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Cependant, ce triomphe est présenté de manière paradoxale.

La lumière a
vaincu les ténèbres par sa propre extinction.

ANTONIO AGNELLI

IL TEMPO E’ COMPIUTO

Una lettura ecologica del Vangelo secondo Marco

1
Sommario

INTRODUZIONE

La crisi ecologica è una questione cruciale del nostro tempo, conseguenza


di tante scelta fatte e altre che si compiono, senza tener conto della realtà
oggettiva in cui viviamo, della fragilità della terra e della limitatezza delle
risorse che essa contiene. Una volta esaurite, non avremo più un altro
pianeta a immediata disposizione.
Le recenti proteste giovanili, sono state un segnale per ripensare il nostro
approccio all’ambiente e nel contempo, per immaginare e costruire un
futuro diverso per le giovani generazioni.
Ci sono stati a dire il vero, negli ultimi anni, interventi ufficiali dei potenti
del mondo: basti pensare al summit di Parigi, nel 2015, ove si è stilato un
accordo tra gli stati membri della Convenzione nel quadro delle Nazioni
Unite sui cambiamenti climatici. E’ stata chiamata COP 21, sigla che sta
per of the Parties Conference. E’ stata la ventunesima conferenza delle
Nazioni Unite che riunisce i paesi del mondo con lo scopo di dibattere sui
cambiamenti climatici in atto1.
1
A novembre 2018, 195 stati membri hanno sottoscritto l’accordo e 184 deciso di farne parte. Sappiamo anche come
nel 2017 gli Stati Uniti hanno affermato di volersi ritirare dagli accordi firmati da B. Obama ma nel maggio del 2019,
comunque la Camera dei rappresentanti USA, ha approvato un disegno di legge che richiede alla amministrazione di D.
Trump, di mantenere gli Stati Uniti dentro gli Accordi sul clima, decisi a Parigi. Vennero prefissati alcuni obiettivi. Tra
2
Ci sono però realmente da parte degli stati, le volontà politiche per
raggiungere in fretta questi obiettivi? Il Papa, auspica nella Laudato si’
l’urgenza di accordi internazionali, considerata la scarsa capacità delle
istanze locali ad intervenire in modo efficace, come anche la lentezza e
poca volontà di affrontate la crisi ecologica poiché stride con interessi
economici potenti.
La provocazione della giovane Greta Thunberg 2, ha sicuramente acutizzato
la problematica, smascherando troppe ipocrisie e frenate dei responsabili
dei governi mondiali3.

La situazione generale poi è comunque preoccupante come ha rilevato il


recente rapporto del foro scientifico dell’ONU, il Gruppo intergovernativo
sul cambiamento climatico (IPCC)4 che ha presentato la situazione in cui
ecologicamente siamo immersi.

Utile è coglierne alcuni aspetti che giustificano il perché anche il cristiano


debba testimoniare la sua fede e la sua carità piena di speranza, dentro la
crisi ecologica che stiamo vivendo.

questi, i governi avevano concordato di mantenere l'aumento medio della temperatura mondiale ben al di sotto di 2°C
rispetto ai livelli preindustriali come obiettivo a lungo termine: puntare a limitare l'aumento a 1,5°C, dato che ciò
ridurrebbe in misura significativa i rischi e gli impatti dei cambiamenti climatici. Si era inoltre convenuto di fare in
modo che le emissioni globali potessero raggiungere il livello massimo il più presto possibile, pur riconoscendo che per
i paesi in via di sviluppo, serva più tempo, procedendo successivamente a rapide riduzioni in conformità con le
soluzioni scientifiche più avanzate disponibili. Prima e durante la conferenza di Parigi, i paesi aderenti hanno presentato
piani nazionali di azione per il clima completi. Questi non sono però ancora sufficienti per mantenere il riscaldamento
globale al di sotto di 2º ma l’accordo ha tracciato la strada verso il raggiungimento di questo obiettivo. Infine, per
stabilire mete più ambiziose, in base alle conoscenze scientifiche si era deciso di ritrovarsi ogni cinque anni.

2
Cf. G. THUNBERG – S. THUNBERG - B. ERMAN – M. ERMAN, La nostra casa è in fiamme. La nostra battaglia
contro il cambiamento climatico, Milano, 2019.

3
Recentemente anche l’astronauta italiano e colonnello dell’Aereonautica, Luca Parmitano che è tornato nella Stazione
spaziale internazionale, (Iss), per la sua seconda missione, in una videoconferenza ha stigmatizzato la cattiva salute del
nostro pianeta, chiedendo interventi per fermare la distruzione che avanza. In collegamento dalla Stazione Spaziale
Internazionale, dove è in corso la missione Beyond, ha lanciato l’allarme sul riscaldamento globale. Egli affermato che
dalle foto sue e dei colleghi negli ultimi sei anni ha visto i cambiamenti nel pianeta, con i deserti che avanzano e i
ghiacci che si sciolgono, sperando che le sue parole possano allarmare seriamente nei confronti del nemico numero uno
di oggi, spingendo le persone e i leader almeno rallentare e poi fermare questo trend. Cf. Parmitano dalla Iss: “da
qui ho visto i deserti che avanzano e i ghiacciai che si sciolgono” in www. rainews.it, 29 luglio 2019.

4
Cf. www.ipcc.ch/ , 8 agosto 2019; www.avvenire.it , 9 agosto 2019.
3
ci offre indispensabili indicazioni, per essere da cristiani, insieme a tutti i
credenti e gli uomini e donne di buona volontà, difensori, costruttori e
custodi della casa comune, secondo prospettive evangeliche ed
umanizzanti5.

Gesù ha respirato la stessa aria di tutte le creature viventi sulla terra, ha


mangiato cibo cresciuto dallo stesso terreno e bevuto acqua dalle stesse
gocce di pioggia. I processi biologici naturali sono stati concreti e reali per
l'uomo Gesù. In lui, Dio si è unito per sempre alla rete della vita, diventando
parte della biologia della terra.

La libera e gratuita volontà di Dio di incarnarsi in Gesù, raggiunge il cuore


dell’esistenza materiale, biologica e sociale.

La sua esistenza è stata un continuo contatto con la natura e le attività ad


essa correlate. Egli è religiosamente cresciuto condividendo la fede in Dio
liberatore dalla schiavitù d’Egitto, in quanto creatore, fedele per sempre
alla sua alleanza6.

Nelle parabole ha usato con frequenza le immagini provenienti dalla realtà


ambientale e ha utilizzato elementi della natura per guarire, sfamare,
liberare dal male e dalla malattia.

In Cristo Dio entra nel nella creazione per condividere non solo la sorte dei
peccatori da reintegrare e dei poveri da liberare, ma anche dell’esistenza
biologica in lui redenta e trasfigurata.

Quali criteri guideranno questa nostra riflessione7?

Anzitutto la certezza che la natura non è divina e Dio non si confonde con
essa: per l’esperienza biblica la natura è sacra ma non divina. Possiamo
incontrare Dio quando ne veniamo in contatto ma essa non è Dio in se
stesso ma suo sacramento.
5
Cf. PAPA FRANCESCO, Custodire il creato. Proposte per una conversione ecologica, Cinisello Balsamo (Milano),
2015.
6
Cf. J. JONES, Jesus and the Earth, London, 2003.
7
Cf. M. BARROS, Ecologia e spiritualità, Quarrata (Pistoia), 2010.
4
In questo senso possiamo anche parlare, come fa la teologa S. McFague, di
corpo di Dio, riferito alla creazione 8. Non può esserci nessuna mescolanza,
nessuna forma di panteismo, ma è vera la convinzione che anche il mondo
naturale nella sua alterità è trasparenza della Trinità.

Di conseguenza, la parola di Dio ci dice che la creazione è stata voluta


liberamente da lui, fatta per gli esseri umani in funzione della conservazione
gioiosa della loro esistenza9. I due racconti della creazione presenti nel libro
di Genesi, sostengono questo. L’uomo deve comportarsi nei riguardi della
creazione come Dio si comporta nei suoi, con bontà e amore10.

Gli esseri umani devono avere una relazione intima con la terra in cui
vivono. Ne provengono nella loro struttura biologica e corporea, e non
possono prescinderne per la loro esistenza, per questo non debbono
rovinarla o distruggerla11.

L’alleanza biblica che Dio stipula con il popolo trova le sue origini nella
creazione, è legata indissolubilmente alla relazione con la terra, e la legge
divina ne richiede sempre un profondo rispetto, poiché è dono del Dio
dell’alleanza che si rivela fedele, misericordioso e pietoso.

La relazione con il creato è segno della relazione con Dio. Nella Bibbia, se
il popolo rispetta i precetti divini la terra rimane fertile e produce frutti, se
invece si abbandona agli idoli, diventa sterile e desertica.

Gesù è il Figlio eterno di Dio fatto carne: ricapitola in sé tutto il creato, ce


ne fa riscoprire il senso, ci chiede di seguirlo per realizzare il suo regno di
liberazione e di vita per l’umanità intera e la creazione12.

8
Cf. S. McFAGUE, The Body of God. An Ecological Theology, Minneapolis, 1993.
9
Cf. N. WIRZBA, From Nature to Creation. A Christian Vision for Understanding and Loving Our World, Grand
Rapids, Michigan, 2015.
10
Cf. A. LONARDO, La bellezza originaria. I racconti della creazione nella Genesi, Castel Bolognese (Bo), 2017.
11
Cf. J. CONLON, Geo-Justice. The Emergence of Integral Ecology, Road Union NJ, 2017.
12
Cf. D. EDWARDS, Jesus and Cosmos, Eugene, Oregon, 2014; I. DELIO, Cristo en evolución, Santander, 2014; Id.,
Il Cristo emergente. Il senso cattolico di un universo in continua evoluzione, Cinisello Balsamo (Milano), 2014; P. T.
DE CHARDIN, L’uomo, l’universo e Cristo, Milano 2012; Id., Il cuore della materia, Brescia, 2015, Id., Inno
dell’universo, Brescia, 2016.
5
Egli nella sua predicazione, azione, passione, morte e risurrezione ci salva
in pienezza comprendendo tutte le dimensioni che ci appartengono: spirito,
anima, corporeità, relazioni familiari, sociali, economiche ed ecologiche. Il
mondo è destinato a diventare in pienezza il luogo della presenza trinitaria,
ma già oggi dobbiamo riconoscerne le vestigia, ricostruirne le fondamenta

Per illuminare le pieghe della realtà ambientale e guarirne le ferite, alla luce
della fede, stati enucleati alcuni criteri ermeneutici che caratterizzano
l’approccio del testo biblico in chiave ecologica, elaborati da un gruppo di
esegeti e teologi australiani del Centre for Science, Theology and Culture at
Flinders University of South Australia e dell’ Adelaide College of Diviniy,
nel progetto di ricerca The Earth Bible Project13. Verranno utilizzati anche
nella rilettura del vangelo di Marco.

Il primo principio è quello del valore intrinseco: il cosmo, la terra, tutti gli
esseri viventi, anche inanimati possiedono un intrinseca dignità e valore
propri che non sono loro attribuiti dagli uomini ma provengono da Dio.

Il secondo principio viene definito dell’ interconnessione: la terra forma una


comunità di viventi interrelati, mutuamente dipendenti che non possono
vivere se non nel reciproco scambio vitale.

Il terzo principio è chiamato della voce. La terra ha la capacità di far sentire


la propria voce per la celebrazione e la lode del Dio creatore ma anche
contro l’ingiustizia che le fa violenza.

Il quarto principio è detto dello scopo. L’universo, la terra e tutto ciò che la
compone fa parte di un dinamismo cosmico, dove ogni elemento
contribuisce alla finalità che Dio ha loro dato.

Il quinto principio è definibile come della custodia reciproca e riflette il


ruolo umano in relazione con la terra. L’umanità deve ripensarsi come
ospite del pianeta terra, e custode responsabile di chi la ospita.

13
Cf. www.webfcreation.org.
6
Il sesto principio è quello della resistenza. La terra ha capacità di
rivendicare attivamente i suoi diritti nei riguardi di tutti gli sfregi che le
vengono imposti dall’umanità14.
Tali criteri di rilettura dei testi ispirati, dei vangeli in particolare, sono la
struttura che cementa la comprensione della figura di Cristo in relazione
alla questione ambientale che proponiamo in questo studio.
Il grido della terra non cade nel vuoto ma trova risonanza nella parola di
Dio che risponde dal suo abisso di misericordia, chiedendo ai suoi figli di
porre fine ad ogni ingiustizia e distruzione.

14
Cf. N. C. HABEL, Introduction: Introducing the Earth Bible Commentary Series, in Cf. E. M. WAINWRIGHT,
Habitat, Human, and Holy. An Eco-Rhetorical Reading of the Gospel of Matthew, Sheffild, 2017, 1-16.

7
Il vangelo di Marco

Il battesimo di Gesù al Giordano (Mc 1, 9-11)

but she is also sanctified by faith in Christ (Maximus of Turin)


(Elowskysuch as the Samaritan woman (Eusebius of Ceasarea) (Elowsky
2006:149).Again, the living water points to the water of baptism, which
justifies theTorniamo al tema dell’acqua viva: essa ci richiama anche il
battesimo che giustifica il sinner and vivifies the saved (Maximus of
Turin) (Elowsky 2006:153).peccatore e vivifica il salvato. E’ elemento
sacramentale importante che ci dimostra il legame inscindibile tra
creazione e salvezza storica.
8
Non possiamo però, di fronte ai gravi problemi ecologici legati all’acqua,
fermarci solo a una interpretazione spirituale e sacramentale dell’episodio
della samaritana.
Dissetati di lui dobbiamo portare l’acqua viva dello Spirito ai fratelli ma
garantire che essi abbiano anche l’acqua materiale per le necessità basiche
dell’esistenza, in quanto la stessa acqua sacramentalmente utilizzata e
naturalmente donata all’umanità, è veicolo indistruttibile di contatto con il
Dio trinitario, da testimoniare nel mondo come origine e fonte
dell’amore.offers.
A livello globale, le persone che sopportano il peso della scarsità di acqua
dolce sono quelle che vivono in situazioni di povertà.
L'Organizzazione mondiale della sanità segnala già da tempo che 1,1
miliardi di persone in tutto il mondo non hanno accesso all'acqua potabile
e che questo numero aumenterà rapidamente nei prossimi decenni. Oltre
2,6 miliardi di persone, non hanno acqua pulita per bere e servizi igienici,
il che porta a malattie ed infezioni e a morti diffuse provenienti proprio
dall’acqua infetta.
Mancano di acqua non per colpa loro, ma piuttosto come risultato della
situazione in cui vivono. Non è una situazione scelta, ma è qualcosa che
circoscrive le possibilità vitali a disposizione degli individui e delle società
più esposte.
è dono di Dio e che siamo chiamati come discepoli ad essere testimoni di
Cristo, fonte inesauribile della vita dentro una economia e ambiente
segnati dalla morte dovuta alla carenza di acqua, sottratta ai poveri per
lucro e sete di profitto.
Una teologia dell’acqua, è una teologia della sua conservazione a tutti i
livelli e che insegna che tutta l'acqua, è preziosa e sacra15.
Si tratta di allargare lo sguardo alla immensa distesa d’acqua che avvolge
la terra: più del 70% della sua superficie. Che ne abbiamo fatto dei mari e

15
Cf. M. SROKOSZ & R. S. WATSON, Blue Planet, Blue God. The Bible and the Sea, London, 2017.
9
degli oceani? Anche Papa Francesco nella sua enciclica Laudato si’ invita
ad una governante etica della superficie marina (n. 174).
Si parla di riscaldamento degli oceani, di sbiancamento dei coralli ma
soprattutto si deve porre l’attenzione sul caos causato dalla plastica
nell'ecosistema. L'enorme quantità di spazzatura negli oceani soffoca
creature marine di tutte le forme e dimensioni.
Le caratteristiche principali della plastica sono la sua qualità leggera per le
sue dimensioni e la sua malleabilità quasi infinita. Scoprire come ordinare
le molecole in questi modi è stato una abilità umana che ci ha permesso di
prosperare e di creare una rivoluzione nello stoccaggio sanitario e nel
trasporto di cibo e acqua.
Ma purtroppo vediamo le conseguenze: oceani pieno di spazzatura. Ci
siamo affrettati a prosperare avendo cibo e acqua più facilmente a portata
di mano senza considerare come amministrare bene questa nuova scoperta.
Il mare ha un ruolo significativo nella vita del popolo di Dio, come si vede
nella Bibbia, e svolge anche una parte significativa, direttamente o
indirettamente, in tutte le nostre vite.
La sua importanza può essere vista in relazione alla nostra salute, al nostro
clima, al nostro commercio, a ciò che mangiamo e a quasi ogni aspetto
della nostra vita. E’ degno quindi di essere rispettato e non degradato a
discarica senza scrupoli.
Pensiamo anche alla quantità di plastica non solo che diventa rifiuto ma
che, dicono gli scienziati, ingeriamo tra cibi e bevande, ogni settimana,
circa cinque grammi, corrispondenti al peso di una carta di credito.
L'inquinamento da microplastiche ovvero particelle di plastica di
dimensioni inferiori a cinque millimetri è pericolosissimo per la persona
umana ma anche per l’ambiente: impregna il suolo di sostanze chimiche
nocive e ha un impatto negativo sulla salute della fauna16.

