intero gruppo.53

Ivi 55.
Ivi 55s.
52
Ivi 57.
53
Per una presentazione sintetica di questa teologia pratica strategica in cui lA. integra
quanto ha esposto circa i livelli di riflessione teologico-pratica (sopra p. 342-343) si veda:
BROWNING DON S., Toward a Fundamental and Strategic Practical Theology, in SCHWEITZER F.
- VAN DER VEN J.A. (eds), Practical Theology - International Perspectives 53-74.
50
51

Capitolo XIII

PRASSOLOGIA E STUDI PASTORALI

Francofoni in un mare di anglofoni, minoranza cattolica sperduta in un


continente a maggioranza protestante, i pastoralisti canadesi di lingua francese si sono sentiti sollecitati a sviluppare una maniera originale di riflessione
teologico-pastorale. Formati da maestri europei, ma affascinati dal pragmatismo nordamericano, essi si trovano come attratti da due mondi: sono europei
nel loro modo di riflettere, ma restano nordamericani nella loro pratica professionale.
1. LA PROPOSTA DI MARCEL LEFBVRE

Ci avviene anche nel settore della teologia pastorale, e Marcel Lefbvre


un pastoralista tra i pi conosciuti che rivela senza dubbio questa dicotomia.
Nel 1971 egli pubblica tre articoli che hanno avuto un certo impatto sul futuro sviluppo della teologia pastorale, e ci non solamente in Canada, ma anche
in qualche ambiente europeo.
La sua proposta interessante in quanto si pone come cerniera tra due
epoche: riprende in modo ammirevole le grandi linee della teologia pastorale
cattolica del postconcilio e inaugura delle piste assai feconde che conservano
a tuttoggi la loro attualit.
Egli riprende e sviluppa suggestioni di Lig. In concreto, fa il punto della
teologia pastorale degli anni 1970 e propone di costruire questa disciplina su
due coordinate metodologiche: la scienza dellazione o prassologia e linterdisciplinarit.
Passate in rassegna alcune definizioni di teologia pastorale, proposte negli
anni 1950 e 1960, e mostrati i rischi che la teologia deve costantemente superare ancor oggi: il pragmatismo, la non specificit come scienza, il semplice
rinnovamento del linguaggio, il soprannaturalismo e il naturalismo, giunge
alla conclusione che la teologia pastorale essenzialmente scienza dellazione.
Come tale implica una riflessione teologica specifica, dispone di un proprio
metodo e comporta necessariamente un discorso interdisciplinare che pu es-

350

Parte IV: Percorsi e progetti in ambito nordamericano

sere attuato con formule differenti.1 Lazione annota lautore studiata,


da alcuni anni a questa parte, da diverse scienze specialmente in vista della razionalizzazione del lavoro e del cambio sociale. nata cos la prassologia che
si sviluppa lungo tre direzioni: lanalisi degli elementi dellazione; il cammino
dellazione; i fattori costitutivi di unazione collettiva. Secondo Lefbvre, i risultati di queste scienze possono essere utilizzati in sede di teologia pastorale.
Egli ritiene che ogni azione ecclesiale possa essere studiata nei seguenti elementi costitutivi, derivati dallanalisi scientifica di una qualsiasi azione:
un obiettivo semplice o complesso da raggiungere; la traiettoria che lazione
pastorale deve compiere per raggiungerlo; il controllo dellobiettivo lungo la
traiettoria al fine di verificare se, nello svolgersi dellazione pastorale, esso vie
ne perseguito, oppure se lazione non devia dal medesimo; lo studio dei mezzi
e dei metodi richiesti per eseguire lazione programmata; la delimitazione dei
mezzi per recepire le informazioni sullandamento dellazione; le decisioni da
prendere nelle diverse fasi esecutive.
Prendendo concretamente in esame il cammino dellazione pastorale e la
sua realizzazione, lautore distingue i seguenti aspetti:
1) la preparazione (per esempio, lanalisi della situazione di partenza degli
operatori, dei destinatari, del tipo di azione da compiere, ecc.);
2)lorganizzazione (per esempio, la distribuzione dei compiti, la programmazione dei tempi, dei modi, dei metodi in vista dellazione);
3) il coordinamento (per esempio, linserimento dellazione particolare in
un piano dazione pi vasto, ai diversi livelli, con tutti i correttivi che ci pu
comportare);
4) il controllo dellesecuzione (per esempio, della fedelt degli operatori
ai compiti assegnati, della natura dei risultati, delle difficolt emergenti, dei
nuovi aspetti della situazione creatasi, ecc.);
5) la decisione (per esempio, i responsabili della decisione nelle differenti
fasi, il quadro di valori o le motivazioni a cui ci si riferisce nel prendere le
decisioni, le implicanze delle decisioni, ecc.).
Per quanto riguarda il caso specifico dellazione collettiva come quella
pastorale, segnala i vantaggi che ad essa potrebbero derivare dallapplicazione
delle metodologie introdotte dallOrganization Development, le quali mirano
a garantire, assieme allefficienza ed efficacia dellazione, anche la promozione
delle esigenze e dei valori delle persone interessate alla sua realizzazione, perch le coinvolge in un movimento di compartecipazione, di corresponsabilit
e di collaborazione.2
Infine, affrontando il tema dellinterdisciplinarit nellazione e riflessione
pastorale, risponde ai vari interrogativi attinenti il significato che essa assu1
Cf LEFBVRE M., Vers une nouvelle problmatique de la thologie pastorale, in NRTh 93
(1971) 29-50.
2
Cf LEFBVRE M., Thologie pastorale et agir ecclsial, in NRTh 93 (1971) 363-386.

Capitolo XIII: Prassologia e studi pastorali

351

me come elemento di messa in opera dellazione pastorale: natura dellazio


ne pastorale; giustificazioni di un approccio interdisciplinare; modalit delle
collaborazioni disciplinari nella pastorale; difficolt delle ricerche pastorali
orientate; multidisciplinarit, e limiti inerenti a tutte le tecniche orientate; te
mi di ricerca interdisciplinare. Si chiede quindi se esista un ruolo dellinter
disciplinarit al di l della prassi, a livello di riflessione sullagire ecclesiale:
possibilit dellinterdisciplinarit a livello di riflessione; condizioni di messa
in opera dellinterdisciplinarit; esempi di approcci interdisciplinari. Nella
conclusione afferma che lquipe multidisciplinare di ricerca pastorale orientata avr il vantaggio di sollevare il problema dellinterfecondazione tra la
ricerca e lazione. Questo sembra essere appunto uno dei problemi capitali
della pastorale e della stessa teologia oggi.3
2. LA PRASSOLOGIA PASTORALE SECONDO I PASTORALISTI DI
MONTRAL4

La prospettiva di una prassologia pastorale stata assunta dai pastoralisti


delluniversit di Montral i quali, a partire dagli anni 1970, lhanno configurata come approccio qualificante la loro riflessione teologico-pratica, che
hanno denominato studi pastorali (Pastoral Studies).
Scienza empirica che riflette sullagire ecclesiale, la prassologia pastorale
intende cogliere le sfide poste dai profondi e rapidi cambi sociali e culturali in
cui sono coinvolte la fede cristiana, la teologia e le prassi pastorali. E cerca di
rispondervi aprendo piste originali ai cruciali compiti che levangelizzazione
e la stessa teologia si trovano a dover affrontare.
Come scienza dellazione, la prassologia produce un discorso riflesso e
critico (logos) sullagire sensato (praxis) per migliorarlo, ovvero per renderlo
pertinente, coerente ed efficace. In quanto pastorale essa si interessa a diversificate prassi cristiane, innervate nellesistenza umana concreta e animate dalla
memoria dello Spirito di Ges di Nazaret.
Intende procedere in maniera rigorosa, tanto a livello di pensiero che di
azione, ed essere attenta alla cultura e alla societ, da un lato, e allesperienza
cristiana ed ecclesiale, dallaltro. C di pi: essa va oltre, nel tentativo di coniugare lesperienza riflessa e linventiva razionale e simbolica, allo scopo di
poter disporre di strumenti capaci di assumere le sollecitazioni profetiche derivanti dal Vangelo e dallagire dello Spirito di Cristo nelloggi umano.
Le coordinate metodologiche che guidano la prassologia pastorale sono
Cf LEFBVRE M., Linterdisciplinarit dans laction et la rflexion pastorale, in NRTh 93
(1971) 947-962 e 1051-1071.
4
Cf NADEAU J.-G. (ed.), La praxologie pastorale. Orientations et parcours, 2 voll. (Montral
1987).
3

352

Parte IV: Percorsi e progetti in ambito nordamericano

losservazione, la problematizzazione, linterpretazione, linvenzione e la pianificazione. Questo modello metodologico appare lineare, il che ne facilita le
sposizione e la comprensione. Tuttavia, ognuna di queste coordinate solleva
non pochi interrogativi circa il modo di concepirle e di attivarle. E ci comporta un non facile lavoro di chiarificazione teorica e pratica che la prassolo
gia pastorale cerca appunto di compiere. Inoltre, tali coordinate sono strettamente collegate tra loro e interagiscono in maniera costante e dialettica.
Tramite questo cammino metodologico si mira a ri-agganciare, ri-situare,
re-interpretare e ri-creare prassi cristiane e pastorali, che sono ormai non pi
uniformi ma assai diversificate, al fine di collegarle in modo rigoroso con la
cultura attuale e con il Vangelo, e renderle cos pertinenti, coerenti ed efficaci.
La configurazione concreta di questa prassologia pastorale compiuta attraverso unampia collaborazione di pastoralisti, di operatori ed operatrici
pastorali. Prevede la seguente articolazione: la descrizione dei rapporti che
lattuale prassologia pastorale ha con le prassi pastorali e le loro leggi, con
la teologia e le scienze umane; lapprofondimento dal punto di vista teorico,
storico ed empirico dellosservazione; il chiarimento della coordinata proble
matizzazione e dei modelli con cui attivarla; la presentazione dello statuto,
della messa in atto e del metodo dellinterpretazione teologica e pastorale,
corredata da esempi agibili; lidentificazione di sfide, compiti e attivit riguar
danti la rielaborazione delle prassi pastorali con particolare riferimento alla
progettazione e allanimazione; lillustrazione della prospettiva intesa come
anima delle prassi ecclesiali, della prassologia pastorale e del tipo di formazione che contribuisce a realizzare.
Limpresa vasta, complessa e aperta a una costante elaborazione. I loro
ideatori ne sono ben consapevoli e, di fatto, in successive pubblicazioni cercano di chiarire, integrare e approfondire ognuna delle coordinate sopra elencate. Lo si documenter pi oltre, in tema di pastoral studies nei quali questa
prassologia rientra a pieno titolo.
3. GLI STUDI PASTORALI

In ambienti canadesi di lingua francese fino ai primi anni del postconcilio


si seguito la scuola francese capeggiata dal Lig e si parlato generalmente
di teologia pastorale.
A partire dagli anni 1970 ogni ambiente che disponeva di ununiversit si
orientato ad adottare, a volte a inventare, un proprio vocabolario e a sviluppare un particolare settore: ad esempio, la pastorale scolastica a Sherbrooke; il
pastoral counseling e le scienze pastorali a Ottawa; la catechetica a Qubec; la
prassologia a Montral.

