54 L’ECO DI BERGAMO

DOMENICA 20 MARZO 2011

Cultura
A

Al-Jazira è più avanti

dei network occidentali
Al-Jazira è l’altra vincitrice di queste guer-
re. Si è dimostrata più avanti dei nostri
culturaspettacoli@eco.bg.it network. Si poteva seguire anche su Twit-
www.ecodibergamo.it ter e sul web: da tv sta già diventando rete
a

Rivoluzioni Twitter
La primavera araba
e i social network
Egitto, Tunisia, Libia: che ruolo ha avuto la rete nelle rivolte?
Internet trasforma il modo di raccontare i fatti. Cambia anche la Storia?

MARCO DELL’ORO
a Qualcuno le ha defini-
te «Rivoluzioni Twitter». Era ac-
caduto in Iran nel 2009, è appe-
na accaduto in Egitto. La «pri-
mavera araba» è figlia dei social
network? Quel che sta accaden-
do nel Nord Africa è stato reso
possibile (anche) da Twitter e
Facebook?
Il collasso del regime tunisi-
no di Ben Ali ha sorpreso molti
osservatori internazionali. E lo
stesso vale per l’Egitto con la ca-
duta di Mubarak, che si appre-
stava a passare il potere al figlio.
Troppi regimi, e tutti insieme,
sono stati investiti da uno «tsu-
nami democratico»: che ruolo
ha giocato internet in questa on-
da anomala di libertà? Abbiamo
provato a rispondere dando vo-
ce a due testimoni privilegiati:
un inviato di guerra e uno dei
blogger italiani più famosi.
Proiettili veri in strada
Una piccola inchiesta che, be-
ninteso, non dimentica una pre-
messa fondamentale. Per noi re-
sta irrinunciabile il fatto che
queste rivolte sono diventate ri-
voluzioni (o quasi) grazie alla
mobilitazione effettiva di indi-
vidui di carne e di sangue, che
sono scesi in strada rischiando
proiettili veri e morte vera. Da-
vanti alle mitragliatrici, di vir-
tuale, non c’era proprio nulla.
È vero che internet in meno
di dieci anni si è affermato in
tutto il mondo come un mezzo
di comunicazione (personale)
senza precedenti. Non solo
informare, ma anche denuncia-
re e mobilitare: tutto è diventa-
to più facile grazie a reti come
Facebook (sei anni di vita) o
Twitter (tre anni).
È un tipo di comunicazione
che per sua natura sfugge alle
autorità: la censura non è impo-
tente ma nemmeno onnipoten-
te, come dimostra la storia del-
l’Iran nel 2009, della Cina nel
2010 e adesso dei Paesi arabi.
Il caso della Tunisia è esem-
plare. Là dove il tasso di alfabe-
tizzazione era vicino all’80%
(fonte Unicef su dati 2003-
2008) il rapido miglioramento
del tasso di equipaggiamento in-
ternet (computer a casa, colle-
gamento alla rete) ha aumenta-
to in maniera esponenziale la
conoscenza delle vicende politi-
che. Incluse quelle estere.
Internet paladino di libertà,
Beninteso, in piazza
a rischiare la vita
c’erano uomini
in carne e ossa
dunque? Nei Paesi cosiddetti
democratici, la rete suscita inte-
resse ma anche diffidenza in chi
governa. Le rivelazioni di Wiki-
leaks hanno messo in difficoltà
gli Stati che non riuscivano a
giustificare certe azioni, a lungo
tenute segrete. Nei paesi ditta-
toriali la tentazione di oscurare
la rete è forte, perché ormai è
chiaro che una notizia, sia pur
minima, appena entra in rete fa
il giro del mondo.
Come spesso accade, gli Stati
Uniti fanno da apripista. Men-
tre il Segretario di Stato Hillary
Clinton dichiara che Washing-
ton è assolutamente a favore
della libertà di internet (consi-
derato «strumento di esporta-
zione della democrazia»), il Se-
nato americano s’interroga su
una risoluzione che permette-
rebbe al presidente Obama di
interromperlo in caso di emer-
genza.
Ma qui ci interessa soprattut-
to riflettere sull’intreccio tra
informazione e libertà. Il primo
giorno di disordini in Libia l’As-
sociated Press, la più importan-
te ed autorevole agenzia di foto-
giornalismo del pianeta, ha in-
viato alle redazioni di tutto il
mondo (anche la nostra) alcune
fotografie avvertendo di averle
acquisite ma senza potersi assi-
curare dove erano state scattate
e, soprattutto, quando.
Non v’è dubbio che l’uso di
Twitter e dei social network ren-
da possibile «raccontare la sto-
ria» (diffondere racconti e im-
magini) anche in prima perso-
na. Ma non è detto che questa
modalità, priva di filtri, sia sino-
nimo di maggiore verità. Va det-
to però che la Biblioteca del
Congresso degli Stati Uniti ha
chiesto agli amministratori di
Facebook di conservare (per ar-
chiviare) i messaggi scambiati
nei primi tre giorni della rivolta
tunisina: è la prima volta che al-
la rete viene riconosciuto lo sta-
tus di fonte storica.
Internet, galassia complessa
Senza contare che Internet è
una galassia molto complessa.
«Anonymous» (Anonimi) è una
nebulosa internazionale che in
tre anni ha inventato una nuova
forma di militanza.
Il regime di Ben Ali in Tuni-
sia ne sa qualcosa. Mentre le
strade tunisine si riempivano di
proiettili veri, un’altra battaglia
si combatteva sulla rete. Attivi-
sti virtuali (anonimi, appunto)
di tutto il mondo hanno cercato
di aiutare gli insorti tunisini
mettendo le loro competenze
informatiche al loro servizio,
consigli pratici per violare la
censura, entrare nei siti gover-
nativi e indebolire la loro capa-
cità di controllare l’informazio-
ne. E il governo di Mubarak, nel- Dimostranti egiziani in Tahrir Square, al Cairo,
le prime ore della rivolta egizia- nei giorni più caldi della rivolta FOTO FELIPE TRUEBA
na, aveva staccato la spina di in-
ternet sul territorio nazionale. ■