16
Cf. W. McCALLUM, Vivere senza plastica. Una guida per cambiare il mondo, una bottiglia di plastica alla volta,
Milano, 2019.
10
Le microplastiche primarie sono quelle rilasciate direttamente
nell'ambiente sotto forma di piccole particelle, mentre quelle secondarie
derivano dalla degradazione di plastiche più grandi (come i sacchetti di
plastica), ma in ogni caso prendono il sopravvento sull’ambiente
circostante e sembra non ci sia modo di evitarle.
Il messaggio biblico offre spunti per trasformare la nostra avidità e
indifferenza nei confronti dell’acqua, richiamandoci che, essendo dono di
Dio deve essere preservata e condivisa equamente, mai sprecata
inutilmente e protetta a livello di oceani e mari intasati da rifiuti che ne
alterano l’ecosistema.
Gli oceani e le acque a volte sono simbolo del caos nei testi biblici, ma
sono anche associati ai flussi vivificanti, al sostentamento, all'abbondanza
al piacere divino e al gioco amoroso.
Tutto quanto è creato è dono da custodire e sostenere per il bene della
umanità, lodando in questo modo il Dio della vita che desidera attraverso
la creazione donarci felicità e gioia.
Distruggere l’ecosistema degli oceani è peccato mortale, in quanto rifiuto
del Dio vivente che porta morte e mutilazione disumana dei suoi doni17.
Dare vita, è il senso definitivo dell’amore di Dio. Nel prologo del vangelo,
Giovanni, sottolinea che Gesù, Parola fatta carne, offre la vita. Questa è
un'idea estremamente importante: l’ evangelista ci dice anche che egli ha
riportato i segni fatti da Gesù, affinché si creda che Gesù è il Cristo, il
Figlio di Dio, e credendo, si possa avere la vita nel suo nome (Gv 20, 31).
Giovanni usa la parola vita quarantasette volte nel suo vangelo. La
maggior parte è in relazione alla vita che Cristo offre, e la definisce “vita
eterna”.
La vita eterna inizia ora. Dare vita significa nell’oggi, preservarla a livello
umano e ambientale, impedirne la distruzione peccaminosa. La lotta per
l’acqua pura e a disposizione di tutti, particolarmente dei più vulnerabili è
anche un gesto di cooperazione e impegno comune a tutte le religioni, per

17
Cf. C. ZENNER, Just Water. Theology, Ethics, and Fresh Water Crises. Revised edition, New York, 2018.
11
le quali oltre che essere elemento vitale, è simbolo di incontro con Dio,
creatore e donatore di vita18.

. Il contesto ecologico della vita di Gesù

L’approccio di Gesù al mondo naturale, rintracciabile anche nei vangeli


sinottici, fornisce importanti indicazioni per l’agire ecologico nell’oggi.

Recenti discussioni sulla classe sociale di Gesù cercano di collocarlo


all'interno delle strutture sociali della società mediterranea e di quella
galileiana del primo secolo19.

Esiste un dibattito tra studiosi contemporanei sul fatto se fosse davvero un


contadino o un poco più in alto negli strati socio-economici del suo
tempo: non sembra essere stato un contadino in senso stretto, qualcuno che
lavorava solo la terra per vivere.

Era vicino, tuttavia, alla società contadina; le immagini delle sue parabole
e i suoi detti, sono saldamente radicati in essa e ricordano le attività
quotidiane. Comprendono anche immagini di proprietari terrieri e rapporti
tra padroni e servi.

I vangeli descrivono Gesù nato in una povera famiglia di artigiani nel


villaggio di Betlemme e cresciuto a Nazareth, in Galilea (Mt 13, 54; Lc 2
4, 51). È chiamato falegname o figlio di un falegname (Mt 13, 55-56).

18
Cf. E. MCANALLY, Loving Water across Religions. Contributions to an Integral Water Ethic, New York, 2019.
19
Cf. D. G. DUNN, Gli albori del cristianesimo. I La memoria di Gesù. 1Fede e Gesù storico, Brescia, 2006.
12
Ci sono stati tentativi di studiare la storia e l'uso del termine falegname per
una migliore comprensione della possibile professione di Gesù20.

Impiegando una metodologia che prende in considerazione l'antropologia


sociale, la storia e la letteratura greco-romana in riferimento ai detti e
azioni di Gesù, J. D. Crossan è giunto alla conclusione che Gesù poteva
essere un contadino ebreo mediterraneo che lavorava tra le fattorie e
villaggi della bassa Galilea. Egli proveniva dal ceppo contadino e fu
socializzato precocemente alla routine dell’agricoltura21.

Nel suo insegnamento Gesù si riferisce anche ai tribunali, al mercato, alla


finanza, agli investimenti per interesse, all'assenza di un padrone di casa;
immagini che indicano familiarità anche con la vita di città.

L' agricoltura nell’impero romano era connessa con gli ambienti urbani e
il commercio movimentava le aree dove viveva Gesù, nella zona costiera
di Sidone e Tiro, i villaggi di Cesarea di Filippo e le città della Decapoli,

Le immagini che Gesù comunque usa nelle parabole che in seguito


commenteremo, sono per la maggior parte tratte dal mondo naturale,
agganciandosi per le sue riflessioni, alle attività agricole.

Gesù, passava molto tempo all'aperto: guardava attentamente ciò che


succedeva intorno a lui nel mondo naturale, riflettendo su di esso.

Nazareth, era il luogo dove visse la sua infanzia, sulle colline della Galilea.
Ai suoi tempi, era costituita da alta e bassa Galilea, caratterizzata da catene
montuose e valli fertili. A differenza di altre zone, godeva di precipitazioni
abbondanti, diventando un'importante area agricola, la regione più
produttiva del paese. Oltre al grano, la vite e l'olivo vi crescevano in

20
Cf. J. P. MEIER. Un ebreo marginale. Ripensare il Gesù storico.1.Le radici del problema e della persona, Brescia,
2001, 286 – 298.
21
Cf. J. D. CROSSAN, Una biografia rivoluzionaria, Firenze, 1994; W. R. HERZOG II, Gesù profeta e maestro.
Introduzione al Gesù storico, Roma, 2008; P. BERTALOTTO, Il Gesù storico. Guida alla ricerca contemporanea,
Roma, 2010.
13
abbondanza. La rigogliosità della natura deve aver influenzato la vita di
Gesù.

Egli, tra l’altro, spesso si ritirava su una collina o montagna per pregare da
solo o con i suoi discepoli, ed era sulle montagne che Gesù vedeva i
pastori guidare le loro pecore su stretti sentieri, portando gli agnellini in
braccio, per proteggerli dai i lupi.

Sulla montagna Gesù nominò i dodici (Mc 3, 13); un monte è stato il


luogo della sua trasfigurazione, e il posto preferito a Gerusalemme era
all'aperto, il monte degli Ulivi, dove spesso sedeva, insegnava o pregava,
fuori le mura della città, di fronte al tempioConobbe la regione selvaggia
intorno al fiume Giordano dove Giovanni viveva e battezzava e dove
trascorse quaranta giorni tentato da Satana (Mc 1,19-12). Frequentava il
mare di Galilea (Mc 1, 16) dove lo troviamo mentre insegna sulla riva o
sale su una barca, per giungere all’altra riva (Mc 5, 21). Sarà anche il
contesto per la chiamata dei primi discepoli, tutti pescatori.

Passando per i campi e le fattorie della Palestina, Gesù raccolse molte


delle immagini che sarebbero riapparse nel suo insegnamento: il
seminatore che esce per seminare (Mc 4, 3ss), i campi maturi per la
mietitura (Mc 4, 29), la vigna, (Mc 12, 1ss), gli alberi di fico (Mc 13, 28
ss) 22. Parla anche di lievito, pane, vino vecchio e nuovo, pecore e capre,
del pastore, dell’ovile e del gregge, di erbacce tra i campi di grano, di
pescatori, di reti vuote o piene di pesci.

Gesù era immerso nel mondo naturale, ma non ne aveva una prospettiva
romantica o idilliaca. Ebbe modo di confrontarsi con una realtà deturpata
dal male e dalla sofferenza.

Il primo capitolo dell’evangelista Marco mostra anche questo lato oscuro.


Un uomo posseduto che urla e grida nella sinagoga (Mc 1, 23 ss); la
suocera di Pietro con una forte di febbre (Mc 1, 30-31); un lebbroso che
22
Cf. E. F. DAVIS, Scripture, Culture, and Agriculture. An Agrarian Reading of the Bible, New York, 2009;
E. P. ECHLIN, Climate and Christ. A Profetic Alternative, Dublin, 2010.
14
implora di essere guarito (Mc 1, 40 ss); folle che vengono a Gesù con
malati d’ogni tipo (Mc 1, 33-34).

Gesù si interessa dell’uomo in modo particolare, come sottolinea


l’enciclica Laudato si’. La loro sofferenza diventa la sua e agisce per
liberarli.

Inoltre, gli esseri umani sono il vertice della creazione e hanno un ruolo
unico di responsabilità. E’ anche per questo che le analogie più frequenti
che Gesù fa al mondo naturale sono collegate ad agricoltori, pescatori,
vignaioli, pastori: esseri umani che lavorano insieme con la natura,
trasformando le materie prime in cibo, bevande e vestiti.

Il mondo naturale in cui Gesù vive non è come all'inizio quando tutto era
buono. E’ chiaro che molte realtà sono state corrose dal peccato. Il deserto,
per esempio, è visto come un luogo ostile, la dimora di Satana, la
personificazione di tutto ciò che è distruttivo e contrario agli scopi di Dio
nella creazione.

Dal momento che ama tutte le persone, fa splendere il sole e fa cadere la


pioggia sui giusti e anche sui malvagi (Mt 5,4). Come Signore del cielo e
della terra, Dio è degno di lode e obbedienza (Mt 11, 25; Lc 10, 21): lui
stesso, risorto proclama di avere ogni autorità in cielo e in terra (Mt 28,
18).
La natura offre anche indicazioni etiche: che Dio doni sole e pioggia anche
per i malvagi è un modello per spingerci ad amare i nemici (Mt 5, 44-45).
Poiché Dio provvede ai bisogni degli animali e delle piante, gli esseri
umani, di conseguenza, dovrebbero avere piena fiducia in Dio, per
provvedere ai loro bisogni materiali e chiedere nella preghiera il pane
quotidiano per tutti (Mt 6, 11; 25-33). Gesù ha usato la natura
metaforicamente: parabole con semi, erbacce, grano, lievito, pesci e alberi
15
insegnano, come analizzeremo approfonditamente cos’è il regno di Dio23.
Gesù era a suo agio nel mondo materiale, non ne fu schiavo.
La priorità era quella di cercare il regno di Dio. Se una persona si fida di
Dio, persegue il suo regno e la sua giustizia come assoluta priorità.
Tutte le cose create valgono agli occhi del creatore. La natura ha un valore
intrinseco, anche le pietre glorificano Dio (Lc 19, 40).
Molti degli insegnamenti di Gesù hanno implicazioni concrete per la
gestione ambientale. La leadership sul creato implica il servizio non
l'oppressione (Mc 10, 42-44). Il dominio umano sulla natura deve essere
esercitato per il bene della creazione, non per la sua distruzione egoistica.
La terra appartiene a Dio non all'umanità (Mt 11, 25, Sal 24, 1) e gli
uomini saranno giudicati sulla condizione in cui restituiranno i beni
ricevuti (Mt 25, 27).
I miracoli a cui dedicheremo uno specifico approfondimento, mostrano la
potenza divina, la gloria e l'autorità di Gesù sulla natura e incoraggiano ad
aver fede in lui.
Semplicemente pronunciando una parola, calma la tempesta (Marco 4: 39-
41; Mt 8, 23-27), proprio come Dio ha creato il mondo per mezzo della
parola, “E disse Dio” Va-yyiòmer elohim, in ebraico (Gn 1, 3).
Nella prima pagina del Genesi, nel racconto della creazione, scritto dopo
l’esilio di Babilonia (IV-V sec a.C.), per dieci volte ricorre l’espressione
“E Dio disse”; tale ripetizione corrisponde alle dieci generazioni patriarcali
annotate nello stesso libro, alle dieci piaghe d’Egitto, infine alle dieci
parole, i comandamenti che Dio dona a Israele sul Sinai.
Alle dieci parole della creazione corrispondono dieci risultati, perché il
testo biblico conclude sempre con: “e così fu”.
Il “principio”, il fondamento di ciò che esiste è una parola che comunica
ciò che esprime, e suscita la vivente (il sole, la luna, le stelle, le acque, gli
alberi, i pesci, gli animali, l’uomo e la donna). La Parola non è vuota, ma
creativa, genera relazioni feconde, perché ogni realtà che emerge da questa
parola divina, produca frutto.  Alla prima pagina del Genesi, fa eco quella

23
Cf. E. P. ECHLIN, The Cosmic Circle. Jesus and Ecology, Dublin, 2004.
16
del vangelo di Giovanni: “In principio era il Verbo”, a stigmatizzare
l’inizio della creazione rinnovata attraverso la sua profonda incarnazione.

4.L’aspetto ecologico nelle parabole evangeliche

Il messaggio che Gesù desiderava comunicare attraverso le parabole era


centrato sul fatto che esiste una reale interrelazione tra l'opera divina che si
realizza nel regno di Dio e i processi naturali. È Dio che è attivo in
entrambi in quanto salvatore e creatore.

La questione del regno di Dio è topica nel suo messaggio: potremmo


definirlo come l’annuncio radicale dell’azione misericordiosa di Dio
offerta a tutta l’umanità, in modo speciale ai poveri, perché Dio viene in
loro soccorso. Il concetto non era nuovo presso il popolo ebraico, ma con
Gesù, assume una dimensione del tutto originale24.

E’ offerta di grazia, intervento benevolo e gratuito, liberatore e


appassionato di Dio nella concretezza della storia umana, segnata da
peccato e alienazione. Gesù ne parla come di una realtà viva e dinamica.
E’ annuncio di perdono, di sradicamento del male e del peccato a livello
personale, strutturale ed ecologico.

24
Cf. H. MERKELEIN, La signoria di Dio nell’annuncio di Gesù, Brescia, 1994; R. SCHNACKEENBURG, Signoria
e regno di Dio. Uno studio di teologia biblica, Bologna 1990; M. BUSSMANN, Regno di Dio, in Enciclopedia
teologica, Brescia, 1989, 837-851; J. D. G. DUNN, Gli albori del cristianesimo. 1. La memoria di Gesù. 2. La missione
di Gesù, Brescia 2003, 424-528.
17
Parte in modo inequivocabile da coloro che sono privati dei beni della
creazione, destinati a tutti. Il regno viene per porre fine a questa situazione
disumana. La stessa creazione però è ferita e rientra a pieno titolo nella
categoria di povero, in quanto lacerata dall’egoismo umano che vittimizza
anche l’ ambiente naturale.

Le parabole erano la forma primaria con cui Gesù parlava ai suoi


interlocutori: le ha usate non solo per testimoniare contro il sistema di
oppressione del suo tempo, ma soprattutto per proporre un nuovo modo di
essere nel mondo che avrebbe unito le persone, creando una comunità
ospitale, colma di generosità e amore, cioè il regno di Dio.

Spesso Gesù ha usato una parabola in risposta a una domanda specifica


senza rispondervi direttamente. Questa pratica illustra il significato
letterale del termine “parabola”, che deriva dalla combinazione di par (a
fianco) e bole (mettere, accostare).

Le immagini in questa forma letteraria sono messe le une accanto alle altre
senza la particella di paragone (come) e utilizzate per illustrare una cosa
non conosciuta, velata dalla storia stessa della narrazione, lasciando agli
ascoltatori il compito di decifrarvi l’ insegnamento che essa contiene25.

Nella sua forma più semplice la parabola è la metafora tratta dalla natura o
vita comune; coinvolge il lettore con la sua dinamicità o anche stranezza e
lascia nel dubbio sulla sua precisa applicazione. Le parabole sono
sorprendenti perché introducono una nota di rottura della realtà quotidiana;
prendono una normale situazione e la capovolgono o frantumando norme
sociali, scardinando luoghi comuni.

Si crea uno scenario, si descrive un'azione, e riferendosi sempre ad una


precisa verità, si mostrano i risultati26. Le parabole mediano per gli

25
Cf. L. COENEN – E. BEYREUTHER – H. BIETENHARD, Parabola in Dizionario dei concetti biblici del Nuovo
Testamento, Bologna, 2007, 1145- 1150.
26
Cf. J. DUPONT, Il metodo parabolico di Gesù, Brescia, 1990.
18
ascoltatori di Gesù, l’esperienza della volontà di Dio che lui realizza, di
ricreare la libertà umana e l’intera creazione.

Esse sono realmente metafore del regno di Dio, raffigurazione della sua
dinamica che mette radici nel presente, ma solo alla fine della storia
giungerà a pieno compimento.

Nel contempo mai si può separare la parabola dal suo narratore, perché la
prassi di Gesù ne è la spiegazione più vivida ed esse sono al contempo,
commento teologico del suo agire concreto27.

