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7.

VERIFICHE DI RESISTENZA DELLE MEMBRATURE


Si prescinde, in questo punto, dai fenomeni di instabilità.

7.1 Trazione

Nd
Deve risultare: σN = ≤fd
A eff
ove Aeff è l’area effettiva.
L’area effettiva coincide con l’area del profilo o con la sua sezione netta An (detratta cioè l’area dei fori,
assumendo come tale quella minima corrispondente o alla sezione netta o al profilo spezzato) quando il
profilo è collegato simmetricamente al suo baricentro. Inoltre :
1.- Nel caso di angolari singoli collegati ad una sola ala (fig. 1.7 a) l’area effettiva può essere assunta pari a:
3A 1
A eff = A 1 + A2
3A 1 + A 2
dove A1 è l’area netta dell’ala collegata e A2 l’area dell’ ala non collegata.
2.- Nel caso di coppie di angolari soggetti a trazione, connessi tra loro almeno ai terzi della lunghezza e
collegati al medesimo lato della piastra (fig. 1.7.b) l’area effettiva di ogni angolare risulta:

5A 1
A eff = A1 + A2
5A1 + A 2
3.- Nel caso di coppie di angolari tesi, connessi almeno ai terzi della lunghezza e collegati ai due lati della
piastra di nodo (fig. 1.7.c) l’area effettiva è pari all’area totale dei due angolari depurata dai fori.
4.- Nel caso di profilati a C, collegati sull’anima e a T (fig. 1.7. d, e, f, g) si applicano i criteri dei punti 2 e
3.
5.- Si deve evitare di regola l’impiego di profilati a I e a C sollecitati prevalentemente a trazione, collegati su
una sola delle ali (fig. 1.7. h,i)

Fig. 1.7

Le indicazioni precedenti sono riportate nella norma UNI 10011 (§ 6.2.1).

Verifiche di resistenza delle membrature 1


7.2 Compressione

Prescindendo dall’instabilità deve risultare, per gli stati limite:


Nd
σN = ≤ fd
A
dove A è l’area nominale del profilo al netto dei fori.

7.3 Flessione

Le tensioni normali negli elementi inflessi si calcolano considerando il momento d’inerzia della sezione
depurata dalla presenza dei fori.
E’ possibile tenere conto di un adattamento plastico ψ ≥ 1 per aumentare il modulo di resistenza.
La norma CNR UNI 10011 propone il seguente calcolo :
definito il momento elastico Me =Wfy (W modulo resistente, fy tensione di snervamento dell’acciaio) si
determina il valore del momento ψMe che produce una freccia residua vr in mezzeria di una trave
semplicemente appoggiata soggetta a flessione uniforme, pari a:
L
vr =
1000
quando la trave viene scaricata.

I valori di ψ dipendono dal tipo di acciaio e dal rapporto L/h tra luca ed altezza.
In base a questa definizione esistono curve di ψ in funzione di h per i diversi tipi di acciaio e per le diverse
forme di sezione (IPE, HE, etc.). Ammettendo una parziale plasticizzazione si ha:
a. per flessione semplice:
M M
σ= y σ max =
ψJ ψW
b. per flessione deviata:
Mx My
σ= y+ x
ψxJx ψyJy
Mx My
σ max = +
ψ x Wx ψ y W y
In via cautelativa ψ può essere posto pari ad 1.

7.4 Taglio

VS
Le tensioni tangenziali sono date da τ =
Jb
Nella pratica progettuale si ignora il contributo delle ali e si assume che il taglio venga assorbito dall’anima
di area Aw valutando una tensione media:
Verifiche di resistenza delle membrature 2
V
τm =
Aw
Quando sono presenti dei fori di bulloni nell’anima la tensione viene moltiplicata per il rapporto tra l’area
lorda e l’area netta dell’anima. La verifica richiede:
fd
τ max ≤
3

7.5 Torsione

Secondo la teoria di De Saint Venant:


dθ T
c. per sezioni circolari θ& = =
dz GJ t
d. per sezioni aperte di spessore sottile s:
T 1
τ=
Jt
s Jt =
3 ∑b s 3
i i

T
θ& =
GJ t
e. per sezioni cave a parete sottile:
T T df
τ=
2Ωs
θ& =
4GΩ 2 ∫ s

Tuttavia per sezioni aperte in parete sottile la resistenza è sottovalutata, infatti le sezioni trasversali non si
mantengono piane ma subiscono un ingobbamento che da luogo a flessione orizzontale nelle ali e quindi a
delle tensioni tangenziali nelle ali. Il momento torcente è pertanto equilibrato in parte dalle tensioni
tangenziali di torsione ed in parte dalle tensioni tangenziali di taglio nelle ali.

