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Endocrinologia 2 11/03/2021 Prof.

Simoni Cocchi-Remitti-Massetti

VASOPRESSINA
La vasopressina ha la funzione di aumentare la pressione arteriosa, oltre a regolare l’equilibrio
idrico. Agisce attraverso 3 tipi di recettore:
• V1, il quale si trova sulla muscolatura liscia vascolare, sulle piastrine, sugli epatociti e sul
miometrio con attività di vasocostrizione, aggregazione piastrina e la glucogenolisi;
• V2, fondamentale per il riassorbimento dell’acqua nel tubulo collettore renale, infatti si trova
nella parte baso laterale della membrana di tale tubulo con funzione di attivare i canali
dell’acqua;
• V1b o V3, il quale si trova nell’ipofisi anteriore favorendo il rilascio di ACTH;

La vasopressina è sensibile agli osmocettori (avvertono variazioni della pressione osmotica,


infatti se questa aumenta i recettori stimolano la produzione di ADH o vasopressina) e ad i
barocettori (presenti nell’arco aortico e nel seno carotideo, sensibili alla riduzione di pressione).
Questi ultimi entrano in gioco in caso di cali importanti della pressione come shock o ipovolemia
(es emorragia). La vasopressina agisce sui V1 aumentando la pressione con la vasocostrizione e
sui V2 renali aumentando il
riassorbimento dell’acqua
riequilibrando squilibri del sistema
idrico.

La vasopressina a livello renale


interagisce con il recettore sulla
membrana: il messaggio viene
trasdotto attraverso l’AMPc, il
quale stimola la sintesi e la
traslocazione dei canali dell’acqua
(Acquaporina 2) attraverso un
trasporto vescicolare verso la
membrana che aggetta nel lume
del tubulo renale. L’acqua
riassorbita transita attraverso la cellula e giunge nel sangue per ristabilire la corretta pressione
osmotica.

Questi meccanismi rientrano


anche nel grande capitolo della
sete: l’osmolarità plasmatica,
l’apporto idrico e il riassorbimento
dell’acqua nel rene sono i
determinanti dell’osmolarità
plasmatica, la quale deve rimanere
all’interno di specifici valori. Se
questa aumenta, per differenti
motivi fra cui riduzione
dell’idratazione, perdita di liquidi o
assorbimento di sodio, si attivano:
gli osmocettori, il senso della sete
e la secrezione di vasopressina
dall’ipofisi posteriore e
conseguentemente aumenta il
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riassorbimento di acqua da parte del rene. E’ un meccanismo di feedback che mira al
mantenimento costante dell’osmolarità.

DOSAGGI ORMONALI IN DIAGNOSTICA ENDOCRINOLOGICA


Per eseguire di dosaggi ormonali è necessario fissare alcune informazioni chiave:
• gli ormoni vengono misurati con dosaggi immunometrici, i quali sono molto sensibili per la
ricerca di sostanze in concentrazioni nanomolari o picomolari;
• non tutti gli ormoni sono di facile rilevazione e misurazione per le bassissime
concentrazioni, come i piccoli steroidi, o perché facilmente degradabili come l’ACTH (peptide
semplice molto instabile in circolo e spesso preda delle proteasi sieriche);
• necessario considerare le ritmicità e ciclicità (circadiana, pulsatilità, ciclo mestruale, sesso ed
età ad esempio per gonadotropine e IGF-1);
• l’interpretazione dei risultati deve tenere conto del feed-back: i livelli possono risultare normali
come valore assoluto misurato, tuttavia possono essere inappropriatamente bassi o alti in
relazione ad una ipo o iper funzione della ghiandola periferica. Ad esempio se un paziente
possiede una tiroidite cronica o un ipotiroidismo primitivo (la tiroide non funziona
adeguatamente) non produce gli ormoni tiroidei, quindi questi sono bassi in circolo e non
esercitano feed-back negativo nei confronti dell’ipofisi. Ci aspettiamo che i livelli di TSH siano
quindi più elevati della norma, tuttavia ci sono casi in cui i valori sono normali; questo dato va
interpretato come il risultato della terapia ormonale sostitutiva o un problema della produzione
degli ormoni ipofisari (ipopituitarismo);
• i livelli ormonali vanno sempre valutati insieme al quadro clinico del paziente.

