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aggiornamenti

sociali
scoprire legami in un
mondo che cambia

12 2021
Salvare il pianeta Fare il bene, tra etica ed efficacia:
e salvare la democrazia la prospettiva integrale
aggiornamenti sociali
anno 72 • numero 12 • dicembre 2021

651-655 editoriale / Giacomo Costa SJ


COP 26: il clima rilancia la democrazia
656-669 dialoghi / Giacomo Costa SJ – Paolo Foglizzo (a cura di)
Far bene il bene. Un dialogo a partire dall’altruismo efficace
Peter Singer AC Altruismo efficace: un concetto
meno freddo di quanto sembri / Étienne Perrot SJ
Un egoismo per procura

670-676 welfare / Roberto Rossini


sdf Per contrastare la povertà: una proposta di riforma
sdf del Reddito di cittadinanza
677-681 infografica / Mauro Bossi SJ
Economia sommersa e illegale
682-689 internazionali / Giovanni Barbieri
Il rebus dell’Afghanistan
690-694 fede&giustizia / Thomas Massaro SJ
Stati Uniti: la fragile fiducia nelle istituzioni governative
695-700 bibbia aperta / Maurizio Teani SJ
Dominare o dominarsi?

701-710 letture&visioni
#giustizia climatica: A. Pasini, L’equazione dei disastri / E. Mariutti,
La decarbonizzazione felice / B. Moret, Le (dis)avventure della
famiglia zero rifiuti o quasi…
Maid, regia di M. Smith Metzler / B. Gracián, Oracolo manuale
ovvero l’arte della prudenza / D. Cersosimo – C. Donzelli, Manifesto
per riabitare l’Italia
711-719 indici 2021
Indice degli Autori / Indice dei Dialoghi / Indice dei Dossier
di Letture&Visioni

in collaborazione con
editoriale

COP 26: il clima


rilancia la democrazia
Giacomo Costa SJ
Direttore di Aggiornamenti Sociali
<direttore@aggiornamentisociali.it>, @giacocosta

cambiamenti climatici ● democrazia ● ecologia ● nazioni unite ● movimento sociale ●


partecipazione politica ● politica ambientale ● politica internazionale

C
OP 26 o piuttosto FLOP 26, come scrivono i siti degli attivisti
più intransigenti? Il riferimento è al vertice sui cambiamenti
climatici che si è tenuto a Glasgow dal 31 ottobre al 13 no-
vembre. Fin dalle prime ore dopo la conclusione dei lavori sono apparsi
commenti e valutazioni di segno estremamente diverso. La giovanissima
svedese Greta Thunberg, icona dell’impegno per un futuro sostenibile,
ha ripetuto che si è trattato di “bla bla bla” e di un festival del greenwa-
shing, ma ha anche aggiunto che il vero lavoro continua altrove. All’e-
stremo opposto, Boris Johnson, premier britannico e padrone di casa,
ne ha definito i risultati un grande passo in avanti, pur essendoci ancora
molto da fare. L’elenco delle posizioni che manifestano soddisfazione
per alcuni elementi e delusione per altri è infinito; un buon esempio è il
commento del WWF Italia: «Anche se il cambio di passo non è arrivato,
e il testo concordato è lontano dalla perfezione, ci stiamo muovendo
nella giusta direzione».
Sarebbe facile concludere con l’antico adagio, tendenzialmente relativi-
sta, del bicchiere mezzo pieno o mezzo vuoto. In realtà, questa varietà di
reazioni ci dice che è possibile guardare la COP 26 da una pluralità
di punti di vista. Non è quindi possibile interpretarla adottando un’unica
prospettiva, magari quella più vicina alla nostra sensibilità, ma dobbiamo
partire dal presupposto che vale la pena ascoltarle tutte se ci preme discer-
nere in che direzione incamminarci insieme, non solo i Governi e neppure
solo i giovani. Occorre quindi “fare un passo indietro”, smettendo di fo-
calizzare tutta l’attenzione sulle singole questioni, per quanto importanti,
per aprirsi a uno scenario più ampio, al cui interno i diversi punti di vista
si confrontano. Per questa ragione, in queste pagine preferiamo non entrare
nell’esame puntuale delle conclusioni della COP 26, ma considereremo
piuttosto il contesto in cui va collocata.

Aggiornamenti Sociali dicembre 2021 (651-655) • 651


1. I cambiamenti climatici in cima all’agenda globale
Dopo i due grandi vertici delle ultime settimane, la COP 26 e il G20
di Roma nei giorni immediatamente precedenti, possiamo dare per asso-
dato che il clima rappresenta il tema dominante del dibattito pubblico
mondiale, il fulcro della narrazione che serve a tutti come base per
comprendere il mondo e ai media per raccontarlo. Svolge la funzione
che in decenni ormai lontani era affidata al bipolarismo Est-Ovest, e suc-
cessivamente alla globalizzazione economica e finanziaria, avendo ormai
fatto passare in secondo piano il tema delle migrazioni e per certi versi per-
sino quello che ha tenuto banco nell’ultimo biennio, ovvero la pandemia.
Da un certo punto di vista, possiamo ritenerlo un successo: la forza
della natura (cioè l’aumento delle catastrofi climatiche come uragani,
inondazioni e siccità) e la tenacia della vasta coalizione di scienziati, mo-
vimenti ambientalisti, leader religiosi, ecc. che da anni insiste sui temi
della sostenibilità, sono riuscite a imporre la questione sull’agenda politica
globale, come non si era riusciti a fare per altre cause, quali gli assetti del
commercio internazionale, la speculazione finanziaria internazionale e le
proposte di tassarla, o i brevetti in campo farmaceutico, vaccini inclusi.
Ha potenzialmente grande valore il fatto che sempre di più ogni questione
verrà affrontata cercandone le relazioni con i cambiamenti climatici, che
diventeranno anche la ragione (e talvolta il pretesto) per giustificare scelte
politiche. Questo aiuterà a mettere in evidenza le connessioni e allenerà il
nostro sguardo a cercarle, a condizione di non trasformarsi in una scorcia-
toia per spiegare qualsiasi avvenimento senza analizzarlo.

2. La dinamica politica dei cambiamenti climatici


Segnalano questo passaggio di statuto della questione climatica alcuni
elementi emersi in occasione della COP 26.

a) Non è (più) una questione (solo) tecnica


Da un punto di vista scientifico, la questione è risolta. Il consenso sul
fatto che il clima si sta modificando come conseguenza delle attività an-
tropiche e in particolare delle emissioni di gas a effetto serra è sostanzial-
mente unanime. Infatti, le resistenze si sono ormai spostate sul piano
delle soluzioni, abbandonando quello della diagnosi. Di conseguenza,
l’approccio tecnico-scientifico, con il suo linguaggio di scenari alternativi
di andamento delle emissioni e conseguenti effetti sulla temperatura del
pianeta, perde centralità. Diventa cruciale il costo delle misure di contra-
sto, o meglio il modo per ripartirne gli oneri. È qui che sono emerse le
maggiori resistenze, che si tratti del promesso ma non approvato fondo
con cui i Paesi ricchi avrebbero dovuto sostenere quelli più poveri nella
652 • Giacomo Costa SJ
editoriale

transizione, di quella che è stata presentata come l’impuntatura dell’India


sull’abbandono del carbone, o di quella dell’Italia e della Germania sui
motori a scoppio, in nome delle esigenze della politica industriale naziona-
le. Nessuno più mette in discussione l’obiettivo, quanto piuttosto la scelta
del percorso e della tempistica per raggiungerlo. Questa, però, non è una
questione tecnica, ma squisitamente politica.
In altre parole, l’impegno per il clima dovrà parlare sempre meno il
linguaggio della climatologia, e sempre di più quello dell’economia,
della finanza, e soprattutto della politica, tenendo conto della dimen-
sione sociale. Il passaggio della questione climatica a narrazione globale
può rivelarsi prezioso, perché rende più facile evidenziare la necessità di
convocare e integrare una pluralità di punti di vista. Soprattutto risulterà
utile a smascherare i casi in cui il linguaggio della scienza, con la sua pre-
tesa di incontrovertibilità, viene utilizzato a copertura di interessi di altra
natura: la scienza è in grado di dirci, ormai con certezza, di quanto dob-
biamo tagliare le emissioni, ma non di determinare la ripartizione dei tagli.

b) Il volto politico del negazionismo


In questo contesto è possibile rileggere e affrontare il fenomeno
del negazionismo come una questione primariamente politica e non
cognitiva. Può funzionare come paravento di interessi economici precisi,
nel nostro caso quelli dell’industria dei combustibili fossili, ma anche celare
un malessere generato dal rifiuto delle politiche di contrasto, tipicamente
per la loro natura “collettivista” che comprime la libertà individuale. È la
stessa dinamica che porta a negare l’esistenza o la pericolosità della pande-
mia da COVID-19 come forma di resistenza all’invasività dei mezzi per il
suo contenimento (mascherina e vaccinazione), percepita come intollerabile.
Proprio come nel caso del virus, anche il negazionismo climatico assu-
me spesso la retorica della cospirazione, ipotizzando che i problemi siano
creati ad arte per giustificare un aumento dei controlli sui cittadini: non a
caso dalla denuncia della “dittatura sanitaria” ci si sta spostando a quella
della “tirannia verde”. Può trattarsi di autentica convinzione, di necessità
strategica in quanto si tratta dell’unica opzione disponibile per opporsi a
un consenso scientifico accettato, o anche di un vissuto di marginalità po-
litica e conseguente senso di impotenza. Si spiega così perché risulti inutile
contrastare le posizioni negazioniste con strumenti quali il fact-checking.
Vanno invece trattate nella loro valenza politica, a partire dall’impatto
sulla dinamica della democrazia, che può risultarne inceppata. Infatti,
quando una parte degli elettori decide sulla base di convinzioni errate,
tutti ne subiscono le conseguenze, ad esempio perché si rende “scomodo”
per i politici affrontare la questione del cambiamento climatico. Inoltre,
come mostrano bene le vicende statunitensi più recenti, i complottismi

COP 26: il clima rilancia la democrazia • 653


favoriscono lo stallo politico perché riducono lo spazio della mediazione:
è praticamente impossibile negoziare con chi si ritiene vittima di un com-
plotto. A un livello ancora più profondo, queste teorie svolgono il ruolo di
contronarrazioni in cui si possono riconoscere coloro che si sentono esclu-
si dalla narrazione dominante. Sarà la costruzione di un immaginario
sociale più inclusivo, in cui tutti possano sentire di trovare posto, e
non la polemica a oltranza, a depotenziare il fascino di negazionismi
e complottismi.

c) Società civile e opinione pubblica


Quanto più il tema dei cambiamenti climatici si trasferisce dall’ambito
tecnico-scientifico a quello politico, tanto più saranno i politici a dettare
le regole del gioco. In particolare, faranno premio non la solidità delle
argomentazioni – quella che l’IPCC ha l’incarico di vagliare –, ma la con-
sistenza del consenso che le differenti alternative riscuotono: diventa quindi
una questione di partecipazione. In fondo è questo che è andato in scena a
Glasgow, spiegando sia perché si è deciso di proseguire il negoziato per un
giorno in più (un risultato troppo striminzito sarebbe stato inaccettabile
per l’opinione pubblica), sia le ragioni di quelle che abbiamo chiamato
“impuntature”, che hanno radici ben precise nella dinamica del consenso.
Così, l’affermazione di Greta Thunberg e di molti che i Governi si li-
mitano al “bla, bla, bla” risulta efficace come strumento di pressione nella
misura in cui riscuote un significativo consenso. Si apre qui un immenso
campo di azione per le organizzazioni della società civile, in termini
di coscientizzazione dell’opinione pubblica. Un cammino di riduzio-
ne delle emissioni più rapido di quello a oggi concordato è possibile, ma
comporta un aggravio di costi: le tecnologie disponibili per ridurre l’im-
patto delle fonti energetiche fossili (la cattura del carbonio) così come un
maggiore ricorso alle fonti rinnovabili rendono la “bolletta energetica” più
cara. Quanto più l’opinione pubblica si mostrerà disponibile a sopportarne
l’onere, tanto più avanti si spingeranno i politici in sede di negoziati inter-
nazionali e conseguente elaborazione normativa. All’azione di lobbying nei
confronti del mondo politico va affiancata quella nei confronti degli elet-
tori. Non è utopia: assai più spesso di quanto si creda, è possibile chiedere
ai cittadini di cambiare abitudini (ad esempio di iniziare a fare la raccolta
differenziata) e anche di fare sacrifici.

3. Ecologia e democrazia
Infine, nell’attuale contesto la questione dei cambiamenti climatici
rappresenta un interessantissimo cantiere di rinnovamento e rifondazione
della democrazia, in particolare in ambito sovranazionale: l’atmosfera è

654 • Giacomo Costa SJ


editoriale

una sola, comune a tutti, e non c’è modo di creare muri che impediscano
la libera circolazione di sostanze chimiche e particolati. Non è un caso,
del resto, che proprio sulla questione climatica mostrino la corda i
format di governance internazionale oggi disponibili. Questo vale per
il sistema ONU, a cui almeno formalmente è intestato anche il percorso
delle COP. Troppo spesso i grandi vertici, compreso quello di Glasgow,
mettono in scena un simulacro partecipativo, ma terminano con negoziati
in cui i molti (Governi, organizzazioni internazionali, ONG, società civile,
ecc.) si ritrovano ad aspettare fuori dalla porta della stanza in cui i pochi
“che contano” decidono per tutti. Ma anche il G20, nato con l’ambizio-
ne di rappresentare un modello alternativo più sciolto, sconta da sempre
problemi di legittimità, e ormai anche di efficacia: non tutte le promesse
formulate a Roma in materia di clima sono state mantenute due settimane
dopo a Glasgow.
Il problema non riguarda primariamente la formulazione di soluzioni,
ma la capacità di rappresentare adeguatamente i problemi su scala globale,
intrecciandone le molteplici dimensioni e convocando tutte le parti in cau-
sa in modo che possano partecipare alla costruzione di soluzioni davvero
democratiche, anche attraverso il ricorso all’esercizio della sussidiarietà.
Solo un processo di questo genere potrà renderle davvero vincolanti, in
quanto radicate in un consenso sostanziale, a prescindere dal mutare dei
Governi. Anche l’inconciliabilità dei tempi lunghi dei cambiamenti clima-
tici e di quelli sempre più brevi dei cicli elettorali spinge per una evoluzione
delle democrazie rappresentative.
Per affrontare questo compito di rinnovamento democratico a livello
internazionale, competenze scientifiche e tecniche e abilità diplomatiche,
sebbene importanti, non bastano. Frequentare efficacemente il piano delle
narrazioni richiede la capacità di elaborare vision e di tornare a riflettere
sulla finalità delle pratiche sociali, economiche, politiche e ambientali. Si
apre qui uno spazio di vitale importanza per tutte quelle agenzie che
da sempre trovano nella elaborazione del senso la propria ragion d’es-
sere, tra cui spiccano le religioni e le comunità di fede. Per dirla con il
linguaggio del cap. 8 dell’enciclica Fratelli tutti, il servizio della fraternità
passa anche attraverso la promozione della sostenibilità come dovere verso
le generazioni future. Religioni e comunità di fede devono però continuare
ad attrezzarsi per svolgere questo compito sempre meglio. Per quanto ri-
guarda il nostro Paese, ad esempio, la recente Settimana sociale di Taranto,
intitolata “Il pianeta che speriamo. Ambiente, lavoro, futuro” (21-24 otto-
bre 2021), ha mostrato una grande capacità di intercettare la vitalità del
tessuto sociale. Serve ora trasformare questo radicamento in una comuni-
cazione comprensibile in circuiti più ampi e in uno sforzo di elaborazione
di strategie di azione compiutamente politica: un compito affascinante e
un servizio di cruciale importanza al Paese e non solo.

© FCSF - Aggiornamenti Sociali • 655


dialoghi

Far bene il bene


Un dialogo a partire dall’altruismo efficace

a cura di Giacomo Costa SJ e Paolo Foglizzo


Direttore di Aggiornamenti Sociali
<direttore@aggiornamentisociali.it>, @giacocosta
Redazione di Aggiornamenti Sociali
<foglizzo.p@aggiornamentisociali.it>

carità ● carlo maria martini ● etica sociale ● filosofia morale ● giustizia ● gratuità
● individualismo ● solidarietà

Altruismo efficace: un concetto meno freddo di quanto sembri


Peter Singer AC
Docente di bioetica, Università di Princeton (USA), <www.petersinger.info>;
fondatore di The Life You Can Save, <www.thelifeyoucansave.org>

Un egoismo per procura


Étienne Perrot SJ
Economista, membro del Consiglio di redazione della rivista Choisir
<etienne.perrot@choisir.ch>

S
e l’esperienza della spinta ad agire per alleviare le sofferenze degli
altri attraversa tutte le culture e tutte le religioni, molte sono le parole
utilizzate per farvi riferimento: compassione, misericordia, generosi-
tà, altruismo, accoglienza, beneficienza, empatia, solidarietà, prossimità,
filantropia, carità e altre ancora. Sono vicine, ma non intercambiabili, e
ciascuno tende a riconoscerne alcune come più adatte ad esprimere il pro-
prio vissuto. Siamo dunque di fronte a una esperienza plurale e ciascun
termine ne cattura una sfaccettatura.
Questa esperienza non ha mai smesso di interrogare chi la prova, a li-
vello tanto personale quanto sociale, in particolare lungo due direttrici. La
prima si presenta non appena l’imperativo categorico di “fare il bene”
si scontra con la necessità di scegliere una delle molte azioni possibili:
qual è il modo giusto, o migliore, per dare attuazione a quella spinta?
Ovvero, visto che è impossibile compiere tutti i “beni” che si presentano ai
nostri occhi – banalmente: nessuno può assistere tutti i malati o sfamare

656 • Aggiornamenti Sociali dicembre 2021 (656-669)


dialoghi

tutti gli affamati –, come si decide quale fare e quale no? Esiste un bene
maggiore o una scala di priorità? Siamo costantemente alle prese con questi
interrogativi, tra cui ad esempio va inserita anche la domanda, cruciale nei
momenti più duri della pandemia, sulle priorità di accesso ai respiratori
quando non ce ne sono abbastanza per tutti: tra i tanti malati, tutti gravi e
a rischio di morire, quale va soccorso prima? Chi si è trovato a dover dare
una risposta, magari in pochi istanti, sa quanto tremendo possa essere
affrontare questo interrogativo.
Un secondo versante su cui da sempre l’umanità si interroga ri-
guarda il limite o la misura della generosità. Fino a che punto sono
tenuto a farmi carico dei bisogni altrui? Come si compongono le legit-
time esigenze personali e della propria cerchia familiare con le urgenze
degli infiniti bisognosi che sempre si incontrano lungo la strada? L’elabo-
razione della morale tradizionale sulle nozioni di necessario e superfluo, o
su quelle di obbligatorio e supererogatorio, era un modo per articolare la
risposta a queste domande. Ma, in fondo, anche l’interrogativo “Chi è il
mio prossimo?”, da cui prende avvio la parabola del buon samaritano, che
nella tradizione cristiana e nella cultura occidentale rappresenta l’archetipo
della compassione, punta proprio a esplorare i confini di quell’amore che
la legge comanda di nutrire e praticare. Il dibattito tra i rabbini del tempo
di Gesù verteva proprio sull’ampiezza della cerchia di coloro che devono
essere considerati “prossimo” e la parabola intende “sfondare” questo ap-
proccio, rovesciandolo.
Anche queste domande non hanno perso nulla della loro attualità. Ce
ne siamo resi conto una volta di più quando abbiamo ricevuto il n. 701
(ottobre-dicembre 2021) di Choisir, la rivista dei gesuiti della Svizzera fran-
cese, che alla compassione dedica un corposo dossier. Ci hanno partico-
larmente colpito due contributi, che danno vita a un dibattito etico sulla
compassione: quello di Peter Singer, filosofo di riferimento del pensie-
ro utilitarista contemporaneo e promotore dell’approccio noto come
“altruismo efficace”, e quello del gesuita Étienne Perrot, economista e
studioso di etica economica. Si tratta di un dialogo stimolante, in cui ci
sarebbe piaciuto entrare, ponendo domande ed evidenziando altri punti
di vista. Proviamo a farlo, anche se in modo indiretto, attraverso queste
pagine. Lasceremo quindi spazio ai due interventi, ringraziando Choisir per
la possibilità di pubblicarli*, per esprimere poi quelle che possiamo definire
le risonanze, le riflessioni e gli interrogativi che quella lettura ha suscitato
innanzi tutto in noi, invitando i nostri lettori a proseguire in questo eser-
cizio di autentico dialogo, anche se a distanza.
* I contributi sono stati pubblicati su Choisir, 701 (ottobre-dicembre 2021): Singer P., «Al-
truisme efficace. Un concept pas si froid», 17-20 (testo originale in inglese) e Perrot E., «Un
égoïsme de transfert», 21-23. Traduzione dagli originali e adattamento a cura della nostra
Redazione.

Far bene il bene • 657


Il dialogo parte con l’ascolto di un punto di vista diverso dal proprio:
banalmente perché è formulato da un altro, più profondamente perché
rappresenta una posizione in cui non ci si rispecchia. Confrontarsi con
una reale diversità comporta fatica e talvolta frustrazione, ma è un
esercizio vitale in un mondo in cui gli algoritmi dei motori di ricerca
selezionano i contenuti, proponendoci quelli con cui più probabilmente ci
sentiremo in consonanza, intrappolandoci così in una bolla. La scommessa
è arrivare a scoprire che anche i punti di vista più lontani colgono aspetti
significativi della realtà, che altrimenti restano in ombra: di fronte a una
realtà complessa e poliedrica, ogni posizione deve riconoscere innanzi
tutto la propria parzialità. A queste condizioni il dialogo rappresenta un
arricchimento, stimolando ciascuno a compiere un passo di maturazione e
approfondimento della propria prospettiva alla luce di ciò che evidenziano
le altre. Poi potranno emergere anche consonanze, su cui costruire cam-
mini di alleanza o azione comune, che renderanno il dialogo e lo scambio
sempre più intensi. Ma ora è venuto il momento di lasciare spazio a Peter
Singer ed Étienne Perrot.