Fig. 2.7

Verifiche di resistenza delle membrature 3


8. PROBLEMI DI INSTABILITA’
Nella teoria del I ordine le sollecitazioni sono calcolate facendo riferimento alla configurazione indeformata
della struttura. Quando gli spostamenti incrementano le sollecitazioni in modo non trascurabile occorre fare
riferimento alla teoria del II ordine. In tal caso non è più lecito trascurare l’effetto delle imperfezioni quali
l’eccentricità dei carichi assiali, la non regolarità dei profilati, la linea d’asse pre-deformata, gli stati di
coazione presenti.
La presenza di tali imperfezioni impedisce che nei casi reali si realizzi il fenomeno dell’instabilità per
biforcazione, caratteristico dei sistemi perfetti.
Ad esempio nel caso dell’asta incastrata alla base e libera in sommità (fig. !.8) il diagramma carico-
spostamento è influenzato dall’eccentricità iniziale dei carichi e il carico massimo dipende oltre che dalla
resistenza del materiale anche dagli effetti del secondo ordine.

P P
e
P
e1<e2<e3
f
e=0
e1
e2
e3

Fig. 1.8
f

8.1 Aste compresse

Sono soggette a sforzi lungo l’asse, senza presentare una eccentricità nota o senza che l’asse presenti una
curvatura prestabilita o sia soggetta ad azioni flettenti. Sono considerate aste compresse quelle che si
scostano dalla configurazione rettilinea di una quantità v0 < 1/1000 della lunghezza di libera inflessione. Se
queste condizioni non sono verificate si tratta di presso flessione.
Possono considerarsi come aste compresse:
- i pilastri di strutture pendolari in cui le azioni orizzontali sono affidate ad elementi di controvento ed i
nodi tra le travi e le colonne sono realizzati a cerniera;
- le aste delle strutture reticolari. Si deve avere cura che le linee d’asse delle aste concorrenti in uno stesso
nodo convergano in uno stesso punto. Il collegamento fra le aste è realizzato con bullonatura o saldatura
pertanto sono presenti dei momenti di continuità che vengono trascurati nelle verifiche in quanto di
modesta importanza (momenti secondari).
Dalla teoria delle aste compresse perfette si ricava la lunghezza di libera inflessione l0 (distanza tra i punti di
flesso della deformata sinusoidale) in funzione delle condizioni di vincolo, la definizione della snellezza
limite λlim che separa il campo delle aste snelle da quello delle aste tozze. Per le aste snelle si può applicare la
formulazione di Eulero che definisce il primo carico critico:
π 2 EJ min π2E
Pcrit = ====> σ crit =
l 02 λ2
Per le aste tozze le tensioni sono comprese tra il limite di proporzionalità e le tensioni di snervamento. La
tensione critica è valutata con la formulazione di Tetmayer, di Enghesser e di Karman.
In figura 2.8 è riportata la relazione tra la σcrit e la snellezza:

Problemi di instabilità 4
σcrit

Enghesser
Karman

Tetmayer

Eulero

Fig. 2.8
λ
λlim
aste tozze aste snelle

Si consideri ora l’effetto delle imperfezioni geometriche sull’asta reale. Partendo da un’asta non
perfettamente rettilinea prima dell’applicazione dei carichi la sollecitazione è di
presso flessione; a causa della deformazione le tensioni pertanto non avranno un
andamento lineare con il carico. Si assume la deformata iniziale di tipo sinusoidale
con equazione
πz
y 0 = a sin
l
La condizione di equilibrio tra il momento esterno e il momento interno porta alla
relazione:
d2y
P (y 0 + y ) = − E J
dz 2
P d2y
P πz
l da cui: y+ 2
+
a sin =0
dz EJ EJ l
Una soluzione particolare dell’equazione differenziale di secondo grado è del tipo:
z πz d2y π2 πz
y = k sin da cui si ricava per derivazione: 2
= − k 2
sin
l dz l l
Sostituendo si ricava:
π2 πz P πz Pa πz
− k 2 sin + k sin + sin =0
l l EJ l EJ l
Fig. 3.8 Semplificando si ottiene:
π 2 EJ
− k 2 + Pk + Pa = 0
l
π 2 EJ Pa
Poichè il carico critico euleriano ha espressione: PE = sostituendo si ricava k =
l 2 PE − P
P πz
La deformata elastica sarà pertanto: y= a sin
PE − P l

