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Le architetture ad Aula. Il paradigma Mies van der Rohe

Book · October 2018

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Renato Capozzi
University of Naples Federico II
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Copyright © 2011 CLEAN
seconda edizione
Questo testo trova origine nella ricerca condotta presso l’Istituto
Universitario di Architettura di Venezia, all’interno del Dottorato di
INDICE
via Diodato Lioy 19, 80134 Napoli Ricerca in Composizione Architettonica - XVI ciclo con il titolo
telefax 0815524419-5514309 Il Tema dell’Aula nelle architetture di Mies van der Rohe.
www.cleanedizioni.it Ideazione, costruzione e procedure compositive sotto la guida del
info@cleanedizioni.it professore Armando Dal Fabbro, che ne è stato relatore, con il
sapiente contributo critico del professore Gianugo Polesello, che
Tutti i diritti riservati ne è stato controrelatore, e con l’attento tutoraggio della
È vietata ogni riproduzione professoressa Martina Landsberger. La tesi è stata discussa nel
ISBN 978-88-8497-172-2 2004 dinanzi alla commissione costituita dai professori
Gianni Fabbri, presidente, Marino Narpozzi e Fabrizio Spirito.
Editing
Anna Maria Cafiero Cosenza
con l'egida di
Grafica
Costanzo Marciano Università IUAV di Venezia
Dottorato di Ricerca in
Composizione Architettonica

RINGRAZIAMENTI
Desidero ringraziare per il contributo fondativo offerto a questo 6 MIES E LA SUA SCUOLA
lavoro i professori: Arntonio Monestiroli

Salvatore Bisogni il mio maestro, che ha ispirato questo studio 7 PRESENTAZIONE


Gianugo Polesello
Armando Dal Fabbro
Antonio Monestiroli, che da ‘allievo’ di Mies ha apprezzato
questo studio scrivendone l’introduzione
Carlos Martí Arís 8 PREMESSA
Armando Dal Fabbro per aver orientato e condiviso la struttura
della ricerca
Martina Landsberger per aver riletto e corretto il testo della ricerca 13 IL TIPO DELL’AULA
14 Definizione del tipo architettonico dell’Aula in rapporto agli edifici pubblici
Il collegio dei docenti del DRCA dello IUAV e in particolare: 38 Affinità e distinzione tematica degli edifici pubblici ad Aula
Luciano Semerani - coordinatore, per aver concesso l'egida del 41 Il ruolo della costruzione negli edifici ad Aula
DRCA a questa pubblicazione 49 Procedure compositive: sintassi e paratassi
Gianni Fabbri
Gino Malacarne
Renato Rizzi 59 GLI EDIFICI AD AULA DI MIES VAN DER ROHE
Antonella Gallo 60 La ricerca di Mies van der Rohe sull’Aula
88 La Crown Hall presso l’IIT di Chicago, 1950-1956
I dottorandi del DRCA 95 Il Teatro Nazionale di Mannheim, 1952-1953
101 La Convention Hall di Chicago, 1953-1954
Patrizia Terlizzi per il conforto e l’aiuto prezioso che ha reso 110 La Neue Nationalgalerie di Berlino, 1962-1968
possibile questo lavoro
Ilario Boniello per le discussioni su Cartesio
Carolina Cigala per i continui incoraggiamenti che mi ha fornito 131 IL CLASSICO COME ‘FUTURO’ DELL’AULA
Claudio Finaldi Russo per aver condiviso e ampliato molti 132 Attualità/inattualità del tipo ad Aula, Mies van der Rohe e la questione del classico
ragionamenti
Massimiliano Fraldi per le estenuanti e pazienti discussioni sulla 139 RIDISEGNI ANALITICI, PROCEDURE COMPOSITIVE, ASSETTI COSTRUTTIVI
costruzione
Esther Giani per l’ospitalità rara
Ciro Iacobelli per la collaborazione alla redazione dei ridisegni 186 BIBLIOGRAFIA
critici 188 INDICE DEI NOMI
Fritz Neumeyer che mi onora della sua amicizia 190 INDICE DELLE OPERE
Valeria Pezza per le occasioni ulteriori che mi ha offerto di
riflettere sul tema
Federica Visconti per avermi convinto a pubblicare questo studio
e per aver avuto la pazienza di leggere e discutere il merito
del testo.

Dedico questo lavoro a mio Padre


MIES E LA SUA SCUOLA PRESENTAZIONE
Antonio Monestiroli Armando Dal Fabbro

Quando penso alle aule di Mies mi torna alla mente un brano di un filosofo a me caro sul Duomo di Colonia che ho letto Composizione e costruzione animano le scelte di campo del lavoro di Renato Capozzi.
tanti anni fa e che mi ha molto impressionato: «In un simile Duomo c’è posto per tutto un popolo. Infatti qui la comunità di Composizione assunta come regola e rigore figurativo, costruzione intesa come principio (procedimento) logico,
una città e dei suoi dintorni deve raccogliersi al suo interno. Lo spazio nella sua vastità non è suddiviso in parti fisse ma come aspirazione all’assoluto tettonico. La ricerca indaga il lavoro di Mies van der Rohe; in particolare il “valore”
ognuno va e viene indisturbato, affitta per l’uso momentaneo uno scanno, si inginocchia, recita le preghiere, se ne va. ideativo, compositivo e costruttivo degli edifici ad Aula per i quali invenzione spaziale e soluzione tecnica coincidono.