Posseggono una immediatezza che si traduce in un coinvolgimento degli


ascoltatori affinché il messaggio incida nel loro animo, li porti a
interrogarsi sulla proposta del regno e prendano la decisione di seguire
Gesù su una strada completamente nuova e a tratti radicalmente alternativa
alla logica mondana.

Il linguaggio metaforico in un certo senso, distorce ciò che è familiare, per


richiamare l'attenzione su di esso e per portarlo in una nuova cornice di
riferimento, una nuova totalità referenziale che, provocando, stimola a
rivedere il proprio pensiero e il proprio agire nei confronti della proposta
di Gesù.
E’ significativo notare che è limitato il numero di parabole che
proclamano il regno di Dio in sé. Nella stragrande maggioranza di esse
prevale la preoccupazione della successiva risposta di coloro che,
confrontati con l’agire di Dio in Gesù decidono di accoglierlo e seguirlo.
Le immagini usate nelle parabole derivano da esperienze di vita quotidiana
comuni, trasmettendo la verità del regno in modo concreto, anziché
comunicarla concetti astratti28.

Non esiste una semplice analogia, ma un'affinità profonda tra l'ordine


naturale e la prospettiva salvifica di Dio in Gesù, o come potremmo ridire
27
Cf. H. WEDER, Metafore del regno. Le parabole di Gesù: ricostruzione e interpretazione. Brescia, 1991.
28
Cf. K. R. SNODGRASS, Stories with Intent. A Comprehensive Guide to the Parables of Jesus. Second Edition,
Grand Rapid, Michigan, 2018.
19
nel linguaggio delle parabole stesse, il regno di Dio è intrinsecamente
simile ai processi naturali e della vita quotidiana degli uomini e viene a
stabilirsi proprio nel cuore dell’esistenza personale, storica e ambientale 29.

Le parabole ci dicono che il regno di Dio è già in opera nella creazione e la


redenzione guarisce il male compiuto in essa, dal peccato umano. Ferire la
creazione, inquinando, distruggendo, avvelenando, è porsi nella logica
dell’anti-regno diabolico che lacera, spezza, frantuma gli equilibri divini
dentro le realtà create.

In questo senso, l’annuncio del regno in parabole, oltre che confermare la


affidabilità di Dio e la sua dedizione alla causa della creazione, è anche
giudizio sul comportamento umano alienante e distruttivo e invito ad
accogliere nella fede, la possibilità di una ricreazione del cuore indurito30.

La corrispondenza nelle parabole, tra le immagini della natura e il regno


di Dio evidenziano la necessità e la liceità di reinterpretarle nel contesto
delle preoccupazioni ecologiche del nostro tempo.

5. Le parabole nel Vangelo di Marco

Anzitutto, il vangelo di Marco, riporta un testo interessante dal punto di


vista della questione ecologica Si tratta del racconto delle tentazioni, ove
l’evangelista attesta che Gesù, dopo il battesimo al Giordano, viene
sospinto dallo Spirito nel deserto: vi rimane quaranta giorni tentato da
Satana. Stava con le bestie selvatiche e gli angeli lo servivano, sostiene il
racconto (Mc 1, 12-13).

29
Cf. R. ZIMMERMANN (a cura di), Compendio delle parabole di Gesù, Brescia, 2011.
30
Cf. L. SHOTTROFF, Le parabole di Gesù, Brescia, 2007.
20
Possiamo notare che Marco presenta tre incontri non umani di Gesù nel
deserto. Il primo è di inimicizia, con Satana. Il terzo è di alleanza con gli
angeli. Il secondo è intermedio, con le bestie selvatiche.

Nel Primo Testamento le bestie selvatiche potevano rappresentare le


potenze del male (Sal 22, 13-22). La tradizione ebraica, faceva iniziare
l’ostilità degli animali selvatici con la caduta di Adamo che prima invece,
dominava su di loro: gli angeli gli arrostivano la carne e gli versavano il
vino. Gesù, a differenza di Adamo, ha vinto la tentazione e ricostruita
l’armonia iniziale del paradiso terreste.

Marco sembra acnh’egli alludere a Gesù come il nuovo Adamo che ritesse
l’alleanza perduta con Dio nella creazione31.

Marco raffigura Gesù in pacifica armonia con gli animali selvatici; questa
era l'intenzione originale di Dio per l'umanità, sconvolta poi dalla
lacerazione del peccato. Cessa la violenza tra predatore e prede e quella tra
gli animali stessi. L’evangelista presenta Gesù con le bestie selvagge per
indicare il compimento delle condizioni paradisiache.

Gesù tra gli animali selvatici è l'Adamo escatologico che ha resistito a


Satana; non ha ceduto alla tentazione come ha fatto il primo Adamo.

Così egli ripristina le condizioni paradisiache, perché è in pace con gli


animali. Lo stare di Gesù con le bestie selvatiche afferma anche il loro
valore in se stesse. Lascia che siano in pace, nel deserto, affermandole
come creature che condividono il mondo con gli esseri umani32.

Ciò che Gesù stabilisce è l’inizio del regno di Dio, ed egli è il


rappresentante della pace messianica (Is 11, 1-10), la cui piena
realizzazione consisterà, come dice il profeta Isaia, nella convivenza
pacifica tra uomini e animali.

31
Cf. E. SCHWEIZER, Il Vangelo secondo Marco, Brescia, 1971, 47.
32
Cf. R. BAUCKMAM, Living with other Creatures, cit., 111- 132.
21
Il racconto di Gesù che sta con gli animali selvatici è il simbolo della
possibilità umana di vivere fraternamente con altre creature viventi, una
possibilità data da Dio nella creazione e restituita nella redenzione
messianica. Come tutti gli aspetti riguardanti il regno di Dio, avranno la
loro pienezza nel futuro escatologico, ma anticipabili nel presente 33. La
redenzione messianica abbraccia e coinvolge non solo il mondo umano ma
l’intera creazione.

Il tutto è realizzato dallo Spirito che ha spinto Gesù a rinnovare questa


situazione e invita anche i suoi discepoli a vivere di nuovo l’armonia tra le
creature e l’ambiente. Veniamo ora in specifico alle parabole più
interessanti per la nostra indagine presenti nel vangelo di Marco34.

Partiamo da quella definibile del digiunare o far festa (Mc 2, 18-22), ove si
riferisce che alcuni contestano a Gesù che i suoi discepoli non digiunano
come quelli di Giovanni e dei farisei. La risposta di Gesù verte sul fatto
che ora lo sposo è in mezzo al popolo e non ha senso digiunare: è il tempo
della festa nuziale per l’arrivo del messia.

Bisogna cogliere l’assoluta novità del momento: Gesù avverte in seguito,


con una nuova breve parabola, come non si deve cucire un pezzo di panno
grezzo su un vestito vecchio, con il rischio di uno strappo peggiore e non
si versa vino nuovo in otri vecchi, altrimenti si corre il rischio di far
scoppiare gli otri, perdendo vino e otri.

Gesù oltre che indicare la gioia del regno che lui inaugura, invita ad
accogliere questa novità prendendo spunto dal creato. Il vino, insieme
all’olio e al pane colmavano i bisogni essenziali dell’alimentazione. Le
vecchie anfore di terracotta e i vecchi otri di pelle, consunti, riempiti di
vino fermentante potevano scoppiare e far perdere il prezioso frutto della
vite.

33
Cf. C. A. SINTADO, Social Ecology. Ecojustice and the New Testament. Liberating Readings, Geneva, 2015, 163-
221.
34
Cf. J. R. DONAHUE – D. J. HARRINGTON, Il Vangelo di Marco, Torino, 2006.
22
Gesù ecologicamente insegna a riconoscere la preziosità dei prodotti della
natura, a non sprecarli, a far in modo che vengano conservati e utilizzati
come dono di Dio.

Aver cura dei prodotti della terra, senza che per superficiale trascuratezza
o indifferenza vadano perduti e distrutti, è applicare la realtà del regno di
Dio dentro le coordinate del vivere al seguito di Gesù. Non può che
scandalizzare il fatto che solo in Italia, mediamente ogni anno si sprecano
in alimenti 15 miliardi di euro, il corrispondente dello 0,88% del prodotto
interno lordo.

Di stampo ancor più ecologico, è la parabola del seminatore (Mc 4, 1-9),


da Gesù stesso poi spiegata (Mc 4, 13-20). La parabola è presente anche
negli altri due vangeli sinottici (Mt 13, 1-9. 18-23), (Lc 8, 5-8. 11-15)35.

Il seminatore, dopo l’aratura faticosa, sparge la semente. Il seme però


incontra terreni diversi e solo in un caso su quattro produce frutto, anche se
in quantità diversificata. L’annuncio del regno quindi, da parte di Gesù,
può incontrare resistenza, ma anche terreno buono che l’accoglie.

Nel mistero della libertà umana si gioca l’accoglienza del dono della
sovranità benevola di Dio. Ecologicamente possiamo interpretare la
parabola come descrizione della realtà ambientale nell’oggi: ci sono ancora
terreni buoni che permettono la coltivazione, ma anche altri segnati da
problematiche dovute ad interventi negativi dell’uomo.

Il seme che cade lungo la strada e viene divorato dagli uccelli fa pensare
alla quantità di terra sottratta all’agricoltura, al sostentamento umano, per
essere usata a scopi industriali o estrattivi, nocivi ed inquinanti.

Si guardi alla deforestazione incontrollata che colpisce ampi territori:


emblematica è la distruzione legalizzata della foresta amazzonica in
35
Questa parabola, insieme a quelle dei fittavoli malvagi della vigna, del grande banchetto, e dei talenti - monete, è per
P. Meier, da considerarsi tra cosiddette poche elette, cioè le uniche che sarebbero state pronunciate da Gesù stesso. Cf.
J. P. MEIER, Un ebreo marginale. Ripensare il Gesù storico.5. L’autenticità delle parabole, Brescia, 2017, 231-354.
23
ulteriore aggravamento con le scelte politiche del nuovo governo36. La
natura che pure deve servire alla vita umana, viene violentata e massacrata
senza criterio.

C’è poi il terreno sassoso: il seme germoglia ma non può svilupparsi e


quando appare il sole, il germoglio brucia: questo ci fa venire in mente
l’attuale desertificazione avanzante e la siccità dilagante, dovute ai
cambiamenti climatici intervenuti a causa della incontrollata azione
umana. La piantina brucia, non ha radici, muore e non serve all’uomo: anzi
ne determina sofferenza e tribolazione.

Anche il seme tra i rovi e che viene soffocato, ci fa pensare all’incuria


ambientale, alla cementificazione senza regole, al verde costretto a sparire
per la negligenza o colpevolezza umana; rammentiamo tristemente gli
incendi dolosi o i disastri dovuti a fenomeni estremi di tipo temporalesco o
siccitoso, attribuiti dalla scienza al cambiamento climatico, causato dalla
aggressiva attività umana.

Gesù conclude con un invito pressante: chi ha orecchi per ascoltare,


ascolti. Dobbiamo interiorizzare con fede la parola di Dio e concretizzarla,
ascoltando il grido della terra e dei poveri, per ridare speranza alla
creazione e all’intera umanità.

Specifica del vangelo di Marco è la parabola del seme che cresce


spontaneamente (Mc 4, 26-29). Essa fa comprendere che il regno di Dio
assomiglia al processo di crescita naturale che è principalmente opera di
Dio. E’ questo che ci vuole dire l’evangelista, parlando del seme che si
sviluppa da solo fino alla maturazione, mentre il contadino non sa come. Il
seme racchiude in sé un principio germinativo, una forza potenziale che
Dio stesso gli ha donato.

Gli agricoltori hanno un ruolo vitale da svolgere nella semina e nella


raccolta, nonché nelle fasi intermedie della crescita delle piante. Eppure,
36
Cf. www.newscientist.com , 22 luglio 2019.
24
c'è anche un tempo in cui dovrebbero fermarsi e lasciare che madre terra
faccia il suo lavoro. Il principio germinativo del seme richiede di ritirarsi
dalle attività per un certo tempo, riflettere sulla dinamica provvidenziale
insita nella creazione e goderne.

C’è bisogno di riprendere coscienza che l’umanità ha anche un ruolo più


passivo da svolgere: ascoltare, ammirare, non correre forsennatamente e
guardare i campi. Sono l'attività e la passività insieme che determinano il
completamento del processo naturale, come avviene anche per il regno di
Dio.

Gli sforzi agricoli dovrebbero quindi essere orientati verso la cooperazione


con la natura. Questo prevede la prevenzione dell'erosione del suolo e
l'integrazione della comunità umana con l'ecosistema, preservandone
l'integrità, la stabilità e la sostenibilità, attraverso la cura, la sensibilità ed
educazione ecologica.

Il successo, alla fine di un lungo processo della stagione agricola, deriva


dalla cura divina. Questa prospettiva è spesso stritolata dalla cultura
efficientistica e calcolatrice. La natura e la terra sono solo realtà sfruttabili
e fruibili per meri scopi economici. Questo va riconosciuto e avversato al
fine di invertirne la pericolosa deriva.

Interessante è anche la parabola del granello di senape (Mc 4, 30-32)


presente anche in Matteo (13, 31s) e Luca (13, 18s). Il regno di Dio è
simile a quel seme che risulta proverbialmente essere il più piccolo di tutti
e poi invece forma un albero più grande delle altre piante dell’orto e rami
da ospitare i nidi degli uccelli del cielo.

Il messaggio teologico è chiaro: il regno di Dio proclamato da Gesù è il


nuovo Israele, la comunità del regno che cresce irresistibilmente anche se
storicamente sembra essere insignificante e diventerà il luogo alla cui
ombra, troveranno rifugio le genti. La forza del germoglio che si sprigiona
da quel minuscolo granello è la manifestazione del principio vitale che Dio
25
stesso gli ha donato e il suo sviluppo non dipende da nessuna azione
umana.

Dal punto di vista ecologico, risalta, come nella parabola precedente del
seme che cresce da solo, l’intima vitalità della natura, il dinamismo
intrinseco della creazione che genera piante e arbusti.

Ogni realtà creata serve ad altre in una interconnessione vitale: l’albero


cresciuto permette ai uccelli di riprodursi, per mantenere viva la
biodiversità, così minacciata, come in precedenza evidenziato.

Troviamo poi nel vangelo di Marco la parabola dei vignaioli malvagi (Mc
12, 1-12) con corrispondenze in Matteo (21, 33-46) e Luca (20, 9-19).

Si parla di un uomo che pianta una vigna, la circonda con una siepe, scava
una buca per il torchio, costruisce una torre e la dà in affitto a dei contadini
che, al momento in cui il padrone invia i servi per ritirare il raccolto,
reagiscono picchiandoli ed insultandoli.

Il proprietario manda infine il figlio ma i contadini malvagi lo uccidono.


Chiara l’allusione ad Israele, vigna curata da Dio che rifiuta i profeti e
persino il messia.

Dal punto di vista ecologico, la parabola sottolinea la particolare cura per


la vigna da parte del padrone che la concede a degli affittuari i quali,
attraverso accordi economici dovevano coltivarla, restituendone parte degli
utili.

Come non pensare a quanta terra viene invasa per interessi specifici ed
utilizzata a scopo di lucro e profitto. La sete di denaro sta giustificando
invasioni di intere nazioni per accaparrarsi la terra, il triste fenomeno del

26
land grabbing37 lo dimostra, obbligando i contadini che da essa traggono
sostentamento necessario, a lasciarla in mano a multinazionali sfruttatrici38.

I vignaioli malvagi rappresentano tutti coloro che scordando la realtà della


creazione come dono di Dio, curata e amata fin nei minimi particolari, ne
abusano per potere o ricerca di ricchezza. Decisi a tutto, anche ad uccidere.
Non possiamo scordare quanti attivisti che difendono l’ambiente sono stati
e sono minacciati e anche molti uccisi in questi ultimi anni, alcuni
chiamati martiri della Laudato si’39.

Ritroviamo in Marco anche la parabola del fico che rinverdisce (13, 28-
30), presente anche in Matteo ( 24, 32-35) e Luca (21, 29-31). Gesù invita
ad imparare alcune cosa da questa pianta. Quando il suo ramo diventa
tenero e spuntano le foglie si sa che l’estate è vicina. I tempi sono orami
giunti a maturazione: il regno di Dio, menzionato esplicitamente in Luca, è
vicino, germoglia nella storia e si realizza in pienezza nella vita di Gesù.

La capacità di osservare la natura e riconoscerne i ritmi provvidenziali


dovrebbe spingerci a interpretare i segni positivi del nostro tempo, quali il
risveglio della sensibilità ambientale.

Soprattutto però dobbiamo capire che la natura invia anche segni di


sofferenza causati da azioni irresponsabili degli uomini: aumento di
inquinanti nell’atmosfera che innalzano la temperatura, scioglimento dei
ghiacciai con conseguente definitiva scomparsa di riserve idriche, perdita
della biodiversità, estremizzazione dei fenomeni atmosferici, inquinamento
dovuto a rifiuti tossici, nascosti e interrati con l’ausilio delle ecomafie, ed
altro ancora. Dovrebbero farci intuire che è necessario cambiare direzione,
prima che sia troppo tardi: per il pianeta e per la umanità intera.

