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Le Stelle variabili.
Fig. 10.1. Curva di luce di Mira Ceti. Il tempo è espresso in giorni giuliani (J.D. = Julian Days
→ A10.1)
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sostanziali differenze nelle caratteristiche di tale variabilità e nei meccanismi all’origine del
fenomeno. Citiamo subito, per non interessarcene ulteriormente, la presenza di variabili
ottiche o ”pseudovariabili”, oggetti binari nei quali le variazioni periodiche di luminosità
sono dovute al mutuo eclissarsi dei due oggetti orbitanti (binarie ad eclisse). Tra gli oggetti
che invece presentano una reale variabilità possiamo definire in prima approssimazione due
grandi tipologie:
1. Variabili intrinseche. Come Mira Ceti, hanno variazioni di magnitudine che si ripetono
sovente con ampiezze e periodi ben determinati. Tra queste le variabili pulsanti, nelle
quali l’ effetto Doppler nelle righe dello spettro mostra senza ambiguità che la variazione
di luminosità è accompaganta da corrispondenti variazioni del raggio delle strutture.
Fig. 10.2. Distribuzione nel diagramma HR di idocrone al variare dell’età e per l’indicata compo-
sizione chimica iniziale. Sono indicati i bordi della striscia di instabilità e, a tratti, è schematizzata
la collocazione del Ramo Orizzontale popolato dalle stelle in combustione centrale di He nelle popo-
lazioni più antiche.
P ↑ quando M ↓ L ↑ Te ↓
I dati in Fig. 10.2 rendono spontaneamente ragione per lo scenario osservativo in prece-
denza delineato. Si vede infatti come nel caso di popolazioni giovani, trascurando la rapida
fase di attraversamento del diagramma al termine della combustione centrale di H, la strip
possa essere popolata solo da quelle stelle sufficientemente massicce il cui ”loop” in fase di
combustione centrale di He penetri nella strip. Nelle popolazioni più antiche, quali quelle
degli ammassi globulari, tali strutture vengono ovviamente a mancare, mentre la strip di
instabilità può essere popolata sola da strutture di Ramo Orizzontale, a molto minore lu-
minosità. E’ immediato identificare i due casi con le classi, rispettivamente, di Cefeidi e RR
Lyrae, comprendendo nel contempo che la differenza tra le due classi discende dalla diversa
età e non dalla diversa composizione chimica. E comprendendo anche che il minor periodo
delle RR Lyrae discende essenzialmente dalla maggior gravità superficiale.
10.3. RR Lyrae
La Fig. 10.3 mostra la curva di luce nella banda V della variabile RR Lyrae, prototipo della
omonima classe, il cui periodo P risulta
P = 0.56683735d
Si noti che l’estrema precisione con cui è noto il periodo, inferiore al centesimo di secondo,
è conseguenza di osservazioni ripetute ad intervalli di tempo molto maggiori del periodo
stesso. Nell’occasione notiamo come i periodi delle variabili rappresentino una grandezza
astrofisica non solo misurabile con precisione sconosciuta a tutte le altre grandezze sinora
incontrate nella problematica stellare, ma che anche non dipende né dalla distanza né da
eventuali arrossamenti degli oggetti. Un dato sperimentale quindi di agevole misura ed es-
trema affidabilità che si inserisce in un quadro osservativo per molti versi affetto da molte
più incertezze.
Un ulteriore parametro caratterizzante la pulsazione è fornito dall’ampiezza della curva
di luce, intesa come differenza delle magnitudini al massimo e al minimo della curva stessa.
Poichè alla variazione di luminosità corrispondono anche variazioni di temperatura efficace,
l’ampiezza dipende dalla banda di osservazione e, tipicamente, risulta massima nella banda
B che, per tale motivo, è la più utilizzata sia per la ricerca di variabili che per definirne
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Fig. 10.4. Pannello superiore: Diagramma di Bayley per un campione di RR Lyrae nell’Ammasso
Globulare NGC5904=M5. Pannello inferiore: La collocazione nel diagramma CM del campione di
cui al pannello superiore.
l’ampiezza. In qualunque banda, l’ampiezza della curva di luce è peraltro, anch’essa, indipen-
dente da distanza ed arrossamento, così che ogni variabile osservata fornisce due parametri
esenti da incertezze sperimentali.
