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Università di Zagabria

Facoltà di Lettere e Filosofia

Dipartimento d’italianistica

LA RELIGIONE NEL DECAMERON E LA COMICITÀ BOCCACCESCA: SER

CIAPPELLETTO E FRATE CIPOLLA

Studentessa: Anđa Belić

Corso: Tradizione comica italiana dal XIV al XVII secolo

Anno academico: 2019/2020

Docente: prof.ssa. Morana Čale

Maggio 2020
INTRODUZIONE

Il Decameron, di Giovanni Boccaccio, è ambientato nel 1348, quando la peste nera

stava devastando la città di Firenze. All'inizio della storia, sette giovani donne e tre giovani

uomini sono fuggiti dalla città e si nascondono in campagna. Raccontano storie per passare il

tempo e divertirsi e queste storie costituiscono questo capolavoro dell'inizio del XIV secolo.

Nelle sue storie Boccaccio ha creato un'immagine comica della vita urbana del primo

Rinascimento. I suoi racconti di suore e sacerdoti che si trovano coinvolti in situazioni

compromettenti, del clero corrotto che guadagna soldi vendendo reliquie e di mogli che

tradiscono i loro mariti rappresentano gli ideali mutevoli del tempo e la corruzione che esiste

all'interno della chiesa e nella vita della popolazione in generale.

In particolare, il Boccaccio affronta il tema della religione, soprattutto per quanto

riguarda il cattolicesimo, in un modo che descrive la beffa. Nelle novelle, il clero è

rappresentato attraverso personaggi che abbracciano l'applicazione dell'inganno nel tentativo

di soddisfare i loro bisogni sessuali, finanziarie o altre esigenze. A questo proposito, i

sacerdoti, le suore e i frati che avrebbero dovuto rispettare interamente i valori del

cattolicesimo, poiché una chiesa istituzionale sembrava contraddire le sue attese.

Evidentemente, l’autore, in diversi casi, usa la satira e la comicità per criticare il clero nel

momento in cui la maggioranza delle persone ha più bisogno di loro dopo la pestilenza. La

padronanza del Boccaccio nel trattare le questioni religiose ottiene una migliore rivelazione

quando usa la beffa per descrivere come il clero viene ingannato in azioni considerate

immorali. Secondo John Giordani,

Stile, linguaggio e personaggi del Decameron sono infatti permeati da una comicità
spassosa, ironica e spesso edificante che, oltre ad aver scosso la critica nel tempo, ha
influito sulla cultura del riso nelle forme d’arte successive. 1

1
Giordani, John. Riso e comicità nel Decameron, Issuu, pubblicato il 12 maggio 2010,
https://issuu.com/jogiordani/docs/riso_e_comicit___nel_decameron_di_j, data di accesso 26 maggio 2020, p. 3.
Pertanto, questo saggio cerca di analizzare l'approccio di Boccaccio nei confronti

della religione, in particolare del cristianesimo, e di come usa satira, umorismo e comicità per

criticare la società e il clero di quel tempo. Anche, nei paragrafi che seguono, vedremo come

Boccaccio attraverso i suoi personaggi, come Frate Cipolla e Ser Ciappelletto, rappresenta

tutti i vizi umani. Così, ad esempio, la storia di Cepparello affronta temi diversi come la

dissolutezza e corruzione morale, l’ipocrisia, ingegno della classe Borghese-Mercantile in

opposizione all’ingenuità e alla credulità della chiesa. Dall'altro lato, la storia di Frate Cipolla

mostra come la chiesa non è così ingenua. In effetti, la storia si occupa dei temi come la

corruzione morale dei frati e la mancanza di rispetto per quanto riguarda i valori cristiani. In

questa storia le persone del popolo sono quelle che sono creduloni. Quindi, Boccaccio in

questa storia usando la comicità dimostra l’intelligenza dei frati e la loro capacità di uscire da

situazioni imbarazzanti grazie alle capacità oratorie. Come ha sottolineato John Giordani:

