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Nel corso della prima guerra mondiale e negli anni immediatamente suc-
cessivi, la questione adriatica (vale a dire il complesso problema politico e ter-
ritoriale che divise profondamente le classi dirigenti e le opinione pubbliche
italiane e jugoslave) fu motivo di polemiche e incomprensioni così accese e
violente, da paralizzare in parte l’azione dell’Italia in campo internazionale e
da dominare a lungo il dibattito politico interno. Polemiche internazionali e
lotte politiche nazionali, a cui partecipò attivamente anche il fondatore e lea-
der del movimento fascista, Benito Mussolini, che fece della propaganda anti-
jugoslava uno degli strumenti più efficaci per la ricerca del consenso e per la
conquista del potere. Tuttavia, l’approdo di Mussolini a posizioni vicine a quelle
del nazionalismo antislavo non rappresentò l’esito naturale e inevitabile di un
percorso politico lineare, quanto il progressivo aggiustamento e il graduale adat-
tamento delle proprie convinzioni a quelli che sembravano essere i principali
orientamenti dell’opinione pubblica italiana. Di fronte al successo sempre
maggiore che, in termini di seguito politico, le tesi più oltranziste ed estre-
miste riuscivano a ottenere, Mussolini non esitò a modificare le proprie idee
favorevoli al compromesso adriatico e alla collaborazione politica ed econo-
mica con i vicini jugoslavi, in nome di un massimalismo politico e territoriale,
agitato strumentalmente nel tentativo di accreditarsi come strenuo difensore
degli interessi nazionali.
In realtà, fin dalle prime fasi della guerra e per molto tempo dopo lo scop-
pio del conflitto, Mussolini sostenne l’importanza e la necessità dell’intesa con
gli Slavi del sud (in particolare con i Serbi, con i quali non esistevano con-
trasti confinari diretti). All’inizio del 1915, dopo il travagliato e polemico pas-
2 Massimo Bucarelli
(1) Sul passaggio di Mussolini dalle posizioni neutraliste a quelle interventiste e sulle con-
seguenti polemiche interne al partito socialista, che ne provocarono le dimissioni da direttore
dell’«Avanti!» e l’espulsione dal partito, si vedano: Opera omnia di Benito Mussolini, a cura di
E. e D. Susmel, Firenze, la Fenice, 1951 -, vol. VI, pp. 376-432; G. VOLPE, Il popolo italiano
tra la pace e la guerra (1914-1915), Roma, Bonacci, 1992 (1a ed. Milano, Ispi, 1940), pp. 103
ss.; R. DE FELICE, Mussolini il rivoluzionario (1883-1920), Torino, Einaudi, 1995, (1a ed. 1965),
pp. 253 ss.; R. VIVARELLI, Storia delle origini del fascismo. L’Italia dalla grande guerra alla mar-
cia su Roma, Vol. I, Bologna, il Mulino, 1991, pp. 264-265.
(2) Sulle posizioni dei nazionalisti italiani nel 1915 in merito alle rivendicazioni adriatiche,
si vedano: A. TAMARO, Italiani e Slavi nell’Adriatico, Roma, Athenaeum, 1915; ID., L’Adriatico
golfo d’Italia, Milano, F.lli Treves, 1915. Inoltre: R. VIVARELLI, Storia delle origini del fascismo,
cit., pp. 175 ss.; L. MONZALI, Italiani di Dalmazia 1914-1924, Firenze, le Lettere, 2007, pp. 11
ss.
(3) B. MUSSOLINI, Italia, Serbia e Dalmazia, in «Il Popolo d’Italia», 6 aprile 1915, poi ripub-
blicato in Opera omnia di Benito Mussolini, cit., vol. VII, pp. 308-310. Nello stesso senso anche
il precedente articolo, L’adunata, del 24 gennaio 1915, ora in Opera omnia di Benito Mussolini,
cit., vol. VII, pp. 139-140. Si vedano: R. DE FELICE, Mussolini il rivoluzionario, cit., pp. 310-
311; R. VIVARELLI, Storia delle origini del fascismo, cit., pp. 279-278.
Mussolini, la questione adriatica e il fallimento dell'interventismo democratico 3
Che gli italiani in Dalmazia rappresentino qualche cosa in più del tre
per cento delle adulteratissime statistiche austriache è positivo, ma – preci-
sava(4) – la maggiore percentuale d’italiani non è, per se stessa, titolo suffi-
ciente onde rivendicare il possesso esclusivo di “tutta” la Dalmazia. [...] E
perché – se vale il principio che deve essere «politicamente» italiano tutto
ciò che appartiene «geograficamente» all’Italia – non scendiamo in lotta
anche contro l’Inghilterra e la Francia per Malta e la Corsica?
Anche secondo Salvemini, fare della Dalmazia una terra italiana sarebbe
stata una «assurda pretesa», perché, pur correggendo «con la massima larghezza
possibile» le «ingiustizie» commesse nei censimenti austriaci, la costa dalma-
tica era abitata da una grandissima maggioranza serbo-croata:
(9) L. BISSOLATI, L’Italia e gli Stati balcanici, in «Il Secolo», 14 novembre 1914, ristampato
in La politica estera italiana dal 1897 al 1920. Scritti e discorsi di Leonida Bissolati, Milano, Treves,
1923, pp. 332 ss. Si veda anche: R. COLAPIETRA, Leonida Bissolati, cit., pp. 215 ss.
(10) G. SALVEMINI, La Dalmazia, in «Il Secolo», 9 novembre 1914, ripubblicato in Opere di
Gaetano Salvemini, III, Scritti di politica estera, vol. I, Come siamo andati in Libia e altri scritti
dal 1900 al 1915, a cura di A. TOrre, Milano, Feltrinelli, 1963, pp. 370-373. Su Salvemini e la
complessa questione dei rapporti tra l’Italia e le popolazioni slave confinanti, si vedano: E.
TAGLIACOZZO, Gaetano Salvemini, cit., pp. 156 ss.; E. APIH, L’Unità e il problema adriatico, in
Scritti in onore di C. de Franceschi, Trieste, 1951, pp. 253 ss.; ID., Gaetano Salvemini e il pro-
blema adriatico, in L’imperialismo italiano e la Jugoslavia, a cura di M. Pacetti, Urbino, Argalìa
Editore, 1981, pp. 85 ss.; L. VALIANI, La dissoluzione dell’Austria-Ungheria, Milano, Il Saggiatore,
1966, pp. 166 ss. e pp. 393 ss.; R. VIVARELLI, Storia delle origini del fascismo, cit., pp. 175 ss.
(11) G. SALVEMINI, La Dalmazia, cit.
6 Massimo Bucarelli
Alcuni mesi dopo, nel marzo 1915, lo storico pugliese precisò ulterior-
mente i termini dell’auspicato accordo territoriale italo-serbo(12):
a) un regno serbo-dalmata-croato-sloveno, che arrivi a Lubiana, com-
prendendo tutte le popolazioni jugoslave dell’Austria e dell’Ungheria, meno
quelle delle zone di confine aggregate all’Italia; b) annessione all’Italia della
Venezia Giulia, delle isole del Quarnaro e della penisoletta di Zara; c) Fiume
ristabilita nella sua autonomia tradizionale sotto la garanzia solidale dell’Italia
e della Serbia, oppure aggregata all’Italia, secondo che la maggioranza dei
cittadini stabilisca con plebiscito; d) garanzia di libertà scolastiche assicurate
nel trattato di pace, dall’Italia agli sloveni e croati delle nuove regioni ita-
liane, e dalla Serbia ai nuclei italiani di Dalmazia; e) impegno da parte della
Serbia, di non costruire nell’Adriatico arsenali e di non tenervi flotte mili-
tari; da parte dell’Italia, di non oltrepassare con la sua flotta il canale di
Otranto [...]
(12) ID., Finis Austriae?, in «L’Unità», 12 marzo 1915, ripubblicato in Opere di Gaetano
Salvemini, cit., pp. 491-494.
(13) All’epoca, SalveminI e Bissolati non furono i soli rappresentanti di quella corrente del-
l’interventismo, che poi sarebbe stata definita democratica, a essere più intransigenti di Mussolini
riguardo alle future sistemazioni territoriali adriatiche. Anche Andrea Torre, un’altra figura di
rilievo dell’interventismo democratico, deputato e corrispondente politico del «Corriere della
Sera», futuro protagonista dei tentativi di accordo tra italiani e jugoslavi, si disse contrario all’e-
ventuale abbandono di Fiume alla Croazia e di Spalato alla Serbia, in caso di partecipazione
italiana alla guerra. Si veda: Andrea Torre a Luigi Albertini, [Roma], 30 aprile 1915, in L. ALBERTINI,
Epistolario 1911-1926, a cura di O. Barié, Milano, Mondadori, 1968, vol. I, D. 302. Su Andrea
Torre: G. D’ANIELLO, Andrea Torre. La vita e le opere, Casalvelino Scalo, Galzerano Editore,
1997, 2 voll.
(14) B. MUSSOLINI, Il problema di Fiume, in «Il Popolo d’Italia», 29 gennaio 1915, poi in
Opera omnia di Benito Mussolini, cit., vol. VII, p. 156, in cui rispondeva ad una lettera, pub-
Mussolini, la questione adriatica e il fallimento dell'interventismo democratico 7
blicata insieme all’articolo, inviatagli da Giuseppe Prezzolini dopo il primo congresso dei fasci
d’azione rivoluzionaria, affinché anche Fiume fosse compresa tra le rivendicazioni italiane in
Adriatico, sia per motivi economico-commerciali, sia per ragioni etniche e nazionali.
(15) R. DE FELICE, Mussolini il rivoluzionario, cit., p. 321 ss. Anche: P. MELOGRANI, Storia
politica della grande guerra 1915-1918, Milano, Mondatori, 1998 (1a ed. 1969), pp. 21 ss., e pp.
149-151.
(16) B. MUSSOLINI, Italia, Serbia e Dalmazia; Il terreno dell’intesa italo-serba, e Le condizioni
per la pace, (colloquio con Giuseppe De Falco svoltosi a metà novembre), in «Il Popolo
d’Italia», 25 e 26 novembre, e 20 dicembre 1916, poi in Opera omnia di Benito Mussolini, cit.,
vol. VIII, pp. 248-251 e pp. 260-279. Si vedano anche: R. DE FELICE, Mussolini il rivoluziona-
rio, cit., pp. 343-345; R. VIVARELLI, Storia delle origini del fascismo, cit., pp. 279 ss.
(17) B. MUSSOLINI, Le condizioni per la pace, cit.
(18) ID., Italia, Serbia e Dalmazia, cit.
8 Massimo Bucarelli
Allo stesso tempo, però, Mussolini iniziò a criticare anche quanti propu-
gnavano una rinuncia totale, «francescana», della Dalmazia da parte dell’Italia,
e assunse una posizione che stava fra gli imperialisti e i «rinunciatari»: «Fra
quelli che dicono:”Niente Dalmazia!” - affermava l’ex leader socialista - e
quelli che gridano: “Tutta la Dalmazia!” c’è il posto per un terza corrente».
I «rinunciatari» non tenevano nel giusto conto l’importanza del contributo mili-
tare italiano per la restaurazione dello Stato serbo e per il suo eventuale
ingrandimento; contributo che avrebbe dovuto indurre i serbi a considerare
con maggiore attenzione e disponibilità le aspirazioni dell’Italia sulla sponda
orientale dell’Adriatico:
(19) Ibidem
(20) Ibidem
Mussolini, la questione adriatica e il fallimento dell'interventismo democratico 9
vera del 1915: non più la rinuncia italiana alla Dalmazia in cambio di quella
serba all’Istria, ma la spartizione tra Roma e Belgrado della costa dalmata.
L’atteggiamento di minore apertura e di minore disponibilità nei con-
fronti delle aspirazioni slave, assunto da Mussolini a partire dalla seconda metà
del 1916, lo portò a polemizzare in più di un’occasione con gli esuli jugoslavi
dell’Austria-Ungheria, impegnati in una vivace e attiva opera di propaganda
presso i governi e le opinioni pubbliche dei paesi dell’Intesa(24). Il suo irrigi-
dimento in relazione al problema adriatico fu una diretta conseguenza non solo
dell’offensiva politica e propagandistica dei fuoriusciti jugoslavi, ma soprattutto
del sostegno che la causa jugoslava sembrava avere presso alcuni circoli intel-
lettuali e dirigenti britannici, determinati a rimettere in discussione le riven-
dicazioni italiane in Adriatico(25).
È noto che allo scoppio della prima guerra mondiale alcuni rappresen-
tanti degli slavi meridionali dell’Impero asburgico, originari soprattutto della
Dalmazia, come i croati Frano Supilo(26), giornalista di Cavtat ed editore del
«Novi List» di Rijeka/Fiume, e Ante Trumbic(27), avvocato, ex sindaco di
Split/Spalato e presidente del partito nazionale croato, ripararono all’estero,
prima in Italia, poi in Francia e infine in Gran Bretagna, nel tentativo di porre
all’attenzione dell’opinione pubblica internazionale la questione della libera-
zione degli Jugoslavi dal dominio di Vienna e Budapest, e della loro eventuale
unione politica con la Serbia(28). L’azione degli esuli si fece particolarmente
intensa tra la fine del 1914 e i primi mesi del 1915, in corrispondenza dei
contatti e dei negoziati tra l’Italia e i governi dell’Intesa. Negoziati che por-
tarono alla firma del patto di Londra del 26 aprile 1915 e all’intervento ita-
liano in guerra, in cambio di alcune richieste territoriali, tra cui la Venezia
Giulia fino al Monte Nevoso e alla Volosca, il tratto centrale della Dalmazia
(da Zara a Capo Planka), gran parte delle isole a nord e a ovest di essa, e la
città albanese di Valona con il suo entroterra; richieste che avrebbero con-
sentito non solo il completamento dell’unità nazionale, ma anche il raggiun-
gimento di confini strategicamente sicuri(29). Trumbic e Supilo, i quali all’ini-
zio del secolo si erano battuti per l’unificazione delle «terre croate» (Croazia,
Dalmazia e Bosnia Erzegovina) sotto un governo autonomo all’interno
dell’Impero austroungarico(30), fecero notevoli pressioni presso i governi di
(28) H. W. STEED, Through Thirty Years, 1892-1922, Londra, Heinemann, 1924, vol. II, pp.