Se non è l’ora della grande messa le cose più diverse avvengono senza incomodo nello stesso tempo. Qui si predica, Gli esempi presi in esame rappresentano i progetti più maturi del periodo americano dell’opera di Mies: la Crown
là si porta un malato, contemporaneamente si svolge una lenta processione, qui avviene un battesimo, in un altro luogo Hall dell’IIT di Chicago del 1950-1956; Il Teatro Nazionale di Mannheim del 1952-1953; la Convention Hall a
ancora un prete legge la messa oppure benedice un matrimonio e per ogni dove persone sparpagliate stanno inginoc- Chicago del 1953-1954; la Neue Nationalgalerie a Berlino del 1962-1968.
chiate di fronte agli altari e alle immagini dei santi. Tutte queste cose sono racchiuse in un unico e identico edificio. Noi Lo studio muove da un assunto teorico di fondo: la possibile identificazione del tema dell’edificio pubblico con il tipo
non abbiamo qui da ricercare una rispondenza a un fine particolare ma una rispondenza al di sopra di ogni singolarità architettonico dell’Aula. E l’ipotesi di una concreta coincidenza tra gli edifici a carattere collettivo e l’Aula è signifi-
e finitezza» (Hegel, Estetica, Berlino 1838, Milano 1963). cativamente rinvenibile nelle architetture di Mies, ove la presenza di un unico spazio indiviso domina la composizione.
Mies progettando le sue aule parte dallo stesso punto di vista. Nel caso della Crown Hall, attraverso la conoscenza delle Renato Capozzi affronta con rigore metodologico il tema dell’Aula, a partire dalla costruzione di una “genealogia”
funzioni della scuola, Mies arriva a definire un’idea generale di scuola e, fra le tante possibilità tipologiche e costruttive di opere tesa a rintracciare e chiarire i caratteri distintivi e specifici di tali manufatti. Dall’origine etimologica del ter-
che offrono i materiali e le tecnologie a disposizione, sceglie per un unico grande spazio indiviso, un’aula, un unico mine “Aulé” all’identificazione, da parte della cultura ellenistica e poi romana, dell’Aula con il tema dell’edificio col-
grande spazio trasparente e luminoso, in cui in un solo colpo d’occhio tutte le attività della scuola sono visibili e manife- lettivo. Compiendo una perlustrazione molto accorta, la prima parte del saggio indaga l’evoluzione del tipo ad Aula
stano il valore che le accomuna: quello del lavoro collettivo di studenti e docenti. Mies insegnava in questo grande spa- e il suo significato semantico, e come questo si è modificato nel tempo. Sarà con Hilberseimer, prima con Großstadt
zio luminoso, in una comunità per la quale aveva voluto costruire uno spazio rispondente. Mies in questo caso non ha Architectur (1927) e soprattutto con HallenBauten (1931) - che costituirà il primo contributo teorico di riferimento, per
costruito solo una bella scuola dunque ma ha definito anche una bella idea di scuola. Questi due fatti sono inscindibili. questa classe di manufatti - che il tema dell’edificio pubblico ad Aula riceverà un notevole sviluppo e approfondimento.
La scuola e l’idea di scuola sono legati indissolubilmente in quella struttura fatta dai quattro grandi portali che danno una In forma quasi manualistica, Hilberseimer promuove e anticipa quelli che saranno i temi su cui si baserà la ricerca
forma alla scuola. Possiamo dire una forma monumentale. Il passaggio dall’idea di scuola alla sua struttura fisica è un pas- miesiana, anche in relazione alla costruzione della città moderna.
saggio difficile da insegnare. In questo passaggio noi siamo aiutati dalla profondità e chiarezza dell’idea di scuola. Gli esempi presi in esame, della Crown Hall, del Teatro nazionale di Mannheim, della Convention Hall di Chicago
Quanto più chiara e profonda sarà quest’idea tanto più facile sarà definire la ragione ultima dell’edificio e trovare la e della Neue Nationalgalerie di Berlino, sono studiati e indagati, di volta in volta, nei loro aspetti ideativi, costruttivi
forma a essa rispondente. Ma qual è la ragione degli edifici? Quella deducibile dai valori del tempo o quella tratta dal e compositivi. Disegni grafici, comparazioni in scala, interpretazioni geometrico-compositive, concludono, all’oggi,
nostro personale punto di vista sull’epoca in cui viviamo? Tale questione è in realtà una questione attuale e controversa. la ricerca sul tema dell’Aula nei progetti di Mies.