Le RR Lyrae sono tipiche variabili di Popolazione II e, in quanto tali, presenti sia come
stelle sparse nell’alone galattico sia concentrate in alcuni Ammassi Globulari. Le RR Lyrae
degli Ammassi Globulari sono state storicamente e restano tuttora di estrema importanza:
si è in presenza di campioni ricchi anche di qualche centinaio di variabili, tutte alla stessa
distanza, tutte con la stessa età e tutte provenienti da stelle con la medesima composizione
chimica. Campioni quindi ottimali per indagare le proprietà intrinseche della variabilità e il
loro collegamento con i parametri evolutivi.
Una prima ed important proprietà di tali variabili emerge mappando in un piano
(Diagramma di Bayley) i due parametri pulsazionali periodo e ampiezza. Come mostrato
nell’esempio riportato nel pannello superiore di Fig. 10.4, i pulsatori si dispongono in due
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Fig. 10.5. Topologia della striscia teorica di instabilità per stelle povere di metalli e massa 0.75
M . Sono indicate le tre zone discusse nel testo e i vari limiti di instabilità: FBE (Fundamental Blue
Edge), FRE (Fundamental Red Edge), FOBE (First Overtone Blue Edge), FORE (First Overtone
Red Edge).
gruppi ben distinti: un gruppo (RR di tipo ab = RRab) a maggiori periodi e ampiezze
varie, decrescenti col periodo, e un gruppo (RRc) con piccole ampiezze e corti periodi. Il
diagramma CM riportato nel pannello inferiore della stessa figura mostra come i pulsatori
di tipo ”ab” o ”c” si dispongano rispettivamente alle minori o alle maggiori temperature
efficaci.
Semplici considerazioni di ordine fisico hanno da molto tempo suggerito che una tale dico-
tomia delle proprietà pulsazionali sia una manifestazione di diversi ”modi” della pulsazione,
nel modo fondamentale le RRab e nel primo sopratono le RRc. Tale previsione è risultata
pienamente confermata daile moderne valutazioni teoriche che mostrano come nella strip
di instabilità si distinguano tre regioni con diverse caratterisiche pulsazionali: alle maggiori
temperature efficaci una zona FO (= First Overtone) ove è instabile solo il primo sopratono,
alle minori temperature una zona F (=Fundamental) ove le stelle possono pulsare solo nel
modo fondamentale e una zona intermedia (zona OR) dove sono instabili tutti e due i modi
e le stelle possono pulsare indifferentemente pulsare nel fondamentale o nel primo sopratono.
La Fig. 10.5 riporta la topologia della striscia teorica di instabilità per stelle povere di
metalli e massa 0.75 M . La precisa collocazione dei bordi delle zone di instabilità dipende
infatti dalla massa stellare e dalla composizione chimica degli inviluppi. Aggiungiamo che lo
sviluppo della convezione giuoca un ruolo determinante nell’inibire la pulsazione alle minori
temperature efficaci. Non sorprendentemente, l’esatta collocazione del FRE viene anche a
dipendere dalle assunzioni sulla mixing length.
La teoria fornisce inoltre precise predizioni sui periodi. Per il modo fondamentale risulta
logPF = 11.242 + 0.841 logL − 0.679 logM − 3.410 logTe + 0.007 logZ
dove L e M sono in unità solari e il periodo P è in giorni. Per il primo sopratono vale una
formula analoga, che con ottima approssimaziome può essere ridotta alla relazione
Fig. 10.6. La strip di instabilit à nel piano logP, Mv. Le frecce sull’ascissa indicano un intervallo
di periodi osservato e le linee a tratti mostrano il metodo per ricavare la magnitudine assoluta dei
pulsatori.
RR Lyrae e dei loro periodi. Si aprono cosı̀ inumerevoli canali di indagine che consentono di
utilizzare le proprietà osservative di questi pulsatori come elemento a conferma o integrazione
delle indagini puramente evolutive.
