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1 – Il mio Pastore dell’Asia centrale
Chiunque si avvicini per la prima volta a questa razza può sen-
tirsi disorientato dalle numerose tipologie esistenti: vi sono va-
rie taglie, differenti strutture fisiche, svariati colori e diverse
lunghezze di pelo, quando normalmente siamo abituati a di-
stinguere una razza per la sua tipica morfologia diversa da tutte
le altre.
Gli esperti di zoologia concordano sul fatto che molte delle no-
stre razze moderne derivino da questa e siano state modellate
successivamente ad opera dell’uomo. L’Asia centrale è il luogo
dove sono state ritrovate alcune tra le più antiche testimonianze
del cane che lavorò al fianco dell’uomo per proteggere gli ani-
mali da allevamento contro i predatori selvatici.
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Solo qualche esemplare seppe dimostrare ostilità nei confronti
di qualsiasi essere vivente che si avvicinava alla proprietà,
compreso l’uomo che non faceva parte della sua famiglia.
Quindi, per assurdo, sono ormai molti anni che la F.C.I. (Fede-
razione Cinofila Internazionale) riconosce come originali tutti i
cani da Pastore dell’Asia Centrale del mondo tranne quelli che
esistono ancora nei territori d’origine.
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In questi anni ho cercato di scegliere i migliori fra i molti sog-
getti posseduti, di accoppiarli fra di loro per ottenerne una sele-
zione che mantenga un elevato standard per la guardia pur con-
servando l’affidabilità necessaria per vivere in una qualsiasi
famiglia moderna.
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Le prime esperienze con la razza
La prima volta che incontrai un cane da pastore dell’Asia cen-
trale mi parve un animale molto strano; a prima vista pensai di
trovarmi di fronte ad un grosso meticcio proveniente da diverse
razze di grossa taglia.
La prima domanda che gli rivolsi fu: “sono tutti così?”. E alla
sua risposta: “no, possono essere di molti colori, con pelo di
diverse lunghezze, la taglia può variare sensibilmente…” con-
tinuò con molti altri particolari ma non lo ascoltavo più', ero
ormai catturato dallo sguardo ostile ed agguerrito di quella
femmina che non esitava a mostrarmi tutta la sua avversione e
che se avesse potuto strappare la catena mi avrebbe sicuramen-
te conciato per le feste!
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Il suo proprietario, vedendomi assorto, l’avvicinò ed immedia-
tamente vidi lo sguardo di quell’animale trasformarsi in quello
di un agnellino: abbassò la testa, si piegò a “ciambella” e gli
porse il posteriore muovendo la coda in segno di affetto e sot-
tomissione. A quel punto lui disse: “sono cani un po’ partico-
lari, dal padrone si lascerebbero fare di tutto ma bisogna stare
attenti perché con gli estranei non scherzano”.
Non conoscevo ancora tutti gli altri aspetti positivi di quel cane
da pastore ma mi ero già innamorato follemente.
Il mio amico disse che non era facile trovare soggetti di quella
razza, che il suo proveniva da un paese dell’Est europeo e che
se avessi aspettato qualche mese avrei potuto acquistarne uno
anch’io, appena fossero arrivate notizie su qualche nuova cuc-
ciolata.
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Passai parecchie volte davanti a quel cancello: la femmina era
legata ad una lunga catena e faceva la guardia, ogni volta era
pronta ad intervenire in difesa del suo territorio. Provai anche a
parcheggiare la mia automobile lontano ed a recarmi silenzio-
samente a piedi nei paraggi della casa per vedere quale sarebbe
stata la sua reazione.
Ebbene, non capitò mai una sola volta che lei non fosse già lì
ad aspettarmi con la coda ben dritta abbaiandomi prepotente-
mente ancor prima che mi potesse vedere.
La ricordo con affetto, era veramente buona anche con mia fi-
glia maggiore, allora ancora molto piccolina; qualche volta la
fece cadere, ma sempre involontariamente; era grossolana e
goffa nei suoi movimenti. Mangiava come un bue ed a volte la
sorprendemmo mentre faceva man bassa del nostro cibo lascia-
to sul tavolo in cortile.