Capitolo XIII: Prassologia e studi pastorali

353

Dai primi anni 1980 la ricerca si intensificata specialmente nellambito


degli studi pastorali, espressione preferita rispetto a quella di teologia pratica.
Come si gi rilevato, tale formula venne adottata a Montral, seguendo in
ci lorientamento delle universit nordamericane di chiamare studies lambito ricoperto da una disciplina autonoma. Di fatto lespressione tudes pastorales / pastoral studies divenuta duso corrente nel Canada francese ed anche
in contesti anglofoni, bench in misura minore.
A questo movimento partecipano ormai varie universit5 e associazioni
create negli anni 1970 e 1980, tra le quali spicca il Groupe de Recherche en
tudes Pastorales (GREP) fondato nel 1982 per rispondere allesigenza di vari
pastoralisti di condividere le proprie esperienze. Esso un organismo bilingue ed interconfessionale, aperto prioritariamente a ricercatori universitari,
che organizza annualmente un colloquio di ricerca in cui ogni partecipante
deve presentare un contributo originale nellarea dei pastoral studies. Gli atti
sono pubblicati in volumi di valore. Specialmente i primi della serie affrontano argomenti attinenti una riflessione teologico pratica di tipo fondante.
3.1. Alcuni apporti del GREP

Il primo volume apparso nel 1984 mette in luce le preoccupazioni maggiori dei pastoralisti canadesi. Un notevole numero di articoli cerca di descrivere
dei modelli di pratica pastorale, dove il confronto interdisciplinare occupa
un posto di rilievo. Alcuni hanno scelto di affrontare questioni fondamentali
(ad esempio,, il carattere scientifico della pastorale; il rapporto teoria-prassi
in pastorale; il pluralismo nellazione pastorale; i compiti e gli strumenti del
pastoralista; letica e la metodologia nellosservazione prassologica; i problemi
e le sfide nella pratica dellinterpretazione teologica della prassi pastorale;
lapplicazione alle scienze pastorali delle teorie economiche dellesito...). Altri hanno preferito aprire nuove piste di ricerca in aree generalmente poco
frequentate dalla riflessione teologico-pastorale (ad esempio, le implicanze
etiche del discorso pastorale; i recenti approcci storiografici alle mentalit religiose; le difficolt nel comunicare il proprio atteggiamento critico obiettivo
nelleducazione religiosa; il modello dellanimazione nella formazione pastorale; lintervento pastorale, un prodotto complesso...).6
Nel loro insieme, questi contributi lasciano intravedere un consenso di
base: i pastoral studies non dispongono di un proprio linguaggio, anche se
aspirano a trovare pi ampie convergenze rispetto alla situazione vigente.
Uno dei problemi maggiori senza dubbio quello del luogo dei pastoral stu5
Specialmente lUniversit Laval di Qubec, luniversit di Montral, lUniversit di St.
Michaels College di Toronto e lUniversit di Ottawa.
6
Cf SCHLATTERY M. (ed.), Pastoral Sciences / Sciences Pastorales, vol. 3 (Ottawa 1984).

354

Parte IV: Percorsi e progetti in ambito nordamericano

dies. I pi sono inclini ad affermare che la prassi (o dovrebbe essere) il punto


di partenza di ogni riflessione pastorale e, di conseguenza, la metodologia dovrebbe svolgere un ruolo di primordine. Ma ci solleva degli interrogativi di
fondo: quale processo dovrebbe seguire una riflessione che parte dalla prassi?
E come articolarlo? Quale visione pastorale originale produrrebbe un tale
cammino metodologico?
Gli atti del secondo colloquio apparsi nel 1986 hanno inteso rispondere a
domande di questo tipo. Vi si presentano le differenti prassi ecclesiali, oggetto
di riflessione dei pastoral studies, ma con la preoccupazione di evidenziarne
gli aspetti teorici. I vari contributi dimostrano soprattutto la grande diversit
di settori toccati dagli studi pastorali. Vi si parla, ad esempio, di pastorale
degli adolescenti, delle famiglie, dei gruppi e perfino delle prostitute...7
Un terzo volume pubblicato nel 1987 centrato, meglio dei precedenti, su
una ricerca di tipo fondamentale e fa seguito a questioni sollevate da specialisti in pastoral studies riguardanti il loro insegnamento in ambienti universitari.
Parecchi ritengono che i pastoral studies devono integrare le scienze umane8
e, di conseguenza, i seguenti criteri comunemente ammessi: ladozione di un
metodo rigoroso e critico, luso di concetti scientifici, il contributo allo sviluppo di conoscenze universali... Il volume si prefigge di favorire la messa in
comune del modello utilizzato da ciascuno nel proprio insegnamento universitario. Ci rende possibile stabilire certe convergenze sul piano epistemologico e tracciare i confini di un quadro teorico circa gli studi pastorali.9
Le prassi o pratiche pastorali non sono scritte nel cielo ma rispecchiano
interpretazioni, pi o meno esplicite, che i loro agenti hanno assimilato, sviluppato e continuano a sviluppare qui in terra. Di pi, tali prassi chiedono
di essere interpretate onde svelarne il senso per quanti vi sono coinvolti e al
fine di situarle in rapporto al Vangelo e alla societ contemporanea. In breve,
lorientamento, la gestione e la qualit delle pratiche pastorali dipendono dal
le interpretazioni che se ne hanno. Allapprofondimento di questo argomento
fondamentale in ogni prassi pastorale venne dedicato un altro colloquio in cui
intervenne Paul Ricoeur, riconosciuto specialista in materia. Questi distingue
due livelli di giudizio, peraltro inseparabili, nella dinamica dellazione: uno
valutativo e mira a far emergere la dimensione teologica dellazione; laltro
normativo e riguarda i rapporti intersoggettivi in cui sono implicati valori
etici.
I vari contributi esaminano metodi e modi di interpretare testi biblici e
Cf CHAGNON R. - VIAU M. (ed.), Les tudes pastorales: pratiques et communauts (Montral 1986).
8
Al colloquio erano rappresentate la filosofia, la teologia, la psicologia, la sociologia, il
lavoro sociale, le scienze religiose, la storia, leconomia e la fisica.
9
Cf VIAU M. - BRODEUR R. (ed.), Les tudes pastorales: une discipline scientifique? (Qubec
1987).
7

Capitolo XIII: Prassologia e studi pastorali

355

liturgici, avvenimenti (come lomelia, la prassi liturgica, la pratica ospedaliera), istituzioni ecclesiali e personaggi reali o fittizi. Dallinsieme del colloquio
emerge che linterpretazione comporta rottura e avventura ma anche fedelt,
tradizione e insieme innovazione. In effetti, se il senso di una prassi pastorale
appare, a prima vista, legato a un dato trasmesso, ci non toglie che esso sia
anche il risultato di un lavoro creativo sorretto da dinamiche dovute alle storie e alle relazioni di quanti vi partecipano.10
Un altro fattore anchesso fondamentale da cui dipende in buona parte
la qualit di ogni prassi ecclesiale lintervento pastorale. Intervenire in un
contesto o su una prassi vigente unazione complessa che mette in giuoco un
saper-fare, un saper-essere ed esige professionalit e responsabilit. Far s che
lintervento pastorale sia pertinente ed efficace comporta saperlo collocare in
un sistema dazione tanto ecclesiale che sociale e sviluppare una metodologia
esperienziale capace di valorizzare i dinamismi propri dellintervento stesso.
Allanalisi critica e valutativa di questargomento venne dedicato un successivo colloquio.
Ci che lo contraddistingue abbastanza nettamente dai precedenti, nei
quali lapproccio era preferibilmente di tipo teorico, il predominante approccio pratico. Esso, infatti, sottopone ad analisi critica e valutativa delle
prassi concrete dintervento pastorale, compiute o in atto in ambienti canadesi e riguardanti i vari campi dellagire ecclesiale (omelia, educazione degli
adulti alla fede, catechesi biblica e simbolica, evangelizzazione e parola, intervento dellepiscopato canadese sulleconomia). Ci consente di scoprire gli
atteggiamenti e i comportamenti che animano tali interventi, i modelli utilizzati, il loro statuto proprio e gli esiti.11
3.2. Pratiche pastorali e studi pastorali

Marcel Viau, noto pastoralista canadese, ha cercato alla fine degli anni
1980 di fare il punto circa lo stato attuale dei pastoral studies nella linea del
GREP.12 Egli distingue opportunamente tra pratiche pastorali, da un lato, e
studi pastorali, dallaltro. Ritiene che alla base di tante confusioni di concetti
stia il fatto di aver disatteso tale distinzione fondamentale.

Cf NADEAU J.-G. (ed.), Linterprtation, un dfi de laction pastoral (Montral 1989).


Cf MNARD C. (ed.), Lintervention pastoral. Recherches et analyses (Montral 1991).
12
Cf VIAU, Identit des tudes pastorales, in Laval thologique et philosophique 43 (1987)
308-315; ID., Introduction aux tudes pastorales (Montral/Paris 1987).
10
11

356

Parte IV: Percorsi e progetti in ambito nordamericano

3.2.1. Definizione di pratiche pastorali


Offre questa definizione delle pratiche pastorali, espressione che giudica
pi appropriata del sostantivo generale pastorale: Le pratiche pastorali sono
un insieme di azioni riflesse e pertinenti compiute nella Chiesa in vista del
la liberazione delle comunit umane. Ed ecco i brevi cenni esplicativi che
propone al riguardo.
Insieme di azioni riflesse. Le pratiche pastorali non vanno classificate in
categorie speculative. Non sono n pure idee n concetti operativi: sono azio
ni, gesti concreti presi nella loro materialit con tutto il loro peso. Ma non
sono gesti arbitrari o spontanei, isolati nel tempo e nello spazio. Lesistenza
di pratiche pastorali suppone una riflessione previa, una messa in opera di
regole dazione e ladozione dun complesso di strumenti necessari per porre
in modo conveniente tali azioni. In breve, esse sono parte di un insieme pi
o meno sistematico e coerente, e ci fa s che siano qualificate come riflesse.
Pertinenti. Le pratiche pastorali sono pertinenti perch hanno lambizio
ne di rispondere ai bisogni concreti delle persone e dei vari ambienti. Tale
pretesa suppone che venga effettuata unosservazione attenta del mondo rea
le, che eviti accuratamente lidealismo e il dogmatismo. Le pratiche pastorali
si adattano, quindi, alle differenti situazioni e alle esigenze inerenti ad ogni
lavoro sul territorio.
Compiute nella Chiesa. Le pratiche pastorali sono guidate dalle contingenze della missione della Chiesa, sia essa istituita o comunitaria, universale
o locale.
In vista della liberazione. La parola liberazione presa qui nel senso della
liberazione cristiana offerta in Ges Cristo, che salva dalla schiavit del peccato personale e collettivo, ma anche nel senso della liberazione umana che
libera da tutte le catene che intralciano lemancipazione della persona.
Comunit umane. Lobiettivo delle pratiche pastorali non solamente
quello di far crescere la Chiesa, ma anche quello di trasformare il mondo
umano di cui gli appartenenti alla Chiesa fanno parte. quindi inevitabile che
il progresso dellumanit comporti uno sviluppo della Chiesa. Ora, il mondo
degli umani vive in comunit locali, sociali, nazionali, con tutta la complessit
che ci comporta quanto a rapporti di forza e a divergenze. E queste comunit sono composte di esseri individuali che sono unici in quanto persona.
3.2.2. Definizione di studi pastorali
Lautore fa sua la concezione, oggi largamente condivisa da numerosi pastoralisti europei e nordamericani, secondo cui la riflessione pastorale centrata sullazione e sullo stretto rapporto tra pratiche pastorali e teorie in esse

Capitolo XIII: Prassologia e studi pastorali

357

innervate. Riconosce che la formula teologia pratica, adottata di recente anche


in ambienti nordamericani per designare questo tipo di riflessione teologica,
rispecchia una mentalit assai moderna in rapporto alla pastorale e dispone
ormai di uno statuto epistemologico abbastanza elaborato.
Egli, tuttavia, in un primo momento non ladotta e preferisce parlare di
studi pastorali. Ci perch, a suo parere, lespressione teologia pratica, anche
se configurata in modo rinnovato, porta con s il peso della sua non breve
tradizione, mentre invece la formula studi pastorali consente di sviluppare
liberamente le linee di forza della riflessione pastorale in una prospettiva che
le propria. In altre parole, perch, a suo giudizio, per rispondere a questioni
epistemologiche inerenti alla riflessione pastorale, la ricerca deve orientarsi in
pi direzioni e servirsi di pi discipline. Ci richiede una ricerca autonoma
specificamente dedita al suo oggetto, costituito dalle pratiche pastorali, dove
la teologia giuoca un ruolo importante ma non essenziale rispetto ad altre
scienze.
Posti questi preliminari, offre la seguente definizione di studi pastorali:
Campo di studi confessionali e interdisciplinari volti a produrre una riflessione critica sulle pratiche pastorali.
Campo di studi. I pastoral studies non sono ancora una disciplina, perch
non formano veramente un corpo articolato del tipo riscontrabile per esempio, nelle scienze pure. Lespressione sta a indicare che i pastoral studies sono
una raccolta di principi e metodi ricavati da pi discipline in un contesto di
ricerca e di formazione per lo pi universitaria. La connotazione nettamente
teorica anche se non dissociabile dalle pratiche pastorali. Di pi, questo suo
riferimento teorico deve essere ricavato dalle pratiche. Dire che i pastoral studies sono un campo di studi significa, in definitiva, classificarli tra le riflessioni
di tipo scientifico.
Confessionali. I pastoral studies sono confessionali perch collegati con
una Chiesa specifica, ancorati a una tradizione particolare e diretti a proporre
alla societ i significati propri di detta tradizione. Ci suppone unadesione,
certo critica, ma chiara a un ventaglio di credenze veicolate da tale tradizione. Il loro campo non va ristretto alle attivit ecclesiali tradizionali (come
lomiletica e la cura danime), ma allargato in modo da far s che tali attivit
si situino in rapporto allattuale mondo sociale in cui vive il cristianesimo. Di
conseguenza, non sono appannaggio dei soli pastori; esse rientrano nei com
piti di tutti coloro che si sentono responsabili di far crescere la Chiesa nel loro
ambiente. I pastoral studies si distinguono dalla psicologia e dalla sociologia
della religione, che studiano il fenomeno religioso ma non da un punto di
vista assiologico. Fanno invece parte delle scienze teologiche, che appartengono palesemente al campo degli studi confessionali.
Interdisciplinari. I pastoral studies devono rivestire un carattere interdisciplinare con la messa in opera di meccanismi che consentano di stabilire

