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05 Endocrinologia 18/03/2021 Negro, Reami

Prof. Rochira Ferrara

Patologie surrenaliche che portano a ipertensione


arteriosa
Queste ipertensioni sono classificate come ipertensione secondaria, in particolare secondarie a
una patologia endocrina.
Ripasso anatomia microscopica surreni
I surreni sono formati da due zone composte da cellule con derivazioni embrionali e funzioni
differenti:
- la porzione midollare dei surreni ha una derivazione embrionale di tipo neuroendocrino
cioè deriva dal neuroectoderma;
- la componente corticale deriva invece dal foglietto da cui si sviluppano tutte le componenti
epiteliali dell’organismo.
La corticale del surrene è a sua volta composta da tre
zone. Questa suddivisione è importante perché ognuna
produce ormoni differenti:

- la zona glomerulosa, quella più esterna, produce i


mineralcorticoidi;
- la zona fascicolata, quella intermedia, produce i
glucocorticoidi (già affrontati con la prof Simoni);
- la zona reticolare, quella più interna, produce gli
androgeni surrenalici (che andremo a vedere meglio
quando affronteremo i disturbi della crescita e della
differenziazione sessuale).
La parte midollare, invece, che tratteremo in questa
lezione, è deputata a produrre catecolamine.

Questi sono gli ormoni che vengono prodotti


nella corticale del surrene. Come si può vedere
nell’immagine, tutta la parte di sintesi degli
steroidi surrenalici parte sostanzialmente dal
colesterolo che viene trasformato in
pregnenolone. Dopo vari stadi enzimatici si ha
poi la produzione di cortisolo oppure dei
mineralcorticoidi.
Altrimenti, l’altra via di sintesi è verso la
produzione di androstenedione e poi androgeni
surrenalici.
Abbiamo già visto che i glucocorticoidi,
soprattutto il cortisolo, hanno un’attività
glucocorticoide, ma anche una piccola attività
mineralcorticoide che può far aumentare la
pressione quando il cortisolo è in eccesso.
Ovviamente, l’azione è debole se confrontata
con il mineralcorticoide principale che è
l’aldosterone.
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Ora vedremo quali sono le alterazioni che riguardano proprio la secrezione dell’aldosterone.
Iperaldosteronismo primario
È detto anche iperaldosteronismo primitivo o sindrome di Conn.

Conn era un medico degli anni 50 che aveva per primo identificato come causa dell’ipertensione di
alcuni pazienti la presenza di adenomi surrenalici che avevano elevata attività aldosteronica.
Sono poi state descritte altre cause di iperaldosteronismo primario, come si vede nella linea del
tempo, prevalentemente cause familiari dovute a mutazioni genetiche progressivamente scoperte
(che non sono da ricordare ma sono utili per capire).
Epidemiologia e cause
La prevalenza dell’iperaldosteronismo primario è il 5- 10% di tutti pazienti ipertesi, in particolare
l’11% degli ipertesi di nuova diagnosi. È una patologia piuttosto frequente tra i 20 e i 40 anni.
La causa più frequente (50% dei casi) è un adenoma secernente aldosterone, cioè un tumore
benigno del surrene che produce aldosterone in eccesso.
Un’altra causa può essere l’iperplasia surrenalica monolaterale o bilaterale. Molto raro è il
carcinoma surrenale aldosterone secernente. Ci sono infine le forme familiari che sono dovute
a mutazioni di vari geni, ma che sono tutto sommato molto rare, con una frequenza totale di circa
il 5% delle forme di iperaldosteronismo primario.

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Caratteristiche associate all’iperaldosteronismo primario


Le caratteristiche dell’ipertensione da iperaldosteronismo primario sono piuttosto peculiari.
Innanzitutto, causano sempre un’ipertensione importante di grado 2 o 3, resistente alla terapia
medica. A volte è necessario utilizzare fin da subito più di una categoria di farmaci antipertensivi.
Piuttosto frequentemente è associata ipokaliemia, cioè una riduzione dei livelli circolanti di
potassio. Spesso la diagnosi è accidentale.
È a rischio chi ha una familiarità con questo tipo di iperaldosteronismo e anche chi ha familiarità
con esordio precoce di ipertensione.

