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Introduzione al corso: TD 2225

Lo Spirito Santo
nella Tradizione Latina del II millennio

Lezione 1

PUTTI – Lezione 1
dall’Ecclesia Sponsa all’Ecclesia Spiritualis
n INTRODUZIONE E PRIMO QUADRO STORICO
n LA DISCUSSIONE SUL FILIOQUE
n I TESTI MAGISTERIALI SUCCESSIVI ALLO SCISMA

Gv 15, 12-26
12 Questo è il mio comandamento: che vi amiate gli uni gli altri, come io vi ho
amati. 13 Nessuno ha un amore più grande di questo: dare la vita per i propri
amici. 14 Voi siete miei amici, se farete ciò che io vi comando. 15 Non vi chiamo
più servi, perché il servo non sa quello che fa il suo padrone; ma vi ho chiamati
amici, perché tutto ciò che ho udito dal Padre l'ho fatto conoscere a voi. 16 Non
voi avete scelto me, ma io ho scelto voi e vi ho costituiti perché andiate e portiate
frutto e il vostro frutto rimanga; perché tutto quello che chiederete al Padre nel
mio nome, ve lo conceda. 17 Questo vi comando: amatevi gli uni gli altri.
[…]

21 Ma tutto questo vi faranno a causa del mio nome, perché non conoscono colui
che mi ha mandato. 22 Se non fossi venuto e non avessi parlato loro, non
avrebbero alcun peccato; ma ora non hanno scusa per il loro peccato. 23 Chi odia
me, odia anche il Padre mio. 24 Se non avessi fatto in mezzo a loro opere che
nessun altro mai ha fatto, non avrebbero alcun peccato; ora invece hanno visto e
hanno odiato me e il Padre mio. 25 Questo perché si adempisse la parola scritta
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nella loro Legge: Mi hanno odiato senza ragione.

26 Quando verrà il Consolatore che io vi manderò dal Padre, lo Spirito di verità che
procede dal Padre, egli mi renderà testimonianza; 27 e anche voi mi renderete
testimonianza, perché siete stati con me fin dal principio.

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Lo Spirito di Cristo

Dal momento del battesimo, in cui lo Spirito discende su Gesù


e poi lo conduce nel deserto, viene sottolineata nel Nuovo
Testamento la coerenza del messaggio rivelativo
veterotestamentario, che trova così compimento: Gesù è il
messia, colui che Isaia aveva già annunciato come il portatore
dello Spirito. Per questo nelle descrizioni evangeliche Gesù è
accompagnato dalla presenza dello Spirito, già nei racconti
dell’infanzia.
Lo Spirito è da lui dato in dono, donato ai suoi, donato alla
Chiesa, lo Spirito è dono per tutti coloro che portano il nome
di Cristo e che quindi gli appartengono. Ecco un nuovo

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adempimento, quello della promessa dell’effusione
universale del dono dello Spirito. Cfr. F.L. LADARIA, Il Dio vivo e
vero, 77-91.

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In Is 11 il servo di Dio è portatore della salvezza e in Is


59,21 la promessa dell’alleanza è confermata dalla
consegna del dono dello Spirito.
«Lo Spirito Santo non dev’essere considerato come un dono
generico o un oggetto indeterminato che si frappone fra il
Padre e il Figlio, per esprimere la loro comunione spirituale.
Esso invece è un dono che esiste come persona o una
persona che sussiste come dono. Le due determinazioni,
dono e persona, prese insieme, offrono una descrizione
completa della personalità dello Spirito Santo. Il dono indica
soprattutto l’intenzionalità o la relazionalità che lo pone
essenzialmente rapportato al Padre e al Figlio; il suo essere
è totalmente ed esclusivamente proiettato verso di essi,
non ha una connotazione propria, indipendente da loro. La
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persona sottolinea invece la sua consistenza reale, che lo


pone in assoluta distinzione rispetto al Padre e al Figlio»: R.
LAVATORI, Lo Spirito Santo, 258-259.

