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sociali
scoprire legami in un
mondo che cambia
12 2021
Salvare il pianeta Fare il bene, tra etica ed efficacia:
e salvare la democrazia la prospettiva integrale
aggiornamenti sociali
anno 72 • numero 12 • dicembre 2021
701-710 letture&visioni
#giustizia climatica: A. Pasini, L’equazione dei disastri / E. Mariutti,
La decarbonizzazione felice / B. Moret, Le (dis)avventure della
famiglia zero rifiuti o quasi…
Maid, regia di M. Smith Metzler / B. Gracián, Oracolo manuale
ovvero l’arte della prudenza / D. Cersosimo – C. Donzelli, Manifesto
per riabitare l’Italia
711-719 indici 2021
Indice degli Autori / Indice dei Dialoghi / Indice dei Dossier
di Letture&Visioni
in collaborazione con
editoriale
C
OP 26 o piuttosto FLOP 26, come scrivono i siti degli attivisti
più intransigenti? Il riferimento è al vertice sui cambiamenti
climatici che si è tenuto a Glasgow dal 31 ottobre al 13 no-
vembre. Fin dalle prime ore dopo la conclusione dei lavori sono apparsi
commenti e valutazioni di segno estremamente diverso. La giovanissima
svedese Greta Thunberg, icona dell’impegno per un futuro sostenibile,
ha ripetuto che si è trattato di “bla bla bla” e di un festival del greenwa-
shing, ma ha anche aggiunto che il vero lavoro continua altrove. All’e-
stremo opposto, Boris Johnson, premier britannico e padrone di casa,
ne ha definito i risultati un grande passo in avanti, pur essendoci ancora
molto da fare. L’elenco delle posizioni che manifestano soddisfazione
per alcuni elementi e delusione per altri è infinito; un buon esempio è il
commento del WWF Italia: «Anche se il cambio di passo non è arrivato,
e il testo concordato è lontano dalla perfezione, ci stiamo muovendo
nella giusta direzione».
Sarebbe facile concludere con l’antico adagio, tendenzialmente relativi-
sta, del bicchiere mezzo pieno o mezzo vuoto. In realtà, questa varietà di
reazioni ci dice che è possibile guardare la COP 26 da una pluralità
di punti di vista. Non è quindi possibile interpretarla adottando un’unica
prospettiva, magari quella più vicina alla nostra sensibilità, ma dobbiamo
partire dal presupposto che vale la pena ascoltarle tutte se ci preme discer-
nere in che direzione incamminarci insieme, non solo i Governi e neppure
solo i giovani. Occorre quindi “fare un passo indietro”, smettendo di fo-
calizzare tutta l’attenzione sulle singole questioni, per quanto importanti,
per aprirsi a uno scenario più ampio, al cui interno i diversi punti di vista
si confrontano. Per questa ragione, in queste pagine preferiamo non entrare
nell’esame puntuale delle conclusioni della COP 26, ma considereremo
piuttosto il contesto in cui va collocata.
3. Ecologia e democrazia
Infine, nell’attuale contesto la questione dei cambiamenti climatici
rappresenta un interessantissimo cantiere di rinnovamento e rifondazione
della democrazia, in particolare in ambito sovranazionale: l’atmosfera è
una sola, comune a tutti, e non c’è modo di creare muri che impediscano
la libera circolazione di sostanze chimiche e particolati. Non è un caso,
del resto, che proprio sulla questione climatica mostrino la corda i
format di governance internazionale oggi disponibili. Questo vale per
il sistema ONU, a cui almeno formalmente è intestato anche il percorso
delle COP. Troppo spesso i grandi vertici, compreso quello di Glasgow,
mettono in scena un simulacro partecipativo, ma terminano con negoziati
in cui i molti (Governi, organizzazioni internazionali, ONG, società civile,
ecc.) si ritrovano ad aspettare fuori dalla porta della stanza in cui i pochi
“che contano” decidono per tutti. Ma anche il G20, nato con l’ambizio-
ne di rappresentare un modello alternativo più sciolto, sconta da sempre
problemi di legittimità, e ormai anche di efficacia: non tutte le promesse
formulate a Roma in materia di clima sono state mantenute due settimane
dopo a Glasgow.
Il problema non riguarda primariamente la formulazione di soluzioni,
ma la capacità di rappresentare adeguatamente i problemi su scala globale,
intrecciandone le molteplici dimensioni e convocando tutte le parti in cau-
sa in modo che possano partecipare alla costruzione di soluzioni davvero
democratiche, anche attraverso il ricorso all’esercizio della sussidiarietà.
Solo un processo di questo genere potrà renderle davvero vincolanti, in
quanto radicate in un consenso sostanziale, a prescindere dal mutare dei
Governi. Anche l’inconciliabilità dei tempi lunghi dei cambiamenti clima-
tici e di quelli sempre più brevi dei cicli elettorali spinge per una evoluzione
delle democrazie rappresentative.
Per affrontare questo compito di rinnovamento democratico a livello
internazionale, competenze scientifiche e tecniche e abilità diplomatiche,
sebbene importanti, non bastano. Frequentare efficacemente il piano delle
narrazioni richiede la capacità di elaborare vision e di tornare a riflettere
sulla finalità delle pratiche sociali, economiche, politiche e ambientali. Si
apre qui uno spazio di vitale importanza per tutte quelle agenzie che
da sempre trovano nella elaborazione del senso la propria ragion d’es-
sere, tra cui spiccano le religioni e le comunità di fede. Per dirla con il
linguaggio del cap. 8 dell’enciclica Fratelli tutti, il servizio della fraternità
passa anche attraverso la promozione della sostenibilità come dovere verso
le generazioni future. Religioni e comunità di fede devono però continuare
ad attrezzarsi per svolgere questo compito sempre meglio. Per quanto ri-
guarda il nostro Paese, ad esempio, la recente Settimana sociale di Taranto,
intitolata “Il pianeta che speriamo. Ambiente, lavoro, futuro” (21-24 otto-
bre 2021), ha mostrato una grande capacità di intercettare la vitalità del
tessuto sociale. Serve ora trasformare questo radicamento in una comuni-
cazione comprensibile in circuiti più ampi e in uno sforzo di elaborazione
di strategie di azione compiutamente politica: un compito affascinante e
un servizio di cruciale importanza al Paese e non solo.
carità ● carlo maria martini ● etica sociale ● filosofia morale ● giustizia ● gratuità
● individualismo ● solidarietà
S
e l’esperienza della spinta ad agire per alleviare le sofferenze degli
altri attraversa tutte le culture e tutte le religioni, molte sono le parole
utilizzate per farvi riferimento: compassione, misericordia, generosi-
tà, altruismo, accoglienza, beneficienza, empatia, solidarietà, prossimità,
filantropia, carità e altre ancora. Sono vicine, ma non intercambiabili, e
ciascuno tende a riconoscerne alcune come più adatte ad esprimere il pro-
prio vissuto. Siamo dunque di fronte a una esperienza plurale e ciascun
termine ne cattura una sfaccettatura.