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Anche il suo comportamento era differente, difatti mi ignorava
senza dimostrare la minima avversione. Quando il mio amico
addestratore lo liberò dal recinto, si diresse verso di me ed io
ebbi davvero paura; si avvicinò però senza aria minacciosa,
annusò per un attimo i miei pantaloni allontanandosi poi cor-
rendo entusiasta per essere stato liberato dalla gabbia.
Non avevo mai acquistato cani da guardia già adulti, anzi alcu-
ne volte me li avevano proposti in regalo e non li avevo accet-
tati.
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Quel cane da pastore era invece incredibilmente educato, si av-
vicinava al luogo dove gli avrei dato da mangiare e aspettava a
lungo senza lamentarsi.
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Ci furono anche molti altri episodi che mi fecero capire che il
cane da pastore dell’Asia centrale non è un cane comune e non
mancarono le occasioni per intendere chiaramente quale fosse
la sua forza e la sua determinazione.
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una coda tanto diritta che pareva in procinto di spezzarsi, di-
sposto ad affrontare qualsiasi avversario.
Nessuno tra i cani che abbaiavano alla recinzione della loro ca-
sa osarono mai ringhiare al suo passaggio, bastava uno sguardo
e tutto finiva lì.
Ormai avevo capito che non sarebbe mai stato il cane che cer-
cavo, quindi pensai di provare un accoppiamento con una buo-
na femmina sperando in qualcosa di meglio tra i suoi discen-
denti, convinto che prima o poi sarebbe nato un cucciolo come
quello che avevo in mente.
Chiesi se era simile alla sua, mi rispose che era dello stesso co-
lore ma che fisicamente si presentava meglio in quanto molto
più alta, che era ancora più diffidente ma molto meno aggressi-
va.
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Ritirai i documenti ed entrai nel cortile, subito dopo arrivò mia
moglie ma io non riuscii a guardarla negli occhi. Sapevo benis-
simo cosa pensava: avevo appena sborsato una cifra considere-
vole per un cane che nemmeno al canile municipale avrebbero
voluto ritirare!
Lei appena messa nel cortile aveva camminato giusto quei po-
chi metri per raggiungere il muretto della recinzione, si era ac-
cucciata e da lì non si era più mossa. Lo sguardo era quello di
un cane che aveva sofferto molto, forse tradita da coloro che
aveva “amato” e creduto compagni di vita, qualcosa non aveva
funzionato.
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Ero già molto sollevato perché stavo vedendo alcuni migliora-
menti, ma poi controllai la sua ciotola del cibo: non aveva an-
cora toccato nulla.
Un’ora dopo però cambiai idea e pensai che forse avevo sba-
gliato a non lasciare che la Natura provvedesse ad una selezio-
ne naturale di quella cucciolata così numerosa. Avrei dovuto
limitarmi ad alimentare sufficientemente la madre e lasciare
che ci pensasse lei al destino della prole, ovvero decidesse di
sua iniziativa chi allevare e chi no.
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Vista la dominanza assoluta che svilupparono su qualsiasi altro
cane, credo sarebbero state più indicate come cani da pastore
che per un buon lavoro di guardia alla proprietà.
Fosse stata così anche contro gli estranei sarebbe stata la fem-
mina più forte mai esistita al mondo. Purtroppo lo era solo con-
tro i cani. Ma un passo nella giusta direzione l’avevo fatto, ero
riuscito ad avere suoi figli maschi che crescevano con presta-
zioni incredibili in entrambe i sensi: erano molto dominanti su-
gli altri cani e pareva stessero diventando buoni guardiani.
Decisi che avrei adottato quel cane e quindi dissi al mio amico
di portarmelo il giorno dopo, ma egli rispose che non lo cono-
sceva e che quindi non si sarebbe fidato di trasportarlo.
Volevo portarmelo via ad ogni costo, nonostante non sapessi
dove sistemarlo. Avevo problemi sia nel muoverlo che nel tro-
vargli poi una collocazione una volta giunti a casa.