Lo stesso Mies in un primo periodo dice che l’architettura è la cristallizzazione dei valori dell’epoca. Un’affermazione che In conclusione, lo studio, ponendosi su un piano espressamente compositivo, rintraccia alcune invarianti sintattico-com-
asseconda il suo desiderio di oggettività delle scelte, una sorta di astensione dal giudizio di chi progetta. Questo è un at- positive per questa classe di manufatti, segnalando l’attualità del tema della Aula/edificio pubblico e la sua capa-
teggiamento oggi molto diffuso. Solo più tardi Mies rovescerà la questione riconoscendo la volontà di chi progetta, (la Kun- cità di porsi come uno dei capisaldi urbani per la costruzione e l’infrastrutturazione della città contemporanea. Così
stwollen di Riegl) il suo peso determinante nell’opera, e affidando a chi progetta il compito di riconoscere i valori dell’epoca come, il valore nelle opere di Mies, andrebbe studiato e sviluppato in una ricerca più ampia, riferita sostanzialmente
attraverso un suo personale punto di vista. Così, anche senza rinnegare un procedimento razionale portato alle sue estreme al forte legame che Mies istituisce fra Moderno e Classico in architettura. Un rapporto con la storia, per nulla no-
conseguenze, Mies riconosce l’impossibilità di un processo deduttivo dall’epoca all’opera. È necessario che l’opera risulti stalgico, ma sempre legato alla necessità di esprimere la modernità, l’architettura del proprio tempo, una nuova e
dalla definizione dei valori di un’epoca, che vanno riconosciuti da chi progetta. Dunque il progetto è attività conoscitiva antichissima bellezza. In altre parole: nova sed antiqua. È la modernità del classico che ritorna trasfigurata nei pro-
della realtà, un’attività che procede dal concreto all’astratto, dalla materia all’idea, attraverso le funzioni proprie di un’epoca getti di Mies, nei modi di cogliere l’architettura e di trasmetterla.
storica. Un punto di vista profondamente realista eppure proiettato verso una realtà nuova, una realtà che ancora non si
conosce. A partire da questa volontà di conoscenza Mies fonda il suo progetto su un’idea di movimento dal concreto al-
l’astratto, procedendo dal particolare al generale. È in questo movimento del pensiero dalla materia all’idea che il pro-
getto prende forma. Attraverso tre livelli della conoscenza: dallo studio dei materiali, attraverso l’analisi delle funzioni, fino
alla conoscenza dei valori. Al centro di questo processo ci sono le funzioni. Le funzioni della nostra vita civile. Funzioni
che rendono praticabile la nostra vita, che danno senso alla nostra vita. Queste funzioni vanno analizzate nella loro par-
ticolarità ma, come abbiamo visto, è necessario andare oltre tale particolarità.
Questo è il punto centrale dell’insegnamento di Mies: il passaggio necessario dalla funzione al suo valore generale.
Tutto questo Renato Capozzi lo ha capito a fondo e restituito attraverso la sua attenta e profonda analisi del lavoro di Mies
che ha eletto a suo principale maestro.

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PREMESSA riflessione sulla loro identità possibile in relazione alle possibilità della costruzione e della geometria, alla scelta di
opportune procedure compositive e sintattiche. Chi inventa percorre sentieri ancora inesplorati, e in questo senso l’in-
venzione è alla base dell’opera d’arte: «Nel triangolo tra scienza, arte e filosofia, chi ne occupa il vertice più alto?
Il metodo è necessario alla ricerca della verità
Il livello di problematicità può aumentare là dove ci si chiede: la scienza è soltanto scire per leges? E l’arte è solo fa-
Descartes, regle IV
cere per inventiones? Il significato del termine “inventio” è lecitamente rinviabile a “venire in”, cioè alla “penetrazione”
nella res e quindi alla scoperta filosofica della sua verità»10. L’ideazione tiene per così dire insieme, in termini sinte-
tici, gli aspetti costruttivi e le regole compositive. L’ideazione chiarisce i pesi ammissibili delle scelte geometriche, pro-
porzionali, costruttive, stilistiche e infine linguistiche.