VALUTAZIONE DEL GH
Per la valutazione del GH è necessaria la misurazione dei valori di:
• GH;
• IGF-1;
• IGF-BP3 (IGF- Binding Protein 3, la quale solitamente corrobora i valori di IGF-1).

Nel caso di difetti secretivi di GH troveremo:


• IGF-1 basso o tendente al basso;
• assenza del picco notturno;

In questo breve elenco non ritroviamo bassi valori di GH, perché questi sono normalmente bassi
avendo un andamento pulsatile e prevalentemente notturno; non sono perciò informativi i valori di
GH basale nel caso di sospetti deficit di GH, mentre i valori di IGF-1, con le sue proteine di legame
che misuriamo in circolo, ci danno una valutazione più integrata nel tempo e più informativa dello
stato del GH. Solitamente vengono eseguite anche delle prove di stimolo, le quali valutano le
possibilità e le potenzialità secretive dell’ipofisi di rispondere a stimoli fisiologici. Queste prove
sono
1. lpoglicemia insulina (ITT, Insuline Tolerance Test): somministrando 0,05-0,1 UI/Kg con
prelievi ogni 15-30 min per 90 min. Questa prova, molto sensibile e con importante valore
diagnostico, non viene quasi mai eseguita in quanto è necessario portare la glicemia del
paziente al di sotto di 40 mg/dl allo scopo di produrre un picco significativo di GH, comportando
dei rischi.
2. Test GHRH+arginina: il GHRH è uno stimolo naturale proveniente dall’ipotalamo alla
produzione di GH, mentre l’arginina è un amminoacido (anch’essa in grado si stimolare la
produzione di GH molto più di altri amminoacidi). La combinazione di questi due fattori
determina un picco di GH nel giro di 30 min (anche in questo caso si eseguono prelievi ogni
15-30 min per 90-120 min); si definisce normale se il picco supera 9 ng/ml nell’adulto o 19
ng/ml nel bambino/età di transizione.
Se, d’altra parte, sospettiamo un eccesso secretivo come nell’acromegalia o nel caso di un
adenoma ipofisario GH-secernente, si misurano i livelli di GH e di IGF-1, i quali potranno essere

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superiori alla norma. Anche in questo caso la misurazione dei valori di IGF-1 è molto più
informativa rispetto a quella del GH. Possiamo, inoltre, eseguire una prova di stimolo che aumenta
la glicemia con un test a carico orale di glucosio (OGTT): l’iperglicemia inibisce la secrezione di
GH in condizioni normali. Vengono eseguiti prelievi periodici per 120 min dopo la somministrazione
di glucosio. La normalità è una soppressione del GH sotto 1-0,2 ng/ml. Questo test viene eseguito,
oltre in ambito diagnostico, anche in ambito di follow-up di pazienti con adenoma ipofisario GH-
secernente.

VALUTAZIONE DELLA PROLATTINA

Per la valutazione della prolattina, in prima istanza eseguiamo una misurazione della prolattina
basale, tuttavia è necessario tenere conto della ritmicità, della pulsatilità spiccata e del repentino
aumento in corso di stress (anche la semplice puntura dell’ago che esegue il prelievo). Per far
fronte a queste variabili che potrebbero falsare i risultati, solitamente si colloca in paziente su un
lettino e gli si inietta della soluzione fisiologica finché lo stato di stress non cala e il
paziente di calma, dopodiché si eseguono prelievi ogni 15-20 min per 1 o 2 ore con ago a dimora.
Si definisce la condizione di iperprolattinemia per valori superiori a 25 ng/ml o 500 mUI/L.
Questa definizione però non è sufficiente, in quanto si valuta anche l’entità del superamento di
questo valore soglia appena espresso: se la prolattina risulta superiore a 500 ng/ml probabilmente
siamo davanti a macroprolattinoma, etc.
E’ inoltre importante distinguere la iperprolattinemia dalla macroprolattinemia: la prolattina
deriva dal precursore BIG-prolattina, il quale può esso stesso essere presente a livello ematico
rappresentando fino ad un 20-30% della prolattina totale. Non è biologicamente attivo, ma
interferisce con il dosaggio della prolattina stessa. Un’altra condizione che può verificarsi (anche
per altri ormoni ipofisari) è che interagisca con anticorpi esterofili formando dei complessi che
determinano un innalzamento del valore misurato di prolattina in circolo: anche questo fenomeno è
parte della macroprolattinemia. In laboratorio è possibile eliminare la macroprolattinemia attraverso
un trattamento del siero, nel caso in cui ci siano valori estremamente elevati di prolattina senza un
corrispettivo riscontro clinico o alla risonanza magnetica.
Un tempo si eseguivano prove dinamiche, tuttavia ora non vengono più utilizzate: sono risultate
obsolete dal momento che la ricerca dell’adenoma attraverso la RM è ormai il gold standard.
E’ infine necessario ricordare che il TRH può stimolare la prolattina: se ipotizziamo di avere un
paziente con ipotiroidismo primitivo, questo avrà riduzione del feed-back degli ormoni ipofisari a
livello ipotalamo-ipofisario con un’aumento del TRH, che sarà responsabile dell’incremento del
TSH e un lieve aumento della prolattina come “effetto collaterale”.