Il riso carnevalesco era riso di festa, un riso che apparteneva al popolo e che esprimeva
infine una forte ambivalenza; il riso era infatti gioioso e allegro, ma contemporaneamente
beffardo e sarcastico, negava e affermava nello stesso tempo, seppelliva e resuscitava,
moriva per generare la vita.2

2
Giordani, John. Riso e comicità nel Decameron, Issuu, pubblicato il 12 maggio 2010,
https://issuu.com/jogiordani/docs/riso_e_comicit___nel_decameron_di_j, data di accesso 26 maggio 2020, p. 7.
Boccaccio, in diversi racconti, rivela situazioni in cui il clero è stato sfruttato per

rappresentare i suoi punti deboli. Ad esempio, la regina del primo giorno, Pampinea, sceglie

Panfilo per iniziare con una delle sue storie, permettendogli di parlare su qualunque

argomento preferisca. Prima di intraprendere la sua storia, Panfilo trascorre una

considerevole quantità di tempo a parlare di Dio, dicendo "convenevole cosa è, carissime

donne, che ciascheduna cosa la quale l’uomo fa, dallo ammirabile e santo nome di Colui il

quale di tutte fu facitore, le dea principio." 3 Panfilo Parla della grazia e delle buone azioni del

suo Dio, descrivendolo come "Esso al quale niuna cosa è occulta". 4 Questa frase è cruciale

perché dimostra all'inizio nella narrazione della storia l'incapacità di persone d’ingannare il

Dio, anche se loro stessi possono essere facilmente ingannati. Enfatizzando la purezza di Dio

e l'inevitabile inesattezza dell'umanità, Boccaccio prepara il lettore a prestare attenzione a

come la propria umanità in un contesto religioso può portare all’inganno o ai comportamenti

illeciti.

Infatti, la prima storia del primo giorno ha spiegato l'inganno applicato da Ser

Ciappelletto che è anche conosciuto come Cepparello, un uomo cattivo, che è stato

canonizzato come santo dopo la sua morte. Ser Ciappelletto dopo essersi ammalato ha

mentito a un frate sulla sua vita, cercando così di essere considerato un santo quando muore.

Le sue bugie lo rendevano una persona devota e il frate gli credeva e predicava un sermone

sulla sua vita dopo la morte. La gente della città che aveva sentito parlare del sermone

credeva che fosse un uomo pio e riveriva Ciappelletto come santo dopo la sua morte. La parte

più interessante di questa è che Boccaccio usa situazioni quasi impossibili per mostrare la

dissolutezza e corruzione morale degli esseri umani e la credulità del frate. In questo caso, il

Boccaccio descrive la Chiesa come un'istituzione che mancava di misure per accertare la

3
Boccaccio, Giovanni. Decameron l’opera Ser Cepparello in: Il filo rosso, antologia e storia della letteratura
italiana ed europea a cura di M. Santagata, L. Carotti, A. Casadei, M. Tavoni, Editori Laterza, 2007, p. 738.
4
Ibidem., p. 739.
validità di alcuni aspetti religiosi cruciali. Allo stesso tempo, l'ironia che quella persona

veramente cattiva diventa un santo ha uno scopo comico e mostra elementi comici del

Decameron. Secondo Bausi,

Solo dietro lo schermo della delectatio comica il Decameron poteva sfiorare complesse
questioni morali o addirittura teologiche (come nelle novelle di ser Ciappelletto o di
Giannotto e Abraam); è il riso o il sorriso che il motto di spirito provoca a consentire a
chi sappia ben usarlo di far breccia nel suo interlocutore, aprendogli gli occhi e
inducendolo a ravvedersi o a desistere dai suoi cattivi propositi; la comicità è l’arma
principale della satira antiecclesiastica, e in generale la parodia è lo strumento che
permette a Boccaccio di sottoporre a critica corrosiva e a salutare ridimensionamento
istituzioni consolidate, radicati sistemi di valori e pervasive ideologie. 5

Quindi, il comico non è soltanto un elemento di divertimento, ma è anche utile come mezzo

per affrontare certi argomenti. Ad esempio, novella ser Ciappelletto attraverso il riso e il

comico permette di trattare degli altri argomenti più seri.