Senza entrare in una casistica talvolta complessa e delicata, notiamo qui soltanto che per
ogni assunta composizione chimica, le teorie evolutive forniscono una precisa predizione per
la luminosità del Ramo Orizzontale e per le masse che popolano la strip di instabilià. Ne segue
anche una precisa predizione sui periodi delle RR Lyrae e, in particolare, sui periodi minimi
e massimi come realizzati rispettivamente al bordo blu e al bordo rosso della strip. Il con-
fronto con le osservazioni consente quindi di validare lo scenario evolutivo o, eventualmente,
di acquisire informazioni sulle necessarie modifiche. Cosı̀, ad esempio, un quadro teorico che
fornisse Rami Orizzontali troppo luminosi verrebbe rivelato da periodi minimo/massimo più
lunghi di quelli osservati. La Fig. 10.6 mostra una utile forma applicativa di tale metodo.
Riandando alla Fig. 10.5 è facile verificare che per ogni assunta luminosità restano determi-
nati i periodi ai due limiti dalla strip, lungo cioè il FOBE e il FRE. Ciò consente di mappare
la striscia di instabilità in un piano logP, log L o anche logP, Mv. Come esemplificato in
Fig. 10.6, ove si possa trascurare la dispersione in luminosità dei pulsatori, ad ogni osservato
intervallo di periodi corrisponde un ed un sol valore della magnitudine assoluta V, da cui la
luminosit à del Ramo e il modulo di distanza dell’Ammasso.
Aggiungiamo che, a livello operativo, molte procedure di indagine risultano semplificate
dall’utile artifizio di introdurre i periodi fondamentalizzati. Di fatto l’analisi dei dati osser-
vativi viene esguita trasformano gli osservati periodi delle RRc nei corrispondenti periodi
fondamentali tramite la precedente relazione, ricavando il periodo che quelle stelle mostr-
erebbero se pulsassero nel fondamentale. Si evitano così le complicazioni presentate dalla
presenza dei due modi di pulsazione ottenendo un campione sperimentale legato da una
univoca relazione ai parametri evolutivi. Altro artifizio talora utilizzato è quello dei periodi
ridotti, ottenuti riducendo i periodi osservati ad una comune luminosità tramite l’utilizzo
della relazione dei periodi trasportata nel piano osservativo per ottenere logP in funzione,
ad esempio, di V, B-V e massa del pulsatore.
E’ facile infine prevedere, come di fatto si verifica, che in alcuni Ammassi Globulari
debbano esistere anche variabili a periodi nettamente più lunghi di quelli tipici delle RR
Lyrae. Stelle di Ramo Orizzontale che originano da collocazioni di ZAHB a temperatura
efficace maggiore di quella della strip (quindi stelle di Ramo Orizzontale con masse minori
di quelle delle RR Lyrae) al termine della combustione centrale di He attraverseranno il
diagramma per raggiungere le loro collocazione di AGB, attraversando quindi la strip di
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Fig. 10.7. Diagramma teorico logP, Mv per quattro valori della massa (5, 7, 9 e 11 M ) e per le
tre composizioni chimiche indicate.
instabilità a luminosità sensibilmente maggiori di quelle del Ramo. Avendo anche massa
minore pulseranno con periodi notevolment più lumghi di quelli tipici delle RR.
Queste (rare) variabili sono sovente indicate il letteratura come Cefeidi di Popolazione II,
nomenclatura che trae origine dai lunghi periodi ma che risulta peraltro ingannevole perchè
il comportamento e le caratteristiche di tali variabili sono ben lontani da quelli delle cefeidi
classiche che discuteremo nel seguito. Basti qui osservare che in queste variabili luminose di
Pop.II le strutture menomassicce sono anche le più luminose (cfr., ad esempio, Fig. 7.12),
mentre il contrario avviene nelle Cefeidi classiche. Per tale motivo è stata recentemente
proposta la denominazione di ”Cefeidi di Ramo Orizzontale” (HB Cepheids).
Fig. 10.8. Strip di instabilità nel piano logP, Mv per Z=0.004 confrontata con la collocazione
di un campione di Cefeidi della Piccola Nube di Magellano (Small Magellanic Cloud= SMC). I
quadrati pieni riportano la collocazione dei corrspondenti modelli teroco do Fig. 10.7
Per indagare il previsto comportamento delle Cefeidi dovremo ricavare dalle teorie evo-
lutive la relazione massa-luminosità per le stelle che in fase di combustione centrale di elio
penetrano nella strip di instabilità. Essendo le Cefeidi stelle massicce e, quindi, relativamente
giovani, per la Galassia potremo orientativamente assumere una metallicità solare, Z∼0.02.