Altruismo efficace: un concetto meno


freddo di quanto sembri
Peter Singer AC
Docente di bioetica, Università di Princeton (USA); fondatore di The Life You Can Save

N el corso di Etica pratica che tengo all’Università di Princeton pro-


pongo alcuni testi che presentano stime di quanto costerebbe sal-
vare uno dei milioni di bambini che muoiono ogni anno per malattie che
potremmo facilmente prevenire o curare. Nel 2009, uno studente, Matt
Wage, ha usato una di queste stime per calcolare quanto bene avrebbe
potuto fare agli altri nel corso della propria vita. Questo giovane, che
progettava di diventare insegnante, ha ipotizzato quanto avrebbe potuto
guadagnare e immaginato di donare il 10% del proprio reddito a un’or-
ganizzazione non profit molto efficace. Ha scoperto che avrebbe potuto
salvare un centinaio di vite e si è detto: «Immaginate di vedere un edificio
in fiamme, correre tra le fiamme, aprire a calci una porta e far uscire un
centinaio di persone. Sarebbe il momento più bello della vostra vita! E
anch’io potre fare tanto bene!».
Matt Wage non è diventato insegnante. Invece, si è dato come obiet-
tivo di salvare cento vite, non durante tutta la sua carriera, ma nel giro
dei primi due anni... e per ogni anno successivo. Ha riflettuto su quale
professione l’avrebbe messo in condizione di fare il bene maggiore e,

658 • Peter Singer AC


dialoghi

dopo averne discusso a lungo con altre persone, ha deciso di accettare un


lavoro a Wall Street: un reddito più elevato gli avrebbe consentito di dare
in beneficienza molto più denaro, in termini assoluti e percentuali, rispet-
to a quanto avrebbe potuto fare con lo stipendio da insegnante. Un anno
dopo la laurea, era già in grado di donare a enti filantropici molto efficienti
oltre 100mila dollari, circa la metà del suo reddito annuale.

Il bene maggiore?
Matt Wage appartiene a un nuovo movimento, quello dell’altruismo
efficace, che adotta un approccio scientifico per identificare i modi più
efficaci per rendere il mondo un posto migliore. L’altruismo efficace si basa
su un’idea molto semplice: è nostro dovere fare il maggior bene possibile.
Obbedire alle comuni regole di non rubare, non imbrogliare, non fare
del male o non uccidere è insufficiente, almeno per quelli di noi che sono
abbastanza fortunati da condurre una vita agiata, che possono procurare
a sé e alla propria famiglia cibo, casa e vestiti e avere ancora soldi o tempo
a disposizione. La maggior parte di noi, anche se non guadagna come i
magnati di Wall Street, ha probabilmente un reddito sufficiente a fare ge-
nerose donazioni e vivere comunque con tutti i comfort. Condurre una vita
che si possa definire almeno minimamente accettabile dal punto di vista
etico richiede di utilizzare una parte significativa del proprio superfluo per
rendere il mondo un posto migliore, ma per vivere una vita pienamente
etica occorre fare il maggior bene possibile. Anche se può sembrare
controintuitivo, per Matt Wage questo voleva dire lavorare a Wall Street.
Come mostra il suo percorso, non dobbiamo pensare che l’altruismo
efficace richieda il sacrificio personale, cioè di andare necessariamen-
te contro i propri interessi. Il miglior risultato per tutti viene raggiunto
quando fare il massimo per gli altri va di pari passo con la propria realiz-
zazione personale. Certo, fare il maggior bene possibile è un’idea molto
ampia, che solleva parecchie domande. Ne esaminiamo alcune delle più
ovvie, con una traccia preliminare di risposta.

Come scegliere il “maggior bene”?


Non tutti i sostenitori dell’altruismo efficace sono d’accordo sulla defi-
nizione di “maggior bene”, ma condividono alcuni valori, ad esempio che,
a parità di altre condizioni, un mondo con meno sofferenza e più felicità
è migliore di un mondo con più sofferenza e meno felicità. La maggior
parte direbbe anche che, sempre a parità di altre condizioni, un mondo
in cui le persone vivono più a lungo è meglio di uno in cui vivono meno.
Questo spiega perché molti di loro privilegiano l’aiuto a persone in estrema
povertà: la medesima somma di denaro produce effetti molto maggiori,
in termini di vite salvate e riduzione della sofferenza, se è impiegata per
aiutare persone che vivono in estrema povertà nei Paesi in via di sviluppo,

Altruismo efficace: un concetto meno freddo di quanto sembri • 659


rispetto alla maggior parte degli
Peter Albert David Singer altri progetti di beneficienza.
è nato a Melbourne (Au-
Donare con efficacia è tan-
stralia) nel 1946 da una
to un’arte quanto una scienza:
famiglia di ebrei viennesi
fuggiti dalle persecuzio-
il cuore e la testa devono lavo-
ni naziste. È una figura di rare insieme per prendere le
riferimento del pensiero antispecista e della decisioni. Eppure i dati indicano
liberazione animale, oltre che dell’altruismo che la maggior parte dei donatori
efficace. Nel 2021 ha ricevuto il Premio si lascia guidare solo dal cuore.
Berggruen per la filosofia e la cultura per Per esempio, negli Stati Uniti,
la sua influente e rigorosa opera di rilancio solo il 38% dei benefattori svolge
dell’utilitarismo in ambito filosofico e come delle ricerche sull’organizzazione
forza per cambiare il mondo. a cui fa una donazione, e solo
il 9% ne confronta più di una.
Molto spesso le scelte in materia
di beneficienza sono guidate dalle emozioni, ad esempio quando un amico
o un familiare ci chiedono di sostenere una causa, quando una persona cara
soffre di una malattia che un’organizzazione sta cercando di sradicare, o
quando un ente di beneficenza locale ci chiede di sostenere i membri della
nostra comunità. Anche se non si può negare che un collegamento emotivo
personale sia necessario come spinta alla donazione, per conseguire il mas-
simo impatto dobbiamo basare le nostre decisioni su un’analisi oggetti-
va di ciò che funziona e che realizzerà il maggior bene per ogni dollaro
donato. Non tutti gli enti di beneficienza sono uguali da questo punto di
vista ed è importante rendersi conto dei risultati che ciascuno di essi ottiene
con le donazioni che riceve. Alcuni hanno un impatto per dollaro investito
che è centinaia o addirittura migliaia di volte maggiore di altri.
Facciamo un esempio in campo sanitario. Addestrare un cane guida
per una persona non vedente, che rappresenta una buona causa, negli Stati
Uniti costa circa 50mila dollari. Con una somma molto più piccola è pos-
sibile aiutare a curare il tracoma, che è la causa prevenibile di cecità più co-
mune nel mondo, o restituire la vista a persone con cataratta operabile. Il
costo medio della prevenzione della cecità dovuta al tracoma è di circa 7,14
dollari per ogni malato, e il tracoma può essere trattato per via chirurgica
con un costo tra i 27 e i 50 dollari. L’operazione che permette di restituire
la vista agli anziani affetti da cataratta costa 50 dollari. In altre parole, con
la somma spesa per assegnare un cane guida a una persona non vedente, si
potrebbe sostenere il costo dell’intervento chirurgico per restituire la vista
ad almeno mille persone, o prevenire un numero simile di casi di tracoma.
Negli Stati Uniti, la qualità e la disponibilità di informazioni sull’effi-
cacia degli enti di beneficienza sono aumentate enormemente negli ulti-
mi anni, in gran parte grazie al lavoro di GiveWell, <www.givewell.org>,
un’organizzazione nata nel 2007 esattamente con questo scopo. Altre or-

660 • Peter Singer AC


dialoghi

ganizzazioni, come The Life You Can Save, <www.thelifeyoucansave.org>,


da me fondata dopo aver pubblicato un libro con lo stesso titolo 1, si basano
sulla ricerca di GiveWell, ma ne ampliano i criteri di valutazione. L’opzione
tra diverse cause, come povertà globale, riduzione della sofferenza degli
animali, protezione dell’ambiente, riduzione del rischio di estinzione uma-
na, sono oggetto di vivaci discussioni sui siti associati all’altruismo efficace.

Un beneficio per tutti


Per alcuni, la ragione per aiutare gli altri è ovvia: è quello che si deve
fare dal punto di vista etico. Ma altri sono più scettici e vogliono sapere
che cosa ne ricaveranno. La risposta è una vita migliore. La recente ricerca
psicologica ha effettivamente corroborato riflessioni filosofiche antiche,
che risalgono a Socrate: vivere in modo più etico è un modo migliore di
vivere 2. Aiutare gli altri, agire in accordo con i valori fondamentali e mo-
strare generosità sono modi per dare significato alla propria vita e sentirsi
realizzati. In modo diretto gli altruisti efficaci aiutano e sostengono gli
altri, ma indirettamente spesso fanno del bene a se stessi.

Un egoismo per procura


Étienne Perrot SJ
Economista, membro del Consiglio di redazione della rivista Choisir

F in dal filosofo taoista Chuang Tzu (IV secolo a.C.), se non addirit-
tura da che mondo è mondo, l’umanità è consapevole di un fatto
curioso: tutti provano una certa consolazione nel prendersi cura degli altri.
Questa consolazione è tanto più forte quanto più l’atto altruistico è effi-
cace. Nel volume Philosophie morale (1961), Éric Weil sottolinea che l’al-
truismo tende a diventare un “egoismo per procura”. In effetti, perché no?
Anziché mirare, come prescrive l’etica di Immanuel Kant, a un’impossibile
gratuità nelle relazioni con gli altri, non è forse preferibile e più efficace in-
nestare il servizio agli altri nel perseguimento del proprio interesse persona-
le? Qualche aiuto con motivazioni ambigue è comunque meglio di niente.

Elogio dell’efficienza
Qualunque sia la motivazione, il punto cruciale è fare i conti con i biso-
gni di coloro che si intende aiutare. Soddisfare i bisogni significa entrare

1 Singer P., The Life you can save. How to do your part to end world poverty, The Life You

can Save, Bainbridge Island - Sidney 2019, disponibile gratuitamente su <www.thelifeyou


cansave.org>.
2 Cfr Dunn E.– Akin L.– Norton M., «Spending Money on Others Promotes Happiness»,

in Science, 319 (21 marzo 2008) 1687-1688.

Un egoismo per procura • 661


nell’ambito dell’economia, cioè nel regno dell’efficienza. Del resto anche
la massima della morale tradizionale “Sprecare è peggio che rubare” si com-
bina con la logica dell’efficienza. Attenzione: la massima non dice che rubare
è bene, ma che sprecare è peggio, perché chi spreca e disprezza l’efficienza
non rispetta il lavoro. In breve, l’efficienza deve applicarsi anche a come
aiutiamo gli altri.
Da un punto di vista etico, non è facoltativo interessarsi a come
vengono utilizzati i nostri sforzi. I genitori se ne rendono conto non
appena iniziano a pensare di dare la paghetta ai figli. Questa esigenza im-
pone un discernimento che raramente è senza contraddizioni, specialmente
quando la relazione immediata tra donatore e beneficiario lascia il posto a
degli intermediari, trattandosi di mobilitare risorse consistenti in termini
di denaro, organizzazione o lavoro per un progetto lontano.
Questi ultimi, che siano Organizzazioni non governative o enti pub-
blici, hanno costi operativi, proporzionali alle loro dimensioni, che sono
spesso significativi, a cui si aggiungono i costi della pubblicità e del fun-
draising. Tanto per fare un esempio, i conti dell’Institut Pasteur di Lilla,
una fondazione privata che opera nel campo della ricerca in ambito medico
e sanitario, mostrano che, durante il 2020, su quasi 9,5 milioni di euro
di donazioni private (pari a un terzo del volume d’affari), il 26% è stato
utilizzato per coprire spese generali e amministrative, il 6% per i costi
di raccolta fondi: insieme, le due voci rappresentano quasi un terzo delle
donazioni ricevute.

Una concezione limitata


A partire dal XIX secolo, l’efficienza è dominata da una concezione
discutibile dell’essere umano, che lo riduce a un clone intercambiabile.
È la visione dell’utilitarismo, che domina l’etica occidentale e si riassume
nella ricerca del maggior bene per il maggior numero, facendo sprofondare
l’altruismo nell’ideologia egualitaria, così ben catturata nel 1835 dalle pa-
role di Tocqueville nel saggio Democrazia in America: uno uguale uno. Un
affamato in Mozambico equivale a un affamato che mendica nel centro di
Parigi. Un cieco che cammina per le strade di Manhattan è uguale a un
cieco seduto davanti alla sua capanna nella periferia di Cotonou in Benin.
Il sociologo francese Jacques Ellul ha dimostrato che questa filosofia
utilitaristica è il frutto della civiltà della tecnica. Ragionando solo sulle
cifre, che permettono di confrontare i risultati numerici, questa razionalità
strumentale ignora la singolarità delle persone, soprattutto dei più deboli,
che non sempre fanno parte del “maggior numero”. Inoltre, non prendere
in considerazione l’ambiente sociale è negare l’umanità di ogni persona.
Nessuno è soltanto una bocca da sfamare o un corpo da coprire, ma il
frutto delle relazioni umane con chi gli è più vicino.

662 • Étienne Perrot SJ


dialoghi

Pur economicamente ed eti-


camente necessaria, l’efficien- Étienne Perrot, gesuita ed
economista, ha insegnato
za non basta a caratterizzare
Economia ed etica economica
un’azione come autenticamen-
all’Institut catholique di Parigi
te umana. Ce ne rendiamo con- ed Etica degli affari all’Univer-
to pensando a quanto costano il sità di Friburgo (CH); è autore di
mantenimento e la sanità degli diversi libri sulla dimensione sociale del denaro
anziani, che alcuni economisti, e sul discernimento manageriale. In italiano
razionali ma ottusi, considera- ha pubblicato Esercizi spirituali per manager
no una forma di inefficienza. Al (Castelvecchi 2016).
contrario, molte dimensioni della
vita che danno all’essere umano
il suo valore speciale, come l’arte,
l’amore, l’amicizia, per non parlare dell’esperienza religiosa, comportano
costi economici.
In breve, la vita umana è sempre immersa in un ambiente umano, cul-
turale e sociale che va ben oltre il calcolo economico. Affinché le “Marie”
accovacciate ai piedi di Gesù possano ascoltare le sue parole, ci vogliono
le “Marte” che preparano da mangiare. E se gli esperti sono in grado di
misurare il valore del cibo che preparano, questo non li autorizza a ri-
durre a calcolo ciò che di più significativo ha da offrire la vita. Come ci
ricorda il più grande economista del XX secolo, «un fatto economico è
un’astrazione» 1. L’efficienza è quindi necessaria per l’altruismo, ma non
basta.

Complicazioni politiche
L’essere umano è un animale politico, come diceva già Aristotele. La
politica non è semplicemente l’ambiente sociale in cui si giocano le inte-
razioni, i piaceri e gli inganni delle relazioni con il prossimo. La politica è
l’organizzazione della collettività, con tutto ciò che comporta in termini
di obiettivi comuni, solidarietà e vincoli. L’ideale della politica sarebbe
che la solidarietà di tutti sostenga il bene di ciascuno.
Il filosofo illuminista Jean-Jacques Rousseau lo intuiva quando distin-
gueva tra volontà generale ed espressione della maggioranza nelle elezioni.
Le due coincidono solo se ogni cittadino considera il proprio voto come
un modo per portare alla luce una volontà generale che non conosce in
anticipo, ma a cui è disposto a sottomettersi. Con buon senso, riconosceva
che è qualcosa di praticamente irraggiungibile quando le dimensioni della
comunità superano quelle di un piccolo gruppo. Ma la questione dell’altru-
ismo va oltre i piccoli gruppi e non ha altro limite che quello del pianeta.

1 La frase apre il saggio Teoria dello sviluppo economico di Joseph Shumpeter (1883-1950).

Un egoismo per procura • 663


Quindi, per quanto generosi siano i benefattori, l’altruismo non
può evitare due problemi politici. Il primo è ben noto nella finanza
etica. Per scegliere le cause che meritano sostegno o le imprese meritevoli,
bisogna selezionare uno o più criteri: creazione di posti di lavoro, ecologia,
impatto sociale, salute, inquinamento, ecc. Poi, per ciascuno di questi cri-
teri occorre trovare gli indicatori giusti. Creazione di posti di lavoro? Sì,
ma di che tipo? In quale Paese? Per quando? Per chi? Se si scelgono diversi
criteri, o se ci sono diversi indicatori, si dovrà stabilire il peso da attribuire
a ciascuno. In tutte le fasi, entra in gioco la soggettività del donatore.
Anche se si accontenta del valore piuttosto generale dell’utilità, sceglierà
inconsciamente ciò che è più gratificante per lui. L’altruismo si rivela, qui
come altrove, un egoismo per procura. Raggiungere la dimensione politica
dell’altruismo è un’esigenza dolorosa ma non impossibile, un’esigenza di
lucidità sulle proprie motivazioni tanto quanto di coraggio politico.
Il secondo problema è che questa dimensione politica deve estendersi al-
le relazioni nazionali e internazionali. Per esempio, gli esperti dicono che la
lebbra, una malattia orribile e tra le più insidiose, potrebbe essere sradicata
per una somma ben inferiore al prezzo di una portaerei. Quindi che cosa
stiamo aspettando? Niente, tranne la fine delle operazioni internazionali
di polizia e di peacekeeping, che sono cantieri che non hanno mai fine. La
politica, come la generosità personale, deve fare da arbitro tra vincoli
contrastanti.
Questo dimostra, ancora una volta, che la dimensione politica dell’al-
truismo, come la generosità personale, è soggetta a un imperativo di discer-
nimento che nessuna soddisfazione immediata può sostituire.

Dialogare per discernere


Ripresa dei curatori
Giacomo Costa SJ – Paolo Foglizzo
Direttore e redattore di Aggiornamenti Sociali

L a lettura dei contributi di Peter Singer ed Étienne Perrot ha suscitato


in noi un’ampia gamma di reazioni: alcuni passaggi sono stati
stimolanti, altri ci hanno lasciato perplessi, ed alcune espressioni ci
sono suonate persino urtanti. L’obiettivo qui non è mettere una serie di
like e don’t like sui diversi punti, ma provare ad approfondire queste riso-
nanze in una modalità, come esplicitato in precedenza, autenticamente
dialogica.
Vale la pena farlo, perché di entrambi i contributi colpisce innanzi tutto
la serietà del lavoro di riflessione su cui sono fondati e il rigore con cui so-
no espressi. Ugualmente nelle parole dei due autori sentiamo riecheggiare

664 • Giacomo Costa SJ – Paolo Foglizzo


dialoghi

espressioni che, magari in modo meno preciso, circolano nel dibattito pub-
blico e anche in conversazioni più quotidiane: in vario modo sono rappre-
sentativi di quanto pensano molti nostri concittadini. Infine, è chiaro
che entrambi i contributi parlano di una ricerca intellettuale, ma anche di
un coinvolgimento personale: non sono solo la trattazione di un tema, ma
una presa di posizione in cui gli autori – ciascuno a suo modo – si mettono
in gioco e fanno tesoro anche dell’esperienza di “essersi sporcati le mani”.
Come frutto di questo esercizio di ascolto delle nostre risonanze, lascia-
mo qui emergere tre punti che ci paiono particolarmente significativi an-
che per tracciare un percorso lungo cui camminare insieme approfondendo
il dialogo e la riflessione comune su temi che interpellano l’intera società.

La responsabilità di fare il bene


Un punto su cui si registra un solido accordo è la rilevanza etica dell’agi-
re in favore degli altri. Per tutti è chiaro che si tratta di una scelta meditata,
di un’assunzione di responsabilità in senso pieno, che conduce all’impegno
di fare non solo il bene, ma il bene maggiore. Anche se viene sottolineata
l’importanza della gratificazione che i gesti di altruismo producono, questa
tensione verso il maggior bene evita che l’atto benefico scada in forme di
consumismo emotivo non a caso sostenute da una pubblicità aggressiva che
propone donazioni modiche ed episodiche, del cui esito finale non ci si fa
carico: scaricano dai sensi di colpa e offrono una sensazione momentanea
di benessere tutto sommato a buon mercato, senza che si stabilisca alcuna
relazione e quindi alcun vincolo.
Si radica in questa volontà di realizzare il bene maggiore anche l’im-
perativo dell’efficienza, su cui molto insiste Singer. Rappresenta anch’essa
un presidio della responsabilità, perché obbliga a provare a rendere conto,
almeno a se stessi, del risultato delle proprie azioni, anche se corre il ri-
schio di contribuire ad assolutizzare la massimizzazione come unica logica
dell’agire umano, con possibili cortocircuiti: che cosa impedisce di arrivare
a chiedersi se sia più efficiente metter su famiglia e accettare la fatica di
diventare genitori, o destinare invece le proprie risorse (economiche) a un
numero presumibilmente assai più elevato di adozioni a distanza? Ma, se
non si arriva agli estremi, l’efficienza rappresenta un principio importante, e
troppo spesso disatteso nei molti casi in cui si pensa che le buone intenzioni
o l’agire a fin di bene giustifichino comportamenti superficiali o impruden-
ti, che generano abusi e sprechi a danno di coloro che si vogliono aiutare,
e scandalo tra i benefattori, con conseguente diminuzione delle donazioni
raccolte.

L’importanza di lasciarsi toccare


Come abbiamo affermato nell’introduzione, la parabola del buon sa-
maritano opera un rovesciamento di prospettiva, spostando l’attenzione

Dialogare per discernere • 665


dal destinatario dell’azione benefica e dal suo contenuto materiale verso il
soggetto che la compie. È un punto su cui il nostro dialogo fa registrare
profonde differenze.
Singer si muove nell’alveo dell’individualismo e coerentemente con que-
sta impostazione ci propone una immagine di essere umano, esemplificata
dal suo ex studente, che è pienamente sovrano delle proprie decisioni, an-
che per quanto riguarda i comportamenti altruistici: pianifica il corso della
propria esistenza e gli obiettivi di beneficienza (in termini di importi e di
vite salvate), e tira dritto per realizzarli. In questo modo si garantisce che
l’altruismo non entrerà mai in conflitto con la propria autorealizzazio-
ne, e che la generosità non richiederà mai un vero e proprio sacrificio.
Pensando alla parabola, forse anche il sacerdote e il levita stavano
perseguendo il proprio programma, che poteva ben contemplare atti di
grande generosità adeguatamente pianificati. Nel testo evangelico, nulla
autorizza a immaginarli come avidi, anzi la loro condizione li metteva di
fronte all’esigenza di rispettare i precetti in materia di decime e di ele-
mosina. Eppure sono diventati casi esemplari di mancata compassione,
proprio perché, a differenza del samaritano, non si sono lasciati toccare
e scomodare da un bisogno imprevisto, quello del viandante aggredito
e mezzo morto sul ciglio della strada. Non hanno accettato quella par-
te di passività che della compassione è costitutiva: a interpellarci sono
situazioni concrete in cui “ci capita” di trovarci e in cui sperimentiamo
precise emozioni. Queste infatti non hanno la stessa rilevanza in tutte
le impostazioni antropologiche, risultando tendenzialmente sospette in
quelle più razionaliste.
Questo ci ricorda come esistano altri filoni di pensiero – ci limitiamo
a fare qui il nome di Ricoeur – che riflettono sulla dinamica del dono
in termini di gratuità e non di autointeresse lungimirante. L’intera an-
tropologia cristiana si basa sull’assunto che la gratuità è possibile e
che la spinta della carità non si arresta di fronte alla prospettiva di
andare contro i propri interessi e dover pagare di persona. Escludere
questa possibilità, testimoniata anche dall’esperienza viva di tante per-
sone, è una forma di riduzionismo, che impatta anche sullo spettro delle
opzioni che si considerano per compiere le scelte di beneficienza: quelle
che potrebbero massimizzare il bene compiuto ma andando in parte con
i propri interessi verrebbero infatti scartate a priori. Anche Perrot evi-
denzia come una impostazione rigorosamente individualista finisca per
vanificare la pretesa di massimizzare i risultati della beneficienza; in fin
dei conti, la destinazione delle risorse avverrà sulla base delle preferenze
del donatore, e sarà in questo senso arbitraria: il massimo che raggiun-
gerà sarà quello della soddisfazione individuale, non necessariamente del
benessere collettivo.