P
Lo spostamento y per il carico N, risulta: y= y0
PE − P
Nella sezione di mezzeria il momento sarà pertanto:
 
 P   1 
M = P (y + y 0 ) = P 1 +  y 0 = M 0  
 PE − P  1 − P P 
 E 
essendo M0 = P y0 il momento del primo ordine.

Problemi di instabilità 5
La tensione massima risulta pertanto:
P M P M0
σ max = + = +
A W A W 1 − P 
 PE 

La condizione limite per le aste snelle è σ max = σ p ove σp è la tensione di proporzionalità minore di fy.
Sostituendo si ha:
 
P y0A 
σ max = 1 + 
A  W 1 − P  
 PE  
 
Ponendo ancora σmedia = P/A= σcrit e σE =PE/A si ricava:
 
 y0 
σ p = σ crit 1 + 
 W  σ crit  
1 − σ E  
 A
Fissata la tensione di proporzionalità σp e le caratteristiche geometriche, per un dato valore di λ ricaviamo
π2E
σ E = 2 ed osserviamo che al crescere di y0 diminuisce σcrit per cui è possibile costruire la curva
λ
σcrit - λ che tiene conto dell’imperfezione dell’asta y0.

Ripetendo il calcolo per diversi valori di λ otteniamo la curva delle tensioni critiche σcrit , analoga a quella
dell’instabilità per biforcazione, ma che tengono conto delle piccole imperfezioni geometriche. Con questo
procedimento è possibile tenere conto anche della presenza di stati di coazione che riducono le σp.
Le relazioni σc - λ sono riportate dalla CNR UNI 10011 per diverse forme di sezione(tabella e fig. 5.8.) in
E
funzione dei rapporti σcrit / fy e λ /λcrit . Ove λcrit = π è la snellezza corrispondente al limite di
fy
validità del comportamento in fase elastica dell’asta.

Problemi di instabilità 6
Valori di σcrit / fy

Fig. 4.8

Problemi di instabilità 7
Rapporti σcrit / fy

Fig. 5.8

La snellezza dell’asta è definita come:


L0
λ=
i
ove L0 è la lunghezza di libera inflessione nel piano principale considerato, i il raggio d’inerzia nello stesso piano.
La lunghezza di libera inflessione L0 = βL ove L è la lunghezza dell’asta e β è un coefficiente che dipende dalle
effettive condizioni di vincolo:
- β = 1 se i vincoli dell’asta possono assimilarsi a cerniere
- β = 0.7 se i vincoli possono assimilarsi ad incastri
- β = 0.8 se un vincolo può assimilarsi ad incastro e l’altro a cerniera
- β=2 se un vincolo è un incastro perfetto e l’altro estremo è libero
Per le strutture reticolari si assume:
- aste di corrente di travi reticolari piane:
- β = 1 per inflessione nel piano della travatura
- β = 1 nel piano normale alla travatura se esistono ritegni rigidi alle estremità dell’asta
- aste di parete
- β = d/L ≥ 0.8 essendo d la distanza tra i baricentri delle bullonature o saldature d’attacco ale estremità
Per le colonne dei fabbricati, provvisti di ritegni trasversali rigidi si assume β = 1.
In ogni caso deve risultare:
- λ ≤ 200 per le membrature principali (azioni statiche)
- λ ≤ 250 per le membrature secondarie (azioni statiche)
- λ ≤ 150 per le membrature principali (azioni dinamiche)
- λ ≤ 200 per le membrature secondarie (azioni dinamiche)
Nel calcolo agli stati limite deve risultare lo sforzo normale di calcolo Nsd minore dello sforzo normale critico Ncrit:
σ crit
Nsd ≤ Ncrit e quindi ≥1
σ
ove σcrit = Ncrit/A è la tensione che provoca l’inflessione laterale dell’asta nel piano che si considera e σ = N/A è la
tensione assiale di compressione media corrispondente al carico N.
Nel metodo alle tensioni ammissibili deve risultare:

Problemi di instabilità 8
σ c rit
≥ν
σ
essendo:
- ν = 1.5 per la I condizione di carico
- ν = 1.5 /1,125 per la II condizione di carico
Ovviamente la differenza è dovuta al fatto che le azioni alo stato limite sono considerate con γf > 1, nel
metodo alle tensioni ammissibili sono considerati i carichi di esercizio.
I valori di σc si ricavano in funzione di snervamento fy (prospetto 7.I), in funzione del rapporto λ/λcrit .

