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1861-1939
L’ARCHITETTURA
DELLA PERUGIA
POSTUNITARIA

a cura di
Paolo Belardi
Simone Bori

prefazione
Giuseppe Cruciani-Fabozzi
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Il volume presenta gli esiti del progetto di ricerca


1861-1939.
L’architettura della Perugia postunitaria

Realizzato con il sostegno di

Comune di Marsciano

Museo Dinamico del Laterizio e delle Terrecotte

Gli esiti intermedi della ricerca sono stati presentati in occasione


dell’omonimo convegno svoltosi a Marsciano il 24 marzo 2012

Progetto grafico, impaginazione


Studio Fabbri, Perugia

© 2013 Fabrizio Fabbri srl


Via G. Dottori, 85
06132 S. Sisto, Perugia
Tel. 075 5271050 - Fax 075 5271060
ISBN 978-88-6778-002-0

Disegno di copertina:
Fernando Gigliarelli, Progetto di decorazione per il soffitto di un teatro,
1873 (Perugia, Archivio dell’Accademia di Belle Arti “Pietro Vannucci”,
Fondo didattico Ornato, inv. 224).
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Indice

Presentazioni GLI ARCHITETTI


DELLA PERUGIA POSTUNITARIA
9 Alfio Todini
Sindaco del Comune di Marsciano 125 Giovanni Santini (1802-1868)
11 Carlo Colaiacovo Paolo Belardi, Luca Martini
Presidente della Fondazione Cassa di Risparmio 141 Coriolano Monti (1815-1880)
di Perugia Cristiana Bartolomei
13 Paolo Belardi
Responsabile scientifico del progetto di ricerca 151 Alessandro Arienti (1833-1896)
Maria Luisa Neri

17 Prefazione 171 Nazareno Biscarini (1835-1907)


Giuseppe Cruciani-Fabozzi Valeria Menchetelli
185 Guglielmo Calderini (1837-1916)
LA PERUGIA POSTUNITARIA Antonella Greco

23 Profilo storico 197 Giulio De Angelis (1845-1906)


dell’architettura umbra dell’Ottocento. Enza Zullo, Claudio Varagnoli
Dal palazzo Comunale di Foligno
al palazzo del Governo di Perugia 209 Osvaldo Armanni (1855-1929)
Paolo Belardi Simonetta Ciranna
229 Riccardo Haupt (1864-1950)
51 Giuseppe Sacconi e la pratica Maura Boffito
del restauro eclettico in Umbria
Fabio Mariano 241 Cesare Bazzani (1873-1939)
Raffaele Giannantonio
71 Tra edilizia ed economia a Perugia
alla fine dell’Ottocento 257 Giuseppe Marrani (1885-1954)
Manuel Vaquero Piñeiro Alessia Bonci

79 Evoluzione urbanistica di Perugia, 267 Ugo Tarchi (1887-1978)


capitale dell’Umbria, Simone Bori
nel periodo postunitario
tra il 1860 e il 1939. 279 Pietro Angelini (1892-1985)
Simona Salvo
Storia di riuso e rigenerazione urbana
Paolo Lattaioli 297 Giovanni Battista Massini (1897-1967)
Fabio Bianconi, Marco Filippucci, Maria Grazia Fioriti
97 Perugia dopo l’unità d’Italia:
materiali e tecniche costruttive
Maria Grazia D’Amelio, Fabrizio De Cesaris 313 Indice delle opere citate
a cura di
109 Le arti decorative a Perugia Valeria Menchetelli
tra Otto e Novecento
Stefania Petrillo
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1861-1939. L’architettura della Perugia postunitaria


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Giovanni Caproni, Altare dei due Cappelloni, [1852], disegno di progetto per la chiesa di Santa Maria Maddalena
a Castiglione del Lago (Perugia, Archivio privato famiglia Spalazzi Caproni).
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Se è vero che per una comunità il municipio, la mento, costruito nei pressi delle fornaci Brizia-
chiesa e il teatro rappresentano i capisaldi in cui relli a Marsciano, conosciuto come “La Cera-
riconoscersi, per quella marscianese le opere che mica, fabbrica per piastrelle”, dove fu istituita la
portano la firma rispettivamente di Amerigo Cal- sezione artistica della fabbrica che operò tra il
derini, Guglielmo Rossi e Nazareno Biscarini in- 1925 e il 1941. La direzione della sezione artistica
carnano ancor oggi l’identità locale, che si con- di terrecotte fu affidata al professor Pietro Guai-
cretizzò proprio nel periodo postunitario. tini, docente dell’Istituto d’Arte di Perugia e al-
L’interesse dell’Amministrazione Comunale a lievo di Francesco Biscarini, con l’obiettivo pri-
questa iniziativa di ricerca, che ha impegnato mario di formare personale in grado di realizzare
molti atenei italiani e i cui esiti intermedi sono manufatti scultorei e decorativi secondo le richie-
stati presentati con grande successo di pubblico ste dei committenti. Rosoni, balaustre, taberna-
il 24 marzo 2012 presso la Sala Capitini di Mar- coli e altari in terracotta che decorano ancora
sciano in occasione delle celebrazioni dei 150 oggi le numerose chiese e cappelle private del no-
anni dell’Unità d’Italia, testimonia l’impegno a stro territorio, in quella scuola vennero realiz-
conoscere per valorizzare, tutelare e promuovere zati.
le architetture non solo storiche, ma anche re- L’ulteriore peculiarità che emerge dalla ricerca,
centi del nostro territorio. Basti pensare agli e che coinvolge direttamente l’attività del Museo
esempi rappresentati dalle chiese leonine di Ca- Dinamico del Laterizio e delle Terrecotte, che ha
stiglione della Valle, Compignano, San Fortunato la propria sede principale nella nostra città e che
della Collina, San Valentino della Collina e Spina si manifesta come museo diffuso nei borghi li-
o dall’asilo Sereni di Cerqueto, dal complesso di mitrofi di Compignano e Spina, è come il terri-
Monte Vibiano Vecchio e dalla chiesa di Merca- torio marscianese sia ricco di testimonianze del
tello, progettati da un’importante figura come periodo postunitario perché queste architetture
quella dell’architetto Ugo Tarchi. sono caratterizzate dalla presenza di decorazioni
Un grande pregio di questa ricerca è anche quello artistiche in laterizio e fanno di Marsciano il ca-
di aver gettato una luce sulla fabbricazione di poluogo della cosiddetta strada del laterizio.
terrecotte artistiche, che avvenne nello stabili- Merito della ricerca 1861-1939. L’architettura

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della Perugia postunitaria è quindi quello di


portare l’attenzione su un patrimonio dell’archi-
tettura storica locale forse a volte poco noto e
poco apprezzato, ma certo di grande pregio e di
grande valore oltre che espressione di un’epoca
non lontana e ricca di cambiamenti, su cui si
fonda la storia recente delle comunità locali.

Alfio Todini
Sindaco del Comune di Marsciano

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Perugia non è solo Medioevo. È da questa banale a personalità – in alcuni casi colpevolmente di-
considerazione – che tuttavia serve a smentire in menticate – quali Nazareno Biscarini, Pietro An-
modo deciso uno stereotipo sin troppo diffuso e gelini o Giovan Battista Massini. Se molti ancora
accettato quasi acriticamente talvolta persino a oggi conoscono o ricordano i nomi di Gugliemo
livello scientifico – che sono partiti i curatori di Calderini o Ugo Tarchi e le significative tracce
questo prezioso volume, dedicato all’architettura che essi hanno lasciato a Perugia, pochi sanno
di Perugia nel periodo storico postunitario, com- quale sia stato il contributo che al profilo urba-
preso tra il 1861 e il 1939. Il risultato della ri- nistico-architettonico di quest’ultima hanno of-
cerca, come si può vedere dai saggi in esso ferto, oltre i nomi citati all’inizio, architetti e pro-
compresi ma soprattutto dal ricco materiale ico- gettisti – che pure all’epoca sono stati di grande
nografico che lo arricchisce, conferma appunto fama a livello nazionale – quali Osvaldo Arman-
come dopo l’Unità nazionale la città capoluogo ni, Giulio De Angelis o Riccardo Haupt. L’opera
dell’Umbria abbia conosciuto un profondo svi- che il lettore ha tra le mani serve dunque a col-
luppo urbanistico, che ha contribuito a rimodel- mare una lacuna documentaria, a ricostruire in
larne il profilo storico anche grazie all’opera di modo organico una vicenda la cui rilevanza sto-
una schiera di progettisti-architetti di grande va- rico-culturale non può essere trascurata e che
lore. Si tratta di interventi e di costruzioni che non interessa solo gli addetti ai lavori, ma anche
nel corso dei decenni hanno assunto un carattere tutti coloro che hanno a cuore le vicende della
di tale famigliarità da aver fatto dimenticare chi propria città e più in generale del territorio
ne siano stati gli artefici e i realizzatori. Da qui umbro.
l’importanza della ricerca condotta con grande Il periodo postunitario, per quanto sino ad oggi
perizia e passione da Paolo Belardi, che ha coor- in parte trascurato dalla storiografia, è stato fo-
dinato una squadra di valenti storici dell’archi- riero per l’Umbria di intense trasformazioni, che
tettura attivi, oltre che in quella perugina, in hanno riguardato – come qui si dimostra – l’ar-
diverse università italiane. Questo sforzo collet- chitettura delle sue città (a partire da Perugia) e
tivo è infatti servito per far conoscere quanto la dunque gli spazi fisici all’interno dei quali si è
Perugia che oggi abbiamo sotto gli occhi debba distribuita la popolazione degli umbri una volta

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divenuti membri del Regno d’Italia, ma anche scelta strategica di politica culturale sin dalla sua
la sfera economica e sociale, con l’inizio di quel nascita nell’ormai lontano 1992. Arte, storia e
lento processo di cambiamento della sua base cultura rappresentano per il territorio non solo
produttiva che si sarebbe poi definitivamente rea- una risorsa economica di grande valore, capace
lizzato nel secondo dopoguerra. Tra i meriti di di alimentare un’industria sempre più forte qual
questo volume, al di là del suo oggetto specifico, è ormai quella turistica, ma anche un pezzo ine-
c’è dunque quello di offrire un contributo alla ludibile della sua identità, un tratto fondante del
conoscenza di un arco temporale che è stato suo profilo civico e sociale. Ed è questa, princi-
tutt’altro che nel segno dell’immobilismo e della palmente, la ragione per la quale a questa di-
conservazione di antichi e spesso iniqui equilibri mensione la Fondazione ha sempre annesso una
sociali. Pur dominata da una ristretta oligarchia grande rilevanza, sino a fare del sostegno finan-
liberale, d’origine agrario-nobiliare e in parte ziario al settore della cultura (assunta nelle sue
borghese-professionale, la Perugia che va dalla diverse forme ed espressioni) il proprio impegno
fase postunitaria alla caduta del fascismo, ha co- prioritario. Un impegno che, anche in tempi di
nosciuto fermenti creativi, economici e intellet- crescenti ristrettezze economiche e di non infon-
tuali, che in parte si sono fissati, arrivando sino date preoccupazioni verso il futuro, la Fonda-
a noi, sul profilo dei suoi palazzi e dei suoi mo- zione intende mantenere, nella consapevolezza
numenti: testimonianze che oggi ci appaiono che – così operando – non solo si contribuisce
storiche e intrise di passato, ma che a suo tempo allo sviluppo economico del territorio (se è vero
hanno simboleggiato un impulso autentico verso che la spesa in cultura rappresenta, se ben fina-
la modernità. lizzata, un vero e proprio investimento), ma
Con il sostegno offerto alla pubblicazione di que- anche alla crescita del suo tessuto civile.
sto volume, infine, la Fondazione ha inteso con-
tinuare nella sua opera tesa a valorizzare, in tutte Carlo Colaiacovo
le sue forme, la tradizione storico-culturale e se- Presidente Fondazione
gnatamente storico-artistica di Perugia e del- Cassa di Risparmio di Perugia
l’Umbria, in linea con quella che è stata una

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Nel corso del 2011, nel nostro paese, c’è stata una Prima di tutto perché la nostra ricerca non po-
vera e propria proliferazione d’iniziative culturali teva non eccedere l’arco cronologico canonico
volte a celebrare i 150 anni dell’unità nazionale. (1861-1911), spingendosi fino al 1939, quando
Soprattutto a Roma, dove le celebrazioni hanno viene meno il ruolo-guida svolto dai professori
avuto inizio il 16 marzo 2011 con l’evento Notte della Scuola di Architettura dell’Accademia di
Tricolore, si sono concluse il 6 maggio 2012 con Belle Arti (da Giovanni Santini a Ugo Tarchi fino
l’epilogo della manifestazione Il 150° si rac- a Pietro Angelini). Poi perché la nostra ricerca
conta e, per quanto concerne l’architettura, sono non poteva riguardare solo le opere eccellenti,
state suggellate dalla mostra Architettare l’Unità, misconoscendo le tante opere minori (ad esem-
promossa dalla Presidenza del Consiglio dei Mi- pio le chiese leonine) che punteggiano e quali-
nistri e allestita nella Casa dell’Architettura dal ficano paesaggisticamente il comprensorio ter-
27 aprile al 25 maggio 2011. Che ha presentato ritoriale del perugino. Infine perché la nostra ri-
in rassegna 18 architetture-simbolo della prima cerca non poteva limitarsi a un mero atto cele-
fase dell’unità nazionale, lumeggiando i com- brativo, omettendo di assurgere a pretesto per
promessi prodotti dalla volontà d’integrare la co- rivendicare il fatto che, anche e forse soprattutto
struzione dell’identità nazionale con la salva- in architettura, l’Umbria non è solo medioevo e
guardia delle identità locali. E che ha ispirato la rinascenza, ma è anche molte altre cose. A co-
nostra ricerca. Infatti, è stato proprio visitando la minciare dall’eclettismo. Così come acclarato
mostra curata da Fabio Mangone e da Maria dall’obiettivo di Stefano Bottini, autore di un’ine-
Grazia Tampieri (sulla cui locandina campeg- dita campagna fotografica dedicata. Per questo
giava una veduta prospettica del Palazzo del Go- sono profondamente grato sia agli studiosi dei
verno di Perugia) che, pur apprezzando l’accor- diversi atenei italiani che hanno contribuito con
tezza della varietà geografica e la sapienza del la propria scienza a dimostrare questa tesi, con-
rigore disciplinare, ci siamo convinti del fatto che centrando le proprie attenzioni anche su proget-
un’iniziativa sull’architettura della Perugia po- tisti non sempre debitamente considerati, sia al
stunitaria avrebbe potuto (e forse avrebbe dovuto) personale tecnico responsabile dei tanti archivi,
essere molto diversa. Per almeno tre ragioni. pubblici e privati, che sono stati consultati (in

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particolare la dottoressa Fedora Boco per la co-


stante disponibilità e per i preziosi suggerimenti
profusi durante l’attività di ricerca presso l’Ar-
chivio Storico dell’Accademia di Belle Arti “Pietro
Vannucci” di Perugia) sia ai sostenitori che, con
il loro prezioso contributo, hanno consentito
dapprima l’organizzazione del convegno in cui
sono stati presentati gli esiti intermedi (svoltosi
a Marsciano il 24 marzo 2012) e poi la pubbli-
cazione del presente volume in cui sono raccolti
gli esiti finali della ricerca. Anche per questo
ringrazio in modo particolare il Comune di Mar-
sciano, nella persona del suo sindaco Alfio To-
dini, e la Fondazione Cassa di Risparmio di
Perugia, nella persona del suo presidente Carlo
Colaiacovo.

Paolo Belardi
Responsabile scientifico del progetto di ricerca

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Prefazione
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Domenico Bruschi, Allegoria della Provincia umbra, 1873,


Perugia, Palazzo della Provincia, Sala del Consiglio.
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Prefazione
Giuseppe Cruciani-Fabozzi

Ho accolto con vivo piacere l’invito dell’amico e Santa Maria degli Angeli, Palazzo Comunale di
collega Paolo Belardi a stilare la prefazione di Foligno ecc.), capaci di testimoniare, per il cam-
questo volume – da lui curato insieme a Simone pione in esame, lo “stato dell’arte” nei primi de-
Bori – che presenta il consuntivo scientifico del cenni dell’800, dove emerge il ruolo detenuto
progetto di ricerca sull’architettura e l’urbani- dall’Accademia perugina.
stica di Perugia all’indomani dell’Unità, intra- L’iniziativa, nata fuori dal coro delle celebrazioni
preso nella ricorrenza dei 150 anni dal fatidico ufficiali, è giunta felicemente in porto grazie al-
1861. l’impegno degli studiosi di varie Università coin-
Se l’incipit della trattazione coincide con il varo volti nel progetto, impostato secondo un “taglio
delle riforme del regio Commissario Napoleone critico” assai diverso da quello della mostra Ar-
Pepoli, come l’accorpamento dei distretti ammi- chitettare l’Unità, promossa dalla Presidenza del
nistrativi dell’Umbria in un’unica Provincia e la Consiglio dei Ministri e allestita presso la Casa
requisizione delle proprietà ecclesiastiche, che dell’Architettura nella primavera del 2011.
rompono l’immobilismo della gestione Legatizia Mentre l’esposizione romana si incentrava infatti
della città e del territorio, il suo termine ad quem sulla rassegna di 18 “esempi eccellenti” – palazzi
oltrepassa di gran lunga la consueta soglia cro- pubblici, attrezzature e spazi collettivi, monu-
nologica del 1911 per giungere a poco prima del menti all’epopea risorgimentale, restauri di
secondo conflitto mondiale. La scelta, a prima grandi complessi storici – della prima stagione
vista singolare, trova motivazione nel definitivo del Regno, rappresentativi delle tematiche e delle
esaurirsi, attorno al ’39, dell’egemonia esercitata tendenze emergenti nel panorama disciplinare
dai Professori di Architettura dell’Accademia di dell’epoca, qui si è deciso invece di estendere il
Belle Arti, determinando così uno iato con il con- campo d’indagine alle “opere minori” e al co-
testo precedente, come rileva il curatore nella struito diffuso, considerandone la notevole inci-
premessa al libro. denza sull’evoluzione del capoluogo nel periodo
Di converso si è fatto richiamo ad alcuni episodi postunitario.
pregressi, come i notevoli “restauri” seguiti alla Lo studio non si restringe quindi alle opere di
devastante crisi sismica del 1832 (Basilica di protagonisti indiscussi dell’architettura perugina

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postunitaria (come, in primis, Guglielmo Cal- nel periodo postunitario, quali la costruzione del
derini) o a “casi” di spiccata rilevanza nello sce- Palazzo del Governo sull’area della demolita For-
nario cittadino, come la nuova sistemazione tezza Paolina (1867) e, pochi anni dopo, di Pa-
dell’area su cui insisteva la Fortezza Paolina, ma lazzo Cesaroni (TERZETTI 1994, MANCINI 2011).
abbraccia, con la puntuale disamina di figure Un work-in-progress che approda, con questa
assai meno note, l’intero panorama della produ- pubblicazione, a una sintesi di indubbia efficacia
zione architettonica del periodo, cui Perugia deve e ricchezza informativa, da cui non potrà certo
gran parte della sua fisionomia attuale. prescindere chiunque intenda per l’innanzi ac-
Un “paesaggio antropizzato” il quale non si costarsi all’argomento.
compendia più nei “segni emblematici” del Me-
dioevo e dalla Rinascenza – come pretenderebbe Il volume si articola di due parti, distinte ma
uno stereotipato identikit della città storica – ma complementari: la prima rivolta a indagare il
che rispecchia la successione, quasi mai lineare, processo di trasformazione della città innescatosi
di programmi e interventi spesso disomogenei se già sotto il Governo Provvisorio e poi grazie al di-
non discordi fra loro, cui corrisponde un “dise- namismo del Sindaco Ansidei, analizzandone sia
gno per parti” della città moderna. Una realtà i “fattori” che le ricadute sull’organismo e il volto
comunque composita, che non può trovare co- urbano di Perugia, in una continua dialettica fra
mune denominatore nel flebile richiamo a un esigenze funzionali e di “decoro”, soffermandosi
genius loci, evocato attraverso l’impiego di al- sui passaggi-chiave della vicenda dall’epoca um-
cuni stilemi della tradizione edilizia locale, so- bertina all’avvento del fascismo; la seconda a for-
prattutto del Medioevo (come attesta il lessico dei nire un profilo esaustivo degli architetti cui la
progetti di Nazareno Biscarini), dopo le “ibrida- Perugia postunitaria deve la sua identità.
zioni” che connotano il linguaggio architetto- Se l’unico legame con Perugia di Riccardo Haupt
nico dei primi tempi della Perugia postunitaria. – prevalentemente operoso a Genova, dapprima
L’efficace coordinamento fra le diverse unità ha nello studio di Luigi Rovelli e dal 1890 principale
favorito una proficua osmosi fra i moltepici set- collaboratore dell’ing. Cesare Gamba – è rappre-
tori d’indagine (dalle vicende amministrative sentato dal progetto per l’Ospedale di Monteluce,
all’economia urbana, alle tecnologie edilizie e ognuna delle personalità prese in esame, quale
alle “arti applicate”), sviluppando così le sinergie ne sia la provenienza, denota un forte radica-
occorrenti a conseguire gli obiettivi del progetto. mento nella realtà locale, vuoi per l’incarico ri-
Il rapido avanzamento del lavoro, supportato coperto in seno all’amministrazione cittadina
dalla Fondazione Cassa di Risparmio di Perugia, (come Coriolano Monti e Alessandro Arienti) vuoi
ha permesso di produrre al Convegno svoltosi a per un assiduo esercizio della professione nel ter-
Marsciano il 24 marzo 2012 un cospicuo insieme ritorio umbro (a partire da Cesare Bazzani).
di contributi, realizzando uno step essenziale per Nella prima parte, dopo i saggi introduttivi, di
il completamento della ricerca. argomento più generale, a firma di Manuel Va-
Occorre altresì fare cenno agli studi già condotti quero Piñeiro e Paolo Lattaioli, figurano quelli
su episodi-chiave dell’urban renewal di Perugia riguardanti aspetti specifici della produzione edi-

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lizia e della cultura disciplinare, redatti dal cu- e sviluppo edilizio della città avviatosi con l’uni-
ratore, da Maria Grazia D’Amelio con Fabrizio ficazione nazionale va attribuito, come osservano
de Cesaris, da Fabio Mariano e da Stefania Pe- giustamente Paolo Lattaioli e Manuel Vaquero
trillo. Piñeiro, alla concomitanza di due eventi: il pas-
Si tratta di contributi che coniugano un’attenta saggio al demanio di gran parte delle strutture
ricognizione delle fonti e della letteratura con un conventuali, con la messa in vendita del cospicuo
notevole acume critico, avvalendosi di dati do- patrimonio immobiliare degli enti religiosi sop-
cumentali (spesso inediti) e degli indizi raccolti pressi, e il riassetto dell’area di Colle Landone,
in fase istruttoria. Fra di essi si segnalano i capi- concessa al Comune nel 1860 dopo l’abbatti-
toli – che in qualche modo si integrano a vi- mento dei resti della Fortezza Paolina.
cenda – dedicati ai materiali e alle tecniche edili La lunga controversia sul riordino dell’area ove
e alle arti decorative, temi questi poco studiati, sorgeva la Rocca vede fronteggiarsi, dopo un’in-
ma di indubbia utilità per la comprensione dei concludente sequenza di concorsi, le proposte an-
caratteri peculiari di molte architetture perugine titetiche del perugino Guglielmo Calderini, figu-
dell’epoca. ra di spicco nel panorama nazionale, e del mi-
Il quadro storico tracciato da Paolo Belardi de- lanese Alessandro Arienti, cognato di Coriolano
dica speciale attenzione alle vicende della locale Monti, dal 1865 ingegnere capo del Comune, due
Accademia di Belle Arti, rinnovata nei suoi pro- fra i protagonisti della scena architettonica locale
grammi didattici da Giovanni Santini, sotto il del secondo ’800.
quale si formarono personalità di spicco nel pa- La vicenda, conclusa solo un decennio dopo, vede
norama dell’architettura postunitaria, non solo emergere nella soluzione adottata da Arienti per
perugina, come Guglielmo Calderini, Giulio De il paramento lapideo della “fabbrica di mezzo”,
Angelis e Nazareno Biscarini, fino al sopraggiun- il ricorso a paradigmi propri dell’architettura
gere, col nuovo secolo, di Cesare Bazzani, allievo umbra del Medioevo, considerata la più rappre-
a sua volta di Calderini nella Scuola di Applica- sentativa dell’identità regionale.
zione di Roma.
Fra i capitoli meno indagati, fin pochi anni ad-
Il corposo saggio di Fabio Mariano su Giuseppe dietro, dell’evoluzione della struttura e dell’im-
Sacconi, già in capo all’Ufficio Regionale per la magine urbana di Perugia dopo l’Unità e cui
Conservazione dei Monumenti e quindi titolare fanno capo sia molteplici, disinvolti progetti di
della neonata Soprintendenza di Perugia (cui ripristino dei maggiori monumenti (a partire dal
competeva anche la gestione del patrimonio mo- Palazzo dei Priori) sia l’innesto, entro il centro e
numentale delle Marche, dell’Abruzzo e della Sa- ai margini della città murata, di nuove fabbriche
bina), introduce il tema del restauro, di parti- che mostrano un accorto impiego del versatile
colare rilevanza nel nostro contesto, su cui si dif- repertorio eclettico, con sagaci richiami alla tra-
fonde, descrivendo l’attività dei singoli operatori, dizione edilizia del luogo, si segnalano quelli ri-
la seconda parte del libro. guardanti le fasi di passaggio dal revivalismo
Il ruolo di volano del processo di urban renewal ottocentesco, ove spicca la figura di Nazareno Bi-

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scarini, alla stagione che vedrà emergere forti


personalità come quella di Osvaldo Armanni e
Giulio De Angelis cui seguiranno, dopo il predo-
minio di Bazzani, quelle, meno conosciute, attive
nella prima metà del ’900, di Giuseppe Marrani,
Ugo Tarchi, Pietro Angelini e infine Giovanni
Battista Massini, ancora operoso nel secondo do-
poguerra soprattutto nell’ambito dell’edilizia po-
polare.
Si tratta di professionisti, anche di non eccelsa
levatura, tutti legati all’Accademia di Belle Arti
di Perugia, molti dei quali in servizio presso la
Soprintendenza, la cui carriera si dipana fra
l’adesione al gusto art nouveau (Giuseppe Mar-
rani), il recupero dell’eredità medievale (Ugo
Tarchi, Pietro Angelini), il Novecento piacenti-
niano e la recente temperie “neorealista” (Gio-
vanni Battista Massini).

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LA PERUGIA POSTUNITARIA
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Alberto Iraci, Elementi architettonivi e urne decorate in composizioni


su piedistalli in marmo, 1895 (Perugia, Archivio dell’Accademia di Belle Arti
“Pietro Vannucci”, Fondo didattico Prospettiva, inv. 400).
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Profilo storico dell’architettura umbra dell’Ottocento.


Dal palazzo Comunale di Foligno al palazzo del Governo di Perugia
Paolo Belardi

La rinascita dell’Accademia del Disegno l’ordinamento statutario adottato dallo stesso Or-
sini tra il 1791 e il 1803 (mutuato da quello
A ben guardare, l’architettura umbra d’inizio Ot- dell’Accademia romana di San Luca) nonché
tocento più che dall’eredità cultuale di Giuseppe dall’assunzione a direttore di Tommaso Minardi
Piermarini è alimentata dall’eredità culturale di (raccomandato da Antonio Canova in qualità di
Baldassarre Orsini. È d’altronde innegabile che, Ispettore Generale delle Antichità e delle Arti dello
mentre il grande demiurgo della Milano asbur- Stato della Chiesa). D’altra parte è proprio lo sta-
gica non lascia alla propria terra natale né opere tuto voluto da Orsini a lanciare l’antica istitu-
di primo piano né discepoli accreditati1, l’allievo zione perugina nell’orbita delle accademie
prediletto di Anton Raphael Mengs è protagonista italiane più qualificate, così come è proprio la
della rinascita dell’antica Accademia del Disegno direzione di Minardi a imprimere una “sterzata
di Perugia che, con la sua direzione, si trasforma purista” che, unitamente a una serrata campa-
in Accademia di Belle Arti, attivando insegna- gna reclamistica pro-Umbria, assurge a volano
menti profondamente innovativi rispetto alle idee dei continui spostamenti compiuti all’epoca tra
artistiche dell’epoca2, e si allinea alle accademie Roma e Perugia dai pittori nazareni (Friedrich
più rinomate, richiamando non solo docenti e Overbeck, Franz Pforr, Ludwig Vogel, Konrad Hot-
discenti da ogni parte d’Italia, ma anche artisti tinger)3. Tanto che l’Umbria, dopo essere stata
e studiosi da ogni parte d’Europa. Il che contri- snobbata dai viaggiatori nordeuropei impegnati
buisce in misura decisiva a promuovere il capo- nel Grand Tour4, non è più solo meta di pellegri-
luogo umbro da periferia pontificia a crocevia naggi religiosi, ma diventa sempre più meta di
internazionale, seppure sempre e comunque soggiorni culturali, che perpetuano in chiave
sotto l’egida della cultura artistica romana: così laica quella fitta rete d’interrelazioni ecclesiasti-
come è testimoniato non solo dalla circolazione che con la capitale pontificia che, nel Settecento,
del periodico “L’Ape italiana delle belle arti” ha arricchito le sue città con opere eccezionali,
(fondato nel 1835 da Giuseppe Melchiorri e peraltro spesso surdimensionate rispetto alla re-
stampato a Roma), ma anche e soprattutto dal- altà socio-economica locale: dallo Spedale a

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Tommaso Minardi, Paesaggio con complesso monastico ispirato al San Francesco in Assisi, 1810-1830
ca. (Roma, Galleria Nazionale d’Arte Moderna).

Francesco Bianchi, Prospetto del nuovo Palazzo Antinori in Perugia, 1737 (Perugia, Archivio dell’Uni-
versità per Stranieri).

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Gubbio di Carlo Murena al complesso termale di


Bagni a Nocera Umbra di Gabriele Valvassori, dal
palazzo Antinori a Perugia di Francesco Bianchi
alla rimodellazione della cascata delle Marmore
a Terni di Andrea Vici. Una rete che nell’Otto-
cento, in virtù delle frequenti missioni affidate
agli architetti camerali (peraltro sempre più de-
dicate alla risoluzione in chiave architettonica
Gubbio, palazzo Ranghiasci, facciata addossata.
degli aspetti ingegneristici5), coinvolge molti tec-
nici provenienti dalle regioni limitrofe (soprat-
tutto delle Marche e dell’Emilia), che introdu-
cono in Umbria la pratica di soluzioni proget-
tuali tanto ardite dal punto di vista costruttivo
quanto riguardose dal punto di vista ambientale
(a cominciare dal tracciamento delle arterie stra-
dali e delle linee ferroviarie), nel cui ambito ri-
saltano le facciate addossate agli edifici danneg-
giati dagli eventi sismici succedutisi tra il 1751 e
il 1832. Facciate che difatti non si limitano ad
assolvere a precisi compiti strutturali, praticando
una forma di consolidamento atipica, ma svol-
gono anche importanti compiti scenografici, rin-
novando in chiave neoclassica le quinte delle
vecchie piazze medievali. Così come avviene ad
Assisi (basilica di Santa Maria degli Angeli), a
Gualdo Tadino (palazzo Comunale), a Otricoli
(collegiata di Santa Maria Assunta) e a Gubbio,
dove la nuova facciata del palazzo Ranghiasci
ingloba le schiere medievali preesistenti e ma-
schera le due scalinate che da via Galeotti s’im-
mettono nella piazza pensile incorniciandole con Foligno, palazzo Trinci, facciata addossata.
altrettanti portali perfettamente inseriti nella par-
titura compositiva del nuovo prospetto6. E, so- caso del palazzo Apostolico7, a Luigi Poletti e An-
prattutto, così come avviene a Foligno nella tonio Mollari, nel caso del palazzo Comunale8.
vecchia piazza Grande, dove s’incrociano le com- Ed è proprio la facciata folignate realizzata su
petenze di professionisti tra i più affermati del- progetto di Mollari (allorquando il giudizio è af-
l’epoca: da Odoardo Poggi e Vincenzo Vitali, nel fidato alla Pontificia Accademia di Belle Arti di

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mentali degli istituti di credito”9. Tanto da mar-


chiare l’Umbria con un sigillo paesaggistico in-
delebile, amplificato a fine secolo dal revival
storicistico ispirato dalle campagne archeologi-
che di Giuseppe Sordini a Spoleto10 e dai restauri
neomedievali di Paolo Zampi a Orvieto11.

Il palazzo Comunale di Foligno (1834-1839)

Giuseppe Sordini, Calco a matita dell’iscrizione rinvenuta


nella Casa romana, 1886 (Spoleto, Sezione di Archivio di Stato
Il 24 maggio del 1814, dopo aver fatto tappa a
di Spoleto). Foligno (dove “è festeggiato con gran pompa”12),
il papa Pio VII fa il proprio rientro a Roma, dove
Bologna) a sancire l’epilogo della sudditanza ritrova una situazione immutata. Ma solo appa-
dell’Umbria nel campo dell’architettura. Negli rentemente. Infatti, seppure grazie all’abilità di-
stessi anni, infatti, l’Accademia di Belle Arti di Pe- plomatica del cardinale Ercole Consalvi lo Stato
rugia, grazie alla riorganizzazione del manifesto Pontificio abbia recuperato quasi tutti i territori
degli studi promossa da Giovanni Santini (che perduti (a esclusione di quelli d’oltralpe), il ri-
orienta l’attività didattica verso una formazione cordo dell’esperienza napoleonica è talmente
sempre meno artistica e sempre più tecnica), ri- forte da spingere lo stesso Stato Pontificio non
conquista un ruolo consono alla propria mis- solo verso la modernizzazione infrastrutturale e
sione: tanto che il suo giudizio torna a essere l’innovazione tecnologica, ma anche e soprat-
decisivo nelle occasioni concorsuali più contro-
verse e gli architetti formatisi nelle sue aule co-
minciano ad assumere gli incarichi più ambiti.
Dando vita, per la prima volta dopo l’età po-
stalessiana, a una vera e propria scuola di archi-
tettura, che “si manifesta per le strade, attraverso
la costruzione di singoli edifici o di interi isolati,
ridisegna le piazze, che spesso ospitano monu-
menti celebrativi, produce ville suburbane ed ex-
traurbane frequentemente rivestite da decorazioni
murali, si esalta nei teatri, [...] si afferma nei ci-
miteri, veri e propri musei della scultura al-
l’aperto, [...] si riversa nelle sale consiliari dei
palazzi municipali o prefettizi, negli edifici di Domenico Bruschi, Allegoria di Foligno, 1873, Perugia, Pa-
culto, nelle residenze nobiliari, nelle sedi monu- lazzo della Provincia, Sala del Consiglio.

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tutto verso l’aggiornamento dell’amministra-


zione e del governo del territorio13. Ed è proprio
in tal senso che, con motu proprio del 6 luglio
1816, il pontefice suddivide lo Stato in 18 tra le-
gazioni e delegazioni, oltre a quella speciale della
comarca di Roma, nel cui ambito l’Umbria, che
di fatto non esiste né come entità geografica né
come entità amministrativa, è riconosciuta come
entità autonoma (a esclusione di Gubbio, ricom-
presa nella delegazione di Urbino e di Pesaro, e
di Orvieto, inglobata in quella di Viterbo) e arti-
Virginio Vespignani, Prospetto del Nuovo Teatro nella Città
colata nelle due delegazioni di Perugia e Spoleto. di Orvieto, 1853 (Orvieto, Archivio Teatro Mancinelli).
D’altra parte, se dal punto di vista dei diritti civili
l’affermazione del potere temporale della Chiesa, capitale di un regno chiuso nei suoi confini, in-
con la conseguente repressione di ogni forma di tento a salvaguardare privilegi antichi, ma è
dissidenza, rimane un’invariante pressoché co- anche e soprattutto una città dinamica in cui
stante per tutta la prima metà dell’Ottocento, confluiscono esperienze anche profondamente
questo non coincide automaticamente con una diverse, tanto italiane quanto europee. La pre-
chiusura a livello culturale. Al contrario la cir- senza, ad esempio, dei pensionnaires francesi
colazione di idee, l’esportazione di modelli eu- vincitori del Grand Prix de Rome (architetti e
ropei, il confronto tra intellettuali di diverse ingegneri provenienti dall’Accademia di Francia)
provenienze, che avevano ricevuto un impulso rappresenta uno stimolo straordinario per i gio-
notevole nel periodo napoleonico, proseguono vani che raggiungono la capitale pontificia, so-
per tutto l’Ottocento, ponendo le basi di quel fer- prattutto per quelli provenienti dalla provincia.
mento culturale, oltre che politico e sociale, che A cominciare da Luigi Poletti14, un architetto-in-
porta prima ai moti risorgimentali e poi all’unità gegnere che compendia e in qualche modo sug-
nazionale. Il che riguarda anche l’architettura. gella il modus operandi dei tecnici attivi nello
Non a caso nello Stato Pontificio, nel periodo che Stato Pontificio durante l’età della restaurazione.
intercorre tra la restaurazione (1814) e l’unifi- Nella figura di Poletti, infatti, è possibile riscon-
cazione (1860), sono attive due generazioni di trare tutte le principali istanze della cultura ar-
architetti e di ingegneri, che si dividono tra le chitettonica romana dell’epoca: dalla pratica
varie legazioni e delegazioni realizzando impor- degli scavi archeologici e del disegno dal vero al
tanti opere architettoniche e infrastrutturali che ruolo di docente e accademico, dai dibattiti sul
veicolano, nei territori di Umbria, Marche, Emi- restauro (molto controverso il suo intervento di
lia, Romagna e Lazio, i modelli culturali e ar- “ripristino” sulla basilica di San Paolo fuori le
chitettonici romani. E Roma, negli anni venti e mura) all’attenzione per le nuove tecniche co-
trenta dell’Ottocento, non è (o non è soltanto) la struttive, dall’aggiornamento sulle tendenze ar-

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chitettoniche internazionali (nel 1828 compie


un viaggio di studio a Parigi e Londra) alla ten-
denza al “purismo” delle forme neoclassiche, che
diventano lo strumento necessario per la costru-
zione della città borghese, fatta di luoghi che non
sono più solo i caffè, i musei, i palazzi municipali
e i teatri, ma sono anche gli ospedali, le carceri,
i mattatoi e le infrastrutture (le nuove piazze, i
nuovi viali, le nuove porte urbiche). Soprattutto
però la figura di Poletti appare esemplare laddove
incarna le dinamiche culturali e architettoniche
interne dello Stato Pontificio, dimostrando con
il proprio attivismo e con la propria mobilità
quanto fossero intensi “gli scambi culturali e la
circolazione dei progettisti in ambito interregio-
nale” 15. Poletti infatti, seppure di natali mode-
nesi, realizza le sue prime opere nelle Marche per
poi dividersi tra Emilia, Romagna, Lazio e Um-
bria (dove lascia profonde tracce a Terni con i
progetti del teatro, del cimitero e delle porte da-
ziarie); caso per caso collaborando o competendo
con Pietro Ghinelli16, Odoardo Poggi17, Vincenzo
Ghinelli18, Giuseppe Riccardi19, Ireneo Aleandri20,
Luigi Poletti, Pianta generale della basilica degli Angeli
Vincenzo Vitali21, Giovanni Santini22 e Virginio presso Assisi, 1840.
Vespignani23 ovvero con quegli architetti e quegli
ingegneri che, nell’arco di cinquant’anni, rivo- vicendamento in occasione del restauro del pa-
luzionano l’assetto delle città dell’Italia centrale lazzo Comunale di Foligno. Intervento che, sep-
in generale e dell’Umbria in particolare24. In tal pure di ridotta entità dimensionale, rappresenta
senso, risulta illuminante il rapporto, umano e una tappa miliare nell’ambito della storia del-
professionale, instaurato tra Luigi Poletti e Anto- l’architettura dell’Umbria pontificia. Tanto che
nio Mollari25 (impegnato a più riprese, insieme vale la pena ripercorrerne puntualmente l’intri-
con il figlio Luigi, nelle riparazioni dei danni cata vicenda. In un primo momento infatti, sep-
provocati dal sisma del 183226), che è di collabo- pure informalmente, l’incarico viene assegnato
razione in occasione dei lavori di consolida- a Luigi Poletti, che all’epoca è segretario dell’Ac-
mento della basilica di Santa Maria degli Angeli cademia di San Luca e che è contestualmente
ad Assisi27, ma che è di competizione in occasione impegnato in Umbria nei “lavori del tempio
del concorso per lo sferisterio di Macerata e di av- della Consolazione a Todi e degli ospedali di

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Narni e di Todi”28. E Poletti, da professionista na-


vigato, lo espleta in tempi rapidissimi, confer-
mando il senso del progetto presentato nel 1795
dall’architetto camerale Virginio Bracci per ripa-
rare ai danni provocati dal sisma del 1791 (ri-
masto inattuato) ovvero concentrando l’intervento
sull’anteposizione di una facciata-maschera:
tanto da anticipare e in qualche modo vanificare
l’intervento provvisionale predisposto dall’archi-
tetto comunale Vincenzo Vitali. Così come è an-
notato nella minuta di una lettera datata 28
ottobre 1832 e indirizzata a Giuseppe Filippini,
segretario del Comune di Foligno29. Ma la lettera
non viene mai inviata, perché nel frattempo
l’orientamento dell’amministrazione comunale
folignate ha preso tutt’altra strada. Nei giorni im-
mediatamente precedenti (20 ottobre), infatti, Fi-
lippini ha già inviato a sua volta una lettera a
Poletti, comunicandogli ufficialmente che “que-
Luigi Poletti, Progetto di nuova Facciata al Palazzo Comu-
sta magistratura ha deliberato d’invitare con nale di Fuligno, 1833 (Foligno, Biblioteca Comunale).
pubblica notificazione i diversi architetti tanto
della dominante che della provincia ad esibire i demico il concorrere al ristauro di una facciata.
loro progetti, e disegni e fra questi prescegliere I concorsi son fatti pei giovani”32. La reazione di
quello che più degli altri avrà saputo combinare Poletti non rimane fine a se stessa, visto che il 27
l’economia ed il commodo, al pubblico ornato”. novembre Filippini si affretta a ricontattarlo pre-
La notizia è talmente inattesa che lo stesso Filip- gandolo d’inviare quanto prima il suo progetto
pini, dichiarandosi “servitore ed amico” di Po- (“senza più badare alle notificazioni da dira-
letti, non può esimersi dal tentativo di mitigare marsi ai professori Architetti, hanno a me richie-
la crudezza del tono, assicurando a Poletti il pro- sto come dovevano regolarsi per avere intanto un
prio impegno a far sì che il suo progetto sia te- progetto, accompagnato da disegno e perizia,
nuto nella “dovuta considerazione”30. Poletti onde incominciare le operazioni occorrenti per
però non è confortato dalla promessa di Filippini far poi aver luogo agli Atti di Aggiudicazione”33).
e risponde con una nota a dir poco polemica, co- Così Poletti, superate le ultime perplessità (come
municando la propria rinuncia a pretendere si evince dall’ennesimo scambio epistolare con
qualsiasi compenso per il lavoro svolto e decli- Filippini), firma il “Progetto e Perizia di ridu-
nando l’invito a partecipare al concorso31, in zione e ristauro della facciata del Palazzo del-
quanto “non è del decoro di un professore acca- l’Ill[ustrissi].ma Magistratura di Fuligno” in

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data 15 gennaio 183334 e si reca a Foligno in data


19 febbraio 1833 per presentarlo personalmente
“in due disegni” e “alcuni fogli che riguardano
la descrizione e la perizia”35. Il progetto di Poletti,
che prevede un importo dei lavori pari a 5.745,29
scudi, è apparentemente complesso, perché è ar-
ticolato in undici punti, ma in realtà è molto
semplice, perché è fondato su due azioni siner-
giche: creare un avancorpo rastremato dal basso
verso l’alto e incrementare lo spessore murario
della torre nella parte interna. Tuttavia, nono-
stante gli apprezzamenti ufficiali36, sia per il fatto
che la nuova facciata non sostituisce le preesi-
stenti, ma si giustappone ad esse in guisa di con-
trafforte, sia per il fatto che la nuova facciata è
contrassegnata da un avancorpo centrale, che ca-
talizza il baricentro percettivo della piazza, il pro-
getto di Poletti non convince appieno la ma-
gistratura folignate. Che non condivide né la sin-
Francesco Canali, Progetto di ristauro della Torre, e Facciata tesi retorica degli ordini architettonici volta ad
principale del Palazzo Pubblico di Fuligno, 1834 (Foligno, amplificare la possenza figurativa del palazzo né
Biblioteca Comunale).
l’inglobamento del vicolo volto a garantire la
simmetria della facciata37. Così, sedati gli ultimi
strascichi polemici, viene rilanciata l’idea del
confronto e il 26 febbraio 1834 viene bandito un
“Concorso per la Decorazione della facciata, e ri-
stauro della Torre”, riservato agli ingegneri e agli
architetti dello Stato Pontificio e vincolato da pre-
scrizioni rigidissime 38. Filippini scrive ancora
una volta a Poletti, rinnovandogli l’invito a par-
tecipare39, ma Poletti risponde sdegnato: “non si
aspettava certamente il sottoscritto di essere in
tal modo trattato da codesta Magistratura dopo
Vincenzo Vitali, Progetto di ristauro della Torre, e facciata aver avuta dalla medesima la commissione de-
del Palazzo Pubblico di Fuligno, 1834 (Foligno, Biblioteca finitiva dei disegni e dei piani di esecuzione re-
Comunale).
lativi al ristauro del palazzo municipale di Fu-
ligno”40. Poletti ribadisce la sua contrarietà a

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Antonio Mollari, Prospetto sulla Piazza del Palazzo Comu- Foligno, palazzo Comunale, XIX secolo.
nale della Città di Fuligno, 1834 (Foligno, Biblioteca Comu-
nale).

partecipare al concorso e chiede che gli siano concludono l’8 febbraio 1835), assegna la vitto-
rimborsate le spese sostenute per la redazione del ria al progetto contrassegnato dal motto “Ω” e
progetto pari a 21 scudi e 60 bai. Il concorso, presentato da Antonio Mollari45, che peraltro ri-
dopo avere rischiato di andare deserto (la conse- prende molte delle intuizioni di Poletti, ma che,
gna è posticipata dal 31 maggio al 30 giugno per amplificare la monumentalità, introduce un
1834 41), vede la partecipazione di tre proposte colonnato gigante di ordine ionico sovrapposto
progettuali42, presentate da professionisti che, a un basamento bugnato ad archi, e, per garan-
seppure per diverse ragioni, sono già familiari al- tire la simmetria della facciata principale, evita
l’ambiente culturale folignate (Francesco Canali, ogni forma di coinvolgimento del Palazzo Orfini
Antonio Mollari e Vincenzo Vitali43), mentre il giu- (misurandone la distanza con una facciata-ma-
dizio viene demandato a un’istituzione esterna schera che denuncia inequivocabilmente la pro-
di riconosciuto prestigio quale la Pontificia Ac- pria autonomia) ovvero limita l’altezza della
cademia di Belle Arti di Bologna44. E la commis- “parte orientale del Palazzo che guarda sulla
sione all’uopo nominata, dopo un approfondito nuova Piazza dell’Impero, in modo da farne un
dibattito (i lavori cominciano il 25 gennaio e si corpo a sé, distinto dal resto dalla centina di

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grosso bugnato, dando in tal maniera dimen- dove modifica il progetto vincitore restituendo
sioni uguali alle due ali dell’edificio e centrando un corpo di disegni che “tengono conto dei «pic-
geometricamente la torre”46. La magistratura fo- coli indicati cambiamenti» suggeriti dall’Acca-
lignate ratifica l’esito del concorso in tempi brevi demia”48 di Parma), presenta il “Piano di Ese-
(23 febbraio 183547) e in tempi ancor più brevi cuzione Relativo ai Lavori da eseguirsi secondo
Mollari, confermando la diplomaticità già dimo- il Disegno prescelto dall’Accademia Pontificia di
strata in occasione del concorso triestino (lad- Bologna contenenti le aggiunte di Decorazione

Rilievo architettonico del palazzo Comunale di Foligno, prospetto su piazza della Repubblica (Perugia, Archivio del
Dipartimento di Ingegneria Civile e Ambientale dell’Università degli Studi di Perugia).

Rilievo architettonico del palazzo Comunale di Foligno, sezione lungo via Colomba Antonietti (Perugia, Archivio del
Dipartimento di Ingegneria Civile e Ambientale dell’Università degli Studi di Perugia).

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dalla medesima suggerite per renderlo più mae-


stoso e di maggior lustro alla Città, come si dimo-
stra col Disegno riformato”49 (27 febbraio 1835).
Ma i lavori di costruzione, seppure autorizzati se-
duta stante dal nulla osta della Delegazione Apo-
stolica di Perugia, tardano a partire (il contratto
d’appalto con la “Ditta Boschi Francesco di Peru-
gia” è firmato solo a fine estate50, segnatamente il
10 agosto 1835) e si protraggono per quasi tre
anni. A metà primavera del 1938, infatti, l’opera è
completata, ma per l’effettiva fine dei lavori, a
causa dell’insorgere di una serie di complicazioni
burocratiche (in conseguenza delle quali il can-
tiere è frequentato a vario titolo da molti architetti Domenico Bruschi, Allegoria di Perugia, 1873, Perugia, Pa-
lazzo della Provincia, Sala del Consiglio.
e ingegneri quali Vincenzo Vitali, Filippo Lardoni
e Luigi Mollari51), bisogna attendere il collaudo fi-
nale, eseguito dall’ingegnere Angelo Zucchini di
Spoleto e controfirmato congiuntamente da Mol-
lari e da Boschi il 15 ottobre 1939 ovvero più di un
anno e mezzo dopo52. Il DNA del palazzo è ormai
fissato e poco inciderà la sistemazione interna pro-
gettata da Vincenzo Vitali nel 184053.

Il palazzo del Governo di Perugia (1866-1873)

La volontà del Governo Pontificio di marchiare


con un sigillo indelebile il rinnovamento delle
città umbre preunitarie è tradito dall’impegno
Perugia, chiesa della Confraternita della Misericordia, Nazareno
profuso nei programmi di ridisegno urbano fon- Biscarini, 1873-1896 (da M ENCHETELLI 2007-2008).
dato sulla riorganizzazione della viabilità. Un
impegno che coinvolge tutte le principali città: Mercato”54, mentre a Spoleto le trasformazioni
da Gubbio a Spoleto, da Perugia a Terni. A Gub- urbanistiche preunitarie sono suggellate dal-
bio il piano redatto dall’ingegnere comunale l’apertura della “Traversa postale” tracciata dal-
Giovanni Nini per il restauro e la manutenzione l’architetto comunale Ireneo Aleandri, che modi-
delle strade urbane fa seguito al tracciamento fica chirurgicamente il tessuto edilizio preesi-
della “nuova strada che traversa la Piazza del stente, restituendo un sistema articolato di piaz-

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zette e di slarghi pedonali qualificati dal riordino elenco di opere qualificate dalle componenti or-
di tutte le facciate ivi prospicienti55. Nondimeno namentali in laterizio prodotte dalla fornace pe-
a Perugia risalta l’opera preunitaria di Giovanni rugina di terrecotte artistiche fondata dal fratello,
Battista Baldassarre Cerrini56, progettista della Francesco Biscarini, insieme a Raffaele Ange-
traversa interna che, partendo da porta San Pie- letti60. Tali componenti, per lo più desunte dal vo-
tro, raggiunge la chiesa di Sant’Ercolano per poi cabolario decorativo dell’architettura medievale
ascendere sinuosamente fino alla piazza Riva- lombarda, entrano a far parte integrante della
rola (attuale piazza Italia), e a Terni quella po- cultura artistica perugina e promuovono una ra-
stunitaria di Benedetto Faustini57, artefice del- pida rinascita dell’artigianato locale che, garan-
l’apertura di corso Tacito e della sistemazione di tendo una continuità iconica tra la committenza
piazza Maggiore (attuale piazza della Repub- pontificia e la committenza sabauda, riscatta
blica). Più ancora, però, la volontà pontificia di l’immagine triste e abbandonata registrata im-
lasciare un segno iconico forte è incarnata dal- pietosamente dalla penna di Nathaniel Haw-
l’imponente operazione di consolidamento del thorne61 e dall’obiettivo di Mariano Guardabas-
patrimonio ecclesiastico promossa a partire dal si62. Così come appalesato dalla realizzazione del-
1846 dal vescovo di Perugia Vincenzo Gioacchino l’acropoli postunitaria di Perugia, vero e proprio
Pecci (in seguito asceso al soglio pontificio con corollario urbatettonico del serrato programma
il nome di Leone XIII), che comporta la realiz- riformistico avviato dal marchese Gioacchino Na-
zazione delle “chiese leonine”58: più di cinquanta poleone Pepoli in qualità di “Regio Commissario
edifici sacri disseminati nel territorio dell’attuale Straordinario nelle Provincia dell’Umbria”63. Pe-
archidiocesi di Perugia-Città della Pieve, in parte poli infatti, nel breve volgere di tre mesi, pone le
costruiti ex novo e in parte esito di interventi di premesse “della storia moderna dell’Umbria”64,
ristrutturazione e/o di restauro di edifici chiesa- indicendo il plebiscito che sancisce l’annessione
stici preesistenti, ma sempre e comunque con- al Regno d’Italia dei territori temporaneamente
trassegnati da caratteri stilistici comuni e in posti sotto il suo controllo (4-5 novembre), con-
buona parte riferibili alla ricorrenza di un ri- vocando le elezioni amministrative comunali (11
stretto numero di progettisti che, di fatto, danno novembre) e riunendo in una sola Provincia
vita a una vera e propria équipe interdisciplinare (quella dell’Umbria) le ex delegazioni pontificie
impegnata nella divulgazione dei canoni com- di Perugia, Spoleto, Rieti e Orvieto (decreti n. 197
positivi propri dell’eclettismo. E, tra questi (Gu- e n. 198 del 15 dicembre 1860). Il che ha una ri-
glielmo Calderini, Giovanni Caproni, Filippo caduta fortemente positiva sulla città di Perugia
Lardoni, Guglielmo Rossi, Giovanni Santini), ri- che, in qualità di capoluogo di provincia, benefi-
salta la figura di Nazareno Biscarini59, che con- cia di un maggiore prestigio e ottiene una serie
tribuisce sia quantitativamente che qualitati- di vantaggi “di condizione nell’impianto del nuo-
vamente al conferimento di una marcata im- vo ordinamento politico per l’incentramento nella
pronta eclettica al capoluogo e ai suoi immediati medesima di tanti affari ed offici dell’intera Pro-
dintorni, progettando e realizzando un lungo vincia”65. A cominciare dal decreto emanato il 15

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Nazareno Biscarini, Amerigo Calderini, Progetto di concorso per la sistemazione dell’area dell’ex forte Paolino a Perugia, 1863
(Perugia, Archivio dell’Accademia di Belle Arti “Pietro Vannucci”, Disegni degli architetti, invv. D48-D53).

ottobre 186066. Con esso infatti, “considerando che scontinuità nei confronti di un complesso monu-
la Fortezza di Perugia fu eretta e restaurata dai mentale legato a forme di governo di antico re-
Pontefici per reprimere l’audacia dei Perugini” e gime, che la cittadella fortificata sia concessa “in
volendo agire “a perpetuo ammaestramento dei libera proprietà al Comune”67. Una decisione epo-
Governi che fondano la loro autorità sulla forza cale, cui peraltro fa seguito la Notificazione della
e sulla violenza”, si stabilisce, in nome dei valori Commissione Municipale provvisoria di Perugia68,
liberali del neonato Stato nazionale e della di- che esprime “pubblicamente la universale grati-

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tudine al Regio Governo pel generoso Decreto” e dante e altrimenti inutilizzata, che poteva essere
chiarisce che, sebbene nell’istanza presentata al mobilitata “anche per questa via alla causa del
“re Vittorio Emanuele a mezzo della Deputazione nuovo Stato”74. Nonostante i rischi connessi con
inviata a Macerata per rendergli omaggio” sia l’estemporaneità di un intervento condotto senza
stato espresso “il divisamento che sull’Area del de- un’adeguata pianificazione75, l’iniziativa muni-
molito Forte e nella Piazza fiancheggiata dalle cipale ha comunque il merito di rimediare allo
aggiacenti vie che vi si aprirebbero sorgesse un squallore di un luogo sempre più ingombro di
Edificio destinato all’Accademia di Belle Arti ed macerie e di rifiuti76 e di rimettere in moto l’am-
alla Pinacoteca, o ad altro pubblico stabilimento”, modernamento della città, che, ancora una volta,
preferisce rimandare ogni provvedimento alla riprende a crescere su se stessa77. Al contempo si
“Rappresentanza stabile e legale che sarà del Mu- inaugura però anche l’epoca delle accese rivalità
nicipio”. Nondimeno, in attesa di tale passaggio tra i partecipanti ai due pubblici concorsi indetti
di consegne, i componenti della Commissione dal Comune78 e delle violente polemiche su come
concludono la Notificazione con un invito infor- utilizzare e valorizzare il grande spazio edificabile
male (ma esplicito) agli “Artisti a presentare la che si sarebbe reso di lì a poco disponibile in una
megliore idea per profittare a nuovo lustro e de- delle aree di maggior pregio all’interno delle
coro della Patria di quel luogo ove sorse con mura urbiche79. Il punto di partenza del lungo e
danno secolare un’antica vergogna”69 e il 17 no- animato dibattito, ribadito ancora nel 1863 dal-
vembre – a soli sette giorni di distanza dalla presa l’ingegner Carlo Monaldi, sembra essere uno e in-
di possesso ufficiale della rocca Paolina da parte controvertibile: “se la città di Perugia mal corri-
di Nicola Danzetta e Raffaele Giamboni70 – deli- spondeva alle necessarie comodità quando era
berano di procedere al più presto alla definitiva Capoluogo della vecchia provincia di 200.000
demolizione71 della bastiglia rovinosa descritta da mila anime, or tanto più ne difetta qual centro di
Ferdinand Gregorovius e da Anthony Trollope in cinquecentomila”80. Ne consegue dunque che essa
occasione dei rispettivi soggiorni perugini tra il “ha d’uopo senza dubbio di abbellimenti e di
1861 e il 186272. D’altra parte, la Commissione maggiori comodità se vuol essere nella situazione
altro non è se non l’espressione di quella classe a cui è stata elevata politicamente”. Ed è proprio
politica locale di impostazione liberale che, mi- a partire da questo assunto che lo stesso Monaldi
rando a conseguire un ampio consenso popolare affronta più nel merito il problema, constatando
per se stessa e per il nuovo Stato, sa di poter trarre che “continui sono gl’incagli pel medesimo Mu-
sicuro vantaggio dal rapido abbattimento della nicipio e Governo nel sistemare nuovi offici, nuo-
fortezza73. Grazie a tale operazione, infatti, non ve istituzioni e nuovi centri amministrativi per la
soltanto si consente ai perugini di riappropriarsi mancanza di analoghi ed opportuni fabbricati”;
di uno spazio simbolico a lungo precluso, ma si e ancora che “i medesimi caffè, i passeggi, ed ogni
offre anche uno stimolo forte alle attività dell’im- comodità necessaria in legame allo sviluppo dei
prenditoria perugina, garantendo inoltre l’imme- tempi hanno tal restrizione che lasciano tanto da
diato impiego di quella forza lavoro, sovrabbon- desiderare, che conviene senza altra esitanza av-

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vantaggiare la condizione della città almeno ove


meglio si presta”81. D’altra parte il rebus proble-
matico che sono chiamati a risolvere gli autori
dei progetti presentati nel doppio confronto con-
corsuale è quello di sempre: una volta completato
l’abbattimento del forte, il riassetto urbanistico
deve prevedere la creazione di grandi giardini de-
stinati al passeggio e alle “riunioni popolari”82 o
la costruzione di un organico complesso di mo-
derni edifici pubblici e privati rispondenti al gusto
Perugia, palazzo della Provincia, veduta da piazza Vittorio
della nascente borghesia oltre che ai nuovi criteri Emanuele, XIX secolo.
di decoro e funzionalità?83. Deve consegnare ai
posteri un grande spiazzo a mo’ di belvedere, pro-
teso sulla città che degrada verso la campagna, o
un nuovo imponente palazzo “destinato ad ospi-
tare e ‘rappresentare’ le nuove strutture ammini-
strative cittadine”, ma capace al tempo stesso di
fungere da volano della trasformazione in chiave
moderna e borghese del nuovo centro della Peru-
gia postunitaria?84 O forse, mediando le due ipo-
tesi (così come auspicato dalle raccomandazioni
contenute nella Notificazione del 25 luglio 1863), Flaminio Rotondi, Veduta del monumento equestre al re Vit-
deve restituire “una vasta piazza nello innanzi di torio Emanuele da collocarsi in fondo al prolungamento
della via del Corso a Perugia, 1878 (Perugia, Archivio del-
un Fabbricato” da realizzare in corrispondenza l’Accademia di Belle Arti “Pietro Vannucci”, Fondo didattico
delle antiche sostruzioni “in modo che posterior- Prospettiva, inv. 302).
mente alla Fabbrica medesima possa rimanere
altra area spaziosa, che lasci libero il vasto oriz- vole sezione di Architettura della Regia Accademia
zonte, il quale si spiega innanzi agli occhi in delle Arti del Disegno di Firenze riguardo ai pro-
quella località”85? Il dibattito artistico-architetto- getti elaborati in occasione del secondo con-
nico sul riuso dell’area è lungo e vivace86. Ma so- corso87. Fino a giungere alla travagliata decisione
prattutto è segnato dalla costituzione di com- del Consiglio Comunale di non prendere in con-
missioni di esperti litigiosi quanto incapaci di per- siderazione il verdetto dell’Accademia fiorentina
venire a un verdetto definitivo e, di conseguenza, e di affidarsi alle valutazioni dell’ingegner Anto-
dalla richiesta del “parere architettonico” dap- nio Cipolla, dettata dalla necessità di superare la
prima dell’ingegnere fiorentino Pietro Campovele polemica scatenatasi fra alcuni concorrenti e di
in merito ai progetti presentati in occasione del disporre in tempi rapidi di un progetto definitivo
primo concorso e, quindi, dell’ancor più autore- ufficialmente approvato88. Il che, a dispetto del ne-

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Alessandro Arienti, Particolare costruttivo di un elemento di coronamento angolare, pianta e


prospetto, 1870 (Perugia, Archivio Storico della Provincia di Perugia).

Rilievo architettonico del Palazzo della Provincia di Perugia, prospetto su piazza Italia (Perugia,
Archivio del Dipartimento di Ingegneria Civile e Ambientale dell’Università degli Studi di Perugia).

cessario rinnovamento dell’ordine planimetrico, l’esito di una politica pianificatoria esclusiva-


appalesa l’occasionalità dell’imponente ricom- mente dettata dalle nuove esigenze di tipo sociale
posizione di piazza Italia compiuta nell’ultimo o burocratico-amministrativo, ma trova piuttosto
scorcio dell’Ottocento89. Tale sistemazione infatti, la sua matrice in motivazioni politico-ideologi-
a differenza di quanto avviene nel ridisegno delle che e, soprattutto, in ragioni economiche91. Non
aree centrali di altre città italiane90, non incarna a caso nel 1867, “dopo lungo discutere, dopo una

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Rilievo architettonico del Palazzo della Provincia di Perugia, sezione (Perugia, Archivio
del Dipartimento di Ingegneria Civile e Ambientale dell’Università degli Studi di Perugia).

Rilievo architettonico del Palazzo della Provincia di Perugia, prospetto su largo della
Libertà (Perugia, Archivio del Dipartimento di Ingegneria Civile e Ambientale dell’Università
degli Studi di Perugia).

lotta piuttosto vigorosa la quale ebbe le sue vit- nesse mano alla sistemazione dell’area ove sor-
time e costò all’erario comunale parecchie mi- geva il Forte Paolino, e allo scopo approva[va] a
gliaia di lire senza alcun pro, sendosi voluto far grande maggioranza di voti il seguente ordine
trionfare una quistione personale; finalmente del giorno proposto dal consigliere Sig. Prof.
nella tornata del 21 Gennaio dell’anno corrente Alessandro Bruschi: «1a parte - Se piace in mas-
il municipale Consiglio decreta[va] che si po- sima adottare il progetto dell’Ingegnere Archi-

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finisce per configurarsi come polo civico e poli-


tico, accogliendo, dopo l’adattamento e la deco-
razione dei locali compiuti tra il 1872 e il 1873,
la residenza prefettizia nonché gli uffici della
Prefettura e della Provincia, fino a quel momento
ospitati nel Palazzo dei Priori in coabitazione con
l’amministrazione comunale95. Ciò che ne risulta
a livello urbanistico è una piazza che, seppure
sostruita sulle vestigia della fortezza, tende a can-
cellarne ogni traccia e che, con la sua forma ret-
tangolare oltre che con il disegno simmetrico del
giardino (amplificato dalla posizione centrale
prescelta per la statua equestre di Vittorio Ema-
nuele II96), tradisce un forte debito verso i nuovi
Francesco Moretti, vetrata del lucernario, 1873, Perugia, Pa-
lazzo della Provincia, Sala del Consiglio.
modelli piemontesi (e, con essi, verso le squares
inglesi)97. Mentre ciò che ne risulta a livello ar-
tetto comunale Alessandro Arienti sulla completa chitettonico è un campione di virtuosismo eclet-
sistemazione dell’area dell’ex Forte Paolino qua- tico che, sia per la sua sostanziale estraneità
le è stato presentato dal medesimo, e come risulta figurativa rispetto al contesto sia per la sapienza
dai relativi disegni esposti al pubblico. 2a parte - costruttiva di Alessandro Arienti98, sembra quasi
In seguito dell’accettata proposizione il Consiglio levitare sull’acropoli99. Un edificio-landmark in-
incarica la Giunta a procedere nel più breve ter- teso come “casa dell’Unità”100 ovvero come “mo-
mine possibile alla edificazione della fabbrica numento che attesterà ai secoli venturi il primo
centrale ed alla sistemazione della piazza e vie periodo della riunione e dell’affratellamento delle
laterali, introducendo tutte quelle modificazioni varie Provincie d’Italia”101 e nel quale l’Arienti
in senso artistico ed economico che si stimassero riesce “con somma perizia ad adattare l’estetica
opportune a fine che lo edifizio meglio corri- all’uso, uso burocratico, irto di speciali esigenze,
sponda agli scopi cui è destinato senza portare e pure ornandolo di belle decorazioni conformi
notevole variazione nella somma su tal fine de- allo stile generale della costruzione, massime
terminata nelle relative perizie»”92. Inaugurando nell’ampia sala destinata alle adunanze del Con-
la tradizione di un malcostume ciclicamente ri- siglio Provinciale”102. Ma quel che più conta è che,
corrente nella Perugia del XX secolo93, gli esiti riprendendo le linee guida del progetto di Amerigo
dei due concorsi vengono disattesi e alla fine pre- Calderini e Nazareno Biscarini del 1863, l’edificio
vale una soluzione di compromesso, concretiz- viene concepito come cerniera tra una grande
zatasi nella costruzione di un nuovo edificio: “piazza anteriore”, opportunamente ampliata e
quella “Fabbrica di Mezzo”94 che, nonostante livellata, e una “piazza posteriore, ad uso di pub-
l’iniziale incertezza sulla sua destinazione d’uso, blico giardino e belvedere”103, protesa come una

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11
ringhiera su un panorama che ispira a Giosuè MURATORE, LOIALI 2005.
12
GARMS 1983, p. 85.
Carducci Il canto dell’amore e in cui lo sguardo 13
BARUCCI 2006, p. 22.
dei cittadini di Perugia può finalmente perdersi 14
Luigi Poletti (Modena 1792 - Milano 1869) “si iscrive alla
fra valli e colline104, spaziando da un punto di Facoltà di Ingegneria dell’Università di Bologna – dove fu
vista inedito dal quale si respira “aria di riconqui- allievo di Giuseppe Venturoli – conseguendovi, negli anni
successivi, i titoli di ‘Bacelliere’ (1812), ‘Licenziato’ (1813)
stata libertà”105. Sarà poi Guglielmo Calderini, e, infine, ‘Laureato a pieni voti con menzione del Governo’
con l’erezione dell’imponente palazzo sociale dei (1814). In questo periodo studia architettura all’Accademia
Canapè prima e dell’elegante palazzo Cesaroni Clementina [...] Quindi inizia la sua permanenza a Roma
[...] – dove – frequenta un corso di specializzazione per in-
poi, a riportare il baricentro percettivo del nuovo gegneri (1818-1821) e segue, come uditore, i corsi dell’Ac-
spazio verso piazza Vittorio Emanuele, suggel- cademia di S. Luca” fino a diventare egli stesso prima
lando con la propria autorevolezza la metamor- accademico (1829) e poi docente (1839), entrando in con-
tatto con i principali maestri dell’architettura dell’epoca come
fosi della città aristocratica e medievale in città Giuseppe Valadier, Raffaello Stern e Giuseppe Camporese. “Nel
borghese e liberale106. 1828 compie un viaggio di aggiornamento a Parigi e Londra.
L’anno successivo viene abilitato con ‘patente legale’ al libero
esercizio, e nominato perito giudiziale della Sacra Rota e della
Congregazione dello Stato”. [...] Nel 1833 “il Papa Gregorio
1
“Il ritorno del vecchio Piermarini in patria, nel 1798, non XVI lo nomina coadiutore alla direzione dei lavori di rico-
porta alcuna svolta nell’architettura locale, visto che egli struzione della Basilica di San Paolo fuori le mura a Roma.
non solo sembra aver assunto un atteggiamento di ‘nobile [...] Lo stesso anno è eletto Segretario dell’Accademia di S.
distanza’ preparando disegni soltanto per il teatrino di Ma- Luca”. Nel 1836 “assume l’incarico di professore supplente
telica, ma soprattutto perché era rimasto sostanzialmente alla cattedra di Architettura Pratica (ottiene la cattedra nel
fermo sulle sue posizioni stilistiche di transizione al primo 1839) che conserva fino al 1850, quando gli viene conferita
neo-classico”. GARMS 1983, p. 91. quella di Architettura Teorica”. [...] Ma ciò che lo impegna
2
“Fermamente convinto della necessità di dotare l’Accade- fino alla morte, avvenuta il 2 agosto del 1869, è il grande can-
mia perugina di un adeguato ordinamento normativo-di- tiere di ricostruzione di San Paolo, che resterà comunque in-
dattico e di istituire una serie di insegnamenti ritenuti compiuto”. Nota biografica 1992. Per quanto riguarda
fondamentali per l’educazione dei giovani all’arte, – Orsini l’attività professionale, Poletti lavora soprattutto in Emilia,
– elaborò, sul modello dell’Accademia Clementina di Bolo- Romagna, Marche, Umbria e Lazio, realizzando i teatri co-
gna e dell’Accademia di San Luca di Roma, un corpo di in- munali di Terni (1836-1849), Rimini (1842-1857) e Fano
dicazioni e di suggerimenti volti a favorire l’insegnamento (1845-1863), partecipando alla ricostruzione della basilica
di prospettiva, architettura, geometria, pittura, nudo e ana- di San Paolo fuori le mura a Roma distrutta dall’incendio
tomia”. BELARDI 2008, p. 26. del 1823 (1833-1869) e firmando monumenti celeberrimi
3
RICCI 2006, pp. 88-99. quali la colonna dell’Immacolata a Roma (1855-1857). Po-
4
“Ben note – ad esempio – sono le impressioni di Goethe letti comincia a frequentare con continuità l’Umbria nel
su Assisi che guardò con l’occhio del classicista e trascurò la 1823, quando è incaricato di redigere studi e disegni per la
‘triste chiesa di San Francesco’ per ammirare il classico tem- cripta di San Francesco ad Assisi (opera poi affidata a Pa-
pio di Minerva, in armonia, del resto, con il gusto dei suoi squale Belli e a Giuseppe Brizi). Da questo momento in poi
tempi”. DE VECCHI RANIERI 1986, p. 80. il rapporto con l’Umbria è sempre più stretto: consolida il
5
VERDI 1998. tempio della Consolazione a Todi (1829), lavora all’adatta-
6
MICALIZZI 1988, pp. 208-212. mento dell’ospedale di Santa Lucia a Narni (1831) e del-
7
LAMETTI 2001, pp. 97-99. l’ospedale di Santa Margherita a Perugia (1832), dirige i
8
BELARDI, LASCARO in corso. lavori di ricostruzione postsismica della basilica di Santa
9
MANCINI 2006, p. 17. Per un quadro dell’architettura umbra Maria degli Angeli ad Assisi (1832-1842), progetta l’amplia-
dell’Ottocento cfr. CANALI 2010. mento della chiesa di San Giovanni Battista a Magione
10
Giuseppe Sordini 1994. (1836) e il teatro comunale di Todi (1838), realizza il cimi-

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tero di Terni (1840) e la chiesa di San Filippo a Nocera Umbra socio di merito all’antica, e rinomata Accademia di belle
(1859). VACCARI 1990-1991; Luigi Poletti architetto 1992. arti; e che tenesse più fiate incarico di giusdicente, delegato
15
CHIUINI 2002a, p. 47. del collegio filosofico della rinomata università in unione
16
Pietro Ghinelli (Senigallia 1759-1834) “si formò pro- al chiarissimo Professore Matteo Martini, per gli esami di
fessionalmente come architetto a Senigallia [...] dove “agli libera pratica dei periti ed architetti”. Nel 1839 Poggi è no-
inizi dell’Ottocento, probabilmente grazie all’aiuto dello minato ingegnere comunale delle province di Fermo e
zio, padre Andrea Ghinelli, ricevette diversi incarichi dal Ascoli, quindi si trasferisce nel 1840 a Ferrara, nel 1841 a
Comune di Fano. [...] Nel 1805, per le sue capacità inge- Camerino, nel 1846 a Perugia, nel 1848 a Spoleto, nel 1850
gneristiche, [...] venne eletto “consigliere del porto di a Camerino e quindi, nello stesso anno, si stabilisce defi-
Fano”. [...] Nel 1815 fu nominato “direttore delle fonti” di nitivamente a Perugia. In questi ultimi anni “i Tribunali
Senigallia e, l’anno seguente, ingegnere comunale [...]. di più luoghi lo vollero Perito giudiziario in cause di rile-
Nel 1828 fu nominato “deputato dell’ornato pubblico” di vanza: il Consiglio Provinciale di Perugia lo nominò nella
Senigallia, carica che mantenne sino al 1833. CIOCCOLONI Commissione per un Regolamento sul buon governo dei
1979. Per quanto riguarda l’attività professionale, Pietro corsi d’acqua. L’Amministrazione degli Ospedali di Perugia
Ghinelli restaura il teatro della Fortuna a Fano (1807) e stessa l’incaricò dell’inalveazione del Torrente che vaga
il teatro Rossini a Pesaro (1816-1818), realizza il teatro nella Tenuta della Stampa, operazione che produsse il de-
delle Muse ad Ancona (1822-1827), il teatro Comunale siderato effetto, e ricchezza alla medesima”. Nel 1860, è
(1828-1830) e il Foro Annonario (1830-1835) a Senigallia, nominato “Ingegnere dirigente provvisorio la quarta se-
la ristrutturazione di palazzo Albani a Urbino (1831). Per zione presso la Direzione Centrale per le Poste, Telegrafi e
quanto riguarda l’Umbria, Pietro Ghinelli collabora con Lavori Pubblici”. BIANCONI 1865. Per quanto riguarda l’at-
Luigi Fedeli alla costruzione del teatro Apollo a Foligno tività professionale, Poggi, che “dalla sapienza di Pio PP.
(1820-1827), poi scomparso a seguito dei bombardamenti VII – è – eletto conte e cavaliere”, trasforma la cereria De
della seconda guerra mondiale. MARIANO 1995a, p. 447. Romanis in manicomio a Macerata (1822-1834), progetta
17
Odoardo Poggi (Bologna 1789 - Perugia 1864), dopo la nuova facciata del palazzo Apostolico a Foligno (1832)
avere studiato all’Accademia di Belle Arti e all’Università e l’ospedale a Bevagna (1834), converte il forte Malatesta
di Bologna nonché alla Scuola Militare del Genio a Mo- in carcere ad Ascoli Piceno (1839). In morte 1864.
18
dena e dopo essere stato allievo di Giovanni Antolini e Vincenzo Ghinelli (Montescudo 1792 - Senigallia 1871)
Francesco Santini, è nominato nel 1816 ingegnere aspi- si formò “presso lo zio Pietro Ghinelli, con il quale colla-
rante nella Commissione del Reno ed è poi chiamato nel borò negli anni dieci al cantiere del teatro Comunale di
1818 a far parte del Reparto del Patrimonio, Agro e Co- Pesaro. [...] Nel 1828 si trasferì nell’isola di Corfù, allora
marca di Roma, da dove si trasferisce nel 1821 a Macerata sotto il protettorato inglese, dove fu impegnato per dieci
in veste di architetto camerale, nel 1823 a Terracina in anni in opere di ingegneria idraulica e militare. [...] Al
qualità di ingegnere comunale deputato alla bonifica pon- suo rientro nelle Marche” intraprese un’intensa attività
tina e nel 1826 a Perugia dove “per anni 12 presso l’Inge- professionale, che lo portò a progettare e realizzare nume-
gnere Giovanni Cerrini disimpegnò la massima parte del rosi teatri sparsi in tutta l’Italia centrale. Tuttavia “l’attività
servizio per le strade Nazionali e Provinciali, e per le Fab- di Vincenzo Ghinelli non si limitò al campo dell’edilizia
briche pubbliche, nonché tutti i lavori idraulici, special- teatrale ma riguardò anche interventi a scala urbana”
mente della Vice-prefettura delle acque di Fuligno, per la concentrati a Urbino e soprattutto a Senigallia, dove “nel
quale rinnovò le arginature nelle rotte a Budine, determi- 1851 fu nominato ingegnere comunale”. DI MARCO 1979.
nando la sezione che doveva avere il fiume nella sistema- Per quanto riguarda l’attività professionale, Vincenzo Ghi-
zione. [...] Nelle commozioni politiche del 1831, il Poggi nelli realizza il teatro Comunale di Cesena (1842-1846),
non si risparmiò a bene d’Italia e nel 1932 prestossi gra- il palazzo Comunale di Matelica (1844-1854), il teatro La
tuitamente qual deputato nell’emergenza dei disastri ca- Fenice di Camerino (1845-1855), il teatro Sanzio a Urbino
gionati dal terremoto in Fuligno, Bevagna, Cannara ed (1846-1853), il teatro Camurio di Fabriano (1847-1852)
altri paesi dell’Umbria curando la costruzione dei Casotti, poi andato distrutto in un incendio (1863) nonché la so-
la provvista dei legnami e la riparazione dei pericolanti praelevazione del Foro Annonario (1844-1848), la ristrut-
edifizi; ricostruendo in parte i caduti. [...] L’estimazione turazione dello stabilimento Pio (1857-1860) e l’amplia-
meritatamente crescente verso il sagace ingegnere nella mento dello stabilimento dei Bagni (1863-1868) a Seni-
colta Città di Perugia, fece sì, che fosse annoverato qual gallia, partecipa al restauro del teatro Piermarini di Ma-

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telica (1849-1851), del teatro Rossini di Pesaro (1853- venta poi onnipresente ‘architetto comunicativo’, attivo
1854) e del teatro La Vittoria di Ostra (1858), progetta il dal 1830 fino agli anni Sessanta”. GARMS 1983, p. 89. Per
teatro di Rimini (1838-1839) e il teatro di Rieti (1853- quanto riguarda l’attività professionale, espletata quasi
1854). Per quanto riguarda l’Umbria, Vincenzo Ghinelli esclusivamente nella città natale, Vitali ricostruisce la fac-
apporta le modifiche interne suggerite da Luigi Poletti al ciata della chiesa del Suffragio (1821-1826), restaura la
teatro Comunale di Gubbio (1859) realizzato su progetto chiesa dell’Annunziatella (1829-1830), realizza la facciata
di Ercole Salmi. SPINA 1995-1996. del palazzo Apostolico (1841-1847) e l’ospedale di San
19
Giuseppe Riccardi (Terni 1778-1854) “è uno dei mag- Giovanni Battista (1845-1860), progetta la cappella del
giori artefici dello sviluppo architettonico e urbanistico Santissimo Sacramento (1846), ristruttura il campanile
della città di Terni nella prima metà dell’Ottocento. S’in- del duomo di San Feliciano (1847) e traccia la strada di
teressa di ferrovie e sostiene l’idea della linea Roma-An- accesso al quartiere delle Puelle (1851).
22
cona lungo la Valnerina per facilitare le comunicazioni Giovanni Santini (Umbertide 1802 - Perugia 1868)
tra Tirreno e Adriatico. Costruisce l’Anfiteatro Gazzoli, poi “vince nel 1832, superando Filippo Lardoni e Alessio Star-
Alterocca, quindi Politeama ternano, Politeama Lucigli, nari, la cattedra di Architettura all’Accademia Perugina,
oggi multisala City Plex. Lavora anche alla realizzazione incarico che ricoprirà fino al 1868, mentre dal 1834 al
del Teatro comunale, oggi Teatro Verdi” (MAGGIOLINI 2008, 1850 insegnerà pure Prospettiva e Ornato, distinguendosi
p. 22). Riccardi “ricoprì importanti cariche cittadine; ebbe per le sue capacità di insegnante attento e dinamico. Men-
dal Governo Pontificio varie e delicate missioni a Parigi, tre in quel tempo, l’insegnamento dell’architettura si ba-
Costantinopoli, Mosca. Ideò e diresse gli scavi che misero sava soprattutto sulle copie e sugli studi di edifici classici
in luce le mura dell’Anfiteatro Fausto; [...] diede alle Greci e Romani, ripresi dalle stampe o dalle incisioni, San-
stampe vari suoi pregevoli scritti, fra i quali: Ricerche isto- tini, con uno spirito nuovo, lo conduce alla conoscenza
riche e fisiche sulla caduta delle Marmore ed osservazioni dei monumenti famosi di tutti gli stili e allo studio dal vero
sulle adiacenze di Terni”. CIAURRO 1931a, p. 85. con rilievi, piante e dettagli. Come valente architetto, lavora
20
Ireneo Aleandri (San Severino Marche 1795 - Macerata soprattutto in Umbria dove lascia diverse opere tutte im-
1885) “compie studi di ingegneria e a Roma frequenta prontate ad uno stile decisamente neoclassico”. Santini
l’Accademia di San Luca dove segue i corsi di Raffaele Giovanni 1989. Per quanto riguarda l’attività professio-
Stern e Giuseppe Camporese. Nel 1819 torna a San Seve- nale, Santini lavora soprattutto in Umbria, realizzando la
rino. Architetto del cardinale Benvenuti (vescovo di Osi- chiesa matrice di Monte Castello Vibio, le chiese parroc-
mo), ingegnere comunale, ingegnere governativo di Spo- chiali di San Martino in Colle e Tuoro nonché il Santuario
leto e della provincia, esegue numerosi lavori di restauro della Madonna della Stella a Montefalco. GRISANTI 1989-
e nuove realizzazioni nelle Marche e nell’Umbria. Di for- 1990; PERSICHINI 2006-2007; PRENNI 2006-2007.
23
mazione neoclassicista, il suo linguaggio è mediato dal Virginio Vespignani (Roma 1808-1882) “fratello del ve-
classicismo dell’ambiente romano cui aderisce con un scovo di Orvieto, compie studi di filosofia, matematica, di-
gusto purista vicino ai grandi maestri del Quattrocento e segno e ornato. Studia architettura con Luigi Poletti con
primo Cinquecento”. NERI 2000, p. 500. Per quanto ri- il quale collabora ai lavori di ricostruzione della basilica
guarda l’attività professionale, Aleandri lavora soprattutto di San Paolo fuori le mura. È nominato professore di Ar-
in Umbria e nelle Marche, vincendo il concorso per lo sfe- chitettura pratica e poi di Architettura teorica all’Accade-
risterio di Macerata (1823-28) e realizzando i teatri comu- mia di San Luca (1855-73) di cui diverrà presidente. È
nali di San Severino Marche (1823), Ascoli Piceno (1841) l’architetto più importante del governo pontificio di Pio
e Spoleto (1854-64) nonché la villa Caterina a Porto San IX. Fa parte della Commissione di antichità e di belle
Giorgio (1825), la nuova facciata della chiesa collegiata arti, della Commissione di storia paleografia ed archeo-
di Otricoli (1840) e il viadotto di Ariccia (1846). L AVAGNINO logia, e ricopre altri incarichi di prestigio”. NERI 2000,
1979; CRISTINI, MARIANO 2004. pp. 502-503. Per quanto riguarda l’attività professionale,
21
Vincenzo Vitali (Foligno 1797-1878) rappresenta “il mo- Vespignani realizza a Roma la porta San Pancrazio (1851-
dello stesso dell’ingegnere-architetto-funzionario, per il 1854), la facciata esterna di porta Pia (1852-1868), l’in-
quale il mestiere di architetto significa la corretta e degna gresso monumentale, il quadriportico e la chiesa del
applicazione degli ordini in una moderata sintesi di rigore cimitero del Verano (1849-1871), la sistemazione di piazza
rinascimentale e retorica neoclassica. Lo incontriamo dap- di Monte Cavallo e di via della Dataria (1864-1866), la
prima piuttosto come ingegnere perito del Comune; di- chiesa di San Tommaso di Canterbury (1865-1888). A Vi-

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terbo realizza il teatro dell’Unione (1844-1855), a Ceprano Biblioteca Comunale «Luigi Poletti», Modena, Archivio
la facciata della collegiata di Santa Maria Maggiore (1863) privato «Luigi Poletti» (d’ora in poi APLP) 21, C 2, 3.
29
e a Tarquinia il nuovo casino della villa Bruschi-Falgari Ibidem.
30
(post 1851). In Umbria lavora soprattutto a Orvieto, dove Ivi, C 2, 2.
31
realizza il teatro comunale (1853-1866), restaura il pa- Ivi, C 2, 3.
32
lazzo dell’Opera del Duomo (1857), ricostruisce la chiesa Ivi, C 2, 6.
33
di Santa Maria dei Servi (1857-1881) e amplia il palazzo Ivi, C 2, 7.
34
Bracci-Testasecca (1875-1881), ma anche a Gualdo Ta- La perizia è conservata all’Archivio di Stato di Perugia -
dino, dove si occupa del restauro, dell’ampliamento e della Sezione di Foligno (da qui in poi ASPg, ASF), Archivio Mo-
costruzione del campanile della cattedrale di San Bene- derno, b. 1001, fasc. anno 1833, mentre in APLP 21, C 2,
detto (1870-1915). CIRANNA 1996; BARUCCI 2006. 11 è presente una minuta che, pur differendo dal docu-
24
Luigi Poletti a Todi, Perugia, Narni, Assisi, Magione, mento folignate nell’articolazione di alcuni punti, non ne
Terni e Nocera Umbra, Pietro Ghinelli a Foligno, Odoardo differisce nel contenuto.
35
Poggi a Foligno e Perugia, Vincenzo Ghinelli a Gubbio, ASPg, ASF, Archivio Moderno, b. 1001, fasc. anno 1833.
Giuseppe Riccardi a Terni, Ireneo Aleandri a Otricoli e Spo- In merito ai due disegni presentati, di cui non sussistono
leto, Vincenzo Vitali a Foligno e Bevagna, Giovanni Santini tracce archivistiche né a Foligno né a Modena, Poletti
a Perugia, Montefalco e Umbertide, Virginio Vespignani a spiega: “Nel primo si trovano le piante degli ambienti che
Orvieto e Gualdo Tadino. riguardano la facciata coll’indicazione in rosso dei rinforzi
25
Antonio Mollari (Montolmo 1768-Roma 1843) “studiò e modificazioni necessarie a ridonare la solidità alla torre,
architettura a Roma. Da Roma, nella invasione francese, e alle parti della fabbrica danneggiate dal terremoto e dal
fuggì a Venezia; donde si recò a Trieste, dove presentò il di- tempo. Nel secondo l’alzata di un tale ristauro ridotto a
segno per la costruzione della nuova Borsa, inciso in quat- quella proprietà e decoro che si conviene all’insigne Ma-
tro grandi tavole con prospettive e spaccati, e dedicato nel gistratura di una nobile città, com’è Fuligno”.
36
1802 a Francesco II, disegno preferito fra tanti altri dalla Ivi, Relazione intorno al progetto di restauro del Pa-
r. Accademia di Parma. La prima pietra fu posta solenne- lazzo Comunitativo redatto dal Sig. re Luigi Poletti, ed
mente il 7 maggio 1802, e l’8 settembre 1806 le sale della intorno alle altre operazioni occorrenti per il completo
nuova Borsa furono aperte al pubblico. [...] Del Mollari ristabilimento di questa fabbrica redatta dall’Ing. Anto-
Trieste possiede anche il Palazzo Chiozza. Tornato in patria nio Rutili-Gentili il 20 aprile 1833.
37
nel 1807, il Mollari vi fu accolto con onore, e fu eletto Ibidem.
38
primo priore, e pose mano a lavori di ricostruzione: per “La Torre dovrà rimanere come trovasi dal piano in su
esempio, ridusse a modiche proporzioni l’Ospedale, troppo dei Fenestroni della Campana. [...] Nella distribuzione e
suntuosamente disegnato dal Valadier. «Ma declamando riparto del Disegno e decorazioni dovranno conservarsi in-
contro i soprusi e le ingiuste usurpazioni (dice il Barto- tatti i Cinque punti seguenti cioè – 1. La Fenestra di mezzo
lazzi), si attirò fiera persecuzione; onde si allontanò, e finì della Sala grande corrispondente alla porta che serve d’in-
altrove i suoi giorni»”. NATALI 1911, pp. 123-124. Per quan- gresso alla medesima; ed al centro del Cortile interno – 2.
to riguarda l’attività professionale, Mollari, oltre a parte- La Porta d’ingresso di detto Palazzo – 3. Il Ponte detto del
cipare al consolidamento postsismico della basilica di Forno che serve di traversa Pubblica – 4. Il centro della
Santa Maria degli Angeli ad Assisi (1832) e a redigere la Torre dove al piano dei mezzanini dovrà crearsi una fene-
perizia per il restauro della chiesa della Madonna del Mau- stra a prospetto o Lunetta – 5. Finalmente l’imboccatura
soleo a Spello (1832-1833), espleta molti incarichi a Foli- dell’altra traversa Pubblica che separa il Palazzo Munici-
gno: restaura la chiesa del monastero di Betlem (1832), pale dal Palazzo Orfini, quale imboccatura dovrà essere
ricostruisce la chiesa priorale di Budino (1832) e realizza mantenuta almeno di una larghezza capace del passaggio
le chiese parrocchiali di Scafali (1833) e di Villa di Colle di un carretto”. Ivi, Notificazione datata 26 febbraio 1834.
San Lorenzo (1833). NATALI 1911, pp. 123-124; CRUCIANI- La spesa massima consentita per l’opera era di 6.500 scudi.
39
FABOZZI 1991; Antonio Mollari 2006. APLP 21, C 2, 26.
26 40
SENSI 1980. Lettera di Poletti a Filippini del marzo 1834 in ASP-ASF,
27
PERILLI 1840; LUNGHI, LUNGHI 1989. Sugli effetti del sisma Archivio Moderno, b. 1001, fasc. anno 1833.
41
cfr. GUASTI 1882. Sugli interventi di consolidamento cfr. Ivi, Notificazione datata 20 maggio 1834.
42
SORRENTINO, BRUCCOLERI, ANTONINI 2008. Alcuni disegni della facciata del Palazzo sono conservati

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in BCF, X, 15/3. Tra questi almeno uno, anonimo, è un Piano di esecuzione della Nuova Facciata del Pa-
elaborato di concorso in quanto è riconoscibile in basso lazzo Comunale di Foligno, ASPg, ASF, Archivio Moderno,
a destra il sigillo con amorino e tre stelle che permette di b. 1001 bis.
47
identificarlo come il secondo progetto concorrente (Voto Ibidem.
48
della Commissione Permanente di Architettura con- ZANNI 1982, p. 147.
49
fermato dal Corpo Accademico nella Sessione degli 8 ASPg, ASF, Archivio Moderno, b. 1001 bis.
50
febbraro 1835. ASPg, ASF, Archivio Moderno, b. 1001 bis, Ivi, fasc. anno 1835.
51
fasc. anno 1835). Tra i disegni conservati, è presente Luigi Mollari, figlio di Antonio Mollari e di Josepha
anche un prospetto firmato da Vincenzo Vitali e datato 28 Genau, dopo essersi diplomato presso l’Accademia di Belle
giugno 1834, che corrisponde alla descrizione che gli ac- Arti di Perugia (1824), collabora prima con il padre (se-
cademici bolognesi danno del primo progetto in concorso, gnatamente nel cantiere assisate della basilica di Santa
anche se la presenza della firma e l’assenza dei sigilli la- Maria degli Angeli e in quello folignate del palazzo Comu-
sciano supporre che il disegno pervenutoci non sia l’ori- nale) ed è poi attivo a Terracina (Lt) dove, in qualità di
ginale presentato in concorso. Anche il prospetto che ci è ingegnere capo dell’ufficio tecnico comunale, porta a com-
pervenuto a firma di Antonio Mollari (e disegnato da suo pimento i progetti redatti da Giuseppe Valadier, Pietro
figlio Luigi) non è quello di concorso, ma presumibil- Bracci e Antonio Sarti per la piazza della Marina oltre che
mente quello “riformato” in seguito alle notazioni effet- per la chiesa del Santissimo Salvatore (1847), realizza il
tuate proprio dagli accademici bolognesi: non a caso porto-canale (1843) ed esegue rilievi archeologici della
porta il titolo “Prospetto sulla Piazza del Palazzo Comu- porta di Teodorico (1852).
52
nale della Città di Fuligno idiato dall’Ingegnere in Capo ASPg, ASF, Archivio Moderno, b. 1001, fasc. anno 1839.
53
Architetto Camerale Pontificio ed Accademico dell’Uni- Ivi, fasc. anno 1840.
54
versità di Perugia che riportò la palma nel Concorso pub- Il “piano di esecuzione della strada” è redatto nel 1822
blicato colla Notificazione delli 26 febbraro 1834, in (Archivio di Stato di Roma, Congregazione del Buon Go-
forma della decisione, e voto dell’Accademia delle Belle verno, serie II, b. 1995), mentre la perizia dell’ingegner
Arti residente in Bologna”. Giovanni Nini è redatta nel 1824 (ivi, b. 1996). Cfr. anche
43
Il nome di Francesco Canali è citato in GARMS 1983, p. DEL GIUDICE, MASTRINI 2000.
55
207, ma non trova riscontro nei disegni conservati in BCF, DI MARCO 1982; DI MARCO 1985; DI MARCO 1987; RAMBOTTI
X, 15/3. Antonio Mollari, come concorrente e vincitore del 2000.
56
concorso, compare nel verbale datato 23 febbraio 1835. V. Giovanni Battista Baldassarre Cerrini (Perugia 1771 -
ASPg, ASF, Archivio Moderno, b. 1001 bis, fasc. anno 1835. 1842) “si iscrive all’Accademia di Belle Arti di Perugia e
Nel medesimo verbale si specifica che “Il concorso n° 2 studia architettura sotto la guida di Baldassarre Orsini [...].
fu’ ritirato dall’Ill.mo Sig.re Gonfaloniere. Il concorso n° Sotto il governo francese occupa la carica di Ingegnere
3 con i fogli relativi fu’ ritirato dall’Ill.mo Sig.re Antonio Ordinario delli Ponti e Argini del Dipartimento del Tra-
Rutili Anziano”, lasciando così nell’anonimato gli altri simeno e, mutata la scena politica, ricopre l’importante
due concorrenti. incarico di Ingegnere in Capo di Perugia del Corpo Pon-
44
La commissione, la cui composizione ricalca quella della tificio d’Acque e Strade al servizio della Delegazione Apo-
“Commissione Permanente di Architettura” dell’accademia stolica”. CHIARALUCE, ROCCHI BILANCINI 2010, p. 37. Per
parmense, è così costituita. Accademico Antonio Serra Inge- quanto riguarda l’attività professionale, Cerrini restaura
gnere Architetto Presidente. Accademico Professore Francesco la chiesa di Santa Maria Maggiore a Bettona (1803-1816)
Santini Ingegnere Architetto. Accademico Carlo Parmeggiani e l’acquedotto di Monte Pacciano a Perugia (1827), pro-
Ingegnere Architetto. Accademico Professore Antonio Basoli. getta la sistemazione della piazza del Mercato a Magione
Accademico Filippo Antolini Ingegnere Architetto. Professore e realizza l’altare della cappella di San Bernardino nella
Leandro Marconi. Il verdetto è firmato da Antonio Bolognini cattedrale di San Lorenzo a Perugia (1797), il ponte sul
Amorini in qualità di Pro-Presidente e da Francesco Tognetti torrente Reggia a Umbertide (1804-1815), il teatro dei Riu-
in qualità di Pro-Segretario. Voto della Commissione Per- niti a Umbertide (1805-1813) e l’ampliamento del palazzo
manente di Architettura confermato dal Corpo Accade- Conestabile della Staffa a Perugia (1816). Sulla realizza-
mico nella Sessione degli 8 febbraro 1835. ASPg, ASF, zione della traversa interna di Perugia cfr. G ROHMANN 1981,
Archivio Moderno, b. 1001 bis, fasc. anno 1835. pp. 116-117.
45 57
Ibidem. Benedetto Faustini (Terni 1836-1895) “studia all’Acca-

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demia di Belle Arti di Perugia con Giovanni Santini e diviene cento. PITZURRA 1995, pp. 222-225; BERIOLI 2002-2003; An-
ispettore agli scavi e monumenti. Principalmente a lui si gelo Biscarini 2007; STAVOLE 2009-2010.
61
deve l’immagine di Terni ottocentesca, con l’apertura di “Vagabondarono quindi qua e là, e si persero tra gli
Corso Tacito e la sistemazione di Piazza Maggiore (Piazza strani, erti vicoli che a Perugia vengono chiamati strade.
Vittorio Emanuele, poi del Popolo, oggi della Repubblica). Alcuni sembrano caverne, poiché son coperti da un arco
Figura minore dell’eclettismo umbro, è disponibile all’uso per tutta la loro lunghezza, e si tuffano all’improvviso
di stili diversi in relazione al tipo di edificio progettato, pur verso un’oscurità sconosciuta, che, quando ne venga mi-
prediligendo un diffuso neorinascimento, appreso all’Acca- surata la profondità, porta a una luce diurna che non im-
demia perugina, di cui costella gran parte della città”. NERI maginereste mai di rivedere. Qui incontrarono uomini
2000, p. 499. Per quanto riguarda l’attività professionale, cenciosi, e mogli e madri distrutte dalle preoccupazioni,
Faustini è soprattutto attivo a Terni, dove trasforma il pa- alcune delle quali guidavano i figli con le dande attraverso
lazzo Montani Leoni in sede della Cassa di Risparmio di quelle fosche e antiche straducole, dove un centinaio di
Terni (1877), realizza il tracciato del canale Nerino (1873- generazioni erano passate prima che i piedini di oggi ini-
1878), ricostruisce il palazzo Comunale (1878) e restaura ziassero a percorrerle”. HAwTHORNE 1860 [1995, p. 311].
62
il palazzo Mazzancolli (1878). CIAURRO 1931b. GARIBALDI 2011.
58 63
Sulle chiese leonine cfr. CAPPELLETTI 1993; BASTIANINI La direzione politico-amministrativa dell’Umbria non
2003; ANDREOLI 2003-2004; PIOPPI 2003-2004; BERNARDINI passa neppure per un breve intervallo di tempo nelle mani
2004-2005; FARINELLI 2005-2006; GAROFANINI 2005-2006; di un governo provvisorio espresso dalla popolazione locale,
GUSTINELLI 2005-2006; MINCHIELLI 2005-2006; ROMAGNOLI ma è immediatamente assunta dallo Stato sabaudo che, in
2005-2006; SEPIONI 2006-2007; MENCHETELLI 2007-2008; concomitanza con l’ingresso nel territorio umbro delle
MENCHETELLI 2011b; MENCHETELLI 2012. truppe del generale Fanti, aveva già creato un organo appo-
59
Nazareno Biscarini (Perugia 1835-1907) è “allievo di sito, il Commissariato Generale Straordinario nelle Provincie
Giovanni Santini all’Accademia di Perugia e compagno dell’Umbria (decreto del 12 settembre 1860), “per ammini-
di studi di Guglielmo Calderini. [...] Nel 1884 ritorna al- strare le ex-delegazioni umbre e prepararne l’annessione al
l’Accademia in qualità di supplente di Cesare Daddi, men- corpo della nazione”, ABBONDANZA 1962, pp. 341-342.
64
tre dal 1885 al 1898 è professore addetto della Scuola di Ivi, p. 364. Alla fine del 1860, il Pepoli, prima di lasciare
Architettura. [...] Partecipa nel 1890 all’Esposizione Na- l’incarico di Commissario Straordinario, provvede a pre-
zionale di Belle Arti di Torino”. Biscarini Nazareno 1989. disporre il bilancio per il 1861 della nuova provincia che,
Per quanto riguarda l’attività professionale, oltre a nu- ripartita in sei circondari (Perugia, Spoleto, Rieti, Foligno,
merose chiese parrocchiali (Castiglione della Valle, Mon- Terni e Orvieto), sarebbe stata retta da un Intendente Ge-
tegabbione, Panicarola, San Martino in Campo, Sant’An- nerale con sede in Perugia. FURIOZZI 1987, pp. 35-38; TOSTI
drea d’Agliano ecc.), Biscarini realizza l’arco d’ingresso 1991, pp. 139-141.
65
alla villa Degli Azzi Vitelleschi a Casaglia (1870), la villa MONALDI 1863, p. 5. Ai vantaggi derivanti dall’essere di-
Gallenga Stuart a Mandoleto (1880), le palazzine Bisca- venuta la sede degli uffici amministrativi provinciali del
rini a Perugia (1894) e il teatro Concordia a Marsciano nuovo Stato italiano va aggiunta la centralità assunta da
(1897). PERRI 2006-2007; BARTOLONI 2008-2009; MENCHE- Perugia in ambito giudiziario in seguito alla creazione, in
TELLI 2012, pp. 140-142. Sulla figura di Nazareno Biscarini principio provvisoria, di un Tribunale di Appello. FAGOTTI
cfr. in questo stesso volume il saggio di Valeria Menche- 1993, p. 643. Sugli “interventi di ristrutturazione urbani-
telli, pp. 171-183. stica” operati nei centri di irradiazione periferica del potere
60
La fornace Angeletti-Biscarini viene fondata da Raffaele centrale per far fronte alle nuove necessità politico-ammi-
Angeletti intorno al 1858. A distanza di pochi anni, Ange- nistrative dello Stato italiano cfr. PORCARO 1980; GROHMANN
letti si associa a Francesco Biscarini, fratello dell’architetto 1981, pp. 122-123, 131-139; GROHMANN 1985a, pp. 12, 17;
Nazareno, dando vita a una consistente produzione di ter- GROHMANN 1990a, p. 57; TERZETTI 1994, pp. 21-30.
66
recotte artistiche che riscuotono un notevole successo Gazzetta di Perugia 1860.
67
anche in campo architettonico, non solo in ambito locale Anche il forestiero Pepoli sceglie dunque di fare leva sul
ma anche a livello nazionale. L’attività della fornace, tem- secolare rancore dei perugini nei confronti del simbolo della
poraneamente sospesa dopo la morte dei fondatori, ri- dominazione pontificia, ma è del tutto evidente che “la de-
prende nel 1914 per iniziativa di Angelo Biscarini, nipote cisione, per quanto grave, è certo dettata nell’intento poli-
di Francesco, e prosegue fino agli anni trenta del Nove- tico di trovare un elemento ideale, che riuscisse a unire