666 • Giacomo Costa SJ – Paolo Foglizzo


dialoghi

Legami e relazioni
Nell’esempio costruito da Singer, tra donatore e beneficiari non vi è al-
cuna relazione se non quella rappresentata dalla donazione, che avviene pe-
raltro “per interposta persona”, cioè attraverso un intermediario professio-
nale, di cui si valutano efficienza e performance: è una figura di generosità
che “immunizza” dalla relazione, con i vincoli e i rischi che essa contiene.
È Perrot a evidenziare questo riduzionismo, quando ricorda come l’identità
di ciascuno dipenda dalle relazioni in cui è già sempre e comunque inserito
e fa presente che tutti facciamo parte di un sistema politico e sociale.
Questa differenza di prospettive ha un impatto molto rilevante quando
si ragiona sull’altruismo. Solo un pensiero della relazione potrà chiedersi
quanti altri legami, oltre alla donazione, uniscono donatore e beneficiari,
scoprendo magari che è contraddittorio, oltre che assai poco efficiente,
soccorrere con la generosità della propria beneficienza coloro che si è con-
tribuito a rendere poveri con un lavoro dedicato alla massimizzazione del
profitto, e quindi del proprio guadagno, senza scrupoli, ad esempio produ-
cendo ordigni come le mine antiuomo, scacciando i contadini o i popoli
indigeni dalla loro terre per sfruttarne le risorse o attraverso la specula-
zione finanziaria senza freni. Solo uno sguardo sistemico potrà rendersi
conto che in molti casi l’aiuto più efficiente non è quello che viene da
donazioni generose, ma dal cambiamento del modo in cui il sistema
funziona, creando divari e ingiustizie. Un impegno in ambito sociale e
politico, per promuovere cambiamenti strutturali e favorire la nascita di
alternative, potrebbe rivelarsi l’opzione più altruistica, anche se meno re-
munerativa dal punto di vista monetario.
In altri termini, non tutte le prospettive si rivelano ugualmente e ade-
guatamente attrezzate per articolare quello che tradizionalmente siamo
abituati a chiamare come il rapporto tra carità e giustizia, che non possono
fare a meno l’una dell’altra. Oggi questa riflessione è probabilmente chia-
mata a rinnovarsi, per declinarsi nella chiave della sostenibilità e della cura;
ma questo risulta assai più agevole all’interno di una impostazione “inte-
grale”, che parte dal presupposto “tutto è connesso, tutto è in relazione” su
cui si fonda ad esempio la proposta dell’enciclica Laudato si’.

Tensioni dinamiche
Le posizioni a cui danno voce Singer e Perrot, così come quelle che
abbiamo evocato in questi spunti, circolano nella cultura in cui siamo
immersi e quindi, in modi e gradi diversi, concorrono a determinare la
nostra visione del mondo e le nostre scelte di comportamento. Metterle
in dialogo è un modo di esplicitarle, così da poterle riconoscere innanzi
tutto dentro di noi. L’obiettivo non è costruire un improbabile sincre-
tismo che smorzi tensioni che in alcuni casi appaiono inconciliabili,

Dialogare per discernere • 667


ma utilizzare quelle tensioni come spinta a continuare a interrogarsi
sulla propria lettura della realtà, senza dare mai nessuna soluzione per
definitivamente assodata: per quanto elaborata con cura, sarà sempre par-
ziale e suscettibile di integrare il contributo positivo di altri punti di vista.
Solo così potremo mantenere quella flessibilità che in un mondo sempre
più complesso e in rapido cambiamento è indispensabile anche per andare
efficacemente in soccorso degli altri.
È l’istanza del discernimento, che anche Perrot evoca nella conclusione
del suo intervento, inserendosi in una lunga e consolidata tradizione. È
un punto su cui molto insisteva il card. Carlo Maria Martini: nella ste-
sura di queste pagine ci siamo ispirati alle sue riflessioni, la cui ricchezza
è possibile approfondire grazie al recentissimo volume Farsi prossimo (cfr
riquadro a fondo pagina). Si apre con la omonima lettera pastorale pub-
blicata dall’Arcivescovo nel 1985, in cui si trova un brano che risulta qui
particolarmente pertinente, perché articola gli stessi interrogativi e le stesse
tensioni con cui ci siamo confrontati in queste pagine. Riflettendo sulla
pratica tradizionale dell’elemosina, la forma forse più elementare di soc-
corso a chi è nel bisogno, Martini afferma: «Può essere un gesto ambiguo.

Farsi Prossimo

Carlo Maria Martini


Farsi prossimo

A cura di Paolo Foglizzo


Prefazione di Luis Antonio Tagle
Introduzione di Giacomo Costa

Bompiani, Milano 2021, € 25,00


(€ 20,00 per gli abbonati ad Aggiornamenti Sociali
tramite il sito della rivista)

Si articola in due tomi, il primo tema della carità e della prossimità, che
disponibile in formato cartaceo ed ha rappresentato uno degli assi portanti
elettronico, il secondo scaricabile da dell’episcopato martiniano.
Internet, il sesto volume dell’Opera I testi sono disposti organicamente in tre
omnia del gesuita arcivescovo di Milano, blocchi tematici, o parti. La Prima, “Farsi
promossa dalla Fondazione Carlo Maria prossimo”: un discernimento ecclesiale per
Martini. Sotto il titolo Farsi prossimo, la carità, è dedicata l’articolato processo
raccoglie gli interventi e i documenti sul ecclesiale che condusse alla celebrazione

668 • Giacomo Costa SJ – Paolo Foglizzo


dialoghi

Può incoraggiare la pigrizia e la menzogna in chi lo riceve, mentre in chi


lo compie può far nascere l’idea di sentirsi a posto, senza andare alla radice
dei problemi. Nel fare l’elemosina, quindi, è necessario un grande realismo
e soprattutto bisogna evitare che essa diventi il surrogato di altri interventi
più completi ed efficaci. Pur con questi rischi, l’elemosina contiene molti
valori. Innanzitutto è un gesto di aderenza alla realtà. Anche nella nostra
civiltà ci sono situazioni di povertà difficilmente individuabili e sanabili
a livello sociale. Anzi, proprio alcuni meccanismi della nostra civiltà del
progresso e del benessere tendono a produrre disadattati, emarginati, aso-
ciali. Occorre certo intervenire perché i meccanismi siano corretti, così che
non producano effetti negativi; o perché, una volta prodotti tali effetti, si
trovino rimedi a livello sociale. Intanto, però, occorre fare qualcosa». E
conclude: «La carità suggerisce quello che di volta in volta si può fare».
Cogliere questi suggerimenti è compito della coscienza, il luogo in cui
risuonano le interpellanze della realtà e determiniamo il corso delle nostre
azioni e l’orientamento della nostra vita. Un dialogo autentico e profondo
con una pluralità di posizioni è uno strumento fondamentale per far ma-
turare la coscienza e renderla sempre più capace di un discernimento che
abbia un impatto reale.

del convegno di Assago (1986), anch’esso «E l’amore del Padre, che mette nei
intitolato “Farsi prossimo”, e segue poi nostri cuori lo Spirito Santo, ci muove,
il dipanarsi dell’attuazione pratica delle malgrado tutto, a chiederci sempre: che
sue conclusioni. La Seconda parte, La cosa potrei fare per amare di più, per
pratica della prossimità, accompagna perdonare di più, per capire di più, per
Martini nella sua riflessione sulla accogliere di più?».
prossimità praticata, e anche nel suo Dalla lettura continuata di questi testi
impegno personale diretto, proponendo emergono le posizioni del Cardinale sulle
ad esempio le parole pronunciate in situazioni del suo tempo e in rapporto
occasione delle regolari visite alle carceri ai dibattiti allora in corso, e intuizioni
milanesi; ma non mancano quelle ancora in grado di ispirarci; soprattutto
dedicate ad altre forme di sofferenza via via traspare che alla base c’è un
ed emarginazione e all’impegno sociale metodo, che rende Martini capace
e politico per realizzare una società più di andare in modo originale al cuore
giusta. La Terza parte, Radici e orizzonti di problemi su cui la sua formazione
della prossimità, documenta il lavoro di di esegeta non gli forniva alcuna
scavo fondativo e di ritorno riflessivo competenza specifica. È questo metodo,
sui temi della prossimità in cui Martini che applica all’approfondimento delle
si è costantemente impegnato, a partire dinamiche sociali l’approccio della lectio
da alcuni esempi di lectio divina sui divina, facendone occasione di preghiera
temi della carità, per chiudersi con una che trasforma la vita, l’eredità martiniana
riflessione sulla giustizia, anche divina, più preziosa che il volume consente di
che ci rilancia una domanda perenne: cogliere.

© FCSF - Aggiornamenti Sociali • 669


welfare

Per contrastare la povertà:


una proposta di riforma
del Reddito di cittadinanza

Roberto Rossini
Portavoce nazionale dell’Alleanza contro la povertà in Italia
<portavoce@alleanzacontrolapoverta.it>, @Rob_Rossini5

disoccupazione ● disuguaglianza sociale ● esclusione sociale ● inclusione ● lavoro ●


legge finanziaria ● marginalità ● occupazione ● politica sociale ● povertà ● reddito di
cittadinanza ● rete sociale ● welfare

Fin dalla sua istituzione nel 2019, il Reddito di cittadinanza è oggetto


di dibattiti molto accesi, tra posizioni spesso fortemente ideologiche.
È possibile sottrarsi alla polarizzazione e allo scontro? Ci ha provato
l’Alleanza contro la povertà in Italia, attraverso uno studio sull’impatto
effettivo della misura, che evidenzia altresì i limiti su cui intervenire per
aumentarne l’efficacia a tutela dei più poveri. In particolare, anche in
vista dell’esame di quanto prevede in materia la Legge di bilancio per
il 2022, l’Alleanza ha formulato otto proposte di riforma, qui illustrate.

N
egli ultimi mesi le controversie politiche hanno trasformato il Red-
dito di cittadinanza (RdC) nel simbolo del divanismo assistenziale e
della mollezza statale. Sono in troppi a sottolineare come il sussidio
vada nelle tasche sbagliate e pochi a ricordare come tuteli milioni di veri
poveri e sia stato un argine alla povertà nei mesi più bui della pandemia.
Attualmente ne beneficiano oltre 3,5 milioni di cittadini, quando, secondo
l’ISTAT, i poveri assoluti (cioè coloro che non dispongono di un reddito
sufficiente ad acquistare un paniere di beni e servizi ritenuti essenziali) sono
oltre 5,5 milioni 1. C’è chi usa questo dato per affermare che il RdC non è
efficace, visto che non copre una parte rilevante delle famiglie in povertà
assoluta. La critica diventa ancor più accesa se si considera che dal lato del-
la lotta alla povertà di reddito e dell’inclusione sociale il RdC risulta
efficace solo in parte e a macchia di leopardo, e dal lato dell’inclusio-
ne lavorativa mostra ancora vistose carenze. Non sono rilievi da sotto-
1 ISTAT, La povertà in Italia. Anno 2020, 16 giugno 2021, in <www.istat.it>.

670 • Aggiornamenti Sociali dicembre 2021 (670-676)


welfare

Alleanza contro la povertà in Italia

L’Alleanza contro la povertà in Italia


nasce a fine 2013 quando un insieme
di soggetti sociali decide di unirsi per
contribuire alla costruzione di politiche
pubbliche contro la povertà assoluta
nel nostro Paese. Il primo impegno
fu l’elaborazione della proposta del
REIS (Reddito di inclusione sociale),
presentata il 14 ottobre 2014 (cfr
Alleanza contro la povertà in Italia, fa parte anche Aggiornamenti Sociali.
«Per un piano nazionale contro la Roberto Rossini ne è il portavoce
povertà. La proposta del Reddito nazionale, il Comitato scientifico è
di inclusione sociale (REIS)», in composto da Andrea Ciarini (Università
Aggiornamenti Sociali, 11 [2014] 718- La Sapienza di Roma), Rosangela
724). Successivamente si è dedicata Lodigiani (Università Cattolica di
al monitoraggio dell’efficacia delle Milano), Franca Maino (Università di
misure di contrasto alla povertà via via Milano), Michele Raitano (Università
introdotte nel nostro Paese (SIA, REI e La Sapienza di Roma), Stefano Sacchi
RdC), spingendo per il loro continuo (Politecnico di Torino), Lorenzo Lusignoli
miglioramento. Al momento risulta (Alleanza contro la povertà in Italia).
composta da 36 soggetti, tra cui il Cfr anche il sito dell’Alleanza, <www.
JSN – Jesuit Social Network Italia, di cui alleanzacontrolapoverta.it>.

valutare. Ma gli studi compiuti da alcuni membri del comitato scientifico


dell’Alleanza contro la povertà dimostrano che senza i sussidi attivati durante
la pandemia, compreso il Reddito di emergenza, i poveri assoluti in Italia
sarebbero aumentati di oltre tre milioni di unità, anziché di uno solo.

1. Una proposta di riforma del RdC


Pur nella convinzione del ruolo fondamentale che il RdC sta svolgendo
nel nostro sistema di welfare, piuttosto che difenderlo “a prescindere”, abbia-
mo scelto di approfondirne l’analisi attraverso un attento lavoro condotto dai
membri del nostro comitato scientifico. Lo scopo è individuare come supe-
rare sia le criticità strutturali dello strumento, in parte già da noi evidenziate,
sia le nuove problematiche emerse con la pandemia. La nostra conclusione è
che il RdC va rafforzato, non indebolito, soprattutto in termini finan-
ziari, a partire dalla Legge di bilancio 2022, attualmente in discussione. In
particolare, sulla base del nostro lavoro di ricerca, di cui anticipiamo alcuni
risultati, indichiamo vari punti 2 su cui riteniamo occorra agire al più presto.
2 Una presentazione più analitica è disponibile nel Position paper basato sui risultati della

ricerca condotta dall’Alleanza e disponibile in <www.alleanzacontrolapoverta.it/le-news/


ArtMID/813/ArticleID>.

Per contrastare la povertà: una proposta di riforma del Reddito di cittadinanza • 671
a) Non penalizzare le famiglie numerose
Al momento l’importo del sussidio è parametrato alla numerosità di
ciascun nucleo familiare sulla base di una serie di coefficienti o scala di
equivalenza che assegna un valore molto basso ai componenti della fami-
glia oltre il primo, favorendo così i single a scapito delle famiglie numerose,
che fanno più fatica a rispettare i parametri di reddito per accedere al RdC
e in ogni caso ricevono una prestazione proporzionalmente più bassa.
Non ci sono evidenze scientifiche a sostegno di questa scala di equi-
valenza. La nostra proposta è adottare invece la scala di equivalenza
ISEE (Indicatore della situazione economica equivalente, lo strumento abi-
tualmente adottato per misurare la condizione economica delle famiglie),
che è assai più generosa nei confronti delle famiglie numerose: sarebbe-
ro 400mila le famiglie, attualmente escluse da parametri troppo restrittivi,
che potrebbero beneficiare del sussidio, mentre l’importo medio percepito
aumenterebbe di circa 1.800 euro annui per nucleo familiare, con una
riduzione della povertà di circa 0,6 punti percentuali e un onere annuo per
il bilancio pubblico di circa 3,2 miliardi.

b) Non penalizzare gli stranieri


Eccessivamente stringenti sono anche i requisiti di accesso per le fami-
glie straniere, per le quali si aggiunge la condizione di risiedere in Italia da
almeno dieci anni, di cui gli ultimi due continuativamente. Una misura
di sostegno al reddito finanziata dalla fiscalità generale, cioè dalle
imposte versate da tutti i residenti (stranieri compresi), non dovrebbe
discriminare in base alla cittadinanza, se non con un vincolo minimo

Come funziona il Reddito di cittadinanza


Il Reddito di cittadinanza è stato dedicato <www.redditodicittadinaza.
introdotto con il D.L. 28 gennaio 2019, gov.it>, i CAF (Centri di assistenza fiscale)
n. 4, «Disposizioni urgenti in materia di o gli uffici postali, che la trasmettono
reddito di cittadinanza e di pensioni», all’INPS entro dieci giorni lavorativi.
con l’obiettivo di contrastare il dilagare Entro cinque giorni l’INPS provvede alla
della povertà nel nostro Paese. verifica dei requisiti e, in caso di esito
Possono farne richiesta tutti i positivo, riconosce il beneficio, che
maggiorenni in condizione di difficoltà viene erogato attraverso un’apposita
economica e in possesso dei requisiti carta di pagamento elettronica. Sono
richiesti, se italiani o cittadini di Paesi previste sanzioni penali per chi dichiara
UE. I cittadini di altri Paesi possono di possedere requisiti che poi non si
beneficiarne a condizione di risiedere dimostrano tali.
da almeno 10 anni in Italia, di cui gli Per ottenere la prestazione i soggetti
ultimi 2 continuativamente. La domanda riconosciuti idonei devono rispettare
può essere presentata attraverso il sito alcune “condizionalità”, che riguardano

672 • Roberto Rossini


welfare

per scoraggiare comportamenti opportunistici. Nessun Paese europeo pone


condizioni altrettanto esigenti nei confronti degli stranieri. La nostra pro-
posta è di abbassare il vincolo di residenza a due anni, come già prevedeva
il Reddito di inclusione (REI), la misura di contrasto alla povertà in vigore
prima del RdC, con un incremento di circa 150mila famiglie beneficiarie,
una caduta di 0,3 punti percentuali del tasso di povertà e una maggiore
spesa di circa 900 milioni.

c) Adottare requisiti di accesso più razionali


L’accesso al RdC è vincolato al contemporaneo rispetto di quattro re-
quisiti, relativi al reddito familiare, al patrimonio (mobiliare e immobiliare
separatamente) e all’ISEE. Si tratta di un insieme incoerente, sia perché
l’ISEE già combina la considerazione di reddito e patrimonio, sia perché
l’ammontare del sussidio viene poi determinato solo sulla base del reddito.
In particolare, sono numerosi i nuclei esclusi perché hanno un patrimonio
mobiliare appena superiore alla soglia: si tratta famiglie fragili, con piccoli
risparmi in banca che impediscono loro di accedere alla misura. Per rea-
lizzare una misura più efficace ed equa, proponiamo di rivedere la coerenza
complessiva dell’insieme di requisiti monetari, reddituali e patrimoniali,
innalzando la soglia relativa al patrimonio mobiliare o rendendola flessibile.

d) Accompagnare la predisposizione della pratica


La presentazione della domanda per accedere al RdC (cfr il riquadro
qui sotto) richiede una serie di documenti e autodichiarazioni. Questo pro-
cesso è arduo per alcune categorie di beneficiari particolarmente “fragili”

l’immediata disponibilità al lavoro e gli impegni previsti nel Patto, tra cui
l’adesione a un percorso personalizzato accettare almeno una di tre offerte di
di accompagnamento all’inserimento lavoro congrue.
lavorativo e all’inclusione sociale. Al In caso di bisogno complesso, sono
rispetto di queste condizioni sono convocati dai servizi sociali comunali
tenuti i componenti del nucleo familiare per formalizzare il Patto per l’inclusione
maggiorenni, non occupati e che non sociale. I servizi sociali procedono a
frequentano un regolare corso di studi. una valutazione multidimensionale che
In caso di bisogno limitato all’ambito mette in luce bisogni e punti di forza dei
occupazionale, entro trenta giorni dal nuclei familiari. Su questa base vengono
riconoscimento dell’idoneità, i beneficiari identificati e condivisi con la famiglia
sono convocati dai Centri per l’impiego gli interventi e gli impegni finalizzati
per stipulare il Patto per il lavoro; sono alla fuoriuscita dalla povertà, che sono
tenuti a collaborare alla redazione del poi sottoscritti all’interno del Patto per
bilancio delle competenze e a rispettare l’inclusione sociale.

Per contrastare la povertà: una proposta di riforma del Reddito di cittadinanza • 673
di fronte alla burocrazia, come gli stranieri o le persone con scarse compe-
tenze digitali. Per questo è importante accompagnare le persone nella fase
d’invio della domanda.

e) Personalizzare la presa in carico


La piattaforma informatica del RdC suddivide automaticamente i ri-
chiedenti in tre gruppi: coloro che sono potenzialmente occupabili, inviati
ai Centri per l’impiego (CpI) per firmare l’immediata disponibilità al lavo-
ro e il Patto per il lavoro; coloro che non hanno prospettive occupazionali,
inviati ai servizi sociali per la definizione e la firma del Patto per l’inclusio-
ne; coloro che hanno diritto al mero beneficio economico, essendo esclusi
dalle condizionalità per età o perché già occupati. Questo “smistamento
automatico” non dà sempre risultati affidabili. La possibilità di rinvio dai
CpI ai servizi sociali, prevista dal dispositivo, si scontra con alcuni ostacoli
pratici, da carenze di organico o di competenze di alcuni uffici, a prassi
di collaborazione disomogenee, alla scarsa interoperatività tra piattaforme
informatiche e conseguente lentezza comunicativa. Il risultato è che il di-
sagio di alcuni nuclei rischia di passare “sotto i radar”. Nel complesso
risulta compromessa la fase di presa in carico dei beneficiari. Perciò
proponiamo di reintrodurre l’analisi preliminare del nucleo beneficiario,
così da valutarne adeguatamente i bisogni multidimensionali, rivedendo il
meccanismo automatico di selezione dei percorsi di inserimento e miglio-
rando la collaborazione tra CpI e servizi sociali territoriali, così da essere
più capaci di intercettare il disagio sociale.

f) Valorizzare i Progetti utili alla collettività


Secondo l’attuale normativa, i beneficiari del RdC sono tenuti a svolgere
nel Comune di residenza i Progetti utili alla collettività (PUC), prevalen-
temente in ambito culturale, sociale, artistico, ambientale, formativo o di
tutela dei beni comuni. Dovrebbero rappresentare un’occasione di inclu-
sione e crescita per i beneficiari e per la collettività, ma nei fatti risultano
scarsamente utilizzati ed efficaci ed è forte il rischio di derubricarli a mero
adempimento burocratico. Il limite principale risiede in una impostazione
paternalistica e “punitiva”, basata sullo stereotipo del “povero fannullone”
che va obbligato a svolgere un’attività. Se organizzati bene, tuttavia, i PUC
possono essere un’opportunità per il Comune e per il beneficiario e
rappresentare un effettivo valore aggiunto nei percorsi personalizzati di
reinserimento lavorativo e sociale. Per questo dovrebbero perdere l’attuale
impostazione paternalistica e puntare sul potenziamento delle capacità, rivol-
gendosi in particolare ai soggetti più fragili. Perciò proponiamo di renderli
volontari, semplificandone altresì la gestione dal punto di vista burocratico.