37
Cf. P. DE FELICE – M. G. G GRILLOTTI DI GIACOMO, Land grabbing e land concentration. I predatori della
terra tra neocolonialismo e crisi migratorie, Milano, 2018.
38
Cf. Il land grabbing uno scandalo in continua crescita in www.oxfam.it, 22 settembre 2017.
39
Cf. J. DEAR, They Will Inherit the Earth. Peace and Nonviolence in a Time of Climate Change, New York, 2018.
27
8. I gesti misericordiosi di Gesù e la crisi ecologica

Cercheremo ora di reinterpretare in chiave ecologica anche i miracoli di


Gesù, i suoi gesti di potenza che esprimono la premura di Dio nei confronti
dell’umanità e del pianeta, in stato di grave sofferenza40.
Interpreteremo ecologicamente alcuni tipi di prodigi operati da Gesù:
guarigioni di infermi, esorcismi tratti dal vangelo di Marco e miracoli che
dimostrano il suo “controllo” sulla natura.
Gesù risana due ciechi e poi un muto, (Mt, 32-34). Questi malati avevano
patologie diremmo permanenti. Non c’era per loro nessuna possibilità di
cura o miglioramento per mezzo di interventi umani

40
Cf. K. WARRINGTON, The Miracles in the Gospel. What do they teach us about Jesus?, London 2015;
J. S. BÉJAR BACAS, Los Milagros de Jesús. Una vision integradora, Barcelona, 2018; R. ZIMMERMANN ( a cura
di), Compendio dei miracoli di Gesù, Brescia, 2018.
28
In tal modo, nel primo atto di potenza egli ridona la possibilità di vedere,
guardare, ammirare, valutare ciò che sta intorno; nel secondo prodigio fa
recuperare la capacità di parlare, dialogare, esprimersi rientrando in
contatto con gli altri e con la natura.
Nella prospettiva ecologica che ci guida, questi miracoli sono legati anche
alla necessità di vedere in modo corretto quanti scempi vengono perpetrati
nei confronti dell’ ambiente. Aprendo gli occhi sul creato, dobbiamo
contemplarlo nella sua dimensione di dono e attraverso l’ascolto, far nostra
la sofferenza di tutte le creature bisognose di essere difese e curate.
E’ la compassione per le infermità e la debolezza che essa comporta a
muovere la volontà benefica di Gesù. Noi dobbiamo chiederla come grazia
dello Spirito per poi comunicarla concretamente ai fratelli e sorelle malati e
alla natura sofferente e avvelenata.
Interessante il fatto che Gesù indichi essere questa la strada del discepolo:
invia i dodici perché annuncino che è vicino il regno dei cieli, guariscano
gli infermi, risuscitino i morti, sanino i lebbrosi, scaccino i demoni.
Gratuitamente hanno ricevuto, conclude Gesù, gratuitamente devono dare
(Mt 10, 5-9).
La missione coincide con l’azione del Cristo: liberare l’intera creazione
dal male, dalla sofferenza procurata dall’egoismo, la guarigione di ogni
ferita. Inoltre la presa di coscienza della gratuità della vita, degli altri,
dell’ambiente, deve risvegliare il desiderio di servire gratuitamente, non
opprimere malvagiamente.
Dai frutti, si riconosce la bontà delle scelte profonde. Non si raccoglie uva
dalle spine o fichi dai rovi. Ogni albero buono dà frutti buoni e quello
cattivo dà frutti cattivi ( Mt 7, 15-20).
La natura, così ben osservata da Gesù entra ancora in gioco, per aiutarci a
seguire come discepoli, la via di un’etica nuova, alimentata dal Cristo che
trasforma la nostra libertà in responsabilità a contatto con le piaghe
sanguinanti del pianeta.
L’importanza della salvezza dell’umanità, in una visione che pur
combattendo l’antropocentrismo, segnala l’unicità dell’uomo, lo ritroviamo

29
nel racconto della guarigione del malato con la mano rattrappita (Mt 12, 9-
13).
Accusano Gesù di non volere rispettare il riposo del sabato e di fatto, di
fronte alla sofferenza di questo infermo, lo guarisce. L’atto curativo di
Gesù viene da lui giustificato adducendo il fatto che, se qualcuno ha una
sola pecora che cade nel burrone, istintivamente, anche se di sabato,
l’afferra e la tira su.
Ora, aggiunge Cristo, quanto è più prezioso un uomo di una pecora! Perciò
è lecito far del bene anche di sabato, guarendo il malato. Notiamo quindi
che Gesù ha ben chiaro quanto la salvezza dell’umanità sia decisiva e
unica, senza distogliere lo sguardo dal resto della creazione che pure
proviene da Dio e all’interno della quale l’uomo vive: distruggendola,
distrugge se stesso.
Nel vangelo di Luca, ritroviamo anche racconti di guarigioni compiute nei
riguardi di donne: possiamo già intravedere ecologicamente la volontà di
Dio di guarire in Gesù, non soltanto persone considerate inferiori e
socialmente escluse nel suo tempo, ma anche madre terra, la natura il cui
lato femminile e generativo esprime anche la qualità materna di Dio.
Partiamo dal gesto di potenza misericordiosa nei confronti della suocera di
Pietro ( Lc 4, 38-39). Il racconto del fatto, è presente anche in Marco (1,
29-31) e Matteo (8, 14 -15)
Gesù è ospite in casa di Simone e sua suocera era afflitta da una grande
febbre. La febbre è grande, non gestibile da intervento umano. Pregano
Gesù di intervenire.
La preghiera è sempre necessaria per rianimare le forze interiori per
seguire la strade del regno e della visione ecotopica di Gesù, ovvero la
possibilità di immaginare, progettare e lavorare per una terra abitata da
sapienza e rispetto e in armonia tra le diverse componenti.
Egli si china su di lei, minaccia la febbre che scompare e la donna rialza
all’istante. Il testo greco testualmente afferma: essendosi alzata serviva
loro.
Il verbo che descrive l’alzarsi della donna è anistemi, utilizzato per
definire nel Nuovo Testamento la risurrezione di Gesù, presente ancora nel
30
vangelo di Luca, per indicare quando Maria, si alza in fretta, per correre a
portare sostegno concreto a Elisabetta.
In Maria donna nuova, ricreata dallo Spirito che porta in sé la sapienza
divina, il verbo anistemi, indica la dinamicità del suo essere ed agire,
ormai trasformata dalla presenza di Dio e non teme di fare un lungo
viaggio fino alla regione montuosa di Giuda, per aiutare la cugina
Elisabetta.
Anche la suocera di Pietro, per intervento di Gesù è come risorta, partecipe
del suo mistero rigenerante e subito dopo si mette a servirlo: è a sua totale
disposizione.
Volendo interpretare ecologicamente il racconto, possiamo vedere nella
donna risorta e pronta a servire, la disponibilità dei discepoli a mettersi in
gioco per far risorgere la terra dalla malvagità di chi la calpesta e la sfrutta,
di chi deteriora equilibri delicati, introduce situazioni di distruzione e
alterazione degli aspetti climatici.
Guariti dalla febbre dell’egoismo, siamo chiamati a guarire la febbre
ancora molto alta della terra perché la sua sofferenza non diventi tragedia
anche per l’umanità e il dono di Dio affidato alla nostra libertà non ci
sfugga di mano, trasformandosi in boomerang distruttivo.
Un altro brano significativo, unisce nel vangelo di Luca, la guarigione di
due donne (Lc 8, 40-56): la figlia di Giàiro è la prima, ancora adolescente
che viene rialzata e anch’essa è rivivificata da Gesù.
Quel comando perentorio di Gesù, “alzati!” nel greco dell’evangelista
Luca è égheire che letteralmente significa, risvegliati: nel Nuovo
Testamento è ancora un verbo che indica la risurrezione.
La seconda è la donna che aveva perdite di sangue da dodici anni ed era
per questo considerata impura, scomunicata, estromessa dalla comunità
religiosa e umana. Ricordiamo che il racconto di queste guarigioni, è
presente anche nel vangelo di Matteo (9, 20-22) e di Marco (5, 25-34).
Quest’ultimo evangelista riporta a differenza degli altri, le parole
pronunciate da Gesù nella sua lingua, l’aramaico: Talita’ qum, “Fanciulla
io ti dico in piedi!”.

31
Significativo il fatto che tale espressione aramaica voglia dire: “agnellino
alzati”. La parola agnello, talitha, indirizzata a un fanciullo era un termine
carico di affetto e compassione. Ancora una volta la salvezza che Gesù
dona passa attraverso un linguaggio che sottolinea la dolcezza di una
creatura non umana.
Luca poi è l’unico a sottolineare che nella fanciulla, il suo spirito (pnȇuma)
ritornò in lei all’istante, dopo che Gesù le aveva preso la mano e gridato di
alzarsi.
Per quanto riguarda la donna risanata durante il tragitto che Gesù compie
verso la casa di Giàiro, evidenzia il racconto evangelico che, avvicinandosi
alle spalle, gli tocca il lembo del mantello ottenendo l’immediato arresto
del flusso di sangue. Gesù percepisce il tutto e afferma di aver sentito
uscire da sé una potenza (Lc 8, 46). La donna esce allo scoperto e Gesù
loda la sua fede, in virtù della quale è stata guarita.
Gesù la libera dalla sua impurità in modo definitivo ed ella può tornarsene
alla vita quotidiana in pace.
Diversi sono gli aspetti che possiamo trarre da queste due guarigioni.
Anzitutto nella fanciulla ritorna lo spirito. Ella ormai morta, ferma,
inattiva, riceve da Gesù di nuovo il dono della vita.
La terra, rappresentata in questa fanciulla, ritrova la forza dinamica dello
Spirito e sta ai discepoli trovarne i segni e fare in modo che si espandano,
rinnovando le strutture umane in vista di un risanamento ambientale.
Dio dona nel Figlio eterno lo Spirito, per un nuovo atto creativo che nella
risurrezione di Cristo, partecipata all’umanità, rifletta la gioia armoniosa
della prima creazione41.
Nella donna guarita che tocca il mantello di Gesù, è possibile rintracciare
la volontà divina di liberare l’umanità da ogni impurità e donare pace tra
umanità e ambiente. Troppe perdite di sangue, cioè di vite, ancora oggi ne
segnano gli eventi.
E’ la forza divina che proviene da lui a operare questa trasformazione: c’è
nell’universo una potenza nascosta di vita che noi cristiani identifichiamo
con la Trinità che agisce, sostiene, risana, guarisce, impedisce che la terra
41
Cf. M. TRAINOR, About Earth’ Child, cit., 156.
32
sia definitivamente perduta: riconoscerne l’energia vitale e dinamica, può
aiutarci come credenti, a non temere di difendere la creazione da tutti gli
assalti egoistici e distruttivi.
Il vangelo di Luca racconta anche di un altra donna, totalmente ricurva a
cui viene guarita la spina dorsale (Lc 13, 10-17). Il racconto del miracolo è
preceduto dalla breve parabola del fico sterile che un uomo vuol far
tagliare perché non trova frutti ed occupa inutilmente il terreno.
Il contadino ampelourgos, è il termine che menziona il testo greco della
parabola, il custode, vignaiolo: ci sovviene la similitudine della vite del
vangelo di Giovanni, quando Gesù afferma che il Padre suo è il vignaiolo.
L’ordine è quello di tagliare la pianta, cioè di mettere in atto un’azione
radicale e distruttiva.
Il vignaiolo intercede in modo tale da poterla ancora salvare: chiede di
poter zappargli bene attorno, mettendoci del concime, sperando che nel
futuro possa portare frutti (Lc 13, 6-9).
Il padrone che ha fretta, sembra rappresentare la smania produttiva,
utilitaristica, pragmatistica che determina molte scelte economiche del
nostro tempo. Bisogna sfruttare subito la terra, il più presto possibile per
averne ricavi economici. Il vignaiolo, custode, chiede pazienza: il Padre
domanda all’umanità non comportamenti arroganti e dilaceranti nei
confronti dell’ambiente.
La terra invece va curata, accompagnata, di certo anche utilizzata e
trasformata ma per far questo mai distrutta, come oggi purtroppo avviene
anche in relazione alla produzione del pur necessario cibo42.
Il brano della guarigione della donna ricurva è specifico dell’evangelista
Luca. Quando Gesù vede questa donna che da molti anni era tenuta
inferma da uno spirito malvagio, e non poteva in alcun modo stare diritta,
la chiama e attraverso la sua parola la guarisce, ne raddrizza la postura, le
permette di camminare, di poter guardare in faccia gli altri.
Nella vita di questa donna ricurva, senza nome, possiamo vedere anche la
condizione della terra, rinchiusa nella sua malattia, che è l’essere utilizzata
solo a scopo di sfruttamento di materie prime per lo sviluppo distorto
42
Cf. C. PETRINI, Terra Madre. Come non farci mangiare dal cibo, Firenze, Bra (Cn), 2009.
33
dell’umanità. Gesù chiama per nome la creazione, restituendolo dignità e
ponendola dinnanzi allo sguardo umano come partner, che offre di certo il
necessario per il sostentamento, ma mai deve essere triturata dalla fame di
denaro, potere e profitti.

Gesù si dimostra nella parabola avvocato difensore della terra e nel


prodigio, colui che porta a compimento il sabato nuovo della creazione,
raddrizzando tutte le storture umane ed ambientali che la malata
rappresenta.
La lode sabbatica per l’azione di Dio e che la folla pronuncia per le
meraviglie operate da Gesù, ora va rivolta a lui che ricostruisce il tessuto
ambientale infettato dal peccato secondo il progetto originario del Dio
creatore.
La polemica sul sabato mostra quanto Dio in Gesù voglia che prevalga
sulla legge, la pienezza della vita.
Il riposo sabbatico, memoria del riposo di Dio dopo aver creato il mondo,
comprende secondo la prospettiva del libro del Deuteronomio non solo le
persone ma che gli animali. (Dt 5, 13). Quindi l’intera realtà biologica,
uomini, animali, realtà inanimate sono dono di Dio, da lui provengono da
lui sono sostenuti nell’essere.
Gesù mostra di nuovo la interrelazione profonda tra natura (fico sterile) e
persona (donna liberata dall’infermità). Lui è protettore di quanto il Padre
della vita ha voluto porre in essere. Come Figlio redentore restaura, e lo
Spirito inviato da entrambi, proteggerà tutte le cose sino al compimento
definitivo del regno, quando terra, natura, umanità saranno unite
dall’amore infinito di Dio.
Numerose sono nei vangeli anche i racconti di guarigioni di lebbrosi.
Prendiamo a mo’ di esempio il brano sempre di Luca (Lc 5, 12-14), ove se
ne riporta il risanamento: esiste nel suo vangelo anche quello della
guarigione dei dieci lebbrosi (Lc 17, 11-19).
Sappiamo che ritenuti impuri erano esclusi, umiliati, abbandonati,
disprezzati.

34
Il lebbroso, appena vede Gesù, chiede di essere liberato dalla orribile
infermità e lui toccandolo fa sparire la malattia. Gesù entra in contatto
fisico con gli infermi senza paura, per offrire loro guarigione e attraverso
questo, trasgredisce provocatoriamente i precetti di purità codificati nella
legge ebraica che impedivano di toccare i malati perché peccatori.
Egli invece manifesta di essere dalla parte del Dio dei viventi che si fa
presente nella prassi di Gesù. Egli non teme di toccare la materialità fisica
del lebbroso e in questo senso fa capire che tutta la corporeità creata è
destinataria di guarigione e salvezza. La supplica del lebbroso che chiede
guarigione è quella dell’intero creato bisognoso di essere purificato,
liberato dalla lebbra dell’inquinamento e dello sfruttamento.

Addentriamoci ora nei prodigi compiuti da Gesù e che possiamo definire


liberazione da spiriti maligni, ovvero gli esorcismi, commentandone due,
tratti dal vangelo di Marco43.
L’evangelista riporta con maggiori particolari, rispetto a Matteo (8, 28-34)
e Luca (8, 26-39) l’episodio della guarigione dell’indemoniato di Gerasa e
la cacciata dello spirito impuro che viene mandato in una mandria di porci
(Mc 5, 1-20).
Un uomo posseduto da questo demone, viveva tra le tombe, segno che la
lotta di Gesù è contro il male che dà morte. Egli viene a portare la pienezza
della vita. La forza di questo demone era tale che non riuscivano a tener
legato l’uomo che ne era posseduto, nemmeno con le catene e nessuno era
in grado di domarlo: la potenza del male è distruttiva della persona, della
società e dell’ambiente.
Inoltre gridava e si percuoteva con pietre: il male oltre che provocare
terrore, genera violenza autolesionistica. Far male agli altri e alla natura
distrugge anche la propria personalità.
43
Cf. A. HAUW, The Function of Exorcism Stories in Mark’s Gospel, Eugene, Oregon, 2019.
35
Quando vede Gesù da lontano urla di non tormentarlo: il regno di Dio è
liberazione in grado di disgregare la forza del peccato che non vuole
cedere dinnanzi alla forza divina.
La parola del Cristo è operatrice di salvezza, come la quella di Dio è stata
creatrice. Egli impone allo spirito impuro di uscire da quell’uomo e riesce
a farsi dire il suo nome: legione. E’ uno e molti contemporaneamente.
Non volendo abbandonare la regione, essendo appunto molti, chiedono di
essere mandati in una mandria di porci, circa duemila, che affogano nel
mare. In seguito la gente ritrova l’indemoniato seduto, vestito, sano di
mente.
La liberazione realizzata per mezzo di Cristo, crea una nuova identità, un
nuovo modo di essere, caratterizzato da relazioni positive. Possiamo
rileggere ecologicamente il miracolo, scrutando nella violenza
dell’indemoniato che spezza ceppi e catene, la forza distruttiva di un clima
alterato dalla attività umana che produce gravi fenomeni di devastazione,
così come la provocano attività umane irrispettose nei confronti di vasti
territori sottoposti solo a sfruttamento intensivo demolitore.
L’intervento di Gesù che spezza le catene oppressive, riporta relazioni
vitali costruttive. L’indemoniato è sano di mente, capisce qual è la sua
responsabilità nei confronti dell’ambiente, non vive più in luoghi di morte,
i cimiteri. E’ seduto, cioè ha ritrovato la capacità di fermarsi, di pensare ed
è vestito: la sua dignità ora è pienamente riacquistata dentro la realtà della
terra madre che lo riaccoglie, sottraendolo alla solitudine dei sepolcri e
rimandandolo, come vuole Gesù, dai suoi parenti, reintegrandolo nella vita
familiare e sociale.
Studiosi biblici, interpretano come simbolica parte del racconto,
evidenziando come il simbolo della Legio X Fretensis, che era stata
trasferita in Siria sotto Tiberio e che partecipò alla guerra giudaica del 66-
70 d.C., era un cinghiale44. Ritraendo Gesù mentre sgomina una legione di
demoni, Marco indicherebbe la sua vittoria sul male e la sconfitta del
potere umano che si erge a divino.