L’intervista
N
on è che ci sia da una
a parte Facebook e la
democrazia, e dall’al-
LUCA ALAGNA tra i carri armati e tut-
blogger, progettista di strategie di comunicazione su internet ti i dittatori e i cattivoni del mon-
do: questa, evidentemente, è
A
un’immagine puerile. Non c’è
Se si scende un po’ con l’età, se si
lasciano i media tradizionali (co-
me quello che state leggendo) e
si infila il naso nell’Internet, ci si
accorge subito che tira tutt’altra
aria. Luca Alagna, in arte
«ezekiel», è un blogger molto sti-

«Nessuno è lontano dubbio però che il nuovo modo

di comunicare in cui siamo en-
trati abbia un potente effetto po-
mato in rete, che ha seguito da vi-
cino le crisi degli ultimi anni, dal-
l’Iran alla Libia. È uno che quan-

La Rete ha cambiato litico. Se le informazioni (parole,

foto, video) in poche frazioni di
secondo attraversano tutte le
do parla dei moti del 2009 li chia-
ma «vecchie insurrezioni».

le relazioni sociali» frontiere, se i dispacci o le telefo-

nate private dei diplomatici e dei
ministri finiscono in Rete, è evi-
dente che la forma statuale nella
quale stiamo vivendo da quattro
secoli ha di fronte un’alternativa
secca: cambiare o perire. Pochi
ancora l’hanno capito, soprattut-
Lancio di pietre nei giorni caldi della rivolta anti-governativa in Egitto to tra chi ha più di quarant’anni.
Facebook e Twitter: quelle che sem-
bravano innocue raccolte di faccine
di vecchi compagni di scuola, sono
scese in guerra.
«Soprattutto il loro uso in mobi-
lità è stato cruciale. Secondo fat-
tore, l’età: nei paesi del Maghreb,
ma anche in Medio Oriente la
metà della popolazione è intor-
L’ECO DI BERGAMO
DOMENICA 20 MARZO 2011
no ai 25 anni. Già nel 2007 Em-
manuel Todd, ne L’incontro di ci-
viltà spiegava che la spinta de-
mografica stava avvicinando il
mondo arabo a una sorta di de-
mocratizzazione, pur non essen-
doci una vera apertura politica.
Era prevedibile».
Forse per voi: l’informazione tradi-
zionale era molto in ritardo.
«Il fatto è che i social media per-
mettono di avvicinarsi a persone
che sono fisicamente molto lon-
tane, introducendo un fattore,
l’“empatia”, che nel Web 2.0 è
fondamentale. Io posso essere in
contatto con un ragazzo egizia-
no o tunisino, che mi spiega cosa
succede a casa sua, mi investe di
una serie di emozioni che poi io
comunico alla mia cerchia di
I rischi
amici i quali a loro volta la comu-
nicano ad altri. Attenzione però:
questo non è soltanto un “mec-
canismo mediatico”, come spes-
so viene descritto. Fanno sempre
un paragone con la tv ma i social
media non sono dei mass-media:
hanno un meccanismo multidi-
rezionale, empatico, per mezzo
del quale io posso conoscere
qualcosa che nessun altro sa. La
schermata di Facebook è una
piattaforma di relazione nuova».
Se n’è accorto anche chi comanda: gli
Stati in difficoltà hanno cominciato
a chiudere Internet, a spiare gli sms...
«Il grande scontro che stiamo os-
servando in questo XXI secolo è
tra la Gerarchia e la Rete, intesa
non come Internet ma come
network tra persone. In Nord
Quando nella rete finiscono i dissidenti
Evgenij Morozov, editorialista
americano, ne «La dittatura digitale»
ha spiegato che la rete può essere usata
anche per la repressione, come è successo
in Iran. Grazie alle tecnologie i dissidenti
sono stati individuati e arrestati:
anche gli integralisti «navigano»
L’intervista Vincenzo Nigro, inviato di guerra
a
Internet decisivo in Egitto