358

Parte IV: Percorsi e progetti in ambito nordamericano

una concentrazione reale tra due o pi discipline o campi di studi. Uno di


tali campi appartiene dobbligo al gruppo di studi confessionali; laltro pu
essere quello delle scienze umane (specialmente la psicologia e la sociologia)
o, meno frequentemente, delle scienze formali (la matematica) e empiricoformali (la fisica). Da un lato, lutilizzazione delle scienze umane indispensa
bile alla teologia, in quanto le consente unanalisi rigorosa delloggetto reale
con metodi vagliati criticamente. Daltro lato, la fede e il connesso discorso
teologico sono capaci di conferire un senso allesperienza ecclesiale e pastorale. In ogni caso, linterdisciplinarit necessita di un chiarimento di concetti
e di modalit concrete dattuazione e, in particolare, deve evitare il rischio di
vedere risorgere in nuove forme il vecchio dibattito tra scienza e fede, che si
credeva ormai definitivamente archiviato.13
Riflessione critica. Essa una presa di distanza rispetto alla realt con laiuto di concetti che consentono un minimo di obiettivazione. Questa riflessione comporta soprattutto dei procedimenti riguardanti la descrizione delle
situazioni, la spiegazione dei fenomeni, la comprensione critica dei modelli,
lelaborazione di strumenti dazione. Pu essere qualificata come critica in
quanto mette in giuoco la razionalit e non solamente le intuizioni, le norme
o i sentimenti.
3.2.3. Proposta di approcci disciplinari e piste di ricerca
Coerentemente alla definizione data di pastoral studies, il Viau giudica
non pi agibile la classificazione usuale della teologia pastorale attorno alle
funzioni del pastore: lomiletica, la catechetica, la liturgia, ecc., ciascuna del
le quali si configurava in una specializzazione diretta a formare il pastore in
un ambito determinato. Egli del parere che si debba ormai sviluppare una
tipologia di studi pastorali centrata sugli approcci disciplinari. Le specializzazioni si avvicinano allora a quelle riscontrabili nelle universit moderne:
sociologia, psicologia, antropologia, scienze della comunicazione, scienze del
lamministrazione, ecc. Pi precisamente, ogni specializzazione richiede una
duplice matrice: luna in una disciplina o campo di studi confessionali; laltra
in una disciplina o campo di studi non confessionali. A suo giudizio, la psicologia pastorale illustrata da McFadden14 delineerebbe molto bene cosa si deve
intendere per approccio disciplinare negli studi pastorali.
Atteso lo stato di tali studi, che assai vasto e variegato e in piena espansione, lautore giudica impossibile dire una parola conclusiva. Preferisce additare possibili piste di ricerca che consentano agli studi pastorali di prendere il
13
LA. ha affrontato questo preciso argomento nel saggio: VIAU M. - OGRADY R., Le rapport science / foi en tudes pastorales, in CHAGNON - VIAU, Les tudes pastorales 29-46.
14
Vedi sopra la nota 5 del cap. XI.

Capitolo XIII: Prassologia e studi pastorali

359

loro posto nelluniverso delle discipline contemporanee. Sono quelle in cui si


incamminata sul finire del secolo scorso unquipe di ricerca delluniversit
Laval del Qubec di cui il Viau stesso fa parte.
Riguardano essenzialmente la natura epistemologica degli studi pastorali,
la cui problematica la seguente: gli studi pastorali formano un campo specifico? Pur riconoscendo gli innegabili progressi raggiunti negli ambienti universitari, nella Chiesa e nei dialoghi ecumenici, non si deve forse riconoscere
che gli studi pastorali continuano ad essere oggetto di discussione di tipo
fondante? Come definire la loro autonomia tra la teologia e le scienze contemporanee, la teoria e la prassi, la loro visuale evangelizzatrice e le esigenze
dellazione, luniversalit e la Chiesa?
Al di l dei necessari saggi su questioni particolari, si svolge oggi un dibat
tito di fondo, quello del confronto tra la fede e la ragione. Fino a che punto il
metodo scientifico compatibile con un cammino di fede? O, inversamente,
quale posto occupano i valori in un processo scientifico?
Per rispondere a questi interrogativi si dato vita al programma di ricerca
(sopra accennato) attinente appunto lo statuto epistemologico degli studi pastorali. Esso si sviluppato lungo due assi principali:
1. delimitare loggetto proprio degli studi pastorali e osservare le istanze
da esso emergenti, ispirandosi ad esempio, ai programmi di pastorale sviluppati nelle varie universit;15
2. fare linventario delle costanti e dei criteri di base elaborati di recente
dagli epistemologi, dato che varie scienze dispongono oggi di lavori attendibili circa il loro statuto epistemologico.
Facendo uno studio comparativo dei risultati di tali ricerche, si spera di
individuare analogie, punti di convergenza e di divergenza e giungere in tal
modo ad abbozzare gli elementi costitutivi di un quadro concettuale proprio
degli studi pastorali, capace di conferire loro una certa unit e di superare la
loro frammentazione degli anni 1990.
4. ALCUNI SIGNIFICATIVI APPROFONDIMENTI

Di fatto, sul finire del secolo scorso e allinizio del nuovo millennio si
cercato di chiarire e approfondire, ad esempio, le tematiche di tipo fondante
elencate qui di seguito.
15
Nel 1992 si tenuto un Congresso internazionale, ecumenico e francofono di teologia
pratica in cui vennero illustrati lo statuto, i metodi e le prospettive sullargomento emergenti,
tra laltro, dai programmi di teologia pratica di varie facolt teologiche di lingua francese: per
gli Atti del congresso cf: REYMOND B. - SORDET J.-M. (eds.), La Thologie pratique. Statut,
Mthodes, Perspectives davenir (Paris 1993). poi in atto unampia recezione della corrente
statunitense di teologia pratica sopra descritta: cf ad es. BEAUREGARD A., Le rapport entre les
sciences humaines et la thologie: pour un thologie descriptive, ivi, 175-190.

360

Parte IV: Percorsi e progetti in ambito nordamericano

1. Il rapporto tra il discorso teologico e il suo oggetto. Il discorso teologicopratico trasforma la classica fides quaerens intellectum in fides quarens verbum
attraverso un lungo giro in cui lesperienza, i linguaggi e le credenze sono
altrettante tappe o fattori essenziali con cui si costruisce il sistema nel suo
insieme. Lesperienza, ivi compresa quella vissuta nelle pratiche pastorali, pu
essere studiata criticamente avvalendosi dei contributi illuminanti offerti dal
pragmatismo nordamericano espresso da C.S. Peirce, W. James, J. Dewey, R.
Rorthy. Per descrivere il suo oggetto di studio la riflessione teologico-pratica
utilizza linguaggi che vanno vagliati in maniera critica. Al riguardo, elementi
costitutivi sono ricavati dalla filosofia del linguaggio prodotta da W.v.O. Quine, N. Goodman, H. Putnam, D. Davidson. La teologia pratica rileva la verit
delle prassi in modo pragmatico e, cio, presumendo che le credenze incluse
in un loro insieme significativo siano in gran parte vere.16
2. La problematizzazione dellapproccio alle pratiche pastorali denominato
research - action - formation. Tale approccio prevede che operatori e operatrici pastorali compiano ricerche socio-religiose sul campo, tra laltro, con
lo strumento delle storie di vita. Applicandolo, sono portati a collocarsi dalla
parte degli intervistati e a considerare le prassi pastorali non pi dalla propria sponda ma da quella degli interlocutori. Questo cambio di prospettiva
rimette in questione le loro comprensioni delle prassi cristiane e i loro a priori
metodologici ritenuti pacifici (rottura epistemologica). Ci conduce, sul piano
operativo, a reimpostare i propri interventi pastorali e a rinnovare la propria
formazione teologico-pratica.17
3. La descrizione e valutazione della metodologia empirica utilizzata nella
teologia pratica con particolare riferimento ai seguenti metodi qualitativi: biografico (detto anche storie di vita), fenomenologico o descrittivo, etnografico
(detto anche osservazione partecipativa, o osservazione in situ), studio dei casi,
teorizzazione ancorata che mira a scoprire la teoria immanente in unesperienza individuale o collettiva, intervista individuale o di gruppo.18
16
Cf VIAU M., La nouvelle thologie pratique (Montral 1993). Per una presentazione sintetica si veda: VIAU M., Practical Theology: Instigator for a new Apology, in SCHWEITZER F. - VAN
DER VEN J.A. (eds.), Practical Theology - International Perspectives 39-51. LAutore ha sviluppato ulteriormente questo approccio in ulteriori studi, nei quali delinea la teologia pratica
come un artefatto teologicocaratterizzato da un universo retorico attinente le credenze, e da
un universo estetico in quanto costruzione che si avvicina a un poema: cf ID., Le Dieu du Verbe
(Montral/Paris 1997); ID., Luniverse esthtique de la thologie (Montral 2002); ID., De la
thologie pastorale la thologie praqtique, in ROUTHIER G.- VIAU M. (eds.), Prcis de Thologie
Pratique 41-53.
17
Cf GRANDMAISON J., Synergie de la recherche, de laction et de la formation dans un
cas-type, in REYMOND B. - SORDET J-M. (edd.), La Thologie pratique 43-60; LEFBVRE S., Perspectives fondamentales et recherche-action, ivi, 201-210; MOLDO R., La recherche-action en formation de formateurs, une dmarche de thologie pratique, in Revue des Sciences religieuses 69
(3/1995) 363-381.
18
Cf VIAU M., La mthodologie empirique en theologie pratique, in ROUTHIER G.- VIAU