Dall’altro lato, è generalmente riconosciuto che il comportamento scorretto del clero è

uno dei temi principali nei racconti del Decameron. A differenza della storia di ser

Ciappelletto, nella storia di Frate Cipolla Boccaccio usa la comicità e la parodia per mostrare

come i frati possono essere moralmente corrotti e usare la loro posizione per guadagnare più

soldi. Alcuni degli argomenti che sono enfatizzati nella storia di Frate Cipolla sono false

reliquie, credulità dei parrocchiani e avidi frati. Nel Decameron, Dioneo racconta una storia

che si svolge nella città di nascita di Boccaccio, cioè a Certaldo. Secondo la storia di Dioneo,

Frate Cippolla era persona piccola, di pelo rosso e lieto nel viso e miglior brigante del
mondo: e oltre a questo, niuna scienza avendo, sì ottimo parlatore e pronto era, che chi
conosciuto non l’avesse, non solamente un gran retorico l’avrebbe estimato, ma avrebbe
detto esser Tulio medesimo o forse Quintiliano. 6

Infatti, Frate Cipolla ogni anno va a Certaldo a raccogliere le indulgenze. Al fine di

raccogliere una raccolta più generosa, promette di mostrare al popolo una piuma dell'angelo

5
Bausi, Francesco. Le forme del comico nel Decameron in: Le forme del comico a cura di
Simone Magherini, Anna Nozzoli e Gino Tellini, Firenze, Società Editrice Fiorentina, 2017 p. 55-56.
6
Boccaccio, Giovanni. Decameron l’opera Frate Cipolla in: Il filo rosso, antologia e storia della letteratura
italiana ed europea a cura di M. Santagata, L. Carotti, A. Casadei, M. Tavoni, Editori Laterza, 2007, p. 730.
Gabriele "la quale nella camera della Vergine Maria rimase quando egli la venne a

annunziare a Nazarette."7 Inoltre, Frate Cipolla sceglie di dire che la piuma fu lasciata nella

camera di Maria e se torniamo alla credenza cristiana sappiamo che dopo la visita Maria

concepirà un figlio. In questa situazione, l'autore ovviamente usa l'ironia e gli elementi

comici per criticare la manipolazione e la corruzione dei frati.

Tuttavia, la storia non finisce con questa interpretazione sacrilegio-umoristica. Due

giovani decidono di fare una beffa a frate Cipolla. In altre parole, loro prendono la piuma e la

sostituiscono con dei carboni, ma il frate si accorge della beffa. Infatti, frate Cipolla, grazie a

una mente rapida, dice ai parrocchiani che per errore ha portato la scatola che conteneva i

carboni di San Lorenzo. Ecco un altro esempio di come Boccaccio, attraverso i suoi

personaggi, critica la società e la chiesa di quel tempo. Frate Cipolla sta ingannando la gente

per guadagnare più soldi e anche quando i suoi amici decidono di fare una beffa, Frate

Cipolla è più intraprendente. Da una parte, questo dimostra la sua intelligenza e la sua

capacità di uscire di situazioni imbarazzanti grazie alle capacita oratorie. Dall’altra parte,

l’uso dell'ironia sottolinea il problema della credulità delle persone e della manipolazione da

parte di ecclesiastici. Oltre a ciò, il commercio di falsi oggetti religiosi dilagava nel Medioevo

e questi oggetti venivano usati per ingannare il pubblico credulone. Come ha notato Tufano,