Metodo ω

La verifica di sicurezza di un’asta compressa può effettuarsi nell’ipotesi che la sezione trasversale sia
compressa da una forza assiale Nsd maggiorata dal coefficiente ω:
ω N sd
≤ fd
A
I valori di ω sono tabellati in funzione di λ per i vari tipi di acciaio e in funzione della forma della sezione
trasversale (curve a, b, c, d su norma CNR UNI 10011). A titolo di esempio è riportata la tabella dei
coefficienti ω per acciaio Fe 360 aventi sezione quadrata, rettangolare o tonda

Problemi di instabilità 9
8.2 Aste compresse composte

Si tratta di elementi in cui i correnti sono costituiti da profilati (di solito ad L o a C) e sono collegati fra loro
in modo discontinuo mediante tralicci triangolati (aste tralicciate) (Fig. 6.8.a,b) oppure mediante elementi di
lamiera di forma rettangolare (calastrelli) (Fig. 6.8.c) disposti ad interasse costante.

a b c
Fig. 6.8

Ai fini del problema dell’instabilità vengono considerate come aste semplici. Per esse non vale l’ipotesi di
conservazione delle sezioni piane. Tuttavia è possibile ricondurre il caso delle aste composte a quello delle
aste semplici col metodo della snellezza equivalente tenendo conto di una deformazione per flessione come
se si trattasse di un’asta semplice monolitica che ha la stessa sezione trasversale dell’asta composta effettiva
e tenendo inoltre conto della deformazione del collegamento dei correnti a traliccio in modo analogo a quello
di una trave reticolare, mentre nel caso di collegamenti con calastrelli in modo analogo a quello di una trave
Vierendeel (Fig. 7.8).
M

Fig. 7.8

M
a. b.

(CNR UNI 10011)

Problemi di instabilità 10
Problemi di instabilità 11
Problemi di instabilità 12
Problemi di instabilità 13
8.3 Aste compresse a sezioni aperte e chiuse con pareti di piccolo spessore

Per evitare che si manifesti un imbozzamento locale prima che l’elemento abbia esaurito la sua resistenza di insieme
occorre rispettare dei limiti dimensionali (vedere CNR UNI 10011). Tali limiti
b1
dipendono dal materiale. I limiti interessano i rapporti b1/t1:
t1

Fe 360 Fe 430 Fe 510


b1/t1≤ 15 14 12

Problemi di instabilità 14
8.4 Aste pressoinflesse

ν = 1 nel calcolo agli stati limite

Considerazioni più dettagliate vanno fatte per momenti variabili lungo l’asta, o per presso flessione deviata (vedere
norme CNR UNI 10011 § 7.4).

Problemi di instabilità 15
8.5 Stabilità dell’anima di elementi strutturali a parete piena

Consideriamo una sezione a doppio T sollecitata da un momento Msd e taglio Vsd. Le tensioni e le isostatiche sono
rappresentate nella figura sottostante.

Nell’anima di spessore s le tensioni medie tangenziali sono:


Vsd
τm =

(in cui η è il braccio di leva interno) e le isostatiche sono inclinate di 45°.
La lunghezza delle diagonali compresse pari a η 2 determina un carico di sbandamento ridotto per cui tendono ad
essere più efficacemente sostituite da bielle compresse più corte che corrispondono ai montanti verticali per cui si
giunge ad uno schema resistente di diagonali tesi e da montanti verticali compressi.