Costruzione - Essa va intesa come il fondamento epistemologico dell’architettura. La costruzione in quanto principio
dell’architettura concorre assieme al tipo che realizza il tema e attraverso la composizione a determinare il carattere11
degli edifici. È nel continuo confronto della costruzione tettonica con le geometrie, gli elementi dell’architettura, i prin-
Questo studio si occupa di definire le regole compositive, in rapporto alle scelte costruttive, delle architetture di Mies cipî compositivi e le proporzioni che si realizza l’architettura. Questi mondi formali e tecnici appaiono nelle opere
van der Rohe caratterizzate dalla presenza dominante della grande Aula, vale a dire di un unico spazio continuo a migliori intimamente connessi e indissolubili. Non si è inteso certo qui ridurre gli edifici ad Aula a mero atto costrut-
carattere rappresentativo che governa l’intera composizione. In termini più generali il libro tende a definire il ruolo e tivo, ma chiarire i legami tra gli elementi architettonici, le soluzioni statico-costruttive che tali edifici esigono e l’idea
il senso più complessivo degli edifici pubblici caratterizzati dalla presenza dell’Aula, rispetto al chiarimento del tema, architettonica che li sottende nel tentativo di segnalare e approfondire le svolte rispetto al problema della costruzione
delle sue ragioni costitutive, dei tipi costruttivi assunti e delle procedure compositive adottate. Il tentativo è stato quello e delle tecniche che queste architetture fanno intravedere e tenendo conto che - come aveva intuito Benjamin - è pro-
di fissare e sistematizzare alcuni elementi stabili dell’edificio ad Aula, classificare le sue tipologie, comprenderne il prio nel campo delle tecniche costruttive che da sempre si manifesta l’innovazione. Le soluzioni costruttive nella loro
rinnovato carattere architettonico e costruttivo, individuarne le parti architettoniche compiute ricorrenti ed eccezionali. ‘verità’ determinano gran parte dell’identità degli edifici ad Aula, potendo contrastare con il loro realismo quasi ‘etico’
L’ipotesi di una possibile coincidenza tra gli edifici a carattere pubblico con il tipo architettonico dell’Aula è chiara- ogni deriva formalistica. La possibilità di coprire grandi luci in ambienti di varie forme e dimensioni è insita in tali ar-
mente rinvenibile nelle architetture di Mies van der Rohe, ove la presenza di un unico spazio indiviso, cui sono su- chitetture. Rafael Moneo ci ricorda che «solo accettando o patteggiando i limiti e le restrizioni che l’atto del costruire
bordinate tutte le altre articolazioni, domina la composizione. «Queste architetture vogliono costruire un grande interno: comporta, l’architettura (l’opera) diviene ciò che essa è realmente»12. La forma non è data e non è il fine, ma è il ri-
un ambiente unico e a luce unica, in cui è possibile contenere un grande numero di persone e diverse attività essen- sultato di un serrato confronto con i dati e le possibilità della tecnica: usando le parole di Mies «Noi non abbiamo
zialmente di tipo rappresentativo»1. Come afferma lo stesso Mies «la creazione di uno spazio comune presuppone problemi di forma ma soltanto problemi costruttivi. La forma non è l’obiettivo ma soltanto il risultato del nostro lavoro.
la condivisione di valori comuni»2. Vi è una relativa indifferenza distributiva rispetto ai vari usi previsti, spesso con pochi Non esiste una forma valida in sé. La forma più perfetta è sempre condizionata, nasce assieme alla funzione, è
adattamenti facilmente intercambiabili. L’elemento distintivo è l’Aula, la sua costruzione, pur essendo differenti i modi l’espressione più elementare della sua soluzione. La forma come fine è formalismo, e noi la rifiutiamo. Allo stesso modo
e le forme che la realizzano. L’obiettivo è anche quello di cogliere l’attualità di questo tema, che non sembra aver ri- lo stile non è un nostro obiettivo»13. Per Mies infatti la costruzione diventa ‘struttura’, nel senso più alto del termine: or-
cevuto da parte della ricerca architettonica moderna e contemporanea, con l’eccezione di pochi maestri, un ade- dine espressivo.
guato approfondimento. Non è un caso, infatti, che i progetti o gli edifici pubblici ad Aula costruiti nel secolo scorso
siano pochi, e di questi solo alcuni realmente innovativi, mentre i numerosi costruiti agli inizi di questo millennio sono Composizione - Per gli edifici pubblici ad Aula sono state investigate le procedure compositive adottate e sperimen-
prevalentemente esercizi formali o esibizioni ipertecnologiche. Il riferimento al tema primigenio - inteso come ciò che tate e in che modo tali regole interagiscono con le ipotesi figurative, con la precisazione del tema e con i dati tec-
domina una qualsivoglia composizione architettonica - quello del ricovero, della delimitazione con la formazione di nico-costruttivi: con l’obiettivo dell’individuazione degli elementi stabili o meno stabili di tali architetture, il ruolo sintattico
