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Giorgio Agamben (1942) si laurea nel 1965 presso l'Università di Roma con una tesi
sul pensiero politico di Simone Weil. Negli anni sessanta, a Roma frequenta
intensamente Elsa Morante, Pier Paolo Pasolini (fa la parte di Filippo ne Il
Vangelo secondo Matteo), Ingeborg Bachmann. Nel 1966 e nel 1968, partecipa ai
seminari di Martin Heidegger a Le Thor (su Eraclito e Hegel). Nel 1974 risiede a
Parigi, insegnando come lettore di Italiano presso l'Università di Haute-Bretagne.
Studia linguistica e di cultura medievale. Frequenta tra gli altri Pierre
Klossowski e Italo Calvino.
Tornato in Italia, dal 1978 dirige per Einaudi l'edizione italiana delle Opere
complete di Walter Benjamin, di cui ritrova importanti manoscritti.
A partire dagli anni novanta, i suoi interessi si sono rivolti alla filosofia
politica e al concetto di biopolitica. Attraverso una rilettura della Politica
aristotelica e del pensiero di Michel Foucault, di Hannah Arendt e di Carl Schmitt,
elabora una teoria del rapporto fra diritto e vita e una critica del concetto di
sovranità (Homo sacer, Einaudi 1995).
Dal novembre 2003, professore di estetica presso la Facoltà di Design e Arti della
IUAV.
Tra i suoi lavori ricordiamo, “Il linguaggio e la morte” (Einaudi 1982) "Bartleby,
la formula della creazione" (Quodlibet, 1993), scritto con Gilles Deleuze, e "Homo
sacer" (Einaudi, 1995). Presso Bollati Boringhieri ha pubblicato "Mezzi senza fine.
Note sulla politica" (1996); "Quel che resta di Auschwitz. L'archivio e il
testimone" (1998); "Il tempo che resta. Un commento alla «Lettera ai Romani»"
(2000); la nuova edizione di "La comunità che viene (2001, già Einaudi, 1990),
"L'aperto. L'uomo e l'animale" (2002) e Stato di eccezione (2003).
Lo scritto più importante e significativo di Agamben è Homo Sacer (in realtà Homo
Sacer è una trilogia formata da Homo Sacer (I), appunto, Stato di eccezione (II) e
Quel che resta di Auschwitz (III). I tre libri sono dunque fortemente legati fra
loro, anche se il contributo filosofico più importante è dato dal primo volume).
Questo testo parte da un presupposto fondamentale: oggi la politica è diventata
biopolitica.
Un esempio è dato dagli ebrei nella Germania nazista (tema, questo, che il filosofo
riprende in molti dei suoi scritti): gli ebrei erano colpevoli perché erano ebrei,
in questo senso diventavano anche sacri e di conseguenza uccidibili. La nuda vita
in quanto sacra viene deportata nel campo (di sterminio): il campo così inteso
(come paradigma biopolitico del moderno) è lo spazio in cui si manifesta appieno la
sacertà della vita.
L’homo sacer è la figura originaria della vita presa nel bando sovrano. Il potere
sovrano in quanto produzione di un corpo biopolitico è produzione di homines sacri,
consacrazione del vivente, è quel processo che rende la vita propriamente sacra,
cioè uccidibile e non sacrificabile. Questo discorso è ripreso da Agamben anche nel
suo lavoro più recente: Stato di eccezione. La vita, infatti diviene sacra
solamente nell’eccezionalità propria del diritto. Ma, come è ben verificabile oggi
(basti pensare alla politica degli Stati Uniti), l’eccezione tende ad estendersi
nel tempo fino a diventare la regola; quello che dovrebbe essere uno stato
d’emergenza (e quindi di eccezione) temporaneo, diventa lo stato normale delle
cose.
Agamben segnala anche il particolare rapporto che effettivamente sussiste tra homo
sacer e sovrano: “sovrano è colui rispetto al quale tutti gli uomini sono
potenzialmente homines sacri e homo sacer è colui rispetto al quale tutti gli
uomini agiscono come sovrani”.
Nella parabola di Kafka intitolata Davanti alla legge troviamo una perfetta
rappresentazione della struttura del bando sovrano: il contadino viene interpretato
da Agamben come la nuda vita abbandonata dalla Legge, che non esige nulla da lui.
A questo punto risulta chiaro come ogni tentativo di ripensare le nostre categorie
politiche deve muovere dalla consapevolezza che della distinzione classica tra zoé
e bios, tra vita naturale ed esistenza politica (o tra l'uomo come semplice vivente
e l'uomo come soggetto politico), non ne sappiamo più nulla.