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TD 2225

Lo Spirito Santo
nella Tradizione Latina
del II millennio
Lezione 3
dall’Ecclesia Sponsa all’Ecclesia Spiritualis

PUTTI – Lezione 3
n LA PNEUMATOLOGIA NELLA TEOLOGIA MONASTICA
n GIOACCHINO DA FIORE

Gv 16, 13
1 Vi ho detto queste cose perché non abbiate a scandalizzarvi. 2 Vi
scacceranno dalle sinagoghe; anzi, verrà l'ora in cui chiunque vi
ucciderà crederà di rendere culto a Dio. 3 E faranno ciò, perché non
hanno conosciuto né il Padre né me. 4 Ma io vi ho detto queste cose
perché, quando giungerà la loro ora, ricordiate che ve ne ho parlato.
Non ve le ho dette dal principio, perché ero con voi. 5 Ora però vado
da colui che mi ha mandato e nessuno di voi mi domanda: Dove vai?
6 Anzi, perché vi ho detto queste cose, la tristezza ha riempito il vostro
cuore. […]

12 Molte cose ho ancora da dirvi, ma per il momento non siete capaci


di portarne il peso. 13 Quando però verrà lo Spirito di verità, egli vi
guiderà alla verità tutta intera, perché non parlerà da sé, ma dirà
PUTTI – Lezione 3

tutto ciò che avrà udito e vi annunzierà le cose future.


14 Egli mi glorificherà, perché prenderà del mio e ve l'annunzierà.
15 Tutto quello che il Padre possiede è mio; per questo ho detto che
prenderà del mio e ve l'annunzierà.
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Gioacchino da Fiore
nacque a Celico (Cs) intorno al 1130 e morì a
Pietrafitta (Cs) nel 1202. Di famiglia agiata,
intraprese la sua formazione iniziale a
Cosenza, dove presto lavorò nell’ambito
giudiziale. Ancora giovanissimo fu accolto
nella Corte Normanna a Palermo; in questo
periodo lavorò prima per la zecca e poi per
notai e per l’allora Cancelliere di Palermo,
l’Arcivescovo Stefano di Perche. Venuto in
disaccordo con costui, si allontanò dall’Italia
ed intraprese un viaggio in Terra Santa. Lì si
convertì e si dedicò allo studio dell’ebraico.
Tornato in Italia visse in austerità di vita in
diversi luoghi della Sicilia e della Calabria.

PUTTI – Lezione 3
Ordinato sacerdote, aspirò a vivere la regola
benedettina seguita dai Cistercensi nel
Monastero di Santa Maria di Corazzo.
I dati biografici sono rinvenibili nel volume di V. DE FRAJA, Oltre Citeaux,
15-30.
Gioacchino da Fiore, affresco fine sec. XVI- Cattedrale Santa Severina (Crotone) 3
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• La fondazione florense risulta essere ispirata alla


Regola Benedettina e alla spiritualità Basiliana;
proprio per questa connotazione originaria essa si
inserisce tra le riforme della Regola Benedettina e
gli Ordini Mendicanti del XIII secolo.
• Gioacchino da Fiore (1130-1202) venne spesso
paragonato a Francesco d’Assisi (1181 o 1182-
1226), tanto che in alcune biografie è visibile questa
similitudine, ma già secondo quanto affermato
nello studio di M.W. BLOOMFIELD, «Joachim of Flora»,
249-331, queste posizioni sono il frutto di una
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poetizzazione della sua identità. La congregazione


Florense ricevette l’approvazione ecclesiastica da
Papa Celestino III nel 1196.

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• Gioacchino da Fiore si espresse, rispetto alla teologia
scolastica, mettendo in discussione l’insegnamento di
Pietro Lombardo.
• Per la comprensione della sua posizione verso Lombardo
è interessante lo studio condotto da Carmelo Ottaviani
pubblicato nel 1934, nell’introduzione della sua
pubblicazione Joachimi Abbatis liber contra Lombardum
(scuola di Gioacchino da Fiore).
• La ricostruzione storica ed i riferimenti agli studi condotti
in precedenza consentono di individuare alcuni dati
fondamentali: Gioacchino presenta una forma di
neognosticismo espresso nella dottrina dei tre cicli

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storici effetto conseguente della tesi della distinzione
sostanziale delle persone divine.