Kimè non voleva salire nella mia auto, forse perché aveva già
cambiato alcune volte “residenza” ed era sempre andata male,
perciò non voleva affrontare nuove esperienze; tirammo la cor-
da finché lo costringemmo a salire.
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Era stato tollerante per molte volte ma adesso aveva deciso di
agire e lo aveva fatto con incredibile determinazione.
Dopo meno di un mese giocava già con le mie figlie con molta
delicatezza ed una volta che io uscii di casa con la più piccola
in braccio, intento a portarla fuori nel bosco per vedere un cin-
ghiale che si era avvicinato al recinto dei cavalli, lui mi bloccò
ringhiandomi con autorità; posai allora mia figlia sul tavolo del
giardino, lui andò subito a leccarle la mano per poi avvicinarsi
a me con la testa abbassata in segno di mortificazione perché
mi aveva scambiato per un altro.
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Avevo posseduto molti altri cani sin da bambino, ma mai nes-
suno era stato così speciale.
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La ricerca dei riproduttori
Dopo l'esperienza iniziale maturata con Kiai, Ara, Kimè e la
prima cucciolata, la passione per questi animali mi travolse e
decisi di voler approfondire l’argomento e conoscere il più
possibile sulla razza.
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Visitai alcuni di questi allevamenti e notai che quasi tutti van-
tavano l’originalità dei loro soggetti, sostenendo che era facile
trovare in commercio esemplari completamente “fasulli”; spes-
so i proprietari mi mostravano alcune caratteristiche fisiche ed
affermavano: “Questo è un vero Asia centrale, perché ha la te-
sta fatta in questo modo, lo stop deve essere poco pronunciato,
l’angolo della spalla deve…”
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La mia cultura su questa razza era ancora molto superficiale:
avevo fatto una cucciolata ma ero completamente a digiuno di
ciò che fossero davvero questi cani, credevo a tutto ciò che mi
venisse detto pensando: “Se sono già così affascinanti i miei,
che non piacciono a nessuno, chissà questi che provengono da
linee di sangue di autentici cani da pastore dell’Asia centra-
le!”.
I tre che avevo a casa correvano tutto il giorno nei miei due
cortili facendo entrambi una buona guardia, con la differenza
che Kimè era completamente incorruttibile da chiunque mentre
gli altri due partivano con grande determinazione ogni volta
che arrivava un estraneo ma poi non sapevano dimostrare quel-
la grande avversità che io desideravo.
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Non vorrei ora dilungarmi sull’argomento perché dovrei entra-
re in particolari che preferisco tralasciare ma, visti i risultati,
dopo un annetto decisi di lasciar perdere con i cuccioli, con le
previsioni ottimistiche dei loro allevatori e con le favole sulla
lontana Asia centrale.
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Ma di carattere ne aveva da vendere e quindi a me piaceva
moltissimo!
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Anche il rapporto con le femmine era diverso, l’ultimo arrivato
giocava pochissimo pur essendo più giovane mentre gli altri
ogni mattina si rincorrevano per alcuni minuti imitando reali
combattimenti fra loro.
Mi ricordo una delle prime volte (ed anche l’ultima) che liberai
Kiai in un prato dove stavo tagliando un po’ di erba per i miei
cavalli. Improvvisamente sentii a distanza alcuni cani che ab-
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baiavano; si alzò e partì al trotto molto lentamente, io lo chia-
mai più volte e vista la sua intenzione di continuare, lo seguii a
passo svelto sperando che si fermasse.
Lei invece iniziò a ringhiare e non smise per alcuni giorni, fin
quando decisi di liberarli insieme per vedere se la mancanza
della rete le avesse fatto cambiare quell’atteggiamento strafot-
tente. Aprii la porta e Kimè si diresse subito nella sua direzione
ma non appena si avvicinò per annusarla, la femmina lo morse
con decisione in pieno muso, tanto da ferirlo profondamente
molto vicino ad un occhio.