Questa esperienza non ha mai smesso di interrogare chi la prova, a li-
vello tanto personale quanto sociale, in particolare lungo due direttrici. La
prima si presenta non appena l’imperativo categorico di “fare il bene”
si scontra con la necessità di scegliere una delle molte azioni possibili:
qual è il modo giusto, o migliore, per dare attuazione a quella spinta?
Ovvero, visto che è impossibile compiere tutti i “beni” che si presentano ai
nostri occhi – banalmente: nessuno può assistere tutti i malati o sfamare
tutti gli affamati –, come si decide quale fare e quale no? Esiste un bene
maggiore o una scala di priorità? Siamo costantemente alle prese con questi
interrogativi, tra cui ad esempio va inserita anche la domanda, cruciale nei
momenti più duri della pandemia, sulle priorità di accesso ai respiratori
quando non ce ne sono abbastanza per tutti: tra i tanti malati, tutti gravi e
a rischio di morire, quale va soccorso prima? Chi si è trovato a dover dare
una risposta, magari in pochi istanti, sa quanto tremendo possa essere
affrontare questo interrogativo.
Un secondo versante su cui da sempre l’umanità si interroga ri-
guarda il limite o la misura della generosità. Fino a che punto sono
tenuto a farmi carico dei bisogni altrui? Come si compongono le legit-
time esigenze personali e della propria cerchia familiare con le urgenze
degli infiniti bisognosi che sempre si incontrano lungo la strada? L’elabo-
razione della morale tradizionale sulle nozioni di necessario e superfluo, o
su quelle di obbligatorio e supererogatorio, era un modo per articolare la
risposta a queste domande. Ma, in fondo, anche l’interrogativo “Chi è il
mio prossimo?”, da cui prende avvio la parabola del buon samaritano, che
nella tradizione cristiana e nella cultura occidentale rappresenta l’archetipo
della compassione, punta proprio a esplorare i confini di quell’amore che
la legge comanda di nutrire e praticare. Il dibattito tra i rabbini del tempo
di Gesù verteva proprio sull’ampiezza della cerchia di coloro che devono
essere considerati “prossimo” e la parabola intende “sfondare” questo ap-
proccio, rovesciandolo.
Anche queste domande non hanno perso nulla della loro attualità. Ce
ne siamo resi conto una volta di più quando abbiamo ricevuto il n. 701
(ottobre-dicembre 2021) di Choisir, la rivista dei gesuiti della Svizzera fran-
cese, che alla compassione dedica un corposo dossier. Ci hanno partico-
larmente colpito due contributi, che danno vita a un dibattito etico sulla
compassione: quello di Peter Singer, filosofo di riferimento del pensie-
ro utilitarista contemporaneo e promotore dell’approccio noto come
“altruismo efficace”, e quello del gesuita Étienne Perrot, economista e
studioso di etica economica. Si tratta di un dialogo stimolante, in cui ci
sarebbe piaciuto entrare, ponendo domande ed evidenziando altri punti
di vista. Proviamo a farlo, anche se in modo indiretto, attraverso queste
pagine. Lasceremo quindi spazio ai due interventi, ringraziando Choisir per
la possibilità di pubblicarli*, per esprimere poi quelle che possiamo definire
le risonanze, le riflessioni e gli interrogativi che quella lettura ha suscitato
innanzi tutto in noi, invitando i nostri lettori a proseguire in questo eser-
cizio di autentico dialogo, anche se a distanza.
* I contributi sono stati pubblicati su Choisir, 701 (ottobre-dicembre 2021): Singer P., «Al-
truisme efficace. Un concept pas si froid», 17-20 (testo originale in inglese) e Perrot E., «Un
égoïsme de transfert», 21-23. Traduzione dagli originali e adattamento a cura della nostra
Redazione.
Il bene maggiore?
Matt Wage appartiene a un nuovo movimento, quello dell’altruismo
efficace, che adotta un approccio scientifico per identificare i modi più
efficaci per rendere il mondo un posto migliore. L’altruismo efficace si basa
su un’idea molto semplice: è nostro dovere fare il maggior bene possibile.
Obbedire alle comuni regole di non rubare, non imbrogliare, non fare
del male o non uccidere è insufficiente, almeno per quelli di noi che sono
abbastanza fortunati da condurre una vita agiata, che possono procurare
a sé e alla propria famiglia cibo, casa e vestiti e avere ancora soldi o tempo
a disposizione. La maggior parte di noi, anche se non guadagna come i
magnati di Wall Street, ha probabilmente un reddito sufficiente a fare ge-
nerose donazioni e vivere comunque con tutti i comfort. Condurre una vita
che si possa definire almeno minimamente accettabile dal punto di vista
etico richiede di utilizzare una parte significativa del proprio superfluo per
rendere il mondo un posto migliore, ma per vivere una vita pienamente
etica occorre fare il maggior bene possibile. Anche se può sembrare
controintuitivo, per Matt Wage questo voleva dire lavorare a Wall Street.
Come mostra il suo percorso, non dobbiamo pensare che l’altruismo
efficace richieda il sacrificio personale, cioè di andare necessariamen-
te contro i propri interessi. Il miglior risultato per tutti viene raggiunto
quando fare il massimo per gli altri va di pari passo con la propria realiz-
zazione personale. Certo, fare il maggior bene possibile è un’idea molto
ampia, che solleva parecchie domande. Ne esaminiamo alcune delle più
ovvie, con una traccia preliminare di risposta.
F in dal filosofo taoista Chuang Tzu (IV secolo a.C.), se non addirit-
tura da che mondo è mondo, l’umanità è consapevole di un fatto
curioso: tutti provano una certa consolazione nel prendersi cura degli altri.
Questa consolazione è tanto più forte quanto più l’atto altruistico è effi-
cace. Nel volume Philosophie morale (1961), Éric Weil sottolinea che l’al-
truismo tende a diventare un “egoismo per procura”. In effetti, perché no?
Anziché mirare, come prescrive l’etica di Immanuel Kant, a un’impossibile
gratuità nelle relazioni con gli altri, non è forse preferibile e più efficace in-
nestare il servizio agli altri nel perseguimento del proprio interesse persona-
le? Qualche aiuto con motivazioni ambigue è comunque meglio di niente.
Elogio dell’efficienza
Qualunque sia la motivazione, il punto cruciale è fare i conti con i biso-
gni di coloro che si intende aiutare. Soddisfare i bisogni significa entrare
1 Singer P., The Life you can save. How to do your part to end world poverty, The Life You
Complicazioni politiche
L’essere umano è un animale politico, come diceva già Aristotele. La
politica non è semplicemente l’ambiente sociale in cui si giocano le inte-
razioni, i piaceri e gli inganni delle relazioni con il prossimo. La politica è
l’organizzazione della collettività, con tutto ciò che comporta in termini
di obiettivi comuni, solidarietà e vincoli. L’ideale della politica sarebbe
che la solidarietà di tutti sostenga il bene di ciascuno.
Il filosofo illuminista Jean-Jacques Rousseau lo intuiva quando distin-
gueva tra volontà generale ed espressione della maggioranza nelle elezioni.