Possiamo fin da ora dire che Boccaccio non solo ironizza sulle modalità della
propaganda omiletica dei Francescani, ma sembra in sovrappiú rimproverare loro l’etica
deviata. Infatti, proprio i Francescani avrebbero dato prova di avida cupidigia perseguita
senza scrupolo alcuno, e in questo caso il riferimento non sarà certo agli Osservanti, ma
ai Conventuali, a coloro che hanno ribaltato la purezza delle intenzioni pauperistiche del
fondatore Francesco.8

Anche, in entrambe le storie, cioè nella storia di Frate Cipolla e di ser Ciappelletto si

possono notare diversi elementi comici, ad esempio nel dialogo e nella descrizione. In altre

7
Boccaccio, Giovanni. Decameron l’opera Frate Cipolla in: Il filo rosso, antologia e storia della letteratura
italiana ed europea a cura di M. Santagata, L. Carotti, A. Casadei, M. Tavoni, Editori Laterza, 2007, p. 730.
8
Tufano, Ilaria. Letteratura sacra e religiosi nel Decameron in Boccaccio: gli antichi e moderni a cura di Anna
Maria Cabrini e Alfonso D’Agostino, Napoli, Ledizioni, 2018, p. 147.
parole, le descrizioni dei personaggi e delle situazioni ci fanno ridere perché l'umorismo è il

risultato dell'abbinamento di elementi contrastanti. La discrepanza tra ciò che è normale e ciò

che non lo è, tra realtà e apparenza, è spesso ironica, e ci sono molte situazioni nella storia in

cui i narratori abbinano ordinario e straordinario, solito e insolito. Questo tipo di umorismo è

evidente anche nella descrizione di frate Cipolla.

Dall’altro lato, l'umorismo che si trova nelle conversazioni tra le persone è

principalmente spirito della forma, ovvero una commedia del linguaggio, piena di ambiguità,

giochi di parole e assurdità. Ugualmente, per dare un’intonazione comica alla storia,

Boccaccio deforma il linguaggio usando il lessico vicino a quello della lingua parlata, cioè

impiega diminutivi, accrescitivi, peggiorativi, ecc., come ad esempio nella descrizione del

servo nella storia di frate Cipolla: "egli è tardo, sugliardo e bugiardo; negligente, disubidente

e maldicente; trascutato, smemorato e scostumato; senza che egli ha alcune altre taccherelle

con queste, che si taccion per lo migliore." 9 Questo uso della comicità e dell'ironia in

entrambe le storie mostra come le persone con la loro intelligenza possano evitare problemi

diversi e allo stesso tempo quanto sia importante avere grande capacità oratorie.

9
Boccaccio, Giovanni. Decameron l’opera Frate Cipolla in: Il filo rosso, antologia e storia della letteratura
italiana ed europea a cura di M. Santagata, L. Carotti, A. Casadei, M. Tavoni, Editori Laterza, 2007, p. 731.
CONCLUSIONE

Come ho già detto, Boccaccio nella storia di ser Ciappelletto critica la classe Borghese-

Mercantile in opposizione all’ingenuità e alla credulità della chiesa. Attraverso l'esempio di

un personaggio, cioè ser Ciappelletto, l'autore critica la loro dissolutezza e corruzione morale

come anche la necessità di mentire e ingannare. In questa storia piacevole e paradossale "è

evidente un elemento di specularità, per quanto parodizzata." 10 Questo significa che

"Cepparello (…) è personaggio ‘narrato’ da Boccaccio, ma è anche personaggio ‘narrante’, e


11
quindi figura della concreta esperienza di narratore dello scrittore." In altre parole,

Cepparello ridicolizza il frate e la chiesa a causa della loro credulità, perché grazie alla sua

lepidezza Cepparello diventa santo e simbolo di qualcosa di rispettoso. Tuttavia, allo stesso

tempo, sia Boccaccio che Ser Ciappelletto con le loro storie e parole danno senso a un mondo

in cui una persona ipocrita può diventare santo e mostra ancora una volta come il giudizio di

Dio è misterioso.

