sentire cose piacevoli e mai udite prima, state attenti e quieti, ed ascoltate la bella storia che mi induce a cantare; e vedrete le gesta straordinarie, la grande fatica e le mirabili prove che per amore fece il francese Orlando, al tempo di re Carlo imperatore ( ossia imperatore del “Sacro Romano Impero” rifondato nella notte di Natale dell’anno 800 d.C.) 2. Non vi sembri, signori, meraviglioso, sentire cantare di Orlando innamorato, perché chiunque nel mondo è vinto da Amore e sottomesso da tutto, è più orgoglioso; né il forte braccio, né il coraggio animoso, né lo scudo o la maglia, né la spada affilata, né altra potenza possono opporre una difesa che, alla fine, non sia vinta e presa da Amore. 3. Questa novella è nota a poca gente, perché Turpino stesso la nascose, credendo forse che i suoi versi potessero essere offensivi, per quel valoroso condottiero, poiché lui, che vinse contro tutte le altre cose, contro Amore fu perdente: parlo di Orlando, il cavaliere perfetto. Non dirò più parole, veniamo al fatto. 4. La vera storia di Turpino narra che in Oriente, oltre l'India, regnava un grande e nobile re, tanto ricco e dotato di un dominio così potente, e così fisicamente prestante, che disprezzava tutto il mondo: quel sovrano si chiama Gradasso, e ha un cuore di drago e un corpo da gigante 5. E come avviene di solito ai gran signori, che vogliono quello che non possono avere, e quanto maggiori son le difficoltà a ottenere la cosa desiderata, tanto più espongono il loro regno a grandi rischi, e non possono possedere ciò che vogliono; così quel pagano gagliardo voleva solo Durindana [la spada di Orlando] e il buon destriero Baiardo [il cavallo di Ranaldo]. 6. Allora fece radunare uomini armati per tutto il suo territorio, poiché sapeva di non poter acquistare col denaro né la spada né il cavallo; i loro possessori [Orlando e Ranaldo] erano due mercanti che vendevano le loro merci a caro prezzo: perciò decide di passare in Francia e conquistarle con la potenza militare. 7. Scelse cinquantamila cavalieri da tutto il suo popolo; né si preoccupava di usarli, poiché lui solo si vantava di combattere contro re Carlo e tutti i guerrieri di fede cristiana; e lui si vanta di vincere e conquistare tutto ciò che illuminato dal sole e bagnato dal mare. 8.Ma lasciamo costoro che vanno per mare, infatti sentirete a suo tempo quando arriveranno; e ritorniamo in Francia da Carlo Magno, che raduna e conta i suoi nobili baroni; comanda che ogni principe cristiano, ogni duca e signore si affronti davanti a lui in un torneo che aveva allestito nel mese di maggio, nella Pasqua rosata [la festa della Pentecoste]
19. Mentre costoro parlano, suonarono
strumenti da ogni parte, ed ecco che l' imperatore manda a ciascun barone grandissimi piatti d' oro ricoperti di cibo raffinatissimoe coppe di birra finemente lavorate. Vi era chi apprezzava una cosa e chi l' altra, mostrando che di loro si ricordava. 20. Si stava qui con molta felicità, parlando a bassa voce e facendo bei ragionamenti: re Carlo, che si vide in tanta altezza, tra tanti re, comandanti e valorosi cavalieri, disprezzava le persone pagane, come la sabbia del mare in preda al vento; ma apparve una cosa straordinaria che fece sbigottire lui ed altri. 21. Poiché all' inizio della bella sala entrarono quattro grandissimi e fieri giganti, in mezzo ai quali vi era una fanciulla, seguita da uno stuolo di cavalieri. Ella sembrava la stella del mattino e un giglio dell' orto e una rosa del giardino, a dire la verità su di lei, non fu mai vista una così grande bellezza. 22. Nella sala vi erano Galerana, Alda, la moglie di Orlando, Clarice ed Ermelina, la quale era tanto cortese, e tante altre che non dico, ciascuna bella e fonte di virtù. Dico, ognuna pareva bella, fino a quando non giunse in sala quel fiore, che tolse alle altre donne il primato della bellezza.