Le due coincidono solo se ogni cittadino considera il proprio voto come
un modo per portare alla luce una volontà generale che non conosce in
anticipo, ma a cui è disposto a sottomettersi. Con buon senso, riconosceva
che è qualcosa di praticamente irraggiungibile quando le dimensioni della
comunità superano quelle di un piccolo gruppo. Ma la questione dell’altru-
ismo va oltre i piccoli gruppi e non ha altro limite che quello del pianeta.
1 La frase apre il saggio Teoria dello sviluppo economico di Joseph Shumpeter (1883-1950).
espressioni che, magari in modo meno preciso, circolano nel dibattito pub-
blico e anche in conversazioni più quotidiane: in vario modo sono rappre-
sentativi di quanto pensano molti nostri concittadini. Infine, è chiaro
che entrambi i contributi parlano di una ricerca intellettuale, ma anche di
un coinvolgimento personale: non sono solo la trattazione di un tema, ma
una presa di posizione in cui gli autori – ciascuno a suo modo – si mettono
in gioco e fanno tesoro anche dell’esperienza di “essersi sporcati le mani”.
Come frutto di questo esercizio di ascolto delle nostre risonanze, lascia-
mo qui emergere tre punti che ci paiono particolarmente significativi an-
che per tracciare un percorso lungo cui camminare insieme approfondendo
il dialogo e la riflessione comune su temi che interpellano l’intera società.
Legami e relazioni
Nell’esempio costruito da Singer, tra donatore e beneficiari non vi è al-
cuna relazione se non quella rappresentata dalla donazione, che avviene pe-
raltro “per interposta persona”, cioè attraverso un intermediario professio-
nale, di cui si valutano efficienza e performance: è una figura di generosità
che “immunizza” dalla relazione, con i vincoli e i rischi che essa contiene.
È Perrot a evidenziare questo riduzionismo, quando ricorda come l’identità
di ciascuno dipenda dalle relazioni in cui è già sempre e comunque inserito
e fa presente che tutti facciamo parte di un sistema politico e sociale.
Questa differenza di prospettive ha un impatto molto rilevante quando
si ragiona sull’altruismo. Solo un pensiero della relazione potrà chiedersi
quanti altri legami, oltre alla donazione, uniscono donatore e beneficiari,
scoprendo magari che è contraddittorio, oltre che assai poco efficiente,
soccorrere con la generosità della propria beneficienza coloro che si è con-
tribuito a rendere poveri con un lavoro dedicato alla massimizzazione del
profitto, e quindi del proprio guadagno, senza scrupoli, ad esempio produ-
cendo ordigni come le mine antiuomo, scacciando i contadini o i popoli
indigeni dalla loro terre per sfruttarne le risorse o attraverso la specula-
zione finanziaria senza freni. Solo uno sguardo sistemico potrà rendersi
conto che in molti casi l’aiuto più efficiente non è quello che viene da
donazioni generose, ma dal cambiamento del modo in cui il sistema
funziona, creando divari e ingiustizie. Un impegno in ambito sociale e
politico, per promuovere cambiamenti strutturali e favorire la nascita di
alternative, potrebbe rivelarsi l’opzione più altruistica, anche se meno re-
munerativa dal punto di vista monetario.
In altri termini, non tutte le prospettive si rivelano ugualmente e ade-
guatamente attrezzate per articolare quello che tradizionalmente siamo
abituati a chiamare come il rapporto tra carità e giustizia, che non possono
fare a meno l’una dell’altra. Oggi questa riflessione è probabilmente chia-
mata a rinnovarsi, per declinarsi nella chiave della sostenibilità e della cura;
ma questo risulta assai più agevole all’interno di una impostazione “inte-
grale”, che parte dal presupposto “tutto è connesso, tutto è in relazione” su
cui si fonda ad esempio la proposta dell’enciclica Laudato si’.
Tensioni dinamiche
Le posizioni a cui danno voce Singer e Perrot, così come quelle che
abbiamo evocato in questi spunti, circolano nella cultura in cui siamo
immersi e quindi, in modi e gradi diversi, concorrono a determinare la
nostra visione del mondo e le nostre scelte di comportamento. Metterle
in dialogo è un modo di esplicitarle, così da poterle riconoscere innanzi
tutto dentro di noi. L’obiettivo non è costruire un improbabile sincre-
tismo che smorzi tensioni che in alcuni casi appaiono inconciliabili,
Farsi Prossimo
Si articola in due tomi, il primo tema della carità e della prossimità, che
disponibile in formato cartaceo ed ha rappresentato uno degli assi portanti
elettronico, il secondo scaricabile da dell’episcopato martiniano.
Internet, il sesto volume dell’Opera I testi sono disposti organicamente in tre
omnia del gesuita arcivescovo di Milano, blocchi tematici, o parti. La Prima, “Farsi
promossa dalla Fondazione Carlo Maria prossimo”: un discernimento ecclesiale per
Martini. Sotto il titolo Farsi prossimo, la carità, è dedicata l’articolato processo
raccoglie gli interventi e i documenti sul ecclesiale che condusse alla celebrazione
del convegno di Assago (1986), anch’esso «E l’amore del Padre, che mette nei
intitolato “Farsi prossimo”, e segue poi nostri cuori lo Spirito Santo, ci muove,
il dipanarsi dell’attuazione pratica delle malgrado tutto, a chiederci sempre: che
sue conclusioni. La Seconda parte, La cosa potrei fare per amare di più, per
pratica della prossimità, accompagna perdonare di più, per capire di più, per
Martini nella sua riflessione sulla accogliere di più?».
prossimità praticata, e anche nel suo Dalla lettura continuata di questi testi
impegno personale diretto, proponendo emergono le posizioni del Cardinale sulle
ad esempio le parole pronunciate in situazioni del suo tempo e in rapporto
occasione delle regolari visite alle carceri ai dibattiti allora in corso, e intuizioni
milanesi; ma non mancano quelle ancora in grado di ispirarci; soprattutto
dedicate ad altre forme di sofferenza via via traspare che alla base c’è un
ed emarginazione e all’impegno sociale metodo, che rende Martini capace
e politico per realizzare una società più di andare in modo originale al cuore
giusta. La Terza parte, Radici e orizzonti di problemi su cui la sua formazione
della prossimità, documenta il lavoro di di esegeta non gli forniva alcuna
scavo fondativo e di ritorno riflessivo competenza specifica. È questo metodo,
sui temi della prossimità in cui Martini che applica all’approfondimento delle
si è costantemente impegnato, a partire dinamiche sociali l’approccio della lectio
da alcuni esempi di lectio divina sui divina, facendone occasione di preghiera
temi della carità, per chiudersi con una che trasforma la vita, l’eredità martiniana
riflessione sulla giustizia, anche divina, più preziosa che il volume consente di
che ci rilancia una domanda perenne: cogliere.