674 • Roberto Rossini


welfare

g) Rendere efficaci i percorsi di attivazione lavorativa


I dati mostrano come i percorsi di attivazione lavorativa rimangano un
problema aperto, anche perché gli attuali beneficiari hanno profili poco
spendibili sul mercato del lavoro, da cui sono sostanzialmente esclusi: nel
2020, metà di coloro che hanno sottoscritto il Patto per il lavoro non aveva
un’occupazione (regolare) da almeno tre anni e un terzo non l’aveva mai
avuta. Serve un ripensamento, anche in vista dell’ingresso nella platea dei
beneficiari di nuovi nuclei, con un diverso profilo. Stimiamo che possa-
no essere fino a 160mila, pari all’8,6% del totale: in maggioranza nuclei
monoreddito la cui persona di riferimento, spesso occupata nei settori del
commercio, della ristorazione e alberghiero, ha perso il lavoro a seguito del-
la pandemia, più giovani, con una maggiore diffusione nel Centro-Nord e
una maggiore presenza di lavoratori autonomi.
Per questa ragione, è urgente associare al sostegno economico per-
corsi ben funzionanti e mirati di aggiornamento e miglioramento
delle competenze, che consentano a chi ha perso il lavoro di mettere a
frutto la propria esperienza, trovando una nuova occupazione o avviando
un percorso di autoimprenditorialità.

h) Evitare la trappola della povertà


Al momento non è possibile combinare sussidio e reddito da lavoro:
trovare un’occupazione regolare comporta per i beneficiari del RdC una
riduzione del sussidio pari all’importo della retribuzione guadagnata, a
parte alcuni mesi iniziali in cui la decurtazione è solo parziale. Questo
costituisce un disincentivo all’occupazione regolare, in quanto, a differenza
del lavoro in nero, non comporta alcun miglioramento delle condizione
economiche della famiglia, che rischia così di rimanere intrappolata in una
condizione di povertà.
Occorre invece ridisegnare il RdC per renderlo anche un in-work
benefit, che favorisca la ricerca di un’occupazione regolare (dipendente
o indipendente) durante la fruizione del sussidio, e farlo funzionare in
modo strutturale come complemento al reddito. Questo può avveni-
re prevedendo che la riduzione del sussidio sia inferiore all’importo della
retribuzione generata dal nuovo lavoro: la nostra proposta è di abbassarla
dall’attuale 100% al 60%, introducendo la compatibilità tra reddito da
lavoro e sussidio fino al raggiungimento di una soglia-limite.

2. Una prospettiva di fondo


Il giusto approccio riformista, che ci siamo proposti di adottare, indica
che rispondere alle critiche – alcune fondate – mosse al RdC richiede di
analizzarne con cura il funzionamento e gli effetti, per proporre come ren-
Per contrastare la povertà: una proposta di riforma del Reddito di cittadinanza • 675
derlo più funzionale. Il dibattito in corso appare invece assai politicizzato
e ideologico, probabilmente anche a causa della natura di provvedimento
bandiera di una parte politica che il RdC ha fin dalla sua introduzione. In
particolare, troppo spesso e in modo strumentale si usano espressioni
che confondono i “furbetti” con i poveri, con il risultato che molti
finiscono per considerare i poveri come dei “furbetti”. Questo non è
accettabile, perché abbiamo a che fare con persone, e con persone fragili,
che vanno trattate con delicatezza e rispetto. Anche gli interventi sull’im-
pianto della misura vanno soppesati con cura, perché possono cambiare
il destino di molti. Per questo, come Alleanza contro la povertà abbiamo
scelto una strada diversa: studiare la realtà della povertà per poterla raccon-
tare e formulare proposte competenti. In questi mesi abbiamo dialogato
con molti organi di stampa e istituzionali e auspichiamo che ora, anche in
sede di discussione della Legge di bilancio, questo lavoro dia i suoi frutti. A
riguardo, l’Alleanza ha espresso una valutazione negativa degli interventi in
materia di RdC contenuti nel disegno di legge di bilancio 2022, approvato
dal Consiglio dei ministri il 10 novembre 2021, in quanto non recepisco-
no nessuna delle proposte qui illustrate, che pure erano state largamente
riprese anche dal Comitato scientifico per la valutazione del RdC istituito
presso il Ministero del Lavoro e delle politiche sociali.
C’è in gioco il destino di milioni di persone, e anche la traiettoria del
faticoso sviluppo della nostra democrazia. Lentamente, grazie al contribu-
to di molti filoni di pensiero, la nostra società si è liberata dell’idea che la
povertà sia una colpa o un castigo, dichiarando l’uguaglianza di tutti i cit-
tadini e concretizzandola attraverso misure che danno a ciascuno il diritto
a una possibilità e anche a una seconda possibilità: è questo il senso ultimo
dello Stato sociale. Tra l’altro, per i cattolici, alla base dell’impegno politico
vi è da sempre una concezione di democrazia che non si limita a una di-
chiarazione formale di uguaglianza, ma promuove una vera giustizia
sociale per consentire il pieno esercizio della libertà e della partecipazione.
In questo senso non si possono fare distinzioni tra i poveri. Intro-
durne alcune, magari surrettiziamente attraverso un distorto riferimento
al merito, è molto pericoloso e rischia di scatenare una drammatica lotta
tra penultimi e terzultimi della fila; gli ultimi, purtroppo, sono già così
esclusi che nemmeno vi prenderebbero parte. Per evitare errori, occorrono
la libertà e la volontà di guardare la realtà così com’è. Sul tema della po-
vertà si ascoltano invece discorsi pericolosi. Per contrastarli, l’unica strada è
stare davvero vicino alle persone e, a partire da questa vicinanza, elaborare
proposte di cambiamento.

676 • © FCSF - Aggiornamenti Sociali


Economia sommersa e illegale
Infografica di Mauro Bossi SJ
Il rapporto dell’ISTAT descrive l’andamento dell’economia non osservata in
Italia nel periodo 2014-2019. Quasi tutte le sue componenti mostrano una
contrazione: cala il volume delle sottodichiarazioni al fisco circa il fatturato
e diminuisce anche la portata del lavoro irregolare. Si registra invece un
lieve aumento dell’economia illegale.

Valore aggiunto dell’economia non osservata, sommersa e illegale (2019)

19,4 mld totale

0,3%
9,5%
ATTIVITà
203
mld
altro ILLEGALI

0,6
mld
37,9% 52,3%
ECONOMIA SOMMERSA ECONOMIA SOMMERSA
lavoro irregolare sottodichiarazioni

76,8 106,2
mld mld

L’economia non osservata L’economia sommersa include tut-


(Non-observed economy, NOE) te le attività economiche che sono
include tutte le attività economiche volutamente nascoste alle autorità
che, per varie ragioni, sfuggono fiscali, previdenziali e statistiche.
all’osservazione statistica. Essa prin- Il sommerso è generato principal-
cipalmente comprende l’economia mente in due modi: tramite false
sommersa e l’economia illegale. dichiarazioni al fisco (ad esempio
Nel periodo 2014-2019 in Italia è scontrini e fatture non rilasciati), e
diminuita di 9,2 mld, pari a 4,3%. mediante il lavoro irregolare.

© FCSF Aggiornamenti Sociali - dicembre 2021


Quanto incide l’economia sommersa
sul PIL italiano

Variazione storica dell’incidenza dell’economia sommersa


sul valore aggiunto nazionale

SOTTODICHIARAZIONI LAVORO IRREGOLARE ALTRO

13,4 %
12,9 %
12,4 % 12,5 %
11,9 %
11,4 %
1,1%
1,2%
1% 1%
1,1%
1%

5,5%
5,4%
5,2%
5,1%
4,9%
4,8%

6,7%
6,3% 6,2% 6,3%
5,9%
5,6%

2014 2015 2016 2017 2018 2019


Diminuisce il lavoro irregolare
Numero dei lavoratori irregolari (mln)

3,700
3,675
3,644
3,586

2016 2017 2018 2019

Irregolari sul totale dei lavoratori (2019)

46,4%
Servizi alla persona

18,8%

Agricoltura, silvicoltura e pesca

16,3%

Edilizia

Il ricorso al lavoro irregolare da Tuttavia, l’incidenza delle unità


parte di famiglie e imprese è una lavorative irregolari segna un calo
caratteristica strutturale dell’eco- tra il 2016 e il 2019. Nel periodo in
nomia italiana e riguarda, in misura esame, il lavoro regolare aumenta di
maggiore, i lavoratori dipendenti circa 464mila unità (+2,3%), mentre
rispetto ai lavoratori autonomi. i non regolari registrano un calo di
circa 89mila unità (-2,4%).
Economia illegale in leggera crescita

Valore aggiunto delle attività illegali (mld)*

stupefacenti prostituzione contrabbando di sigarette

20,3 21,2 21,5 22,1


totale 2016 totale 2017 totale 2018 totale 2019

0,7
0,6
0,7
0,6

4,7 4,8
4,7
4,7

15 15,7 16,2 16,6

2016 2017 2018 2019

*I valori riportati riflettono anche l’andamento dei prezzi nei mercati di riferimento.
Gli stupefacenti sono particolarmente soggetti a variazioni di prezzo.

L’economia illegale include sia i Paesi dell’Unione Europea sono


beni e i servizi la cui produzione, la produzione e il commercio di
distribuzione o possesso sono stupefacenti, la prostituzione e il
illegali, sia quelli che, pur essendo contrabbando dei tabacchi. Non
legali, sono esercitati da operatori sono incluse altre attività illegali,
non autorizzati. Le attività illegali per esempio le estorsioni connesse
considerate come parte del PIL dei a fenomeni mafiosi.
Come si osserva l’economia
non osservata?
Come si può notare dai grafici, di stupefacenti, alla prostitu-
la componente maggiore dell’e- zione e al contrabbando di ta-
conomia sommersa è costituita bacco. Per quanto riguarda i
dalle sottodichiarazioni e dal la- primi, la stima si basa sull’ana-
voro irregolare. La stima della lisi della domanda: il numero
sottodichiarazione viene effet- stimato di consumatori e le abi-
tuata tramite modelli matematici tudini di consumo per tipolo-
che collegano dati patrimoniali, gia di sostanza. Invece, nel caso
fonti amministrative e risultati di della prostituzione, la valuta-
indagini. I modelli di stima de- zione viene effettuata sulla base
vono quindi essere combinati dell’analisi dell’offerta: la coorte
con le caratteristiche economi- dei soggetti che esercitano la
che, organizzative e tecnologi- prostituzione, classificati in va-
che delle imprese, le quali ven- rie tipologie, il numero di pre-
gono suddivise in gruppi per stazioni giornaliere e i relativi
adattare i modelli con maggiore prezzi. Per il contrabbando del
precisione. Le imprese sottodi- tabacco la metodologia inte-
chiaranti sono individuate con- gra l’analisi dell’offerta e quella
frontando il reddito dichiarato della domanda.
e la soglia minima che giustifica Tutte queste stime seguono una
il mantenimento dell’attività metodologia elaborata da Euro-
d’impresa. stat e applicata uniformemente
Per fare una stima del lavoro ir- in tutta l’Unione Europea. In-
regolare, invece, vengono presi fatti, il valore aggiunto dell’eco-
in considerazione i vari settori nomia non osservata confluisce
economici. Anche in questo nel PIL nazionale e i contributi
caso sono integrate informa- che ciascun Paese versa all’U-
zioni da varie fonti, come le ore nione Europea sono in rela-
lavorate, i dati INPS e quelli che zione al PIL. Per tale motivo, la
emergono da indagini specifi- stima del valore aggiunto delle
che nei vari settori. attività illegali è limitata a quel
La stima del valore aggiunto ri- tipo di attività che sono diffuse
sultante da attività illegali è ef- in modo omogeneo in tutti gli
fettuata in riferimento al traffico Stati membri.

Fonti: ISTAT, L’economia non osservata nei conti nazionali. 2016-2019,


18 ottobre 2021, in <www.istat.it>. Elementi grafici: The Noun Project.
internazionali

Il rebus dell’Afghanistan

Giovanni Barbieri
Assegnista di ricerca presso il Centro di Ricerche in Analisi economica e sviluppo
economico internazionale (Cranec), Università Cattolica del Sacro Cuore
<Giovanni.Barbieri@unicatt.it>, @GiovanniB_85

afghanistan ● cina ● fondamentalismo ● islam ● politica internazionale ● rapporto


religione-società ● russia ● stati uniti ● terrorismo

Il ritorno al potere dei talebani sembra riportare indietro nel tempo il


Paese asiatico, che dall’invasione sovietica del 1979 è segnato da una pro-
fonda instabilità interna ed è divenuto il teatro in cui le potenze mondiali
si confrontano e si scontrano in modo diretto o indiretto. Perché è avve-
nuto tutto questo? Quali ragioni hanno spinto l’Amministrazione Biden a
decidere il ritiro delle truppe statunitensi? Quali prospettive si aprono ora
per l’Afghanistan?

N
elle ultime settimane del mese di agosto 2021 abbiamo assistito
alla partenza delle truppe statunitensi dall’Afghanistan: epilogo
drammatico della più ampia e, sotto molti punti di vista, falli-
mentare storia della guerra globale al terrore, menzionata per la prima volta
dal presidente degli Stati Uniti George W. Bush jr. il 16 settembre 2001,
all’indomani dell’attentato alle Torri gemelle. A quasi vent’anni di distanza
dall’avvio delle operazioni militari da parte dei Paesi occidentali, la situa-
zione in Afghanistan è, se possibile, peggiore. Adesso, la reale pacificazione
del Paese dipenderà dalla capacità delle varie componenti etniche, a partire
da quella maggioritaria dei pashtun, di concepire un assetto istituzionale
in grado di tenere insieme le diverse istanze esistenti all’interno del terri-
torio. A un livello più generale, invece, quanto accaduto in Afghanistan
invita a mettere in discussione le convinzioni e le motivazioni che hanno
giustificato l’inizio dell’intervento militare e la sua prosecuzione su un arco
temporale così esteso.

682 • Aggiornamenti Sociali dicembre 2021 (682-689)


internazionali

L’Afghanistan è davvero la tomba degli imperi?


Nel discorso del 16 agosto 2021, in cui annuncia il ritiro totale delle
truppe statunitensi dall’Afghanistan, Biden giustifica la sua decisione ri-
chiamando l’impossibilità di portare a compimento un reale processo di
transizione in un Paese privo di una popolazione e una classe dirigente suf-
ficientemente collaborative e affidabili, affermando: «Nessun intervento
militare potrebbe mai rendere stabile, unito e sicuro l’Afghanistan,
conosciuto storicamente come la tomba degli imperi» 1.
Se però si guarda alla storia dell’Afghanistan senza appiattirla in una
narrazione storico-politica marcatamente occidentale, bensì facendo ricorso
a un approccio pluralista alle questioni di politica internazionale, attento
alle specificità culturali dei popoli e delle società straniere, la retorica della
“tomba degli imperi” è ingiusta e autoassolutoria, fondata su una visione
eurocentrica dell’Afghanistan, che fa iniziare la storia del Paese con l’inva-
sione britannica nel XIX secolo. In questa prospettiva, l’operato degli Stati
Uniti è sostanzialmente paragonato a quello di molte altre grandi potenze
che nel passato hanno conquistato l’Afghanistan, senza riuscire a integrarlo
nelle proprie strutture politiche.
A smentire questo approccio è, però, proprio la ricca storia del Pae-
se asiatico, che ha visto l’alternanza di domini esterni e dinastie locali,
come testimoniano l’annessione all’Impero persiano nel VI secolo a.C., a
quello macedone, a opera di Alessandro Magno, nel 330 a.C., oltre alla
presenza di svariate civiltà, quali quelle dei kushan (30-350 d.C.) e, nella
fase di espansione dei domini musulmani in Oriente, dei gazhnavidi (977-
1186 d.C.) e dei timuridi (1370-1526 d.C.). Queste civiltà hanno intessuto
intensi e fiorenti rapporti commerciali, politici e culturali con gli altri Stati
del loro tempo, contribuendo a plasmare l’identità etnoculturale dell’Af-
ghanistan moderno. Tra il XVI e il XVIII secolo l’area che corrisponde al
moderno Afghanistan è soggetta alle mire dei Paesi limitrofi, divenendo
parte dell’Impero moghul, che si estendeva su buona parte dell’Asia meri-
dionale, e dell’Impero safavide persiano.
Nel 1747 il Paese diviene un regno indipendente guidato dalle tribù
pashtun. I decenni che vanno dal 1747 al 1839, anno di inizio della Prima
guerra anglo-afghana, sono convenzionalmente considerati come il periodo
in cui si struttura il moderno Stato afghano, la cui identità etnoculturale
sopravvive anche dopo la Seconda guerra anglo-afghana del 1878-1880,
che lo riduce a uno Stato vassallo dell’Impero britannico fino all’indipen-
denza nel 1919. Da quel momento, l’Afghanistan, tranne per alcune vicen-
1 Biden J., «Discorso sul ritiro dall’Afghanistan», in New York Times, 16 agosto 2021, <www.

nytimes.com/2021/08/16/us/politics/biden-taliban-afghanistan-speech.html>. Al proposito,
si veda un interessante contributo di Hainy-Khaleeli A., «Why we need to stop calling Af-
ghanistan “the graveyard of empires”», in Ajam Media Collective, 24 agosto 2021, <https://
ajammc.com/2021/08/24/stop-calling-afghanistan-graveyard-empires/>.

Il rebus dell’Afghanistan • 683


Afghanistan

La popolazione afghana, stimata intorno L’islam è la religione principale (i sunniti


a 38 milioni nel 2019, è molto composita sono circa l’80%).
dal punto di vista etnico e linguistico. Il tasso di alfabetizzazione al di sopra dei
Il gruppo maggioritario è quello dei 15 anni è del 43%.
pashtun (circa il 42%), seguito poi dai Il reddito annuo pro capite è di circa
tagiki (circa il 27%), dagli uzbeki (circa il 2.000 dollari.
10%) e dagli hazara (circa il 9%). L’aspettativa di vita media è di circa 50 anni.

GRUPPI ETNICI
AIMAKI
BELUCI
HAZARA
KIRGHIZI
NURISTANI
PAMIRI
PASHTUN
TAGIKI
TURKMENI
UZBEKI
ALTRO

de di potere interne, vive un lungo periodo di stabilità, con forti spinte alla
modernizzazione e allo sviluppo statuale portate avanti dai suoi sovrani.
Questa fase pacifica si interrompe nel 1979, in piena Guerra fredda, con
l’invasione del Paese da parte dell’Unione sovietica e l’inizio di un conflit-
to decennale, in cui sono coinvolti anche altri Paesi in via indiretta. Infatti,
le riforme politiche e sociali del Governo marxista guidato da Hafizullah
Amin suscitano forti malcontenti, che si traducono anche nella reazione
armata dei guerriglieri di matrice islamica chiamati mujahidin 2, sostenuti
militarmente e finanziariamente dagli Stati Uniti, dall’Arabia Saudita e dal
Pakistan. L’intervento di questi Paesi ha di fatto determinato la sconfitta
dell’Unione sovietica nel 1989, contribuendo a consolidare lo spirito di
fanatismo fondamentalista delle formazioni combattenti coinvolte, che ha
condizionato lo sviluppo successivo dell’Afghanistan, dando vita anche alla
componente dei talebani.

2 Faceva parte dei mujahidin, che ebbero fino a 4mila basi in Afghanistan, anche il gruppo

guidato e finanziato da Osama Bin Laden, che nel 1988 diede vita ad al-Qaida.

684 • Giovanni Barbieri


internazionali

Dietro la retorica della tomba degli imperi si riconosce la concezione


occidentale della politica internazionale, figlia del “grande gioco” per il
dominio strategico dell’Asia centrale, iniziato nel XIX secolo tra l’Impero
britannico e quello russo e continuato durante la Guerra fredda. Ma questa
lettura non ha una pregnanza particolare in riferimento all’Afghanistan, la
cui storia non differisce sostanzialmente da quella di altre regioni del mondo,
che sono state a loro volta oggetto di mire esterne e sedi di forti poteri nazio-
nali. Le vicende storiche afghane degli ultimi secoli si possono comprendere
meglio se si tiene in conto che il Paese asiatico costituisce un territorio
di transito e collegamento tra il vicino Oriente e l’Asia centrale, una
posizione strategica che ha concorso a porlo al centro di tensioni inter-
nazionali, divenendo un terreno di battaglia in cui i conflitti locali si sono
intrecciati con gli interessi delle potenze mondiali del momento.