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Comunicazione dello Spirito attraverso


l’intelligenza spirituale delle Scritture
• Questo aspetto è particolarmente evidente nell’analisi
dell’azione dello Spirito nel Terzo Ciclo in cui avviene la
comunicazione dello Spirito attraverso l’intelligenza
spirituale delle Scritture.
• «E questa comunicazione dello Spirito è da intendersi
come una vera e propria divinizzazione della natura,
per cui lo Spirito dà direttamente se stesso alle
creature e le fa “participes plenitudo sue”. [...]
Si dà quindi una vera e propria “effusio” dello Spirito
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nelle creature, anzi una “manatio” dello Spirito, che
diventa vita delle anime, [...] poiché in Dio le cose
riceveranno il supremo perfezionamento.
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• Orbene è logico che a questa comunicazione reale
dello Spirito, che avviene solo nel terzo ciclo storico
ed è ignota ai due precedenti, debba corrispondere
una distinzione sostanziale delle Persone divine, ché
altrimenti l’intero sistema crolla.
• Se lo Spirito fosse identico anzi uno nella sostanza
con le altre Persone divine, si sarebbe già
comunicato, e la trasfigurazione della realtà sarebbe
già avvenuta (e l’esperienza dimostra il contrario!), e
quindi la “grande attesa” sarebbe vana.
• Così si comprende perché davanti alla tesi trinitaria
di Pier Lombardo, Gioacchino insorgesse con tutte le
sue forze e la tacciasse di empietà e di sacrilegio:
tutto il suo “sogno” — per lui certezza, speranza e

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sospiro di ogni ora — ne era irreparabilmente
compromesso»:
C. OTTAVIANI, Joachimi Abbatis liber contra Lombardum (scuola di
Gioacchino da Fiore), 56-58.

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Il pensiero
diagrammatico simbolico
di Gioacchino da Fiore
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Questa tavola è servita a Dante per tre


passi della Divina Commedia.
«E il capolavoro della 'teologia figurale' e della simbologia
di Gioacchino, la figura paradigmatica che esprime in
forma compiuta la sua originale visione teologica della
storia del mondo, intesa nella sua totalità e nel suo
divenire progressivo come 'teofania' o manifestazione
temporale dell'eterno mistero di Dio-Trinità. Il suggestivo
quadro simbolico sintetizza, infatti, col suo linguaggio
visivo e immediato delle sue componenti figurative, i
motivi fondamentali della dottrina di Gioacchino... Una
rilevanza particolare e quasi esoterica ha nella figura il
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singolarissimo simbolismo del Tetragramma divino IEUE


(o IEVE)».
FRANCESCO D'ELIA, Gioacchino da Fiore / Un maestro della civiltà contemporanea, Rubbettino,
Soveria Mannelli, 1991, 113.
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Nel canto XXXIII del Paradiso
Dante, a conclusione del suo viaggio e
della sua opera, riesce a vedere Dio e a
percepirne i misteri, fra cui quello della
Trinità, che egli rende coi versi 115-120:
• Nella profonda e chiara sussistenza
dell'alto lume parve(r)mi tre giri
di tre colori e d'una contenenza;
E l'un dall'altro, come iri da iri,

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parea riflesso, e ‘l terzo parea foco
che quinci e quindi igualmente si spiri.