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« Lo Spirito Santo come dono
è la persona divina, attraverso la quale Dio si
rende idoneo a uscire dal suo essere per comunicarsi
all’uomo, senza tuttavia venir meno alla sua
trascendenza. In tal senso non c’è azione divina
nella storia che non sia condotta dallo Spirito Santo.
La sua funzione, in conformità al suo essere
personale, consiste precisamente nell’attuare la
comunione tra Dio e l’uomo nel modo più profondo
possibile, fino a giungere alla presenza personale di

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Dio nell’uomo, a suscitare perciò un rapporto
autenticamente personale».
R. LAVATORI, Lo Spirito Santo, 268.

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Lo Spirito di Cristo
Gesù possiede lo Spirito come qualcosa di proprio,
non soltanto come qualcosa di ricevuto dal di fuori.
Essendo lo Spirito del Padre quello che viene su Gesù,
costui è spinto a compiere la sua missione. Essendo lo
Spirito del Figlio, costui, libero interiormente, si fa
obbediente allo Spirito del Padre che lo guida. Lo
Spirito Santo non è per Gesù un mero principio
esterno, ma abita in lui e su di lui rimane come nel suo
luogo naturale. In questa disponibilità del Figlio
liberamente obbediente al Padre si manifesta
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pienamente anche l’identità dello Spirito come Spirito


del Padre e del Figlio, perché in questo momento Gesù
risorto lo potrà dare.
F.L. LADARIA, Il Dio vivo e vero, 90. 6
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Costituiti Ecclesia
• Tale promessa si adempie nella convocazione dei
battezzati in un’unica assise, l’Ecclesia, che vive d’una
dynamis perenne che la anima, la sostiene e la rinnova
corroborandola, poiché la pone in relazione esistentiva
e poi esistenziale, con Colui che l’ha radunata.
• Tutti coloro che sono battezzati, venendo incorporati al
Cristo, nel nome della Trinità — nel nome del Padre,
del Figlio e dello Spirito Santo — rispondono nella fede
alla triplice domanda che viene loro posta, poiché “la
fede di tutti i cristiani consiste nella Trinità”. Appare

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chiara, quindi, la modalità in cui l’intera storia della
salvezza si sia espressa come luogo della Rivelazione di
Dio, unico e vero Signore: Padre, Figlio e Spirito Santo,
annunciato all’uomo.
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I Padri della Chiesa distinsero la vita intima del Dio-


Trinità dalle opere da lui compiute nella storia
attraverso le quali egli si è comunicato all’uomo, fino a
donare la sua vita. Questa economia salvifica propone la
verità più profonda, quella teologica.
Cristo è perfectus communicator, perché compie
costitutivamente la communio di Dio con gli uomini e
degli uomini tra di loro, e tutta la sua vita è segnata da
un costante annichilirsi sino alla morte
Qualsiasi discorso su Dio risente dell’esperienza
dell’uomo: tante volte l’uomo ha cercato di descrivere
Dio, di rappresentarlo, nella realtà umana che vive. Per
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questo il linguaggio della fede è un lessico che mette in


relazione due aspetti: la verità di Dio e il linguaggio
umano, la divinità e la contingenza.

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Le relazioni trinitarie
via rivelatrice
• Gesù chiama Dio con il nome di Padre. Nel
linguaggio della fede ciò esprime il valore primario,
fontale, che indica l’autorità assoluta di Dio in ogni
realtà creata; egli è la bontà e la sollecitudine
amorosa per tutti gli uomini. Questa attenzione di
Dio per l’uomo è comunicata nella paternità ed
esprime il modo in cui Dio, nel generare, supera le
categorie umane della paternità, che pure sono
usate dall’uomo per descriverlo. La parola padre
quindi assume un senso inaudito dinanzi al
Creatore: Gesù lo chiama Padre, poiché egli è

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eternamente in relazione col Figlio Unigenito, il
quale è Figlio solo in relazione alla paternità.

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• La relazione piena di queste due persone divine, il


Padre e il Figlio, è dichiarata nell’esperienza della
conoscenza di Dio a cui l’evangelista Matteo si
riferisce indicandolo come un aspetto essenziale
della Rivelazione, infatti nessuno conosce il Figlio
se non il Padre, e nessuno conosce il Padre se non il
Figlio e colui al quale il Figlio lo voglia rivelare
(Mt 11,27)
• La relazione intima tra Gesù e il Padre e la sua
condizione di Salvatore degli uomini stabilisce
nello Spirito la via rivelatrice della Trinità. Tale
prospettiva è espressa in modo efficacissimo nel
Vangelo di Giovanni, nel quale Gesù è chiamato
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Figlio, l’Unigenito, manifestazione eminente del


rivelarsi di Dio all’uomo (Gv 20,31).