44
Cf. M. EBNER, Di chi vuoi essere strumento? (La guarigione dell’indemoniato di Gerasa). Mc 5, 1-20 (EpAp 5, 9s)
in R. ZIMMERMANN (a cura di), Compendio dei miracoli di Gesù, cit., 376-391.
36
Il potere di Gesù è quello di sgominare legioni che opprimono, portando
una integrale liberazione, una contestazione della azione oppressiva dei
romani che schiacciavano il popolo ebraico.45 Altri studiosi invece
avvertono di non fermarsi troppo su questo aspetto socio-politico, in
quanto Roma usava metodi relativamente più blandi46.
Atri ancora fanno notare che, insieme alla maledizione del fico,
liberazione dell’indemoniato di Gerasa è l’unico atto di potenza di Gesù
nel quale viene provocato un danno materiale ai proprietari dei maiali
dimostrando nel contempo quasi non curanza per altre creature viventi.
L’indemoniato però rappresenta, secondo la visione socio-politica,
comunque rintracciabile nel brano, l’uomo oppresso, la mandria la
ricchezza di chi opprime gli altri: i porci la società pagana, il branco indica
pertanto una situazione di sfruttamento e schiavizzazione47.
Si noti nel racconto che la mandria procede verso il mare in truppa, proprio
come un insieme ordinato di soldati.
Liberare l’uomo dall’oppressione comporta un danno per chi ha
organizzato la struttura di sfruttamento. Gesù dona all’uomo la libertà
interiore che lo rende indipendente da quest’ultima; in tal modo, la società
che opprime rimane senza la base sociale su cui esercita il dominio e
scompare48. Anche la natura ha la possibilità di essere liberata da chi le
provoca danni e la deturpa in profondità.
Sotto l’aspetto teologico, il racconto enuncia che Gesù già ora è il
definitivo liberatore dal male. Chiedendo di rifugiarsi nei porci, i demoni
pensano di potere rimanere in quella regione ma la richiesta si rivela
rovinosa: legione si autodistrugge e l’uomo che ne soffriva la presenza
devastante viene risanato e liberato.
Il secondo episodio d’esorcismo che ritroviamo ancora in Marco, è il
racconto della liberazione di un ragazzo posseduto da uno spirito muto che
45
Cf. J. D. CROSSAN, Gesù. Una biografia rivoluzionaria, cit., 117-120.
46
Cf. J. D. G. DUNN, Gli albori del cristianesimo. 1 La memoria di Gesù. 2. La missione di Gesù, cit.,. 709-713.
47
Cf. A. WITMER, Jesus, the Galilean Exorcist. His Exorcism in Social and Political Context, London – New York,
2012.
48
Cf. C. S. PERO, Liberation from Empire. Demonic Possession and Exorcism in the Gospel of Mark, Frankfurt am
Main, 2013.
37
viene guarito dalla epilessia (Mc 9, 14-29). L’episodio è rievocato anche
da Matteo (17, 14-20) e Luca (9, 37-43).
Mentre gli scribi discutono con i discepoli di Gesù, dalla folla un tale esce
e porta a Gesù il proprio figlio posseduto da uno spirito muto, il quale lo
afferra, lo sbatte da una parte all’altra; per questo egli emette schiuma,
digrigna i denti e diventa rigido. Gesù capta la fiducia di quest’uomo
soffrente per la sorte del figlio. Infatti i discepoli a cui aveva chiesto aiuto,
non erano riusciti a scacciarlo.
Il contatto con Gesù fa si che lo spirito maligno agitando il ragazzo, lo
faccia cadere di nuovo a terra, rotolandosi con la bava alla bocca.
Nel racconto del padre poi si evince che lo spirito gettava nel fuoco e
nell’acqua il ragazzo per farlo morire. Di fronte alla richiesta piena di fede
del padre del giovane, con tono minaccioso, Gesù impone allo spirito muto
e sordo di uscire dal giovane senza farvi ritorno.
Quello, urlando e scuotendolo con violenza, esce dal corpo del ragazzo
lasciandolo come morto. Gesù però lo prende per mano lo solleva ed egli
rimane in piedi.
Gesù poi precisa ai discepoli, incapaci di scacciare quello spirito maligno
che, per realizzare questo, non c’è altro mezzo che la preghiera, ovvero il
contatto unico con il Dio vivente, esperienza che solo lui può vivere,
essendone il Figlio eterno incarnato.
Ecologicamente interessante è vedere nelle patologie del ragazzo tante
malattie del nostro ambiente: la malignità umana sregolata che tenta di
distruggere la vita.
La violenza dei sintomi del giovane, che si irrigidisce, rotola per terra,
cade, viene spinto nel fuoco o nell’acqua per farlo morire, è presente anche
nella nostra realtà, ove si deforesta, si sfrutta la terra in modo sconsiderato,
si tentano di aprire miniere che avvelenano le acque, si spargono
nell’atmosfera veleni che sono causa di malattie croniche o tumorali,
gravemente lesive e che portano nella maggioranza dei casi alla morte.

38
Per liberarci da questo demone anti-ecologico, muto e sordo che cioè non
dice la verità sulle cose e non vuole ascoltare la voce della terra e dei
poveri, non abbiamo nessun mezzo umano. Solo l’intervento divino può
compiere l’autentica guarigione.
Solo Gesù vivente può, vedendoci come morti, prenderci per mano,
sollevarci e farci stare in piedi. Così per mezzo della sua preghiera di
intercessione al Padre della vita, attraverso la nostra umile e povera
invocazione, potremo vincere il demone dell’indifferenza e del cinismo nei
confronti dell’ambiente, facendoci voce di tutto il creato, chiedendone il
rispetto, ascoltando i lamenti degli impoveriti e della natura intera.
Rimangono da analizzare due prodigi ove Gesù mostra la sua capacità di
controllo sulla natura, per questo interessanti nella interpretazione
ecologica che stiamo affrontando.
Iniziamo con quello in cui Gesù calma la tempesta, ed è illustrato nei
vangeli sinottici (Mc 35-41), (Mt 8, 23, 27), (Lc 8, 22, 25).
Scegliamo il brano di Luca, unico a sottolineare il fatto che i discepoli
erano in pericolo (8, 23), come anche oggi l’umanità lo è a motivo della
sua azione erosiva ed aggressiva nei confronti della natura.
Gesù è sul lago, ove avviene una teofania, cioè una manifestazione del Dio
creatore e salvatore. Si scatena una tempesta e questo richiama sia quando
Dio parla a Giobbe in mezzo all’uragano (Gb 38, 1), quanto a Elia avvolto
nel turbine (Sir 48, 12). Dio quindi viene all’uomo dentro un fenomeno
portentoso.
C’è quindi un venire di Dio che giudica e unisce il cielo e la terra nel suo
atto di giudizio. C’è poi il riferimento alle acque che Gesù sgrida: il testo
greco dice appunto “essendosi risvegliato sgridò il vento e l’onda d’acqua”
(8, 24). L’acqua è un ricordo alla creazione (Gn 1, 2- 6-7), ma può anche
essere una forza distruttiva, quando ad esempio, Dio invia il diluvio e
manda le acque sulla terra.
In Esodo (14, 21-22) le acque sono asciugate da Dio per la salvezza del
popolo, evidenziandone l’aspetto positivo; ma il mare ritornando al suo

39
posto travolge gli egiziani, mostrandone il risvolto distruttivo (Es, 14, 28-
29).
Le acque rappresentano sia il dono della vita quanto possibilità di morte.
La tempesta crea ansia e timore nei discepoli i quali si accostano a Gesù
chiamandolo perché si sentono perduti e lo svegliano.
Egli sgrida il vento e l’acqua e ritorna la calma. Interessante notare che il
verbo sgridare è epitamao, utilizzato dall’evangelista Luca per descrivere
gli esorcismi e la cacciata dei demoni (Lc 4,35; 9, 42).
Gesù quindi domina la forze del male scatenate; calma la tempesta come
Dio comanda alle acque che possono fare del male, a cui ha fissato un
confine da non oltrepassare, perché non tornino a coprire la terra (Sal 104,
9).
Egli compie una sorta di esorcismo che libera la natura agitata da forze
demoniache. Il vento in Esodo (14, 21), è partner di Dio in quanto divide
le acque per il passaggio del popolo che esce dall’Egitto. La relazione di
Dio con gli elementi naturali, può essere di cooperazione o di
competizione, di corrispondenza o di conflitto.
Gesù è presentato da Luca, in relazione al vento e alle acque, ma anche ai
i discepoli che si sentono in pericolo.

Essi si appellano a Gesù come mediatore tra il vento e le acque, lo


chiamano due volte maestro (epistata), ed egli svegliandosi, sgrida vento e
flutti e ritorna la bonaccia.
Poi Gesù li interroga chiedendo conto della loro fede. Non solo Gesù salva
dal caos e dal pericolo, ma chiede fiducia in lui. Egli ottiene dal mare e
vento piena obbedienza, secondo la prospettiva dell’evangelista Luca che
descrive anche Maria, in accogliente obbedienza della parola di Dio.

Nella parabola del seme che fa frutto se cade nel terreno buono (Lc 8, 4-
15) e in quella del servo che deve far fruttare le monete (Lc 19, 21) c’è
l’invito pressante a seguire Gesù, obbedendo alla sua parola e a concorrere
con lui alla venuta del regno di Dio.

40
Calmando la tempesta, Gesù porta vita dentro il caos della creazione e
invita i discepoli che si domandano il perché vento e mare gli
obbediscono, a capire che debbono cooperare con lui per far ritornare la
calma nel contesto della creazione. I discepoli non sono esclusi dalla
relazione di Gesù con il vento e l’acqua, elementi della natura chiamati ad
essere partners dell’umanità.
L’epifania di Dio sfocia nella disponibilità a capire chi è Gesù, e a
collaborare alla sua richiesta di realizzarne il regno nell’obbedienza a lui.
A partire dal suo esempio, si deve interagire anche con gli agenti
atmosferici, attraverso azioni ecologiche che ne evitino la distruttività,
dovuta a cambiamenti climatici che rendono vento e acqua spesso fonte di
distruzione e di morte.
Il vento è positivo come produttore di energia alternativa e perché
disperde inquinanti: senz’acqua, come visto commentando il vangelo di
Giovanni, c’è solo morte. Il riscaldamento globale e lo sfruttamento
forsennato del pianeta, possono trasformarli in realtà apportatrici invece di
distruzione. Obbedendo a Gesù troviamo la strada per collaborare con la
natura in modo giusto e utilizzarne gli elementi come strumenti apportatori
di vita.
Resta infine da commentare l’episodio della trasfigurazione di Gesù,
carico di simbologia che richiama non solo aspetti riguardanti la fede in lui
come messia sofferente, ma allarga lo sguardo alla creazione intera che
deve essere in lui trasfigurata.
Fermiamo la nostra attenzione sulla narrazione del misterioso evento nella
versione dell’evangelista Marco (9, 2-10).
Prima di portare Pietro, Giacomo e Giovanni in disparte su un alto monte,
simbolo biblico della presenza di Dio, Gesù chiama la folla e propone
come criterio per seguirlo quello di rinnegare se stessi, prendere la croce e
andargli dietro (Mc 8, 34).
La prospettiva è chiara, la croce sarà la destinazione umana del Cristo e il
discepolo non potrà evitarla: però non sarà l’ultima parola sulla storia e la
creazione e Gesù lo vuole far capire per ridare speranza ai discepoli d’ogni
tempo.
41
Salito sul monte, la presenza divina si fa trasparente in Gesù, attraverso lo
splendore della vesti, così candide, che nessun lavandaio sulla terra
potrebbe fare questo, annota l’evangelista Marco.
L’accumulo di superlativi vuole indicare la straordinarietà della luce che
inonda l’evento.
Già intravediamo la creazione nuova, spendente, ma nessuna attività
umana può renderla tale se prima la luce di Cristo non illumina l’azione
umana.
Appare poi Mosè, che ha portato il popolo in mezzo alle acque del mar
Rosso verso la libertà, ha attraversato il deserto, dove l’acqua dalla roccia
e la manna dal cielo hanno nutrito Israele, insieme alle quaglie, ed Elia,
rapito verso il cielo su un carro di fuoco.
Elementi naturali espressione di bontà divina, salvezza fisica e profezia si
congiungono sul monte insieme alla luce splendente di Cristo.

E’ anticipata in quell’evento, la piena comunione tra Dio, la natura,


l’umanità, i discepoli; tutti avvolti dalla nube, amore di Dio rigenerante, da
cui esce la voce del Padre che conferma Gesù come il Figlio che
dobbiamo ascoltare.
Inoltre, in una regione come la Palestina, dove la vita dipende in gran parte
dal ciclo regolare della pioggia, la nube era diventata simbolo di vita e
speranza, Dio lo è di tutto il creato.
La realtà incombe, tutto sembra sparire; rimane Gesù solo con i suoi
discepoli in cammino verso la croce e la risurrezione. Nonostante il
destino sembri segnato, Dio garantisce un futuro alla creazione crocifissa
con lui.
Dio realizzerà una vera trasformazione nella risurrezione anticipata in
questo evento di metamorfosi: metemorphōthē, è infatti il verbo usato da
Luca e ci ricorda l’inno di S. Paolo in Filippesi, ove l’apostolo annota che
Gesù pur essendo di condizione (morphē) divina, annientò se stesso,
facendosi simile agli uomini (Fil 2, 6-11).

42
Sappiamo che la metamorfosi ed il cambiamento sono costanti della vita,
intendendo per vita tutto ciò che è vitale: l’uomo, gli animali e
l’ecosistema intero in cui essi s’inseriscono.
La metamorfosi è di per sé un atto creativo della natura su se stessa:
pensiamo agli insetti, ma anche colore delle foglie, alla formazione delle
pietre, alla evoluzione di una specie animale.
Così è noto come nel corpo umano ogni sette anni tutte le cellule si
rinnovano, ad eccezione di quelle del sistema nervoso, entrando così in un
nuovo ciclo di vita.
Gesù per dare un segno di pienezza della sua gloria, cambia forma,
davanti ai discepoli, anticipa la sua risurrezione, vive una metamorfosi,
facendoci capire che la vitalità dinamica della natura rispecchia la stessa
vita della Trinità e garantisce alla creazione rovinata dal peccato umano,
una trasformazione profonda, come riflesso della sua bellezza, bontà e
salvezza. La vita trinitaria diviene intuibile nelle dinamiche della natura
chiamandoci a contemplazione e rispetto.