Ma la problematica delle Cefeidi si estende spontaneamente al di là della nostra Galassia, e
l’evidenza osservativa indica peraltro che le Cefeidi della Grande Nube di Magellano hanno,
almeno in media, metallicità minori, Z∼0.008, e ancora minori (Z∼0.004) quelle della Piccola
Nube. Sarà quindi necessario esplorare l’influenza della metallicità sul comportamento di tali
variabili.
Possiamo peraltro operare subito una importante previsione. Le teorie evolutive ci indi-
cano che l’estensione dei loop che caratterizzano la combustione centrale di elio aumenta al
diminuire della metallicità. Ci si deve quindi attendere che al diminuire di Z entrino nella
strip stelle progressivamente sempre meno massicce e, conseguentemente, meno luminose. Da
qui la previsione che popolazioni giovani ma povere di metalli dovrebbero essere segnalate
dall’esistenza di Cefeidi con periodi anormalmente brevi. Tale previsione è di fatto pun-
tualmente verificata non solo nelle Nubi di Magellano ma anche in alcune galassie nane del
Gruppo Locale. In letteratura queste Cefeidi a corto periodo e povere di metalli sono state
per lungo tempo indicate come Cefeidi Anomale, nomenclatura che peraltro risente della
mancata comprensione della naturale estensione del fenomeno Cefeidi alle basse metallicità.
La Fig.10.7 riporta i risultati di una esplorazione teorica della variabilità di strutture
massicce di 5, 7, 8 e 11 M per le tre indicate assunzioni sulla composizione chimica origi-
naria delle strutture medesime. Sulla falsariga di procedure che abbiamo già discusso, tale
indagine è stata eseguita, per ogni assunto valore della massa stellare, esplorando il dia-
gramma HR al variare della temperatura efficace e al livello di luminosità che compete alla
fase di combustione di elio delle singole masse. Dai risultati di tale esplorazione si ricava in-
fine il diagramma logP, logL e da questo diagrammi logP,magnitudini quale quello riportato
in figure.
Dai dati nella figura si ricavano alcune interessanti evidenze. Innanzitutto, come atteso,
per ogni assunta composizione chimica l’esistenza di una striscia di instabilità nel diagramma
HR si traduce necessariamente in una corripondente striscia di instabilità nel diagramma
logP,Mv. Tale striscia, non marcata in figura, si ricava facilmente collegando tra loro i periodi
minimo e i periodi massimi della pulsazione per le varie masse ad ogni fissata composizione
chimica. La Fig. 10.8 riporta ad esempio la strip di instabilità per il caso Z=0.004. Come
mostrato nella stessa figura, il best fitting con i dati osservativi si ottiene richiedendo le
variabili all’interno della strip teorica, ricavandone cosı̀ un modulo di distanza.
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Fig. 10.9. Il campione di Cafeidi della Grande Nube di Magellano raccolto dall’esperimento OGLE.
Contrariamente a quanto talora ritenuto, non esiste quindi una relazione periodo-
luminosità (PL) ma esistono solo relazioni periodo-luminosità- temperatura assieme alle con-
seguenti periodo-luminosità-colore (PLC). Si potrà al più parlare di una relazione periodo-
luminosità media, quale quella rappresentata dalle curve teoriche riportate nella precedente
Fig. 10.7. Relazione peraltro non priva di rischi, applicabile solo quando si abbia la garanzia
che il campione osservativo sia non solo abbondante, ma anche uniformemente distribuito a
ricoprire l’intera strip.
Le predizioni teoriche indicano che la collocazione della strip dovrebbe dipendere leg-
germente dalla metallicità, spostandosi verso il rosso all’aumentare di questa. Ne segue lo
shif di periodi evidente in Fig. 10.7. Ne segue che a parità di periodo Cefeidi più metal-
liche dovrebbero avere luminosità medie minori. Questa appare come una ferma predizione
teorica, anche se i riscontri sperimentali sono ancora dibattuti.