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«Lo Spirito che “discese su Maria” (cfr. Lc 1,35) è lo stesso
Spirito che si librò sulle acque all’alba della Creazione (cfr.
Gen 1,2). Questo ci ricorda che l’Incarnazione è stata un
nuovo atto creativo. Quando nostro Signore Gesù Cristo fu
concepito per opera dello Spirito Santo nel seno verginale di
Maria, Dio si unì con la nostra umanità creata, entrando in
una permanente nuova relazione con noi e inaugurando una
nuova Creazione. Maria disse: “Avvenga di me secondo la tua
parola”. E la Parola di Dio divenne carne. […] Questo ci sfida
ad aprirci all’azione trasformatrice dello Spirito Creatore che
ci fa nuovi, ci rende una cosa sola con Lui e ci riempie con la
sua vita. Ci invita, con squisita gentilezza, a consentire che

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egli abiti in noi, ad accogliere la Parola di Dio nei nostri cuori,
rendendoci capaci di rispondere a Lui con amore ed andare
con amore l’uno verso l’altro».

BENEDETTO XVI, Discorso a Nazaret, 14 maggio 2009, 835. 11


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La relazione intima tra Gesù e il Padre e la sua condizione


di Salvatore degli uomini stabilisce nello Spirito la via
rivelatrice della Trinità. Tale prospettiva è espressa in modo
efficacissimo nel Vangelo di Giovanni, nel quale Gesù è
chiamato Figlio, l’Unigenito, manifestazione eminente del
rivelarsi di Dio all’uomo.
I diversi momenti della vita di Gesù si possono
comprendere come espressioni rivelative di tutto il mistero
trinitario: Dio è Padre di Gesù e la sua paternità si esplicita
nella missione di Gesù nel mondo; questa missione del
Figlio immette l’uomo in una relazione filiale-personale con
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il Padre, da Gesù stesso mostrata ai suoi discepoli quando


spiega loro come rivolgersi a Dio nella preghiera,
invocandolo Padre nostro.

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«Tra la paternità di Dio nei confronti di
Gesù e la figliolanza di costui da una parte
e quella dei discepoli dall’altra c’è una
innegabile relazione. Soltanto perché Gesù
è il figlio di Dio e lo chiama padre può
insegnare ai discepoli a invocarlo così e a
vivere la vita da figli; è lui che li introduce
in questa relazione paterno-filiale.
Dobbiamo però notare che la figliolanza
divina di Gesù e quella dei discepoli non
sono mai equiparate. [...] La relazione di
Gesù con il Padre è unica e irripetibile»

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F.L. LADARIA, Il Dio vivo e vero, 74.

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L’essere figli nel Figlio


è un presupposto che stabilisce un vincolo di
relazione profonda tra ogni battezzato e Dio: questo
vincolo, che san Paolo attribuisce allo Spirito Santo,
è predestinazione di tutti gli uomini in Cristo fin
dalla creazione. Lo Spirito Santo è chiamato Spirito
del Figlio, la sua missione è profondamente legata
alla missione del Figlio. Infatti l’intera vita di
Cristo è contrassegnata da questa presenza .
«E, perché siete figli, Dio ha mandato lo Spirito del
Figlio suo nei nostri cuori, che grida: “Abbà,
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Padre”»: Gal 4,6.

