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Piero Barazzuoli

Dispense di
ID R O GEO L O GIA
Parte Prima
FONDAMENTI DI IDROGEOLOGIA

Per corsi di Laurea Triennale in


GEOTECNOLOGIE
SCIENZE GEOLOGICHE

Per corsi di Laurea Specialistica in


TAIE
CONAM
Come Conoscenze di base necessarie per
Master Universitario di 1° Livello in
Prospezioni ed Analisi per la Gestione
delle Acque Sotterranee (PAGAS)
UUnniivveerrssiittàà ddeeggllii SSttuuddii ddii SSiieennaa
FFaaccoollttàà ddii SScciieennzzee M
Maatteemmaattiicchhee FFiissiicchhee ee N Naattuurraallii
CCoorrssoo ddii LLaauurreeaa SSppeecciiaalliissttiiccaa iinn GGeeoollooggiiaa AApppplliiccaattaa
CCeennttrroo iinntteerrddiippaarrttiim
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Accqquuaa ((CCRRA A))
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Dispense di Idrogeologia – Fondamenti di Idrogeologia - Cap. 1 e Cap. 2 - 1

Dispense per le lezioni del corso di


IDROGEOLOGIA
Piero Barazzuoli
Dipartimento di Scienze della Terra dell'Università degli Studi di Siena

INTRODUZIONE
Lo sviluppo demografico ed il progresso, che continuamente l’uomo realizza nelle sue
condizioni di vita e nelle sue varie attività produttive e di ricerca, hanno portato nel tempo a
consumi d’acqua sempre maggiori.
Ci si è così man mano resi conto, e sempre più spesso in termini di una certa
drammaticità, che questo bene essenziale non è né illimitato né, tantomeno, incorruttibile
e che, conseguentemente, la crescente domanda di esso potrà essere soddisfatta
solamente fino ai limiti consentiti dalla reale entità delle risorse rinnovabili ancora non
compromesse dall’inquinamento.
Oggi, ogni giorno, più di 7 miliardi di litri d’acqua vengono attinti dai sistemi d’acqua dolce
del mondo. Quasi tutta quest’acqua viene convogliata e ripartita fra tre principali
destinazioni: una parte è assegnata all’industria (20%), una certa quantità viene immessa
negli acquedotti per gli usi pubblici e domestici (5%), mentre la maggior parte (75%) viene
destinata all’agricoltura.
Quanto l’acqua sia importante per l’uomo anche nel nostro paese ce lo dicono invece
pochi numeri relativi al suo consumo in Italia che è pari a circa 50 miliardi di m3/anno di
cui:7 per uso civile, 13 per uso industriale e 30 per uso agricolo.

-USO POTABILE
E’ l’uso fondamentale dell’acqua e viene normalmente soddisfatto
dagli acquedotti pubblici che hanno dovuto far fronte alla
preoccupante crescita dei consumi verificatasi negli ultimi anni. I
consumi non sono omogenei sul territorio nazionale; infatti contro
una media che si aggira intorno ai 280 l/g per abitante, nelle grandi
metropoli si arriva a consumi superiori ai 500-600 l/g pro capite
(comprendenti utilizzi che non richiedono
Consumi medi principali per uso domestico (in l)
potabilità come annaffiature di giardini,
-Bagno in vasca 120-160
-Doccia 80-120 lavaggio di auto, ecc.); inoltre (vedi tab. in
-Ciclo normale di lavastoviglie o lavabiancheria 80-120
-Pulizia personale giornaliera 40 Fig. 1) le regioni che erogano e
- Water (per ogni uso) 12-20.
consumano più acqua sono anche quelle
economicamente più ricche e con maggiori disponibilità idriche nei relativi territori. Se ai
Dispense di Idrogeologia – Fondamenti di Idrogeologia - Cap. 1 e Cap. 2 - 2

5.8 miliardi di m3/anno di consumi si sommano le perdite delle reti acquedottistiche


pubbliche che sono mediamente il 25% dell’acqua consumata (un buon acquedotto
dovrebbe avere perdite fisiologiche non superiori al 10-15%), si arriva ad un totale di circa
7.2 miliardi di m3/anno erogati complessivamente dagli acquedotti italiani per i consumi
civili.

Regione l/g 106 mc Abitanti


per abit. per anno (1981)
TRENTINO- Trentino - Alto Adige 611 195 873413
VALLE ALTO Valle d'Aosta 414 17 112353
FRIULI-
D’AOSTA ADIGE Friuli-Venezia Giulia 400 180 1233984
VENEZIA
GIULIA Lazio 399 728 5001684
Liguria 365 241 1807893
LOMBARDIA VENETO
Lombardia 349 1128 8851652
Abruzzo 337 150 1217791
PIEMONTE Veneto 322 511 4345047
Piemonte 287 469 4479031
EMILIA-ROMAGNA Marche 278 143 1412404
Emilia Romagna 263 378 3939488
LIGURIA
Toscana 254 332 3581051
Umbria 253 75 807552
Molise 249 30 328371
TOSCANA MARCHE Campania 223 445 5463134
Calabria 222 167 2061182
Basilicata 186 41 610186
UMBRIA
Sardegna 166 97 1594175
Puglia 153 216 3871617
Sicilia 152 272 4906878
ABRUZZI
Media Italiana 282 5814 56498886
LAZIO
MOLISE

PUGLIA
CAMPANIA
BASILICATA

SARDEGNA

CALABRIA

SICILIA

Figura 1- Distribuzione dei consumi d'acqua per uso potabile nelle regioni italiane.

USO INDUSTRIALE
A cavallo degli anni sessanta e settanta vi è stata nel mondo,
specie nei paesi industrializzati, un forte incremento del
consumo idrico a fini produttivi. Per comprendere l’entità del
problema, basti pensare che per produrre una t di Rayon -
Dispense di Idrogeologia – Fondamenti di Idrogeologia - Cap. 1 e Cap. 2 - 3

CONSUMO D’ACQUA IN ALCUNI CICLI PRODUTTIVI INDUSTRIALI viscosa (vedi Tab.) occorrono 800 t
3
(in m per t di prodotto) d’acqua.
Siderurgica 175 Tessile 250
Inoltre le acque di rifiuto
Acciaieria 150 Rayon - Viscosa 800
Rame 450 Tintoria 130 provenienti dai cicli di lavorazione
Autoveicoli (1 auto) 55 Lanificio 10
Chimica 200 Conserve alimentari 12 industriale sono state e purtroppo
Gomma 150 Surgelati 160
Cartiera 200 Distilleria 70
spesso sono, soprattutto per
Cokeria 14 Zuccherificio 20 l’assenza di una legislazione in
Concia pelli 80 Birrificio 20
Concia cuoio 450 Caseificio 5 materia prima e per abusi connessi
agli alti costi di depurazione poi, restituite all’ambiente senza alcun trattamento portando
così al degrado dei fiumi e degli acquiferi che le ricevono.

-USO AGRICOLO

Acqua necessaria per l’irrigazione di alcune culture


(in m3/ha all’anno)
Ortaggi Estivi 8000
Ortaggi autunnali 3000
Prati 7000
Granturco 5500
Agrumeti 6000
Frutteti 4000
Viti ed Olivi 2000

L’acqua è un importante fattore per la produzione agricola


ed è proprio per l’irrigazione che il nostro paese impiega la maggior parte dell’acqua
consumata; ben 30 miliardi di m3/anno, pari al 60 % del consumo totale, servono ad
irrigare 4.5 milioni di ettari, vale a dire il 37.5% dell’intera area nazionale interessata dalle
coltivazioni agricole (12 milioni di ettari).

L’indiscusso valore dell’acqua, come i dati sopraddetti dimostrano, per la vita e lo sviluppo
umano inducono, pertanto, ad affrontare ovunque su solide basi scientifiche il problema
della valutazione delle risorse e delle riserve idriche, insieme a quello di una loro corretta
gestione e protezione dall’inquinamento.

Questo è, appunto il compito dell’ IDROGEOLOGIA


cioè della scienza che si occupa dello studio delle acque superficiali e sotterranee
per precisarne il comportamento in rapporto alle condizioni morfologiche e
geologiche.
Dispense di Idrogeologia – Fondamenti di Idrogeologia - Cap. 1 e Cap. 2 - 4

Essa studia quindi il ciclo naturale dell’acqua, la sua presenza nelle rocce e le leggi ed i
fenomeni connessi con il suo movimento sia in superficie che nel sottosuolo. Oltre
all’analisi teorica delle relazioni acqua - roccia, si occupa della valutazione e della corretta
gestione delle risorse idriche, nonché della loro protezione da eventuali inquinamenti.

In definitiva gli obiettivi dell’idrogeologia sono:


1- l’acquisizione dei dati numerici di base per mezzo di prospezioni e della
sperimentazione in sito;
2- la valutazione dell’entità delle riserve e delle risorse idriche superficiali e
sotterranee;
3- la loro captazione tramite pozzi e sorgenti;
4- la pianificazione del loro razionale sfruttamento;
5- la loro protezione dall’inquinamento.

LA RISORSA ACQUA
1 - IL CICLO DELL'ACQUA
L'acqua, circa 1,4·109 km3 nell'intero globo terrestre, è soggetta ad un insieme di fenomeni
variabili nel tempo e nello spazio, alimentati dal calore solare e dalla forza di gravità, che si
ripetono in maniera sistematica formando un ciclo idrologico chiuso (fig. 2).

IL CICLO DELL'ACQUA IN AREE CONT INENT ALI: P = Er+R+I

EVAPOTRASPIRAZIONE (Er)

PRECIPITAZIONI
Traspirazione
(P)
dalle piante

(I)
Evaporazione
INFILTRAZIONE RUSCELLAMENTO
dalla superficie del suolo

Acque (R) dalla superf. d'acqua libera

sotterranee
Deflusso sotterraneo MARE

Figura 2- Schema generale del ciclo naturale dell'acqua nelle aree continentali
Dispense di Idrogeologia – Fondamenti di Idrogeologia - Cap. 1 e Cap. 2 - 5

L'energia solare causa l'evaporazione di notevoli masse idriche dai bacini oceanici e
continentali verso l'atmosfera: esse sono qui soggette a variazioni di temperatura e
pressione tali da provocarne la condensazione e la successiva ricaduta sulla superficie
terrestre sotto forma di precipitazioni (pioggia, neve, ecc.). Le precipitazioni (P) vengono
poi suddivise in tre parti, in virtù del potere ripartitore del suolo: una di queste, chiamata
evapotraspirazione (Er), ritorna direttamente all'atmosfera per evaporazione diretta e per
traspirazione della copertura vegetale; una seconda parte, detta ruscellamento superficiale
(R), resta al di sopra della superficie terrestre e su di essa si sposta, sotto l'azione della
forza di gravità, seguendo il reticolo idrografico (rivoli, torrenti, fiumi) fino a raggiungere il
mare; la terza, chiamata infiltrazione (I), penetra più o meno profondamente al di sotto
della superficie e dà luogo a volumi d'acqua contenuti negli interstizi delle rocce, le
cosiddette falde. Tali volumi si spostano anch'essi per gravità verso gli anzidetti bacini
marini e da qui il ciclo prende nuovamente avvio.
L'intero ciclo idrologico può, dunque, essere espresso dalla relazione:
P = Er +R + I
che rappresenta l'equazione di bilancio idrologico nella sua forma più generale riferita alle
sole aree continentali. In essa, le grandezze mediamente in gioco sono (Celico, 1988):
P = 110·103 km3/anno; Er = 70·103 km3/anno;
R = 28·103 km3/anno; I = 12·103 km3/anno.

NORD AMERICA AFRICA


ACQUA SALATA
16,2% 12,0%
97,0%

ASIA
SUD AMERICA 28,2%
30,9%

ACQUA DOLCE 3,0% AUSTRALIA EUROPA


4,3% 8,4%

ACQUA SULLA TERRA RISORSA RINNOVABILE SULLA TERRA DI ACQUA


(1,4 miliardi di kmc) DOLCE SOTTERRANEA (12.000 kmc/anno)

AFRICA
NORD AMERICA RISORSA SUPERFICIALE
9,9%
39,3%
17,4%

120 kmc/anno

Risorsa (70%)
Rinnovabile
ASIA

34,9%
168 48 kmc/anno
SUD AMERICA kmc/anno
(30%)
25,0%
44,0%
PERDITE PER
EUROPA RISORSA SOTTERRANEA EVAPOTRASPIRAZIONE
AUSTRALIA
5,9% 6,9% 16,7%

RISORSA RINNOVABILE SULLA TERRA DI ACQUA PRECIPITAZIONI (300 kmc/anno) E RISORSA


DOLCE SUPERFICIALE (28.000 kmc/anno) RINNOVABILE DI ACQUA DOLCE IN ITALIA

Figura 3- Distribuzione dell'acqua nel mondo e in Italia


Dispense di Idrogeologia – Fondamenti di Idrogeologia - Cap. 1 e Cap. 2 - 6

In altre parole, il 64% dell'acqua che precipita sul suolo rientra nell'atmosfera per
evapotraspirazione (perdite), il 25% raggiunge direttamente il mare scorrendo in
superficie (risorse superficiali) e solo l'11% raggiunge l'idrosfera dopo un percorso più o
meno lungo nel sottosuolo (risorse sotterranee).
L'equazione di bilancio relativa all'intero globo terrestre è invece così sintetizzabile: P = Er
dove gli uguali quantitativi d'acqua sono stimati in circa 500·103 km3/anno.

Dai grafici riportati nella fig. 3 si può tra l'altro osservare che il quantitativo di acqua dolce
sulla Terra (circa 42·106 km3) rappresenta un'esigua percentuale del totale e che la risorsa
idrica rinnovabile in Italia (circa 168 km3/anno) è ripartibile in un 70% di acqua superficiale
e nel 30% di acqua sotterranea. La valutazione dei volumi d'acqua disponibili rappresenta
una delle basi indispensabili per una razionale disciplina d'uso del patrimonio idrico; la
corretta dimensione geografica entro cui tale valutazione dev'essere effettuata è
principalmente il bacino idrografico, come raccomandato anche dalla "Carta Europea
dell'Acqua" qui di seguito riportata.

La Carta Europea dell’Acqua


Il 6 Maggio 1969 il Consiglio d’Europa ha promulgato a Strasburgo la carta europea
dell’acqua di cui qui di seguito si riportano i temi che rappresentano i suoi dodici capisaldi.
I - Non c’è vita senza acqua. L’acqua è un bene prezioso, indispensabile a tutte le attività
umane.
II - Le disponibilità di acqua dolce non sono inesauribili. E’ indispensabile preservarle,
controllarle e se possibile accrescerle.
III - Alterare la qualità dell’acqua significa nuocere alla vita dell’uomo e degli altri esseri
viventi che da essa dipendono.
IV - La qualità dell’acqua deve essere tale da soddisfare le esigenze delle utilizzazioni
previste, ma deve specialmente soddisfare le esigenze della salute pubblica.
V - Quando l’acqua, dopo essere stata utilizzata, viene restituita al suo ambiente naturale,
essa non deve compromettere i possibili usi, tanto pubblici che privati, che di questo
ambiente potranno essere fatti.
VI - La conservazione di una copertura vegetale appropriata, di preferenza forestale, è
essenziale per la conservazione delle risorse idriche.
VII - Le risorse idriche devono formare oggetto di un inventario.
VIII - La buona gestione dell’acqua deve formare oggetto di un piano stabilito dalle autorità
competenti.
IX - La salvaguardia dell’acqua implica uno sforzo importante di ricerca scientifica, di
formazione di specialisti e di informazione pubblica.
X - L’acqua è un patrimonio comune il cui valore deve essere riconosciuto da tutti.
Ciascuno ha il dovere di economizzarla ed utilizzarla con cura.
XI - La gestione delle risorse idriche dovrebbe essere inquadrata nel bacino naturale
piuttosto che entro frontiere amministrative e politiche.
XII - L’acqua non ha frontiere. essa è una risorsa comune che necessita di una
cooperazione internazionale.
Dispense di Idrogeologia – Fondamenti di Idrogeologia - Cap. 1 e Cap. 2 - 7

1.1 - L’ACQUA IN NATURA


Definizione: Liquido trasparente, incolore,
inodoro, insaporo, largamente diffuso in natura 0.95 Å 0.95 Å

e indispensabile alla vita animale e vegetale. O

L’acqua è un composto chimico di formula


H2O; che essa fosse costituita da idrogeno ed
ossigeno venne provato per la prima volta nel
H H
1781 da Cavendish, il quale dimostrò la
formazione di acqua allorché si faceva bruciare
idrogeno il quale si combinava con l’ossigeno
105°
dell’atmosfera, mentre la composizione della Rappresentazione della molecola dell’acqua allo stato di
vapore. Il modello mostra l’asimmetria strutturale della
molecola fu sicuramente accertata nei primi molecola: gli atomi di idrogeno non sono infatti disposti a 180°
(molecola lineare), ma formano un angolo di ca. 105°
decenni dell’800. L’acqua in natura contiene (molecola angolare). La distanza tra i centri dedell’atomo
dell’ossigeno e degli atomi di idrogeno eè di ca. 0.95 Å.
anche una piccola percentuale di molecole
nelle quali i comuni isotopi di H ed O (di massa
H+
105°
atomica, rispettivamente, 1 e 16) sono sostituiti Legame
H+
O
--

idrogeno

da quelli più pesanti, di massa due per H


(deuterio) e di massa 18 per O(O18): queste O--
Legame
coovalente
costituiscono la cosiddetta acqua pesante. H +

H+
La molecola dell’acqua presenta un insieme di
Rappresentazione schematica del legame covalente
dell’acqua e del legame idrogeno tra due molecole d’acqua: il
proprietà fisico - chimiche che rende tra l’altro nucleo positivo dell’idrogeno (protone) si protende fuori dalla
molecola ed esercita un’attrazione sugli elettroni (negativi) di
possibili i fenomeni biochimici e con essi la vita altre molecole d’acqua.

di tutti gli organismi vegetali ed animali.


H+
Chimicamente l’acqua è un composto molto
stabile e inizia a decomporsi in H e O solo a Legame H+
coovalente
temperature superiori a 1500°C, mentre la
O --
completa dissociazione avviene con
Legame
temperature altre i 3000°C. La molecola H2O idrogeno

ha una struttura dipolare per cui l’atomo di O di H+

una molecola può attrarre un atomo H di


H+
un’altra molecola (legame idrogeno) Rappresentazione schematica dell’associazione delle
molecole di acqua nel ghiaccio: queste sono disposte
inducendo così una forza attrattiva che tende a secondo un reticolo tridimensionale tetraedrico nel quale ogni
atomo di ossigeno è legato a quattro atomi di idrogeno
mantenere tra loro unite le molecole d’acqua. (attraverso due legami covalenti e due legami idrogeno). Ogni
atomo H è pertanto coordinato a due atomi O con un legame
coovalente ed uno idrogeno.
Allo stato di vapore le molecole sono invece
Figura 4- La molecola dell'acqua in natura
Dispense di Idrogeologia – Fondamenti di Idrogeologia - Cap. 1 e Cap. 2 - 8

libere di muoversi e l’evaporazione corrisponde quindi alla rottura dei legami idrogeno
presenti nell’acqua allo stato liquido.
PRINCIPALI CARATTERI FISICI DELL’ACQUA PURA
La struttura dipolare dell’acqua Punto di solidificazione (a 760 mmHg) 0.00 °C
Punto di ebollizione 100.00 °C
favorisce la dissociazione e la Peso specifico dell’acqua a 0°C 0.9998 gp/cm3
solubilità dei sali e in generale delle Peso specifico dell’acqua a 4°C 1.0000 gp/cm3
Peso specifico dell’acqua a 20°C 0.9982 gp/cm3
sostanze a carattere ionico. Peso specifico del ghiaccio a 0°C 0.9168 gp/cm3
Calore specifico dell’acqua a 15°C 0.999 cal/gm
Nell’acqua liquida e pura vi sono Calore di fusione del ghiaccio a 0°C 79.40 cal/gm
Calore di evaporazione dell’acqua a 100°C 539.5 cal/gm
pochissime molecole ionizzate, per
Tensione superficiale a 0°C 75.6 dine/cm2
cui risulta estremamente bassa la Tensione superficiale a 100°C 58.84 dine/cm2
Costante dielettrica a 18°C 81.07 Farad/m
relativa conducibilità elettrica. La Conducibilità elettrica a 18°C 3.8·10-8 ohm·cm
Coefficiente di compressibilità 4.5·10-5 cm2/kg
densità, partendo da 0°C aumenta,
con l’aumentare della temperatura, per raggiungere il suo massimo a 4°C per poi
nuovamente diminuire. All’aumentare della pressione si alza il punto di ebollizione e si
abbassa quello di congelamento; quest’ultimo fenomeno è dovuto al fatto che l’acqua,
come pochissime altre sostanze, congelando aumenta di volume di ca. l’8%. Anche la sua
compressibilità e molto bassa (vedi coeff. compressibilità in tab.); un certo volume
d’acqua, sottoposto ad una pressione di 2kg/cm2, si riduce infatti di solo un
decimilionesimo. Una caratteristica di
P re ss io n e
C particolare interesse idrogeologico è la
grande capacità dell’acqua di
A immagazzinare energia termica grazie
L iq u id o all’elevato calore specifico (quantità di
S o lid o energia che si deve fornire ad 1g di acqua
per elevarne la temperatura di 1°C);
questa caratteristica consente all’acqua

o
che si trova a contatto con rocce molto
O calde di trasferirne il calore in superficie
m V a p o re
l pur rimanendo allo stato liquido (sorgenti
B termali) o addirittura passando allo stato di
T e m p e ra tu ra
Figura 5- Diagramma di stato dell'acqua.
vapore (campi geotermici a vapore).
Le curve OA, OB e OC delimitano tre zone, ciascuna delle quali è
propria dello stato liquido, dello stato solido e dello stato di vapore. Queste ed altre caratteristiche dell’acqua
Nel punto O, detto punto triplo, possono coesistere le tre fasi. Il
diagramma, ad es., permette di spigare la formazione della brina e non si riscontrano mai in natura, almeno
della neve: lungo la curva OB si avrà coesistenza di fase solida e di
fase vapore in equilibrio tra loro; un piccolo abbassamento di nei valori indicati in tab. Infatti anche le
temperatura (l-m) o un piccolo innalzamento della pressione (l-o)
provocano la trasformazione diretta del vapore in ghiaccio e, quindi, acque meteoriche (che pur subiscono un
della brina o della neve a seconda che tali condizioni si verifichino
sulla terra o nell’atmosfera.
Dispense di Idrogeologia – Fondamenti di Idrogeologia - Cap. 1 e Cap. 2 - 9

processo di distillazione naturale attraverso l’evaporazione e la successiva


ricondensazione) contengono varie sostanze, disciolte o in sospensione (gas, sali,
microrganismi, pulviscolo atmosferico), raccolte in percentuali molto variabili nel passaggio
attraverso l’atmosfera; ulteriori arricchimenti, soprattutto in sali e gas, si verificano al
contatto con il suolo ed il sottosuolo.
Le acque presenti in natura sono distinte, considerando l’ambiente in acque meteoriche o
atmosferiche, quelle presenti nell’atmosfera e che cadono sulla terra sotto varie forme
(liquide: pioggia, rugiada; solide: neve, grandine, brina), ed in acque litosferiche. Queste
possono essere a loro volta distinte in acque superficiali (situate sulla crosta terrestre: fimi,
laghi, mari, ecc.) ed in acque sotterranee (contenute nel sottosuolo), anche se tale
distinzione, come avremo modo di vedere in seguito, risulta essere spesso più formale che
sostanziale. La quantità e la natura delle sostanze in esse disciolte dipendono dalla
composizione dei terreni con cui vengono a contatto e, purtroppo, anche dall’azione
inquinante dell’uomo.
Tutti questi tipi di acqua fanno comunque parte di un unico ciclo idrologico;
conseguentemente nello studio dei problemi inerenti la genesi, la circolazione e la
captazione delle acque sotterranee, si devono tenere in particolare evidenza i rapporti di
continuo interscambio tra le acque sotterranee e tutti gli altri tipi.
Dispense di Idrogeologia – Fondamenti di Idrogeologia - Cap. 1 e Cap. 2 - 10

2 - IL BILANCIO IDRICO
Le risorse idriche coincidono con i quantitativi d’acqua di origine superficiale e sotterranea
rinnovabili (la cui suddivisione in questi due termini è spesso, data la loro interdipendenza,
solo fittizia) attraverso il ciclo naturale dell’acqua, quantitativi che potrebbero essere
completamente sfruttati senza che il loro utilizzo alteri sensibilmente l’anzidetto ciclo
naturale.
La loro completa utilizzabilità è, ovviamente, teorica dato che una porzione delle risorse
rinnovabili non può essere sfruttata, vuoi perché necessaria a mantenere delle portate dei
fiumi che siano compatibili con la situazione igienica e con la preservazione di habitat
biologici, vuoi per mantenere degli equilibri idrogeologici atti a preservare la qualità della
risorsa, vuoi, infine, per costi di captazione ed utilizzo economicamente svantaggiosi.
Comunque sia, appare ovvio che una corretta utilizzazione delle risorse idriche debba
necessariamente passare attraverso la definizione quantitativa dei volumi d’acqua
rinnovabili in un dato ambito territoriale.
Questo può farsi attraverso l’impostazione di un vero e proprio BILANCIO IDRICO del
dominio territoriale che si intende studiare: infatti esso esprime, in termini quantitativi, il
ciclo naturale dell’acqua all’interno di una ben definita porzione continentale attraverso la
valutazione analitica dei singoli parametri che concorrono alla sua definizione.
Infatti il bilancio idrico ha come principale scopo quello di definire il bilanciamento tra attivo
e passivo, tra gli apporti e le perdite e le variazioni delle riserve idriche, quindi di calcolare
le risorse sfruttabili.
Il bilancio idrico risulterà equilibrato in condizioni naturali conformi, quindi, al ciclo
dell’acqua e, in assenza di interventi antropici, avremo la conservazione delle riserve
rispetto ad una situazione media relativa a molti anni.
La valutazione quantitativa dei parametri che concorrono a definirlo va sempre riferita:
1- ad un preciso ambito territoriale individuabile nel BACINO IDROGRAFICO (cioè in
quella porzione di continente drenata da uno stesso fiume e dove tutte le grandezze in
gioco sono tra loro intimamente correlate), così come raccomandato dal Consiglio
d’Europa con la promulgazione della Carta Europea dell’Acqua;
IL BACINO IDROGRAFICO
Per bacino idrografico si intende la porzione di territorio all'interno della quale tutte le
acque (sia quelle di ruscellamento superficiale che quelle scaturite da manifestazioni
sorgentizie) defluiscono verso un'unica sezione di interesse, ubicata lungo il collettore
di fondovalle. [Un bacino idrogeologico, invece, è inteso come la porzione di territorio
all'interno della quale tutte le acque sotterranee defluiscono preferenzialmente verso
Dispense di Idrogeologia – Fondamenti di Idrogeologia - Cap. 1 e Cap. 2 - 11

un'unica zona di recapito (sorgente, corpi idrici superficiali, ecc.).]


2- ad uno stesso intervallo temporale formato da un congruo numero di anni (=Anno
Idrologico Medio : Minimo 10 anni, ottimale 30 anni) in modo che le grandezze
relative ai vari parametri possano essere confrontabili e che le conseguenti
determinazioni risultino statisticamente significative.
Per anno idrologico si intende, generalmente, quell’intervallo temporale in cui un
determinato fenomeno naturale va da un suo valore minimo assoluto a quello, sempre
minimo successivo. Esso può non corrisponde all’anno solare e, a dispetto del nome
anno, può avere durate diverse da 365 giorni e anche variabili nel tempo.
Per anno idrologico medio si intende, invece, un intervallo temporale fittizio della
durata di un anno in cui il fenomeno esaminato assume come valore quello medio dei
valori da esso assunti negli anni che lo definiscono; in tal modo i dati che ne risultano
sono statisticamente rappresentativi (lo saranno tanto più quanto maggiore è il numero
degli anni solari considerati) e possono essere usati a scopo pianificatorio e
previsionale. Per questo motivo nei calcoli di bilancio si fa riferimento a tale periodo
medio ed esso può indifferentemente iniziare da un minimo del parametro o dal primo
gennaio.
Come già in parte visto, il BILANCIO IDROLOGICO può essere espresso in varie forme
analitiche, sempre più complesse, a seconda del riferimento “territoriale” prescelto.
Avremo così le seguenti equazioni generali:
P = Er a livello globale

P = Er + R + I con riferimento ad un’area continentale (Fig. 2)

P = Er + D + Ie per il bacino idrografico, (Figg. 6 e 7)


nella quali, come schematizzato nelle Figg. 2, 6 e 7:
- le entrate del nostro bilancio sono:
P = afflusso meteorico;
- le uscite sono invece:
Er = evapotraspirazione reale;
R= ruscellamento superficiale;
I = infiltrazione totale all’interno del bacino (Iti);
Ie = infiltrazione efficace, vale a dire la porzione di I che non riemerge nel bacino;
D = R+Isi= deflusso superficiale alla sezione di chiusura del bacino dato dalla somma
del ruscellamento (R) con la porzione dell’infiltrazione totale interna che riemerge nel
bacino (Isi) prima della sezione di chiusura (a questa vanno eventualmente aggiunti i
Dispense di Idrogeologia – Fondamenti di Idrogeologia - Cap. 1 e Cap. 2 - 12

contributi di acque sotterranee provenienti da infiltrazioni avvenute in bacini limitrofi


=Ise);
Nel caso del bacino idrogeologico, invece, le masse idriche in entrata sono
rappresentate dall'infiltrazione totale (Iti), frazione delle precipitazioni efficaci Pe (Pe = P -
Er), mentre le uscite sono costituite dal deflusso sotterraneo (Ds): Iti = Ds
In tali espressioni i valori dei vari termini corrispondenti a ciascun parametro del bilancio
idrico vengono generalmente espresse in volumi d’acqua ragguagliati alla superficie
del bacino, vale a dire in altezze d’acqua ed espressi in mm/anno (a questo proposito si
ricorda che 1 mm di altezza d'acqua corrisponde ad un volume di 1 litro ogni m2 di
territorio).
Le equazioni suddette sono valide per bacini ben isolati, in cui gli apporti pluviometrici
sono l'unico contributo idrico; le espressioni da utilizzare diventano più complesse quando
sono presenti travasi d'acqua naturali e/o artificiali, da o verso bacini limitrofi, alimentazioni
e/o prelievi artificiali (irrigazioni, emungimenti, ecc.- Fig. 7).

(Er)
dalle piante

P
dalla superf.
del suolo

(Iti)
Is
R
(Isi)
Ie D
(Di=R+Isi)
R+Isi+Ise

(Ise)

Figura 6- Schema generale del ciclo naturale dell'acqua all’interno di un bacino idrografico.
Più complesse risulterebbe le equazioni del bilancio qualora si facesse riferimento non
all’anno idrologico medio ma ad un semplice anno idrologico. Infatti se considerando un
periodo medio possiamo tranquillamente trascurare le entità iniziali delle acque
sotterranee immagazzinate negli acquiferi dato che, su lunghi periodi esse possono
ritenersi costanti, analizzando un semplice anno idrologico dovremo tener conto anche
delle variazioni delle riserve d’acqua superficiale e sotterranea nel periodo considerato
(=dW= variazione positiva o negativa dovuta a aumento o diminuzione della copertura
nevosa, aumento o diminuzione dell’infiltrazione e quindi dei livelli piezometrici, accumuli o
Dispense di Idrogeologia – Fondamenti di Idrogeologia - Cap. 1 e Cap. 2 - 13

perdite dei serbatoi naturali d’acqua superficiale - laghi, stagni,..). In tal caso l’equazione di
bilancio relativa al bacino idrografico risulterà essere: P = Er + D + Ie ± dW
(con l’aggiunta del termine dW che, come si più evincere dalla descrizione, è di
difficilissima determinazione).
Le azioni antropiche, oggi assai sensibili, e gli interscambi idrici sotterranei quasi sempre
presenti contribuiscono, come vedremo nel capitolo delle risorse e come è possibile
evincere dall’analisi della fig. 7, a complicare ancor più il quadro matematico-idrogeologico
di riferimento.

Er W s = P -E r
= R + Iti C ons um o antropic o interno di
d a lle p ia n te
ac qua s uperfic iale e s otterranea
P Attin g im en ti, d erivaz ion i
C ap taz ion e e in vas i artific iali s u c ors i C ap tazion e d i ac q u a
d i s org en ti d ’acq u a s otterran e d a p oz zi

d a lla s u p e rf.
d e l s u o lo A cq ue d otto co n a lim e nta zione es terna
(Is) S pa rtia c qu e
m o rfo log ic o

(Iti)
(R )
(Ise)
(Isi)
D
Ie (Isi) (D i=R +Isi) (R + Isi+ Ise)

(Ise)
S pa rtia c qu e
idro ge o lo g ic o

Figura 7- Il ciclo naturale dell'acqua e la valutazione delle risorse idriche in un bacino idrografico in relazione
alle interferenze derivanti sia dagli interscambi sotterranei con i bacini confinanti, sia dall'intervento antropico.
Il bilancio idrologico è, pertanto, un vero e proprio pareggio contabile tra le entrate, uguali
alla portata media degli apporti, e le uscite, rappresentate dalla portata media dei deflussi;
è anche un mezzo di controllo della coerenza dei dati, valutati in maniera indipendente,
relativi all'alimentazione ed ai deflussi dei sistemi idrologici. Il suddetto calcolo è,
ovviamente, tanto più preciso quanto più numerose sono le stazioni di misura dei dati di
base e quanto più lungo è il periodo di riferimento; non si possono comunque ritenere i
dati di bilancio come valori di estrema precisione (è presumibile che si compiano errori di
valutazione intorno a +/- 10%), anche se essi hanno il non indifferente pregio di fornire
valutazioni indicative circa le risorse idriche sotterranee e superficiali di un dato bacino
Spetterà poi a studi idrogeologici di maggior dettaglio il compito di definire l’entità delle
risorse sotterranee di un dato acquifero.
Nel seguito dell’esposizione ci riferimento al bilancio idrico di un bacino idrografico
basato sui valori dei parametri in gioco relativi all’Anno Idrologico medio (A.I).
Dispense di Idrogeologia – Fondamenti di Idrogeologia - Cap. 1 e Cap. 2 - 14

2.1 - IL BILANCIO IDRICO DEI BACINI IDROGRAFICI


2.1.1 - PRINCIPALI CARATTERI MORFOLOGICI
Definizione spaziale
La prima operazione è quella di definire, su di un supporto cartografico i limiti del bacino
che si intende studiare. La definizione spaziale di un bacino idrografico coincide con la
individuazione della porzione continentale racchiusa dal relativo spartiacque superficiale
(o morfologico). Questo è rappresentato da un linea ideale che, partendo dalla sezione
fluviale cui si intende chiudere il bacino da studiare, si snoda seguendo le linee di cresta
dei versanti tributari del reticolo idrografico drenato del nostro fiume fino a tornare nel
punto di partenza.
I GRADI BACINI FLUVIALI DEL MONDO I MAGGIORI BACINI
2 2
NOME Sup. (km ) NOME Sup. (km ) FLUVIALI TOSCANI
Rio delle Amazzoni-Ucayalli 7050000 Volga 1360000 NOME Sup.
2
Congo (Zaire) 3690000 Zambesi 1330000 (km )
Mississipi-Missouri 3328000 Gange 1060000 Arno 9116
Rio della Plata-Paranà 3140000 Indo 1165500 Ombrone 3496
Ob-Irtys 2975000 Orinoco 948000
Serchio 1565
Nilo-Kagera 2867000 Murray-Darlig 910000
Jenisei 2580000 Yukon 855000 Cecina 898
Lena 2490000 Danubio 817000 Fiora 821
Niger 2092000 Mekong 810000 Albegna 726
Amur 1855000 Eufrate 765000 Bruna 564
MacKenzie 1760000 Hwang Ho 771000
Yangtze Kiang 1826715 Brahmaputra 670000 Cornia 360

I MAGGIORI BACINI FLUVIALI ITALIANI


NOME Sup. NOME Sup.
2 2
(km ) (km )
Po 74979 Tirso 3100
Tevere 17169 Sesia 2920
Adige 12200 Sarca-Mincio 2859
Arno 9116 Ofanto 2764
Tanaro 8324 Taglianento 2700
Adda 7979 Bradano 2735
Ticino 7228 Livenza 2690
Oglio 6649 Mannu-Coghinas 2447
Volturno 5455 Brenta 2300
Liri-Garigliano 5020 Panaro 2292
Reno 4626 Secchia 2292
Dora Baltea 4322 Imera-Salso 2122
Simeto 4169 Flumendosa 1780
Piave 4100 Bacchiglione 1600
Ombrone 3480 Sangro 1515
Isonzo 3460 Basento 1508
Sele 3223 Sinni 1424
Aterno-Pescara 3188 Tronto 1192

Figura 8- I maggiori bacini idrografici nel mondo, in Italia e in Toscana .


Lo spartiacque viene normalmente tracciato su di una carta topografica dove sono
appunto ben individuabili, attraverso l’andamento delle isoipse, le linee di cresta e il
reticolo idrografico tributario; la scala della cartografia sarà scelta tenendo in
Dispense di Idrogeologia – Fondamenti di Idrogeologia - Cap. 1 e Cap. 2 - 15

considerazione l’estensione areale del bacino (un bacino molto grande sarà meglio
definibile su una carta a piccola scala e viceversa) e della definibilità morfologica delle
linee di cresta, più facilmente individuabili con precisione in zone collinari e montuose, di
più problematica tracciatura in zone pianeggianti (in tali casi può essere utilizzata una
cartografia a scala maggiore): in generale possiamo dire che per bacini di media
estensione è sufficiente l’utilizzo di una carta in scala 1:100000. La sezione di chiusura
dello spartiacque non è mai scelta in maniera casuale: infatti, o si fa riferimento alla
stazione idrometrografica eventualmente presente (i cui dati, come vedremo più avanti,
faciliteranno molto l’esecuzione dei calcoli di bilancio) oppure a sezioni predefinite in
funzione delle finalità dello studio (punto d’imposta di una diga, ecc.).

Fig. 9- Esempio di bacini e sottobacini idrografici nella Toscana Meridionale


Dispense di Idrogeologia – Fondamenti di Idrogeologia - Cap. 1 e Cap. 2 - 16

Insieme allo spartiacque morfologico è sempre importante giungere anche alla


definizione di quello idrogeologico (o geologico, o sotterraneo) in quanto spesso i due
limiti non corrispondono. L’eventuale non corrispondenza tra i due spartiacque (fig. 8) è la
causa di interscambi idrici sotterranei, spesso anche di notevole entità ed importanza, tra
bacini limitrofi; di ciò dovrà tenersi conto quando si arriverà alla definizione delle risorse
idriche attraverso l’analisi critica dei risultati del bilancio.
Molto spesso l’assenza di cartografie geologiche e/o idrogeologiche di dettaglio, le uniche
basi sulle quali è possibile definire gli spartiacque sotterranei, non consente una loro
agevole individuazione. Spesso si preferisce rimandare tale complessa operazione alla
conclusione del bilancio, qualora i risultati facciano emergere elementi tali da rendere
indispensabili gli approfondimenti in tal senso.

Spartiacque Morfologico
Spartiacque
Idrogeologico
S pa rtiacq u e M orfologico S p artia cq u e Id rogeologico

Sp artiacq u e M orfologico
S p artiacq u e
Id rogeologico

Rocce permeabili Rocce impermeabili

Figura 8- Esempi di non corrispondenza tra spartiacque


morfologico ed idrogeologico

Oltre allo spartiacque, per l’esecuzione del bilancio idrico risulterà utile conoscere altre
caratteristiche morfologiche del bacino. Fra le tante, ricorderemo qui una delle principali:
La Quota media (Fig. 9): viene ricavata, con semplice calcolo, dai dati necessari a
definire la curva ipsografica del bacino. Tale curva rappresenta l’espressione grafica della
distribuzione delle area del bacino in rapporto alle relative altezze e consente, quindi, una
diretta valutazione complessiva delle aree comprese tra determinate quote. Viene
costruita utilizzando un sistema di assi cartesiani nel quale vengono riportate, in ordinate,
le quote assolute ed in scisse le aree comprese tra i dislivelli prescelti. Tali determinazioni
vengo fatte su di una carta topografica ad isoipse di sufficiente dettaglio: in essa, si
misurano, attraverso l’uso del planimetro polare con l’ausilio dei più moderni digitizer
collegati a computers provvisti di adeguato software, le aree interne allo spartiacque
Dispense di Idrogeologia – Fondamenti di Idrogeologia - Cap. 1 e Cap. 2 - 17

325
400
500
600
700
800

Curva ipsografica
Quota (m.s.l.m)
900
Km2
30
800

20
700

600 10

500
0 300-400 400-500 500-600 600-700 700-800
m. s.l.m.

400

300
0 20 40 60 80
Area (kmq)

2
Intervalli Quota media Superficie m x km
altimetrici dell'intervallo dell'intervallo (2)
2
m .s.l.m m km (1)
325 - 400 362.5 12.0 4350
400 - 500 450 33.9 15255
500 - 600 550 20.0 11000
600 - 700 650 3.8 2470
700 - 800 750 0.3 225
Totali 70.0 33300
Quota media del Bacino (m.s.l.m) = tot.(2) / tot.(1) 475.7
Dispense di Idrogeologia – Fondamenti di Idrogeologia - Cap. 1 e Cap. 2 - 18

morfologico del bacino, comprese tra isoipse, o curve di livello, contigue (ISOIPSE = linee
che uniscono punti aventi la stessa quota del terreno rispetto al livello medio del mare. Si
ottengono immaginando di intersecare la superficie topografica mediante piani orizzontali
tra loro paralleli e disposti ad intervalli regolari di altezza; tra due curve successive il
dislivello è pertanto fisso ed è detto equidistanza che è, convenzionalmente pari ad
1/1000, in m, del denominatore della cala della carta. Così, ad es. una carta in scala
1:100.000 avrà equidistanza pari a 100 m, mentre una in scala 1:25000 l’avrà di 25 m.
L’insieme di tali curve, proiettato su un piano di riferimento fornisce una rappresentazione
altimetrica del terreno che è tra le migliori usate in topografia).
Una media ponderata tra le aree così misurate ed il valore mediano dell’intervallo cui
l’area si riferisce (ad esempio tra le isoipse 300 e 400 m, il valore mediano sarà 350 m;
esso andrà moltiplicato per un peso corrispondente al valore dell’area interna al bacino
compresa in tale intervallo altimetrico) è l’operazione matematica che consente il calcolo
della quota media, e cioè:

( H1med × S1 ) + ( H2 med × S2 ) +....( Hn med × Sn )


Hmedia (m) =
∑S
n
1

Il valore della quota media risulterà, come vedremo, assai utile per la determinazione della
temperatura media, e quindi dell’entità dell’evapotraspirazione del bacino.
Dispense di Idrogeologia – Fondamenti di Idrogeologia - Cap. 1 e Cap. 2 - 19

2.1.2 - I PARAMETRI DEL BILANCIO


Come detto, il bilancio idrico di un bacino idrografico ha lo scopo di contabilizzare gli
apporti e le perdite idriche. Il suo calcolo si basa sui dati inerenti gli elementi idrologici
principali espressi dalla relativa equazione generale: P = Er +Q + Ie, e cioè:

Gli Afflussi (P): corrispondono alle precipitazioni atmosferiche, vale a dire a qualsiasi
prodotto della condensazione del vapore acqueo (sia in fase liquida che solida) che in
qualsiasi modo perviene alla superficie della terra. Le precipitazioni di gran lunga più
importanti (pioggia e neve) vengono normalmente misurate attraverso strumenti detti
Pluviometri o Pluvio-nivometri; è quindi un parametro importante del bilancio che può
essere calcolato direttamente.

- L’Evapotraspirazione (Er): con tale termine s’intende l’insieme di due fenomeni, uno
fisico (l’evaporazione) e l’altro biologico (la traspirazione) per i quali parte dell’acqua di
afflusso viene sottratta al ciclo idrologico ritornando allo stato di vapore. Di difficile
misurazione diretta, tale parametro viene normalmente calcolato attraverso formule
empiriche basate essenzialmente su misure di temperatura e precipitazioni.

- Il Deflusso (Q): è la quantità d’acqua, sia di origine superficiale che sotterranea, che
esce attraverso il reticolo idrografico dal bacino in studio dalla sezione fluviale di chiusura.
Tale parametro è normalmente derivabile direttamente dalle misure di portata (volume
d’acqua che passa, nell’unità di tempo, attraverso le sezione di chiusura del bacino)
effettuate dalle Stazioni Idrometriche. In loro assenza Q può essere determinato attraverso
metodologie indirette basate sui caratteri fisiografici e climatici del bacino.
Il deflusso non deve essere confuso con il Ruscellamento superficiale (R) che
rappresenta, invece, la quantità d’acqua che, nel corso di una precipitazione, sfugge
all’infiltrazione ed all’evapotraspirazione e che è quindi di sola origine superficiale. E’ di
difficilissima misurazione diretta e si esprime frequentemente attraverso un coefficiente di
ruscellamento valutato empiricamente.

L’Infiltrazione efficace (Ie): è la porzione dell’infiltrazione totale (I) che, sfuggendo


all’evapotraspirazione, non contribuisce al deflusso del bacino, ma va ad alimentare, per
via sotterranea, acquiferi esterni al bacino medesimo. Di difficile valutazione diretta, è
normalmente calcolata per differenza (Ie= P-Er-Q) una volta noti gli alti termini del bilancio.
Dispense di Idrogeologia – Fondamenti di Idrogeologia - Cap. 1 e Cap. 2 - 20

In Italia la rete di monitoraggio dei principali parametri idroclimatici è gestita dal Servizio
Idrografico, un ufficio speciale del Genio Civile, la cui gestione è, oggi, di competenza
delle Regioni. Tale Ufficio pubblica ogni anno i risultati delle proprie reti di rilevamento,
regione per regione e comunque con mocro-suddivisioni territoriali che ricalcano limiti non
politici, ma idromofologici, cioè gli spartiacque dei bacini idrografici, in volumi speciali detti
Annali Idrologici. Questi sono suddivisi in due volumi: nella Parte Prima vengono riassunti i
rilievi termometrici , pluviometrici e nivometrici delle stazioni raggruppate a seconda del
bacino imbrifero di appartenenza, mentre nel Parte Seconda vengono riportate le
risultanze delle misure di portata effettuate in varie sezioni fluviali, normalmente una per
bacino, almeno per quelli di maggior rilievo.

Scelta dell’anno idrologico medio (A.I.)


Come detto, la definizione dei vari parametri del bilancio deve essere riferita ad uno stesso
periodo medio il più lungo possibile. Bisogna quindi riferire i nostri calcoli ad un arco
temporale nel quale abbiano simultaneamente funzionato le stazioni pluviometriche (per la
determinazione degli afflussi), quelle termometriche (dato che sulla temperatura è basata
la valutazione empirica dell’evapotraspirazione) e, qualora esista e corrisponda alla
sezione di chiusura del bacino, quella idrometrica dalla quale si ricavano i deflussi.
Normalmente è al periodo di funzionamento di quest’ultima che si fa riferimento per la
definizione dell’A.I. dato il fatto che, se è presente, è normalmente l’unica, mentre più
numerose sono, come vedremo, quelle termometriche ed, ancor più, quelle
pluviometriche.
Dispense di Idrogeologia – Fondamenti di Idrogeologia - Cap.2 (a) - 21

2.2 - CENNI DI STATISTICA APPLICATA ALL'IDROGEOLOGIA

DEFINIZIONI

Statistica descrittiva: Tende ad ottenere tutte le informazioni possibili sui dati raccolti
mediante un loro adeguato riordino
Statistica matematica: Si basa sulla comparazione del fenomeno studiato attraverso
modelli probabilistici teorici al fine di ottenere delle informazioni
no derivabili da un semplice riordino dei dati

Le fasi dell'analisi statistica:1- Raccolta dei dati;


2- Lettura ed ordinamento dei dati;
3- Elaborazione dei dati attraverso procedimenti
matematico-statistici;
4- Interpretazione dei risultati

LE SERIE E LE VARIABILI STATISTICHE


Le serie statistiche sono delle successioni di dati ordinati in base ad un determinato
criterio; ad es.: cronologico o storico (=andamento, nel tempo, del fenomeno rilevato in un
punto), geografico (=andamento del fenomeno rilevato nello spazio) alfabetico, ecc.

Anno Siena Grosseto Stazione Pluviometrica P Annua


1978 907 586 Poggibonsi 778
1979 1026 769 Volterra 861
1980 902 793 Larderello 957
1981 766 584 Cecina 796
1982 746 734 Follonica 655
1983 679 546 Grosseto 623
1984 1048 671 Siena 791
1985 558 544 Pienza 716
1986 779 645 Orbetello 712
1987 954 987 S. Fiora 1469
Serie Storica: Andamento delle piogge (mm), Serie Geografica: Piogge medie (mm), nel
a Siena e Grosseto nel periodo 1978-1987. periodo '51-'80, nella Toscana meridionale

Se il fenomeno si ripete secondo un certo ciclo, la serie e detta anche ciclica


Al carattere quantitativo (e quindi numerico) del fenomeno (caratteri di una pioggia
sono, ad es.: l'intensità massima istantanea di 1 giorno, la quantità giornaliera) viene
associato il concetto di variabile statistica.
Le variabili statistiche possono essere:
continue, quando il carattere osservato può assumere qualunque valore compreso o non
compreso in un certo intervallo: ad esempio il livello piezometrico dell'acqua in
un pozzo;
Dispense di Idrogeologia – Fondamenti di Idrogeologia - Cap.2 (a) - 22

discontinue o discrete, quando il carattere può assumere solo valori determinati da un


certo intervallo, o solo valori numerici interi: ad esempio il
numero dei giorni piovosi di un mese.
Le variabili vengono talvolta suddivise in classi, intendendo con questo termine gli
intervalli nei quali la variabile è suddivisa in una tavola di frequenza. La scelta del numero
e dell'ampiezza delle classi è normalmente arbitrario, dipendendo dalla natura dei dati e
dagli scopi dell'indagine.
Se però si vogliono avere indicazioni circa il numero di classi in cui discretizzare (o
suddividere) una determinata variabile, si può ricorrere alla Regola di STURGES che ci
indica, in funzione del numero dei dati componenti la serie (N), il numero delle classi (K) in
cui essa può essere suddivisa senza perdere dettaglio nell'informazione:

K = 1 + 3,3 log10 N
A ciascuna classe apparterranno un certo numero di casi che ne costituiranno la
frequenza relativa (o frequenza assoluta se espressa in % rispetto al numero totale dei
casi della serie)

RAPPRESENTAZIONI GRAFICHE
Diagrammi Lineari (o a punti): 1200
1000
In questi tipi di grafici viene rappresentato
P annua (mm)

800
l'andamento di una variabile secondo intervalli 600
400
regolari. Nell'es. in Figura è rappresentato Siena
200
Grosseto
l'andamento delle piogge annue registrate in due 0
1978 1979 1980 1981 1982 1983 1984 1985 1986 1987
stazioni pluviometriche.

Diagrammi a Barre ed a Barre Cumulate


E' particolarmente adatta per rappresentare fenomeni in cui la variabile indipendente è di
tipo qualitativo (ad es. la permeabilità relativa dei terreni) oppure è discretizzata in classi

35 100
90
30
Elevata 80
70
25 Buona
60
Sup. %

Mediocre
50
Sup. %

20
Scarsa
40
15 30
20
10
10
5 0
Cornia Merse Orcia Elsa Cecina
0
Permeabilità relativa dei terreni in vari bacini
Elevata Buona Mediocre Scarsa
Permeabilità relativa dei terreni nel Bacino del F. Cornia Elevata Buona Mediocre Scarsa
Dispense di Idrogeologia – Fondamenti di Idrogeologia - Cap.2 (a) - 23

(ad es. la ripartizione dell'area di un bacino in varie classi di quota). Sono formati da
rettangoli aventi basi uguali ed altezze proporzionali all'intensità del fenomeno da
rappresentare.