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Premesso che il cerchio è figura perfetta perché privo di


Lo Spirito Santo nella Tradizione latina
del II Millennio

principio e di fine, quindi ben adatto a simboleggiare Dio,


diversi critici (es. Pistelli, Pietrobono, Steiner) hanno inteso
che i tre cerchi fossero concentrici e sovrapposti: ma, se così
fossero, come se ne potrebbe distinguere la pluralità e la
diversità di colori?
E giustamente si sono dissociati da questa interpretazione il
Momigliano e il Poletto, pur senza citare l'abate Gioacchino.
Una chiara interpretazione del brano dantesco si ottiene
invece guardando attentamente questa figura nella quale i
tre cerchi sono, oltre che di tre colori e della stessa area,
anche intersecati a vicenda o inanellati a spirale e, visti in tre
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dimensioni, costituiscono nell'insieme un cilindro, una specie


di cannocchiale con tre lenti ugualmente distanziate ovvero
un caleidoscopio che cambia disegni e colori secondo il
movimento ricevuto (in questo caso secondo il variare delle
capacità percettive di Dante); 12
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• ecco perché egli può rilevarne la pluralità (tre), la
diversità di colori (verde, blu, rosso), l'uguaglianza delle
superfici (uguaglianza delle tre Persone), la riflessione di

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uno dall'altro (Figlio che procede dal Padre)
• e il fatto che il rosso spira ugualmente dal primo e dal
secondo (Spirito Santo che procede dal Padre e dal
Figlio). Inoltre più avanti vedrà all'interno un'immagine
umana (Figlio incarnato). 13
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C'è un'osservazione non secondaria da fare: la tavola


ripropone in piccolo, in alto a destra, altre due volte gli
stessi cerchi, ma con qualche variante.
Nella figura più in alto il rosso è a sinistra e in quella
meno alta lo stesso colore è invece al centro: ora
quest'ultima posizione del rosso meglio si confà al suo
procedere dagli altri due secondo l'espressione
dantesca "quinci e quindi" (dall'una e dall'altra parte).
Dante tenne presenti tutt'e tre le versioni: la grande per
la numerazione del rosso ("terzo"), la piccola per
l'interscambio ("quinci e quindi") e quella di media
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grandezza, che presenta dei dischi colorati anche


internamente, per il contrasto cromatico.

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• Come si vede, ogni cerchio (Persona) comprende
parti degli altri due, e tutt'e tre insieme costituiscono
un'unica figura (Trinità) nella quale campeggia a
caratteri cubitali il tetragramma IEUE.
• Naturalmente Gioacchino, teologo, è stato molto più
dettagliato di Dante, poeta: le varie inscrizioni e
colorazioni della tavola specificano successioni,
simbologie, interferenze e interrelazioni del mistero
trinitario, nonché momenti della storia biblica,
Vecchio e Nuovo Testamento, dall'Alfa all'Omega, da
Adamo alla fine del mondo. Precisiamo soltanto che
l'immagine dell'iride e la successione dei tre colori

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così come miniati nella figura grande e come riferiti
da Dante, si ritrovano in Expositio in Apocalypsim IV.

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Un caso
della teologia monastica

• Gioacchino si impone, alla fine del XII secolo,


come un caso della teologia monastica tanto da
meritare un’attenzione particolare anche per la
nostra ricerca. L’interesse è costituito sia dal suo
pensiero, in forte discontinuità con la teologia
del tempo, tanto quella monastica, ormai al
termine del suo sviluppo, quanto della Scolastica
che muoveva i primi passi sia dalle conseguenze
PUTTI – Lezione 3

che la sua teologia determinò nella vita della


Chiesa.

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• Il fatto che i movimenti pauperististici si
richiamassero al suo nome e alla sua dottrina,
interpretata spesso al di là delle sue intenzioni,
invocando l’avvento di una Chiesa dello Spirito che
superasse quella istituzionale, determinò una forte
censura del pensiero di Gioacchino, ma portò anche
al silenzio della teologia sullo Spirito Santo.
• Per quanto non si possa stabilire una
consequenzialità diretta tra la dottrina dell’Abate
florense e la deriva dottrinale posteriore, è
indubbio che l’idea dell’avvento di una terza età
dello Spirito abbia costituito la causa più forte di

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inibizione della dottrina pneumatologica sia nella
riflessione teologica sia nell’esperienza ecclesiale.