9. L’ultima cena di Gesù: Eucaristia e cura dell’ambiente


La vita delle comunità cristiane del Nuovo Testamento era centrata sulla
frazione del pane, o cena del Signore, come momento di assoluta
importanza per loro esistenza e testimonianza nel contesto storico.
Fermiamo la nostra attenzione sulla cosiddetta ultima cena, momento forte
della vita di Gesù, ove il mangiare insieme è delimitato ai suoi discepoli.
Esistono quattro racconti riguardanti questo pasto di addio: tre nei sinottici
(Mt 26, 26-29); (Mc 14, 22-25); (Lc, 22, 15-20); e uno nelle lettere di
Paolo, (1Cor, 23-26); hanno una finalità narrativa in funzione liturgica49.
49
J. JEREMIAS, Le parole dell'ultima cena, Brescia, 1973.
43
Per intuire il significato di questa cena d'addio dobbiamo inquadrarla nella
prospettiva finale di Gesù: egli percepisce che il suo annuncio e l' offerta
gratuita della novità del regno di Dio vissuta nella sua carne, non verrà
accettata. La possibilità concreta della morte si avvicina sempre di più fino
a diventare certezza.
Nella cena d'addio Gesù consegna ai discepoli il suo testamento e lo fa in
relazione con tutta la sua vita.
Egli lascia loro tutta la sua esistenza come dono definitivo che avrà il suo
momento culminante, nella morte sul Calvario.
In quella cena condensa in modo ormai non più separabile, la sua vita di
dedizione assoluta alla volontà del Padre che lo ha mandato ed il suo
amore completo e radicale verso l'umanità che storicamente reagisce non
accettando questo dono estremo, opponendo all'amore assoluto il rifiuto e
la condanna.
Tale rifiuto però non sarà l'ultima definitiva parola di Dio sull' umanità:
Gesù sa che egli berrà di nuovo del frutto della vite nel regno di Dio (Mc
14-25), coinvolgendo in questa nuova festa anche l’intera creazione.
Gesù consegna tutto se stesso, la sua pro-esistenza nei confronti del Padre
e dell'umanità, l'amore “materno” in particolare per i poveri e gli
emarginati, la tenerezza verso la creazione e la terra, tutto il significato
radicale della sua morte, ai suoi discepoli, perché ne sia sempre loro
alimento.
Il pane e il vino rappresentano l'aspetto assolutamente decisivo della vita
umana: o ci si nutre e si vive, o altrimenti si muore: essi sono frutto del
lavoro umano ma provengono dalla terra, dal grano e dalla vite.
Il fatto che Gesù voglia rimanere realmente presente in questi segni
creaturali, conferma ancor di più la convinzione che la realtà creata
proviene da Dio e attraverso di essa egli vuole rimanere con noi, entrare
nella nostra corporeità biologica per alimentare una prospettiva eticamente
cristocentrica, verso gli altri e l’ambiente.

44
Senza Cristo non si vive una vita realmente riuscita e riconciliata con Dio
e con i fratelli e sorelle e il creato.
Si muore dentro, ci si decompone interiormente e si degradano tutte le
relazioni umane ed ecologiche, come si rovina irrimediabilmente
l’ambiente.
Donarsi fino all'estremo, fino a spezzare la propria vita per dare vita agli
altri e curare la terra, è possibile solo se in noi agisce colui che ha dato per
noi la sua esistenza, spezzandola per la nostra salvezza e riconciliazione
con il Padre.
Come il cibo viene assimilato, così la capacità di offrirci in totale
obbedienza alla volontà di Dio, viene dal Cristo che vuol entrare in noi
“fisicamente”, dentro la realtà personale, relazionale ed ecologica.
Un’economia ecologica che ha come modello l'Eucaristia spezza i beni
della creazione per dare vita piena e felice a tutti e li preserva, li cura, non
li spreca, non li consuma, sa con sobrietà usarli per non depredare il
creato50.
Nella sequela di Gesù vivente, si lacerano i legami di morte e si intessono
quelli del perdono, della fraternità, della gioia del condividere con gli altri
e con tutta la creazione, ciò che siamo e ciò che abbiamo.
Questo dinamismo però non è mai eclatante ma agisce nella più assoluta
profondità per esprimersi come carica innovativa dentro il tessuto più
intimo della storia umana e della vita ambientale, come ci ha rivelato la
profonda incarnazione del Verbo eterno.
Cristo si fa vulnerabile, si espone alla libertà umana per esserne accolto
nella sua fragilità e nella sua povertà sino al punto da poterne essere anche
rifiutato.
Nel contempo ci ricorda la vulnerabilità della natura umana in cui egli è
presente per ritesserne la profonda trama che noi roviniamo per egoistici
interessi e mancanza di spirito etico e contemplativo.
Gesù si fa cibo e bevanda, si “umilia”, si “nasconde” non per annullarsi
ma per immettersi nel modo più vero e radicale dentro la storia umana e la
creazione nella sua dimensione biologica.
50
Cf. A. AGNELLI, La logica del pane. L’Eucaristia modello dell’economia, Bologna 2011.
45
Egli vuole entrare nella profondità delle relazioni umane ed ambientali,
per risanarle con il suo amore rigenerante, per radicare il regno nel cuore
della storia e della realtà, attraverso il dono di se stesso che accolto, genera
nei discepoli energie nuove per cambiare la realtà di morte umana e della
terra, in realtà di vita51.
Chi vive l' Eucaristia come assimilazione della vita di Gesù, trova le
motivazioni ultime per una critica profetica ed un impegno concreto a
favore dell’ambiente ignorato, trascurato e avvelenato.
La proposta di una ecologia eucaristica al servizio della vita, delle
necessità basilari di tutti, rispettosa della creazione, capace di consumare
meno, non trova aperture profonde, è spesso avversata e richiede di far
nostra la sorte di umiliazione di Gesù.
Non si vuole rinunciare a porzioni del proprio benessere esagerato per
condividerlo con chi non ne ha; sembra anacronistico parlare di sobrietà,
rispetto della qualità ambientale come indice di benessere necessario e
questo scatena reazioni che rifiutano tali prospettive o le limitano nella
loro portata innovativa.
La proposta di una ecologia vera, cammina sui passi di Cristo: chi la
propone non deve aspettarsi successo, ma deve continuare a crederci
fermamente, anche contro la logica visibile e lavorare perché entri nella
cultura e nelle coscienze in modo più deciso, per rinnovare le relazioni
umane ed ambientali.
La realtà della globalizzazione economica è diversa: prevalgono
l'esasperata competizione e l'arricchimento sfrenato, l’idolatria del
possesso e delle ricchezze, la distruzione ambientale considerata
inevitabile o addirittura necessaria e positiva52.
Il Cristo che ci nutre di se stesso nell' Eucaristia, ci dona anche la capacità
interiore di non cedere allo scoraggiamento considerando il modello della
lavanda dei piedi, come utopia irrealizzabile.

51
Cf. I. ZIZIOULAS, Eucaristia e regno di Dio, Magnano (Bi), 1996; A. SHEMEMANN, L’Eucaristia. Sacramento
del Regno, Magnano (Bi), 2005.
52
Cf. S. SASSEN, Espulsioni. Brutalità e complessità nell’economia globale, Bologna, 2015.
46
Egli convince il nostro cuore, con il suo Spirito che, ogni frammento di
vita costruito in questa logica è già anticipo del regno di Dio e della sua
presenza viva e dinamica nella storia dell'umanità.
L'economia nuova in quanto economia ecologica della vita, della
comunione, della responsabilità, della fraternità, della condivisione dei
beni, segue la regola del regno di Dio: quella del granello di senape e del
lievito che fa fermentare tutta la pasta ( Mt 13, 31-33).
Si immette nell'oscurità della storia e dello sfruttamento delle risorse
ambientali senza scrupoli, anticipandovi nel frammento la novità del regno
di Dio.
Alimentati, nutriti, sostenuti da lui, i discepoli troveranno la forza di far
proprie queste prospettive ed essere coerenti fino in fondo, anche in mezzo
a critiche, emarginazioni e incomprensioni che segneranno sempre la
concreta azione di chi lotta a favore degli impoveriti e della salvaguardia
ambientale.
Anche Papa Francesco, nella enciclica Laudato si’, (n. 236) esalta
l’importanza dell’Eucaristia come celebrazione dove il creato trova la sua
massima elevazione. In questo sacramento, è già realizzata la pienezza, il
centro vitale dell’universo e la fonte da cui traboccano l’amore e la vita
inesauribile.
La domenica, giorno per eccellenza della celebrazione eucaristica, è il
giorno della risurrezione, e nel contempo il primo giorno della nuova
creazione, ove si integrano festa, fede e riposo per esprimere dimensioni
umane essenziali, spesso dimenticate, quelle della gratuità e recettività.
Non siamo fatti solo per agire ma anche per ricevere da Dio e dagli altri,
vita, amore e amicizia che anche il creato può comunicarci se percepito
come trasparenza della Trinità.
Vivendo fino in fondo la logica eucaristica, diventeremo come credenti
difensori della vita umana che si realizza nella realtà sociale ed
ambientale, promotori di giustizia per tutti, difensori dell’ambiente come
dono che Dio ci ha fatto e sostiene nella sua provvidenza, affidato alla
nostra responsabilità plasmata dalla novità radicale del regno di Dio, regno
di verità, grazia, misericordia e cura di ogni cosa.
47
La nuova ed eterna alleanza, che Gesù ha compiuto nella croce, ora è
partecipata, a noi, come dono nel contesto di una cena, dove la materialità
e la corporeità e la dimensione biologica, sono indissolubilmente legate.
Mangiamo lui, ci nutriamo di lui perché Dio in lui ci donato tutto
attraverso la materialità del pane e del vino che entrano nei nostri corpi
tratti dalla terra53.
Nutrirsi del pane eucaristico, significa sentire la privazione del pane
materiale di tanti fratelli e la sofferenza della creazione.
L’Eucaristia è il fondamento di una ecologia umana: Cristo dono ricevuto
e condiviso ci fa vincere la logica dell’egoismo e dello sfruttamento.

10. Passione, morte in croce e risurrezione di Gesù in prospettiva


ecologica
E’ possibile rileggere l’evento della passione, morte e risurrezione di Gesù,
tenendo presente la crisi ecologica che stiamo vivendo? Non è forse la
terra stessa, unita a milioni di persone, in agonia continua, portando in sé
le stigmate della passione di Cristo?
Evidentemente non è possibile fare questa lettura se prima non si tiene
presente la singolarità radicale della sua vita e morte. L’obbedienza filiale
di Gesù al Padre si colloca al centro del no umano a Dio che annichilisce
ogni relazione ma Dio stesso, con lo sguardo al Crocifisso, ridona a lui lo
Spirito e ricrea la libertà ferita dell’uomo trasformandola in libertà
obbediente54.

53
Cf. D. EDWARDS, The Natural World and God. Theological Explorations, cit., 137-172.
54
Cf. G. BARTH, Il significato della morte d Gesù. l’interpretazione del Nuovo Testamento, Torino, 1995; P.
MARTINELLI, La morte di Cristo come rivelazione dell’amore trinitario nella teologia di Hans Urs von Balthasar,
Milano 2008.
48
Il peccato umano è il no alla filiazione in Cristo e tocca Dio nel suo essere.
Egli non ritiene però conclusa l’eterna generazione del Figlio, neanche
nella sua morte, anzi, uccidendo la morte, donando al Figlio lo Spirito, si
rivela come Padre dei perduti e peccatori55.
Del resto, una comprensione ecologica degli eventi, presuppone la
creazione umana e la libertà avvolta nel peccato, oltre che l’azione di Dio
per ricostruire quest’ultima che, se lasciata a se stessa, è incapace di
ritrovare la via del bene e dell’amore, coartata a seguire vie distruttive
come insegna la dottrina del peccato del originale o peccato del mondo56.
E’ possibile rileggere gli avvenimenti che si susseguono verso la croce in
questa prospettiva, prendendo spunto dai racconti evangelici che pur nella
loro diversità, narrano la passione di Gesù come riconciliazione definitiva
della creazione avvolta nel peccato umano con la Trinità creatrice.

10. 1. Ricognizione dei dati evangelici più significativi


Dopo la cena con i dodici e il tradimento di Giuda che si sta compiendo,
Gesù va al Getsemani, monte che in aramaico e greco significa frantoio
per l’olio, come segnalano i sinottici (Mc 14, 32), (Mt 26, 36), (Lc 22,
39). Nel vangelo di Giovanni, come già commentato, si parla di un
giardino, al di là del torrente Cedron.
Gesù esprime la sua profonda tristezza e angoscia e chiede al Padre di
allontanare da lui il calice della sofferenza ma si offre a lui perché si
compia la sua volontà salvifica, nonostante la durezza della prova. “Non
quello che voglio io ma quello che vuoi tu” (Mc 14, 36).
55
Il Padre, mentre chiama gli uomini ad essere nel Figlio suo, li abilita nello Spirito ad una libera adesione e,
simultaneamente, assume, perdona, trasforma anche il loro colpevole rifiuto nel morire di Gesù. La missione del Figlio
e dello Spirito sono ad extra la ritrascrizione delle relazioni ad intra, mentre le relazioni intratrinitarie sono la
condizione di possibilità perché la missione pasquale ( del Figlio e dello Spirito) non sia intesa al di fuori della visione
cristiana e della figura credente e redenta della liberà dell’uomo. F. GIULIO BRAMBILLA, Redenti nella sua croce.
soddisfazione vicaria o rappresentanza solidale? in G. MANCA (a cura di ), La redenzione nella morte di Gesù. in
dialogo con Franco Giulio Brambilla, Cinisello Balsamo (Milano), 2001, 83
56
Cf. A. M. DUBARLE, Il peccato originale. Prospettive teologiche, BOLOGNA 2013.
49
Gesù porta a compimento il suo essere “allocentrico”, l’aver vissuto
totalmente rivolto al Padre per realizzarne la volontà di salvezza e recupero
dell’intera creazione. Questa espressione di piena adesione a Dio creatore e
Padre avviene per i sinottici nel luogo detto frantoio dell’olio.
Il dono di sé da parte di Gesù è paragonabile alla spremitura dell’olio: si
frantumano le olive frutto della terra da cui di ricava il prezioso liquido.
L’olio veniva usato per ungere l’altare, per consacrare i re, i sacerdoti, i
profeti. Era anche utilizzato per alimentare le lampade del tempio di
Gerusalemme e per curare le ferite come abbiamo visto nella parabola del
buon samaritano.
Nei salmi l’olio diventa anche segno della fraternità e della gioia di stare
insieme (Sal 133, 2). Gesù stesso era stato cosparso di olio profumato a
Betania prima dell’istituzione dell’ Eucaristia (Mc 14, 3-8); (Mt 26, 6-13);
(Lc 22, 36-47). Ora egli diventa olio che dà luce al mondo, garanzia di
fraternità nuova tra tutti gli esseri umani e viventi, medico che risana le
ferite corporali ed ecologiche, attraverso il sacrificio della vita.
Egli verrà spremuto per ricavarne frutto di vita per la creazione su questo
monte formato da calcare cretaceo, adibito alla coltivazione delle olive.
Questo terreno, consumato dalle intemperie e dal tempo, accoglie Gesù in
preghiera angosciosa ma fedele.
L’offerta della sua esistenza avviene a contatto con la natura che i
partecipa alla sofferenza totale di Cristo mentre i discepoli dormono, non
condividono questo suo momento topico.
Quasi a dire che anche noi dormiamo, non vogliamo accorgerci della
passione della terra e dei poveri e non seguiamo Cristo che invece
coinvolge nella sua preghiera la creazione intera.
Marco, nel suo vangelo, riporta anche l’invocazione di Gesù, carica di
amore e fiducia: Abbà, Padre. Quell’Abbà che poi sulla croce diventerà il
Dio di cui sentirà l’assenza, pur invocandolo come mio, radice del suo
essere e della sua missione avvolti in quel frangente, dalle tenebre.
50
Solo Luca annota che Gesù in quello spasimo dell’agonia suda sangue,
quanto di più biologicamente condividiamo con tutte le creature anche non
umane, ed esso, cadendo, bagna la terra. La passione di Gesù la coinvolge,
poiché è imbevuta del suo sangue. La corporeità sofferente di Gesù si
mescola alla creazione, facendoci capire che la salvezza sarà integrale e
totale, abbraccerà l’umanità di tutti i tempi e l’intero creato.
Gesù poi è tradito da Giuda e arrestato. Con un bacio viene consegnato
alla folla che arriva a prelevarlo con spade e bastoni. La violenza comincia
a scatenarsi sull’ annunciatore del regno di misericordia.
Uno dei presenti, di quelli che erano con Gesù, colpisce un servo del
sommo sacerdote staccandogli l’orecchio. L’evangelista Luca riferisce che
Gesù, toccato l’orecchio lo risanò (Lc 22, 51).
Gesù è fedele fino in fondo alla prospettiva misericordiosa e materna del
Dio della vita: non vuole nessuna violenza 57, guarisce il ferito
restituendogli la capacità di ascoltare di nuovo le sue parole di bontà,
anche se commenta Marco, tutti lasciatolo fuggirono (14, 50).
Gesù rimane solo davanti alla violenza assurda del peccato.
Sempre l’evangelista Marco riporta l’episodio del giovinetto che lo
seguiva avvolto con un lenzuolo sul corpo nudo: egli viene preso ma
lasciato il lenzuolo, se ne fugge (Mc 14, 50-52).
Questo giovane potrebbe rappresentare un discepolo che ha lasciato tutto
per seguire Gesù e lui pure lo abbandona nel momento della prova;
potrebbe indicare il caos e il concitamento dell’arresto, una sorta di “si
salvi chi può”, mentre Cristo va verso il compimento del suo destino;
oppure c’è chi vede in quel giovinetto lo stesso evangelista testimone dei
fatti
In chiave ecologica possiamo vedervi l’uomo che fuggendo dal vero
Adamo, Cristo, l’unico che dona la vita al mondo, si denuda di nuovo,