Roberto Rossini
Portavoce nazionale dell’Alleanza contro la povertà in Italia
<portavoce@alleanzacontrolapoverta.it>, @Rob_Rossini5
N
egli ultimi mesi le controversie politiche hanno trasformato il Red-
dito di cittadinanza (RdC) nel simbolo del divanismo assistenziale e
della mollezza statale. Sono in troppi a sottolineare come il sussidio
vada nelle tasche sbagliate e pochi a ricordare come tuteli milioni di veri
poveri e sia stato un argine alla povertà nei mesi più bui della pandemia.
Attualmente ne beneficiano oltre 3,5 milioni di cittadini, quando, secondo
l’ISTAT, i poveri assoluti (cioè coloro che non dispongono di un reddito
sufficiente ad acquistare un paniere di beni e servizi ritenuti essenziali) sono
oltre 5,5 milioni 1. C’è chi usa questo dato per affermare che il RdC non è
efficace, visto che non copre una parte rilevante delle famiglie in povertà
assoluta. La critica diventa ancor più accesa se si considera che dal lato del-
la lotta alla povertà di reddito e dell’inclusione sociale il RdC risulta
efficace solo in parte e a macchia di leopardo, e dal lato dell’inclusio-
ne lavorativa mostra ancora vistose carenze. Non sono rilievi da sotto-
1 ISTAT, La povertà in Italia. Anno 2020, 16 giugno 2021, in <www.istat.it>.
Per contrastare la povertà: una proposta di riforma del Reddito di cittadinanza • 671
a) Non penalizzare le famiglie numerose
Al momento l’importo del sussidio è parametrato alla numerosità di
ciascun nucleo familiare sulla base di una serie di coefficienti o scala di
equivalenza che assegna un valore molto basso ai componenti della fami-
glia oltre il primo, favorendo così i single a scapito delle famiglie numerose,
che fanno più fatica a rispettare i parametri di reddito per accedere al RdC
e in ogni caso ricevono una prestazione proporzionalmente più bassa.
Non ci sono evidenze scientifiche a sostegno di questa scala di equi-
valenza. La nostra proposta è adottare invece la scala di equivalenza
ISEE (Indicatore della situazione economica equivalente, lo strumento abi-
tualmente adottato per misurare la condizione economica delle famiglie),
che è assai più generosa nei confronti delle famiglie numerose: sarebbe-
ro 400mila le famiglie, attualmente escluse da parametri troppo restrittivi,
che potrebbero beneficiare del sussidio, mentre l’importo medio percepito
aumenterebbe di circa 1.800 euro annui per nucleo familiare, con una
riduzione della povertà di circa 0,6 punti percentuali e un onere annuo per
il bilancio pubblico di circa 3,2 miliardi.
l’immediata disponibilità al lavoro e gli impegni previsti nel Patto, tra cui
l’adesione a un percorso personalizzato accettare almeno una di tre offerte di
di accompagnamento all’inserimento lavoro congrue.
lavorativo e all’inclusione sociale. Al In caso di bisogno complesso, sono
rispetto di queste condizioni sono convocati dai servizi sociali comunali
tenuti i componenti del nucleo familiare per formalizzare il Patto per l’inclusione
maggiorenni, non occupati e che non sociale. I servizi sociali procedono a
frequentano un regolare corso di studi. una valutazione multidimensionale che
In caso di bisogno limitato all’ambito mette in luce bisogni e punti di forza dei
occupazionale, entro trenta giorni dal nuclei familiari. Su questa base vengono
riconoscimento dell’idoneità, i beneficiari identificati e condivisi con la famiglia
sono convocati dai Centri per l’impiego gli interventi e gli impegni finalizzati
per stipulare il Patto per il lavoro; sono alla fuoriuscita dalla povertà, che sono
tenuti a collaborare alla redazione del poi sottoscritti all’interno del Patto per
bilancio delle competenze e a rispettare l’inclusione sociale.
Per contrastare la povertà: una proposta di riforma del Reddito di cittadinanza • 673
di fronte alla burocrazia, come gli stranieri o le persone con scarse compe-
tenze digitali. Per questo è importante accompagnare le persone nella fase
d’invio della domanda.
0,3%
9,5%
ATTIVITà
203
mld
altro ILLEGALI
0,6
mld
37,9% 52,3%
ECONOMIA SOMMERSA ECONOMIA SOMMERSA
lavoro irregolare sottodichiarazioni
76,8 106,2
mld mld
13,4 %
12,9 %
12,4 % 12,5 %
11,9 %
11,4 %
1,1%
1,2%
1% 1%
1,1%
1%
5,5%
5,4%
5,2%
5,1%
4,9%
4,8%
6,7%
6,3% 6,2% 6,3%
5,9%
5,6%
3,700
3,675
3,644
3,586
46,4%
Servizi alla persona
18,8%
16,3%
Edilizia
0,7
0,6
0,7
0,6
4,7 4,8
4,7
4,7
*I valori riportati riflettono anche l’andamento dei prezzi nei mercati di riferimento.
Gli stupefacenti sono particolarmente soggetti a variazioni di prezzo.
Il rebus dell’Afghanistan
Giovanni Barbieri
Assegnista di ricerca presso il Centro di Ricerche in Analisi economica e sviluppo
economico internazionale (Cranec), Università Cattolica del Sacro Cuore
<Giovanni.Barbieri@unicatt.it>, @GiovanniB_85
N
elle ultime settimane del mese di agosto 2021 abbiamo assistito
alla partenza delle truppe statunitensi dall’Afghanistan: epilogo
drammatico della più ampia e, sotto molti punti di vista, falli-
mentare storia della guerra globale al terrore, menzionata per la prima volta
dal presidente degli Stati Uniti George W. Bush jr. il 16 settembre 2001,
all’indomani dell’attentato alle Torri gemelle. A quasi vent’anni di distanza
dall’avvio delle operazioni militari da parte dei Paesi occidentali, la situa-
zione in Afghanistan è, se possibile, peggiore. Adesso, la reale pacificazione
del Paese dipenderà dalla capacità delle varie componenti etniche, a partire
da quella maggioritaria dei pashtun, di concepire un assetto istituzionale
in grado di tenere insieme le diverse istanze esistenti all’interno del terri-
torio. A un livello più generale, invece, quanto accaduto in Afghanistan
invita a mettere in discussione le convinzioni e le motivazioni che hanno
giustificato l’inizio dell’intervento militare e la sua prosecuzione su un arco
temporale così esteso.
nytimes.com/2021/08/16/us/politics/biden-taliban-afghanistan-speech.html>. Al proposito,
si veda un interessante contributo di Hainy-Khaleeli A., «Why we need to stop calling Af-
ghanistan “the graveyard of empires”», in Ajam Media Collective, 24 agosto 2021, <https://
ajammc.com/2021/08/24/stop-calling-afghanistan-graveyard-empires/>.
GRUPPI ETNICI
AIMAKI
BELUCI
HAZARA
KIRGHIZI
NURISTANI
PAMIRI
PASHTUN
TAGIKI
TURKMENI
UZBEKI
ALTRO
de di potere interne, vive un lungo periodo di stabilità, con forti spinte alla
modernizzazione e allo sviluppo statuale portate avanti dai suoi sovrani.