23. Ogni nobile ed ogni principe cristiano
rivolse lo sguardo in quella direzione (in direzione di Angelica), e nessuno dei pagani restò disteso (i pagani partecipavano al banchetto distesi sui tappeti, e all’arrivo di Angelica si drizzano per meglio vederla): ciascuno di loro , vinto dalla meraviglia , si avvicinò alla fanciulla, la quale, con lo sguardo sereno ed un sorriso capace di far innamorare un cuore duro come la pietra, incominciò a dire, a bassa voce: 24. “Oh magnanimo Signore (Angelica si rivolge a Carlo Magno), le tue virtù e le prodi imprese dei tuoi paladini, che sono risapute sulla terra, da un Oceano all’altro, mi danno la speranza che non risultino vane le grandi fatiche di due pellegrini che sono arrivati dal lato opposto del mondo, per fare onore al tuo regno felice (Angelica si riferisce a sè e a suo fratello Argalia, che hanno appunto affrontato un simile viaggio)”. 25. “Allo scopo di renderti nota senza troppo tergiversare quale ragione ci ha condotti alla tua festa regale, ti dico che costui è Uberto dal Leone (“Uberto dal Leone” è il falso nome sotto cui cela la propria identità Argaila, il fratello di Angelica), nato da famiglia nobile e di alto rango, e cacciato dal proprio regno senza ragione, mentre io, che sono stata cacciata insieme a lui, sono sua sorella e ho nome Angelica”. 26. “Per duecento giorni di cammino, al di là del fiume Tanai (l’attuale Don, in Russia), dove governammo il nostro stato, ci furono portate notizie di te, di torneo e del grande convegno di questi nobili uomini qui radunati, e di come il premio per il valore (del vincitore), non fossero città, o gemme, o tesori, ma venisse invece conferita al vincitore una corone di rose”. 27. “Stando così le cose, mio fratello, allo scopo di dare prova del proprio valore in questo luogo dove si trova radunato il fiore dei paladini, ha preso la decisione di combattere in duello contro ciascuno di loro: (sottinteso: chiunque accetti la sfida), che sia pagano o battezzato, venga perciò ad incontrarlo fuori da Parigi, nel verde prato presso la Fonte del Pino, nel luogo chiamato Lapide di Merlino”. 28. “ Ma che ciò avvenga a questa condizione – la ascolti bene chiunque si voglia cimentare – chiunque verrà disarcionato da cavallo, non potrà riprendere il duello in altra forma, e dovrà consegnarsi prigioniero senza combattere oltre. Chi invece riuscirà a disarcionare Uberto, otterrà in premio la mia persona, mentre Uberto andrà via insieme ai suoi giganti”. 29. Terminato il suo discorso ( è Angelica), in ginocchio davanti a Carlo, attende una risposta. Ciascun paladino la osserva come farebbe con una creatura meravigliosa, ma ad avvicinarsi a lei è soprattutto Orlando, con il cuore tremante e l’aspetto trasformato, sebbene tenti di tenere nascosto il proprio desiderio, e di tanto in tanto abbassi lo sguardo, provando vergogna per se stesso. 30. “Oh folle Orlando” – dice dentro di sè il paladino – “Come ti lasci trasportare facilmente dall’istinto! Non ti accorgi della stupidità che ti fa allontanare dalla retta via e ti peccare in questo modo contro la legge di Dio? Dove mi sta trascinando la mia sorte? Mi vedo perdute e non riesco a difendermi! Proprio io che consideravo nulla il mondo intero vengo ora sconfitto senza necessità di ricorrere alle armi e da una fanciulla!”
31. “Io non riesco a togliermi dalla mente
l’immagine ammaliante del suo volto sereno, e senza di lei mi sembra di morire, o che la vita mi venga meno a poco a poco. Ora, contro l’Amore, che mi ha già imbrigliato, non mi servono a niente né la forza, né il coraggio. Né mi aiuta la conoscenza, né il consiglio di altri, perché comprendo cosa sarebbe meglio fare, ma non riesco a fare meno di fare ciò che è peggio”.
32. Il prode cavaliere (Orlando) si lamentava
in questo modo tra sé e sé dell’amore appena sbocciato, ma anche il Duca Namo (Namo di Baviera), che era anziano ed aveva i capelli bianchi, aveva nel cuore un tormento non minore di quello di Orlando, anzi, lui tremava, sbigottito, spossato, e con il volto del tutto pallido. Ma a quale scopo dilungarsi? Quello che accadde è che ogni nobile uomo si infiammò d’amore per lei (per Angelica) e anche re Carlo non fece eccezione. 33.Ciascuno se ne stava immobile e sbigottito, fissando lei (Angelica) come in estasi, ma Ferraù in particolare, giovincello ardimentoso, aveva l’aspetto di un fuoco vivo, e per tre volte prese la decisione di strappare Angelica e quei giganti contro la loro volontà, e per altrettante volte tenne a freno quell’idea balzana, per non fare un simile scorno all’imperatore.
34. E Rinaldo, che ha anch’egli visto
Angelica, saltella ora su un piede ed ora sull’altro, si gratta la testa, non trova pace, ed è diventato rosso in volto come fuoco. Ma Malagigi (Malagigi è il mago dell’esercito cristiano, l’unico ad aver compreso il tranello di Angelica), che ha capito le intenzioni di lei, dice sotto voce tra se e sé: “ Oh strega sfacciata, io scombinerò in tal modo i tuoi piani che non ricorderai con piacere di essere venuta fino a qui”. 35. Re Carlo Magno rispose a quella fanciulla con un lungo discorso, per poter stare molto accanto a lei. La ammira mentre parla e mentre parla la osserva, e non può negarle nulla, anzi accoglie ogni sua richiesta giurando sul Vangelo di rispettare i patti: lei se ne va col fratello e coi giganti