53 ss. e pp. 129 ss.; D. ŠEPIc, Supilo diplomat, cit., pp. 11 ss.; ID., Politicke koncepcije, cit., pp.
55 ss.; L. VALIANI, La dissoluzione dell’Austria-Ungheria, cit., pp. 139 ss. e pp. 194 ss.; G. STOKES,
The Role of the Jugoslav Committee in the Formation of Yugoslavia, in The Creation of Yugoslavia
1914-1918, a cura di D. Djordjevic, Santa Barbara e Oxford, Clio Books, 1980, pp. 51-55; H.
e C. SETON-WATSON, The Making of a New Europe. R. W. Seton-Watson and the Last Years of
Austria-Hungary, Londra, Methuen, 1981, pp. 108-109 e pp. 121 ss.; I. BANAC, The National
Question in Yugoslavia, Ithaca e London, Cornell University Press, 1984, pp. 118 ss.; J. ADLER,
L’union forcée: la Croatie et la création de l’Etat yougoslave (1918), Chêne-Bourg, Georg, 1997,
pp. 90 ss.; M. KOVAC, La France, la création du royaume «yougoslave» et la question croate, 1914-
1929, Berna, Peter Lang, 2001, pp. 107 ss.
(29) Il testo dell’accordo di Londra del 26 aprile 1915 si trova in DDI, Serie V, vol. III, D;
470. Sul patto di Londra, si vedano: M. TOSCANO, Il Patto di Londra. Storia diplomatica dell’in-
tervento italiano (1914 e 1915), Bologna, Zanichelli, 1934; e tutti gli aggiornamenti documentari
che lo stesso Toscano ha pubblicato tra il 1965 e il 1968: Rivelazioni e nuovi documenti sul nego-
ziato di Londra per l’ingresso dell’Italia nella prima guerra mondiale, in «Nuova Antologia», ago-
sto-settembre 1965; Il negoziato di Londra del 1915, ivi, novembre 1967; Imperiali e il negoziato
per il Patto di Londra, in «Storia e Politica», 1968, n. 3. Inoltre: P. PASTORELLI, Le relazioni tra
l’Italia e la Serbia dal luglio 1914 all’ottobre 1915, in Miscellanea in onore di Ruggero Moscati,
Napoli, E.S.I., 1985; ID., Fiume e il Patto di Londra, in «Clio», 1996, n.1, rifusi poi in ID., Dalla
prima alla seconda guerra mondiale. Momenti e problemi della politica estera italiana 1914-1943,
Milano, LED, 1997, pp. 13-53. Sulla partecipazione italiana alla guerra, si vedano: P. MELOGRANI,
Storia politica della grande guerra, cit.; L. RICCARDI, Alleati non Amici. Le relazioni politiche tra
l’Italia e l’Intesa durante la prima guerra mondiale, Brescia, Morcelliana, 1992.
(30) D. ŠEPIc, Politicke koncepcije, cit., pp. 26 ss.; L. VALIANI, La dissoluzione dell’Austria-
Ungheria, cit., pp. 27 ss.; I. BANAC, The National Question, cit., p. 96 ss.; J. ADLER, L’union for-
cée, cit., pp. 46 ss.
12 Massimo Bucarelli
(31) Carlotti a Sonnino, Pietrogrado, 16 marzo, 2, 3 e 16 aprile 1915, in DDI, Serie V, vol.
III, DD. 117, 245, 263 e 355. Anche: Memorandum di Supilo per Izwolski, [Bordeaux], 12 novem-
bre 1914, in F. SUPILO, Clanci, govori, pisma, memorandumi, cit., pp. 471-478.
(32) Supilo a Pašic, Londra, 21 ottobre 1914; Promemoria di Supilo per Grey, Londra, 7
gennaio 1915, in F. SUPILO, Clanci, govori, pisma, memorandumi, cit., pp. 463-470, e pp. 482-
487. Anche: Trumbic a Seton-Watson, Roma, 7 aprile 1915, in R. W. Seton-Watson and the
Yugoslavs: Correspondence 1906-1941, Londra –Zagabria, Britsh Academy e Università di
Zagabria, 1976, vol. I, D. 127. Inoltre: D. ŠEPIc, Supilo diplomat, cit., pp. 75 ss.; ID., Politicke
koncepcije, cit., pp. 64 ss.; ID., Italija, saveznici i jugoslavensko pitanje, 1914-1918, Zagabria, Škol-
ska knjiga, 1970, pp. 19 ss.; A. TAMBORRA, L’idea di nazionalità e la guerra 1914-1918, in «Atti
del XLI Congresso di Storia del Risorgimento Italiano (Trento, 9-13 ottobre 1963)», Roma, Istituto
per la Storia del Risorgimento Italiano, 1965, pp. 246 ss.; L. VALIANI, La dissoluzione dell’Austria-
Ungheria, cit., pp. 152 ss.; M. KOVAC, La France, cit., pp. 108 ss.
(33) Seton-Watson a Runciman, Londra, 26 aprile 1915; Hinko Hinkovcc a R. W. Seton-
Watson, Parigi, 28 aprile 1915, in R. W. Seton-Watson and the Yugoslavs, cit., DD. 131 e 132.
Inoltre: L. VALIANI, La dissoluzione dell’Austria-Ungheria, cit., pp. 159-161; D. ŠEPIc, Italija, savez-
nici i jugoslavensko pitanje, cit., pp. 52-57.
(34) Sonnino a Imperiali, Tittoni e Carlotti, Roma, 3 maggio, 1915; Tittoni a Sonnino, Parigi,
4 maggio 1915; Imperiali a Sonnino, Londra, 5 maggio 1915; Carlotti a Sonnino, Pietrogrado,
6 maggio 1915, in DDI, Serie V, vol. III, DD. 550, 565, 583 e 589. Anche: Seton-Watson a
Grey, Londra, 2 maggio 1915, in R. W. Seton-Watson and the Yugoslavs, cit., D. 135, con cui
lo storico e pubblicista scozzese inoltrava al ministro degli Esteri britannico un telegramma di
proteste contro le concessioni adriatiche fatte all’Italia, scritto da Supilo e firmato anche dal
presidente del Consiglio dei ministri serbo, Nikola Pašic. Inoltre: D. ŠEPIc, Supilo diplomat,
cit., pp. 75 ss.; ID., Italija, saveznici i jugoslavensko pitanje, cit., pp. 52 ss.
(35) Oltre a Trumbic e a Supilo, il Comitato jugoslavo era formato dai croati, originari
della Dalmazia, Ante Biankini, presidente del Comitato jugoslavo negli Stati Uniti, Ivo de Giulli
e Mica Micic, entrambi avvocati e consiglieri municipali di Dubrovnik/Ragusa, Julije Gazzari,
Mussolini, la questione adriatica e il fallimento dell'interventismo democratico 13
L’obiettivo del Comitato, che pochi giorni dopo la sua fondazione stabilì la
propria sede a Londra, era quello di rendere note le condizioni degli slavi meri-
dionali all’interno dell’Impero asburgico e le loro «giuste aspirazioni» all’in-
dipendenza e all’unione con i «fratelli liberi» della Serbia e del Montenegro(36).
Nonostante le differenze religiose e le varianti linguistiche(37), i Serbi, i Croati
e gli Sloveni formavano «un solo popolo» e «un’unica nazione», che posse-
deva tutte le condizioni necessarie per la formazione di uno stato nazionale
indipendente(38). Per quanto concerneva l’assetto adriatico, il programma ter-
ritoriale del Comitato era la somma delle massime aspirazioni croate e slovene,
dal momento che venivano rivendicate come parte integrante del territorio
nazionale jugoslavo, oltre alla Dalmazia con le sue isole, anche Gorizia, Trieste,
l’Istria e Fiume:
In tutti questi territori – si affermava nel programma del Comitato
jugoslavo(39) - gli Jugoslavi costituiscono una popolazione compatta di razza
estremamente pura. Le presenza di popolazioni miste nelle zone di confine
è, in parte, dovuta al contatto naturale con le razze vicine e, in parte, costi-
tuisce il risultato artificiale di una politica ostile, e non può seriamente alte-
rare il carattere nazionale del paese. [...] L’Italia non ha mai assicurato, né
potrebbe mai assicurare, la vitalità economica sia a Trieste, che a Fiume. [...]
In mano italiana questi due porti sarebbero sfruttati solo per garantire gli
interessi dell’Italia a detrimento di quelli di tutto il retroterra. Ad eccezione
di Gradisca e Monfalcone, che segnano la fine della continuità etnica ita-
liana, a Trieste, in Istria e a Gorizia, nel complesso sono presenti solo 284.325
italiani contro 431.023 jugoslavi. [...] Se consideriamo tali statistiche, è evi-
dente che la cessione di questi territori all’Italia non potrebbe mai essere
giustificata sulla base del principio di nazionalità. Né dal punto di vista eco-
nomico queste regioni hanno valore per lei.
(39) Oltre all’Istria e alla Dalmazia, con Trieste, Gorizia e Fiume, il programma territoriale
del Comitato jugoslavo comprendeva la Serbia, il Montenegro, la Bosnia Erzegovina, la Croazia
Slavonia, la Vojvodina serba (Backa e Banato), la Carniola, la Carinzia e la Stiria meridionali.
Si veda: Memoar Jugoslovenskog Odbora predan francuskoj vladi, Parigi, 6 maggio 1915, cit. Per
quanto riguarda l’assetto adriatico proposto dal Comitato jugoslavo, si veda anche un memo-
randum di Supilo del novembre 1914, in cui l’esule dalmata, asserendo che l’elemento italiano
presente a Trieste, a Gorizia, in tutta l’Istria e la Dalmazia, era in realtà costituito da slavi «assi-
milati» e italianizzati, rivendicava l’annessione di tali territori al futuro stato jugoslavo, ad ecce-
zione di Trieste, da erigere in città libera; in: Talijani u jugoslanvskim krajevima Austro-ugar-
ske, [Promemoria di Supilo per Izwolski, novembre 1914], in F. SUPILO, Clanci, govori, pisma,
memorandumi, cit., pp. 479-481. Secondo Vivarelli, il programma, soprattutto in relazione ai
confini con l’Italia, era «evidentemente il frutto di una esaltazione nazionalistica che veniva innan-
zitutto a violare il principio di autodecisione dei popoli, e che si accompagnava ad un preciso
sentimento antiitaliano, più forte in molti casi del sentimento antiaustriaco»; in R. VIVARELLI,
Storia delle origini del fascismo, cit., p. 218.
(40) Tittoni a Sonnino, Parigi, 12 marzo 1916, in DDI, Serie V, vol. IV, D. 586. Inoltre: H.
W. STEED, Through Thirty Years, cit., pp. 64 ss.; A. TAMBORRA, L’idea di nazionalità, cit., pp.
253-261; L. VALIANI, La dissoluzione dell’Austria-Ungheria, cit., pp. 162 ss.; D. ŠEPIc, Italija, savez-
nici i jugoslavensko pitanje, cit., pp. 69-71, e pp. 95-100; H. e C. SETON-WATSON, The Making
Mussolini, la questione adriatica e il fallimento dell'interventismo democratico 15
of a New Europe, cit., pp. 108-109 e pp. 121 ss.; J. ADLER, L’union forcée, cit., pp. 93 ss.; M.
KOVAC, La France, cit., pp. 104 ss.
(41) H. W. STEED, Through Thirty Years, cit., (p. 386).
(42) Seton-Watson al Foreign Office, Londra, 1° ottobre 1914; Seton-Watson a Runciman,
Londra, 26 aprile 1915, in R. W. Seton-Watson and the Yugoslavs, cit., DD. 109 e 131.
(43) Seton-Watson a Runciman, Londra, 26 aprile 1915, cit.; Memorandum di Seton-Watson,
Londra, inizi di maggio 1915, ivi, D. 134.
(44) Imperiali a Sonnino, Londra, 20 gennaio e 5 luglio 1915, in DDI, Serie V, vol. II, D.
666, e vol. IV, D. 352. Anche: Seton-Watson a Trumbic, Atene, 24 dicembre 1914; Seton-Watson
a Hinkovic, Londra, 28 aprile 1915; Seton-Watson a Grey, Londra, 2 maggio 1915, in R. W.
Seton-Watson and the Yugoslavs, cit., DD. 115, 133 e 135.
(45) H. W. STEED, Through Thirty Years, cit., pp. 124 ss.; D. ŠEPIc, Supilo diplomat, cit.,
pp. 204 ss.; ID., Italija, saveznici i jugoslavensko pitanje, cit., p. 174; H. e C. SETON-WATSON,
The Making of a New Europe, cit., pp. 108 ss., pp. 121 ss., e pp. 174 ss.