57
Cf. C. DI SANTE, La passione di Gesù. Nonviolenza e perdono, Cinisello Balsamo (Milano), 2013.
51
ritornando nella condizione del primo Adamo che ha rifiutato la
comunione con Dio e la creazione.
Quegli si coprì quando provò vergogna dopo il peccato. Questo perde la
sua dignità, quando fugge insieme agli altri, e non vuole seguire la strada
della salvezza.
Anche noi troppo spesso fuggiamo dalle nostre responsabilità etiche nei
confronti degli altri e dell’ambiente e perdiamo il lenzuolo della
responsabilità, rimanendo nudi, incapaci di agire come invece dovremmo
fare.
Dalla corporeità nuda del discepolo che fugge, i vangeli focalizzano
l’attenzione sul corpo di Gesù maltrattato con violenza.
Lui è figlio della terra, nato da una madre che lo ha portato nel grembo e
lo ha partorito al mondo. Lui è l’uomo nuovo fatto a immagine e
somiglianza di Dio, in quanto Figlio eterno e sostanziale trasparenza della
vita divina che ci fa comprendere la nostra vocazione di fraternità con gli
altri e con la terra.
Il Figlio di Dio divenuto carne, dopo il suo silenzio davanti al Sinedrio,
comincia ad essere vilipeso, con sputi, schiaffi e pugni. Viene rinnegato da
Pietro, portato davanti a Pilato che lo condanna al supplizio della croce.
Viene, flagellato e coronato di spine. Quel corpo congiunto alla terra,
assunta da Dio in quell’uomo Gesù, viene lacerato; gli vengono strappate
le carni, (Mc 15, 15), conficcate le spine sul capo (Mc 15, 17).
Viene spogliato, e sputandogli ancora addosso lo conducono fuori per
crocifiggerlo. L’umiliazione e la violenza contro Gesù, figlio della terra e
verbo fatto carne, sono anche i segni della degradazione umana che gode
della violenza e si scaglia contro la misericordia vivente.
E’ la stessa violenza che colpisce i poveri e che disintegra l’ambiente e la
creazione, conficcata sul palo del martirio come Gesù. C’è una sorta di

52
assalto nei confronti del Dio di Gesù, come Dio della creazione, con
l’intento di distruggerne la parola provocante e scomoda.
Gesù viene poi inchiodato al legno della croce, quindi fissato a una parte
della terra, simbolizzata dalla traversa di legno che un potenziale
discepolo, Simone di Cirene l’ha aiutato a portare. Lo crocifiggono nel
luogo detto cranio: ambiente di morte e di desolazione, lastricato dalle ossa
spolpate dei crocifissi.
Venuta l’ora sesta, si fa buio su tutta la terra fino all’ora nona quando Gesù
grida a gran voce “Elì, Elì lemà sabachtàni cioè “Dio mio, Dio Mio perché
mi hai abbandonato?” (Mc 15, 33-38).
E’ il grido del Figlio che sente l’abbandono del Padre e degli uomini, è il
grido dei poveri e delle vittime ingiustamente inchiodate alla croce della
vita disumana, è il grido del Figlio della terra che urla la distruzione e lo
scempio del creato, è il vertice doloroso del processo di degradazione e
distruzione dei corpi da parte del peccato.
Nel contempo egli però lo chiama mio Dio esprimendo la volontà di
volersi stringere a lui contro ogni esperienza contraria, non lasciandolo
andare, sebbene lo percepisca come assenza che lascia solo chi lo invoca
dal profondo della sofferenza58.

Dopo il grido viene riempita una spugna d’aceto per dargli da bere ( Mc
27, 46). Gesù ha sete, anche la terra è assetata perché riarsa dall’incuria
umana e vien dato aceto.
E’ qui richiamato il salmo ove il fedele lamenta il fatto che hanno messo
nel suo cibo veleno e quando aveva sete gli hanno dato aceto (Sal 69, 22).
Il Figlio della terra riceve veleno, come la creazione stessa è avvelenata
dallo sfruttamento umano.

58
Cf. E. SCHWEIZER, Il Vangelo secondo Marco, cit., 373.
53
Gridando di nuovo, Gesù spira, dona al Padre la sua vita, il soffio vitale
della sua esistenza. La terra è soffocata ma nella croce di Cristo, quando
tutto sembra spegnersi nell’agonia, Dio interviene offrendo di nuovo il suo
respiro di vita, lo Spirito Santo.
Il velo del tempio, narrano i sinottici, si squarcia. La cortina messa davanti
al Santo dei Santi nel tempio che delimitava la zona a cui poteva accedere
solo il sommo sacerdote, si sbriciola da cima a fondo, non potrà più essere
riparata. La presenza di Dio in Gesù crocifisso non rientrerà più nel tempio
ma invaderà l’umanità e la creazione. Il Dio con noi diventa il Dio con
tutto il creato e non più prigioniero della sola religione.
I sinottici come Marco, descrivono al momento della morte, il farsi buio
su tutta la terra.
La morte di Cristo è per un attimo il precipitare nel buio del non senso e
della paura. La creazione è franata nell’oscurità e sembra senza speranza.
Si possono interpretare questi segni come la parola della terra di fronte al
cadavere muto di Gesù.
Egli per il momento tace, la sua corporeità è inanimata, silente, ma i lettori
del vangelo sanno che la terra grida e partecipa alla morte di Cristo
attraverso gli avvenimenti sismici, ricordando che anche essa è messa in
croce dal peccato e dalla malvagità umana. Così il centurione, coinvolto da
tutto quanto accade, vedendolo morire in quel modo, comprende che
quest’uomo torturato e crocifisso è intimamente legato Dio,
proclamandolo suo Figlio.
Vi è poi il racconto della sepoltura del cadavere di Gesù. Giuseppe
d’Arimatea ne chiede il corpo, lo fa avvolgere in un lenzuolo e lo depone
in un sepolcro scavato nella roccia.
Il corpo torturato di Gesù non vien lasciato in pasto agli uccelli rapaci, o
abbandonato alla decomposizione, ma ritorna alla terra, nelle rocce da cui
erano per Matteo usciti i santi. Giuseppe vuole così onorare questo corpo

54
del Figlio della terra, in una tomba dove nessuno era ancora stato messo,
entrando così in comunione con tutta la creazione.
Nuovo il sepolcro, pulito il lenzuolo, il corpo di Gesù cala nelle viscere
della terra per portarvi la luce e la vita. La terra riceve questo dono
purissimo che essa ha generato per grazia attraverso il ventre di una
donna e lo custodisce con immensa tenerezza. Non può però trattenerlo per
sempre.
Infatti la grossa pietra posta davanti al sepolcro viene ribaltata. Dopo una
breve gestazione la terra lo partorisce di nuovo nella risurrezione.
Il giorno seguente, passato il sabato, giorno del riposo in ricordo del
termine della creazione da parte di Dio, le donne si recano alla tomba per
profumare il corpo di Gesù, quel corpo torturato, lacerato e inchiodato alla
croce.
Come le donne dovremmo ungere di balsamo vitale e di cura amorevole
ogni creatura umana e l’intera creazione.
Marco parla della pietra già rotolata (Mc 16, 49.
La creazione ora è riunita alla tomba per celebrare con le donne la
risurrezione di Gesù.
Marco e Luca parlano delle donne che entrano nel sepolcro, nel ventre
della terra; un giovane, secondo Marco, due uomini sfolgoranti per Luca
e un angelo per Matteo, mostrano il luogo dove era stato posto.
Il sepolcro è vuoto, ci sono solo le bende e il sudario narra il vangelo di
Giovanni (20, 2-7). Ha accolto il nuovo Adamo che risorgendo ridona vita
all’umanità e alla creazione, lasciando in un angolo le bende sporche di
sangue ma profumante dagli aromi spalmati sul corpo di Gesù (Gv 19, 40).
La creazione rimane ancora impastata di sangue e profumi, di cura e
distruzione, di luce e di tenebre.

55
Già sulla croce, nella costruzione teologica dell’evangelista Giovanni, la
crocifissione è stata la sua esaltazione. Egli innalzato, attira tutto a sé,
tutte le cose create, donando l’amore vitale dello Spirito al cosmo intero.
Il verbo attirare, trasmette il senso di una intensa azione di trascinamento,
ed è stato usato da Giovanni per descrivere anche nel suo vangelo,
l’eccezionale raccolta di pesci presi e portati a riva (Gv 21, 8). La rete è
piena di centocinquantatre grossi pesci, il numero di specie conosciute al
tempo. Tutto il creato, umanità e altri viventi, sono trascinati da Gesù nella
sua azione salvifica.
Per capire come Gesù crocifisso attiri sé ogni cosa, possono aiutarci anche
i simboli principali da lui ha utilizzati per parlare di se stesso: l’acqua, il
cibo, la luce e il loro potere di attrarre tutto quanto vive.
La persone nell’oscurità, istintivamente cercano la luce, le piante cercano
la luce. Tutte le creature viventi bramano sorgenti dell’acqua, proprio
come le piante ne hanno bisogno per inumidire il terreno e affondare le
radici. Così, è innata la tendenza in ogni creatura a cercare il cibo.
Quando è Gesù è sulla croce, l’ora in cui è sollevato da terra, è il momento
topico nel quale attira a sé tutte le cose, coinvolgendole nella sua
donazione filiale definitiva al Padre. E’ come se dicesse in quel momento:
venite a dissetarvi perché possiate vivere (Gv 7, 37). E dal suo costato
colpito dalla lancia escono sangue ed acqua. Umanità e creazione risanate
e ricreate dal Figlio eterno, nuovo Adamo per sempre.
La terra ha custodito il corpo del Verbo incarnato, ora lo ridona alla
creazione libero e trasformato, come luce, cibo ed acqua viva per tutti.
In seguito si fa riconoscere dai suoi discepoli come il vivente. Nelle
cosiddette apparizioni, incontri di comunione ritrovata, Gesù prende
sempre l’iniziativa, impone quasi la sua presenza di risorto, per ricreare
legami di vita e amicizia profonda.
Egli è ancora pienamente legato alla terra nella sua corporeità trasfigurata

56
La fine della vita di Gesù nella morte e la sua risurrezione sono eventi
decisivi per una comprensione adeguata dell' incarnazione profonda di Dio
nella materia.
La passione di Cristo che abbiamo riletto con sguardo ecologico, ci mostra
a sua volta, il coinvolgimento della creazione che partecipa al cammino
di Gesù nel suo corpo, verso la croce, riflettendosi ferita nei suoi dolori e
per poi condividere sua risurrezione.
Si può parlare quindi di profonda passione e profonda risurrezione.
La teologia contemporanea sottolinea che la sofferenza di Cristo nel
venerdì santo, rivela la compassione di Dio per tutti coloro che soffrono.
In Cristo, Dio è implicato nella passione dei popoli crocifissi e della terra,
inchiodata alla croce dello sfruttamento.
Resta viva ancor oggi la domanda su quale significato possa avere la
sofferenza, se Dio è amore provvidente e salvifico. Cosa può dirci la croce

57
di Gesù in relazione ai patimenti della creazione, al male che coinvolge il
mondo umano e non umano?
E’ argomento davvero difficile e sappiamo che non esiste una risposta
pienamente soddisfacente.
Come può, si chiede qualcuno, essere buona una creazione che comprende
sofferenze, morte, selezione naturale? Non ci sono risposte esaurienti o
logicamente strutturate.
Dio soffre con e dentro il processo evolutivo, nel suo dispiegarsi doloroso
e costoso nel tempo.
Nella croce di Gesù, Dio si manifesta come si è rivelato in ogni esperienza
del Figlio, ovvero dimostrando di voler agire contro ciò che toglie vita alla
creazione, non con un atto esterno che salta i dinamismi concreti, bensì
immergendosi nella sua sofferenza e nei suoi travagli.
La ragione ultima dell’impotenza di Dio nella croce, sta nel suo desiderio
di far capire che egli condivide fino all’estremo il destino della creazione
lacerata e che nulla pone ostacolo alla sua vicinanza indistruttibile.

58
2. Risanare le relazioni
Per comprendere il significato di relazione dobbiamo risalire alla stessa
profondità della vita divina, che Gesù ci ha fatto conoscere e che è la realtà
intima della Trinità.
Il vivere divino è l'essere della Trinità. Il Dio di Gesù è dinamicità di vita,
relazione assoluta, scambio di amore tra il Padre e il Figlio e lo Spirito
Santo come è sottolineato nell’ enciclica Laudato si’ (nn. 238-240)
Dio è piena e irreversibile comunione e vivere eterno: le persone esistono
nella relazione che le fa essere una nell' altra in un incessante movimento
di amore donato e ricevuto.
Questa pienezza e fecondità traboccante dell' amore, fa sì che la Trinità,
creando il diverso da sé, il mondo, si comunichi ad esso per renderlo
partecipe della sua vita, della comunione eterna, della sua apertura totale
alla relazione.
Il peccato è negazione di questo rapporto, chiusura dell' umanità in se
stessa, nella autodistruttiva ricerca di fondamento e sicurezza nei propri
idoli.
Tutto questo va contrastato da parte dei discepoli di Gesù che guardano
alla Trinità come ispirazione dell'agire ecologico. La dinamica di
comunione tra le Persone viene a noi comunicata nella fede ed immette

59
nella storia l'apertura al mistero di Dio e agli altri come fondamento del
decidere e del vivere.
Dio, ci dice la fede è Padre “materno” della creazione. In comunione con
lui, siamo chiamati per vocazione a difendere, promuovere, custodire la
vita delle persone, dei popoli, della natura, dell' intero creato.
La fede dà il necessario impulso per trovare le energie che aiutino ad
operare perché venga difeso l'ecosistema in quanto luogo dell'incontro
vero con la Trinità e con i fratelli e sorelle in cammino verso la gioia
eterna.
La comunione con Cristo, suscita coraggio perché si rispetti la natura,
combattendo l'inquinamento, la distruzione ambientale, lo sperpero di
energie naturali in nome del puro profitto.
La distruzione del pianeta sarà provocata dall'attività dello stesso essere umano. Si calcola che durante i
prossimi trent'anni, fino a un quinto di tutte le specie viventi si estinguerà... E' necessario che la cura, e un
comportamento amorevole, diventino il cammino spirituale di ognuno di noi, in ideale politico per scegliere i
nostri rappresentanti politici, criterio per organizzare nel mondo una nuova Etica. Il futuro merita che
uniamo tutto ciò in un cammino di impegno per la nostra vita e per quella delle future comunità....La crisi
ecologica mondiale proviene dai nostri «deserti spirituali», dai deserti personali e sociali dell'occidente. Per
questo è urgente riprendere l'intuizione di Helder Camara di formare piccole comunità alternative, in ogni
parte, che cerchino di prendersi cura della Vita, della terra e dell'Acqua. Già ci sono, e tentano di vivere in
maniera sobria secondo nuovi stili di vita. In esse si manifesta molto profondamente la dimensione della
spiritualità ecologica, sempre unita all'impegno di trasformare la società e di difendere la natura
minacciata. Come diceva Ghandi: «Dobbiamo vivere ed essere il cambiamento che proponiamo al mondo» 59.

Dalla sequela di Cristo nasce la possibilità di alimentare una spiritualità


umana ed ecologica che veda nel creato un dono assoluto di Dio da curare
e custodire con gelosa dedizione e non da considerare solo deposito di cose
da manipolare, consumare e distruggere.
Risanando la relazione con Dio creatore, verremo guariti anche dai morsi
velenosi dell’antropocentrismo assoluto e sapremo spandere il profumo
della carità, avvolgendovi l’intera creazione, riflesso dinamico del mistero
del Dio trinitario.