Questa fase pacifica si interrompe nel 1979, in piena Guerra fredda, con
l’invasione del Paese da parte dell’Unione sovietica e l’inizio di un conflit-
to decennale, in cui sono coinvolti anche altri Paesi in via indiretta. Infatti,
le riforme politiche e sociali del Governo marxista guidato da Hafizullah
Amin suscitano forti malcontenti, che si traducono anche nella reazione
armata dei guerriglieri di matrice islamica chiamati mujahidin 2, sostenuti
militarmente e finanziariamente dagli Stati Uniti, dall’Arabia Saudita e dal
Pakistan. L’intervento di questi Paesi ha di fatto determinato la sconfitta
dell’Unione sovietica nel 1989, contribuendo a consolidare lo spirito di
fanatismo fondamentalista delle formazioni combattenti coinvolte, che ha
condizionato lo sviluppo successivo dell’Afghanistan, dando vita anche alla
componente dei talebani.
2 Faceva parte dei mujahidin, che ebbero fino a 4mila basi in Afghanistan, anche il gruppo
guidato e finanziato da Osama Bin Laden, che nel 1988 diede vita ad al-Qaida.
I talebani
terrestri e marittime, pensato per connettere la Cina con l’Europa, l’Africa e i Paesi dell’Oceano
indiano. Al momento 140 Paesi hanno aderito all’iniziativa cinese, che continua a essere molto
discussa riguardo le sue effettive finalità e i risvolti economici e politici per quanti vi aderi-
scono. Cfr Cabestan J.-P., «Le nuove vie della seta», in Aggiornamenti Sociali, 1 (2020) 31-40.
e dai talebani negli anni ’90, è considerato responsabile degli attentati avvenuti in Cina e
principale causa della destabilizzazione dello Xinjiang, dove è maggioritaria l’etnia musul-
mana uigura.
abbiano inviato una delegazione di basso profilo. In ragione delle loro esi-
genze strategiche, questi due Paesi, al di là della retorica diplomatica sul
multilateralismo, ritengono che il futuro di questa area del mondo passi
necessariamente dal confronto con l’attuale Governo afghano e con il
Pakistan, che ha giocato un ruolo chiave nelle recenti vicende. Soprattutto
la Cina sarà interessata a spingere in questa direzione, avendo bisogno che
nella regione vi sia stabilità e sicurezza per ragioni economiche e strategi-
che, data l’importanza del tratto pachistano e afghano della Nuova via
della seta. Questa prospettiva non è stata presa in considerazione dal G20,
ma sembra una via necessaria per far sì che il processo di transizione in
Afghanistan si svolga senza destabilizzare la sicurezza dell’intera regione.
Su un fronte interno, il futuro dell’Afghanistan dipende dalla volon-
tà e capacità del Governo talebano di leggere la situazione attuale del
Paese. Due sembrano gli snodi cruciali, tra loro connessi. Il primo riguar-
da l’instaurazione di relazioni stabili con gli unici due Paesi che ne possono
garantire l’integrità: l’Iran e il Pakistan. Il secondo concerne la creazione
di un Governo in grado di riflettere quanto più possibile la composizione
etnica e tribale della società afghana. La composizione attuale del Governo
afghano è ancora lontana da realizzare appieno questo aspetto, dato che la
stragrande maggioranza dei suoi membri sono di etnia pashtun (30 su 33),
localizzata soprattutto nella parte meridionale del Paese, e molto vicini al
Pakistan.
Thomas Massaro SJ
Docente di Teologia morale, Fordham University (New York)
<tmassaro@fordham.edu>, @tmassarosj
L’
estate 2021 sarà ricordata per molti motivi, ma probabilmente ri-
marrà impressa nella memoria per la fine della presenza statuniten-
se in Afghanistan. Il rapido ritiro del personale statunitense (con
decine di migliaia di afghani esposti alle ritorsioni dei talebani per aver
collaborato con gli alleati occidentali) ha fornito storie molto toccanti e
immagini drammatiche che ricorderemo per decenni.
Senza entrare nel merito della decisione politica, la narrazione dominante
al momento è che il Governo degli Stati Uniti ha gestito in maniera disa-
strosa il ritiro dall’Afghanistan, proprio come fallimentare è stato il tentativo
lungo due decenni di costruire una nazione in una terra soprannominata “la
tomba degli imperi”. Di fronte a più di una dozzina di soldati statunitensi
caduti dell’ultimo minuto (nell’attacco terroristico del 26 agosto a Kabul) e
1 Per un’analisi più dettagliata della situazione in Afghanistan, cfr l’articolo di Barbieri G.,
spesso nell’ordine del 10-20%. Cfr Thrush G. – Rappeport A., «About 89% of Rental Assi-
stance Funds Have Not Been Distributed, Figures Show», in New York Times, 26 agosto 2021,
<www.nytimes.com/2021/08/25/us/politics/eviction-rental-assistance.html>.
Margini di speranza
Se ci sarà un’inversione di tendenza, essa comporterà sicuramente uno
sforzo per attingere ai nostri ideali collettivi riguardo a obiettivi socia-
li meritori, sui quali possiamo facilmente essere d’accordo, persino in
un’epoca fortemente polarizzata come la nostra. I filosofi morali potrebbero
essere inclini a proporre ampi obiettivi come la riduzione della povertà o
la difesa dei diritti umani in patria e all’estero; se questi si rivelano anco-
ra divisivi, forse aspirazioni più modeste come la trasparenza e l’onestà di
base nel Governo potrebbero fornire un punto d’incontro. Verso la fine di
questa estate difficile, un segno di potenziale rinnovamento è apparso nella
leadership di uno dei nostri più grandi Stati. Il 57° Governatore dello Stato
di New York (la prima donna a ricoprire l’incarico) ha prestato giuramento
il 24 agosto al Campidoglio di Albany, la capitale. Nel suo breve discorso
inaugurale, Kathy Hochul ha condiviso la sua priorità di voler rimodellare
la cultura della politica nell’“Empire State” – come viene chiamato lo Stato
di New York –, logorato dagli scandali. Ha promesso «un approccio nuovo
e collaborativo» nel governo statale, che include «un modo di governare
aperto ed etico», un chiaro riferimento alla sua intenzione di operare un
taglio netto rispetto al suo predecessore Andrew Cuomo, caduto in disgrazia
fra molteplici e attendibili accuse di molestie sessuali.
Ma in un senso più ampio, mentre i cittadini valutano le implicazioni
etiche della stessa impresa di governare, un tale appello al rinnovamento
politico è particolarmente toccante. Non si tratta solo di evitare gli scanda-
Dominare o dominarsi?
Maurizio Teani SJ
Biblista
<teani.g@gesuiti.it>
bibbia ● dottrina sociale della chiesa ● ecologia integrale ● laudato si’ ● papa francesco
«U
na presentazione inadeguata dell’antropologia cristiana ha fi-
nito per promuovere una interpretazione errata della relazione
dell’essere umano con il mondo. Molte volte è stato trasmesso
un sogno prometeico di dominio del mondo che ha provocato l’impressio-
ne che la cura della natura sia cosa da deboli. Invece l’interpretazione cor-
retta del concetto dell’essere umano come signore dell’universo è quella di
intenderlo come amministratore responsabile» (Laudato si’, n. 116). Questo
passo dell’enciclica di papa Francesco «sulla cura della casa comune» mo-
stra come l’atteggiamento di dominio nei confronti della realtà – più volte
denunciato nel documento (cfr LS, nn. 2, 75 e 106) – contrasti radical-
mente con il messaggio biblico.