un luogo ai fini di un suo uso collettivo, implica una continua riflessione sul senso ultimo da attribuire a tali manufatti loro assegnato, e i rapporti di dipendenza, di necessità o d’inclusione tra gli elementi ricorrenti presenti in tali ma-
in diretta relazione con la natura e da essa distinti in quanto artifax. Si è cercato di chiarire i nessi tra il momento nufatti e l’Aula. Il tentativo è stato quello di definire se esista la permanenza di alcuni temi e principî compositivi e in-
ideativo, come disvelamento e avanzamento del tema specifico, della ragione3 di ogni edificio, le tecniche costrut- dividuare gli avanzamenti possibili, rispetto alle nuove esigenze organizzative e di senso. Sono state approfondite
tive e le procedure compositive adoperate. Sebbene il tema architettonico dell’Aula sia fissato, molteplici sono i modi le relazioni tra le parti, i sistemi di controllo proporzionale, le articolazioni volumetriche, il ruolo delle questioni di-
per esplicitarlo in rapporto ai differenti tipi di edifici pubblici. Non tutti gli elementi e le forme sono idonei a rappre- mensionali evidenziando come le norme compositive si adeguano e spiegano le tecniche per creare un senso ap-
sentare l’identità e l’individualità dei manufatti: proprio nella selezione delle forme necessarie (grammatica) e nella propriato al rinnovato apparato costruttivo. Si è evidenziato come le procedure compositive adottate in tali manufatti
disposizione (sintassi) degli elementi sta il primo atto ideativo da cui muovere. Gli aspetti ideativi e innovativi dovranno in generale possono essere di tipo sintattico quando le varie parti costituenti l’edificio sono riassunti in un unico vo-
contemperarsi con quelli tecnico-costruttivi e con i modi della composizione al fine di ritrovare una nuova unità ed equi- lume o di tipo paratattico quando alla precisazione e gerarchizzazione degli elementi e delle parti costitutive fa ri-
librio, un moderno nihil addi capace di «nuove sintesi estetiche adeguate alle nuove esigenze e pulsioni contempo- scontro una loro individuazione in volumi distinti e/o accostati. «Comporre significa usare ciò che si sa (Gaudet): il
ranee, non per registrarle semplicemente, ma per ricondurle a un ordine possibile oltre che auspicabile»4. ciò che si sa non va inteso come complessivo bagaglio di soluzioni preformate ma come conoscenza e riconosci-
Parafrasando le categorie vitruviane, spesso ridotte e banalizzate da un’ottica ingenuamente funzionalista, si è inteso mento di regole all’interno di un più vasto procedimento logico»14. I materiali della composizione sono per l’appunto
prima esplicitare il significato attribuito alle tre questioni dell’ideazione, della costruzione e delle procedure compo- gli elementi dell’architettura di là da una loro possibile interpretazione semantica. L’operazione analitica di discretiz-
sitive5 attraverso le quali si è poi analizzato e specificato, dal punto di vista architettonico, il tema dell’edificio pub- zazione in elementi dell’oggetto architettonico, per sua natura continuo, è utile innanzitutto per ritrovare le leggi che
blico e dell’ipotesi della sua costituzione in quanto Aula. presiedono alla concatenazione e alla proporzione di tali parti o sistemi di parti, che ne costituiscono l’ossatura com-
positiva. Il chiarimento del passaggio dal sistema classico auto-commisurato degli ordini alla scomposizione, tutta mo-
Ideazione (Invenzione) - Ci si riferisce non tanto alla creazione di forme inedite ex nihilo 6, quanto piuttosto al disve- derna, dell’oggetto architettonico in piani, punti e rette quali ‘figure individue’ è in tal senso fondamentale. Gli elementi
lamento di principî organizzativi sintattici ed espressivi, alla definizione e reificazione di un’idea che esige una pro- sono ridotti a solidi: piani, volumi, sostegni che, solo a partire dalla loro messa a contrasto, determinano un tutto ar-
fonda conoscenza della ragione degli edifici pubblici per costruire architetture che siano condivise e riconoscibili. Per chitettonico e si emancipano dalla loro ovvietà e individualità astratto-geometrica per nominarsi e identificarsi come
ideazione si intende la ricerca di nuove forme necessarie, di nuovi temi e di più progrediti assetti stilistici7 ed estetici atti della costruzione. È di primaria importanza il passaggio tra la disposizione e l’individuazione planimetrica degli
capaci di produrre «nuove sintesi formali»8. L’innovazione tematica o re-invenzone avviene nel senso di in-venio, cioè elementi e la loro rappresentazione tridimensionale. Tema, questo, cruciale nella storia delle teorie compositive, come
di trovare nella ‘cosa’9, e ciò implica una conoscenza profonda del senso da attribuire a tali manufatti assieme a una traspare dalle osservazioni di Palladio sulla maniera di ‘voltare le stanze’ e sulle loro corrette proporzioni. L’obiettivo

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deve rimanere quello di costruire edifici dotati di finezza e concisione, ma al tempo stesso proiettati allo spazio na- dell’Aula come «forma architettonica capace di rappresentare il loro carattere collettivo, una sorta di Ur-tipo, di tipo