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• Le diverse tappe di questo graduale


adombramento hanno suscitato una domanda
decisiva per l’intera vicenda della teologia
occidentale: perché questa strettoia del
pensiero ha trovato il suo fulcro nella persona
dello Spirito Santo? La risposta può essere data
studiando distintamente il pensiero di
Gioacchino da Fiore e le risposte dei grandi
Scolastici, e poi le vicende ecclesiali che
segnarono lo scontro tra Chiesa istituzionale e i
movimenti pauperistici che vagheggiavano una
Chiesa dello Spirito.
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La dottrina
di Gioacchino da Fiore
• Gioacchino si era collocato in opposizione al pensiero
della Scolastica nascente, poiché riteneva che essa
rappresentasse un ritorno al passato, un modo di
argomentare
• «contrario allo spirito nuovo inaugurato dalla rivelazione
cristiana; il tipo di conoscenza cui ambivano i suoi
contemporanei minacciava indubbiamente ai suoi occhi di
paralizzare il pensiero in un immobilismo razionale, di
renderlo incapace di accogliere pensieri estranei e di

PUTTI – Lezione 3
schiudersi a un avvenire ancora informe, proprio mentre
egli aspirava, per lo meno a livello subconscio, a
sprigionare una forza propulsiva».
H. DE LUBAC, La posterità spirituale, I, 23.
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Le idee sullo Spirito elaborate da Gioacchino


hanno rappresentato un evento iniziatore per il
suo tempo e per l’avvenire tanto da segnarne
indelebilmente la storia.
• I testi teologici che affrontano la vicenda storica e
teologica dell’Abate florense sembrano concordi
nell’affermare che costui fosse influenzato dall’ambiente
greco e dalla teologia polemica di Gilbert de la Porrée.
Certamente Gioacchino conosceva bene il mondo greco,
così come ne conosceva la lingua e i costumi, ma questo
non è sufficiente perché si possa riconoscere e giustificare
che si tratti di un indizio storico decisivo; così infatti scrive
H. De Lubac:
PUTTI – Lezione 3

• «Ch’egli abbia fatto nella sua vita un viaggio in Oriente,


visitato la Terra Santa e sia passato per Costantinopoli, è
per lo meno probabile, ma questo non ci dà ancora alcuna
indicazione sulle “fonti” del suo pensiero». 20
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• De Lubac continua riguardo alla posizione di
Gioacchino, «Egli riconosce che i Greci hanno
preceduto i Latini nella fede e nella vita spirituale,
ma per dichiarare subito dopo che la gente latina,
“benché più giovane quanto a vocazione, ha presto
soppiantato la gente greca con la dignità di una più
grande grazia” (Cfr. GIOACCHINO DA FIORE, Tractatus
super quatuor evangelia, E. Bonaiuti, Roma 1937,
179).
• Se egli ammira in generale i primi padri greci, ritiene
che la stella che era loro apparsa li abbia presto
lasciati per rischiarare la “terra occidentale”. [...] È
dunque nella Chiesa latina che lo Spirito Santo, da

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lungo tempo ritrattosi dai Greci, opera con forza e
alimenta il fervore»: H. DE LUBAC, La posterità
spirituale, I, 47.

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La comprensione trinitaria

• L’Abate rimprovera ai greci di non aprirsi


all’intelligenza spirituale del Vangelo, sostiene che
essi non comprendono la dottrina sulla Trinità e che
per questo non accettano che lo Spirito Santo possa
procedere anche dal Figlio per quanto
principalmente dal Padre, ed infine che non
riconoscono l’autorità del successore di Pietro.
Questo spiega la posizione assunta da Gioacchino a
riguardo e il come egli abbia riflettuto sugli episodi
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dello scisma ancora vicino.


Cfr. GIOACCHINO DA FIORE, Tractatus super quatuor evangelia,

ed. E. Bonaiuti (1930), 21-24.