Capitolo XIII: Prassologia e studi pastorali

361

4. La messa a punto della metodologia empirico ermeneutica propria della


teologia pratica con lanalisi degli approcci metodologici proposti dai pastoralisti: approcci empirici, ermeneutici (J. van der Ven e D. Tracy), critici
(N. Greinacher), strategici, fondamentali (Don S. Browning); inoltre con la
presentazione critica del metodo proprio della teologia pratica: identificare
fatti e elementi di una situazione; trovare un insieme di conoscenze pertinenti;
articolare tali conoscenze con la situazione concreta e le dinamiche in essa
presenti; proporre delle soluzioni.19
5. Ladozione della teoria di J. Habermas circa lagire comunicativo negli
studi pastorali.20 La prassi ecclesiale pu essere compresa come mossa da
una duplice razionalit: luna, strumentale, diretta a rendere maggiormente
pertinente e pi efficace lorganizzazione delle forze apostoliche, nella linea
della logica del lavoro produttivo; laltra, comunicativa, volta a liberare le
persone in contesti in cui laccettazione dellaltro minacciata, seguendo in
ci la logica dellinterazione educativa. Di conseguenza, gli studi pastorali
dovrebbero sviluppare un quadro teorico pi complesso rispetto agli attuali
metodi denominati action - research, prassologia..., per lo meno integrandovi
lanalisi del linguaggio comunicativo, presente nelle prassi pastorali.21
6. La funzione rivelatrice delle prassi pastorali. Le pratiche pastorali possono essere lette e comprese alla luce delle recenti acquisizioni degli ermeneuti
ed esegeti circa lidea e i modelli di Rivelazione (P. Ricoeur, E. Lvinas, E.
Dulles...). La Rivelazione di Dio designa la sua manifestazione o comunicazione in eventi, gesti e prassi della storia (dei profeti, di Ges, degli apostoli...),
che sono narrati e interpretati con linguaggi umani al fine di far accogliere,
nella fede, tale Rivelazione divina. Le pratiche pastorali rientrano in questi
eventi, gesti e prassi sociali rivelatrici. Indubbiamente, esse sono differenti: annuncio, catechesi, cura danime, governo, trasformazione sociale.., ma
perseguono tutte un obiettivo comune: manifestare e attestare ci che Dio
per noi, la relazione che noi viviamo o speriamo di vivere con Lui o Lei.
Anche se permarr sempre uno scarto pi o meno ampio tra ci che esse sono
e ci che dovrebbero essere in rapporto a questa loro funzione rivelatrice.
Compito specifico della teologia pratica leggere le prassi sociali e le pratiche
pastorali, certo quanto alle loro differenti funzioni particolari (animazione,
insegnamento, servizio...), ma anche rispetto a questa loro potenzialit rivelatrice. Allanalisi e alla critica di esse, da un punto di vista semantico, prassico,
fenomenologico ed etico, aggiunger uninterpretazione della loro valenza riM. (eds.), Prcis de Thologie Pratique 87-98; COUTARD J., Entretien, focus group et analyse de
contenu, ivi 99-104; DONEGANI J.-M., Les rcits de vie, ivi 104-116.
19
Cf NADEU J-G., Une mthologie ermpirico-hermneutique, ivi 221-234.
20
Cf HABERMAS J., Teoria dellagire comunicativo (Bologna 1986).
21
Cf MNARD C., Laction pastoral: un agir communicationnel, in Laval thologique et philosophique 43 (3/1989) 423-436.

362

Parte IV: Percorsi e progetti in ambito nordamericano

velatrice di una presenza divina che per differente secondo i diversi generi
di pratiche pastorali. Allinterpretazione aggiunger lattestazione attraverso
unadeguata concettualizzazione del proprio discorso teologico-pratico.22
7. Le pratiche cristiane rivisitate in riferimento a valori evangelici fondamentali, vissuti e proclamati da Ges di Nazaret e dai suoi discepoli e discepole
delle origini. Le pratiche cristiane rivestono: una radicale dimensione economica: tutelare e promuovere la vita (la condivisione dei beni materiali per una
vita umana dignitosa di tutti, e lopposizione alla guerra: cf Mt 25,35s); una
dimensione sociopolitica: favorire lintegrazione sociale e condividere il potere
mettendo i piccoli e i poveri al primo posto: cf Mt 18,1ss; una dimensione
etica: promuovere la condivisione del bene-essere e dellamore-agape degli
altri, vicini o lontani, fratelli e sorelle: cf Lc 10,25ss; una dimensione filosofica e
scientifica: condividere il vero, il senso e la saggezza evangelica: cf Mt 11,25s;
una dimensione religiosa ed ecclesiale: condividere la filiazione e la fraternit
come popolo di Dio, corpo di Cristo e tempio dello Spirito; una dimensione
cristiana: condividere la speranza della vita futura ancorata al Cristo risorto, e
la contestazione della condanna a morte.23
8. Lapproccio ermeneutico nella teologia pratica. Valorizzando debitamente
le indicazioni di riconosciuti maestri dellermeneutica (H.G. Gadamer, P. Ricoeur, E. Schillebeeckx...), rilevante per la teologia pratica assumere lazione dello Spirito come orizzonte generale nellinterpretare lattuale situazione
postmoderna.24
5. RILIEVI VALUTATIVI

Allinizio del nuovo millennio, lo stato delle ricerche nelle quattro direzioni indicate non consente di formulare giudizi valutativi definitivi, dato che si
in una fase in pieno sviluppo, caratterizzata da numerose e differenti proposte che sono in larga parte interlocutorie e tuttora, per lo pi, a livello di
suggestioni pi o meno elaborate. Ci che possibile e consigliabile fare :
segnalare alcune linee di tendenza valutabili positivamente; rilevare alcune
problematiche o impostazioni che meriterebbero una certa decantazione e
unulteriore riflessione; riconoscere infine il raggiungimento di alcuni apprezzabili risultati.
1. Quanto alla cura pastorale e alla nascente teologia pratica, sicuramente
Cf NADEAU J.-G., La fonction rvlante des pratiques pastorales, in REYMOND B. - SORDET
J.-M. (eds.), La Thologie pratique 103-116.
23
Cf GAUTHIER M., De la praxis chez les chrtiens ou le pratiques chrtiennes revisites, in
ROUTHIER G. - VIAU M. (eds.), Prcis de Thologie Pratique 137-149.
24
Cf MNARD C., Lapproche hermneutique en thologie pratique, in REYMOND B. - SORDET
J.-M. (eds.), La Thologie pratique 87-102.
22

Capitolo XIII: Prassologia e studi pastorali

363

positiva la progressiva valorizzazione della comunit di fede con lo spostamento del punto focale dal paradigma clinico-terapeutico a quello ecclesiale e
sociale. Pure positiva lampia utilizzazione critica degli apporti delle scienze
psicologiche collocati in un orizzonte di fede.
Tuttavia specialmente in ambito protestante, che quello tuttora dominante in questo genere di studi e ricerche, le basi ecclesiologiche della riflessione teologico-pastorale o teologico-pratica e la prospettiva di fede paiono
bisognose di un ulteriore chiarimento o approfondimento, che peraltro
avviato specialmente attraverso il dialogo ecumenico con la Chiesa cattolica
nordamericana.
2.La svolta attuata negli ultimi decenni che ha condotto a impostare la
riflessione teologica nel senso della teologia pratica sopra descritta costituisce,
senza dubbio, un cambio di segno positivo almeno per un quadruplice ordine
di considerazioni:
a)per il confronto aperto e franco con le proposte e i progetti di teologia
pratica europei e con alcune teologie della liberazione latinoamericane;
b)per il modo originale con cui delineata una teologia pratica fondamentale e sono configurati i vari tipi di teologia pratica in aderenza alle contingenze storiche, socio-culturali e religioso-ecclesiali del nordamerica;
c)per limpegno considerevole posto nel ridefinire i fondamenti teologici
di questa disciplina, tenendo conto, da un lato, della tradizione passata e, dal
laltro, degli apporti innovativi della recente riflessione;
d)per il notevole sforzo dimostrato nel definire il metodo proprio di questo ramo del sapere teologico, metodo confessionale, critico e interdisciplinare.
Alcuni temi maggiori toccati nelle varie configurazioni proposte di teologia pratica suscitano delle perplessit e meriterebbero una pi approfondita
considerazione. Questi in particolare:
a)la non sempre chiara distinzione tra dimensione o valenza pratica di tut
ta la teologia e la teologia pratica intesa come disciplina autonoma;
b)linglobare letica nella teologia pratica, quando una distinzione del
le due discipline va mantenuta, perch il momento normativo inerente alla
riflessione teologico-pratica si prospetta diversamente rispetto al comune e
condiviso discorso etico;
c)una delineazione dellinterdisciplinarit che rischia di misconoscere le
caratteristiche proprie del sapere teologico necessariamente collegato a una
tradizione di fede;
d) unarticolazione del metodo della teologia pratica che se, da un lato,
registra indubbi passi avanti rispetto a proposte europee, dallaltro, non distingue ancora, come dovrebbe, la fase progettuale da quella strategica.
3. Quanto alla corrente di pensiero denominata studi pastorali, sono ap-

364

Parte IV: Percorsi e progetti in ambito nordamericano

prezzabili i risultati raggiunti e promettenti le piste di ricerca avviate e dirette


a porre su solide basi epistemologiche questo settore di studi. fondamentale
la distinzione e correlazione tra pratiche pastorali e studi pastorali. accettabile, in linea di massima, la loro delimitazione peraltro saldamente ancorata a
ricerche dellultimo trentennio abbastanza condivise.
Va valutato positivamente il pi ampio e aggiornato confronto con la ricerca fatta in ambiente europeo, avviato allinizio degli anni 1990. Esso ha favorito la riaffermazione di una teologia pratica come disciplina teologica unitaria
e autonoma, arricchita dallintradisciplinarit e configurata in modo originale
(ad esempio, da M. Viau)25 nel quadro di una ben intesa interdisciplinarit e
transdisciplinarit: luna e laltra intese nel senso spiegato nel capitolo X.26
Ci testimoniato dal Compendio di Teologia pratica, tentativo di presentare in sintesi quanto di meglio, allinizio del nuovo millennio, offre la riflessione teologica di lingua francese circa le principali pratiche dei vari gruppi
cristiani. La prima parte, di intonazione generale, richiama alcune nozioni
fondamentali e cruciali, imprescindibili per comprendere le grandi tendenze
della teologia pratica contemporanea: la sua epistemologia, le sue correnti
teoriche, i metodi da essa utilizzati, i suoi concetti fondamentali e i grandi atti
fondatori: proclamare, celebrare, edificare, sostenere.27

Cf. lopera citata sopra alla nota 16.


Si veda il n. 3 di detto capitolo.
27
Cf ROUTHIER G. - VIAU M. (eds.), Prcis de Thologie Pratique citato nella nota bibliogra
fica.
25
26

INDICE DEI NOMI DI PERSONA

Acerbi A., 88, 159 (nn. 123, 128).


Achelis Ch., 75.
Adler G., 163, 165 (n. 5), 284 (n. 48).
Adorno Th., 236, 296.
Alberigo G., 88, 113 (n. 133), 116 (n.
156), 157 (n. 119), 159 (nn. 123, 127),
161 (n. 129).
Alberto Magno (s.), 13.
Algermissen K., 41 (n. 72).
Amberger J., 33s, 38 (n. 64), 39.
Ambrogio (s.), 24.
Ambrosio G., 304 (n. 48).
Ammer H., 204 (n. 36).
Andrianopoli L., 41 (n. 74).
Andriessen H., 291 (n. 4).
Anthony F.-V., 15 (n. 10).
Arens E., 302 (n. 42).
Aristotele, 63, 258, 265, 346.
Arnold F.X., 14 (n. 6), 23, 25 (n. 13), 31
(n. 18), 32, 34, 47-53, 173, 168 (n. 4),
192, 205 (n. 41), 206 (n. 49), 214 (n.
78), 281, 319.
Atkinson D., 163.
Audinet J., 285-287.
Auer J., 61 (n. 170).
Aufderbeck H., 168 (n. 4).
Augsten S., 61 (n. 168).
Bagot J.P., 319, 344s.
Balthasar H. Urs v., 334.
Barana G., 88, 158 (n. 121).
Barbaglio G., 401 (n. 70), 454 (n. 67).
Barmen V., 247.
Barth K., 77-80, 162, 235, 334.
Basset W.W., 116 (n. 156), 159 (n. 123).
Bastian H.D., 79 (n. 60), 225 (n. 17),
229-232, 239, 255, 260 (n. 111).

Bathyanyi (card.), 23 (n. 9).


Bumler Chr., 260 (n. 111), 265 (nn.
7-9), 304, 310 (nn. 58s), 311 (n. 62),
312 (n. 64), 313 (n. 65), 314 (n. 67),
316 (70).
Beauregard A., 359 (n. 15).
Becker W., 291 (nn. 4s).
Benger M., 34s.
Benz F., 61 (n. 168).
Berardi E., 35 (n. 48).
Bertsch L., 300 (n. 34).
Betti U., 95 (nn. 13s).
Biemer G., 52 (n. 130), 184 (n. 54), 187189, 193.
Bier W.C., 321, 322 (n. 5).
Binsfeld P., 22.
Birnbaum W., 19, 41 (n. 78), 65 (n. 8), 70
(n. 29), 75 (nn. 48s), 76 (nn. 50-52),
77 (nn. 55, 57), 78 (nn. 58ss), 79 (n.
62), 81 (n. 70), 82 (n. 72), 84 (n. 74).
Birk G., 310 (n. 58).
Bissonier H., 60 (n. 164).
Blachnicki F., 52 (n. 109).
Blondel M., 207, 299.
Bloth P., 204 (n. 36).
Blouet J., 35 (n. 48), 41 (n. 74).
Boff L., 88, 157 (n. 120), 273 (n. 28).
Bohren R., 69 (nn. 24, 26s), 78 (n. 60),
79 (n. 63), 85 (n. 77), 249 (n. 80), 250
(n. 85).
Boisen A.T., 322s.
Bonaventura (s.), 13.
Bopp L., 42s.
Bordignon L., 171.
Borromeo C. (s.), 21.
Boulard F., 53, 54 (nn. 138, 140), 55 (n.
145), 56 (nn. 147-149, 151), 57 (nn.

