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Lo Spirito Santo
nella Tradizione Latina
del II millennio
Lezione 3
dall’Ecclesia Sponsa all’Ecclesia Spiritualis
PUTTI – Lezione 3
n LA PNEUMATOLOGIA NELLA TEOLOGIA MONASTICA
n GIOACCHINO DA FIORE
Gv 16, 13
1 Vi ho detto queste cose perché non abbiate a scandalizzarvi. 2 Vi
scacceranno dalle sinagoghe; anzi, verrà l'ora in cui chiunque vi
ucciderà crederà di rendere culto a Dio. 3 E faranno ciò, perché non
hanno conosciuto né il Padre né me. 4 Ma io vi ho detto queste cose
perché, quando giungerà la loro ora, ricordiate che ve ne ho parlato.
Non ve le ho dette dal principio, perché ero con voi. 5 Ora però vado
da colui che mi ha mandato e nessuno di voi mi domanda: Dove vai?
6 Anzi, perché vi ho detto queste cose, la tristezza ha riempito il vostro
cuore. […]
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Gioacchino da Fiore
nacque a Celico (Cs) intorno al 1130 e morì a
Pietrafitta (Cs) nel 1202. Di famiglia agiata,
intraprese la sua formazione iniziale a
Cosenza, dove presto lavorò nell’ambito
giudiziale. Ancora giovanissimo fu accolto
nella Corte Normanna a Palermo; in questo
periodo lavorò prima per la zecca e poi per
notai e per l’allora Cancelliere di Palermo,
l’Arcivescovo Stefano di Perche. Venuto in
disaccordo con costui, si allontanò dall’Italia
ed intraprese un viaggio in Terra Santa. Lì si
convertì e si dedicò allo studio dell’ebraico.
Tornato in Italia visse in austerità di vita in
diversi luoghi della Sicilia e della Calabria.
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Ordinato sacerdote, aspirò a vivere la regola
benedettina seguita dai Cistercensi nel
Monastero di Santa Maria di Corazzo.
I dati biografici sono rinvenibili nel volume di V. DE FRAJA, Oltre Citeaux,
15-30.
Gioacchino da Fiore, affresco fine sec. XVI- Cattedrale Santa Severina (Crotone) 3
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• Gioacchino da Fiore si espresse, rispetto alla teologia
scolastica, mettendo in discussione l’insegnamento di
Pietro Lombardo.
• Per la comprensione della sua posizione verso Lombardo
è interessante lo studio condotto da Carmelo Ottaviani
pubblicato nel 1934, nell’introduzione della sua
pubblicazione Joachimi Abbatis liber contra Lombardum
(scuola di Gioacchino da Fiore).
• La ricostruzione storica ed i riferimenti agli studi condotti
in precedenza consentono di individuare alcuni dati
fondamentali: Gioacchino presenta una forma di
neognosticismo espresso nella dottrina dei tre cicli
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storici effetto conseguente della tesi della distinzione
sostanziale delle persone divine.
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nelle creature, anzi una “manatio” dello Spirito, che
diventa vita delle anime, [...] poiché in Dio le cose
riceveranno il supremo perfezionamento.
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• Orbene è logico che a questa comunicazione reale
dello Spirito, che avviene solo nel terzo ciclo storico
ed è ignota ai due precedenti, debba corrispondere
una distinzione sostanziale delle Persone divine, ché
altrimenti l’intero sistema crolla.
• Se lo Spirito fosse identico anzi uno nella sostanza
con le altre Persone divine, si sarebbe già
comunicato, e la trasfigurazione della realtà sarebbe
già avvenuta (e l’esperienza dimostra il contrario!), e
quindi la “grande attesa” sarebbe vana.
• Così si comprende perché davanti alla tesi trinitaria
di Pier Lombardo, Gioacchino insorgesse con tutte le
sue forze e la tacciasse di empietà e di sacrilegio:
tutto il suo “sogno” — per lui certezza, speranza e
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sospiro di ogni ora — ne era irreparabilmente
compromesso»:
C. OTTAVIANI, Joachimi Abbatis liber contra Lombardum (scuola di
Gioacchino da Fiore), 56-58.
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Il pensiero
diagrammatico simbolico
di Gioacchino da Fiore
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Nel canto XXXIII del Paradiso
Dante, a conclusione del suo viaggio e
della sua opera, riesce a vedere Dio e a
percepirne i misteri, fra cui quello della
Trinità, che egli rende coi versi 115-120:
• Nella profonda e chiara sussistenza
dell'alto lume parve(r)mi tre giri
di tre colori e d'una contenenza;
E l'un dall'altro, come iri da iri,
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parea riflesso, e ‘l terzo parea foco
che quinci e quindi igualmente si spiri.