Grafici a settori circolari


Sono particolarmente adatti per mettere in evidenza sia il valore assoluto di un certo
fenomeno, sia la sua composizione. L'area del cerchio viene assunta proporzionale al
valore assoluto del fenomeno in esame per cui l'angolo al centro (pari a 360°) ne
rappresenterà il 100%. Ogni carattere del fenomeno sarà rappresentato da settori circolari
aventi angolo al centro proporzionale alla relativa percentuale
ACQUA SULLA TERRA 1400
ACQUA DOLCE SULLA TERRA 42
AFRICA Milioni di km cubi
Permeabilità terreni nel bacino F. Cornia Milioni di NORD AMERICA
ACQUA SALATA 10,2%
km cubi
17,1%
97,0%

Scarsa 27,1% ASIA


33,3%
33%
SUD AMERICA
5,0% 7,1%
ACQUA DOLCE 3,0%
Elevata AUSTRALIA EUROPA

5% RISORSA RINNOVABILE RISORSA RINNOVABILE


DI ACQUA DOLCE SOTTERRANEA 13 DI ACQUA DOLCE SUPERFICIALE 30
Migliaia di Migliaia di
NORD AMERICA km cubi NORD AMERICA AFRICA km cubi
AFRICA
17,4% 9,9%
16,2 12,0

ASIA
ASIA 25,0%
34,9%
SUD AMERICA 28,2 SUD AMERICA
30,9

AUSTRALIA 4,3 8,4 EUROPA AUSTRALIA 5,9% 6,9% EUROPA

Buona AFRICA 44 RISORSA SUPERFIC. 168


NORD AMERICA Migliaia di
10,5% km
30% 17,1% km cubi 39,3%

Mediocre 44,0
32% ASIA
%

SUD AMERICA 32,8%


16,7% PERDITE PER
26,9%
EVAPOTRASPIRAZIONE
5,5% 7,3% RISORSA SOTTERRANEA
AUSTRALIA EUROPA
RISORSA RINNOVABILE DI ACQUA
RISORSA RINNOVABILE TOTALE DOLCE IN ITALIA

Rappresentazioni su scale logaritmiche


Tali scale sono utilizzate
P o rta te m a s s im e , m in im e e m e d ie d e l T . F a rm a

prevalentemente quando il
1000

Q m ax
campo di variazione dei
Q m in

100
Q m ed caratteri di una serie è
talmente ampio da non poter
10 essere rappresentato in
Portata im mc/sec

modo chiaro su scale lineari


1 (Es.: curve rappresentanti
l'andamento delle portate
0 .1
min., med. e max di un
fiume). Le scale logaritmiche
0 .0 1

G F M A M G L A S O N D
Dispense di Idrogeologia – Fondamenti di Idrogeologia - Cap.2 (a) - 24
Abbassamenti (m) to= 5500 sec. ca.
o semilogaritmiche vengono anche 0
0.25
0.5

utilizzate per elaborazioni per le 0.75


1
1.25
quali i modelli matematici 1.5
C= 2.15 m
1.75
2
necessari ne prevedono l'utilizzo 2.25
2.5

(Es.: curve abbassamenti- 2.75


3
3.25

logaritmo dei tempi per l'analisi dei 3.5


3.75
4

dati relativi a prove di 4.25


4.5
4.75
emungimento). 5
1,000 10,000 100,000 1,000,000

Log t (sec)

Cartogrammi
Sono costruiti sulla base di carte geografiche e topografiche dove, mediante diversa
colorazione o tratteggio, viene indicata la qualità o la diversa intensità che un dato
fenomeno raggiunge nelle varie suddivisioni territoriali considerate. Tali suddivisioni
possono essere amministrative (limiti comunali) o di altro tipo come, ad es., le formazioni
geologiche, i complessi idrogeologici o i bacini idrografici

RAPPRESENTAZIONE GRAFICA DI DISTRIBUZIONE DI FREQUENZA


Istogramma
120
F.so BOVALICO : Andamento dei parametri del bilancio idrologico E' la rappresentazione statistica più
110 (A.I. 1952¯60+69¯72)

100 P (mm)
Er (mm)
Q (mm)
Ie (mm)
usuale delle frequenze relative ad una serie
90

80 di dati (seriazioni). Si passa, normalmente,


70

60 attraverso una discretizzazione in classi


50

40 della variabile indipendente (X) alle quali


30

20
viene associato un rettangolo di altezza
10

0
proporzionale al valore medio che la
-10

-20
variabile dipendente (Y) assume nel campo
-30
Gen. Feb. Mar. Apr. Mag. Giu. Lug. Ago. Set. Ott. Nov. Dic.
di variazione della classe e questo espresso
sia in termini assoluti (%) che relativi.
Sup. (kmq)
800

700
Se gli intervalli di suddivisione in classi sono
600 di uguale ampiezza, le frequenze relative a
500
ciascuna classe sono proporzionali sia
400
all'altezza che alla superficie dei
300

200 corrispondenti rettangoli. Se gli intervalli


100
delle classi hanno diversa ampiezza,
0
0 100 200 300 400 500 600 700 800 900 1000 1100 1200 1300 1400 1500 1600 1700
Quota (m s.l.m)
occorre invece utilizzare la densità media
Dispense di Idrogeologia – Fondamenti di Idrogeologia - Cap.2 (a) - 25

delle frequenze (Frequenza


800

700
totale della classe ampiezza
600 della classe) relative a
500
Sup. (kmq)

ciascuna classe, così che le


400

300 superfici dei rettangoli risultino


200
proporzionali alla frequenza
100
delle corrispondenti classi.
0
0 100 200 300 400 500 600 700 800 900 1000 1100 1200 1300 1400 1500 1600 1700

Quote (m s.l.m) Unendo le estremità centrali di


ciascuna classe mediante una
spezzata, si può passare dall'istogramma alla curva di densità.
Tale tipo di rappresentazione compare frequentemente nelle analisi statistiche ed appare
normalmente caratterizzata da un solo valore max (moda) da cui il nome di curva
unimodale.
Tali curve possono tuttavia presentare le più svariate morfologie dando origine a
curve zeromodali, bimodali, omegamodali ecc., risultanti dalla osservazione dei più svariati
fenomeni.

Distribuzioni integrali di frequenze o distribuzioni cumulate


Vengono considerate, al posto delle frequenze corrispondenti a ciascuna classe (o a
ciascun valore) le frequenze corrispondenti a valori della variabile che risultino non
superiori o non inferiori ad un certo limite.

LA MEDIA: Si possono distinguere:


Media aritmetica semplice (m) di una serie è il rapporto tra la somma dei valori numerici

n della variabile (X) considerata ed il numero dei valori. In una curva relativa
xi
m= ∑ alla distribuzione integrale della frequenza, essa è rappresentata dal
i=1 n valore corrispondente al 50% delle frequenze cumulate.

Media aritmetica ponderata (m) - Se le intensità della variabile (X) si presentano con una

n loro frequenza (Y= peso), nel calcolo del valore medio della serie
xi • yi
m= ∑ n
dovrà tenersi conto di tali pesi. Cosi il valore medio ponderato
i=1
∑ yi risulterà uguale al rapporto tra la sommatoria dei prodotti delle
i=1 intensità di X per i relativi pesi e la sommatoria dei pesi medesimi.

La MODA o NORMA, è il valore della variabile che si presenta con maggior frequenza e
può quindi corrispondere a qualsiasi termine della distribuzione, anche coincidente con la
Dispense di Idrogeologia – Fondamenti di Idrogeologia - Cap.2 (a) - 26

media. Il concetto di norma presuppone, quindi, che si operi con una distribuzione di
frequenze.

La MEDIANA di una serie ordinata, non decrescente, è la grandezza che divide la


graduatoria in 2 parti tali che il numero dei termini che la precedono sia uguale al numero
dei termini che la seguono. Se il numero dei termini è dispari, la mediana corrisponde con
il termine centrale; se invece è pari, si avrà una coppia di valori mediani e la mediana sarà
quindi pari alla semisomma dei due valori.
La principale proprietà di cui gode la mediana è che: la somma dei valori assoluti degli
scarti dei singoli termini della distribuzione dalla mediana è minima.
Concentrazioni %
100
TRACCIANTE: Concentr. % cumulate Vs Tempo
90

80

70

60

50

40

30

20 TRACCIANTE:
Concentr. % Vs Tempo

10

0
0 5 10 15 20 25 30 35
MEDIANA MODA
TEMPO (gg)
MEDIA

VARIABILITA' O DISPERSIONE
Tale concetto si riferisce al modo in cui i termini di una distribuzione (Variabile) si
addensano intorno al loro valore medio.
Questo può essere analizzato attraverso gli indici di variabilità:
- campo di variazione: è la differenza tra i termini a valore max e min di n
|xi - m|
Sm = ∑
una distribuzione; i=1 n
- scostamento o scarto semplice dalla media (Sm):è dato dalla n
|xi - m|• yi
Sm = ∑
media degli scarti in valore assoluto di ciascun termine della serie dal i=1
n
∑ yi
i=1
valore medio della serie medesima.
Per le distribuzioni di frequenza esso corrisponderà alla media degli scarti per i relativi pesi
Dispense di Idrogeologia – Fondamenti di Idrogeologia - Cap.2 (a) - 27

n - lo scarto quadratico medio (S): è il più usato

∑ i=1
( Xi − m )2 degli indici di variabilità e corrisponde alla media del

S = quadrato degli scarti di ciascun valore della serie


n dalla media aritmetica della serie medesima. Anche
in tal caso, se si opera su di una distribuzione di
n
frequenza, entreranno in gioco i relativi pesi.
∑ (X i − m )2 • y i
i =1 L'importanza di questo indice sta nel fatto che esso
S = n
∑ y i rappresenta quantitativamente la dispersione dei
i=1
valori della serie intorno alla relativa media.

Per serie inerenti fenomeni naturali lo S consente anche di fare delle previsioni circa le
entità dei futuri valori che il fenomeno assumerà; infatti si avrà la probabilità del 68% che
un futuro valore ricada nel range m ± S e quella del 99% che invece ricada nel range
m ± 3 S . Inutile precisare che quanto più piccolo sarà il valore di S tanto meno variabilità
avrà il fenomeno analizzato e le analisi di questo potranno essere statisticamente
significative anche disponendo di un numero di dati limitato.

Portata
(l/s) ANDAMENTO PORTATE MISURATE SORGENTE ERMICCIOLO
300
280
260
240
220
200
180
160
140
120
100
80
60
40
Q annua ± S.Q. Medio ± 3 S.Q.M.
Q Media
20
0
1939 1941 1943 1945 1947 1949 1951 1953 1955 1957 1959 1961 1963 1965 1967 1969 1971 1973 1975 1977 1979 1981 1983 1985 1987

- la varianza (S2): corrisponde al quadrato dello scarto quadratico medio.


Dispense di Idrogeologia – Fondamenti di Idrogeologia - Cap.2 (a) - 28

mm
2.300
2.200
2.100
ACQUIFERO DEL M. AMIATA-PRECIPITAZIONI
2.000
1.900
1.800
1.700
1.600
1.500
1.400
1.300
1.200
1.100
1.000
900
800
700
600
P annua (mm) ± S.Q. Medio (mm) ± 3 S.Q.M. (mm) P Media (mm)
500
400
300
1939 1941 1943 1946 1948 1950 1952 1954 1956 1958 1960 1962 1964 1966 1969 1971 1973 1975 1977 1979 1981 1983 1985 1987

„ coefficiente di variazione (Cv): è dato dal rapporto tra lo scarto quadratico medio e la
media aritmetica della serie. Tale indice serve a rendere

S comparabili fenomeni espressi in diverse unità di misura

Cv = (ad es. variabilità di piogge e temperature) e fenomeni che


differiscono per l'ordine di grandezza dei valori della serie

m (ad es. piogge relative a 2 diverse stazioni pluviometriche


poste in situazioni climatiche diverse).

- scarto quadratico medio della media relativo (Smr): definito come il rapporto tra il
coefficiente di variazione e la radice quadrata del numero (n) degli elementi costituenti la
serie. Tale indice fornisce indicazioni circa

Cv l'attendibilità della media relativa alla serie analizzata;

Smr = nelle applicazioni idrologiche il valore della media


è da ritenersi accettabile per uno Smr<5%, da

n buono a mediocre per uno 5%≤Smr≤15% ed


inaccettabile per uno Smr>15%
Dispense di Idrogeologia – Fondamenti di Idrogeologia - Cap.2 (a) - 29

CORRELAZIONE
Ha lo scopo di verificare se, tra due variabili relative ad una stessa serie, vi sia una
qualche relazione e di stabilirne eventualmente il tipo e l'intensità del legame che lega le
due variabili tra loro.

COEFFICIENTE DI CORRELAZIONE LINEARE


Due variabili sono correlate
70
linearmente se ad incrementi
60
di una variabile
50
corrispondono mediamente
40 incrementi proporzionali
30 dell'altra variabile. Questo
significa che in un grafico XY
20
le coppie di valori individuano
10
DIAGRAMMA DI DISPERSIONE punti che tendono a disporsi
0
0 50 100 150 200 250 300 350 intorno ad una retta
crescente (correlazione positiva e pendenza della retta positiva) o decrescente
(correlazione e pendenza negative).
Accertato il fatto che le coppie di valori siano distribuite intorno ad una retta, rimane da
definire se i punti sono più o meno concentrati intorno a questa dato che quanto più
questo è vero, quanto più il valore di una variabile può darci precise indicazioni sul valore
che l'altra variabile può assumere.
Se ad esempio i punti fossero perfettamente allineati lungo la retta, la conoscenza del
valore di una delle due variabili comporterebbe automaticamente la conoscenza dell'esatto
valore dell'altra variabile. Le variabili sarebbero inoltre l'una funzione lineare dell'altra
secondo le: Y = a + bX o X = (Y-a)/b

Siccome nelle analisi statistiche i punti non si trovano quasi mai perfettamente
allineati, ma sempre variamente distribuiti intorno ad una retta, sorge la necessità di
definire un indice che valuti il grado di dispersione di detti punti dalla retta e quindi
l'intensità del legame di correlazione lineare tra le variabili X ed Y.
L'indice all'uopo correntemente utilizzato è il Coefficiente di
Sxy
r=
correlazione lineare (r) definito come il rapporto tra la covarianza di
XY ed il prodotto dei rispettivi scarti quadratici medi.
Sx • Sy
Dispense di Idrogeologia – Fondamenti di Idrogeologia - Cap.2 (a) - 30

La covarianza (Sxy) è un parametro che mette in evidenza se e in che misura due


variabili tendono a variare nello stesso senso od in senso contrario e si esprime con:

1 n
Sxy = ∑ ( Xi − mx ) • (Yi − my )
n i =1

Tale indice (r) è sempre compreso nell'intervallo -1≤ r ≤+1 e risulta pari a -1 o a +1
nel caso di una perfetta correlazione lineare, rispettivamente, negativa o positiva (punti
allineati lungo una retta); più in generale tanto più vicino tale indice sarà a ±1, tanto
maggiore sarà il grado di correlazione lineare tra le 2 variabili.
Normalmente al posto del coefficiente di correlazione lineare (r) viene usato il
Coefficiente di determinazione lineare (r2) il quale, ovviamente risulterà sempre
compreso nel range 0 ≤r2 ≤ 1; è evidente che ad r2=0 corrisponderà l'assenza di
correlazione e ad r2=1 corrisponderà una perfetta correlazione lineare sia positiva che
negativa.
Tale coefficiente è inoltre più preciso nel definire il grado di correlazione tra due
variabili; infatti se per esse si determina un r=0,9 a questo corrisponderà un r2=0,81.
Temperatura media annua (°C)
18

Albegna
17
T= 15.85 + (-0.005702) H
16
r²= 98%
15

14

13

12

11

10

0 200 400 600 800 1000


Quota (m s.l.m.)
Dispense di Idrogeologia – Fondamenti di Idrogeologia - Cap.2 (a) - 31

REGRESSIONE
Regressione dicasi il modello o la funzione matematica che meglio rappresenta i
rapporti di correlazione tra 2 variabili X e Y.

REGRESSIONE LINEARE
Espressa dalla funzione Y=a + bX;

La retta, tra le infinite possibili, che meglio approssima le n coppie di valori XY sarà una
retta di regressione per la quale risulta minima la media dei quadrati degli scarti
(verticali) tra i valori empirici di Y ed i valori forniti dalla retta (Retta dei minimi quadrati).
Conseguentemente il coefficiente di determinazione lineare(r2) sarà funzione della
media dei quadrati degli scarti verticali e della varianza di Y:

Altri modelli di regressione di tipo lineare sono:

- Il LOGARITMICO definito dalla funzione: Y = a + b (ln X )


Sy2
- L'ESPONENZIALE definito dalla funzione: Y = ae bX r = 1− 2
2
- Il POTENZIALE definito dalla funzione: Y = aX b dove a>0 S y
70 70
MODELLO LINEARE MODELLO LOGARITMICO
Scarto vericale
60
Y= a+bX (r2 =0.81) 60
Y= a+b (lnX) r2 =0,8)
50 50

40 40
Scarto vericale
30 30

20 20

10 10

0 0
0 50 100 150 200 250 300 350 0 50 100 150 200 250 300 350

70 70
MODELLO ESPONENZIALE MODELLO POTENZIALE
2 b
60
Y= ae bX
(r = 0.78) 60
Y= aX (r 2 =0.78)
50 50

40 40

30 30

20 20

10 10

0 0
0 50 100 150 200 250 300 350 0 50 100 150 200 250 300 350
Dispense di Idrogeologia – Fondamenti di Idrogeologia - Cap.2 (a) - 32

CENNI SULLA REGRESSIONE O CORRELAZIONE MULTIPLA

Il problema è perfettamente analogo alla regressione lineare semplice ; si vuole trovare,


cioè, un’espressione analitica che esprima in maniera sintetica i valori teorici di una
variabile dipendente (Y), in funzione non di una, ma di più variabili indipendenti (X).
Fra le possibili funzioni di regressione, particolare importanza occupano le combinazioni
lineari di più variabili, cioè funzioni del tipo:

Y= a + b1 X1 + b2 X2 + b3 X3+......+bn Xn

cui corrisponde un iperpiano ad n dimensioni e che può essere interpolato da un iperpiano


di regressione attraverso il criterio dei minimi quadrati. Anche in questo caso si tratta di
ricercare i valori dei coefficienti a e b1-n per i quali risulti minima la media dei quadrati degli
scarti verticali tra i valori della variabile Y e l’iperpiano di regressione.

P O R TA TA D E LLA S O R G E N TE E R M IC C IO LO C A LC O LA TA
A TT R A V E R S O IL C R ITE R IO D E L LA R E G R E S S IO N E M U LT IP LA
D E I D A T I ID R O C LIM A TIC I R E LA T IV I A LL'A N N O P R E C E D E N TE
10
V A LO R I O S S E R V A T I

9
V A L O R I F ITT A T I

4 D A TI D I B A S E E R IS U L TA TI D E LL A R E G R E S S IO N E M U L TIP LA
V ariabili ind ip en den ti C o effic.
3 P R E C IP IT A Z IO N I A N N U E LIS C IA T E N E LLA S T A Z IO N E D I C ASPELD E LPIA N O 1020
P R E C IP IT A Z IO N I A N N U E LIS C IA T E N E LLA S T A Z IO N E D I V IV O D 'O R C IA 403
P R E C IP IT A Z IO N I A N N U E LIS C IA T E N E LLA S T A Z IO N E D I C ASELLO D E L G U AR D . 2210
2 P R E C IP IT A Z IO N I A N N U E LIS C IA T E N E LLA S T A Z IO N E D I S A N T A F IO R A 1396
P R E C IP IT A Z IO N I A N N U E LIS C IA T E N E LLA S T A Z IO N E D I A B B A D IA S . S A L V . 1530
PR EC IP IT AZ IO N I AN N U E LISC IA T E N E LLA ST AZ IO N E D I P IAN C AST AG N A IO 644
P R E C IP IT A Z IO N I A N N U E LIS C IA T E N E LLE V U LC A N IT I D E L M . A M IA T A -7204
1 E C C E D E N Z A ID R IC A A N N U A N E LLE V U LC A N IT I D E L M . A M IA T A 0,023

P ortataC O E F FIC IE N TE D I C O R R E L A Z IO N E = r
2
= 0,979
0
39 41 43 46 48 50 52 54 56 58 60 62 64 66 69 71 73 75 77 79 81 83 85 87
Dispense di Idrogeologia – Fondamenti di Idrogeologia - Cap.2 (a) - 33

VARIABILITA’, CICLICITA’ E TREND DELLE SERIE IDROLOGICHE


L’estrema variabilità con cui si manifestano i fenomeni idrologici e la casualità con cui
appaiono avvenire tali variazioni, inducono a pensare che, per quanto riguarda la
valutazione delle risorse idriche, non basti aver valutato l’attendibilità statistica delle serie
temporali esaminate e quindi dei relativi valori medi: questi possono risultare
statisticamente significativi e, nel contempo, fornirci errate valutazioni sull’entità della
risorsa futura. Infatti se si analizzano varie finestre temporali di una stessa serie, ci si
accorge che tutti i valori medi che ne derivano, pur essendo anche sensibilmente diversi,
sono tutti statisticamente corretti.

P A R A M E T R I S T A T IS T IC I D E L L E P R E C IP IT A Z IO N I R E G IS T R A T E A
V O L T E R R A R E L A T IV A M E N T E A V A R I P E R IO D I

1 8 8 1 -1 9 8 0 1 9 1 1 -1 9 8 0 1 9 3 1 -1 9 8 0 1 9 4 1 -1 9 8 0 1 9 5 1 -1 9 8 0 1 9 6 1 -1 9 8 0 1 9 7 1 -1 9 8 0 1 9 3 5 -1 9 7 2

N 93 70 50 40 30 20 10 38

MED 1 .0 3 0 1 .0 0 0 866 839 833 826 742 885

VAR 9 5 .1 2 1 1 0 0 .4 0 5 2 3 .0 2 4 2 0 .9 9 1 1 8 .0 4 9 1 5 .0 8 9 1 5 .7 0 9 2 4 .0 7 6

SQM 308 317 152 145 134 123 125 155

CV 0 ,3 0 0 ,3 2 0 ,1 8 0 ,1 7 0 ,1 6 0 ,1 5 0 ,1 7 0 ,1 8

SQMR% 3 ,1 0 3 ,7 9 2 ,4 8 2 ,7 3 2 ,9 4 3 ,3 2 5 ,3 4 2 ,8 5

SQMA 32 38 21 23 25 27 40 25
P re c ip ita z io n i m e d ie (m m ) E rro re p ro b a b ile (% )
mm %
1 .2 0 0 12
11
1 .0 0 0 10
9
800 8
7
600 6
5
400 4
3
200 2
1
0 0
1 8 8 1 -1 9 8 0 1 9 1 1 -1 9 8 0 1 9 3 1 -1 9 8 0 1 9 4 1 -1 9 8 0 1 9 5 1 -1 9 8 0 1 9 6 1 -1 9 8 0 1 9 7 1 -1 9 8 0

Per ovviare a queste difficoltà, si può ricorrere a più sofisticate elaborazioni statistiche
appositamente studiate per l’analisi delle serie temporali di variabili casuali, come:
Dispense di Idrogeologia – Fondamenti di Idrogeologia - Cap.2 (a) - 34

- Il rapporto di Hurst, che ci indica lo scostamento di ogni singolo valore della serie
rispetto alla media ed in rapporto alla variabilità della serie medesima;

RAPPORTO DI HURST (Panno-Pm ed /SQM) RAPPORTO DI HURST CUMULATO


- STAZIONE DI VOLTERRA
- STAZIONE DI VOLTERRA 30

3 25

20
2
15
1
10
0
5
-1
0
-2
-5
1885 1893 1901 1909 1922 1932 1940 1948 1956 1964 1972 1980 1885 1893 1901 1909 1922 1932 1940 1948 1956 1964 1972 1980

- lo smoothing, che fornisce indicazioni circa l’eventuale presenza di ciclicità


nell’andamento temporale del fenomeno analizzato;

- il trend, che invece indica qualitativamente la tendenza evolutiva futura del fenomeno.

A fflu s s i ( m m )
2200
2000
a
1800
1600
1400
1200
1000
800
600
1940 1950 1960 1970 1980 1990 2000 2010
P o r t a t a m e d ia d e ll'a c q u if e r o ( l/ s )
2600
2400
b
2200
2000
1800
1600
1400
1200
1000
1940 1950 1960 1970 1980 1990 2000 2010

1 2 3 4
1- Valori annui 2- Valore medio della serie 3- Valori lisciati 4- Trend
Dispense di Idrogeologia – Fondamenti di Idrogeologia - Cap.2 (b) - 35

2.3 - AFFLUSSI METEORICI


Uno dei componenti principali del ciclo idrologico è la Precipitazione (o Afflusso); essa può
essere classificata come il fattore essenziale in quanto costituisce la materia prima di detto
ciclo.
Quando l’acqua, allo stato liquido o solido, cade sulla superficie terrestre, si dice che ha
precipitato. Il vapore acqueo contenuto nell’aria, in conseguenza delle variazioni di
pressione e temperatura e dei movimenti dell’aria stessa, con l’aiuto di minuscoli nuclei di
condensazione e di materiale solido in sospensione, si riunisce a formare gocce d’acqua o
cristalli di ghiaccio e cade vincendo le forze opponenti sulla superficie terrestre.
Le gocce di pioggia sono 106 volte più grandi dei corpuscoli d’acqua dell’aerosol che
costituisce le nubi, avendo un diametro medio compreso tra 0.5 e 2.5 mm
Le precipitazioni sono un fenomeno discontinuo nel tempo e nello spazio e per esse non
può parlarsi di una variazione giornaliera o annuale allo stesso modo di altri elementi
meteorologici; anche la loro distribuzione tanto nello spazio quanto nel tempo è
estremamente variabile. A seconda dei fenomeni meteorologici che le originano o le
accompagnano, abbiamo tre tipi di precipitazioni:
- Precipitazione convettiva: dovute all’innalzamento di masse d’aria più calde rispetto a
quelle circostanti;
- Precipitazione frontale o ciclonica: associate al passaggio di cicloni e sono distinte in
frontali (dovute all’innalzamento di masse d’aria calda sopra masse d’aria fredda) e non
frontali.
- Precipitazione orografica o pioggia di rilievo: si verificano quando una massa d’aria,
incontrando un rilievo del suolo si eleva lungo le sue pendici e, nel contempo per
l’avvenuta espansione, si raffredda dando origine alla pioggia.

2.3.1 - La misura delle precipitazioni


La pioggia è probabilmente il primo elemento meteorologico che l’uomo ha misurato: in
proposito si hanno notizie di misurazioni effettuate in India già nel IV secolo A.C.
La misura delle precipitazioni è data dall’altezza in mm alla quale si eleverebbe sul suolo
lo strato d’acqua caduta se questa non scorresse, non si infiltrasse e non si perdesse per
evaporazione. Questa altezza la si deduce dal volume d’acqua caduto su una superficie
orizzontale di nota area.
Su tale principio sono basati gli strumenti che la misurano: i Pluviometri. Questi sono
costituiti, nella forma più semplice, da un serbatoio cilindrico fornito di un coperchio a
Dispense di Idrogeologia – Fondamenti di Idrogeologia - Cap.2 (b) - 36

forma di imbuto che ha lo scopo di raccogliere le acque di pioggia evitandone


Fig. 12a - Pluviometro l'evaporazione; sul fondo dello strumento è collocato un rubinetto di
scarico per la misura dell'acqua (Fig. 12a). I pluviometri utilizzati dal
Servizio Idrografico di Stato sono costruiti in modo tale che il volume
Imbuto
collettore
delle precipitazioni, espresso in litri, corrisponda all'altezza di pioggia,
espressa in centimetri. Detto Servizio utilizza, nella propria rete di
osservazione, anche i cosiddetti pluviografi (o pluviometri registratori);
Provetta
graduata
questi sono costituiti da un imbuto raccoglitore, con caratteristiche simili
a quelle dei pluviometri, e da un tubo flessibile di adduzione dell'acqua
ad un apparecchio registratore grazie al quale le principali
caratteristiche dei singoli eventi piovosi vengono trascritte su di un'idonea carta
diagrammata (Pluviogramma).

S is te m a R a c c o g lie n te LUNEDI MART E DI MERCOLEDI GI OVEDI


24 2 4 6 8 10 12 14 16 18 20 22 24 2 4 6 8 10 12 14 16 18 20 22 24 2 4 6 8 10 12 14 16 18 20 22 24 2 4 6 8 10 12 14 16 18 20 22 24

10 0 mm 10 0 mm

9 1 9 1

S is te m a m is u ra n te 8 2 8 2

7 3 7 3

S is te m a
6 4 6 4
s c riv e n te

5 5 5 5

S is te m a 4 6 4 6
ru o ta n te

3 7 3 7
L iv e llo m a x

2 8 2 8

1 9 1 9
L iv e llo m in .
0 mm 10 0 mm 10

Figura12b - Schema di pluviografo tipo Palazzo e Pluviogramma di un evento.

Ciò consente di valutare nel dettaglio gli eventi stessi, in particolare per quanto riguarda le
quantità e le intensità di pioggia per brevi durate (in genere, per 1, 3, 6, 12, 24 ore, ma
anche per periodi di pochi minuti) particolarmente utili per lo studio delle piene.
Data la loro estrema variabilità, ed affinché se ne abbiano delle misure significative ai fini
del bilancio idrologico, non è sufficiente che le relative osservazioni siano protratte per un
certo numero di anni; occorre anche verificare che la rete pluviometrica (cioè l'insieme
territoriale degli strumenti idonei alla misura delle precipitazioni) rispetti alcuni valori minimi
di dimensione delle maglie, specie quando si tratta di zone con una morfologia molto
variata, poiché nel calcolo dei volumi d'acqua caduti su una certa porzione di territorio i
valori registrati in un punto devono poi essere estesi all'area circostante.
Dispense di Idrogeologia – Fondamenti di Idrogeologia - Cap.2 (b) - 37

GENERALITA'
Strumento atto a registrare le precipitazioni atmosferiche su una striscia di carta diagrammata applicata sul tamburo di
un movimento ad orologeria; è particolarmente adatto per impieghi meteorologici ed industriali. E' uno strumento a
vaschetta ribaltabile e congegno registratore del numero dei ribaltamenti. La cattura della acqua avviene per mezzo di
un grosso imbuto che può essere installato a distanza e collegato con il registratore a mezzo di un tubo di gomma,
plastica piombo o altro. La vaschetta è munita di un dispositivo pneumatico brevettato che elimina gli errori dovuti alla
variazione di intensità delle precipitazioni. La registrazione avviene mediante una penna riempita di un inchiostro
speciale, la sui aderenza con la carta è regolabile per mezzo di una vite, il tamburo su cui si avvolge la carta
diagrammata è azionato da un movimento ad orologeria con scappamento ad ancora compensato montato su rubini; la
sua rotazione può essere trasformata da giornaliera a settimanale e viceversa mediante il semplice spostamento di un
pignone. La custodia dello strumento è costituita da una robusta fusione in lega leggera verniciata a fuoco e munita di
una ampia sfinestratura in plexiglas che permette la lettura del diagramma per 3/4 della sua lunghezza. Lo strumento è
munito di un dispositivo scosta-penna azionabile mediante levetta dall'esterno della custodia. Tutti i materiali impiegati
per la costruzione dello strumento sono stati scelti e trattati in modo particolare per impedirne la ossidazione; molte parti
sono in acciaio inossidabile. Lo strumento è corredato da: 1 imbuto collettore, 1 capsula di inchiostro speciale
incongelabile, 1 pennino di ricambio, 1 nettapenne.
I diagrammi sono forniti a richiesta.

CARATTERISTICHE TECNICHE
Altezza utile di registrazione 80 mm
Lunghezza del diagramma 415 mm
Sensibilità 0,2 mm di pioggia
Superficie di cattura 0,1 m2
Dimensioni 320x230x240 mm
Peso 5,300 kg

Fig. 12c - Pluviografo a vaschetta ribaltabile


Dispense di Idrogeologia – Fondamenti di Idrogeologia - Cap.2 (b) - 38

Fig. 12d - Moderna centralina meteorologica digitale


Dispense di Idrogeologia – Fondamenti di Idrogeologia - Cap.2 (b) - 39

Secondo la World Meteorological Organization, nelle nostre regioni questa rete


dev'essere mediamente costituita da una stazione ogni 600-900 km2 nelle zone di pianura
e da una ogni 150-200 km2 in quelle montuose (alla fine degli anni '60 in Italia la rete del
Servizio Idrografico, la più fitta, era di una stazione ogni 100 km2 circa; da allora,
purtroppo, la situazione è notevolmente peggiorata).
Nella Toscana meridionale, le cose sono fortunatamente andate assai meglio rispetto alla
media italiana: infatti, pur assistendo nel tempo ad una generale diminuzione di densità
della rete pluviometrica (fig. 11), la superficie unitaria controllata dalle stazioni realmente
funzionanti (su un'effettiva copertura areale pari a circa 12.000 km2) non raggiunge nel
complesso i 90 km2, con un valore massimo di circa 100 km2 per quelle ubicate a quote
comprese tra 100 e 600 m s.l.m.
S u p e fic ie u n ita ria c o n tro lla ta d a u n a s ta z io n e

195 1961 197 1980


1
10

80

60

40

20

0
P ia n u r a C o llin a M o n ta g n a T o ta le

Figura 12-Andamento nel tempo della superficie unitaria controllata dalle stazioni pluviometriche, suddivise
per fasce altimetriche, nella Toscana Meridionale.

Una misura globale della precipitazione, e non puntiforme come si ha con i normali
pluviometri, si ottiene per mezzo dei RADAR il cui recente impiego in meteorologia si sta,
pian piano, affermando. Senza entrare nel merito della tecnologia di queste delicate
misure, si ricorda che il radar è sostanzialmente un apparecchio radio ad alta frequenza
che emette brevi ed intensi impulsi concentrati in un fascio attraverso un’antenna ruotante.
Dispense di Idrogeologia – Fondamenti di Idrogeologia - Cap.2 (b) - 40

Se questo fascio colpisce le gocce d’acqua nell’atmosfera, una porzione di energia


contenuta nel fascio stesso viene riflessa e raccolta dal punto di trasmissione. Il segnale di
ritorno, opportunamente amplificato consente di determinare la distanza e l’orientamento
delle gocce, nonché, attraverso l’analisi e la misura della potenza dell’eco di ritorno, di
valutare l’intensità della pioggia e, conseguentemente, la sua misura.

2.3.2 - Valutazione delle precipitazioni


I DATI PLUVIOMETRICI PUNTUALI
Per la valutazione degli afflussi medi mensili ed annui relativi al territorio che si intende
studiare, si utilizzano normalmente i dati pluviometrici registrati presso le stazioni del
Servizio Idrografico di Stato e pubblicati sugli Annali Idrologici, Parte I (Ministero LL.PP.).
A tal fine bisognerà dapprima procedere alla scelta delle stazioni pluviometriche utili
facendo riferimento alla loro ubicazione rispetto al bacino in oggetto: queste devono
essere nel maggior numero possibile (una maggiore densità comporta minori errori di
valutazione) ed ubicate sia all’interno del bacino che nelle sue immediate vicinanze in
modo da permettere, poi, una più corretta valutazione degli afflussi nel bacino medesimo.
Negli annali Idrologici è possibile consultare l’elenco delle stazioni funzionanti suddivise
per bacini idrografici di appartenenza; per esse è riportato anche il periodo di
funzionamento il quale dovrà corrispondere, almeno in parte all’anno idrologico medio
prescelto.
Nelle pagine che seguono sono riprodotte pagine esemplificative degli Annali Idrologici -
Parte Ia - inerenti i principali tipi di informazioni da questi desumibili (Figg.14a, b, c, d, e).
Dispense di Idrogeologia – Fondamenti di Idrogeologia - Cap.2 (b) - 41

Figura 14a- Esempi di presentazione dei dati pluviometrici negli annali idrologici, Parte I.
Dispense di Idrogeologia – Fondamenti di Idrogeologia - Cap.2 (b) - 42

Figura 14b- Esempi di presentazione dei dati pluviometrici negli annali idrologici, Parte I.
Dispense di Idrogeologia – Fondamenti di Idrogeologia - Cap.2 (b) - 43

Figura 14c- Esempi di presentazione dei dati pluviometrici negli annali idrologici, Parte I.
Dispense di Idrogeologia – Fondamenti di Idrogeologia - Cap.2 (b) - 44

Figura 14d- Esempi di presentazione dei dati pluviometrici negli annali idrologici, Parte I.
Dispense di Idrogeologia – Fondamenti di Idrogeologia - Cap.2 (b) - 45

Figura 14e- Esempi di presentazione dei dati pluviometrici negli annali idrologici, Parte I.
Dispense di Idrogeologia – Fondamenti di Idrogeologia - Cap.2 (b) - 46

INTEGRAZIONE DATI PLUVIOMETRICI


E’ cosa assai frequente che alcune stazioni utili non abbiano funzionato tutti gli anni dell’
A.I. Se tali periodi non sono molto lunghi, in rapporto alla durata dell’A.I., o se comunque
le stazioni, per la loro ubicazione strategica, sono ritenute indispensabili per la valutazione
corretta degli afflussi (è bene ricordare che spesso, per commettere errori minori, è meglio
operare anche con dati ricostruiti piuttosto che eliminare stazioni e ridurre così la densità
della rete), le lacune di registrazione incontrate per vari periodi di non funzionamento di
alcuni strumenti, vengono colmate con il procedimento delle «medie analoghe di Hann»
(Tonini, 1983), operando cioè sui dati che, per l'A.I. scelto, sono invece forniti con
continuità dalle altre stazioni.
Il metodo prevede infatti che avendo a disposizione due serie di osservazioni comparabili,
nel caso nostro pluviometriche, delle quali una completa in relazione all’A.I. (stazione A
nell’es. di Fig. 13) e l’altra con minor periodo di funzionamento (stazione B), si possa
ammettere, entro certi limiti, che il rapporto (R) tra i rispettivi valori medi relativi al periodo
di funzionamento comune sia valevole anche per il periodo di assenza di rilievi nella
stazione carente di dati.

Stazione 1970 1971 1972 1973 1974 1975 1976 1977 1978 1979 1980 Med.
A.I.
A 979 948 1006 698 1041 968 1385 1045 1344 1475 1336 1111
Media periodo funzionamento comune= Med.70-77 A 1009

B 1006 975 1272 680 1038 930 1471 1273 1440 1580 1431 1191
Media periodo funzionamento comune= Med.70-77 B 1081

Rapporto tra le medie del periodo funzionamento comune: Val.78 B=Val.78 A x R, ecc. Dati
R = Med 70-77 B / Med. 70-77 A 1.071 mancanti ricostruiti

Figura 15-Schema di calcolo per l'integrazione di dati pluviometrici mancanti secondo il procedimento di Hann.

L’estrapolazione sarà tanto più attendibile quanto più piccolo è il periodo di mancato
funzionamento nella stazione da ricostruire e quanto più sono vicine le stazioni con cui si
opera.
Il risultato finale della raccolta e della integrazione dei dati pluviometrici mensili ed annui
sarà, per ogni stazione, una tabella riassuntiva in cui riporteremo tali dati per tutti gli anni
componenti l’A.I. prescelto; i valori d’interesse per i nostri calcoli saranno quelli medi
relativi a ciascun mese ed al totale annuo (Fig. 16).
Dispense di Idrogeologia – Fondamenti di Idrogeologia - Cap.2 (b) - 47

Stazione Pluviometrica di TORNIELLA


Quota (m s.l.m.) 442 N° rif.122
Bacino Ombrone Sottobacino Farma-Merse
Gen. Feb. Mar. Apr. Mag. Giu. Lug. Ago. Set. Ott. Nov. Dic. Anno
1931 116 165 162 70 117 28 2 10 30 176 221 50 1148
1932 60 41 226 88 141 48 96 15 75 139 205 232 1365
1933 129 179 65 33 48 75 1 1 77 108 170 193 1078
1934 26 97 221 140 61 98 3 39 143 173 136 231 1368
1935 111 154 58 55 62 111 26 38 27 308 245 166 1361
1936 178 129 104 152 148 119 4 6 122 182 55 66 1265
1937 177 25 211 138 90 67 87 45 108 116 235 273 1572
1938 57 10 18 61 105 20 6 90 122 108 130 197 922
1939 143 4 68 33 211 101 0 86 196 124 82 181 1230
1940 97 77 32 31 125 112 62 51 49 398 99 56 1188
1941 148 295 70 147 175 48 0 24 35 131 149 48 1268
1942 79 201 42 146 70 55 143 3 166 80 129 114 1226
1943 128 58 98 14 130 14 68 18 145 113 104 190 1079
1944 15 64 20 19 13 69 10 35 160 220 364 115 1105
1945 92 20 15 92 41 0 3 21 21 39 64 69 477
1946 80 4 153 44 82 39 56 122 2 132 269 70 1053
1947 97 239 119 44 25 65 4 45 171 116 109 130 1164
1948 172 82 1 74 106 85 22 14 43 130 10 36 773
1949 81 2 62 21 44 54 3 11 43 120 279 61 780
1950 74 50 32 124 56 13 0 81 119 117 205 171 1043
1951 184 200 117 44 115 13 38 45 123 35 130 156 1200
1952 86 57 17 6 22 2 77 60 224 79 90 188 908
1953 75 57 1 87 51 152 20 34 47 151 23 97 795
1954 54 102 84 67 161 86 69 69 5 25 91 20 833
1955 45 168 69 3 12 20 7 34 135 62 119 179 853
1956 174 42 71 227 56 67 41 30 69 66 156 31 1030
1957 99 99 19 120 137 36 50 6 11 109 87 104 877
1958 59 28 151 166 43 26 24 3 5 164 179 175 1021
1959 66 53 159 78 159 27 22 68 159 72 73 281 1218
1960 107 141 215 83 16 143 24 16 192 226 90 243 1496
1961 151 13 13 194 45 56 65 32 24 109 208 103 1014
1962 40 54 152 83 52 25 5 17 129 161 339 100 1156
1963 175 99 34 93 49 75 32 62 118 92 167 113 1106
1964 35 123 178 56 62 88 45 56 44 370 105 237 1398
1965 160 19 84 49 83 54 0 337 357 3 436 74 1654
1966 96 155 45 54 74 18 63 39 43 304 496 69 1455
1967 88 58 142 43 88 149 0 46 111 25 171 147 1068
1968 34 339 33 56 136 133 19 52 39 193 169 160 1363
1969 122 213 141 69 82 70 100 132 118 28 165 125 1365
1970 177 63 84 98 88 35 19 69 0 26 115 174 949
1971 100 64 44 82 133 82 2 27 54 21 203 17 829
1972 125 112 65 123 66 22 63 75 102 108 183 84 1127
1973 142 86 11 58 12 27 18 71 143 63 53 61 742
1974 66 185 79 116 65 35 4 30 154 74 102 13 923
1975 10 124 183 77 52 82 32 139 44 142 126 119 1129
1976 48 144 109 110 43 49 109 71 109 119 108 149 1169
1977 133 96 72 37 87 8 15 66 23 55 70 81 742
1978 181 142 69 214 112 54 48 26 39 81 15 101 1083
1979 297 105 145 172 0 60 23 71 111 139 192 147 1462
1980 116 39 197 59 94 39 10 46 0 267 266 81 1213
Media A.I. 106 101 91 85 81 59 33 52 92 128 160 126 1113

160

140
Andamento delle
120
precipitazioni
100
P (mm)

80
medie nell’Anno
60 Idrologico
40 considerato
20
S1

0
Gen. Feb. Mar. Apr. Mag. Giu. Lug. Ago. Set. Ott. Nov. Dic.

Figura 16- Tabella riassuntiva dei dati pluviometrici di una stazione, in relazione all’A.I. prescelto.
Dispense di Idrogeologia – Fondamenti di Idrogeologia - Cap.2 (b) - 48

USO DI STAZIONI FITTIZIE


In bacini assai montuosi può succedere che la copertura della rete pluviometrica a quote
elevate sia carente o, addirittura assente.
Appare chiaro che se le aree scoperte (desumibili attraverso l’analisi della Curva
Ipsografica di cui si è detto alle pagg. 16 e 17) rappresentano una buona percentuale
dell’area del bacino, la mancanza di dati ad esse relativi indurrà errori sensibili nella
determinazione degli afflussi del bacino medesimo. Per ovviare a eventuali carenze di
questo tipo può utilizzarsi la tecnica delle stazioni fittizie alle quali attribuire valori di
pioggia calcolati mediante la ricostruzione di gradienti pluviometrici locali.
A tal scopo si sceglieranno come stazioni fittizie, località rappresentative delle situazioni
orografiche non controllate; per le corrispondenti quote si ricercherà poi la legge che mette
in relazione la variazione di piovosità con la variazione di quota attraverso analisi di
regressione basate sui dati pluviometrici ed altimetrici di stazioni esistenti.
Tali stazioni di riferimento saranno scelte tenendo soprattutto conto della loro quota e della
relativa esposizione rispetto alle correnti maggiormente apportatrici di pioggia in
quell’area. Dall’analisi statistica potrà risultare, in funzione del grado di correlazione,
l’idoneità di più funzioni matematiche che correlano al meglio le piogge P con la quota H;
in tali casi dovranno privilegiarsi quei modelli che portano a descrivere gradienti
pluviometrici man mano decrescenti all’aumentare delle quote.
L’insieme dei valori medi mensili ed annui
3000
relativi a ciascuna stazione, reale ed anche
2500
fittizia se necessaria, costituiscono i dati di
base per la valutazione degli afflussi nel 2000
P(mm)

bacino considerato (Fig. 18a). Potremo per 1500

essi verificarne l’attendibilità statistica 1000

analizzando la variabilità e la dispersione P = a + b ln H


500
R2 = 0.96
delle serie storiche generatrici attraverso la
0
valutazione dei relativi scarti quadratici 0 200 400 600 800 1000 1200 1400
H (m s.l.m.)
medi, coefficienti di variazione ecc.
Figura 17 - Relazione tra precipitazione media
Nella fig. 18b è mostrato, invece, annua (P) e quota (H) tra alcune stazioni del bacino
del F. Biferno.
l'andamento grafico delle precipitazioni
medie mensili in alcune stazioni pluviometriche della Toscana Meridionale, così come
desumibili dalla raccolta e dalle varie integrazioni, se necessarie, ed elaborazioni dei dati
pluviometrici delle singole stazioni.
Dispense di Idrogeologia – Fondamenti di Idrogeologia - Cap.2 (b) - 49

PRECIPITAZIONI MEDIE MENSILI E TOTALI ANNUE (in mm)


REGISTRATE NELLE STAZIONI PLUVIOMETRICHE UTILIZZATE (A.I. 1951-1980)
STAZIONI Quota Gen. Feb. Mar. Apr. Mag Giu Lug Ago Set Ott. Nov. Dic. Anno
35 Travale 397 104.0 120.1 89.9 101.8 68.8 55.1 36.0 50.2 113.3 120.1 144.5 118.5 1122.3
57 Monterotondo M.Mo 515 93.5 85.3 85.8 86.2 71.5 58.1 34.7 58.1 93.2 108.3 123.1 107.6 1005.4
78 Massa Marittima 370 92.5 85.5 78.0 76.2 64.1 44.7 31.9 48.5 75.3 104.7 114.9 105.1 921.4
86 Roccatederighi 537 84.0 88.3 72.2 75.0 64.7 49.6 29.3 56.1 80.4 107.9 131.1 106.2 944.8
87 Castel Di Pietra 56 89.7 83.8 74.4 73.9 58.0 42.8 27.5 36.1 75.3 103.2 119.5 102.9 887.1
88 Roccastrada 470 84.5 75.1 70.2 72.1 64.4 48.7 28.8 42.5 64.3 93.5 106.4 88.3 838.8
112 Boccheggiano 664 117.4 112.0 107.9 96.2 89.4 54.7 33.0 55.2 103.1 126.2 149.5 123.6 1168.2
113 Chiusdino 564 99.8 91.5 85.4 80.4 68.8 47.2 33.2 48.6 94.5 116.0 131.5 107.1 1004.0
114 S. Galgano 339 102.0 107.7 101.2 87.8 78.1 53.8 37.8 44.3 88.6 115.4 147.1 123.9 1087.7
121 S. Lorenzo A Merse 221 108.3 91.3 85.1 84.3 69.7 47.6 26.9 46.1 98.3 102.3 157.2 118.5 1035.6
122 Torniella 442 108.3 106.1 92.8 90.9 73.2 57.7 34.9 61.0 91.2 112.4 157.8 121.2 1107.5
123 Pari 363 87.4 86.6 76.8 82.3 67.9 47.9 38.9 42.3 79.8 92.5 121.8 102.7 926.9

Fig. 18a Tabella riassuntiva delle precipitazioni medie mensili e totali annue nelle stazioni pluviometriche
utilizzate in relazione all’Anno Idrologico medio prescelto
mm mm mm
250 250 250
GROSSETO SIENA ABBADIA S. SALVATORE
225 225 225
8 m s.l.m. 348 m s.l.m. 829 m s.l.m.
200 200 200

175 175 175

150 150 150


125 125 125

100 100 100


75 75 75
50 50 50

25 25 25
0 0 0
G F M A M G L A S O N D G F M A M G L A S O N D G F M A M G L A S O N D

Figura 18b - Andamento delle precipitazioni medie mensili in alcune stazioni pluviometriche (A.I. 1951-1980)

Calcolo delle precipitazioni ragguagliate al bacino


Per lo studio idrologico di un bacino bisogna stimare, partendo dai dati medi ottenuti in un
certo numero di pluviometri, il valore medio di afflusso associabile all’area del bacino. Si
deve perciò passare da una rappresentazione puntuale (per stazioni) ad una di tipo areale
delle precipitazioni; questo lo si fa con le seguenti metodologie:

- METODO DELLE CURVE ISOIETE (curve luogo dei punti aventi uguale altezza di pioggia)
E’ in generale il metodo più preciso ed anche quello prevalentemente utilizzato per meglio
visualizzare l’andamento delle precipitazioni in un dato ambito territoriale. Sulla carta
topografica, nei punti indicanti la posizione delle stazioni pluviometriche utilizzate, si
segnano le altezze di precipitazione relative al periodo ed al tipo che interessa (nel nostro
caso quelle medie mensili o totali annue). Quindi (utilizzando procedimenti di
interpolazione lineare del tutto analoghi utilizzati in topografia per passare da un piano
quotato a una rappresentazione ad isoipse) si uniscono tra loro tutti i punti di stazione, sì
da formare una rete a maglie triangolari, con ai vertici le stazioni pluviometriche, che copra
Dispense di Idrogeologia – Fondamenti di Idrogeologia - Cap.2 (b) - 50

tutta l’area del Bacino. A questo punto, agendo su ciascun lato delle maglie triangolari, si
suppone che in esso, passando da una stazione all’altra, la precipitazione aumenti o
diminuisca in maniera lineare (a pendenza o gradiente costante) e quindi in funzione della
distanza tra le singole stazioni. Scelta l’equidistanza con la quale si ritenga più opportuno
rappresentare il fenomeno (ad es. 50 mm), si calcoleranno su ciascun segmento (in
funzione del gradiente di piovosità tra le stazioni poste agli estremi) i punti corrispondenti
alla posizione di isoiete avente valore multiplo della equidistanza prescelta (es... 650, 700,
750 ...ecc.). A questo punto uniremo con una linea tutti i punti che, nei segmenti di
interpolazione, risulteranno avere la stessa precipitazione, tracciando così le isoiete (Vedi
le seguenti figg. 19a, b).

INTEPOLAZIONE LINEARE PER LA COSTRUZIONE DI UNA CARTA DELLE ISOIETE ANNUE (1) Distanza d in mm, misurata sulla carta, tra le due
STAZIONI Distanza Variazione di P Rapporto incrementale Distanza per equidistanza=50mm
stazioni pluviometriche.
(P1) - (P2) d (mm) ΔP= |P1-P2| Ri =d/ΔP d50= Ri*50
Massa M.ma - Boccheggiano (1) (2) (3) (4) (2) Differenza ΔP tra le precipitazioni relative alle due
921 - 1168 50 247 0.202 10.1 stazioni pluviometriche.
Monterotondo - Boccheggiano
1005 - 1168 62 163 0.380 19.0
(3) Rapporto incrementale Ri =distanza in mm di cui occorre
Travale - Boccheggiano muoversi sulla carta, lungo la congiungente le due
1122 - 1168 35 46 0.761 38.0 stazioni, per la quale si ha una variazione unitaria (in
Roccatederighi - Boccheggiano
945 - 1168 32 223 0.143 7.2
questo caso un mm di pioggia) del valore delle
Torniella - Boccheggiano precipitazioni.
1107 - 1168 40 61 0.656 32.8 (4) Distanza (d50) in mm di cui occorre muoversi sulla carta,
Cast. di Pietra - Boccheggiano
887 - 1168 59 281 0.210 10.5 lungo la congiungente le due stazioni, per la quale si ha
Chiusdino - Boccheggiano una variazione di precipitazione pari all’equidistanza
1004 - 1168 34 164 0.207 10.4 prescelta.

Fig. 19a - Ubicazione delle stazioni pluviometriche utilizzate in rapporto al Bacino Idrografico studiato ed
esempio di triangolazione e di interpolazione lineare per la costruzione di una carta delle Isoiete
Dispense di Idrogeologia – Fondamenti di Idrogeologia - Cap.2 (b) - 51

Istograma relativo lla distibuzione areale delle piogge nelbacino


esaminato
30

25

20
Area (kmq)

15

10

0
950 975 1000 1025 1050 1075 1100 1125 1150 1159 1168
P(mm)

Calcolo della Pmed del bacino con le Isoiete Fig. 19b - Tracciamento delle Isoiete sulla
Intervallo P med Area Pmed*area
precipitazioni intervallo intervallo intervallo base delle operazioni di
950 - 1000 975 5.78 5635.3 triangolazione e di
1000 - 1050 1025 16.70 17114.7
interpolazione lineare (descritte
1050 - 1100 1075 19.27 20711.0
1100 - 1150 1125 26.97 30344.0 in fig. 19a) e calcolo della
1150 - 1168 1159 1.28 1488.6 precipitazione ragguagliata al
TOTALI 70.00 75293.7
bacino in esame.
Pmed del bacino =75293.6 / 70 = mm 1075.6
Dispense di Idrogeologia – Fondamenti di Idrogeologia - Cap.2 (b) - 52

Fig. 19c - Esemplificazione delle procedure per la costruzione automatica di carte ad isolinee.

Fig. 19d - Risultato del tracciamento automatico delle Isoiete attraverso l’operazione di contouring.
Dispense di Idrogeologia – Fondamenti di Idrogeologia - Cap.2 (b) - 53

Tale risultato è possibile ottenerlo, oltre che con il metodo manuale suddetto, anche
attraverso l’utilizzo dei computers tramite tecniche di gridding e di contouring (figg. 19c, d),
così come è stato fatto per la costruzione della carta di Fig. 23, avendo però l’accortezza
di scegliere bene sia il modello di gridding, che i parametri di interpolazione da utilizzare.
Redatte tali carte è possibile da esse ricavare l’afflusso meteorico relativo al bacino. Infatti
esso si determina semplicemente moltiplicando le aree, interne allo spartiacque
morfologico del bacino, comprese tra due isoiete contermini per l’altezza della
precipitazione media tra le isoiete stesse. La somma dei prodotti relativi a tutte le aree
comprese all’interno del bacino, divisa per l’area totale del medesimo (in pratica una
media ponderata rispetto all’area), consente di definire l’altezza dell’afflusso meteorico
ragguagliato al bacino in esame (Fig. 19b).