16 Massimo Bucarelli
(46) La presenza di una «alta personalità», come Lord Cromer, alla presidenza della «Serbian
Society of Great Britain», dando maggiore visibilità e autorevolezza all’iniziativa di Steed e Seton-
Watson, spinse l’ambasciatore italiano a Londra, Imperiali, a far presente al Foreign Office che
«l’impressione sull’opinione pubblica [italiana] non sarebbe stata certo gradita» e che sarebbe
stato più opportuno che «il nobile lord si fosse tenuto estraneo a queste agitazioni dei jugo-
slavi». «I quali – chiarì Imperiali - , malgrado la purità apparente delle intenzioni manifestate
da lord Cromer, mirano in realtà a raggiungere scopi in contraddizione stridente con interessi
italiani, già regolati e virtualmente acquisiti in base ai noti accordi». Si veda: Imperiali a Sonnino,
Londra, 5 settembre 1916, in DDI, Serie V, vol. VI, D. 380. Sull’episodio, anche: H. W. STEED,
Through Thirty Years, cit., p. 127.; L. ALBERTINI, Venti anni di vita politica, Bologna, Zanichelli,
1952, Parte II, vol. II, p. 530; H. e C. SETON-WATSON, The Making of a New Europe, cit., pp.
181-183. Sull’atteggiamento critico di Lord Cromer nei confronti dell’Italia e dei «suoi sogni
di conquista», si veda: Cromer a Seton-Watson, Ardgowan, Greenock, 19 settembre 1915, in R.
W. Seton-Watson and the Yugoslavs, cit., D. 149.
(47) Seton-Watson a Vesnic, Londra, 17 luglio 1915, in R. W. Seton-Watson and the Yugoslavs,
cit., D. 177. Anche: H. W. STEED, Through Thirty Years, cit., pp. 124-125; H. e C. SETON-WATSON,
The Making of a New Europe, cit., pp. 175-176.
(48) Seton-Watson a Cvijic, Londra, 4 ottobre 1915, in R. W. Seton-Watson and the Yugoslavs,
cit., D. 181.
(49) D. ŠEPIc, Italija, saveznici i jugoslavensko pitanje, cit., p. 152.
(50) Sforza a Sonnino, Corfù, 24 ottobre 1916, in DDI, Serie V, vol. VI, D. 606.
Mussolini, la questione adriatica e il fallimento dell'interventismo democratico 17
del Natisone (quest’ultima già all’interno dei confini del Regno d’Italia) sareb-
bero dovute appartenere al futuro Stato slavo meridionale, perché abitate da
una popolazione in larga maggioranza slovena. Il direttore di «Il Popolo
d’Italia», pur ribadendo di non avere alcun «preconcetto antipatico» contro
il movimento jugoslavo, dichiarava di non potere rimanere indifferente di
fronte alla «megalomania imperialistica» del Comitato, da cui non veniva fatto
nemmeno un accenno alle basi di una possibile intesa fra Italiani e Sloveni;
intesa che Mussolini, come tutti gli interventisti democratici, riteneva invece
necessaria e ancora realizzabile. Sollecitava inoltre il governo italiano a con-
trastare la propaganda filojugoslava, la cui indubbia efficacia aveva indotto il
«Times», «il primo giornale del mondo», ad affermare che a Trieste e a Gorizia
gli Sloveni formavano la massa della popolazione(51).
In un successivo articolo, in cui attaccava un’altra pubblicazione a favore
di Trieste jugoslava, edita a Parigi da un massone serbo, Vasa Jovanovic, con
il patrocinio del «Grande Oriente» di Francia, Mussolini sottolineò nuovamente
l’importanza di dimostrare, con un’adeguata campagna propagandistica, la
fondatezza delle pretese territoriali italiane dal punto di vista storico, geogra-
fico ed etnico:
(51) B. MUSSOLINI, Megalomania jugoslava, in «Il Popolo d’Italia», 10 luglio 1917, cit.
Naturalmente, il direttore de «Il Popolo d’Italia» non fu il solo ad avvertire l’esigenza che la
propaganda italiana all’estero dovesse essere potenziata e organizzata in maniera più razionale
ed efficiente. Sulle vicende che portarono alla costituzione del Sottosegretariato per la propa-
ganda all’estero e per la stampa, si veda: L. TOSI, La propaganda italiana all’estero nella prima
guerra mondiale: rivendicazioni territoriali e politica delle nazionalità, Udine, Del Bianco, 1977.
(52) B. MUSSOLINI, Chilometria jugoslava, in «Il Popolo d’Italia», 31 luglio 1917, cit.
Sull’azione della massoneria francese a sostegno della causa jugoslava, si veda anche: Ruspoli a
Sonnino, Parigi, 2 agosto 1917, in DDI, Serie V, vol. VIII, D. 771.
18 Massimo Bucarelli
noto che il governo serbo, guidato dal leader del partito radicale, Nikola
Pašic, aveva inizialmente appoggiato le iniziative del Comitato jugoslavo, finan-
ziandone l’attività e favorendone i contatti con gli ambienti politici e diplo-
matici dei paesi dell’Intesa(53). Il primo ministro serbo considerava il Comitato
di Londra come un organo di propaganda al servizio della causa serba, utile
a contrastare le aspirazioni italiane sulla costa dalmata, a sensibilizzare l’opi-
nione pubblica internazionale in merito al problema delle popolazioni jugos-
lave oppresse dai governi di Vienna e Budapest e a sottolineare la prevalenza
tra i croati e gli sloveni di sentimenti filoserbi(54). L’obiettivo politico e terri-
toriale della classe dirigente serba era per buona parte identico e speculare a
quello del governo italiano, poiché Belgrado mirava al completamento dell’u-
nità nazionale, al conseguimento di confini strategicamente sicuri e al rag-
giungimento di uno sbocco al mare sulla costa adriatica(55). La realizzazione
di tale obiettivo, però, rendeva necessaria l’annessione non solo di territori al
cui interno l’elemento nazionale serbo era di poco maggioritario, come in
Bosnia, ma anche di quelli in cui la popolazione serba era minoritaria, come
in Dalmazia, Croazia-Slavonia e Vojvodina(56). Era evidente, quindi, l’interesse
del governo serbo a collaborare con quei rappresentanti croati e sloveni
dell’Austria-Ungheria disposti a far confluire i propri gruppi nazionali in un
(53) Sui contatti iniziali tra il governo serbo e il Comitato jugoslavo di Londra, si vedano:
Supilo a Pašic, Londra, 21 ottobre 1914, cit.; Supilo a De Giulli, Parigi, 29 giugno 1916, in F.
SUPILO, Clanci, govori, pisma, memorandumi, cit., pp. 497-509. Inoltre: D. ŠEPIc, Supilo diplo-
mat, cit., pp. 45 ss.; ID., Italija, saveznici i jugoslavensko pitanje, cit., pp. 27-23, e pp. 57-69; A.
N. DRAGNICH, Serbia, Nikola Pašic and Yugoslavia, New Brunswick, New Jersey, Rutgers
University Press, 1974, pp. 113-115; D. STANKOVIC, Nikola Pašic i jugoslovensko pitanje, Belgrado,
BIGZ, 1985, vol. II, pp. 11 ss., e pp. 38 ss.
(54) D. ŠEPIc, Italija, saveznici i jugoslavensko pitanje, cit., pp. 85 e 158; A. N. DRAGNICH,
The Serbian Government, the Army, and the Unification of Yugoslavs, in The Creation of
Yugoslavia 1914-1918, cit., pp. 41-42; G. STOKES, The Role of the Jugoslav Committee, cit., pp.
53-54; D. STANKOVIC, Nikola Pašic, cit., vol. II, pp. 38 ss.
(55) Sulla specularità degli obiettivi politici e territoriali dell’Italia e della Serbia, si vedano
le considerazioni di: S. ROMANO, I rapporti italo-sloveni e italo-croati: una prospettiva storica, in
Il confine riscoperto, a cura di T. Favaretto e E. Greco, Roma, Franco Angeli, 1997, p. 11.
(56) Sugli obiettivi di guerra serbi, si vedano: D. ŠEPIc, Italija, saveznici i jugoslavensko pitanje,
cit., pp. 9-13, e pp. 100-105; M. EKMECIC, Ratni ciljevi Srbije 1914, Belgrado, Srpska knizevna
zadruga, 1973, pp. 84-89; ID., Serbian War Aims, in The Creation of Yugoslavia, cit., pp. 19-32;
A. N. DRAGNICH, The Serbian Government, cit., pp. 37-42; I. BANAC, The National Question,
cit., pp. 117-118; D. ZIVOJNOVIC, Ratni ciljevi Srbije i Italije, in «Istorija XX veka», 1983, n. 1,
pp. 9-23; D. STANKOVIC, Nikola Pašic, cit., vol. I, pp. 148 ss., e pp. 189 ss.
Mussolini, la questione adriatica e il fallimento dell'interventismo democratico 19
(57) Questo era il senso della dichiarazione fatta da Pašic di fronte all’assemblea nazionale
(Skupština) riunita a Nis il 7 dicembre del 1914, con cui il governo serbo si impegnava a com-
battere per la liberazione e l’unione di «tutti i nostri fratelli oppressi Serbi, Croati e Sloveni».
Si veda il testo: Izjava srpske vlade u Narodnoj Skupštini, Niš, 7 dicembre 1914, in DPK-SHS,
D. 8. Sulla «dichiarazione di Niš»: D. JANKOVIC, Niška Deklaracija (Nastanje programa jugos-
lovenskog ujedinjenja u Srbiji 1914. godine) in «Istorija XX veka: Zbornik radova», n. X, 1969,
pp. 105 ss.; M. EKMECIC, Ratni ciljevi Srbije, cit., pp. 201-213; A. N. DRAGNICH, Serbia, cit., pp.
112-113; D. STANKOVIC, Nikola Pašic, cit., vol. I, pp. 153-159.
(58) Supilo a Grey, Londra, 30 novembre 1915, in F. SUPILO, Clanci, govori, pisma, memo-
randumi, cit., pp. 490-491; Supilo a Sonnino, Roma, 19 aprile 1916, in S. SONNINO, Carteggio
1914-1916, a cura di P. PASTORELLI, Bari, Laterza, 1974, D. 523 (poi in DDI, Serie V, vol. V,
D. 719), in cui l’esule dalmata inviava al responsabile della Consulta il promemoria consegnato
al ministro degli esteri britannico a fine novembre. Inoltre: D. ŠEPIc,, Supilo diplomat, cit., pp.
66-67, pp. 84-85, e pp. 158-159; ID., Italija, saveznici i jugoslavensko pitanje, cit., pp. 153-152;
H. e C. SETON-WATSON, The Making of a New Europe, cit., p. 138; I. BANAC, The National
Question, cit., pp. 118-119; W. BRACEWELL, The Yugoslav Idea: Origins and Development, 1830-
1992, in Nationality and Nationalism in East Central Europe since 18th Century, «Foreign and
Commonwealth Office Historians Occasional Papers», n. 12, febbraio 1996, pp. 41-43.
(59) A. N. DRAGNICH, Serbia, cit., p. 115; ID., The Serbian Government cit., p. 42; I. BANAC,
The National Question, cit., pp. 118-119.
20 Massimo Bucarelli
(60) Cucchi Boasso a Sonnino, Sofia 30 maggio 1915, Imperiali a Sonnino, Londra, 1 luglio
1915, Sonnino a Imperiali, Tittoni e Carlotti, Roma 8 luglio e 1, 3, 8 e 13 e 17 agosto 1915;
Squitti a Sonnino, Nish, 15 agosto 1915; Sonnino a Imperiali, Tittoni e Carlotti, Roma, 3 set-
tembre 1915, in DDI, Serie V, vol. IV, DD. 54, 322, 372, 510, 517, 551, 583, 598 e 610. Si
vedano: M. TOSCANO, La Serbia e l’intervento in guerra dell’Italia, Milano, Giuffrè, 1939, pp.
44-49; I. J. LEDERER, Yugoslavia at the Paris Peace Conference, cit., pp. 23-27; L. VALIANI, La
dissoluzione dell’Austria-Ungheria, cit., pp. 194-213; D. ŠEPIc, Italija, saveznici i jugoslavensko
pitanje, cit., pp. 122 ss.; D. VISVIZI DONTAS, Troubled Friendship: Greco-Serbian Relations, 1914-
1918, in The Creation of Yugoslavia, cit., pp. 107-111; P. PASTORELLI, Le relazioni dell’Italia con
la Serbia, cit., pp. 35-41.
(61) D. ŠEPIc, Supilo diplomat, cit., pp. 138-146; ID., Italija, saveznici i jugoslavensko pitanje,
cit., pp. 129-142; L. VALIANI, La dissoluzione dell’Austria-Ungheria, cit., pp. 231-235; H. e C.
SETON-WATSON, The Making of a New Europe, cit., pp. 138-139; J. ADLER, L’union forcée, cit.,
pp. 93-95.
(62) L. VALIANI, La dissoluzione dell’Austria-Ungheria, cit., pp. 235-236.
(63) D. ŠEPIc, Supilo diplomat, cit., pp. 175-182; ID., Italija, saveznici i jugoslavensko pitanje,
cit., pp. 161-167; A. TAMBORRA, L’idea di nazionalità, cit., pp. 256-257; L. VALIANI, La dissolu-
zione dell’Austria-Ungheria, cit., pp. 258-264. Sui tentativi di Supilo di trovare un accordo con
il governo italiano, si vedano anche: Tittoni a Sonnino, Parigi 12 marzo 1916; Supilo a Sonnino,
Roma, 19 aprile 1916; Imperiali a Sonnino, Londra, 24 maggio 1917; Sonnino a Sforza, Roma,
23 giugno 1917, in DDI, Serie V, vol. V, DD. 586 e 719; vol. VIII, DD. 77 e 435.
Mussolini, la questione adriatica e il fallimento dell'interventismo democratico 21
del sud dal dominio austro-ungarico, sia per contrastare le aspirazioni italiane
in Adriatico(64).