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• ecco perché egli può rilevarne la pluralità (tre), la
diversità di colori (verde, blu, rosso), l'uguaglianza delle
superfici (uguaglianza delle tre Persone), la riflessione di
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uno dall'altro (Figlio che procede dal Padre)
• e il fatto che il rosso spira ugualmente dal primo e dal
secondo (Spirito Santo che procede dal Padre e dal
Figlio). Inoltre più avanti vedrà all'interno un'immagine
umana (Figlio incarnato). 13
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• Come si vede, ogni cerchio (Persona) comprende
parti degli altri due, e tutt'e tre insieme costituiscono
un'unica figura (Trinità) nella quale campeggia a
caratteri cubitali il tetragramma IEUE.
• Naturalmente Gioacchino, teologo, è stato molto più
dettagliato di Dante, poeta: le varie inscrizioni e
colorazioni della tavola specificano successioni,
simbologie, interferenze e interrelazioni del mistero
trinitario, nonché momenti della storia biblica,
Vecchio e Nuovo Testamento, dall'Alfa all'Omega, da
Adamo alla fine del mondo. Precisiamo soltanto che
l'immagine dell'iride e la successione dei tre colori
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così come miniati nella figura grande e come riferiti
da Dante, si ritrovano in Expositio in Apocalypsim IV.
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Un caso
della teologia monastica
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• Il fatto che i movimenti pauperististici si
richiamassero al suo nome e alla sua dottrina,
interpretata spesso al di là delle sue intenzioni,
invocando l’avvento di una Chiesa dello Spirito che
superasse quella istituzionale, determinò una forte
censura del pensiero di Gioacchino, ma portò anche
al silenzio della teologia sullo Spirito Santo.
• Per quanto non si possa stabilire una
consequenzialità diretta tra la dottrina dell’Abate
florense e la deriva dottrinale posteriore, è
indubbio che l’idea dell’avvento di una terza età
dello Spirito abbia costituito la causa più forte di
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inibizione della dottrina pneumatologica sia nella
riflessione teologica sia nell’esperienza ecclesiale.
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La dottrina
di Gioacchino da Fiore
• Gioacchino si era collocato in opposizione al pensiero
della Scolastica nascente, poiché riteneva che essa
rappresentasse un ritorno al passato, un modo di
argomentare
• «contrario allo spirito nuovo inaugurato dalla rivelazione
cristiana; il tipo di conoscenza cui ambivano i suoi
contemporanei minacciava indubbiamente ai suoi occhi di
paralizzare il pensiero in un immobilismo razionale, di
renderlo incapace di accogliere pensieri estranei e di
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schiudersi a un avvenire ancora informe, proprio mentre
egli aspirava, per lo meno a livello subconscio, a
sprigionare una forza propulsiva».
H. DE LUBAC, La posterità spirituale, I, 23.
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• De Lubac continua riguardo alla posizione di
Gioacchino, «Egli riconosce che i Greci hanno
preceduto i Latini nella fede e nella vita spirituale,
ma per dichiarare subito dopo che la gente latina,
“benché più giovane quanto a vocazione, ha presto
soppiantato la gente greca con la dignità di una più
grande grazia” (Cfr. GIOACCHINO DA FIORE, Tractatus
super quatuor evangelia, E. Bonaiuti, Roma 1937,
179).
• Se egli ammira in generale i primi padri greci, ritiene
che la stella che era loro apparsa li abbia presto
lasciati per rischiarare la “terra occidentale”. [...] È
dunque nella Chiesa latina che lo Spirito Santo, da
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lungo tempo ritrattosi dai Greci, opera con forza e
alimenta il fervore»: H. DE LUBAC, La posterità
spirituale, I, 47.
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La comprensione trinitaria
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La teoria delle tre età
• Il suo pensiero, legato alla teoria delle tre età della
storia della salvezza, risulta assai complesso. La
questione dell’età pneumatica pensata e scritta da
Gioacchino da Fiore, a cui ci riferiremo più
diffusamente in seguito, ha considerevolmente
influenzato i pensatori e gli studiosi posteriori.
• Gioacchino ritenne che fosse fondamentale per la
cristianità del suo tempo, passare dalla lettera allo
spirito, quindi di introdurre l’umanità in una età
mistica. Ciò è molto evidente nella lettura dei Trattati
sui quattro evangeli, in cui contrappone lo spirito alla
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lettera, contrappone Maria a Elisabetta e Cristo a
Giovanni.
• Il dualismo è voluto per contrapporre il battesimo di
acqua al battesimo di fuoco.
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«Quando il cristianesimo è nato, l’allegorismo
costituiva un metodo esegetico già perfettamente
acclimatato così nelle scuole del giudaismo
normativo, come nelle tradizioni erudite della
speculazione ellenistica. [...] Fin dai suoi inizi la
produzione proselitistica e catechetica del
cristianesimo è tutta pervasa da un elaborato
sistema allegorico, di cui la ermeneutica patristica ha
fissato le regole e ha disciplinato l’applicazione, sulle
orme del grande apologeta e interprete simbolista
della cosmogonia e della legislazione che è stato
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Filone di Alessandria»
E. BUONAIUTI, Gioacchino da Fiore, 190.
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• Gioacchino volle inserire nella sua teologia un elemento
determinante: quello detto del sorpasso e
appianamento della condizione storica del suo tempo;
risoluzione che non prescindeva dal crollo delle
strutture mentali e istituzionali, presenti nella Chiesa.