Scardinare la diffusa mentalità per cui tutto quanto esiste nel mondo
è a disposizione dell’essere umano costituisce una sfida culturale di primo
piano, un passo necessario per vivere la conversione ecologica a cui la Lau-
dato si’ ci invita. Gli esempi di sfruttamento indiscriminato e sconsiderato
delle risorse naturali – espressione di una logica del dominio che è ancora
molto forte – purtroppo non mancano e le gravi conseguenze sono note
ed evidenti. Uno sguardo attento su questi eventi mostra in modo chiaro
che le azioni predatorie nei confronti del pianeta si accompagnano spesso
Stupirsi
Il Salmo 8 si apre (v. 2a) e si chiude (v. 10) con la stessa acclamazione,
introdotta dalla particella ebraica mah («che», «quanto»), un’espressione di
stupore e ammirazione, che ha come destinatario Dio stesso. La particel-
la ritorna al centro del salmo (v. 5), dove introduce una domanda piena
di meraviglia sull’essere umano, fragile ma esaltato dal Signore e oggetto
della sua cura costante. Verso questa domanda centrale convergono le due
espressioni di meraviglia, che le fanno da cornice.
Lo stupore, espresso all’inizio e alla fine, è motivato dal fatto che su
tutta la terra il nome del Signore si rivela mirabile (‘addîr). Il termine
ebraico indica ciò che è grandioso (cfr Ezechiele 17,23, in riferimento ai
cedri del Libano), ciò di fronte a cui si resta attoniti, colpiti da una ma-
estosità incomparabile. Il nome proprio di Dio compare come prima pa-
rola del salmo, ricevendo in tal modo un rilievo del tutto particolare (cfr
riquadro a p. seguente, la versione CEI rende con il termine «Signore» il
tetragramma sacro YHWH). È il nome che rimanda all’agire salvifico
del Dio di Abramo, di Isacco e di Giacobbe: in ogni circostanza, Egli è
stato e continua a essere colui che è con il suo popolo (cfr Rey 1998, 89;
Bovati 2000, 48-57). Tale nome mirabile, cifra della presenza benefica
divina, si identifica, di fatto, con quello rivelato a Mosè nell’episodio del
roveto ardente (Esodo 3,1), come Colui che è continuamente all’opera per
promuovere la libertà e la vita. Lo stesso testo del Salmo 8 ci dice infine
che è il nome di Colui che ha creato il cielo e la terra, che con le sue dita
ha plasmato ogni realtà.
Lo stupore espresso dal salmista nei confronti del nome di Dio non
è altro che l’espressione di una profonda esperienza interiore. Di fronte
all’azione di Dio nella creazione e nella storia, l’essere umano speri-
menta la meraviglia per qualcosa che va oltre ogni sua possibilità o
immaginazione. Si scopre piccolo – senza che questo vada inteso in un
senso negativo o sminuente – e parte integrante di una realtà più grande
e bella, di cui non è né l’artefice né il padrone. Questo passaggio è ben
mostrato dai vv. 4 e 5 del Salmo 8: qui lo stupore riguarda due aspetti
Salmo 8,2-10
Dominare l’animalità
Soffermiamoci ancora sullo stupore che scaturisce nel contemplare la
potenza di vita di Dio, operante nel mondo intero, segno della sua costan-
te sollecitudine, che trova l’espressione massima nei confronti dell’essere
umano. La domanda piena di meraviglia del v. 5 si prolunga fino al v. 9
attraverso una serie di sei verbi. Il testo può essere reso come segue: «Che
cos’è l’uomo, per ricordartene, averne cura, farlo poco meno di un dio, in-
coronarlo di gloria e di onore, dargli potere sugli animali, tutto sottoporre
ai suoi piedi?». I verbi, allineati in rapida successione, illustrano l’agire
benefico di Dio a favore di ogni figlio dell’uomo (ben ‘adam). L’espressione,
presente nel v. 5b, indica colui che viene dalla terra (‘adamah) e ad essa
ritorna (Genesi 3,19b). Rimanda alla finitudine creaturale di ogni persona.
Lo stesso significato è veicolato dal termine ‘enôsh che ricorre nel v. 5a
(Salmo 103,15: L’uomo [‘enôsh]: come l’erba sono i suoi giorni! Come un fiore
del campo, così egli fiorisce. Se un vento lo investe, non è più).
L’attenzione premurosa di Dio verso la fragile creatura umana è espressa
innanzitutto attraverso i verbi ricordare (zakar) e visitare (paqad) (v. 5). Il
primo non significa semplicemente «avere presente», bensì «avere a cuore»,
«interessarsi di...». Il secondo è il verbo del pastore (cfr Geremia 23,2; Zac-
caria 11,16): indica il «prendersi cura di...». I quattro verbi successivi (vv.
6-7) mostrano come la cura di Dio si concretizzi nella concessione della
dignità regale all’essere umano, che diviene così una sorta di luogotenente
di Dio sulla terra. I verbi, in effetti, descrivono il cerimoniale di un rito
di investitura. Il primo (chasar) significa «stabilire», «porre». Ad ‘Adam
Dio ha assegnato nella creazione una posizione appena inferiore rispetto
a quella degli esseri che fanno parte della corte celeste, ministri dediti
all’esecuzione della volontà divina (definiti, nel linguaggio mitologico qui
utilizzato, «dèi»). Lo ha poi «coronato» (‘atar) di gloria e di onore. In forza
di tale incoronazione, gli ha conferito il potere (mashal) su tutta la realtà.
In particolare, gli ha sottomesso («posto sotto i piedi») il mondo animale,
affidandogli il compito di governarlo come un pastore.
Come Dio esercita la signoria sulle forze del caos attraverso la sua
parola, facendo emergere un mondo senza violenza, così l’essere umano
è chiamato a esercitare con mitezza la sua signoria sugli animali. Tale
signoria deve orientarsi prima di tutto sull’animalità che ‘Adam porta den-
tro di sé (Beauchamp 1983, 173-174). Infatti, tale dimensione animale,
Farsi piccoli
Chi è veramente in grado di esercitare un dominio effettivo sull’ani-
malità? Chi è in grado di provare sincero stupore di fronte alla grandezza
del nome, che traspare dalla creazione (cfr Salmo 19,2-7; Matteo 6,25-34) e
dalla storia (cfr Isaia 29,23; Ezechiele 36,22-27)? La risposta è contenuta nei
vv. 2b-3. Sono i bambini a cantare la grandezza del Signore, qui associati ai
lattanti, a coloro che pronunciano per la prima volta le parole e imparano
a scoprire il senso della realtà. Nella Bibbia i bambini, come gli umi-
li, i poveri, raffigurano quanti, scevri da ogni forma di presuntuosa
autosufficienza, sono aperti e recettivi nei confronti di Colui che è
l’origine della vita.