Anche le relazioni tra periodo e parametri strutturali dipendono leggermente dalla metal-
licità. Nel caso Z=0.008 (LMC) si ha ad esempio
Fig. 10.10. A destra: Best fit della curva di luce di U Comae per gli indicati parametri strutturali.
A sinistra: variazione della curva di luce teorica per incrementi della temperatura effica di 50 K
Fig. 10.11. Best fit teorico delle due Cefeidi nella Grande Nube di Magellano, come ottenuto per
gli indicati parametri strutturali.
la curva di luce di una Cefeide della Grande Nube di Magellano. Il caso delle Cefeidi è
peraltro diverso da quello delle RRLyrae, richiedendo procedure leggermente modificate.
Ricordiamo infatti come lo scenario pulsazionale per le Cefeidi richieda che si fornisca per le
strutture una relazione massa-luminosità. Per ogni prefissata luminosità si ha così una massa
e quindi anche una e una sola temperatura per ogni prefissato periodo. La semplificazione
è peraltro puramente apparente: se si applica alle giganti in combustione di He la relazione
massa luminosità in assenza di perdite di massa, le curve di luce teoriche differiscono dalla
osservata per ogni assunto valore della luminosità. Come mostrato nello stesso pannello si
trova invece che l’accordo può essere raggiunto, quando si modifichi la relazione massa-
luminosità imponendo che a fissata luminosità la massa sia minore della massa originale o,
il che è equivalente, che una prefissata massa della gigante si trovi a luminosità più alte di
quelle previste dall’evoluzione a massa costante.
Il parametro libero di partenza non è più la massa, come nel caso dele RR Lyrae, ma la
relazione massa luminosità. Ed il risultato evidenzia la potenza dell’approccio pulsazionale
che pone inequivocabilmente in luce fenomeni dei quali avevamo evidenze indirette, ma che
rimanevano mal riconoscibili nel cammino evolutivo delle strutture. La relazione massa-
luminosità richiesta dalle curve di luce è infatti l’attesa conseguenza dei fenomeni di perdita
di massa, cui si possono eventualmente aggiungere effetti di overshooting invasivo.
Nel caso in esame la validazione può essere ulteriormente perfezionata osservando che
le Cefeidi della Grande Nube sono tutte alla stessa distanza, e quindi se lo scenario teorico
è affidabile dovrà essere in grado di riprodurre anche altri pulsatori sotto la condizione di
un medesimo modulo di distanza e quindi di luminosità che stanno tra loro nel rapporto
desumibile dalle osservate differenze di magnitudine. Il successo di tale procedura è mostrato
nel pannello di destra della Fig. 10.11, a ulteriore conforto delle attuali possibilità operative
della teoria dei pulsatori radiali. Va peraltro avvisato che le procedure contemplano anche
una calibrazione della mixing length, dal cui valore dipende non tanto la forma ma l’ampiezza
della curva di luce.
Le due curve di luce riportate nella Fig. 10.11 consentono infine di illustrare una carat-
teritica osservativa che prende il nome di Progressione di Hertzsprung. Come indicato nella
figura, tale progressione consiste nella apparizione di un ”bump” che si sposta regolarmente
lungo la curva di luce al variare del periodo. L’origine di tale bump è stata oggetto di molte
e contrastanti discussioni. Qui ci interessa solo di segnalare che presenza e collocazione del
bump emergono spontaneamente da appropriati calcoli pulsazionali. Per completezza, noti-
amo peraltro che, per motivi ancora ignoti, la teoria ha difficoltà a riprodurre la curva di
luce delle RRab in prossimità del FRE.
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Fig. 10.12. Curve di luce nella bande U, B, V della variabile RR Lyrae. In basso é mostrato
l’andamento temporale dell’indice di colore B-V.
Approfondimenti
Fig. 10.13. Curva di luce e andamento delle velocità radiali tipiche di pulsatori radiali, quali RR
Lyrae e Cefeidi.
un massimo per la bamda B. La ragione di tale comportamento è subito compresa quando si esamini
l’andamento temporale dell’indice di colore B-V. Si vede come al minimo in luminosità corrisponda
un massimo del colore (B-V∼0.4) e quindi un minimo della temoperatura. Analogamente, al massimo
di luminosità corrisponde il minimo di B-V e un massimo della temperatura. Alla variazione della
luminosità bolometrica (= totale) della struttura si sovrappone quindi un effetto di temperatura
che aggiunge radiazione nella banda B in prossimità del massimo e toglie radiazione, spostandola
a maggiori lunghezze d’onda, in prossimità del minimo. Se ne conclude che l’aumento di emissività
collegato all’aumento di temperatura efficace giuca un ruolo importante nella curva di luce.