VALUTAZIONE DELL’ACTH

L’ACTH viene sempre valutato insieme al cortisolo. E’ un ormone labile una volta prelevato,
perciò va conservato nel ghiaccio e inviato subito al laboratorio.
Dal punto di vista funzionale la valutazione viene eseguita misurando:
• le concentrazioni di ACTH in circolo alle ore 8 e alle ore 18, seguendo il suo ritmo circadiano;
• il cortisolo plasmatico alle ore 8 e 18;
• il cortisolo salivare alle ore 24; in quanto a quell’ora è estremamente basso se viene mantenuto
il ritmo circadiano fisiologico. Il cortisolo salivare non è legato alle proteine (è libero) perciò è
biologicamente attivo. Questa misurazione è comoda dal punto di vista organizzativo perché il
campione può essere raccolto direttamente dal paziente a domicilio;
• il cortisolo libero urinario nelle 24 ore; essendo la secrezione di cortisolo ritmica, i valori
misurati di cortisolo plasmatico dipendono dal momento del giorno in cui si esegue il prelievo.
Se valutiamo la quota urinaria abbiamo un quadro integrato della completa produzione di
cortisolo della giornata, fornendo una misura fedele di un’eventuale ipo o iper produzione
dell’ormone;

I livelli di cortisolo plasmatici possono essere influenzati dalla CBG (Cortisol Binding Globulin),
dal momento che se quest’ultima aumenta, lo fa anche il cortisolo plasmatico totale per mantenere

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normali i livelli di cortisolo libero (l’unico biologicamente attivo). La CBG a sua volta viene
aumentata dagli estrogeni.
In caso di sospetto di difetti secretivi possiamo eseguire dei test:
1. Ipoglicemia insulina (ITT), la quale stimola fisiologicamente il CRH. Nel caso in cui questo
rialzo non avvenga possiamo avere la certezza della presenza di un difetto dell’asse
ipotalamo-ipofisi-surrene e il livello specifico a cui si verifica: ad esempio se risponde al CRH,
ma non all’ACTH sarà a carico dell’ipofisi. Come per il GH questo test non viene quasi mai
eseguito per i rischi a cui viene sottoposto il paziente.
2. Test al CRH; questo test è meno specifico. Individua un eventuale difetto ipofisario, dal
momento che somministrando CRH ci aspetteremmo che l’ACTH aumenti; tuttavia a volte c’è
comunque una risposta al CRH nonostante il problema a livello ipofisario.
3. Test all’ACTH; somministrando ACTH e misurando il cortisolo di risposta, possiamo vedere
l’attività del surrene. Si riesce ad individuare nel caso questa non funziona correttamente. Il
surrene può andare incontro ad atrofia secondaria o iposurrenalismo primario (in questo caso
ci aspettiamo che l’ACTH sia alto, anche se può non esserlo a causa del ritmo circadiano e
della pulsatilità, caratteristiche che possono ingannare con livelli inappropriati di ormone).
Questo test viene utilizzato per l’iposurrenalismo primario, in quanto si osserva che il cortisolo
non aumenta a seguito della somministrazione di ACTH; inoltre viene utilizzato in caso di
deficit ipofisario per saggiare le condizioni del surrene (in quanto la mancanza di stimolazione
con ACTH può portare il surrene ad atrofia).