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l’intera cittadinanza, e mostrasse come da parte del nuovo the Marches (London 1862) associa il forte paolino alla pri-
stato si recepissero le istanze della comunità perugina”, di gione parigina: “Questa enorme Bastiglia era, al tempo della
cui si riconosce in questo modo l’apporto dato al movi- sua costruzione, il simbolo ella distruzione finale della li-
mento risorgimentale (GROHMANN 1981, pp. 122-123). Men- bertà a Perugia, come anche un provvedimento contro ogni
tre Franco Bozzi osserva come, sul versante locale, “la possibilità di resistenza futura; ed è servita durante il lungo,
maggior preoccupazione di una nobiltà e di una borghesia tetro passaggio della tirannia pretina come un prigione
d’impronta liberale, alla ricerca di un sempre più vasto con- senza speranza sopra la quale potrebbe essere ben incisa la
senso popolare fosse quella di abbattere [...] il segno tan- famosa epigrafe dell’inferno dantesco” (ivi, p. 145).
73
gibile del ‘dispotismo’ e della ‘tirannia’” (BOZZI 1992, p. BOZZI 1992, p. 227.
74
227). PORCARO 1980, p. 123.
68 75
La Commissione Municipale era costituita da Nicola Scrive al riguardo Guglielmo Calderini: “che io prenda
Danzetta, facente funzioni di Gonfaloniere, Francesco Do- in primo a parlare con quale inutile dispendio sino a que-
nini Alfani, Gabriele Bruschi, Giacomo Negroni, Raffaele sto giorno siano stati condotti i lavori di manodopera sulle
Giamboni, Francesco Bartoli, Francesco Bonucci e Fede- murazioni dell’ex Forte Paolino sarebbe un far vanto di
rigo Pucci Boncambi. notizie già a tutti per fermo sapute: come anche non ac-
69
ASPg, ASCPg, Amministrativo 1860-1870, b. 1, Notifi- cade che io mi faccia a render chiaro che due terzi delle
cazione Danzetta n. 392, 17 ottobre 1860. Tre giorni dopo demolizioni testè operate, perché seguìte senza scorta di
viene pubblicato il bando con cui la Commissione Muni- livellazioni e di un qualche progetto generale, saranno a
cipale invita ufficialmente “Architetti Ingegneri ed Artisti tornare di forte danno a qualsiasi ulteriore ordinamento
perché senza vincolare le loro idee presentassero [entro la murario”. CALDERINI 1862a, p. 4.
76
fine del mese di novembre] i Disegni relativi alla siste- ASPg, ASCPg, Amministrativo 1817-59, b. 39, 2.3.1.
77
mazione del luogo attualmente occupato dal Forte di Pe- BELARDI 1986, p. 39.
78
rugia [...] rimuovendo tutte le fortificazioni, portando GROHMANN 1981, pp. 131-139; GROHMANN 1985, pp. 17-20;
nell’interno il terreno al livello della Strada del Corso e LATTAIOLI 1992; BANTI, ERCOLANI 1992; TERZETTI 1994; GROH-
Piazza esterna attuale, allineando i fabbricati che credes- MANN 2000, pp. 101-138; NERI 2000; BELARDI, MERLI 2009;
sero erigervi con le fabbriche del Corso, ideando gli orna- NERI 2009.
79
menti e decorazioni al margine e nei finali e in mezzo Amerigo Calderini e Nazareno Biscarini si chiedono, ad
delle Strade e Piazze che nell’area del Forte si aprirebbero, esempio, se le “libere manifestazioni che si facciano” in
e progettando i fabbricati, se stimassero di erigerveli, adatti merito alla sistemazione dell’area “da qualsiasi individuo,
a servire alla destinazione di uno stabilimento pubblico e perché valgano ad esaurire meglio la discussione [...] con-
specialmente di un’Accademia di Belle Arti, e Pinacoteca” cordino veramente col voto generale del paese, e se anzi
(ASPg, ASCPg, Amministrativo 1860-1870, b. 1, Notifi- tutto rispondano alle condizioni del luogo, alle norme
cazione Danzetta, 20 ottobre 1860). dell’arte, e alle veraci ragioni della economia: giacché
70
L’atto, rogato dal notaio Giacomo Antonini (ANPD, No- senza queste basi fondamentali invano vorrebbe sperarsi
taio Giacomo Antonini, vol. XXIII, c. 248rv), è integral- che altri, comeché ornato d’ingegno e dottrina, possa pro-
mente trascritto in BOZZI 1992, p. 254). porre un bene acconcio ed attuabile partito” (CALDERINI,
71
“Sarebbe d’uopo che il tutto si effettuasse il più solleci- BISCARINI 1863, p. 3). Destinatario del polemico libello, pub-
tamente possibile, e per dar lavoro agli operai e per toglierli blicato il 10 maggio 1864 in risposta a un opuscolo del 24
dinanzi agli occhi un monumento di cotante ingrate ri- febbraio, è il consigliere municipale ‘di opposizione’ Carlo
cordanze”, ASPg, ASCPg, Atti del Consiglio Comunale di Bruschi, che, “classificati [...] i titoli di erogazione proposti
Perugia, 17 dicembre 1860. dalla Giunta Municipale in necessari, utili, e di solo de-
72
Nei suoi Wanderjahre in Italien (Leipzig 1871) Ferdinand coro”, colloca appunto tra le “spese più di decoro che di
Gregorovius annota in proposito: “Le rovine di questo ca- utilità [...] la edificazione di un grandioso Palazzo nel cen-
stello hanno un aspetto melanconico; io vi trovai una folla tro dell’area dell’ex Forte Paolino”, ritenuto troppo dispen-
di persone, specialmente di giovanotti, che vi passeggiavano dioso e dunque “di danno gravissimo all’amministrazione
con evidente soddisfazione, e contemplavano con interesse i comunale”. B RUSCHI 1864, pp. 8, 7, 3.
80
resti della loro piccola Bastiglia”. Il passo, in traduzione, è MONALDI 1863, p. 5.
81
tratto da SORBINI 1994, p. 138. Anche lo scrittore inglese Tho- Ivi, p. 6. E ancora l’anno successivo il consigliere muni-
mas Adolphus Trollope in A lenten journey in Umbria and cipale Carlo Bruschi (BRUSCHI 1864, p. 4) ribadisce: “Non

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88
è a dubitare che Perugia, capoluogo di vasta Provincia, Ivi, pp. 29-30. Anche in considerazione del fatto che
debba essere megliorata nelle sue materiali condizioni, per nella seduta consiliare del 29 gennaio 1864 era stato de-
quanto può essere consentito dalla sua ubicazione, e dalle liberato di contrarre un prestito di un milione di lire da
antiche costruzioni. Se impossibile sarebbe costituirne oggi destinare in parte alla sistemazione dell’area (B RUSCHI
una città ricca di ampie ed agevoli vie, e di sontuosi edifizi, 1864). Prestito che viene effettivamente erogato dalla
potrà nullameno, con qualche nuova opera, e con bene Cassa Depositi e Prestiti di Firenze quasi due anni dopo.
intese modificazioni, offrire a chiunque vi dimori maggiori ASPg, ASCPg, Atti del Consiglio Comunale di Perugia,
comodità che oggi non presenta, e porsi alla pari di altre 15 gennaio 1866, p. 67.
89
cospicue città d’Italia, in tutto ciò che la decenza reclama”. BELARDI, MERLI 2009.
82 90
MONALDI 1863, p. 3. FAVOLE 1972, pp. 213-223; SICA 1980, pp. 428-436; BENE-
83
GROHMANN 1985a, p. 12. Interessanti al riguardo sono le VOLO 1986, pp. 813-888.
91
considerazioni dello stesso Monaldi (MONALDI 1863, p. 5) PORCARO 1980, p. 96. Già nel 1862 scriveva al riguardo
che, riflettendo sull’operazione di risistemazione dell’area, Vincenzo: “appena nelle comunali tornate cominciò ad
sottolinea come “migliore opportunità di questa non siavi agitarsi la questione della sistemazione dell’area, qua-
per soddisfare ai benintesi desideri e bisogni del paese con siché ognuno de’ cittadini progettava a proprio talento il
una sola spesa”, e aggiunge che “nel luogo ove sono gli modo onde trarre utile partito dai magnifici sotterranei
attuali canapè destinato a fabbriche, debba solo farvisi un solidamente costruiti, e dalla vasta superficie della piazza
basso edificio [...] ad uso di caffè; tanto più che ognun co- che discoprivasi. Ma come suole d’ordinario accadere, i
nosce la necessità di un comodo Caffè, che in questa piazza progetti si facevano in mille guise, non ponderati, discordi,
e centro d’attività non potrebbe non soddisfare alla esi- vaghi ed aerei” (BALDINI 1862, pagina iniziale). La conta-
genza della presente civiltà”. minazione borghese dell’aspetto medievale della città, sug-
84
BARTOCCINI 1993, p. 668; ROMANINI 1985, p. 7. gellata dalla configurazione in stile eclettico della nuova
85
ASPg, ASCPg, Amministrativo 1860-1870, b. 41, Noti- piazza, “si accentua con la costruzione di alcuni palazzi
ficazione del 25 luglio 1863, con la quale si invitavano residenziali e con l’edificazione nel 1889 del Teatro Tur-
i soggetti interessati “a presentare, entro i quattro mesi reno. Codesti interventi tuttavia, pur importanti, appaiono
successivi, un progetto corrispondente tanto alla ‘mas- però in definitiva episodici, dal momento che non sono af-
sima’, quanto alle ‘specialità’ della sistemazione dell’area fatto l’esito di una qualche effettiva alterazione della realtà
dell’ex Forte Paolino che erano state deliberate il 23 mag- sociale cittadina, all’interno della quale continua a per-
gio e l’8 luglio dello stesso anno” (TERZETTI 1994, p. 27). manere un’egemonia aristocratico-nobiliare” (DI NUCCI
86
In realtà i prodromi del dibattito vanno fatti risalire già 1992, pp. 89-90).
92
agli anni 1848-1849: trattandosi infatti di un’opera di in- CALDERINI, BISCARINI 1867, pp. 3-4.
93
gegneria militare promossa dal governo pontificio, i rivol- Nel XX secolo, la storia urbanistica di Perugia è punteg-
gimenti politici del 1798 e ancor più quelli del 1848 giata da concorsi di architettura banditi e poi sistematica-
avevano già messo fortemente a rischio l’integrità della mente disattesi: dal piano regolatore generale del 1931 alla
fortezza, immediato bersaglio in entrambi i casi degli at- sistemazione dell’ex piazza d’Armi del 1946 fino al centro
tacchi dei perugini, animati dapprima dall’entusiasmo re- direzionale di Fontivegge del 1971.
94
pubblicano portato dai venti della rivoluzione francese, poi TERZETTI 1994.
95
dagli ideali risorgimentali. Ecco allora che l’Accademia di ASPg, ASCPg, Atti del Consiglio Comunale di Perugia,
Belle Arti si fa carico di presentare in data 28 febbraio 1849 22 dicembre 1870, 14 aprile 1871, 19 settembre 1871; ASPg,
una proposta per la sistemazione dell’area dell’ex Forte ASCPg, Atti della Giunta Comunale, 15 marzo 1871. Si
nella quale si prevede che, una volta abbattute le fortifica- deve a Reginaldo Ansidei il buon esito dell’operazione: tor-
zioni, tutto avrebbe dovuto “tendere al pubblico decoro, nato, infatti, a essere sindaco della città, dopo le dimissioni
così che le vie del Corso e Riaria avrebbero potuto ambe- del 20 agosto 1867, ma agendo anche in qualità di presi-
due prolungarsi, onde acquisire visuale, ricongiungendosi dente del Consiglio Provinciale dell’Umbria, porta a con-
alla loggia dell’Alessi, che avrebbe dovuto informare [...] clusione con reciproca soddisfazione dei due enti da lui
i portici”, mentre i “fabbricati di ala” sarebbero stati “de- rappresentati le trattative per l’acquisto da parte della Pro-
stinati ad archivio, biblioteca, accademia di belle arti, gal- vincia di quel “Palazzo Nuovo” fatto edificare, su disegno
leria e pinacoteca” (LATTAIOLI 1992, p. 182, nota 22). dell’ingegnere-capo Alessandro Arienti, dal Comune di Pe-
87
TERZETTI 1994, pp. 22-29. rugia, il quale a sua volta, non dovendo più condividere

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con l’amministrazione provinciale e la Prefettura l’antica che comunica con la corte centrale corrisponde a quello
sede di Palazzo dei Priori, poteva finalmente collocare di mezzogiorno, affacciandosi sui giardini e sulla valle; in
negli spazi resisi disponibili la Pinacoteca, il Museo e la quanto canocchiale di un portico attraverso un cortile svi-
Biblioteca Comunale. TERZETTI 1994, pp. 19, 37-38. luppa un concetto che sentiamo quasi attuale. Le Corbu-
96
“Noi moderni consideriamo il centro della piazza come sier, per intenderci, lo realizzava su pilotis, noi oggi lo
l’unico luogo adatto all’erezione di un monumento e ciò faremmo con dei sottili pilastrini d’acciaio”. L’acuta no-
comporta che su ogni piazza, per quanto vasta, non pos- tazione di Bruno Signorini, che è pubblicata da Maurizio
siamo collocare che un solo monumento” (SITTE 1889, p. Terzetti (TERZETTI 1994, p. 48), va ben oltre, lumeggiando
41). Lo schema umbertino adottato da Alessandro Arienti le valenze ideologiche, e non pratiche, di un portico, quale
nel disegno della piazza è indirettamente criticato da Ca- quello ideato dall’Arienti, che certo “non è il portico fun-
millo Sitte non soltanto per la centralità della statua eque- zionale delle città dell’Emilia, sotto il quale si cammina
stre di Vittorio Emanuele II, ma, al pari di tutti gli altri per non bagnarsi e si sviluppano attività commerciali”. Ma
“sistemi moderni”, anche e soprattutto per l’ortogonalità “è un portico che gira intorno al nucleo centrale, come il
della composizione, che “serve solo alla circolazione e non peristilio intorno alla cella di un tempio, segno di chia-
certo all’arte” (ivi, p. 121). Nella nuova sistemazione, rezza concettuale di impostazione architettonica” (ivi, p.
l’area centrale è occupata con un giardino che ingloba le 50). Confermando la propria natura celebrativa, il portico,
alberature preesistenti, ivi compreso un imponente Cedro al pari del cortile interno del palazzo, si fregia di numerose
dell’Atlante, e in cui, nel 1890, vengono messe a “dimora lapidi commemorative. BARTOLI 2004, pp. 68-69, 90-91,
«piante nordiche» [...], in luogo degli arbusti di prima, 132-135, 144-145, 232-235, 244-245, 248-249.
100
«così si eviterà la polvere»“ (RANIERI DI SORBELLO 1970, p. CONSOLI 2011; TERZETTI 2012.
101
350), tra cui un grande Abete rosso (Grandi Alberi nella Relazione degli ingegneri 1872, p. 3.
102
Città, pp. 24-25), e due vasche d’acqua impreziosite, nel PREMOLI 1896, p. 9.
103
1975, con due sculture in bronzo (Bimba al sole, verso CALDERINI, BISCARINI 1867.
104
palazzo Ansidei, e Sirena, verso palazzo Calderini) eseguite Gregorovius annota al riguardo in occasione della sua
da Arturo Checchi negli anni trenta (POTTINI 1999-2000). permanenza in città nell’agosto del 1861: “Non si sa bene
Già prima della sua inaugurazione, il monumento a Vit- cosa si erigerà su queste rovine; un grande edificio vi fa-
torio Emanuele II desta non poche perplessità. Tanto che, rebbe certo bella figura. La posizione è ottima, la vista in-
nel 1889, “Il Paese”, settimanale locale clericale, “deplora cantevole, scorgendosi la valle del Tevere e la fila dei verdi
che la piazza davanti alla Prefettura debba convertirsi in colli. [...] Già da lungo tempo gli spalti sono stati adibiti
giardino («Dove mai si radunerà d’ora innanzi il po- come luogo di passeggio”. Il passo, in traduzione, è tratto
polo?») e insinua che il giardino è progettato per masche- da SORBINI 1994, p. 138. Mentre Trollope racconta di aver
rare l’ingombro che la statua equestre sta per produrre” percorso l’anno dopo “i bastioni merlati, che offrivano una
(RANIERI DI SORBELLO 1970, p. 341). vista così ampia, da poter essere difficilmente uguagliata
97
Se si eccettuano i preesistenti palazzi Ansidei e Donini, sulla bellissima campagna e le molte città del circondario”
piazza Vittorio Emanuele rappresenta “la più significativa (ivi, p. 146).
105
porzione del tessuto urbano perugino, ove si evidenziano LATTAIOLI 1992, p. 140. In particolare l’eccezionalità della
il gusto della nascente borghesia e le funzioni che spazi e veduta panoramica verso Borgobello, segnata dalle silho-
moduli architettonici vengono ad assumere nel nuovo uette svettanti dei campanili chiesastici di San Domenico
Stato unitario: il palazzo del Governo, la sede della Banca e di San Pietro, è tale che, nel supplemento illustrato al
Nazionale, l’albergo di prestigio, il grande condominio per “Secolo” del 25 maggio 1889, è ricompresa tra i monu-
l’agiata borghesia cittadina, la vistosa casa simbolo del menti simbolo di Perugia (Perugia 1889, p. 37). Per di
nuovo ricco” (GROHMANN 1985a, p. 12). più in età fascista, lungo viale Indipendenza, viene realiz-
98
Sulla figura e sull’attività di Alessandro Arienti cfr. GIO- zato uno scenografico orientatore panoramico progettato
VENE 1989-1990; GIOVENE 1994; NERI 2000; NERI 2009; cfr. dall’architetto comunale Antonino Bindelli (PROVVIDENZA
anche, in questo stesso volume, il saggio di Maria Luisa 2007-2008, pp. 101, 107).
106
Neri, pp. 151-169. BELARDI, MENCHETELLI 2011; GRECO 2011.
99
“Mi sembra che sia importante, in questo edificio, il con-
cetto di levitazione: Arienti ha capito che la massa da po-
sare sull’acropoli doveva essere tenuta sospesa. Il porticato

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Giuseppe Sacconi, studi delle vetrate originali superstiti della Basilica di Assisi.
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Giuseppe Sacconi e la pratica del restauro eclettico in Umbria


Fabio Mariano

Siamo stati per molto tempo complici forse potentemente la posizione intellettualistica e
troppo indulgenti per l’aggressività con la quale “profetica” di una avanguardia di pochi, per la
la critica contemporanea della seconda metà del quale il peso del passato veniva inteso come un
trascorso XX secolo ha voluto bollare col termine, ingombro piuttosto che come uno stimolo, pro-
certamente riduttivo, di “Eclettismo” l’intera pro- prio mentre il manierismo del Razionalismo si
duzione artistica e architettonica di oltre mezzo annacquava nell’International Style. L’estensione
secolo, a cavallo fra la seconda metà dell’Otto- del giudizio critico alla produzione artistica del-
cento e i primi due decenni del Novecento. l’intero Ottocento e oltre – inteso come secolo
Un’epoca vivace e caratterizzata da quello che, a della “crisi degli stili” – era essenziale per tale
ben vedere, fu lo sforzo drammatico di un’intera progetto critico; senza voler vedere che invece
civiltà impegnata in un trapasso epocale di pro- l’Ottocento – secolo moderno di vasti confronti
porzioni bibliche, caratterizzato da un velocis- internazionali e di grandi rivoluzioni epocali, so-
simo e forse imprevisto progresso tecnico e ciali e soprattutto tecnico industriali – aveva
produttivo, che si ripercosse ineluttabilmente espresso benissimo, nel bene e nel male, se stesso
sulla organizzazione sociale e quindi politica e le proprie contraddizioni.
delle popolazioni, con ovvie e inarrestabili con- Nelle realtà più avanzate della comunicazione
seguenze sul piano culturale, le quali non pote- globalizzata contemporanea, a ben vedere,
vano non incidere sulle sicurezze dei linguaggi l’eclettismo (o sarebbe meglio oramai dire: sin-
e delle forme espressive artistiche, e architettoni- cretismo) vive invece oggi una sua nuova sta-
che in particolare. gione proiettata sul futuro, nel confronto “demo-
Tale giudizio storico riduttivo, e negativo nella cratico” col dissimile delle varie culture messe
sostanza, fu in un certo senso reso indispensabile, oramai, e giustamente, sullo stesso piano di va-
alla fine della II Guerra Mondiale, per configu- lore. Ma alla base indispensabile del confronto
rare una brusca crasi con la continuità della sto- c’è l’“identità”, ovvio preliminare geometrico
ria dell’architettura basata per secoli sulla evo- per determinare qualsiasi teorema culturale; e
luzione mediata dei linguaggi, per affermare pre- l’identità alligna inevitabilmente nella storia co-

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sciente di una cultura, di ogni specifica cultura. Si è riportato in nota questo passo dell’opera ma-
Se la battaglia del futuro dell’arte si giocherà de- tura del Boito sullo “stile futuro” dell’architettura
mocraticamente sul confronto dei valori della italiana perché ci sembra vi sia riassunta una il-
storia, allora – per poter partecipare – dovremo luminante sintesi – sia dei contenuti sia del ca-
necessariamente riannodare i fili della nostra ratteristico stile comunicativo, antiaccademico,
identità. E allora il periodo dell’eclettismo otto- smaliziato e in fondo sostanzialmente scettico –
centesco, quello della “crisi degli stili”, così simile del pensiero boitiano, che fu (bisogna sottoline-
a noi con le sue problematiche di un mondo in arlo) il vero maître-à-penser dell’architettura
rapida trasformazione, sarà visto con sguardo più italiana dell’Ottocento – il contraltare nostrano
amichevole e compassionevole, dal quale, ma- di Viollet-le Duc in Francia, del Ruskin in Inghil-
gari, dedurre qualche utile insegnamento per il terra, del Riegl in Austria, le cui teorie (elabora-
futuro. zione evoluta di quelle proposte del suo maestro
In termini generali, sul piano formale, il feno- veneziano Pietro Selvatico Estense) influenzarono
meno artistico eclettico, e in particolare in archi- grandemente il dibattito disciplinare italiano, nel
tettura, può identificarsi come una sistematica e quale entrò autorevolmente anche come membro
cosciente tendenza ad accogliere – attraverso o presidente delle maggiori commissioni di giu-
l’analisi stilistica di monumenti appartenenti a dizio di concorsi di architettura e di importanti
civiltà ed epoche lontane nel tempo e nello spazio restauri. In buona sostanza, il suo pensiero sullo
– elementi semilavorati (tipi e forme), come sti- “stile” – peraltro consapevolmente organico alla
molo da ricomporre con maggiore o minore coe- dialettica delle contraddizioni del suo tempo, ma
renza in una sintesi di prodotti nuovi e adeguati meno coinvolto con le motivazioni patriottiche e
a destinazioni e funzioni moderne, inclusa tra confessionali che percorrevano l’Europa – si po-
queste anche la rappresentatività. Un processo, teva riassumere in questi termini: l’artista singolo
questo, che ha caratterizzato coscientemente non può da solo inventare un completo sistema
come un “valore” la peculiarità di ogni epoca di forme (uno “stile”), gli stili sono un patrimo-
artistica: dal Rinascimento al Neoclassicismo. nio collettivo dei popoli, della società, delle na-
Senza la pretesa di disquisire in questa sede sul zioni: un valore etico di contenuti e di forme; per
tema complesso ma centrale che, a fianco della aprire la strada al nuovo tanto vale quindi sce-
definizione di “Eclettismo”, attraversa tutto l’Ot- gliere uno stile del passato nel quale si possa ri-
tocento italiano, cioè quello dei contenuti dello conoscere una intera nazione e renderlo fun-
“stile nazionale”, si rimanda alla vasta lettera- zionale ai bisogni del progetto contingente. Ma
tura che fa capo alla figura di Camillo Boito all’impostazione hegeliana dell’eticità delle for-
(Roma 1836-1914), l’architetto e saggista storico me, mutuata dalla critica tedesca (anch’essa al-
che tentò, più di ogni altro, spesso in modo con- lora impegnata nella querelle tra “neogreco” e
traddittorio, di fornire una risposta interpretativa “neogotico”), si aggiunge in Boito una velata
ai fenomeni artistici della seconda metà del XIX componente laicamente positivista, che prescri-
secolo1. veva, razionalmente e modernamente, l’aderenza

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delle scelte alla funzione dell’organismo archi- vano al floreale italico, nel suo progetto vincitore
tettonico, alla sua sincerità costruttiva: in una sin- per il Palazzo del Parlamento, nel 1889. Que-
tesi di “libertà di fantasia con regola di ragione”. stione complessa, quindi, quella dello stile na-
La scienza tuttavia non basta, bisogna conoscere zionale, che forse non ebbe mai una univoca e
approfonditamente la storia e le sue fonti affin- definitiva soluzione. Boito, laico e liberale, svolse
ché gli elementi dello stile storico siano adegua- molto bene il suo ruolo di seminatore di dubbi,
tamente e coscientemente utilizzati nel progetto ma bisogna anche riconoscergli il merito di aver
e finalizzati al modello sociale e nazionale con- stimolato per mezzo secolo gli architetti italiani
tingente cui esso deve necessariamente conve- a un’articolata e vasta ricerca espressiva su sva-
nire. La questione centrale venne a porsi allora riati fronti del linguaggio, nella quale si possono
sul quesito: quale stile allora è adatto per il nostro ritrovare numerosi prodotti di alta qualità, an-
paese? Non v’è dubbio che la sua scelta operativa corché non omologati e unitari. Inoltre va rico-
partisse dalla critica al classicismo romantico, nosciuto al Boito, che volle distinguersi dalle
ovvero alla “tirannia” di quel Neoclassicismo antesignane teorie francesi del II Impero di Na-
universalistico, inteso come astrazione ideali- poleone III nel ripristino stilistico, il parallelo e
stica, che aveva voluto unificare l’intera Europa integrato compito di aver aperto gli animi a una
sotto un unico linguaggio. Le opere realizzate dal nuova ed equilibrata sensibilità per i valori del
Boito (poche e non particolarmente illumi- restauro conservativo dei monumenti antichi,
nanti), come anche i suoi discorsi, pendono di- che proprio grazie al suo pensiero2 venne sin
chiaratamente per il Medioevo, neogotico o d’allora a configurarsi in Italia, dopo la Francia,
neoromanico che fosse, inteso come il più flessi- come vera e propria disciplina.
bile (“pieghevole” avrebbe detto) ad adattarsi Ricordando un sintomatico aforisma di Boito
alle svariate contingenze progettuali. Se questo “Importa di cercare la verità anche fra le con-
fu di fatto l’atteggiamento prevalente e primige- traddizioni”3, varrebbe forse di concludere che lo
nio delle sue scelte stilistiche dei primi anni pre “stile nazionale” andrebbe individuato proprio
e postunitari (che coinvolse un po’ tutti gli ar- in questa impossibilità programmatica a essere
chitetti italiani a partire dai famosi concorsi per omologato e unificato. Il valore storico dell’età
le facciate di Santa Croce e di Santa Maria del dell’Eclettismo – che, è necessario puntualiz-
Fiore a Firenze, quindi del San Petronio a Bolo- zarlo, fu nella sua visione più un “metodo” che
gna), dopo il 1870 e Roma Capitale (e soprattutto uno “stile”4 – va quindi soppesato nella tensione
coi due concorsi per il Monumento a Vittorio stessa della ricerca inesausta che lo contraddi-
Emanuele II), il suo atteggiamento divenne più stinse.
flessibile, accettando l’uso degli ordini classici In questo contesto storico e culturale, ci interessa
(romani o nella sottospecie del “neorinasci- evidenziare la figura dell’architetto Giuseppe
mento”) per le opere pubbliche di importanza Sacconi (Montalto Marche, 1854 - Colle Gigliato,
statale. Giungendo sino a complimentarsi con PT, 1905), che incarna forse la figura più rap-
Ernesto Basile per le sue novità, che già tende- presentativa, sia come progettista sia come re-

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stauratore, dell’epoca dell’Eclettismo postunita- numento a Vittorio Emanuele II e dei successivi


rio nel nostro paese. “Noi d’oggi siamo poliglotti, rapporti intessuti con la famiglia reale dei Savoia6.
ma la lingua nostra, proprio nostra dell’arte, La moderna coscienza sulla tutela del patrimo-
dov’è? Quale sarà l’impronta artistica speciale nio artistico e monumentale nazionale aveva,
che debba farci distinguere dalle altre epoche dopo la presa di Roma, avviato un processo di ra-
nella grande rassegna dei secoli?”5 Così Camillo pida evoluzione nei governi italiani postunitari,
Boito lanciava ancora una volta il suo appello grazie anche all’opera di intellettuali e funzio-
per la definizione di uno stile nazionale, nel nari pubblici spesso competenti, culturalmente
1884, quando il Vittoriano del Sacconi era ancora – e aggiungerei – eticamente preparati. L’idea
sulla carta. Un’aura di alterna emotività sembra di “conoscere per conservare” era largamente
caratterizzare da oltre un secolo il giudizio critico condivisa e veniva finalizzata al concetto base di
sull’attività progettuale dell’architetto marchi- fornire una base conoscitiva e di valutazione uni-
giano, nel quale talvolta il frettoloso anatema del taria al vasto complesso del patrimonio culturale
modernismo postumo sembra prescindere im- di un paese ancora frammentato nelle legisla-
memore dal contesto della evoluzione della sto- zioni residuali dei numerosi stati che avevano
ria. La ponderata ma ineluttabile revisione at- governato autonomamente il nostro territorio per
tuale del gusto e delle magnifiche e progressive secoli. E bisogna riconoscere che i nostri governi
sorti dell’arte contemporanea ci porta oggi a va- si distinsero indubitabilmente, dall’Unità alla II
lutare l’architetto marchigiano come interprete Guerra Mondiale, nell’avanguardia propositiva
autentico della problematicità di un epoca, a col- della legislazione di tutela dei beni culturali e
locare il suo disegno come simbolico, riassuntivo monumentali.
e forse conclusivo di una stagione accademica di È datato 27 novembre 1884 il D.M. del Ministero
stampo eclettico. dell’Istruzione Pubblica7 – allora guidato da Mi-
Non possiamo affermare definitivamente se il ten- chele Coppino nel secondo governo di Agostino
tativo cui Camillo Boito, per cinquant’anni, aveva Depretis (1881-1887) – con il quale vengono isti-
sospinto gli architetti italiani fu compiutamente tuiti i Delegati Regionali, col compito di redigere
raggiunto da Sacconi e dall’opera sua massima – la riforma dell’Elenco dei Monumenti Nazionali
il Vittoriano di Roma, il monumento simbolo al fine della loro tutela istituzionale; esso recita
dell’Unità d’Italia – tuttavia nel 1905, commemo- all’Art. 1 “In ciascuna regione del Regno un de-
rando solennemente in Campidoglio la prematura legato del Ministero proporrà le modificazioni a
scomparsa del marchigiano, Boito sentenziò: farsi all’attuale elenco dei monumenti nazionali,
“Quando fra venti o trent’anni sarà finito, apparirà riformandolo in guisa da comprendervi tutti gli
speriamo, la più grande opera monumentale mo- edifizi sacri o profani dai tempi più antichi a
derna”. Possiamo però certamente affermare che tutto il secolo XVII che per un titolo qualsiasi me-
i suoi incarichi e le sue prove come restauratore ritino d’essere conservati, indicando di ognuno
siano derivate dalla fama che si era conquistata di essi così lo stato attuale per la consegna da far-
come vincitore, nel 1884, del concorso per il Mo- sene a coloro che dovranno risponderne, come le

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opere necessarie per metterlo in buone condi- pliavano la mera catalogazione alla “conserva-
zioni statiche.” Si tratta di un atto fondamentale zione” dei monumenti, i delegati regionali si riu-
che – facendo tesoro delle illuminate proposte nivano a Roma nell’ottobre 1886 deliberando la
avanzate da G.B. Cavalcaselle sin dal 1863 8 – loro richiesta per la formazione di uffici regionali
sancisce la consapevolezza che un patrimonio specifici strutturati, che comprendessero tecnici
non può essere adeguatamente conservato e tu- di loro fiducia (architetti, disegnatori, ricercatori
telato senza conoscerne l’esatta consistenza, che e personale ausiliario), prescelti a incarico e non
deve essere quindi sistematicamente inventariato in pianta organica, oltre a una remunerazione
e catalogato9. Si trattava di un impulso ulteriore, annua a indennità di missione degli stessi dele-
a segnale di una crescente coscienza di tutela e gati10. Le loro richieste vennero accolte dal Mini-
della consapevolezza della necessità di una sem- stero e le nuove strutture rimasero in vita con
pre più dettagliata ricognizione del patrimonio, queste caratteristiche istituzionali sino al giugno
anche al fine di programmare oculatamente i 1889, quando si ebbe l’istituzione, da parte del
costi dei restauri nei bilanci statali. nuovo Ministro della P.I. Paolo Boselli, dei Com-
È datata 21 ottobre 1885 la lettera ministeriale missariati per le Antichità e Bella Arti.
di incarico a Giuseppe Sacconi come Delegato Le sedi di nostro interesse vennero separate: le
Regionale per l’Umbria e le Marche e, col com- Marche con sede in Ancona e l’Umbria con sede
pito di redigere la riforma dell’Elenco dei Monu- a Perugia. I Commissariati rimasero attivi sino
menti Nazionali al fine della loro tutela isti- all’ottobre del 1891, quando vennero trasformate
tuzionale, coadiuvato dall’ingegnere Francesco in uffici tecnici regionali con il nuovo Ministro
Bongioannini (nominato il 31 ottobre). Fra i Pasquale Villari. Questi infatti abolì la Direzione
nomi noti dei delegati compaiono allora anche Generale delle Antichità e BB.AA., distribuendone
gli architetti Luca Beltrami per la Lombardia e le competenze a due divisioni: quella per l’Arte
Alfredo Cesare Reis Freira de Andrade per il Pie- Antica e quella per l’Arte Contemporanea11. Alla
monte e Liguria, e subito dopo Guglielmo Cal- prima vennero affidate, in particolare e tra le
derini per il Lazio. La Circolare di Giuseppe Fio- altre, le competenze relative alla conservazione
relli, Direttore Generale per le Antichità e Belle dei monumenti e oggetti d’arte di ogni epoca.
Arti del Ministero P.I., del 6 giugno 1885, dettava Quindi il Villari abolì i Commissariati e stabilì la
le norme esecutive del citato D.L. del 1884. In creazione dei citati nuovi Uffici Regionali, con
particolare vi si precisavano i compiti aggiuntivi funzionari di ruolo interni all’Amministrazione
dei delegati, che avrebbero dovuto – oltre all’In- la cui costituzione: “...apporterà anche il vantag-
ventario – indicare anche le opere necessarie a gio di favorire gli studi di Architettura, e di aprire
mettere in “buone condizioni statiche” i monu- una carriera remunerativa a coloro che vorranno
menti, fornirne le perizie di costo necessarie, vi- coltivarli con speciale riguardo ai Monumenti
gilare sui monumenti censiti denunciando le antichi ed ai grandi modelli dell’arte lasciataci
cattive esecuzioni in opera ecc. Presa coscienza dai nostri maggiori...”12. Le competenze riguar-
degli ulteriori compiti loro assegnati, che am- davano i monumenti di ogni epoca, escluse le

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zone di scavo archeologiche che ricadevano sotto Vincenzo Benvenuti. Nel 1897-1898, il Benvenuti
la direzione dei Direttori dei Musei di Antichità va a Perugia e Ferdinando Cetica in Ancona. Nel
delle singole regioni, pur potendosi questi valere 1899-1901, il Benvenuti resta a Perugia e Gu-
della necessaria assistenza tecnica e logistica glielmo Giustiniani va in Ancona e la nuova se-
degli uffici tecnici regionali. zione di Urbino è affidata a Camillo Castracane
Per l’Ufficio Regionale per la Conservazione dei Staccoli (conservatore del Palazzo Ducale nel pe-
Monumenti dell’Umbria e delle Marche, con sede riodo 1901-1908). Nel 1902-1905, Viviani va a
a Perugia, venne nominato Architetto Direttore Perugia, il Giustiniani in Ancona15. Solo limitan-
Giuseppe Sacconi13, che rimase in carica “for- doci qui alle date della presenza in vita del Sac-
malmente” sino alla sua morte; il suo incarico coni.
fu a titolo gratuito in quanto egli era già conte- L’attività svolta dal Sacconi alla direzione del-
stualmente impegnato come deputato in Parla- l’Ufficio fu vasta e partecipata, come testimonia,
mento14. L’architetto Dante Viviani fu suo colla- parzialmente ma esaustivamente, la sua ponde-
boratore a Perugia e lo sostituì poi nella dire- rosa relazione presentata alla scadenza del suo
zione dell’Ufficio dal 1902 al 1908; dal 1902 la primo decennio di carica, dedicata al Ministro
carica del Sacconi rimase comunque onorifica a della P.I. Nunzio Nasi nel governo di Zanardelli,
causa del suo grave stato di salute. Al perugino e pubblicata in prima edizione nel 1901 e riedita
Guglielmo Calderini venne affidata, con lo stesso nel 1903 a Perugia16. Nella sua prefazione (da-
decreto, la direzione dell’Ufficio di Roma e Lazio; tata 30 giugno 1901) Sacconi esordisce: “Mia
questi rimase comunque membro della Commis- prima e principal cura, quale io penso debba
sione Conservatrice dei Monumenti e Oggetti emergere dal concetto direttivo degli Uffici regio-
d’Arte e d’Antichità per la Provincia di Perugia nali, fu l’arrestare negli edifici il deperimento in-
dal 1890 al 1906. cominciato o avanzato; il cancellare, nei limiti
Dal 28 ottobre 1892 si aggiunse alle competenze del possibile, le traccie di barbari restauri; il ri-
territoriali del Sacconi la Provincia di Teramo. muovere le cause di probabili deperimenti: e, a
Dal 1896 – probabilmente per i gravosi impegni tal uopo, mirai costantemente al consolidamento
professionali nel vasto cantiere del Vittoriano – degli edifici stessi, secondo le leggi e i mezzi sug-
la sede della Direzione venne accentrata a Roma, geriti dalla statica, e alla loro conservazione, cer-
non mancando di generare aspre e vivaci pole- cando sempre di prevenire, o arrestare, i danni
miche da parte del Comune di Perugia, che la di quei due inesorabili nemici deleteri che sono
riottenne solo dopo la sua morte. Sempre sotto l’ingiuria del tempo e l’umidità.” [...] “Dove poi
la direzione generale del Sacconi, dal 1896 l’Uf- l’arte nostra poteva, in armonica concordanza,
ficio regionale venne diviso in due Sezioni con congiungersi all’antica, senza troppo servili imi-
rispettivi vicedirettori. Nel 1896 la sezione di Pe- tazioni o pedanteschi adattamenti, non ho esitato
rugia con l’ingegnere Icilio Bocci (poi sostituito a por mano ad opere accessorie, con i nuovi det-
direttamente da Sacconi con l’architetto Petri- tami dell’arte: e citerò, a titolo d’esempio, i lavori
gnani nel marzo stesso), quella di Ancona con di decorazione interna eseguiti nel Santuario di

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Loreto, uno dei più noti monumenti dell’archi- al Ministro Nasi, nel criticare le condizioni dei
tettura gotica veneziana sul finire del 1400 e del restauri precedenti in cui si era trovato ad ope-
successivo rinascimento.” Dopo questa premessa rare: “Dove poi, in qualche rarissimo caso, si
d’intenti, egli passava quindi a enumerare le volle tentare un lavoro di ripristino, si finì per de-
opere da lui restaurate nel decennio di riferi- turpare il manufatto, con stridenti aggiunte mo-
mento: 25 oggetti d’arte e 86 monumenti archi- derne che ne falsarono il concetto originario,
tettonici. La spesa dichiarata per il decennio come avvenne, ad esempio, nella chiesa e nel
ammontava a L. 579.409,12, pagata per il 49% convento di S. Francesco di Assisi; nell’Arco di
dal Ministero e per il 51% dagli Enti interessati. Traiano e in S. Ciriaco in Ancona; nel chiostro e
A tal proposito va evidenziato che la spesa soste- campanile di S. Giuliana in Perugia; in S. Gio-
nuta per i restauri inerenti l’Umbria appaiono si- vanni Profiamma presso Foligno e nella chiesa
gnificativamente superiori a quelli delle Marche di S. Clemente in Casauria.” Egli sembra qui ve-
e della associata Provincia di Teramo, dato già latamente definire, quindi, una propria perse-
anticipato preliminarmente nella Relazione del guita ricerca di un “concetto originario” che
senatore Francesco Brioschi del 29 settembre informerebbe ogni monumento, incapsulato nel
1896, mandato dal Ministero a ispezionare l’Uf- progetto iniziale, nascosto e “deturpato” dagli in-
ficio con sede a Perugia, dove rilevava che ad al- terventi arbitrari e successivi che ne mascherano
lora (1891-1895) si erano spese L. 81.274,91 in il nucleo significante concepito dal suo architetto
Umbria, L. 40.757,40 nelle Marche e L. 8.373,34 “autore”. Un autore cui bisogna, col restauro di
per la provincia teramana17. Va qui notato che la ripristino, rendere giustizia a tutti i costi, anche
citata opposizione del Comune di Perugia verso quelli di reintegrare le parti mancanti, magari
la direzione di Sacconi, motivata principalmente reinterpretandone le forme sulla falsariga della
dalla sua costante assenza per Roma dove era propria capacità di accurata analisi storica e sti-
stata a suo comodo spostata la residenza di Diret- listica e, dove mancasse una traccia significativa,
tore, era forse anche alimentata dalla influente operare per analogia. Proprio come aveva sug-
coppia locale dell’architetto Guglielmo Calderini gerito, seguendo le enunciazioni di Mérimée18,
e dell’ingegnere Giulio De Angelis, il primo an- nel suo Dictionnaire raisonné Eugène Viollet-
cora probabilmente scottato dalla sua esclusione le-Duc19, da Sacconi certamente letto con parti-
dalla terna vincitrice del concorso per il Vittoriano colare attenzione, anche se, a onor del vero,
del 1884 e dalla sua mancata nomina a direttore l’architetto francese – configurando una sua sin-
dell’Ufficio nella sua regione, il secondo che di- golare discrasia tra teoria e prassi – appare met-
venne poi direttore dell’Ufficio per la Conserva- tere sempre bene in guardia dalle riproduzioni
zione dei monumenti di Roma e provincia e delle in “fac-simile”20. Basti, comunque, in merito alla
province dell’Aquila e Chieti (1899-1902). “ricostruzione” in stile operata dal Viollet-le-Duc
Un indizio esemplificativo delle idee del Sacconi del castello duecentesco di Pierrefonds (dal
sul restauro stilistico nella sua epoca eclettica ci 1858), la vivace invettiva del Premio Nobel Ana-
pare abbozzato in una sua frase nella prefazione tole France il quale, nel 1899, stigmatizzava: “Un

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tempo l’architetto demoliva per ringiovanire, quale si possono altresì notare numerose testi-
oggi egli demolisce per invecchiare. Non gli basta monianze di un atteggiamento di restauratore
rimettere il monumento nello stato in cui era “eclettico” tenuto dall’architetto marchigiano,
all’origine, fa meglio. Lo rimette nello stato in con la propensione al completamento stilistico
cui avrebbe dovuto essere”21. E ancor più preveg- motivato da valutazioni prettamente estetiche,
gente era stato, già nel 1845, l’avvertimento di pur nella sincera buona fede basata sempre sulle
Adolphe N. Didron, allora Segretario del Comitè sue accuratissime indagini storiche e minuziose
des Arts et Monuments di Francia: “En fait de analisi costruttive sui monumenti. La sua dichia-
monuments anciens, il vaut mieux consolider rata predilezione stilistica, di matrice boitiana,
que réparer, mieux réparer que restaurer, per l’architettura medievale romanica, “lombar-
mieux restaurer que refaire, mieux refaire desca” o goticizzante, rientra pienamente in quel
qu’embellir”22. Assioma poi ripreso anche dal particolare contesto culturale che caratterizzò
Boito, il quale avrebbe poi ironicamente risposto così significativamente la sua epoca. Il tema
a Viollet-le-Duc: “Come si fa? Ci si mette al posto dello stile nazionale si rifletteva inevitabilmente
dell’architetto primitivo, e s’indovina ciò che anche nel campo del restauro; un campo che, al-
avrebbe fatto se i casi gli avessero permesso di ul- lora, era perimetrato quasi esclusivamente in
timare la fabbrica. Questa teoria è piena di peri- quello dei monumenti notevoli, ovvero quei ma-
coli. Con essa non c’è dottrina, non c’è ingegno, nufatti riconosciuti come tali da un giudizio di
che valgano a salvar dagli arbitri: e l’arbitrio è valore, privilegiati dai criteri selettivi del metodo
una bugia, una falsificazione dell’antico, una storicistico e classificatorio, che di per sé giusti-
trappola tesa ai posteri”23. ficava l’azione stessa di conservazione, quasi
È una polemica questa che informerà con toni sempre orientata al recupero del loro modello ar-
alterni il dibattito sul restauro e la conservazione chitettonico formale, più o meno reale o pre-
dei monumenti per almeno mezzo secolo, dalla sunto. Un restauro perseguito quindi col lin-
quale non rimase indenne l’attività restaurativa guaggio dell’eclettismo storicistico, che trovava
del Sacconi, in particolare stigmatizzata dalla ampie licenze teoriche e operative nell’obiettivo
nota definizione del Giovannoni: “A S. Ciriaco di conseguire credibili mediazioni fra estetica
d’Ancona, il Sacconi (grandissimo architetto ma coerenza stilistica architettonica e corretta leg-
pessimo restauratore) altera tutta l’armonia mi- gibilità delle inevitabili aggiunte nelle lacune di
rabile della chiesa ricostruendo più in basso la forma. La sua epoca, influenzata dal trionfo dei
cornice ed il tetto della nave trasversa nel braccio revivals stilistici europei, connotativi di una in-
sinistro, solo perché la presenza di alcune men- tera stagione successiva all’Unità d’Italia e pro-
sole sta ad indicare che forse in un periodo in- trattasi sino alla I Guerra Mondiale, vide il fiorire
termedio dei lavori la copertura era appoggiata di nuovi edifici di culto – allora considerati i
ad una linea inferiore dell’attuale”24. Riferendosi “monumenti” per eccellenza – segnatamente
qui alla sua attività di direzione dell’Ufficio Re- ispirati agli schemi compositivi e decorativi del
gionale dell’Umbria e delle Marche, ruolo nel romanico padano o pisano o al gusto gotico ve-

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neziano o alla stagione del tardo gotico “adria- debbono compiersi con carattere diverso da
tico” del XV secolo che, particolarmente in al- quello del monumento, avvertendo che possibil-
cune regioni italiane tra le due sponde di mare, mente nell’apparenza prospettica le nuove forme
si era protratta sino alla prima metà del XV se- non urtino col suo aspetto artistico.” [...] “...al-
colo; e vedasi in questo contesto l’opera di Gior- lora converrà in ogni modo che i pezzi aggiunti
gio di Matteo da Sebenico a Venezia, in Dalmazia o rinnovati, pur assumendo la forma primitiva,
e nelle Marche25. Fu una cultura che segnò tra- siano di materia evidentemente diversa [...] sic-
sversalmente sia l’attività specifica degli architetti ché neanche su ciò possa l’attento osservatore es-
nella progettazione ex novo dell’architettura sia sere tratto in inganno”26. Sottolineando in par-
nell’attività di restauro più in generale. Possiamo ticolare che le parti aggiunte e le modificazioni
addirittura affermare che il dibattito sullo stile introdotte nelle successive epoche storiche all’edi-
nazionale della seconda metà del XIX secolo si ficio primitivo non fossero rimosse nei restauri.
espresse prevalentemente nelle opere di “comple- Prescrizioni, tuttavia, che non sembrano ben
tamento stilistico”, o rifacimento, di svariate cat- coincidere con le opere restaurative più signifi-
tedrali, basiliche e complessi religiosi, cui man- cative del Sacconi durante il suo mandato nelle
cavano da secoli le facciate principali o loro parti Marche e nell’Umbria27.
significative, e che proprio in questo impegno e Di questa latente contraddizione, tra una conso-
nelle relative polemiche vennero a definirsi le latoria adesione teorica ai principi del rispetto
basi della moderna teoria del restauro. È infatti della sincerità storicistica del “documento” e una
appena il caso di sottolineare quanto l’opera prassi operativa positivistica e soggettiva, ab-
pubblicistica del Boito, cui gli architetti più at- biamo svariati esempi parlanti, tra i quali ne sce-
tenti guardavano allora con la massima atten- gliamo qui solo alcuni, ritenuti particolarmente
zione, disperatamente volta a definire in campo illuminanti a chiarire gli aspetti concettuali sa-
progettuale una possibile via d’uscita dalla im- lienti del restauro eclettico sacconiano.
passe eclettica attraverso un nebuloso riferimento
ispirativo a un medioevo italiano, risultasse in- Dei lavori svolti in Umbria, si può citare in merito
vece particolarmente chiara e convinta nell’in- la lunga diatriba sulla ricollocazione del coro li-
dicare delle ferme prescrizioni operative nel gneo tardo quattrocentesco del sanseverinate Do-
campo degli interventi di restauro. menico Indivini nella basilica superiore di Assisi;
In quella che il Giovannoni, nel 1912, definiva discussioni che dovette dirimere definitivamente
la “magna charta” dei restauri moderni Boito solo la Commissione Permanente di BB.AA. del
aveva affermato chiaramente: “Nel caso che le Ministero in apposita sessione del 10 gennaio
aggiunte o rinnovazioni tornino assolutamente 1902, dopo ben dodici anni28. Nel 1872, su indi-
necessarie, per la solidità o per altre cause invin- cazione del Cavalcaselle, il coro (1491-1501) era
cibili, e nel caso che riguardino parti non mai stato rimosso dalla basilica e collocato nel Salone
esistite o non più esistenti e per le quali manchi dei Musici del Convento poiché ritenuto stilisti-
la conoscenza sicura della forma primitiva, esse camente contrastante al contesto medievale

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Assisi (Pg), Basilica superiore, il coro dell’Indivini ricollocato.

(dove ve ne doveva essere uno originale, sostituito gica, affermando al Ministro che l’unità artistica
da quello rinascimentale, poi rimpiazzato dal complessiva era stata allora alterata “nella per-
Cavalcaselle con uno in finto marmo), ritenuto fetta euritmia delle linee e nella sua grandiosità
invasivo alla percezione degli affreschi absidali dal macchinoso lavoro del Sanseverino sovrac-
del Cimabue; inoltre l’altare maggiore era stato carico di tarsie e di intagli in uno stile rinasci-
avanzato e posto al centro della crociera protetto mentale con motivi gotici che stava in completa
da una cancellata. In una relazione indirizzata disarmonia con la chiesa”, aggiungendo pole-
nel 1890 al Ministro della P.I. Boselli dalla Com- micamente che la Commissione “mostra di non
missione Artistica se ne proponeva il ripristino avere abbastanza vagliato le ragioni della storia
nella primitiva sede storica per la quale era stato e quelle dell’arte. Riguardo alle prime sembre-
progettato dall’Indivini29. Il Sacconi, in autorità rebbe che egli volesse approvare che un monu-
di Direttore regionale, fece opposizione alla de- mento fosse manomesso e convertito, ogniqual-
libera nell’aprile dell’anno successivo, motivan- volta piacesse, ad altro uso per il quale esso ha
dola con puntuali ed analitiche considerazioni avuto ragione di esistere; riguardo alle seconde
storiche e mirati saggi murari, tuttavia ponen- che desse maggiore importanza ad un oggetto,
dovi al centro valutazioni di carattere stilistico e sia pure per se stesso pregevole, venuto a sovrap-
considerazioni di prevalenza storica e cronolo- porsi ad un monumento ben più importante e a

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Giuseppe Sacconi, studio di ripristino della cuspide del campa- Ugo Tarchi, studio di ripristino della cuspide del campanile
nile e del complesso della Basilica assisiate. della Basilica assisiate, 1926 ca.

disturbare l’euritmia delle linee che non al mo-


numento stesso”. Con la consueta pungente sin-
tesi il Boito risponderà: “Si tormentò la storia
perché servisse all’estetica, senza soddisfare al-
l’estetica”30. La questione si concluderà solo nel
1902 con la sconfitta del Sacconi e la ricolloca-
zione in sito del coro rinascimentale, alla cui di-
rezione dei lavori fu incaricato – per espressa
decisione del Ministro – lo stesso architetto.
Nello stesso monumento Sacconi riuscirà tuttavia
nella volontà di demolire gli interventi rinasci- Assisi (Pg), il campanile e il complesso come lo aveva trovato
mentali di Baccio Pontelli nella loggia del chio- il Sacconi.

stro di Sisto IV; fallirà poi nei tentativi progettuali


di ricostruzione stilistica della cuspide del due- Tarchi31; riuscirà invece nelle reintegrazioni e nei
centesco campanile, crollata nel 1520: una pro- rifacimenti in stile delle vetrate istoriate delle due
posta reiterata molti anni dopo anche da Ugo chiese, in particolare per quella inferiore, fatte

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realizzare dal rinomato laboratorio del perugino


Professore Francesco Moretti (seguito poi dalle ni-
poti Rosa e Cecilia Caselli), motivate dal Sacconi
perché “L’intendimento che si ebbe non solo fu
quello di interpretare le ragioni di bellezza di que-
sto ramo d’arte, ma di provvedere, con vero fon-
damento, ai restauri occorrenti e di farlo risorgere
con i migliori esempi, promuovendo per nuove
caratteristiche composizioni i veri principii e l’ot-
tima tecnica, che rendono tanto preziose ed im-
Perugia, la Scala della Vaccara nella versione di Vincenzo Danti
portanti le invetriate della basilica Francesca- (1575 ca.), stampa di Giovanni Monotti e Giuseppe Carattoli,
na”32. Al di là di questo intervento specifico – pur 1811 ca.
supportato da studi analitici desunti da trattati
tecnici trecenteschi sull’arte vetraria (attribuiti ad
Antonio da Pisa, che forse di quelli assisiati ne era
stato l’autore) e dalla competente perizia del Mo-
retti33, che peraltro siglava sempre i suoi reintegri
– ci sembra, qui come per il coro ligneo, ben sin-
tetizzata, nei suoi stessi “intendimenti” appassio-
nati la filosofia che guidava il Sacconi nel suo
approccio teorico al restauro.

Altro caso di polemica stilistica in terra umbra


Perugia, la Scala della Vaccara nella versione di Scipione An-
che vide il Sacconi soccombere fu quello relativo tonini (1832) in una foto che precede la sua demolizione, ante
alla ricostruzione della Scala della Vaccara a Pe- 1864.
rugia34. Posto sul fronte settentrionale del Pa-
lazzo dei Priori per l’accesso alla Sala dei Notari, mente di un autorevole membro della Commis-
lo scalone era stato inopinatamente demolito nel sione Conservatrice dei Monumenti ed Oggetti
1890 dal Comune, a furor di popolo perché rite- d’arte e d’antichità quale il Calderini. Ma quale
nuto non “adeguato” allo stile tardo duecentesco doveva essere il modello da seguire nella ago-
del Palazzo e quindi ricostruito provvisoriamente gnata ricostruzione della scalea? La questione era
sul modello di quello del 1575 in vista dell’im- complessa perché di scalee ce n’erano state varie
minente visita di Umberto I nei giorni 17 e 18 nei secoli passati: quella presunta primitiva, forse
settembre 1890. Fu un episodio grave, soprattutto semiellittica, era forse stata realizzata dal senese
perché si era proceduto su un insigne monu- Ambrogio Maitani probabilmente nel 1326; circa
mento senza il preventivo parere della Direzione nel 1575 l’architetto perugino Vincenzo Danti
regionale, e – aggiungerei – in presenza local- l’aveva trasformata a doppia rampa cordonata

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Perugia, la Scala della Vaccara in demolizione, 1890. Perugia, la Scala della Vaccara ricostruita dal Comune sul mo-
dello di Danti in occasione della visita di Umberto I, 1890.

Perugia, la Scala della Vaccara nella versione proposta da Sacconi, 1891.

parallela alla facciata; demolita questa nel 1829 molto contrastata allora dai cittadini: quella ap-
perché “consunta per vetustà e discordante con punto demolita infine dal Comune. Di quella
lo stile del monumento” dall’architetto comu- presunta originale non si aveva quindi soverchia
nale Scipione Antonini, lo stesso ne aveva rico- certezza, se non nei vaghi lacerti residui dell’af-
struita un’altra nel 1832, di forma tronco conica, fresco di Benedetto Bonfigli presente nella Cap-

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Perugia, la Scala della Vaccara ricostruita in una nuova ver-


sione provvisoria, 1891.

pella dei Priori, raffigurante la traslazione in Cat-


tedrale del corpo del protettore Sant’Ercolano, di-
pinto dal 1461 a decorazione del terzo am- Perugia, la Scala della Vaccara nella sua versione definitiva,
1902.
pliamento del Palazzo dei Priori (1442-1450).
Era subito sorta una vivace polemica che da lo- sare del tempo la questione divenne internazio-
cale divenne nazionale, con schieramenti e pro- nale: vi interverranno il “Journal of the Royal
poste che rispecchiavano le differenti valutazioni British Architects” e altri eminenti architetti e sto-
storico artistiche sul monumento. Francesco Az- rici inglesi, il parigino Rohault de Fleury, Charles
zurri e Giulio De Angelis inviarono anche un loro Yriarte Direttore Generale delle BB.AA. francesi, e
progetto alla Commissione Superiore di Belle molti altri, tutti su differenti posizioni. Manfredo
Arti, che propugnava la ricostruzione a rampa Manfredi (amico personale del Sacconi) e lo
unica. Il Direttore regionale Sacconi, nel 1891, stesso Boito non si vollero pronunciare diretta-
tentò di riassumere graficamente le tre proposte mente. Tra proposte e rimandi, nel maggio-giu-
in ballo, aggiungendovene una sua come “ripri- gno 1899 una decisione definitiva non era ancora
stinazione ad arco rampante”. Il Ministero no- stata presa; una nuova Commissione venne allora
minò una prima commissione speciale per nominata da Roma, composta stavolta da Sac-
dirimere la questione, composta da Sacconi, Bel- coni, Ferrari, Maccari, D’Andrade, Jacovacci e De
trami, Barabino, Ferrari, Calderini, Iacovacci, Angelis. Calderini, che propugnava il ripristino
Bianchi e Jerace che, riunita nel 1891, deplorò la della scala dell’Antonini sul modello dell’affresco
demolizione del Comune, si oppose alla ricostru- del Bonfigli, ne rimase fuori. Gli ultimi tre com-
zione della scala a due rampe del Danti, ma so- missari, nel disaccordo generale, elaborarono un
spese la decisione in attesa di ulteriori indagini loro progetto di ripristino con una scala “a ven-
di garanzia, autorizzando tuttavia l’esecuzione taglio a base poligonale con libera discesa”; Sac-
di una scala provvisoria in legno per garantire coni – a causa anche dell’assenza dell’amico e
l’accesso funzionale alla Sala dei Notari. Col pas- influente massone Ettore Ferrari e dell’astensione

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di Cesare Maccari (che lavorava allora con lui al a maggioranza: nel novembre 1901, il Ministero
restauro della cupola della Basilica di Loreto) – confermò la scelta finale della Commissione36 e
rimase così col suo progetto in minoranza e il Mi- il Direttore regionale Sacconi dovrà, obtorto collo,
nistero diede allora mandato al Comune di Peru- approvare l’esecuzione del progetto, compìto nel
gia di elaborare un progetto esecutivo. L’indi- 1902 come oggi lo vediamo.
sponibilità dell’Ufficio Tecnico locale farà sì che
l’esecutivo verrà elaborato nel 1901 da D’Andrade, Infine, tra i restauri progettati ma non eseguiti
De Angelis e Jacovacci. Il Sacconi, sconfitto, de- dal Sacconi in Umbria, va ricordato quello per il
plorò la decisione con una lettera inviata nel giu- tardo gotico Palazzo Trinci di Foligno. L’archi-
gno 1901 al Ministero35, dove affermava che il tetto dichiara di averlo trovato nelle “più deplo-
progetto “compitato dal signor D’Andrade e com- revoli condizioni”: “Si chiusero le antiche e
pagni” [il D’Andrade era di formazione un pit- caratteristiche fenestre per aprirne delle nuove,
tore] “oltre ad alterare l’originaria struttura del senza tener conto dello stile dell’edificio e delle
monumento, col mastodontico e sproporzionato proporzioni architettoniche [...] fu commesso in-
sviluppo dato alla scala, la rende antiestetica e pe- fine un completo vandalismo”37. Dal 1895 Sac-
ricolosa”. Ma le decisioni erano oramai state prese coni elaborò un progetto complessivo di restauro,

Foligno (Pg), palazzo Trinci, la corte, 1895.

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e in particolare per il cortile d’onore, maggior-


mente manomesso, proponendo (sempre se-
guendo le sue perseguite ragioni “estetiche”) la
trasformazione della preesistente scalea spezzata
su tre archi in una a unico arco rampante. Essa
faceva parte del nucleo del palazzo originario di
Giovanni Ciccarelli venduto a Ugolino III Trinci
(ultimo decennio del XIV secolo) e da questi am-
pliato. Ma “imprevedute circostanze” non ne per-
misero lo sperato ripristino. Il restauro venne
realizzato solo nel 1927-1937 da Cesare Bazzani
in stile neogotico, che impose molte nuove trifore
presunte ma vi mantenne la conformazione ori-
ginaria della scalea tripartita.

In conclusione, con questi pochi e sintetici esem-


pi, ovviamente condizionati dai contenuti pro-
grammatici e dallo spazio disponibile, ho tentato
di far luce sulla sostanza e sui contenuti culturali
che sono incardinati alle radici dell’opera del
Foligno (Pg), palazzo Trinci, progetto di restauro proposto da Sacconi nel campo del restauro, ed in particolare
Sacconi, 1895. sulle sue matrici ideali, riflesse e ben inserite nel
dibattito più ampio sull’architettura dell’Ecletti-
smo. Durante la sua attività di primo Direttore
dell’Ufficio Regionale per la Conservazione dei
Monumenti dell’Umbria e delle Marche Sacconi
ebbe modo di affrontare temi di restauro molto
complessi, sia sul piano tecnico che metodolo-
gico, e basti accennare ai suoi restauri della Ba-
silica di Loreto (1885-1905) – la cui sola analisi
richiederebbe qui un capitolo a parte – dove, tra
l’altro, si confrontò vis-à-vis con l’opera di An-
tonio da Sangallo, demolendone coraggiosa-
mente l’impianto strutturale nel consolidamento
della cupola, al solo fine di affermare la necessità
Foligno (Pg), palazzo Trinci dopo i restauri di Cesare Bazzani del perseguimento dell’unità stilistica del monu-
(1927-37). mento. Un obiettivo, questo, – o addirittura un

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Giuseppe Sacconi, studio di restituzione delle trasformazioni


rinascimentali tra il 1485 e il 1587 della zona absidale della
Basilica di Loreto (An), 1895.

Loreto (An), Basilica, capocroce e cupola. Sono ancora visibili


gli arconi centinati di rinforzo imposti dal Sangallo, il tamburo
con i finestroni cinquecenteschi e la cupola affrescata dal Po-
marancio, incisione di Gaetano Ferri, 1853.

anelito – da lui ritenuto fondamentale e prima-


rio in ogni suo intervento di restauro, come ab-
biamo visto, guidato e motivato da una sen-
sibilità estetica estrema che lo portava a sotto-
mettervi ogni logica di moderno rispetto del va-
lore della consequenzialità storica nella vita di
un’architettura, prodigandosi per questo con
studi preliminari accuratissimi, storici e grafici,
per ottenere un’immagine finale, intesa da lui
come coerente e sintattica, di valorizzazione mo-
numentale. Battaglie dalle quali uscì spesso
sconfitto ma onestamente e sinceramente con-
Giuseppe Sacconi, studio per il restauro di ripristino della zona
absidale della Basilica di Loreto (An), 1895. vinto; battaglie che lo segnarono profondamente

67
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1
“...si venne, coi romantici, alla nuovissima irrazionalità
eclettica, in cui oggigiorno viviamo. Il fatto è unico nella
storia antica e moderna. La curiosa gloria di mancare af-
fatto di architettura fu serbata a questo secolo nostro, giac-
ché‚ tutti i popoli in tutte le età ebbero un’arte loro propria,
che ne serviva, come s’è visto, più o meno bene i bisogni
della mente e del corpo.[...]. Scrittori d’arte italiani con-
sigliano di seguire ne’ nostri teatri lo stile moresco, nelle
nostre chiese lo stile gotico, nelle nostre porte di città lo
stile greco, nelle nostre borse lo stile romano, ne’ nostri
palazzi pubblici lo stile municipale del medio evo, nelle
nostre case lo stile inglese Tudor o quello italiano o fran-
cese del Rinascimento, e così via, per ogni genere di edificii
un’architettura diversa. C’è chi per i nostri cimiteri vuole
lo stile egiziano, e c’è chi si compiace di chiedere a’ Chinesi
ed ai Turchi forme e concetti.[...]. Ora ci sono edificii e ar-
chitetti, non architettura. Ora l’architettura è, salvo rari
casi, un trastullo della fantasia, una ingegnosetta combi-
nazione di forme, uno sbizzarrimento di matite, di com-
passi, di righe e di squadre. [...] Chi sa? da questa anarchia
verrà fuori l’arte vera, che è libertà di fantasia con regola
di ragione. [...] Noi siamo un anello della gran catena dei
tempi: la civiltà greca era una civiltà derivata, mescolata
e di transizione come la nostra. [...] Per l’Italia il grande
impaccio sta nella maravigliosa ricchezza del suo passato.
Loreto (An), Basilica, capocroce e cupola. Il restauro di ripri- Ma, presto o tardi, bisognerà pure che un’architettura ita-
stino del Sacconi in stile gotico veneziano (1885-1905): la ria- liana ci sia, massime ora che l’Italia s’è fatta nazione, ed
pertura degli oculi sul tamburo, i nuovi affreschi di Cesare ha la sua capitale. E dovrà essere uno stile, come nel Tre-
Maccari nella cupola, come si presenta oggi. cento, vario, pieghevole a’ bisogni, a’ climi, all’indole delle
diverse provincie; e dovrà essere degno della civiltà raffi-
nata, della scienza progredita di questo nostro secolo de-
e lo portarono probabilmente a una precoce di- cimonono o del ventesimo, perché noi discorriamo, così
partita a soli 51 anni. Ma per noi oggi il giudizio per nostro diletto, delle cose di là da venire”. BOITO 1880,
è sin troppo facile, alle soglie di quasi il secolo e pp. XXI-XXIII.
2
Si veda soprattutto BOITO 1893; e anche BOITO 1885.
mezzo che ci divide da quegli infocati dibattiti 3
Citato in GRASSI 1959, p. 11; sulle teorie boitiane si veda
ottocenteschi e ben corroborati dall’evoluzione BOITO 1989.
4
continua e cosciente della teoria del restauro. Cfr. MARIANO 2004a, p. 20; cfr. specificatamente i saggi
MARIANO 2004b e MARIANO 2004c.
Non va tuttavia mai dimenticato l’ovvio precetto 5
BOITO 1884.
che ogni azione umana, per essere compresa a 6
Cfr. sul tema il recente: MARIANO 2011; ed anche MARIANO
fondo, va valutata e considerata nel contesto sto- 1995b.
7
La Circolare attuativa è del 6 giugno 1885, n. 775.
rico e culturale nel quale si è espressa e che solo 8
CAVALCASELLE 1863, p. 10. Il patriota mazziniano e storico
attraverso la conoscenza approfondita e ragio- dell’arte G.B. Cavalcaselle nel 1861, assieme a Giovanni
nata di quel contesto ci sono concessi la co- Morelli, ricevette dal Ministero della Pubblica istruzione
l’incarico di Direttore Generale per redigere un catalogo
scienza e il diritto di esprimere su quella azione delle opere d’arte di proprietà ecclesiastica nell’Umbria e
un giudizio meditato e onestamente consapevole. nelle Marche, allo scopo di conoscere la situazione del pa-

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trimonio artistico della neonata nazione e per intervenire traces qui peuvent servir à constater des adjonctions,
contro l’alienazione dei beni. Il suo lavoro valse un grosso des modifications aux dispositions primitives. [...] On
inventario delle opere d’arte presenti nelle Marche e in pourrait dire qu’il y a autant de danger à restaurer en
Umbria, tanto da renderlo unanimemente riconosciuto reproduisant en fac-simile tout ce que l’on trouve dans
come il maggiore esperto sulla Storia dell’Arte dell’antico un édifice, qu’en ayant la prétention de substituer à
Ducato d’Urbino e dello Stato Pontificio. Cfr. L EVI 1988. des formes postérieures celles qui devaient exister pri-
9
Cfr. BENCIVENNI, DALLA NEGRA, GRIFONI 1992, p. 23. mitivement. Dans le premier cas, la bonne foi, la sin-
10
Cfr. Berchet F., Rapporto dei Delegati regionali a S.E. cérité de l’artiste peuvent produire les plus graves
il Ministro della P.I., in ACS, I versamento, b. 381. erreurs, en consacrant, pour ainsi dire, une interpo-
11
Con Regio Decreto n. 392 del 28 giugno 1891. lation ; dans le second, la substitution d’une forme pre-
12
Cfr. “Bollettino” 1891. mière à une forme existante, reconnue postérieure, fait
13
D.M. del 5 ottobre 1891. également disparaître les traces d’une réparation dont
14
Eletto dal 1887 nella circoscrizione di Ascoli Piceno-San la cause connue aurait peut-être permis de constater
Benedetto. la présence d’une disposition exceptionnelle. Nous ex-
15
Cfr. BENCIVENNI, DALLA NEGRA, GRIFONI 1992, passim. pliquerons ceci tout à l’heure.”, in VIOLLET-LE-DUC 1866.
16 21
SACCONI 1903. FRANCE 1899, p. 242. Cfr. anche GIOVANNONI 1913, p. 507.
17 22
ACS, III versamento, parte II, b. 202, f. 8. “Annales Archéologiques” 1845.
18 23
In effetti una prima definizione del “principio d’analo- BOITO 1884, p. 31.
24
gia” fu enunciata dall’accademico parigino Prosper Mé- GIOVANNONI 1929, p. 110.
25
rimée, dal 1834 al 1860 primo Inspecteur Général des Cfr. MARIANO 2012; ed anche: MARIANO 2003, dove sono il-
Monuments Historiques di Francia, quando (1844) affer- lustrati i restauri eseguiti al monumento.
26
mava – indignato contro le “restaurations maladroites” Cfr. Boito, nell’ordine del giorno approvato dal IV Con-
– che il restauro dei monumenti dovesse effettuarsi inte- gresso degli Architetti ed Ingegneri italiani a Roma nel
grandone le parti ed uniformandone le forme all’idea pre- 1883, pubblicato negli atti stessi (Atti 1884).
27
valente del suo stile, presunta originale secondo il principio Sull’argomento, cfr. in particolare DAVID 1990. Per le
del “monument type”: “Per restauro noi intendiamo la opere nelle Marche: CRUCIANI 2004; MARCELLI 2011. Per
conservazione di ciò che esiste, la riproduzione di ciò che l’epoca: VIVIANI 1906; ACQUATICCI 1909.
28
manifestamente è esistito [...] in un restauro non si deve SACCONI 1903, p. 58.
29
inventare niente; quando le tracce dello stato antico sono L’autorevole Commissione, che aveva deliberato il 12 di-
perdute, la cosa più saggia è copiare i motivi analoghi in cembre 1890, era presieduta dal Boito e ne facevano parte
un edificio dello stesso tempo e della stessa provincia...”. Calderini, Del Moro e D’Andrade.
30
Un concetto che verrà poi lapidariamente sintetizzato dalla Cfr. CALDERINI 1891.
31
famosa affermazione di Viollet-le-Duc: “Restaurer un édi- Probabilmente tra il 1925 e il 1932, quando l’architetto
fice, ce n’est pas l’entretenir, le réparer ou le refaire, fiorentino si occupò della nuova sistemazione della cripta
c’est le rétablir dans un état complet qui peut n’avoir francescana della Basilica; TARCHI 1954.
32
jamais existé à un moment donné”, in VIOLLET-LE-DUC SACCONI 1903, p. 80.
33
1866, p. 14. Sull’opera artistica della bottega del Moretti, cfr. GIUBBINI,
19
VIOLLET-LE-DUC 1866. SANTOLAMAZZA 2001.
20 34
Cfr. il passo: “Si l’architecte chargé de la restauration Sul Palazzo dei Priori cfr. GROHMANN 1988; MANCINI 1997.
35
d’un édifice doit connaître les formes, les styles appar- Lettera alla Direzione Generale per le Antichità e Belle
tenant à cet édifice et à l’école dont il est sorti, il doit Arti, 1901, ACS, MPI, AABBAA, III versamento, II parte, b.
mieux encore, s’il est possible, connaître sa structure, 588.
36
son anatomie, son tempérament, car avant tout il faut Ivi, b. 655.
37
qu’il le fasse vivre. Il faut qu’il ait pénétré dans toutes Cfr. SACCONI 1903, pp. 108-110.
les parties de cette structure, comme si lui-même l’avait
dirigée, et cette connaissance acquise, il doit avoir à sa
disposition plusieurs moyens pour entreprendre un tra-
vail de reprise. [...]... dans les parties cachées des édifi-
ces, devrons-nous respecter scrupuleusement toutes les

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Marsciano (Pg), Palazzo Comunale, dettaglio della facciata (foto Stefano Bottini).
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Tra edilizia ed economia a Perugia alla fine dell’Ottocento


Manuel Vaquero Piñeiro

Nel 1861 la popolazione censita nel comune di indizio di prosperità economica”. L’andamento
Perugia ammontava a 44.130 persone, di cui sia del numero degli abitanti sia dei fabbricati
14.885 dimoranti all’interno delle mura cittadine rinvia alle più generali vicende conosciute da
e 29.245 residenti nel territorio comunale. Dieci una città come Perugia, che tra 1861 e 1870
anni dopo la popolazione complessiva era cre- trasse motivi di crescita dal fatto di essere l’ultimo
scita del 12% (49.503), cioè 16.708 in città (+12%) capoluogo prima della frontiera dello Stato della
e 32.795 (+12%) nelle frazioni rurali1. La forte Chiesa, e poi, dopo Porta Pia, subì un drastico ri-
crescita verificatasi negli anni settanta del secolo dimensionamento di funzioni2. D’altro canto, i
perse velocità nel corso del decennio successivo, dati demografici e insediativi sopra menzionati
fino a presentare – al momento del terzo censi- vanno altresì collocati nello scenario di una città
mento della popolazione del Regno (1881) – che trovò nell’applicazione delle cosiddette leggi
una situazione praticamente di stallo: popola- eversive, quelle cioè che misero in vendita le pro-
zione totale 51.354 individui (+3%); popola- prietà immobiliari degli enti ecclesiastici sop-
zione in città 17.395 (+4%), popolazione nelle pressi, che vennero incamerate dallo Stato
frazioni 33.959 (+3%). Sebbene le autorità mu- italiano, una prima occasione di cambiamento
nicipali esprimessero forti riserve sui dati riguar- degli assetti preesistenti3.
danti il censimento del 1861, nel corso del primo Le leggi eversive costituiscono un tradizionale
ventennio postunitario i fabbricati passarono da terreno di confronto storiografico4. Rispetto al-
6.420 nel 1861 a 7.260 (+13%) nel 1881, con un l’alienazione dei beni fondiari, questione sulla
netto balzo in avanti dei fabbricati siti in città, quale è disponibile un’abbondante bibliografia,
che passarono da 1.997 a 3.468 (+73%), mentre lo studio dei beni urbani provenienti dalla ma-
quelli dislocati in campagna andarono incontro nomorta è un campo d’indagine meno battuto.
a una vistosa contrazione, passando da 4.423 a In primo luogo il problema da affrontare fu la
3.792 (-16%). Per gli estensori del censimento riconversione funzionale degli edifici di culto e
del 1881, tali dati dimostravano con chiarezza dei complessi conventuali, un tema di centrale
che il “costante e progressivo sviluppo della parte importanza nel momento in cui i nuovi gruppi
edilizia del nostro comune [rappresentava] un dirigenti postunitari provvidero a organizzare

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una rete di servizi pubblici5. Per quanto riguarda, dei beni del Regno d’Italia”, cominciarono a es-
invece, l’ambito più specifico del tessuto edilizio sere pubblicati sulla “Gazzetta dell’Umbria” gli
minore, l’elemento che va maggiormente preso avvisi mediante i quali si rendevano note le con-
in considerazione è rappresentato dalle caratte- dizioni per poter concorrere alle vendite all’asta,
ristiche tipologiche dei lotti messi all’asta e dai alienazioni che furono espletate, senza soluzione
successivi processi di trasformazione fisica delle di continuità, fra il 1865 e il 18688.
abitazioni. Tematiche, queste e altre, che in con- Ad esclusione dei poderi e degli orti situati nella
creto rinviano al peso rivestito dagli investimenti zona della Conca, gli edifici urbani di Perugia
immobiliari urbani all’interno delle strategie di oggetto di vendita furono centotre. Sul centinaio
ascesa socio-economica condotte da un moderno di immobili censiti, settantasette furono venduti
quanto eterogeneo ceto di proprietari, composto entro la fine del 1865, mentre la parte restante
da famiglie nobili di vecchia data e da esponenti fu oggetto d’incanto tra il 1867 e il 18719: il
della variegata compagine borghese degli affari, tempo trascorso tra la prima e la seconda fase
dei professionisti e della burocrazia pubblica. della vendita sta a indicare come, dopo una ve-
Lasciando a margine gli aspetti propriamente le- loce partenza, i tempi tecnici si allungarono, pro-
gislativi dei provvedimenti relativi all’asse eccle- vocando le critiche della Società Anonima, che
siastico promossi fra il 1861 e il 1870, è qui im lamentò l’estrema lentezza con cui procedeva
portante ricordare che in quell’occasione fu in- l’intero meccanismo burocratico. Le proprietà
trapresa una capillare operazione di censimento alienate provenivano da ventidue enti ecclesia-
e ricognizione catastale delle proprietà incame- stici, secolari e regolari; dal punto di vista nume-
rate6. Sebbene l’accertamento del valore degli im- rico, eccettuati il Capitolo e la Fabbrica della
mobili da vendere innescò numerosi problemi, Cattedrale di San Lorenzo10, con ventidue lotti, e
il lavoro della commissione provinciale preposta il convento di San Domenico, con dieci lotti, la
approdò alla compilazione di quattro voluminosi nota dominante è la forte frammentazione pa-
registri sottoscritti l’8 ottobre 1863 dal delegato trimoniale: per ognuna delle altre diciannove
ministeriale, l’ingegnere Enrico Arringhi7. Si istituzioni si contabilizza un massimo di sei pro-
tratta di un materiale che fornisce per ogni sin- prietà. Per quanto riguarda la tipologia dei beni
golo lotto rurale e urbano una ragguardevole posti in vendita, si riscontra uno schiacciante
quantità di notizie: tipologia, localizzazione, isti- predominio delle “case” (84), a volte con orto o
tuzione di provenienza, caratteristiche, dati ca- giardino (2) e con molino da olio (2); compare
tastali, canone di locazione, superficie, rendita anche un ristretto numero di caseggiati (3). Di
lorda e netta, infine valore all’incanto. In seguito, converso, sorprende la ridotta presenza di botte-
questi “elenchi descrittivi e estimativi” furono ghe e di locali adibiti a usi commerciali (5), così
trasmessi a Torino, dove furono approvati in ma- come sono praticamente assenti gli edifici divisi
niera definitiva dai Ministeri di giustizia e delle in appartamenti o camere (1). Da queste prime
finanze. Conclusasi questa intensa azione istrut- osservazioni si dovrebbe dedurre il perdurare a
toria, a partire dagli ultimi mesi del 1864, sotto Perugia di una struttura della proprietà abba-
l’impulso della “Società Anonima per la vendita stanza statica, imperniata sul tradizionale blocco

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verticale di origine medioevale, che allo scadere merato urbano: il primo ubicato lungo corso Ga-
del XIX secolo conservava inalterata la sua unità ribaldi; il secondo in via dei Priori; il terzo nel-
giuridica dalle fondamenta ai sottotetti. l’area compresa tra via Pinturicchio e via Im-
La documentazione concernente la liquidazione briani; il quarto tra via Campo Battaglia e corso
dell’asse ecclesiastico, per quanto riguarda la Cavour e il quinto in prossimità di via dell’Ac-
qualità e l’organizzazione architettonica degli quedotto. Si tratta di una distribuzione topogra-
edifici, si rivela abbastanza avara di particolari. fica che in larga misura rispecchia la rete in-
A volte si parla di case in “mediocre stato” o “in sediativa delle corporazioni religiose. Così, ad
stato di decadimento”, ma i dettagli sulla dimen- esempio, le proprietà dei conventi domenicani di
sione materiale dei beni costituiscono rare ecce- San Domenico e della Beata Colomba appari-
zioni. Si riscontrano, invece, testimonianze in vano concentrate su entrambi i lati di corso Ca-
merito all’elevato costo della manutenzione dei vour; allo stesso modo, quelle appartenenti alla
fabbricati, che andava ridotta al minimo poiché, Cattedrale si addensavano dietro l’edificio reli-
secondo i tecnici chiamati a predisporre le peri- gioso, intorno alle vie Appia e dell’Acquedotto.
zie, determinavano un grave danno economico Non è possibile in questa sede ripercorrere le vi-
per la Cassa ecclesiastica. Secondo il numero di cende patrimoniali di ciascun ente; tuttavia, in
piani, gli edifici esaminati si dividono in tre attesa di ulteriori verifiche, l’aspetto che si evince
grandi gruppi: a due piani, il 25%; a tre piani, il è la presenza di blocchi patrimoniali di dimen-
51%; a quattro piani, il 23%. Invece, dal punto di sioni relativamente modeste ma topografica-
vista dei vani, il quadro generale si presenta mente molto compatti, che di fatto tendevano a
molto frammentato; si oscilla, infatti, da pro- identificarsi con una parte circoscritta della città.
prietà composte da un unico ambiente ad altre, Il farraginoso meccanismo per il calcolo delle
molto più spaziose, che arrivavano fino a 39 rendite suscitò parecchie discussioni all’interno
stanze, come nel caso di un caseggiato, con an- delle commissioni provinciali, con il conseguente
nesso molino da olio, sito nel rione di porta strascico di ricorsi e accertamenti che rallentò le
Sant’Angelo. Con un calcolo approssimativo e procedure di alienazione12; tuttavia, il calcolo
dovendo considerare che ci troviamo di fronte a rappresentava un passaggio di fondamentale im-
una casistica molto ampia in funzione delle zone portanza, perché dai fitti netti dipendeva la de-
o della natura del bene, risulta che ogni edificio terminazione del prezzo dei beni da mandare
aveva circa 10 ambienti e più o meno 3,4 vani all’incanto. Il parametro adottato, anche allo
per piano. Un altro aspetto di particolare interesse scopo di ridurre i margini di discrezionalità, con-
è la superficie in pianta degli edifici. Anche qui sisté nell’attribuire a ognuno dei lotti un valore
le differenze sono consistenti, ma il dato generale risultante da una rendita capitalizzata al cinque
è la prevalenza di lotti urbani di piccole dimen- per cento. Nel caso delle proprietà urbane ven-
sioni, appena 1,0238 ettari11. dute a Perugia questo criterio fu applicato in ma-
Se si considerano le zone della città ove si trova- niera estremamente rigorosa; sulla scorta di tale
vano localizzati i beni immobiliari incamerati, metodo di calcolo, gli immobili messi all’asta nel
risulta la prevalenza di alcuni settori dell’agglo- capoluogo umbro raggiunsero un valore di par-

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tenza complessivo di 131.852 lire. Dividendo i zionali collegamenti cardine fra il cuore citta-
lotti per classi di valore si evince che oltre il 70% dino e il territorio rurale circostante, via Pintu-
degli immobili aveva un valore inferiore alle ricchio, a partire dal 1860, divenne il fulcro di
2.000 lire, mentre le abitazioni al di sopra delle una serie di importanti progetti di riassetto ur-
5.000 lire si riducevano a uno scarso 5%. Poiché banistico destinati a “consentire un più rapido
in partenza nessun immobile superava le 10.000 raccordo tra il centro storico e i tracciati stradali
lire e i prezzi tutto sommato erano di modesta per i distretti di Città di Castello e di Gubbio”15. A
entità, anche a Perugia, come del resto si verificò questo punto appare legittimo ipotizzare che gli
in altre realtà urbane dell’Italia postunitaria, ac- investimenti immobiliari orientarono verso le
cadde che “il gruppo delle case fosse solo in parte parti della città che offrivano maggiori garanzie,
adatto all’investimento speculativo di consistenti anche in previsione di futuri lavori di ammoder-
capitali”13. namento viario che senza dubbio, così si pensava,
In altri termini, rispetto alla stima iniziale che, avrebbero contribuito a incrementare gli affari
come si è appena detto, ammontava a 131.852 commerciali e, quindi, il valore degli edifici di
lire, alla fine le vendite degli immobili a Perugia civile abitazione.
fruttarono al Demanio 182.811 lire, equivalenti La messa all’asta degli immobili dell’asse eccle-
a un incremento percentuale di circa il 40%. Ri- siastico costituì l’occasione per fare emergere ca-
sultati decisamente positivi, in verità, se si con- pitali di una discreta importanza. Nelle aste in
sidera che le trattative private, cioè la vendita dei cui erano in palio gli edifici di maggior valore si
lotti rimasti invenduti nelle prime due aste, non raggiunsero percentuali di crescita di oltre il
raggiunsero neppure il 7% e che i lotti alienati a 200%. Dalla documentazione relativa alle alie-
prezzi ribassati furono un’esigua minoranza14. nazioni traspare l’esistenza di settori della società
Nonostante ciò le diverse aree della città non con- perugina che, oltre a disporre dei mezzi finan-
corsero in maniera uguale a definire l’aumento ziari per partecipare alle aste, dimostravano di
generale. Due zone di Perugia che presentarono voler trovare gli spazi per partecipare alle occa-
una situazione sostanzialmente improntata alla sioni di crescita socio-economica fornite dalla
stabilità furono corso Garibaldi e corso Cavour, nuova realtà politica e istituzionale dell’Italia
con prezzi di vendita leggermente superiori a unita.
quelli previsti al momento dell’apertura dell’asta. Gli acquirenti dei cento lotti urbani dell’asse ec-
Ben diverso è il panorama che si riscontrò in via clesiastico a Perugia furono 76, con una spesa
dei Priori e via Pinturicchio. Infatti, nella prima media individuale di 2.437 lire. Se si osserva la
delle due arterie, il prezzo finale delle case compì ripartizione degli acquirenti secondo il numero
un balzo in avanti del 60%, mentre nel secondo dei lotti comprati, si evince la totale assenza di
caso l’aumento si collocò intorno al 42%. Da massicci fenomeni di accaparramento16. Questa
questi dati appare evidente verso quale direzione estrema dispersione rispecchia la frammenta-
si spostarono i capitali e quali furono le zone di zione dei lotti e la varietà dei prezzi, che consen-
Perugia che sollecitarono maggiore interesse nei tivano di compiere sia operazioni immobiliari di
compratori. Se via dei Priori era uno dei tradi- carattere speculativo, sia acquisti finalizzati a

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collocare risparmi di modesta entità, sapendo per Emanuele, sorta in seguito alla demolizione
di più che il prezzo dello stabile poteva essere pa- della rocca Paolina18, Guglielmo Calderini difese
gato a rate. la realizzazione di una fabbrica improntata ai
Uno dei maggiori limiti della documentazione canoni stilistici del “secolo nostro”19. Un periodo
attinente la vendita delle proprietà ecclesiastiche “più commerciale che artistico”, attento soprat-
è che gli incartamenti, piuttosto ripetitivi sul tutto agli interessi “dell’economia e la specula-
piano delle procedure burocratiche, forniscono zione”, per seguire i quali anche l’architettura
scarse attestazioni circa la condizione sociale era chiamata a cambiare, a modernizzarsi, al
degli acquirenti. Si tratta, in realtà, di una ca- fine di “cavare il maggiore utile possibile dallo
renza abbastanza generalizzata, in quanto atte- spazio”. L’idea, già di per sé carica di novità, con-
stata anche in altre aree della penisola17. In sisteva nel raccogliere il denaro necessario per la
particolare, a Perugia, gli acquirenti che appar- costruzione dell’edificio mediante la costituzione
tenevano al ceto delle professioni esercitavano at- di una società per azioni: si ipotizzò una spesa
tività artigianali oppure erano esponenti della complessiva di lire 149.333,45 a fronte di una
piccola borghesia commerciale e delle profes- rendita annuale pari a 300.400 lire, da trarre
sioni liberali. Gli indizi raccolti sembrano indi- dalla locazione di un “grande ambiente per uso
care una scarsa partecipazione di figure di caffè o birreria”, sei botteghe e 23 apparta-
riconducibili al ceto nobiliare e alla grande pos- menti.
sidenza terriera. Nel contesto di una città che oltre alla “como-
Allargando il campo di osservazione, negli stessi dità” doveva altresì garantire i profitti degli in-
anni in cui si portava a termine la vendita del- vestimenti, principi molto simili a quelli avanzati
l’ex-patrimonio immobiliare ecclesiastico Peru- da Calderini compaiono nel progetto elaborato
gia conobbe una serie di interventi edilizi a dall’architetto da Guglielmo Donati nel 1915,
carattere monumentale che nella loro tipologia quando in città si aprì il dibattito sulla sistema-
e funzione socio-economica rappresentarono un zione urbanistica della via Nuova, la strada che
elemento di discontinuità rispetto a un corpus doveva collegare corso Vannucci a piazza Gari-
architettonico che nei secoli precedenti all’unità baldi20. Nel rispetto della “caratteristica e sincera
aveva conosciuto interventi di un certo rilievo. espressione trecentesca” dello “stile umbro”, e
Dunque, allo scadere dell’Ottocento si disegnano una volta abbandonata l’idea di realizzare una
in controluce due facce della stessa realtà ur- galleria coperta a vetri, i progetti ruotarono in-
bana: da un lato la dimensione economico-ar- torno alla costruzione di un loggiato o porticato
chitettonica degli incanti, che rinvia all’immagine pubblico destinato a zona tanto di passaggio
tradizionale della città, e dall’altro le forze che si quanto commerciale, che contemplava l’aper-
fecero interpreti delle tensioni riformatrici, anche tura di una serie di negozi dislocati in una posi-
nel rinnovamento della realtà materiale citta- zione molto vantaggiosa. Oltre ai canoni di
dina. locazione, piuttosto sicuri, delle sei botteghe del
Per giustificare la costruzione di un moderno piano terra, era prevista la fabbricazione di due
blocco di appartamenti nella piazza Vittorio piani sopra il loggiato per un totale di 28 vuoti

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da “affittarsi tutti ad uso studi professionali od appare molto sfilacciato, ASPg, Intendenza di Finanza.
offici”: si stimava che la vicinanza agli uffici giu- Contratti di vendita, elenco 65, b. 80 (lotto 1).
9
ASPg, Prefettura. Amministrativo 1870-1951, IV serie,
diziari avrebbe garantito rendite molto alte, fino Liquidazione asse ecclesiastico, bb. 52, 67, 73, 79, 80 e 111.
a 2.500 lire per piano. Anche in questa circo- 10
Per il capitolo della Cattedrale di San Lorenzo l’appli-
stanza, nella città degli affari e degli uffici la co- cazione delle leggi del 1866 e 1867 ebbe conseguenze
molto negative, perché determinò una drastica riduzione
struzione di un fabbricato destinato ai liberi dei redditi e dei benefici, LUPI 1992.
professionisti costituiva senza dubbio un investi- 11
La legge del 1862 prevedeva la formazione di piccoli lotti,
mento molto conveniente. “compatibili cogl’interessi economici, colle condizioni
agrarie e colle circostanze locali”, Raccolta ufficiale 1863,
Insomma, la Perugia di fine Ottocento conobbe R.D. n° 812 (capitolo II, “Della formazione dei lotti”).
l’affermazione di nuove tipologie edilizie che de- 12
BOGGE, SIBONA 1987, pp. 257-260.
13
terminarono, seppur in maniera episodica, la na- Ivi, p. 370.
14
Per un confronto con la situazione nazionale cfr. ivi, pp.
scita di un nuovo paesaggio urbano21. Rispetto a 262-265.
queste vampate di dirompente modernizzazione 15
GROHMANN 1985b, p. 148.
architettonica, la città nel suo insieme non subì 16
BOGGE, SIBONA 1987, p. 276.
17
trasformazioni radicali; tuttavia la vicenda della Ivi, pp. 539-564.
18
BANTI, ERCOLANI 1992.
vendita dei beni urbani dell’asse ecclesiastico in- 19
CALDERINI 1870, p. 5. Su questo progetto cfr. anche GROH-
vita a spostare il punto di vista tradizionale foca- MANN 1985a, p. 23; PORCARO 1980, pp. 114-115. Negli anni
lizzandolo su questioni finora poco indagate, allo settanta, Guglielmo Calderini portò a termine un’altra im-
portante operazione di edilizia borghese: la costruzione del
scopo di verificare in quali maniere i passaggi di palazzo Bianchi su piazza Morlacchi, GROHMANN 1985b, pp.
proprietà e l’arrivo (o il consolidamento) di una 146-147. Sulla figura di Guglielmo Calderini, La comme-
nuova classe di proprietari contribuirono a mo- morazione di Guglielmo Calderini 1916; MARCONI 1974,
cfr. anche in questo stesso volume, il saggio di Antonella
dificare il volto del mercato immobiliare nello Greco, pp. 185-195.
scenario cittadino dell’Italia postunitaria. 20
DONATI 1915; VIGNAROLI [1915].
21
ZUCCONI 2001, pp. 113-114.

1
Relazione sul terzo censimento s.d., pp. 6-13.
2
Per le condizioni dell’inserimento di Perugia nel Regno
d’Italia cfr. GROHMANN 1990a; BARTOCCINI 1993.
3
GROHMANN 1985a; PORCARO 1980.
4
LUZZATTO 1968, pp. 106-109; FUMI 1993, in particolare pp.
255-262; PESCOSOLIDO 1995, p. 269. La bibliografia in BA-
RONCIONI 2012, in particolare p. 100 nota 6.
5
Sul reimpiego delle strutture ecclesiastiche nell’Umbria
si vedano GROHMANN 1985b, pp. 140-142; GROHMANN 1989,
pp. 168-172; D’ALESSANDRO 1984-1985; cfr. anche i saggi
raccolti in CUTINI, GROHMANN 2000.
6
VAQUERO PIñEIRO 2009.
7
ACS, Ministero delle Finanze, Direzione Generale del
Demanio e delle Tasse, Asse ecclesiastico, registri dei beni
posti in vendita, Perugia, nn. 288-291.
8
Si attestano vendite ancora dopo il 1870 ma il quadro

76
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Perugia, Palazzo Cesaroni, Guglielmo Calderini, 1897-1903,


dettaglio della facciata (foto Stefano Bottini).
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Giuseppe Bofondi, Pianta topografica della città di Perugia, 1851(Firenze, Istituto Geografico Militare).
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Evoluzione urbanistica di Perugia, capitale dell’Umbria,


nel periodo postunitario tra il 1860 e il 1939. Storia di riuso e rigenerazione urbana
Paolo Lattaioli

Nel 1860, Perugia, con sulle spalle trecentoventi quella che fu “la più potente fortezza del tem-
anni di imposto potere papale di cui, segno in- po”4 e che, malgrado le precedenti distruzioni,
cancellabile, rimane la residua parte della roc- era ancora un complesso di elevato valore mo-
ca Paolina1, aspira a realizzare una nuova e numentale. Il secondo segno, di grande rile-
migliore stagione della propria storia. Liberata vanza, compiuto dal Commissario Straordinario,
dal potere della Chiesa, prima dai perugini e che riunisce, con capitale Perugia, le quattro
poi dai piemontesi, sceglie di far parte del nuo- provincie preesistenti di Perugia, Orvieto, Rieti e
vo Stato italiano2. La ritrovata libertà e la brez- Spoleto, riguarda la soppressione-occupazione
za di novità suscitano speranze di migliorare dei beni ecclesiastici5.
sia la condizione socio-economica generale sia Di quei beni esistenti in città Pepoli analizza lo
quella del vetusto stato in cui versavano le case, stato e la grande consistenza ed è molto solle-
i monumenti, le mura urbiche e le vie citta- cito6. Prende atto che dopo la liberazione di Pe-
dine. rugia la maggior parte di vasti complessi re-
All’unità seguono immediate scelte, quasi dimo- ligiosi risultano sottoutilizzati e provvede alla
strative, e più diluiti interventi di riorganizza- loro quasi totale demanializzazione con un solo
zione e rifunzionalizzazione della struttura atto d’imperio: il decreto del 15 dicembre 1860 7.
urbanistico-architettonica della città. Il primo Tra quelli esistenti, ben ventidue conventi ma-
segno, pregno di senso, avviene quando il 15 ot- schili e tredici femminili cessano di appartenere
tobre 1860 il bolognese Commissario Straordi- alla Chiesa e di espletare le originarie funzioni8.
nario Generale per le Provincie dell’Umbria, Sono organismi edilizi di alto pregio architetto-
marchese Napoleone Gioacchino Pepoli, decreta nico e artistico destinati a usi prevalentemente
la cessione gratuita al Comune di ciò che rima- pubblici del nuovo Stato. Tra questi corposi im-
neva della rocca sangallesca dopo le demolizioni mobili, alcuni, per l’umano comportamento
del 1848. Immediatamente, il 17 dicembre 1860, mostrato dai loro abitanti in occasione dei moti
il Consiglio comunale autorizza la Giunta a di liberazione, come quello dei padri benedettini
farne eseguire la definitiva demolizione3. Quello della Badia di San Pietro, non verranno acquisiti
che il Comune acquisì era sostanziosa parte di dal demanio.

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a b

c d

Perugia, lo stato in cui si trovava il patrimonio edilizio della città al tempo dell’unità d’Italia (raccolta fotografica di
Giacomo Santucci e Paolo Serafini):
a. l’Arco Etrusco detto “di Augusto”; b. via del Cassero di Porta Sant’Angelo; c. mura urbiche etrusche alla Canapina; d. il
quartiere della Conca e Porta Sant’Angelo.

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Il ruolo di Perugia, eletta a capitale dell’Umbria, gneri-urbanisti. Prima Alessandro Arienti (1833-
produce significativi effetti. Tra questi, muta- 1896), architetto, Guglielmo Calderini (1837-
zione d’uso di quelli destinati a scuole, uffici ci- 1916), architetto e ingegnere, Nazareno Biscarini
vici, fabbriche e pesanti ristrutturazioni funzio- (1835-1907), architetto, poi Ugo Tarchi (1887-
nali dei complessi destinati a usi militari o di de- 1978), architetto e allievo di Calderini. Tra questi
tenzione 9. Ma le ex strutture religiose, sparse nel emergono, per capacità, iniziativa e forza di ca-
tessuto urbano storico, non sono sufficienti a rattere due figure: il perugino Guglielmo Calde-
soddisfare le nuove necessità di Perugia. Così la rini e il milanese Alessandro Arienti, ingegnere
città si dota di un nuovo “centro” e lo costruisce capo comunale. Per i trentuno anni di dedizione
sull’area della distrutta fortezza paolina realiz- al pubblico servizio parleremo prima dell’Arienti
zandovi prestigiosi edifici di governo, di servizio e poi di Calderini, ma ancor prima riferiamo sin-
cittadino, di residenze borghesi 10, nuove strade, teticamente sulla vicenda dei concorsi di idee,
piazze e giardini. L’amministrazione comunale tenutisi in due fasi dal 1860 al 1863, per ottenere
dedica rilevante attività anche alle infrastrutture soluzioni urbanistiche e architettoniche ade-
ferroviarie e alla cura delle maggiori vie e piazze guate a sistemare la vasta area dell’ex Forte.
esistenti. Esemplari recuperi riguardano i mag- Già dal 1849, non appena atterrati il mastio e i
giori edifici “direzionali”: il Palazzo del Capi- baluardi della Rocca Paolina su piazza Riva-
tano del Popolo e il Palazzo dei Priori, al quale rola 13, l’Accademia di Belle Arti, che aveva sede
il sindaco conte Reginaldo Ansidei, di particolare in piazza del Sopramuro, si incarica di definire
dinamismo, decide nel 1864 di restituire so- la sua proposta prevedendo la salvaguardia dei
stanza e monumentalità11. vani sepolti del quartiere dei Baglioni, la conser-
Nel contempo inizia l’espansione residenziale vazione della loggia dell’Alessi, i portici agli edi-
fuori del perimetro murario storico nelle zone di fici d’ala della vasta superficie destinandoli ad
minore acclività del terreno e, principalmente, archivio, biblioteca, accademia di belle arti, gal-
sul pendio collinare che dal residuo sperone leria e pinacoteca. Segue un decennio in cui
della demolita rocca scende gradatamente alle l’area rimane ingombra di ogni sorta di macerie
Fonti di Veggio. finché, nel 1861, si forma una commissione mu-
Malgrado ciò perdura una certa lentezza a porre nicipale che traccia i criteri generali per la ri-
in atto interventi di rilevante modernizzazione. strutturazione dell’area, esclusa l’opera a te-
Dopo il 1860, mentre si organizza il funziona- naglia, sulla base dei quali il gonfaloniere Nicola
mento delle Istituzioni nel centro storico, nuovi Danzetta invita ingegneri, architetti e artisti a
slarghi, piazze e vie rendono più agevole la per- presentare progetti di idee. Il tema offriva ampi
corribilità urbana senza stravolgere il tessuto ur- margini di libertà creativa e a proporre soluzioni
bano preesistente. Dopo qualche tempo, di al- furono Francesco Cagnoni di Cortona, Giovan-
cune di queste si migliorerà la vivibilità con l’il- battista Tiberi di Perugia (presente con due pro-
luminazione elettrica12. Contribuirono con effi- getti), Mariano Volpato di Roma, Cesare Daddi
cacia alla rifunzionalizzazione di Perugia e alla di Rimini, Guglielmo Calderini di Perugia, Al-
sua crescita figure emerite di architetti-inge- fonso Brizi con Guglielmo Rossi di Assisi, Cleo-

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c-d

a-b

c-d

a-b e

Perugia. a, b. lo stato del Palazzo dei Priori (non ha il coronamento dei merli) e di Piazza Grande nel periodo preunitario, 1856; c,
d. l’intervento del coronamento merlato e il riordino delle facciate, 1864-1867 (archivio fotografico Benvenuti); e. lo stato attuale
(foto di Paolo Lattaioli).