366

Indice dei nomi di persona

152s), 58 (nn. 155-157), 59 (nn. 158,


160s), 60 (nn. 163-167).
Bradfort C., 19.
Brodeur R., 319, 354 (n. 9).
Broutin P., 21 (n. 2).
Brunner E., 305.
Bucero M., 65.
Blk W., 76 (n. 53).
Burkart J.E., 66 (n. 9).
Cabot R.C., 322s.
Calvino J., 67 (n. 6).
Calvo F.-J., 19, 55 (n. 143), 163, 288 (n.
62).
Campell A., 319.
Canobbio G., 163.
Caprioli A., 183 (n. 49).
Cardijn (card.), 53.
Capraro G., 304 (n. 48).
Cartledge M.J., 163, 288 (n. 62).
Casalis G., 234 (n. 43).
Castan L., 35 (n. 48).
Ceriani G., 45, 46 (e nn. 101, 103s), 47,
206 (n. 49), 218-220.
Chagnon R., 319, 354 (n. 7), 358 (n. 13).
Chappuis J.-M., 165 (n. 2).
Chenu M.-D., 55 (n. 145), 59 (n. 162), 96
(n. 15), 139 (n. 71).
Clinebell H.J., 296 (n. 3).
Coda P., 163.
Cohn R., 307.
Colaianni N., 89, 116 (n. 156), 157 (n.
118).
Coleman G.D., 165 (n. 2), 329 (n. 27).
Colombo G., 107 (n. 84), 108 (n. 92).
Colston L.G., 319, 325 (n. 15).
Congar Y., 16 (n. 4) 39, 44 (n. 95), 59
(n. 158), 60 (n. 164), 88, 113, 157 (n.
119).
Conrad P., 27 (n. 17).
Cosmao V., 161 (n. 129).
Cuminetti M., 195 (n. 2).
Coutard J., 361 (n. 18).
Culbertson Ph, 19.
Curran Ch., 329 (n. 28).
Daecke S.M., 228 (n. 25), 304 (n. 46).
Dahm K.W., 232s, 281.

Daiber K.F., 165 (n. 2), 260 (n. 112), 265


(nn. 7-9), 304.
Dander P.F., 44 (n. 91).
Daniel Y., 54 (n. 137), 55 (nn. 146), 56
(nn. 147-150), 57 (nn. 152, 154), 58
(nn. 155, 157), 59 (nn. 158s).
Danilou J., 60 (n. 163).
Davidson D., 360.
Davis H., 35 (n. 48), 40 (n. 68).
De Coninck L., 45, 46 (nn. 100, 103).
Defois G., 161 (n. 129).
Dejaifve G., 96 (n. 15).
Delahaye K., 52 (n. 131), 168 (n. 4).
Deman Th., 44 (n. 93).
Depeder J.B., 35 (n. 48).
Deschner J., 334 (n. 14).
Desurmont A., 35 (n. 48).
Dewey J., 360.
Dicks R.I., 323.
Diem H., 77, 79 (n. 60).
Dilthey W., 342.
Dingemans L., 54 (n. 142).
Doering W., 22 (n. 8).
Doerne B., 79 (n. 63).
Domnguez Rodrguez J., 60 (n. 163).
Don Browning S., 66 (n. 9), 284, 319,
321 (n. 3), 330 (n. 31), 331 (nn. 2, 4),
333 (n. 7), 334 (n. 15), 336s, 338, 340,
343 (n. 36), 344, 345-347.
Donegani J.-M., 361 (n. 18).
Dor J., 284 (n. 48).
Dorfmann F., 19, 23s (nn. 9-11), 34, 65.
Dreher B., 174 (nn. 35s).
Drehsen V., 72 (n. 36).
Drey S., 28.
Dreyer J.S., 318 (n. 72).
Dubied P.L., 331 (n. 1).
Dubley C., 337 (n. 22).
Duffy R., 319.
Dulles E., 361.
Duns Scoto, 13.
Ebeling G., 63 (nn. 1-3), 64 (nn. 4s),
257-259.
Ehrenfeuchter F., 72 (n. 37).
Eisinger W., 79 (n. 63), 84 (nn. 75s), 85
(n. 81), 227 (n. 23).
Emeis D., 204 (n. 35).

Indice dei nomi di persona

Engel L., 22.


Engelhardt G., 44 (n. 95).
Erharter H., 200 (n. 78), 204 (n. 35), 211
(n. 38), 291 (n. 4).
Erikson E.H., 305.
Exeler A., 185 (n. 61), 214 (n. 79).

367

Faber H., 290 (n. 3), 322 (n. 6).


Farley E., 330 (n. 29), 332 (n. 5), 341.
Fattori M.T., 88.
Fauchet, 58 (n. 156), 60 (nn. 159-167).
Favale A., 87, 104 (n. 20), 115 (n. 96),
123 (n. 6).
Federici T., 87.
Fendt L., 77 (n. 53).
Ferrario F., 65 (n. 6).
Fichte J.G., 72.
Field D., 163.
Filthaut Th., 52 (n. 109).
Finkenzeller J., 13 (n. 3).
Firet J., 308 (n. 9).
Fischer M., 79 (n. 63).
Fisichella A., 88, 157 (n. 120).
Floristn C., 15 (n. 8), 19, 55 (n. 143), 89,
163, 165 (nn. 3, 5), 214 (n. 78), 293 (n.
60), 302 (n. 45).
Frerichs J., 66 (n. 9), 67 (n. 15).
Fowler J., 330 (n. 29), 332s, 340, 344s.
Fuchs O., 163, 266 (n. 10), 271 (n. 24),
302 (nn. 40s), 303 (nn. 43, 45), 310 (n.
58).
Fglister R., 19, 34, 45, 50, 47 (n. 106).

Giovanni XXIII, 17, 91, 93-95, 96, 98,


99-101, 109, 113, 133 (nn. 69s), 143.
Girolamo (s.), 24.
Gisel P., 260 (n. 111).
Goddijn W., 54 (n. 142).
Godin A., 289, 290 (n. 3).
Godin H., 54, 55 (n. 145), 56 (nn. 147150), 57 (nn. 152, 154), 58 (nn. 155157), 59 (nn. 158-160).
Goldbrunner J., 185 (n. 56), 192s, 241.
Goltz E.F. v., 77 (n. 53).
Goodman N., 360.
Grres A., 179 (n. 44).
Grb W., 70 (n. 28), 240 (n. 48).
Grabmann M., 44 (n. 92).
Graf A., 27-33, 34, 39, 42, 51, 52, 75 (n.
22), 168, 201, 281.
GrandMaison J., 360 (n. 17).
Gregorio Magno (s.), 20, 47 (n. 105).
Gregorio Nazianzeno (s.), 20.
Greinacher N., 164, 173 (nn. 30, 34),
178 (n. 41), 262 (n. 3), 265 (nn. 8s),
295-298, 300.
Greive W., 254 (n. 95).
Griesl G., 14 (n. 8), 20, 90 (n. 4), 168
(nn. 4s), 183 (nn. 49, 51), 185 (n. 60),
242 (n. 56), 294 (n. 11), 304 (n. 46).
Groome T.H., 330 (n. 30), 333, 341.
Groppo G., 304 (n. 48).
Grosche R., 53 (n. 132).
Grsinger A., 79 (n. 64), 246-248.
Gutirrez G., 161 (n. 129).

Gadamer H.G., 346, 362.


Gagnebin L., 74 (n. 45), 224 n. 14).
Galilea S., 55 (n. 143).
Gallagher M.P., 163, 165 (n. 5).
Ganzevoort R.R., 318 (n. 73).
Garofalo S., 87.
Garrone G.M., 88.
Gastager H., 294 (n. 11).
Gauthier M., 362 (n. 23).
Geck L.H.A., 58 (n. 135).
Geffr C., 236 (n. 45).
Genre E., 19, 65 (n. 6), 70 (n. 28), 77 (n.
54), 80 (n. 67).
Giftschtz F., 25 (nn. 14s).
Giovanni Crisostomo (s.), 20.

Haarsma F., 193 (n. 78), 291 (n. 4), 304


(nn. 46s), 310 (nn. 58s), 311 (n. 62),
312 (n. 63), 313 (n. 66), 316 (n. 70).
Habermas J., 228, 236 (n. 45), 270, 271
(n. 23), 306, 308, 333, 346, 360.
Haendler O., 82-84, 307.
Hahn R., 224 (n. 14).
Hring B., 61 (n. 169).
Harms C, 73s.
Harnack Th., 75.
Harsch H., 289 (n. 2), 291 (n. 5), 292 (n.
6).
Haslinger H., 163.
Hegel G.W.F., 70, 256, 300.
Heinrichs J., 300-302.

368

Indice dei nomi di persona

Heitink G., 19.


Hermann W., 85 (n. 82), 221-224.
Hermans C.A.M., 284 (n. 47).
Herrera Oria, 88.
Hertzsch E., 81s, 85 (n. 84).
Hiltner S., 261, 265, 319, 325-329.
Hirscher G.S., 32.
Hofmann A.M., 44 (n. 94).
Hofmann L., 172 (n. 27).
Homans P., 305.
Hornstein X.V., 43 (n. 89).
Hostie R., 289.
Houtart F., 54 (n. 142), 304 (n. 48).
Hubner E., 234 (n. 42).
Huizing P., 159 (n. 123).
Hunter R.G., 73 (n. 41), 319, 330 (n. 29),
344.
Husserl E., 342.

Klessmann M., 291 (n. 5), 292 (n. 7), 329


(n. 28).
Klostermann F., 19, 22 (n 8), 34 (n. 43),
163, 164 (n. 1), 167, 168 (n. 4), 195204, 271.
Knoke K., 81 (n. 47).
Kster R., 243 (n. 59).
Krause G., 69 (nn. 26s), 79 (n. 60), 183
(n. 49), 184 (nn. 52s, 55), 185 (n. 56),
186 (n. 62), 223 (n. 8), 225s, 242 (n.
53), 255.
Krauss A., 75.
Krieg C., 35 (n 48), 36 (nn. 49-55), 37
(nn. 56, 58-60), 38 (nn. 61-64), 39 (n.
65).
Krusche P., 244 (n. 60), 265 (n. 8), 473
(n. 105).
Kng H., 159 (n. 127).

James W., 360.


Jakubec D., 74 (n. 45).
Jedin H., 21 (n. 1).
Jetter W., 69 (n. 24), 84 (n. 76).
Joannes F.V., 195 (n. 2).
Johnson P.E., 324 (n. 10).
Jonkeray J., 310 (n. 58), 311 (n. 62), 312
(n. 64), 313 (n. 66).
Jossua J.-P., 159 (n. 126), 284 (n. 48).
Jossutis M., 233, 240s.
Jngel E., 90 (n. 76), 249s.
Jungmann J.A., 44 (n. 91), 52 (n. 109).

Lamb M., 333s.


Lmmermann G., 70 (n. 28), 71 (n. 31),
240 (n. 48).
Lane D.A., 333.
Lange J., 194 (n. 78), 204 (n. 35).
Lanza S., 163.
Lpple A., 305, 219 (n. 119), 305s.
Lpple V., 293.
Lapsley J., 321, 331 (n. 3).
Latourelle R., 89.
Lauber J., 25 (n. 14).
Laurentin R., 88, 159 (n. 124).
Lauret B., 285 (n. 49), 290 (n. 3).
Lautner G., 85 (n. 82), 221-223.
Le Bras G., 53, 57 (n. 151).
Lebret L., 60 (n. 159).
Lee R.S., 305.
Lefbvre M., 41 (n. 79), 206 (n. 49), 210
(n. 68), 349-351.
Lefbvre S., 360 (n. 17).
Legrand H.-M., 157 (n. 119).
Lehmann K., 184 (n. 55), 186 (nn. 63,
66), 277 (n. 23), 298s, 300.
Levinas E., 361.
Liebner K.F., 72 (n. 37).
Lig P.-A., 14 (n. 7), 164 (n. 2), 198,
204-214, 349, 352.
Limouris G., 170.
Lithard V., 35 (n. 48).