Per quanto concerne gli eccessi secretivi possono essere eseguite delle prove da inibizione.
Nel caso di un paziente con aspetti clinici riferibili ad un eccesso di cortisolo vengono misurati i
livelli basali di cortisolo e ACTH nel sangue e nelle urine, dopodiché è necessario individuare la
causa di tale condizione: ipofisaria (adenoma ACTH secernente) o surrenalica (adenoma
surrenalico che produce cortisolo). Per il meccanismo del feed-back ci aspetteremmo che l’ACTH
nel primo caso sia elevato, mentre nel secondo sia basso; tuttavia questo non è sempre chiaro
vista la pulsatilità dell’ACTH in circolo. E’ necessario perciò un altro metodo di individuazione del
problema: si potrebbe eseguire una RM per cercare la eventuale presenza di un adenoma
surrenalico, tuttavia questo potrebbe non essere individuato o essere non secernente.
Il principio su cui si basa la prova da inibizione è il seguente: considerando un individuo normale
senza adenomi ipofisari o surrenalici con cortisolemia e funzioni dell’asse ipotalamo-ipofisi normali,
se gli venisse somministrato un cortisonico la sua funzionalità surrenalica dovrebbe diminuire1.
Questo è il principio su cui si basa il test di soppressione con Desametazone (DMX): davanti ad
un iper-corticolismo individuato misurando il cortisolo nelle urine delle 24 ore posso provare a
sopprimere l’ipofisi con la somministrazione di un cortisonico. Si utilizza il Desametazone perché
non interferisce con il dosaggio del cortisolo, altrimenti avrei dei dati non autentici dalla
misurazione degli ormoni nel sangue. Il Desametazone viene somministrato, per il test di Nugent,
in quantità di 1 mg alle ore 23: in una persona normale il test risulta negativo attraverso un
abbassamento del cortisolo sotto ad 1,8 microgrammi/dl alle ore 8 della mattina successiva. In un
paziente con un adenoma ACTH secernente, invece, nonostante la somministrazione di
Desametazone, si riscontrano al mattino, comunque, livelli elevati di cortisolo. Un test di Nugent
positivo è quindi indicativo della presenza di un adenoma ipofisario; tuttavia può anche risultare
negativo in quanto ci sono adenomi più o meno sensibili. Nel caso di adenomi poco sensibili posso
aumentare le dosi di cortisonico somministrate: con il test di Liddle sottopongo al paziente 0,5 mg
di DMX ogni 6 ore per due giorni per poi rivalutare i livelli di cortisolo la mattina seguente alle 8 (i
valori normali sono sotto 1,8 microgrammi/dl). In alcuni casi l’adenoma ipofisario negativo al test di
Nugent, risponde invece alla stimolazione più forte del test di Liddle. Nel caso entrambi i test diano
risultino negativi, è possibile somministrare 8mg/die per due giorni di Desametazone: la risposta a
questo test solitamente è indicativa di una produzione ectopica di ACTH.
Ricordiamo inoltre l’importanza della presenza di casi di falsi negativi, che si verificano spesso in
caso di etilismo (può dare pseudocushing con aumento del cortisolo), obesità, iper-estrogenismo e
somministrazione di alcuni farmaci.

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un trattamento ad alte dosi per una patologia infiammatoria va infatti interrotto decrementando
gradualmente il farmaco per evitare una insufficienza surrenalica
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Esiste un altro test di stimolazione con CRH, ma viene eseguito raramente in quanto spesso non
necessario: la risposta dovrebbe essere assente in caso di sindrome di Cushing (dovuta ad
adenoma surrenalico, la quale determina una soppressione dell’ACTH) o in caso di produzione di
ACTH ectopico (alcuni tumori polmonari producono ACTH).

VALUTAZIONE DEL TSH

La misurazione del TSH basale è molto informativa, affidabile e sensibile. La concentrazione di


TSH ematica è piuttosto stazionaria e non presenta ritmi di pulsatilità rilevanti. Oltre a misurare il
TSH si misura anche la quota libera degli ormoni T3 e T4 (FT3-FT4) oppure si eseque il TSH-
reflex.
In caso di difetti secretivi il TSH può
presentarsi:
• Inappropriatamente normale o
basso con FT3 ed FT4 ridottiàin
questo caso si farà diagnosi di
ipotiroidismo centrale (la causa
potrebbe essere un adenoma
ipofisario non secernente).
Per distinguere un difetto ipotalamico da uno
ipofisario si può eseguire un test di stimolo
con TRH, è un esame che si esegue solo in
condizioni particolari.