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Con l’evento del battesimo al Giordano, Gesù di Nazareth è
unto dallo Spirito Santo in vista della missione ed è
riconosciuto appunto come Christòs, Consacrato dallo Spirito. Il
battesimo nel Giordano rappresenta il momento del mistero
della vita di Gesù in cui lo Spirito è manifestato come presenza
e forza di Dio che sospinge il Figlio nella missione di
evangelizzazione dei poveri.
Lo Spirito compie segni teofanici rivolti a chi guarda il Cristo
perché confessi la sua divinità; in tal senso lo Spirito Santo è
quella forza divina che, venendo dal Padre, ratifica Gesù a
compiere la propria missione.
Così, allo stesso modo del loro Maestro e Signore, anche coloro
che riconoscono in Gesù il Figlio di Dio sono sostenuti dalla
fede e fortificati dallo Spirito, perché egli veramente morto è

PUTTI – Lezione 1
anche veramente risorto e, glorificato alla destra del Padre, ha
effuso lo Spirito Santo promesso: la Pentecoste è il primo e il
pieno effetto della Pasqua di Cristo e la causa della
divinizzazione dell’uomo.
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Lo Spirito vivificante
dono del Risorto
• Lo Spirito Santo è una presenza viva nella Chiesa e nel
cuore di ogni battezzato, ivi dimora e con la sua presenza
rende manifesta la figliolanza adottiva. La fede cristiana
insegna ad accogliere questa presenza dello Spirito e
indica di affidarsi alla Rivelazione che Dio ha fatto di sé
nell’Incarnazione del Figlio Unigenito, Gesù il Cristo.
• Il momento della Pentecoste ci ha introdotti al Padre, per
mezzo di Cristo nell’unico Spirito; ciò evidenzia il fulcro
dell’insegnamento magisteriale per il quale lo Spirito di
verità, col quale il Padre dona la vita, è Colui che
attraverso il battesimo, nella morte e risurrezione del
PUTTI – Lezione 1

Cristo, rende gli uomini conformi all’immagine divina:


tutti i cristiani vengono battezzati in un solo Spirito “per
costituire un solo corpo” (1Cor 12,13) di cui siamo sue
membra.

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Rapporto di UPSAL
L’evento pasquale, compiuto una volta per sempre,
come diviene nostro oggi? Per opera di colui che fin
dal principio e nella pienezza dei tempi ne è l’artefice:
lo Spirito Santo. Egli è la novità in persona che opera
nel mondo. Egli è la presenza del Dio con noi, “unito
al nostro spirito” (Rm 8,16). Senza di lui Dio è
lontano, il Cristo resta nel passato, il Vangelo è
lettera morta, la Chiesa una semplice organizzazione,
l’autorità una denominazione, la missione una
propaganda, il culto un’evocazione, l’agire cristiano
una morale di schiavi. Ma in lui il cosmo si solleva e
geme nelle doglie del Regno, il Cristo Risuscitato è
presente, il Vangelo è potenza di vita, la Chiesa

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significa comunione trinitaria, l’autorità è servizio
liberatore, la missione è pentecoste, la liturgia è
memoriale e anticipazione, l’agire umano è deificato.
I. HAZIM DI LATTAQUIÉ, Conseil Oecuménique des Églises, 297.
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• Queste parole raccolte nel Rapporto di Upsal, con


essenzialità e singolare efficacia, descrivono il ruolo
dello Spirito Santo nella vita cristiana. Ma pongono
anche una questione teologica di forte impatto:
• se questo è il ruolo dello Spirito, che ne è stato della
vita cristiana, tanto personale quanto comunitaria,
quando tale ruolo non è stato avvertito?
• Anzi, quando si è verificato un deficit
pneumatologico?
• Certo, la mancanza di consapevolezza da parte
dell’uomo non significa assenza da parte dello
Spirito, il grande Sconosciuto, che tuttavia agisce
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nelle pieghe della storia e feconda sempre la vita


cristiana

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Dall’Ecclesia Sponsa
all’Ecclesia Spiritualis

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La questione del Filioque


• Punti di divergenza della teologia bizantina
1. il Filioque
2. il Primato giuridico del
successore di Pietro

• Si toccano aspetti relativi alla


1. fede Trinitaria
2. pensare la Chiesa
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Contenuto della divergenza
• Trinitaria • Chiesa
La relazione dello Immagine della Trinità
Spirito Santo
rispetto al Padre e Per i cattolici è guidata
da un garante
rispetto al Figlio.
dell’unità tra le chiese.
Per gli ortodossi c’è
bisogno di una garanzia
visibile della diversità.