tura intesa come «nuovo contesto generale dell’architettura e della città»15. originario, in cui le articolazioni funzionali sono poste in secondo piano»22. La scelta sintetica dell’Aula non impedi-
sce tuttavia a tali manufatti di affermare la loro ragione costitutiva ma, al contrario, consente, in tutti i casi presi in
La costruzione di nuove ipotesi sintattico-costruttive e di senso per edifici ad Aula necessita di un’attenta analisi co- esame, un notevole avanzamento nella precisazione dei temi che i vari edifici affrontano. La loro caratterizzazione
noscitiva sia del tema architettonico, a partire dalle formulazioni illuministe, sia delle opere costruite o progettate nel e individualità tematica è realizzata attraverso le adeguate soluzioni costruttive in stretto rapporto con le procedure
corso di questo secolo innanzi tutto dai maestri del Movimento Moderno «questo non per ricavarne immediatamente compositive adottate23. Cambiano cioè in modo relativo le maniere con cui sono costruiti, ma con variazioni che ri-
delle soluzioni preformate sia sotto il profilo compositivo che linguistico, ma per verificare l’ipotesi di una progressi- guardano più l’affinarsi delle tecniche e del linguaggio che il senso particolare e il valore di ogni edificio. Tali ma-
vità della ricerca architettonica»16. Non si vuole assumere il rapporto analisi-progetto in termini deterministici quanto nufatti - infrangendo dogmi, canoni e convenzioni - rappresentano delle discontinuità profonde e aprono la strada alla
piuttosto costruire una genealogia di opere tesa a chiarire i caratteri distintivi e specifici di tali manufatti, un sistema costruzione di nuove regole. L’avanzamento, la deroga - come ci ricorda Apollinaire - produce una discontinuità ma
ordinato e intellegibile per puntare al dis-velamento del senso attuale dei manufatti e delle forme con cui rappresen- sempre rispetto a qualcosa, ha bisogno di una serie di materiali già sedimentati da cui partire, determina sì una frat-
tarlo. Per questo motivo il libro è articolato in due parti principali distinte ma tra loro correlate in senso circolare ed tura ma che attende di essere ricomposta conoscendo le regole che si vorrebbero violare.
euristico17. Le architetture ad Aula di Mies sono state analizzate utilizzando le tre categorie dell’ideazione, della costruzione e
La prima parte si occupa della definizione, in sede teorica, dei caratteri invarianti ed essenziali del tipo architetto- della composizione e contemporaneamente attraverso il metodo del ‘rilievo critico’ ovvero la riduzione alla stessa
nico dell’Aula, del rapporto tra i vari temi di edifici pubblici e l’assunzione unificante dell’Aula; dell’approfondimento scala, il ridisegno con la medesima grafia dei progetti e le rielaborazioni grafico/interpretative dell’assetto compo-
delle tecniche costruttive e delle procedure compositive presenti in tali manufatti. In tale ambito sono individuati e messi sitivo, proporzionale/modulare e costruttivo, cercando di chiarirne le regole e i principî che essi sottendono.
a confronto alcuni exempla della storia e della modernità. L’adozione metodologica dei riferimenti ha lo scopo di in- L’approfondimento degli exempla programmaticamente prescinde dalle particolari valenze o collocazioni di tipo ur-
dagare le procedure compositive, le strutture organizzative e le soluzioni tecniche attraverso le quali tali edifici di volta bano, partendo dal presupposto che parlare di contesto per queste architetture risulta inadeguato in quanto esse non
in volta hanno selettivamente specificato e chiarito la loro ragione, dando via via risposte più avanzate e adeguate commentano un luogo, un tessuto ma, al contrario, lo determinano, lo sintetizzano, ne riformulano i caratteri e le re-
alle necessità che il loro tempo esprimeva. Gli exempla indagati/studiati, ordinati secondo un orizzonte sincronico, lazioni d’ordine24. Il vero contesto entro cui tali edifici si pongono può tornare piuttosto a essere il ‘tutto aperto’ del
vogliono restituire nel loro complesso un’idea di architettura ben orientata, in cui l’identità tra architettura e costruzione territorio, la dimensione «marcatamente estensiva»25 della città contemporanea. Così, individuate le norme che que-
sia manifesta e siano manifesti, enumerabili, descrivibili e quindi intellegibili, principî sui quali tale idea si fonda e si sti edifici sottendono nella loro costituzione e autonomia, si è poi verificata nei vari casi la loro capacità di orientare
rivela nell’opera. Il riconoscimento di un’idea di architettura è nell’identificare un sistema di regole che stanno alla base e influenzare i particolari contesti urbani in cui sono collocati, constatando che spesso tali manufatti, assieme con altri
del fare e che gli oggetti esemplari riflettono e spiegano: significa riconoscere la necessità di una teoria, di un pro- di pari grado, sono capaci di relazionarsi tra loro secondo tensioni di natura topologica, di influenzare e riassumere
getto d’ordine condiviso, cioè di un progetto stilistico che è ineffettuale «al di fuori dell’esperienza classica»18. Non il tessuto urbano circostante.