METODO DEI POLIGONI DI THIESSEN O DEI TOPOIETI (Fig. 20)


I topoieti definiscono per ogni stazione pluviometrica l’area per la quale si può supporre
valevole la precipitazione verificatasi nella stazione stessa.
Anche questo metodo, come il precedente, parte dal formare una rete a maglie triangolari
con ai vertici le stazioni pluviometriche e che copra tutta l’area del Bacino.
Successivamente si tracciano gli assi (cioè retta perpendicolare al segmento e passante
per il suo punto di mezzo) di ciascun segmento della rete triangolare; il risultato di questa
operazione grafica saranno una serie di poligoni ciascuno dei quali incentrato (cioè con al
suo interno) da una sola stazione pluviometrica. La metodologia prevede che, nell’area
racchiusa in ciascun poligono, la piovosità media possa essere ritenuta uguale a quella
registrata nella stazione pluviometrica incentrante. Così il calcolo della pioggia media
ragguagliata al bacino risulterà assai facilitato in quanto essa sarà data dalla somma dei
prodotti delle piovosità di una stazione per l’area, interna al bacino, del topoieto relativo; il
tutto diviso per l’area totale (vale a dire una media ponderata, rispetto all’area del topoieto,
delle precipitazioni della stazioni incentranti).
Essendo il topoieto per ogni stazione una costante di data area (dato che non varia con
l’intensità di precipitazione e con la lunghezza del periodo di osservazione, ma solo con la
densità della rete pluviometrica), tale metodologia rende enormemente più speditiva la
determinazione degli afflussi specie quando si debba, come nel caso del bilancio, eseguire
determinazioni relative a diversi intervalli temporali ( 12 mensili ed una annua) per la qual
cosa si richiederebbe il tracciamento di tredici sistemi di isoiete.
Dispense di Idrogeologia – Fondamenti di Idrogeologia - Cap.2 (b) - 54

n° TOPOIETI Km2 Gen. Feb. Mar Apr Mag Giu Lug Ago Set Ott. Nov. Dic Anno

86 Roccatederighi 22.20 84.0 88.3 72.2 75.0 64.7 49.6 29.3 56.1 80.4 107.9 131.1 106.2 944.8

88 Roccastrada 0.15 84.5 75.1 70.2 72.1 64.4 48.7 28.8 42.5 64.3 93.5 106.4 88.3 838.8

112 Boccheggiano 23.50 117.4 112.0 107.9 96.2 89.4 54.7 33.0 55.2 103.1 126.2 149.5 123.6 1168.2

122 Torniella 24.15 108.3 106.1 92.8 90.9 73.2 57.7 34.9 61.0 91.2 112.4 157.8 121.2 1107.5

Totale Bacino 70.0 103.6 102.4 91.3 87.6 75.9 54.1 32.5 57.5 91.7 115.6 146.4 117.2 1075.7

Figura 20- Esemplificazione pratica della definizione dei topoieti e del calcolo delle piogge ragguagliate.

Con esso invece è sufficiente, per una data rete pluviometrica e una volta tanto, un lavoro
grafico paragonabile al tracciamento di un solo sistema di isoiete per avere poi
immediatamente e meccanicamente, per qualsiasi tipo ed intervallo di precipitazione, i
relativi valori delle precipitazioni medie ragguagliate al bacino.
Dobbiamo tenere però presente che utilizzare al buio solo questa metodologia può a volte
portare a compiere significativi errori nel calcolo degli afflussi. Infatti per sua stessa genesi
i topoieti attribuiscono un unico valore di precipitazione nell’area da essi racchiusa; ora
Dispense di Idrogeologia – Fondamenti di Idrogeologia - Cap.2 (b) - 55

questo sarà assai prossimo alla realtà se in tale aree l’andamento della piovosità sarà tale
da poter essere assimilato ad un piano inclinato con la stazione in posizione baricentrica.
Quando invece la stazione incentrante avrà valori di piogge minimi o massimi rispetto a
quelle circostanti ecco allora che solo un punto dell’area del topoieto (quello cioè
corrispondente alla stazione) avrà quel valore di piovosità mentre tutti gli altri avranno
valori inferiori o superiori; ciò porterà nel primo caso a sopravvalutare la precipitazione e
nel secondo a sottovalutarla.

Possibili errori nel calcolo della


Pmed in un bacino con il
metodo dei TOPOIETI:
Caso di un topoieto incentrato da una
stazione con Pmed massima relativa
Pmed calcolata per la
porzione di topoieto Pmed calcolata per
interna al bacino l’intero topoieto
in esame
Pmed calcolata con il metodo dei
TOPOIETI
Al topoieto, o a qualsiasi sua porzione, viene
assegnata la Pmed della stazione che lo
incentra, che in questo casi corrisponde a:
1168 mm 1168 mm
Pmed calcolata con il metodo delle ISOIETE
1105mm 1092mm
DIFFERENZE TRA I DUE METODI
Pmed Topoieto - Pmed Isoiete
+63 mm +76 mm
Figura 21- Confronto tra le precipitazioni calcolate con le
isoiete ed i topoieti.
Ora nella maggior parte dei casi queste situazioni estreme o sono scarsamente presenti o
tendono a compensarsi, comunque per sicurezza prima di adottare in toto la metodologia
dei topoieti, conviene verificarne l’attendibilità attraverso un confronto con i risultati delle
determinazioni fatte con le isoiete. Così se, ad es., valutiamo le piogge annue con i due
metodi e rileviamo tra di loro una differenza trascurabile, potremmo procedere
tranquillamente con i topoieti per la determinazione delle piogge mensili. Nel caso
contrario risulterà necessario ricorrere alle sole isoiete.
Infine, è da rilevare l'importanza di elaborare statisticamente i dati pluviometrici, in quanto
essi, come tutte le grandezze idrologiche, vanno trattati alla stregua di variabili casuali3; in
quest'ambito, un aspetto particolarmente interessante è la loro tendenza (detta anche
variazione secolare o trend) che serve a metterne in luce l'evoluzione nel corso di un lungo
periodo, anche per quanto riguarda i suoi riflessi sulle risorse idriche.
Il procedimento normalmente utilizzato per la determinazione del trend inizia con
Dispense di Idrogeologia – Fondamenti di Idrogeologia - Cap.2 (b) - 56

l'applicazione di tecniche di «lisciamento» dei dati (meglio note con il nome di smoothing);
si riducono così l'influenza delle variazioni accidentali e l'effetto delle fluttuazioni di
brevissimo periodo, fino a far comparire i caratteri di periodicità (cioè i cosiddetti movimenti
o variazioni cicliche) dal confronto tra la linea corrispondente al valore medio e la
sequenza dei dati «lisciati». A questa fase segue la valutazione analitica vera e propria del
trend, effettuata generalmente tramite comparazione con funzioni di vario tipo (lineari,
quadratiche, esponenziali, ecc.).
Precipitazioni
(mm)
200
190
180
VOLTERRA
170
160
150
140
130
120
110
100
90
80
70
60
50
40

1841 1851 1861 1871 1881 1891 1901 1911 1928 1938 1948 1958 1968 1978 1988 1998 2008

120
110
100
GROSSETO
90
80
70
60
50
40
30

1844 1854 1864 1874 1884 1894 1904 1914 1929 1939 1949 1959 1969 1979 1989 1999 2009

130
120 SIENA
110
100
90
80
70
60
50
40

1839 1849 1860 1870 1880 1890 1900 1910 1930 1940 1950 1960 1970 1980 1990 2000 2010

1 2 3 4 5

Figura 22-Evoluzione temporale delle precipitazioni annue registrate in alcune stazioni pluviometriche: 1)
scarto tra la P annua e quella media del periodo di osservazione; 2)valore della media delle precipitazioni; 3)
sequenza dei valori lisciati con polinomi; 4) retta rappresentativa del trend; 5) fascia rappresentante lo scarto
quadratico medio della serie.
Dispense di Idrogeologia – Fondamenti di Idrogeologia - Cap.2 (b) - 57

La fig. 22 riporta l'andamento temporale delle precipitazioni annue registrate nelle stazioni
pluviometriche a più lungo periodo di funzionamento (Volterra, Grosseto, Siena). L'esame
di questa figura evidenzia che il trend osservabile nelle tre stazioni pluviometriche è
sensibilmente differente per entità e verso; infatti, mentre i dati osservati per Siena
presentano un'evoluzione verso l'aumento delle piogge annue, quelli di Grosseto e di
Volterra manifestano invece una tendenza alla diminuzione. Inoltre, le piogge registrate a
Volterra manifestano variazioni cicliche ben più ampie delle altre, come si può anche
dedurre dalla maggiore ampiezza della fascia corrispondente allo scarto quadratico medio.
Tutto ciò consentirà quindi di ipotizzare, in un dato territorio, la relativa evoluzione
climatica, evidenziandone anche le locali differenziazioni pluviometriche, e comunque, la
relativa tendenza in esso complessivamente prevalente
Dispense di Idrogeologia – Fondamenti di Idrogeologia - Cap.2 (b) - 58

Fig. 23-Carta delle precipitazioni medie annue della toscana meridionale (A.I. 1951-1980: isoiete con valori in mm.
L'esame della carta mostra un notevole addensamento delle isolinee, espressione di un forte gradiente nelle
precipitazioni, in corrispondenza del M. Amiata dove si raggiunge il massimo valore di pioggia per tutto il
territorio esaminato (1.554 mm registrati ad Abbadia S. Salvatore); massimi relativi si manifestano, di solito, in
corrispondenza delle altre zone di rilievo (M. Cetona, Le Cornate, Monti del Chianti). I valori minimi di
piovosità si riscontrano generalmente lungo la costa, con una tendenza all'aumento andando da sud-est (540
mm all'Argentario) a nord-ovest (796 mm a Cecina), ma anche in zone interne come l'alta Val d'Orcia dove si
ritrovano precipitazioni inferiori a 700 mm; il minimo assoluto si registra nell'Isola del Giglio (502 mm). Il
valore medio per l'intera regione è stimabile in circa 850 mm. Da tali carte, attraverso elaborazioni di medie
ponderate fatte in base alle misure areali ivi effettuate, si possono ricavare gli afflussi medi mensili ed annui
per i bacini idrografici.
Dispense di Idrogeologia -– Fondamenti di Idrogeologia - Cap.2 (c) - 59

2.4 - L’EVAPOTRASPIRAZIONE

è un parametro composto che deriva dalla sommatoria di due diversi fenomeni:


a- L’EVAPORAZIONE: fenomeno fisico condizionato principalmente dal Potere
Evaporante dell’Atmosfera (funzione della Temperatura media dell’aria,
dell’esposizione, dei venti, ecc.) e anche dalla tipologia delle rocce e dei suoli affioranti
(granulometria, porosità, ecc.);
b- LA TRASPIRAZIONE: fenomeno biologico legato essenzialmente alle tipologie della
copertura vegetale (funzione del tipo di specie vegetale, dello sviluppo e della
profondità dell’apparato radicale) ed al tipo di suolo su cui essa è impostata.

Si distingue:
- EVAPOTRASPIRAZIONE POTENZIALE (Ep), corrispondente all’entità
dell’evapotraspirazione in condizioni di alimentazione idrica eccedente;
- EVAPOTRASPIRAZIONE REALE (Er), corrispondente all’entità dell’evapotraspirazione
nelle condizioni reali di alimentazione idrica del bacino.

VALUTAZIONE DELL’EVAPOTRASPIRAZIONE
Non esistono strumenti di per sé adatti alla misura di detto parametro per intero in quanto
quelli esistenti misurano solo il fenomeno fisico e non quello biologico, gli evaporimetri,.
oppure arrivano ad una sua completa misura diretta (lisimetri -Un lisimetro è
un'installazione sperimentale che isola idraulicamente un certo volume di suolo e di
sottosuolo, posto a coltura o non, in modo tale da convogliare le acque di infiltrazione (I)
verso un recipiente di misura. Gli stessi lisimetri sono utilizzati anche per valutare i
quantitativi d'acqua che vengono sottratti ll'infiltrazione, a causa del fenomeno
evapotraspiratorio. L'evapotraspirazione reale (Er) può essere calcolata, se le osservazioni
si riferiscono ad un periodo di tempo sufficientemente lungo, con la semplice differenza:
Er = P - I), ma non sono di facile uso e, per vari motivi, danno in ogni caso risultati
approssimati. D'altro canto, essendo tali attrezzature assai onerose sia nel costo di
impianto che nella gestione, non sono diffuse sul territorio da rendere tanto disponibile una
rete di stazioni di misura con serie storiche significative; la loro utilizzazione è, infatti,
generalmente limitata a soli bacini-campione.
Nelle normali applicazioni pratiche si fa, pertanto, ricorso a formule parzialmente
empiriche, basate perlopiù sull'utilizzazione dei dati di temperatura dell'aria al suolo.
Dispense di Idrogeologia -– Fondamenti di Idrogeologia - Cap.2 (c) - 60
800
1951 1961 1971 1980 La metodologia di calcolo dell’evapotraspirazione
Supeficie unitaria controllata da una stazione (km²)

600
inizia dunque con la definizione dei valori medi
della stessa temperatura in corrispondenza delle
400
stazioni termometriche utili per il nostro bacino. Per
la misura dei dati termometrici esiste, sul territorio
200
nazionale, una buona rete di stazioni. Tale rete è
0 ben più rada di quella pluviometrica, ma ciò non
P ianura C ollina M ontag na Totale

Figura 24- Andamento nel tempo della superficie unitaria


crea eccessivi problemi nell'interpolazione dei dati,
controllata dalle stazioni termometriche, suddivise per
fasce altimetriche, nella Toscana Meridionale. perché le variazioni di temperatura con l'altitudine
sono molto più uniformi rispetto a quelle delle precipitazioni e risentono, in modo meno
marcato, dell'esposizione dei versanti.
Inoltre, il regime termometrico risulta molto più regolare di quello
pluviometrico (per esempio, nella Toscana Meridionale la densità delle
stazioni termometriche realmente funzionanti è di una ogni 450 km2 -
MINIMA MASSI
50
su un'effettiva copertura areale pari a circa 12.000 km2, con un valore
-20
minimo di una ogni 650 km2 per quelle ubicate a quote comprese tra i
40
100 ed i 600 m s.l.m., fig. 24.
Pertanto, nella maggior parte dei casi, è possibile ricostruire la legge -10

di dipendenza della temperatura dall'altitudine anche con stazioni 30

poste al di fuori del territorio in studio; si ha così, spesso, il vantaggio 0

di poter utilizzare quei pochi termometri funzionanti ad alta quota, 20

evitando di effettuare l'estrapolazione ad altitudini elevate di leggi 10

ricavate con dati termometrici relativi alle sole quote basse.


10

20
2.4.1 - Valutazione delle temperature medie
Per la valutazione delle temperature medie mensili ed annue relative 0

bacino studiato, si utilizzeranno i dati termometrici registrati presso le 30

stazioni del Servizio Idrografico di Stato e pubblicati sugli Annali -10

Idrologici, Parte I (Ministero LL.PP.). In queste sono presenti strumenti 40

a lettura diretta (normali termometri a massima e minima,Fig.25a, che -20

vengono letti una volta al giorno e dai quali si ricava la temperatura


50
media giornaliera ,Tmed, appunto come media semplice tra quella
massima, Tmax, e quella minima, Tmin) o a lettura continua (termografi
Fig. 25a - Usuale
o termoigrografi) sia a funzionamento meccanico (Figg. 24b) che termometro a max
e min
digitale (Fig. 12d, Cap.2.3).
Dispense di Idrogeologia -– Fondamenti di Idrogeologia - Cap.2 (c) - 61

GENERALITA’
Strumento atto a registrare la temperatura particolarmente adatto per impieghi meteorologici ed industriali nonché per il
controllo della temperatura in ambienti condizionati. L'elemento sensibile è costituito da un bimetallo di prima qualità
che garantisce una precisione di misura di +0,5%. La registrazione avviene mediante una penna riempita di un
inchiostro speciale, la sua aderenza con la carta diagrammata è ottenuta per semplice gravità. Il movimento d'orologeria,
con scappamento incabloc ad ancora compensato, è montato su rubini; la spirale è in nivarox, antimagnetica, adatta per
mantenere costante la precisione anche con forti sbalzi di temperatura. La sua rotazione può essere trasformata da
settimanale a giornaliera e viceversa, mediante il semplice capovolgimento di un ingranaggio. I materiali impiegati per
la costruzione sono stati scelti e verniciati con speciale trattamento per impedire l'ossidazione; alcune parti sono In
acciaio inossidabile. Lo strumento è corredato di una capsula d'inchiostro speciale incongelabile, un pennino di
ricambio ed un nettapenne.
I diagrammi sono forniti a richiesta,

CAMPI Dl MISURA
Lo strumento viene normalmente fornito per i seguenti campi di misura:
-15° C a + 65° C sensibilità di lettura 1° C
-35° C a + 45° C sensibilità di lettura 1° C

CARATTERISTICHE TECNICHE
Altezza utile di registrazione 82 mm
Lunghezza del diagramma 280 mm
Dimensioni 150 x 185 x 285 mm
Peso 2,600 kg

Fig. 25b/1 - Esempio di apparecchio per la misura continua della temperatura: TERMOGRAFO
Dispense di Idrogeologia -– Fondamenti di Idrogeologia - Cap.2 (c) - 62

GENERALITA'
Strumento atto a registrare la temperatura e l'umidità relativa, particolarmente adatto per impieghi meteorologici ed industriali, nonché per il controllo
della temperatura e dell'umidità in ambienti condizionati L'elemento sensibile e costituito da un bimetallo tipo Bourdon che garantisce una maggiore
stabilita nel tempo dello stato di rettifica ed una precisione di misura di +/-0.5%. L’elemento sensibile igrometrico e costituito da fasci di capelli
accuratamente selezionati e trattati, che garantiscono una precisione di misura di a3% di umidità relativa Le registrazioni avvengono mediante due
pennini in fibra a carica continua
Il movimento d'orologeria, con scappamento incabloc, ad ancora compensato, è montato su rubini; la spirale è in nivarox, antimagnetica, adatta per
mantenere costante la precisione anche con forti sbalzi di temperatura La sua rotazione può essere trasformata da settimanale a giornaliera e
viceversa, mediante il semplice capovolgimento di un ingranaggio. I materiali impiegati per la costruzione dello strumento sono stati scelti e verniciati
con speciale trattamento per impedire l'ossidazione; molte parti sono in acciaio inossidabile Lo strumento è corredato i un pennino di ricambio.
I diagrammi sono torniti a richiesta.

CAMPI Dl MISURA
Il campo di misura della parte igrometrica e compreso tra 0% e 100% di umidità relativa, mentre quello della parte termometrica può essere scelto tra
uno dei seguenti:
0°C a +40°C -15°C a +65°C -35°C a +45°C
sensibilità di lettura 1°C

CARATTERISTICHE TECNICHE
Altezza utile di registrazione:
- temperatura 82 mm
- umidità 90 mm
Lunghezza del diagramma 280 mm
Dimensioni 150 x 285 x 285 mm
Peso 3,350 kg

Fig. 25b/2 - Esempio di apparecchio per la misura continua della temperatura e dell’umidità dell’aria:
TERMOIGROGAFO

Le operazioni di ricerca delle stazioni utili, di raccolta dei dati termometrici medi mensili ed
annui e la ricostruzione dei dati relativi alle eventuali lacune di registrazione relative a vari
periodi di non funzionamento di alcuni strumenti, seguono criteri operativi analoghi a quelli
utilizzati per le precipitazioni (vedi Cap. 2.3.2). Nelle figure che seguono sono riportate le
pagine esemplificative degli Annali Idrologici - Parte I,- inerenti i principali tipi di
informazioni termometriche da questi desumibili
Dispense di Idrogeologia -– Fondamenti di Idrogeologia - Cap.2 (c) - 63

Fig. 26a - Esempi di presentazione dei dati termometrici negli Annali Idrologici Parte Ia
Dispense di Idrogeologia -– Fondamenti di Idrogeologia - Cap.2 (c) - 64

Fig. 26b - Esempi di presentazione dei dati termometrici negli Annali Idrologici Parte Ia
Dispense di Idrogeologia -– Fondamenti di Idrogeologia - Cap.2 (c) - 65

Data la minor densità della rete termometrica spesso non è possibile determinare le
temperature medie, mensili ed annue, ragguagliate al bacino attraverso la costruzione di
carte delle isoterme ( curve luogo dei punti ad uguale temperatura) le quali, comunque,
sarebbero state redatte seguendo gli stessi criteri operativi descritti per le isoiete e che
sono poi quelli utilizzati per la costruzione di qualsiasi tipo di carta con linee isovalori.
A tale inconveniente si pone rimedio sfruttando il già citato maggior grado di correlazione
normalmente esistente tra variazione di temperatura e variazione di quota altimetrica.
A questo si arriva attraverso l'adozione di un modello termometrico, basato sulla
variazione della temperatura (T) in funzione della quota (H),che è normalmente di tipo
lineare, e cioè: T = a + b·H
dove il parametro a (ordinata all'origine) rappresenta la temperatura media dell'aria nella
pianura antistante il rilievo, e che è quindi indipendente dal rilievo stesso, ed il parametro b
(coefficiente angolare) esprime l'incremento unitario di temperatura in °C/m, ossia è il
gradiente termometrico. Quando il territorio in esame e di notevole estensione, può essere
necessario suddividerlo in zone ritenute termometricamente omogenee (caratterizzate,
cioè, da un'unica, e ad elevato grado di correlazione, legge di dipendenza della
temperatura dall'altitudine), alle quali applicare separatamente la suddetta metodologia di
calcolo; alcuni esempi di questi rapporti sono riportati nella fig. 27.Grazie a questa
procedura, è possibile stimare, con riferimento alla quota media del bacino (che è poi il
valore di H da mettere nella formula una volta ricavati i parametri a e b attraverso
regressioni sulle dodici serie mensili e quella annua composte, ciascuna, da coppie di
valori temperatura/quota in numero pari alle stazioni utilizzate - vedi Cap.2.1) i valori medi
mensili ed annui della temperatura. Così calcolate le temperature medie mensili ed annue
nel nostro bacino, si può procedere alla valutazione l’entità del fenomeno
evapotraspiratorio ricorrendo a quei procedimenti empirici indiretti, basati però su di una
larga sperimentazione. Qui di seguito ricordiamo i due più largamente utilizzati.
Temperatura Temperatura Temperatura
media annua (°C) media annua (°C) media annua (°C)
18 18 18
Merse Cecina Albegna
17 17 17
T= 15.36 + (-0.004944) H T= 15.38 + (-0.005023) H T= 15.85 + (-0.005702) H
16 16 16
r²= 90% r²= 94% r²= 98%
15 15 15
14 14 14
13 13 13
12 12 12
11 11 11
10 10 10
9 9 9
0 200 400 600 800 1000 0 200 400 600 800 1000 0 200 400 600 800 1000
Quota (m s.l.m.) Quota (m s.l.m.) Quota (m s.l.m.)

Figura 27-Esempi di rette di regressione temperatura quota in alcuni bacini idrografici.


Dispense di Idrogeologia -– Fondamenti di Idrogeologia - Cap.2 (c) - 66

2.4.2 -PRINCIPALI METODI INDIRETTI PER IL CALCOLO DELL’EVAPOTRASPIRAZIONE

METODO DI L. TURC
Valuta solamente l’evapotraspirazione reale media annua (Er):
P
E r =
2
P
0 .9 +
2
L
dove: Er = evapotraspirazione reale media annua (mm)
P = precipitazione annua
L = parametro, funzione cubica della temperatura media annua T (in °C) dato da:
L=300+25T+0.05T3
Formula di TURC corretta
i

In bacini poco estesi l’autore propone un accorgimento correttivo ∑ Pi ⋅ Ti


To = 1
i
procedendo alla valutazione di una temperatura corretta: ∑ Pi
1
In pratica si consiglia di adottare una temperatura annua come media ponderata delle
temperature medie mensili in relazione alle relative precipitazioni medie mensili, dando
così maggior poso alle temperature relative ai mesi più umidi. Con questo procedimento
si finisce comunque per complicare questa applicazione metodologica utile soprattutto
per la sua speditività, rendendo così più conveniente adottare formule più precise e che
forniscono valutazioni di maggior dettaglio.

METODO DI THORNTHWAITE
Calcola l’evapotraspirazione potenziale media mensile (Epm): detto calcolo è fondato sulla
relazione sperimentale esistente tra Epm e la corrispondente temperatura (Tm).
Tale metodologia proposta da Thornthwaite & Mather (1957), una delle più note e
largamente usate in idrogeologia, oltre che per la sua relativa semplicità, anche perché
una vasta casistica la propone come affidabile anche per svariati ambienti climatici (in
particolare, per quelli delle zone temperate). L'equazione proposta, che fornisce Epm in
mm, è la seguente:

α
⎛ 10Tm ⎞
Epm = K ⋅ 16 ⋅ ⎜ ⎟
⎝ I ⎠
dove: Epm = evapotraspirazione potenziale media mensile (in mm);
K= coefficiente che tiene conto delle ore di insolazione media mensile ed è funzione
esclusiva della latitudine e del mese (in pratica, è il rapporto tra le ore diurne e la
Dispense di Idrogeologia -– Fondamenti di Idrogeologia - Cap.2 (c) - 67

metà delle ore giornaliere), è fornito da apposite tabelle (Fig. 28);

MESI G F M A M G L A S O N D
Lat. Nord

36° 0.87 0.85 1.03 1.10 1.21 1.22 1.24 1.16 1.03 0.97 0.86 0.84

37° 0.86 0.84 1.03 1.10 1.22 1.23 1.25 1.17 1.03 0.97 0.85 0.83

38° 0.85 0.84 1.03 1.10 1.23 1.24 1.25 1.17 1.04 0.96 0.84 0.83

39° 0.85 0.84 1.03 1.11 1.23 1.24 1.26 1.18 1.04 0.96 0.84 0.82

40° 0.84 0.83 1.03 1.11 1.24 1.25 1.27 1.18 1.04 0.96 0.83 0.81

41° 0.83 0.83 1.03 1.11 1.25 1.26 1.27 1.19 1.04 0.96 0.82 0.80

42° 0.82 0.83 1.03 1.12 1.26 1.27 1.28 1.19 1.04 0.95 0.82 0.79

43° 0.81 0.82 1.02 1.12 1.26 1.28 1.29 1.20 1.04 0.95 0.81 0.77

44° 0.81 0.82 1.02 1.13 1.27 1.29 1.30 1.20 1.04 0.95 0.80 0.76

45° 0.80 0.81 1.02 1.13 1.28 1.29 1.31 1.21 1.04 0.94 0.79 0.75

46° 0.79 0.81 1.02 1.13 1.29 1.31 1.32 1.22 1.04 0.94 0.79 0.74

47° 0.77 0.80 1.02 1.14 1.30 1.32 1.33 1.22 1.04 0.93 0.78 0.73

48° 0.76 0.80 1.02 1.14 1.31 1.33 1.34 1.23 1.05 0.93 0.77 0.72

Figura 28- Coefficienti mensili K in funzione della latitudine

I = Indice termico annuale dato dalla sommatoria degli indici temici mensili
1. 5 1 4
⎛T ⎞
ciascuno espresso dalla: i = ⎜ ⎟
⎝5⎠
Tm= temperatura media mensile;
α=indice, funzione cubica dell’indice termico annuo (I), dato da:
α = 0.49239+1792 x 10-5 x I -771 x 10-7 x I2 + 675 x 10-9 x I3
L'evapotraspirazione potenziale media annua (Ep) si ottiene come somma dei singoli
valori mensili.
Così ricavati i valori mensili dell’evapotraspirazione potenziale si passa alla
determinazione dell'evapotraspirazione reale (Er) attraverso una procedura indiretta, per la
quale ad essa si arriva in funzione sia delle caratteristiche di umidità che, caso per caso,
presentano il terreno ed il suo manto vegetale (riserva idrica del suolo = r, cioè la capacità
di ritenuta dell'acqua da parte del suolo), che della relativa disponibilità idrica nel bacino
(afflussi medi del relativo mese).
Prescindendo dalla descrizione particolareggiata di questo meccanismo di calcolo, è da
dire che la riserva idrica del suolo può essere valutata secondo un criterio suggerito
dall’autore attraverso un complesso procedimento basato sulla conoscenza dei tipi e degli
Dispense di Idrogeologia -– Fondamenti di Idrogeologia - Cap.2 (c) - 68

spessori di suolo presenti nel bacino e delle relative specie vegetali sovrimposte.
Questo procedimento consente, infatti, di risalire all'effettiva riserva idrica del suolo o
capacità di campo (intesa come la quantità massima di acqua di ritenzione che può essere
contenuta nello strato di terreno interessato dallo sviluppo delle radici dei vegetali) che
supplisce alle carenze d'acqua, essenzialmente estive, derivanti da condizioni di deficit,
quando cioè gli afflussi risultano inferiori all'evapotraspirazione potenziale. Data la
complessità del procedimento che porta alla stima di r, normalmente per bacini con
caratteristiche medie è utilizzato, nei calcoli di bilancio, un valore di riserva idrica del suolo
a saturazione pari a 100 mm, ritenuto senz'altro valido per studi a carattere regionale
(Castany, 1967; Celico, 1988).
A titolo esemplificativo la fig. 29 mostra gli andamenti della temperatura e
dell'evapotraspirazione reale medie mensili, calcolate con il metodo anzidetto, in alcune
stazioni termo-pluviometriche della Toscana Meridionale.

100 30 100 30 100 30


Er (mm) GROSSETO SIENA MASSA MARITTIMA
90 90 90
T (°C) 25 25 25
80 80 80

70 70 70
20 20 20
60 60 60

50 15 50 15 50 15

40 40 40
10 10 10
30 30 30

20 20 20
5 5 5
10 10 10

0 0 0 0 0 0
mm G F M A M G L A S O N D °C mm G F M A M G L A S O N D °C mm G F M A M G L A S O N D °C

100 30 100 30 100 30


POGGIBONSI VOLTERRA ABBADIA S. SALVATORE
90 90 90
25 25 25
80 80 80
70 70 70
20 20 20
60 60 60
50 15 50 15 50 15
40 40 40
10 10 10
30 30 30
20 20 20
5 5 5
10 10 10
0 0 0 0 0 0
mm G F M A M G L A S O N D °C G F M A M G L A S O N D
mm G F M A M G L A S O N D °C mm °C

Fig. 29 - Andamento della temperatura e dell’evapotraspirazione reale medie mensili in alcune stazioni termo-
pluviometriche.
Dispense di Idrogeologia -– Fondamenti di Idrogeologia - Cap.2 (c) - 69

TERMOPLUVIOMETRIA: L’INDICE DI ARIDITA’

I valori medi mensili ed annui delle precipitazioni e delle temperature ricavate per il bacino
esaminato, possono anche essere impiegati per avere utili indicazioni, sia sullo stato di
umidità del terreno in rapporto alle necessità della vegetazione, che per una
classificazione climatica del bacino nel corso dei mesi dell’anno idrologico considerato.
Ciò può farsi ricorrendo appunto ad un’analisi comparativa di questi due principali fattori
climatici. Molte sono le formulazioni empiriche a tal fine proposte, ma qui viene riportata
quella definita da DE MORTONNE e THORNTWAITE, tutt’oggi ritenuta assai valida per la
descrizione di situazioni climatiche come quella Italiana.
Lo scopo viene raggiunto attraverso la definizione di un indice di aridità, valutabile sia a
livello mensile (ia) che annuo (Ia), attraverso le seguenti formule empiriche:
P(mm) 12 p
250
ia = 200 120 100 90 80
ia =
Freddo
Umido
N Caldo
Umido 70
PERUMIDO
t + 10
225
200
D
60 ⎛ P 12 p 0 ⎞
Ia = ⎜ + ⎟ :2
175
F 50 UMIDO ⎝ T + 10 t0 ⎠
150 O dove:
G
40 ia = indice di aridità mensile
125
M S p = precipitazione media del mese
100 30 SUBUMIDO considerato
Freddo A Caldo
75 Secco M Secco t = Temperatura media del mese
20 considerato
G
50 A SUBARIDO
P = Precipitazione annua
L 10 T = Temperatura media annua
25 ARIDO
5 Arido Estremo
p0 = Precipitazione nel mese più arido
0 0
0 5 10 15 20 25 30
t0 = temperatura media nel mese più
T (°C) arido
Fig. 29b- Clinogramma degli indici di aridità medi mensili Tali indici sono rappresentabili
(ia) e corrispondente classificazione climatica graficamente attraverso appositi
climogrammi (Fig. 29b) attraverso i quali
è possibile una più immediata lettura dell’andamento dell’indice di aridità relativo alla zona
esaminata durante i mesi dell’anno idrologico considerato. In tale diagramma, che reca in
ascissa i valori delle temperature ed in ordinata quelli delle precipitazioni, gli indici di
aridità mensili (ia) sono rappresentati da un fascio di rette, ognuna delle quali è luogo dei
punti avente lo stesso indice. La suddivisione, poi, del diagramma in quattro campi (definiti
tracciando un ascissa corrispondente alla precipitazione media annua = P/12, ed
un’ordinata corrispondente alla temperatura media annua = T) meglio evidenzia, in
funzione del maggiore o minore sviluppo delle poligonali in tali campi, l’andamento
climatico nell’area esaminata come interazione tra le relative precipitazioni e temperature.
Infine, gli autori definiscono anche un criterio per la classificazione climatica di un’area
sulla base dei seguenti ranges di variazione dell’indice di aridità:
<5 individua periodi di aridità estrema
5 - 10 individua periodi aridi
10-20 individua periodi subaridi
20-40 individua periodi subumidi
40-60 individua periodi umidi
>60 individua periodi perumidi.
Sul climogramma tale classificazione è rappresentata attraverso campiture di colore.
Dispense di Idrogeologia -– Fondamenti di Idrogeologia - Cap.2 (c) - 70

2.5 - DEFLUSSO SUPERFICIALE


L'equazione generale del bilancio (3) può essere scritta anche nella forma seguente:
P - Er = D + Ie
dove il termine di sinistra costituisce il totale delle precipitazioni efficaci (Pe) e quello di
destra rappresenta l'eccedenza idrica (Water Surplus degli autori anglosassoni, Ws),
detta anche deflusso idrico totale o risorsa idrica totale rinnovabile.
Quest'ultimo parametro risulta pertanto dalla somma di tutti quei volumi d'acqua in uscita
dal bacino esaminato e che, direttamente (il ruscellamento superficiale, R) e/o
indirettamente (la porzione dell’infiltrazione totale riemergente all’interno del bacino, Isi),
confluiscono nel deflusso superficiale (D), nonché di quelli che costituiscono il deflusso
sotterraneo Ds (Ds = Ie, vale a dire la porzione dell’infiltrazione totale non riemergente
all’interno del bacino): esso rappresenta cioè la potenzialità idrica totale del territorio
esaminato, quindi il massimo volume d'acqua (nelle componenti di origine sia superficiale
che sotterranea) teoricamente utilizzabile. La sua suddivisione in due componenti può
risultare puramente teorica dato che si tratta comunque di risorse interdipendenti: infatti,
nella maggior parte dei casi, la captazione di acque sotterranee comporta una diminuzione
del deflusso superficiale e viceversa. Il deflusso superficiale (D) attraverso una data
sezione di un corso d'acqua (Fig. 30), corrispondente ad un generico intervallo di tempo,
viene valutato con un semplice procedimento di integrazione delle portate istantanee (Q,
in m3/s), calcolate in modo sufficientemente continuo nella sezione stessa (difatti, il
deflusso viene talvolta denominato
portata integrale). A tal fine è
Idrometro
necessario conoscerne sia la
velocità media della corrente (Vm,

S in m/s) che l'area della sezione


(area della Sezione bagnata)
bagnata (S, in m2) ed applicare la
Vm
Velocità media della sezione seguente nota espressione:
Fig. 30- Sezione fluviale schematica e parametri per la misura
della portata Q = Vm·S
Per ottenere valori continui di
portata è, quindi, necessario l'uso combinato di un mulinello (Fig. 31), strumento atto alla
misurazione della velocità della corrente, e di un idrometrografo (Fig. 32), che è uno
strumento atto alla registrazione continua del livello dell'acqua (al quale è ovviamente
legata l'area suddetta). In tal caso, le altezze idrometriche e le corrispondenti portate
istantanee (rilevate durante una campagna preliminare di taratura) vengono riportate su di
Dispense di Idrogeologia -– Fondamenti di Idrogeologia - Cap.2 (c) - 71

un piano cartesiano: si traccia poi graficamente la curva di deflusso (detta anche scala
delle portate), dalla quale è possibile stimare le portate corrispondenti alle singole altezze
idrometriche misurate, in un momento qualsiasi, dall'idrometrografo (Fig.35a).

Fig. 31- Mulinello idrometrico e sue modalità


d’impiego per la misura della velocità della
corrente fluviale.

Figura 32-Esempi di installazione di idrometrografi.


Dispense di Idrogeologia -– Fondamenti di Idrogeologia - Cap.2 (c) - 72

2.5.1 - LE COMPONENTI DEL DEFLUSSO (Figg. 33 e 34).


L’acqua di precipitazione arriva dunque al corso d’acqua attraverso quattro differenti vie:

C O M P O N E N T I D E L L 'ID R O G R A M M A D I D E F L U S S O D I U N C O R S O D 'A C Q U A

30
R u s c e lla m e n t o s u p e r f ic ia le
D e f lu s s o ip o d e r m ic o
25 D e f lu s s o s o t t e r r a n e o

20
Q (mc/s)

15

10

0
0 2 4 6 8 10 12 14 16 18 20 22 24 26 28 30 32 34 36
t (o r e )

Figura 33- Idrogramma teorico di deflusso e relative componenti

Ia - L’acqua caduta direttamente sopra l’impluvium delle superfici d’acqua libere


essa gioca un ruolo assai limitato e tali apporti si confondono con quelli del ruscellamento
superficiale.

IIa - Ruscellamento superficiale:


Corrisponde al deflusso che avviene, sotto l’azione della forza di gravità, sulla superficie
del suolo ed è dovuto alla parte delle precipitazioni sfuggite ai processi di
evapotraspirazione ed infiltrazione.
La sua quantità, in relazione ad un dato evento pluviometrico, dipende principalmente
dalle caratteristiche delle precipitazioni e del suolo (vedi Fig. 34):
- le precipitazioni influiscono in funzione della loro quantità, dell’intensità istantanea e di
quella media, della loro durata e della ripartizione della pioggia nel tempo;
- Il suolo interviene attraverso la sua topografia (acclività dei versanti), la sua natura
litologica (e quindi il grado di permeabilità), la sua umidità e relativo coefficiente di
ritenzione, la copertura vegetale sovrimposta.
Anche le stagioni giocano un ruolo attraverso la variabilità della copertura vegetale e del
tasso di evapotraspirazione.
In tutti gli eventi si osserva un certo ritardo al ruscellamento tra l’istante in cui cadono le
prime gocce d’acqua e l’aumento di portata nella sezione di controllo, esso dipende:
- dal momento d’inizio delle piogge nei vari settori del bacino, dalla quantità d’acqua
Dispense di Idrogeologia -– Fondamenti di Idrogeologia - Cap.2 (c) - 73

necessaria alla saturazione del suolo. Quando tale deficit è saturato, sulla superficie del
suolo si forma una sottile lama d’acqua che scola per gravità sui versanti; tale movimento
è più o meno ostacolato in funzione dell’irregolarità della superficie del suolo e del grado e
tipo di copertura vegetale. Tale ritardo è detto tempo di concentrazione, variabile in
funzione dell’evento pluviometrico e che può assumere un unico valore massimo detto
Tempo di corrivazione.
Il tempo di corrivazione è definito come quello necessario affinché una particella d’acqua
possa giungere dai punti più lontani del bacino alla sezione fluviale considerata ed è da ritenersi
in teoria costante per quella determinata sezione. Per calcolarlo esistono varie formule
empiriche tra le quali ricordiamo la più comunemente adottata, quella di Giandotti:
a=4, b=1,5 e c=0,8 - sono coefficienti sperimentali;
a S + b⋅ L S= superficie, in km2,del bacino sotteso;
T ( inore ) = H= quota media del bacino, in m, riferita a quella della
sezione di chiusura:
c H L= lunghezza, in km, dell’asse della valle del fiume
Esso non va confuso con il tempo di concentrazione che è, invece, quello che intercorre
dall’inizio dell’evento piovoso all’istante nel quale si verifica la corrispondente portata massima,
cioè la massima concentrazione dei deflussi, ed è variabile in funzione dell’intensità e della
distribuzione dell’evento pluviometrico generatore all’interno del bacino (Fig. 34b).

- dalla durata del deflusso dell’acqua nel reticolo idrografica.


Da tutto questo risulta che, alla sezione di controllo, la portata, anche se la pioggia è
cessata, cresce con gli arrivi successivi degli apporti di ruscellamento dai diversi settori del
bacino tributario fino a raggiungere un massimo: il punto di cresta. Poi la portata decresce
e terminato il ruscellamento essa è alimentata unicamente dagli apporti derivanti dal
deflusso ipodermico e da quello sotterraneo. Se il periodo di diminuzione della portata
continua, e prima che si verifichi un nuovo evento pluviometrico che dia nuovamente avvio
al ciclo, il deflusso sarà alimentato solo dagli apporti delle falde sotterranee

IIIa - Deflusso ipodermico:


E’ la porzione dell’acqua di infiltrazione che circola nella parte superficiale del suolo.
L’importanza di questa componente varia con la natura e lo spessore del suolo e con il
tipo di copertura vegetale.

IVa - Deflusso sotterraneo:


E’ dato dal contributo delle falde acquifere che riemergono nel bacino esaminato. Anche
se il suo contributo rappresenta solo una piccola frazione della portata al colmo, esso
diviene preponderante alla fine della decrescita dell’Idrogramma e soprattutto nei periodi
Dispense di Idrogeologia -– Fondamenti di Idrogeologia - Cap.2 (c) - 74

secchi dove è il solo ad alimentare il deflusso; esso gioca quindi un importante ruolo
regolatore del deflusso fluviale. Nella fig. 34 che segue è riportata in sintesi la ripartizione
dell’acqua di una pioggia insieme all’evoluzione nel tempo delle componenti del deflusso,
cioè nel ciclo del deflusso.

SCHEMA DELLA RIPARTIZIONE DELLE ACQUE DI UNA PRECIPITAZIONE


Intensità della
precipitazione
Precipitazioni sulle superfici d'acqua libere

RUSCELLAMENTO SUPERFICIALE

DEFLUSSO
TOTALE
RIPRISTINO
DELLA
RISERVA
IDRICA DEL DEFLUSSO IPODERMICO INFILTRAZIONE
SUOLO
Accumulo TOTALE
nelle
depressioni
del suolo

DEFLUSSO
SOTTERRANEO

Intercettazione della
vegetazione

Tempi di flusso a partire dall'inizio della precipitazione


Figura 34- Schema di ripartizione dell'acqua di una precipitazione ed evoluzione temporale delle componenti
del deflusso.

Fig. 34b- Sfasamento temporale tra l’inizio delle piogge e l’evento idrometrico relativo.
Dispense di Idrogeologia -– Fondamenti di Idrogeologia - Cap.2 (c) - 75

IL CICLO DEL DEFLUSSO

Le componenti del deflusso evolvono secondo un ciclo nel quale è possibile distinguere 4
fasi determinate dal ritmo delle piogge:

PRIMA FASE: PERIODO SENZA PIOGGIA

Traspirazione Traspirazione

Evaporazione

Alla fine di un periodo secco l’evapotraspirazione intacca anche parte delle acque
sotterranee; le falde superficiali perdono la loro umidità, quelle sotterranee defluiscono
verso i relativi drenaggi portando all’abbassamento dei livelli piezometrici.

SECONDA FASE: INIZIO DELLA PIOGGIA

Inizia l’evento pluviometrico, l’evapotraspirazione cessa e le acque meteoriche sono


intercettate dalla vegetazione e dalle superfici d’acqua libere (fiumi, laghi), si accumulano
nelle depressioni del suolo e in parte raggiungono il suolo. Su quest’ultimo una parte
importante si infiltra alimentando le falde superficiali prima depauperate di parte delle loro
riserve.
La parte eccedente ruscella superficialmente andando ad alimentare il corso d’acqua.
Prosegue il deflusso delle acque sotterranee verso il corso d’acqua insieme
all’abbassamento dei livelli piezometrici.
Dispense di Idrogeologia -– Fondamenti di Idrogeologia - Cap.2 (c) - 76

TERZA FASE: MASSIMO DELLA PIOGGIA

Dopo un certo tempo dall’inizio della pioggia, la vegetazione non intercetta più acqua e
tutta la pioggia arriva al suolo. Le depressioni del suolo, ormai riempite, evacuano le
eccedenze e le falde superficiali sono saturate. L’infiltrazione alimenta il deflusso
ipodermico e raggiunge le falde sotterranee facendone innalzare il livello piezometrico ed il
deflusso sotterraneo. La saturazione del suolo fa sì che il ruscellamento raggiunga il suo
massimo così come la portata dei fiumi i quali possono, localmente, invertire le direzioni di
flusso sotterranee contribuendo all’alimentazione delle relative falde. Tale fase si realizza
solo se l’intensità della pioggia è sufficientemente alta.

QUARTA FASE: DOPO LE PRECIPITAZIONI

Traspirazione
Traspirazione
Evaporazione

Pioggia intercettata dalle superfici Ruscellamento superficiale


Precipitazioni d'acqua libera Frangia capillare
Sup. Piezometrica
Pioggia intercettata dalla Ripristino riserva del
Falda
Evaporazione vegetazione suolo e Infiltrazione

Pioggia intercettata dalle


Traspirazione Deflusso ipodermico Deflusso sotterraneo
depressioni del suolo

Finita la pioggia il ruscellamento si esaurisce rapidamente e il suolo ed il sottosuolo sono


saturi. L’infiltrazione dalle depressioni prosegue alimentando, insieme all’umidità
eccedente del suolo, il deflusso ipodermico e sotterraneo. Riprende l’evapotraspirazione e
le portate dei fiumi, esaurito rapidamente il contributo del ruscellamento, vengono
alimentate unicamente dai deflussi ipodermico e sotterraneo e sono, quindi, in decrescita.
Il deflusso sotterraneo riprende la sua originaria direzione.
Progressivamente il ciclo del deflusso prosegue con il ritorno alla prima fase.
Dispense di Idrogeologia -– Fondamenti di Idrogeologia - Cap.2 (c) - 77

2.5.2 - La determinazione dei deflussi


Le misure di portata assumono grande importanza negli studi idrogeologici perché
permettono di definire il regime dei corsi d'acqua (ma anche di sorgenti e falde), nonché di
acquisire dati indispensabili per la corretta stesura del bilancio idrologico. Risulta perciò di
grande interesse l'integrazione delle suddette misure con quelle effettuate con
metodologie diverse, anche perché è spesso assai scarsa (soprattutto negli ultimi anni) la
disponibilità di idonei strumenti di misura.
Se si pensa che nell'ultimo Annale Idrologico pubblicato dal Servizio Idrografico dell'Arno
(1973) -la cui zona di competenza copre praticamente tutta la Toscana - figurano i dati
relativi a sole 26 stazioni di misura delle portate, si può ben capire quante difficoltà si
possono incontrare nell'eseguire valutazioni dei deflussi e, più in generale, delle locali
risorse idriche attraverso calcoli di bilancio; e ciò tanto più in quanto, di queste 26 stazioni,
8 hanno un periodo di funzionamento inferiore ai 10 anni (insufficiente, quindi, a dare
misure medie di buona validità statistica), 9 ne hanno uno compreso tra 10 e 20 anni
(arco d tempo al limite della sufficienza) e soltanto altre 9 hanno funzionato per intervalli
di tempo maggiori e, quindi, tali da fornire valori medi statisticamente accettabili.
- Valutazione diretta, possibile quando è presente nel corso d’acqua una stazione
idrometrografica. Si utilizzando i dati idrometrici registrati presso le sezioni fluviali
controllate dal Servizio Idrografico di Stato e pubblicati sugli Annali Idrologici Parte II
(Figg. 35a, b, c, d), si ottengono agevolmente le relative portate medie mensili ed annue
(ed i deflussi) in relazione all’A.I. prescelto, con l'inconveniente però di pervenire a risultati
corrispondenti ad anni idrologici diversi da bacino a bacino e, quindi, non
convenientemente confrontabili qualora necessario.
Con tali dati sono possibili vari tipi di analisi:
- si possono costruire grafici (come quelli riportati in fig. 36 relativi bacini della Toscana
meridionale) dai quali è possibile evidenziare gli andamenti delle portate massime, medie
e minime; queste rappresentazioni mostrano, in definitiva, l'intervallo idrometrico entro il
quale si trovano tutti i singoli valori di portata, ad esclusione di quelli al colmo.
- si possono definire gli andamenti dei relativi contributi unitari medi mensili (fig. 37), cioè
del rapporto tra la portata media mensile e la superficie del bacino sotteso (in sintesi,
questa grandezza definisce il contributo che ogni km2 di bacino dà in media, mese per
mese, al deflusso del corso d'acqua considerato) che meglio permettono di confrontare le
caratteristiche idrologiche dei vari bacini in modo quantitativamente assai più valido,
rispetto a quello ottenibile con gli anzidetti valori di portata;
Dispense di Idrogeologia -– Fondamenti di Idrogeologia - Cap.2 (c) - 78

Figura 35a- LA DETERMINAZIONE DEI DEFLUSSI FLUVIALI: stazione idrometrografica, ubicazione e scala delle
portate.
Dispense di Idrogeologia -– Fondamenti di Idrogeologia - Cap.2 (c) - 79

Figura 35b- LA DETERMINAZIONE DEI DEFLUSSI FLUVIALI: - Esempio di idrogramma ed andamento delle portate
nel corso di un anno.
Dispense di Idrogeologia -– Fondamenti di Idrogeologia - Cap.2 (c) - 80

Figura 35c- LA DETERMINAZIONE DEI DEFLUSSI FLUVIALI: Ubicazione ed elenco delle stazioni idrometrografiche
in Toscana.
Dispense di Idrogeologia -– Fondamenti di Idrogeologia - Cap.2 (c) - 81

Figura 35d- LA DETERMINAZIONE DEI DEFLUSSI FLUVIALI: Esempi di presentazione dei dati di misura delle
portate negli annali idrologici, Parte II.
Dispense di Idrogeologia -– Fondamenti di Idrogeologia - Cap.2 (c) - 82

10000 10000 10000


ELSA A CASTELFIORENTINO (806 km²) CECINA A P.te MONTERUFOLI (634 km²) CORNIA A S.S. AURELIA (356 km²)
A.I. 1951-1961+1963-1971 A.I. 1935-1942+1951-1963+1969-1975 A.I. 1952-1971
1000 1000 1000

100 100 100

Portata (m³/s)

Portata (m³/s)
Portata (m³/s)

10 10 10

1 1 1

0.1 0.1 0.1

0.01 massime medie minime 0.01 0.01

0.001 0.001 0.001


G F M A M G L A S O N D G F M A M G L A S O N D G F M A M G L A S O N D

10000 10000 10000


FARMA A TORNIELLA (70 km²) MERSE A ORNATE (483 km²) ORCIA A M. AMIATA SCALO (580 km²)
1961-71 1931-40+49-59+63-67+70-73 1935-40+53-71
1000 1000 1000

100 100 100


Portata (m³/s)

Portata (m³/s)

Portata (m³/s)
10 10 10

1 1 1

0.1 0.1 0.1

0.01 0.01 0.01

0.001 0.001 0.001


G F M A M G L A S O N D G F M A M G L A S O N D G F M A M G L A S O N D

10000 10000 10000


OMBRONE A SASSO D'OMBRONE (2644 km²) BRUNA A LEPRI (229 km²) ALBEGNA A MONTEMERANO (192 km²)
A.I. 1926-1942+1949-1973 A.I. 1953-1972 A.I. 1951-1963
1000 1000 1000

100 100 100


Portata (m³/s)

Portata (m³/s)
Portata (m³/s)

10 10 10

1 1 1

0.1 0.1 0.1

0.01 0.01 0.01

0.001 0.001 0.001


G F M A M G L A S O N D G F M A M G L A S O N D G F M A M G L A S O N D

Figura 36- Andamenti delle portate massime, minime e medie.


L'esame di questi grafici evidenzia che le portate massime si verificano perlopiù nel periodo autunno-inverno
(con una maggiore frequenza in novembre); esse, in rapporto alle portate medie, si presentano
generalmente con valori superiori di 25-35 volte, ad l'eccezione del F. Cornia (fino ad oltre 65 volte). Per
quanto riguarda le portate minime, si può notare che esse si manifestano di solito nei mesi estivi (con una
maggior frequenza in agosto) e che, sempre in rapporto alle portate medie, hanno generalmente valori
minori di 5-15 volte, ancora con l'eccezione del Cornia che si è addirittura presentato asciutto per vari mesi
del suo anno idrologico. Inoltre, è da sottolineare che alcuni corsi d'acqua (Elsa, Bruna, Merse, Albegna)
sono caratterizzati da portate minime assai costanti nell'arco dell'anno, cioè con scarti limitati tra quelle
relative al periodo autunno-inverno e quelle estive: ciò è sicuramente da mettere in relazione alla presenza,
negli stessi bacini, di numerose manifestazioni sorgentizie perenni, con portata complessiva relativamente
elevata, che alimentano il deflusso superficiale anche durante periodi più siccitosi (questo apporto
rappresenta, per i fiumi, il cosiddetto flusso di base).
Dispense di Idrogeologia -– Fondamenti di Idrogeologia - Cap.2 (c) - 83
40 40 40
ELSA A CASTELFIORENTINO CECINA A PONTE DI MONTERUFOLI CORNIA A S.S. AURELIA
A.I. 1951-1961+1963-1971 A.I. 1935-1942+1951-1963+1969-1975 A.I. 1952-197171
35 35 35

30 30 30

25 25 25
l/s km²

l/s km²

l/s km²
20 20 20

15 15 15

10 10 10

5 5 5

0 0 0
G F M A M G L A S O N D G F M A M G L A S O N D G F M A M G L A S O N D
40 40 40
FARMA A PONTE DI TORNIELLA MERSE A ORNATE ORCIA A M. AMIATA SCALO
A.I. 1961-1971 A.I. 1931-1940+1949-1959+1963-1967+1970-1973 A.I. 1935-1940+1953-1971
35 35 35

30 30 30

25 25 25

l/s km²
l/s km²

l/s km²

20 20 20

15 15 15

10 10 10

5 5 5

0 0 0
G F M A M G L A S O N D G F M A M G L A S O N D G F M A M G L A S O N D

40 40 40
OMBRONE A SASSO D'OMBRONE BRUNA A LEPRI ALBEGNA A MONTEMERANO
A.I. 1926-1942+1949-1973 A.I. 1953-1972 A.I. 1951-1980
35 35 35

30 30 30

25 25 25
l/s km²

l/s km²
l/s km²

20 20 20

15 15 15

10 10 10

5 5 5

0 0 0
G F M A M G L A S O N D G F M A M G L A S O N D G F M A M G L A S O N D

Figura 37- Contributi unitari medi.