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Il testo chiarificatore di LG 18
Cristo Signore [...] affinché lo stesso episcopato fosse
uno e indiviso, prepose agli altri apostoli il beato Pietro e
in lui stabilì il principio e il fondamento perpetuo e
visibile dell'unità di fede e di comunione. Questa
dottrina della istituzione, della perpetuità, del valore e
della natura del sacro primato del romano Pontefice e
del suo infallibile magistero, il santo Concilio la propone
di nuovo a tutti i fedeli come oggetto certo di fede. Di più
proseguendo nel disegno incominciato, ha stabilito di
enunciare ed esplicitare la dottrina sui vescovi,
successori degli apostoli, i quali col successore di Pietro,
vicario di Cristo e capo visibile di tutta la Chiesa, reggono
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la casa del Dio vivente


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LG 20:
I vescovi dunque hanno ricevuto il ministero della
comunità per esercitarlo con i loro collaboratori,
sacerdoti e diaconi. Presiedono in luogo di Dio al gregge
di cui sono pastori quali maestri di dottrina, sacerdoti del
sacro culto, ministri del governo della Chiesa. Come
quindi è permanente l'ufficio dal Signore concesso
singolarmente a Pietro, il primo degli apostoli, e da
trasmettersi ai suoi successori, cosi è permanente
l'ufficio degli apostoli di pascere la Chiesa, da esercitarsi
in perpetuo dal sacro ordine dei Vescovi. Perciò il sacro
Concilio insegna che i vescovi per divina istituzione sono
succeduti al posto degli Apostoli quali pastori della
Chiesa, e che chi li ascolta, ascolta Cristo, chi li disprezza,

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disprezza Cristo e colui che ha mandato Cristo (cfr. Lc
10,16).
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Quale discussione attorno


Filioque?
Il Concilio di Costantinopoli I riguardo allo
Spirito Santo, Persona divina, afferma:
• è Signore e dà la vita
• procede dal Padre
• con il Padre e il Figlio è adorato e glorificato.
Queste parole confessavano la divinità dello
Spirito Santo.
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Lo stesso Credo
la stessa Unità
• Nonostante la prassi diffusa nelle chiese di dire lo
stesso Credo in segno dell’unità, della Chiesa e
della fede cristiana, in un modo sempre più diffuso
e costante nel Credo proclamato nelle liturgie
latine, al momento delle parole che riguardano lo
Spirito Santo, si cominciò ad introdurre una
variante:
• "Credo nello Spirito Santo
che è Signore e dà la vita
• che procede dal Padre e dal Figlio"

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• in latino: qui ex Patre Filioque procedit.
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Punto di divergenza

• La diversità nella recita del Credo si


limita alla parola Filioque, quindi
all'interpretazione del verbo procedere
in quanto viene riferito anche al Figlio,
oltre che come è detto dal Concilio, al
Padre.
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Difficoltà
1. La processione dello Spirito Santo dal Padre e
dal Figlio riguarda la teologia trinitaria, ossia
tratta della difficoltà di rendere conto del
mistero della tri-unità.
2. Riguarda il fatto, il modo e il perché sia stata
introdotta nel mondo latino un'aggiunta al
Credo di Nicea-Costantinopoli. Il contesto è
legittimo!
Il Filioque è introdotto nel mondo occidentale per
mezzo di un Credo Liturgico, quando le liturgie

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erano differenti in molti altri punti, senza che
questo costituisse un problema.
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3. Si sostiene che il Filioque sia la causa della


divisione della Chiesa, ma questo significa
dimenticare che il termine Filioque è presente in
alcune formule di fede quando la Chiesa è ancora
unita.
4. L’assolutizzazione da entrambe le parti: il Filioque
è stato generalmente compreso dagli ortodossi
come l’espressione “che permette di cogliere
dall'interno tutti gli errori cattolici”,
“chiave ermeneutica dell'eresia latina” che
“dà la comprensione interna del tragico destino
dell'Occidente cattolico e protestante”.
J. M. Le Guillou, La critique du Filioque de L. P. Karsavine, in "Istina" 1972,
n.3-4, pp. 259-303.
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La questione del Filioque diventa il
nucleo della divisione delle Chiese

• “Il Filioque è entrato nella tradizione occidentale


senza mai essere considerato un ostacolo
all'unione prima che questa non venisse rotta per
altri motivi”.
riferimento a Mr. Damaskinos,
in Y. Congar, Credo nello Spirito Santo, vol. III, Brescia, 1983, p. 210.