si vogliono dedurre le opere dalla teoria - intesa come insieme ordinato di proposizioni che affermano l’esistenza di Infine il libro, riprendendo e riferendosi ad altre esperienze26 e verificando l’attualità del tema, ha voluto identificare
relazioni stabili tra determinati concetti - né viceversa assegnando solo al ‘fare’ la primazia ma stabilire una circola- alcune regole compositivo-architettoniche e nuove possibili risposte e riformulazioni tematiche per la costruzione degli
rità efficiente tra exempla (gli osservati) e principia (l’osservazione), tra praxis e Theoria. La Theoria infatti ‘osserva’ edifici pubblici ad Aula basate sulla loro capacità di porsi ancora come ‘capisaldi’, come ‘punti fissi’ per la costru-
le opere e da esse trae le sue regole, tali regole vanno poi verificate e anche emendate nel continuo confronto con zione e l’infrastrutturazione della città contemporanea riproponendo una riflessione sul futuro del classico come risposta
l’esperienza. La scelta di limitare a pochi maestri e quindi a poche ‘architetture esatte’ il campo di investigazione alla disarmante condizione di questi anni.
muove dal convincimento che esse, anche se in differenti epoche, hanno rappresentato e continuano a rappresen-
tare un preciso modo di intendere l’architettura (da Vitruvio a Lukács) e il suo farsi collettivo, che non punta alla esi-
bizione di forme gratuite ma che parte dalla conoscenza della ragione dei manufatti, dalla possibilità di riconoscere
dei tipi trasmissibili e delle forme riconoscibili.
La seconda parte, che logicamente sviluppa e verifica la prima, ma che allo stesso tempo ne ha guidato e chiarito
la struttura, riguarda lo studio approfondito delle architetture ad Aula di Mies van der Rohe e in particolare: la Con-
vention Hall di Chicago (1950-1956); il Teatro Nazionale di Mannheim (1952-1953); la Crown Hall presso l’IIT
di Chicago (1953-1954) e la Neue Nationalgalerie di Berlino (1962-1968).
La scelta metodologica è stata quella di analizzare - scomporre il tutto in parti e ricomporre le parti nel tutto19 - le ar-
chitetture civili di Mies dopo averne definiti i caratteri generali attraverso un punto di vista orientato: il ‘filtro selettivo’
dell’Aula. In tal senso, lungi dal voler proporre una ennesima esegesi di tipo storico-critico sull’opera di Mies, si è in-
teso selezionare e individuare alcune questioni teoriche e snodi problematici a partire dalle sue architetture, attraverso
la loro misurazione e il riconoscimento dei sistemi di regole che ciascuna di esse propone, partendo dal presuppo-
sto - come si è anticipato - che in architettura non si dà Theoria, che è ‘visione razionale’ delle forme, senza le opere,
le quali come ci ricorda Carlos Martí Arís «sono le autentiche depositarie della conoscenza tanto in architettura quanto
in qualsiasi attività artistica»20. Questo non per negare l’importanza e il ruolo della teoria ma sottolineando la necessità
che essa sia in qualche modo ‘estratta’ dagli esempi concreti dell’architettura nel suo farsi concreto e non ‘astratta’21
da esse recuperando, in ciò, la fondamentale distinzione operata da Giorgio Grassi tra i due modi di costruzione
teorica del ‘trattato’ e del ‘manuale’. Rendere evidenti le identità tematiche delle varie architetture selezionate in rap-
porto ai luoghi in cui si collocano, alle relazioni che esse stabiliscono con la costruzione complessiva della città, alle
procedure compositive che sottendono in stretta e insopprimibile relazione con le scelte costruttive e con i caratteri ar-
chitettonici che mettono in scena è stato l’obiettivo di questo lavoro nella convinzione che le opere debbano essere
continuamente interrogate secondo l’ipotesi che non esistono punti di vista oggettivi ma solo ‘letture profonde e con-
sapevoli’. Gli edifici studiati, nel declinare ognuno differenti temi, forme e dimensioni, sono accomunati dalla scelta

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caso, artificiale o di natura che sia»45. Questi manufatti - ci ricorda ancora Bisogni in un’altra occasione46 - sono «privi
di ogni naturalità, in quanto essi stessi contenenti la natura come ordine astratto e in pari tempo reale». Hilberseimer,
prima di addentrarsi nei problemi organizzativi e costruttivi dei vari tipi di edifici ad Aula che classifica (StadtHallen,
Festhallen, Sporthallen fino ai complessi espositivi), riporta varie architetture d’elezione: il Pantheon, la Basilica di
Massenzio, Santa Sofia, la Chiesa di San Pietro a Roma e il Palazzo della Ragione a Padova. Tali riferimenti devono
essere tutti in qualche modo superati e trascesi in un processo di ideazione/invenzione, in una continua semplifica-
zione e in un asciugamento delle forme di queste opere paradigmatiche al punto da renderle irriconoscibili in quanto
referenti originari. L’ambizione è quella di costruire dei manufatti che contengono, rinnovandole, tutte le architetture
con le quali, faticosamente e volontariamente, ci si è misurati. Le forme della storia vanno selettivamente giudicate,