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a b

Perugia. a. distruzione della Rocca Paolina, 1860; b. la


via Pensile e il Corridore, particolare: c. la nuova strada
tra via Baglioni, già via Riaria, e piazza d’Armi (archivio
fotografico Benvenuti); d. la stazione ferroviaria di Fon-
tivegge nella campagna urbana (raccolta fotografica di
Giacomo Santucci e Paolo Serafini).
d

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mene Luigi Petrini di Bastia, Giovanni Caproni plessiva di quanto verrà in seguito realizzato in
di Fontignano e Amerigo Calderini e Nazareno questa parte tanto sofferta di Perugia sia le for-
Biscarini di Perugia. La commissione premia le tune del trentenne architetto milanese, divenuto
proposte dell’ingegnere romano Volpato e quella ingegnere capo del Comune, nonché quelle di
dell’ingegnere Rossi e dell’architetto Brizi assi- altre meritevoli figure, che avevano viste non
siati, col motto “Italia redenta”, mentre si clas- premiate nelle precedenti gare le proprie propo-
sifica al terzo posto il lavoro degli architetti pe- ste, tra cui quella di Guglielmo Calderini. Nei
rugini Amerigo Calderini e Nazareno Biscarini, fatti, saranno le valenti personalità di Calderini
col motto “Patienti a cum labore”14. All’esito del e Arienti a firmare gli interventi realizzati della
concorso seguirono aspre polemiche tra i pre- città ottocentesca su Colle Landone. Nel lavoro
scelti. Le diverse posizioni produssero incertezza dell’Arienti l’urbanistica e l’architettura si fon-
su chi doveva decidere quale soluzione realiz- dono. In qualità di architetto, tra le notevoli ini-
zare. Oltre un anno dopo il Comune torna sul- ziative che saranno realizzate in città con la sua
l’argomento e incarica l’ingegnere Volpato di firma risaltano il risanamento del Palazzo dei
predisporre un progetto unitario. Non soddisfatto Priori, l’ampliamento del cimitero monumen-
del progetto Volpato sceglie di prediligere quello tale (1870)16, l’Hotel Brufani (1882-1883) e
di Calderini-Biscarini che precedentemente fu l’opera architettonica di suo maggior prestigio,
classificato terzo. Dal concorso, che risultò solo il Palazzo di città per il Governo e la nuova Pro-
banco di prova delle aspettative della città, nasce vincia dell’Umbria (1867). Un edificio quest’ul-
nel 1863 la decisione di indire una seconda gara timo urbanisticamente ben pensato che, affac-
i cui criteri guida questa volta sono tratti dalle ciato su due giardini, con il piano terreno porti-
idee del progetto Calderini-Biscarini. A giudicare cato, come già proposto da Amerigo Calderini e
il nuovo concorso non sarà più una commis- Nazareno Biscarini nella seconda fase del con-
sione locale ma è chiamata l’Accademia delle corso17, per oltre cento anni sarà molto utile alla
arti e del disegno di Firenze. Il giudizio della pre- città, che non disponeva di altri spazi pubblici
stigiosa istituzione premia Calderini e Bisca- coperti e panoramici18. A rendere funzionale
rini15, mentre Volpato sarà secondo e Rossi avrà l’area “ricostruita” e migliorare l’accesso al cen-
“minor lode dei primi due”. tro storico mancava la via adatta alla nuova mo-
La polemica non si placa e, a suon di relazioni, bilità urbana e l’Arienti, ancora sulla falsariga
Volpato si oppone al giudizio dell’Accademia fio- di quanto tracciato da Amerigo Calderini e Na-
rentina, Calderini e Biscarini scrivono contro il zareno Biscarini, provvede a far costruire la
progetto di Volpato. Il Comune, che doveva no- “strada pensile” 19. Seguono altre costose siste-
minare un progettista, dopo un’altra attesa, sce- mazioni tra cui il livellamento del Corso all’al-
glie una competenza interna appena acquisita tezza di Palazzo Donini, di piazza Vittorio
dall’amministrazione ovvero l’architetto comu- Emanuele 20 e di via Riaria e, nel 1866, l’agevole
nale Alessandro Arienti, nominandolo direttore e panoramica strada da piazza d’Armi-Santa
dei lavori di tutte le opere da eseguire nell’area. Giuliana a Fontivegge21.
Da questa scelta dipenderà sia la qualità com- L’impegno dell’Arienti nei confronti della cura e

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dell’assetto urbanistico della città non ha pause.


Servizi pubblici essenziali, vie, slarghi e soprat-
tutto piazze sono da lui proposti sia all’ammi-
nistrazione guidata dal sindaco Reginaldo
Ansidei fino al 1867 (e poi dallo stesso ripresa
nel 1870) sia in quella di Evelyn waddington,
dal 1867 al 1869. Alcuni progetti sono realizzati,
altri rimarranno utili suggerimenti. Come quelli
a proposti nel 1865 per piazza Grimana22 e nel
1866 nei pressi della piazza del Papa (piazza
Danti) per realizzarvi un mercato coperto23.
Sulla stessa area l’Arienti progetterà nel 1890 e
realizzerà il nuovo Teatro Turreno, al posto del
ligneo anfiteatro preesistente di scarsa stabilità24,
dopo il triste epilogo del grande Teatro Poli-
teama, compreso tra la Porta del Rastrello e
quella daziaria di Santa Croce, progettato da
b Guglielmo Calderini25 che, iniziato nel 1871, in
quanto ritenuto molto utile alla città, dopo soli
tre anni fu necessario demolire a causa di gravi
danni strutturali e sulla cui area liberata nasce-
ranno in seguito la Caserma dei Regi Carabi-
nieri (attuale sede RAI)26 e i graziosi villini
Biscarini. Continua la razionalizzazione dello
spazio pubblico urbano primario. Tra il 1868 e
il 1874 il Comune progetta e realizza l’allarga-
mento della strada che conduce al Teatro Civico,
atterrando la chiesa parrocchiale di Santa Maria
degli Aratri con porzioni di altre case private, per
c ottenere un’unica ampia piazza27. L’intervento
Perugia. a. Guglielmo Calderini, lo stabilimento dei Bagni pub- con cui l’Arienti conclude il suo lungo impegno
blici, 1860-1862 (foto Girolamo Tilli e Giuseppe Giugliarelli, Ar-
chivio fotografico della Soprintendenza per i Beni Storici Artistici
per il riassetto del centro di Perugia è la siste-
ed Etnoantropologici dell’Umbria; divieto di ulteriore riproduzione mazione della piazza del Sopramuro in occa-
o duplicazione); b. lo stabilimento dei Bagni pubblici e il Palazzo sione dell’inaugurazione del monumento a
di città in costruzione (foto Girolamo Tilli e Giuseppe Giugliarelli,
Archivio fotografico della Soprintendenza Soprintendenza per i Giuseppe Garibaldi. Col suo progetto del 1886
Beni Storici Artistici ed Etnoantropologici dell’Umbria; divieto di ne ridisegna l’uso complessivo prevedendo la ri-
ulteriore riproduzione o duplicazione); c. il “Politeama Calderini”
con piazza d’Armi e il carcere maschile e femminile, particolare mozione della lunga tettoia addossata al Pa-
(collezione fotografica Guido Lemmi). lazzo dei Tribunali, utilizzata quale protezione

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per il mercato delle Erbe, unitamente alla fon-


tana.
L’altra figura di grande rilievo nel campo del-
l’adeguamento e della crescita urbana è l’archi-
tetto e ingegnere civile Guglielmo Calderini.
Perugino di grande talento, ha conoscenza del
valore dell’architettura storica tanto da formu-
lare un proprio complesso linguaggio del “com-
porre”. Sostenuto da una incrollabile fiducia
nelle proprie capacità artistiche e da una non a

comune capacità di affermarsi, produce impor-


tantissime opere di notevole rigore stilistico e
funzionale. A Perugia, tra il 1860 e il 1862, rea-
lizza per la Cassa di Risparmio lo stabilimento
dei bagni pubblici, rivolto al borgo di San Pietro,
attuale palazzo Gnoni in via Guglielmo Mar-
coni; tra il 1870 e il 1872, costruisce sull’area dei
Canapè, lato panoramico di piazza Vittorio Ema-
nuele, il bel palazzo per abitazioni che acquisirà
il suo nome e sul cui carattere urbanistico si tor- b
nerà tra breve e, nel 1873, edifica il sopra citato
“Politeama Calderini”. Dal 1888 al 1911 è a Ro-
ma, impegnato a realizzare il suo più grande
progetto: il Palazzo di Giustizia della capitale, di
“robusta retorica e monumentale teatralità”, e il
Quadriportico di San Paolo fuori le Mura (1889-
1910)28. Tornato a Perugia, tra il 1897 e il 1903
realizza il grande palazzo per il facoltoso im-
prenditore Fernando Cesaroni in piazza Vittorio
Emanuele. Della produzione perugina di Calde-
rini, si ritiene interessante porre particolare at- c
tenzione al “Palazzo Sociale dei Canapè”: un
edificio che mostra di saper rispettare sia il pro- Perugia. a. piazza d’Armi con i villini Biscarini e la Barriera di
prio contesto che la forma della città. L’accor- Santa Croce (foto Girolamo Tilli e Giuseppe Giugliarelli, Archi-
vio fotografico della Soprintendenza per i Beni Storici Artistici ed
tezza di Calderini, in questo caso architetto- Etnoantropologici dell’Umbria; divieto di ulteriore riproduzione
urbanista, si può rilevare osservando i coni vi- o duplicazione); b. la Barriera di Porta Pesa (raccolta fotografica
di Giacomo Santucci e Paolo Serafini); c. Giuseppe Rossi, Ve-
suali che si percepiscono percorrendo la diago- duta di piazza degli Aratri di Perugia, 1877, olio su tela (Peru-
nale della piazza dei Canapè, dai quali si coglie gia, Nobile Collegio del Cambio).

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Perugia. a. il mercato in piazza del Sopramuro con il monumento a Giuseppe Garibaldi e la Pesceria (foto Girolamo
Tilli e Giuseppe Giugliarelli, Archivio fotografico della Soprintendenza per i Beni Storici Artistici ed Etnoantropologici
dell’Umbria; divieto di ulteriore riproduzione o duplicazione); b. inaugurazione del monumento a Giuseppe Garibaldi
(raccolta fotografica di Giacomo Santucci e Paolo Serafini).

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la continua presenza visiva del campanile di San (1808), conservando così la propria anima, sep-
Domenico, fondamentale “punto misuratore” pure percepibile visivamente in forma diversa.
della città, come pure dal quartiere di Porta San Perugia si affaccia così al nuovo secolo. Emerge
Pietro, da cui si potrà notare come l’andamento un nuovo personaggio capace di segnare la città
spezzato del fronte a valle del nuovo edificio con le proprie opere: l’architetto fiorentino Ugo
sembri voler continuare lo spessore del corpo ur- Tarchi (1887-1978). Chiamato a Perugia a inse-
bano stabilito dal Palazzo di città mentre accetta gnare disegno architettonico all’Accademia di
il suggerimento formale dell’eccezionale forma Belle Arti “Pietro Vannucci”, concentra l’atten-
poligonale della chiesa di Sant’Ercolano. Altre zione con metodica costanza di studioso sul pa-
opere significative del centro città tra fine Otto- trimonio e sulla storia delle città dell’Umbria.
cento e inizio Novecento furono la Banca Na- Sua è l’importante opera sulla storia dell’archi-
zionale (Banca d’Italia) del 1871, a opera del- tettura dell’Umbria e della Sabina che fissa al
l’ingegnere Guglielmo Rossi, che con Alfonso suo tempo lo stato dei valori monumentali del-
Brizi aveva partecipato al concorso per la siste- l’Umbria30. Da allievo di Calderini, trae ispira-
mazione dell’area dell’ex Forte, e il Palazzo delle zioni e modelli, utili a comporre il suo “stile” di
Poste in piazza del Sopramuro, progettato, in architetto restauratore di edifici e di parti di città,
modo tipologicamente inconsueto per l’archi- dal Medioevo e da parte del Rinascimento. Segue,
tettura locale, dall’architetto perugino Osvaldo almeno in parte, la posizione eclettica di Eugène
Armanni (1855-1929)29. Sia Arienti che Calde- Viollet-le-Duc (1814-1879), secondo cui “restau-
rini che Armanni impreziosirono le qualità este- rare un edificio non è solo mantenerlo, ripararlo
tiche di tante loro costruzioni grazie alle colla- o ricostruirlo, è riportarlo ad una condizione
borazioni con artisti locali: le membrature e i completa che potrebbe essere mai esistita”. Un
paludamenti esterni degli edifici con Francesco impegno, il suo, che ha dato una gran messe di
Biscarini (1838-1903), maestro del pubblico or- frutti, tutti concepiti e cresciuti in modo che le
nato; gli interni con i pregiati dipinti di Dome- costruzioni non stridessero, anzi si integrassero
nico Bruschi (1840-1910) e Annibale Brugnoli con armonia nell’ambiente già costruito e stori-
(1843-1915). cizzato31. Tuttavia, le sue numerosissime realiz-
A conclusione dell’analisi sulle sistemazioni ur- zazioni architettoniche neogotico-rinascimen-
banistiche nell’area dell’ex Fortezza paolina, tali, che all’occhio attento di chi legge nell’ar-
merita evidenziare come la Perugia storica sia chitettura l’evolvere delle città continueranno a
stata in grado di “rigenerarsi” perpetuando se parlare di lui e del suo tempo, nel futuro potreb-
stessa utilizzando nella sostanza delle nuove co- bero forse trarre altri in inganno.
struzioni i materiali che restituivano le demoli- Il Novecento a Perugia inizia con un’altra opera
zioni di opere per vari motivi abbattute. Quelle infrastrutturale necessaria alla modernizzazione
di cui si costituivano prima le chiese, le torri e le della città: la nuova strada di circonvallazione
case medievali distrutte a Colle Landone e poi la fra piazza Braccio Fortebraccio (piazza Gri-
grande Rocca papale, col corridore, il fortino a mana) e piazza Felice Cavallotti (già piazza degli
tenaglia e l’ottocentesco Giuoco del pallone Aratri) cioè l’attuale via Cesare Battisti. La nuova

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ampia strada panoramica, che attraversa l’antica e dello stato dell’igiene, numerose erano le pre-
via Appia con un cavalcavia di quattro larghe ar- visioni di sventramenti e diradamenti del tessuto
cate, mette in vista, soffocandola in parte, tutta edilizio storico preesistente secondo il modello in
la cinta muraria etrusca da piazza Fortebraccio voga nell’Italia di quegli anni33.
al palazzo Bonucci32. Proseguono altri interventi La parte di ampliamento dell’abitato prevede, tra
di adeguamento della struttura urbana: nel 1907 l’altro, a nord est e ovest del centro storico, vin-
si sistema la piazza Piccinino e si decide di rea- coli di salvaguardia con ampie aree verdi, l’am-
lizzare il Mercato coperto nella zona “adeguata- pliamento del già iniziato Ospedale di Santa
mente arieggiata del Campetto, a valle del Maria della Misericordia a Monteluce34 e mode-
Palazzo dei Tribunali”. La città inizia a parlare rata crescita dell’edilizia estensiva di ville co-
di “urbanistica” per acquisire una visione com- muni nella zona di espansione già in atto a
plessiva delle forme e delle funzioni “future” Monteluce ed Elce; mentre concentra la maggior
della città. Nel 1931 il Podestà Giovanni Buitoni parte della crescita urbana residenziale e quella
indice il “Concorso per il progetto di Piano Re- produttiva a sud, tra via Fiorenzo di Lorenzo e
golatore e di ampliamento della città di Perugia” Fontivegge35. Il progetto di questo primo piano
fra Ingegneri e Architetti italiani. La gara avrà regolatore di Perugia, pur essendo stato appro-
due tempi, uno nel 1932 e l’altro nel 1933. Nel vato prima dalla commissione giudicatrice e poi
primo vengono presentati otto progetti, di cui tre dal sindaco Buitoni non acquisisce mai valore
prescelti, contrassegnati il primo dal motto di legge, pur suggerendo allo sviluppo extra
“Porta Sole”, il secondo dal motto “M.P.T.” e il moenia, che progressivamente si stava realiz-
terzo dal motto “10 P.R.”. Il secondo tempo ri- zando, alcune sue previsioni.
guarda la formulazione di un solo progetto, la Pertanto, tra la fine dell’Ottocento e gli anni
cui redazione viene affidata all’architetto Alfio trenta del Novecento la città cresce inizialmente
Susini di Roma, membro del gruppo del progetto a ridosso della città storica con controllo della
“Porta Sole” che aveva ottenuto il primo premio, Commissione del Pubblico Ornato e qualche pre-
con il compito di coordinare, “sotto l’alta sorve- visione del primo P.R.G. In questo contesto, i
glianza della Commissione Giudicatrice del con- nuovi orientamenti nel fare architettura, del Pu-
corso”, le proposte dei tre progetti precedente- rismo, robusto geometrico e funzionale, e dell’Art
mente prescelti. Il disegno di massima struttura- Nouveau, libera e leggera nelle forme e nei de-
zione della soluzione finale del piano sarà quello cori, lasciano anche a Perugia segni sobri ed ele-
del progetto “Porta Sole”. L’architetto Susini con- ganti, sia nelle costruzioni di pubblici servizi sia
segnerà la sua proposta di sintesi il 2 aprile 1933, negli edifici residenziali dei ceti medio borghesi.
che il podestà approverà l’11 settembre dello Sono di quest’epoca i villini di Monteluce, Elce,
stesso anno. Il progetto di piano regolatore si di- via Orazio Antinori, Santa Giuliana, della prima
videva in due ambiti: la parte antica e quella di parte della via XX Settembre (Largo Cacciatori
ampliamento dell’abitato cittadino. Per questioni delle Alpi), di viale Roma36, così come alcuni pa-
di razionalizzazione della viabilità nell’abitato diglioni dell’Ospedale Psichiatrico, già iniziato
antico e di miglioramento dell’estetica cittadina nel 182437 e parte dell’Ospedale Civile a Monte-

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luce (1923)38. Finalmente, nella zona per la pri- ripristino della via Bagliona e della cannoniera
ma volta auspicata dal Consiglio dei Priori e Ca- nella Rocca Paolina, la sistemazione della Sala
merlenghi nel 1483 e ribadita numerose volte di Contrattazione (Borsa Merci) in via Mazzini,
nei secoli a seguire, nel 1932 l’Amministrazione la riapertura di antiche porte urbiche, lo sposta-
municipale, su progetto dell’ingegnere capo co- mento del monumento a Giuseppe Garibaldi da
munale Giuseppe Grossi, realizza nell’orto di piazza del Sopramuro a Largo Cacciatori delle
Collins, e cioè sul lato a valle del Palazzo di Giu- Alpi e l’avvio della realizzazione del Campo Po-
stizia, liberato dai capannoni di Buitoni e Ric- lisportivo, che faceva parte del più vasto Parco
ciarelli della giovane fabbrica dei confetti della Vittoria dedicato ai caduti.
‘Perugina’, il nuovo Mercato coperto 39. Seguono Nell’arco del periodo postunitario, il capoluogo
l’edificio scolastico presso la Porta dell’Elce migliora anche il sistema delle comunicazioni
(scuola Enzo Valentini) e il programma di edi- territoriali: in particolare, nel settore delle grandi
lizia popolare, prevalentemente creato nelle infrastrutture, incrementa i collegamenti viari
zone prossime agli insediamenti produttivi. Tra con le altre città dell’Umbria, istituendo assi fer-
questi il vasto insediamento delle case popolari roviari sia dello Stato che di Società regionali 40.
di via Dalmazio Birago, costruito nel 1936 nei Alcune delle strade, percorrendo e ampliando
pressi del Feltrificio Purgotti di via Fonti Coperte tracciati storici preesistenti, oltre a migliorare i
su iniziativa dell’Ente autonomo “Annibale Vec- rapporti di città umbre con il capoluogo, funzio-
chi”; le case popolari di via Cortonese a ridosso nalizzano estese e produttive vallate. In alcune
della stazione di Fontivegge e della fabbrica Bui- di queste, la facile percorribilità e la posizione
toni-Perugina; quelle di viale Zeffirino Faina vi- dominante rispetto ad ampi intorni favoriscono
cine alla Filanda e alla Valigeria della Conca. un migliore uso di vastissime aree agricole ap-
Contemporaneamente, e a sostegno della mode- partenenti a latifondi nobiliari o a enti ecclesi-
rata espansione, vengono costruite nuove vie di stici che, dismessi, in parte vengono acquisiti da
comunicazione urbana tra cui la Pellas, su cui rappresentati della nuova classe dirigente (bor-
nascerà il bell’isolato delle palazzine dei Muti- ghesi, sovente elevati alla nobiltà, professionisti
lati e Invalidi INCIS seguito dai palazzi che, in e imprenditori) per realizzarvi ricche e presti-
sequenza pressoché continua, costituiscono i giose dimore di campagna. Un caso in cui è par-
bordi della strada dal piazzale della Ferrovia ticolarmente riscontrabile la qualità dell’uso del
Centrale Umbra a via XX Settembre, e le scale di territorio è quello rappresentato dalle vallate che
via del Bucaccio, di via Tornetta e della Barriera da Perugia giungono a Marsciano, soprattutto
dell’Elce, accompagnate dalla costruzione dei lungo la strada di sommità collinare Marscia-
lunghi muri di sostegno alle scarpate di via Fio- nese. Da questa si godono ininterrottamente, sia
renzo di Lorenzo, via Pompeo Pellini e via Ora- da un versante che dall’altro, incantevoli pano-
zio Antinori. Da segnalare alcuni interventi rami della magnifica campagna umbra. Un lato
significativi nella parte antica quali la demoli- affaccia sul Subasio, Assisi e la valle del Tevere,
zione dell’abside di San Francesco al Prato, rea- l’altro sulle colline e la valle del Nestore verso il
lizzandovi prime opere di consolidamento, il lago Trasimeno. Lungo questa strada ville con

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Perugia. a. previsione del rapporto tra la stazione di Fontivegge e il centro di Perugia nella Tav.
XXII del Concorso per il progetto di Piano Regolatore, 1931-1933 (da COMUNE DI PERUGIA [1933]);
b. tavola di sintesi delle Tavv. IX, X, XI, XII del Concorso per il progetto di Piano Regolatore, 1931-
1933 (da COMUNE DI PERUGIA [1933]).

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Perugia. a. la forma urbana, 1940 circa, veduta del versante Monteluce con in primo piano i primi padiglioni del nuovo
Ospedale di Santa Maria della Misericordia (Aerofotografie R. Calderoni di Milano, raccolta fotografica di Giacomo Santucci
e Paolo Serafini); b. la città vista dal versante di Santa Giuliana e il quartiere di Porta San Pietro (Aerofotografie R. Calderoni
di Milano, raccolta fotografica di Paolo Lattaioli).

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Perugia, foto aerea della forma urbana attuale dalla quale si può apprezzare l’evoluzione urbanistica del capoluogo tra il 1860 e il
1939, elaborazione grafica di Paolo Lattaioli.
Sono delimitati in bianco i grandi complessi architettonici di proprietà della Chiesa, conventi e monasteri soppressi e acquisiti dal
Demanio Italiano con decreto del 15 dicembre 1860, che muteranno destinazione d’uso e diverranno sedi militari, amministrative,
scolastiche e di servizio del nuovo Stato.
Sono evidenziate in chiaro le modificazioni edilizie e lo sviluppo urbanistico del tessuto urbano realizzato nel periodo postuni-
tario.

vasti parchi e pionieristici servizi scolastici e di cumulata secolare arretratezza, dovuta alla
assistenza sociale mostrano ancora l’impegno lunga appartenenza ai territori governati dallo
lungimirante e le fortune di alcune figure emer- Stato della Chiesa, rispetto ad altre aree più in-
genti della classe professionale e imprenditoriale serite nella struttura forte del Paese. Perugia ha
di Perugia come le famiglie dei Sereni e dei continuando a vivere nell’Italia unita in modo
Faina41. sensibilmente isolato: una condizione che evol-
Al termine del presente attraversamento urbani- verà solo in parte dopo la seconda guerra mon-
stico di ottanta anni della Perugia postunitaria, diale e si risolverà, escludendo i collegamenti
dal 1860 al 1939, si può osservare che il pur no- ferroviari che continuano a mortificare le qua-
tevole impegno di modernizzazione della città e lità della città, con l’avvento della dinamica e
del territorio nel significativo periodo della sua globale società contemporanea.
storia moderna non è riuscito ad annullare l’ac-

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1
Costruita nel 1540 su progetto dell’architetto Antonio da e componente della Commissione di censimento. Del cam-
Sangallo il Giovane per imposizione di papa Paolo III Far- biamento di nome previsto per 14 piazze e 41 vie, cambia-
nese, che con quella enorme e moderna struttura, contem- rono denominazione 9 piazze e 37 vie.
13
poraneamente civile e militare, volle punire e soggiogare ASPg, ASCPg, Amministrativo 1817-1859, b. 39, 2-3-1.
14
Perugia sottraendole ogni residua autonomia di governo. Per i giudizi della commissione sui progetti presentati
2
ABBONDANZA 1962; COVINO, GALLO, TITTARELLI, wAPLER 1990, si veda: ASPg, ASCPg, Amministrativo 1860-1870, b. 11,
p. 64; GROHMANN 1990, p. 14. 2.3.1. Oppure cfr. LATTAIOLI 2004, pp. 182-183 e BANTI, ER-
3
Cfr. GROHMANN 1990, p. 56. COLANI 1992, pp. 207, 222.
4 15
LATTAIOLI, LATTAIOLI 2004, pp. 75-82; ZEVI [1971], E 1. Cfr. LATTAIOLI 2004, p. 151.
5 16
Perugia, strappata al potere temporale della Chiesa, era ASPg, Genio Civile, b. 68, fasc. 11 (l’ampliamento, col-
una città chiusa dalle sue mura e immobile da oltre tre laudato il 14 settembre 1870, comprende l’edicola desti-
secoli e si presenta all’alba del risorgimento nazionale con nata a contenere il monumento a memoria delle vittime
la grande ferita aperta della Rocca Paolina in distruzione del 20 giugno 1859).
17
e con una miserevole condizione fisica del proprio tessuto Cfr. BANTI, ERCOLANI 1992, pp. 208-222 e LATTAIOLI 2004,
edilizio e infrastrutturale, specialmente quello popolare p. 146.
18
degli storici borghi. IMBIMBO 2007, p. 26; cfr. LATTAIOLI 2004, p. 152.
6 19
Cfr. ABBONDANZA 1962, p. 363. Cfr. LATTAIOLI 2004, pp. 155, 158, 188-189; ASPg, Genio
7
ABBONDANZA 1962, p. 365; MONACCHIA 2011, pp. 75-76; LAT- Civile, Serie II, b. 6, fasc. 33 e ASPg, ASCPg, Atti del Con-
TAIOLI 1992, p. 140; LATTAIOLI 1993. siglio, 1874.
8 20
Cfr. MONACCHIA 2011, p. 72. ASPg, Atti del Consiglio, 1873.
9 21
In merito alle trasformazioni d’uso delle ex strutture ec- ASPg, ASCPg, Amministrativo 1860-1870, b. 173/B;
clesiastiche: ASPg, Genio Civile, Serie VI, b. 2, fasc. 10; b. 4, ASPg, Genio Civile, Serie II, b. 5, fasc. 23.
22
fasc. 18; b. 6, fasc. 6; b. 11, fasc. 32; b. 12, fasc. Z; b. 16, fasc. ASPg, ASCPg, Amministrativo 1860-1870, b. 173/B.
8; b. 19, fasc. 15; b. 1, fascc. 1-8; b. 26, fasc. 13; b. 23, fasc. L’idea non mancherà di essere recepita dal Piano Regola-
97; b. 24, fasc. 72; b. 25, fasc. 7; b. 21, fasc. 6; b. 36, fasc. 17; tore adottato dalla Giunta del Podestà Giovanni Buitoni
b. 31, fascc. 36 e 38; b. 33, fasc. 28; b. 35, fasc. 16; b. 40, fasc. l’11 settembre1933: ASPg, Genio Civile, Serie II, b. 14, fasc.
15; b. 47, fasc. 10; b. 79/A, fasc. 5; b. 81, fasc. 5; b. 113/A. 8; b. 86, fasc. 23; Concorso per il progetto di piano rego-
10
Cfr. LATTAIOLI, LATTAIOLI 2004, pp. 83-91. latore 1931, p. 109 e tavv. II, III, IV. Segue il progetto del-
11
Quale simbolo espressivo del desiderio di rinnovamento l’Arienti del 1859 per il restauro dell’Arco Etrusco, detto di
si può citare il coronamento merlato del Palazzo dei Priori Augusto, aggiornato nel 1859 dall’ingegnere comunale Fi-
voluto dal sindaco conte Reginaldo Ansidei, GROHMANN lippo Lardoni e realizzato tra il 1861 e il 1868.
23
1990, p. 29. ASPg, ASCPg, Amministrativo 1860-1870, b. 173/B.
12 24
Virgilio Vicarelli inventa una “locomobile elettrica” con ASPg, Genio Civile, Serie VI, b. 64, fasc. 26; b. 73, fasc. 8.
25
cui nel 1896 illumina il Corso; ASPg, ASCPg, Amministra- Cfr. LATTAIOLI 2004, pp. 153-155.
26
tivo 1860-1870, b. 173/b; ASPg, ASCPg, Amministrativo ASPg, Genio Civile, Sez. VI, b. 74, fasc. 3.
27
1817-1859, n. 109, posizioni di cause, 62/28, 62/2, scrit- ASPg, ASCPg, Amministrativo 1860-1870, b. 173/B.
28
ture diverse, 32, 7; ASPg, Genio Civile, serie VIII, 1861- KIRK 1995.
29
1901, b. 1. Al miglioramento dello stato delle strade ASPg, ASCPg, Atti del Consiglio, 1909. Il sindaco conte
seguono altri “segni” prodotti dall’annessione al nuovo Luciano Valentini conferma la volontà, già espressa l’anno
Stato. Tra questi, nel 1864, la realizzazione del Carcere precedente dal Consiglio, di edificare in piazza del Sopra-
Giudiziario maschile e la formazione della nuova piazza muro il Palazzo a uso degli Uffici delle Poste. In un primo
d’Armi presso Santa Giuliana, la nuova cinta daziaria tra tempo il progetto da doversi realizzare fu quello approntato
la Porta del Rastrello e Santa Croce nonché la modifica- dall’ingegnere capo comunale Annibale Inglesi, ma il
zione “leggera ma significativa” della denominazione di Consiglio “da mandato di approntare altre proposte pro-
numerose vie e piazze cittadine, cfr. “Il Corriere dell’Um- gettuali in luoghi diversi da quello stabilito” (ASPg, ASCPg,
bria” 1871. Non tutte le denominazioni individuate dal Atti del Consiglio, 1910); furono così invitati a presentare
Municipio mutarono effettivamente quelle precedenti, soluzioni progettuali il professore architetto Osvaldo Ar-
anche per la sollecita critica (21 dicembre) che su alcune manni e l’ingegnere Edoardo Vignaroli. Il progetto di Vi-
delle suddette scelte pubblicò Adamo Rossi, emerito storico gnaroli è ritenuto inadeguato, mentre è prescelto quello

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di Armanni (autore di altre opere tra cui la Sinagoga di bella forma a esedra dal bordo costruito che sarà, almeno
Roma costruita tra il 1904 e il 1909), che nel 1911 realiz- in parte, la futura piazza Dalmazio Birago; un diretto e
zerà la grande sede del Palazzo Postelegrafico. largo asse attrezzato, quale raccordo di tutto il settore di
30
TARCHI 1936-1954. ampliamento della città; e la grande piazza Vittorio Veneto,
31
Tra questi, occorre ricordare almeno: a Perugia, il pro- dal cui lato verso la città alta si apriva un rispettoso ampio
getto di restauro tipologico del Palazzo di Giustizia e i re- cannocchiale visivo inedificabile con grandi aree verdi e
stauri di Palazzo Ajò e della Casa Villanis in viale parchi. Infine, nella parte più a sud, oltre e a ridosso della
Indipendenza; ad Assisi, il vasto complesso Serafico e la ferrovia, la zona industriale in una fascia continua tra le
cripta di San Francesco; a Spoleto, il progetto di restauro vie Cortonese, Pievaiola e Settevalli, con un’area residen-
della Rocca; a Foligno, quello del Palazzo del Podestà; a ziale estensiva in posizione centrale e contigua alle attività
Marsciano, grazie all’amicizia con l’emergente famiglia artigianali e produttive.
36
borghese Sereni, la ristrutturazione del castello di Monte PITZURRA 1995.
37
Vibiano Vecchio, la realizzazione della chiesa e della casa MIGNINI MORICONI 2011, pp. 5-20.
38
di riposo a Mercatello, l’Asilo infantile “Luisa Bologna Se- FIORE 2006.
39
reni” a Cerqueto. BONCI, FILIPPUCCI, MENCHETELLI, MERLI 2009, pp. 30, 32.
32 40
ASPg, ASCPg, Atti del Consiglio, 1900. CIOCI 1986. Dello Stato sono la tratta Perugia-Firenze del
33
Concorso per il progetto di piano regolatore 1931, tavv. 1866, incrementata in seguito con la Perugia-Foligno-
I-VII. Terni-Roma e ottimizzata con la Foligno-Ancona; di So-
34
Nel 1906 il Comune accoglie il proposito della Congre- cietà interregionali, la tratta della “Mediterranea Umbro
gazione di Carità di costruire un nuovo ospedale cittadino Aretina” tra Arezzo-Perugia-Terni-Rieti. Infine, la ferrovia
in luogo di quello esistente in via della Pesceria, inade- Ellera-Pietrafitta dal 1953, tronco della mai attuata Peru-
guato rispetto ai bisogni della crescente popolazione. Viene gia-Chiusi.
41
così concesso a tale scopo l’uso del Monastero di Monte- ALPINI 2011, pp. 88-221; CIUFFETTI, COVINO 2009.
luce, con gli orti annessi, “indicato come la località più
adatta per l’impianto dell’ospedale”. La costruzione del
nuovo Ospedale di Santa Maria della Misericordia inizia
nel 1910 e prosegue fino al 1944 sulla base di un progetto
unitario. Nel frattempo, nel 1934, si continuano a edificare
altri padiglioni dell’Ospedale Psichiatrico nell’area dell’ex
Monastero di Santa Margherita e a tutelare la salute pub-
blica costituendo il Sanatorio “Pietro Grocco” in località
Palotta. BOZZI 1988; GROHMANN 2006, pp. 6, 7, 19.
35
Concorso per il progetto di piano regolatore 1931, tavv.
VIII-XIII. La previsione della crescita riguarda due zone
pressoché lineari: la prima, di edilizia estensiva, si situa a
valle di una fascia di rispetto sotto Santa Giuliana e via
F.lli Pellas, tra il fosso di Sant’Anna, la zona della Pescaia
e del Cavallaccio e gli edifici che fiancheggiano via XX Set-
tembre; la seconda, di edilizia intensiva e semintensiva, è
ubicata nella zona molto più vasta compresa tra le future
via della Pescara, via del Lavoro, via Fontivegge, via della
Pallotta e via Borghetto di Prepo e le vicinanze della sta-
zione ferroviaria in piazza Vittorio Veneto. In questo am-
bito, oltre ai generosi spazi dedicati al campo boario
(piazzale Europa) e alla nuova piazza d’Armi al Borghetto
di Prepo, si possono notare tre importanti previsioni strut-
turali di valore urbanistico-architettonico: un sistema via-
rio con quattro piazze spaziose al servizio del previsto
nuovo quartiere residenziale, tra le quali quella con la

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Premiata Fabbrica di Terre Cotte Artistiche Decorative Biscarini e Angeletti,


Catalogo della produzione, s.d. ma ante 1899, frontespizio (ASO, APPZ, b. 674).
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Perugia dopo l’unità d’Italia:


materiali e tecniche costruttive
Maria Grazia D’Amelio, Fabrizio De Cesaris

I caratteri dell’arte e dell’architettura di Perugia nella “rifondazione” della città come capoluogo
in epoca postunitaria sono stati chiaramente in- regionale si adotta per molti decenni un “pluri-
dividuati da recenti studi storiografici1. L’architet- linguismo”, esito iniziale di una casuale ibrida-
tura, ancora una volta, assolve il ruolo d’interprete zione e contaminazione tra stilemi locali e di altre
dei caratteri identitari dello Stato appena costituito, regioni4. In questa ricerca di un linguaggio co-
materializzandoli in una duratura e comune im- mune in cui riconoscersi e rappresentarsi, la con-
magine nazionale che fonde, tuttavia, alcune se- sistenza materica, al pari di quella delle forme
lezionate declinazioni regionali. Di questo pro- dell’architettura, si orienta verso il recupero di
cesso, Perugia è espressione paradigmatica: da una materiali della tradizione vernacolare, come at-
parte, la città umbra aderisce all’omologazione testa la manciata di esempi che segue.
nazionale (per esempio nella toponomastica e Se per gli interni del palazzo del Governo (1867-
nella dotazione di edifici funzionali al novello po- 1873) Alessandro Arienti (1833-1896), ricorre a
tere statale)2; dall’altra, approda a un’immagine suggestioni bizantineggianti, per le facciate –
sincretica, attingendo – con disinvoltura – ai re- anche se connotate da morfemi lombardi – egli
pertori formali dell’architettura etrusca, di quella recupera una tecnica costruttiva di antica me-
del basso medievo e dell’età comunale, evitando moria etrusca5. Infatti, nel paramento egli al-
rimandi alla allora più recente esperienza archi- terna filari di blocchi di travertino e di calcare
tettonica. Infatti, lo sguardo dei progettisti impe- bigio e rosa di Gualtarella e usa la pietra d’Assisi
gnati in questo processo si rivolge a un passato per le edicole delle finestre, accordandola in tal
remoto, rimuovendo ogni segno del vessatorio do- modo con le cromie degli edifici di Perugia,
minio pontificio (XVI-XIX secc.) su Perugia3. primo tra tutti quelle del vicino palazzo Donini
Ne deriva la dibattuta costruzione di un sintetico (1716-1724). La policromia che attualmente ca-
linguaggio architettonico, per così dire “artifi- ratterizza la facciata del palazzo Cesaroni (1896-
ciale”, che, nel tempo, è divenuto caratteristico 1903), progettato e costruito per “decoro della
per Perugia e il suo territorio. La scelta dello “sti- città” da Guglielmo Calderini (1837-1916), è pla-
le” da adottare non è stata né rapida né univoca: sticamente costituita da travertino, granito e cal-

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Perugia, palazzo del Governo (ora della Provincia), Alessandro Arienti, 1867-1873 (foto Girolamo
Tilli e Giuseppe Giugliarelli, Archivio fotografico della Soprintendenza BAPPSAE dell’Umbria).

Perugia, palazzo Cesaroni, Gugliel- Perugia, la sede della Banca d’Italia (Guglielmo Rossi, 1871-
mo Calderini, 1896-1903 (foto Gi- 1873) e l’Hotel Brufani (Alessandro Arienti, 1881-1883).
rolamo Tilli e Giuseppe Giugliarelli,
Archivio fotografico della Soprin-
tendenza BAPPSAE dell’Umbria).

care rosa cui è associato un cornicione in terra- maggior parte sono in stucco. La tecnica collau-
cotta, interciso dalle cartelle del sottotetto6. A data che associa elementi lapidei e intonaco si ri-
fronte di queste scelte, Guglielmo Rossi (1857- trova nel raffinato impaginato dell’Hotel Brufani
1918) progetta la Banca d’Italia nelle forme se- (Arienti, 1881-1883) in cui la componente tetto-
vere del palazzo romano, segnando le facciate con nica è solo evocata nell’intelaiatura architetto-
intelaiatura e con cornici bugnate, alcune delle nica, resa astratta dalla compressione degli aggetti
quali sono in massello di travertino mentre la esigui rispetto alle campate intonacate e appena

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sottolineata dal rilievo, contenuto in una man-


ciata di centimetri, dello stesso portale d’ingresso
e delle specchiature delle finestre in pietra da ta-
glio.
Questi esempi sono parte di una sequenza di edifici
realizzati nell’arco di un decennio (a partire dal
1862), armonizzati con i patterns cromatici della
città storica e caratterizzati dall’accostamento di
più varietà litologiche. Le pietre più utilizzate sono
scaglia rossa e scaglia bianca, travertino, macigno,
rosso ammonitico, arenaria del Trasimeno, tutte
lavorate secondo i gradi di finitura tradizionali (a
spacco di cava, bocciardata, levigata, spazzolata,
ecc.). Le ricche e delicate cromie della pietra da ta-
glio sono rafforzate dagli inserti in terracotta arti-
stica – marcapiani e marcadavanzali, mostre ed
edicole di finestre, portali e balaustre, clipei e doc-
cioni ecc. – prodotti secondo una consuetudine lo-
cale che sembrerebbe rimontare al XIII secolo, ma
Manifattura di Signa. Terre Cotte Artistiche e Decorative, Ca-
rinnovata dalla nascente imprenditoria sollecitata talogo della produzione, tav. LXXXII, s.d. (per gentile conces-
dall’ampliamento del mercato conseguente al- sione di Guido Frilli).
l’unità nazionale. Partendo dall’artigianato, la
nuova produzione approda al rinnovamento delle la celeberrima Premiata Fabbrica di Terre Cotte
arti applicate con elementi che tentano di mante- Artistiche Decorative, fondata nel 1865 dagli scul-
nere il giusto equilibrio tra serialità e grande qua- tori Francesco Biscarini (1838-1903) e Raffaele
lità artistica. Non è un caso che, in quel torno di Angeletti (1842-1899), entrambi formatisi nell’Ac-
tempo, la pubblicistica inanelli arte e industria, cademia di Belle Arti della stessa città7. Più che per
come nei periodici L’ingegneria civile. Le Arti In- i virtuosismi artistici dei singoli manufatti, si tratta
dustriali (dal 1875), Roma Artistica. Giornale di una produzione importante per l’influenza sulla
Settimanale di Belle Arti ed Arti Applicate all’In- nuova borghesia egemone, in cui diffonde il gusto
dustria (dal 1875), Art et l’Industrie (dal 1877), per il falso antico, e, in generale, sulla progetta-
Arte Italiana Decorativa e Industriale (dal zione e sul linguaggio architettonico nel passaggio
1890), solo per citarne alcuni. tra Ottocento e Novecento.
Nel distretto umbro, le fabbriche di terrecotte arti- Una diffusione estesa non solo ad altre regioni
stiche più interessanti sono a Terni (le fornaci di italiane ma con riflessi internazionali. Negli
Gaetano Possenti e Luigi Matascioli), a Città di Ca- stessi anni a Signa, la manifattura (1888-1940)
stello (fornace di Filippo Muscini) e a Perugia, con dei fratelli Bondi esportava in Europa (dove esi-

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stevano altrettanto rinomati centri di produzione


come in Inghilterra e in Francia) terrecotte arti-
stiche per esterni, patinate con ricette segrete che
ne miglioravano aspetto e resistenza8. Mentre a
Milano (dove è anche la storica fornace di Giosuè
Curti, attiva nel XV sec. per produrre i materiali
per il Filarete), Andrea Boni propone, alla metà
dell’Ottocento, una serie di modanature archi-
tettoniche per la completa decorazione di facciate
di palazzi in qualsivoglia stile9. Addirittura la sua
partecipazione alla Fiera Mondiale di New York
del 1862 sembra coincidere con l’avvio della co-
stituzione della Chicago Terra Cotta Company,
produttrice degli elementi in cotto utilizzati nella
Modellazione di un acroterio per un edificio di Chicago
nella fabbrica Northwestern, 1914 (washington D.C., Collec- prima ricostruzione di Chicago (dal 1871), an-
tion of the National Building Museum). che se non bisogna dimenticare la tradizione in-

Casa N° 34. Via S. Stefano. Trabeazione e Capitello (da PAGAN Perugia, Premiata Fabbrica di Terre Cotte Artistiche Decora-
DE PAGANIS 1880, tav. XVI). tive Biscarini e Angeletti, stabilimento in via del Labirinto.

100
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glese in questo specifico settore10. Alla fortuna è rimasto) questa raccolta di terrecotte può essere
delle terrecotte artistiche contribuisce anche la preziosa come riferimento per i confronti con
pubblicazione di atlanti di architetture in mat- l’edificato tra Ottocento e Novecento e per rico-
toni a vista, spesso corredati da centinaia di cro- struire i rapporti tra Premiata Fabbrica e artisti,
molitografie con accurati disegni quotati che architetti e restauratori13.
mostrano tecniche e uso decorativo del mattone, Tra i clienti figurano Domenico Avenale, Luca
come nel volume Cornici di terracotta in Bo- Carimini, Sante Bucciarelli, Pietro Carnevale,
logna (Torino 1880) di Marco Pagan De Paga- Paolo Emilio De Santis, Antonio Lasciac, Gio-
nis11. vanni Battista Giovenale, Raoul Pantaleoni, Au-
La citata fabbrica Biscarini e Angeletti è attiva a gusto Marchesi, Raffaele Oglietti, oltre ai citati
Perugia fino agli anni trenta del Novecento, nello Arienti, Calderini, Rossi14. I professionisti pote-
stabilimento di via del Laberinto che, nel tempo, vano selezionare gli elementi in cotto su un ca-
diventa un’architettura “parlante”, esibendo, sulle
murature d’ambito, gli elementi che si produce-
vano nell’opificio12. Lesene a candelabre, cornici,
rosoni, festoni, protome leonine, un gigantesco ca-
pitello, mensole, stemmi, frammenti di cornicioni
e busti sono incastonati in una parete di fondo
resa vibrante dall’uso apparentemente casuale di
mattoni albasi, gialli e ferrigni. Di fatto gli ele-
menti – talvolta montati in maniera irriverente
rispetto alla giacitura ortodossa – costituiscono
un abaco tridimensionale utile al tempo come
mostra al vero; tuttavia ancora oggi (per quanto

Montegabbione (Tr), chiesa di Maria Santissima Assunta in Premiata Fabbrica di Terre Cotte Artistiche Decorative Bi-
Cielo, Nazareno Biscarini, 1876, dettaglio della colonna tortile scarini e Angeletti, Catalogo della produzione, s.d. ma ante
sinistra del portale che riporta incisa la firma di Francesco Bi- 1899, p. 3 (ASO, APPZ, b. 674).
scarini.

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tecniche di montaggio con i pezzi che affondano


nel vivo del muro a differenti profondità per ri-
costruire con precisione il profilo voluto. Nel ca-
talogo è presente la parasta telamone montata
in quattro esemplari nella già citata Banca d’Ita-
lia a piazza d’Italia, che viene esibita anche su
uno dei fronti dello stabilimento Biscarini e An-
geletti dimostrando che, evidentemente, si trat-
tava di manufatti in libera vendita17.
In alternativa alla scelta sul campionario, una
seconda modalità di fornitura prevedeva l’esecu-
zione di pezzi su disegno dei progettisti. È possi-
bile ricostruire tale procedura attraverso le carte
d’archivio dell’architetto orvietano Paolo Zampi
(1842-1914)18. In questo caso, il disegno degli
architetti era la base per la realizzazione degli
stampi; se possibile si tentava di adattare il dise-
gno originale a forme già disponibili in fabbrica
contraendo tempi e costi di produzione. Il dise-
Paolo Zampi, San Faustino a Morrano, Abaco delle terrecotte, gno dell’elemento veniva portato a scala 1:1 te-
1903 (ASO, APPZ, b. 653). nendo conto, però, che per il ritiro dell’argilla
esso doveva essere dimensionalmente maggio-
talogo che recitava così: “Si fanno preventivi su rato di un 6%19. Questo disegno, eseguito dai tec-
disegni e si esegue artisticamente qualunque nici della fabbrica, veniva poi spedito al pro-
commissione in brevissimo tempo (...). Nello gettista per l’approvazione finale.
stabilimento esistono materiali decorativi dispo- Per esempio, dagli elaborati predisposti da Zampi
nibili, di stili diversi da applicare a qualunque (1903) per la chiesa di San Faustino a Morrano
costruzione”15. L’assortimento di cui si parla si apprende la modalità di rapporto normal-
comprende pezzi di arredo (vasi, statue ecc.) e mente adottata tra i professionisti e la Premiata
componenti architettonici come balaustre, un’e- Fabbrica: associati a un brano di facciata sono
dicola classicheggiante montata su fasce a can- squadernati tutti gli elementi da formare in ter-
correnti, una combinazione portale-edicola-cor- racotta (cornici a motivi floreali, cornici a den-
nice-fastigio che risolve il decoro di una chiesa, telli, rosone, colonne angolari, statua apicale
una cornice di cui si riconoscono i modani ca- ecc.) delineati in scala 1:2, 1:5, 1:10 e comunque
nonici della gola rovescia, dei dentelli, degli ovoli quotati meticolosamente20. Accompagnano le ta-
e lancette, delle mensole, della fascia dritta, ecc.16. vole grafiche l’ordinativo dei pezzi con le princi-
Della cornice sono indicate, peraltro, le specifiche pali specifiche tecniche21.

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La tecnica d’esecuzione delle terracotte artistiche


probabilmente non doveva essere dissimile da
quella descritta da Giuseppe Valadier (1762-
1839)22. In breve, per un fregio figurato era ne-
cessario: realizzare uno stampo (generalmente
in gesso) dello spessore adeguato (6-7 cm a se-
conda della dimensione); isolare lo stampo, per
agevolare il successivo distacco della creta mor-
bida, con una spolverata di “cenere” (Valadier
raccomanda quella prodotta nelle fucine dei fab-
bri); formare l’elemento nello stampo e, una
volta distaccato, “ripulire” le sbavature con spa-
tole di varia foggia (stecche) e spugna bagnata.
Essiccamento e cottura completavano il processo.
Per la fornace Biscarini e Angeletti non è noto se
sul pezzo si procedesse all’ingobbio (miscela a
base di argille finissime passata a più riprese sulle
superfici) che colmando le porosità rendeva la
terracotta meno permeabile e, dunque, più resi-
stente agli agenti atmosferici. Per inciso, in re-
centi restauri si è ritenuto di coprire i telamoni
Giuseppe Valadier, Delli Mattoni, in L’architettura pratica, con una tinteggiatura coprente aprendo spazio
Roma 1828-1839, libro I, tav. XXXII.
ad alcuni dubbi; in effetti, non risulta chiaro né
univoco il trattamento finale di questi elementi
che talvolta sembrano lasciati a vista ed altrove
integrati con trattamenti cromatici al contesto in
pietra, altrove ancora solo patinati. Spesso, per
gli elementi in terracotta di grande dimensione
e con molti sottosquadri (come, ad esempio, nei
citati telamoni della Banca d’Italia) era neces-
sario eseguire la fattura per pezzi, che necessitava
poi di un’indiscutibile abilità per realizzare com-
mettiture quasi invisibili in fase di montaggio.
Festone in terracotta in quattro pezzi da un bassorilievo Gli elementi in terracotta prodotti da Biscarini e
lucchese, 93.5x60.5 cm, spessore 3 cm, 2010, produzione Re- Angeletti, derivanti da morfemi storico-tradizio-
cuperando srl di Guido Frilli, Cod. 8262, http://www.recupe-
rando.it /it/Pagine/Output/Out__default.asp?IDArt=8262 (31.
nali e per questo graditi e rassicuranti, travali-
03.2013). cano la diffusione regionale inserendosi nella

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Perugia, sede della Banca d’Italia, Guglielmo Rossi, 1871-1873, portale. Perugia, sede della Banca d’Italia, Gugliel-
mo Rossi, 1871-1873, particolare del portale.

rete commerciale nazionale: solo per fare esempi ad allora, era condizionata dalla stagionalità
romani, esibiscono inserti di questo tipo l’albergo (combustibile-acqua-clima) e dalla complemen-
Marini in via del Tritone 17 (1888, Luca Cari- tarità con l’agricoltura o con altre attività pro-
mini) e il villino Ruggero Bonghi (1877, Giulio duttive. La fabbricazione del laterizio era, spesso,
De Angelis per Società di Credito Mobiliare), que- abbinata alla produzione del cemento; la con-
st’ultimo tanto apprezzato da essere pubblicato ferma si ha a Marsciano dove, tra le quattro for-
in un numero de L’illustrazione Italiana (1877) naci a fuoco continuo – documentate all’inizio
proprio per i decori Biscarini e Angeletti23. del Novecento – la “Società per la costruzione ed
Alla diffusione dell’ornato in cotto deve avere esercizio di Fornaci a fuoco continuo per laterizi
contribuito anche la progressiva sostituzione e calce” è concatenata a una fabbrica per il ce-
delle fornaci a fuoco intermittente con quelle a mento, entrambe gestite da Pio Briziarelli26.
fuoco continuo che, con l’introduzione di mec- Non è questa la sede per inoltrarsi sulla produ-
canismi industriali, portano a una produzione zione dei laterizi; invece è importante sottoli-
in serie anche di nuove varietà di elementi in neare che la tecnica esecutiva della posa in opera
cotto trafilati, tavelle e tavelloni, pavimenti e te- dei laterizi in questo territorio raggiunge livelli
gole24. Si tratta di un aggiornamento tecnico apicali. Infatti, conclusa la fase di produzione so-
puntualmente registrato nella manualistica, pravveniva quella del montaggio in opera, spesso
come nei volumi di Ludovico Cadorin (1860) o curata da maestri collegati alla fabbrica che po-
di Giuseppe Musso e Giuseppe Copperi (1884)25. tevano offrire l’alta specializzazione necessaria
Questi ultimi intuiscono le potenzialità di mer- almeno per le opere più complesse quali i tela-
cato del materiale fittile la cui produzione, fino moni della Banca d’Italia. Ma è anche evidente-

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mente necessaria una grande sapienza costrut- numerosissimi produttori di terrecotte sul territo-
tiva per realizzare paramenti murari con motivi rio nazionale, i progettisti potevano trovare un
decorativi di mattoni dai colori differenziati. In ventaglio di soluzioni preconfezionate e ormai
questi casi, la posa in opera di laterizi albasi e condivise dal gusto comune; al 1903, essi stessi
ferrigni richiede grande abilità nella prepara- avevano anche ampliato la produzione allo
zione (taglio) dei singoli elementi, talvolta non stucco e al cemento oltre ai manufatti di marmo
perfettamente calibrati, per ottenere la regolarità e di terracotta. Si trattava di un repertorio di forme
dell’apparecchio e dei giunti intermedi. Addirit- immediatamente disponibili a costo contenuto,
tura, nella chiesa della Confraternita della Mise- realizzate secondo la filiera della prefabbricazione
ricordia (Nazareno Biscarini, 1873-1896) nel che consentiva un metodo “abbreviato” e sempli-
cimitero monumentale di Perugia, oltre agli in- ficato di progettazione (con tutti i rischi connessi).
serti in basso e in altorilievo, alcuni mattoni sono D’altro canto, le richieste di un mercato edilizio
tagliati abilmente (secondo angoli acuti e angoli in crescita erano soddisfatte anche ricorrendo a
ottusi) per ottenere incastri perfetti oppure archi elementi standardizzati, raccolti in cataloghi spe-
di cerchio per dare eco alle cornici27. Ancora più cifici per elementi in ferro e ghisa, in cemento e
difficoltoso è associare, in un stesso paramento in pietra ricostruita, in gesso e in bronzo.
murario, materiali diversi, come nel caso del Peraltro la produzione della Premiata Fabbrica
volto di San Giovanni Battista (1892) a Casti- coincide con la sperimentazione di Joseph Mo-
glione della Valle, nel quale trama e ordito in la- nier (1823-1906) sui vasi e recipienti, tubi e so-
terizio incorniciano specchiature lapidee, ripren- lette in cemento con armatura di ferro, presentati
dendo il disegno del quadrellato lapideo esibito, alle Esposizioni Universali di Parigi del 1867 e
per esempio, nella facciata trecentesca di Santa seguenti, di cui probabilmente gli stessi Biscarini
Giuliana a Perugia. È evidente la complessità e Angeletti prendono visione durante la loro par-
della lavorazione necessaria per ottenere la con- tecipazione avvenuta nel 187829. È probabile che,
tinuità del paramento in cui le lastre in pietra da in quell’occasione, i due scultori perugini siano
taglio si ancorano al nucleo utilizzando come anche entrati in contatto con la Società Berga-
supporto le cornici di laterizi, molti dei quali masca (fondata nel 1864) produttrice di analo-
(diatoni) penetrano in profondità nel vivo del ghe decorazioni, ma in “pietra artificiale”, usate
muro. Viceversa, nella chiesa di San Giovanni per il palazzo provinciale di Bergamo (1865-
Battista (1891-1894) a Ferretto, la trama e l’or- 1670), in sostituzione della pietra naturale di
dito sono in pietra serena mentre le specchiature Sarnico prevista dal capitolato d’appalto30.
sono quadrati di terracotta a stampo28. In conclusione, anche nel perugino e specifica-
I riflessi dell’impiego di queste membrature e de- tamente nell’ambito dell’edilizia, si rinvengono
corazioni murarie in laterizio stampato appaiono quei caratteri peculiari del periodo postunitario
rilevanti nella composizione architettonica e nelle (evoluzione della tradizione costruttiva, revival
attività di restauro di quegli anni. In effetti, nel stilistici, innovazioni tecniche, competizione tec-
catalogo Biscarini e Angeletti come in quelli dei nologiche, trasformazione della produzione ar-

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tigianale in industriale) che si sviluppano e sono tata e quindi presenta un basso rischio dell’inve-
favoriti dalla trasformazione socio-politica, essa stimento e notevoli economie.
stessa sollecitata proprio da spinte economiche. Ma al progressivo abbandono delle terrecotte ar-
In questa evoluzione, alcune sperimentazioni ra- tistiche, successivo a questo periodo, non è cer-
dicate nella tradizione raggiungono caratteri tamente estraneo il dibattito sull’ornamento che
d’eccellenza che, tuttavia, non consentono di so- investe tutta l’Europa; per restare in ambito solo
stenere l’impatto delle nuove tecnologie le quali italiano, vale la pena ricordare l’illuminante ri-
si impongono commercialmente, riducendo gli flessione di Cimbro Gelati (1903) sul tema: “la
spazi vitali delle prime; in questo senso è quasi decorazione dovrebbe essere coordinata e sog-
ovvio rimarcare, accanto all’innovazione nelle getta all’ossatura costruttiva, ne diventa invece
terracotte a stampo, l’introduzione della produ- la dominatrice e la maschera. Mi persuado essere
zione degli elementi decorativi architettonici nostro dovere affrettarci a riprovare queste pecche
semplificati in conglomerati legati con cemento incompatibili col concetto d’arte non solo, ma
Portland. Negli stessi anni, infatti, parallelamente della logica naturale” 31.
allo sviluppo di queste sperimentazioni sulla ter-
racotta, si assiste anche alla diffusione delle ana-
loghe soluzioni in calcestruzzo, con varie miscele Siamo grati a Valeria Menchetelli per avere messo a nostra
disposizione la sua tesi di dottorato, MENCHETELLI 2007-
e composizioni, sostenuta talvolta dalle stesse 2008. Il saggio è il parziale risultato di una ricerca ancora
aziende che, in una logica commerciale e pro- in corso, condotta congiuntamente dagli autori. Per motivi
duttiva, ampliano lo spettro dell’offerta. La pre- redazionali la parte iniziale del testo sino al paragrafo sulla
progettazione di Paolo Zampi per la chiesa di San Faustino
valenza delle soluzioni in calcestruzzo sem- a Morrano è stata redatta da Maria Grazia D’Amelio, men-
brerebbe verificabile sia in quegli anni che nei tre dal paragrafo dedicato alle tavole di Giuseppe Valadier
successivi, relegando la versione in terracotta sulla produzione delle terrecotte sino alla fine del saggio
da Fabrizio De Cesaris.
delle decorazioni architettoniche a una nicchia 1
GROHMANN 1981, pp. 124-154.
limitata del mercato edile. In effetti, la tecnica 2
NERI 1997; NERI 2000.
3
del cemento, dal punto di vista tecnico, si pre- Dominio che, peraltro, era stato eradicato dalla città,
quando nel 1862 era stata atterrata con le mine la fortezza
senta con diversi punti di forza: si evita il ritiro Paolina. Non a caso l’intervento urbano più importante
tra stampo e pezzo cotto, si possono realizzare nella Perugia postunitaria ebbe luogo sull’area della san-
elementi armati, quindi di maggiori dimensioni, gallesca Rocca Paolina. Addirittura, il Consiglio comunale
ne aveva concesso i materiali della demolizione (quelli
più facilmente ancorabili, è possibile scegliere i “del gran muraglione, onde si incatenava il forte alla te-
materiali della mescola e delle finiture. Soprat- naglia”) per la realizzazione della sede della Banca d’Ita-
tutto, il vantaggio tecnico del calcestruzzo risiede lia; col fine di liberare l’area ma anche, simbolicamente,
per divorare e metabolizzare ogni residua memoria, cfr.
nella possibilità di concentrare e razionalizzare GROHMANN 1981, pp. 135, 139.
a monte la fase di maggior dispendio energetico 4
NERI 1997.
5
connessa alla cottura; poi, l’impianto della pro- TERZETTI 1994.
6
CALDERINI 1917, parte I, tavv. 56-63; ROMANINI, ACCINNI
duzione, a freddo, necessita di un’attrezzatura (e 1985; BOCO, KIRK, MURATORE 1995; MANCINI 2011.
quindi di costi e di capacità) estremamente limi- 7
Per le fornaci di Città di Castello http://www.storiatifer-

106
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21
nate.it/allegati_prod/edil-c1-fornaci.pdf (30.03.2013); per Ibidem.
22
la fornace Biscarini e Angeletti, MALENTACCHI 1992-1993a; VALADIER 1828-1839, libro I, sezione IV, articolo XX, pp.
MALENTACCHI 1992-1993b; LAMBERINI, MALENTACCHI 1994; BE- 117-119.
23
RIOLI 2007, pp. 27-36. L’Illustrazione italiana 1877, pp. 130-131.
8 34
Cfr. il catalogo Manifattura di Signa Terre Cotte arti- PEDROCCO 1990, pp. 447-459; LATINA 1994, pp. 107-117.
25
stiche e decorative, http://www.recuperando.it/Pagine/pag CADORIN 1860; MUSSO, COPPERI 1889. In particolare, è in-
_libri_prferiti_spedizione/signa-2.htm (30.03.2013). Rin- teressante sottolineare che Musso e Copperi aprono il ca-
graziamo Guido Frilli per la sua generosa collaborazione pitolo dedicato alla fabbricazione dei laterizi con queste
nel fornirci informazioni e immagini. parole: “Abbiamo creduto a proposito (...) di presentare ai
9
BONI 1860 ca (con 60 tavole). nostri lettori il disegno di alcune fornaci per la cottura di
10
http://mileslewis.net/australian-building/pdf/06-bricks- materiali laterizi e della calce, perché la costruzione di
tiles/6.08%20terra-cotta.pdf (30.03.2013). questi forni può interessare, sia semplicemente come co-
11
Nell’introduzione, l’autore sostiene che “nel risveglio struttori ed anche dove fosse il caso, come imprenditori e
degli studi architettonici avvenuto in questi ultimi tempi produttori per la fabbricazione”, cfr. MUSSO, COPPERI 1889.
26
fra le nazioni che camminano alla testa dell’odierno in- L’insegnamento di Biscarini e Angeletti è veicolato dallo
civilimento, in mezzo ai libri destinati ai monumenti più scultore Pietro Guaitini (NATALIZI 2010). Tra il 1924 e il
grandiosi o più interessanti per la loro importanza storica, 1932, egli dirige la “sezione di terrecotte artistiche” delle
incominciarono pure a trovar luogo quelli riguardanti Fornaci Briziarelli di Marsciano, dove istruisce artigiani
l’impiego ornamentale dei laterizi. Dal Degen a Monaco, qualificati sulle tecniche della terracotta, dalla formatura
dal Nicole ed ultimamente dal Lacroux a Parigi si sono alla modellatura e al ritocco. Per un incompleto raggua-
editi studi metodici di costruzioni decorate con soli mattoni glio bibliografico sulle fornaci di Marsciano, SCENTONI
ordinari o sagomati. Dal Runge a Berlino si pubblicò tra 1992; BUSTI, COCCHI, BOJANI 1996; COVINO, GIANSANTI 2002;
1843 ed il 1853 una ricca riproduzione di disegni di terre- LUPI 2005.
27
cotte di Bologna, Milano, Venezia, Siena ed altre città della MASSINI 2002.
28
media e superiore Italia; più tardi dal Gruner a Londra un MENCHETELLI 2007-2008, pp. 161-167.
29
elegantissimo volume intitolato: Terrecotte Architecture L’esposizione di Parigi 1878. Per il brevetto del 1867 di
North Italy”, cfr. PAGAN DE PAGANIS 1880, pp. 3-4. Pagan de Monier e soprattutto di quello più importante per il ce-
Paganis si riferisce a DEGEN 1857; RUNGE 1846-1853; GRU- mento armato del 1878, BOSC, CHAUVEAU, DEGENNE CLEMENT,
NER 1867; LACROUX, DETAIN 1878. Vedi anche CHABAT 1881. MARREY, PAULIN 2001; per lo sviluppo del cemento armato
12
Dal 1903 subentra il nipote Angelo Biscarini, cfr. MIGLIO- in Italia, cfr. IORI 2001. La promozione della Premiata Fab-
RATI 2007. brica avveniva anche con la partecipazione alle esposizioni
13
Solo per fare pochi esempi, sulla facciata dello stabili- nazionali come testimoniato nel catalogo dell’Esposizione
mento della Premiata Fabbrica Biscarini e Angeletti un Umbra del 1879, dove si legge che: “Biscarini ed Angeletti
grande capitello composito è montato sottosopra tra due hanno un importante laboratorio di Terra cotta decorativa,
balaustre, mentre un piano di dentelli, alcune mensole e dove si eseguono lavori di arte applicata all’industria, nei
cornici ecc. sono incassate in modo casuale senza tener quali alla onestissima modicità del prezzo va congiunto il
conto della sintassi architettonica. pregio del buon gusto e dell’eleganza nell’arte. Come sag-
14
Cfr. catalogo della Premiata Fabbrica di Terre Cotte gio ne abbiamo qui, oltre il busto bizzarro del Fanfulla
Artistiche e Decorative, Perugia, Biscarini e Angeletti, dell’Angeletti il bassorilievo di una Madonna sulla foggia
tip. G. Guerra e C., s.d. (ma ante 1899), p. 2, Archivio Stato di Luca della Robbia, un Pulpitino che in terra cotta ma-
Orvieto (da ora ASO), Archivio Privato Paolo Zampi (da iolicata per la nuova chiesa di Montegabbione, una Fine-
ora APPZ), busta n. 674. stra di stile Bramantesco, un vaghissimo Parapetto di scala
15
Ibidem. con ornamenti a fondi dorati e colorati, ed un Vaso – stile
16
Ivi, p. 3. Luigi XIV – con fogliami e ninfe sovrapposte di una leg-
17
Vedi le fotografie dello stabilimento in MALENTACCHI 1992- giadria oltre ogni dire”, cfr. Esposizione umbra artistica-
1993a. industriale 1879.
18 30
MALENTACCHI 1992-1993b. DE CESARIS 1996, passim.
19 31
MALENTACCHI 1992-1993a. GELATI 1899; TRIVELLIN 2001.
20
ASO, APPZ, busta n. 653.

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Pietro Melandri, Il grifo, il leone e vasi con Baci Perugina, 1937, Perugia,
particolare della decorazione della cappella funeraria di Luisa Spagnoli.
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Le arti decorative a Perugia tra Otto e Novecento


Stefania Petrillo

Nell’ambito di una giornata di studio dedicata che tra Otto e Novecento si propone con rinno-
all’architettura a Perugia dei decenni postuni- vata organicità e varietà di soluzioni, riportando
tari, è importante precisare che l’accezione che in primo piano anche l’interazione tra il ruolo
qui si darà al concetto di “arti decorative” – del committente e quello dell’architetto nella
un’etichetta che rischia di suonare tanto ampia scelta degli artisti coinvolti nel cantiere.
quanto sfuggente e un po’ riduttiva – esclude Piace scegliere quale incipit di questa breve trat-
tutta la produzione di oggetti o accessori di com- tazione un dipinto che, se poco dialoga con l’ar-
plemento, che pure attengono al settore delle chitettura per la sua morfologia di “quadro
“arti applicate”, per concentrarsi su significativi riportato”, ha però un forte valore evocativo e
episodi di pittura murale, decorazione e ornato, simbolico. Mi riferisco a una delle prime allegorie
pensati con finalità espressive che si integrano della nuova Italia, dipinta nel 1862 in palazzo
nella progettazione edilizia. Martinori (poi Gallenga) dal giovane perugino
La campionatura rilevabile nel capoluogo umbro Domenico Bruschi1, già brillante allievo dell’Ac-
disegna un percorso diacronico senza lacune e cademia, appena rientrato da Firenze, laddove si
coerente con le più ampie tendenze del gusto gra- vanno elaborando gli incunaboli di un’arte che
zie anche all’operato di ornatisti e artisti usciti è espressione dell’Italia finalmente unita2. Non
dall’Accademia delle Belle Arti, l’istituzione che solo il dipinto con il suo contenuto esplicito
nel periodo preso in esame si conferma come suona come un trionfale atto liberatorio dopo de-
saldo punto di riferimento estetico, capace di mo- cenni di censura, ma documenta le prime for-
dulare la propria offerta formativa sulle esigenze mule di quella pittura celebrativa che vedrà il
di una borghesia in ascesa e sulla sua crescente pittore indiscusso protagonista nei nuovi palazzi
domanda di “bello”. Gli esempi che qui si illu- pubblici romani e, di lì a breve, del più impor-
streranno sono frutto di un’esplorazione della tante ciclo “politico” della Perugia postunitaria.
città in esterni e in interni nel segno di quella Dopo un non breve soggiorno in Inghilterra, al
“unità delle arti visive” – così felicemente teo- servizio di facoltosi committenti, e forse un pe-
rizzata da Irvin Lavin per Bernini e il barocco – riodo di aggiornamento in Francia, agli inizi

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Domenico Bruschi, le decorazioni della Sala del Consiglio, 1873, Perugia, palazzo della Provincia.

degli anni settanta Bruschi è bene introdotto – alla tradizione locale, ispirandosi a iconografie
certamente anche grazie ad appoggi politici e tardomanieriste considerate esemplari dai pre-
massonici – nei grandi cantieri di Roma capi- cetti di scuola perché «soffittano assai bene», ma
tale, cioè in quella immensa fucina del nuovo sceglie cornici quadrilobate, disposte radial-
stile della Nazione, cui artisti provenienti da tutta mente, che ben si raccordano nel rapporto 8:4
Italia sono chiamati a dare il loro specifico ap- alla pianta ottagonale della sala, in armonia con
porto. Gli incarichi in palazzo Madama, nel pa- quella molteplicità di fuochi prospettici che le
lazzo del principe ereditario (oggi della Consulta), conferisce notevole dinamismo3.
al ministero delle Finanze e Corte dei Conti, al Diversa è l’impaginazione della volta del salone
Quirinale e alla Cassa di Risparmio in via del da ballo nell’ala del palazzo destinata ad ospitare
Corso sono così la ribalta di prestigio del giovane la Prefettura. Qui Bruschi, d’intesa con l’archi-
pittore perugino che mette a punto iconografie e tetto e con spirito protomodernista, progetta in
stilemi prontamente importati anche a Perugia, stile neorinascimentale l’ambiente, le decora-
dove nel 1873 decora la sala del Consiglio del Pa- zioni pittoriche e plastiche (stucchi realizzati da
lazzo della Provincia. Meditata appare in questa Raffaele Angeletti e Francesco Biscarini) e ogni
sala, dalle forme eclettiche e vagamente orienta- suppellettile e arredo. Per la volta inventa un’or-
leggianti, la soluzione riservata all’inserimento ditura trompe-l’oeil ad arazzi “istoriati”: una so-
degli otto “oculi” che ospitano le allegorie del- luzione funzionale alla finalità narrativa e di-
l’Italia, della Provincia dell’Umbria e delle sei dascalica della decorazione che include una no-
città che ne costituiscono le circoscrizioni. Il pit- tevole varietà di storie e personaggi, ma che ap-
tore non solo si riallaccia programmaticamente pesantisce la volta, peraltro a sesto ribassato, con

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Domenico Bruschi, le decorazioni della Sala da ballo, 1874, Perugia, palazzo della Provincia.

un effetto di horror vacui solo un po’ stemperato cromaticamente si raccorda con il fitto tessuto
dagli sfondati delle scene ambientate all’aperto. ornamentale dell’ambiente e recupera su scala
Ne risulta un’opulenza decorativa che di fatto monumentale una difficile tecnica della tradi-
“annienta” l’architettura, per ricorrere a un’e- zione gotica italiana e locale.
spressione di Le Corbusier che, al Convegno Volta La stessa attenzione ad armonizzare architettura
nel 1936, pensando probabilmente a esempi e decorazione si ritrova in città, tra la fine degli
come questo, condannerà l’abitudine ottocente- anni sessanta e i primi settanta, in quello che si
sca di «ricoprire l’architettura con parati ([...] qualifica come un eccellente laboratorio per la
di ogni colore, innumerevoli disegni, arabeschi, messa a punto di soluzioni integrate: il teatro del
macchie, qualsiasi genere e stile)» determinata, Verzaro (poi denominato Morlacchi), il cui pro-
a suo parere, dalla necessità di curare «con forti getto di restauro, non a caso, è congiuntamente
iniezioni» un’architettura in decadenza4. Ep- firmato dell’architetto Guglielmo Calderini e dal
pure, il Palazzo della Provincia progettato da pittore Mariano Piervittori. Il dialogo tra la strut-
Alessandro Arienti, con la sua aria un po’ da bro- tura e l’ornato pittorico e plastico si fa così stretto
letto lombardo, attento però ad assorbire una non che è Piervittori a studiare il disegno per gli ele-
trascurabile inflessione locale nell’uso dei mate- menti in stucco che enfatizzano la nuova sago-
riali (pietra rosa del Subasio), si presenta ben matura dei tramezzi dei palchi, o per supplire,
consonante anche nella ricerca formale degli ele- con sfondi dipinti di scuro, alla mancata aper-
menti di complemento. Penso anche all’ampia tura delle lunette sopra il loggione: un intervento
vetrata che chiude il tamburo della sala del Con- pensato in un primo tempo per dare slancio al
siglio, opera del perugino Francesco Moretti, che coronamento della sala ma cui poi si era dovuto

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Perugia, teatro Morlacchi, l’interno restaurato negli anni 1871-1874, progetto di Guglielmo Calderini e Mariano Piervittori.

rinunciare per motivi di ordine statico5. Per la sua


natura di Gesamtkunstwerk, “opera d’arte to-
tale”, luogo principe dell’effimero e di rutilanti
giochi di forme e colori, il teatro si presta ad una
sperimentazione molto vivace che coinvolge una
pluralità di linguaggi in libera contaminazione:
mai forse, come in questo caso, le arti decorative
si rivelano co-significanti della struttura architet-
tonica partecipando in pari misura alla ricerca di
euritmia, effervescenza e godibilità ottica, che, in
Raffaele Angeletti e Francesco Biscarini, particolare delle deco-
un luogo di spettacolo, è come dire funzionalità. razioni in stucco, 1873-1874, Perugia, teatro Morlacchi.
Si elabora tra l’altro proprio in questo contesto
un vasto assortimento di ornati in plastica, grazie vinciale umbra: «scultori e plasticatori da fare
alla felice mano di Adolfo Ricci, autore dei bas- onore a qualunque città»6. La variegata produ-
sorilievi sui parapetti dei palchi, e soprattutto del zione di terrecotte architettoniche che esce dalla
fecondo tandem Angeletti e Biscarini «due corpi rinomata fornace di via del Laberinto7 sembra
in una sola anima», come Calderini ne enfatiz- far rivivere i fasti della tradizione fittile etrusca,
zerà la perfetta unità d’intenti recensendo nel rigenerata in una versione “laica” in molta edi-
1879 la loro partecipazione all’Esposizione pro- lizia residenziale o di pubblica utilità: oltre ai

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ben noti esempi perugini di palazzo dei Canapè, terracotta, non va dimenticato che l’architetto
delle palazzine di Nazareno Biscarini, di palazzo deve stringere abbastanza presto anche un altro
Bianchi, del perduto politeama e dei bagni pub- importante sodalizio, quello con il pittore-orna-
blici8, vorrei qui segnalare l’inedito ed eccentrico tista Cleomene Marini, che lo affianca nella re-
caso di palazzo Romizi a Città della Pieve, ornato dazione dei progetti per la messa a punto della
da un sontuoso fregio di gusto neorinascimen- componente ornamentale. Per inquadrare me-
tale. Ma l’uso della plastica in terracotta investe glio il rapporto con una figura sinora piuttosto
massicciamente anche l’edilizia sacra, confe- trascurata dagli studi è utile rendere qui nota
rendo un’impronta inconfondibile a quella sorta una lettera che Calderini gli indirizza nell’ottobre
di abaco architettonico9 e decorativo costituito del 1887, nel pieno del concorso per il Palazzo di
dalle tante chiese neogotiche del perugino, le co- Giustizia a Roma che lo vede in lizza con Ernesto
siddette chiese leonine10, e l’edilizia funeraria, Basile: “Tra le richieste c’è quella di [inserire nei
con la creazione di un’iconografia neorinasci- progetti] dettagli a un quarto dal vero. Per questo
mentale (Madonna con il Bambino e angeli) ho estremo bisogno dell’opera tua, perché tu solo
presentata all’esposizione generale umbra nel
1899, inserita poi da Angelo Biscarini nella cap-
pella Doneddu del cimitero di Perugia nel 190711

Raffaele Angeletti e Francesco Biscarini, fregio neorinascimen-


tale, Città della Pieve (Pg), palazzo Romizi.

e destinata quindi ad una notevole fortuna su


tutto il territorio regionale (Spoleto, Bevagna,
Terni, Cannara)12.
Se Calderini si avvale a lungo, come ben noto,
dell’apporto dei due scultori-plasticatori nella ri-
Angelo Biscarini, decorazioni in terracotta della cappella Do-
cerca di una qualità espressiva dell’architettura neddu, 1907, su disegno di Raffaele Angeletti e Francesco Bi-
che sia anche impreziosita dai toni caldi della scarini, Perugia, cimitero di Monterone (foto Stefano Bottini).

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tadue tavole con elementi decorativi tratti da al-


cuni monumenti di varie città d’arte italiane14.
Prima di addentrarci nell’analisi di un periodo
in cui l’impiego di elementi artistici di produ-
zione seriale e industriale viene previsto nella
progettazione architettonica in modo ampio e si-
stematico, vorrei soffermarmi su un episodio che,
anche per il suo carattere di unicità, mi sembra
ben esprima il passaggio tra l’eclettismo decora-
tivo ancora di marca ottocentesca e indizi di una
Perugia, villino Cesaroni, 1881, facciata ovest. più fluida concezione dell’ornato che investe vi-
stosamente un prospetto architettonico. Mi rife-
risco al villino che il magnate Ferdinando Ce-
saroni, homo novus della borghesia umbertina,
si fa costruire fuori porta San Costanzo a Perugia,
un’elegante palazzina che spicca per la facciata
completamente figurata e che reca la data 1881.
Le ampie specchiature di gusto neomanierista,
con allegorie delle Stagioni, candelabre e grot-
tesche, se non osano ancora quell’attualizza-
zione delle iconografie con cui di lì a qualche
anno, negli encausti della facciata della Galleria
Sciarra a Roma (1888), Giuseppe Cellini consa-
Perugia, villino Lilli, 1913, decorazione. crerà i rituali domestici della borghesia, sono tut-
tavia indicative di un gusto che punta a un
sei capace di far figurare l’opera mia architetto- crescente effetto di policromia degli esterni attra-
nica con parti ornative ben fatte a mezza mac- verso ampi inserti pittorici. Da questo punto di
chia, tu solo sei buono per aiutare la mia sorte vista le numerose palazzine che nei primi anni
in questa ultima definitiva battaglia”13. L’inte- del Novecento vengono costruite in particolare
resse di Cleomene Marini all’ornato, coltivata in lungo le attuali via Annibale Vecchi (tra gli altri,
maniera tutt’altro che occasionale, si affinerà poi i villini Lilli e Terzetti), o Pellini (casa Vajani),
a tal punto che l’artista, non solo sarà coinvolto sebbene in modo più misurato, rappresentano il
in importanti cantieri fuori regione (Parma, Pa- punto di approdo della tendenza, offrendo un si-
lazzo delle Poste, 1909), ma, chiamato a inse- gnificativo campionario di soluzioni che accol-
gnare nella Scuola professionale delle arti gono i motivi del repertorio art nouveau (putti,
decorative industriali a Firenze, darà alle stampe festoni, elementi fitomorfi e floreali) con ric-
un Corso di ornato e figura corredato da tren- chezza e coerenza di soluzioni.

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A innescare la vulgata liberty nell’ornato archi- culmine della sua feconda carriera e certamente
tettonico a Perugia è però senz’altro quel ricco cooptato dallo stesso Cesaroni15 –, trasformano
coacervo di invenzioni che vengono formulate l’edificio in un inesauribile serbatoio di motivi
nell’imponente palazzo commissionato ancora destinati a larga fortuna in città e nel territorio16.
da Fernando Cesaroni a Guglielmo Calderini Oltre alla grande sala, sono più di quaranta le
sulla piazza Vittorio Emanuele. I tempi di costru- stanze decorate con un gusto che oscilla tra tra-
zione relativamente brevi dell’edificio (1898- dizione e più decise aperture liberty17. Quanto in-
1901), destinato ad albergo di lusso, e l’apporto cisiva sia la capacità di penetrazione di alcuni
di un’affiatata squadra di artisti e artigiani di ot- stilemi anche nel settore delle arti applicate mi
timo livello (pittori, scalpellini e plasticatori) co- pare possa ben dimostrarlo il disegno di una ba-
ordinati dal pittore Annibale Brugnoli – al laustra in ferro battuto, nella palazzina Milletti

Perugia, palazzo Cesaroni, motivi “japonistes” sul soffitto di una stanza, 1901 circa.

Perugia, casa Milletti in via XX Settembre, balaustra in ferro.

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Perugia, villino Lilli, 1913, cancello in ferro battuto.

in via XX settembre, che propone lo stesso sinuoso


motivo “japoniste” presente nel soffitto di una
delle sale del palazzo.
Deve ancora essere avviato un sistematico censi-
mento dei manufatti liberty in ferro, ceramica e
legno, che potrebbe dischiudere un’importante Gerardo Dottori, Inferno, 1923, particolare della perduta deco-
razione del ristorante Altro Mondo a Perugia (Perugia, Archivi
prospettiva di analisi non solo su un patrimonio Gerardo Dottori).
diffuso da salvaguardare ma anche sui protago-
nisti di una fiorente cultura materiale da evocare decorativi anche di ampia scala realizzati tra gli
dall’ombra: nomi come quelli di Ferruccio Ca- anni venti e trenta (in gran parte dovute alla ce-
iani, Giuseppe Bacosi o Paride Rosi aspettano an- cità delle passioni politiche), bisogna mettere in
cora di vedersi riannesso il corpus delle loro evidenza che proprio la rivalutazione delle arti
creazioni e, soprattutto, riconosciute specificità e applicate, su cui fa leva la ripresa economica del-
qualità del loro sapere artigiano18. l’Italia postbellica, e la presenza di Gerardo Dot-
Gli esiti della koinè stilistica Liberty, imperniata tori, il pittore perugino che entra da protagonista
su una concezione sinuosa e avvolgente delle nelle file del movimento, imprimono un’impor-
linee, vanno individuati nella creazione di un tante spinta al rinnovamento delle arti decora-
linguaggio altrettanto permeante, quello futuri- tive.
sta, anch’esso capace di annullare le barriere tra La progettazione unitaria di architettura, ornati
arti maggiori e arti applicate e di declinarsi nelle e arredi ha senz’altro uno dei suoi primi rag-
multiformi espressioni di un’estetica globale, di giungimenti nel 1923-1924 nel ristorante peru-
derivazione simbolista, che ambiziosamente aspi- gino Altro Mondo, audace e un po’ goliardica
ra alla “ricostruzione dell’universo”. Pur do- rilettura di contenuti danteschi in un contesto
vendo registrare cospicue perdite tra gli interventi informale19. Qui Dottori, interpretando perfetta-

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Gerardo Dottori, Paradiso, 1923, particolare della perduta decorazione del ristorante Altro Mondo a Perugia (Perugia, Archivi
Gerardo Dottori).

mente la morfologia di ambienti fortemente con-


notati (ad esempio il lungo corridoio poi deno-
minato “Purgatorio”, l’ampio e luminoso salone
ribattezzato “Paradiso”), riesce a imprimere
estrema organicità alla decorazione che, senza
rinunciare a scoperti simbolismi, si propone
come inedito trionfo di elementi naturali stiliz-
zati (il fuoco, gli astri, la luce) immersi in uno
spazio dinamico. Manifesto di un modo nuovo
di intendere la decorazione in chiave ancor più
astraente dovette sicuramente apparire la casa
dello stesso Dottori (1926), la cui facciata si pre-
sentava come una mappa di figure geometriche
dall’effetto quasi “optical”, con stilemi riproposti
dall’artista anche nel disegno di mobili e suppel-
lettili. Perugia, la casa di Gerardo Dottori decorata dal pittore nel
Di ben altri contenuti, in aderenza a una forma 1926.

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stesso Le Corbusier che ha affermato perentorio


che «l’architettura non ha bisogno di pittori»
perché «un muro, [un pittore], lo fa scoppiare,
esplodere»22, la posizione di Marinetti è quella
più scopertamente ideologica e contraria ad ogni
rigurgito della tradizione. Marinetti ha parlato
di un’arte che possa esprimere «direttamente il
nostro tempo», sollecitando in ogni edificio fa-
scista l’ambientazione di «assemblee di studio,
festa, forza militare [...]» «con una plastica ori-
ginale-sintetica-dinamica-virile-ottimista». È la
Perugia, Università per Stranieri, Aula Magna, Dino Lilli, 1937. plastica murale, nella sua accezione polimate-
rica, la strada maestra per ogni decorazione che,
di rappresentazione didascalica e finalizzata alla negli auspici di Marinetti, riproponga le solu-
propaganda, si carica invece l’organico progetto zioni presentate da Prampolini e Dottori alla mo-
per la nuova Aula Magna dell’Università degli stra della Rivoluzione fascista (1932). A questa
Stranieri in palazzo Gallenga (1937), realizzata posizione di Marinetti sembra quasi far eco il So-
grazie al determinante contributo economico del printendente all’arte medievale e moderna del-
ricco uomo d’affari americano Frederick Thorne- l’Umbria, Achille Bertini Calosso, che in uno
Rider20. Lontane le ludiche e disimpegnate pro- scritto si affretterà a sottolineare quanto nella
vocazioni futuriste, qui il complesso, firmato creazione della nuova ala ovest del palazzo Gal-
dall’architetto Dino Lilli, esprime una precisa lenga abbia pesato il proprio parere nell’«alle-
presa di posizione anche rispetto all’attualissimo stire in ogni sua parte l’Aula Magna secondo
dibattito sul ruolo delle arti decorative negli edi- [quanto] suggerisce il gusto odierno»23. Grazie
fici di nuova costruzione. Si sono appena chiusi anche al sostegno del rettore Astorre Lupattelli,
i tavoli del convegno Volta a Roma nel 1936, che vengono così accantonate le soluzioni in stile
intorno al tema Rapporti dell’architettura con neosettecentesco previste da un primo progetto
le arti figurative ha raccolto personalità del ca- (1935)24 e si provvede alla creazione di un orga-
libro di Le Corbusier, Denis, Giovannoni, Severini, nismo unitario e moderno. Bertini Calosso non
Marinetti, Piacentini, Ojetti ecc., ma certo non si perde l’occasione di parlare con compiacimento
sono ancora spenti gli echi di una discussione della policromia dei materiali usati, soprattutto
che ha registrato posizioni anche molto polemi- dei marmi25, delle tecniche (a questo proposito
che quando non radicalmente opposte. Tra Mau- Severini, campione della riscoperta dell’antica
rice Denis, che si è espresso in modo molto critico tecnica del mosaico, aveva usato al convegno ro-
sul “nudismo architettonico” propugnato da Le mano il termine “mestieri”, rimarcando la diffi-
Corbusier, sostenendo la necessità di un recupero coltà di acquisirne piena padronanza) e della
della pittura in funzione monumentale21, e lo coerenza dell’insieme in cui anche la mobilia

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Gerardo Dottori, La luce dell’antica madre, 1937, Perugia, Università per Stranieri, Aula Magna.

viene realizzata dalla ditta Roganti e Rufini di coinvolti nell’articolato programma iconogra-
Perugia su precise indicazioni dell’architetto26. fico, Enrico Cagianelli, Bruno Arzilli, Tommaso
La scansione dello spazio, che con la curvatura Peccini e il giovane Gracco Mosci, tutti usciti
della parete di fondo si irradia simbolicamente dall’Accademia perugina, adottano un linguag-
come il sapere che l’Università diffonde, viene rit- gio di notevole sintesi formale che in qualche
mata dalla presenze di dodici bassorilievi «in caso arriva a depurare i contenuti da ogni ele-
stucco con armatura in ferro ramato». Temati- mento aneddotico con esiti di una stilizzazione
camente essi amplificano e completano, in una quasi astraente. E questo senza tradire i princìpi
pregnante rispondenza concettuale, il soggetto di chiarezza e l’ineludibile funzione didascalica
raffigurato dall’affresco di Gerardo Dottori, in (e naturalmente di propaganda) che, non diver-
quegli anni direttore dell’Accademia di Belle Arti, samente dalle allegorie di epoca postunitaria, co-
che ne La luce dell’antica madre, sulla parete stituiscono la vera essenza di ogni “arte di Stato”.
principale, esalta il ruolo “costruttivo” della ro- Da Bruschi a Dottori, la presenza di personalità
manità, della tradizione e del duce suo massimo bene inserite nei circuiti dell’arte ufficiale riesce
garante. Ma ancor più del pittore, che nel com- a fare di Perugia non semplicemente la cassa di
pendio aeropittorico introduce inflessioni del risonanza di tendenze formulate altrove, ma un
monumentalismo sironiano, i quattro scultori propositivo centro al passo con i tempi.

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vigore sebbene quasi sempre inapplicata, che im-


pone di destinare, nel capitolato di ogni nuovo
edificio pubblico, il 2% ad opere d’arte figurativa,
potrà senz’altro rivelare, al di là dei vuoti e delle
inadempienze del passato, rinnovati spunti di ri-
flessione critica per la progettazione architetto-
nica e urbanistica di oggi. Si apra un tavolo di
discussione anche in ambito regionale, si crei
un’apposita commissione di riferimento che non
abbia il carattere dell’estemporaneità e che possa
Tommaso Peccini, Le arti liriche e drammatiche, 1937, Peru- far dialogare (e magari coordinare) uffici tecnici,
gia, Università per Stranieri, Aula Magna.
progettisti, università e Accademia di Belle Arti
in un indifferibile confronto sull’arte “pubblica”
Una sintonia, questa, che si conferma anche – non certo intesa come arte di Stato, ma come
nella committenza privata, che ha una delle sue arte per la collettività –, sulla quale del resto a
più notevoli e aggiornate esemplificazioni nella livello nazionale periodicamente si rinfocolano
cappella funeraria di Luisa Spagnoli (1937), pro- interesse e polemiche28.
gettata dall’ingegnere perugino Sisto Mastrodi- La bellezza non è qualità accessoria per un’ar-
casa e decorata con ceramiche policrome dal chitettura e un’urbanistica che proprio in virtù
maestro faentino Pietro Melandri che, distante del loro intrinseco carattere pubblico devono
dai “maschi” ritmi novecentisti, vi accorda tim- riappropriarsi, attraverso di essa, anche di un alto
bri di un delicato neoquattrocentismo27. valore educativo ed etico.
L’architettura del capoluogo umbro, dunque,
trova nelle “arti decorative” una non secondaria
caratterizzazione qualitativa, che attraversa i de- 1
Cfr. MIGLIORATI 2008, pp. 212-214, fig. 4.
2
cenni tra Otto e Novecento senza soluzioni di Così, ad esempio, in palazzo Pitti con i dipinti di Anni-
bale Gatti nella sala del Trono (Il Genio di casa Savoia
continuità grazie anche, come si diceva, al ruolo presenta l’Italia al consesso delle altre nazioni, 1861).
avuto dall’Accademia di Belle Arti. Troppo com- 3
Sugli interventi ornamentali nel Palazzo della Provincia
plesso e fuori dai termini che qui ci si è imposti e della Prefettura di Perugia, cfr. PETRILLO 2009.
4
LE CORBUSIER 1937, p. 117.
dire “se” e “come” l’eredità di questa tradizione 5
PETRILLO 2006.
figurativa e ornamentale sia stata vissuta nei pro- 6
CALDERINI 1879.
7
blematici decenni della ricostruzione postbellica BERIOLI 2007.
8
ZAPPIA 1996, pp. 75-76.
e poi negli interventi di edilizia pubblica, non 9
La definizione è di Valeria Menchetelli, cui si deve un
meno problematici, sullo scorcio del XX secolo. ampio inquadramento storico-critico e il capillare rilievo
Un bilancio che misuri, ad esempio, l’effettiva at- architettonico di questi edifici indagati anche nei motivi
ornamentali (MENCHETELLI 2007-2008; MENCHETELLI 2012).
tuazione della famosa legge n. 839 del 1942 (“ri- Dell’argomento si era occupata in precedenza anche
generata” dalla n. 717 del 1949), ancora oggi in Elena Pioppi (PIOPPI 2003-2004).

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10
La denominazione deriva dal fatto che gran parte degli chiampo macchiato vicentino che abbiamo già visto nel-
edifici furono realizzati nel lungo periodo in cui fu ve- l’atrio con la medesima funzione. L’incorniciatura delle
scovo di Perugia Gioacchino Pecci (1846-77), salito al so- finestre è invece in pietra di Trani, che troviamo anche
glio pontificio nel 1878 con il nome di Leone XIII. nelle riquadrature dei bassorilievi sopra le porte e le fine-
11
MIGLIORATI 2007, pp. 17, 19. stre, nonché, lateralmente alle porte, in una sottile lista che
12
La lunetta si ritrova, ad esempio, sulla facciata delle separa il chiampo dal grigio. Al di sopra delle pareti mar-
cappelle Bianchini a Terni, Profili a Spoleto, Gramaccioni moree e dei rilievi, si svolge l’architrave in stucco, con tin-
a Bevagna, Baldaccini e Paoli a Cannara). teggiature ad encausto nel fregio come anche nell’incor-
13
La lettera si conserva a Poggio Mirteto presso gli eredi niciatura esterna del soffitto, mentre le tinteggiature sono
dell’artista. a tempera negli ampi lacunari quadrati pochissimo ap-
14
MARINI 1909. profonditi. Un ultimo breve tratto dell’aula contiene la cat-
15
Il facoltoso committente lo aveva infatti incaricato qual- tedra, reso più stretto dalla rientranza delle due pareti
che tempo prima della decorazione della sua dimora fio- laterali e sopraelevato di due gradini, dalla pedata in nero
rentina. nube e dall’alzata in grigio reale. All’esterno dei lacunari
16
PETRILLO 2011. nella sala – del breve soffitto piano nello spazio che la con-
17
Anche qui il progetto investe nel suo complesso l’edifi- tinua – corre una cornice convessa di vetri diffusori in
cio, la decorazione e l’arredo, il quale ultimo, come si color giallo paglierino che, mentre completa la parte or-
legge in una cronaca dell’epoca, «è veramente concor- namentale, racchiude le lampade elettriche tubolari che
dante con le pareti e con la decorazione delle volte. [...] è servono all’illuminazione. Il pavimento è in pietra di Trani
stato adottato in ogni parte, si può dire, questo graziosis- di due diverse tonalità, con riquadrature in verde delle Alpi
simo new-style che ora impera. È la vittoria dei colori pal- e una doppia incorniciatura esterna in nero nube» (BERTINI
lidi, così nelle pareti che nell’ammobiliamento, e le forme CALOSSO 1937, pp. 9-10).
26
leggiadre, strane, esili, di quei mobili nuovi, danno una Ivi, p. 10.
27
certa apparenza di intimità a quelle stanze, che non Le decorazioni, già attribuite a Leo Ravazzi, sono state
hanno il tipo uniforme delle camere d’albergo, sì che può restituite al faentino Pietro Melandri da Antonella Pesola
nascere la dolce illusione di trovarsi in una casa propria, grazie a puntuali riscontri documentari (PESOLA 2012, pp.
ove la modernità è entrata vittoriosa imponendo i propri 20-25). La cappella funeraria di Luisa Spagnoli è stata
gusti e tutte le proprie esigenze» (“L’Unione Liberale” oggetto della tesi di laurea triennale in Ingegneria Civile
1903). di Gabriele Comanducci (COMANDUCCI 2006-2007), che ne
18
Una prima ricognizione sulla scorta anche di fonti e te- ha effettuato il rilievo architettonico.
28
stimonianze dirette è in Pitzurra 1995. Oltre ai casi di sculture monumentali più o meno ap-
19
F. DURANTI 2006, pp. 313, 316; M. DURANTI 2006, II, p. propriate, arredi urbani discutibili ed “ecomostri”, è pro-
835, schede 1699-1700. prio la legge del 2% a richiamare ciclicamente l’attenzione:
20
M. DURANTI 2006, I, p. 297; II, pp. 644-645, schede 938- un momento di notevole convergenza su questo particolare
942. aspetto si verificò nel 2002, quando un convegno organiz-
21
DENIS 1937; un’analisi della posizione di Denis è in ZAP- zato a Roma in Campidoglio favorì due proposte di legge
PIA 2001; sul convegno si veda inoltre CARLI 1999. per rilanciare la norma (n. 959 del 21 giugno 2001; n. 1500
22
LE CORBUSIER 1937, p. 117. del 3 agosto 2001) e un gruppo di artisti dell’Accademia
23
BERTINI CALOSSO 1937, p. 8. Nazionale di San Luca (Piero Dorazio, Guido Stratta, Ni-
24
MIGLIORATI 2008, p. 219, fig. 8. cola Carrino e Carlo Lorenzetti) prese posizione con un’ar-
25
«Il raccordo tra la parte vecchia e la nuova è costituito ticolata lettera ufficiale (LEMME 2002). Nel 2004 venne poi
dall’atrio dell’Aula Magna con le pareti ad encausto nobi- organizzato dall’università IUAV di Venezia un convegno
litate dalle ampie incorniciature e dai sottarchi delle porte dal titolo: “Duexcento. Poetiche e politiche dell’arte nel-
in chiampo macchiato vicentino. È noto quale importanza l’architettura”. L’attuazione della legge del 2% è stata ri-
per l’architettura odierna, specie in quel che si riferisce alle lanciata da un decreto del Ministero delle infrastrutture del
sistemazioni interne, abbiano i marmi e le pietre colorate: 29 gennaio 2007 (Linee guida per l’applicazione della
qui la scelta e le combinazioni appaiono in ogni parte felici legge 29.7.1949 n. 717 “Arte negli edifici pubblici”, ap-
e sapienti. Le pareti dell’Aula Magna sono in marmo grigio provate il 23 marzo 2006) che, tuttavia, è ben lungi dal-
reale con le incorniciature delle porte nel medesimo l’aver reso realmente operativa la norma.