Ulteriori ed importanti informazioni sono fornite dalla curva di velocità radiale, ricavabile
dall’effetto Doppler sulle righe spettrali. La Fig. 10.13 mostra come tutti i pulsatori radiali presentino
curve di velocità caratteristicamente speculari rispetto alla curva di luce. Le velocità misurate V
risultano dalla combinazione della velocità della pulsazione Vr alla velocità radiale V0 intrinseca
all’oggetto pulsante. Quest’ultima è peraltro ricavabile dalla ovvia condizione che l’integrale rispetto
al tempo della velocità radiale propria della pulsazione , che rappresenta in ogni istante lo spazio
in km di cui si è spostata la fotosfera stellare, debba annullarsi quando esteso ad un ciclo
Z
(V − V0 ) dt = 0
Si ottiene cosı̀ agevolmente il valore di V0 , rappresentato in Fig. 10.13 dalla linea che divide
la curva delle velocità in due porzioni che, per definizione, sottendono eguali aree. Dai dati nella
stessa figura è ora facile verificare che il massimo di luminosità cade in un punto intermedio della
fase di pansione, in corrispondenza del massimo in temperatura efficace. Il successivo aumento di
raggio è controbilanciato dalla diminuzione di temperatura che porta, in totale, ad una diminuzione
della lumonosità.
Quando si voglia risalire dalle velocità radiali osservate alla cinematica della pulsazione occorre
tener presente che il dato osservativo fa riferimento alla media sull’emisfero stellare visibile della
componente della velocità nella direzione dell’osservatore, componente che è in genere minore della
reale velocità radiale, ed uguale ad essa solo nel punto centrale dell’emisfero osservato. La misura
sperimentale fornisce quindi un valore inferiore del vero valore della velocità radiale. Con semplice
calcolo si trova per altro che sussiste la proporzionalità
Fig. 10.14. Confronto tra colori B-V in magnitudine o in intensità per un campione di RR Lyrae
nell’Ammasso Globulare M5, senza o con correzione al colore statico.
1. Medie in magnitudine: (U), (B), (V) ... → ricavate per ogni banda come media temporale delle
magnitudini istantanee
2. Medie in intensità: hUi, hBi, hVi ... → ricavate dal logaritmo della media temporale dei flussi
energetici.
Poichè la media del logaritmo non è il logaritmo della media le due grandezza differiscono,
anche se non di molto, tra loro. Dalle singole magnitudini medie si ricavano cosı̀ i colori medi
in magnitudine (B-V) o in intensità hB-Vi. In letteratura è stato a lungo dibattuto il problema
di quale tra questi due colori approssimi meglio il colore della struttura statica. In realtà è stato
infine mostrato che ambedue questi colori osservativi tendono a discostarsi dal colore della struttura
statica quanto più la curva di luce risulta asimmetrica.
Esistono al riguardo opportune correzioni che consentono di risalire dai colori medi osservati ai
colori statici, passaggio obbligato quando si vogliano inserire i risultati osservativi per le variabili
nel contesto delle teorie evolutive e dei loro colori statici. La Fig. 10.14 mostra come esempio il
confronto tra colori B-V in magnitudine o in intensità per un campione di RR Lyrae nell’Ammasso
Globulare M5, senza o con correzione per colore statico.
Fig. 10.15. Pnnello superiore: La distribuzine nel piano logP-Mv di strutture di HB distribuite
lungo la strip ai tre indicati livelli di luminosità . Pannello inferiore: Come nel pannello superiore
ma per il piano logP-Mk
banda V dipende solo debolmente dalla temperatura delle strutture, temperatura che -per ogni
prefissato livello di luminosità- va decrescendo dai periodi minori (FOBE) verso il massimo periodo,
raggiunto al FRE.