La crisi, risoltasi in parte nel corso del 1916 con la fuoriuscita di Supilo
dal Comitato jugoslavo(65), venne superata l’anno successivo con l’accordo rag-
giunto il 20 luglio a Corfù tra Trumbic, ormai unico leader degli esuli jugos-
lavi, e Pašic. La decisione di avviare dei negoziati con i rappresentanti del
Comitato di Londra fu presa dai dirigenti serbi dopo il crollo, nel marzo 1917,
del regime zarista, principale sostenitore della causa serba(66); crollo che
indusse il governo serbo, già in grande difficoltà per la disfatta subita nell’inverno
‘15-’16 ad opera degli eserciti tedesco, austro-ungarico e bulgaro(67), ad andare
incontro alle richieste degli esuli croati e sloveni di avere un peso paritario
nelle decisioni relative al futuro assetto dei territori slavi del sud. Il timore
serbo, alimentato dalle voci di contatti tra il governo di Vienna e quelli di
Londra e Parigi per una pace separata(68), era quello di una improvvisa ces-
(64) Supilo al Comitato jugoslavo, Parigi, 5 giugno 1916; Supilo a De Giulli, Parigi, 29 giu-
gno 1916, in F. SUPILO, Clanci, govori, pisma, memorandumi, cit., pp. 492-509. Anche: Seton
Watson a May Seton Watson, Parigi, 12 marzo 1916; Appunti di Seton Watson sui colloqui tra
Trumbic e Supilo, Parigi, 14-15 marzo 1916, in R. W. Seton-Watson and the Yugoslavs, cit., DD.
169 e 170. Inoltre: D. ŠEPIc, Supilo diplomat, cit., pp. 147-155, e pp. 159-164; ID., Italija, savez-
nici i jugoslavensko pitanje, cit., pp. 154-157; I. BANAC, The National Question, cit., pp. 120-
121; H. e C. SETON-WATSON, The Making of a New Europe, cit., pp. 139-140, e pp. 155-157;
J. ADLER, L’union forcée, cit., pp. 95-97.
(65) D. ŠEPIc, Supilo diplomat, cit., pp. 183-192; ID., Italija, saveznici i jugoslavensko pitanje,
cit., pp. 169-171; I. BANAC, The National Question, cit., p. 120;
(66) D. ŠEPIc, Italija, saveznici i jugoslavensko pitanje, cit., pp. 189-191; M. B. PETROVICH,
Russia’s Role in the Creation of the Yugoslav State, 1914-1918, in The Creation of Yugoslavia,
cit., pp. 79-84.
(67) Squitti a Sonnino, Kraljevo, 30 ottobre e 2 novembre 1915; Scutari, 7 novembre e 16
dicembre 1915, in DDI, Serie V, vol. V, DD. 32, 43, 73 e 203. Sul lungo esodo che portò il
governo e l’esercito serbi da Niš sull’isola greca di Corfù attraverso le montagne del Kosovo,
del Montenegro e dell’Albania, si vedano le memorie del ministro plenipotenziario francese presso
il governo serbo: A. BOPPE, A la suite du gouvernement serbe. De Nich a Corfou (20 Octobre
1915 – 19 Janvier 1916), Parigi, Éditions Bossard, 1917, pp. 9 ss. Inoltre: D. ŠEPIc, Italija, savez-
nici i jugoslavensko pitanje, cit., pp. 147-151; A. MITROVIC, Srbija u prvom svetskom ratu,
Belgrado, Srpska knjizevna zadruga, 1984, pp. 200 ss.
(68) S. DE BOURBON, L’offre de paix séparée de l’Autriche (5 Décembre 1916 – 12 Octobre
1917), Parigi, Librairie Plon, 1920, pp. 35-68; R. POINCARÉ, Au service de la France, vol. IX,
L’année trouble 1917, Parigi, Librairie Plon, 1932, pp. 91-124; S. SONNINO, Diario 1916-1922,
a cura di P. PASTORELLI, Bari, Laterza, 1972, pp. 160-162; L. VALIANI, La dissoluzione dell’Austria-
Ungheria, cit., pp. 269-291, e pp. 451-457; D. ŠEPIc, Italija, saveznici i jugoslavensko pitanje,
cit., pp. 191-193;
22 Massimo Bucarelli
sazione delle ostilità contro l’Austria-Ungheria, che avrebbe colto la classe diri-
gente serba del tutto impreparata, senza essere riuscita a effettuare alcuna con-
quista territoriale e senza poter più contare sull’appoggio della Russia per la
realizzazione delle proprie aspirazioni. Era necessario, quindi, anche in virtù
delle pressioni esercitate dai sostenitori britannici degli esuli jugoslavi(69), rag-
giungere un compromesso con il Comitato di Londra, per potersi presentare
di fronte all’opinione pubblica internazionale, ma soprattutto di fronte ai
governi dell’Intesa, con un accordo che sottolineasse la maturazione e la radi-
calità della questione jugoslava, e che consentisse al governo serbo di parlare
e agire in nome non solo delle popolazioni serbe, ma anche di quelle croate
e slovene dell’Austria-Ungheria, sia nel caso di possibili negoziati di pace, sia
nel caso di una prosecuzione del conflitto. Nell’estate del 1917, senza vittorie
sul campo e senza il sostegno della Russia zarista, l’unione di tutti i Serbi poteva
essere realizzata solo all’interno di uno Stato jugoslavo e non grande serbo,
con il consenso dei Croati e degli Sloveni e con l’appoggio dei loro sosteni-
tori inglesi(70).
Per i membri del Comitato di Londra, l’intesa con il governo serbo era
altrettanto importante e necessaria. Importante per la rilevanza internazionale
che, grazie all’accordo, veniva ad assumere la questione jugoslava e per il
chiaro riconoscimento da parte serba che il ruolo del Comitato era ben diverso
da quello marginale di mero strumento della propaganda serba, a cui Pašic
aveva tentato di relegarlo(71). Ma soprattutto necessaria per contrastare gli effetti
e il clamore suscitati dalla posizione filoasburgica assunta dai rappresentanti
dei partiti jugoslavi al Reichsrat di Vienna, che con la dichiarazione del 30 mag-
gio 1917, letta dal capo del partito popolare sloveno, monsignor Antun
Korošec, a nome della «Unione parlamentare jugoslava» (Jugoslovenski Klub),
avevano chiesto l’unione di tutti gli Sloveni, i Croati e i Serbi della Monarchia
in uno «Stato indipendente e democratico [...] sotto lo scettro della dinastia
(69) Seton Watson al principe reggente Alessandro, Londra, 15 settembre 1915; «British Friends
of Serbia» al principe reggente Alessandro, Londra, 30 marzo 1916, in R. W. Seton-Watson and
the Yugoslavs, cit., DD. 151 e 173. Anche: J. ADLER, L’union forcée, cit., p. 106.
(70) Sui motivi che spinsero Pašic e il governo serbo ad avviare dei negoziati con i mem-
bri del Comitato jugoslavo, si vedano: L. VALIANI, La dissoluzione dell’Austria-Ungheria, cit.,
pp. 310-311; D. ŠEPIc, Italija, saveznici i jugoslavensko pitanje, cit., pp. 196-197; A. N. DRAGNICH,
Serbia, cit., p. 116; D. STANKOVIC, Nikola Pašic, cit., vol. I, pp. 181-185; J. ADLER, L’union for-
cée, cit., pp. 104-106;
(71) D. STANKOVIC, Nikola Pašic, cit., vol. II, p. 181; J. ADLER, L’union forcée, cit., pp. 103-
107.
Mussolini, la questione adriatica e il fallimento dell'interventismo democratico 23
ITALIANO (abbrev. ASMAE), Carte Sforza, busta 1, fascicolo 7. Nello stesso senso, anche: Sforza
a Sonnino, Corfù, 16 e 25 agosto, 1917, in DDI, Serie V, vol. VIII, DD. 869 e 964.
(76) I. J. LEDERER, Yugoslavia at the Paris Peace Conference, cit., pp. 33-35; L. VALIANI, La
dissoluzione dell’Austria-Ungheria, cit., p. 311; D. ŠEPIc, Italija, saveznici i jugoslavensko pitanje,
cit., pp. 212-213; A. N. DRAGNICH, The Serbian Government, cit., pp. 42-43; I. BANAC, The National
Question, cit., pp. 123-125; D. STANKOVIC, Nikola Pašic, cit., vol. II, pp. 181-183; J. ADLER,
L’union forcée, cit., pp. 103-104.
(77) B. MUSSOLINI, Il patto di Corfù, in «Il Popolo d’Italia», 7 agosto 1917, poi in Opera
omnia di Benito Mussolini, cit., vol. IX, pp. 104-109. La «voluta esclusione» dell’Italia tra i Paesi
«campioni della democrazia e della libertà dei popoli» venne sottolineata anche da Sforza in
un colloquio con Momcilo Nincic, ministro degli Affari Esteri ad interim del governo serbo in
esilio: Sforza a Sonnino, Corfù, 24 luglio 1914, in DDI, Serie V, vol. VIII, D. 720. Sulle rea-
zioni dell’opinione pubblica italiana al patto di Corfù, si veda: R. VIVARELLI, Storia delle origini
del fascismo, cit., pp. 190-195.
Mussolini, la questione adriatica e il fallimento dell'interventismo democratico 25
Per Mussolini, quanto era accaduto a Corfù aveva una grande importanza,
perché non si era di fronte soltanto a una tendenza o a una volontà, ma si
trattava ormai di un dato concreto:
Ancora una volta, l’ex leader socialista precisò di non essere preoccupato
per l’eventuale creazione di una «nuova potenza politica slava», alla cui affer-
mazione anzi guardava «con simpatia». Tuttavia, erano le rivendicazioni terri-
toriali del futuro Regno e l’adesione ufficiale al programma imperialistico degli
esuli jugoslavi da parte del governo serbo a provocare la sua «inquietudine»,
perché rendevano assai difficile «una cordiale e profonda amicizia fra Italiani
e Jugoslavi»:
Anche Torre era preoccupato soprattutto per il grande aiuto, che il movi-
mento jugoslavo riceveva «da eminenti pubblicisti professori e studiosi
d’Inghilterra e di Francia»; per questo auspicava una reazione da parte dell’Italia
nei confronti della propaganda jugoslavofila condotta in quegli ambienti(82):
(80) ANDREA TORRE, L’Italia e il programma jugoslavo, in «Corriere della Sera», 27 maggio
1916. L’articolo di Torre diede luogo a una polemica, pur amichevole e «cortese», con Wickham
Steed; si vedano: A. TAMBORRA, L’idea di nazionalità, cit., pp. 258-259; G. D’ANIELLO, Andrea
Torre, protagonista del patto di Roma dell’aprile 1918, in Relazioni internazionali. Scritti in onore
di Giuseppe Vedovato, Firenze-Roma, Biblioteca della «Rivista di Studi Politici Internazionali»,
1997, estratto, pp. 2-9.
(81) A. TORRE, L’Italia e il programma jugoslavo, cit.
(82) Ibidem
Mussolini, la questione adriatica e il fallimento dell'interventismo democratico 27
Pochi mesi dopo, nel febbraio 1917, Salvemini declinò l’invito a collabo-
rare alla rivista «The New Europe», rivoltogli da Seton-Watson(85). Lo sto-
rico di Molfetta sottolineò nuovamente la completa assenza all’interno del
movimento jugoslavo, sia di voci critiche nei confronti dei nazionalisti slavi,
sia di chiare e nette prese di posizione a favore di un compromesso adriatico,
in cui alla rinuncia italiana alla Dalmazia corrispondesse quella slava a Gorizia,
a Trieste e all’Istria occidentale. «Questa assenza di coraggio civile da parte
dei pubblicisti slavi e in generale di tutta la stampa slavofila» rendeva infini-
tamente difficile l’azione di quanti in Italia combattevano apertamente ogni
estremismo, dichiaravano inique e pericolose le pretese italiane su Spalato, su
Sebenico e su tutte le isole dalmatiche, e insistevano sulla necessità di un’in-
tesa italo-slava(86).
Salvemini si lamentò anche per l’atteggiamento assunto dai pubblicisti fran-
cesi e inglesi, il cui modo di affrontare il problema dei rapporti italo-slavi deno-
tava uno spirito partigiano del tutto favorevole alla causa jugoslava:
Combattono – e con ragione - sottolineava lo storico italiano(87) – le
pretese degli imperialisti italiani, ma mai muovono obiezioni nette contro le
pretese slave, anche su Trieste o l’Istria; è una specie di tacito consenso alle
follie dell’imperialismo slavo, che sminuisce particolarmente l’autorità e la
moralità dei rimproveri rivolti all’imperialismo italiano.
Gli interventisti democratici, tra la fine del 1915 e la prima metà del 1917,
si trovarono in una posizione di grande difficoltà, una sorta di «cul di sacco»,
come osservò lo stesso Salvemini(89). Mentre in Italia cercavano con scarso
successo di orientare l’opinione pubblica in senso favorevole al compromesso
con gli Slavi del sud, impegnandosi a fondo nel controbattere le tesi della «pro-
paganda slavofoba e dalmatone» dei nazionalisti(90), all’estero non riuscivano
a trovare referenti autorevoli e rappresentativi con cui poter dialogare e col-
laborare, né all’interno del movimento jugoslavo(91), né in quegli ambienti intel-
lettuali francesi e inglesi, che, amici degli Jugoslavi, ma soprattutto alleati degli
Italiani, avrebbero potuto sicuramente contribuire al chiarimento e all’avvici-
namento tra i moderati dei due schieramenti.«Se per fare la guerra è suffi-
tropropaganda da parte italiana; si veda: Salviamo l’Istria, in «L’Unita», 19 luglio 1917, poi in
G. SALVEMINI, Dal patto di Londra alla pace di Roma, cit., pp. 51-61 (successivamente in Opere
di Gaetano Salvemini, III, Scritti di politica estera, vol. II, cit., pp. 85-91).
(88) Salvemini a Seton-Watson, Firenze, 10 febbraio 1917, cit.
(89) Salvemini a Zanotti-Bianco, Firenze, 7 aprile 1916, in G. SALVEMINI, Carteggio 1914-
1920, cit., D. 259. Sulla crisi dell’interventismo democratico, si vedano: G. SALVEMINI, La diplo-
mazia italiana nella grande guerra, in ID., Dal patto di Londra alla pace di Roma, cit., pp.
