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dorso

51 mm

In copertina: L’arco di Caracalla a Volubilis (foto di Piero Bartoloni)

Volume primo
l’africa romana 20
Il volume raccoglie gli Atti del XX Convegno internazionale L’Africa romana (Alghero,
26-29 settembre 2013) dedicato a Momenti di continuità e rottura: bilancio di trent’anni di
convegni «L’Africa romana». L’opera, che corona una lunga serie di incontri internazionali
L’AFRICA ROMANA
ai quali hanno partecipato centinaia di studiosi, è curata da Paola Ruggeri, professore associa-
to di Storia romana e direttrice del Centro di Studi Interdisciplinari sulle Province Romane Momenti di continuità e rottura:
dell’Università di Sassari. Hanno collaborato Maria Bastiana Cocco, Alberto Gavini, Edgar- bilancio di trent’anni di convegni L’Africa romana
do Badaracco, Pierpaolo Longu.
Nel suo intervento introduttivo Guido Clemente ha ricostruito la storia dei Convegni L’Africa
romana e sottolineato l’ampia collaborazione con i diversi Istituti di ricerca, con molte
Università, con numerose Società scientifiche internazionali, infine con i giovani dell’Asso- a cura di
ciazione Nazionale Archeologi. Paola Ruggeri
Nella Presentazione del volume, Claude Briand-Ponsart nota che «L’Africa romana est
devenue depuis longtemps une véritable institution scientifique d’envergure internationale
et ce vingtième congrès a respecté la tradition, il a rempli la mission qu’il s’était fixée. Grâce
au dynamisme et à la générosité des organisateurs qui ont accueilli aussi bien les chercheurs
confirmés que les nouveaux venus d’Italie, du Maghreb et de bien d’autres pays, ces ren-
contres ont accumulé un capital inégalé de savoirs, de connaissances dans tous les domaines
historiques et culturels de l’Afrique du Nord antique et de la Sardaigne. Lieux privilégiés
d’échanges et de discussion, elles ont contribué à nouer des relations fructueuses, à tisser des
liens d’amitié entre les participants dans une ambiance de chaleureuse convivialité».
Per Attilio Mastino «l’iniziativa dell’Università di Sassari si è sviluppata ben al di là di
quanto si potesse immaginare al suo esordio: anche questo convegno documenta la crescita
collettiva, il coinvolgimento sempre più ampio di specialisti, l’attenzione con la quale la
comunità scientifica internazionale ha seguito l’attività dell’Università di Sassari, che ha
finito per colmare uno spazio importante negli studi classici. Dai nostri convegni è derivata
così una rete di rapporti, di relazioni, di amicizie, di informazioni, che crediamo sia il risul-
tato più importante dell’esperienza che abbiamo vissuto in questi anni, con il sostegno e
l’incoraggiamento delle autorità e di tanti amici, i nostri amici del Maghreb, i nostri amici
europei, i nostri amici dei nuovi continenti, i nostri studenti, gli studenti impegnati nelle
imprese dell’Africa romana. Anche nelle condizioni difficili e terribili di questi trent’anni
e in particolare tra il 2001 e le primavere arabe, abbiamo proseguito il nostro impegno di
costruire ponti fra le due rive del Mediterraneo, con il senso di un’attenzione e di un rispetto
che vogliamo affermare, il desiderio di un incontro e di una speranza».
Nei 195 contributi di studiosi italiani e stranieri trovano il consueto ampio spazio anche le
novità epigrafiche e le testimonianze di numerose provinciae affacciate sul Mediterraneo
occidentale.
Estratti

ISSN 1828-3004

€ 97,00 Tre volumi


(prezzo dei tre volumi indivisibili) indivisibili Carocci editore

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Collana del Dipartimento di Storia,
Scienze dell’Uomo e della Formazione
dell’Università degli Studi di Sassari

Serie del Centro di Studi Interdisciplinari


sulle Province Romane dell’Università degli Studi di Sassari

Direttore: Paola Ruggeri

49

In memoria delle vittime innocenti


del tragico attentato
al Musée National du Bardo,
con la solidarietà di tutti gli studiosi
al popolo della Tunisia libera e democratica
Sassari, 18 marzo 2015
In copertina: L’arco di Caracalla a Volubilis (foto di Piero Bartoloni)

1a edizione, dicembre 2015


© copyright 2015 by
Carocci editore s.p.a., Roma

Finito di stampare nel dicembre 2015 da Eurolit, Roma

issn 1828-3004
isbn 978-88-430-7400-6

Riproduzione vietata ai sensi di legge


(art. 171 della legge 22 aprile 1941, n. 633)
Senza regolare autorizzazione, è vietato riprodurre questo volume
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L’Africa romana
Momenti di continuità e rottura:
bilancio di trent’anni di convegni L’Africa romana