Le ragioni occidentali per l’intervento militare


Mettere in una prospettiva più ampia le vicende afghane permette di
capire meglio le ragioni dell’esito finale dell’intervento militare statuni-
tense e occidentale nel Paese. Per quasi vent’anni si è sostenuto che questa
decisione fosse giustificata dall’esigenza di combattere una guerra globale
al terrore, senza interrogarsi sulle cause che hanno reso l’Afghanistan una
delle centrali mondiali delle attività di terrorismo internazionale, in cui,
tra l’altro, la presenza di fondamentalisti non era tanto diversa da quella di
altri Paesi limitrofi.
L’azione degli Stati Uniti e dell’alleanza atlantica si è concentrata
esclusivamente su operazioni di guerra e di intelligence nell’intero ter-
ritorio afghano, senza ricorrere con pari convinzione e risolutezza ad
altri strumenti di tipo umanitario (come investimenti, politiche redi-
stributive, attività a sostegno dello sviluppo umano, ecc.) o spendersi per
il rafforzamento delle istituzioni nazionali, che al pari dell’esercito non
hanno retto l’urto della rapida offensiva talebana. Non sono neanche state
prese misure collaterali coerenti, come ad esempio esercitare una pressione
effettiva sul Pakistan affinché desse una stretta alle scuole coraniche pre-
senti sul suo territorio e nelle quali si è formata la stragrande maggioranza
dei talebani. Inoltre, il Pakistan nei venti anni di occupazione militare
dell’Afghanistan ha più volte chiuso gli occhi sul controllo dei movimenti
dei talebani lungo il suo confine, nonostante avesse anche costruito una
barriera fisica per arginare questi sconfinamenti.
A giustificazione dell’intervento occidentale sono state richiamate
anche ragioni di natura politica, in particolare la costruzione di una
società afghana aperta, libera e democratica. Queste affermazioni han-
no fatto breccia anche presso il popolo afghano, come testimoniano gli
oltre 66mila soldati afghani che hanno perso la vita in questi anni com-

Il rebus dell’Afghanistan • 685


battendo contro le formazioni di al-Qaida o le scene di disperazione nelle
ore in cui gli eserciti occidentali lasciavano il Paese. La retorica della demo-
crazia e della libertà in lotta contro autoritarismo e terrorismo, un leitmotiv
di questi venti anni di guerra globale al terrore, si è infranta però contro
la dura realtà dei fatti. Dalla Libia all’Iraq, per finire con l’Afghanistan, la
lezione (non appresa) è che i tentativi di cambio di regime imposti dall’e-
sterno devono necessariamente fare i conti con le condizioni oggettive dei
Paesi coinvolti, considerando tutta una serie di fattori come, ad esempio, la
composizione etnica, gli aspetti culturali o i dati socioeconomici.
Un altro corollario di questa lezione è che la democrazia liberale dei
Paesi occidentali non è un modello sempre esportabile e tantomeno
universalmente valido, essendo il risultato dell’evoluzione di processi
sociali, politici e culturali interni a una specifica comunità. L’espe-
rienza realizzatasi di recente nei Paesi dell’Europa orientale è istruttiva: le
democrazie che si sono instaurate dopo il crollo del socialismo reale stanno
avendo un’evoluzione talvolta conflittuale su alcuni punti cruciali, come la
giustizia e la libertà di informazione, se raffrontate agli altri Paesi dell’U-
nione Europea. Queste considerazioni sono ancor più fondate se riferite
a un Paese come l’Afghanistan, la cui struttura sociale e politica è stata
storicamente caratterizzata dalla coesistenza (anche conflittuale) di gruppi
tribali di diverse etnie che tuttavia, nel corso dei secoli, hanno sempre tro-
vato un equilibrio politico che ne ha assicurato la convivenza. Prendere atto
di quanto è successo nel passato permette di smontare le interpretazioni
che descrivono il Paese asiatico come inevitabilmente destinato all’ingo-
vernabilità e all’instabilità istituzionale. Si tratta di posizioni che, oltre a
far trasparire l’idea di una superiorità occidentale, finiscono con impedire
che vi sia una vera revisione critica e assunzione di responsabilità politica,
morale ed etica per le scelte compiute.

I talebani

I talebani sono un gruppo di affermati come i vincitori della guerra


fondamentalisti islamici, costituito civile afghana successiva al ritiro
nel 1994 a Kandahar, in Afghanistan, dell’URSS, fondando l’Emirato islamico
dal mullah Mohammed Omar, che dell’Afghanistan e imponendo un
aveva combattuto con i mujahidin regime teocratico basato sulla rigida
nella guerra contro i sovietici. Il applicazione della sharia, la legge
primo gruppo era composto da una coranica. Rovesciati dall’intervento
cinquantina di persone, provenienti NATO del 2001 per i loro legami con
come il mullah Omar da tribù di etnia al-Qaida e con il terrorismo di matrice
pashtun e formatesi nelle scuole islamica, hanno continuato a svolgere
coraniche pachistane (da cui il nome attività terroristica e di guerriglia contro
talebani, che significa “studenti” in le truppe della coalizione internazionale
pashtu). Tra il 1995 e il 1996 si sono e quelle governative.

686 • Giovanni Barbieri


internazionali

Un Paese al centro dei giochi internazionali


A differenza di quanto è avvenuto in altri ambiti, in cui ha preso le
distanze in modo netto dal suo predecessore, il presidente Biden ha giusti-
ficato la decisione statunitense di ritirarsi dall’Afghanistan richiamandosi al
rispetto dell’accordo di Doha del febbraio 2020, siglato da Donald Trump
con i talebani, senza che il Governo afghano fosse coinvolto, venendo di
fatto marginalizzato e depotenziato. Il testo dell’accordo prevedeva che i ta-
lebani si impegnassero formalmente a contrastare le formazioni di al-Qaida
nei territori sotto il loro controllo e avviassero colloqui di pace con il Gover-
no afghano per giungere a un cessate il fuoco permanente. Ci troviamo così
di fronte a una situazione di difficile comprensione: poco più di un anno
fa i talebani erano evidentemente considerati un argine al fondamentali-
smo di al-Qaida, mentre ora sono di nuovo visti come un pericolo. Questa
vicenda mostra che per gli Stati Uniti nelle questioni di politica estera,
inscindibilmente legate a considerazioni di sicurezza nazionale, vi è
una sostanziale continuità, al di là dell’orientamento politico dell’Am-
ministrazione in carica, anche a costo delle ripercussioni negative che si
possono creare nei rapporti con gli alleati più stretti della NATO.
Secondo alcuni commentatori, la scelta del Governo statunitense si può
comprendere alla luce della crescente rivalità tra gli Stati Uniti e la Cina,
per estendere e rafforzare le rispettive sfere di influenza in Asia. Questo
serrato confronto si gioca soprattutto nell’area del Sudest asiatico, ma gli
Stati Uniti potrebbero trarre vantaggio dall’apertura di un ulteriore fronte
in Afghanistan: l’instabilità del Paese – su cui si appuntano molti interessi
cinesi – potrebbe infatti costituire un problema delicato per il gigante asia-
tico. La bontà di questa lettura da parte statunitense dipende da come rea-
girà la Cina alla nuova situazione di instabilità. Se si considerano i recenti
successi della Cina in tema di politica commerciale e di cooperazione
internazionale, si constata che l’approccio adottato è decisamente di-
verso da quello dei Paesi occidentali. Questi ultimi condizionano la coo-
perazione multilaterale all’accettazione preliminare da parte dei partner dei
principi, delle norme e delle regole liberali. La Cina invece ha un approccio
meno escludente, basato su una logica win-win: è sufficiente trovare pochi
punti condivisi tra le parti per rendere la cooperazione mutualmente van-
taggiosa. Il progetto cinese della Nuova via della seta 3, che coinvolge anche
l’Afghanistan, è un esempio evidente dell’efficacia di questa politica estera,
che privilegia i rapporti bilaterali a quelli multilaterali nelle questioni di
maggior interesse.
3 Annunciata nel 2013, la “Belt and Road Initiative” cinese è un progetto di infrastrutture

terrestri e marittime, pensato per connettere la Cina con l’Europa, l’Africa e i Paesi dell’Oceano
indiano. Al momento 140 Paesi hanno aderito all’iniziativa cinese, che continua a essere molto
discussa riguardo le sue effettive finalità e i risvolti economici e politici per quanti vi aderi-
scono. Cfr Cabestan J.-P., «Le nuove vie della seta», in Aggiornamenti Sociali, 1 (2020) 31-40.

Il rebus dell’Afghanistan • 687


D’altronde, la presenza della Cina in Afghanistan non è recente: a
partire dal 2007 si sono instaurati rapporti di cooperazione bilaterale per lo
sfruttamento di giacimenti di idrocarburi e di minerali, di cui il sottosuolo
afghano è particolarmente ricco. Anche la Russia ha seguito una strada
simile. Queste risorse non vengono utilizzate adeguatamente da parte dello
Stato afghano sul piano industriale e commerciale, mentre sono sfruttate
clandestinamente per finanziare i vari gruppi armati presenti nella regione.
Per la Cina la stabilità dell’Afghanistan è anche fondamentale se si consi-
dera il percorso di transito del cosiddetto corridoio sino-pachistano, che ha
come suo terminale il porto di Gwadar in Pakistan. Questa infrastruttura
costituisce una delle scelte strategiche del Governo cinese per assicurarsi
uno sbocco marittimo nell’Oceano indiano, evitando il poco sicuro acces-
so costituito in questo momento dallo Stretto di Malacca.
Per raggiungere i propri obiettivi, il Governo di Pechino potrebbe
adottare un approccio pragmatico, giocando la carta del negoziato
politico con Kabul e chiedendo al Governo talebano di interrompere i
suoi rapporti con l’East Turkestan Islamic Movement (ETIM) 4, attivo
nella regione autonoma dello Xinjiang, in cambio di un maggiore suppor-
to politico e diplomatico. Questi sviluppi, però, sono condizionati dagli
equilibri diplomatici nella regione, che vedono numerose frizioni tra i vari
Paesi, primo tra tutti l’India, che aderendo nel 2006 all’iniziativa strategi-
ca di sicurezza QUAD (Quadrilateral Security Dialogue), insieme a Stati
Uniti, Australia e Giappone, si è impegnata a contenere il crescente peso
politico, economico e diplomatico della Cina nell’area dell’Indo-Pacifico.

Gli snodi futuri per l’Afghanistan


In questo scenario ancora aperto, il G20 straordinario sull’Afghanistan
promosso dal presidente del Consiglio italiano Mario Draghi ha costituito
in qualche modo uno spartiacque per i posizionamenti internazionali ed
è stata la prima risposta multilaterale alla nuova crisi nella regione. Nel
corso della riunione l’attenzione si è concentrata su tre dossier principali: il
focus sulla crisi umanitaria, anche per prevenire forti ondate migratorie; la
lotta al jihadismo; il sostegno alle organizzazioni internazionali per prestare
soccorso alla popolazione. I lavori del G20 hanno mostrato l’intenzione
della maggioranza degli Stati di voler sostenere la popolazione afgha-
na e, allo stesso tempo, di rifiutare qualsiasi legittimazione al Gover-
no formato dai talebani. Non si tratta però di una posizione condivisa
da tutti gli attori internazionali: non è stato un caso che Cina e Russia

4 Il movimento fondamentalista East Turkestan Islamic Movement, addestrato da al-Qaida

e dai talebani negli anni ’90, è considerato responsabile degli attentati avvenuti in Cina e
principale causa della destabilizzazione dello Xinjiang, dove è maggioritaria l’etnia musul-
mana uigura.

688 • Giovanni Barbieri


internazionali

abbiano inviato una delegazione di basso profilo. In ragione delle loro esi-
genze strategiche, questi due Paesi, al di là della retorica diplomatica sul
multilateralismo, ritengono che il futuro di questa area del mondo passi
necessariamente dal confronto con l’attuale Governo afghano e con il
Pakistan, che ha giocato un ruolo chiave nelle recenti vicende. Soprattutto
la Cina sarà interessata a spingere in questa direzione, avendo bisogno che
nella regione vi sia stabilità e sicurezza per ragioni economiche e strategi-
che, data l’importanza del tratto pachistano e afghano della Nuova via
della seta. Questa prospettiva non è stata presa in considerazione dal G20,
ma sembra una via necessaria per far sì che il processo di transizione in
Afghanistan si svolga senza destabilizzare la sicurezza dell’intera regione.
Su un fronte interno, il futuro dell’Afghanistan dipende dalla volon-
tà e capacità del Governo talebano di leggere la situazione attuale del
Paese. Due sembrano gli snodi cruciali, tra loro connessi. Il primo riguar-
da l’instaurazione di relazioni stabili con gli unici due Paesi che ne possono
garantire l’integrità: l’Iran e il Pakistan. Il secondo concerne la creazione
di un Governo in grado di riflettere quanto più possibile la composizione
etnica e tribale della società afghana. La composizione attuale del Governo
afghano è ancora lontana da realizzare appieno questo aspetto, dato che la
stragrande maggioranza dei suoi membri sono di etnia pashtun (30 su 33),
localizzata soprattutto nella parte meridionale del Paese, e molto vicini al
Pakistan.

© FCSF - Aggiornamenti Sociali • 689


fede&giustizia

Stati Uniti: la fragile fiducia


nelle istituzioni governative

Thomas Massaro SJ
Docente di Teologia morale, Fordham University (New York)
<tmassaro@fordham.edu>, @tmassarosj

afghanistan ● bene comune ● democrazia ● dottrina sociale della chiesa ● governance ●


joe biden ● partecipazione politica ● stati uniti

La controversa gestione del ritiro delle truppe statunitensi dall’Af-


ghanistan evidenzia in maniera netta i fallimenti più rilevanti della
governance interna e internazionale degli Stati Uniti, e aggrava ulte-
riormente una già strisciante e generalizzata sfiducia nei confronti del
Governo federale. Come questa sfiducia nei governanti incide sulla
qualità stessa della democrazia statunitense e, in generale, di ogni
democrazia? Quali le possibili vie d’uscita?

L’
estate 2021 sarà ricordata per molti motivi, ma probabilmente ri-
marrà impressa nella memoria per la fine della presenza statuniten-
se in Afghanistan. Il rapido ritiro del personale statunitense (con
decine di migliaia di afghani esposti alle ritorsioni dei talebani per aver
collaborato con gli alleati occidentali) ha fornito storie molto toccanti e
immagini drammatiche che ricorderemo per decenni.
Senza entrare nel merito della decisione politica, la narrazione dominante
al momento è che il Governo degli Stati Uniti ha gestito in maniera disa-
strosa il ritiro dall’Afghanistan, proprio come fallimentare è stato il tentativo
lungo due decenni di costruire una nazione in una terra soprannominata “la
tomba degli imperi”. Di fronte a più di una dozzina di soldati statunitensi
caduti dell’ultimo minuto (nell’attacco terroristico del 26 agosto a Kabul) e

Testo originale inglese: Massaro T., «Afghanistan Withdrawal Highlights American’s


Withdrawal of Trust in Government», in Catholic Theological Ethics in the World Church, 28
settembre 2021, <https://catholicethics.com/forum/afghanistan-withdrawal/>. Traduzione e
adattamento a cura di Cesare Sposetti SJ. Neretti e riquadri a cura della Redazione.

690 • Aggiornamenti Sociali dicembre 2021 (690-694)


fede&giustizia

alle ampie riprese giornalistiche delle scene caotiche all’aeroporto di Kabul,


c’è stato poco interesse pubblico a prendere in considerazione una qualsiasi
visione più sfumata di ciò che è accaduto nei mesi estivi 1. I punti più medita-
ti dell’analisi che il presidente Biden ha svolto al termine del ritiro si sono in
gran parte persi nel fuoco incrociato dei commenti e nell’inesorabile ricerca
del colpevole subito cominciata nella blogosfera 2.

La trappola della sfiducia


Ci sono naturalmente molte vittime di questo episodio poco glorioso
nella storia militare e diplomatica degli Stati Uniti. Alcune lo sono in
senso letterale: soldati e civili (la maggior parte sicuramente donne) che
hanno tragicamente perso la vita, i mezzi di sussistenza o la libertà du-
rante i combattimenti o con la presa di potere dei talebani. Una vittima
indiretta e metaforica è la legittimità dei futuri interventi statunitensi
all’estero, a prescindere da quanto potrebbero essere meritori e necessari.
Nel bene e nel male, i costi del tentativo degli Stati Uniti di “mostrare i
muscoli” in Afghanistan – misurati in migliaia di miliardi di dollari e di
vite – rilanceranno sicuramente la “sindrome del Vietnam”, che scoraggia
gli interventi all’estero anche per ragioni urgenti, come fermare i genocidi
e proteggere i diritti umani delle minoranze in pericolo.
Un altro tipo di “danno collaterale” riscontrabile dalla cronaca di
quest’estate presenta ai filosofi morali una serie di preoccupazioni an-
cora più profonde, che toccano la prospettiva stessa dell’esperimento
democratico. L’“imbroglio” dell’Afghanistan non è certo l’unico sviluppo
cruciale degli ultimi mesi a scuotere la fiducia nelle scelte del Governo
in generale, non solo per quanto riguarda la politica militare o estera. Si
consideri questa lista, necessariamente parziale, dei recenti fallimenti per-
cepiti a livello di governance statunitense: l’andamento farraginoso e
irregolare della campagna vaccinale, nonostante l’insolita velocità con cui
i vaccini sono stati sviluppati; il notevole e doloroso ritardo nell’erogazione
delle misure di sostegno economico legate alla pandemia per le imprese, i
Governi locali, gli affittuari e le famiglie, molto tempo dopo l’entrata in
vigore delle leggi di finanziamento e la destinazione dei fondi 3; l’incapacità
di stabilire un compromesso efficace e stabile sui fondi per le infrastrut-

1 Per un’analisi più dettagliata della situazione in Afghanistan, cfr l’articolo di Barbieri G.,

«Il rebus dell’Afghanistan», in questo numero alle pp. 682-689. [N.d.R.]


2 Biden J., «Discorso dopo il ritiro delle truppe statunitensi dall’Afghanistan», in New York

Times, 31 agosto 2021, <www.nytimes.com/2021/08/31/us/politics/transcript-biden-speech-


afghanistan.html>.
3 Vi sono dati sorprendentemente bassi sull’effettiva erogazione dei sostegni previsti,

spesso nell’ordine del 10-20%. Cfr Thrush G. – Rappeport A., «About 89% of Rental Assi-
stance Funds Have Not Been Distributed, Figures Show», in New York Times, 26 agosto 2021,
<www.nytimes.com/2021/08/25/us/politics/eviction-rental-assistance.html>.

Stati Uniti: la fragile fiducia nelle istituzioni governative • 691


ture, di cui c’è estremo bisogno 4; l’inazione del Congresso a fronte del
cambiamento climatico.
Questo elenco potrebbe essere ampliato e integrato con preoccupazioni
più generali e durature circa la percezione di spreco, corruzione, inefficien-
za e cattiva gestione riguardo al funzionamento delle agenzie governative.
Naturalmente, ognuno dei problemi ingestibili che le autorità pubbliche
sono chiamate ad affrontare ha le sue dinamiche e le sue cause di po-
tenziale frustrazione, ma il quadro complessivo dell’attività del Governo
statunitense non è incoraggiante.
«Senza unità non c’è pace, solo Indipendentemente dai fatti og-
amarezza e collera. Nessun progresso, gettivi (gli obiettivi sono effetti-
solo estenuante indignazione. Nessuna vamente spesso raggiunti, talora
nazione, solo uno stato di caos. [...] in tempo e rispettando i vincoli
Dobbiamo affrontare un attacco di budget), la percezione collet-
alla nostra democrazia e alla verità, tiva della cattiva gestione e dei
un terribile virus, una crescente fallimenti del Governo getta
disuguaglianza, il dolore del razzismo, una lunga ombra di sfiducia, e
una crisi climatica e il ruolo dell’America persino di disprezzo, in parti-
nel mondo. Uno qualsiasi di questi colare in un’epoca come la no-
problemi ci sfiderebbe in modo stra di polarizzazione politica
profondo, ma il fatto è che dobbiamo e di diffusione deliberata della
affrontarli tutti insieme». disinformazione.
L’erosione della fiducia nell’ef-
Joe Biden, Discorso di inaugurazione,
20 gennaio 2021 ficacia del Governo è aggravata
dalla pronunciata “vena liber-
taria”, presente in una nazione che di fatto si è fondata su una rivolta fi-
scale. Gli statunitensi sembrano particolarmente allergici alla burocrazia
e impazienti con le sue lungaggini, scettici nei confronti di qualsiasi pro-
gramma ambizioso che possa sapere di socialismo o di ingegneria sociale.
Nella “società di mercato” che siamo diventati, spesso presumiamo che, se
il Governo non può raggiungere gli obiettivi sociali in breve tempo e bene,
allora non dovrebbe nemmeno perseguirli; il denaro dei nostri contribuenti
è meglio speso nel settore privato, attraverso il funzionamento dei mercati
e l’azione volontaria.
Le espressioni più estreme del sentimento antigovernativo sono
chiaramente incoerenti – anche i più accesi libertari riescono a iden-
tificare una serie di beni pubblici che vale la pena perseguire attraverso
un modesto livello di tassazione per sostenere la finanza pubblica – ma
è comunque opportuno riflettere sui pericoli del precipitoso declino
della fiducia nei meccanismi di governo. I sondaggi rilevano una dimi-
nuzione costante negli ultimi decenni della fiducia nelle principali istitu-
4 Un accordo bipartisan ha permesso l’approvazione dell’Infrastructure Investment and

Jobs del valore di 1.200 miliardi di dollari il 5 novembre 2021. [N.d.R.]

692 • Thomas Massaro SJ


fede&giustizia

zioni della vita pubblica statunitense; ma particolarmente scoraggiante è


l’erosione della fiducia in tutti i meccanismi di governo. L’incompetenza
delle autorità pubbliche offre un valido repertorio a comici e autori di
satira. I funzionari governativi incapaci – come ci dice la nostra narrativa
culturale dominante – raramente impiegano le loro energie in obiettivi
socialmente benefici e, anche quando si imbattono in qualcosa che valga
la pena di intraprendere, i loro sforzi sono vanificati dalla cattiva gestione,
dalle costose spese generali e dalle conseguenze indesiderate.
È fin troppo facile trovare ulteriori esempi in cui si ha la percezione di
fallimenti politici, che alimentano questo mulino di sentimenti antigo-
vernativi. Poiché il sistema federale statunitense richiede la cooperazione
di enti governativi a diversi livelli, il funzionamento del Governo è gene-
ralmente lento, farraginoso e indiretto. È invece difficile calcolare quanto
sia cresciuta la percezione negativa e, naturalmente, come invertire questa
linea di tendenza. Il governo democratico come lo conosciamo è avvitato
in una spirale di “morte da mille tagli”, a causa di questa crescente perdita
di fiducia dei cittadini a cui fanno seguito impazienza ed estremo cinismo?
C’è forse qualche spazio per l’ottimismo?