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La teoria delle tre età
• Il suo pensiero, legato alla teoria delle tre età della
storia della salvezza, risulta assai complesso. La
questione dell’età pneumatica pensata e scritta da
Gioacchino da Fiore, a cui ci riferiremo più
diffusamente in seguito, ha considerevolmente
influenzato i pensatori e gli studiosi posteriori.
• Gioacchino ritenne che fosse fondamentale per la
cristianità del suo tempo, passare dalla lettera allo
spirito, quindi di introdurre l’umanità in una età
mistica. Ciò è molto evidente nella lettura dei Trattati
sui quattro evangeli, in cui contrappone lo spirito alla

PUTTI – Lezione 3
lettera, contrappone Maria a Elisabetta e Cristo a
Giovanni.
• Il dualismo è voluto per contrapporre il battesimo di
acqua al battesimo di fuoco.
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La teoria delle tre età venne a formarsi per l’approccio


nuovo che l’autore diede all’interpretazione della
Scrittura: egli infatti cercò una concordanza tra i testi
dell’Antico e del Nuovo Testamento e diede inizio ad
una interpretazione originale, dissimile da quanto
sino ad allora proposto nella concordia dei due
testamenti, che divenne assignatio concordiae
duorum testamentorum. A partire dall’evento di
Cristo, egli rilesse figure ed immagini in un «incastro
simultaneo di due lettere, di due storie, di due
spiriti».
Dopo il tempo dell’Antico Testamento fondato dai
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Patriarchi e quello del Nuovo, fondato dagli Apostoli,


riconobbe un terzo momento, quello dell’intelligenza
spirituale, il tempo dell’apertura del sesto sigillo.
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«Quando il cristianesimo è nato, l’allegorismo
costituiva un metodo esegetico già perfettamente
acclimatato così nelle scuole del giudaismo
normativo, come nelle tradizioni erudite della
speculazione ellenistica. [...] Fin dai suoi inizi la
produzione proselitistica e catechetica del
cristianesimo è tutta pervasa da un elaborato
sistema allegorico, di cui la ermeneutica patristica ha
fissato le regole e ha disciplinato l’applicazione, sulle
orme del grande apologeta e interprete simbolista
della cosmogonia e della legislazione che è stato

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Filone di Alessandria»
E. BUONAIUTI, Gioacchino da Fiore, 190.

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«Le opere di Gioacchino non possono essere


considerate e consultate come l’enunciazione
ordinata e la giustificazione organica di un
sistema: bensì come l’ammonimento
appassionato di un predicatore di
conversione»:
E. BUONAIUTI, Gioacchino da Fiore, 195;
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• Gioacchino volle inserire nella sua teologia un elemento
determinante: quello detto del sorpasso e
appianamento della condizione storica del suo tempo;
risoluzione che non prescindeva dal crollo delle
strutture mentali e istituzionali, presenti nella Chiesa.
• Egli prevedeva un tempo di superamento, durante il
quale sarebbe emersa la Chiesa nuova, Chiesa dello
Spirito, in cui lo Spirito Santo, insegnando ogni verità,
avrebbe condotto all’ingresso nella gloria.
• In tale prospettiva, che preparava l’uditorio all’attesa di
una terza età — quella della Chiesa dello Spirito —
Gioacchino fondò il monastero di Fiore, seguendo

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l’ideale benedettino, volendo iniziare un ordine di
uomini perfetti che conducono la vita di Cristo e degli
Apostoli.
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A questi uomini scelti veniva affidata una missione


unica che Gioacchino, descrivendola in riferimento
all’Apocalisse (14,17-18), annunciò essere quella degli uomini
spirituali che avrebbero raccolto la messe degli eletti insieme
alla vendetta dei reprobi.
I testi su cui si basa Gioacchino da Fiore per spiegare l’età dello
Spirito sono soprattutto due.
Il primo è tratto dalla Prima lettera di san Paolo ai Corinti:
ora vediamo come in uno specchio, in maniera confusa;
ma allora (vedremo) faccia a faccia.
Adesso conosco in parte,
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ma allora conoscerò come anche io sono conosciuto


(1Cor 13,12).