La figura mostra che, all'interno del bacino del F. Ombrone, i contributi unitari più elevati si riscontrano, a
livello annuo, nel T. Farma (16,4 l/s·km2) con valori più che doppi rispetto a quelli dell'Orcia (7,0 l/s·km2); il
Merse e l'Ombrone stesso si presentano con valori rispettivamente di 13,0 e 9,9 l/s·km2 E' però da
evidenziare che, nei mesi estivi, i valori più alti risultano, invece, quelli del F. Merse (in agosto, circa quattro
volte quelli del Farma e, addirittura, quasi dieci volte quelli dell'Orcia): questa situazione più favorevole entro
il bacino del Merse è senz'altro da imputare, come già accennato, alla presenza di diverse sorgenti perenni
(in particolare, le Vene di Ciciano che, con una portata media pari a 0,93 m3/s, rappresentano il 64% del
valore medio delle portate minime annuali del Merse - in relazione allo stesso A.I.). Per quanto riguarda gli
altri bacini, le situazioni più favorevoli appaiono, a livello annuo, quelle del F. Albegna (che, con 16,9 l/s·km2,
presenta il valore più alto in assoluto), seguito dal Cecina e dal Bruna; nei mesi estivi, i valori più elevati si
riscontrano nei bacini del Bruna, Albegna ed Elsa (circa tre volte superiori a quelli del Cecina e, addirittura,
trenta volte maggiori di quelli del Cornia), caratterizzati anch'essi da situazioni simili a quella del F. Merse
(rispettivamente, sorgenti emergenti dalle vulcaniti della zona compresa tra Roccatederighi e Roccastrada,
sorgente di Saturnia, Vene di Onci).
Dispense di Idrogeologia -– Fondamenti di Idrogeologia - Cap.2 (c) - 84

- si può costruire la curva della durata delle portate (fig. 38) riportando, su di un grafico
lineare, in ordinata le portate (in m3/s) ed in ascissa il numero dei giorni nei quali esse
vengono raggiunte, senza tener conto della successione di tali giorni.
25 70 25
ELSA A CASTELFIORENTINO CECINA A MONTERUFOLI CORNIA A S.S. AURELIA
A.I. 1951-1961+1963-1971 A.I. 1935-1942+1951-1963+1969-1975 A.I. 1952-1971
60
20 20
50

15 15
40

m³/s
m³/s
m³/s

30
10 10

20
5 5
10

0 0 0
10 30 60 91 135 182 274 335 365 10 30 60 91 135 182 274 335 365 10 30 60 91 135 182 274 335 365

8 35 35
FARMA A TORNIELLA MERSE A ORNATE ORCIA A M. AMIATA SCALO
A.I. 1961-1971 A.I. 1931-1940+1949-1959+1963-1967+1970-1973 A.I. 1935-1940+1953-1971
30 30

6
25 25

20 20
m³/s
m³/s
m³/s

4
15 15

10 10
2

5 5

0 0 0
10 30 60 91 135 182 274 335 365 10 30 60 91 135 182 274 335 365 10 30 60 91 135 182 274 335 365

200 14 25
OMBRONE A SASSO D'OMBRONE BRUNA
BRUNAAALEPRI
LEPRI ALBEGNA A MONTEMERANO
A.I. 1926-1973 1953-72
A.I. 1953-1972 A.I. 1951-1963
12
20
150
10

15
8
m³/s

m³/s

m³/s

100
6
10

4
50
5
2

0 0 0
10 30 60 91 135 182 274 335 365 10 30 60 91 135 182 274 335 365 10 30 60 91 135 182 274 335 365

Figura 38- Curve della durata delle portate.


L'esame di questi grafici evidenzia che la situazione più favorevole, tra i bacini esaminati, è quella del F.
Elsa nel quale la portata media annua (5,38 m3/s) viene superata 93 giorni all'anno, mentre negli altri fiumi
questo avviene solo per periodi compresi tra 68 e 82 giorni; il F. Cornia presenta il caso meno favorevole,
con una portata media annua (3,20 m3˜/s) che viene superata solo 56 giorni l'anno, a conferma del suo
regime più spiccatamente torrentizio rispetto agli altri corsi d'acqua. La portata di 182 giorni (o portata
caratteristica media), che è il 60% di quella media annua dell'Elsa e la metà di quella del Bruna e del Merse,
scende fino a circa 1/3 per l'0mbrone, ad 1/5 per l'Orcia e, com'era da aspettarsi, addirittura ad 1/10 per il
Cornia. Questo andamento delle portate mette in luce che il deflusso dei vari bacini avviene rapidamente
entro quei pochi giorni durante i quali si verificano le precipitazioni più intense e le corrispondenti ondate di
piena; inoltre, considerando l'entità delle portate, si vede che, eccettuato in parte l'Ombrone, gli altri corsi
d'acqua si riducono a modesti torrenti per la maggior parte dell'anno.
Dispense di Idrogeologia -– Fondamenti di Idrogeologia - Cap.2 (c) - 85

- si possono valutare i rapporti tra l’acqua affluita nel bacino, in un determinato intervallo
temporale, attraverso le precipitazioni (P) e le corrispondenti quantità da esso defluiti
attraverso la rete idrografica (D), vale a dire i coefficienti di deflusso: Cd =D/P (Fig.39).
Tale parametro è assai importante poiché indica in qual modo il bacino reagisce agli eventi

G F M A M G L A S O N D Anno
pluviometrici, vale a dire come si
P (mm) 79 79 74 74 67 52 33 44 76 92 122 91 883

D (mm) 43 41 32 24 21 11 4 4 9 19 36 43 287
ripartisce la pioggia tra i vari
Cd 0.544 0.519 0.432 0.324 0.313 0.212 0.121 0.091 0.118 0.207 0.295 0.473 0.325
parametri del ciclo dell’acqua; in
1 000
P (m m ) definitiva quanta acqua ad esso
D (m m )
Cd
affluita si trasforma in risorsa,
100

superficiale e sotterranea,
10 rinnovabile. Normalmente il Cd
assume, su base annua, valori
1

inferiori a 1 e solo raramente, in

0.1
bacini in cui si hanno notevoli
quantità di apporti idrici esterni
0.01

G F M A M G L A S O N D
per via sotterranea, esso
Figura 39- Afflussi, deflussi e coefficienti dei deflusso nel bacino del assume valori uguali o maggiori
F. Ombrone a Sasso (A.I. '51-'80)
dell’unità. Se calcolato, invece,
per scansioni temporali minori dell’anno, ad es. mensile, può verificarsi che tale Cd
assuma valori maggiori di 1 quando gran parte dell’afflusso al bacino è di tipo nevoso.
Infatti nei mesi del disgelo primaverile vengono coinvolte nel deflusso notevoli quantità
d’acqua che però sono il frutto non delle precipitazioni di quel periodo, ma di quelle nevose
avvenute nei mesi invernali; potremo avere così in quei mesi quantitativi di deflusso
notevolmente superiori ai corrispondenti afflussi e quindi Cd >1.
In definitiva, l'analisi complessiva e le elaborazioni dei dati di portata consentono di
valutare l’esistenza di differenti comportamenti idrologici fra i vari bacini e di individuarne le
cause cui esse risultano prevalentemente legate; in generale tali cause sono normalmente
individuabili, oltre che nella diversità dei regimi pluviometrici (che determinano l’afflusso) e
termometrici (da cui dipendono le perdite per evapotraspirazione, nelle diverse percentuali
di terreni permeabili e nelle differenti caratteristiche dei principali circuiti di alimentazione
delle relative sorgenti.
Anche i deflussi, come le precipitazioni e le temperature, possono essere analizzati
statisticamente per ricavare utili indicazioni circa l'evoluzione idrologica dei relativi fiumi
nel corso di un lungo periodo, definendone ciclicità e trend; nella fig. 40 è riportato, a titolo
esemplificativo, l'andamento temporale del deflusso annuo relativo al bacino del
Dispense di Idrogeologia -– Fondamenti di Idrogeologia - Cap.2 (c) - 86

F.Ombrone a Sasso d'Ombrone, andamento che si presenta praticamente identico a


quello dei corrispondenti afflussi con uguali variazioni e tendenza.
D e flu s s i (m m )
700

600

500

400

300

200

100

1925 1930 1935 1940 1951 1956 1961 1966 1971 1976 1981

1 2 3 4 5

Figura 40-Evoluzione temporale dei deflussi annui nel bacino del F. Ombrone a Sasso: 1-scostamento del
deflusso annuo da quello medio del periodo; 2-deflusso medio del periodo; 3- trend; 4- smoothing; 5-
campo dello scarto quadratico medio

- Valutazioni indirette, quando non è presente una stazione di misura delle portate (o ad
integrazione se esistente), fra le quali:
1- Potendo considerare trascurabili le perdite di acqua sotterranea verso altri bacini (Ie=0,
bacino stagno o con spartiacque morfologico corrispondente a quello idrogeologico)
dall’equazione del bilancio idrico (P=Er+D+Ie) risulterà:
P=Er+D da cui si ricava D=P-Er=Ws.
2- Correlazioni con dati registrati da idrometrografi posti a valle o a monte della sezione
considerata nello stesso bacino.
3- Correlazioni con dati registrati da idrometrografi posti in altri bacini aventi caratteristiche
fisiografiche e climatiche simili al bacino in esame.
4- Formule e metodologie empiriche per la valutazione del deflusso e del coefficiente di
deflusso medio annuo (Cd=D/P da cui D=Cd*P)
Dispense di Idrogeologia -– Fondamenti di Idrogeologia - Cap.2 (c) - 87

La valutazione indiretta del coefficiente di deflusso (Cd) medio annuo su basi


fisiografiche: il metodo KENNESSEY
Questa metodologia è da considerarsi molto affidabile data l’ampia casistica di
sperimentazione che l’accompagna: si tratta di una metodologia empirica che offre la
possibilità di risalire al deflusso medio annuo per mezzo della stima del coefficiente di
deflusso Cd (Cd = D/P), effettuata in funzione di alcune caratteristiche fisiografiche e
climatiche puntuali dei bacini esaminati, e che permette così di sopperire alle suddette
carenze strumentali e/o alle disomogeneità. Il metodo consiste, in pratica, nel calcolare il
coefficiente di deflusso medio annuo di un bacino (Cd), o di un'area qualsiasi, come
semplice somma di tre componenti (Ca, Cv, Cp) relative all'influenza esercitata, sul
deflusso superficiale, rispettivamente dall'acclività della superficie topografica, dalla
copertura vegetale e dalla permeabilità delle rocce affioranti. Per ognuna delle tre
componenti, il contributo al Cd viene ricavato da un'apposita carta tematica (vedi Figg.
41a, b, c, d, e) e tavole nei lavori in allegato), dove i valori del parametro preso in
considerazione sono ripartiti in classi, a ciascuna delle quali viene attribuito un particolare
coefficiente in funzione anche delle caratteristiche climatiche generali della zona,
espresse dall'indice di aridità medio annuo (vedi Fig.41a). A questo punto i valori dei
contributi al Cd delle tre componenti (Ca, Cv, Cp) si ottengono come medie ponderate di tali
coefficienti rispetto all'area occupata, all'interno della zona, dalle classi a cui si riferiscono.
Seguendo lo stesso criterio, si può anche costruire la carta dei coefficienti di deflusso
mediante la sovrapposizione delle tre carte tematiche precedentemente redatte: infatti,
nella sovrapposizione vengono a sommarsi i contributi propri di ciascuna componente.
Infine, è da sottolineare che i coefficienti di deflusso, così ricavati, non possono tener
conto della realtà conseguente a eventuali
Parametri Coefficienti
ACCLIVITA’ (Ca) modifiche che l'uomo può aver apportato
1- Maggiore del 35% 0.22 0.26 0.30
2- Tra il 10 ed il 35% 0.12 0.16 0.20 all'ambiente (modifiche che non siano quelle
3- Tra il 3.5 ed il 10% 0.01 0.03 0.05
inerenti a parametri, come ad es. la vegetazione,
4- Minore del 3.5% 0.00 0.01 0.03
COPERTURA VEGETALE in qualche modo quantificabili): di conseguenza, il
1- Roccia nuda 0.26 0.28 0.30
2- Pascolo 0.17 0.21 0.25 confronto tra questi valori (aventi carattere
3- Terra Coltivata, boscata 0.07 0.11 0.15
potenziale) e quelli reali eventualmente, se
4- Bosco d’alto fusto 0.03 0.04 0.05
PERMEABILITA’ (Cp) presente, derivabili dalle misure
1- Scarsa 0.21 0.26 0.30
2- Mediocre 0.12 0.16 0.20 idrometrografiche, può essere utilizzato per
3- Buona 0.06 0.08 0.10
valutare l'influenza dell'opera dell'uomo sulle
4- Elevata 0.03 0.04 0.05
INDICI DI ARIDITÀ ANNUO <25 25-40 >40 caratteristiche idrologiche del territorio esaminato.
Fig. 41a- Valori dei coefficienti relativi alle
componenti utilizzate per il calcolo del Cd secondo
Kennessey.
Dispense di Idrogeologia -– Fondamenti di Idrogeologia - Cap.2 (c) - 88

Figura 41b - Il calcolo del coefficiente di deflusso su basi fisiografiche: il contributo dell’acclività.

CLASSI DI Ia<25 Ia= 25-40


2
ACCLIVITA’ Coeff. Sup.(km Coeff. Sup.(km2
1- Maggiore del 35% 0.22 0.22 0.26 87.63
2- Tra il 10 ed il 35% 0.12 3.91 0.16 270.04
3- Tra il 3.5 ed il 10% 0.01 2.18 0.03 56.82
4- Minore del 3.5% 0.00 0.18 0.01 62.02
Ca’ 0.083 Ca” 0.143
Contributo dell’acclività al Cd Ca = 0.144
Dispense di Idrogeologia -– Fondamenti di Idrogeologia - Cap.2 (c) - 89

Figura 41c- Il calcolo del coefficiente di deflusso su basi fisiografiche: il contributo della vegetazione.

CLASSI DI Ia<25 Ia= 25-40


2
VEGETAZIONE Coeff. Sup.(km Coeff. Sup.(km2
1- Roccia nuda 0.26 0.17 0.28 9.76
2- Pascolo 0.17 0.18 0.21 21.14
3- Terra Coltivata, boscata 0.07 5.04 0.11 181.42
4- Bosco d’alto fusto 0.03 1.10 0.04 264.19
Cv’ 0.071 Cv” 0.080
Contributo della Copertura Vegetale al Cd Cv = 0.079
Dispense di Idrogeologia -– Fondamenti di Idrogeologia - Cap.2 (c) - 90

Figura 41d - Il calcolo del coefficiente di deflusso su basi fisiografiche: il contributo della permeabilità.

CLASSI DI Ia<25 Ia= 25-40


2
PERMEABILITÀ Coeff. Sup.(km Coeff. Sup.(km2
1- Scarsa 0.21 0.65 0.26 153.19
2- Mediocre 0.12 0.06 0.16 169.42
3- Buona 0.06 5.48 0.08 78.90
4- Elevata 0.03 0.30 0.04 75.00
Cp’ 0.074 Cp” 0.160
Contributo della Copertura Vegetale al Cd Cp = 0.159
Dispense di Idrogeologia -– Fondamenti di Idrogeologia - Cap.2 (c) - 91

Figura 41e - Il calcolo del coefficiente di deflusso su basi fisiografiche: la carta dei Cd.

Cd = Ca + Cv + Cp = 0.143+0.079+0.159 = 0.381

Per una spiegazione più dettagliata sul metodo in oggetto, sulle sperimentazioni e
verifiche effettuate e sul significato e l’utilità di queste determinazioni, si rimanda ai
lavori specifici allegati a queste dispense.
Dispense di Idrogeologia - Fondamenti di Idrogeologia - Cap.2 (d) - 92

2.6 - INFILTRAZIONE EFFICACE

2.6.1 - Calcolo di Ie tramite il Bilancio Idrico

Con il termine infiltrazione efficace (Ie) si intende la quantità d'acqua che, infiltratasi in un
determinato bacino (sia esso idrografico o idrogeologico), non riemerge più in esso, ma va
ad alimentare quelli adiacenti e/o sottostanti.
L'equazione generale del bilancio può essere scritta anche nella forma seguente:
Ie = P - (Er D) = Ds
Il calcolo di Ie così effettuato, cioè per differenza tra gli altri termini del bilancio, conduce
ad un valore presunto, il quale dev'essere possibilmente controllato attraverso la misura
dei deflussi idrici sotterranei in uscita dal bacino considerato (Ds): dette uscite sono
rappresentate, non soltanto dalle portate sorgive, ma anche dai travasi verso domini
idrogeologici adiacenti e dalle uscite verso superfici d'acqua libera.
Questo è comunque il criterio di gran lunga più adottato per la valutazione di Ie ed anche
noi, nel proseguo della trattazione sul bilancio idrico ci atterremo a questa modalità.
In considerazione delle difficoltà esistenti nella misura dei dati di base e nella corretta
quantificazione dei singoli parametri dell'espressione del bilancio idrico, si ritiene che detto
bilancio sia attendibile, e che quindi la struttura idrogeologica sia stata ben delimitata,
quando la differenza tra Ie e Ds non supera il 10% circa del valore di Ie. Se tale differenza
è maggiore del 10% è possibile che i limiti del bacino idrogeologico non siano stati definiti
con sufficiente approssimazione: in tal caso, le relazioni tra afflussi e deflussi di una o più
aree adiacenti risulteranno sbilanciate in senso inverso a quelle del dominio in esame
(Celico, 1988).

Le due precedenti ipotesi sono chiaramente riferite ad equilibri idrogeologici naturali o,


comunque, non alterati in modo sostanziale da sovrasfruttamenti di acqua sotterranea; in
quest'ultimo caso, il bilancio andrebbe riferito ad un periodo di tempo precedente all'inizio
dello sfruttamento intensivo delle risorse e, quindi, a condizioni di equilibrio indisturbato o
pressoché indisturbato. Se ciò non è possibile, si deve tener conto, da una parte, delle
alimentazioni artificiali (acque di rifiuto urbano e/o industriale, acque di irrigazione), e
dall'altra delle uscite artificiali (invasi artificiali, prelievi diretti alle sorgenti, emungimenti da
pozzi, ecc.).
Dispense di Idrogeologia - Fondamenti di Idrogeologia - Cap.2 (d) - 93

2.6.2 - Calcolo di Ie tramite i Coefficienti di Infiltrazione Potenziale (C.i.p.)

L'altro modo per stimare Ie consiste nel valutare dapprima il deflusso idrico globale di un
determinato territorio (la cosiddetta eccedenza idrica o water surplus, Ws, pari alle
precipitazioni efficaci, Pe) con: Ws = P - Er = Pe
Naturalmente, anche con questa relazione si ottiene un valore presunto, in quanto ricavato
per differenza e non per via sperimentale, dato che cumula le approssimazioni di misura
e/o calcolo sia di P che di Er.
A questo punto, ricordando che, dalla equazione generale del bilancio, si ha:
Ws = P - Er = D + Ie
si può risalire al valore delle due componenti che costituiscono Ws (R ed Iti), attraverso i
coefficienti di infiltrazione potenziale (Celico, 1988). Si tratta di percentuali di Ie rispetto
a Ws, ricavate da osservazioni su bacini-campione e da esperienze effettuate in varie parti
del mondo, basate sul grado di permeabilità dei litotipi affioranti all'interno dell'area
considerata (calcari: 90-100%; depositi alluvionali: 80-100%; ecc.): all'interno dei singoli
complessi idrogeologici, le variazioni del C.i.p. sono legate a vari fattori quali l'acclività dei
versanti, la copertura vegetale, l'alterazione superficiale delle rocce, ecc.

Fasce di variazione indicative del Coefficiente di infiltrazione


potenziale (C.i.p.) in alcuni complessi idrogeologici
C.i.p. C.i.p.
Complessi idrogeologici (%Ws Complessi idrogeologici (%Ws)
)
Calcari 90-100 Lave 90-100
Calcari dolomitici 70-90 Depositi Piroclastici 50-70
Dolomie 50-70 Piroclastiti e lave 70-90
Calcari Marnosi 30-50 Rocce intrusive 15-35
Detriti Grossolani 80-90 Rocce metamorfiche 5-20
Depositi Alluvionali 80-100 Sabbie 80-90
Depositi argillosi - marnosi - arenacei 5-25 Sabbie argillose 30-50

Figura 42a- Valori dei C.i.p. in alcuni complessi idrogeologici.

Questo tipo di determinazione prevede vare fasi:


Dispense di Idrogeologia - Fondamenti di Idrogeologia - Cap.2 (d) - 94

1a- Definizione del grado di permeabilità dei vari litotipi affioranti all’interno del bacino ed

1 2 3
individuazione del C.i.p.
0 5
4 5
2 3
6
più consono; questo può
farsi sia associando a
ciascuna formazione il
3
3
3
relativo C.i.p., che

M.
costruendo una carta
2 LA
2
della permeabilità in cui
2

le formazioni affioranti
*

CAMPOBA

F.
sono classificate nei
M.
1
diversi gradi di
BOIAN
*
VINCHIATU permeabilità relativa cui
5
si dovrà
1 M. conseguentemente far

1
4 corrispondere un valore
4
4 di C.i.p. medio della
1
4
M. classe, e questo in
Fig 42b- Carta della permeabilità dell’alto bacino del F. Biferno: 1- funzione delle
Perm. Molto scarsa; 2-mediocre; 3- buona; 4- elevata; 5- spartiacque
morfologico; 6- zone considerate per il calcolo dell’infiltrazione con caratteristiche di tipo
l’ausilio dei C.I.P. (frecce piene =Ie; frecce Vuote = Isi)
idrogeologico dei litotipi
300 1
200
800 componenti (Fig. 42b);
2
400
2a- elaborazione di una
3
300 carta ad isolinee del Ws
medio annuo (Fig.42c)
attraverso
Isernia 200 200 determinazione puntuale
Campobasso
del valore di detto
500
parametro in tutte le
600
300 stazioni pluviometriche
400
800 utilizzate per il calcolo
1600 500
degli afflussi; questo
1100
700
1300 eseguendo un vero e
1000
1500
900 0 10 km proprio bilancio idrico per
900
ciascuna stazione (per
Fig. 42c - Carta dell’eccedenza idrica media annua (Ws): 1- isolinee;
2- spartiacque morfologico; 3- stazioni utilizzate
Dispense di Idrogeologia - Fondamenti di Idrogeologia - Cap.2 (d) - 95

valutazioni di tipo speditivo, anche se imprecise, può utilizzarsi il Ws medio del bacino);
3a- valutazione, attraverso la sovrapposizione delle due carte suddette, del Ws relativo a
ciascuna area considerata all’interno del bacino;
4a- calcolo dell’infiltrazione totale in ciascuna area considerata tramite la relazione:
It = Ws*c.i.p.*sup. avendo cura di esprimere i parametri con unità di misura
omogenee: Ws in m e Sup. in m2, da cui deriverà una It in m3 (Fig.42c). Questo valore
può poi essere ragguagliato al bacino dividendolo per la superficie (in m2) del bacino
medesimo e poi riportato a mm.
Grado di Ws Superficie Tipo di infiltrazione e relativo valore
Zone Permeabilità C.I.P. (mm/anno) (km2 ) Isi Ie Iti
6
relativa 10 m3 /anno 106 m3 /anno 6
mm/anno 10 m3 /anno

a Elevata 0.9 1289 63.8 74.0 - 1160 74.0


1 -
b Elevata 0.9 1000 0.4 0.4 900 0.4
La Gallinola
M. Miletto
Roccamandolfi
c Buona 0.5 1000 2.9 1.5 - 500 1.5
d Mediocre 0.2 950 3.0 0.6 - 190 0.6
a Elevata 0.9 900 8.2 - 6.6 810 6.6
2 b Buona 0.5 700 2.0 - 0.7 350 0.7
M.
Patalecchia
c Mediocre 0.2 1000 3.3 - 0.7 200 0.7
a Elevata 0.9 650 3.0 1.8 - 585 1.8
3 b Buona 0.5 700 18.2 6.4 - 350 6.4
M. Pesco la
Messa c Mediocre 0.2 700 6.2 0.9 - 140 0.9
a Elevata 0.9 1120 23.0 4.6 18.5 1008 23.1
4 b Buona 0.5 1120 5.9 0.6 2.7 560 3.4
M. Mutria c Elevata 0.9 1600 6.2 - 8.9 1440 8.9
Guardiaregia
d Buona 0.5 1600 1.6 - 1.3 800 1.3

5 Vinchiaturo
a Buona 0.5 500 14.5 3.6 - 250 3.6
Altre interne al bacino Buona 0.5 686 17.9 6.1 - 343 6.1
del F. Biferno
Mediocre 0.2 443 50.9 4.5 - 89 4.5
TOTALE BACINO BIFERNO A RIPALIMOSANI 105.0 39.4 243 144.4
Fig. 42c - Schema operativo per la valutazione dell’infiltrazione in un bacino idrografico tramite i
C.i.p.: esempio relativo al bacino del F. Biferno (Molise)
Qualora, come nel caso in esempio, si abbia una conoscenza idrogeologia approfondita
del bacino in esame potremmo essere in grado di individuare quali delle aree permeabili
ivi affioranti, riguardano acquiferi che alimentano sorgenti interne al nostro bacino (la cui
relativa infiltrazione si chiama, come vedremo, Isi) e quante riguardano acquiferi che
portano il loro contributo di infiltrazione fuori dallo spartiacque morfologico del bacino per
via sotterranea e la cui rispettiva infiltrazione è denominata Ie.
Dispense di Idrogeologia - Fondamenti di Idrogeologia - Cap.2 (d) - 96

2.6.3 - La misura dell’infiltrazione tramite apparati lisimetrici


E' infine da ricordare che l'infiltrazione efficace può essere misurata anche in maniera diretta (lisimetri), ma
con risultati che assumono piena validità solo per aree di limitata estensione (bacini-campione).
I Lisimetri sono installazioni sperimentali che utilizzano il suolo stesso come apparecchio di misura; essi
permettono di misurare o valutare alcuni parametri principali del bilancio idrico (l’infiltrazione e
l’evapotraspirazione reale) nelle varie condizioni naturali.
Essendo apparati complessi nella realizzazione e nella gestione, i lisimetri sono presenti solo in zone-
campione particolari; non esiste quindi una rete lisimetrica che permetta di gestire i dati di infiltrazione e di
evapotraspirazione reale come quelli pluviometrici e termometrici.
PRINCIPIO
Sul fondo di un foro profondo alcuni metri in un terreno sabbioso poniamo orizzontalmenye una placca
metallica ad imbuto e ricopriamo il tutto fino al livello del suolo (fig.
43a). L’esperimento proverà che con tale dispositivo non si
Fig. 43a raccoglie mai acqua (è su questa osservazione che fu basata la
vecchia teoria di alcuni autori secondo la quale l’acqua della
pioggia non sarebbe riuscita ad infiltrarsi nel suolo e nel
sottosuolo). L’assenza di acqua sull’apparecchiatura è invece
dovuta al fenomeno della capillarità; la placca metallica
interrompe la continuità del film capillare e questo, insieme alla
pressione dell’aria nei vuoti che agisce contrastando l’infiltrazione
(suzione), si oppone fortemente alla circolazione dell’acqua in
Fig. 43b
senso verticale. L’acqua viene così deviata, e in qualche modo
sifonata, lateralmente alla placca metallica dove il suo deflusso è
più facile. Se perfezioniamo tale dispositivo facendo sormontare
la placca metallica da una corona di ghiaia dello spessore de
alcuni dm e di circa 1m di altezza e ricoprendo il suo fondo con
uno strato di ghiaia (fig. 43b), raccoglieremo allora acqua di
infiltrazione; la corona di ghiaia interrompe infatti il sifonaggio
laterale permettendo così all’acqua di poter arrivare sul fondo
dell’apparecchio: abbiamo così realizzato un lisimetro
rudimentale.
TIPI DI LISIMETRO
I vari tipi di lisimetro esistenti possono raggrupparsi in:
- Lisimetri di superficie:seconda del principio di costruzione possiamo distinguere
le casse lisimetriche (fig. 43c): sono i tipi più frequenti e
consistono in uno scavo riempito con un campione di suolo
che può essere sia un suolo omogeneo artificiale che un
suolo Sono utilizzate soprattutto a fini agronomici e pedologici
e possono applicarsi solo nello studio di terreni sciolti ed il
rimaneggiamento del suolo, nonostante le precauzioni che
possono essere prese, condiziona molto i risultati. In
idrogeologia possono essere utilizzati solo per lo studio di
terreni sciolti omogenei come le sabbie costiere o di duna.
i lisimetri monolitici (fig.43d): sono costituiti da un
terreno non rimaneggiato; l'apparecchiatura è in qualche
modo costruita intorno ad
un blocco di terreno in
posto.

Le dimensioni di questi due


Fig. 43c tipi di lisimetri variano da 1
a 600 m2 e sono
generalmente a sezione Fig.43d
quadrata e rettangolare, talvolta circolare, ed arrivano a profondità di 1-3
m. Abitualmente viene costruita una batteria di pìù casse lisimetriche sia
con suolo nudo che con vari tipi di copertura vegetale. L’installazione è
sempre completata con una stazione meteorologica completa per la misura di pioggia, velocità del vento,
temperatura e umidità di aria e suolo.
Dispense di Idrogeologia - Fondamenti di Idrogeologia - Cap.2 (d) - 97

- Lisimetri a pesata
La valutazione del bilancio esige una precisa
misura delle variazioni dei quantitativi d’acqua
immagazzinati nel suolo. Il metodo più preciso per
fare tali misure è quello di pesare il lisimetro ad
intervalli di tempo regolari. L’installazione di questi
lisimetri è complessa ed assai costosa.
- Lisimetri sotterranei (fig. 43e)
Lo scopo di queste installazioni è quello di fornire
informazioni sull’infiltrazione profonda fino alla
falda; i lisimetri superficiali prima descritti
forniscono misure solo per i primi 2-3 m di
profondità e non permettono, quindi, una misura
dell’infiltrazione che sia attendibile
Fig. 43e

FUNZIONAMENTO DEI LISIMETRI


Lo scopo dei lisimetri è quello di valutare il bilancio idrologico di una porzione di un dato suolo. Essi sono
così costruiti al fine di determinare gli scambi idrici ed in particolare l’acqua d’infiltrazione durante determinati
intervalli di tempo che corrisponde al drenaggio dei lisimetri. A tal fine sono realizzate due tipi d’installazione:
- lisimetri a drenaggio totale - fig. 43f(a): il volume del suolo campione del lisimetro è drenato alla base da
uno strato ghiaioso dal quale una condotta inclinata fa defluire l’acqua verso recipienti di misura installati al
fondo di un pozzo o di gallerie laterali. Particolari dispositivi permettono di evitare l’evaporazione dell’acqua
così raccolta. Tali pozzi o gallerie devono essere eseguiti ad una distanza dal lisimetro sufficiente ad evitare
l’influenza del vuoto così creato. Questo
tipo di lisimetro è indicato per lo studio
dell’infiltrazione e dell’evapotraspirazione
reale e non può essere utilizzato per lo
studio dell’evapotraspirazione potenziale.
- lisimetri a livello d’acqua costante - fig.
43f(b): il livello della superficie
piezometrica nel campione lisimetrico è
mantenuto costante, in generale ad un
Fig. 43f metro di profondità, attraverso
immissione o sottrazione d’acqua
attraverso un dispositivo automatico impiantato a tal fine in un pozzo od in una galleria laterale. Questo tipo
di installazione, che permette di valutare l’evapotraspirazione potenziale, e detto lisimetro o
evapotraspirometro di Thornthwaite.
Oltre ai vantaggi connessi alla valutazione dell’infiltrazione e dell’evapotraspirazione, i lisimetri hanno degli
inconvenienti legati:
- al rimaneggiamento e all’eterogeneità del suolo sperimentale;
- alla rottura del film capillare;
- all’assenza di ruscellamento superficiale data la sua superficie superiore orizzontale;
- alla presenza di una superficie piezometrica all’interno del dispositivo.

MISURE LISIMETRICHE E LORO INTERPRETAZIONE


Fig. 43g Sappiamo che i lisimetri permettono di misurare l’infiltrazione e
siccome tali installazioni sono attrezzate anche con centraline
meteorologiche, noi conosceremo anche le precipitazioni che
l’hanno provocata.
Riportando su un grafico in ordinate l’infiltrazione ed in ascisse, alla
stessa scala, la corrispondente pluviometria otterremo una serie di
punti i quali potranno tra loro correlarsi tramite una funzione lineare
(fig. 43g) del tipo: Fig.43h
Y = a X - b, ovvero I =a P - b
la cui soluzione matematico-statistica o grafica permette di ottenere,
partendo dai dati sperimentali, la formula dell’infiltrazione.
In fig. 43h è riportato il grafico sperimentale di un lisimetro della Gran
Bretagna che mostra la correlazione tra i valori annui (periodo 1932-
1940) di queste due grandezze dal quale risulta:
b = Xo = 210mm e a = tg α = tg 36°= 0.7 ca., da cui I = 0.7P - 210.
Dispense di Idrogeologia - Fondamenti di Idrogeologia - Cap.2 (d) - 98

2.7 - ESECUZIONE DEI CALCOLI DI BILANCIO

Sulla base dei dati raccolti ( relativi ad Afflussi, Temperature e Deflussi) e delle loro
integrazioni ed elaborazioni (così come spiegato nei relativi capitoli), si sono acquisiti tutti
gli elementi utili per procedere alla stesura del bilancio idrologico di un bacino ed alla stima
delle relative risorse idriche.
Il modello per l’esecuzione dei calcoli di bilancio che qui è adottato è quello di
Thornthwaite, così come proposto dall’autore, per il calcolo di Er, integrato dalla procedura
consigliata da Castany per il calcolo di Ie (per differenza, una volta noti gli altri termini del
bilancio: Ie=P-(Er+D); di seguito è riportato lo schema operativo generale.

Schema per il calcolo del BILANCIO IDRICO secondo Thornthwaite


Riga Anno
PARAMETRI G F M A M G L A S O N D

1 P mm
- Afflussi -
2 T °C
- Temperature -

(T ) D
1.514
3 i = 5 - I = ∑i
- indice calorico mensile G
4 Ep=(10T/I)α mm
Evapotraspirazione Potenziale
5 K-
- Coeff. correzione astronomica
6 Epc=Ep*K mm
Evapotraspirazione potenziale
corretta
7 P-Epc mm
8 r mm
riserva idrica del suolo satur.= 100
mm
9 Er mm
- Evapotraspirazione reale
10 Ws=P-Er mm
- Eccedenza idrica o precip. efficaci
11 Da=Epc-Er mm
Deficit agrario
12 D mm
Deflusso
13 Ie=Ws-D mm
Infiltrzione efficace

Figura 43- Schema operativo per il calcolo del bilancio idrico.

La procedura per l’esecuzione dei calcoli di bilancio può essere così schematicamente
riassunta (vedi fig.43 ed esempio reale di calcolo riportato in fig.44):
Dispense di Idrogeologia - Fondamenti di Idrogeologia - Cap.2 (d) - 99

Dati di imput:

Precipitazioni - riportare i valori medi mensili ed annui ragguagliati al bacino (ricavati con
il metodo delle isoiete e/o dei topoieti) nella riga 1 dello schema.

Temperature - riportare i valori medi mensili ed annui ragguagliati al bacino (normalmente


ricavati con criteri statistici - rette di regressione) nella riga 2 dello schema.

Deflussi - riportare i valori medi mensili ed annui ragguagliati al bacino (ricavati


direttamente dai dati relativi alla stazione idrometro grafica, se presente, o attraverso
criteri indiretti come la valutazione del Cd su basi fisiografiche) nella riga 12 dello schema.

Dati derivati:

Evapotraspirazione potenziale (Ep, riga 4) e potenziale corretta Epc, riga 6)


- la procedura di calcolo è semplice ed automatica in quanto, partendo dai dati medi
mensili di temperatura in imput, si ricavano, attraverso la formula di riga 3, i valori di i
mensili la cui somma definisce I, che è poi il parametro che, insieme alle T medie mensili,
entra nel calcolo dell’evapotraspirazione potenziale (Ep) così come indicato con la formula
di riga 4.
Dopo aver riportato in riga 5 i valori di K, definiti in funzione della latitudine media del
bacino da apposita tabella (tab. 8.8 pag.66 Celico2), si arriva al calcolo
dell’evapotraspirazione reale corretta (Epc) riportando in riga 6 i risultati dei prodotti tra i
valori di Ep di riga 4 con i relativi k di riga 5.
Si riportino infine in riga 7 i risultati delle differenze P-Epc i cui valori risulteranno utili per
una più rapida valutazione dell’evapotraspirazione reale.

Evapotraspirazione reale (riga9)


Come già detto il passaggio da Epc all’evapotraspirazione reale (Er) avviene sulla base
delle disponibilità idriche presenti in quel determinato mese, nel bacino in esame; esse
sono date dalla somma dell’afflusso mensile con la riserva idrica (r) corrispondenti.
Definito il valore della riserva idrica del suolo (normalmente r=100 mm) lo si riporti nella
prima colonna della riga 8.
Siccome il valore dell’Er sarà sempre uguale o inferiore a quello della corrispondente Epc,
per la sua definizione dovremo seguire poche semplici regole:
Dispense di Idrogeologia - Fondamenti di Idrogeologia - Cap.2 (d) - 100

1- Nei mesi in cui il valore di P-Epc (riga 7) è ≥ 0, il valore di Er sarà uguale a quello di
Epc;
2- Nei mesi in cui il valore di P-Epc (riga 7) è <0, potranno aversi i seguenti casi:
a) Er = Epc quando l’entità della riserva idrica del mese precedente è maggiore o uguale
al valore negativo di P-Epc (riga 7);
b) Er<Epc, quando l’entità della riserva idrica del mese precedente è minore del valore
negativo di P-Epc (riga 7). In tal caso il valore di Er sarà definito dalla somma del valore di
afflusso (P, riga 1) di quel mese con il valore della riserva idrica del mese precedente (r,
riga 8); è ovvio che, giunta ad esaurimento la riserva idrica (Nella versione del bilancio qui
presentata, è previsto il totale consumo della riserva idrica del suolo. Gli autori di questo procedimento
indicano però che questa non dovrebbe mai esaurirsi completamente e che il suo consumo è funzione
esponenziale del deficit idrico cumulato - somma dei valori negativi di P-Epc eventualmente ricavati per il
mese in esame ed in quelli precedenti - di quel mese), il valore di Er sarà pari a quello della P

corrispondente.
Ripristino della riserva idrica (riga 8)
Appare evidente che r dopo esser stata consumata dal processo evapotraspiratorio debba
anche essere completamente reintegrata per l’entità prevista (es. 100 mm). Questo
avviene nei mesi successivi al suo esaurimento nei quali risulti una sovrabbondanza di
precipitazioni rispetto alla Epc. In essi i valori positivi di P-Epc, prima di costituire
eccedenza idrica (Ws di riga 10),vengono utilizzati per il ripristino di r, e questo fino a che
essa non ritorna al valore iniziale (nell’es., 100 mm).

Eccedenza idrica ( Ws, riga 10) o precipitazione efficace (Pe)


E’ l’acqua di precipitazione in esubero rispetto al processo evapotraspiratorio,
comprendendo in esso anche consumo e ripristino della riserva idrica del suolo. Come per
l’Er, anche la determinazione di Ws segue le seguenti regole:
1- Quanto il valore di P-Epc di riga 7 è ≤ 0, Ws=0;
2- Quanto il valore di P-Epc di riga 7 è >0, potranno aversi i seguenti casi:
a) Se il valore di r nel mese precedente è al massimo grado di saturazione (nell’es.=100
mm), Ws sarà pari al valore positivo di P-Epc di riga 7;
b) Se il valore di r nel mese precedente è inferiore al massimo grado di saturazione
(nell’es.<100 mm), Ws sarà pari al valore positivo di P-Epc di riga 7 defalcato di una
quantità corrispondente al complemento alla massima saturazione (a 100 mm nel
nostro caso) della riserva idrica del suolo r, del mese precedente.
Dispense di Idrogeologia - Fondamenti di Idrogeologia - Cap.2 (d) - 101

Infiltrazione efficace (Ie, riga 13)


Come previsto dal modello di bilancio adottato, le perdita apparente per via sotterranea,
Ie, sarà ricavata con la differenza tra le precipitazioni efficaci ed il deflusso superficiale
misurato, o calcolato, alla sezione di chiusura del nostro bacino. Pertanto nella riga 13
riporteremo il risultato delle differenze tra il Ws mensili (riga10) ed il corrispondente valore
del D (riga 12). Mensilmente tale parametro potrà avere valori sia positivi (la cui
sommatoria corrisponderà all’infiltrazione totale interna al bacino) che negativi (la cui
sommatoria corrisponde al contributo delle acque sotterranee al deflusso); tali valori
mensili hanno quindi un significato idrologico ed idrogeologico diverso da quello con cui
abbiamo definito Ie, il cui valore è riferibile solo a quello annuo medio cioè alla somma
algebrica tra tutti i valori mensili riportati in riga 13.
Maggior dettaglio sull’argomento è rimandato al capitolo inerente la valutazione delle
risorse idriche superficiali e sotterranee tramite i calcoli di bilancio.

Deficit agrario (Da, riga 11)


Parametro di nessuna utilità per i calcoli di bilancio, ma che fornisce precise indicazioni
circa i periodi e l’entità del deficit idrico che la vegetazione deve sopportare nel bacino.

Bilancio idrologico del bacino del F. OMBRONE A SASSO- Latitudine media: 43 °N


Anno Idrologico: 1951-1980 Superficie:2644 km2
Gen. Feb. Mar. Apr. Mag. Giu. Lug. Ago. Set. Ott. Nov. Dic. Anno
1 P mm 79 79 74 74 67 52 33 44 76 92 122 91 883
2 T °C 5.4 6.3 8.5 11.9 15.9 19.8 22.6 22.3 19.1 14.5 9.9 6.5 13.6
3 i 1.1 1.4 2.2 3.7 5.8 8.0 9.8 9.6 7.6 5.0 2.8 1.5 58.6
4 Ep mm 14 18 27 44 66 89 108 106 85 58 34 19 666
5 K 0.81 0.82 1.02 1.12 1.26 1.28 1.29 1.20 1.04 0.95 0.81 0.77
6 Epc mm 12 15 28 49 83 114 139 127 88 55 27 14 750
7 P-Epc mm 67 64 46 25 -16 -62 -106 -83 -12 37 95 77
8 r mm 100 100 100 100 84 22 0 0 0 37 100 100
9 Er mm 12 15 28 49 83 114 55 44 76 55 27 14 572
1 Ws mm 67 64 46 25 0 0 0 0 0 0 32 77 311
1 Da mm 0 0 0 0 0 0 84 83 12 0 0 0 179
1 Q mm 43 41 32 24 21 11 4 4 9 19 36 43 287
1 Ie mm 24 23 14 1 -21 -11 -4 -4 -9 -19 -4 34 25
α=1.414251392
LEGENDA
P-Epc Eccedenza Deficit
r Satura Consumo Ripristino
Er 1) =Epc 2a) =Epc 2b) <Epc
Ws presente assente tutto o in parte dedicato al ripristino di r
Infiltrazione totale interna (Iti) contributo al Q efficace

Figura 44- Esempio reale di calcolo del bilancio idrico.


Dispense di Idrogeologia - Fondamenti di Idrogeologia - Cap.2 (d) - 102

Nell’ istogramma di fig. 45 è riportato l’esemplificazione grafica relativa all’esempio reale di


calcolo di bilancio sopra riportato indicante l'andamento, nel corso dei vari anni medi
considerati, dei valori di tutti i parametri che concorrono alla definizione del bilancio
idrologico, mentre nell’areogramma è messa in evidenza la ripartizione percentuale
dell'afflusso medio annuo tra i vari termini del bilancio stesso; nella fig. 46 è invece
riportato il confronto tra i risultati dei calcoli di bilancio effettuati relativamente ai principali
bacini e sottobacini della Toscana meridionale.
140 25 mm 2.9%
P = 883 P Er D Ie
120 287 mm
32.4%
64.7% 572 mm
100

80

60
mm
40

20

-20
OMBRONE A SASSO D'OMBRONE (2644 km2) - A.I. 1951-1980
-40
Gen. Feb. Mar. Apr. Mag. Giu. Lug. Ago. Set. Ott. Nov. Dic.
Figura 45- Istogramma della ripartizione degli afflussi tra i vari termini del bilancio e relativo
aerogramma, con riferimento all’esempio di calcolo riportato in fig 44.
Si deve comunque sottolineare che, in un bacino controllato da idrometrografo, le portate
misurate non sono da ritenersi sempre espressione della sola potenzialità di deflusso
superficiale; infatti, in relazione a vari fattori, esse possono presentare valori maggiori o
minori di quelli dovuti alle sole caratteristiche fisiografiche locali.
I più importanti di tali fattori sono (Barazzuoli et al., 1989):
1) gli interventi antropici sul bacino nei riguardi dell'utilizzazione delle acque (attingimenti,
derivazioni, invasi, emungimenti da pozzi in falda subalvea, ecc.), interventi che
possono comportare variazioni sia positive che negative sul valore del deflusso.
- Nella Toscana Meridionale, ciò si è verificato nei bacini del fiumi Elsa a
Castelfiorentino, Cornia a S.S. Aurelia e Orcia a M. Amiata Scalo dove, a causa della
sottrazione di acqua per vari scopi, si è avuta una sensibile diminuzione dei relativi
deflussi (stimata, rispettivamente, in circa 51, 39 e 18 mm; queste stime sono
probabilmente approssimate per difetto dato che, a causa dei vari fenomeni di
abusivismo, non si può conoscere con esattezza l'incidenza sul deflusso di dette
sottrazioni idriche);
Dispense di Idrogeologia - Fondamenti di Idrogeologia - Cap.2 (d) - 103
1100

1000

900

800

700
mm/anno

600

500

400

300

200

100

3250

3000

2750

2500

2250
Milioni di m /anno

2000
3

1750

1500

1250

1000

750

500

250

0
ELSA ALLA FOCE

MERSE ALLA FOCE


BRUNA ALLA FOCE

ORCIA ALLA FOCE


CECINA ALLA FOCE

OMBRONE A SASSO
CORNIA A S.S. AURELIA

OMBRONE A BUONC.

ALBEGNA ALLA FOCE


OMBRONE ALLA FOCE
P Er D Ie

Figura 46- Confronto tra i termini del bilancio idrico relativi a vari bacini della Toscana Meridionale
Dispense di Idrogeologia - Fondamenti di Idrogeologia - Cap.2 (d) - 104

2) possibili importanti apporti idrici sotterranei dall'esterno del bacino tramite emergenze
sorgentizie (il che si configura anche nella non coincidenza tra lo spartiacque
morfologico e quello idrogeologico).
Nella Toscana meridionale questo è stato riscontrato nei bacini del F. Merse a Ornate
(nel quale, a causa della presenza delle Vene di Ciciano aventi un'alimentazione idrica
proveniente per circa la metà dall'esterno, si manifesta un aumento dei relativi deflussi
pari a 30 mm) e del F. Albegna a Montemerano (dove, data l'emergenza della sorgente
delle Terme di Saturnia che ha un'alimentazione idrica proveniente praticamente tutta
dall'esterno, si assiste ad un notevole aumento dei relativi deflussi di circa 99 mm).

A tutto questo, in assenza di precise conoscenze idrogeologiche, può ovviarsi facendo


ricorso al calcolo del Cd su basi fisiografiche che porta poi a definire un valore del deflusso
interno al bacino assai prossimo a quello naturalmente competente al bacino esaminato.
Questo fatto è, come vedremo, di grandissima importanza quando i risultati dei calcoli di
bilancio verranno utilizzati per ricostruire l’entità delle risorse idriche superficiali e
sotterranee del bacino; si dovrà infatti tener allora conto, sia degli interscambi sotterranei
del nostro bacino con quelli contermini (dovuti alla non corrispondenza tra spartiacque
morfologico ed idrogeologico), che dei consumi interni di acqua, spesso di notevole entità,
dovuti all’azione antropica (vedi fig. 47 - Cap. 3).
Dispense di Idrogeologia - Fondamenti di Idrogeologia - Cap. 3a- 105

3- CIRCOLAZIONE DELL’ACQUA NEL SOTTOSUOLO


La circolazione d’acqua nel sottosuolo avviene attraverso i vuoti intergranulari (Pori) o
meati di varia origine (Fessure) ed è tanto più facile quanto più questi sono grandi e
frequenti, nonché tra loro intercomunicanti.
TIPI DI ACQUA NEL TERRENO
In un terreno saturo d’acqua, questa sarà quindi presente in funzione della quantità di
vuoti vale a dire, come vedremo in seguito, in funzione della sua porosità totale. Tale
acqua si distingue nettamente in due tipi fondamentali:
Acqua di ritenzione, vale a dire l’acqua che non si muove per l’azione della forza di
gravità, ma viene trattenuta all’interno del terreno. In dettaglio abbiamo:
Acqua igroscopica: riempie i micropori ed i canalicoli che si aprono sulla superficie dei
singoli granuli, non risente della gravità e non trasmette la pressione idrostatica. E’
inamovibile in condizioni normali di temperatura e pressione ed il suo spessore e di circa
0.1 micron. Il quantitativo di questo tipo di acqua di ritenzione rispetto al volume totale
della roccia varia in funzione della granulometria: si va da un 2-15% per le Sabbie ad un
40-50% per le argille.
Acqua pellicolare: si tratta della pellicola d’acqua che avvolge ogni granulo e la sua acqua
igroscopica ed è dovuta al fenomeno dell’adesione (attrazione da parte dei granuli)
quando il granulo è saturo di acqua igroscopica. Ha uno spessore di1-2 micron ed è
difficilmente estraibile solo per centrifugazione.
Acqua capillare: occupa tutti i vuoti intergranulari di dimensioni capillari ed è dovuta
all’azione combinata delle forze di adesione e coesione ed è estraibile solo per
centrifugazione.
Acqua gravifica: acqua che si Acqua Acqua
Pellicolare Igroscopica
muove liberamente nei vuoti
intergranulari (pori) sotto
l’azione della forza di gravità.
Trasmette la pressione Acqua
idrostatica e rappresenta il Capillare ACQUA
quantitativo d’acqua che può GRAVIFICA

essere convenientemente
estratto o captato dal
sottosuolo; è quindi la risorsa o
la riserva idrica sotterranea. Figura 53- Tipi di acqua nel terreno
Dispense di Idrogeologia - Fondamenti di Idrogeologia - Cap. 3a- 106

3.1 - PRINCIPALI PROPRIETA' IDROLOGICHE DELLE ROCCE: Caratteristiche fisiche


Le proprietà idrologiche delle rocce maggiormente interessanti dal punto di vista
idrogeologico, perché condizionano quantitativamente l'immagazzinamento ed il
movimento delle acque che possono essere utilmente captate, sono: porosità, capacità di
ritenzione, capacità di percolazione, permeabilità.
3.1.1 - Porosità
La porosità è la proprietà delle rocce di contenere spazi vuoti (quali che siano la forma, le
dimensioni e la frequenza) tra gli elementi solidi che le compongono; essa può essere
distinta in primaria, quando i vuoti si sono formati contemporaneamente alla roccia, e
secondaria, quando i vuoti si sono formati successivamente.
La porosità (n, pt) viene generalmente espressa mediante il rapporto percentuale tra il
volume dei vuoti (Vv) ed il volume totale della roccia (Vt):
n = 100 Vv/Vt
Il coefficiente così calcolato rappresenta la porosità totale (normalmente n va da poco
più di 0 a ca. 50%) perché viene preso in considerazione il volume totale dei vuoti
(intercomunicanti e non) che possono essere occupati dall'acqua e/o dall'aria. Nella tab.
che segue sono riportati gli ordini di grandezza dei campi di variazione della porosità totale
in alcune rocce.
ROCCE INCOERENTI o SCIOLTE ROCCE COERENTI o COMPATTE
Roccia Porosità totale % Roccia Porosità totale %
Ghiaie 25-40 Calcari 3-20
Sabbie e ghiaie 25-30 Calcari oolitici 5-20
Sabbie 25.95-47.64 Craie 15-45
Depositi alluvionali 5-15 Basalti 0.1-3
recenti
Argille 45-50 Arenarie 5-25
Marne 45-50 Dolomie 2-10
Fanghi freschi 80-90 Graniti 0.02-1.5
limi 35-50 Gessi 2-8
Essa definisce, in pratica la Capacità di Assorbimento, cioè la proprietà di una roccia di
assorbire acqua, sia di ritenzione che gravifica, fino alla saturazione di tutti i vuoti presenti.
A questo concetto è legata la definizione di Grado di saturazione (Sa) esprimibile come:
Sa= (Vr+Vg)/Vv
dove Vr e Vg= volumi d’acqua di ritenzione e gravifica, Vv= volume totale dei vuoti; il
Dispense di Idrogeologia - Fondamenti di Idrogeologia - Cap. 3a- 107

valore di Sa varia teoricamente tra 0 (terreno asciutto) ed 1 (terreno saturo.