In caso di eccessi secretivi il TSH può presentarsi:


• Inappropriatamente normale o alto con FT3 ed FT4 elevati (in questo caso patologico la
secrezione di TSH non risponde al feedback negativo)àsi sospetta la presenza di un
adenoma TSH secernente, oppure una resistenza ipofisaria agli ormoni tiroidei (caso
molto raro dovuto a mutazioni dei recettori degli ormoni tiroidei).
In casi particolari si può eseguire un test di stimolo con TRH (TSH nella slide è sbagliato) oppure
un test di inibizione con T3, questi esami sono utili per distinguere un TSHoma (adenoma
secernente TSH) da una resistenza ipofisaria agli ormoni tiroidei.

TSH-reflex
(Credo che l’algoritmo
diagnostico riportato
nell’immagine sia molto più chiaro
della spiegazione scritta. A voi la
scelta)
L’esame di routine per valutare
la funzionalità dell’asse ipofisi-
tiroide è il TSH-reflex. Il
laboratorio misura il TSH, se il
valore è normale non c’è bisogno
di misurare FT3 ed FT4.
Se il TSH è elevato il laboratorio
automaticamente misura FT4 e
manda il referto al medico.
• Se FT4 è normale il
medico farà diagnosi di
ipotiroidismo subclinico.
• Se FT4 è basso il medico
farà diagnosi di ipotiroidismo primario.

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Se il TSH è basso il laboratorio automaticamente misura FT4.
• Se FT4 è alto la diagnosi sarà di ipotiroidismo primario.
• Se FT4 è normale verrà richiesto di misurare anche FT3.
o Se FT3 è normale si farà diagnosi di ipertiroidismo subclinico.
o Se FT3 è elevato si farà diagnosi di T3 tireotossicosi, ovvero ipertiroidismo primitivo
in cui T3 è preponderante rispetto a T4.

VALUTAZIONE DELLE GONADOTROPINE


In caso di ipogonadismo si vanno a misurare
LH ed FSH basali insieme agli steroidi
gonadici.
La secrezione delle gonadotropine è pulsatile
e ritmica. Se abbiamo un ipogonadismo
centrale la pulsatilità è ridotta o abolita.
È necessario ricordare che:
• nella donna i livelli di gonadotropine
cambiano durante le fasi del ciclo
mestruale;
• nell’uomo il testosterone presenta un
ritmo circadiano, simile a quello del
cortisolo (più elevato al mattino e più basso al pomeriggio/sera).

Se sospettiamo difetti secretivi si esegue un test con GnRH:


• se la risposta è assente il difetto è ipofisario (ad esempio nel caso di adenoma non
secernente che ha distrutto le cellule secernenti gonadotropine)
• se la risposta è presente il difetto è ipotalamico;
• se la risposta è assente all’inizio e dopo alcuni giorni è presente (in seguito a stimolo
ripetuto) il difetto è sempre ipotalamico; questo succede nel caso di ipogonadismi congeniti
da deficit di secrezione del GnRH.
Se sospettiamo un difetto ipotalamico si può eseguire il test al clomifene.
(Parte presa da internet perché la prof non è stata molto chiara)
Il clomifene è un anti-estrogeno che fa sì che l’ipotalamo (che a sua volta controlla l’ipofisi) non sia
più sensibile all’inibizione derivante dalla concentrazione degli ormoni ipofisari circolanti, facendo
sì, nei soggetti normali, che la sua somministrazione sia seguita da un netto aumento delle
gonadotropine FSH e LH nella circolazione sanguigna.
Se si sospetta un eccesso secretivo si vanno a misurare LH ed FSH basali:
• se entrambi elevatiàipogonadismo primario o menopausa:
• se elevato solo FSHàinsufficienza ovarica (dovuta ad esempio a menopausa prematura)
o insufficienza seminale (infertilità maschile in cui i livelli di testosterone e LH sono normali
ma gli spermatozoi non vengono prodotti. Viene meno il feedback negativo da parte
dell’inibina B e l’FSH si eleva).