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Per valutare cosa intendesse Gioacchino da Fiore
sull’elezione divina e l’uso del termine eletti, cfr.
GIOACCHINO DA FIORE (I. ABBAS FLORENSIS), Dialogi, 126.
Tale simbolismo si riferisce al giorno del giudizio finale,
in cui, a somiglianza di Mosè, questi spirituali
raccoglieranno le messi degli eletti, mentre altri saranno
di maggiore durezza per raccogliere le empietà e
compiere la vendetta.
L’autore intese porre l’accento sull’«allora vedremo
faccia a faccia», identificato con l’età dello Spirito,
contrapponendolo all’ora in cui già vediamo, il tempo
presente segnato dalla carne.

PUTTI – Lezione 3
Il secondo brano neotestamentario è tratto dal vangelo
di Giovanni (16,13); in esso si ritrovano i germi della
nuova venuta dello Spirito che darà luogo ad una nuova
età, successiva all’età della Rivelazione del Cristo.
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Quando poi sarà venuto


quello Spirito di verità,
egli vi guiderà in tutta la verità.
Non parlerà infatti da se stesso,
ma quanto sentirà dirà
e vi annuncerà le cose future.

Questi brani annunciano per Gioacchino la vita


eterna e l’illuminazione definitiva che si compirà
nell’età dello Spirito; età che si sarebbe dovuta
attuare dopo la scomparsa del Cristo, la fine della
seconda età, con un passaggio dalla lettera allo
PUTTI – Lezione 3

Spirito, dalla Chiesa di Pietro a quella di Giovanni,


dalla Chiesa istituzionale alla Chiesa dell’amore.

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Ogni età di 1270 anni

• Gioacchino computava ogni età in un periodo di


milleduecentosessant’anni; la venuta della terza età,
che non comportava la soppressione, ma la
trasformazione della Chiesa, era annunciata e in
certo qual modo realizzata da un piccolo gruppo di
uomini spirituali in grado di anticipare e prefigurare
quanto doveva accadere a tutta la Chiesa.
• Per comprendere quale sia stata la valenza della
concezione gioachimita della necessità che alcuni
percorressero con maggior zelo la via della
perfezione cristiana e del raggiungimento della
santità al fine di contrastare l’azione dell’anticristo,

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soffermiamo il nostro studio sulla lettura testuale
dell’opera Liber de Concordia novi ac veteris
testamenti.

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• Il testo è chiaro: il tempo in cui l’anticristo avrebbe agito


sarebbe stato tempo di forte prova. Dinanzi agli
impedimenti ed alle tribolazioni coloro che sarebbero
riusciti a resistere e a fuggire le difficoltà avrebbero
cercato l’aiuto sicuro nei perfetti che, stabili come i monti
santi, offrivano l’unica protezione, poiché la loro
preghiera gradita a Dio era forte contro il male.
• Facendo riferimento al libro dell’Apocalisse, l’Abate
florense indica i monaci suoi seguaci quali «monti del
Signore», scelti tra gli eletti «perfetti»: essi sono coloro
che si sono ritirati per rendere lode a Dio con la propria
vita. Solo la loro perseveranza avrebbe contrastato la
PUTTI – Lezione 3

rovina, fino al vicino tempo dei segni grandiosi e


tremendi nei quali tutti avrebbero visto, battendosi il
petto, la potenza e la gloria del Figlio; quello sarebbe
stato l’ultimo giorno, ultimo anche nel tempo della storia.
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Così scrive Gioacchino:
• Tutto ciò che si deve riferire a quella tribolazione che
si verificherà nel tempo dell’Anticristo, quando
Gerusalemme sarà nella prova (del giudizio finale):
cioè la chiesa fino a quando sorgerà il Signore in
giudizio contro quelle genti, come è scritto in modo
chiaro in una parte inserita nel libro dell’Apocalisse
dove si parla del cavallo bianco. E di colui che sedeva
sopra quello che era seguito da eserciti nello stesso
modo su cavalli bianchi. [...] E quel che si deduce: che
si deve dividere il monte degli ulivi in due parti,
designa — allo stesso modo — la divisione di quel