Kaempf B., 69 (n. 25), 163.


Kalathuvethil Th., 333 (n. 9).
Kant I., 66.
Karrer L., 303 (n. 44).
Ksemann E., 260 (n. 111).
Kasper W., 89, 105 (n. 25), 157 (n. 118).
Kaufmann F.-X., 18 (n. 13), 89, 161 (n.
129), 304 (n. 48).
Kech L., 341.
Keeman J., 310 (n. 58).
Kelsey M.T., 329 (n. 28).
Kennedy E., 319, 329 (n. 28).
Kerkhofs J., 161 (n. 129).
Khroury A.-T., 196 (n. 2).
Kinast R.L., 330 (n. 29), 334 (n. 13).
Kirchmayr A., 194 (n. 78), 204 (n. 35).

Indice dei nomi di persona

Locatelli G., 55 (n. 144).


Lohff W., 224 (n. 14).
Lhrer M., 172 (n. 25).
Lonergan B., 335 (n. 18).
Lorenzer A., 88.
Luckmann Th., 273 (n. 27).
Luhmann N., 232 (n. 36), 270, 271 (n.
23).
Lutero M., 16, 63s, 258, 334.
Maldonado L.A., 163, 165 (n. 5).
Marheineke Ph.K., 70s, 240 (n. 48).
Maria Teresa, 22.
Marl R., 19, 33, 69 (n. 23), 73 (n. 40),
164, 170 (n. 3), 171.
Martelet G., 88.
Martn Gonzlez F., 55 (n. 143).
Marx K., 258, 300, 333.
Maslow A., 322.
Mathis M.J., 35 (n. 48).
Mathyssek Th., 41 (n. 74).
McCann D.P., 319, 334 (n. 15), 338.
McFadden T.M., 322 (n. 5), 358.
Mehlausen J., 72 (n. 36).
Meland B.E., 342 (n. 34).
Melloni A., 88.
Menard C., 355 (n. 11), 361 (n. 19), 362
(n. 24).
Mette N., 34 (n. 43), 70 (n. 28), 79 (n.
60), 164, 183 (n. 51), 184 (n. 54), 185
(n. 61), 186 (nn. 63, 66), 248 (n. 79),
266-271, 288 (n. 63), 302 (n. 40), 304,
305 (n. 52), 311 (n. 61).
Metz J.B., 18 (n. 13), 161 (n. 129), 255
(n. 97), 268, 304 (n. 48), 305 (n. 52),
308.
Metzger M., 41 (n. 74), 85 (n. 80).
Meyer J., 76 (n. 53).
Meyer N.W., 35 (n. 48).
Meyer W., 41 (n. 76), 49 (n. 92).
Meyer Zu Uptrup K., 231 (n. 34).
Micheletti A., 35 (n. 48).
Michonneau G., 54, 56 (nn. 147s, 150),
59 (n. 158), 60 (n. 164).
Mieth D., 159 (n. 125), 295 (n. 12).
Miller D.E., 319, 338-344.
Miller J.M., 88.
Mhler G.A., 28, 56.

369

Mller Chr., 97 (n. 20).


Moldo R., 360 (n. 17).
Moore M.E., 284 (n. 47).
Morcillo Gonzles C., 88.
Mudge L.S., 319, 332 (n. 5), 336 (n. 20),
338 (n. 22).
Mller A., 24 (n. 12), 25 (n. 13), 159 (n.
127).
Mller A.D., 80s.
Mller Ch., 76 (n. 28).
Mller J., 19, 22 (n. 8), 34 (n. 43), 41 (n.
79), 194 (n. 78), 204 (n. 35), 281.
Mller-Pozzi H., 305s.
Nadeau J.-G., 351 (n. 4), 355 (n. 10), 361
(n. 19), 362 (n. 22).
Naval F., 35 (n. 48).
Neidhart W., 242-244.
Neunzeit P., 295 (n. 13).
Neyer P., 41 (n. 76), 49 (n. 92).
Nicolau M., 88.
Niebegall F., 76 (n. 53).
Niebuhr H.R., 292.
Nitzsch C.I., 71s, 243, 252, 255.
Noldin A., 40 (n. 68).
Noppel C., 42s, 206.
Oates W.E., 321 (n. 1).
Ochoa X., 113 (n. 134).
Oden Th., 324 (n. 10), 329 (n. 27).
Offele W., 41 (n. 79), 43 (n. 88), 53 (n.
133).
Ogden S.E., 334 (n. 13).
Oglesby W., 319, 329 (n. 28).
Ogletree T.W., 331 (n. 2), 340.
OGrady R., 358 (n. 13).
lker H., 243 (n. 59).
Opstraet J., 22, 28.
ORiordon S., 319.
Otto G., 70 (n. 28), 71 (n. 31), 73 (n. 38),
86 (n. 85), 198, 227, 234-240, 255,
272, 295 (n. 15), 302 (n. 40).
Otto W., 81 (n. 47).
Outler A.C., 324 (n. 10).
Pacomio L., 14 (n. 7), 20.
Padberg R., 168 (n. 5), 172 (n. 24), 183
(n. 49), 184 (n. 54), 185 (n. 57).

370

Indice dei nomi di persona

Palmer Chr., 72s, 74, 80, 226 (n. 22),


243, 252, 255, 281.
Pannenberg W., 68 (n. 22), 73, 249 (n.
80), 250-254, 260, 268, 334.
Paolo VI, 17, 91, 96, 98, 101-108, 109,
113, 125, 137 (n. 70), 139s.
Paschke B., 234 (n. 42), 255.
Pattaro G., 161 (n. 129).
Pattison S., 319, 329 (n 28), 330 (n. 31).
Patton J., 329 (n. 28).
Peirce C.S., 360.
Persl F., 307.
Peuker H., 273 (n. 12), 302 (n. 41).
Pfennigsdorf E., 76 (n. 53).
Pfister O., 305.
Pfleiderer G., 77 (n. 56).
Pfliegler M., 40 (nn. 70s), 41 (e nn. 73,
77), 43 (n. 89).
Philips G., 96 (n. 15).
Pieris A., 447 (n. 44).
Pio XII, 103.
Piper H.Chr., 291 (nn. 4s), 292 (n. 6),
293 (n. 9).
Pitroff F.Chr., 25 (n. 14).
Pohl Fr., 35 (n. 48).
Poling J.N., 319, 332 (n. 5), 336 (n. 20),
338 (n. 22), 338-344.
Pottmeyer H., 159 (n. 123).
Pruner J.Ev., 35 (n. 48), 36 (nn. 49-55),
37 (nn. 58-60), 38 (nn. 61, 64) 39 (nn.
65, 67).
Putnam H., 360.
Quarello E., 304 (n. 48).
Quine W.v.O., 360.
Rahner K., 14 (n. 6), 43 (n. 90), 66 (n.
169), 84 (n. 76), 89, 159 (n. 128), 167,
168, 169, 170, 172 (nn. 20-22, 26s),
173 (nn. 31, 33), 174 (n. 37), 176-178,
179 (nn. 41ss), 186 (n. 66), 206 (n.
49), 226 (n. 20), 249 (nn. 80s), 268,
271, 273, 304 (n. 48), 306, 310, 334.
Ramayo J.J., 23.
Ranke-Heinemann U., 96 (n. 34), 173 (n.
31).
Ratzinger J., 47 (n. 109), 157 (n. 120),
158 (n. 121).

Rau G., 242 (n. 52).


Rautenstrauch St., 22-25, 26, 37.
Refoul F., 285 (n. 49), 290 (n. 3).
Reichensberger A., 25 (n. 14).
Rendthorff T., 255 (n. 97).
Renninger J.B., 35 (n. 48), 37 (n. 57), 38
(n. 64).
Reuss J.M., 168 (n. 4), 192.
Reuter H.R., 79 (n.63), 227 (n. 23).
Reymond B., 15 (n. 8), 17 (n. 11), 65 (n.
8), 69 (n. 25), 74 (n. 45), 77 (n. 57),
164, 224 (n. 14), 288 (n. 62), 310 (n.
58), 319, 359 (n. 15), 360 (n. 17), 362
(nn. 22, 24).
Rial S., 35 (n. 48).
Ricoeur P., 346, 354, 361, 362.
Riess R., 305 (n. 51).
Roberts D.E., 324 (n. 10).
Rogers C.R., 307, 322, 324.
Rorty R., 360.
Rosenboom E., 85 (n. 83).
Rssler D., 65 (nn. 7s), 69 (n. 25), 72 (n.
37), 73 (n. 41), 78 (n. 37), 79 (n. 41),
224 (n. 14), 225 (nn. 15s), 226 (n. 22),
244-246, 255 (n. 97).
Rouget A.M., 60 (n. 163).
Routhier G., 163, 320, 360 (nn. 16, 18),
364 (n. 27).
Rudolf K., 40 (n. 70).
Ruggieri G., 89.
Ruland L., 41 (n. 75).
Sailer J.M., 26s.
Saint-Arnaud Y., 290 (n. 3).
Sanchez Alisenda C., 45.
Santos Beguiristin E., 45.
Sauter G., 69 (n. 25), 235 (n. 27), 254257, 260.
Scharfenberg J., 246 (n. 68), 290 (n. 3),
291 (n. 5), 293 (n. 10), 305, 307.
Schelling F.W.J., 66.
Schelsky H., 221s, 228.
Schepens J., 284 (n. 46).
Scherer-Rath M., 318 (nn. 72-75).
Schian M., 76 (n. 53).
Schillebeeckx E., 13 (nn. 4s), 236 (n. 45),
303, 362.
Schlattery M., 319, 353 (n. 6).

Indice dei nomi di persona

Schleiermacher E., 31, 32, 33, 37, 65-70,


75, 240 (n. 48), 243, 249, 251, 255,
256, 334, 347.
Schmalz G., 310 (n. 58).
Schmidt-Rost R., 72 (n. 36).
Scholtz H., 66 (n. 9).
Schnmetzer A., 88.
Schoonenberg P., 214 (nn. 79), 222 (n.
82).
Schramm A., 26.
Schreck Ch., 66 (n. 168).
Schreiter R.J., 334 (n. 16).
Schrder O., 281.
Schrer H., 70 (n. 28), 164 (n. 2), 204 (n.
35), 223 (n. 8), 228 (n. 26), 265 (n. 7),
304 (n. 46).
Schubert F., 35 (n. 48), 36 (nn. 49, 54),
37 (nn. 56, 58s), 38 (nn. 61, 64).
Schch L., 35 (n. 48), 36 (nn. 49, 54),
37 (nn. 56, 58s), 38 (n. 64), 39 (nn. 65,
67).
Schulte J., 41 (n. 74).
Schultze Fr., 35 (n. 48).
Schurr V., 19, 35 (n. 48), 41 (n. 80), 43
(n. 89), 52 (n. 129), 55 (n. 145), 61s, 90
(n. 3), 165 (n. 4), 167, 172 (n. 23).
Schussler-Fiorenza F., 330 (n. 29).
Schuster H., 19, 25 (n. 13), 26 (n. 16), 27
(n. 18), 32, 34, 41 (n. 80), 43 (n. 89),
169s, 174-176, 179-183, 185 (n. 56),
189-191, 193, 206, 207.
Schtz W., 84 (n. 75).
Schweitzer F., 164, 165 (n. 5), 318 (n.
74), 319, 344 (n. 41), 347 (n. 53), 360
(n. 16).
Schwarzel K., 25 (n. 14).
Screrer-Rath M., 164, 323.
Seckler M., 304 (n. 48).
Sed N.-J., 284 (n. 48).
Seibt K.H., 23.
Seitz M., 84 (n. 76), 85 (n. 77), 249 (nn.
80s).
Sendra A., 35 (n. 48).
Seveso B., 14 (nn. 6s), 15 (n. 10), 20, 42
(n. 80), 43 (n. 89), 53 (n. 134), 61 (n.
177), 90 (n. 4), 164, 165 (nn. 3, 5), 183
(n. 49), 185 (n. 59), 186 (n. 64), 193
(n. 66), 204 (n. 35), 214 (n. 77), 240

371

(n. 49), 246 (n. 69), 287 (n. 61).