la storia è «il territorio delle scelte», delle affinità e non del rifugio. Hilberseimer assume esplicitamente l’identità tra
Aula ed edificio pubblico e gli esempi a lui contemporanei che riporta - il concorso per la Società delle Nazioni di
Hannes Meyer e di Le Corbusier, la Jarhunderthalle di Max Berg, la Stadhalle di Magdeburgo di Johannes Göde-
ritz, la Halle Stadt und Land di Bruno Taut o la splendida Fiera di Breslavia dello stesso Berg - verificano tale ipotesi
di partenza. Questi progetti, assieme ai grandi edifici tecnici come la Turbinenfabrik AEG di Peter Behrens47 o quelli
destinati allo sport, svelano le enormi possibilità espressive e tecniche insite nell’adozione dell’Aula e apriranno agli
approfondimenti successivi compiuti innanzi tutto da Mies van der Rohe in maniera quasi assiomatica e apodittica
ma anche da alcuni progetti di Le Corbusier come il Parlamento e l’Alta Corte di Giustizia a Chandighar o la Chiesa
del Convento de la Tourette. Questi due ultimi progetti, in particolare, definiscono due atteggiamenti compositivi en-
trambi presenti nell’opera di Le Corbusier. Nell’Alta Corte di Giustizia il corposo e fitto sistema delle sale d’udienza,
articolato attorno ad una promenade architecturale, viene limitato dal grande ‘gesto a reazione poetica’ del portico
di ingresso in modo analogo al lucernario tronco conico del Parlamento che denunciava nel corpo stereometrico del-
l’edificio la presenza dell’aula assembleare. La grande ‘tenda risvoltata’ rappresenta l’intero manufatto che, compo-
sto di ricorrenze e ripetizioni, si mostra come un’unica grande copertura - una sorta di emblema - che contiene e supera
le articolazioni interne definendo il carattere unitario e rappresentativo dell’istituzione. Di contro, nel Convento de la
Tourette, recuperando la memoria delle sale capitolari, lo stesso Le Corbusier assume il tema dell’identificazione di
un unico volume ad altezza costante molto verticalizzato, quasi totalmente cieco, e con forte carattere stereotomico
al quale vengono giustapposti due volumi più bassi subordinati, la sacrestia e soprattutto la cripta che adotta, per
contrappunto, forme sinuose più complesse senza mettere in discussione l’autorevolezza e la primazia sintattica del
grande invaso per la liturgia. A sottolineare tale intangibilità del volume, la chiesa si accosta significativamente alla
C del Convento senza trovare alcuna connessione, se non di tipo funzionale, che possa omologarlo al sistema ite-
rativo delle celle dei religiosi, volendone in qualche modo rappresentare la riassunzione.
A tali esempi (paradigmatici) proposti dai maestri seguiranno altri non meno significativi (emblematici) sviluppati a par-
tire dall’immediato dopoguerra. Valgano per tutti alcuni edifici di Arne Jacobsen come il Municipio e la Biblioteca di
Rödrove in cui, in temi differenti e usi collettivi distinti, si sperimentano ulteriori modi di comporre l’Aula con le parti ri-
correnti. Nel Municipio di Rödrove la Sala del Consiglio si individualizza in un volume autonomo affacciato sul grande
prato antistante, chiuso su due lati, vetrato sui restanti e collegato alla lama degli uffici comunali in corrispondenza del-
l’atrio di ingresso a tutta altezza. Nella Biblioteca invece si accorda il sistema della piastra-recinto - un grande rettan-
golo aureo completamente chiuso all’esterno che contiene con i depositi le sale di lettura affacciate su patii interni -
con quello dell’Aula centrale quadrata per le manifestazioni collettive, definita da una copertura emergente rastremata
ai bordi e sorretta da quattro esili colonne. Il tetto in tal modo si pone quale elemento plastico fortemente espressivo,
staccato sull’intero perimetro, librandosi sul volume lapideo sottostante, completamente rivestito in marmo nero, quasi
a volersi riferire, come era avvenuto nel Crematorio di Asplund, all’idea del grande atrio tetrastilo della domus. An-
cora il Padiglione dei Paesi Scandinavi alla Biennale di Venezia di Sverre Fehn sviluppa il tema dello spazio indiviso
attraversato dalla natura e non presenta sistemi subordinati relazionati all’Aula dominante ma lavora sull’identifica-
zione di un grande vuoto - porzione definita del suolo naturale - coperto da un tetto traforato che non occlude la vista
del cielo e il passaggio della luce. Si tratta ancora una volta di un grande riparo semi-aperto incassato per due lati
nel terreno e per altri due completamente aperto o vetrato definito da una copertura libera da appoggi interni in travi
lamellari di cemento precompresso molto ravvicinate ma non collegate all’estradosso che, significativamente, riman-
dano a una costruzione in legno. Le travi secondarie poggiano su una grande trave trasversale che scarica, a sua volta,
su di un setto contro terra e un pilastro composito. La chiarezza del sistema costruttivo, l’estrema trasparenza della co-
pertura - che consente anche l’irruzione di alcuni tronchi degli alberi lasciati in situ - riproduce l’idea di uno spazio na-
turale ma allo stesso tempo artificiale, ‘selezionato e misurato’ e, per questo, conoscibile.

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