Margini di speranza
Se ci sarà un’inversione di tendenza, essa comporterà sicuramente uno
sforzo per attingere ai nostri ideali collettivi riguardo a obiettivi socia-
li meritori, sui quali possiamo facilmente essere d’accordo, persino in
un’epoca fortemente polarizzata come la nostra. I filosofi morali potrebbero
essere inclini a proporre ampi obiettivi come la riduzione della povertà o
la difesa dei diritti umani in patria e all’estero; se questi si rivelano anco-
ra divisivi, forse aspirazioni più modeste come la trasparenza e l’onestà di
base nel Governo potrebbero fornire un punto d’incontro. Verso la fine di
questa estate difficile, un segno di potenziale rinnovamento è apparso nella
leadership di uno dei nostri più grandi Stati. Il 57° Governatore dello Stato
di New York (la prima donna a ricoprire l’incarico) ha prestato giuramento
il 24 agosto al Campidoglio di Albany, la capitale. Nel suo breve discorso
inaugurale, Kathy Hochul ha condiviso la sua priorità di voler rimodellare
la cultura della politica nell’“Empire State” – come viene chiamato lo Stato
di New York –, logorato dagli scandali. Ha promesso «un approccio nuovo
e collaborativo» nel governo statale, che include «un modo di governare
aperto ed etico», un chiaro riferimento alla sua intenzione di operare un
taglio netto rispetto al suo predecessore Andrew Cuomo, caduto in disgrazia
fra molteplici e attendibili accuse di molestie sessuali.
Ma in un senso più ampio, mentre i cittadini valutano le implicazioni
etiche della stessa impresa di governare, un tale appello al rinnovamento
politico è particolarmente toccante. Non si tratta solo di evitare gli scanda-

Stati Uniti: la fragile fiducia nelle istituzioni governative • 693


li o di scuotere l’establishment politico sulla difensiva, o anche di astenersi
dai comportamenti prepotenti che caratterizzano gran parte di ciò che oggi
passa per politica, ma di ravvivare le basi per la fiducia, un presupposto
essenziale per un governo di successo. «Voglio che le persone credano di
nuovo nel loro Governo», ha dichiarato la governatrice Hochul, «Per me è
importante che la gente abbia fede» 5.
Questo appello al rinnovamento – non a caso proveniente da parte di
un personaggio pubblico che abbraccia apertamente la sua fede cattolica
e che ha persino citato la Bibbia nel suo discorso inaugurale – si fonda su
qualcosa di più grande della semplice competenza tecnocratica o di
misure quantificabili di successo politico, per quanto possiamo giusta-
mente averne estremo bisogno in questo momento. L’impegno di Hochul
per un nuovo approccio si estende oltre il rimodellamento della politica
dello Stato di New York e il recupero dopo il turbolento mandato del com-
battivo Cuomo, ormai caduto in disgrazia: in definitiva, reca la promessa
di ribaltare le percezioni di tutti gli aspetti delle operazioni di governo.
Ricordandoci che il governo e il servizio pubblico sono «un compito
sacro» e fondamentalmente riguardano «le nostre speranze e i nostri so-
gni» (per citare altre due frasi del discorso inaugurale di Hochul), il nuovo
Governatore sta facendo eco alle intuizioni di papa Francesco nella sua
enciclica Fratelli tutti riguardo all’altezza del compito dell’azione di
governo a sostegno del bene comune, così come all’encomiabile vocazio-
ne dei funzionari pubblici che servono con onestà e integrità.
Contro i cinici e i libertari, il pensiero sociale della Chiesa ha a lungo
difeso il ruolo legittimo del Governo (limitato dal principio di sussidiarie-
tà) di intraprendere funzioni sociali cruciali, che nessun altro attore può
svolgere perché non possiede le risorse o gli incentivi. Mentre le nostre più
alte aspirazioni per tale azione collettiva sperimenteranno inevitabilmente
una certa dose di frustrazione, i cittadini commettono un grave errore
quando cedono alla tentazione della disperazione e rifiutano com-
pletamente il loro sostegno al Governo. Certo, nessuno è in grado di
amministrare un programma di salute pubblica impeccabile, tanto meno
di garantire un ritiro delle truppe perfettamente riuscito da un intrico
estero mal concepito, o di tracciare un percorso completo per affrontare il
cambiamento climatico; ma rifiutare ogni fiducia al Governo diventa una
sorta di profezia che si autoavvera, in grado di accelerare una spirale verso
il basso che minaccia la stabilità del nostro sistema liberaldemocratico.
Gli eventi dell’estate 2021 possono aver ulteriormente minato il nostro
livello collettivo di fiducia nelle autorità pubbliche, ma speriamo nondime-
no in una guarigione delle ferite e in un atteso rinnovo del contratto sociale
non scritto che è alla base del nostro esperimento di democrazia.
5 Tutte le citazioni in questo paragrafo sono tratte dal discorso inaugurale di Kathy Ho-

chul, cfr <www.c-span.org/video/?514260-1/york-governor-hochul-inaugural-address>.

694 • © FCSF - Aggiornamenti Sociali


bibbia aperta

Dominare o dominarsi?

Maurizio Teani SJ
Biblista
<teani.g@gesuiti.it>

bibbia ● dottrina sociale della chiesa ● ecologia integrale ● laudato si’ ● papa francesco

Un’erronea lettura del testo biblico dei racconti della creazione ha


talora favorito una logica di dominio e sopraffazione dell’essere umano
nei confronti del creato. Una lettura attenta del Salmo 8 può favorire un
cambio di prospettiva. È possibile recuperare uno sguardo di gratuito stu-
pore a fronte del dono del creato? Come rispondere alla chiamata a pren-
dersene cura senza cedere alla brama di impossessarsene e dominarlo?

«U
na presentazione inadeguata dell’antropologia cristiana ha fi-
nito per promuovere una interpretazione errata della relazione
dell’essere umano con il mondo. Molte volte è stato trasmesso
un sogno prometeico di dominio del mondo che ha provocato l’impressio-
ne che la cura della natura sia cosa da deboli. Invece l’interpretazione cor-
retta del concetto dell’essere umano come signore dell’universo è quella di
intenderlo come amministratore responsabile» (Laudato si’, n. 116). Questo
passo dell’enciclica di papa Francesco «sulla cura della casa comune» mo-
stra come l’atteggiamento di dominio nei confronti della realtà – più volte
denunciato nel documento (cfr LS, nn. 2, 75 e 106) – contrasti radical-
mente con il messaggio biblico.
Scardinare la diffusa mentalità per cui tutto quanto esiste nel mondo
è a disposizione dell’essere umano costituisce una sfida culturale di primo
piano, un passo necessario per vivere la conversione ecologica a cui la Lau-
dato si’ ci invita. Gli esempi di sfruttamento indiscriminato e sconsiderato
delle risorse naturali – espressione di una logica del dominio che è ancora
molto forte – purtroppo non mancano e le gravi conseguenze sono note
ed evidenti. Uno sguardo attento su questi eventi mostra in modo chiaro
che le azioni predatorie nei confronti del pianeta si accompagnano spesso

Aggiornamenti Sociali dicembre 2021 (695-700) • 695


con lo sfruttamento di altri esseri umani, la cui dignità è negata, ridotti a
piccoli ingranaggi di un meccanismo più grande, che beneficia solo pochi.
La questione cruciale è allora come riconoscere e neutralizzare la ten-
denza al dominio, che avvelena (anche in senso letterale) il nostro pia-
neta e le relazioni all’interno della nostra società. Nell’enciclica, papa
Francesco si sofferma in particolare sui racconti della creazione contenuti
nei primi capitoli della Genesi (cfr LS, nn. 65-75) per offrire uno sguardo
rinnovato (cfr Teani 2016), ma ulteriori spunti di riflessione possono essere
tratti da altri testi biblici, come il breve Salmo 8.

Stupirsi
Il Salmo 8 si apre (v. 2a) e si chiude (v. 10) con la stessa acclamazione,
introdotta dalla particella ebraica mah («che», «quanto»), un’espressione di
stupore e ammirazione, che ha come destinatario Dio stesso. La particel-
la ritorna al centro del salmo (v. 5), dove introduce una domanda piena
di meraviglia sull’essere umano, fragile ma esaltato dal Signore e oggetto
della sua cura costante. Verso questa domanda centrale convergono le due
espressioni di meraviglia, che le fanno da cornice.
Lo stupore, espresso all’inizio e alla fine, è motivato dal fatto che su
tutta la terra il nome del Signore si rivela mirabile (‘addîr). Il termine
ebraico indica ciò che è grandioso (cfr Ezechiele 17,23, in riferimento ai
cedri del Libano), ciò di fronte a cui si resta attoniti, colpiti da una ma-
estosità incomparabile. Il nome proprio di Dio compare come prima pa-
rola del salmo, ricevendo in tal modo un rilievo del tutto particolare (cfr
riquadro a p. seguente, la versione CEI rende con il termine «Signore» il
tetragramma sacro YHWH). È il nome che rimanda all’agire salvifico
del Dio di Abramo, di Isacco e di Giacobbe: in ogni circostanza, Egli è
stato e continua a essere colui che è con il suo popolo (cfr Rey 1998, 89;
Bovati 2000, 48-57). Tale nome mirabile, cifra della presenza benefica
divina, si identifica, di fatto, con quello rivelato a Mosè nell’episodio del
roveto ardente (Esodo 3,1), come Colui che è continuamente all’opera per
promuovere la libertà e la vita. Lo stesso testo del Salmo 8 ci dice infine
che è il nome di Colui che ha creato il cielo e la terra, che con le sue dita
ha plasmato ogni realtà.
Lo stupore espresso dal salmista nei confronti del nome di Dio non
è altro che l’espressione di una profonda esperienza interiore. Di fronte
all’azione di Dio nella creazione e nella storia, l’essere umano speri-
menta la meraviglia per qualcosa che va oltre ogni sua possibilità o
immaginazione. Si scopre piccolo – senza che questo vada inteso in un
senso negativo o sminuente – e parte integrante di una realtà più grande
e bella, di cui non è né l’artefice né il padrone. Questo passaggio è ben
mostrato dai vv. 4 e 5 del Salmo 8: qui lo stupore riguarda due aspetti

696 • Maurizio Teani SJ


bibbia aperta

tra loro strettamente connessi. Da un lato, è suscitato dalla fragilità


dell’essere umano, poca cosa se paragonato a Dio e alla sua opera;
dall’altro, emerge nel constatare che Dio non si dimentica dell’umanità
e se ne prende cura.
La meraviglia del v. 5 è collegata alla contemplazione del cielo nottur-
no (v. 4). È qui richiamata l’esperienza di chi, nell’oscurità della notte, si
sente avvolto dal chiarore, insieme tenue e avvincente, del cielo stellato.
Il cardinale Carlo Maria Martini, basandosi sull’attribuzione del salmo a
Davide (v. 1), vi legge un rimando alla sua fuga nel deserto, quando era
perseguitato da Saul (cfr 1Samuele 23). Si può immaginare che trovandosi
solo, di notte, braccato dalle guardie del re, sia rimasto folgorato dallo
spettacolo delle miriadi di stelle incastonate come pietre preziose sulla volta
celeste. «E mentre Davide si immerge in questa contemplazione si placa
gradualmente, dimentica i suoi affanni... e a un certo momento pensa: Ma
io sono amato da Dio! In fondo tutto questo universo è per me, Dio non
può dimenticarmi, Dio mi visita» (Martini 2018, 207).
In questa linea, si può richiamare anche la vicenda di Abramo. Di fron-
te al ritardo nel compiersi della promessa di una discendenza, egli esterna
davanti a Dio tutta la sua amarezza (Genesi 15,1-3). Il Signore non solo lo
rassicura sulla futura nascita di un figlio, ma gli offre un segno per sostene-
re la sua fede. Lo fa uscire dalla tenda (dalla sua visione angusta) e gli dice:
Guarda in cielo e conta le stelle, se riesci a contarle (Genesi 15,5). Il rimando
al cielo stellato costituisce il segno cosmico nel quale Abramo è con-
dotto a leggere la potenza di vita del Creatore. Lo spettacolo del cielo
notturno parla di Dio che ha fatto sorgere la luce dalle tenebre e che ha il
potere di suscitare la vita dentro una storia avvolta dall’oscurità.

Salmo 8,2-10

2 O Signore (YHWH), Signore nostro, il figlio dell’uomo, perché te ne curi?


quanto è mirabile il tuo nome su tutta 6 Davvero l’hai fatto poco meno di un
la terra! dio,
Voglio innalzare sopra i cieli la tua di gloria e di onore lo hai coronato.
magnificenza, 7 Gli hai dato potere sulle opere delle
3 con la bocca di bambini e di lattanti: tue mani,
hai posto una difesa contro i tuoi tutto hai posto sotto i suoi piedi:
avversari, 8 tutte le greggi e gli armenti

per ridurre al silenzio nemici e ribelli. e anche le bestie della campagna,


4 Quando vedo i tuoi cieli, opera delle 9 gli uccelli del cielo e i pesci del mare,

tue dita, ogni essere che percorre le vie dei mari.


la luna e le stelle che tu hai fissato, 10 O Signore, Signore nostro,
5 che cosa è mai l’uomo perché di lui ti quanto è mirabile il tuo nome su tutta
ricordi, la terra!

Dominare o dominarsi? • 697


Il salmista, come Abramo e Davide, è testimone delle luci, piccole e
insieme luminose, che si sono accese dentro di lui e che lo hanno convinto
della cura premurosa del Signore: il chiarore delle stelle simboleggia la
modalità, efficace anche se poco appariscente, con cui il Signore vince
le tenebre e promuove sulla terra il fiorire della vita.

Dominare l’animalità
Soffermiamoci ancora sullo stupore che scaturisce nel contemplare la
potenza di vita di Dio, operante nel mondo intero, segno della sua costan-
te sollecitudine, che trova l’espressione massima nei confronti dell’essere
umano. La domanda piena di meraviglia del v. 5 si prolunga fino al v. 9
attraverso una serie di sei verbi. Il testo può essere reso come segue: «Che
cos’è l’uomo, per ricordartene, averne cura, farlo poco meno di un dio, in-
coronarlo di gloria e di onore, dargli potere sugli animali, tutto sottoporre
ai suoi piedi?». I verbi, allineati in rapida successione, illustrano l’agire
benefico di Dio a favore di ogni figlio dell’uomo (ben ‘adam). L’espressione,
presente nel v. 5b, indica colui che viene dalla terra (‘adamah) e ad essa
ritorna (Genesi 3,19b). Rimanda alla finitudine creaturale di ogni persona.
Lo stesso significato è veicolato dal termine ‘enôsh che ricorre nel v. 5a
(Salmo 103,15: L’uomo [‘enôsh]: come l’erba sono i suoi giorni! Come un fiore
del campo, così egli fiorisce. Se un vento lo investe, non è più).
L’attenzione premurosa di Dio verso la fragile creatura umana è espressa
innanzitutto attraverso i verbi ricordare (zakar) e visitare (paqad) (v. 5). Il
primo non significa semplicemente «avere presente», bensì «avere a cuore»,
«interessarsi di...». Il secondo è il verbo del pastore (cfr Geremia 23,2; Zac-
caria 11,16): indica il «prendersi cura di...». I quattro verbi successivi (vv.
6-7) mostrano come la cura di Dio si concretizzi nella concessione della
dignità regale all’essere umano, che diviene così una sorta di luogotenente
di Dio sulla terra. I verbi, in effetti, descrivono il cerimoniale di un rito
di investitura. Il primo (chasar) significa «stabilire», «porre». Ad ‘Adam
Dio ha assegnato nella creazione una posizione appena inferiore rispetto
a quella degli esseri che fanno parte della corte celeste, ministri dediti
all’esecuzione della volontà divina (definiti, nel linguaggio mitologico qui
utilizzato, «dèi»). Lo ha poi «coronato» (‘atar) di gloria e di onore. In forza
di tale incoronazione, gli ha conferito il potere (mashal) su tutta la realtà.
In particolare, gli ha sottomesso («posto sotto i piedi») il mondo animale,
affidandogli il compito di governarlo come un pastore.
Come Dio esercita la signoria sulle forze del caos attraverso la sua
parola, facendo emergere un mondo senza violenza, così l’essere umano
è chiamato a esercitare con mitezza la sua signoria sugli animali. Tale
signoria deve orientarsi prima di tutto sull’animalità che ‘Adam porta den-
tro di sé (Beauchamp 1983, 173-174). Infatti, tale dimensione animale,

698 • Maurizio Teani SJ


bibbia aperta

fatta di impulsi istintuali, se lasciata a se stessa, spinge a cercare la propria


sopravvivenza e a imporre il proprio dominio, usando di tutto e di tutti
per il proprio interesse. Imparando a dominare l’animalità e a non la-
sciarsene dominare, l’essere umano, investito del potere regale, si rende
autenticamente responsabile nei confronti della creazione.

Farsi piccoli
Chi è veramente in grado di esercitare un dominio effettivo sull’ani-
malità? Chi è in grado di provare sincero stupore di fronte alla grandezza
del nome, che traspare dalla creazione (cfr Salmo 19,2-7; Matteo 6,25-34) e
dalla storia (cfr Isaia 29,23; Ezechiele 36,22-27)? La risposta è contenuta nei
vv. 2b-3. Sono i bambini a cantare la grandezza del Signore, qui associati ai
lattanti, a coloro che pronunciano per la prima volta le parole e imparano
a scoprire il senso della realtà. Nella Bibbia i bambini, come gli umi-
li, i poveri, raffigurano quanti, scevri da ogni forma di presuntuosa
autosufficienza, sono aperti e recettivi nei confronti di Colui che è
l’origine della vita.
È allora necessario, come ricorderà Gesù ai suoi discepoli, farsi piccoli,
diventare come bambini: In verità io vi dico: se non vi convertirete e non
diventerete come bambini, non entrerete nel regno dei cieli. Perciò chiunque
si farà piccolo come questo bambino, costui è il più grande nel regno dei cieli
(Matteo 18,2-4). Le parole del Maestro non sono un invito a regredire allo
stadio infantile. Sono un appello ad assumere l’atteggiamento di colui che
impara a scrutare la realtà con riverente stupore. «Su un punto il fanciullo è
più grande dell’adulto: è schietto e senza sotterfugi. Il fanciullo, più dell’a-
dulto, ha la simpatia delle cose, sa trasferirsi in esse per coincidere con ciò
che hanno di unico e di inesprimibile. La lode infantile non è trattenuta
dai calcoli e dai ragionamenti ai quali si abbandona l’adulto per rifiutare,
con la lode, la generosità del dono di sé» (Lack 1982, 230).
Il canto di lode che esce dalla bocca dei bambini è il baluardo con cui
Dio contrasta coloro che avversano la sua opera, coloro che si fanno suoi
nemici e mettono le mani su tutto e su tutti, pensando di essere i padroni
del mondo (cfr Beauchamp 1983, 170-175). Contro di loro Dio ha predi-
sposto una sorprendente strategia di difesa: non elimina con la forza ogni
opposizione, ma fa leva sulla testimonianza inerme dei piccoli. Attraverso
l’adulto che diventa bambino, Dio disperde l’arroganza dei presuntuo-
si difendendo il senso della creazione, secondo cui la vita è un dono
e si conserva se viene donata. Questo testo è significativamente ripreso
da Matteo 21,14-16. Al v. 16 viene citato Salmo 8,3, mettendo in risalto
il contrasto tra la lode senza calcoli dei piccoli e l’indignazione, carica di
malevolenza e gelosia degli scribi e dei sommi sacerdoti (gli avversari). Solo
i piccoli sanno riconoscere con gioia in Gesù mite il Re atteso.

Dominare o dominarsi? • 699


Guardare avanti
Il messaggio veicolato dal Salmo 8 può sembrare utopistico. La vicenda
del figlio dell’uomo risulta ripetutamente segnata da oscurità e fallimenti.
È realmente in grado di dominare l’aggressività e la violenza bestiale, che
inquinano la relazione con gli altri e con la natura? Tutto dipende dalla
prospettiva a partire dalla quale viene letto il salmo. Esso va interpretato
non come una raffigurazione fattuale dell’umanità, ma come profezia di
quello che l’essere umano è chiamato a diventare in forza di una promessa
originaria. Descrivendo il progetto di Dio sulla storia, il salmo ricorda
che il Signore è all’opera per portare ogni persona e l’intera umanità alla
dignità regale a cui sono chiamati.
Abbiamo sperimentato in questo percorso come il Salmo 8 ci aiuti ad
ampliare il nostro sguardo sulla relazione con il creato. Lo stupore provato
nei confronti del nome mirabile di Dio e del cielo stellato porta ogni es-
sere umano al riconoscimento profondo della sua creaturalità. Questa
può essere percepita senz’altro come limitatezza e fragilità, eppure proprio
questo essere limitato e fragile è chiamato a divenire “pastore” della crea-
zione, dell’animalità che ha di fronte e persino in se stesso, come Dio lo è
nei suoi confronti. Non attraverso dinamiche di potere o secondo la logica
dello sfruttamento e dello scarto, ma “diventando bambino”, capace di
accogliere se stesso, il prossimo e tutto il creato come un dono gratuito.
Capace anche di «prendere dolorosa coscienza» di quanto sfigura la
bellezza della creazione tutta, osando «trasformare in sofferenza personale
quello che accade al mondo» (LS, n. 19). La grave crisi ecologica e sociale
di cui papa Francesco parla nella Laudato si’ e la riluttanza e la difficoltà
dei grandi della terra a farvi fronte sono ormai sotto gli occhi di tutti. Una
conversione radicale del nostro sguardo sulla realtà del creato, nella dire-
zione indicataci dal salmista, può divenire la chiave per una speranza nel
futuro che appare tanto possibile quanto necessaria.

Risorse

Beauchamp P. (1983), Salmi notte e (2019), «Che cosa è l’uomo?» (Sal


giorno, Cittadella, Assisi. 8,5): un itinerario di antropologia
Bovati P. (2000), «Il roveto ardeva per biblica, Libreria Editrice Vaticana,
il fuoco (Es 3,2)», Libreria Editrice Città del Vaticano.
Vaticana, Città del Vaticano. Rey B. (1998), «Moïse et la révélation
Lack R. (1982), Mia forza e mio canto du Nom», in Lumière et Vie 237 (2)
è il Signore, Paoline, Roma. 83-91.
Martini C.M. (2018), La Scuola della Teani M. (2016), «Il vangelo della
Parola, Bompiani, Milano. creazione», in Aggiornamenti so-
Pontificia Commissione Biblica ciali, 2, 164-167.

700 • © FCSF - Aggiornamenti Sociali


letture&visioni

#giustizia climatica
a cura di Mauro Bossi SJ

L’equazione dei disastri e sociale del nostro tempo. In


Antonello Pasini questo dossier proponiamo
La decarbonizzazione felice diversi modi di accostarsi al
Enrico Mariutti problema: dal punto di vista della
scienza fisica del clima, da quello
Le (dis)avventure della delle riforme socioeconomiche
famiglia zero rifiuti o quasi…
da attuare e da quello dei
Bénédicte Moret
comportamenti sociali. Nessuna
I cambiamenti climatici di queste prospettive è assoluta:
toccano una molteplicità di per fare scelte di giustizia
temi e approcci: si tratta di un climatica occorre metterle in
fenomeno da comprendere sul relazione tra di loro, secondo
piano scientifico, ma anche di l’approccio integrale della
una grande questione economica Laudato si’.