Siemens H., 79 (n. 63), 227 (n. 23).
Siller H.P., 184 (n. 54), 187-189, 193,
303 (n. 43).
Snyder G., 341.
Sordet J-M., 15 (n. 8), 69 (n. 25), 164,
224 (n. 14), 288 (n. 62), 310 (n. 58),
359 (n. 15), 360 (n. 17), 362 (nn. 22,
24).
Spiazzi R., 45, 46, 47, 164 (n. 2), 206 (n.
49).
Spiegel Y., 232-234, 268, 291 (n. 4), 292
(n. 6), 304 (n. 46), 314 (n. 67).
Steck W., 15 (n. 9), 32, 69 (n. 22), 165 (e
n. 2), 242s.
Steinkamp H., 266 (n. 10), 305, 306-310.
Stieve M., 76 (n. 28).
Stollberg D., 289 (n. 2), 290 (n. 3), 291
(n. 5), 292 (nn. 6s), 294 (n. 11), 307,
310 (n. 58), 322 (n. 6), 329 (n. 28).
Stolz E., 40 (n. 69), 41 (nn. 72, 76).
Stood D., 232 (n. 36).
Strain Rc.R., 338.
Strang W., 35 (n. 48).
Strohm Th., 249 (n. 80), 250 (n. 85).
Suchart A., 26 (n. 7).
Suenens G.L., 109 (n. 95).
Tamayo J.J., 89, 163.
Teobald Ch., 159 (n. 125).
Theurich H., 72 (n. 36).
Thielicke H., 77 (n. 56).
Thilo H.I., 314.
Thils C., 215 (n. 79), 222 (n. 82).
Thorton E., 322 (n. 4).
Thurneysen E., 79s, 324.
Tillard J.M.R., 116 (n. 156), 159 (n. 123).
Tillich P., 80, 280, 292, 305, 324, 335.
Tommaso dAquino (s.), 13, 64 (n. 4).
Tonelli R., 304 (n. 48).
Tracy D., 236 (n. 45), 332, 333 (n. 7),
334, 335s, 338, 340, 343 (n. 36), 346.
Trentin G., 164.
Troeltsch E., 334, 342.
Tucci R., 97 (n. 20).
Tyrrel B.J., 329 (n. 28).
Useros M., 55 (n. 143), 214 (n. 78).

372

Indice dei nomi di persona

Van Caster M., 214 (n. 79), 215-218.


Van der Gucht R., 19, 165 (n. 4).
Van der Schoot E., 290 (n. 3).
van der Ven J.A., 15 (n. 8), 164, 165 (n.
5), 185 (n. 56), 278-284, 310 (nn. 58s),
311 (nn. 61s), 312 (n. 64), 313 (nn.
65s), 314-316, 318 (e nn. 72-75), 319,
344 (n. 41), 347 (n. 53), 360 (n. 16).
Van Oosterzee J.J., 75 (n. 47).
Viau M., 163, 205 (n. 45), 284, 319, 354
(nn. 7, 9), 355-359, 364.
Vilaplana, 35 (n. 48).
Vilnet J, 89 (n. 1).
Vinet A., 74.
Vischer G., 86 (n. 85).
Visscher A.M., 319.
Vogel A., 77 (n. 56).
Voigt G., 255 (n. 97).
Volk H., 616 (n. 170).
Vlkl R., 172 (n. 29), 173 (n. 29).
Volp R., 69 (n. 22).
Vorgrimler H., 19, 88, 165 (n. 4).
Walk K., 159 (n. 123).
Watson D.L., 333 (n. 9).
Way P.A., 330 (n. 31).
Weber M., 167, 319.
Weinzierl E., 14 (n. 8), 20, 242 (n. 56),
304 (n. 46).
Weiss W., 89.

Westeroff J.H., 331 (n. 4), 334 (n. 14).


Whitehead E., 319, 330 (n. 29), 334 (n.
17).
Whitehead J.D., 319, 330 (n. 29), 334 (n.
17).
Wich A., 204 (n. 35).
Wiegels M., 196 (n. 2).
Wiesen P., 40 (n. 71), 41 (n. 72s).
Windisch H., 170.
Winkler K., 305s, 314.
Wintzer F., 69 (n. 24), 72 (n. 36), 255 (n.
97).
Wise C.A., 319, 324.
Woodward J., 319, 329 (n. 28), 330 (n.
31), 385 (n. 18).
Yoder H., 341.
Zalba M., 89 (n. 2).
Zerfass R., 163, 164 (e n. 1), 183 (n. 49),
184 (n. 52), 185 (n. 58), 261-265, 281,
304.
Zezschwitz G.v., 75.
Ziebertz H.-G., 157 (n. 120).
Zijlstra W., 289 (n. 2).
Zingerle A., 89.
Zizioulas J.D., 157 (n. 119).
Zckler O., 81 (n. 47).
Zuinglio U., 65.
Zulehner P.M., 264 (n. 6), 271-278, 306.

INDICE GENERALE

Prefazione.............................................................................................................. 5
Avvertenza alla quinta edizione............................................................................ 7
Abbreviazioni........................................................................................................ 9
INTRODUZIONE.............................................................................................. 13
Parte prima
STORIA DELLA TEOLOGIA PASTORALE
Alcuni momenti significativi
Nota bibliografica.................................................................................................. 19
Cap. I: LA TEOLOGIA PASTORALE IN CAMPO CATTOLICO............... 21
1. Origine e primi sviluppi.............................................................................. 21
1.1. La letteratura pastorale dellepoca postridentina.............................. 21
1.2. La valorizzazione della teologia pastorale da parte di Stefano Rautenstrauch............................................................................................ 22
1.2.1. Il progetto................................................................................. 23
1.2.2. La comprensione della teologia pastorale................................ 24
1.2.3. Rilievi valutativi........................................................................ 24
1.3. Orientamento pragmatico e ateologico della prima manualistica......................................................................................................... 25
1.4. Lorientamento biblico-teologico................................................... 26
2. Lapporto critico di Anton Graf................................................................... 27
2.1. Limpostazione ecclesiologica............................................................. 28
2.2. Lo statuto scientifico........................................................................... 29
2.3. La connotazione pratica................................................................. 30
2.4. Larticolazione della materia............................................................... 31
2.5. Rilievi valutativi................................................................................... 32
3. Limpostazione della seconda manualistica................................................. 33
3.1. Il pratico abbandono dellimpianto ecclesiologico............................ 33
3.2. Lesplicito rigetto dellimpostazione ecclesiologica........................... 34
3.3. La concezione pragmatica della teologia pastorale........................... 35
3.3.1. Natura dellufficio pastorale..................................................... 36
3.3.2. Ambito della riflessione teologico-pastorale............................ 37

374

Indice generale

3.3.3. Il metodo della teologia pastorale............................................ 38


3.3.4. Le fonti della teologia pastorale............................................... 38
3.3.5. Rapporto della teologia pastorale con le altre discipline teo
logiche....................................................................................... 39
4. Sviluppi innovativi della teologia pastorale tra gli anni 1920 e 1960......... 40
4.1. Insufficienza della manualistica e limitate ricerche innovative......... 40
4.2. Tentativi di ridefinire la teologia pastorale ricentrandola sullodege
tica....................................................................................................... 42
4.3. Dimensione pastorale della teologia.................................................. 43
4.4. Statuto scientifico, teologico e pratico della teologia pastorale........ 45
4.5. Riformulazione dei problemi di fondo della teologia pastorale........ 47
4.5.1. Natura mediazionale dellazione pastorale.......................... 47
4.5.2. Il principio del divino umano.................................................. 49
4.5.3. La concezione della teologia pastorale.................................... 51
4.5.4. Rilievi valutativi........................................................................ 52
5. La pastorale dinsieme............................................................................. 53
5.1. Cenni storici........................................................................................ 53
5.2. Chiesa, Vangelo e ambiente sociale.................................................... 55
5.3. Zona umana e zona pastorale............................................................. 57
5.4. I soggetti attivi della cristianizzazione................................................ 57
5.5. Le strutture pastorali.......................................................................... 59
5.6. La pastorale dambiente................................................................. 61
Cap. II: LA TEOLOGIA PRATICA PROTESTANTE..................................... 63
1. Nascita e primi sviluppi della teologia pratica......................................... 63
1.1. Limpostazione teologica di M. Lutero.............................................. 63
1.2. La posteriore concezione etica e pragmatica della teologia pratica.. 65
1.3. La concezione rinnovata di Friedrich Schleiermacher...................... 65
1.3.1. Impianto ideologico................................................................. 66
1.3.2. Scientificit, ambito e condizioni............................................. 67
1.3.3. Rilievi valutativi........................................................................ 68
1.4. Alcune successive impostazioni del sec. XIX.................................... 70
1.4.1. Philip Marheineke.................................................................... 70
1.4.2. Carl Immanuel Nitzsch............................................................ 71
1.4.3. Christian Palmer....................................................................... 72
1.5. Riemergere della teologia pastorale............................................... 73
2. La teologia pratica dalla met dellOttocento alla met del Novecento...... 74
2.1. La concezione empirica dei grandi manuali.................................. 74
2.1.1. Il prevalente interesse storico, psicologico e sociologico........ 75
2.1.2. Comprensione e articolazione della teologia pratica............... 76
2.2. Laffermarsi della teologia della Parola.......................................... 77
2.2.1. Esperienza di fede e teologia.................................................... 78
2.2.2. Esperienza di fede, predicazione e teologia pratica................ 78
2.3. La riflessione sul rapporto Chiesa-mondo......................................... 80
2.3.1. Chiesa, Regno di Dio e mondo profano.................................. 80
2.3.2. Descrizione della Chiesa reale rapportata alla Chiesa cor
po di Cristo............................................................................. 81

Indice generale

375

2.3.3. La Chiesa concreta di fronte allateismo contemporaneo....... 82


2.4. Tentativi di conferire dignit scientifica alla teologia pratica............ 84
2.5. Valutazioni conclusive........................................................................ 85
Parte seconda
IL MAGISTERO PASTORALE
DEL CONCILIO VATICANO II
Nota bibliografica.................................................................................................. 87
Cap. III: CARATTERE PASTORALE, PROSPETTIVA E SCELTE DEL
MAGISTERO CONCILIARE...................................................................... 93
1. Carattere pastorale del magistero conciliare............................................ 93
1.1. Le indicazioni di Giovanni XXIII...................................................... 93
1.2. Il dibattito conciliare attorno allo schema sulle fonti della Rivelazione.................................................................................................. 95
96
1.3. La discussione sulla qualifica pastorale della Gaudium et spes
2. Prospettiva e traiettoria del magistero pastorale conciliare......................... 99
2.1. Indicazioni di Giovanni XXIII.......................................................... 99
2.2. Approfondimenti tematizzati di Paolo VI......................................... 101
2.2.1. La coscienza.............................................................................. 103
2.2.2. Il rinnovamento........................................................................ 104
2.2.3. Il dialogo................................................................................... 106
2.3. Le grandi scelte del Concilio.............................................................. 109
2.3.1. Lineamenti della rinnovata coscienza ecclesiale...................... 109
2.3.2. Natura e ambiti del rinnovamento ecclesiale........................... 113
2.3.3. Comprensione e articolazione del dialogo ecclesiale.............. 116
3. Due rilevanti acquisizioni teologico-pratiche.............................................. 119
Cap. IV: TIPO DI RIFLESSIONE TEOLOGICO-PASTORALE PRODOTTA DAL VATICANO II................................................................................ 121
1. Riflessione di tipo dogmatico-pratico.......................................................... 122
2. Riflessione teologico-pratica di tipo applicativo.......................................... 124
3. Riflessione teologica deduttiva e insieme induttiva.................................... 125
4. Riflessione teologica sulla situazione.......................................................... 126
4.1. Rilevamenti valutativi della situazione intraecclesiale....................... 128
4.2. Valutazione teologica della situazione delle Chiese e comunit non
cattoliche............................................................................................. 129
4.3. Giudizi di fede sulla situazione dei non cristiani e dei non credenti 131
5. Riflessione conciliare sui segni dei tempi................................................ 133
5.1. Il senso storico-sociologico................................................................. 133
5.2. Il senso teologico................................................................................ 134
5.3. Criteri di discernimento e condizioni per attuarlo............................ 136
6. Riflessione conciliare di tipo progettuale e strategico.................................. 137
7. Significative acquisizioni teologico-pratiche................................................ 139