Il pannello inferiore della stessa figura mostra la distribuzione delle medesime strutture nella
banda K. Facendo riferimento ad un qualunque livello di luminosità, ora si nota che al diminuire
della temperatura aumenta sensibilmente la radiazione raccolta dalla banda K e. conseguentemente,
per ogni prefissato livello di luminosità si genera una relazione Periodo-Magnitudine K. Inoltre,
l’esistenza di una tale relazione fa anche sı́ che all’aumentare del livello di luminosità, il corrispon-
dente aumento del periodo riporta il punto del piano logP-Mk verso la relazione caratteristica delle
minori luminosità. La conseguenza è che nel piano logP-Mv, un’incertezza ± 0.1 in logL, per ogni
prefissato periodo si traduce in un incertezza di ∼ 0.25 mag in Mv. Dal pannello inferiore della Fig.
10.15 si ricava che nel piano logP-Mk la stessa incertezza sul livello di luminosità bolometrica delle
strutture pulsanti si tradice in un incertezza di∼0.07 mag su Mk.
Se ne trae che anche accettando un’incertezza ∆logL = 0.1 sulle valutazioni teoriche della
luminosità dei Rami Orizzontali, quindi ben superiore a quanto oggi si ritenga (∆ logL∼ ± 0.03),
l’osservazione in banda K delle RR Lyrae consente di fissare il modulo di distanza di un ammasso
entro ± 0.07 mag. Per ciò che riguarda l’effetto di metallicità è immediato ricavare che una variazione
di ∆logL = 0.07 si traduce nel piano logP-Mk in una dispersione delle magnitudini K pari a ±0.025
mag, confortando di fatto la pratica indipendenza dalla metallicità.
L’adozione della banda K agisce quindi nel senso di rompere la degenerazione tra periodi e
magnitudini, associando ad ogni periodo solo un ristretto intervallo di magnitudini. Analogo effetto
ha, peraltro per tutt’altri motivi, l’adozione degli indici ”reddening free” definiti a suo tempo da
Wesenheit come utili parametri osservativi indipendenti dall’arrossamento interstellare. Ricordando,
ad esempio, che per l’estinzione nella banda V sussiste la relazione
AV = 3.10E(B − V )
si riconosce che per la funzione di Wesenheit
E’ infatti
W (V, I) = V − 2.54E(V − I)
Questa volta la degenerazione viene rotta perchè per una popolazione di pulsatori che riempia la
strip a V∼ cost W decresce al crescere di (B-V) dal FOBE al FRE, creando una relazione logP(W).
Si hanno in definitva risultati del tutto analoghi a quelli discussi per la banda K, con quindi analoghe
applicazioni osservative.
1. Oo.I: Periodi medi minori di 0.6d, relativamente a maggiore metallicità con minor percentuale
di primi sopratoni (RRc).
2. Oo.II: Periodi medi maggiori di 0.6d, relativamente a minore metallicità con maggior per-
centuale di primi sopratoni.
Le ricerche sulle origini di una tale dicotomia sono state per lungo tempo al centro di numerose
indagini. Tra le varie ipotesi avanzate se ne segnalano essenzialmente due, alternative, che possono
essere cosı riassunte:
La seconda ipotesi è nota com Ipotesi dell’isteresi perchè in genere collegata, ma non nec-
essariamente, all’efficienza di un meccanismo di isteresi secondo il quale nella zona OR le stelle
conserverebbero il tipo di pulsazione con cui vi sono entrate.
Senza entrare in analisi troppo dettagliate, qui ci interessa solo mostrare come i periodi fonda-
mentalizzati forniscano un semplice approccio per dirimere la questione. Se si fondamentalizzano i
periodi delle RRc e si esegue la media dell’intero campione di RR Lyrae, nell’ipotesi di isteresi tale
media deve restare costante tra i due gruppi di Oosterhoff, perchè tutti i pulsatori sono presenti
con egual peso. Al contrario, nel caso di effetto di luminosità il periodo medio fondamentalizzato
degli Oo.II dovrebbe restare più alto di quello degli Oo.I. La Fig. 10.16 riporta la situazione os-
servativa. Nella parte superiore del pannello di sinistra sono riportati i periodi medi della ab in
funzione della metallicità dei cluster: si nota la chiara presenza della dicotomia di Oosterhoff che
si presenta attorno ad una metallicità [Fe/H]∼ -1.6. Nella parte inferiore dello stesso pannello è
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Fig. 10.16. Panello di sinistra: periodi medi delle RRab (sopra) e periodi medi fodamentalizzati
(sotto) in funzione della metallicità dei cluster. Pannello di destra: istogramma dei periodi fonda-
mentalizzati per gli ammassi M15 (Oo.II) e M3 (Oo.I. In nero il contributo delle RRc
Fig. 10.17. Predizioni teoriche sull’ampiezza bolometrica di pulsatori RR Lyrae fondamentali (F)
e primisopratoni (FO)per le indicate assunzioni sulla massa e luminosità.