Antonello Pasini

L’equazione dei disastri


Cambiamenti climatici su territori fragili

Codice Edizioni, Torino 2020


pp. 162, € 16

N egli ultimi anni, ampia riso-


nanza è stata data ad alcuni
fenomeni meteorologici estremi
vale a dire una zona nella quale il
riscaldamento avvierebbe trasfor-
mazioni più repentine e radicali?
che hanno interessato il nostro Pa- Antonello Pasini, climatologo
ese, dalla tempesta Vaia nell’otto- del CNR e docente di fisica del cli-
bre 2018 fino all’uragano Apollo, ma, offre in questo libro una pista
di tipo Medicane (Mediterranean scientifica per orientarsi tra le in-
hurricane), che ha recentemente formazioni sui rischi a venire. Lo fa
colpito la Sicilia. Si tratta solo di concentrandosi sul rischio idroge-
una tendenza mediatica, sollecitata ologico e proponendo un modello
da quanto recentemente accadu- per stabilirne una stima quantitati-
to, oppure della presa d’atto di un va: è “l’equazione dei disastri”, che
cambiamento climatico già in atto dà il titolo al volume e che stabi-
nel territorio italiano, da alcuni in- lisce una relazione tra il pericolo
dicato come un hotspot climatico, (un evento esterno che può colpire

Aggiornamenti Sociali dicembre 2021 (701-710) • 701


una certa area), il rischio (il grado elemento che l’Italia deve fare i
di possibilità che tale evento possa conti: una temperatura più alta
causare danni a territori, infrastrut- incrementa l’evaporazione dell’ac-
ture e persone), l’esposizione (il qua, che forma così nubi tempora-
numero di unità a rischio in una lesche. Per esempio, in occasione
determinata area), e la vulnerabili- dell’alluvione di Genova del 2011,
tà (l’esposizione di beni e persone fu registrata una temperatura del
a un certo evento). Mar Ligure superiore di 3 °C alla
Questo modello è la chiave per media stagionale. Anche la posizio-
avere una comprensione scienti- ne della penisola, situata intorno
ficamente fondata al punto di incontro
dell’impatto dei cam- tra le correnti africa-
biamenti climatici ne e l’aria più fredda
sullo stivale. L’equa- dell’Europa setten-
zione va integrata trionale, esporreb-
da un’altra impor- be maggiormente
tante considera- le nostre regioni a
zione, relativa alla violente precipi-
differenza tra il tazioni.
tempo meteoro- L’A. rivolge poi
logico e il clima. Il l’attenzione alle
primo riguarda lo caratteristiche del
stato atmosferico in territorio italiano mo-
un preciso tempo e dificato da una pro-
area, il secondo inve- fonda antropizzazio-
ce ha un significato ne e, soprattutto, da
statistico e rappresenta l’evolu- un modello di gestione dei territori
zione di alcune grandezze – come non resiliente; in particolare, l’A. si
temperatura, umidità e pressione – riferisce alla concentrazione della
lungo un’ampia scala temporale e popolazione in grandi centri, con
su aree molto vaste. Confrontando la conseguente creazione di vaste
i dati relativi a regioni e periodi di- aree urbane cementificate e quindi
versi, possiamo così ottenere pro- impermeabili; si pensi inoltre all’e-
iezioni sull’evoluzione del clima, dificazione selvaggia di tante aree
individuando anche le probabilità costiere che sono divenute territori
del manifestarsi di certi fenomeni fragili sul piano idrogeologico.
atmosferici. È così che la climato- Il riscaldamento globale è ormai
logia, osservando i cambiamenti un fatto incontestabile e, anche
climatici avvenuti negli ultimi due negli scenari di più decisa riduzio-
secoli, arriva a formulare previsioni ne dei gas serra, le prossime gene-
per il futuro. razioni dovranno comunque fare i
Il caso italiano è di particolare conti con un pianeta più caldo. Se
interesse: nell’ultimo secolo, è stato non possiamo eliminare il pericolo
registrato un aumento di tempera- di eventi meteorologici estremi,
tura di 2 °C, il doppio della media possiamo e dobbiamo, tuttavia,
globale. Essendo una penisola intervenire sul versante della ge-
circondata dal mare, è con questo stione del rischio, operando per

702 • a cura di Mauro Bossi SJ


letture&visioni

rendere meno vulnerabili i nostri tato che può aiutarci a misurare le


territori. È questo il messaggio nostre preoccupazioni e a passare,
del volume, che si apprezza per la così, dalle paure generiche sul fu-

#giustizia climatica
chiarezza dell’esposizione, accessi- turo all’assunzione di responsabili-
bile anche ai non addetti ai lavori. tà per il presente.
Si tratta di un lavoro ben argomen- Mauro Bossi SJ

Enrico Mariutti

La decarbonizzazione felice
Un modello green a misura d’Italia

Il Sole 24 Ore, Milano 2020


pp. 160, € 14,90

L a decarbonizzazione sarà un
bagno di sangue economico,
da pagare con un’inevitabile de-
L’A. passa in rassegna quattro
macrosettori del panorama italia-
no, particolarmente bisognosi di
crescita? Non necessariamente. La innovazione – il patrimonio fore-
transizione comporterà un’impor- stale, l’agricoltura e l’allevamento,
tante riorganizzazione di molti set- gli assetti urbani e i trasporti, infine
tori produttivi e delle loro catene l’industria e i servizi avanzati –,
di valore: questa sfida apre scenari argomentando strategie di riforma
caratterizzati da nuove possibili- e proposte concrete che integrano
tà di investimento e da percorsi di la dimensione degli investimenti,
innovazione in mol- la creazione di nuovi
ti ambiti economici. posti di lavoro, e l’as-
Enrico Mariutti, colla- sorbimento di CO2.
boratore de Il Sole 24 Troviamo apprezzabi-
Ore, traccia in que- le che l’A. prenda le
sto libro diverse mosse proprio dal-
strade, per coglie- la gestione delle
re le opportunità aree montane,
offerte dalla de- sede del patri-
carbonizzazione monio boschivo,
e dal Green Deal la maggior parte
europeo al nostro delle quali rientra-
Paese, per distribui- no nel novero delle
re opportunità di be- aree interne, segnate
nessere alle fasce so- dal basso tasso di
ciali e ai territori più occupazione, dall’ar-
deboli e per garanti- retratezza dei servizi,
re competitività al nostro sistema dall’invecchiamento della popo-
produttivo. lazione e dallo spopolamento;

#giustizia climatica • 703


territori sui quali la classe dirigente gas serra e dei loro impatti globali,
italiana sembra avere rinunciato cosa che resterebbe appannaggio
a scommettere. Questo dimostra della scienza fisica del clima. Per ri-
come la transizione offra anche appropriarci della portata pubblica
l’opportunità di guardare al ter- del dibattito, dobbiamo coglierne
ritorio italiano in una prospettiva soprattutto la trasversalità come
diversa, immaginando possibilità fatto scientifico ma anche socioe-
di crescita al di fuori di quelli che conomico. La parola della scienza
sembrano i percorsi obbligati. non basta a mobilitare una società;
Molte sono le proposte del libro occorre quindi «costruire connes-
e andrebbero discusse una ad una. sioni, convergenze, empatia» per-
Nondimeno, nel complesso l’A. ché «la decarbonizzazione si deve
svolge un esercizio apprezzabile di incastrare perfettamente nella real-
integrazione tra le diverse dimen- tà, non stravolgerla, deve riempire
sioni della decarbonizzazione. Dalla i vuoti, non rompere gli equilibri»
capacità di tenere insieme obiettivi (p. 148).
ambientali, economici e sociali, La decarbonizzazione felice, oltre
portando anche attenzione ai loro ad essere un’utile rassegna di idee
eventuali conflitti, dipenderà l’ac- da discutere, è interessante come
cettazione sociale, quindi la riuscita esercizio di pensiero, che valorizza
di questo processo. la pars construens socioeconomica
Ragionare in questo modo ci della crisi climatica, aiutandoci a
permette di sfuggire alla tentazio- individuare le connessioni virtuose
ne di appiattire la questione clima- già esistenti o da attuare.
tica sulla stima delle emissioni di Mauro Bossi SJ

#flash
La quinta
stagione che vi corrispondano i cicli naturali: la
“quinta stagione” è un inverno immo-
bile, che segna la fine dell’abitabilità
regia di
della Terra. Protagonista del film è la
P. Brosens e J. Woodworth
natura, alla quale gli autori dedicano
lunghe riprese silenziose, indugiando
Belgio – Francia – Paesi Bassi 2012
sugli alberi spogli e sullo sguardo degli
Drammatico, 93 min.
uccelli. La quinta stagione non è un film
sui problemi ambientali ma una meta-
Nelle Ardenne, una comunità rurale si fora, costruita attraverso un’accurata
ritrova per il tradizionale falò che segna ricerca fotografica, sugli effetti della
la fine dell’inverno; misteriosamente, il scissione tra essere umano e natura.
fuoco non si accende. La stagione della Ma è una metafora non lontana dalla
fertilità non tornerà più: le api muoio- realtà: la storia narrata è quella che
no, le vacche non danno più latte, la sperimentano, in molte aree del mon-
terra è sterile, il gallo non canta. L’e- do, le popolazioni che subiscono le
sercito requisisce il bestiame e la fame conseguenze del dissesto ecologico. Il
si diffonde. Il film scandisce lo scorrere film è disponibile, nella versione italia-
delle stagioni successive, ma senza na, su alcune piattaforme digitali.

704 • a cura di Mauro Bossi SJ


letture&visioni

Bénédicte Moret

Le (dis)avventure della famiglia zero rifiuti


o quasi…

#giustizia climatica
Come sopravvivere un anno senza rifiuti
(con qualche parolaccia)

Sonda, Milano 2020


pp. 160, € 18

È possibile vivere riducendo al


minimo i rifiuti che producia-
mo? Questa domanda importante
stra attraverso microstorie di poche
tavole i vari passi compiuti dalla
giovane famiglia per ridurre i rifiuti
e per nulla semplice prodotti, in partico-
(si stima che nel 2019 lare gli imballaggi e i
ogni cittadino italiano contenitori di plastica.
ha prodotto circa 500 Si inizia dalla scelta di
kg di rifiuti secon- passare dai grandi
do l’Ispra-Istituto supermercati ai ne-
superiore per la gozi di quartiere,
protezione e la ri- dalla decisione di
cerca ambientale) produrre in casa
è stata presa sul alcuni prodotti di
serio da una giova- pulizia o per l’igiene
ne famiglia francese. personale, con risul-
Per Bénédicte Moret e tati altalenanti, alla
Jérémie Pichon, i due difficoltà di staccarsi
genitori, l’idea di az- da abitudini di consu-
zerare i rifiuti prodotti mo ormai radicate. Il
per un anno era coerente con il loro tutto è narrato con una sana dose
impegno ecologico di lunga data, di autoironia e leggerezza, che non
ma era anche un modo per coinvol- ignora l’importanza dell’argomento,
gere i loro giovani figli, Mali e Dia, ma evita il rischio di cadere in un
in un’avventura vissuta «come un tono serioso e autocompiaciuto.
gioco e una sfida». Per raccontare Dopo un anno, la famiglia Pichon
le loro scelte quotidiane, i piccoli è passata da 390 a 25 kg di rifiuti
successi e i cedimenti, Bénédicte e prodotti e ha deciso di non ab-
Jérémie hanno inizialmente aperto bandonare questo stile di vita. Nel
un blog e un account Facebook (@ graphic novel vi sono vari consigli
famillezerodechet); in un momento su come poter fare un’esperienza
successivo è nata l’idea di scrivere analoga e risposte alle critiche più
un libro e il graphic novel realizzato ricorrenti, affinché ognuno possa
da Bénédicte, che qui presentiamo. trovare il proprio modo di prender-
Dopo le prime pagine, dedicate a si cura del pianeta a partire dalle
fare il punto sullo stato di salute del scelte di consumo.
nostro pianeta, il graphic novel mo- Giuseppe Riggio SJ

#giustizia climatica • 705


#educational
Grammenos Mastrojeni Luca Fiorani

Effetti farfalla Happy planet


5 scelte di felicità Guida ai grandi temi
per salvare il pianeta dell’ambiente

Chiarelettere, Milano 2021 Città Nuova, Roma 2021


pp. 192, € 15 pp. 144, € 16,90

S i sente tanto parlare di ambien-


te, clima, ecologia, transizione
ecologica, disastri e catastrofi, con
dei cambiamenti climatici, parte
dalla spiegazione del cosiddetto
“effetto farfalla” per dimostrare
il rischio duplice di arrivare alla sa- come ogni azione che ciascuno di
turazione e quindi di finire per non noi compie ha una serie di ripercus-
fare più caso a quello che sembra sioni che possono raggiungere le
un ritornello stonato e fastidioso, parti più lontane del globo e tempi
oppure di essere convinti futuri, incidendo sulla vita
di sapere di che cosa di persone di cui non
si tratta quando si sappiamo nulla o
«Il battito delle ali di
parla di queste che nemmeno an-
una farfalla in Brasile può
tematiche, cora esistono. Il
e quindi di
essere il primo evento di una presupposto di
smettere di serie di sviluppi concatenati questo volume
informarsi, che potrebbero crescere fino a è che il pianeta
leggere e provocare un uragano in Texas. Un Terra è un si-
cercare di cambiamento minimo nella con- stema in equi-
capire. dizione iniziale del sistema è in librio, dove la
Il merito grado di innescare fenomeni di mutazione di
di questi due scala sempre più vasta.» qualsiasi ele-
agili volumi è mento ne provoca
(Effetti farfalla)
proprio quello di un assestamento
sottrarsi a entrambi continuo. La distru-
i cliché. In poche pagi- zione di questo equilibrio
ne, con uno stile accattivante, verrebbe a coincidere con la fine
a tratti ironico ma sempre molto del sistema Terra, e quindi sta a noi
chiaro, riescono a spiegare bene ora cercare di mettere in atto ogni
la posta in gioco delle questioni strategia possibile per salvaguar-
climatiche, con i loro risvolti am- darlo. Compiere scelte che possono
bientali, economici e sociali, senza portare a un miglioramento dell’e-
perdere di vista da un lato il rigore quilibrio è una scommessa vincente
della spiegazione e dall’altro il per il pianeta e per ciascuno di noi.
coinvolgimento possibile per cia- Il gran pregio del testo, inoltre, è
scuno di noi. lo stile con cui è scritto: nessuna
Grammenos Mastrojeni, che da opzione o scelta viene demonizzata
oltre vent’anni si dedica allo studio o santificata, ma semplicemente

706 • a cura di Mauro Bossi SJ


letture&visioni

ragionevolmente spiegata come in cui versa il pianeta e con esso la


vantaggiosa. Ben lungi dall’essere nostra stessa esistenza, ricordandoci
un elenco di buone pratiche (che che quel «punto azzurro pallido» (p.
pure non mancano), ha l’innegabile 11) perso nell’universo è l’unico pia-
merito di farci sentire parte di un neta che abbiamo, e che trovarne un

#giustizia climatica
mondo che ci riguarda e di cui sia- altro è al momento impossibile.
mo attori protagonisti. Due testi adatti in particolar
Luca Fiorani, invece, approccia i modo agli studenti, per aiutarli a
grandi temi ambientali strutturando capire la complessità delle temati-
una sorta di miniguida, dove in brevi che ambientali, per non limitarsi a
capitoli accompagnati sempre da gridare slogan in corteo ma trasfor-
una solida bibliografia di supporto mare la protesta in comportamenti
e a cui attingere per approfondire, efficaci, e a chiunque voglia acqui-
conduce il lettore a prendere co- sire una maggior consapevolezza
scienza della gravità della situazione sul mondo in cui vive.

Gud

Timothy Top
Verde cinghiale

Tunuè, Pomezia 2020


pp. 138, € 17

C he cosa fare quando il par- Gli dona anche un superpotere


chetto dove ti portavano particolare, il “pollice verde”, che
sempre i tuoi genitori, prima che come si può facilmente intuire gli
iniziassero a litigare troppo, e nel permette di restituire vita a quanto
quale hai giocato fin da piccolo sta sta per morire.
per essere distrutto e sostituito con La storia di Timothy, raccontata
uno interamente in cemento? Ti- attraverso dialoghi semplici e di-
mothy – un bimbo di otto anni con segni accurati, proietta i bambini
due passioni che lo fanno sognare – ma non solo loro – in una dimen-
a occhi aperti: un cartone anima- sione fiabesca, in cui l’attenzione
to di supereroi e tutto ciò che ha a per la natura si intreccia con quella
che fare con la natura – vorrebbe per le relazioni tra le persone, in
unirsi alle proteste fatte dalle altre cui si scopre che non basta essere
persone del quartiere contro il pro- un supereroe per salvare il par-
getto di Mr. Plumbee, ma suo pa- chetto (e il pianeta), ma bisogna
dre glielo impedisce. essere in tanti, uniti e pronti a lavo-
Finché una notte accade qual- rare insieme.
cosa di strano. Mentre dorme, Ti- Oltre a Verde cinghiale sono stati
mothy sogna il cinghiale supereroe pubblicati altri due volumi, che svi-
del suo cartone preferito che gli luppano ulteriormente le storie di
dice «ora vai e cambia il mondo!». Timothy e dei suoi amici.

#giustizia climatica • 707


letture&visioni

Maid
di Molly Smith Metzler

Drammatico, Stati Uniti 2021


10 episodi da 47-59 minuti ciascuno

A lex ha venticinque anni ed è


madre di una bambina di tre.
In fuga da un compagno violento,
non ha una rete familiare alla quale
appoggiarsi e lavora, sottopagata,
per un’impresa di pulizie; entra così all’aspetto occupazionale: la pover-
nella vita di famiglie benestanti, del- tà è precarietà di rapporti umani e
le quali scopre le storie e l’intimità familiari, è mancanza d’accesso ai
pulendo le loro case: ne trae ispira- servizi essenziali, è la condizione
zione per i racconti che scrive quasi per cui una persona cresciuta in
di nascosto, sognando di accedere un contesto problematico stenta
a un corso universitario di scrittura a separarsi da relazioni tossiche,
creativa. Ma i guadagni non basta- che incombono come un pesante
no nemmeno a coprire le spese: fardello su ogni suo tentativo di
vediamo scorrere sullo schermo, di costruire una vita serena. Alex è il
fianco alla testa della protagonista, prototipo del working poor, una
le somme di denaro via via decurta- categoria sulla quale si sta accen-
te, mentre fa mentalmente i calcoli. dendo l’attenzione di sociologi ed
Al centro di ogni suo pensiero c’è la economisti anche nel nostro Paese:
figlia Maddy, che attraversa, sorri- sono le persone che, pur avendo
dente e inconsapevole, un calvario un’occupazione, sono a rischio di
di notti in auto, traslochi, uffici dei esclusione sociale a causa di un li-
servizi sociali, fino all’inserimento vello di reddito troppo basso. Ma la
d’urgenza in un centro per vittime storia di Alex mostra anche il ruolo
di violenza domestica. della dissoluzione dei legami sociali
Tra le serie più fortunate dell’ulti- e familiari nella costruzione delle
ma stagione, Maid indaga il disagio nuove povertà: senza una rete re-
del sottoproletariato bianco della lazionale solida, la sola perdita del
provincia statunitense con uno stile lavoro può trascinare una persona,
sobrio e leggero, che evita la retori- nel più breve tempo, nella condi-
ca strappalacrime – e in questo sta zione estrema del senzatetto.
il pregio della serie – e riesce a re- Un’altra interessante chiave
stituire con profondità una vicenda di lettura della serie riguarda la
umana che vuole restare aperta alla maternità. In questo caso, una
speranza. Nei dieci episodi vediamo maternità non prevista, che però
dipanarsi tutte le dimensioni della spinge la protagonista a mobilitare
povertà, che non si può ridurre ogni risorsa, diventando un fattore

708 •
letture&visioni

di crescita e di resistenza. Restare via fino ad arrivare a offrire so-


tenacemente attaccata al suo ruolo stegno ad altre donne vittime di
di madre, è infatti ciò che permette violenza. Maternità, dunque, come
ad Alex di continuare a prendersi disponibilità all’accoglienza dell’i-
cura di se stessa e delle proprie natteso della vita e capacità di cura
aspirazioni. L’attitudine materna delle vulnerabilità proprie e altrui.
della protagonista si estende via Mauro Bossi SJ

Baltasar Gracián

Oracolo manuale ovvero l’arte


della prudenza
Adelphi, Milano 2020
pp. 364, € 22

B altasar Gracián y Morales


(1601-1658), gesuita spagnolo,
pubblicò nel 1647 questo opuscolo,
affetti e capacità di discernimento.
Il cammino tracciato da Gracián si
fonda sulla spiritualità di sant’Igna-
che avrebbe avuto larga fortuna zio di Loyola, del quale riconoscia-
nell’Europa moderna, composto mo alcuni temi tipici come l’atten-
da trecento sentenze, in passato zione alle passioni, il saper entrare
interpretate come suggerimenti per in relazione, l’abilità a conversare e
districarsi nella vita di corte, ma che di comprendere il carattere dell’u-
raccolgono il cuore della tradizione ditore, l’avere un animo generoso
spirituale dei gesuiti, e saper riconoscere
in termini interessanti il buono in ciascuno.
anche per l’oggi. Tutto inizia, come
L’Oracolo è una negli esercizi spiri-
guida per sviluppare tuali di sant’Ignazio,
la virtù della “pru- dall’interiorità, che
denza”, con tutto sarà sempre supe-
lo spessore che il riore all’esteriorità
termine ha nella (aforisma 48), per
tradizione di pen- mettere ordine
siero che risale a nella propria vita
Tommaso d’Aquino progredendo nel
e che indica la capa- cammino delle virtù
cità di vivere saggia- (aforisma 300).
mente in una realtà Un classico della
complessa. Coltivare la prudenza spiritualità che si rivela ancora
implica perciò un lavoro su di sé, attuale, in quanto tocca corde pro-
che richiede l’unificazione della per- fonde dell’umanità di ogni tempo.
sona, integrando ragione, volontà, Massimo Tozzo SJ

• 709
letture&visioni

Domenico Cersosimo e Carmine Donzelli (edd.)