376

Indice generale

Cap. V: COMPRENSIONE CONCILIARE DELLAZIONE PASTORALE


E DELLA TEOLOGIA PASTORALE........................................................ 141
1. Lazione pastorale........................................................................................ 141
1.1. Figura, funzioni e attivit dei pastori................................................. 141
1.2. Le Chiese e comunit locali soggetto dellazione ecclesiale.............. 144
1.3. Differenziazione e organicit dellazione ecclesiale........................... 146
1.4. Apporti specifici dei fedeli laici allazione ecclesiale......................... 147
1.5. Apporti specifici delle varie forme di vita consacrata....................... 149
1.6. Modello di azione pastorale............................................................... 150
2. La teologia pastorale................................................................................... 151
2.1. Il carattere pastorale di tutta la teologia............................................ 151
2.2. Qualit pastorale di singole discipline teologiche............................. 153
2.3. La teologia pastorale........................................................................... 154
3. Rilievi conclusivi della seconda parte.......................................................... 155
3.1. Novit conciliare................................................................................. 155
3.2. Limiti e nodi irrisolti........................................................................... 156
3.3. Attualit............................................................................................... 159
Parte terza
ATTUALI PERCORSI E PROGETTI
IN AMBITO EUROPEO
Nota bibliografica.................................................................................................. 163
Cap. VI: IL MANUALE DI TEOLOGIA PASTORALE E IL SUPERAMENTO DELLA SUA VISUALE ECCLESIOLOGICA........................... 167
1. La proposta del manuale di teologia pastorale........................................ 167
1.1. Il progetto........................................................................................... 167
1.2. Delimitazione e fondazione delloggetto............................................ 169
1.3. La tematica materiale.......................................................................... 171
1.4. Loggetto formale................................................................................ 174
1.5. Il metodo............................................................................................. 175
1.5.1. I distinti momenti..................................................................... 175
1.5.2. La giustificazione...................................................................... 176
1.5.3. Lapplicazione........................................................................... 178
1.6. Articolazione della teologia pastorale................................................ 179
1.7. Differenze e convergenze con altre discipline teologiche................. 180
1.8. Rilievi valutativi................................................................................... 183
2. Superamento della prospettiva ecclesiologica del manuale...................... 187
2.1. Il riferimento al Cristo storico secondo G. Biemer e P. Siller....... 187
2.2. La prospettiva cristica di H. Schuster............................................ 189
2.2.1. La teologia pratica al servizio dellevento Ges (die Sache
Jesu)........................................................................................... 189
2.2.2. Fondamenti ecclesiologici della teologia pratica..................... 190
2.2.3. Motivazioni cristiane permanenti e strutture ecclesiali contingenti...................................................................................... 191

Indice generale

377

2.3. La ripresa del principio dincarnazione secondo J. Goldbrunner.... 192


2.4. Ruolo fondante di una ben intesa Gesuologia............................... 193
Cap. VII: PROGETTI E PERCORSI DI TEOLOGIA PASTORALE NEL
LAREA CATTOLICA DEGLI ANNI 1970................................................ 195
1. Comunit. chiesa del futuro, secondo F. Klostermann................................ 195
1.1. Il principio comunit...................................................................... 196
1.2. La teologia pastorale fondamentale................................................... 199
1.3. Loggetto formale della teologia pastorale: la kairologia................... 200
1.4. Lo statuto epistemologico della teologia pastorale............................ 200
1.5. La riforma strutturale per la Chiesa del futuro.................................. 201
1.6. Rilievi valutativi................................................................................... 204
2. Teologia del cambio ecclesiale secondo P.-A. Lig..................................... 204
2.1. Il concetto di teologia pastorale......................................................... 205
2.2. La concentrazione ecclesiologica e il vissuto ecclesiale..................... 207
2.3. Funzioni della teologia pastorale........................................................ 208
2.4. Il campo della teologia pastorale........................................................ 210
2.5. Rapporti con le altre discipline.......................................................... 211
2.6. Teologia pastorale e teologie pastorali............................................... 213
2.7. Annotazioni valutative........................................................................ 213
3. Riflessione pastorale come interpretazione dellesperienza..................... 214
3.1. Lesperienza come luogo di rivelazione e salvezza............................. 215
3.2. Due tipi di approccio pastorale.......................................................... 215
3.3. Verso un significato totale della vita................................................... 216
3.4. Uninterpretazione cristiana degli avvenimenti................................. 217
3.5. La prospettiva di G. Ceriani............................................................... 218
Cap. VIII: SVILUPPI DELLA TEOLOGIA PRATICA PROTESTANTE..... 221
1. Limpiego del metodo empirico-critico........................................................ 221
1.1. Necessit del ricorso al metodo empirico-critico.............................. 221
1.2. Critica del metodo storico-critico e possibilit del metodo empirico-critico............................................................................................. 223
1.3. La teologia pratica come scienza dellazione ecclesiale................. 225
1.4. Teologia pratica come teologia empirica........................................ 226
2. Il ricorso a formulazioni di teorie................................................................ 228
2.1. Lappello a ipotesi e modelli............................................................... 229
2.2. Teologia pratica come teoria funzionale........................................ 232
2.3. Teologia pratica come teoria critica della prassi mediata religiosamente nella societ............................................................................ 234
2.3.1. La proposta............................................................................... 234
2.3.2. La configurazione..................................................................... 236
2.3.3. Labbozzo.................................................................................. 238
2.3.4. Reazioni critiche....................................................................... 239
2.4. Teologia pratica come teoria della prassi del Vangelo attraverso la
Chiesa nella societ........................................................................... 240
2.5. Teologia pratica e teoria del ministero del pastore........................ 241

378

Indice generale

2.6. Teologia pratica come teoria della prassi del cristianesimo moderno....................................................................................................... 244
2.7. Teologia pratica come teoria di una prassi estetica....................... 246
3. Lapporto del dibattito sullepistemologia teologica.................................... 248
3.1. La teologia pratica nel quadro della storicit della teologia.......... 249
3.2. Teologia pratica e contesto vitale dellesperienza storica di senso 250
3.3. Teologia pratica e prassi comunicativa........................................... 254
3.4. Teologia pratica come teoria di una prassi che valorizza la parola... 257
3.5. Rilievi valutativi................................................................................... 259
Cap. IX: PERCORSI DI TEOLOGIA PRATICA NELLAREA CATTOLICA DEGLI ULTIMI DECENNI.................................................................. 261
1. Configurazione in un sistema di autoregolazione.................................... 261
1.1. Compiti, oggetto e metodo della teologia pratica.............................. 261
1.2. Modello regolativo del cambio cristiano ed ecclesiale...................... 263
1.3. Rilievi valutativi................................................................................... 265
2. Configurazione in riferimento alla prassi comunicativa.......................... 266
2.1. Rigorosit di linguaggio e qualifica pratica dellintera teologia........ 266
2.2. Status della teologia pratica come scienza teologica dellazione....... 267
2.3. Ambito di ricerca................................................................................ 268
2.4. Esiti...................................................................................................... 269
2.5. La cooperazione con le altre scienze dellazione........................... 270
2.6. Teologia pratica e decisioni operative................................................ 270
3. Configurazione in riferimento a una criteriologia, kairologia e prassologia... 271
3.1. Teoria della prassi............................................................................... 271
3.2. La criteriologia.................................................................................... 273
3.2.1. Lobiettivo principale................................................................ 274
3.2.2. Gli obiettivi secondari.............................................................. 275
3.3. La kairologia....................................................................................... 276
3.4. La prassologia..................................................................................... 277
4. Configurazione della teologia pratica come teologia empirica..................... 278
4.1. Teologia pratica come teologia applicativa........................................ 279
4.2. Teologia pratica come teologia empirica............................................ 279
4.3. Implicanze metodologiche................................................................. 281
4.4. Il ciclo teologico-empirico.................................................................. 283
5. Configurazione in riferimento alla socialit cristiana.............................. 284
5.1. Successive comprensioni di pratica e di teologia pratica.............. 285
5.2. Rilievi valutativi................................................................................... 287
6. Annotazioni conclusive............................................................................... 287
Cap. X: QUESTIONI INTERCONFESSIONALI DI TEOLOGIA PRATICA................................................................................................................... 289
1. Teologia pastorale e formazione clinica del pastore in campo europeo....... 289
1.1. Il colloquio pastorale e litinerario formativo del pastore................. 290
1.2. Comprensione europea della proposta nordamericana.................... 291
1.3. Piste di approfondimento teologico del programma pastorale......... 292
2. Il rapporto tra teoria e prassi in teologia pratica......................................... 295

Indice generale

379

2.1. La tensione bipolare tra teoria e prassi secondo N. Greinacher....... 295


2.2. La teoria al servizio della vera prassi credente secondo K. Lehmann. 298
2.3. Teoria di una prassi basata sul rapporto personale con Dio secondo
J. Heinrichs......................................................................................... 300
2.4. Attuali tracciati................................................................................... 302
3. Teologia pratica e scienze umane................................................................ 303
3.1. Modelli di rapporto tra teologia pratica e psicologia........................ 305
3.2. Paradigmi di rapporti tra teologia pratica e scienze umane secondo
H. Steinkamp...................................................................................... 306
3.2.1. Il paradigma ancilla.............................................................. 306
3.2.2. Il paradigma profezia profana.............................................. 307
3.2.3. Il paradigma dellopzione convergente................................ 308
3.2.4. Teologia pratica come sociologia............................................. 309
3.3. Multidisciplinarit, interdisciplinarit, intradisciplinarit, metadisciplinarit........................................................................................... 310
3.3.1. Il modello multidisciplinare..................................................... 310
3.3.2. Il modello interdisciplinare...................................................... 311
3.3.3. Lintradisciplinarit................................................................... 314
3.3.4. Il modello metadisciplinare...................................................... 316
3.4. Rilievi conclusivi................................................................................. 317
3.5. Normativit e ricerca empirica nella teologia pratica........................ 317
Parte quarta
PERCORSI E PROGETTI
IN AMBITO NORDAMERICANO
Nota bibliografica.................................................................................................. 319
Cap. XI: LA TEOLOGIA PASTORALE........................................................... 321
1. La cura pastorale......................................................................................... 321
2. La consulenza pastorale come proposta di teologia pastorale.................. 322
2.1. Il Clinical Pastoral Training come teologia empirica................. 322
2.2. Legittimazione teologica del Pastoral Counseling......................... 324
2.3. Teologia pastorale configurata secondo il Pastoral Counseling.... 325
2.3.1. Lattenzione pastorale come prospettiva teologica generale............................................................................................. 325
2.3.2. Teologia pastorale come teologia incentrata sullazione..... 327
3. Evoluzione in atto....................................................................................... 329
Cap. XII: LA TEOLOGIA PRATICA................................................................ 331
1. La prassi: concetto centrale......................................................................... 332
2. Fondamenti della teologia pratica............................................................... 335
2.1. Criteriologia teologico-pratica............................................................ 335
2.2. Livelli di riflessione teologico-pratica................................................ 336
2.3. Configurazione pubblica, politica e dialogica della teologia pratica. 338
2.4. Tipi di teologia pratica........................................................................ 338

380

Indice generale

2.5. Il cammino metodologico della teologia pratica................................ 342


2.6. Articolazione della teologia pratica.................................................... 344
2.7. Una teologia pratica fondamentale secondo Don S. Browning.... 345
Cap. XIII: PRASSOLOGIA E STUDI PASTORALI........................................ 349
1. La proposta di Marcel Lefbvre................................................................... 349
2. La prassologia pastorale secondo i pastoralisti di Montral.................... 351
3. Gli studi pastorali....................................................................................... 352
3.1. Alcuni apporti del GREP.................................................................... 353
3.2. Pratiche pastorali e studi pastorali..................................................... 355
3.2.1. Definizione di pratiche pastorali.......................................... 356
3.2.2. Definizione di studi pastorali............................................... 356
3.2.3. Proposta di approcci disciplinari e piste di ricerca................. 358
4. Alcuni significativi approfondimenti........................................................... 359
5. Rilievi valutativi......................................................................................... 362
Indice dei nomi di persona.................................................................................... 365

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