CALCOLO DELLA POROSITA’ TOTALE


Metodo Gravimetrico
Si deriva la porosità totale (n o pt) in funzione del peso specifico apparente(γa) e di quello

assoluto (γ) di un provino di roccia secondo la relazione: pt = γa/γ

Metodo Volumetrico
Come già visto, si calcola la porosità totale (n o pt) in funzione del volume dei vuoti
(Vv=Vol. Totale-Vol. Solido)e di quello totale (Vt) con la relazione: n = Vv/Vt

Metodo Geoelettrico: la Legge di ARCHIE


Si giunge alla determinazione della porosità totale (n o pt) in funzione della resistività
elettrica della roccia (Rr) e di quella dell’acqua (Rw) in essa immagazzinata con la:
−1
⎛ Rr ⎞ m
pt = ⎜ ⎟
⎝ Rw ⎠
dove m è una costante che assume il valore di 1.3 per le sabbie e di 1.8-2 per le arenarie.

Diagramma per il calcolo della Pt secondo la Legge di ARCHIE


1 0.1 0.01 0.001
Porosità totale (Pt)
1
Fattore di formazione (F=Rr/Rw)

10

100

1000
Fattore di cem entazione (m ) 3 2 1
Figura 54-Calcolo della porosità totale secondo la legge di ARCHIE
Dispense di Idrogeologia - Fondamenti di Idrogeologia - Cap. 3a- 108

I tipi d’acqua presenti nel terreno vengono così a distribuirsi in questo in base alla forma
dei granuli, alla dimensione dei vuoti intergranulari, ecc. Così anche la porosità totale potrà
distinguersi in due distinte parti:

Roccia con Pt=30%


30
Capacità di ritenzione

R
o Ritenzone specifica
Volume dei vuoti (%)

20
Capacità di percolazione

ne, pe
o Porosità efficace
10

0
10 1 0.1 0.01 0.001
Diametro dei granuli (mm)

Figura 55- Capacità di ritenzione e di percolazione in rapporto alla granulometria


- Capacità di ritenzione
La capacità di ritenzione è la proprietà che hanno le rocce di trattenere acqua allo stato
liquido per fenomeni di adesione e di capillarità.
L'adesione è la forza che si esercita tra due corpi di diversa natura posti a contatto. Essa
fa sì che, attorno ad ogni elemento di roccia saturo di acqua igroscopica, si formi un
sottilissimo strato di acqua pellicolare che può essere estratta per centrifugazione; il suo
spessore è dell'ordine di 1%2 micron. Oltre tale distanza dalla parete della roccia, la forza
di attrazione molecolare diventa molto debole e le molecole d'acqua possono essere
soggette alla forza di gravità.
Quando è stato soddisfatto il fabbisogno di acqua pellicolare, nei meati sufficientemente
stretti si fissa l'acqua capillare, anch'essa non soggetta alla forza di gravità: ciò è dovuto al
fenomeno di capillarità, che è legato all'azione combinata delle forze di adesione e di
coesione.
Ogni roccia ha una sua capacità massima di ritenzione espressa dal coefficiente di
ritenzione o ritenzione specifica (Rs), che è dato dal rapporto percentuale tra il volume
totale di acqua di ritenzione (Vr) ed il volume totale della roccia:

Rs = 100 Vr/Vt
Quando ci si riferisce al terreno agrario (suolo) essa è detta capacità di campo.
Dispense di Idrogeologia - Fondamenti di Idrogeologia - Cap. 3a- 109

- Capacità di percolazione
La capacità di percolazione è la proprietà delle rocce di cedere acqua per azione della
forza di gravità. Essa viene quantitativamente rappresentata dal coefficiente di
percolazione o porosità efficace (ne, pe), che è espresso dal rapporto percentuale tra il
volume dell'acqua gravifica nella roccia satura (Vg) ed il volume totale della roccia:
ne = 100 Vg/Vt
Dato che:
Vg = Vv - Vr
attraverso semplici passaggi si arriva alla seguente espressione:
ne = n - Rs
La porosità efficace corrisponde, quindi, al volume dei vuoti intercomunicanti contenenti
acqua estraibile per gravità in rapporto al volume totale della roccia; essa può dunque
rappresentare una porzione anche molto piccola della porosità totale (fig. Tab. seguenti).

50
AR G ILLE LIM I S AB B IE G H IAIE

pt
40

30

20
P orosità (% )

10 pe R

0
0.001 0.01 0.1 1 10
Diam etro dei granuli (m m )

Fig. 56 - Variazio ni m edie di pt, pe e R in funzione della granulom etria

ROCCE INCOERENTI o SCIOLTE ROCCE COERENTI o COMPATTE


Roccia Porosità efficace % Roccia Porosità efficace %
Ghiaie 20-30 Dolomie 2-5
Sabbie e ghiaie 15-20 Calcari 2-10
Sabbie 5-20 Craie 2-5
Depositi alluvionali 8-10 Rocce intrusive e 0.1-2
recenti metamorfiche
Limi 1-5 Lave 8-10
Sabbie argillose 5-10 Calcari marnosi 1-3
Dispense di Idrogeologia - Fondamenti di Idrogeologia - Cap. 3a- 110

CALCOLO DELLA POROSITÀ EFFICACE O CAPACITÀ DI PERCOLAZIONE


Analisi e classificazione granulometrica delle Rocce incoerenti
Oltre al criterio volumetrico prima illustrato, il calcolo della porosità efficace delle rocce
sciolte, si basa prevalentemente sulla loro costituzione granulometrica. Essa si esplica
tramite un’analisi basata su operazioni di setacciamento di un campione di terra attraverso
la quale è possibile definirne la composizione granulometrica, disegnarne la relativa curva
e classificarla nel modo più appropriato.

CURVE GRANULOMETRICHE

GHIAIA SABBIE SILT


Grossa Media Fine
100

90

80

70
d60 = 0.4 mm
60

% 50
passante Coefficiente di uniformità
40 U=d60/d10= 0.4/0.1= 4

30

20
d10 = 0.1 mm
10

0
2 0.4 0.06
10 1 0.1 0.01
Diametro dei grani (mm)

TIPO DI SEDIMENTO DIAMETRO DEI GRANI (mm)


Ciottoli, pietre, blocchi >16
Ghiaia, ghiaietta 16-2
Sabbia grossa 2-0.5
Sabbia media 0.5-0.25
Sabbia fine 0.25-0.06
Silt 0.06-0.002
Argilla <0.002

Figura 57-Curve granulometriche e diametro dei grani di vari tipi di rocce sciolte
Dispense di Idrogeologia - Fondamenti di Idrogeologia - Cap. 3a- 111

Valutazione della porosità efficace in funzione della granulometria

Una volta classificato granulometricamente il terreno, può definirsi orientativamente la sua


porosità efficace attraverso i seguenti metodi:

Metodo delle classi granulometriche

Metodo di Correlazione granulometrica


1- In base alla consistenza relativa:
Cr = 0.03 (%Sabbia)+ 0.35 (% Limo)+ 1.65 (% Argilla)
dalla quale, essendo notoriamente pe + Cr = 1, si ricava:

pe = 1- Cr
Dispense di Idrogeologia - Fondamenti di Idrogeologia - Cap. 3a- 112

2- In base al d50 (diametro corrispondente al 50% del passante, ricavabile dalla curva
granulometrica del campione) ed al valore della relativa porosità totale, con il
diagramma sotto riportato.

40

40% =Porosità totale (n, Pt)

35

35%

30

30%

25

25%
Porosità efficace Pe (%)

20

20%

15

15%

10 12%

0
0.01 0.1 1 10 100
d50 (m m )
Dispense di Idrogeologia - Fondamenti di Idrogeologia - Cap. 3a- 113

3.1.2 - Permeabilità
La permeabilità è la proprietà delle rocce di lasciarsi attraversare dall'acqua, quando
questa è sottoposta ad un certo carico idraulico; essa, quindi, esprime l'attitudine che ha la
roccia a far defluire l'acqua sotterranea in condizioni normali di temperatura e pressione.
Tale caratteristica indica che in tali rocce, quelle appunto permeabili, l’acqua si muove con
velocità tali da poter essere utilmente captata.
Dato che all’interno delle rocce l’acqua si muove passando attraverso i vuoti, è chiaro che
esiste una stretta relazione tra porosità e permeabilità, o meglio, tra porosità efficace e
permeabilità.
Anche se è vero che una roccia per essere permeabile deve essere porosa, non è pero
sempre vero il contrario, vale a dire che una roccia porosa è sempre permeabile. Las
presenza di pori non è l’unica condizione che conferisce alla roccia un certo grado di
permeabilità; infatti a tal fine i pori devono essere di dimensioni tali da poter far
passare acqua di tipo gravifico e devono essere tra loro comunicanti per trasmettere
la pressione idrostatica. Due esempi limite possono meglio chiarire tale affermazione:
- Una roccia argillosa è mediamente assai porosa (pt = c.a. 45%), ma i pori sono così
piccoli che i fenomeni di igroscopicità, pellicolarità e capillarità impediscono in pratica il
passaggio dell’acqua gravifica ( in realtà questo non è del tutto vero per il fatto che anche
nelle argille l’acqua si muove seppur assai lentamente rendendole di fatto delle rocce
praticamente impermeabili) anche se i pori sono tra loro intercomunicanti: la roccia avrà
quindi una elevatissima capacità di ritenzione ed una trascurabile porosità efficace.
- Una pomice, per contro, possiede vuoti assai grandi ma non fra loro collegati, il qual fatto
impedisce la trasmissione della pressione idrostatica e quindi il movimento dell’acqua.
Anche in questo caso abbiamo una roccia con alta porosità totale, ma con porosità
efficace e permeabilità praticamente nulle.
Anche se in natura non esistono rocce completamente impermeabili, nello studio delle
acque sotterranee si fa distinzione, nelle condizioni naturali di pressione, tra:
- rocce impermeabili, quelle nelle quali le acque non hanno movimenti rilevabili, con i
mezzi normalmente usati in idrogeologia, per mancanza di vuoti intercomunicanti e/o
sufficientemente ampi (cioè, con diametro superiore ad 1 micron);
- rocce permeabili, quelle nelle quali le acque si muovono a velocità tale da poter essere
utilmente captate.
In funzione della tipologia dei vuoti che conferiscono permeabilità ad una roccia, si
possono distinguere due tipi fondamentali di permeabilità:
Dispense di Idrogeologia - Fondamenti di Idrogeologia - Cap. 3a- 114

- permeabilità primaria o per porosità (detta anche permeabilità in piccolo), dovuta alla
presenza nella roccia di spazi vuoti di una certa dimensione che formano una rete
continua per cui l'acqua può passare da uno spazio all'altro. E' generalmente una proprietà
intrinseca e congenita della roccia, ossia una proprietà che si è sviluppata quando si è
formata la roccia stessa. E' tipica di sedimenti sciolti quali sabbie, ghiaie, ecc. In questo
caso il grado di permeabilità dipenderà da forma, dimensione e disposizione dei granuli,
nonché dall’eventuale tipo di cementazione.

Acqua
Igroscopica

Acqua
Pellicolare

Granulo

Acqua
Capillare

ACQUA
GRAVIFICA
Rocce permeabili per Porosità

- permeabilità secondaria o per fessurazione, fratturazione e/o carsismo (detta anche


permeabilità in grande) dovuta alla presenza, in masse rocciose perlopiù impermeabili, di
fessure che formano un sistema continuo. Di norma è una proprietà acquisita perché tali
fessure sono prevalentemente generate da sforzi tettonici, anche se possono essere
successivamente allargate da fenomeni chimico - fisici (ad esempio, il carsismo).
Si parla di permeabilità mista quando i due tipi coesistono in proporzioni tra loro
paragonabili.
Dispense di Idrogeologia - Fondamenti di Idrogeologia - Cap. 3a- 115

Acqua
Igroscopica

Acqua
Pellicolare

Roccia

A CQUA
G RAVIFICA

Acqua
Capillare

Rocce permeabili per Fessurazione


Rapporti tra granulometria, porosità e permeabilità
Tipo di roccia d10 (mm) pt (%) pe (%) k (m/sec)
Ghiaia fine 2.5 35 25 10-2
Sabbia grossa 0.25 38 28
Sabbia media 0.125 40 30 10-2 -10-4
Sabbia fine 0.09 40 25
Sabbia molto fine 0.045 40 20 10-5
Sabbia siltosa 0.005 32 7 10-6
Silt 0.003 36 3 10-7
Silt argilloso 0.001 38 c.a.=0 10-8-10-9
Argilla 0.0002 45 c.a.=0 <10-9

Oltre al tipo di permeabilità, nelle rocce è possibile distinguere anche il grado di


permeabilità che può essere espresso sia in termini relativi (alto, medio, basso, ecc.) che
assoluti (in m/s o in cm/s) tramite un coefficiente di permeabilità (K), normalmente valutato
con prove in situ o in laboratorio: è quindi possibile riconoscere una certa corrispondenza
tra i gradi di permeabilità relativa ed alcune fasce di permeabilità assoluta (fig. 59), anche
Dispense di Idrogeologia - Fondamenti di Idrogeologia - Cap. 3a- 116

se quest'ultima si riferisce normalmente alla parte di acquifero prossima a quella di prova


mentre quella relativa è quasi sempre riferita ad un intero complesso idrogeologico. Con
quest'ultimo termine si intende un insieme di termini litologici simili aventi una comprovata
unità spaziale e giaciturale, un tipo di permeabilità prevalente comune ed un grado di
permeabilità relativa che si mantiene in un campo di variazione piuttosto ristretto.

POROSITÀ PERMEABILITÀ
ROCCE Primaria Secondaria Tipo Grado
B M A B M A P F C I B M A
Argille, Limi
Sabbie argillose
Sabbie
Ghiaie e sabbie
Ghiaie
Marne
Arenarie
Calcari fratturati
Dolomie fratturate
Gessi
Diaspri
Tufo calcareo (Lecce)
Panchina (Calabria-Sicilia)
Tufo giallo napoletano
Tufo grigio campano
Piroclastiti pseudocoerenti
Lapilli e pomici
Granito fessurato (Calabria)
Sabbione granitico (Calabria)
Trachite (Sardegna)
Leucotefrite (Vesuvio)
Basalto (Etna)
Fillade (Calabria)
Micascisti (Calabria)
Gneiss (Calabria)
N.B. - Porosità....................... - bassa (B) - media (M) - alta (A)
- Tipo di permeabilità.... - per porosità (P) - per fessurazione (F)- fessurazione e carsismo (C)
- Grado di permeabilità. - impermeabile (I) - basso (B) - medio (m) - alto (A)
Figura 58 - Rapporti tra porosità e permeabilità relativa in alcune rocce (da Civita, 1975)
Dispense di Idrogeologia - Fondamenti di Idrogeologia - Cap. 3a- 117

Grado di permeabilità Coefficienti di


Tipi di rocce
relativa permeabilità (m/s)
Ghiaie Alto K>10-2
Sabbie Medio 10-2>K>10-4
Sabbie fini - Silts Basso 10-4>K>10-9
Argille Impermeabile K<10-9

K (m/s) 101 10 10-1 10-2 10-3 10-4 10-5 10-6 10-7 10-8 10-9 10-10

Omogenea Ghiaia Sabbia Sabbia molto fine Silt Argilla


Granulometria Varia Ghiaia
grossa media Ghiaia e Sabbia Sabbia e Argilla - Limi Argilla

Grado di peremeabilità ELEVATA BASSA NULLA

Complesso idrogeologico Permeabile Semi-permeabile Imper.

Limiti convenzionali
Fig. 59 -Correlazione tra Grado di permeabilità relativa e ordine di grandezza del coefficiente di permeabilità in
alcune rocce.
Dispense di Idrogeologia - Fondamenti di Idrogeologia - Cap. 3a- 118

3.2 - ACQUIFERI E FALDE


- Ripartizione dell'acqua nel sottosuolo
In un semplice schema di sezione verticale del terreno è possibile osservare, dall'alto
verso il basso (fig. 60):
- suolo, contenente aria e poca acqua dovuta ad occasionali fenomeni di infiltrazione
(legati perlopiù ad eventi piovosi);
- terreno aerato, con poca acqua capillare che in prossimità della superficie è isolata e
forma sacche che inumidiscono il terreno senza spostarsi. Verso il basso queste
sacche vengono a collegarsi tra di loro formando una frangia di acqua capillare
intercomunicante con il tetto della sottostante falda. Suolo e terreno aerato formano la
cosiddetta zona non satura, o di aerazione;
- terreno saturo, contenente acqua di falda che si muove per gravità all'interno di esso
(acquifero). Questo settore è detto zona di saturazione;
- substrato impermeabile, che sostiene la falda rendendo praticamente impossibile lo
spostamento delle sue acque verso eventuali acquiferi inferiori.
P P
P
P Tipi di acqua Coeff. Saturaz.
prevalenti
Movimenti

GRAVIFICA
Igroscopica
Subzone

Pellicolare

continua
capillare

capillare
sospesa
%
ZONE

0 5 0 10 0
Evapotraspirazione
Zona di
Zona di Areazione

transizione
Zona di
Capillare
Frangia

Livello Piezom etrico


Zona di Saturazione (Falda idrica)

Substrato im perm eabile

Figura 60- Distribuzione dei vari tipi d'acqua nel sottosuolo e relativi movimenti
Dispense di Idrogeologia - Fondamenti di Idrogeologia - Cap. 3a- 119

ACQUIFERO
Un sistema idrologico, cioè un dominio di spazio sotterraneo finito e
continuo dove può essere compiutamente analizzato il ciclo dell’acqua, è un
serbatoio d’acqua sotterranea, cioè un acquifero.
L’identificazione di un acquifero si basa su tre criteri:

1- GEOLOGICO

2- IDRODINAMICO
3- GEOCHIMICO
che ne definiscono:
l’alimentazione

l’immagazzinamento e il deflusso
sotterraneo

e la qualità dell’acqua circolante nel sistema

ALIMENTAZIONE SUP. PIEZOM ETRICA


Area di ricarica per
infiltrazione FITTIZIA: FALDA CONFINATA

RECAPITO
TETTO Sorgente o
REALE: FALDA LIBERA confluenza in
IM PERME ABILE
altro corpo idrico

QUALITA’
DEFLUSSO
SOTTERRANEO
SUBSTRATO
IMMAGAZZINAMENTO
IM PERM EABILE

Limite idrodinam ico Lim iti geologici


Dispense di Idrogeologia - Fondamenti di Idrogeologia - Cap. 3a- 120

3.2.1 - IDENTIFICAZIONE GEOLOGICA DELL’ACQUIFERO


La configurazione e la struttura dei serbatoi sono imposte dalle formazioni litostratigrafiche
che determinano le formazioni e le strutture idrogeologiche. Queste sono dunque la base
dell’identificazione geologica degli acquiferi.
Dal punto di vista geologico un serbatoio (Acquifero) è caratterizzato da:

1- la sua configurazione fisica: contorno, volume e natura dei limiti geologici;


Le superfici limite di un serbatoio sono:
- Limite inferiore o substrato;
- Limite superiore o tetto
- Limiti laterali: affioramento del serbatoio, passaggio laterale di facies, discontinuità
strutturali (es. faglie).
Tali limiti non corrispondono necessariamente a quelli delle formazioni geologiche.

2- la sua localizzazione nel sottosuolo: profondità dei limiti geologici;


La localizzazione in profondità degli acquiferi è determinata dalla successione verticale
alternata di formazioni idrogeologiche permeabili, semipermeabili ed impermeabili

3- la sua struttura interna o anatomia, identificata da:


a) le caratteristiche fisiche del serbatoio (granulometria);
b) le caratteristiche geochimiche (natura e solubilità dei costituenti solidi);
c) le caratteristiche strutturali (deformazioni, fessurazioni e fratturazioni)

Formazioni idrogeologiche
Essendo una formazione idrogeologica, l’acquifero può corrispondere ad una formazione
litostratigrafica, ad una combinazione di più formazioni, ad una porzione di formazione;
questo in modo che l’insieme abbia un comportamento omogeneo rispetto
all’immagazzinamento idrico ed al deflusso sotterraneo.
Da questo si deduce che:
il carattere identificativo principale di una formazione idrogeologica è il grado di
permeabilità (=attitudine del serbatoio a lasciarsi attraversare dall’acqua).
In base a tale caratteristica si distinguono:

- Formazioni idrogeologiche permeabili,


quelle che hanno la proprietà di lasciarsi attraversare dall’acqua a velocità apprezzabili (da
qualche m a migliaia di m annui), sotto la sola azione della forza di gravità, e che
Dispense di Idrogeologia - Fondamenti di Idrogeologia - Cap. 3a- 121

costituiscono l’origine esclusiva dei giacimenti idrici sotterranei o acquiferi.

- Formazioni idrogeologiche semi-permeabili,


quelle che permettono scambi verticali (ascendenti e discendenti) tra acquiferi sovrapposti
solo in condizioni idrodinamiche favorevoli; tale fenomeno naturale è chiamato
fuga(=flusso d’acqua a componente essenzialmente verticale passante da un acquifero
ad un altro attraverso uno strato semi-permabile, da non confondere con il concetto di
comunicazione tra falde). Tali scambi possono raggiungere quantità rilevanti alla scala di
un bacino idrogeologico, tenendo conto delle superfici (assai estese) e del tempo (molto
lungo).

- Formazioni idrogeologiche impermeabili,


quelle dove la velocità di deflusso dell’acqua sotterranea è talmente bassa da essere
praticamente non misurabile (qualche mm/anno) e che costituiscono alcuni dei limiti
geologici degli acquiferi. Anche se spesso contengono grandi quantità d’acqua , essa non
può essere sfruttata.

ACQUIFERI MULTIFALDA
Una struttura idrogeologica costituita da alternanze di livelli permeabili e semi-permeabili
identifica un acquifero multifalda; questo può comportare la presenza di varie falde libere o
semi-confinate intercomunicanti (o a fuga). Questo non va confuso con il concetto di
acquifero stratificato che non contempla la presenza di strati semi-permeabili, ma
impermeabili, tra un acquifero e l’altro.
Dispense di Idrogeologia - Fondamenti di Idrogeologia - Cap. 3a- 122

SINTESI SULL’IDENTIFICAZIONE GEOLOGICA DELL’ACQUIFERO

Le conoscenze geologiche, acquisite mediante la stratigrafia desumibile dai


sondaggi e dall’estensione e dai limiti delle formazioni derivabili dalla geologia
di superficie (attraverso anche la litologia lo spessore e la profondità),
permettono di identificare

formazioni litostratigrafiche

Le caratteristiche idrodinamiche ad esse associabili (soprattutto la permeabilità)


suddividono, identificano e raggruppano queste unità in

formazioni idrogeologiche

le quali possono essere permeabili, semi-permeabili, impermeabili e con cui si identificano


poi gli

acquiferi

Con il termine acquifero si intende quindi un insieme di rocce permeabili, non


necessariamente coincidente con una formazione geologica, che presentano
caratteristiche tali da permettere il deflusso significativo di una falda idrica sotterranea e la
restituzione (o l'estrazione) di acqua in quantità apprezzabili. L'estensione del sistema
acquifero può essere schematizzata mediante una sezione idrogeologica molto sviluppata
in senso orizzontale (ad esempio, alcune decina di chilometri) nella quale detto sistema
risulterebbe suddivisibile in tre settori principali:
- zona di alimentazione, la parte più a monte, nella quale avviene la ricarica dell'acquifero;
- zona di deflusso, la parte intermedia, lungo la quale avviene il movimento delle acque di
falda verso valle;
- zona di recapito, la parte più a valle, che rappresenta l'area in cui le acque di falda
confluiscono direttamente in un altro corpo idrico (fiume, lago, mare) o vengono alla
superficie formando sorgenti.
Dispense di Idrogeologia - Fondamenti di Idrogeologia - Cap. 3a- 123

3.2.2 - IDENTIFICAZIONE IDRODINAMICA DELL’ACQUIFERO


Un acquifero corrisponde ad una formazione idrogeologica permeabile che permette il
deflusso significativo di una falda idrica sotterranea e la captabilità dell’acqua lì
immagazzinata con mezzi economicamente vantaggiosi.

L’acquifero è un sistema idrologico dinamico identificabile da 5 insiemi di caratteristiche:

1-un serbatoio, che è uno spazio finito caratterizzato dalle sue condizioni ai limiti, dalle
sue dimensioni o configurazione, dalla sua organizzazione interna o struttura e si
identifica con una (o una combinazione di, o con parte di) formazione idrogeologica.

2- Processi interni idrodinamici, idrochimici ed idrobiologici che regolano le sue funzioni


rispetto all’acqua, cioè:
- immagazzinamento di volumi d’acqua
- trasferimento di volumi d’acqua e di energia potenziale
- scambi geochimici

3- Deve rappresentare una sequenza del ciclo dell’acqua, caratterizzata dalla coppia
input/risposta espressa in funzione del trasferimento

4- La variabilità spaziale di tutte queste caratteristiche

5- Le condizioni di tempo, dato che tutte le misure delle caratteristiche vanno riferite ad
uno stesso intervallo temporale, sia esso breve che lungo. In quest’ultimo caso, i valori
medi delle caratteristiche basate sull’analisi di dati riferiti a serie storiche, possono
essere usate per fare previsioni.
SERBATOIO

Superficie piezometrica

ALIMENTAZIONE DEFLUSSO
PROCESSI INTERNI
(input) (risposta)

STRUTTURA

Superficie del substrato o letto

SEQUENZA DEL CICLO D E L L’ A C Q U A


Dispense di Idrogeologia - Fondamenti di Idrogeologia - Cap. 3a- 124

CONFIGURAZIONE IDRODINAMICA DELL’ACQUIFERO

La configurazione si basa sulle dimensioni dell’acquifero, sulle caratteristiche dei suoi


limiti geologici ed idrodinamici o condizioni ai limiti:
- La base dell’acquifero, substrato, è costituita sempre da una formazione idrogeologica
impermeabile.
- Il limite superiore può essere invece di tre tipi:

1-idrodinamico con fluttuazioni libere: acquifero a falda libera


Il limite superiore della falda è costituito livello d’acqua riferimento
nel pozzo topografico
dalla superficie piezometrica, che è un Superficie topogafica

Δh
limite idrodinamico. Questa superficie può Superficie piezometrica

alzarsi ed abbassarsi liberamente nella


formazione idrogeologica permeabile
Acquifero a h Z
falda libera H
(fluttuazioni della sup. piezometrica), da cui
Substrato
il nome di acquifero a falda libera. La
Livello di riferimento= 0 m s.l.m.
superficie piezometrica è determinata
attraverso l’insieme dei livelli piezometrici misurati in vari punti di misura (pozzi e
piezometri) ed è riferita al livello del mare).

2-geologico impermeabile: acquifero a falda confinata


Il limite superiore della falda è costituito da livello d’acqua
nel po zzo
una formazione idrogeologica
Superficie topogafica
impermeabile. Perciò l’acquifero (serbatoio
Superficie piezom etrica
ed acqua) sono sottoposti ad una certa
tetto im perm eabile
pressione dalla colonna di terreno
A cquifero a falda
sovrastante (=2.5 bar con densità media) confinata e
che viene equilibrata dalla pressione di
Substrato
falda.
Quando un sondaggio attraversa il tetto di un tale acquifero, la colonna di terreno viene
sostituita da una colonna d’acqua (che ha densità minore) inducendo una caduta di
pressione nel serbatoio e la conseguente espulsione dell’acqua. Così il livello si stabilizza
ad una quota, che rappresenta il livello piezometrico fittizio, tale da riequilibrare la
pressione del serbatoio. Il livello piezometrico può situarsi anche al disopra della superficie
Dispense di Idrogeologia - Fondamenti di Idrogeologia - Cap. 3a- 125

del suolo; in tal caso l’acqua zampilla naturalmente e si parla di acquifero a falda
artesiana. In tal caso l’altezza del livello piezometrico rispetto al piano di campagna viene
detta prevalenza.

3-geologico semi-permeabile: acquifero a falda semiconfinata o a fuga

livello d’acqua nel pozzo


Quando due falde separate sono messe Superficie topogafica

idraulicamente in comunicazione da una Superficie piezometrica falda libera

formazione idrogeologica semi-permeabile, Acquifero a falda libera

sono possibili tra queste (in condizioni Sup. piezometrica falda semi-confinata

idraulicamente favorevoli) scambi idrici


chiamati fuga. tetto semi-permeabile

Il fenomeno avviene quando tra le due falde fuga fuga


Acquifero a falda
esiste una differenza di potenziale idraulico; semi-confinata

in tal caso l’acqua si sposta attraverso il


Substrato
semi-permeabile nella direzione che va
dall’acquifero a maggior potenziale a quello a minor potenziale.
Dispense di Idrogeologia - Fondamenti di Idrogeologia - Cap. 3a- 126

STRUTTURA DELL’ACQUIFERO
L’acquifero è un complesso costituito da 2 fasi strettamente legate ed in interazione:

- il serbatoio, fase solida, mezzo poroso o fessurato, costituente lo scheletro solido o


matrice (ad es. una formazione sabbiosa o un calcare fessurato)
- l’acqua sotterranea, fase liquida, la cui frazione che può essere messa in movimento
(acqua gravifica) costituisce la falda idrica sotterranea

Le interrelazioni (idrodinamiche, idrobiologiche ed idrochimiche) tra queste 2 fasi


provocano la regolazione delle portate dell’acqua sotterranea e determinano la sua qualità

FUNZIONI DEL SERBATOIO


Il serbatoio dell’acquifero, alimentato dall’infiltrazione o da corsi d’acqua o da falde
affluenti, assolve tre funzioni nei confronti dell’acqua che lo attraversa:

- funzione serbatoio o capacitiva: immagazzinamento dell’acqua e variazione


dell’immagazzinamento; questa funzione è associata al concetto di riserva.
- funzione di condotta: cioè quella di permettere il movimento dell’acqua sotterranea di
propagare due tipi di influenze:
-il trasporto di quantità d’acqua, di sostanze minerali ed organiche in soluzione e
sospensione e di micro-organismi, dai limiti di apporto (alimentazione) verso quelli di
uscita (emergenze naturali ed artificiali).
-la trasmissione di differenza di pressione e di carico (trasferimento di energia), tale
funzione è associata al concetto di deflusso idrico sotterraneo.
- funzione di scambi o di interazioni fisico-chimiche tra il serbatoio e l’acqua sotterranea
(calore, dissoluzione o precipitazione di sali, scambi ionici, ecc.). Nella zona non satura il
serbatoio talvolta svolge un ruolo idrobiologico per il potere autodepurante dei suoli.
Questa funzione è associata al concetto di qualità dell’acqua sotterranea.

I serbatoi, secondo la loro configurazione e la loro struttura, possono assolvere una


o più di queste funzioni.
Dispense di Idrogeologia - Fondamenti di Idrogeologia - Cap. 3a- 127

COMPORTAMENTI DELL’ACQUIFERO
L’acquifero è un sistema dinamico che, nei confronti dell’acqua sotterranea, presenta tre
comportamenti risultanti dalle funzioni del serbatoio in relazione ad impulsi esterni imposti
ai suoi limiti; impulso, trasferimento e risposta costituiscono i comportamenti
dell’acquifero.

Comportamento idrodinamico dell’acquifero


L’acquifero subisce ai suoi limiti degli impulsi idrodinamici attraverso apporti di quantità
d’acqua (trasferimento di massa) o variazioni di pressione o carico (trasferimento di
energia), che sono normalmente di forte intensità e breve durata (ad es.: infiltrazione di
acqua a seguito di un rovescio di pioggia).
Giocando sulle sue funzioni serbatoio e condotta, l’acquifero assicura una regolazione
naturale (modulazione) nello spazio e nel tempo della sua risposta o deflusso.
Questa sua funzione regolatrice, paragonabile a quella di una diga rispetto al regime di un
corso d’acqua, svolge un’azione assai più importante (soprattutto se elevati sono i volumi
della riserva idrica sotterranea) in quanto questa viene trasferita in tempi molto lunghi (a
volte alcuni anni) per cui un solo anno di alimentazione al di sopra della media (anno
umido) può compensare l’effetto di più anni deficitari (anni aridi).
I fattori del comportamento idrodinamico di un acquifero sono:
- le condizioni ai limiti: tipi di limite, quantità di ricarica e di deflusso;
- le variazioni dell’immagazzinamento sotterraneo o riserva regolatrice
- il regime del deflusso idrico sotterraneo.
Il comportamento idrodinamico dell’acquifero è ben espresso dall’equazione di
equilibrio del bilancio ed è regolato dalle leggi dell’idrodinamica sotterranea.

Comportamento idrochimico dell’acquifero


L’acqua nella sua permanenza sotterranea subisce degli scambi geochimici col serbatoio
che ne modificano le caratteristiche:
- caratteristiche fisiche: temperatura, conducibilità
- caratteristiche chimiche: salinità e pH (dissoluzione e precipitazione di sali).
Il comportamento idrochimico determina la qualità chimico-fisica delle acque sotterranee.

Comportamento idrobiologico dell’acquifero


E’ essenzialmente localizzato nella zona non satura ed è legato al potere autodepurante
del serbatoio.
Dispense di Idrogeologia - Fondamenti di Idrogeologia - Cap. 3a- 128

3.3 - MOVIMENTODELL’ACQUA NEI MEZZI POROSI


3.3.1 - STATICA DEI FLUIDI NEI MEZZI POROSI SATURI
In ciascun punto di un mezzo poroso saturo con un fluido in condizioni statiche ed avente
peso specifico γ, esiste una pressione P tale che, introducendo nel mezzo saturo un tubo

piezometrico, in esso l’acqua risale di un’altezza l tale che: l = P/γ in modo che si

mantenga un equilibrio di pressione. Infatti la pressione esercitata sul punto A sarà pari al
prodotto tra il peso specifico dell’acqua (γ) per il volume (v =a·l) della colonna d’acqua
sovrastante diviso la sezione di base della colonna (a), cioè: γ · v = peso = γ · a·l da cui la

pressione idrostatica Pa= peso/a =γ · a·l/a, e quindi Pa= γ · l e l=Pa/γ


Se prendiamo un certo piano di riferimento il livello h di acqua nel piezometro è:

h=l+Z=(P/γ)+Z
essendo Z l’altezza del punto (A) in questione rispetto al piano di riferimento. Il valore di h
così definito si chiama livello piezometrico.

IMPERMEABILE
Pa/γ =l
A
Zb
ha Mezzo permeabile saturo
hb
Za
IMPERMEABILE

PIANO DI RIFERIMENTO
Figura 61- Livello dell'acqua in un mezzo poroso con il fluido in quiete
In un sistema statico è facile dimostrare che in ciascun punto del mezzo poroso si ha lo
stesso valore di h che è quindi costante.
Se si tratta di un acquifero a falda libera il livello piezometrico segnerà il passaggio tra la
zona satura e quella non satura e si troverà semplicemente ad una pressione pari a quella
atmosferica.
Tutto ciò è ben riassunto dalla legge di Stevino per la quale: la pressione all’interno di un
liquido posto alla profondità H è data dalla somma della pressione idrostatica (γ · H ) e
della pressione atmosferica che si esercita sulla superficie libera del liquido.
Dispense di Idrogeologia - Fondamenti di Idrogeologia - Cap. 3a- 129

3.3.2 - Movimenti dell'acqua nel sottosuolo


Le acque che si infiltrano nel sottosuolo sono soggette a due tipi di movimenti principali
(vedi fig. 60):
- movimenti sub-verticali, nei quali c'è una netta prevalenza della componente verticale
rispetto a quella orizzontale, che riguardano la zona di aerazione. Questi comprendono il
movimento discendente legato alla percolazione delle acque verso la falda, il movimento
ascendente dovuto alla capillarità e le oscillazioni del livello piezometrico (con alternanza
di movimenti ascendenti e discendenti).
- movimenti sub-orizzontali, dove viceversa c'è una netta prevalenza della componente
orizzontale rispetto a quella verticale, che avvengono nella zona di saturazione e
riguardano lo spostamento dell'acqua di falda (o deflusso della falda) sotto l'azione della
forza di gravità. Questi movimenti, quindi, comportano il trasferimento di quantitativi
d'acqua, variabili nel tempo, dalle zone di alimentazione a quelle di recapito.
Gli studi idrogeologici riguardano soprattutto le acque di movimento sub-orizzontale
perché sono più facilmente ed utilmente estraibili. Quelle caratterizzate da movimenti sub-
verticali interessano soltanto ai fini della valutazione delle risorse disponibili e nello studio
dell'evoluzione dell'inquinamento nella zona non satura; infatti, le acque che percolano
verso il basso rappresentano la ricarica dell'acquifero ed anche il mezzo principale di
introduzione di sostanze inquinanti, mentre quelle che migrano verso l'alto coincidono con
delle perdite in quanto si tratta di volumi idrici che sfuggono alla possibilità di utilizzazione.

- Movimento della corrente idrica in un acquifero


Per quanto riguarda il deflusso della falda, a piccola scala è possibile distinguere il
movimento dato da una serie di piccolissimi tubi di flusso (filetti idrici o filetti liquidi),
aventi sezione infinitesima, i quali seguono traiettorie diverse all'interno dei vuoti
intercomunicanti della roccia (fig.
Risultante delle
traiettorie reali o 4.11); a grande scala si ha il
LINEA DI FLUSSO
movimento della corrente idrica che,
costituita dall'insieme dei filetti idrici
della falda, si muove secondo
direzione e verso derivanti dall'insieme

Traiettorie reali o di tutte le traiettorie esistenti a livello


FILETTI IDRICI elementare e, quindi, secondo linee di

corrente o linee di flusso.


Figura 62- Filetti idrici e linee di flusso
Dispense di Idrogeologia - Fondamenti di Idrogeologia - Cap. 3a- 130

Se in un punto qualsiasi della massa liquida, al tempo t, le particelle di un filetto liquido


che si succedono hanno la stessa velocità, occupano posizioni identiche e presentano la
stessa pressione, la falda si muove in moto permanente (anche se la velocità delle
particelle cambia lungo la stessa traiettoria).
Se la sezione dell'acquifero è costante e se la velocità delle particelle dei singoli filetti
liquidi risulta anch'essa costante nelle diverse sezioni (cioè, se non intervengono
accelerazioni o decelerazioni), si ha un caso particolare di moto permanente che viene
chiamato moto uniforme.
Se, invece, velocità e pressione risultano variabili si ha il moto vario, che è quello che si
riscontra in realtà nelle falde; esso può però essere assimilato ad una successione di stati
di moto permanente in quanto le acque di falda si muovono con estrema lentezza.
I filetti liquidi (e quindi le linee di flusso), la cui esistenza è quindi associata al concetto
di moto permanente, sono tagliati ortogonalmente da linee equipotenziali o linee di
eguale carico piezometrico (fig. 62); filetti liquidi e linee equipotenziali formano un reticolo
di flusso.

Linee equipotenziali o
Isopieze

FLUSSO CONVERGENTE

Filetti idrici o Linee


di flusso

FLUSSO PARALLELO

FLUSSO DIVERGENTE
Figura 63- Reticoli di flusso

Regimi della corrente idrica in un acquifero


Il movimento di una corrente idrica si può presentare in due differenti forme caratteristiche,
dette regimi. Il regime laminare è caratterizzato da linee di flusso continue, rettilinee,
individualizzate ed occupanti la medesima posizione relativa; le velocità, costanti e
parallele, sono inferiori alla velocità critica, superata la quale il flusso diviene turbolento.
Dispense di Idrogeologia - Fondamenti di Idrogeologia - Cap. 3a- 131

Il regime laminare è quindi associato ad una bassa velocità di flusso cui consegue che le
particelle d’acqua che si susseguono seguono la stessa traiettoria individuando così i filetti
liquidi che risulteranno tra loro sub-paralleli e che comunque non si intersecano mai.
Al contrario il regime turbolento corrisponde a velocità del fluido più elevate e tali da
indurre alle particelle liquide di seguire traiettorie non sempre materializzabili con flletti
idrici sub-paralleli, i quali possono quindi intersecarsi tra di loro.
Il passaggio dei fluidi dal regime laminare a quello turbolento è individuato da una velocità
critica inferiore (Vci) al disotto della quale il regime è sicuramente Laminare, e da una
velocità critica superiore (Vcs), al disopra della quale il flusso avviene sicuramente in
regime turbolento. Nel campo delle velocità comprese tra Vci e Vcs, si ha invece un
regime laminare non lineare o transitorio.
Reynolds (1883), lo studioso che nel 1883 indagò il fenomeno per le correnti d'acqua in
tubi in pressione, dimostrò per essi l’esistenza delle suddette velocità critiche, trovando
che: Vci=2,647 m/s e Vcs=16.802 m/s
Il passaggio tra regime laminare e turbolento viene espresso dal cosiddetto numero di
Reynolds (Re), che è dato da:

Re = vc d q/ld
dove: vc = velocità critica del fluido nel condotto;
d = diametro del condotto (nel caso degli acquiferi si fa corrispondere al diametro
medio dei granuli, cioè al d50);
q = densità del fluido (varia in funzione della temperatura, della pressione e del
tenore in sali);
ld = viscosità dinamica del fluido (varia anch'essa in funzione della temperatura,
della pressione e del tenore in sali; esprime la resistenza del fluido al moto).
Il rapporto ld/q è denominato coefficiente di viscosità cinematica (ρ) e viene comunemente
2
espresso in m /s, per cui si può scrivere: Re = vc d/ρ
Dalla formula si evince che la velocità critica è inversamente proporzionale al diametro del
condotto e che il regime laminare è tanto più stabile quanto più alta è la viscosità;
quest'ultima diminuisce all'aumentare della temperatura e al diminuire della pressione.
Utilizzando le velocità critiche prima riportate si ricava, per i condotti lisci:
Re(inf)=2036; Re(sup)=12925
In un acquifero formato da granuli sferici, SAKHMETEFF ha dimostrato che il deflusso
Dispense di Idrogeologia - Fondamenti di Idrogeologia - Cap. 3a- 132

sotterraneo cessa di essere laminare per Re= 40 ÷ 200


Il numero di Reynolds può variare entro limiti molto ampi per effetto della scabrezza del
condotto, di disturbi accidentali della corrente, ecc, ma negli acquiferi naturali, il regime
risulta:
laminare per Re < 1÷10;

turbolento per Re > 100;


per valori intermedi si ha il flusso in regime laminare non lineare che dipende dalle
condizioni iniziali di moto.
Questi numeri di Reynolds permettono di ricavare le velocità critiche, che risultano:
Vci = 0.65 cm/s ( ≅ 7•10-3 m/s)
Vcs = 13 cm/s ( ≅ 1.3•10-1 m/s)

Q/A 10-3 10-2 10-1 1 10 102 103 104 (numeri di Reynolds)


(portata
specifica)
Regime laminare Regime turbolento

i (gradiente idraulico)
Dispense di Idrogeologia - Fondamenti di Idrogeologia - Cap. 3a- 133

3.3.3 - DINAMICA DEI FLUIDI NEI MEZZI POROSI SATURI


Si dice fluido perfetto un fluido incompressibile e che non presenta attriti interni. In
natura non esiste alcun fluido del genere, ma nei casi di basse velocità ciò che segue è
valido per molti liquidi, tra cui l’acqua, considerati con flusso stazionario, cioè con campo
vettoriale delle velocità del fluido costante nel tempo (chiaramente in un flusso stazionario
c’è movimento continuo del fluido e la velocità è in genere diversa nei vari punti). Il
percorso seguito da un elemento di fluido è normalmente una linea curva, cui si dà il nome
di linea di flusso, che può essere evidenziata sperimentalmente disperdendo un
colorante in acqua che si muove a basse velocità. Comunque, le linee di flusso sono fra
loro, a seconda delle condizioni, parallele, convergenti o divergenti, ma non si intersecano
mai.
In ogni punto del fluido la sua velocità è rappresentabile come un vettore tangente alla
linea di flusso che vi passa. L’insieme delle linee di flusso costituisce quindi il campo
vettoriale delle velocità del fluido; esse rappresentano l’analogo delle linee di forza in un
campo di forze.
Un fascio di linee di flusso viene comunemente chiamato TUBO DI FLUSSO; lo si può
visualizzare come un tubo flessibile nel quale scorre una parte del fluido e dalle cui pareti
laterali non esce e non entra altro fluido. Il concetto di tubo di flusso è molto importante
perchè riduce lo studio del moto di un fluido ad un problema unidimensionale: l’unica
direzione che interessa è quella parallela alle linee di flusso.

TUBO DI FLUSSO
Spazio limitato da un fascio di
V1 stesse linee di flusso

Linee di flusso A2
V2
A1

Figura 64- Tubo di flusso


Dispense di Idrogeologia - Fondamenti di Idrogeologia - Cap. 3a- 134

La conservazione della massa: l’equazione di continuità


Consideriamo il tubo di flusso in fig. e supponiamo che a tutte le linee di flusso competa la
stessa velocità V1 in entrata attraverso la sezione A1 e V2 in uscita attraverso la sezione
A2. Poiché nel tubo è contenuta sempre la stessa quantità di liquido e poiché questo è
praticamente incomprimibile la massa M1 che entra nel tubo nell’intervallo di tempo Δt
deve essere uguale alla massa M2 che esce dal tubo nello stesso intervallo di tempo.
Detto γ il peso specifico del fluido si ha : Q1 Q1 Q1
M1 =γ ·A1 · V1 · Δt
e M2=γ ·A2 · V2 · Δt
e quindi: γ ·A1 · V1 · Δt=γ ·A2 · V2 · Δt,

da cui si ricava: : A1 · V1 =A2 · V2


Q2 Q2 Q2
Questa relazione esprime il fatto che la
velocità del fluido in un punto del tubo di Q1 = Q2
flusso è inversamente proporzionale alla sezione del tubo di flusso in quel punto.
Tale equazione è detta EQUAZIONE DI CONTINUITA’ per i fluidi ”perfetti” ed è
l’espressione matematica del principio della conservazione della massa applicata al
flusso stazionario di un fluido.

Nel campo dell’idrogeologia è importante riformulare tale equazione in termini di


PORTATA del tubo di flusso. La portata è definita come la quantità di fluido (Q) che fluisce
attraverso una sezione del condotto nell’unità di tempo (t), cioè: ΔQ/Δt
La quantità di liquido è quella contenuta in un cilindro di sezione A e lunghezza L=V Δt.
La portata è quindi data da:

Q = ΔQ/Δt= A · L·/Δt = A · V Δt ·/Δt = A · V.


Confrontando questa con l’equazione di continuità, possiamo affermare che:Q1=Q2, cioè
la portata di un tubo di flusso in cui fluisce un liquido è costante nel tempo.
Quindi in un acquifero a sezione variabile dove la corrente idrica si muove in moto
permanente, la portata Q (cioè il volume d'acqua che attraversa una sezione normale alla
direzione di flusso nell'unità di tempo) non cambia e da questo si deduce che, in una
corrente in moto permanente costituita da un liquido incompressibile, la portata è costante
in qualunque sezione e che la velocità del liquido varia in proporzione inversa rispetto alla
sezione.
Dispense di Idrogeologia - Fondamenti di Idrogeologia - Cap. 3a- 135

La conservazione dell’energia: la legge di Bernoulli


Se si considera un cilindro di materiale poroso con un fluido in movimento, si può scrivere
l’equazione di BERNOULLI relativamente ai punti A e B posti ad una distanza ΔL nella
2 2
Pa Va Pb Vb
direzione del flusso: + Za + = + Zb + + Δh
γa 2g γb 2g

In questa P è la pressione idrostatica e V è la velocità reale, mentre Δh è la perdita di


carico tra il punto A ed il punto B dovuta all’attrito tra fluido e granuli e γ è il peso specifico

del fluido. Il livello piezometrico statico in ciascun punto sarà: h = (P/γ) + Z

Δh S u p e rfic ie P ie z o m e tric a
Pa
γa
A Pb
ha γb
B
ΔL hb
Za

Zb

P ia n o d i rife rim e n to

Figura 65- Livello dell'acqua in due punti di un mezzo poroso con il fluido in movimento

La perdita di carico (Δh) fra i punti A e B in rapporto alla loro distanza (ΔL) definisce il

gradiente idraulico (i) secondo la: i = Δh/ΔL,


vale a dire la pendenza della superficie piezometrica.
Nella maggior parte dei casi la V (al massimo intorno a 0.1 m/s) presente nell’equazione di
Bernoulli è talmente piccola, rispetto all’accelerazione di gravità g (mediamente 9.81 m/s2),
che il termine che la contiene può essere ignorato (0.12/2x9.81=0.0005m, cioè 0.5 mm,
poca cosa rispetto a valori di h dell’ordine di vari metri, decine di metri o centinaia di metri)
Pa Pb
ed essa potrà scriversi nella forma: + Za = + Zb + Δh
γa γb
in modo che in ciascun punto l’altezza piezometrica (e quindi il carico) sarà data da:
h=(P/γ)+Z
che definisce l’energia potenziale per unità di peso dell’acqua

⎛ Pa ⎞ ⎛ Pb ⎞
Δh = ⎜ + Za⎟ − ⎜ + Zb⎟
Inoltre è possibile ricavare che :
⎝ γa ⎠ ⎝ γb ⎠
da cui deriva che la perdita di carico corrisponde ad una perdita di energia potenziale
Dispense di Idrogeologia - Fondamenti di Idrogeologia - Cap. 3a- 136

dell’acquifero.
Nelle falde idriche essa è rappresentata dal dislivello tra due punti qualsiasi della
superficie piezometrica allineati lungo una linea di massima pendenza. Il gradiente
idraulico, rapporto tra Δh ed l, si identifica quindi con la perdita unitaria di carico dovuta a
dissipazione di energia per viscosità, attrito lungo le pareti dei vuoti intergranulari,
variazioni di sezione dell'acquifero e/o dei vuoti, ecc.
Da quanto sopra si evince che un fluido si mette in movimento solo se tra due punti esiste
una variazione del livello piezometrico h, nel senso che le particelle fluide si spostano dai
punti dove h è maggiore ai punti dove h è minore. Così perché si abbia movimento è
necessario che la superficie piezometrica sia inclinata e che, quindi. spostandosi nel
senso del flusso si abbiano perdite di carico e conseguentemente esista un gradiente
idraulico, vale a dire una differenza di potenziale; l’altezza piezometrica corrisponde quindi
al potenziale. Non si deve però incorrere nell’errore di pensare che il fluido si muove dalle
zone di maggior pressione a quelle a minor pressione; l’acqua può circolare invece anche
da zone a bassa pressione a zone ad alta pressione purché esista una differenza di
altezza piezometrica h (o di potenziale) favorevole.

Livello Livello piezometrico costante


piezometrico
PRESSIONI: Pa < Pb

1
ALTEZZE PIEZOMETRICHE: ha = hb
A
L’acqua è in quiete
B

Livello piezometrico variabile


Δh
PRESSIONI: Pa < Pb

A
2 ALTEZZE PIEZOMETRICHE: ha > hb
B
L’acqua è in moto da A verso B
Dispense di Idrogeologia - Fondamenti di Idrogeologia - Cap. 3a- 137

Livello piezometrico variabile


Δh PRESSIONI: Pa = Pb

3 ALTEZZE PIEZOMETRICHE: ha > hb


L’acqua è in moto da A verso B
A B

Livello piezometrico variabile


Δh
PRESSIONI: Pa > Pb

4
B ALTEZZE PIEZOMETRICHE: ha > hb

A L’acqua è in moto da A verso B


Piero Barazzuoli
Dispense di
ID R O GEO L O GIA
Parte Seconda
COMPLEMENTI I DI IDROGEOLOGIA

Per corsi di Laurea Triennale in


GEOTECNOLOGIE
SCIENZE GEOLOGICHE

Come Conoscenze di base necessarie per


Master Universitario di 1° Livello in
Prospezioni ed Analisi per la Gestione
delle Acque Sotterranee (PAGAS)
UUnniivveerrssiittàà ddeeggllii SSttuuddii ddii SSiieennaa
FFaaccoollttàà ddii SScciieennzzee M
Maatteemmaattiicchhee FFiissiicchhee ee N Naattuurraallii
CCoorrssoo ddii LLaauurreeaa SSppeecciiaalliissttiiccaa iinn GGeeoollooggiiaa AApppplliiccaattaa
CCeennttrroo iinntteerrddiippaarrttiim
meennttaallee ddii RRiicceerrccaa ssuullll’’A
Accqquuaa ((CCRRA A))
CCeennttrroo ddii G
GeeooTTeeccnnoollooggiiee
D
Diippaarrttiim meennttoo ddii SScciieennzzee ddeellllaa TTeerrrraa
Dispense di Idrogeologia – Fondamenti & Complementi I di Idrogeologia - Cap. 3 (b) - 138

3.4 - Legge di Darcy e coefficiente di permeabilità


Nel 1856 Darcy, attraverso esperienze eseguite con un'apparecchiatura simile a quella
riportata nella fig. 66, dimostrò che:
in un acquifero teorico di sezione A (poroso, continuo, omogeneo, isotropo e poggiante su
di un substrato impermeabile orizzontale), nel quale la falda defluisce in regime laminare,
la portata (Q) che vi defluisce è inversamente proporzionale alla lunghezza dell'acquifero
(l) ed è direttamente proporzionale alla perdita di carico piezometrico (Δh),nonché
funzione di un coefficiente di proporzionalità (K), detto coefficiente di permeabilità (o
anche conducibilità idraulica), legato alle caratteristiche dell'acquifero ed avente
l’equazione dimensionale di una velocità (m/s o cm/s), vale a dire:

Q = K A Δh/l i (3.6)

dove il rapporto h/Δl = i è il gradiente idraulico (vedi la legge di conservazione


dell’energia o di Bernoulli), o perdita unitaria di carico piezometrico o di potenziale, per cui
la legge di Darcy può anche scriversi nella più nota forma:

Q=KAi (3.7)
L'equazione (3.7) può essere così espressa:
Q=KHLi (3.8)
dove H ed L sono, rispettivamente, l'altezza e la larghezza della sezione media
dell'acquifero (A) perpendicolare alla direzione di flusso della falda.