Spesso era Kiai che riportava le ferite più importanti, lei non
aveva quasi mai nulla, mi venne spesso il dubbio che lui non
volesse infierire più di tanto su quella che era la sua unica
femmina per l'accoppiamento.
Una notte Kiai trovò una falla nella recinzione della scuderia,
non ancora appropriata per questa tipologia di cani e andò a
sfidare Kimè che fortunatamente si trovava all’interno della
nostra recinzione (molto più robusta); fui svegliato dai loro
ringhi.
Volli molto bene a quel cane, godevo nel vederlo correre libero
nel mio cortile dopo più di 2 anni passati prevalentemente in
una gabbia di pochi metri quadri con pavimento in cemento.
Faceva paura a tutti coloro che lo vedevano per la prima volta,
si scagliava contro la recinzione come la volesse sfondare ma
aveva il cuore buono e con chi ci sapeva fare si scioglieva dopo
pochi minuti.
Pur sapendo che non l’avrei più fatto riprodurre l’avrei voluto
ancora nel mio allevamento per tutti gli anni della sua vita in
quanto aveva un buon carattere, specialmente con le mie bam-
bine. Quando gli portavo io da mangiare, lui cercava sempre di
anticipare il pasto con un balzo per prendersi dal secchio la sua
razione di carne, quando andavano loro aveva invece la delica-
tezza di sedersi di fronte ed aspettare il suo momento. Era un
mangione e sicuramente poco “aborigeno” ma noi lo amammo
profondamente innanzitutto per il suo buon cuore.
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Le femmine stavano comunque diventando tutte buone guar-
diane, molto attive, anche se qualcuna non si dimostrava troppo
coraggiosa nel concludere alla recinzione. Mentre i cuccioli na-
ti già in seconda generazione (quindi nipoti di Ara e Kiai) si
dimostravano più predisposti alla guardia, specialmente quelli
con morfologia più simile ai genitori ungheresi piuttosto che a
quelli russi o ucraini.
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Nonostante avessi già la macchina completamente piena di ca-
ni, decisi di voler passare comunque a conoscere questi due
personaggi ed i loro animali.
Non ebbi neanche il tempo di vederli tutti che vollero già farci
accomodare in casa per bere qualcosa, io non volevo fermarmi
molto in quanto avevo il baule del mio fuoristrada pieno di
cuccioli coi quali avrei dovuto fare un lungo viaggio di ritorno.
Gli mostrai i pedigree dei miei cani e notai dai loro sguardi che
erano entusiasti dei genitori di Kimè, ma sinceramente non eb-
bi la possibilità di capirne il perché. Anche molti nomi che era-
no presenti su quelli di Ara e Kiai suscitarono commenti posi-
tivi ma era ormai tardi ed io volli rientrare.
Dissi che ci avrei pensato su, ma che era tardi e desideravo ri-
entrare in città con i cuccioli e riposarmi prima del rientro.
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Il mio amico mi ricordò che avevamo già un bagagliaio pieno
di cani, allora io mi convinsi a prenderne solo uno e lo aggiun-
si a tutti gli altri che avrebbero fatto rientro con me in Italia.
Nel tratto di strada che avevo appena percorso dai confini con
l’Ucraina fino ad arrivare a casa di quei pastori, i tre cuccioli
maschi che avevo sistemato liberi nella parte posteriore del mio
fuoristrada avevano “discusso” parecchio tempo prima di tro-
vare un accordo su dove posizionarsi. Un continuo ringhiare
faceva infatti presagire un loro forte temperamento.
Quella sera tutti i cuccioli che avevo acquistato nel primo alle-
vamento mangiarono e bevvero un po’ d’acqua mentre quello
bianco non volle saperne, se ne stava accovacciato su una giac-
ca che i pastori mi avevano dato affinché potesse sentire ancora
il loro odore durante il viaggio e patire meno il distacco (devo
dire che mai nessuno degli allevatori incontrati avevano dimo-
strato tanta sensibilità).
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Viaggiai tutto il giorno seguente fin quando alla sera arrivai a
casa. Gli altri cuccioli dimostrarono comunque un forte caratte-
re, ringhiando mentre li scaricavo dalla vettura.