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Clinica
La clinica è sostanzialmente data dalla presenza di ipertensione e molto spesso ipokaliemia.
Ci possono anche essere altri sintomi legati all’ipertensione come la cefalea oppure sintomi legati
all’ipocalcemia come
- debolezza muscolare;
- parestesie;
- crampi muscolari.
Inoltre, possono nascere complicanze legate all’ipertensione nel tempo come
- cardiomegalia;
- ipertrofia ventricolare;
- aritmie;
- retinopatia.
Oppure ancora, complicanze legate all’ipokaliemia nel tempo:
- nicturia;
- poliuria (legate alla perdita di molti sali);
- alcalosi o ipocalcemia (meno frequentemente).
Diagnosi
La diagnosi di iperaldosteronismo
primario si fa andando a misurare il
rapporto ARR, ovvero il rapporto fra
l’aldosterone (PAC, plasmatic
aldosterone concentration) e la
renina.
Possiamo avere due cut-off differenti
a seconda che il laboratorio vada a
misurare l’attività reninica (PRA,
plasma renin activity) o direttamente
la renina plasmatica (DRC, direct
renin concentration).
Le unità di misura sono: per
l’aldosterone il PAC è espresso in
ng/dL, per la renina PRA è espresso
in ng/mL/hr e DRC in ng/dL.
La diagnosi di iperaldosteronismo si
fa se il rapporto tra aldosterone e
renina è:
- ARR > 30 (se utilizzo PAC/PRA)
- ARR > 5,7 (se utilizzo PAC/DRC), associato ad aldosterone PAC >150 pg/ml.
Un altro test che può venire in aiuto, anche se ultimamente si usa molto meno, è il dosaggio
dell’aldosterone urinario delle 24h. È abbastanza sensibile e dà un’indicazione dell’aldosterone
prodotto in tutta la giornata.
Spesso però questi dati sono difficili da interpretare, perciò, quando si ottengono dei valori
borderline, molto vicini ai valori di cut-off, si tende ad utilizzare un test di conferma. Ne esistono
vari ma si tende ad utilizzarne solo uno che vedremo in seguito.

(Domanda prof) “È importante avere dal paziente alcune informazioni riguardo soprattutto
interferenze con questi dosaggi?”
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(Risposta studente) “A che ora è stato fatto il prelievo”. >>> No. In realtà non è importante perché
non sono ormoni secreti con ritmo circadiano.
È molto importante invece sapere se il paziente assume alcuni farmaci che potrebbero interferire
con il dosaggio dell’aldosterone. La maggior parte di questi farmaci sono farmaci antipertensivi con
cui il paziente potrebbe essere già in terapia.
Essi interferiscono con il sistema renina-angiotensina aldosterone, in particolare i sartani e gli
ACE-inibitori che vanno ad agire proprio su questo asse.
I valori che misuriamo sono quindi inattendibili perché indotti dall’utilizzo di questi tipi di farmaci.
Anche i diuretici interferiscono molto.
Se un paziente è in terapia con questi farmaci si valuta il valore della pressione e se non è troppo
elevato si sospendono circa 20 giorni prima dell’esame.
Altrimenti, se il valore della pressione è troppo elevato per essere sospesa la terapia, si utilizzano
farmaci antipertensivi che non interferiscono con il dosaggio dell’aldosterone, come per esempio
gli alfa-litici, in particolare il Cardura, sempre minimo 15-20gg prima dell’esame.
Test di conferma
Ci sono molti test di conferma standardizzati.
Il primo è il carico salino orale, in cui si chiede al paziente di aumentare a domicilio l’assunzione
di sodio. Questo test ha però un grosso limite, perché il medico non controlla il paziente a casa ed
è difficile quindi sapere se il paziente ha effettivamente assunto più di 6 g di sodio al giorno per tre
giorni.
Perciò, il più utilizzato è il carico salino endovenoso, in cui si infondono 2 L di soluzione salina
allo 0,9% al paziente in posizione seduta. Successivamente si prelevano campioni di sangue al
tempo zero e dopo quattro ore.
Il valore di cut-off oltre al quale confermiamo la presenza di iperaldosteronismo primario è in linea
generale > 60-70 pg/mL (6-7 ng/dL).
Si possono effettuare anche altri test di conferma utilizzando dei farmaci. Questi test erano più
utilizzati in passato, ora sono meno usati perché leggermente più imprecisi (soppressione con
Fludro-cortisone o soppressione con Captopril; da slide).
Quindi la diagnosi viene impostata sulla base di esami bioumorali.
Una volta appurata la presenza dell’iperaldosteronismo si va a ricercare la causa di questo
andando ad effettuare una tac o la risonanza del surrene. Entrambe sono capaci di rilevare le
masse surrenaliche con capacità diagnostica molto simile.
In alcune situazioni particolari, quando sia il test di conferma che il test iniziale non sono
estremamente chiari oppure soprattutto quando le lesioni non sono esattamente visibili alla tac o
risonanza, si può procedere a fare un cateterismo selettivo delle vene. Si vanno a dosare
aldosterone e renina attraverso una tecnica angiografica che va a prelevare del sangue a livello
delle vene surrenaliche. Questo serve a caratterizzare bene la lesione in modo da arrivare poi alla
terapia, che è una terapia chirurgica. Infatti, bisogna essere sicuri della natura della lesione prima
di inviare al chirurgo il paziente, altrimenti si rischia di togliere una lesione che non lo è in realtà,
come ad esempio mielolipoma del surrene o altre condizioni benigne che non necessitano di
chirurgia.