LXVIII-LXIX (poi in Opere di Gaetano Salvemini, III, Scritti di politica estera, vol. II, cit., pp.
726-760); R. COLAPIETRA, Leonida Bissolati, cit., pp. 240-249; R. DE FELICE, Mussolini il rivo-
luzionario, cit., pp. 331 ss.; R. VIVARELLI, Storia delle origini del fascismo, cit., pp. 147-153.
(90) G. SALVEMINI, La diplomazia italiana nella grande guerra, cit., p. LXIX.
(91) Salvemini ad Arcangelo Ghisleri, Firenze, 13 dicembre 1917, in G. SALVEMINI, Carteggio
1914-1920, cit., D. 344.
30 Massimo Bucarelli
(96) R. COLAPIETRA, Leonida Bissolati, cit., pp. 236 ss.; L. VALIANI, La dissoluzione dell’Austria-
Ungheria, cit., pp. 265 ss.; R. DE FELICE, Mussolini il rivoluzionario, cit., pp. 332-335; R.
VIVARELLI, Storia delle origini del fascismo, cit., pp. 146-147.
(97) E. TAGLIACOZZO, Gaetano Salvemini, cit., pp. 182 ss.
(98) L. BISSOLATI, Commemorazione di Cesare Battisti, Cremona, 29 ottobre 1916, in La poli-
tica estera italiana dal 1897 al 1920, cit., pp. 358-372; G. SALVEMINI, La diplomazia italiana nella
grande guerra, cit., pp. XIX-XXXI.
(99) Salvemini a Rota, Parigi, 5 settembre 1921, in G. SALVEMINI, Carteggio 1921-1926, a
cura di E. Tagliacozzo, Bari, Laterza, 1985, D. 22.
32 Massimo Bucarelli
definì Mussolini «uno degli infiniti arrivisti della nostra democrazia100), ave-
vano dato del suo repentino passaggio dalla formula della neutralità assoluta,
che avrebbe finito per metterlo in un vicolo cieco, all’interventismo(101). Fu
del resto lo stesso Mussolini a indicare nella mobilità delle idee, delle con-
vinzioni e delle opinioni, la sua «metodologia politica»(102). Spinto dal pro-
posito di non essere mai superato dagli avvenimenti, ben attento a non rima-
nere legato alla fazione perdente e intento soltanto a restare sulla cresta
dell’onda, Mussolini – come è stato osservato(103) – mirava solo a servirsi del
proprio fiuto politico «per secondare gli umori del pubblico» e «stabilire con
esso un rapporto di simpatia», fomentandone gli animi o esasperandone i
risentimenti, sino a raggiungere la popolarità, «grazie alla quale aprirsi in un
secondo tempo la strada per il potere».
È in questo contesto che maturarono le concessioni fatte negli scritti del
1916-1917 ad alcune tesi dei nazionalisti in merito alla questione adriatica. Non
per convinzioni politiche e ideologiche, ma per opportunismo alla luce della
sensibilità mostrata dall’opinione pubblica italiana sui temi adriatici e balca-
nici e, soprattutto, alla luce delle difficoltà incontrate dall’interventismo demo-
cratico. Il politico romagnolo era evidentemente timoroso di essere scavalcato
dalla campagna nazionalista e di apparire, come si incominciava a dire, «un
rinunciatario»(104). Mussolini, pur continuando a presentarsi come «mediatore»
tra gli estremisti slavi e quelli italiani(105) e pur ribadendo la propria simpa-
tia nei confronti della causa jugoslava, nel rivendicare buona parte della
Dalmazia si era nei fatti avvicinato alle posizioni dei nazionalisti, perché,
rispetto ai democratici, sembravano avere maggiore presa tra l’opinione pub-
blica italiana(106).
(100) Giovanni Malvezzi a Salvemini, s. l., 23 e 26 ottobre 1914; Ugo Guido Mondolfo a
Salvemini, Milano, 10 novembre 1914; Giustino Fortunato a Salvemini, Rionero, 13 novembre
1914, in G. SALVEMINI, Carteggio 1914-1920, cit., DD. 62, 65, 77 e 84.
(101) Su questo, si vedano le considerazioni in R. VIVARELLI, Storia delle origini del fasci-
smo, cit., pp. 264-265.
(102) B. MUSSOLINI, Divagazione, in «Il popolo d’Italia», 11 agosto 1918, poi in Opera omnia
di Benito Mussolini, cit., vol. XI, pp. 270-272.
(103) R. VIVARELLI, Storia delle origini del fascismo, cit., pp. 299-301.
(104) R. DE FELICE, Mussolini il rivoluzionario, cit., pp. 344-345.
(105) Ib.
(106) Si vedano in proposito le considerazioni di Luigi Albertini in: L. ALBERTINI, Venti anni,
cit., Parte II, vol. III, pp. 369-370.
Mussolini, la questione adriatica e il fallimento dell'interventismo democratico 33
(107) Sull’azione del gruppo del «Corriere della Sera» per lo smembramento dell’Impero
asburgico e per l’attuazione della politica delle nazionalità, si vedano: L. ALBERTINI, Venti anni,
cit., Parte II, vol. II, pp. 526 ss.; vol. III, pp. 233 ss.; A. TAMBORRA, L’idea di nazionalità, cit.,
pp. 227 ss.; L. VALIANI, La dissoluzione dell’Austria-Ungheria, cit., pp. 372 ss.; O. BARIÉ, L.
Albertini, cit., pp. 340 ss.; L. MONZALI, Albertini, la guerra mondiale e la crisi del dopoguerra,
in L. ALBERTINI, I giorni di un liberale. Diari 1917-1925, Bologna, Il Mulino, 2000, pp. 155 ss.
(108) L. BISSOLATI, Commemorazione di Cesare Battisti, cit., pp. 370-371; R. COLAPIETRA,
Leonida Bissolati, cit., pp. 234-236; E. TAGLIACOZZO, Gaetano Salvemini, cit., pp. 180-182.
(109) L. ALBERTINI, Venti anni, cit., Parte II, vol. II, pp. 533-534.
34 Massimo Bucarelli
(110) I primi contatti ufficiosi avvennero a Londra nel dicembre 1917, tra l’addetto mili-
tare italiano, il colonnello Mola, e Trumbic, alla presenza di Steed, Seton-Watson e Guglielmo
Emanuel, inviato del «Corriere della Sera»; seguì, poi, un incontro del presidente del Consiglio
italiano, Vittorio Emanuele Orlando, in visita a Londra nel gennaio 1918, con il presidente del
Comitato jugoslavo; infine, nel marzo dello stesso anno si svolsero le conversazioni Torre-
Trumbic, che portarono all’intesa di massima tra il parlamentare italiano e il leader del movi-
mento jugoslavo. Su tutto questo, si vedano: Emanuel a Luigi Albertini, Londra, 21 e 27 gen-
naio, e 7 marzo 1918, in L. ALBERTINI, Epistolario, cit., vol. II, DD. 790, 794 e 811; H. W.
STEED, Through Thirty Years, cit., pp.478-491; S. CRESPI, Alla difesa dell’Italia in guerra e a
Versailles, Milano, Mondadori, 1937, pp. 40-41; L. ALBERTINI, Venti anni, cit., Parte II, vol. III,
pp. 253-269; O. MALAGODI, Conversazioni della guerra (1914-1918), a cura di B. Vigezzi, Milano
– Napoli, Ricciardi, 1960, vol. II, pp. 274-275; A. TAMBORRA, L’idea di nazionalità, cit., pp. 267-
276; L. VALIANI, La dissoluzione dell’Austria-Ungheria, cit., pp. 380-393; H. e C. SETON-WATSON,
The Making of a New Europe, cit., pp. 239-251; G. D’ANIELLO, Andrea Torre, protagonista del
patto di Roma, cit., pp. 10-15.
Mussolini, la questione adriatica e il fallimento dell'interventismo democratico 35
(114) L. BISSOLATI, L’Italia e gli Stati balcanici, cit., p. 332 Si veda anche: R. COLAPIETRA,
Leonida Bissolati, cit., pp. 215-216.
(115) B. MUSSOLINI, Durante il convegno. Battuta polemica, cit.
(116) ID., L’adunata di Roma, cit.
(117) ID., I popoli contro l’Austria-Ungheria, cit.
(118) ID., L’adunata di Roma, cit.
Mussolini, la questione adriatica e il fallimento dell'interventismo democratico 37
(119) In realtà, come è noto, il patto di Londra assegnava all’Italia un tratto di costa che
andava da Zara a Capo Planka, poco più a nord di Trogir, esclusa dalle rivendicazioni italiane.
Si tratta, quindi, di un’approssimazione per eccesso da parte di Mussolini.
(120) ID., I popoli contro l’Austria-Ungheria, cit.; nello stesso senso anche: ID., Al cittadino Moutet,
e, Postille ai discorsi. Dov’è l’imperialismo, in «Il popolo d’Italia», 30 dicembre 1917 e 15 febbraio
1918, poi in Opera omnia di Benito Mussolini, cit., vol. X, pp. 179-181, e pp. 327-329.
(121) ID., Discussioni, cit.
(122) Salvemini a Prezzolini, s.l. febbraio 1918, in G. SALVEMINI, Carteggio 1914-1920, cit.,
D. 354; G. SALVEMINI, Austria e Dalmazia, e, Il fronte unico morale, in «L’Unita», 17 gennaio
e 9 febbraio 1918, poi in ID., Dal patto di Londra alla pace di Roma, cit., pp. 109-114, e pp.
131-139 (successivamente anche in Opere di Gaetano Salvemini, III, Scritti di politica estera, vol.
II, cit., pp. 147-150, e pp. 166-168).
38 Massimo Bucarelli
(123) Come è noto, in Russia alla fine del novembre 1917 i bolscevichi pubblicarono i testi
degli accordi segreti conclusi tra i paesi dell’Intesa, tra cui anche quello del patto di Londra.
La stampa inglese (per prima, nel gennaio 1918, la rivista di Steed e Seton-Watson) e quella
statunitense ripresero e diffusero immediatamente le rivelazioni dei bolscevichi, rendendole
note all’opinione pubblica occidentale. In Italia, fu l’on. Giuseppe Bevione, nella seduta par-
lamentare del 12 febbraio 1918, a far conoscere il contenuto del patto di Londra anche a chi
non l’aveva appreso dalla stampa straniera. Si vedano: Catalani a Sonnino, Pietrogrado, 28 novem-
bre 1917, in DDI, Serie, V, vol. IX, D. 577; M. TOSCANO, Storia dei trattati e politica interna-
zionale, Torino, Giappichelli, 1963 (2a ed. interamente rifatta), pp. 135 ss.; L. VALIANI, La dis-
soluzione dell’Austria-Ungheria, cit., p. 436; R. VIVARELLI, Storia delle origini del fascismo, cit.,
p. 198.
(124) B. MUSSOLINI, Discussioni, cit.
(125) Sulla polemica contro la politica di Sonnino condotta nell’estate del 1918 dal «Corriere
della Sera» e da «Il popolo d’Italia», insieme ad altri organi dell’interventismo liberale e demo-
cratico, si vedano: Amendola a Luigi Albertini, Roma, 24 e 27 agosto 1918, in L. ALBERTINI,
Epistolario, cit., vol. II, DD. 868 e 869; Bergamini a Sonnino, Roma, 19 agosto 1918; Sonnino
a Bergamini, Roma, 26 agosto, 1918, in S. SONNINO, Carteggio 1916-1922, a cura di P. PASTORELLI,
Bari, Laterza, 1975, DD. 326 e 330. Inoltre: L. ALBERTINI, Venti anni, cit., Parte II, vol. III, pp.
355 ss.; R. COLAPIETRA, Leonida Bissolati, cit., pp. 259-261; O. MALAGODI, Conversazioni della
guerra, cit., vol. II, pp. 374-380; O. BARIÉ, L. Albertini, cit., pp. 361-365; R. VIVARELLI, Storia
delle origini del fascismo, cit., pp. 224-232.
(126) B. MUSSOLINI, Nella pausa fra le battaglie. Discussioni attorno alla nostra politica estera.
Dati e fatti, e, La contraddizione, in «Il popolo d’Italia», in «Il popolo d’Italia», 21 e 23 ago-
sto 1918; nello stesso senso anche i precedenti articoli: Un documento, e, Politica estera. O con
Mussolini, la questione adriatica e il fallimento dell'interventismo democratico 39
Metternich o con Mazzini; ivi, 13 e 17 agosto 1918; successivamente tutti ripubblicati in Opera
omnia di Benito Mussolini, cit., vol. XI, pp. 273-276, pp. 279-282, pp. 291-296 e pp. 298-302.
Sulla partecipazione di Mussolini alla campagna contro il responsabile della Consulta, si veda:
R. DE FELICE, Mussolini il rivoluzionario, cit., pp. 401-402.
(127) Ibidem
(128) ID., In margine alla polemica; in «Il popolo d’Italia», 28 agosto, poi in Opera omnia
di Benito Mussolini, cit., vol. XI, pp. 312-315.
(129) Sulle rivendicazioni dei fuoriusciti jugoslavi e sulla posizione personale di Trumbic,
che tra le altre cose propose di fare di Trieste una città libera, si veda il colloquio del settem-
bre 1918 tra il presidente del Comitato jugoslavo e il ministro plenipotenziario italiano a Berna,
Paulucci de’ Calboli: Paulucci a Sonnino, Berna, 21 settembre 1918, in DDI, Serie VII, vol. XI,
D. 556.
(130) B. MUSSOLINI, In margine alla polemica, cit.