Nessuno di loro osava più uscire dalla tettoia dove si erano ri-
parati, quindi lo misi da solo in un altro recinto e gli altri cin-
que tornarono a vivere.
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Bene, con il cucciolone appena arrivato ci fu subito un’intesa
perfetta, tanto che al primo calore, ormai inaspettato, si lasciò
ancora coprire dall’adolescente che aveva poco più di un anno.
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Anche il mio Kiai era parente con una delle loro femmine, pic-
cola ma di una potenza incredibile, sicuramente la più forte che
loro mi abbiano mostrato fino ad oggi.
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Non ho mai partecipato alle competizioni agonistiche, né senti-
to l’esigenza di vincere campionati (avessi voluto questo mi sa-
rei organizzato in tal senso e credo sarei stato un buon avversa-
rio per chiunque), il mio unico scopo è sempre stato quello di
trovare cani che potessero riprodurne altri con le qualità che
cercavo: salute, rusticità, attitudine alla guardia e affidabilità in
famiglia.
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I miei viaggi-studio in Asia centrale
Visitare l’Asia centrale non è semplicissimo. Nessuno di quegli
Stati è preparato alla ricezione turistica tranne l’Uzbekistan,
che non avendo altre risorse si sta organizzando per valorizzare
alcune città come Samarcanda e Bukara. Ma anche lì, se si de-
sidera uscire dai centri abitati con una guida che parli inglese,
iniziano le difficoltà.
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mente se la Vodka ha già iniziato a fare effetto.
Ogni volta si ponga una domanda, si otterrà per risposta ciò che
in quel momento l’interlocutore ritiene più conveniente per se
stesso, oppure meno compromettente per il suo futuro; se la
stessa domanda verrà posta il giorno dopo, sarà facilissimo a-
vere una risposta completamente differente.
Per esempio, se la guida vorrà rientrare presto alla sera per im-
pegni personali, il pastore “avrà detto” che non ci sono altri ca-
ni in zona da vedere, mentre se si vorrà incontrare una specifica
tipologia di soggetti, saranno sicuramente molto lontani; servi-
rà quindi anche il giorno seguente per poterli raggiungere, in
modo tale che la spesa complessiva raddoppi, così come gli in-
cassi dell’intero equipaggio. Se l’allevatore avrà da vendere
cuccioli di una determinata tipologia, cercherà di indirizzare
l’equipaggio verso un pastore che utilizzi nel suo gregge esem-
plari molto simili, in modo tale da alimentare le probabilità di
concludere l’affare. E così via.
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Nel mio viaggio in Tagikistan un allevatore volle farci vedere a
tutti i costi, presso alcuni pastori nomadi, un cane che era stato
fotografato dai Russi in una recente escursione e pubblicato su
una loro rivista cinofila.
(Allo stesso modo in cui io vado laggiù per cercare cani rustici,
più lupoidi possibile, agili e con forte carattere, alcuni di loro
cercano di fotografare soggetti aborigeni con la testa il più
massiccia possibile tanto da convincere l’utenza mondiale che i
loro “molossoni” si trovano anche allo stato naturale. Addirit-
tura qualcuno li porta direttamente dalle città per liberarli in
luoghi più selvaggi dove poterli fotografare con un piccolo
gregge di pecore).
Non era molto alto ma sicuramente il più robusto fra tutti quelli
che avevo visto, nato come la natura l’aveva concepito (anche
nelle famiglie umane, ogni tanto, nasce il più robusto).
Aveva molti difetti: non era affidabile con i loro padroni, era
pauroso, introverso e non si degnò mai di abbaiarci come ave-
vano fatto tutti gli altri. Un tempo l’avrebbero soppresso im-
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mediatamente, oggi invece lo tenevano perché era diventato
famoso in quanto fotografato altre volte e pubblicato su una ri-
vista famosa.