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INDAGINI PER IMMAGINE E OFTALMOLOGICHE


Nel paziente in cui sospettiamo una lesione
ipofisaria possiamo svolgere diversi studi di
diagnostica per immagini e oftalmologici:
• Radiografia standard del cranio per
morfologia sellareàpoco usata perché
solo gli adenomi giganti (>40mm) sono
in grado di modificare la forma della
sella turcica.
• Risonanza magnetica con mdc a
base di gadolinio (gold
standard)àidentifica anche adenomi di
piccole dimensioni (1/2mm).
• Tomografia computerizzata con mdcàutilizzata soprattutto in pazienti che devono
essere sottoposti ad intervento chirurgico per definire le strutture circostanti.
• Imaging radiorecettorialeàutilizzato in caso di paziente inoperabile in cui ci interessa
sapere se possiamo trattarlo farmacologicamente. I farmaci utilizzati in questi casi sono
analoghi della somatostatina (è l’inibitore fisiologico della secrezione di GH, ma
sappiamo che i recettori della somatostatina sono presenti su molti adenomi ipofisari anche
non secernenti GH. Gli analoghi della somatostatina andranno a colpire questi adenomi
causandone la diminuzione di volume). Per sapere se il tumore è sensibile a questi farmaci
si esegue l’octreoscan, un tipo di imaging recettoriale che sfrutta l’octreotide marcato che
si lega solamente agli adenomi che presentano i recettori per la
somatostatina. In caso di positività ad octreoscan si potrà tentare la
terapia farmacologica, altrimenti è inutile.
• Oftalmoscopiaàsi esegue perché l’adenoma ipofisario può causare
una degenerazione assonica retrograda del nervo ottico e atrofia ottica.
• Campimetria visivaàal di sopra dell’ipofisi si trova il chiasma ottico, nel
caso in cui l’adenoma ipofisario vada a comprimere il chiasma ottico
questo causerà una emianopsia bitemporale.
• Potenziali visivi evocatiàesame che serve per analizzare la
degenerazione delle vie ottiche.
Campimetria visiva
Le fibre che si incrociano nel chiasma ottico sono quelle responsabili
dell’innervazione della retina mediale, ovvero quelle responsabili della visione
laterale. Nel caso in cui un adenoma ipofisario vada a comprimere il chiasma
ottico il paziente perderà la visione laterale.
Campimetria visiva

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CLASSIFICAZIONE EZIOLOGICA DELLE PATOLOGIE


IPOTALAMO IPOFISARIE
Malattie non neoplastiche
Queste patologie sono state trattate molto più chiaramente dal prof. Maiorana nella lezione 1 di
Anatomia Patologica 3 (lezione del 10/03/21).

• Malformazioni: la più frequente è detta “sindrome della sella vuota”. È dovuta


all’erniazione dello spazio aracnoideo con accumulo di liquor all’interno della sella turcica. Il
liquor va a comprimere l’ipofisi che risulterà schiacciata sulle pareti della sella turcica. Nella
maggioranza dei casi non provoca nessuna patologia endocrina anche se in alcuni pazienti
può risultare in una diminuita funzionalità ipofisaria. Questa malformazione è visualizzabile
all’RX, in TC e in RM e spesso la si riscontra come reperto occasionale in pazienti che
eseguono questi esami per altri motivi.
• Forme genetiche: la più importante è la sindrome di Kallmann che causa ipogonadismo
ipogonadotropo congenito. La sindrome è causata da mutazioni di geni responsabili
dell’attivazione dell’asse ipotalamo-ipofisario riguardanti le gonadotropine, come risultato si
avrà deficit di rilascio di GnRH.
• Forme genetiche sindromiche: es. sindrome di Prader-Willi
• Lesioni vascolari: es. sindrome di Sheehan caratterizzata da necrosi ipofisaria causata
da emorragia post-parto. Sfocia in ipopituitarismo acuto.
• Processi infiammatori o Ipofisiti. Erano patologie estremamente rare ma negli ultimi anni a
causa degli effetti collaterali di farmaci antitumorali immunomodulatori antimelanoma si
riscontrano molto più spesso casi di ipofisite che esitano in ipotiroidismo e iposurrenalismo
• Disordini metabolici: es. emocromatosi patologia che causa la deposizione di ferro in
diversi tessuti. L’ipofisi risulta essere una sede frequentemente colpita da questa patologia,
ne consegue una degenerazione della ghiandola. Sono da tenere monitorati i pazienti con
talassemia.
• Forme iatrogene da ablazione dell’ipofisi.
• Forme psicogene: es. anoressia nervosa.