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Nell’immagine tac si
osserva un’iperplasia
bilaterale dei surreni,
ovvero entrambi i
surreni sono aumentati
di dimensioni.

Questa invece è un’immagine di cateterismo con cui sostanzialmente attraverso tecniche


angiografiche si va ad incannulare la vena surrenalica, cercando di capire se c’è un gradiente a
destra o a sinistra per capire su quale surrene operare, soprattutto quando non si vede una lesione
evidente alla tac o alla risonanza. Quando si fa il cateterismo andiamo a dosare diverse cose, in

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particolare la lateralizzazione: se c’è un gradiente a destra o a sx. L’interpretazione di questa
procedura è piuttosto complicata perciò bisogna affidarsi ai radiologi interventisti che abbiano una
certa esperienza (10-15 interventi all’anno).

Terapia

Esistono due tipi di terapia: medica e chirurgica.


La terapia medica si basa sull’utilizzo degli antagonisti del recettore mineralcorticoide. Viene
utilizzato lo spironolattone.
Gli effetti collaterali possono essere dovuti al fatto che questi farmaci legano e bloccano
leggermente il recettore per gli androgeni e quindi possono generare effetti da ipoandrogenismo, in
particolare: nell’uomo deficit di erezione e ginecomastia, mentre nella donna irregolarità mestruali.
Un altro tipo di farmaci però meno efficaci sono i risparmiatori di potassio (es. amiloride).
Quando si usa la terapia medica?
Si usa sempre nell’attesa della terapia chirurgica, una volta fatta la diagnosi clinica e biochimica,
anche in attesa degli esami tac/risonanza che precisano la sede della lesione e il tipo di intervento
da fare.

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Oppure si continua ad utilizzare la terapia medica quando dopo le procedure di imaging non si
riesce a individuare una sede precisa. Si rende quindi necessario effettuare un wait & see per
vedere se la lesione cresce sei mesi/un anno dopo e diventa visibile all’imaging, ma comunque
contemporaneamente si deve controllare la pressione arteriosa.
La terapia di eccellenza è poi la terapia chirurgica. Essa si fa eseguendo una surrenectomia
monolaterale in caso di adenoma surrenalico (ovvero viene tolto tutto il surrene).
Nel caso delle iperplasie, la terapia chirurgica deve prendere in considerazione l’asportazione di
entrambi i surreni (surrenectomia bilaterale). Questa procedura si fa sempre in due sedute
chirurgiche differenti, cioè prima si toglie un surrene (generalmente quello più grande) e poi anche
l’altro.
La surrenectomia si può fare in due modi
- videolaparoscopia
- per via robotica (robot da Vinci)1
Entrambe le tecniche sono efficaci nella risoluzione chirurgica, quello che le differenzia sono
essenzialmente aspetti chirurgici riguardo alle complicanze post-operatorie, durata della procedura
etc.
La figura2 mostrerebbe l’accesso in videolaparoscopia in cui il paziente deve stare reclinato sul
fianco sul tavolo operatorio. Lo stesso tipo di approccio viene fatto con il robot da Vinci. Il fatto che
il paziente debba essere sul fianco costituisce l’ostacolo principale all’effettuazione della
surrenectomia bilaterale nella stessa seduta chirurgica. Girare il paziente significherebbe allungare
molto i tempi chirurgici, utilizzare due accessi differenti e aumentare quindi il rischio di
complicanze, oltre alle difficoltà tecniche di gestione della sala operatoria3.
Durante la procedura si procede ad individuare la vena surrenalica, una volta individuata si ha
accesso al surrene che vi sta sotto.