Il carico critico Euleriano del montante compresso (che consideriamo di larghezza b), tenuto conto che ne è impedita la
dilatazione trasversale risulta (detto ν il coefficiente di Poisson):
π 2 EJ
Q crit =
( )
1 − ν 2 l 02
2
1 3 η π  = 186000 N 
l0 ≅ Ponendo E 0 =
essendo J =
12
bs e
2
.
(
12 1 − ν 2
) E 


mm 2 
2
Q cr s
si ricava σ cr = = 4E 0  
bs  η

Problemi di instabilità 16
La σcr diminuisce in funzione quadratica con la diminuzione del rapporto (s/η) che definisce la “sottigliezza”
dell’anima, e per valori del rapporto η/s maggiori di 70-80 occorre provvedere a rinforzare l’anima con degli
irrigidimenti, costituiti di norma da montanti disposti simmetricamente rispetto all’anima.
In realtà il comportamento del pannello dell’anima di una trave limitata da due sezioni normali all’asse e da due
parallele in corrispondenza dei correnti è condizionato dall’andamento delle tensioni normali σ e tangenziali τ agenti.
I vari parametri che influenzano la resistenza all’imbozzamento dell’anima delle travi sono prese in conto nella
formulazione della norma CNR UNI 10011, la quale suddivide l’anima in campi rettangolari di lunghezza “a” ed
altezza “h”.

Problemi di instabilità 17
Problemi di instabilità 18
Problemi di instabilità 19
La verifica all’imbozzamento dei pannelli d’anima deve essere integrata:
- dalla verifica a carico di punta degli irrigidimenti verticali in corrispondenza degli appoggi e dei
carichi concentrati ,
- dalla verifica della stabilità locale dell’anima sotto l’azion e di eventuali carichi applicati fra due
irrigidimenti trasversali consecutivi.

Per queste verifiche fare riferimento alle disposizioni della norma CNR UNI 10011

Problemi di instabilità 20
9. Composizione strutturale di edifici multipiano e monopiano.
Controventi

Gli elementi fondamentali della struttura sono:


f. Le fondazioni, realizzate in c.a., secondo la tipologia più opportuna (plinti, travi continue, piastre,
pali)
g. Le strutture in elevazione
h. I solai dei vari piani, nel caso di edifici multipiano, o la copertura, nel caso di edifici monoplano

9.1 Edifici multipiano

I solai possono essere realizzati in vario modo:


i. Pannelli in cemento armato normale o precompresso o misto con laterizio, gettati in opera (fig. a, b)
o prefabbricati (fig. c, d)
j. Lamiere grecate riempite da materiale inerte (fig. e)
k. Lamiere grecate riempite da calcestruzzo collaborante (fig. f)

Nella prima delle figure sottostanti sono riportati alcuni esempi di sagome di lamiere grecate e nella seconda
è rappresentata una lamiera recata collaborante col calcestruzzo

Composizione strutturale 21
Le azioni verticali ed orizzontali sono applicate ai solai o alle pareti laterali (ad es. l’azione del vento) e
dovranno essere trasferite alle fondazioni tramite il sistema resistente costituito dalle travi e dai pilastri che
saranno pertanto soggetti a sollecitazioni assiali, taglianti e flettenti.
l. Un sistema idoneo a trasmettere queste azioni potrebbe essere costituito da colonne e travi
rigidamente collegate tra loro a formare una struttura intelaiata a molte iperstatiche. Un esempio di
tali collegamenti è riportato qui sotto

tali collegamenti risultano costruttivamente molto impegnativi e costosi e inoltre impegnano in modo
pesante le colonne a sollecitazioni flettenti.
m. E’ possibile progettare una struttura in cui le azioni orizzontali sono trasmesse ad un elemento rigido
incastrato al base, ad es. un nucleo in cemento armato. I pilastri risultano pertanto semplicemente
compressi e le giunzioni trave-colonna trasmettono solo sforzi di taglio

In questo caso le giunzioni sono semplici

Composizione strutturale 22
Le sollecitazioni flettenti nelle colonne sono molto ridotte, si ha tuttavia un aggravio del sistema
fondazionale che deve fornire le reazioni ai carichi orizzontali concentrati in alcuni elementi e non
distribuiti su tutta la pianta dell’edificio.

n. In alternativa al nucleo di cemento armato gli sforzi orizzontali possono essere trasferiti da un
sistema di controventi realizzati con strutture reticolari in acciaio. Di seguito si riportano alcuni
schemi di controventature