Atti del xx Convegno Internazionale di studi


Alghero - Porto Conte Ricerche, 26-29 settembre 2013

A cura di Paola Ruggeri


con la collaborazione di Maria Bastiana Cocco,
Alberto Gavini, Edgardo Badaracco, Pierpaolo Longu

Estratti

Carocci editore
Volume pubblicato con il contributo finanziario di

Ministero degli Affari Esteri


e della Cooperazione Internazionale
Università degli Studi di Sassari
Dipartimento di Storia, Scienze
dell’Uomo e della Formazione

e con il patrocinio e il sostegno del

I saggi di questi Atti di convegno sono stati sottoposti a referaggio.

Comitato scientifico
Presidente: Attilio Mastino
Componenti: Aomar Akerraz, Angela Antona, Samir Aounallah, Piero Bartoloni,
Nacéra Benseddik, Paolo Bernardini, Azedine Beschaouch, Antonietta Boninu,
Giovanni Brizzi, Francesca Cenerini, Maria Bastiana Cocco, Antonio Maria Corda,
Anna Depalmas, Lietta De Salvo, Angela Donati, Rubens D’Oriano, Layla Es-Sadra,
Mounir Fantar, Piergiorgio Floris, Emilio Galvagno, Elisabetta Garau, Alberto Gavini,
Mansour Ghaki, Julián González, Michele Guirguis, John J. Herrmann Jr, Antonio Ibba,
Ridha Kaabia, Mustapha Khanoussi, Giovanni Marginesu, Marc Mayer, Maria Grazia Melis,
Marco Milanese, Marco Edoardo Minoja, Alberto Moravetti, Giampiero Pianu,
Marco Rendeli, Daniela Rovina, Paola Ruggeri, Donatella Salvi, Sandro Schipani,
Ahmed Siraj, Pier Giorgio Spanu, Alessandro Teatini, Alessandro Usai, Emerenziana Usai,
Cinzia Vismara, Raimondo Zucca

Membri onorari: José María Blázquez, M’hamed Hassine Fantar, Jean-Paul Morel,
René Rebuffat, Joyce Reynolds

Coordinamento scientifico
Centro di Studi Interdisciplinari sulle Province Romane
dell’Università degli Studi di Sassari

Viale Umberto 1, 52 - 07100 Sassari


telefono 079 20 65 203 - fax 079 20 65 241
email: africaromana@uniss.it
claudio farre
Spunti di ricerca sui supporti funerari
della Sardinia centrale in età romana

Nel quadro dell’epigrafia latina della Sardegna interna, si analizza l’evo-


luzione di particolari supporti funerari come i cippi a capanna e a baulet-
to, diffusi in tutta l’area centro-occidentale ma senza riscontro nel resto
dell’isola, o come i cippi a botte, documentati soltanto nel Barigadu e nel
Cagliaritano. Tali tipologie, in passato collegate più volte all’area iberi-
ca e africana, sono forse riconducibili alla penisola italica, veicolate dai
numerosi arrivi di coloni documentati tra la fine dell’età repubblicana e
i primi due secoli dell’impero e connessi allo sfruttamento agricolo della
regione.

Parole chiave: Sardinia, romanizzazione, epigrafia, cippi, cupae.

La produzione epigrafica latina della Sardegna interna offre dati preziosi


sulla romanizzazione della regione ed è costituita principalmente da iscri-
zioni funerarie databili tra i e iii secolo d.C., concentrate in massima parte
nel Barigadu e nel Marghine1.
In tale area si nota la particolare diffusione di alcuni supporti che
non sembrerebbero trovare riscontro nel resto dell’isola. Tra questi la
tipologia più diffusa, con circa sessanta attestazioni limitate alla sola
Sardegna centrale2, è senz’altro quella dei cosiddetti cippi a capanna,
composti da una base parallelepipeda con timpano a doppio spiovente,
databili tra la fine del i e la metà del ii secolo d.C. sulla base dei formulari
epigrafici e della tipologia di sepoltura, a incinerazione, a cui tali suppor-
ti sono legati3.