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GLI ARCHITETTI DELLA PERUGIA POSTUNITARIA


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Giovanni Santini, Progetto di un Bagno Pubblico da costruirsi in San Galgano. Spaccato sulla Linea CD, 1827
(Perugia, Archivio dell’Accademia di Belle Arti “Pietro Vannucci”, Fondo didattico Architettura, inv. 194).
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Giovanni Santini (1802-1868)


Paolo Belardi, Luca Martini

La figura di Giovanni Santini (Umbertide 1802 di nuove tipologie funzionali ai bisogni della
- Perugia 1868) rimane tuttora sostanzialmente città contemporanea, quali uno “Spedale per la
enigmatica. Non solo per la scarsità delle notizie città di Perugia”, un “bagno pubblico in S. Gal-
biografiche, ma anche e soprattutto per la sche- gano”, un “teatro diurno da erigersi nei locali
maticità dei giudizi critici: che hanno teso a elo- del Frontone”, in un processo che lega indisso-
giare il carattere innovativo di un’attività di- lubilmente la creazione all’imitazione3. Dal-
dattica limitata alla docenza nell’Accademia di l’analisi del curriculum vitae presentato in
Belle Arti di Perugia, ma che hanno teso a mi- occasione del concorso per la successione a Mo-
nimizzare il carattere tradizionale di un’attività notti in qualità di professore di Architettura e
professionale contrassegnata dall’adesione in- Prospettiva, risulta che in quegli anni, in pa-
condizionata ai canoni neoclassici1. D’altronde rallelo agli studi accademici, Santini, ben con-
è innegabile che il giovane studente che, nel sapevole dell’importanza acquisita dalle scienze
1822, si trasferisce da Umbertide per frequentare applicate in ambito progettuale4, frequenta
le lezioni di Architettura, Prospettiva e Ornato di corsi insoliti (matematica sublime, fisica spe-
Giovanni Monotti presso l’Accademia perugina rimentale, idraulica, ingegneria) e, per fare
trova un ambiente intimamente legato al neo- propria “la pratica di Vitruvio, Bramante e Pal-
classicismo: sia perché ormai ampiamente dif- ladio”, si esercita nella realizzazione di “Mo-
fuso in tutta Europa sia perché strumentale a delli Architettonici”. Dallo stesso documento si
favorire il mantenimento del predominio poli- viene a conoscenza che dal 1830 al 1832 svolge
tico e culturale del clero e dell’aristocrazia2. l’attività di “Supplente per tre anni a Monotti
Nel corso della sua formazione accademica, con Nomina di Canali Direttore”, fino a che
Santini si esercita studiando l’architettura non vince il concorso per le cattedre di Archi-
greco-romana e l’architettura rinascimentale tettura e Prospettiva, di cui è titolare ufficial-
attraverso la pratica della copia di edifici esem- mente dal 13 maggio 18335.
plari, quali ad esempio le “fabbriche” palla- Una volta assunto il ruolo di docente, Santini
diane. Ma, allo stesso tempo, affronta il progetto avvia una progressiva evoluzione del metodo

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Città della Pieve, palazzo Giorgi Taccini, Giovanni Santini, 1830-1840, rilievo: prospetto (da B IANCHINI, CEFARELLI, CIRIMBILLI, MALFAGIA
2011-2012).

d’insegnamento dell’architettura classica. In condusse allo studio dei monumenti famosi di


questo senso è possibile interpretare l’introdu- tutti gli stili e allo studio dal vero con rilievi,
zione di alcuni testi a tema archeologico di Luigi piante e dettagli”13. In questo senso appare de-
Canina6 e di nuove riviste quali “L’Ape italiana cisivo sottolineare l’importanza che viene data
delle belle arti”7. In più intensifica la prassi di allo studio dell’architettura gotica, che diverrà
assegnare agli studenti temi di progettazione ba- negli anni successivi il linguaggio privilegiato
sati sulle nuove tipologie funzionali allo svi- del nuovo stile eclettico neomedioevale14. Ciò è
luppo della città8, ispirati ai principi divulgati testimoniato dal materiale didattico che in que-
da Jean Baptiste Rondelet, che proprio in quegli gli anni entra a far parte dei beni dell’Accade-
anni si diffondono in Accademia9, e di Jean Ni- mia, quali, tra le altre, “Sei Stampe del Campo
colas Louis Durand, di cui nel 1841, a pochi Santo di Pisa” nel 1828, un’“Opera relativa al
anni dalla morte, Santini propone l’acquisto di Tabernacolo d’Orsanmichele in Firenze” nel
un saggio10. Allo stesso modo vengono assegnati 1858, il “Rapporto d’Arte intorno S. Croce di Fi-
agli studenti anche temi di restauro11 e rafforzati renze” e l’“illustrazione del Domo di Monreale”
i rapporti con analoghi istituti italiani: a prova entrambi nel 186315. Ma è ancora più evidente
di ciò si nota che uno dei saggi finali del 1844 è se si analizzano i saggi finali proposti agli stu-
la copia di una esercitazione tenutasi a Milano denti: “Decorare il prospetto principale del
con a tema un “pubblico mercato”12. A testimo- Duomo di Perugia e l’altro verso il Corso con ar-
nianza del suo attivismo rimane il profilo trat- chitettura analoga all’interno” nel primo corso
teggiato da Angelo Lupattelli: “mentre ai suoi del 1849, “Ideare una chiesa metropolitana di
tempi l’Architettura nelle scuole non soleva oc- stile gotico del quattrocento” nel concorso trien-
cuparsi che di dotti e di elementari studi sugli nale del 1851, “Copia della facciata dell’antico
edifici di Grecia e di Roma, e sulle stampe o sulle Palazzo detto del Capitano del Popolo in Peru-
incisioni, egli con spirito nuovo la iniziò e la gia” nel secondo corso degli anni 1863 e 1864

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Giovanni Santini, Pianta del Duomo di Perugia con il disegno della nuova pavimentazione a colori su scala di punti undici
e indicazione dei materiali e dei colori, [1847], particolare (Perugia, Archivio capitolare, Mappe catastali, disegni tecnici e at-
testati di autenticità delle reliquie 1730-1943, mappa n. 52).

e, per il corso di Prospettiva, “Porre in prospet- terpretata in quest’ottica di complessità e di ric-


tiva l’interno del Duomo” nel primo corso del chezza di suggestioni: laddove progetta a Città
184916. Soprattutto, a riprova della qualità del- della Pieve il teatro comunale (1830-1834)18,
l’offerta didattica propugnata da Santini, basta palazzo Giorgi Taccini (1830-1840)19, il campa-
considerare il numero singolarmente elevato dei nile della chiesa di Santa Maria dei Servi (1830-
suoi studenti che negli anni diventeranno pro- 1845)20, palazzo Cartoni (1845)21 e villa Taccini
gettisti di chiara fama, quali ad esempio Naza- (1845)22; a Perugia l’arco di trionfo per la visita
reno Biscarini, Giulio De Angelis e Guglielmo di Gregorio XVI (1841)23, il pavimento del duo-
Calderini. In particolare proprio Calderini, che mo di San Lorenzo (1845-1849)24, il portale e
poi lo sostituirà nel 1868 quale docente, colla- l’altare del Gonfalone e il portale d’ingresso
bora con Santini durante gli ultimi anni della della cappella del Santissimo Sacramento nel
sua attività in Accademia “tanto nelle scuole duomo di San Lorenzo (1848-1855)25, la bussola
quanto nella direzione dei concorsi”17. dell’ingresso principale del duomo di San Lo-
D’altronde l’intensa attività professionale di renzo (1849)26, l’ex educatorio femminile di
Santini può essere compresa appieno solo se in- Sant’Anna (1851-1857)27, la cappella del Batti-

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stello di Vibio la chiesa dei Santi Filippo e Gia-


como (1851)36; a Umbertide l’ospedale (1858-
1883)37; nei pressi di Magione la chiesa di San
Donato ad Agello (1859)38; nei pressi di Monte-
falco la chiesa del Santuario della Madonna
della Stella (1862-1885)39 e a Tuoro sul Trasi-
meno la chiesa di Santa Maria Maddalena
(1867-1884)40. Inoltre elabora un progetto per
il teatro comunale a Cagli (1870-1878)41, e pare
ormai certa la paternità dell’altare della Ma-
donna delle Grazie nel duomo di San Lorenzo a
Perugia (1855)42, mentre permangono dubbi su
presunti interventi dell’architetto umbertidese
sulla chiesa di San Savino e San Michele Arcan-
gelo a Fratta Todina (XIX secolo)43. Così come
mostrano la corda del proprio essere le attribu-
zioni del mattatoio a Perugia (attuale sede della
Facoltà di Giurisprudenza dell’Università degli
Studi di Perugia)44, della porta Santa Croce a
Perugia45, del palazzo delle poste a Umbertide46
e delle porte Romana e Fiorentina a Città della
Pieve47.
Nondimeno è indubbio che, nelle opere di San-
Perugia, duomo di San Lorenzo, portale e altare del Gonfalone,
Giovanni Santini, 1848-1855, rilievo: prospetto (da STAVOLE, XHI- tini, ricorrano alcune costanti compositive di
MITIKU, ZURLA 2011-2012). matrice neoclassica, segnatamente nella com-
posizione delle facciate48. Infatti l’architetto um-
stero nel duomo di San Lorenzo (1855)28, la cap- bertidese è solito adottare la tripartizione oriz-
pella di villa Baldeschi a Ponte Valleceppi (1855- zontale e la finestra termale 49 nel disegno dei
1865)29, il restauro del tetto e del soffitto ligneo fronti delle chiese. Laddove gli elementi decora-
della basilica dell’abbazia di San Pietro tivi vegetali e antropomorfi (angeli e putti) ven-
(1856)30, il ridisegno dell’oratorio della Santis- gono disposti al fine di evidenziare i singoli
sima Annunziata (1856-1860)31, la chiesa di elementi che compongono il prospetto, ad esem-
San Martino a San Martino in Colle (1859- pio la finestra termale stessa, in un estremo ri-
1863)32; a Orvieto il teatro comunale (1842- gore compositivo. In particolare nella chiesa
1853)33; a Narni il teatro comunale (1845- della Madonna della Stella presso Montefalco la
1856)34; a Marsciano il campanile della chiesa parte centrale della facciata è enfatizzata dalla
di San Giovanni Battista (1850)35; a Monte Ca- presenza di un pronao, previsto anche a Monte

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[Giovanni Santini], Ortografia esterna. Secondo Progetto, [1850], particolare. Progetto non realizzato attribuito a Giovanni Santini
per la facciata della chiesa dei Santi Filippo e Giacomo a Monte Castello di Vibio (Monte Castello di Vibio, Archivio Parrocchiale
della chiesa dei Santi Filippo e Giacomo).

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Perugia, duomo di San Lorenzo, altare della Madonna delle Grazie, Giovanni Santini, 1855, rilievo: pro-
spetto (da STAVOLE, XHIMITIKU, ZURLA 2011-2012).

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Castello di Vibio ma non realizzato, probabil-


mente per mancanza di fondi. A prima vista
anche negli spazi interni Santini adotta confi-
gurazioni che ricalcano schemi noti. Ad esempio
le aule a un’unica navata sono misurate attra-
verso lesene che definiscono tratti di parete dove
sono posizionate piccole cappelle voltate a tutto
sesto, mentre il presbiterio è delimitato da un
arco decorato. Parimenti, nelle aule a tre navate,
quella centrale è voltata a botte e quelle laterali
a crociere, tranne che nella chiesa di Monte Ca-
stello di Vibio dove le navate laterali presentano
un soffitto piano a lacunari. Inoltre la triparti-
zione degli spazi interni è solitamente definita
da colonne o pilastri quadrati di ordine ionico
o composito.
Insieme a elementi canonici convivono però Perugia, oratorio della Santissima Annunziata, Giovanni San-
tini, 1856-1860, rilievo: prospetto (da BELLEGGIA, CUPELLO, SABA,
scelte che tradiscono una temperie innovatrice, VINCI 2011-2012).
e che definiscono nettamente gli spazi liturgici
santiniani. Nella chiesa di Monte Castello di più enfatizzato se si considera che le crociere
Vibio, ad esempio, due coppie di archi trionfali delle navate laterali sono alte quanto lo spazio
dividono la prima campata della navata centrale centrale50. Appare originale anche l’utilizzo della
e il presbiterio dalle navate laterali, in una con- serliana, come evoluzione dell’arco a tutto sesto,
figurazione che non risponde a canoni noti. Allo in corrispondenza del presbiterio nell’attuale
stesso modo nelle chiese a San Martino in Colle auditorium di Sant’Anna a Perugia, così come
e a Montefalco la presenza dell’abside a emiciclo lo spazio sorretto da colonne doriche che ospi-
colonnato insieme all’utilizzo di pilastri qua- tava l’organo sopra l’ingresso della chiesa (allo
drati configurano soluzioni assolutamente per- stesso modo di quelle di Monte Castello di Vibio
sonali. In particolare, in questi due ultimi e di Montefalco).
esempi, Santini utilizza l’espediente d’inter- Nell’ex educatorio femminile perugino, nel pa-
porre, tra il capitello e l’attaccatura delle arcate, lazzo Giorgi Taccini a Città della Pieve e nel-
un piccolo elemento di trabeazione (il cosiddetto l’ospedale a Umbertide Santini adotta una ver-
dado brunelleschiano) e allo stesso tempo pre- sione differente di facciata-tipo rispetto a quella
dilige l’utilizzo di una colonna particolarmente degli edifici di culto, caratterizzata dalla tripar-
slanciata, in un ibrido che ricerca una vertica- tizione sia verticale che orizzontale, dall’utilizzo
lità che richiama decisamente le navate gotiche, di un’intelaiatura di bugnato liscio nel piano
in un eclettismo latente. Questo effetto è ancor terra e dall’avanzamento del settore centrale.

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M.P., Prospetto principale del nuovo Conservatorio di S. Anna in Perugia eretto sotto gli auspici dell’Emo. Cardinale Pecci,
Arcivescovo Vescovo di quella città, 1858, disegno di G. S. (da CASSANO 1990, vol. II, pp. 166-167).

Quest’ultimo è arricchito dalla presenza, in cor- segna i due portali dell’altare del Gonfalone e
rispondenza dei piani superiori a quello bu- della cappella del Santissimo Sacramento è
gnato, dell’ordine gigante, che si conclude con schiettamente neomedievale. Così come sono
un timpano. Questa configurazione è una vera schiettamente neomedievali le cuspidi, i pennac-
e propria “facciata-maschera”51, laddove cela chi e, soprattutto, la verzura ornamentale del ca-
profonde differenze per quanto riguarda la ri- pitello: che dismette il rigore proprio degli ordini
partizione interna dei locali, composta occasio- classici e assurge a leitmotiv dell’apparato de-
nalmente secondo le rispettive esigenze fun- corativo, ampliando di per sé le tradizionali ca-
zionali52. tegorie neoclassiche. In tal senso, la matrice
Se da un lato lo scollamento sistematico tra la eclettica di Giovanni Santini, già fortemente pre-
composizione del fronte e l’organizzazione pla- sente nell’attività didattica, emerge anche nel-
nimetrica degli interni negli edifici di Perugia, l’attività professionale, eleggendolo a figura
Città della Pieve e Umbertide tradisce il retaggio emblematica di un’evoluzione generazionale
neoclassico di Santini53, dall’altro lato la forte ormai in atto.
verticalità che, nel duomo di Perugia, contras-

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Montefalco (Pg), chiesa del Santuario della Madonna della Stella, Giovanni Santini, 1862-1885, rilievo: prospetto (da PERSICHINI
2006-2007).

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1
Sulla figura di Giovanni Santini cfr. MIANO 1996, pp. 41- Studi di Perugia sono stati rinvenuti anche alcuni disegni
43; GRISANTI 1989-1990, pp. 49-99; Santini Giovanni 1989; di progetto di evidente matrice accademica della chiesa
BONAZZI 1879, p. 664. dei Santi Filippo e Giacomo a Monte Castello di Vibio, che
2
Sul neoclassicismo cfr. ad esempio HONOUR 1980. risultano attribuibili a Santini. In proposito cfr. PRENNI
3
Sui temi progettuali assegnati agli studenti dell’Accade- 2006-2007, pp. 52, 58, 62; tali disegni sono conservati
mia perugina all’epoca degli studi di Santini cfr. MURATORE, presso l’archivio parrocchiale. In particolare sono presenti
BOCO 1989, pp. 180-181. I disegni di Santini che sono at- una pianta d’inquadramento (che riporta la dicitura Espo-
tualmente conservati in Accademia sono otto tavole rife- sizione Scenografica di una parte della Terra di Monte
ribili al saggio finale del terzo corso di Architettura del Castello di Todi), una pianta di progetto con individuati i
1824, che ha per traccia “Copiare in grande il Tempio della tratti di mura della vecchia chiesa da demolire (Sceno-
Sibilla in Tivoli” (cfr. Perugia, Fondazione Accademia di grafia del nuovo Tempio...), una tavola con una solu-
Belle Arti “Pietro Vannucci” di Perugia, Fondo didattico zione non realizzata per la facciata con pronao
Architettura, inv. 137-144); una tavola riferibile al saggio (Ortografia esterna Secondo Progetto), una tavola con
finale del secondo corso di Architettura del 1825, “Ideare alcuni dettagli di modanature (Dettagli del primo Pro-
una porta di città da potersi adattare ad un nuovo ingresso getto per la costruzione della Facciata), una tavola con
detto della Pesa” (cfr. ivi, inv. 165); sei tavole riferibili al un particolare del coro (che non riporta alcuna dicitura)
saggio finale del concorso triennale di Architettura del e una tavola non completata con la soluzione per la fac-
1827, “Ideare un bagno pubblico in S. Galgano” (cfr. ivi, ciata che è stata effettivamente realizzata (che non riporta
inv. 194-199); una tavola riferibile al saggio finale del terzo alcuna dicitura).
corso di Prospettiva del 1823, “Porre in prospettiva il ca- In occasione della campagna di rilievo sugli interventi nel
pitello corinzio ultimato” (cfr. Perugia, Fondazione Acca- duomo di Perugia (in proposito cfr. S TAVOLE, XHIMITIKU,
demia di Belle Arti “Pietro Vannucci” di Perugia, Fondo ZURLA 2011-2012) sono stati consultati una serie di elabo-
didattico Prospettiva, inv. 44); una tavola riferibile al sag- rati grafici redatti da Santini relativi al progetto e ai lavori
gio finale del secondo corso di Prospettiva del 1826, “Met- di costruzione del nuovo pavimento: in particolare sono
tere in prospettiva il primo cortile del Monastero di S. conservati presso l’Archivio Capitolare una tavola per
Pietro” (cfr. Perugia, ivi, inv. 53); una tavola riferibile al un’ipotesi non realizzata di pavimentazione (cfr. Perugia,
saggio finale di Prospettiva del primo corso del 1827, Archivio capitolare, Mappe catastali, disegni tecnici e at-
“Ideare una sala regia” (cfr. ivi, inv. 59) e una tavola rife- testati di autenticità delle reliquie 1730-1943, mappa
ribile al saggio finale di un corso di Ornato del 1825, Co- num. 52, Pianta del Duomo di Perugia con il disegno
lonna con decorazione vegetale... (cfr. Perugia, Fonda- della nuova pavimentazione a colori su scala di punti
zione Accademia di Belle Arti “Pietro Vannucci” di Perugia, undici e indicazione dei materiali e dei colori, [1847]),
Fondo didattico ornato, inv. 10). Tutti questi elaborati alcuni bozzetti di studio di pavimentazioni (cfr. ivi, mappa
sono stati premiati tra quelli eseguiti dagli studenti nei ri- num. 16, Raccolta di disegni del professor Giovanni
spettivi anni di corso. Santini, [1857]) e una tavola con i ritrovamenti di tratti
Altre due tavole note di Giovanni Santini sono Disegno di di muratura e pilastri “antichi” portati alla luce durante
Fratta visto da nord (1830) di proprietà dell’Ammini- i lavori di ripavimentazione (cfr. ivi, mappa num. 11,
strazione comunale di Umbertide e Quattro diversi ab- Pianta della Chiesa Cattedrale colla indicazione dei
bozzi per un ingresso al primo Viale avanti la Villa muri trovati in occasione dello sterro generale fatto per
deliziosa del Colle del Cardinale spettante alla Nobile costruire lo strato di masso sopra cui è disposto il nuovo
famiglia Oddi di Perugia..., (1840), conservata presso la lastricato a marmi...).
4
Biblioteca Augusta di Perugia (cfr. Perugia, Biblioteca Co- In proposito cfr. ASPg, ASCPg, Amministrativo 1817-
munale Augusta, sala manoscritti, Disegni per progetti di 1870, periodo 1817-1859, b. 159, f. 1 Nomine di professori
ristrutturazione della Villa del Colle del Cardinale, n. e loro giubilazioni, nomine dei presidenti e consiglieri
12); il secondo elaborato è già riferibile alla sua attività dell’Accademia di Belle Arti, anno 1832, Indice dei Requi-
professionale. Inoltre sono noti alcuni elaborati di progetto siti del Sig. Giovanni Santini della Fratta presentati nel
per il teatro comunale di Orvieto (in proposito cfr. SATOLLI Settembre 1832 al Segretario dell’Accademia di Belle
1995, pp. 26-34). Arti in Perugia pel Concorso al Posto di Professore in
In occasione dell’attività di ricerca della Sezione Interdi- Architettura, Prospettiva e Ornato, 1832.
5
sciplinare di Disegno e Architettura dell’Università degli Il concorso che vede Santini vincitore ha un iter piuttosto

134
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tormentato, in quanto gli altri candidati a succedere a Mo- tura del 1843. In proposito cfr. MURATORE, BOCO 1989, p. 183.
12
notti (Alessio Starnari, Filippo Lardoni e Francesco Bian- Tale saggio finale viene proposto nel terzo corso del 1844.
calana) presentano un ricorso contro il primo verdetto del In proposito cfr. ibidem.
13
25 settembre 1832. La controversia che ne risulta è piutto- Cfr. LUPATTELLI 1920, p. 54.
14
sto aspra e si conclude con la vittoria dell’architetto di Um- Infatti nei decenni successivi si verifica “una graduale
bertide dopo diversi mesi di contenzioso. In proposito cfr. omologazione stilistica ai modelli medievali, assunti quasi
CECCHINI 1954, pp. 53-54; ASABAP, Carteggio amministra- sistematicamente come archetipi di riferimento”. Cfr. BE-
tivo 1790-1970, b. 31, f. 49, tit. 9, art. 6, Nomine, 1821- LARDI, MENCHETELLI 2011, pp. 38-39.
15
1848, 1833. Santini Prof. Giovanni. Sua nomina a Prof. In proposito cfr. ASABAP, Donativi all’Accademia 1823-
d’Architettura. Santini sarà professore di Architettura fino 1929, Registro, Accademia di Belle Arti di Perugia. Do-
all’anno della sua morte (1868), mentre alla cattedra di nativi. Registro Generale dei Donativi dall’Anno 1573
Prospettiva gli subentrerà Vincenzo Baldini nel 1851. In all’Anno 11 Dicembre 1929, n. 69, 1828; ivi, n. 167, 1858;
proposito cfr. M URATORE, BOCO 1989, p. 61. ivi, n. 173, 1863; ivi n. 175, 1863.
6 16
Il neoclassicismo da l’avvio all’interesse sistematico verso In proposito cfr. MURATORE, BOCO 1989, pp. 184, 186, 201.
17
l’archeologia. Una copia della Descrizione dell’antico Tu- Nel 1861 Calderini chiede al presidente dell’Accademia
scolo dello studioso piemontese Luigi Canina del 1841 (all’epoca il marchese Alessandro Antinori), il pagamento
viene donata dall’autore all’Accademia perugina nello del compenso pattuito poiché Santini, in accordo con il
stesso anno in cui l’opera è composta. In proposito cfr. ASA- Consiglio accademico, si è valso “dell’opera del sotto-
BAP, Donativi all’Accademia 1823-1929, Registro, Ac- scritto in aiuto tanto nelle scuole quanto nella direzione
cademia di Belle Arti di Perugia. Donativi. Registro dei concorsi” per l’anno 1861. In proposito cfr. ASABAP,
Generale dei Donativi dall’Anno 1573 all’Anno 11 Di- Carteggio amministrativo 1790-1970, b. 32, f. 65, tit.
cembre 1929, n. 135, 1841. 9, art. 5, Pratiche varie del personale, 1855-1868, 1860-
7
In proposito cfr. ASPg, ASCPg, Amministrativo 1817- 1861. Calderini Guglielmo. Supplenza provvisoria al Prof.
1870, periodo 1817-1859, b. 158, f. 1 Amministrazione del- Santini e gratificazione accordata al medesimo, Lettera
l’Accademia di Belle Arti, Accademia di Belle Arti di di Guglielmo Calderini al Presidente dell’Accademia
Perugia. Conto Preventivo per l’Anno 1840. Allegato di Belle Arti di Perugia, 20 settembre 1861. Calderini farà
Lettera C, 4 agosto 1839. La voce di spesa viene confermata una richiesta analoga per l’anno 1862, come risulta da
anche negli anni successivi. una sua lettera inviata da Forlì il 4 giugno 1863 al me-
8
Alcuni saggi finali assegnati da Santini sono “Ideare una desimo destinatario.
18
Borsa di Mercanti per città di Commercio” nel primo corso In proposito cfr. ASPg, ASCPg, Amministrativo 1817-
di Architettura del 1845, “Una Biblioteca per la città di Pe- 1870, periodo 1817-1859, b. 159, f. 1 Nomine di professori
rugia” nel primo corso di Architettura del 1848 e “Ideare e loro giubilazioni, nomine dei presidenti e consiglieri
un Ufficio Postale per una città di 40000 anime” nel primo dell’Accademia di Belle Arti, anno 1832, Indice dei Requi-
corso di Architettura del 1857. In proposito cfr. MURATORE, siti del Sig. Giovanni Santini della Fratta presentati nel
BOCO 1989, pp. 183-185. Settembre 1832 al Segretario dell’Accademia di Belle
9
In proposito cfr. ASABAP, Donativi all’Accademia 1823- Arti in Perugia pel Concorso al Posto di Professore in
1929, Registro, Accademia di Belle Arti di Perugia. Do- Architettura, Prospettiva e Ornato, 1832. In proposito cfr.
nativi. Registro Generale dei Donativi dall’Anno 1573 anche CHIUINI 2002b, p. 47; COVINO 2000, p. 197; GRISANTI
all’Anno 11 Dicembre 1929, n. 144bis, 1843. 1989-1990, pp. 188-192; SABATINI 1981, p. 35; CANUTI 1926,
10
Tale proposta verrà rifiutata in quanto si ritiene più utile p. 146; BAGLIONI 1845, p. 337.
19
l’acquisto di nuove copie in gesso degli ordini classici. In Il rilievo architettonico del palazzo è stato eseguito nel-
proposito cfr. ASPg, ASCPg, Amministrativo 1817-1870, l’ambito dell’attività didattica dei corsi di Rilievo dell’ar-
periodo 1817-1859, b. 158, f. 1 Amministrazione dell’Ac- chitettura e Laboratorio di rilievo dell’architettura del
cademia di Belle Arti, Accademia di Belle Arti di Perugia. Corso di Laurea Magistrale a Ciclo Unico in Ingegneria
Conto Preventivo per l’Esercizio 1841. Osservazioni del edile-Architettura della Facoltà di Ingegneria dell’Univer-
Comune di Perugia, 14 gennaio 1841. L’acquisto viene sità degli Studi di Perugia attivati nell’anno accademico
accettato l’anno successivo. 2011-2012 (in proposito cfr. BIANCHINI, CEFARELLI, CIRIMBILLI,
11
Ad esempio “Restauro o complemento della Porta S. Pietro MALFAGIA 2011-2012). In proposito cfr. anche QUINTERIO, CA-
di Perugia” nel saggio finale del secondo corso di Architet- NALI 2010, p. 525; GRISANTI 1989-1990, pp. 194-196; Santini

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Giovanni 1989; SABATINI 1981, p. 35; CANUTI 1926, p. 147. 2008, p. 307; LUNGHI 1994, p. 87, 102; GABRIJELCIC 1992, p.
20
In proposito cfr. ASPg, ASCPg, Amministrativo 1817- 529; GRISANTI 1989-1990, p. 180; Santini Giovanni 1989;
1870, periodo 1817-1859, b. 159, f. 1 Nomine di professori ROTELLI 1864, p. 29.
26
e loro giubilazioni, nomine dei presidenti e consiglieri In proposito cfr. ASPg, ASCPg, Amministrativo 1817-
dell’Accademia di Belle Arti, anno 1832, Indice dei Requi- 1870, periodo 1817-1859, b. 114, f. 2 Pavimenti ed altri
siti del Sig. Giovanni Santini della Fratta presentati nel lavori alla Cattedrale, Impresa del pavimento a marmi
Settembre 1832 al Segretario dell’Accademia di Belle nella chiesa cattedrale di Perugia. Prospetto generale
Arti in Perugia pel Concorso al Posto di Professore in de’ conti, 1851, p. 20. In proposito cfr. anche Santini Gio-
Architettura, Prospettiva e Ornato, 1832. In proposito cfr. vanni 1989.
27
anche GRISANTI 1989-1990, pp. 193-194; Santini Giovanni Santini ridisegna la chiesa esistente (attualmente adibita
1989, p. 64; SABATINI 1981, p. 35; CANUTI 1926, p. 62, 146. ad auditorium), progetta il nuovo blocco di ingresso con
21
In proposito cfr. QUINTERIO, CANALI 2010, p. 525; GRISANTI aule e uffici e disegna la facciata neoclassica che li rac-
1989-1990, pp. 200-201; Santini Giovanni 1989; CANUTI corda. Il rilievo architettonico dell’ex educatorio femminile
1926, p. 148; BAGLIONI 1845, p. 335. è stato eseguito nell’ambito dell’attività didattica dei corsi
22
In proposito cfr. GRISANTI 1989-1990, pp. 196-199; San- di Rilievo dell’architettura e Laboratorio di rilievo dell’ar-
tini Giovanni 1989; BAGLIONI 1845, p. 335. chitettura del Corso di Laurea Magistrale a Ciclo Unico in
23
Questo incarico gli viene conferito dai collegi del Cambio Ingegneria edile-Architettura della Facoltà di Ingegneria
e della Mercanzia. In proposito cfr. ASPg, ASCPg, Ammi- dell’Università degli Studi di Perugia attivati nell’anno ac-
nistrativo 1817-1870, periodo 1817-1859, b. 62, f. 1 Feste cademico 2011-2012 (in proposito cfr. BAGLIONI, BISCIARDI,
straordinarie in onore di Gregorio XVI, Relazione di Gio- LANCIA, RASTGOOIE 2011-2012 e CALZOLA, MONELLETTA, ROSI
vanni Santini, 18 ottobre 1841. Cfr. anche GRISANTI 1989- CAPPELLANI, TASSO 2011-2012). In proposito cfr. anche QUIN-
1990, pp. 105-108. TERIO, CANALI 2010, pp. 471, 525; CORESI ANSALONE 1998, pp.
24
Nell’ambito della scelta del direttore dei lavori, i membri 231-232; CASSANO 1990, pp. 154-155, 166-167; GRISANTI
del comitato indetto a coordinare gli interventi di ripavi- 1989-1990, pp. 121-128; Santini Giovanni 1989; ANTONINI,
mentazione nel duomo di Perugia “vennero nella deter- POLIDORI 1988, p. 49; GURRIERI 1982, pp. 75, 155.
28
minazione di prescegliere il Signor Professore Giovanni Il rilievo architettonico della cappella nel duomo di Pe-
Santini anche sul riflesso dell’essere il disegno di tutta sua rugia è stato eseguito nell’ambito di una tesi di laurea
invenzione” (cfr. Perugia, Archivio capitolare, Chronicon triennale in Ingegneria Civile discussa da Laura Niccacci
Ecclesiae, b. XIV, Registro delle Congregazioni tenute per nell’anno accademico 2011-2012 (in proposito cfr. NIC-
lastricare di Marmi il pavimento della Chiesa Cattedrale CACCI 2011-2012). Cfr. anche CARACCIOLO 2008, p. 308; LUN-
di San Lorenzo di Perugia dal 1844 al 1852, Adunanza GHI 1994, p. 85; GRISANTI 1989-1990, p. 180; Santini
della Eccellentissima Deputazione..., 2 luglio 1847). In Giovanni 1989; ROSSI SCOTTI 1878, p. 33; ROTELLI 1864, p.
proposito cfr. anche ASPg, ASCPg, Amministrativo 1817- 29; Esposizione provinciale 1856, pp. 47, 104.
29
1870, periodo 1817-1859, b. 114, f. 2 Pavimenti ed altri In proposito cfr. GRISANTI 1989-1990, pp. 165-166; San-
lavori alla Cattedrale, Impresa del pavimento a marmi tini Giovanni 1989. In occasione dell’Esposizione Provin-
nella chiesa cattedrale di Perugia. Prospetto generale ciale tenutasi a Perugia nel 1855 Santini presenta, tra gli
de’ conti, 1851, pp. 3-9 e GRISANTI 1989-1990, pp. 177-178. altri elaborati, il “progetto di una cappella sepolcrale a
25
I rilievi architettonici dell’altare e dei portali sono stati forma di Pantheon da erigersi nell’aperta campagna
eseguiti nell’ambito dell’attività didattica dei corsi di Ri- presso Perugia” (cfr. Esposizione provinciale 1856, p. 47):
lievo dell’architettura e Laboratorio di rilievo dell’archi- probabilmente si tratta proprio delle tavole che hanno per
tettura del Corso di Laurea Magistrale a Ciclo Unico in oggetto l’intervento che verrà realizzato a Ponte Valleceppi
Ingegneria edile-Architettura della Facoltà di Ingegneria (cfr. GRISANTI 1989-1990, p. 165).
30
dell’Università degli Studi di Perugia attivati nell’anno ac- In proposito cfr. GRISANTI 1989-1990, p. 179; Santini Gio-
cademico 2011-2012 (in proposito cfr. STAVOLE, XHIMITIKU, vanni 1989; MANARI 1864-1866, p. 43.
31
ZURLA 2011-2012). In proposito cfr. anche ASPg, ASCPg, Il rilievo architettonico dell’oratorio è stato eseguito
Amministrativo 1817-1870, periodo 1817-1859, b. 114, nell’ambito dell’attività didattica dei corsi di Rilievo del-
f. 2 Pavimenti ed altri lavori alla Cattedrale, Lettera al l’architettura e Laboratorio di rilievo dell’architettura del
Gonfalone della Città di Perugia Marchese Alessandro Corso di Laurea Magistrale a Ciclo Unico in Ingegneria
Antinori, 26 Marzo 1855. In proposito cfr. anche CARACCIOLO edile-Architettura della Facoltà di Ingegneria dell’Univer-

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sità degli Studi di Perugia attivati nell’anno accademico (1850); in proposito cfr. Monte Castello di Vibio, Archivio
2011-2012 (in proposito cfr. BELLEGGIA, CUPELLO, SABA, VINCI Parrocchiale della chiesa dei Santi Filippo e Giacomo, Me-
2011-2012). In proposito cfr. anche Perugia, Archivio sto- morie Storiche delle varie Opere Sacre erette nella Par-
rico diocesano, Visite pastorali, b. XLIV, Questionario per rocchia Arcipretale dei SS.Apostoli Filippo e Giacomo
la prima Sacra Visita Pastorale, domanda n. 256, Pe- nella Terra di Monte Castello raccolte e descritte da
rugia, 31 maggio 1945. In proposito cfr. anche INNAMORATI Amanzio Rossi Arciprete Parroco di detta Terra nel-
2010; GRISANTI 1989-1990, p. 129-133; Santini Giovanni l’anno 1868, 1868. In proposito cfr. anche PRENNI 2006-
1989. 2007, pp. 53, 80, 82-83 e GRISANTI 1989-1990, pp. 114-119.
32 37
La chiesa di San Martino in Colle è una delle cosiddette Il rilievo architettonico dell’ospedale è stato eseguito
chiese leonine, il cui rilievo è stato eseguito nell’ambito di nell’ambito dell’attività didattica dei corsi di Rilievo del-
una tesi di dottorato in Ingegneria Civile discussa da Va- l’architettura e Laboratorio di rilievo dell’architettura del
leria Menchetelli nell’anno accademico 2007-2008. In pro- Corso di Laurea Magistrale a Ciclo Unico in Ingegneria
posito cfr. MENCHETELLI 2012, pp. 224, 284, 300, 330; PIOPPI edile-Architettura della Facoltà di Ingegneria dell’Univer-
2003-2004, pp. 177-179; GRISANTI 1989-1990, pp. 138-141; sità degli Studi di Perugia attivati nell’anno accademico
Santini Giovanni 1989. 2011-2012 (in proposito cfr. BERRETTONI, BINI, CALDERINI,
33
Il teatro viene terminato da Virginio Vespignani nel 1866, CANUTI 2011-2012). In proposito cfr. anche QUINTERIO, CA-
che abbandona il progetto di Santini per redigerne uno NALI 2010, pp. 483, 525; CODOVINI, SCIURPA 2001, pp. 362-
proprio. In proposito cfr. QUINTERIO, CANALI 2010, pp. 474, 370; GRISANTI 1989-1990, pp. 167-173; Santini Giovanni
525; CHIUINI 2002b, pp. 48-49, 51; COVINO 2000, p. 202; SA- 1989; PORROZZI 1988, pp. 36-39; BRIZIARELLI 1959, pp. 230,
TOLLI 1995, pp. 26-34; GRISANTI 1989-1990, pp. 154-160; 406-407.
38
Santini Giovanni 1989; SABATINI 1981, p. 77; CANUTI 1926, La chiesa di Agello è una delle cosiddette chiese leonine,
p. 146. In proposito cfr. anche ASO, Teatro Mancinelli, b. il cui rilievo è stato eseguito nell’ambito di una tesi di dot-
34, 1841-1869. torato in Ingegneria Civile discussa da Valeria Menchetelli
34
In proposito cfr. QUINTERIO, CANALI 2010, pp. 474, 525; nell’anno accademico 2007-2008. In proposito cfr. MEN-
CHIUINI 2002, p. 56; COVINO 2000, p. 197; GRISANTI 1989- CHETELLI 2012, p. 54; GRISANTI 1989-1990, pp. 134-136; San-
1990, pp. 161-164; Santini Giovanni 1989; SABATINI 1981, tini Giovanni 1989.
39
p. 35. Il rilievo architettonico della chiesa è stato eseguito nel-
35
La chiesa di Marsciano è una delle cosiddette chiese leo- l’ambito di una tesi di laurea triennale in Ingegneria Civile
nine, il cui rilievo è stato eseguito nell’ambito di una tesi discussa da Paolo Persichini nell’anno accademico 2006-
di dottorato in Ingegneria Civile discussa da Valeria Men- 2007 (in proposito cfr. PERSICHINI 2006-2007). In tale oc-
chetelli nell’anno accademico 2007-2008. In proposito cfr. casione la ricerca d’archivio ha portato alla luce una serie
MENCHETELLI 2012, p. 198, 311; QUINTERIO, CANALI 2010, pp. di documenti firmati da Giovanni Santini (in particolare
471, 525; GRISANTI 1989-1990, p. 137; Santini Giovanni un capitolato e un elenco di interventi da portare a termine
1989. nell’ambito dei lavori di costruzione della chiesa) che te-
36
Il rilievo architettonico della chiesa è stato eseguito nel- stimoniano la dedizione con cui l’architetto umbertidese
l’ambito di una tesi di laurea triennale in Ingegneria Civile dirige i lavori che gli sono commissionati (cfr. Spoleto, Ar-
discussa da Gabriele Prenni nell’anno accademico 2006- chivio Storico Diocesano, Madonna della Stella, b. 1, Ca-
2007 (in proposito cfr. PRENNI 2006-2007). In proposito cfr. pitolato parziale per lavori in appalto da Scalpellino,
anche Monte Castello di Vibio, Archivio Parrocchiale della 15 ottobre 1862 e ivi, Memorie che si raccomandano...,
chiesa dei Santi Filippo e Giacomo, Memorie Storiche delle 1865). In proposito cfr. anche QUINTERIO, CANALI 2010, pp.
varie Opere Sacre erette nella Parrocchia Arcipretale dei 472, 525; GRISANTI 1989-1990, pp. 142-148; Santini Gio-
SS.Apostoli Filippo e Giacomo nella Terra di Monte Ca- vanni 1989; LODOLINI 1966, p. 37.
40
stello raccolte e descritte da Amanzio Rossi Arciprete Par- La chiesa di Tuoro sul Trasimeno è una delle cosiddette
roco di detta Terra nell’anno 1868, 1868 (senza chiese leonine, il cui rilievo è stato eseguito nell’ambito di
indicazioni di pagina); GRISANTI 1989-1990, pp. 112-120; una tesi di dottorato in Ingegneria Civile discussa da Va-
Santini Giovanni 1989. leria Menchetelli nell’anno accademico 2007-2008. In pro-
Durante la costruzione della chiesa, Santini progetta a posito cfr. MENCHETELLI 2012, pp. 237, 338. Dopo un primo
Monte Castello di Vibio anche il ridisegno dell’interno della coinvolgimento di Giovanni Santini (in proposito cfr. GRI-
chiesa di Santa Illuminata (1839) e il nuovo campanile SANTI 1989-1990, pp. 149-153), la costruzione della chiesa

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viene terminata pressoché per intero dopo la sua morte da vengono dalle sue stesse fila, in proposito cfr. ad esempio
Nazareno Biscarini, e perciò non è possibile attribuire con BELARDI, MENCHETELLI 2011, pp. 38, 50 nota 8). Tra il 1855
certezza le scelte che hanno dato vita alla configurazione e il 1856 il Consiglio intima al Gonfalone Alessandro An-
attuale, che peraltro appaiono piuttosto discordanti rispetto tinori di far eliminare due finestre reputate “non conve-
a quelle adottate negli edifici di culto realizzati intera- nienti” dalla porta di Santa Croce in via di realizzazione.
mente da Santini (cfr. PIOPPI 2003-2004, pp. 226-232). In Per tutta risposta l’ingegnere comunale Filippo Lardoni
proposito cfr. anche Santini Giovanni 1989. ribatte che queste sono presenti non solo nei suoi disegni
41
Il teatro viene portato a termine con un progetto diffe- originari, ma anche nelle prospettive delle stessa dise-
rente da Coriolano Monti e Lorenzo Priori. In proposito gnate dal professor Vincenzo Baldini. Chiamato in causa,
cfr. CHIUINI 2002b, p. 47; BATTISTELLI 1997, p. 179; MIANO quest’ultimo chiosa che le finestre ritratte nei suoi dise-
1996, p. 41 (fig. 1). gni (redatti motu proprio senza una richiesta formale
42
Il rilievo architettonico dell’altare è stato eseguito nel- e senza alcuna approvazione del Consiglio) non corri-
l’ambito dell’attività didattica dei corsi di Rilievo dell’ar- spondono esattamente a quelle realizzate secondo gli ori-
chitettura e Laboratorio di rilievo dell’architettura del ginari “Disegni del Sig. Ingegnere Lardoni”, e che, d’altro
Corso di Laurea Magistrale a Ciclo Unico in Ingegneria canto, non avrebbe potuto eliminarle completamente per
edile-Architettura della Facoltà di Ingegneria dell’Univer- garantire la salubrità dei corrispondenti locali interni.
sità degli Studi di Perugia attivati nell’anno accademico Al contrario, si difende Baldini, il suo intento è “far co-
2011-2012 (in proposito cfr. STAVOLE, XHIMITIKU, ZURLA 2011- noscere anche ai meno intelligenti, col mezzo della Pro-
2012). In occasione della ricerca archivistica non è stato spettiva, l’effetto reale che avrebbe prodotto il progetto
rinvenuto alcun documento che indicasse la figura di San- approvato da questa nostra Accademia”. Cfr. ASPg,
tini come autore dell’altare ottocentesco, ma le coinci- ASCPg, Amministrativo 1817-1870, periodo 1817-1859,
denze di datazione e stilistiche con gli altri interventi nella b. 134, f. 1 Strade Nazionali. Provvedimenti e manuten-
cattedrale, in particolare con i due portali della cappella zione, 1856. Fabbricati. Porta Santa Croce, Lettera di
del Gonfalone e d’ingresso della cappella del Santissimo Vincenzo Baldini, Professore di Prospettiva, a Fran-
Sacramento, fanno propendere per un’attribuzione plau- cesco Bartoli, Segretario dell’Accademia di Belle Arti,
sibile. In proposito cfr. anche CARACCIOLO 2008, p. 308; LUN- 21 gennaio 1856. Il rilievo architettonico della porta è
GHI 1994, p. 86. stato eseguito nell’ambito di una tesi di laurea triennale
43
In proposito cfr. QUINTERIO, CANALI 2010, pp. 471, 525. in Ingegneria Civile discussa da Manuela Boccali nel-
44
Il progettista è l’ingegnere comunale Filippo Lardoni, l’anno accademico 2007-2008 (cfr. B OCCALI 2007-2008).
come si deduce dall’avviso di asta pubblica per la realiz- In proposito cfr. anche GRISANTI 1989-1990, pp. 174-176.
46
zazione “di un nuovo locale di mattazione da costruirsi Il progettista è l’ingegnere comunale di Umbertide Giu-
nella Via della Conca presso la Porta della Città [...] a seppe Santini nel 1874: la parziale omonimia potrebbe
forma del piano di esecuzione, e perizia dell’Ingegnere del giustificare l’errore di attribuzione da parte di alcuni stu-
Comune”; il progetto è consultabile “nell’Officio dell’In- diosi (ad esempio Ottorino Gurrieri, cfr. Santini Giovanni
gegnere suddetto”. Cfr. Perugia, Archivio di Stato, Archivio 1989). In proposito cfr. CODOVINI, SCIURPA 2001, pp. 370-375;
Storico del Comune di Perugia, Amministrativo 1817- GRISANTI 1989-1990, pp. 172-173. Il rilievo architettonico
1870, periodo 1817-1859, b. 111, f. 1 Mattatoio, Notifica- della facciata del palazzo è stato eseguito nell’ambito del-
zione del Gonfaloniere di Perugia Cav. F. Conestabile l’attività didattica dei corsi di Rilievo dell’architettura e
della Staffa, 18 febbraio 1839. Laboratorio di rilievo dell’architettura del Corso di Laurea
45
Il progetto della porta di Santa Croce (cosiddetta dei Magistrale a Ciclo Unico in Ingegneria edile-Architettura
Tre Archi), che è aperta al transito nel febbraio 1857, è della Facoltà di Ingegneria dell’Università degli Studi di
indiscutibilmente opera dell’ingegnere comunale Filippo Perugia attivati nell’anno accademico 2011-2012 (in pro-
Lardoni. In tal senso risulta illuminante la controversia posito cfr. B ERRETTONI, BINI, CALDERINI, CANUTI 2011-2012).
47
sorta durante la sua costruzione tra l’Accademia di Belle Il progettista delle porte è Domenico Mondragoni. Il ri-
Arti di Perugia e l’Amministrazione comunale, che ri- lievo architettonico delle stesse è stato eseguito nell’ambito
sulta essere paradigmatica del ruolo svolto dalla prima dell’attività didattica dei corsi di Rilievo dell’architettura e
(al cui Consiglio vengono sottoposti per prassi i princi- Laboratorio di rilievo dell’architettura del Corso di Laurea
pali progetti in ambito cittadino) di orientare le scelte Magistrale a Ciclo Unico in Ingegneria edile-Architettura
formali dei progettisti del tempo (che peraltro spesso pro- della Facoltà di Ingegneria dell’Università degli Studi di Pe-

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rugia attivati nell’anno accademico 2011-2012 (in propo-


sito cfr. BISTOCCHI, RAGNI, RINALDI 2011-2012). In proposito
cfr. anche GRISANTI 1989-1990, pp. 186-203 (nota 2).
48
I progettisti neoclassici ideano le loro opere attraverso
la composizione di una serie di elementi ricorrenti tratti
dalla prassi architettonica greco-romana e rinascimentale,
al fine di esprimere in maniere lineare e rigorosa il conte-
nuto di “razionalità” del movimento. In proposito cfr. MAL-
TESE 1960, pp. 2-3. Anche in questo senso è possibile
interpretare gli errori di attribuzione di alcune opere di
questo periodo che sono emersi negli anni, ancor più com-
prensibili se si tiene conto che la quasi totalità dei proget-
tisti attivi in Umbria era di radice accademica perugi-
no-romana.
49
La diffusione della finestra cosiddetta termale (poiché
tale tipologia di bucatura veniva adottata di consuetudine
proprio nelle fabbriche delle terme in epoca romana) av-
viene solo dopo la sua riscoperta nel XVI secolo per mano
di Palladio, che ne codifica l’utilizzo.
50
L’innalzamento delle navate laterali rende le fabbriche
santiniane piuttosto monolitiche, come ad esempio accade
nella chiesa di Montefalco.
51
Cfr. BELARDI 2006, p. 32.
52
La facciata di palazzo Giorgi Taccini appare maggior-
mente compressa in altezza rispetto agli altri esempi elen-
cati, e ciò causa una sorta d’interferenza tra la parte
sommitale del timpano e la copertura. Gli studiosi locali
attribuiscono ciò al fatto che Santini non potesse superare
la quota della falda dell’antistante oratorio di Santa Maria
dei Bianchi. In proposito cfr. ad esempio CANUTI 1926, p.
147. In tal senso Santini scandisce la marcata orizzontalità
attraverso elementi che aggettano rispetto il piano della
facciata stessa: due fasce verticali agli estremi e una cen-
trale, che sono a loro volta intervallate da due portali bu-
gnati di evidente derivazione vignolesca.
53
La stessa configurazione di facciata avrebbe dovuto es-
sere utilizzata anche per il teatro di Orvieto, in proposito
cfr. CHIUINI 2002b, p. 51 e SATOLLI 1995, pp. 26-34. D’altro
canto la configurazione planimetrica dei teatri di Santini
segue lo schema della Scala piermariniana, con variazioni
dovute essenzialmente ai vincoli dimensionali imposti
dagli spazi che ospitano tali interventi. In proposito ad
esempio cfr. anche CHIUINI 2002b, p. 56.

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Coriolano Monti, Progetto di un bagno pubblico: spaccati per la sala del biliardo, 1834
(Perugia, Archivio dell’Accademia di Belle Arti “Pietro Vannucci”, Fondo didattico Architettura, inv. 312).
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Coriolano Monti (1815-1880)


Cristiana Bartolomei

Coriolano Monti nacque a Perugia nel 1815, si esisteva, assumendo giovani ingegneri ed esclu-
laureò in Matematica nella sua città natale e fre- dendo i professionisti in voga a quel tempo. L’Uf-
quentò contemporaneamente anche corsi di Ar- ficio Tecnico lavorò in maniera fervida, portando
chitettura all’Accademia di Belle Arti per poi parallelamente avanti progetti che andavano
conseguire una seconda laurea in Ingegneria dall’allargamento di strade, come via Saragozza
all’Università di Roma. Fece una lunga gavetta nel tratto tra la Chiesa di Santa Caterina e la
come disegnatore in studi tecnici senza giungere Porta, l’odierna via Farini (ex Borgo Salamo) e
mai a svolgere in autonomia la libera professione Canton de’ Fiori, ai lavori di ampliamento del ci-
di ingegnere-architetto, dedicandosi principal- mitero comunale della Certosa, al restauro del-
mente alla professione di perito estimatore agra- l’Ospedale Santa Maria della Morte, trasformato
rio durante la sua permanenza a Perugia e poi a in museo con l’abbattimento della chiesa in-
quella di ingegnere ferroviario nel periodo ro- terna2. L’opera di Monti, quindi, spazia in più di-
mano. Aveva quindi ben poche esperienze archi- rezioni: egli dimostra di saper controllare ogni
tettoniche di progettazione1 al suo arrivo, nel aspetto degli ambiziosi lavori e manifesta di sa-
febbraio del 1860, a Bologna, quando fu nomi- perli gestire, coinvolgendo in ugual misura pub-
nato ingegnere architetto capo dell’Ufficio Tec- blico e privato. Nelle esperienze di Monti si assiste
nico municipale. Era un uomo colto, intelligente, alla perfetta rispondenza tra disegno e costru-
sebbene poco comunicativo, incarnava alla per- zione, a una simultaneità concettuale tra pro-
fezione l’intransigenza borghese ottocentesca, era getto ed esecuzione e, per questo, egli riesce a
dotato di una severa professionalità ed era privo produrre in soli sei anni (cosa che non avvenne
d’intuito psicologico tanto da trovare vita dura a nelle altre città) il più naturale e vasto intervento
Bologna, che non gli riconobbe, neanche a po- moderno che si conosca in un centro storico. No-
steriori, il giusto tributo per il piano di opere pub- nostante questo, fu al centro di numerose pole-
bliche che egli intraprese per modernizzare la miche dopo la realizzazione di alcune operazioni
città. Fondò al suo arrivo a Bologna, quasi dal urbanistiche, giudicate ardite e non opportune.
nulla, l’Ufficio Tecnico, che prima di allora non Gli fu rimproverato il grande debito del bilancio

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comunale e il caos dovuto ai numerosi cantieri


aperti in contemporanea (Borgo Salamo, via Ga-
ribaldi, Canton de’ Fiori, via Saragozza) e fu ac-
cusato d’interesse personale nelle speculazioni
finanziarie legate all’attività edilizia del periodo.
Ma al di là delle polemiche, che osteggiarono il
suo operato e non lo fecero vivere sereno nella
sua permanenza a Bologna, cerchiamo di riper-
correre le tappe significative della vicenda bolo-
gnese di Monti.

Canton de’ Fiori

Nel 1865 termina la costruzione di un grande


Bologna, edificio Canton de’ Fiori, Coriolano Monti, 1865 (foto edificio a tre piani sopra il portico della Gabella3
Emanuela Cavallo).
all’angolo tra il Canton de’ Fiori e via dei Polla-
ioli (oggi Via Ugo Bassi). L’edificio inaugura un
nuovo “edificio tipo”, inedito a Bologna: si tratta,
infatti, di un palazzo appositamente ideato per
ospitare uffici oltre che appartamenti, e viene
proposto da Monti come modello di future espan-
sioni. L’esterno è una rilettura rigorosa dei ca-
noni architettonici cinquecenteschi e quindi
s’inserisce bene nella cultura neorinascimentale,
che a metà del secolo subentra al neoclassico. In
questo edificio, come in tutti quelli da lui proget-
tati, Monti applica infatti la regola della sovrap-
posizione degli ordini e ben risolve la cerniera
tra il portico della Gabella e quello di Canton de’
Fiori con avancorpi leggermente aggettanti. La
costruzione, che sacrifica il Palazzo Vignoli del
Venturoli4, conclude l’allargamento di Canton
de’ Fiori per ottenere un adeguato fondale alla
piazza del Nettuno, divenendo in seguito funzio-
Bologna, edificio “Falansterio” in via Saragozza, Coriolano
nale al tracciato della nuova via Massima (oggi
Monti, 1865 (foto Emanuela Cavallo). via Indipendenza). Nella selciatura della nuova

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strada, il Monti introduce tecniche mai viste, con


l’adozione di un sottofondo, l’omologazione dei
formati dei ciottoli e l’inserimento nella parte
mediana di doppie rotaie di costoso granito di
san Fedelino.

Via Saragozza

Nel 1858 viene ricostruita da parte di Enrico


Brunetti Rodati5 la Porta Saragozza e al giovane
architetto Giuseppe Mengoni6 viene affidato il
progetto, da parte dell’Ufficio d’Ornato, di una
piazza porticata di forma ovale e di un taglio
stradale per concludere in modo prospettico e
suggestivo via Saragozza. Coriolano Monti estro-
mette il Mengoni7 e progetta una controproposta
di qualità discutibile, con uno spazio ottagonale
scaleno, che infatti non si realizzerà mai. La dia-
triba si risolve nel 1861, affidando al Mengoni
il disegno della barriera della porta (la piazza
in realtà non si fece mai) e a Monti il rifaci- Bologna, teatro Comunale, Coriolano Monti, 1863, facciata po-
steriore (foto Cristiana Bartolomei).
mento dell’ultimo tratto della strada Saragozza.
Coriolano Monti rettifica la via, oltre a rifare il
piano stradale cosi come già era avvenuto in
Canton de’ Fiori e crea unità architettonica sul
lato settentrionale della via tra la chiesa di Santa
Caterina e via Frassinago. Ridisegna la facciata
della parrocchia e costruisce tre grandi case con-
tigue, simili per struttura e decorazione esterna
e con appartamenti di tipo popolare: una sorta
di dignitoso “falansterio”8. Questo nuovo edificio
religioso e i tre fabbricati ad uso civile, dotati di
negozi e di un lungo porticato con volte a botte,
sono completati entro il 1865. Due di questi edi-
fici (civico 65-67-71) sono analoghi per cuba- Bologna, palazzo Guidotti, Coriolano Monti, 1861 (foto Ema-
tura e per disegno, con il piano ammezzato che nuela Cavallo).

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Bologna, palazzo Tacconi, Coriolano Monti, 1866 (foto Emanuela Cavallo).

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prende luce dal portico e tre piani con ornamenti


sobri, il terzo edificio (civico 63) ha invece un
aspetto piu plastico e ricorda la facciata poste-
riore del Teatro Comunale, sempre ad opera dello
stesso Monti.

Via Farini

Coriolano Monti si concentra anche su aspetti


Bologna, palazzina Tecla, Coriolano Monti, 1863-1865 (foto
urbanistici e decide di rimodellare, non senza Emanuela Cavallo).
danni e traumi, una delle parti del tessuto ur-
bano di Bologna più vive e ricche di memoria. dell’architettura bolognese tenuti insieme dal-
L’intervento di Monti (e di altri architetti, quali l’elemento unificatore “portico” e, seppur non
Mengoni, Cipolla, Zannoni) comprendeva via geniale nell’inventare spazi e nelle volumetrie, è
Miola, via Ponte di Ferro, Borgo Salamo e via dei assai accorto nel plasmare la pelle degli edifici
Libri, vie con strettoie e con notevoli dislivelli. La per creare continuità con l’esistente, a differenza
nuova strada che ne risulta, nel 1866, è l’attuale dei suoi contemporanei quali il Mengoni e il Ci-
via Luigi Carlo Farini. Il progetto prevede il ridi- polla10. Altro suo capolavoro è considerato il Pa-
segno dei palazzi Tacconi, Casali, Guidotti, Dolfi, lazzo Ratta Agucchi (1863-1866), che si trova
Pizzardi, facendo scomparire alcune testimo- dalla parte opposta di via Farini, tra l’attuale via
nianze del passato come lo scalone di palazzo d’Azeglio e piazza Galvani progettato su criteri
Guidotti o la torre degli Andalò, incorporata nelle compositivi di raffinate partiture neocinquecen-
case Dolfi. Se è straordinaria la reinvenzione di tesche. Sul fronte di piazza Galvani, Monti riela-
Palazzo Guidotti9, Monti appare però più efficace bora il modello bramantesco della Cancelleria
nel rivestire e unificare gli edifici porticati della Romana, due ordini giganti corinzi sovrapposti
nuova strada, adeguandosi bene alle architetture separati da una cornice alta quanto quella di co-
preesistenti, in particolare nel tratto curvilineo ronamento, in realtà si distinguono per essere
di palazzo Tacconi, (non un vero e proprio pa- niente di più di addizione cromatica. Le tonalità
lazzo, ma geniale pelle concava che unifica edi- del giallo (in basso) e dell’arancio (in alto),
fici presistenti), che culmina nell’incrocio con identici sui due fronti brevi, si invertono su quello
via Santo Stefano. In questo punto, sulla piaz- lungo di via Farini, dove un reticolo inciso sul-
zetta che ospitava la chiesina di Santa Tecla, l’in- l’intonaco introduce il tema del “tatuaggio”, se-
gegnere Monti costruisce tra il 1863 e il 1865 una condo un disegno che, ripreso dal cognato e
palazzina a pianta trapezoidale, che completa e concittadino Alessandro Arienti (1833-1896),
definisce uno degli angoli più scenografici della sarà steso piu tardi sulle facciate del Palazzo della
città. Egli comprende bene i ritmi e le partizioni Provincia a Perugia11.

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loca proprio in questo scenario: dopo aver pen-


sato, in prima battuta, all’allargamento di via
Galliera e aver steso un dettagliato rapporto sulla
viabilità che conduceva alla stazione12, presenta
il progetto per la nuova via, che corrisponde al-
l’attuale via Indipendenza (già via Massima). Il
progetto prevedeva l’allargamento di via Malcon-
tenti con una strada rettilinea porticata da en-
trambi i lati a partire da Canton de’ Fiori fino
alle mura, la creazione di una porta gemella a
Porta Galliera con la realizzazione di due grandi
piazzali alberati, uno interno e uno esterno alle
Porte. Inoltre il progetto, decisamente di sventra-
mento, prevedeva l’apertura di un nuovo in-
gresso sull’attuale via Alessandrini con passaggio
in via Righi e via Oberdan per favorire l’allegge-
rimento della via Massima da parte dei veicoli
che provenivano dalla Provincia. Il progetto fu
approvato nell’aprile 1862, ma deliberato sola-
mente nel luglio 1865, troppo tardi perché Co-
Bologna, palazzo Ratta Agucchi, Coriolano Monti, 1863-1866
(foto Emanuela Cavallo). riolano Monti ne potesse vedere la completa
realizzazione; infatti, la sua idea del raddoppio
Via Indipendenza della Porta Galliera non fu mai attuata.
Inoltre, sempre di Monti sono da ricordare l’am-
Il 7 febbraio 1860 il Comune di Bologna pubblica pliamento della Certosa con la realizzazione
un bando per la realizzazione di una strada per della Sala Gemina e la Sala a tre navate (1862-
collegare il centro della città con la stazione fer- 1865) Qui per la prima volta Monti si confronta
roviaria. Vennero presentati quattro diversi pro- con un’esperienza nuova. Copre la navata cen-
getti ad opera di alcuni progettisti locali, ma trale con una volta a botte e le due laterali con
nessuno comprese il vero spirito dell’intervento un soffitto piano e un imponente transetto, an-
che si doveva attuare. Quasi contemporanea- ch’esso tripartito: all’incrocio fra navata e tran-
mente venivano inaugurate le linee ferroviarie setto imposta una grande cupola emisferica.
Bologna-Ancona e Bologna-Piacenza e per re- L’architettura, di gusto neoclassico, mescola ci-
carsi alla stazione dal centro si doveva percorrere tazioni romane con richiami alla Grande Gale-
la stretta e angusta via Galliera, resa ancora piu rie del Louvre e al Braccio Nuovo dei Musei
complicata dai continui blocchi di traffico per le Vaticani, ma nel serrato gioco di contrasti fra
ispezioni della Gabella. L’operato di Monti si col- luce e ombra non è estranea l’influenza pirane-

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locali dell’Ospedale prospicienti il fianco orien-


tale della Basilica di San Petronio, un prodigioso
allungamento di oltre 62 metri alla già allora
famosa fuga prospettica della sala della Biblio-
teca. Tra il 1862 e il 1878, a opera di Coriolano
Monti ma anche di Antonio Zannoni13, l’edificio
fu completamente ristrutturato per ospitare il
Museo Civico, inaugurato poi solo nel 1881. Vale
la pena ricordare che Monti si occupò anche, in-
sieme a Zannoni, del recupero dell’acquedotto
Bologna, palazzo Guidotti, Coriolano Monti, 1861, ritratto del
progettista in uno dei nuovi capitelli (foto Emanuela Cavallo). romano del Setta. Infatti, mentre il Comune di
Bologna si distingueva per il fiorire dell’attività
siana. Costruire architettura per la morte signi- edilizia anche a scala urbana, nel 1861 nel cen-
fica non dover compiere altro gesto progettuale tro cittadino fu individuato quasi per caso, du-
che testimonia il silenzio. Percorrendo questi rante la realizzazione di alcuni lavori, un tratto
spazi Monti ci costringe a misurarci con mec- di un antico condotto dell’acquedotto romano
canismi architettonici, come la monumentalità che Zannoni, grazie all’appoggio di Monti, de-
dell’ordine ionico deformato dall’uso dell’entasi cise di ripristinare pur essendo in disuso da
e dalle proporzioni inusuali. Progetta un piano tempo. Zannoni comprese ben presto che l’an-
di calpestio sprofondato di oltre un metro per tico manufatto avrebbe consentito la realizza-
conferire valenza prospettica, costringendoci al zione di un moderno acquedotto dotando la città
“cammino”. Monti affronta il tema del “por- di acqua potabile e che il suo recupero non po-
tico” come tema essenziale per dare struttura teva essere inteso solo come un’opera di decoro
unitaria a elementi eterogenei. Anche il colore urbano. Il progetto, sostenuto fortemente da
interviene in queste forme dell’essenza in modo Monti, prevedeva la riattivazione dell’intera
non dissimile da quanto sperimentato nei pa- opera romana, la costruzione di un sistema di
lazzi urbani. Sempre di Monti è il progetto della presa d’acqua nella confluenza del fiume Setta
facciata posteriore del Teatro Comunale (1863), nel Reno e la distribuzione in città di un sistema
che ha in mente, probabilmente, anche un “ri- idrico che alimentasse bagni, fontane ornamen-
disegno” della collinetta del Guasto, mai realiz- tali e fontanelle pubbliche.
zato. Ricordiamo anche che, nel 1861, progetta Nel 1866 Monti lascia Bologna, sicuramente con
il voltone di collegamento tra l’Ospedale della sollievo, vista la vita dura che gli avevano fatto
Morte e l’adiacente palazzo dell’Archiginnasio, passare i suoi contestatori, perché viene eletto de-
su Via Foscherari. Rialza il pavimento del primo putato tra i moderati nella circoscrizione di Pe-
piano dell’Ospedale della Morte per portarlo alla rugia e i suoi lavori bolognesi, soprattutto gli
quota del pavimento dell’Archiginnasio e costi- ultimi edifici da lui ideati, sono tutti in fase di
tuire così, con le nuove aperture realizzate nei ultimazione e non saranno realizzati i dettagli

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decorativi come lui li avrebbe voluti; sosteneva riodo romano si sposta dal versante dell’urbani-
infatti che la vera decorazione è la disposizione stica a quello del “restauro”, proponendo una
convincente ed economica degli elementi strut- metodologia d’intervento che bilanci sempre le
turali. Nell’ottobre del 1870 giunge a Roma in necessità del presente con la presenza del passato,
qualità di consulente del Governo e lancia pro- sapendo ben interpretare il significato reale dei
poste che lasciano intravedere quanto attendibile segni antichi.
fosse il sapere urbanistico maturato dopo l’espe-
rienza bolognese. Tanto che il ministro Minghetti 1
L’unica reale esperienza architettonica fino a quella data
appoggiò l’idea montiana dell’organizzazione di era la realizzazione della Villa Demidoff a Firenze, BERARDI
un “ufficio di piano” sul modello bolognese, che 1880.
2
La chiesa era un’opera settecentesca di grande prestigio
avrebbe potuto avvalersi della consulenza di pro- dovuta a Carlo Francesco Dotti, BUSACCHI 1960.
fessionisti esterni. Coriolano Monti, quale depu- 3
Eretto per opera dell’architetto Domenico Tibaldi (sec.
tato, fece anche parte di numerose commissioni XVI), il portico ha subito numerose ristrutturazioni nel
tempo, fino al 1815, quando fu completamente rifatto dal
per lo sviluppo della rete ferroviaria nazionale14 Venturoli.
e di bonifiche di regioni paludosi, ma non si oc- 4
Angelo Venturoli si forma nel contesto dell’Accademia
cupò più di architettura e di urbanistica, se non Clementina. Allievo di Petronio Fancelli, diviene Accade-
mico nel 1781, poi ripetutamente dal 1786 al 1803 è “di-
per aver approntato i disegni del primo anfiteatro rettore” (vale a dire docente) di Architettura. ll Venturoli
di legno Turreno15 a Perugia, ora demolito. appare figura dominante nell’architettura bolognese dal
Morirà a Firenze il 2 febbraio 1880, a 64 anni. 1776 sino alla morte nel 1821.
5
Autore del restauro, peraltro assai criticato poiché giudi-
Esclusa la villa Demidoff a Firenze e il palazzo cato eccessivamente fantasioso, fu Enrico Brunetti Rodati,
della cassa di Risparmio a Cesena, tutto il suo un appassionato di architettura che volle esaltare il carat-
estro è racchiuso nell’esperienza bolognese, dove tere di struttura fortificata della Porta utilizzando motivi
ha saputo intervenire con intelligenza senza pro- neomedievali di incerta; VIANELLI 1963.
6
Giuseppe Mengoni nel 1851 si laurea a pieni voti in In-
curare distruzioni nel tessuto del centro storico16, gegneria all’Università di Bologna con una tesi di ottica
dando quindi valore alla città storica come strut- e inizia a lavorare come assistente dell’ingegnere Jean
tura definita, riuscendo a completare la città at- Louis Protche, progettista di ferrovie, al cantiere della
ferrovia Porrettana. Nello stesso tempo frequenta l’Acca-
traverso l’inserimento di edilizia sovvenzionata demia di Belle Arti a Bologna. Nel 1859 vince, superando
in siti definiti e riuscendo a ben interpretare il 176 concorrenti, un concorso bandito dal Comune di Mi-
rapporto della città con i nuovi servizi esterni, lano per la sistemazione della piazza del Duomo e la rea-
lizzazione della Galleria Vittorio Emanuele II, ma le
quali la stazione e i luoghi di produzione. In con- vicende politiche ritardano l’assegnazione del premio
clusione si può dire che Monti ha chiaro il pro- fino al 1863. Nel 1862 Mengoni viaggia spesso all’estero
blema dell’adeguamento di un centro antico a per cercare di promuovere la costituzione di una Società
che si assuma la gestione finanziaria dell’impresa della
nuove funzioni e coglie con singolare anticipo Galleria. I lavori hanno inizio nel marzo 1865 e si pro-
la questione del rapporto tra preesistenza e trarranno per dodici anni. Lo stesso re Vittorio Emanuele
espansione, avanzando in termini singolari il II presenzia alla posa della prima pietra della Galleria.
Ma i progetti di Mengoni non sono solo per Milano: pro-
problema del “restauro” e della conservazione getta infatti molte altre opere tra le quali il Municipio di
delle antiche vestigia. Tanto che durante il pe- Castel Bolognese, il Palazzo Municipale di Malalbergo

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(distrutto poi dai bombardamenti nel 1945); a Bologna borò con Vincenzo Micheli nella sistemazione di Villa Fab-
il palazzo della Cassa di Risparmio di via Farini (1868- bricotti (1864). Nel 1865 fu ammesso al concorso di terzo
1871), il Palazzo Poggi-Cavazza e la sistemazione di grado per la facciata della cattedrale di Santa Maria del
Porta Saragozza. Realizza studi per il progetto della sta- Fiore, dal quale uscì vincitore il disegno di Emilio De Fa-
zione ferroviaria di Bologna, la cui realizzazione verrà bris. Nel 1871, su commissione della famiglia Scara-
affidata al Ratti. Del 1861 è il progetto del teatro di Ma- mangà, fu incaricato di eseguire il rifacimento della Villa
gione, presso il Lago Trasimeno. Giuseppe Mengoni Attias di Livorno, demolita dopo il 1968. Cfr. DI MARCO 1992.
11
muore tragicamente a Milano il 30 dicembre 1877 pre- TERZETTI 1994, p. 42 ss.
12
cipitando dalla cupola centrale della Galleria Vittorio MONTI 1862.
13
Emanuele II poco prima dell’inaugurazione. Cfr. FON- Antonio Zannoni nacque nel 1833; laureatosi in Mate-
TANA, PIRAZZOLI 1988. matica prima e Ingegneria e Architettura dopo, fu assunto
7
MENGONI 1861. L’opuscolo riporta la pianta del progetto da Coriolano Monti come ingegnere nel 1861 e in seguito
Mengoni a confronto con quella di Monti. tenne la carica di Ingegnere capo del Comune di Bologna
8
Con il termine falansterio il filosofo e politologo francese tra il 1874 e il 1877. Fu autore di numerosi interventi di
Charles Fourier, agli inizi del XIX secolo, indicava la strut- architettura a Bologna tra i quali ricordiamo Palazzo Piz-
tura abitativa in cui si svolgeva la vita dei membri del- zardi, Casa Zappoli, le palazzine Bottrigari, il chiostro degli
l’unità sociale di base prevista nelle sue teorie e da lui Angeli alla Certosa e scrisse in merito all’acquedotto del
denominata “Falange”. fiume Setta il volume Sulle indagini dell’acquedotto bo-
9
Costruito nel 1457 da mastro Nicolò, su incarico di Gio- lognese, con abbozzo di progetto per condur acqua dal
vanni Guidotti, il palazzo fu ricostruito nel XVI secolo e ri- fiume Reno (Z ANNONI 1864).
14
maneggiato nel Settecento. Il doppio loggiato del cortile è Progettò la Torino-Cuneo-Nizza; la Parma-Spezia; la
ancora gotico nell’ordine inferiore (cinque arcate con co- Cortina-Turrita (Toscana); la Termoli-Campobasso e la
lonne ottagonali in mattoni sagramati), mentre appare di difficile Terni-Rieti-Avezzano, di cui non vide mai l’attua-
epoca rinascimentale quello superiore a dieci arcate a tutto zione.
15
sesto sostenute da colonne cilindriche in mattoni. Alla fase “nome aulico dato a Perugia da’ suoi poeti in memoria
settecentesca è attribuibile sia il loggiato del lato occiden- del serto di torri un tempo coronante la vetta del duplice
tale del cortile, sia la scala a due rampe con balaustre neo- colle”, GURRIERI 1955, pp. 20-21.
16
classiche. I prospetti esterni, di stile neoclassico, sono frutto GOTTARELLI 1978.
dell’intervento ottocentesco di Coriolano Monti; il portico
su via Farini, costruito da dieci arcate a tutto sesto, soste-
nute da undici pilastri, conserva capitelli di macigno ascri-
vibili alla fase cinquecentesca del palazzo. I Guidotti
furono i soli proprietari bolognesi a non essere contro al-
l’operato di Monti, tanto che vollero un ritratto di Corio-
lano Monti in uno dei nuovi capitelli della facciata del
Palazzo. E questo è l’unico omaggio che la città rese a que-
sto uomo, che in sostanza risparmiò Bologna dagli scempi
urbanistici che dovettero subire città come Roma, Milano,
Firenze.
10
Antonio Cipolla nacque a Napoli nel 1822. Fu attivo so-
prattutto a Bologna, Firenze e Roma, dove solitamente fu
artefice di uno stile accademico teso a imitare l’architet-
tura rinascimentale. A Roma eseguì alcuni lavori nella
chiesa dello Spirito Santo dei Napoletani, per la quale in-
nalzò la facciata (1853). Intorno al 1860 si occupò del re-
stauro di Palazzo Farnese. Tra il 1861 e il 1864 costruì la
sede della Banca d’Italia a Bologna, in piazza Cavour, dove
progettò anche il Palazzo Silvani. Fu particolarmente at-
tivo nella Firenze capitale del Regno d’Italia, dove colla-

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Alessandro Arienti, Teatro Turreno, Sezione longitudinale, s.d. (da GIOVENE 1994).
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Alessandro Arienti (1833-1869)


Maria Luisa Neri

Alessandro Arienti entra in scena a Perugia nel struirne la biografia, proprio per il suo ruolo di
1865, in una fase di discontinuità delle strutture tecnico al servizio di un’amministrazione pub-
amministrative e di passaggio fra differenti con- blica, significa mettere in atto un iter complesso
dizioni politiche e forme di organizzazione sta- tra competenze intellettuali e logiche d’azione
tuale. E vi entra in gioco con l’opera architettonica presenti nel particolare contesto politico, ammi-
che stava suscitando più reazioni nella società nistrativo e socio-culturale nel quale ha operato3.
perugina e che inciderà più a fondo nella trasfor- Tanto più considerando la forma di anonimato
mazione moderna del centro urbano: l’attuale abbastanza comune in questo tipo di figura pro-
Palazzo della Provincia. Oggetto di numerose po- fessionale, fatti salvo i più famosi protagonisti
lemiche, caustici commenti critici, forti denigra- delle grandi trasformazioni urbane.
zioni, il palazzo ha ottenuto anche lodevoli Gli studi e le ricerche sul ruolo e la cultura dei
apprezzamenti per equilibrio formale e capacità tecnici municipali è argomento di non lunga tra-
di elegante decoro1. dizione storiografica, nonostante questi perso-
Come noto, proprio nel clima di forti polemiche naggi, ingegneri o architetti, abbiano svolto
e duri scontri che si erano creati intorno alla un’azione non certo trascurabile nella trasfor-
scelta della soluzione migliore per la sistema- mazione urbana. A loro si deve l’abilità nell’aver
zione da dare all’area dove sorgeva l’abbattuta saputo stabilire un legame inscindibile con la
Rocca Paolina, l’amministrazione comunale città dove hanno operato, tanto da assumerne,
aveva bandito un concorso per conferire la nuova spesso, un connotato identificativo.
carica di ingegnere-capo dell’ufficio tecnico mu- Si può, allora, parlare della Perugia di Arienti?
nicipale. Tra cinque concorrenti, riesce vincitore Certamente sì, pur nella dimensione ridotta di
il milanese Alessandro Arienti2. una città rimasta isolata nel panorama europeo
Con il sostegno del sindaco, Reginaldo Ansidei, durante il periodo postunitario e nella quale l’in-
l’Arienti diverrà per i trent’anni successivi l’indi- gegnere-capo ha dovuto adeguarsi al ruolo svolto
scussa figura di spicco dello sviluppo urbano e dall’economia locale, dalle forze politiche in
architettonico della Perugia postunitaria. Rico- gioco, dalla peculiare società perugina e dai suoi

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bisogni collettivi, tutte forze che hanno contri- e la necessità di dare spazio alle proprie ambi-
buito a orientare il suo operato nella metamor- zioni personali?
fosi della città e del suo territorio. Nel mutamento In un rapporto di complementarietà e di reci-
istituzionale tra stato pontificio e monarchia sa- proca tensione fra le due forze contrapposte, si
bauda, tra stato regionale e stato unitario, il suo può provare a ricostruirne un’identità fatta di
lavoro si svolge con tutte le difficoltà del caso. parti, muovendosi fra biografia, competenze in-
Pur in un rapporto complesso fra continuità e tellettuali, iniziative municipali e attività profes-
discontinuità, fra pressioni politico-culturali e sionale.
autonomia delle strutture burocratiche, l’Arienti
è comunque legato alle più notevoli opere postu-
nitarie di Perugia, dov’è anche riuscito a intro- Un ritratto tra biografia e competenze intel-
durre una nuova sensibilità estetica e artistica. lettuali
Non è un caso, allora, che l’allegoria che perso-
nifica Perugia, dipinta da Domenico Bruschi Alessandro Arienti era nato nel 1833 a Milano4,
nella Sala del Consiglio della sede provinciale, dove aveva svolto la propria formazione didattica
ha sullo sfondo il nuovo palazzo da lui realiz- intorno alla metà del secolo nell’indirizzo di Ar-
zato. chitettura e Decorazione presso l’Accademia di
Ricostruirne l’attività e l’opera architettonica Brera, il cui carattere distintivo era quello del-
pone, tuttavia, una serie di problemi critici e me- l’impegno nelle questioni stilistiche e nel “trionfo
todologici. Le diverse mansioni da lui svolte sia dell’ornato” piuttosto che nell’approfondimento
come tecnico municipale sia come architetto di temi tecnico-scientifici; prima dell’arrivo di
progettista implicherebbero l’incrocio di fonti do- Camillo Boito (1858-59) vi era mancata una
cumentarie prodotte dalla burocrazia munici- vera e propria sistematizzazione concettuale
pale con le carte personali, la cui sopravvivenza della teoria architettonica5. Tra i manuali utiliz-
è un fenomeno assai raro per i tecnici che hanno zati, prevalevano il De wiebeking e il Rondelet,
lavorato nell’apparato amministrativo: a tut- ma la biblioteca era fornita di testi sull’antichità
t’oggi di un archivio privato dell’Arienti non si è classica, di guide pratiche, di volumi sul gotico
a conoscenza. Ciò che si percepisce è la comples- e sui periodi successivi, fino alla contempora-
sità del suo itinerario dentro e fuori l’ufficio tec- neità. Particolarmente osteggiati erano i modi
nico, del cui funzionamento non si sa molto. barocchi e tardo-barocchi, e pertanto manca-
Come riuscire, dunque, a riconoscere l’apporto vano i manuali di Guarini, di Vittone e dei fran-
individuale rispetto al lavoro collettivo di una bu- cesi del Seicento, mentre erano numerosi i testi
rocrazia in trasformazione come quella postuni- sulla geometria, sugli ordini e sulla teoria delle
taria? E come interpretare l’esistente contraddizio- ombre, oltre i repertori francesi, come quelli
ne tra il suo ruolo di tecnico municipale, di fun- Neufforge e di Durand.
zionario che richiede un forte spirito sociale e All’interno dell’Accademia erano stati elaborati
una vocazione all’anonimato del proprio lavoro, alcuni prontuari indirizzati prevalentemente

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sulla decorazione, come quelli di Giocondo Al- lombarda e soprattutto l’architettura bramante-
bertolli6; oppure, in un’ottica più prettamente sca erano sembrate le più congeniali a dare for-
manualistica, i testi a stampa di soggetto orna- ma agli ideali risorgimentali e nazionalistici.
mentale e decorativo di Gaetano Vaccani7, di Do- Era questo il panorama culturale nel quale era
menico Moglia8 e soprattutto di Alessandro stato educato l’Arienti. Tra i giovani romantici
Sidoli9. È indiscutibile l’influenza allora eserci- milanesi, per le sue capacità artistiche aveva ot-
tata sui giovani milanesi dalla raccolta di disegni tenuto premi importanti, tra cui quello al con-
e progetti di Sidoli10, esponente della tendenza corso di Ornato del 1855 (progetto per una
romantica modernista e antiaccademica, un “edicola ad uso battistero”) e quello conferito
maestro che avrà una forte influenza anche su per l’Architettura dall’Accademia di Belle Arti di
uno dei suoi allievi prediletti, Alessandro Arienti, Milano nel 1856 12. Aveva poi attuato le prime
orientandone la poetica architettonico-decora- prove progettuali e costruttive nel mantovano,
tiva, che egli esprimerà con un estroso eclettismo realizzando nel 1860 con Giovanni Brocca la
scevro da vincoli programmatici. Del Sidoli, chiesa parrocchiale dei Ss. Pietro e Paolo a Ser-
scrive Premoli, l’Arienti “fu l’amico, il collabo- mide, che richiama lo stile lombardo braman-
ratore, il successore, avendone egli raccolto l’ere- tesco. In seguito, tra 1860 e 1863, a Milano aveva
dità artistica” 11. partecipato a due importanti concorsi nazionali:
Gli anni di studio dell’Arienti sono quelli in cui la nuova piazza del Duomo con la galleria Vit-
si stava ridiscutendo l’impostazione didattica del- torio Emanuele II 13 e il nuovo Cimitero Monu-
l’Accademia e avviando il processo di riforma vo- mentale14. Se il suo progetto per il primo con-
luto dal governo centrale di Vienna, mentre il corso era tra i ventitré scartati in prima istanza,
metodo di progettazione messo in atto era incline la proposta per il secondo aveva ottenuto ottimi
ad adattarsi ai mutamenti di gusto del momento; risultati.
se i riferimenti spaziali e formali richiamavano In quest’ultima competizione era entrato a far
apertamente il mondo classico, iniziavano a dif- parte dei primi cinque selezionati tra ventotto
fondersi gli echi della tradizione medievale e le concorrenti, e candidato per il terzo posto15. Ap-
declinazioni bizantine, esotiche e orientali, che prezzato il suo progetto, per “l’unità del concetto
proprio con Sidoli avevano trovato il modo di ri- architettonico e pei caratteri monumentali in
proporsi in formule rivoluzionarie e di vasto re- perfetta corrispondenza con la severità dell’am-
spiro creativo. biente”16, l’Arienti è invitato alla seconda prova
Altra questione su cui si era avviato il dibattito che, tuttavia, non avrà seguito, avendola poi
milanese era quella della ricerca dello stile na- vinta Carlo Maciachini. Deluso da questi risultati,
zionale, non solo interpretato come processo sto- tra il 1863 e il 1864 si era trasferito a Urbino dopo
rico cui riferirsi per conoscere le proprie origini, aver accettato la cattedra di professore di Archi-
ma soprattutto come fondamento da cui partire tettura presso l’Istituto di Belle Arti delle Marche,
per esprimere le più innovative qualità dell’ar- appena entrato in funzione17. L’esperienza didat-
chitettura contemporanea; la tradizione edilizia tica dura assai poco; nel 1865 è, infatti, interrotta

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gno, l’Arienti si distingue subito come dipendente


scrupoloso e instancabile. Anche la storia fisica
della città stava mutando, fortemente impegnata
nella controversa disputa sulla ricostruzione
della vasta area dell’ex forte. La classe dirigente
locale, non preparata ad affrontare una que-
stione così rilevante sul piano politico-culturale
e su quello urbanistico-architettonico, si trovava
in un’impasse dalla quale non riusciva a venire
fuori, nonostante avesse coinvolto i migliori
esperti fiorentini, romani e locali come supervi-
sori delle diverse proposte presentate nei due con-
corsi banditi negli anni precedenti. L’assunzione
dell’Arienti era stata un modo per porre termine
a inutili scontri, favorita anche dal suo essere un
forestiero in città.
In realtà l’Arienti, se era forestiero per nascita,
poteva essere ormai considerato tra i membri ac-
quisiti di una delle più antiche e influenti fami-
glie perugine, i Monti. Era, infatti, cognato di
Coriolano Monti, figura di spicco nella società
Alessandro Arienti, Facciata principale del Cimitero Monu- perugina, che aveva stabilito proficui contatti con
mentale per la Città di Milano, disegno su cartoncino colorato
ad acquarello, s.d. (da GIOVENE 1994). i principali esponenti politici italiani, era vecchio
amico del sindaco Ansidei e apparteneva alla “fa-
dall’accettazione, all’età di trentadue anni, della miglia massonica”. Tra 1860 e 1870 Monti è an-
carica di ingegnere-capo dell’Ufficio tecnico mu- che consigliere provinciale e comunale di Pe-
nicipale di Perugia, città capoluogo nella quale rugia e attivo protagonista a Bologna come in-
diverrà l’arbitro delle vicende urbanistiche e ar- gegnere-capo del Municipio18. L’Arienti era im-
chitettoniche. parentato, dunque, pure con il nipote di Monti,
il giovane Domenico Bruschi, tra i più rappre-
sentativi artisti dell’Ottocento umbro, che avrà
L’Arienti ingegnere-capo dell’Ufficio tecnico un ruolo decisivo nell’impresa pittorica del Pa-
municipale lazzo della Provincia.
Pur straniero, l’Arienti giocava in casa. Entrato
Giunto nella sua seconda patria in un momento subito nel vivo del lavoro organizzativo e pro-
chiave della riorganizzazione politica, ammini- gettuale, assume una funzione di primo piano
strativa e legislativa dopo l’unificazione del Re- nelle trasformazioni urbane, in primis quella

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della viabilità, ma nel tempo si misura con que- occupare parte della preesistente via Alberata, di-
stioni legate alle diverse scale progettuali, in una segna sia il tracciato di viale Indipendenza, la
varietà di ruoli che copre l’intero campo dell’at- strada pensile che porta all’attuale piazza Italia
tività pubblica, dalla ideazione dell’opera alla sia l’assetto di quest’ultima con i giardini sia, in-
gestione della costruzione19. Ruoli che richie- fine, la sistemazione del parterre sopra Porta
dono abilità nel disegno architettonico, compe- Marzia.
tenza nei processi di pianificazione, padronanza Elabora il progetto per la “fabbrica di mezzo”,
di nozioni sul restauro, conoscenza delle tecni- trasformata poi in rappresentativo Palazzo della
che giuridiche di gestione degli appalti, espe- Provincia, a ritmi accelerati, senza confronto
rienza nella direzione dei lavori e nell’ammi- pubblico e privo di qualunque dibattito allargato,
nistrazione del servizio; e ruoli che presuppon- proprio per essere approvato in tempi rapidi; la
gono conoscenze socio-economiche e statistiche, sua realizzazione è un’operazione edilizia che si
oltre a un’idonea preparazione nel campo dei giocherà principalmente all’interno della strut-
sistemi di approvvigionamento idrico e alimen- tura municipale, di cui l’ingegnere-capo è parte
tare20. importante, sia come tecnico al servizio dell’am-
Le sue capacità individuali e il suo senso di ap- ministrazione sia come abile architetto progetti-
partenenza all’istituzione si misurano proprio in sta e sensibile ideatore di forme capaci di espri-
questa pluralità di competenze, sulle quali si può mere una poetica individuale22.
anche valutare la sua specializzazione professio- Nei sette anni che intercorrono tra il 1866 e il
nale e il suo rispetto di un’etica adeguata al ser- 1873 si consuma la vicenda della sua costru-
vizio pubblico che svolge. Come la maggior parte zione, che tiene conto delle sostruzioni esistenti
dei funzionari tecnici, infatti, non poteva che e dei contributi di tutte le precedenti proposte. I
condividere culture, linguaggi e scelte operative lavori iniziano con ritmi frenetici, fra attacchi
con altri interpreti della scena urbana, spesso polemici e critiche violente da parte degli artisti
perseguendo strategie di legittimazione variabili locali, che esprimono giudizi negativi indirizzati
e incerte, legate anche alle idee oscillanti dei di- soprattutto alle scelte stilistiche operate dal-
versi poteri che agivano in città21. l’Arienti23. L’attacco sarà durissimo da parte di
Ne è esempio emblematico la vicenda della siste- Guglielmo Calderini che, a difesa del proprio pro-
mazione dell’area dell’ex forte, la cui regìa delle getto per Palazzo Cesaroni da edificare sulla
realizzazioni edilizie e urbanistiche è a lui affi- stessa piazza24, lo giudica appartenere alla “fa-
data nella seconda metà del 1866, dopo nume- miglia dei nani”, troppo piccolo e poco attento
rose sollecitazioni dell’opinione pubblica e di un alle preesistenze25. Al contrario, la cittadinanza
gruppo di consiglieri che imponevano con ur- perugina è ben disposta verso il nuovo edificio,
genza l’inizio dei lavori. Così, accanto alla rou- così come giudizi favorevoli vengono da due ac-
tine d’ufficio affronta la più impegnativa opera cademici di San Luca, Antonio Cipolla e Alessan-
urbanistica e architettonica per la città. Per l’area dro Viviani, che ne apprezzano i valori architet-
predispone il sistema della viabilità: andando a tonici, etici e ideali26. Sarà poi Luigi Bonazzi,

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Perugia, veduta dall’alto della sistemazione dell’area dell’ex forte con in primo piano il viale Indipendenza, il Palazzo della Provincia
e l’Hotel Brufani (da MANCINI 2009, p. 12).

nelle ultime pagine della sua Storia di Perugia soché incapace di pianificare e gestire un’opera-
dalle origini al 1860, a giudicarlo un palazzo zione urbanistico-edilizia di tale portata anche
assai pregevole27. per i forti dissapori interni, che investono perfino
L’intera vicenda del Palazzo della Provincia fa ri- la commissione di vigilanza artistica. Dall’altra,
flettere sugli attori che ne sono stati protagonisti. un tecnico comunale, apparentemente di scarso
Da una parte, una committenza – la classe diri- potere decisionale e soggetto a eccessive imposi-
gente del nuovo capoluogo di provincia – pres- zioni e richieste, ma di provata abilità e capace

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Alessandro Arienti, Pianta delle fondazioni della “fabbrica di Alessandro Arienti, Pianta terrena della “fabbrica di mezzo”,
mezzo”, poi palazzo della Provincia, sovrapposta alle sottostanti poi palazzo della Provincia, s.d. (da MANCINI 2009, p. 105).
strutture della Rocca Paolina, s.d. (da MANCINI 2009, p. 105).

Alessandro Arienti, prospetto del lato sinistro della facciata principale della “fabbrica di mezzo”, poi palazzo della Provincia, verso
la piazza (da MANCINI 2009, p. 108).

d’inserirsi con modestia e buon senso in un pro- La costruzione chiude un’inutile fase di polemi-
gramma edilizio in gran parte già definito. Con- che e sigla un nuovo fervore creativo al di fuori
trolla ogni aspetto delle operazioni edilizie, delle scelte figurative di matrice romana. Man-
dimostra di saperle condurre e, pur tra molte dif- cando a Perugia qualunque riconoscibile survi-
ficoltà, ha anche la forza di imporre le proprie val, l’Arienti non poteva che ragionare in termini
idee architettoniche. di revival. Il registro delle scelte messe in atto

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Alessandro Arienti, Dettaglio in scala 1 a 10 dei fianchi del Perugia, palazzo della Provincia, dettaglio decorativo del por-
parapetto del Balcone della “fabbrica di mezzo”, poi palazzo tico (da MANCINI 2009, p. 111)
della Provincia (Perugia, Archivio della Provincia di Perugia).

per rispondere alle richieste dell’amministra- In sostanza, era certo di aver rafforzato lo spirito
zione locale si basa sul rapporto dialettico fra cittadino con un’immagine capace di raccontare
uno spirito di coesione nazionale, a tutela del- il patrimonio simbolico che le apparteneva. Con-
l’identità italiana rispetto all’Europa, e la con- vinto delle sue scelte, non avrà dubbi a presentare
servazione di una tradizione locale, a tutela i suoi studi e le sue opere all’Esposizione Provin-
dell’identità regionale rispetto all’Italia. L’archi- ciale Umbra del 187929 e, dal 1882, per i suoi me-
tetto aveva ben compreso questa necessità e aveva riti, è nominato membro effettivo del Consiglio
fissato un coerente fil rouge tra due gloriose sta- accademico dell’Accademia di Belle Arti di Peru-
gioni democratiche della città; in difesa della sua gia30.
opera, afferma: “chiunque dovrebbe compiacersi Fin dall’inizio del suo mandato l’Arienti, tra altre
pensando che la Perugia d’oggi ha saputo fare attività di routine, segue le pratiche per i lavori
qualche cosa che vale almeno a non farla cadere di ampliamento e trasformazione del cimitero,
dallo splendore in cui viveva nell’epoca delle li- redigendo egli stesso una proposta in cui riprende
bertà dei comuni”28. alcuni motivi già utilizzati nel concorso per

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Perugia, veduta del palazzo della Provincia dalla sottostante via Marzia (foto Maria Luisa Neri).

quello milanese. Scartato il progetto di Volpato, dalle volte a crociera dipinte con cielo stellato
la giunta municipale aveva affidato i lavori al- che dà forma all’ingresso, fiancheggiato da due
l’architetto-capo dell’ufficio tecnico; seguito l’iter fabbricati destinati ai custodi e agli uffici dire-
per l’acquisto dei terreni, effettuate le perizie per zionali, originariamente in mattoni a faccia vi-
stabilire le opere da eseguire e assegnati i primi sta; nove archi leggermente acuti, di cui il cen-
appalti, il 1° luglio 1873 presenta la sua propo- trale più ampio, dominano la facciata dal colore
sta. La commissione ne apprezza le qualità; tut- rosso del mattone, conclusa da archetti pensili e
tavia, in seguito alle osservazioni di Monti, sug- cornicione in cotto; i dieci pilastri che sorreggono
gerisce alcune varianti sia per abbassarne i costi gli archi hanno fasce bicrome orizzontali di pie-
sia per tener conto delle idee dello stesso Monti, tra. Sull’ingresso principale s’innestano i viali e
che aveva predisposto alcuni disegni adottando lungo i due due muri di recinzione si aprono le
temi utilizzati nel cimitero monumentale della gallerie porticate con i sepolcri gentilizi, an-
Certosa di Bologna. Con la fusione dei due pro- ch’esse con fasce bicrome, mentre i viali conflui-
getti, si dà il via alla costruzione31, ma opera certa scono negli spazi per i campi comuni e per i cit-
dell’Arienti è la parte monumentale, realizzata tadini illustri.
nel 187432. All’Arienti si deve il grande porticato Sulla nuova piazza postunitaria, oltre al Palazzo

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Perugia, edificio d’ingresso del Cimitero Monumentale, Alessandro Arienti, 1874 (foto d’epoca).

Perugia, galleria del Cimitero Monumentale, Alessandro Arienti, 1874 (foto d’epoca).

della Provincia l’Arienti costruisce il sobrio e raf- stato quello governativo, è oggetto di un’aspra
finato Hotel Brufani (1881-1883), realizzato per controversia fra Calderini e Arienti. Se, infatti, ini-
iniziativa privata, con il vantaggio – sostiene zialmente Brufani si era rivolto al primo per rea-
Giacomo Brufani nella relazione che accompa- lizzare l’opera, dopo aver ottenuto gratuitamente
gna la domanda –, non solo di dotare la città di dal Comune l’area attigua al nuovo Palazzo
un albergo di pregio, ma “anche dell’allunga- della Provincia, affiderà il progetto all’Arienti.
mento che si andrebbe ad ottenere della Via del L’albergo, anche per le sue particolari funzioni,
Corso” 33. Anche questo edificio, così come lo era si distingue figurativamente dal fronteggiante

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Perugia, hotel Brufani, Alessandro Arienti, 1883 (foto d’epoca).

palazzo pubblico e assume un carattere più quo- di cui rimane traccia al piano terra; la facciata
tidiano, assecondando alcune caratteristiche co- sulla piazza, originariamente in mattoni a faccia
struttive locali, senza tuttavia rinunciare in toto vista e composta più nelle forme di un palazzo
alle consuetudini figurative lombarde. signorile con decorazioni in cotto che non in
Alla scala architettonica, tra i più importanti edi- quelle di un teatro, reinterpreta liberamente un
fici realizzati dall’Arienti è il Teatro Turreno in autoctono passato medieval-quattrocentesco, co-
piazza Danti, dove applica le più innovative tec- stituendo nell’insieme il fondale traslato del
niche costruttive, utilizzando travi in ferro e ma- Corso36. Va sottolineato, in effetti, che, se nelle sue
teriali incombustibili34. Fallita la possibilità di opere architettoniche sarà sempre evidente l’in-
realizzare su un’altra area il maestoso progetto fluenza dell’educazione lombarda, nel tempo
di Calderini per un nuovo teatro – verso il quale tenderà a fonderla e stemperarla con la tradi-
l’Arienti era stato assai critico35 –, bocciata la zione costruttiva dell’ambiente umbro.
proposta neoclassica dell’ingegnere Gualdi, che Tra i molteplici campi d’intervento non manca
non aveva accettato le modifiche imposte dall’uf- quello del restauro. Al momento del suo arrivo a
ficio tecnico, sarà l’Arienti a costruire il nuovo Perugia erano in corso lavori in tal senso al Pa-
edificio teatrale, dopo aver risolto numerose dif- lazzo dei Priori, riguardanti le trifore del primo
ficoltà tecniche. Inaugurato nel 1891 dopo due e secondo ordine di finestre. La scelta, in sintonia
anni di lavori, il teatro ingloba i resti di una fila con quanto stava avvenendo in Europa, era
di case con fondachi trecenteschi ad arco acuto, quella del ripristino in stile per restituire unità,

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Perugia, teatro Turreno, Alessandro Arienti, 1891, interno (foto d’epoca).

coerenza e leggerezza all’assai compromessa fac- stessa”37. Di temi simili si era anche occupato già
ciata. Nei circa dieci anni di lavori si procede prima, nel 1878, durante i lavori di restauro alla
anche alla ricostruzione della merlatura, disat- parte bronzea della Fonte Maggiore38.
tendendone però lo stato originario, per poi pas- Se la sua occupazione di routine era quella della
sare al restauro degli ambienti interni (Sala dei sorveglianza sulle attività di edilizia privata, do-
Notari e Sala del Consiglio Comunale), confer- veva anche occuparsi della costruzione e manu-
mando anche per questi l’integrazione in stile tenzione degli edifici municipali. Altra questione
delle parti andate perdute. L’Arienti è presente da affrontare era quella dei sopralluoghi negli
come supervisore dei lavori, occupandosi soprat- ex conventi per la loro riconversione, perlopiù
tutto degli aspetti tecnico-statici, e come membro come caserme. Alla scala territoriale tratta i pro-
della Commissione di Pubblico Ornato. Inoltre, blemi di bonifica del lago Trasimeno39, ponen-
per la decorazione della Sala del Consiglio pre- dosi con decisione contro il suo proposto pro-
disporrà cinque tavole illustrative della soluzione sciugamento. In accordo con Monti40, spiega van-
da adottare per il suo recupero funzionale ed taggi, profitti e convenienza economica dell’im-
estetico, accettata assai favorevolmente; al con- presa, oltre a proporre i modi più idonei per l’at-
trario, la sua proposta di dettaglio per i “brac- tuazione della stessa. Affronta diverse questioni
cioli”, pur giudicata “veramente bella” e “fatta idrauliche legate all’acquedotto di monte Pac-
con squisito senso d’arte”, è ritenuta poco “con- ciano per migliorare l’approvvigionamento idrico
facente allo stile dell’architettura della sala della città; tra l’altro, nel 1884 realizza presso il

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Perugia, teatro Turreno, Alessandro Arienti, 1891, fronte principale (foto Maria Luisa Neri).

Perugia, teatro Turreno, Alessandro Arienti, 1891, dettaglio del fronte principale (foto Maria Luisa Neri).