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popolo che per una parte segue Cristo e per una altra
parte l’Anticristo. Per cui e giustamente ivi segue: e
fuggirete verso la valle dei miei monti.
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• Senza dubbio, poiché tanto grande sarà il terrore di


quella persecuzione che starà per fare l’Anticristo
che lo stesso popolo dei giudei starà per ricevere,
che tutti i fedeli abbandoneranno subito le cose che
possiederanno e si rifugeranno sotto la protezione di
quei perfetti che sono essi stessi monti del Signore
cui è gradita l’abitazione sui monti (Ap 6,15-16).
• Circa questa repentina fuga sotto l’apertura del sesto
sigillo del libro dell’Apocalisse è scritto: “Tutti i monti
e le isole furono rimossi dal loro posto. Allora i re
della terra e i grandi, i capitani, i ricchi e i potenti e
infine ogni uomo, schiavo o libero, si nascosero tutti
nelle caverne e tra le rupi dei monti; e dicevano ai
PUTTI – Lezione 3

monti e alle rupi: cadete sopra di noi e nascondeteci


dalla faccia di Colui che siede sul trono e dall’ira
dell’Agnello, perché è venuto il gran giorno della
(loro) ira e chi vi potrà resistere?
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• Ciò che dopo l’Avvento del Signore apparirà ivi sono
scritte alcune cose che non riguardano quel giorno
eterno che sarà dopo il giudizio: sembrerà
abbastanza strano e stupendo a quelli che pensano il
giorno del giudizio veramente un sol giorno; e non
piuttosto (come pensano) alcuni teologi cattolici un
solo tempo.
• Da qui Agostino nell’opera De Civitate Dei dice ciò
che tutta la Chiesa di Dio nella testimonianza e
nell’annuncio che verrà, che il vero Cristo di Dio verrà
dal cielo a giudicare i vivi e i morti. Questo definiamo
il supremo giorno del giudizio, il giorno supremo. È
infatti incerto per quanti giorni questo giudizio
debba attendersi: ma secondo il procedimento delle
Scritture sacre nessuno che abbia letto anche
superficialmente le Scritture sa che quel giorno non

PUTTI – Lezione 3
è solito esser posto in un tempo determinato».
GIOACCHINO DA FIORE, Liber de Concordia Novi ac Veteris Testamenti, per Simonem
de Luere, Venetiis 1519, f, 124a

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Concludendo
• Questo brano, in discontinuità con i precedenti, mette in
campo gli elementi che giustificarono la determinazione
di Gioacchino da Fiore nel voler difendere una fondazione
autonoma per uomini scelti, che perseverassero nella
verità: in quanto prescelti non solo da Dio, ma anche dagli
uomini, le loro opere erano visibili e la loro fama di santità
era nota.
• A questa analisi si aggiunge la modalità di comprensione
della Scrittura condotta dall’Abate florense. Infatti, per
quanto devoto egli sia stato l’approccio esplicativo dei
PUTTI – Lezione 3

testi sacri, esso era privo di una metodologia


interpretativa costante, e lasciava ampio spazio ad una
lettura spirituale volta a spiegare le situazioni presenti,
più che a condurre un’accurata e puntuale esegesi dei
testi. 36
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• Emerge poi, con una certa evidenza, una
discontinuità e disarmonia stilistica del
testo, che giustificherebbe l’idea di un
rimaneggiamento dell’opera, come già
testimoniato per altri testi gioachimiti da
parte di diversi autori.

PUTTI – Lezione 3
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Bibliografia
• Per la Lettura
DE LUBAC H., La posterità spirituale di Gioacchino da Fiore, I, in
Opera Omnia, 27, Milano 1981, 19-84.
MOTTU H., La manifestazione dello Spirito secondo Gioacchino da
Fiore, Casale Monferrato 1983, 9-68.

STAGLIANÒ A., L’abate calabrese. Fede cattolica nella Trinità e


pensiero teologico della storia in Gioacchino da Fiore, Città del
Vaticano 2013, 140-149.
PUTTI – Lezione 3

PUTTI A.M., Il difficile recupero dello Spirito, Roma 2016, 69-95.

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