(131) ID., Politica estera. Opinioni inglesi, in «Il popolo d’Italia», 2 settembre 1918, poi in
Opera omnia di Benito Mussolini, cit., vol. XI, pp. 325-327.
40 Massimo Bucarelli
per quella di tutti i popoli, che sono come noi minacciati, e combattiamo quindi
anche per la libertà del popolo jugoslavo, ma sarebbe enorme fantastico
assurdo criminoso, che quattro anni di guerra, centinaia di migliaia di morti
e di stroncati, dovessero condurre al risultato di vedere i dodicimila croati –
importati – di Fiume, fare altrettanto coi ventiseimila italiani indigeni; e con
questo sistema vedere annientata per sempre l’italianità del mare dalmatico.
dere la buona strada. Nella nota [...] è consacrata la politica delle naziona-
lità oppresse dallo stato austro-magiaro. [...] Noi non possiamo che pren-
dere atto, con plauso vivissimo. La nota è chiara, inequivocabile. Vi si parla
di popoli jugoslavi, il che significa serbi, croati, sloveni; vi si accetta e pro-
clama il principio della loro indipendenza, il che significa il riconoscimento
virtuale della Jugoslavia che quegli stessi popoli deve comprendere in un unico
stato indipendente; è insomma l’adesione al programma massimo che noi e
con noi tutti gli interventisti sinceri e conseguenti hanno propugnato da quat-
tro anni: il programma della dissoluzione dell’impero danubiano.
5. La fine della guerra e la nascita del Regno dei Serbi, Croati e Sloveni:
lo scoppio definitivo della polemica italo-jugoslava
Alla fine della guerra, le truppe italiane, in virtù delle clausole dell’armi-
stizio con l’Impero asburgico firmato il 3 novembre 1918, occuparono i ter-
ritori adriatici assegnati all’Italia dal patto di Londra(137). I militari italiani entra-
rono anche nella città di Fiume - non compresa nell’accordo del 1915 - insieme
a un ridotto contingente americano, seguiti poi da un battaglione inglese e da
uno francese(138). L’operazione doveva avere il carattere di un’iniziativa inte-
ralleata, attuata sotto l’egida italiana e giustificata dalla possibilità, prevista dal-
l’armistizio stesso, di occupare quei punti strategici ritenuti necessari per il man-
tenimento dell’ordine pubblico; esigenza che il governo italiano avvertì di
fronte all’acuirsi delle frizioni tra l’elemento italiano e quello croato per il con-
trollo di Fiume(139). Pochi giorni prima dell’armistizio di Villa Giusti, il 29
ottobre 1918, il Sabor (la Dieta croata) aveva dichiarato l’indipendenza di
Fiume dall’Ungheria e la sua unione al resto della Croazia, ponendo la città
(140) Il «puro partito dei diritto» (Cista stranka prava) era sorto nel 1895 in seguito a una
scissione operata da Josip Frank (padre di Ivo Frank, leader del partito nella prima metà del
XX secolo) all’interno del partito del diritto (Stranka prava), fondato da Ante Starcevic in difesa
dei «diritti storici della nazione croata» e in opposizione alla politica ungherese, che, con il
«compromesso» (Nagodba) ungaro-croato del 1868, aveva sottratto alla Croazia gran parte delle
prerogative autonomiste, trasferendo all’Ungheria la direzione dei suoi affari finanziari, com-
merciali, agricoli, industriali, delle sue comunicazioni ferroviarie e marittime, e la nomina del
capo dell’esecutivo croato. La divisione all’interno del partito fu causata dalle differenti posi-
zioni in merito alla eventuale collaborazione con i partiti serbi; collaborazione fortemente osteg-
giata da Frank e dai suoi sostenitori (frankovci), animati da un profondo sentimento antiserbo.
Su tutto questo, si vedano: L. VALIANI, La dissoluzione dell’Austria-Ungheria, cit., p. 58 e pp.
82-83; M. GROSS, Povijest pravaske ideologije, Zagabria, Institut za hrvatsku povijest, 1973, pp.
45 ss., e pp. 138-161; I. BANAC, The National Question in Yugoslavia, cit., pp. 85-96; B. KRIZMAN,
Hrvatska u prvom svjetskom ratu. Hrvatsko-srpski odnosi, Zagabria, Globus, 1989, pp. 19-24 e
pp. 71-82; J. ADLER, L’union forcée, cit., p. 61, pp. 73-74 e pp. 236-256.
(141) Osnutak «Narodnog Vijeca», Zagabria, 6 ottobre 1918; Sastav i pravilnik Narodnoga
Vijeca Slovenaca, Hrvata i Srba, Zagabria, 6-8 ottobre 1918, in DPK-SHS, DD. 102 e 104. Inoltre:
B. KRIZMAN, Hrvatska u prvom svjetskom ratu, cit., pp. 221-231; J. ADLER, L’union forcée, cit.,
pp. 236-242.
(142) Si veda il verbale della riunione del Comitato croato di Fiume-Susak del 30 ottobre
1918: Rijeka u vlasti Narodnoga Vijeca, in DPK-SHS, D. 126. Inoltre: B. KRIZMAN, Hravatska
u prvom svjetskom ratu, cit., pp. 231-237; M. G. MELCHIONNI, La vittoria mutilata, cit., pp. 95-
106; L. E. LONGO, L’esercito italiano e la questione fiumana cit., pp. 22-27.
(143) Il testo del proclama è in F. GERRA, L’impresa di Fiume, Milano, Longanesi, 1974, vol.
I, p. 20. Si vedano anche i successivi appelli e richieste di intervento della comunità italiana di
Fiume: Revel a Orlando, Venezia, 2 novembre 1918; Gino Antoni, delegato della città di Fiume
presso il governo italiano, a Rainer, Fiume, 9 novembre 1918, in Le occupazioni adriatiche, cit.,
p. 87 e p. 93. Inoltre: A. ERCOLANI, Da Fiume a Rijeka. Profilo storico-politico dal 1918 al 1947,
Soveria Mannelli, Rubbettino, 2009, pp. 78-81.
44 Massimo Bucarelli
(144) Rainer a Marzolo, nave E. Filiberto, 5 novembre 1918; Rainer a Revel, nave E. Filiberto,
14 novembre 1918; Grossi a Revel, Roma, 15 novembre 1918, con cui si ritrasmetteva un dis-
paccio di Orlando a Diaz; Diaz a Revel, Roma, 15 novembre 1918; Sechi a Revel, Roma, 15 novem-
bre 1918; Cagni a Revel, Pola 16 novembre 1916; Revel a Rainer, Venezia, 16 novembre 1916;
Sechi a Revel, Roma, 16 novembre 1916, in Le occupazioni adriatiche, pp. 90-92 e pp. 95-98; Orlando
a Bonin Longare, Roma, 13 novembre 1918; Orlando a Sonnino, Roma, 13 novembre 1918;
Sonnino a Orlando, Parigi, 16 novembre 1918, in DDI, Serie VI, vol. I, DD. 134, 170 e 183. Si
vedano anche: I. J. LEDERER, Yugoslavia at the Paris Peace Conference, cit., pp. 74-75; D. ŠEPIc,
Italija, saveznici i jugoslavensko pitanje, cit., pp. 393-398; M. G. MELCHIONNI, La vittoria mutilata,
cit., pp. 95-106; L. E. LONGO, L’esercito italiano e la questione fiumana, cit., pp. 18-46.
(145) Vojni izvjestaj Narodnog Vijeca, Zagabria 31 ottobre 1918; Nota drzave Slovenaca, Hrvata
e Srba Ententi, Zagabria, 31 ottobre 1918, in DPK-SHS, DD. 128-129; Verbale della Conferenza
interalleata, Parigi, 1° novembre 1918, in DDI, Serie V, vol. XI, D. 795.; Revel a Sonnino e a
Del Bono, Venezia, 1° novembre 1918, in Le occupazioni adriatiche, cit., pp. 142-143.
(146) L’incaricato d’affari svizzero, Oederlin, a Wilson, Washington, 6 ottobre 1918; Il mini-
stro plenipotenziario svedese, Ekengrem, a Lansing, Washington, 7 ottobre 1918, in Papers
Relating to the Foreign Relations of The Unites States, 1918, US Government Printing Office,
Washington, 1933. Supplement I, vol. I, pp. 337-341. La nota tedesca venne inviata in Svizzera
il 4 ottobre e presentata dal governo svizzero al presidente degli Stati Uniti il 6 ottobre; men-
tre quella austro-ungarica, inviata in Svezia anch’essa il 4 ottobre, fu inoltrata il 7 ottobre; si
veda: A History of the Peace Conference of Paris, a cura di H. W. V. TEMPERLEY, Londra, Henry
Prowde e Hodder & Stoughton, 1920-1921, vol. I, pp. 448-449, e vol. IV, p. 95.
(147) B. KRIZMAN, Hrvatska u prvom svjetskom ratu, cit., p. 311.
(148) Predaja bivše c. i kr. mornarice Narodnom Vijecu SHS, Zagabria, 2 novembre 1918,
in DPK-SHS, D. 134.
(149) Revel a Orlando, Venezia, 1° novembre 1918, in Le occupazioni adriatiche, cit., p. 392;
L. ALDROVANDI MARESCOTTI, Guerra diplomatica, cit., p. 201;
Mussolini, la questione adriatica e il fallimento dell'interventismo democratico 45
(150) Verbale del Consiglio supremo di guerra, ottava sessione – seconda seduta, Versailles, 1°
novembre 1918, in DDI, Serie V, vol. XI, D. 797; Sonnino a Orlando, Roma, 8 novembre 1918,
in DDI, Serie VI, vol. I, D. 51; L. ALDROVANDI MARESCOTTI, Guerra diplomatica, cit., pp. 201-207;
(151) Verbale del Consiglio supremo di guerra, ottava sessione – seconda seduta, Versailles,
1° novembre 1918, cit.; Sonnino a Bonin Longare, Imperiali e Macchi di Cellere, Roma, 9 novem-
bre 1918, ivi, Serie VI, vol. I, D. 69; O. MALAGODI, Conversazioni della guerra, cit., vol. II, pp.
427-428;
(152) Verbale della Conferenza interalleata, Parigi, 2 novembre 1918, in DDI, Serie V, vol.
XI, D. 802; Revel a Ciano, Venezia, 2 novembre 1918; Revel a Cusani, Venezia, 4 novembre
1918, in Le occupazioni adriatiche, cit., pp. 145-146 e p. 399; L. ALDROVANDI MARESCOTTI,
Guerra diplomatica, cit., pp. 207-208;
(153) Sonnino a Orlando, Roma, 8 novembre 1918, cit.; Orlano a Sonnino, Villa Italia, 8
novembre 1918, ivi, D. 56;
(154) Verbale delle trattative fra il capitano di vascello Alessandro Ciano, delegato del coman-
dante in capo della flotta italiana, e i delegati del comando della flotta jugoslava, Pola, 3 novem-
46 Massimo Bucarelli
bre 1918; Cagni a Revel e Del Bono, Pola, 5 novembre 1918, in Le occupazioni adriatiche, cit.,
pp. 165-167 e pp. 146-147; Sonnino a Bonin Longare, Imperiali e Macchi di Cellere, Roma, 9
novembre 1918, cit.
(155) Protest Narodnoga Vijeca predsjedniku Wilsonu protiv talijanske okupacije, Zagabria,
4 novembre 1918; Protest dalmatinske vlade protiv talijanske okupacije Zadra, Zara, 4 novem-
bre 1918; Protest bosanske vlade protiv talijanske okupacije, Sarajevo, 5 novembre 1918; Protestna
nota Narodnoga Vijeca talijanskoj vladi, Zagabria, 8 novembre 1918, in DPK-SHS, DD. 139,
140, 142 e 146. Anche: Rapporto di Cagni sul colloquio con l’ammiraglio Metod Koch, Pola, 5
novembre 1918; Rapporto di Cagni sul colloquio con l’ammiraglio Metod Koch e il ministro Dragutin
Prica, Pola 6 novembre 1918, in Le occupazioni adriatiche, cit., pp. 167-172; Barone Russo a
Sonnino, Berna, 8 novembre 1918; Pignatti a Sonnino, Berna, 13 novembre 1918; Bonin Longare
a Sonnino, Parigi, 19 novembre 1918, in DDI, Serie VI, vol. I, DD. 64, 140 e 220
(156) Protestna nota Narodnoga Vijeca talijanskoj vladi, Zagabria, 8 novembre 1918, cit. Anche:
D. ZIVOJINOVIC, America, Italy and the Birth of Yugoslavia, cit., pp. 184 ss.
(157) Rapporto di Cagni sul colloquio con l’ammiraglio Metod Koch, Pola, 5 novembre 1918,
cit.
(158) Protestna nota Narodnoga Vijeca talijanskoj vladi, Zagabria, 8 novembre 1918, cit.;
Prosvjed Narodnoga Vijeca SHS protiv okupacije Rijeke, Zagabria, 18 novembre 1918, in DPK-
SHS, D. 162.
Mussolini, la questione adriatica e il fallimento dell'interventismo democratico 47
truppe italiane in Istria e Dalmazia era del tutto superflua e «atta a provocare
nella popolazione sensi di disgusto e di diffidenza»(159); le conseguenze sareb-
bero state solamente negative, perché «l’occupazione di una nazione e di un
paese amici» costituiva «un’azione diametralmente opposta all’idea di amici-
zia»(160). Gli Jugoslavi vedevano lesa la sovranità del loro Stato e «strozzata
nel suo nascere la libertà» del loro popolo(161):
Le forze italiane di terra e di mare - si affermava in una delle nume-
rose note di protesta del Narodno Vijece (162) – sembrano non tener conto
del nostro impegno [a fianco dell’Intesa]. Le loro iniziative, che travalicano
i grandi obiettivi per i quali ci siamo messi a disposizione, sembrano avere
in realtà ben altre finalità. Pensano di avere il diritto di occupare i nostri
porti e le nostre coste soltanto nel loro interesse, di prendere possesso delle
nostre navi da guerra, di allontanare i nostri ufficiali e i nostri marinai, di
sostituirli con gli ufficiali e con gli equipaggi italiani, di impossessarsi del
materiale preso in consegna e custodito nei nostri depositati militari. Le
zone occupate sono tenute sotto il più stretto controllo militare, amministrativo
e politico da parte delle truppe italiane, e le popolazioni dei nostri villaggi
si rivolgono continuamente al Consiglio nazionale di Zagabria per lamentarsi
delle persecuzioni inflitte dagli italiani.