* Claudio Farre, Scuola di Specializzazione in Beni Archeologici Nesiotikà, Consorzio


uno, Oristano.
1. Mastino (1993), pp. 480-9; Id. (2005), p. 439; Farre (2013), passim.
2. Per tutti Cossu (1994), p. 1002; Porrà (2006), pp. 47-75; Loi, Montalto (2010),
pp. 75-9.
3. Cossu (1994), pp. 1002-3; Ibba (2006), p. 18; Porrà (2006), p. 60.
1594 Claudio Farre
I cippi a capanna mostrano confronti stringenti con quelli etruschi di
età ellenistica4, ma anche con produzioni tardopuniche5, galliche6 e della
Penisola Iberica, da dove potrebbero essere giunti veicolati dalla cohors vii
Lusitanorum, di stanza ad Austis nella primissima età imperiale7. In realtà
questa ipotesi stride con la totale assenza dei cippi ad Austis8 e soprattutto
con il fatto che la cohors abbandonò la Sardegna già nella prima metà del i
secolo d.C.9, quando il supporto non è ancora documentato nella regione.
La concentrazione limitata al Barigadu e al tempo stesso l’assenza del
supporto in contesti sardi ben più punicizzati, la mancanza di indizi su con-
sistenti contatti con la Gallia potrebbero forse suggerirci una connessione
con la produzione italica e con il notevole afflusso di coloni nella regione
a partire dall’età augustea, probabilmente in seguito alla fondazione della
vicina colonia Iulia Augusta Uselis, la cui pertica si estendeva fino alle Aquae
Ypsitanae10. Lo sfruttamento agricolo della Sardegna centrale, suggerito
già in età repubblicana dalla fondazione di Valentia alla fine del ii secolo
a.C.11 e dalla Tavola di Esterzili12, risulta piuttosto consistente nella prima
età imperiale, quando gli interventi amministrativi di Augusto portarono a
una sostanziale pacificazione della Barbaria13. L’esistenza di personaggi di
classe subalterna presumibilmente di origine italica e il loro impiego nelle
campagne del Barigadu14 e di Austis15 sembrerebbero suggeriti da un nutrito
numero di epitafi, databili principalmente nel i secolo d.C.
Le attestazioni del cippo a capanna limitate, in ambito peninsulare,
all’area etrusca potrebbero forse suggerire l’arrivo di coloni originari dell’E-
truria romana, già ipotizzato in passato sulla base di alcuni indizi topono-
mastici e onomastici16. Proprio l’analisi degli epitafi evidenzia come questo
supporto fosse particolarmente diffuso tra peregrini, dotati di nome unico

4. Cossu (1994), p. 1003; Scala (2003), pp. 59-62, con bibliografia.


5. Tore (1998), pp. 100, 115.
6. Cossu (1994), p. 1003; Zucca (1999), p. 58; Porrà (2006), p. 58.
7. Cossu (1994), p. 1003; Ibba (2006), p. 18; Porrà (2006), pp. 58, 62-5.
8. Zucca (2003), pp. 36-42.
9. Mastino (2005), p. 395; Mastino, Zucca (cds.)
10. Ibba (2006), p. 32. Da ultimo cfr. Porrà (2012), pp. 649-57.
11. Floris (2009), pp. 133-60, con bibliografia.
12. CIL x, 7852 = AE 1989, 353. Per tutti Mastino (2005), pp. 137-42, con bibliografia.
13. Per tutti Faoro (2011), pp. 46-60.
14. Ibba (2006), p. 31, con bibliografia.
15. Ruggeri (1994), p. 164; Ibba (2006), p. 32.
16. Ivi, pp. 31-2, con bibliografia.
Spunti di ricerca sui supporti funerari della Sardinia centrale in età romana 1595
latino o di nome e/o patronimico preromano, ma anche tra i cives portatori
di duo o tria nomina e quasi tutti appartenenti alla gens Valeria, diffusissima
nel Barigadu17.
Dagli stessi contesti rurali e conservativi dell’alto Oristanese18 proven-
gono anche i cippi a bauletto dalla caratteristica sommità centinata, con-
nessi a sepolture a incinerazione, attestati principalmente nel territorio di
Sedilo e coevi al supporto precedente19. A una cronologia simile ci orien-
ta anche un apparato decorativo di probabile matrice paleosarda come la
rappresentazione schematica del volto del defunto, documentata più volte
nell’area e in questo caso legata a un supporto dove la componente cultu-
rale medio-italica si innesta su quella preromana20, quest’ultima suggerita
anche da antroponimi di origine encorica impiegati all’interno del sistema
onomastico latino21.
Dalla metà del ii secolo d.C. i cippi a capanna e a bauletto della regio-
ne sono affiancati e poi sostituiti dal cosiddetto cippo a botte, noto anche
come cupa o cupula e probabilmente derivante dalle tombe a tumulo, sup-
porto piuttosto diffuso nella parte occidentale dell’impero22, ma in Sarde-
gna documentato esclusivamente nel Cagliaritano e appunto nel Barigadu,
con una cinquantina di attestazioni totali23. In passato la somiglianza con
alcuni esemplari della Lusitania aveva spinto il Balil a spiegare tale supporto
con la presenza del reparto di Lusitani nella Sardegna interna, mentre la
Stefani aveva pensato a influssi provenienti dall’Africa24; è forse più plausi-
bile ipotizzare che la cupa sarda sia una rielaborazione del cippo a bauletto,
come parrebbero testimoniare alcuni supporti provenienti dalle necropoli
altoimperiali di San Saturnino a Karales e di Muru Mannu a Tharros e che
potrebbero costituire una fase intermedia tra le due tipologie25. Se l’ipotesi