Questo mi fece tornare coi piedi per terra: noi eravamo lì per
un semplice viaggio di studio e piacere, mentre questo cercava
in tutti i modi di ricavare qualcosa da destinare alla sopravvi-
venza della sua famiglia. A lui non importava nulla della mor-
fologia dei cani locali (l’importante che avessero saputo custo-
dire il gregge); se piacevano di più quelli grandi lui si sarebbe
gestito in tal senso ma visto che a me piacevano di altra tipolo-
gia lui si era adattato immediatamente per trarne qualche profit-
to!
Questo per spiegarvi come sia difficile parlare con questa gente
dei loro cani e trarre una sola verità, loro hanno altri problemi,
molto più grandi dell’aspetto morfologico del cane!
In cambio di un bagliore di speranza ed una promessa di un fu-
turo migliore, sarebbero disposti ad avvallare qualsiasi tesi im-
portata dal nostro mondo.
Il Turkmenistan
La cinofilia storica indica il cane da pastore dell’Asia centrale
originario del Turkmenistan, anche se gli altri Stati del conti-
nente medio asiatico hanno ovviamente un'opinione diversa.
Il territorio di questo paese è costituito per oltre il 90% dal Ka-
rakum Desert, un tempo brulicante di pastori aborigeni che so-
pravvivevano allevando le loro pecore.
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Nel mio viaggio ho avuto l’occasione di vedere centinaia di
soggetti, sia randagi che allevati in cattività, parlato con pastori
che oggi vivono nei villaggi ai margini della capitale, con figli
e nipoti di altri che vivono ancora nel Karakum Desert occu-
pandosi esclusivamente di pastorizia e ho incontrato molti per-
sonaggi famosi del calibro di Kakish Kyarizov e Farida Bolku-
nova.
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in escandescenza, ma l’uomo non rappresenta un nemico per
loro.
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Pastore dell’Asia centrale, perché continuano spesso ad essere
diffusi in tutto il mondo soggetti così diversi dai suoi? Perché
in Europa chi alleva solo per le esposizioni non cerca di atte-
nersi a questa morfologia piuttosto che continuare a sfornare
giganti senza sostanza? Quale sarà il motivo per il quale si
continua a chiamare cane da pastore dell’Asia centrale un a-
nimale che non ha più nulla a che vedere con quello originario
dei paesi medio asiatici?”
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Quest'ultimo usa la sua aggressività solo per un profondo istin-
to di protezione nei confronti degli animali che custodisce con-
tro gli attacchi dei predatori, o motivato dall’esigenza di forma-
re una gerarchia di branco nella spartizione del cibo o nel peri-
odo dell’accoppiamento. In natura nulla avviene per caso ed
inutilmente.
L’Uzbekistan.
E’sicuramente uno degli stati più facili da visitare dell’Asia
centrale, anche per lo spirito libero dei suoi abitanti; nessuno
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ha timore di dire cosa pensa del governo, chiunque può spo-
starsi per il paese, da una città all’altra, senza richiedere alcun
permesso. Le strade che collegano le varie città storiche sono
in discreto stato, anche per consentire ai numerosi turisti di
spostarsi con facilità e visitare alcuni importanti siti, oltre alla
capitale concepita secondo un moderno concetto di metropoli
sovietica.
Il Tagikistan
E’ proprio in questo stato che ho avuto la fortuna di incontrare
alcuni cani dei miei sogni, ovvero soggetti molto frugali che
amano e proteggono con grande coraggio tutto ciò che appar-
tiene al loro padrone; questa tipologia di cane da pastore
dell’Asia centrale viene chiamata in lingua locale Sage – Chu-
poni (sage: cane – chuponi: pastore, in sintesi il cane da pasto-
re). Qualcuno indica anche i pastori tagiki con il nome di Da-
hmarda e quindi il cane diventa il Sage – Dahgmarda ma è più
facile sentirlo chiamare da tutti SAGE-CHUPONI.
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I Tagiki apprezzano una tipologia di cane molto dinamico e di
forte carattere. Amano il cane robusto, anche alto, ma non mas-
siccio e pesante.