Qui in Libia rivolta classica
N
ell’epoca dell’infor-
mazione in tempo
reale, delle guerre,
dei cataclismi vissuti
in diretta (seduti in poltrona),
del popolo di internet che co-
munica freneticamente passan-
do il tam tam che agita e sorreg-
ge le rivoluzioni, ci sono ancora
sacche di buio profondo, di
grande difficoltà a raccogliere
numeri, dati, cifre, notizie atten-
dibili. Raggiungiamo telefonica-
mente in Libia Vincenzo Nigro,
inviato di Repubblica.
Ci sono state esagerazioni, defor-
mazioni, nelle notizie passate dai
media sulla rivolta anti-Gheddafi?
«Sì, ci sono state molte notizie
deformate, approssimate, ma
ormai, a questo punto, le linee
generali della vicenda sono ab-
bastanza chiare. Nel senso che
si tratta di una ribellione che na-
sce da quarant’anni di oppres-
sione del popolo libico, che ha
trovato forza nelle rivolte di
Egitto e Tunisia, ma era pronto
a qualsiasi cosa pur di combat-
tere contro un regime di polizia.
Un regime duro, violento: fino
adesso, fino a questa esplosione,
molti di noi in Occidente non
abbiamo avuto per nulla chiaro
di cosa si trattasse».
Ci sono state esagerazioni nel rife-
rire dati su morti e feriti?
«Ci sono stati, all’inizio, dati esa-
gerati sui morti. Un altro gros-
so errore è stato fatto quando
sono stati dati per avvenuti dei
bombardamenti aerei su quar-
tieri residenziali di Tripoli che,
invece, non ci sono stati. Al con-
trario, sull’altro piatto della bi-
lancia: non ci sono informazio-
ni sui rapimenti compiuti dalla
polizia segreta di Gheddafi, le
uccisioni, gli assassini che ogni
notte gli squadroni della morte
hanno fatto a Tripoli. E, soprat-
tutto, sulle operazioni militari
dei fedeli di Gheddafi, che ripu-
liscono, immediatamente dopo,
Africa c’erano dei regimi – soste-
nuti anche dall’esterno – costrui-
ti su strutture estremamente ge-
Facebook e Twitter
rarchiche. Non si sono accorti di non sono più mass
quello che stava succedendo, o si
fidavano molto della loro forza.
media: è in gioco
In realtà la forza della Rete si è il fattore empatia
dimostrata più grande del previ-
sto. Allora sono entrati nel pani-
co: in Tunisia hanno cercato di
hackerare i profili personali per
In Internet girano
capire chi erano i dissidenti, in- bufale, preparate
dividuarli e arrestarli; in Egitto
hanno spento la Rete. Ma non è
dai servizi segreti:
servito a nulla. Perché si era crea- ma nessuno ci crede
ta una serie di relazioni e di con-
tatti che non sono finiti, quel ti-
po di comunicazione è continua-
ta nelle strade. È come se la Rete
avesse dato un’impronta a una
popolazione, e una volta spenta
questa impronta è rimasta».
le città che hanno attaccato. Per
esempio a Zawia, città a quaran-
tacinque chilometri a ovest di
Tripoli verso il confine con la
Tunisia. Ci siamo stati tre setti-
mane fa: c’erano duemila mani-
festanti armati che avevano
conquistato la piazza centrale.
Dopo giorni e giorni di assalti
con carri armati, lanciarazzi e
mitragliere pesanti, la piazza e
tutto il centro della città sono
stati totalmente devastati. Ma
poi hanno ritinteggiato, hanno
messo delle bandiere di Ghed-
dafi, hanno portato un finto po-
polo di sostenitori in piazza ad
inneggiare al ritorno del Raìs.
Tutto finto. Le manifestazioni
«L’informazione è
stata difficoltosa, i
dati forniti sui morti
erano esagerati»
«Il ruolo di internet
come amplificatore
della protesta è stato
molto relativo»
sono pagate dal regime. Davan-