Ipertensione endocrina da altre patologie surrenaliche


Caso clinico
Siamo nel 1994, arriva in ospedale un paziente,
seguito in endocrinologia a partire da
quell’anno, con il quadro sintomatologico ed
obbiettivo descritto nella slide.
All’E.O. la pressione arteriosa misurata dal
medico in ambulatorio risulta normale (140/88
mmHg), ma il paziente racconta che qualche
volta era riuscito a misurare la pressione in
farmacia in concomitanza ai sintomi che
risultava essere elevata (165/135mmHg). (Nel
1994 non era così diffuso l’uso di misuratori di
pressione domestici).
Questa situazione di avere la pressione alta a casa e normale in ambulatorio non è molto
frequente. È molto più comune che il paziente si agiti in ambulatorio e quindi abbia una pressione
più elevata per esempio 170/110 mmHg, a fronte di una PA a casa di 118/75 mmHg.

1 i medici di Baggiovara hanno da poco pubblicato un articolo sul Journal of Laparoendoscopic and advanced of surgical

techniques intitolato “Robotic versus Laparoscopic Adrenalectomy: Pluriannual Experience in a High-volume Center
Evaluating Indications and Results” in cui si fa il confronto fra le due tecniche, a fronte anche dei costi più elevati del
robot da Vinci
2 il prof mostra una slide in cui le figure sono sovrapposte e descrive quella che non si vede…
3 una volta finita l’operazione il primo e il secondo operatore possono anche andare nell’altra sala a effettuare altre

operazioni, mentre altri richiudono; volendo girare il paziente bisogna aspettare di terminare queste procedure di
chiusura, per poi procedere con il secondo intervento dall’altra parte, allungando molto i tempi di anestesia
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In questa situazione si parla di “ipertensione da camice bianco”: in pazienti particolarmente
emotivi e ansiosi la misurazione della pressione risulta falsata, rendendo difficile per il medico
capire se la pressione è realmente alta o meno, soprattutto nelle patologie di cui stiamo parlando
in questa lezione. Spesso, infatti, l’ipertensione da iperaldosteronismo insorge in pz giovani (negli
anziani è più frequente quella essenziale).
Il mancato riconoscimento dell’ipertensione secondaria a iperaldosteronismo porta a trattare il pz
con farmaci a vita, quando la patologia si potrebbe risolvere con la chirurgia. Inoltre, se c’è molto
ritardo nella diagnosi, può insorgere ipertensione essenziale in seguito alla secondaria, che andrà
quindi comunque trattata con i farmaci antipertensivi.
Una volta insorta quella essenziale, se si risolve la problematica ormonale si possono comunque
ridurre il numero e il dosaggio dei farmaci antipertensivi. L’ipertensione essenziale nasce a causa
dal danno vascolare soprattutto a livello delle arteriole che si genera in seguito allo stress generato
dall’ipertensione secondaria mantenuta a lungo.
Quindi l’ipertensione da camice bianco poi è un problema soprattutto all’esordio quando il medico
deve capire se il paziente è davvero iperteso (ipertensione essenziale) oppure no.
Fattori che influenzano la misurazione della PA
- età
- presenza di aritmie
- assunzione di caffeina, nicotina, sostanze stupefacenti (es. cocaina) nei 30 min precedenti
- esercizio fisico nei 30 min precedenti
- posizionamento scorretto del manicotto
- posizionamento scorretto del paziente (generalmente deve essere misurata a pz seduto)
- dimensioni del manicotto, che devono essere adattate alla larghezza del braccio, altrimenti
si rischia di sovrastimare (nei bambini, in adulti magri/obesi)
Nelle misurazioni iniziali conviene misurare la PA in entrambi gli arti superiori e tenere in
considerazione il valore maggiore se sono presenti incongruenze tra i due valori (a volte ci sono
differenze importanti anche nell’ordine dei mmHg tra lato dx e sx).