Qui sono sorti nei secoli alcuni villaggi che ancora oggi vivono
su un'economia basata sull’allevamento del bestiame: princi-
palmente pecore, capre, alcuni bovini ed asini. Ed è fra questi
villaggi e fra le greggi dei pastori nomadi che si possono trova-
re ancora molti cani da pastore dell’Asia centrale aborigeni.
Rispetto ai due stati dell’Asia centrale che visitai nel mio pre-
cedente viaggio, ovvero il Turkmenistan e l’Uzbekistan, devo
dire di aver incontrato proprio in Tajikistan molti più soggetti
simili (morfologicamente, caratterialmente e con doti di grande
avversione per l'estraneo) a quelli che allevo da tempo.
Escludendo alcune eccezioni la maggior parte dei cani non si è
mai dimostrata troppo favorevole ad un nostro incontro ravvi-
cinato.
Per quanto riguarda i vari colori tipici della razza, c'è una pre-
valenza del nero, con focature marroni e tigrato.
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La lunghezza del pelo si presenta solitamente di media lun-
ghezza, è comunque possibile incontrare soggetti che rappre-
sentano eccezioni.
Come in tutti gli altri stati dell’Asia centrale, il loro cane non è
riconosciuto dalla F.C.I e nel Tagikistan non esiste ancora il
microchip, quindi i loro soggetti non possono essere inseriti uf-
ficialmente nelle linee di sangue dei nostri cani moderni a me-
no che non si usino complicati stratagemmi legati alle esposi-
zioni di bellezza.
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Cani aborigeni e da combattimento
Durante i miei viaggi studio nel continente medio-asiatico ho
avuto modo di approfondire una tematica molto importante ine-
rente a questa razza, della quale molti appassionati sono com-
pletamente all’oscuro: ovvero la differenza che esiste fra i cani
aborigeni che lavorano al fianco dei pastori e quelli allevati per
essere impiegati nei combattimenti.
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animali per evidenti motivi. I primi pastori della storia si sa-
rebbero naturalmente insediati laddove il foraggio era più ab-
bondante, non sicuramente in zone desertiche dove si viveva a
stento.
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Anche da questa teoria si può dedurre che il pastore non ebbe
mai l’esigenza di causare il combattimento fra cani per scopri-
re chi era il più forte, cercava invece di fidelizzare i propri a-
nimali intorno al proprio gregge, tanto da renderli più protettivi
possibile.
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E' difficile immaginare quanto aspre siano quelle terre. Pensate
a quanta strada avrebbe dovuto percorrere fra montagne e de-
serti per raggiungere il luogo dove si svolgevano i combatti-
menti! Questa è pura fantasia, favole a beneficio di noi occi-
dentali.
Per burberi che fossero, i pastori hanno sempre avuto molto ri-
spetto dei propri animali pronti a dare la vita per la causa.
Tutt'altra faccenda fu quella che vide l'uomo organizzare scon-
tri fra esseri viventi di ogni specie semplicemente per un sadico
piacere e la curiosità di vedere chi sarebbe stato il vincitore.
Questo avvenne non solo con i cani, ma anche con altri animali
come i leoni, le tigri, i tori, gli orsi, i caproni, galli, etc. Addirit-
tura fra uomini e fra animali contro uomini. Del resto gli anti-
chi Romani furono maestri in questo.
Ma nulla di tutto ciò avvenne secondo la legge della Natura,
bensì a causa della perversione della mente umana.
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Quindi nessuna libertà in cortile, nessun rapporto con altre per-
sone (viene gestito unicamente dal suo trainer) o altri momenti
piacevoli e rilassanti. Solo cibo per le prestazioni sportive, al-
lenamento quotidiano, vita segregata in gabbie di piccole di-
mensioni e spesso con poca luce.
Da queste esperienze vengono spesso fuori animali completa-
mente apatici ed indifferenti alla presenza dell’uomo, (io ne ho
incontrati molti, durante i miei viaggi in Asia centrale) con
sguardi assenti e senza spirito di territorialità.