È allora necessario, come ricorderà Gesù ai suoi discepoli, farsi piccoli,
diventare come bambini: In verità io vi dico: se non vi convertirete e non
diventerete come bambini, non entrerete nel regno dei cieli. Perciò chiunque
si farà piccolo come questo bambino, costui è il più grande nel regno dei cieli
(Matteo 18,2-4). Le parole del Maestro non sono un invito a regredire allo
stadio infantile. Sono un appello ad assumere l’atteggiamento di colui che
impara a scrutare la realtà con riverente stupore. «Su un punto il fanciullo è
più grande dell’adulto: è schietto e senza sotterfugi. Il fanciullo, più dell’a-
dulto, ha la simpatia delle cose, sa trasferirsi in esse per coincidere con ciò
che hanno di unico e di inesprimibile. La lode infantile non è trattenuta
dai calcoli e dai ragionamenti ai quali si abbandona l’adulto per rifiutare,
con la lode, la generosità del dono di sé» (Lack 1982, 230).
Il canto di lode che esce dalla bocca dei bambini è il baluardo con cui
Dio contrasta coloro che avversano la sua opera, coloro che si fanno suoi
nemici e mettono le mani su tutto e su tutti, pensando di essere i padroni
del mondo (cfr Beauchamp 1983, 170-175). Contro di loro Dio ha predi-
sposto una sorprendente strategia di difesa: non elimina con la forza ogni
opposizione, ma fa leva sulla testimonianza inerme dei piccoli. Attraverso
l’adulto che diventa bambino, Dio disperde l’arroganza dei presuntuo-
si difendendo il senso della creazione, secondo cui la vita è un dono
e si conserva se viene donata. Questo testo è significativamente ripreso
da Matteo 21,14-16. Al v. 16 viene citato Salmo 8,3, mettendo in risalto
il contrasto tra la lode senza calcoli dei piccoli e l’indignazione, carica di
malevolenza e gelosia degli scribi e dei sommi sacerdoti (gli avversari). Solo
i piccoli sanno riconoscere con gioia in Gesù mite il Re atteso.
Risorse
#giustizia climatica
a cura di Mauro Bossi SJ
Antonello Pasini
#giustizia climatica
chiarezza dell’esposizione, accessi- turo all’assunzione di responsabili-
bile anche ai non addetti ai lavori. tà per il presente.
Si tratta di un lavoro ben argomen- Mauro Bossi SJ
Enrico Mariutti
La decarbonizzazione felice
Un modello green a misura d’Italia
L a decarbonizzazione sarà un
bagno di sangue economico,
da pagare con un’inevitabile de-
L’A. passa in rassegna quattro
macrosettori del panorama italia-
no, particolarmente bisognosi di
crescita? Non necessariamente. La innovazione – il patrimonio fore-
transizione comporterà un’impor- stale, l’agricoltura e l’allevamento,
tante riorganizzazione di molti set- gli assetti urbani e i trasporti, infine
tori produttivi e delle loro catene l’industria e i servizi avanzati –,
di valore: questa sfida apre scenari argomentando strategie di riforma
caratterizzati da nuove possibili- e proposte concrete che integrano
tà di investimento e da percorsi di la dimensione degli investimenti,
innovazione in mol- la creazione di nuovi
ti ambiti economici. posti di lavoro, e l’as-
Enrico Mariutti, colla- sorbimento di CO2.
boratore de Il Sole 24 Troviamo apprezzabi-
Ore, traccia in que- le che l’A. prenda le
sto libro diverse mosse proprio dal-
strade, per coglie- la gestione delle
re le opportunità aree montane,
offerte dalla de- sede del patri-
carbonizzazione monio boschivo,
e dal Green Deal la maggior parte
europeo al nostro delle quali rientra-
Paese, per distribui- no nel novero delle
re opportunità di be- aree interne, segnate
nessere alle fasce so- dal basso tasso di
ciali e ai territori più occupazione, dall’ar-
deboli e per garanti- retratezza dei servizi,
re competitività al nostro sistema dall’invecchiamento della popo-
produttivo. lazione e dallo spopolamento;
#flash
La quinta
stagione che vi corrispondano i cicli naturali: la
“quinta stagione” è un inverno immo-
bile, che segna la fine dell’abitabilità
regia di
della Terra. Protagonista del film è la
P. Brosens e J. Woodworth
natura, alla quale gli autori dedicano
lunghe riprese silenziose, indugiando
Belgio – Francia – Paesi Bassi 2012
sugli alberi spogli e sullo sguardo degli
Drammatico, 93 min.
uccelli. La quinta stagione non è un film
sui problemi ambientali ma una meta-
Nelle Ardenne, una comunità rurale si fora, costruita attraverso un’accurata
ritrova per il tradizionale falò che segna ricerca fotografica, sugli effetti della
la fine dell’inverno; misteriosamente, il scissione tra essere umano e natura.
fuoco non si accende. La stagione della Ma è una metafora non lontana dalla
fertilità non tornerà più: le api muoio- realtà: la storia narrata è quella che
no, le vacche non danno più latte, la sperimentano, in molte aree del mon-
terra è sterile, il gallo non canta. L’e- do, le popolazioni che subiscono le
sercito requisisce il bestiame e la fame conseguenze del dissesto ecologico. Il
si diffonde. Il film scandisce lo scorrere film è disponibile, nella versione italia-
delle stagioni successive, ma senza na, su alcune piattaforme digitali.
Bénédicte Moret
#giustizia climatica
Come sopravvivere un anno senza rifiuti
(con qualche parolaccia)
#giustizia climatica
mondo che ci riguarda e di cui sia- altro è al momento impossibile.
mo attori protagonisti. Due testi adatti in particolar
Luca Fiorani, invece, approccia i modo agli studenti, per aiutarli a
grandi temi ambientali strutturando capire la complessità delle temati-
una sorta di miniguida, dove in brevi che ambientali, per non limitarsi a
capitoli accompagnati sempre da gridare slogan in corteo ma trasfor-
una solida bibliografia di supporto mare la protesta in comportamenti
e a cui attingere per approfondire, efficaci, e a chiunque voglia acqui-
conduce il lettore a prendere co- sire una maggior consapevolezza
scienza della gravità della situazione sul mondo in cui vive.