Nella tabella sono elencati alcuni fattori che influenzano la pressione e come varia in funzione di
questi. Ad esempio, un errore piuttosto frequente è quello di misurare la pressione sopra i vestiti,
che può indurre una variazione anche di +/- 10-40 mmHg, non trascurabili poiché un paziente
iperteso rischia di risultare normoteso.

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Analogamente, se il manicotto è troppo piccolo si tende a sovrastimare di 10-40 mmHg. Questo
può succedere nei grandi obesi che hanno una conferenza del braccio importante, quindi se
usiamo un manicotto comune rischiamo di valutarli tutti come ipertesi per errori di misura.
In funzione della circonferenza del braccio sono stati prodotti manicotti appositi (ad esempio
esistono manicotti pediatrici o per braccia estremamente magre.
Ci sono poi altri fattori che possono modificare momentaneamente la pressione:
• alcune posizioni possono fa aumentare la pressione, come incrociare le gambe
• non essere a riposo da almeno 3/5min
• parlare durante la misurazione
• una respirazione alterata
• il riempimento vescicale (una vescica piena determina un aumento di 10-15mmHg)
• presenza di dolore (influisce relativamente)
• il pasto (solo dopo pasti molto abbondanti: in questo caso si aspettano un paio di ore prima
della misurazione)
Da sottolineare è inoltre l’effetto dell’ansia da camice bianco, che può comportare forti differenze
fra la pressione misurata a casa e in ambulatorio. Per ovviare a queste misurazioni si può sfruttare
un Holter (misurazione della pressione nelle 24h durante la vita quotidiana del paziente).
Durante la visita, se sospetto una ipertensione da ansia da camice bianco, posso lasciare dopo la
prima misurazione il manicotto al braccio, continuare l’intervista anamnestica, lasciar trascorrere
10-15 min e rimisurare poi la pressione (staccare e riposizionare il manicotto potrebbe fa ripartire
l’ansia). In questo modo si ottengono più misurazioni e posso calcolare un valore medio. Nelle
ipertensioni da camice bianco spesso dopo 10 min si ottengono valori normali, in questo caso
potrei avere una indicazione per l’Holter.
Tornando al caso clinico: data la non chiarezza del caso è stato chiesto al paziente di continuare a
rilevare la pressione al domicilio e, dopo qualche giorno, il paziente si ripresenta avendo notato
che, durante gli episodi, riscontra valori anche di 180/110, quindi molto elevati.
Il problema principale è che la sintomatologia è episodica e il medico potrebbe effettuare la sua
misurazione in un periodo intercritico, rilevando una pressione normale o solo lievemente alterata.
Questi episodi sono distanziati da periodi molto variabili in cui la pressione ritorna a valori
normali/simili alla normalità. Nella valutazione diagnostica della pressione arteriosa bisogna
sempre cercare di stabilire i reali valori pressori valutando:
• gli elementi che potrebbero farmi da modificatori,
• eventuali cause di ipertensione secondaria se ci sono i presupposti
• infine, dovrò stratificare il rischio del mio paziente.
Le procedure da effettuare sono: misurare la PA ripetutamente possibilmente in coincidenza con la
sintomatologia, valutare la storia clinica, effettuare un buon esame fisico per poi passare alla
valutazione strumentale e di laboratorio se vi sono i presupposti.
Il nostro paziente con episodi di ipertensione severa accompagnati dalla sintomatologia
precedentemente descritta, cosa potremmo supporre? (risposte degli studenti commentate dal
prof)
• Iperaldosteronismo (è legato alla presenza di adenomi o neoplasie e genera una
ipersecrezione stabile, non episodica, quindi no)
• attacco di panico (si, solitamente si vedrà pressione alta con ansia, tremori, sudorazione,
ecc.)
• ipertiroidismo (gli effetti degli ormoni tiroidei sono generalmente legati al cuore ovvero alla
comparsa di cardiopalmo, tachicardia e fibrillazione atriale. Raramente dà una ipertensione