59
M. Barros, Ecologia: un debito in sospeso delle religioni, in Agenda Latinoamericana mondiale 2010. Salviamoci
con il pianeta, Milano 2010, 21.
60
E' davvero peccare contro Dio, asservire la natura alla logica dello
sfruttamento feroce in nome solo dell'accumulo di profitti e capitali.
Vi è bisogno di liberare la mente e il cuore delle persone dalla convinzione
che sviluppo e benessere coincidano solo con la competizione,
l'arricchimento, il consumare sempre di più.
Ne viene come necessaria conseguenza, attuare stili di vita e virtù
ecologiche segnati dalla sobrietà, come input della volontà di contrastare la
distruzione della terra, accontentandoci di ciò che è davvero necessario,
arricchendoci di profondi valori umani e non solo di cose da accumulare e
scartare60.
Ci sono virtù ecologiche da acquisire e coltivare a partire da tre
presupposti decisivi, già segnalati ma non assimilati dalla mentalità
utilitaristica che ci avvolge e soffoca: la creazione come dono, la terra
come madre e il cosmo come un organismo vivente in evoluzione, sistema
interrelato in costante trasformazione.
Davanti a questo dobbiamo ritornare ad essere umani, cioè parte dell’
humus, della terra. La stessa radice humus, è presente nel termine umiltà,
atteggiamento più che mai necessario per noi cristiani, ma valido per tutti
se vogliamo salvare umanità e ambiente.
Le virtù ecologiche che derivano da questi principi sono: l’amore, la
responsabilità, il rispetto, la non violenza, la gratitudine, l’apertura
cooperante, la sobrietà, la lucidità, la gioia, la meraviglia, la speranza, il
tutto per i cristiani, alimentato dalla fede61.
Bisogna ricostruire una spiritualità ecologica umanamente e cristianamente
efficace62, da cui provengono comportamenti personali importanti anche se
semplici. Papa Francesco nella Laudato si’, ce li propone chiaramente.
E’ necessario anzitutto acquisire una cittadinanza ecologica, avendo cura
del creato con nuovi modelli di vita e piccole azioni quotidiane. Si devono
60
Cf. R. GURIDI, Ecoteología: hacia un nuevo estilo de vida, Santiago de Chile, 2018.
61
Cf. M. M . EGGER, Écospirirtualité. Réenchanter notre relation á la nature, Genève, 2018.
62
Cf. L. E. SPONSEL, L’ecologie spiritelle. Histoire d’une révolution tranquille, Lachapelle-sous-Aubenas, 2017
61
incoraggiare ad esempio, dice il Papa, l’evitare l’uso di materiale plastico
o troppa carta, ridurre consumi d’acqua, differenziare i rifiuti, cucinare
quando si può mangiare, trattare con cura gli altri esseri viventi,
prediligere il trasporto pubblico, piantare alberi, spegnere luci inutili,
riutilizzare invece di scartare subito (n. 211)63.
E bene ricordare poi che anche a tavola si può combattere il riscaldamento
globale con scelte pure quotidiane quali privilegiare prodotti sfusi,
scegliere quelli a chilometro zero, comprare quelli di stagione, evitando
l’inquinamento del trasporto o utilizzo di fertilizzanti chimici, usare
l’acqua del rubinetto, raccolte differenziate, usare gli scarti per ricette
originali e usare detersivi e saponi naturali.
Sono percorsi da seguire, decisivi per mitigare l’inquinamento ambientale
che ci sta realmente soffocando.
Tante sono le proposte alternative che si sono fatte ancor più urgenti in
questo tempo ancora di crisi. Vi è una giusta insistenza nella società civile
più aperta e profetica, sulla necessità di difendere e promuovere i
cosiddetti beni pubblici mondiali ovvero quei beni e servizi che sono
fondamentali e insostituibili per la vita di ogni essere umano e per quella
comunitaria e ambientale. Papa Francesco nella Laudato si’ sostiene che il
clima e l’atmosfera sono beni comuni (n.23).
Non devono causare alcuna forma di rivalità o di esclusione tra i vari
individui o gruppi umani in vista della loro appropriazione, sia riguardo la
proprietà che il controllo e sui quali non si dovrebbe mai speculare, come
avviene purtroppo, né distruggere o manipolare a fini di lucro come
avviene.
Questi beni, che sottostanno alla responsabilità collettiva e sono all'interno
di una logica di solidarietà, implicherebbero necessariamente, in quanto
espressione dell'autorità pubblica e della sovranità popolare, dei dispositivi
democratici di decisione e di controllo.

63
Cf. A. CAPÓ MARTÍ, Un nuevo paradigma para proteger los ecosistemas, Madrid, 2019.
62
I beni pubblici si definiscono mondiali quando la loro esistenza e la loro
funzione sono strettamente legate all'universalità della condizione umana e
alla globalità del loro campo d'azione64.
In questo senso, essi superano le particolari condizioni di vita, individuali
e collettive. Tra i beni pubblici segnaliamo quindi l'aria, l'acqua, la pace,
l'ambiente atmosferico ed extraplanetario, le foreste, il clima, la sicurezza
(compresi i crimini contro l'umanità), la stabilità finanziaria, l'energia, il
sapere, l'informazione e la comunicazione65.
La promozione e lo sviluppo della comunanza dei beni pubblici mondiali
presupporrebbe un sistema finanziario globale che metta la finanza al
servizio al diritto di tutti alla vita.
Una concezione ecologica del diritto è l’unica rivoluzione possibile. Attraverso la cultura e un genuino
impegno civile, può superare le descrizioni dominanti dell’ordine giuridico, basate su gerarchia e
competizione. Ricorrendo alla metafora della rete e della comunità aperta e unita da un obiettivo condiviso,
essa cerca di cogliere le complesse relazioni tra la parte e il tutto, tra titoli individuali, obblighi, diritti, potere
e legge Occorre, in ultima analisi, che intervenga un cambiamento paradigmatico, una critica totale che, nel
nome del recupero di Gaia, situi nuovamente la terra vivente al centro della prospettiva giuridica, restituendo
il diritto alle comunità attive….Si tratta di ammettere il fatto che diritto pubblico e privato, così come
concepiti oggi, rappresentano false alternative, dato che sono entrambi metafore di esclusione e
concentrazione di potere, nel proseguimento della crescita. Dobbiamo dotarci invece di una nuova visione
giuridica, in cui una comunità ecologica negozia le proprie leggi nel corso di un autentico dibattito politico
lungimirante e scevro del bagaglio ideologico della modernità 66.

Proprio in quest' ottica si deve davvero piegare ed orientare la finanza ai


parametri del bene comune togliendola dal piedistallo degli idoli
intoccabili sul quale oggi l'economia globale l'ha posta.
La finanza infatti è sempre più svincolata dall'economia reale ed ha come
punto di riferimento la rendita di denaro nel minor tempo possibile.
Indispensabile risulta poi essere l’impegno per una economia circolare
effettiva, ovvero un sistema ecologico capace di rigenerare continuamente
i materiali scartati, utilizzando solo dall’esterno l’energia necessaria 67.

64
Cf. U. MATTEI - A. QUARTA, Punto di svolta. Ecologia, tecnologia e diritto privato. Dal capitale ai beni comuni,
Sansepolcro (AR), 2018.
65
Cf. R. PETRELLA, Nel nome dell’umanità. Un patto sociale mondiale tra tutti gli abitanti della terra, Trento 2017.
66
Cf. F. CAPRA- U. MATTEI, Ecologia del diritto. Scienza, politica, beni comuni. Sansepolcro (AR), 2017, 171.
67
Cf. E. BOMPAN – I. N. BRAMBILLA, Che cosa è l’economia circolare, Milano, 2016; A. MASSARUTTO, Un
mondo senza rifiuti. Viaggio nell’economia circolare, Bologna 2019.
63
Non si tratta di non produrre, non investire, non cercare innovazione, ma
di fare tutto questo avendo come finalità il dare un lavoro degno che
rispetti le persone e non sottoponga la natura a stress incontrollati che poi
si ritorcono nei confronti del genere umano68 come esorta il Papa nella sua
enciclica Laudato si’ (193-198).
Si tratta di fare scelte di vita felice, una sorta di “conversione ecologica”
come ancora suggerisce la Laudato si’ (nn. 216-221), orientata soprattutto
alla ricostruzione di rapporti umani veri che sostituiscano la
mercificazione del mondo e la sua riduzione a mercato, attraverso un uso
razionale dell'energia, nella ricerca di fonti alternative compatibili con
l’ambiente, nella difesa dei beni comuni e nel liberarsi dalla schiavitù del
consumare ad ogni costo.
Noi immaginiamo che il benessere coincida con quanto più denaro e cose
abbiamo a disposizione e da accantonare. Significa invece mettere al
primo posto il rispetto per le persone e la natura, ritrovando la capacità di
distinguere tra merci e bene, tra denaro e vita pienamente realizzata.
Il cristiano annuncia senza timore la necessità di costruire una cultura della
vita che porti alla condivisione dei beni, e la gioia di vivere dentro la
creazione riconosciuta come dono. Agisce per il rispetto totale della vita
di ciascuna persona e del creato intero.
Essi valgono infinitamente di più delle leggi del mercato, dei profitti,
della competitività, della globalizzazione, della delocalizzazione e di ogni
altra decisione o strategia umana che non abbia come fine proprio dare
vita in abbondanza come ha fatto e ci ha insegnato il Figlio di Dio morto e
risorto per ridarci pienezza di vita sconfiggere le potenze della morte.
Si deve assolutamente difendere l'integrità del creato come ha segnalato
Papa Francesco, in quanto spazio e presenza dello stesso mistero della
Trinità che viene a noi e per essere testimoni del regno di amore e di
grazia, di bontà e di fraternità donatoci in Gesù.

68
Cf. AA.VV., Oser un nouveau développement. Au-delà de la croissance et de la décroissance, Montrouge, 2010.
64
Non può esservi nuova esistenza senza sentire prima il dolore degli altri
e della terra, come propri, quel dolore che Gesù ha sentito nella sua carne.
Gesù ci ha fatto capire cosa voglia dire essere figli. Nella storia umana egli
ha esercitato concretamente la sua figliolanza divina inserendola
totalmente nella storia e nella realtà ambientale. Avviene spesso una
criminalizzazione dei difensori della terra, sino a giungere alla loro
eliminazione fisica. Si stima una media di tre persone assassinate a
settimana perché in prima linea nella difesa ambientale69.
La speranza di un mondo nuovo non tramonta, viene alimentata dallo
stesso Cristo che ha vinto per sempre il peccato e morte, nella cui Pasqua
siamo inseriti e che ci invita a seguirlo.
Rimane sempre di grande attualità nel cristianesimo la dimensione della
imitazione di Cristo70.
Si tratta di seguire Gesù vivo e provocante, essere suoi testimoni gioiosi e
tenaci nell'annuncio del regno di Dio.
L'agire misericordioso di Gesù si è manifestato nella preferenza data alle
vittime e agli scartati dalla società e alla creazione infranta.
Nella comunità dei credenti si deve dare ascolto questo doppio grido,
troppo spesso inascoltato o sepolto nel cinismo di massa, eco attuale del
grido del crocifisso che ci chiama a toglierlo dalla croce in coloro che
anche oggi portano il peso ingiusto dell’ingiustizia, schiodando dal legno
maledetto anche il pianeta.
Vivere da discepoli di Gesù significa trasformare la storia, incidere in
essa i segni del regno di Dio che non saranno mai quelli del potere o della
forza, ma avranno la misteriosa fecondità salvifica dei chiodi della croce di
Gesù.

69
Cf. Spotlight on Criminalisation of Land and Environmental Defenders, in www.globslwitness. org, 30 luglio 2019.
70
Cf. L. BOFF - TOMMASO DA KEMPIS, Imitazione di Cristo e sequela di Gesù, S. Pietro in Cairano (Vr), 2018;
L. BOFF, Liberare la terra. Un’ecoteologia per un domani possibile, Bologna 2014.
65
Di fronte alla situazione di crisi ecologica, davvero grave non solo per
l’ambiente ma di riflesso per il genere umano, i cristiani, a partire dalla
propria fede nel Dio Trinità, creatore e salvatore, presente nella chiesa,
nella storia e nella natura, non possono tacere. Altrimenti, come dice Gesù,
nel vangelo di Luca, grideranno le pietre (Lc 19, 40).
La natura stessa in verità già sta gridando: i disastri ambientali a volte
irrimediabili, le conseguenze sulla vita e salute dell’umanità e degli
ecosistemi, sono strepiti di allarme che dobbiamo assolutamente recepire
per rispondervi nella responsabilità e nella cura delle relazioni ambientali.

66
La riflessione etica deve allargare l'attenzione oltre la sola umanità e
comprendere tutta la realtà vivente.

Papa Francesco ce l’ha ricordato nella sua incisiva enciclica Laudato si’ e
in ulteriori sollecitazioni che da questa enciclica partono e ne sono
continua attualizzazione:
Date e vi sarà dato vale anche nei confronti del creato. Se continuiamo a sfruttarlo, ci darà una lezione
terribile. La stiamo già vedendo. Se ce ne prendiamo cura, avremo una casa anche domani. Nel vostro
cammino vi siete immersi nella natura. Bello! Avete notato che il creato non ha frontiere? Il creato non ha
frontiere: è di tutti e per tutti. Le piante, i boschi, gli animali crescono senza confini, senza dogane. Il creato è
un libro aperto che ci dà un insegnamento prezioso: siamo al mondo per incontrare gli altri, per creare
comunione, perché siamo tutti collegati. Il creato è fatto per collegarci con Dio e tra di noi, è il social di Dio.
Ma se partiamo dai preconcetti sugli altri, da idee prestabilite, vedremo sempre limiti e barriere. Se invece
incominciamo a incontrare l’altro, con la sua storia, con la sua realtà, scopriremo un fratello col quale
abitare la casa comune, abitare il creato che non ha frontiere 71.

Dobbiamo amore e giustizia non solo all'umanità ma a tutto il creato e


trasformare la mente e il cuore nella prospettiva del regno di Dio che è già
in mezzo a noi.

Tre sfide che ci permetteranno di vivere come partner di Dio nella


creazione, piuttosto che essere, come spesso accade, distruttori del suo
dono72.

La prima è quella della contemplazione. Dobbiamo scrutare la terra con


sguardo di tenerezza piuttosto che con occhi arroganti e utilitaristici. Non
salveremo ciò che non amiamo.

La Bibbia ci ricorda sempre che la creazione è specchio della bellezza


divina. Noi lo incontriamo dentro la realtà in cui viviamo. Aver perso il
senso di Dio, ci fa perdere anche questo sguardo contemplativo necessario
per capire chi siamo e quale è il significato della nostra esistenza. La
dimensione contemplativa fa elevare la mente e il cuore a Dio, fonte di
ogni nostra gioia e relazione d’amore.

71
Discorso del Santo Padre Francesco ai partecipanti all’ “Euromott” dell’Unione Internazionale delle Guide e
Scouts d’Europa (UISGE), 3 agosto 2019, in www.vatican.va.
72
Cf. D. EDWARDS (ed.), Earth Revealing – Earth Healing. Ecology and Christian Theology, Collegeville,
Minneapolis, 2001.
67
Egli è rifugio di ogni sua creatura: “Anche il passero trova una casa e la
rondine il suo nido dove porre i suoi piccoli presso i tuoi altari” (Sal 84, 4).
Questo ci aiuta a vivere nuove esperienze di trasformazione, rinnovamento
della vita personale, comunitaria ed ecologica.

L'esperienza di essere coinvolti nel totale bellezza del mondo naturale e di


imparare a vedere quello che abbiamo davanti a noi con un occhio
amorevole ci chiama alla conversione ecologica e ci conduce a considerare
le creature della terra nell’ottica della fraternità, riconoscendo che ognuna
ha il suo valore e la propria integrità.
Siamo giustamente allarmati dalla complessità della crisi del pianeta, ci
pare di essere vicini alla disperazione, ma non vogliamo perdere speranza.
Come discepoli di Gesù, dobbiamo far nostro l'impegno per il bene e per la
conservazione del mondo naturale a favore delle generazioni future
riconoscendolo possibile per pura grazia73.
Vi è poi la sfida dell'ascetismo74. Dobbiamo modificare il nostro sfrenato
consumismo per proteggere la terra. Un ascetismo moderno ci porta a
vivere più semplicemente; con sobrietà, per attuare scelte ecologiche
quotidiane, sopportando qualche sacrificio, rinunciando a qualcosa, per
condurre le nostre attività pensando ecologicamente e confrontandole con
il possibile impatto ambientale. Facciamo questo non per soffrire ma per
renderci conto di quanto siamo schiavi dal mercato e per compensare il
suo effetto spesso deleterio sul pianeta.

Infine è ineludibile la sfida della profezia. E’ necessario intraprendere


un'azione critica a favore della sopravvivenza del pianeta. La continua
distruzione della terra attraverso atti umani di ecocidio e biocidio, è una
profanazione profondamente peccaminosa del dono che Dio con immensa
bontà ci ha fatto.

Nella tradizione della profezia biblica e nello spirito di Gesù, è


inderogabile contrastare questa distruzione, agendo per la cura, la

73
Cf. M. VAN EYK McCAIN, What is Green Spirituality?, London, 2016.
74
Cf. BARTHOLOMEOS I, Nostra madre terra, Mangano (BI), 2015.
68
protezione, la guarigione della natura, anche se questo va contro potenti
interessi economici e politici75.

Se la natura è catalogabile nella categoria degli impoveriti, allora la nostra


passione e impegno per stabilire giustizia per i poveri e gli oppressi deve
estendersi per includere anche la sofferenza dei sistemi di vita e di altre
specie minacciate.

Salvare l’Amazzonia ad esempio, diventa una concreta applicazione


morale del comandamento "non uccidere"76. L'obiettivo morale diventa
assicurare una vita degna e sostenibile per tutti.

La fede in Gesù Cristo può fornire ricche risorse per un'etica ecologica
che è criticamente necessaria in questo momento di angoscia della terra.
In unione con l'amore divino che si è rivelato cosmocentrico e biocentrico,
non solo antropocentrico.

Si cammina così verso il futuro di Dio, il quale si rivela proprio attraverso


un cammino e si manifesterà pienamente al termine della storia, quando
sarà tutto in tutti, vincendo ogni negatività e peso delle croci ancora
presenti nel creato.
Il patire delle vittime e della creazione lacerata, si creda in Dio o si dubiti
o lo si bestemmi, richiede sempre l’esigenza assoluta di toglierli dalla
croce. Dalle vittime poi si riceve grazia e luce per comprendere che è bene
ed è buono camminare al loro servizio.
Il nostro amore e la nostra azione per il pianeta e per tutte le creature in
esso contenute, sono la risposta alla nostra figliolanza divina e alla
vocazione di essere custodi del creato con Cristo, nuovo Adamo e
giardiniere eterno.
Se, per paura, interessi, cinismo, non alzeremo la voce per difendere i
poveri e la terra, certamente Dio permetterà che gridino le pietre e il loro
75
Cf. D. G. HORREL, The Bible and the Environment. Towards a critical Ecological Biblical Theology, London –
Oakville, 2010.
76
Cf. C. HUMMES, Il Sinodo per l’Amazzonia, Cinisello Balsamo (Mi), 2019.
69
assordante rumore sarà un atto di accusa contro il nostro peccato e la
nostra indifferenza.

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