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Per contro provarono a riportare gli stessi cani nell’ambiente in
cui erano nati e inserirono nello stesso branco anche un esem-
plare che nel combattimento era risultato vincitore. Bene, dopo
pochi giorni il cane da combattimento era diventato lo “zerbi-
no” del cane aborigeno. Una notte arrivarono i lupi ed il cane
da combattimento, appena ne sentì l’odore, scappò per chilo-
metri nel deserto!
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Invece il cane da combattimento medio-asiatico, come anche
altri nostrani cani da presa, afferra la presa e non molla, dimo-
strando così una profonda ignoranza animale, frutto purtroppo
di una selezione artificiale dell’uomo.
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E' una storia triste che non finirà mai o perlomeno durerà anco-
ra molto, qualcuno minimizza chiamandola “tradizione”.
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Le linee di sangue moderne
I cani dell’Asia centrale più famosi nel mondo sono quelli che
diventano ogni anno campioni di combattimento nel Turkmeni-
stan. Anche gli abitanti degli altri Stati del continente hanno
molto rispetto per questi soggetti, riconoscendoli come veri
guerrieri.
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pione nel 2007, Yyldyz Campione nel 2008, Sirhan Campione
lel 2009, quindi il mito continua e l’inutile massacro… anche!
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rinchiuso in gabbia e costretto a combattere la domenica per il
divertimento dell’uomo.
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Chi è Ezio Maria Romano?
Sono nato nel 1961 ed ho sempre avuto una particolare antipa-
tia per il malfattore che cerca di sopraffare la persona più debo-
le, impreparata a difendersi. Fin dai primi anni della mia adole-
scenza ho praticato arti marziali finalizzate alla difesa persona-
le, diventandone in seguito Istruttore, cintura nera 3° Dan, atti-
vità che ho svolto per tutto il mio periodo degli studi universi-
tari e durante il servizio militare presso l’Arma dei Carabinieri
a Torino. Ho operato per anni con la SIKURT – Sicurezza Abi-
tativa Anticrimine, una mia azienda impegnata a restituire la
legittima serenità alle famiglie italiane all’interno delle loro
mura domestiche, coordinando l’installazione di porte e persia-
ne blindate, inferriate e grate di sicurezza, antifurti, impianti di
videosorveglianza ed altri sistemi di sicurezza.
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Kazakistan), Nepal, in Tibet, Anatolia (Turchia), Caucaso (Ge-
orgia), Mongolia, Iran, Macedonia, Est europeo e Transilvania,
dove ho studiato il carattere dei cani locali.
Ho svolto ricerche sul carattere dei lupi negli Stati Uniti: Colo-
rado, Minnesota e Indiana. Sono stato più volte in Inghilterra
da Shaun Ellis – “The Wolf-Man”, dove ho avuto
un’interazione diretta con i suoi soggetti, in Germania dal fa-
moso zoologo Werner Freund, in Georgia (Caucaso) dallo zoo-
logo Prof. Zurab Gurielidze di Tiblisi e in Austria dallo scien-
ziato Prof. Dr. Kurt Kotrschal di Vienna, dove ho avuto intera-
zioni dirette con i suoi soggetti. Oltre ad aver incontrato vari
cacciatori di lupi nel Kirghizistan, nel Kazakistan, in Mongolia
e nel Sud Uzbekistan ai confini dell’Afghanistan.
Sono il presidente in carica della FICG – Federazione Italiana
Cani da Guardia, il fondatore del CISCAL – Centro Italiano
Selezione Cani Anti Lupo e dell’ICN – Istituto di Cinofilia Na-
turale.
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I cani aborigeni dell’Asia Centrale – Il meglio dei miei viaggi:
la Repubblica islamica dell’Iran.
Lupi, cani e pastori – Conoscere meglio il cane da guardia.
Ama il tuo cane ed ottieni il suo vero benessere – Manuale di
cinofilia naturale
Titolare dell’allevamento professionale “Il Turkmeno”
(www.pastoredellasiacentrale.it) dove allevo da anni particolari
soggetti di pastore dell’Asia centrale, alcuni selezionati per es-
sere introdotti nelle famiglie come efficienti guardiani di fidu-
cia e altri selezionati per lavorare con il bestiame come cani da
guardiania anti-lupo.
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