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arteriosa severa, solitamente è una condizione leggera, quando è visibile si associa a
ritardo diagnostico e mancanza di trattamento. Si vedono anche irritabilità, sintomi continui
e non episodici, sudorazione, sensibilità al caldo)
• Eccesso di catecolammine/feocromocitoma (un aumento delle catecolamine può
causare sintomi da attivazione del SN simpatico come lipotimie, tremori, sensazioni d’ansia
ed eventi episodici perché sono frequenti delle secrezioni NON toniche/continue ma a
poussée)
• Stenosi delle arterie renali (dà una attivazione del renina-angiotensina-aldosterone tonica,
quindi solitamente l’ipertensione è continua)
Quindi dobbiamo tenere in considerazione gli attacchi di panico e il feocromocitoma.

Studi mostrano che le misurazioni medie della PA effettuate in ambulatorio sono sempre
leggermente maggiori rispetto a quelle effettuate a domicilio (quindi spesso si considerano valori
leggermente più elevati per fare diagnosi).
Quali sono le opzioni terapeutiche per il mio paziente?
Devo capire se è una sindrome ansiosa/attacco di panico o un feocromocitoma. A livello
ambulatoriale posso:
(Risposta di uno studente): effettuare un dosaggio delle catecolamine (procedura datata se
effettuata nelle urine, si può effettuare una misurazione sul plasma che però risulta più imprecisa e
complessa a causa della strumentazione richiesta e perché potremmo rischiare di analizzare un
momento in cui la secrezione di questi ormoni non è importante e potremmo vedere valori normali)
Negli anni ‘90 si analizzavano le catecolamine
urinarie (adrenalina, noradrenalia e dopamina). Ad
oggi si sfruttano invece le metanefrine urinarie, dei
metaboliti delle catecolamine molto più sensibili e
specifici (raramente dà falsi negativi). Le
catecolamine urinarie invece sono più soggette al
rischio di falsi negativi, tant’è che in passato
l’esame veniva ripetuto se risultava normale ma la
clinica appariva fortemente suggestiva.

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Nel nostro caso clinico vediamo nelle analisi valori alterati delle catecolamine, che appaiono molto
elevate. Viene effettuata una diagnosi di feocromocitoma.
Breve riassunto delle vie metaboliche delle catecolamine: vengono
prodotte a partire dalla tirosina attraverso varie tappe enzimatiche.
Viene prodotta inizialmente DOPA che viene trasformata
progressivamente in dopamina, norepinefrina e epinefrina.
Un aspetto importante è legato alla degradazione di queste
sostanze, effettuato da enzimi come i COMT che le riducono nelle
metanefrine, o in acido diidrossimandelico4 (tramite le MAO).
A livello metabolico l’effetto principe delle catecolamine è l’azione a
livello del simpatico.

Feocromocitoma
Epidemiologia e Caratteristiche Comuni
Incidenza del feocromocitoma: 1-2/300.000, quindi è considerato malattia rara.
Origina dalle cellule cromaffini del sistema endocrino, è un tumore solitamente molto
vascolarizzato (cosa da tenere in considerazione durante la chirurgia), il 90% delle volte è benigno,
la restante parte è maligno. Si associa a una iperproduzione di catecolamine che però non sempre
sono contestuali a una loro secrezione in circolo, questo spiega eventuali quadri asintomatici (che
sono i più pericolosi) o i quadri clinici variabili.
Esistono forme sporadiche o familiari, fra le ultime possiamo citare:
• feocromocitomi familiari
• MEN (neoplesia endorcina multipla)
o di tipo 2A, che si mostra spesso accompagnata da neoplasie endocrine multiple che
originano dal neuroectoderma come quella alle cellule parafollicolari della tiroide, a
ipertiroidismo primario e feocromocitoma
o di tipo 2B, associata a tumore tiroideo midollare, habitus marfanoide, paragangliomi
e altri tumori neuroendocrini (neuromi mucocutanei, ganglioneuromatosi
gastrointestinale)
• neurofibromatosi 1, alterazione di tessuti neuroendocrini che solitamente si associa a
macchie caffelatte sul corpo e presenza di neurofibromi a livello del SNC