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piccolo serbatoio di Valiano un grande conservone


di 5500 mc. per l’accumulo di acqua nei periodi
di basso consumo41.
Accanto alla costruzione di edifici di abitazione,
con continuità lavora alla progettazione e ra-
zionalizzazione della rete viaria, con la sistema-
zione dei viali di circonvallazione e la rettifica
di diverse strade per migliorarne la viabilità,
sempre risolta con soluzioni attente al contesto
urbano, seguendo quei principi di microdemo-
lizioni allora in auge; valga per tutte quella rea-
lizzata in via Muzia (oggi Pinturicchio) che
aveva imposto, purtroppo, l’abbattimento del
corpo laterale della chiesa di S. Fortunato42. Apre
la strada che dalla nuova stazione ferroviaria
porta in città43, progetta due linee ferroviarie44,
la stazione delle tramvie e organizza la cinta da-
ziaria. Costruisce edifici di civile abitazione in
via Pinturicchio e in via Bomtempi, oltre la pro-
pria casa in via della Stella e quella prossima al
teatro Turreno.
Dopo avere già predisposto alcuni disegni per un
mercato coperto nella seconda metà del 1866,
idee poi abbandonate poiché totalmente assor-
bito dalla costruzione del futuro Palazzo della
Provincia, di nuovo tra il 1884 e il 1886, ne studia
diverse soluzioni da collocare in luoghi differenti.
Ritiene la soluzione migliore quella dell’orto di
casa Oddi, un’area oblunga che nella sua propo-
sta articola in due piazze regolari, separate da un
“portichetto”; due ali porticate partono dall’in-
gresso della prima piazza prolungandosi verso
gli uffici e raccolgono molti banchi di vendita,
mentre nella seconda piazza i venditori si dispon-
Alessandro Arienti, Facciata della nuova casa da erigersi in gono in più file. L’edificio d’ingresso, articolato
angolo della via Fustagnari colla via del Gallo precisamente
sull’area acquistata dal Sig. Luigi Arienti, 1867 (ASCMi, Or- su due piani e con alle estremità due scale, è
nato Fabbriche, II serie, c. 133), insieme e dettagli. l’unico elemento su cui è prevista una parte de-

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corativa, ispirata “all’epoca ultima del medio


evo”; esso fronteggia su piazza del Papa, che
l’Arienti concepisce in modo unitario con piazza
San Lorenzo, dopo aver eliminato “gran parte
degli inutili gradini che stanno davanti al
Duomo”45.
Pur essendo pienamente impegnato nel suo
ruolo di ingegnere capo del Comune di Perugia,
l’Arienti trova il modo per costruire anche nella
sua città di origine, ma per un committente fa-
miliare, il fratello Luigi. Già nel 1876 aveva pro-
gettato per lui un palazzetto nel cuore della
Milano moderna46, e circa vent’anni dopo, nel
1895, ve ne costruisce un’altro: un’abitazione ci-
vile in via Ariberto, nella quale non si discosta
dalle forme del neorinascimento lombardo47. Lo
stesso anno lascia la carica di ingegnere-capo del Alessandro Arienti, Progetto di una casa da costruirsi lungo
Comune per dedicarsi all’attività privata che, tut- la via Ariberto di proprietà Arienti Luigi. Pianta del piano
terreno, 1894 (ASCMi, Ornato Fabbriche, II serie, c. 156).
tavia, avrà una brevissima durata, poiché la
morte lo coglie nel 189648.
Oltre ai più importanti interventi edilizi e di tra-
sformazione urbana, la sua attività è stata quasi
sempre legata a questioni apparentemente secon-
darie rispetto ai grandi temi della città e dell’ar-
chitettura. Ma si è trattato di questioni quoti-
diane, di carattere sociale e di servizio alla citta-
dinanza, che hanno occupato molto del suo
tempo e che nel loro insieme hanno inciso pro-
fondamente nella microstoria di Perugia e nella
sua forma urbana, tanto da valorizzare la figura Alessandro Arienti, Progetto di una casa da costruirsi lungo
di Alessandro Arienti, non solo come abile archi- la via Ariberto di proprietà Arienti Luigi. Facciata verso la
via, 1894 (ASCMi, Ornato Fabbriche, II serie, c. 156). In basso
tetto progettista di opere assai rappresentative, a destra è la firma di Arienti, ingegnere capo del municipio di
ma anche quale tecnico competente al servizio Perugia, con la data 31 agosto 1894.
dell’amministrazione pubblica.
Su di lui Domenico Bruschi scrive: rugino, egli, che non una mediocre opera aveva
“E bene avrebbe, a preferenza di altri, meritato fatto fra noi, ma tanta parte del suo ingegno,
l’Arienti l’onore di essere ascritto a cittadino Pe- delle sue fatiche in ogni punto della città aveva

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Milano, abitazione civile in via Ariberto, veduta d’insieme e dettaglio della fac-
ciata principale (foto Maria Luisa Neri). La sopraelevazione dell’ultimo piano
risale probabilmente alla seconda metà degli anni venti del Novecento.

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profuso come ingegnere, come architetto, con- chitetto ed agronomo” 1856-1857, pp. 119-120. Il tema pro-
gettuale era “Un grandioso edificio ad uso di mercato per
ducendo strade, costruendo palazzi, facciate,
oggetti d’industria, adatto ad una città di duecentomila abi-
case, barriere, edifici di ogni uso. Ma non è me- tanti, con abitazioni private. La decorazione è lasciata a
raviglia! Raramente i valenti furono ascritti a cit- piacimento dell’artista”. Risulta vincitore il progetto del-
tadini perugini! [...] Voglio aggiungere, essere l’Arienti (motto: Sovra il tumulo suo membrando il
genio, ec.), dalla “pianta capricciosa, quantunque dimostri
stato commendevolissimo l’Arienti, per la unità nell’autore un certo intendimento alla concentrazione: lo
dello stile dei suoi edifici, pregio singolarissimo stile architettonico peccante al sontuoso in contraddizione
massime in questo tempo di sbagliato eclettismo, colla natura dell’edificio; nondimeno abbastanza lodevole
in sé stesso”. Vedi anche AGOSTI, CERIANA 1997, pp. 88, 98.
nel quale ci è fatto vedere impossibili unioni di 13
Era stato giudicato fra quelli di “scarsa praticità” o
epoche e caratteri diversissimi, imperfettamente “manchevoli di gusto e di peculiari spunti artistici”. Cfr.
conosciuti”49. SELVAFOLTA 1983. “Il progetto Arienti ci mostra una lunga
facciata sulla quale la decorazione policroma ottenuta con
materiali diversi o con coloriture, mette in rilievo l’archi-
tettura dell’edificio. I fregi consistono in borchie e rosoni
1 di tipo rinascimentale, posti al centro di pannelli che or-
TERZETTI 1994; TERZETTI 1997; MANCINI 2009.
2 nano tutta la facciata in maniera simmetrica, sottoline-
ASP, ASCPg, Atti del Consiglio Comunale, 2 marzo 1865,
p. 183. Dopo una lunga “discussione fondata e coscien- andone l’andamento orizzontale” (GIOVENE 1994, p. 59).
ziosa però fatta in oggetto dai Signori Consiglieri real- Il concorso fu poi vinto da Giuseppe Mengoni.
14
mente risultò, che per documenti e per prove di esperienza MONGERI 1862; MONGERI 1863; TEDESCHI 1899; PIETRANTONI
e di capacità [...] supera tutti gli altri Concorrenti”. Pro- 1992; SELVAFOLTA 1999.
15
babilmente non a caso, nella selezione concorsuale era ACMi, Fondo Storico, bb. 54, 55. Il doppio concorso si
stato scelto un architetto “forestiero”, forse seguendo l’an- svolge tra il 1860 e il 1863; la commissione giudicatrice
tica usanza messa in atto durante l’età podestarile, onde era composta dal sindaco Antonio Beretta (Presidente),
superare le inutili e fuorvianti polemiche locali nate in- dagli architetti Giovanni Brocca (con il quale l’Arienti
torno alla questione della sistemazione del nuovo centro aveva realizzato la chiesa di Sermide), Francesco Mazzei,
cittadino. Non per nulla, l’Arienti dovrà confrontarsi più Camillo Boito (relatore), dal pittore Giuseppe Bertini e
volte con inutili rancori, duri attacchi e giudizi a lui spesso dallo scultore Vincenzo Vela. I cinque progetti valutati fa-
assai sfavorevoli. vorevolmente sono quelli di Carlo Maciachini (che poi rea-
3 lizzerà l’opera), Agostino Nazari, Alessandro Arienti, Cesare
MAZZI, ZUCCONI 2006.
4 Osnago e Luigi Agliati, tutti di impronta medievalista
Alessandro Arienti nasce a Milano il 24 maggio 1833 da
Abramo, capomastro, e da Maria Barbini. Sulla figura di (oscillante tra VII e XV secolo). Il giudizio della commis-
Alessandro Arienti, vedi: PREMOLI 1896; BRUSCHI 1897, pp. sione è espresso in una lunga relazione pubblicata nel
13-16; GIOVENE 1994. 1862 e, nell’accurata descrizione della sua proposta, la
5 commissione giudicatrice riscontra “una certa timidità”,
RICCI 1992.
6 sia in pianta sia nella decorazione, “che s’accosta alla imi-
ALBERTOLLI [1782]; ALBERTOLLI 1787; ALBERTOLLI 1805;
COLLE, MAZZOCCA [2005]. tazione”, per poi commentare positivamente che “la timi-
7 dità de’ concetti e della forma è oggigiorno indizio
VACCANI 1832.
8 d’ingegno retto”; tuttavia – conclude – “per non oltrepas-
MOGLIA [1842]; MOGLIA 1837.
9 sare lo scopo, non lo raggiunge”. Cfr. Relazione sui pro-
PATETTA 1975, pp. 289-292; PATETTA 2000. Sul ruolo svolto
dal Sidoli, allievo del neoclassico Luigi Voghera, nella cul- getti 1862, pp. 2-5.
16
tura risorgimentale milanese, vedi CANELLA 1966, pp. 75-85. PREMOLI 1896, p. 8.
10 17
INVERNIZZI, SIDOLI 1852; SIDOLI 1855; SIDOLI, INVERNIZZI L’Istituto di Belle Arti delle Marche è fondato con il De-
1855. creto istitutivo n. 740 del 6 gennaio 1861 di Lorenzo Vale-
11 rio, Commissario Straordinario inviato dal Piemonte. Lo
PREMOLI 1896, p. 7.
12 Statuto è approvato il 31 maggio 1863 e l’Istituto inizia a
Era stato vincitore del concorso Canonica, di fondazione
privata, bandito nel 1855. Cfr. “Giornale dell’ingegnere-ar- funzionare il 2 gennaio 1864. Alessandro Arienti risulta

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presiedere la cattedra di Architettura, cui rinuncerà dopo stesso un monumento che attesterà ai secoli venturi il
essere stato nominato architetto capo del Comune di Pe- primo periodo della riunione e dell’affratellamento delle
rugia il 23 aprile 1865. varie Provincie d’Italia”.
18 27
MONTI 2001. BONAZZI 1960, II, p. 538: “Intanto si stava compiendo
19
Sulle trasformazioni della città e della società perugina, sull’area della Fortezza Paolina a sede del prefetto e del
vedi GROHMANN 1981, pp. 125-169; MAGLIANI 1991. consiglio provinciale, un palazzo monumentale dal va-
20
SORBA 1998. lente ingegnere del nostro comune Alessandro Arienti. Di
21
ADORNO, DE PIERI 2010. quel palazzo a taluni non piacque il genere; ma è pur forza
22
NERI 2009. Nonostante le numerose incertezze generali confessare che in quel genere è un bel palazzo. Unanime
sulle scelte estetiche e funzionali, il progetto per la costru- poi fu il giudizio sulla bellezza e magnificenza del portico
zione della sola “fabbrica di mezzo” è approvato, esclu- quadrilatero, al qual pregio visibilissimo si aggiunge un
dendo però la realizzazione della strada pensile e a pregio occulto, cioè il poco costo del palazzo in propor-
condizione di poter introdurre “tutte quelle modificazioni zione della forte mole”.
28
in senso artistico ed economico che si dimostrassero oppor- ARIENTI 1874.
29
tune a fine che lo edificio meglio corrisponda agli scopi cui “Il Paese” 1879.
30
è destinato, senza portare notevole variazione nella somma ASABAP, Consigli accademici, b. XV; ASABAP, Atti del-
per tal fine destinata nelle relative perizie” (ASPg, ASCPg, l’Accademia, b. XV, 1893, pp. 32, 42.
31
Atti del Consiglio Comunale, 21 gennaio 1867, p. 138). ASPg, ASCPg, Amministrativo 1871-1953, bb. 10, 15,
23
Rimproveri giungono anche da Coriolano Monti che, tra 184 (vedi anche bb. 6, 19, 112, 161, 170, 172, 190, 287,
l’agosto e il settembre 1871, si rammarica con il sindaco 404, 519, 931).
32
Ansidei che alcune importanti decisioni, prese nel Consiglio Pur in una dimensione più modesta rispetto al Monumen-
in merito alla sistemazione dell’area e all’edificio centrale, tale di Milano, nel camposanto perugino vi richiama quanto
non siano poi state rispettate; ma ciò, osserva in parziale allora Boito aveva espresso sulla tipologia cimiteriale: per
difesa dell’Arienti, “non si deve alle indicazioni dell’inge- andare incontro a un pubblico vasto bisognava assicurare
gnere comunale ma a chi ha contato sulle forze di un im- la compresenza di un recinto e un giardino, garantire le esi-
piegato ed ha impedito ogni diverso beneficio interessante” genze pubbliche e private, stabilire un nesso tra architettura
poiché “è necessità produrre monumenti. Ed i monumenti e natura, e tra regola e autonomia (Relazione sui progetti
solo possono produrli i privilegiati”. LATTAIOLI 1992, in par- 1862, pp. 24-25.). Per il cimitero progetta anche la cappella
ticolare pp. 187-188, nota 63. Nel frattempo che si consu- Brufani (1892), di probabili forme neogotiche, e manterrà
mavano le polemiche sullo stile del nuovo palazzo e sulle la direzione dei lavori fino alla sua morte; la sua tomba è
scelte operate per la sistemazione dell’area, il sindaco aveva all’interno dello stesso. ASPg, ASCPg, Amministrativo 1871-
condotto le complesse trattative tra l’amministrazione co- 1953, bb. 10, 15. Vedi anche MASSINI 2002; PREVIGNANO, PONTI,
munale e l’amministrazione provinciale per la compraven- DUFOUR 2002; Un luogo della memoria 1999; Sulle orme
dita del Palazzo Nuovo, che finalmente ottiene la dignità del cambiamento 1999; LUPATTELLI 1920.
33
di avere la destinazione d’uso definitiva a sede della Pro- Comune di Perugia, Atti del Consiglio, 1880, pp. 367-
vincia e della Prefettura, o meglio del Palazzo del Governo. 373; ASPg, ASCPg, Amministrativo 1871-1953, b. 4; GIO-
24
Nel 1870 Guglielmo Calderini aveva fatto richiesta al co- VENE 1994, p. 64. Giacomo Brufani si impegna a costruire
mune di ottenere un’area nei pressi della piazza per co- un albergo di pregio per la città solo se otterrà gratuita-
struire un condominio di appartamenti per la ricca mente l’area, l’acqua e i materiali per le fondazioni; l’al-
borghesia e, in tale occasione, pubblica un opportuno opu- bergo, proprio per sfruttare le esistenti sostruzioni
scolo esplicativo del progetto: CALDERINI 1870. Vedi anche sottostanti, ancora in fase progettuale è spostato in avanti
ROMANINI, ACCINNI 1985. verso il lato prospiciente l’Alberata. Disegni del progetto
25
LATTAIOLI 1992, in particolare p. 190, nota 88. (piante, particolari costruttivi e altro) sono in possesso
26
CIPOLLA, VIVIANI 1872: “La sua architettura mantiene in degli eredi di Giacomo Brufani. Lo stato attuale dell’al-
tutte le parti decorate il serio carattere dello stile Lombardo bergo risulta modificato rispetto all’originale.
34
al quale l’architetto prescelto era stato educato, e se questo GURRIERI 1955, pp. 8-9; CHIUINI 2002a; Sulle orme del
stile ha il torto di non consonare coi bellissimi saggi di Ar- cambiamento 2000. Il nuovo Teatro Turreno sorge sullo
chitettura dei secoli XIV, XV, XVI de’ quali è ricca la città stesso luogo dove Calderini un ventennio prima aveva pen-
di Perugia, ha d’altra parte il vantaggio di essere per sé sato di costruire la sede della Banca Nazionale e dove Co-

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riolano Monti un decennio prima aveva realizzato un an- in Piazza Danti; 2° Progetto nell’orto già Baldini; 3° Pro-
fiteatro ligneo. Eretto con una struttura in ferro e ghisa, getto nell’orto di spettanza della Congregazione Comunale
nel 1896 accoglie la prima rappresentazione cinematogra- di Carità posteriore al palazzo dei Tribunali con ingresso
fica. Dopo l’incendio subito nel 1915, sarà integralmente dalla via dell’Ospedale; 4) Progetto nella Piazza già Au-
demolito e ricostruito come sala cinematografica nel 1953. reli), con le perizie dei lavori da eseguire. Nonostante nelle
“Del progetto di Arienti resta soltanto un bellissimo dise- relazioni si faccia riferimento a precisi tipi grafici, di questi
gno dipinto ad acquerello, che rappresenta una sezione non vi è traccia nella busta. Dei quattro progetti, tre sono
longitudinale dell’edificio, in scala 1:100, dove sono visibili redatti dall’ufficio tecnico e uno dal sig. Romeo Bartoccini.
le decorazioni e le sistemazioni interne dell’atrio, dei pal- Il fascicolo relativo al progetto del “Mercato coperto delle
chi e della platea” (GIOVENE 1994, pp. 67-68). Erbe e delle Carni” nell’area di proprietà comunale fra le
35
L’edificio del Politeama ebbe una vita difficile, anche vie Oradina e del Sole (15 novembre 1884) comprende una
per gli accesi contrasti che si erano venuti a creare tra Cal- Relazione a firma di Alessandro Arienti, e una Perizia dei
derini e Arienti sulla stabilità della costruzione. Cfr. CAL- lavori necessari per costruire il Mercato delle Erbe e Carni
DERINI 1873; ARIENTI 1873. nell’area confinante con Piazza del Papa (oggi sede del
36
Al termine dei lavori nasce una polemica con l’ingegnere Teatro Turreno). Il fascicolo (denominato Allegato A) con-
Gualdi, che sui giornali rivendica la paternità di alcune so- tenente il progetto da eseguirsi nell’orto di proprietà della
luzioni adottate dall’Arienti, il quale controbatte che il pro- nobile famiglia Oddi, comprende anche la comparazione
getto dell’ingegnere era stato ritenuto irrealizzabile per serie fra questo e l’altro da eseguirsi nei fondi sottostanti il pa-
carenze tecniche e costruttive e che per il proprio progetto lazzo de’ Tribunali e piazzale adiacente; la Relazione è fir-
si era chiaramente ispirato al Teatro Dal Verme di Milano. mata da Alessandro Arienti. Un fascicolo contiene la Perizia
37
MANCINI 1997; ASPg, ASCPg, Amministrativo 1871- sommaria del mercato coperto che si vorrebbe eseguire nei
1953, bb. 69 (1882, sistemazione della nuova sala del fondi sottostanti al Palazzo de’ Tribunali e piazzale adia-
Consiglio), 182 (30 aprile 1884). cente, la Perizia dei lavori di nuova costruzione del mer-
38
Comune di Perugia, Atti del Consiglio, 1878, pp. 91-92. cato da eseguirsi nell’area posteriore al fabbricato
39
Sul bonificamento del Lago Trasimeno 1867; la rela- comunale nella Piazza Danti già della Paglia (il progetto
zione a stampa è firmata dagli ingegneri Giovanni Boschi, è redatto da Bartoccini). Cfr. BONCI, FILIPPUCCI, MENCHETELLI,
Guglielmo Bandini e Alessandro Arienti, e datata dicembre MERLI 2009, in part. p. 32, nota 93.
46
1866. ASCMi, Ornato Fabbriche, II serie, c. 133. Il progetto è
40
MONTI 1866 (relazione datata dicembre 1866, pubblicata redatto su richiesta del fratello Luigi, capo mastro; la casa
come estratto da “Il Politecnico. Giornale dell’ingegnere è sita in via del Gallo, 6 in angolo con via Fustagnari (oggi
architetto civile ed industriale”, a. XIX). è totalmente trasformato).
41 47
Provvedimenti urgenti 1888; ARIENTI 1889; ARIENTI 1891. ASCMi, Ornato Fabbriche, II serie, c. 156. Il progetto per
42
REGNI 2000. ASPg, ASCPg, Amministrativo 1860-1870, una casa ad uso abitativo di proprietà di Luigi Arienti è
b. 192A, fasc. 2. Nel 1867 la chiesa è inserita tra gli edifici presentato il 2 novembre 1894 e i lavori di costruzione sono
da adibire a fini di pubblica utilità; nel 1869-70, decisi a terminati il 13 settembre 1895. La casa di via Ariberto 19
migliorare la viabilità nei pressi della chiesa all’imbocco (ora 27) è suddivisa in tre fasce orizzontali con corona-
di porta Grimana, si demolisce il corpo laterale della chiesa mento terminale ad archetti; è riquadrata da candelabre
con la sacrestia e i locali privati adiacenti, oltre al loggiato e arricchita da balconi, mensole e decorazioni in cotto
sulla piazza. rosso di gusto tipicamente lombardo; oggi risulta soprae-
43
Comune di Perugia, Atti del Consiglio, 1867, pp. 293- levata di un piano, probabilmente aggiunto nella seconda
298. È approvata la realizzazione di una “strada retta e metà degli anni venti del Novecento.
48
brevissima” che dalla stazione conduce nel centro della Vedi “L’Unione Liberale” 1896a; “L’Unione Liberale”
città; alla Relazione dell’Ufficio Tecnico con le modifiche 1896b; “Il Messaggero” 1896; “Don Chisciotte” 1896;
proposte rispetto al precedente progetto sono allegate una “L’Italia del Popolo” 1896.
49
planimetria e un profilo. BRUSCHI 1897, pp. 15-16.
44
PREMOLI 1896, p. 10.
45
Comune di Perugia-Archivio Centrale, Sezione Fabbri-
cati, b. 13, fasc. 12. La busta contiene quattro progetti
(“Progetti vari di mercati coperti, 1884-1885”: 1° Progetto

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Nazareno Biscarini (1835-1907)


Valeria Menchetelli

Nazareno Biscarini, di Angelo e Domenica Frat- decenni sarà l’artefice di una vera e propria ri-
ticioli, nasce a Perugia il 2 gennaio 1835. Inizia voluzione didattica all’interno dell’Accademia7.
a frequentare l’Accademia di Belle Arti nell’anno Biscarini frequenta assiduamente le lezioni8 e,
1850-18511, all’età di 14 anni, seguendo inizial- come testimoniano le valutazioni didattiche, è
mente la Scuola di Ornato, la cui cattedra è as- studente assai lodevole, tanto da meritare il giu-
segnata proprio in quell’anno a Vincenzo dizio di “volenteroso intelligente e diligente”9.
Baldini; suoi sono i disegni di decorazioni vege- Agli anni della frequentazione dei corsi tenuti da
tali (anno 1852) e di un Fonte battesimale sullo Santini risalgono il disegno di Porta e mura di
stile del XV secolo (anno 1855)2, rispettivamente città (1853)10, le cinque tavole del Progetto per
relativi alla terza classe, “che era la più sem- un’Accademia di Belle Arti (1854)11 e i quattro
plice”, e alla prima classe, “che era l’ultima del disegni per un Magnifico palazzo per un ricco
corso di studio e la più difficile”3. Sempre sotto signore (1858), questi ultimi presentati in occa-
la guida di Baldini, segue i corsi della Scuola di sione del concorso triennale12. In particolare, i
Prospettiva: nel 1857, come allievo della prima disegni per l’Accademia di Belle Arti anticipano
classe, partecipa al concorso d’anno4 con la sug- un tema progettuale centrale nella carriera di Bi-
gestiva “invenzione” di un interno di chiesa go- scarini, che troverà espressione compiuta nel
tica5. La formazione di progettista di Biscarini 1891, quando ormai sarà egli stesso, sia pure in
matura durante la frequentazione della Scuola maniera mai ufficializzata, a dirigere la Scuola
di Architettura come allievo di Giovanni Santini, di Architettura. Nel tracciare un profilo di Naza-
nell’ambito del lungo periodo caratterizzato reno Biscarini, infatti, appare significativo notare
dalla direzione dell’istituzione perugina da parte come l’attività professionale si intrecci con l’at-
del maestro umbertidese6; uno dei suoi colleghi tività didattica13: nel 1884 egli rientra come do-
di studi è Guglielmo Calderini, che nei successivi cente all’interno dell’Accademia di Belle Arti
perugina, assumendo il ruolo di supplente di Ce-
Nazareno Biscarini, Fonte battesimale sullo stile del XV secolo,
1855 (Perugia, Archivio dell’Accademia di Belle Arti “Pietro
sare Daddi; il 30 ottobre 1885, poi, è incaricato,
Vannucci”, Fondo didattico Ornato, inv. 167). ufficialmente per un solo anno, come professore

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Nazareno Biscarini, Visione della navata centrale d’interno di chiesa gotica con altare sormontato da ciborio monumentale,
1857 (Perugia, Archivio dell’Accademia di Belle Arti “Pietro Vannucci” di Perugia, Fondo didattico Prospettiva, inv. 184).

addetto della Scuola di Architettura14. La sua at- citi rinnovi dell’incarico, questo gli viene formal-
tività di docente prosegue in realtà fino al 1897, mente revocato mediante una comunicazione
anno in cui gli subentra il folignate Vincenzo del 29 agosto 1897, in cui si specifica che il prov-
Benvenuti, risultato vincitore dell’apposito con- vedimento di cessazione sarà efficace già a par-
corso svoltosi il 18 giugno 1897. Il fatto è fonte tire dal mese di settembre16. I soli due giorni di
di particolare amarezza per Biscarini che, fin dal- preavviso spingono Biscarini a rivolgersi a un le-
l’inizio, seppure gli venga corrisposto uno stipen- gale al fine di rappresentare al Consiglio Acca-
dio ridotto (che egli stesso definisce “tenue”), si demico come negli anni la sua attività di docente
era dedicato all’insegnamento con autentica pas- abbia progressivamente assunto un carattere di
sione, vedendo aumentare rapidamente il nu- stabilità e di garantirsi almeno il pagamento
mero dei suoi allievi, tanto da necessitare della dello stipendio per i due mesi successivi ovvero
collaborazione di un giovane, Damiano Mignini, fino al termine dell’anno scolastico in corso17.
per il quale in data 29 aprile 1887 chiede per Gli anni dell’attività didattica di Biscarini sono
iscritto al direttore dell’Accademia un adeguato caratterizzati non soltanto da una viva parteci-
compenso15. In ogni caso, dopo dodici anni di ta- pazione alle questioni dell’Accademia (nel 1891

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Nazareno Biscarini, Progetto per un’Accademia di Belle Arti, 1854 (Perugia, Archivio dell’Accademia di
Belle Arti “Pietro Vannucci” di Perugia, Fondo didattico Architettura, inv. 612).

Nazareno Biscarini, Progetto per la riduzione del fabbricato di San Francesco al Prato da destinarsi
per Accademia di Belle Arti. Tav. VII, 1891 (Perugia, Archivio dell’Accademia di Belle Arti “Pietro Vannucci”,
Disegni degli architetti, inv. D59a).

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è nominato Consigliere assieme a Raffaele An- sistematicamente contrassegnate dall’impiego del


geletti18 e nel 1894 è iscritto nell’elenco degli elet- laterizio e del cotto, a volte come tessitura dei pa-
tori per la Giunta superiore di Belle Arti presso ramenti murari, ma ancor più spesso come ele-
l’Accademia perugina19), ma anche da un’in- mento caratterizzante nell’apparato decorativo,
tensa ricerca progettuale (nel 1890 partecipa aspetto che giunge a rappresentare un vero e pro-
all’Esposizione Nazionale di Belle Arti di Torino, prio “marchio di fabbrica” dell’architetto, quasi
presentando progetti elaborati in collaborazione una sua firma.
con Andrea Busiri Vici e Tito Azzolini, e nello Una delle prime esperienze professionali di Bi-
stesso anno è incaricato di elaborare il Progetto scarini è costituita dalla partecipazione, insieme
per la riduzione del fabbricato di San Fran- ad Amerigo Calderini, al primo concorso indetto
cesco al Prato da destinarsi per Accademia di nel 1860 dall’amministrazione comunale peru-
Belle Arti, ipotizzando la sistemazione della gina per la sistemazione dell’area dell’ex fortezza
nuova sede nei locali dell’ex convento). Questo paolina: l’ipotesi progettuale dei due architetti,
progetto, le cui vicissitudini sono lunghe e tra- contraddistinta dal motto Patientia cum labore,
vagliate (come testimonia il consistente carteg- risulta selezionata dalla commissione giudica-
gio amministrativo tuttora conservato20), non trice (febbraio 1862) e, seppure il concorso non
troverà mai pieno riscontro realizzativo. abbia alcun esito concreto, la sistemazione ge-
Relativamente all’attività professionale, Biscarini nerale dell’area proposta da Biscarini e Calderini,
decide di intraprendere la propria carriera esclu- caratterizzata da un imponente edificio (desti-
sivamente in ambito locale. Ed è probabilmente nato ad accogliere gli spazi necessari alle nuove
proprio il legame con il territorio a rappresentare esigenze amministrative) eretto sul sedime della
l’aspetto più caratteristico dell’opera del progetti- demolita rocca paolina e circondato da ampi
sta; ancor più per il fatto che il fratello Francesco, spazi aperti (destinati ad accogliere la vita sociale
affermato scultore, anch’egli formatosi all’Acca- della città), è talmente convincente da configu-
demia di Belle Arti, fonda a Perugia, assieme a Raf- rare l’assetto di partenza assunto per il secondo
faele Angeletti, il laboratorio artistico Angelet- concorso, indetto nel 1863. I due partecipano
ti-Biscarini (noto, anche se impropriamente, come nuovamente alla seconda competizione, addirit-
“fornace”)21. Il laboratorio, che negli anni se- tura con due progetti (il primo presentato il 27
guenti assurgerà perfino alla ribalta internazio- gennaio, il secondo il 25 novembre)22: tuttavia,
nale con il nome di “Premiata fabbrica di ter- anche questo concorso, “sebbene il giudizio [...]
recotte artistiche”, produce terrecotte architettoni- sia affidato all’Accademia di Belle Arti di Firenze,
che di spiccata valenza artistica: attraverso il ricco e nonostante [l’autorevole] parere consultivo di
campionario della sua produzione le realizzazioni Antonio Cipolla [...] non ha esito positivo”23.
umbre a cavallo tra Otto e Novecento si caratteriz- La committenza di Biscarini è nella fase iniziale
zano per un’impronta stilistica inconfondibile. della sua attività professionale costituita da per-
L’evidente facilità di Biscarini ad attingere ai pro- sonaggi e famiglie appartenenti al ceto nobile o
dotti della fornace fa sì che le sue architetture siano alla borghesia emergente. Al 1870 circa risale la

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Nazareno Biscarini, Amerigo Calderini, Nuovo progetto per la sistemazione dell’area dell’ex Forte Paolino
e sue adiacenze. Studi planimetrici, 1863 (Perugia, Archivio dell’Accademia di Belle Arti “Pietro Vannucci”,
Disegni degli architetti, inv. D50).

Perugia, arco di ingresso della villa Degli Azzi-Vitelleschi, Nazareno Biscarini, 1870 ca. (foto Stefano Bottini).

progettazione dell’arco di ingresso alla villa Degli tato allo stato attuale delle ricerche, che a Bisca-
Azzi Vitelleschi24, residenza del giureconsulto e rini appartenga la paternità della complessiva ri-
docente di origine folignate Giustiniano Degli strutturazione subita nella seconda metà dell’Ot-
Azzi Vitelleschi fino al 1874, anno della sua tocento dall’intera proprietà della famiglia, com-
morte. Appare probabile, seppure non documen- posta da un vasto terreno, in gran parte organiz-

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Perugia, arco di ingresso della villa Degli Azzi-Vitelleschi, Nazareno Biscarini, 1870 ca., rilievo: prospetto (da B ARTOLONI 2008-2009).

zato a giardino, e dall’edificio residenziale prin- ternatesi nel ruolo di capitale del Regno d’Italia
cipale. È però l’arco di ingresso, presenza archi- nel periodo storico in esame25.
tettonica attraverso cui il prestigio della famiglia Negli anni settanta dell’Ottocento il progettista è
si dichiara al visitatore, l’elemento di punta della solito recarsi presso il salotto culturale26 che Mary
sistemazione: impostato come arco trionfale a Stuart, moglie dell’industriale piemontese Ro-
un fornice e a due ordini sovrapposti di paraste meo Gallenga, promuove e alimenta all’interno
tuscaniche semplificate, ha uno schema tipolo- della propria residenza perugina in piazza Gri-
gico riferibile a forme neocinquecentesche e neo- mana, acquistata nel 1874 dalla famiglia Anti-
seicentesche. Gli ordini sono correlati in modo nori, che in precedenza vi dimorava. Il salotto
che l’imposta dell’arco poggi sulla trabeazione culturale di Mary Stuart, “frequentato dai più il-
dell’ordine inferiore e raccordati lateralmente da lustri nomi della Perugia dell’epoca”27, rappre-
due volute appena accennate. La chiave dell’arco senta uno dei maggiori poli di attrazione del-
è decorata da un mascherone culminante in una l’Italia centrale per artisti non solo italiani, ma
mensola a voluta; l’ordine superiore termina con anche stranieri. Il legame che Biscarini instaura
un cornicione sorretto da una serie di peducci su con la famiglia Gallenga Stuart è ben saldo e gli
cui poggia il coronamento apicale, costituito da vale l’incarico della progettazione della residenza
un gruppo scultoreo in cotto composto da due fi- estiva sulla collina di Mandoleto, ubicata lungo
gure femminili sedute ai lati di uno stemma in la via Pievaiola a pochi chilometri da Perugia. I
arenaria, secondo la tradizione popolare rivolte coniugi Gallenga acquistano nel 1872 la tenuta
l’una verso Roma e l’altra verso Torino, città al- dal precedente proprietario Gustavo Rosati fu

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Pierleone da Perugia; a Biscarini è affidato il


compito di trasformare gli edifici preesistenti in
un complesso residenziale di elevata rappresen-
tanza. Il progettista modifica la residenza attri-
buendole alcuni caratteri delle ville fortificate,
seguendo una tendenza all’epoca in auge tra i
più facoltosi esponenti dell’aristocrazia perugina:
il nucleo abitativo principale, a pianta quadran-
golare, è articolato su tre livelli; sul versante
orientale spicca una torre a base esagonale, men-
tre sul versante opposto una cortina d’angolo si-
mula una seconda torre a base quadrata; tutti i
volumi sono coronati da merlature a coda di
rondine su beccatelli, in rigorosa osservanza
dello stile neogotico. Al corpo principale si ag-
giungono un edificio adibito a scuderia e altri
corpi minori; il complesso è adagiato su ampi
terrazzamenti di raccordo tra gli edifici e il parco
circostante, formato prevalentemente da conifere
e impostato secondo un sistema di percorsi si-
nuosi di carattere paesaggistico “all’inglese”. La
realizzazione della villa-castello impegnerà Bi-
scarini per circa un ventennio, anche a causa
delle drammatiche vicende familiari attraversate
da Mary Stuart, che proprio alla “villa Mando-
leto”, così denominata da Gabriele D’Annunzio28,
perde nell’estate del 1878 il marito, il figlio pri-
mogenito e la sorella a causa di un’epidemia di
difterite. Il fervore culturale di cui torna a cir-
condarsi, però, fa sì che una nutrita équipe di ar-
tisti concorra alla realizzazione dell’apparato
decorativo della villa: negli esterni trovano
espressione molteplici declinazioni nell’utilizzo
delle terrecotte architettoniche Angeletti-Bisca-
rini, sia come elementi scultorei isolati sia come
Perugia, villa-castello Gallenga Stuart in località Mandoleto,
motivi geometrici ottenuti dall’iterazione seriale Nazareno Biscarini, 1891, veduta del versante occidentale, det-
di pezzi regolari; negli interni, l’opera di perso- taglio del balcone in terracotta e interno.

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Perugia, cappella Monaldi all’interno del cimitero monumen- Perugia, cappella Foschi all’interno del cimitero monumentale,
tale, Nazareno Biscarini (MASSINI 2002, foto Simone Bori). Nazareno Biscarini (MASSINI 2002, foto Simone Bori).

naggi quali Francesco Moretti, Matteo Tassi, Um- fonda opera di rinnovamento del patrimonio ar-
berto Gualaccini, Diomede Catalucci e Lemmo chitettonico ecclesiastico, promuovendo l’edifica-
Rossi Scotti29 conferisce un carattere di unicità zione ex novo o la sostanziale ristrutturazione di
alla residenza nobiliare30. un cospicuo numero di chiese parrocchiali (oltre
Il particolare frangente storico in cui Biscarini si cinquanta), definite in seguito “chiese leoni-
trova a operare comporta che, accanto a incari- ne”31. Le chiese sono accomunate da caratteri ri-
chi di progettazione di carattere più ordinario correnti, sia dal punto di vista stilistico (l’im-
(realizza ad esempio le cappelle sepolcrali Mo- pianto planimetrico e, in misura maggiore, della
naldi e Foschi all’interno del cimitero monu- facciata, spesso l’unica parte dell’edificio preesi-
mentale perugino, entrambe contrassegnate da stente a essere ristrutturata, è di stampo neoro-
una severa impostazione neoclassica ingentilita manico o neogotico) sia dal punto di vista ma-
da un ricco apparato decorativo di matrice eclet- terico (il laterizio, talvolta abbinato alla pietra
tica), egli entri a far parte, per di più in posizione serena, è sistematicamente impiegato in facciata
dominante, del gruppo di architetti che gravitano e nell’apparato decorativo). E non è certo casuale
attorno alla figura di Vincenzo Gioacchino Pecci, la particolare accumulazione di questi edifici
vescovo di Perugia tra il 1846 e il 1878, anno in lungo la via Marscianese, nota come “via del la-
cui viene eletto papa con il nome di Leone XIII. terizio”, che sottolinea ulteriormente il legame
Pecci compie nella diocesi di Perugia una pro- con le vocazioni produttive territoriali caratteri-

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Perugia, chiesa parrocchiale di Sant’Andrea in via della Sposa, Perugia, cappella della Confraternita della Misericordia all’in-
Nazareno Biscarini, 1873, veduta della facciata (foto Valeria terno del cimitero monumentale, Nazareno Biscarini, 1880 ca.,
Menchetelli). veduta d’insieme (foto Simone Bori).

stico di questo periodo storico. Per portare a com-


pimento tale azione innovatrice Pecci si avvale
dell’opera di numerosi architetti e artisti al-
l’epoca affermati, tra i quali Biscarini occupa
una posizione di spicco: è infatti coinvolto come
progettista nella realizzazione di circa trenta edi-
fici sacri, tanto da meritare l’appellativo di “ar-
chitetto delle chiese”. Questo rappresenta cer-
tamente un segmento consistente della produ-
zione dell’architetto, che lo impegna con una
certa continuità per l’intera durata della sua at-
tività professionale, a partire dagli anni del suo
esordio (la sistemazione della chiesa parroc-
chiale di San Martino in Campo risale al 1866)
fino a giungere ai primi anni del Novecento (il
rifacimento della chiesa di Compignano è ulti- Perugia, cappella della Confraternita della Misericordia all’in-
terno del cimitero monumentale, Nazareno Biscarini, 1880 ca.,
mato nel 1905)32. La più emblematica delle rea- dettagli (foto Simone Bori).

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funzionante, in seguito divenuto abitazione del


medico, letterato e studioso assisiate Raniero Gi-
gliarelli e oggi non più esistente. Ancora a Peru-
gia, realizza nel 1894 le due palazzine gemelle34
che fronteggiano la stessa piazza d’Armi e, sor-
gendo in luogo del demolito Politeama Calderini,
completano la sistemazione dell’area della Ca-
serma dei Carabinieri, edificata qualche anno
prima da Giulio De Angelis35: le palazzine, che
nel tempo hanno assunto il nome del progettista
(palazzine Biscarini), presentavano originaria-
mente una balconata classicheggiante ornata da
statue ispirate a motivi mitologici e da nicchie
con conchiglie; attorno al 1940 sono state am-
piamente rimaneggiate e una parte consistente
degli ornamenti presenti ha trovato diversa col-
locazione. A Marsciano, nel 1897, l’architetto
Perugia, palazzine Biscarini, Nazareno Biscarini, 1894, veduta porta poi a compimento il teatro Concordia36,
d’insieme di una palazzina (foto Stefano Bottini).
sorto grazie all’iniziativa privata di venticinque
lizzazioni in questo campo, e certamente quella cittadini che, il 10 marzo 1872, costituiscono una
che sintetizza le caratteristiche sostanziali dello società finalizzata all’edificazione e alla gestione
“stile leonino”, è la Cappella della Confraternita di un nuovo centro culturale. La realizzazione
della Misericordia, costruita a partire dal 1880 dell’edificio, avviata nel 1875, procede per oltre
circa all’interno del cimitero monumentale di vent’anni: l’edificio è inaugurato nel 1899, ma i
Perugia33, il cui ricchissimo apparato decorativo lavori di finitura interna proseguono almeno
deriva dal largo utilizzo da parte di Biscarini dei fino al 1908, anno in cui è testimoniato che il
prodotti del laboratorio artistico del fratello Fran- loggione è ancora in fase di costruzione. Il teatro
cesco: oltre ai laterizi bicromi, che scandiscono attraversa nel tempo vicende alterne, caratteriz-
con regolarità la tessitura muraria, sono presenti zate da periodi di inattività e culminanti nella
elementi ornamentali fitomorfi e antropomorfi, definitiva chiusura del 1982; nel 1988 la pro-
rigogliosi capitelli, sinuose volute, colonne tortili, prietà passa al Comune di Marsciano, che ne tra-
cornici dentellate che definiscono un’articolata sforma radicalmente l’organizzazione interna
e compiuta teoria architettonica eclettica. convertendolo in moderna sala cinematografica:
L’attività del progettista perugino continua nel a memoria della configurazione originaria ri-
tempo a spaziare anche nell’ambito delle opere mane la facciata in laterizio, come di consueto
civili: nel 1888 progetta e realizza un albergo sul caratterizzata da elementi decorativi prodotti
lato orientale della piazza d’Armi a Perugia, mai dalla fabbrica di terrecotte perugina.

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Marsciano (Pg), teatro Concordia, Nazareno Biscarini, 1897, veduta della facciata (foto
d’epoca).

Marsciano (Pg), teatro Concordia, Nazareno Biscarini, 1897, rilievo: prospetto (da PERRI
2006-2007).

Nel complesso, la figura di Nazareno Biscarini ap- del periodo in cui si inserisce e si sviluppa inte-
pare quella di un architetto dotato di ingegno, di ressando una molteplicità di ambiti. Biscarini
mirabile energia produttiva e di originale genia- muore il 10 gennaio 1907, all’età di 72 anni; è se-
lità: la sua opera si allinea alla tendenza eclettica polto all’interno del cimitero monumentale di Pe-

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8
rugia, nell’edicola di famiglia, assieme al padre Nel primo anno di frequentazione delle lezioni, accumula
62 presenze e 22 assenze. Cfr. ASABAP, Registri e ruoli delle
Angelo e al fratello Francesco. L’epigrafe lo com-
iscrizioni, 1790-1970, reg. 3, “Accademia di Belle Arti in
memora in maniera sobria e dignitosa: “Qui ri- Perugia. Registri d’iscrizione dall’anno 1852-53 all’anno
posa la salma di Nazzareno Biscarini le cui virtù 1882-83”, 1852-1883, p. [14].
9
Ivi, p. [15].
ed eccelse opere lo ricorderanno perennemente 10
Nazareno Biscarini, Porta e mura di città, 1853, 1045 x
alla famiglia e ai posteri”. 684 mm, china rossa e nera e acquarello, n. inv. 591 (Fon-
dazione Accademia di Belle Arti “Pietro Vannucci” di Peru-
gia, Fondo didattico Architettura). Il disegno risponde al
1
Cfr. ASABAP, Registri e ruoli delle iscrizioni, 1790-1970, Concorso di Architettura in seconda classe avente per tema
reg. 3, “Accademia di Belle Arti in Perugia. Registri d’iscri- Ideare una porta di città presso il luogo dell’attuale Porta
zione dall’anno 1852-53 all’anno 1882-83”, 1852-1883, p. detta della Penna, fornendola di opportune comodità
[4]. Biscarini risulta formalmente iscritto dal 18 novembre per le guardie, e per gli impiegati del dazio consumo,
1851 ed è identificato dal numero progressivo 44. ponendo però detta porta in direzione che la strada in-
2
I disegni fanno parte del Fondo didattico Ornato conser- croci con la Romana dirimpetto alla Fonte rossa e con
vato nella Fondazione Accademia di Belle Arti “Pietro Van- pianta, prospetti e spaccati, cfr. MURATORE, BOCO 1989, p.
nucci” di Perugia. Si tratta, nello specifico, di due disegni 184.
11
relativi al concorso di Ornato in terza classe (Decorazione I disegni fanno parte del Fondo didattico Architettura
vegetale, 1852, 833 x 565 mm, china, n. inv. 148; Festone conservato nella Fondazione Accademia di Belle Arti “Pietro
con decorazione vegetale e di frutta, 1852, 555 x 820 mm, Vannucci” di Perugia. Si tratta, nello specifico, di: Progetto
china, n. inv. 149) e di due disegni relativi alla prima classe per un’Accademia di Belle Arti, 1854, 655 x 910 mm,
di Ornato (“Fonte battesimale sullo stile del XV secolo”, china e acquarello, n. inv. 612; Icnografia dell’Accademia
1855, 1158 x 740 mm, china e inchiostro acquerellato, n. di Belle Arti, primo e secondo piano, 1854, 890 x 652 mm,
inv. 167; “Fonte battesimale sullo stile del XV secolo”, china e acquarello, n. inv. 613; Dettagli del progetto per
1855, 736 x 1060 mm, china e inchiostro acquerellato az- l’Accademia, 1854, 645 x 939 mm, china, n. inv. 614; Det-
zurro, n. inv. 168). Agli ultimi due disegni se ne aggiunge tagli dell’Accademia di Belle Arti, 1854, 910 x 656 mm,
in realtà un terzo (Nazareno Biscarini, Iconografia del china e acquarello giallo, n. inv. 615; Pianta Topografica,
fonte, 1855, 485 x 685 mm, china e inchiostro acquarel- 1854, 810 x 656 mm, china e acquarello policromo, n. inv.
lato), erroneamente inventariato nell’ambito del Fondo di- 616. I disegni sono elaborati in occasione del Concorso di
dattico della Scuola di Architettura con il numero 619 e il Architettura in prima classe avente per tema Ideare una
cui corretto numero di inventario dovrebbe essere il 169, Accademia di Belle Arti per la città di Perugia scegliendo
non a caso mancante nel Fondo didattico della Scuola di la più adatta località con tutte le necessarie comodità,
Ornato. dando pianta, prospetto e spaccati, cfr. MURATORE, BOCO
3
Cfr. CAUTI 1989, p. 45. Gli allievi della terza classe dovevano 1989, p. 185.
12
in genere eseguire copie dal vero. I disegni fanno parte del Fondo didattico Architettura
4
Cfr. MURATORE, BOCO 1989, p. 202. conservato nella Fondazione Accademia di Belle Arti “Pie-
5
Nazareno Biscarini, Visione della navata centrale d’in- tro Vannucci” di Perugia. Si tratta, nello specifico, di: Or-
terno di chiesa gotica con altare sormontato da ciborio tografie esterne anteriore e principale di un palazzo,
monumentale, 1857, 1100 x 793 mm, china e inchiostro 1858, 1060 x 698 mm, china e acquarello, n. inv. 690; Or-
acquarellato, n. inv. 184 (Fondazione Accademia di Belle tografie interne del palazzo sulla linea A-B, A-C, A-D,
Arti “Pietro Vannucci” di Perugia, Fondo didattico Prospet- 1858, 727 x 1055 mm, china e acquarello, n. inv. 691;
tiva). Pianta terrena di un palazzo, 1858, 920 x 650 mm,
6
Santini vince la cattedra di Architettura nel 1832 e ricopre china e acquarello policromo, n. inv. 692; Icnografia del
tale incarico fino al 1868, anno della sua morte, quando gli piano nobile di un magnifico palazzo, 1858, 646 x 893
subentra Guglielmo Calderini. Cfr., in questo stesso volume, mm, china e acquarello, n. inv. 693. I disegni sono elabo-
il saggio di Paolo Belardi e Luca Martini, pp. 125-139. rati in occasione del Concorso triennale di Architettura
7
Cfr., in questo stesso volume, il saggio di Antonella Greco, avente per tema Magnifico palazzo per un ricco signore
pp. 185-195. con pianta del pianterreno e piano nobile, elevato

182
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30
esterno di fronte e di fianco, sezioni interne e dimostra- La villa è stata acquistata nel 2007 dalla società “Mando-
zione della scala principale, cfr. MURATORE, BOCO 1989, p. leto”, che ha consentito di svolgere indispensabili lavori di
185. manutenzione; attualmente è in vendita.
13 31
Per un profilo biografico sintetico di Nazareno Biscarini Sulle chiese leonine cfr. CAPPELLETTI 1993; BASTIANINI 2003;
cfr. Biscarini Nazareno 1989. ANDREOLI 2003-2004; PIOPPI 2003-2004; BERNARDINI 2004-
14
La nomina, firmata dal Presidente del Consiglio Accade- 2005; FARINELLI 2005-2006; GAROFANINI 2005-2006; GUSTI-
mico, ufficializza oltre l’incarico la modalità di pagamento, NELLI 2005-2006; MINCHIELLI 2005-2006; ROMAGNOLI
specificando che Biscarini “riceverà mensilmente postici- 2005-2006; SEPIONI 2006-2007; MENCHETELLI 2007-2008;
pato [...] assegno mensile di Lire 114,96 nette da tasse”; cfr. MENCHETELLI 2011b; MENCHETELLI 2012.
32
ASABAP, Corrispondenza con artisti, studiosi e varie au- Tra le chiese in cui Biscarini interviene a vario titolo come
torità, 1790-1955, b. 2, “B” 1816-1910, 107, c. 2 rv. Bisca- progettista, alcune delle più significative sono: San Martino
rini assume l’incarico dopo il nulla osta del Comune di a San Martino in Campo (1866); Sant’Andrea a Perugia
Perugia, firmato in data 20 novembre 1885 dal neo eletto (1873), parrocchia di appartenenza di Biscarini, che risiedeva
sindaco Tiberio Berardi, cfr. Ivi, c. 3. in Porta Santa Susanna; Maria Santissima Assunta in Cielo
15
Cfr. ASABAP, Corrispondenza con artisti, studiosi e varie a Montegabbione (1873-1876), in cui una targa testimonia
autorità, 1790-1955, b. 2, “B” 1816-1910, 107, c. 4. la data della posa della prima pietra e la paternità del progetto;
16
Cfr. ASABAP, Corrispondenza con artisti, studiosi e varie Santi Apostoli Pietro e Paolo a Monteleone d’Orvieto, in cui il
autorità, 1790-1955, b. 2, “B” 1816-1910, 107, c. 9. campanile preesistente è interamente ridisegnato da Biscarini
17
Cfr. ASABAP, Corrispondenza con artisti, studiosi e varie e attualmente ospita i disegni originali dell’architetto; Cap-
autorità, 1790-1955, b. 2, “B” 1816-1910, 107, cc. 1, 1bis, pella della Confraternita della Misericordia a Perugia (1880);
10, 11. Santa Maria Maddalena a Ponte Valleceppi (1882-1900), la
18
Cfr. ASABAP, Corrispondenza con artisti, studiosi e varie cui paternità è ancora una volte testimoniata da una targa
autorità, 1790-1955, b. 2, “B” 1816-1910, 107, c. 6. interna, che fornisce anche indicazioni circa gli artisti che
19
Cfr. ASABAP, Corrispondenza con artisti, studiosi e varie decorarono gli interni; Santi Apostoli Filippo e Giacomo a Pa-
autorità, 1790-1955, b. 2, “B” 1816-1910, 107, c. 7. nicarola (1882), per cui Biscarini progetta nel 1886 un am-
20
Cfr. ASABAP, Carteggio amministrativo, b. 82, 32. Siste- pliamento mai realizzato; Sant’Andrea Apostolo a Bagnaia
mazione dell’Accademia in S. Francesco al Prato. (1884-1889); San Valentino a Villantria (1888-1893); San
21
Cfr., in questo stesso volume, i saggi di Maria Grazia Bartolomeo Apostolo a Solomeo (1891), oggi non riconosci-
D’Amelio e Fabrizio De Cesaris, pp. 97-107 e di Stefania Pe- bile dall’esterno per la giustapposizione negli anni trenta del
trillo, pp. 109-121. Cfr. anche ZAPPIA 1995, STAVOLE 2009-2010. Novecento di un nuovo paramento di facciata addossato al
22
Cfr. TERZETTI 2009, p. 33. I disegni relativi al progetto Bi- preesistente, ma che conserva internamente tutte le caratte-
scarini-Calderini consistono in sei tavole di grande formato ristiche originarie; San Giovanni Battista a Ferretto (1891-
(mediamente 19000 x 6000 mm); Fondazione Accademia 1894); San Giovanni Battista a Castiglione della Valle (1892);
di Belle Arti “Pietro Vannucci” di Perugia, Disegni degli ar- San Benedetto a Mugnano (1895); San Giovanni Battista a
chitetti, nn. inv. D48-D53. Marsciano (1896), in cui Biscarini progetta e realizza alcuni
23
Cfr. BELARDI, MENCHETELLI 2011, p. 45; per un quadro com- elementi interni tra cui l’altare; Santa Maria delle Grazie a
plessivo sulle vicende della trasformazione dell’odierna Villastrada; San Cristoforo a Compignano (1905).
33
piazza Italia cfr. BELARDI, MERLI 2009. Per una più ampia documentazione sul cimitero monu-
24
L’arco di ingresso è stato rilevato da Chiara Bartoloni mentale di Perugia cfr. MASSINI 2002; PREVIGNANO, PONTI, DU-
nell’ambito della tesi di laurea triennale in Ingegneria Ci- FOUR 2002; Un luogo della memoria 1999; Sulle orme del
vile, cfr. BARTOLONI 2008-2009. cambiamento 1999; LUPATTELLI 1920; ROSSI 1883; D’ELIA
25
Sull’arco, che si presenta oggi in pessimo stato di conser- 2005; MENCHETELLI 2011a.
34
vazione, è stato imposto nel 2000 il vincolo monumentale Cfr. MONTELLA 1993; PITZURRA 1995; DOZZINI 1998.
35
da parte della Soprintendenza per i Beni Architettonici e Cfr., in questo stesso volume, il saggio di Enza Zullo e
Paesaggistici dell’Umbria. Claudio Varagnoli, pp. 197-207. Per un approfondimento
26
Cfr. LUPATTELLI 1921. sulla figura di Giulio De Angelis cfr. anche ZULLO 2005.
27 36
Cfr. ROSIGNOLI 2008, p. 87. Il teatro Concordia di Marsciano è stato rilevato da Andrea
28
LUPATTELLI 1921, p. 67, citato in MIGLIORATI 2008, n. 10. Perri nell’ambito della tesi di laurea triennale in Ingegneria
29
Ibidem. Civile, cfr. PERRI 2006-2007, PERRI 2012.

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Guglielmo Calderini, Progetto di un Monumento a muro per solenne memoria dei valorosi caduti
nella giornata del 14 settembre 1850, e per ricordare le vittime cadute nel 20 giugno 1859,
da collocarsi sotto un’arcata del nuovo portico del campo santo di Perugia, s.d.
(Perugia, Collezione privata Marco Dean).
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Guglielmo Calderini (1837-1916)


Antonella Greco

Calderini: un architetto postunitario Roma, nella facoltà di Ingegneria, finché nel


1912 non si ritirò dall’insegnamento lasciando
Al suo ritorno a Perugia, dove affronta tra gli altri il posto al migliore dei suoi allievi, quel Gustavo
il tema del Palazzo borghese per la famiglia del Giovannoni cui aveva confidato le proprie con-
senatore del Regno Cesaroni “ideato e diretto vinzioni sull’insegnamento e sulla formazione
nella costruzione a pietra da taglio con ricchezza di una nuova figura di architetto, che da que-
decorativa esterna ed interna”1, Guglielmo Cal- st’ultimo venne chiamato “integrale”. Poligrafo
derini ha già 61 anni, una straordinaria carriera e insigne polemista, per tutta la sua esistenza fu
alle spalle e un’altrettanto fortunata carriera an- anche autore di numerosi e fortunati saggi e
cora da percorrere che ne disegnano a tutto tondo pamphlet sull’architettura e sull’arte.
il profilo di perfetto architetto postunitario, nelle In ultimo, ma è il fatto più eclatante, Calderini
varie sfaccettature previste dalla sua epoca. fu il progettista vincitore – o uno dei protagonisti
Formatosi all’Accademia di Belle Arti di Perugia, – dei concorsi nazionali di architettura più im-
nella quale era entrato appena dodicenne, nel portanti della seconda metà secolo, a cominciare
1849, aveva completato, infatti, i suoi studi al- da quello per la facciata del duomo di Firenze
l’Università di Roma conseguendo la laurea in (1866) – e il suo progetto è apprezzato da Gott-
Matematica e Scienze applicate all’Ingegneria fried Semper 3 – per continuare con i concorsi po-
nel 1857 e, tre anni dopo, quella in Architettura; stunitari per l’erezione dei vari monumenti com-
infine, per un certo periodo, tra il 1860 e il 1861, memorativi e ancora con il Palazzo dell’ Esposi-
era stato forse2 allievo del celeberrimo Carlo Pro- zione delle Belle Arti di Torino nel 1980, con la
mis al Politecnico di Torino. facciata della Cattedrale di Savona, per finire con
Soprintendente ai Monumenti a Roma, Chieti, i concorsi per gli edifici rappresentativi della
L’Aquila e nelle rispettive provincie, Calderini fu nuova capitale: Palazzo delle Esposizioni, Fame-
ancora docente di architettura nelle sedi più pre- dio del Risorgimento,Tribunale, Parlamento.
stigiose: dal 1868 e per dodici anni all’Accademia Non solo in Italia, ma anche all’estero. Parteci-
di Perugia, poi all’Università di Pisa e infine a perà infatti al concorso per l’Università di Leida

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da “estraneo” al panorama romano degli archi-


tetti “papalini”, Azzurri, Sarti, Poletti, Vespigna-
ni, come scrive giustamente Paolo Marconi6 e
come espressione della sinistra al potere tra il
1876 e il 1890, per un quartiere borghese e laico,
destinato agli “agiati ma severi servitori del
nuovo Stato sovrano”. E la vittoria va ad assom-
marsi a quella del palermitano Basile e del mar-
chigiano Sacconi per il Parlamento e per il
Monumento a Vittorio Emanuele II, come espres-
sione di una borghesia liberale e massonica che
costituiva la spina dorsale del nuovo ceto diri-
gente postunitario7.
Una città, Roma, che intende affrancarsi dal son-
nolento passato di capitale del potere temporale,
così ben disegnata dai viaggiatori e dagli scrittori
del XIX secolo, come Edmond e Jules de Goncourt
o Emile Zola. Città di rovine oltraggiate per gli
Perugia, palazzo Bianchi, Guglielmo Calderini, 1876. uni (“...La domus aurea di Nerone. Arcate di
mattoni rossi, sulle quali sono nati degli alberini;
e a quello per il Teatro di Odessa, nel 1878, con volte dai palancati di cattivo legno, chiusi da luc-
un progetto che declina il fastoso linguaggio chetti, e che sono rimesse, stalle, pollai, con da-
eclettico internazionale, chiaramente ispirato vanti un terreno d’immondizie...”8). Capitale in
all’Opéra di Garnier a Parigi, inaugurata appena decadenza del cattolicesimo, di aristocratici in
tre anni prima. miseria nei tetri Palazzi barocchi o di antiquari
All’inizio del nuovo secolo l’architetto perugino rapaci9, per l’altro. Una trasformazione radicale
starà inoltre per raccogliere – benché sia esone- in capitale “secolare” e civile dell’Unità d’Italia,
rato proprio in quel periodo dalla direzione arti- funzionale negli edifici dell’articolazione ammi-
stica – i frutti della quasi trentennale fatica nistrativa dello Stato, ma anche bisognosa di
romana, la realizzazione del Palazzo di Giusti- nuovi e simbolici Monumenti, così come attesta
zia4, uno degli edifici monumentali di più alto la visionarietà piranesiana del Palazzo di Giusti-
valore simbolico della nuova città borghese e li- zia, grande e farraginosa fabbrica calderiniana
berale. più volte interrotta nelle fasi della sua costru-
Un concorso tormentatissimo5 (la cui giuria è zione, tra accuse di scarsa stabilità e continue po-
presieduta nella fase finale da Andrea Scala e lemiche10. Sia pure per eccesso di modernità, nel
comprende, oltre al massone Tagliaferri, il Sac- suo avvalersi della nuova tecnica costruttiva del
coni con gli ingegneri Schip e Micheli) che vince calcestruzzo armato.

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A questa città in costruzione continua, centro,


quasi suo malgrado, di un Regno severo e lon-
tano, tra fallimenti (come quello della Banca ro-
mana) che lasciano a vista per un decennio le
biancheggianti rovine del moderno quartiere
Prati11 occupate dai senza casa, e continue, e a
volte effimere, resurrezioni, Calderini presta tutta
la sua abilità di scrittore e polemista, oltre che la
propria indubbia maestria di architetto.
“...Innamorato fin dai primi anni giovanili delle
lotte artistiche – scriveva alla fine del secolo agli
Onorevoli deputati al Parlamento, agli inge-
gneri, architetti artisti e al pubblico – io presi
parte a quasi tutti i concorsi nazionali ed a molti Perugia, palazzo sociale dei Canapé, Guglielmo Calderini, 1873.
internazionali, quando sapeva che nel nome
dell’arte si doveva venire a dure battaglie. E seb-
bene io abbia lasciato indietro molta strada nella
vita, pur tuttavia come il vecchio corsiero sente
rinvigorire la lena e freme ogniqualvolta uno
squillo di tromba lo avverte dello stacco della
corsa, così io sento ringiovanire lo spirito ogni-
qualvolta un programma di concorso artistico è
licenziato alla stampa [...] Non potendo presen-
tarmi nel campo uficiale del combattimento [...]
mi parto ad armeggiare in un campo più vasto
dove a tutti è dato restare. E da questo luogo più
arduo e lontano, io mi dispongo a tirare sugli av- Perugia, palazzo Cesaroni, Guglielmo Calderini, 1903.
versari i miei deboli strali...”12.
Per tre anni così l’architetto perugino parteciperà chitetti alla costituzione del Regno d’Italia. E spe-
ai concorsi “Poletti” istituiti dall’Accademia di cialmente nei pamphlet polemici sulle tematiche
San Luca dopo il 1870 per scritti d’arte che ri- più varie: dall’insegnamento dell’architettura,
guardavano le tre classi: pittura. scultura, archi- allo stato miserando delle Accademie; dalle cri-
tettura. tiche dei metodi costruttivi di Luca Beltrami per
All’architettura, Calderini affianca puntualmente la ricostruzione del Campanile di Venezia, alle
l’attività del poligrafo, in una “battaglia” civile relazioni dei grandi concorsi o alle appassionate
che lo vedeva al centro del dibattito nazionale, difese di se stesso, delle proprie competenze e
nei vari convegni dedicati agli artisti e agli ar- dell’intera sua opera13.

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La caratteristica più evidente, ciò che connota e


riunisce le sfaccettature complesse della sua fi-
gura, è proprio l’aspirazione a stabilire l’identità
architettonica della nuova capitale, così come
quella dell’intera, recente, nazione italiana.
Gli strumenti adatti all’immensa fatica ed indi-
viduati dai suoi scritti saranno incentrati sulla
didattica e la formazione delle figure professio-
nali, ovvero sull’insegnamento dell’architettura
affrancato dalle Accademie; sullo stile nazionale
e l’architettura per la città moderna, come que-
stione fondante che riguarda il linguaggio del
nuovo Regno e che coinvolge Calderini e i suoi
contemporanei, pur nell’assenza di una risposta
univoca e unificante14; sul rapporto dialettico tra
il nuovo e l’antico e sul restauro come strumento
di conservazione ma non imitazione dell’antico,
parte integrante di tale linguaggio.
Guglielmo Calderini, Facciata della Metropolitana perugina. Sono questi i temi attorno ai quali gioca e si
Progetto, 1880, progetto di completamento della decorazione struttura la sua prolifica attività di poligrafo,
esterna della chiesa di San Lorenzo a Perugia (Perugia, Archi-
vio dell’Accademia di Belle Arti “Pietro Vannucci”, Fondo Cal- senza che mai Calderini perda di vista l’identità
derini, inv. 45). e l’essenza dell’essere architetto. “La missione

Guglielmo Calderini, Prospetto laterale, 1880, progetto di completamento della decorazione esterna della chiesa di San Lorenzo a
Perugia (Perugia, Archivio dell’Accademia di Belle Arti “Pietro Vannucci”, Fondo Calderini, inv. 46).

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dell’architetto, scrive15, è sublime ed ardua in- deguata, sia nell’iconografia, limitata dalla co-
sieme [...] Ricordiamoci che Platone e Cicerone, strizione dell’imitazione dell’antico, sia nella
quando vollero innalzare all’apogeo una scienza metodologia scientifica che interpreti le necessità
qualunque la paragonarono all’architettura e di una città moderna, tuttora vagheggiata, ma
che Vitruvio trovò indispensabile all’architetto la inesistente, vanamente perseguita attraverso in-
più estesa cultura: che Hittorf ci disse che il vero terventi discontinui, sia nella capitale del nuovo
architetto non si può trovare che nel seno di Regno, sia altrove in una nazione nuova dai
un grande incivilimento”. mille campanili e dalle mille e irriducibili diverse
È chiarissima all’architetto perugino la necessità tradizioni. Una città che avrebbe dovuto confron-
dell’impostazione scientifica dell’architettura tarsi con le varie declinazioni “provinciali “ del
(“...ed il nesso strettissimo che habbi tra l’inge- linguaggio contemporaneo – ritornano negli
gneria ed ogni ramo di scienza positiva, hanno scritti di Calderini i nomi di Pietro Selvatico, Ca-
fatto acquistare all’ingegnere una posizione più millo Boito, Luca Beltrami, ma è ovvio che i con-
fortunata di quella dell’architetto artista...”); che corsi nazionali mettano a confronto tutte le varie
il progresso della scienza, dell’industria, l’inci- anime dell’architettura postunitaria – ma anche
denza nella costruzione dei nuovi materiali, con i risultati artistici dei più celebri architetti
come il cemento armato “largamente diffuso” e stranieri del XIX secolo, quali Schinkel, Viollet-
l’impiego del ferro utilizzato “esuberantemente” le-Duc, Semper18, Sitte.
anche dove “non lo richiede il bisogno”; che il È qui, ad esempio, che si incaglia e rivela le pro-
secolo del positivismo e del progresso – così ben prie aporie il tema della ricerca dello stile nazio-
rappresentato dai fasti pompier alla Scala del nale, impostato, come scrive lo stesso Calderini,
balletto Excelsior, dove i rutilanti trionfi della nei Congressi Artistici Italiani che si succedono
Scienza vincono il genio delle tenebre – abbiano dall’inizio degni anni Settanta, a Parma, a Mi-
divaricato le strade delle due antiche e insepara- lano, a Bologna, a Firenze e dove, riguardo al-
bili “industrie del pensiero” ma anche che sia l’architettura si prescriveva “...di ricercare le
giunto il momento che si intreccino nuovamente condizioni fondamentali di uno stile architetto-
su un medesimo cammino16. nico, il quale, giovandosi dei nuovi progressi
Unità, del resto, è la parola magica che dalla della scienza e dei nuovi materiali di costruzione,
metà del XIX all’inizio del XX secolo traghetta e serva ai bisogni, agli usi ed ai costumi odierni
impone una nuova linea di pensiero e di cul- delle varie Provincie italiane, e ne rappresenti i
tura17 ed è senz’altro fondamentale il lascito di caratteri naturali e storici...”19. A tale quesito,
Calderini in questo senso, sia per quanto ri- troppo complesso e articolato per essere risolto,
guarda la messa in evidenza dei nuovi valori cul- aveva già risposto pittorescamente Boito, in un
turali nazionali, sia per quanto riguarda le celebre articolo pubblicato nel 1872 sulla “Nuova
esigenze di rappresentazione dei nuovi contenuti Antologia”, dove auspicava l’avvento di una lin-
attraverso l’arte e l’architettura. Un’architettura gua “abbondante di parole e di frasi” ( e cioè di:
che fino a quel momento Calderini giudica ina- “colonne lunghe, corte,sottili, grosse (...) grandi

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archivolti e piccole ghiere, esili pilastri e robusti


contrafforti, vigorosi archi buttanti e archetti
snelli, ornatini gentili e fogliami massicci...”).
Una tendenza anticlassica che vedeva, come per
Selvatico, la possibilità di uno stile unificante nel
linguaggio medievale, e cui sembra accostarsi
apparentemente Calderini, tre anni dopo, nel già
citato saggio su Michelangelo. Saggio fondamen-
tale ma non prescrittivo, se non per un generico
invito a rigettare l’imitazione dell’antico, se-
guendo in questo Buonarroti e le reinvenzioni
eretiche del linguaggio classico. Con qualche dif-
ferenza significativa da cogliere. Guglielmo Calderini, Facciata esterna della chiesa di San Co-
stanzo in Perugia secondo il progetto di riduzione, 1882 (Pe-
Qui infatti Calderini propenderà con buon senso, rugia, Archivio dell’Accademia di Belle Arti “Pietro Vannucci”,
per la scelta volta per volta, caso per caso. Se, Fondo Calderini, inv. 48).
come scrive, le città del nord e quelle del sud
hanno contesti architettonici diversi, così fun- biente perugino, amico dell’onorevole Cesaroni,
zioni e destinazione delle architetture saranno, e addirittura suo parente acquisito.
nella scelta dello stile, un fatto dirimente. Uno stile romano che Calderini avrebbe utiliz-
Vi sono per gli architetti, sottolinea, altre cose e zato nella triade di edifici simbolici messi a con-
più importanti da decidere, come “spezzare per corso nella nuova capitale: Famedio di Vittorio
una volta per sempre i guinzagli e rifiutare il pas- Emanuele, Parlamento, Tribunale. Altrove, e so-
sato che deve ritenersi morto” e stabilire che i prattutto nella sua città d’origine, fletterà in go-
maestri, si chiamino essi Bramante, Vignola, Pal- tico il suo linguaggio, come nel progetto di
ladio o Scamozzi, dopo essere stati studiati ven- completamento del Duomo di Perugia o nella
gano “posti in archivio per sempre per essere Cappella Cesaroni del cimitero della stessa città,
salutati come luminari degli andati tempi”. Ne in ciò aiutato dall’allievo Ulpiano Bucci. E di
risulta che non sia tanto importante il linguag- quest’ultimo, di cui si conserva all’ACS di Roma
gio architettonico al quale riferirsi, quanto la ne- un disegno autografo della cappella controfir-
cessità dell’invenzione contro la supina imi- mato da Calderini, lo stesso architetto perugino
tazione. scriveva negli anni ottanta come fosse “dei più
Così, per Roma Calderini scriverà che “non è pos- distinti allievi della sua scuola”, avesse parteci-
sibile altro stile che il romano antico o quello del pato all’esecuzione di molti progetti artistici ar-
cinquecento imitatore”20, in questo seguito da chitettonici-ornamentali e “dimostrato una vo-
altri e più moderni polemisti, come Quaglia21 e lontà ferrea al lavoro”22 negli anni passati nel
persino lo scrittore Ugo Ojetti decenni dopo, il proprio studio. Sarà proprio Bucci, di là in avanti,
quale era un frequentatore abituale dell’am- a coadiuvarlo nell’immane impresa del Palazzo

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di Giustizia romano, a delinearne le spesso com- ma più spesso di speculazione edilizia dei nuovi
plesse visioni, e alla fine, a trasformarsi nel suo ceti sociali di riferimento25. Bagni pubblici, mer-
tardo biografo23 , sebbene il loro rapporto di la- cati, palazzi per uffici, chiese, teatri. Sono i luoghi
voro si concludesse nel 1897, uno degli anni più deputati del decoro civile in cui si svolgono le
difficili per la grande impresa calderiniana. funzioni di una città moderna e borghese e
Per Roma, dove si trasferisce nel 1889 ed abita, anche le prime opere perugine dell’artista.
secondo Bucci in via Volturno24, in quel quartiere Scriverà Calderini nel suo curriculum di aver ese-
nuovo del Macao emblematico delle contempo- guito un edificio nella sua città natale, per uso
ranee trasformazioni della città – e dove De Ro- “di pubblici bagni, decorato da pietra da taglio”26
berto situa l’abitazione del rampante protagoni- e poi di aver costruito una “grande fabbrica com-
sta de L’Imperio – poco lontano dall’asse dei Mi- prendente ventisei quartieri di abitazione sulla
nisteri di via XX settembre come dall’altro grand Piazza Vittorio Emanuele”. E quest’ultimo sarà
axe di via Nazionale, Calderini progetterà final- il Palazzo sociale dei Canapè, enorme edificio ad
mente nel 1908 non un monumento, ma una si- appartamenti dal linguaggio eclettico neorina-
stemazione urbanistica “moderna” della ex piaz- scimentale e dai partiti architettonici e decorativi
za d’armi con la costruzione di altissime case po- sottolineati da ricchi elementi fittili, collocato in
polari disposte in una raggiera che si diparte da quella stessa baricentrica piazza che diventa nel
un obelisco, fuoco di una piazza tutta romana breve giro di anni, con la costruzione di Palazzo
che cita esplicitamente l’Agone di Piazza Navona. Cesaroni, della Banca e del Palazzo del Governo,
la vetrina della città nuova.
Così la città “moderna” del recente ordine poli-
Una città in trasformazione tico nazionale si sovrappone e si accosta a quella
antica, come i nuovi edifici simbolici si affian-
Ma prima di assumere il ruolo di architetto del cano ai Palazzi Donini e Ansidei – del XVIII e
nuovo stato unitario e, segnatamente, della dell’inizio del XIX secolo27 – nell’area della for-
nuova capitale, Calderini avrebbe consolidato la tezza sangallesca, quella rocca Paolina simboli-
propria fama a Perugia dagli anni settanta del- camente abbattuta all’indomani del plebiscito di
l’Ottocento, partecipando a quella metamorfosi adesione alla nuova Italia per fare spazio al
della città aristocratica e medievale in città bor- nuovo Palazzo del Governo.
ghese e liberale, tipica di quegli anni. Nello stesso giro di anni Calderini sarà l’autore del
Calderini è in parte autore di quella città “mo- Teatro Politeama di Perugia, che presenterà note-
derna” che interviene tra la fine dell’ancien ré- voli problemi statici28 e di quello di Bologna, men-
gime e l’inizio del recente regno, con tagli, espro- tre i nuovi soggetti economici si appropriano degli
pri, rettificazioni e demolizioni nel tessuto del- edifici ex nobiliari del centro storico o di quelli ap-
l’antica: a Perugia come in tutto il resto della partenenti agli ordini religiosi, oppure costrui-
giovane nazione italiana; per ragioni di “igiene” scono nelle aree edificabili entro l’antica cerchia
e di concezione moderna del disegno della città, delle mura delle città inedite tipologie di abita-

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Guglielmo Calderini, Façade principale, 1877, progetto di concorso per l’Università di Leida (Perugia, Archivio dell’Accademia di
Belle Arti “Pietro Vannucci”, Fondo Calderini, inv. 16).

zioni, come i villini (presenti a Roma in larga lare) ma, come sempre, la scelta dipende dall’in-
parte nella mostra del Cinquantenario, in cui Cal- telligenza dell’architetto. Scrive Donghi, “...in ge-
derini è autore del padiglione dell’Umbria nella nerale però all’architetto si presenta il problema
sezione etnografica di Castel Sant’Angelo) o addi- in altri termini: gli si domanda di utilizzare nel
rittura le palazzine, esemplari varianti più econo- miglior modo l’area disponibile e di utilizzarla
miche del vivere borghese, destinate a soppiantarli. quanto più intensivamente quanto più elevato è il
La manualistica dell’epoca, Le Abitazioni di Sac- costo del terreno...”29. Nelle città intervengono i re-
chi, del 1878, il notissimo Manuale del Donghi, golamenti edilizi a stabilire norme, altezze, fili.
del 1905, come il successivo Le case civili del Gio- Piani regolatori dopo il 1860 vengono proposti in
vannoni, stabiliscono la classificazione dei tipi abi- tutte le città d’Italia, anche di media o di piccola
tativi della città moderna, dividendo le case si- dimensione30.
gnorili da quelle di pigione. Le signorili unifami- Tra le altre opere calderiniane, il Palazzo Cesa-
liari, ma differenti “se incassate” o “ad angolo”, le roni rappresenta uno degli edifici emblematici
altre, di pigione, classificate a seconda del ceto cui del cambiamento strutturale della Perugia po-
si riferiscono. La manualistica definisce anche la stunitaria e dell’Italia tutta, inserito com’è nella
metodologia di composizione della pianta (palla- piazza simbolo del mutamento, tra il Palazzo del
diana; irregolare, cioè inglese; poligonale; retico- Governo e la sede della Banca Nazionale, e anche

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Guglielmo Calderini, Uno dei due fianchi esterni del teatro, 1878, progetto di concorso per il Teatro di Odessa (Perugia, Archivio
dell’Accademia di Belle Arti “Pietro Vannucci”, Fondo Calderini, inv. 39).

di un metodo di trasformazione della città da a una felice epoca dell’Italia comunale, è invece
parte di un’imprenditoria laica liberale e spre- necessario il nesso fra la capitale d’Italia e il pa-
giudicata di cui il commendatore, poi onorevole, lazzo privato di un deputato della nazione unita
Cesaroni fa parte. che abbia Roma per capitale. Anche perché è pro-
Quella adottata da Calderini nel Palazzo Cesaroni prio quello lo stile31, tra neocinquecentismo e ba-
è una personale declinazione del linguaggio ro- rocco, che si andava affermando per esempio a
mano o del cinquecento imitatore, secondo la Vienna, nell’ultimo ventennio dell’Ottocento,
sua famosa definizione, come quello scelto nella negli edifici monumentali di Gottfried Semper32
capitale per le proprie architetture, con riferi- (di cui già si è parlato per un suo giudizio posi-
menti obbligati al Sangallo e al sedime della tivo per il progetto di concorso della facciata del
piazza,costruita sulle rovine della Rocca e al sem- Duomo di Firenze del maestro perugino) e che
pre amato Michelangelo, sebbene la decorazione sembra proporsi come koiné internazionale che
fantasiosa a puttini e festoni del fregio sia con- guarda alla triade romana: Michelangelo, Bra-
gruente ad una abitazione o ad un albergo, piut- mante e Raffaello, ma che aveva visto nella dif-
tosto che una severa e chiusa fortezza destinata fusione internazionale di Palladio, specialmente
alla celebrazione di una grande famiglia papale. in ambito inglese, da Lord Burlington in poi – si
“Romano” anche forse per un non troppo velato ricorda qui il Vitruvius Britannicus di Colen
accenno alla politica nazionale: se la tradizione Campbell33 – una veicolazione costante della
medievale e comunale amata da Boito, Selvatico trattatistica classicista.
– e come si è visto dal primo Calderini – alludeva

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Guglielmo Calderini, Palazzo di Giustizia, piano esecutivo: facciata posteriore, 1887-1888 (Perugia, Archivio dell’Accademia di
Belle Arti “Pietro Vannucci”, Fondo Calderini, inv. 116).

Guglielmo Calderini, Palazzo di Giustizia, piano esecutivo: facciata posteriore, 1887-1888 (Perugia, Archivio dell’Accademia di
Belle Arti “Pietro Vannucci”, Fondo Calderini, inv. 117).

Roma, palazzo di Giustizia, Guglielmo Calderini, 1911.

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1 22
“...In ultimo poi a Perugia fu ideato, e diretto nella co- Lettera che fa parte di una corrispondenza tra Calderini
struzione, a pietra da taglio con ricchezza decorativa e l’Accademia di Perugia, ACS, MLLPP, div. V, inv. 475, bb.
esterna ed interna, un edificio per l’on. Cesaroni che lo ha 160-233.
23
destinato ad uso albergo (Palace Hotel) sulla Piazza Vit- BUCCI 1931, citato in KIRK 1995.
24
torio Emanuele, dove fa mostra artistica di sé, con como- Ibidem.
25
dità di uso e con decoro dell’arte...”, vedi CALDERINI 1909, Vedi RESTUCCI 1982, ma la letteratura è vastissima. Per
ripubblicato in BARUCCI, GRECO 1991, p. 227. Roma, per l’abbattimento di vigne, ville e il passaggio di
2
Vedi KIRK 1995. Secondo i suoi studi il passaggio di Cal- mano tra i due ceti dominanti basterebbe citare come te-
derini a Torino è una ipotesi errata dovuta a una testimo- stimoni Gabriele D’Annunzio nelle Cronache romane
nianza di Gustavo Giovannoni. come ne Il Piacere (1889) e Federico De Roberto ne L’Im-
3
Vedi MURATORE 1995. perio, pubblicato postumo nel 1929, seguito romano de I
4
Per la formazione di Calderini all’Accademia di Perugia Viceré (1894), dove si parla dei sovvertimenti sociali ed
e per la sua figura di docente vedi MIANO 1996. edilizi e segnatamente degli espropri degli edifici religiosi
5
Vedi KIRK 1996, p. 83. della Sicilia postunitaria.
6 26
MARCONI 1996, p. 137. CALDERINI 1909, ripubblicato in BARUCCI, GRECO 1991, p.
7
Ibidem. 232.
8 27
Vedi DE GONCOURT 1944. Vedi GROHMANN 1985a, p. 12.
9 28
Vedi le pagine di Emile Zola: ZOLA 1907, ZOLA 1994. KIRK 1995, p. 24.
10 29
Per la cronaca delle vicende connesse alla costruzione DONGHI 1905, vedi anche FRATICELLI 1984, p. 161.
30
del Palazzo di Giustizia, vedi SCARPA 1956 Vedi VILLA 1997.
11 31
Sul ruolo delle banche nella costruzione della capitale, C’è un nesso specifico tra la cultura europea di fine Ot-
vedi MARINO 2003, p. 132. Per i palazzi di Prati non finiti, tocento e i concetto di “stile” che presto verrà soppiantato
in rovina e occupati da miserabili, panni stesi e sporcizia, per poco da quello estetizzante di bellezza.
32
vedi il diario del viaggio romano di Zola, ZOLA 1907. Stretti i legami di Semper con l’Italia, e probabilmente
12
CALDERINI 1898. con Calderini, di cui già si è accorto MARCONI 1985, p. 59
13
Vedi BARUCCI, GRECO 1991; vedi anche: BARUCCI 1996, p. 5 sgg., specialmente convincente lì dove si parla dell’equa-
e GRECO 1997. zione ingenerata dopo il 1848 tra la rivoluzione borghese
14
Vedi Michelangelo Buonarroti 1875, ripubblicato in BA- e il rinascimento italiano nell’immaginario degli intellet-
RUCCI, GRECO 1991, p. 49. “...Quest’unico stile che si vor- tuali in Europa, da Burckhardt a Michelet.
33
rebbe cercare per l’architetture moderne italiane, oltreché Apparso in tre volumi tra il 1715 e il 1725; Richard Boyle,
essere nuova legaccia all’arte, è anche assurdo e non ser- earl of Burlington, porta con sé I quattro libri dell’archi-
virebbe allo scopo. Difatti a Napoli e Palermo non si può tettura e li annota a margine nel grand tour del 1719.
architettare come a Milano e Torino, a Venezia non può
architettarsi come a Roma: ogni città ha i suoi e bisogni
speciali dettati dal clima e dalla quntità e abitudine dei
cittadini...”
15
CALDERINI 1907, ripubblicato in BARUCCI, GRECO 1991, p. 157.
16
Era stato il Congresso di Venezia del 1887 a sancire la
definitva frattura tra i ruoli dell’ ingegnere e quello di ar-
chitetto, cosa che Boito perseguiva sin dal 1860, vedi RE-
STUCCI 1982, p. 731.
17
Vedi ad esempio, sulle Arti, VILLARI 1869.
18
Vedi MARCONI 1985, p. 56.
19
Michelangelo Buonarroti 1875, ripubblicato in BARUCCI,
GRECO 1991, p. 48.
20
CALDERINI 1887.
21
QUAGLIA 1882; per Ojetti vedi OJETTI 1933. È una coinci-
denza che la nipote del Cesaroni sposi proprio Ojetti, buon
amico del nonno.

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Giulio De Angelis, Studio dell’ombre portate, 1860


(Perugia, Archivio dell’Accademia di Belle Arti “Pietro Vannucci”,
Fondo didattico Prospettiva, inv. 212).
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Giulio De Angelis (1845-1906)


Enza Zullo, Claudio Varagnoli

Nel panorama della Roma umbertina, Giulio De De Angelis non è comunque un innovatore a
Angelis occupa un posto particolare, attestato da tutto campo. La produzione “sperimentale” è af-
opere come i Magazzini Bocconi (1886-1887), e fiancata da villini perfettamente in linea con i
il complesso degli edifici per Maffeo Sciarra gusti della classe emergente a Roma, in partico-
(1882-1890) che lo eccepiscono dalla prassi pro- lare negli edifici del quartiere Macao e in quelli
fessionale di quegli anni, non solo per l’impiego destinati alle pendici del Gianicolo. Attivo a Pe-
della ghisa o per l’adesione a nuove tipologie. La rugia, come si dirà, a Campobasso con il Convitto
cifra stilistica di De Angelis si svolge infatti al- “M. Pagano”(1885-1891), e all’Aquila con la
l’insegna di una ricerca inquieta e sperimentale, sede della Cassa di Risparmio (1883), De Angelis
con interessi molteplici poco noti, fino agli studi realizza opere importanti per il rinnovamento
recenti di Enza Zullo. Gli studi al Politecnico di urbanistico, ma scegliendo un basso profilo lin-
Milano, vicino a Boito e a Mengoni, la collabora- guistico, puntando alla correttezza esecutiva e
zione con Raffaele Canevari nella costruzione alla rispondenza al tema funzionale più che al-
della Roma postunitaria, i contatti con un intel- l’invenzione figurativa. Questo prosciugamento
lettuale come Ruggero Bonghi e con la commit- dei modi espressivi si lega forse alla decisione di
tenza aristocratica lo resero abile nel contami- abbandonare l’attività professionale, nel 1899,
nare linguaggi diversi, fuori dal cinquecentismo per dedicarsi interamente alla tutela e del re-
ufficiale della nuova capitale umbertina. Nei Ma- stauro dei monumenti, un settore di punta del
gazzini Bocconi di Roma, De Angelis si mostra a nuovo Stato unitario, scegliendo di lavorare
suo agio nel maneggiare riferimenti alle tipolo- come Direttore dell’Ufficio tecnico per la Conser-
gie internazionali, offrendo una versione anche vazione dei Monumenti di Roma, fino al 1906.
più convincente rispetto alla macchinosa inter- De Angelis si occupa quindi di complessi impor-
pretazione del consimile edificio milanese di Gia- tanti, come il Sacro Convento di Assisi, il palazzo
chi. E soprattutto il palazzo per Costanzo Chauvet Ducale di Gubbio, i monumenti di Perugia. At-
in via Due Macelli (1888), mostra nuove possi- tento anche alla dimensione archeologica della
bilità di dialogo con il tessuto storico della città. tutela, promuove scavi importanti come al Co-

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losseo, alle terme di Caracalla e, in Abruzzo, al-


l’abbazia di Santa Maria della Vittoria, edificio ri-
dotto allo stato di rudere ma fondamentale per la
storia del Regno di Napoli. Sotto la sua Direzione
si svolsero cantieri importanti come il restauro di
Palazzo Vitelleschi a Tarquinia, dove riaprì il fi-
nestrone centrale, e soprattutto il restauro di pa-
lazzo Papale a Viterbo, dove promosse l’appli-
cazione del cemento armato per la liberazione
della loggia traforata secondo modalità oggi su-
perate, ma più volte lodate da Giovannoni.
Probabilmente la morte precoce, nel 1906, e l’at-
tività in un ambito specialistico come la tutela
dei monumenti, non consentono a De Angelis di
influenzare in modo determinante l’architettura
di Roma dei primi anni del secolo. La sua ultima
opera, il Museo Garibaldino a Mentana (1904)
segna un ritorno al forte valore simbolico del-
l’architettura. La sua resta un’ipotesi di lettura Perugia, caserma dei Carabinieri, Giulio De Angelis, 1889, par-
del linguaggio classico, piegato fino ai limiti per ticolare del blocco d’ingresso (foto Stefano Bottini).
accogliere spunti ed etimi diversi, nel tentativo
di conciliare la tradizione senza rinunciare al dei rapporti umani stabiliti in quegli anni si tra-
mondo contemporaneo. sformarono in proficui sodalizi professionali
C.V. come quelli con Domenico Bruschi e Annibale
Brugnoli4, entrambi pittori con cui, negli anni
in cui rimase a Perugia, risulta tra gli iscritti alla
Giulio Maria De Angelis si divise per tutta la vita Società promotrice delle belle arti nell’Um-
tra Roma e Perugia1, città di origine del padre, bria 5. Con Brugnoli, in particolare, si arruolò
ma a rinsaldare il legame contribuì fortemente anche come volontario con le armate di Gari-
l’aver frequentato in gioventù l’Accademia di baldi in Trentino.
Belle Arti della città umbra, dal 1858 al 1866, Il rapporto con l’accademia perugina di fatto non
anno in cui conseguì il titolo di ingegnere archi- si interruppe mai durante il corso della sua vita
tetto2. tanto che fu eletto accademico di merito (nel
Tra i suoi compagni di studi ci furono alcuni dei 1876), ricoprì incarichi di rappresentanza per
nomi più illustri del panorama artistico perugino conto della prestigiosa istituzione ed ebbe parte
ma anche nazionale, come il pittore Francesco attiva nella vita amministrativa della stessa6.
Moretti e lo scultore Raffaele Angeletti3; alcuni Nonostante, terminati gli studi a Milano, nel 1871

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togli quando era ormai al culmine della sua car-


riera, nel 1888, da Roberto Adriani, direttore del
manicomio di Santa Margherita, complesso con
una storia che risale addirittura al 130311 e una
struttura centrale su cui aveva lavorato anche
Luigi Poletti. L’opera, sconosciuta ai più, era di
particolare interesse per via delle tante implica-
zioni sociali, tecniche e mediche che si intreccia-
vano necessariamente con questioni puramente
architettoniche12; tema complesso e rischioso, in
cui le esigenze funzionali erano predominanti,
tanto più che un manicomio all’epoca era un’in-
sidiosa via di mezzo tra un ospedale e un carcere
con cui condivideva gli scopi primari da perse-
guire, ossia il controllo e la segregazione13.
De Angelis riuscì a conferire all’edificio14 una
connotazione originale e un impianto planime-
trico studiato pur nella sua nitidezza, con una
Perugia, caserma dei Carabinieri, Giulio De Angelis, 1889, par- simmetria leggibile più in prospetto che in pian-
ticolari delle finestre e del cornicione (foto Enza Zullo). ta: il padiglione, infatti, si presenta come un cor-
po lungo e stretto, con la parte centrale dell’atrio
si stabilisse a Roma, il legame con Perugia si man- e delle scale disposta longitudinalmente a me-
tenne vivo e si tradusse anche in un impegno po- diare tra le due ali, quasi a richiamare una co-
litico in qualità di consigliere comunale durante struzione cruciforme, come nella tradizione delle
l’amministrazione di Paolo Angeloni7, dal 1889 strutture ospedaliere. L’esigua larghezza del bloc-
fino al 1893; e a Perugia trovò anche consensi e co era determinata dalla volontà di avere un’u-
sostegno nel tentativo – poi fallito – di subentrare nica grande sala dei dormitori ai due piani su-
a Sacconi all’Ufficio Tecnico per la Conservazione periori, senza sostegni intermedi, cui si accedeva
dei Monumenti di Umbria e Marche8. direttamente dalle scale, avendo relegato i bagni
Già agli esordi della sua carriera, nel 1871 è se- sul fondo. Al corpo centrale d’ingresso era così
gnalato un suo intervento nel restauro del Teatro affidata un’importante valenza strutturale, oltre
Morlacchi9 di Perugia, cui però non si è trovato che simbolica: di poco aggettante sul fronte prin-
un reale riscontro nei documenti10. cipale, ospitava la scala in posizione defilata ri-
Di ben diversa consistenza fu invece il suo coin- spetto ai percorsi di servizio degli ambienti al
volgimento nella realizzazione del padiglione In- piano terra, dove erano anche ubicati gli spazi
dustriale e Convalescenti della struttura psichia- comuni del refettorio e delle officine.
trica, oggi padiglione Adriani, incarico conferi- In prospetto, l’architetto adottò un partito archi-

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Perugia, padiglione Adriani, Giulio De Angelis, 1888, foto degli anni venti del Novecento (da I luoghi della follia 1995).

tettonico di paraste giganti dal disegno semplifi- Da questo punto di vista, il padiglione Adriani si
cato ma molto ravvicinate, che insieme alle sem- può a ragione annoverare fra le opere più inno-
plici cornici orizzontali marcapiano sembrano vative di De Angelis, in cui c’è un tentativo, forse
smembrare la facciata e sostenere un fregio al- ingenuo, di inventare un ordine di origine me-
trettanto semplificato. La copertura dell’edificio dioevale che riecheggi i contrafforti delle chiese
è a padiglione con uno scatto della parte centrale di quel periodo e di utilizzarli come paraste di un
che si alza ancora oltre il classicheggiante cor- ordine architettonico, motivo che spiega anche la
nicione e consente l’inserimento di un basso at- riproposizione della trabeazione in alto; un
tico, soluzione già sperimentata nel convitto uguale tentativo è evidente nell’utilizzo di finestre
Mario Pagano di Campobasso. L’attacco a terra con ghimberghe quasi federiciane al primo piano
è evidenziato dal lieve aggetto del muro, che di- e cornici a sesto ribassato al secondo livello.
venta così quasi a scarpa come nelle fortezze me- Ma altrettanto evidente risulta il tributo che l’ar-
dioevali, forse allusione simbolica alla destina- chitettura di De Angelis deve al periodo milanese
zione dell’edificio che deve proteggere e isolare e a Boito, di cui porta avanti alcune sperimenta-
al suo interno i degenti. zioni eclettiche messe a punto nelle scuole ele-

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Perugia, padiglione Adriani, Giulio De Angelis, 1888, prospetto Perugia, padiglione Adriani, Giulio De Angelis, 1888, prospetto
posteriore (foto Enza Zullo). principale (foto Enza Zullo).

mentari alla Reggia Carrarese di Padova, nella all’esposizione di Torino17. Le vicende costruttive
scuola di via Galvani a Milano ma soprattutto della caserma dei Carabinieri si intrecciarono
nell’ospedale di Gallarate15. La scansione delle con quella più complessa del riutilizzo della
facciate è, dunque, affidata alle lesene che incor- vasta area rimasta libera dopo l’abbattimento
niciano ciascuna finestra ed interrompono le della Rocca Paolina, avviata nel 184818. A distru-
semplici fasce marcapiano che scorrono a livello zione avvenuta, per la parte a monte si seguirono
del davanzale, contribuendo a frazionare i pro- gli orientamenti dell’ingegnere comunale Ales-
spetti16. sandro Arienti mentre per l’area a valle di piazza
Solo un anno dopo, nel 1889, De Angelis progettò Italia, fu De Angelis a predisporre un piano di svi-
anche la caserma per i Carabinieri, sull’area di luppo che inizialmente comprendeva l’idea, poi
risulta ai piedi della Rocca Paolina, al civico 2 abbandonata, anche dei bagni pubblici19 e che
di via Luigi Masi. Il progetto ci è noto solo attra- prevedeva la realizzazione di via Luigi Masi, della
verso le tavole pubblicate da Donghi, che anno- caserma dei carabinieri e delle palazzine Bisca-
verò la caserma tra gli edifici che avevano fatto rini20, destinate ad alloggi per militari21.
guadagnare all’architetto la medaglia d’argento L’edificio della caserma è pensato in planimetria

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come un blocco compatto articolato intorno a


una corte centrale quadrata, con due piani fuori
terra più una parte di seminterrato che sfrutta la
situazione altimetrica del lotto. Al pian terreno,
intorno alla corte, erano sistemati gli uffici, l’al-
loggio del tenente, le celle per i detenuti e le scu-
derie, con scale e servizi posizionati sul lato
opposto dell’ingresso principale; una tettoia me-
tallica, sostenuta da quattro colonnine, consen-
tiva un collegamento coperto tra le parti,
utilizzabile anche per la sosta dei cavalli. Il piano
superiore era occupato interamente dagli alloggi
dei carabinieri. Si tratta, dunque, di un edificio
a C chiuso da un braccio d’ingresso più basso,
Perugia, caserma dei Carabinieri, Giulio De Angelis, 1889, par-
una tipologia che per quanto “chiusa” è comun- ticolare del Piano di zona sui resti del Politeama (da GURRIERI
que priva di accenti militareschi fortificati, sia 1952).
per non riproporre una soluzione che potesse rie-
vocare la distrutta Rocca e sia per qualificare detto anche di Augusto, soprattutto per via della
maggiormente il centro cittadino. fascia marcapiano che precede il classicheg-
Volumetricamente, l’edificio è articolato intorno giante cornicione, una sorta di fregio decorato a
all’asse centrale del monumentale ingresso, ri- festoni semplificati. Probabilmente De Angelis ri-
volto verso la città e pensato quasi come una tenne che una libera reinterpretazione dell’ar-
porta urbica, evidenziato rispetto all’intera co- chitettura italica, fatta di motivi decorativi
struzione, oltre che per la diversa altezza, anche semplificati e severi, bene si prestasse nel clima
per un leggerissimo arretramento rispetto all’in- dell’ancora forte fervore risorgimentale, a edifici
tero prospetto, in un disegno d’insieme che ri- destinati ad attività pubbliche connesse con la
chiama la Cassa di risparmio di Bologna di vita dello Stato.
Mengoni22. De Angelis si richiamò vagamente al La facciata si caratterizza per una sottile ele-
Medioevo esclusivamente con le due bifore che ganza: del tutto assente qualsiasi partizione ver-
affiancano l’ingresso principale, cui corrispon- ticale o elemento angolare, l’organizzazione dei
dono altrettanti spazi di secondaria importanza prospetti è affidata a due sole cornici orizzontali.
nell’edificio, ma non si lasciò irretire dal medie- In particolare, al primo piano la cornice corre a
valismo che si diffuse a Perugia dopo l’unità livello dell’imposta dell’arco della finestra, senza
d’Italia23. Anzi, quasi si contrappose agli edifici interruzione, assecondando il profilo curvilineo
realizzati nella parte alta della piazza, con un delle aperture che incontra; al piano terra, la più
linguaggio più ricercato, sobrio e pulito. Inoltre marcata cornice orizzontale è interrotta dalle
De Angelis si ispirò all’arco Etrusco di Perugia, aperture e su di esse si innestano le mostre delle

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finestre arcuate. Nel cortile scompare del tutto la poter stabilire l’effettivo andamento della stessa26.
fascia orizzontale e l’architetto ripropone le sole In città, ma anche all’estero, si formarono cor-
sovracornici che rimarcano il profilo curvilineo renti diverse che proponevano altrettante solu-
delle aperture, in un timido tentativo di richia- zioni27 per cui, dopo alcuni tentativi di risolvere
mare i moduli lombardi della linea spezzata, spe- il problema, il Ministero nominò una Commis-
rimentati da Boito e dai suoi allievi che però in sione formata da Giuseppe Sacconi, Ettore Fer-
De Angelis si ferma solo a livello superficiale. rari, Francesco Jacovacci, Giulio De Angelis e
Ma, nonostante la ricercata semplicità delle aper- Alfredo D’Andrade, dando loro l’incarico di indi-
ture e delle decorazioni, l’edificio appare possente care “i criteri da seguirsi per il ripristinamento
per via della forte caratterizzazione materica della scala”. A essi si unì Ettore Himenes, in veste
dell’insieme, ottenuta realizzando l’intero pro- di uditore 28. Dopo vari incontri e studi, a mag-
spetto tutto in bugnato e reso ancor più impo- gioranza prevalse la linea di De Angelis, D’An-
nente dai due balconi sul prospetto principale. drade e Jacobacci per la ricostruzione di una
Rispetto al progetto, l’edificio attuale manca dei scala poligonale e si dette incarico all’Ufficio tec-
balconi, risulta tutto intonacato all’esterno e nico del Comune di predisporre il relativo pro-
mancano anche le due piccole aperture al mez- getto29; terminato il compito istituzionale della
zanino del corpo centrale d’ingresso, destinate a Commissione, fu soprattutto De Angelis30 a se-
dare aria ai locali per il deposito dei foraggi ma guire la questione e scegliere un tipo di scala a
soprattutto il bel fregio sottotetto è stato forte- base pentagonale, ma il progetto, dopo alterne
mente manomesso per aprirvi delle finestre. vicende, fu bocciato dalla Commissione di Belle
A partire dal settembre 1899, Giulio De Angelis Arti e Ornato di Perugia e dalla Giunta Superiore
venne nominato membro della Commissione e definitivamente modificato, trasformando la
ministeriale 24 incaricata di risolvere l’annoso scala da pentagonale in ellittica31.
problema della ricostruzione della scala d’ac- C’è un filo conduttore che accomuna la proget-
cesso alla Sala dei Notari del Palazzo dei Priori, tazione di edifici come il padiglione Adriani, la
detta Scala della Vaccara25, già a doppia rampa, caserma dei Carabinieri di Perugia ma anche il
abbattuta e ricostruita negli anni trenta con di- museo di Mentana, ed è da individuare nel valore
segno semicircolare e poi, sul finire degli anni etico e didattico che De Angelis attribuiva all’ar-
ottanta, definitivamente distrutta perché ancora chitettura in sintonia con gli accesi ideali patriot-
considerata inadatta allo “stile del monumento”. tici e romantici.
Il problema era complesso perché si voleva ge- All’importante fase di crescita e formazione di
nericamente ripristinare la scala originaria senza Roma capitale De Angelis dette il contributo più
però conoscerne esattamente le fattezze: unica originale tra i suoi contemporanei: non aderì
testimonianza era in un affresco di Benedetto mai all’idea di un’architettura nazionale, prefe-
Bonfigli, del 1378, che però, presentava un’ampia rendo seguire percorsi alternativi, impegnandosi
lacuna proprio in prossimità della scala e la- nella progettazione di edifici dal carattere e dalle
sciava vedere solo pochi gradini incompleti per destinazioni nuove, senza lasciarsi irretire dalle

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necessità del nascente stato di identificarsi con quenziale, di un nuovo linguaggio figurativo. A
un linguaggio classicheggiante, spesso scontato ben guardare le sperimentazioni che tenta, ri-
e retorico. Alla convenzionalità del linguaggio chiamano sempre contemporanee ricerche eu-
neo-rinascimentale e cinquecentesco imperante ropee e americane. Si può ben dire che De Angelis
contrappose l’interesse per una ricerca proget- è il primo a prendere coscienza del lento declino
tuale, una salda preparazione scientifica e di un’architettura che si riconosceva soprattutto
un’autonoma e personale rielaborazione degli nei caratteri stilistici del Cinquecento per avviarsi
echi del passato alla ricerca di un linguaggio ve- verso una ricerca più aperta agli spunti interna-
rificato alla luce delle nuove tecnologie, dei zionali, intrapresa senza successo dagli architetti
nuovi materiali e delle sperimentazioni più ar- della generazione di Pio IX. La strada che per-
dite che l’industria moderna gli consentiva di corre è difficile e impegnativa ed egli stesso in
fare con ferro, ghisa, cemento armato e vetro. qualche caso approda a soluzioni incerte o con-
Seppe pertanto esprimere meglio di altri l’ondata venzionali, probabilmente dettate dai tempi ra-
di novità che la borghesia andava introducendo pidi o dalle richieste pressanti della committenza.
in ogni campo; ebbe il merito di conferire dignità Anche il suo interesse per il restauro non si a-
architettonica a categorie di edifici prima di al- scrive ad un atteggiamento rivolto al passato con
lora considerati solo per la loro “utilità”, lascian- intenti imitativi; l’intervento su monumenti del
dosi alle spalle ogni nostalgia per gli stili del passato, anche su quelli medioevali, non è mai
passato. Il ricorso ai nuovi materiali costituisce un’azione nostalgica, ma è tutt’al più un’azione
per lui la soluzione di problemi statici e struttu- erudita o risolto sul piano tecnico.
rali, ma è anche motivo di arricchimento e di in- E.Z.
novazione tipologica perché ferro, ghisa e mu-
ratura staticamente lavorano insieme e insieme
contribuiscono a creare l’architettura dell’edifi- 1
Era nato a Roma il 20 maggio del 1845 da Adelaide Agri-
cio in un rapporto alla pari che raggiunge sem- cola (1822-1891) – romana – e dall’ingegnere perugino
pre due obiettivi: la semplicità e la leggibilità Domenico ed ebbe sempre la residenza abituale nella ca-
pitale. V. ASPM, Fascicolo personale di Giulio De Angelis.
della fabbrica. In questo risiede probabilmente In molti documenti rinvenuti si indica Giulio De Angelis
un atteggiamento di rottura con l’ambiente ro- come romano ma di origine perugina; d’altra parte risulta
mano come pure nel ricorso a logge quattrocen- che avesse dei parenti nella città umbra e in più di una
sua lettera scrive di viaggi in quella città “per affari di fa-
tesche di gusto lombardo nella progettazione di miglia”. Laico, di idee liberali e forse massone, fu anche
edifici con fronti paritetici, nell’articolazione vo- nominato Cavaliere della Corona. Un profilo biografico di
lumetrica dei prospetti e infine nel nuovo rap- Giulio De Angelis è in FERRIGNI 1880, p. 73; PINZI 1910, pp.
107-109; MIANO 1984; MIANO 1987. I vari necrologi non ag-
porto che i suoi edifici hanno con la strada. giungono nulla di più. Tra di essi si ricorda: “Natura ed
L’atteggiamento di fondo che si intravede in tutte Arte” 1906. V. anche wIEDMANN 2000; THIEME, BECKER s.d.
le sue opere non è una sconfinata fiducia nel pro- Una biografia completa di G. De Angelis è in ZULLO 2005.
2
ASABAP, Fogli sparsi, b. XIV e XV. Risulta iscritto all’Ac-
gresso tecnico, che da solo non fa architettura, cademia dall’anno 1858 fino all’anno 1865-1866. LUPAT-
ma la ricerca, non sempre equilibrata e conse- TELLI 1895, p. 99. “Ai sopranominati fu compagno negli

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9
studi pittorici il romano Giulio De Angelis, che passò in In generale, per le notizie sul teatro del Verzaro v. almeno
Perugia gran parte della sua giovinezza, il quale diede MONTESPERELLI 1959, pp. 128-130 e ROSSI SCOTTI 1878, p.
prova di non comune disposizione con premiati concorsi 18. “Chiamato già del Verzaro fu costruito nel 1781 dal-
e con lodevoli saggi, oggi in meritata fama come valente l’architetto Alessio Lorenzini di Perugia. Nel 1874 fu re-
architetto.” Il fondo Didattico dell’istituto perugino con- staurato ed intitolato al celebre concittadino Morlacchi”.
serva i lavori prodotti nell’ambito delle varie discipline, tra Gran parte della biografia sul teatro riporta i lavori di re-
cui uno studio di ombre, una copia da statua di gesso e un stauro al 1874.
10
dipinto ad olio, Malatesta Baglioni sulle mura di Fi- L’intervento gli viene attribuito da Daniele Donghi, DON-
renze, con il quale De Angelis partecipò al concorso del GHI 1891, p. 23; MIANO 1987; wIEDMANN 2000; THIEME, BECKER
1865, opera di discreta fattura, come del resto erano state s.d. Al contrario Cesare Pinzi, che tra i contemporanei di
le altre prove da lui sostenute in ambito pittorico (dimen- De Angelis è colui che ha lasciato maggiori informazioni
sioni cm. 118x77). Sulle prove in ambito pittorico di De biografiche sull’architetto, non annovera tra i suoi lavori
Angelis v. Z APPIA 1995, p. 175. ASABAP, fondo Didattico, n. il restauro del teatro Morlacchi. PINZI 1910, pp. 107-108.
61, cart. 17, Statue, torsi e teste. Copia da gesso; cart. 211, Sui lavori al teatro v. anche VENTURA 1983, p. 7; GURRIERI
Scuola di prospettiva, dettagli architettonici (studio di 1952, p. 24; GUARDABASSI 1927; SABATINI 1981. In realtà la
ombre) del 1860. Dal Registro Generale di tutti i concorsi questione è controversa: il teatro fu oggetto di lavori tra il
dati dalla Perugina Accademia di Belle Arti dall’anno 1871 e il 1872 tesi a modificare la sagomatura dei palchi,
1791 al 1883 si può ricostruire tutto il percorso formativo su progetto del solo Guglielmo Calderini. Tuttavia già
con gli esami finali dati. prima della firma del contratto di Calderini, sulla “Gaz-
3
ASABAP, Registri dell’Accademia; LUPATTELLI 1895; ZAPPIA zetta dell’Umbria” del 12 ottobre 1871 si trova pubblicato
1995. un appassionato articolo a firma G.D.A., in cui si può fa-
4
Sulle figure di Domenico Bruschi e Annibale Brugnoli v. cilmente riconoscere Giulio De Angelis, che individuava
almeno IRACI 1916, PONTI 1991. Uno dei pochi scritti noti in maniera mirata i problemi del teatro rispetto a cui gli
di De Angelis riguarda la presentazione di un dipinto di interventi previsti potevano ritenersi poca cosa, rivendi-
Bruschi nella basilica di San Clemente a Roma, DE ANGELIS cando al contrario, la necessità di interventi più impor-
1876. tanti, basati su studi di acustica, illuminotecnica e
5
Società promotrice delle Belle Arti nell’Umbria. Elenco ventilazione. A giudicare dalla conclusione dell’articolo,
degli iscritti. Anni 1865-1866 e 1866-1867. comunque, si direbbe che già prima del contratto tra Cal-
6
ASABAP, Fascicolo personale di Giulio De Angelis. Let- derini e l’Accademia esistesse un progetto di restauro che
tera indirizzata al presidente dell’Accademia in data 20 De Angelis non condivideva e parrebbe anche che alla data
febbraio 1878. In occasione dei funerali del Re Vittorio in cui scrisse non avesse alcun incarico nel restauro del
Emanuele, De Angelis avrebbe dovuto rappresentare l’Ac- teatro del Verzaro ma non è da escludere che possa in se-
cademia. Da una lettera del 21 luglio 1896 si apprende che guito aver collaborato con Calderini. Tutte le notizie sui
aveva ricevuto l’incarico a membro della commissione lavori sono in ASTMPg, Manutenzioni e restauri, b. 5. A
d’esame per gli allievi della scuola. Spesso nelle sue lettere Calderini l’incarico fu dato il 30 novembre 1871. DE AN-
al presidente dell’Accademia, scriveva di riunioni a cui do- GELIS 1871. L’articolo è firmato dall’autore solo con le ini-
veva partecipare, per cui partiva appositamente da Roma, ziali G.D.A. ma la sua presentazione da parte del giornale
in compagnia dei vecchi amici perugini, Domenico Bru- scioglie ogni dubbio sull’attribuzione a De Angelis dello
schi e Rossi Scotti. Nella lettera del 27 maggio 1889 chie- scritto: “Un nostro amico, che ha dimorato a lungo tempo
deva il rinvio di una riunione ad altra data in quanto nella nostra città, ci fa tenere da Roma il seguente articolo
impossibilitato a muoversi da Roma ma mostrava tutto il relativo ai restauri del nostro Teatro Civico”.
11
suo interesse “poiché mi importa assai quanto si può rife- ROTONDI 1995; LUPATTELLI 1906, p. 28; STROPPIANA 1968;
rire ad un istituto dove anch’io ebbi parte della mia edu- PITZURRA 1996, p. 35. L’ospedale nacque nel 1303; dalla
cazione professionale”. BELLUCCI 1889, pp. 3-4. fine del Seicento risulta che vi fossero ricoverate anche per-
7
ASPg, Atti del consiglio comunale 1889. Prima seduta sone affette dal “mal di pazzia.” Verso la fine del secolo
il 18 novembre 1889; COVINO 1993; BOZZI 1990. Gli interventi successivo entrò in funzione lo Spedale de’ Pazzi e Tisici,
di De Angelis riguardarono soprattutto le vicende dell’Ac- ubicato in un fabbricato con annessi rustici in località
cademia di Belle Arti, di cui sempre difese gli interessi. Fontenovo, struttura completamente inadeguata. In se-
8
BENCIVENNI, DALLA NEGRA, GRIFONI 1992, p. 172. guito alla soppressione del monastero benedettino di S.