Pz1 Pz2

p1/γ Δh

P2/γ

Z1

Q Z2

Figura 66-Dispositivo di Darcy


Dispense di Idrogeologia – Fondamenti & Complementi I di Idrogeologia - Cap. 3 (b) - 139

Dalle espressioni precedenti si possono ricavare le formule relative alla:


2
portata unitaria q (portata per unità di larghezza della sezione drenante), espressa in m /s:
q = Q/L = K H i (3.9)
portata specifica qs (portata per unità di sezione drenante), espressa in m/s:
qs = Q/A = K i (3.10)
Se dalla (3.7) si considera una sezione (A) ed una pendenza (i) unitarie, si ottiene:
Q = K = qs (3.11)
Quindi, il coefficiente di permeabilità (K) può essere definito
- sia come il volume d'acqua gravifica che passa nell'unità di tempo, per effetto di un
gradiente idraulico unitario, attraverso una sezione unitaria di acquifero perpendicolare alla
direzione di flusso della falda;
che come la velocità apparente con la quale si muove un volume unitario d'acqua gravifica
- che passa nell'unità di tempo, per effetto di un gradiente idraulico unitario, attraverso una
sezione unitaria di acquifero perpendicolare alla direzione di flusso della falda.

Misura della permeabilità


Il valore di detto coefficiente può essere
determinato in laboratorio per mezzo di
strumenti (detti permeametri), il cui principio di
funzionamento è sostanzialmente identico a
quello della fig. 66. I risultati che ne
scaturiscono sono applicabili agli acquiferi
naturali soltanto in prima approssimazione:
infatti, è molto difficile riprodurre in laboratorio
le condizioni reali di un determinato sistema
filtrante esistente in natura, anche se i campioni
sono molti e se sono state prese tutte le
precauzioni per non rimaneggiarli. Sono quindi
da preferire le prove in situ (prove di
pompaggio, prove di assorbimento) con le quali
si ha anche il vantaggio di interessare ampi
Figura 67a- Permeametro a carico costante
volumi di roccia: i valori di K risultano così più
significativi e affetti da errori di gran lunga inferiori a quelli che si possono ottenere in
laboratorio.
Dispense di Idrogeologia – Fondamenti & Complementi I di Idrogeologia - Cap. 3 (b) - 140
a

Misura di K in laboratorio t0=0


Permeametri a carico costante: per valori di
K ≥10-3 cm/s
Il carico idraulico viene mantenuto costante
nel tempo t = t’
Q•l
K = da cui, essendo Q=V/t, si
A • Δh
V •l
ricava: K =
A • Δh • t h0
dove: K = Coefficiente di permeabilità h
V = volume d’acqua che attraversa il
campione nel tempo t
Δh = perdita di carico imposta
l = lunghezza del campione
A = area della sezione del campione

Permeametri a carico variabile: per valori di


10-6 ≤ K ≥10-3 cm/s
Il carico idraulico applicato diminuisce
passando dal tempo to al tempo t’:
a l ho campione
K= • • ln V l
A t h
dove: K = Coefficiente di permeabilità
a = diametro del tubo manometrico
h0 = carico iniziale al tempo t0=0 Figura 67a- Permeametro a carico variabile
h = carico finale al tempo t=t’
l = lunghezza del campione
A = area della sezione del campione

Prove edometriche o di consolidazione: per valori di K ≥10-6 cm/s

Formula di Hazen in funzione della granulometria del mezzo poroso


K = c • d 102 (in cm/s)
dove: K = Coefficiente di permeabilità
d10= diametro efficace corrispondente al 10% del passante, derivabile da una curva
granulometrica ed espresso in cm
c = costante sperimentale pare a 45,8 per sabbie argillose ed a 142 per sabbie pure
Dispense di Idrogeologia – Fondamenti & Complementi I di Idrogeologia - Cap. 3 (b) - 141

3.4.1 - Velocità apparente, reale e di spostamento


La portata specifica (qs) dedotta dalla (3.10) rappresenta in definitiva la velocità di

deflusso della falda (va):

qs = Q/A = K i = va (3.17)

La grandezza va è denominata velocità apparente, o di filtrazione, perché rapportata alla


sezione totale (roccia più vuoti) dell'acquifero: infatti, detta velocità viene calcolata come
se i filetti liquidi avessero traiettorie rettilinee che passano indifferentemente attraverso i
pori ed i granuli della roccia (in accordo con le condizioni di validità della legge di Darcy
che prevedono tra l'altro l'esistenza di un mezzo continuo).
Per calcolare la velocità reale della falda è necessario tenere conto della sezione efficace
(Ae) del mezzo acquifero:
A Ae
Ae = A ne (3.18)
In altri termini, bisogna considerare
che il deflusso è limitato ai soli vuoti Va Ve
intercomunicanti. La velocità reale o
effettiva (ve) è quindi data dalla (3.17)
previa sostituzione della sezione totale
dell'acquifero con quella efficace
Sezione totale= A Sezione Efficace = A ne
calcolata con la (3.18): Velocità apparente Velocità effettiva
ve = Q/Ae = Q/(A ne) = K i/ne (3.19) Va = ki =qs=Q/A Ve = ki/ne= qs/ne

La velocità reale è quindi collegata alla


Figura 68-Velocità apparente e velocità effettiva
velocità apparente con l'espressione:
ve = va/ne (3.20)

In definitiva, dato che la sezione efficace è più piccola della sezione totale, la velocità reale
è più grande (dell'ordine di circa 10 volte) della velocità apparente, per una falda a portata
costante; la velocità reale si avvicina alla velocità di spostamento sul terreno (vs).

Per chiarire la differenza esistente tra velocità reale e velocità di spostamento, occorre
introdurre il concetto di dispersione nello studio delle traiettorie reali delle particelle nei
vuoti continui (figg. 69-70).
L'esperienza di Darcy può essere effettuata introducendo, alla sommità di una colonna
verticale di sabbia, un tracciante con una concentrazione G0 (peso del tracciante per unità
di volume di soluzione). Un tracciante è una sostanza solidale con le molecole d'acqua
Dispense di Idrogeologia – Fondamenti & Complementi I di Idrogeologia - Cap. 3 (b) - 142

che permette di identificarle e, quindi, di seguirle nel loro spostamento; esso può essere
presente naturalmente nell'acqua o aggiunto, per cui si hanno i cosiddetti traccianti naturali
e quelli artificiali. L'operazione, chiamata tracciatura o tracciamento permette di misurare
sul terreno la velocità di spostamento, la direzione reale del deflusso ed i parametri della
dispersione. Si utilizzano due metodi per introdurre il tracciante: iniezione istantanea, con
immissione di tutta la soluzione in tempi brevissimi; iniezione continua, con immissione per
un certo lasso di tempo di una soluzione a portata costante.
La concentrazione del tracciante in uscita (G) viene misurata alla base della colonna da

Concentrazioni
G/G 0 (%) %
100
TRACCIANTE: Concentr. % cumulate Vs Tempo
90

80

70

60

50

40

30

20 TRACCIANTE:
Concentr. % Vs Tempo

10

0
0 5 10 15 20 25 30 35
tr
MEDIANA MODA
tm
TEMPO (gg) tG
MEDIA
Figura 69- Curve di restituzione di un tracciante immesso in falda
registratori automatici, ad intervalli di tempo scaglionati o continui; il tempo trascorso tra
l'introduzione del tracciante e la sua rivelazione all'uscita è chiamato tempo di
permanenza. I dati ottenuti sono riportati su di un grafico lineare con, sulle ascisse, i tempi
di permanenza e, sulle ordinate, i rapporti di concentrazione G/G0 oppure le percentuali
cumulate delle varie concentrazioni rispetto a quella iniziale: la curva ottenuta è la curva di
restituzione del tracciante e determina i tempi di permanenza e la velocità media di
spostamento (vs). Quest'ultima viene valutata con il rapporto:

vs = x/tG (3.21)
dove: x = distanza tra il punto di immissione e quello di prelievo del tracciante; tG = tempo
di arrivo del baricentro della nube tracciante, corrispondente all'arrivo del 50% della
stessa.
Dispense di Idrogeologia – Fondamenti & Complementi I di Idrogeologia - Cap. 3 (b) - 143

La curva di restituzione mostra che le particelle di tracciante (dunque le particelle d'acqua),


iniettate al punto di partenza in un dato istante, non arrivano simultaneamente alla base
della colonna; all'uscita esse sono scaglionate nel tempo e in un volume più o meno
grande. Questo fatto non è conforme alla legge di Darcy e il fenomeno è chiamato
dispersione.
Lo studio a scala microscopica (fig. 70) mostra che le particelle d'acqua si spostano nei
vuoti continui, allineati secondo la direzione generale media di deflusso, descrivendo dei
tragitti complicati per la tortuosità delle traiettorie. Nel corso di questi tragitti, le
caratteristiche fisiche del mezzo provocano variazioni della velocità delle molecole
d'acqua, cause della dispersione meccanica: a questa azione, preponderante, si
aggiungono la diffusione molecolare, provocata dall'agitazione termica delle molecole
d'acqua (e quindi dalla struttura del liquido), ed i fenomeni di adsorbimento, originati
dall'interazione acqua/roccia.

Punto di iniezione
G0
t0

IDRODINAMICA
- direzione media del deflusso
- traiettorie rettilinee
- velocità effettiva Ve
nuvola di
dispersione
Distanza di
percorrenza

CINEMATICA
- traiettorie reali
- traiettorie tortuose
- velocità intergranulare
Ripartizione della
concentrazione
DIREZIONE
MEDIA

Δt
G G G
Fronte di dispersione

Figura 70-Schematizzazione del fenomeno di disperrsione


Dispense di Idrogeologia – Fondamenti & Complementi I di Idrogeologia - Cap. 3 (b) - 144

3.4.2 - Trasmissività, coefficiente di immagazzinamento e diffusività


Poiché la produttività di un acquifero è, ovviamente, funzione non solo della sua
permeabilità (K), ma anche dello spessore della sua parte satura (h), nei calcoli
idrogeologici si tiene spesso conto di un altro importante parametro chiamato
trasmissività (T), usualmente espresso in m2/s, che scaturisce dal prodotto:

T=Kh per le falde libere (3.22a)

T=Ke per le falde confinate (3.22b)

livello d’acqua
nel pozzo
riferimento
topografico
FALDA LIBERA Fig.71a- La Trasmissività negli
Superficie topogafica

Δh T=Kh acquiferi a falda libera


Superficie piezometrica
dove h = spessore saturo
dell’acquifero
Acquifero a h Z
(corrispondente alla
falda libera H
distanza tra il substrato
Substrato impermeabile e la
Livello di riferimento= 0 m s.l.m.
superficie piezometrica)
livello d’acqua
nel pozzo FALDA CONFINATA
Superficie topogafica
T=Ke
Superficie piezometrica
dove e = spessore
tetto impermeabile dell’acquifero
(corrispondente alla
Acquifero a falda
confinata e distanza tra il substrato
Fig.71a- La Trasmissività negli
impermeabile ed il
acquiferi a falda confinata Substrato tetto impermeabile

L'utilità di questo parametro è dovuta soprattutto al fatto che, contrariamente a quanto si


verifica con la permeabilità, esso consente di calcolare la portata della falda anche senza
conoscere lo spessore saturo dell'acquifero. Infatti, sostituendo la (3.22) nella (3.8) si può
esprimere la legge di Darcy con la seguente espressione:

Q=TLi (3.23)
In teoria, in base alla (3.22), un mezzo poco permeabile può essere anche molto
trasmissivo se il suo spessore saturo è sufficientemente grande; analogamente, due
acquiferi aventi uguale permeabilità possono avere valori di trasmissività completamente
diversi, se i loro spessori sono differenti.
Con riferimento al concetto di permeabilità espresso in precedenza, la trasmissività può
essere definita come il volume di acqua gravifica che passa nell'unità di tempo, per effetto
di un gradiente idraulico unitario, attraverso una sezione perpendicolare alla direzione di
Dispense di Idrogeologia – Fondamenti & Complementi I di Idrogeologia - Cap. 3 (b) - 145

flusso dell'acqua avente una larghezza unitaria ed un'altezza pari allo spessore saturo
dell'acquifero: essa traduce la capacità che ha l'acquifero di trasmettere acqua.

Un altro parametro assai importante in idrogeologia è il coefficiente di


immagazzinamento (S), adimensionale: esso è definito come il rapporto tra il volume
d'acqua liberato o immagazzinato, a seguito di una variazione unitaria del livello
piezometrico, in un prisma verticale di materiale acquifero saturo ed il volume del prisma
stesso.
Nel caso di acquiferi liberi, esso è rappresentato dal volume d'acqua estraibile per gravità
(fig. 72): infatti, la perturbazione indotta dalla depressione piezometrica si trasmette lungo
le linee di flusso e provoca lo svuotamento di acqua gravifica (si ha cioè lo svuotamento
meccanico degli spazi occupati dall'acqua). Pertanto, questa grandezza coincide
praticamente con la porosità efficace con valori solitamente compresi tra 3 10-1 e 10-2; a
tal proposito, si deve osservare che detto coefficiente si attesta su un valore costante
soltanto se la prova di emungimento, con la quale viene solitamente valutato, è
sufficientemente lunga e che tale valore risulta prossimo a quello della porosità efficace se
la depressione piezometrica indotta durante la prova è relativamente grande.
Negli acquiferi confinati, invece, a parità di caratteristiche idrogeologiche con quelli liberi, il
coefficiente di immagazzinamento assume valori molto bassi (generalmente compresi 10-3
e 10-6: in tal caso, esso non è confrontabile con la porosità efficace perché è dovuto alla
deformazione elastica del sistema roccia più acqua (vedi fig.72).
Il fenomeno fisico può essere così sintetizzato. L'emungimento artificiale di acqua non
provoca alcuno svuotamento dell'acquifero, ma determina soltanto una depressione
piezometrica che si traduce in una diminuzione della pressione idrostatica; l'acqua rimasta
nell'acquifero si dilata per espansione elastica e non equilibra più il peso degli strati
sovrastanti. Conseguentemente, lo scheletro dell'orizzonte acquifero di deforma
elasticamente a spese degli spazi interstiziali e la porosità dello stesso acquifero
diminuisce a livello microscopico: si verifica, quindi, l'espulsione di ulteriori quantitativi
d'acqua.
Jacob dimostrò che, negli acquiferi confinati, il coefficiente di immagazzinamento è dato
dalla seguente espressione:

S = γ ne e [β + (α/ne)] (3.24)

dove: γ = peso specifico dell’acqua (10-3 kg/cm3)


β = coefficiente di compressibilità dell'acqua (3.5 10-5 cm2 /kg);
Dispense di Idrogeologia – Fondamenti & Complementi I di Idrogeologia - Cap. 3 (b) - 146

α = coefficiente di compressibilità verticale del terreno (1 10-3 cm2 /kg nelle sabbie e
1 10-5 ÷1 10-6 cm2 /kg nei calcari);
ne = porosità efficace dell’acquifero
e = spessore dell’acquifero.
Negli acquiferi semiconfinati, il valore del coefficiente di immagazzinamento è determinato
dalla somma dei due fenomeni descritti in precedenza. Infatti, all'inizio dell'emungimento,
la falda libera del mezzo superiore non reagisce mentre quella dell'acquifero inferiore si
comporta come una falda confinata; dopo un certo tempo, che può essere anche molto
lungo, la piezometrica della falda superiore tende anch'essa a deprimersi (fig ).

FALDA LIBERA FALDA CONFINATA

Superficie piezometrica
Δh = 1 m

1 m2
h1
h2

Drenaggio per gravità espulsione


quantità d’acqua liberata
proporzionale a

Pe=S
S<<Pe

Figura 72- Rapporto tra coefficiente di immagazzinamento (S) e porosità efficace (pe o ne) negli acquiferi a
falda libera ed a falda confinata.
Un altro parametro di interesse idrogeologico è detto diffusività (Df) ed è uguale al
rapporto tra la trasmissività ed il coefficiente di immagazzinamento:
Df = T/S (3.25)

Questa grandezza, usualmente espressa in m2/s, tiene conto della propagazione delle
perturbazioni indotte nell'acquifero.
Dispense di Idrogeologia – Fondamenti & Complementi I di Idrogeologia - Cap. 3 (b) - 147

3.4.3 - COEFFICIENTE DI PERMEABILITA’ O CONDUCIBILITA’ IDRAULICA (k) E


GENERALIZZAZIONE DELLA LEGGE DI DARCY-
Nel proporre e nel dimostrare la sua legge (va=ki=qs), Darcy si ispirò all’equazione di
FOURIER relativa al flusso di calore (q=kθ, dove q= flusso di calore, k= conducibilità
termica, θ= gradiente di temperatura) ed alla legge di OHM per il flusso elettrico (i= CV,
dove i= intensità, C= conducibilità elettrica, V= gradiente di potenziale elettrico).
Il valore di k nell’ambito di validità della legge di Darcy è, a parità di condizioni, un valore
costante per ciascun mezzo poroso analizzato e per ciascun fluido in esso circolante;
nonostante questo rimane difficile mettere in relazione k con le caratteristiche del mezzo
poroso dato che un terreno molto poroso può essere molto permeabile se i pori sono
sufficientemente grossi ed intercomunicanti o, viceversa, pochissimo permeabile (anche
se in generale terreni a bassa porosità tendono ad essere meno permeabili data la
maggior difficoltà nell’intercomunicabilità tra i pori). Su K, oltre alla natura del terreno,
influisce anche la viscosità del fluido la quale è a sua volta funzione della temperatura e
della pressione. Quindi per avere un coefficiente di permeabilità (ki) che tenga conto di
quest’ultimi parametri e risulti alla fine dipendente solo dalle proprietà del mezzo poroso, si

dovrà scrivere: ki= k (μd /γ) (3.26)

dove μd= viscosità del fluido,


γ = peso specifico del fluido =g ρ (dove: g =accelerazione di gravità; ρ=densità del fluido).
ki sarà quindi la cosiddetta PERMEABILTA’ INTRINSECA del mezzo poroso
Nell’intervallo di temperatura 10-30 °C la variazione del peso specifico è molto piccola
(0.03%/°C) e quindi ininfluente sul valore di k, mentre la viscosità varia di ca. il 4%/°C.
Quindi una variazione della temperatura dell’acqua sotterranea pari a 5°C può indurre una
variazione di K di circa il 20% (aumento di temperatura = diminuzione di viscosità); data
l’estrema costanza della temperatura delle acque sotterranee, non sono mediamente
riscontrabili variazioni di K >20% (solo in casi di ricarica artificiale di acquiferi si sono
registrate variazioni estreme pari al 75%). Tenendo conto di questo per l’acqua
SCHNEEBELI ha definito: K(T°C) ≈ K(20°C) (T°Cacqua+2)/40; (3.27)
quanto sopra vale ovviamente anche per la TRASMISSIVITA’.
Essendo infine l’acqua un mezzo praticamente incompressibile, le variazioni di pressione
non portano a variazione di K dovute alla densità. Queste agiscono invece sulla
permeabilità attraverso modificazioni della geometria dei pori dell’acquifero. Infatti la
compattazione dell’acquifero porta normalmente ad una riduzione di K; in tal caso si
altererà la permeabilità intrinseca Ki dato che variano le caratteristiche del mezzo poroso.
Dispense di Idrogeologia – Fondamenti & Complementi I di Idrogeologia - Cap. 3 (b) - 148

La legge di Darcy, definita quindi in condizioni idrogeologiche particolari, è stata


generalizzata e resa valida per tutti i liquidi (di diversa densità e viscosità), per tutte le
direzioni di flusso, per tutti gli acquiferi e per tutte le condizioni di temperatura e pressione,
a tal scopo si arriva anche partendo dall’ espressione:

Ki = Cf de2 (formula di Hazen) (3.28)


che può farsi coincidere con la permeabilità intrinseca ( espressa in m2, in cm2 o in darcy
(1 darcy = 9,87¨10-9 cm2) e dove:
Cf = fattore di forma, che tiene conto del tipo di aggregazione e della forma dei granuli
che costituiscono la roccia;
de = diametro efficace dei granuli (corrisponde alla dimensione della maglia del vaglio che
lascia passare il 10% del materiale granulare vagliato = d10).
Essa, infatti, non dipende in alcun modo dalle caratteristiche dal fluido, ma esclusivamente
dalla struttura del mezzo acquifero.

Quindi la (3.26) può essere scritta come kv = Cf de2 γ /μd (3.29)


che corrisponde al coefficiente di permeabilità sensu lato. Infatti, esso non rappresenta più
una costante fisica dell'acquifero (secondo la concezione di Darcy), ma è una variabile che
tiene conto sia della sua struttura che delle caratteristiche del fluido che lo attraversa. Kv
viene influenzato in modo particolare dalla viscosità dinamica (μd), la quale varia entro
limiti molto ampi al variare della temperatura (fig. 73). La legge di Darcy può quindi essere

espressa nella forma: qs = Kv i = (Cf de2 γ /μd) i oppure:

Q = Kv A i = (Cf de2 γ /μd) A i (3.30)

Quest'ultime espressioni vengono utilizzate negli acquiferi molto profondi e, in particolare,


nei campi geotermici che sono sempre
0.014
caratterizzati da alte temperature e pressioni;

0.012 nelle falde che si trovano in condizioni di


K
μd temperatura e pressione ordinarie (anche fino a
0.010 1000 m di profondità), K può essere assimilato a
Kv e resta quindi valida l'espressione (3.7).
0.008

0.006
0 10 20 30 40 °C
Figura 73- Variazione della viscosità e della
permeabilità con la temperatura
Dispense di Idrogeologia – Fondamenti & Complementi I di Idrogeologia - Cap. 3 (b) - 149

3.4.4 -AMBITO DI VALIDITA’ DELLA LEGGE DI DARCY


Mezzi continui, omogenei ed isotropi
Per la legge di Darcy il materiale dell’acquifero deve essere continuo, omogeneo ed
isotropo, condizioni che raramente si realizzano in natura dove i terreni sono
generalmente eterogenei ed anisotropi.
Nonostante l’eterogeneità dei terreni visti in dettaglio, considerando grandi masse di
terreno si può rinvenire in questo insieme una certa omogeneità; quindi, i parametri
idrodinamici valutati in condizioni naturali e per volumi rilevanti di acquifero presentano dei
valori approssimati e mediati, ma di precisione accettabile.
Per una migliore comprensione, si deve ricordare che:
a- un mezzo permeabile è detto continuo quando è dotato di vuoti interconnessi nel senso
del flusso dell'acqua. Le rocce sciolte, provviste di pori, e le rocce compatte, interessate da
una rete di microfessure, costituiscono dei mezzi continui (fig. 74); al contrario, le rocce
compatte a macrofessure e quelle carsiche sono mezzi discontinui.
SCALA DI RIFERIMENTO TIPI DI VUOTI TIPI DI MEZZI
intercristalli
Microscopica Pori intergrani poroso
dell’ordine da 0.1 a 1mm diaclasi, continuo
Microfessure giunti,
fessurato
scistosità
Macroscopica macrofessure
dell’ordine superiore Macrofessure karst: canali, discontinuo
a qualche mm caverne
Fig. 74 - Mezzi continui e disconrinui in rapporto alla circolazione idrica sotterranea
b- un mezzo è detto isotropo quando le sue caratteristiche fisiche (nel nostro caso con
particolare riferimento alla granulometria ed alla permeabilità, quindi in rapporto al flusso
idrico sotterraneo) sono costanti nelle tre direzioni dello spazio (fig. 75); nel caso contrario,
è detto anisotropo. Un mezzo è detto omogeneo in relazione al suo comportamento

Figura 75- Omogeneità ed isotropia in relazione al flusso idrico sotterraneo


Dispense di Idrogeologia – Fondamenti & Complementi I di Idrogeologia - Cap. 3 (b) - 150

idraulico, quando presenta, in tutti i punti nel senso del flusso idrico sotterraneo,
caratteristiche fisiche costanti; nel caso contrario, il mezzo è eterogeneo. Un mezzo
omogeneo può essere isotropo od anisotropo, mentre un mezzo eterogeneo è sempre
anisotropo.
c- L'insieme delle condizioni alle quali è stata enunciata la legge di Darcy, in particolare
per quanto riguarda il regime laminare, può quindi sembrare molto restrittivo se si
considerano le numerose discontinuità presenti nelle formazioni idrogeologiche
(stratificazioni, passaggi laterali di
Q/A 10-3 10-2 10-1 1 10 102 103 104 (numeri di Reynolds)
(portata
specifica)
facies, fratturazioni, scistosità,
Regime laminare Regime turbolento
ecc.): in realtà, i casi ai quali la
CAMPO DI
VALIDITÀ
DELLA LEGGE legge di Darcy non è applicabile
DI DARCY

(fig. 76) sono limitati alle


formazioni molto eterogenee, alle
reti carsiche ed, in generale,
quando la velocità di flusso è
i (gradiente idraulico)
elevatissima (come nelle
vicinanze di sorgenti o opere di
Figura 76- Ambito di validità della legge di Darcy in relazione al
captazione).
regime del flusso idrico sotterraneo

Permeabilità dei terreni anisotropi omogenei


Per terreni anisotropi omogenei è possibile che i valori del coefficiente di permeabilità
verticale (Kv) ed orizzontale (Ko) siano diversi. Qualora tali valori siano noti, è possibile
trasformare un tale mezzo reale in uno isotropo fittizio utilizzando il grado di anisotropia
dato dal rapporto
Ko
Kv
In generale per l’applicazione della legge di Darcy e possibile prendere come permeabilità
media (Km) di un mezzo anisotropo omogeneo il valore:

Km = Ko × Kv .
In generale il coefficiente Ko > Kv; quest’ultimo è nullo in terreni costituiti da alternanze di
piccoli livelli permeabili ed impermeabili.
Dispense di Idrogeologia – Fondamenti & Complementi I di Idrogeologia - Cap. 3 (b) - 151

3.4.5 - Permeabilità dei terreni stratificati


In generale i mezzi acquiferi sono stratificati e presentano così una permeabilità verticale
ed una orizzontale tra loro diverse; sono quindi anisotropi.
Anche supponendo che ogni strato sia omogeneo, le caratteristiche del deflusso
sotterraneo varieranno in funzione del fatto che il flusso sia orientato perpendicolarmente,
parallelamente o obliquamente agli strati permeabili.
Attraverso particolari elaborazioni, conoscendo il K di ciascuno strato, si può ricondurre un
mezzo anisotropo reale ad un mezzo isotropo fittizio avente un proprio K teorico detto
coefficiente di permeabilità medio (Km).
Flusso perpendicolare alla stratificazione

∇ Supponiamo di essere in presenza di una


successione di stati permeabili attraversati dall’alto
h1 K1 Δh verso il basso da una corrente liquida con flusso
h2 K2 perpendicolare alla stratificazione. Siano K1, K2, K3
H
h3 K3 e K4 i coefficienti di permeabilità ed h1, h2, h3 ed h4
i relativi spessori. Essendo i questo caso in gioco
h4 K4
la sola permeabilità verticale, se ne può calcolare
Linee di flusso il valore medio, Kmv.
Ricordando che la quantità di acqua che passa attraverso l’unità di superficie, fra due linee
di flusso, è costante, potremo scrivere che : q = Kmv Δh/H. Osservando la figura risulta
evidente come la perdita di carico totale Δh sia equivalente alla somma delle perdite di
carico relative a ciacun livello di spessore hx. Siccome si è già detto che q è costante in
ogni livello, si può anche scrivere che :
q= K1 (Δh1/h1)= Kmv Δh/H q= K2 (Δh2/h2) = Kmv Δh/H
q= K3 (Δh3/h3) = Kmv Δh/H q= K4 (Δh4/h4) = Kmv Δh/H
Δ h hn
e quindi, genericamente, per un qualsiasi strato n: Δ h n = K mv ×
H Kn
Essendo, come già detto Δ h = ∑ Δ hn , avremo che
⎛ Δh ⎞ ⎡⎛ h1 ⎞ ⎛ h2 ⎞ ⎛ h3 ⎞ ⎛ h4 ⎞ ⎤
Δh = ∑ Δhn = ⎜ Kmv ⎟ × ⎢⎜ ⎟ + ⎜ ⎟ + ⎜ ⎟ + ⎜ ⎟
⎝ k 4 ⎠ ⎥⎦
⎣⎝ K 1⎠ ⎝ K 2⎠ ⎝ K 3⎠
⎝ H ⎠

Δh hn H
da cui si ricava: Δ h = K mv ∑ e quindi Kmv =
hn
H Kn ∑ Kn
ricavando così il coefficiente di permeabiltà media verticale ricercato.
Dispense di Idrogeologia – Fondamenti & Complementi I di Idrogeologia - Cap. 3 (b) - 152

Direzione del flusso parallela alla stratificazione


Quando le linee di flusso sono parallele alla
stratificazione si può definire portata totale
Δh quella ottenibile in un acquifero teorico avente
h1
K1
una permeabilità media orizzontale Kmo. In
h2 Linee di flusso
K2 questo caso risulta evidente che l’acqua
H
h3 H1 K3 circolante in ciscun livello, avente un diverso
H2
grado di permeabilità orizzontale, avrà per uno
h4 K4 stesso percorso L la stessa perdita di carico
Δh. In tal caso la portata totale Q = Kmo A i che
defluisce dall’acquifero sarà uguale alla somma

0 L
di tutte le portate attribuibili a ciscun livello:
Q = ∑ Qn
Ponendo costante ed uguale ad 1 la larghezza delle sezioni relative ai singoli strati si avrà:
A=1 hn per cui risulterà: A = hn
Da questo consegue: Q = Kmo H i = ∑ Kn × hn × i
e ricavando il coefficiente di permeabilità verticale medio si ottiene:
1
Kmo = ∑ Kn × h n
H
Direzione di flusso obliqua rispetto alla stratificazione
Se siamo in presenza di due mezzi permeabili
β dotati di differenti coefficienti di permeabilità K1 e
K2 e supponendo che K1<K2, per analogia con la
K1 propagazione dei raggi luminosi in due mezzi
K2 aventi differenti indici di rifrazione, si può scrivere
α con riferimento alle linee di flusso:
K1 tgβ
=
K 2 tgα
Attraverso questa formula è possibile calcolare il gradiente idraulico in ciascuno dei due
mezzi. Come ben si vede in figura, passando da un mezzo meno permeabile ad uno più
permeabile, diminuisce l’inclinazione delle linee di flusso rispetto alla superficie di
separazione. Questo porta ad una diminuzione del gradiente idraulico che si manifesta
con una minore densità delle linee isopieze.
Dispense di Idrogeologia – Fondamenti & Complementi I di Idrogeologia - Cap. 3 (b) - 153

3.5 - SUPERFICI PIEZOMETRICHE


Le perforazioni che attraversano gli acquiferi incontrati sotto la superficie terrestre
presentano al loro interno un livello d'acqua la cui quota (elevazione al di sopra del livello
medio del mare) è il cosiddetto livello piezometrico; questo livello viene talvolta misurato in
opere di piccolo diametro chiamate appunto piezometri.
L'insieme di tali livelli, misurati in differenti punti ad una data stabilita, costituisce la
superficie piezometrica della falda che, in quelle libere, separa la zona di saturazione da
quella di aerazione e che è continuamente soggetta a variazioni di livello entro una fascia
di oscillazione la cui ampiezza varia di anno in anno; analogamente alle quote del livello
del suolo che consentono di tracciare la superficie topografica, la superficie piezometrica è
rappresentabile su apposite carte con curve di ugual livello piezometrico o curve
isopiezometriche la cui modalità di costruzione è la stessa utilizzata per la costruzione di
qualsiasi carta isovalore (Vedi cap. 2b- carta delle isoiete)(fig. 3.2). Detta superficie
presenta una pendenza (variabile nel tempo e nello spazio) che è possibile misurare sulla
carta delle isopiezometriche dividendo il dislivello tra due isolinee successive per la loro
distanza minima: si ottiene così il valore del gradiente idraulico, o cadente piezometrica,
della falda.
Inutile dire che queste rappresentazioni grafiche sono di estrema importanza nello
studio idrogeologico di un acquifero in quanto rappresentano la distribuzione del
potenziale idraulico della falda il cui campo risulta perpendicolare a quello del flusso
sotterraneo e ci permettono così di ricostruire il reticolo di flusso (seppur in due
dimensioni, ritenendo trascurabile la componente verticale della velocità del flusso
medesimo) e quindi una corretta applicazioni
delle leggi dell’idrodinamica sotterranea.
Segnalatore Misura della profondità della superficie
luminoso e/o
Pozzo
PILA
sonoro piezometrica
Tale rilievo viene effettuato in pozzi o in
Cavo metrato piezometri usando, normalmente, una sonda

Pesi
piezometrica (del tipo di quella riportata nelle
figg. 77e 78). Questa è un apparecchiatura
assai semplice e consta di:
SONDA:
isolante
elettrodi
- un cavo elettrico metrato ad un capo del
Fig. 77- Schema di quale è posta una punta piezometrica
funzionamento di una
Acqua
sonda piezometrica (appesantita in maniera da tenere il cavo ben
Dispense di Idrogeologia – Fondamenti & Complementi I di Idrogeologia - Cap. 3 (b) - 154

teso) e costruita in modo tale da chiudere


Ruzzolo di avvolgimento del cavo
un circuito elettrico quando viene ed
essere immersa nell’acqua;
- un segnalatore luminoso e/o acustico che
entra in funzione quando la sonda viene
ed essere immersa nell’acqua;
- una fonte di elettricità, normalmente una
pila a 9V, alimentante il circuito di fig 77.
La misura della profondità del livello

Alloggiamento piezometrico in un pozzo si effettua


Cavo
metrato della batteria e immettendo la sonda nel pozzo medesimo
dei segnalatori
e calandola in profondità fino a quando il
segnalatore avvertirà dell’avvenuto contatto
con l’acqua. In quel momento si leggerà su
cavo metrato cui è attaccata la sonda il
valore di detta profondità.
SONDA e PESI La quota assoluta della superficie
Figura 78- Sonda piezometrica piezometrica sarà ricavabile dalla semplice
sottrazione di tale profondità dalla quota assoluta di “bocca pozzo” (fig.79), quota
quest’ultima desumibile da una carta topografica di opportuno dettaglio o, in assenza di
questa, derivabile da un’apposita campagna topografica di livellazione.

Figura 79- Misura della profondità della superficie piezometrica e valutazione della relativa quota assoluta
Dispense di Idrogeologia – Fondamenti & Complementi I di Idrogeologia - Cap. 3 (b) - 155

3.5.1 - Costruzione della carta delle isopieze


- Il tracciamento delle linee isopieze (o linee equipotenziali: curve luogo dei punti aventi uguale
45.00
44.00
42.00 40.70 39.80 39.10 altezza o potenziale piezometrico,)
39.30
41.80 39.40

43.60
42.10

40.40
Sulla carta topografica, nei punti indicanti la
38.90
42.50
43.50 38.40

posizione dei pozzi e/o dei piezometri


42.60 42.10
38.20
40.9
43.50 38.80
0
44.10
43.30
42.00 42.00 40.20 39.00

41.60 42.20 41.80


utilizzati, si segnano le altezze assolute del
41.50
41.20

47.70 45.30
40.80

40.20
40.00
39.40
38.90
39.00 livello piezometrico ivi rilevato. Quindi
(utilizzando procedimenti di interpolazione
39.70
41.90 40.00
42.50

TRIANGOLAZIONE (manuale ) o GRIDDING (automatica) lineare del tutto analoghi utilizzati in


topografia per passare da un piano quotato
a una rappresentazione ad isoipse) si
uniscono tra loro tutti i punti di stazione, sì
da formare una rete a maglie triangolari,
con ai vertici i pozzi e/o dei piezometri. A
questo punto, agendo su ciascun lato delle
INTERPOLAZIONE LINEARE (manuale ) - CONTOURING
(automatica) maglie triangolari, si suppone che in esso,
passando da un punto di misura all’altro, il
potenziale (o altezza) piezometrico aumenti
o diminuisca in maniera lineare (a
pendenza o gradiente costante) e quindi in
funzione della distanza tra i singoli punti di
misura. Scelta l’equidistanza con la quale si
Rappresentazione in 3D della sup. piezometrica (Automatica)
Fig. 80 - Modalità per la costruzione di carte delle isopieze
ritenga più opportuno rappresentare il
fenomeno (ad es. 0.5, 1, 5, 10 m), si
calcoleranno su ciascun segmento (in funzione del gradiente idraulico tra le stazioni poste
agli estremi) i punti corrispondenti alla posizione di isopieze avente valore multiplo della
equidistanza prescelta. A questo punto uniremo con una linea tutti i punti che, nei
segmenti di interpolazione, risulteranno avere la stessa altezza piezometrica o potenziale,
tracciando così le isopieze. Tale risultato è possibile ottenerlo, oltre che con il metodo
manuale suddetto, anche attraverso l’utilizzo dei computers tramite tecniche di gridding e
di contouring (Vedi figg. 19c, d Cap 2b), così come è stato fatto per la costruzione delle
carte di Fig. 80, avendo però l’accortezza di scegliere bene sia il modello di gridding, che i
parametri di interpolazione da utilizzare.
Dispense di Idrogeologia – Fondamenti & Complementi I di Idrogeologia - Cap. 3 (b) - 156

3.5.2 - Interpretazione qualitativa della superficie piezometrica


Lo studio delle superfici piezometriche permette di ottenere dei dati di base in relazione al
movimento ed al comportamento dell’acqua sotterranea. Questi consentiranno una
interpretazione qualitativa della superficie piezometrica ed anche una interpretazione
quantitativa attraverso metodi analitici semplici o attraverso lo studio dell’evoluzione di
dette superfici nel corso del tempo, con o senza l’ausilio di modelli matematici.
Tipi di superfici piezometriche
In funzione della distanza tra le isopieze, della concavità e della disposizione relativa delle
linee di flusso si distinguono, generalmente, i seguenti tipi:
Cilindrica: le isopieze sono rette parallele;
Radiale: le isopieze sono curve e le linee di flusso tendono a convergere nel verso del
flusso (radiale convergente) o nel verso opposto al flusso (radiale divergente);
Piana: la distanza tra le isopieze è costante
Parabolica: la distanza tra le isopieze diminuisce quando il livello dell’acqua si abbassa;
Iperbolica: la distanza tra le isopieze aumenta quando il livello dell’acqua si abbassa;
Ellittica: la distanza tra le isopieze varia tanto verso un lato che verso l’alto, a partire da
una di loro ;
Cilindrica Parabolica Parabolica Iperbolica Ellittica iperbolica
Tipo piana cilindrica radiale radiale cilindrica cilindrica
convergente divergente
Sezione
secondo il
flusso

Isopieze

Fig. 81 - Alcuni tipi di superfici piezometriche


Nella figura 81 sono illustrate queste definizioni con semplici esempi. Le superfici
piezometriche reali possono essere semplici, miste o complesse a seconda dei tipi che si
riscontrano nelle varie zone considerate
L’andamento relativo delle linee isopieze non deve apparire come una semplice
rappresentazione morfologica dato che esse sono l’evidenza del campo di moto dell’acqua
sotterranea in relazione alla variabilità spaziale delle caratteristiche idrodinamiche di un
acquifero reale il quale può ritenersi omogeneo solo nel suo insieme. In questo infatti le
variazioni di permeabilità, di spessore saturo e la presenza di limiti laterali inducono
variazioni morfologiche sulla superficie piezometrica.
Dispense di Idrogeologia – Fondamenti & Complementi I di Idrogeologia - Cap. 3 (b) - 157

Tra queste variazioni riveste rilevante importanza quella inerente la distanza tra le isopieze
in varie zone dell’acquifero. Infatti quando in una zona dove le linee di flusso sono
approssimativamente parallele, le isopieze tendono ad avvicinarsi nel verso in cui la falda
diminuisce di potenziale, questo può essere messo in diretta relazione con una
diminuzione della trasmissività. Tale diminuzione potrà essere indifferentemente causata
da una diminuzione della permeabilità o da una riduzione dello spessore saturo o da
entrambe le cause; per contro un allontanamento tra le isopieze è da mettere in relazione
ad un aumento della trasmissività (Fig. 82).

Diminuzione di spessore Diminuzione di spessore e brusco aumento di


permeabilità

Sezione K2 >K1
K1

Pianta

Cambiamento brusco di permeabilità in un Variazione di spessore in un acquifero


acquifero confinato confinato

K1 K2 >K1 K3 <K1 K2 >K1

Effetto della risalita o


della discesa del
substrato di un
acquifero libero con
spessore
progressivamente
decrescente

Fig. 82 - Rapporti tra variazione di trasmissività e variazione del gradiente idraulico


Dispense di Idrogeologia – Fondamenti & Complementi I di Idrogeologia - Cap. 3 (b) - 158

3.5.3 - Analisi quantitativa della superficie piezometrica


L’analisi quantitativa della superficie piezometrica è basata sull’applicazione della legge di
Darcy quando è possibile ammettere che essa è valida e che il mezzo possa essere
considerato isotropo in rapporto alla permeabilità. Si tratta, in pratica, di una tipica
applicazione del principio di continuità (o di conservazione della massa) ad un tubo di
flusso individuato da due linee di flusso contigue. Per tale principio, in assenza di
interferenze esterne (alimentazione per infiltrazione o prelievi artificiali) la portata in uscita
dal tubo di flusso è pari a quella in entrata. In esso quindi la portata Q=T L i = Costante e,
di conseguenza, una variazione del gradiente idraulico i corrisponde ad un’opposta
variazione della trasmissività T.
Se in una superficie piezometrica
stazionaria si considerano due linee di
flusso contigue, in assenza di interscambi, in
entrata o in uscita, con le zone circostanti il
flusso al loro interno è costante.
Analizzando la maglia ABCD di fig. 83 di
superficie Si, avremo che:
QAB = QCD, cioè:
TAB AB iAB = TCD CD iCD
Con questa equazione, noti le larghezze
delle sezioni AB e CD ed i rispettivi gradienti
idraulici nonché la trasmissività in
Figura 83- scema applicativo dell'analisi quantitativa
della superficie piezometrica. corrispondenza di una delle due sezioni (es.
TAB) , è possibile valutare la trasmissività in corrispondenza dell’altra sezione:
TCD = (TAB AB iAB) / (CD iCD)
Se invece si hanno ricarica (entrate) o emungimenti (uscite) il flusso al loro interno varia
della stessa quantità (senza per questo indurre interscambi con i tubi di flusso vicini). In tal
caso, sempre con riferimento alla maglia ABCD di fig. 83 di superficie Si, avremo che:
QAB = QCD, +/- q Si (+ nel caso di alimentazione, - nel caso di emungimenti ) dove q=
portata per unità di superficie nella maglia ABCD, cioè
TAB AB iAB = TCD CD iCD +/- q Si
che come la precedente consente di estrapolare lungo il tubo di flusso le grandezze
idrodinamiche note in una sua porzione alle altre porzioni.
Esempio pratico di applicazione dell’analisi quantitativa della superficie piezometrica
Dispense di Idrogeologia – Fondamenti & Complementi I di Idrogeologia - Cap. 3 (b) - 159

In relazione all’acquifero di fig. 84,


noto K relativamente alla zona AB
(KAB), calcolare il valore del
coefficiente di permeabilità nella
zona CD (KCD).
Dati noti:
-Coefficiente di permeabilità nella
sezione AB=KAB=2x10-3 m/s
-Ricarica meteorica sull’area
ABCD = qABCD= 100 mm/anno
-Spessore medio acquifero
sezione AB = HAB= 5.5 m
-Spessore medio acquifero
sezione CD = HCD= 11.5 m
Dati desumibili dalla cartografia idrogeologica (fig. 84)
-larghezza sezione AB=LAB 660 m
-larghezza sezione CD = LCD 370 m
-superficie dell’area ABCD = SABCD= 460000 m2
- gradiente idraulico nella sezione AB = iAB = ΔhA’B’ / dA’B’
ΔhA’B’ = 40-38=2 m dA’B’ = 136 m iAB = 2/136 = 0,014706
- gradiente idraulico nella sezione CD = iCD = ΔhC’D’ / dC’D’
ΔhC’D’ = 32-30=2 m dC’D’ = 338 m iCD = 2/338 = 0,005917
Applicazione
QAB = KAB HAB LAB IA’B’ = 0,002 5,5 660 0,014706 = 0,107 m3/s
QCD = QAB + (qABCD SABCD /365365x86400)
KCD HCD LCD IC’D’ == QAB + (qABCD SABCD /365x86400)
.
KCD 11.5 370 0.005917=10676 +(0.1 460000 /365x86400) 10-2 m2/s
KCD 25,18=0,107 + 0,0015
KCD =(0,107 + 0,0015) /25,18= = 0,1085/25.18 =0,0043 m/s
. .
KCD= 4,3 10-3 m/s TCD= 0,0043x11.5= 4,9 10-2 m2/s
. .
KAB= 2 10-3 m/s TAB= 0,002x5.5 = 1,1 10-2 m2/s
Dispense di Idrogeologia – Fondamenti & Complementi I di Idrogeologia - Cap. 3 (b) - 160

3.5.4 - Condizioni ai limiti


Come è facile dedurre da quanto sin ora detto, le condizioni ai limiti di un acquifero
rivestono particolare importanza circa il suo comportamento idrodinamico e per questo
esse devono essere ben definite. Possono riconoscersi, in generale:
A - LIMITI GEOLOGICI
detti anche chiusi, a posizione fissa o limiti stagni (a flusso nullo). Essi sono imposti
dalle strutture dei complessi idrogeologici e sono:
1- Substrato impermeabile
2- Tetto impermeabile (nelle falde confinate)
3- Variazioni laterali di facies
4- Chiusure laterali di trasgressione
5- Faglie
B - LIMITI IDRODINAMICI
Sono limiti aperti e quindi variabili nello spazio e nel tempo; sono classificabili in:
B1 - limiti a flusso imposto o condizionati dalla portata
B

Questi possono essere a flusso nullo o a flusso in entrata o in uscita. Le portate nulle
sono normalmente imposte da un limite geologico stagno. Le portate uscenti sono
identificabili con sorgenti, linee di emergenza diffusa, corpo d’acqua superficiale
drenante, alimentazione di un altro acquifero.
Le portate entranti possono identificarsi con falde affluenti limitrofe, aree di
alimentazione per infiltrazione, corpo d’acqua superficiale infiltrante.
B2 - limiti a potenziale imposto o condizionati dal potenziale
B

Sono identificabili con una curva equipotenziale, o idroisoipsa, della superficie


piezometrica: allineamenti di sorgenti, corpi d’acqua superficiali (laghi e fiumi), linee
di costa.
B3 - la superficie piezometrica di una falda libera, dove la pressione è pari a quella
B

atmosferica e dove il flusso è, normalmente, nullo.


- il fenomeno della fuga che è a sua volta imposto da condizioni di flusso (limite
geologico semipermeabile) e di potenziale (l’acqua si muove attraverso l’acquitardo
dalla falda a potenziale più alto a quella a potenziale più basso)

Le condizioni ai limiti sopra elencate, sono individuabili sul terreno attraverso la


ricostruzione delle strutture idrogeologica, con l’analisi delle misure dei livelli piezometrici e
delle relative fluttuazioni, con l’interpretazione, in base al regime transitorio, delle prove di
Dispense di Idrogeologia – Fondamenti & Complementi I di Idrogeologia - Cap. 3 (b) - 161

Tipo di
Tipo di Limite Limite
A - B1 nullo

Tipo di Limite
B1 area alimentaz.

Tipo di Limite
B1 entrante -B2

Tipo di Limite
B1 uscente -B2

Tipo di Limite
-B3 sup. piezom.

Tipo di Limite
B1 -B2
Tipo di Limite Tipo di
A - B1 nullo Limite:
B

Figura 85- Esemplificazione schematica delle condizioni ai limiti di un acquifero

pompaggio; costituiscono le basi necessarie alla definizione di modelli concettuali o


matematici di simulazione idrodinamica di un acquifero
In generale, le condizioni ai limiti di tipo idrodinamico, sia di flusso che di potenziale,
subiscono variazioni sia nello spazio che nel tempo, ad esempio:
- la fluttuazione della superficie piezometrica,
- la variazione del livello delle superfici d’acqua libere (fimi, laghi, ),
- spostamento delle linee di spartiacque idrogeologici,
- variazioni quantitative delle portate entranti ed uscenti.
E’ così necessaria la conoscenza di tali variazioni per la migliore taratura dei modelli di
simulazione idrodinamica e per una più esatta definizione del bilancio idrogeologico
dell’acquifero analizzato.
Per completezza d’informazione, nelle pagine che seguono viene riportata una
schematizzazione delle condizioni ai limiti di acquiferi secondo J. MARGAT (1978).
Dispense di Idrogeologia – Fondamenti & Complementi I di Idrogeologia - Cap. 3 (b) - 162
Dispense di Idrogeologia – Fondamenti & Complementi I di Idrogeologia - Cap. 3 (b) - 163
Dispense di Idrogeologia – Fondamenti & Complementi I di Idrogeologia - Cap. 3 (b) - 164
Dispense di Idrogeologia – Fondamenti & Complementi I di Idrogeologia - Cap. 3 (b) - 165
Dispense di Idrogeologia – Fondamenti & Complementi I di Idrogeologia - Cap. 3 (b) - 166

3.6 - FATTORI DI CONDIZIONAMENTO DELL'ALIMENTAZIONE E DELL'EMERGENZA


DELLE FALDE IDRICHE SOTTERRANEE

L'emergenza delle acque sotterranee è dovuta ad una gamma di fattori di natura litologica,
stratigrafica, tettonica e morfologica che agiscono quasi sempre in parallelo tra loro. Esse
fuoriescono attraverso le sorgenti oppure in corrispondenza delle superfici d'acqua libera
(fiumi, laghi, mare, ecc.): in quest'ultimo caso, dato che i rapporti tra il corpo idrico
sotterraneo e quello superficiale possono essere complessi e variabili nel tempo, si può
avere non solo l'emergenza della falda ma anche la sua alimentazione.

3.6.1 - Sorgenti
Con il termine sorgente si intende un punto, o una fascia più o meno ristretta della
superficie terrestre, in corrispondenza del quale si manifesta la venuta a giorno di acque
sotterranee per cause del tutto naturali, connesse con l'assetto idrogeologico regionale.
L'affioramento idrico può dare origine a singole polle, a orizzonti sorgivi (cioè ad un
insieme di scaturigini distribuite su aree più o meno estese) e ad emergenze diffuse (di
norma localizzate lungo le incisioni topografiche); gli stessi tipi di emergenze si possono
avere in mare, nei laghi e nei fiumi.
Le sorgenti possono essere utilmente classificate in base ad alcuni parametri fisici come la
temperatura e la portata di emergenza.

Una delle più utilizzate classificazioni termiche è la seguente:


1) sorgenti minerali fredde, con temperatura inferiore alla media annua esterna e a 20 °C;
2) sorgenti subtermali, con temperatura superiore alla media annua esterna, ma inferiore a
20 °C;
3) sorgenti termali, a sua volta suddivisibili in:
- sorgenti ipotermali, con temperatura superiore alla media annua esterna e a 20 °C, ma
inferiore a 34 °C;
- sorgenti mesotermali, con temperatura compresa tra i 34 ed i 40 °C;
- sorgenti ipertermali, con temperatura compresa tra i 40 ed i 50 °C;
4) sorgenti acrotermali, con temperatura superiore a 50 °C fino a 100 °C;
5) sorgenti di vapore d'acqua (fumarole, soffioni).

Per quanto riguarda la portata, le sorgenti possono essere classificate in funzione della
portata minima annua (Qmin) espressa in l/s:
Dispense di Idrogeologia – Fondamenti & Complementi I di Idrogeologia - Cap. 3 (b) - 167
4
- classe n. 1: Qmin > 10
3
- classe n. 2: 104 > Q > 10
min
2
- classe n. 3: 103 > Qmin > 10
1
- classe n. 4: 102 > Q > 10
min
0
- classe n. 5: 101 > Qmin > 10
1
- classe n. 6: 100 > Q > 10-
min
-2
- classe n. 7: 10-1 > Qmin > 10
-2
- classe n. 8: Qmin < 10
Poiché la portata delle sorgenti è variabile nel tempo, esse possono pure classificarsi in
base ad un indice di variabilità Rv:

Rv = 100 (Qmax - Qmin)/Qmed (3.26)


dove: Qmax = portata massima annua; Qmed = portata media annua. Sulla base dei valori
di questo indice si possono fare distinzioni tra: sorgenti costanti, con Rv minore del 25%;
sorgenti subvariabili, con Rv compreso tra il 25 ed il 100%; sorgenti variabili, con Rv
maggiore del 100%.
Tutti i tipi di sorgenti suelencati rientrano tra quelle cosiddette perenni, cioè che non si
estinguono durante un certo periodo dell'anno, cosa che accade a quelle denominate
temporanee o discontinue.
Le sorgenti possono classificarsi anche in base alle caratteristiche di emergenza delle
acque: una classificazione sintetica e razionale di questo tipo, anche perché basata su
pochi fattori idrogeologici essenziali, è quella proposta da Civita (fig. 86).
Da quanto riportato in figura si può osservare che il termine soglia di permeabilità viene
utilizzato al posto di limite di permeabilità quando, per ragioni tettoniche e/o stratigrafiche,
il contatto tra due complessi idrogeologici a diversa permeabilità relativa crea una struttura
a catino e provoca il trabocco delle acque di falda da un serbatoio sotterraneo.
Il limite di permeabilità definito corrisponde ad un piano, di stratificazione o tettonico,
disposto a franapoggio tra due complessi idrogeologici a permeabilità relativa
sostanzialmente diversa; il limite di permeabilità indefinito corrisponde invece ad una
fascia di acquifero, più o meno potente ed irregolare, che marca il passaggio tra una zona
superiore permeabile ed una sottostante a permeabilità relativa minore.
Per quanto riguarda le sorgenti della seconda classe della fig. 86, la soglia di permeabilità
sovraimposta si ha quando il complesso idrogeologico relativamente meno permeabile,
che determina il tamponamento parziale o totale della falda ed il conseguente trabocco
Dispense di Idrogeologia – Fondamenti & Complementi I di Idrogeologia - Cap. 3 (b) - 168

delle acque, si trova sovrapposto all'acquifero; quando invece il tamponamento della


circolazione idrica avviene a letto dell'acquifero si ha la soglia di permeabilità sottoposta.