per ∆logL=0.1. La variazione di periodo è dunque con buona approssimazione quella prodotta dalla
sola variazione di luminosità. Basta questo per evidenziare che con altrettanto buona approssi-
mazione, per una massa fissata, l’ampiezza deve risultare funzione della sola temperatura efficace.
Poichè questa regola conserva valore anche al variare della massa, possiamo facilmente prevedere
l’effetto di una variazione di tale parametro: all’aumentare della massa la relazione Ampiezza-
Periodo deve traslare versi periodi minori, di una quantità che con buona approssimazione è fornita
dalla relazione che lega periodo a massa del pulsatore.
Queste relazioni ci consentono di guardare al diagramma di Bayley non come a qualcosa di
occasionale, ma come un diagramma in cui sono registrate massa e luminosità dei pulsatori, e che
si viene ad aggiungere alle altre relazioni già discusse per creare l’insieme delle condizioni teoriche
sulle quali impostare validazioni e indagini interpretative.
1. RRLyrae: indicate talora in passato anche com ”Cefeidi di ammasso” sono stelle di piccola
massa sul Ramo Orizzontale. Appartengono quindi a popolazioni antiche e, nella Galassia, alla
Pop.II, antica e povera di metalli. Periodi minori di un giorno. Luminosità ∼ 40-50 L , MV ∼
0.5-0.7, leggermente dipendente dalla metallicità.
2. Cefeidi di Pop.II: denominazione equivoca che nasconde il fatto che si tratta di stelle blu di
Ramo Orizzontale che, spesso accompagnando le RR Lyrae, attraversano la strip ad alta lumi-
nosità. Stelle di piccola massa, popolazioni antiche. Periodi da 1 giorno a 1 mese. Si distinguono
in BL Her (P < 8 d) e W Virginis (P> 8 d) .
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3. Cefeidi Classiche: Masse intermedie e grandi masse in fase di combustione centrale di elio.
Popolazioni giovani; nella Galassia Pop.I. Luminosità da centinaia a migliaia di luminosità solari.
Mv da -2 a -6.5. Periodi da 1 a 100 giorni.
4. Cefeidi Anomale: Cefeidi classiche ma di masse inferiori. Presenti solo nelle popolazioni giovani
povere di metalli. Extragalattiche.
A queste quattro classi già dicusse, si aggiungono altre di cui ricordiamo qui le principali:
5. δ Scuti, SX Phoenicis: strutture di sequenza principale che intercettano la stessa striscia di
instabilità di Cefeidi e RR lyrae. Hanno (di conseguenza) periodi estremamente brevi, minori o
dell’ordine dell’ora. Di Pop.I (δ Scu) o Pop.II (SX Phoe).
6. Lungo Periodo o tipo ”Mira”: Giganti Rosse con periodo da 80 a 1000 giorni.Ampiezze da
2.5 a più di 11 mag.
7. Semiregolari: Giganti Rosse con irregolare periodicità. Ampiezze sino a 3 mag e periodi da 20
giorni ad alcuni anni,
8. β Cephei: Stelle ad alta luminosità e alta temperatura. Periodi 0.1 -0.7 d e ampiezze 0.1 -0.3
mag.
9. RV Tauri: Supergiganti da gialle a rosse, con minimi di luce primari e secondari che si alternano.
Ampiezze sino a 4 mag e periodi da 30 a 150 d.
10. ZZ Ceti: Nane Bianche con pulsazioni non radiali. Periodi minori di 30 min e ampiezze minori
di 0.2 mag.
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