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Contesto storico
• Il Filioque esiste nel Simbolo "Quicumque" o di
Atanasio (V secolo). E’ assunto dalla Chiesa latina
nel concilio di Toledo del 589, nell'Italia
settentrionale al concilio d’Aquilea nel 796, e
nell’Europa centrale con il concilio d’Aquisgrana
nell’809.
• Il Concilio di Toledo voleva rafforzare la posizione
antiariana e riprendere la questione cristologica
sulla persona di Cristo. Egli non riceve lo Spirito -
e quindi diventa divino - ma che egli è Dio da
Dio, e partecipa in qualità di Dio all'origine dello
Spirito Santo Dio.
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Il procedere non solo dal Padre

• Affermando che lo Spirito Santo procede non


solo dal Padre, ma anche dal Figlio,
• si affermava la divinità dello Spirito Santo, (che
non era messa in questione) in relazione con la
divinità del Padre e con la divinità del Figlio;
• lo scopo era ribadire la divinità del Figlio, e non
svalutare la persona dello Spirito
subordinandolo al Figlio.

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L’Oriente contro gli


pneumatomachi
• contrasta nello stesso periodo, e in modo
ricorrente, contro gli pneumatomachi, che non
avevano difficoltà a confessare la divinità del Figlio,
anzi si spingevano ad affermare che solo il Figlio è
Dio;
• lo Spirito, essendo semplice creatura del Figlio,
riceve la divinità dal Figlio.
• In tale contesto affermare che lo Spirito Santo
proviene solo dal Padre, significava dichiarare la sua
divinità come uguale al Figlio e combattere così
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l'eresia che negava la divinità dello Spirito Santo.


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Tra il IV-V secolo il tema Filioque
si discuteva in tutto l’Occidente
• Lo si può riscontrare nel simbolo “Quicumque”, di
origine gallicana: La fede cattolica è che veneriamo un
solo Dio nella Trinità, e la Trinità nell’unità, non
confondendo le persone, né separando la sostanza:
altra è infatti la persona del Padre, non creato il Figlio,
non creato lo Spirito Santo; immenso il Padre,
immenso il Figlio, immenso lo Spirito Santo; eterno il
Padre eterno il Figlio, eterno lo Spirito Santo; e
tuttavia non tre eterni ma un solo eterno; come
neppure tre non creati, né tre immensi, ma uno solo
non creato immenso e un solo immenso non creato

PUTTI
(...) Lo Spirito Santo è dal Padre e dal Figlio, non fatto
né creato, né generato, ma procedente [DH 75-76ss].
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Nel Concilio di Toledo I del 447


contro gli errori dei Priscilliani,
così si affermava:
• «Crediamo nell’unico vero Dio, Padre e Figlio
e Spirito Santo, creatore delle cose visibili e
invisibili, per mezzo del quale tutto è stato
creato nel cielo e sulla terra. Questo è
l’unico Dio e questa è l’unica Trinità del
nome divino [della divina sostanza]. Il Padre
[però] non è il Figlio stesso, ma ha un Figlio,
che non è il Padre. Il Figlio non è il Padre, ma
è Figlio di Dio per [dalla] natura [del Padre].
Lo Spirito è anche Paraclito e non è il Padre
né il Figlio, ma procede dal Padre [e dal
Figlio]» [DH 188].
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Il sinodo di Toledo III (589):
• «Parimenti dobbiamo professare e predicare che lo
Spirito Santo procede dal Padre e dal Figlio e che è
un’unica sostanza con il Padre e con il Figlio; nella Trinità
dunque la terza persona è quella dello Spirito Santo, che
tuttavia ha in comune con il Padre e con il Figlio l’essenza
della divinità» [DH 470].
• Il testo riprende il credo di Vittricio di Rouen, discepolo di
Sant’Ambrogio, primo ad affermare la possibilità della
processione dello Spirito Santo dal Padre e dal Figlio: «Lo
Spirito Santo, quando procede (procedit) dal Padre e dal
Figlio non si separa dal Padre, non si separa dal Figlio»:

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De Spiritu Sancto I, 11, 120; PL. 16, 733A – 762D, CSEL 79,
67.
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Fozio
• Quando Fozio venne nominato patriarca nell’858, la sua
nomina doveva sostituire Ignazio. «Ma il Papa Nicola I
contesta la validità della sua nomina e gli chiede di
restituire la sede al patriarca legittimo, Ignazio, pena la
scomunica.
• Fozio si rifiuta e accusa Roma di eresia, rimproverandole
tra l’altro e soprattutto di avere falsato il simbolo
niceno-costantinopolitano con l’aggiunta del Filioque, e
reclama la deposizione del papa. Ma con la scomparsa
di Bardas e di Michele III, periti in battaglia, il clima
politico di Costantinopoli cambia radicalmente.
• Il nuovo imperatore Basilio I fa deporre Fozio (867) e
richiama Ignazio. Ma alla morte di costui Fozio viene
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reintegrato (878) e rimane in carica fino all’886, quando


viene definitivamente rimosso da Leone VI».
B. Mondin, Storia della Teologia II, 70. 36
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«Non si può negare che Fozio abbia ristretto e
irrigidito la teologia dei Padri e di Giovanni
Damasceno. “Non esiste una dottrina patristica
unanime ed omogenea sulla processione dello
Spirito Santo”, ed esistono aperture nel senso di una
processione per Filium, ed anche Filioque»
(Y. Congar, Credo nello Spirito Santo, 502).

La Chiesa cattolica tardò a inserire il Filioque nella


liturgia proprio per non creare divisioni, dopo lo
scisma foziano. Nel 1014 papa Benedetto VIII fu
costretto all’uso di questa formula dall’imperatore
Enrico II.

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Scisma del 1054


Lo scisma del 1054, con la reciproca scomunica deposta
sull’altare di Santa Sofia a Bisanzio, determinò un
processo di progressiva distanza della Chiesa Orientale,
che nel giro di pochi decenni, soprattutto dopo la
conquista di Costantinopoli da parte dei crociati,
divenne rottura insanabile, che perdura fino ad oggi.
Va posta la questione della validità dell’atto di
scomunica. Infatti, quando Umberto di Silvacandida
formalizzò l’atto contro Michele Cerulario Patriarca di
Costantinopoli, il 16 luglio del 1054, allora il papa Leone
IX era già morto (19 aprile del 1054). Formalmente,
quindi, l’atto era invalido e inefficace.
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Concilio di Lione 1274
• La questione del Filioque torna, con il II concilio
di Lione nel 1274, quando si affrontò il problema
dell’Unione[DH, 851ss];
• in quell’occasione si pronunciò la formula detta
“di vera fede”, che contiene anche il Filioque:
• «Noi crediamo che lo Spirito Santo, è pieno e
perfetto e vero Dio, che procede dal Padre e dal
Figlio, totalmente uguale, consustanziale, di
uguale onnipotenza, coeterno in tutto al Padre e
al Figlio. Crediamo che questa Trinità non è tre
dei, ma un unico Dio onnipotente, eterno,
invisibile, immutabile» [DH, 853].

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L’Imperatore Michele VIII Paleologo costrinse la Chiesa


Greca a partecipare con una delegazione al Concilio;
questa portò la lettera d’unione con cui Michele
Paleologo riconosceva il primato del papa e accettava il
Credo di Roma.
La formula fu pronunciata con solennità da tutti i
partecipanti al Concilio, compresi i partecipanti della
delegazione Imperiale, ma l’atto di unione, più che altro
finalizzato a ottenere una tregua del conflitto tra Carlo
d’Angiò e Michele Paleologo, non ebbe alcun seguito,
anzi irrigidì il sentimento anti-romano della Chiesa
greca, che aveva visto nell’atto d’unione un altro sopruso
umiliante di Roma.
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• Bisognerà attendere quasi due secoli per
riprendere le fila di un discorso
bruscamente interrotto, ma anche in
questo caso, senza esiti positivi, perché le
motivazioni non erano chiare.