CLASSE SOTTOCLASSE

1-Sorgenti per limite di a Sorgenti per limite di permeabilità definito


permeabilità b Sorgenti per limite di permeabilità indefinito

2-Sorgenti per soglia di c, c’ Sorgenti per soglia di permeabilità sovraimposta


permeabilità d, d’ Sorgenti per soglia di permeabilità sottoposta
Sorgenti per affioramento della piezometrica di
3-Sorgenti per affioramento della e, e’ falde o reti idriche libere
superficie piezometrica Sorgenti per affioramento della piezometrica di
f falde o reti idriche in pressione

Figura 86-Classificazione delle sorgenti, in base alle modalità di emergenza delle acque, proposta da CIVITA

Mentre nei casi precedenti l'emergenza delle acque è condizionata soprattutto da


situazioni di carattere stratigrafico e tettonico, il fattore di controllo delle sorgenti per
affioramento della superficie piezometrica è la morfologia: infatti, si generano una o più
Dispense di Idrogeologia – Fondamenti & Complementi I di Idrogeologia - Cap. 3 (b) - 169

scaturigini allineate o fronti acquiferi diffusi quando la superficie topografica, frutto


dell'evoluzione morfologica del territorio, porta in affioramento la piezometrica.
Le sorgenti termominerali, invece, sono generalmente legate a particolari circuiti
idrogeologici del tipo di quello illustrato in fig. 87, nella quale si osserva che le acque
meteoriche penetrano e circolano in profondità, nella crosta terrestre, assumendo calore
dal contatto con gli strati sempre più caldi (secondo un gradiente geotermico normale od
anomalo) e prendendo in carico, per dissoluzione, sostanze varie; il contenuto minerale ed
il livello termico, così acquisiti, vengono talvolta conservati pressoché totalmente
dall'acqua fino alla sua emergenza in superficie che avviene perlopiù, in pressione, lungo
faglie.

Figura 87- Schematizzazione di circuiti termali reali nella Zona di Rapolano Terme (Siena).
Dispense di Idrogeologia – Fondamenti & Complementi I di Idrogeologia - Cap. 3 (b) - 170

3.6.2 - Rapporti tra falda e superfici libere d'acqua dolce


I rapporti tra la falda di un qualsiasi acquifero ed i fiumi, laghi, ecc. possono essere molto
complessi perché variano in relazione alla permeabilità delle rocce ed alle escursioni
stagionali dei livelli idrici. L'importanza della permeabilità delle rocce su cui poggia la
superficie d'acqua libera è evidente: infatti, se essa è nulla o pressoché tale, i rapporti con
la falda sono assenti o trascurabili.

7
8
9
10
a

b
8 7
9
10

c
10 9 8 7
Figura 88 - Esemplificazione dei rapporti falda-fiume
Nella fig. 88 è riportato un esempio teorico sui possibili rapporti tra una falda ed un corso
d'acqua perenne.
Si supponga che in periodo di magra (fig. 88a), quando la portata del fiume è minima, la
superficie piezometrica si trovi ad un'altezza tale da consentire alla falda, anch'essa in
magra, di alimentare il corso d'acqua con un portata Q stimabile con la legge di DARCY:
Q = K A i (3.7).
All'aumentare della portata del fiume l'alimentazione da parte della falda tende a diminuire
perchè, a parità di altre condizioni, aumenta il carico idraulico nel corso d'acqua e
Dispense di Idrogeologia – Fondamenti & Complementi I di Idrogeologia - Cap. 3 (b) - 171

diminuisce quindi il gradiente della superficie piezometrica; i travasi si annullano quando i


livelli dei due corpi idrici si eguagliano (fig. 88b), per poi invertirsi non appena il livello del
fiume supera quello di falda (fig. 88c). Infine, con l'esaurirsi dell'evento o del periodo di
piena, si verifica un lento ritorno ai rapporti iniziali.
E' da osservare che, in risposta alle sollecitazioni esterne (dovute alle precipitazioni), il
livello del fiume sale (o scende) prima e più velocemente di quello della falda a causa del
fatto che i tempi di percolazione delle acque sono, di norma, più lunghi di quelli di
ruscellamento superficiale; inoltre, le portate defluite dal fiume verso la falda formano un
volume d'acqua che, se non trova (in tutto o in parte) altri punti di recapito, viene
temporaneamente immagazzinato dall'acquifero e successivamente restituito al fiume con
gradualità.
Da tutto ciò si deduce anche che, in vicinanza dei corsi d'acqua, le oscillazioni
piezometriche possono riprodurre (attenuandole) le variazioni del pelo libero dei fiumi; in
lontananza, invece, esse sono legate esclusivamente ad altre cause.
Anche le relazioni intercorrenti tra falde e laghi ripropongono spesso situazioni analoghe,
anche se i rapporti tra falda e superfici d'acqua libera possono essere di natura diversa (ad
esempio, fiume alimentato lungo una sponda e drenato dall'altra, corsi d'acqua che
alimentano o che vengono alimentati da acquiferi carsici, ecc.).

3.6.3 - Rapporti tra acqua dolce e acqua di mare


Gli acquiferi presenti lungo le coste sono generalmente in comunicazione con il mare ed il
movimento dell'acqua di falda verso la riva viene ostacolato dalla corrente inversa di
acqua salata (fig. 89); si ha così il fenomeno del galleggiamento dell'acqua di falda su
quella marina (relativamente più densa) che invade l'acquifero.
La superficie teorica che separa i due liquidi a differente densità è chiamata interfaccia, la
cui profondità dal livello del mare (Hi) è essenzialmente definita, in situazione statica, dal
livello piezometrico (h) e dalla densità dei due liquidi. Infatti, secondo la legge di Ghyben-
Herzberg si ha:

Hi = [ρf / (ρm - ρf)] h (3.27)

dove:ρf è la densità dell'acqua dolce di falda (1 kg/dm3) e ρm quella dell'acqua di mare

(1,025 kg/dm3, con 35 g/l di sali disciolti).


Sostituendo, si ottiene così:
Hi = [1/(1,025 - 1)] h = 40 h ca. (3.28)
Dispense di Idrogeologia – Fondamenti & Complementi I di Idrogeologia - Cap. 3 (b) - 172

Ciò significa, in sostanza, che un abbassamento di piccola entità della superficie


piezometrica (ad esempio, 1 m) provoca, in questa situazione, un forte innalzamento
dell'acqua salata (nell'esempio, circa 40 m).
Infatti, considerando il fenomeno in condizioni essenzialmente statiche, perché in un punto
qualsiasi dell’interfaccia vi sia equilibrio fra acqua dolce e salata, dovrà essere che:
PA = Hi ρm g = h ρf g +Hi ρf g, dove, oltre ai simboli noti:
PA= Pressione idrostatica nel punto considerato,
g= accelerazione di gravità.

Se dividiamo i due membri per g otteniamo: Hi ρm = h ρf +Hi ρf , da cui si ricava:

Hi (ρm - ρf) = h ρf , e quindi:

Hi = h ρf/(ρm - ρf) che è appunto la Legge di Ghyben-Herzberg.


Si deve però precisare che, in effetti, l'interfaccia si trova a profondità maggiore per effetto
del deflusso della falda (vedi alla fine del capitolo), trascurato nella suddetta equazione. I
margini di errore dovuti all'applicazione della (3.27) sarebbero comunque trascurabili se il
passaggio tra i due liquidi a diversa densità fosse immediato (cioè, lungo una superficie),
così come si ammette in teoria; nella realtà, detto passaggio è più complesso perché
l'eterogeneità e l'anisotropia dell'acquifero comportano l'esistenza di diverse velocità di
flusso (all'interno della stessa falda) che possono provocare delle irregolarità anche
notevoli sull'andamento dell'interfaccia.

Zona di miscelazione o Zona di miscelazione o


di transizione: di transizione:
INTERFACCIA ACQUA INTERFACCIA ACQUA
DOLCE/SALATA DOLCE/SALATA

Xo Xo
Livello del mare h Livello del mare h

Acqua dolce: Acqua dolce:


γ =1.00 γ =1.00
Ho Ho
Z Z
Hi Hi

Acqua salata: Acqua salata:


γ =1.025 γ =1.025
A A

Figura 89- Rapporti tra l'acqua dolce di falda ed acqua salata marina in acquiferi costieri

Inoltre, lo stesso passaggio tra acqua dolce ed acqua salata avviene sempre
gradualmente, attraverso una zona di diffusione (o di transizione) a salinità crescente
dall'alto verso il basso; questa zona è così chiamata per marcare uno dei principali
fenomeni che, unitamente alla dispersione, incide sul suo minore o maggiore spessore
(che varia da qualche metro ad alcune decine di metri).
Dispense di Idrogeologia – Fondamenti & Complementi I di Idrogeologia - Cap. 3 (b) - 173

Il fenomeno di dispersione si esplica attraverso lo spostamento di masse d'acqua gravifica


in direzione perpendicolare alla superficie di separazione acqua dolce - acqua salata: è
dovuto ai movimenti dell'interfaccia, i quali sono strettamente legati alle oscillazioni del
livello marino (per effetto delle maree) e del livello di falda (per effetto delle acque di
infiltrazione, delle variazioni di pressione atmosferica, degli emungimenti, ecc.).
La diffusione molecolare controlla il passaggio delle particelle dalla zona di maggiore
concentrazione a quella di minore concentrazione. Questo fenomeno, nel caso di sostanze
disciolte, è regolato dalla legge di Fick:
dq = - J A (dG/dx) (3.29)
dove: dq = quantità infinitesima di sostanza che si diffonde attraverso una generica
sezione A nel tempo dt; J = coefficiente di diffusione, variabile in relazione alle
caratteristiche della coppia solvente-soluto ed alla temperatura; A = area della sezione
interessata dal fenomeno; dG = variazione di concentrazione esistente tra un generico
punto della sezione A ed un altro punto posto sulla normale ad A passante per il primo; dx
= distanza tra i due punti precedenti (il rapporto dG/dx misura, quindi, la rapidità di
variazione della concentrazione).
La diffusione molecolare si manifesta in modo più accentuato all'aumentare della
temperatura: quest'ultima, infatti, fa diminuire rapidamente il coefficiente di viscosità (o di
attrito interno) dell'acqua e fa aumentare i continui, rapidi ed irregolari movimenti delle
particelle in soluzione (moti browniani). Ciò spiega perché, a parità di altre condizioni, lo
spessore della zona di transizione aumenta nelle regioni calde; esso tende inoltre ad
aumentare man mano che ci si allontana dalla costa.
Lo spessore della zona di transizione incide sulla profondità dell'interfaccia teorica; infatti,
la presenza di acqua salmastra, al di sopra di quest'ultima, aumenta il valore medio della
densità dell'acqua di falda nella relazione (3.27).
I rapporti tra acqua dolce e acqua salata, così come sono stati descritti in precedenza,
rappresentano un equilibrio naturale che può essere facilmente turbato da utilizzazioni
intensive ed irrazionali della falda. Infatti, gli emungimenti superiori alla potenzialità di
quest'ultima (maggiori, cioè, del volume d'acqua di ricarica naturale) determinano una
depressione permanente e progressiva della superficie piezometrica; pertanto, il carico
idraulico diminuisce e l'interfaccia tende ad avvicinarsi alla piezometrica con la
conseguente progressiva invasione dell'acqua di mare nell'entroterra (fenomeno di
intrusione o di ingressione marina). Tutto ciò conduce al progressivo peggioramento della
qualità dell'acqua di falda, fino al punto di renderla pressoché inutilizzabile per molto
Dispense di Idrogeologia – Fondamenti & Complementi I di Idrogeologia - Cap. 3 (b) - 174

tempo.
E’ da precisare che, come già ricordato, la definizione dell’interfaccia acqua dolce-salata
proposta da Ghyben-Herzberg è da ritenersi assai cautelativa in quanto considera il
sistema falda-mare in condizioni statiche. In realtà se consideriamo il fenomeno con la
falda in condizioni dinamiche, sia in orizzontale che in verticale, l’inizio dell’interfaccia non
potrà farsi corrispondere con la linea di costa (dove per h=0 si avrebbe Hi=0). In
corrispondenza di questa, in virtù del movimento verso il mare della falda costiera, la
profondità dell’interfaccia z0 (fig. 90) non sarà nulla, ma pari a:
H0 = C q/k,
mentre in generale la soggiacenza dell’interfaccia ad una distanza X dalla costa potrà
ricavarsi con :
Hi= C q/k + (2q X C)1/2 ,
dove C=ρf /(ρm -ρf) = ca. 40

e q= portata della falda per unità di larghezza /Q/L).


In queste condizioni, l’estensione dell’interfaccia oltre la costa (x0) sarà data da:
x0 = -Cq/2K

Zona di miscelazione o
di transizione:
INTERFACCIA ACQUA
DOLCE/SALATA

Xo
Livello del mare h

Acqua dolce:
γ =1.00
Ho
Z
H

Acqua salata:
γ =1.025 kg/dm3
A

Fig. 90- Schematizzazioni dei rapporti acqua dolce - acqua salato in condizioni dinamiche
Dispense di Idrogeologia – Fondamenti & Complementi I di Idrogeologia - Cap. 3 (b) - 175

3.7 – RAPPORTI TRA BACINO IDROGRAFICO E BACINO-I IDROGEOLOGICO-I


Il bacino idrografico ed il bacino idrogeologico sono i due riferimenti spaziali di base per
tutte le varie tipologie di analisi e di valutazione idrogeologica. Per questo è di
fondamentale importanza comprenderne i rapporti tra loro intercorrenti anche per il fatto
che fra le due tipologie di bacino esistono notevoli interrelazioni (vedi fig. 90/1 e cap. 2.7))
tali da condizionare i rispettivi comportamenti in relazione a qualità e quantità delle risorse
idriche.

Er W s = P -E r
= R + Iti C ons um o antropic o interno di
d a lle p ia n te
ac qua s uperfic iale e s otterranea
P Attin g im en ti, d erivaz ion i
C ap taz ion e e in vas i artific iali s u c ors i C ap tazion e d i ac q u a
d i s org en ti d ’acq u a s otterran e d a p oz zi

d a lla s u p e rf.
d e l s u o lo A cq ue d otto co n a lim e nta zione es terna
(Is) S pa rtia c qu e
m o rfo log ic o

(Iti)
(R )
(Ise)
(Isi)
D
Ie (Isi) (D i=R +Isi) (R + Isi+ Ise)

(Ise)
S pa rtia c qu e
idro ge o lo g ic o

FIGURA 90/1- Il ciclo naturale dell'acqua e la valutazione delle risorse idriche in un bacino idrografico in
relazione alle interferenze derivanti sia dagli interscambi sotterranei con i bacini confinanti, sia dall'intervento
antropico.
DEFINIZIONI
Bacino Idrografico: è una porzione di area continentale delimitata da uno spartiacque
morfologico che individua il bacino di raccolta (collettore) di un corso d’acqua e dei suoi
affluenti. Può anche definirsi come “quella porzione di territorio all’interno della quale tutte
le acque (sia quelle di ruscellamento superficiale che quelle sotterranee scaturite da
sorgenti palesi od occulte) defluiscono verso un’unica sezione di interesse, ubicata lungo il
fiume collettore principale”. Su di esso possono insistere, completamente o parzialmente,
uno o più bacini idrogeologici.
Bacino Idrogeologico: rappresenta un dominio all’interno del quale tutte le acque
sotterranee defluiscono, preferenzialmente, verso un’unica zona di recapito (sorgenti,
corpi idrici superficiali, altri acquiferi……). Esso può corrispondere ad un complesso
idrogeologico permeabile o ad una sua porzione e può essere composto da uno o più
acquiferi tra loro idraulicamente collegati. Esso può insistere su più bacini idrografici.
Dispense di Idrogeologia – Fondamenti & Complementi I di Idrogeologia - Cap. 3 (b) - 176

DELIMITAZIONE SPAZIALE
Bacino Idrografico:Il limite è costituito dallo spartiacque morfologico tracciato con
riferimento alla sezione fluviale di interesse.
Bacino Idrogeologico: è individuabile con spartiacque idrogeologici che corrispondono ai
limiti degli acquiferi che lo costituiscono, cioè dai limiti geologici (invariabili nel tempo),
limiti idrodinamici (variabili nel tempo).
RISORSE VALUTABILI E BILANCI ESEGUIBILI
Bacino Idrografico:
- Risorsa totale potenziale: Ws = Pe
tramite il Bilancio Idrico nella forma P=Er+Dt+Ie
da cui si ricava P-Er=Dt+Ie
Pe = Ws
Oppure nella forma P=Er+R+Iti (eseguibile solo se determinato il Di, misurato il Dt e
valutabile l’entità dell’intervento antropico sul ciclo dell’acqua -Vedi Corso di
Idrogeologia Applicata)
da cui si ricava P-Er=R+Iti
Pe = Ws
E dove R= Risorsa idrica superficiale ed Iti= Risorsa idrica sotterranea
Bacino Idrogeologico:
- Risorsa sotterranea naturale rinnovabile I = Ds dove:
I=alimentazione, ricarica: infiltrazione nelle aree di alimentazione (Valutabile con i
c.i.p.) affioranti in uno o più bacini idrografici; alimentazione naturale od indotta da
particolari condizioni ai limiti (corsi d’acqua ecc);
Ds= deflusso sotterraneo valutabile: idrodinamicamente tramite l’applicazione
della legge di Darcy (Q=kAi o Q=TLi), geometricamente (conoscendo la porosità
efficace ne) attraverso l’analisi dell’escursione dei livelli piezometrici in almeno un
anno ideologico, misura diretta delle portate in uscita nei punti di recapito palesi
(potata media delle sorgenti puntuali e diffuse per almeno un anno ideologico =
curve di esaurimento).
- Riserve sotterranee (non rinnovabili) valutabili solo geometricamente (conoscendo
la porosità efficace ne) attraverso l’analisi di livelli piezometrici caratteristici.
Qualora il bacino idrogeologico risultasse composto da più acquiferi, le determinazioni
suddette ad esso relative, deriveranno dalla somma di quelle inerenti a risorse e riserve
effettuate nei singoli acquiferi che lo costituiscono.
Tutte queste determinazioni (esclusa la valutazione dell’infiltrazione nelle aree di alimentazione con i
Dispense di Idrogeologia – Fondamenti & Complementi I di Idrogeologia - Cap. 3 (b) - 177

c.i.p.) prevedono necessariamente la definizione spaziale dell’acquifero e la sua caratterizzazione


idrodinamica (k,T,ne…); di queste determinazioni si dirà nel Corso di Idrogeologia Applicata
INTERFERENZE TRA BACINO IDROGRAFICO E BACINO IDROGEOLOGICO
INTERFERENZE NATURALI
I bacini idrografici e quelli idrogeologici non interferiscono solo geometricamente
(corrispondenza o meno tra i loro spartiacque), ma anche idrodinamicamete dato che tra
loro avvengono interscambi idrici sotterranei che vanno:
1. dal bacino idrografico a quello idrogeologico che avvengono: nelle aree di
alimentazione dell’acquifero/i che costituiscono il bacino idrogeologico, affioranti
sempre in un bacino idrografico e si realizzano con l’infiltrazione (porzione del Ws) in
dette aree; in corrispondenza di un eventuale limite laterale idrodinamico ( un corso
d‘acqua o uno specchio d’acqua dolce - vedi cap. 3.6.2) attraverso il quale il bacino
idrogeologico può ricevere, come ricarica naturale o indotta, notevoli quantitativi idrici.
2. dal bacino idrogeologico a quello idrografico che si verificano in corrispondenza delle
zone di recapito del deflusso sotterraneo del bacino idrogeologico:
- sorgenti puntuali o diffuse,
- apporti diretti a corpi idrici superficiali in corrispondenza di un eventuale limite laterale
idrodinamico (vedi cap. 3.6.2). Questi si realizzano attraverso un contributo di acque
sotterranee al deflusso totale del bacino (il cosiddetto flusso di base), particolarmente
evidente in periodi di assenza di precipitazioni e quindi anche di ruscellamento;
essendo infatti Dt=R+Iti essendo in tal caso R=0 sarà Dt=Iti.
INTERFERENZE ANTROPICHE
Queste possono riassumersi nel concetto pianificatorio di uso del territorio che ha un
peso sostanziale sulla modifica dei fenomeni naturali che presiedono alla definizione di
rischi e risorse naturali e quindi anche delle risorse idriche. Tali interferenze si
manifestano:
Sulla quantità tramite:
− attingimenti, derivazioni, invasi di risorse idriche superficiali;
− captazioni di sorgenti ed emungimenti delle falde tramite pozzi di risorse idriche
sotterranee;
− spostamento, attraverso grosse reti acquedottistiche, di notevoli quantità di risorse
idriche superficiali e sotterranee da/o verso altri bacini idrografici;
− intensa irrigazione sulle aree di alimentazione degli acquiferi (ricarica indotta)
Infatti nella società industriale, prima, e in quella post-industriale oggi, si assiste ad una
crescente domanda d’acqua ed il suo uso per scopi antropici si è fatto via via sempre più
Dispense di Idrogeologia – Fondamenti & Complementi I di Idrogeologia - Cap. 3 (b) - 178

pesante fino ad arrivare, in alcuni casi, a modificare pesantemente gli equilibri naturali del
bilancio idrico. Infatti se noi:
− sottraiamo acqua al deflusso superficiale dei fiumi attraverso tutta una serie di
concessioni (attingimenti, derivazioni) che vengono date per l'irrigazione ecc.,
− trasportiamo, attraverso grandi opere acquedottistiche, notevoli volumi d’acqua da un
bacino all’altro,
alteriamo profondamente il ciclo dell’acqua tanto da indurre valutazioni spesso fuorvianti
circa la reale consistenza delle risorse idriche.
E siccome è logico che a queste valutazioni sia legato il corretto utilizzo di tali risorse, ecco
che ad una cattiva valutazione della loro entità farà riscontro una pessima ed a volte
diastrofica utilizzazione.
Sulla qualità tramite:
− Forti emungimenti in acquiferi costieri che innescano il fenomeno dell’intrusione salina,
− Forti emungimenti che portano ad estrarre dagli acquiferi acqua sempre più profonda
e di peggior qualità dato che è molto difficilmente rinnovabile per condizioni
idrodinamiche sfavorevoli,
− Pratiche agricole che prevedono un notevole utilizzo di sostanze inquinanti
idroveicoloabili,
− Scarichi industriali e civili non depurati
Infatti se è giusto parlare di risorsa idrica come volumi d’acqua aventi qualità tale da poter
essere utilizzati per soddisfare quella determinata esigenza, appare ovvio che:
− l’acqua che non passo immettere in acquedotto perché non potabile non è da
considerare una risorsa idrica per scopi idropotabili; forse la potrò utilizzare ai fini
industriali, ma non certo ai fini umani;
− l’ acqua con determinati contenuti salini non sarà adatta ad essere impiegata per
l’irrigazione perché sarebbe dannosa per le colture ma anche per i suoli da irrigare.
Dispense di Idrogeologia – Fondamenti & Complementi I di Idrogeologia - Cap. 3 (b) - 179

FIGURA 90/2- Esemplificazione schematica di varie tipologie di rapporti intercorrenti tra bacino idrografico e
vari bacini idrogeologici ad esso correlabili ed effetti sul ciclo naturale dell'acqua e la valutazione delle risorse
idriche nel bacino idrografico medesimo in relazione alle interferenze derivanti dagli interscambi sotterranei
intercorrenti fra questi.
Dispense di Idrogeologia – Fondamenti & Complementi I di Idrogeologia - Cap. 3 (b) - 180

3.8 - IL MOVIMENTO DELL’ACQUA NEI MEZZI POROSI NON SATURI


Lo studio di questo fenomeno è una tematica di grande interesse dato che la maggior
parte dell’acqua di ricarica di un acquifero vi arriva attraversando tali mezzi.
Il movimento nei mezzi non saturi non è indotto solo, come avviene in quelli saturi, dalle
forze gravitazionali, ma anche da altre forze come quella capillare e di adesione ed, in
certi casi, da forze osmotiche ed elettroosmotiche.
Nel mezzo non saturo coesistono due tipi di fluidi, acqua e aria; nell’aria vi è anche vapor
d’acqua che si forma o si condensa a seconda delle condizioni termiche del mezzo;. tutto
questo, unito alla variazione delle proprietà idrauliche in funzione del grado di saturazione
del terreno, rende assai difficoltoso l’approccio a queste tematiche.

Potenziale di suzione
Il movimento nel non saturo può assimilarsi al movimento composto di due fasi fluide e
dove, generalmente, tende a dominare quello dovuto alla fase liquida
Se nel mezzo la fase liquida è continua e quella gassosa è discontinua, il mezzo si trova
prossimo alle condizioni di saturazione e quindi l’idraulica di falda può essere studiata con
le leggi relative ai mezzi saturi, anche se maggiori saranno le resistenze al movimento
idrico e quindi le perdite di carico.
In generale però in un mezzo tipicamente non saturo, l’aria si troverà alla pressione
atmosferica mentre, a causa della presenza dell’interfase acqua - aria, l’acqua si troverà a
minor pressione per via degli effetti dovuti alla capillarità che in tal contesto assumono
particolare rilievo.
TENSIOMETRO

Pacqua<Patmosferica

Sh = Suzione
Mezzo poroso
non saturo

Tenendo come riferimento la pressione atmosferica, in un mezzo poroso non saturo


l’acqua risulterà così sottoposta ad una pressione negativa detta SUZIONE (Sh), o
pressione capillare o tensione del mezzo non saturo, definita come un’altezza d’acqua
negativa e misurata in cm.
Dispense di Idrogeologia – Fondamenti & Complementi I di Idrogeologia - Cap. 3 (b) - 181

1 0 0 0 0 0

1 0 0 0 0
SUZIONE in cm di acqua

1 0 0 0

ARGILLA
LIMO

1 0 0

SABBIA

1 0

1
0 1 0 2 0 3 0 4 0 5 0 6 0 7 0 8 0 9 0 1 0 0

C o n t e n u t o d 'a c q u a ( % in p e s o )

E’ evidente che tale parametro risulterà molto basso per terreni prossimi alla saturazione.
Aumentando la suzione si svuoteranno prima i pori più grossi ed essa crescerà sempre più
rapidamente al diminuire del contenuto
d’acqua e quindi del grado di saturazione;
basteranno poi piccole variazioni del
contenuto d’acqua per far aumentare
notevolmente la suzione.
La relazione tra suzione e contenuto d’acqua
non è biunivoca dato che, per lo stesso tipo di
terreno con ugual contenuto d’acqua, si
possono avere valori diversi di tale parametro
a seconda che sia in atto un processo di
umidificazione o di essiccamento: tale
processo viene chiamato ISTERESI.

Potenziale nel non saturo


In un mezzo saturo, in ciascun punto il potenziale (cioè l’altezza della sup. piezometrica) è
dato da h=Z+(Pa/γa), mentre nel non saturo bisognerà sostituire all’entità (Pa/γa) il valore
della suzione -Sh per cui il potenziale risulterà essere: h= Z-Sh mentre il gradiente
idraulico verticale sarà i=Δh/Δz; questo essendo in funzione di h sarà variabile in funzione
della suzione.
Dispense di Idrogeologia – Fondamenti & Complementi I di Idrogeologia - Cap. 3 (b) - 182

La Legge di Darcy nel non saturo


Applicando la legge di Darcy al non saturo si vede subito che la permebilità K=q/i non è
più una costante in quanto variando i in funzione della suzione (e quin di del contenuto in
acqua), varierà anch’essa in
0.1

funzione della suzione. Visto che il


0.01
K non saturo dipende dalla

0.001
suzione, esso varierà in maniera
non lineare rispetto al contenuto
0.0001
d’acqua e quindi tenderà a
0.00001
diminuire molto rapidamente al
0 10 20 30 40 50 60 70 80 90 100
Contenuto d'acqua (% in peso)
diminuire del contenuto d’acqua e
questo per varie ragioni:
- partendo da una situazione di saturazione, al diminuire del contenuto d’acqua si
vuoteranno prima i pori più grossi, questo ridurrà notevolmente la sezione efficace di
circolazione idrica;
- la diminuzione della sezione efficace porta ad una maggior tortuosità nelle traiettorie reali
dei filetti liquidi senza però diminuzione dell’attrito con i granuli.
Nonostante ciò, si tende ad accettare una relazione univoca tra K e contenuto d’acqua
poiché si parte dal presupposto che non si verifichi il fenomeno dell’isteresi. Con questa
premessa (K variabile in funzione del contenuto d’acqua) partendo dal valore della
permeabilità del mezzo saturo Ks si può giungere a definire quella del non saturo (Kn)
utilizzando varie formule empiriche:

Kn = Ks·S (S= grado di saturazione variabile tra 0 e 1)

n
⎛ c − co ⎞
Kn = Ks
⎝ p − co ⎠
dove c= contenuto d’acqua del non saturo, co= contenuto d’acqua irriducibile che
corrisponde al quel contenuto d’acqua per cui una sua se pur lieve diminuzione provoca
un aumento altissimo della suzione, n= 2-4 in funzione della morfologia dei granuli (=2 per
granuli sferici), p= porosità totale.
Dispense di Idrogeologia – Fondamenti & Complementi I di Idrogeologia - Cap. 3 (b) - 183

TEORIA ELEMENTARE DELL’INFILTRAZIONE


Dato che all’inizio dell’infiltrazione la saturazione del suolo
infiltrazione
varia nel tempo, è teoricamente impossibile applicare in tal

SATURO H caso la legge di Darcy dato che sia K che i nel non saturo.

L divengono delle variabili


INTERFASE
A tal fine però un approccio elementare può consistere nel

supporre che dopo l’inizio della infiltrazione esista nel terreno

una zona satura superiore separata da un’interfase dal


Non Saturo
iniziale
resto del non saturo che si trova nelle condizioni di

saturazione iniziali.

Nell’interfase si crea un fenomeno di suzione che tende ad aiutare l’infiltrazione; se tale

suzione vale hs, se lo spessore del terreno saturo superiore è uguale ad H ed il fronte

dell’interfase ha raggiunto una profondità L mentre il mezzo ha una conducibilità idraulica

a saturazione pari a K, si avrà:

L + H + hs L + H + hs
i= da cui deriva q=K
L L
All’inizio dell’infiltrazione avendo L un valore assai basso, la portata q sarà elevata ma

tenderà a diminuire rapidamente nel tempo.

Per definire come varia q nel tempo si deve ricorrere ad un vero e proprio bilancio: se Δc è
la variazione di umidità tra il suolo saturo e quello ad umidità iniziale, q deve eguagliare
l’acqua “consumata” per saturare uno spessore di suolo dL nel tempo dt, quindi:

dL L + H + hs K dl H + hs
q = Δc =K × =1+
dt L da cui deriva:
Δc dt L
K ⎛ 1 ⎞
la cui soluzione è:
× t = L − (H + hs ) × ln ⎜ 1 + ⎟
Δc ⎝ H + hs ⎠
Dispense di Idrogeologia - Fondamenti & Complementi I di Idrogeologia - Cap. 4 (a) 184

4 - IDRAULICA DELL'ACQUIFERO E PROVE DI POMPAGGIO


Nell'ambito dei progetti di sfruttamento delle falde idriche, uno dei problemi principali
da affrontare è quello riguardante la scarsità o, addirittura, l'indisponibilità di informazioni
necessarie alla corretta valutazione della potenzialità dell'acquifero. Un problema comune
è infatti la carenza di dati relativi alle variazioni di trasmissività e del coefficiente di
immagazzinamento; sono spesso insufficienti anche le conoscenze sulla posizione e sulla
natura dei limiti verticali o laterali dell'acquifero e sul suo meccanismo di ricarica - scarico.
Ad esempio, l'acquifero può essere idraulicamente collegato ad un corso d'acqua: in tal
caso, il rendimento dell'acquifero non sarà dato dalla massima quantità d'acqua che può
esservi estratta con continuità, ma piuttosto da quella massima tale però da non ridurre le
portate fluviali al di sotto di un valore minimo accettabile determinato da motivi biologici o
da interessi paesaggistici.
Le prove di pompaggio (o di emungimento), nonostante i limiti dei quali si dirà nel
seguito, costituiscono probabilmente l'approccio migliore per la determinazione della
potenzialità dell'acquifero anche perché consentono di visualizzarvi direttamente l'effetto
dello sfruttamento tramite un sistema di pozzi.

4.1 - Effetti del pompaggio sull'acquifero


Il pompaggio in un acquifero, la cui superficie piezometrica iniziale è ipotizzata
orizzontale, crea una depressione a forma di imbuto denominata cono di depressione (il
cui asse coincide con quello dell'opera di captazione; fig. 91) che è fittizia nell'acquifero
con falda confinata, mentre interessa il serbatoio in quello con falda libera.

Figura 91- Il cono di depressione


Dispense di Idrogeologia - Fondamenti & Complementi I di Idrogeologia - Cap. 4 (a) 185

Le prove di emungimento hanno come obbiettivo proprio quello di misurare, a portata


costante, le dimensioni di questo cono in un dato istante e la loro evoluzione nel tempo;
esse si occupano anche del suo annullamento, dopo l'arresto del pompaggio, chiamato
risalita.
Il cono di depressione è delimitato dal dominio dove la superficie piezometrica è
influenzata, cioè interessata da abbassamenti misurabili, e caratterizza un flusso
tridimensionale rappresentabile in sezione ed in piano: esso è rappresentato in sezione
con una curva di depressione, in piano con curve di eguale abbassamento (cioè con
cerchi concentrici all'asse del pozzo).
I principali parametri geometrici del cono di depressione, in un dato istante t, sono:
- l'abbassamento, indicato con Δh, misurato con la diminuzione del livello piezometrico nel
pozzo del pompaggio e/o in un piezometro impiantato ad una distanza x dall'asse
dell'opera. Il piano dell'acqua nell'opera è il livello dinamico, la cui profondità, al di sotto
del livello piezometrico iniziale (detto livello statico), in regime non influenzato (cioè non
interessato da fenomeni di ricarica), è l'abbassamento Δh. L'abbassamento misurato
nel corso della risalita è chiamato abbassamento residuale (Δhr).
- il raggio d'influenza, indicato con Ri, è la distanza dall'asse del pozzo alla quale
l'abbassamento è nullo o trascurabile; in pratica, dove questo non è più misurabile.
In definitiva, il dato che viene misurato in un certo istante sul terreno è
l'abbassamento del livello piezometrico (o la sua profondità), sia nel pozzo, sia in un
eventuale piezometro.

4.1.1 – LA GEOMETRIA DEL CONO DI DEPRESSIONE NELLE FALDE REALI


Gli schemi della fig. 91 presuppongono che la superficie piezometrica iniziale sia
orizzontale. In realtà, il flusso dell'acqua indica la presenza di un gradiente idraulico, quindi
detta superficie è inclinata con una pendenza più o meno debole (fig. 92): ne risulta che il
cono di depressione è deformato ed asimmetrico. La zona di richiamo, cioè la parte
dell'area di influenza interessata dal flusso dell'acqua verso il pozzo, è molto estesa verso
monte; tutto si svolge come se l'acqua che alimenta l'opera provenga da un fronte a
monte, o fronte di richiamo, distante a volte parecchi chilometri.
Per l'acquisizione di dati quantitativi destinati al calcolo di trasporti di quantità
d'acqua, come la portata di una falda, è valida l'ipotesi semplificatrice di una superficie
piezometrica orizzontale: essa è giustificata dal grado di precisione delle misure e dagli
usuali bassi gradienti idraulici. Al contrario, per il trasporto di sostanze, dunque per la
Dispense di Idrogeologia - Fondamenti & Complementi I di Idrogeologia - Cap. 4 (a) 186

propagazione dell'inquinamento, non è ammissibile una tale semplificazione; questo in


particolare per la determinazione dei perimetri di protezione delle acque sotterranee
captate per l'alimentazione umana.

Figura 92- Il cono di depressione in falde a superficie piezometrica inclinata

In pratica, per risalire alla reale geometria che assumerà la superficie piezometrica reale
dopo un emungimento, si agisce nel modo seguente (fig. 92bis):

1- ricostruzione della superficie piezometrica preesistente l’emungimento


attraverso i metodi di misura e di costruzione delle linee isopieze riportate nel
cap. 4.5;

2- ricostruzione del cono di depressione teorico determinato dall’emungimento, la


cui geometria è definibile tramite le applicazioni dell’idraulica sotterranea
(Dupuit, Theis) illustrate nei capitoli seguenti: cap. 4.2, 4.3;

3- sovrapposizione tra la superficie piezometrica statica(1) e la geometria del


cono di depressione teorico (2): in ciascun punto x, all’interno della zona di
influenza del cono di depressione, il livello della “nuova” superficie
piezometrica sarà definito come la differenza tra il livello riportato nella carta 1
e l’abbassamento indotto dalla geometria del cono di depressione teorico
riprodotta nella carta 2 (hx1-Δhx2);

4- ridisegno della superficie piezometrica risultante tramite il raccordo delle linee


isopieze non disturbate con i nuovi livelli piezometrici, così come illustrato nel
punto 3, definiti all’interno della zona di influenza del cono di depressione.
Dispense di Idrogeologia - Fondamenti & Complementi I di Idrogeologia - Cap. 4 (a) 187

Figura 92bis- Esemplificazione schematica per la ricostruzione geometrica degli effetti del cono di depressione in
falde a superficie piezometrica inclinata: 1-superficie piezometrica reale statica (prima dell’emungimento); 2- cono
di depressione teorico determinato dall’emungimento, la cui geometria è definibile tramite le applicazioni
dell’idraulica sotterranea (Dupuit, Theis – cap. 4.2); 3- sovrapposizione tra la superficie piezometrica statica e gli
effetti del cono di depressione teorico; 4- superficie piezometrica reale (dinamica) risultante dalla sovrapposizione
degli effetti dell’emungimento (2) sulla preesistente superficie piezometrica (1).

x
Dispense di Idrogeologia - Fondamenti & Complementi I di Idrogeologia - Cap. 4 (a) 188

4.2 - Regimi di flusso in emungimento


Lo studio del regime di flusso dell'acqua sotterranea verso l'opera di captazione, in
riferimento all'influenza del tempo di pompaggio, viene generalmente effettuato prendendo
in considerazione due diverse teorie idrodinamiche che prendono il nome dai rispettivi
formulatori, Dupuit e Theis; entrambe sono state sperimentate nei mezzi porosi, ma
risultano valide anche in quelli fessurati purché siano verificate la legge di Darcy e le
condizioni teoriche che saranno esposte nel seguito.

4.2.1 - TEORIA DI DUPUIT


Nel 1863 Dupuit enunciò la cosiddetta teoria del deflusso in regime permanente (o di
equilibrio), secondo la quale la superficie piezometrica di una falda, sotto pompaggio
prolungato a portata costante, non si deprime mai al di là di una certa distanza Ri dal
pozzo; quindi, Ri è indipendente dalla portata emunta. Ne consegue che il cono di
depressione, dopo essersi formato, si stabilizza: l'assenza di ulteriori deformazioni certifica
l'esistenza di un regime di flusso permanente, cioè di un equilibrio tra le caratteristiche
geometriche del cono ed il valore della portata emunta.
Questa teoria è fondata anche su altre ipotesi tendenti a semplificare la
fenomenologia. Si ammette infatti che: l'alimentazione compensi esattamente
l'emungimento; la curva di depressione tenda ad un profilo di equilibrio; la componente
orizzontale della velocità sia uguale in tutti i punti lungo una determinata verticale e che la
componente verticale della stessa velocità sia trascurabile (anche se, in realtà, ciò si
verifica solo nelle falde in pressione); risulti valida la legge di Darcy; l'acqua ed il mezzo
acquifero siano incomprimibili.

Ricapitolando la teoria del deflusso sotterraneo in regime permanente (o di equilibrio)


e le formule che la esprimono soggiaciono alla seguenti condizioni:
1 regime permanente: l’alimentazione compensa esattamente l’emungimento
2 l’acqua e l’acquifero sono incompressibili
3 superficie equipotenziale piana, cioè la componente orizzontale della velocità ha lo stesso
valore e direzione in ciascun punto di una verticale
4 la componente verticale della velocità è trascurabile rispetto alla componente orizzontale
5 è applicabile la legge di Darcy, vale a dire che le velocità sono proporzionali alle perdite di
carico (gradiente idraulico) secondo una legge lineare ed il mezzo è omogeneo ed isotropo
6 l’acquifero ha spessore uniforme
7 il raggio d’azione del pozzo (distanza dal pozzo a depressione piezometrica nulla) è
costante e la curva di depressione si raccorda senza discontinuità con la superficie
piezometrica indisturbata.
Ciò premesso, Dupuit ha dimostrato che, in un acquifero a falda libera, la portata Q di un
Dispense di Idrogeologia - Fondamenti & Complementi I di Idrogeologia - Cap. 4 (a) 189

pozzo (intorno al quale l'emungimento crea artificialmente linee di flusso convergenti) è


data da (vedi figg. 91, 93):

π ⋅ K ⋅ ( h12 − h22 )
Q=
⎛R ⎞ (4.1)
ln⎜ i ⎟
⎝ r⎠
dove, oltre ai simboli noti:
h1 = altezza della piezometria indisturbata (livello statico), riferita al substrato
impermeabile;
h2 = altezza del livello dinamico dell'acqua nel pozzo in emungimento, riferita al substrato
impermeabile;
r = raggio del pozzo.

Figura 93- La teoria di Dupuit per le falde libere


Da questa espressione si può ricavare il coefficiente di permeabilità con:
Dispense di Idrogeologia - Fondamenti & Complementi I di Idrogeologia - Cap. 4 (a) 190

⎛ ⎛ Ri ⎞ ⎞
⎜ ln ⎜ ⎟ ⎟
⎛Q⎞ ⎜ ⎝ r ⎠ ⎟
K = ⎜ ⎟ ⋅
⎝ π ⎠ ⎜ (h 2 − h 2 ) ⎟⎟
(4.2)
⎜ 1 2
⎝ ⎠
La formula 4.1 deriva dall’applicazione della legge di Darcy ad acquifero tipo quello riportato in Fig. 93. Infatti
all’altezza del piezometro la nota Q=KAi diventa, essendo A=2πr’ H’2 ed i=dH’2/dr’: Q=K (2πr’ H’2)
(dH’2/dr’) la quale integrata nelle condizioni limite alle distanze R ed r dal pozzo porterà, per l’equazione
della continuità, a:
Q=K (2πR H1) (dH1/dR) = K (2πr H2) (dH2/dr)
Q dR/R=K 2π H1 dH1 = Q dr/r=K 2πr H2 dH2 o
Q d(lnR)=K 2π H1 dH1 = Q d(lnr)=K2πrH2 dH2
Essendo K costante per ipotesi e Q invariabile per definizione, l’integrazione porta a:
Q lnR=K 2π H1 dH1 = Q lnr=K 2π H2 dH2
Q = K π H12/lnR = K π H22/ lnr
(K π H12/lnR) - (K π H22/ lnr) K π (H12-H22)/(lnR-lnr)
passando dai logaritmi naturali a quelli decimali e sostituendo a π il suo valore, essendo log2.718 3.14
=1.36, avremo: Q =1.36 K (H12-H22)/ log(R/r) dove essendo:
(H12-H22)=(H1+H2) (H1-H2) e (H1-H2)=Δh e H2=H1-, sarà:
Q =[1.36 K / log(R/r)] (2H1-Δh) Δh dove essendo la variazione di log(R/r) trascurabile dato che è in forma

0
0 10 20 30 40 l/s 50 60 Q critica
70 80 90
log., possiamo ritenere [1.36 K / log(R/r)]=costante=F
Curva Caratteristica del Poz zo
BQ
si ha:Q =F (2H1-Δh) Δh oppure
derivante da una prova a gradini

a Δ h = BQ

Q = F ⋅ H1 ⋅ Δh − F ⋅ Δh2
1

2
CQ
m

2
(4.3)
2250

2 15 0
Q2/Δ h
che è una funzione parabolica di secondo
2050

19 5 0

18 5 0
grado (fig. 94a), di forma generale:
Y = a ⋅ b⋅ X − a ⋅ X2
3 17 5 0

16 5 0

(4.4)
15 5 0

14 5 0

13 5 0 Q
12 5 0
40 45 50 55 60 65 70 75 80 85 90 Δh = CQ 2 + BQ
Q (l/s)

4 nella quale espressione F è una costante,

0,06
portate vs abbassamenti specifici avente le dimensioni fisiche di una velocità,
d
0,05
che ingloba i valori del coefficiente di
Δ h/Q = CQ + B
0,04
permeabilità, del raggio d'influenza e del
raggio del pozzo e nella quale Q e Δh sono le
Δ h/Q

0,03

0,02 α C=tgα variabili (rispettivamente, Y ed X), mentre F e

0,01
h1 rappresentano le costanti (rispettivamente
Dh/Q = 0,0004Q + 0,0102
2
B R = 0,9821
a e b).
0
0 20 40 Q (l/s) 60 80 100

Fig. 94a – Elaborazioni grafiche per la teoria di Ponendo, su di un diagramma lineare,


DUPUIT
nell'asse delle ordinate la portata specifica Qs
del pozzo cioè la portata emungibile per ogni metro di depressione piezometrica, pari
Dispense di Idrogeologia - Fondamenti & Complementi I di Idrogeologia - Cap. 4 (a) 191

Q
a: Q S = ed in quello delle ascisse le depressioni piezometriche corrispondenti (fig.
Δh
94d), si ottiene la retta rappresentativa della curva di fig. 94a.
In analogia con quanto osservato per le falde libere, si dimostra che, negli acquiferi

b l/s
confinati, la portata della falda è data da:
0 10 20 30 40 50 60 70 80
0
2π ⋅ K ⋅ e ⋅ ( h1 − h2 )
Q=
Curva Caratteristica da prova a gradini
Falda confinata ideale
α
⎛ Ri ⎞ (4.5)
tgα=1/B
ln ⎜ ⎟
Δh=BQ
⎝ r ⎠
1
m

Q=Δh/B
dove e rappresenta lo spessore della falda
2

confinata, nell'ipotesi che il tubo-filtro la

3
interessi per intero (pozzo completo).
Anche da questa espressione si può

4
ricavare il coefficiente di permeabilità con:
e Q/Δh ⎛ ⎛ Ri ⎞ ⎞
⎜ ln ⎜ ⎟ ⎟
15 20 25
0
⎛ Q ⎞ ⎜ ⎝ r ⎠ ⎟
K = ⎜ ⎟ ⋅
⎝ 2 π ⋅ e ⎠ ⎜ ( h1 − h 2 ) ⎟
0,5 (4.6)
1 ⎜ ⎟
⎝ ⎠
1,5

Seguendo lo stesso procedimento delle


Δh

2,5
falde libere, si arriva alla seguente formula:

Δh
3

3,5
Q= (4.7)
4 B
Fig. 94b – Elaborazioni grafiche per la teoria di che rappresenta l'equazione di una retta (fig.
DUPUIT
94b) il cui coefficiente angolare coincide con
1/B. Il coefficiente B, generalmente espresso in s/m2, tiene conto delle cosiddette perdite
di carico lineari dovute soprattutto al flusso laminare esistente nell'acquifero ma anche al
condizionamento del pozzo (pre-filtro, filtro e diametro della tubazione di rivestimento). La
portata specifica è dunque costante (perchè c'è proporzionalità tra Q e Δh) e, quindi, nel
diagramma portate specifiche/abbassamenti si ottiene una retta parallela all'asse delle
ascisse (fig. 94e).
I diagrammi riportati nelle figg. 94b e 94e e l'espressione (4.7) si riferiscono a piccole
depressioni piezometriche con il seguente limite teorico massimo:

Δh = 0.25( h1 − H ) (4.8)

dove (h1 - H) è l'altezza piezometrica indisturbata, misurata dal tetto dell'acquifero a falda
Dispense di Idrogeologia - Fondamenti & Complementi I di Idrogeologia - Cap. 4 (a) 192

confinata.
c l/s

0
0 10 20 30 40 50
Quando, pur rimanendo nel caso di falde
Curva Caratteristica da prova a gradini
Falda confinata con deboli perdite di carico non lineari confinate, le portate non sono più
m
proporzionali alle depressioni perché
Δh=BQ + CQ
1
aumentano le perdite di carico, il fenomeno
m

viene evidenziato dal fatto che sul


diagramma portate specifiche/abbassamenti
2
(fig. 94f) non si ha più una retta parallela
Punto critico
all'asse delle ascisse, bensì una retta

3
inclinata (per perdite di carico non eccessive)
f 0 5 Q/Δh 10 15 20 25
o addirittura una curva. Ciò si verifica perché
0
la portata specifica decresce all'aumentare di
0,5

1
Dh. Fenomeni simili sono dovuti pure
1,5 all'eterogeneità ed all'anisotropia
Δh

2 dell'acquifero, anche per abbassamenti


2,5
contenuti entro il limite indicato dalla (4.8).
3
Curve o rette con andamenti qualitativi
3,5

4 diversi da quelli riportati nelle figg. 94 sono

Fig. 94c – Elaborazioni grafiche per la teoria di indicativi di prove errate o di notevole
DUPUIT eterogeneità ed anisotropia dell'acquifero.
L'espressione (4.5), nel caso di depressioni importanti che superano i limiti
indicativamente imposti dalla (4.8), può essere scritta nel modo proposto da Rorabaugh
(figg.94 c,f):

Δh = BQ + CQ m (4.9)
dove, oltre ai simboli noti, C è un coefficiente che tiene conto delle cosiddette perdite di
carico quadratiche, le quali sono generalmente funzione del condizionamento del pozzo
(detto coefficiente viene usualmente espresso in s2/m5).
Secondo Jacob, nella maggior parte dei casi m = 2. Quindi:

Δh = BQ + CQ 2 (4.10)
I coefficienti B e C sono sperimentalmente rilevabili con opportune prove di
pompaggio, delle quali si parlerà nel seguito.
Dispense di Idrogeologia - Fondamenti & Complementi I di Idrogeologia - Cap. 4 (a) 193

4.2.2 - TEORIA DI THEIS


Le formule relative alla teoria dell'equilibrio hanno perso molto interesse dopo che
Theis (1935), partendo dall'analogia con la propagazione del flusso di calore in un mezzo
isotropo, ha proposto la teoria del deflusso in regime transitorio (o di non-equilibrio),
secondo la quale la depressione piezometrica di una falda, indotta da un pompaggio a
portata costante, si propaga indefinitamente ma con velocità decrescente; non vi è,
dunque, equilibrio tra portata e depressione ed è l'evoluzione del cono di depressione nel
tempo e nello spazio, e non la sua forma statica, che fornisce le caratteristiche
idrodinamiche dell'acquifero. La rialimentazione, quindi, non compensa l'emungimento: si
ammette infatti che l'acquifero non abbia ricariche laterali e che, per tutto il periodo di
pompaggio, venga liberata (istantaneamente e con perdita di carico) soltanto acqua
immagazzinata.
Per l'applicazione di questa teoria sono necessarie anche altre semplificazioni di
base, come l'esistenza di un acquifero omogeneo ed isotropo (con trasmissività costante
nel tempo e nello spazio), nonché l'esistenza di una falda infinita (di spessore costante)
compresa tra due strati impermeabili: sono quindi da escludere fenomeni di drenanza. Tali
condizioni comportano l'esistenza di superfici equipotenziali non deformate: ciò si verifica
solo negli acquiferi a falda confinata, dove il cono di depressione è fittizio.
L'espressione generale di Theis, applicabile a tutti i dispositivi di stazioni di prova, è:

Q e −u
Δh =
4π ⋅ T ∫u u du (4.11) in cui:

x2S
u= (parametro adimensionale) (4.12)
4T t
Δh = abbassamento piezometrico (m) misurato al tempo t in un piezometro posto a
distanza x dall'asse del pozzo;
t = tempo trascorso, in un dato istante, dall'inizio del pompaggio (sec);
Q=costante
x
Q = portata costante emunta dal pozzo
Δh al tempot
Livello statico
(m3/sec);
Livello dinamico T = trasmissività dell’acquifero (m2/sec)
al tempo t

S = coefficiente di immagazzinamento

e (adimensionale);
e = spessore della falda confinata (m)
x = distanza del piezometro dal pozzo (m)
Figura 95 -Il regime transitori o
L'uso corrente dell'equazione di Theis è
Dispense di Idrogeologia - Fondamenti & Complementi I di Idrogeologia - Cap. 4 (a) 194

rivolto alla determinazione dei parametri idrodinamici dell'acquifero (trasmissività e


coefficiente di immagazzinamento): naturalmente, nei casi in cui detti parametri siano noti
o comunque stimabili in modo attendibile, essa può anche essere utilizzata allo scopo di
effettuare valide previsioni sul comportamento della falda sotto l'influenza di un pompaggio
a portata costante.
La suddetta relazione può essere scritta anche nella forma seguente:
Q
Δh = W ( u) (4.13)
4π ⋅ T

e −u
nella quale il termine W ( u) = ∫ du è una funzione esponenziale integrale decrescente ed
u
u

è detta funzione caratteristica del pozzo (Well function); i relativi valori vengono forniti, da
apposite tabelle, in funzione di u.

u W(u) u W(u) 1/u W(u) 1/u W(u)

9 0.000012 0.009 4.14 0.111111 0.000012 111.1111 4.14


8 0.000038 0.008 4.26 0.125 0.000038 125 4.26
7 0.00012 0.007 4.39 0.142857 0.00012 142.8571 4.39
6 0.00036 0.006 4.54 0.166667 0.00036 166.6667 4.54
5 0.0011 0.005 4.73 0.2 0.0011 200 4.73
4 0.0038 0.004 4.95 0.25 0.0038 250 4.95
3 0.013 0.003 5.23 0.333333 0.013 333.3333 5.23
2 0.049 0.002 5.64 0.5 0.049 500 5.64
1 0.219 0.001 6.33 1 0.219 1000 6.33
0.9 0.26 0.0009 6.44 1.111111 0.26 1111.111 6.44
0.8 0.31 0.0008 6.55 1.25 0.31 1250 6.55
0.7 0.37 0.0007 6.69 1.428571 0.37 1428.571 6.69
0.6 0.45 0.0006 6.84 1.666667 0.45 1666.667 6.84
0.5 0.56 0.0005 7.02 2 0.56 2000 7.02
0.4 0.7 0.0004 7.25 2.5 0.7 2500 7.25
0.3 0.91 0.0003 7.53 3.333333 0.91 3333.333 7.53
0.2 1.22 0.0002 7.94 5 1.22 5000 7.94
0.1 1.82 0.0001 8.63 10 1.82 10000 8.63
0.09 1.92 0.00009 8.74 11.11111 1.92 11111.11 8.74
0.08 2.03 0.00008 8.86 12.5 2.03 12500 8.86
0.07 2.15 0.00007 8.99 14.28571 2.15 14285.71 8.99
0.06 2.3 0.00006 9.14 16.66667 2.3 16666.67 9.14
0.05 2.47 0.00005 9.33 20 2.47 20000 9.33
0.04 2.68 0.00004 9.55 25 2.68 25000 9.55
0.03 2.96 0.00003 9.84 33.33333 2.96 33333.33 9.84
0.02 3.35 0.00002 10.24 50 3.35 50000 10.24
0.01 4.04 0.00001 10.94 100 4.04 100000 10.94
Dispense di Idrogeologia - Fondamenti & Complementi I di Idrogeologia - Cap. 4 (a) 195

Dalla (4.13) si può ricavare la trasmissività T con:


Q
T= W ( u) (4.14)
4π ⋅ ΔH
e, dalla (4.12), il coefficiente di immagazzinamento S con:
4 u ⋅T ⋅ t
S = (4.15)
x2
Come già accennato, le formule di non-equilibrio sono tutte rigorosamente valide per
acquiferi confinati (in accordo con la teoria a cui si ispirano); la loro validità può essere
estesa agli acquiferi liberi purché risultino verificate le seguenti condizioni. Infatti, è
necessario che:
- non esistano fenomeni di drenanza;
- lo spessore (costante) della falda sia molto più piccolo delle dimensioni orizzontali della
stessa;
- il gradiente idraulico sia piccolo (ciò comporta che le depressioni piezometriche indotte
dal pozzo in emungimento debbano essere trascurabili, per non deformare in modo
marcato le superfici equipotenziali; vale a dire che il Δh alla fine del pompaggio non deve
essere maggiore del 10% dello spessore della falda -tollerabile anche un Δh fino al 30%).
Infine, un altro importante motivo di approssimazione, che viene considerato trascurabile
nell'estrapolazione delle formule di non-equilibrio alle falde libere, è quello relativo alle
differenze tra i meccanismi con cui l'acqua viene liberata dagli acquiferi confinati e da
quelli liberi.
Per quanto riguarda gli acquiferi con falda semiconfinata, le suddette formule non
sono valide perchè si innescano fenomeni di drenanza che comportano travasi anche
consistenti, tra acquiferi sovrapposti, lungo superfici di contatto molto ampie (fig. 96).