Questi si ripetono per tutti i piani a realizzare elementi di controvento che interessano 2, 3 o più ritti. La
forma è legata spesso ad esigenze architettoniche.
Le colonne ed i traversi di una controventatura verticale in genere hanno il compito di trasferire alle
fondazioni le azioni verticali mentre le aste diagonali sono sollecitate dalle azioni orizzontali.
Il sistema di controventi deve ovviamente equilibrare le azioni orizzontali agenti nelle due direzioni
ortogonali.
Il trasferimento delle forze orizzontali dai loro punti di applicazione alle strutture di controvento avviene
attraverso la rigidità nel proprio piano dei solai, che, nella pratica costruttiva si considera infinita.
Qualora i solai non diano sufficiente garanzia di rigidezza e di buon collegamento con le altre strutture (solai
leggeri, solai metallici in genere) occorre prevedere strutture in acciaio di controventatura orizzontale nel
piano stesso dei singoli solai.
Alcuni esempi:
o. Struttura a telai longitudinali con collegamenti trasversali e solai orditi in senso trasversale. Nella
pianta sono evidenziati gli elementi di controvento verticali ed orizzontali

Composizione strutturale 23
p. Schema statico a telai trasversali con collegamenti longitudinali e solai orditi in senso longitudinale

Composizione strutturale 24
9.2 Edifici monopiano

Consideriamo un edificio industriale monopiano a maglie rettangolari con un lato di dimensioni importanti
(L ≥ 15 m)
Con una copertura che ha per lo più funzione di protezione per il clima. Possono essere inoltre presenti vie
di corsa di carri-ponte

Composizione strutturale 25
Il carico verticale agente in copertura agisce sugli elementi longitudinali (inflessi), quindi su travi principali,
pilastri e fondazioni. Per interassi grandi tra le travi si dispongono travi secondarie e arcarecci.
Gli arcarecci è bene che siano disposti in corrispondenza dei nodi delle travi a formare delle travi continue.
Poiché la lunghezza commerciale dei profilati è di circa 12 metri occorre realizzare delle giunzioni (per lo
più chiodature).
Le travi reticolari possono avere forma diversa e per dimensioni elevate le lunghezze delle aste compresse
può ulteriormente essere divisa (schema sul lato a destra della figura) per ridurre la lunghezza di libera
inflessione

Le varie travi sono collegate dagli arcarecci (o da lamiere grecate) che si comportano come bielle e che non
impediscono uno sbandamento contemporaneo di tutte le travi. E’ pertanto necessario un controvento
trasversale (fig. a). Nella fig. b è presente anche un controvento longitudinale. Gli arcarecci oltre che
trasmettere le forze assiali sono soggetti a flessione che diventa flessione deviata quando le falde sono
inclinate

Le azioni orizzontali sono dovute al vento , allo scorrimento dei carri ponte, alle imperfezioni costruttive,
alle azioni sismiche.
Esse devono essere riportatealle fondazioni tramite una apposita orditura:
q. Telai in ambedue le direzioni (fig. a)
r. Telai in direzione trasversale e controventi con struttura pendolare in direzione longitudinale (fig. b)
s. Struttura pendolare controventata nelle due direzioni (fig. c)

Composizione strutturale 26
Tali soluzioni sono schematizzate nella figura sottostante

t. Schema a: la rigidezza della trave è paragonabile a quella delle colonne e si ha comportamento a


portale. Le colonne sono sollecitate da un momento flettente incrociato e ciò costituisce un aggravio
per le colonne, soprattutto quando sono realizzate con sezioni a I con rigidezze molto diverse nei due
piani principali
u. Schema b: le due forze orizzontali trasversali all’asse dell’edificio sono assorbite ancora con il
comportamento a portale mentre quelle longitudinali sono equilibrate dal controvento. Questa
soluzione permette di disporre le colonne con il piano di maggior rigidezza nel piano del portale. I
controventi longitudinali che possono costituire disturbo funzionale nei riguardi dell’utilizzazione
sono realizzati con forme diverse:
v. a croce di S. Andrea
w. a K o a V rovescio
x. a portale

Composizione strutturale 27
y. Schema c: la trave si considera incernierata alle estremità e quindi trasmette ai pilastri, oltre alle
forze verticali delle forze orizzontali ma non dei momenti. Con le travi reticolari questa soluzione è
possibile ovalizzando il foro delle giunzioni bullonate (punto A della fig. 1.48) (asola). Infine le
colonne possono presentare forme assai diverse in funzione della presenza o meno delle vie di corsa.
Per carriponte impegnativi si ricorre alle soluzioni c e d della fig. 1.47

Composizione strutturale 28

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