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Il prof dice acido mandelico, la slide riporta il nome più completo
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• malattia di von Hippen-Lindau, che sia associa a emangiomi retinici o del SNC. In
generale il gene mutato comporta deficit a livello di molteplici tessuti
• esistono anche forme più rare, visibili nell’immagine

La sede è prevalentemente surrenalica (90%) anche se esiste un 10% di casi che ha una
localizzazione extrasurrenalica (ad esempio a livello dei gangli del simpatico lungo tutta la catena
vertebrale, in quel caso si parla di paraganglioma). Queste localizzazioni extrasurrenaliche sono
frequenti a livello addominale, meno a livello toracico e ancora più rare al collo.
I paragangliomi ereditari possono portare ad avere intere famiglie in cui l’incidenza di
paragangliomi o feocromocitoma risultano ad alta incidenza.
Quadro Clinico
• Crisi ipertensive (sintomo più frequente, NON continua ma parossistica)
• Ipotensione ortostatica (per effetti “di rimbalzo” dopo il picco secretivo)
• Le crisi ipertensive a intervalli casuali
• Durante le crisi: palpitazioni, cefalea, sudorazione
• È possibile anche osservare tremori, ansia, attacchi di panico, nausea, diarrea,
costipazioni, dolore addominale e toracico, vertigini, febbre, dispnea, spossatezza
• Alcuni soggetti potrebbero essere asintomatici
• Le complicanze ipertensive (cardiache, cerebrali e renali) costituiscono la forma più
frequente di morte/ es. fibrillazione atriale e arresto cardiaco
La sintomatologia a volte può portare a morte o può essere misconosciuta causa di sintomi molto
lievi.

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Diagnosi
La diagnosi viene effettuata studiando le metanefrine urinarie o, più raramente, le catecolamine
urinarie. Si dosa la normametinefrina e la metanefrina solitamente insieme all’acido
vanilmandelico, leggermente meno sensibile.
Le catecolamine e le metanefrine plasmatiche sono meno utili ma si possono comunque dosare in
un laboratorio attrezzato. Quando troviamo un livello normale di metanefrine, soprattutto urinarie,
in almeno una misurazione possiamo escludere il feocromocitoma.
Quando invece misuriamo le catecolamine potrebbero vedersi dei falsi negativi.
Esistono delle interferenze
farmacologiche, in particolare fanno
aumentare le metanefrine:
• Cocaina, fa aumentare molto la
metanefrina,
• Alcuni antidepressivi triciclici
• Farmaci con metildopa o
levodopa usati nel parkinson.
• Lacetominofene, usato molto
poco.

Una volta fatta la diagnosi biochimica


bisogna identificare con l’imaging la
sede di malattia, solitamente si studia
prima il surrene e la sede addominale (i
paragangliomi tipicamente sono in sede
addominale). Sia una TAC che una RM
o una scintigrafia surrenalica risultano
estremamente utili. In caso di negatività
all’addome studiamo prima il torace e
poi il collo. L’ecografia non visualizza
bene il surrene e non rende visibili i
paragangliomi.

Tac e risonanza ci fanno vedere bene le lesioni ma sono poco specifici (non abbiamo quindi la
certezza che la lesione vista non possa essere un adenoma o una metastasi). Gli adenomi
surrenalici incidentali sono estremamente frequenti. Può aiutare una scintigrafia con MIBG, in
quanto molto specifica, anche se relativamente meno sensibile di TAC/RM, che va a studiare
funzionalmente la lesione (ci permettere di distinguere i paragangliomi o i feocromocitomi dalle
altre lesioni).
Ricordiamo che la neoformazione surrenalica solitamente non supera i 10 cm e
• nell’80% dei casi è monolaterale, solitamente a destra.
• Il 10% è bilaterale, solitamente nell’infanzia (25%) e nelle forme ereditarie (+50%)
• Il 10% ha sede extrasurrenalica (paragangliomi), solitamente in sede sottorenale o alla
biforcazione aortica
L’imaging non ci permette di distinguere forme maligne e benigne. Anche l’istologia non sempre è
utile. La diagnosi di malignità viene effettuata vedendo il comportamento biologico e la presenza di
metastasi a distanza (ossa, polmoni, fegato e linfonodi) o sulla comparsa di recidive dopo la
chirurgia.