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Margherita, a partire dal 1824, il manicomio si spostò da anche dal lato est e quindi una migliore circolazione. De
Fontenovo in una sede più consona ma ancora troppo pic- Angelis, che sosteneva di aver già scartato quell’idea in fase
cola, tanto che fino al 1870 fu oggetto di numerosi inter- progettuale, e Arienti concordavano nello sconsigliare
venti di ampliamento. A questa che era la “casa centrale,” l’adozione della variante ritenendo che avrebbe compor-
ampliata fino a 100 posti letto su progetto dell’architetto tato un aumento della spesa ed un allungamento dei tempi
Luigi Poletti, nel 1834 si aggiunsero, negli anni, altri otto burocratici perché avrebbe dovuto essere discussa in con-
edifici sparsi su un’area di quaranta ettari, tra cui il padi- siglio provinciale. Ciononostante l’architetto studiò la va-
glione Adriani, non seguendo una specifica tipologia ma- riante e presentò le sue conclusioni: tra il primo progetto
nicomiale ma piuttosto seguendo l’esigenza di ulteriore e quello variato c’era una lieve differenza di superficie di
spazio che di volta in volta si poneva. 19 metri quadrati a favore del secondo, ma si sarebbe persa
12
LUPATTELLI 1906, p. 28; AGOSTINI 1924, pp. 33-34. la possibilità di sfruttare i muri del Politeama e si sarebbe
13
FONTANA 1981, pp. 46-50; GIOGGI, MARAZZIA, MORRIONE, TON- dovuto costruire una maggiore quantità di muratura.
NARELLI 1995, p. 35. Tra coloro che si occuparono con mag- ASPg, Genio Civile, Serie VI, Carceri, b. 74. Il progetto
gior fortuna dell’argomento si ricorda Francesco Azzurri venne definitivamente approvato dal Comune il 20 gen-
che nei suoi numerosi scritti sull’argomento, si fece soste- naio 1891. ASPg, ASCPg, Amministrativo 1871-1953, b.
nitore di un ospedale a padiglioni, ciascuno da denomi- 212; Atti del consiglio provinciale dell’Umbria 1889.
narsi “albergo”, in cui i ricoverati conducessero una vita ASPg, ASCPg, Amministrativo 1871-1953, b. 212; Atti del
il più possibile simile a quella all’interno di una famiglia. consiglio provinciale dell’Umbria 1889. Seduta del 3
V.: AZZURRI 1864; AZZURRI 1877; AZZURRI 1892; AZZURRI 1893. dicembre 1889; ASPg, ASCPg, Atti municipali. Delibera
14
AGOSTINI 1924, pp. 33-34. Il padiglione Adriani doveva del consiglio comunale dell’11 giugno 1892. ANTONINI, PO-
ospitare sessanta degenti con annessi laboratori artigianali LIDORI 1988, p. 63, GURRIERI 1952, p. 25. Il progetto delle
e officine per il recupero dei malati. due palazzine per militari fu affidato nel 1894 all’archi-
15
DEON 1915; MARANGONI 1908; MACCHI 1933; GIACHERY 1969. tetto Nazareno Biscarini.
16 22
Presumibilmente anche per il progetto del padiglione ROVERSI 1977.
23
Adriani nel 1890, a De Angelis fu attribuita la medaglia NERI 2000.
24
d’argento alla I Esposizione Italiana di architettura di To- ASSR, Fascicolo personale di Giulio De Angelis. Lettera
rino, prima manifestazione monografica dedicata all’ar- dell’11 settembre 1899 da De Angelis al Ministro della Pub-
chitettura. ACS, MPI, AABBAA, Esposizioni e congressi in blica Istruzione.
25
Italia e all’estero (1860-1892), b. 9. “Ingegneria civile”, BELLUCCI 1899, p. 8. Lo stesso testo è stato pubblicato in
XVI, 1890, p. 132; MANFREDI 1893, p. 18. DONGHI 1891, p. “Bollettino” 1899, pp. 126-127. In generale sul palazzo dei
23. Da come scrive Donghi, l’ospedale dovrebbe essere stato Priori v. anche MARTINI 1970.
26
progettato per Roma, ma non ve ne è traccia negli archivi GURRIERI 1985, pp. 31-32.
27
della capitale. L’unico ospedale che progettò fu il Padi- COPPINI 1987, p. 54. Secondo l’autore, nel 1890 i soste-
glione Adriani. nitori della scala ad unica rampa inviarono alla Commis-
17
DONGHI 1891, p. 23. sione Superiore di Belle Arti un progetto con la loro
18
ASPg, ASCPg, Amministrativo, 1871-1953, b. 212; GI- proposta, firmata tra gli altri, anche da Giulio De Angelis.
GLIARELLI 1908, p. 791; GROHMANN 1981, pp. 122-123. BAR- In generale sui lavori al Palazzo del Popolo v. MANCINI
TOCCINI 1993. 1997, pp. 63-91. Un ruolo determinante nei restauri lo ebbe
19
ASPg, ASCPg, Amministrativo 1871-1953; Atti del con- la Deputazione per il Pubblico Ornato, di cui fecero parte
siglio 1889. negli anni, tra gli altri, Vincenzo Santini, Silvestro Valeri
20
In generale sulla distruzione della Rocca Paolina e sulla e Vincenzo Baldini, insegnanti di De Angelis all’Accademia,
sistemazione dell’area di risulta, v. almeno COPPINI 1987, Alessandro Arienti e Guglielmo Calderini. Proprio Calderini
pp. 63-66; MONTELLA 1993, pp. 243-244; PORCARO 1980; si dissociò dal restauro condotto negli interni della Sala
GROHMANN 1981, pp. 131-139; GROHMANN 1990b, pp. 54-57; dei Notari con una lettera molto dura indirizzata al Sin-
GROHMANN 1985a; GURRIERI 1952; FICOLA, GIOSTRELLI, ROSCINI daco di Perugia nel luglio 1880. V. anche: “L’Unione libe-
2000; ASPg, Atti del consiglio comunale 1877. rale” 1889; DAVID 1990; ACS, MPI, AABBAA, III vers.
21
La Commissione artistica Municipale suggerì anche al (1898-1907), II parte, b. 655. Verbale dell’adunanza della
Comune ed alla Deputazione stessa di posizionare diver- Commissione ministeriale del 1 maggio 1899; ASSU, busta
samente l’edificio della caserma per avere una strada 59 (II), fasc. 4; ACS, MPI, AABBAA, III vers. (1898-1907),

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II parte, b. 655. Tra i sostenitori della scala a doppia rampa 17 gennaio 1901 di De Angelis. Dopo il pronunciamento
c’erano pittori e professori dell’Accademia di Belle Arti, della Commissione, il problema era ancora irrisolto perché
quali Francesco Moretti, Matteo Tassi, Luigi Carattoli, Ales- erano state indicate delle direttive senza entrare nei meriti
sandro Ansidei ed Ettore Salvatori. Tra i sostenitori della tecnici, cosicché l’ingegnere capo dell’Ufficio tecnico co-
monorampa c’erano tra gli altri, Annibale Brugnoli, munale, Inglesi, contrario alla soluzione indicata, elaborò
Lemmo Rossi Scotti, Raffaele Angeletti, Francesco e Naza- diversi progetti a scala poligonale, nel tentativo di dimo-
reno Biscarini, Raniero Gigliarelli, Ulisse Ribustini, Fran- strare l’inapplicabilità della soluzione prescelta, invian-
cesco Azzurri. ACS, MPI, AABBAA, III vers. (1898-1907), II done al Ministero cinque. ASSU, busta 59 (II), fasc. 4. In
parte, b. 655. Tra i giornali dell’epoca che scrissero sull’ar- seguito alle difficoltà tecniche poste dall’Ufficio tecnico co-
gomento si ricordano: “La Provincia dell’Umbria” 1890a, munale alla Giunta Superiore di Belle Arti si giunse alla
“La Provincia dell’Umbria” 1890b, “La Provincia dell’Um- conclusione che il definitivo progetto esecutivo venisse af-
bria” 1890c, “La Provincia” 1890, “L’Unione liberale” fidato ai soli D’Andrade, Iacovacci e De Angelis. ACS, MPI,
1890, “Il Paese” 1890. ASSU, busta 59 (II), fasc. 4. Ranieri AABBAA, III vers. (1898-1907), II parte, b. 655. Relazione
di Sorbello 1970, p. 353. Nel 1890 Annibale Brugnoli pro- della Commissione (De Angelis, D’Andrade, Jacovacci) in-
pose anche di eseguire dei modelli di legno sia a rampa caricata di proporre il tipo della scala esterna da costruirsi
unica e sia a due rampe, da appoggiare al monumento per nel Palazzo del Popolo in Perugia.
verificare la bontà dell’una o dell’altra scelta. La questione
fu anche inasprita dalla decisione del Comune di costruire
una scala provvisoria in legno a doppia rampa per garan-
tire l’accesso al palazzo nel frattempo che si definisse la
questione, a tal punto che nel 1895 nacque un’associa-
zione, la “Riunione Artistica Perugina” schierata contro
la soluzione a doppia rampa. LIBER 1899, pp. 35-36.
28
ASSU, busta 59 (II), fasc. 4.
29
ACS, MPI, AABBAA, III vers. (1898-1907), II parte, b. 655.
Verbali delle adunanze della Commissione ministeriale del
30 aprile e del 1 e 2 maggio 1899. La Commissione valutò
i tre progetti presentati, il primo del pittore Rossi Scotti,
che progettò una scala a rampa unica ortogonale alla fac-
ciata; il secondo dell’architetto Benvenuti, funzionario del-
l’Ufficio Tecnico regionale per i monumenti, che avrebbe
voluto realizzare una scala a libera discesa ed infine il pro-
getto di Moretti, che presentò la soluzione a doppia rampa.
In giugno, quando già i sostenitori dei tre tipi di scala ave-
vano presentato le loro soluzioni, anche Calderini scrisse
alla Commissione, chiedendo di essere ascoltato in merito
alla sua proposta di ricostruzione della scala “a libera gra-
dinata”, come quella distrutta, basandosi su uno studio
comparativo delle malte e su accurati studi di geometria
prospettiva, condotti sull’affresco di Bonfigli, confutando
puntualmente gli argomenti addotti per il ripristino della
scala dagli altri concittadini. Verbale dell’adunanza po-
meridiana del 13 giugno 1899. Verbale dell’adunanza po-
meridiana del 17 giugno 1899.
30
ACS, MPI, AABBAA, III vers. (1898-1907), II parte, b. 655.
Lettera del 19 aprile 1904 da De Angelis al Ministero.
31
De Angelis e Calderini continuarono ad interessarsi della
scala in polemica con il Comune di Perugia. ACS, MPI,
AABBAA., III vers. (1898-1907), II parte, b. 655. Lettera del

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Osvaldo Armanni, progetto di restauro di Porta San Pietro a Perugia, 1872-1873 (ASPg, Armanni, c. 23).
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Osvaldo Armanni (1855-1929)


Simonetta Ciranna

L’architetto perugino Osvaldo Armanni (1855- recente nei confronti dell’architettura italiana
1929)1 è presente nella pubblicistica dell’archi- dell’Ottocento postunitario7. Un contesto storico e
tettura quasi esclusivamente per la realizzazione culturale nel quale si costruisce l’immagine ‘mo-
del nuovo Tempio Israelitico di Roma. In tale edi- derna’ della nazione a scala architettonica e ur-
ficio, il cui progetto vincitore nel concorso del lu- bana, in cui si dibatte sull’individuazione di un
glio 1889 sarà modificato ed eseguito tra il 1901 linguaggio nazionale per arrivare al superamento
e il 1904, Armanni è affiancato dall’ingegnere ro- dell’architettura storicista e, ancora, in cui si de-
mano Vincenzo Costa (1848-1924), altra perso- finiscono i profili scolastici e professionali dell’ar-
nalità quasi sconosciuta, con il quale l’architetto chitetto e dell’ingegnere.
condivise l’attività professionale svolta tra l’Um-
bria e il Lazio2. Soltanto il testo pubblicato dal fi-
glio Armando a un anno dalla morte del padre La formazione
tratteggia, in termini chiaramente elogiativi, l’at-
tività di professionista e docente di Armanni3; La formazione di Armanni è strettamente legata
scritto al quale si è sempre appoggiata la pubbli- a Perugia, città in cui dal 1870 al 1874 segue i
cistica successiva, che ha fissato l’intera produ- corsi dell’Accademia di Belle Arti avendo come in-
zione di Armanni nell’ambito di una ricerca di segnante di Architettura elementare e superiore
“forme architettoniche di una moderata solen- teorica e pratica e di storia dell’arte l’architetto-
nità, conforme agli ideali retorici e celebrativi ingegnere Guglielmo Calderini8. Professionista di
dell’architettura ufficiale del tempo”4. spicco nonché funzionario del Genio Civile, del
L’avvio di un’indagine diretta di architetture rea- Ministero dei Lavori Pubblici e poi Soprintendente
lizzate dal progettista in Umbria5 e nel Lazio, e lo ai Monumenti per le province di Roma, L’Aquila
studio del fondo archivistico dell’architetto6 apro- e Chieti, Calderini è un figura di riferimento per
no a una conoscenza più ampia dell’opera di Ar- il giovane Armanni sia nell’istruzione accademica
manni, in un contesto ormai consolidato di mag- sia nella pratica didattica e professionale9. La sua
giore interesse della storiografia specialistica più spiccata attenzione alle questioni funzionali del-

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l’architettura affonda probabilmente le basi nelle


esperienze maturate dal 1871 al 1875, quando fre-
quenta “con assiduità e profitto” lo studio di Cal-
derini, “esercitandosi continuamente in progetti
architettonici ed in copie di macchine sotto la sua
direzione”, sostituendo talvolta il maestro nel
corso di Architettura10.
A lui, forse, il giovane studente deve anche i sug-
gerimenti a seguire, nell’anno scolastico 1870-
1871, le lezioni di Letteratura Italiana tenute dal
professore don Raffaele Marchesi (1810-1871)11
presso l’Istituto Tecnico di Perugia, e quelle di Fi-
sica Sperimentale svolte dal professore Enrico Dal
Pozzo di Mombello12 nell’Istituto di Agronomia.
Qui l’anno seguente frequenterà le lezioni di Al-
gebra e Geometria del professore ingegnere Gia-
como Calderoni.
I numerosi riconoscimenti ottenuti identificano
Armanni come un allievo brillante e versatile nel
Osvaldo Armanni, Armatura per la costruzione di una cu- disegno e nella composizione architettonica13, ca-
pola a curva catenaria del diametro di m. 24, 1872 (Peru- pace di ottenere nel dicembre del 1874 la patente
gia, Archivio dell’Accademia di Belle Arti “Pietro Vannucci”,
Fondo didattico Architettura, inv. 890). di abilitazione all’insegnamento del disegno nelle
Scuole Tecniche, Normali e Magistrali del Regno,
rilasciatagli dal Presidente dell’Accademia delle
Belle Arti di Firenze. Soltanto il 24 maggio del
1899, gli verrà riconosciuta la laurea di architetto
nella Regia Scuola di Applicazione degli Inge-
gneri di Roma14, mentre già nel 1895 aveva rice-
vuto la nomina ad Accademico di merito nell’Isti-
tuzione perugina che lo aveva formato.

I primi concorsi
Osvaldo Armanni, Studio d’ombre su elementi architettonici
con un tempio classico, 1872 (Perugia, Archivio dell’Accade-
mia di Belle Arti “Pietro Vannucci”, Fondo didattico Prospet- Anche i primi concorsi lo collegano alla sua città
tiva, inv. 267). natale. Nel concorso accademico per il restauro
di Porta San Pietro a Perugia del 1872-1873, Ar-

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Progetto di restauro dell’Arco Etrusco o d’Augusto di Perugia, prospetto (da CALDERINI 1862b, tavola n.n.).

Osvaldo Armanni, progetto di restauro dell’Arco Etrusco o d’Augusto di Perugia, 1875, prospetto, saggio del primo anno della borsa
Stanzani dell’Artistica Congregazione dei Virtuosi al Pantheon (ASPg, Armanni, c. 18).

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manni propone il completamento in forme quat- L’11 dicembre 1879 Armanni ottiene, per pub-
trocentesche della porta urbica ponendosi in sin- blico concorso, la cattedra di disegno nel Regio
tonia con le vicende storiche del monumento. Istituto Tecnico Leonardo da Vinci di Roma, ed è
Infatti, nel 1458 è il maestro di pietra Bartolomeo in questa nuova veste che partecipa al bando del
Mattioli15 ad assumere l’incarico di completare comune di Vicenza del 1880 per il ‘nuovo pro-
la ricostruzione ‘alla moderna’ della Porta nel spetto a tramontana’ del Teatro Olimpico23. Come
borgo di San Pietro, avviata nel 1447 da Mariotto designa l’autore, la facciata riprende ‘lo stile pal-
Baglioni e Nicolò di Paolo di Pietro e poi conti- ladiano’ con un impaginato tripartito costituito
nuata alla morte di Mattioli da Agostino di An- da un corpo centrale a due piani, di cui il supe-
tonio di Duccio16. riore a loggiato con timpano e statue e quello ter-
Nel 1875 Armanni vince il Concorso Nazionale reno bugnato con tre portali a tutto sesto, che
Stanzani indetto dalla Insigne Artistica Congre- avanza rispetto le due ali simmetriche a un solo
gazione dei Virtuosi al Pantheon; un successo piano, anch’esse a bugnato e concluse da una
elogiato da Calderini nei giornali locali e che de- balaustra con statue.
terminerà il trasferimento a Roma del giovane
grazie alla borsa quadriennale premio per il per-
fezionamento nello studio dell’architettura17. È I grandi Concorsi nazionali
in tale contesto che esegue, come saggio del
primo anno, il progetto di restauro dell’Arco La ricerca di uno stile nazionale attraversa nel
Etrusco o d’Augusto, uno degli otto varchi prin- corso dell’Ottocento l’intera Europa, dove ogni
cipali delle mura etrusche di Perugia18. Diversa- singolo Stato è impegnato a rafforzare la propria
mente dal criterio adottato nella quattrocentesca identità e a conseguire autorità in ambito inter-
Porta San Pietro, qui Armanni prevede la libera- nazionale24. Nella costruzione dell’iconografia
zione del monumento dalle più tarde aggiunte e ufficiale, le competizioni per la progettazione di
l’inserimento di una linea di merli19; una solu- monumenti, edifici pubblici civili e religiosi, o di
zione, quindi, che riprende quanto già proposto restauri o completamenti di fabbriche storiche
dal maestro Calderini nel 186220. rappresentano un’occasione privilegiata di con-
Ancora come pensionato, nel maggio del 1877 fronto tra architettura e opinione pubblica. La
Armanni è impegnato sul “progetto di ristauro prassi del concorso – oltre cento ne vengono ban-
del grandioso e celebre tempio di Vulcano in diti in Italia tra il 1860 e il 1914 – assume un
Ostia, del quale fedelmente e con ogni diligenza ruolo importante nell’immaginario collettivo in
ha misurato e ritratto sul luogo le maestose ciò che si vuole elevare a patrimonio monumen-
ruine”21. Si tratta del rilievo e della restituzione tale della giovane nazione 25. In tale contesto si
grafica della forma originaria del tempio; disegni inserisce il complesso programma di costruzione
con i quali conquisterà la medaglia di bronzo della Roma capitale, al quale concorre anche Ar-
all’Esposizione Umbra Artistica, Industriale, Agri- manni a iniziare dalla partecipazione ai due
cola, del 187922. concorsi per la realizzazione di uno dei simboli

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Osvaldo Armanni, tavola dei dettagli del tempio di Vulcano in Ostia, 1877-1879 (ASPg, Armanni, c. 18).

Osvaldo Armanni, progetto del concorso nazionale per il Teatro Olimpico di Vicenza, Nuovo prospetto a tramontana, 1880 (ASPg,
Armanni, c. 23).

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dello Stato unitario: il monumento a Vittorio celsa città; ma talvolta è stato costretto a seguire
Emanuele II. qualche forma del Cinquecento, poiché altrimenti
Nel primo e controverso concorso del 1880, in cui la parte decorativa sarebbe rimasta troppo limi-
al fianco di professionisti di fama internazionale tata”. Valutazioni che appaiono consapevoli delle
si misurano anche dilettanti di provincia26, ottiene idee espresse da Camillo Boito negli scritti su
nel 1883 la medaglia d’argento dalla Commis- Roma del 187529, e che conducono Armanni a
sione Reale presieduta dal primo ministro Ago- una soluzione non molto distante da quella del
stino Depretis. Nella relazione allegata alle due francese Henry Paul Nénot, vincitore di questa
tavole del progetto27, Armanni chiarisce i due cri- prima fase progettuale.
teri principali a cui risponde la sua proposta, ossia Nel 2° Concorso internazionale, il regolamento
“il luogo in cui erigere il monumento e la forma emesso nel dicembre del 1882 definisce sia la loca-
ed il concetto storico di esso”, volutamente non lizzazione sia il tipo: il monumento consisterà di
vincolati nel regolamento del concorso. Circa la una statua equestre e un fondale architettonico e
collocazione, scrive Armanni, “dovendo il monu- dovrà porsi nel Campidoglio. In un contesto molto
mento al nostro Re rammentare un avvenimento, più omologante da cui risulterà vincitore il progetto
che è il risultato di fatti antichi e moderni, un av- di Giuseppe Sacconi, la proposta di Armanni è an-
venimento moderno, a cui fanno capo antiche cora premiata con medaglia di merito (1885)30.
aspirazioni, non pare ammettere dubbio l’oppor- Dalla frenetica attività progettuale di questi ini-
tunità di erigere il lavoro in un punto di Roma ziali anni ottanta emerge la prima certa collabo-
nuova”, ossia nella piazza delle Terme Dioclezia- razione tra Armanni e Costa, autori tra il 1882 e
nee28. Tale area è prescelta “primariamente perché il 1883 di un edificio residenziale di proprietà di
ad essa fa capo la gran via Nazionale, che dalla Nestore Guarnieri e Giuseppe Valteroni sito in via
stazione giungendo al centro di Roma, apre l’in- Milazzo nel quartiere Macao a Roma31. La parte-
gresso ai forestieri, secondariamente perché que- cipazione ai concorsi nazionali resta tuttavia pre-
sta piazza è rimasta del tutto disadorna in mezzo minente in questo scorcio di secolo. Tra il
alle molte opere edilizie moderne: anzi nello stato 1888-1889 Armanni partecipa al 2° Concorso per
presente non è degna di star a fronte della più la sede del Parlamento a Roma.
grande e bella via di Roma redenta”. Riguardo Nel 1871, nel trasferimento della capitale a Roma,
alla composizione, Armanni concepisce il monu- il governo di destra aveva optato per una colloca-
mento come la trasformazione dell’invaso esi- zione degli uffici governativi nelle storiche sedi
stente in una ‘piazza ornamentale’, ossia “un della città papalina. A questa politica risale la
gran portico semicircolare, diviso nel mezzo dal- scelta di insediare la sede del Parlamento italiano
l’imboccatura di via Nazionale, dinanzi alla quale nel Palazzo della Curia Pontificia a Montecitorio.
sorge alla distanza di m 72 l’arco di trionfo visibile Dopo i primi riadattamenti operati dall’ingegnere
ancora dal fondo di detta via”. In quanto allo stile Paolo Camotto, nel 1879 si avviò un concorso de-
Armanni si attiene “in generale al Romano, per- stinato all’ampliamento dell’edificio e alla costru-
ché il più grandioso e il più conveniente per l’ec- zione di un’aula parlamentare in muratura. Dopo

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Osvaldo Armanni, progetto del primo concorso nazionale per il monumento a Vittorio Emanuele II, prospetto, 1880 (ASPg, Armanni,
c. 23).

alterne vicende, il 30 ottobre 188832 si decise per


la realizzazione di una nuova sede del Parla-
mento nel rione di Magnanapoli, nell’area deli-
mitata dalla Torre delle Milizie, i giardini di Villa
Aldobrandini e gli orti posti in corrispondenza del
sito su cui l’architetto Gaetano Koch edificherà la
sede della Banca d’Italia (1888-1892)33. Il pro-
gramma richiedeva che l’edificio sorgesse isolato
con il prospetto principale su via Nazionale, a
fronte di un’ampia piazza, e con strade di colle-
gamento alle vie Nazionale e Cavour, e che fosse
Attestato del conferimento della medaglia d’argento ad Ar- composto da tre distinti corpi di fabbrica destinati
manni nel 1883 per il progetto avanzato al primo concorso na-
zionale per il monumento a Vittorio Emanuele II (ASPg, rispettivamente alla Camera, al Senato e alla
Armanni, c. 23). grande sala del trono. La proposta progettuale di
Armanni appare, nel disegno del fronte princi-
pale34, come risultato di una mediazione tra la
grandeur del classicismo delle capitali interna-
zionali e un più misurato rinascimento italiano.
La Commissione giudicatrice, composta, tra gli
altri, da Alfredo D’Andrade, Luca Beltrami e Cal-
derini, porta avanti i lavori fino ad arrivare al-
l’approvazione del finanziamento. Tuttavia,
l’ambizioso programma non viene attuato e nel
1897 s’indice l’ennesima prova di concorso ritor-
Osvaldo Armanni, progetto del secondo concorso nazionale per
il monumento a Vittorio Emanuele II, prospetto, 1882 (ASPg, nando all’adattamento del Palazzo di Monteci-
Armanni, c. 23). torio.

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Osvaldo Armanni, Vincenzo Costa, edificio a uso residenziale Osvaldo Armanni, Vincenzo Costa, edificio a uso residenziale
nel quartiere Macao a Roma, fronte su via Milazzo, 1882-1883 nel quartiere Macao a Roma, foto d’epoca (ASPg, Armanni, c.
(ASC, Titolo 62, prot. 5354). 18).

Osvaldo Armanni, progetto per il 2° Concorso per la sede del Parlamento a Roma, prospetto, 1888-1889 (ASPg, Armanni, c. 23).

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Osvaldo Armanni, progetto del primo concorso per il completamento della facciata del duomo di Arezzo, prospettiva,
1895-1896 (ASPg, Armanni, c. 18).

Non sono soltanto i grandi concorsi romani a co- tore ha omesso le nicchie ai lati dei piloni per
stituire il banco di prova per Armanni. Alla metà mantenere la severità e la sobrietà di forme”35.
degli anni novanta egli partecipa alla prima fase
della competizione (1895-1896) per il completa-
mento della facciata del duomo di Arezzo, rimasta Il Tempio Maggiore di Roma (1889-1904)
interrotta agli inizi del XIV secolo. Il progetto è
contrassegnato con il motto Simplex, a indizio di Nel luglio 1889 l’Università israelitica redige il
una semplicità che doveva rispondere alla richie- programma di concorso per il progetto di un
sta del bando di attenersi “allo stile e alle linee Tempio Israelitico atto a ospitare mille persone,
generali dell’edificio non dipartendosi dal mate- di un oratorio di mq 100, scuole maschili e fem-
riale di cui è rivestito all’esterno”. Le scelte formali minili e uffici per la comunità36. La costruzione
trovano una sintesi nel giudizio del contempora- della sinagoga maggiore di Roma è espressione
neo Torquato Broglio, che scrive “buono il dise- non solo delle vicende urbanistiche inerenti alla
gno per la sua massa, buona la decorazione della costruzione di Roma capitale, in particolare la
parte inferiore: i piloni sono lisci e semplici. L’au- demolizione del ghetto prevista nel piano rego-

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latore del 1873 e realizzata tra il 1886-1889, ma,


anche, della svolta storica dell’ebraismo romano
negli anni dell’emancipazione dalla soggezione
dello Stato Pontificio. L’architettura del nuovo
Tempio deve avere – come precisa il bando –
“carattere monumentale e severo”, essa dovrà
essere simbolo da un lato dell’identità tradizio-
nale dell’ebraismo, dall’altro dell’integrazione
nazionale. Tra i ventisei gruppi partecipanti al
concorso risultano vincitori a pari merito il bi-
nomio Armanni-Costa e l’ingegnere Attilio Mug-
gia. Dopo il fermo imposto, tra l’altro, dalla
profonda crisi economica che investe la giovane
nazione italiana a seguito del crac della Banca
Romana, nel 1897 il Comune e l’Università ar-
rivano a un accordo sulle aree da destinare al
Osvaldo Armanni, Vincenzo Costa, progetto della sinagoga di complesso. Nel gennaio del 1898 l’Università in-
Roma, sezione con cupola a ziggurat (ASPg, Armanni, c. 18). vita i due vincitori del 1889 a presentare un pro-
getto rivisto sulla base di un nuovo programma.
Muggia si ritira criticando alcuni articoli del
nuovo bando, lasciando praticamente la vittoria
agli altri due progettisti. La prima pietra è posta
il 20 giugno 1901 e nell’estate del 1904 il Tem-
pio è ultimato37.
Rispetto alla soluzione primitiva, la modifica più
rilevante introdotta da Armanni-Costa nel pro-
getto conclusivo è la sostituzione della copertura
a ziggurat con una più ‘familiare’ cupola a padi-
glione. L’intero linguaggio utilizzato negli esterni
abbassa il tono più marcatamente orientalista e
leggiadro del primo disegno, più affine agli
esempi internazionali e italiani successivi al-
l’emancipazione, a iniziare da quelli delle due ex
capitali Torino e Firenze38. Nella soluzione finale
i progettisti utilizzano stilemi frutto di un eclettico
Osvaldo Armanni, Vincenzo Costa, progetto della sinagoga di sincretismo, fantasiosamente definiti da loro stessi
Roma, sezione con cupola a padiglione (ASPg, Armanni, c. 18). ‘asiatici’ o ‘assiri’, ma in realtà ricomposti entro

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Roma, Tomba della famiglia Di Cave nel cimitero israelitico


del Verano, Osvaldo Armanni (foto Simonetta Ciranna).

una matrice classicista e una volumetria statica


e monumentale.
L’impianto a croce greca con navata maggiore
oblunga orientata a est verso Gerusalemme segue
il rito italiano39, con un interno che alleggerisce Osvaldo Armanni, progetto della tomba Tranquillo-Pontecorvo
nel cimitero israelitico del Verano a Roma, prospetto (ASPg, Ar-
la pesante architettura con un’esuberante deco- manni, Elaborati grafici n. 35).
razione scultorea e pittorica anch’essa ispirata a
motivi greco-assiri. Le capacità tecniche del pro- brillanti e fortunati pittori perugini: Domenico
gettista – come rilevato – emergono nella realiz- Bruschi (1840-1915) e Annibale Brugnoli (1843-
zazione della imponente cupola eseguita “con 1915). Quest’ultimo41 collabora anche alla fini-
centine in ferro a traliccio, con l’estradosso in tura di una delle altre due più piccole sinagoghe
mattoni tubolari su cui sono applicati due strati, romane affidate negli stessi anni ad Armanni e
uno di intonaco ed un altro di cemento idraulico Costa dal presidente delle comunità israelitiche
per consentire la caratteristica copertura con la- italiane Angelo Sereni. Si tratta della decorazione
mine in alluminio sottile e durevole nel tempo”40. della sala di preghiera dotata di ampi matronei
Tra gli autori delle decorazioni degli interni, oltre dell’Oratorio Di Castro in via Cesare Balbo a
al giovanissimo maestro di vetrate romano Cesare Roma, realizzato tra il 1912-1914; solo quattro
Picchiarini (1871-1943), figurano due tra i più anni prima i due progettisti avevano ultimato la

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Osvaldo Armanni, palazzo delle Poste e telegrafi di Perugia, 1909-1915, prospettiva (ASPg, Armanni, c. 23).

costruzione dell’Oratorio spagnolo a Lungotevere nuovo edificio viene costruito tra il 1909-191546,
Sanzio (1910)42. La fiducia conquistata tra i a Reggio Calabria dal 1911 al 1917, a Mantova
membri della comunità è inoltre confermata nel 1916. La realizzazione delle Poste di Perugia
dalle diverse sepolture affidate in quegli anni ai è in stretta relazione con le trasformazioni urbane
due professionisti43. che interessano il centro storico di questa città a
partire dall’unità nazionale e, tra queste, l’aper-
tura di una nuova via normale al Palazzo dei
I Palazzi delle Poste e telegrafi e la questione Priori (ora via Cesare Fani)47.
dello stile Il 16 aprile 1909 il conte Valentini, sindaco della
città, incarica Armanni “di studiare se nell’area
La sinagoga rappresenta per Armanni la consa- compresa fra la via Mazzini, la piazza Garibaldi,
crazione dell’impegno professionale profuso nei la proprietà Mancini ed il soppresso vicolo detto
due decenni precedenti; a testimoniarlo – oltre delle Meretrici” fosse possibile sistemare il Palazzo
alle partecipazioni alle competizioni – è la varietà delle Poste e Telegrafi per una superficie non in-
dei lavori svolti in area laziale e umbra44. Ormai feriore a mq 1.400. Già negli anni precedenti si
architetto affermato45, Armanni ottiene impor- erano seguite diverse ipotesi progettuali dell’edi-
tanti incarichi dalle pubbliche amministrazioni ficio su aree prossime alla piazza Garibaldi (l’an-
tra le quali le Poste e i Telegrafi: da Perugia, il cui tica piazza del Sopramuro, ora Giacomo Matteot-

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ti). Armanni si inserisce e risolve scelte urbane ed pata da indecenti ed anguste viuzze, offesa al-
edilizie già avviate e in fase di stallo; a confer- l’estetica ed alla igiene”. Economia e funzionalità
marlo, oltre all’articolo apparso in “La Tribuna” sono i caratteri che egli sottolinea49, osservando
del 10 novembre 1909, è lo stesso progettista, nella in merito allo stile e alle decorazioni da adottare
relazione redatta in quegli stessi giorni48. In tale che Perugia ha “carattere notabilmente medioe-
rapporto Armanni sottolinea come la costruzione vale” anche se conserva “ragguardevoli esem-
del palazzo offra al Comune la possibilità di un plari” di epoche successive. Pertanto “tali condi-
miglioramento della qualità urbana ed edilizia; zioni non possono, in chi si accinge ad ideare
infatti il progetto “propugnato dall’ing. Bellini di un’opera di architettura per questa città, non in-
creare una strada che dalla piazza Garibaldi per- cutere rispetto e non generare il timore di far cosa
mettesse la visuale della porta del Palazzo Comu- che possa turbare l’armonioso ed artistico insieme
nale, trova una naturale ed ovvia attuazione”. Con e possa non accordarsi con quel carattere medioe-
tale via “oltre al potersi dare un conveniente pro- vale che è nota predominante nelle costruzioni
spetto al Palazzo delle Poste da questo lato, al perugine. Ciò è tanto da tenersi in considerazione
mettersi in evidenza il monumentale ingresso del nel caso presente, a cagione del luogo in cui il
palazzo Comunale, ed alla probabilità di riporre nuovo edificio dovrebbe sorgere, di fronte cioè a

Reggio Calabria, palazzo delle Poste e telegrafi, Osvaldo Ar- Mantova, palazzo delle Poste e telegrafi, Osvaldo Armanni, 1916,
manni, 1911-1917, foto d’epoca (ASPg, Armanni, c. 25). foto d’epoca (ASPg, Armanni, c. 25).

in luce le costruzioni del palazzo Vajani, viene palazzi che già decorano la piazza Garibaldi e
soppressa la viuzza del Forno, che al suo sbocco presso la residenza comunale che dalla stessa
sulla nuova via prende l’aspetto di una bottega. piazza diverrebbe visibile. Ma il riprodurre servil-
Tali miglioramenti edilizi avvantaggeranno mente, allo scopo di accordarsi coll’ambiente,
anche le condizioni igieniche di quella zona tanto qualcuno dei tipi architettonici ricordati, oltre a
centrale ed attorniata da nobili edifici, ma detur- generare fastidiosa monotonia ed a riporre sot-

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t’occhio temi già magistralmente trattati, po- arte greca ha fiorito in modo singolare, in un
trebbe anche contrastare colle necessità pratiche paese in cui brillò la sua nobile e severa fisiono-
della costruzione in progetto. Mi proposi quindi, mia, poteva sembrare inopportuno che, troncando
mettendo da parte ogni concetto troppo moderno bruscamente la tradizione, s’innestasse, quasi
od esotico, di adottare un tipo decorativo, che, ispi- pianta esotica, un tipo che troppo da quella si al-
rato all’arte che fiorì fra il cadere del medesimo lontanasse. E poiché il cemento armato facilmente
evo ed il sorgere del rinascimento, fosse in pieno si piega alla rappresentazione di qualunque
accordo col carattere generale della città, si adat- forma, anzi direi quasi ad ogni capriccio dell’ar-
tasse a tutte le esigenze dell’uso e si prestasse ad chitettura, si preferì dare alla progettata costru-
una trattazione di sentimento moderno, ad essere zione uno stile che, pur rispondendo alle esigenze
cioè, per così dire, modernizzato”. Le scelte lin- dei nostri tempi, s’ispirasse alla civiltà che fiorì in
guistiche dell’edificio, nel 1915 ormai comple- quelle regioni, quando ancora tutta l’Europa era
tato 50, non trovano particolare apprezzamento immersa nella barbarie e ricordasse così l’antica
nella stampa locale, beffarda anche sull’uso della nobiltà che Reggio può vantare come le sue sorelle
pietra caciolfa (dalla cava presso Foligno) e de- dell’Italia Meridionale”52. Una palese dichiara-
cisamente critica circa il ‘dente’ creatosi lungo la zione di disinteresse nei confronti delle prime spe-
nuova via a causa del mancato allineamento tra rimentazioni del cemento armato che nel palazzo
il fronte laterale delle poste e il palazzo Ajò51. delle Poste di Reggio Calabria furono condotte
A chiarire ulteriormente la posizione di Armanni dalla società dell’ingegnere Giovanni Antonio Por-
sullo stile è la relazione allegata al progetto del cheddu, agente e concessionario del sistema Hen-
1911 per le Poste di Reggio Calabria, la cui rea- nebique.
lizzazione è connessa alla ricostruzione post sisma
del 1908. Scrive Armanni al paragrafo ‘Stile’: “ai
nostri tempi la grande varietà di materiali posti a Conclusioni: le scuole e l’attività didattica
disposizione del costruttore, la facile conoscenza
di tutte le forme adottate in tutti i paesi ed in tutte A chiusura di questa non certo esaustiva restitu-
le epoche, la somiglianza e quasi la identità dei zione dell’opera di Armanni non può che collo-
costumi di tutto il mondo civile, fanno si che l’ar- carsi la sua intensa attività dedicata sia alla
chitetto non si senta più vincolato ad un tipo sti- costruzione di edifici scolastici sia, con particolare
listico speciale, ma divenga, quasi forzatamente, dedizione e continuità, all’insegnamento.
libero ed eclettico. Nel presente caso, l’uso del ce- La prima di queste sembra avere inizio già nel-
mento armato poteva forse invitare alla adozione l’ultimo decennio dell’Ottocento ad Anagni con
di forme speciali, indipendenti da ogni altro pre- il Collegio Regina Margherita, risultato della ri-
concetto. Ma qui sorge un altro ordine di conside- strutturazione del convento di San Giacomo, per
razioni che a mio avviso, tendono a limitare tale il quale Armanni pare seguire insieme a Costa la
sconfinata libertà e a fissare un indirizzo più de- direzione dei lavori53; lavori progettati dall’archi-
terminato. Infatti in una regione dove la classica tetto Giulio De Angelis54. Gli incarichi più impor-

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con la cattedra di disegno nel Regio Istituto Tec-


nico “Leonardo da Vinci” di Roma, poi tenuta
fino al 190759. Lui stesso chiarisce il suo pensiero
in una relazione redatta nel passaggio dall’inse-
gnamento del disegno a quello specifico del dise-
gno dell’architettura60. Armanni, titolare da più
lustri di tale cattedra, pone al centro dell’insegna-
mento rivolto ai “giovani studiosi dell’arte archi-
tettonica, le manifestazioni tipiche dell’arte stessa,
raggruppandole in quattro parti, corrispondenti
agli stili architettonici principali, quali sono il
greco, il romano, il gotico (ogivale) e lo stile del
Assisi (Pg), Regio Convitto Nazionale Principe di Napoli,
Osvaldo Armanni, foto risalente alla fine degli anni venti del
rinascimento”. Egli intende impartire ai suoi al-
Novecento (ASPg, Armanni, c. 25). lievi “le prime nozioni di architettura e renderli
capaci a proseguire con profitto gli studi superiori
tanti giungono dopo la notorietà nel secondo e nel medesimo campo presso le R.R. Università”.
terzo decennio del Novecento, a iniziare dall’Or- A suo parere lo studio “dei capolavori dai più re-
fanotrofio Truzzi di Genzano (1910-1918), per moti tempi fino ai nostri giorni” educa al “senti-
seguire con la scuola elementare Garibaldi a mento artistico; nessuna arte mai e nessuna
Umbertide (1914-1917)55 e il Regio Convitto Na- scienza è nata ex novo. Ogni idea, ogni fatto, ogni
zionale Principe di Napoli ad Assisi, inaugurato metodo è frutto di quanto precedette ed è alla sua
nel 192756. Si tratta di tre complessi di grandi di- volta origine di quanto si produrrà in seguito.
mensioni, che denotano la propensione del pro- Tutti i fenomeni, non esclusi quelli estetici, sono
gettista ad ‘armonizzarsi’ con i caratteri domi- soggetti alla legge progressiva, ma graduale, del-
nanti delle architetture circostanti, oscillando l’evoluzione: bisogna rivolgere lo sguardo non
quindi senza apparente interesse dal neorinasci- soltanto sopra alcune pagine quasi privilegiate
mento al neomedioevo57. Un approccio che ad della vita dell’arte, ma tutte leggerle e studiarle
Assisi sarà aspramente criticato da Giovanni successivamente, per notarne il reciproco legame,
Astengo, redattore nel 1958 del piano di questa il filo che tutte le unisce”61.
città, il quale giudicherà l’edificio come una A partire dal 1907 e fino al 1929 Armanni ricopre
“enorme massa di pietra, ad archi e bifore, pa- la cattedra di disegno di ornato e di architettura
rodia gigantesca delle modeste, graziose ed au- presso la Scuola di disegno dell’Università di
tentiche case medievali demolite per far posto al Roma in San Pietro in Vincoli, sempre coerente-
mostruoso casermone”58. mente “guidato nelle sue attività di docente e di
Quanto emerge nelle scelte linguistiche di Ar- architetto da criteri di semplicità e di temperato
manni trova ampio riscontro nell’attività di do- classicismo”62. Immutato è, infatti, il suo pensiero,
cente da lui intrapresa sin dal dicembre del 1879 come conferma una sua missiva inviata al preside

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Osvaldo Armanni, Lezioni di disegno architettonico del Prof. Osvaldo Armanni, Corso di disegno architettonico, copertina
O. Armanni, copertina (ARMANNI s.d.) (ARMANNI 1932, ASPg, Armanni, cc. 11-12 dispense).

della facoltà nel 1928: “i criteri didattici nella chitettura, per condurre gradualmente gli allievi
scuola di disegno ornamentale ed architettonico, in fin d’anno a disegnare e riprodurre edifici di
variano, si può dire, in rapporto ad ogni singolo svariati stili, dando preferenza allo stile greco e
allievo, secondo la diversa attitudine dell’alunno romano, e a quello del rinascimento”63.
agli studi dell’arte. Per concretare adunque il mio
programma generale per l’anno accademico 1
Osvaldo nasce a Perugia da Armanno Armanni e Stella
1928-29 posso dire soltanto che, come negli anni Paolotti.
passati, nel 1° Corso di facoltà per gli aspiranti 2
Armanni si trasferisce a Roma appena ventenne.
3
ingegneri, farò compiere esercizi di disegno orna- ARMANNI 1930.
4
BATTAGLINI DI STASIO 1962.
mentale fin dai primi elementi. La scolaresca pas- 5
Tra cui il lavoro svolto dal professore Paolo Belardi nel-
serà poi allo studio delle ornamentazioni a mezza l’ambito del corso di Rilievo dell’Università degli Studi di
macchia, per terminare colle copie di riprodu- Perugia.
6
Il fondo è conservato nell’Archivio di Stato di Perugia; rin-
zione di ornati in fotografia. Nel 2° Corso inizierò grazio, per la cortesia e la disponibilità con le quali ha se-
pure dai primi elementi l’insegnamento dell’ar- guito le mie ricerche, la dott.ssa Marina Regni alla quale si

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deve la redazione di un inventario provvisorio del cospicuo nato 3a Classe; la Facoltà di Pittura con la medaglia di
fondo di disegni, foto e documenti di Osvaldo Armanni. bronzo per la scultura nella 2a Classe.
7 14
Premesse essenziali, queste, per rompere i vincoli e l’om- Per equipollenza agli studi del corso complementare
bra caduta sull’attività di Armanni e di ‘tecnici’ che come scientifico già istituito nella stessa scuola per i licenziati
lui hanno contribuito a costruire la città e i suoi principali dagli Istituti di Belle Arti.
15
edifici pubblici nei decenni di messa a punto dello Stato Cfr. CIRANNA 2009.
16
Italiano, dall’Unità agli anni venti del Novecento. GROHMANN 2003, pp. 72-73. Sui numerosi e controversi
8
Tra i disegni conservati nell’Archivio Storico dell’Acca- progetti che interessarono questo monumento a partire
demia di Belle Arti di Perugia (ASABAP), Fondo didattico, dal 1841 cfr. RICCI 1921.
17
Disegni: Scuola di Prospettiva, cartelle I-V, n. inv. 186, v. Nel Corriere dell’Umbria del 1° luglio di quell’anno Cal-
inv. 267, Armanni Osvaldo, 1872 e n. inv. 192, v. inv. 276, derini vanta il risultato del suo allievo a dimostrazione
Osvaldo Armanni, 1873; Scuola di Architettura, cartelle I- della validità dell’insegnamento dell’Accademia. Le parole
XXII, n. inv. 804-805, n. inv. 890-891, Armanni Osvaldo, di Calderini forse favorirono la decisione del Consiglio Co-
1872; Scuola di figura, cartella XIII, n. inv. 38, v. inv. 38, munale assunta nella seduta del 7 febbraio 1876, di elar-
Armanni Osvaldo, 1873; e di non certa attribuzione Scuola gire ad Armanni un assegno di L. 800 secondo alcune
di figura, n. inv. 43, [Osvaldo Armanni] 1870. condizioni da stabilirsi dall’Accademia. In ASABAP, Car-
9
Sull’attività di Calderini (1837-1916) si vedano, tra gli teggio amministrativo organizzato per titolario, b. 37,
altri: CALDERINI 1917; MARCONI 1974; BOCO, KIRK, MURATORE n. 84 “Armanni Osvaldo dal 1875 al 1878”. L’Accademia
1995; BOCO 1996. fisserà la consegna di un saggio di rilievo e restituzione
10
Nel Fondo Armanni si conservano alcune dichiarazioni grafica probabilmente del tempio di Giove Statore; non è
autografe di Calderini che certificano l’attività svolta da chiaro se Armanni consegnò mai tali disegni.
18
Osvaldo nel suo studio e come sostituto nella sua cattedra Costruita in blocchi di travertino nella seconda metà del
in Accademia, cfr. ASPg, Fondo Osvaldo Armanni (da ora III secolo a.C. e ristrutturata da Augusto nel 40 a.C., la
ASPg, Armanni), b. 1, Documentazione personale (1874- porta è fiancheggiata da due torri a pianta trapezoidale a
1926). Si precisa che le collocazioni archivistiche sono scarpa, in quella sinistra alla base è addossata una fonte
provvisorie e relative al momento della consultazione. seicentesca mentre nel coronamento è sovrapposto un log-
11
Sulla figura di questo sacerdote, insegnante, patriota e giato rinascimentale. Cfr. GROHMANN 2003, p. 11.
19
letterato si veda TOSTI 2007. Le aggiunte sono considerate incongrue superfetazioni
12
La cui visione positivista, materialista ed evoluzionista in coerenza a una metodologia di restauro più ‘rispettosa’
si ritroverà molti anni dopo nelle idee di Armanni sullo dell’originaria unità formale dei monumenti appartenenti
sviluppo dell’arte e dell’architettura. all’antichità. In ASPg, Armanni, ci sono due disegni (38/2,
13
Tra le diverse medaglie ottenute in Accademia: nel Con- 38/3) dove nel primo si riporta “Progetto di restauro del-
corso Annuale del 1870-1871, la Facoltà di Architettura gli l’Arco della Via Vecchia in Perugia, Roma - Pensione Stan-
assegna il primo premio con medaglia d’argento nella 3a zani - Anno I. II saggio trimestre [?]”. Ivi, nell’album
classe di ornato, il primo premio con medaglia d’argento fotografico dal titolo Progetti di architettura e lavori ese-
nella 1a classe di architettura; nel Concorso Annuale del guiti dall’architetto Osvaldo prof. Armanni sono presenti
1871-1872, la Facoltà di Architettura gli attribuisce la me- quattro foto, due relative a questo restauro e due a quello
daglia d’argento nella 4a classe di architettura e la meda- della Porta San Pietro. In entrambi i casi la prima è una
glia di bronzo nella 1a classe di Prospettiva, la Facoltà di riproduzione Alinari e documenta lo stato ante-operam,
Pittura la medaglia di bronzo nella 1a classe di ornato pla- la seconda riprende il disegno di progetto.
20
stica; nel Concorso Annuale del 1872-1873, la Facoltà di Infatti, già nel 1862 Calderini aveva studiato e progettato
Architettura gli conferisce la medaglia del valore di Lire il restauro di quest’arco, cfr. CALDERINI 1862b, contenente
Cento nella Classe Superiore di Architettura e la medaglia anche il disegno di progetto.
21
di bronzo nella 2a Classe di Prospettiva, la Facoltà di Pittura ASABAP, Carteggio amministrativo organizzato per ti-
la medaglia di bronzo nella 1a Classe di Disegno, quella di tolario, b. 37, n. 84.
22
Pittura e Scultura la medaglia di bronzo nella 1a Classe di Nell’attestato rilasciatogli risulta premiato come espo-
Scultura; nel Concorso Annuale del 1873-1874, la Facoltà sitore di “disegni ornamentali di progetti architettonici”,
di Architettura lo premia con la medaglia d’argento per la in ASPg, Armanni, cartella 23. Armanni scrive inoltre di
prospettiva nella 3a Classe e la medaglia d’argento per l’Or- aver ottenuto una medaglia d’argento nella stessa esposi-

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zione tenutasi nel 1899: ivi, relazione firmata da Armanni Scole corrispondenti ai diversi riti di appartenenza della
e datata Roma aprile 1907. comunità ebraica romana.
23 37
Classificandosi, egli sostiene, tra i tre migliori concor- COSTA, ARMANNI 1904. Il 2 luglio di quell’anno il re Vittorio
renti, in ibidem. Emanuele III visita la sinagoga e in tale occasione nomina
24
CIRANNA, DOTI, NERI 2011, passim. Costa e Armanni Ufficiali della Corona d’Italia; il 27 luglio
25
MANGONE 2002. una solenne cerimonia religiosa consacra l’edificio e il
26
BRICE 1986. giorno successivo ha luogo l’inaugurazione civile alla pre-
27
ASPg, Armanni, busta 3.2. Progetti. Roma, Descrizione senza delle autorità. Vedi inoltre ASC, Titolo 54, prot.
e perizia del progetto per il monumento da erigersi in 16566, a. 1903.
38
Roma in onore a V. Emanuele II. CALABI 1992.
28 39
“Riserbando alla decorazione l’ufficio complessivo delle Non estraneo all’organizzazione liturgico-tipologica
molteplici allusioni”. della tradizione cristiana; la stessa arca riprende lo sceno-
29
Boito è peraltro membro della Commissione giudicante. grafico impaginato degli altari barocchi romani.
40
Cfr. BOITO 1875; wILLIAMS 1996, in particolare pp. 15-16; RACHELI 1983.
41
SELVAFOLTA 1997, in particolare p. 51. Autore di grandi cicli decorativi in prestigiosi interni di
30
In realtà il rapporto di Armanni con il monumento a architetture, quali a Roma la decorazione della cupola del-
Vittorio Emanuele II prosegue nel Novecento. Con lettera l’attuale teatro dell’opera, dei magazzini Bocconi (ex la
del 28 Novembre 1904 il Ministro dei Lavori Pubblici no- Rinascente), di sale al Senato, al Quirinale, nei palazzi
mina Armanni membro del Collegio arbitrale in merito Ruspoli e Salviati. A Perugia lavora con Calderini raggiun-
alla vertenza tra il Ministero e l’impresa Davide Lombardi gendo una dei suoi massimi livelli nella Sala Brugnoli
assuntrice per contratto 25 marzo 1903 della fornitura di (1901) del Palazzo Cesaroni, in cui lavorò anche Bruschi,
metà circa della pietra occorrente per il monumento, in autore delle figure femminili che ornano gli specchi e dei
ASPg, Armanni, b. 3.2. finti arazzi. In accordo a quanto sostenuto da Giuseppe
31
Un’area compresa nel piano di espansione di Roma Miano (MIANO 1996, p. 45), gli artisti “perugini, più o
lungo via Castro Pretorio, destinata ad appartamenti di af- meno solidali tra loro, formarono una squadra della quale
fitto per la media borghesia. In Armanni, b. 3.1 è conser- Calderini fece parte, anche se con un certo distacco e in
vata la dichiarazione di Nestore Guarnieri, datata 20 una posizione alquanto defilata”; un distacco che sembra
novembre 1899, il quale attesta che i due professionisti tra valere anche nei confronti di Armanni.
42
il 1882-1883 “progettarono e diressero un Casamento di MIGLIAU 2004. Cfr. inoltre ASC, Titolo 54, Lungotevere
mia proprietà in via Milazzo e ciò con mia piena soddi- Sanzio, prot. 91981, a. 1908.
43
sfazione tanto sul lato artistico che dal lato tecnico-am- Tra queste le tombe nel cimitero israelitico del Verano
ministrativo. Tale risultato mi consigliò di servirmi della della famiglia Di Cave, oggi in forte degrado, e Tranquillo-
loro opera in varie liquidazioni di importanti lavori da me Pontecorvo. Entrambe sono presenti tra i numerosi disegni
eseguiti in varie epoche, il quale compito venne dagli stessi e foto relativi a monumenti sepolcrali in ASPg, Armanni.
esaurito con intelligenza e amore”. La licenza edilizia n. Tra le altre tombe realizzate nella parte cattolica del Verano
62 è concessa il 12 ottobre 1883, l’abitabilità n. 52 è rila- è quella del noto scultore Giulio Monteverde (1837-1917)
sciata il 21 maggio 1884, in ASC, Titolo 62, prot. 5354, via sita nel Pincetto Nuovo, contenente la copia dell’Angelo
Milazzo 28, a. 1883. della Resurrezione (detto anche di Monteverde) il cui ori-
32
Data della pubblicazione del programma per un secondo ginale (1881), considerato uno dei massimi esempi di
concorso nazionale con scadenza 31 ottobre 1889. scultura di genere, orna la tomba monumentale della fa-
33
Vedi SANTINI 2011. miglia Oneto nel cimitero di Staglieno di Genova.
34 44
In ASPg, Armanni, cart. 23. Valgano a esempio: i lavori di consolidamento e riatta-
35
Nella commissione giudicatrice è nuovamente presente mento condotti nell’edificio della Banca Popolare Coope-
Calderini. Cfr. BROGLIO 1898. Le nicchie “a pieno sesto con rativa di Assisi nel 1891; la realizzazione di due villini e la
l’interno adorno di costoloni, nelle quali Niccolò aretino ricostruzione di due case a Nemi per l’avvocato L. Mor-
collocò due statue” erano parte dell’appena iniziato rive- purgo tra il 1885 e il 1896; i lavori di architetto svolti per
stimento della facciata riconducibile al XIV secolo. il comune di Rocca di Papa dal 1891 al 1897; l’altare in
36
Cfr. da ultimo Il Tempio Maggiore 2004. Nel 1887 erano terracotta e i restauri eseguiti nella chiesa di Maria SS.
stati espropriati gli edifici in cui avevano sede le Cinque delle Grazie nel 1876 a Magliano Sabino, comune per il

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quale esegue restauri nel palazzo municipale, a porta Sa- spegnere quell’aureola di lunga operosa vita che la nostra
bina (non più esistente) e nella chiesa di San Michele Ar- nazione può vantare”.
53
cangelo nel 1898. Nel gennaio del 1897 Armanni e Costa ricevono un com-
45
Come già detto, nel 1899 Armanni ottiene la laurea di penso, rimborso per le spese sostenute negli otto anni di di-
architetto presso la Regia Scuola di Applicazione per gli rezione dei lavori al collegio Regina Margherita e dei
ingegneri in Roma (per riconosciuta equipollenza ai li- numerosi progetti (molti non realizzati) ad Anagni in ASPg,
cenziati dagli Istituti di Belle Arti) e nel giugno del 1901 Armanni, b. 3. Ancora il 19 gennaio 1911 il Rettore della
risulta iscritto all’Albo Municipale degli Architetti di Roma. Regia Università degli Studi di Roma scrive ad Armanni in-
46
Prima di Perugia vanno ricordati due progetti legati ad vitandolo a presentare un documento dal quale risulti che
Assisi, documentati in ASPg, Armanni. Il primo riguarda venne incaricato di redigere i progetti di massima dei collegi
la casa colonica modello costruita in località vocabolo Principe Umberto di Napoli in Assisi e Regina Margherita in
Montenero, premiata con medaglia d’argento dal Mini- Anagni come lui afferma, ivi, b. 2/1 Corrispondenza.
54
stero di Agricoltura Industria e Commercio nel 1907. Il se- Su questa personalità di spicco del secondo Ottocento,
condo concerne l’incarico assegnatogli dal sindaco nel anch’essa formatasi presso l’Accademia di Belle Arti di Pe-
marzo del 1910 per la sistemazione del Teatro Comunale rugia cfr. ZULLO 2005, su Anagni pp. 79-80; cfr. anche, in
Pietro Metastasio (demolito nel 1955). questo stesso volume, il saggio di Enza Zullo e Claudio Va-
47
Sulle storia dell’edificio si rinvia a TRABOLOTTI, VICARELLI ragnoli, pp. 197-207.
55
2003. Cfr. inoltre BELARDI 2009, in particolare BONCI, FILIP- Su questa una prima indagine storica e il rilievo sono
PUCCI, MENCHETELLI, MERLI 2009. in TIRONZELLI 2009-2010.
48 56
Nell’articolo a firma di V. Mariani (MARIANI 1909) è pub- Armanni si era interessato di questo edificio già nel 1907;
blicato il disegno prospettico del fronte dell’edificio su ampia è la documentazione conservata in ASPg, Ar-
piazza Garibaldi. La relazione, non datata, è in ASPg, Ar- manni.
57
manni, b. 6. Caratteristiche peraltro riprodotte anche nei progetti per
49
Così scrive: l’edificio “è progettato in pietra con ricorsi la Scuola elementare a Gualdo Tadino e nel 1928 per i
in mattoni. La zona inferiore esterna per un altezza media convitti di Caritza e Tirana in Albania, in ASPg, Armanni.
58
di circa m. 2,00 è rivestita di pietra da taglio” e così per m. Citato in GROHMANN 1989, p. 172.
59
3 gli stipiti, i pilastri e tutta “la parte soggetta ad esser più L’11 marzo 1881 è reggente e nel gennaio-febbraio del
facilmente danneggiata”. I solai sono previsti di travi di 1884 viene promosso titolare.
60
ferro e volticelle. Le decorazioni esterne eccetto i rivesti- A seguito di un provvedimento del Ministero della Istru-
menti detti e le colonnine dei pilastrini delle finestre tutti zione Pubblica l’insegnamento generico del disegno è so-
in pietra, saranno “in istucco e cemento, materiale che ha stituito da quello specifico dell’architettura, posto al
ormai dato prove sufficienti di solidità”. secondo biennio della Sezione fisico-matematica. Rela-
50
Armanni esegue i disegni di progetto nel suo studio ro- zione non datata in ASPg, Armanni, b. 2 Corrispondenza.
61
mano e si affida molto nell’esecuzione al direttore dei la- Evidente qui l’eco dell’insegnamento del prof. Enrico
vori e suo amico l’ingegnere Marzio Picconi, cfr. le lettere Dal Pozzo di Mombello.
62
inviate da Armanni a Picconi conservate in ACPg, Progetti Così è delineato il suo profilo in SPANO 1935, p. 188.
63
Palazzo delle Poste e telegrafi, b. 1. Dall’incartamento si ASPg, Armanni, b. 2 Corrispondenza, lettera inviata al
deduce che Armanni nel 1914 ha in corso un altro cantiere preside della facoltà da Assisi nel luglio del 1928 a pochi
a Foligno: si tratta quasi certamente dell’edificio sede della mesi quindi dalla sua morte.
Camera di Commercio, da lui progettato nel 1913 e con-
cluso nel 1917, in ASPg, Armanni, b. 3.2.
51
TRABOLOTTI, VICARELLI 2003, in particolare pp. 28-30.
52
Aggiungendo: “poiché io penso che a noi Italiani in-
comba quasi un duplice dovere, di non restare (...) indietro
a nessuno nell’adottare qualunque cosa che sia di miglio-
ramento e di progresso sul passato, anzi, se possibile far-
sene maestri e banditori, ma nello stesso tempo non
spezzare gli anelli della secolare catena che lega il nostro
presente ai più remoti tempi dell’antichità per non lasciare

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Riccardo Haupt, Domingo Tablò, progetto di concorso per l’Ospedale Civico di Perugia, 1906, planimetria generale.
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Riccardo Haupt (1864-1950)


Maura Boffito

“Ho avuto occasione di dire una volta che i con- Inizia così il capitolo che Riccardo Haupt dedica,
corsi sono la palestra dei giovani architetti che nelle sue memorie, al tema dei Concorsi1.
rivelano energie non ancora conosciute o che Dei ventiquattro concorsi cui egli ha preso parte,
possono dare ai vincitori l’inizio di una splendida sette sono connessi a soggetti ospedalieri.
carriera. Avvenne così a Carlo Garnier, che, vin- Nel 1898 Haupt ha l’incarico di progettare l’in-
citore della gara per il teatro dell’Opera di Parigi, grandimento e la sistemazione dell’Ospedale In-
lasciò nel tempo l’impronta di un periodo note- ternazionale Evangelico di Genova; a tale scopo
vole dell’architettura dell’ottocento. Emilio De visita, insieme al presidente del nosocomio Ame-
Fabbris ebbe fama per la vittoria del concorso e deo Bert, diversi istituti sanitari in Svizzera allora
l’esecuzione della facciata di S. Maria del Fiore all’avanguardia. È molto probabile che in quel-
in Firenze, e il Sacconi per il Vittoriale di Roma. l’occasione sia nato in lui il desiderio di cimen-
Si sono rivelati nei concorsi, fra i tanti anche il tarsi in concorsi di questo genere, dal momento
giovane Brentano che, su cento concorrenti di che, proprio in quello stesso anno, inizia la serie
ogni parte d’Europa, vinse il concorso per la fac- con l’ospedale italiano al Cairo2, insieme all’in-
ciata del Duomo di Milano. A queste gare ebbero gegnere Vittorio de Angeli, classificandosi “se-
la loro fortuna, Gaetano Moretti in America, e condo in merito” nella graduatoria finale. Con-
Marcello Piacentini per i lavori di Bergamo e, più segue esito analogo la sua partecipazione al con-
recentemente fra i giovani che io conosco, il Fi- corso per l’Ospedale Celesia di Rivarolo Ligure3,
neschi per il Palazzo della Questura di Genova, con un progetto elaborato congiuntamente al-
e i giovani Morbelli e Morozzo vincitori per il l’ingegnere Domingo Tablò, lo stesso collega che
concorso del nuovo Teatro Reale di Torino. si dimostrerà valido collaboratore nei successivi
Ma se questi sono i risultati eccezionali, anche concorsi ospedalieri. Il sodalizio professionale,
le gare minori possono invogliare a prendervi improntato a una stima reciproca, darà risultati
parte coloro che non aspettano dalla Fata Mor- lodevoli nell’arco di un decennio. Nel 1909 pren-
gana dei concorsi, il risultato per un maggior dono parte al concorso indetto dall’Istituto dei
sviluppo”. Regi Ospedali Riuniti di Arezzo per la costruzione

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Genova, Salone dei Concerti, padiglione per l’Esposizione Italo-Americana di Genova, Riccardo Haupt, 1892.

Genova, Chalet Piaggio, padiglione per l’Esposizione Italo-Americana di Genova, Riccardo Haupt, 1892.

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di un nuovo ospedale: vincono a pieni voti con


l’assegnazione dell’unico premio e della costru-
zione, “ma in seguito a deplorevoli intrighi lo-
cali, fu concessa ad altri l’esecuzione sulla base
dei nostri studi”.
Nello stesso anno Haupt e Tablò partecipano al
concorso per il nuovo Ospedale di Monteluce a
Perugia, “... al quale ancora arrise la più com-
pleta fortuna con l’assegnazione del premio e
della esecuzione dei lavori”4. Per questa opera
viene assegnata una vasta area, che comprende
la Chiesa di Santa Maria di Monteluce, il Con-
vento annesso e il relativo orto. Alcuni concor-
renti progettano la riduzione del monastero, altri
ne decretano la demolizione: l’idea accettata del
progetto premiato è l’utilizzazione di una gran
parte di questa costruzione, debitamente adat-
tata, per tutti i servizi generali e la capacità di of-
Cesare Gamba, Riccardo Haupt, progetto del Ponte Monumen-
tale in via XX Settembre a Genova, 1890, prospetto definitivo
frire un ampio accesso contiguo alla Chiesa, in
del lato di levante, sopra, e del lato di ponente, sotto (da Genova armonia con le architetture del tempo. Un ampio
Nuova 1902).

Riccardo Haupt, progetto dei porticati di Santo Stefano in via XX Settembre a Genova con sezione del Ponte Monumentale, 1890
(da Genova Nuova 1902).

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rispetto agli altri, nella geniale e organica distri-


buzione dei vari fabbricati, per la rigorosa osser-
vanza delle attuali norme in materia ospedaliera,
per l’economia raggiunta nelle spese di esercizio
e per la sobrietà e la dignità del complesso archi-
tettonico, il progetto stesso presentava la preva-
lenza assoluta su tutti quelli degli altri e, salvo
le debite osservazioni, meritava di essere comple-
tamente costruito”.
Haupt e Tablò partecipano ad altri due concorsi
con il progetto per l’Ospedale dei Cronici di Tre-
viso (1913) e quello degli ospedali di tutte le cli-
niche di Parma (1914).
Riccardo Haupt è un architetto molto noto a Ge-
nova dal momento che partecipa attivamente al
fervore edilizio e all’intensa attività pianificatoria
Genova, edificio in via XX Settembre 6, detto “palazzo fioren-
tino”, Riccardo Haupt, 1890 (foto di Maura Boffito). che investe la città tra la fine del XIX e le prime
decadi del XX secolo.
viale conduce alle aree libere per la costruzione Nasce a Massa Marittima nel 1864 da una fami-
di tutti i nuovi padiglioni. I lavori eseguiti si li- glia di origine Sassone7. Studia alla Scuola di Ar-
mitano, quindi, all’adattamento della vecchia chitettura di Firenze, diretta dall’architetto Giu-
costruzione (il Convento) alle nuove esigenze e seppe Castellazzi che, nell’interesse dei suoi di-
all’edificazione dei nuovi padiglioni di Medicina scepoli, tenta di avviare una riforma, integrando
(attuale padiglione C) e Chirurgia (padiglione la parte scientifica con un corso di preparazione
E), collegati con le cucine e i servizi generali5. La sulla Scienza delle Costruzioni8. In attesa delle
facciata del Convento che si affaccia sulla piazza riforme scolastiche, Haupt conclude i corsi nel
di Monteluce, rimasta inalterata, viene miglio- 1886. Dopo gli studi accademici, la sua prepara-
rata con il restauro; mentre i padiglioni proget- zione professionale prosegue presso l’Istituto Tec-
tati per ospitare le due cliniche, nel perseguire nico di Genova, dove frequenta corsi speciali in
finalità funzionali più che architettoniche, risul- Fisica Sperimentale, in Chimica Applicata, in
tano caratterizzati da grande semplicità. D’altra Geometria Pratica, in Celerimensura e in Mec-
parte è lo stesso Haupt che rileva una rispon- canica, oltre ad approfondimenti in Scienza delle
denza tra i giudizi espressi, in tempi e luoghi di- Costruzioni e in Statica Grafica.
versi, da differenti competenze (sia tecniche sia Nel 1884 a La Spezia scoppia l’epidemia di colera
sanitarie) nei concorsi per i progetti degli ospe- e il Genio Militare della città si vede obbligato
dali di Arezzo, Perugia e Casale6: “per quanto il alla costruzione di un’Ara Crematoria sulle coste
progetto fosse presentato nella veste più modesta a mezzogiorno di Varignano, antico lazzaretto

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Riccardo Haupt, villa Nina a Fado (Mele Ligure), s.d., prospetto principale della casa di campagna della
famiglia Haupt (da HAUPT 1942-1945).

noto per la prigionia di Giuseppe Garibaldi. Un richi che gli vengono affidati, non consentono al
pontile di approdo conduce a un anfratto sco- Rovelli di compiere da solo i lavori da lui ideati e
sceso dove occorre realizzare l’opera. Viene dato quindi deve avere dei collaboratori; fra questi
l’incarico ad Haupt, ancora studente, per attuare l’ing. Giuseppe Tallero, incaricato della parte tec-
una struttura che in qualche modo adombrasse nica, della compilazione dei preventivi e della li-
l’Ara. Di quell’esperienza Haupt ricorda: “Appro- quidazione dei lavori, e l’architetto Haupt, pre-
fittai delle condizioni del terreno per mascherare posto allo studio dei progetti, dei dettagli decora-
architettonicamente l’alto fumaiolo necessario tivi e costruttivi dell’opera stessa9. È membro della
al forno sottostante. Alla base del fumaiolo ideai commissione tecnica per i lavori della futura
un piccolo tempio di carattere greco entro il Esposizione Italo-Americana del 189210.
quale fu costruita, sotto la direzione del capitano Il primo dicembre del 1890, entra nello studio
Riboni, l’Ara Crematoria”. dell’ingegner Cesare Gamba, in qualità di archi-
Si trasferisce a Genova e, nel 1887, entra come tetto, per tutte quelle opere di carattere artistico
collaboratore nello studio dell’architetto Luigi Ro- connesse all’ampliamento di via Giulia (poi via
velli. Il Rovelli, secondo Haupt, è l’espressione più XX Settembre)11. La realizzazione di via XX Set-
autentica di ciò che si deve conoscere della qualità tembre si compie in un arco di tempo compreso
di un architetto, il quale concepisce l’idea, la tra- tra il 1885, con la presentazione del primo pro-
duce nei disegni e, con la tecnica, la trasforma getto di Gamba, e il 1913, con il compimento di
fino a creare l’opera compiuta. I molteplici inca- tutti gli edifici ai lati della strada12. A partire dal

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Riccardo Haupt, Giuseppe Tallero, progetto di restauro e ampliamento di villa Armando Raggio a Ge-
nova, 1898, prospetto principale (ASCGe, 34/899).

Genova, villa De Franchi Raggio, prospetto principale, Riccardo Haupt, 1898 (foto di Maura Boffito).

1890 inizia anche la costruzione dei primi pa- strada si è reso necessario provvedere alla costru-
lazzi e del nuovo ponte, in sostituzione dell’an- zione di un viadotto che l’avrebbe attraversata a
tica Porta degli Archi, operazione questa che metà del suo percorso per consentire la comuni-
costituisce l’apice dell’attività progettuale dell’in- cazione, già esistente, tra l’Acquasola e l’attuale
gegnere genovese e del suo studio. Con la nuova via Corsica. La via di comunicazione superiore

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con il contributo degli studi tecnici dell’ing. Nino


Ronco, viene studiata la soluzione di un grande
arco di scarico in mattoni di 34 metri di ampiezza
e 25 di profondità, impiantato su robuste spalle
dello spessore di 1,80 metri sull’imposta dell’arco
e di 1,20 alla chiave dello stesso. Definita la strut-
tura portante del viadotto, Gamba incarica Haupt
di portare a termine l’opera e di occultarla sotto
una “veste architettonica”.
Sotto la vigile direzione delle “verbali osservazioni”
di Gamba, Haupt continua con maggiore sicu-
rezza e ampiezza di vedute lo studio architettonico,
ritornando con la memoria agli esercizi accade-
mici come il progetto di un politeama in stile ro-
mano, in cui rievoca i motivi decorativi dell’arco
trionfale d’ingresso al teatro e dell’arco-scena a
Riccardo Haupt, Giuseppe Tallero, progetto di restauro e am- centina policentrica. Tali caratteristiche sono visi-
pliamento di villa Armando Raggio a Genova, 1898, piante del
piano terra e del piano nobile (ASCGe, 34/899). bili nella facciata di levante del ponte e al suo in-

Genova, villa De Franchi Raggio, atrio del piano terra, a sinistra, e vestibolo del piano nobile, a destra, Riccardo Haupt, 1898 (foto
di Maura Boffito).

non è normale all’asse della strada sottostante, terno. Nel fronte di ponente, voluto di minore im-
per cui si rende necessaria una deviazione di 15 portanza, negli aggetti delle colonne non più de-
gradi; inoltre negli studi preliminari il viadotto si corative, ma portanti come a levante, introduce il
presentava con intenti più modesti e la larghezza motivo delle cariatidi, “reminiscenze lontane
del ponte si limitava a 20 metri. Successivamente, dell’Eretteo che 10 anni prima avevo adottato nel

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portale del salone dei concerti nelle feste Colom-


biane”13. Haupt dedica uno speciale impegno allo
studio della grande centina dell’arcata centrale,
facendo raffronti con le curve della catenaria,
dell’ellisse e della policentrica. Ai genovesi il ponte
presenta, nella sua nuda imponenza, la grande ar-
cata del viadotto costruito in mattoni, ma tale
struttura portante viene poco per volta nascosta da
una veste architettonica più leggera e più ricca ed
il nome di Viadotto di Santo Stefano verrà modifi-
cato in quello di Ponte Monumentale14.
Dopo la deliberazione consigliare del 1891 per
l’approvazione definitiva dei lavori della strada,
si rende necessario lo studio della sistemazione
dei muri di sostegno della Chiesa di Santo Ste- Genova, edificio in via Paride Salvago, palazzina borghese co-
fano, dissimulando con un porticato, lungo la struita nel quartiere di Castelletto, Riccardo Haupt, ante 1909
(da Le costruzioni moderne 1909, tav. 8).
nuova arteria, il relativo accesso alla chiesa so-
prastante, mediante una scala e un terrazzo che della chiesa sia ai riferimenti dei palazzi genovesi
armonizzi con l’antico monumento. L’incarico della famiglia Doria in piazza San Matteo15.
di studiare l’insieme architettonico di questo la- Haupt studia la soluzione architettonica di al-
voro viene affidato nuovamente a Riccardo cuni palazzi della nuova strada, ma mai in ma-
Haupt. Il problema principale del porticato sus- niera autonoma, dal momento che non gli viene
siste nel vincolo, nella sua parte mediana, di una riconosciuta la paternità dell’opera. Fa eccezione
strozzatura centrale per il sostegno dell’angolo il civico n. 6, che i Genovesi chiamano il “Pa-
sud della chiesa, che si protende sino alla metà lazzo Fiorentino”. Nel 1896 Haupt partecipa a un
dello spazio interno del portico stesso. Si è quindi concorso indetto dalla Cassa di Risparmio di Pi-
reso necessario studiare una ripartizione di ar- stoia con un progetto “in stile fiorentino”, così
cate interrotta in quattro parti, con larghe testate come era prescritto, e, memore di quello studio,
intermedie. Questa divisione consente di supe- applica gli stessi motivi architettonici al nuovo
rare, nel basamento dei pilastri ottagonali delle fabbricato che i costruttori, con larghezza di ve-
varie arcate, la differenza di livello di 1,50 metri duta e di mezzi, vogliono fedele a questo stile.
dovuta alla pendenza della strada in discesa, “Gli studi preparatori, la pratica edilizia e la col-
mentre il coronamento del terrazzo soprastante laborazione, hanno preso gran parte nella mia
si mantiene, per oltre 72 metri, perfettamente attività giovanile, ma lo sviluppo più intenso dei
orizzontale. Il portico, costruito in pietra nera di lavori a me affidati personalmente, avvenne in
Promontorio e marmo bianco di Carrara, as- quel periodo di maturità che abitualmente si os-
sume un aspetto adeguato sia al periodo storico serva verso i 40 anni nell’epoca di qualunque ar-

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Genova, edificio in corso Andrea Podestà 2 (palazzo ex-Eridania), Riccardo Haupt, 1908-1914, scalone monumentale e particolare
della volta affrescata (Università degli Studi di Genova, Biblioteca della Scuola di Scienze sociali).

chitetto. Anche nel primo periodo non manca- casa padronale che, pur avendo subito successive
rono le occasioni di eseguire i lavori di qualche trasformazioni, non è sufficiente “allo scopo di
importanza. Più di cento furono gli edifici da me una moderna e signorile residenza”. Vengono
eseguiti e altrettanti quelli che comprendono mantenute le linee generali di una gran parte del
soggetti di arte religiosa e funeraria”16. vecchio palazzo, mentre si ricostituisce un nuovo
Riccardo Haupt predilige la progettazione di vil- insieme sontuoso e moderno18. L’elemento pola-
lini, alcuni realizzati a Genova, altri a Novi Li- rizzante i lavori di riqualificazione dell’edificio è
gure e sull’altura del parco della Vesima, molti costituito dallo scalone elicoidale a doppia rampa,
nell’entroterra genovese17. collocato in posizione assiale e contrapposto al-
Il capolavoro di Haupt, però, rimane villa Raggio l’atrio principale, che, pur non risultando incon-
in Albaro. Nel 1898 Armando Raggio acquista sueto come intenzione, rivela caratteri di indubbia
dagli eredi di Alessandro Pallavicino, la grande originalità per la sua realizzazione scenografica.
proprietà di oltre 100.000 metri quadrati in San La doppia rampa elicoidale è racchiusa in un ele-
Luca d’Albaro, conosciuta con il nome di villa mento circolare, aggettante all’esterno per la quasi
Melzi d’Eril, per farne la sua residenza. Incarica totalità dal resto della struttura. Internamente, al
della futura sistemazione i due allievi di Luigi Ro- piano terra, otto colonne in marmo rosso di Verona
velli, proponendo “me per la parte concettiva ar- ornano il vestibolo, mentre le nicchie ricavate tra
chitettonica” e l’ing. Giuseppe Tallero per la colla- i pilastri accentuano la dinamica chiaroscurale
borazione nello sviluppo del progetto e la direzione del vano. Le rampe, in marmo bianco di Carrara,
lavori. Al centro di un secolare parco, si trova la terminano al primo piano in una vasta sala cir-

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edifici, di cui alcuni importanti palazzi come il


caseggiato in corso Firenze 39 e il palazzo del-
l’Eridania in corso Andrea Podestà. Si dedica con
molto interesse all’arte funeraria, alla progetta-
zione e al restauro di edifici religiosi. Partecipa,
insieme a Gino Coppedé, alla realizzazione del-
l’Esposizione Marinara tenutasi a Genova nel
1914. Muore a Genova nel 1950.
Ritengo, a conclusione di questo mio contributo,
che la vita professionale di Haupt sia sintetizza-
bile nelle parole con cui l’architetto stesso con-
clude il capitolo dedicato ai Concorsi del suo
dattiloscritto20:
“Il mio modesto tributo ai concorsi di architettura
non fu sterile e forse i suoi frutti li deve a quella pre-
Genova, edificio in corso Firenze 39 realizzato lungo il tracciato parazione alla quale hanno contribuito la guida
ottocentesco della “Nuova circonvallazione a monte”, Riccardo maestra di Castellazzi, gli esempi pratici di Rovelli,
Haupt, 1908 (da Le costruzioni moderne 1909, tav. 6).
la logica di Gamba e la collaborazione di Tablò in-
colare coperta da una cupola, sorretta da sei archi, telligente e moderatrice della mia fantasia”.
sostenuti a loro volta, da dodici colonne binate in
marmo giallo. La realizzazione di un vano scala
sprigionato dalla struttura architettonica e l’ag- 1
HAUPT 1942-1945. Si tratta di un dattiloscritto di 307 pa-
giunta sul fronte di ponente di un bow-window ai gine, dettato da Haupt quando ormai la cecità è soprag-
giunta da alcuni anni. Situazione che può spiegare i
primi due piani imprimono mobilità alla pianta numerosi errori, di trascrizione e di attribuzione, riscon-
e articolazione ai prospetti. Per la decorazione dei trati nel testo. Il dattiloscritto autobiografico, dedicato alla
fronti, ispirata alle forme plastiche della “manie- memoria del figlio Renato morto a soli quaranta anni,
viene redatto con l’intento di essere pubblicato, avveni-
ra” seicentesca non scevra da influssi francesi con- mento, però, che non si realizzerà. Pertanto rimangono di
temporanei19, si sono utilizzati la pietra arenaria questo dattiloscritto un numero limitato di esemplari: al-
rosa di Finale per la zoccolatura e, per i rimanenti cuni di essi sono attualmente di proprietà privata, mentre
solo due copie sono a disposizione del pubblico. La prima
piani, pietra artificiale e intonaco. Peculiarità è conservata presso la Biblioteca del Servizio dei Beni Cul-
della facciata principale è l’elemento centrale lie- turali di Genova a Palazzo Rosso (Coll. n. 9107, A. IV, 60).
vemente avanzato, su cui si leggono in rapida suc- L’altra copia è conservata presso la Civica Biblioteca Berio,
Sezione Conservazione (Coll. m. r. X, 1, 39) e si differenzia
cessione l’ampio portale delimitato lateralmente dalla precedente per l’inserimento di correzioni e integra-
da due telamoni che sorreggono, a guisa di coro- zioni ortografiche. I brani riportati tra virgolette sia nel
namento, il balcone aggettante del salone. testo sia nelle note, se non diversamente indicati, s’inten-
dono tratti dal dattiloscritto dell’architetto Haupt.
Pur privilegiando la progettazione di villini, 2
L’Ospedale Italiano Umberto I è stato fondato al Cairo,
come egli stesso afferma, realizza più di trenta nel 1903, dalla Società Italiana di Beneficienza con lo

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scopo di curare i malati della comunità italiana e quelli tra le opere più grandiose dell’Esposizione, realizzata da
della popolazione egiziana, basando il proprio intento sul Haupt e dall’ing. Storchi, ovvero la grande Palestra della
principio di eguaglianza. Società Ginnastica Ligure “Cristoforo Colombo”.
3 11
Rivarolo Ligure, così come Pegli, Sestri Ponente, Albaro Cesare Gamba, con l’apporto finanziario della Banca
ed altri ancora, sono i toponimi con i quali, al tempo dei Generale di Genova e la Cassa Sovvenzione delle Imprese,
fatti riportati, venivano identificati i comuni indipendenti ha costituito la “Società di via Giulia e Piccapietra”. I com-
che, solo a partire dal 1926, entrano a far parte della ponenti dell’ufficio sono l’architetto Dario Carbone, che
“Grande Genova”. collabora agli studi preparatori; l’ingegnere Ignazio weiss
4
Dopo aver terminato i disegni esecutivi, viene posta la prima addetto alle espropriazioni; gli ingegneri Giuseppe Galletto
pietra il 14 settembre 1910. L’offerta della direzione dei lavori e Gerolamo Torre per i rilievi, i tracciamenti e la costru-
viene declinata dai due vincitori a favore di “un ingegnere zione della nuova strada; nonché altro personale ammi-
locale, che per la sua quiescenza di sevizio nel Genio Civile, nistrativo. Per i lavori di carattere personale, l’ingegnere
poteva disporre di più assidua sorveglianza, mantenendo Cesare Gamba ha creduto opportuno costituire uno studio
però integro il progetto da noi concluso, ed al compimento privato ed è in questo studio che è approdato Riccardo
di tali lavori, noi assistemmo all’inaugurazione”. Haupt alla fine del 1890.
5 12
Per un maggiore approfondimento sul tema cfr. MARCAN- Per approfondimenti cfr. BOFFITO 2012.
13
TONI 2006-2007; ROSATI 2006-2007; BELARDI 2010. Cfr. HAUPT 1942-1945, p. 132.
6 14
Il successo riportato nei precedenti concorsi stimola Haupt Per qualche tempo i lavori proseguono con grande fer-
e Tablò a partecipare, nel 1913, a un importante concorso vore, ma, per mancanza di fondi, si è decisa la soppressione
per gli Ospedali di Casale Monferrato. Essi ottengono una degli acroterii progettati sopra le testate delle fronti (che
completa vittoria, ma la costruzione degli edifici ospedalieri vengono limitati all’altezza della balaustra terminale);
viene rimandata a causa dell’incombente guerra. viene abbandonata l’idea delle sculture ideate a fianco
7
Nel 1840 Teodoro Haupt e, successivamente, il fratello Co- dell’arco principale e quelle cariatidi, che Haupt aveva in-
stantino vengono in Toscana, in missione scientifica, per stu- trodotto nel fronte di ponente, sono sostituite con pilastri
diare i giacimenti delle Alpi Apuane, del Monte Amiata e del simili alle lesene del fronte di levante.
15
distretto minerario di Massa Marittima. I due fratelli, inge- Il progetto, redatto da Haupt sotto le indicazioni generali
gneri minerari, provengono dalla città di Freiberg presso Dre- di Gamba, viene presentato ad Alfredo d’Andrade, Sovrin-
sda, grande distretto minerario fra i più importanti della tendente dell’Arte Medioevale del Piemonte e della Liguria,
Germania e sede centenaria di un’Accademia, dove giungono il quale esprime il suo pieno consenso, con il suggerimento
studenti da ogni parte del mondo per ricevere l’istruzione pra- di arricchire il fregio di coronamento con un’altra dentella
tica su ogni genere di minerale e le loro diverse applicazioni “come si trova nel palazzetto Serra in vico Mele”.
16
industriali, oltreché apprendere i requisiti tecnici di quel sa- Cfr. HAUPT 1942-1945, p. 169.
17
pere. Dopo un primo soggiorno a Massa Marittima quale di- Fra le sue realizzazioni più importanti si ricordano la
rettore di miniere, Costantino Haupt si stabilisce definitiva- villa del Senatore Rinaldo Piaggio a Mele Ligure e la villa
mente in questa città con la sua giovane sposa. Bruzzone a Costalta. In realtà è la zona di Mele Ligure,
8
Nel 1885, in Italia, si considera la possibilità di creare con tutte le sue frazioni, che vede proliferare la produzione
nuove Scuole di Architettura al fine di valorizzare in ma- edilizia di Haupt, con “belle ville costruite per la villeggia-
niera più efficace gli studi impartiti negli Istituti artistici tura” nello stile ricorrente che è quello dello “chalet”, ge-
del Regno e giungere, quindi, “ad una laurea di Archi- nere sperimentato in tante costruzioni provvisorie per
tetto”. Per maggiori approfondimenti cfr. BOFFITO 2008. l’Esposizione Italo-americana del 1892.
9 18
Quando Riccardo Haupt eserciterà in proprio, lavorerà Per approfondimenti cfr. Villa Armando Raggio 1902;
quasi esclusivamente con l’ingegnere Giuseppe Tallero. BOFFITO 1984a; BOFFITO 1984b; BOFFITO 1990.
10 19
Il Comitato per le feste della mostra Colombiana incarica “Fu detto che la nuova architettura del palazzo era
Haupt di progettare l’ampio Padiglione delle Arti, che com- l’espressione dell’ultimo 800 con l’influenza francese di
prendeva il Salone dei Concerti (in stile greco-romano) e Garnier. Questa opinione è forse vera perché tre anni prima
le Gallerie della Pittura e della Scultura, e il padiglione di questi miei studi, ero rimasto impressionato dalla visita
delle Gallerie Americane. Altri edifici, secondo lui meno fatta all’Opéra di Parigi ed al Casinò di Montecarlo, lavori
prestigiosi, gli vengono commissionati da privati, come ad insigni del grande architetto”. Cfr. HAUPT 1942-1945, p. 175.
20
esempio lo Chalet Piaggio. Infine è opportuno citare una Cfr. ivi, p. 168.

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Cesare Bazzani, progetto di cappella votiva ai Caduti in Guerra a Marsciano, sezione, 1925 (ASTr, ACB).
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Cesare Bazzani (1873-1939)


Raffaele Giannantonio

Il rapporto con l’Umbria ha inizio già nella fase ambito in cui realizzare interventi di grande por-
di formazione di Cesare Bazzani, fedele allievo tata7.
di Guglielmo Calderini nella Scuola di Applica- Anche il territorio di Perugia venne interessato da
zione di Roma, dove l’“amatissimo professore progetti e proposte che ebbero per teatro sia il ca-
ed amico”1 era titolare della Cattedra di Archi- poluogo che centri quali Assisi, Cannara, Foligno,
tettura Tecnica2. Bazzani ebbe con Calderini Marsciano, Montefalco, Spello, Spoleto, Todi8.
“pur qualche dimestichezza”3, motivata anche In particolare per Marsciano Bazzani progettò
dalla comune fede massonica4. Il giovane archi- nel 1925 una cappella votiva ai Caduti in guerra,
tetto si accostò all’Umbria in occasione del con- a pianta rettangolare con duplice ingresso, dalla
corso per il Pensionato Artistico Nazionale, vinto piazza e dalla chiesa sul cui fianco sarebbe do-
nel 1899; decidendo di studiare gli edifici me- vuta sorgere9; nonostante la copiosa messe di
dievali di quella terra, egli pose infatti le basi di simboli bellici e funerari, il tipico linguaggio en-
un rapporto che sarà interrotto solo dalla fatico risulta qui soffuso nel commosso lirismo
morte5. Tra gli iniziali incarichi professionali di richiesto dalla finalità commemorativa.
Bazzani figurano infatti quelli ricevuti a Terni Per Todi, Bazzani progettò invece un Ricordo ai
per la realizzazione della palazzina Alterocca e Caduti e alcuni interventi sull’esistente10, tra cui
la ristrutturazione del palazzo di Raniero Pon- la realizzazione in palazzo Ciuffelli di un ele-
tecorvi, oratore della locale Loggia massonica, gante vestibolo d’ingresso11. Più interessanti i di-
primi di una lunga serie che diede alla città segni per la chiesa di San Fortunato, ai quali
l’impronta dell’autore6. lavorò dal 1912 al 191412. Si tratta di due grafici
Fra i tanti centri italiani in cui egli operò, la città per la costruzione di una cappella e del progetto
umbra costituì per Bazzani una patria adottiva per la “sistemazione della Piazza e Scalea di S.
e nel contempo un laboratorio dove sperimentare Fortunato”, nei quali Bazzani prevedeva un’am-
i meccanismi utili ad inserirsi nella realtà della pia gradinata di collegamento del tempio fran-
provincia italiana che egli amò sempre, conside- cescano con la sottostante via della Valle Su-
randola non solo un banco di prova bensì un periore13.

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Cesare Bazzani, progetto di sistemazione della piazza e scalea di San Fortunato a Todi, sezione, 1912-1914 (ASTr, ACB).