17. Zucca (2003), pp. 61-3; Ibba (2006), pp. 30-4.


18. Tore (1998), pp. 23-9; per le altre attestazioni CIL x, 7882; ILSard i, 178; Zucca
(1988), p. 49; AE 1992, 885; AE 2003, 820; AE 2009, 452, 456.
19. Cossu (1994), pp. 1001-2; Tore (1998), pp. i-iv, 23-9, 115.
20. Ibba (2006), p. 18; Stiglitz (2010), pp. 22-3; Angiolillo (2012), pp. 156-67; Ma-
stino, Zucca (2012), pp. 423-8.
21. CIL x, 7882; AE 1992, 885; AE 2003, 820.
22. Baratta (2006), pp. 1669-81, con bibliografia.
23. Stefani (1986), pp. 115-60; Floris (2005), pp. 591-4; Ibba (2006), p. 18, nota 75.
Spesso il termine cupa viene utilizzato anche per indicare i semplici cippi a sommità centi-
nata, rendendone problematica la distinzione tipologica.
24. Balil (1955-57), pp. 130-3; Stefani (1986), p. 156; cfr. Ibba (2006), p. 18.
25. Sotgiu (1988), p. 617, E4; Stefani (1988), pp. 167-75; Zucca (1993), p. 59; Tron-
chetti (1997), pp. 41-2.
1596 Claudio Farre
cogliesse nel segno anche il cippo a bauletto costituirebbe evidentemente
un’interpretazione locale del tumulo di tradizione mediterranea26.
La diffusione del nuovo supporto potrebbe essere collegata al muta-
mento dello statuto del centro di Aquae Ypsitanae che durante il principato
di Traiano divenne Forum Traiani27 e che probabilmente portò all’arrivo
di nuovi individui, compresi coloni di bassa estrazione sociale28 e veterani
delle campagne daciche. Di certo le cupae, riconducibili a fabbriche di cen-
tri urbani, testimoniano una romanizzazione decisamente avanzata, come
parrebbe indicare il drastico ridimensionamento degli elementi culturali
preromani, in particolare nell’onomastica.
In conclusione, l’epigrafia funeraria della Sardegna interna suggerisce
un processo di acculturazione ben avviato già nel i secolo d.C., con una
discreta alfabetizzazione dimostrata da varie officine lapidarie locali al ser-
vizio di una committenza indigena che certamente conosce il latino e che
desidera adeguarsi a nuovi modelli culturali, evidenziando il proprio patri-
monio onomastico preromano, seppur all’interno di un sistema alfabetico e
di un formulario di matrice latina29. Con il ii secolo d.C. e con la diffusione
della cupa le tracce della cultura precedente subiscono una notevole ridu-
zione e di fatto la romanizzazione della Sardegna interna può dirsi sostan-
zialmente conclusa, anche grazie all’apporto fondamentale dei coloni italici
impiegati nella regione.

Bibliografia
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romana, «SS», xiv-xv, pp. 130-3.

26. A tal proposito si segnala un cippo a bauletto dalla profondità piuttosto accentuata e
quindi coerente alla forma di un tumulo, rinvenuto nella necropoli di Tuvixeddu e attual-
mente conservato nel Museo Archeologico di Cagliari. Secondo Attilio Mastino i cippi a
sommità centinata sarebbero invece riconducibili alla produzione italica: Mastino, Zuc-
ca (2012), pp. 410-1.
27. Per tutti Ibba (2006), pp. 34-5.
28. Floris (2005), p. 593; Baratta (2006), p. 1677; Ibba (2006), pp. 22-31.
29. Zucca (1990), p. 667; Mastino (1993), p. 510.
Spunti di ricerca sui supporti funerari della Sardinia centrale in età romana 1597

Baratta G. (2006), Alcune osservazioni sulla genesi e la diffusione delle cupae, in


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