Figura 96 - Drenanza
Dispense di Idrogeologia - Fondamenti & Complementi I di Idrogeologia - Cap. 4 (a) 196

L'analisi matematica della fenomenologia parte dall'applicazione del principio della


conservazione della massa all'acquifero principale (a permeabilità K) e presuppone che, al
di sopra dello strato a minore permeabilità (Ks), vi sia un acquifero bene alimentato nel
quale il livello si mantiene costante, nonostante esistano perdite d'acqua per drenanza
verso l'acquifero sottostante soggetto ad emungimento; ipotizza, inoltre, che i travasi
avvengano secondo direzioni perpendicolari allo strato semipermeabile Ks.
L'espressione da utilizzare è data, in questo caso, da:
Q x
Δh = W ( u, )
4πT Fd (4.16)

dove, oltre ai simboli noti, Fd rappresenta il fattore di drenanza pari a:


T ⋅ HS
Fd = (4.17)
KS
in cui T è la trasmissività dell'acquifero principale, Hs e Ks sono rispettivamente lo
spessore ed il coefficiente di permeabilità verticale dello strato semipermeabile.
Valori elevati del fattore di drenanza indicano che i travasi sono limitati e, viceversa,
valori bassi denunciano l'esistenza di interscambi consistenti. A parità di trasmissività
dell'acquifero principale, Fd aumenta al diminuire di Ks ed all'aumentare dello spessore
Hs; pertanto, esso aumenta al diminuire del rapporto Ks/Hs (detto coefficiente di
drenanza, Cd, ed espresso in s-1).
x
Il parametro W ( u, ) rappresenta quindi la funzione caratteristica del pozzo in
Fd
acquiferi semiconfinati.
Da quanto esposto si evince che l'espressione (4.16) è valida solo se lo strato
semipermeabile non è interessato da tubi-filtro (come appare nella fig. 96). In caso
contrario, infatti, si avrebbe un flusso diretto di acqua verso il pozzo, anche da quest'ultimo
orizzonte; pertanto, si potrebbe operare con le normali formule di equilibrio e di non-
equilibrio, tenendo conto che il coefficiente K è riferito alla permeabilità orizzontale media
dell'intero acquifero.
Dispense di Idrogeologia - Fondamenti & Complementi I di Idrogeologia - Cap. 4 (b) 197

4.3 - Esecuzione ed interpretazione delle prove di pompaggio


Le prove di pompaggio sono dei veri e propri test sull'acquifero e consistono nella
captazione di acqua sotterranea per mezzo di pozzi, durante la quale vengono misurate le
portate emunte ed i corrispondenti abbassamenti del livello piezometrico (dopo l'arresto
dell'emungimento, vengono raccolti dati anche sulla risalita del livello). Queste prove
possono essere eseguite su singoli pozzi (nei quali avviene contemporaneamente il
pompaggio ed il rilevamento piezometrico) o sulle cosiddette stazioni di prova; quest'ultime
sono costituite da un pozzo in emungimento e da uno o più piezometri ubicati all'interno
del suo raggio d'influenza dove vengono misurati gli abbassamenti piezometrici nel tempo.
Le prove di pompaggio perseguono quattro scopi, in ordine di complessità crescente:
a) determinazione delle caratteristiche idrauliche del complesso acquifero/opera di
captazione;
b) misura sul terreno dei parametri idrodinamici dell'acquifero (trasmissività e coefficiente
di immagazzinamento);
c) studio quantitativo degli aspetti particolari dell'acquifero (condizioni ai limiti,
eterogeneità, struttura, ecc.);
d) osservazione diretta dello sfruttamento dell'acquifero, con previsioni sull'evoluzione
degli abbassamenti piezometrici in funzione delle portate emunte (presenza di limiti,
ed interferenze con pozzi adiacenti).
Le metodologie operative basate sul concetto di regime permanente sono
utilizzate assai di rado sia perché esso si manifesta raramente nelle condizioni
naturali di flusso sia per il costo elevato delle operazioni connesse: di conseguenza,
le sperimentazioni vengono attualmente effettuate basandosi perlopiù sul concetto
di regime transitorio. In tutti i casi, i pompaggi vanno eseguiti a portata costante, il
cui valore dicesi gradino di portata, con misura dei relativi abbassamenti:
differiscono soltanto i dispositivi di prova e la sua durata.
In sintesi, vengono generalmente adottati due metodi di sperimentazione e di
interpretazione in relazione allo scopo perseguito: prova a gradini (detta anche prova di
pozzo) e prova di lunga durata.
Dispense di Idrogeologia - Fondamenti & Complementi I di Idrogeologia - Cap. 4 (b) 198

0 0,5 1 1,5 2 2,5 3 3,5 4


Tempo (h)
4,5 5 5,5 6 6,5 7 7,5 8 8,5 9 9,5 10
4.3.1 - PROVA A GRADINI
0

0,5
La prova a gradini è finalizzata alla
⎠ h1

1 Q1 ⎠ h2
⎠ h3
determinazione delle caratteristiche idrauliche
1,5 t1
del complesso acquifero/opera di captazione,
Abbassamento (m)

Q2
Q3 ⎠ h4
2

2,5
t2 necessarie per controllare l'idoneità
t3

3 dell'attrezzatura tecnica o del completamento


Q4
3,5

t4
del pozzo.
4
a - stabilizzazione dell'abbassamento e ripristino del livello statico
Come già detto, le condizioni di base per
Tempo (h)
0 0,5 1 1,5 2 2,5 3 3,5 4 4,5 5 5,5 6
0
t1
l'applicazione delle espressioni di
0,5
⎠ h1
⎠ h2
idrodinamica sotterranea in regime transitorio,
1
t2 ⎠ h3
1,5
Q1 che devono essere soddisfatte dal complesso
Abbassamento (m)

t3
⎠ h4
2 Q2
t4
acquifero/opera di captazione, sono
Q3
2,5
principalmente quelle relative alla validità
3

3,5
della legge di Darcy: flusso laminare; mezzo
Q4
4
b - stabilizzazione dell'abbassamento
continuo, isotropo ed omogeneo. Altre
Tempo (h)
0
t
0,5 1 1,5 2 2,5 condizioni di base sono: pozzo completo, cioè
0

0,5
prolungato fino al substrato e provvisto di filtro
⎠ h1
⎠ h2
1
Q1
per tutto lo spessore della falda; pozzo
t ⎠ h3
1,5
correttamente sviluppato ed equipaggiato;
Abbassamento (m)

t
Q2 ⎠ h4
2
t

2,5
Q3 superficie piezometrica suborizzontale;
3 portata di pompaggio costante; raggio del
3,5
Q4 pozzo il più piccolo possibile.
4
c - tempo di durata del gradino (t) prefissato

Figura 97-Rappresentazione grafica di una prova a La prova di pozzo viene eseguita


gradini
realizzando dei gradini di portata, aventi
portata costante per una breve durata determinata (fig. 97). Durante la prova vengono
raccolti due dati: la portata emunta (Q) ed il relativo abbassamento dell'acqua nel pozzo
(Δh), misurato verso la fine del gradino.
Secondo Jacob, l'abbassamento misurato nell'opera in un istante t è la somma di due
componenti (chiamate perdite di carico), espresse in unità di altezza d'acqua, che
caratterizzano il complesso acquifero/opera di captazione (vedi fig. 91c):
- una perdita di carico lineare (B•Q), che risulta dall'influenza dell'acquifero nel quale il
flusso laminare è in regime transitorio. Questa perdita, imposta dai parametri
idrodinamici dell'acquifero in vicinanza del pozzo, cresce con il tempo di pompaggio ed
è caratteristica dell'acquifero;
Dispense di Idrogeologia - Fondamenti & Complementi I di Idrogeologia - Cap. 4 (b) 199

- una perdita di carico quadratico (C•Q2), non lineare, provocata dal flusso turbolento
nell'opera (filtro e tubaggio), quella cioè attribuibile all'inefficienza del pozzo stesso.
Questa perdita, funzione solamente della portata emunta, è costante a portata
costante: essa è caratteristica dell'attrezzatura tecnica dell'opera, del diametro del
tubaggio e del filtro.
L'abbassamento totale Δh, nell'istante t, può quindi essere espresso mediante

l'anzidetta relazione: Δh = BQ + CQ 2 (4.10)


0 10 20 30 40 l/s 50 60 Q critica
70 80 90 Questa espressione, la
0
Curva Caratteristica del Pozzo
derivante da una prova a gradini BQ più utilizzata, è stata stabilita
per l'acquifero con falda
Δh = BQ
1
confinata, ma può essere
2
CQ
estesa a quello con falda
m

2 libera a condizione che


l'abbassamento misurato sia
2250
Q2/Δ h
2 15 0

2050

19 5 0

3
18 5 0

17 5 0
inferiore ad un decimo dello
16 5 0

spessore della falda.


15 5 0

14 5 0

13 5 0 Q
12 5 0
Δ h = CQ 2
+ BQ
40 45 50 55 60 65
Q (l/s )
70 75 80 85 90
La coppia di dati di ogni
4

Figura 98-Curva caratteristica del pozzo


gradino di portata (portata ed abbassamento) è riportata su di un diagramma aritmetico
(fig. 98); i punti ottenuti permettono di tracciare la curva portate/abbassamenti o curva
caratteristica del pozzo, rappresentante la funzione Δh=f(Q), la cui forma permette di
giungere ad una prima interpretazione sul tipo di falda (come già discusso a proposito
della fig. 94). Questa curva, nei casi in cui si presenta convessa, è composta di due parti
separate dal punto critico, ubicato in corrispondenza della sua rottura di pendenza: ad
esso sono relativi, in ascissa, la portata critica (Qc), ed, in ordinata, l'abbassamento critico
(Δhc).
La curva caratteristica è dunque un documento fondamentale in quanto serve a
determinare la portata ottimale di esercizio (in genere, pari al 90% di Qc), funzione di un
abbassamento massimo ammissibile (Fig. 98bis)
Eseguita al tempo del collaudo del pozzo, è una vera scheda di identificazione che
dovrebbe figurare obbligatoriamente nel dossier dell'opera: essa sarà ulteriormente
utilizzata per rilevare i miglioramenti (sviluppi) o i peggioramenti (intasamento),
conseguenti allo sfruttamento dell'opera (invecchiamento).
Dispense di Idrogeologia - Fondamenti & Complementi I di Idrogeologia - Cap. 4 (b) 200

Qmax Q2/Δh
Q

B
Δhmax

A
Q
Δh Qmax
Figura 98bis- Determinazione dell'abbassamento critico:
A- metodo grafico delle tangenti sulla curva caratteristica del pozzo;
B- diagramma Q2/Dh vs Q dove la Qmax è univocamente definita in corrispondenza del punto massimo della
relativa curva

Un altro interessante elaborato si ottiene riportando, su di un grafico lineare, la


portata in ascisse e l'abbassamento specifico in ordinate: quest'ultimo è definito come il
rapporto tra l'abbassamento misurato nel pozzo (Δh) e la relativa portata emunta (Q).
L'equazione (4.10) può anche essere scritta nella forma seguente:

Δh
= B + CQ (4.18)
Q
che rappresenta l'equazione di una retta, nella quale il termine Δh/Q è appunto

portate vs abbassamenti specifici l'abbassamento specifico e B


0,06
e C sono le relative costanti.
0,05 Un esempio di retta di questo
Δ h/Q = CQ + B
tipo è riportato nella fig. 99
0,04
con la quale è possibile
Δ h/Q

0,03
determinare i coefficienti B e
α C=tgα
0,02 C dell'equazione (4.18): il
coefficiente B è ottenuto
0,01 Dh/Q = 0,0004Q + 0,0102
2 dall'intersezione della retta
B R = 0,9821
0 rappresentativa con l'asse
0 20 40 Q (l/s) 60 80 100
degli abbassamenti specifici; il
Figura 99- Retta portate -abbassamenti specifici
coefficiente C è uguale alla
pendenza della retta rappresentativa.
Più in generale, costruendo diagrammi portate/abbassamenti specifici, si possono
presentare quattro casi (fig. 100):
Dispense di Idrogeologia - Fondamenti & Complementi I di Idrogeologia - Cap. 4 (b) 201

- la retta passante per l'origine (1) indica che nell'acquifero e nel pozzo è fortemente
portate vs abbassamenti specifici predominante il regime turbolento:
0,06

Δh = C ⋅ Q 2 (4.19)
2
0,05 (1) Δ h = CQ 2
(2) Δ h =CQ +BQ
Δ h/Q = CQ + B - la retta non passante per l'origine
0,04
(2) indica la presenza congiunta di
Δ h/Q

0,03 regimi turbolento e laminare:

0,02 α C=tgα (4) Δ h=CQ +BQ


n
Δh = BQ + CQ2 (4.10)
- la retta a pendenza nulla (3), cioè
0,01 Dh/Q = 0,0004Q + 0,0102
(3) Δ h = BQ orizzontale parallela all'asse delle
B R 2 = 0,9821
0
ascisse, traduce un flusso
20
Figura 0 100- Diagramma 40 Q (l/s) 60 80
portate-abbassamenti 100
specifici
esemplificativi di varie situazioni di regime. laminare, con perdite di carico
nulle, o trascurabili, nel filtro e nel tubaggio: Δh = B ⋅ Q (4.20)
- la curva concava verso l'alto (4) indica che è valida, al posto di quella di Jacob,
l'espressione proposta da Rorabaugh: Δh = BQ + CQ m (4.9)
con m maggiore di 2 (solitamente è compreso tra 2 e 3,5).

Una volta noti i coefficienti B e C, l'abbassamento corrispondente ad ogni gradino di


portata è calcolato con una delle suddette espressioni: se i valori ottenuti, riportati sul
grafico portate/abbassamenti, si sovrappongono perfettamente alla curva osservata la
prova di pozzo può considerarsi corretta.
Ricordando che l'abbassamento, determinato all'istante t, imputabile alla sola perdita
di carico lineare (conseguenza del flusso laminare dell'acquifero), è dato dall'espressione
(4.20), valori con essa calcolati danno una retta rappresentativa del tipo di quella riportata
nella fig. 98; per ogni portata, la differenza tra il punto di questa retta e quello della curva
portate/abbassamenti, situata al di sotto, dà il valore della perdita di carico quadratico.
3
Nell'esempio riportato in fig. 98, per una portata di 100 m /h la perdita di carico lineare è di
1 m di altezza d'acqua e la perdita di carico quadratico è di 1,5 m.
E' comunque da sottolineare che, in realtà, gli studi effettuati su migliaia di casi reali
hanno dimostrato che le assunzioni fatte da Jacob, cioè che tutte le perdite di carico
lineare sono rappresentate da B¨Q e quelle di carico quadratico da CQ2, non sono sempre
corrette in quanto parte delle perdite di carico dovute al flusso turbolento possono
provenire anche dall'acquifero e, viceversa, perdite di carico dovute al flusso lineare
avvengono anche nel pozzo .
Dispense di Idrogeologia - Fondamenti & Complementi I di Idrogeologia - Cap. 4 (b) 202

4.3.2 - PROVE DI LUNGA DURATA


La prova di lunga durata viene eseguita con un solo gradino di portata, a portata
costante, prolungata almeno per 48 ore (con un optimum di 72 ore), sempre con misura
dei livelli dell'acqua nel pozzo, ma soprattutto in uno o più piezometri, ad intervalli
prefissati; in questo tipo di prove è particolarmente utile l'osservazione, durante un'eguale
durata, della risalita dei livelli dopo l'arresto dell'emungimento. Detta prova serve per la
determinazione dei parametri idrodinamici dell'acquifero (trasmissività e coefficiente di
immagazzinamento), per lo studio delle sue caratteristiche particolari (condizioni ai limiti,
eterogeneità, struttura, ecc.) e per l'osservazione diretta dell'effetto dello sfruttamento
sull'acquifero con previsione dell'evoluzione dell'abbassamento in funzione delle portate
emunte.
L'esecuzione delle prove e l'interpretazione dei dati misurati (abbassamenti e tempi)
si basano sull'impiego dei numerosi modelli idrodinamici in regime transitorio (e relative
equazioni) che sono stati sviluppati, a partire da quello base di Theis, allo scopo di
ottenere un sempre miglior adattamento delle leggi matematiche alle più svariate
situazioni reali. Come già accennato, l'espressione di Theis si riferisce al tipo idrodinamico
d'acquifero con falda confinata, illimitato ed a pareti (substrato e tetto) impermeabili: essa
può, tuttavia, essere estesa, sotto certe condizioni, all'acquifero con falda libera, sempre
illimitato.
Fermo restando ciò, è da aggiungere che, nel caso in cui il tipo idrodinamico di
acquifero è limitato lateralmente (ed è in qualche modo riconoscibile sul terreno), questa
espressione è comunque valida per l'interpretazione della parte iniziale della prova di
pompaggio: in effetti, questa può essere considerata come svolta in un serbatoio illimitato
sino alla comparsa dell'effetto delle condizioni ai limiti.
Qui di seguito si vedrà, attraverso alcuni esempi concreti, come si possono utilizzare
le relazioni prima descritte al fine di ottenere corrette informazioni idrogeologiche.
Dispense di Idrogeologia - Fondamenti & Complementi I di Idrogeologia - Cap. 4 (b) 203

ACQUIFERO ILLIMITATO CON FALDA CONFINATA


Si consideri di avere effettuato una prova di pompaggio in un acquifero di questo tipo
i cui limiti laterali si ritrovano a più di 100 km di distanza (fig. 101a); esso può dunque
essere considerato avente estensione laterale illimitata. Il tetto ed il substrato sono
costituiti da formazioni idrogeologiche impermeabili.

Figura 101a
Dispense di Idrogeologia - Fondamenti & Complementi I di Idrogeologia - Cap. 4 (b) 204

La durata del pompaggio è stata di 71 ore, a portata costante (Q = 200 m3/h = 0,055
m3/s); una vecchia trivellazione, situata a 110 m dal sondaggio di prova, è stata utilizzata
come piezometro. L'abbassamento totale è di circa 41 m nel sondaggio e 17 m nel
piezometro; la risalita dei livelli, dopo l'arresto del pompaggio, è stata osservata per 72
ore. I dati così raccolti sono elencati nelle figg. 101b e 101c.

Figura 101b

La determinazione della trasmissività e del coefficiente di immagazzinamento viene


generalmente effettuata per mezzo di una soluzione approssimata della (4.13) basata su
di un metodo grafico di sovrapposizione tra la curva sperimentale, derivante dai dati
ottenuti con la prova di pompaggio, e quella teorica (detta curva tipo), idonea al modello
idrodinamico considerato ed alle caratteristiche dell'impianto di prova.
Dispense di Idrogeologia - Fondamenti & Complementi I di Idrogeologia - Cap. 4 (b) 205

Figura 101c

Un esempio di curva tipo, relativa allo schema di Theis, è riportato nel diagramma
logaritmico di fig. 102a, sul quale sono riportati, in ordinate, i valori di W(u) e, in ascisse,
Dispense di Idrogeologia - Fondamenti & Complementi I di Idrogeologia - Cap. 4 (b) 206

quelli di 1/u; a questa curva dev'essere accoppiata quella ottenuta riportando, su di un


grafico simile al precedente e con identiche scale e cicli logaritmici, gli abbassamenti in
ordinate ed i tempi trascorsi dall'inizio del pompaggio in ascisse (fig. 102b).

Figura 102a-Risoluzione grafica della formula di THEIS: curva standard

Figura 102b-Risoluzione grafica della formula di THEIS: dati sperimentali


Dispense di Idrogeologia - Fondamenti & Complementi I di Idrogeologia - Cap. 4 (b) 207

Il modo corretto di accoppiare le due curve (di cui quella sperimentale rappresenta solo un
segmento di quella teorica) consiste nello spostare i due grafici, parallelamente ai loro
assi, fino a quando la curva reale si sovrappone più o meno esattamente a quella tipo (fig.
102c). A questo punto, viene scelto un qualsiasi conveniente punto arbitrario (detto anche
Match point) tra quelli ricadenti nella zona di miglior sovrapposizione delle due curve e ne
vengono registrate le quattro coordinate sui due diagrammi: W(u), 1/u, Δh, t.

Figura 102c-Risoluzione grafica della formula di THEIS: sovrapposizione tra la curva standard e dati
sperimentali

Introducendo i valori così ottenuti nell'equazione (4.13) si può dapprima ricavare la


trasmissività T con:
T = [Q/(4 π Δh)] W(u) (4.14)
e, di seguito, il coefficiente di immagazzinamento S con:
S = (4 u T t)/x2 (4.15)
Un altro comune esempio della tecnica di sovrapposizione è riportato nella fig. 103
con la quale viene mostrato il corretto accoppiamento tra la curva tipo (sempre relativa al
modello di Theis), avente in ordinate i valori di W(u) ed in ascisse quelli di u, e quella
sperimentale, con gli abbassamenti in ordinate ed i valori x2/t in ascisse: la determinazione
dei parametri idrodinamici avviene in maniera analoga all'esempio precedente.
Dispense di Idrogeologia - Fondamenti & Complementi I di Idrogeologia - Cap. 4 (b) 208

Il metodo grafico di sovrapposizione si basa sul fatto che (nell'ipotesi di costanza dei
parametri Q, T ed S per tutta la durata della prova di pompaggio) dalle (4.12) e (4.13)
risulta la diretta proporzionalità tra u ed x2/t e tra Δh ed W(u): ne deriva che la relazione
esistente tra W(u) ed u (o 1/u) è uguale a quella tra Δh ed x2/t (o t).

Figura 103

Pertanto, nelle applicazioni pratiche per le quali risulti idoneo l'uso delle curve
standard di Theis, la scelta tra quest'ultime viene fatta in funzione della presenza o meno
del piezometro: infatti, nel caso in cui esso sia assente si può utilizzare solamente il
grafico W(u) vs 1/u accoppiato a quello Δh vs t. Ovviamente, in tal caso, a causa della
mancanza del parametro x, non è possibile il calcolo del coefficiente di
immagazzinamento.
I dati relativi alla fase di discesa della prova eseguita nell'acquifero illimitato con falda
confinata della fig. 101 sono stati elaborati con il metodo grafico di sovrapposizione (fig.
104) e con l'ausilio delle espressioni (4.14) e (4.15), ottenendo i seguenti risultati:
t = 102 minuti = 6000 secondi
Δh = 7,5 metri
W(u) = 2,2
1/u = 22, da cui: u = 0,0455
Dispense di Idrogeologia - Fondamenti & Complementi I di Idrogeologia - Cap. 4 (b) 209
-3 2
T = [Q W(u)]/(4 π Δh) = (0,055 2,2)/(4 π 7,5) = 1,3 10 m /s
2 2 -4
S = (4 u T t)/x = (4 0,0455 0,0013 6000)/110 = 1,2 10
Per concludere, rimane da aggiungere che, sotto certe condizioni idrogeologiche, i
dati ottenuti dalla prova di pompaggio possono deviare più o meno sensibilmente dalle
curve tipo di Theis: qualsiasi variazione sostanziale indica generalmente che sono state
violate una o più delle assunzioni sulle quali si basa il metodo in argomento (in pratica,
occorre quindi utilizzare un altro modello idrodinamico e le relative equazioni), mentre
piccole variazioni sono di solito dovute a difficoltà tecniche incontrate durante la prova.

Figura 104
Dispense di Idrogeologia - Fondamenti & Complementi I di Idrogeologia - Cap. 4 (b) 210

Semplificazione logaritmica di JACOB


I dati relativi alla fig. 101b sono stati elaborati anche con la metodologia proposta da
Jacob (1950) il quale notò che i termini dello sviluppo in serie della funzione esponenziale
integrale di Theis (4.11) diventano tanto più trascurabili, paragonati al primo termine
costante, quanto più il tempo di pompaggio t cresce ed il valore di x decresce. Da questa
considerazione, attraverso vari passaggi matematici, scaturisce l'espressione di
approssimazione logaritmica:
Δh = [(0,183 Q)/T] log[(2,25 T t)/(x2 S)] (4.21)
Si tratta di una formula semplificata, di più facile applicazione rispetto alla (4.11),
dalla quale deriva che: in un certo istante t, l'abbassamento Δh è proporzionale alla portata
costante Q; in un certo punto del cono di depressione, Δh cresce con i logaritmi dei tempi
ed è inversamente proporzionale al logaritmo del quadrato della distanza x dall'asse del
pozzo.
Per mezzo dell'espressione (4.21) gli abbassamenti sono ottenuti, con
2
un'approssimazione intorno al 5%, per: t > (10 x S)/(4 T) (4.22)
In pratica, l'approssimazione dei risultati è tanto migliore quanto più lungo è il tempo
di pompaggio (con un minimo di 48 ore), quanto più grande è il rapporto T/S (cioè, la
diffusività) e quanto più piccola è la distanza tra pozzo e piezometro (preferibilmente
intorno ai 40÷50 m e, comunque, non superiore ai 150 m).
Sul modo di impiego della relazione di Jacob al fine di ottenere la trasmissività T ed il
coefficiente di immagazzinamento S, si noterà che la (4.21) può mettersi sotto la forma:
Δh = [(0,183 Q)/T] log[(2,25 T)/(x2 S)] + [(0,183 Q)/T] log(t) (4.23)

che corrisponde ad una equazione della forma Y = a + b X rispetto alla variabile log(t),
rappresenta cioè l'equazione di una retta.
Riportando, su di un diagramma semilogaritmico (fig. 105), gli abbassamenti Δh misurati in
un piezometro della stazione di prova (in ordinate lineari) ed i tempi corrispondenti t (in
ascisse logaritmiche), dopo un intervallo di tempo sufficientemente lungo si osserva che i
punti si allineano a formare una retta che è rappresentativa dell'equazione (4.23), e quindi
anche della (4.21). Il termine (0,183 Q)/T) della (4.23) costituisce il coefficiente angolare b
(cioè la pendenza della retta) ed è uguale a: Δ(Δh)/Δlog(t) (4.24)
Per superare il fatto che la scala delle coordinate non è omogenea, si deve
considerare l'accrescimento di Δh durante un ciclo logaritmico, ossia per un intervallo tra
due valori di ascissa il secondo 10 volte maggiore del primo.
Dispense di Idrogeologia - Fondamenti & Complementi I di Idrogeologia - Cap. 4 (b) 211

Figura 105
In questo intervallo vale Δlog(t) = 1. Quindi:
Δ(Δh)/Δlog(t) = Δ(Δh)/1 = Δ(Δh) = PCL (4.25)
dove PCL rappresenta, in definitiva, il valore della pendenza della retta rappresentativa in
un intervallo pari ad un ciclo logaritmico.
Di conseguenza, si otterrà: PCL = (0,183 Q)/T (4.26)
e quindi: T = (0,183 Q)/PCL (4.27)
Questa relazione permette dunque di ricavare il valore della trasmissività attraverso
la misura diretta, sul grafico Dh/log(t), del valore di PCL in quanto esso è uguale
all'accrescimento dell'abbassamento che si verifica durante un ciclo logaritmico.
Se poi si prolunga la retta rappresentativa fino all'asse dei tempi, dove Dh è nullo, in
quel punto (detto t0) si ha:
Δh = [(0,183 Q)/T] log[(2,25 T t0)/(x2 S)] = 0 (4.28)
e poiché il coefficiente angolare (0,183¨Q)/T non può mai essere pari a zero, ne deriva
che: log[(2,25 T t0)/( x2 S)] = 0 (4.29)
e quindi: (2,25 T t0)/( x2 S) = 1 (4.30)
2
dalla quale si ricava: S = (2,25 T t0)/x x2 (4.31)
ottenendo così il valore del coefficiente di immagazzinamento.
Riprendendo in esame la (4.23), cioè l'equazione (4.21) nella sua forma Y = a + b X,
si può precisare l'influenza, su di essa, dei vari parametri:
- Trasmissività (T). La trasmissività interviene due volte: nel coefficiente angolare della
retta rappresentativa (e quindi ogni sua variazione provocherà una variazione di
Dispense di Idrogeologia - Fondamenti & Complementi I di Idrogeologia - Cap. 4 (b) 212

pendenza della retta medesima) e nel termine a (ordinata all'origine), che mutando
provocherà una traslazione della retta parallelamente a se stessa. E' evidente che le
variazioni di trasmissività significheranno variazioni di spessore della falda o variazioni
della sua permeabilità o di entrambe.
- Portata (Q). Ogni variazione di portata provoca, analogamente a quanto detto per la
trasmissività, cambiamenti sia nella pendenza della retta che nella sua posizione
rispetto all'asse delle ordinate.
- Distanza (x). La variazione della distanza del punto di osservazione dal punto di
pompaggio provoca solamente una traslazione della retta rappresentativa
parallelamente a se stessa.
- Coefficiente di immagazzinamento (S). Il coefficiente di immagazzinamento interviene
solo nel termine a e quindi ogni sua variazione provoca, come per la distanza, una
traslazione della retta rappresentativa.
Riprendendo in considerazione l'elaborazione dei dati relativi alla fig. 110b, essa è
stata effettuata anche con il metodo di approssimazione logaritmica, riportando cioè, su di
un diagramma semilogaritmico, profondità dell'acqua nel piezometro in metri e tempi di
pompaggio in ore: i punti così ricavati hanno permesso di tracciare la retta rappresentativa
della prova di pompaggio (fig. 106).

Figura 106
La pendenza della retta, PCL = 5,8 m, ed il tempo all'origine, t0 = 0,09 ore (324 secondi),
Dispense di Idrogeologia - Fondamenti & Complementi I di Idrogeologia - Cap. 4 (b) 213

conducono al calcolo della trasmissività T (espressione 4.27) e del coefficiente di


immagazzinamento S (espressione 4.31):
-3 2
T = (0,183 Q)/PCL = (0,183 0,055)/5,8 = 1,7 10 m /s
2 2 -4
S = (2,25 T t0)/x = (2,25 0,0017 324)/110 = 1,0 10
Il confronto tra questi risultati e quelli ottenuti con la metodologia di Theis evidenzia la
piena validità della formula di
approssimazione logaritmica di Jacob.

Interpretazione della risalita del livello


piezometrico
Dopo l'arresto del pompaggio si
manifesta l'importante fenomeno della
risalita del livello idrico nel pozzo. Infatti, la
falda continua a defluire verso il pozzo come
se l'emungimento continuasse e
contemporaneamente si verificasse
l'assorbimento, da parte dell'acquifero, di
una portata (-Q) pari a quella (+Q) estratta;
si assiste, quindi, al graduale riempimento (a
flusso costante) del cono di depressione e,
poiché questo si allarga dal basso verso
Figura 107
l'alto, si ha l'impressione che il riempimento
diventi via via meno rapido.
Riportando, su di un diagramma lineare, le coppie di valori t e Dhr rilevate dopo l'arresto
dell'emungimento si ha la formazione delle cosiddette curve di risalita (fig. 107); dette
curve mostrano sempre un tratto ascendente iniziale piuttosto acclive, e scarsamente
significativo, che corrisponde al riempimento del pozzo da parte delle acque di falda. A
questo segue un tratto che tende all'asintoto orizzontale e che rappresenta, invece, il
ristabilimento delle condizioni primitive in tutto il cono di depressione: se quest'ultimo tratto
è piuttosto lungo e tende all'asintoto solo in tempi lunghi (1) si deduce che occorre molto
tempo alla falda per ripristinare le condizioni piezometriche esistenti prima della prova, il
che dipende da una scarsa alimentazione e/o da una bassa permeabilità del mezzo; al
contrario, se questo ramo della curva è corto e si ha un rapido ripristino del livello statico
(4), è chiaro che si tratta di un acquifero potentemente alimentato e/o ad alta permeabilità.
Dispense di Idrogeologia - Fondamenti & Complementi I di Idrogeologia - Cap. 4 (b) 214

Naturalmente, curve di risalita mostranti andamenti intermedi (2 e 3) rispetto a quelli or ora


elencati si riferiranno a falde aventi caratteristiche idrodinamiche anch'esse intermedie.
Dal punto di vista quantitativo, il fenomeno può essere trattato applicando il
cosiddetto principio di sovrapposizione degli effetti alla teoria del non-equilibrio: questo
traduce la constatazione che gli abbassamenti (o gli innalzamenti) che si producono in un
punto della superficie piezometrica, sottoposta all'azione di due o più fonti di deformazione
(ad esempio, prelievo da più pozzi), risultano uguali alla somma degli abbassamenti (o
degli innalzamenti) che ciascuna delle fonti di deformazione produrrebbe se agisse da
sola.
Quindi, se si considerano le precedenti portate (+Q e -Q) e si tiene conto del tempo
(t) intercorso tra l'inizio e la fine dell'emungimento, nonchè del tempo (t') di risalita
(posteriore cioè alla fine del pompaggio), applicando la (4.11) si ottiene la depressione
residua (Δhr) riferita al tempo (t+t'):
∞ − u ∞ − u '
Q e e
Δh =
4πT ∫
u
u
du − ∫ u
u ' du '
(4.32)

dove:
2
u = (x S)/[4 T (t+t')] (4.33)
per il periodo di tempo (t) in cui si emunge la portata +Q e per il periodo (t'), posteriore alla
fine dell'emungimento, nel quale si suppone che la stessa portata +Q continui a defluire
verso il pozzo;
2
u' = (x S)/(4 T t') (4.34)
per il periodo (t') nel quale si suppone che da un pozzo di ricarica fittizio venga immessa
nell'acquifero la portata -Q.
Ciò può ottenersi anche con l'espressione di approssimazione logaritmica di Jacob
(4.21), sempre entro gli anzidetti limiti di validità:
Δhr = [(0,183 Q)/T] log[(t+t')/t'] (4.35)
Riportando, su di un diagramma semilogaritmico (fig. 108), gli abbassamenti residui Dhr
misurati in un piezometro della stazione di prova (in ordinate lineari) ed i valori
corrispondenti (t+t')/t' (in ascisse logaritmiche), si osserva che i punti si allineano a formare
una retta che è rappresentativa dell'equazione (4.35).
Anche in questo caso, il termine (0,183 Q)/T costituisce il coefficiente angolare della
retta (e quindi la sua pendenza) ed è uguale a:
Δ(Δhr)/Δlog[(t+t')/t'] (4.36)
Dispense di Idrogeologia - Fondamenti & Complementi I di Idrogeologia - Cap. 4 (b) 215

Figura 108

Operando analogamente a quanto visto nel caso della retta rappresentativa della
discesa, si otterrà di nuovo la relazione (4.27):
T = (0,183 Q)/PCL (4.27)
valida perciò per calcolare la trasmissività anche nel caso della risalita.
I dati relativi alla fase di risalita della prova eseguita nell'acquifero della fig. 101 (vedi fig.
101c), profondità dell'acqua nel
piezometro e valori di (t+t')/t',
danno la retta rappresentativa
della risalita (fig. 109). Essa
permette di calcolare la
trasmissività con PCL uguale,
anche in questo caso, a 5,8 m:
T = (0,183 Q)/PCL = (0,183
-3 2
0,055)/5,8 = 1,7 10 m /s
In questo esempio è da
notare l'ottima concordanza tra i
risultati ottenuti riguardo la
Figura 109 trasmissività con i dati della
Dispense di Idrogeologia - Fondamenti & Complementi I di Idrogeologia - Cap. 4 (b) 216

discesa rispetto a quelli della risalita, a dimostrazione che sia l'opera che la prova sono
state eseguite in modo veramente adeguato; d'altra parte, era logico attendersi simili
risultati data la conformità di questa situazione reale alle limitazioni imposte dalla relazione
di Jacob.

ACQUIFERO ILLIMITATO CON FALDA LIBERA


Il metodo del regime transitorio, stabilito per gli acquiferi illimitati con falda confinata,
può essere applicato a quelli con falda libera ed a substrato impermeabile, con riserva di
alcune condizioni.
Il fatto rilevante è, in questo caso, la presenza del cono di depressione all'interno
della falda, il cui abbassamento aumenta in funzione del tempo: quindi, lo spessore (H) di
detta falda decresce e, di conseguenza, la trasmissività dell'acquifero (T = K¨H) non è
costante. Inoltre, la liberazione dell'acqua sotterranea per gravità non è dello stesso tipo di
quello presente nell'acquifero confinato, dove essa è praticamente istantanea perché
dovuta alla decompressione del serbatoio e dell'acqua.
Data la precisione delle misure, può però essere tollerato un certo margine di errore.
Si ammette che l'espressione di approssimazione logaritmica (4.21), e quindi anche quella
di Theis (4.11), possa essere applicata all'acquifero con falda libera quando
l'abbassamento (Dh) è piccolo paragonato allo spessore (H) dell'acquifero saturo: le
condizioni di validità sono fissate a Dh < 0,1¨H, con una tolleranza spinta a Dh < 0,3¨H.

ACQUIFERO LIMITATO LATERALMENTE: STUDIO DELLE CONDIZIONI AI LIMITI


Un acquifero può essere limitato lateralmente da due tipi di condizioni ai limiti:
- limite a flusso imposto, coincidente con discontinuità idrogeologiche che, in particolari
condizioni idrodinamiche (naturali o artificiali), consentono il passaggio di determinate
portate idriche sia in entrata che in uscita (se il limite è stagno la portata è nulla).
Questo tipo di confine è provocato dalla comparsa di passaggi laterali o verticali di
facies (che comportano variazioni di trasmissività), oppure di faglie (sia drenanti che
tamponanti).
- limite a potenziale imposto, coincidente con discontinuità idrogeologiche e/o idrologiche
che, in particolari condizioni idrodinamiche (naturali o artificiali), consentono di tenere
fissi determinati livelli idrici sia in entrata che in uscita dall'acquifero. Questo tipo di
confine si manifesta dove superfici d'acqua libera (fiumi, laghi, mare, ecc.) drenano o
alimentano la falda, oppure con sorgenti o fronti sorgivi.
Dispense di Idrogeologia - Fondamenti & Complementi I di Idrogeologia - Cap. 4 (b) 217

Acquifero limitato lateralmente da un limite stratigrafico stagno


Un esempio tipo dell'influenza di un limite stratigrafico stagno sullo svolgimento della prova
di pompaggio è quello riportato in fig. 110.

Figura 110
L'acquifero, con falda confinata, è qui rappresentato da una formazione idrogeologica
permeabile costituita da arenarie; il tetto ed il substrato, impermeabili, sono composti da
arenarie argillose ed argille. Il substrato, incontrato dal sondaggio a 80 m di profondità,
risale rapidamente verso SW: esso può costituire un limite stagno con terminazione in
chiusura laterale stratigrafica del serbatoio. Questo limite si pone, su basi geologiche di
superficie, ad una distanza compresa tra i 100 ed i 200 m. La durata del pompaggio è
3
stata di 18 giorni (432 ore) a portata costante con Q = 47,5 m /h = 0,013 m3/s. La stazione
della prova di pompaggio comporta la presenza di un piezometro, distante 20 m dall'asse
del pozzo di prova.
I dati della prova di pompaggio, profondità dei livelli d'acqua nel piezometro in metri e
tempi di pompaggio in ore, hanno permesso di tracciare la retta rappresentativa (fig.110b).
I punti sono correttamente allineati sino ad un certo tempo di pompaggio e permettono di
tracciare una prima retta rappresentativa di pendenza PCL1 = 2,1 m: in seguito, gli
abbassamenti aumentano bruscamente per allinearsi secondo una seconda retta
Dispense di Idrogeologia - Fondamenti & Complementi I di Idrogeologia - Cap. 4 (b) 218

rappresentativa con pendenza sensibilmente più alta, PCL2 = 5 m. L'intersezione delle


due rette è il punto, i, la cui ascissa dà il tempo di intersezione (ti) = 36 ore = 129600
secondi.
Questi risultati non sono conformi al caso generale nel quale si presenta una retta
rappresentativa a pendenza costante. Un grafico di questo tipo, rappresentante cioè una
linea spezzata con notevole aumento della pendenza, suggerisce l'ipotesi di un acquifero
a limite laterale stagno, in pieno accordo con le ipotesi geologiche fatte in precedenza.
L'anomalia della prova di pompaggio è dunque provocata da una struttura idrogeologica
identificata: un acquifero con falda confinata a limite laterale impermeabile.
La prima parte della prova di pompaggio, rappresentata dalla retta di pendenza
PCL1, è interpretabile come se si fosse svolta in un acquifero illimitato: essa può quindi
essere elaborata matematicamente con le espressioni (4.27) e (4.31), derivanti da quella
di approssimazione logaritmica di Jacob (4.21).
Per quanto riguarda la trasmissività, si ottiene:
-3 2
T = (0,183 0,013)/2,1 = 1,1 10 m /s
Il coefficiente di immagazzinamento, con t0 = 0,1 ore (360 secondi) e x = 20 m, è:
2 -3
S = (2,25 0,0011 360)/20 = 2,2 10
La distanza teorica del pozzo dal limite (xPL) viene perlopiù valutata ricorrendo al
cosiddetto metodo delle immagini, secondo il quale qualsiasi problema relativo ad un
sistema pozzi-limiti può essere affrontato e risolto, con buona approssimazione, se detti
limiti vengono assimilati ad altrettanti pozzi fittizi (detti appunto pozzi immagine) disposti,
rispetto ad essi, secondo le leggi della riflessione: in definitiva, si tratta di un artificio
matematico che consente di simulare la presenza di limiti (permeabili o impermeabili)
senza contraddire i presupposti di applicabilità delle formule di non equilibrio (o di quelle di
equilibrio).
Nel caso di un acquifero limitato lateralmente da un limite di natura impermeabile (fig.
111), il sistema idraulico fittizio dovrà soddisfare la mancanza di flusso attraverso il limite.
Per ottenere questa condizione il metodo prevede la presenza di un pozzo immagine,
simmetrico del pozzo reale rispetto al limite, in cui si operi con la stessa portata ed avente
la stessa funzione (cioè saranno entrambi pompanti od assorbenti); operando con le
anzidette formule di non-equilibrio (o di equilibrio), si otterrà in tal caso un abbassamento
piezometrico nel pozzo reale maggiore di quello che si avrebbe se non vi fossero limiti.
Dispense di Idrogeologia - Fondamenti & Complementi I di Idrogeologia - Cap. 4 (b) 219

Nel caso invece di un acquifero limitato lateralmente da un limite di natura più permeabile
rispetto ad esso (fig. 112), il sistema idraulico fittizio dovrà soddisfare la presenza di un
flusso d'acqua diretto verso il
pozzo. Per ottenere questa
condizione il metodo prevede la
presenza di un pozzo immagine,
simmetrico del pozzo reale
rispetto al limite, in cui si operi
con la stessa portata ed avente
la funzione opposta del pozzo
reale (immissione di acqua se si
sta pompando o viceversa);
operando con le solite formule,
si otterrà in tal caso un
abbassamento piezometrico nel
pozzo reale minore di quello che
si avrebbe se non vi fossero
limiti.
Figura 111 Nella fig. 113 è schematizzato il
sistema idraulico fittizio
corrispondente ad una
situazione idrogeologica simile a
quella della fig. 4.21, dove: LI =
limite impermeabile; PR = pozzo
reale; PI = pozzo immagine; pz
= piezometro; x = distanza
pozzo reale-piezometro; xPI =
distanza piezometro-pozzo
immagine.
Sulla base di quanto
esposto relativamente
all'espressione di

Figura 112 approssimazione logaritmica di


Jacob, è da ricordare che, in un certo punto del cono di depressione, l'abbassamento è
Dispense di Idrogeologia - Fondamenti & Complementi I di Idrogeologia - Cap. 4 (b) 220

direttamente proporzionale al
tempo di pompaggio ed
inversamente proporzionale al
quadrato della distanza dall'asse
del pozzo. Pertanto, nel
piezometro della fig. 113 varrà:

t0 : x2 = ti: XPI2
(4.37)
Dalla quale si ricava prima:
XPI2= x2
Figura 113 ti/t0 (4.38)
e poi: XPI = x ( ti/t0) (4.39)

Dato che, in questo caso, la distanza piezometro-pozzo immagine (XPI) è all'incirca


coincidente con quella pozzo reale-pozzo immagine, la distanza teorica del pozzo reale
dal limite (XPL) sarà data da:
XPL= (x/2) ( ti/t0) (4.40)

I suddetti passaggi matematici evidenziano quindi che la relazione (4.40) è valida


solamente quando la distanza pozzo reale-piezometro è piccola rispetto alla distanza del
pozzo reale dal limite.
Applicando la (4.40) al caso della fig. 4.21 si ha:
XPL = (x/2) ( ti/t0) = 10 (129600/360) = 189,7 m

Il valore così ottenuto è compatibile con i dati geologici riguardanti la struttura


idrogeologica in esame.
In generale, possono presentarsi vari casi di acquiferi limitati lateralmente da limiti a flusso
imposto (fig. 114), come quello del quale si è appena trattato, ognuno dei quali è
rappresentato, in un diagramma abbassamenti/log(tempi), da un andamento dei punti
sperimentali del tipo di quello visibile in fig. 114a: l'aumento di pendenza riscontrabile nel
tratto 2 della retta, che denota un incremento anomalo degli abbassamenti, può essere
dovuto ad una faglia tamponante (b), ad una diminuzione laterale di permeabilità (c) o ad
un limite stagno (d).
Dispense di Idrogeologia - Fondamenti & Complementi I di Idrogeologia - Cap. 4 (b) 221

Figura 114
Acquifero limitato lateralmente da un limite a potenziale imposto
Un esempio tipo sull'influenza di un limite a potenziale imposto è quello riguardante
una prova di pompaggio eseguita nell'acquifero con falda libera delle alluvioni della Senna
(fig. 115). La formazione idrogeologica permeabile è costituita di sabbie e ghiaie poggianti
su un substrato di calcilutiti compatte. Si è in presenza del cosiddetto sistema globale
acquifero/fiume: il tipo idrodinamico ipotizzabile è perciò caratterizzato da un acquifero con
falda libera limitato lateralmente da un limite a potenziale imposto.
La prova di pompaggio comporta un pozzo di 450 mm di diametro e di 15 m di
profondità: lo spessore dell'acquifero saturo è di 5 m. Questo pozzo è stato impiantato a
13 m dalla riva Nord della Senna: sono presenti anche tre piezometri (pz1, pz2, pz3) posti
alle distanze rispettive di 5, 11 e 13 m. La durata del pompaggio è stata di 48 ore a portata
3 3
costante con Q = 295 m /h = 0,08 m /s.
I dati del pompaggio, abbassamenti nei piezometri in metri e tempi di pompaggio in
secondi, hanno permesso di eseguire il grafico di fig. 115c. Gli abbassamenti mostrano un
accrescimento normale nel corso delle prime ore di pompaggio: in seguito essi segnano
una stabilizzazione, con gradino di stabilizzazione dopo circa 12 h, che persiste fino a 26h.
Dispense di Idrogeologia - Fondamenti & Complementi I di Idrogeologia - Cap. 4 (b) 222

Figura 115
Questo fenomeno può essere spiegato con lo studio dell'evoluzione del cono di
depressione (fig. 116). Prima del pompaggio (a), le acque sotterranee defluiscono verso la
Senna, che gioca il ruolo di drenaggio. Dall'inizio del pompaggio, si sviluppa nell'acquifero
il cono di depressione (in regime transitorio) sino al limite, a livello costante e quindi a
potenziale imposto, costituito dal livello dell'acqua lungo l'argine: così limitato, detto cono
si stabilizza. Di conseguenza, in questo settore il flusso idrico si inverte (b): il pozzo è
pertanto alimentato, in parte, dalle acque derivate dal fiume attraverso l'acquifero.
Poiché la struttura idrogeologica responsabile della stabilizzazione è identificata,
l'espressione di approssimazione logaritmica può essere applicata alla retta
rappresentativa a pendenza costante. Le rette rappresentative dei tre piezometri sono
quasi parallele. I valori delle pendenze sono: per pz1 (5 m) PCL1 = 0,24 m; per pz2 (11 m)
PCL2 = 0,22 m; per pz3 (13 m) PCL3 = 0,20 m.

Figura 116

I valori della trasmissività sono così calcolati:


-2 2
piezometro pz1, T = (0,183 0,08)/0,24 = 6,1 10 m /s
-2 2
piezometro pz2, T = 6,7 10 m /s
-2 2
piezometro pz3, T = 7,3 10 m /s
-2 2
I valori ottenuti sono coerenti e la trasmissività media dell'acquifero è di 6,7 10 m /s.
I coefficienti di immagazzinamento sono così calcolati:
Dispense di Idrogeologia - Fondamenti & Complementi I di Idrogeologia - Cap. 4 (b) 223
2 -2
pz1 a 5 m (t0 = 2,5 s) S = (2,25 0,067 2,5)/5 = 1,5 10
-2
pz2 a 11 m (t0 = 17 s) S = 2,1 10
-2
pz3 a 13 m (t0 = 30 s) S = 2,7 10
Il coefficiente di immagazzinamento medio dell'acquifero, e quindi anche la sua
-2
porosità efficace media visto che si tratta di una falda libera, è pari a 2,1 10 (2,1%).
La distanza teorica del pozzo di pompaggio dal limite non può essere valutata in
modo attendibile operando analogamente a quanto visto nell'esempio precedente: infatti,
in questo caso le distanze pozzo-piezometri risultano dello stesso ordine di grandezza di
quella pozzo-limite.

Figura 117
In generale, possono presentarsi vari casi di acquiferi limitati lateralmente da limiti a
potenziale imposto (fig.117), come quello del quale si è appena trattato, ognuno dei quali è
rappresentato, in un diagramma abbassamenti/log(tempi), da un andamento dei punti
sperimentali del tipo di quelli visibili in fig. 117a: la diminuzione di pendenza riscontrabile
nel tratto 2 della retta denota che l'emungimento è arrivato ad interessare zone acquifere
più permeabili di quella circostante il pozzo (caso della fig. 117c, con K<K'); se, invece, gli
incrementi di depressione diventano nulli (e la retta risulta, quindi, parallela all'asse dei
tempi; tratto 3) significa che durante la prova si è creato un equilibrio tra alimentazione ed
emungimento. Quest'ultimo fenomeno può essere dovuto alla presenza di una superficie
d'acqua libera (b), ad un considerevole aumento laterale della permeabilità (caso della fig.
117c, con K<<K') o ad un flusso importante diretto verso una sorgente (d).

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