A Foligno, il Podestà Romolo Raschi, alto espo- La Perugia del primo dopoguerra soffriva del “di-
nente della Massoneria locale, attribuì a Bazzani sorientamento culturale” determinato dalla
il ruolo di protagonista del rinnovamento urbano scomparsa di Guglielmo Calderini, che ne aveva
della “rosa dell’Umbria”14, commissionandogli influenzato l’ambiente architettonico sia con
il Piano regolatore15, il nuovo Campo Sportivo e l’insegnamento nella locale Accademia di Belle
importanti opere pubbliche16, rimaste in gran Arti che con sue le opere19, lodate dallo stesso Baz-
parte sulla carta come lo stesso Piano. Tra le zani in un’intervista del 1927. Nella stessa sede
opere eseguite va invece ricordato l’intervento sul questi esprimeva anche la volontà di poter la-
quattrocentesco palazzo Trinci, completato nel sciare “in Perugia augusta” un proprio “segno
1927 tra le critiche causate dall’’invenzione’ dello di arte oltre che di idee e parole”20, dopo che tre
scalone sulla corte17, e soprattutto la realizza- anni prima il Sindaco Uccelli gli aveva richiesto
zione del Campo del Littorio a Porta Romana, un parere in merito al progetto per la prosecu-
che conferì alla città una nuova caratterizzazione zione della linea tramviaria dal Corso Vannucci
grazie anche ai propilei che fecero da cornice alla verso il quartiere di Monteluce21. Perugia, priva
statua ottocentesca di Niccolò Alunno18. di un piano regolatore, si era infatti sviluppata

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Cesare Bazzani, progetto per il Campo Sportivo a Foligno, pianta e prospetto dell’ingresso, 1928 (ASTr, ACB).

in modo disorganico anche per l’assenza delle Piazza Garibaldi, e al fondo di questa immetten-
strutture e dei servizi necessari all’assetto di città dola in una galleria” da cui sarebbe sboccata in
moderna22; pertanto nel 1924 si esamina la pos- piano sulla Piazza27. Tuttavia Bazzani, renden-
sibilità del succitato prolungamento con un trac- dosi conto di come l’idea presenti difficoltà di na-
ciato che avrebbe attraversato via Maestà delle tura economica, conclude affermando di averla
Volte, via Battisti e via Pinturicchio. Siccome “accennata” soprattutto “per i ... posteri!”28.
avrebbe alterato gli equilibri prospettici e spaziali Una seconda proposta, stavolta illustrata da gra-
consolidati, il progetto trova decisa opposizione fici29, riguarda la trasformazione della facciata
da parte della Soprintendenza all’Arte Medievale del Palazzo del Governo, opera di fondamentale
e Moderna dell’Umbria. Nella relazione datata 7 importanza per la Perugia postunitaria30, dalla
dicembre 1924, a parte qualche perplessità di na- quale Bazzani, pur nel rispetto dell’impostazione
tura tecnica23, Bazzani si mostra invece favore- complessiva, cancella con il codice classicista
vole a che la linea di un tramway, “il mezzo di ogni riferimento all’eclettismo lombardo. Il por-
trasporto più comodo, ed economico, e moderno, tico viene infatti rivestito con bugne lisce, mentre
finora riconosciuto”, passi “in luoghi che hanno nei livelli superiori il fronte è solcato da pesanti
una fisionomia del passato ben caratteristica”24. fasce decorative e cornici aggettanti. Vengono
Bisogna però che si adotti la “cura di ogni detta- inoltre eliminate le cuspidi, articolando la por-
glio che non strida con l’ambiente, (...) anche zione centrale con paraste giganti e imponendo
evitando qualche circostanza di progetto”25. Egli un coronamento gradonato a supporto di un
però non si limita a commentare la proposta in gruppo scultoreo; le testate divengono infine vo-
esame, ma avanza anche l’idea “radicale”26 di lumi turriti, marcati ancora da paraste giganti e
“avviare la linea tramviaria (...), non più per il ricoperti da motivi d’ispirazione bramantesca ac-
Corso Vannucci (...) ma per la via Baglioni, la canto ai simboli fascisti che avrebbero dovuto ca-

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Cesare Bazzani, studio per la sistemazione della facciata del Palazzo del Governo di Perugia, s.d. (ASTr, ACB).

ratterizzare la città “quartier generale della rivo- mune avrebbe ricavato le risorse economiche per
luzione”31. avviare l’intera opera38. La soluzione originale
Il principale episodio che lega Bazzani a Perugia era invece descritta da un’altra “veduta a volo
riguarda tuttavia la proposta del Parco della Vit- d’uccello”, identica alla precedente ma priva
toria e di “un Campo per gli sport medi”32, da delle succitate palazzine, in luogo delle quali è
realizzarsi nell’area prima utilizzata come Piaz- previsto l’edificio della palestra39.
za d’Armi e poi come mercato del bestiame33. Dall’iniziativa di Bazzani scaturisce la costitu-
Tale proposta, presentata nel 1923, viene elo- zione di un comitato cittadino che, pur acco-
giata da un articolo pubblicato nel “Giornale gliendo lo “schema” dell’“illustre architetto”,
d’Italia” dell’8 maggio 192734 in cui, accanto a lancia un appello ad “artisti” perugini di nascita
una “veduta a volo d’uccello”, è descritta la o di adozione affinché formulino proposte alter-
breve gradinata che introduce al vasto spazio native40. Tra queste, la soluzione del fiorentino
aperto delimitato da due esedre, al centro del Ugo Tarchi, insegnante presso la locale Accade-
quale si erge l’alta colonna della Vittoria35. Il mia41, è criticata per la sistemazione del giardino
campo sportivo, con l’asse maggiore disposto “all’inglese”, per le ridotte dimensioni dello sta-
parallelamente al viale XX Settembre, ha come dio e per il carattere eccessivamente “funerario”
fuoco prospettico il complesso di Santa Giu- del monumento ai Caduti42; quella dell’architetto
liana36, mentre nella parte bassa sono collocati perugino Dino Lilli43, allievo di Tarchi, provoca
alcuni edifici residenziali. In realtà il disegno il- invece dissensi per la prevista costruzione di “pa-
lustra una variante in cui Bazzani, “d’accordo lazzi e villini” che impedisce anche qui di co-
con le idee del Podestà”, aveva lasciato un “re- struire uno stadio capiente44; “migliore degli
litto” di 5.000 metri quadrati per la costruzione altri”45 viene infine giudicato il progetto di Pietro
di “palazzine signorili”37, dalla cui vendita il Co- Angelini, “direttore ed insegnante d’architettura”

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Cesare Bazzani, progetto per il Monumento ai Caduti, Campo Sportivo e Parco della Vittoria a Perugia, variante
della prima soluzione, veduta a volo d’uccello, 1923-1927 (ASTr, ACB).

Cesare Bazzani, progetto per il Monumento ai Caduti, Campo Sportivo e Parco della Vittoria a Perugia, prima
soluzione, veduta a volo d’uccello, 1923 (ASTr, ACB).

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Cesare Bazzani, progetto per il Monumento ai Caduti, Campo Sportivo e Parco della Vittoria a Perugia, “Primitivo
progetto”, “fronte sul Viale XX Settembre”, 6 ottobre 1927 (ASTr, ACB).

nella medesima Accademia46. Questi colloca in zioni l’autore replica in un’intervista sul “Gior-
alto il parco “grandioso e scompartito geometri- nale d’Italia”51, precisando, tra l’altro, come egli
camente all’italiana” e l’ampio piazzale, in fon- stesso avesse previsto una “linea principale” da
do al quale, “al termine di un lago”, viene posto svilupparsi “con il tempo e le possibilità”52.
il monumento ai Caduti; nella parte bassa della Il dibattito sembra concludersi il 6 ottobre 1927
piazza viene inoltre sistemato il grande stadio, quando Bazzani rimette nelle mani del Podestà
dotato di varie attrezzature47. Tuttavia anche tale tre studi che da tempo “aveva condotto per la
soluzione subisce delle critiche: mentre infatti proposta da lui fatta anni addietro”53 e che con-
“L’assalto” sottolinea l’assenza di una “grande dividono diversi spunti con il Campo Sportivo
palestra coperta”48, “La Tribuna” pur auspicando della Vittoria di Macerata i cui lavori, da lui stesso
che il Podestà faccia proprio il progetto di “tra- progettati, erano iniziati nell’agosto precedente54.
sformazione della piazza in parco”, esprime ri- Il primo di questi studi, corrispondente alla so-
serve a riguardo del monumento ai Caduti e luzione di variante della “prima idea” come ri-
dello Stadio49. La medesima testata disapprova velano i disegni conservati a Perugia, conferma
anche il progetto di Bazzani il quale, per edificare lo schema con la colonna “dorica romana” al
le “palazzine signorili”, riduce il parco della Vit- centro di un “piazzale limitato da esedre di ver-
toria “ad una piazza circondata da modeste de” che introduce al campo disposto “con l’asse
aiuole”, con un campo sportivo di pari dimen- principale parallelo a quello del viale”55. Nella
sioni rispetto a quello esistente50. A tali osserva- seconda soluzione il Campo Sportivo è ordinato

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Cesare Bazzani, progetto per il Monumento ai Caduti, Campo Sportivo e Parco della Vittoria a Perugia,
“Progetto variante A”, veduta a volo d’uccello, 6 ottobre 1927 (ASTr, ACB).

“normalmente a quello detto”, la tribuna risulta centro, evocando più da vicino la tesa esedra di
completamente scoperta mentre in basso com- Macerata58. Bazzani elabora poi una terza solu-
paiono campi da tennis e una palestra con bracci zione che coincide con quella definitivamente
porticati che delimitano un “campo di ginna- trasmessa all’Amministrazione nel febbraio
stica”56. In realtà si tratta di due versioni della 1928, della quale la relazione progettuale cita
medesima soluzione che condividono la novità tutti gli elementi costitutivi59. Nello scritto l’ar-
principale, ovvero la rinuncia alla forma di co- chitetto ripercorre le fasi della vicenda, a partire
lonna “dorica romana” precedentemente attri- dalla “idea” che egli presentò per primo e che sa-
buita al monumento ai Caduti. In entrambe le rebbe stata seguita “da un ufficiale affidamento”
versioni nel piazzale d’accesso vediamo sorgere da parte del Sindaco “se circostanze ... non fos-
una “sobria e possente ara”, dietro la quale si di- sero giunte ad ostacolarne la deliberazione”. Ad
spone un fronte colonnato che cita sia i propilei ogni modo lo stesso Comitato che aveva invitato
del campo Sportivo di Foligno che il monumento altri artisti “giovani e valorosi” a redigere pro-
ai Caduti di Macerata57. La differenza fra le due getti alternativi, rivolge ora all’architetto romano
è nell’andamento seguito dal fronte: nella prima un invito a presentare “in termini brevi” la so-
esso risulta rettilineo e forma un accesso monu- luzione definitiva; in tale frangente Bazzani
mentale che ricorda in tono minore quello dello chiede e ottiene una proroga, trovandosi impe-
Stadio Nazionale a Roma di Marcello Piacentini gnato a completare “il progetto esecutivo di una
(1911); nell’altra il colonnato si flette invece al notevole opera” per il Ministero della Pubblica

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Cesare Bazzani, progetto per il Campo Sportivo della Vittoria a Perugia, ingresso principale e ara ai Caduti, 6 ottobre 1927 (ASTr,
ACB).

Istruzione, probabilmente la sede del Ministero nente, lauri, elci, cipressi, pini sì da formare una
stesso a Roma. cornice quasi boscosa”, affidando ad alte siepi
La soluzione definitiva, redatta secondo le “di- la definizione dell’ingresso e degli specchi d’ac-
rettive dettate nell’invito del Comitato (...), as- qua circolari che così evocano l’impianto “delle
solutamente conformi al piano” inizialmente caratteristiche italiane esedre di verde, a nicchie,
predisposto, non presenta “radicali modifiche” ad archi”61. Inoltre, come nelle sue ville di Roma
rispetto ai “sommari studi (...) fatti da tempo ad e Terni e nel progetto di sistemazione della zona
illustrazione e propaganda della idea”. L’im- antistante Santa Maria degli Angeli, egli inter-
pianto del campo sportivo “ora assurto a Stadio” preta l’acqua come elemento di “concettualiz-
è di nuovo disposto con l’asse principale paral- zazione simbolica”62, conferendo agli alti zam-
lelo al viale e mostra uno schema più moderno pilli posti ai lati dell’ara il significato di “segni
e vicino a quello di Foligno, con “zone lunate” vivi e simbolici del permanente ricordo de il sa-
che ospitano campi per il gioco del tennis; nel- crificio de la vittoria”. Sebbene l’iter della pro-
l’ingresso è ripreso il motivo dello schermo co- posta avanzata da Bazzani sin dal 1923 sia de-
lonnato della seconda soluzione, mentre le stinato a interrompersi, la relativa valenza ur-
tribune sorgono su entrambi i lati lunghi60. In banistica è confermata dai Piani regolatori
tale ambito, come nel progetto di sistemazione dell’epoca, che interpretano l’area dell’ex foro
dell’area circostante il palazzo delle Belle Arti a boario quale elemento rappresentativo del mo-
Roma, l’architetto propone un “verde perma- derno assetto urbano63. Nonostante il Podestà

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Cesare Bazzani, progetto per il “Campo Sportivo. Parco della Vittoria” a Perugia, “Progetto variante B”, pla-
nimetria generale, 6 ottobre 1927 (ASTr, ACB).

Giovanni Buitoni (1930-1934) ne sostenga la scismo: antica per Perugia e le altre città storiche,
realizzazione, il progetto viene messo da parte moderna nella “ferrea” Terni67, proposta come
dal successore Colombo Corneli (1934-1940) sia simbolo propulsivo anche sotto il profilo ur-
per motivi economici che per utilizzare “più bano68. Durante il Ventennio nella “Maschia Pe-
convenientemente” l’area del Parco della Vitto- roscia”69, nonostante la molteplicità stilistica
ria64. evidenziata dalle nuove costruzioni fuori le mu-
In definitiva Bazzani viene battuto due volte sul ra70, il lessico storicista che caratterizza opere
proprio terreno; a Foligno i giovani architetti ro- pubbliche e private costituisce l’elemento di con-
mani Mario Paniconi e Giulio Pediconi si aggiu- tinuità tra l’età risorgimentale, quella liberale e
dicano il concorso per la nuova sede della Cassa il fascismo71, mentre lo stile “medievallittorio”
di Risparmio con un progetto tutt’altro che in- svolge un ruolo decisivo nel processo di forma-
novativo65, mentre a Perugia il Piano del 1937 zione dell’identità regionale72.
ripropone il progetto “in stile tardo accademico” Contro tale impalcato programmatico – e contro
di Pietro Angelini per il Parco della Vittoria. No- un ambiente arroccato attorno all’Accademia e
nostante la fitta rete di rapporti intessuta in que- a Pietro Angelini73 – va a schiantarsi a Perugia
gli anni, l’opera di Bazzani viene sostanzialmen- “l’assoluta romanità” di Bazzani74 anche quan-
te rifiutata nella “bellissima tra le belle”66, a dif- do, come nel caso dei disegni per la trasforma-
ferenza di quanto avvenuto a Terni, anche a zione del palazzo del Governo, il codice lingui-
causa dell’immagine “bifronte” imposta dal fa- stico classicista cancella un’immagine architet-

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Cesare Bazzani, progetto per il Parco della Vittoria e Campo Sportivo a Perugia,
“Progetto variante B”, prospettiva aerea, 6 ottobre 1927 (ASTr, ACB).

Cesare Bazzani, progetto di concorso per la realizzazione del Palazzo della Cassa
di Risparmio a Foligno, particolare prospettico, 1930 (ASTr, ACB).

tonica estranea alla tradizione locale. In effetti grandezza. È l’architettura di Bazzanopoli75, una
Bazzani esprime nell’Umbria del Ventennio città riproposta ovunque con il medesimo reper-
un’architettura diversa da quella “medieval-litto- torio classicista che era per il suo autore “natu-
ria”, e che invece aveva impiegato nelle città “mi- rale linguaggio in tutte le espressioni e in tutti
nori” ove le Amministrazioni ambivano al rin- gli accenti”76. Al contrario di Marcello Piacentini,
novamento attraverso scenografiche visioni di Bazzani rappresenta infatti l’architetto delle

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nuove Province dell’Italia fascista, da riempire datate 1935 e 193780, che rimandano a opere
di edifici progettati secondo il criterio classico quali la Banca d’Italia e la Casa del fascio di Ta-
della grande massa e ricoperti di citazioni del ranto in cui il plastico gioco di volumi dell’in-
Cinquecento romano77. Tuttavia tale linguaggio, sieme è valorizzato da un’originale geometriz-
verso la fine, si evolve verso “una modernità non zazione dell’ordine81. La più emblematica testi-
frivola, ma essenziale”, basata sull’assenza del- monianza dell’evoluzione “modernista” del lin-
l’ornamentazione che l’“architetto romano du- guaggio di Bazzani va considerata però la si-
revole”, come lo chiamò d’Annunzio78, considera stemazione di piazza Vittorio Emanuele nella
il tratto caratterizzante del razionalismo e che “sua” Terni82, rimasta anch’essa sulla carta a ul-
invece ne costituisce solo l’aspetto più superfi- teriore conferma di come in Umbria e a Perugia,
ciale79. A tale fase appartengono gli studi per la la “città di diamante”83 del suo maestro e fratello
sistemazione di Porta Romana a Foligno, nei Guglielmo Calderini, la tanto auspicata moder-
quali Bazzani, dopo un’iniziale proposta di nizzazione avvenisse in sostanza “senza moder-
stampo classicista, delinea due nuove soluzioni, nità”84.

1
Conversando con Cesare Bazzani 1927. Gli articoli di
giornale citati nel testo e nelle note sono conservati nel-
l’Archivio Cesare Bazzani presso l’Archivio di Stato di Terni
[d’ora innanzi ASTr, ACB].
2
GIORGINI 1988, p. 17.
3
BAZZANI 1903.
4
GIORGINI 1988, p. 35.
5
Bazzani rifiutava tanto di “assurgere al lato” dei colossi
dell’arte rinascimentale quanto di rendersi “paladino di
novità” (NIFOSì SINI 2001, p. 11).
6
Per la grande mole di opere realizzate da Bazzani a Terni
e nel territorio cfr.: Opere e progetti 1988; Cesare Bazzani
2006; BONCI 2011, p. 110.
7
TOCCHI 1988, p. 83.
Cesare Bazzani, progetto di Albergo Littorio a Porta Romana a 8
Nell’ASTr, ACB sono conservati i seguenti disegni relativi
Foligno, prospettiva, 1935 (ASTr, ACB). ai seguenti centri della Provincia di Perugia: ASSISI, Chiesa
di Santa Chiara, unità archivistica [d’ora innanzi u.a.]
41; chiesa di Santa Maria degli Angeli (u.a. 42); restauro
di una casetta del Trecento (u.a. 43). CANNARA, progetto di
nuova facciata per la chiesa parrocchiale di San Matteo
(u.a. 52); villino (u.a. 53). MONTEFALCO, restauro della
chiesa di San Fortunato (u.a. 159). SPELLO, Cappella del-
l’Incoronata (u.a. 309), citato ne “L’Incoronata”, aprile-
maggio 1931; decorazione Villa Costanzi (u.a. 310);
Monumento ai Caduti (u.a. 311). SPOLETO, Monumento ai
caduti per la presa della Rocca; decorazione sala Teatro
Cesare Bazzani, progetto di sistemazione di Porta Romana a Nuovo. Nella rassegna stampa raccolta presso l’ASTr, ACB
Foligno, prospetti degli edifici, 1937 (ASTr, ACB). sono conservati due articoli che citano l’inaugurazione di

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lavori di Bazzani a Spoleto: il “Monumento ai Caduti del Cassa di Risparmio (ivi, u.a. 69); allargamento del Corso
17 settembre 1860” (Spoleto ai suoi difensori 1910) e la Vittorio Emanuele; facciata della chiesa di San Francesco
“Sala XVII Settembre” (La sala 1911). Le opere di Bazzani (ivi, u.a. 71); Piazza Mussolini e nuovo Giardino Pubblico;
nei centri citati nella presente nota sono in Opere e progetti nuovo ingresso della città dalla via Flaminia; rilievi e re-
1988 alle pp. 179, 182, 199, 220, 221. Per l’intervento su stauri di case medievali (chiesa del Suffragio: u.a. 70;
Santa Maria degli Angeli cfr. in particolare BARTOLINI SA- chiesa di Santa Maria Fraorta: u.a. 72; palazzo comunale:
LIMBENI 2008. 76; prospetti di edifici: u.a. 80); progetto dello scalone d’ac-
9
ASTr, ACB, u.a. 144. cesso ai Canapé; Albergo Littorio a Porta Romana (ivi, u.a.
10
In Opere e progetti 1988, p. 235, a Bazzani sono attribuiti 68); sistemazione dell’area relativa a Porta Romana (ivi,
“restauri vari” eseguiti a Todi e, tra i progetti, un “Ricordo u.a. 79); prospetto e restauro del teatro “Piermarini” (ivi,
ai caduti”. u.a. 84); monumento della Vittoria a Porta Romana. In
11
ASTr, ACB, u.a. 381, disegni [d’ora innanzi diss. o dis. se ASTr, ACB sono inoltre presenti disegni relativi all’esattoria
singolare] PG381001, PG381002. comunale (u.a. 73), alla loggia dei mercanti (u.a. 74) e
12
GIORGINI 1988, p. 20. una planimetria della città (u.a. 78). Per l’interpretazione
13
I disegni per l’interno dell’edificio (ASTr, ACB, u.a. 380, del Campo Sportivo del Littorio quale “prima parte” del
dis. PG380001) sono studi per la realizzazione di una cap- Piano Bazzani cfr. DI NUCCI 1992, pp. 213-214 e 242-243.
17
pella in cui è sistemato un altare dai vari riferimenti clas- Palazzo Trinci dopo i lavori diretti da Bazzani venne de-
sici, come il sarcofago lavorato a strigile con medaglione stinato a biblioteca, pinacoteca e museo (DI NUCCI 1992,
centrale. Nel progetto di “sistemazione della Piazza e Sca- p. 165). Le critiche, cui accenna lo stesso architetto (Lo
lea di S. Fortunato” (ASTr, ACB, u.a. 380, diss. PG382001- scalone 1927), provengono in particolare da mons. Faloci
PG382002) la planimetria sembra voler evitare la mono- Pulignani, cui il Podestà in persona risponde seccamente
tonia con l’introduzione di pause trasversali costituite da sulla stampa (Per lo scalone 1927).
18
fasce di riposo interne alle gradinate. La necessità di tale BOSI 2011, p. 116. Il Campo sportivo del Littorio di Foli-
intervento viene avvertita dalla nuova amministrazione gno è la prima opera del suo genere ad essere realizzata
fascista che, nel febbraio 1923, delibera la sistemazione nella Provincia di Perugia (“Il Giornale d’Italia” 1929).
della gradinata con la piantagione di alberi nei ripiani (DI Una “visione dall’alto” mostra l’impianto preceduto dal-
NUCCI 1992, p. 74). l’esedra che circonda la statua di Niccolò Alunno, ai cui
14
Ivi, p. 73. fianchi sono posti i due propilei da cui si accede alle “tri-
15
Gli elaborati del Piano, di cui Bazzani era stato incari- bune coperte” e alle “gradinate popolari”. I propilei sono
cato il 21 dicembre 1927 (Il Piano Regolatore 1929) erano composti da due colonne tuscaniche che sorreggono un
stati esposti al pubblico il 28 ottobre dell’anno seguente pesante architrave con cornice (cfr. il particolare in ASTr,
nel ridotto del teatro Piermarini (Foligno 1928). Lo stru- ACB, u.a. 75, dis. PG075002); ai loro lati massicci piloni
mento urbanistico tenta di rivitalizzare il tessuto antico sono affiancati da statue di atleti che si ergono da propor-
attraverso pesanti sventramenti finalizzati a utilizzare epi- zionati basamenti. Le tribune sono coperte solo nella parte
sodi architettonici quali strumento celebrativo di una centrale, il campo di gioco per il calcio è circondato dalla
nuova modernità ed efficienza (FILIPPUCCI 2011, p. 138), “pista podistica” e le “zone lunate” di testata ospitano le
proclamando nel contempo la salvaguardia di tutto ciò attività di atletica leggera. In origine il progetto prevedeva
che risulti interessante sotto il profilo storico-artistico. No- anche un campo da tennis, la pista per il gioco delle bocce
nostante sia presente nella prima Esposizione italiana e una piscina coperta (“La Tribuna” 1929).
19
dell’abitazione e dei piani regolatori (Roma, 1929), lo BELARDI 2003, p. 39.
20
strumento urbanistico, trasmesso in forma incompleta al “- Vedi - concluse egli additandoci la elegante mole del
Genio Civile l’anno seguente, non ottiene le necessarie ap- Palace Hotel - questo palazzo è l’unica cosa bella che Pe-
provazioni di legge (Cfr. PIERMARINI 2007). rugia nuova ha creato. Essa è del vostro Guglielmo Calde-
16
GIORGINI 1988, p. 34. In Opere e progetti 1988, p. 186 e rini che fu mio amatissimo professore ed amico”
in BOSI 2011, p. 116 sono citate le seguenti opere di Cesare (Conversando con Cesare Bazzani 1927).
21
Bazzani a Foligno: Piano Regolatore e d’ampliamento La linea tramviaria 1924. Nel dibattito sul tracciato
(1928); Campo sportivo (1929, in ASTr, ACB, u.a. 75); sca- della tramvia, dovendo decidere se il tracciato dovesse se-
lone del Palazzo Trinci (1935, ivi, u.a. 77). Tra i progetti: guire il percorso di Corso Vannucci o quello di via Baglioni,
Sala Vittoria al Teatro Piermarini (ASTr, ACB, u.a. 82); la scelta era caduta sul primo (GROHMANN 1981, pp. 162-

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163). Tra la fine del XIX secolo e l’inizio del successivo, lo sistenze, mentre in realtà l’intento dell’autore era quello
sviluppo della città era avvenuto radialmente lungo le an- di armonizzarlo con il settecentesco Palazzo Donini (LAT-
tiche direttrici viarie, verso nord-ovest (quartiere Elce), TAIOLI 1992, p. 190). Il codice lombardo viene ritenuto inop-
nord-est (quartiere Monteluce) e sud, attorno alla piazza portuno dagli architetti perugini Nazareno Biscarini
d’Armi (GROHMANN 1981, p. 163). (compagno di studi di Calderini) ed Amerigo Calderini
22
Il Piano del 1911 era infatti rimasto sulla carta (DI NUCCI (cugino di Guglielmo), entrambi sconfitti dall’Arienti in
1992, p. 91). sede concorsuale (Cfr. CALDERINI, BISCARINI 1867).
23 31
“(...) non entro a dire per il tracciato proposto in merito L’elogio di Mussolini 1927, in DI NUCCI 1992, p. 74.
32
al limitato raggio di alcune curve del tracciato stesso, ad Tra questi sport medi sembra rientrare anche il calcio,
alcune eccessive pendenze nel suo profilo, alle strettoie di di cui il fascismo non aveva ancora compreso le potenzia-
transito” (La linea tramviaria 1924). lità di strumento di consenso.
24 33
Per Bazzani la “moderna macchina” non è infatti “il Il Parco della Vittoria 1928. Lo stesso architetto rievoca
mostro da vergognarsi a fare transitare dove il passato anni dopo la “bruttura della desertica piazza d’Armi, luogo
aveva vedute ben altre energie e forme”. di periodiche mostre di bovini, di suini e dei loro ... depositi
25
Bazzani suggerisce per la Piazza del Municipio soprat- stercolari, tutto ciò all’ingresso principale della città bella”
tutto di ridurre al minimo l’abbassamento della quota (Conversando con Cesare Bazzani 1927). Secondo il Po-
stradale, mentre nel tratto delle Volte ritiene opportuno de- destà Buitoni si trattava di un piano che avrebbe dovuto
molire alcune “piccole catapecchie” e sostituire “la mo- costituire parte “del Parco della Vittoria appunto dedicato
derna terrazza” con la “balaustrata romano-cementizia”. ai Caduti” [BUITONI 1932, p. 156].
26 34
La proposta è ritenuta “radicale” dallo stesso Bazzani in “Una breve scalea del Viale della stazione dà accesso ad
quanto libera completamente dal transito tramviario il un vasto piazzale ad esedre incorniciato di alberi: nel cen-
Corso Vannucci e la Piazza del Municipio, mentre “la mae- tro una colonna onoraria, storica, possente, limitata da
stà delle volte” conserva il transito tramviario nel centro specchi d’acqua (...), colonna coronata dalla figurazione
cittadino”, collegando quest’ultimo “con i quartieri nord della Vittoria nel cielo, nella terra, nel mare. E poi i viali,
della città”. con lo sfondo di S. Giuliana (...), l’ingresso d’onore del
27
A tal fine sarebbero stati realizzati “cavallotti, alla stessa Campo Sportivo”. Nel piano viene lasciata “una area di
quota di m. 469”. cinquemila metri quadrati per la fabbricazione di sette pa-
28
La Giunta approva dunque il rinnovo con la società che lazzine signorili, area il cui reddito darà la cifra necessaria
gestiva il servizio elettrico e tranviario, provocando una per iniziare la sistemazione” (Il Piazzale 1927).
35
lunga vertenza con il Soprintendente Gnoli che si conclude ASTr, ACB, u.a. 169, dis. PG169014.
36
quando l’Amministrazione fascista delibera il collega- In tale soluzione Bazzani prevede una sola tribuna e una
mento via autobus del centro cittadino con l’Ospedale di palestra, disposta sulla testata rivolta verso la chiesa.
37
Monteluce (DI NUCCI 1992, pp. 147-150). I progetti dell’architetto Bazzani 1927.
29 38
Il testo si riferisce ai due disegni di studio conservati I disegni relativi a tale soluzione sono conservati anche
nell’Archivio Bazzani di Terni (ASTr, ACB, u.a. 170, diss. in C. BAZZANI, Perugia. Per il parco della Vittoria in ri-
PG170001 e PG170002). cordo dei caduti per la Patria e il campo sportivo, ASPg,
30
La Perugia postunitaria concentra sulla sede di Provincia Genio Civile. Un elenco scritto a mano attribuisce al “1°
e Prefettura le aspettative di veder concretizzato il simbolo progetto” i seguenti elaborati grafici: 1 Planimetria, 2 Pro-
del nuovo ruolo politico assunto. Dopo le soluzioni ispirate spettiva, 3 Alzato, 4 Sezione.
39
al Cinquecento romano emerse nei concorsi (1860, 1863), ASTr, ACB, u.a. 169, diss. PG169011 e PG169017. Nella
l’opera viene realizzata (1867-1873) in un severo stile prospettiva di variante la palestra occupa il lato breve op-
lombardo dal milanese Alessandro Arienti, da poco inge- posto. Inoltre la planimetria rettangolare ad angoli arro-
gnere capo comunale. In un facciata egli accosta motivi tondati dell’impianto risulta piuttosto antiquata anche
desunti dall’eclettismo lombardo con vaghi richiami alla rispetto al progetto per Foligno. Presso l’ASPg, Genio Civile
tradizione locale edilizia civile tra Medioevo e Rinasci- sono conservati alcuni grafici relativi alla succitata pro-
mento, peraltro importati dall’area lombardo-emiliana. spettiva PG169011 e a una planimetria che non risulta fra
(cfr. NERI 2000, pp. 490-492). L’opera di Arienti viene du- i documenti dell’ASTr, ACB. Sulla prospettiva è riportata la
ramente criticata da Calderini, che ne giudica severamente scritta “LA PRIMA IDEA MCMXXIII”.
40
la mancanza di rispetto mostrata nei confronti delle pree- Il Parco della Vittoria 1928. A tale invito aderiscono “il

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52
Tarchi con un complesso veramente notevole e vivace, Per Bazzani si sarebbe dovuto provvedere inizialmente
l’Angelini con uno studio classico e romano, il Lilli con “ai tracciati dei piazzali e viali e alle piantagioni” e in un
linee severe”, mentre lo stesso Bazzani si limita “a ripre- secondo tempo “alle varie opere, ingressi, ricordo ai Caduti,
sentare la idea” originaria aggiungendo “solo qualche ab- fontana, ecc. per il parco; recinti, tribune, spogliatoi ecc.
bozzo di dettaglio”(La sistemazione della piazza d’Armi per il Campo sportivo” (ibidem).
53
1927). In La sistemazione della piazza d’Armi 1927 I progetti dell’architetto Bazzani 1927.
54
viene citato anche un progetto “Centamori”. I lavori, iniziati nell’agosto 1927, terminarono nel no-
41
Sulla figura di Ugo Tarchi cfr. il contributo di Simone vembre seguente a meno della piscina e dei campi da ten-
Bori contenuto nel presente volume, pp. 267-277. nis. I grafici prodotti risultano: “Primitivo progetto –
42
I difetti sono: “primo, quello di avere il parco sistemato planimetria generale: prospettiva generale – sezione tra-
all’inglese (...); secondo, quello di avere lo Stadio grande sversale – alzato frontale. Progetto variante A – c.s. Pro-
presso a poco quanto il campo sportivo attuale (...); terzo, getto variante B – c.s.” (I progetti dell’architetto Bazza-
quello di avere il monumento ai Caduti il carattere troppo ni 1927).
55
funerario e male situato rispetto alla città (...)”. (La siste- Nella prima soluzione per Perugia Bazzani deduce dal-
mazione della piazza d’Armi 1927). Va inoltre ricordato l’opera maceratese la disposizione dell’impianto, lo
come il campo di gioco di Piazza d’Armi fosse stato dotato schema rettangolare a spigoli curvi nonché la tribuna
nel 1922 di una tribuna in legno per gli spettatori. unica collocata su di un lato lungo e parzialmente coperta.
43
Sulla figura di Lilli cfr. BLASI 2011. I disegni dell’ASTr, ACB coincidono con quelli del “1° pro-
44
La scelta di Lilli di lasciar libera la parte meridionale getto” conservato nell’ASPg, Genio Civile, come ad esem-
dell’area per consentire l’edificazione di “palazzi e villini” pio il “fronte sul viale XX Settembre” (PG169004), corri-
subisce anch’essa forti critiche poiché “la zona occupata spondente all’“alzato” che “trovasi a Perugia”.
56
risulta tale da non permettere di costruire un grande Sta- ASTr, ACB, u.a. 169, dis. PG169018.
57
dio” (La sistemazione della piazza d’Armi 1927). Bazzani prevede uno schermo trasparente formato da
45
Ibidem. quattro colonne tuscaniche su cui corre un alto architrave
46
Ibidem. Pietro Angelini è stato addirittura definito l’“ar- retto ai fianchi da massicci piloni i cui fronti sono scavati
chitetto ufficiale” di Perugia (Di Nucci 1992, p. 131); sulla da fornici timpanati che incorniciano le statue dei Dioscuri
sua figura cfr. il contributo di Simona Salvo contenuto nel (ivi, dis. PG169015). La “planimetria” relativa a tale so-
presente volume, pp. 279-295. luzione rafforza i caratteri di dipendenza con il monu-
47
“Nella parte inferiore della piazza l’Angelini progetta lo mento di Macerata, in quanto alla spalle dell’ara la
Stadio il quale per le sue dimensioni e per la sua confor- struttura colonnata dell’ingresso principale si flette al cen-
mazione risponde a tutte le esigenze degli sportivi” (La si- tro, accentuando il proprio carattere di quinta scenografica
stemazione della piazza d’Armi 1927). (ivi, dis. PG169019). A Perugia come a Macerata l’autore
48
Ibidem. interpreta il monumento come centro di una sistemazione
49
Le riserve sono estetiche “perché il monumento e lo sta- scenografica in grado di coinvolgere lo spazio urbano cir-
dio non ci sono dati di giudicarli oggi come ci sono pre- costante (GIORGINI 1988, p. 75). Carlo Cresti considera l’ese-
sentati in un unico disegno” e finanziarie “perché il piano dra di Macerata uno dei tanti “elementi di una
finanziario della trasformazione della piazza in parco deve modellistica di ‘memoria’ classica (...) che entrano a far
essere (...) nettamente separato e distinto da quello per il parte (...) di uno scenario urbano segnato di vuota appa-
monumento e per lo stadio” (La trasformazione di renza” (CRESTI 1986, p. 67).
58
Piazza d’Armi 1927). In una prospettiva a volo d’uccello Nell’ASPg, Genio Civile sono presenti grafici di entrambe
si vede lo stadio preceduto da un ampio parco solcato da le versioni, illustrate da planimetrie e prospettive a volo
lunghi tracciati geometrici diretti verso i principali fuochi d’uccello.
59
prospettici, ovvero il complesso di Santa Giuliana e il mo- Il materiale grafico della soluzione definitiva è conser-
numento ai Caduti. vato tanto nell’ASTr, ACB che nell’ASPg, Genio Civile, ove
50
La sistemazione della piazza d’Armi 1927. però figura anche la Relazione in cui Bazzani nomina il
51
“Comunque, se da un lato sono rimasto ben lusingato dal “Parco con la sua vegetazione principale”, l’“ara”, “le tri-
successo della idea, non sembrami per ora di doverlo essere bune” (che dovranno essere coperte), “il campo e le piste”
molto per come è stata accolta, in pratica, la mia proposta e (C. Bazzani, Perugia. Per il parco della Vittoria in ri-
prestazione” (Conversando con Cesare Bazzani 1927). cordo dei caduti per la Patria e il campo sportivo, rela-

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zione progettuale dattiloscritta, febbraio 1928, ASPg, Genio alla Vittoria a piazza Fiume a Milano, 1936, in ACS,
Civile). La “prospettiva generale” della terza soluzione è Presidenza del Consiglio dei Ministri, 14-5-1368; CONSOLI
inoltre pubblicata nell’articolo Il Parco della Vittoria 1988, p. 156.
75
1928. NIFOSì SINI 2001, p. 5. Sul linguaggio di Bazzani cfr. CON-
60
ASTr, ACB, u.a. 169, diss. PG169002 e PG169010. In que- SOLI 1988.
76
sta soluzione non c’è più traccia delle “palazzine signorili” GIOVANNONI 1937-1940.
77
previste in precedenza. Mussolini non nutrì per Bazzani grande simpatia, elu-
61
C. BAZZANI, Perugia. Per il parco della Vittoria in ri- dendone le continue richieste di progettazioni per Roma.
78
cordo dei caduti per la Patria e il campo sportivo, rela- CONSOLI 1988, p. 153.
79
zione progettuale dattiloscritta, febbraio 1928, ASPg, Genio GIORGINI 1988, p. 78. A ben vedere, infatti, la nudità for-
Civile. male delle ultime opere sembra rinviare all’architettura
62
Ibidem. monumentale romana, nella quale il sovrastare degli ele-
63
Nell’ambito del concorso per il Piano regolatore e di am- menti strutturali costituiva esso stesso un motivo orna-
pliamento della città, bandito il 1° maggio 1931 dal po- mentale.
80
destà Giovanni Buitoni, il gruppo in cui figuravano gli Nella prima soluzione per la sistemazione di Porta Ro-
architetti Pietro Angelini, Gino Cancellotti, Luigi Lenzi, mana due alti volumi di testata svettano su edifici gemelli
Luigi Piccinato e Alfredo Scalpelli attribuiva particolare porticati carichi dell’immancabile repertorio classicista
importanza all’area della piazza d’Armi, di cui era prevista (ASTr, ACB, u.a. 80, dis. PG080007). La prospettiva datata
la trasformazione in Parco della Vittoria. La mancata at- 1935 rappresenta invece il solo fabbricato di destra, ispirato
tuazione sia di tale Piano che di quello approvato dal Con- da un nuovo monumentalismo dalle forme geometrizzate
siglio Comunale nel 1937, concentra i programmi di (ivi, u.a. 68, dis. PG068002). Ancor più spoglio è il lin-
trasformazione urbana proprio nell’area di Santa Giu- guaggio adottato nella soluzione del 1937, in cui l’edi-
liana, per la quale una prima proposta verte sulla realiz- ficio dell’albergo perde anche le accentuazioni plastiche
zazione del Parco della Vittoria sulla base del progetto “in dei portali d’ingresso alla torre (ASTr, ACB, u.a. 79,
stile tardo accademico” di Pietro Angelini (BORI 2011, p. PG079002). D’altronde l’architettura di Foligno si distacca
89). da quella di Perugia e Terni, presentando una “mesco-
64
DI NUCCI 1992, pp. 205-206. lanza di eclettismo, novecentismo, neomedievalismo, neo-
65
“La Commissione giudicatrice del Concorso (...) chia- classicismo” [DI NUCCI 1992, pp. 83-84; cfr. anche BATTONI
mata (...) ad un secondo esame dai due progetti modificati 1985, pp. 20-21].
81
(...) assegnava il primo premio al progetto ‘Alunno Nic- GIORGINI 1988, p. 51.
82
colò’ degli Architetti romani Mario Paniconi e Giulio Pe- Ivi, p. 115.
83
diconi ed il secondo premio al progetto ‘Provando e DI NUCCI 1992, p. 74.
84
Riprovando’ dell’architetto Cesare Bazzani” (L’esposizione BELARDI 2011, p. 55. Cfr. anche DI NUCCI 1992; BELARDI
dei progetti vincitori 1931). 2003; QUINTERIO, CANALI 2010. L’autore intende ringraziare
66
DI NUCCI 1992, p. 74. l’Archivio di Stato di Terni, e in particolare la Direttrice
67
Ibidem. Marilena Rossi, la Vicedirettrice Elisabetta David e Luigi
68
BELARDI 2011, pp. 56-57. Di Sano. Ringrazia inoltre per la cortese disponibilità il
69
La definizione è di Gabriele d’Annunzio (DI NUCCI 1992, prof. Paolo Belardi e l’ing. Valeria Menchetelli nonché il
p. 109). prof. Mario Pisani, la prof.ssa Palma Crea Cappuccilli e
70
Ivi, p. 130. Laura Batocchioni Sorbini. Le immagini sono pubblicate
71
NERI 2000, p. 499. su concessione del Ministero per i Beni e le Attività Cultu-
72
Ivi, p. 510. A tal proposito vale la pena di citare il “me- rali, con autorizzazione n. 88 del 18 aprile 2012 dell’Ar-
dievaleggiante” Palazzo delle Poste di Assisi quale emble- chivio di Stato di Terni. Si fa esplicita avvertenza del divieto
matico esempio di “neogotico fascista” (GROHMANN 1989, di ulteriore riproduzione.
p. 184).
73
Come già rilevato in precedenza, Di Nucci considera An-
gelini l’“architetto ufficiale” di Perugia così come Bazzani
lo era di Terni (DI NUCCI 1992, p. 131).
74
C. BAZZANI, Relazione al Concorso per il Monumento

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Giuseppe Manani, Progetto di una casa d’affitto: prospetto laterale, 1904


(Perugia, Archivio dell’Accademia di Belle Arti “Pietro Vannucci”, Fondo didattico Architettura, inv. 1376).
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Giuseppe Marrani (1885-1954)


Alessia Bonci

Giuseppe Marrani si forma all’Accademia di Belle Gigliarelli7, oltre alle pressioni della famiglia, in-
Arti di Perugia, dove si iscrive nel 1898 indicando ducono Giuseppe Marrani a rifiutare l’incarico
inizialmente come propria la professione di oro- di Disegnatore nel Ruolo Organico del Personale
logiaio e di scultore1. Segue regolarmente e con dei Monumenti, dei Musei, delle Gallerie e degli
profitto i corsi di Ornato, Architettura e Prospet- Scavi di Antichità, ottenuto vincendo il concorso
tiva, allievo di Giuseppe Frenguelli, di Giuseppe bandito dal Ministero della Pubblica Istruzione
Odoni e di Fernando Gigliarelli, nonché collega e per il quale era stato destinato agli scavi di
di studi e grande amico di Gerardo Dottori. Nel Pompei con uno stipendio annuo di 2000 lire8.
1906 consegue la licenza nel Corso Speciale di La carriera accademica di Marrani, tuttavia, si
Architettura2 e, pur intraprendendo una auto- conclude in fretta, con una sua lettera al Consi-
noma carriera di architetto, partecipando a con- glio Accademico con la quale, mentre si augura
corsi3, realizzando i suoi primi progetti4 e colla- di aver corrisposto alla fiducia nel disimpegno
borando con la neonata Soprintendenza dei Mo- dell’incarico a lui affidato, dichiara di mettersi
numenti dell’Umbria, rimane all’interno dell’Ac- a disposizione per la riconsegna della scuola e
cademia in qualità di assistente ai corsi di del materiale didattico ad essa appartenente, e
Architettura e Prospettiva5. con una risposta del Consiglio in cui si espri-
La frequentazione degli ambiti accademici gli mono sentimenti di vivo soddisfacimento per lo
procura l’incarico per la supplenza al corso di zelo adoperato nell’incarico ad esso affidato9.
Architettura del professor Odoni che, vincitore del Non vi sono informazioni circa l’eventuale par-
concorso governativo per la cattedra di Architet- tecipazione di Marrani al conseguente concorso
tura nella Regia Scuola Superiore di Arte appli- per la cattedra di Architettura, che viene vinto
cata di Venezia, chiede al Consiglio Accademico successivamente da Ugo Tarchi.
un congedo di tre mesi6 per poi rassegnare le pro- Nel 1911 collabora con l’architetto Guglielmo
prie dimissioni. Il lusinghiero e promettente Calderini al progetto del Padiglione Umbro, rea-
mandato, da svolgersi nell’anno scolastico 1909- lizzato per l’Esposizione Universale di Roma, in
1910 sotto la tutela e la supervisione del professor seguito distrutto10.

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Nel 1912 intraprende la carriera di insegnante di antica. Marrani progetta villini su due o tre piani
Disegno presso la Regia Scuola Industriale di con torretta svettante, simbolo di decoro, ma
Pausula, in provincia di Macerata. Questo inca- anche di dominio dello spazio circostante, con
rico lo allontana dalla sua città natale e dalle sue terrazze e vistose decorazioni affrescate o appli-
ambizioni, ma gli consente di dedicarsi alla li- cate, in cotto, stucco o in ferro battuto, circondate
bera professione di architetto, che svolge quasi da giardini e chiuse da alti cancelli, a ridosso
interamente a Perugia, anche se vivrà a Pausula, delle mura e prossime alle porte urbane. Le de-
che durante il ventennio fascista muterà il pro- corazioni, da lui stesso progettate e disegnate con
prio nome in Corridonia in onore del nativo eroe zelo e perizia, sono il risultato della fruttuosa col-
Filippo Corridoni, per circa quarant’anni11. Per laborazione con operatori locali delle arti appli-
la cittadina marchigiana progetterà e realizzerà cate, come lo scultore Bruto Mosci e il fabbro
nel 1935, in collaborazione con l’ingegner Pirro Ferruccio Caiani e prodotte, nel caso del cotto,
Francalancia un complesso architettonico in per- dalla maestria delle fornaci Angeletti-Biscarini.
fetto stile littorio12. È questa l’unica realizzazione Riguardo alla localizzazione, la scelta è sempre
non umbra e soprattutto non Liberty della sua determinata da fatti totalmente privati, dal mo-
produzione, discorde con quanto realizzato o mento che, nei primi anni del ventesimo secolo
anche solo disegnato precedentemente, ma asso- e in particolare tra il 1908 e il 1926, anni in cui
lutamente coerente con la richiesta della com- vennero redatti tutti i progetti noti di Marrani di
mittenza e con il suo tempo storico. abitazioni private, il controllo pubblico non si
Paradossalmente il profilo professionale di Giu- esercita sulla distribuzione del costruito, ma so-
seppe Marrani è molto più noto per l’unicum lamente sulla composizione architettonica, sui
della realizzazione marchigiana che non per le caratteri stilistici e costruttivi13.
opere realizzate a Perugia, ma non c’è dubbio Il primo progetto di Giuseppe Marrani che palesa
che la sua produzione di architetto, sebbene fino l’intenzione di discostarsi dalla tradizione co-
ad ora poco studiata, rappresenti il caposaldo di struttiva locale è Villa Vajani-Levi (1908), posta
un’epoca e di uno stile che si contrappone a un immediatamente fuori dalla cinta muraria della
tessuto urbano austero, stratificato e tendenzial- città, all’inizio della Piaggia Colombata, nel
mente refrattario alle frivole divagazioni mo- rione di Porta Santa Susanna. Si tratta di un pro-
derne dell’epoca. In stile Liberty, infatti, attingen- gramma di ampliamento e restauro di un edifi-
do al repertorio dell’art nouveau in generale e cio esistente, ma caratterizzato da notevole an-
a quello di Ernesto Basile in particolare, Marrani ticonformismo dello stile: attraverso il raccordo
progetta una serie di villini, frutto di una colla- delle murature e il riordino delle finestre, Mar-
borazione duratura con la ricca borghesia peru- rani ottiene una struttura semplice, stereome-
gina, che rappresenta in città la sua committenza trica, che intonaca di rosa pastello e nobilita
esclusiva. Alla committenza e alle sue esigenze decorando le facciate con ornamenti floreali e
peculiari si lega indissolubilmente la scelta del vegetali. Proprio per la sua spregiudicatezza e la
tipo edilizio e la localizzazione rispetto alla città disomogeneità rispetto al contesto, il progetto,

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Perugia, villino Vajani, Giuseppe Marrani, 1908, rilievo: prospetto sud-est e prospetto nord-est (TRUFELLI 2007-2008).

Perugia, villino Vajani, Giuseppe Marrani, 1908, rilievo: prospetto nord-ovest e prospetto sud-ovest (TRUFELLI 2007-2008).

sottoposto alla segreteria Municipale, incontra oggi si presenta in un limpido isolamento come
gravi difficoltà nell’approvazione, che il Sindaco il manifesto di una prima spinta innovatrice sul
concede solo in considerazione del fatto che il piano artistico e culturale. I restauri più antichi
fabbricato veniva eretto fuori dalle mura della non hanno mai interessato la struttura e
città, in aperta campagna14. Villa Vajani-Levi, tre l’esterno dell’edificio, con l’eccezione della sosti-
piani fuori terra e un piano seminterrato, ancora tuzione in epoca fascista della scritta “E. Vajani”,

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Perugia, villino Vajani, Giuseppe Marrani, 1908, rilievo: dettaglio del coronamento del prospetto sud-est (TRUFELLI 2007-2008).

al vertice della facciata prospiciente la Piaggia berty, compare per la prima volta in un progetto
Colombata, con la scritta “Labor”. I restauri più del 1910, mai realizzato, di una palazzina da co-
recenti, invece, in particolare la rimozione negli struirsi lungo il viale di circonvallazione. Il pro-
anni ottanta del bugnato che rivestiva il piano spetto principale visto da Piazza d’Armi, mostra
terra, e negli anni novanta delle decorazioni in una costruzione di tre piani fuori terra, con un
cotto, ne modificano pesantemente l’apparato piano seminterrato e uno sottotetto, con la torre
decorativo, pur non compromettendo significa- incastonata in facciata e un sontuoso apparato
tivamente l’aspetto originale. Maggiore effetto decorativo della cornice sottotetto e delle fine-
hanno invece sortito le trasformazioni urbanisti- stre16. Ancora incerto nell’affermare i principi di
che della città e la sua crescita, che hanno assi- una nuova architettura appare il villino Baldrac-
milato l’edificio nel contesto urbano e in parte chini, presso la stazione ferroviaria, del 1911, co-
pregiudicato la leggibilità architettonica del ma- stituito da un’articolata costruzione in muratura
nufatto, tanto che il lato corto della villa appare di pietra, decorata da sottili linee di marcapiano
oggi come la facciata principale e l’insieme ri- e da cornici alle finestre che variano ai piani: ar-
sulta senza proporzione15. chitrave spezzato al piano terra, arco ogivale al
La torre svettante, caratteristica tipicamente Li- primo piano, quadrifore a tutto sesto al secondo

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ratura di mattoni e paramento esterno intona-


cato e decorato con colori pastello, festoni e una
danza di putti, pavoni e fenicotteri, il disco solare
e nastri intrecciati. Ognuno dei tre villini è ca-
ratterizzato da un apparato decorativo complesso
e articolato, fatto di superfici dipinte ad affresco,
stucchi, maioliche colorate e ferri battuti.
Tra le opere realizzate, ma poco conosciute, sono
inoltre degni di nota la chiesa parrocchiale di
Piccione (Commissione del Genio Civile) e il mo-
numento sepolcrale Baldracchini al Cimitero
Monumentale, mentre il villino Manassei, che
sorge fuori della porta dell’Elce, costituisce un
inedito della sua produzione18. Questa architet-
tura, realizzata nel 1924 e successivamente mo-
dificata, mostra nell’articolazione dei volumi un
unico corpo centrale con torretta incastonata di
altezza contenuta, decorato all’ingresso e alle fi-
nestre con caratteristici archi a sesto acuto e con
piatti di ceramica di Deruta nella fascia sotto-
tetto.
Perugia, villino Vajani, Giuseppe Marrani, 1908, rilievo: detta-
glio delle cornici delle finestre del primo piano (TRUFELLI 2007- Numerosissimi e pregevoli sono i disegni di Giu-
2008). seppe Marrani, straordinari per maestria tecnica
e precisione descrittiva, di architetture Liberty e
piano. Con i tre villini costruiti in rapida se- dettagli decorativi, che costituiscono degli esercizi
quenza, temporale e geografica, tra il 1912 e il di stile o che semplicemente non hanno trovato
1913 lungo Via Annibale Vecchi, a ridosso della realizzazione. Molti di questi sono conservati
barriera daziaria dell’Elce, si concretizza la torre presso l’archivio privato della famiglia Marrani,
svettante e sono affinati e amplificati i caratteri altri continuano probabilmente a nascondersi
decorativi di chiara ispirazione Liberty, esempli- tra i documenti del fondo Amministrativo
ficativi di una produzione architettonica che si 1871-1953 dell’Archivio Storico del Comune di
manterrà poi coerente nel tempo17. I tre fabbri- Perugia, da cui sono emersi, a un primo esame,
cati, simili nell’impianto architettonico e strut- il progetto del villino Manassei, un edificio da
turale, si caratterizzano ancora una volta per il erigersi a Monteluce per il sig. Marcucci Eleonoro
ricco ornato: due livelli fuori terra e un piano se- e la sopraelevazione di una palazzina situata al
minterrato, con la torretta più o meno svettante, n. 15 di corso Garibaldi, di proprietà del sig. Pit-
realizzati con struttura portante continua in mu- tola Angelo19.

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Corridonia (Mc), Palazzo Comunale e sistemazione della piazza Castello, oggi piazza Filippo Corridoni, Giuseppe Marrani, 1935,
prospetto principale (Archivio Storico del Comune di Corridonia).

In uno Stato nuovo e desideroso di trovare uno globalità. Indiscutibilmente il panorama archi-
stile rappresentativo dell’unità raggiunta, in cui tettonico eclettico, che comincia ad animare la
il Liberty rappresenta un fenomeno secondario e città durante la seconda metà del XIX secolo
si afferma soprattutto nelle città più industrializ- scuotendola dal suo torpore culturale di periferia,
zate, per lo più con soluzioni definibili “di fac- l’ormai deciso sviluppo extra moenia del co-
ciata”, Perugia è solo marginalmente coinvolta struito, la presenza di una ricca committenza di
dal fenomeno e come altre città e cittadine in Ita- imprenditori e professionisti, esponenti di una
lia periferizza il nuovo stile in senso propria- borghesia benestante e ricettiva nei confronti del
mente topografico, respingendolo oltre la cerchia nuovo, costituiscono le premesse necessarie per-
delle mura, nelle nuove aree residenziali o lungo ché un giovane architetto come Giuseppe Mar-
i nuovi assi viari dell’espansione urbana. Qui, rani, intraprendente, cresciuto in un ambiente
come altrove, l’adesione al nuovo stile è quasi culturalmente elevato e formatosi sotto l’egida
sempre rivolta alle soluzioni esterne e mai alla di grandi maestri, possa compiere la propria
pianta e alla distribuzione spaziale, senza mai opera in piena libertà e in accordo con le ten-
riuscire a coinvolgere la progettazione nella sua denze più aggiornate del proprio tempo. Dal-

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Corridonia (Mc), piazza Castello, oggi piazza Filippo Corridoni, Giuseppe Marrani, 1935, vista d’insieme
(Archivio Storico del Comune di Corridonia)

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4
l’analisi della produzione perugina, delle opere Villa Vajani-Levi è progettata nel 1908 e realizzata entro
il 1909, ma numerosi altri progetti non realizzati sono re-
realizzate, di quelle non realizzate e di quelle fino
datti in questo periodo.
ad oggi sconosciute, emerge una figura profes- 5
ASABAP, Deliberazioni del Consiglio accademico, 6:
sionale animata da una convinta coerenza pro- “Verbali delle Adunanze del Consiglio Accademico (1900
gettuale e da un fecondo entusiasmo nell’ideare gennaio 5 - 1910 novembre 29), Verbale del 9 aprile 1908:
L’economo propone di compensare il Sig. Giuseppe
opere innovative e audaci. Si delinea il profilo di Marrani per aiuto da lui prestato nella scuola del
un architetto poco noto, che ha contribuito al- Prof. Odoni. Il Consiglio accoglie tale proposta e da
l’espansione e all’arricchimento della città con incarico all’economo istesso e al direttore di stabi-
lire la misura di tale gratificazione.
opere originali e al passo con i tempi, in accordo Ivi, Verbale del 31 marzo 1909:
con la vocazione prettamente decorativa che il Quanto al Sig. Marrani figlio [Giuseppe] il Consi-
Liberty assume nell’accezione italiana. glio delibera un compenso di £50 per l’opera da
esso stesso prestata in qualità di aiuto alla scuola
di architettura e alla scuola di prospettiva”. Giu-
seppe Marrani è in questo verbale definito “figlio”,
1
ASABAP, Registri e ruoli delle iscrizioni, a.a. 1898- poiché con lo stesso documento il Presidente inter-
1899/1906-1907. pella il Consiglio perché “determini il compenso
2
L’Accademia di Belle Arti di Perugia, in concomitanza da darsi al ragioniere Marrani [Ruggero, padre di
con quanto avveniva nelle altre accademie del regno, Giuseppe] per l’opera da esso prestata nella com-
gestite dal nuovo regolamento didattico del 1892, cerca pilazione dei bilanci e in tutti i necessari conteggi
di darsi un nuovo volto con un aggiornamento generale, dopo che l’economo Cav. Omicini dovette, per ra-
che è approvato il 9 ottobre 1898. Il nuovo ordinamento gioni di salute, cessare dal suo officio e fare rego-
didattico riordina l’intera Accademia: un corso comune lare consegna della sua gestione.
6
preparatorio di tre anni obbligatorio per tutti gli allievi; Ivi, Verbale del 9 ottobre 1909.
7
un corso superiore speciale di quattro anni, per coloro Ivi, Verbale del 1 marzo 1910, nel quale è dichiarata va-
che si proponevano di attendere all’esercizio professio- cante la cattedra di Architettura,in seguito alle dimissioni
nale delle belle arti (disegno, architettura, pittura, scul- del Prof. Odoni, si delibera:
tura, ornato e decorazione); un corso libero, facoltativo, l’apertura del concorso alla stessa cattedra e quanto
per tutti gli allievi che studiavano l’arte solo per cultura all’insegnamento medesimo per tutto il corrente
personale o per attendere poi ad un mestiere o per me- anno il Consiglio delibera di affidare al Sig. Prof.
glio specializzarsi poi nell’arte prescelta. Si intendeva Giuseppe Marrani l’incarico della supplenza e in-
così dividere gli studenti in due categorie: coloro che vo- carica al tempo stesso il Prof. Gigliarelli di eserci-
levano darsi alla carriera artistica propriamente detta tare la sua alta sorveglianza sull’andamento di
di ordine superiore od ottenere l’abilitazione all’inse- questa scuola, delibera inoltre di retribuire Marrani
gnamento del disegno nelle scuole tecniche e normali con un compenso di £60 mensili e rimette alla pre-
(prima categoria) e quelli che si proponevano di fre- sidenza la facoltà di stabilire la retribuzione da as-
quentare le scuole di disegno di secondo ordine per loro segnarsi al Prof. Gigliarelli.
semplice interesse. Ai giovani di prima categoria, al ter- Nello stesso verbale si legge altresì che il Prof. Frenguelli,
mine dell’ultimo anno, l’Accademia rilasciava un Di- già incaricato della Direzione per i tre mesi di sospensione
ploma Speciale in forma di licenza come attestato accordati al Prof. Odoni, che ricopriva anche l’incarico di
professionale per la loro carriera artistica. ASABAP, Og- Direttore), è nominato Direttore per il triennio 1910-1913.
8
getti vari trattati, “XVI” (1790-1910), Regolamento Corridonia (MC), Archivio dell’Istituto Professionale “Fi-
generale 1898, fasc. 20. lippo Corridoni”, Scheda personale del Prof. Giuseppe
3
Nel 1908 partecipa al concorso di idee per la realizzazione Marrani, a.s. 1944-45.
9
del Monumento al XX giugno, in onore dei martiri che ASABAP, Deliberazioni del Consiglio accademico, 6:
combatterono nel 1859 per liberare Perugia dallo Stato “Verbali delle Adunanze del Consiglio Accademico (1900
Pontificio ed annetterla al Regno d’Italia. Cfr. Rossi 1988. gennaio 5 - 1910 novembre 29), Verbale del 16 agosto 1910.

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10
PITZURRA 1995. visione e di organizzazione dello sviluppo urbano bisognerà
11
100 Anni di Storia 2007. Durante il periodo di insegna- attendere il regolamento edilizio del 1926, ma soprattutto il
mento nella scuola di Corridonia gli vengono assegnate bando per il concorso nazionale per la realizzazione del
anche le cattedre di Tecnologia e Disegno Professionale e, Piano Regolatore della città, nel maggio del 1931.
14
per alcuni anni, ricopre anche la carica vacante di Diret- Deputazione del pubblico ornato, 1908, 7.1.6. Il pro-
tore (1939, 1941, 1944). Contemporaneamente alla car- getto per il restauro, l’ampliamento e la decorazione della
riera di insegnante, intraprende la carriera politica e, dal casa del Cavaliere Ezio Vajani è presentato da Giuseppe
1933 al 1941, per quanto si riesce a ricostruire, è Podestà Marrani al Comune di Perugia il 12 maggio 1908. L’ap-
della cittadina in cui risiede. Nel 1935 è nominato per un provazione del Sindaco è concessa il 23 maggio dello stesso
triennio Regio Ispettore onorario alla Soprintendenza dei anno, dopo che la Commissione Rionale di Ornato, pre-
Monumenti di Ancona. sieduta dal prof. Tito Moretti, concedeva il nulla osta. Nel
12
Si tratta di un complesso architettonico costituito da 1909 il lavoro era completato.
15
piazza, municipio, ufficio postale e strutture scenografiche All’inizio del secolo scorso, infatti, la viabilità principale
di raccordo realizzate per ospitare la statua dell’eroe Fi- in questa zona era rappresentata dalla via di uscita dalla
lippo Corridoni, realizzata in bronzo dall’artista pesarese città, via della Sposa, che esternamente alle mura diventa
Oddo Aliventi. La predominanza del monumento dell’eroe Piaggia Colombata. Attualmente la viabilità principale si
sul resto dell’opera risponde a una precisa richiesta del svolge ortogonalmente alla precedente.
16
Duce. Così, dietro la scultura, il corpo centrale del muni- Il progetto inedito, firmato e datato, è conservato nel-
cipio, rivestito in travertino bianco di Ascoli come i due co- l’archivio privato della famiglia Marrani.
17
lonnati che da esso si allontanano, funge da cornice e Commissionati da Alessandro Lilli, dei tre villini quello
l’effetto scenico è amplificato dal contrasto con gli edifici centrale rimase di proprietà della famiglia del costruttore,
storici preesistenti. mentre gli altri due vennero venduti non appena ultimati
13
Le procedure relative all’edificazione in aree di proprietà a due ricche famiglie perugine, Terzetti e Coni Breccia, con
privata esterne alle mura sono definite da una delibera- i cui nomi ancora oggi si suole fare riferimento ad essi.
18
zione della giunta comunale del 2 maggio 1902 e dalle Il progetto, firmato e datato, è conservato in Deputa-
successive notificazioni: Deliberazione della Giunta n. 366 zione del pubblico ornato, 1924.
19
del 2 maggio 1902; notificazione del Comune di Perugia Tutti in Deputazione del pubblico ornato, 1925-1926.
del 9 Maggio 1902; Regolamento edilizio: norme per le co-
struzioni lungo le strade suburbane, notificazioni del Sin-
daco del 20 febbraio 1908; tutti in ASPg, ASCPg, Am-
ministrativo 1871-1953, Deputazione del pubblico or-
nato ed atti della medesima [d’ora in poi Deputazione
del pubblico ornato]. In particolare nella notificazione
comunale del 9 maggio 1902, firmata dal sindaco Ulisse
Rocchi, si legge:
le norme stabilite dagli articoli 121 e seguenti Capo
V del vigente regolamento di Polizia Urbana sono
anche applicabili alle nuove costruzioni lungo la
strada della stazione e le altre strade suburbane.
Per effetto di questa disposizione tutti coloro che
intendono fare nuove costruzioni lungo la strada
della stazione e tutte le altre strade suburbane, de-
vono, prima di iniziare i lavori, avanzare regolare
domanda al sottoscritto in carta legale corredata
del tipo del fabbricato con tutte le altre indicazioni
che saranno necessarie, e riportarne l’approva-
zione. I nuovi fabbricati dovranno essere sempre
distanti dal ciglio stradale non meno di metri tre.
Perché si manifesti la necessità di introdurre norme di pre-

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Ugo Tarchi, Castello Brazzetti Tordimonte, s.d. (ASPg, Fondo Tarchi).


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Ugo Tarchi (1887-1978)


Simone Bori

Nei primi tre decenni del Novecento, nel territorio tazione di 68 su 70, il titolo di professore di dise-
umbro, si assiste al fiorire di architetture “in gno architettonico e intraprende la carriera di
stile” realizzate, sia per rispettare esigenze figu- docente che lo porterà a insegnare nelle Accade-
rativo-paesaggistiche sia per rispondere a stereo- mie di Belle Arti di Perugia (1909-22)3, di Bolo-
tipi consolidati e dai toni tranquillizzanti, come gna (1922-23), di Brera (1923-27) a Milano e,
concretizzazione dei canoni del tardo eclettismo. infine, di Roma (1927-57), in cui si trattiene fino
All’interno di questo movimento architettonico, al congedo dall’insegnamento per sopraggiunti
in Umbria, spicca sicuramente la figura di Ugo limiti d’età4. Seppure nelle Accademie di Napoli
Tarchi. Nato a Firenze il 20 settembre 18871, in e Brera abbia ricoperto, per brevi periodi, il ruolo
virtù delle straordinarie attitudini per il disegno di direttore reggente5, è proprio nell’Accademia
dimostrate fin da bambino, Tarchi frequenta perugina che Tarchi ha modo di sviluppare un
nella città natale, a partire dal 1899, l’Istituto di personale approccio didattico in cui affianca alle
Belle Arti, presso cui si diploma nel 1905. Nel- materie del restauro e del ripristino quella del ri-
l’autunno dello stesso anno si iscrive al Corso lievo dal vero, inteso per la prima volta come di-
Speciale di Architettura, della durata di tre anni, sciplina autonoma anziché come mera opera-
durante il quale, distinguendosi nelle discipline zione ausiliaria. Sempre a Perugia, inoltre, l’in-
afferenti ai corsi di disegno e architettura, riceve traprendenza di Tarchi contribuisce in maniera
numerose note di merito, testimoniate dalla con- decisiva alla valorizzazione dell’istituzione ac-
segna di medaglie, premi e riconoscimenti eco- cademica come scuola di architettura, afferman-
nomici. Nel 1908, mentre frequenta il quarto done il prestigio e rendendone nota l’attività
anno facoltativo, ricopre l’incarico di assistente attraverso la divulgazione di pubblicazioni dedi-
alla cattedra di Geometria solida e disegno geo- cate6 e la partecipazione a mostre di livello na-
metrico, come testimoniato da un certificato del zionale.
1909 in cui il titolare della cattedra, il professor Estremamente ricca e vasta è anche l’opera pub-
Enrico Ristori2, apprezza le sue attitudini di do- blicistica che Tarchi svolge fin dai primi anni:
cente e di studioso. Nel 1909 consegue, con la vo- caratterizzata sia da volumi e saggi sia da articoli

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Ugo Tarchi, Studio della facciata della Basilica di San Lorenzo in Firenze, 1908 (ASPg, Fondo Tarchi).

Roma, villa Marta (demolita), Ugo Tarchi, 1923-1925, veduta Poppi (Ar), Monumento agli eroi della guerra, Ugo Tarchi,
d’angolo (ASPg, Fondo Tarchi). 1927-1930, veduta d’insieme.

su riviste specializzate, per Tarchi questa attività tutto a quest’ultimo caso la redazione di appositi
assume un carattere di estrema importanza nel testi a corredo di studi svolti e di progetti non rea-
rendere palese i propri interessi culturali, non lizzati, con l’intento di porre un punto fermo e
soltanto nel percorso di docente e di storico del- facilmente divulgabile sul tema affrontato. A
l’arte, ma anche di progettista; appartiene soprat- meno di pochi scritti, ma non per questo meno

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importanti, che hanno come oggetto lo studio di indubbiamente più significativa, assurta alla glo-
architetture milanesi7 e del Vicino Oriente8, la ri- ria anche a livello nazionale, è la monumentale
manente parte della pubblicistica di Tarchi ha opera in sei volumi titolata L’arte nell’Umbria
per oggetto architetture umbre o ubicate in ter- e nella Sabina, pubblicata tra il 1936 e il 195411;
ritori confinanti con l’Umbria9. Notevole impor- un’opera fortemente desiderata da Tarchi e a cui
tanza rivestono anche i testi su singole opere egli si dedica con totale devozione e con grande
architettoniche, come ad esempio la riedizione dispendio di energie, e in cui dimostra il forte le-
del 1920 di quello, già pubblicato nel 1917, tito- game con la terra umbra nel periodo centrale
lato Sul ripristino e restauro del Palazzo del della sua vita, il periodo romano. Attraverso un
Capitano del Popolo in Perugia (oggi Palazzo excursus storico, che spazia dall’epoca etrusco-
di Giustizia) e sulla nuova facciata dell’adia- romana al Rinascimento, nella pubblicazione è
cente sede della corte d’assise, in cui, oltre al- rappresentata una catalogazione tematica delle
l’edificio in oggetto, sono illustrati molti progetti più importanti opere architettoniche e artistiche
di ripristino a Perugia, o quello, del 1921, titolato del territorio umbro e sabino, a carattere sia re-
Sullo scoprimento completo e sulla miglior ligioso sia civile, coadiuvata da straordinari di-
conservazione del mosaico romano, ora na- segni di rilievo (eidotipi, piante, prospetti, sezioni,
scosto sotterra presso la demolita Chiesa di S. spaccati prospettici e prospettive) e da un’impo-
Elisabetta in Perugia, in cui viene illustrato il nente documentazione fotografica susseguente a
progetto per i nuovi bagni pubblici termali, edi- una capillare campagna di indagine conoscitiva,
in particolar modo di opere minori, ma nume-
ricamente molto consistenti, del patrimonio ar-
chitettonico e artistico locale. Con puro spirito
eclettico Tarchi inserisce nei volumi suoi disegni
di progetto in cui sono rappresentati possibili in-
terventi di ripristino; inoltre, con apparente su-
perficiale disinvoltura, pubblica anche immagini
fotografiche di architetture realizzate in stile su
suo progetto accreditandole come d’epoca: cir-
costanza che, fermo restando il valore divulgativo
dell’opera, ha peraltro dato adito, nel tempo, a
critiche sul suo valore scientifico.
Il filo conduttore che ha segnato in maniera
certa la vita di Tarchi, da ambizioso studente
Ugo Tarchi, Fregio a tralci, 1904 (ASPg, Fondo Tarchi). prima e da docente e professionista poi, è senza
dubbio da ricercare nella passione per il disegno.
ficio poi realizzato con altre fattezze dall’allievo Secondo una visione fortemente radicata, piena-
Giovanni Battista Massini10. Ma la pubblicazione mente maturata ai giorni nostri, Tarchi attribui-

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lungo meditata, attenta al dettaglio e precisa; in


essa l’autore fa uso di un abaco di soluzioni com-
positive, tecniche e formali prefissate e definite a
priori, cui attinge di volta in volta a seconda delle
specificità occasionali. Questo atteggiamento me-
todologico, pragmatico e non istintivo, si riflette
anche nella rappresentazione dell’architettura,
che non necessita dello schizzo da redigere istan-
taneamente nel momento in cui c’è da fissare su
carta l’idea progettuale.
Oltre all’attività didattica e pubblicistica, in ma-
niera diffusa nel territorio italiano tra il 1911 e
il 1962, Tarchi svolge una prolifica e brillante
carriera professionale, incentrata su molteplici
tipologie di lavoro: dal restauro di monumenti

Ugo Tarchi, la chiesa di Santa Giuliana, s.d. (ASPg, Fondo Tar-


chi).

sce al concetto di disegno tanto la valenza de-


scrittiva quanto quella prefigurativa, in modo
che le discipline del disegno, del rilievo e del pro-
getto si possano considerare indissolubilmente
fuse.
Nell’opera disegnata di Tarchi il disegno di pro-
spetto compare maggiormente da un punto di
vista quantitativo. I molteplici interventi di re-
stauro o di ripristino delle apparecchiature di fac-
ciata sono all’origine di questa consistenza
numerica. I disegni testimoniano, dunque, lo spi-
rito figurativo dell’opera rilevata o costruita da
Tarchi, sancendone anche la riconoscibilità sia
formale e compositiva sia percettiva. Sono quindi
una vera e propria firma, che cammina di pari
passo allo stile. Nella numerosissima produzione
di disegni si può osservare la quasi totale assenza Ugo Tarchi, progetto di concorso per il palazzo del Littorio a
di schizzi ideativi. L’opera di Tarchi, infatti, è a Roma, 1934, fotografia di una prospettiva (ASPg, Fondo Tarchi).

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storici al ripristino di castelli12; dalla progetta- L’Umbria è però scelta da Tarchi come terra
zione per sistemazioni d’arredo d’interni13 alla d’elezione in cui svolgere la parte più interes-
realizzazione ex novo di edifici pubblici e privati, sante e cospicua della propria esperienza proget-
in particolare di edifici scolastici14, di sedi istitu- tuale, applicandovi diffusamente e in maniera
zionali15, di complessi termali16, di chiese17, di omogenea le molteplici soluzioni compositivo-
ville18, di cappelle cimiteriali19 e di monumenti formali che rappresentano la sua poetica: at-
commemorativi20. In virtù delle straordinarie doti tuando cioè un’“architettura fatta ad arte” in
di disegnatore, inoltre, Tarchi è chiamato da altri stile neomedievale, nelle varianti neogotica-neo-
colleghi a collaborare nella progettazione, du- romanica o neorinascimentale. Per Tarchi il ter-
rante il ventennio fascista, in concomitanza di ritorio umbro, anche in virtù delle caratteristiche
grandi concorsi nazionali quali, ad esempio, culturali e del cliché introdotto per la regione a
quelli per il Monumento ai Caduti in Guerra di partire dall’Unità d’Italia21 e confermato nel pe-
Milano (1925), per la facciata della chiesa di San riodo fascista, è senza dubbio il più adatto a con-
Petronio a Bologna (1934) e per il Palazzo del sentirgli di non mutare la propria indole pro-
Littorio a Roma (1934). gettuale nell’epocale passaggio stilistico dal-

Monte Vibiano Vecchio (Pg), castello Sereni, Ugo Tarchi, 1915- Cerqueto (Pg), asilo infantile “Luisa Sereni”, Ugo Tarchi, 1933,
1936, veduta della loggia d’ingresso (foto Stefano Bottini). veduta dell’ingresso (ASPg, Fondo Tarchi).

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l’eclettismo al razionalismo, sia esso accademico


o puro. Non a caso le realizzazioni localizzate
fuori dall’Umbria, nel periodo che va dalla metà
degli anni venti agli anni trenta del Novecento,
lo vedono impegnato in interventi stilisticamente
maggiormente ben voluti dal regime, seppure
ancora caratterizzati da accenti liberty e accade-
mici, ma cui Tarchi sembra aderire forzata-
mente, dichiarando che tale stile non appartiene
fino in fondo alla propria indole progettuale.
D’altra parte, occorre rimarcare che in Umbria,
all’epoca vista come territorio di periferia rispetto
alla capitale, non esisteva un panorama di pro-
gettisti ricco e qualificato come quello romano,
ragion per cui Tarchi può esprimersi in libertà,
contando su una concorrenza minima.
Mercatello (Pg), chiesa parrocchiale, Ugo Tarchi, 1935, detta- Rispondendo alle esigenze di una committenza
glio del campanile a vela (foto Stefano Bottini).

Orvieto (Tr), cappella funeraria Netti, Ugo Tarchi, 1927-1928, veduta d’insieme (ASPg, Fondo Tarchi).

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Spoleto (Pg), scalinata di piazza Pianciani, Ugo Tarchi, 1922-1924, rilievo: prospetto (da BORI 2007-2008).

variegata, sia pubblica che privata, sia religiosa mensole lignee, come nel caso di Palazzo Ajò a
sia laica, quest’ultima riconducibile prevalente- Perugia. L’uso ricorrente del laterizio come ele-
mente a facoltose famiglie spesso dedite alla fi- mento architettonico di finitura delle tampona-
lantropia, Tarchi porta a realizzazione molti ture e dei particolari decorativi corrisponde a un
progetti nel territorio umbro e, in particolare, a ulteriore legame con il territorio in cui Tarchi
Perugia e nei piccoli borghi rurali situati nel ter- opera, storicamente noto come terra del lateri-
ritorio di Marsciano22. Tali interventi, quando ri- zio23.
guardano il ripristino inventivo di edifici esisten- Numerosissimi sono i disegni in cui vengono raf-
ti, si concentrano sulla ricomposizione figurativa figurati i particolari delle cornici in laterizio delle
della facciata in stile neomedievale, attuata me- finestrelle cui diverse forme sono generate dalla
diante la ridefinizione seriale delle bucature, l’in- variegata giustapposizione delle giaciture dei ri-
serimento di marcapiani e di ghiere di mattoni corsi di elementi in cotto, a volte misti a ceramica
a coronamento delle aperture, di balconi decorati o pietra, così come dei decori in ferro utilizzati
in pietra, per accentuare l’effetto chiaro-scurale come porta-lanterne, porta-bandiere e inferriate.
sulla facciata, oltre all’aggiunta di una gronda La grande attenzione al dettaglio deriva anche
sommitale, spesso ampia e sporgente, sorretta da dal fatto che questi disegni, oltre a costituire un

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Ugo Tarchi, progetto di ripristino di palazzo Ajò, 1916, prospetto di rilievo (ASPg, Fondo Tarchi).

Perugia, palazzo Ajò, Ugo Tarchi, 1916-1917, rilievo: prospetto (da BORI 2007-2008).

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Perugia, palazzetto Villanis, Ugo Tarchi, 1921-1922, rilievo: prospetto (da BORI 2007-2008).

Perugia, palazzetto Villanis, Ugo Tarchi, 1921-1922, veduta del cantiere di lavoro (ASPg, Fondo Tarchi).

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2
bagaglio di soluzioni, rappresentano anche un Enrico Ristori, architetto e docente dell’Accademia di
Belle Arti di Firenze, è il progettista, tra le altre opere, del
insieme di elaborati esecutivi pronti per essere di-
ponte Umberto I (1903-07) a Torino, insieme a Vincenzo
rettamente forniti agli artigiani per la produ- Micheli (1833-1905).
3
zione o per la messa in opera. Nel 1909 è nominato supplente del professor Giuseppe
Nonostante la grande mole di lavori sviluppati nel Odoni nella cattedra di Architettura; nel 1913 riceve l’in-
carico ufficiale a seguito del concorso tenuto nel 1911.
periodo dell’insegnamento all’Accademia peru- 4
In occasione del pensionamento Tarchi riceve, per la stra-
gina24, è solo nel 1925 che Tarchi diventa celebre ordinaria carriera didattica condotta, il riconoscimento del
a livello nazionale, grazie all’intervento di ripri- Ministro della Pubblica Istruzione oltre a quelli di Stani-
slao Ceschi (1903-1983), presidente (1949-1964) dell’Ac-
stino della tomba di San Francesco presso la Ba- cademia di Belle Arti di Roma e di Mario Rivosecchi
silica del santo ad Assisi, in cui il progettista libera (1894-1981) direttore, negli anni quaranta, della stessa
il sepolcro dal fardello neoclassico della sistema- istituzione.
5
A Brera, in particolare, svolge le funzioni di direttore in
zione operata da Pasquale Belli (1752-1833) al sostituzione di Gaetano Moretti (1860-1938), architetto
fine di restituire austerità e povertà figurativa me- eclettico che dopo l’esperienza a Brera sarà docente di ar-
diante uno stile, definibile medieval-francescano, chitettura al Politecnico di Milano, presso cui, inoltre, ri-
coprirà il ruolo di primo preside della neonata Facoltà di
peraltro adottato da Tarchi anche in altre occa- Architettura nel 1933. Moretti, tra le altre opere, è il pro-
sioni, capace di riprodurre artificialmente un’at- gettista della Centrale idroelettrica Taccani (1906) a Trezzo
mosfera mistica ritenuta più adatta per il vi- sull’Adda (MI) e, insieme a Luca Beltrami (1854-1933),
della ricostruzione del campanile di piazza San Marco
sitatore, che si trova così immerso architettonica- (1903-12) a Venezia.
mente nel periodo storico di riferimento25. 6
La pubblicazione Studi e progetti della scuola di archi-
L’opera di Tarchi, ultima grande figura tardo- tettura perugina, edita nel 1921, illustra i migliori elaborati
redatti dagli studenti dei moduli di Restauro e Composizione;
eclettica del panorama dei progettisti attivi in Um- tra gli allievi spiccano i nomi di Dino Lilli, Antonino Bindelli,
bria, assurge a vero e proprio stile di riferimento, Giovanni Battista Massini (cfr. in questo stesso volume il sag-
generando nel contesto architettonico umbro uno gio di Fabio Bianconi, Marco Filippucci e Maria Grazia Fio-
riti, pp. 297-311) che seguiranno l’esperienza del maestro e
spirito emulativo: sia gli allievi di Tarchi sia i pro- saranno i principali artefici dell’architettura nel territorio
gettisti con cui egli non ha avuto un contatto di- perugino fino agli anni cinquanta del Novecento.
7
retto, ma operanti nella medesima epoca e nel Per le architetture milanesi si fa riferimento alle pubbli-
cazioni redatte in occasione sia del concorso per il monu-
medesimo contesto storico-culturale, ne hanno mento ai caduti sia del rilievo della villa detta “La Simo-
assimilato i caratteri riproponendone sistemati- netta”. In riferimento a quest’ultima Tarchi riceve una let-
camente l’approccio progettuale figurativo. tera datata 28 settembre 1953 dall’architetto Marcello Pia-
centini, allora preside della Facoltà di architettura del-
l’Università di Roma, in cui, con tono amichevole, scrive
di aver “gustato questi tuoi disegni signorili, precisi, si di-
1
La famiglia di Ugo Tarchi, che vive nella zona di Porta rebbe da te accarezzati e amati anche come grafici” e in
Romana a Firenze, è costituita dal padre Federico, impie- cui Piacentini precisa che la pubblicazione arricchirà la
gato del dazio, dalla madre Giuliana Ferrari, casalinga, e sua amata e folta biblioteca “nella sezione più importante
dalla sorella Ida, di due anni più grande. Per una biografia e consultata”, la lettera si conclude con l’esortazione a Tar-
più dettagliata di Ugo Tarchi cfr. ROSSETTI 1993, pp. 17-25; chi di dedicarsi a “qualche altra riesumazione”.
8
per altre note biografiche, inoltre, cfr. GURRIERI 1977; Tarchi Tra l’inverno del 1920 e la primavera del 1921 Tarchi in-
Ugo 1989; MERCURELLI SALARI 1993; BOZZI 1994; NERI 2000, terrompe il soggiorno perugino e si trasferisce in Egitto,
p. 497; BORI 2007-2008. facendo seguito all’invito delle autorità locali, per affron-

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tare uno studio sull’arte locale sfociato in due pubblica- della chiesa di Santa Maria della Valle a Perugia (1921),
zioni edite tra il 1922 e il 1924. dei palazzi Ajò (1916-1917) e Villanis (1921-22) e della
9
Fino al 1923, infatti, l’attuale provincia di Rieti apparte- casa Rossi (1918-1919) sempre a Perugia, del palazzo co-
neva alla provincia dell’Umbria. munale (1916-1917) e del palazzo del Podestà (1934-
10
Cfr. in questo stesso volume il saggio di Fabio Bianconi, 1936) a Foligno, del palazzo del Nuovo Credito Umbro a
Marco Filippucci e Maria Grazia Fioriti, pp. 297-311. Città della Pieve (1917), delle palazzine Ciucci a Passi-
11
Dopo i primi tre volumi pubblicati dall’editore Treves di gnano sul Trasimeno (1918-1919), del castello Brazzetti
Milano tra il 1936 e il 1938, a causa dei decreti razziali a Tordimonte di Orvieto (1917-1927), del palazzetto Onofri
promulgati nel 1938, Tarchi fa pubblicare i successivi due (1920-1922), delle case Luciani (1924-1925), della casa
volumi dell’opera (1940 e 1942) dall’editore Garzanti; dei Maestri Comacini (1925-1930) e della chiesa di San
sempre da Garzanti sarà edito anche il sesto e ultimo vo- Domenico (1925-1930) a Spoleto, del palazzetto Capello
lume nel 1954. Nel 2010 l’opera completa è stata edita in ad Assisi (1921-1923), della villa Guardabassi a Pila di Pe-
ristampa anastatica dalla Nuova Phromos di Città di Ca- rugia (1929-1931); le realizzazione ex novo dell’arredo
stello; al 2000, invece, risale la ristampa del solo primo vo- del caffè e sala da the Vitalesta (1915) e della salsamenteria
lume a cura della casa editrice Era Nuova di Perugia. Puccinelli (1916) a Perugia, della chiesa parrocchiale di
12
Castello Dragonetti de Torres di Pizzoli (Aq), 1921-1926, Tordimonte di Orvieto (1919), delle cappelle funerarie Ago-
e Castello di Tor Crescenza (Roma), 1928-1929. stini a Perugia (1915-1916), Netti a Orvieto (1927-1928)
13
Arredi sacri interni alla chiesa dei Santi Filippo e Gia- e Arcangeli a Spoleto (1922), della sistemazione di piazza
como a Castiglione in Teverina (Vt), 1949-1950. Pianciani a Spoleto (1922-1924), della sede dell’Istituto
14
A Reggio Emilia, 1919-1921, a Ragusa, 1926-1930, e a Serafico ad Assisi (1928-1930) e la chiesa di Santa Maria
Tivoli (Roma), 1929-1930. Assunta in Cielo a Ponte Rio di Todi (1950-1958).
15 25
Il Palazzo del Governo a Ragusa, 1926-1930. Nel 1937, su disegno di Tarchi, viene realizzata anche
16
Le terme di Castellamare di Stabia (Na),1925-1928, di la lampada votiva a San Francesco che lo stesso architetto
Chianciano (Si), 1926-1930, di Tivoli (Roma), 1930-1932, descrive come “[...] di m. 1,20 di altezza, e tutta in bronzo
e di Acqui Terme (Al), 1933-1935. lucido ed argento. L’asse centrale, forgiato a croce, s’in-
17
La chiesa di Stimigliano Sabina, 1934-1935. nalza dal centro della tazza che, nella sua forma semisfe-
18
Le ville Marta, 1923-1925, e Borghesiana, 1924-1926, a rica simboleggia il mondo. In alto, la turrita corona
Roma. d’Italia reca, nei quattro scudetti, lo stemma di casa Sa-
19
Per le famiglie Fasola e Giraudi a Brà (To), 1926-1928, voia, il Fascio Littorio, la Lupa Romana e lo stemma della
e per la famiglia Pennavaria a Ragusa, 1932-1933. città di Assisi. Sull’orlo della coppa staccano contro il fondo
20
Il mausoleo nel Cimitero Forest Lawn di Los Angeles, luminoso dell’alabastro le parole del verso dantesco: Altro
1926-1927, il monumento agli eroi della guerra di Poppi non è che di suo lume un raggio. Al di sotto della coppa la
(Ar), 1927-1930, o il mausoleo di don Luigi Sturzo all’in- frase dedicatoria: I Comuni d’Italia al Santo. Al di sopra
terno della cattedrale di Caltagirone (Ct), 1960-1962. della tazza, tre colombe d’argento sostengono col becco
21
Cfr. DI NUCCI 1992, pp. 59-85; COVINO 1995; NERI 2000. una corona di ulivo, sovrano e universale simbolo di pace”.
22
Si pensi al ripristino (1915-1936) del castello Sereni e
alla cappella gentilizia (1930) a Monte Vibiano Vecchio,
all’asilo infantile Luisa Sereni a Cerqueto (1933), alla
chiesa, con annessa canonica, a Mercatello (1935), alla
villa Sereni a Sant’Elena (1915-1936), all’altare maggiore
per la chiesa di Sant’Elena (1925).
23
Sul tema dei materiali cfr., in questo stesso volume, il
saggio di Maria Grazia D’Amelio e Fabrizio De Cesaris, pp.
97-107.
24
Le principali opere che Tarchi ha realizzato in Umbria,
escluse quelle del territorio marscianese già citate alla nota
22, secondo un raggruppamento per categoria d’inter-
vento, sono le seguenti. Il restauro della chiesa di San Do-
nato a Gualdo Tadino (1911-1912); i ripristini inventivi

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Pietro Angelini, progetto di restauro per la facciata della chiesa di S. Francesco al Prato di Perugia,
seconda versione progettuale, 1925 (ASABAP, DSOD716).
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Pietro Angelini (1892-1985)


Simona Salvo

Strettamente correlata alle complesse trasforma- cenda personale di Angelini si sovrappose a


zioni che all’inizio del Novecento interessarono quella evoluzione culturale e stigmatizzò il cam-
la cultura architettonica italiana, la formazione biamento di una città di provincia, qual è Peru-
degli architetti e il loro ruolo professionale, la fi- gia; dove il nostro conobbe la propria fortuna,
gura di Pietro Angelini è rappresentativa di costruendovi la fase più significativa della sua
quella categoria di architetti, professori e profes- carriera professionale e della sua vita privata.
sionisti, che colsero le opportunità offerte dalla
congiuntura storica per sviluppare le proprie car- Nonostante il cognome piuttosto comune, specie
riere. a Perugia1, Pietro Angelini non era perugino.
Lo scenario, in centri propulsori come Roma, Mi- Egli nacque nel 1892 a Ripi, un piccolo centro
lano, Venezia, Firenze e Napoli, fu costellato di nei pressi di Frosinone. Giovanissimo si trasferì
personaggi di grande caratura, culturale e poli- a Roma, dove studiò presso l’Istituto Superiore
tica, capaci di orientare gli interessi culturali, po- di Belle Arti di Roma diplomandosi nel 1910
litici ed economici che gravitavano attorno alla circa2. Sappiamo, tuttavia, che nel 1914, dopo un
formazione del nuovo Stato Italiano, d’indiriz- primo tentativo, Angelini vinse l’XI concorso per
zarne le scelte architettoniche nella costruzione il Pensionato Artistico Nazionale3, ottenendo una
dei suoi edifici pubblici e di gestire la tutela del delle due ambite pensioni statali intestate a gio-
patrimonio architettonico antico che, in questo vani desiderosi d’intraprendere studi di architet-
contesto, assunse un’importanza centrale. Questa tura4; l’altra sarebbe stata assegnata, l’anno
situazione politica e culturale fu favorevole ad An- dopo, a Enrico Del Debbio, la cui vita professio-
gelini che in essa si fece strada, seppure agendo nale si svolgerà parallelamente a quella di An-
in un ambito provinciale come quello perugino, gelini ma a un livello ben più elevato. Il sog-
fino a occupare anche ruoli di contingente pre- giorno romano di Angelini si protrasse, poi, oltre
minenza. Tuttavia, egli non mostrò il talento di la prima guerra mondiale, offrendogli l’oppor-
altri architetti del Primo Novecento che seppero tunità di partecipare alle attività più importanti
meglio interpretare quella trasformazione. La vi- nel campo dell’architettura. Nel 1920 partecipò

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Pietro Angelini, progetto di Palazzo per un Parlamento, tesi di laurea di P. Angelini presso la Regia Scuola di Architettura di Roma.
Il disegno vinse il Premio Valadier nel 1922 (da ANGELINI 1980).

al concorso nazionale per la progettazione di un Ritenendo di dover acquisire una più aggior-
‘Monumento Ossario al Fante italiano’ da eri- nata formazione, che peraltro l’avrebbe avvici-
gersi sul massiccio di San Michele al Carso. Con- nato anche a ruoli di maggior prestigio profes-
divise anche quest’esperienza con Del Debbio, sionale, s’iscrisse ai corsi della nuova Scuola Su-
ma, nei disegni elaborati per questo concorso, periore di Architettura di Roma, inaugurata nel
emergerà lo ‘scarto’ evidente fra i due. Del Deb- 1920, frequentando il ‘triennio di applicazione’
bio, insieme allo scultore Ettore Drei, inventerà previsto nell’ordinamento degli studi dal 1920 al
un monumentale edificio-scultura, dai toni en- 1923. Qui fu allievo di Manfredi, il quale lo con-
fatici ma certamente efficaci, mentre Angelini di- dusse al diploma con un progetto, il disegno per
segnerà un’assai meno originale e incisiva ar- un palazzo del Parlamento, che vinse il Premio
chitettura ‘di scuola’, di stampo hoffmaniano5. Valadier8. Manfredi si dimostrerà una figura cru-
Già in quest’esperienza si diede l’abbrivio delle ciale nella vita di Angelini poiché sarà per suo
carriere professionali dei due: Del Debbio, dalle tramite che il nostro s’inserirà nel circolo acca-
eccezionali doti artistiche e intellettuali, oltre che demico di Perugia9.
professionali, subito chiamato da Manfredo Man- Formazione e attività, accademica e professionale,
fredi6 quale suo assistente nell’attività accade- di Angelini vanno, dunque, inquadrate nel con-
mica, sarà un personaggio centrale nelle vicende testo degli anni che videro il decreto Rosadi del
architettoniche degli anni a seguire7; il nostro, 1914 e la riforma Gentile dell’istruzione nazio-
invece, intraprenderà una dignitosa, ma assai nale, avviata nel 192310, trasformare la categoria
meno brillante, carriera accademica e professio- professionale degli architetti, i suoi ranghi acca-
nale. demici e la cultura architettonica italiana nel

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suo complesso. L’Istituto Superiore di Belle Arti


di Roma, dove fu educato Angelini, infatti, diplo-
mava ‘professori di disegno architettonico’ e non
architetti professionisti, seppure i primi finissero
poi per svolgere l’attività professionale, analoga-
mente a coloro che si diplomavano nei politec-
nici dopo aver affrontato una formazione tecnica
e scientifica più solida. Le riforme non soltanto
modificheranno l’insegnamento dell’architet-
tura, con l’istituzione delle Scuole Superiori di
Architettura di rango universitario, volte a lau-
reare figure professionali che integrassero la for-
mazione tecnico-scientifica con quella stori-
co-critica, da cui la nota definizione giovanno-
niana di ‘architetto integrale’11, ma tenderanno
anche a riorientare la produzione architettonica
nazionale. Significativa appare anche l’istitu-
zione, in questi anni, di un nuovo albo profes-
sionale per soli architetti, ambìto dalla categoria
ma nel quale, accanto ai neolaureati delle Scuole
Superiori, sarebbero poi confluiti anche i diplo-
mati delle Accademie12.
Il contributo della Scuola Superiore alla forma-
zione degli architetti si mostrò significativo, spe-
cie nel campo del restauro architettonico. Intro-
dotto da Gustavo Giovannoni nel 1920 quale di-
sciplina formativa della nuova Scuola Superiore
di Architettura di Roma, per la prima volta si por-
tava nell’accademia l’insegnamento scientifico
di un’attività – quella del restauro – che, fino ad
allora, aveva riguardato più l’arte che l’architet-
tura e alla quale, adesso, si guardava con inte-
resse, anche per orientare parte del consenso
Disegni di un “Monumento al Fante” redatti per il concorso politico13. Figure come Giovannoni polarizza-
nazionale da Enrico Del Debbio, in alto, e da Pietro Angelini, rono attorno a sé il dibattito in materia riuscendo
in basso (da NERI 2004 e da ANGELINI 1980).
a convogliare il pensiero e l’azione che riguar-
davano il restauro in ogni angolo del paese. Oc-

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cupando i vertici di un potere molto centralizzato anche la moglie Rosa, alla quale dedicherà il
e garantendosi la collaborazione di personaggi volume autobiografico delle sue opere, pubbli-
di fiducia negli organi periferici, egli raggiungerà cato nel 1980 a fine carriera17. Tuttavia, nei fatti,
un controllo capillare dell’attività, teoretica e ap- egli si muoverà ai margini di una vicenda cul-
plicativa, nel restauro dei monumenti in corso turalmente già definita e diretta da altri. In que-
in quegli anni14. Attorno al restauro, inoltre, ruo- sto senso e nel contesto storico, culturale e
tava anche buona parte dell’attività professionale politico perugino dell’epoca va colto il restauro
degli architetti che, peraltro, erano riusciti ad ag- della facciata di S. Francesco al Prato dove An-
giudicarsene l’esclusiva a discapito degli inge- gelini sarà ‘autore’ ma non ‘artefice’ dell’inter-
gneri dei politecnici che ne avevano beneficiato vento. Quest’esperienza rappresenterà, comun-
fino ad allora. que, un trampolino di lancio professionale e gli
Contestualmente agli studi, Angelini partecipò porterà numerosi altri incarichi, affidatigli non
ad alcuni concorsi e prese parte alla I Biennale senza l’appoggio dell’amministrazione fascista
Romana del 1921, nella sezione speciale dedi- della città. Infatti, quando abbandonerà la città
cata all’architettura 15. Nello stesso anno ebbe il umbra a fine anni trenta, la sua carriera subirà
suo primo incarico di professore di Disegno un’involuzione.
dell’Architettura a Milano presso l’Istituto Tec- La presenza di Angelini a Perugia si consolidò
nico Superiore. Subito avviato all’accademia, velocemente col conseguimento del titolo di pro-
egli comparve sulla scena perugina nell’ottobre fessore di ruolo18 ottenuto in seguito al concorso
dell’anno successivo quando, su esplicita indi- che, nel 1923, lo vide vincitore, preferito all’altro
cazione di Manfredi, fu chiamato dall’Accade- candidato, Brunetto Brunamonti19. Gli atti del
mia di Belle Arti di Perugia per sostituire Ugo concorso rivelano, tuttavia, le riserve nutrite nei
Tarchi nell’insegnamento dell’Architettura. Egli suoi confronti da Cesare Bazzani, presidente della
era l’uomo giusto, nella città giusta, al mo- Commissione di valutazione20: «Le opere perso-
mento giusto. nali rivelano nello Angelini delle qualità d’artista
In quel non sottile legame instauratosi all’epoca notevoli, per quanto un po’ unilaterali per un
tra formazione, professione e politica, Angelini professore insegnante, ma che pur tuttavia deno-
sarà, infatti, beneficiato dall’ascesa del regime tano in lui una genialità e un gusto d’arte vera-
fascista, che favorirà l’accesso dei giovani, specie mente notevoli, e da non trascurarsi in chi deve
i più accondiscendenti, ai livelli dirigenziali e indirizzare i giovani nel commento dell’arte
alle cariche accademiche e affidando loro inca- stessa». Ancora più caustico appare il giudizio di
richi professionali di prestigio. A Perugia egli Bazzani sull’esito della prova progettuale svolta
sarà introdotto nelle alte sfere politiche della dal nostro: «Trovandosi i commissari d’accordo
città, e vivrà la stagione più intensa della sua nel riconoscere in entrambi i due candidati una
attività di professore16 e di architetto, riuscendo notevole facilità di ideazione, risultando però su-
a ottenere l’affidamento di numerosi e impor- periore nella nobiltà e carattere della composi-
tanti incarichi professionali; qui conoscerà zione il Prof. Angelini, che invero però non seppe

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mantenersi all’altezza della ideazione, nel detta-


glio relativo presentato, un buon insegnante, in
somma, ma con scarse doti d’architetto»21.
Divenuto titolare della cattedra di Disegno del-
l’Architettura e subito nominato accademico di
merito fra i professori residenti22, Angelini prese
parte attiva al processo di riforma dell’insegna-
mento dell’architettura nell’Accademia peru-
gina23 diventando, nel 1926, direttore del nuovo
Regio Istituto d’arte “Bernardino di Betto” isti-
tuito nell’Accademia in luogo della Scuola di Arte
Industriale24. Col suo contributo, l’ordinamento
della nuova Scuola, volta a formare architetti che
risultassero da un unico percorso di studi, anti-
cipò l’intento di uniformare l’insegnamento ar-
tistico che il Ministero dell’Educazione avrebbe
Francesco Moretti, Disegno della facciata, 1888 (da Il Tempio poi imposto a tutti gli Istituti d’Arte d’Italia25.
di S. Francesco 1927). L’elaborato proponeva una ricostruzione L’attività di Angelini si ramificò poi oltre l’acca-
attinente a quanto raffigurato nel Gonfalone di S. Bernardino
dipinto da Benedetto Bonfigli nel 1465, considerata l’unica demia, soprattutto nel restauro di monumenti,
fonte iconografica che testimoniasse l’assetto della facciata in specie quelli medioevali, considerati partico-
prima delle alterazioni settecentesche.
larmente significativi nel processo d’identifica-
zione culturale dell’Umbria. In tal modo, egli
divenne un personaggio di riferimento nelle di-
namiche volte a modernizzare la città, impe-
gnato anche in vari concorsi, di urbanistica e di
architettura. Contestualmente all’attività profes-
sionale e accademica, Angelini fu investito
anche d’incarichi istituzionali, alcuni corpora-
tivi, che lo videro coinvolto nella ‘politica di fa-
scistizzazione’ del regime. Nel 1928, con Cesare
Bazzani, fu rappresentante regionale per l’Um-
bria nella commissione per le iscrizioni negli
Benedetto Bonfigli, Cristo Redentore in gloria con san Ber- albi degli architetti26, nel 1933-1934 presiedette
nardino da Siena, angeli e offerta dei ceri votivi in onore la segreteria provinciale dell’Umbria del Sinda-
di san Bernardino, 1465, tempera su tela, particolare; si trova
nell’oratorio di S. Bernardino da Siena a Perugia. cato Nazionale Architetti e, due anni dopo, fu
membro della commissione per i ‘littoriali’ del-
l’Architettura27.

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Perugia, chiesa di S. Francesco al Prato, primi del Novecento (da Il Tempio di S. Francesco 1927). L’immagine d’epoca ritrae le
condizioni della facciata della chiesa prima della demolizione della cappella del Gonfalone.

La vicenda del ripristino della facciata della


chiesa di S. Francesco al Prato28, che vide Ange-
lini agire in prima fila, è rappresentativa delle
molte questioni che riguardarono storia, politica
e cultura della Perugia degli anni venti del
Novecento e contribuisce a delineare bene i tratti
più significativi del nostro architetto29.
La chiesa, confiscata ai francescani in seguito
all’Unità d’Italia, era da sempre ritenuta un ri-
levante monumento della città, oltre che la più
importante del francescanesimo dopo la basilica
di Assisi30. Si trovava in deplorevole stato di de-
grado e, malgrado l’allarme sollevato a più ri-
prese31, non s’intervenne per anni, nonostante
l’impegno di molti, fra cui l’artista e accademico
Francesco Moretti che, nel 1888, propose un’at-
tenta ricomposizione filologica della facciata in
Perugia, la facciata della chiesa di S. Francesco al Prato durante
relazione con la sua raffigurazione nel Gonfa- la demolizione della cappella del Gonfalone, 1925 (ASSPg, b.
lone di Benedetto Bonfigli del 1465. La decisione 54 II 5a).