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• Forme traumatiche: es. traumi cranici in seguito a incidenti stradali.

Malattie neoplastiche

• Adenomi ipofisari secernenti, li vedremo tutti nel dettaglio più avanti, in generale ne
sospettiamo la presenza perché causano sindromi da eccesso ormonale. Gli adenomi
secernenti possono produrre un solo ormone o più di uno, Di questi ultimi i più frequenti
sono quelli che producono contemporaneamente GH e PRL perché le cellule che
producono questi 2 ormoni hanno in comune il precursore (cellule mammosomatotrope).
• Adenomi ipofisari non secernenti, non producendo ormoni è più difficile sospettarne la
presenza, possono però dare ipopituitarismo o sintomi da compressione delle strutture
adiacenti (chiasma ottico, seno cavernoso). Gli adenomi non secernenti derivano anch’essi
da una linea cellulare secernente (cellule somatotrope, gonadotrope, corticotrope) ma non
hanno la capacità di produrre ormoni, questo è importante perché l’anatomo-patologo
grazie all’immunoistochimica è in grado di identificare la linea cellulare di derivazione.
• Adenomi atipici, rispetto agli adenomi secernenti e non secernenti, che solitamente non
presentano caratteristiche di malignità, gli adenomi atipici sono forme evolutive più attive
dal punto di vista proliferativo. Sono da tenere sotto controllo.
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• Carcinomi ipofisari (molto rari)


• Cisti: es. della tasca di Rathke (origine embriologica dell’ipofisi)
• Tumori non ipofisari, soprattutto ipotalamici, il più tipico è il craniofaringioma. L’ipofisi
può anche essere sede di metastasi di altri tumori, soprattutto linfomi.

ADENOMI IPOFISARI
Gli adenomi ipofisari vengono classificati
1. In base alle dimensioni in:
• Microadenomi: dimensioni < 10mm.
• Macroadenomi: dimensioni > 10mm.
• Adenomi giganti: dimensioni > 40mm:
o A solo sviluppo endosellare
o A sviluppo extrasellare
(invasivi, più complicati dal
punto di vista operatorio,
spesso non secernenti).

2. In base all’invasività in:


• Invasivi.
• Non invasivi.

3. In base alla capacità di produrre


ormoni in:
• Secernenti, questi danno un
sospetto clinico precoce perché
causano:

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o Sintomi da eccesso
ormonale.
o Sintomi da concomitanza
eccesso/deficit ormonale
nel caso in cui l’adenoma
determini la distruzione o la
compressione di un settore
ipofisario adiacente con il
blocco della secrezione di un
secondo ormone. Classico è
l’adenoma GH secernente
con compressione o
eliminazione della
componente responsabile
della produzione di PRL, il
paziente in questo caso sarà
caratterizzato da acromegalia
(+GH) e ipogonadismo (-PRL).
• Non secernenti, danno solamente sintomi compressivi nel caso in cui si espandano
intaccando le strutture adiacenti. Possono anche dare sintomi da deficit ormonale se
vanno a intaccare linee cellulari secernenti.

Epidemiologia
Gli adenomi ipofisari sono
tumori rari con una prevalenza
di 200 casi/milione. I più
frequenti sono i PRL-secernenti,
i secondi per frequenza sono gli
adenomi non secernenti, al
terzo posto troviamo i GH-
secernenti, al quarto posto gli
ACTH-secernenti. Gli adenomi
LH/FSH secernenti e gli
adenomi TSH-secernenti sono
rarissimi.
Si osserva nel grafico che gli adenomi non secernenti sono tutti macroadenomi perché non
dando sindromi da iperproduzione ormonale non vengono diagnosticati finché non danno sintomi
da compressione, questo succede solamente quando sono già macroadenomi (>10mm).

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