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Ricordiamo che i gangli principalmente si trovano a livello paravertebrale o lungo il decorso dei
grossi vasi, soprattutto in biforcazione carotidea.

Terapia
Quando viene fatta la diagnosi inizia immediatamente la terapia medica
• perché l’imaging potrebbe impiegare tempo (pensiamo a ricerche che prima vengono svolte
all’addome, poi al torace e al collo)
• per preparare il soggetto alla chirurgia (per farlo arrivare già compensato).
Un rischio della chirurgia è un rilascio massivo di catecolammine durante l’operazione perché
questi tumori sono altamente vascolarizzati e potenzialmente sensibili alle manipolazioni con pinze
e strumenti chirurgici. Ciò potrebbe portare a delle problematiche cardiache e al rischio di morte. Ci
devono essere almeno 20 giorni di doppio blocco prima della chirurgia (α e β bloccanti, bisogna
sempre iniziare con gli α-bloccanti per evitare le problematiche legate all’uso dei soli β-bloccanti. L’
α controlla molto bene l’ipertensione, dopo 10-15 giorni di α inizio i β)
Dopo la chirurgia i soggetti potrebbero risultare ipotesi, cosa facilmente risolvibile effettuando
infusioni di liquidi gestendo la volemia.
Il farmaco α-bloccante più usato e la doxasozina (Cardura), dose 2-8 mg/giorno
Per quanto riguarda i β -bloccanti ne vengono utilizzati vari, fra i più usati propanololo o
atenololo. Questi farmaci controllano perlopiù la tachiaritmia.
La terapia chirurgica è robotica o laparoscopica. È una chirurgia mininvasiva ed è molto diversa
da ciò che veniva effettuato 10-15 anni fa nei casi di feocromocitoma, Cushing e altre patologie.
Prima la chirurgia era tradizionale con accesso addominale (“chirurgia addominale maggiore”
rivolta al retroperitoneo, gravata da estremo rischio di complicanze, soprattutto nel Cushing, a
causa dell’alterazione dell’emostasi). Il rischio principale è legato alla CID e alla tromboembolia
polmonare, quindi la letalità dell’intervento era molto alta.

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05 Endocrinologia 18/03/2021 Negro, Reami
Prof. Rochira Ferrara

Con le nuove metodiche il rischio operatorio è minimo, si accede dal fianco e non più dall’addome
e ciò permette l’ingresso diretto alla loggia surrenalica.
È controindicato nel Cushing intervenire su entrambi i surreni contemporaneamente: prolungare
l’intervento oltremisura è da evitare, la surrenectomia in questi casi viene effettuata in due tempi.
Tornando al caso clinico, il nostro paziente aveva un feocromocitoma a sx e un microfocolaio a dx:
viene quindi eseguita una nefrectomia bilaterale. All’imaging era visualizzabile chiaramente il
feocromocitoma a sx e a dx si visualizzavano immagini dubbie. La scintigrafia mostrava captazioni
da ambo i lati, quindi si decise di togliere entrambi i surreni. All’epoca probabilmente l’operazione è
stata eseguita in forma tradizionale con accesso addominale anteriore.
Screening
In un paziente giovane bilaterale di questo tipo dobbiamo considerare il fenomeno come isolato o
la possibile compresenza di altre patologie?
In linea generale oggigiorno tutti i pazienti con diagnosi di feocromocitoma ricevono uno screening
per neoplasie endocrine multiple per capire se quello che si è visto è una forma sporadica e
isolata o se rientra all’interno di una patologia poliendocrina, come ad esempio la neurofibromatosi.
Prima di effettuare lo screening è sempre bene considerare anche l’aspetto familiare per
indirizzare le indagini genetiche o per individuare altri casi di malattia: il paziente aveva madre,
nonna materna e uno zio paterno morti in giovane età, un cugino con problemi non meglio riferiti e
una bisnonna materna morta per metastasi di un tumore tiroideo. Tutti questi eventi non erano mai
stati legati a un feocromocitoma ma erano probabilmente tali. In una storia familiare come questa
lo screening genetico è d’obbligo.
Questo paziente ha un a MEN 2a con una mutazione di RET del cromosoma 11.

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Nelle forme 2a e 2b ci può essere la presenza
di feocromocitoma, Nella 2a è presente molto
spesso il tumore midollare della tiroide.

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