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di restaurare la facciata giunse con l’ascesa del aspetti compositivi della ricostruzione39. L’elabo-
regime fascista promossa dal podestà di Perugia rato grafico redatto per l’occasione appare signi-
Oscar Uccelli32 che, nel 1926, colse l’occasione ficativo poiché rivela attenzione per il monu-
delle celebrazioni del VII centenario dalla morte mento antico e per la sua consistenza materiale
di san Francesco33 per fregiarsi del merito di aver e costruttiva40. L’intenzione di smontare e di ri-
salvato la chiesa e di aver risolto una vicenda che costruire l’intera facciata reimpiegando parte
da decenni aveva tenuto impegnati artisti, archi- degli elementi originari dovette, tuttavia, sorgere
tetti e ingegneri34. La facciata, che si trovava in dopo l’avvio dei lavori. Durante le demolizioni,
pessime condizioni statiche, era decorata con un infatti, i torrioni ai lati della facciata risultarono
particolare rivestimento in quadrelli di laterizio fuori piombo e si ritenne di demolirli insieme al
e di pietra che, però, si conservava soltanto per resto41. Il fatto complicava ulteriormente l’inter-
un terzo dell’altezza complessiva originaria35, pe- vento ma esso fu presentato quale ‘vantaggio’ che
raltro nascosta da uno spesso intonaco e dall’ad- avrebbe consentito di «studiare l’antica costru-
dossamento della settecentesca cappella della zione in tutte le sue parti diversamente che in
Confraternita del Gonfalone36. La prima opera- passato quando altri studiosi si erano occupati di
zione che apparve necessaria consisteva nel de- analizzare l’arte e non l’architettura 42». La de-
molire la cappella barocca, per liberare la fac- molizione consentiva infatti di procedere con un
ciata da quell’ingombrante aggiunta, senza scru- ripristino ancora più spinto – peraltro suffragato
poli per il suo valore storico o artistico37. L’inter- dal rinvenimento di alcuni conci del rivestimento
vento di restauro poneva, dunque, notevoli dif- originario – che piacque molto a Ottorino Gur-
ficoltà, di natura tecnica e compositiva, dovute
alla risoluzione di gravi dissesti strutturali –
tanto complessi da richiedere la consulenza di
un esperto geologo – e ai numerosi interrogativi
sollevati dalla ricostruzione delle parti mancanti,
ritenuta indispensabile per restituire alla costru-
zione una forma compiuta38.
L’incarico di progettare e dirigere i lavori di re-
stauro fu affidato ad Angelini nel 1926. Egli af-
frontò la questione con metodo e risolutezza,
applicando i precetti del restauro filologico e delle
sue più recenti declinazioni scientifiche elaborate
da Giovannoni. Procedette, infatti, eseguendo
prima un accurato rilievo della facciata super-
stite, registrando accuratamente ogni elemento
del rivestimento in vista delle operazioni di Pietro Angelini, Facciata della chiesa di S. Francesco al Prato.
smontaggio e rimontaggio, per poi affrontare gli Rilievo dal vero in scala 1:10, 1926 (ASABAP, DSOD715).

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rieri43, il quale vide in questa soluzione un atto cessità di offrire modelli compiuti e leggibili per
di “dovuta creatività”44. codificare un nuovo linguaggio neomedievale47.
Agli occhi dell’opinione pubblica, dei politici e Tema centrale per l’Italia dell’epoca, e per una
di molti storici dell’architettura, però, la que- città come Perugia che ambiva a rintracciare nel-
stione più pressante che poneva il restauro della la propria storia un’identità nazionale distintiva,
facciata di S. Francesco riguardava gli aspetti era stata, prima, la ricerca di uno ‘stile per la
linguistici e formali del suo completamento: se nazione’, quindi, con l’ascesa al potere del re-
e come completare la parte mancante di facciata gime fascista, la definizione di uno ‘stile mo-
e di rivestimento; se introdurre al centro del derno’. Al centro del dibattito sull’architettura
nuovo timpano un rosone; se chiudere la parte italiana dell’epoca si troveranno sovente i mo-
terminale scartando il suggerimento offerto dal numenti, divenuti una risorsa importante nel
Gonfalone quattrocentesco (da ritenersi, invece, processo d’italianizzazione e di riorientamento
il ritratto di una fase ‘transitoria’ o ‘momenta- culturale del Paese in quanto testimonianze di
nea’ del monumento) e introdurvi un’apertura, un passato identificativo della cultura nazionale
e di quale tipo; quindi, decidere se inclinare gli e fonti d’ispirazione per l’architettura ‘nuova’.
spioventi della copertura fino a proteggere anche Adesso che la storia e gli stili del passato costitui-
i torrioni laterali oppure se lasciarli compresi fra vano il bacino figurativo cui attingere per defi-
i due elementi. Dalla questione nacque un acceso nire uno stile rappresentativo della Nazione, lo
dibattito fra studiosi locali45, Soprintendenza e studio e l’intervento sui monumenti storici di-
Comune di Perugia, espressione delle diverse po- ventavano cruciali e, quindi, anche il loro inse-
sizioni che, qui come altrove in Italia, anima- gnamento poiché dovevano condurre all’in-
vano l’approccio al restauro dei monumenti46. dividuazione di modelli di riferimento, veri ar-
Il progetto di Angelini si collocherà al centro delle chetipi della genealogia architettonica del luo-
aspettative di ciascuno. Da un lato, col suo accu- go 48. Studio storico e atteggiamento filologico
rato rilievo, egli mostrerà di voler preservare il va- saranno, inoltre, premesse metodologiche neces-
lore storico del monumento appellandosi alla sarie agli interventi di restauro volti a rintrac-
necessità di rispettarne le parti originali perché ciare modelli utili per ricomporre i monumenti,
riconosciute di valore storico; dall’altro, egli pro- per completarli, oppure per ripristinarli, non
porrà un progetto di ricostruzione spinto ben oltre senza fantasiose interpretazioni. E se, in un
la soluzione filologica suggerita da Moretti e ri- primo momento, la ricerca sarà caratterizzata da
solto seguendo presupposti stilistici (seppure con- finalità nazionalistiche, ma non ideologiche e
tenuto entro la reinvenzione di dettagli) poiché, politiche, l’ascesa del regime fascista convaliderà,
afferma, era necessario che «la ricostruzione ri- invece, l’attitudine a recuperare le testimonianze
sultasse più che autentica». Le due soluzioni pro- medievali, intese quali riferimenti identificativi
gettuali erano, di fatto, frutto d’invenzione ma della regione umbra, ma procedendo a una loro
rispondevano sia al desiderio d’identificazione nel omologazione attorno a modelli neomedievali.
monumento espresso dalla collettività sia alla ne- Teoricamente in linea con l’orientamento del re-

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Ulpiano Bucci, a sinistra, ed Edoardo Vignaroli, a destra, Facciata dell’antica chiesa di S. Francesco al Prato in Perugia, 1925 circa.
I disegni furono proposti al Comune in Perugia in alternativa alle soluzioni proposte da Moretti prima e da Angelini poi ma furono
scartate (ASSPg, b. 54 II 5a).

stauro prima filologico, poi storico e quindi dei principali monumenti umbri, fra cui anche
scientifico, che distingueva il pensiero italiano la chiesa di S. Francesco al Prato, che certamente
da quello ‘stilistico’ francese, nella prassi gli in- ispirarono il lavoro di Angelini49. Votato all’idea
terventi sui monumenti si mantenevano, invece, che i monumenti dovessero essere ripristinati in
piuttosto distanti dal rispettarne la stratificazione una forma compiuta e, all’occorrenza, comple-
storica e la complessità linguistica, orientandosi tati, Tarchi aveva assunto una precisa imposta-
verso quelle schematizzazioni tipiche del ripri- zione nell’affrontarne lo studio e il restauro,
stino che resteranno una costante nella storia del fondati sul rilievo dell’architettura e sull’analisi
restauro europeo, fino ai giorni nostri. dello stile. L’intervento di restauro, in tal modo,
I disegni di Angelini erano, peraltro, debitori di sfociava però nel ripristino vero e proprio, sovente
una più solida conoscenza in materia di monu- accompagnato da demolizioni consistenti e da
menti umbri e di restauro, in gran parte ereditata ricostruzioni fantasiose.
da Ugo Tarchi. Sono suoi, infatti, molti metico- In questo esercizio a metà strada tra filologia, ri-
losi rilievi – e altrettanti disegni ricostruttivi – pristino e invenzione, si erano peraltro cimentati

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Pietro Angelini, progetto di ripristino del postergale della Sala dei Notari (palazzo dei Notari), scala 1:15 (da ANGELINI 1980).

luzione proposta da Angelini51. Poco importa se


in corso d’opera, dopo aver demolito le aggiunte
e aver smontato l’intera facciata, l’intervento si
spingerà ben oltre le linee indicate dal progetto,
procedendo con la sostituzione completa del ri-
vestimento52.
Gli incarichi professionali offerti ad Angelini
dopo il restauro della chiesa di S. Francesco al
Prato saranno, ancora, piuttosto complessi e de-
licati53 e riguarderanno progetti di restauro, di
nuovi edifici e per i piani regolatori di alcune
città. In essi Angelini mostrerà di ricorrere a stili
Perugia, la facciata della chiesa di S. Francesco al Prato dopo e linguaggi sempre diversi ostentando un atteg-
il restauro (da Il Tempio di S. Francesco 1927). giamento eclettico, sintomo di quel ‘plurilingui-
smo’ in cui il processo d’identificazione culturale
anche Ulpiano Bucci ed Edoardo Vignaroli, due della nazione affondava le proprie radici. Il pas-
illustri colleghi di Angelini, i quali avevano pro- saggio disinvolto da un linguaggio architettonico
posto altrettante varianti alla ricostruzione della a un altro, da forme e stilemi ancora classici e
parte di facciata mancante, interpretando con conservatori a un razionalismo ancora stentato,
maggiore inventiva il ripristino del monumento. non rappresentava certo una voce fuori dal coro,
Esse, tuttavia, furono scartate50 non perché rite- ma in Angelini appare sintomo dell’assenza di
nute scorrette ma perché la Soprintendenza, una precisa identità culturale, una “sindrome”
che in passato aveva sostenuto l’attenta proposta che contraddistingue anche le tecniche di rap-
filologica di Moretti, mostrava di preferire la presentazione e di disegno che adotta. In rapida
maggiore ‘scientificità’ della più aggiornata so- successione, Angelini progettò, sempre a Perugia,

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Perugia, via Bagliona, inglobata nei resti della Rocca Paolina


sottostante il Palazzo della Provincia, dopo la liberazione dai
detriti e la riapertura progettata da Pietro Angelini fra il 1931
e il 1932 (da ANGELINI 1980).

il ripristino del ‘postergale’ di XVI secolo nella


Sala dei Notari del palazzo dei Priori, di cui, nel
1927, propose una ricostruzione integrale54. Nello
stesso anno disegnò una nuova fontana in via
Maestà delle Volte, inserita nel complesso delle
opere di ripristino di un angolo fra i più pittore-
Pietro Angelini, L’arco dopo la sistemazione. Prospettiva dal schi – e storicamente più falsi – del centro peru-
punto D (v. Planimetria), 1927 (ASSBAPg, AS(C) 11.5c, f.
3523). Si tratta dei uno dei disegni elaborati da Angelini per la gino, proponendo un elemento tutto giocato su
sistemazione di via della Maestà delle Volte e la realizzazione rimandi neomedievali ma, di fatto, evidentemente
di una fontana.
moderni55. Nel 1928, poi, gli fu proposto d’inter-
venire sulla centralissima Loggia di Braccio For-
tebraccio collocata nella piazza ‘Grande’ per
liberarne le arcate dalle tamponature posticce56.
L’intervento consistette, ancora un volta, nel pro-
seguire e portare a termine un progetto già av-
viato anni prima, che prevedeva la liberazione
degli archi e l’inserimento di catene metalliche
di consolidamento, mentre è suo, invece, il dise-
gno del nuovo ‘stilobate’ di travertino, del coro-
namento in mattoni rivestito in travertino e della
cancellata che racchiude lo spazio coperto. Sem-
Perugia, Loggia di Braccio Fortebracccio nella “piazza grande” pre per la piazza principale della città, nel mag-
dopo la sistemazione del 1928 (da ANGELINI 1980). gio del 1927, egli progettò una nuova pavimenta-

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Pietro Angelini, progetto per il nuovo palazzo di giustizia di Pe- Ripi, Monumento ai Caduti della guerra del 1915-1918 in
rugia, primo concorso, 1935 (da ANGELINI 1980). piazza della Vittoria, Pietro Angelini, 1925.

zione in vista dell’installazione della linea tran- sistemazione della ex piazza d’Armi di Perugia
viaria attorno al Duomo, ma né l’una né l’altra (1928)60 e per il nuovo palazzo di giustizia di Pe-
furono realizzate. rugia (1935)61. Rimasto a lui caro negli anni,
Fra il 1931 e il 1932 gli fu poi affidato il recupero forse anche per la scala dimensionale contenuta
di un tratto dell’antica via Bagliona, dal Trivio e per la natura scultorea dell’oggetto, il tema del
alla rampa cordonata che scende verso la Porta ‘Monumento ai caduti di guerra’, ripetutamente
del Soccorso, e delle due sale cannoniere con ac- proposto nei concorsi pubblici, lo vedrà più volte
cesso da Porta Marzia, residuo della città quat- impegnato62. Fra i progetti non realizzati, inoltre,
trocentesca inglobato nella sangallesca Rocca si ricordano lo studio per un cimitero monumen-
Paolina e rimasto sotto il nuovo palazzo della tale, “Il Famedio”, e per il palazzo di un’amba-
Provincia. In base alle scarse notizie che abbiamo sciata italiana all’estero, lavori citati da Angelini
di questo intervento, si deduce che esso consistette ma di cui non si sa molto di più63. Non vinse al-
in una – non semplice – rimozione dei detriti cuno di questi concorsi – se non nella nativa Ripi
accumulatisi in seguito alle numerose demoli- dove realizzò il Monumento ai Caduti – ma i
zioni e ricostruzioni succedutesi nei secoli. La ri- suoi disegni furono più volte segnalati, nelle gra-
composizione di quei suggestivi spazi, operazione duatorie e sulle riviste di architettura.
di grande interesse archeologico e storico-urba- Nella monografia autobiografica egli ricorderà
nistico che anticipava il percorso urbano mecca- anche la sua passione per la pittura, probabil-
nizzato poi realizzato negli anni ottanta nel con- mente sviluppata durante gli studi presso l’Acca-
testo del programma di recupero del centro sto- demia di Roma e coltivata negli anni con rare
rico, fu proposta dal Comune e, non a caso, fu esposizioni, per lo più in gioventù64.
affidata ad Angelini, ma non ebbe successo e La carriera professionale di Angelini non cono-
cadde presto in disuso57. scerà altri exploit importanti dopo l’esaurimento
Fra gli anni venti e trenta del Novecento, Angelini della ‘fase’ perugina della sua attività. Nel 1938,
partecipò anche ai concorsi per i piani regolatori professore e direttore dell’Accademia di Belle Arti
di Arezzo (1929)58 e di Perugia (1932)59, per la di Perugia e ormai affermato architetto, egli si

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trasferirà a Napoli dopo aver vinto il concorso di stauro Architettonico, a Marcello Piacentini di Edilizia Cit-
direttore del Regio Istituto d’Arte, incarico che lo tadina, a Vincenzo Fasolo la Storia e gli Stili dell’Architettura,
a Giovan Battista Milani di Caratteri Distributivi e a Giulio
impegnerà a tempo pieno nell’attività accade- Magni di Elementi Costruttivi. In proposito, La Facoltà di
mica. Architettura 1955, pp. 198-199, VENTURI 1924 e NICOLOSO
Egli lascerà, quindi, Perugia e la sua Accademia 1999, con specifiche su Pietro Angelini a pp. 59, 71, 76, 149,
185-186.
proprio nel momento in cui questa perderà il 7
NERI 2001, pp. 317-372 e EAD. 2006.
proprio importante ruolo nella formazione degli 8
Egli, quindi, fu forse dispendiato dal dover frequentare
architetti. Il suo allontanamento dalla città l’iniziale biennio di formazione godendo, probabilmente,
di una particolare dispensa riservata a coloro che erano
umbra coinciderà, non casualmente, con i cam- già in possesso del diploma di ‘professore di disegno’ otte-
biamenti epocali che il Paese stava per affrontare nuto presso l’Accademia. Anche in questo caso le notizie
con la fine del regime fascista. sono incerte. Risulta infatti che Angelini si laureò nel 1924
ma si vedrà che, già nel 1923 egli aveva ‘compiuto’ gli
studi presso la Scuola Superiore di Roma; in proposito, La
Facoltà di Architettura 1955, p. 203. Tuttavia, in La
1
Si ricordano Annibale Angelini (Perugia, 1812-1884), ac- Scuola di Architettura 1932, a p. 36 è pubblicata un’im-
cademico di Belle Arti, artista, restauratore scenografo, trat- magine del suo progetto di laurea con la data 1922, col
tatista; da non confondere col nostro, il pittore Piero (o che non collimano le date. Resta il fatto che, ormai tren-
Pietro) Angelini (Forlì 1888 - Roma 1977), di media noto- tenne, Angelini si laureò a Roma e ricevette una forma-
rietà ma al quale va, forse, attribuita la mostra personale al- zione aggiornata alle più attuali teorie del restauro
lestita a Milano nel 1979. Va, infine, segnalato, Luigi An- architettonico dell’epoca.
9
gelini (1884-1969), ingegnere-architetto bergamasco al Una breve biografia dell’architetto si trova in MURATORE,
quale si deve il piano di recupero della sua ‘città alta’, quindi BOCO 1989, pp. 72-73 e ANGELETTI 2009. Nessuna notizia
più noto del nostro Pietro, insieme al quale, peraltro, parte- specifica si trova in CECCHINI 1954 e non molto di più in-
cipò al concorso per il piano regolatore di Arezzo. dicano gli inventari dell’archivio dell’Accademia di Belle
2
Corre l’obbligo di ricordare che i dati biografici e relativi Arti di Perugia che, tuttavia, richiederebbero un sondaggio
alla formazione di Angelini sono in parte ricavati da fonti ben più approfondito di quanto qui consentito, specie nella
indirette o desunti da altri studi e non sempre sono concor- sezione grafica dei documenti; ASABAP, Inventario 1981.
10
danti. Il recupero d’informazioni più precise richiede ricer- Sulla vicenda legata al Decreto Rosadi e alla Riforma Gen-
che approfondite presso vari archivi e istituzioni che com- tile che condusse all’istituzione delle facoltà di architettura,
porta tempi inconciliabili con questa pubblicazione. specie quella di Roma, si vedano le due diverse posizioni in
3
Archivio Centrale dello Stato (d’ora in poi ACS), MPI, NICOLOSO 2004 e in MIARELLI MARIANI 2001.
11
AABBAA, 1908-1912, div. II, allegati grafici, b. 3 e Opuscolo La Scuola Superiore di Architettura di Roma sarà istituita
a stampa. Decreto del M.P.I., Concorso al pensionato arti- col R. Decreto del 31 ottobre 1919, pubblicato nel febbraio
stico nazionale in Roma (estratto dal bollettino ufficiale del 1920.
12
n° 17 del 23 aprile 1914), Roma 31 marzo 1914. Sul Pen- SIMONCINI 2001 e NICOLOSO 2004, pp. 69-71.
13
sionato Artistico Nazionale si veda BERTA 2008, in particolare MIARELLI MARIANI 2001, pp. 150-151.
14
su Pietro Angelini, pp. 103, 105. Giovannoni seguiva i numerosi interventi di restauro in
4
DAMIGELLA 2002. Il tema di concorso sul quale si cimenta- corso in quegli anni in Italia coltivando personalmente le
rono i giovani architetti consisteva nel progetto di un ‘Tem- relazioni con i cultori del Centro di Studi per la Storia del-
pio dedicato alla gloria’. l’Architettura, con colleghi architetti e ingegneri e con suoi
5
CALZINI 1920; fra gli 81 disegni ammessi al concorso, il pro- ex studenti, fra cui anche il nostro Angelini; in proposito, SI-
getto di Angelini verrà selezionato insieme ad altri tredici. MONCINI, BELLANCA, BONACCORSO, MANFREDI, ZANDER 2002, p. 22.
6
Manfredo Manfredi fu il primo preside della Scuola Supe- Fra i documenti ivi conservati, v’è un disegno e una rela-
riore di Architettura dove insegnava anche Composizione zione dell’Angelini per il ripristino della facciata di S. Fran-
Architettonica; ad Arnaldo Foschini era affidato il corso di cesco al Prato che servirà a Giovannoni per presentarne il
Elementi di Composizione, a Gustavo Giovannoni di Re- restauro sulle pagine di “Architettura e arti decorative”, V,

291
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1925-1926 nella sezione “Cronache dei Monumenti” a pp. sulla via di un deciso rinnovamento. Si immisero nel Consiglio
190-191. accademico elementi nuovi e giovani e venne affidata a quat-
15
PIACENTINI 1921. tro di essi, e cioè agli artisti Carnevali, Guerri, Biscarini e Dot-
16
CECCHINI 1954, p. 197, dove risulta che Angelini fu profes- tori, rappresentante della Provincia, l’incarico di compilare
sore di architettura dal 1922 al 1937 e direttore dell’Accade- un progetto di riforma di tutta l’organizzazione dell’Istituto»,
mia dal 1926 al 1937. DOTTORI 1943, p. 29. Angelini, invece, non compare in CECCHINI
17
«Alla memoria di mia moglie, Rosa, che ha sempre seguito 1954 che, nel tracciare la storia dell’Accademia perugina nel
il mio lavoro, specialmente quello riguardante la ‘sua’ Pe- secondo dopoguerra, a mala pena lo menziona.
25
rugia, che Ella tanto amava», ANGELINI 1980, frontespizio. La questione, in ambito nazionale, si risolverà col R.D.
18
ASABAP, Verbali del Consiglio Accademico, 1923, Verbale 3123 del 31 dicembre 1923 ‘Ordinamento degli studi artistici’
del 12 luglio 1923 e Verbale del 19 dicembre 1923. che istituì i licei artistici e gl’istituti d’arte, finanziati al 75%
19
Il concorso si basò sulla valutazione dei titoli dei candidati dallo Stato.
26
e in una prova ex tempore di progettazione a tema di un NICOLOSO 1999, p. 71, n. 81 che cita da “Architettura e Arti
edificio. Il tema estratto riguardava la progettazione di una Decorative”, 1928, 9, (Supplemento Sindacato Nazionale Ar-
«cappella votiva da sorgere in Perugia in memoria dei suoi chitetti. Pagine di Vita Sindacale).
27
figli caduti per la patria, su un’area di mq 100,00» per la MARCONI 1936.
28
quale si richiedevano una planimetria, schizzi prospettici e La vicenda è raccontata, con varie inesattezze, in BORGNINI
particolari geometrici; ASABAP, Atti 1923, f. 28, Concorso alla 2011.
29
Cattedra di Architettura, che riporta premesse ed esiti del Il restauro è descritto, con toni enfatici e agiografici, in Il
concorso; gli elaborati grafici, invece, non sono al momento Tempio di S. Francesco 1927. Numerosi gli articoli, altret-
rintracciabili nello stesso Archivio. tanto celebrativi, pubblicati in occasione dell’inaugurazione
20
La Commissione di valutazione era composta da Cesare della facciata; ANGELINI 1980, pp. 37-38, bibliografia. Il 6 ot-
Bazzani, presidente e delegato del Ministero della Pubblica tobre 1926 il Duce «concederà all’Istituto [l’Accademia di
Istruzione, l’architetto Antonio Petrignani e il pittore Carlo Belle Arti di Perugia] l’altissimo onore della sua visita» in
Gino Venanzi, delegati del Corpo Accademico, l’architetto non casuale concomitanza con l’avvio dei lavori alla chiesa
Edoardo Vignaroli, delegato del Consiglio dell’Accademia, e di S. Francesco, adiacente al convento ove l’Istituto aveva
lo scultore Angelo Biscarini, delegato del Comune di Perugia; sede, per suggellare il legame fra il regime e l’attività cultu-
ASABAP, Atti 1923, f. 28, Concorso alla Cattedra di Archi- rale che in essa si svolgeva.
30
tettura. Chiesa e convento divennero proprietà dello Stato nel 1880,
21
ASABAP, Atti 1923, f. 28, Concorso alla Cattedra di Archi- furono dichiarati ‘monumento nazionale’ nel 1894; nel
tettura, ‘Lettera d’invito al concorso 21 novembre 1923, in- 1901, il convento divenne sede dell’Accademia di Belle Arti.
31
dirizzata a ‘Pietro Angelini, R. Istituto Tecnico Piazza ASPg, ASCPg, Amministrativo 1871-1953, b. 185, fasc. 20;
Montana, Milano’, e ‘Verbale del concorso’, bozza redatta da i documenti relativi al restauro della facciata della chiesa si
Cesare Bazzani il 27 novembre 1923; il medesimo testo è ri- trovano, invece, nell’Archivio Storico della Soprintendenza
portato nel documento ufficiale finale. Angelini prenderà Beni Architettonici di Perugia (da qui in poi ASSBAPg), b.
servizio come professore di ruolo il 3 dicembre del 1923. 54 II 5a, f. 3119, Dichiarazione monumento nazionale
22
ASABAP, Atti 1923, f. 19, Nomine di Accademici di Merito, 1894; f. 3120, Facciata restauro 1925-1928-35; f. 3121,
adunanza del 5 maggio 1923, dove Pietro Angelini risulta Piazzale antistante 1919-1921; f. 3124, Relazione Guar-
eletto fra gli accademici di merito residenti a Perugia. dabassi 1934; f. 3122, Finanziamento 1920; si veda anche
23
ASABAP, Verbali del Consiglio Accademico, 1923, Verbale b. AS(C) II.3, f. 3126, Restauro 1928; f. 3127, Restauro 1930,
del 17 febbraio 1923; riferisce di una «accurata relazione e b. 54II-5a, f. 3719, Sistemazione 1919-1921.
32
di Angelini in ordine ad alcune sue proposte di riforma della Il Sindaco, nel 1925, si farà promotore dell’intervento pre-
scuola d’arte applicata della quale il consiglio prende atto sentando alla Soprintendenza il progetto per il restauro della
col più vivo senso di compiacenza». Angelini sarà nominato facciata elaborato da Angelini, ma chiederà sostegno eco-
quale collaboratore al progetto di riforma della scuola d’arte nomico al Ministero della Pubblica Istruzione; ASSBAPg, b.
compilato da Carnevali, Guerra, Biscarini e Dottori. 54II-5a, f. 138, s.d. Nei fatti, l’allora Ministero dell’Educa-
24
«L’Angelini, giovane di anni e di spirito, portò un soffio di zione concorrerà, con 80.000 lire, per un terzo della spesa
vita nuova nell’atmosfera stagnante dell’Accademia. I diri- complessiva dei lavori, pari a 240.000 lire. La facciata ripri-
genti, coadiuvati dall’Angelini, accelerarono i tempi e si posero stinata verrà inaugurata il 30 ottobre 1927.

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In Umbria la ricorrenza ebbe un peso culturale e religioso nelle devastazioni», GURRIERI 1925c (in ASSBAPg, b. 54II
notevole, non privo di riscontro politico-ideologico, specie 5a).
38
nel processo d’identificazione della regione dove san Fran- ASSBAPg, b. 54II 5a, Comune di Perugia alla Soprinten-
cesco rappresentava una figura chiave. Il tentativo di con- denza alle Gallerie e Oggetti d’Arte dell’Umbria, doc. 140,
trollare il restauro dei monumenti per assimilarne l’eredità “Affidamento dell’incarico di svolgere una perizia in merito
culturale, religiosa e simbolica, appare evidente in questa e all’assetto del terreno franoso di fondazione al geologo Gio-
in altre vicende ed è stato già notato come la particolare at- acchino De Angelis d’Ossat”, 1925.
39
tenzione che lo Stato (nel nostro caso il Comune di Perugia) ASABAP, DSOD715 e DSOD716, Disegno di Pietro Angelini
pose nel restauro di chiese e conventi negli anni Venti fosse per il restauro di S. Francesco al Prato, Facciata della
collegato con l’imminente concordato del 1929. chiesa di S. F. al Prato, 1925; Angelini produrrà anche un
34
Nel 1920 il Comune di Perugia aveva già acquistato i ter- computo metrico estimativo dell’intervento e un rapporto
reni circostanti per liberare il prato prospiciente la chiesa e corredato dei documenti necessari al Comune di Perugia e
l’Oratorio di S. Bernardino dai numerosi alberi ad alto fusto alla Soprintendenza per valutare l’intervento; ASSBAPg, b.
che ostruivano la vista del complesso architettonico. Conte- 54II-5a, Doc. 143, 27 ottobre 1925.
40
stualmente, i frati proposero al Comune di acquistare anche «Rimaneva la facciata di S. Francesco al Prato, ed anche
la costruzione addossata alla facciata della chiesa, rimasta questa fu in parte demolita per alleggerirne il peso, parte fu
di loro proprietà dopo la demaniazione postunitaria, per si- nascosta dalla muratura, e parte fu imbiancata con la calce.
stemare la piazza e restaurare la facciata, chiedendo in cam- È utile ricercare, se il lavoro di rivestimento di marmi colo-
bio la cappella degli Oddi da trasformarsi in sagrestia; rati fu fatto in costruzione, ovvero quando la chiesa era già
ASSBAPg, b. 54II-5a, Proposta di cessione di fabbricato e interamente compiuta. Sembrerebbe ovvio rispondere che i
ripristino della facciata di S. Francesco al Prato e della lavori furono eseguiti insieme, non solo perché vari pezzi
cappella degli Oddi, Confraternita dell’Immacolata Con- erano profondamente innestati nel muro, ma anche perché
cezione di Maria SS. al Soprintendente ai Monumenti del- tutto quell’insieme, di stile alquanto primitivo, si direbbe
l’Umbria, Perugia, 21 marzo 1920 e Verbale del sopralluo- anzi di parecchi anni anteriore alle volte che erano di puro
go (eseguito dalla stessa), 22 maggio 1920. stile ogivale. Dirò francamente la mia opinione la quale, per
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«Dell’antica facciata rimaneva soltanto la zona inferiore essere fondata su ragioni di fatto e non di gusto personale
cioè fino ai plutei composti di formelle rotonde incavate con non vuol essere respinta senza essere prima presa in consi-
larga cornice, terminanti all’altezza dell’imposta dell’arco derazione. Nel demolire quella parte della facciata che ri-
della nicchia. Per tutto quello che mancava era necessario maneva ancora, giacché nel costruire la nuova chiesa fu
attenersi al dipinto di Benedetto Bonfigli. Ma per fortuna, scaricata anche la seconda zona, risparmiata nel fabbricare
dentro la muratura della cappella del Confalone furono tro- la Cappella del Gonfalone, si è potuto constatare che molte
vati qua e là alcuni pezzi (e più se ne troverebbero se si sca- di quelle pietre, tolte da altri edifici, erano state adattate al
ricasse la fabbrica settecentesca) i quali hanno dato lume a disegno con tasselli e riempiture di cemento», Il Tempio di
condurre il restauro sulle tracce dell’antico con scrupolosa S. Francesco 1927, p. 16.
41
esattezza», Il Tempio di S. Francesco 1927, p. 28. «Angelini avvertì subito ch’era necessario demolire tanto
36
La cappella fu costruita per puntellare la facciata lesiona- i piloni quanto quella parte della facciata ch’era rimasta in
tasi a causa dei cedimenti fondali. Per lo stesso motivo, fra piedi e rifarsi dai fondamenti... il Podestà di Perugia si affidò
il 1737 e il 1748 anche la chiesa era stata foderata con una alla perizia indiscutibile e all’attività instancabile dell’ar-
muratura di rinforzo dall’architetto Pietro Carattoli; sulla chitetto Angelini», ivi, p. 27.
42
situazione del complesso conventuale di S. Francesco al Ivi, p. 12.
43
Prato a fine Ottocento, Sulla chiesa di S. Francesco 1888. Intellettuale e storico perugino, di stampo antifascista, Ot-
37
Emerge, anche qui, il giudizio negativo che la storiogra- torino Gurrieri si batté assiduamente per il restauro dei mo-
fia architettonica dell’epoca riservava alle opere barocche: numenti della sua città e dell’Umbria. Autore di numerose
«E gran parte delle nostre chiese subirono il triste destino: monografie sui monumenti di Perugia e dell’Umbria, re-
Bernini, Maderno, Bianchi vengono in Perugia, a Spoleto, dasse alcune guide all’architettura e alla storia della città,
a Terni, ad Orvieto e passano sacrilega mano su quello che fra cui Perugia. Guida illustrata 1963 e Storia di Perugia
era stato grande espressione della Fede di un popolo, e la- 1974.
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sciano, come anni prima Michelangelo aveva lasciato loro, «Infine, se il timpano è stato circondato di mensoline, non
il germe del barocco. Lo raccolsero alcuni e continuarono si può accusare l’architetto d’essersi preso una licenza; giac-

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ché non si sono rinvenute né le mensole, né i tondi, voluti suna opera neppure secondaria d’invenzione o di fantasia
dai giornalisti, né altro coronamento; e dovendo pur risolvere da parte dei restauratori si è sovrapposta all’aspetto, al ca-
la questione, l’Angelini ha preferito le mensole che, a dire il rattere e alle condizioni preesistenti dell’antico monu-
vero, rifiniscono meglio che non aprisse dal disegno. Il pro- mento», ASSPg, b. 54II-5a, Lettera della Brigata amici
fessor Angelini deve essere molto soddisfatto, che il settimo dell’Arte al Soprintendente ai Monumenti dell’Umbria,
centenario del Patriarca Serafico gli abbia offerto il modo 22 febbraio 1926; nella medesima busta si trova anche S.A.,
di mostrare la sua valentia; e che abbia da reputarsi ben 1926.
47
compensato del lungo studio, del grande amore e delle fati- «Il progetto di Moretti [non è] un progetto vero e proprio,
che spese indefessamente nel condurre a termine l’opera, in [ma] altresì un rilievo documentato, e in gran parte inesatto
tempo così ristretto, essendosi innalzato da sé medesimo un frutto degli studi pazienti di un valente pittore. Il Comune
monumento, al quale va raccomandata la testimonianza invece, che è quello che paga, sostiene il progetto di Ange-
del suo valore, e la fama tradizionale della nostra Accademia lini» GURRIERI 1925b, in ASSPg, b. 54II-5a.
48
di Belle Arti, ch’egli onora col suo insegnamento, e che sa- NERI 1997, pp. 133-176, EAD. 2000, pp. 486-521.
49
pientemente dirige», Il Tempio di S. Francesco 1927, p. 28. Disegni e immagini di Ugo Tarchi della chiesa di S. Fran-
45
«Due torrioni di poderosa struttura, simiglianti in certo cesco al Prato sono custoditi in ASABAP, DSOD467 e DSO468,
qual modo ai torrioni di S. Domenico, sostengono la costru- 469 470 e 471; gli stessi furono poi pubblicati insieme alle
zione e, per così dire, racchiudono tra loro la facciata che immagini della fabbrica dopo l’intervento degli anni venti
sembra con la sua policromia di marmi e di affreschi di nota in TARCHI 1940.
50
più vivace. Indovinatissimi sono infatti i motivi delle formelle «Il Comune di Perugia mi trasmette gli uniti progetti dei
delle nicchie delle false griglie, che formano certamente un signori Ulpiano Bucci e Edoardo Vignaroli, con preghiera di
simpatico connubio, mentre a rompere la monotonia serve inoltrarli a codesto Sup. Ministro. Questo istituto ritiene che
la macchia del rosone, della porta e soprattutto del tetto che non possano essere presi in seria considerazione, essendo di
mostra l’interno oscuro e profondo. I quadrelli, i prismi, i gran lunga migliore e più fedele la ricostruzione già propo-
piccoli dischi sono geniali, e saranno ancor più se l’inge- sta, che, con alcune condizioni, potrà a suo tempo essere
gnere, che dirigerà i lavori, saprà trovare dei marmi diversi adottata», ASSPg, b. 54II 5a, Lettera del Soprintendente al
fra loro per tonalità, ma da formare un gentile e armonioso Sindaco di Perugia (bozza), 25 gennaio 1926.
51
concento ... Con ciò molto si potrebbe fare, anzi, non fare, «Al tempo del Bonfigli, cioè nel 1465, il timpano della
ma togliere ...; e ciò consisterebbe nel demolire aggiunte, co- chiesa di S. Francesco era vuoto, non ricoperto di cortina,
struzioni, veri vituperi che l’insana mano dei secoli passati non essendo forse di murare. Proporrei che il timpano avesse
ha fatto sui monumenti della città», GURRIERI 1925a, in una inclinazione di grado minore di quella proposta, che
ASSPg, b. 54II-5a. non fosse rivestito a cortina bicolore scaccata, ma unita, e
46
Di sicuro rilievo in questo contesto (ma poco studiata) ap- la finestra per aerare le volte fosse un semplice rettangolo,
pare la posizione della ‘Brigata Perugina degli Amici del- senza scorniciature. Quanto al rosone occorrerebbe attenersi
l’Arte’ schierata su posizioni filologiche, fondate sulla esattamente a quello riprodotto dal Bonfigli, e così pure non
semplicità e sulla distinguibilità delle opere di completa- approvo la gradinata - che non esisteva - innanzi alla fac-
mento: «Il Consiglio Superiore della Brigata Perugina degli ciata, potendosi facilmente adattare il terreno antistante al
Amici dell’arte riassumendo diligentemente le discussioni e livello voluto», ASSPg, b. 54 II 5a, Lettera del Soprinten-
le proposte circa i progetti per la sistemazione della facciata dente all’Arte Medioevale e Moderna dell’Umbria Um-
della chiesa di S. Francesco di Perugia; confermando come berto Gnoli alla Direzione Generale Antichità e Belle Arti,
non esistano elementi e documenti sufficienti per procedere 21 novembre 1924.
52
ad un ripristino vero e proprio, mentre un completamento Ciononostante, Gurrieri sottolineerà il «[troppo] discreto
arbitrario per quanto conforme allo stile e al carattere del- porsi nei confronti del monumento, e la scarsa inventività
l’edificio risponderebbe ai criteri di quella probità storica e della proposta» poiché, come afferma egli stesso, sarebbe
artistica che deve informare l’opera dei restauratori degli an- ben più auspicabile un completamento in stile, anche con
tichi monumenti, formula vivissimi voti e raccomandazioni soluzioni del tutto inventate: «Va sans dire che la digni-
perché le sue opere nuove che verranno eseguite sulla fac- tosa scrupolosità dell’esimio architetto [Angelini] non ha
ciata della chiesa di S. Francesco di Perugia risultino evi- consentito alla sua straordinaria fantasia di spaziare libera
dentemente come opera di semplice sistemazione per modo senza limiti e restrizioni. Noi no; esteti in tutto e per tutto,
che sia palese all’osservazione e allo studioso comune nes- conoscendo i monumenti della nostra città siamo l’unica

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e indispensabile risorsa di tutto e per tutti, e citando la damento portico di Braccio Fortebraccio; Restauro, 1896;
famosa frase del grande artista romano che un buon falso b. 56I-98a, f. 3515, Loggia di Braccio 1933; b. 56I-94v, f.
è sempre meglio di un brutto autentico, andiamo verso il 3516, Portico di Braccio Fortebraccio finanziamento
ripristino e il vero completamento, liberi ma sempre osse- 1920; b. AS(C)II-5b, f. 3517, Portico di Braccio Fortebraccio
quenti, audaci ma sempre intonati. L’epoca della rigidezza Relazione 1927, Portico di Braccio Fortebraccio; b. AS(C)-
storica è finita. Per noi un monumento incompleto è come II.3, f. 3518, Restauro 1927; b. AS(C)-II5a, f. 3519, Ripri-
una missione che i nostri antichi padri ci lasciarono per stino 1927; b. 55.3a, f. 3521, Demolizione 1924-1927.
57
compiere una cospicua eredità da valorizzare e da ingran- In proposito, GURRIERI 1934 e BONELLA, BRUNORI, CILIANI
dire. E il mondo intellettuale si avvia a gran passi verso 2002.
58
questa identità. Quindi osserviamo la facciata della chiesa ANGELINI, GIUNTI, ANGELINI 1929; LENZI 1930.
59
e ragioniamo matematicamente così: 1 - Tutta la decora- Il gruppo di progettazione era composto da Gino Cancel-
zione tende a spegnersi dolcemente per minuziosità di di- lotti, Luigi Lenzi, Eugenio Fuselli, Roberto Lavagnino, Luigi
segno verso l’alto: occorre quindi che il timpano sia la Piccinato Alfredo Scalpelli, Giuseppe Nicolosi e Cesare Valle:
parte più semplicemente decorata di tutta la facciata. 2 - fra questi, Angelini dovette rappresentare il membro ‘locale’.
Tutta la decorazione è scompartita a diversi ripiani o divi- Il progetto, presentato col motto ‘10 P.R.’, ottenne il terzo
sioni differenti uno con l’altro e cioè a nicchie, a griglie, a premio, dopo quello presentato da Gaetano Minnucci, che
rombi e a formelle: occorre quindi che il timpano abbia arrivò in testa, e quello capeggiato da Luigi Moretti. Nessuno
un altro e differente motivo di decorazione. 3 - In quasi dei tre progetti, tuttavia, fu realizzato poiché la commissione,
tutte le chiese il timpano o la cuspide non è a livello del notando forti affinità e forti discrepanze fra le soluzioni vin-
tetto ma l’oltrepassa, e può essere più acuta o più orizzon- citrici, decise di adottare una soluzione che fondesse le pro-
tale di questo. 4 - Non è logico il decidere se la chiesa fini- poste migliori; MARCONI 1932.
60
sca con un timpano o con la cuspide; nel primo caso sono GIOVANNONI 1928; il progetto di Angelini sarà approvato
necessarie le mensolette divisorie, nel secondo no. Ma os- dalla commissione giudicatrice del concorso.
61
servando tutte le chiese perugine dello stesso tipo benché MURATORI 1934; il primo concorso indetto dal Ministero dei
più primitivo vediamo l’assenza totale del timpano e in- Lavori Pubblici fu annullato, ma nel secondo Angelini vinse
vece la preferenza alla cuspide sorpassante il tetto e per il secondo premio.
62
consueto coronamento ne mensolette, né archetti pensili, OJETTI, UCCELLI, BERTINI CALOSSO 1929; Angelini progettò un
ma semplicemente al di sopra di quei dischetti concavi monumento simile anche per la città di Ferrara.
63
come ognuno può vedere sulla chiesa di Monteluce. Quindi ANGELINI 1980, pp. 10-11. Angelini, inoltre, ricorda un suo
tirate le somme ne vien fuori un totale così concepito: la intervento di restauro della scaletta quattrocentesca di via
chiesa deve avere preferibilmente la cuspide più alta del Boncambi di cui, tuttavia, non s’è rinvenuta altra notizia;
tetto; come decorazione un motivo più semplice di quello ANGELINI 1980, p. 5. Non v’è traccia, inoltre, del ‘Progetto di
sottostante e cioé, come coronamento i tipici dischetti con- ripristino della chiesa di S. Agata di Perugia’ del 1929, attri-
cavi», ASSPg, b. 54II-5a, GURRIERI 1925b. buita all’Angelini nel catalogo dei disegni del ‘Centro di Studi
53
DOTTORI 1927, BOTTAZZI 1932, RICCI 1927. per la Storia dell’Architettura’; in proposito cfr. SIMONCINI,
54
GIOVANNONI 1927, p. 158. BELLANCA, BONACCORSO, MANFREDI, ZANDER 2002, p. 127, scheda
55
ASSBAPg, b. 57.6 f. 3522, Maestà delle Volte, AS(C) 11.5c 201.
64
f. 3523, Restauro 1927, b. 56.I.32, Intervento al seminario ANGELINI 1980, pp. 21-24. Fra le mostre, quella allestita alla
di Maestà delle volte, prof. Angelini. La busta contiene inol- Galleria d’Arte di Roma tra il 1940 e il 1943 di cui fu pro-
tre alcuni ritagli di quotidiani fra cui: I lavori alla Maestà motore Enrico del Debbio; NERI 2001, p. 344.
delle Volte, in “Il Giornale d’Italia”, 10 agosto 1927; La
Fonte della Maestà delle Volte, in “Vita Umbra”, 1928, 4-5;
I lavori alla Maestà delle Volte, in “Il Giornale d’Italia”, 11
gennaio 1929; Veracchi L., Leggiadria di una fonte fra
mura maestose, in “Il Popolo di Roma”, 14 gennaio 1938.
56
BRUNAMONTI 1928, Il ripristino della Loggia 1928, RICCI
1928 e Il Tempio di S. Francesco 1927, pp. 78-80. La docu-
mentazione archivistica relativa agli interventi su questa
fabbrica si trovano in ASSBBAPg, b. 52.II, f. 3319, Consoli-

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Giovanni Battista Massini, progetto della chiesa parrocchiale di Papiano, 1923,


prospetto (Perugia, Archivio privato Massini-Fioriti).
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Giovanni Battista Massini (1897-1967)


Fabio Bianconi, Marco Filippucci, Maria Grazia Fioriti

La modernizzazione del territorio perugino e della studenti che saranno poi i futuri protagonisti del
sua immagine troppo stereotipata nei suoi aspetti panorama architettonico del capoluogo umbro:
rurali non avviene attraverso un imposto progetto una relazione proficua destinata a durare nel
industriale, ma con una certa semplicità, per tempo. Gli elaborati prodotti in questo periodo di
mezzo di un’opera capillare, spesso implicita alle formazione indirizzano la pratica architettonica
nuove esigenze infrastrutturali, certamente con- verso una originale integrazione fra lettura e
dizionata dal contributo di figure anche minori scrittura: una cospicua serie di rilievi dal vero,
che però nel loro operare, nel loro vivere le tra- incentrati su edifici storici non solo circoscritti
sformazioni, diventano un chiaro paradigma alle antichità classiche, ma estesi al contesto me-
dell’architettura postunitaria in Umbria. dievale e rinascimentale del paesaggio umbro,
Fra i tanti protagonisti spesso poco considerati, sono il riferimento e la base dei numerosi esercizi
un posto d’onore può essere riservato a Giovanni per restauri spesso inventivi, anello di congiun-
Battista Massini1, nato a Perugia il 24 giugno zione con le contestuali proposte progettuali di
1897 e qui deceduto il 5 settembre del 1967. Fi- ammodernamento dello spazio urbano4. Tarchi
glio di un rivenditore di legname, entra all’Ac- inserisce all’interno della sua pubblicazione
cademia di Belle Arti di Perugia nel 19082, dove Studi e progetti della Scuola di architettura pe-
frequenta per i primi tre anni il corso di arte ap- rugina5 i disegni e gli studi realizzati durante gli
plicata alla falegnameria per poi iscriversi, data anni dei corsi speciali6, includendo anche non
la sua propensione e le sue capacità, al quadrien- poche rappresentazioni eseguite da Massini7, tra
nio di specializzazione in architettura. Riesce a cui, in particolare, si può far nota degli elaborati
diplomarsi con lode nel 19203, all’età di 23 anni, redatti per il conseguimento del titolo di profes-
perché per due anni è arruolato nell’esercito du- sore d’architettura, concernenti lo studio di “un
rante la prima guerra mondiale. Gli stimolanti sepolcreto per ricca ed illustre famiglia”8 e le cin-
anni dell’Accademia sono caratterizzati dal di- que tavole del progetto per la facciata della chiesa
namismo propositivo della sagace guida di Ugo monumentale di San Domenico a Perugia con
Tarchi e dalla ricchezza di un confronto fra gli il completamento del campanile9.

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Perugia, teca per il mosaico romano di Santa Elisabetta, Giovanni Battista Massini, 1921, veduta d’insieme (Perugia, Archivio
privato Massini-Fioriti).

Giovanni Battista Massini, progetto della teca per il mosaico romano di Santa Elisabetta a Perugia, 1921, prospetti (ASPg, ASCPg,
Amministrativo 1871-1953, b. 583).

L’esperienza formativa di Massini prosegue con del patrimonio architettonico. Con il supporto
l’adesione all’associazione “Brigata perugina della Brigata, Massini si interessa del ripristino
degli amici dell’arte”, movimento culturale di del pulpito di San Severo presso la scala della
grande rilevanza nella città di Perugia che si pro- Vaccara (1922)10 e, due decenni più tardi, del
digava fattivamente nel restauro e nella difesa concorso11 per la sistemazione del Crocevia di

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Giovanni Battista Massini, cappella votiva per i caduti in guerra (da TARCHI 1923, tav. 118).

Corso Cavour (1945)12, tratto urbano già modi- costruire una mitologia necessaria all’afferma-
ficato dall’architetto Giovanni Santini nel 185713. zione del potere attraverso una romantica filolo-
Dal punto di vista professionale, poco dopo essersi gia architettonica delle origini. Ma va detto
diplomato, Massini viene impiegato alla Soprin- anche che la stagione dell’eclettismo vede la pro-
tendenza ai Monumenti dell’Umbria e inizia a pria ragione d’essere non solo nelle sue valenze
esercitare la professione di architetto14 nella sua fortemente simboliche, ma anche nelle possibi-
città natale che non lascerà mai. Il percorso pro- lità sperimentali inerenti a un apparentemente
gettuale ed estetico del progettista può essere sud- inesauribile vocabolario di forme, in sostanza
diviso in tre fasi che corrispondono ad altrettanti nelle aperture concesse alla ricerca di originali
periodi della storia nazionale: il primo Novecento integrazioni tra un linguaggio formale storico e
dell’Italia giolittiana, il Ventennio fascista, l’Ita- un continuo ammodernamento “interno” strut-
lia alla nascita della democrazia e alle prese con turale e tecnologico. Né l’esuberanza dell’ornato,
la ricostruzione. esaltata da una capacità di resa grafica per oggi
I primi lavori, sulla scia degli insegnamenti tar- stupefacente, ma allora del tutto comune tra i
chiani e del neomedievalismo15, sono improntati giovani diplomati dell’Accademia tarchiana,
a scelte stilistiche oscillanti tra l’eclettismo e lo deve portare a sottovalutare la razionalità del di-
storicismo, in una esemplare trasposizione locale segno che la sottende; tantomeno, deve indurre
di quella ricerca di stile e d’identità, “signum di- a considerare le proposte formali “multiple”
stintivo dello status borghese”16 che, in più ampi dell’eclettismo come sempre e comunque inter-
contesti politici e culturali, nasce proprio per ri- cambiabili.

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Giovanni Battista Massini, progetto di concorso per la Galleria di Parma, 1921, prospetto (Perugia, Archivio privato
Massini-Fioriti).

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Perugia, palazzo Massini-Morlunghi, Giovanni Battista Massini,


1926, foto in corso d’opera (Perugia, Archivio privato Massini-
Fioriti).

La vicenda professionale del primo Massini, rias-


sunta ed esemplificata in un elenco dei lavori
compiuti al 192617, è sotto questo aspetto esem-
plare. Professionalmente, e si direbbe interior-
mente, formato dal suo periodo di apprendistato,
il giovane architetto affronta i primi impegni
progettuali, di cui alcuni di ampio respiro, con
un approccio programmaticamente ma non ge- Perugia, palazzo Massini-Morlunghi, Giovanni Battista Massini,
1926, foto a lavori ultimati ritoccata da Massini (Perugia, Ar-
nericamente eclettico, stabilendo volta per volta chivio privato Massini-Fioriti).
precisi nessi tra stile e tipologia e lasciando tra-
sparire leggibili riscontri con le precedenti prove
di studio. L’operare dell’architetto si fa modello
di una efficace mediazione tra le forme traman-
date da una tradizione secolare e la realtà di una
società in evoluzione. Due dei lavori riportati in
questo elenco riguardano edifici pubblici ad alto
grado di caratterizzazione formale e di pre-
gnanza simbolica. Si tratta dei progetti svolti
nell’ambito dei concorsi per una nuova galleria
nel centro di Parma e per un Pensionato arti-
stico nazionale di architettura da costruirsi in
Roma18. Per entrambi i lavori le scelte stilistiche
Giovanni Battista Massini, progetto del palazzo Massini-Mor-
sono improntate a una sorta di neorinascimento lunghi a Perugia, 1924, prospetto su via Fabretti (Perugia, Ar-
calderiniano, mentre la teca per il Mosaico ro- chivio privato Massini-Fioriti).

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Giovanni Battista Massini, progetto di sistemazione del caseggiato dei Pellegrini presso porta San Girolamo a Perugia,
1922, prospettiva (Perugia, Archivio privato Massini-Fioriti).

Giovanni Battista Massini, villa signorile per città dell’Italia centrale (da TARCHI 1923, tav. 107).

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Giovanni Battista Massini, progetto di villa Alecce a Pierantonio, 1926, prospetto (Perugia, Archivio privato
Massini-Fioriti).

Giovanni Battista Massini, progetto di villa Alecce a Pierantonio, 1926, prospetto (Perugia, Archivio privato
Massini-Fioriti).

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Pierantonio (Pg), villa Alecce, Giovanni Battista Massini, 1926, Pierantonio (Pg), villa Alecce, Giovanni Battista Massini, 1926,
foto in corso d’opera (Perugia, Archivio privato Massini-Fioriti). foto a lavori ultimati (Perugia, Archivio privato Massini-Fioriti).

mano, la limpida opera prima di Massini, svi- casi l’intervento progettuale preveda l’adatta-
luppa con chiarezza il riferimento, in questo mento di murature preesistenti, appartenenti a
caso obbligato, all’architettura classica nell’ac- semplici casali, trasformati dunque con il di-
cezione romana secondo gli evidenti riferimenti spiego di una notevole abilità combinatoria che,
tarchiani19. nel caso della villa Alecce, è al limite del falso sto-
Quando si tratta invece di progettare due impor- rico.
tanti residenze di campagna per esponenti di ri- Per altre opere invece il giovane Massini attinge
lievo della società del tempo, la villa Alecce20 nei al Liberty21 che negli esercizi scolastici veniva ri-
dintorni di Pierantonio e la villa Felicioni a Chiu- servato a villini isolati in zone di ampliamento,
giana, il modello tipologico richiama il castello, a caffè concerto, a edifici realizzati in località ter-
sia in riferimento a un contesto medievale umbro mali e di villeggiatura, a tutto ciò che si riferiva
che si crede più “autentico”, sia per la maggiore a uno stile di vita più moderno e disinvolto. Le
flessibilità del tipo edilizio, nato per adattarsi a opere dell’architetto improntate a questa cifra sti-
variazioni di topografia e di distribuzione in- listica si collocano negli anni venti del Novecento
terna. E non è irrilevante che in entrambi questi e, salvo per un progetto di circolo ricreativo da

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Chiugiana (Pg), villa Felicioni, foto della preesistenza edilizia


(Perugia, Archivio privato Massini-Fioriti).

costruirsi a Umbertide, ma poi non realizzato, ri-


guardano casi di edilizia abitativa. Si tratta della
villa Viti a Pozzuolo, della casa Coata a Pantalla
e di alcuni edifici a Perugia: la palazzina Barto-
lucci in via XX Settembre, il villino Spinelli a
Monteluce e il condominio di via Fabretti. Le pro-
poste art nouveau, diversamente modulate in
Chiugiana (Pg), villa Felicioni, Giovanni Battista Massini, foto
base alle disponibilità della committenza, gio- a lavori ultimati (Perugia, Archivio privato Massini-Fioriti).
cano sulle gradazioni di superficie e di colore e
insieme si avvalgono del contributo di artigiani di rilevo il monumento per la famiglia Reggiani,
qualificati (fabbri, scultori, pittori, modellatori). nel cimitero di Umbertide.
Nel caso più impegnativo, il condominio di via In definitiva, in una produzione programmati-
Fabretti, che converrà ormai indicare come pa- camente diversificata nelle uscite stilistiche e che
lazzo Massini-Morlunghi22, il disegno delle fac- la sensibilità attuale stenta ad accettare, l’ele-
ciate, arricchito da inserti decorativi originali, si mento unificatore si ritrova nel saper fare, nella
svolge liberamente, non appesantito da riferi- centralità che assumono le capacità artistiche e
menti accademici. artigianali e nelle modalità con cui materiali,
In questo periodo iniziale Massini affronta anche decorazioni, processi di lavorazione 24 sono uti-
il tema liturgico, con la costruzione delle chiese lizzati combinando saperi e forme della tradi-
di Sant’Angelo in Mercole a Spoleto, di Papiano zione con prodotti e tecniche moderne.
(dalle caratteristiche neoromaniche) e con il La realizzazione della villa Felicioni, da collo-
primo progetto, goticheggiante, della chiesa di carsi tra gli anni venti e trenta, seppure non co-
Pantalla. Realizza inoltre diversi interventi di ar- stituisca un elemento di svolta dal punto di vista
chitettura funeraria23 tra i quali occupa un posto stilistico, coincide con l’ingresso dell’attività di

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Umbertide (Pg), monumento sepolcrale della famiglia Reg- Papiano (Pg), chiesa parrocchiale, Giovanni Battista Massini,
giani, Giovanni Battista Massini, 1926, veduta d’insieme (Pe- 1923, veduta d’insieme (Perugia, Archivio privato Massini-
rugia, Archivio privato Massini-Fioriti). Fioriti).

Massini in un contesto culturale più ampio, al- il concorso dell’irrealizzato Palazzo di Giustizia
lorché l’affermazione politica della dittatura che, di Perugia (1935)30 si legano all’estetica pro-
con la sua ideologia, incide sul programma cul- mossa da Piacentini31 e palesano una monu-
turale architettonico urbano, eleva idealmente mentalità a cavallo tra l’internazionale e il lo-
Perugia a “Oxford fascista”25. Nel 1934 Massini cale32, esaltazione della forma che si proietta ver-
risulta iscritto all’Unione fascista professionisti e so un altro tempo, come implicitamente fanno
artisti di Perugia26 e contestualmente nei suoi di- intuire le tecniche del disegno, le prospettive in-
segni si può notare un’impronta più razionalista, terne a quadro verticale che si perdono nelle
dettata anche dalle esigenze dell’autarchia, con fughe e scoprono i riferimenti futuristi, contral-
la parziale depurazione da ogni decorativismo tare di un medesimo classicismo. Appartengono
superfluo e un nuovo studio dei materiali27 che infatti a questi anni le proposte concorsuali per
però, nel contesto culturale italiano, finisce per il nuovo piano regolatore della città (1931)33, in
ricondurre ancora a un recupero formale e reto- cui sono insite visioni urbane di ammoderna-
ricamente contenutistico del classico28. I progetti mento, come la progettazione di una galleria fra
della chiesa parrocchiale di Pantalla (1932)29 e Corso Vannucci e via Baglioni. Degli stessi anni

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Giovanni Battista Massini, progetto di concorso per un parco della Rimembranza in Perugia, 1923, prospetto (Perugia,
Archivio privato Massini-Fioriti).

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Giovanni Battista Massini, progetto per la chiesa parrocchiale di Giovanni Battista Massini, progetto per la chiesa parrocchiale
Pantalla, prospetto (Perugia, Archivio privato Massini-Fioriti). di Pantalla, disegno prospettico dell’interno (Perugia, Archivio
privato Massini-Fioriti).

è il concorso per la sistemazione e l’ampliamento


del policlinico perugino (1935)34.
Massini resta comunque, anche in questa fase di
adesione a modelli piacentiniani35, un utilizza-
tore non dogmatico di soluzioni formali plurime,
restando in fondo sempre un “eclettico” anche
nell’impiego dei linguaggi del Novecento. Affron-
tando, nel corso di un decennio, il restauro del
teatro del Pavone36 a Perugia, per il quale si av-
vale della collaborazione dell’ingegnere Sisto
Mastrodicasa per le strutture37 e dell’artista Gio-
Gualdo Tadino (Pg), palestra della GIL, Giovanni Battista
vanni Mancini per le decorazioni38, propone Massini, veduta d’insieme (Perugia, Archivio privato Massini-
nell’impostazione degli spazi e nell’uso dell’or- Fioriti).

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Giovanni Battista Massini, progetto di concorso per il piano regolatore di Perugia, 1931 pro-
spettive della galleria coperta (Perugia, Archivio privato Massini-Fioriti).

Perugia, restauro del teatro del Pavone, Giovanni Battista Massini, 1949, veduta dell’interno
(Perugia, Archivio privato Massini-Fioriti).

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nato un disegno depurato di asciutta eleganza, stesso di fare architettura, si attenuano le ultime
mentre la villa Giuglietti39 a Perugia e la palestra espressioni di un tendenzioso e parziale brico-
per la GIL40 a Gualdo Tadino, realizzate con pa- lage estetico storicista, ricentrandosi le ragioni
ramento in mattoni e pietra, sono improntate a progettuali nello spazio, posto a servizio della so-
un gusto materico e fortemente chiaroscurale di cietà. È la nascita di un nuovo umanesimo che,
ascendenza espressionista. nei suoi limiti formali, ritrova forse un senso più
La terza fase dei suoi lavori ruota attorno alla te- vero dell’Unità.
matica delle residenze popolari. È l’immediato
dopoguerra, architetti e urbanisti si pongono alla
1
ricerca di una linea autonoma dagli equivoci ge- Numerose informazioni sono tratte dall’importante ar-
chivio privato dell’architetto Maria Grazia Fioriti, che ha
nerati durante il fascismo, caricandosi della re- conservato con cura e ha arricchito con attenta ricerca il
sponsabilità della ricostruzione. Il costruire è regesto delle opere tramandatogli dal progettista, lavoro
sorretto da uno spirito neorealista41 che guarda che chiaramente nella sua organicità ha facilitato la sin-
tesi qui proposta. È inoltre da segnalare per un primo sup-
al passato libero dalle retoriche precedenti, con porto alla riorganizzazione e per l’acquisizione di ulteriori
un’attenzione agli aspetti più concreti dell’abi- elementi di conoscenza sulla figura di Massini il lavoro di
tare che si evidenzia negli alloggi popolari, come Elena Moretti, MORETTI 2008-2009.
2
ASABAP, Ruolo d’Iscrizione dal 1903 al 1914, Ruolo
a Deruta (1952), Città di Castello (1962), Santa d’Iscrizione per l’anno 1908-1909.
Maria degli Angeli (1966) e Bastia (1958)42. È la 3
ASABAP, Ruolo d’Iscrizione dal 1915 al 1949, Ruolo
conclusione del percorso dell’architettura postu- d’Iscrizione per l’anno 1919-1920.
4
Cfr. U. Tarchi, Relazione del direttore delle scuole di ar-
nitaria che, muovendo dalle esaltazioni retoriche chitettura, prospettiva e costruzione, in ASPg, Archivio
del potere, con la nascita della democrazia e il Tarchi, Diplomati accademia 1920, f. 113.
5
fallimento della Grande Guerra si trova invece a TARCHI 1923.
6
Si può sottolineare il fatto che, anche se edita nel 1923,
riconfigurare la narrazione estetica nell’abitare, l’opera è redatta nel 1921, quando Massini si diploma.
con le periferie e le case popolari che assurgono 7
La stima di Tarchi per il suo studente e le sue capacità
a un ruolo quasi mitologico43, controstoria pro- rappresentative e progettuali è evidente nella quantità di
disegni selezionati e inseriti nel volume: TARCHI 1923, tavv.
pria del racconto e dell’estetica urbana di Paso-
2, 34, 36, 37, 38, 51, 101, 107, 113, 114, 118.
lini44. 8
Il tema d’anno proposto da Tarchi interessa la progetta-
Come mostra il percorso estetico di Massini, l’ar- zione di “un sepolcreto per ricca e illustre famiglia, da eri-
chitettura postunitaria in Umbria si trova a rap- gersi al sommo di un colle” (ASPg, Archivio Tarchi,
Diplomati accademia 1920, f. 157).
portarsi con i problemi reali del paesaggio45 9
ASPg, Archivio Tarchi, Diplomati accademia 1920, f. 13.
10
dovuti al confronto fra città e immagine, ambiti ASPg, Archivio brigata perugina degli amici dell’arte, b.
troppo spesso separati nella dicotomia fra la ri- 3, fasc. 2, n. 15, f. 10.
11
Ivi, b. 4, fasc. 1, n. 4.
cerca d’identità e la sua invenzione. È un lungo 12
Ivi, b. 4, fasc. 1, n. 4, f. 12-14. La proposta è anche pub-
processo di crescita in cui la figura dell’artista- blicata nella “Cronaca di Perugia” del 13 gennaio 1946.
13
eroe secondo lo stile dannunziano, insieme a ANTONINI, POLIDORI 1988, pp. 57-60.
14
ASPg, Archivio Brigata Perugina degli amici dell’arte, b.
tutti gli ideali borghesi connaturali, ritorna a mi- 3, fasc. 2, n. 15, f. 10.
surarsi con la pragmaticità dell’abitare. Nell’atto 15
GALMACCI 2007, p. 239.

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16 38
QUINTERIO, CANALI 2010, p. 535. ASPg, Archivio Teatro Pavone, b. 85, fasc. 8.
17 39
Ai fini della ricostruzione dell’attività professionale di Perugia, Archivio privato Massini-Fioriti.
40
Giovanni Battista Massini riveste un particolare interesse Ibidem.
41
un elenco dei lavori realizzati al 15 agosto 1926 e conser- CASCIATO 2000.
42
vato in una cartella con intestazione “Documenti per CESARETTI 2012, PALAZZESCHI 2012.
43
l’iscrizione nell’albo degli Architetti della provincia di Pe- Sull’ideale populista pasoliniano di trasposizione del
rugia a norma dell’art. 10 legge 24 giugno 1923, n. 1395” mito nelle borgate, cfr. PURINI 1992a, p. 211.
44
(Perugia, Archivio privato Massini-Fioriti). PURINI 1992b, p. 286
18 45
Ibidem. Su tale argomento cfr. FARINELLI 1991.
19
Nel 1920 Ugo Tarchi presenta con una pubblicazione ri-
guardante l’area del ritrovamento il progetto di un edificio
termale monumentale non realizzato (TARCHI 1921, pp. 5-6).
20
AMONI 1999, pp. 192, 214; Perugia, Archivio privato Mas-
sini-Fioriti.
21
BAIRATI, RIVA 2001.
22
Il tema è stato analizzato in CILIANI 2008-2009.
23
Fra gli esempi di architettura funeraria si possono citare,
oltre al monumento a Donato Francesco Reggiani (1922),
realizzato con lo scultore Giuseppe Frenguelli, già docente
all’Accademia perugina e direttore dell’istituto d’Urbino,
le cappelle delle famiglie Spinelli, Ottolenghi, Castelli, Gori
Forconi, Bolletti, Paoletti, Ghirga (Perugia, Archivio pri-
vato Massini-Fioriti). Si può evidenziare che dal 1900 al
1920 nel cimitero monumentale di Perugia si verifica una
stasi delle realizzazioni (MASSINI 2002, p. 46).
24
BIANCONI 2011.
25
DI NUCCI 1993.
26
ASPg, Unione Prov. Fascista professionisti e artisti (Pe-
rugia), Vecchi elenchi iscritti 1934-1941, fasc. 1.
27
PAGANO 1935.
28
PORETTI 1999, p. 21.
29
Perugia, Archivio privato Massini-Fioriti.
30
Il concorso venne vinto dall’arch. Giuseppe wittinch che
concorreva insieme all’ing. Livio Pontecorvo, con premi
assegnati poi all’arch. Pietro Angeletti e quindi all’arch.
Giuseppe Amandola; MURATORI 1936.
31
PIACENTINI 2009.
32
Nella sua assoluta modernità, l’architettura italiana del
periodo conserva i caratteri nazionali (DE FUSCO 1968, p.
99), dettati da una “mediterraneità classica dell’estetica
metafisica” (PATETTA 1982, p. 50).
33
MARCONI 1932; ROCCATELLI 1932. Gli atti inerenti al con-
corso sono conservati in ACPg, Piano regolatore, anni
1932-33, pos. 7-1-6, b. 2 bis. Il materiale è stato parzial-
mente raccolto in COMUNE DI PERUGIA [1933].
34
GIULIANI 1935.
35
PIACENTINI 1935.
36
CHIUNI 2002b, p. 31; LUZI 1998; PASCUCCI 1927.
37
CALZUOLA 1984.

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Indice delle opere citate


a cura di
Valeria Menchetelli

Abbreviazioni e sigle s.d.


ACMi = Archivio del Comune di Milano ARMANNI s.d.
ACPg = Archivio del Comune di Perugia O. Armanni, Lezioni di disegno architettonico del Prof. O. Ar-
manni, Roma s.d. (Biblioteca Nazionale di Roma).
ACS = Archivio Centrale dello Stato
ACS, MLLPP = Archivio Centrale dello Stato, Ministero dei THIEME, BECKER s.d.
Lavori Pubblici U. Thieme, F. Becker, Giulio De Angelis, in Kunstler Lexicon der
ACS, MPI, AABBAA = Archivio Centrale dello Stato, Ministero bildenden Künstler, s.d., vol. I, p. 507.
della Pubblica Istruzione, Direzione Generale Antichità e
Belle Arti Relazione sul terzo censimento s.d.
ANPD = Archivio Notarile Distrettuale di Perugia Relazione sul terzo censimento della popolazione nel comune
APLP = Biblioteca Comunale «Luigi Poletti» di Modena, di Perugia, Perugia s.d.
Archivio privato «Luigi Poletti»
ASABAP = Archivio Storico dell’Accademia di Belle Arti di 1782
Perugia ALBERTOLLI [1782]
ASC = Archivio Storico Capitolino G. Albertolli, Ornamenti diversi inventati, disegnati ed eseguiti
ASCGe = Archivio Storico del Comune di Genova da Giocondo Albertolli, Milano [1782].
ASCMi = Archivio Storico Civico di Milano
ASO = Archivio di Stato di Orvieto 1787
ALBERTOLLI 1787
ASO, APPZ = Archivio di Stato di Orvieto, Archivio Privato
G. Albertolli, Alcune decorazioni di nobili sale ed altri orna-
Paolo Zampi menti di Giocondo Albertolli professore della Reale Accademia
ASPg = Archivio di Stato di Perugia delle belle Arti in Milano, Milano 1787.
ASPg, ASCPg = Archivio di Stato di Perugia, Archivio Storico
del Comune di Perugia 1805
ASPg, ASF = Archivio di Stato di Perugia, Sezione di Foligno ALBERTOLLI 1805
ASPM = Archivio Storico del Politecnico di Milano G. Albertolli, Corso elementare di ornamenti architettonici
ASSBAPg = Archivio Storico della Soprintendenza Beni Ar- ideato e disegnato ad uso de principianti, Milano 1805.
chitettonici di Perugia
ASSR = Archivio Storico della Soprintendenza di Roma 1828-1839
ASSU = Archivio Storico della Soprintendenza dell’Umbria VALADIER 1828-1839
ASTMPg = Archivio Storico del Teatro Morlacchi di Perugia G. Valadier, L’architettura pratica dettata nella scuola e cattedra
ASTr = Archivio di Stato di Terni dell’insigne Accademia di San Luca, Roma 1828-1839, 5 voll.
ASTr, ACB = Archivio di Stato di Terni, Archivio Cesare Bazzani
BCF = Biblioteca Comunale di Foligno 1829
VACCANI 1832
G. Vaccani, Raccolta di compartimenti e d’ornati per la deco-

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razione di private abitazioni e di pubblici edifizj civili, mili- Esposizione provinciale tenuta in Perugia nel settembre 1855.
tari ed ecclesiastici ed una serie di disegni per la decorazione Rapporto e premiazione, Perugia 1856.
interna d’edifizj teatrali ideati sulle reali dimensioni dei prin-
cipali teatri d’Italia, Milano 1832. 1856-1857
“Giornale dell’ingegnere-architetto ed agronomo” 1856-1857
1837 “Giornale dell’ingegnere-architetto ed agronomo”, a. IV, 1856-1857.
MOGLIA 1837
D. Moglia, Collezione di soggetti ornamentali ed architettonici 1857
inventati e disegnati da Domenico Moglia, Milano 1837. DEGEN 1857
L. Degen, Motive zu ornamentalen Zimmerwerken, dargestellt
1840 für Bauhandwerker und als Vorlegeblätter für technische
PERILLI 1840 Schulen, München 1857.
S. Perilli, Relazione storica sul risorgimento della Basilica degli
Angeli presso Assisi, Roma 1840. 1860
BONI 1860
1842 A. Boni, Album di decorazioni eseguite in terra cotta nello sta-
MOGLIA [1842] bilimento Andrea Boni e C. Premiato con medaglia d’oro e d’ar-
D. Moglia, Corso elementare di ornamenti architettonici, Mi- gento dall’I.R. Istituto di Milano e con medaglia di bronzo dal
lano [1842]. Giuri nell’Esposizione Mondiale di Nuova Jork, Milano 1860.

1845 CADORIN 1860


“Annales Archéologiques” 1845 L. Cadorin, Studi teorici e pratici di architettura e ornato per
“Annales Archéologiques”, III, Paris 1845. la erezione delle fabbriche principalmente in terracotta, Ve-
nezia 1860.
BAGLIONI 1845
A. Baglioni, Città della Pieve illustrata. Lettere storiche, Monte- Gazzetta di Perugia 1860
fiascone 1845. Gazzetta di Perugia Ufficiale del Regio Commissario Generale
per le Provincie dell’Umbria, 31, 15 ottobre 1860.
1846-1853
RUNGE 1846-1853 HAwTHORNE 1860
L. Runge, Beiträge zur Kenntniss der Backstein-Architectur Ita- N. Hawthorne, The Marble Faun: or, The Romance of Monte
liens. Essais sur les constructions en briques en Italie, Berlin Beni, Boston 1860 [trad. it. Il fauno di marmo, Firenze 1995].
1846-1853, 2 bd.
1861
1852 MENGONI 1861
INVERNIZZI, SIDOLI 1852 G. Mengoni, Osservazioni dell’ingegnere Giuseppe Mengoni di
C. Invernizzi, A. Sidoli, Giornale di disegni per decorazioni di Bologna sui progettati lavori di sistemazione ed ornamento
tutti i tempi e di tutte le nazioni composti e litografati da Carlo della piazza interna di Porta Saragozza ed allargamento di
Invernizzi e Alessandro Sidoli, Milano 1852. strada, Bologna 1861.

1855 1862
SIDOLI 1855 BALDINI 1862
A. Sidoli, Disegni architettonici ed ornamentali d’Alessandro V. Baldini, Alcune parole sopra un progetto riguardante l’area
Sidoli, Milano 1855. del Forte Paolino, Perugia 1862.

SIDOLI, INVERNIZZI 1855 CALDERINI 1862a


A. Sidoli, C. Invernizzi, L’artista italiano: 72 tavole, diversi di- G. Calderini, Schiarimenti di un progetto per l’area dell’ex Forte
segni mobili, Milano 1855. Paolino in Perugia. Al nobilissimo ed illustrissimo conte Re-
ginaldo cav. Ansidei Sindaco benemerito della città di Perugia
1856 omaggio rispettoso dell’autore, Perugia 1862.
Esposizione provinciale 1856

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C ALDERINI 1862b proposta dalla Giunta Municipale di Perugia ed approvata dal


G. Calderini, Sulla restaurazione dell’Arco della via Vecchia in Consiglio nella tornata del 29 gennaio 1864, Perugia 1864.
Perugia. Pensieri di Guglielmo Calderini Ingegnere Architetto
nel Real Corpo del Genio Civile, Perugia 1862. In morte 1864
In morte del cav. Odoardo Poggi: ingegnere civile, Perugia
MONGERI 1862 1864.
G. Mongeri, I nuovi progetti pel Cimitero Monumentale della
Città di Milano I e II, in “La Perseveranza”, 14 maggio e 19 mag- ROTELLI 1864
gio 1862. L. Rotelli, Il Duomo di Perugia. Illustrazione storico-descrittiva,
Perugia 1864.
MONTI 1862
C. Monti, Rapporto dell’Officio tecnico alla illustre Giunta sul- ZANNONI 1864
l’accesso alla Stazione delle strade ferrate, sul sistema delle A. Zannoni, Sulle indagini dell’acquedotto bolognese, con abbozzo
comunicazioni esteriori che lo intralciano e sulla nuova via di progetto per condur acqua dal fiume Reno, Bologna 1864.
da aprire all’uopo nello interno della città, Bologna 1862.
1864-1866
Relazione sui progetti 1862 MANARI 1864-1866
Relazione sui progetti pel grandioso Cimitero della città di Mi- L. Manari, Cenno storico ed artistico della basilica di S. Pietro
lano e su quelli per il piccolo cimitero ad uso dello Spedale in Perugia, Perugia 1864-1866.
Maggiore. Letta dalla commissione al consiglio comunale
della stessa città nella seduta straordinaria del 4 luglio 1862, 1865
Milano 1862. BIANCONI 1865
G. Bianconi, Di Odoardo Poggi Ingegnere-Civile Bolognese:
1863 cenni biografici, Perugia 1865.
CALDERINI, BISCARINI 1863
A. Calderini, N. Biscarini, Nuovo progetto per la sistemazione 1866
dell’area dell’ex Forte Paolino e sue adiacenze divisato con MONTI 1866
istudi di planimetria ed altimetria, Perugia 1863. C. Monti, Sul bonificamento del lago Trasimeno ed il profitto
delle sue acque a rincontro del partito di volerlo prosciugare.
CAVALCASELLE 1863 Memoria, Milano 1866.
G.B. Cavalcaselle, Sulla conservazione dei monumenti e degli
oggetti di belle arti, in “Rivista dei Comuni Italiani”, 4, 1863. VIOLLET-LE-DUC 1866
E. Viollet-le-Duc, Dictionnaire raisonné de L’Architecture fran-
MONALDI 1863
çaise du XIe au XVIe siècle, 10 voll., Paris 1854-68, VIII, 1866,
C. Monaldi, Riflessioni sulla sistemazione dell’area dell’ex Forte
s.v. Restauration.
Paolino in Perugia. 20 febbraio 1863, Perugia 1863.

MONGERI 1863 1867


G: Mongeri, Gli ultimi progetti pel Cimitero Monumentale della CALDERINI, BISCARINI 1867
città di Milano, in “La Perseveranza”, 1 aprile 1863. A. Calderini, N. Biscarini, Sul palazzo di prossima costruzione
nel centro dell’area dell’ex Forte Paolino. Considerazioni ar-
Raccolta ufficiale 1863 tistico economiche, Perugia 1867.
Raccolta ufficiale delle leggi e dei decreti del Regno d’Italia,
anno 1862, dal n° 409 al 1100, vol. IV, Torino, 1863. GRUNER 1867
L. Gruner, The terracotta architecture of north Italy: (12.-15.)
1864 centuries. Pourtrayed as examples for imitation in other coun-
AZZURRI 1864 tries: from careful drawings and restorations by Federico Lose,
F. Azzurri, Il manicomio di S. Maria della Pietà in Roma am- London 1867.
pliato e recato a nuove forme, Roma 1864.
Sul bonificamento del Lago Trasimeno 1867
BRUSCHI 1864 Sul bonificamento del Lago Trasimeno ed il profitto delle sue
C. Bruschi, Sulla erogazione del prestito di un milione di lire acque a rincontro del partito in contestazione di volerlo pro-

315
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sciugare. Memoria presentata dalla Deputazione Provinciale 1874


dell’Umbria al Sig. Ministro sopra l’Agricoltura, l’Industria e ARIENTI 1874
il Commercio, Siena 1867. A. Arienti, Parole dell’Ing.re Comunale in risposta all’articolo con-
tenuto nel giornale La Provincia n. 25, che tratta dell’eroga-
1868 zione del noto prestito comunale di un milione, Supplemento
FRASCARELLI 1868 al “Corriere dell’Umbria”, n. 79, 4 luglio 1874, p. 2.
G. Frascarelli, Iscrizioni picene che esistono in diversi luoghi di
Roma dal MDCCLX sino ai giorni nostri, Roma 1868. 1875
BOITO 1875
1869 C. Boito, Rassegna artistica. Spavento delle grandezze di
VILLARI 1869 Roma. Bestemmia politica intorno al loro carattere. L’archi-
P. Villari, 2.4. La pittura moderna in Italia ed in Francia. tettura romana d’oggi, che è sgomentata. Ricerca vana di un
Classi I e II, in Relazioni dei Giurati italiani sulla esposizione suo stile futuro, «Nuova Antologia», vol. XXX, f. IX, settembre
universale del 1867, Firenze 1869. 1875, pp. 184-197.

1870 Michelangelo Buonarroti 1875


CALDERINI 1870 Michelangelo Buonarroti e l’architettura moderna. Pensieri
G. Calderini, Schiarimenti sul progetto del palazzo da erigersi del prof. architetto Guglielmo ing. Calderini, Perugia 1875.
per azioni nell’area dei Canapè presso la piazza V. Emanuele
in Perugia, Perugia 1870. 1876
DE ANGELIS 1876
1871 G. De Angelis, Storia di un quadro, in “Corriere dell’Umbria”,
DE ANGELIS 1871 14 gennaio 1876.
G. De Angelis, Lavori di restauro del civico teatro del Verzaro,
in “Il Corriere dell’Umbria”, 12 ottobre 1871. 1877
AZZURRI 1877
“Il Corriere dell’Umbria” 1871 F. Azzurri, Intervento al secondo Congresso della Società Fre-
Denominazione di vie e piazze, in “Il Corriere dell’Umbria”, 16 niatrica italiana. Aversa 1877, in “Archivio italiano per le ma-
dicembre 1871, supplemento n. 217. lattie nervose e più particolarmente per le alienazioni mentali”,
1877, p. 427.
1872
CIPOLLA, VIVIANI 1872 L’Illustrazione italiana 1877
A. Cipolla, A. Viviani, Relazione [...] sul Palazzo costruito dal- L’Illustrazione italiana, 9, marzo 1877.
l’Eccellentissimo Municipio di Perugia, in “Il Corriere dell’Um-
bria”, 31 gennaio 1872, p. 3. 1878
LACROUX, DETAIN 1878
Relazione degli ingegneri 1872 J. Lacroux, C. Detain, La brique ordinaire, Paris 1878.
Relazione degli ingegneri Cipolla e Viviani, sul palazzo co-
struito dall’Eccellentissimo Municipio di Perugia, Roma, 15 ot- L’esposizione di Parigi 1878
tobre 1871, in “Corriere dell’Umbria”, 31 gennaio 1872, p. 3. L’esposizione di Parigi del 1878 illustrata, Milano 1878, vol. 1.

ROSSI SCOTTI 1878


1873
G.B. Rossi Scotti, Guida illustrata di Perugia, Perugia 1878 (fac-
ARIENTI 1873
simile Perugia 1988).
A. Arienti, Sullo scritto pubblicato l’8 Agosto 1873 dell’ingegnere
Guglielmo Calderini in ordine al teatro Diurno, dilucidazioni 1879
dell’ingegnere comunale Alessandro Arienti, Perugia 1873. BONAZZI 1879
L. Bonazzi, Storia di Perugia dalle origini al 1860. 2. Dal 1495
CALDERINI 1873 al 1860, Perugia 1879.
G. Calderini, Ai soci azionisti del nuovo Teatro Diurno da eri-
gersi in Perugia, Perugia 1873. CALDERINI 1879
G. Calderini, Arte applicata all’industria. III. I lavori in terra-

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cotta all’esposizione umbra, in “Il Giornale dell’Esposizione BOITO 1884


Provinciale Umbra”, 6-7, 28 settembre 1879, pp. 46-47. C. Boito, I Restauratori. Conferenza Tenuta all’Esposizione di
Torino il 7 giugno 1884, Firenze 1884.
Esposizione umbra artistica-industriale 1879
Esposizione umbra artistica-industriale-agricola nel 1879 in 1885
Perugia: sotto il patronato delle LL.MM. il Re e la Regina d’Ita- BOITO 1885
lia: premiazione, Perugia 1879. C. Boito, I nostri vecchi monumenti. Necessità di una legge
per conservarli, in “Nuova Antologia”, giugno 1885, pp. 640-
“Il Paese” 1879 662.
“Il Paese”, 20 settembre 1879.
1887
1880 CALDERINI 1887
BERARDI 1880 G.Calderini, Relazione esplicativa del progetto per il palazzo
T. Berardi, Sul commendatore Coriolano Monti. Cenni Biogra- di giustizia in Roma, modificato e ripresentato per invito di
fici in Alla memoria del commendatore Coriolano Monti in- s. E. Il Ministro di Grazia e giustizia, Perugia 1887.
gegnere architetto. Omaggio, Perugia 1880, pp. 5-40.

BOITO 1880
1888
C. Boito, Sullo stile futuro dell’Architettura italiana, prefazione Provvedimenti urgenti 1888
a Id., Architettura del Medio evo in Italia, Milano 1880. Provvedimenti urgenti per l’aumento dell’acqua potabile in
città, Perugia 1888.
FERRIGNI 1880
Sulla chiesa di S. Francesco 1888
P.C. Ferrigni (Yorick figlio di Yorick), Passeggiate, Firenze 1880.
Sulla chiesa di S. Francesco al Prato. Relazione della Giunta
PAGAN DE PAGANIS 1880 nella seduta del 16 febbraio 1888, di T. Berardi, Perugia 1888.
M. Pagan De Paganis, Cornici di terracotta in Bologna, Torino
1880. 1889
ARIENTI 1889
A. Arienti, Provvedimenti per l’aumento dell’acqua potabile in
1881
città: seconda relazione della giunta. Consiglio comunale di
CHABAT 1881
Perugia, Perugia 1889.
P. Chabat, La brique et la terre cuite, Paris 1881.
BELLUCCI 1889
1882 G. Bellucci, Nella solenne premiazione agli scolari della peru-
GUASTI 1882 gina Accademia di Belle Arti. Discorso letto dall’ingegnere ar-
C. Guasti, La Basilica di S. Maria degli Angeli presso la città chitetto Cav. Giulio De Angelis, Roma 1889.
d’Assisi, Firenze 1882.
“L’Unione liberale” 1889
QUAGLIA 1882
“L’Unione liberale”, 108, 1889.
P. Quaglia, Quattro chiacchiere intorno ai progetti del monu-
mento da erigersi in Roma a Vittorio Emanuele. 10 aprile MUSSO, COPPERI 1889
1882, Roma 1882. G. Musso, G. Copperi, Particolari di costruzioni murali e fini-
menti di fabbricati, parte seconda Opere di finimento e affini,
1883 Testo, Torino 1889 (II ed.).
ROSSI 1883
A. Rossi, Uomini e fatti del risorgimento italiano ricordati nel Perugia 1889
cimitero di Perugia con epigrafi, Perugia 1883. Perugia, in “Le cento città d’Italia”, suppl. mensile del “Secolo”,
25 maggio 1889, pp. 33-37.
1884
Atti 1884 SITTE 1889
Atti del quarto Congresso degli ingegneri ed architetti italiani. C. Sitte, Der Städtebau nach seinen Künstlerischen Grundsät-
Radunato in Roma nel gennaio del 1883, Roma 1884. zen, wien 1889 [trad. it. L’arte di costruire le città. L’urbanistica
secondo i suoi fondamenti artistici, Milano 1980].

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1890 BOITO 1893


“La Provincia dell’Umbria” 1890a C. Boito, Restaurare e conservare, in Questioni pratiche di Belle
“La Provincia dell’Umbria”, 30 gennaio 1890. Arti, Milano 1893, pp. 3-32.

“La Provincia dell’Umbria” 1890b MANFREDI 1893


“La Provincia dell’Umbria”, 15 maggio 1890. M.E. Manfredi, Prima esposizione italiana di architettura (To-
rino 1890), Torino 1893.
“La Provincia dell’Umbria” 1890c
“La Provincia dell’Umbria”, 29 maggio 1890. 1895
ARMANNI 1895
“La Provincia” 1890
O. Armanni, Lezioni di disegno architettonico, impartite nella
“La Provincia”, 12 giugno 1890.
sezione di agrimensura e costruzione del r. Istituto tecnico di
“L’Unione liberale” 1890 Roma, Roma 1895.
“L’Unione liberale”, 2-3 maggio 1890.
LUPATTELLI 1895
“Il Paese” 1890 A. Lupattelli, Storia della pittura in Perugia e delle arti ad essa
“Il Paese”, 17 maggio 1890. affini. Dal risorgimento sino ai giorni nostri, Foligno 1895.

1891 NATALI 1895


ARIENTI 1891 G. Natali, A. Mollari, in Il Vessillo delle Marche, Macerata, 10 ago-
A. Arienti, Intorno all’aumento di acqua alla città di Peru- sto 1895.
gia: considerazioni dell’ingegnere comunale sulla relazione
della commissione... Consiglio comunale di Perugia, Perugia 1896
1891. “Don Chisciotte” 1896
“Don Chisciotte”, 90, 30 marzo 1896.
“Bollettino” 1891
“Bollettino del Ministero P.I.”, 4, 26 agosto 1891, A. XVIII, p. III, “L’Italia del Popolo” 1896
pp. 180-184. “L’Italia del Popolo”, 1093, 31 marzo 1896.

CALDERINI 1891 “Il Messaggero” 1896


G. Calderini, A s. e. Pasquale Villari ministro della pubblica “Il Messaggero”, 90, 30 marzo 1896.
istruzione. Replica della relazione dell’architetto Sacconi op-
pugnante la ricollocazione del Coro di Sanseverinate nel Tem- “L’Unione Liberale” 1896a
pio di San Francesco di Assisi proposta alla commissione “L’Unione Liberale”, 68, 26 marzo 1896.
ministeriale, Roma [1891].
“L’Unione Liberale” 1896b
DONGHI 1891 “L’Unione Liberale”, 69, 29 marzo 1896.
D. Donghi, L’architettura moderna alla prima esposizione ita-
liana di architettura, Torino 1890. Disegni di progetti e di PREMOLI 1896
opere architettoniche scelti e ordinati dall’ingegnere architetto P. Premoli, In morte di Alessandro Arienti, Milano 1896.
Daniele Donghi, Torino 1891.
1897
1892 BRUSCHI 1897
AZZURRI 1892 D. Bruschi, Degli ultimi accademici estinti della Accademia di
F. Azzurri, Manicomio di S. Niccolò, Siena 1892. Belle Arti di Perugia. Discorso proemiale pronunciato dal Prof.
Domenico Bruschi il 30 agosto 1896, Perugia 1897.
1893
AZZURRI 1893 1898
F. Azzurri, Riforme e miglioramenti eseguiti dal 1862 al 1893 BROGLIO 1898
nel manicomio di S. Maria della Pietà in Roma, ora mani- T. Broglio, La cattedrale di Arezzo e i disegni della sua facciata
comio provinciale, Roma 1893. presentati ai due Concorsi Nazionali 1896-97. Note ed im-

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pressioni, Arezzo 1898, (estratto dal giornale “L’Appennino” di esplicativa del progetto presentato al concorso dall’ing. Cesare
Arezzo n. 9 dell’anno 1896, num. 23, 24, 25, 26 e 28 del 1897). Bazzani, architetto, Terni 1903.

CALDERINI 1898 “L’Unione Liberale” 1903


G. Calderini, Agli onorevoli Deputati al Parlamento, agli inge- L’arredamento del “Palace Hotel”, in “L’Unione Liberale”, XXII,
gneri, architetti, artisti ed al pubblico a breve spiegazione dei 46, 27-28 febbraio 1903, p. 3.
suoi antichi progetti per la nuova aula di montecitorio e spe-
cialmente dell’ultimo compiuto or ora col Mese di novembre NATALI, VITELLI 1903
1898, Roma 1898. G. Natali, E. Vitelli, Storia dell’arte ad uso delle Scuole medie e
delle persone cólte, Torino-Roma 1903.
Regolamento generale 1898
Regolamento generale dell’Accademia di Belle Arti di Perugia, SACCONI 1903
Perugia 1898. G. Sacconi, Relazione dell’Ufficio Regionale per la Conserva-
zione dei Monumenti delle Marche e dell’Umbria (1891-92
1899 – 1900-1901), Perugia 1903, seconda edizione riveduta e am-
BELLUCCI 1899 pliata con aggiunta di illustrazioni.
A. Bellucci, Sulla scala esterna del Palazzo del Popolo, Perugia
1899. 1904
COSTA, ARMANNI 1904
“Bollettino” 1899 V. Costa, O. Armanni, Il Nuovo Tempio Israelitico di Roma, Roma
“Bollettino della Deputazione di Storia Patria per l’Umbria”, vol. 1904.
VI, 1899.
1905
FRANCE 1899 DONGHI 1905
A. France, Pierre Nozière, Paris 1899, trad. it. di L.G. Tenconi, Mi- D. Donghi, Manuale dell’architetto, Torino 1905.
lano 1927.
1906
GELATI 1899 LUPATTELLI 1906
C. Gelati, Nozioni pratiche ed artistiche di Architettura, per il A. Lupattelli, Guida di Perugia, Perugia 1906.
corso di Architettura nella R. Scuola d’Applicazione per gli In-
gegneri in Torino, Torino 1899. “Natura ed Arte” 1906
“Natura ed Arte”, 10, 15 aprile 1906, XV.
LIBER 1899
LIBER, Per una scala, Perugia 1899. VIVIANI 1906
D. Viviani, Opere e Studi Originali di Giuseppe Sacconi nel ri-
TEDESCHI 1899 pristino di alcuni monumenti, Perugia 1906.
C. Tedeschi, Origini e vicende dei Cimiteri di Milano e del ser-
vizio mortuario. Studio storico, Milano 1899. 1907
CALDERINI 1907
1902 G. Calderini, Sulle Accademie di Belle Arti e proposte relative
Genova Nuova 1902 allo studio dell’architettura, Roma 1907 (ripubblicato in C. Ba-
Genova Nuova, Genova 1902. rucci, A. Greco, a cura di, Guglielmo Calderini. Scritti di archi-
tettura, Roma 1991).
Villa Armando Raggio 1902
Villa Armando Raggio a S. Luca di Albaro, in Genova Nuova, ZOLA 1907
Genova 1902, pp. 359-366. E. Zola, Les trois villes. Rome, Paris 1907.

1903 1908
BAZZANI 1903 GIGLIARELLI 1908
C. Bazzani, Concorso Nazionale per l’edificio “Biblioteca Na- R. Gigliarelli, Perugia antica e moderna, Perugia 1908.
zionale Centrale” in Firenze. Studio di massima. Relazione

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MARANGONI 1908 1913


G. Marangoni, Artisti contemporanei: Camillo Boito, in “Em- GIOVANNONI 1913
porium”, dicembre 1908, vol. XXVIII, n. 168, pp. 405-422. G. Giovannoni, Restauri di monumenti, in La tutela delle
opere d’arte in Italia, Atti del I Convegno degl’Ispettori Onorari
1909 dei Monumenti e Scavi (Roma, 22-25 ottobre 1912), Roma
ACQUATICCI 1909 1913.
N. Acquaticci, Il Restauro dell’Antico nell’Arte di Giuseppe Sac-
coni, Macerata 1909. 1915
DEON 1915
CALDERINI 1909 B.A. Deon, Camillo Boito, Reggio Emilia 1915.
G.Calderini, Elenco di parecchi lavori eseguiti dal prof. Gu-
glielmo Calderini di premi riportati, di pubblici concorsi vinti DONATI 1915
nell’arte, nella letteratura artistica e nella scienza, esposto G. Donati, Progetto di ricostruzione nell’area occupata dalla
agli illustri magistrati del Tribunale Civile di Roma per di- casa Vitalesta, per la formazione della Nuova Via nel centro
mostrare che, quando il suddetto Arch. Calderini vinse il Con- di Perugia. Relazione, Perugia 1915.
corso per il Palazzo di Giustizia di Roma, la sua carriera
artistica, pratica letteraria e scientifica era bene innanzi ed VIGNAROLI [1915]
assicurata e la reputazione personale di esso si era già conso- E. Vignaroli, Fabbricati da erigere fra la nuova via e piazza
lidata per onoreficenze conseguite, per importanti premi vinti Garibaldi in Perugia. Pubblicae commoditati, Perugia [1915].
e per lavori rilevanti ideati, diretti ed eseguiti, Roma 1909 (ri-
pubblicato in C. Barucci, A. Greco, a cura di, Guglielmo Calde- 1916
rini. Scritti di architettura, Roma 1991). IRACI 1916
A. Iraci, Domenico Bruschi, Annibale Brugnoli, Guglielmo Cal-
Le costruzioni moderne 1909 derini, Perugia 1916.
Le costruzioni moderne in Italia. Facciate di edifizi in Stile
moderno. Genova, Torino 1909. La commemorazione di Guglielmo Calderini 1916
La commemorazione di Guglielmo Calderini il 16 aprile
MARIANI 1909 1916 all’Accademia di Belle Arti di Perugia, Perugia 1916.
V. Mariani, Il nuovo Palazzo postelegrafico a Perugia, in “La
Tribuna”, 10 novembre 1909. 1917
CALDERINI 1917
MARINI 1909 G. Calderini, Le opere architettoniche di Guglielmo Calderini,
C. Marini, Corso d’ornato e figura, Firenze 1909. Milano 1917.

1910 1920
PINZI 1910 CALZINI 1920
C. Pinzi, Il palazzo papale di Viterbo nell’arte e nella storia, R. Calzini, Il grande concorso per il monumento al Fante, in
Viterbo 1910. “L’illustrazione italiana”, 15 agosto 1920, n. 23.

Spoleto ai suoi difensori 1910 LUPATTELLI 1920


Spoleto ai suoi difensori, in “La Tribuna”, 17 settembre 1910. A. Lupattelli, Il civico cimitero di Perugia nel 70º anniversario
dalla sua costruzione ed inaugurazione (1849-1919). Ap-
1911 punti storici, Perugia 1920.
La sala 1911
La sala XVII Settembre a Spoleto. Una insigne opera di Cesare TARCHI 1920
Bazzani, in “Il Messaggero”, 20 settembre 1911. U. Tarchi, Sul ripristino e restauro del Palazzo del capitano del
popolo in Perugia (oggi Palazzo di giustizia) e sulla nuova
NATALI 1911 facciata dell’adiacente sede della corte d’assise. Con aggiunte
G. Natali, Letterati e Artisti Pausulani, in Atti e memorie della di altri progetti riguardanti monumenti o località della città
R. Deputazione di Storia Patria per le Provincie delle Marche, di Perugia, Milano 1920.
1909-1910, Ancona 1911, pp. 117-125.

320
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1921 1925-1926
LUPATTELLI 1921 BENCO 1925-1926
A. Lupattelli, I salotti perugini del secolo XIX e l’Accademia dei S. Benco, L’architettura neoclassica a Trieste, in Dedalo. Rasse-
Filedoni nel primo secolo di sua vita, 1816-1916, Empoli 1921. gna d’arte diretta da Ugo Ojetti, vol. III, Milano-Roma 1925-
1926, pp. 783-809.
PIACENTINI 1921
M. Piacentini, La mostra di architettura alla I Biennale Ro- 1926
mana, in “Architettura e Arti decorative”, 3, 1921, pp. 284-297. CANUTI 1926
F. Canuti, Nella Patria del “Perugino”. Note d’arte e di storia
RICCI 1921 su Città della Pieve, Città di Castello 1926.
C. Ricci, La Porta San Pietro di Perugia, in “Architettura e Arti
decorative”, a. I, f. I, maggio-giugno 1921, pp. 17-31. GIOVANNONI 1926
G. Giovannoni, S. Francesco al prato di Perugia, in “Architettura
TARCHI 1921 e Arti Decorative”, 1925-1926, V, pp. 190-191.
U. Tarchi, Sullo scoprimento completo e sulla miglior conser-
vazione del mosaico romano, Perugia 1921. 1927
Conversando con Cesare Bazzani 1927
1923 Conversando con Cesare Bazzani, in “Il Giornale d’Italia”, 6
TARCHI 1923 settembre 1927.
U. Tarchi, Studi e progetti della Scuola di Architettura perugina,
Roma 1923. DOTTORI 1927
G. Dottori, Restauri a Perugia, in “Le arti plastiche”, 16 novem-
1924 bre 1927.
AGOSTINI 1924
C. Agostini, Il centenario del manicomio di Perugia, Perugia GIOVANNONI 1927
1924. G.Giovannoni, Perugia, Ripristino del postergale della Sala dei
Notari, in “Architettura e Arti Decorative. Rivista d’Arte e di Sto-
La linea tramviaria 1924 ria”, IX, 1927.
La linea tramviaria dal Corso Vannucci a Monte Luce a Pe-
rugia. La relazione di Cesare Bazzani, in “Il Giornale d’Italia”, GUARDABASSI 1927
11 dicembre 1924. F. Guardabassi, Appunti storici sull’Accademia civica del Teatro
Morlacchi di Perugia, Perugia 1927.
VENTURI 1924
G. Venturi, La Scuola Superiore di Architettura, in “Architettura I lavori alla Maestà 1927
e Arti Decorative”, 1924, f. IX, pp. 107-205. I lavori alla Maestà delle Volte, in “Il Giornale d’Italia”, 10 ago-
sto 1927.
1925
GURRIERI 1925a Il Piazzale 1927
O. Gurrieri, Note Perugine. Il ripristino di S. Francesco al Prato Il Piazzale, il Monumento e il Campo sportivo de la Vittoria a
nel progetto del prof. Moretti, in “La tribuna. Cronache dell’Um- Perugia, in “Il Giornale d’Italia”, 8 maggio 1927, p. 4.
bria”, 15 gennaio 1925.
Il Tempio di S. Francesco 1927
GURRIERI 1925b Il Tempio di S. Francesco al Prato, Perugia 1927.
O. Gurrieri, Restaurando la Chiesa di S. Francesco al Prato, in
“L’Assalto. Cronaca di Perugia”, venerdì 23 - sabato 24 ottobre I progetti dell’architetto Bazzani 1927
1925. I progetti dell’architetto Bazzani presentati, ieri, al Podestà di
Perugia, in “L’Assalto”, giovedì 6 - venerdì 7 ottobre 1927.
GURRIERI 1925c
O. Gurrieri, La facciata della Chiesa di S. Francesco al Prato, La sistemazione della piazza d’Armi 1927
in “L’Assalto. Cronaca di Perugia”, sabato 12 dicembre 1925. La sistemazione della piazza d’Armi e i progetti dei vari ar-
chitetti, in “L’Assalto”, martedì 13 - mercoledì 14 settembre 1927.

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La trasformazione di Piazza d’Armi 1927 RICCI 1928


La trasformazione di Piazza d’Armi in Parco della Vittoria, E. Ricci, La Loggia di Braccio Fortebracci a Perugia in “Corriere
in “La Tribuna”, 27 luglio 1927, p. 4. Adriatico”, 16 marzo 1928.

L’elogio di Mussolini 1927 1929


L’elogio di Mussolini al nostro fascismo, in “L’Assalto”, 22-23 ANGELINI, GIUNTI, ANGELINI 1929
febbraio 1927, p. 1. P. Angelini, A. Giunti, L. Angelini, Concorso per lo studio di
piano regolatore e ampliamento per la città di Arezzo, Ber-
Lo scalone 1927 gamo 1929.
Lo scalone di palazzo Trinci risorto, in “Il Messaggero”, 1 otto-
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Finito di stampare nel mese di marzo 2013


da Litostampa, Perugia

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