• Egli prevedeva un tempo di superamento, durante il
quale sarebbe emersa la Chiesa nuova, Chiesa dello
Spirito, in cui lo Spirito Santo, insegnando ogni verità,
avrebbe condotto all’ingresso nella gloria.
• In tale prospettiva, che preparava l’uditorio all’attesa di
una terza età — quella della Chiesa dello Spirito —
Gioacchino fondò il monastero di Fiore, seguendo
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l’ideale benedettino, volendo iniziare un ordine di
uomini perfetti che conducono la vita di Cristo e degli
Apostoli.
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Per valutare cosa intendesse Gioacchino da Fiore
sull’elezione divina e l’uso del termine eletti, cfr.
GIOACCHINO DA FIORE (I. ABBAS FLORENSIS), Dialogi, 126.
Tale simbolismo si riferisce al giorno del giudizio finale,
in cui, a somiglianza di Mosè, questi spirituali
raccoglieranno le messi degli eletti, mentre altri saranno
di maggiore durezza per raccogliere le empietà e
compiere la vendetta.
L’autore intese porre l’accento sull’«allora vedremo
faccia a faccia», identificato con l’età dello Spirito,
contrapponendolo all’ora in cui già vediamo, il tempo
presente segnato dalla carne.
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Il secondo brano neotestamentario è tratto dal vangelo
di Giovanni (16,13); in esso si ritrovano i germi della
nuova venuta dello Spirito che darà luogo ad una nuova
età, successiva all’età della Rivelazione del Cristo.
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Ogni età di 1270 anni
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soffermiamo il nostro studio sulla lettura testuale
dell’opera Liber de Concordia novi ac veteris
testamenti.
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Così scrive Gioacchino:
• Tutto ciò che si deve riferire a quella tribolazione che
si verificherà nel tempo dell’Anticristo, quando
Gerusalemme sarà nella prova (del giudizio finale):
cioè la chiesa fino a quando sorgerà il Signore in
giudizio contro quelle genti, come è scritto in modo
chiaro in una parte inserita nel libro dell’Apocalisse
dove si parla del cavallo bianco. E di colui che sedeva
sopra quello che era seguito da eserciti nello stesso
modo su cavalli bianchi. [...] E quel che si deduce: che
si deve dividere il monte degli ulivi in due parti,
designa — allo stesso modo — la divisione di quel
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popolo che per una parte segue Cristo e per una altra
parte l’Anticristo. Per cui e giustamente ivi segue: e
fuggirete verso la valle dei miei monti.
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• Ciò che dopo l’Avvento del Signore apparirà ivi sono
scritte alcune cose che non riguardano quel giorno
eterno che sarà dopo il giudizio: sembrerà
abbastanza strano e stupendo a quelli che pensano il
giorno del giudizio veramente un sol giorno; e non
piuttosto (come pensano) alcuni teologi cattolici un
solo tempo.
• Da qui Agostino nell’opera De Civitate Dei dice ciò
che tutta la Chiesa di Dio nella testimonianza e
nell’annuncio che verrà, che il vero Cristo di Dio verrà
dal cielo a giudicare i vivi e i morti. Questo definiamo
il supremo giorno del giudizio, il giorno supremo. È
infatti incerto per quanti giorni questo giudizio
debba attendersi: ma secondo il procedimento delle
Scritture sacre nessuno che abbia letto anche
superficialmente le Scritture sa che quel giorno non
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è solito esser posto in un tempo determinato».
GIOACCHINO DA FIORE, Liber de Concordia Novi ac Veteris Testamenti, per Simonem
de Luere, Venetiis 1519, f, 124a
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Concludendo
• Questo brano, in discontinuità con i precedenti, mette in
campo gli elementi che giustificarono la determinazione
di Gioacchino da Fiore nel voler difendere una fondazione
autonoma per uomini scelti, che perseverassero nella
verità: in quanto prescelti non solo da Dio, ma anche dagli
uomini, le loro opere erano visibili e la loro fama di santità
era nota.
• A questa analisi si aggiunge la modalità di comprensione
della Scrittura condotta dall’Abate florense. Infatti, per
quanto devoto egli sia stato l’approccio esplicativo dei
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• Emerge poi, con una certa evidenza, una
discontinuità e disarmonia stilistica del
testo, che giustificherebbe l’idea di un
rimaneggiamento dell’opera, come già
testimoniato per altri testi gioachimiti da
parte di diversi autori.
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Bibliografia
• Per la Lettura
DE LUBAC H., La posterità spirituale di Gioacchino da Fiore, I, in
Opera Omnia, 27, Milano 1981, 19-84.
MOTTU H., La manifestazione dello Spirito secondo Gioacchino da
Fiore, Casale Monferrato 1983, 9-68.
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