(159) Nota di protesta del Comitato locale del Consiglio nazionale jugoslavo, Sebenico, 7 novem-
bre 1918, in Le occupazioni adriatiche, cit., pp.215-216,
(160) Protestna nota Narodnoga Vijeca talijanskoj vladi, Zagabria, 8 novembre 1918, in
DPK-SHS, D. 146
(161) Nota di protesta del Comitato locale del Consiglio nazionale jugoslavo, Sebenico, 7 novem-
bre 1918, cit.
(162) Prosvjed Narodnoga Vijeca SHS protiv okupacije Rijeke, Zagabria, 18 novembre 1918,
cit.
(163) H. e C. SETON-WATSON, The Making of a New Europe, cit., p. 319.
(164) Manifest cara i kralja Carla, Vienna, 16 ottobre 1918, in DPK-SHS, D. 105. Inoltre:
A History of the Peace Conference of Paris, a cura di H. W. V. TEMPERLEY, cit., vol IV, pp. 101-
48 Massimo Bucarelli
assunto «la direzione della politica nazionale» delle regioni slave del sud, sia
austriache, che ungheresi, per realizzare l’unificazione nazionale degli Sloveni,
dei Croati e dei Serbi, su tutto il loro territorio «etnografico» in uno stato
pienamente sovrano(165). Contemporaneamente annunciò l’invio di una dele-
gazione in Svizzera per entrare in contatto con i rappresentanti del governo
serbo e del Comitato di Londra. Fu incaricato della missione il presidente del
Narodno Vijece, lo sloveno Antun Korošec, che, per assicurare l’equilibrio tra
i vari gruppi etnici, era stato affiancato nella direzione del Consiglio nazionale
da due vicepresidenti, uno serbo, Svetozar Pribicevic, leader dei democratici
indipendenti, il maggior partito della minoranza serba in Croazia, e uno croato,
Ante Pavelic, capo del partito croato del diritto(166).
Il 29 ottobre 1918, dopo l’adesione del governo di Vienna alla nota di
Wilson del 18 ottobre, con cui il presidente statunitense, in risposta alla richie-
sta austriaca di armistizio sulla base dei quattordici punti, aveva dichiarato di
non poter più accettare una «semplice autonomia» per le popolazioni cecos-
lovacche e jugoslave, uniche deputate a stabilire le forme e i modi per dare
soddisfazione alle loro aspirazioni(167), il Narodno Vijece di Zagabria, per
opera dei suoi due vicepresidenti, fece proclamare dall’Assemblea nazionale
croata la costituzione di uno Stato indipendente composto dalla Croazia, dalla
Slavonia, dalla Dalmazia e da Fiume. Il nuovo Stato – stabiliva la Dieta croata
sempre su proposta dei membri del Narodno Vijece – era parte integrante
insieme alla Slovenia e alla Bosnia del più ampio Stato «nazionale comune»
degli Sloveni, dei Croati e dei Serbi, una sorta di unione federale di tutti i
territori slavo meridionali dell’Impero austro-ungarico. L’obiettivo finale del
Narodno Vijece, riconosciuto tanto dalla Dieta croata, quanto dalle Assemblee
nazionali della Slovenia e della Bosnia, come «organo supremo» del potere
esecutivo del costituendo Stato sloveno-croato-serbo, era quello di dare vita
con la Serbia e il Montenegro a una grande federazione o confederazione jugos-
lava, in cui le differenze storiche, religiose e culturali fossero tutelate con lar-
102; A. J. MAY, The Passing of the Hapsburg Monarchy 1914-1918, Philadephia, University of
Pennsylvania Press, 1968, vol. II, pp. 764 ss.
(165) Deklaracija Narodnoga Vijeca Slovenaca, Hrvata i Srba, Zagabria, 19 ottobre 1918, in
DPK-SHS, D. 109. Anche. J. ADLER, L’union forcée, cit., pp. 244 ss.
(166) Saopcenje Narodnoga Vijeca SHS, Zagabria, 19 ottobre 1918, in DPK-SHS, D. 110.
(167) Si veda il testo della nota del presidente Wilson del 18 ottobre 1918 e della risposta
del governo di Vienna del successivo 27 ottobre in: A History of the Peace Conference of Paris,
a cura di H. W. V. TEMPERLEY, cit., vol. I, pp. 452-457.
Mussolini, la questione adriatica e il fallimento dell'interventismo democratico 49
(168) Proglašenje samostalne drzave Slovenaca, Hrvata i Srba, Zagabria, 29 ottobre 1918;
Obrazovanje vlade za Sloveniju, Lubiana, 31 ottobre 1918; Bosna i Hercegovina pod upravom
Narodnoga Vijeca; Zagabria, 2 novembre 1918, in DPK-SHS, DD. 118, 130 e 132. Anche: J.
ADLER, L’union forcée, cit., pp. 253-260.
(169) Nota drzave Slovenaca, Hrvata i Srba Ententi, Zagabria, 31 ottobre 1918, in DPK-
SHS, D. 129.
(170) Bonin Longare a Sonnino, Parigi, 6 e 7 novembre 1918; Imperiali a Sonnino, Londra,
6 novembre 1918, in DDI, Serie VI, vol. I, DD. 23, 24 e 42. Anche: D. JANKOVIC, Zenevska
konferencija o stvaranju jugoslovenske zajednice 1918. godine, in «Istoria XX Veka. Zbornik
Radova», 1966, vol. V, pp. 233-234; A. N. DRAGNICH, Serbia, cit., pp. 121-122; H. e C. SETON-
WATSON, The Making of a New Europe, cit., pp. 319-320.
50 Massimo Bucarelli
croata all’interno del Narodno Vijece, e quella panserba del governo di Belgrado
e della popolazione serba della Croazia e della Bosnia, secondo cui il nuovo
stato si sarebbe dovuto realizzare sic et simpliciter attraverso le annessioni
delle province jugoslave dell’Impero asburgico alla Serbia, sorta di Piemonte
dei Balcani. L’intesa raggiunta alla fine dei colloqui fu per forza di cose un
nuovo compromesso, che prevedeva la formazione di un governo comune, com-
posto da dodici dicasteri (di cui sei nominati dal governo di Belgrado e sei
dal Narodno Vijece di Zagabria) responsabile solo per la politica estera e
quella militare. Il gabinetto serbo e il Narodno Vijece avrebbero continuato
a occuparsi degli affari interni dei rispettivi territori, fino all’adozione di una
nuova costituzione, elaborata e approvata da un’assemblea costituente, eletta
direttamente dal popolo. L’accordo, infine, prevedeva la presentazione presso
i governi alleati e associati dell’Intesa di una nota di protesta, a nome del nuovo
Stato jugoslavo, contro l’occupazione italiana dei territori istriani e dalmati(171).
Si trattava di una soluzione temporanea, che ricalcava l’assetto politico e isti-
tuzionale dualistico dell’Impero asburgico e che era aperta a qualsiasi tipo di
evoluzione futura, dal momento che le decisioni definitive sulla forma di Stato
e di governo venivano rimandate ai lavori dell’assemblea costituente. Era una
soluzione utile agli Sloveni e ai Croati per tentare di opporre un ostacolo giu-
ridico e politico all’avanzata dell’esercito italiano, accusato di violare la sovra-
nità jugoslava sulle province istriane e dalmate; e utile anche ai Serbi, da una
parte, per guadagnare tempo, assecondando le pressioni inglesi e francesi
affinché il processo di unificazione di tutti gli Slavi del sud si completasse prima
dell’inizio della Conferenza della pace, e, dall’altra parte, per iniziare ad abbat-
tere le barriere politiche e doganali tra la regioni serbe e quelle ex austro-
ungariche, compiendo così il primo passo per l’unione di tutta la nazione serba,
che in definitiva era il vero obiettivo della politica serba(172).
Gli accordi raggiunti a Ginevra, però, non ebbero mai concreta attuazione.
Il governo serbo, fermo nel suo progetto di realizzare uno Stato unitario e
(171) Zenevska deklaracija od 9. nov. 1918, Ginevra, 9 novembre 1918; Zapisnik konferen-
cije drzane od 6. do 9. nov. 1918 u Zenevi, Ginevra, 9 novembre 1918, in DPK-SHS, DD. 151-
152. Sui lavori e sui risultati dei colloqui di Ginevra: H. Rumbold to Balfour, Berna, 20 novem-
bre 1918, in British Documents on Foreign Affairs. Reports and Papers from the Foreign Office
Confidential Print, University Publications of America, 1992, Series F, vol. 4, D. 3; Russo a Sonnino,
Berna, 8 novembre 1918; in DDI, Serie VI, vol. I, D. 64.
(172) Per alcune considerazioni sulla Conferenza di Ginevra: JANKOVIC, Zenevska konferencija
, cit., pp. 252 ss.; D. ŠEPIc, Italija, saveznici i jugoslavensko pitanje, cit., pp. 387-394; A. N.
DRAGNICH, Serbia, cit., pp.121-123; J. ADLER, L’union forcée, cit., pp. 301-302.
Mussolini, la questione adriatica e il fallimento dell'interventismo democratico 51
(173) I. J. LEDERER, Yugoslavia at the Paris Peace Conference, cit., pp. 64-65; D. ŠEPIc, Italija,
saveznici i jugoslavensko pitanje, cit., pp. 400 ss.; A. N. DRAGNICH, Serbia, cit., pp. 123-124; H.
e C. SETON-WATSON, The Making of a New Europe, cit., p. 322; J. ADLER, L’union forcée, cit.,
pp. 302-303.
(174) B. KRIZMAN, Hrvatska u prvom svjetskom ratu, cit., pp. 323 ss.; J. ADLER, L’union for-
cée, cit., pp. 291 ss.
(175) A. N. DRAGNICH, Serbia, cit., p. 124; B. KRIZMAN, Hrvatska u prvom svjetskom ratu,
cit., pp. 332 ss.; J. ADLER, L’union forcée, cit., pp. 303 ss.
52 Massimo Bucarelli
(176) Si vedano i resoconti delle sedute del Narodno Vijece di fine novembre 1918 e della
missione inviata a Belgrado in DPK-SHS, D. 172. Sulle fasi finali dei negoziati che portarono
alla nascita del Regno dei serbi, Croati e Sloveni: D. ŠEPIc, Italija, saveznici i jugoslavensko pitanje,
cit., pp. 400-413.; A. N. DRAGNICH, Serbia, cit., pp.124-126; B. KRIZMAN, Hrvatska u prvom svjet-
skom ratu, cit., pp. 341-347, H. e C. SETON-WATSON, The Making of a New Europe, cit., pp.
H. e C. SETON-WATSON, The Making of a New Europe, cit., pp. 325-327; J. ADLER, L’union for-
cée, cit., pp. 313-324.
(177) Delegati Narodnoga Vijeca pred Regentom Aleksandrom, Belgrado, 1° dicembre 1918,
in DPK-SHS, D. 172, allegato III.
Mussolini, la questione adriatica e il fallimento dell'interventismo democratico 53
gesse a cedere una parte del nostro popolo alla sovranità di un altro Stato.
In particolare, richiamiamo l’attenzione di Vostra Altezza Reale sul fatto che
l’occupazione italiana travalica i limiti e il mandato stabiliti dalle condizioni
dell’armistizio firmato con il comando generale dell’esercito austro-ungarico,
dopo che quei territori si erano già proclamati indipendenti e appartenenti
allo Stato SHS [...] Tuttavia, esprimiamo, pienamente convinti, la nostra
speranza che Vostra Altezza Reale, insieme a tutto il nostro popolo, si impe-
gnerà affinché le frontiere definitive del nostro Stato siano delimitate in
maniera tale da coincidere con i nostri confini etnici, in applicazione del prin-
cipio di autodeterminazione dei popoli, proclamato dal presidente Wilson e
da tutte le potenze dell’Intesa.
Dai testi dei due proclami emergeva un vero e proprio patto politico tra
i rappresentanti delle popolazioni jugoslave delle ex province asburgiche e i
dirigenti del Regno di Serbia, in cui la creazione della Jugoslavia, in quei tempi
e in quei modi(179), sembrava essere accettata al solo scopo di contenere in
tutti i modi le mire espansionistiche dell’Italia.
(178) Ib.
(179) Guglielmo Emanuela a Luigi Albertini, Parigi 10 dicembre 1918, in L. ALBERTINI,
Epistolario, cit., vol. III, D. 937.
54 Massimo Bucarelli
(180) Sforza a Sonnino, Corfù, 6 novembre 1918; Imperiali a Sonnino, Londra, 8 novembre
1918; Bonin Longare a Sonnino, Parigi, 11 e 19 novembre 1918, in DDI, Serie VI, vol. I, DD.
30; 50, 110 e 220. Anche: G. IMPERIALI, Diario (1915-1919), Soveria Mannelli, Rubbettino, 2006,
p. 593
(181) Bonin Longare a Orlando, Parigi, 17 novembre 1918, in DDI, Serie VI, vol. I, D. 193.
(182) Orlando a Bonin Longare, Roma, 18 novembre 1918, ivi, D. 198.
(183) Ib.