Gud
Timothy Top
Verde cinghiale
Maid
di Molly Smith Metzler
708 •
letture&visioni
Baltasar Gracián
• 709
letture&visioni
710 •
indici
Indici 2021
in gioco del G20. La prospettiva della società civile, 10, 524-531 - Vivere con
la porta aperta. L’esperienza della Fraternità della Visitazione, 10, 560-565 -
Far bene il bene. Un dialogo a partire dall’altruismo efficace, 12, 656-669
Fosti G., Contrastiamo la povertà di futuro, in Dialoghi 1, 8-19
Gerosa F., Energia pulita per il Terzo settore. L’esperienza del consorzio Fra-
tello Sole, 5, 338-343
Goujon P., Un dolore che non se ne va, in Dialoghi 11, 584-600
Goulard S., Libero, sobrio, responsabile: lo stile Merkel, 8-9, 457-464
Gualzetti L., Voci dai mondi del welfare, in Dialoghi 6-7, 369-383
Ichino P., Dare a tutti la possibilità di amare il proprio lavoro, in Dialoghi
8-9, 440-456
Komatz M., Rileggere per innovare. Il percorso di una comunità solidale a
Trento, 11, 632-638
Krakovski R., La svolta “illiberale” della democrazia in Ungheria e Polonia,
5, 319-326
Lederlin F., Telelavoro: un lavoro a distanza dal mondo, 1, 20-28
Limone A., I frutti del microcredito. PerMicro, la finanza al servizio dell’in-
clusione, 8-9, 489-495
Massaro T., Stati Uniti: la fragile fiducia nelle istituzioni governative, 12,
690-694
Mateos M.O., Tra pessimismo e speranza. Scenari di cambiamento per il
post-pandemia, 11, 625-631
McCormick B., Da Trump a Biden, il potere delle parole, 3, 175-183
Milani M., «Là dove saremo certi di aver ragione, non cresceranno fiori», in
Dialoghi 5, 296-311
Moro A., La giustizia dell’irreparabile, in Dialoghi 5, 296-311
Moro G., Cittadini, non solo spalatori di fango, in Dialoghi 6-7, 369-383
Moro R., La posta in gioco del G20. La prospettiva della società civile, 10,
524-531
Mosconi F., Equità ed efficienza, banco di prova del PNRR, 6-7, 384-392
Muller-Colard M., Contro i fondamentalismi, tornare ai fondamenti, in
Dialoghi 10, 513-523
Negrini V., Voci da mondi del welfare, in Dialoghi 6-7, 369-383
Pallottino M., «Non lasciare nessuno indietro»: il motore della cooperazione
allo sviluppo, 11, 601-609
Papa Francesco, Lavoro: «Che sia umano!». Due esperti a confronto con le
parole di papa Francesco, in Dialoghi 8-9, 440-456
Parmigiani M.L., Promuovere connessioni, in Dialoghi 1, 8-19
Pellai A., Vite scombussolate: i giovani del lockdown, 4, 248-252
Piccoli Nardelli F., Un settore da sostenere e da rinnovare, in Dialoghi 3, 152-166
Pinelli P.F., La cultura ci fa crescere, in Dialoghi 3, 152-166
Pizzorno A.C., Energia pulita per il Terzo settore. L’esperienza del consorzio
Fratello Sole, 5, 338-343
Giacomo Costa SJ (a cura di), 2021: in che modo (ci) investiamo per il
nostro Paese?, 1, 8-19
Carlo Borgomeo, Un salto culturale
Maria Luisa Parmigiani, Promuovere connessioni
Paolo Foglizzo (a cura di), Lavoro: «Che sia umano!». Due esperti a
confronto con le parole di papa Francesco, 8-9, 440-456
Giacomo Costa SJ (a cura di), Abusi nella Chiesa: la verità che rende liberi,
11, 584-600
Jean-Marc Sauvé, L’importanza di un metodo adeguato (intervista a cura
di François Euvé SJ)
Patrick Goujon SJ, Un dolore che non se ne va (intervista a cura di
Nathalie Sarthou-Lajus)
#lavoro, 5, 352-358
A. Honneth – R. Sennett – A. Supiot, Perché lavoro?
M. Balzano, Quando tornerò
Made in USA (regia di S. Bognar e J. Reichner)
#dolore, 6-7, 422-428
B.-C. Han, La società senza dolore
Pieces of a woman (regia di K. Mundruczó)
A. Manzini, Gli ultimi giorni di quiete
#conflitti africani, 8-9, 496-502
M. Giro, Guerre nere
Virunga (regia di O. von Einsiedel)
J.P. Habimana, Nonostante la paura
Ancora un giorno (regia di R. de la Fuente e D. Nenow)
#futuro, 10, 566-571
S. Zamagni, Disuguali
C. Doctorow, Radicalized
R. Hopkins, Immagina se...
#memorie soppresse, 11, 638-643
C. Ngozi Adichie, Il pericolo di un’unica storia
M. Mengiste, Il re ombra
D. Toffolo, L’inverno d’Italia
#giustizia climatica, 12, 701-707
A. Pasini, L’equazione dei disastri
E. Mariutti, La decarbonizzazione felice
B. Moret, Le (dis)avventure della famiglia zero rifiuti o quasi…
24
IA
OM
capitalismo 1
finanza 2
ON
CH
EC politica
industriale 3
welfare 4
sviluppo
sostenibile 5
lavoro 7 vaccini
2
17
IC A
ET ricerca 2
bene
comune 3
I9
TT
RI
legalità 1
DI
giustizia 2
diritti umani 3 migrazione
3
24
LI
cooperazione
NA
internazionale 1
medio oriente 1
A Z IO
asia 1
G
africa 2
N
st
europa 2
ER
U
guerre 2
T
america latina 4
affrontati nel corso del 2021.
Le ricerche per parole chiave si possono
fare sul sito www.aggiornamentisociali.it
718 •
indici
agricoltura 1
29
cambiamenti
climatici 2
A
10
ES
sinodo 1 tutela
TE
HI
IEN
discernimento 2
B
pluralismo
AM
religioso 4 Laudato si’
3
fratelli
tutti 2
solidarietà rapporto
4 fede-società 11
scuola 1
famiglia 1
criminalità 2
giovani 2
terzo
coesione settore 3
sociale 2
società
covid 4 civile 3
comunicazione 4 50
tecnologia 5
inclusione 5
TÀ
CIE
SO
cittadinanza
2
politica
culturale 2
politica
G20 1 italiana 2
tati uniti 2 partecipazione
27
UE 5 politica 5
democrazia 8
IC A
LIT
PO
Poste Italiane SpA - Spedizione in a. p. - DL353/2003 (conv. in L. 27/02/2004, n.46), art.1, c. 1 DCB Milano
Un egoismo per procura
welfare / Roberto Rossini
Per contrastare la povertà: una proposta di riforma
del Reddito di cittadinanza
infografica / Mauro Bossi SJ
Economia sommersa e illegale
internazionali / Giovanni Barbieri
Il rebus dell’Afghanistan
fede&giustizia / Thomas Massaro SJ
Stati Uniti: la fragile fiducia nelle istituzioni governative
bibbia aperta / Maurizio Teani SJ
Dominare o dominarsi?
«Il clima rappresenta il tema dominante del dibattito pubblico mondiale, il fulcro
della narrazione che serve a tutti come base per comprendere il mondo e ai media per
raccontarlo. [...] L’impegno per il clima dovrà parlare sempre meno il linguaggio della
climatologia, e sempre di più quello dell’economia, della finanza, e soprattutto della
politica, tenendo conto della dimensione sociale».
Giacomo Costa SJ, COP 26: il clima rilancia la democrazia, pp. 652-653
€ 7,00