Dall’altra parte, nella storia di frate Cipolla Boccaccio critica i frati per la loro

corruzione morale e manipolazione con le persone per il proprio interesse. Inoltre, gli

elementi comici e ironici stanno nel fatto che i frati che dovrebbero essere esempio di bontà e

correttezza sono quelli che cercano d’ingannare i parrocchiani con false promesse. Come ha

sottolineato Cabrini,

La beffa come scambio vero-falso, ma anche come contraffazione e metamorfosi ha nel


Decameron uno dei campi privilegiati nel rapporto con il sacro, in particolare nella
parodia che si attua nello scambio tra il credere – come atto di fede – e la credulità,
fondata sull’ignoranza, la superstizione e la sciocchezza. 12

10
Amidei Barbiellini, Beatrice. Boccaccio, Ciappelleto e la funzione del 'mezzano'. Annali della Facoltà di
Lettere e Filosofia dell’Università degli Studi di Milano, Volume LX, 2007, p. 276.
11
Ibidem.
12
Cabrini, Maria Anna. Piume d'angelo, penne di pappagallo in Boccaccio: gli antichi e moderni a cura di Anna
Maria Cabrini e Alfonso D’Agostino, Napoli, Ledizioni, 2018, p. 179-192. p. 179.
Insomma, anche se Boccaccio sottolinea allo stesso tempo la corruzione e il comportamento

scorretto della società e del clero, secondo me, nel Decameron questi esempi di

comportamento scorretto hanno sempre controesempi. Ciò significa, prima di tutto, che il

problema risiede nell’individuo piuttosto che nell’istituzione della chiesa o nella società in

generale. Ci sono anche membri buoni e rispettosi del clero e membri della società che non

sono corrotti. I comportamenti scorretti non sono inevitabili. Tuttavia, queste storie

completano l'intenzione di Boccaccio di rappresentare al lettore esempi di cosa imitare e cosa

evitare. Anche, Boccaccio nel Decameron offre una visione approfondita dei problemi di quel

tempo.
Bibliografia

Amidei Barbiellini, Beatrice. Boccaccio, Ciappelleto e la funzione del 'mezzano'. Annali della

Facoltà di Lettere e Filosofia dell’Università degli Studi di Milano, Volume LX,

2007, p. 273-279.

Bausi, Francesco. Le forme del comico nel Decameron in: Le forme del comico a cura di

Simone Magherini, Anna Nozzoli e Gino Tellini, Firenze, Società Editrice Fiorentina, 2017,

p. 47-59.

Boccaccio, Giovanni. Decameron l’opera Frate Cipolla in: Il filo rosso, antologia e storia

della letteratura italiana ed europea a cura di M. Santagata, L. Carotti, A. Casadei,

M. Tavoni, Editori Laterza, 2007, p. 729-737.

Boccaccio, Giovanni. Decameron l’opera Ser Cepparello in: Il filo rosso, antologia e storia

della letteratura italiana ed europea a cura di M. Santagata, L. Carotti, A. Casadei,

M. Tavoni, Editori Laterza, 2007, p. 738-749.

Cabrini, Maria Anna. Piume d'angelo, penne di pappagallo in Boccaccio: gli antichi e

moderni a cura di Anna Maria Cabrini e Alfonso D’Agostino, Napoli, Ledizioni,

2018, p. 179-192.

. Giordani, John. Riso e comicità nel Decameron, Issuu, pubblicato il 12 maggio 2010,

https://issuu.com/jogiordani/docs/riso_e_comicit___nel_decameron_di_j, data di

accesso 26 maggio 2020, p. 1-58.

Tufano, Ilaria. Letteratura sacra e religiosi nel Decameron in Boccaccio: gli antichi e

moderni a cura di Anna Maria Cabrini e Alfonso D’Agostino, Napoli, Ledizioni,

2018, p. 139-154.

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