Mussolini, la questione adriatica e il fallimento dell'interventismo democratico 55
adriatica rese i rapporti con Belgrado e con Zagabria talmente tesi e difficili,
che il governo di Roma si rifiutò di procedere al riconoscimento del nuovo
Stato jugoslavo, proseguendo a intestare al re di Serbia – e «Serbia solamente»
- le lettere credenziali dei propri rappresentanti a Belgrado(184). Le posizioni
delle classi dirigenti dei due paesi erano ormai così lontane, da rendere – almeno
nel breve periodo - improponibile e inattuabile qualsiasi tentativo di conci-
liazione politica e di compromesso territoriale.
(184) Sul mancato riconoscimento del Regno dei Serbi, Croati e .Sloveni, si veda: Orlando
a Bonin, Roma, 18 novembre 1918; Borsarelli a Imperiali, Bonin e Galanti, Roma, 29 gennaio
1919; Sonnino a Orlando, Parigi, 21 febbraio 1919; Orlando a Sonnino, Roma, 22 febbraio 1919;
Sonnino a Borghese e Borsarelli, Parigi, 3 e 5 marzo 1919, in DDI, Serie VI, Vol. I, D. 198 e
Vol. II, DD. 146, 421, 438, 617 e 656. Inoltre: F. CACCAMO, L’Italia e la «Nuova Europa», cit.,
pp. 30-32.
(185) O. MALAGODI, Conversazioni della guerra, cit., vol. II, pp. 451 e 461; Guglielmo
Emanuela a Luigi Albertini, Parigi 16 novembre 1918, in L. ALBERTINI, Epistolario, cit., vol. III,
D. 925.
(186) Si veda, ad esempio: R. W. SETON WATSON, Italy, Yugoslavia and the Secret Treaty, in
«New Europe», vol. IX, n. 3, 28 novembre 1918, pp. 151-156. Anche: Imperiali a Sonnino,
Londra, 16 e 18 novembre 1918, in DDI, Serie VI, vol. I, D. 190 e 208; G. IMPERIALI, Diario,
cit, pp. 596-599; J. BARIÉTY, La France et la naissance du Royaume des serbes, Croates et Slovènes,
1914-1920, in «Relations Internationales», n. 103, autunno 2000, pp. 319-324.
56 Massimo Bucarelli
(195) G. ANTONIO BORGESE, Golia, cit., pp. 162-163; A. ALBERTINI, Vita di Luigi Alberini,
cit., p. 171; O. BARIÉ, L. Albertini, cit., pp. 366-370; R. VIVARELLI, , Storia delle origini del fasci-
smo, cit., pp. 242-246.
(196) Sull’episodio delle dimissioni di Bissolati, si veda: P. PASTORELLI, Le carte Colosimo,
in «Storia e Politica», 1976, n. 2, pp. 373-378.
60 Massimo Bucarelli
zione da parte del pubblico in sala, tra cui gruppi di nazionalisti, irredenti,
aditi e futuristi, guidati nella loro protesta da Marinetti e sostenuti anche da
Mussolini(197).
Al di là dell’episodio in sé, furono le reazioni degli schieramenti politici
e della stampa a decretare la sconfitta definitiva dell’interventismo democra-
tico. A essere criticate - anche da politici e intellettuali della stessa corrente
democratica e liberale dell’interventismo - non furono tanto l’intolleranza e la
prepotenza di Marinetti e di Mussolini, quanto le tesi rinunciatarie di Bissolati.
Il tentativo del tutto fallimentare di stabilire un contatto diretto con l’opinione
pubblica rese chiara ed evidente la marginalità delle tesi sostenute dall’inter-
ventismo democratico. Era il segno evidente e definitivo della distanza del paese
dalle posizioni dell’interventismo democratico e dello scollamento tra i suoi
leader e la società italiana, che pur non sposando nella sua interezza gli eccessi
dei nazionalisti, tuttavia si sentiva maggiormente in sintonia con chi le indi-
cava scopi e obiettivi da grande potenza, quale si riteneva fosse l’Italia uscita
vittoriosa dalla Grande Guerra(198).
Di fronte alle crescenti difficoltà interne e internazionali di quelle setti-
mane, il fronte democratico del movimento interventista, già di per sé poco
compatto e omogeneo, a causa delle differenti posizioni presenti al suo interno
sul piano politico generale, si sgretolò definitivamente. In quei momenti di crisi,
emerse l’incapacità dei vari gruppi e delle varie anime della corrente mode-
rata e democratica dell’interventismo di fare fronte comune, elaborando un
programma condiviso da sostenere di fronte al paese. Mentre i nazionalisti appa-
rivano più forti e determinati, gli interventisti democratici non riuscirono a
presentarsi come una forza dalla fisionomia politica ben definita e a dare l’i-
dea di essere qualcosa di più di un atteggiamento di élite politiche(199).
(197) Su tutto questo, si rimanda a: L. BISSOLATI, La politica estera italiana dal 1897 al 1920,
cit., pp. 394 ss.; I. BONOMI, La politica italiana dopo Vittorio Veneto, Torino, Giulio Einaudi
Editore, 1953, pp. 16-26; R. COLAPIETRA, Leonida Bissolati, cit., pp. 264-279; A. RIOSA,
L’interventismo democratico e la questione adriatica tra l’armistizio e la marcia su Fiume, in «Storia
e Politica», 1965, n. 4, pp. 514-520; A. J. MAYER, Politics and Diplomacy of Peacemaking, cit.,
pp. 213-222, R. DE FELICE, Mussolini il rivoluzionario, cit., pp. 485-491; R. VIVARELLI, , Storia
delle origini del fascismo, cit., pp. 250-257.
(198) E. TAGLIACOZZO, Gaetano Salvemini, cit., pp.207-214; A. RIOSA, L’interventismo demo-
cratico e la questione adriatica, cit., p. 518; R. DE FELICE, Mussolini il rivoluzionario, cit., pp.
431 ss.
(199) A. RIOSA, L’interventismo democratico e la questione adriatica, cit., pp. 522-534; R. DE
FELICE, Mussolini il rivoluzionario, cit., pp. 442 ss. L’isolamento degli interventisti democratici
all’interno dell’opinione pubblica italiana è stato ricordato recentemente anche dalle pagine del
Mussolini, la questione adriatica e il fallimento dell'interventismo democratico 61
«Corriere della Sera»: P. RASTELLI, Nel ’19 la scelta di essere “wilsoniani”, in «Corriere della
Sera», 17 luglio 2010, p. 11.
(200) O. MALAGODI, Conversazioni della guerra, cit., vol. II, p. 465.
(201) Su tutto questo, si rimanda a: R. DE FELICE, Mussolini il rivoluzionario, cit., pp. 461
ss. e pp. 544 ss.; G. RUMI, L’imperialismo fascista 1918-1923, Milano, Mursia, 1974, pp. 11-19;
R. VIVARELLI, , Storia delle origini del fascismo, cit., pp. 299 ss.; A. APOLLONIO, Dagli Asburgo
a Mussolini. Venezia Giulia 1918-1922, Gorizia, LEG, 2001, pp. 178-179, e pp. 280 ss.
62 Massimo Bucarelli
zioni contro gli obiettivi e i metodi dei rappresentanti del movimento jugos-
lavo. Per Mussolini, la vera battaglia democratica era diventata la difesa del-
l’italianità della Dalmazia, perché abbandonare la costa orientale dell’Adriatico
al dominio degli Jugoslavi avrebbe significato lasciare la minoranza italiana in
mano a una maggioranza slava «primitiva e selvaggia». La violenza delle pro-
teste, l’estremismo delle rivendicazioni e la brutalità degli incidenti accaduti
in Dalmazia avevano svelato il vero volto degli Jugoslavi: un popolo barbaro
unito dall’odio contro l’Italia e gli Italiani. I veri democratici, quindi, erano
coloro che difendevano la parte della popolazione dalmata «civile» - quella
italiana - dall’oppressione della parte arretrata - quella jugoslava; di certo non
erano democratici, ma soprattutto non erano «italiani degni di questo nome»,
quanti prospettavano la rinuncia alle città e alle coste della Dalmazia abitate
da secoli dall’elemento italiano, che non si rassegnava a diventare croato.
Bissolati venne personalmente accusato dal direttore di «Il popolo d’Italia» di
essere succube del massimalismo e dell’espansionismo degli Jugoslavi, cui il
leader dei socialisti riformisti avrebbe voluto cedere, senza negoziare, senza avere
garanzie e senza porre riserve, migliaia di italiani. La soluzione della questione
adriatica proposta da Bissolati, non discostandosi di molto dal «parecchio» dei
neutralisti di giolittiana memoria, avrebbe messo in pericolo la realizzazione
degli obiettivi di guerra italiani, rendendo pressoché inutile la «vittoria pro-
digiosa» ottenuta contro l’Austria(202).
Mussolini, tuttavia, anche nei momenti più aspri e intensi della polemica
adriatica e nonostante la rottura insanabile con l’interventismo democratico,
continuò a sottolineare la convenienza e l’opportunità dell’accordo non con
tutti gli Jugoslavi, ma con i Serbi, tradizionalmente amici dell’Italia, meno inte-
ressati all’Istria e a Fiume e più attenti alle sorti della Bosnia e del basso
Adriatico. Con la Serbia - affermava il direttore del «Popolo d’Italia» - non
poteva esistere alcun dissidio fondamentale, ma solo qualche questione di det-
taglio, facilmente risolvibile «con un po’ di buona fede reciproca e di buona
volontà»; troppi erano i legami politici, militari, economici e spirituali, che si
erano stabiliti tra i due paesi e i due popoli nei quattro anni di guerra(203).
Allo stesso tempo, però, Mussolini evidenziò a più riprese la necessità di con-
(202) B MUSSOLINI, Noi reprobi …; Il nuovo «parecchio» di Bissolati, in «Il popolo d’Italia»,
8 e 10 gennaio 1919, poi in Opera omnia di Benito Mussolini, cit., vol. XII, pp. 118-120, e pp.
125-130.
(203) B MUSSOLINI, I nostri amici sull’altra sponda; Parole da chiarire; Italia e Serbia, in «Il
popolo d’Italia», 20 novembre e 6 dicembre 1918, e 8 gennaio 1920 poi in Opera omnia di
Benito Mussolini, cit., vol. XII, pp. 17-19 e 47-49, e vol. XIV, pp. 237-239..
Mussolini, la questione adriatica e il fallimento dell'interventismo democratico 63
(204) ID., Italiani e jugoslavi; Il «clamore»; L’atteggiamento degli jugoslavi, in «Il popolo
d’Italia», 22 e 25 novembre, e 23 dicembre 1918, poi in Opera omnia di Benito Mussolini, cit.,
vol. XII, pp. 22-24, pp. 33-34 e pp. 82-84.
(205) M. BUCARELLI, Mussolini e la Jugoslavia (1922-1939), Bari, Edizioni B. A. Graphis,
2006, pp. 12-14; L. MONZALI, Italiani di Dalmazia 1914-1924, cit., pp. 212-214.
64 Massimo Bucarelli
(209) R. DE FELICE, Mussolini il rivoluzionario, cit., pp. 646 ss.; A. APOLLONIO, Dagli Asburgo
a Mussolini,. cit., pp. 327 ss.
(210) B. MUSSOLINI, Dalmazia; Valutazione del trattato di Rapallo; La colpa, Il trattato di Rapallo
non è eterno; Pace e guerra, Titoli d’infamia, in «Il popolo d’Italia», 14 novembre 1920, 3, 17,
20, 23 e 29 dicembre 1920, poi in Opera omnia di Benito Mussolini, cit., vol. XVI, pp. 9 ss.
(211) R. DE FELICE, Mussolini il rivoluzionario,. cit., p. 654; F. LEFEBVRE D’OVIDIO, Il pro-
gramma di politica estera del governo Mussolini, in «Clio», 2008, n. 4, pp. 20-21
(212) E. APIH, Italia, fascismo e antifascismo, cit., pp. 154 ss.; A. APOLLONIO, Dagli Asburgo
a Mussolini,. cit., pp. 505 ss.
66 Massimo Bucarelli
(213) Schanzer a Tosti di Valminuta e a Contarini, Ala, 21 agosto 1922, telegramma. n. 4/4
«Gabinetto», in ASMAE, Archivio di Gabinetto, parte I 1923-1929, serie IV, Ufficio Adriatico
– Fiume, Busta 24; Schanzer a Lusignoli, Roma, 13 settembre 1922, telegramma. n. 3103
«Gabinetto»; Lusignoli a Schanzer, Milano, 14 settembre 1922, telegramma. n. 7686, pubblicati
in appendice a: D. MASSAGRANDE, Italia e Fiume 1921-1924. Dal Natale di sangue» all’annes-
sione, Milano, Cisalpino-Goliardica, 1982, dd. 21 e 22.
(214) Salvemini a Girolamo Vitelli, Parigi, 9 novembre 1922; Giuseppe Prezzolini a Salvemini,
Roma 17 novembre 1922, in G. SALVEMINI, Carteggio 1921-1926, cit., D. 91 e 103. Inoltre: M.
BUCARELLI, Mussolini e la Jugoslavia, cit., pp. 27-29; L. MONZALI, Italiani di Dalmazia 1914-1924,
cit., pp. 400-411.
(215) Sforza a Giolitti, Torino, 4 febbraio 1924, in Quarant’anni di politica italiana dalla carte
di Giovanni Giolitti, a cura di CLAUDIO PAVONE, Vol. III, Dai prodromi della grande guerra al fasci-
smo, 1910-1928, Milano, Feltrinelli, 1962, D. 387. Sul programma di poltica estera del governo
Mussolini, si veda: F. LEFEBVRE D’OVIDIO, Il programma di politica estera, cit., pp. 11 ss.
(216) A. ALBERTINI, Vita di Luigi Albertini, cit., p. 172.
Mussolini, la questione adriatica e il fallimento dell'interventismo democratico 67
MASSIMO BUCARELLI