Manifesto per riabitare l’Italia


Donzelli, Roma 2020
pp. 272, € 18,05

«D a troppo tempo manca


una rappresentazione
efficace delle articolazioni territo-
competitivo» (p. 7). Per rendersi
conto di questa ricchezza è perciò
necessario smontare letture stere-
riali del nostro Paese. Manca una otipate e «tornare a guardare da
visione d’insieme dell’Italia d’oggi vicino» ai singoli territori, le periferie
capace di dar conto delle criticità come i centri, così da «intravedere i
e delle potenzialità dei differenti modi per ridare alle persone la liber-
territori, delle aree in espansione tà sostanziale di restare o partire, e
e di quelle in soffe- ai luoghi l’opportunità
renza» (p. IX). Questa di essere riabitati»
constatazione, posta (pp. 8-9).
in apertura dell’intro- Le proposte del
duzione al Manifesto Manifesto per riabita-
per riabitare l’Italia, re l’Italia – frutto di
sintetizza il punto un lavoro condiviso
di avvio di una da parte dei mem-
riflessione, che bri dell’associazio-
si propone un ne “Riabitare l’Ita-
obiettivo ambi- lia”, – sono state
zioso: «aprire una commentate da
grande discussione cinque autorevoli
intellettuale, civile e discussant esterni: lo
politica, sui modi con storico dell’arte To-
cui si può riabitare l’Italia» maso Montanari, l’esperto
(p. XI), andando oltre alla “ridu- di politiche urbane Gabriele Pasqui,
zione” del nostro Paese alle sole il sociologo Rocco Sciarrone, la
realtà metropolitane. politologa Nadia Urbinati e l’eco-
L’analisi svolta mette in luce i limiti nomista Gianfranco Viesti. Ognuno
di riproporre acriticamente una vi- ha offerto il proprio contributo, ar-
sione dell’Italia dei “vuoti”, ossia dei ricchendo le prospettive presentate,
luoghi spopolati e abbandonati a se individuando ulteriori sviluppi pos-
stessi, con servizi pubblici in degra- sibili, segnalando alcuni punti critici.
do, in contrapposizione con l’Italia A completare il testo vi è un les-
dei “pieni”, dei centri all’avanguardia sico di ventotto parole chiave, che
a livello europeo e non solo. La no- raccolgono lo spirito della propo-
stra realtà è invece ben più comples- sta e che sono state esaminate per
sa e ricca: «la varietà è la principale offrire al lettore ulteriori elementi
fonte della specificità distintiva del di approfondimento.
Paese e, anche, del suo vantaggio Giuseppe Riggio SJ

710 •
indici

Indici 2021

Indice degli Autori

Indice dei Dialoghi

Indice dei Dossier di Letture&Visioni

Indice degli Autori


Al Zeqri H., Islam: una profezia sociale per oggi, in Dialoghi 4, 224-237
Ambrosanio M.F., La finanza pubblica al tempo della pandemia, 4, 238-247
Ambrosini M., Cittadini senza esserlo: l’esperienza dei migranti, 8-9, 465-
471
Andebo P.P., Africa: coinvolgere i giovani per cambiare rotta, in Dialoghi 2,
80-94
Bahloul K., Contro i fondamentalismi, tornare ai fondamenti, 10, 513-523
Balduzzi P., La finanza pubblica al tempo della pandemia, 4, 238-247
Barbieri G., Il rebus dell’Afghanistan, 12, 682-689
Bentivogli M., Stellantis, test di maturità per il “sistema Italia”, 2, 106-110
Bertagna G., Disarmare il dolore. Rivisitare gli anni di piombo in un cam-
mino di giustizia riparativa, Dialoghi 5, 296-311
Bonisoli F., «Vi ringrazio per aver fatto della nostra consapevolezza la nostra
vita», in Dialoghi 5, 296-311
Borgomeo C., 2021: in che modo (ci) investiamo per il nostro Paese?, in
Dialoghi 1, 8-19
Bossi M., Cooperative di comunità: lavorare insieme per rigenerare territori,
1, 41-46 - Il vaccino che verrà. Infografica, 1, 53-58 - Lo spreco va di mo-
da. Infografica, 2, 125-130 - Il gran rifiuto. Reati ambientali, discariche e
roghi in Italia. Infografica, 3, 199-203 - Il cantiere Bagnoli. Dalle bonifiche
fantasma alla riqualificazione, 3, 204-207 - Verso un mondo senza armi
nucleari? infografica, 4, 262-265 - Libri e lettura in Italia. Infografica, 5,
334-337 - Pesca insostenibile. Infografica, 6-7, 410-413 - Badanti d’Italia.
Infografica, 8-9, 485-488 - Conflitti dimenticati. Infografica, 10, 541-545

Aggiornamenti Sociali dicembre 2021 (711-719) • 711


- Proposte dell’Unione Europea per un’economia a basse emissioni, 10, 546-
551 - Come cambia il clima. Il Rapporto IPCC e la COP 26. Infografica,
11, 619-624 - Rileggere per innovare. Il percorso di una comunità solidale a
Trento, 11, 632-638 - Economia sommersa e illegale, 12, 677-681
Buades Fuster J., A stretto contatto con l’islam. I gesuiti del gruppo Doso-
rillas, 8-9, 479-484
Bueya Bu-Makaya E., Tra realismo e profezia in Africa: il contributo dei
vescovi nei processi elettorali, 6-7, 406-409
Calabrese L, Rifugiato, migrante, dublinato. Le parole delle migrazioni, 2,
111-114
Calabrò A., Voci dai mondi del welfare, in Dialoghi 6-7, 369-383
Camerini M., Ebraismo: dal rispetto all’amicizia spirituale, in Dialoghi 4,
224-237
Carvajal J.C., America latina: la gestione escludente del potere, in Dialoghi
2, 80-94
Cherici S., Vivere con la porta aperta. L’esperienza della Fraternità della Vi-
sitazione, 10, 560-565
Coi A., Oltre il conflitto, il “disarmo ideologico”, in Dialoghi 5, 296-311
Conferenza Episcopale Francese, Lettera ai cattolici sulla lotta contro la
pedofilia, 5, 344-351
Costa G., Aggiorniamo Aggiornamenti Sociali!, 1, 3-7 - 2021: in che modo
(ci) investiamo per il nostro Paese?, Dialoghi 1, 8-19 - Contro il virus del-
le fake news, il vaccino dell’inclusione, 2, 75-79 - Culture diverse, quale
democrazia? Voci ed esperienze dal mondo, Dialoghi 2, 80-94 - Governo
Draghi: chimera o realtà?, 3, 147-151 - Cultura: perché è un investimento
indispensabile?, Dialoghi 3, 152-166 - Fraternità interreligiosa. Contributi
dalle religioni monoteiste, Dialoghi 4, 224-237 - Siamo tutti razzisti, 5, 291-
295 - Ddl Zan: prima le persone, 6-7, 363-368 - 50 anni di Caritas italiana:
la carità non si delega, 8-9, 435-439 - Fare Sinodo: il coraggio della fecondi-
tà, 10, 507-512 - Abusi nella Chiesa: la verità che rende liberi, Dialoghi 11,
584-600 - COP 26: il clima rilancia la democrazia, 12, 651-655 - Far bene
il bene. Un dialogo a partire dall’altruismo efficace, 12, 656-669
Cuda E., Terra, casa e lavoro per tutti: il nuovo nome del bene comune. Una
prospettiva latinoamericana, 1, 41-46
Curvo J.G., I media e l’informazione nel Brasile di Bolsonaro, 4, 272-279
Dubini P., Un diritto, una risorsa e un’opportunità, in Dialoghi 3, 152-166
Fantini E., Quale futuro per i beni comuni? Idee e pratiche a dieci anni dal
referendum sull’acqua, 6-7, 414-421
Faranda A., «Aldo Moro è il papà di Agnese», in Dialoghi 5, 296-311
Felini D., Le tecnologie a scuola: strumento e materia di studio, 2, 115-122
Foglizzo P., Vaccinarsi: un dovere di fraternità, 2, 95-99 - Segnali del welfare
che sarà, Dialoghi 6-7, 369-383 - Lavoro: «Che sia umano!». Due esperti a
confronto con le parole di papa Francesco, Dialoghi 8-9, 440-456 - La posta

712 • Indici 2021


indici

in gioco del G20. La prospettiva della società civile, 10, 524-531 - Vivere con
la porta aperta. L’esperienza della Fraternità della Visitazione, 10, 560-565 -
Far bene il bene. Un dialogo a partire dall’altruismo efficace, 12, 656-669
Fosti G., Contrastiamo la povertà di futuro, in Dialoghi 1, 8-19
Gerosa F., Energia pulita per il Terzo settore. L’esperienza del consorzio Fra-
tello Sole, 5, 338-343
Goujon P., Un dolore che non se ne va, in Dialoghi 11, 584-600
Goulard S., Libero, sobrio, responsabile: lo stile Merkel, 8-9, 457-464
Gualzetti L., Voci dai mondi del welfare, in Dialoghi 6-7, 369-383
Ichino P., Dare a tutti la possibilità di amare il proprio lavoro, in Dialoghi
8-9, 440-456
Komatz M., Rileggere per innovare. Il percorso di una comunità solidale a
Trento, 11, 632-638
Krakovski R., La svolta “illiberale” della democrazia in Ungheria e Polonia,
5, 319-326
Lederlin F., Telelavoro: un lavoro a distanza dal mondo, 1, 20-28
Limone A., I frutti del microcredito. PerMicro, la finanza al servizio dell’in-
clusione, 8-9, 489-495
Massaro T., Stati Uniti: la fragile fiducia nelle istituzioni governative, 12,
690-694
Mateos M.O., Tra pessimismo e speranza. Scenari di cambiamento per il
post-pandemia, 11, 625-631
McCormick B., Da Trump a Biden, il potere delle parole, 3, 175-183
Milani M., «Là dove saremo certi di aver ragione, non cresceranno fiori», in
Dialoghi 5, 296-311
Moro A., La giustizia dell’irreparabile, in Dialoghi 5, 296-311
Moro G., Cittadini, non solo spalatori di fango, in Dialoghi 6-7, 369-383
Moro R., La posta in gioco del G20. La prospettiva della società civile, 10,
524-531
Mosconi F., Equità ed efficienza, banco di prova del PNRR, 6-7, 384-392
Muller-Colard M., Contro i fondamentalismi, tornare ai fondamenti, in
Dialoghi 10, 513-523
Negrini V., Voci da mondi del welfare, in Dialoghi 6-7, 369-383
Pallottino M., «Non lasciare nessuno indietro»: il motore della cooperazione
allo sviluppo, 11, 601-609
Papa Francesco, Lavoro: «Che sia umano!». Due esperti a confronto con le
parole di papa Francesco, in Dialoghi 8-9, 440-456
Parmigiani M.L., Promuovere connessioni, in Dialoghi 1, 8-19
Pellai A., Vite scombussolate: i giovani del lockdown, 4, 248-252
Piccoli Nardelli F., Un settore da sostenere e da rinnovare, in Dialoghi 3, 152-166
Pinelli P.F., La cultura ci fa crescere, in Dialoghi 3, 152-166
Pizzorno A.C., Energia pulita per il Terzo settore. L’esperienza del consorzio
Fratello Sole, 5, 338-343

Indici 2021 • 713


Prakash L., Asia: il crogiuolo indiano, in Dialoghi 2, 80-94
Pugliese V., Il cantiere Bagnoli. Dalle bonifiche fantasma alla riqualificazio-
ne, 3, 204-207
Quadrio Curzio A., Cristiani ed europei: le intuizioni di Paolo VI e Carlo
Maria Martini, 8-9, 472-478
Ravinetto R., COVID-19 e vaccini: ripensare la salute globale, 3, 167-174
Reginato A., Cristianesimo: trasformati dalla creatività di Dio, 4, 224-237
Remondini A., Rileggere per innovare. Il percorso di una comunità solidale
a Trento, 11, 632-638
Riggio G., Dopo Evo Morales: la scommessa democratica della Bolivia, 1,
29-40 - Un tempo sospeso o un tempo di scelte?, 2, 100-105 - Dieci di anni
di guerra: che cosa resta della Siria, 3, 185-191 - Faccia a faccia col futuro:
le transizioni del nostro Paese, 4, 219-223 - Vite scombussolate: i giovani
del lockdown, 4, 248-252 - La parola ai cittadini: la Conferenza sul futuro
dell’Europa, 5, 312-318 - Centro Astalli: 40 anni a fianco dei rifugiati, 10,
553-559 - Democrazia: provocazioni dal (mancato) voto locale, 11, 579-583
Ripamonti, Camillo, Centro Astalli: 40 anni a fianco dei rifugiati, 10, 553-
559
Rose S., Quando le nostre vite diventano merce. Dentro il capitalismo della
sorveglianza, 6-7, 393-399
Rossini R., Per contrastare la povertà: una proposta di riforma del Reddito
di cittadinanza, 12, 670-676
Rožič P., Proposte dell’Unione Europea per un’economia a basse emissioni,
10, 546-551
Ruta G., Il virus della disuguaglianza: quali misure di contrasto?, 4, 253-260
Sammour N., Dieci di anni di guerra: che cosa resta della Siria, 3, 185-191
Sateriale G., Un lavoro sostenibile per uno sviluppo sostenibile, in Dialoghi
8-9, 440-456
Sauvé J.-M., L’importanza di un metodo adeguato, in Dialoghi 11, 584-600
Savina G., La solidarietà in prospettiva interreligiosa. Un documento di tutte
le Chiese cristiane, 3, 192-198
Scandroglio M., Solidarietà: “toccare la carne” di chi soffre, 6-7, 400-405
Semeraro M., Rosario Livatino, giudice e beato, 5, 327-333
Simonato A., Per un’agricoltura al passo con la sostenibilità. La nuova PAC
2023-2027, 11, 610-618
Teani M., Dominare o dominarsi?, 12, 695-700
Teneggi G., Cooperative di comunità: lavorare insieme per rigenerare terri-
tori, 1, 41-46
Trotta G., Chiamati alla responsabilità, 4, 266-271
Zacchiroli S., Software, un patrimonio culturale da preservare, 10, 532-545
Zuboff S., Quando le nostre vite diventano merce. Dentro il capitalismo
della sorveglianza, 6-7, 393-399

714 • Indici 2021


indici

Indice dei Dialoghi

Giacomo Costa SJ (a cura di), 2021: in che modo (ci) investiamo per il
nostro Paese?, 1, 8-19
Carlo Borgomeo, Un salto culturale
Maria Luisa Parmigiani, Promuovere connessioni

Giacomo Costa SJ (a cura di), Culture diverse, quale democrazia? Voci ed


esperienze dal mondo, 2, 80-94
Jorge Cela Carvajal SJ, America latina: la gestione escludente del potere
Pascal Pax Andebo, Africa: coinvolgere i giovani per cambiare rotta
Prakash Louis SJ, Asia: il crogiuolo indiano

Giacomo Costa SJ (a cura di), Cultura: perché è un investimento


indispensabile?, 3, 152-166
Flavia Piccoli Nardelli, Un settore da sostenere e da rinnovare
Paola Dubini, Un diritto, una risorsa e un’opportunità
Pier Francesco Pinelli, La cultura ci fa crescere

Giacomo Costa SJ (a cura di), Fraternità interreligiosa. Contributi dalle


religioni monoteiste, 4, 224-237
Hamdan Al Zeqri, Islam: una profezia sociale per oggi
Miriam Camerini, Ebraismo: dal rispetto all’amicizia spirituale, quali strade?
Angelo Reginato, Cristianesimo: trasformati dalla creatività di Dio

Guido Bertagna SJ (a cura di), Disarmare il dolore. Rivisitare gli anni di


piombo in un cammino di giustizia riparativa, 5, 296-311
Andrea Coi, Oltre il conflitto, il “disarmo ideologico”
Agnese Moro, La giustizia dell’irreparabile
Adriana Faranda, «Aldo Moro è il papà di Agnese»
Manlio Milani, «Là dove saremo certi di aver ragione, non cresceranno
fiori»
Franco Bonisoli, «Vi ringrazio per aver fatto della nostra consapevolezza
la vostra vita»
Paolo Foglizzo (a cura di), Segnali del welfare che sarà, 6-7, 369-383
Giovanni Moro, Cittadini, non solo spalatori di fango
Valeria Negrini – Antonio Calabrò – Luciano Gualzetti, Voci dai
mondi del welfare

Paolo Foglizzo (a cura di), Lavoro: «Che sia umano!». Due esperti a
confronto con le parole di papa Francesco, 8-9, 440-456

Indici 2021 • 715


Papa Francesco, Costruire un nuovo futuro del lavoro
Pietro Ichino, Dare a tutti la possibilità di amare il proprio lavoro
Gaetano Sateriale, Un lavoro sostenibile per uno sviluppo sostenibile

Marion Muller-Colard – Kahina Bahloul, Contro i fondamentalismi,


tornare ai fondamenti, 10, 513-523

Giacomo Costa SJ (a cura di), Abusi nella Chiesa: la verità che rende liberi,
11, 584-600
Jean-Marc Sauvé, L’importanza di un metodo adeguato (intervista a cura
di François Euvé SJ)
Patrick Goujon SJ, Un dolore che non se ne va (intervista a cura di
Nathalie Sarthou-Lajus)

Giacomo Costa SJ – Paolo Foglizzo (a cura di), Far bene il bene. Un


dialogo a partire dall’altruismo efficace, 12, 656-669
Peter Singer, Altruismo efficace: un concetto meno freddo di quanto
sembri
Étienne Perrot SJ, Un egoismo per procura

Indice dei Dossier di Letture&Visioni (a cura di Mauro Bossi SJ)

#intelligenza artificiale, 1, 60-67


I am Mother (regia di G. Sputore)
Jurassic Web (regia di Ch. Eley)
F. Pasquale, New Laws of Robotics
S. Quintarelli (ed.), Intelligenza Artificiale
#carcere, 2, 132-137
L. Pagano, Il Direttore
S. Abis, Chi sbaglia paga
M. Musaio – R. Coarelli – L. Di Profio (edd.), Umanità in grata
Miracolo nella cella numero 7 (regia di M.A. Öztekin)
#terrorismi, 3, 208-213
Padrenostro (regia di C. Noce)
M. Cartabia – A. Ceretti, Un’altra storia inizia qui
T. Fejzula, Patria
#scienza&società, 4, 280-285
N. Oreskes, Perché fidarsi della scienza?
M. Ciardi, Breve storia delle pseudoscienze
Selezione innaturale (regia di L. Kaufmann e J. Egender)

716 • Indici 2021


indici

#lavoro, 5, 352-358
A. Honneth – R. Sennett – A. Supiot, Perché lavoro?
M. Balzano, Quando tornerò
Made in USA (regia di S. Bognar e J. Reichner)
#dolore, 6-7, 422-428
B.-C. Han, La società senza dolore
Pieces of a woman (regia di K. Mundruczó)
A. Manzini, Gli ultimi giorni di quiete
#conflitti africani, 8-9, 496-502
M. Giro, Guerre nere
Virunga (regia di O. von Einsiedel)
J.P. Habimana, Nonostante la paura
Ancora un giorno (regia di R. de la Fuente e D. Nenow)
#futuro, 10, 566-571
S. Zamagni, Disuguali
C. Doctorow, Radicalized
R. Hopkins, Immagina se...
#memorie soppresse, 11, 638-643
C. Ngozi Adichie, Il pericolo di un’unica storia
M. Mengiste, Il re ombra
D. Toffolo, L’inverno d’Italia
#giustizia climatica, 12, 701-707
A. Pasini, L’equazione dei disastri
E. Mariutti, La decarbonizzazione felice
B. Moret, Le (dis)avventure della famiglia zero rifiuti o quasi…

Indici 2021 • 717


Quest’anno abbiamo parlato di...

24
IA
OM
capitalismo 1
finanza 2

ON

CH
EC politica
industriale 3
welfare 4
sviluppo
sostenibile 5
lavoro 7 vaccini
2

17
IC A
ET ricerca 2
bene
comune 3
I9
TT
RI

legalità 1
DI

giustizia 2
diritti umani 3 migrazione
3
24
LI

cooperazione
NA

internazionale 1
medio oriente 1
A Z IO

asia 1
G
africa 2
N

st
europa 2
ER

U
guerre 2
T

I valori indicano la ricorrenza dei temi


IN

america latina 4
affrontati nel corso del 2021.
Le ricerche per parole chiave si possono
fare sul sito www.aggiornamentisociali.it

718 •
indici

agricoltura 1
29

cambiamenti
climatici 2
A

10
ES

sinodo 1 tutela

TE
HI

abusi 2 del territorio 4

IEN
discernimento 2

B
pluralismo

AM
religioso 4 Laudato si’
3

fratelli
tutti 2
solidarietà rapporto
4 fede-società 11
scuola 1
famiglia 1
criminalità 2
giovani 2
terzo
coesione settore 3
sociale 2
società
covid 4 civile 3
comunicazione 4 50
tecnologia 5
inclusione 5

CIE
SO

cittadinanza
2
politica
culturale 2
politica
G20 1 italiana 2
tati uniti 2 partecipazione
27

UE 5 politica 5
democrazia 8
IC A
LIT
PO

© FCSF - Aggiornamenti Sociali • 719


Ogni
due settimane
con Avvenire
aggiornamenti sociali
anno 72 • numero 12 • dicembre 2021

editoriale / Giacomo Costa SJ


COP 26: il clima rilancia la democrazia
dialoghi / Giacomo Costa SJ – Paolo Foglizzo (a cura di)
Far bene il bene. Un dialogo a partire dall’altruismo efficace
Peter Singer AC Altruismo efficace: un concetto
meno freddo di quanto sembri / Étienne Perrot SJ

Poste Italiane SpA - Spedizione in a. p. - DL353/2003 (conv. in L. 27/02/2004, n.46), art.1, c. 1 DCB Milano
Un egoismo per procura
welfare / Roberto Rossini
Per contrastare la povertà: una proposta di riforma
del Reddito di cittadinanza
infografica / Mauro Bossi SJ
Economia sommersa e illegale
internazionali / Giovanni Barbieri
Il rebus dell’Afghanistan
fede&giustizia / Thomas Massaro SJ
Stati Uniti: la fragile fiducia nelle istituzioni governative
bibbia aperta / Maurizio Teani SJ
Dominare o dominarsi?

Letture & visioni


#giustizia climatica: A. Pasini, L’equazione dei disastri / E. Mariutti,
La decarbonizzazione felice / B. Moret, Le (dis)avventure della famiglia
zero rifiuti o quasi…
Maid, regia di M. Smith Metzler / B. Gracián, Oracolo manuale ovvero
l’arte della prudenza / D. Cersosimo – C. Donzelli, Manifesto per
riabitare l’Italia
Indici 2021
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di Letture&Visioni

«Il clima rappresenta il tema dominante del dibattito pubblico mondiale, il fulcro
della narrazione che serve a tutti come base per comprendere il mondo e ai media per
raccontarlo. [...] L’impegno per il clima dovrà parlare sempre meno il linguaggio della
climatologia, e sempre di più quello dell’economia, della finanza, e soprattutto della
politica, tenendo conto della dimensione sociale».
Giacomo Costa SJ, COP 26: il clima rilancia la democrazia, pp. 652-653
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