ti al nostro albergo sono arriva-
ti dei ragazzini delle scuole.
Prendendoli da parte ci hanno
confessato che gli davano cento,
duecento dinari per venire a
manifestare».
Tra i sessanta e i centoventi euro?
«Sì. La settimana scorsa il go-
verno ha distribuito 500 dinari
a tutte le famiglie, pubblica-
mente, attraverso le banche.
Questo è sempre stato il sistema
di Gheddafi, di comprare rapi-
damente il consenso. Ma i citta-
dini si sono ribellati e hanno
trovato il coraggio di scendere
in piazza. Per tutta risposta, li
hanno presi a cannonate. Tutta
Secondo lei, quindi, non è solo una
vampata tecnologica: esiste un rea-
le effetto-democrazia?
«Si diceva un po’ di tempo fa che
la Rete è un “fattore abilitante”.
Oggi c’è una sorta di “incontro
magico” tra la tecnologia e istan-
ze diffuse. Todd ha fatto addirit-
tura un paragone con il 1848,
quando i popoli si sollevarono in
Europa: probabilmente non ha
tutti i torti».
Gheddafi ha chiuso il discorso con i
cannoni.
«La lezione che possiamo trarne
è che i social media di fronte a un
dittatore sanguinario non basta-
no. Ma aiutano».
Non tutto quello che passa su Inter-
net è credibile.
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la cattiva informazione iniziale,
soprattutto di Al Jazeera ed Al
Arabia – che non hanno verifi-
cato perché è impossibile veri-
ficare accuratamente le notizie
in Libia – è in qualche modo
controbilanciata dal fatto che
questo è un regime che per qua-
rant’anni ha seppellito le noti-
zie e le violenze contro il suo po-
polo sotto una coltre di segreto
totale, mantenuto con il terro-
re».
Anche riguardo al numero di feriti
c’è stata esagerazione?
«Sì, c’è stata una certa esagera-
zione, ma ormai è chiaro che
queste battaglie di feriti ne fan-
no, e parecchi. Le voci sono
troppo concordanti. A questo
punto credo sia inutile tentare
di dare un numero di feriti. Sa-
ranno parecchie centinaia, co-
me alcune centinaia sono i mor-
ti».
Il ruolo di internet in tutta questa
vicenda?
«Qui in Libia è stato molto limi-
tato. Loro hanno scollegato su-
bito tutto. E poi, soprattutto,
questa è una rivolta che non ha
avuto bisogno di essere alimen-
tata attraverso internet, Twit-
ter, Facebook o i vari social
network. Una rivolta di stile
classico, comunicata, finché
hanno potuto, con i telefonini,
gli sms. Ora tutti i telefonini so-
no controllati. Sono andati ad
arrestare a Zawia i ribelli che
avevano parlato al cellulare con
i giornalisti che in quindici gior-
ni erano andati lì. Il ruolo di in-
ternet come amplificatore del-
la protesta è molto relativo».
E quel che si è detto e di cui molto
si è discusso nei media occidenta-
li?
«Vale soprattutto per Egitto e
Tunisia. In Libia è diverso. Qui è
molto più limitato, è una società
meno informatizzata». ■
Vincenzo Guercio
«Sì, girano delle bufale, fanno
parte del grande minestrone ma
la Rete stessa seleziona. Non si
immagina quante notizie false
ho visto passare in queste setti-
mane, inserite ad arte da agenti
segreti: ma si fermano sul fondo,
non vengono su perché la gente
non ci crede».
La Biblioteca del Congresso ameri-
cano ha deciso di archiviare i mes-
saggi di Twitter, a futura memoria: i
social media sono già storia?
«Senza dubbio hanno un potere
storiografico mai sperimentato
finora. Mentre noi per capire il
’900 cerchiamo ancora di trova-
re i diari di qualche personaggio
famoso, domani basterà leggere
il suo blog». ■
Carlo Dignola