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Il concilio di Firenze (1439-1445)


• Noto come il XXVII concilio ecumenico, sebbene venga
ritenuto un concilio unico, rappresenta il proseguimento
del concilio di Basilea e Ferrara svoltosi tra il 1431 ed il
1439.
• Si definiva in chiave teologica e dogmatica la processione
dello Spirito Santo secondo cinque articoli: quod spiritus
Sanctus ex Patre et Filio aeternaliter est et ex utroque
aeternaliter tamquam ad uno principio et unica
spiratione procedit;
• tutti professino che “lo Spirito Santo è eternamente dal
Padre e dal Figlio e che procede eternamente da
ambedue come da un solo principio e da una unica
spirazione”
PUTTI

(Decreto pro Grecis, DH 1300-1303).


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• Per i Greci era fondamentale rilevare l’unico
principio e l’unica spirazione nella Trinità; ciò
rappresenta la definizione di importanza
dogmatica più rilevante di questo concilio.
(Cfr. C. Boyer, Dottrina trinitaria e concili ecumenici, in P. Palazzini, Una serie
di studi guida al Concilio, I, Teologia dei Concilii Ecumenici, 61-62).

• Si riconobbe finalmente il contrasto


terminologico esistente tra ciò che i Latini
chiamavano principio e che i Greci chiamavano
causa, e di seguito la significazione data alle due
parole che era la medesima: il Figlio riceve
eternamente dal Padre la spirazione attiva il cui
termine è lo Spirito Santo.

PUTTI
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concludendo
• A Firenze, spiegando in quella occasione
l’aggiunta del Filioque nel simbolo come
aggiunta compiuta con ragione ed in modo
legittimo, si fece osservare come alla Chiesa di
Roma non fosse infatti impedito di aggiungere al
simbolo ciò che le sembrasse necessario.

• Per la lettura: Hiberath, B.J., Pneumatologia, Queriniana,


Brescia 1996, pp. 215-223.
PUTTI

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• In verità per il Filioque si è trattato di un dissidio che non
poteva essere chiarito, poiché non vi erano definizioni
dogmatiche precedenti sufficienti, che quindi ha visto
solo opinioni teologiche ed ipotesi, confrontarsi e
osteggiarsi, sino a determinare la rottura. Anche se non
fu questa affermazione a dividere la Chiesa, eppure da
ciò si è originata la reciproca accusa di eresia.
• Se oggi possiamo ripensare a vie di recupero della
comunione fra le Chiese Sorelle, non possiamo non
valutare però le concause che determinarono un
nascondimento della questione pneumatologica nella
tradizione latina. Da questo momento in poi si conoscerà
una scissione dalla prassi liturgica.

PUTTI
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Chiarificazione del Pontificio


consiglio per la promozione
dell’unità dei cristiani:
• I Padri greci e tutto l’Oriente cristiano parlano a questo
riguardo della “monarchia del Padre” e anche la
tradizione occidentale confessa, sulla scia di
sant’Agostino, che lo Spirito Santo trae la sua origine
dal Padre “principaliter”, cioè a titolo di principio (De
Trinitate XV, 25, 47, PL 42, 1094-1095). In questo senso
dunque le due tradizioni riconoscono che la
“monarchia del Padre” implica che il Padre sia l’unica
causa trinitaria (aitia) o principio (principium) del Figlio
e dello Spirito Santo.
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• (...) L’ekporeusis greca non significa altro che la relazione
d’origine in rapporto al solo Padre in quanto principio
senza principio della Trinità. Per converso,
• la processio latina è un termine più comune che significa
la comunicazione della divinità consustanziale del Padre
al Figlio e del Padre per mezzo e con il Figlio allo Spirito
Santo.
• Confessando lo Spirito Santo “ex Patre procedentem”, i
latini non potevano dunque fare altro che supporre un
Filioque implicito che sarebbe stato esplicitato più tardi
nella loro versione liturgica del simbolo.
[Osservatore Romano, 13.09.1995]

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Lo Spirito Santo
nella Tradizione Latina del secondo millennio

Bibliografia
Per la Lettura

- A.M. Putti, Il difficile recupero dello Spirito, Roma


2016, 7-52.
- B.J. Hilberath, Pneumatologie, Patmos Verlag,
Dusseldorf 1994, 215-223.
PUTTI – Lezione 1

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